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GENNAIO 2013
17 gennaio: Sant’Antonio Abate
La grandezza
del credere
Il Papa Benedetto XVI nella
Lettera apostolica in forma di
Motu Proprio “Porta Fidei” scritta in occasione per l' ”Anno delle
Fede”, afferma tra l'altro che “Per
fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in
semplicità evangelica l'obbedienza, la povertà e la castità, segni
concreti dell'attesa del Signore
che non tarda a venire”. Parole
più che mai appropriate se solo
pensiamo alla grande figura del
patrono della città di Sant'Angelo
Lodigiano Sant’Antonio Abate
(250-356) il Grande, che porta il
nome glorioso di “Padre dei monaci”.
L'egiziano Antonio non nacque
Santo, è diventato Santo. Un cammino di perfezione che per lui è
incominciato con l'ascolto della
Parola di Dio. Rimase scosso da
una frase di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che
possiedi, dallo ai poveri, poi vieni
e seguimi” (Mt 19,21). E in un'altra frase Gesù dice: “Che giova
all'uomo guadagnare il mondo
intero se poi perde la sua
anima?” (Mc 8,36).
Riflettendo su queste frasi,
prese sul serio quest'invito di
Gesù. Ma come fare? Quale via
avrebbe dovuto seguire proprio
lui che viveva nel mondo, indaffarato come tutti, nelle cose di questo mondo. Pensò allora di ritirarsi nel deserto e scegliere il silenzio, dando l'assoluta priorità
all'ascolto della Parola di Dio.
Leggeva la Bibbia e il Vangelo,
cercando di interiorizzare gli
insegnamenti del Signore, sforzandosi di mettere in pratica quello che il Signore diceva. In questo
modo, si può conoscere bene
quella che è la volontà di Dio.
Anche noi spesso ci interroghiamo e siamo sempre desiderosi di
conoscere la volontà di Dio, di
discernere ciò che è bene e ciò
che è male, le cose buone da fare
e da seguire, e le cose che invece,
essendo male, sono da evitare.
Così Antonio, partendo dall'ascolto della Parola, cercò di coniugare studio e preghiera. Leggeva, meditava, rileggeva per
poter imprimere nella sua mente e
ancor più nel suo cuore le parole
importanti che egli sentiva rivolte
proprio a se stesso. Possiamo dire
che la Parola di Dio era il suo
nutrimento, il suo cibo quotidiano. Dalla Parola di Dio poi scaturiva la preghiera. La Parola di Dio
entrava dentro di lui e si trasformava in preghiera. In questo
modo, Antonio potè superare le
molte “tentazioni demoniache” e
trovare la sua pace.
L’esperienza ascetica di Antonio sarebbe rimasta per molto
tempo come una curiosità locale,
se il suo grande amico “padre
della Chiesa” e vescovo d’Alessandria d’Egitto S. Atanasio (295373) non avesse scritto un piccolo
libretto, la “Vita di Antonio” che
fu presto tradotto in latino (due
volte), in copto, etiopico, siriaco,
armeno, assiro, georgiano, fu
insomma per quell'epoca un vero
“best seller”.
Nell'anno 341 poi, il vescovo
Atanasio dovette rimanere a
Roma parecchi mesi, ospite in
una casa patrizia, quella di Albina
e del giovanissimo Ambrogio
(339/340-397 futuro vescovo di
Milano e Santo) il quale restò
vivamente impressionato di quanto sentiva dalla bocca di Atanasio
sulle austerità di Antonio. Anche
S. Agostino di Ippona (354-430)
nel suo famoso libro “Confessioni” (vedi Cap. VIII) rimase
stupito dal racconto di Ponticiano
intorno alle molte virtù eroiche di
Sant’Antonio ed inoltre, dovettero in buona parte a lui la loro
vocazione monastica, san Gerolamo Stridone (348-420) e san
Martino di Tours (316-397).
Comunque la biografia atanasiana, accanto alla Bibbia e al
Vangelo, rappresentò la prima
vera “regola” del nuovo stile di
vita: diventò di moda fare come
Antonio l'eremita, nacque cioè,
nel senso più esplicito della parola, accanto all'”anacoreta” o “eremita” il “monaco”: monaco significava appunto un uomo che
aveva scelto di vivere da solo con
Dio cercando la perfezione.
