VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo, ovvero la nascita di un’impresa tesi di laurea di Fabrizio Pollaci - 734170 Relatore: Matteo Ragni Correlatore Luigi Brenna Politecnico di Milano, Facoltà del Design Corso di Laurea Specialistica in Design del Prodotto Anno Accademico 2010 - 2011 Discussione di Laurea 20 Luglio 2011 9’’ 10’’ per chi non è soddisfatto del proprio tempo per chi non sa cosa farne e per chi lo spreca. 13’’ Mi piace ricordare un aneddoto. Scrivendo questa tesi di laurea mi sono imbattuto in un vecchio documento, scritto a macchina da mio padre circa 25 anni fa. Si tratta di una relazione su non ricordo esattamente cosa, ma non importa; ciò che importa è che questa relazione riportava come incipit una particolare citazione di Luigi Einaudi. Mio padre, l’aveva letta su una stampa posizionata su una parete di una sala d’attesa. Mai nella sua vita era stato colpito da una frase al punto di appuntarsela, e mai più lo fece. Successe solo quella volta. Era il Settembre del 1985, e mentre lui era in quella sala d’attesa io e mia madre eravamo in una stanza accanto, io stavo nascendo. 44’’ Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi. Luigi Einaudi 1’13’’ 1’14’’ Incipit È stata fatta una domanda a 200 studenti delle facoltà del design di tutta Italia. La domanda è questa: “Che lavoro vuoi fare da grande?”. Si intendeva, con questa domanda, chiedere a ciascun intervistato di descrivere la propria visione del mestiere del designer, parola così tanto vaga da potere comprendere dentro di sé tanti diversi lavori. È stata fatta agli stessi 200 studenti anche una seconda domanda: “Credi davvero che ci riuscirai?”. Queste sono le risposte ottenute. Le risposte alla prima delle due domande possono essere accorpate in alcune tipologie, ciascuna che fa riferimento ad un diverso tipo di lavoro legato al design. 43 studenti hanno detto che sperano di essere assunti da un’azienda, non importa quale. Si tratta di descrizioni che portano alla figura di quello che viene chiamato solitamente “tecnico del progetto”, quella figura, cioè, che ha il compito di sviluppare concretamente, un progetto, sfruttando maggiormente l’aspetto tecnico della propria formazione rispetto a quanto non facciano con quello espressivo. Spesso questa figura professionale viene descritta come l’esecutore di uno stimolo che nasce dalla mente di un’altra figura professionale. 51 studenti hanno detto che vorrebbero lavorare in uno studio di progettazione, più a contatto con le scelte progettuali e meno con l’esecuzione tecnica di un progetto, anche se il confine tra i due aspetti non è quasi mai definibile. Solamente 4 studenti hanno detto che vorranno sfruttare la propria laurea per fare una carriera all’interno del mondo universitario, cominciando da ricercatori e sperando di ottenere una cattedra in qualche ateneo. 3’07’’ In 18 hanno descritto una serie di attività che vedono ciascun intervistato impegnato in ruoli che gli permettono di coniugare il design con un’altra passione presente nella propria vita, o comunque in lavori non propriamente riconducibili ai classici mestieri del design. Sono 11 gli studenti che auspicano di svolgere, invece, un’altro dei mestieri che si possono fare con una laurea in Disegno Industriale, come l’amministratore di un’impresa di famiglia. In ben 73 hanno detto di volere fare il designer. Cercando di capire cosa ciascuno intendesse per designer si è definita una figura professionale che ha il compito di progettare, prodotti, interni, arredi o quant’altro, e l’onore di avere una fonte di reddito tramite questo tipo di impegno. Che il progetto venga commissionato da un’azienda o da un privato non importa, nessuno pare volersi specializzare nell’una o nell’altra tipologia di clienti. Ciò che importa è ottenere soddisfazione professionale, cioè realizzazione personale e monetaria, attraverso quella pratica che permette di cercare uno stimolo e di sviluppare un progetto attorno a questo stimolo, concedendosi anche di avviare uno studio di progettazione con il proprio nome, sull’esempio di quanto hanno fatto gli insegnanti che hanno trasmesso loro la passione per il design. 32 studenti sui 43 che sperano di lavorare in azienda hanno detto che sono ottimisti sulle possibilità di successo. Lo stesso vale per 39 sui 51 che vogliono lavorare in uno studio di progettazione. Tutti e 4 gli studenti che sperano di fare carriera universitaria pensano di riuscire. Tra gli studenti che non vogliono fare un classico mestiere del design sono stati in 13 su 18 ad ad essere fiduciosi. 10 su 11 tra coloro che vorrebbero svolgere un’altra tipologia di attività sono abbastanza certi di poterlo fare. Soltanto 17 su 73 studenti che vogliono fare il designer pensano davvero di riuscirci. 3’10’’ 3’11’’ VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa INDICE DELLA REALAZIONE Introduzione 6’55’’ PARTE 2 - basi pratiche 2h 10’48’’ PARTE I - basi teoriche 9’40’’ Capitolo 3, come nasce una nuova impresa 2h 10’50’’ Capitolo 1, progetto ed impresa 9’42’’ 3.1 il punto di partenza: una buona idea 2h 12’07’’ 1.1 1.1.1 1.1.2 1.1.3 1.1.4 11’32’’ 13’24’’ 20’07’’ 24’31’’ 28’24’’ 3.2 la funzione produttiva 2h 12’43’’ 3.3 la funzione amministrativa 3.3.1 il coordinamento 3.3.2 l’analisi di mercato 3.3.3 l’amministrazione finanziaria 2h 2h 2h 2h 14’22’’ 15’03’’ 18’55‘’ 31’56’’ 1.2 ricerca di senso 33’17’’ 1.3 storie di chi voleva fare il designer 47’05’’ Capitolo 2, progetto e tempo 1h 20’01’’ 3.4 la funzione commerciale 3.4.1 il prezzo 3.4.2 il commercio 3.4.3 l’identità 2h 2h 2h 2h 33’53’’ 34’28’’ 37’00’’ 37’51’’ 2.1 il tempo che passa 1h 21’12’’ 2.2 come si progetta il tempo 1h 45’48’’ 3’33’’ un nuovo scenario la dimensione del cambiamento un nuovo artigianato il designer-imprenditore un precedente storico PARTE3 - il progetto 2h 40’37’’ Capitolo 6, dal pomeriggio alla sera 3h 2’40’’ Capitolo 4, dall’alba a mezzogiorno 2h 40‘39’’ 4.1 il senso di TrattoTempo 2h 41‘18’’ 4.2 una produzione equilibrata 4.2.1 Made in 4.2.2 Torte TrattoTempo 4.2.3 la lavorazione delle Torte 4.2.4 le ricette 4.2.5 il packaging 2h 2h 2h 2h 2h 2h 6.1 quanti orologi 6.1.1 il macrosettore 6.1.2 il microambiente 3h 3‘39’’ 3h 3‘39’’ 3h 4‘43’’ 6.2 il pubblico di TrattoTempo 6.2.1 il sondaggio 6.2.2 conclusioni 3h 8‘00’’ 3h 8‘27’’ 3h 17‘15’’ Capitolo 7, dalla sera all’alba 3h 17‘17’’ Capitolo 5, da mezzogiorno al pomeriggio 2h 58‘02’’ 5.1 la ditta 2h 58‘50’’ 5.2 il piano per una crescita equilibrata 5.2.1 il primo anno di vita 5.2.2 gli anni sucessivi al primo 2h 59‘45’’ 3h 0‘28’’ 3h 2’38’’ 7.1 l’identità corporativa 7.1.1 Tratto + Tempo 7.1.2 la mission e la vision aziendale 7.1.3 l’identità visiva 3h 3h 3h 3h 7.2 trasmettere il messaggio 7.2.1 linee guida per la comunicazione esterna 7.2.2 esempi di comunicazione tradizionale 3h 23’34’’ 3h 24’40’’ 3h 26’18’’ 7.3 comprare le Torte 7.3.1 il prezzo delle Torte 7.3.2 www.trattotempo.it 3h 24’02’’ 3h 24’02’’ 3h 27’34’’ Riferimenti bibliografici 3h 29’00’’ 4’02’’ 45‘58’’ 45’58’’ 46‘55’’ 48‘12’’ 49‘05’’ 55‘45’’ 18’02’’ 19’04’’ 20’31’’ 21’28’’ VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa Imm.1 lampada Arco di Achille e Piergiacomo Castiglioni Imm.2 I-phone della Apple Imm.3 alcuni lavori di Hugo Franca Imm.4 un lavoro di Caroline Casey Imm.5 un gioiello di Giovanni Scafuro Imm.6 lampada Moon di Davide Groppi Imm.7 letto Sottiletto di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini Imm.8 S-Bend Chair di Tom Dixon Imm.9 Jack Light di Tom Dixon Imm.10 paralume Shade di Sebastian Bergne Imm.11 schizzo di un letto “klee klamps” di Ron Arad Imm.12 Rover Chair di Ron Arad Imm.13 ritratto di Enzo Mari Imm.14 ritratto di Alessandro Mendini Imm.15 Paolo Ulian con Enzo Mari Imm.16 sedie Tuttitubi di Lorenzo Damiani Imm.17 ritratto di Marco Dessì Imm.18 macchinine TobeUs Imm.19 macchinine TobeUs capovolte Imm.20 la “Romantica” di Matteo Ragni Imm.21 il “Furgoncino Portavalori” di Giulio Iacchetti Imm.22 logo TobeUs 4’21’’ INDICE DELLE IMMAGINI 15’36’’ 17’31’’ 21’14’’ 22’18’’ 25’16’’ 26’23’’ 27’04’’ 29’11’’ 29’30’’ 30’09’’ 31’42’’ 32’08’’ 36’38’’ 38’20’’ 41’32’’ 45’01’’ 46’19’’ 47’37’’ 48’05’’ 49’10’’ 49’10’’ 50’08’’ Imm.23 Imm.24 Imm.25 Imm.26 Imm.27 Imm.28 Imm.29 Imm.30 Imm.31 Imm.32 Imm.33 Imm.34 Imm.35 Imm.36 Imm.37 Imm.38 Imm.39 Imm.40 Imm.41 Imm.42 Imm.43 Imm.44 occhiali W-Eye occhiali W-Eye, particolare essenze lavorazione occhiali W-Eye logo W-Eye lavorazione borse Freitag borse Freitag zaini Freitag logo Freitag immagine promozionale Livestrong Wristbands braccialetto Livestrong indossato braccialetti Livetstrong confezionati logo Livestrong tavolo prodotto da Plinio il Giovane ritratto di Mario Prandina divano prodotto da Plinio il Giovane logo Plinio il Giovane homepage www.made.com immagine tratta dal catalogo di Made.com poltrona prodotta da Made.com logo Made.com vasi FishDesign Gaetano Pesce al lavoro 51’27’’ 52’02’’ 52’29’’ 54’11’’ 55’34’’ 56’08’’ 56’38’’ 58’00’’ 59’03’’ 59’49’’ 1h 0’07’’ 1h 1’06’’ 1h 2’32’’ 1h 3’05’’ 1h 3’16’’ 1h 4’21’’ 1h 5’50’’ 1h 6’33’’ 1h 6’42’’ 1h 7’52’’ 1h 9’09’’ 1h 9’43’’ Imm.45 vaso FishDesign Imm.46 logo FishDesign Imm.47 orologi O’Clock di Fullspot Imm.48 orologi O’Clock di Fullspot particolare quadranti Imm.49 orologi O’Chieve di Fullspot Imm.50 logo Fullspot Imm.51 Spiral Clock di Will Aspinall e Neil Lambeth Imm.52 Will Aspinall e Neil Lambeth intervistati Imm.53 Spiral Clock bianco e nero Imm.54 logo Spiral Clock Imm.55 aperitivo Campari (Camparitivo) alla Triennale di Milano Imm.56 tipica tavola imbandita per l’happy hour Imm.57 la vetrina di un temporary store di Londra Imm.58 logo Banca del Tempo Imm.59 Bruno Contigiani durante la Terza Giornata Mondiale della Lentezza (Tokyo, 2008) Imm.60 logo Slow Food Imm.61 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.1 Imm.62 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.2 Imm.63 orologio “Mozia” di Giovanni Levanti per Diamantini&Domeniconi Imm.64 orologio “Pocket Watch” prodotto da Karlsson 4’59’’ 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 1h 10’09’’ 11’18’’ 12’30’’ 13’02’’ 14’01’’ 15’10’’ 16’34’’ 17’09’’ 17’32’’ 18’33’’ 46’32’’ 47’09’’ 47’55’’ 50’12’’ 1h 1h 2h 2h 55’18’’ 57’44’’ 2’36’’ 3’09’’ 2h 4’50’’ 2h 5’03’’ Imm.65 5 orologi da polso Swatch Imm.66 logo Swatch Imm.67 immagine promozionale orologi da polso HipHop Imm.68 suggestione – il business plan Imm.69 suggestione – la produzione Imm.70 suggestione – organigramma Imm.71 suggestione – grande varietà di telefoni cellulari Imm.72 suggestione – calcolatrice Imm.73 suggestione – prezzo delle arance al mercato Imm.74 suggestione – il layout di un negozio di Tokyo Imm.75 immagine promozionale Starbucks Imm.76 immagine tratta da un spot pubblicitario per Lavazza Imm.77 un cow-boy in una strada di New York promuove la Polaroid Imm.78 vista prospettica frontale delle Torte Imm.79 vista prospettica posteriore delle Torte Imm.80 Torta Made in 20’ Imm.81 Torta Made in 2h 30’ Imm.82 Torta Made in 3h 30’ Imm.83 Torta Made in 8h Imm.84 Torta Made in 16h Imm.85 Torta Made in 24h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 5’54’’ 6’51’’ 7’29’’ 12’07’’ 12’43’’ 15’03’’ 18’55’’ 31‘56’’ 34‘28’’ 37’00’’ 37’55’’ 38’51’’ 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 2h 39’27’’ 46’55’’ 46’55’’ 49’43’’ 50’18’’ 50’53’’ 51’28’’ 52’03’’ 52’38’’ Imm.86 Imm.87 Imm.88 Imm.89 Imm.90 Imm.91 Imm.92 Imm.93 Imm.94 Imm.95 Imm.96 Imm.97 Imm.98 5’29’ Torta Made in 5 days Torta Made in 5 days 15h Torta Made in 10 days scatola delle Torte scatole delle Torte orologio prodotti da Ikea orologio prodotto da Oregon Scientific orologio “Blank” di Martì Guixé per Alessi orologio prodotto da Diamantini&Domeniconi orologio prodotto da Karlsson Spiral Clock orologio da polso Longines layout homepage www.trattotempo.it 2h 2h 2h 2h 2h 3h 3h 3h 3h 3h 3h 3h 3h 53’13’’ 53‘48’’ 54‘23’’ 55‘45’’ 58‘00’’ 5’11’’ 5‘11’’ 5’59’’ 5’59’’ 6’33’’ 6’33’’ 7’08’’ 28’00’’ VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa Gr.1 forme giuridiche adottabili in Italia Gr.2 struttura di un’analisi di mercato Gr.3 risultati sondaggio pagina 1 Gr.4 risultati sondaggio pagina 2 Gr.5 risultati sondaggio pagina 3 Gr.6 punteggi ottenuti da ciascun segmento della popolazione italiana al sondaggio somministrato 5’40’’ INDICE DEI GRAFICI 2h 15’32’’ 2h 19‘19’’ 3h 14’28’’ 3h 15’00 3h 15’50’’ 3h 16’30’’ VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa Tab. 1 elenco delle spese preventivate Tab. 2 elenco delle coperture finanziarie Tab. 3 ottenimento dei ricavi Tab. 4 sondaggio pagina 1 Tab. 5 sondaggio pagina 2 Tab. 6 sondaggio pagina 3 Tab. 7 sondaggio pagina 4 5’45’’ INDICE DELLE TABELLE 3h 1’12’’ 3h 1’48’’ 3h 2’09’’ 3h 9’00’’ 3h 9‘27’’ 3h 10’00’’ 3h 10’50’’ VOGLIO FARE IL DESIGNER storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa INDICE DELLE TAVOLE Tav. 1 vista frontale e laterale delle Torte Tav. 2 vista posteriore e laterale con linee nascoste delle Torte 2h 47’00’’ 2h 47’15’’ Tav. 3 esploso assonometrico e dimensioni delle lancette 2h 47’30’’ Tav. 4 costruzione dello stampo in silicone 2h 48‘22’’ Tav. 5 costruzione dello stampo in silicone 2h 48’32’’ Tav. Tav. Tav. Tav. Tav. Tav. 6 costruzione dello stampo in silicone 7 costruzione dello stampo in silicone 8 montaggio imballaggio A 9 montaggio imballaggio B 10 sviluppo imballaggio A 11 sviluppo imballaggio B Tav. 12 quote imballaggio A Tav. 13 quote imballaggio B Tav. 14 Manuale di Identità Visiva, logo TrattoTempo Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, font utilizzati Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, costruzione del logo TrattoTempo Tav. 17 Manuale di Identità Visiva, versione positiva e negativa Tav. 18 Manuale di Identità Visiva, versioni al tratto 5’50’’ 2h 48’42’’ 2h 48’52’’ 2h 56‘35’’ 2h 57‘15’’ 2h 57‘25’’ 2h 2h 2h 3h 3h 57‘35’’ 57‘45’’ 57‘55’’ 21’30’’ 21’35’’ 3h 21’37’’ 3h 21’46’’ 3h 21’55’’ Tav. 19 Manuale di Identità Visiva, applicazione su sfondi colorati Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, dimensioni del logo Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, errori da evitare 3h 22’00’’ 3h 22’06’’ 3h 22’14’’ 5’51’’ INTRODUZIONE 1. Questa tesi di laurea culminerà nella progettazione di una impresa operante nel settore del design del prodotto, chiamata TrattoTempo. Si tratta di un’attività imprenditoriale caratterizzata da forti connotati artigianali e da una grande ricerca della soddisfazione, emozionale e monetaria, di un unico imprenditore. Come può lasciare intuire il nome del brand, TrattoTempo è costruito attorno al tema del tempo, o per essere più precisi il tema centrale è la ricerca dell’equilibrio nel trascorrere del tempo; ed esiste una sola categoria di prodotto che sarà commercializzata da TrattoTempo, una serie di orologi da parete. Il progetto dell’impresa e di tutti i suoi aspetti principali riguarda la terza delle tre parti secondo cui è costruita questa tesi; le prime due, le basi teoriche e le basi pratiche, serviranno a fornire le argomentazioni e gli strumenti a supporto del progetto. Gli argomenti trattati saranno ordinati in maniera tale da risultare convergenti verso il progetto finale; si procederà dal generale allo specifico, e il percorso sarà seguito di pari passo da una linea guida che fungerà da voce narrate del processo di avvicinamento al culmine. 2. Gli scenari del design sono radicalmente cambiati rispetto a come erano in passato; oggi il termine “disegno industriale” non è più chiaramente riconducibile alla pratica di progettare in vista di una produzione industriale, ma, come si argomenterà, il senso di questo termine si è impoverito, lasciando spazio a sfumature più vaste e varie. Il cambiamento delle regole del gioco obbliga chi fa del design la propria passione e la propria fonte di reddito ad evolversi: nascono 6’55’’ nuovi incarichi professionali che in parte fanno riferimento al classico impegno del progettista industriale, ma che in parte se ne distaccano in virtù di un approccio spesso differente. Il percorso partirà proprio dalla descrizione dell’attuale scenario in cui versa il mondo del design. La ragione di questo punto di partenza è mirata a sostenere un’ipotesi basilare: che al giorno d’oggi sussiste un paradosso per cui un giovane neolaureato in disegno industriale non ha la piena possibilità di accedere ad un mondo del lavoro che corrisponda a quello che hanno vissuto gli insegnanti che hanno trasmesso il loro sapere. In altre parole, se tale paradosso fosse conforme alla realtà, seguire le orme delle generazioni precedenti sarebbe un’alternativa dalle probabilità di riuscita molto basse. Ciò su cui si è riflettuto è stata la convenienza o meno di procedere su un percorso di ricerca fine a se stesso, piuttosto che di provare a sfruttare il tempo concesso a scrivere una tesi di laurea per capire da cosa sia causata l’inequivocabile insoddisfazione professionale lamentata da un numero sempre più vasto di nuovi professionisti, e per provare ad avanzare una proposta di miglioramento. Come si vedrà nel dettaglio, individuando come valida, all’interno di queste considerazioni, la possibilità che il progettista nell’evoluzione del senso e della praticità del design, si cimenti nell’attività imprenditoriale, ci si sofferma sull’opportunità offerta al professionista di riconsiderare e relazionare il suo impegno ad una scala maggiormante controllabile e definita, con la scelta di intraprendere il doppio ruolo di designer e imprenditore, come una delle nuove, e più valide, possibilità che gli si presentano. 3. Per comodità e per evitare equivoci nella lettura delle pagine che seguiranno vengono di seguito riportate alcune definizioni di alcuni termini chiave per la comprensione dell’argomento trattato. In alcuni casi si tratta di definizioni univoche, tratte da documenti ufficiali, mentre in altri casi si riporta il significato che, tra quelli comunemente associati ad una parola, si intende qui adottare. Imprenditore Il codice civile definisce con l’articolo 2082 il temine “imprenditore” come “colui che esercita un’attività economica organizzata al fine della 1 produzione o dello scambio di beni e servizi”. Impresa Nonostante il codice civile parli di “imprenditore” e non di “impresa”, è con questo termine che viene comunemente chiamata tale attività economica. L'impresa è caratterizzata da un determinato scopo (produzione o scambio di beni o servizi) e dalle conseguenti modalità adottate per il raggiungimento dello scopo (organizzazione dei fattori produttivi, economicità e professionalità intesa come abitudine da parte dell’imprenditore allo svolgimento dell’attività). Se tale impresa assume dei connotati che non superino certi limiti allora si fa riferimento alla figura del “piccolo imprenditore”. Piccolo imprenditore L’articolo 2083 del codice civile definisce piccoli imprenditori il coltivatore diretto del fondo, l’artigiano, il piccolo commerciante e tutti coloro i quali esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente 2 con il lavoro proprio e dei propri familiari. Perchè si possa beneficiare 8’39’’ delle agevolazioni previste per le piccole imprese è necessario quindi che l’imprenditore presti il proprio servizio nell’attività e che il suo lavoro prevalga sia rispetto ad eventuali prestazioni lavorative di terzi sia rispetto al fattore capitale. Attività imprenditoriale, marchio, marca, brand Nel linguaggio comune il termine “impresa” è a volte sostituito dal termine “attività imprenditoriale”. Anche in questa tesi le due espressioni vengono considerate sinonimi, così come vengono considerati sinonimi anche altre parole come “marchio”, “marca” o “brand”, parole con cui si definisce “un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato graficamente, in particolare parole, compresi i nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni, forma di un prodotto o della confezione di esso, combinazioni o tonalità cromatiche, purché siano idonee a distin3 guere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli delle altre”, ma che sono tipicamente usati con il significato allargato di “impresa”. Autoproduzione Si tratta di un termine ormai celebre nel panorama del design che fa riferimento ad una serie di pratiche che per loro natura e soprattutto per tipo di approccio possono essere confuse con la pratica che verrà descritta di seguito. Per questa ragione anche questa parola è presente in questo elenco di definizioni utili. Non esiste una definizione univoca di “autoproduzione” nel design. Affidandosi alla logica qualunque cosa venga prodotta per conto proprio dovrebbe essere “autoprodotta”, anche un’industria quindi starebbe facendo autoproduzione. Ciononostante nessuno è solito considerare la produzione di un’industria un’autoproduzione. Provando a dare una definizione che connoti tutte le pratiche che si ha l’abitudine di chiamare con questo termine si può descriverla come una pratica mirata alla costruzione artigianale da parte del progettista di alcuni oggetti, spesso fortemente caricati di valore espressivo e in tiratura limitata, e alla loro messa in vendita, spesso a cifre che prevedono una significativa maggiorazione dettata dall’impegno intellettuale o artistico, oppure dallo svincolamento da logiche di produzione in serie. Presa questa definizione come valida, il significato del termine “autoproduzione” è da considerarsi molto diverso dal significato del termine “impresa”. 1. articolo 2082 del Codice Civile - Libro V, Titolo II, Capo I, Sezione I 2. articolo 2083 del Codice Civile - Libro V, Titolo II, Capo I, Sezione I 3. definizione tratta da “Marchi - tutto quello che occorre sapere” di Geppi De Liso - Lupetti 2009 9’04’’ 9’05’’ PARTE I basi teoriche Questa tesi di laurea è divisa in tre parti, secondo un percorso che si focalizzerà sempre di più dal generale allo specifico. La prima delle tre parti mira a fornire le basi teoriche a supporto della volontà di fare il designer, e a sostegno delle tematiche di TrattoTempo. Nel capitolo 1 si indagheranno le ragioni per cui solo 17 studenti su 73 tra quelli che vogliono fare il designer pensano che il loro auspicio sia difficilmente realizzabile, per poi descrivere casi studio che dimostrano invece che si tratti di un’ambizione possibile. Nel capitolo 2, in un gioco di percorsi che si incontraranno in un punto, il progetto, verrà descritta la tematica di TrattoTempo, portando all’attenzione del lettore gli aspetti chiave che verrano presi in considerazione. 9’40’’ Capitolo 1, progetto ed impresa 9’42’’ 1.1 un nuovo scenario L’ipotesi che si proverà di seguito ad argomentare è quella secondo la quale la ragione generale per cui il rinnovamento del mondo del design è messo in seria difficoltà, consiste in un drastico e radicale mutamento degli scenari attraverso cui si articola. Sono trascorsi circa 65 anni dall’8 Maggio 1945, data in cui cessò ufficialmente la Seconda Guerra Mondiale e in cui cominciò la seconda parte del XX secolo, quella segnata dalla ripresa economica, e quella in cui in Italia, tra le altre cose, si è diffuso il termine “design”. Questa parola si riferisce all’espressione inglese industrial design, tradotta in disegno industriale (anche se la traduzione corretta sarebbe progetto industriale) che riguarda la progettazione di oggetti destinati ad essere prodotti in serie. Si tratta di una pratica incentrata sulla ricerca della perfetta relazione tra forma e funzione degli oggetti. Da questa definizione è semplice dedurre che non sono considerati in tal senso prodotti industriali quelli studiati esclusivamente attraverso caratteri tecnici, né quei prodotti che privilegiano l’aspetto estetico senza 1 considerare la funzionalità. Si tratta di una storia lunga 6 decenni e mezzo, quella necessaria a definire la professione designer, parola che significa “progettista”, quasi sempre accostata alla pratica del disegno industriale del prodotto; essere un designer ha sempre significato soprattutto svolgere un’attività che consisteva nello sviluppare progetti di oggetti destinati ad una produzione seriale, di larga distribuzione. Disegnare per una produzione industriale ha delle specifiche logiche ed esigenze, diverse, ad esempio, da una produzione di prodotti artigianali, e su queste regole, su questo modo di fare, si è costruito uno scenario che ha permesso per 6 decenni e mezzo a grandi progettisti e a grandi realtà imprenditoriali italiane di essere i protagonisti del panorama del 11’32’’ design, e alla loro collaborazione di risultare la più conveniente e giustificata che entrambe le parti potessero scegliere. Come è ovvio però, gli scenari del design mutano e si aggiornano continuamente con il passare del tempo, di pari passo, d’altronde, con i nuovi stili di vita. Negli ultimi anni tali cambiamenti si sono susseguiti in una maniera sempre più rapida, e hanno determinato effetti significativi sulle possibilità che si trovano oggi di fronte ad un designer. Sono venuti meno alcuni presupposti necessari a svolgere l’attività del disegnatore indutriale così come hanno fatto le stesse persone che hanno trasmesso ai giovani esordienti la propria esperienza, ma se ne sono aggiunti di nuovi, adatti ad aggiornare il significato, o i significati, di tale professione, consentendogli di rimanere al passo con i tempi. Il mutamento che verrà di seguito analizzato si articola secondo diversi punti di vista. É possibile tuttavia schematizzare la complessa questione individuando in fattori come l’incremento esponenziale di professionisti nel settore per una richiesta che non è aumentata di pari grado, l’impossibilità, dettata da ragioni economiche e culturali, di mantenere la produzione di beni di consumo secondo i regimi dei decenni passati o le nuove preferenze dei consumatori, le principali cause di tale drastico cambiamento. 1.1.1 la dimensione del cambiamento Con il moltiplicarsi di corsi di laurea in Disegno Industriale, in Italia e nel mondo, anno dopo anno migliaia di nuovi professionisti entrano, molti come specialisti, all’interno di un sistema che è stato per decenni abituato a numeri considerevolmente inferiori. In altre parole il numero di designer esistenti non è sostenibile per il sistema-design così come lo si è inteso finora. Design Directory Italia è uno studio pubblicato nel 2006.2 Lo scopo di questa ricerca è di rendere palese la dimensione sistemica del design italiano attraverso una mappa che interroghi apposite sezioni tematiche. Secondo tale studio in Italia sono attivi corsi di Laurea di Primo Livello 3 in Disegno Industriale in 11 atenei, mentre rispetto alle lauree specialistiche gli atenei che offrono corsi sono 5, corsi distinguibili in 4 aree principali: quella del disegno industriale, quella del design della comunicazione, quella del design d’interni, e quella del design della moda. Ancora secondo quanto stimato dalla Design Directory il numero di iscritti ai corsi di laurea in design è aumentato del 275% tra il 2001 e il 2005, ultimo anno di riferimento dei dati presi in esame, passando da un totale di 3276 ad un totale di 8981. Nel 1994, 17 anni fa, Tomas Maldonado, Francesco Trabucco, Medardo Chiapponi, Giovanni Anceschi ed Ezio Manzini erano i membri del comitato promotore del primo Corso di Laurea di disegno industriale in Italia, al Politecnico di Milano; prima di quella data i designer si formavano negli istituti privati oppure nelle facoltà di Architettura. La Design Directory prova a stimare la quantità di attori che operano nel mondo del design, ammettendo che tale stima non può essere quantificata chiaramente perchè esiste una parte di professionisti che opera13’24’’ no al di fuori dei canali tradizionali e non è dunque rintracciabile una loro classificazione. Ciò che è possibile fare è riferirsi alla parte emersa di professionisti, a coloro i quali si trovano raccolti attorno ad una delle associazioni del mondo del progetto, la principale delle quali è l’ADI, Associazione per il Disegno Industriale, nata nel 1956. Tutti questi numeri e dati danno l’idea di come sia cresciuto il numero di professionisti causando un drastico mutamento del mestiere del disegnatore industriale. Succede, ad esempio, che l’esperienza di coloro che oggi sono ritenuti i maestri del design, ma anche quella di affermati professionisti più giovani, non sia ripercorribile dagli stessi studenti che avanzano nel proprio percorso universitario riferendosi a tali modelli. Tale divergenza di opportunità, oltre a potere causare spaesamento e frustazione nelle persone che trovano grosse difficoltà a svolgere la professione così come gli è stata insegnata, necessita di una radicale innovazione metodologica. La questione del disagio causato da questi numeri consiste nel fatto che i ritmi e le quantità della produzione dei beni di consumo non hanno avuto una crescita proporzionale al numero di addetti ai lavori; si ragiona sul fatto per cui, seppur esistendo da parte dell’azienda la volontà di immettere sul mercato una maggiore quantità e varietà di prodotti rispetto a quanto non accadesse in passato, tale produzione avrà comunque un limite dettato se non altro da ragioni temporali: anche se un’azienda che produce sedie, ad esempio, volesse progettare 365 sedie all’anno e rivolgersi ad altrettanti progettisti, l’offerta di designer sarebbe comunque nettamente maggiore della richiesta. In realtà la questione è più complessa di come si è provato a sintetizza4 re. Dati alla mano la produzione è generalmente cresciuta, in ogni caso non in maniera sufficiente da assorbire il numero di designer, ma lo ha fatto delineando un settore quasi esclusivamente controllato dalle grandi aziende e multinazionali, che hanno soppiantato le mediopiccole realtà produttive, assorbendo la loro fetta di mercato. La ragione principale di questo processo è da ricercarsi nel momento economico che mette in forte crisi, in Italia e nel mondo, la produzione di beni. Le nuove modalità produttive hanno acquisito un diverso grado di complessità meno legato alla salvaguardia del patrimonio territoriale e maggiormente delocalizzata per ragioni di convenienza economica. In particolare si verifica che alcuni aspetti dell’odierna produzione siano stati resi precari: se negli anni ’60 un’azienda design oriented era in grado di immettere e mantenere sul mercato un oggetto per anni senza che questo subisse un calo di vendite e di costruire attorno ad uno o a qualche prodotto di successo il proprio sostentamento e la propria crescita, oggi non è più così. Ciò che accade oggi è che non esistono più i best-seller, succede che nelle grandi aziende un prodotto rimanga nel catalogo per un periodo limitato per poi essere sostituito da un nuovo prodotto, mentre nelle piccole o medie imprese a una 15’16’’ tempistica meno frenetica non corrisponde un successo duraturo, bensì alle difficoltà alla sopravvivenza appena descritte. La Arco, celeberrima lampada da terra, progettata nel 1962 per Flos da Achille e Pier Giacomo Castiglioni è un esempio di best-seller nel mondo del disegno industriale. Ancora oggi, a distanza di quasi quart’anni dalla sua creazione, questo pezzo di design ottiene un grande successo di vendite. Questo progetto, e la collaborazione con i fratelli Castiglioni, ha permesso a Flos di crescere fino a diventare un marchio storico. In tanti anni di produzione la lampada Arco ha subito la sola variazione del sistema elettrico, necessaria per adattarsi alle nuove norme vigenti. Imm.1 lampada Arco di Achille e Piergiacomo Castiglioni 15’36’’ Analizzando la richiesta da parte del pubblico c’è da dire che la capacità di assorbire design è progressivamente cresciuta nei decenni: oggi i consumatori hanno sviluppato un fiuto per la qualità dettato da un maggiore interesse verso il bel progetto che è in grado di alimentare il 5 mercato del design. L’interesse verso il disegno industriale, però, risulta aggiornato alla stessa disciplina, che oggi, a differenza di ieri è meno legata alla produzione materiale di beni, è più concentrata ad aspetti immateriali del progetto. L’innovazione culturale e sociale fa sì che cambino le abitudini, si trasformino le preferenze e le esigenze del consumatore; la produzione ha la necessità di evolversi, di diventare sempre meno rigida agli schemi industriali tradizionali, e sempre più flessibile ai moderni stili di vita. Immettere sul mercato un prodotto di consumo non è più l’unica scelta possibile all’interno di un ventaglio di opportunità strategiche che si arricchisce sempre di più di termini come design dei servizi, design sociale, network. La produzione si è nettamente smaterializzata perchè la richiesta si indirizza sempre più in questa direzione. Da non sottovalutare, a riguardo, è anche il significativo processo di sensibilizzazione verso un impiego più sostenibile delle risorse del nostro pianeta, nonché il processo di riqualifica di stili di vita meno proiettati verso un consumismo frenetico, come ragioni culturali ed emozionali che hanno determinato tale cambiamento. Si moltiplicano anno dopo anno le imprese che vendono servizi, e le imprese che offrono beni che fanno riferimento ad un progetto di un intero sistema all’interno del quale trovano senso. In altre parole le nuove esigenze del pubblico hanno contribuito fortemente al passaggio dal precedente scenario del disegno industriale ad uno nuovo ed aggiornato verso fattori che vanno al di là della qualità del prodotto in sè, ormai determinanti per il successo di un progetto. 17’01’’ In sintesi estrema, dunque, il nuovo scenario che si è delineato è questo: il numero di progettisti industriali qualificati è considerevolmente aumentato, e questi si trovano a confrontarsi all’interno di un contesto molto diversificato, in cui agiscono difficoltà concrete nei confronti del tradizionale svolgimento del mestiere del designer; all’interno di questo nuovo scenario la figura del designer che progetta per la produzione industriale ha un ruolo molto limitato e comunque estremamente relativo alla mole di tale cambiamento. Un esempio calzante di progetto rivoluzionario proprio perchè non si limita alla proposta di un prodotto, ma di un intero sistema attorno al prodotto accuratamente definito per venire incontro alle nuove esigenze e ai nuovi stili di vita del pubblico è quello fornito da Apple con iPhone. Il 29 Giugno 2007 viene venduto il primo iPhone nei negozi di Apple e AT&T. Da allora sono state venduti oltre 25 milioni di esemplari. Oltre al design e alle reali funzionalità (chiamare e inviare SMS) questo "smartphone" permette all'utente di poter scaricare centinaia di migliaia di applicazioni, applicazioni che permettono di poter fare le più svariate cose: dal controllare il saldo del proprio conto in banca, ad un vero e proprio navigatore satellitare con tanto di accessori per l'auto. Il successo di iPhone sta proprio nell’approccio rivoluzionario e nell’intelligenza con cui si è puntato ad un oggetto che potessere essere integrato da migliaia di applicazioni progettate anche da case esterne alla stessa Apple. Imm.2 I-phone della Apple 17’31’’ Nel paragrafo appena concluso si è provato a descrivere quelle che sono state individuate come cause principali alla definizione dell’odierno panorama del design. Alla luce di quanto ricercato è comprensibile come solamente 17 studenti sui 73 che vogliono fare i designer non vede il cielo sereno sul proprio futuro. Probabilmente la risposta corretta alle nuove dinamiche non sta nel subirle passivamente, ma piuttosto nel provare a cambiare qualche parametro, adattando la visione del mestiere del designer alle opportunità presenti oggi. 17’53’’ 1.1.2 un nuovo artigianato Naturalmente non è la prima volta che il mondo del design si trova a confrontarsi con un significativo mutamento dei fattori che determinano lo scenario nel quale si svolge. Come si vedrà, il denominatore comune dei diversi modi di reagire a tale cambiamento, adottati in diverse aree geografiche, consiste nella riflessione sui principi fondamentali della produzione: quelli che seguiranno sono esempi di realtà che hanno effettuato un percorso di ricerca a ritroso, studiando le modalità di una produzione a livello industriale e rapportando le stesse dinamiche a scala ridotta. Proporre una produzione che faccia riferimento non ad una dimensione industriale, ma ad una scala di più contenute proporzioni, implica un ripensamento delle modalità in cui si concretizza il progetto. Soprattutto negli ultimi due decenni, per le ragioni elencate nel paragrafo precedente, e per le reazioni di cui questo paragrafo cita qualche esempio, il termine “disegno industriale” è andato man mano impoverendosi di senso; ciò che invece, essendosi impoverito il riferimento a tecniche di lavorazione seriale, ha acquisito un significato sempre più aggiornato è il termine “artigianato”. Un nuovo artigianato, non legato al recupero delle forme e degli stilemi del passato, ma rivolto per lo più alla riconsiderazione in chiave attuale di tecniche tradizionali, prende sempre più piede all’interno del mercato del design. É ovvio che il termine “artigianato” è da intendersi in una chiave moderna, come una modalità produttiva che spazia ormai dall’utilizzo di tecnologie evolute a forme lavorative arcaiche. Nel 2008 Richard Sennett, sociologo statunitense, pubblica “L’uomo artigiano”, saggio che descrive il piacere di fare bene le cose, che propone l’artigianalità più come approccio metodico, peculiare ed appassionato che come sola arte di fare con le mani. 20’07’’ Nell’introdurlo l’autore prende in prestito due concetti da altre disciplne. Il primo dalla filosofia, frutto del pensiero di Hannah Arendt, tedesca vissuta tra il 1906 e il 1975 di cui Sennett fu allievo: si tratta della distinsione tra le figure dell’homo faber e dell’animal laborans, due componenti dell’essere umano al lavoro. Mentre l’animal laborans è l’uomo simile ad una bestia da soma, che fatica, condannato alla routine, l’homo faber è invece l’uomo che si sofferma a giudicare il lavoro, ed è il superiore del primo. Sennett non si trova d’accordo con questa affermazione della sua docente, in quanto sminuisce eccessivamente la persona pratica in quanto lavoratrice, paragonandola ad un automa, mentre, al contrario, questa è capace di pensiero e di sentimento nello svolgimento del suo lavoro. Il secondo concetto è preso in prestito dalla mitologia greca, si tratta del mito di Pandora. Secondo il mito Pandora, Dea dell’invenzione, fu inviata sulla terra da Zeus come castigo per la trasgressione di Prometeo, che consegnò il fuoco divino all’umanità, e, sposato Epimeteo (colui che riflette in ritardo), fratello di Prometeo, osò scoperchiare un vaso nel quale lui teneva imprigionati tutti i mali che potessero tormentare l’uomo. Richard Sennett usa questo mito per spiegare la paura verso l’invenzione di oggetti che possono portare il mondo alla autodistruzione. Chiedere al pubblico, all’homo faber, di dare un giudizio a posteriori del lavoro dell’animal laborans, lo mette spesso di fronte a problematiche irreversibili, mentre far partire il coinvogimento di questo aspetto dell’uomo in una fase antecedente, nel momento della realizzazione del lavoro, richiede una comprensione più completa e più precisa del processo di produzione delle cose, ed è il modo giusto di far fronte al vaso di Pandora. Per ritornare all’argomento strettamente connesso a questo capitolo, ciò che il testo di Richard Sennett lascia intendere è che la nuova figura del produttore debba essere in grado di agire nel pieno controllo dei propri strumenti e del proprio raggio d’azione, nella attenta considerazione della dimensione del proprio intervento. L’approccio artigianale inteso e descritto in quel testo riguarda tanto il falegname, quanto il chirurgo o il musicista; questi sono tutti artigiani nel senso esteso per cui svolgono un’attività pratica, ma il loro lavoro non è solo il mezzo per raggiungere un fine strumentale. Tra i casi studio, ad esempio, viene raccontata l’esperienza dei progettisti di Linux, sistema operativo open source, artigiani secondo Sennett proprio per le modalità e per l’approccio con cui hanno affrontato il progetto. Risulta dunque essere ancora attuale, seppur rinnovato, lo storico tema di un artigianato che si distingue dall’industria, che garantendo la capacità di produrre prodotti di serie a basso costo, fa riferimento ad un’omologazione troppo distante dalla sensazione di “fatto a mano” che lascia percepire l’apporto umano. Scrive Vanni Pasca, rinomato storico del design, nella sua pubblicazione “Scenari del giovane design” datata 2001: “Negli anni '90 si assiste a una completa laicizzazione del problema. L'opzione artigianato-industria, nella terza fase della rivoluzione industriale, ha perso senso. Non è un valore l'artigianato, non è un valore l'industria. Il valore è nell'idea, o nelle idee, che sottendono il progetto, si tratti dell'etica della nuova semplicità, delle opzioni ambientaliste ed ecologiche, dei riferimenti autobiografici, del tema del rapporto tra mondializzazione e realtà locale.” Come già accennato, appare una tendenza che è comune in molte aree geografiche, cioè quella di intendere l’artigianato non come strumento per il recupero degli stili, bensì come mezzo per sfruttare tecniche e materiali con cui concretizzare idee di progetto contempora6 nee. Imm.3 alcuni lavori di Hugo Franca 21’14’’ Si veda ad esempio l’esperienza di Hugo Franca, designer brasiliano esponente di un mondo progettuale particolarmente legato alla scelta di materiali vicini alla natura, realizza sedute con una struttura in legno lavorato con la stessa tecnica usata per realizzare antiche canoe; oppure l’indiano Satyendra Pakhalé che produce usando la tecnica tradizionale del filo ritorto. Esiste poi esperienze di trasposizione del materiale locale in soluzioni suggestive e impreviste: l’australiana Caroline Casey, ad esempio, intreccia fili d’erba marina sulla struttura di canna di una sedia a dondolo. L’uso innovativo dei materiali, della definizione formale e dei processi costruttivi sono centrali nella ricerca dei giovani progettisti. Spesso solo le estremità del ciclo industriale, la testa costituita da una materiale grezzo o semilavorato e la coda fatta dagli scarti e dagli oggetti ormai inutili, a fungere da punto di partenza un diverso ciclo produttivo. Secondo Andrea Branzi si tratta di un approccio molto fisico “non più basato sulla conoscenza strutturale del mondo, della storia e della cultu7 ra, ma piuttosto del sapore, odore, tatto, suono di questa.” Quest’esplorazione della realtà a partire dal contatto con la materia è anche un percorso che serve a formare una consapevolezza degli strumenti a disposizione, soprattutto perché oggi un progettista è chiamato a curarsi del fatto che una volta concluso il ciclo di vita di un oggetto il materiale debba rientrare come materia prima nel ciclo produttivo. In questo senso il prodotto è spesso il punto di partenza per una riflessione piuttosto che un punto d’arrivo. Imm.4 un lavoro di Caroline Casey 22’18’’ Come visto esistono numerosi esempi che, seppur diversi per natura e applicazione, coincidono in un fondamento comune: nell’evoluzione del senso della pratica del design appare evidente come sia diffusa l’idea per cui ad una restrizione del raggio di azione del progetto spesso possa corrispondere un effettivo appagamento professionale. Limitare il riferimento ad una scala industriale, e ad un contesto nel quale agiscono le dinamiche precedentemente analizzate, e concedendo maggiore campo ed energia ad un modo di agire che si soffermi maggiormente su una scala più contenuta, raggiungibile da una produzione artigianale, rappresenta un passo in avanti verso la focalizzazione di ciò che si sta cercando di raccontare come un nuovo e più valido modo di approcciarsi al mondo del design. Da sottolineare il senso che Richard Sennett da al termine “artigianato”, non intesa come un’attività esclusivamente vincolata alla realizzazione manuale, ma considerata nel senso esteso di pratica attenta e meticolosa a tutte le fasi dello sviluppo di un progetto. 