II Scrittori italiani POESIA DIVAGANDO Portinari e Bárberi Squarotti Al mare e in giro per il mondo = Due poeti di scuola torinese. Folco Portinari, una = Notizie dallo stato libero di Parodia, ovvero «Al mare testimonianza sospesa tra letteratura e cultura del cibo, in «Punto e a capo» (Aragno, pp. 134, € 13) aduna le ultime prove liriche. «Parlo di Folco e della sua poesia raffinata e carnale, morale e giocosamente malinconica...» gli rende omaggio nella postfazione Giorgio Bárberi Squarotti. Allievo di Getto, a lungo in cattedra nell’Università di Torino, anche Bárberi Squarotti in «Le foglie di Sibilla» raccoglie i versi degli ultimi anni. L’opera inaugura la collana «Chiaro-Scuro» di De Ferrari, a cura di Guido Zavanone (pp. 80. € 12). Parodia Dal Boccaccio all’Aretino ESORDI al Palazzeschi più clownesco scherzi in punta di penna e di dottrina ADRIANO CASASSA Il gioco estremo Un thriller ecologico. Tra l’Italia e Mosca, tra l’Egitto e New York, Londra e il Giappone. «Il gioco estremo» (Fanucci, pp. 517, € 19,50) è la sfida architettata da Adriano Casassa tra l’Albero, l’organizzazione alla ricerca di un’energia alternativa capace di salvare la Terra, e l’Orchestra, una sorta di Grande Fratello che ha in pugno il mondo. LUCA CIARABELLI Il bambino che fumava... Ravennate, Luca Ciarabelli esordisce per i tipi del Maestrale con «Il bambino che fumava le prugne» (pp. 239, € 15). Un tenente solitario, un vecchio pescatore (stregoneeremita), una strana morte nella chiesa di Sant’Apollinare, un veleno che sa di prugna... MARIA NOVELLA Dopo di te il diluvio Donne allo specchio in «Dopo di te il diluvio» di Maria Novella dei Carraresi per Marsilio (pp. 239, € 17). Tra amori perduti, bambini da educare, scommesse professionali, fantasie maniacali, il sogno della purezza, l’incombere del delitto. In un Veneto trapunto di alberi secolari... FABIO GENOVESI Versilia rock city «... Noi eravamo i bimbi del mare, ma il mare a noi non ci toccava...». Vagabondando a Forte dei Marmi. Fabio Genovesi si presenta con «Versilia rock city» (Transeuropa, pp. 172, € 12,90). Nei decenni, la mutazione antropologica di una capitale delle vacanze, una sorta di perenne giardino d’infanzia, tra dj, pornostar, e-mail, esilii, bellezze soprannaturali, star musicali. CLAUDIA SAPEGNO Mi bacia davvero Una diciassettenne, gli amici, il basket, il padre un po’ così, la madre che insegue la fu giovinezza, un lungo batticuore. «Finalmente mi bacia davvero» (Aliberti, pp. 152, € 12,50) è l’opera prima di Claudia Sapegno. La seria filastrocca di una generazione sconosciuta, soverchiata dai luoghi comuni, in realtà straordinariamente viva, responsabile, consapevole di sé. EMILIANO AMATO Noi ancora vivi E’ «l’impraticabilità della vendetta» come osserva Diego De Silva il tema di «Noi che siamo ancora vivi», l’esordio narrativo di Emiliano Amato per Gaffi (pp. 168, € 8,50). «Omero aspetta il buio. Guarda fisso oltre la finestra senza accorgersi che cala fino a non vedere più. Passa la sciarpa attorno al collo con due giri...». sarà sera, Sara» (Edizioni Mercurio, pp.89, € 10). Sono pensieri, storie, storielle, versi di Giuseppe Zaccaria, professore nell’Ateneo vercellese, un divertissement con la prefazione di Margherita Oggero («C’è una tale allegria nel cogliere i tanti naufragi che ci circondano...»). Italianista anche Giovanna Ioli, che in «Giramondo» (Viennepierre, pp. 91, € 12) prosegue il suo viaggio terracqueo, al lume di una raffinata biblioteca, iniziato con «A giro». Dalla Sicilia alla Polinesia, dai Caraibi agli Stati Uniti, da Firenze alla Valle del Reno. GIOVANNI TESIO Prima di tutto un libro di lettura divertente. Un libro che esce dai protocolli delle interpretazioni critiche accademicamente disposte e che mira invece a cogliere il filone ludico della nostre patrie lettere attraverso un'abbondante fiorita