Tuttavia, i primi monaci furono
quasi esclusivamente laici soprattutto contadini e poveri. Dunque,
non esistevano voti, non esisteva
ancora né “status” (statuto) né
“ordo” (ordine). L'emissione formale di voti avvenne per la prima
volta verso la metà del sec. IV, tra
i monaci pacomiani dell'abate
Scenuti, e in forma solenne, solo
con i monaci benedettini. Dopo
Un classico “santino” raffigurante Sant’Antonio Abate tra gli animali domestici. Tale raffigurazione era presente in molte case e in molte
stalle come segno di affidamento e protezione.
alterne vicende della Storia Ecclesiastica, è con san Benedetto
da Norcia (480-546) che si suole
concludere la storia del monachesimo primitivo.
Questo nuovo movimento monastico, “Fin dai suoi inizi con
sant’Antonio Abate, esprime un
ingente servizio di carità verso il
prossimo. Nel confronto “faccia a
faccia” con quel Dio che è
Amore, il monaco avverte l'esigenza impellente di trasformare
in servizio del prossimo, oltre che
di Dio, tutta la propria vita. Si
Sabato 19 gennaio - sala teatro Oratorio San Luigi
CONCERTO DI SANT’ANTONIO
del Corpo Bandistico Santa Cecilia
Il Corpo Bandistico Santa Cecilia si esibirà in concerto il prossimo 19 gennaio, a chiusura dei festeggiamenti per il patrono Sant’Antonio Abate. Lo spettacolo, che si svolgerà dalle ore 21 presso
la sala teatro dell’Oratorio San Luigi, prevede l’esecuzione di brani
originali e trascrizioni per banda dalle musiche della tradizione classica e operistica, nonché pezzi accattivanti del repertorio moderno
cui la banda ci ha da tempo abituati.
La serata sarà anche un’occasione per illustrare al pubblico il progetto “Musica per tutti”, rivolto a bambini e ragazzi di Sant’Angelo
e per il quale la banda ha ottenuto il finanziamento della Fondazione
Comunitaria della Provincia di Lodi, e ringraziare coloro i quali hanno già fatto la loro donazione permettendo alla banda di raggiungere l’obiettivo minimo fissato dalla Fondazione.
Il rinnovo delle promesse matrimoniali
nella festa della Santa Famiglia
Domenica 30 dicembre 2012, in Basilica nella S. Messa delle
ore 11,15, gli sposi che hanno festeggiato gli anniversari di
matrimonio, hanno rinnovato le promesse matrimoniali.
50° anno: Cerri Battista-Crespi Angela; Cerri Luigi-Stella
Rosa; Esperi Emilio-Rozza Giuseppina; Ferrari GiuseppeRognoni Francesca; Palladini Eugenio-Crespi Giuseppina;
Passoni Mario-Rusconi Aldina; Sevà Teofilo-Morosini Silvana; Sommariva Antonio-Cerri Gerolama.
40° anno: Ferrari Achille-Rozza Giuseppina; Milani ErmesMoroni Gabriella.
30° anno: Arati Giampaolo-Varesi Giovanna; Dainese Vannino-Cavallini Pinuccia; Garlaschelli Giovanni-Battaglia
Natalina.
25° anno: Curioni Giampiero-Capra Elisabetta; Dainese
Giancarlo-Cantoni Maria Pina; Mariotti Francesco-De Caro
Anna Maria; Stefanini Claudio-Furiosi Francesca; Toscani
Pietro-Valdameri Enrica.
20° anno: Furiosi Angelo-Colombi Dora; Manfregola Massimo Vincenzo-Spadano Ida.
10° anno: Codecasa Riccardo-Martinotti Rita; Sozzi Daniele-Rusconi Paola.
5° anno: Francomano Giuseppe-Restivo Francesca; Tedesco Claudio-Gigante Simona.
spiegano così le grandi strutture
di accoglienza, di ricovero e di
cura sorte accanto ai monasteri.