23’00’’ 1.1.3 il designer-imprenditore La riconsiderazione della filiera produttiva secondo una scala più controllabile dal singolo individuo e la nuova apertura ad un saper fare di stampo artigianale trovano il perfetto interprete nella figura del designer che è anche imprenditore. Si proverà di seguito a descrivere il ruolo rivestito da un progettista che non offre il suo sapere alla produzione industriale di un’azienda committente, ma che si cala egli stesso nelle vesti di editore di se stesso; questo implica un impegno nuovo rispetto a quello del designer industriale. Innanzi tutto il designer-imprenditore ha l’assoluta necessita di conoscere il contesto a cui si riferisce, deve conoscere ed applicare le migliori strategie di crescita per la propria impresa e deve sapere fare le giuste scelte nei tempi e nel lancio dei prodotti, oltre che essere in grado di sviluppare un prodotto ponderandolo secondo l’intera filiera di produzione. In altre parole il progettista che è anche editore di sé stesso ha l’onere di rivestire efficacemente due distinti ruoli. Nonostante le considerevoli difficoltà che questa duplice veste implica, la tesi che si cercherà di argomentare sarà quella per cui tale scelta possa in alcuni casi, sempre più frequenti con il passare degli anni e il progressivo mutamento di scenario, risultare naturale, la più efficace da prendere. Scrive Vanni Pasca: “Le profonde trasformazioni del lavoro, della gestione aziendale, della produzione e del consumo, determinati dagli sviluppi delle tecnologie informatiche, conferiscono oggi al progetto una possibilità di espressione totale, anche produttiva, sotto la forma di marchi indipendenti; l'autoproduzione si configura così come un possibile modello di impresa che segna il superamento del paradigma fordista e si presta partico24’31’’ larmente ai vantaggi del modello di produzione flessibile, alla rete dirapporti tra le imprese e all'utilizzo degli strumenti della new 8 economy.” Infatti il modello di imprenditoria che si sta cercando di descrivere è da considerarsi frutto anche delle numerose esperienze di autoproduzione che hanno aricchito la storia del design. Come riportato nell’introduzione di questa tesi, viene qui intesa l’autoproduzione come una pratica attraverso la quale il progettista esegue, spesso manualmente, la lavorazione di un prodotto che viene poi distribuito in tiratura contenuta. Un esempio di cosa si intenda per autoproduzione è fornito dall’opera del designer campano Giovanni Scafuro. Sulle orme di Munari, Giovanni Scafuro incentra la propria attività sulla creatività attorno alla forchetta: il suo sito personale si intitola "Fork in Progress", quest'oggetto è preso in continuo riesame, è soggetto a continua reinvenzione. Se la forchetta è la sorgente del suo lavoro, è soprattutto il gioiello il veicolo della sua creazione. L’attività di Giovanni Scafuro ci racconta come sia possibile esprimere una creatività in continua reinvenzione anche attraverso il più banale degli oggetti. I prodotti sono realizzati in tiratura limitata e commerializzati attraverso il sito internet. Con la fiamma il corpo e i denti della forchetta vengono resi morbidi e lavorabili, e con la pinza vengono modellati e decorati. Per alcuni gioielli sono sufficienti pochi minuti di lavorazione, per altri, più complessi è necessario un pò di tempo in più. Il fulcro del lavoro di Giovanni Scafuro è lo studio formale della forchetta, ma c'è dell'altro. Il filo conduttore rimane quello del riciclo; troviamo così lampade ricavate da circuiti elettrici, oppure altri gioielli, stavolta costruiti con i tasti di un vecchio computer. Imm.5 un gioiello di Giovanni Scafuro 25’16’’ É possibile considerare il designer-imprenditore come un’evoluzione del designer-artigiano così come lo si è descritto nel capitolo precedente: l’approccio pratico rimane lo stesso, ciò che varia è la componente strategica che si sofferma sulle esigenze di una tiratura medio-larga di pezzi. Ad esempio, banalmente, in quest’ottica dimensionale è difficile pensare che ciascun oggetto venga lavorato interamente a mano; sarà necessario l’impiego di macchinari eventualmente non in possesso della nascente impresa ma da richiedere a fonti esterni: le strategie appena citate possono riguardare ad esempio scegliere se e come collaborare con altre realtà nel conseguimento e nella realizzazione del proprio progetto. Davide Groppi, progettista piacentino specializzato in illuminazione, ha beneficiato delle scelte oculate che lo hanno portato a coinvolgere nella propria produzione ottimi terzisti che agivano nel suo territorio e ad organizzare eventi e occasione pubbliche correlate ai suoi prodotti. Groppi si è inizialmente rivolto all’esterno per cercare collaboratori che realizzassero fisicamente i suoi progetti, e, resosi conto del patrimonio a sua disposizione ha iniziato a sviluppare nuovi progetti alla luce delle competenze offerte da tale bacino. Si tratta un esempio di come un’autoproduzione possa diventare un vero e proprio marchio, i cui prodotti delineano una certa visione cara al progettista-imprenditore. Il sistema di produzione e di consumo alternativo diventa per il designer-imprenditore una realtà che lo pone di fronte a riflessioni e ricerche sul concreto, riflessioni e ricerche che spesso pongono nelle condizioni di confrontarsi con il locale: si tratta di casi in cui il designer imprenditore si cimenta nella produzione di oggetti che sfruttano le risorse del territorio su cui agisce. I vantaggi di questo approccio sono da individuare soprattutto nella possibilità di sfruttare per primi canali non ancora esplorati dall’industria, perché sconosciuti o poco adatti alla Imm.6 lampada Moon di Davide Groppi 26’23’’ massiccia serialità. È l’esempio di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini. Lui falegname austriaco, lei italiana laureata in design, si incontrano a Milano dove cominciano a lavorare insieme per poi trasferirsi nella meno caotica Bolzano; qui portano avanti un intenso lavoro che investiga le possibilità di sperimentazione sui complementi d’arredo. In particolare si soffermano sullo studio dei mobili in legno tipici della regione, sfruttando ognuno il saper fare dell’altro e adottando un approccio che li spinge a realizzare personalmente e costantemente prototipi: questo ha consentito di verificare possibili usi del legno ancora poco esplorati, indagini che li hanno portati a progettare, tra gli altri, il letto Sottiletto, prodotto da Horm e vincitore del Compasso d’oro nel 2001. Ciò che però è mancato ai due era un piano di comunicazione che promuovesse adeguatamente il loro lavoro, aspetto che, al di là del premio ottenuto, li ha spinti fuori dai circuiti più significativi delle capitali del design. Imm.7 letto Sottiletto di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini 27’04’’ Procedendo gradualmente dal generale, dall’analisi dello scenario di riferimento e dall’individuazione delle problematiche che sussistono, verso lo specifico, si è arrivati a delineare una figura professionale il cui senso prende sempre più corpo. Ormai da alcuni anni, infatti, si moltiplicano gli esempi di progettisti che, impossibilitati ad accedere ai canali tradizionali, quelli della scala industriale, si sono rimboccati le maniche affrontando il problema, ed evolvendosi nel doppio ruolo di designer ed imprenditore di se stesso e del proprio lavoro. Si tratta di un passaggio fondamentale nella comprensione dello spirito con cui si affronta la stesura di questa tesi di laurea e degli obiettivi che che si cerca di raggiungere. D’ora in avanti si farà riferimento proprio alla figura del professionista che si occupa e si preoccupa dell’intero sistema che ruota attorno alla progettazione. 27’39’’ 1.1.4 un precedente storico Se l’approccio imprenditoriale e il desiderio di sperimentazione che si stanno cercando di descrivere possono essere ricondotti ad un genitore comune, questo probabilmente è da identificarsi con le vicende che a partire dai primi anni ’90 hanno visto alcuni dei designer inglesi, alcuni dei quali oggi affermatissimi, lanciarsi nella rinnovata esperienza dell’autoproduzione. Si è trattato di anni in cui la città di Londra stava vivendo un particolare fermento e un forte progresso culturale. Allora, così come nel nuovo scenario che si sta delineando, i giovani progettisti vivevano grosse difficoltà nel trovare sbocchi nel disegno industriale; in quel caso la causa principale era lo scarso interesse della maggioranza delle imprese verso il design, oggi invece la questione è diversa ma l’effetto è comparabile. Una delle caratteristiche principali della nascente categoria di designer-autoproduttori era la tendenza a unirsi in gruppi, con lo scopo di arricchire la propria ricerca e ottimizzare le spese logistiche di avvio e manutenzione di un’attività. Tale attività consisteva in un impegno progettuale a forte carattere sperimentale da parte del gruppo, in una produzione artigianale dei prodotti progettati e in una vendita diretta dei pezzi, in tiratura bassa, in spazi che spesso più che negozi erano atelier, officine creative in cui venivano svolte tutte queste fasi. 28’24’’ Tom Dixon, nato in Tunisia nel 1959, ma trasferitosi a Londra dall’età di 4 anni, è oggi uno dei più stimati designer del pianeta. Studiò, ma per soli sei mesi, alla Chelsea School of Art: come descrive sul suo sito ufficiale il titolo non è a quella esperienza, o almeno non principalmente, che deve la nascita del suo atteggiamento progettuale. Lasciata la scuola, infatti, si dedica a musica e saldatura di pezzi da motocicletta, cimentandosi in spettacoli messi in scena al Titanic, un night club londinese, durante i quali metteva in mostra i suoi lavori di saldatura mentre suonava il basso. In questi anni di furore nascono nasce Space, laboratorio e studio che dal 1991 è stato usato come luogo per la creazione dei suoi lavori; uno dei pezzi nati dalle sperimentazioni con il metallo di quegli anni, la S-bend Chair, segna l’avvio della sua attività da designer vero e proprio: Giulio Cappellini decide di avviare una collaborazione che ha portato alla produzione, oltre la S-bend Chair anche altre tre sedute, la Kitchen Chair, la S Chair e la Bird Chaise Longue, tutte realizzate dallo stesso Tom Dixon come prototipi artigianali ed adattate alle esigenza della produzione industriale. Allora Space si trasforma nel 1994 in Eurolounge, la vera e propria società di Tom Dixon, con cui si cimenta nella produzione diretta di prodotti in plastica. Non più progetti per aziende collaboratrici ma progetti sviluppati per essere prodotti e venduti direttamente dal nuovo marchio. Imm.8 S-Bend Chair di Tom Dixon 29’11’’ Jack Light è un esempio scelto tra la produzione di Eurolounge, pubblicato per la prima volta nel 1994 e recentemente riproposto in una nuova versione. Si tratta di una lampada da terra che può considerarsi più un oggetto multifunzionale: può essere utilizzato come lampada, seduta, può essere impilato, appeso e cosi via. Veniva, e viene, realizzata con un processo rotazionale, modalità di stampaggio assolutamente innovativa per quegli anni. Imm.9 Jack Light di Tom Dixon 29’30’’ Eurolounge era, infatti, anche un punto vendita in cui venivano mostrati e proposti al pubblico, in esclusiva, gli oggetti di Tom Dixon. Con gli anni l’impresa si è ampliata, il negozio si è spostato nella prestigiosa Portobello Dock, arricchendosi di continui eventi legati all’attività di Dixon, mentre i prodotti sono oggi venduti anche attraverso altri rivenditori. Eurolounge è stata un’esperienza che coinvolgeva in quegli anni anche altri giovani designer in veste di collaboratori. Uno di questi era Michael Young, anche lui oggi affermato progettista, che ai suoi esordi ha portato avanti lo sviluppo della sua prima collezione composta da diciassette tra elementi d’arredo e prodotti, tutti realizzati artigianalmente come prototipi in quegli anni, alcuni dei quali divenuti in seguito pezzi dei cataloghi di Cappellini e di E&Y. Un’esperienza simile ha vissuto Sebastian Bergne, altro protagonista della scena londinese di quegli anni, il quale esordisce nel 1991 fondando il proprio marchio, Bergne DMF e autoproducendo il paralume Shade, realizzato in lamiera d’acciaio con la tecnologia del taglio laser, allora particolarmente innovativa; l’idea era quella di una lampada che potesse essere spedita in una busta. Oggi molti dei suoi oggetti che ripropongono la stessa semplicità sono prodotti da Driade. Imm.10 paralume Shade di Sebastian Bergne 30’09’’ Emblematica è stata l’esperienza che Ron Arad, israeliano ma londinese d’adozione, ha vissuto con One Off. Nel 1981, da poco laureatosi nella capitale inglese, avvia, insieme all’amico Dennis Groves, la sua impresa, chiamata porprio One Off, con sede in Sicilian Avenue, dando avvio alla sua vocazione di artigiano che modella da solo i propri pezzi e poi li vende; One Off, in anticipo rispetto alle esperienze appena descritte, vive nei loro confronti un ruolo di precursore. I primi prodotti vengono realizzati con i Klee Klamps, un sistema di giunti in acciaio brevettato negli anni ’30, che Ron Arad assembla in forma di letti, librerie, tavoli, armadi, economici e facili da montare. Nel 1983 One Off si trasferisce a Covent Garden, ampliandosi con uno showroom diventato in poco tempo uno spazio tra i più in voga e in fermento dell’intero panorama cittadino: è molto più di un ufficio, è un negozio, galleria, laboratorio, atelier, il luogo dove Ron Arad pensa, progetta produce e vende. Imm.11 schizzo di un letto “klee klamps” di Ron Arad 31’42’’ Il più celebre prodotto nato da One Off è stata la Rover Chair, un ready-made, un oggetto, cioè, ricavato dall’assemblaggio di parti di altri oggetti ormai dismessi. La Rover Chair era ottenuta mettendo iniseme un sedile di un’automobile, per l’esattezza di una Rover 200, e un sistema di tubolari Klee Klamp sui quali era fissato. Nel 1983 è stata la volta del Concrete Stereo, uno stereo con una scocca in cemento. Oggi Ron Arad alterna le sue fortune da progettista per le industrie alle sue personali sperimentazioni in quello che è rimasto il suo luogo di riflessione. Imm.12 Rover Chair di Ron Arad 32’08’’ Appare interessante notare in che maniera dalla storia possa essere tratto un insegnamento ancora attuale. L’esempio offerto dai designer britannici che tra gli anni ‘80 e ’90 si sono confrontati con difficoltà paragonabili a quelle individuate nel panorama contemporaneo deve servire da stimolo per definire il modo di agire del designerimprenditore. Il successo ottenuto da quelli che oggi sono tra i più celebri designer del pianeta dimostra come l’essere progettista non deve essere un approccio limitato al banco da lavoro, ma deve coinvolgere anche il processo di evoluzione di senso nel suo complesso, rendendo l’individuo veramente in grado di far fronte a difficoltà apparentemente insormontabili, mettendolo nell condizione di progettare il modo più efficace di operare. 32’32’’ 1. da "L'industrial Design" - Loescher Editore S.r.l. 2010; redattore responsabile Maria Alessandra Montagnani. 2. Design Directory è un progetto del Dipartimento INDACO - di Industrial Design, Arti, Comunicazione e Moda - del Politecnico di Milano, sviluppato in collaborazione con Fondazione Museo del Design, come contributo alla realizzazione del Triennale Design Museum. 3. si tratta del Politecnico di Milano, del Politecnico di Torino, della Libera Università di Bolzano, dell'Università IUAV di Venezia, dell'Università di Genova, dell'Università di Camerino, dell'Università di Firenze, dell'Università "La Sapienza" di Roma, della Seconda Università di Napoli, del Politecnico di Bari e dell'Università di Palermo per quanto riguarda le laurea triennali e del Politecnico di Milano, del Politecnico di Torino, dell'Università IUAV di Venezia, dell'Università di Genova e dell'Università "La Sapienza" di Roma per le lauree specialistiche. 4. si fa fede all'Indice della Produzione Industriale redatto periodicamente dall'Istat. 5. basti notare, ad esempio, l'aumento del numero e della tiratura di riviste specializzate. 6. lo si legge su “Scenari del giovane design”, di Vanni Pasca e Viviana Trapani. 7. da "Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all'inizo del XXI secolo" - Skira Editore 2006; Andrea Branzi. 8. da "Scenari del giovane design" - Hoepli 2001; Vanni Pasca. 33’07’’ 33’08’’ 1.2 ricerca di senso In questo paragrafo saranno proposte alcune citazioni ed interviste, raccolte da alcuni affermati designer, a sostegno di un rinnovamento nel mondo di intendere il progetto. Si tratta di una serie di scritti che servono a rafforzare e ad arricchire lo spirito con cui si affronta la stesura di queste pagine. 33’17’’ Brano tratto da Progetto e Passione, saggio costruito attorno alla pratica del design, scritto da Enzo Mari, pubblicato nel 2001. Progettare e produrre sono due attività che possono più o meno coincidere. Ne possono essere articolate ed esemplificate le problematiche in quattro gruppi: progetto e produzione coincidono in una persona ignota; coincidono in una persona nota; non coincidono; potrebbero coincidere in un prossimo futuro. Progetto e produzione coincidono in una persona ignota. I singoli produttori-progettisti vengono rapidamente dimenticati e la memoria di loro sfuma in quella di una generica abilità artigiana, se non anche nel mito. [...] Progetto e produzione coincidono in una persona nota. Tale notorietà è sempre relativa al più alto grado della qualità formale, sia questa effettiva o solamente supposta. La notorietà è un onore che viene concesso a chi è stato degno di rappresentare il trascendente. [...] Progetto e produzione non coincidono oggi. Come già sappiamo la produzione industriale è basata su questa non coincidenza. É utile commentare ancora la separatezza tra le fasi di lavoro esecutivo. Sarà sufficiente illustrare qui quelle inerenti al lavoro di progettazione che può essere articolato in tre momenti. La direzione, in quanto responsabile della progettazione complessiva; la progettazione tecnica e/o formale; la realizzazione artigianale dei modelli. Queste fasi, variamente interrelate, si manifestano al loro interno o anche tra loro come totalmente separate, salvo eccezioni ove tale frammentazione risulta parziale. Progetto e produzione potrebbero coincidere in un prossimo futuro. Se ne dà qui una ipotesi utopizzante, quella dei progettisti autoproduttori. [...] 35’31’’ Già oggi moltissimi giovani seguono e si addestrano per improbabili attività di progetto o di lavoro autonomo qualificato (che è lo stesso). Dunque, quali forme di lavoro meno alienanti ma utili si possono immaginare? Immaginiamo allora che tra qualche anno i paesi aderenti alle Nazioni Unite accettino di votare una legge della quale si anticipa qui qualche articolo grossolanamente approssimativo: 1. tutti gli oggetti oggi prodotti industrialmente, ma producibili artigianalmente (quali, ad esempio, sedie, camicie, biciclette, torte) potranno essere realizzati solo in botteghe autonome gestite da non più di tre persone e un apprendista. I loro ruoli di produzione e commercializzazione dovranno essere intercambiabili; sarà proibito realizzare con procedure industriali i prodotti artigianali dei quali sarà redatto un elenco completo; sarà proibita la proprietà di più botteghe compresa quella della loro concentrazione commerciale; 2. continuerà ad essere prodotto industrialmente solo ciò che richiede una potenzialità di organizzazione e di investimenti per la realizzazione di componenti altamente standardizzate o tecnologicamente molto complesse (quali, ad esempio, lampadine oppure aeroplani); 3. un organismo centrale, dotato di pieni poteri (è ancora utopia!), controlla che questa legge sia pienamente rispettata in ogni paese (un prodotto realizzato industrialmente costa molto meno di uno realizzato artigianalmente. Le botteghe proposte non potrebbero sopravvivere se un solo paese continuasse a produrre con tecniche industriali gli stessi oggetti). Ovviamente andrebbe prevista una fase di graduale trasformazione. Si può obiettare che i costi saranno eccessivi per gli oggetti di tipo non élitario. É però prevedibile il loro contenimento, sia per la produzione sia per la vendita, basato su due condizioni. La prima corrisponderà alle tecniche del nuovo modo di produrre e al suo mercato. Si ridurranno i costi di trasporto e di imballaggio perché gli oggetti saranno prodotti e distribuiti solo localmente; per le stesse ragioni si ridurranno i costi di amministrazione e di pubblicità; semilavorati industriali prodotti appositamente saranno disponibili a basso costo, così come piccole e sofisticate macchine utensili che potranno semplificare e potenziare le produzioni. La seconda condizione corrisponderà alle facilitazioni di diverso tipo alle botteghe artigiane concesse dalle Amministrazioni pubbliche, finanziate dal risparmio di stipendi di disoccupazione altrimenti necessari. Per esempio: riduzioni dei costi di energia, salari per apprendisti, esenzioni da tributi. Il lavoro di produzione verrebbe svolto in condizioni meno alienanti perché permeato di progettualità; d’altra parte il sogno di ognuno di realizzarsi solo come progetista troverebbe il suo equilibrio o la sua etica nel non voler espropriare ogni esecutore del suo progetto, dello stesso suo sogno; A. una produzione su misura ma necessariamente attentissima ai costi favorirebbe una essenzialità (e qualità) della forma paragonabile a quella dei contadini autocostruttori. Gli oggetti sarebbero più cari ma più duraturi, riparabile e riutilizzabili: sparirebbe l’assurdo spreco del nostro “usa e getta”; B. certo, a questa ipotesi possono essere fatte moltissime obiezioni, ma... [...] Imm.13 ritratto di Enzo Mari 36’38’’ Quella che Enzo Mari descrive è, come lui stesso ammette, un’utopia: uno scenario in cui la parola “industriale” sparisce, in virtù di una riqualifica del termine “artigianale”, interpretato in chiave moderna, proiettato verso la ricerca dell’autorealizzazione del progettista. Dal greco antico impariamo che l’origine del termine “utopia” è ambiguo: non è chiaro se questo derivi da 'eu-tópos, il regno perfetto della felicità, o da 'ou-tópos, il luogo inesistente per antonomasia, o l'una cosa e l'altra allo stesso tempo. Quindi ciò a cui serve un’utopia è creare un immaginario verso cui potere tendere. In questo senso le considerazioni di Enzo Mari sono da leggere come stimolo verso un’attività progettuale che rifugi dalle sole opportunità di ottimizazione del profitto a discapito della qualità del lavoro, ma che piuttosto miri all’attenzione e al metodo che portano a risultati degni di essere prodotti. D’altro canto la poetica di Mari, così legata all’essenzialità è celeberrima; ciò che in particolare è utile sottolineare alla luce degli argomenti qui trattati è il modo con cui viene accennato ad alcune modalità attraverso cui i neo-bottegai potrebbero operare, segno che in fondo un costruzione di alcuni aspetti salienti dello scenario descritto possano realmente prendere forma. 37’27’’ Caro Giovane Designer di Alessandro Mendini, 1984 Se io fossi un designer molto giovane avrei la certezza che oggi questo mestiere è molto difficile, perché è a una grande svolta, e non si sa bene metterlo a fuoco nelle sue molteplici fisionomie, come pezzo di una realtà sociale i cui con notati sono troppo sfuggenti. Lo chiamerei, perciò, con il nome di BLACK DESIGN, un design “dove si vede nero”. Cercherei poi di andare alle radici del problema, e mi domanderei se sia ancora utile usare per questo genere di cose la stessa parola DESIGN, oppure se essa tenda a perpetuare equivoci tardo-industriali e strutture sorpassate e schematiche di riferimento. Polemicamente lo chiamerei anche, magari NUOVO ARTIGIANATO, per riportarlo dentro al millenario flusso delle arti applicate. Infatti se fossi un molto giovane designer, per così dire “TELE-ARTIGIANO” userei il metodo di autodifesa tipico dei giovanissimi, che è quello di scartare istintivamente l’aggressione subita da tutto il campo “monumentale” sul quale poggiano i valori dell’epoca che c’è: mi libererei dall’oppressione di tante parole (specializzazione? funzione? standard? professione? impiego? serie?) cercando di riprogettare (o di de-progettare) ex novo un mio “diverso” problema progettuale. [...] Imm.14 ritratto di Alessandro Mendini 38’20’’ É suggestivo rendersi conto di come già a metà degli anni ’80 un maestro del design come Alessandro Mendini aveva individuato le prime difficoltà allo svolgimento della pratica del disegno industriale propriamente detto. La storia ci insegna che i pieni effetti di un fenomeno socio-culturale, come il mutamento dell scenario del design, si hanno effettuando un certo sbalzo temporale in avanti negli anni, vale a dire che quelli notati da Mendini probabilmente non erano altro che i primi sintomi di una situazione che due decenni dopo si sarebbe manifestata pienamente. La chiave dell’invito di Alessandro Mendini alle nuove generazioni sta nella contrapposzione dei termini “riprogettare” e “de-progettare”: si lascia intuire che forse la strada da intraprendere non sia andare in avanti, aggiungere qualcosa, ma tornare sui propri passi, andare per sottrazione; una produzione “tele-artigianale”, un nuovo artigianato che benefici dell’innovazione sociale e tecnologica, piuttosto che un ulteriore avanzamento verso un “black design”. O, come è più probabile, la via sta nel giusto connubio dei due aspetti. 39’00’’ Intervista a Paolo Ulian Paolo Ulian è probabilmente, tra gli allievi del maestro Enzo Mari, quello che maggiormente è riuscito a distinguersi nella sua attività da designer. Nella propria carriera Ulian ha lavorato con numerosissime aziende e ha vissuto in prima persona gli ultimi decenni del design, italiano ed internazionale, il più recente dei quali da assoluto protagonista. In quest’intervista, rilasciata alla rivista Magazine, Paolo Ulian parla dei suoi trascorsi e di come crede che muteranno, o siano mutati, gli scenari del design. “All'inizio è stata quasi una necessità. Credo che molti dei giovani designer che come me hanno iniziato a lavorare nei primi anni Novanta si siano trovati di fronte al problema del cosa fare in un mondo già saturo di merce di ogni tipo. La reazione immediata, ma anche la risposta più logica, sembrerebbe essere quella di non fare assolutamente nulla, di rimanere immobili e di non dare un ulteriore contributo alla frenesia della produzione industriale. Un modo possibile per evitare questa impasse è diventato per me quello di pensare a oggetti che potevano suggerire atteggiamenti rispettosi verso l'ambiente. Così nel 1992 ho iniziato con un'operazione che tendeva a sensibilizzare l'industria del settore lapideo al riutilizzo dell'enorme quantità di semilavorati di scarto che quotidianamente viene prodotta. L'anno successivo, chiamato da Ceccotti International, ho realizzato una piccola collezione di complementi per la casa sfruttando unicamente gli scultorei semilavorati di scarto prodotti all'interno dell'azienda. Lo scopo era quello di indicare una strada percorribile anche per altre aziende. L'operazione, che non ebbe sbocchi produttivi, doveva tradursi in una sorta di catalogo al negativo (o, se vogliamo, al positivo) rispetto a quello ufficiale dell'azienda, dove ad ogni oggetto del primo 41’14’’ corrispondeva biunivocamente un mobile del secondo e viceversa. Negli anni successivi ho ideato numerosi prodotti, realizzati con rifiuti o con oggetti sottratti alla normale produzione, nei quali ho cercato di fondere esigenze etico-ecologiche con la ricerca di risultati qualificanti.” [...] Uno sguardo agli scenari futuri. Quali prospettive per la professione di designer in un paese dove si produce sempre meno? “Credo che già ora si stia delineando un nuovo modo di progettare. Il prodotto industriale non è più l’unico e ambizioso obiettivo a cui le giovani generazioni di designers aspirano. In questi ultimi anni l’attenzione si è spostata su un design che si avvicina molto al linguaggio dell’arte, al pezzo a tiratura limitata, al pezzo unico. E’ una progettualità che al contrario di quella finalizzata al prodotto industriale ha dei risultati tangibili a più breve termine, con meno ostacoli e vincoli e soprattutto senza alcun tipo di censura da parte dei soliti signori del marketing. Credo che grazie al design, nei prossimi anni si potranno ricreare le condizioni per rivitalizzare un mestiere tanto antico e prezioso quanto poco valorizzato qual è il mestiere dell’artigiano. Mi piace pensare che nel prossimo futuro molti giovani designers sceglieranno di percorrere questa strada così appagante sotto tutti i punti di vista e così pregna di valori etici e umani. Fare il designer come editore di se stesso può dimostrarsi una delle migliori possibilità per un giovane che vuole far conoscere le sue potenzialità. Ormai solo in Europa, oltre al Salone Satellite, ci sono decine di altri appuntamenti importanti che garantiscono una buona visibilità e grandi opportunità di contatti con operatori selezionati. Esistono poi le molte realtà dei Design shop all’interno dei Musei il cui giro di affari si è moltiplicato negli ultimi anni e che si stanno trasformando in veri e propri centri per la promozione e vendita delle nuove visioni che il talento del giovane design internazionale esprime con così tanta energia.” [...] _ Come giudichi invece le nuove generazioni di designers? “I giovani progettisti oggi si trovano a operare in una situazione più complessa rispetto ai loro maestri del passato. Le scuole in cui si insegna industrial design si sono moltiplicate, come pure i neolaureati in questa disiplina, di conseguenza emergere diventa sempre più difficile. Ciò nonostante, i giovani con grandi capacità e molto motivati ci sono. C'é da dire che oggi, c’é una maggiore propensione a indagare in ambiti lasciati ancora scoperti dal progetto e questo porta spesso a ipotizzare oggetti.” Imm.15 Paolo Ulian con Enzo Mari 41’32’’ La testimonianza diretta di uno dei più affermati professionisti del settore è utile a rapportare gli stimoli precedentemente raccolti, utopici per certi aspetti, al concreto. Ulian parla di un designer che è anche editore di se stesso, di un nuovo modo di operare che appare essere una delle migliori prospettive che un giovane possa intraprendere. Viene in quest’intervista sottolineato come il numero di professionisti sia aumentato con l’aumentare delle scuole, e come emergere sia diventato estremamente difficoltoso; ma viene sottolineato anche il valore umano di praticare la professione a stretto contatto con entrambi gli aspetti, progettazione e lavorazione, necessari alla produzione, nonché le possibilità crescenti di visibilità verso i progettisti che decidono di rimboccarsi le maniche e cimentarsi in un’attività “con meno ostacoli e vincoli e soprattutto senza alcun tipo di censura da parte dei soliti signori del marketing.” 42’03’’ Subalterno 1 Dove sta il punto di unione e di disaccordo con l’industria tradizionale? Durante il Fuorisalone 2011 si è visto l’esordio di Subalterno 1, con l’inaugurazione della mostra “Autoproduzioni Italiane”, a cura di Stefano Maffei. In mostra gli oggetti di Massimiliano Adami, Antonio Cos, Lorenzo Damiani, Giovanni Delvecchio e Andrea Magnani (Resign), Duilio Forte, Andrea Gianni, Lorenzo Palmeri, Matteo Ragni e Paolo Ulian. I designer hanno sottolineato la possibilità di una strada diversa da quella del mercato tradizionale e non in contrasto con essa, in cui il progettista diviene il regista dell’intero processo: progettuale, costruttivo e distributivo. Subalterno 1 si pone come un punto di incontro permanente sul tema dell’autoproduzione, con eventi durante l’anno. E con una nuova presenza sul mercato, priva della mediazione da parte dell’industria. L’intento è quello di vendere, ma anche fare una selezione di qualità, che sottolinei le potenzialità dell’autoproduzione. Come spiega Stefano Maffei, gli oggetti hanno una natura diversa da quelli del mercato tradizionale, perché puntano sulla dimensione narrativa, sulla memoria e l’esperienza culturale, spesso travalicando l’aspetto funzionale o dell’utilità. Sono pezzi destinati alla piccola serie e a un pubblico non di massa. Quasi si recuperano delle istanze di Alchimia o Memphis, private dell’aspetto utopico sotteso al design. Di seguito una breve intervista, rilasciata a Valentina Croci per ATCasa da Lorenzo Damiani, Matteo Ragni e Paolo Ulian, che progettano anche per l’industria tradizionale. Lorenzo Damiani: “Autoprodurre un oggetto perché l’industria lo rifiuta è sbagliato, in quanto l’approccio alla base è diverso. Il rapporto con l’azienda ti fa sentire parte di una famiglia dove le decisioni sono condivise e ponderate per raggiungere un risultato, mentre nell’autoproduzione puoi anche permetterti di intraprendere nuove strade e anche di sbagliare.” Matteo Ragni: “Non credo che autoproduzione e industria siano divergenti. Molte imprese sono nate da un’idea di autoproduzione per poi evolversi diventando realtà commerciali strutturate e complesse. La differenza fondamentale, semmai, è che nell’autoproduzione imprenditore e designer sono la stessa persona: l’idea imprenditoriale nasce e si sviluppa per mano di chi progetta.” Paolo Ulian: “L’accordo con le aziende avviene quando c’è comunione di vedute e ideali. Un buon progetto filtrato da imprenditori che non lo “sentono” può trasformarsi in un oggetto privo di forza perché stravolto nelle sue peculiarità. L’autoproduzione può essere una scorciatoia per raggiungere un risultato di progetto più aderente alle proprie aspettative. E comunque può capitare di trovare un imprenditore illuminato che sappia fare ciò che avresti fatto tu, ma meglio.” In che cosa l’autoproduzione è diversa dalla ricerca da sempre perseguita dai designer? Lorenzo Damiani: “L’autoproduzione è un ramo di quell’albero che tu chiami ricerca e che deve sempre rifiorire per generare nuove idee. Spesso questi rami si intrecciano in modo molto fitto, generando riflessioni difficili da classificare.” 44’04’’ Matteo Ragni: “Se, in passato, il concetto di autoproduzione ha portato con sé un velato rifiuto verso l’industria, oggi questa separazione non è così netta. L’industria guarda con grande interesse alla produzione limitata e personalizzata, tipica dell’autoproduzione.” Paolo Ulian: “L’autoproduzione è un’esigenza che ho sempre sentito, senza mai realizzarla fino in fondo. Ma non mi do ancora per sconfitto! Penso che a livello di ricerca non ci sia molta differenza tra il design autoprodotto e quello per le aziende. Sono solo diversi i tempi e l’iter per arrivare a un risultato concreto.” Quali prospettive per l’autoproduzione rispetto all’industria tradizionale? Lorenzo Damiani: “Sicuramente una strada più rischiosa, con tante tante buche in più!” Matteo Ragni: “Credo che le due debbano confrontarsi ed interagire per sviluppare un concetto di produzione più personalizzato e coerente con un mercato che deve reinventarsi. Autoproduzione e industria si devono nutrire l’una dell’altra, in un gioco perpetuo di ricerca e sviluppo non solo di prodotti, ma di nuovi modi di consumare. Per trasmettere i valori del buon design, a prescindere da numeri o tecniche produttive.” Paolo Ulian: “Autoproduzione e artigianato conquisteranno sempre più spazio nel design dei prossimi anni, perché i giovani designer sono in continuo aumento e le aziende in diminuzione.” Imm.16 sedie Tuttitubi di Lorenzo Damiani 45’01’’ _Nell’introduzione di questa tesi si erano prese le distanze dal termine “autoproduzione”, in quanto si considera quest’espressione troppo vaga e usata per indicare pratiche diverse tra loro. Questa divergenza di opportunità è stata presente anche all’interno della mostra “Autoproduzioni Italiane”, alla quale hanno partecipato autoproduttori molto legati al linguaggio dell’arte, che realizzano pezzi in tiratura estremamente limitata e cifre poco popolari, ma anche autoproduttori più orientati verso una distribuzione più allargata, prezzi più contenuti, produzione non manuale, e autoproduttori il cui atteggiamento si colloca tra i due estremi. Ad ogni modo risulta interessante l’opinione di affermati progettisti che ribadiscono ciascuno il proprio modo di intendere questa pratica, in quanto ciò che si sta cercando di portare è l’idea per cui sia possibile e fruttuoso un tipo di design che non rifiuti le logiche della produzione in serie, ma che le adatti a scale non industriali. Risultano ad esempio attuale il doppio ruolo di designer ed imprenditore nello stesso individuo, il bisogno di riferirsi ad un approccio artigianale, in risposta al calare del numero di aziende nel settore del design del prodotto, ma anche all’incessante necessità di riflessione da parte sia del progettista sia del pubblico. 45’47’’ _ Intervista a Marco Dessì Marco Dessì è un giovane designer, nato a Merano nel 1976, che vive e lavora a Vienna. Si tratta di un progettista tra i più promettenti tra quelli che stanno emergendo nel panorama internazionale. In occasione del Salone del Mobile 2011 ha rilasciato questa intervista per “Corriere Design”, pubblicazione speciale in allegato con il Corriere della Sera: [...] “La sintesi è un pò questa: le nuove generazioni decretano la fine del designer statico ed idealista. Il designer deve essere maestro di flessibilità: se non può produrre milioni di oggetti cambia traiettoria. In sinergia con l’artigianato moltiplica pezzi unici che indirizza a mercati di nicchia. Quanto al luogo, il dogma della città magica non c’è più, c’è il mondo, e nel mondo esperienze artigiane diversificate da cui attingere. Serve un network di persone, tutto qui. Dove sei non c’entra. Soprattutto serve un designer-manager, una figura nata ora che disegna organizza e vende.” Imm.17 ritratto di Marco Dessì 46’19’’ _La voce di un giovane designer che sta affacciandosi al panorama attuale non può che interessare questa ricerca di senso. Seppur non pronunciate da un nome celebre, queste parole individuano il bisogno di un nuovo modo di agire da parte delle generazioni esordienti, specificando la necessità che il progettista moderno si interessi di aspetti ulteriori rispetto al solo sviluppo del prodotto, beneficiando dell’aiuto di un approccio artigianale arricchito dalle nuove conoscenze e metodologie. 46’35’’ _ 1.3 storie di chi voleva fare il designer Nella terza sezione di questo primo capitolo sono raccolte alcune schede. Ciascuna di queste schede riporta un caso studio, la storia di uno o più progettisti che hanno scelto di portare avanti la propria idea imprenditoriale, piccola o grande che fosse. Ogni esempio è stato scelto per un particolare aspetto, il cui studio tornerà utile in sede di progetto. Le schede sono strutturate per risultare comparabili tra di loro: vengono poste sempre le stesse questioni, relative alle idee basilari dell’impresa, alle informazioni relative alla nascita e allo sviluppo. L’utilità di queste schede è capire quali siano i passi da effettuare nell’avvio di un’impresa, quali gli errori da evitare e quali le logiche di cui tenere conto. 47’05’’ 47’06’’ Nome del marchio: TobeUs – A Matter of Toys Ideatore: Matteo Ragni Anno di nascita: 2007 Luogo di nascita: Milano Imm.18 macchinine Tobeus Concept. Tutto nasce dal desiderio di immettere sul mercato un giocattolo, da regalare ai bambini, che non si rompa facilmente, ma, al contrario sia robusto, resistente all’usura, ma anche forte, caldo e realizzato con materiali natuarli; un giocattolo, inoltre, che si faccia carico di portare con sé un messaggio legato al valore del gioco, gioco inteso anche come capacità progettuale ed abilità artigianale. 47’46’’ Come è cominciato. Matteo Ragni è un affermato designer italiano, vincitore del Compasso d’Oro nel 2001, e papà di tre bambini (2 al momento della nascita di TobeUs). Il marchio nasce in un contesto preciso, all’interno del cuore del design italiano, beneficiando del consenso e del supporto amichevole di amici e progettisti affermati nel panorama italiano. _ Come è cresciuto. A distanza di quasi quattro anni dalla propria nascita, TobeUs si è rivelata essere un’iniziativa il cui scopo primario non è il fine di lucro. Nel corso di questi anni è stato costruito piuttosto un network attorno all’esperienza, fatto da designer e pubblico particolarmente sensibile alla tematica del gioco, che, come disse Bruno Munari, e come ripete TobeUs, è una cosa seria. Imm.19 macchinine Tobeus capovolte 48’05’’ Quali sono i prodotti. La produzione riguarda esclusivamente macchinine giocattolo in legno di cedro. Ciascuna macchinina viene realizzata interamente a mano da Mastro Giovanni, un artigiano brianzolo scelto come unico realizzatore di tutti i pezzi TobeUs, a partire da un blocco di legno di cedro delle dimensioni di 16 cm x 7,5 cm x 8 cm, con gli spigoli leggermente arrotondati. La capacità artigianale si percepisce al solo contatto con l’oggetto, così come la venatura e il forte profumo di questo particolare legno. Oltre alla mano del falegname, l’unica altra che interviene è quella del designer, che crea una linea, disegna un modello di macchinina, la stessa linea che prenderà successivamente forma tridimensionale. Esistono alcune regole imposte a cui tutti i modelli nati si sono attenuti. A partire dal blocco, infatti, ciascuna automobile nasce asportando una porzione di materiale dalla vista orizzontale e da quella frontale, ma la vista superiore rimane sempre invariata. É questo l’unico vincolo a cui si sono attenuti i diversi designer che hanno prestato la loro collaborazione. La prima serie è composta da cinque modelli: la Berlina, la Romantica e la Sportiva, disegnate dallo stesso Matteo Ragni, il Pick-Up e il Furgoncino Portavalori, rispettivamente di Odoardo Fioravanti e Giulio Iacchetti. Anche la seconda serie è formata da cinque elementi: la Nuvolari di Andrea Branzi, la Casa Mobile di Mario Bellini, il Camion dei Pompieri di Italo Lupi, la Reale di Alessandro Mendini e il Fiorino di Alessandro Guerriero. Questa seconda serie è realizzata in edizione limitata e numerata, vale a dire che sono stati prodotti 99 pezzi di ciascun modello. 