VOGLIO FARE
IL DESIGNER
storia di TrattoTempo,
ovvero la nascita di un’impresa
tesi di laurea di
Fabrizio Pollaci - 734170
Relatore: Matteo Ragni
Correlatore Luigi Brenna
Politecnico di Milano, Facoltà del Design
Corso di Laurea Specialistica in Design del Prodotto
Anno Accademico 2010 - 2011
Discussione di Laurea 20 Luglio 2011
9’’
10’’
per chi non è soddisfatto del proprio tempo
per chi non sa cosa farne
e per chi lo spreca.
13’’
Mi piace ricordare un aneddoto.
Scrivendo questa tesi di laurea mi sono imbattuto in un vecchio documento, scritto a macchina da mio padre circa 25 anni fa. Si tratta di
una relazione su non ricordo esattamente cosa, ma non importa; ciò
che importa è che questa relazione riportava come incipit una particolare citazione di Luigi Einaudi.
Mio padre, l’aveva letta su una stampa posizionata su una parete di
una sala d’attesa. Mai nella sua vita era stato colpito da una frase al
punto di appuntarsela, e mai più lo fece. Successe solo quella volta.
Era il Settembre del 1985, e mentre lui era in quella sala d’attesa io e
mia madre eravamo in una stanza accanto, io stavo nascendo.
44’’
Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli,
scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete
di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste,
ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto
potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come
ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro
energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran
lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente
ottenere con altri impieghi.
Luigi Einaudi
1’13’’
1’14’’
Incipit
È stata fatta una domanda a 200 studenti delle facoltà del design di
tutta Italia. La domanda è questa: “Che lavoro vuoi fare da grande?”.
Si intendeva, con questa domanda, chiedere a ciascun intervistato di
descrivere la propria visione del mestiere del designer, parola così
tanto vaga da potere comprendere dentro di sé tanti diversi lavori.
È stata fatta agli stessi 200 studenti anche una seconda domanda:
“Credi davvero che ci riuscirai?”.
Queste sono le risposte ottenute.
Le risposte alla prima delle due domande possono essere accorpate in
alcune tipologie, ciascuna che fa riferimento ad un diverso tipo di
lavoro legato al design.
43 studenti hanno detto che sperano di essere assunti da un’azienda,
non importa quale. Si tratta di descrizioni che portano alla figura di
quello che viene chiamato solitamente “tecnico del progetto”, quella
figura, cioè, che ha il compito di sviluppare concretamente, un progetto, sfruttando maggiormente l’aspetto tecnico della propria formazione
rispetto a quanto non facciano con quello espressivo. Spesso questa
figura professionale viene descritta come l’esecutore di uno stimolo che
nasce dalla mente di un’altra figura professionale.
51 studenti hanno detto che vorrebbero lavorare in uno studio di
progettazione, più a contatto con le scelte progettuali e meno con
l’esecuzione tecnica di un progetto, anche se il confine tra i due aspetti
non è quasi mai definibile.
Solamente 4 studenti hanno detto che vorranno sfruttare la propria
laurea per fare una carriera all’interno del mondo universitario, cominciando da ricercatori e sperando di ottenere una cattedra in qualche
ateneo.
3’07’’
In 18 hanno descritto una serie di attività che vedono ciascun intervistato impegnato in ruoli che gli permettono di coniugare il design con
un’altra passione presente nella propria vita, o comunque in lavori non
propriamente riconducibili ai classici mestieri del design.
Sono 11 gli studenti che auspicano di svolgere, invece, un’altro dei
mestieri che si possono fare con una laurea in Disegno Industriale,
come l’amministratore di un’impresa di famiglia.
In ben 73 hanno detto di volere fare il designer.
Cercando di capire cosa ciascuno intendesse per designer si è definita
una figura professionale che ha il compito di progettare, prodotti, interni, arredi o quant’altro, e l’onore di avere una fonte di reddito tramite
questo tipo di impegno. Che il progetto venga commissionato da
un’azienda o da un privato non importa, nessuno pare volersi specializzare nell’una o nell’altra tipologia di clienti. Ciò che importa è ottenere
soddisfazione professionale, cioè realizzazione personale e monetaria, attraverso quella pratica che permette di cercare uno stimolo e di
sviluppare un progetto attorno a questo stimolo, concedendosi anche di
avviare uno studio di progettazione con il proprio nome, sull’esempio
di quanto hanno fatto gli insegnanti che hanno trasmesso loro la passione per il design.
32 studenti sui 43 che sperano di lavorare in azienda hanno detto che
sono ottimisti sulle possibilità di successo.
Lo stesso vale per 39 sui 51 che vogliono lavorare in uno studio di
progettazione.
Tutti e 4 gli studenti che sperano di fare carriera universitaria pensano
di riuscire.
Tra gli studenti che non vogliono fare un classico mestiere del design
sono stati in 13 su 18 ad ad essere fiduciosi.
10 su 11 tra coloro che vorrebbero svolgere un’altra tipologia di attività sono abbastanza certi di poterlo fare.
Soltanto 17 su 73 studenti che vogliono fare il designer pensano
davvero di riuscirci.
3’10’’
3’11’’
VOGLIO FARE IL DESIGNER
storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa
INDICE DELLA REALAZIONE
Introduzione
6’55’’
PARTE 2 - basi pratiche
2h 10’48’’
PARTE I - basi teoriche
9’40’’
Capitolo 3, come nasce una nuova impresa
2h 10’50’’
Capitolo 1, progetto ed impresa
9’42’’
3.1 il punto di partenza: una buona idea
2h 12’07’’
1.1
1.1.1
1.1.2
1.1.3
1.1.4
11’32’’
13’24’’
20’07’’
24’31’’
28’24’’
3.2 la funzione produttiva
2h 12’43’’
3.3 la funzione amministrativa
3.3.1 il coordinamento
3.3.2 l’analisi di mercato
3.3.3 l’amministrazione finanziaria
2h
2h
2h
2h
14’22’’
15’03’’
18’55‘’
31’56’’
1.2 ricerca di senso
33’17’’
1.3 storie di chi voleva fare il designer
47’05’’
Capitolo 2, progetto e tempo
1h 20’01’’
3.4 la funzione commerciale
3.4.1 il prezzo
3.4.2 il commercio
3.4.3 l’identità
2h
2h
2h
2h
33’53’’
34’28’’
37’00’’
37’51’’
2.1 il tempo che passa
1h 21’12’’
2.2 come si progetta il tempo
1h 45’48’’
3’33’’
un nuovo scenario
la dimensione del cambiamento
un nuovo artigianato
il designer-imprenditore
un precedente storico
PARTE3 - il progetto
2h 40’37’’
Capitolo 6, dal pomeriggio alla sera
3h 2’40’’
Capitolo 4, dall’alba a mezzogiorno
2h 40‘39’’
4.1 il senso di TrattoTempo
2h 41‘18’’
4.2 una produzione equilibrata
4.2.1 Made in
4.2.2 Torte TrattoTempo
4.2.3 la lavorazione delle Torte
4.2.4 le ricette
4.2.5 il packaging
2h
2h
2h
2h
2h
2h
6.1 quanti orologi
6.1.1 il macrosettore
6.1.2 il microambiente
3h 3‘39’’
3h 3‘39’’
3h 4‘43’’
6.2 il pubblico di TrattoTempo
6.2.1 il sondaggio
6.2.2 conclusioni
3h 8‘00’’
3h 8‘27’’
3h 17‘15’’
Capitolo 7, dalla sera all’alba
3h 17‘17’’
Capitolo 5, da mezzogiorno al pomeriggio
2h 58‘02’’
5.1 la ditta
2h 58‘50’’
5.2 il piano per una crescita equilibrata
5.2.1 il primo anno di vita
5.2.2 gli anni sucessivi al primo
2h 59‘45’’
3h 0‘28’’
3h 2’38’’
7.1 l’identità corporativa
7.1.1 Tratto + Tempo
7.1.2 la mission e la vision aziendale
7.1.3 l’identità visiva
3h
3h
3h
3h
7.2 trasmettere il messaggio
7.2.1 linee guida per la comunicazione esterna
7.2.2 esempi di comunicazione tradizionale
3h 23’34’’
3h 24’40’’
3h 26’18’’
7.3 comprare le Torte
7.3.1 il prezzo delle Torte
7.3.2 www.trattotempo.it
3h 24’02’’
3h 24’02’’
3h 27’34’’
Riferimenti bibliografici
3h 29’00’’
4’02’’
45‘58’’
45’58’’
46‘55’’
48‘12’’
49‘05’’
55‘45’’
18’02’’
19’04’’
20’31’’
21’28’’
VOGLIO FARE IL DESIGNER
storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa
Imm.1 lampada Arco di Achille e Piergiacomo Castiglioni
Imm.2 I-phone della Apple
Imm.3 alcuni lavori di Hugo Franca
Imm.4 un lavoro di Caroline Casey
Imm.5 un gioiello di Giovanni Scafuro
Imm.6 lampada Moon di Davide Groppi
Imm.7 letto Sottiletto di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini
Imm.8 S-Bend Chair di Tom Dixon
Imm.9 Jack Light di Tom Dixon
Imm.10 paralume Shade di Sebastian Bergne
Imm.11 schizzo di un letto “klee klamps” di Ron Arad
Imm.12 Rover Chair di Ron Arad
Imm.13 ritratto di Enzo Mari
Imm.14 ritratto di Alessandro Mendini
Imm.15 Paolo Ulian con Enzo Mari
Imm.16 sedie Tuttitubi di Lorenzo Damiani
Imm.17 ritratto di Marco Dessì
Imm.18 macchinine TobeUs
Imm.19 macchinine TobeUs capovolte
Imm.20 la “Romantica” di Matteo Ragni
Imm.21 il “Furgoncino Portavalori” di Giulio Iacchetti
Imm.22 logo TobeUs
4’21’’
INDICE DELLE IMMAGINI
15’36’’
17’31’’
21’14’’
22’18’’
25’16’’
26’23’’
27’04’’
29’11’’
29’30’’
30’09’’
31’42’’
32’08’’
36’38’’
38’20’’
41’32’’
45’01’’
46’19’’
47’37’’
48’05’’
49’10’’
49’10’’
50’08’’
Imm.23
Imm.24
Imm.25
Imm.26
Imm.27
Imm.28
Imm.29
Imm.30
Imm.31
Imm.32
Imm.33
Imm.34
Imm.35
Imm.36
Imm.37
Imm.38
Imm.39
Imm.40
Imm.41
Imm.42
Imm.43
Imm.44
occhiali W-Eye
occhiali W-Eye, particolare essenze
lavorazione occhiali W-Eye
logo W-Eye
lavorazione borse Freitag
borse Freitag
zaini Freitag
logo Freitag
immagine promozionale Livestrong Wristbands
braccialetto Livestrong indossato
braccialetti Livetstrong confezionati
logo Livestrong
tavolo prodotto da Plinio il Giovane
ritratto di Mario Prandina
divano prodotto da Plinio il Giovane
logo Plinio il Giovane
homepage www.made.com
immagine tratta dal catalogo di Made.com
poltrona prodotta da Made.com
logo Made.com
vasi FishDesign
Gaetano Pesce al lavoro
51’27’’
52’02’’
52’29’’
54’11’’
55’34’’
56’08’’
56’38’’
58’00’’
59’03’’
59’49’’
1h 0’07’’
1h 1’06’’
1h 2’32’’
1h 3’05’’
1h 3’16’’
1h 4’21’’
1h 5’50’’
1h 6’33’’
1h 6’42’’
1h 7’52’’
1h 9’09’’
1h 9’43’’
Imm.45 vaso FishDesign
Imm.46 logo FishDesign
Imm.47 orologi O’Clock di Fullspot
Imm.48 orologi O’Clock di Fullspot particolare quadranti
Imm.49 orologi O’Chieve di Fullspot
Imm.50 logo Fullspot
Imm.51 Spiral Clock di Will Aspinall e Neil Lambeth
Imm.52 Will Aspinall e Neil Lambeth intervistati
Imm.53 Spiral Clock bianco e nero
Imm.54 logo Spiral Clock
Imm.55 aperitivo Campari (Camparitivo) alla Triennale di Milano
Imm.56 tipica tavola imbandita per l’happy hour
Imm.57 la vetrina di un temporary store di Londra
Imm.58 logo Banca del Tempo
Imm.59 Bruno Contigiani durante la
Terza Giornata Mondiale della Lentezza (Tokyo, 2008)
Imm.60 logo Slow Food
Imm.61 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.1
Imm.62 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.2
Imm.63 orologio “Mozia” di Giovanni Levanti
per Diamantini&Domeniconi
Imm.64 orologio “Pocket Watch” prodotto da Karlsson
4’59’’
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
1h
10’09’’
11’18’’
12’30’’
13’02’’
14’01’’
15’10’’
16’34’’
17’09’’
17’32’’
18’33’’
46’32’’
47’09’’
47’55’’
50’12’’
1h
1h
2h
2h
55’18’’
57’44’’
2’36’’
3’09’’
2h 4’50’’
2h 5’03’’
Imm.65 5 orologi da polso Swatch
Imm.66 logo Swatch
Imm.67 immagine promozionale orologi da polso HipHop
Imm.68 suggestione – il business plan
Imm.69 suggestione – la produzione
Imm.70 suggestione – organigramma
Imm.71 suggestione – grande varietà di telefoni cellulari
Imm.72 suggestione – calcolatrice
Imm.73 suggestione – prezzo delle arance al mercato
Imm.74 suggestione – il layout di un negozio di Tokyo
Imm.75 immagine promozionale Starbucks
Imm.76 immagine tratta da un spot pubblicitario per Lavazza
Imm.77 un cow-boy in una strada di New York
promuove la Polaroid
Imm.78 vista prospettica frontale delle Torte
Imm.79 vista prospettica posteriore delle Torte
Imm.80 Torta Made in 20’
Imm.81 Torta Made in 2h 30’
Imm.82 Torta Made in 3h 30’
Imm.83 Torta Made in 8h
Imm.84 Torta Made in 16h
Imm.85 Torta Made in 24h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
5’54’’
6’51’’
7’29’’
12’07’’
12’43’’
15’03’’
18’55’’
31‘56’’
34‘28’’
37’00’’
37’55’’
38’51’’
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
2h
39’27’’
46’55’’
46’55’’
49’43’’
50’18’’
50’53’’
51’28’’
52’03’’
52’38’’
Imm.86
Imm.87
Imm.88
Imm.89
Imm.90
Imm.91
Imm.92
Imm.93
Imm.94
Imm.95
Imm.96
Imm.97
Imm.98
5’29’
Torta Made in 5 days
Torta Made in 5 days 15h
Torta Made in 10 days
scatola delle Torte
scatole delle Torte
orologio prodotti da Ikea
orologio prodotto da Oregon Scientific
orologio “Blank” di Martì Guixé per Alessi
orologio prodotto da Diamantini&Domeniconi
orologio prodotto da Karlsson
Spiral Clock
orologio da polso Longines
layout homepage www.trattotempo.it
2h
2h
2h
2h
2h
3h
3h
3h
3h
3h
3h
3h
3h
53’13’’
53‘48’’
54‘23’’
55‘45’’
58‘00’’
5’11’’
5‘11’’
5’59’’
5’59’’
6’33’’
6’33’’
7’08’’
28’00’’
VOGLIO FARE IL DESIGNER
storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa
Gr.1 forme giuridiche adottabili in Italia
Gr.2 struttura di un’analisi di mercato
Gr.3 risultati sondaggio pagina 1
Gr.4 risultati sondaggio pagina 2
Gr.5 risultati sondaggio pagina 3
Gr.6 punteggi ottenuti da ciascun segmento della
popolazione italiana al sondaggio somministrato
5’40’’
INDICE DEI GRAFICI
2h 15’32’’
2h 19‘19’’
3h 14’28’’
3h 15’00
3h 15’50’’
3h 16’30’’
VOGLIO FARE IL DESIGNER
storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa
Tab. 1 elenco delle spese preventivate
Tab. 2 elenco delle coperture finanziarie
Tab. 3 ottenimento dei ricavi
Tab. 4 sondaggio pagina 1
Tab. 5 sondaggio pagina 2
Tab. 6 sondaggio pagina 3
Tab. 7 sondaggio pagina 4
5’45’’
INDICE DELLE TABELLE
3h 1’12’’
3h 1’48’’
3h 2’09’’
3h 9’00’’
3h 9‘27’’
3h 10’00’’
3h 10’50’’
VOGLIO FARE IL DESIGNER
storia di TrattoTempo ovvero la nascita di un’impresa
INDICE DELLE TAVOLE
Tav. 1 vista frontale e laterale delle Torte
Tav. 2 vista posteriore e laterale con linee nascoste delle Torte
2h 47’00’’
2h 47’15’’
Tav. 3 esploso assonometrico e dimensioni delle lancette 2h 47’30’’
Tav. 4 costruzione dello stampo in silicone
2h 48‘22’’
Tav. 5 costruzione dello stampo in silicone
2h 48’32’’
Tav.
Tav.
Tav.
Tav.
Tav.
Tav.
6 costruzione dello stampo in silicone
7 costruzione dello stampo in silicone
8 montaggio imballaggio A
9 montaggio imballaggio B
10 sviluppo imballaggio A
11 sviluppo imballaggio B
Tav. 12 quote imballaggio A
Tav. 13 quote imballaggio B
Tav. 14 Manuale di Identità Visiva, logo TrattoTempo
Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, font utilizzati
Tav. 16 Manuale di Identità Visiva,
costruzione del logo TrattoTempo
Tav. 17 Manuale di Identità Visiva,
versione positiva e negativa
Tav. 18 Manuale di Identità Visiva, versioni al tratto
5’50’’
2h 48’42’’
2h 48’52’’
2h 56‘35’’
2h 57‘15’’
2h 57‘25’’
2h
2h
2h
3h
3h
57‘35’’
57‘45’’
57‘55’’
21’30’’
21’35’’
3h 21’37’’
3h 21’46’’
3h 21’55’’
Tav. 19 Manuale di Identità Visiva,
applicazione su sfondi colorati
Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, dimensioni del logo
Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, errori da evitare
3h 22’00’’
3h 22’06’’
3h 22’14’’
5’51’’
INTRODUZIONE
1.
Questa tesi di laurea culminerà nella progettazione di una impresa operante nel settore del design del prodotto, chiamata TrattoTempo. Si
tratta di un’attività imprenditoriale caratterizzata da forti connotati
artigianali e da una grande ricerca della soddisfazione, emozionale e
monetaria, di un unico imprenditore.
Come può lasciare intuire il nome del brand, TrattoTempo è costruito
attorno al tema del tempo, o per essere più precisi il tema centrale è la
ricerca dell’equilibrio nel trascorrere del tempo; ed esiste una sola categoria di prodotto che sarà commercializzata da TrattoTempo, una serie
di orologi da parete.
Il progetto dell’impresa e di tutti i suoi aspetti principali riguarda la terza
delle tre parti secondo cui è costruita questa tesi; le prime due, le basi
teoriche e le basi pratiche, serviranno a fornire le argomentazioni e gli
strumenti a supporto del progetto.
Gli argomenti trattati saranno ordinati in maniera tale da risultare
convergenti verso il progetto finale; si procederà dal generale allo
specifico, e il percorso sarà seguito di pari passo da una linea guida
che fungerà da voce narrate del processo di avvicinamento al culmine.
2.
Gli scenari del design sono radicalmente cambiati rispetto a come
erano in passato; oggi il termine “disegno industriale” non è più chiaramente riconducibile alla pratica di progettare in vista di una produzione
industriale, ma, come si argomenterà, il senso di questo termine si è
impoverito, lasciando spazio a sfumature più vaste e varie.
Il cambiamento delle regole del gioco obbliga chi fa del design la
propria passione e la propria fonte di reddito ad evolversi: nascono
6’55’’
nuovi incarichi professionali che in parte fanno riferimento al classico
impegno del progettista industriale, ma che in parte se ne distaccano
in virtù di un approccio spesso differente.
Il percorso partirà proprio dalla descrizione dell’attuale scenario in cui
versa il mondo del design. La ragione di questo punto di partenza è
mirata a sostenere un’ipotesi basilare: che al giorno d’oggi sussiste un
paradosso per cui un giovane neolaureato in disegno industriale non
ha la piena possibilità di accedere ad un mondo del lavoro che corrisponda a quello che hanno vissuto gli insegnanti che hanno trasmesso
il loro sapere. In altre parole, se tale paradosso fosse conforme alla
realtà, seguire le orme delle generazioni precedenti sarebbe
un’alternativa dalle probabilità di riuscita molto basse.
Ciò su cui si è riflettuto è stata la convenienza o meno di procedere su
un percorso di ricerca fine a se stesso, piuttosto che di provare a sfruttare il tempo concesso a scrivere una tesi di laurea per capire da cosa
sia causata l’inequivocabile insoddisfazione professionale lamentata
da un numero sempre più vasto di nuovi professionisti, e per provare ad
avanzare una proposta di miglioramento.
Come si vedrà nel dettaglio, individuando come valida, all’interno di
queste considerazioni, la possibilità che il progettista nell’evoluzione
del senso e della praticità del design, si cimenti nell’attività imprenditoriale, ci si sofferma sull’opportunità offerta al professionista di riconsiderare e relazionare il suo impegno ad una scala maggiormante controllabile e definita, con la scelta di intraprendere il doppio ruolo di designer e imprenditore, come una delle nuove, e più valide, possibilità
che gli si presentano.
3.
Per comodità e per evitare equivoci nella lettura delle pagine che seguiranno vengono di seguito riportate alcune definizioni di alcuni termini
chiave per la comprensione dell’argomento trattato. In alcuni casi si
tratta di definizioni univoche, tratte da documenti ufficiali, mentre in altri
casi si riporta il significato che, tra quelli comunemente associati ad una
parola, si intende qui adottare.
Imprenditore
Il codice civile definisce con l’articolo 2082 il temine “imprenditore”
come “colui che esercita un’attività economica organizzata al fine della
1
produzione o dello scambio di beni e servizi”.
Impresa
Nonostante il codice civile parli di “imprenditore” e non di “impresa”,
è con questo termine che viene comunemente chiamata tale attività
economica.
L'impresa è caratterizzata da un determinato scopo (produzione o
scambio di beni o servizi) e dalle conseguenti modalità adottate per il
raggiungimento dello scopo (organizzazione dei fattori produttivi,
economicità e professionalità intesa come abitudine da parte
dell’imprenditore allo svolgimento dell’attività). Se tale impresa assume
dei connotati che non superino certi limiti allora si fa riferimento alla
figura del “piccolo imprenditore”.
Piccolo imprenditore
L’articolo 2083 del codice civile definisce piccoli imprenditori il coltivatore diretto del fondo, l’artigiano, il piccolo commerciante e tutti coloro
i quali esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente
2
con il lavoro proprio e dei propri familiari. Perchè si possa beneficiare
8’39’’
delle agevolazioni previste per le piccole imprese è necessario quindi
che l’imprenditore presti il proprio servizio nell’attività e che il suo
lavoro prevalga sia rispetto ad eventuali prestazioni lavorative di terzi
sia rispetto al fattore capitale.
Attività imprenditoriale, marchio, marca, brand
Nel linguaggio comune il termine “impresa” è a volte sostituito dal
termine “attività imprenditoriale”. Anche in questa tesi le due espressioni
vengono considerate sinonimi, così come vengono considerati sinonimi
anche altre parole come “marchio”, “marca” o “brand”, parole con cui
si definisce “un qualunque segno suscettibile di essere rappresentato
graficamente, in particolare parole, compresi i nomi di persone, disegni, lettere, cifre, suoni, forma di un prodotto o della confezione di
esso, combinazioni o tonalità cromatiche, purché siano idonee a distin3
guere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli delle altre”, ma che
sono tipicamente usati con il significato allargato di “impresa”.
Autoproduzione
Si tratta di un termine ormai celebre nel panorama del design che fa
riferimento ad una serie di pratiche che per loro natura e soprattutto per
tipo di approccio possono essere confuse con la pratica che verrà
descritta di seguito. Per questa ragione anche questa parola è presente
in questo elenco di definizioni utili.
Non esiste una definizione univoca di “autoproduzione” nel design.
Affidandosi alla logica qualunque cosa venga prodotta per conto
proprio dovrebbe essere “autoprodotta”, anche un’industria quindi
starebbe facendo autoproduzione. Ciononostante nessuno è solito
considerare la produzione di un’industria un’autoproduzione.
Provando a dare una definizione che connoti tutte le pratiche che si ha
l’abitudine di chiamare con questo termine si può descriverla come una
pratica mirata alla costruzione artigianale da parte del progettista di
alcuni oggetti, spesso fortemente caricati di valore espressivo e in tiratura limitata, e alla loro messa in vendita, spesso a cifre che prevedono
una significativa maggiorazione dettata dall’impegno intellettuale o
artistico, oppure dallo svincolamento da logiche di produzione in serie.
Presa questa definizione come valida, il significato del termine “autoproduzione” è da considerarsi molto diverso dal significato del termine
“impresa”.
1. articolo 2082 del Codice Civile - Libro V, Titolo II, Capo I, Sezione I
2. articolo 2083 del Codice Civile - Libro V, Titolo II, Capo I, Sezione I
3. definizione tratta da “Marchi - tutto quello che occorre sapere” di
Geppi De Liso - Lupetti 2009
9’04’’
9’05’’
PARTE I
basi teoriche
Questa tesi di laurea è divisa in tre parti, secondo un percorso che si
focalizzerà sempre di più dal generale allo specifico. La prima delle tre
parti mira a fornire le basi teoriche a supporto della volontà di fare il
designer, e a sostegno delle tematiche di TrattoTempo.
Nel capitolo 1 si indagheranno le ragioni per cui solo 17 studenti su
73 tra quelli che vogliono fare il designer pensano che il loro auspicio
sia difficilmente realizzabile, per poi descrivere casi studio che dimostrano invece che si tratti di un’ambizione possibile.
Nel capitolo 2, in un gioco di percorsi che si incontraranno in un punto,
il progetto, verrà descritta la tematica di TrattoTempo, portando
all’attenzione del lettore gli aspetti chiave che verrano presi in considerazione.
9’40’’
Capitolo 1, progetto ed impresa
9’42’’
1.1 un nuovo scenario
L’ipotesi che si proverà di seguito ad argomentare è quella secondo la
quale la ragione generale per cui il rinnovamento del mondo del
design è messo in seria difficoltà, consiste in un drastico e radicale
mutamento degli scenari attraverso cui si articola.
Sono trascorsi circa 65 anni dall’8 Maggio 1945, data in cui cessò
ufficialmente la Seconda Guerra Mondiale e in cui cominciò la seconda parte del XX secolo, quella segnata dalla ripresa economica, e
quella in cui in Italia, tra le altre cose, si è diffuso il termine “design”.
Questa parola si riferisce all’espressione inglese industrial design,
tradotta in disegno industriale (anche se la traduzione corretta sarebbe
progetto industriale) che riguarda la progettazione di oggetti destinati
ad essere prodotti in serie. Si tratta di una pratica incentrata sulla ricerca della perfetta relazione tra forma e funzione degli oggetti. Da
questa definizione è semplice dedurre che non sono considerati in tal
senso prodotti industriali quelli studiati esclusivamente attraverso caratteri tecnici, né quei prodotti che privilegiano l’aspetto estetico senza
1
considerare la funzionalità.
Si tratta di una storia lunga 6 decenni e mezzo, quella necessaria a
definire la professione designer, parola che significa “progettista”,
quasi sempre accostata alla pratica del disegno industriale del prodotto; essere un designer ha sempre significato soprattutto svolgere
un’attività che consisteva nello sviluppare progetti di oggetti destinati ad
una produzione seriale, di larga distribuzione. Disegnare per una
produzione industriale ha delle specifiche logiche ed esigenze, diverse, ad esempio, da una produzione di prodotti artigianali, e su queste
regole, su questo modo di fare, si è costruito uno scenario che ha
permesso per 6 decenni e mezzo a grandi progettisti e a grandi realtà
imprenditoriali italiane di essere i protagonisti del panorama del
11’32’’
design, e alla loro collaborazione di risultare la più conveniente e
giustificata che entrambe le parti potessero scegliere.
Come è ovvio però, gli scenari del design mutano e si aggiornano
continuamente con il passare del tempo, di pari passo, d’altronde, con
i nuovi stili di vita. Negli ultimi anni tali cambiamenti si sono susseguiti
in una maniera sempre più rapida, e hanno determinato effetti significativi sulle possibilità che si trovano oggi di fronte ad un designer. Sono
venuti meno alcuni presupposti necessari a svolgere l’attività del disegnatore indutriale così come hanno fatto le stesse persone che hanno
trasmesso ai giovani esordienti la propria esperienza, ma se ne sono
aggiunti di nuovi, adatti ad aggiornare il significato, o i significati, di
tale professione, consentendogli di rimanere al passo con i tempi.
Il mutamento che verrà di seguito analizzato si articola secondo diversi
punti di vista. É possibile tuttavia schematizzare la complessa questione
individuando in fattori come l’incremento esponenziale di professionisti
nel settore per una richiesta che non è aumentata di pari grado,
l’impossibilità, dettata da ragioni economiche e culturali, di mantenere
la produzione di beni di consumo secondo i regimi dei decenni passati
o le nuove preferenze dei consumatori, le principali cause di tale drastico cambiamento.
1.1.1 la dimensione del cambiamento
Con il moltiplicarsi di corsi di laurea in Disegno Industriale, in Italia e
nel mondo, anno dopo anno migliaia di nuovi professionisti entrano,
molti come specialisti, all’interno di un sistema che è stato per decenni
abituato a numeri considerevolmente inferiori. In altre parole il numero
di designer esistenti non è sostenibile per il sistema-design così come lo
si è inteso finora.
Design Directory Italia è uno studio pubblicato nel 2006.2 Lo scopo di
questa ricerca è di rendere palese la dimensione sistemica del design
italiano attraverso una mappa che interroghi apposite sezioni tematiche.
Secondo tale studio in Italia sono attivi corsi di Laurea di Primo Livello
3
in Disegno Industriale in 11 atenei, mentre rispetto alle lauree specialistiche gli atenei che offrono corsi sono 5, corsi distinguibili in 4 aree
principali: quella del disegno industriale, quella del design della comunicazione, quella del design d’interni, e quella del design della moda.
Ancora secondo quanto stimato dalla Design Directory il numero di
iscritti ai corsi di laurea in design è aumentato del 275% tra il 2001 e
il 2005, ultimo anno di riferimento dei dati presi in esame, passando
da un totale di 3276 ad un totale di 8981.
Nel 1994, 17 anni fa, Tomas Maldonado, Francesco Trabucco,
Medardo Chiapponi, Giovanni Anceschi ed Ezio Manzini erano i
membri del comitato promotore del primo Corso di Laurea di disegno
industriale in Italia, al Politecnico di Milano; prima di quella data i designer si formavano negli istituti privati oppure nelle facoltà di Architettura.
La Design Directory prova a stimare la quantità di attori che operano
nel mondo del design, ammettendo che tale stima non può essere quantificata chiaramente perchè esiste una parte di professionisti che opera13’24’’
no al di fuori dei canali tradizionali e non è dunque rintracciabile una
loro classificazione. Ciò che è possibile fare è riferirsi alla parte emersa
di professionisti, a coloro i quali si trovano raccolti attorno ad una delle
associazioni del mondo del progetto, la principale delle quali è l’ADI,
Associazione per il Disegno Industriale, nata nel 1956.
Tutti questi numeri e dati danno l’idea di come sia cresciuto il numero di
professionisti causando un drastico mutamento del mestiere del disegnatore industriale. Succede, ad esempio, che l’esperienza di coloro
che oggi sono ritenuti i maestri del design, ma anche quella di affermati
professionisti più giovani, non sia ripercorribile dagli stessi studenti che
avanzano nel proprio percorso universitario riferendosi a tali modelli.
Tale divergenza di opportunità, oltre a potere causare spaesamento e
frustazione nelle persone che trovano grosse difficoltà a svolgere la
professione così come gli è stata insegnata, necessita di una radicale
innovazione metodologica.
La questione del disagio causato da questi numeri consiste nel fatto che
i ritmi e le quantità della produzione dei beni di consumo non hanno
avuto una crescita proporzionale al numero di addetti ai lavori; si ragiona sul fatto per cui, seppur esistendo da parte dell’azienda la volontà
di immettere sul mercato una maggiore quantità e varietà di prodotti
rispetto a quanto non accadesse in passato, tale produzione avrà
comunque un limite dettato se non altro da ragioni temporali: anche se
un’azienda che produce sedie, ad esempio, volesse progettare 365
sedie all’anno e rivolgersi ad altrettanti progettisti, l’offerta di designer
sarebbe comunque nettamente maggiore della richiesta.
In realtà la questione è più complessa di come si è provato a sintetizza4
re. Dati alla mano la produzione è generalmente cresciuta, in ogni
caso non in maniera sufficiente da assorbire il numero di designer, ma
lo ha fatto delineando un settore quasi esclusivamente controllato dalle
grandi aziende e multinazionali, che hanno soppiantato le mediopiccole realtà produttive, assorbendo la loro fetta di mercato. La ragione principale di questo processo è da ricercarsi nel momento economico che mette in forte crisi, in Italia e nel mondo, la produzione di beni.
Le nuove modalità produttive hanno acquisito un diverso grado di complessità meno legato alla salvaguardia del patrimonio territoriale e
maggiormente delocalizzata per ragioni di convenienza economica.
In particolare si verifica che alcuni aspetti dell’odierna produzione
siano stati resi precari: se negli anni ’60 un’azienda design oriented
era in grado di immettere e mantenere sul mercato un oggetto per anni
senza che questo subisse un calo di vendite e di costruire attorno ad
uno o a qualche prodotto di successo il proprio sostentamento e la
propria crescita, oggi non è più così. Ciò che accade oggi è che non
esistono più i best-seller, succede che nelle grandi aziende un prodotto
rimanga nel catalogo per un periodo limitato per poi essere sostituito
da un nuovo prodotto, mentre nelle piccole o medie imprese a una
15’16’’
tempistica meno frenetica non corrisponde un successo duraturo, bensì
alle difficoltà alla sopravvivenza appena descritte.
La Arco, celeberrima lampada da terra, progettata nel 1962 per Flos
da Achille e Pier Giacomo Castiglioni è un esempio di best-seller nel
mondo del disegno industriale. Ancora oggi, a distanza di quasi
quart’anni dalla sua creazione, questo pezzo di design ottiene un
grande successo di vendite. Questo progetto, e la collaborazione con
i fratelli Castiglioni, ha permesso a Flos di crescere fino a diventare un
marchio storico. In tanti anni di produzione la lampada Arco ha
subito la sola variazione del sistema elettrico, necessaria per adattarsi
alle nuove norme vigenti.
Imm.1 lampada Arco di Achille e Piergiacomo Castiglioni
15’36’’
Analizzando la richiesta da parte del pubblico c’è da dire che la capacità di assorbire design è progressivamente cresciuta nei decenni: oggi
i consumatori hanno sviluppato un fiuto per la qualità dettato da un
maggiore interesse verso il bel progetto che è in grado di alimentare il
5
mercato del design. L’interesse verso il disegno industriale, però, risulta
aggiornato alla stessa disciplina, che oggi, a differenza di ieri è meno
legata alla produzione materiale di beni, è più concentrata ad aspetti
immateriali del progetto.
L’innovazione culturale e sociale fa sì che cambino le abitudini, si
trasformino le preferenze e le esigenze del consumatore; la produzione
ha la necessità di evolversi, di diventare sempre meno rigida agli
schemi industriali tradizionali, e sempre più flessibile ai moderni stili di
vita. Immettere sul mercato un prodotto di consumo non è più l’unica
scelta possibile all’interno di un ventaglio di opportunità strategiche che
si arricchisce sempre di più di termini come design dei servizi, design
sociale, network. La produzione si è nettamente smaterializzata perchè
la richiesta si indirizza sempre più in questa direzione.
Da non sottovalutare, a riguardo, è anche il significativo processo di
sensibilizzazione verso un impiego più sostenibile delle risorse del
nostro pianeta, nonché il processo di riqualifica di stili di vita meno
proiettati verso un consumismo frenetico, come ragioni culturali ed emozionali che hanno determinato tale cambiamento. Si moltiplicano anno
dopo anno le imprese che vendono servizi, e le imprese che offrono
beni che fanno riferimento ad un progetto di un intero sistema all’interno
del quale trovano senso.
In altre parole le nuove esigenze del pubblico hanno contribuito fortemente al passaggio dal precedente scenario del disegno industriale ad
uno nuovo ed aggiornato verso fattori che vanno al di là della qualità
del prodotto in sè, ormai determinanti per il successo di un progetto.