di testi e di trouvailles. In estrema sintesi è questo il senso del volume di Gino Tellini, Rifare il verso (sottotitolo: «La parodia nella letteratura italiana»). Le fondamenta di una modalità così mercuriale come quella parodica, beninteso esistono. In altre parole, nel libro di Tellini c'è piena coscienza della necessità di attingere a un minimo di orientamenti definitori. Ma la grana non è di taglio trattatistico (circoscrivere i confini di un genere, stabilirne le dinamiche, orientarne l'approccio) e anche se appartiene a una voce avvezza a studi letterari di soda filologia, il timbro che ne viene è piuttosto divulgativo e si presta a una lettura curiosa e cordiale. Se Tellini è stato studioso di «Muse inquiete», la stessa dimestichezza mostra qui con le «Muse giocose», che spesso con le prime hanno - come direbbe un seguace di Slow Food - un rapporto a «filiera corta», un traffico ravvicinato: le Muse che invitano al travestimento, al rovescio, alla caricatura, al gioco di parola; quelle di cui tutta la letteratura italiana, dalle origini a oggi, è ricchissima; quelle che portano con sé una maniera diversa di interpretare il rapporto con il canone, con il potere, con le cosiddette istituzioni letterarie. Antipetrarchismi, anticlas- MASSIMO ROMANO Il 19 giugno 1842 viene pubblicata in appendice al Journal des Débats la prima puntata dei Mystères de Paris di Eugène Sue. E' una data importante, perché segna l'inizio di un genere popolare destinato ad affermarsi in tutta Europa, il feuilleton o romanzo d'appendice, e capace di influenzare anche i grandi scrittori, da Balzac a Dickens, da Dostoevskij a Zola. Un genere che è figlio della rivoluzione industriale e grazie al legame stretto con la stampa introduce un diverso rapporto tra autore e pubblico, che scrivono e leggono la storia quasi in contemporanea. Eugène Sue procede senza un attimo di pausa perché si sente addosso il fiato del lettore: sta scrivendo la sesta puntata mentre quello è alla quarta e non può quindi permettersi passi falsi, deve comunque andare avanti, per soddisfare le attese del pubblico. Il protagonista Rodolphe è un principe travestito da operaio che si immerge nei bassifondi urbani, esplora soffitte e stamberghe, viuz- Quando le Muse sono giocose sicismi, antilirismi, antimanzonismi, antipascolismi, antidannunzismi, ogni volta che il testo di un autore o una determinabile cifra stilistica assumono un'importanza egemonica, ecco di scena il gioco a rovistare e rovesciare, a tradurre e sbeffardare. Il «pellegrino» e il «carnevalesco». La ragion prima dei macaronici e dei fidenziani, dei burchielleschi e dei berneschi, dei fredduristi e «Rifare il verso»: una cavalcata nei secoli, fino a Eco e Sanguineti, un viatico giamburraschevole dei battutisti, dei bertoldi, dei bertoldini, dei cacasenni, delle farse, delle profanazioni, delle contraffazioni, della corporalità, della gesticolazione. Dal Boccaccio all'Aretino, dal Camerana più insospettabile al Palazzeschi più clownesco o al Folgore (Luciano) più divertito, scherzi in punta di penna e di dottrina, che salgono e scendono al Porta e al Belli (i «dialettali» come sovrani del «controverso»), al Manzoni più umorista e al Parini del Ripano Eupilino. Una lunga trafila che abita i secoli: il Cinquecento antipetrarchista, il Seicento ludicista, il Settecento (tra Scannabue e Alfieri) antiarcadico e antimetastasiano, l'Ottocento più scapigliato e antimanzoniano (o anticarducciano). Per arrivare al Novecento che va da Gozzano a Ernesto Ragazzoni, da Achille Campanile a Sebastiano Vassalli (ma non dimenticherei Attilio Lolini), dall'«alluce» di Gadda a quello di Benigni, imbarcando minori e minimi (ottimi nel loro genere) come l'inconsapevole Luigi Sailer (sua quella Farfalletta da cui si originano tutte le «vispe terese» da Trilussa a Petrolini a Sto), come il