49’10’’ Imm.20 la “Romantica” di Matteo Ragni Imm.21 il “Furgoncino Portavalori” di Giulio Iacchetti Come è organizzato. TobeUs è una ditta individuale, la cui titolare è ufficialmente Elisa Massoni, moglie di Matteo Ragni, il cui studio di progettazione ne segue gli sviluppi. Come detto il fidato Mastro Giovanni si occupa della produzione dei pezzi, mentre alcuni tra i più noti designer del panorama italiano si sono cimentati nel disegno del un modello di una macchinina. Si è trattata di una collaborazione amichevole, dettata dalla totale sintonia con il senso e il gioco dell’iniziativa. A chi si rivolge. Il pubblico a cui si è scelto di riferirsi è quello composto da genitori e parenti con il desiderio di regalare ai propri bimbi un giocattolo carico di valori. Al contempo una schiera di appassionati e addetti al design si sono interessati agli sviluppi del marchio. Come comunica. La comunicazione TobeUs è stata finqui affidata al passaparola: essere nato in una culla già sotto gli occhi di molti è stato sufficiente a garantire visibilità, alimentata da una presenza sul web e in alcune vetrine di spicco. Come vende. I prodotti TobeUs sono distribuiti attraverso rivenditori dislocati in tutto il mondo. Eistono undici negozi in Italia che li commercializzano, oltre ad un altra ventina all’estero. Imm.22 logo TobeUs 50’08’’ TobeUs è un approccio al progetto che si maschera da impresa. Non è il lucro, infatti, il fine principale di questo progetto, ma non è altro che il prestesto per donare al mondo del disegno industriale un momento di riflessione. Gli aspetti rilevanti di questo esempio sono quindi due. Innanzi tutto l’approccio, il desiderio di raccontare una storia attraverso il progetto, la volontà di insegnare e trasmettere un valore al pubblico in un mondo pieno di oggetti senza significato; in secondo luogo il metodo schematico con cui è organizzato il gioco, con un vero e proprio regolamento fissato per giungere al disegno di una macchinina da uno stesso blocco di legno. Anche TrattoTempo, una volta presa forma, dovrà approcciarsi in questa maniera al progetto. L’aspetto didattico, da intendere nel senso esteso di insegnamento al pubblico di ogni fascia d’età, è infatti tanto caro a TrattoTempo, quanto a TobeUs, con la sola differenza della tematica adottata. Questo esempio spiega bene come è più opportuno svolgere tale ruolo, a cavallo tra bisogno di espressione e necessità di riscontro monetario. Molto interessante è anche il vero e proprio regolamento con cui le machinine TobeUs vengono realizzate. Procedere in questa maniera è l’essenza del gioco proposto, dell’insegnamento offerto, oltre che uno stratagemma per rendere la produzione più pratica ed economica. Anche questo aspetto sarà ripreso nel progetto dei prodotti di TrattoTempo. 51’02’’ 51’03’’ Nome del marchio: W-Eye Ideatore: Doriano Mattellone Anno di nascita: 2009 Luogo di nascita: Udine Imm.23 occhiali W-Eye Concept. W-Eye nasce per concretizzare un’idea innovativa che da tempo tornava nella testa di Doriano Mattellone, vale a dire realizzare e commericalizzare occhiali in legno, che fossero rappresentativi di una passione artigianale e al contempo proiettati verso il futuro. 51’27’’ Come è cominciato. Doriano Mattellone è un artigiano che opera in quella parte d’Italia che viene chiamata il “Distretto della Sedia”, per via della vastissima produzione di sedie; ha sempre, sin da bambino con l’attività da tornista del padre, giocato con il legno, facendone la risorsa del suo mestiere, al punto da lanciare nel 2001 la Mattellone s.r.l., impresa produttrice principalmente di stampi necessari a realizzare sedie in plastica. Nel 2009, incontrato per caso Matteo Ragni, rinomato designer, da il via alla concretizzazione dell’idea di realizzare occhiali in multistrato di legno. Prima di quest’incontro lo stesso Mattellone aveva condotto esperimenti e realizzato modelli studio, ma gli era necessaria la figura di un designer per dare la giusta forma a una nuova tecnologia poco dopo da lui brevettata. Come è cresciuto. Il marchio W-Eye è praticamente all’esordio; il primo anno e mezzo di vita è servito allo sviluppo dei prodotti e delle strategice commerciali. Non è dunque ancora possibile effettuare un confronto. Imm.24 occhiali W-Eye, particolare essenze 52’02’’ Quali sono i prodotti. Il catalogo W-eye ad oggi conta otto diversi modelli di occhiali, ognuno disponibile in ciascuna delle sei diverse essenze di legno (noce, zebrano, mogano, frassino, ciliegio ed ebano), ciascuna capace di conferire una diversa personalità all’indossatore. Si va dal disegno più sobrio a quello più eccentrico, dalla linea da interni fino a quella da sole, passando per gli occhiali da lettura. Gli occhiali W-Eye sono composti ogni da due sottilissime, ma restenti, lamine d'alluminio ricoperte da un multistrato di legno in sei diverse essenze. Una volta uniti i vari livelli, gli occhiali vengono stampati, intagliati e rifiniti manualmente. La scelta progettuale forte sta proprio nel fatto che ciascun prodotto è realizzato in un unico pezzo; non esiste alcuna giuntura tra le diverse componenti, perchè esiste solo una componente, il paio di occhiali che, nonostante quindi non abbia le due aste richiudibili, offre il notevole vantaggio di essere molto più resistente, oltre che di differenziarsi ulteriormente. Imm.25 lavorazione occhiali W-Eye 52’29’’ Come è organizzato. W-Eye è un marchio che ha vita autonoma all’interno della MA-Wood, che si occupa della lavorazione del legno declinandola sotto diversi aspetti. Come già riportato l’incotro tra Doriano Mattellone, l’imprenditore e l’artigiano, e Matteo Ragni, il designer, ha dato il via alla nascita del marchio W-eye. Da quest’incontro la loro collaborazione ha segnato tutte le tappe che hanno portato, all’inizio del 2010, alla commercializzazione dei primi esemplari di occhiali. Antonio Stella, ottico che da tre generazioni, titolare di una nota boutique milanese fondata dal nonno nel 1910, è entrato a far parte del progetto in veste di consulente: la sua decennale esperienza nel settore è servita per scegliere le migliori strategie comunicative e di lancio del prodotto. Come comunica. W-Eye sta muovendo i primi passi, anche dal punto di vista della comunicazione. Si cerca di far conoscere il marchio grazie alla presenza in fiere di settore e all’immissione del prodotto nelle vetrine di diverse boutique di prestigio. Inoltre ultimamente è stata avviata una campagna di promozione incentrata su testimonial noti, che appaiono in televisione indossando la montatura W-Eye dontatagli. Come vende. Gli occhiali W-eye sono venduti presso negozi di ottica; al momento possono essere trovati in presso undici ottici, divisi tra le città del nord italia, ma, essendo il marchio appena nato, è da prevedere una diffusione più ampia. A Milano lo stesso Antonio Stella li commercializza nel suo punto vendita. A chi si rivolge. Il target di riferimento è dichiaratamente quello che si colloca in una fascia medio-alta di potere d’acquisto. La pregiatezza dei prodotti e la lavorazione artigianale, infatti, determinano un prezzo (che si aggira attorno ai 400 euro per ciascuna montatura) che rende gli occhiali W-Eye un oggetto da boutique. Le ragioni di ciò sono in parte di natura strategica: vista l’impossibilità di immetersi in un mercato, quello degli occhiali di basso prezzo, in cui esiste uno strapotere della produzione orientale in grado di abbattere a cifre irrisorie i costi di lavorazione, si è preferito orientare l’impegno progettuale verso la realizzazione di un prodotto maggiormente élitario. Imm.26 logo W-Eye 54’11’’ Quella di W-Eye è una storia soprattutto umana: è la storia di un coraggioso artigiano che decide di fare un passo in avanti per far fronte alle difficoltà, non di rimanere fermo e subirle. Ciò che insegna questo esempio è come si possa tirare fuori dal cappello un’innovazione progettuale a prescindere dalle abilità che si posseggono. L’approccio artigianale qui descritto è lo stesso raccontato da Richard Sennett nella sua opera “L’uomo artigiano”: non un artigiano che fa con le mani (anche se in questo caso i prodotti sono eccellentemente rifiniti a mano) ma che segue con cura l’intero percorso del prodotto. La grande qualità del pezzo finito e frutto di questo modo di operare. Ai fini del progetto di TrattoTempo risulta molto interessante proprio l’applicazione pratica del pensiero di Sennett. Essere “uomo artigiano” è un modo di operare che può determinare grande soddisfazione professionale oltre che conferire alta qualità ai prodotti finiti. Si vedrà all’interno della terza parte come TrattoTempo si fondi su questo modo di agire sull’intero processo produttivo di ogni singolo oggetto. 54’59’’ 55’00’’ Nome del marchio: Freitag Ideatori: Markus e Daniel Freitag Anno di nascita: 1993 Luogo di nascita: Zurigo Imm.27 lavorazione borse Freitag Concept. Freitag produce borse per donne e uomini e accessori utilizzando materiali che sono stati usati sulla strada: teloni di camion che hanno percorso chilometri e chilometri, cinture d'auto usate, vecchie camere d'aria di biciclette ed airbag riciclati. Essendo resistenti i materiali utilizzati, lo sono anche i prodotti finiti, tutti realizzati mantenendo inalterati colori e scritte originali, rendendo di fatto ciascuna borsa un pezzo unico. 55’34’’ Come è cominciato. Nel 1993 Markus e Daniel Freitag, due fratelli nati a Zurigo, entrambi designer grafici erano alla ricerca di una borsa che potesse essere comodamente trasportata in bicicletta senza che questa si rovini sotto la pioggia. Cercavano una borsa funzionale, impermeabile e resistente che potesse contenere i loro progetti. Ispirati dal traffico dei coloratissimi mezzi pesanti, che passavano davanti al loro appartamento sull'asse di transito di Zurigo, cucirono una borsa usando vecchi teloni di camion. Realizzarono la tracolla con cinture d'auto usate e la bordatura con una vecchia camera d'aria di bicicletta. Da questo bisogno personale nasce Freitag. Come è cresciuto. Da quando, nel 1993, questo marchio è nato in veste artigianale è cresciuto fino al punto da possedere un’industria, a Zurigo, dedicata alla produzione di borse. Oggi conta 80 collaboratori fissi, possiede macchinari sofisticati in grado di far fronte ad una richiesta che ormai è molto vasta ed esigente. capitolo 3 Imm.28 borse Freitag 56’08’’ Quali sono i prodotti. Il cliente ha due possibilità, acquistare una borsa già pronta all’interno del vasto catalogo, oppure , in alternativa, disegnare la propria borsa. Infatti, attraverso un software programmato appositamente è possibile scegliere l’esatta porzione, con i relativi colori e disegni, di telone da utilizzare: Il visitatore non deve fare altro che indivduare il materiale che più gradisce, orientare il taglio della sagoma dal cui sviluppo prenderà forma la borsa. I prodotti sono differenziati all’interno di quattro categorie: le “messenger”, vale a dire le borse a tracollo, le “downtown”, quelle indirizzate ad un pubblico femminile, le “work&relax”, cioè zaini e cartelle, e gli accessori di varie dimensioni. Imm.29 zaini Freitag 56’38’’ Come è organizzato. L’impeccabile organizzazione svizzera rende le collaborazioni assolutamente trasparenti. Così come esistono appositi moduli ed apposite modalità, infatti, secondo cui chiunque può diventare collaboratore di Freitag in veste di fornitore di materiale, è reperibile sul sito ufficiale l’elenco di tutte le figure professionali necessarie ma i cui posti sono vacanti, così che chiunque può facilmente capire di quale tipo di impegno possa risultare utile e inviare la propria domanda di collaborazione. cuoio, più adatto per terreni polverosi e donato ad alcune scuole-calcio sudafricane. Come vende. Le borse sono innanzi tutto vendute attraverso il sito ufficiale del marchio. Esistono inoltre cinque punti vendita, a Berlino, Davos, Amburgo, Colonia e Zurigo, interamente dedicati ai prodotti Freitag, che possono essere trovati anche in oltre 300 altri negozi in tutto il mondo. A chi si rivolge. Freitag producendo borse in un materiale così particolare, e così particolarmente vivace, si rivolge ad un pubblico giovane, o giovanile, capace di accoglierne di buon grado il gusto. Inoltre, prima che ai compratori, si rivolge ai possibili fornitori di ciò che per questo marchio è materia prima: è stato studiato un apposito modulo da compilare, e indicate precise modalità secondo cui chiunque sia in possesso di vecchi teloni da camion può vendere ciò che per lui non è altro che scarto. Come comunica. Negli anni ’90 i primi passi sono stati quelli più logici: raccontare il proprio lavoro attraverso negozi fisici, e l’apparizione in eventi e fiere di settore. Così l’iniziativa ha acquisito sempre maggiori consensi. Ora che l’azienda è ben avviata la comunicazione si espande anche su ambiti innovativi, su collaborazioni originali, come quella con PeléSports, nata per mano del famosissimo ex-calciatore, per cui durante i Campionati Mondiali in Sudafrica del 2010 è stato lanciato un pallone da calcio interamente realizzato con vecchi teloni, senza l’utilizzo del Imm.30 logo Freitag 58’00’’ Freitag reppresenta un felicissimo esempio di come su un’idea geniale nella sua semplicità sia possibile costruire la fortuna di un’impresa. La furbizia di questa produzione di borse e accessori non sta soltanto nell’impiego di un materiale di scarto, ma anche nell’organizzazione che fa sì che esista un filo diretto che collega l’azienda e i proprietari di teloni da camion di scarto. Non sarebbe certo stato conveniente né fattibile avviare un’azienda basandosi su un sistema di reperimento del materiale disorganizzato. Inoltre l’evoluzione di Freitag negli anni racconta come si possa, seppur mantenendo un’identità coerente nella produzione, sviluppare le proprie linee su diversi canali progettuali. Quest’esempio è stato scelto per descrivere un’auspicio forte del progetto di TrattoTempo, vale a dire quello di costruire attorno ad un’idea semplice la propria fortuna. I due imprenditori svizzeri protagonisti della nascita di Freitag hanno dimostrato che un sistema prodtuttivo semplice può dimostrarsi il modo più efficace di relazionarsi al pubblico. 58’41’’ 58’42’’ Nome del marchio: Livestrong Wristbands Ideatore: Lance Armstrong Fundation Anno di nascita: 2004 Luogo di nascita: Austin, Texas Imm.31 immagine promozionale Livestrong Wristbands Concept. Il famosissimo ciclista statunitense Lance Armstrong, ha ormai sconfitto il cancro che lo colpì in giovane età; nel 1997 ha fondato la Lance Armstrong Fundation, che si pone l’obiettivo di finanziare la ricerca per la cura di questo male. Il lancio di Livestrong Wristbands, i braccialetti Livestrong, serve a raccogliere finanziamenti proprio per questa ricerca. 59’03’’ Come è cominciato. Nel 2004 è stato lanciato il braccialetto Livestrong che faceva parte di un programma educativo denominato “Wear Yellow Live Strong”, con l'intento di sostenere le vittime e i guariti del cancro e consapevolizzare sul problema. Il braccialetto è divenuto un fenomeno di massa alla fine dell'estate dello stesso anno, dapprima apparendo ai polsi di molti partecipanti al Tour de France, poi a quelli di alcune celebrità, tra cui numerosi attori e molti atleti alle Olimpiadi. Come è cresciuto. Una così grande visibilità ha permesso che il braccialetto divenisse alla moda, trasformandolo in un oggetto cult da cui sono poi scaturiti molti oggetti simili. Ancora oggi il braccialetto viene venduto e sostiene le ricerche della fondazione di Lance Armstrong. Imm.32 braccialetto Livestrong indossato 59’49’’ Quali sono i prodotti. Nonostante ultimamente siano stati aggiunti nuovi gadget al catalogo, come t-shirts o accessori, è il braccialetto quello che rimane il simbolo della produzione del brand. Si tratta di un braccialetto in silicone, con la scritta LIVESTRONG in controrilievo, giallo, come gialla è la maglia assegnata a chi vince il Tour de France, la competizione che ha reso Lance Armstrong celebre. Imm.33 braccialetti Livetstrong confezionati 1h 00’07’’ Come è organizzato. All’interno della Lance Armstrong Fundation è stata inaugurata una sezione che si dedica proprio alla commercializzazione dei prodotti Livestrong. Ultimamente una collaborazione stretta con la Nike ha fatto sì che i bracialetti siano venduti e comunicati anche dal noto marchio di abbigliamento ed accessori sportivi. A chi si rivolge. Chiunque voglia sostenere la ricerca sul cancro è un possibile acquirente dei braccialetti Livestrong, ancor di più se ama i gadget decorativi brillanti, anche quando fa sport. Come comunica. La notorietà della fondazione e del fondatore sono sufficienti a descrivere anche questi prodotti; non è stata pensata alcuna campagna promozionale specifica, se non la trovata di far indossare i braccialetti a star famose in tutto il mondo, amici personali di Armstrong. Ultimamente, da quando è entrata a far parte della collaborazione, è la Nike a promuovere il brand attraverso le proprie campagne. Come vende. I braccialetti sono acquistabili su internet, o presso i punti vendita Nike. Il prezzo è irrisorio, un dollaro per ciascun braccialetto, venduti in lotti da 10 o 100 pezzi. Imm.34 logo Livestrong 1h 1’06’’ Per quanto riguarda le condizioni e le modalità secondo cui Livestrong è nato, questo band non è paragonabile a quelli precedentemente descritti, né a quello di cui si illustrerà il progetto nella terza parte di questa tesi. Lo stesso vale per gli scopi, benefici in questo caso, di lucro negli altri. L’aspetto saliente è invece come un oggetto possa diventare il pretesto per uno scambio di relazioni o di risorse. L’essenzialità del braccialetto, nella sua funzione, nel suo disegno, nel suo materiale, ben si sposa con l’idea per cui ciò che conta è far parte di un’iniziativa, in questo caso contribuire alla ricerca sul cancro. Non va alle fattezze dell’oggetto in sé il merito del suo successo commerciale, bensì al senso dell’intera operazione. La ragione per cui questo esempio è stato affiancato agli altri è la necessità di raccontare come a volte ciò che viene commercializzato non è tanto l’oggetto in sé, quanto il valore di cui l’oggetto non è altro che veicolo. Nel caso di Livestrong questo aspetto è evidente: il prodotto, una semplice fascia in silicone, è chiaramente un pretesto per donare contributi in beneficenza. Seppur non in maniera così eclatante, come si vedrà all’interno della parte relativa al progetto, anche TrattoTempo si fa portavoce di un particolare valore, e i prodotti che saranno commercializzati saranno veicolo di un messaggio probabilmente più significativo dell’oggetto stesso. 1h 2’04’’ 1h 2’05’’ Nome del marchio: Plinio il Giovane Ideatore: Mario Prandina Anno di nascita: 1975 Luogo di nascita: Milano Imm.35 tavolo prodotto da Plinio il Giovane Concept. Plinio il Giovane valorizza il processo artigianale attraverso cui un oggetto d’arredo acquisisce una qualità senza eguali. L’attività progettuale di Mario Prandina è affiancata dall’abilità di una squadra di falegnami in grado di curare l’intero processo costruttivo, prestando particolare attenzione alla cura dei particolari che conferiscono calore al prodotto finito. 1h 2’32’’ Come è cominciato. Negli anni ’70 si divide tra gli studi presso l’Accademia di Brera e la gestione del suo negozio d’antiquariato e restauro, connubbio che lo porta a scegliere di dedicarsi anche alla progettazione di mobili in legno. E così 35 anni fa Mario Prandina, in arte Plinio il Giovane, costruisce la propria attività attorno al fare manuale, proprio e di pochi artigiani che lavorano a suo stretto contatto. Come è cresciuto. Si può dire che non sembra essere cambiato molto dalla nascita del marchio fino ai giorni nostri: la scelta dei materiali, la cura della lavorazione sono sempre le stesse. E sempre la stessa è anche la dimensione dell’azienda, che si limita a contenere un punto vendita e un officina, oltre a qualche stretto collaboratore. Imm.36 Ritratto di Mario Prandina 1h 3’05’’ Quali sono i prodotti. Niente colle, niente vernici, la maggior parte dei prodotti nel catalogo di Plinio il Giovane è realizzata utilizzando soltanto parti in legno massello incastrate tra di loro e trattate superficialmente con cera lacca. Si tratta di una produzione di elementi d’arredo destinati ad uso domestico. Imm.37 divano prodotto da Plinio il Giovane 1h 3’16’’ Come è organizzato. Il gruppo Plinio il Giovane comprende, oltre Mario Prandina, anche un cerchia di collaboratori fissi; si tratta di undici tra falegnami, prototipisti, responsabili di produzione, progettisti e addetti alle consegne. A chi si rivolge. La clientela di Plinio il Giovane è composta da persone, o nuclei familiari, desiderosi di arredare il proprio ambiente domestico con prodotti che da una parte rispondono correttamente alle problematiche proposte dal tema dell’ecologia, dall’altro sono in grado di conferire calorosità e un particolare senso di benessere. Si tratta di una produzione per certi versi opposta a quella del cosiddetto modello Ikea, vale a dire la politica di offrire prodotti a basso prezzo ma dalla qualità progettuale e di resa limitate; di conseguenza anche il pubblico non è quello che cerca l’economicità, ma si tratta di un pubblico in grado di acquistare a prezzi medio-alti. Come comunica. A distanza di 35 anni dalla sua nascita la notorietà di Plinio il Giovane è dovuta proprio a tanti anni di lavoro ad alto livello qualitativo. Non c’è nessuna particolare campagna promozionale, se non la semplice diffusione del nome tramite passaparola o qualche apparizione in riviste ed eventi specializzati. Come vende. Plinio il Giovane ha uno showroom nel centro di Milano, ed è quello l’unico punto vendita utilizzato, salvo alcune apparizioni a mostre e fiere sul mobile. Imm.38 logo Plinio il Giovane 1h 4’21’’ Aspetto chiave dell’approccio di Plinio il Giovane è la massiccia presenza della componente artigianale, tanto nell’effettiva lavorazione dei mobili, quanto nella comunicazione lanciata al pubblico. Il fatto che tutti gli elementi sia realizzati a mano, con un forte sguardo alla sostenibilità ambientale, diventa un grande valore aggiunto da trasmettere in ogni maniera. Intelligente quindi la scelta di presentarsi ai clienti con una connotazione familiare, rassicurando quindi il possibile acquirente sull’eccellente qualità del mobile. Se l’esempio di W-Eye era stato aggiunto come emblema dell’approccio artigianale al processo progettuale e produttivo, quello di Plinio il Giovane trova posto in questa carrellata per il modo in cui tale connotato viene raccontato al pubblico. Così come Mario Prandina riesce, ormai da decenni, a trarre effettivo beneficio da una comunicazione mirata a far conoscere al pubblico la qualità del proprio lavoro, anche TrattoTempo dovrà essere abile a informare efficacemente il proprio bacino d’utenza del valore artigianale della filosofia e del metodo che adotta. 1h 5’07’’ 1h 5’08’’ Nome del marchio: Made.com Ideatore: Ning Li Anno di nascita: 2009 Luogo di nascita: Londra Imm.39 homepage www.made.com Concept. Made.com è un portale londinese che nasce dalla volontà di rivoluzionare il mercato del design dell’arredo: accantonare l’idea per cui un pezzo progettato da un designer debba costare necessariamente molto e aprire dunque il ventaglio dell’utenza. Come funziona Made.com? Vengono innanzi tutto eliminati gli intermediari, l’utente finale è in contatto direttamente con il produttore, facendo sì che il prezzo scenda dal 50% all’80%. C’è un catalogo on line attraverso cui è possibile scegliere cosa acquistare; una volta effettuato l’acquisto l’oggetto viene realizzato e spedito, e nell’arco di alcune settimane viene recapitato a casa. Da segnalare che è possibile consultare online lo stato di avanzamento dell’oggetto commissionato e che, se insoddisfatti, si hanno 2 settimane di tempo dopo la consegna per beneficiare della garanzia. 1h 5’50’’ Come è cominciato. Ning Li, giovane designer cinese trapiantato in Francia ebbe la fortuna di incotrare, durante un suo soggiorno in Inghilterra, l’imprenditore Brent Hoberman fondatore di MyDeco e Lastminute.com. Ning Li, con i suoi due soci, Chloè Macintosh e Julien Callède, ottenne così, proprio da Hoberman diventato così titolare dell’impresa, 2,5 milioni di sterline come budget da investire nella sua idea. Come è cresciuto. Ora l’azienda è cresciuta fino ad avere 25 membri dello staff, ed una piattaforma di aziende partner in Asia, dove vengono realizzati i prodotti. Da quanto si può leggere, pare che dal momento del lancio, il giro di affari sia cresciuto del 50% ogni mese, facendo pienamente rientrare nell’investimento Brent Hoberman e altri investitori che sono successivamente entrati a far parte del gruppo. Imm.40 immagine tratta dal catalogo di Made.com 1h 6’33’’ Quali sono i prodotti. La produzione di Made.com comprende un vasto numero di elementi d’arredo. Si va dai divani alle poltrone, dalle sedie fino ai tavoli, ma anche accessori da esterni, oltre che lampade, biciclette o addirittura diversi modelli di calcio balilla. Imm.41 poltrona prodotta da Made.com 1h 6’42’’ Come è organizzato. L’anima di Made.com risiede nei tre fondatori, Ning Li, Julien Callède e Chloé Macintosh, che si occupano della gestione dell’azienda. Oltre a loro una squadradi 25 persone che vestono ruoli diversi, dall’art director fino all’esperto i materiali, agli addetti all’ingegnerizzazione dei prodotti danno vita a questa realtà. A loro si affiancano diversi nomi, progettisti con le proprie attività già avviate che collaborano periodicamente con Made.com fornendo nuovi progetti. I titolari dell’azienda sono comunque altri, Brent Hoberman, già fondatore di MyDeco e Lastminute.com, Marc Simoncini, ideatore di iFrance e Meetic, John Hunt, ideatore di Seattle Coffee Company, che hanno l’onere di provvedere ai finanziamenti necessari e l’onore di incassare i cospicui introiti. Come vende. La vendita degli arredi Made.com avviene esclusivamente attraverso il sito internet: tale scelta è dettata dalle possibilità di risparmio offerte al pubblico, possibilità dettate proprio dall’assenza di intermediari con la produzione. A chi si rivolge. Il target di riferimento è abbastanza eterogeneo; i prodotti, tutti arredi domestici, hanno infatti un gusto ed uno stile molto sobri, così da rendere i prodotti di Made.com adatti a qualsiasi ambiente casalingo. Sicuramente la potenziale clientela deve essere in possesso della freschezza mentale di accettare l’innovazione data dalla proposta di questa compagnia, essendo disposta all’acquisto via internet, e non nel classico punto vendita di mobili per la casa. Come comunica. Potendo beneficiare di ingenti fondi da investire la promozione di Made.com non si è limitata al web, ma è stata oggetto di campagne pubblicitarie significative, soprattutto nel Regno Unito, che hanno lanciato il nome già all’avvio, determinando il forte e costante incremento di vendite. Imm.42 logo Made.com 1h 7’52’’ Made.com sia è una realtà che nasce ed opera in un contesto nettamente più avanzato rispetto a quello degli altri casi studio, in quanto ha a disposizione ingenti fondi da investire, tecnologie avanzate e addirittura una squadra di designer al proprio servizio. Ad ogni modo appare interessante evidenziare l’idea di un rapporto diretto con i clienti, senza l’impiego di intermediari quali rivenditori dei prodotti, strategia significativa e vincente. Le scelte strategiche e commerciali di TrattoTempo potrebbero fare riferimento proprio al modello proposto da Made.com, non tanto relativamente alle modalità di commissione personalizzata e produzione ottimizzata, perché il grado di complessità dei prodotti non è paragonabile, quanto ai vantaggi di una vendita diretta attraverso il portale internet che permette da una parte una diffusione a più ampio raggio della visibilità, dall’altra un contenimento dei costi di distribuzione. 1h 8’32’’ 1h 8’33’’ Nome del marchio: Fish Design Ideatore: Gaetano Pesce Anno di nascita: 1995 Luogo di nascita: New York Imm.43 vasi FishDesign Concept. L’idea è quella di utilizzare nel processo produttivo esclusivamente resine colorate e traslucide, per creare oggetti per la casa. “Fish Design è un insieme poliedrico di artefatti” spiega, Gaetano Pesce, “È una frase che produce degli oggetti per la casa. Dai suoi inizi, si è proposta di parlare di unicità come evoluzione dallo standard, umanità del difetto, bellezza, gioia, tattilità, sensualità, simpatia, elasticità, colore, femminilità e innovazione. Il suo pubblico era anche quello di chi ha un sottile portamonete. Fish Design non si soddisfa con l’uniformità, la leggerezza degli oggetti di design tradizionale e la loro stanchezza, astrazione e globalità. In un momento storico di giorno in giorno piú complesso, offre piú calore, buonumore, piú affezione agli spazi che ospitano la nostra vita”. 1h 9’09’’ Come è cominciato. Gaetano Pesce è uno dei padri del design italiano, diventato celebre grazie alle sue sperimentazioni legate alle materie plastiche durante gli anni ’60 e alla ricerca di un design che risultasse allegro, colorato, definibile come “pop”. Nel 1995 a New York, dove risiede da oltre 30 anni, decide di dare vita ad un brand che gli permettesse di portare all’estremo la sua vocazione sperimentale, così, supportato dalla grande fama già acquisita, si cimenta nela produzione artigianale di oggetti per la casa e gioielli da vendere nelle più prestigiose boutiques della Grande Mela. Come è cresciuto. Se a metà degli anni ’90 il successo dei prodotti Fish Design era garantito dalla notorietà del suo principale interprete, durante i suoi due decenni e mezzo di vita l’innovazione e l’originalità formale ha permesso a una realtà che si rivolgeva ad una nicchia di pubblico di diffondersi ad un più ampio raggio. Imm.44 Gaetano Pesce al lavoro 1h 9’43’’ Quali sono i prodotti. Fish Design produce oggetti per la casa, per lo più vasi o ciotole, ma anche orologi, cornici, oltre che gioielli; si tratta di oggetti realizzati artigianalmente utilizzando esclusivamente resine colorate e traslucide. Queste, calde e molli, vengono lavorate manualmente senza l’utilizzo di stampi, modellate per ottenere la forma desiderata. Una volta formato l’oggetto viene fatto raffreddare finché la resina non indurisce. Si tratta di forme estremamente grossolane, forme che rispechiano esattamente la lavorazione: come goccie di colore che colano giù dalle pareti, le superfici dei vasi e degli altri oggetti di Fish Design conferiscono agli oggetti un’estrema fantasia. Imm.45 vaso FishDesign 1h 10’09’’ Come è organizzato. L’impegno di Gaetano Pesce è supportato dall’abilità manuale di una squadra di artigiani che sono i veri e propri artefici della produzione del brand. Mentre inizialmente Fish Design era una ditta a sé, che rispondeva alle forma giuridiche previste dal governo statunitense, oggi il brand è stato ufficialmente chiuso, ma sopravvive come marchio che fa riferimento ad una delle linee di prodotto di un’altra attività imprenditoriale che si occupa della produzione e della distribuzione, la Corsi Design Factory, con sede a Milano, fondata da Andrea Corsi nel 2007. Si tratta di un officina creativa a cui, oltre a Gaetano Pesce e Fish Design, si sono affidati Alessandro Mendini per i Mendinismi e i Fratelli Campana per Nativo Campana, entrambe produzioni di oggetti. Come vende. É possibile acquistare i prodotti attraverso il sito web di Corsi Design Factory, o attraverso uno dei rivenditori a cui è affidata la distribuzione. A chi si rivolge. Benché meno di quanto non accadesse agli esordi della metà degli anni ’90, Fish Design si rivolge ad un pubblico di nicchia, quello degli amanti del design sperimentale e dell’oggetto che presenta la grande firma. Se così non fosse sarebbe impensabile che vasi e gioielli dalle cifre esorbitanti se paragonate ai costi dei materiali e della lavorazione avessero un mercato. Come comunica. Fish Design non attua nessuna particolare politica comunicativa. La fama di Gaetano Pesce è sufficiente a conferirgli notorietà, in quanto gli offre la possibilità di essere spesso presente all’interno di mostre o negli allestimenti dei principali eventi legati al mondo del design, italiano ed estero. Imm.46 logo FishDesign 1h 11’18’’ Importante è la componente sperimentale di Fish Design. La ricerca sulle materie plastiche, che ha caratterizzato l’intera carriera di Gaetano Pesce, è il fulcro della produzione. Vincente è la scelta di declinare la fantasia e la varietà di colorazioni in oggetti semplici come i vasi, così come è suggestiva l’idea di rendere questi materiali addirittura dei gioielli. E la sperimentazione sui materiali sarà un punto forte della produzione di TrattoTempo. In questo caso questa riguarda un solo materiale, la gomma siliconica, mentre, come si vedrà nel progetto, l’impegno di TrattoTempo riguarderà vari materiali. Questo esempio racconta come è più opportuno procedere quando un aspetto fondamentale del proprio lavoro è proprio la sperimentazione, che per definizione può portare a risultati dubbi: non è la perfezione del pezzo ciò che è importante nel progetto di Gaetano Pesce, bensì l’imperfezione dettata dal caso, che determina oggetti finiti ognuno diverso dall’altro, in una costante produzione di pezzi unici. Di questo concetto, del valore dell’imperfezione, TrattoTempo farà tesoro. 1h 12’00’’ 1h 12’01’’ Nome del marchio: Fullspot Ideatori: Studio Laboratorio Quattro Anno di nascita: 2009 Luogo di nascita: Milano Imm.47 orologi O’Clock di Fullspot Concept. Lo studio Laboratorio Quattro è nato nel 2007 dall’unione di quattro giovani, Stefania Braga, Luca Veltri, Emanuele Magenta e Matteo Nicotra, diversi per formazione ed indole. Da questo mix di competenze è nato Fullspot. Elemento distintivo di questo nuovo brand, o almeno aspetto ripetutamente sottolineato, è il fatto che i prodotti commercializzati sono, contro la tendenza, interamente pensati e realizzati in Italia. Un Made in Italy, non solo un Designed in Italy quindi, che mira a proporre prodotti attenti ai dettagli, ma anche giovanili ed in grado di essere personalizzati. 1h 12’30’’ Come è cominciato. I quattro giovani fondatori, da poco proiettati nel mondo del lavoro, hanno deciso di cimentarsi in quest’iniziativa forti delle loro diverse capacità, che vanno dalle competenze nel design del prodotto fino a quelle nelle strategie comunicative. Il brand nasce quindi dal basso, da una realtà poco celebre, ma molto vogliosa di far bene. Come è cresciuto. Attraverso fiere e mostre, soprattutto attraverso due edizioni del Fuorisalone, durante la settimana del design milanese, Fullspot ha acquisito una certa notorietà e promette di crescere ulteriormente. Imm.48 orologi O’Clock di Fullspot particolare quadranti 1h 13’02’’ Quali sono i prodotti. Al momento in catalogo è presente solo un prodotto, O’Clock, il primo che è stato lanciato al momento della nascita del brand, e attorno al quale sono state costruite tutte le scelte comunicative fatte finora. Si tratta di un orologio da polso unisex con cinturino in silicone e quadrante intercambiabile. O’Clock è un orologio informale, dai colori accesi, personalizzabile. Semplice la linea: solamente due cerchi, uno a formare il cinturino, elastico, ed uno per il quadrante. Si tratta di una rielaborazione in chiave moderna del più classico degli orologi da polso. Originale il packaging: una scatola di latta solitamente usata per confezionare il tonno, acquistabile sia singolarmente sia in confezione doppia. I cinturini sono prodotti in 20 diverse tonalità, mentre i quadranti sono bianchi, le lancette nere. Recentemente è nata una linea Disney, con quadranti che riportano disegni dei più celebri personaggi dei cartoni animati. L’azienda ha già in cantiere nuovi prodotti, tra cui la linea O’Chieve, presentata in anteprima durante l’ultima edizione del Fuorisalone, si tratta della versione Fullspot di un orologio da taschino: una moderna “cipolla” colorata con una la catenina bianca che rievoca gli auricolari dell’iPod. Nonostante questa tipologia di orologi sia finita in disuso la scelta di riproporla come accessorio potrebbe avere un futuro. Imm.49 orologi O’Chieve di Fullspot 1h 14’01’’ Come è organizzato. Lo studio Laboratorio Quattro si dedica meticolosamente a tutti gli aspetti necessari alla vita del brand, dalla progettazione dei prodotti e del packaging, alla comunicazione, all’organizzazione di eventi. La produzione materiale delle componenti degli orologi è affidata ad artigiani che lavorano nella provincia di Pordenone, da cui provengono alcuni dei quattro componenti del gruppo. A chi si rivolge. Fullspot si rivolge ad un pubblico giovane e dinamico, persone che trovano nei semplici oggetti quotidiani elementi di distinzione a completamento del proprio look. Come comunica. La notorietà acquisita dal brand è dovuta soprattutto alla presenza al Fuorisalone, oltre che altre manifestazioni che si svolgono periodicamente in Italia. Lo stesso studio poi, si occupa di produrre slogan e immagini pubblicitarie da diffondere via web. Come vende. Al momento i prodotti Fullspot sono venduti soltanto attraverso il sito web, ed occasionalmente mediante temporay shops allestiti durante manifestazioni di un certo rilievo, in grado di garantire affluenza di clienti. Importante sottolineare la scelta di orientarsi verso una fascia di prezzo contenuta, scelta permessa dall’impiego di materiali economici, che rende il prodotto molto vendibile. Imm.50 logo Fullspot 1h 15’10’’ Con questo caso studio ci si avvicina alle tematiche prossime a quella di TrattoTempo. Pur non nascendo con l’intento di soffermarsi e di raccontare al pubblico una certa visione del tempo, nè scegliendo di limitare la propria produzione agli orologi che sono stati descritti, è apprezzabile il modo in cui i ragazzi che hanno dato vita a Fullspot siano stati capaci di aggiornare secondo il gusto moderno uno stilema tipico di almeno un paio di decenni fa. Il risultato è un oggetto economico, popolare, caldo e allegro, tutte peculiarità che possono far diventare un prodotto un elemento alla moda. Sembrava opportuno, avvicinandosi alla conclusione di questa serie di esempi, proiettarsi verso l’ambito più strettamente legato alla produzione di TrattoTempo,cioè quello degli orologi. Fullspot è stato scelto come esempio per inquadrare una tendenza che è riscontrabile in altri brand che producono orologi o accessori: si tratta della riscoperta del cosiddetto gusto cheap, parola inglese che signifca “economico”, ma anche “facile”, “semplice”. Come verrà sottolineato in seguito, è importante osservare attentamente il mercato e la concorrenza per individuare la direzione in cui soffia il vento. 1h 15’59’’ 1h 16’00’’ Nome del marchio: Spiral Clock Ideatore: Will Aspinall e Neil Lambeth Anno di nascita: 2009 Luogo di nascita: Londra Imm.51 Spiral Clock di Will Aspinall e Neil Lambeth Concept. Chiaramente l’idea di fondo è quella di proporre un orologio che funzionasse diversamente dai normali orologi. Non un meccanismo che fa ruotere delle lancette, che vengono eliminate, ma una rotazione del quadrante, e un nuovo modo di leggere l’ora dato da una spirale e da una pallina. In una modernità troppo concentrata a conoscere istante per istante esattamente che ore siano la volontà degli inventori dello Spiral Clock è di raccontare un modo di spendere il proprio tempo in maniera più naturale, cominciando proprio leggendo l’ora attraverso una forma più naturale e con un’approssimazione più libera ed intuitiva. 1h 16’34’’ Come è cominciato. Tutto è cominciato nel 2006, sui banchi universitari di un corso di laurea in Design & Tecnologia londinese, sui quali Will Aspinall ha sviluppato la prima idea di orologio a forma di spirale, abbozzando un primo prototipo in maniera grosolana e meritandosi una A. Concluso il corso di studi e dedicatosi al lavoro Will ha continuato ad immaginare piccole migliorie al suo progetto, collaborando anche con Neil Lambeth, ingegnere meccanico suo amico, insieme al quale inizia dal 2008 a dedicarsi ogni sera allo sviluppo dello Spiral Clock definitivo, il cui primo prototipo vede presto la luce. Pronto il prodotto i due si sono dedicati alla gestione di un’eventuale impresa che lo vendesse, impresa che è nata realmente nel 2009, proprio con il nome di Spiral Clock. Come è cresciuto. L’originalità della trovata ha subito avuto un grosso successo. Oggi, a distanza di soli due anni dal suo esordio, Lo Spiral Clock è venduto in tutto il mondo. La buona riuscita dell’iniziativa permetterà presto ai due co-fondatori di proporre nuove versioni di quello che rimarrà l’unico prodotto in vendita dal brand, versioni alle quali stanno già lavorando, indicando l’Autunno del 2011 come periodo di lancio. Imm.52 Will Aspinall e Neil Lambeth intervistati 1h 17’09’’ Quali sono i prodotti. Il brand è costruito attorno ad un solo prodotto, Lo Spiral Clock per l’appunto. Si tratta di un orologio da parete non convenzionale: sul quadrante, in resina, circolare, è presente un binario di alluminio dall’andamento a spirale sul quale scorre una pallina; un meccanismo lo fa ruotare intorno al centro in modo tale che la pallina percorra la spirale, sulla quale sono segnati i numeri da 1 a 12: quando la pallina sarà sul numero 2 significa che sono le 2:00 (o le 14:00), mentre se si trova a metà strada tra il 2 e il 3 allora sono le 2:30 (o le 14:30). Una volta concluso il percorso, alle 12:00 (o alle 24:00), la pallina cade in un buco collegato ad un tunnel che la riporterà al punto di partenza. Imm.53 Spiral Clock bianco e nero 1h 17’32’’ Come è organizzato. Le competenze progettuali di Will Aspinall incontrano quell ingegneristiche di Neil Lambeth. Tutti gli orologi sono realizzati manualmente dai due, nelle loro officine di Londra. I due protagonisti si occupano anche della promozione e della commercializzazione del prodotto, avvalendosi del valido aiuto di stretti collaboratori più competenti di loro in ciascuno degli ambiti di riferimento. A chi si rivolge. Il pubblico a cui è rivolta la proposta è senz’altro composto da persone disposte ad acquistare un pezzo distinto per forma e funzionamento, ma anche giovanile e fresco. Questo aspetto, combinato con un prezzo non estremamente accessibile, circa 350 sterline, rende lo Spiral Clock un oggetto di nicchia, tant’è che da quando è nato il marchio ad ora risultano prodotti, e venduti, solamente 150 esemplari. Come comunica. Il funzionamento curioso dello Spiral Clock, gli ha aperto le porte dei principali blog sul design che ci siano al mondo. Questo spazio vale di per sè come grandissima fonte di pubblicità. Come vende. La vendita al momento avviene soltanto su internet. Facendo un rapido calcolo, moltiplicando il prezzo di listino per il numero di pezzi venduti, è possibile rendersi conto di come si tratti di un commercio ancora nascente, che non produce ancora cifre ampiamente in grado di fornire utili sufficienti a garantire da soli il sostentamento dell’attività stessa e dei suoi fondatori, anche se l’andamento appare essere in crescita. Imm.54 logo Spiral Clock 1h 18’33’’ Spiral Clock è un raro caso di brand costruito attorno ad un unico prodotto. La storia della sua nascita è particolarmente suggestiva: un giovane studente realizza una prima idea con materiali grossolani, e poi crede talmente tanto nella sua idea che riesce a svilupparlo a tal punto da mettere su un’impresa. Importante è sottolineare come un’invenzione, una trovata originale, in questo caso il conteggio dell’ora con una spirale ed una pallina, possano di per sé essere delle validissime basi su cui costruire la propria idea imprenditoriale. In questi casi, la cosa fondamentale è la determinazione da parte del neoimprenditore, che non deve scoraggiarsi alle prima difficoltà, così come è successo per il caso raccontato. La storia di Spiral Clock, che chiude la carrellata di casi studio sulla nascita di un’impresa, trova relazione con quella che sarà la storia di TrattoTempo, oltre che per la categoria di prodotti commercializzati, anche per la focalizzazione della produzione: un solo prodotto nel caso dello Spiral Clock, una sola categoria di prodotto, gli orologi da parete, nel caso di TrattoTempo. Il vantaggio, come si intuisce da questa scheda, è una maggiore e più efficace concentrazione dell’impiego di risorse ed energie, umane e commerciali. 