17’01’’
In sintesi estrema, dunque, il nuovo scenario che si è delineato è
questo: il numero di progettisti industriali qualificati è considerevolmente
aumentato, e questi si trovano a confrontarsi all’interno di un contesto
molto diversificato, in cui agiscono difficoltà concrete nei confronti del
tradizionale svolgimento del mestiere del designer; all’interno di questo
nuovo scenario la figura del designer che progetta per la produzione
industriale ha un ruolo molto limitato e comunque estremamente relativo
alla mole di tale cambiamento.
Un esempio calzante di progetto rivoluzionario proprio perchè non si
limita alla proposta di un prodotto, ma di un intero sistema attorno al
prodotto accuratamente definito per venire incontro alle nuove esigenze e ai nuovi stili di vita del pubblico è quello fornito da Apple con
iPhone.
Il 29 Giugno 2007 viene venduto il primo iPhone nei negozi di
Apple e AT&T. Da allora sono state venduti oltre 25 milioni di esemplari. Oltre al design e alle reali funzionalità (chiamare e inviare SMS)
questo "smartphone" permette all'utente di poter scaricare centinaia di
migliaia di applicazioni, applicazioni che permettono di poter fare le
più svariate cose: dal controllare il saldo del proprio conto in banca,
ad un vero e proprio navigatore satellitare con tanto di accessori per
l'auto.
Il successo di iPhone sta proprio nell’approccio rivoluzionario e
nell’intelligenza con cui si è puntato ad un oggetto che potessere
essere integrato da migliaia di applicazioni progettate anche da case
esterne alla stessa Apple.
Imm.2 I-phone della Apple
17’31’’
Nel paragrafo appena concluso si è provato a descrivere quelle che
sono state individuate come cause principali alla definizione
dell’odierno panorama del design.
Alla luce di quanto ricercato è comprensibile come solamente 17
studenti sui 73 che vogliono fare i designer non vede il cielo sereno sul
proprio futuro.
Probabilmente la risposta corretta alle nuove dinamiche non sta nel
subirle passivamente, ma piuttosto nel provare a cambiare qualche
parametro, adattando la visione del mestiere del designer alle opportunità presenti oggi.
17’53’’
1.1.2 un nuovo artigianato
Naturalmente non è la prima volta che il mondo del design si trova a
confrontarsi con un significativo mutamento dei fattori che determinano
lo scenario nel quale si svolge. Come si vedrà, il denominatore comune
dei diversi modi di reagire a tale cambiamento, adottati in diverse aree
geografiche, consiste nella riflessione sui principi fondamentali della
produzione: quelli che seguiranno sono esempi di realtà che hanno
effettuato un percorso di ricerca a ritroso, studiando le modalità di una
produzione a livello industriale e rapportando le stesse dinamiche a
scala ridotta.
Proporre una produzione che faccia riferimento non ad una dimensione
industriale, ma ad una scala di più contenute proporzioni, implica un
ripensamento delle modalità in cui si concretizza il progetto. Soprattutto
negli ultimi due decenni, per le ragioni elencate nel paragrafo precedente, e per le reazioni di cui questo paragrafo cita qualche esempio,
il termine “disegno industriale” è andato man mano impoverendosi di
senso; ciò che invece, essendosi impoverito il riferimento a tecniche di
lavorazione seriale, ha acquisito un significato sempre più aggiornato
è il termine “artigianato”. Un nuovo artigianato, non legato al recupero
delle forme e degli stilemi del passato, ma rivolto per lo più alla riconsiderazione in chiave attuale di tecniche tradizionali, prende sempre più
piede all’interno del mercato del design.
É ovvio che il termine “artigianato” è da intendersi in una chiave moderna, come una modalità produttiva che spazia ormai dall’utilizzo di
tecnologie evolute a forme lavorative arcaiche.
Nel 2008 Richard Sennett, sociologo statunitense, pubblica “L’uomo
artigiano”, saggio che descrive il piacere di fare bene le cose, che
propone l’artigianalità più come approccio metodico, peculiare ed
appassionato che come sola arte di fare con le mani.
20’07’’
Nell’introdurlo l’autore prende in prestito due concetti da altre disciplne.
Il primo dalla filosofia, frutto del pensiero di Hannah Arendt, tedesca
vissuta tra il 1906 e il 1975 di cui Sennett fu allievo: si tratta della
distinsione tra le figure dell’homo faber e dell’animal laborans, due
componenti dell’essere umano al lavoro. Mentre l’animal laborans è
l’uomo simile ad una bestia da soma, che fatica, condannato alla routine, l’homo faber è invece l’uomo che si sofferma a giudicare il lavoro,
ed è il superiore del primo.
Sennett non si trova d’accordo con questa affermazione della sua
docente, in quanto sminuisce eccessivamente la persona pratica in
quanto lavoratrice, paragonandola ad un automa, mentre, al contrario,
questa è capace di pensiero e di sentimento nello svolgimento del suo
lavoro.
Il secondo concetto è preso in prestito dalla mitologia greca, si tratta
del mito di Pandora. Secondo il mito Pandora, Dea dell’invenzione, fu
inviata sulla terra da Zeus come castigo per la trasgressione di Prometeo, che consegnò il fuoco divino all’umanità, e, sposato Epimeteo
(colui che riflette in ritardo), fratello di Prometeo, osò scoperchiare un
vaso nel quale lui teneva imprigionati tutti i mali che potessero tormentare l’uomo. Richard Sennett usa questo mito per spiegare la paura verso
l’invenzione di oggetti che possono portare il mondo alla autodistruzione.
Chiedere al pubblico, all’homo faber, di dare un giudizio a posteriori
del lavoro dell’animal laborans, lo mette spesso di fronte a problematiche irreversibili, mentre far partire il coinvogimento di questo aspetto
dell’uomo in una fase antecedente, nel momento della realizzazione
del lavoro, richiede una comprensione più completa e più precisa del
processo di produzione delle cose, ed è il modo giusto di far fronte al
vaso di Pandora.
Per ritornare all’argomento strettamente connesso a questo capitolo, ciò
che il testo di Richard Sennett lascia intendere è che la nuova figura del
produttore debba essere in grado di agire nel pieno controllo dei
propri strumenti e del proprio raggio d’azione, nella attenta considerazione della dimensione del proprio intervento.
L’approccio artigianale inteso e descritto in quel testo riguarda tanto il
falegname, quanto il chirurgo o il musicista; questi sono tutti artigiani
nel senso esteso per cui svolgono un’attività pratica, ma il loro lavoro
non è solo il mezzo per raggiungere un fine strumentale. Tra i casi
studio, ad esempio, viene raccontata l’esperienza dei progettisti di
Linux, sistema operativo open source, artigiani secondo Sennett proprio
per le modalità e per l’approccio con cui hanno affrontato il progetto.
Risulta dunque essere ancora attuale, seppur rinnovato, lo storico tema
di un artigianato che si distingue dall’industria, che garantendo la
capacità di produrre prodotti di serie a basso costo, fa riferimento ad
un’omologazione troppo distante dalla sensazione di “fatto a mano”
che lascia percepire l’apporto umano.
Scrive Vanni Pasca, rinomato storico del design, nella sua pubblicazione “Scenari del giovane design” datata 2001:
“Negli anni '90 si assiste a una completa laicizzazione del problema.
L'opzione artigianato-industria, nella terza fase della rivoluzione industriale, ha perso senso. Non è un valore l'artigianato, non è un valore
l'industria. Il valore è nell'idea, o nelle idee, che sottendono il progetto,
si tratti dell'etica della nuova semplicità, delle opzioni ambientaliste ed
ecologiche, dei riferimenti autobiografici, del tema del rapporto tra
mondializzazione e realtà locale.”
Come già accennato, appare una tendenza che è comune in molte
aree geografiche, cioè quella di intendere l’artigianato non come
strumento per il recupero degli stili, bensì come mezzo per sfruttare
tecniche e materiali con cui concretizzare idee di progetto contempora6
nee.
Imm.3 alcuni lavori di Hugo Franca
21’14’’
Si veda ad esempio l’esperienza di Hugo Franca, designer brasiliano
esponente di un mondo progettuale particolarmente legato alla scelta
di materiali vicini alla natura, realizza sedute con una struttura in legno
lavorato con la stessa tecnica usata per realizzare antiche canoe;
oppure l’indiano Satyendra Pakhalé che produce usando la tecnica
tradizionale del filo ritorto. Esiste poi esperienze di trasposizione del
materiale locale in soluzioni suggestive e impreviste: l’australiana Caroline Casey, ad esempio, intreccia fili d’erba marina sulla struttura di
canna di una sedia a dondolo.
L’uso innovativo dei materiali, della definizione formale e dei processi
costruttivi sono centrali nella ricerca dei giovani progettisti. Spesso solo
le estremità del ciclo industriale, la testa costituita da una materiale
grezzo o semilavorato e la coda fatta dagli scarti e dagli oggetti ormai
inutili, a fungere da punto di partenza un diverso ciclo produttivo.
Secondo Andrea Branzi si tratta di un approccio molto fisico “non più
basato sulla conoscenza strutturale del mondo, della storia e della cultu7
ra, ma piuttosto del sapore, odore, tatto, suono di questa.”
Quest’esplorazione della realtà a partire dal contatto con la materia è
anche un percorso che serve a formare una consapevolezza degli
strumenti a disposizione, soprattutto perché oggi un progettista è chiamato a curarsi del fatto che una volta concluso il ciclo di vita di un
oggetto il materiale debba rientrare come materia prima nel ciclo
produttivo. In questo senso il prodotto è spesso il punto di partenza per
una riflessione piuttosto che un punto d’arrivo.
Imm.4 un lavoro di Caroline Casey
22’18’’
Come visto esistono numerosi esempi che, seppur diversi per natura e
applicazione, coincidono in un fondamento comune: nell’evoluzione
del senso della pratica del design appare evidente come sia diffusa
l’idea per cui ad una restrizione del raggio di azione del progetto
spesso possa corrispondere un effettivo appagamento professionale.
Limitare il riferimento ad una scala industriale, e ad un contesto nel
quale agiscono le dinamiche precedentemente analizzate, e concedendo maggiore campo ed energia ad un modo di agire che si soffermi maggiormente su una scala più contenuta, raggiungibile da una
produzione artigianale, rappresenta un passo in avanti verso la focalizzazione di ciò che si sta cercando di raccontare come un nuovo e più
valido modo di approcciarsi al mondo del design.
Da sottolineare il senso che Richard Sennett da al termine “artigianato”,
non intesa come un’attività esclusivamente vincolata alla realizzazione
manuale, ma considerata nel senso esteso di pratica attenta e meticolosa a tutte le fasi dello sviluppo di un progetto.
23’00’’
1.1.3 il designer-imprenditore
La riconsiderazione della filiera produttiva secondo una scala più
controllabile dal singolo individuo e la nuova apertura ad un saper fare
di stampo artigianale trovano il perfetto interprete nella figura del designer che è anche imprenditore. Si proverà di seguito a descrivere il
ruolo rivestito da un progettista che non offre il suo sapere alla produzione industriale di un’azienda committente, ma che si cala egli stesso
nelle vesti di editore di se stesso; questo implica un impegno nuovo
rispetto a quello del designer industriale.
Innanzi tutto il designer-imprenditore ha l’assoluta necessita di conoscere il contesto a cui si riferisce, deve conoscere ed applicare le migliori
strategie di crescita per la propria impresa e deve sapere fare le giuste
scelte nei tempi e nel lancio dei prodotti, oltre che essere in grado di
sviluppare un prodotto ponderandolo secondo l’intera filiera di produzione. In altre parole il progettista che è anche editore di sé stesso ha
l’onere di rivestire efficacemente due distinti ruoli.
Nonostante le considerevoli difficoltà che questa duplice veste implica,
la tesi che si cercherà di argomentare sarà quella per cui tale scelta
possa in alcuni casi, sempre più frequenti con il passare degli anni e il
progressivo mutamento di scenario, risultare naturale, la più efficace da
prendere.
Scrive Vanni Pasca:
“Le profonde trasformazioni del lavoro, della gestione aziendale, della
produzione e del consumo, determinati dagli sviluppi delle tecnologie
informatiche, conferiscono oggi al progetto una possibilità di espressione totale, anche produttiva, sotto la forma di marchi indipendenti;
l'autoproduzione si configura così come un possibile modello di impresa che segna il superamento del paradigma fordista e si presta partico24’31’’
larmente ai vantaggi del modello di produzione flessibile, alla rete
dirapporti tra le imprese e all'utilizzo degli strumenti della new
8
economy.”
Infatti il modello di imprenditoria che si sta cercando di descrivere è da
considerarsi frutto anche delle numerose esperienze di autoproduzione
che hanno aricchito la storia del design. Come riportato
nell’introduzione di questa tesi, viene qui intesa l’autoproduzione come
una pratica attraverso la quale il progettista esegue, spesso manualmente, la lavorazione di un prodotto che viene poi distribuito in tiratura
contenuta.
Un esempio di cosa si intenda per autoproduzione è fornito
dall’opera del designer campano Giovanni Scafuro. Sulle orme di
Munari, Giovanni Scafuro incentra la propria attività sulla creatività
attorno alla forchetta: il suo sito personale si intitola "Fork in Progress",
quest'oggetto è preso in continuo riesame, è soggetto a continua
reinvenzione. Se la forchetta è la sorgente del suo lavoro, è soprattutto il gioiello il veicolo della sua creazione.
L’attività di Giovanni Scafuro ci racconta come sia possibile esprimere
una creatività in continua reinvenzione anche attraverso il più banale
degli oggetti.
I prodotti sono realizzati in tiratura limitata e commerializzati attraverso il sito internet. Con la fiamma il corpo e i denti della forchetta
vengono resi morbidi e lavorabili, e con la pinza vengono modellati e
decorati. Per alcuni gioielli sono sufficienti pochi minuti di lavorazione, per altri, più complessi è necessario un pò di tempo in più.
Il fulcro del lavoro di Giovanni Scafuro è lo studio formale della
forchetta, ma c'è dell'altro. Il filo conduttore rimane quello del riciclo;
troviamo così lampade ricavate da circuiti elettrici, oppure altri gioielli, stavolta costruiti con i tasti di un vecchio computer.
Imm.5 un gioiello di Giovanni Scafuro
25’16’’
É possibile considerare il designer-imprenditore come un’evoluzione del
designer-artigiano così come lo si è descritto nel capitolo precedente:
l’approccio pratico rimane lo stesso, ciò che varia è la componente
strategica che si sofferma sulle esigenze di una tiratura medio-larga di
pezzi. Ad esempio, banalmente, in quest’ottica dimensionale è difficile
pensare che ciascun oggetto venga lavorato interamente a mano; sarà
necessario l’impiego di macchinari eventualmente non in possesso
della nascente impresa ma da richiedere a fonti esterni: le strategie
appena citate possono riguardare ad esempio scegliere se e come
collaborare con altre realtà nel conseguimento e nella realizzazione
del proprio progetto.
Davide Groppi, progettista piacentino specializzato in illuminazione,
ha beneficiato delle scelte oculate che lo hanno portato a coinvolgere
nella propria produzione ottimi terzisti che agivano nel suo territorio e
ad organizzare eventi e occasione pubbliche correlate ai suoi prodotti.
Groppi si è inizialmente rivolto all’esterno per cercare collaboratori che
realizzassero fisicamente i suoi progetti, e, resosi conto del patrimonio
a sua disposizione ha iniziato a sviluppare nuovi progetti alla luce delle
competenze offerte da tale bacino. Si tratta un esempio di come
un’autoproduzione possa diventare un vero e proprio marchio, i cui
prodotti delineano una certa visione cara al progettista-imprenditore.
Il sistema di produzione e di consumo alternativo diventa per il
designer-imprenditore una realtà che lo pone di fronte a riflessioni e
ricerche sul concreto, riflessioni e ricerche che spesso pongono nelle
condizioni di confrontarsi con il locale: si tratta di casi in cui il designer
imprenditore si cimenta nella produzione di oggetti che sfruttano le risorse del territorio su cui agisce. I vantaggi di questo approccio sono da
individuare soprattutto nella possibilità di sfruttare per primi canali non
ancora esplorati dall’industria, perché sconosciuti o poco adatti alla
Imm.6 lampada Moon di Davide Groppi
26’23’’
massiccia serialità.
È l’esempio di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini. Lui falegname
austriaco, lei italiana laureata in design, si incontrano a Milano dove
cominciano a lavorare insieme per poi trasferirsi nella meno caotica
Bolzano; qui portano avanti un intenso lavoro che investiga le possibilità di sperimentazione sui complementi d’arredo. In particolare si soffermano sullo studio dei mobili in legno tipici della regione, sfruttando
ognuno il saper fare dell’altro e adottando un approccio che li spinge
a realizzare personalmente e costantemente prototipi: questo ha
consentito di verificare possibili usi del legno ancora poco esplorati,
indagini che li hanno portati a progettare, tra gli altri, il letto Sottiletto,
prodotto da Horm e vincitore del Compasso d’oro nel 2001. Ciò che
però è mancato ai due era un piano di comunicazione che promuovesse adeguatamente il loro lavoro, aspetto che, al di là del premio ottenuto, li ha spinti fuori dai circuiti più significativi delle capitali del design.
Imm.7 letto Sottiletto di Christoph Burtscher e Patrizia Bertolini
27’04’’
Procedendo gradualmente dal generale, dall’analisi dello scenario di
riferimento e dall’individuazione delle problematiche che sussistono,
verso lo specifico, si è arrivati a delineare una figura professionale il cui
senso prende sempre più corpo.
Ormai da alcuni anni, infatti, si moltiplicano gli esempi di progettisti
che, impossibilitati ad accedere ai canali tradizionali, quelli della scala
industriale, si sono rimboccati le maniche affrontando il problema, ed
evolvendosi nel doppio ruolo di designer ed imprenditore di se stesso
e del proprio lavoro.
Si tratta di un passaggio fondamentale nella comprensione dello spirito
con cui si affronta la stesura di questa tesi di laurea e degli obiettivi che
che si cerca di raggiungere. D’ora in avanti si farà riferimento proprio
alla figura del professionista che si occupa e si preoccupa dell’intero
sistema che ruota attorno alla progettazione.
27’39’’
1.1.4 un precedente storico
Se l’approccio imprenditoriale e il desiderio di sperimentazione che si
stanno cercando di descrivere possono essere ricondotti ad un genitore
comune, questo probabilmente è da identificarsi con le vicende che a
partire dai primi anni ’90 hanno visto alcuni dei designer inglesi, alcuni
dei quali oggi affermatissimi, lanciarsi nella rinnovata esperienza
dell’autoproduzione.
Si è trattato di anni in cui la città di Londra stava vivendo un particolare
fermento e un forte progresso culturale. Allora, così come nel nuovo
scenario che si sta delineando, i giovani progettisti vivevano grosse
difficoltà nel trovare sbocchi nel disegno industriale; in quel caso la
causa principale era lo scarso interesse della maggioranza delle imprese verso il design, oggi invece la questione è diversa ma l’effetto è comparabile.
Una delle caratteristiche principali della nascente categoria di
designer-autoproduttori era la tendenza a unirsi in gruppi, con lo scopo
di arricchire la propria ricerca e ottimizzare le spese logistiche di avvio
e manutenzione di un’attività. Tale attività consisteva in un impegno
progettuale a forte carattere sperimentale da parte del gruppo, in una
produzione artigianale dei prodotti progettati e in una vendita diretta
dei pezzi, in tiratura bassa, in spazi che spesso più che negozi erano
atelier, officine creative in cui venivano svolte tutte queste fasi.
28’24’’
Tom Dixon, nato in Tunisia nel 1959, ma trasferitosi a Londra dall’età
di 4 anni, è oggi uno dei più stimati designer del pianeta. Studiò, ma
per soli sei mesi, alla Chelsea School of Art: come descrive sul suo sito
ufficiale il titolo non è a quella esperienza, o almeno non principalmente, che deve la nascita del suo atteggiamento progettuale. Lasciata la
scuola, infatti, si dedica a musica e saldatura di pezzi da motocicletta,
cimentandosi in spettacoli messi in scena al Titanic, un night club londinese, durante i quali metteva in mostra i suoi lavori di saldatura mentre
suonava il basso.
In questi anni di furore nascono nasce Space, laboratorio e studio che
dal 1991 è stato usato come luogo per la creazione dei suoi lavori;
uno dei pezzi nati dalle sperimentazioni con il metallo di quegli anni,
la S-bend Chair, segna l’avvio della sua attività da designer vero e
proprio: Giulio Cappellini decide di avviare una collaborazione che
ha portato alla produzione, oltre la S-bend Chair anche altre tre sedute,
la Kitchen Chair, la S Chair e la Bird Chaise Longue, tutte realizzate
dallo stesso Tom Dixon come prototipi artigianali ed adattate alle
esigenza della produzione industriale.
Allora Space si trasforma nel 1994 in Eurolounge, la vera e propria
società di Tom Dixon, con cui si cimenta nella produzione diretta di
prodotti in plastica. Non più progetti per aziende collaboratrici ma
progetti sviluppati per essere prodotti e venduti direttamente dal nuovo
marchio.
Imm.8 S-Bend Chair di Tom Dixon
29’11’’
Jack Light è un esempio scelto tra la produzione di Eurolounge, pubblicato per la prima volta nel 1994 e recentemente riproposto in una
nuova versione. Si tratta di una lampada da terra che può considerarsi più un oggetto multifunzionale: può essere utilizzato come lampada, seduta, può essere impilato, appeso e cosi via.
Veniva, e viene, realizzata con un processo rotazionale, modalità di
stampaggio assolutamente innovativa per quegli anni.
Imm.9 Jack Light di Tom Dixon
29’30’’
Eurolounge era, infatti, anche un punto vendita in cui venivano mostrati
e proposti al pubblico, in esclusiva, gli oggetti di Tom Dixon. Con gli
anni l’impresa si è ampliata, il negozio si è spostato nella prestigiosa
Portobello Dock, arricchendosi di continui eventi legati all’attività di
Dixon, mentre i prodotti sono oggi venduti anche attraverso altri rivenditori.
Eurolounge è stata un’esperienza che coinvolgeva in quegli anni anche
altri giovani designer in veste di collaboratori. Uno di questi era Michael Young, anche lui oggi affermato progettista, che ai suoi esordi ha
portato avanti lo sviluppo della sua prima collezione composta da
diciassette tra elementi d’arredo e prodotti, tutti realizzati artigianalmente come prototipi in quegli anni, alcuni dei quali divenuti in seguito
pezzi dei cataloghi di Cappellini e di E&Y.
Un’esperienza simile ha vissuto Sebastian Bergne, altro protagonista
della scena londinese di quegli anni, il quale esordisce nel 1991
fondando il proprio marchio, Bergne DMF e autoproducendo il paralume Shade, realizzato in lamiera d’acciaio con la tecnologia del taglio
laser, allora particolarmente innovativa; l’idea era quella di una lampada che potesse essere spedita in una busta. Oggi molti dei suoi oggetti
che ripropongono la stessa semplicità sono prodotti da Driade.
Imm.10 paralume Shade di Sebastian Bergne
30’09’’
Emblematica è stata l’esperienza che Ron Arad, israeliano ma londinese d’adozione, ha vissuto con One Off. Nel 1981, da poco laureatosi
nella capitale inglese, avvia, insieme all’amico Dennis Groves, la sua
impresa, chiamata porprio One Off, con sede in Sicilian Avenue,
dando avvio alla sua vocazione di artigiano che modella da solo i
propri pezzi e poi li vende; One Off, in anticipo rispetto alle esperienze appena descritte, vive nei loro confronti un ruolo di precursore.
I primi prodotti vengono realizzati con i Klee Klamps, un sistema di
giunti in acciaio brevettato negli anni ’30, che Ron Arad assembla in
forma di letti, librerie, tavoli, armadi, economici e facili da montare.
Nel 1983 One Off si trasferisce a Covent Garden, ampliandosi con
uno showroom diventato in poco tempo uno spazio tra i più in voga e
in fermento dell’intero panorama cittadino: è molto più di un ufficio, è
un negozio, galleria, laboratorio, atelier, il luogo dove Ron Arad
pensa, progetta produce e vende.
Imm.11 schizzo di un letto “klee klamps” di Ron Arad
31’42’’
Il più celebre prodotto nato da One Off è stata la Rover Chair, un
ready-made, un oggetto, cioè, ricavato dall’assemblaggio di parti di
altri oggetti ormai dismessi. La Rover Chair era ottenuta mettendo
iniseme un sedile di un’automobile, per l’esattezza di una Rover 200,
e un sistema di tubolari Klee Klamp sui quali era fissato. Nel 1983 è
stata la volta del Concrete Stereo, uno stereo con una scocca in
cemento. Oggi Ron Arad alterna le sue fortune da progettista per le
industrie alle sue personali sperimentazioni in quello che è rimasto il
suo luogo di riflessione.
Imm.12 Rover Chair di Ron Arad
32’08’’
Appare interessante notare in che maniera dalla storia possa essere
tratto un insegnamento ancora attuale. L’esempio offerto dai designer
britannici che tra gli anni ‘80 e ’90 si sono confrontati con difficoltà
paragonabili a quelle individuate nel panorama contemporaneo deve
servire da stimolo per definire il modo di agire del designerimprenditore.
Il successo ottenuto da quelli che oggi sono tra i più celebri designer
del pianeta dimostra come l’essere progettista non deve essere un
approccio limitato al banco da lavoro, ma deve coinvolgere anche il
processo di evoluzione di senso nel suo complesso, rendendo
l’individuo veramente in grado di far fronte a difficoltà apparentemente
insormontabili, mettendolo nell condizione di progettare il modo più
efficace di operare.
32’32’’
1. da "L'industrial Design" - Loescher Editore S.r.l. 2010; redattore
responsabile Maria Alessandra Montagnani.
2. Design Directory è un progetto del Dipartimento INDACO - di Industrial Design, Arti, Comunicazione e Moda - del Politecnico di Milano,
sviluppato in collaborazione con Fondazione Museo del Design, come
contributo alla realizzazione del Triennale Design Museum.
3. si tratta del Politecnico di Milano, del Politecnico di Torino, della
Libera Università di Bolzano, dell'Università IUAV di Venezia, dell'Università di Genova, dell'Università di Camerino, dell'Università di Firenze, dell'Università "La Sapienza" di Roma, della Seconda Università di
Napoli, del Politecnico di Bari e dell'Università di Palermo per quanto
riguarda le laurea triennali e del Politecnico di Milano, del Politecnico
di Torino, dell'Università IUAV di Venezia, dell'Università di Genova e
dell'Università "La Sapienza" di Roma per le lauree specialistiche.
4. si fa fede all'Indice della Produzione Industriale redatto periodicamente dall'Istat.
5. basti notare, ad esempio, l'aumento del numero e della tiratura di
riviste specializzate.
6. lo si legge su “Scenari del giovane design”, di Vanni Pasca e Viviana Trapani.
7. da "Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto all'inizo del
XXI secolo" - Skira Editore 2006; Andrea Branzi.
8. da "Scenari del giovane design" - Hoepli 2001; Vanni Pasca.
33’07’’
33’08’’
1.2 ricerca di senso
In questo paragrafo saranno proposte alcune citazioni ed interviste,
raccolte da alcuni affermati designer, a sostegno di un rinnovamento
nel mondo di intendere il progetto. Si tratta di una serie di scritti che
servono a rafforzare e ad arricchire lo spirito con cui si affronta la stesura di queste pagine.
33’17’’
Brano tratto da Progetto e Passione, saggio costruito attorno alla
pratica del design, scritto da Enzo Mari, pubblicato nel 2001.
Progettare e produrre sono due attività che possono più o meno coincidere. Ne possono essere articolate ed esemplificate le problematiche
in quattro gruppi: progetto e produzione coincidono in una persona
ignota; coincidono in una persona nota; non coincidono; potrebbero
coincidere in un prossimo futuro.
Progetto e produzione coincidono in una persona ignota. I singoli
produttori-progettisti vengono rapidamente dimenticati e la memoria di
loro sfuma in quella di una generica abilità artigiana, se non anche nel
mito. [...]
Progetto e produzione coincidono in una persona nota. Tale notorietà
è sempre relativa al più alto grado della qualità formale, sia questa
effettiva o solamente supposta. La notorietà è un onore che viene
concesso a chi è stato degno di rappresentare il trascendente. [...]
Progetto e produzione non coincidono oggi. Come già sappiamo la
produzione industriale è basata su questa non coincidenza. É utile commentare ancora la separatezza tra le fasi di lavoro esecutivo. Sarà
sufficiente illustrare qui quelle inerenti al lavoro di progettazione che
può essere articolato in tre momenti. La direzione, in quanto responsabile della progettazione complessiva; la progettazione tecnica e/o
formale; la realizzazione artigianale dei modelli. Queste fasi, variamente interrelate, si manifestano al loro interno o anche tra loro come
totalmente separate, salvo eccezioni ove tale frammentazione risulta
parziale.
Progetto e produzione potrebbero coincidere in un prossimo futuro. Se
ne dà qui una ipotesi utopizzante, quella dei progettisti autoproduttori.
[...]
35’31’’
Già oggi moltissimi giovani seguono e si addestrano per improbabili
attività di progetto o di lavoro autonomo qualificato (che è lo stesso).
Dunque, quali forme di lavoro meno alienanti ma utili si possono immaginare? Immaginiamo allora che tra qualche anno i paesi aderenti alle
Nazioni Unite accettino di votare una legge della quale si anticipa qui
qualche articolo grossolanamente approssimativo:
1. tutti gli oggetti oggi prodotti industrialmente, ma producibili artigianalmente (quali, ad esempio, sedie, camicie, biciclette, torte) potranno
essere realizzati solo in botteghe autonome gestite da non più di tre
persone e un apprendista.
I loro ruoli di produzione e commercializzazione dovranno essere intercambiabili; sarà proibito realizzare con procedure industriali i prodotti
artigianali dei quali sarà redatto un elenco completo; sarà proibita la
proprietà di più botteghe compresa quella della loro concentrazione
commerciale;
2. continuerà ad essere prodotto industrialmente solo ciò che richiede
una potenzialità di organizzazione e di investimenti per la realizzazione di componenti altamente standardizzate o tecnologicamente molto
complesse (quali, ad esempio, lampadine oppure aeroplani);
3. un organismo centrale, dotato di pieni poteri (è ancora utopia!),
controlla che questa legge sia pienamente rispettata in ogni paese (un
prodotto realizzato industrialmente costa molto meno di uno realizzato
artigianalmente. Le botteghe proposte non potrebbero sopravvivere se
un solo paese continuasse a produrre con tecniche industriali gli stessi
oggetti). Ovviamente andrebbe prevista una fase di graduale trasformazione.
Si può obiettare che i costi saranno eccessivi per gli oggetti di tipo non
élitario. É però prevedibile il loro contenimento, sia per la produzione
sia per la vendita, basato su due condizioni. La prima corrisponderà
alle tecniche del nuovo modo di produrre e al suo mercato. Si ridurranno i costi di trasporto e di imballaggio perché gli oggetti saranno
prodotti e distribuiti solo localmente; per le stesse ragioni si ridurranno i
costi di amministrazione e di pubblicità; semilavorati industriali prodotti
appositamente saranno disponibili a basso costo, così come piccole e
sofisticate macchine utensili che potranno semplificare e potenziare le
produzioni. La seconda condizione corrisponderà alle facilitazioni di
diverso tipo alle botteghe artigiane concesse dalle Amministrazioni
pubbliche, finanziate dal risparmio di stipendi di disoccupazione
altrimenti necessari. Per esempio: riduzioni dei costi di energia, salari
per apprendisti, esenzioni da tributi.
Il lavoro di produzione verrebbe svolto in condizioni meno alienanti
perché permeato di progettualità; d’altra parte il sogno di ognuno di
realizzarsi solo come progetista troverebbe il suo equilibrio o la sua
etica nel non voler espropriare ogni esecutore del suo progetto, dello
stesso suo sogno;
A. una produzione su misura ma necessariamente attentissima ai costi
favorirebbe una essenzialità (e qualità) della forma paragonabile a
quella dei contadini autocostruttori. Gli oggetti sarebbero più cari ma
più duraturi, riparabile e riutilizzabili: sparirebbe l’assurdo spreco del
nostro “usa e getta”;
B. certo, a questa ipotesi possono essere fatte moltissime obiezioni,
ma...
[...]
Imm.13 ritratto di Enzo Mari
36’38’’
Quella che Enzo Mari descrive è, come lui stesso ammette, un’utopia:
uno scenario in cui la parola “industriale” sparisce, in virtù di una riqualifica del termine “artigianale”, interpretato in chiave moderna, proiettato verso la ricerca dell’autorealizzazione del progettista.
Dal greco antico impariamo che l’origine del termine “utopia” è ambiguo: non è chiaro se questo derivi da 'eu-tópos, il regno perfetto della
felicità, o da 'ou-tópos, il luogo inesistente per antonomasia, o l'una
cosa e l'altra allo stesso tempo. Quindi ciò a cui serve un’utopia è
creare un immaginario verso cui potere tendere.
In questo senso le considerazioni di Enzo Mari sono da leggere come
stimolo verso un’attività progettuale che rifugi dalle sole opportunità di
ottimizazione del profitto a discapito della qualità del lavoro, ma che
piuttosto miri all’attenzione e al metodo che portano a risultati degni di
essere prodotti. D’altro canto la poetica di Mari, così legata
all’essenzialità è celeberrima; ciò che in particolare è utile sottolineare
alla luce degli argomenti qui trattati è il modo con cui viene accennato
ad alcune modalità attraverso cui i neo-bottegai potrebbero operare,
segno che in fondo un costruzione di alcuni aspetti salienti dello scenario descritto possano realmente prendere forma.
37’27’’
Caro Giovane Designer
di Alessandro Mendini, 1984
Se io fossi un designer molto giovane avrei la certezza che oggi questo
mestiere è molto difficile, perché è a una grande svolta, e non si sa
bene metterlo a fuoco nelle sue molteplici fisionomie, come pezzo di
una realtà sociale i cui con notati sono troppo sfuggenti. Lo chiamerei,
perciò, con il nome di BLACK DESIGN, un design “dove si vede nero”.
Cercherei poi di andare alle radici del problema, e mi domanderei se
sia ancora utile usare per questo genere di cose la stessa parola
DESIGN, oppure se essa tenda a perpetuare equivoci tardo-industriali
e strutture sorpassate e schematiche di riferimento. Polemicamente lo
chiamerei anche, magari NUOVO ARTIGIANATO, per riportarlo
dentro al millenario flusso delle arti applicate. Infatti se fossi un molto
giovane designer, per così dire “TELE-ARTIGIANO” userei il metodo di
autodifesa tipico dei giovanissimi, che è quello di scartare istintivamente l’aggressione subita da tutto il campo “monumentale” sul quale poggiano i valori dell’epoca che c’è: mi libererei dall’oppressione di tante
parole (specializzazione? funzione? standard? professione? impiego?
serie?) cercando di riprogettare (o di de-progettare) ex novo un mio
“diverso” problema progettuale.
[...]
Imm.14 ritratto di Alessandro Mendini
38’20’’
É suggestivo rendersi conto di come già a metà degli anni ’80 un maestro del design come Alessandro Mendini aveva individuato le prime
difficoltà allo svolgimento della pratica del disegno industriale propriamente detto. La storia ci insegna che i pieni effetti di un fenomeno
socio-culturale, come il mutamento dell scenario del design, si hanno
effettuando un certo sbalzo temporale in avanti negli anni, vale a dire
che quelli notati da Mendini probabilmente non erano altro che i primi
sintomi di una situazione che due decenni dopo si sarebbe manifestata
pienamente.
La chiave dell’invito di Alessandro Mendini alle nuove generazioni sta
nella contrapposzione dei termini “riprogettare” e “de-progettare”: si
lascia intuire che forse la strada da intraprendere non sia andare in
avanti, aggiungere qualcosa, ma tornare sui propri passi, andare per
sottrazione; una produzione “tele-artigianale”, un nuovo artigianato
che benefici dell’innovazione sociale e tecnologica, piuttosto che un
ulteriore avanzamento verso un “black design”. O, come è più probabile, la via sta nel giusto connubio dei due aspetti.
39’00’’
Intervista a Paolo Ulian
Paolo Ulian è probabilmente, tra gli allievi del maestro Enzo Mari,
quello che maggiormente è riuscito a distinguersi nella sua attività
da designer. Nella propria carriera Ulian ha lavorato con numerosissime aziende e ha vissuto in prima persona gli ultimi decenni del
design, italiano ed internazionale, il più recente dei quali da assoluto protagonista. In quest’intervista, rilasciata alla rivista Magazine,
Paolo Ulian parla dei suoi trascorsi e di come crede che muteranno,
o siano mutati, gli scenari del design.