Si spiegano pure le ingenti iniziative di promozione umana e di
formazione cristiana, destinate
innanzitutto ai più poveri, di cui
si sono fatti carico dapprima gli
Ordini monastici e mendicanti e
poi i vari Istituti religiosi maschili e femminili, lungo tutta la storia
della Chiesa. (…)”. (cfr. Dalla
prima Enciclica di Benedetto XVI
“Deus Caritas Est”).
Per la letteratura monastica primitiva il monaco è “atleta di
Cristo”, così come lo era stato il
martire; è il soldato di Cristo che
combatte gli spiriti del male.
Basti qui ricordare quanto scrive
Antonio ai suoi carissimi fratelli
monaci esortandoli a resistere
sempre alle tentazioni che assalgono, mai lasciandosi vincere
dalla fatica della lotta, fino al
momento in cui non si sarà arrivati ad offrirsi interamente a Dio in
tutta purezza (Lettera 4,1). I
demoni, infatti, sono sempre in
agguato e agiscono senza sosta, in
molti modi, per la perdizione di
quanti vogliono camminare verso
Dio (Lettera 4,4). Per causa loro,
“diventiamo duri di cuore, ci
disprezziamo a vicenda, proviamo
amarezza gli uni per gli altri, ci
rivolgiamo parole dure, ci lamen-
tiamo continuamente, accusiamo
sempre gli altri e mai noi stessi.
Pensiamo che la causa delle
nostre sofferenze sia il nostro
prossimo e lo giudichiamo secondo l'apparenza, quando invece è
in casa nostra che il ladro ha stabilito la sua dimora. Vi sono contese e divisioni tra di noi e cerchiamo sostegno in tante parole
per apparire giusti di fronte a noi
stessi. I demoni ci spingono a
compiere opere che oltrepassano
le nostre forze e ci ostacolano in
quelle che ci sono possibili e ci
sarebbero utili. E così ci fanno
ridere quando sarebbe il momento di piangere e ci fanno piangere
quando sarebbe il momento di
ridere; cercano in ogni maniera
di distoglierci dalla via della
purezza e ricorrono a molti altri
inganni per renderci loro schiavi” (Lettera 4,5).
Interessante è anche il poeta
“maledetto” francese dell'Ottocento Arthur Rimbaud (18541891) che rimase colpito dalla
figura di Sant’Antonio Abate.
“La lotta spirituale è brutale
quando la battaglia è fra uomini”, scrisse nel libro “Una stagione all'inferno”. Chi ride di Antonio oppresso nel deserto dagli
spiriti malvagi che gli appaiono
“sotto forma di belve e di serpenti”, è un superficiale che non si
conosce, oppure è una persona
costantemente vinta dalle tentazioni, al punto da non accorgersene più. Va quindi detto con
chiarezza: non è possibile l'edificazione di una personalità umana
e spirituale robusta senza la lotta
interiore, senza un esercizio al
discernimento tra bene e male, in
modo da giungere a dire dei “sì”
convinti e dei “no” efficaci; “sì”
a quello che possiamo essere e
fare in conformità a Cristo; “no”
alle pulsioni egocentriche che ci
alienano, contraddicendo i rapporti che abbiamo con noi stessi,
con Dio, con gli altri e con le
cose, privi a quel punto di libertà
e amore”.
Sant'Antonio abate, divenne
monaco nel deserto e ci insegna
che il vero fondamento di ogni
ascesi è la conversione: il distacco da se stessi per abitare in Dio e
tanta fu la pace interiore, che
anche il creato attorno a lui partecipò di questa pace. E allora
accorrevano a lui anche gli animali del deserto. Essi fanno parte
di quest'armonia del creato e dell'universo che è partecipazione
della pace interiore.
Infatti quando l'umile ascolto
della Parola di Dio, ci consente di
intercettarla, allora potremo dire
di aver visto e intercettato il volto
del Signore, che acquieta il nostro
cuore e ci dona pace. Ecco il
segreto di Sant’Antonio, ha avuto
il coraggio di elevarsi al di sopra
delle vicende umane per raggiungere le vette del paradiso.
L'Anno della Fede potrebbe
essere un’occasione propizia su
questo versante. Un vero “tempo
favorevole” da cogliere per consentire alla grazia di illuminare la
mente e al cuore di dare spazio
per far emergere la grandezza del
credere.
Achille Ferrari
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