1h 19’20’’ Ciascuna di queste storie ha dunque fornito uno spunto, un tassello che diventerà parte anche del progetto di TrattoTempo TobeUs, progettare è un gioco, con delle regole precise, e serve ad insegnare W-eye, come essere “uomo artigiano” Freitag, un’idea geniale nella sua semplicità Livestrong Wristbands, il prodotto veicolo di un’emozione Plinio il Giovane, è importante comunicare la qualità del proprio lavoro Made.com, una strategia commerciale vincente FishDesign, sperimentazione sui materiali Fullspot, emozionare con gli orologi Aspiral Clock, come costruire un’impresa su un solo prodotto Nella parte sul progetto risulterà chiaro come ciascuno di questi aspetti verrà considerato all’interno di TrattoTempo. 1h 20’00’’ Capitolo 2, progetto e tempo 1h 20’01’’ TrattoTempo è un’impresa che ha adottato un tema in particolare. Usando due sole parole questo tema può essere definito come “tempo equilbrato”. Concedendosi invece uno spazio maggiore il tema centrale di TrattoTempo è l’avere individuato in un uso poco corretto del tempo a nostra disposizione uno dei principali fattori di malessere dei moderni stili di vita. Questo uso poco corretto consiste in un impiego della risorsa tempo in una maniera snaturalizzata, secondo un ritmo, cioè, che non è quello più appropriato, e secondo un’intensità ancora una volta poco opportuna. Mentre il primo capitolo si era concentrato sull’analisi delle cause del malessere lavorativo palesato dai giovani esordienti nel mondo del design, proponendo una strada nuova da intraprendere, questo secondo capitolo indaga il malessere, non legato al pianeta design ma di carattere più generale, dettato proprio dal cattivo impiego della coordinata temporale nelle nostre società. Per farlo si farà ricorso ad esempi pratici di cosa si intenda in questa tesi per “tempo equilibrato”, con l’auspicio che evidenziare come spesso il modo di impiegare il tempo risulti chiaramente una discriminante per la qualità di un risultato, possa agevolare la comprensione del progetto che seguirà. 1h 20’51’’ 2.1 il tempo che passa Se il messaggio che si cerca di formulare riguarda un trascorrere del tempo secondo il naturale ritmo delle cose, allora gli esempi che seguiranno faranno riferimento proprio alla natura, e alla naturalezza nel fare le cose. Si porteranno all’attenzione alcuni punti che risultano salienti ai fini dell’identificazione di un processo logico che porti ai concetti strettamente correlati a TrattoTempo e alla progettazione delle sue componenti più rilevanti. Si procederà ancora una volta dal generale verso lo specifico, ponendo come punto di partenza l’osservazione del ritmo natuale del tempo e la discordanza con i moderni stili di vita. 1h 21’12’’ L’orologio biologico Ciascun essere umano, così come ciascun essere vivente del resto, possiede un proprio orologio biologico, che risponde ai cosiddetti ritmi circadiani. Questo orologio biologico regola i meccanismi fisiologici, come la temperatura corporea e la pressione arteriosa, adattandoli all’alternanza tra il giorno e la notte, e all’intero ciclo delle 24 ore. Ma esistono anche cicli più rapidi, che si ripetono varie volte al giorno, o altri più lenti, a cadenza mensile. Il termine "circadiano", coniato da Franz Halberg, viene dal latino circa diem, "intorno al giorno". Lo studio formale dei ritmi temporali biologici come i ritmi giornalieri, settimanali, stagionali ed annuali è chiamato cronobiologia. I ritmi circadiani sono importanti per determinare ad esempio i modelli di sonno e veglia di tutti gli animali, inclusi gli esseri umani. Il ritmo è collegato al ciclo luce-buio: si è riscontrato infatti che in esseri umani che si sono volontariamente isolati in grotte e senza stimoli esterni il ritmo circadiano sonno-veglia tende progressivamente ad allungarsi, sino ad arrivare a giornate di 36 ore. Fondamentale come regolatore dell'orologio interno appare quindi il ruolo della luce solare. Appare così comprensibile come l’essere umano tenda ad avere sonnolenza di notte e vitalità di giorno, come possa essere fisicamente più prestante in certe fasce orarie, e mentalmente più fresco in altre. É stato addirittura possibile individuare i picchi di massimo e minimo di ciascuno dei parametri fisiologici che regolano il nostro organismo. 1h 22’50’’ - 14:30; 15:30; 17:00; 18:00; 19:00; 21:00; 22:30; 02:00; 04:30; 06:45; 08:30; 09:00; 10:00; migliore coordinazione tempo di reazione più veloce migliore efficienza cardiovascolare, maggiore forza muscolare pressione sanguigna massima massima temperatura corporea inizia la secrezione di melatonina movimenti intestinali interrotti sonno più profondo minima temperatura corporea netto aumento della pressione arteriosa movimento intestinale più facile massima secrezione di testosterone massimo livello di vigilanza Come si è appena dimostrato, esiste un ritmo naturale del tempo. Il tempo della modernità, quello della società dei ritmi di vita legati alla produttività, si sovrappone a tale ritmo biologico. Recentemente è stato pubblicato un saggio intitolato “Vivere Slow, apo1 logia della lentezza” scritto da Maria Novo, sociologa sudamericana. Si legge: “Chi ha l’incarico di organizzare la produzione tiene conto di questi ritmi biologici? L’esperienza ci dimostra il contrario. Molti impieghi richiedono il turno di notte o impongono viaggi in paesi con fuso orario differente, obbligando il corpo a sincronizzarsi rapidamente sull’ora locale. Alcuni incarichi prevedono turni di notte alternati a turni di giorno, che alterano i ritmi di riposo e del sonno. Le macchine, creazioni umane, hanno finito per imporre la propria disciplina alle persone. I ritmi temporali individuali sono dettati dall’organizzazione del lavoro nelle fabbriche e nelle imprese prodotte dal genio umano. Tale condizionamento è all’origine dei mali della società moderna, come lo stress e le cosiddette malattie del terzo millennio, causate da un’asincronia del nostro orologio biologico.” Maria Novo parla di stress come una delle malattie del terzo millennio. Anche in questa tesi, e nell’idea fondamentale da cui nasce TrattoTempo, si considera lo stress come uno dei principali effetti dell’alterazione del corretto equilibrio del trascorrere naturale del tempo tipico dell’era moderna. Generalmente lo stress viene definito come l’insieme dei problemi, delle preoccupazioni e delle emozioni che quotidianamente bisogna affrontare, relativamente al lavoro, alla famiglia, al denaro, ai traumi, alle 2 malattie e a tutto ciò che può addurre tensioni. Il corpo umano, per affrontare i molteplici attacchi di stress, mette in moto un meccanismo di autodifesa che comporta il rilascio di adrenali1h 24’05’’ na, che determina un aumento del livello di energia da cui potere attigere per superare una difficoltà. Il problema dei giorni nostri è che, il rilascio di adrenalina, in genere, non è seguito dallo scarico di tutto questo surplus energetico, questo causa lo stress e il malessere di cui si fa cenno in questa tesi. L’ozio Creativo Domenico De Masi, sociologo italiano e professore ordinario presso l’Università La Sapienza di Roma, ha elaborato il concetto di “ozio 3 creativo”. Tale concetto fa riferimento ad una situazione in cui si lavora senza accorgersi di farlo, ed è generato dalla fusione tra lavoro, studio e gioco i cui confini si sarebbero sfocati nella società post-industriale, in cui la creatività predomina sulla manualità. Il termine ozio non deve far pensare a una situazione di passività. Per gli antichi romani il termine otium non significava "dolce far niente", bensì un tempo libero dagli impegni nel quale era possibile aprirsi alla dimensione creativa. Nella società attuale la maggior parte dei lavori ripetitivi e noiosi è stata delegata alle macchine; all'uomo è rimasto il monopolio sulla creatività. Il concetto di ozio creativo propone una riduzione drastica dell'orario di lavoro, così lunga oggi per via dell'overtime, l'abitudine degli impiegati di restare in ufficio molto di più del tempo necessario, accusato di distruggere non solo la creatività, ma anche la vita familiare e la crescita personale del dipendente. Viene rifiutata la convinzione che la produzione sia proporzionale al tempo di lavoro, convinzione valida per le catena di montaggio, ma non per l’essere umano. Il lavoratore dovrebbe piuttosto trascorrere la maggior parte della propria giornata concedendosi al libero flusso di pensieri, che porta ad organizzare efficacemente la struttura mentale, ponendo l’individuo nella condizione di essere molto più produttivo, e in meno tempo, con 1h 25’08’’ un notevole vantaggio per il mercato del lavoro, per la produttività stessa, ma soprattutto per il personale benessere psicofisico. Procedendo sul filo logico che è partito dalla dimostrazione che esiste un ritmo naturale del tempo, e che alterare tale ritmo causa malessere all’interno dei moderni stili di vita, si è passati dalla segnalazione di un caso, tratto dal mondo della sociologia, in cui si prova a dare una risposta a tale malessere diffuso, proponendo un modello più valido ed in linea con la naturalezza del tempo. Si tratta di una voce che non è isolata. Esistono altre opere ed altri autori che denunciano l’errore proponendo approcci al tempo più efficaci per il benessere individuale, e nella garanzia della produttività fondamentale per l’era moderna. Ad esempio Peter Axt e sua figlia Michaela, sociologi tedeschi, 4 nell’opera “Elogio della pigrizia” suggeriscono di dar spazio all’inattività, al non fare, recuperando così la rilassatezza e la calma. Ma già nel 1887 Paul Lafargue, rivoluzionario, giornalista e scrittore 5 francese, scrisse “Il diritto all’ozio”, suggerendo una giornata di lavoro che non superasse le 3-4 ore nella salvaguardia dei ritmi biologici del lavoratore. 1h 25’47’’ Lo Scotch Whisky Il Finance Act del 1988 definisce “Scotch Whisky” solamente quello che presenta alcune caratteristiche specifiche, tra cui l’essere stato prodotto in Scozia con acqua ed orzo maltato, con l’unica aggiunta di grani interi di altri cereali, ed essere stato macerato nella distilleria stessa, trasformato in un substrato fermentabile solo con sistemi enzimatici endogeni, e fermentato unicamente con l’aggiunta di lieviti. La parola “whisky”, è quindi generalmente usata per indicare quelli distillati in Scozia, mentre con la parola “whiskey”, quasi identica, si indicano generalmente quelli distillati in Irlanda e negli Stati Uniti. 1h 26’09’’ Maltaggio 8 - 16 giorni Infusione 12 ore Fermentazione 48 - 112 ore Distillazione una giornata L’orzo viene prima inumidito in vasche, per poi essere steso sul malting floor, un pavimento di pietra su cui ha luogo la germinazione, durante il quale l'orzo assorbe ossigeno emettendo anidride carbonica. Successivamente l’orzo viene essiccato in forni che lo rendono secco, croccante, friabile, aromatico. Il malto essiccato viene macinato grossolanamente in un mulino e miscelato con acqua calda in un recipiente circolare chiamato "mash-tun", da cui viene estratto tre o quattro volte. Il liquido rimanente è il mosto di malto, il wort, un liquido semitrasparente, per quanto non ancora alcolico, dallo strano odore dolciastro. Il mosto raffreddato passa negli wash-back, enormi tini di legno. dove viene pompato del lievito ed ha subito inizio la fermentazione. I lieviti fermentano il maltosio presente nel mosto trasformando lo zucchero in alcol etilico ed anidride carbonica. La fermentazione permette di ottenere liquido chiaro, noto semplicemente come wash. É la conversione del liquido in vapore e di nuovo un liquido, in alambicchi di rame a forma di pera, i pot still. Si effettuano due o tre distillazioni, seguite attentamente dal Mastro Distillatore, che provvede ad immettere nel primo alambicco il prodotto fermentato. Il risultato, il cuore, è un'acquavite perfettamente trasparente, cristallina. 1h 27’09’’ Maturazione 3 - 10 anni Imbottigliamento pochi istanti Il disciplinare scozzese stabilisce che si può denominare Scotch single malt un whisky proveniente da una sola distilleria, e invecchiato in Scozia in barili o fusti di rovere per almeno tre anni (anche se è opinione comune che la maturazione ottimale sia almeno di una decina d'anni). Terminato il periodo di maturazione il whisky, prima di essere imbottigliato, è tipicamente allungato con acqua per portare la gradazione alcolica a 40 - 45 gradi. 1h 27’39’’ 1h 27’40’’ Il Sigaro Cubano Un sigaro è fatto con foglie di tabacco, private delle nervature, arrotolate. Si distinguono tre elementi: la tripa, il capote e la capa. La tripa, o ripieno, pùò essere composta da foglie intere, nei sigari di maggior pregio, o da trinciato di tabacco ed è rivestita dal capote, un ulteriore foglia di tabacco la cui funzione è quella di dare una prima forma al sigaro. Tripa e capote sono a loro volta racchiuse da un'altra foglia appositamente tesa, lavorata e sigillata con una goccia di resina vegetale chiamata capa. Il sigaro cubano è detto puro, perché, unico al mondo, tutte le foglie di tabacco al suo interno provengono dallo stesso paese, ed è considerato senza pari grazie al microclima unico della zona di Vuelta Abajo. 1h 28’10’’ Coltivazione 9 mesi Cura 6 - 24 mesi A Febbraio avviene la semina nei campi di tabacco. Quando le piantine hanno sviluppato 6 o 7 foglie, avviene il trapianto in un nuovo terreno, con condizioni più favorevoli allo sviluppo della pianta. Ad Agosto la pianta è matura, pronta per il raccolto, che viene svolto nell’arco di un paio di mesi. Una volta effettuato il raccolto delle foglie di tabacco queste vengono sistemate in apposite strutture per l'essicazione e lo stagionamento. 1h 28’40’’ Trasformazione 2 minuti Selezione pochi istanti Chiusura 10 secondi Invecchiamento fino a 15 anni Nelle fabbriche di produzione, le galeras, le foglie sono arrotolate dai torcedores, che hanno cura di mantenere la proporzione tra i vari tipi di foglie che caratterizza il sapore ed il gusto dello stesso, tipico di ciascuna marca. I sigari passano ad operai esperti nella selezione del colore: in base al tipo e alla qualità di foglia o soprattutto del periodo di stagionatura, le fasce possono essere di colori molto diversi: dal claro fino al negro. Gli addetti si preoccupano di mettere assieme i sigari di colori simili, per una buona resa estetica della scatola. Dopo la selezione del colore, come ultima fase, la grandissima maggioranza dei sigari vengono anillati, ovvero viene aggiunta una fascetta rappresentante il marchio della casa di produzione. La fascetta deve essere chiusa con una quantità minima di colla, stando bene attenti che il collante non entri in contatto con la fascia. Un sigaro di buon livello continua a migliorare per oltre 10-15 anni. Alcuni preferiscono fumare il sigaro fresco, appena rollato o comunque entro 3 anni dalla fattura, altri propendono per stagionature più lunghe (5, 10 anni), altri ancora sono sostenitori del sigaro vintage, con più di 10 anni di invecchiamento. 1h 29’40’’ 1h 29’41’’ Il Parmigiano Reggiano Il Parmigiano-Reggiano è prodotto esclusivamente nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno. E’ in questo territorio che si concentrano i quattromila allevamenti in cui le bovine vengono alimentate con foraggi prodotti in quest’area. L’alimentazione degli animali è curata nel rispetto di un rigido regolamento che impedisce l’uso di foraggi insilati e alimenti fermentati. 1h 30’01’’ Mungitura 24 ore Coagulazione 20 minuti Ogni giorno vengono effettuate due mungiture, una mattutina, di latte intero, ed una serale il cui latte, lasciato a riposo fino al mattino seguente, fa affiorare naturalmente la parte grassa (destinata alla produzione del burro), diventando scremato. Al mattino il latte scremato dalla sera prima viene aggiunto al latte intero appena munto e viene versato in caldaie di rame a forma di campana rovesciata, con l’aggiunta di caglio di vitello e del siero innesto, ricco di fermenti lattici naturali ottenuti dalla lavorazione del giorno precedente. Cottura 50 minuti Riposo 4 giorni Salatura un mese La cagliata che si presenta viene frammentata in minuscoli granuli e viene cotto a fuoco vivo a 55 gradi. Al termine della cottura i granuli caseosi precipitano sul fondo della caldaia formando un’unica massa. Che viene estratta dal casaro. Tagliato in due parti il formaggio viene messo in una fascera che gli darà la sua forma definitiva. Ogni forma viene contrassegnata con un numero unico e progressivo. Una fascia marchiante incide sulla forma il mese e l’anno di produzione e il numero di matricola. A questo punto la forma viene lasciata a riposo. Le forme vengono immerse in una soluzione satura di acqua e sale, che viene assorbito dalla forma chiudendo il ciclo di produzione. 1h 31’16’’ Stagionatura almeno 12 mesi La stagionatura minima è di 12 mesi, al termine dei quali ogni forma viene esaminata. Il formaggio stagionato 12 mesi è detto Mezzano, mentre a 18 diventa Extra; superati i 18 mesi l’incremento di qualità viene segnalato con un bollino arancione, fino ai 22 mesi, argento fino ai 30 mesi, ed oro, una volta superati i 30 mesi. 1h 31’31’’ 1h 31’32’’ Il Sapone di Aleppo É nella città di Aleppo, in Siria, che fu inventata per la prima volta la procedura per la fabbricazione del sapone duro a partire dall’olio d’oliva. Dopo l’800 d.C. con l’espansione araba il sapone si diffuse in tutto il Mediterraneo e in alcuni paesi venne rielaborato in modo da realizzarlo da altre materie prime; nasce così, ad esempio, il Sapone di Marsiglia, che , quindi, deriva direttamente da quello di Aleppo. Ancora oggi la città siriana produce ed esporta sapone in tutto il mondo. La materia prima principale è ancora l’olio d’oliva, e la lavorazione ancora artigianale. 1h 32’00’’ Raccolta e olio 2 mesi Cottura 3 giorni Solidificazione 3-4 settimane Taglio Alcune ore Ogni anno con l’inizo dell’Autunno avviene la raccolta dagli alberi di ulivo, e il mese di Novembre è il mese della produzione dell’olio d’oliva. In grossi emulsionatori riscaldati con fuoco alimentato a legna di olivo viene cotto, a fuoco lento l’olio d’oliva; nel corso di questa operazione si aggiunge una percentuale variabile di olio di alloro e di sodium hydroxide che permette la trasformazione delle sostanze grasse, e determina il profumo e la pregiatezza del sapone. I saponi, ancora verdi, vengono messi in impalcature, dove vengono lasciati a maturare all'aria fresca. In questo periodo di maturazione il sapone inizia a cambiare colore, dal verde diventerà d'un colore dorato. Ciò avviene a causa della clorofilla dell'olio d'oliva che, illuminata dai raggi solari, produce questo cambiamento cromatico. Dopo qualche settimana il sapone acquista la giusta consistenza per procedere al taglio in panetti e successivamente alla timbratura. Il sapone viene raccolto ed impilato accuratamente. 1h 33’00’’ Essiccazione 9-12 mesi L’aria penetra all’interno dei magazzini di stoccaggio attraverso grosse aperture, permettendo la stagionatura del prodotto impilato ad arte. Quando il sapone acquisisce il caratteristico color paglia che può essere più o meno intenso, può considerarsi pronto per la vendita. 1h 33’15’’ Il paragrafo appena concluso ha riportato alcuni esempi tratti dalla produzione di alcuni prodotti particolarmente famosi, celebri perché all’interno del procedimento che serve ad ottenerli è impensabile impiegare tempi diversi da quelli naturali, altrimenti la qualità finale sarà compromessa. Come risulta evidente in questi esempi spesso per fare bene le cose occorre il giusto tempo. Rapportando questo insegnamento al ristretto ambito del disegno industriale e di questa tesi di laurea queste pagine sono servite ad individuare un connotato che sarà caro al progetto di TrattoTempo. Anche la produzione di TrattoTempo, infatti, adotterà un metodo produttivo che tenga conto delle naturali tempistiche nel fare le cose. D’altro canto è inevitabile che con un tema di fondo talmente carico ciascun aspetto dell’impresa che si fa portatrice di questo tema ne risulti fortemente arricchito di senso. 1h 33’54’’ Torta di mele Tempo di preparazione: 1 ora Ingredienti: 700 gr di mele 3 uova 70 gr di burro 300 gr di farina 00 250 gr di zucchero 1 bicchiere di latte 1 limone 1 bustina di lievito per dolci vangliato Preparazione: Sbucciare ed affettare le mele, e irrorarle poi con il succo di limone. Nel frattempo montare gli albumi a neve e a parte sbattere i tuorli con lo zucchero. Aggiungere alle uova il burro ammorbidito e montare. Versare un bicchiere di latte e mescolare fino a che l’impasto del dolce sia liscio e omogeneo. Aggiungere a questo punto la farina a pioggia con il lievito e la scorza grattugiata di limone e incorporare gli albumi montati a neve. Infine aggiungere le mele all’impasto. Incorporate le mele all’impasto quindi versare il composto della torta di mele in una tortiera imburrata e infarinata. Ricoprire la torta di mele con delle fettine di mela e qualche ricciolo di burro. Cuocere la torta in forno preriscaldato per 40/50 minuti a 180°. Lasciar raffreddare la torta di mele prima di servirla. 1h 34’50’’ Cheesecake Tempo di preparazione: 2 ore Ingredienti: 200 gr di biscotti tipo digestive 2 cucchiai di burro 400 gr di formaggio Philadelphia 4 uova 500 gr di zucchero un pizzico di vanillina succo di limone q.b. 200 ml di panna acida 200 gr di fragole Preparazione Ridurre i biscotti in polvere e aggiungere il burro sciolto e lo zucchero mescolando di continuo. Stendere il composto ottenuto in una teglia rotonda, precedentemente rivestita con un foglio di carta da forno. Lasciare che la base si raffreddi in frigo e si compatti. Appena pronta toglierla dal frigo e metterla da parte. Per preparare la crema al formaggio lavorare prima le uova con lo zucchero, poi aggiungere il formaggio Philadelphia un pizzico di vanillina e un po di succo di limone, e mescolare il tutto. Versare la crema nella teglia e porla in forno già caldo a 150° per circa 30 minuti. Non appena il cheesecake sarà cotto, lasciarlo raffreddare per circa mezz`ora. Intanto per preparare la sour cream mescolare bene della panna acida, dello zucchero e un po` di succo di limone e stendere il composto così ottenuto sulla torta. Mettere in forno per ancora dieci minuti e poi lasciare raffreddare. Per preparare la salsa di fragole mescolare le fragole con lo zucchero e il succo di limone. Quando il dolce si sarà raffreddato ricoprirlo con la marmellata e le fragole tagliate a pezzetti; infine lo metterlo in frigo per qualche ora per fare in modo che il tutto si compatti come si deve. 1h 35’53’’ Torta Paradiso Tempo di preparazione: 45 minuti Ingredienti: 300 gr di burro 150 gr di Farina 00 150 gr di fecola di patate 1 bustina di lievito La buccia grattuggiata di 1 limone 8 tuorli e 4 albumi d’uovo 1 bustina di vanillina 300 gr di zucchero Preparazione: Accendere il forno a 180°. Mettere in una ciotola capiente o all'interno di un mixer del burro, metà dello zucchero e la vanillina e aiutandosi con un mestolo di legno mescolare tutti gli ingredienti a crema. Aggiungere poi gli 8 tuorli uno alla volta, avendo cura di amalgamare bene ogni tuorlo prima di aggiungerne un altro; procedere così fino ad ottenere un composto chiaro, cremoso e senza grumi, poi aggiungere la buccia di limone grattuggiata al composto. In un altro recipiente dai bordi alti mettere i 4 albumi con un pizzico di sale e montateli a neve e sempre sbattendo, aggiungere l’altra metà dello zucchero avanzato. Mischiare e setacciare la farina con la fecola di patate e il lievito in polvere, poi aggiungerli poco alla volta al composto di burro e uova. Incorporare molto delicatamente gli albumi al composto di burro, tuorli e farina, mescolando con un mestolo dal basso verso l’alto. Imburrare ed infarinare una tortiera versandovi l’impasto ottenuto; inserirla poi nel forno già caldo per almeno 50 minuti. Prima di sfornare la torta accertarsi dell’avvenuta cottura punzecchiandola con uno stuzzicadenti da spiedini. Quando la torta si sarà raffreddata, disporla su un piatto da portata e cospargerla di abbondante zucchero al velo vanigliato. 1h 36’58’’ Se l’approccio generale alla produzione che sarà adottato dall’impegno di TrattoTempo sarà lo stesso dei celebri casi descritti nel paragrafo precedente, nel rispetto dei giusti tempi naturali e nella cura artigianale di tutte le fasi che portano al prodotto finito, il metodo specifico per ottenere gli orologi da parete di cui si è già accennato sarà simile a quello usato per seguire la ricetta di una torta. Come si vedrà gli orologi da parete prodotti da TrattoTempo hanno molto in comune proprio con le torte; tra gli aspetti che condividono c’è il fatto di dovere fare fede ad una ricetta per ottenerli. Per preparare una torta ben riuscita bisogna rispettare i giusti tempi dettati da una ricetta, e anche per ottenere degli orologi ben fatti bisognerà fare attenzione ai giusti tempi di lavorazione naturale dei materiali adoperati. 1h 37’41’’ 1h 37’42’’ 1h 39’22’’ Lentamente muore di Pablo Neruda Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca o colore dei vestiti, chi non rischia, chi non parla a chi non conosce. Lentamente muore chi evita una passione, chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni; emozioni che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti agli errori ed ai sentimenti! Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, chi rinuncia ad inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia e pace in sè stesso. Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare! Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. 1h 40’36’’ 1h 42’05’’ E così vorresti fare lo scrittore di Charles Bukowski E così vorresti fare lo scrittore? Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo a meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo. se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo. se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. Se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo. se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo. se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere. se devi aspettare che ti esca come un ruggito, allora aspetta pazientemente. se non ti esce mai come un ruggito, fai qualcos'altro se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno, non sei pronto. non essere come tanti scrittori, non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori, non essere monotono o noioso e pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te non aggiungerti a loro non farlo a meno che non ti esca dall'anima come un razzo, a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all'omicidio, non farlo a meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere, non farlo. quando sarà veramente il momento, e se sei predestinato, si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te. non c'è altro modo e non c'è mai stato. 1h 33’54’’ 1h 43’48’’ La biologia e la sociologia sono servite per comprendere come alterare il naturale ritmo del tempo sia causa di malessere; il mondo della produzione ha fornito esempi di come si possa operare nel rispetto di questi ritmi; il linguaggio dell’arte, della poesia, dimostra che l’attenzione verso gli spunti individuati è effettivamente una cosa reale. Le due poesie appena riportate, così come molti altri esempi della storia delle arti e del bisogno di espressione creativa, riguardano proprio il malessere che anche TrattoTempo cerca di superare. Ciò che tornerà utile ai fini del progetto, ed è la ragione per cui questi esempi sono stati inseriti tra gli altri, è l’efficacia di un messaggio che faccia leva su certi elementi chiave, come la sensibilità del pubblico verso lo spreco della risorsa temporale, o verso il suo cattivo impiego. Gli stessi elementi, chiaramente traslati in un ambito che abbia il fine di promuovere l’impresa e la sua produzione, si ritroveranno nella campagna comunicativa lanciata da TrattoTempo. L’identità corporativa e la comunicazione esterna, affrontati nel capitolo 7, saranno incentrati sul tentativo di stimolare il pubblico verso un impiego del tempo più consapevole, e verso il desiderio di far proprio tale messaggio, veicolato dai prodotti commercializzati. 1h 44’16’’ Quello appena affrontato è stato un percorso che è servito a fornire supporti scientifici al senso del messaggio di fondo di TrattoTempo, e ad individuare gli sbocchi più efficaci in quanto sostenuti da osservazioni sul tempo già consolidate: L’orologio biologico, dimostra che esiste un ritmo naturale del tempo, vittima delle degenerazioni moderne che causano danni come lo stress La teoria ell’ozio creativo, è un esempio di come la sociologia venga incontro al bisogno di un rinnovamento comportamentale Le produzioni eccellenti, come rispettare i tempi della natura Le torte, un regolamento produttivo nel rispetto di tali tempi La poesia e l’arte, insegnano quali corde muovere per sensibilizzare il pubblico Così come gli spunti ottenuti dai casi studio, inerenti le migliori modalità di avviare e gestire un’impresa, anche queste linee guida torneranno utili, all’interno ella parte del progetto, questa volta nella definizione della tematica di TrattoTempo e delle sue applicazioni semantiche. 1h 44’50’’ 1. Edizioni Dedalo 2011 2. Commissione Consultiva Permanente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, (2011). Indicazioni della commissione consultiva per la valutazione dello stress lavoro correlato. 3. Domenico De Masi, L'ozio creativo - Conversazione con Maria Serena Palieri. Ediesse 1995 4. Tecniche Nuove Editore 2003 5. "Il diritto all'ozio" esordisce con queste parole di Gotthold Ephraim Lessing, filosofo tedesco: "Impigriamo in ogni cosa, fuorché nell’amare e nel bene, fuorché nell’impigrire” 1h 45’00’’ 2.2 come si progetta il tempo A questo punto, delineato un percorso logico che racconti quali connotati della dimensione temporale siano considerati rilevanti ai fini della progettazione di TrattoTempo, è opportuno procedere illustrando come sia possibile declinare tali aspetti nel mondo reale. Alcune di quelle che seguiranno saranno storie che potrebbero anche essere raccolte sotto il titolo di “Come impiegano il tempo alcune persone”, e che serviranno a completare il quadro semantico dentro il quale trova collocamento il senso della progettazione della nuova impresa; altre invece serviranno a individuare le tendenze verso cui la progettazione del tempo sta orientandosi. Si procederà analizzando inizialmente esperienze significative che fanno riferimento ad ambiti generali, di natura sociale, per poi focalizzarsi, procedendo da una scheda all’altra, verso il settore del design del prodotto, con l’obiettivo di estrapolare linee guida da applicare al progetto. 1h 45’48’’ L’Happy Hour Quest’espressione inglese, che significa letteralmente “ora felice”, riguarda un’abitudine diffusasi negli anni ’90. Nato proprio nei paesi anglosassoni, e diffusasi poi in molte altre nazioni, l’happy hour è quella fascia oraria in cui bar o altri esercizi ricreativi praticano sconti o promozioni sul consumo di bevande alcoliche e rinfreschi. Si tratta di una pratica di promozione delle vendite ideata per attirare la clientela britannica nei pub dopo l’uscita dal lavoro, tramite l’offerta di consumazioni a prezzo ridotto per una o due ore nel tardo pomeriggio, coprendo tipicamente l’intervallo tra le 17:00 e le 18:00. Il successo di dare un peso diverso ad un particolare arco temporale ha segnato l’inizio di una vera e propria abitudine, un fenomeno sociale ormai largamente affermato e diffuso con alcune differenze di nazione in nazione. Imm.55 aperitivo Campari (Camparitivo) alla Triennale di Milano 1h 46’32’’ In Italia questa pratica si è coniugata perfettamente con la già presente abitudine all’aperitivo, per questo comincia in genere più tardi che in Gran Bretagna, e si prolunga nella serata, spesso fino alle 21:00 o alle 22:00. La differenza principale, oltre alla fascia oraria di riferimento sta nel tipo di offerta proposta dagli esercizi commericali: mentre nei paesi anglosassoni si offrono consumazioni a metà prezzo, in Italia vengono offerti rinfreschi, più o meno ricchi, da accompagnare al consumo di una bevanda alcolica, spesso a fronte di una maggiorazione del prezzo delle bevande stesse. L’enorme successo dell’happy hour, soprattutto nelle grandi città, prima su tutte Milano, è dovuto alla perfetta scelta, è proprio il caso di dirlo, dei tempi. La frenesia dei giorni d’oggi, porta i cittadini a dividersi di corsa tra i lavoro, la famiglia e gli impegni irrinunciabili; ciò che rischia di mancare è un momento di svago da impiegare con gli amici. Ma l’ormai ricchissimo buffet che si è abituati ad avere a disposizione consente di concedersi di tanto in tanto una fascia oraria che sarebbe comunque impegnata nella cena a casa, senza essere costretti a digiunare ma con il vantaggio di mantenere i rapporti con le persone care. Imm.56 tipica tavola imbandita per l’happy hour 1h 47’09’’ I Temporary shops Il fenomeno dei temporary shops ha fatto la sua comparsa in Italia ormai da diversi anni ed è, forse, l’espressione più immediata dell’economia liquida, poiché rende reale e visibile l’aspetto provviso1 rio e precario del mercato. Le condizioni economiche, infatti, rendono la vita a lungo termine dei negozi difficoltosa; è nata quindi, ormai da qualche anno, l’idea di far nascere negozi temporanei che funzionano solo per un determinato arco di tempo, che varia tra le poche settimane e i pochi mesi. Normalmente questi negozi, che in Italia hanno attecchito soprattutto a Milano, spuntano maggiormente durante i peridi di festa, o durante il periodo dei saldi, per chiudere immediatamente dopo. Imm.57 la vetrina di un temporary store di Londra 1h 47’55’’ I requisiti per aprire un Temporary Shop, detto anche Pop-up Store, sono pochi, vale a dire disporre di una location, possibilmente in una zona commerciale della città, di proprietà o meno, pubblicizzare l’aperura dell’esercizio commerciale, rendendola simile ad un evento unico ed irripetibile, ed avere tempo da investire nel progetto. Incentivo all’apertura di attività di questo genere è la mancanza di vincoli legislativi soprattutto in relazione alla licenza commerciale. Il risparmio è senza dubbio il principale segreto del successo di questo nuovo modo di fare economia, ma non è l’unica componente. Secondo gli uomini del marketing che ne tessono le lodi, infatti, il punto forza di questa nuova tendenza sarebbe la sensazione percepita, varcando la soglia di questi negozi a tempo, di partecipazione a un vero e proprio evento.2 Hanno un target ben preciso da raggiungere e un’offerta unica e irripetibile intorno a cui nascono. A volte durano un mese e non si preoccupano di fidelizzare il cliente. Magari sono utili per lanciare dei nuovi prodotti, soprattutto quelli a tiratura limitata: lo scopo del Temporary shop è lo stesso di quello di una tradizionale campagna pubblicitaria. Interessante notare come spesso sulla vetrina sia addirittura presente un un countdown che indica i giorni, le ore e i minuti che mancanti alla chiusura dell’esercizio commerciale: il meccanismo che innescano nei potenziali clienti è quello di vivere l’urgenza di non perdere l'occasione, perché il negozio chiuderà e non riaprirà più. Se si considerano inoltre i meccanismi psicologici che scattano nei consumatori, come quello di acquistare d’impulso mossi dall’opportunità, o di raccontare ad altri curiosi la particolarità dell’iniziativa, ci si può rendere conto di come venga completamente rivoluzionata l'idea che per incrementare le vendite è fondamentale creare relazioni stabili con la clientela. 1h 48’58’’ Le scorse pagine hanno descritto due esempi di come dare ad un’idea un forte connotato temporale possa risultare una scelta vincente ai fini del suo successo. La coordinata temporale, al pari di quella spaziale, è alla base di tutte le dinamiche che accadono, comprese quelle che avvengono all’interno di società complesse come le nostre. Ma, probabilmente per via delle diverse nature, più materiale quella spaziale, e più effimera quella temporale, accade molto più spesso che si ponga l’accento sul “Dove”, piuttosto che sul “Quando”. Per questa ragione l’Happy Hour e i Temporary Shop, sono riusciti ad affermarsi come progetti sociali, talmente forti da imporsi come nuova abitudine. Anche TrattoTempo si soffermerà sul “Quando”, più che sul “Dove”. Senza anticipare i particolari del capitolo sull’idea imprenditoriale si può accennare che i prodotti che verranno commercializzati giocheranno sullo stesso meccanismo, sulla stessa originalità che questi esempi, e lo spostamento d’accento, hanno proposto. 1h 49’37’’ Le Banche del Tempo La Banca del Tempo è un istituto di credito particolare, in cui non viene depositato denaro, bensì tempo da scambiare. Come una vera e propria banca funziona basandosi su movimenti in entrata ed in uscita, vale a dire crediti o prestiti di tempo. I soci sono in possesso di conti correnti e libretti di assegni su cui possono registrare i propri movimenti; si tratta di strumenti periodicamente contabilizzati e verificati in modo da assicurare condizioni di sostanziale pareggio tra entrate ed uscite di ciascun socio associato. A differenza di una banca di denaro, in una banca del tempo non esistono interessi, né in passivo né in attivo. Per scambio di tempo si intende un sistema in cui le persone scambiano reciprocamente attività, servizi, saperi, definendole quindi come:“libere associazioni tra persone che si auto-organizzano e si scambiano tempo per aiutarsi soprattutto nelle piccole necessità quotidiane”. Sono luoghi nei quali si recuperano le abitudini ormai perdute di mutuo aiuto tipiche dei rapporti di buon vicinato; oppure si estende a persone prima sconosciute l’aiuto abituale che ci si scambia tra appartenenti alla stessa famiglia o ai gruppi di amici. Imm.58 logo Banca del Tempo 1h 50’12’’ Le prime Banche del Tempo nascono In Inghilterra, Francia e Germania negli anni '80, nel 1992 a Parma nasce la prima BdT italiana. Da allora l'evoluzione è stata notevole e ha coinvolto tutta l'Italia prevalentemente nell'area centro nord. Nel 2004 si è cominciato a pensare a una rete e attraverso vari convegni nazionali si è giunti alla costituzione di una associazione nazionale delle banche del tempo che ha sede a Roma. Chiunque possa mettere a disposizione degli altri parte del proprio tempo ed, ugualmente, abbia necessità di ricevere in cambio aiuto e sostegno dagli altri è un potenziale socio correntista della Banca; il principio regolatore è quello dello scambio, del dare/avere. Lo scambio è alla pari, e l’unità di misura del valore è costituita dall’ora (con le sue frazioni e multipli), indipendentemente dal prezzo di mercato della prestazione. Per esempio, un’ora impiegata per pulire le verdure vale come un’ora di lezione di musica. Il sistema si basa quindi sul principio di pari dignità delle attività scambiate e su quello di reciprocità, per cui ciascun soggetto si pone come portatore insieme di bisogni e di risorse. Il tipo di prestazione oggetto degli scambi permette alla Banca del Tempo di essere un'associazione libera da vincoli morali, etici o anche solo affettivi, ad esempio non è ammessa l’assistenza e cura alle persone di tipo professionale e non è richiesto neppure un volontariato attivo come accade ad esempio nelle associazioni ambientaliste. Chiunque in una Banca del Tempo è portatore di valori, si annullano le differenze fra giovane e anziano, ricco e povero, comunitario ed extracomunitario, disabile e normodotato ognuno può portare qualcosa, e tutte le prestazioni hanno lo stesso valore, ovvero un’ora. I servizi scambiati sono i più disparati. Si va dalle semplici attività di tutti i giorni, a vere e proprie prestazioni professionali: lavori domestici, custodia di bambini ed anziani, cura e piccole prestazioni per la casa ed il giardino, disbrigo di pratiche amministrative e burocratiche, organizzazione di feste, bricolage, e la lista potrebbe continuare all’infinito. Le persone che aderiscono alle Banche del Tempo, i correntisti (o tempo-correntisti), diventano titolari di conti correnti, in cui depositano le ore impiegate a realizzare attività a favore di altri correntisti, acquisendo la disponibilità di un credito di pari valore in termini di ore. Spenderanno tale credito per usufruire a loro volta di prestazioni effettuate da aderenti alla Banca del Tempo. Per facilitare le transazioni e contabilizzarle di solito si usano “assegni”, che ciascun correntista può staccare dal “libretto” che gli viene consegnato dalla Banca del Tempo. Per fare un esempio ci potrebbe essere la Signora Gina, maestra, si rende conto di avere due ore disponibili a settimana, si reca presso la banca del tempo della sua città e diventa correntista dichiarando la sua disponibilità. Cosa succede? La Banca la mette in contatto con la signora Maria che ha una figlia che ha bisogno di quelle ripetizioni. In cambio la signora Maria offrirà due ore del suo tempo per fare la spesa ad un anziano che non può muoversi di casa. Il vantaggio che si ha con questa banca è che non si diventa debitori o creditori di una persona, ma lo si diventa nei confronti della Banca che così incrocerà domanda e offerta nel modo più ottimale possibile. Quindi ritornando all’esempio di prima la signora Gina, l’insegnante d’inglese avrà un credito di due ore presso la Banca del Tempo che potrà esigere chiedendo che il Signor Franco (che precedentemente aveva dato la sua disponibilità) la aiuti a potare le piante del giardino. Le Banche del Tempo servono a soddisfare bisogni materiali e bisogni immateriali. Tra i primi, prevalgono quelli legati all’organizzazione quotidiana della vita delle persone e delle famiglie; tra i secondi, il bisogno di compagnia e di allargare la rete delle amicizie. Le Banche, 1h 52’30’’ infatti, sono luoghi di socializzazione, che favoriscono anche la messa in comune di saperi e conoscenze. L’elenco degli aiuti che vengono scambiati e misurati in ore può essere suddiviso in due grandi aree: la prima, la prevalente, è composta dalle prestazioni minute che riguardano lo svolgimento della vita quotidiana (la spesa, la cucina, la lavanderia, le relazioni con gli enti pubblici, i bambini, gli anziani, il tempo libero in compagnia); la seconda, molto diffusa anche perché favorisce la socializzazione, riguarda lo scambio dei saperi, cioè, il baratto delle conoscenze che le singole persone possiedono. Questo secondo tipo di scambi mette sullo stesso piano saperi esistenti sul mercato (computer, lingue, pittura, fotografia) e saperi “fuori mercato”, nel senso che ad essi non è attribuito valore economico. Generalmente gli associati alle Banche del Tempo offrono prestazioni che esulano dalla loro attività professionale e riguardano piuttosto la sfera degli hobby e degli interessi personali, anche per evitare equivoci per quanto riguarda attività soggette ad imposizione fiscale o a regimi tariffari stabiliti dagli ordini professionali. In linea di massima le finalità per cui si organizzano le Banche del Tempo possono essere così sintetizzate: 1. promuovere scambi di prestazioni finalizzati alla soddisfazione sia di esigenze pratiche, sia di bisogni di arricchimento culturale e di allargamento delle relazioni sociali; 2. facilitare la conciliazione dei tempi del lavoro retribuito con quelli del lavoro di cura familiare; 3. valorizzare competenze e vocazioni che altrimenti rischierebbero di rimanere inespresse sostenendo così percorsi di rafforzamento dell’autostima personale; 4. organizzare momenti e spazi di incontro, di comunicazione, di scambio intergenerazionale e interculturale; 5. contribuire al superamento di condizioni di isolamento, solitudine, emarginazione culturale e sociale. Le Banche del Tempo funzionano sia nelle grandi sia nelle piccole città e in tutte le parti d’Italia. Nei casi di città molto grandi la Banca coinvolge una sola porzione di territorio e persone che gravitano su di esso, come un quartiere o una frazione. Dal 1998, le Banche del Tempo hanno iniziato anche a diffondersi nelle scuole medie e superiori. Per mezzo di alcune insegnanti che hanno compreso che queste associazioni sono essere un veicolo per l’educazione alla reciproca solidarietà e al valore della comunità. Oltre all’aiuto che i migliori in classe offrono ai meno capaci, grazie ad esse i ragazzi si scambiano soprattutto saperi esterni alla scuola e quasi sempre sono i meno bravi negli studi ad insegnare qualcosa ai migliori. Chiunque può fondare una Banca del Tempo. Bastano poche persone che costituiscano il gruppo promotore della banca, procedendovin seguito a pubblicizzarla e a cercare l’adesione di nuovi soci. In alcuni casi è il comune stesso a gestire il servizio, con i relativi vantaggi (non girando moneta, gestire una Banca del Tempo non è un lavoro retribuito). 