“All'inizio è stata quasi una necessità. Credo che molti dei giovani designer che come me hanno iniziato a lavorare nei primi anni Novanta si
siano trovati di fronte al problema del cosa fare in un mondo già saturo
di merce di ogni tipo. La reazione immediata, ma anche la risposta più
logica, sembrerebbe essere quella di non fare assolutamente nulla, di
rimanere immobili e di non dare un ulteriore contributo alla frenesia
della produzione industriale. Un modo possibile per evitare questa
impasse è diventato per me quello di pensare a oggetti che potevano
suggerire atteggiamenti rispettosi verso l'ambiente.
Così nel 1992 ho iniziato con un'operazione che tendeva a sensibilizzare l'industria del settore lapideo al riutilizzo dell'enorme quantità di
semilavorati di scarto che quotidianamente viene prodotta. L'anno
successivo, chiamato da Ceccotti International, ho realizzato una
piccola collezione di complementi per la casa sfruttando unicamente gli
scultorei semilavorati di scarto prodotti all'interno dell'azienda. Lo
scopo era quello di indicare una strada percorribile anche per altre
aziende. L'operazione, che non ebbe sbocchi produttivi, doveva tradursi in una sorta di catalogo al negativo (o, se vogliamo, al positivo)
rispetto a quello ufficiale dell'azienda, dove ad ogni oggetto del primo
41’14’’
corrispondeva biunivocamente un mobile del secondo e viceversa.
Negli anni successivi ho ideato numerosi prodotti, realizzati con rifiuti
o con oggetti sottratti alla normale produzione, nei quali ho cercato di
fondere esigenze etico-ecologiche con la ricerca di risultati qualificanti.”
[...]
Uno sguardo agli scenari futuri. Quali prospettive per la professione
di designer in un paese dove si produce sempre meno?
“Credo che già ora si stia delineando un nuovo modo di progettare.
Il prodotto industriale non è più l’unico e ambizioso obiettivo a cui le
giovani generazioni di designers aspirano. In questi ultimi anni
l’attenzione si è spostata su un design che si avvicina molto al linguaggio dell’arte, al pezzo a tiratura limitata, al pezzo unico. E’ una progettualità che al contrario di quella finalizzata al prodotto industriale ha
dei risultati tangibili a più breve termine, con meno ostacoli e vincoli e
soprattutto senza alcun tipo di censura da parte dei soliti signori del
marketing.
Credo che grazie al design, nei prossimi anni si potranno ricreare le
condizioni per rivitalizzare un mestiere tanto antico e prezioso quanto
poco valorizzato qual è il mestiere dell’artigiano. Mi piace pensare
che nel prossimo futuro molti giovani designers sceglieranno di percorrere questa strada così appagante sotto tutti i punti di vista e così
pregna di valori etici e umani. Fare il designer come editore di se stesso
può dimostrarsi una delle migliori possibilità per un giovane che vuole
far conoscere le sue potenzialità. Ormai solo in Europa, oltre al Salone
Satellite, ci sono decine di altri appuntamenti importanti che garantiscono una buona visibilità e grandi opportunità di contatti con operatori
selezionati. Esistono poi le molte realtà dei Design shop all’interno dei
Musei il cui giro di affari si è moltiplicato negli ultimi anni e che si
stanno trasformando in veri e propri centri per la promozione e vendita
delle nuove visioni che il talento del giovane design internazionale
esprime con così tanta energia.”
[...]
_
Come giudichi invece le nuove generazioni di designers?
“I giovani progettisti oggi si trovano a operare in una situazione più
complessa rispetto ai loro maestri del passato. Le scuole in cui si insegna industrial design si sono moltiplicate, come pure i neolaureati in
questa disiplina, di conseguenza emergere diventa sempre più difficile.
Ciò nonostante, i giovani con grandi capacità e molto motivati ci sono.
C'é da dire che oggi, c’é una maggiore propensione a indagare in
ambiti lasciati ancora scoperti dal progetto e questo porta spesso a
ipotizzare oggetti.”
Imm.15 Paolo Ulian con Enzo Mari
41’32’’
La testimonianza diretta di uno dei più affermati professionisti del settore
è utile a rapportare gli stimoli precedentemente raccolti, utopici per
certi aspetti, al concreto. Ulian parla di un designer che è anche editore di se stesso, di un nuovo modo di operare che appare essere una
delle migliori prospettive che un giovane possa intraprendere.
Viene in quest’intervista sottolineato come il numero di professionisti sia
aumentato con l’aumentare delle scuole, e come emergere sia diventato estremamente difficoltoso; ma viene sottolineato anche il valore
umano di praticare la professione a stretto contatto con entrambi gli
aspetti, progettazione e lavorazione, necessari alla produzione,
nonché le possibilità crescenti di visibilità verso i progettisti che decidono di rimboccarsi le maniche e cimentarsi in un’attività “con meno ostacoli e vincoli e soprattutto senza alcun tipo di censura da parte dei soliti
signori del marketing.”
42’03’’
Subalterno 1
Dove sta il punto di unione e di disaccordo con l’industria tradizionale?
Durante il Fuorisalone 2011 si è visto l’esordio di Subalterno 1, con
l’inaugurazione della mostra “Autoproduzioni Italiane”, a cura di Stefano Maffei. In mostra gli oggetti di Massimiliano Adami, Antonio Cos,
Lorenzo Damiani, Giovanni Delvecchio e Andrea Magnani (Resign),
Duilio Forte, Andrea Gianni, Lorenzo Palmeri, Matteo Ragni e Paolo
Ulian. I designer hanno sottolineato la possibilità di una strada diversa
da quella del mercato tradizionale e non in contrasto con essa, in cui il
progettista diviene il regista dell’intero processo: progettuale, costruttivo
e distributivo.
Subalterno 1 si pone come un punto di incontro permanente sul tema
dell’autoproduzione, con eventi durante l’anno. E con una nuova
presenza sul mercato, priva della mediazione da parte dell’industria.
L’intento è quello di vendere, ma anche fare una selezione di qualità,
che sottolinei le potenzialità dell’autoproduzione. Come spiega Stefano Maffei, gli oggetti hanno una natura diversa da quelli del mercato
tradizionale, perché puntano sulla dimensione narrativa, sulla memoria
e l’esperienza culturale, spesso travalicando l’aspetto funzionale o
dell’utilità. Sono pezzi destinati alla piccola serie e a un pubblico non
di massa. Quasi si recuperano delle istanze di Alchimia o Memphis,
private dell’aspetto utopico sotteso al design. Di seguito una breve intervista, rilasciata a Valentina Croci per ATCasa da Lorenzo Damiani,
Matteo Ragni e Paolo Ulian, che progettano anche per l’industria tradizionale.
Lorenzo Damiani: “Autoprodurre un oggetto perché l’industria lo rifiuta
è sbagliato, in quanto l’approccio alla base è diverso. Il rapporto con
l’azienda ti fa sentire parte di una famiglia dove le decisioni sono
condivise e ponderate per raggiungere un risultato, mentre
nell’autoproduzione puoi anche permetterti di intraprendere nuove
strade e anche di sbagliare.”
Matteo Ragni: “Non credo che autoproduzione e industria siano divergenti. Molte imprese sono nate da un’idea di autoproduzione per poi
evolversi diventando realtà commerciali strutturate e complesse. La differenza fondamentale, semmai, è che nell’autoproduzione imprenditore
e designer sono la stessa persona: l’idea imprenditoriale nasce e si
sviluppa per mano di chi progetta.”
Paolo Ulian: “L’accordo con le aziende avviene quando c’è comunione di vedute e ideali. Un buon progetto filtrato da imprenditori che non
lo “sentono” può trasformarsi in un oggetto privo di forza perché stravolto nelle sue peculiarità. L’autoproduzione può essere una scorciatoia
per raggiungere un risultato di progetto più aderente alle proprie aspettative. E comunque può capitare di trovare un imprenditore illuminato
che sappia fare ciò che avresti fatto tu, ma meglio.”
In che cosa l’autoproduzione è diversa dalla ricerca da sempre
perseguita dai designer?
Lorenzo Damiani: “L’autoproduzione è un ramo di quell’albero che tu
chiami ricerca e che deve sempre rifiorire per generare nuove idee.
Spesso questi rami si intrecciano in modo molto fitto, generando riflessioni difficili da classificare.”
44’04’’
Matteo Ragni: “Se, in passato, il concetto di autoproduzione ha portato con sé un velato rifiuto verso l’industria, oggi questa separazione non
è così netta. L’industria guarda con grande interesse alla produzione
limitata e personalizzata, tipica dell’autoproduzione.”
Paolo Ulian: “L’autoproduzione è un’esigenza che ho sempre sentito,
senza mai realizzarla fino in fondo. Ma non mi do ancora per sconfitto!
Penso che a livello di ricerca non ci sia molta differenza tra il design
autoprodotto e quello per le aziende. Sono solo diversi i tempi e l’iter
per arrivare a un risultato concreto.”
Quali prospettive per l’autoproduzione rispetto all’industria tradizionale?
Lorenzo Damiani: “Sicuramente una strada più rischiosa, con tante
tante buche in più!”
Matteo Ragni: “Credo che le due debbano confrontarsi ed interagire
per sviluppare un concetto di produzione più personalizzato e coerente
con un mercato che deve reinventarsi. Autoproduzione e industria si
devono nutrire l’una dell’altra, in un gioco perpetuo di ricerca e sviluppo non solo di prodotti, ma di nuovi modi di consumare. Per trasmettere
i valori del buon design, a prescindere da numeri o tecniche produttive.”
Paolo Ulian: “Autoproduzione e artigianato conquisteranno sempre più
spazio nel design dei prossimi anni, perché i giovani designer sono in
continuo aumento e le aziende in diminuzione.”
Imm.16 sedie Tuttitubi di Lorenzo Damiani
45’01’’
_Nell’introduzione di questa tesi si erano prese le distanze dal termine
“autoproduzione”, in quanto si considera quest’espressione troppo
vaga e usata per indicare pratiche diverse tra loro. Questa divergenza
di opportunità è stata presente anche all’interno della mostra “Autoproduzioni Italiane”, alla quale hanno partecipato autoproduttori molto
legati al linguaggio dell’arte, che realizzano pezzi in tiratura estremamente limitata e cifre poco popolari, ma anche autoproduttori più orientati verso una distribuzione più allargata, prezzi più contenuti, produzione non manuale, e autoproduttori il cui atteggiamento si colloca tra
i due estremi.
Ad ogni modo risulta interessante l’opinione di affermati progettisti che
ribadiscono ciascuno il proprio modo di intendere questa pratica, in
quanto ciò che si sta cercando di portare è l’idea per cui sia possibile
e fruttuoso un tipo di design che non rifiuti le logiche della produzione
in serie, ma che le adatti a scale non industriali. Risultano ad esempio
attuale il doppio ruolo di designer ed imprenditore nello stesso individuo, il bisogno di riferirsi ad un approccio artigianale, in risposta al
calare del numero di aziende nel settore del design del prodotto, ma
anche all’incessante necessità di riflessione da parte sia del progettista
sia del pubblico.
45’47’’
_
Intervista a Marco Dessì
Marco Dessì è un giovane designer, nato a Merano nel 1976, che
vive e lavora a Vienna. Si tratta di un progettista tra i più promettenti
tra quelli che stanno emergendo nel panorama internazionale. In
occasione del Salone del Mobile 2011 ha rilasciato questa intervista per “Corriere Design”, pubblicazione speciale in allegato con il
Corriere della Sera:
[...]
“La sintesi è un pò questa: le nuove generazioni decretano la fine del
designer statico ed idealista. Il designer deve essere maestro di flessibilità: se non può produrre milioni di oggetti cambia traiettoria. In sinergia con l’artigianato moltiplica pezzi unici che indirizza a mercati di
nicchia. Quanto al luogo, il dogma della città magica non c’è più, c’è
il mondo, e nel mondo esperienze artigiane diversificate da cui attingere. Serve un network di persone, tutto qui. Dove sei non c’entra. Soprattutto serve un designer-manager, una figura nata ora che disegna organizza e vende.”
Imm.17 ritratto di Marco Dessì
46’19’’
_La voce di un giovane designer che sta affacciandosi al panorama
attuale non può che interessare questa ricerca di senso. Seppur non
pronunciate da un nome celebre, queste parole individuano il bisogno
di un nuovo modo di agire da parte delle generazioni esordienti, specificando la necessità che il progettista moderno si interessi di aspetti
ulteriori rispetto al solo sviluppo del prodotto, beneficiando dell’aiuto di
un approccio artigianale arricchito dalle nuove conoscenze e metodologie.
46’35’’
_
1.3 storie di chi voleva fare il designer
Nella terza sezione di questo primo capitolo sono raccolte alcune
schede. Ciascuna di queste schede riporta un caso studio, la storia di
uno o più progettisti che hanno scelto di portare avanti la propria idea
imprenditoriale, piccola o grande che fosse.
Ogni esempio è stato scelto per un particolare aspetto, il cui studio
tornerà utile in sede di progetto. Le schede sono strutturate per risultare
comparabili tra di loro: vengono poste sempre le stesse questioni, relative alle idee basilari dell’impresa, alle informazioni relative alla nascita
e allo sviluppo.
L’utilità di queste schede è capire quali siano i passi da effettuare
nell’avvio di un’impresa, quali gli errori da evitare e quali le logiche di
cui tenere conto.
47’05’’
47’06’’
Nome del marchio: TobeUs – A Matter of Toys
Ideatore: Matteo Ragni
Anno di nascita: 2007
Luogo di nascita: Milano
Imm.18 macchinine Tobeus
Concept.
Tutto nasce dal desiderio di immettere sul mercato un giocattolo, da
regalare ai bambini, che non si rompa facilmente, ma, al contrario sia
robusto, resistente all’usura, ma anche forte, caldo e realizzato con
materiali natuarli; un giocattolo, inoltre, che si faccia carico di portare
con sé un messaggio legato al valore del gioco, gioco inteso anche
come capacità progettuale ed abilità artigianale.
47’46’’
Come è cominciato.
Matteo Ragni è un affermato designer italiano, vincitore del Compasso
d’Oro nel 2001, e papà di tre bambini (2 al momento della nascita
di TobeUs). Il marchio nasce in un contesto preciso, all’interno del cuore
del design italiano, beneficiando del consenso e del supporto amichevole di amici e progettisti affermati nel panorama italiano.
_
Come è cresciuto.
A distanza di quasi quattro anni dalla propria nascita, TobeUs si è
rivelata essere un’iniziativa il cui scopo primario non è il fine di lucro.
Nel corso di questi anni è stato costruito piuttosto un network attorno
all’esperienza, fatto da designer e pubblico particolarmente sensibile
alla tematica del gioco, che, come disse Bruno Munari, e come ripete
TobeUs, è una cosa seria.
Imm.19 macchinine Tobeus capovolte
48’05’’
Quali sono i prodotti.
La produzione riguarda esclusivamente macchinine giocattolo in legno
di cedro. Ciascuna macchinina viene realizzata interamente a mano
da Mastro Giovanni, un artigiano brianzolo scelto come unico realizzatore di tutti i pezzi TobeUs, a partire da un blocco di legno di cedro
delle dimensioni di 16 cm x 7,5 cm x 8 cm, con gli spigoli leggermente
arrotondati.
La capacità artigianale si percepisce al solo contatto con l’oggetto,
così come la venatura e il forte profumo di questo particolare legno.
Oltre alla mano del falegname, l’unica altra che interviene è quella del
designer, che crea una linea, disegna un modello di macchinina, la
stessa linea che prenderà successivamente forma tridimensionale.
Esistono alcune regole imposte a cui tutti i modelli nati si sono attenuti.
A partire dal blocco, infatti, ciascuna automobile nasce asportando
una porzione di materiale dalla vista orizzontale e da quella frontale,
ma la vista superiore rimane sempre invariata. É questo l’unico vincolo
a cui si sono attenuti i diversi designer che hanno prestato la loro collaborazione.
La prima serie è composta da cinque modelli: la Berlina, la Romantica
e la Sportiva, disegnate dallo stesso Matteo Ragni, il Pick-Up e il
Furgoncino Portavalori, rispettivamente di Odoardo Fioravanti e Giulio
Iacchetti.
Anche la seconda serie è formata da cinque elementi: la Nuvolari di
Andrea Branzi, la Casa Mobile di Mario Bellini, il Camion dei Pompieri di Italo Lupi, la Reale di Alessandro Mendini e il Fiorino di Alessandro
Guerriero. Questa seconda serie è realizzata in edizione limitata e
numerata, vale a dire che sono stati prodotti 99 pezzi di ciascun
modello.
49’10’’
Imm.20 la “Romantica” di Matteo Ragni
Imm.21 il “Furgoncino Portavalori” di Giulio Iacchetti
Come è organizzato.
TobeUs è una ditta individuale, la cui titolare è ufficialmente Elisa Massoni, moglie di Matteo Ragni, il cui studio di progettazione ne segue gli
sviluppi. Come detto il fidato Mastro Giovanni si occupa della produzione dei pezzi, mentre alcuni tra i più noti designer del panorama
italiano si sono cimentati nel disegno del un modello di una macchinina. Si è trattata di una collaborazione amichevole, dettata dalla totale
sintonia con il senso e il gioco dell’iniziativa.
A chi si rivolge.
Il pubblico a cui si è scelto di riferirsi è quello composto da genitori e
parenti con il desiderio di regalare ai propri bimbi un giocattolo carico
di valori. Al contempo una schiera di appassionati e addetti al design
si sono interessati agli sviluppi del marchio.
Come comunica.
La comunicazione TobeUs è stata finqui affidata al passaparola: essere
nato in una culla già sotto gli occhi di molti è stato sufficiente a garantire visibilità, alimentata da una presenza sul web e in alcune vetrine di
spicco.
Come vende.
I prodotti TobeUs sono distribuiti attraverso rivenditori dislocati in tutto il
mondo. Eistono undici negozi in Italia che li commercializzano, oltre ad
un altra ventina all’estero.
Imm.22 logo TobeUs
50’08’’
TobeUs è un approccio al progetto che si maschera da impresa. Non
è il lucro, infatti, il fine principale di questo progetto, ma non è altro che
il prestesto per donare al mondo del disegno industriale un momento di
riflessione.
Gli aspetti rilevanti di questo esempio sono quindi due. Innanzi tutto
l’approccio, il desiderio di raccontare una storia attraverso il progetto,
la volontà di insegnare e trasmettere un valore al pubblico in un mondo
pieno di oggetti senza significato; in secondo luogo il metodo schematico con cui è organizzato il gioco, con un vero e proprio regolamento
fissato per giungere al disegno di una macchinina da uno stesso blocco
di legno.
Anche TrattoTempo, una volta presa forma, dovrà approcciarsi in
questa maniera al progetto. L’aspetto didattico, da intendere nel senso
esteso di insegnamento al pubblico di ogni fascia d’età, è infatti tanto
caro a TrattoTempo, quanto a TobeUs, con la sola differenza della
tematica adottata. Questo esempio spiega bene come è più opportuno
svolgere tale ruolo, a cavallo tra bisogno di espressione e necessità di
riscontro monetario.
Molto interessante è anche il vero e proprio regolamento con cui le
machinine TobeUs vengono realizzate. Procedere in questa maniera è
l’essenza del gioco proposto, dell’insegnamento offerto, oltre che uno
stratagemma per rendere la produzione più pratica ed economica.
Anche questo aspetto sarà ripreso nel progetto dei prodotti di TrattoTempo.
51’02’’
51’03’’
Nome del marchio: W-Eye
Ideatore: Doriano Mattellone
Anno di nascita: 2009
Luogo di nascita: Udine
Imm.23 occhiali W-Eye
Concept.
W-Eye nasce per concretizzare un’idea innovativa che da tempo tornava nella testa di Doriano Mattellone, vale a dire realizzare e commericalizzare occhiali in legno, che fossero rappresentativi di una passione
artigianale e al contempo proiettati verso il futuro.
51’27’’
Come è cominciato.
Doriano Mattellone è un artigiano che opera in quella parte d’Italia che
viene chiamata il “Distretto della Sedia”, per via della vastissima produzione di sedie; ha sempre, sin da bambino con l’attività da tornista del
padre, giocato con il legno, facendone la risorsa del suo mestiere, al
punto da lanciare nel 2001 la Mattellone s.r.l., impresa produttrice
principalmente di stampi necessari a realizzare sedie in plastica.
Nel 2009, incontrato per caso Matteo Ragni, rinomato designer, da il
via alla concretizzazione dell’idea di realizzare occhiali in multistrato
di legno. Prima di quest’incontro lo stesso Mattellone aveva condotto
esperimenti e realizzato modelli studio, ma gli era necessaria la figura
di un designer per dare la giusta forma a una nuova tecnologia poco
dopo da lui brevettata.
Come è cresciuto.
Il marchio W-Eye è praticamente all’esordio; il primo anno e mezzo di
vita è servito allo sviluppo dei prodotti e delle strategice commerciali.
Non è dunque ancora possibile effettuare un confronto.
Imm.24 occhiali W-Eye, particolare essenze
52’02’’
Quali sono i prodotti.
Il catalogo W-eye ad oggi conta otto diversi modelli di occhiali,
ognuno disponibile in ciascuna delle sei diverse essenze di legno
(noce, zebrano, mogano, frassino, ciliegio ed ebano), ciascuna
capace di conferire una diversa personalità all’indossatore. Si va dal
disegno più sobrio a quello più eccentrico, dalla linea da interni fino a
quella da sole, passando per gli occhiali da lettura.
Gli occhiali W-Eye sono composti ogni da due sottilissime, ma restenti,
lamine d'alluminio ricoperte da un multistrato di legno in sei diverse
essenze. Una volta uniti i vari livelli, gli occhiali vengono stampati,
intagliati e rifiniti manualmente.
La scelta progettuale forte sta proprio nel fatto che ciascun prodotto è
realizzato in un unico pezzo; non esiste alcuna giuntura tra le diverse
componenti, perchè esiste solo una componente, il paio di occhiali
che, nonostante quindi non abbia le due aste richiudibili, offre il notevole vantaggio di essere molto più resistente, oltre che di differenziarsi
ulteriormente.
Imm.25 lavorazione occhiali W-Eye
52’29’’
Come è organizzato.
W-Eye è un marchio che ha vita autonoma all’interno della MA-Wood,
che si occupa della lavorazione del legno declinandola sotto diversi
aspetti.
Come già riportato l’incotro tra Doriano Mattellone, l’imprenditore e
l’artigiano, e Matteo Ragni, il designer, ha dato il via alla nascita del
marchio W-eye. Da quest’incontro la loro collaborazione ha segnato
tutte le tappe che hanno portato, all’inizio del 2010, alla commercializzazione dei primi esemplari di occhiali.
Antonio Stella, ottico che da tre generazioni, titolare di una nota boutique milanese fondata dal nonno nel 1910, è entrato a far parte del
progetto in veste di consulente: la sua decennale esperienza nel settore
è servita per scegliere le migliori strategie comunicative e di lancio del
prodotto.
Come comunica.
W-Eye sta muovendo i primi passi, anche dal punto di vista della comunicazione. Si cerca di far conoscere il marchio grazie alla presenza in
fiere di settore e all’immissione del prodotto nelle vetrine di diverse
boutique di prestigio. Inoltre ultimamente è stata avviata una campagna
di promozione incentrata su testimonial noti, che appaiono in televisione indossando la montatura W-Eye dontatagli.
Come vende.
Gli occhiali W-eye sono venduti presso negozi di ottica; al momento
possono essere trovati in presso undici ottici, divisi tra le città del nord
italia, ma, essendo il marchio appena nato, è da prevedere una diffusione più ampia. A Milano lo stesso Antonio Stella li commercializza
nel suo punto vendita.
A chi si rivolge.
Il target di riferimento è dichiaratamente quello che si colloca in una
fascia medio-alta di potere d’acquisto. La pregiatezza dei prodotti e la
lavorazione artigianale, infatti, determinano un prezzo (che si aggira
attorno ai 400 euro per ciascuna montatura) che rende gli occhiali
W-Eye un oggetto da boutique. Le ragioni di ciò sono in parte di natura
strategica: vista l’impossibilità di immetersi in un mercato, quello degli
occhiali di basso prezzo, in cui esiste uno strapotere della produzione
orientale in grado di abbattere a cifre irrisorie i costi di lavorazione, si
è preferito orientare l’impegno progettuale verso la realizzazione di un
prodotto maggiormente élitario.
Imm.26 logo W-Eye
54’11’’
Quella di W-Eye è una storia soprattutto umana: è la storia di un coraggioso artigiano che decide di fare un passo in avanti per far fronte alle
difficoltà, non di rimanere fermo e subirle. Ciò che insegna questo
esempio è come si possa tirare fuori dal cappello un’innovazione
progettuale a prescindere dalle abilità che si posseggono.
L’approccio artigianale qui descritto è lo stesso raccontato da Richard
Sennett nella sua opera “L’uomo artigiano”: non un artigiano che fa con
le mani (anche se in questo caso i prodotti sono eccellentemente rifiniti
a mano) ma che segue con cura l’intero percorso del prodotto. La
grande qualità del pezzo finito e frutto di questo modo di operare.
Ai fini del progetto di TrattoTempo risulta molto interessante proprio
l’applicazione pratica del pensiero di Sennett. Essere “uomo artigiano”
è un modo di operare che può determinare grande soddisfazione
professionale oltre che conferire alta qualità ai prodotti finiti. Si vedrà
all’interno della terza parte come TrattoTempo si fondi su questo modo
di agire sull’intero processo produttivo di ogni singolo oggetto.
54’59’’
55’00’’
Nome del marchio: Freitag
Ideatori: Markus e Daniel Freitag
Anno di nascita: 1993
Luogo di nascita: Zurigo
Imm.27 lavorazione borse Freitag
Concept.
Freitag produce borse per donne e uomini e accessori utilizzando materiali che sono stati usati sulla strada: teloni di camion che hanno percorso chilometri e chilometri, cinture d'auto usate, vecchie camere d'aria di
biciclette ed airbag riciclati. Essendo resistenti i materiali utilizzati, lo
sono anche i prodotti finiti, tutti realizzati mantenendo inalterati colori e
scritte originali, rendendo di fatto ciascuna borsa un pezzo unico.
55’34’’
Come è cominciato.
Nel 1993 Markus e Daniel Freitag, due fratelli nati a Zurigo, entrambi
designer grafici erano alla ricerca di una borsa che potesse essere
comodamente trasportata in bicicletta senza che questa si rovini sotto
la pioggia. Cercavano una borsa funzionale, impermeabile e resistente
che potesse contenere i loro progetti. Ispirati dal traffico dei coloratissimi mezzi pesanti, che passavano davanti al loro appartamento sull'asse di transito di Zurigo, cucirono una borsa usando vecchi teloni di
camion. Realizzarono la tracolla con cinture d'auto usate e la bordatura
con una vecchia camera d'aria di bicicletta. Da questo bisogno personale nasce Freitag.
Come è cresciuto.
Da quando, nel 1993, questo marchio è nato in veste artigianale è
cresciuto fino al punto da possedere un’industria, a Zurigo, dedicata
alla produzione di borse. Oggi conta 80 collaboratori fissi, possiede
macchinari sofisticati in grado di far fronte ad una richiesta che ormai
è molto vasta ed esigente.
capitolo 3
Imm.28 borse Freitag
56’08’’
Quali sono i prodotti.
Il cliente ha due possibilità, acquistare una borsa già pronta all’interno
del vasto catalogo, oppure , in alternativa, disegnare la propria borsa.
Infatti, attraverso un software programmato appositamente è possibile
scegliere l’esatta porzione, con i relativi colori e disegni, di telone da
utilizzare: Il visitatore non deve fare altro che indivduare il materiale che
più gradisce, orientare il taglio della sagoma dal cui sviluppo prenderà
forma la borsa.
I prodotti sono differenziati all’interno di quattro categorie: le “messenger”, vale a dire le borse a tracollo, le “downtown”, quelle indirizzate
ad un pubblico femminile, le “work&relax”, cioè zaini e cartelle, e gli
accessori di varie dimensioni.
Imm.29 zaini Freitag
56’38’’
Come è organizzato.
L’impeccabile organizzazione svizzera rende le collaborazioni assolutamente trasparenti. Così come esistono appositi moduli ed apposite
modalità, infatti, secondo cui chiunque può diventare collaboratore di
Freitag in veste di fornitore di materiale, è reperibile sul sito ufficiale
l’elenco di tutte le figure professionali necessarie ma i cui posti sono
vacanti, così che chiunque può facilmente capire di quale tipo di impegno possa risultare utile e inviare la propria domanda di collaborazione.
cuoio, più adatto per terreni polverosi e donato ad alcune scuole-calcio
sudafricane.
Come vende.
Le borse sono innanzi tutto vendute attraverso il sito ufficiale del
marchio. Esistono inoltre cinque punti vendita, a Berlino, Davos, Amburgo, Colonia e Zurigo, interamente dedicati ai prodotti Freitag, che
possono essere trovati anche in oltre 300 altri negozi in tutto il mondo.
A chi si rivolge.
Freitag producendo borse in un materiale così particolare, e così particolarmente vivace, si rivolge ad un pubblico giovane, o giovanile,
capace di accoglierne di buon grado il gusto.
Inoltre, prima che ai compratori, si rivolge ai possibili fornitori di ciò che
per questo marchio è materia prima: è stato studiato un apposito
modulo da compilare, e indicate precise modalità secondo cui chiunque sia in possesso di vecchi teloni da camion può vendere ciò che per
lui non è altro che scarto.
Come comunica.
Negli anni ’90 i primi passi sono stati quelli più logici: raccontare il
proprio lavoro attraverso negozi fisici, e l’apparizione in eventi e fiere
di settore. Così l’iniziativa ha acquisito sempre maggiori consensi.
Ora che l’azienda è ben avviata la comunicazione si espande anche
su ambiti innovativi, su collaborazioni originali, come quella con PeléSports, nata per mano del famosissimo ex-calciatore, per cui durante i
Campionati Mondiali in Sudafrica del 2010 è stato lanciato un pallone
da calcio interamente realizzato con vecchi teloni, senza l’utilizzo del
Imm.30 logo Freitag
58’00’’
Freitag reppresenta un felicissimo esempio di come su un’idea geniale
nella sua semplicità sia possibile costruire la fortuna di un’impresa. La
furbizia di questa produzione di borse e accessori non sta soltanto
nell’impiego di un materiale di scarto, ma anche nell’organizzazione
che fa sì che esista un filo diretto che collega l’azienda e i proprietari
di teloni da camion di scarto. Non sarebbe certo stato conveniente né
fattibile avviare un’azienda basandosi su un sistema di reperimento del
materiale disorganizzato.
Inoltre l’evoluzione di Freitag negli anni racconta come si possa, seppur
mantenendo un’identità coerente nella produzione, sviluppare le
proprie linee su diversi canali progettuali.
Quest’esempio è stato scelto per descrivere un’auspicio forte del
progetto di TrattoTempo, vale a dire quello di costruire attorno ad
un’idea semplice la propria fortuna. I due imprenditori svizzeri protagonisti della nascita di Freitag hanno dimostrato che un sistema prodtuttivo
semplice può dimostrarsi il modo più efficace di relazionarsi al pubblico.
58’41’’
58’42’’
Nome del marchio: Livestrong Wristbands
Ideatore: Lance Armstrong Fundation
Anno di nascita: 2004
Luogo di nascita: Austin, Texas
Imm.31 immagine promozionale Livestrong Wristbands
Concept.
Il famosissimo ciclista statunitense Lance Armstrong, ha ormai sconfitto il
cancro che lo colpì in giovane età; nel 1997 ha fondato la Lance Armstrong Fundation, che si pone l’obiettivo di finanziare la ricerca per la
cura di questo male.
Il lancio di Livestrong Wristbands, i braccialetti Livestrong, serve a
raccogliere finanziamenti proprio per questa ricerca.
59’03’’
Come è cominciato.
Nel 2004 è stato lanciato il braccialetto Livestrong che faceva parte
di un programma educativo denominato “Wear Yellow Live Strong”,
con l'intento di sostenere le vittime e i guariti del cancro e consapevolizzare sul problema.
Il braccialetto è divenuto un fenomeno di massa alla fine dell'estate
dello stesso anno, dapprima apparendo ai polsi di molti partecipanti al
Tour de France, poi a quelli di alcune celebrità, tra cui numerosi attori
e molti atleti alle Olimpiadi.
Come è cresciuto.
Una così grande visibilità ha permesso che il braccialetto divenisse alla
moda, trasformandolo in un oggetto cult da cui sono poi scaturiti molti
oggetti simili. Ancora oggi il braccialetto viene venduto e sostiene le
ricerche della fondazione di Lance Armstrong.
Imm.32 braccialetto Livestrong indossato
59’49’’
Quali sono i prodotti.
Nonostante ultimamente siano stati aggiunti nuovi gadget al catalogo,
come t-shirts o accessori, è il braccialetto quello che rimane il simbolo
della produzione del brand.
Si tratta di un braccialetto in silicone, con la scritta LIVESTRONG in
controrilievo, giallo, come gialla è la maglia assegnata a chi vince il
Tour de France, la competizione che ha reso Lance Armstrong celebre.
Imm.33 braccialetti Livetstrong confezionati
1h 00’07’’
Come è organizzato.
All’interno della Lance Armstrong Fundation è stata inaugurata una
sezione che si dedica proprio alla commercializzazione dei prodotti
Livestrong. Ultimamente una collaborazione stretta con la Nike ha fatto
sì che i bracialetti siano venduti e comunicati anche dal noto marchio
di abbigliamento ed accessori sportivi.
A chi si rivolge.
Chiunque voglia sostenere la ricerca sul cancro è un possibile acquirente dei braccialetti Livestrong, ancor di più se ama i gadget decorativi
brillanti, anche quando fa sport.
Come comunica.
La notorietà della fondazione e del fondatore sono sufficienti a descrivere anche questi prodotti; non è stata pensata alcuna campagna
promozionale specifica, se non la trovata di far indossare i braccialetti
a star famose in tutto il mondo, amici personali di Armstrong.
Ultimamente, da quando è entrata a far parte della collaborazione, è
la Nike a promuovere il brand attraverso le proprie campagne.
Come vende.
I braccialetti sono acquistabili su internet, o presso i punti vendita Nike.
Il prezzo è irrisorio, un dollaro per ciascun braccialetto, venduti in lotti
da 10 o 100 pezzi.
Imm.34 logo Livestrong
1h 1’06’’
Per quanto riguarda le condizioni e le modalità secondo cui Livestrong
è nato, questo band non è paragonabile a quelli precedentemente
descritti, né a quello di cui si illustrerà il progetto nella terza parte di
questa tesi. Lo stesso vale per gli scopi, benefici in questo caso, di lucro
negli altri.
L’aspetto saliente è invece come un oggetto possa diventare il pretesto
per uno scambio di relazioni o di risorse. L’essenzialità del braccialetto,
nella sua funzione, nel suo disegno, nel suo materiale, ben si sposa con
l’idea per cui ciò che conta è far parte di un’iniziativa, in questo caso
contribuire alla ricerca sul cancro. Non va alle fattezze dell’oggetto in
sé il merito del suo successo commerciale, bensì al senso dell’intera
operazione.
La ragione per cui questo esempio è stato affiancato agli altri è la
necessità di raccontare come a volte ciò che viene commercializzato
non è tanto l’oggetto in sé, quanto il valore di cui l’oggetto non è altro
che veicolo.
Nel caso di Livestrong questo aspetto è evidente: il prodotto, una semplice fascia in silicone, è chiaramente un pretesto per donare contributi
in beneficenza.
Seppur non in maniera così eclatante, come si vedrà all’interno della
parte relativa al progetto, anche TrattoTempo si fa portavoce di un particolare valore, e i prodotti che saranno commercializzati saranno veicolo di un messaggio probabilmente più significativo dell’oggetto stesso.
1h 2’04’’
1h 2’05’’
Nome del marchio: Plinio il Giovane
Ideatore: Mario Prandina
Anno di nascita: 1975
Luogo di nascita: Milano
Imm.35 tavolo prodotto da Plinio il Giovane
Concept.
Plinio il Giovane valorizza il processo artigianale attraverso cui un
oggetto d’arredo acquisisce una qualità senza eguali. L’attività progettuale di Mario Prandina è affiancata dall’abilità di una squadra di
falegnami in grado di curare l’intero processo costruttivo, prestando
particolare attenzione alla cura dei particolari che conferiscono calore
al prodotto finito.
1h 2’32’’
Come è cominciato.
Negli anni ’70 si divide tra gli studi presso l’Accademia di Brera e la
gestione del suo negozio d’antiquariato e restauro, connubbio che lo
porta a scegliere di dedicarsi anche alla progettazione di mobili in
legno. E così 35 anni fa Mario Prandina, in arte Plinio il Giovane,
costruisce la propria attività attorno al fare manuale, proprio e di pochi
artigiani che lavorano a suo stretto contatto.