coevo Giovanni Visconti-Venosta (l'autore de La partenza del Crociato) o come gli outsiders Paolo Vita-Finzi o Gino Patroni, capaci di una aderenza ai testi a vol- te strepitosa. Dove la parodia finisce per intrattenere con il suo originale un rapporto simbiotico, persino amoroso. Passando per i ben presenti Eco e i Sanguineti, il meno presente Almansi (qui esclusivamente citato con Fink per l'antologia Quasi come) o l'assente Calcagno (Galileo e il pendolare), potrei suggerire a Tellini il caso ultimissimo di un serio professore di letteratura italiana, Giuseppe Zaccaria, che con il suo libretto, Al mare sarà sera, Sara uscito proprio ora presso le vercellesi Edizioni Mercurio, viene a collocarsi sulla lunga scia dei Dossena e dei Bartezzaghi. Se, come scriveva Leopardi, terribile è la potenza del riso, Rifare il verso è un ben giamburraschevole viatico per guardare all' altra faccia della letteratura italiana. Alla faccia più discola (ossia antiscolastica). A quella più selenica, meno nota e più ribelle. p Gino Tellini p RIFARE IL VERSO p Mondadori, pp. 386, € 12 Feuilleton Un genere popolare che fece l’Europa Pullulano misteri nell’Italia post Unità ze fetide e antri malavitosi, alla ricerca di Fleur-de-Marie, «il giglio nel fango». Nei salotti e nelle portinerie si palpita per lei e ogni mattina c'è un'attesa spasmodica per la nuova puntata. Sue, un dandy considerato un parvenu dal bel mondo parigino, diventato socialista per épater le bourgeois, ottiene un successo strepitoso e provoca la diffusione della moda dei «misteri». Pullulano «misteri» in ogni città e nell'Italia postunitaria, dove il feuilleton arriva con notevole ritardo, persino gli scrittori importanti non resistono al fascino del romanzo popolare, dal giovane Verga allo scapigliato Tarchetti a Carlo Lorenzini, il futuro Collodi di Pi- nocchio. I due autori più significativi del feuilleton italiano sono Mastriani, autore de I misteri di Napoli, e Carolina Invernizio, regina dell'appendice per un quarantennio con oltre cento romanzi, che sfiorano spesso il kitsch, con risvolti talvolta «Il cuore oscuro dell’Ottocento»: una stuzzicante antologia, da Collodi a Carolina Invernizio umoristici e divertenti, già evidenziati nel 1970 da Paolo Poli in uno spettacolo teatrale. Su questo argomento Riccardo Reim ha costruito una stuzzicante antologia, ordinata per temi e preceduta da una documentata introduzione. Ci sono i luoghi (bettole, carceri, ghetti, teatri), i tipi (orfane, trovatelli, mendicanti, ladri, preti lussuriosi, briganti, vergini innocenti e donne fatali), le sette segrete dai nomi pittoreschi, Compagnia del Lampione, Società del Parafulmine, i delitti orrifici. Il linguaggio, sempre esasperato e teatrale, è quello del melodramma, che da noi, anche per l'analfabetismo diffuso, svolse la funzione del romanzo popolare, come rilevò a suo tempo Folco Portinari. Le situazioni sono schematiche, prive di sfumature psicologiche, adatte a solleticare la fantasia del lettore sprovveduto, con aggettivi-spia che fanno capire subito chi sono i buoni e chi i cattivi. Un po' come nelle fiction televisive di oggi, che hanno sostituito i romanzi a puntate, con il volto dell'attore deformato da un ghigno o disteso in uno sguardo sognante. Il futuro Collodi, che scrisse uno dei primi «misteri», I misteri di Firenze (1857), ironizza su questa moda e ne dimostra l'assurdità nella capitale del sonnolento granducato della Toscana, dove si sa tutto di tutti e se si comincia a raccontare un fait divers, quei fatti di cronaca truculenti che a Parigi e a Londra riempivano le cronache dei giornali, «il lettore fiorentino si pone subito in guardia, come se vogliate vendergli lucciole per lanterne, e dopo poche pagine, chiude il libro con un'ironica scrollatina di testa». p Riccardo Reim p IL CUORE OSCURO DELL’800 p Avagliano, pp.375, € 16