1h 54’46’’ La Giornata Mondiale della Lentezza La Giornata Mondiale della Lentezza nasce nel 2006, per iniziativa di Bruno Contigiani, presidente dell’associazione “L’arte di vivere con 3 lentezza”, e autore di “Vivere con Lentezza”, da cui si legge: “Il primo passo è rallentare. Il secondo passo è rallentare per vivere meglio.” La decisione di rallentare è stata presa quando l’autore si è accorto che il proprio stile di vita non lo soddisfaceva affatto, il ritmo con cui svolgeva le proprie attività non lo rendevano in grado di godere nemmeno delle vacanze o delle relazioni con i cari, troppo preso dal lavoro, troppo di corsa. Secondo Contigiani la fretta porterebbe anche, paradossalmente ad andare lenti, perchè correndo si fa, si sbaglia, si torna indietro e si rifa ancora. La Giornata Mondiale della Lentezza si svolge sempre poco prima dell’equinozio di Primavera, prima del periodo in cui la natura e gli esseri umani entrano in una frenetica attività di risveglio, e assolutamente di lunedì, il giorno più furioso della settimana. Imm.59 Bruno Contigiani durante la Terza Giornata Mondiale della Lentezza (Tokyo, 2008) 1h 55’18’’ L’aggettivo “mondiale” è ironico, nel senso che l’iniziativa nasce a Milano e le scarse risorse non permettevano un esordio che coinvolgesse veramente l’intero pianeta; ciononostante il successo ottenuto dalla Prima Giornata Mondiale della Lentezza ha consentito al gruppo organizzativo di esportarla prima a New York e poi a Tokyo e a Shangai, rendendo l’iniziativa un pò più mondiale. Durante le cinque edizioni finqui svolte Bruno Contigiani e il suo staff sono stati presenti nelle piazze principali di Milano, New York, Tokyo e Shangai (una città per ciascuna delle edizioni tranne per NY in cui si è svolta anche la quinta), sensibilizando i passanti verso le tematiche care all’iniziativa, multando simbolicamente chi correva troppo, ed auspicando il pubblico adottasse uno stile di vita slow anche senza l’invito diretto da parte degli organizzatori. L’obiettivo è diffondere la Giornata Mondiale della Lentezza fino a renderla un’istituzione. Questi sono i 14 ComandaLenti della Giornata Mondiale della Lentezza: 1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria. 2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello. 3) Se entrate in un bar per un caffè:ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell'uscita (questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in ascensore) 4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con caro o cara... 5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer...se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi. 6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra dall'altra parte della città 7) Non riempire l'agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di vuoto. 8) Non correte per forza a fare la spesa, senz'altro la vostra dispensa vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce. 9) Anche se potrebbe costare un po' di più, ogni tanto concediamoci una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo meno stressati. 10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta. 11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti alla tv. 12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra città, qualunque essa sia. 13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate i rimanenti come decompressione pre o post vacanza. 14) Smettiamo di continuare a ripetere:"non ho tempo". 1h 57’16’’ Slow Food Slow Food, ponderata a Bra, in provincia di Cuneo, con il nome di “Arcigola”, e nata ufficialmente a Parigi nel 1986, è un’associazione internazionale senza scopo di lucro che conta 100 mila iscritti in giro per il mondo, e che si pone come obiettivo la promozione del diritto a vivere il pasto, e l’enogastronomia in generale, innanzi tutto come un piacere. Fondata da Carlo Petrini e pensata come risposta al dilagare del fast food e alla frenesia della vita moderna, Slow Food studia, difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di ogni parte del mondo. Imm.60 logo Slow Food 1h 57’44’’ Slow Food, attraverso progetti, pubblicazioni, eventi e manifestazioni, si è impegnata per la difesa della biodiversità e dei diritti dei popoli alla sovranità alimentare, battendosi contro l'omologazione dei sapori, l'agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche. Attraverso la rete di associati che si incontrano, si scambiano conoscenze ed esperienze, Slow Food ha inteso fare del godimento gastronomico anche un atto politico, sottolineando come dietro a un buon piatto ci siano scelte operate nei campi, sulle barche, nelle vigne, nelle scuole, nei governi. Come si legge sul suo statuto, gli scopi dell’associazione sono, oltre a far acquisire dignità culturale alle tematiche legate al cibo ed alla alimentazione, anche i prodotti alimentari e le modalità di produzione legati a un territorio, nell'ottica della salvaguardia della biodiversità, promuovendone l'assunzione a ruolo di beni culturali, elevare la cultura alimentare dei cittadini e, in particolare, delle giovani generazioni, con l'obiettivo del raggiungimento della piena coscienza del diritto al piacere ed al gusto, promuovere la pratica di una diversa qualità della vita, fatta del rispetto dei tempi naturali, dell'ambiente e della salute dei consumatori. Si legge: “Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita. La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food. Ma l'uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che puà ridurlo a una specie in via d'estinzione. Perciò, contro la follia universale della "fast life", bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale. Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del 4 fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.” L'Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo, frazione di Bra, e Colorno (PR) è stata fondata da Slow Food nel 2004, in collaborazione con le regioni Piemonte e Emilia-Romagna. Carlo Petrini e Massimo Montanari sono i principali ideatori e promotori di questa realtà, il cui obiettivo primario era quello di promuovere l'educazione gastronomica a e la cultura del cibo. Si sta attivando il corso di Laurea Specialistica nel settore ittico a Genova, terza sede dell'ateneo. Il progetto più importante portato avanti da Slow Food è “Terra Madre, incontro mondiale delle Comunità del cibo”: cinquemila contadini, pescatori, allevatori di tutto il mondo che si riuniscono all'Oval di Torino per discutere di sovranità alimentare, difesa della biodiversità, diritto a un cibo più buono, pulito, giusto. Esso è la naturale evoluzione di progetti in difesa della biodiversità come l'Arca del Gusto (un censimento di prodotti alimentari locali minacciati dall'estinzione), dei Presìdi (progetti sul territorio che hanno lo scopo di sostenere concretamente questi prodotti) e il Premio Slow Food per la biodiversità. Nel 2002, per sostenere questi e altri progetti nel sud del mondo, Slow Food ha promosso la nascita della Fondazione Slow Food per la biodiversità. Slow Food è anche una casa editrice ("Slow Food Editore"), che pubblica guide, asSaggi, manuali, itinerari, che scandagliano lo scibile della cultura enogastronomica. Il best seller è Osterie d'Italia, sussidiario del mangiar-bere all'Italia: una guida alla migliore cucina di 1h 59’57’’ tradizione regionale italiana e un viaggio in circa 1700 tappe all'insegna della convivialità e dei piaceri dello Slow Food. Inoltre, Slow Food Editore pubblica la rivista Slowfood, che arriva agli oltre 35000 soci italiani in otto numeri l'anno. modalità di maggiori rese. A tale concezione si contrappone il movimento che ha portato alla rivoluzione verde sostenuto dal premio Nobel Norman Borlaug. Il progetto Presidii di Slow Food nasce nel 1999 come naturale evoluzione dell'Arca del Gusto per il recupero e la salvaguardia di piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall'agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dalla omologazione. Anche se questa sorta di certificazione non è ufficiale (è assegnata da un comitato scientifico di Slow Food), i criteri di definizione sono simili a quelli di certificazioni come "Indicazione Geografica Protetta" IGP e "Denominazione di Origine Protetta" DOP, ma con un disciplinare di produzione molto più rigido. Il tentativo è di sostituire al criterio di una selezione dei prodotti fatta dagli organi pubblici, un riconoscimento che si basa solo sulla fiducia nella serietà delle scelte fatta da una Associazione internazionale. La Fondazione Slow Food per la Biodiversità-Onlus difende la biodiversità alimentare e le tradizioni gastronomiche di tutto il mondo, promuove un'agricoltura sostenibile, rispettosa dell'ambiente, dell'identità culturale dei popoli e del benessere animale. Figlia di Slow Food, ma con una propria autonomia statutaria, economica e amministrativa, finanzia i progetti realizzati per la tutela della biodiversità: l'Arca del Gusto, i Presidii e il Premio. Sostiene progetti in tutto il mondo, con un occhio di riguardo per i Paesi più poveri, dove difendere la biodiversità non significa soltanto migliorare la qualità della vita, ma garantire la vita stessa. Il movimento Slow food è sostenitore di una agricoltura maggiormente compatibile, che, a loro parere, permette non solo una migliore qualità del cibo, ma anche una 2h 1’08’’ Mentre il primo blocco di esempi riportava innovazioni largamente sociali in cui la coordinata temporale veniva usata per innovare abitudini già esistenti, questo secondo blocco riguarda veri e propri progetti costruiti attorno al concetto per cui il tempo, il suo corretto ritmo, il suo equlibrio in tutti i suoi aspetti, siano un importante valore su cui basarsi. Come descrivono questi esempi, ad esempio, la fretta è un modo per abusare del tempo che abbiamo, quindi stimolare le persone a rallentare è la chiave per riequilibrare gli stati d’animo. Casi come questo permettono di focalizzarsi gradualmente verso l’ambito strettamente legato al corso di laurea. Si tratta di progetti sì, ma progetti sociali, non progetti legati al design. Nonostante ciò qualcosa tornerà utile ai fini del progetto d’impresa: si tratta dell’osservazione delle leve verso cui il pubblico si dimostra più sensibile, le stesse su cui la comunicazione esterna, così come l’identità corporativa di TrattoTempo si fonderanno. 2h 1’45’’ Real Time di Marteen Baas Durante la Design Week di Milano del 2009 il designer olandese Marteen Baas, celebre per le sue opere fortemente caricate di senso artistico, assolutamente slegate dal disegno per l’industria (così come succede per molti olandesi del resto), ha presentato una mostra intitolata “Real Time”. Obiettivo della mostra era comunicare il bisogno di impadronirci nuovamente del nostro tempo, ormai perso e vittima dei cattivi usi che i ritmi moderni ci obbligano a farne. Imm.61 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.1 2h 2’36’’ “Real Time” presentava tre orologi, che sono tra video, tre performances. Nel primo video un uomo munito di pennarello e righelli traccia accuratamente su un disco trasparente (il quadrante di un orologio) le lancette che segnano l’orario corretto, per poi cancellarle e ritracciarle un minuto dopo leggermente spostate. Nel secondo due spazzini, ripresi dall’alto fanno lo stesso con due lancette formate da due lunghe striscie di immondizia: con le loro scope si impegnano a “muovere” le due lancette minuto dopo minuto. Il terzo orologio è invece è dato da un uomo chiuso in uno studio che, seduto alla scrivaniausando tre matite come lancette disegna su un tavolo lo scorrere del tempo. La particolarità dei tre video a circuito chiuso è che sono realizzati in tempo reale e durano 12 ore l’uno; nessun montaggio, nessun taglia e cuci, si tratta di video in tempo reale. Questo significa che un uomo ha impiegato 12 ore filate a tracciare, cancellare e ritracciare lancette con il righello, che due spazzini hanno spostato strisce di immondizia per altrettante ore, così come un altro uomo è stato chiuso in uno studio, con un foglio di carta per così a lungo. La tecnologia sfruttata da Baas è dunque l’umana, o disumana, pazienza dei suoi attori. “Bello pensare che un orologio sia fatto ‘di’ una persona che perde tutto il suo tempo – il tempo reale di una giornata – ad animarlo!”, dice Maarteen Baas. Imm.62 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.2 2h 3’09’’ Maarten Baas è riuscito a descrivere un tempo fuori dal mondo, un ritmo che non esiste, o almeno non esiste più; si tratta del “tempo reale”, quello in cui una persona lo trascorre e lo impiega esattamente allo stesso ritmo della natura, senza correre o rallentare. Questo rallentamento dei ritmi rispetto a quelli consoni alla nostra modernità conferisce valore al trascorrere del tempo. Questo esempio, così semplice e così bello, è in grado di trasmettere efficacemente quale sia il giusto modo di dettare i propri ritmi; gli stessi della natura, nè più nè meno. All’interno del capitolo 2.1 era stato osservato come il linguaggio dell’arte dimostrasse che il tema del disagio relativo a un cattivo impiego del tempo a disposizione fosse un argomento rilevante, e come fosse in grado di sottolineare il contrasto tra il giusto procedere e le degenerazioni dei moderni stili di vita. Allo stesso modo, all’interno di questo capitolo, maggiormente focalizzato al progetto, l’esempio del “Real Time” ci fa accorgere che anche il mondo del design è suscettibile a queste tematiche, e ci illustra un modo di raccontarle al pubblico. 2h 3’48’’ Diamantini&Domeniconi Diamantini&Domeniconi è un impresa, nata nel 1965, specializzata nella produzione di orologi, da tavolo, da parete o a cucù. Inizialmente i due soci fondatori avevano scelto di orientarsi verso un gusto classico: tutti i prodotti erano caratterizzati da materiali pregiati e forme barocche, ricche di elementi decorativi, senza virtuosismi stilistici. Dal 2003 avviene un profondo cambiamento dato dall’acquisizione del controllo da parte della sola famiglia Domeniconi. L’immagine, così come i prodotti dell’azienda, ne escono ringiovaniti e rinfrescati dalla collaborazione con affermati designer del panorama italiano ed estero. In particolare viene affidata la direzione creativa al francese Pascal Tarabay, e sotto la sua direzione si sono susseguite decine di nuovi progetti, suoi o di altri designer chiamati a sviluppare orologi per l’azienda. 2h 4’50’’ Imm.63 orologio “Mozia” di Giovanni Levanti per Diamantini&Domeniconi Karlsson Karlsson è un rinomato marchio olandese specializzato nella produzione di orlogi, che distribuisce in tutto il mondo. Nato nel 1999 dalla collaborazione di diversi progettisti accumunati dall’ispirazione verso l’espressione del tempo, conta ormai oltre un decennio di attività durante il quale è cresciuto fino a proporre frequentemente nuovi prodotti, frutto tanto di collaborazioni con designer esterni quanto da una squadra di progettisti fissi, alcuni dei quali sono gli stessi fondatori. Le collezioni, infatti, sono aggiornate due volte l’anno, e sono suddivise in tre categorie: “Timeless”, “Time of your collection” e “KaLSson Works collection”. La prima contiene orologi che, come dice lo stesso nome, possono essere considerati senza tempo, vale a dire che hanno qualcosa che li rende sempre attuali. Questo è dovuto al fatto che non si tratta di prodotti associati a specifiche mode, né dal punto di vista delle forme, nè da quello dei materiali o delle finiture. Questi orologi rimangono a lungo, anni, in produzione. La seconda serie comprende invece orologi collegati a mode e stili in voga al momento, orologi che aggiungono contemporaneità alla casa, o all’ufficio, dai colori e dalle forme distinte, e la cui produzione è subordinata alla durata della moda. La terza categoria, di recente apertura, comprende gli orologi che si collocano al top per impiego di materiali pregiati e impegno progettuale da parte dei progettisti, e, di conseguenza per prezzo. Imm.64 orologio “Pocket Watch” prodotto da Karlsson 2h 5’03’’ Al di la delle differenze nei prodotti commercializzati e nelle modalità organizzative, i casi appena riportati riguardano due realtà che raccontano come sia possibile incentrare il proprio impegno interamente su una tematica o su una tipologia di prodotto. Entrambe le aziende produttrici di orologi operano scegliendo di tenere fisso un punto fondamentale, la categoria di prodotto, e permettendosi di declinarlo in una vasta moltitudine di varianti, concedendosi anche piacevoli “giochi”, come quello che lascia che ciascun progettista partner declini sempre nello stesso oggetto il proprio gusto. Il valore di questi casi sta tanto in ciascun orologio quanto nella coerenza dell’intera produzione. 2h 5’18’’ Swatch É una celeberrima marca di orologi da polso, nata in Svizzera e presentata per la prima volta nel 1983. Fu pensata in origine per ridare vita alla presenza svizzera sul mercato dell’orologeria, presenza andata scemando con la crescita aggressiva delle società giapponesi negli anni ’60 e ’70. Viene spesso collocata l’etimologia del nome come la contrazione delle parole "Swiss", svizzero, e "watch", orologio, anche se Nicolas Hayek, patron dello Swatch Group, ha affermato che la contrazione originale era quella di "second", secondo, e "watch", in quanto il nuovo tipo di orologio fu introdotto con un nuovo concetto, dallo stile casual, divertente e relativamente economico. La prima collezione di 12 modelli Swatch fu presentata il 1º marzo 1983 a Zurigo e il prezzo di ciascun orologio era di 50 Franchi Svizzeri. É interessante sottolineare come al momento della nascita di Swatch furono fissati dei precisi obiettivi di vendita, determinati dagli investimenti fatti e dalle prospettive auspicate; tale obiettivo ammontava alla vendita di un milione di orologi per il 1983, e di due milioni e mezzo per l’anno successivo, obiettivi raggiunti grazie al prezzo ragionevole e all’efficace campagna di marketing. Così già dalla nascita Swatch guadagnò subito popolarità nel mercato locale. Imm.65 5 orologi da polso Swatch 2h 5’54’’ Paragonato agli orologi convenzionali, uno Swatch era dell'80% più economico da produrre, grazie all'assemblaggio completamente automatizzato e alla riduzione del numero di parti da una cifra normale di 91 a solamente 51 componenti; oltretutto aveva un'ottima resistenza anche all'acqua, risultando perfettamente impermeabili. Gli Swatch hanno raggiunto il picco di popolarità durante la metà degli anni ottanta, quando vennero fondati una serie di "Swatch Stores", cioè dei negozi che vendevano unicamente orologi Swatch. Negli anni ottanta divenne di moda portare due Swatch o usarli per legarsi i capelli a coda di cavallo. Alcuni modelli, come i Pop Swatch, potevano essere attaccati direttamente ai vestiti. In questi stessi anni Swatch introdusse l'idea di associare gli orologi ad artisti famosi, come ad esempio Keith Haring, dando così un nuovo spessore a quello che fino ad allora era stato solo un accessorio per giovani. Ciascuno di questi era chiamato a disegnare un orologio, proporre un disegno per il quadrante e per il cinturino. Nonostante le vendite siano calate oggi rispetto agli anni precedenti, il Gruppo Swatch resta l'azienda per orologi più grande del mondo. La Swatch stessa ha inoltre differenziato considerevolmente le proprie offerte e adesso produce più di una dozzina di differenti tipi di orologi, da quelli col corpo in metallo a quelli subacquei, a quelli col corpo sottile e piatto e perfino un orologio connesso ad Internet che può scaricare quotazioni azionarie, titoli di notizie, previsioni del tempo ed altri dati. Imm.66 logo Swatch 2h 6’51’’ Gli orologi “pop and cheap” Hip Hop è una marca di orologi da polso che ha spopolato negli anni ’80. La popolarità di questi orologi è dovuta all’animo amichevole delle loro forme e dei loro materiali: gli Hip Hop, infatti, sono stati i primi orologi con cinturino in gomma, disponibile in svariati colori. Questa trovata, accoppiata a linee accattivanti nella loro semplicità ha reso questo marchio un cult degli anni ’80, portandolo a vendere oltre due milioni di pezzi nei primi quattro anni di vita, oltre che il capostipite di una famiglia di orologi dalla natura “pop”. Oggi, a distanza di 25 anni dalla nascita di Hip Hop, questo marchio è tornato con nuove collezioni, ancora una volta a prezzi realmente alla portata di tutte le tasche. Recentemente, oltre alla riedizione dei prodotti Hip Hop, sono nati nuovi marchi produttori di orologi da polso in gomma, divertenti e fantasiosi, sintomo questo di una tendenza al ritorno ad un gusto tipico degli anni ’80. Imm.67 immagine promozionale orologi da polso HipHop 2h 7’29‘’ Too Late è un brand italiano nato nel 2007, quando Mario Fogazzi, giovane imprenditore bresciano durante un viaggio a New York, scova al MoMA Design Store un orologio in silicone prodotto da O.I.W.; acquisendone immediatamente i diritti di utilizzo del design in esclusiva per tutto il mondo fonda il brand che oggi è una realtà in espansione e che ha saputo reinterpretare con italianeità questo oggetto. Dopo oltre 2 milioni di orologi venduti nei primi 3 anni, il marchio si sta ampliando, arricchendo la propria gamma produttiva, con prodotti progettati da zero e commercializzandoli con la stessa vincente filosofia del prodotto capostipite: cura dei dettagli, costo accessibile ed estetica pop. In particolare risulta tanto azzardata quanto determinante la scelta del posizionamento alto, il che significa ad esempio che gli orologi Too Late posso essere comprati in gioielleria, in design stores o in concept stores, non in comuni rivenditori. Questa scelta, in contrasto con quanto affermato dalle ricerche di mercato, secondo cui un orologio di questo tipo non è da collocare in questi ambiti, ancor meno ad un prezzo così basso (sono orologi venduti anche qualche decina di euro) è dettata dal fatto che anche gli operatori del sistema moda hanno intuito e condiviso le potenzialità del brand, forte dell’italianità di cui si fregia in tutto il mondo. L’ultimo brand che, sull’onda lunga di queste esperienze, ha dato vita ad una nuova collezione di orologi dall’animo pop è Fullspot; marchio italiano, lanciato dallo studio Laboratorio Quattro nel 2009 ha suscitato grande interesse durante la settimana del design milanese del 2011. Come si è visto nel capitolo 1.3, O’Clock è la linea di orologi da polso, con cinturino in silicone e quadrante intecambiabile. Segue esattamente la logica degli esempi precedentemente riportati, vale a dire prezzo contenuto e gusto semplice e fantasioso. 2h 8’38’’ A conclusione di questa carrellata di esempi che descrivono come il tempo possa essere materia prima di progettazione, materia da plasmare per comunicare una certa visione o un certo atteggiamento, ecco degli esempi di come possa risultare piacevole dare al tempo una particolare forma. In questi casi tale forma è quella dell’allegria, del gioco, della vivacità. Quest’ultimo paragrafo funge da tramite tra la prima parte di questa tesi, che qui si conclude, e la seconda parte concentrata su aspetti prettamente pratici relativi all’avvio di un’attività imprenditoriale. Uno degli aspetti che verrano dettagliatamente illustrati sarà l’importanza dell’oservazione di cosa avviene nell’ambito strettamente correlato alla produzione che si intende affrontare. Nel caso di TrattoTempo questo significa rendersi conto di quali tendenze esistano nel mondo della progettazione di orologi in generale, e di orologi da parete in particolare. 2h 9’21’’ Questo paragrafo ha fornito linee guida pratica sulle modalità più efficaci di svolgere un’attività progettuale la cui materia prima è il tempo: L’Happy Hour e i Temporary Shops, concentrarsi sul “Quando” e non sul “Dove”, per essere originali ed ottenere visibilità La Banche del Tempo, La Giornata Mondiale della Lentezza e Slow Food, come soddisfare la sensibilità dei cittadini verso un migliore uso del tempo a disposizione Real Time, emozionare con un’operazione tanto semplice quanto d’impatto Diamantini&Domeniconi e Karlsson, quali strategie per incentrare un brand sulla produzione specifica di orologi Swatch e gli orologi “pop and cheap”, quale sia la tendenza del mercato, e come questa si ripeta nel corso della storia recente Ancora una volta questo elenco ciascuna di queste linee guida offerte dalla ricerca sul campo verrà utilizzata come fondamento per sviluppare un aspetto del progetto di TrattoTempo. 2h 9’53’’ 1. da "Liquida Magazine" Settembre 2010 2. da "The Guardian" Ottobre 2010 3. "Vivere con Lentezza" Dalai Editore 2005 4. dal Manifesto del Partito Slow Food approvato al Congresso di Fondazione Slow Food tenutosi a Parigi il 9 dicembre 1989 2h 10’10’’ PARTE II basi pratiche Analizzate le questioni relative allo scenario all’interno del quale un aspirante designer si trova ad agire, ed illustrata la tematica fondamentale di TrattoTempo in tutti i suoi connotati, con la seconda parte di questa tesi di laurea ci si appresta a formine le informazioni che è importante conoscere per potere essere nelle condizioni di sviluppare il progetto di un’attività imprenditoriale che possa sperare di vedere garantita la propria esistenza. Ciascuno dei paragrafi che seguiranno è da considerarsi come un supporto pratico a partire dal quale avverà la progettazione di ciascun aspetto di TrattoTempo. Si tratta di una raccolta di linee guida, ciascuna ricercata in un distinto ambito della conoscenza, organizzate attraverso un filo conduttore incentrato sull’obiettivo di far nascere un’impresa che operi nel settore del design del prodotto. Per tale ragione si può considerare questa seconda parte una sorta di manuale all’avvio di un’attività imprenditoriale. 2h 10’48’’ Capitolo 3, come nasce un’impresa 2h 10’50’’ L’avvio di un brand che opera nel settore del design del prodotto è un progetto che richiede al designer-imprenditore di soffermarsi su numerosi e fondamentali aspetti, anche molto diversi, per ambito e natura, tra di loro. Un’impresa produce, ma per farlo è necessaria un’organizzazione efficace che permetta di gestire al meglio tutti questi aspetti. É possibile individuare tre ambiti secondo cui si articolano tutte le componenti che permettono all’impresa di svolgere il proprio lavoro: A. la funzione produttiva B. la funzione amministrativa C. la funzione commerciale A seconda della dimensione dell'impresa e dei criteri della sua organizzazione, la parola "funzione" può indicare un intero reparto con molti addetti, oppure una sola persona, o addirittura una parte del tempo che una persona dedica a questa funzione; quale che sia il caso, resta il fatto che in qualche modo questi aspetti devono essere curati; se questo non succede, è probabile che l'impresa abbia vita breve. 2h 11’31’’ 3.1 il punto di partenza: una buona idea É ovvio che tutto prende vita a partire dallo sviluppo di una buona idea di fondo. Se manca quella non è allora pensabile sperare di avviare un’impresa di successo. Nella definizione dell’idea imprenditoriale bisogna avere bene in testa quale sia il settore a cui ci si riferisce, onde evitare confusioni già in fase embrionale. Qualora capiterà, infatti, di dovere introdurre il proprio progetto d’impresa, ad esempio ad eventuali finanziatori, la descrizione dell’idea imprenditoriale rappresenterà il “biglietto da visita” che dovrebbe stimolare l’attenzione verso quanto segue. Avere ben chiara già in partenza un’idea imprenditoriale consente di avere un primo riscontro sull’effettiva fattibilità, consentendo migliora1 menti immediati qualora qualche aspetto si verificasse inopportuno. capitolo 3 Imm.68 suggestione – il business plan 2h 12’07’’ 3.2 la funzione produttiva Prima di dare avvio ad una vera e propria produzione, l’impresa deve avere ben chiaro in cosa consista tale produzione, vale a dire definire chiaramente quali siano i prodotti e gli ambiti di intervento, presenti ed eventualemte quelli futuri, nonché i processi necessari a rendere concreto questo processo; è inoltre fondamentale porsi nelle condizioni di renderla competitiva al cospetto dei concorrenti, altrimenti il risultato sarà che nessuno vorrà tali prodotti. Tale piano deve comprendere, oltre le modalità di produzione, anche quelle di approvvigionamento che l’aspirante imprenditore si propone di offrire sul mercato e i segmenti di popolazione verso cui intende indirizzare l’offerta. Fondamentale è verificare quali saranno le caratteristiche distintive rispetto ai prodotti o servizi già disponibili sul mercato. Imm.69 suggestione – la produzione 2h 12’43’’ parte I Questo punto è meno banale di quanto possa apparire. Dal punto di vista strettamente operativo, la funzione produttiva deve occuparsi di progettare, ovvero ideare nuovi prodotti e di realizzare il prodotto al meglio. Viviamo in un'epoca in cui il processo, tecnologico e sociale, è estremamente rapido, e bisogna essere sempre sufficientemente all'avanguardia, perché altrimenti si viene superati dalla concorrenza: bisogna essere sempre attuali. Così un'industria deve progettare continuamente con criteri nuovi e avanzati, e quindi fare ricerca applicata. Per quanto riguarda la realizzazione fisica degli oggetti l’importanza di una grossa e precisa organizzazione, sta nel bisogno di produrre meglio e a costi inferiori rispetto alla concorrenza, scegliendo i metodi di produzione ottimali, cioè che danno il miglior rendimento (in qualità e quantità) con la spesa minore, programmando e gestendo le linee di produzione, facendo l'analisi dei costi di produzione, dei tempi di lavorazione, controllando la qualità del prodotto, facendo in modo insomma che la produzione vada avanti senza intoppi per assicurare la realizzazione nei tempi stabiliti.2 2h 13’06’’ 3.3 la funzione amministrativa La funzione amministrativa cura il buon funzionamento dell'impresa, sta attenta che tutto funzioni al meglio, sceglie le azioni più opportune per 3 raggiungere gli obiettivi. Fa questo operando in particolare su tre piani: essere nelle condizioni di rendersi conto del perché. Nei paragrafi sucessivi verranno analizzati nello specifico i tre aspetti. Occorre premettere che il designer-imprenditore, per la natura della propria forrmazione, poco pratica nel maneggiare aspetti legislativi o commericali, avrà probabilmente la necessità di rivolgersi volta per volta ad esperti nei vari ambiti di riferimento chiedendo consulenza. A. il coordinamento B. l’analisi di mercato C. l’amministrazione finanziaria Si tratta di tre aspetti poco legati alla suggestione creativa, ma molto più a vincolati alle esigenze della praticità e della fattibilità. Sviluppare un attento piano amministrativo è una fase da gestire nell’assoluta cura di ogni particolare. Coordinare, ad esempio, significa valutare le opportunità verso cui si va incontro al momento dell’avvio dell’impresa, ponderarle ed elaborarle per definire e programmare la propria struttura e la propria forma giuridica, da cui verranno determinate ulteriori scelte e strategie. Conoscere bene il mercato all’interno del quale si entra a far parte è essenziale per evitare flop; si tratta di fare ricerca sull’ambito relativo a ciò che si produce, rendersi conto di quali prodotti simili a quelli che si intende commericializzare esistano, quali peculiarità abbiano, in modo da indirizzare la propria strategia di mercato verso spicchi in cui potrebbe risultare maggiormente favorevole l’ingresso nel mercato. E trattando di mercato non si può non discutere di aspetti economici: un’impresa nasce con lo scopo di lucro, e per raggiungere efficacemente l’obiettivo è obbligata a pianificare i propri investimenti, altrimenti il rischio che si corre è quello di trovarsi da un momento all’altro nelle condizioni di non potere proseguire nella propria attività senza peraltro 2h 14’22’’ _3.3.1 il coordinamento Quando si decide di aprire una attività o un lavoro in proprio, è necessario innanzitutto stabilire la forma giuridica da assumere, secondo quanto stabilisce il diritto commerciale; la prima alternativa sta fra la 4 scelta di lavorare in proprio o costituire una società. E’ molto importante chiarirsi le idee sulla forma giuridica che si intende adottare, poichè le scelte che si fanno all’inizio dell’attività imprenditoriale possono rivelarsi anti-economiche o inadeguate in un secondo momento, in quanto è determinante perchè condiziona l’assetto organizzativo, amministrativio, fiscale e contabile dell’impresa; da questa scelta conseguono obblighi civili, aministrativi e fiscali. Nell’effettuare questa scelta vanno considerati alcuni aspetti significativi, come la presenza di un unico imprenditore o di altri soci, il grado di rischio che si intende correre, le prospettive economiche e finanziarie dell’attività, fino al capitale disponibile e alla convenienza fiscale. Ogni tipo di impresa ha infatti uno specifico carico fiscale. Le forme giuridiche adottabili si distinguono all’interno di quattro aree: la ditta individuale, la società di persone, la società di capitali e la cooperativa. Di seguito sono descritte le caratteristiche di ciascuna delle quattro tipologie di forme giudiziarie, ordinate in base al grado di complessità dell’organizzazione. Imm.70 suggestione – organigramma 2h 15’03’’ Queste sono le forme giuridiche attualmente riconosciute in Italia, ordinate per dimensione. COOPERATIVA SOCIETA’ DI CAPITALI SOCIETA’ DI PERSONE DITTA INDIVIDUALE semplice in nome collettivo semplice in nome collettivo in accomandita semplice in accomandita semplice Gr.1 forme giuridiche adottabili in Italia 2h 15’32’’ la ditta individuale Tra le possibili forme giuridiche adottabili la ditta individuale è la forma giuridica più semplice e meno onerosa poichè per la sua costituzione non sono richiesti particolari adempimenti: l’unica cosa da fare, è l’apertura di un numero di partita IVA. La ditta individuale è quel tipo di impresa che fa riferimento a un solo titolare (cioè l’imprenditore) il quale è quindi l’unico responsabile e anche l’unico promotore della sua iniziativa imprenditoriale. All’imprenditore non si impone una quantità minima di capitale iniziale da investire, ed essendo lui l’unico responsabile di tutto il processo imprenditoriale, è chiaro che il rischio d’impresa ricade tutto su di lui. La ditta individuale viene solitamente preferita, come forma giuridica, quando si devono svolgere attività che non richiedono grandi investimenti e che comportano rischi abbastanza limitati. Questa forma giuridica può essere svolta anche nell’espressione di impresa familiare o di impresa coniugale. E’ il caso in cui il titolare si avvale dell’aiuto delle prestazioni dei suoi familiari. In sintesi i vantaggi di questa forma giuridica consistono nella facilità e nella rapidità di realizzazione, nelle ridotte spese di costituzione, in una tenuta della contabilità molto semplice, con minori costi di gestione e una certa velocità e flessibilità decisionale; gli svantaggi invece sono soprattutto la responsabilità illimitata nei confronti di terzi e svantaggi fiscali nel caso di guadagni elevati. Per avviare una impresa individuale è necessario richiedere eventuali licenze o autorizzazioni amministrative, sanitarie, ecc., effettuare una denuncia all'Agenzia delle Entrate (Attribuzione Partita I.V.A o codice fiscale) entro 30 giorni dall'inizio dell'attività, iscriversi al Registro delle Imprese della Camera di Commercio della provincia in cui ha la sede legale, iscriversi all'INPS ed eventualmente iscriversi all'INAIL. I costi delle formalità burocratiche ammontano a 93,00€ per l’iscrizione alla Camera di Commercio, 2,60 € per l’attribuzione della partita IVA, una percentuale pari al 17% del reddito (con un minimale fisso di 1800 €) come contributi all’INPS, una somma variabile in base al reddito per il pagamento dell’IRPEF. 2h 16’48’’ la società di persone. Le società di persone occupano un gradino più elevato in termini di complessità organizzativa, rispetto alle ditte individuali. Le società di persone sono tali poichè in esse prevale l’elemento soggettivo rispetto a quello patrimoniale. Ciò significa che questo tipo di società non acquistano mai la personalità giuridica, ma è sempre presente un certo grado di separazione patrimoniale tra il patrimonio della società e quello personale dei soci. Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili (art. 2247 del codice civile). Utilizzando la forma della società semplice è possibile esercitare solo attività non commerciali (ad esempio, agricola, professionale in forma associata, gestione di proprietà mobiliare o immobiliare). L’atto costitutivo non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti, mentre è invece obbligatoria l’iscrizione della società in una sezione speciale del Registro delle Imprese. Per costituire una società in nome collettivo, o una società in accomandita semplice (s.a.s.), invece, occorre la stipula di un atto pubblico o scrittura privata autenticata. 2h 17’23’’ la società di capitali Le società di capitali si differenziano dalle società di persone per un serie di fattori: gestione più complessa, costi maggiori, maggiore flessibilità. Nelle società di capitali l’aspetto del capitale della società ha una prevalenza sia concettuale che normativa rispetto al capitale personale dei soci: quindi la caratteristica fondamentale riguarda proprio la responsabilità limitata che i soci hanno poichè essi rispondono dei debiti della società solamente nel limite del capitale che hanno conferito. Questo avviene perchè le società di capitali hanno la capacità giuridica, che invece non hanno le società di persone; per questo sono considerate distinte dagli individui che le compongono, sia da un punto di vista fiscale che da un punto di vista civile e dispongono di propri organi, come amministratore o consiglio di amministrazione, o assemblea dei soci. 2h 18’00’’ la cooperativa La società cooperativa ha come fine lo scopo mutualistico anziché quello lucrativo; più precisamente la società cooperativa fornisce ai soci beni, servizi e possibilità di lavoro, a condizioni più vantaggiose. Ci sono diverse forme di società cooperative, tra cui cooperative di produzione e lavoro, che si occupano di garantire ai loro soci un lavoro stabile e giustamente remunerato, o cooperative di consumo, che si costituiscono tra soci consumatori. 2h 18’20’’ 7 3.3.2 l’analisi di mercato Con l’analisi del mercato si affronta la prima fondamentale verifica a cui viene sottoposta l’idea imprenditoriale, vale a dire quella della fattibilità di mercato. Si tratta di una fase, non ancora propositiva, che consiste nella raccolta di dati e informazioni il cui obiettivo è quello di aumentare la conoscenza dell’ambiente a cui si riferirà il progetto. É questo un passaggio fondamentale soprattutto per ridurre il rischio imprenditoriale: la verifica delle ipotesi di partenza fa sì che le azioni dell’impresa non si fondino5 sul solo intuito, ma pongano le radici su dati comparabili e giudicabili. Imm.71 suggestione – grande varietà di telefoni cellulari 2h 18’55’’ MACROSETTORE ANALISI DI SETTORE CONCORRENZA MICROAMBIENTE ANALISI DI MERCATO FORNITORI DIRETTA INDIRETTA ALLARGATA CLIENTELA RICERCA DI MERCATO Gr.2 struttura di un’analisi di mercato 2h 19’19’’ I due studi da affrontare sono l’analisi di settore e la ricerca di mercato. L’analisi di settore consiste in una ricerca sull’ambiente nel quale la nuova impresa si troverà ad operare. Si inizia da alcuni dati relativi al macrosettore (situazione economica e sociale complessiva) per passare più dettagliatamente al microsettore di interesse del neoimprenditore. 