Come è cresciuto.
Si può dire che non sembra essere cambiato molto dalla nascita del
marchio fino ai giorni nostri: la scelta dei materiali, la cura della lavorazione sono sempre le stesse.
E sempre la stessa è anche la dimensione dell’azienda, che si limita a
contenere un punto vendita e un officina, oltre a qualche stretto collaboratore.
Imm.36 Ritratto di Mario Prandina
1h 3’05’’
Quali sono i prodotti.
Niente colle, niente vernici, la maggior parte dei prodotti nel catalogo
di Plinio il Giovane è realizzata utilizzando soltanto parti in legno massello incastrate tra di loro e trattate superficialmente con cera lacca. Si
tratta di una produzione di elementi d’arredo destinati ad uso domestico.
Imm.37 divano prodotto da Plinio il Giovane
1h 3’16’’
Come è organizzato.
Il gruppo Plinio il Giovane comprende, oltre Mario Prandina, anche un
cerchia di collaboratori fissi; si tratta di undici tra falegnami, prototipisti,
responsabili di produzione, progettisti e addetti alle consegne.
A chi si rivolge.
La clientela di Plinio il Giovane è composta da persone, o nuclei familiari, desiderosi di arredare il proprio ambiente domestico con prodotti
che da una parte rispondono correttamente alle problematiche proposte dal tema dell’ecologia, dall’altro sono in grado di conferire calorosità e un particolare senso di benessere. Si tratta di una produzione per
certi versi opposta a quella del cosiddetto modello Ikea, vale a dire la
politica di offrire prodotti a basso prezzo ma dalla qualità progettuale
e di resa limitate; di conseguenza anche il pubblico non è quello che
cerca l’economicità, ma si tratta di un pubblico in grado di acquistare
a prezzi medio-alti.
Come comunica.
A distanza di 35 anni dalla sua nascita la notorietà di Plinio il Giovane
è dovuta proprio a tanti anni di lavoro ad alto livello qualitativo.
Non c’è nessuna particolare campagna promozionale, se non la semplice diffusione del nome tramite passaparola o qualche apparizione in
riviste ed eventi specializzati.
Come vende.
Plinio il Giovane ha uno showroom nel centro di Milano, ed è quello
l’unico punto vendita utilizzato, salvo alcune apparizioni a mostre e
fiere sul mobile.
Imm.38 logo Plinio il Giovane
1h 4’21’’
Aspetto chiave dell’approccio di Plinio il Giovane è la massiccia
presenza della componente artigianale, tanto nell’effettiva lavorazione
dei mobili, quanto nella comunicazione lanciata al pubblico. Il fatto
che tutti gli elementi sia realizzati a mano, con un forte sguardo alla
sostenibilità ambientale, diventa un grande valore aggiunto da trasmettere in ogni maniera. Intelligente quindi la scelta di presentarsi ai clienti
con una connotazione familiare, rassicurando quindi il possibile acquirente sull’eccellente qualità del mobile.
Se l’esempio di W-Eye era stato aggiunto come emblema
dell’approccio artigianale al processo progettuale e produttivo, quello
di Plinio il Giovane trova posto in questa carrellata per il modo in cui
tale connotato viene raccontato al pubblico. Così come Mario Prandina riesce, ormai da decenni, a trarre effettivo beneficio da una comunicazione mirata a far conoscere al pubblico la qualità del proprio
lavoro, anche TrattoTempo dovrà essere abile a informare efficacemente il proprio bacino d’utenza del valore artigianale della filosofia e del
metodo che adotta.
1h 5’07’’
1h 5’08’’
Nome del marchio: Made.com
Ideatore: Ning Li
Anno di nascita: 2009
Luogo di nascita: Londra
Imm.39 homepage www.made.com
Concept.
Made.com è un portale londinese che nasce dalla volontà di rivoluzionare il mercato del design dell’arredo: accantonare l’idea per cui un
pezzo progettato da un designer debba costare necessariamente molto
e aprire dunque il ventaglio dell’utenza.
Come funziona Made.com? Vengono innanzi tutto eliminati gli intermediari, l’utente finale è in contatto direttamente con il produttore, facendo
sì che il prezzo scenda dal 50% all’80%. C’è un catalogo on line attraverso cui è possibile scegliere cosa acquistare; una volta effettuato
l’acquisto l’oggetto viene realizzato e spedito, e nell’arco di alcune
settimane viene recapitato a casa. Da segnalare che è possibile consultare online lo stato di avanzamento dell’oggetto commissionato e che,
se insoddisfatti, si hanno 2 settimane di tempo dopo la consegna per
beneficiare della garanzia.
1h 5’50’’
Come è cominciato.
Ning Li, giovane designer cinese trapiantato in Francia ebbe la fortuna
di incotrare, durante un suo soggiorno in Inghilterra, l’imprenditore
Brent Hoberman fondatore di MyDeco e Lastminute.com. Ning Li, con
i suoi due soci, Chloè Macintosh e Julien Callède, ottenne così, proprio
da Hoberman diventato così titolare dell’impresa, 2,5 milioni di sterline
come budget da investire nella sua idea.
Come è cresciuto.
Ora l’azienda è cresciuta fino ad avere 25 membri dello staff, ed una
piattaforma di aziende partner in Asia, dove vengono realizzati i
prodotti. Da quanto si può leggere, pare che dal momento del lancio,
il giro di affari sia cresciuto del 50% ogni mese, facendo pienamente
rientrare nell’investimento Brent Hoberman e altri investitori che sono
successivamente entrati a far parte del gruppo.
Imm.40 immagine tratta dal catalogo di Made.com
1h 6’33’’
Quali sono i prodotti.
La produzione di Made.com comprende un vasto numero di elementi
d’arredo. Si va dai divani alle poltrone, dalle sedie fino ai tavoli, ma
anche accessori da esterni, oltre che lampade, biciclette o addirittura
diversi modelli di calcio balilla.
Imm.41 poltrona prodotta da Made.com
1h 6’42’’
Come è organizzato.
L’anima di Made.com risiede nei tre fondatori, Ning Li, Julien Callède
e Chloé Macintosh, che si occupano della gestione dell’azienda. Oltre
a loro una squadradi 25 persone che vestono ruoli diversi, dall’art
director fino all’esperto i materiali, agli addetti all’ingegnerizzazione
dei prodotti danno vita a questa realtà. A loro si affiancano diversi
nomi, progettisti con le proprie attività già avviate che collaborano
periodicamente con Made.com fornendo nuovi progetti.
I titolari dell’azienda sono comunque altri, Brent Hoberman, già fondatore di MyDeco e Lastminute.com, Marc Simoncini, ideatore di iFrance
e Meetic, John Hunt, ideatore di Seattle Coffee Company, che hanno
l’onere di provvedere ai finanziamenti necessari e l’onore di incassare
i cospicui introiti.
Come vende.
La vendita degli arredi Made.com avviene esclusivamente attraverso il
sito internet: tale scelta è dettata dalle possibilità di risparmio offerte al
pubblico, possibilità dettate proprio dall’assenza di intermediari con la
produzione.
A chi si rivolge.
Il target di riferimento è abbastanza eterogeneo; i prodotti, tutti arredi
domestici, hanno infatti un gusto ed uno stile molto sobri, così da rendere i prodotti di Made.com adatti a qualsiasi ambiente casalingo.
Sicuramente la potenziale clientela deve essere in possesso della
freschezza mentale di accettare l’innovazione data dalla proposta di
questa compagnia, essendo disposta all’acquisto via internet, e non nel
classico punto vendita di mobili per la casa.
Come comunica.
Potendo beneficiare di ingenti fondi da investire la promozione di
Made.com non si è limitata al web, ma è stata oggetto di campagne
pubblicitarie significative, soprattutto nel Regno Unito, che hanno
lanciato il nome già all’avvio, determinando il forte e costante incremento di vendite.
Imm.42 logo Made.com
1h 7’52’’
Made.com sia è una realtà che nasce ed opera in un contesto nettamente più avanzato rispetto a quello degli altri casi studio, in quanto ha
a disposizione ingenti fondi da investire, tecnologie avanzate e addirittura una squadra di designer al proprio servizio. Ad ogni modo appare
interessante evidenziare l’idea di un rapporto diretto con i clienti, senza
l’impiego di intermediari quali rivenditori dei prodotti, strategia significativa e vincente.
Le scelte strategiche e commerciali di TrattoTempo potrebbero fare riferimento proprio al modello proposto da Made.com, non tanto relativamente alle modalità di commissione personalizzata e produzione
ottimizzata, perché il grado di complessità dei prodotti non è paragonabile, quanto ai vantaggi di una vendita diretta attraverso il portale
internet che permette da una parte una diffusione a più ampio raggio
della visibilità, dall’altra un contenimento dei costi di distribuzione.
1h 8’32’’
1h 8’33’’
Nome del marchio: Fish Design
Ideatore: Gaetano Pesce
Anno di nascita: 1995
Luogo di nascita: New York
Imm.43 vasi FishDesign
Concept.
L’idea è quella di utilizzare nel processo produttivo esclusivamente
resine colorate e traslucide, per creare oggetti per la casa.
“Fish Design è un insieme poliedrico di artefatti” spiega, Gaetano
Pesce, “È una frase che produce degli oggetti per la casa. Dai suoi
inizi, si è proposta di parlare di unicità come evoluzione dallo standard, umanità del difetto, bellezza, gioia, tattilità, sensualità, simpatia,
elasticità, colore, femminilità e innovazione. Il suo pubblico era anche
quello di chi ha un sottile portamonete. Fish Design non si soddisfa con
l’uniformità, la leggerezza degli oggetti di design tradizionale e la loro
stanchezza, astrazione e globalità. In un momento storico di giorno in
giorno piú complesso, offre piú calore, buonumore, piú affezione agli
spazi che ospitano la nostra vita”.
1h 9’09’’
Come è cominciato.
Gaetano Pesce è uno dei padri del design italiano, diventato celebre
grazie alle sue sperimentazioni legate alle materie plastiche durante gli
anni ’60 e alla ricerca di un design che risultasse allegro, colorato,
definibile come “pop”.
Nel 1995 a New York, dove risiede da oltre 30 anni, decide di dare
vita ad un brand che gli permettesse di portare all’estremo la sua vocazione sperimentale, così, supportato dalla grande fama già acquisita,
si cimenta nela produzione artigianale di oggetti per la casa e gioielli
da vendere nelle più prestigiose boutiques della Grande Mela.
Come è cresciuto.
Se a metà degli anni ’90 il successo dei prodotti Fish Design era garantito dalla notorietà del suo principale interprete, durante i suoi due
decenni e mezzo di vita l’innovazione e l’originalità formale ha permesso a una realtà che si rivolgeva ad una nicchia di pubblico di diffondersi ad un più ampio raggio.
Imm.44 Gaetano Pesce al lavoro
1h 9’43’’
Quali sono i prodotti.
Fish Design produce oggetti per la casa, per lo più vasi o ciotole, ma
anche orologi, cornici, oltre che gioielli; si tratta di oggetti realizzati
artigianalmente utilizzando esclusivamente resine colorate e traslucide.
Queste, calde e molli, vengono lavorate manualmente senza l’utilizzo
di stampi, modellate per ottenere la forma desiderata. Una volta formato l’oggetto viene fatto raffreddare finché la resina non indurisce. Si
tratta di forme estremamente grossolane, forme che rispechiano esattamente la lavorazione: come goccie di colore che colano giù dalle
pareti, le superfici dei vasi e degli altri oggetti di Fish Design conferiscono agli oggetti un’estrema fantasia.
Imm.45 vaso FishDesign
1h 10’09’’
Come è organizzato.
L’impegno di Gaetano Pesce è supportato dall’abilità manuale di una
squadra di artigiani che sono i veri e propri artefici della produzione
del brand. Mentre inizialmente Fish Design era una ditta a sé, che
rispondeva alle forma giuridiche previste dal governo statunitense, oggi
il brand è stato ufficialmente chiuso, ma sopravvive come marchio che
fa riferimento ad una delle linee di prodotto di un’altra attività imprenditoriale che si occupa della produzione e della distribuzione, la Corsi
Design Factory, con sede a Milano, fondata da Andrea Corsi nel
2007. Si tratta di un officina creativa a cui, oltre a Gaetano Pesce e
Fish Design, si sono affidati Alessandro Mendini per i Mendinismi e i
Fratelli Campana per Nativo Campana, entrambe produzioni di oggetti.
Come vende.
É possibile acquistare i prodotti attraverso il sito web di Corsi Design
Factory, o attraverso uno dei rivenditori a cui è affidata la distribuzione.
A chi si rivolge.
Benché meno di quanto non accadesse agli esordi della metà degli
anni ’90, Fish Design si rivolge ad un pubblico di nicchia, quello degli
amanti del design sperimentale e dell’oggetto che presenta la grande
firma. Se così non fosse sarebbe impensabile che vasi e gioielli dalle
cifre esorbitanti se paragonate ai costi dei materiali e della lavorazione
avessero un mercato.
Come comunica.
Fish Design non attua nessuna particolare politica comunicativa. La
fama di Gaetano Pesce è sufficiente a conferirgli notorietà, in quanto
gli offre la possibilità di essere spesso presente all’interno di mostre o
negli allestimenti dei principali eventi legati al mondo del design, italiano ed estero.
Imm.46 logo FishDesign
1h 11’18’’
Importante è la componente sperimentale di Fish Design. La ricerca
sulle materie plastiche, che ha caratterizzato l’intera carriera di Gaetano Pesce, è il fulcro della produzione.
Vincente è la scelta di declinare la fantasia e la varietà di colorazioni
in oggetti semplici come i vasi, così come è suggestiva l’idea di rendere questi materiali addirittura dei gioielli.
E la sperimentazione sui materiali sarà un punto forte della produzione
di TrattoTempo. In questo caso questa riguarda un solo materiale, la
gomma siliconica, mentre, come si vedrà nel progetto, l’impegno di
TrattoTempo riguarderà vari materiali.
Questo esempio racconta come è più opportuno procedere quando un
aspetto fondamentale del proprio lavoro è proprio la sperimentazione,
che per definizione può portare a risultati dubbi: non è la perfezione
del pezzo ciò che è importante nel progetto di Gaetano Pesce, bensì
l’imperfezione dettata dal caso, che determina oggetti finiti ognuno
diverso dall’altro, in una costante produzione di pezzi unici. Di questo
concetto, del valore dell’imperfezione, TrattoTempo farà tesoro.
1h 12’00’’
1h 12’01’’
Nome del marchio: Fullspot
Ideatori: Studio Laboratorio Quattro
Anno di nascita: 2009
Luogo di nascita: Milano
Imm.47 orologi O’Clock di Fullspot
Concept.
Lo studio Laboratorio Quattro è nato nel 2007 dall’unione di quattro
giovani, Stefania Braga, Luca Veltri, Emanuele Magenta e Matteo
Nicotra, diversi per formazione ed indole. Da questo mix di competenze è nato Fullspot.
Elemento distintivo di questo nuovo brand, o almeno aspetto ripetutamente sottolineato, è il fatto che i prodotti commercializzati sono,
contro la tendenza, interamente pensati e realizzati in Italia. Un Made
in Italy, non solo un Designed in Italy quindi, che mira a proporre
prodotti attenti ai dettagli, ma anche giovanili ed in grado di essere
personalizzati.
1h 12’30’’
Come è cominciato.
I quattro giovani fondatori, da poco proiettati nel mondo del lavoro,
hanno deciso di cimentarsi in quest’iniziativa forti delle loro diverse
capacità, che vanno dalle competenze nel design del prodotto fino a
quelle nelle strategie comunicative.
Il brand nasce quindi dal basso, da una realtà poco celebre, ma molto
vogliosa di far bene.
Come è cresciuto.
Attraverso fiere e mostre, soprattutto attraverso due edizioni del Fuorisalone, durante la settimana del design milanese, Fullspot ha acquisito
una certa notorietà e promette di crescere ulteriormente.
Imm.48 orologi O’Clock di Fullspot particolare quadranti
1h 13’02’’
Quali sono i prodotti.
Al momento in catalogo è presente solo un prodotto, O’Clock, il primo
che è stato lanciato al momento della nascita del brand, e attorno al
quale sono state costruite tutte le scelte comunicative fatte finora. Si
tratta di un orologio da polso unisex con cinturino in silicone e quadrante intercambiabile.
O’Clock è un orologio informale, dai colori accesi, personalizzabile.
Semplice la linea: solamente due cerchi, uno a formare il cinturino,
elastico, ed uno per il quadrante. Si tratta di una rielaborazione in
chiave moderna del più classico degli orologi da polso.
Originale il packaging: una scatola di latta solitamente usata per confezionare il tonno, acquistabile sia singolarmente sia in confezione
doppia.
I cinturini sono prodotti in 20 diverse tonalità, mentre i quadranti sono
bianchi, le lancette nere. Recentemente è nata una linea Disney, con
quadranti che riportano disegni dei più celebri personaggi dei cartoni
animati.
L’azienda ha già in cantiere nuovi prodotti, tra cui la linea O’Chieve,
presentata in anteprima durante l’ultima edizione del Fuorisalone, si
tratta della versione Fullspot di un orologio da taschino: una moderna
“cipolla” colorata con una la catenina bianca che rievoca gli auricolari
dell’iPod. Nonostante questa tipologia di orologi sia finita in disuso la
scelta di riproporla come accessorio potrebbe avere un futuro.
Imm.49 orologi O’Chieve di Fullspot
1h 14’01’’
Come è organizzato.
Lo studio Laboratorio Quattro si dedica meticolosamente a tutti gli aspetti necessari alla vita del brand, dalla progettazione dei prodotti e del
packaging, alla comunicazione, all’organizzazione di eventi.
La produzione materiale delle componenti degli orologi è affidata ad
artigiani che lavorano nella provincia di Pordenone, da cui provengono alcuni dei quattro componenti del gruppo.
A chi si rivolge.
Fullspot si rivolge ad un pubblico giovane e dinamico, persone che
trovano nei semplici oggetti quotidiani elementi di distinzione a completamento del proprio look.
Come comunica.
La notorietà acquisita dal brand è dovuta soprattutto alla presenza al
Fuorisalone, oltre che altre manifestazioni che si svolgono periodicamente in Italia. Lo stesso studio poi, si occupa di produrre slogan e
immagini pubblicitarie da diffondere via web.
Come vende.
Al momento i prodotti Fullspot sono venduti soltanto attraverso il sito
web, ed occasionalmente mediante temporay shops allestiti durante
manifestazioni di un certo rilievo, in grado di garantire affluenza di
clienti.
Importante sottolineare la scelta di orientarsi verso una fascia di prezzo
contenuta, scelta permessa dall’impiego di materiali economici, che
rende il prodotto molto vendibile.
Imm.50 logo Fullspot
1h 15’10’’
Con questo caso studio ci si avvicina alle tematiche prossime a quella
di TrattoTempo. Pur non nascendo con l’intento di soffermarsi e di
raccontare al pubblico una certa visione del tempo, nè scegliendo di
limitare la propria produzione agli orologi che sono stati descritti, è
apprezzabile il modo in cui i ragazzi che hanno dato vita a Fullspot
siano stati capaci di aggiornare secondo il gusto moderno uno stilema
tipico di almeno un paio di decenni fa.
Il risultato è un oggetto economico, popolare, caldo e allegro, tutte
peculiarità che possono far diventare un prodotto un elemento alla
moda.
Sembrava opportuno, avvicinandosi alla conclusione di questa serie di
esempi, proiettarsi verso l’ambito più strettamente legato alla produzione di TrattoTempo,cioè quello degli orologi. Fullspot è stato scelto come
esempio per inquadrare una tendenza che è riscontrabile in altri brand
che producono orologi o accessori: si tratta della riscoperta del cosiddetto gusto cheap, parola inglese che signifca “economico”, ma anche
“facile”, “semplice”. Come verrà sottolineato in seguito, è importante
osservare attentamente il mercato e la concorrenza per individuare la
direzione in cui soffia il vento.
1h 15’59’’
1h 16’00’’
Nome del marchio: Spiral Clock
Ideatore: Will Aspinall e Neil Lambeth
Anno di nascita: 2009
Luogo di nascita: Londra
Imm.51 Spiral Clock di Will Aspinall e Neil Lambeth
Concept.
Chiaramente l’idea di fondo è quella di proporre un orologio che
funzionasse diversamente dai normali orologi. Non un meccanismo
che fa ruotere delle lancette, che vengono eliminate, ma una rotazione
del quadrante, e un nuovo modo di leggere l’ora dato da una spirale
e da una pallina.
In una modernità troppo concentrata a conoscere istante per istante
esattamente che ore siano la volontà degli inventori dello Spiral Clock
è di raccontare un modo di spendere il proprio tempo in maniera più
naturale, cominciando proprio leggendo l’ora attraverso una forma più
naturale e con un’approssimazione più libera ed intuitiva.
1h 16’34’’
Come è cominciato.
Tutto è cominciato nel 2006, sui banchi universitari di un corso di
laurea in Design & Tecnologia londinese, sui quali Will Aspinall ha
sviluppato la prima idea di orologio a forma di spirale, abbozzando
un primo prototipo in maniera grosolana e meritandosi una A. Concluso il corso di studi e dedicatosi al lavoro Will ha continuato ad immaginare piccole migliorie al suo progetto, collaborando anche con Neil
Lambeth, ingegnere meccanico suo amico, insieme al quale inizia dal
2008 a dedicarsi ogni sera allo sviluppo dello Spiral Clock definitivo,
il cui primo prototipo vede presto la luce.
Pronto il prodotto i due si sono dedicati alla gestione di un’eventuale
impresa che lo vendesse, impresa che è nata realmente nel 2009,
proprio con il nome di Spiral Clock.
Come è cresciuto.
L’originalità della trovata ha subito avuto un grosso successo. Oggi, a
distanza di soli due anni dal suo esordio, Lo Spiral Clock è venduto in
tutto il mondo. La buona riuscita dell’iniziativa permetterà presto ai due
co-fondatori di proporre nuove versioni di quello che rimarrà l’unico
prodotto in vendita dal brand, versioni alle quali stanno già lavorando,
indicando l’Autunno del 2011 come periodo di lancio.
Imm.52 Will Aspinall e Neil Lambeth intervistati
1h 17’09’’
Quali sono i prodotti.
Il brand è costruito attorno ad un solo prodotto, Lo Spiral Clock per
l’appunto. Si tratta di un orologio da parete non convenzionale: sul
quadrante, in resina, circolare, è presente un binario di alluminio
dall’andamento a spirale sul quale scorre una pallina; un meccanismo
lo fa ruotare intorno al centro in modo tale che la pallina percorra la
spirale, sulla quale sono segnati i numeri da 1 a 12: quando la pallina
sarà sul numero 2 significa che sono le 2:00 (o le 14:00), mentre se si
trova a metà strada tra il 2 e il 3 allora sono le 2:30 (o le 14:30).
Una volta concluso il percorso, alle 12:00 (o alle 24:00), la pallina
cade in un buco collegato ad un tunnel che la riporterà al punto di
partenza.
Imm.53 Spiral Clock bianco e nero
1h 17’32’’
Come è organizzato.
Le competenze progettuali di Will Aspinall incontrano quell ingegneristiche di Neil Lambeth. Tutti gli orologi sono realizzati manualmente dai
due, nelle loro officine di Londra.
I due protagonisti si occupano anche della promozione e della commercializzazione del prodotto, avvalendosi del valido aiuto di stretti
collaboratori più competenti di loro in ciascuno degli ambiti di riferimento.
A chi si rivolge.
Il pubblico a cui è rivolta la proposta è senz’altro composto da persone
disposte ad acquistare un pezzo distinto per forma e funzionamento,
ma anche giovanile e fresco. Questo aspetto, combinato con un
prezzo non estremamente accessibile, circa 350 sterline, rende lo
Spiral Clock un oggetto di nicchia, tant’è che da quando è nato il
marchio ad ora risultano prodotti, e venduti, solamente 150 esemplari.
Come comunica.
Il funzionamento curioso dello Spiral Clock, gli ha aperto le porte dei
principali blog sul design che ci siano al mondo. Questo spazio vale
di per sè come grandissima fonte di pubblicità.
Come vende.
La vendita al momento avviene soltanto su internet. Facendo un rapido
calcolo, moltiplicando il prezzo di listino per il numero di pezzi venduti,
è possibile rendersi conto di come si tratti di un commercio ancora
nascente, che non produce ancora cifre ampiamente in grado di fornire
utili sufficienti a garantire da soli il sostentamento dell’attività stessa e dei
suoi fondatori, anche se l’andamento appare essere in crescita.
Imm.54 logo Spiral Clock
1h 18’33’’
Spiral Clock è un raro caso di brand costruito attorno ad un unico
prodotto. La storia della sua nascita è particolarmente suggestiva: un
giovane studente realizza una prima idea con materiali grossolani, e
poi crede talmente tanto nella sua idea che riesce a svilupparlo a tal
punto da mettere su un’impresa.
Importante è sottolineare come un’invenzione, una trovata originale, in
questo caso il conteggio dell’ora con una spirale ed una pallina, possano di per sé essere delle validissime basi su cui costruire la propria idea
imprenditoriale. In questi casi, la cosa fondamentale è la determinazione da parte del neoimprenditore, che non deve scoraggiarsi alle prima
difficoltà, così come è successo per il caso raccontato.
La storia di Spiral Clock, che chiude la carrellata di casi studio sulla
nascita di un’impresa, trova relazione con quella che sarà la storia di
TrattoTempo, oltre che per la categoria di prodotti commercializzati,
anche per la focalizzazione della produzione: un solo prodotto nel
caso dello Spiral Clock, una sola categoria di prodotto, gli orologi da
parete, nel caso di TrattoTempo.
Il vantaggio, come si intuisce da questa scheda, è una maggiore e più
efficace concentrazione dell’impiego di risorse ed energie, umane e
commerciali.
1h 19’20’’
Ciascuna di queste storie ha dunque fornito uno spunto, un tassello che
diventerà parte anche del progetto di TrattoTempo
TobeUs, progettare è un gioco, con delle regole precise, e serve ad
insegnare
W-eye, come essere “uomo artigiano”
Freitag, un’idea geniale nella sua semplicità
Livestrong Wristbands, il prodotto veicolo di un’emozione
Plinio il Giovane, è importante comunicare la qualità del proprio
lavoro
Made.com, una strategia commerciale vincente
FishDesign, sperimentazione sui materiali
Fullspot, emozionare con gli orologi
Aspiral Clock, come costruire un’impresa su un solo prodotto
Nella parte sul progetto risulterà chiaro come ciascuno di questi aspetti
verrà considerato all’interno di TrattoTempo.
1h 20’00’’
Capitolo 2, progetto e tempo
1h 20’01’’
TrattoTempo è un’impresa che ha adottato un tema in particolare.
Usando due sole parole questo tema può essere definito come “tempo
equilbrato”. Concedendosi invece uno spazio maggiore il tema centrale di TrattoTempo è l’avere individuato in un uso poco corretto del
tempo a nostra disposizione uno dei principali fattori di malessere dei
moderni stili di vita. Questo uso poco corretto consiste in un impiego
della risorsa tempo in una maniera snaturalizzata, secondo un ritmo,
cioè, che non è quello più appropriato, e secondo un’intensità ancora
una volta poco opportuna.
Mentre il primo capitolo si era concentrato sull’analisi delle cause del
malessere lavorativo palesato dai giovani esordienti nel mondo del
design, proponendo una strada nuova da intraprendere, questo secondo capitolo indaga il malessere, non legato al pianeta design ma di
carattere più generale, dettato proprio dal cattivo impiego della coordinata temporale nelle nostre società.
Per farlo si farà ricorso ad esempi pratici di cosa si intenda in questa
tesi per “tempo equilibrato”, con l’auspicio che evidenziare come
spesso il modo di impiegare il tempo risulti chiaramente una discriminante per la qualità di un risultato, possa agevolare la comprensione
del progetto che seguirà.
1h 20’51’’
2.1 il tempo che passa
Se il messaggio che si cerca di formulare riguarda un trascorrere del
tempo secondo il naturale ritmo delle cose, allora gli esempi che seguiranno faranno riferimento proprio alla natura, e alla naturalezza nel
fare le cose.
Si porteranno all’attenzione alcuni punti che risultano salienti ai fini
dell’identificazione di un processo logico che porti ai concetti strettamente correlati a TrattoTempo e alla progettazione delle sue componenti più rilevanti. Si procederà ancora una volta dal generale verso lo
specifico, ponendo come punto di partenza l’osservazione del ritmo
natuale del tempo e la discordanza con i moderni stili di vita.
1h 21’12’’
L’orologio biologico
Ciascun essere umano, così come ciascun essere vivente del resto,
possiede un proprio orologio biologico, che risponde ai cosiddetti ritmi
circadiani. Questo orologio biologico regola i meccanismi fisiologici,
come la temperatura corporea e la pressione arteriosa, adattandoli
all’alternanza tra il giorno e la notte, e all’intero ciclo delle 24 ore. Ma
esistono anche cicli più rapidi, che si ripetono varie volte al giorno, o
altri più lenti, a cadenza mensile.
Il termine "circadiano", coniato da Franz Halberg, viene dal latino circa
diem, "intorno al giorno". Lo studio formale dei ritmi temporali biologici
come i ritmi giornalieri, settimanali, stagionali ed annuali è chiamato
cronobiologia.
I ritmi circadiani sono importanti per determinare ad esempio i modelli
di sonno e veglia di tutti gli animali, inclusi gli esseri umani. Il ritmo è
collegato al ciclo luce-buio: si è riscontrato infatti che in esseri umani
che si sono volontariamente isolati in grotte e senza stimoli esterni il
ritmo circadiano sonno-veglia tende progressivamente ad allungarsi,
sino ad arrivare a giornate di 36 ore. Fondamentale come regolatore
dell'orologio interno appare quindi il ruolo della luce solare.
Appare così comprensibile come l’essere umano tenda ad avere sonnolenza di notte e vitalità di giorno, come possa essere fisicamente più
prestante in certe fasce orarie, e mentalmente più fresco in altre.
É stato addirittura possibile individuare i picchi di massimo e minimo di
ciascuno dei parametri fisiologici che regolano il nostro organismo.
1h 22’50’’
-
14:30;
15:30;
17:00;
18:00;
19:00;
21:00;
22:30;
02:00;
04:30;
06:45;
08:30;
09:00;
10:00;
migliore coordinazione
tempo di reazione più veloce
migliore efficienza cardiovascolare, maggiore forza muscolare
pressione sanguigna massima
massima temperatura corporea
inizia la secrezione di melatonina
movimenti intestinali interrotti
sonno più profondo
minima temperatura corporea
netto aumento della pressione arteriosa
movimento intestinale più facile
massima secrezione di testosterone
massimo livello di vigilanza
Come si è appena dimostrato, esiste un ritmo naturale del tempo. Il
tempo della modernità, quello della società dei ritmi di vita legati alla
produttività, si sovrappone a tale ritmo biologico.
Recentemente è stato pubblicato un saggio intitolato “Vivere Slow, apo1
logia della lentezza” scritto da Maria Novo, sociologa sudamericana.
Si legge:
“Chi ha l’incarico di organizzare la produzione tiene conto di questi
ritmi biologici? L’esperienza ci dimostra il contrario. Molti impieghi
richiedono il turno di notte o impongono viaggi in paesi con fuso orario
differente, obbligando il corpo a sincronizzarsi rapidamente sull’ora
locale. Alcuni incarichi prevedono turni di notte alternati a turni di
giorno, che alterano i ritmi di riposo e del sonno.
Le macchine, creazioni umane, hanno finito per imporre la propria
disciplina alle persone. I ritmi temporali individuali sono dettati
dall’organizzazione del lavoro nelle fabbriche e nelle imprese prodotte
dal genio umano. Tale condizionamento è all’origine dei mali della
società moderna, come lo stress e le cosiddette malattie del terzo
millennio, causate da un’asincronia del nostro orologio biologico.”
Maria Novo parla di stress come una delle malattie del terzo millennio.
Anche in questa tesi, e nell’idea fondamentale da cui nasce TrattoTempo, si considera lo stress come uno dei principali effetti dell’alterazione
del corretto equilibrio del trascorrere naturale del tempo tipico dell’era
moderna.
Generalmente lo stress viene definito come l’insieme dei problemi, delle
preoccupazioni e delle emozioni che quotidianamente bisogna affrontare, relativamente al lavoro, alla famiglia, al denaro, ai traumi, alle
2
malattie e a tutto ciò che può addurre tensioni.
Il corpo umano, per affrontare i molteplici attacchi di stress, mette in
moto un meccanismo di autodifesa che comporta il rilascio di adrenali1h 24’05’’
na, che determina un aumento del livello di energia da cui potere
attigere per superare una difficoltà. Il problema dei giorni nostri è che,
il rilascio di adrenalina, in genere, non è seguito dallo scarico di tutto
questo surplus energetico, questo causa lo stress e il malessere di cui si
fa cenno in questa tesi.
L’ozio Creativo
Domenico De Masi, sociologo italiano e professore ordinario presso
l’Università La Sapienza di Roma, ha elaborato il concetto di “ozio
3
creativo”. Tale concetto fa riferimento ad una situazione in cui si lavora
senza accorgersi di farlo, ed è generato dalla fusione tra lavoro, studio
e gioco i cui confini si sarebbero sfocati nella società post-industriale,
in cui la creatività predomina sulla manualità.
Il termine ozio non deve far pensare a una situazione di passività. Per
gli antichi romani il termine otium non significava "dolce far niente",
bensì un tempo libero dagli impegni nel quale era possibile aprirsi alla
dimensione creativa. Nella società attuale la maggior parte dei lavori
ripetitivi e noiosi è stata delegata alle macchine; all'uomo è rimasto il
monopolio sulla creatività.
Il concetto di ozio creativo propone una riduzione drastica dell'orario
di lavoro, così lunga oggi per via dell'overtime, l'abitudine degli impiegati di restare in ufficio molto di più del tempo necessario, accusato di
distruggere non solo la creatività, ma anche la vita familiare e la crescita personale del dipendente. Viene rifiutata la convinzione che la
produzione sia proporzionale al tempo di lavoro, convinzione valida
per le catena di montaggio, ma non per l’essere umano.
Il lavoratore dovrebbe piuttosto trascorrere la maggior parte della
propria giornata concedendosi al libero flusso di pensieri, che porta ad
organizzare efficacemente la struttura mentale, ponendo l’individuo
nella condizione di essere molto più produttivo, e in meno tempo, con
1h 25’08’’
un notevole vantaggio per il mercato del lavoro, per la produttività
stessa, ma soprattutto per il personale benessere psicofisico.
Procedendo sul filo logico che è partito dalla dimostrazione che esiste
un ritmo naturale del tempo, e che alterare tale ritmo causa malessere
all’interno dei moderni stili di vita, si è passati dalla segnalazione di un
caso, tratto dal mondo della sociologia, in cui si prova a dare una
risposta a tale malessere diffuso, proponendo un modello più valido ed
in linea con la naturalezza del tempo.
Si tratta di una voce che non è isolata. Esistono altre opere ed altri
autori che denunciano l’errore proponendo approcci al tempo più
efficaci per il benessere individuale, e nella garanzia della produttività
fondamentale per l’era moderna.
Ad esempio Peter Axt e sua figlia Michaela, sociologi tedeschi,
4
nell’opera “Elogio della pigrizia” suggeriscono di dar spazio
all’inattività, al non fare, recuperando così la rilassatezza e la calma.
Ma già nel 1887 Paul Lafargue, rivoluzionario, giornalista e scrittore
5
francese, scrisse “Il diritto all’ozio”, suggerendo una giornata di lavoro
che non superasse le 3-4 ore nella salvaguardia dei ritmi biologici del
lavoratore.
1h 25’47’’
Lo Scotch Whisky
Il Finance Act del 1988 definisce “Scotch Whisky” solamente quello
che presenta alcune caratteristiche specifiche, tra cui l’essere stato
prodotto in Scozia con acqua ed orzo maltato, con l’unica aggiunta di
grani interi di altri cereali, ed essere stato macerato nella distilleria
stessa, trasformato in un substrato fermentabile solo con sistemi enzimatici endogeni, e fermentato unicamente con l’aggiunta di lieviti.
La parola “whisky”, è quindi generalmente usata per indicare quelli
distillati in Scozia, mentre con la parola “whiskey”, quasi identica, si
indicano generalmente quelli distillati in Irlanda e negli Stati Uniti.
1h 26’09’’
Maltaggio
8 - 16 giorni
Infusione
12 ore
Fermentazione
48 - 112 ore
Distillazione
una giornata
L’orzo viene prima
inumidito in vasche, per
poi essere steso sul
malting floor, un
pavimento di pietra su
cui ha luogo la
germinazione, durante il
quale l'orzo assorbe
ossigeno emettendo
anidride carbonica.