6 Con il termine di macrosettore si intende tutto ciò che l’impresa non può controllare direttamente, il clima economico, ma anche quello culturale e sociale, fino a toccare, eventualmente, le normative politiche. Si pensi ad esempio alle nuove mode, o alle nuove leggi, cioè ad elementi che possono indirettamente influenzare la vita di un’impresa. Il microambiente rappresenta, invece, il campo in cui l’impresa si troverà direttamente ad operare e riguarda, oltre ai competitors, anche i fornitori o gli intermediari di riferimento, nonché la clientela, la cui domanda è analizzata a parte. Analizzando il microambiente di riferimento occorre innanzi tutto limitare il campo di ricerca, individuando le figure che ne fanno parte. Si distinguono tre tipologie di forze competitive. Per prima la competizione interna, cioè le aziende facenti parte di un settore che possono influenzare le reciproche posizioni di mercato attraverso mutamenti di prodotto, di segmento, di prezzi, di promozione e di distribuzione. Una prima dimensione da conoscere è il numero di concorrenti ed il grado di concentrazione del settore. Esiste poi il potere contrattuale dei fornitori: i fornitori danno all’impresa le risorse necessarie per la produzione di beni e servizi. Se i fornitori sono, nel loro settore, pochi e concentrati, è probabile che abbiano un grosso potere contrattuale, in particolare se l’oggetto della fornitura è in grado di influenzare direttamente la qualità del prodotto finale. Infine il potere contrattuale dei clienti: i clienti sono coloro ai quali è destinato il prodotto/servizio. Esercitano una pressione sul settore per ridurre il prezzo o per aumentare la qualità. A sua volta la concentrazione delle imprese concorrenti si valuta distinguendo tra tre sottoinsiemi: ad un raggio più limitato si collocano le attività direttamente concorrenti, in quanto forniscono lo stesso prodotto o servizio, ad un medio raggio si trova una concorrenza allargata su prodotti differenziati, ma la cui funzione è paragonabile a quella dell’impresa di riferimento, mentre a larga scala si individua una concorrenza indiretta, composta da marchi che offrono beni alternativi. Per fare un esempio rapido un’azienda che offre un servizio che risponde al bisogno di inviare informazioni con urgenza potrà considerare il servizio di posta celere come una concorrenza diretta, la possibilità di invio di e-mail o fax come concorrenza allargata, e l’impiego di cellulari o strumenti di videoconferenza come concorrenza indiretta. La ricerca di mercato, a differenza dell’analisi di settore, analizza la 7 domanda, quindi investiga le preferenze della clientela. Si tratta di un passaggio utile a individuare bisogni insoddisfatti, o addirittura inespressi, oltre che a capire la capacità di acquisto che il pubblico possiede. Inoltre è lo strumento migliore per individuare i canali di distribuzione più utili ai fini del successo del progetto, nonché quelli relativi alla comunicazione e alla promozione maggiomente in grado di fornirgli visibilità, alla luce delle abitudini dei consumatori. 2h 21’23’’ Il primo passo da compiere nell’affrontare una ricerca di mercato è delineare un’opportuna segmentazione del pubblico, coerente con le 8 scelte strategiche dell’impresa. Segmentare il pubblico significa suddividerlo in gruppi omogenei, con bisogni e comportamenti d’acquisto simili, attraverso criteri variabili. Le principali variabili a cui si fa solitamente riferimento sono riconducibili a quattro aree: geografiche (ad esempio, città, densità di popolazioni, clima), socio-demografiche (come età, sesso, livello di reddito, condizione sociale), psicografiche (relative agli stili di vita, alla personalità) e comportamentali (comportamenti relativo all’acquisto di beni). Le prime tecniche di segmentazione, risalenti agli anni ’50, si basavano sulle variabili sociodemografiche facilmente reperibili e di facile utilizzo, ma di limitata utilità. Inoltre, la realtà sociale del consumo sempre più complessa richiedeva strumenti più sofisticati e attenti alle dinamiche di acquisto dei consumatori. Si inserirono quindi le tecniche di segmentazione psicografica, con un primo tentativo, da parte di Emanuel Demby nel 1964, consistente nell’identificazione di due categorie di acquirenti di nuovi prodotti: i “creativi” ed i “passivi”, caratterizzati anche da diversi interessi e attività quotidiane. Successivamente, si è cercato di considerare l’individuo appartenente ad un determinato segmento nella sua totalità, in qualsiasi situazione lo si consideri, prendendo in analisi il concetto di “stile di vita”: questo, è visto come “insieme dei valori, atteggiamenti, opinioni e comportamenti che manifestano l’unicità della personalità del soggetto. Il modello teorico utilizzato alla base della maggior parte delle ricerche psicografiche è il cosiddetto VALS (Values and LifeStyles) messo a punto da A. Mitchell sulla base della teoria di Maslow sulle “motivazioni dominanti”; questa prevede una gerarchia di cinque tipi di bisogni basici che spingono l’individuo ad agire, ognuno dei quali si manifesta solo quando sono stati soddisfatti i bisogni collocati ai livelli inferiori. Nella segmentazione VALS ad ognuno di questi livelli corrisponde un segmento della popolazione: ciò porta all’individuazione di otto stili di vita, distinguendo anche tra due possibili percorsi, “autodiretto” ed “eterodiretto”, per la soddisfazione dei propri bisogni. Gli otto stili di vita sono: 1. L’innovatore, il consumatore maggiormente propenso al cambiameto, con il reddito e con l’autostima più alti, per cui l’immagine è importante in quanto espressione di gusto, indipendenza e carattere; 2. Il riflessivo, motivato dagli ideali, maturo, responsabile, istruito professionista, è aperto a nuove idee e a cambiamenti, ha un alto reddito ma è oculato negli acquisti; 3. L’Ideale, anch’esso mosso da ideali, ma conservativo e per questo prevedibile, con redditi modesti, la cui vita è costruita attorno alla famiglia o alla comunità; 4. L’arrivato, motivato dal successo, orientato verso il lavoro e la famiglia, conservativi nel rispetto dei ruoli sociali e degli status quo; 5. L’attivo, anch’esso motivato dall’obiettivo di ottenere successo sociale, ma con un potere economico e sociale inferiore rispetto all’arrivato, che per questo tenta di emulare le persone che ammira, 6. Lo sperimentatore, motivato dal bisogno di espressione personale, è il consumatore più giovane, con un’età media di 25 anni, carico d’energia, immerso nelle attività fisiciche e sociali, avidi consumatori di beni giovanili, particolarmente attento ai nuovi prodotti; 7. Il concreto, anche lui in cerca di espressione personale, con uno spiccato senso pratico di autosufficienza, interessato nella famiglia, nel lavoro e in piccoli svaghi, amante dei prodotti pratici e funzionali 8. Il sopravvissuto, il consumatore con il reddito più basso e con l’età più avanzata, sopra i 60 anni, con mezzi d’acquisto limitati. 2h 23’39’’ Il concetto di stile di vita si è rivelato un efficace mezzo di segmentazione e di costruzione di mappe socio-culturali. In Italia la prima ricerca psicografica, ancora oggi utilizzata, è stata la Psicografia Eurisko, condotta da G. Calvi e oggi denominata Sinottica. I mutamenti nella società e nel consumo, che si sono verificati soprattutto tra gli anni ’80 e ’90, hanno in parte reso impossibile il tradizionale ricorso alla segmentazione ed agli stessi stili di vita di questa ricerca. Attraverso sistemi, tra cui il 3SC (Sistema di Correnti Socio-Culturali e Scenari di Cambiamento) messo a punto da Alain de Vulpian nel 1972 e successivamente adottato da quattordici istituti di ricerca in diverse nazioni, associati nel RISC (Research Institute of Social Change), si è riusciti a il cambiamento sociale in modo più accurato, e a livello globale, in modo da ottenere dati sempre aggiornati ai cambiamenti della società. Per dovere di cronaca si accenna che tale sistema tiene sotto controllo cinque aree principali di cambiamento socioculturale: Le mentalità, le sensibilità, i valori, le aspirazioni, le motivazioni e i tratti di personalità. Questa ricerca si fonda su una filosofia “evoluzionista”, prendendo in considerazione lo sviluppo verso una sempre più forte modernità socioculturale; essa consente inoltre la comparazione dei risultati con quelli precedentemente osservati (misurando così l’entità del cambiamento avvenuto) tenendo sotto controllo cinque aree principali di cambiamento socioculturale: le mentalità, le sensibilità, i valori, le aspirazioni, le motivazioni e i tratti di personalità; attraverso il trattamento con tecniche fattoriali dei dati ottenuti da interviste, basate su items riguardanti valori e atteggiamenti, si identificano delle “correnti socioculturali” utilizzabili come indicatori sintetici del cambiamento, nonché come variabili attive di segmentazione. 2h 24’43’’ Nel 2004 è stata dunque redatta la Grande Mappa di Sinottica, la ricerca condotta da Eurisko, e sono stati definiti 14 stili di vita che non rappresentano sovrapposizione tra loro. I nuovi stili di vita sono i seguenti: Le sognanti (3,5%). É un gruppo giovane, femminile, di medio/basso profilo. Piuttosto disimpegnate, sognano ed aspirano a cose semplici o classiche: il romanticismo, il divertimento, la bellezza, una famiglia e una sicurezza di base. Sono per lo più giovani casalinghe, studentesse o non occupate. miche è medio-alta, alta. E’ uno dei target dove è maggiormente presente la componente dell’innovazione e del rischio. Le donne doppio-ruolo (6,8%). E’ un gruppo femminile, medio-giovane, di buon profilo; presenta chiaramente due logiche/aspirazioni di investimento, idealmente paritetiche come importanza: famiglia e lavoro. È meno presente al Sud, il baricentro dell’età è intorno ai 18-34 anni, ma con una coda anche dai 35 ai 44 anni. La dotazione di risorse socio-culturali è medio-alta. Sono principalmente professioniste, impiegate o praticano le professioni autonome. In minor percentuale sono ancora studenti. E’ un gruppo attivo ed estroverso. I ragazzi evolutivi (4%). E’ un gruppo prevalentemente giovane o giovanile nei comportamenti, misto per genere. Origina nel medio livello sociale, ha un profilo ancora poco netto anche se in evoluzione. Hanno (già) alcuni valori/aspirazioni forti di impegno e partecipazione che però mantengono ancora in equilibrio con un certo disimpegno, soprattutto sul lato pratico. E’ un gruppo in maggioranza di età compresa fra i 14 e i 24 anni. La dotazione di risorse socio-culturali è medio-bassa. Sono in prevalenza studenti che vivono con i genitori, dunque l’istruzione è medio-bassa ma il reddito è di livello un po’ superiore. L’élite femminile (4,4%). E’ un gruppo femminile, centrale, di eccellente profilo, che tende all’assunzione di un doppio ruolo (fuori casa/casa) con, però, una propensione significativamente maggiore a privilegiare la realizzazione personale. Di età giovane e adulta, abitano al Nord e al Centro, in centri medio-grandi, grandi. Titolo di studio e reddito sono elevati, così come lo status. La coppia è giovane, senza figli o con figli piccoli. Sono dirigenti o impiegate. E’ un target che ha un’attitudine all’intraprendenza e alla gestione delle risorse molto accentuata. La pre-élite progettuale (2,8%). Il target è prevalentemente maschile, piuttosto giovane, o giovanile, di buon profilo. Le ambizioni, le risorse, le aspirazioni, gli stili e le scelte sono “tarate” sull’élite, pur non appartenendovi appieno. Sono per la maggior parte uomini, abitano il Centro-Nord, in città medio-grandi, grandi. Hanno un’età compresa in un range piuttosto ampio, in prevalenza fra i 18 e i 54 anni, e la loro dotazione di risorse socio-econo- L’élite maschile (6,7%). E’ un gruppo prevalentemente maschile, giovane adulto, di alto profilo. È attivo e fortemente impegnato: molto nella realizzazione professionale, ma anche (pur se meno) nella crescita culturale e della propria partcipazione sociale. È interessante notare, anche qui, la presenza di un’esigua minoranza di donne, con tratti e atteggiamenti, verso la vita e l’autorealizzazione, decisamente mutuati dal modello maschile. 2h 26’50’’ Abitano il Nord Ovest, in centri medio-grandi e hanno un’età compresa fra i 25 e i 54 anni, con anche una punta più giovane. Titolo di studio, reddito e status sono medio-alti, alti. Le professioni più rappresentate sono gli imprenditori/professionisti, i dirigenti, gli impiegati. Il loro orientamento è attivo; cavalcano l’onda del successo, sia nella vita che nel lavoro. I protagonisti (2,0%). E’ un’élite ristretta, medio giovane e adulta. E’ un segmento misto per genere, massimamente protagonista socialmente, sia dal punto di vista professionale che da quello culturale. Cultura, professione, ma anche divertimento e piacere, sono gli asset che tengono in equilibrio; e tale equilibrio, realizzato o come forte aspirazione, è proprio il loro tratto distintivo. Sono uomini per una piccola maggioranza, abitano nei grandi centri del Nord Ovest, hanno un’età compresa in maggioranza fra i 25 e i 54 anni. Il titolo di studio, il reddito e lo status sono medioalti, alti. Sono per lo più imprenditori, dirigenti e impiegati. Hanno una forte predisposizione alla leadership e spiccata capacità organizzativa. Il lavoratore d’assalto (4,1%). E’ un target maschile di buon profilo, più sul piano del reddito e dello status che su quello culturale. La frase “tutto per il successo” (misurato soprattutto col denaro) li descrive bene, a sintetizzare una persona più centrata sull’energia primaria che su tratti “soft” e sovrastrutturali, anche se ancora presenti nel gruppo. Il lavoro e svago (10,6%). E’ un gruppo prevalentemente maschile, di medio-basso, basso profilo sociale. Qui è fortemente (e pressoché esclusivamente) presente la cultura del fare ma non quella del pensare in modo evoluto. Il gruppo non presenta ambizioni forti e cultura, per cui non ha grande successo sul piano dell’avere; agisce nella vita in modo piuttosto “basico”, con un “onesto” livello di partecipazione e obiettivi semplici. E’ un gruppo costituito per la quasi totalità da uomini, di età giovane/tardo-giovane, distribuiti trasversalmente sul territorio nazionale, in centri medio-piccoli. Sono medi, sia per livello di istruzione che di reddito e status. In parte praticano le professioni autonome e in gran parte sono operai. Le casalinghe partecipanti (7,7%). E’ un target femminile, casalingo, tradizionale, ma di buon status, raffinato o aspirante raffinato. Si tratta quindi di una donna che mantiene (almeno a livello di idealità, quando non di fatto) un alto livello di partecipazione al mondo “fuori casa”, cui guarda attentamente e in cui vuole distinguersi. E’ un gruppo per stragrande maggioranza femminile, di età tardo-giovane, centrale, distribuito trasversalmente sul territorio nazionale, in centri medio-grandi. La dotazione di risorse socioeconomica è medio-alta e lo status è elevato. Sono principalmente mogli, casalinghe o non occupate. Le casalinghe chiuse (13,2%). In questo target risiedono in maggioranza donne di media, mediobassa estrazione sociale; rappresentano una femminilità archetipica, dai ruoli casalinghi classici e dalla mentalità tradizionale. E’ la tipica donna il cui mondo ha come riferimento totalizzante e onnipresente quello delle quattro mura domestiche. E’ interessante notare, nel gruppo, un’esigua presenza di uomini tipicamente anziani, decisamen2h 28’52’’ te indoor ritirati. Sono distribuiti equamente sul territorio e per ampiezza centri. Hanno un’età tra i 35 e i 64 anni (e oltre), e la loro dotazione di risorse e la classe economico-culturale sono medio-basse. Il maschio pre-culturale (11,0%). E’ un gruppo maschile, di medio-basso, basso profilo socio-culturale. E’ l’archetipo maschile classico, per cultura, ruoli e comportamenti, senza slanci evoluti ma con pochi, semplici “asset”: qui conta il posto fisso, la sicurezza di base…e lo sport. Sono individui che abitano principalmente nel Sud Italia, in centri medio-piccoli. Sono totalmente uomini, dai 45 ai 64 anni, ma esiste anche un’anima più giovane, intorno ai 14-24 anni. I livelli di istruzione, reddito e status sono medio-bassi. Sono in gran parte operai, o esercitano professioni autonome, ma vi è anche un’ala di studenti. La prima meta è il “posto fisso”, il lavoro inteso come sicurezza di base e non come ambito di realizzazione. Sud e Isole. L’istruzione è bassa, il reddito è medio-basso, la classe economico-culturale è bassa. Sono in maggioranza casalinghe e pensionate. Non sono attive né socialmente né culturalmente. L’orientamento di vita è in casa, passivo. Le preoccupazioni maggiori riguardano la salute e il riuscire a vivere una vita tranquilla, senza ansie eccessive. La tranquillità maschile (10,9%). E’ un target complessivamente marginale come risorse, tardo adulto e maschile. Sono uomini, molti dei quali anziani oltre i 64 anni; abitano in centri tendenzialmente medio-piccoli. L’istruzione è elementare, e il reddito e la classe socio-economica sono bassi. Sono in stragrande maggioranza pensionati. L’approccio è razionale; considerata l’età e il loro status di basso livello, non hanno alcun tipo di progettualità per il futuro. Fra le mete più ambite: essere in buona salute, godere di stima sociale, vivere una vita tranquilla. La tranquillità femminile (12,0%). E’ un target complessivamente marginale per risorse, femminile, tardo adulto/anziano. Sono donne, la maggior parte delle quali anziane con un’età che supera i 64 anni; abitano in centri piccoli nel Centro, 2h 29’59‘’ La pre-élite progettuale (2,8%). le sognanti 3,5% i ragazzi evolutivi 4% i protagonisti 2% le donne doppio.ruolo 6,8% il lavoratore d’assalto 4,1% il lavoro e svago 10,% il maschio pre-culturale 11% le casalinghe chiuse 13,2% l’élite femminile 4,4% l’élite maschile 6,7% le casalinghe partecipanti 7,7% 2h 30’45’’ la tranquillità femminile12% la tranquillità maschile 10,9% Compiuta la segmentazione, si tratta di passare all’indagine dei vari segmenti, allo scopo di individuare quelli ai quali rivolgere l’offerta della costituenda impresa con maggiori probabilità di successo. I bisogni dei clienti vengoni solitamente distinti in quattro categorie: bisogni espliciti, dichiarati dagli sessi consumatori, bisogni osservabili, individuabili dagli atteggiamenti degli individui, bisogni taciti, non ancora pienamente emersi o formalizzati, e bisogni latenti, quelli più difficili da determinare ma che portano spesso il consumatore a preferie un prodotto piuttosto che un altro. Gli esperti associano a ciascuna di queste categorie dei metodi di ricerca mirati ad analizzarli: sondaggi, interviste, focus group nel caso dei bisogni espliciti e di quelli osservabili; l’etnografia applicata per i bisogni taciti; la lead user analysis e il beta testing per i bisogni latenti. L’obiettivo di queste indagini è quello di prevedere quale potrebbe essere la domanda da parte del pubblico per soddisfarla con un’adeguata offerta. Tale mercato di riferimento è costituito da quattro livelli: il mercato potenziale, consumatori che dichiarano un qualche livello di interesse per un’offerta e possiedono un livello di reddito adeguato; il mercato disponibile, consumatori che sono in grado di acquistare e manifestano effettivamente un’intenzione di acquisto; mercato servito, consumatori oggetto dell’azione di marketing e di comunicazione dell’impresa; mercato penetrato, consumatori che l’impresa riesce effettivamente a servire. 2h 31’28’’ 3.3.3 l’amministrazione finanziaria Una parte di fondamentale importanza per la stesura di un piano di 9 impresa che risulti credibile è quella relativa al piano finanziario. Si tratta di fare un confronto tra fondi che si intende investire e ricavi che si prevede di ottenere, con una proiezione che vada in avanti col tempo di almeno qualche anno dal momento della nascita. Il suo contenuto e la sua struttura richiamano per molti aspetti quelli del bilancio di esercizio, con la sostanziale differenza che quest’ultimo si redige al termine di ciascun anno, mentre il piano economico e finanziario evidenzia obiettivi e previsioni per il futuro. Imm.72 suggestione – calcolatrice 2h 31’56’’ Rappresenta sostanzialmente uno sforzo di pianificazione della futura attività, indispensabile per valutarne a priori la convenienza, richiedere consapevolmente finanziamenti ordinari o agevolati, presentare l’idea imprenditoriale a potenziali soci e infine per dotare l’imprenditore di un fondamentale strumento di guida e di controllo della futura impresa. Si compone di diversi punti. Bisogna per prima cosa fare un elenco degli investimenti fissi, cosiddetti strumentali (acquisto immobili e/o loro ristrutturazione, avviamento, impianti, macchinari, attrezzature, autoveicoli, mobili, macchine ufficio, software, licenze commerciali, brevetti, spese di costituzione della società) necessari per avviare l’attività oggetto dell’idea imprenditoriale, con l’indicazione del loro costo. La realizzazione di qualunque piano di investimenti richiede la ricerca della necessaria copertura finanziaria, per cui vanno elencate le fonti di finanziamento a cui un’impresa di prossima costituzione può accedere; queste si distinguono innanzi tutto in capitale proprio o fonti di indebitamento. Il conto economico preventivo deve essere redatto per ciascuno degli anni futuri oggetto del piano economico e finanziario. In tal caso, consente la misurazione del risultato economico atteso (utile o perdita) cioè della redditività dell’attività, che scaturisce dal confronto, in ciascun esercizio, dei ricavi (obiettivo) e dei costi (previsti) della gestione aziendale. Infine con la valutazione dello stato patrimonaiale ogni vengono riepilogati, come attività, tutti i beni patrimoniali, i crediti e le disponibilità liquide di cui si prevede il possesso al termine di ciascuno degli esercizi futuri inclusi nel piano economico e finanziario. Nelle passività, invece, si raggruppano tutte le fonti di finanziamento che prevedibilmente saranno in corso di utilizzo al termine di ciascuno degli esercizi inclusi nel piano. 2h 32’55’’ 3.4 la funzione commerciale Produrre non è sufficiente, bisogna commercializzare ciò che si produce, è questo passaggio non è affatto automatico. Compito della funzione commerciale è proprio di occuparsi dei rapporti con il mercato e con la clientela. Questo comprende una vasta gamma di attività diverse, che vanno dalla comunicazione verso l’esterno dell’impresa, dei suoi valori, del catalogo di prodotti, fino alle strategie di vendita vere e proprie. Il marketing è quella disciplina che studia il mercato per ricercare, realizzare e migliorare le condizioni di scambio. Alla base di tale disciplina sta il concetto per cui in un’economia di mercato come quella in cui viviamo, in un paese in cui la produzione e il commercio sono nella maggior parte liberi, e in presenza di una sovrabbondanza di prodotti, la loro vendita può avvenire solo a certe condizioni essenziali. L'insieme di queste condizioni è chiamato marketing mix:10 A. prodotto: deve avere validità e motivo di interesse almeno per certe categorie di persone; B. prezzo: il prodotto deve avere un prezzo giusto (“giusto” non significa necessariamente “basso”, bensì corrispondente alle aspettative del consumtore riguardo all’immagine che ha di quel prodotto); C. distribuzione: il prodotto deve avere un’adeguata distribuzione, che lo renda reperibile con sufficiente facilità; D. comunicazione: per vendere occorre informare, interessare, far nascere il desiderio e spingere all’azione. Se un anello di questa catena è debole o manca, la vendita sarà difficile o impossibile. 2h 33’53’’ 3.4.1 il prezzo I meccanismi che si innescano nel determinare il prezzo di un particolare prodotto sono diversi. Può apparire scontato pensare che questo sia dato dal costo della produzione e della distribuzione, maggiorato di un ragionevole guadagno. Ma questo sarebbe vero, e così semplice, se l’impresa fosse l’unica a proporre quel tipo di oggetto sul mercato, e potesse fare, dunque, ciò che vuole; invece esistono i concorrenti e si deve tenere conto dei prezzi che loro fissano per prodotti analoghi. Ed esiste anche un pubblico di potenziali acquirenti che è disponibile a pagare una certa cifra per un certo bene, e non di più, nè di meno in quanto un prezzo troppo basso può essere interpretato come indizio 11 di scarsa qualità o di inaffidabilità. La definizione del prezzo è quindi un momento delicato per l'azienda produttrice, e può causare il suo successo o il suo insuccesso. Imm.73 suggestione – prezzo delle arance al mercato 2h 34’28’’ Per fare un esempio, si può riordare come anni fa, la Braun, un'azienda tedesca molto importante, mise a punto un prodotto estremamente innovativo: un rasoio elettrico per barba che, anziché funzionare coti un motorino elettrico, funzionava con un elettromagnete: il risultato era un abbattimento dei costi di produzione, e la possibilità di offrire al mercato un prodotto affidabilissimo ed efficace a metà del prezzo praticato da altri produttori che detenevano le quote di mercato maggiori a livello mondiale. L'azienda fece festa, convinta che con quel prezzo avrebbe sbancato il mercato. Ci fu qualcuno però che volle levarsi la curiosità, e andare a vedere se era così vero quello che sembrava ovvio: che un prodotto a basso prezzo avrebbe avuto successo. E scopri, in seguito a una ricerca, che ben pochi avrebbero rischiato il loro denaro per una robetta di così poco conto: costava troppo poco, non poteva essere affidabile, l'offerta non sarebbe stata credibile. E cosi l'azienda fece una festa ancora più grande, perché avrebbe sbancato il mercato comunque con un prezzo solo di poco inferiore a quello 12 della concorrenza, guadagnandoci molto di più. Si può dire allora che il prezzo giusto di un prodotto è quello che corrisponde al suo valore, come è percepito dall'acquirente. Ma nelle sue scelte, l'acquirente tiene conto anche di altri fattori, oltre al valore intrinseco, materiale di un prodotto: per esempio è influenzato da fattori psicologici (un'immagine scadente o elevata della marca, il prestigio dato dal possesso, la moda); da timori e ricerca di sicurezza (garanzia, assistenza tecnica). Si capisce allora che un prezzo elevato, in certe situazioni favorevoli di marketing mix, può addirittura far vendere di più. In altri casi invece occorre abbassare i prezzi per sostenere la domanda, e praticare degli sconti o condizioni particolari di vendita (dilazioni di pagamento, rateazioni) a vantaggio dei distributori, o degli acquirenti finali, o di entrambi. È classico il caso di lancio di un nuovo prodotto con offerta di prova, a prezzi molto invitanti, per il periodo iniziale, periodo che non potrà essere troppo lungo, perché l'azienda produttrice non può permettersi di lavorare in perdita all'infinito: lo farà solo in quanto lo sconto le assicura velocemente maggiori volumi di vendita e una sufficiente introduzione nel mercato. Il prezzo può quindi essere determinato con criteri diversi, o con un ponderato mix di essi: A. Metodo del costo totale e cioè costo del prodotto + ricarico prefissato: è il sistema più elementare, ma è anche pericoloso perché non tiene in conto l'entità della domanda e il comportamento della concorrenza; B. Metodo del punto di equilibrio (break-even point) che si pone l'obiettivo del raggiungimento di un certo profitto complessivo. Per realizzare un prodotto, un'azienda ha dei costi fissi e dei costi variabili; deve farvi fronte (e cioè raggiungere il pareggio, il break-even point) e guadagnare; ma, grosso modo, può scegliere di farlo vendendo molte unità di prodotto a un prezzo basso, o poche ad un prezzo alto. L'azienda deve quindi prevedere quali saranno i risultati di prezzi diversi sul volume delle vendite e sui profitti, e fare la sua scelta; C. Metodo del valore percepito dall'acquirente: è strettamente collegato al concetto di posizionamento del prodotto; D. Metodo del prezzo corrente e cioè il suo adeguamento a quello dell'azienda leader e del mercato. 2h 36’26’’ 3.4.2 il commercio Esistono due tipi di distribuzione, il commercio all’ingrosso e quello al dettaglio. Il commercio all’ingrosso è effettuato da imprese che acquistano beni dal produttore per rivenderli ad altri intermediari commerciali (negozi al dettaglio). Saranno poi questi che li venderanno al consumatore/utilizzatore finale. Si tratta di una istituzione tipicamente italiana, e deriva dal particolare frazionamento della distribuzione che c'è nel nostro paese: da noi esistono (ancora, anche se sono in continua diminuzione) numerosi e piccoli punti vendita, ed esiste anche un considerevole commercio ambulante (le bancarelle nei giorni di mercato): queste piccole imprese commerciali trovano comodo e conveniente approvvigionarsi presso un grossista, perché in questo modo hanno diversi vantaggi. Imm.74 suggestione – il layout di un negozio di Tokyo 2h 37’00’’ 3.4.3 l’identità L’identità corporativa può essere metaforicamente descritto come l’abito con cui una persona si presenta. É fondamentale che tale abito sia in grado di comunicare i valori di chi lo indossa, e non altre informazioni non veritiere, o che non si è scelto di trasmettere. Con quest’espressione si intende quindi la percezione che il cliente ha di un'organizzazione.13 Nell'era in cui il cervello è costantemente stimolato da messaggi pubblicitari, immagini, esperienze di marca poter contare su un'identità societaria forte e su un'immagine coordinata permette di associare i valori aziendali a quelli del cliente favorendo la creazione di relazioni coinvolgenti. Le tre parole chiave a cui mirare per definire una buona identi14 tà corporativa sono uniformità, riconoscibilità e familiarità. Perchè tale identità possa fissarsi nella mente del consumatore è necessario che tutte le componenti in gioco procedano in sincronia verso una stessa direzione: immagine coordinata, logo, messaggi promozionali. Ma differenziarsi dai competitors non basta, occorre stimolare, attraverso i messaggi, le immagini, o addirittura i comportamenti; bisogna essere riconoscibili, facendo risaltare la personalità. Inoltre quando qualcosa è familiare è risulta più spontaneo riporvi fiducia. Allo stesso modo un consumatore sarà ben disposto ad acquistare un determinato prodotto solo se nella sua mente quell'azienda richiama valori positivi. Imm.75 immagine promozionale Starbucks 2h 37’51’’ In una posizione centrale e storica, all’interno del mondo della comunicazione d’impresa c'è l'advertising, vale a dire la pubblicità classica. Ma l'evoluzione del mercato, la globalità dei rapporti che pone le imprese, quale che sia il loro settore di attività, in una situazione di riferimenti molteplici e dinamici con i consumatori, con la concorrenza, con l'ambiente sociale circostante, hanno necessariamente allargato gli orizzonti. Così altre tecniche di comunicazione si sono evolute, e sono venute a fare da coronamento e integrazione della tecnica fondamentale, la pubblicità classica, per il migliore raggiungimento degli obiettivi aziendali. É possibile distinguere tali tecniche in “below the line” e “above the line”. Sono “Above the Line” tutte le attività di comunicazione che sfruttano i media classici, ovvero, radio, televisione, cinema, stampa (giornali e periodici), affissioni (manifesti e poster). Ormai anche le attività che prevedono l’impiego di internet vengono elencate in questo inseme. Il termine deriva dal gergo giornalistico, e indica la maggiore visibilità delle notizie riportate nella metà superiore della prima pagina, cioè sopra la piega (above the line), quando la testata è esposta assieme alle altre in edicola. Imm.76 immagine tratta da un spot pubblicitario per Lavazza 2h 38’31‘’ Sono “Below the Line”, invece, altre attività che non sfruttano tali media, come ad esempio le sponsorizzazioni, le attività di promozione, le relazioni pubbliche e il direct marketing. Compito della strategia di comunicazione è di definire il percorso metodologico dal business alla creatività: dall'individuare il problema che la comunicazione deve risolvere, a definire il ruolo che varie tecniche di comunicazione possono assumere per risolverlo, a tracciare le coordnate per il lavoro della creatività e assicurare la congruenza del prodotto creativo con gli obiettivi. La definizione di una strategia presuppone riflessione, ordine, metodo: che sono l'opposto della casualità. Una strategia chiara, definita, scritta e condivisa da tutti nell'azienda, è strumento di coerenza aziendale e di unità di intenti, assicura la necessaria continuità delle scelte e dei comportamenti, crea le migliori condizioni per il successo. Nella definizione di una strategia comunicativa bisogna innanzi tutto tenere presente quale sia il posizionamento del prodotto, o dell’azienda, dettato dalle indagini di mercato, in modo da usare contenuti, mezzi e modi adeguati. Gli obiettivi di una campagna di comunicazione possono essere riassunti in questo elenco: aumentare le occasioni di consumo, nonché le quantità acquistate da chi già acquista; aumentare la fedeltà alla marca; attirare nuove categorie di consumatori; ovviare agli svantaggi, fino addirittura a trasformarli in vantaggi; stimolare la fiducia e l’interesse in addetti ai lavori, come distributori o fornitori; creare simpatia e affidabilità verso i prodotti. Imm.77 un cow-boy in una strada di New York promuove la Polaroid 2h 39’27‘’ 1,2,3. Business Plan - guida alla compilazione fornita da Formaper 4.le informazioni dell'intero paragrafo sono state reperite presso la Camera di Commercio di Palermo e riguardano l'interno territorio nazionale 5. da "Analisi di Mercato", in "L'Economia", Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Roma, 6/1959 - Giancarlo Pallavicini 6. le informazioni sull'analisi di settore ono state reperite su "L'analisi di settore. Metodologia e applicazioni" di Luca Barbarito - Franco Angeli Edizioni 2000 7. le informazioni sulla ricerca di mercato sono state reperite su "Le ricerche di mercato. Guida pratica e metodologica" di Amedeo De Luca - Franco Angeli Edizioni - 2006 8. le informazioni sulla segmentazione sono state reperite su "Il campionamento per la ricerca di mercato", di Antonio Gambini - Giappichelli Editore 2009 9. le informazioni sul piano finanziario son state reperite su "Il business plan", di Antonio Borello - McGraw Hill 2009, e da Business Plan guida alla compilazione fornita da Formaper 10,11,12. da "Comunicare, elementi di tecnica di comunicazione d'impresa", Franco Tizian - Zanichelli 2005 13. definizione tratta da "La corporate image, come costruire e mantenere l'identità dell'azienda" di Thomas Garbet - Feltrinelli 1992 14. le informazioni sull'identità corporativa sono state reperite su "La corporate image, come costruire e mantenere l'identità dell'azienda" di Thomas Garbet - Feltrinelli 1992 e su "Corporate Image, un secolo d'immagine coordinata, dall'AEG alla Nike", di Vanni Pasca e Dario Russo - Lupetti 2005 2h 40’00‘’ 2h 40’01‘’ PARTE III progetto Le considerazioni teoriche offerte dalla prima parte, e il supporto pratico fornito dalla seconda parte, trovano utilità al momento dello sviluppo del progetto, a cui la terza parte è dedicata. Esiste una correlazione tra ciascuna delle schede, delle storie, dei casi studio osservati e una specifica parte del progetto di TrattoTempo, dalla definizione dell’idea imprenditoriale alla definizione della produzione, passando per la costruzione di un’identità corporativa o la comunicazione esterna. 2h 40’37‘’ Capitolo 4, dall’alba a mezzogiorno 2h 40’39‘’ 4.1 il senso di TrattoTempo Il primo obiettivo di TrattoTempo, il brand progettato in occasione di questa tesi di laurea, è di trasmettere al pubblico l’importanza e il vero valore del tempo. Oggi il nostro tempo è vittima di abusi ed anomalie che causano malessere e degenerazioni nei ritmi della nostra vita: il tempo viene sprecato, quando ad esempio facciamo qualcosa di completamente inutile, il tempo viene messo di fretta, quando ci ostiniamo a correre ad ogni costo, il tempo viene rovinato troppe volte. Dare valore al tempo significa dare valore al suo giusto trascorrere, alle esperienze che si possono acquisire, al piacere di impiegarlo in modi sempre nuovi, ma anche alla passione nello svolgere un lavoro. Al contrario togliergli importanza vuol dire ammettere di svolgere attività di poco conto, sognare di fare qualcosa di diverso da ciò che si sta facendo durante il tempo che si sta trascorrendo. Rapportare tutto a coordinate temporali è un modo di regalarsi una diversa prospettiva della realtà, di porre l’attenzione su aspetti della nostra vita che ci passano davanti senza lasciare alcuna traccia rilevante. 2h 41’18‘’ La produzione di questo marchio farà proprio questo: cambierà i parametri. Le coordinate fondamentali della vita di una produzione e di un prodotto verranno dirottate a sottolinearne l’aspetto temporale, piuttosto che quello spaziale e materiale. Potrebbe non essere più importante, ad esempio, dove il prodotto sia stato fatto, se si tratti di un “Made in Italy”, piuttosto che di un “Made in China”? Che succederebbe se la coordinata spaziale diventasse irrilevante di fronte a quella temporale, se un oggetto avesse un valore aggiunto non dettato dalla garanzia di qualità perchè fatto in una nazione in particolare, ma dato dall’emozione che una data può regalare? Uno stesso oggetto acquisirebbe un valore diverso per un particolare individuo se si tratta di un “Made on January 15th, 2011” piuttosto che in un’altra data, se questa persona è legata al 15 gennaio. O ancora, per altri oggetti potrebbe essere conveniente conoscere più che la data di realizzazione, il tratto di tempo necessario per realizzarlo, magari artigianalmente; a parità di prodotto un pezzo acquisirebbe un valore maggiore se realizzato in 5 ore di lavoro piuttosto che in una sola ora? Oppure potrebbe, a seconda del tipo di oggetto, essere vero il contrario? E allora si tratterà di oggetti “Made in 5 hours” o “Made in 10 minutes”. Per altri oggetti ancora la discriminante, capace di far preferire un pezzo piuttosto che un altro, potrà essere l’ora in cui viene realizzato, all’interno di un sistema di produzione in grado di sottolinearne questa sfaccettatura, il progetto assumerebbe connotati diversi a seconda del momento della giornata in cui verrebbe fatto. Alcune produzioni sono speciali perchè realizzate in “serie limitata”: vale a dire che viene stabilita una bassa tiratura per una particolare edizione. In queste edizioni, solitamente, ad un basso numero di pezzi prodotti corrisponde una qualità superiore rispetto alle serie standard. Di conseguenza il valore emozionale, e il più delle volte il valore com- merciale, aumentano. Alle comuni serie limitate perché non sostituire le produzioni in tempo limitato? Non stabilire un limite in termini di numero di pezzi realizzati, bensì un limite sul tratto di tempo in cui la produzione, piuttosto che la vendita, di un determinato prodotto speciale sia attiva. Si tratta di una serie di ipotesi, di operazioni dalla forte carica emozionale: il senso, e le speranze di successo di TrattoTempo, risiedono nella capacità di emozionare il pubblico, di scuoterlo e di metterlo nelle condizioni di desiderare tale scossa. D’altro canto questa logica appare come perfettamente calata nella contemporaneità e nei nuovi stili di vita: si tratta di un marchio che vive in pieno questo tempo, non un altro. 2h 44’03‘’ 4.2 una produzione equilibrata 4.2.1 Made in Con il lancio di TrattoTempo viene presentata una prima linea di prodotti, linea composta interamente da orologi da parete. La scelta di esordire concentrandosi sull’orologio è sembrata la più coerente con la tematica adottata dal brand, nonostante il tema stesso vada oltre al semplice concetto di tempo in quanto grandezza misurabile. In tal senso l’orologio, quello da parete in particolare, è stato individuato come il supporto più adatto, più significativo, per contenere i valori dell’impresa. Come si potrà verificare con il capitolo relativo all’analisi di mercato, l’orologio da parete è una categoria di oggetti che, seppur impoveritosi di utilità a causa dei nuovi stili di vita meno sedentari, è fortemente presente negli spazi pubblici e privati. In altre parole si tratta di un oggetto che ha un mercato vasto. L’applicazione a cui si è appena accennato è intitolata “Made in”. Nel linguaggio comune questa espressione è sempre seguita dal nome di una nazione, ed indica il luogo in cui il prodotto che la riporta è stato effettivamente realizzato. Se un oggetto è un “Made in Italy” è fatto in Italia, e subito richiama alla mente dei consumatori la qualità e il modo di fare le cose tipico delle produzioni italiane. Alla stessa maniera un prodotto “Made in China” sarà inevitabilmente connotato diversamente; lo stesso vale per il “Made in U.S.A.”, il “Made in India”, o quant’altro. Il “Made in” qui progettato è diverso; non indica dove sia stato fatto il prodotto, ma in quanto tempo è stato fatto. In questa caso, quindi, l’espressione non è seguita dal nome di un luogo, bensì da un unità di tempo. Un oggetto può essere stato realizzato in 5 secondi, “Made in 5’’”, oppure in 5 ore, “Made in 5h”, e allora avrà una connotazione diversa agli occhi del consumatore. Lo scopo di quest’operazione è di distinguere il brand da quelli concorrenti. É chiaro che in ciascuna produzione, in ciascuna azione, le coordinate temporali e spaziali coesistono. Ogni oggetto è fatto in un luogo ed in un certo tempo; però è solo il “dove” che viene più spesso sottolineato, comunicato al pubblico, non il “quando”. Questo avviene proprio perché risulta intuitivo accostare al luogo di produzione una certa gamma di valori e peculiarità. Ma ribaltare quest’abitudine e sottolineare invece il “quando” è un qualcosa che, nel mondo del design, non ha mai fatto nessuno. Eppure potrebe risultare altrettanto intuitivo associare ad un’unità di tempo un valore di qualità, sempre se si sarà in grado di costruire un contesto comunicativo (analizzato nei capitoli successivi) che sia in grado di lasciare intuire, ed apprezzare, al consumatore questo passaggio. Ad essere precisi, questo prodotto viene lanciato in funzione di un progetto più generale, un progetto che riguarda un metodo, una modalità di applicazione declinabile anche su qualunque altra categoria di oggetti. In questo caso il progetto di tale metodo è applicato all’orologio da parete, in future produzioni potrà essere applicato ad altri oggetti. 