Successivamente l’orzo
viene essiccato in forni
che lo rendono secco,
croccante, friabile,
aromatico.
Il malto essiccato viene
macinato
grossolanamente in un
mulino e miscelato con
acqua calda in un
recipiente circolare
chiamato "mash-tun", da
cui viene estratto tre o
quattro volte. Il liquido
rimanente è il mosto di
malto, il wort, un liquido
semitrasparente, per
quanto non ancora
alcolico, dallo strano
odore dolciastro.
Il mosto raffreddato
passa negli wash-back,
enormi tini di legno.
dove viene pompato del
lievito ed ha subito inizio
la fermentazione. I lieviti
fermentano il maltosio
presente nel mosto
trasformando lo zucchero
in alcol etilico ed anidride carbonica. La fermentazione permette di
ottenere liquido chiaro,
noto semplicemente
come wash.
É la conversione del
liquido in vapore e di
nuovo un liquido, in
alambicchi di rame a
forma di pera, i pot still.
Si effettuano due o tre
distillazioni, seguite
attentamente dal Mastro
Distillatore, che provvede
ad immettere nel primo
alambicco il prodotto
fermentato. Il risultato, il
cuore, è un'acquavite
perfettamente trasparente, cristallina.
1h 27’09’’
Maturazione
3 - 10 anni
Imbottigliamento
pochi istanti
Il disciplinare scozzese
stabilisce che si può
denominare Scotch single
malt un whisky proveniente da una sola distilleria,
e invecchiato in Scozia
in barili o fusti di rovere
per almeno tre anni
(anche se è opinione
comune che la maturazione ottimale sia almeno di
una decina d'anni).
Terminato il periodo di
maturazione il whisky,
prima di essere imbottigliato, è tipicamente
allungato con acqua per
portare la gradazione
alcolica a 40 - 45 gradi.
1h 27’39’’
1h 27’40’’
Il Sigaro Cubano
Un sigaro è fatto con foglie di tabacco, private delle nervature, arrotolate. Si distinguono tre elementi: la tripa, il capote e la capa. La tripa,
o ripieno, pùò essere composta da foglie intere, nei sigari di maggior
pregio, o da trinciato di tabacco ed è rivestita dal capote, un ulteriore
foglia di tabacco la cui funzione è quella di dare una prima forma al
sigaro. Tripa e capote sono a loro volta racchiuse da un'altra foglia
appositamente tesa, lavorata e sigillata con una goccia di resina vegetale chiamata capa. Il sigaro cubano è detto puro, perché, unico al
mondo, tutte le foglie di tabacco al suo interno provengono dallo stesso
paese, ed è considerato senza pari grazie al microclima unico della
zona di Vuelta Abajo.
1h 28’10’’
Coltivazione
9 mesi
Cura
6 - 24 mesi
A Febbraio avviene la
semina nei campi di
tabacco. Quando le
piantine hanno sviluppato
6 o 7 foglie, avviene il
trapianto in un nuovo
terreno, con condizioni
più favorevoli allo
sviluppo della pianta. Ad
Agosto la pianta è
matura, pronta per il
raccolto, che viene svolto
nell’arco di un paio di
mesi.
Una volta effettuato il
raccolto delle foglie di
tabacco queste vengono
sistemate in apposite
strutture per l'essicazione
e lo stagionamento.
1h 28’40’’
Trasformazione
2 minuti
Selezione
pochi istanti
Chiusura
10 secondi
Invecchiamento
fino a 15 anni
Nelle fabbriche di
produzione, le galeras,
le foglie sono arrotolate
dai torcedores, che
hanno cura di mantenere
la proporzione tra i vari
tipi di foglie che caratterizza il sapore ed il gusto
dello stesso, tipico di
ciascuna marca.
I sigari passano ad
operai esperti nella
selezione del colore: in
base al tipo e alla
qualità di foglia o
soprattutto del periodo di
stagionatura, le fasce
possono essere di colori
molto diversi: dal claro
fino al negro. Gli addetti
si preoccupano di
mettere assieme i sigari
di colori simili, per una
buona resa estetica della
scatola.
Dopo la selezione del
colore, come ultima fase,
la grandissima maggioranza dei sigari vengono
anillati, ovvero viene
aggiunta una fascetta
rappresentante il marchio
della casa di produzione. La fascetta deve
essere chiusa con una
quantità minima di colla,
stando bene attenti che il
collante non entri in
contatto con la fascia.
Un sigaro di buon livello
continua a migliorare per
oltre 10-15 anni. Alcuni
preferiscono fumare il
sigaro fresco, appena
rollato o comunque entro
3 anni dalla fattura, altri
propendono per stagionature più lunghe (5, 10
anni), altri ancora sono
sostenitori del sigaro
vintage, con più di 10
anni di invecchiamento.
1h 29’40’’
1h 29’41’’
Il Parmigiano Reggiano
Il Parmigiano-Reggiano è prodotto esclusivamente nelle province di
Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e
Bologna, tra pianure, colline e montagne racchiuse tra il Po e il Reno.
E’ in questo territorio che si concentrano i quattromila allevamenti in cui
le bovine vengono alimentate con foraggi prodotti in quest’area.
L’alimentazione degli animali è curata nel rispetto di un rigido regolamento che impedisce l’uso di foraggi insilati e alimenti fermentati.
1h 30’01’’
Mungitura
24 ore
Coagulazione
20 minuti
Ogni giorno vengono
effettuate due mungiture,
una mattutina, di latte
intero, ed una serale il
cui latte, lasciato a
riposo fino al mattino
seguente, fa affiorare
naturalmente la parte
grassa (destinata alla
produzione del burro),
diventando scremato.
Al mattino il latte
scremato dalla sera
prima viene aggiunto al
latte intero appena munto
e viene versato in caldaie
di rame a forma di
campana rovesciata, con
l’aggiunta di caglio di
vitello e del siero innesto,
ricco di fermenti lattici
naturali ottenuti dalla
lavorazione del giorno
precedente.
Cottura
50 minuti
Riposo
4 giorni
Salatura
un mese
La cagliata che si
presenta viene frammentata in minuscoli granuli e
viene cotto a fuoco vivo
a 55 gradi. Al termine
della cottura i granuli
caseosi precipitano sul
fondo della caldaia
formando un’unica
massa. Che viene estratta
dal casaro.
Tagliato in due parti il
formaggio viene messo in
una fascera che gli darà
la sua forma definitiva.
Ogni forma viene
contrassegnata con un
numero unico e progressivo. Una fascia marchiante incide sulla forma il
mese e l’anno di produzione e il numero di
matricola. A questo punto
la forma viene lasciata a
riposo.
Le forme vengono
immerse in una soluzione
satura di acqua e sale,
che viene assorbito dalla
forma chiudendo il ciclo
di produzione.
1h 31’16’’
Stagionatura
almeno 12 mesi
La stagionatura minima è
di 12 mesi, al termine
dei quali ogni forma
viene esaminata. Il
formaggio stagionato 12
mesi è detto Mezzano,
mentre a 18 diventa
Extra; superati i 18 mesi
l’incremento di qualità
viene segnalato con un
bollino arancione, fino ai
22 mesi, argento fino ai
30 mesi, ed oro, una
volta superati i 30 mesi.
1h 31’31’’
1h 31’32’’
Il Sapone di Aleppo
É nella città di Aleppo, in Siria, che fu inventata per la prima volta la
procedura per la fabbricazione del sapone duro a partire dall’olio
d’oliva. Dopo l’800 d.C. con l’espansione araba il sapone si diffuse in
tutto il Mediterraneo e in alcuni paesi venne rielaborato in modo da
realizzarlo da altre materie prime; nasce così, ad esempio, il Sapone
di Marsiglia, che , quindi, deriva direttamente da quello di Aleppo.
Ancora oggi la città siriana produce ed esporta sapone in tutto il
mondo. La materia prima principale è ancora l’olio d’oliva, e la lavorazione ancora artigianale.
1h 32’00’’
Raccolta e olio
2 mesi
Cottura
3 giorni
Solidificazione
3-4 settimane
Taglio
Alcune ore
Ogni anno con l’inizo
dell’Autunno avviene la
raccolta dagli alberi di
ulivo, e il mese di
Novembre è il mese
della produzione dell’olio
d’oliva.
In grossi emulsionatori
riscaldati con fuoco
alimentato a legna di
olivo viene cotto, a fuoco
lento l’olio d’oliva; nel
corso di questa
operazione si aggiunge
una percentuale variabile
di olio di alloro e di
sodium hydroxide che
permette la
trasformazione delle
sostanze grasse, e
determina il profumo e la
pregiatezza del sapone.
I saponi, ancora verdi,
vengono messi in
impalcature, dove
vengono lasciati a
maturare all'aria fresca.
In questo periodo di
maturazione il sapone
inizia a cambiare colore,
dal verde diventerà d'un
colore dorato. Ciò
avviene a causa della
clorofilla dell'olio d'oliva
che, illuminata dai raggi
solari, produce questo
cambiamento cromatico.
Dopo qualche settimana
il sapone acquista la
giusta consistenza per
procedere al taglio in
panetti e successivamente
alla timbratura. Il sapone
viene raccolto ed
impilato accuratamente.
1h 33’00’’
Essiccazione
9-12 mesi
L’aria penetra all’interno
dei magazzini di
stoccaggio attraverso
grosse aperture,
permettendo la
stagionatura del prodotto
impilato ad arte.
Quando il sapone
acquisisce il caratteristico
color paglia che può
essere più o meno
intenso, può considerarsi
pronto per la vendita.
1h 33’15’’
Il paragrafo appena concluso ha riportato alcuni esempi tratti dalla
produzione di alcuni prodotti particolarmente famosi, celebri perché
all’interno del procedimento che serve ad ottenerli è impensabile impiegare tempi diversi da quelli naturali, altrimenti la qualità finale sarà
compromessa.
Come risulta evidente in questi esempi spesso per fare bene le cose
occorre il giusto tempo. Rapportando questo insegnamento al ristretto
ambito del disegno industriale e di questa tesi di laurea queste pagine
sono servite ad individuare un connotato che sarà caro al progetto di
TrattoTempo.
Anche la produzione di TrattoTempo, infatti, adotterà un metodo produttivo che tenga conto delle naturali tempistiche nel fare le cose. D’altro
canto è inevitabile che con un tema di fondo talmente carico ciascun
aspetto dell’impresa che si fa portatrice di questo tema ne risulti fortemente arricchito di senso.
1h 33’54’’
Torta di mele
Tempo di preparazione: 1 ora
Ingredienti:
700 gr di mele
3 uova
70 gr di burro
300 gr di farina 00
250 gr di zucchero
1 bicchiere di latte
1 limone
1 bustina di lievito per dolci vangliato
Preparazione:
Sbucciare ed affettare le mele, e irrorarle poi con il succo di limone.
Nel frattempo montare gli albumi a neve e a parte sbattere i tuorli con
lo zucchero. Aggiungere alle uova il burro ammorbidito e montare.
Versare un bicchiere di latte e mescolare fino a che l’impasto del dolce
sia liscio e omogeneo. Aggiungere a questo punto la farina a pioggia
con il lievito e la scorza grattugiata di limone e incorporare gli albumi
montati a neve. Infine aggiungere le mele all’impasto. Incorporate le
mele all’impasto quindi versare il composto della torta di mele in una
tortiera imburrata e infarinata. Ricoprire la torta di mele con delle fettine
di mela e qualche ricciolo di burro. Cuocere la torta in forno preriscaldato per 40/50 minuti a 180°. Lasciar raffreddare la torta di mele
prima di servirla.
1h 34’50’’
Cheesecake
Tempo di preparazione: 2 ore
Ingredienti:
200 gr di biscotti tipo digestive
2 cucchiai di burro
400 gr di formaggio Philadelphia
4 uova
500 gr di zucchero
un pizzico di vanillina
succo di limone q.b.
200 ml di panna acida
200 gr di fragole
Preparazione
Ridurre i biscotti in polvere e aggiungere il burro sciolto e lo zucchero
mescolando di continuo. Stendere il composto ottenuto in una teglia
rotonda, precedentemente rivestita con un foglio di carta da forno.
Lasciare che la base si raffreddi in frigo e si compatti. Appena pronta
toglierla dal frigo e metterla da parte. Per preparare la crema al
formaggio lavorare prima le uova con lo zucchero, poi aggiungere il
formaggio Philadelphia un pizzico di vanillina e un po di succo di
limone, e mescolare il tutto. Versare la crema nella teglia e porla in
forno già caldo a 150° per circa 30 minuti. Non appena il cheesecake sarà cotto, lasciarlo raffreddare per circa mezz`ora.
Intanto per preparare la sour cream mescolare bene della panna
acida, dello zucchero e un po` di succo di limone e stendere il composto così ottenuto sulla torta. Mettere in forno per ancora dieci minuti e
poi lasciare raffreddare.
Per preparare la salsa di fragole mescolare le fragole con lo zucchero
e il succo di limone. Quando il dolce si sarà raffreddato ricoprirlo con
la marmellata e le fragole tagliate a pezzetti; infine lo metterlo in frigo
per qualche ora per fare in modo che il tutto si compatti come si deve.
1h 35’53’’
Torta Paradiso
Tempo di preparazione: 45 minuti
Ingredienti:
300 gr di burro
150 gr di Farina 00
150 gr di fecola di patate
1 bustina di lievito
La buccia grattuggiata di 1 limone
8 tuorli e 4 albumi d’uovo
1 bustina di vanillina
300 gr di zucchero
Preparazione:
Accendere il forno a 180°. Mettere in una ciotola capiente o all'interno
di un mixer del burro, metà dello zucchero e la vanillina e aiutandosi
con un mestolo di legno mescolare tutti gli ingredienti a crema. Aggiungere poi gli 8 tuorli uno alla volta, avendo cura di amalgamare bene
ogni tuorlo prima di aggiungerne un altro; procedere così fino ad
ottenere un composto chiaro, cremoso e senza grumi, poi aggiungere
la buccia di limone grattuggiata al composto. In un altro recipiente dai
bordi alti mettere i 4 albumi con un pizzico di sale e montateli a neve
e sempre sbattendo, aggiungere l’altra metà dello zucchero avanzato.
Mischiare e setacciare la farina con la fecola di patate e il lievito in
polvere, poi aggiungerli poco alla volta al composto di burro e uova.
Incorporare molto delicatamente gli albumi al composto di burro, tuorli
e farina, mescolando con un mestolo dal basso verso l’alto. Imburrare
ed infarinare una tortiera versandovi l’impasto ottenuto; inserirla poi nel
forno già caldo per almeno 50 minuti. Prima di sfornare la torta accertarsi dell’avvenuta cottura punzecchiandola con uno stuzzicadenti da
spiedini. Quando la torta si sarà raffreddata, disporla su un piatto da
portata e cospargerla di abbondante zucchero al velo vanigliato.
1h 36’58’’
Se l’approccio generale alla produzione che sarà adottato
dall’impegno di TrattoTempo sarà lo stesso dei celebri casi descritti nel
paragrafo precedente, nel rispetto dei giusti tempi naturali e nella cura
artigianale di tutte le fasi che portano al prodotto finito, il metodo specifico per ottenere gli orologi da parete di cui si è già accennato sarà
simile a quello usato per seguire la ricetta di una torta.
Come si vedrà gli orologi da parete prodotti da TrattoTempo hanno
molto in comune proprio con le torte; tra gli aspetti che condividono c’è
il fatto di dovere fare fede ad una ricetta per ottenerli.
Per preparare una torta ben riuscita bisogna rispettare i giusti tempi
dettati da una ricetta, e anche per ottenere degli orologi ben fatti bisognerà fare attenzione ai giusti tempi di lavorazione naturale dei materiali adoperati.
1h 37’41’’
1h 37’42’’
1h 39’22’’
Lentamente muore di Pablo Neruda
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce.
Lentamente muore chi evita una passione,
chi vuole solo nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni;
emozioni che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbaglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti agli errori ed ai sentimenti!
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza,
chi rinuncia ad inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia e pace in sè stesso.
Lentamente muore chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare!
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di
una splendida
felicità.
1h 40’36’’
1h 42’05’’
E così vorresti fare lo scrittore di Charles Bukowski
E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perché vuoi delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'autocompiacimento
le biblioteche del mondo hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o al suicidio o all'omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento, e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
non c'è altro modo
e non c'è mai stato.
1h 33’54’’
1h 43’48’’
La biologia e la sociologia sono servite per comprendere come alterare
il naturale ritmo del tempo sia causa di malessere; il mondo della
produzione ha fornito esempi di come si possa operare nel rispetto di
questi ritmi; il linguaggio dell’arte, della poesia, dimostra che
l’attenzione verso gli spunti individuati è effettivamente una cosa reale.
Le due poesie appena riportate, così come molti altri esempi della
storia delle arti e del bisogno di espressione creativa, riguardano
proprio il malessere che anche TrattoTempo cerca di superare. Ciò che
tornerà utile ai fini del progetto, ed è la ragione per cui questi esempi
sono stati inseriti tra gli altri, è l’efficacia di un messaggio che faccia
leva su certi elementi chiave, come la sensibilità del pubblico verso lo
spreco della risorsa temporale, o verso il suo cattivo impiego.
Gli stessi elementi, chiaramente traslati in un ambito che abbia il fine di
promuovere l’impresa e la sua produzione, si ritroveranno nella campagna comunicativa lanciata da TrattoTempo. L’identità corporativa e la
comunicazione esterna, affrontati nel capitolo 7, saranno incentrati sul
tentativo di stimolare il pubblico verso un impiego del tempo più consapevole, e verso il desiderio di far proprio tale messaggio, veicolato dai
prodotti commercializzati.
1h 44’16’’
Quello appena affrontato è stato un percorso che è servito a fornire
supporti scientifici al senso del messaggio di fondo di TrattoTempo, e
ad individuare gli sbocchi più efficaci in quanto sostenuti da osservazioni sul tempo già consolidate:
L’orologio biologico, dimostra che esiste un ritmo naturale del tempo,
vittima delle degenerazioni moderne che causano danni come lo stress
La teoria ell’ozio creativo, è un esempio di come la sociologia venga
incontro al bisogno di un rinnovamento comportamentale
Le produzioni eccellenti, come rispettare i tempi della natura
Le torte, un regolamento produttivo nel rispetto di tali tempi
La poesia e l’arte, insegnano quali corde muovere per sensibilizzare il
pubblico
Così come gli spunti ottenuti dai casi studio, inerenti le migliori modalità
di avviare e gestire un’impresa, anche queste linee guida torneranno
utili, all’interno ella parte del progetto, questa volta nella definizione
della tematica di TrattoTempo e delle sue applicazioni semantiche.
1h 44’50’’
1. Edizioni Dedalo 2011
2. Commissione Consultiva Permanente del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, (2011). Indicazioni della commissione consultiva per
la valutazione dello stress lavoro correlato.
3. Domenico De Masi, L'ozio creativo - Conversazione con Maria
Serena Palieri. Ediesse 1995
4. Tecniche Nuove Editore 2003
5. "Il diritto all'ozio" esordisce con queste parole di Gotthold Ephraim
Lessing, filosofo tedesco: "Impigriamo in ogni cosa, fuorché nell’amare
e nel bene, fuorché nell’impigrire”
1h 45’00’’
2.2 come si progetta il tempo
A questo punto, delineato un percorso logico che racconti quali connotati della dimensione temporale siano considerati rilevanti ai fini della
progettazione di TrattoTempo, è opportuno procedere illustrando come
sia possibile declinare tali aspetti nel mondo reale.
Alcune di quelle che seguiranno saranno storie che potrebbero anche
essere raccolte sotto il titolo di “Come impiegano il tempo alcune persone”, e che serviranno a completare il quadro semantico dentro il quale
trova collocamento il senso della progettazione della nuova impresa;
altre invece serviranno a individuare le tendenze verso cui la progettazione del tempo sta orientandosi.
Si procederà analizzando inizialmente esperienze significative che
fanno riferimento ad ambiti generali, di natura sociale, per poi focalizzarsi, procedendo da una scheda all’altra, verso il settore del design
del prodotto, con l’obiettivo di estrapolare linee guida da applicare al
progetto.
1h 45’48’’
L’Happy Hour
Quest’espressione inglese, che significa letteralmente “ora felice”,
riguarda un’abitudine diffusasi negli anni ’90. Nato proprio nei paesi
anglosassoni, e diffusasi poi in molte altre nazioni, l’happy hour è
quella fascia oraria in cui bar o altri esercizi ricreativi praticano sconti
o promozioni sul consumo di bevande alcoliche e rinfreschi.
Si tratta di una pratica di promozione delle vendite ideata per attirare
la clientela britannica nei pub dopo l’uscita dal lavoro, tramite l’offerta
di consumazioni a prezzo ridotto per una o due ore nel tardo pomeriggio, coprendo tipicamente l’intervallo tra le 17:00 e le 18:00. Il
successo di dare un peso diverso ad un particolare arco temporale ha
segnato l’inizio di una vera e propria abitudine, un fenomeno sociale
ormai largamente affermato e diffuso con alcune differenze di nazione
in nazione.
Imm.55 aperitivo Campari (Camparitivo) alla Triennale di Milano
1h 46’32’’
In Italia questa pratica si è coniugata perfettamente con la già presente
abitudine all’aperitivo, per questo comincia in genere più tardi che in
Gran Bretagna, e si prolunga nella serata, spesso fino alle 21:00 o
alle 22:00. La differenza principale, oltre alla fascia oraria di riferimento sta nel tipo di offerta proposta dagli esercizi commericali: mentre nei
paesi anglosassoni si offrono consumazioni a metà prezzo, in Italia
vengono offerti rinfreschi, più o meno ricchi, da accompagnare al
consumo di una bevanda alcolica, spesso a fronte di una maggiorazione del prezzo delle bevande stesse.
L’enorme successo dell’happy hour, soprattutto nelle grandi città, prima
su tutte Milano, è dovuto alla perfetta scelta, è proprio il caso di dirlo,
dei tempi. La frenesia dei giorni d’oggi, porta i cittadini a dividersi di
corsa tra i lavoro, la famiglia e gli impegni irrinunciabili; ciò che rischia
di mancare è un momento di svago da impiegare con gli amici. Ma
l’ormai ricchissimo buffet che si è abituati ad avere a disposizione
consente di concedersi di tanto in tanto una fascia oraria che sarebbe
comunque impegnata nella cena a casa, senza essere costretti a digiunare ma con il vantaggio di mantenere i rapporti con le persone care.
Imm.56 tipica tavola imbandita per l’happy hour
1h 47’09’’
I Temporary shops
Il fenomeno dei temporary shops ha fatto la sua comparsa in Italia
ormai da diversi anni ed è, forse, l’espressione più immediata
dell’economia liquida, poiché rende reale e visibile l’aspetto provviso1
rio e precario del mercato.
Le condizioni economiche, infatti, rendono la vita a lungo termine dei
negozi difficoltosa; è nata quindi, ormai da qualche anno, l’idea di far
nascere negozi temporanei che funzionano solo per un determinato
arco di tempo, che varia tra le poche settimane e i pochi mesi. Normalmente questi negozi, che in Italia hanno attecchito soprattutto a Milano,
spuntano maggiormente durante i peridi di festa, o durante il periodo
dei saldi, per chiudere immediatamente dopo.
Imm.57 la vetrina di un temporary store di Londra
1h 47’55’’
I requisiti per aprire un Temporary Shop, detto anche Pop-up Store,
sono pochi, vale a dire disporre di una location, possibilmente in una
zona commerciale della città, di proprietà o meno, pubblicizzare
l’aperura dell’esercizio commerciale, rendendola simile ad un evento
unico ed irripetibile, ed avere tempo da investire nel progetto. Incentivo
all’apertura di attività di questo genere è la mancanza di vincoli legislativi soprattutto in relazione alla licenza commerciale.
Il risparmio è senza dubbio il principale segreto del successo di questo
nuovo modo di fare economia, ma non è l’unica componente. Secondo gli uomini del marketing che ne tessono le lodi, infatti, il punto forza
di questa nuova tendenza sarebbe la sensazione percepita, varcando
la soglia di questi negozi a tempo, di partecipazione a un vero e
proprio evento.2
Hanno un target ben preciso da raggiungere e un’offerta unica e irripetibile intorno a cui nascono. A volte durano un mese e non si preoccupano di fidelizzare il cliente.
Magari sono utili per lanciare dei nuovi prodotti, soprattutto quelli a
tiratura limitata: lo scopo del Temporary shop è lo stesso di quello di
una tradizionale campagna pubblicitaria.
Interessante notare come spesso sulla vetrina sia addirittura presente un
un countdown che indica i giorni, le ore e i minuti che mancanti alla
chiusura dell’esercizio commerciale: il meccanismo che innescano nei
potenziali clienti è quello di vivere l’urgenza di non perdere l'occasione, perché il negozio chiuderà e non riaprirà più. Se si considerano
inoltre i meccanismi psicologici che scattano nei consumatori, come
quello di acquistare d’impulso mossi dall’opportunità, o di raccontare
ad altri curiosi la particolarità dell’iniziativa, ci si può rendere conto di
come venga completamente rivoluzionata l'idea che per incrementare
le vendite è fondamentale creare relazioni stabili con la clientela.
1h 48’58’’
Le scorse pagine hanno descritto due esempi di come dare ad un’idea
un forte connotato temporale possa risultare una scelta vincente ai fini
del suo successo. La coordinata temporale, al pari di quella spaziale,
è alla base di tutte le dinamiche che accadono, comprese quelle che
avvengono all’interno di società complesse come le nostre. Ma,
probabilmente per via delle diverse nature, più materiale quella
spaziale, e più effimera quella temporale, accade molto più spesso che
si ponga l’accento sul “Dove”, piuttosto che sul “Quando”.
Per questa ragione l’Happy Hour e i Temporary Shop, sono riusciti ad
affermarsi come progetti sociali, talmente forti da imporsi come nuova
abitudine.
Anche TrattoTempo si soffermerà sul “Quando”, più che sul “Dove”.
Senza anticipare i particolari del capitolo sull’idea imprenditoriale si
può accennare che i prodotti che verranno commercializzati
giocheranno sullo stesso meccanismo, sulla stessa originalità che questi
esempi, e lo spostamento d’accento, hanno proposto.
1h 49’37’’
Le Banche del Tempo
La Banca del Tempo è un istituto di credito particolare, in cui non viene
depositato denaro, bensì tempo da scambiare. Come una vera e
propria banca funziona basandosi su movimenti in entrata ed in uscita,
vale a dire crediti o prestiti di tempo. I soci sono in possesso di conti
correnti e libretti di assegni su cui possono registrare i propri movimenti;
si tratta di strumenti periodicamente contabilizzati e verificati in modo
da assicurare condizioni di sostanziale pareggio tra entrate ed uscite
di ciascun socio associato. A differenza di una banca di denaro, in
una banca del tempo non esistono interessi, né in passivo né in attivo.
Per scambio di tempo si intende un sistema in cui le persone scambiano
reciprocamente attività, servizi, saperi, definendole quindi
come:“libere associazioni tra persone che si auto-organizzano e si
scambiano tempo per aiutarsi soprattutto nelle piccole necessità
quotidiane”. Sono luoghi nei quali si recuperano le abitudini ormai
perdute di mutuo aiuto tipiche dei rapporti di buon vicinato; oppure si
estende a persone prima sconosciute l’aiuto abituale che ci si scambia
tra appartenenti alla stessa famiglia o ai gruppi di amici.
Imm.58 logo Banca del Tempo
1h 50’12’’
Le prime Banche del Tempo nascono In Inghilterra, Francia e Germania
negli anni '80, nel 1992 a Parma nasce la prima BdT italiana. Da
allora l'evoluzione è stata notevole e ha coinvolto tutta l'Italia
prevalentemente nell'area centro nord. Nel 2004 si è cominciato a
pensare a una rete e attraverso vari convegni nazionali si è giunti alla
costituzione di una associazione nazionale delle banche del tempo che
ha sede a Roma.
Chiunque possa mettere a disposizione degli altri parte del proprio
tempo ed, ugualmente, abbia necessità di ricevere in cambio aiuto e
sostegno dagli altri è un potenziale socio correntista della Banca; il
principio regolatore è quello dello scambio, del dare/avere. Lo
scambio è alla pari, e l’unità di misura del valore è costituita dall’ora
(con le sue frazioni e multipli), indipendentemente dal prezzo di
mercato della prestazione. Per esempio, un’ora impiegata per pulire le
verdure vale come un’ora di lezione di musica. Il sistema si basa quindi
sul principio di pari dignità delle attività scambiate e su quello di
reciprocità, per cui ciascun soggetto si pone come portatore insieme di
bisogni e di risorse. Il tipo di prestazione oggetto degli scambi permette
alla Banca del Tempo di essere un'associazione libera da vincoli
morali, etici o anche solo affettivi, ad esempio non è ammessa
l’assistenza e cura alle persone di tipo professionale e non è richiesto
neppure un volontariato attivo come accade ad esempio nelle
associazioni ambientaliste.
Chiunque in una Banca del Tempo è portatore di valori, si annullano le
differenze fra giovane e anziano, ricco e povero, comunitario ed
extracomunitario, disabile e normodotato ognuno può portare
qualcosa, e tutte le prestazioni hanno lo stesso valore, ovvero un’ora.
I servizi scambiati sono i più disparati. Si va dalle semplici attività di
tutti i giorni, a vere e proprie prestazioni professionali: lavori domestici,
custodia di bambini ed anziani, cura e piccole prestazioni per la casa
ed il giardino, disbrigo di pratiche amministrative e burocratiche,
organizzazione di feste, bricolage, e la lista potrebbe continuare
all’infinito.
Le persone che aderiscono alle Banche del Tempo, i correntisti (o
tempo-correntisti), diventano titolari di conti correnti, in cui depositano
le ore impiegate a realizzare attività a favore di altri correntisti,
acquisendo la disponibilità di un credito di pari valore in termini di ore.
Spenderanno tale credito per usufruire a loro volta di prestazioni
effettuate da aderenti alla Banca del Tempo. Per facilitare le transazioni
e contabilizzarle di solito si usano “assegni”, che ciascun correntista
può staccare dal “libretto” che gli viene consegnato dalla Banca del
Tempo.
Per fare un esempio ci potrebbe essere la Signora Gina, maestra, si
rende conto di avere due ore disponibili a settimana, si reca presso la
banca del tempo della sua città e diventa correntista dichiarando la sua
disponibilità. Cosa succede? La Banca la mette in contatto con la
signora Maria che ha una figlia che ha bisogno di quelle ripetizioni. In
cambio la signora Maria offrirà due ore del suo tempo per fare la
spesa ad un anziano che non può muoversi di casa. Il vantaggio che
si ha con questa banca è che non si diventa debitori o creditori di una
persona, ma lo si diventa nei confronti della Banca che così incrocerà
domanda e offerta nel modo più ottimale possibile. Quindi ritornando
all’esempio di prima la signora Gina, l’insegnante d’inglese avrà un
credito di due ore presso la Banca del Tempo che potrà esigere
chiedendo che il Signor Franco (che precedentemente aveva dato la
sua disponibilità) la aiuti a potare le piante del giardino.
Le Banche del Tempo servono a soddisfare bisogni materiali e bisogni
immateriali. Tra i primi, prevalgono quelli legati all’organizzazione
quotidiana della vita delle persone e delle famiglie; tra i secondi, il
bisogno di compagnia e di allargare la rete delle amicizie. Le Banche,
1h 52’30’’
infatti, sono luoghi di socializzazione, che favoriscono anche la messa
in comune di saperi e conoscenze. L’elenco degli aiuti che vengono
scambiati e misurati in ore può essere suddiviso in due grandi aree: la
prima, la prevalente, è composta dalle prestazioni minute che
riguardano lo svolgimento della vita quotidiana (la spesa, la cucina, la
lavanderia, le relazioni con gli enti pubblici, i bambini, gli anziani, il
tempo libero in compagnia); la seconda, molto diffusa anche perché
favorisce la socializzazione, riguarda lo scambio dei saperi, cioè, il
baratto delle conoscenze che le singole persone possiedono. Questo
secondo tipo di scambi mette sullo stesso piano saperi esistenti sul
mercato (computer, lingue, pittura, fotografia) e saperi “fuori mercato”,
nel senso che ad essi non è attribuito valore economico.
Generalmente gli associati alle Banche del Tempo offrono prestazioni
che esulano dalla loro attività professionale e riguardano piuttosto la
sfera degli hobby e degli interessi personali, anche per evitare equivoci
per quanto riguarda attività soggette ad imposizione fiscale o a regimi
tariffari stabiliti dagli ordini professionali.
In linea di massima le finalità per cui si organizzano le Banche del
Tempo possono essere così sintetizzate:
1. promuovere scambi di prestazioni finalizzati alla soddisfazione sia
di esigenze pratiche, sia di bisogni di arricchimento culturale e di
allargamento delle relazioni sociali;
2. facilitare la conciliazione dei tempi del lavoro retribuito con quelli
del lavoro di cura familiare;
3. valorizzare competenze e vocazioni che altrimenti rischierebbero di
rimanere inespresse sostenendo così percorsi di rafforzamento
dell’autostima personale;
4. organizzare momenti e spazi di incontro, di comunicazione, di
scambio intergenerazionale e interculturale;
5. contribuire al superamento di condizioni di isolamento, solitudine,
emarginazione culturale e sociale.
Le Banche del Tempo funzionano sia nelle grandi sia nelle piccole città
e in tutte le parti d’Italia. Nei casi di città molto grandi la Banca
coinvolge una sola porzione di territorio e persone che gravitano su di
esso, come un quartiere o una frazione.
Dal 1998, le Banche del Tempo hanno iniziato anche a diffondersi
nelle scuole medie e superiori. Per mezzo di alcune insegnanti che
hanno compreso che queste associazioni sono essere un veicolo per
l’educazione alla reciproca solidarietà e al valore della comunità.
Oltre all’aiuto che i migliori in classe offrono ai meno capaci, grazie ad
esse i ragazzi si scambiano soprattutto saperi esterni alla scuola e
quasi sempre sono i meno bravi negli studi ad insegnare qualcosa ai
migliori.
Chiunque può fondare una Banca del Tempo. Bastano poche persone
che costituiscano il gruppo promotore della banca, procedendovin
seguito a pubblicizzarla e a cercare l’adesione di nuovi soci. In alcuni
casi è il comune stesso a gestire il servizio, con i relativi vantaggi (non
girando moneta, gestire una Banca del Tempo non è un lavoro
retribuito).
1h 54’46’’
La Giornata Mondiale della Lentezza
La Giornata Mondiale della Lentezza nasce nel 2006, per iniziativa di
Bruno Contigiani, presidente dell’associazione “L’arte di vivere con
3
lentezza”, e autore di “Vivere con Lentezza”, da cui si legge: “Il primo
passo è rallentare. Il secondo passo è rallentare per vivere meglio.”
La decisione di rallentare è stata presa quando l’autore si è accorto che
il proprio stile di vita non lo soddisfaceva affatto, il ritmo con cui
svolgeva le proprie attività non lo rendevano in grado di godere
nemmeno delle vacanze o delle relazioni con i cari, troppo preso dal
lavoro, troppo di corsa. Secondo Contigiani la fretta porterebbe
anche, paradossalmente ad andare lenti, perchè correndo si fa, si
sbaglia, si torna indietro e si rifa ancora.
La Giornata Mondiale della Lentezza si svolge sempre poco prima
dell’equinozio di Primavera, prima del periodo in cui la natura e gli
esseri umani entrano in una frenetica attività di risveglio, e
assolutamente di lunedì, il giorno più furioso della settimana.
Imm.59 Bruno Contigiani durante la
Terza Giornata Mondiale della Lentezza (Tokyo, 2008)
1h 55’18’’
L’aggettivo “mondiale” è ironico, nel senso che l’iniziativa nasce a
Milano e le scarse risorse non permettevano un esordio che coinvolgesse veramente l’intero pianeta; ciononostante il successo ottenuto dalla
Prima Giornata Mondiale della Lentezza ha consentito al gruppo organizzativo di esportarla prima a New York e poi a Tokyo e a Shangai,
rendendo l’iniziativa un pò più mondiale.
Durante le cinque edizioni finqui svolte Bruno Contigiani e il suo staff
sono stati presenti nelle piazze principali di Milano, New York, Tokyo
e Shangai (una città per ciascuna delle edizioni tranne per NY in cui si
è svolta anche la quinta), sensibilizando i passanti verso le tematiche
care all’iniziativa, multando simbolicamente chi correva troppo, ed
auspicando il pubblico adottasse uno stile di vita slow anche senza
l’invito diretto da parte degli organizzatori. L’obiettivo è diffondere la
Giornata Mondiale della Lentezza fino a renderla un’istituzione.
Questi sono i 14 ComandaLenti della Giornata Mondiale della Lentezza:
1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far
colazione senza fretta e con un pizzico di allegria.
2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello.
3) Se entrate in un bar per un caffè:ricordatevi di salutare il barista,
gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell'uscita
(questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio e anche in ascensore)
4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni, magari iniziando con
caro o cara...
5) Quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scrivere al computer...se no si rischia di diventare
scortesi, imprecisi e approssimativi.
6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una scuola o una palestra
dall'altra parte della città
7) Non riempire l'agenda della nostra giornata di appuntamenti, anche
se piacevoli, impariamo a dire qualche no e ad avere dei momenti di
vuoto.
8) Non correte per forza a fare la spesa, senz'altro la vostra dispensa
vi consentirà di cucinare una buona cenetta dal primo al dolce.
9) Anche se potrebbe costare un po' di più, ogni tanto concediamoci
una visitina al negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e saremo
meno stressati.
10) Facciamo una camminata, soli o in compagnia, invece di incolonnarci in auto per raggiungere la solita trattoria fuori porta.
11) La sera leggete i giornali e non continuate a fare zapping davanti
alla tv.
12) Evitate qualche viaggio nei week-end o durante i lunghi ponti, ma
gustatevi la vostra città, qualunque essa sia.
13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10 alle vacanze e utilizzate
i rimanenti come decompressione pre o post vacanza.
14) Smettiamo di continuare a ripetere:"non ho tempo".
1h 57’16’’
Slow Food
Slow Food, ponderata a Bra, in provincia di Cuneo, con il nome di
“Arcigola”, e nata ufficialmente a Parigi nel 1986, è un’associazione
internazionale senza scopo di lucro che conta 100 mila iscritti in giro
per il mondo, e che si pone come obiettivo la promozione del diritto a
vivere il pasto, e l’enogastronomia in generale, innanzi tutto come un
piacere. Fondata da Carlo Petrini e pensata come risposta al dilagare
del fast food e alla frenesia della vita moderna, Slow Food studia,
difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di ogni
parte del mondo.
Imm.60 logo Slow Food
1h 57’44’’
Slow Food, attraverso progetti, pubblicazioni, eventi e manifestazioni,
si è impegnata per la difesa della biodiversità e dei diritti dei popoli
alla sovranità alimentare, battendosi contro l'omologazione dei sapori,
l'agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche. Attraverso la rete di
associati che si incontrano, si scambiano conoscenze ed esperienze,
Slow Food ha inteso fare del godimento gastronomico anche un atto
politico, sottolineando come dietro a un buon piatto ci siano scelte
operate nei campi, sulle barche, nelle vigne, nelle scuole, nei governi.
Come si legge sul suo statuto, gli scopi dell’associazione sono, oltre a
far acquisire dignità culturale alle tematiche legate al cibo ed alla
alimentazione, anche i prodotti alimentari e le modalità di produzione
legati a un territorio, nell'ottica della salvaguardia della biodiversità,
promuovendone l'assunzione a ruolo di beni culturali, elevare la cultura
alimentare dei cittadini e, in particolare, delle giovani generazioni, con
l'obiettivo del raggiungimento della piena coscienza del diritto al
piacere ed al gusto, promuovere la pratica di una diversa qualità della
vita, fatta del rispetto dei tempi naturali, dell'ambiente e della salute dei
consumatori.
Si legge:
“Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà
industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio
modello di vita. La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in
preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini,
ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food.
Ma l'uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla
velocità che puà ridurlo a una specie in via d'estinzione.
Perciò, contro la follia universale della "fast life", bisogna scegliere la
difesa del tranquillo piacere materiale.
Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la
frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri
sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento.
Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del
4
fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.”
L'Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo, frazione di Bra, e
Colorno (PR) è stata fondata da Slow Food nel 2004, in
collaborazione con le regioni Piemonte e Emilia-Romagna. Carlo Petrini
e Massimo Montanari sono i principali ideatori e promotori di questa
realtà, il cui obiettivo primario era quello di promuovere l'educazione
gastronomica a e la cultura del cibo. Si sta attivando il corso di Laurea
Specialistica nel settore ittico a Genova, terza sede dell'ateneo.
Il progetto più importante portato avanti da Slow Food è “Terra Madre,
incontro mondiale delle Comunità del cibo”: cinquemila contadini,
pescatori, allevatori di tutto il mondo che si riuniscono all'Oval di Torino
per discutere di sovranità alimentare, difesa della biodiversità, diritto a
un cibo più buono, pulito, giusto. Esso è la naturale evoluzione di
progetti in difesa della biodiversità come l'Arca del Gusto (un
censimento di prodotti alimentari locali minacciati dall'estinzione), dei
Presìdi (progetti sul territorio che hanno lo scopo di sostenere
concretamente questi prodotti) e il Premio Slow Food per la
biodiversità.
Nel 2002, per sostenere questi e altri progetti nel sud del mondo, Slow
Food ha promosso la nascita della Fondazione Slow Food per la
biodiversità.
Slow Food è anche una casa editrice ("Slow Food Editore"), che
pubblica guide, asSaggi, manuali, itinerari, che scandagliano lo
scibile della cultura enogastronomica. Il best seller è Osterie d'Italia,
sussidiario del mangiar-bere all'Italia: una guida alla migliore cucina di
1h 59’57’’
tradizione regionale italiana e un viaggio in circa 1700 tappe
all'insegna della convivialità e dei piaceri dello Slow Food. Inoltre,
Slow Food Editore pubblica la rivista Slowfood, che arriva agli oltre
35000 soci italiani in otto numeri l'anno.
modalità di maggiori rese. A tale concezione si contrappone il
movimento che ha portato alla rivoluzione verde sostenuto dal premio
Nobel Norman Borlaug.
Il progetto Presidii di Slow Food nasce nel 1999 come naturale
evoluzione dell'Arca del Gusto per il recupero e la salvaguardia di
piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate
dall'agricoltura industriale, dal degrado ambientale, dalla
omologazione. Anche se questa sorta di certificazione non è ufficiale
(è assegnata da un comitato scientifico di Slow Food), i criteri di
definizione sono simili a quelli di certificazioni come "Indicazione
Geografica Protetta" IGP e "Denominazione di Origine Protetta" DOP,
ma con un disciplinare di produzione molto più rigido. Il tentativo è di
sostituire al criterio di una selezione dei prodotti fatta dagli organi
pubblici, un riconoscimento che si basa solo sulla fiducia nella serietà
delle scelte fatta da una Associazione internazionale.
La Fondazione Slow Food per la Biodiversità-Onlus difende la
biodiversità alimentare e le tradizioni gastronomiche di tutto il mondo,
promuove un'agricoltura sostenibile, rispettosa dell'ambiente,
dell'identità culturale dei popoli e del benessere animale.
Figlia di Slow Food, ma con una propria autonomia statutaria,
economica e amministrativa, finanzia i progetti realizzati per la tutela
della biodiversità: l'Arca del Gusto, i Presidii e il Premio. Sostiene
progetti in tutto il mondo, con un occhio di riguardo per i Paesi più
poveri, dove difendere la biodiversità non significa soltanto migliorare
la qualità della vita, ma garantire la vita stessa. Il movimento Slow food
è sostenitore di una agricoltura maggiormente compatibile, che, a loro
parere, permette non solo una migliore qualità del cibo, ma anche una
2h 1’08’’
Mentre il primo blocco di esempi riportava innovazioni largamente
sociali in cui la coordinata temporale veniva usata per innovare abitudini già esistenti, questo secondo blocco riguarda veri e propri progetti
costruiti attorno al concetto per cui il tempo, il suo corretto ritmo, il suo
equlibrio in tutti i suoi aspetti, siano un importante valore su cui basarsi.
Come descrivono questi esempi, ad esempio, la fretta è un modo per
abusare del tempo che abbiamo, quindi stimolare le persone a rallentare è la chiave per riequilibrare gli stati d’animo.
Casi come questo permettono di focalizzarsi gradualmente verso
l’ambito strettamente legato al corso di laurea. Si tratta di progetti sì,
ma progetti sociali, non progetti legati al design.
Nonostante ciò qualcosa tornerà utile ai fini del progetto d’impresa: si
tratta dell’osservazione delle leve verso cui il pubblico si dimostra più
sensibile, le stesse su cui la comunicazione esterna, così come l’identità
corporativa di TrattoTempo si fonderanno.
2h 1’45’’
Real Time di Marteen Baas
Durante la Design Week di Milano del 2009 il designer olandese Marteen Baas, celebre per le sue opere fortemente caricate di senso artistico, assolutamente slegate dal disegno per l’industria (così come succede per molti olandesi del resto), ha presentato una mostra intitolata
“Real Time”.
Obiettivo della mostra era comunicare il bisogno di impadronirci
nuovamente del nostro tempo, ormai perso e vittima dei cattivi usi che i
ritmi moderni ci obbligano a farne.
Imm.61 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.1
2h 2’36’’
“Real Time” presentava tre orologi, che sono tra video, tre performances.
Nel primo video un uomo munito di pennarello e righelli traccia accuratamente su un disco trasparente (il quadrante di un orologio) le lancette
che segnano l’orario corretto, per poi cancellarle e ritracciarle un
minuto dopo leggermente spostate.
Nel secondo due spazzini, ripresi dall’alto fanno lo stesso con due
lancette formate da due lunghe striscie di immondizia: con le loro
scope si impegnano a “muovere” le due lancette minuto dopo minuto.
Il terzo orologio è invece è dato da un uomo chiuso in uno studio che,
seduto alla scrivaniausando tre matite come lancette disegna su un
tavolo lo scorrere del tempo.
La particolarità dei tre video a circuito chiuso è che sono realizzati in
tempo reale e durano 12 ore l’uno; nessun montaggio, nessun taglia e
cuci, si tratta di video in tempo reale. Questo significa che un uomo ha
impiegato 12 ore filate a tracciare, cancellare e ritracciare lancette con
il righello, che due spazzini hanno spostato strisce di immondizia per
altrettante ore, così come un altro uomo è stato chiuso in uno studio,
con un foglio di carta per così a lungo.
La tecnologia sfruttata da Baas è dunque l’umana, o disumana, pazienza dei suoi attori.
“Bello pensare che un orologio sia fatto ‘di’ una persona che perde
tutto il suo tempo – il tempo reale di una giornata – ad animarlo!”, dice
Maarteen Baas.
Imm.62 installazione “Real Time” di Marteen Baas n.2
2h 3’09’’
Maarten Baas è riuscito a descrivere un tempo fuori dal mondo, un
ritmo che non esiste, o almeno non esiste più; si tratta del “tempo
reale”, quello in cui una persona lo trascorre e lo impiega esattamente
allo stesso ritmo della natura, senza correre o rallentare.
Questo rallentamento dei ritmi rispetto a quelli consoni alla nostra
modernità conferisce valore al trascorrere del tempo. Questo esempio,
così semplice e così bello, è in grado di trasmettere efficacemente
quale sia il giusto modo di dettare i propri ritmi; gli stessi della natura,
nè più nè meno.
All’interno del capitolo 2.1 era stato osservato come il linguaggio
dell’arte dimostrasse che il tema del disagio relativo a un cattivo impiego del tempo a disposizione fosse un argomento rilevante, e come
fosse in grado di sottolineare il contrasto tra il giusto procedere e le
degenerazioni dei moderni stili di vita.
Allo stesso modo, all’interno di questo capitolo, maggiormente focalizzato al progetto, l’esempio del “Real Time” ci fa accorgere che anche
il mondo del design è suscettibile a queste tematiche, e ci illustra un
modo di raccontarle al pubblico.
2h 3’48’’
Diamantini&Domeniconi
Diamantini&Domeniconi è un impresa, nata nel 1965, specializzata
nella produzione di orologi, da tavolo, da parete o a cucù. Inizialmente i due soci fondatori avevano scelto di orientarsi verso un gusto classico: tutti i prodotti erano caratterizzati da materiali pregiati e forme
barocche, ricche di elementi decorativi, senza virtuosismi stilistici.
Dal 2003 avviene un profondo cambiamento dato dall’acquisizione
del controllo da parte della sola famiglia Domeniconi. L’immagine, così
come i prodotti dell’azienda, ne escono ringiovaniti e rinfrescati dalla
collaborazione con affermati designer del panorama italiano ed
estero.
In particolare viene affidata la direzione creativa al francese Pascal
Tarabay, e sotto la sua direzione si sono susseguite decine di nuovi
progetti, suoi o di altri designer chiamati a sviluppare orologi per
l’azienda.
2h 4’50’’
Imm.63 orologio “Mozia” di Giovanni Levanti
per Diamantini&Domeniconi
Karlsson
Karlsson è un rinomato marchio olandese specializzato nella produzione di orlogi, che distribuisce in tutto il mondo. Nato nel 1999 dalla
collaborazione di diversi progettisti accumunati dall’ispirazione verso
l’espressione del tempo, conta ormai oltre un decennio di attività durante il quale è cresciuto fino a proporre frequentemente nuovi prodotti,
frutto tanto di collaborazioni con designer esterni quanto da una squadra di progettisti fissi, alcuni dei quali sono gli stessi fondatori.
Le collezioni, infatti, sono aggiornate due volte l’anno, e sono suddivise
in tre categorie: “Timeless”, “Time of your collection” e “KaLSson Works
collection”.
La prima contiene orologi che, come dice lo stesso nome, possono
essere considerati senza tempo, vale a dire che hanno qualcosa che li
rende sempre attuali. Questo è dovuto al fatto che non si tratta di
prodotti associati a specifiche mode, né dal punto di vista delle forme,
nè da quello dei materiali o delle finiture. Questi orologi rimangono a
lungo, anni, in produzione.
La seconda serie comprende invece orologi collegati a mode e stili in
voga al momento, orologi che aggiungono contemporaneità alla casa,
o all’ufficio, dai colori e dalle forme distinte, e la cui produzione è
subordinata alla durata della moda.
La terza categoria, di recente apertura, comprende gli orologi che si
collocano al top per impiego di materiali pregiati e impegno progettuale da parte dei progettisti, e, di conseguenza per prezzo.
Imm.64 orologio “Pocket Watch” prodotto da Karlsson
2h 5’03’’
Al di la delle differenze nei prodotti commercializzati e nelle modalità
organizzative, i casi appena riportati riguardano due realtà che
raccontano come sia possibile incentrare il proprio impegno
interamente su una tematica o su una tipologia di prodotto.
Entrambe le aziende produttrici di orologi operano scegliendo di tenere
fisso un punto fondamentale, la categoria di prodotto, e permettendosi
di declinarlo in una vasta moltitudine di varianti, concedendosi anche
piacevoli “giochi”, come quello che lascia che ciascun progettista
partner declini sempre nello stesso oggetto il proprio gusto.
Il valore di questi casi sta tanto in ciascun orologio quanto nella
coerenza dell’intera produzione.
2h 5’18’’
Swatch
É una celeberrima marca di orologi da polso, nata in Svizzera e
presentata per la prima volta nel 1983. Fu pensata in origine per ridare
vita alla presenza svizzera sul mercato dell’orologeria, presenza
andata scemando con la crescita aggressiva delle società giapponesi
negli anni ’60 e ’70.
Viene spesso collocata l’etimologia del nome come la contrazione
delle parole "Swiss", svizzero, e "watch", orologio, anche se Nicolas
Hayek, patron dello Swatch Group, ha affermato che la contrazione
originale era quella di "second", secondo, e "watch", in quanto il nuovo
tipo di orologio fu introdotto con un nuovo concetto, dallo stile casual,
divertente e relativamente economico.
La prima collezione di 12 modelli Swatch fu presentata il 1º marzo
1983 a Zurigo e il prezzo di ciascun orologio era di 50 Franchi
Svizzeri. É interessante sottolineare come al momento della nascita di
Swatch furono fissati dei precisi obiettivi di vendita, determinati dagli
investimenti fatti e dalle prospettive auspicate; tale obiettivo ammontava
alla vendita di un milione di orologi per il 1983, e di due milioni e
mezzo per l’anno successivo, obiettivi raggiunti grazie al prezzo
ragionevole e all’efficace campagna di marketing. Così già dalla
nascita Swatch guadagnò subito popolarità nel mercato locale.
Imm.65 5 orologi da polso Swatch
2h 5’54’’
Paragonato agli orologi convenzionali, uno Swatch era dell'80% più
economico da produrre, grazie all'assemblaggio completamente
automatizzato e alla riduzione del numero di parti da una cifra normale
di 91 a solamente 51 componenti; oltretutto aveva un'ottima resistenza
anche all'acqua, risultando perfettamente impermeabili. Gli Swatch
hanno raggiunto il picco di popolarità durante la metà degli anni
ottanta, quando vennero fondati una serie di "Swatch Stores", cioè dei
negozi che vendevano unicamente orologi Swatch. Negli anni ottanta
divenne di moda portare due Swatch o usarli per legarsi i capelli a
coda di cavallo. Alcuni modelli, come i Pop Swatch, potevano essere
attaccati direttamente ai vestiti.
In questi stessi anni Swatch introdusse l'idea di associare gli orologi ad
artisti famosi, come ad esempio Keith Haring, dando così un nuovo
spessore a quello che fino ad allora era stato solo un accessorio per
giovani. Ciascuno di questi era chiamato a disegnare un orologio,
proporre un disegno per il quadrante e per il cinturino.
Nonostante le vendite siano calate oggi rispetto agli anni precedenti, il
Gruppo Swatch resta l'azienda per orologi più grande del mondo. La
Swatch stessa ha inoltre differenziato considerevolmente le proprie
offerte e adesso produce più di una dozzina di differenti tipi di orologi,
da quelli col corpo in metallo a quelli subacquei, a quelli col corpo
sottile e piatto e perfino un orologio connesso ad Internet che può
scaricare quotazioni azionarie, titoli di notizie, previsioni del tempo ed
altri dati.
Imm.66 logo Swatch
2h 6’51’’
Gli orologi “pop and cheap”
Hip Hop è una marca di orologi da polso che ha spopolato negli anni
’80. La popolarità di questi orologi è dovuta all’animo amichevole
delle loro forme e dei loro materiali: gli Hip Hop, infatti, sono stati i
primi orologi con cinturino in gomma, disponibile in svariati colori.
Questa trovata, accoppiata a linee accattivanti nella loro semplicità ha
reso questo marchio un cult degli anni ’80, portandolo a vendere oltre
due milioni di pezzi nei primi quattro anni di vita, oltre che il capostipite
di una famiglia di orologi dalla natura “pop”. Oggi, a distanza di 25
anni dalla nascita di Hip Hop, questo marchio è tornato con nuove
collezioni, ancora una volta a prezzi realmente alla portata di tutte le
tasche.
Recentemente, oltre alla riedizione dei prodotti Hip Hop, sono nati
nuovi marchi produttori di orologi da polso in gomma, divertenti e
fantasiosi, sintomo questo di una tendenza al ritorno ad un gusto tipico
degli anni ’80.
Imm.67 immagine promozionale orologi da polso HipHop
2h 7’29‘’
Too Late è un brand italiano nato nel 2007, quando Mario Fogazzi,
giovane imprenditore bresciano durante un viaggio a New York, scova
al MoMA Design Store un orologio in silicone prodotto da O.I.W.;
acquisendone immediatamente i diritti di utilizzo del design in esclusiva
per tutto il mondo fonda il brand che oggi è una realtà in espansione e
che ha saputo reinterpretare con italianeità questo oggetto.
Dopo oltre 2 milioni di orologi venduti nei primi 3 anni, il marchio si sta
ampliando, arricchendo la propria gamma produttiva, con prodotti
progettati da zero e commercializzandoli con la stessa vincente
filosofia del prodotto capostipite: cura dei dettagli, costo accessibile ed
estetica pop.
In particolare risulta tanto azzardata quanto determinante la scelta del
posizionamento alto, il che significa ad esempio che gli orologi Too
Late posso essere comprati in gioielleria, in design stores o in concept
stores, non in comuni rivenditori. Questa scelta, in contrasto con quanto
affermato dalle ricerche di mercato, secondo cui un orologio di questo
tipo non è da collocare in questi ambiti, ancor meno ad un prezzo così
basso (sono orologi venduti anche qualche decina di euro) è dettata
dal fatto che anche gli operatori del sistema moda hanno intuito e
condiviso le potenzialità del brand, forte dell’italianità di cui si fregia in
tutto il mondo.
L’ultimo brand che, sull’onda lunga di queste esperienze, ha dato vita
ad una nuova collezione di orologi dall’animo pop è Fullspot; marchio
italiano, lanciato dallo studio Laboratorio Quattro nel 2009 ha suscitato grande interesse durante la settimana del design milanese del 2011.
Come si è visto nel capitolo 1.3, O’Clock è la linea di orologi da
polso, con cinturino in silicone e quadrante intecambiabile. Segue esattamente la logica degli esempi precedentemente riportati, vale a dire
prezzo contenuto e gusto semplice e fantasioso.
2h 8’38’’
A conclusione di questa carrellata di esempi che descrivono come il
tempo possa essere materia prima di progettazione, materia da
plasmare per comunicare una certa visione o un certo atteggiamento,
ecco degli esempi di come possa risultare piacevole dare al tempo una
particolare forma. In questi casi tale forma è quella dell’allegria, del
gioco, della vivacità.
Quest’ultimo paragrafo funge da tramite tra la prima parte di questa
tesi, che qui si conclude, e la seconda parte concentrata su aspetti
prettamente pratici relativi all’avvio di un’attività imprenditoriale.
Uno degli aspetti che verrano dettagliatamente illustrati sarà
l’importanza dell’oservazione di cosa avviene nell’ambito strettamente
correlato alla produzione che si intende affrontare.
Nel caso di TrattoTempo questo significa rendersi conto di quali tendenze esistano nel mondo della progettazione di orologi in generale, e di
orologi da parete in particolare.
2h 9’21’’
Questo paragrafo ha fornito linee guida pratica sulle modalità più
efficaci di svolgere un’attività progettuale la cui materia prima è il
tempo:
L’Happy Hour e i Temporary Shops, concentrarsi sul “Quando” e non
sul “Dove”, per essere originali ed ottenere visibilità
La Banche del Tempo, La Giornata Mondiale della Lentezza e Slow
Food, come soddisfare la sensibilità dei cittadini verso un migliore uso
del tempo a disposizione
Real Time, emozionare con un’operazione tanto semplice quanto
d’impatto
Diamantini&Domeniconi e Karlsson, quali strategie per incentrare un
brand sulla produzione specifica di orologi
Swatch e gli orologi “pop and cheap”, quale sia la tendenza del
mercato, e come questa si ripeta nel corso della storia recente
Ancora una volta questo elenco ciascuna di queste linee guida offerte
dalla ricerca sul campo verrà utilizzata come fondamento per sviluppare un aspetto del progetto di TrattoTempo.
2h 9’53’’
1. da "Liquida Magazine" Settembre 2010
2. da "The Guardian" Ottobre 2010
3. "Vivere con Lentezza" Dalai Editore 2005
4. dal Manifesto del Partito Slow Food approvato al Congresso di
Fondazione Slow Food tenutosi a Parigi il 9 dicembre 1989
2h 10’10’’
PARTE II
basi pratiche
Analizzate le questioni relative allo scenario all’interno del quale un
aspirante designer si trova ad agire, ed illustrata la tematica fondamentale di TrattoTempo in tutti i suoi connotati, con la seconda parte di
questa tesi di laurea ci si appresta a formine le informazioni che è
importante conoscere per potere essere nelle condizioni di sviluppare il
progetto di un’attività imprenditoriale che possa sperare di vedere
garantita la propria esistenza.
Ciascuno dei paragrafi che seguiranno è da considerarsi come un
supporto pratico a partire dal quale avverà la progettazione di ciascun
aspetto di TrattoTempo. Si tratta di una raccolta di linee guida, ciascuna ricercata in un distinto ambito della conoscenza, organizzate attraverso un filo conduttore incentrato sull’obiettivo di far nascere
un’impresa che operi nel settore del design del prodotto. Per tale ragione si può considerare questa seconda parte una sorta di manuale
all’avvio di un’attività imprenditoriale.
2h 10’48’’
Capitolo 3, come nasce un’impresa
2h 10’50’’
L’avvio di un brand che opera nel settore del design del prodotto è un
progetto che richiede al designer-imprenditore di soffermarsi su numerosi e fondamentali aspetti, anche molto diversi, per ambito e natura, tra
di loro.
Un’impresa produce, ma per farlo è necessaria un’organizzazione
efficace che permetta di gestire al meglio tutti questi aspetti.
É possibile individuare tre ambiti secondo cui si articolano tutte le componenti che permettono all’impresa di svolgere il proprio lavoro:
A. la funzione produttiva
B. la funzione amministrativa
C. la funzione commerciale
A seconda della dimensione dell'impresa e dei criteri della sua organizzazione, la parola "funzione" può indicare un intero reparto con molti
addetti, oppure una sola persona, o addirittura una parte del tempo
che una persona dedica a questa funzione; quale che sia il caso, resta
il fatto che in qualche modo questi aspetti devono essere curati; se
questo non succede, è probabile che l'impresa abbia vita breve.
2h 11’31’’
3.1 il punto di partenza: una buona idea
É ovvio che tutto prende vita a partire dallo sviluppo di una buona idea
di fondo. Se manca quella non è allora pensabile sperare di avviare
un’impresa di successo.
Nella definizione dell’idea imprenditoriale bisogna avere bene in testa
quale sia il settore a cui ci si riferisce, onde evitare confusioni già in
fase embrionale. Qualora capiterà, infatti, di dovere introdurre il
proprio progetto d’impresa, ad esempio ad eventuali finanziatori, la
descrizione dell’idea imprenditoriale rappresenterà il “biglietto da
visita” che dovrebbe stimolare l’attenzione verso quanto segue.
Avere ben chiara già in partenza un’idea imprenditoriale consente di
avere un primo riscontro sull’effettiva fattibilità, consentendo migliora1
menti immediati qualora qualche aspetto si verificasse inopportuno.
capitolo 3
Imm.68 suggestione – il business plan
2h 12’07’’
3.2 la funzione produttiva
Prima di dare avvio ad una vera e propria produzione, l’impresa deve
avere ben chiaro in cosa consista tale produzione, vale a dire definire
chiaramente quali siano i prodotti e gli ambiti di intervento, presenti ed
eventualemte quelli futuri, nonché i processi necessari a rendere concreto questo processo; è inoltre fondamentale porsi nelle condizioni di
renderla competitiva al cospetto dei concorrenti, altrimenti il risultato
sarà che nessuno vorrà tali prodotti.
Tale piano deve comprendere, oltre le modalità di produzione, anche
quelle di approvvigionamento che l’aspirante imprenditore si propone
di offrire sul mercato e i segmenti di popolazione verso cui intende
indirizzare l’offerta.
Fondamentale è verificare quali saranno le caratteristiche distintive
rispetto ai prodotti o servizi già disponibili sul mercato.
Imm.69 suggestione – la produzione
2h 12’43’’
parte I
Questo punto è meno banale di quanto possa apparire. Dal punto di
vista strettamente operativo, la funzione produttiva deve occuparsi di
progettare, ovvero ideare nuovi prodotti e di realizzare il prodotto al
meglio.
Viviamo in un'epoca in cui il processo, tecnologico e sociale, è estremamente rapido, e bisogna essere sempre sufficientemente all'avanguardia, perché altrimenti si viene superati dalla concorrenza: bisogna
essere sempre attuali. Così un'industria deve progettare continuamente
con criteri nuovi e avanzati, e quindi fare ricerca applicata.
Per quanto riguarda la realizzazione fisica degli oggetti l’importanza di
una grossa e precisa organizzazione, sta nel bisogno di produrre
meglio e a costi inferiori rispetto alla concorrenza, scegliendo i metodi
di produzione ottimali, cioè che danno il miglior rendimento (in qualità
e quantità) con la spesa minore, programmando e gestendo le linee di
produzione, facendo l'analisi dei costi di produzione, dei tempi di lavorazione, controllando la qualità del prodotto, facendo in modo insomma che la produzione vada avanti senza intoppi per assicurare la
realizzazione nei tempi stabiliti.2
2h 13’06’’
3.3 la funzione amministrativa
La funzione amministrativa cura il buon funzionamento dell'impresa, sta
attenta che tutto funzioni al meglio, sceglie le azioni più opportune per
3
raggiungere gli obiettivi.
Fa questo operando in particolare su tre piani:
essere nelle condizioni di rendersi conto del perché.
Nei paragrafi sucessivi verranno analizzati nello specifico i tre aspetti.
Occorre premettere che il designer-imprenditore, per la natura della
propria forrmazione, poco pratica nel maneggiare aspetti legislativi o
commericali, avrà probabilmente la necessità di rivolgersi volta per
volta ad esperti nei vari ambiti di riferimento chiedendo consulenza.
A. il coordinamento
B. l’analisi di mercato
C. l’amministrazione finanziaria
Si tratta di tre aspetti poco legati alla suggestione creativa, ma molto
più a vincolati alle esigenze della praticità e della fattibilità. Sviluppare
un attento piano amministrativo è una fase da gestire nell’assoluta cura
di ogni particolare.
Coordinare, ad esempio, significa valutare le opportunità verso cui si
va incontro al momento dell’avvio dell’impresa, ponderarle ed elaborarle per definire e programmare la propria struttura e la propria forma
giuridica, da cui verranno determinate ulteriori scelte e strategie.
Conoscere bene il mercato all’interno del quale si entra a far parte è
essenziale per evitare flop; si tratta di fare ricerca sull’ambito relativo a
ciò che si produce, rendersi conto di quali prodotti simili a quelli che si
intende commericializzare esistano, quali peculiarità abbiano, in modo
da indirizzare la propria strategia di mercato verso spicchi in cui
potrebbe risultare maggiormente favorevole l’ingresso nel mercato.
E trattando di mercato non si può non discutere di aspetti economici:
un’impresa nasce con lo scopo di lucro, e per raggiungere efficacemente l’obiettivo è obbligata a pianificare i propri investimenti, altrimenti il rischio che si corre è quello di trovarsi da un momento all’altro nelle
condizioni di non potere proseguire nella propria attività senza peraltro
2h 14’22’’
_3.3.1 il coordinamento
Quando si decide di aprire una attività o un lavoro in proprio, è necessario innanzitutto stabilire la forma giuridica da assumere, secondo
quanto stabilisce il diritto commerciale; la prima alternativa sta fra la
4
scelta di lavorare in proprio o costituire una società.
E’ molto importante chiarirsi le idee sulla forma giuridica che si intende
adottare, poichè le scelte che si fanno all’inizio dell’attività imprenditoriale possono rivelarsi anti-economiche o inadeguate in un secondo
momento, in quanto è determinante perchè condiziona l’assetto organizzativo, amministrativio, fiscale e contabile dell’impresa; da questa
scelta conseguono obblighi civili, aministrativi e fiscali.
Nell’effettuare questa scelta vanno considerati alcuni aspetti significativi, come la presenza di un unico imprenditore o di altri soci, il grado di
rischio che si intende correre, le prospettive economiche e finanziarie
dell’attività, fino al capitale disponibile e alla convenienza fiscale.
Ogni tipo di impresa ha infatti uno specifico carico fiscale.
Le forme giuridiche adottabili si distinguono all’interno di quattro aree:
la ditta individuale, la società di persone, la società di capitali e la
cooperativa. Di seguito sono descritte le caratteristiche di ciascuna
delle quattro tipologie di forme giudiziarie, ordinate in base al grado
di complessità dell’organizzazione.
Imm.70 suggestione – organigramma
2h 15’03’’
Queste sono le forme giuridiche attualmente riconosciute in Italia,
ordinate per dimensione.
COOPERATIVA
SOCIETA’ DI
CAPITALI
SOCIETA’ DI
PERSONE
DITTA INDIVIDUALE
semplice
in nome collettivo
semplice
in nome collettivo
in accomandita
semplice
in accomandita
semplice
Gr.1 forme giuridiche adottabili in Italia
2h 15’32’’
la ditta individuale
Tra le possibili forme giuridiche adottabili la ditta individuale è la forma
giuridica più semplice e meno onerosa poichè per la sua costituzione
non sono richiesti particolari adempimenti: l’unica cosa da fare, è
l’apertura di un numero di partita IVA. La ditta individuale è quel tipo di
impresa che fa riferimento a un solo titolare (cioè l’imprenditore) il quale
è quindi l’unico responsabile e anche l’unico promotore della sua
iniziativa imprenditoriale. All’imprenditore non si impone una quantità
minima di capitale iniziale da investire, ed essendo lui l’unico responsabile di tutto il processo imprenditoriale, è chiaro che il rischio d’impresa
ricade tutto su di lui.
La ditta individuale viene solitamente preferita, come forma giuridica,
quando si devono svolgere attività che non richiedono grandi investimenti e che comportano rischi abbastanza limitati.
Questa forma giuridica può essere svolta anche nell’espressione di
impresa familiare o di impresa coniugale. E’ il caso in cui il titolare si
avvale dell’aiuto delle prestazioni dei suoi familiari.
In sintesi i vantaggi di questa forma giuridica consistono nella facilità e
nella rapidità di realizzazione, nelle ridotte spese di costituzione, in
una tenuta della contabilità molto semplice, con minori costi di gestione
e una certa velocità e flessibilità decisionale; gli svantaggi invece sono
soprattutto la responsabilità illimitata nei confronti di terzi e svantaggi
fiscali nel caso di guadagni elevati.
Per avviare una impresa individuale è necessario richiedere eventuali
licenze o autorizzazioni amministrative, sanitarie, ecc., effettuare una
denuncia all'Agenzia delle Entrate (Attribuzione Partita I.V.A o codice
fiscale) entro 30 giorni dall'inizio dell'attività, iscriversi al Registro delle
Imprese della Camera di Commercio della provincia in cui ha la sede
legale, iscriversi all'INPS ed eventualmente iscriversi all'INAIL. I costi
delle formalità burocratiche ammontano a 93,00€ per l’iscrizione alla
Camera di Commercio, 2,60 € per l’attribuzione della partita IVA, una
percentuale pari al 17% del reddito (con un minimale fisso di 1800 €)
come contributi all’INPS, una somma variabile in base al reddito per il
pagamento dell’IRPEF.
2h 16’48’’
la società di persone.
Le società di persone occupano un gradino più elevato in termini di
complessità organizzativa, rispetto alle ditte individuali.
Le società di persone sono tali poichè in esse prevale l’elemento
soggettivo rispetto a quello patrimoniale. Ciò significa che questo tipo
di società non acquistano mai la personalità giuridica, ma è sempre
presente un certo grado di separazione patrimoniale tra il patrimonio
della società e quello personale dei soci.
Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di
dividerne gli utili (art. 2247 del codice civile). Utilizzando la forma
della società semplice è possibile esercitare solo attività non commerciali (ad esempio, agricola, professionale in forma associata, gestione
di proprietà mobiliare o immobiliare). L’atto costitutivo non è soggetto a
forme speciali, salvo quelle richieste dalla natura dei beni conferiti,
mentre è invece obbligatoria l’iscrizione della società in una sezione
speciale del Registro delle Imprese.
Per costituire una società in nome collettivo, o una società in accomandita semplice (s.a.s.), invece, occorre la stipula di un atto pubblico o
scrittura privata autenticata.
2h 17’23’’
la società di capitali
Le società di capitali si differenziano dalle società di persone per un
serie di fattori: gestione più complessa, costi maggiori, maggiore flessibilità. Nelle società di capitali l’aspetto del capitale della società ha
una prevalenza sia concettuale che normativa rispetto al capitale personale dei soci: quindi la caratteristica fondamentale riguarda proprio la
responsabilità limitata che i soci hanno poichè essi rispondono dei
debiti della società solamente nel limite del capitale che hanno conferito. Questo avviene perchè le società di capitali hanno la capacità giuridica, che invece non hanno le società di persone; per questo sono
considerate distinte dagli individui che le compongono, sia da un punto
di vista fiscale che da un punto di vista civile e dispongono di propri
organi, come amministratore o consiglio di amministrazione, o assemblea dei soci.
2h 18’00’’
la cooperativa
La società cooperativa ha come fine lo scopo mutualistico anziché
quello lucrativo; più precisamente la società cooperativa fornisce ai
soci beni, servizi e possibilità di lavoro, a condizioni più vantaggiose.
Ci sono diverse forme di società cooperative, tra cui cooperative di
produzione e lavoro, che si occupano di garantire ai loro soci un
lavoro stabile e giustamente remunerato, o cooperative di consumo,
che si costituiscono tra soci consumatori.
2h 18’20’’
7
3.3.2 l’analisi di mercato
Con l’analisi del mercato si affronta la prima fondamentale verifica a
cui viene sottoposta l’idea imprenditoriale, vale a dire quella della
fattibilità di mercato.