2h 45’58‘’ 4.2.2 Torte TrattoTempo L’applicazione “Made in” viene dunque associata a una prima produzione, quella degli orologi da parete della serie “Torte”. Si chiamano così perché hanno molto in comune con le torte; come le migliori torte, infatti, sono tonde, sono semplici e sono gustose, ma soprattutto così come le torte per fare questi orologi bisogna seguire una precisa ricetta, e rispettare i “tempi di cottura” è fondamentale per la riuscita dell’oggetto. Le Torte hanno una forma essenziale, un disco di 25 centimetri di diametro e di 3,1 centimetri di spessore; su una faccia 12 tacchette rettangolari in rilievo indicano le 12 ore. Il quadrante è quindi realizzato in un unico pezzo, scavato sul retro, non in vista una volta posizionato l’orologio sulla parete, per alleggerirlo ed ottimizzare la produzione. Sempre sul retro sono riportati l’alloggio per la scatola degli ingranaggi, incastrata utilizzando una guarnizione in gommapiuma, e una concavità in cui inserire la testa del chiodo. Oltre a quadrante, scatola degli ingranaggi e guarnizione, le uniche altre componenti sono le due lancette, delle ore e dei minuti, in lamiera, ottenute tramite tagli laser, e disegnate per risultare essenziali nella propria forma, così come l’intero prodotto assemblato. Imm.78 viste prospettiche delle Torte 2h 46’45‘’ d: 250 15x5 d: 5 Tav.1 viste frontale e laterale quote in mm scala 1:2 31 2h 47’00‘’ d: 10 r: 3 15 63 Tav.2 viste posteriore e laterale con linee nascoste quote in mm scala 1:2 93 21 2h 47’15‘’ 55 90 Tav.3 esploso assonometrico e dimensioni delle lancette lancette quote in mm scala 1:1 2h 47’30‘’ 4.2.3 la lavorazione delle Torte Per ottenere una Torta esiste una regola da seguire: questa deve essere ottenuta colando un materiale allo stato fluido, o comunque molle, all’interno di uno stampo; il tempo necessario all’indurimento di questa materiale determinerà il tempo che sarà servito a produrlo. Ogni Torta riporterà quindi l’indicazione “Made in” seguita dal tempo di lavorazione. Mentre la tecnica di lavorazione viene mantenuta costante come punto fermo, il materiale è variabile; la serie di orologi da parete comprende quindi pezzi realizzati in diversi materiali, dal gesso alla ceramica, dalla cera fino addirittura al cioccolato. Ma per potere fare ciò è necessario essere provvisti di uno stampo realizzato ad hoc, che permetta di ottenere precisamente la forma descritta nelle precedenti pagine. Sono state individuate due tipologie di soluzioni per intraprendere una produzione che risulti conveniente e che permetta di offrire al pubblico risultati qualitativamente apprezzabili; dato che ogni materiale presenta particolari problematiche ed esigenze di lavorazione, si tratta di munirsi degli strumenti adatti ad affronatre la lavorazione di ciascuno di essi. Tali strumenti possono essere in posseso dell’impresa, oppure TrattoTempo potrà affidarsi ad un network di artigiani, ciascuno competente nell’ambito di un diverso materiale, che saranno i veri e propri artefici dei pezzi ultimati. Ad ogni modo una lunga serie di tentativi e sperimentazioni ha permesso di individuare nella gomma siliconica il materiale più adatto per realizzare stampo universale. La caratteristica di questo materiale maggiormente utile allo scopo è il fatto di essere totalmente antiaderente verso qualsiasi materiale; questo significa che non esistono difficoltà ad estrarre il pezzo una volta indurito, e questo senza l’impiego di alcun ulteriore agente distaccante. L’utilità di tale stampo universale, adatto a lavorare tutti i tipi di materiale considerati consiste in una praticità di lavorazione che, se affiancata ad una grande abilità manuale, consente di ottenere risultati appezzabili, seppur non eccellenti. Di seguito sono illustrate le fasi servite alla realizzazione dello stampo in gomma siliconica. 2h 48’12‘’ 1 3 1,2: per prima cosa un bravo falegname ha realizzato un pezzo in positivo che riportasse la stessa forma che è stata progettata; 3: è stata intanto costruita anche una scatola grande sufficientemente per contenerlo, scatola resa ermetica con l’applicazione di stucco sugli spigoli; 2 Tav.4 costruzione dello stampo in silicone 1 2h 48’22‘’ 4 6 4: il pezzo è stato inserito dentro la scatola, che è quindi stata riempita di cera calda, dunque liquida, che lo ha sommerso fino a metà del suo spessore; 5,6: dopo un paio d’ore la cera si è perfettamente indurita; a questo punto si è passata una mano di cera d’api sulla superficie libera, in modo che agisca come distaccante; 5 Tav.5 costruzione dello stampo in silicone 2 2h 48’32‘’ 7 9 7,8: è stata preparata la gomma siliconica, mescolandola con un catalizzatore che, aggiunto nella giusta proporzione (5%) avvia il processo di solidificazione, che avviene in 24 ore; la gomma, perfettamente fluida, viene versata nella scatola fino a coprire la parte del pezzo rimasta emersa; 9: dopo 24 ore il silicone si è solidificato è può essere estratto; 8 Tav.6 costruzione dello stampo in silicone 3 2h 48’42‘’ 10 12 10,11: il risultato è uno stampo che riproduce metà della forma del pezzo, che, acoppiato all’altra metà, ottenuto utilizzando lo stesso procedimento ma capovolgendo il positivo in legno, permetterà di dare vita all’orologio. 12: i materiali fluidi potranno essere versati direttamente nello stampo ottenuto dall’accoppiaggio delle due metà, con un imbuto inserito in un foro appositamente ricavato. 11 Tav.7 costruzione dello stampo in silicone 4 2h 48’52‘’ 4.2.4 le ricette Ottenuto lo stampo in gomma siliconica non rimane che utilizzarlo per la formatura degli orologi nei più svariati materiali, purché questi siano colabili o modellabili. Quelle che seguono sono le ricette necessarie ad ottenere ciascun orologio, in un particolare materiale ed in un particolare tempo di lavorazione. Si tratta di una serie di orologi da parete i cui materiali sono stati selezionati per garantire una varietà cromatica, superificale ma soprattutto di durata della lavorazione. 2h 49’05‘’ Imm.80 Torta Made in 20’ 2h 49’43‘’ Made in 20’ Ingredienti: 1,35 Kg di ceramite 400 ml di acqua mezzo limone Preparazione: La ceramite, che si presenta come una polvere bianca e fine, e l’acqua vanno mescolate assieme dentro un secchio; è importante avere cura di mantenere il rapporto di 3 a 1 nelle proporzioni, in quanto un diverso rapporto non garantirebbe una buona riuscita. Mettere per prima cosa metà della ceramite in un secchio, versare quindi metà dell’acqua e con una spatola da muratura mescolare ripetutamente. Aggiungere a poco a poco le rimanenti parti di ceramite e acqua e continuare a mescolare fino ad ottenere un fluido omogeneo, senza grumi. Aiutandosi con la stessa spatola versare il liquido ottenuto dentro lo stampo in silicone chiuso, utilizzando un imbuto. Se quest’operazione viene fatta in un ambiente la cui temeratura supera i 25° centigradi, è opportuno aggiungere composto, mentre lo si mescola, delle gocce di succo di limone per ritardarne l’indurimento. Lasciare riposare per 20 minuti. Sformare quindi l’orologio in ceramite ormai indurita. Una volta ottenuta la forma applicare la vernice vetrificante. Aggiungere infine meccanismi e lancette. 2h 50’15‘’ Imm.81 Torta Made in 2h 30’ 2h 50’18‘’ Made in 2h30’ Ingredienti: 800 gr. di paraffina 200 gr. di stearina 1 bustina di colorante per cera vernice isolante e trasparente vernice vetrificante a freddo Preparazione: Riempire una pentola d’acqua fino a metà e mettere al suo interno una pentola più piccola. Riscaldare, poggiando direttamente sul fuoco del fornello la pentola più grande, fino a raggiungere l’ebollizione. Pronto il bagnomaria, a fuoco medio, mettere dentro la pentola più piccola la paraffina e la stearina; si tratta di due componenti, da miscelare nel rapporto di 4:1, ricavate rispettivamente dal petrolio e dall’olio di palma, e si presentano come una massa cerosa, bianca, leggermente traslucida, la paraffina, e come una polvere bianca, la stearina. Lasciare riscaldare per 20 minuti finché le due componenti non si siano completamente sciolte ed amalgamate, quindi abbassare la fiamma al minimo ed aggiungere il colorante, del colore che si preferisce. Mescolare per un paio di minuti, finché il liquido ottenuto non abbia assunto una colorazione omogenea, quindi spegnere la fiamma. Utilizzando un imbuto versare la cera calda e liquida all’interno dello stampo in silicone, ottenuto sovrapponendo le due metà. Lasciare risposare per 2 ore. Sformare quindi l’orologio in cera ormai solida. Una volta raggiunta la forma applicare la vernice isolante, e una volta asciutta, se si vuole, anche quella vetrificante. Aggiungere infine meccanismi e lancette. 2h 50’50‘’ Imm.82 Torta Made in 3h 30’ 2h 50’53‘’ Made in 3h 30’ Ingredienti: 1Kg di cioccolato vernice isolante Preparazione: Cuocere a bagnomaria, a fuoco medio, tutto il cioccolato tagliato a pezzetti. Giunti alla temperatura di 50° il cioccolato inizierà a fondere. Per garantire la brillantezza e la durezza del cioccolato occorre temprarlo: si tratta di un gioco di variazioni di temperature mirato una pre-cristallizzazione della massa con l'unico cristallo stabile tra tutti quelli esistenti. Munendosi di un termometro da cucina versare il cioccolato fuso su una lastra di marmo e mescolarlo con cura con una spatola, senza incorporare troppa aria, fino al raggiungimento di una temperatura di 27. Mettere nuovamente quindi il cioccolato sul fuoco per alcuni secondi, finché questa non abbia raggiunto la temperatura di 31°, facendo assoluta attenzione a non superarla, altrimenti l’operazione sarà da rifare. L’ideale sarebbe svolgere questa attività in un ambiente ad una temperatura compresa tra i 18° e i 22°. Terminata questa procedura versare l’impasto all’interno dello stampo chiuso, aiutandosi con un imbuto, e lasciare raffreddare qualche minuto. Mettere poi lo stampo in freezer e lasciare riposare per 3 ore. Dopo 2 ore sformare il disco indurito. Se l’operazione di tempratura è stata svolta correttamente il cioccolato sarà ben duro e apparirà brillante. Aggiungere a questo punto la vernice isolante che garantirà l’integrità del cioccolato a contatto con l’aria. Applicare infine le lancette e i meccanismi. 2h 51’25‘’ Imm.83 Torta Made in 8h 2h 51’28‘’ Made in 8h Ingredienti: 0,375 l di resina epossidica – componente A 0,375 l di resina epossidica – componente B Preparazione: Munirsi innanzi tutto di mascherina e guanti in lattice, per evitare di inalare le particelle della resina o di farla entrare a contatto con la pelle delle mani; indossate queste precauzioni aprire i due barattoli delle due componenti allo stato liquido e versare l’intero contenuto di uno all’interno dell’altro. Mescolare con un cucchiaio per alcuni minuti finché le due componenti non saranno ben amalgamate. Il materiale, così miscelato, sarà lavorabile per 30’. Versare la miscela ottenuta all’interno dello stampo in silicone chiuso con l’aiuto di un imbuto, facendo attenzione che tutto il materiale finisca al suo interno. Lasciare risposare per 8 ore. Sformare quindi l’orologio in resina ormai solida. Aggiungere le lancette e i meccanismi che saranno visibili in quanto la resina indurita è trasparente. 2h 52’00‘’ Imm.84 Torta Made in 20h 2h 52’03‘’ Made in 20h Ingredienti: 650 gr. di maizena 650 gr. di colla vinilica olio di vaselina succo di limone colori a tempera Preparazione: Mescolare insieme tutti gli ingredienti in una pentola antiaderente utilizzando un cucchiaio di legno. Cuocere a fuoco moderato, senza smettere mai di mescolare finché il composto non avrà raggiunto la consistenza desiderata: sarà molto appiccicoso, e si appallottolerà su se stesso, distaccandosi dalle pareti della pentola. Per evitare che indurisca occorre spegnere il fuoco quando la pasta è ancora appiccicosa, e mescolare continuamente finché non si raffredda. Quando è ben impastata metterla a riposare dentro un frigorifero, avvolta nella carta da forno, per 10 minuti. La pasta è pronta per essere inserita all’interno dello stampo; se si preferisce si può impastarla con un po di colore a tempera, o con coloranti naturali, senza esagerare in quanto il colore diventerà molto più intenso una volta asciugatosi. Inserire la pasta all’interno di ciascuna delle due metà dello stampo, procedendo poco alla volta, e una volta riempite chiudere lo stampo. Lasciare riposare per 20 ore. Sformare quindi l’orologio pasta di mais e aggiungere meccanismi e lancette. 2h 52’35‘’ Imm.85 Torta Made in 24h 2h 52’38‘’ Made in 24h Ingredienti: 0,75 l di gomma siliconica 0,05 l di catalizzatore per gomma siliconica colori acrilici Preparazione: Indossando un paio di guanti in lattice inserire tutto il catalizzatore dentro il barattolo della gomma siliconica, che si presenta come un fluido bianco leggermente viscoso. Mescolare bene con un cucchiaio in modo da avviare il processo di solidificazione. Se si desidera ottenere del silicone omogeneamente colorato aggiungere al composto il colore acrilico che piace di più, o se si preferisce è possibile dividerlo in più contenitori e colorare ciascuna parte diversamente in modo da ottenere soluzioni più fantasiose. Importante è comunque non superare i 30 minuti di lavorabilità consentiti dal materiale prima che il processo di solidificazione cominci a rendere impossibile la miscelazione del colore. Una volta miscelato il tutto versare, aiutandosi con un imbuto, il fluido dentro lo stampo in silicone. Lasciare riposare per 24 ore. Dopo un giorno l’orologio è pronto per essere sformato, ed apparirà come una gomma colorata dei colori scelti. Aggiungere infine meccanismi e lancette. 2h 53’10‘’ Imm.86 Torta Made in 5 days 2h 53’13‘’ Made in 5 days Ingredienti: 1 Kg di argilla da terracotta un po d’acqua vernice vetrificante a freddo Preparazione: Avendo cura di avere le mani ben bagnate, procedere prendendo un pezzo d’argilla, ammorbidendolo, pressandolo e manipolandolo, e infine spalmandolo all’interno di ciascuna delle due metà dello stampo in silicone. Una volta riempiti i volumi, rendere le due superfici quanto più liscie, lavorando dapprima con le mani, poi con una spatola, e infine con un bastoncino a T per spalmare circolarmente il materiale. Se l’argilla non è abbastanza lavorabile aggiungere piccole quantità d’acqua. Una volta ottenute due superfici piane sovrapporre le due metà dello stampo. Lasciare riposare per 1 giorno, in un ambiente asciutto e all’ombra, prima di ottenere la consistenza necessaria sformare. Lasciare quindi riposare nello stesso ambiente il pezzo per altri 4 giorni. Applicare infine, a piacere, la vernice vetrificante e completare con lancette e meccanismo. 2h 53’45‘’ Imm.87 Torta Made in 5 days 15h 2h 53’48‘’ Made in 5 days 15h Ingredienti: 1 Kg di argilla da terracotta un po d’acqua vernice vetrificante a freddo Preparazione: La preparazione è la stessa usata per ottenere il Made in 5 days. La differenza è che una volta indurito il pezzo in argilla in questo caso viene cotto. Dopo 5 giorni di riposo l’argilla dovrebbe essere totalmente secca e si dovrebbe presentare con una colorazione grigia. Se così è il disco è pronto per essere infornato. Per ottenere la terracotta va cotto ad una temperatura di 930° - 960° per una durata di 7 ore, secondo un programma di cottura che prevede un innalzamento di temperatura graduale. Dopo la cottura il pezzo deve rimanere nel forno chiuso per altre 7 ore per lasciare riposare il materiale. Si ottiene così il cosiddetto biscotto, vale a dire il pezzo cotto, grezzo e pronto per essere definito, applicando direttamente lo smalto sulla superficie. Completare l’orologio inserendo i meccanismi e le lancette. 2h 54’20‘’ Imm.88 Torta Made in 10 days 2h 54’23‘’ Made in 10 days Ingredienti: 1 Kg di gres un po d’acqua Preparazione: La preparazione è molto simile a quella del Made in 5 days 15h. Cambia il materiale: in questo caso si utilizza un’argilla particolare, detta gres, che presenta una colorazione giallastra e una consistenza maggiormente compatta rispetto all’argilla da terracotta, verdastra. Con le mani bagnate prendere piccoli pezzi di gres, ammorbidendoli, pressandoli e manipolandoli e infine spalmandoli all’interno di ciascuna delle due metà dello stampo in silicone. Una volta riempiti i volumi, rendere le due superfici quanto più liscie, lavorando dapprima con le mani, poi con una spatola. Se il gres non è abbastanza lavorabile aggiungere piccole quantità d’acqua. Una volta ottenute due superfici piane sovrapporre le due metà dello stampo. Lasciare riposare per 1 giorno, in un ambiente asciutto e all’ombra, prima di ottenere la consistenza necessaria sformare. Lasciare quindi riposare nello stesso ambiente il pezzo per altri 8 giorni. Dopo questo tempo il disco sarà perfettamente secco duro, pronto per essere cotto ad una temperatura che arriva ai 1100°, secondo un programma che permetta di raggiungerla gradualmente nell’arco di 12 ore. Una volta terminata la cottura lasciare riposare all’interno del forno ancora chiuso per altre 12 ore, alla fine delle quali si sarà ottenuto il disco in gres porcellanato, che presenterà una colorazione bianca e una superficie liscia e lucida. Completare applicando le lancette e il meccanismo. 2h 54’55‘’ 4.2.5 il packaging In linea con la metafora delle torte, delle ricette e dei tempi di cottura da rispettare per ottenere gli orologi da parete, anche il packaging fa riferimento al mondo culinario. La confezione con cui ciascun prodotto si presenterà, infatti, sarà simile al classico cofanetto con cui normalmente si trasportano i dolci dalla pasticceria fino alla tavola di casa. Il packaging è progettato per risultare comunque essenziale nella forma e negli stimoli visivi, così come il contenuto: una scatola a forma di parallelepipedo, delle dimensioni di 29cm x 29cm x 5cm, con apertura a linguetta dalla faccia superiore, che contiente un ulteriore sagoma in cartone che, opportunamente risvoltata, conferisce maggiore rigidità all’intera confezione, garantendo la salvaguardia del contenuto. Imm.89 scatola delle Torte 2h 55’45‘’ Tav. 8 Packaging - imballaggio A cartone pressato, spessore 2 mm montaggio 1 3 2 4 5 2h 56’35‘’ Tav. 9 Packaging - Imballagio B cartone ondulato, spessore 2 mm montaggio 1 2 3 4 2h 57’15‘’ Tav. 10 Packaging - Imballagio A sviluppo made in made in 2h 57’25‘’ 51 685 150 64,5 292 Tav. 11 Packaging - Imballagio A scala 1:5, quote in mm 292 292 292 292 2h 57’35‘’ 1188 Tav. 12 Packaging - Imballagio B sviluppo 2h 57’45‘’ 290 290 260 30 54 390 Tav.13 Packaging - Imballagio B scala 1:5, quote in mm 260 290 230 290 680 2h 57’55‘’ Imm.90 scatole delle Torte 2h 58’00‘’ Capitolo 5, da mezzogiorno al pomeriggio 2h 58’02‘’ 5.1 la ditta TrattoTempo sarà una ditta individuale. Tra le possibili forme giuridiche esistenti, infatti, questa è quella più indicata per le modalità produttive ed organizzative che ci si prefigge di mantenere. Si tratta della scelta più semplice e che presenta il minor numero di difficoltà legislative, adottabile in questo caso in quanto l’impresa fa riferimento ad un solo titolare, la figura del designer-imprenditore che è stata descritta nei capitoli iniziali. Se, invece, fosse stato presente almeno un socio allora sarebbe stato impossibile adottare la forma giuridica della ditta individuale, salvo particolari eccezioni. Oltre che in presenza di un unico investitore, l’impiego di tale forma risulta opportuno qualora, non ci si prefigga di svolgere attività che richiedano ingenti investimenti, e che, dunque, comportino rischi contenuti. In questo caso, infatti, al titolare della ditta non viene imposto un quantitativo minimo di capitale da investire, cosa che invece succede in altre forme giuridiche; questo significa che tutto il patrimonio personale dell’imprenditore è soggetto al rischio d’impresa, e che, nello sventurato caso di fallimento, questo dovrà rispondere ai debiti con l’intera somma. Come si vedrà nel dettaglio nel paragrafo seguente, TrattoTempo è una ditta che nasce dalla filosofia per cui è preferibile contenere gli investimenti, cosa che comporta un contenimento anche dei profitti, o delle perdite, fino a ridimensionarli per risultare paragonabili a una comune somma di reddito ottenuta altrimenti. Allo svantaggio di rispondere con l’intero patrimonio personale, svantaggio che peraltro potrà essere limitato da un’attenta pianificazione finanziaria, rispondono però notevoli vantaggi. Innanzi tutto una ditta individuale è più facilemte costituibile di quanto non sia un’impresa che adotta un’altra forma giuridica. Gli unici adem- pimenti richiesti sono, infatti, l’apertura di un numero di partita IVA e la conseguente iscrizione alla Camera di Commercio della provincia in cui ha sede la ditta, costituzione che comporta spese irrisorie e tempistiche rapide. Anche tenere la contabilità di una ditta individuale è molto semplice, e di conseguenza è minore il rischio di andare incontro a provvedimenti dovuti a cattiva tenuta del registro contabile. Ad esempio, a differenza delle società, non esiste l’obbligo di redigere un bilancio di fine anno. Dal punto di vista decisionale, invece, un notevole vantaggio è dato dall’accentramento in un unica persona, che può quindi avere la possibilità di essere rapido nelle proprie scelte e nelle proprie operazioni. 2h 58’50‘’ Adempimenti di una ditta individuale richiedere eventuali licenze o autorizzazioni amministrative, sanitarie, ecc. denuncia all'Agenzia delle Entrate (Attribuzione Partita I.V.A o codice fiscale) entro 30 giorni dall'inizio dell'attività iscriversi al Registro delle Imprese della Camera di Commercio della provincia in cui ha la sede legale iscriversi all'INPS eventualmente iscriversi all'INAIL Costi burocratici Iscrizione alla Camera di Commercio: 93,00 € Attribuzione della partita IVA: 2,60 € Pagamento dell'INPS: oontributi INPS in base al reddito (incidono per un 17% circa sul reddito con un minimale fisso di 1.800,00 euro) Pagamento dell'IRPEF: in base al reddito Eventuale iscrizione all'INAIL: proporzionale al rischio dell'attività Pagamento IRAP: 4,25 % su un imponibile che comprende anche il costo del lavoro e gli oneri finanziari 2h 59’00‘’ 5.2 il piano per una crescita equilibrata Una parte di fondamentale importanza per la stesura di un business plan che risulti credibile è quella relativa al piano finanziario. Si tratta di fare un confronto tra fondi che si intende investire e ricavi che si prevede di ottenere, con una proiezione che vada in avanti col tempo di almeno qualche anno. Oltre alla stesura di un business plan come documento ufficiale, il senso dell’iniziativa ha suggerito la compilazione di un piano finanziario rapportato ad un arco temporale ridotto: mentre il business plan ufficiale, prevede una sezione in cui vengono riportati nel dettaglio tutti gli investimenti e tutti i ricavi che si prevedono dal momento della nascita fino ad alcuni anni dopo, oltre che la stesura di un piano di intervento su questi dati, il piano non ufficiale che si andrà di seguito a descrivere possiede l’appunto di essere strutturato in modo da rinnovarsi di anno in anno. La scelta di considerare un piano finanziario basato su un singolo anno di attività è dovuta a riflessioni sulle opportunità esistenti. In particolare la, seppur scontata, presenza di difficoltà ed incognite, la possibilità di imprevisti, che incombono sul possibile successo dell’iniziativa spingono ad affrontarla con un atteggiamento che miri ad una crescita a piccoli passi. Il brand che sta nascendo lo fa assolutamente dal nulla, e, in maniera consapevole, la scelta da sottolineare è quella di impiegare bassi investimenti a fronte di piccoli guadagni, o di piccole perdite. Il senso di questa scelta sta in motivazioni di carattere personale, riassumibili nella volontà di fare del primo anno di attività un periodo di lancio, utile a verificare l’impatto che l’impresa avrà sul mercato. L’obiettivo del primo anno di attività sarà quello di produrre un utile in grado di garantire la sopravvivenza e la crescita del brand, ma nel caso in cui si dovesse fallire la perdita non sarebbe eccessiva. Il piano degli investimenti sarà dunque orientato a ridurre le spese senza che queste superino la copertura finanziaria a disposizione, e a definire numericamente l’obiettivo di vendite che ci si prefigge. Qualora l’obiettivo fosse raggiunto con il nascere del secondo anno di attività ci si prefiggerà un obiettivo più alto, mentre se si dovesse fallire il piano degli investimenti verrebbe ricalcolato. 2h 59’45‘’ 5.2.1 Il primo anno di vita ve alle fonti patrimoniali a cui attingere, alle spese che si effettuano una volta, all’avvio, e a quelle che si rinnovano periodicamente. L’atteggiamento con cui si affrontano le scelte relative all’esordio e al primo anno di vita del marchio sarà prudente nel calcolo dei rischi nell’effettuare investimenti, a fronte di una prospettiva di ricavi contenuti. Considerato che questa attività deve innanzi tutto soddisfare le esigenze di una sola persona, l’imprenditore, da due punti di vista concatenati, economico e personale, il primo passo è quello di quantificare queste esigenze. Dal punto di vista personale risulta facile indicare lo svolgersi attività stessa come soddisfacente, in quanto nobilitante gli sforzi e la passione profusi. Dal punto di vista economico si fissa l’obiettivo a cui mirare in una cifra pari alla somma delle spese d’avvio e mantenimento dell’impresa, aumentata da un utile da reinvestire pari al 30% di tale somma, più un guadagno per le esigenze personali dell’imprenditore pari a 1000 € mensili, cifra calcolata sulle abitudini e sulle aspettative di stile di vita strettamente personali. Si considererebbe comunque un successo il raggiungimento di un reddito personale inferiore qualora tale attività fosse affiancata da una fonte di reddito certa, in grado di coprire parte delle spese. Come accennato, la totale novità rappresentata da questo esordio, suggerisce prudenza negli investimenti; questi teoricamente potrebbero riferirsi a cifre maggiori di quanto non verrà di seguito quantificato, con la prospettiva di ricavi più elevati, ma la scelta, consapevole, è quella di considerare il primo anno di vita come un banco di prova, e quindi contenere i rischi, evitando, in caso di fallimento totale, una bancarotta. Detto questo, si procede ad elencare il piano delle entrate e delle uscite che si pianifica di intraprendere. Quest’elenco comprenderà voci relati3h 00’28‘’ Tab. 1 elenco delle spese preventivate (cifre espresse in €) Acquisto materie prime e semilavorati per realizzare i prodotti 8000,00 Spese di comunicazione, promozionali e di rappresentanza 3000,00 richiesta e mantenimento n. di Partita I.V.A. 100,00 Canone di affitto dei locali ove espletare l’attività 6000,00 Spese per acquisire e gestire uno spazio su web 500,00 spese relative alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie 100,00 Mantenimento e gestione connesse (arredamento,manutenzione ordinaria) 1000,00 Affitto di spazi espositivi in occasione di fiere, mostre etc. 1500,00 spese per la corretta gestione fiscale (commercialista) 500,00 Utenze (elettriche, gas, telefoniche, cellulari) 1500,00 Spese postali 200,00 Spese varie iniziali (una tantum) connesse all’avvio dell’attività 2000,00 Spese amministrative e fiscali, notarili e di Camera di Commercio d’avvio attività 3000,00 Spese per aggiornamento professionale e culturale 1000,00 L’ammontare delle spese previste è di 32.800,00 € ; si tratta di cifre induitive, ed è opportuno sottolineare ancora una volta la volontà di ridurre le cifre relative ad alcune voci non direttamente connesse con il successo di vendite, bensì ad aspetti legati alla qualità dello svolgimento della professione. Se il successo lo permetterà negli anni seguenti tali voci potranno essere rincarate, potendo contare su utili da reinvestire, ma per il primo anno la volontà di attingere il meno possibile a capitali d’indebitamento è più forte del desiderio di rischiare. 100,00 Quota di ammortamento dell’attrezzatura acquisita Spese di noleggio dell’attrezzatura necessaria / Spese ed interessi passivi inerenti i capitali di indebitamento 1500,00 Compensi a collaboratori / Spese legali per recupero crediti (eventuali) 300,00 500,00 Imposte dirette, indirette e fiscalità locale 2000,00 Spese di d’ingegno brevetto delle opere 3h 1’12‘’ Tab. 2 Copertura finanziaria (cifre espresse in € ) Mezzi economici propri Capitali d’indebitamento Aiuti economici governativi previsti a sostegno dell’imprenditoria giovanile Altre fonti minori 9800,00 15.000,00 8.000,00 / 3h 1’48‘’ Tab. 3 Ricavi La cifra che ci si prefigge di ricavare, data dal totale delle spese, più un utile del 30% da reinvestire, più un reddito di 1000 € netti mensili è quindi: 32.800,00 € + 9840,00 € + 12,000 € = 54.640,00 € Le modalità con cui è determinato il prezzo dei prodotti saranno esaminate nel capitolo relativo alla vendita. In questa parte si anticipa che tale prezzo è stato calcolato 39,90 €, per ciascuna delle diverse Torte, sulla base di diverse considerazioni. Definiti quindi tutti i termini dell’espressione si può fissare anche numericamente l’obiettivo di vendite. 54.640,00 €: 39,90 € = 1370. Bisognerà vendere 1370 pezzi in un anno per raggiungere l’obiettivo. 3h 2’09‘’ 5.2.2 gli anni successivi al primo Al termine del primo anno d’attività, e al termine del ciascun anno, verranno tirate le somme e fatte le considerazioni del caso; all’inizio del nuovo anno si compilerà un nuovo piano degli investimenti che terrà conto di parametri che potrebbero essere mutati. Innanzi tutto il successo o l’insuccesso di vendite dell’anno precedente può suggerire un cambiamento nelle aspettative dell’imprenditore, che può scegliere di modificare alcuni investimenti. Se il primo anno ha avuto successo, e si ritiene che sia possibile affrontare una crescita dell’impresa, potrebbe ad esempio risultare proponibile affittare uno spazio più grande, se non addirittura acquistarlo. Anche il catalogo dei prodotti potrebbe arricchirsi di nuove proposte che possono prevedere l’impiego di macchinari il cui acquisto risulterebbe necessario, mentre alcune voci che risultavano sacrificate potrebbero beneficiare di una cifra maggiore a cui attingere. Per quanto riguarda il reddito personale, anche questa voce potrà variare, in base alle mutate aspettative e ai mutati stili di vita. A queste considerazioni si aggiunge quella relativa alla possibile crescita dell’attenzione data dal pubblico all’attività imprenditoriale, o alla persona del designer-imprenditore stesso. Una fama maggiore potrebbe ad esempio giustificare un aumento della quotazione di mercato dei prodotti e dell’impresa. 3h 2’38‘’ 3h 2’39‘’ Capitolo 5, dal pomeriggio alla sera 3h 2’40‘’ 6.1 quanti orologi 6.1.1 il macrosettore Come illustrato all’interno del capitolo 3 un’analisi di mercato comporta due dfferenti studi: l’analisi di settore e la ricerca di mercato. Mentre la prima indaga l’offerta, vale a dire aspetti come i settori di riferimento dell’impresa o le potenzialità dei concorrenti, la seconda indaga la domanda, cioè i bisogni dei consumatori. Questo paragrafo è dedicato al primo di questi due studi, mentre il successivo lo sarà alla ricerca di mercato. Molte delle argomentazioni già portate nella prima parte di questa relazione di tesi descrivono già il macrosettore a cui ci si riferisce; non occorre qui ripeterle, se non in forma riassuntiva. É possibile, dunque, constatare il drastico mutamento che il mondo del disegno industriale ha subito negli ultimi anni, in particolare nell’ultimo decennio; dati alla mano, tale mutamento si concretizza in un aumento esponenziale del numero di professionisti operanti nel settore, ma anche in una variazione della capacità da parte delle aziende di fornire disegno industriale, verso criteri maggiormente delocalizzati, ad un pubblico che sempre di più dimostra di avere mutato le proprie preferenze verso gli aspetti immateriali del design. Le conseguenze di questi cambiamenti sono da individuare in alcune discordanze emblematiche, tra cui la forte difficoltà il grado di occupazione (e, non trascurabile, il grado di soddisfazione) della categoria dei progettisti più o meno esordienti. Si individua quindi in una scala produttiva, che faccia riferimento per certi aspetti a realtà di dimensioni ridotte, con tutto ciò che questo comporta, una risposta valida al mutamento di scenario considerato. All’interno delle nuove dinamiche di riferimento si descrive, portando esempi significativi, il modo di procedere di una figura professionale il cui ruolo acquista un significato sempre maggiore, quella del designerimprenditore. 3h 3’39‘’ 6.1.2 il microambiente Passando all’analisi del microambiente di riferimento si procede analizzando le tre tipologie di forze competitive esistenti: A. Competizione interna: le aziende facenti parte di un settore possono influenzare le reciproche posizioni di mercato attraverso mutamenti di prodotto, di segmento, di prezzi, di promozione e di distribuzione. Una prima dimensione da conoscere è il numero di concorrenti ed il grado di concentrazione del settore; B. Potere contrattuale dei fornitori: i fornitori danno all’impresa le risorse necessarie per la produzione di beni e servizi. Se i fornitori sono, nel loro settore, pochi e concentrati, è probabile che abbiano un grosso potere contrattuale, in particolare se l’oggetto della fornitura è in grado di influenzare direttamente la qualità del prodotto finale; C. Potere contrattuale dei clienti: i clienti sono coloro ai quali è destinato il prodotto/servizio. Esercitano una pressione sul settore per ridurre il prezzo o per aumentare la qualità. Concorrenti La prima domanda a cui rispondere per procedere all’identificazione dei concorrenti diretti è: quale bisogno è soddisfatto dall’impresa? TrattoTempo, il marchio progettato in occasione di questa tesi di laurea, è un brand la cui mission (che sarà dettagliatamente riportata nel capitolo relativo all’identità corporativa) è quella di suggerire al pubblico un atteggiamento nei confronti del tempo a propria disposizione che sia equilibrato nell’impegno di attività diversificate; bando quindi alla monotonia, alla routine, alla fretta, alla noia. Oltre alla divulgazione dei valori contenuti nell’iniziativa, la stretta produzione con cui esordisce il marchio consiste in orologi da parete. Dunque la risposta alla domanda è: il primario bisogno soddisfatto è quello di conoscere l’orario. I concorrenti diretti sono dunque quelli che offrono lo stesso prodotto, vale a dire orologi da parete. A differenza di alcuni decenni fa l’utilizzo dell’orologio da parete è estremamente diminuito, e la ragione è il forte cambiamento della abitudini di vita, molto meno sedentarie rispetto al passato. Un orologio da parete è un oggetto che una volta trovata collocazione presumibilmente la mantiene per un lungo periodo; come verrà osservato in sede di analisi delle richieste del pubblico, l’orologio da parete è sinonimo di stabilità spaziale, vale a dire che il fatto che non possa essere trasportabile non rappresenta un problema in quanto l’abitudine è quella di soffermarsi per lunghi periodi nello stesso ambiente. 3h 4’43‘’ Entando nel merito dei concorrenti, in primo luogo vengono qui identificati i grandi distributori di elementi d’arredo per abitazioni ed uffici, prima su tutti la catena svedese Ikea. Come è noto, si tratta di grandi magazzini che offrono prodotti di massa che riescono a mantenere prezzi bassi determinati da scelte di materiali, lavorazioni e distribuzioni mirate ad ottimizzare i costi di produzione. Prendendo come riferimento Ikea, in quanto leader tra queste grandi catene, si osserva che all’interno del suo vastissimo catalogo esistono anche dieci orologi da parete, tutti meccanici, venduti a prezzi che variano dai soli 2 €, fino ai 70 €. Si tratta di orologi realizzati con quadranti in plastica di medio-bassa qualità, dal disegno essenziale, in linea con quello che è l’ormai celeberrimo stile Ikea. Riferendosi ancora alla grande distribuzione esistono poi quei produttori che offrono orologi digitali in grado di fornire, oltre all’orario, ulteriori informazioni, quali la data, la temperatura o il tasso di umidità; si tratta di orologi dai prezzi che si aggirano nell’ordine delle centinaia di euro. Ad esempio si riporta l’azienda statunitense Oregon Scientific che dal 1989 distribuisce in tutto il mondo i suoi orologi elettronici. Imm.91 orologio prodotti da Ikea Imm.92 orologio prodotto da Oregon Scientific 3h 5’11‘’ Stringendo ulteriormente la vastità del raggio d’azione si individuano i distributori di articoli domestici, tra cui gli orologi da parete meccanici, che offrono prodotti con un più alto grado di progettazione e una maggiore qualità dei materiali. In Italia esistono importanti marchi come Alessi, che affianca la vendita dei prodotti ad un intenso lavoro di progettazione, e la Rinascente, che invece si pone solamente come rivenditore. Una delle 28 categorie in cui è suddiviso il catalogo di Alessi è relativa agli orologi da parete, in tutto 13 ; si tratta di progetti legati a designer di fama internazionale, tutti molto accattivanti, qualcuno anche carico di contenuti simbolici che vanno oltre la sola funzione di indicare l’ora. La qualità del catalogo e il presigio dell’azienda fanno sì che i prezzi si collochino in una fascia meno popolare di quelle appena descritte, variando da alcune decine ad alcune centinaia di euro per ciascun pezzo. Come si è visto, Diamantini&Domeniconi è un marchio italiano, nato nel 1965, specializzato in orologi d’arredamento. Mentre agli esordi la produzione riguardava orologi di gusto classico, ormai da alcuni anni la ricerca nel campo del design contemporaneo ha portato l’azienda a collaborare con numerosi progettisti di fama internazionale. La ricercatezza e il gusto dell’impegno progettuale sono molto raffinati ed attuali, e il catalogo è molto ampio. Imm.93 orologio “Blank” di Martì Guixé per Alessi Imm.94 orologio prodotto da Diamantini&Domeniconi 3h 5’59‘’ Altri due esempi di marchi specializzati nella progettazione di orologi, meno celebri ma che ultimamente stanno riscuotendo un buon successo internazionale sono i già citati Karlsson e Spiral Clock. Il primo è un marchio olandese nato nel 1999; anche in questo caso si tratta di un’azienda che collabora con alcuni designer e che propone un vasto catalogo di prodotti di buona qualità e buon gusto, distribuiti anche in Italia attraverso alcuni rivenditori, tra cui la già citata Rinascente. Spiral Clock è invece un’impresa nata dalla collaborazione di due progettisti britannici nel 2006 la cui attività verte attorno al successo di un unico prodotto, un orologio da parete a forma di spirale. Imm.95 orologio prodotto da Karlsson Imm.96 Spiral Clock 3h 6’33‘’ La concorrenza allargata è costituita dai produttori di altri tipi di strumenti di misurazione del tempo, i più diffusi dei quali sono gli orologi da polso. Il notevole vantaggio dell’orologio da polso rispetto a quello da parete è che si sposta insieme a chi lo indossa, rendendo possibile la lettura dell’ora ovunque ci si trovi. L’orologio da polso è uno status symbol, cioè un elemento caratteristico dell’aspetto e del comportamento che tende a dimostrare esteriormente lo status sociale raggiunto dal possessore. Per queste ragioni la richiesta di orologi da polso è vastissima, così come il numero di produttori. I più celebri marchi internazionali specializzati nella produzione di orologi da polso offrono quasi tutti prodotti dalle eccellenti finiture e dai materiali ricercati, che si posizionano in una fascia di prezzo che si aggira intorno ad alcune centinaia di euro per pezzo. L’orologio da polso moderno ha acquisito alcuni connotati stilistici che rappresentano dei veri e propri canoni da rispettare per sperare di avere successo nel settore; per questo motivo le differenze tra un prodotto e l’altro sono molto meno vistose rispetto al campo degli orologi da parete. Tra i massimi produttori di orologi che rispettano i gusti classici si possono citare nomi come Breil, Lorenz, Rolex, Casio, tutti marchi di prestigio internazionale i cui prodotti, per qualità e prezzo, sono paragonabili a dei gioielli. A seguito di queste famose marche, numerosissime società agenti prevalentemente in altri settori hanno l’abitudine di arricchire la propria produzione con orologi da polso dedicati. Ovviamente oltre ai brand di spicco esiste un’intera scala di altre marche che propone un’offerta che si colloca in fasce di prezzo sempre più basse, a discapito della qualità del prodotto e del prestigio dell’oggetto in quanto status symbol. La più celebre eccezione a questo andamento è rappresentata dall’esperienza di Swatch, azienda svizzera che, seppur non vive più l’incredibile successo di qualche tempo fa, negli anni ’90 ha suscitato Imm.97 orologio da polso Longines 3h 7’08‘’ un fenomenale interesse verso i suoi orologi cheap, termine da intendersi nel doppio significato di economici e amichevoli. Riducendo il numero di componenti e utilizzando materiali plastici la Swatch fu in grado di abbattere i costi, e la partecipazione di numerosi artisti al disegno di ciascuna collezione ne ha garantito il successo di vendite. La concorrenza indiretta è determinata dai modi e strumenti alternativi all’orologio ma comunque pratici per la lettura dell’ora. Nell’ultimo decennio due tipologie di prodotti hanno avuto una diffusione esponenziale, dovuta ad una costante innovazione tecnologica che ha permesso prestazioni sempre più soddisfacenti, distribuite a scala sempre più larga, a prezzi sempre più modici: si tratta dei cellulari e dei computer portatili. A differenza di soli dieci anni fa, oggi praticamente chiunque possiede almeno un cellulare, e una percentuale altissima di persone ha la possibilità di avere un computer sempre con sè. Si tratta di due strumenti che, tra le altre funzioni, hanno anche quella di indicare l’ora. Fornitori Gli orologi da parete di TrattoTempo sono realizzati assemblando alcuni elementi essenziali: un quadrante, una scatola degli ingranaggi e le lancette. Il quadrante, che è l’elemento più voluminoso, è in un unico materiale, variabile: si va dal comune gesso venduto nei negozi di belle arti alla cera, dalla ceramica fino addirittura al cioccolato; si tratta in ogni caso di materiali comuni. La semplicità dei materiali lascia intuire quanto possa essere semplice ed economico reperirne anche grossi quantitativi. Il gesso, ad esempio, per essere lavorato necessita solamente di acqua per ottenere un impasto modellabile e di uno stampo per potere controllare la forma del pezzo indurito. Anche la reperibilità degli ingranaggi e delle altre componenti meccaniche non arreca grosse difficoltà, nè costi particolarmente significativi. 3h 7’39‘’ 6.2 il pubblico di TrattoTempo Come già indicato precedentemente la prima cosa da fare nell’affrontare una ricerca di mercato è definire un’opportuna segmentazione del pubblico, coerente con le scelte strategiche dell’impresa; si è scelto di procedere adottando la segmentazione per stili di vita descritta nel capitolo 3. nente estetica. Si considera questo come un bisogno tacito, in quanto appare sì, essere non pienamente espresso, ma possiede dei connotati riconoscibili. Per queste ragioni l’indagine che seguirà si concentrerà su metodi di ricerca associati a queste categorie di bisogni. Si procederà ad un sondaggio costruito con lo scopo di individuare le abitudini, le preferenze e le tendenze dei consumatori. Il primo obiettivo delle indagini che seguiranno è quello di verificare o confutare l’interesse da parte del pubblico verso le tematiche del nascente brand, individuando i segmenti di popolazione per cui risulterebbe maggiormente efficace indirizzarvi gli sforzi comunicativi. Scopo della ricerca è dunque anche rintracciare i canali e le modalità comunicative a cui fanno affidamento i membri dei segmenti interessati all’offerta. In secondo luogo è utile comprendere le abitudini ristrette al campo d’utilizzo dei prodotti che si sta per immettere nel mercato, vale a dire quello degli strumenti per misurare il tempo, onde verificare la bontà delle scelte progettuali intraprese. Ottenuta una segmentazione, senza la presenza di sovrapposizioni, della popolazione italiana sorgono due questioni da analizzare. I prodotti di TrattoTempo rispondono ad un’esigenza che si colloca tra la prima e la seconda categoria di bisogni, bisogni espliciti e bisogni osservabili, cioè alla necessità di conoscere l’ora. Ma, oltre a questa funzione primaria, gli orologi da parete prodotti da questo marchio soddisfano anche un’altro bisogno; si tratta di una necessità difficilmente classificabile, ma può essere descritta come il desiderio di un contenuto semantico all’interno del prodotto, che vada al di là della compo- 3h 8’00‘’ 6.2.1 il sondaggio Quello che segue è un sondaggio costruito con lo scopo di individuare quali, tra i segmenti secondo cui è stata suddivisa la popolazione italiana, sono maggiormente in sintonia con le tematiche proposte dal brand, e, di conseguenza, capire in che maniera indirizzare la comunicazione di tali tematiche. Si tratta di un questionario strutturato secondo tre parti. La prima riguarda i valori che l’impresa cerca di trasmettere, vale a dire i connotati, positivi e negativi, che esso attribuisce al tempo che ciascuno ha a propria disposizione. Si tratta qui di investigare all’interno di quali segmenti c’è una maggior quantità di riposte che rivelano un certo malessere legato ai moderni ritmi e stili di vita, e quindi quali individui siano maggiormente capaci di intendere i valori comunicati. La seconda area tratta l’idea imprenditoriale, vale a dire la scelta di conferire importanza alla coordinata temporale di una produzione, piuttosto che a quella spaziale. Ancora una volta l’obiettivo che ci si pone è rendersi conto di quali fasce di popolazione siano interessate ad una tale innovazione. L’ultima parte riguarda il prodotto che verrà lanciato, l’orologio da parete, e indaga la potenzialità che questa tipologia di oggetto può avere nel mercato. 