Si tratta di una fase, non ancora propositiva, che consiste nella raccolta
di dati e informazioni il cui obiettivo è quello di aumentare la conoscenza dell’ambiente a cui si riferirà il progetto. É questo un passaggio
fondamentale soprattutto per ridurre il rischio imprenditoriale: la verifica
delle ipotesi di partenza fa sì che le azioni dell’impresa non si fondino5
sul solo intuito, ma pongano le radici su dati comparabili e giudicabili.
Imm.71 suggestione – grande varietà di telefoni cellulari
2h 18’55’’
MACROSETTORE
ANALISI DI SETTORE
CONCORRENZA
MICROAMBIENTE
ANALISI DI MERCATO
FORNITORI
DIRETTA
INDIRETTA
ALLARGATA
CLIENTELA
RICERCA DI MERCATO
Gr.2 struttura di un’analisi di mercato
2h 19’19’’
I due studi da affrontare sono l’analisi di settore e la ricerca di mercato.
L’analisi di settore consiste in una ricerca sull’ambiente nel quale la
nuova impresa si troverà ad operare. Si inizia da alcuni dati relativi al
macrosettore (situazione economica e sociale complessiva) per passare
più dettagliatamente al microsettore di interesse del neoimprenditore. 6
Con il termine di macrosettore si intende tutto ciò che l’impresa non può
controllare direttamente, il clima economico, ma anche quello culturale
e sociale, fino a toccare, eventualmente, le normative politiche. Si
pensi ad esempio alle nuove mode, o alle nuove leggi, cioè ad
elementi che possono indirettamente influenzare la vita di un’impresa.
Il microambiente rappresenta, invece, il campo in cui l’impresa si troverà direttamente ad operare e riguarda, oltre ai competitors, anche i
fornitori o gli intermediari di riferimento, nonché la clientela, la cui
domanda è analizzata a parte.
Analizzando il microambiente di riferimento occorre innanzi tutto limitare il campo di ricerca, individuando le figure che ne fanno parte.
Si distinguono tre tipologie di forze competitive.
Per prima la competizione interna, cioè le aziende facenti parte di un
settore che possono influenzare le reciproche posizioni di mercato attraverso mutamenti di prodotto, di segmento, di prezzi, di promozione e
di distribuzione. Una prima dimensione da conoscere è il numero di
concorrenti ed il grado di concentrazione del settore.
Esiste poi il potere contrattuale dei fornitori: i fornitori danno all’impresa
le risorse necessarie per la produzione di beni e servizi. Se i fornitori
sono, nel loro settore, pochi e concentrati, è probabile che abbiano un
grosso potere contrattuale, in particolare se l’oggetto della fornitura è in
grado di influenzare direttamente la qualità del prodotto finale.
Infine il potere contrattuale dei clienti: i clienti sono coloro ai quali è
destinato il prodotto/servizio. Esercitano una pressione sul settore per
ridurre il prezzo o per aumentare la qualità.
A sua volta la concentrazione delle imprese concorrenti si valuta distinguendo tra tre sottoinsiemi: ad un raggio più limitato si collocano le
attività direttamente concorrenti, in quanto forniscono lo stesso prodotto
o servizio, ad un medio raggio si trova una concorrenza allargata su
prodotti differenziati, ma la cui funzione è paragonabile a quella
dell’impresa di riferimento, mentre a larga scala si individua una
concorrenza indiretta, composta da marchi che offrono beni alternativi.
Per fare un esempio rapido un’azienda che offre un servizio che risponde al bisogno di inviare informazioni con urgenza potrà considerare il
servizio di posta celere come una concorrenza diretta, la possibilità di
invio di e-mail o fax come concorrenza allargata, e l’impiego di cellulari o strumenti di videoconferenza come concorrenza indiretta.
La ricerca di mercato, a differenza dell’analisi di settore, analizza la
7
domanda, quindi investiga le preferenze della clientela. Si tratta di un
passaggio utile a individuare bisogni insoddisfatti, o addirittura
inespressi, oltre che a capire la capacità di acquisto che il pubblico
possiede. Inoltre è lo strumento migliore per individuare i canali di distribuzione più utili ai fini del successo del progetto, nonché quelli relativi
alla comunicazione e alla promozione maggiomente in grado di fornirgli visibilità, alla luce delle abitudini dei consumatori.
2h 21’23’’
Il primo passo da compiere nell’affrontare una ricerca di mercato è
delineare un’opportuna segmentazione del pubblico, coerente con le
8
scelte strategiche dell’impresa. Segmentare il pubblico significa suddividerlo in gruppi omogenei, con bisogni e comportamenti d’acquisto
simili, attraverso criteri variabili. Le principali variabili a cui si fa solitamente riferimento sono riconducibili a quattro aree: geografiche (ad
esempio, città, densità di popolazioni, clima), socio-demografiche
(come età, sesso, livello di reddito, condizione sociale), psicografiche
(relative agli stili di vita, alla personalità) e comportamentali
(comportamenti relativo all’acquisto di beni).
Le prime tecniche di segmentazione, risalenti agli anni ’50, si basavano sulle variabili sociodemografiche facilmente reperibili e di facile
utilizzo, ma di limitata utilità. Inoltre, la realtà sociale del consumo
sempre più complessa richiedeva strumenti più sofisticati e attenti alle
dinamiche di acquisto dei consumatori.
Si inserirono quindi le tecniche di segmentazione psicografica, con un
primo tentativo, da parte di Emanuel Demby nel 1964, consistente
nell’identificazione di due categorie di acquirenti di nuovi prodotti: i
“creativi” ed i “passivi”, caratterizzati anche da diversi interessi e attività quotidiane.
Successivamente, si è cercato di considerare l’individuo appartenente
ad un determinato segmento nella sua totalità, in qualsiasi situazione lo
si consideri, prendendo in analisi il concetto di “stile di vita”: questo, è
visto come “insieme dei valori, atteggiamenti, opinioni e comportamenti che manifestano l’unicità della personalità del soggetto. Il modello
teorico utilizzato alla base della maggior parte delle ricerche psicografiche è il cosiddetto VALS (Values and LifeStyles) messo a punto da A.
Mitchell sulla base della teoria di Maslow sulle “motivazioni dominanti”; questa prevede una gerarchia di cinque tipi di bisogni
basici che spingono l’individuo ad agire, ognuno dei quali si manifesta
solo quando sono stati soddisfatti i bisogni collocati ai livelli inferiori.
Nella segmentazione VALS ad ognuno di questi livelli corrisponde un
segmento della popolazione: ciò porta all’individuazione di otto stili di
vita, distinguendo anche tra due possibili percorsi, “autodiretto” ed
“eterodiretto”, per la soddisfazione dei propri bisogni. Gli otto stili di
vita sono:
1. L’innovatore, il consumatore maggiormente propenso al cambiameto, con il reddito e con l’autostima più alti, per cui l’immagine è importante in quanto espressione di gusto, indipendenza e carattere;
2. Il riflessivo, motivato dagli ideali, maturo, responsabile, istruito
professionista, è aperto a nuove idee e a cambiamenti, ha un alto
reddito ma è oculato negli acquisti;
3. L’Ideale, anch’esso mosso da ideali, ma conservativo e per questo
prevedibile, con redditi modesti, la cui vita è costruita attorno alla famiglia o alla comunità;
4. L’arrivato, motivato dal successo, orientato verso il lavoro e la famiglia, conservativi nel rispetto dei ruoli sociali e degli status quo;
5. L’attivo, anch’esso motivato dall’obiettivo di ottenere successo sociale, ma con un potere economico e sociale inferiore rispetto all’arrivato,
che per questo tenta di emulare le persone che ammira,
6. Lo sperimentatore, motivato dal bisogno di espressione personale, è
il consumatore più giovane, con un’età media di 25 anni, carico
d’energia, immerso nelle attività fisiciche e sociali, avidi consumatori di
beni giovanili, particolarmente attento ai nuovi prodotti;
7. Il concreto, anche lui in cerca di espressione personale, con uno
spiccato senso pratico di autosufficienza, interessato nella famiglia, nel
lavoro e in piccoli svaghi, amante dei prodotti pratici e funzionali
8. Il sopravvissuto, il consumatore con il reddito più basso e con l’età
più avanzata, sopra i 60 anni, con mezzi d’acquisto limitati.
2h 23’39’’
Il concetto di stile di vita si è rivelato un efficace mezzo di segmentazione e di costruzione di mappe socio-culturali. In Italia la prima ricerca
psicografica, ancora oggi utilizzata, è stata la Psicografia Eurisko,
condotta da G. Calvi e oggi denominata Sinottica.
I mutamenti nella società e nel consumo, che si sono verificati soprattutto tra gli anni ’80 e ’90, hanno in parte reso impossibile il tradizionale
ricorso alla segmentazione ed agli stessi stili di vita di questa ricerca.
Attraverso sistemi, tra cui il 3SC (Sistema di Correnti Socio-Culturali e
Scenari di Cambiamento) messo a punto da Alain de Vulpian nel 1972
e successivamente adottato da quattordici istituti di ricerca in diverse
nazioni, associati nel RISC (Research Institute of Social Change), si è
riusciti a il cambiamento sociale in modo più accurato, e a livello
globale, in modo da ottenere dati sempre aggiornati ai cambiamenti
della società. Per dovere di cronaca si accenna che tale sistema tiene
sotto controllo cinque aree principali di cambiamento socioculturale:
Le mentalità, le sensibilità, i valori, le aspirazioni, le motivazioni e i tratti
di personalità.
Questa ricerca si fonda su una filosofia “evoluzionista”, prendendo in
considerazione lo sviluppo verso una sempre più forte modernità socioculturale; essa consente inoltre la comparazione dei risultati con quelli
precedentemente osservati (misurando così l’entità del cambiamento
avvenuto) tenendo sotto controllo cinque aree principali di cambiamento socioculturale: le mentalità, le sensibilità, i valori, le aspirazioni, le
motivazioni e i tratti di personalità; attraverso il trattamento con tecniche
fattoriali dei dati ottenuti da interviste, basate su items riguardanti valori
e atteggiamenti, si identificano delle “correnti socioculturali” utilizzabili
come indicatori sintetici del cambiamento, nonché come variabili attive
di segmentazione.
2h 24’43’’
Nel 2004 è stata dunque redatta la Grande Mappa di Sinottica, la
ricerca condotta da Eurisko, e sono stati definiti 14 stili di vita che non
rappresentano sovrapposizione tra loro.
I nuovi stili di vita sono i seguenti:
Le sognanti (3,5%).
É un gruppo giovane, femminile, di medio/basso profilo. Piuttosto
disimpegnate, sognano ed aspirano a cose semplici o classiche: il
romanticismo, il divertimento, la bellezza, una famiglia e una sicurezza
di base. Sono per lo più giovani casalinghe, studentesse o non occupate.
miche è medio-alta, alta. E’ uno dei target dove è maggiormente
presente la componente dell’innovazione e del rischio.
Le donne doppio-ruolo (6,8%).
E’ un gruppo femminile, medio-giovane, di buon profilo; presenta chiaramente due logiche/aspirazioni di investimento, idealmente paritetiche come importanza: famiglia e lavoro. È meno presente al Sud, il
baricentro dell’età è intorno ai 18-34 anni, ma con una coda anche
dai 35 ai 44 anni. La dotazione di risorse socio-culturali è medio-alta.
Sono principalmente professioniste, impiegate o praticano le professioni autonome. In minor percentuale sono ancora studenti. E’ un gruppo
attivo ed estroverso.
I ragazzi evolutivi (4%).
E’ un gruppo prevalentemente giovane o giovanile nei comportamenti,
misto per genere. Origina nel medio livello sociale, ha un profilo
ancora poco netto anche se in evoluzione. Hanno (già) alcuni
valori/aspirazioni forti di impegno e partecipazione che però mantengono ancora in equilibrio con un certo disimpegno, soprattutto sul lato
pratico. E’ un gruppo in maggioranza di età compresa fra i 14 e i 24
anni. La dotazione di risorse socio-culturali è medio-bassa. Sono in
prevalenza studenti che vivono con i genitori, dunque l’istruzione è
medio-bassa ma il reddito è di livello un po’ superiore.
L’élite femminile (4,4%).
E’ un gruppo femminile, centrale, di eccellente profilo, che tende
all’assunzione di un doppio ruolo (fuori casa/casa) con, però, una
propensione significativamente maggiore a privilegiare la realizzazione personale. Di età giovane e adulta, abitano al Nord e al Centro, in
centri medio-grandi, grandi. Titolo di studio e reddito sono elevati, così
come lo status. La coppia è giovane, senza figli o con figli piccoli.
Sono dirigenti o impiegate. E’ un target che ha un’attitudine
all’intraprendenza e alla gestione delle risorse molto accentuata.
La pre-élite progettuale (2,8%).
Il target è prevalentemente maschile, piuttosto giovane, o giovanile, di
buon profilo. Le ambizioni, le risorse, le aspirazioni, gli stili e le scelte
sono “tarate” sull’élite, pur non appartenendovi appieno. Sono per la
maggior parte uomini, abitano il Centro-Nord, in città medio-grandi,
grandi. Hanno un’età compresa in un range piuttosto ampio, in prevalenza fra i 18 e i 54 anni, e la loro dotazione di risorse socio-econo-
L’élite maschile (6,7%).
E’ un gruppo prevalentemente maschile, giovane adulto, di alto profilo.
È attivo e fortemente impegnato: molto nella realizzazione professionale, ma anche (pur se meno) nella crescita culturale e della propria
partcipazione sociale. È interessante notare, anche qui, la presenza di
un’esigua minoranza di donne, con tratti e atteggiamenti, verso la vita
e l’autorealizzazione, decisamente mutuati dal modello maschile.
2h 26’50’’
Abitano il Nord Ovest, in centri medio-grandi e hanno un’età compresa
fra i 25 e i 54 anni, con anche una punta più giovane. Titolo di studio,
reddito e status sono medio-alti, alti. Le professioni più rappresentate
sono gli imprenditori/professionisti, i dirigenti, gli impiegati. Il loro
orientamento è attivo; cavalcano l’onda del successo, sia nella vita che
nel lavoro.
I protagonisti (2,0%).
E’ un’élite ristretta, medio giovane e adulta. E’ un segmento misto per
genere, massimamente protagonista socialmente, sia dal punto di vista
professionale che da quello culturale. Cultura, professione, ma anche
divertimento e piacere, sono gli asset che tengono in equilibrio; e tale
equilibrio, realizzato o come forte aspirazione, è proprio il loro tratto
distintivo. Sono uomini per una piccola maggioranza, abitano nei
grandi centri del Nord Ovest, hanno un’età compresa in maggioranza
fra i 25 e i 54 anni. Il titolo di studio, il reddito e lo status sono medioalti, alti. Sono per lo più imprenditori, dirigenti e impiegati. Hanno una
forte predisposizione alla leadership e spiccata capacità organizzativa.
Il lavoratore d’assalto (4,1%).
E’ un target maschile di buon profilo, più sul piano del reddito e dello
status che su quello culturale. La frase “tutto per il successo” (misurato
soprattutto col denaro) li descrive bene, a sintetizzare una persona più
centrata sull’energia primaria che su tratti “soft” e sovrastrutturali, anche
se ancora presenti nel gruppo.
Il lavoro e svago (10,6%).
E’ un gruppo prevalentemente maschile, di medio-basso, basso profilo
sociale. Qui è fortemente (e pressoché esclusivamente) presente la cultura del fare ma non quella del pensare in modo evoluto. Il gruppo non
presenta ambizioni forti e cultura, per cui non ha grande successo sul
piano dell’avere; agisce nella vita in modo piuttosto “basico”, con un
“onesto” livello di partecipazione e obiettivi semplici. E’ un gruppo
costituito per la quasi totalità da uomini, di età giovane/tardo-giovane,
distribuiti trasversalmente sul territorio nazionale, in centri medio-piccoli.
Sono medi, sia per livello di istruzione che di reddito e status. In parte
praticano le professioni autonome e in gran parte sono operai.
Le casalinghe partecipanti (7,7%).
E’ un target femminile, casalingo, tradizionale, ma di buon status,
raffinato o aspirante raffinato. Si tratta quindi di una donna che mantiene (almeno a livello di idealità, quando non di fatto) un alto livello di
partecipazione al mondo “fuori casa”, cui guarda attentamente e in cui
vuole distinguersi. E’ un gruppo per stragrande maggioranza femminile, di età tardo-giovane, centrale, distribuito trasversalmente sul territorio
nazionale, in centri medio-grandi. La dotazione di risorse socioeconomica è medio-alta e lo status è elevato. Sono principalmente
mogli, casalinghe o non occupate.
Le casalinghe chiuse (13,2%).
In questo target risiedono in maggioranza donne di media, mediobassa estrazione sociale; rappresentano una femminilità archetipica,
dai ruoli casalinghi classici e dalla mentalità tradizionale. E’ la tipica
donna il cui mondo ha come riferimento totalizzante e onnipresente
quello delle quattro mura domestiche. E’ interessante notare, nel
gruppo, un’esigua presenza di uomini tipicamente anziani, decisamen2h 28’52’’
te indoor ritirati. Sono distribuiti equamente sul territorio e per ampiezza
centri. Hanno un’età tra i 35 e i 64 anni (e oltre), e la loro dotazione
di risorse e la classe economico-culturale sono medio-basse.
Il maschio pre-culturale (11,0%).
E’ un gruppo maschile, di medio-basso, basso profilo socio-culturale. E’
l’archetipo maschile classico, per cultura, ruoli e comportamenti, senza
slanci evoluti ma con pochi, semplici “asset”: qui conta il posto fisso, la
sicurezza di base…e lo sport. Sono individui che abitano principalmente nel Sud Italia, in centri medio-piccoli. Sono totalmente uomini,
dai 45 ai 64 anni, ma esiste anche un’anima più giovane, intorno ai
14-24 anni. I livelli di istruzione, reddito e status sono medio-bassi.
Sono in gran parte operai, o esercitano professioni autonome, ma vi è
anche un’ala di studenti. La prima meta è il “posto fisso”, il lavoro inteso
come sicurezza di base e non come ambito di realizzazione.
Sud e Isole. L’istruzione è bassa, il reddito è medio-basso, la classe
economico-culturale è bassa. Sono in maggioranza casalinghe e
pensionate. Non sono attive né socialmente né culturalmente.
L’orientamento di vita è in casa, passivo. Le preoccupazioni maggiori
riguardano la salute e il riuscire a vivere una vita tranquilla, senza ansie
eccessive.
La tranquillità maschile (10,9%).
E’ un target complessivamente marginale come risorse, tardo adulto e
maschile. Sono uomini, molti dei quali anziani oltre i 64 anni; abitano
in centri tendenzialmente medio-piccoli. L’istruzione è elementare, e il
reddito e la classe socio-economica sono bassi. Sono in stragrande
maggioranza pensionati. L’approccio è razionale; considerata l’età e il
loro status di basso livello, non hanno alcun tipo di progettualità per il
futuro. Fra le mete più ambite: essere in buona salute, godere di stima
sociale, vivere una vita tranquilla.
La tranquillità femminile (12,0%).
E’ un target complessivamente marginale per risorse, femminile, tardo
adulto/anziano. Sono donne, la maggior parte delle quali anziane
con un’età che supera i 64 anni; abitano in centri piccoli nel Centro,
2h 29’59‘’
La pre-élite progettuale (2,8%).
le sognanti 3,5%
i ragazzi
evolutivi 4%
i protagonisti 2%
le donne
doppio.ruolo 6,8%
il lavoratore
d’assalto 4,1%
il lavoro
e svago 10,%
il maschio
pre-culturale 11%
le casalinghe
chiuse 13,2%
l’élite femminile 4,4%
l’élite maschile 6,7%
le casalinghe
partecipanti 7,7%
2h 30’45’’
la tranquillità
femminile12%
la tranquillità
maschile 10,9%
Compiuta la segmentazione, si tratta di passare all’indagine dei vari
segmenti, allo scopo di individuare quelli ai quali rivolgere l’offerta
della costituenda impresa con maggiori probabilità di successo.
I bisogni dei clienti vengoni solitamente distinti in quattro categorie:
bisogni espliciti, dichiarati dagli sessi consumatori, bisogni osservabili,
individuabili dagli atteggiamenti degli individui, bisogni taciti, non
ancora pienamente emersi o formalizzati, e bisogni latenti, quelli più
difficili da determinare ma che portano spesso il consumatore a preferie
un prodotto piuttosto che un altro.
Gli esperti associano a ciascuna di queste categorie dei metodi di
ricerca mirati ad analizzarli: sondaggi, interviste, focus group nel caso
dei bisogni espliciti e di quelli osservabili; l’etnografia applicata per i
bisogni taciti; la lead user analysis e il beta testing per i bisogni latenti.
L’obiettivo di queste indagini è quello di prevedere quale potrebbe
essere la domanda da parte del pubblico per soddisfarla con
un’adeguata offerta. Tale mercato di riferimento è costituito da quattro
livelli: il mercato potenziale, consumatori che dichiarano un qualche
livello di interesse per un’offerta e possiedono un livello di reddito adeguato; il mercato disponibile, consumatori che sono in grado di acquistare e manifestano effettivamente un’intenzione di acquisto; mercato
servito, consumatori oggetto dell’azione di marketing e di comunicazione dell’impresa; mercato penetrato, consumatori che l’impresa riesce
effettivamente a servire.
2h 31’28’’
3.3.3 l’amministrazione finanziaria
Una parte di fondamentale importanza per la stesura di un piano di
9
impresa che risulti credibile è quella relativa al piano finanziario. Si
tratta di fare un confronto tra fondi che si intende investire e ricavi che
si prevede di ottenere, con una proiezione che vada in avanti col
tempo di almeno qualche anno dal momento della nascita.
Il suo contenuto e la sua struttura richiamano per molti aspetti quelli del
bilancio di esercizio, con la sostanziale differenza che quest’ultimo si
redige al termine di ciascun anno, mentre il piano economico e finanziario evidenzia obiettivi e previsioni per il futuro.
Imm.72 suggestione – calcolatrice
2h 31’56’’
Rappresenta sostanzialmente uno sforzo di pianificazione della futura
attività, indispensabile per valutarne a priori la convenienza, richiedere
consapevolmente finanziamenti ordinari o agevolati, presentare l’idea
imprenditoriale a potenziali soci e infine per dotare l’imprenditore di un
fondamentale strumento di guida e di controllo della futura impresa.
Si compone di diversi punti. Bisogna per prima cosa fare un elenco
degli investimenti fissi, cosiddetti strumentali (acquisto immobili e/o loro
ristrutturazione, avviamento, impianti, macchinari, attrezzature, autoveicoli, mobili, macchine ufficio, software, licenze commerciali, brevetti,
spese di costituzione della società) necessari per avviare l’attività
oggetto dell’idea imprenditoriale, con l’indicazione del loro costo.
La realizzazione di qualunque piano di investimenti richiede la ricerca
della necessaria copertura finanziaria, per cui vanno elencate le fonti
di finanziamento a cui un’impresa di prossima costituzione può accedere; queste si distinguono innanzi tutto in capitale proprio o fonti di indebitamento.
Il conto economico preventivo deve essere redatto per ciascuno degli
anni futuri oggetto del piano economico e finanziario. In tal caso,
consente la misurazione del risultato economico atteso (utile o perdita)
cioè della redditività dell’attività, che scaturisce dal confronto, in
ciascun esercizio, dei ricavi (obiettivo) e dei costi (previsti) della gestione aziendale.
Infine con la valutazione dello stato patrimonaiale ogni vengono riepilogati, come attività, tutti i beni patrimoniali, i crediti e le disponibilità
liquide di cui si prevede il possesso al termine di ciascuno degli esercizi
futuri inclusi nel piano economico e finanziario. Nelle passività, invece,
si raggruppano tutte le fonti di finanziamento che prevedibilmente
saranno in corso di utilizzo al termine di ciascuno degli esercizi inclusi
nel piano.
2h 32’55’’
3.4 la funzione commerciale
Produrre non è sufficiente, bisogna commercializzare ciò che si produce, è questo passaggio non è affatto automatico.
Compito della funzione commerciale è proprio di occuparsi dei rapporti con il mercato e con la clientela. Questo comprende una vasta
gamma di attività diverse, che vanno dalla comunicazione verso
l’esterno dell’impresa, dei suoi valori, del catalogo di prodotti, fino alle
strategie di vendita vere e proprie.
Il marketing è quella disciplina che studia il mercato per ricercare,
realizzare e migliorare le condizioni di scambio. Alla base di tale disciplina sta il concetto per cui in un’economia di mercato come quella in
cui viviamo, in un paese in cui la produzione e il commercio sono nella
maggior parte liberi, e in presenza di una sovrabbondanza di prodotti,
la loro vendita può avvenire solo a certe condizioni essenziali. L'insieme di queste condizioni è chiamato marketing mix:10
A. prodotto: deve avere validità e motivo di interesse almeno per certe
categorie di persone;
B. prezzo: il prodotto deve avere un prezzo giusto (“giusto” non significa necessariamente “basso”, bensì corrispondente alle aspettative del
consumtore riguardo all’immagine che ha di quel prodotto);
C. distribuzione: il prodotto deve avere un’adeguata distribuzione, che
lo renda reperibile con sufficiente facilità;
D. comunicazione: per vendere occorre informare, interessare, far
nascere il desiderio e spingere all’azione.
Se un anello di questa catena è debole o manca, la vendita sarà difficile o impossibile.
2h 33’53’’
3.4.1 il prezzo
I meccanismi che si innescano nel determinare il prezzo di un particolare prodotto sono diversi. Può apparire scontato pensare che questo sia
dato dal costo della produzione e della distribuzione, maggiorato di un
ragionevole guadagno.
Ma questo sarebbe vero, e così semplice, se l’impresa fosse l’unica a
proporre quel tipo di oggetto sul mercato, e potesse fare, dunque, ciò
che vuole; invece esistono i concorrenti e si deve tenere conto dei
prezzi che loro fissano per prodotti analoghi.
Ed esiste anche un pubblico di potenziali acquirenti che è disponibile
a pagare una certa cifra per un certo bene, e non di più, nè di meno
in quanto un prezzo troppo basso può essere interpretato come indizio
11
di scarsa qualità o di inaffidabilità.
La definizione del prezzo è quindi un momento delicato per l'azienda
produttrice, e può causare il suo successo o il suo insuccesso.
Imm.73 suggestione – prezzo delle arance al mercato
2h 34’28’’
Per fare un esempio, si può riordare come anni fa, la Braun, un'azienda
tedesca molto importante, mise a punto un prodotto estremamente innovativo: un rasoio elettrico per barba che, anziché funzionare coti un
motorino elettrico, funzionava con un elettromagnete: il risultato era un
abbattimento dei costi di produzione, e la possibilità di offrire al mercato un prodotto affidabilissimo ed efficace a metà del prezzo praticato
da altri produttori che detenevano le quote di mercato maggiori a
livello mondiale. L'azienda fece festa, convinta che con quel prezzo
avrebbe sbancato il mercato. Ci fu qualcuno però che volle levarsi la
curiosità, e andare a vedere se era così vero quello che sembrava
ovvio: che un prodotto a basso prezzo avrebbe avuto successo. E
scopri, in seguito a una ricerca, che ben pochi avrebbero rischiato il
loro denaro per una robetta di così poco conto: costava troppo poco,
non poteva essere affidabile, l'offerta non sarebbe stata credibile. E
cosi l'azienda fece una festa ancora più grande, perché avrebbe sbancato il mercato comunque con un prezzo solo di poco inferiore a quello
12
della concorrenza, guadagnandoci molto di più.
Si può dire allora che il prezzo giusto di un prodotto è quello che corrisponde al suo valore, come è percepito dall'acquirente. Ma nelle sue
scelte, l'acquirente tiene conto anche di altri fattori, oltre al valore intrinseco, materiale di un prodotto: per esempio è influenzato da fattori
psicologici (un'immagine scadente o elevata della marca, il prestigio
dato dal possesso, la moda); da timori e ricerca di sicurezza
(garanzia, assistenza tecnica).
Si capisce allora che un prezzo elevato, in certe situazioni favorevoli di
marketing mix, può addirittura far vendere di più. In altri casi invece
occorre abbassare i prezzi per sostenere la domanda, e praticare
degli sconti o condizioni particolari di vendita (dilazioni di pagamento,
rateazioni) a vantaggio dei distributori, o degli acquirenti finali, o di
entrambi.
È classico il caso di lancio di un nuovo prodotto con offerta di prova,
a prezzi molto invitanti, per il periodo iniziale, periodo che non potrà
essere troppo lungo, perché l'azienda produttrice non può permettersi
di lavorare in perdita all'infinito: lo farà solo in quanto lo sconto le
assicura velocemente maggiori volumi di vendita e una sufficiente introduzione nel mercato.
Il prezzo può quindi essere determinato con criteri diversi, o con un
ponderato mix di essi:
A. Metodo del costo totale e cioè costo del prodotto + ricarico prefissato: è il sistema più elementare, ma è anche pericoloso perché non tiene
in conto l'entità della domanda e il comportamento della concorrenza;
B. Metodo del punto di equilibrio (break-even point) che si pone l'obiettivo del raggiungimento di un certo profitto complessivo. Per realizzare
un prodotto, un'azienda ha dei costi fissi e dei costi variabili; deve farvi
fronte (e cioè raggiungere il pareggio, il break-even point) e guadagnare; ma, grosso modo, può scegliere di farlo vendendo molte unità di
prodotto a un prezzo basso, o poche ad un prezzo alto. L'azienda
deve quindi prevedere quali saranno i risultati di prezzi diversi sul
volume delle vendite e sui profitti, e fare la sua scelta;
C. Metodo del valore percepito dall'acquirente: è strettamente collegato al concetto di posizionamento del prodotto;
D. Metodo del prezzo corrente e cioè il suo adeguamento a quello
dell'azienda leader e del mercato.
2h 36’26’’
3.4.2 il commercio
Esistono due tipi di distribuzione, il commercio all’ingrosso e quello al
dettaglio.
Il commercio all’ingrosso è effettuato da imprese che acquistano beni
dal produttore per rivenderli ad altri intermediari commerciali (negozi al
dettaglio).
Saranno poi questi che li venderanno al consumatore/utilizzatore
finale. Si tratta di una istituzione tipicamente italiana, e deriva dal particolare frazionamento della distribuzione che c'è nel nostro paese: da
noi esistono (ancora, anche se sono in continua diminuzione) numerosi
e piccoli punti vendita, ed esiste anche un considerevole commercio
ambulante (le bancarelle nei giorni di mercato): queste piccole imprese
commerciali trovano comodo e conveniente approvvigionarsi presso un
grossista, perché in questo modo hanno diversi vantaggi.
Imm.74 suggestione – il layout di un negozio di Tokyo
2h 37’00’’
3.4.3 l’identità
L’identità corporativa può essere metaforicamente descritto come l’abito
con cui una persona si presenta. É fondamentale che tale abito sia in
grado di comunicare i valori di chi lo indossa, e non altre informazioni
non veritiere, o che non si è scelto di trasmettere.
Con quest’espressione si intende quindi la percezione che il cliente ha
di un'organizzazione.13
Nell'era in cui il cervello è costantemente stimolato da messaggi pubblicitari, immagini, esperienze di marca poter contare su un'identità societaria forte e su un'immagine coordinata permette di associare i valori
aziendali a quelli del cliente favorendo la creazione di relazioni coinvolgenti. Le tre parole chiave a cui mirare per definire una buona identi14
tà corporativa sono uniformità, riconoscibilità e familiarità.
Perchè tale identità possa fissarsi nella mente del consumatore è necessario che tutte le componenti in gioco procedano in sincronia verso una
stessa direzione: immagine coordinata, logo, messaggi promozionali.
Ma differenziarsi dai competitors non basta, occorre stimolare, attraverso i messaggi, le immagini, o addirittura i comportamenti; bisogna
essere riconoscibili, facendo risaltare la personalità.
Inoltre quando qualcosa è familiare è risulta più spontaneo riporvi
fiducia. Allo stesso modo un consumatore sarà ben disposto ad acquistare un determinato prodotto solo se nella sua mente quell'azienda
richiama valori positivi.
Imm.75 immagine promozionale Starbucks
2h 37’51’’
In una posizione centrale e storica, all’interno del mondo della comunicazione d’impresa c'è l'advertising, vale a dire la pubblicità classica.
Ma l'evoluzione del mercato, la globalità dei rapporti che pone le
imprese, quale che sia il loro settore di attività, in una situazione di
riferimenti molteplici e dinamici con i consumatori, con la concorrenza,
con l'ambiente sociale circostante, hanno necessariamente allargato gli
orizzonti.
Così altre tecniche di comunicazione si sono evolute, e sono venute a
fare da coronamento e integrazione della tecnica fondamentale, la
pubblicità classica, per il migliore raggiungimento degli obiettivi aziendali.
É possibile distinguere tali tecniche in “below the line” e “above the
line”.
Sono “Above the Line” tutte le attività di comunicazione che sfruttano i
media classici, ovvero, radio, televisione, cinema, stampa (giornali e
periodici), affissioni (manifesti e poster). Ormai anche le attività che
prevedono l’impiego di internet vengono elencate in questo inseme.
Il termine deriva dal gergo giornalistico, e indica la maggiore visibilità
delle notizie riportate nella metà superiore della prima pagina, cioè
sopra la piega (above the line), quando la testata è esposta assieme
alle altre in edicola.
Imm.76 immagine tratta da un spot pubblicitario per Lavazza
2h 38’31‘’
Sono “Below the Line”, invece, altre attività che non sfruttano tali media,
come ad esempio le sponsorizzazioni, le attività di promozione, le
relazioni pubbliche e il direct marketing.
Compito della strategia di comunicazione è di definire il percorso metodologico dal business alla creatività: dall'individuare il problema che la
comunicazione deve risolvere, a definire il ruolo che varie tecniche di
comunicazione possono assumere per risolverlo, a tracciare le
coordnate per il lavoro della creatività e assicurare la congruenza del
prodotto creativo con gli obiettivi.
La definizione di una strategia presuppone riflessione, ordine, metodo:
che sono l'opposto della casualità. Una strategia chiara, definita,
scritta e condivisa da tutti nell'azienda, è strumento di coerenza aziendale e di unità di intenti, assicura la necessaria continuità delle scelte e
dei comportamenti, crea le migliori condizioni per il successo.
Nella definizione di una strategia comunicativa bisogna innanzi tutto
tenere presente quale sia il posizionamento del prodotto, o
dell’azienda, dettato dalle indagini di mercato, in modo da usare
contenuti, mezzi e modi adeguati.
Gli obiettivi di una campagna di comunicazione possono essere
riassunti in questo elenco: aumentare le occasioni di consumo, nonché
le quantità acquistate da chi già acquista; aumentare la fedeltà alla
marca; attirare nuove categorie di consumatori; ovviare agli svantaggi,
fino addirittura a trasformarli in vantaggi; stimolare la fiducia e
l’interesse in addetti ai lavori, come distributori o fornitori; creare simpatia e affidabilità verso i prodotti.
Imm.77 un cow-boy in una strada di New York
promuove la Polaroid
2h 39’27‘’
1,2,3. Business Plan - guida alla compilazione fornita da Formaper
4.le informazioni dell'intero paragrafo sono state reperite presso la
Camera di Commercio di Palermo e riguardano l'interno territorio
nazionale
5. da "Analisi di Mercato", in "L'Economia", Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Roma, 6/1959 - Giancarlo Pallavicini
6. le informazioni sull'analisi di settore ono state reperite su "L'analisi di
settore. Metodologia e applicazioni" di Luca Barbarito - Franco Angeli
Edizioni 2000
7. le informazioni sulla ricerca di mercato sono state reperite su "Le
ricerche di mercato. Guida pratica e metodologica" di Amedeo De
Luca - Franco Angeli Edizioni - 2006
8. le informazioni sulla segmentazione sono state reperite su "Il campionamento per la ricerca di mercato", di Antonio Gambini - Giappichelli
Editore 2009
9. le informazioni sul piano finanziario son state reperite su "Il business
plan", di Antonio Borello - McGraw Hill 2009, e da Business Plan guida alla compilazione fornita da Formaper
10,11,12. da "Comunicare, elementi di tecnica di comunicazione
d'impresa", Franco Tizian - Zanichelli 2005
13. definizione tratta da "La corporate image, come costruire e mantenere l'identità dell'azienda" di Thomas Garbet - Feltrinelli 1992
14. le informazioni sull'identità corporativa sono state reperite su "La
corporate image, come costruire e mantenere l'identità dell'azienda" di
Thomas Garbet - Feltrinelli 1992 e su "Corporate Image, un secolo
d'immagine coordinata, dall'AEG alla Nike", di Vanni Pasca e Dario
Russo - Lupetti 2005
2h 40’00‘’
2h 40’01‘’
PARTE III
progetto
Le considerazioni teoriche offerte dalla prima parte, e il supporto pratico fornito dalla seconda parte, trovano utilità al momento dello sviluppo del progetto, a cui la terza parte è dedicata.