3h 8’27‘’ Questo questionario si inserisce all'interno di una tesi di laurea specialistica in design presso il Politecnico di Milano, e serve a conoscere le abitudine degli italiani relativamente al tema del tempo. Sei stato selezionato per partecipare a questa ricerca, perché si ritiene che le tue risposte possano essere utili. Il questionario contiene 31 domande e richiederà pochissimi minuti, con risposta multipla, ed è rigorosamente anonimo; non ci sono risposte giuste o sbagliate, ma solamente risposte più o meno sincere. Grazie per la collaborazione. 1. Per ciascuna delle seguenti affermazioni indica il tuo grado di accordo, segnando una sola casella. Sono quasi sempre di fretta. Non è vero Sì, ma mi piacerebbe fare le cose con più calma Impegno il mio tempo in attività molto varie. Vero, spesso mi annoio Sì, ma la cosa mi va bene Non è così Faccio molte cose, ma non mi danno gusto Sì, mi piace tutto, o quasi, ciò che faccio Riesco a dedicarmi frequentemente ad un’attività che amo in particolare. Purtroppo non quanto vorrei Direi di sì Non c’è un’attività che ami particolarmente Passo la maggior parte del mio tempo a fare cose che mi piacciono Sì, perché mi piace tenermi sempre occupato Non ho molto da fare durante le mie giornate. Solo occasionalmente La trascorro lavorando, e il mio lavoro mi piace Sì, è così No, passo più tempo a fare cose che non mi piacciono In generale mi sento padrone/a del mio tempo Sì, è vero No, non è vero Non direi Ho delle abitudini regolari. Sì, e mi piace averle Sì, ma a volte mi piacerebbe variare Mi piacerebbe, ma non ci riesco Proprio no 3h 9’00’’ 2. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella Ti sei mai chiesto quanto tempo sia servito a fare un oggetto? Spesso A volte Ti potrebbe incuriosire sapere in quanto tempo, o addirittura in quale momento esatto, è stato fatto un oggetto? Decisamente sì Più sì che no Più no che sì Decisamente no Mai Ti sei mai chiesto quanto tempo sia passato da quando un oggetto che hai in mano è stato fatto? Trovi una relazione tra la qualità di un oggetto e il tempo servito a farlo? Spesso A volte Mai Decisamente sì Più sì che no Più no che sì Decisamente no Trovi una relazione tra la qualità di un oggetto e quanto tempo è passato da quando è stato fatto? Decisamente sì Più sì che no Più no che sì Decisamente no 3h 9’27‘’ 3. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella Usi l’orologio da polso? Orologio da tavolo/sveglia Orologio digitale con altre funzioni Spesso A volte Quale regaleresti? Orologio da polso Orologio da parete Mai Orologio da tavolo/sveglia Hai in casa un orologio da parete o un orologio da tavolo/sveglia? Spesso A volte Mai Quale di questi tipi di orologio preferisci? Orologio digitale con altre funzioni Da quale di questi faresti il tuo acquisto? Marche rinomate Grandi catene di oggetti per la casa Orologio da polso Negozi specializzati Orologio da parete Piccoli artigiani Orologio da tavolo/sveglia Orologio digitale con altre funzioni Quale ti sembra il migliore per rapporto tra utilità e fascia di prezzo? Quando fai un acquisto qual è la prima cosa che cerchi? Orologio da polso Orologio da parete Qualità Distinzione Orologio digitale con altre funzioni Orologio da polso Orologio da parete Novità Valore estetico Orologio da tavolo/sveglia Quale compreresti per te? Convenienza Fedeltà alla marca Credi di fare acquisti d’impulso? Spesso Raramente 3h 10’00’’ 4. Compila con i tuoi dati. Sono dati generici che servono a catalogare il sondaggio; le informazioni rimarranno in ogni caso in forma anonima. Titolo di studio Nessuno Licenza elementare Licenza media Sesso Maschile Diploma superiore Femminile Dove vivi? Laurea Nord Italia Centro Italia Frequentemente Raramente Guardi la televisione? Sud Italia Ascolti la radio? In che centro? In una grande città In una città media o piccola Leggi quotidiani? In provincia In un piccolo paese Età Fino a 18 anni Leggi riviste? Usi internet? da 19 a 24 anni da 25 a 34 anni da 35 a 44 anni da 45 a 54 anni da 55 a 64 anni più di 64 anni 3h 10’50’’ Quelli di seguito riportati sono invece i criteri scelti per determinare quali risposte siano più coerenti con i valori e le tematiche del brand, e quali invece lo siano di meno; assegnati dei valori alle risposte risulterà intuitivo rendersi conto se le risposte fornite dall’intervistato siano o non siano coerenti con quelle ritenute ottimali. La prima sezione secondo cui è strutturato il questionario, quello che riguarda gli aspetti del tempo ritenuti rilevanti, ciascuna domanda è associata ad alcune risposte, attraverso cui l’intervistato potrà scegliere quella che lo rappresenta di più. A ciascuna di queste risposte è associato un punteggio, tanto più alto quanto la risposta è in linea con il pensiero dell’impresa (ovviamente l’interrvistato non è a conoscenza di tali valori). Il punteggio massimo complessivo che si può accumulare rispondendo alle domande è di 20 punti, che corrisponderanno ad un profilo pienamente disposto ad accogliere i temi proposti. Il punteggio più alto è dato alle risposte che manifestano una certa insoddisfazione verso i moderni stili di viti, e i suoi ritmi, sintomo di un desiderio di cambiare qualcosa. I punteggi bassi sono invece assegnati alle risposte che, al contrario, palesano una soddisfazione a tali ritmi, dimostrando che il profilo corrisponde ad una persona a cui sta bene il modo in cui trascorre il tempo, e potrebbe non essere interessato a un’azienda che descrive un diverso rapporto con il tempo a disposizione. Ad esempio nella prima affermazione, “Sono quasi sempre di fretta”, sono assegnati 3 punti alla seconda opzione, “Sì, ma mi piacerebbe fare le cose con più calma”, 1 punto alla prima, “Non è vero”, e nessuno punto alla terza, “Sì, perché mi piace tenermi sempre occupato”; nella seconda affermazione, invece, “Non ho molto da fare durante le mie giornate.”, 3 punti corrispondono alla risposta “Vero, spesso mi annoio”, 1 punto a “Non direi”, e 0 punti a “Si, ma la cosa mi va bene”. Lo stesso criterio di giudizio è utilizzato per la seconda e la terza area del sondaggio. Nella seconda, ad esempio, alla domanda “Ti sei mai chiesto quanto tempo sia servito a fare un oggetto?”, la risposta “Spesso” ottiene 3 punti, la risposta “A volte” ha 1 punto, mentre la risposta “Mai” 0 punti. Risulta intuitivo, poi, come all’interno della terza sezione i valori più alti siano assegnati alle risposte che premiano l’orologio da parete a discapito delle altre tipologie di orologio, salvo le ultime due domande alle cui possibili risposte non è associato alcun valore in quanto sono mirate esclusivamente a indagare le modalità d’acquisto dell’intervistato. Una volta somministrato il sondaggio ad un campione selezionato casualmente all’interno dell’intero territorio nazionale, e raccolti i dati, sarà possibile definire una mappatura di gradienti attraverso la scala data dal punteggio complessivo ottenuto. Tale scala, che va da 0 a 42, dove a 42 corrisponde il profilo di una persona che ha risposto a tutte le domande indicando le risposte più coerenti con i valori dell’azienda, sarà utile a rintracciare i segmenti di popolazione con una maggiore prevalenza di interessati, e dato che ad ogni segmento è assegnato uno stile di vita e alcuni canali di comunicazione a cui ciascun facente parte risulta più sensibile rispetto che ad altri, sarà possibile indirizzare gli sforzi comunicativi per risultare più efficaci. 3h 12’52’’ Il sondaggio è stato somministrato nel periodo compreso tra la metà del Marzo 2011 e la metà del Maggio 2011. Il campione è stato scelto per risultare rappresentativo dell’intera popolazione italiana, quindi è stata data particolare attenzione all’etereogeneità degli intervistati, per area geografica, classe sociale, età e molti altri aspetti sociodemografici. Come è stato già ampiamente spiegato ciascun intervistato fa parte di uno soltanto dei segmenti identificati, ed è stato garantito un numero minimo di 50 intervistati per segmento. Il numero totale degli intervistati è stato di 750, e i sondaggi sono stati somministrati sfruttando differenti canali, come il supporto cartaceo o quello multimediale. Di seguito i risultati complessivi del sondaggio, seguiti da quelli parziali, relativi a ciascuno dei segmenti. 3h 13’43’’ Gr.3 risultati sondaggio 1. Per ciascuna delle seguenti affermazioni indica il tuo grado di accordo, segnando una sola casella. A:3,5% B:3,5% C:11% A:23,5% Sono quasi sempre di fretta. Non ho molto da fare durante le mie giornate. A. Non è vero A. Vero, spesso mi annoio B. Sì, ma mi piacerebbe fare le cose con più calma B:65,5% D:52% A:31,5% C:93% Impegno il mio tempo in attività molto varie. C:13% C:3,5% B. Sì, ma a volte mi piacerebbe variare B:44,5% Riesco a dedicarmi frequentemente ad un’attività che amo in particolare. B:31,5% C. Faccio molte cose, ma non mi danno gusto D. Sì, mi piace tutto, o quasi, ciò che faccio C:27% C. Non direi A. Solo occasionalmente B:13% A:21,5% Ho delle abitudini regolari. A. Non è vero B. Sì, ma la cosa mi va bene C. Sì, perché mi piace tenermi sempre occupato B. Non è così D:7% A:55,5% A:27,5% C:30% C. Mi piacerebbe, ma non ci riesco Passo la maggior parte del mio tempo a fare cose che mi piacciono. A. Purtroppo non quanto vorrei A. La trascorro lavorando, e il mio lavoro mi piace B. Direi di sì B. Sì, è così C. Non c’è un’attività che ami particolarmentetene B:42,5% C. No, passo più tempo a fare cose che non mi piacciono In generale mi sento padrone/a del mio tempo. B:45,5% A. Sì, è vero B. No, non è vero A:55,5% 3h 14’28’’ Gr.4 risultati sondaggio 2. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella D:6% C:17% A:26,5% B:56,5% D:20,5% A:26% A. Spesso Ti sei mai chiesto quanto tempo sia passato da quando un oggetto che hai in mano è stato fatto? B. A volte A. Spesso C. Mai B. A volte Ti sei mai chiesto quanto tempo sia servito a fare un oggetto? Trovi una relazione tra la qualità di un oggetto e quanto tempo è passato da quando è stato fatto? A. Decisamente sì C:25,5% A:22% B:52,5% D:16% A:29% C:18% B:29,5% C. Più no che sì D. Decisamente no A:35% Trovi una relazione tra la qualità di un oggetto e il tempo servito a farlo? A. Decisamente sì B. Più sì che no B:46% C. Più no che sì D. Decisamente no Ti potrebbe incuriosire sapere in quanto tempo, o addirittura in quale momento esatto, è stato fatto un oggetto? A. Decisamente sì B. Più sì che no C:24% C. Mai C:13% B. Più sì che no B:37% C. Più no che sì D. Decisamente no 3h 15’00’’ Gr.5 risultati sondaggio 3. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella C:3% B:3% C:2% Usi l’orologio da polso? A. Sì B:24% B. No, non mi serve C. No, ma se lo avessi lo userei D:22,5% A. Orologio da polso D:15% A. Orologio da polso C:4% C. Orologio da tavolo/sveglia A:72,5% D. Orologio digitale con altre funzioni E:3,5% Da quale di questi faresti il tuo acquisto? F:2% A:25% A. Marche rinomate B:19% C:41,5% B. Grandi catene di oggetti per la casa C. Negozi specializzati D. Piccoli artigiani D. Orologio digitale con altre funzioni C. Orologio da tavolo/sveglia A:62% B:7% B. Novità D. Orologio digitale con altre funzioni Quale regaleresti? D:23% A. Orologio da polso B. Orologio da parete C. Orologio da tavolo/sveglia C:7,5% B:9,5% Quando fai un acquisto qual è la prima cosa che cerchi? A. Convenienza D:50% B:17% B. Orologio da parete B:8% C. Orologio da tavolo/sveglia A:24,5% B. Orologio da parete A. Orologio da polso Quale compreresti per te? D:15,5% B. Orologio da parete B:27,5% A. Sì C. No, ma se lo avessi lo userei A:95% Quale ti sembra il migliore per rapporto tra utilità e fascia di prezzo? Quale di questi tipi di orologio preferisci? B. No, non mi serve A:73% A:26% Hai in casa un orologio da D:13% parete o un orologio da tavolo/sveglia? C:7,5% A:60% A:26% B:74% D. Orologio digitale con altre funzioni Credi di fare acquisti d’impulso? A. Spesso B. Raramente C. Valore estetico C:12,5% D. Qualità E. Distinzione F. Fedeltà alla marca 3h 15’50’’ Gr.6 punteggi ottenuti da ciascun segmento della popolazione italiana al sondaggio somministrato Analizzando invece le percentuali relative alle risposte date nel complesso da ciascuno dei 14 segmenti secondo cui è stata suddivisa la popolazione italiana, e assegnando i punteggi specificati nelle pagine precedenti, è possibile stilare una graduatoria delle fasce di pubblico teoricamente maggiormente propense ad accettre le tematiche del nuovo brand. i ragazzi evolutivi 27,2 la pre-élite progettuale 27,0 le sognanti 26,9 i protagonisti 26,3 il lavoro e svago 26,1 la tranquillità maschile 25,7 la tranquillità femminile 25,5 l'élite maschile 24,8 le donne doppio-ruolo 24,3 l'élite femminile 24,2 il lavoratore d'assalto 23,7 le casalinghe partecipanti 22,8 il maschio preculturale 21,7 le casalinghe chiuse 20,5 3h 16’30’’ 6.2.2 conclusioni Dati alla mano i segmenti della popolazione italiana che si sono dimostrati maggiormente in linea alle tematiche del brand, e dunque quelli che in linea teorica dovrebbero accettare di maggior grado i valori trasmessi alla nuova impresa, sono quelle più giovanili. Si tratta di studenti e giovani professionisti, uomini e donne, di livello sociale e di istruzione medi o medio-alti, seguiti immediatamente da professionisti protagonisti nei propri settori. Anche le fasce occupate dai pensionati hanno fornito un riscontro positivo. Dall’altra parte della graduatoria c’è da notare come le categorie di persone meno orientate verso i temi del brand si collocano agli estremi delle gerarchie sociali. Gli ultimissimi posti sono occupati dalle casalinghe, chiuse o partecipanti, e dagli uomini dal livello culturale mediobasso o basso, oltre che dai lavoratori d’assalto. Questi dati saranno utili per orientare le scelte comunicative e le operazioni strategiche. Considerate le preferenze degli individui appartenenti ai segmenti giovanili, i canali di comunicazione a cui sono maggiormente sensibili, verrà definita una comunicazione esterna che permetta al nuovo brand un lancio efficace. 3h 17’15’’ 3h 17’16’’ Capitolo 7, dalla sera all’alba 3h 17’17’’ 7.1 l’identità corporativa L’espressione identità corporativa si riferisce alla proiezione che un marchio mira a costruire nell’immaginario del pubblico di riferimento. L’obiettivo è quello di differenziarsi dai competitori raccontando e descrivendo quali sono i valori legati al nome del marchio. Comunicare chiaramente e l’identità di un marchio è assolutamente necessario per garantirne l’esistenza. Si tratta di uno strumento di marketing che prevede l’impiego di una rete comunicativa univoca nelle sue componenti, con l’obiettivo di risultare distintiva e attraente per il pubblico di riferimento. In primo luogo, ciò che parla di un brand sono i nomi che vengono scelti, a partire da quello del brand stesso. Gli esperti di comunicazione aziendale indicano tale scelta con il termine naming. Una seconda componente fondamentale nella costruzione di una identità corporativa è la definizione di una identità visiva, che si esprime attraverso il logo, o il logotipo, aziendale e tutti gli strumenti di immagine coordinata ad esso associati. La mission e la vision aziendali sono invece documenti stesi in forma ufficiale che riassumono sinteticamente gli scopi dell’organizzazione, la ragione della sua esistenza e i tratti che la distinguono dalla concorrenza. 3h 18’02’’ 7.1.1 Tratto + Tempo Il nome di un’impresa comunica non solo verso i consumatori, ma all’intero sistema che vi ruota attorno, alla rete composta da eventuali dipendenti, collaboratori, fornitori, partners: il nome di un’azienda parla di sé a chiunque vi entri in contatto. É importante dunque pensare bene a cosa si vuole comunicare e scegliere un nome in grado di farlo efficacemente. Rilevante è anche la capacità che ha questo nome di fissarsi nella memoria delle persone, e di fissare i valori ad esso associati. Il nome del marchio progettato in occasione della stesura di questa tesi è TrattoTempo; si tratta di un gioco di parole che evoca alla mente diversi significati. La parola “Tratto” può innanzi tutto essere intesa come sostantivo, come sinonimo di “porzione” o “intervallo”; un tratto di tempo è una parte del tempo che tutti noi viviamo ciclicamente. Nel ripetersi delle nostre ore, delle nostre giornate, dei nostri mesi e via dicendo, si verificano sempre le stesse dinamiche: percorriamo una strada, così come avevamo fatto ieri, sempre alla stessa ora, ad esempio. Ciascun intervallo di tempo, sia esso composto dai 5 minuti di uno spostamento in metropolitana o dalle 2 ore di palestra, presenta alcune problematiche, che hanno bisogno di soluzioni specifiche per essere risolte. Questo è il primo significato di TrattoTempo: i prodotti proposti da questo marchio potranno indagare specifici tratti di tempo e offrire specifiche soluzioni. Ma “Tratto” può anche essere inteso come un verbo: “tratto di tempo”, vale a dire “mi occupo del tempo”, è il tempo che interessa a questa attività. Il tema del tempo è l’assoluto protagonista dei movimenti di questa impresa. La scelta di progettare uno strumento per misurarlo, di immaginare un modo per osservarlo o di sognare un qualcosa per assaporarlo, ciascuna scelta di questo marchio tratterà di tempo. In senso esteso trattare il tempo significa occuparsi della nostra contemporaneità, di questo tempo, qui ed ora; significa indagare le nuove dinamiche dei nostri tempi, le nuove abitudini, le nuove esigenze, le nuove difficoltà, e reagire in maniera costruttiva a tutto ciò. Oggi non è più il tempo in cui una nuova impresa può lanciare sul mercato un best seller, un prodotto capace di mantenersi in catalogo per decenni senza il minimo calo di vendite, e costruire un’attività attorno al successo di uno o pochi prodotti, come invece poteva succedere in passato; è piuttosto il tempo delle precarietà, dentro e fuori il mondo del design: precaria è la produzione, precaria è la vita di un prodotto, precario è lo sviluppo di un’azienda, ma così come lo sono i posti di lavoro, le relazioni sentimentali, le amcizie a distanza, la televisione, il calcio, l’automobile, quello che mangiamo. La logica di TrattoTempo sta proprio qui: è un marchio che vive in pieno questo tempo, non un altro. Se è il tempo della precarietà allora è in questa che bisogna muoversi in maniera costruttiva. 3h 19’04’’ 7.1.2 la mission e la vison aziendale Mission e Vision sono due aspetti chiave nella comunicazione dei valori di un’impresa. La prima consiste nell’obiettivo ultimo, nella ragione che giustifica la nascita del brand, che è un carattere di distinzione, mentre la seconda è la proiezione in uno scenario futuro che rispecchia i valori aziendali e le aspirazioni, offrendo uno stimolo all’azione verso quella direzione; mission statement e vision statement (manifesto della mission e manifesto della vision) sono i due strumenti utilizzati per esprimere questi due aspetti. Il mission statement si riferisce al presente, e fornisce una guida operativa, mentre costituendo una guida pratica all’azione dell'organizzazione, mentre la funzione della visione aziendale è in un certo qual modo quella di dare ispirazione ai soggetti coinvolti. Entrambi i documenti hanno un’estensione sintetica, che può variare dalla lunghezza di uno slogan nel cui si desideri un maggiore impatto ad alcune righe se si preferisce porre le questioni di fondo dell’organizzazione. Si tratta di strumenti che servono tutte le volte che si crea il bisogno di descrivere chiaramente il senso del marchio. Se un logo deve essere in grado di trasmettere un messaggio in un attimo, questi documenti offrono la possibilità di articolare tale messaggio in una maniera più efficace. Per questa ragione è opportuno scegliere accuratamente le parole da utilizzare. Mission e Vision si rivolgono ai cosiddetti stakeholders, coloro i quali, cioè, hanno aspettative sulle prestazioni dell’impresa, siano essi consumatori, dipendenti, partners, fornitori, concorrenti, pubbliche amministrazioni e così via. Un mission statement efficace risponde chiaramente a queste domande: “chi siamo?”, cosa fa l’impresa e come lo fa?”, “perché lo fa?”; le caratteristiche di un vision statement invece dovrebbero portarlo a descrivere in modo vivido un’immaginario, uno scenario futuro, che sia facilmente ricordabile e che si riferisca ad aspirazioni che siano verosimili. Per fare alcuni esempi celebri la mission della Walt Disney è “to make people happy” (rendere le persone felici), mentre quella di McDonald’s è "to leverage the unique talents, strengths and assets of our diversity in order to be the World's best quick service restaurant experience” (far leva sulle capacità, i punti di forza e le risorse uniche della nostra diversità per essere il migliore fast food del mondo), mentre quella di Nokia, più articolata è “by connecting people, we help fulfill a fundamental human need for social connections and contact. Nokia builds bridges between people – both when they are far apart and face-to-face – and also bridges the gap between people and the information they need” (mettendo in contatto le persone noi aiutiamo a soddisfare il fondamentale bisogno umano di contatti e relazioni sociali. Nokia costruisce ponti tra le persone - sia quando sono lontane che faccia a faccia - e colma il divario tra le persone e le informazioni di cui hanno bisogno). Sempre Nokia è molto più sintetica nel caso della vision, "Our vision: Voice Goes Mobile" cambiata nel 2005 in “Our vision: Life Goes Mobile (la nostra visione: la voce diventa mobile e la nostra visione, la vita diventa mobile); Bill Gates, invece, espresse questa visione nel 1980: "un personal computer su ogni scrivania, e ogni computer con un software Microsoft installato". Di seguito la Mission e la Vision relativi a TrattoTempo. 3h 20’31’’ MISSION TrattoTempo è una realtà innovativa che opera nel mondo del design, combinando processi produttivi standardizzati a interpretazioni estetiche personalizzate di tipo artigianale, al fine di ottenere prodotti sempre unici dal deciso valore simbolico, oltre che estetico e funzionale. Ogni prodotto TrattoTempo, con modalità diverse, esalta il fattore temporale che accompagna il concepimento, la progettazione e la realizzazione finale dell’oggetto, nonché la reale fruizione esperita dell’utente. 3h 20’45’’ VISION Le attività dell’azienda sono ispirate a una consistente valorizzazione di una componente essenziale della nostra vita: il tempo. L’obiettivo di fondo è dare un’anima a ogni intervallo che si trasforma da astratto in concreto, immaginando un nuovo modo di misurare i pensieri e le azioni dell’uomo contemporaneo, restituendo la giusta valenza e importanza a ogni Tratto di Tempo della sua quotidianità. 3h 20’55’’ 7.1.3 l’Identità visiva Il logo TRATTOTEMPO è disegnato per sottolineare il trascorrere del tempo, incessante; i contorni delle 11 lettere che compongono il nome, diventano dei contenitori di colore, colore che va consumandosi procedendo dalla prima T verso l’ultima O. Il riferimento visivo va alla clessidra e ai granelli di sabbia contenuti al suo interno. Si lascia intuire che il tempo trascorre già durante la lettura di questo breve testo. In tal senso le due parole che compongono il nome del brand, vale a dire Tratto e Tempo, sono unite senza alcuna spaziatura, garantendo la continuità dell’effetto visivo. Il bianco e il nero sono i due colori combinati nella realizzazione del logo TRATTOTEMPO. Si tratta della scelta maggiormente in sintonia con i valori comunicati dal marchio, i cui aspetti chiave sono la ricerca del giusto equilibrio tra i vari modi di impiegare il tempo e la neutralità, ovvero l’assenza di giudizio su come invece tale equilibrio viene oggi alterato. Altre parole chiave sono leggerezza, facilità, ordine, chiarezza. 3h 21’28’’ Tav. 14 Manuale di Identità Visiva, logo TrattoTempo 3h 21’30’’ La parola TRATTOTEMPO nel logo fa riferimento ad un font esistente, si tratta del Kabel LT Std. Per la composizione di altri testi sul materiale di stampa e nelle diverse forme di comunicazione si sceglie invece l’impiego del carattere Futura Std nelle versioni light, light oblique, book, book oblique, bold. Kabel LT Std abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 1234567890 Futura Std abcdefghijklmnopqrstuvwxyz ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ 1234567890 Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, font utilizzati 3h 21’35’’ Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, costruzione del logo TrattoTempo 3h 21’37’’ VERSIONE POSITIVA: si usa solo su fondo bianco o su grigio fino al 10%. VERSIONE NEGATIVA: si usa solo su fondo nero, o su tonalità di grigio al di sopra del 70%. In questa riproduzione del logo il nero è sostituito dal bianco. 3h 21’42’’ Tav. 17 Manuale di Identità Visiva, versione positiva e negativa 3h 21’46’’ Il logo al tratto è da utilizzare quando le sue dimensioni devono essere ridotte al minimo o per rendere particolarmente economica la stampa o quando viene effettuata la stampa a un solo colore che non sia il nero. VERSIONE POSITIVA: si usa su fondo bianco o su colori e foto dai toni molto chiari. VERSIONE NEGATIVA: si usa su fondo nero o su colori e foto dai toni molto scuri. 3h 21’53’’ Tav. 18 Manuale di Identità Visiva, versioni al tratto 3h 21’55’’ Per quanto possibile, nelle comunicazioni deve essere utilizzato il fondo bianco, o grigio fino al 10%. Qualora fosse necessario l’utilizzo del logo TRATTOTEMPO su fondi colorati, è consigliabile la versione in bianco e nero negativa. 3h 21’57’’ DA EVITARE DA PREFERIRE Tav. 19 Manuale di Identità Visiva, applicazione su sfondi colorati 3h 22’00’’ Le dimensioni ottimali del logo sono determinate dall’utilizzo finale dello stesso ai fini dalla sua leggibilità e vengono definite caso per caso. Ad ogni modo la larghezza minima consentita del logo è di 25 mm. 3h 22’03’’ Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, dimensioni del logo 3h 22’06’’ Nella prossima pagina sono illustrati alcuni esempi di errato utilizzo del logo. È NECESSARIO EVITARE DI: Deformare o distorcere il logo, modificandone le proporzioni. Modificare i caratteri tipografici e la loro posizione. Modificare i colori istituzionali. Utilizzare il logo all’interno di riquadri bianchi sovrapposti a fondi colorati. 3h 22’11’’ Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, errori da evitare 3h 22’14’’ 7.2 trasmettere il messaggio Tutti gli aspetti del progetto d’impresa fin qui trattati risulterebbero inefficaci ai fini della commercializzazione dei prodotti del brand se non supportati da un’opportuna campagna di comunicazione esterna. Questo significa che il modo in cui si comunica verso il pubblico è un aspetto di primissimo rilievo. Si tratta in primo luogo di definire cosa si vuole comunicare, ad esempio l’esistenza del brand stesso e dei tipi di prodotti o servizi che realizza, ma anche di trasmettere valori, sensazioni, di proiettarsi in una precisa area all’interno dell’immaginario dei potenziali clienti. É chiaro che l’obiettivo di una qualsiasi campagna di comunicazione impostata da un’impresa che commercializza un particolare prodotto sia quello di convincere il pubblico ad acquistare tale prodotto. Per riuscirci un buon modo di procedere è riuscire a far capire ai potenziali clienti che quanto si offre sia qualitativamente apprezzabile, tanto da scegliere di far proprio l’oggetto in questione. Il termine “qualità” è da riferirsi sia alle caratteristiche proprie del prodotto, vale a dire l’estetica, la funzionalità, il prezzo, la resistenza e quant’altro, sia ai valori non tangibili con cui viene caricato. Ad esempio un particolare prodotto potrebbe dare una sensazione di maggiore qualità se è stato progettato da un designer di nota fama; lo stesso potrebbe avvenire se si comunica che un oggetto sia fatto a mano, con cura, da artigiani di un paese molto lontano; o ancora se si innesca quel meccanismo, tipico del linguaggio espressivo, per cui l’oggetto diviene veicolo di espressione. invece giusto riuscire a divenire piuttosto padroni del tempo che trascorriamo; che non bisogna soffrire la routine, la superficialità, la fretta imposte dai moderni stili di vita, ma soffermarsi ad essere progettisti del proprio tempo; che non è conveniente essere vittima della precarietà tipica della contemporaneità, precarietà tanto sul piano del lavoro quanto su quello delle relazioni tra persone, ma è di gran lunga preferibile reagire. Il valore dell’impresa TrattoTempo sta nella qualità del messaggio che lancia. Il modo giusto di procedere è rendere i prodotti veicolo di tale messaggio, in maniera tale che i consumatori siano spinti soprattutto dall’acquisto del messaggio, del proprio tempo. Acquistare un prodotto TrattoTempo deve significare acquistare una pillola di coscienza, da sfruttare per migliorare il proprio stile di vita. Gli orologi, così essenziali nel loro disegno, e così significativi nel processo produttivo che bada ai tempi di realizzazione, diventano quindi, una volta posizionati su una parete, costante richiamo a tali valori. La campagna comunicativa ha dunque l’obiettivo di comunicare chiaramente un messaggio, vale a dire l’idea alla base di TrattoTempo, e di innescare il meccanismo per cui il pubblico associ al prodotto tale messaggio. Se il concetto è apprezabile, allora lo sarà anche il veicolo. TrattoTempo è un’impresa che nasce da un’idea precisa, che sia sbagliato essere vittima dell’inesorabile trascorrere del tempo, e che sia 3h 23’34’’ 7.2.1 linee guida per la comunicazione esterna Come visto in precedenza un messaggio può essere comunicato attraverso diversi canali e abitudine distinguere questi canali in Above the Line e Below the Line, cioè tradizionali ed innovativi. La scelta dei canali comunicativi a cui riferirisi è dettata da diverse considerazioni. Il tipo di messaggio, ad esempio, o le preferenze del pubblico a cui ci si riferisce, o ancora le potenzialità e le opportunità che si presentano. L’indagine di mercato effettuata ha evidenziato come i segmenti della popolazione italiana che risultano essere maggiormente interessati al tipo di messaggio lanciato da TrattoTempo sono quelli più giovanili. L’interrogativo da porsi è dunque a quali strategie comunicative, e a quali canali, tali segmenti sono più sensibili, quali quelli maggiormente consultati. Appare scontato dedurre che il più efficace canale tra quelli esistenti sia il mezzo di Internet. Le statistiche dimostrano che al giorno d’oggi le fasce giovanili hanno nella loro quasi totalità un’assoluta familiarità con questo strumento. Ciò che invece sembra tutt’altro che scontato è come impiegare un mezzo tanto grande. All’interno di una enorme vastità di infromazioni e stimoli è necessario progettare accuratamente il modo in cui si sceglie di comunicare, con lo scopo di ottenere visibilità dovuta alla disuguaglianza da tutto il resto che il web porpone. Ovviamente anche i mezzi tradizionali sono tutt’ora degli strumenti dal grande potenziale in quanto incessantemente oggetto di attenzione. dalla portata di una piccola e nuova impresa. Per questa ragione TrattoTempo dovrà riuscire a sfruttare molto i canali meno tradizionali che presentano il grande vantaggio di comportare investimenti inferiori, ma, se la strategia comunicativa è efficace ed originale, può raggiungere un elevato numero di persone, anche più di quanto non consenta un mezzo classico. Tra i canali tradizionali soprattutto televisione, radio e quotidiani si collocano fuori dalla portata di TrattoTempo. Più ragionevole è invece immaginare pagine promozionali all’interno di riviste specializzate o su cartellonistica e supporti cartacei specie in occasione di eventi e fiere. Ma soprattutto al giorno d’oggi esistono diversi strumenti innovativi che se ben utilizzati consentono al messaggio di sfruttare a pieno le potenzialità della rete. Si tratta ad esempio della comunicazione virale: il giovane pubblico di internet spesso non si limita a guardare, ma commenta, partecipa e diffonde; è ciò che succede i video, che interessano, divertono qualcuno tanto da invogliarlo a sottoporlo all’attenzione dei propri amici. Un video virale ben fatto si diffonde rapidamente tra i segmenti giovanili della popolazione, e a costi incredibilmente contenuti. Affinché il video virale sia veramente efficace questo non deve dare l’impressione, se non all’ultimo istante, che contenga un messaggio pubblicitario; deve invece risultare affascinante, divertente, originale giocando su tale messaggio senza svelare il prodotto. La campagna di comunicazione esterna di TrattoTempo si affiderà ad un giusto mix di canali Above the Line e Below the Line. La praticità di alcuni strumenti tradizionali, è un’utile arma di cui difficilmente si può fare a meno, però spesso i costi per potervi accedere sono elevati, fuori 3h 24’40’’ Ma quale che sia il supporto per il messaggio bisogna innanzi tutto connotare, dare un forma a tale messaggio. Ciò significa pianificare attraverso quali meccanismi si cercherà di far giungere l’informazione all’immaginario di chi entra in contatto con il messaggio. Quello che verrà descritto di seguito riguarda proprio questo; non ci si addentrerà nell’esecutivo dei singoli elementi di comunicazione esterna, ma piuttosto si descriveranno le linee guida che si osserveranno. Lo spirito dell’idea di fondo di TrattoTempo, suggerisce una comunicazione che non risulti invasiva. Non è opportuno strutturare il proprio messaggio come se questo fosse un consiglio, un invito, dato dall’impresa agli spettatori, di migliorare i ritmi della propria vita. É chiaro, infatti, che nessuno può permettersi di giudicare l’operato di qualcun altro, e, se così invece accadesse, tale giudizio non verrebbe in generale accettato positivamente. Bisogna invece lasciare che sia il singolo individuo a dare un giudizio sul proprio operato, sul modo in cui impiega il tempo a propria disposizione, invitandolo a riflettere sul grado di soddisfazione che ha in relazione ad esso. Per questa ragione la campagna di promozione di TrattoTempo si fonderà sul semplice e puro paragone tra due approci al trascorrere del tempo opposti: quello tipico della contemporaneità, frenetico, monotono, superficiale, e un altro, più a misura d’uomo. Il giudizio si annulla, la campagna si limita a descrivere qualcosa che esiste, nessuno lo può negare. Ciascuno è libero di interpretare il paragone come gli viene suggerito dalla propria esperienza. Chiaramente ciascun elemento sarà costruito per facilitare un particolare meccanismo: se qualcuno riconosce se stesso, o meglio il ritmo del proprio tempo, all’interno del termine di paragone legato alla modernità, potrebbe essere mosso a giudicare positivamente l’altro termine di paragone, assente ma non impossibile da raggiungere. Si trata di una pillola, di una piccola scossa che, se ricevuta da un individuo che tende a pensarla come la pensa TrattoTempo, potrebbe innescare un flusso a catena che lo potrebbe spingere ad accettare positivamente il messaggio offerto. Tale paragone deve risultare fortemente emozionale, facendo ricorso ad immagini, o spezzoni che siano in grado di ricondurre immediatamente alla mente dell’osservatore certe situazioni. La presenza del linguaggio scritto si limiterà ad alcune parole chiave e ad un breve testo conclusivo che svela chiaramente l’intento del brand. 3h 25’58’’ 7.3 comprare le Torte 7.3.1 il prezzo delle Torte Tutto ciò di cui si è descritto fin qui il progetto, il senso, il messaggio, i prodotti TrattoTempo, necessitano di essere efficacemente commercializzati. É chiaro come questo aspetto sia di vitale importanza per l’impresa e per la sua riuscita, da un duplice punto di vista, monetario e divulgativo. Le scelte relative al commercio sono frutto delle considerazioni descritte all’interno del capitolo 5.2, relative al piano finanziario di TrattoTempo. Come si è visto, infatti, ad una somma di investimenti effettuati, corrisponde un’obiettivo di vendite sufficentemente ampio da ricoprire gli investimenti stessi, da produrre un reddito mensile significativo, oltre che un utile da reinvestire nelle operazioni degli anni successivi. Tenuto conto di tale obiettivo monetario, e tenendo presente anche le opportunità esistenti, e la necessità di un brand emergente di affermarsi in un mercato competitivo, sono state effettuate alcune precise scelte di prezzo e di modalità di vendita illustrate nei paragrafi che seguono. Ciascuna Torta sarà venduta al prezzo di 39,90 euro. Da quanto emerge dall’analisi di mercato effettuata, questa cifra si colloca in una fascia medio-bassa di prezzo. Questa fascia è stata scelta in primo luogo perché appare essere la giusta via di mezzo, né troppo alta né troppo bassa, tra l’esigenza di ottenere vasta visibilità in tempi brevi su cui potersi poggiare per operazioni commerciali future, e la qualità percepibile dal pubblico. Se è vero, infatti, che un prezzo basso corrisponde ad una maggiore probabilità di vendità, è altrettanto vero che un prezzo troppo basso viene solitamente interpretato dal pubblico come indice di scarsa qualità del prodotto. D’altro canto l’impiego di materiali la cui reperibilità non è difficoltosa, e il cui acquisto all’ingrosso risulta conveniente, permette un significativo guadagno anche a questa cifra. Si tratta comunque di un prezzo base, a cui riferirsi per constatare il successo o l’insuccesso di gradimento del pubblico, e potrà subire variazioni in base alle risposte verificate. 3h 27’02’’ 7.3.2 www.trattotempo.it Gli orologi saranno venduti principalmente attraverso il negozio on line di TrattoTempo. Questa scelta è in linea con le riflessioni sull’opportunità o meno di aumentare la quantità di investimenti iniziali. Come si è visto, infatti, la scelta è quella di procedere lentamente nell’affacciarsi verso il mercato, è l’acquisizione di uno spazio virtuale presenta, rispetto a quella di un negozio fisico, i vantaggi di essere estremamente più economico, più flessibile, e di garantire la possibilità di una visibilità molto vasta se l’operazione è supportata da una campagna comunicativa opportunamente progettata. Per aprire un negozio virtuale gli adempimenti da compiere non comportano grosse difficoltà. La vendita sarà resa intuitiva dal modo in cui è costruito il sito internet. Nella home page, infatti, appare, su uno sfondo bianco, la vista frontale degli orologi, che cambiano continuamente, affacciandosi ora il Made in 2h30’, ora il Made in 8h e così via. Il visitatore avrà anche la possibilità di scorrere velocemente tutti i modelli utilizzando una barra posta lateralmente. Cliccando sulle immagini si accedede al catalogo, da cui sarà possibile effettuare l’acquisto. 3h 27’34’’ ISPIRAZIONE CONCEPT PRODOTTI CONTATTI MADE IN: ISPIRAZIONE CONCEPT PRODOTTI ISPIRAZIONE PRODOTTI ISPIRAZIONE 24h CONTATTI MADE IN: 2h 30’ 20’ CONTATTI MADE IN: CONCEPT CONCEPT PRODOTTI CONTATTI MADE IN: 5 days Imm.98 layout home page www.trattotempo.it 3h 28’00’’ Riferimenti Bibliografici Testi consultati: Barbarito, Luca, "L'analisi di settore. Metodologia e applicazioni", Franco Angeli Edizioni, 2000; Bellandi, Giuseppe, “Fare marketing di prodotto”, - Accademia Universa Press, 2009; Branzi, Andrea, "Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all'inizo del XXI secolo", Skira Editore, 2006; Corriere Design, inserto del Corriere della Sera, Aprile 2011; Colling, Matthew, “Arad talks to Matthew Collings”, Phaidon, 1999; De Luca, Amedeo, "Le ricerche di mercato. Guida pratica e metodologica", Franco Angeli Edizioni, 2006; De Masi, Domenico, “L’ozio creativo – conversazione con Maria Serena Palieri”, Ediesse, 1995; Formaper, “Business Plan – guida alla compilazione”; Gambini, Antonio, "Il campionamento per la ricerca di mercato”, Giappichelli Editore, 2009; Garbet, Thomas, "La corporate image, come costruire e mantenere l'identità dell'azienda", Feltrinelli, 1992; Kotler, Philip, “Marketing management”, Pearson Education Italia, 2009; Hastings, Micheal “Ritmi circadiani”, BML, 1998; Mari, Enzo, “Progetto e passione”, Bollati Boringhieri, 2001; McGraw, Hill e Borello, Antonio, "Il business plan", Franco Angeli Edizioni, 2006; Montagnani, Maria Alessandra, "L'industrial Design", Loescher Editore, 2010; Novo, Maria, “Vivere Slow – Apologia della lentezza”, Dedalo, 2011; Pallavicini, Giancarlo, “Analisi di Mercato”, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Roma, 6/1959; Pasca, Vanni, e Russo, Dario, "Corporate Image, un secolo d'immagine coordinata, dall'AEG alla Nike", Lupetti, 2005; Pasca, Vanni, e Trapani, Viviana, “Scenari del giovane design”, Hoepli 2001; Pedio, Renato, “Enzo Mari, designer”, Edizioni Dedalo, 1980; Politecnico di Milano - Dipartimento INDACO, “Design Directory”, 2006; Sennet, Richard, “L’uomo flessibile”, Feltrinelli, 1999; Sennet, Richard, “L’uomo artigiano”, Feltrinelli, 2008; Tizian, Franco, “Comunicare, elementi di tecnica di comunicazione d’impresa”, Zanichelli, 2005; Vercelloni, Matteo, “Design and Italy, Ron Arad”, Mondadori, 2008; 3h 29’00’’ Riferimenti Bibliografici Siti consultati: www.thespiralclock.com www.tobeus.it www.tomdixon.net www.w-eye.it www.alessi.it www.atcasa.corriere.it www.ateliermendini.it www.adi-design.org www.corsidesign.it www.davidegroppi.it www.designdirectory.it www.diamantiniedomeniconi.it www.designmuseum.org www.formaper.it www.freitag.ch www.fullspot.com www.giovanniscafuro.it www.hugofranca.com/br www.ikea.com www.karlsson-clocks.com www.longines.com www.livestrong.com www.made.com www.oregonscientific.it www.paoloulian.it www-parmigiano-reggiano.it www.plinioilgiovane.it www.portaldiritto.com www.satyendra-pakhale.com www.swatch.com 3h 30’00’’