Esiste una correlazione tra ciascuna delle schede, delle storie, dei casi
studio osservati e una specifica parte del progetto di TrattoTempo, dalla
definizione dell’idea imprenditoriale alla definizione della produzione,
passando per la costruzione di un’identità corporativa o la comunicazione esterna.
2h 40’37‘’
Capitolo 4, dall’alba a mezzogiorno
2h 40’39‘’
4.1 il senso di TrattoTempo
Il primo obiettivo di TrattoTempo, il brand progettato in occasione di
questa tesi di laurea, è di trasmettere al pubblico l’importanza e il vero
valore del tempo.
Oggi il nostro tempo è vittima di abusi ed anomalie che causano malessere e degenerazioni nei ritmi della nostra vita: il tempo viene sprecato,
quando ad esempio facciamo qualcosa di completamente inutile, il
tempo viene messo di fretta, quando ci ostiniamo a correre ad ogni
costo, il tempo viene rovinato troppe volte.
Dare valore al tempo significa dare valore al suo giusto trascorrere, alle
esperienze che si possono acquisire, al piacere di impiegarlo in modi
sempre nuovi, ma anche alla passione nello svolgere un lavoro. Al
contrario togliergli importanza vuol dire ammettere di svolgere attività
di poco conto, sognare di fare qualcosa di diverso da ciò che si sta
facendo durante il tempo che si sta trascorrendo.
Rapportare tutto a coordinate temporali è un modo di regalarsi una
diversa prospettiva della realtà, di porre l’attenzione su aspetti della
nostra vita che ci passano davanti senza lasciare alcuna traccia rilevante.
2h 41’18‘’
La produzione di questo marchio farà proprio questo: cambierà i parametri. Le coordinate fondamentali della vita di una produzione e di un
prodotto verranno dirottate a sottolinearne l’aspetto temporale, piuttosto
che quello spaziale e materiale.
Potrebbe non essere più importante, ad esempio, dove il prodotto sia
stato fatto, se si tratti di un “Made in Italy”, piuttosto che di un “Made
in China”? Che succederebbe se la coordinata spaziale diventasse
irrilevante di fronte a quella temporale, se un oggetto avesse un valore
aggiunto non dettato dalla garanzia di qualità perchè fatto in una
nazione in particolare, ma dato dall’emozione che una data può regalare? Uno stesso oggetto acquisirebbe un valore diverso per un particolare individuo se si tratta di un “Made on January 15th, 2011” piuttosto
che in un’altra data, se questa persona è legata al 15 gennaio.
O ancora, per altri oggetti potrebbe essere conveniente conoscere più
che la data di realizzazione, il tratto di tempo necessario per realizzarlo, magari artigianalmente; a parità di prodotto un pezzo acquisirebbe
un valore maggiore se realizzato in 5 ore di lavoro piuttosto che in una
sola ora? Oppure potrebbe, a seconda del tipo di oggetto, essere vero
il contrario? E allora si tratterà di oggetti “Made in 5 hours” o “Made
in 10 minutes”.
Per altri oggetti ancora la discriminante, capace di far preferire un
pezzo piuttosto che un altro, potrà essere l’ora in cui viene realizzato,
all’interno di un sistema di produzione in grado di sottolinearne questa
sfaccettatura, il progetto assumerebbe connotati diversi a seconda del
momento della giornata in cui verrebbe fatto.
Alcune produzioni sono speciali perchè realizzate in “serie limitata”:
vale a dire che viene stabilita una bassa tiratura per una particolare
edizione. In queste edizioni, solitamente, ad un basso numero di pezzi
prodotti corrisponde una qualità superiore rispetto alle serie standard.
Di conseguenza il valore emozionale, e il più delle volte il valore com-
merciale, aumentano.
Alle comuni serie limitate perché non sostituire le produzioni in tempo
limitato? Non stabilire un limite in termini di numero di pezzi realizzati,
bensì un limite sul tratto di tempo in cui la produzione, piuttosto che la
vendita, di un determinato prodotto speciale sia attiva.
Si tratta di una serie di ipotesi, di operazioni dalla forte carica emozionale: il senso, e le speranze di successo di TrattoTempo, risiedono nella
capacità di emozionare il pubblico, di scuoterlo e di metterlo nelle
condizioni di desiderare tale scossa.
D’altro canto questa logica appare come perfettamente calata nella
contemporaneità e nei nuovi stili di vita: si tratta di un marchio che vive
in pieno questo tempo, non un altro.
2h 44’03‘’
4.2 una produzione equilibrata
4.2.1 Made in
Con il lancio di TrattoTempo viene presentata una prima linea di prodotti, linea composta interamente da orologi da parete.
La scelta di esordire concentrandosi sull’orologio è sembrata la più
coerente con la tematica adottata dal brand, nonostante il tema stesso
vada oltre al semplice concetto di tempo in quanto grandezza misurabile. In tal senso l’orologio, quello da parete in particolare, è stato individuato come il supporto più adatto, più significativo, per contenere i
valori dell’impresa.
Come si potrà verificare con il capitolo relativo all’analisi di mercato,
l’orologio da parete è una categoria di oggetti che, seppur impoveritosi di utilità a causa dei nuovi stili di vita meno sedentari, è fortemente
presente negli spazi pubblici e privati. In altre parole si tratta di un
oggetto che ha un mercato vasto.
L’applicazione a cui si è appena accennato è intitolata “Made in”. Nel
linguaggio comune questa espressione è sempre seguita dal nome di
una nazione, ed indica il luogo in cui il prodotto che la riporta è stato
effettivamente realizzato. Se un oggetto è un “Made in Italy” è fatto in
Italia, e subito richiama alla mente dei consumatori la qualità e il modo
di fare le cose tipico delle produzioni italiane. Alla stessa maniera un
prodotto “Made in China” sarà inevitabilmente connotato diversamente;
lo stesso vale per il “Made in U.S.A.”, il “Made in India”, o quant’altro.
Il “Made in” qui progettato è diverso; non indica dove sia stato fatto il
prodotto, ma in quanto tempo è stato fatto. In questa caso, quindi,
l’espressione non è seguita dal nome di un luogo, bensì da un unità di
tempo. Un oggetto può essere stato realizzato in 5 secondi, “Made in
5’’”, oppure in 5 ore, “Made in 5h”, e allora avrà una connotazione
diversa agli occhi del consumatore.
Lo scopo di quest’operazione è di distinguere il brand da quelli concorrenti. É chiaro che in ciascuna produzione, in ciascuna azione, le coordinate temporali e spaziali coesistono. Ogni oggetto è fatto in un luogo
ed in un certo tempo; però è solo il “dove” che viene più spesso sottolineato, comunicato al pubblico, non il “quando”. Questo avviene
proprio perché risulta intuitivo accostare al luogo di produzione una
certa gamma di valori e peculiarità.
Ma ribaltare quest’abitudine e sottolineare invece il “quando” è un qualcosa che, nel mondo del design, non ha mai fatto nessuno. Eppure
potrebe risultare altrettanto intuitivo associare ad un’unità di tempo un
valore di qualità, sempre se si sarà in grado di costruire un contesto
comunicativo (analizzato nei capitoli successivi) che sia in grado di
lasciare intuire, ed apprezzare, al consumatore questo passaggio.
Ad essere precisi, questo prodotto viene lanciato in funzione di un
progetto più generale, un progetto che riguarda un metodo, una modalità di applicazione declinabile anche su qualunque altra categoria di
oggetti. In questo caso il progetto di tale metodo è applicato
all’orologio da parete, in future produzioni potrà essere applicato ad
altri oggetti.
2h 45’58‘’
4.2.2 Torte TrattoTempo
L’applicazione “Made in” viene dunque associata a una prima produzione, quella degli orologi da parete della serie “Torte”.
Si chiamano così perché hanno molto in comune con le torte; come le
migliori torte, infatti, sono tonde, sono semplici e sono gustose, ma
soprattutto così come le torte per fare questi orologi bisogna seguire
una precisa ricetta, e rispettare i “tempi di cottura” è fondamentale per
la riuscita dell’oggetto.
Le Torte hanno una forma essenziale, un disco di 25 centimetri di
diametro e di 3,1 centimetri di spessore; su una faccia 12 tacchette
rettangolari in rilievo indicano le 12 ore.
Il quadrante è quindi realizzato in un unico pezzo, scavato sul retro,
non in vista una volta posizionato l’orologio sulla parete, per alleggerirlo ed ottimizzare la produzione. Sempre sul retro sono riportati
l’alloggio per la scatola degli ingranaggi, incastrata utilizzando una
guarnizione in gommapiuma, e una concavità in cui inserire la testa del
chiodo.
Oltre a quadrante, scatola degli ingranaggi e guarnizione, le uniche
altre componenti sono le due lancette, delle ore e dei minuti, in lamiera,
ottenute tramite tagli laser, e disegnate per risultare essenziali nella
propria forma, così come l’intero prodotto assemblato.
Imm.78 viste prospettiche delle Torte
2h 46’45‘’
d: 250
15x5
d: 5
Tav.1
viste frontale e laterale
quote in mm
scala 1:2
31
2h 47’00‘’
d: 10
r: 3
15
63
Tav.2
viste posteriore
e laterale con linee nascoste
quote in mm
scala 1:2
93
21
2h 47’15‘’
55
90
Tav.3
esploso assonometrico
e dimensioni delle lancette
lancette
quote in mm
scala 1:1
2h 47’30‘’
4.2.3 la lavorazione delle Torte
Per ottenere una Torta esiste una regola da seguire: questa deve essere
ottenuta colando un materiale allo stato fluido, o comunque molle,
all’interno di uno stampo; il tempo necessario all’indurimento di questa
materiale determinerà il tempo che sarà servito a produrlo. Ogni Torta
riporterà quindi l’indicazione “Made in” seguita dal tempo di lavorazione.
Mentre la tecnica di lavorazione viene mantenuta costante come punto
fermo, il materiale è variabile; la serie di orologi da parete comprende
quindi pezzi realizzati in diversi materiali, dal gesso alla ceramica,
dalla cera fino addirittura al cioccolato.
Ma per potere fare ciò è necessario essere provvisti di uno stampo
realizzato ad hoc, che permetta di ottenere precisamente la forma
descritta nelle precedenti pagine.
Sono state individuate due tipologie di soluzioni per intraprendere una
produzione che risulti conveniente e che permetta di offrire al pubblico
risultati qualitativamente apprezzabili; dato che ogni materiale presenta
particolari problematiche ed esigenze di lavorazione, si tratta di munirsi
degli strumenti adatti ad affronatre la lavorazione di ciascuno di essi.
Tali strumenti possono essere in posseso dell’impresa, oppure TrattoTempo potrà affidarsi ad un network di artigiani, ciascuno competente
nell’ambito di un diverso materiale, che saranno i veri e propri artefici
dei pezzi ultimati.
Ad ogni modo una lunga serie di tentativi e sperimentazioni ha permesso di individuare nella gomma siliconica il materiale più adatto per
realizzare stampo universale. La caratteristica di questo materiale maggiormente utile allo scopo è il fatto di essere totalmente antiaderente
verso qualsiasi materiale; questo significa che non esistono difficoltà ad
estrarre il pezzo una volta indurito, e questo senza l’impiego di alcun
ulteriore agente distaccante.
L’utilità di tale stampo universale, adatto a lavorare tutti i tipi di materiale
considerati consiste in una praticità di lavorazione che, se affiancata
ad una grande abilità manuale, consente di ottenere risultati appezzabili, seppur non eccellenti.
Di seguito sono illustrate le fasi servite alla realizzazione dello stampo
in gomma siliconica.
2h 48’12‘’
1
3
1,2: per prima cosa un bravo falegname ha realizzato un pezzo in positivo
che riportasse la stessa forma che è stata progettata;
3: è stata intanto costruita anche una scatola grande sufficientemente per
contenerlo, scatola resa ermetica con l’applicazione di stucco sugli spigoli;
2
Tav.4 costruzione dello stampo in silicone 1
2h 48’22‘’
4
6
4: il pezzo è stato inserito dentro la scatola, che è quindi stata riempita di
cera calda, dunque liquida, che lo ha sommerso fino a metà del suo spessore;
5,6: dopo un paio d’ore la cera si è perfettamente indurita; a questo punto
si è passata una mano di cera d’api sulla superficie libera, in modo che
agisca come distaccante;
5
Tav.5 costruzione dello stampo in silicone 2
2h 48’32‘’
7
9
7,8: è stata preparata la gomma siliconica, mescolandola con un catalizzatore che, aggiunto nella giusta proporzione (5%) avvia il processo di
solidificazione, che avviene in 24 ore; la gomma, perfettamente fluida,
viene versata nella scatola fino a coprire la parte del pezzo rimasta emersa;
9: dopo 24 ore il silicone si è solidificato è può essere estratto;
8
Tav.6 costruzione dello stampo in silicone 3
2h 48’42‘’
10
12
10,11: il risultato è uno stampo che riproduce metà della forma del pezzo,
che, acoppiato all’altra metà, ottenuto utilizzando lo stesso procedimento
ma capovolgendo il positivo in legno, permetterà di dare vita all’orologio.
12: i materiali fluidi potranno essere versati direttamente nello stampo
ottenuto dall’accoppiaggio delle due metà, con un imbuto inserito in un foro
appositamente ricavato.
11
Tav.7 costruzione dello stampo in silicone 4
2h 48’52‘’
4.2.4 le ricette
Ottenuto lo stampo in gomma siliconica non rimane che utilizzarlo per
la formatura degli orologi nei più svariati materiali, purché questi siano
colabili o modellabili.
Quelle che seguono sono le ricette necessarie ad ottenere ciascun
orologio, in un particolare materiale ed in un particolare tempo di lavorazione. Si tratta di una serie di orologi da parete i cui materiali sono
stati selezionati per garantire una varietà cromatica, superificale ma
soprattutto di durata della lavorazione.
2h 49’05‘’
Imm.80 Torta Made in 20’
2h 49’43‘’
Made in 20’
Ingredienti:
1,35 Kg di ceramite
400 ml di acqua
mezzo limone
Preparazione:
La ceramite, che si presenta come una polvere bianca e fine, e l’acqua
vanno mescolate assieme dentro un secchio; è importante avere cura di
mantenere il rapporto di 3 a 1 nelle proporzioni, in quanto un diverso
rapporto non garantirebbe una buona riuscita. Mettere per prima cosa
metà della ceramite in un secchio, versare quindi metà dell’acqua e
con una spatola da muratura mescolare ripetutamente. Aggiungere a
poco a poco le rimanenti parti di ceramite e acqua e continuare a
mescolare fino ad ottenere un fluido omogeneo, senza grumi.
Aiutandosi con la stessa spatola versare il liquido ottenuto dentro lo
stampo in silicone chiuso, utilizzando un imbuto.
Se quest’operazione viene fatta in un ambiente la cui temeratura supera
i 25° centigradi, è opportuno aggiungere composto, mentre lo si
mescola, delle gocce di succo di limone per ritardarne l’indurimento.
Lasciare riposare per 20 minuti.
Sformare quindi l’orologio in ceramite ormai indurita. Una volta ottenuta la forma applicare la vernice vetrificante. Aggiungere infine meccanismi e lancette.
2h 50’15‘’
Imm.81 Torta Made in 2h 30’
2h 50’18‘’
Made in 2h30’
Ingredienti:
800 gr. di paraffina
200 gr. di stearina
1 bustina di colorante per cera
vernice isolante e trasparente
vernice vetrificante a freddo
Preparazione:
Riempire una pentola d’acqua fino a metà e mettere al suo interno una
pentola più piccola. Riscaldare, poggiando direttamente sul fuoco del
fornello la pentola più grande, fino a raggiungere l’ebollizione. Pronto
il bagnomaria, a fuoco medio, mettere dentro la pentola più piccola la
paraffina e la stearina; si tratta di due componenti, da miscelare nel
rapporto di 4:1, ricavate rispettivamente dal petrolio e dall’olio di
palma, e si presentano come una massa cerosa, bianca, leggermente
traslucida, la paraffina, e come una polvere bianca, la stearina.
Lasciare riscaldare per 20 minuti finché le due componenti non si siano
completamente sciolte ed amalgamate, quindi abbassare la fiamma al
minimo ed aggiungere il colorante, del colore che si preferisce. Mescolare per un paio di minuti, finché il liquido ottenuto non abbia assunto
una colorazione omogenea, quindi spegnere la fiamma.
Utilizzando un imbuto versare la cera calda e liquida all’interno dello
stampo in silicone, ottenuto sovrapponendo le due metà.
Lasciare risposare per 2 ore.
Sformare quindi l’orologio in cera ormai solida. Una volta raggiunta la
forma applicare la vernice isolante, e una volta asciutta, se si vuole,
anche quella vetrificante. Aggiungere infine meccanismi e lancette.
2h 50’50‘’
Imm.82 Torta Made in 3h 30’
2h 50’53‘’
Made in 3h 30’
Ingredienti:
1Kg di cioccolato
vernice isolante
Preparazione:
Cuocere a bagnomaria, a fuoco medio, tutto il cioccolato tagliato a
pezzetti. Giunti alla temperatura di 50° il cioccolato inizierà a fondere.
Per garantire la brillantezza e la durezza del cioccolato occorre
temprarlo: si tratta di un gioco di variazioni di temperature mirato una
pre-cristallizzazione della massa con l'unico cristallo stabile tra tutti
quelli esistenti.
Munendosi di un termometro da cucina versare il cioccolato fuso su una
lastra di marmo e mescolarlo con cura con una spatola, senza incorporare troppa aria, fino al raggiungimento di una temperatura di 27. Mettere nuovamente quindi il cioccolato sul fuoco per alcuni secondi,
finché questa non abbia raggiunto la temperatura di 31°, facendo
assoluta attenzione a non superarla, altrimenti l’operazione sarà da
rifare. L’ideale sarebbe svolgere questa attività in un ambiente ad una
temperatura compresa tra i 18° e i 22°.
Terminata questa procedura versare l’impasto all’interno dello stampo
chiuso, aiutandosi con un imbuto, e lasciare raffreddare qualche
minuto.
Mettere poi lo stampo in freezer e lasciare riposare per 3 ore.
Dopo 2 ore sformare il disco indurito. Se l’operazione di tempratura è
stata svolta correttamente il cioccolato sarà ben duro e apparirà brillante. Aggiungere a questo punto la vernice isolante che garantirà
l’integrità del cioccolato a contatto con l’aria.
Applicare infine le lancette e i meccanismi.
2h 51’25‘’
Imm.83 Torta Made in 8h
2h 51’28‘’
Made in 8h
Ingredienti:
0,375 l di resina epossidica – componente A
0,375 l di resina epossidica – componente B
Preparazione:
Munirsi innanzi tutto di mascherina e guanti in lattice, per evitare di
inalare le particelle della resina o di farla entrare a contatto con la pelle
delle mani; indossate queste precauzioni aprire i due barattoli delle
due componenti allo stato liquido e versare l’intero contenuto di uno
all’interno dell’altro.
Mescolare con un cucchiaio per alcuni minuti finché le due componenti
non saranno ben amalgamate. Il materiale, così miscelato, sarà lavorabile per 30’.
Versare la miscela ottenuta all’interno dello stampo in silicone chiuso
con l’aiuto di un imbuto, facendo attenzione che tutto il materiale finisca
al suo interno.
Lasciare risposare per 8 ore.
Sformare quindi l’orologio in resina ormai solida. Aggiungere le lancette e i meccanismi che saranno visibili in quanto la resina indurita è
trasparente.
2h 52’00‘’
Imm.84 Torta Made in 20h
2h 52’03‘’
Made in 20h
Ingredienti:
650 gr. di maizena
650 gr. di colla vinilica
olio di vaselina
succo di limone
colori a tempera
Preparazione:
Mescolare insieme tutti gli ingredienti in una pentola antiaderente utilizzando un cucchiaio di legno. Cuocere a fuoco moderato, senza smettere mai di mescolare finché il composto non avrà raggiunto la consistenza desiderata: sarà molto appiccicoso, e si appallottolerà su se
stesso, distaccandosi dalle pareti della pentola. Per evitare che indurisca occorre spegnere il fuoco quando la pasta è ancora appiccicosa,
e mescolare continuamente finché non si raffredda. Quando è ben
impastata metterla a riposare dentro un frigorifero, avvolta nella carta
da forno, per 10 minuti.
La pasta è pronta per essere inserita all’interno dello stampo; se si preferisce si può impastarla con un po di colore a tempera, o con coloranti
naturali, senza esagerare in quanto il colore diventerà molto più intenso
una volta asciugatosi. Inserire la pasta all’interno di ciascuna delle due
metà dello stampo, procedendo poco alla volta, e una volta riempite
chiudere lo stampo.
Lasciare riposare per 20 ore.
Sformare quindi l’orologio pasta di mais e aggiungere meccanismi e
lancette.
2h 52’35‘’
Imm.85 Torta Made in 24h
2h 52’38‘’
Made in 24h
Ingredienti:
0,75 l di gomma siliconica
0,05 l di catalizzatore per gomma siliconica
colori acrilici
Preparazione:
Indossando un paio di guanti in lattice inserire tutto il catalizzatore
dentro il barattolo della gomma siliconica, che si presenta come un
fluido bianco leggermente viscoso. Mescolare bene con un cucchiaio
in modo da avviare il processo di solidificazione.
Se si desidera ottenere del silicone omogeneamente colorato aggiungere al composto il colore acrilico che piace di più, o se si preferisce
è possibile dividerlo in più contenitori e colorare ciascuna parte diversamente in modo da ottenere soluzioni più fantasiose. Importante è
comunque non superare i 30 minuti di lavorabilità consentiti dal materiale prima che il processo di solidificazione cominci a rendere impossibile la miscelazione del colore.
Una volta miscelato il tutto versare, aiutandosi con un imbuto, il fluido
dentro lo stampo in silicone.
Lasciare riposare per 24 ore.
Dopo un giorno l’orologio è pronto per essere sformato, ed apparirà
come una gomma colorata dei colori scelti. Aggiungere infine meccanismi e lancette.
2h 53’10‘’
Imm.86 Torta Made in 5 days
2h 53’13‘’
Made in 5 days
Ingredienti:
1 Kg di argilla da terracotta
un po d’acqua
vernice vetrificante a freddo
Preparazione:
Avendo cura di avere le mani ben bagnate, procedere prendendo un
pezzo d’argilla, ammorbidendolo, pressandolo e manipolandolo, e
infine spalmandolo all’interno di ciascuna delle due metà dello stampo
in silicone. Una volta riempiti i volumi, rendere le due superfici quanto
più liscie, lavorando dapprima con le mani, poi con una spatola, e
infine con un bastoncino a T per spalmare circolarmente il materiale. Se
l’argilla non è abbastanza lavorabile aggiungere piccole quantità
d’acqua. Una volta ottenute due superfici piane sovrapporre le due
metà dello stampo.
Lasciare riposare per 1 giorno, in un ambiente asciutto e all’ombra,
prima di ottenere la consistenza necessaria sformare. Lasciare quindi
riposare nello stesso ambiente il pezzo per altri 4 giorni.
Applicare infine, a piacere, la vernice vetrificante e completare con
lancette e meccanismo.
2h 53’45‘’
Imm.87 Torta Made in 5 days 15h
2h 53’48‘’
Made in 5 days 15h
Ingredienti:
1 Kg di argilla da terracotta
un po d’acqua
vernice vetrificante a freddo
Preparazione:
La preparazione è la stessa usata per ottenere il Made in 5 days. La
differenza è che una volta indurito il pezzo in argilla in questo caso
viene cotto.
Dopo 5 giorni di riposo l’argilla dovrebbe essere totalmente secca e si
dovrebbe presentare con una colorazione grigia. Se così è il disco è
pronto per essere infornato. Per ottenere la terracotta va cotto ad una
temperatura di 930° - 960° per una durata di 7 ore, secondo un
programma di cottura che prevede un innalzamento di temperatura
graduale.
Dopo la cottura il pezzo deve rimanere nel forno chiuso per altre 7 ore
per lasciare riposare il materiale.
Si ottiene così il cosiddetto biscotto, vale a dire il pezzo cotto, grezzo
e pronto per essere definito, applicando direttamente lo smalto sulla
superficie. Completare l’orologio inserendo i meccanismi e le lancette.
2h 54’20‘’
Imm.88 Torta Made in 10 days
2h 54’23‘’
Made in 10 days
Ingredienti:
1 Kg di gres
un po d’acqua
Preparazione:
La preparazione è molto simile a quella del Made in 5 days 15h.
Cambia il materiale: in questo caso si utilizza un’argilla particolare,
detta gres, che presenta una colorazione giallastra e una consistenza
maggiormente compatta rispetto all’argilla da terracotta, verdastra.
Con le mani bagnate prendere piccoli pezzi di gres, ammorbidendoli,
pressandoli e manipolandoli e infine spalmandoli all’interno di ciascuna delle due metà dello stampo in silicone. Una volta riempiti i volumi,
rendere le due superfici quanto più liscie, lavorando dapprima con le
mani, poi con una spatola.
Se il gres non è abbastanza lavorabile aggiungere piccole quantità
d’acqua. Una volta ottenute due superfici piane sovrapporre le due
metà dello stampo.
Lasciare riposare per 1 giorno, in un ambiente asciutto e all’ombra,
prima di ottenere la consistenza necessaria sformare. Lasciare quindi
riposare nello stesso ambiente il pezzo per altri 8 giorni.
Dopo questo tempo il disco sarà perfettamente secco duro, pronto per
essere cotto ad una temperatura che arriva ai 1100°, secondo un
programma che permetta di raggiungerla gradualmente nell’arco di 12
ore. Una volta terminata la cottura lasciare riposare all’interno del forno
ancora chiuso per altre 12 ore, alla fine delle quali si sarà ottenuto il
disco in gres porcellanato, che presenterà una colorazione bianca e
una superficie liscia e lucida.
Completare applicando le lancette e il meccanismo.
2h 54’55‘’
4.2.5 il packaging
In linea con la metafora delle torte, delle ricette e dei tempi di cottura
da rispettare per ottenere gli orologi da parete, anche il packaging fa
riferimento al mondo culinario. La confezione con cui ciascun prodotto
si presenterà, infatti, sarà simile al classico cofanetto con cui normalmente si trasportano i dolci dalla pasticceria fino alla tavola di casa.
Il packaging è progettato per risultare comunque essenziale nella forma
e negli stimoli visivi, così come il contenuto: una scatola a forma di
parallelepipedo, delle dimensioni di 29cm x 29cm x 5cm, con apertura a linguetta dalla faccia superiore, che contiente un ulteriore sagoma
in cartone che, opportunamente risvoltata, conferisce maggiore rigidità
all’intera confezione, garantendo la salvaguardia del contenuto.
Imm.89 scatola delle Torte
2h 55’45‘’
Tav. 8
Packaging - imballaggio A
cartone pressato, spessore 2 mm
montaggio
1
3
2
4
5
2h 56’35‘’
Tav. 9
Packaging - Imballagio B
cartone ondulato, spessore 2 mm
montaggio
1
2
3
4
2h 57’15‘’
Tav. 10
Packaging - Imballagio A
sviluppo
made in
made in
2h 57’25‘’
51
685
150
64,5
292
Tav. 11
Packaging - Imballagio A
scala 1:5, quote in mm
292
292
292
292
2h 57’35‘’
1188
Tav. 12
Packaging - Imballagio B
sviluppo
2h 57’45‘’
290
290
260
30
54
390
Tav.13
Packaging - Imballagio B
scala 1:5, quote in mm
260
290
230
290
680
2h 57’55‘’
Imm.90 scatole delle Torte
2h 58’00‘’
Capitolo 5, da mezzogiorno al pomeriggio
2h 58’02‘’
5.1 la ditta
TrattoTempo sarà una ditta individuale. Tra le possibili forme giuridiche
esistenti, infatti, questa è quella più indicata per le modalità produttive
ed organizzative che ci si prefigge di mantenere.
Si tratta della scelta più semplice e che presenta il minor numero di
difficoltà legislative, adottabile in questo caso in quanto l’impresa fa
riferimento ad un solo titolare, la figura del designer-imprenditore che è
stata descritta nei capitoli iniziali. Se, invece, fosse stato presente
almeno un socio allora sarebbe stato impossibile adottare la forma
giuridica della ditta individuale, salvo particolari eccezioni.
Oltre che in presenza di un unico investitore, l’impiego di tale forma
risulta opportuno qualora, non ci si prefigga di svolgere attività che
richiedano ingenti investimenti, e che, dunque, comportino rischi contenuti. In questo caso, infatti, al titolare della ditta non viene imposto un
quantitativo minimo di capitale da investire, cosa che invece succede
in altre forme giuridiche; questo significa che tutto il patrimonio personale dell’imprenditore è soggetto al rischio d’impresa, e che, nello sventurato caso di fallimento, questo dovrà rispondere ai debiti con l’intera
somma.
Come si vedrà nel dettaglio nel paragrafo seguente, TrattoTempo è una
ditta che nasce dalla filosofia per cui è preferibile contenere gli investimenti, cosa che comporta un contenimento anche dei profitti, o delle
perdite, fino a ridimensionarli per risultare paragonabili a una comune
somma di reddito ottenuta altrimenti.
Allo svantaggio di rispondere con l’intero patrimonio personale, svantaggio che peraltro potrà essere limitato da un’attenta pianificazione
finanziaria, rispondono però notevoli vantaggi.
Innanzi tutto una ditta individuale è più facilemte costituibile di quanto
non sia un’impresa che adotta un’altra forma giuridica. Gli unici adem-
pimenti richiesti sono, infatti, l’apertura di un numero di partita IVA e la
conseguente iscrizione alla Camera di Commercio della provincia in
cui ha sede la ditta, costituzione che comporta spese irrisorie e tempistiche rapide.
Anche tenere la contabilità di una ditta individuale è molto semplice, e
di conseguenza è minore il rischio di andare incontro a provvedimenti
dovuti a cattiva tenuta del registro contabile. Ad esempio, a differenza
delle società, non esiste l’obbligo di redigere un bilancio di fine anno.
Dal punto di vista decisionale, invece, un notevole vantaggio è dato
dall’accentramento in un unica persona, che può quindi avere la possibilità di essere rapido nelle proprie scelte e nelle proprie operazioni.
2h 58’50‘’
Adempimenti di una ditta individuale
richiedere eventuali licenze o autorizzazioni amministrative, sanitarie, ecc.
denuncia all'Agenzia delle Entrate (Attribuzione Partita I.V.A o codice
fiscale) entro 30 giorni dall'inizio dell'attività
iscriversi al Registro delle Imprese della Camera di Commercio della
provincia in cui ha la sede legale
iscriversi all'INPS
eventualmente iscriversi all'INAIL
Costi burocratici
Iscrizione alla Camera di Commercio: 93,00 €
Attribuzione della partita IVA: 2,60 €
Pagamento dell'INPS: oontributi INPS in base al reddito (incidono per
un 17% circa sul reddito con un minimale fisso di 1.800,00 euro)
Pagamento dell'IRPEF: in base al reddito
Eventuale iscrizione all'INAIL: proporzionale al rischio dell'attività
Pagamento IRAP: 4,25 % su un imponibile che comprende anche il
costo del lavoro e gli oneri finanziari
2h 59’00‘’
5.2 il piano per una crescita equilibrata
Una parte di fondamentale importanza per la stesura di un business
plan che risulti credibile è quella relativa al piano finanziario. Si tratta
di fare un confronto tra fondi che si intende investire e ricavi che si
prevede di ottenere, con una proiezione che vada in avanti col tempo
di almeno qualche anno.
Oltre alla stesura di un business plan come documento ufficiale, il senso
dell’iniziativa ha suggerito la compilazione di un piano finanziario
rapportato ad un arco temporale ridotto: mentre il business plan ufficiale, prevede una sezione in cui vengono riportati nel dettaglio tutti gli
investimenti e tutti i ricavi che si prevedono dal momento della nascita
fino ad alcuni anni dopo, oltre che la stesura di un piano di intervento
su questi dati, il piano non ufficiale che si andrà di seguito a descrivere
possiede l’appunto di essere strutturato in modo da rinnovarsi di anno
in anno.
La scelta di considerare un piano finanziario basato su un singolo anno
di attività è dovuta a riflessioni sulle opportunità esistenti. In particolare
la, seppur scontata, presenza di difficoltà ed incognite, la possibilità di
imprevisti, che incombono sul possibile successo dell’iniziativa spingono ad affrontarla con un atteggiamento che miri ad una crescita a
piccoli passi.
Il brand che sta nascendo lo fa assolutamente dal nulla, e, in maniera
consapevole, la scelta da sottolineare è quella di impiegare bassi investimenti a fronte di piccoli guadagni, o di piccole perdite. Il senso di
questa scelta sta in motivazioni di carattere personale, riassumibili nella
volontà di fare del primo anno di attività un periodo di lancio, utile a
verificare l’impatto che l’impresa avrà sul mercato. L’obiettivo del primo
anno di attività sarà quello di produrre un utile in grado di garantire la
sopravvivenza e la crescita del brand, ma nel caso in cui si dovesse
fallire la perdita non sarebbe eccessiva. Il piano degli investimenti sarà
dunque orientato a ridurre le spese senza che queste superino la copertura finanziaria a disposizione, e a definire numericamente l’obiettivo
di vendite che ci si prefigge.
Qualora l’obiettivo fosse raggiunto con il nascere del secondo anno di
attività ci si prefiggerà un obiettivo più alto, mentre se si dovesse fallire
il piano degli investimenti verrebbe ricalcolato.
2h 59’45‘’
5.2.1 Il primo anno di vita
ve alle fonti patrimoniali a cui attingere, alle spese che si effettuano una
volta, all’avvio, e a quelle che si rinnovano periodicamente.
L’atteggiamento con cui si affrontano le scelte relative all’esordio e al
primo anno di vita del marchio sarà prudente nel calcolo dei rischi
nell’effettuare investimenti, a fronte di una prospettiva di ricavi contenuti. Considerato che questa attività deve innanzi tutto soddisfare le
esigenze di una sola persona, l’imprenditore, da due punti di vista
concatenati, economico e personale, il primo passo è quello di quantificare queste esigenze.
Dal punto di vista personale risulta facile indicare lo svolgersi attività
stessa come soddisfacente, in quanto nobilitante gli sforzi e la passione
profusi.
Dal punto di vista economico si fissa l’obiettivo a cui mirare in una cifra
pari alla somma delle spese d’avvio e mantenimento dell’impresa,
aumentata da un utile da reinvestire pari al 30% di tale somma, più un
guadagno per le esigenze personali dell’imprenditore pari a 1000 €
mensili, cifra calcolata sulle abitudini e sulle aspettative di stile di vita
strettamente personali. Si considererebbe comunque un successo il
raggiungimento di un reddito personale inferiore qualora tale attività
fosse affiancata da una fonte di reddito certa, in grado di coprire parte
delle spese.
Come accennato, la totale novità rappresentata da questo esordio,
suggerisce prudenza negli investimenti; questi teoricamente potrebbero
riferirsi a cifre maggiori di quanto non verrà di seguito quantificato, con
la prospettiva di ricavi più elevati, ma la scelta, consapevole, è quella
di considerare il primo anno di vita come un banco di prova, e quindi
contenere i rischi, evitando, in caso di fallimento totale, una bancarotta.
Detto questo, si procede ad elencare il piano delle entrate e delle uscite
che si pianifica di intraprendere. Quest’elenco comprenderà voci relati3h 00’28‘’
Tab. 1 elenco delle spese preventivate (cifre espresse in €)
Acquisto materie prime e semilavorati per realizzare i prodotti
8000,00
Spese di comunicazione, promozionali e di rappresentanza
3000,00
richiesta e mantenimento n. di Partita
I.V.A.
100,00
Canone di affitto dei locali ove
espletare l’attività
6000,00
Spese per acquisire e gestire uno
spazio su web
500,00
spese relative alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie
100,00
Mantenimento e gestione connesse
(arredamento,manutenzione ordinaria)
1000,00
Affitto di spazi espositivi in occasione di fiere, mostre etc.
1500,00
spese per la corretta gestione fiscale
(commercialista)
500,00
Utenze (elettriche, gas, telefoniche,
cellulari)
1500,00
Spese postali
200,00
Spese varie iniziali (una tantum)
connesse all’avvio dell’attività
2000,00
Spese amministrative e fiscali, notarili e di
Camera di Commercio d’avvio attività
3000,00
Spese per aggiornamento professionale e culturale
1000,00
L’ammontare delle spese previste è di
32.800,00 € ; si tratta di cifre induitive, ed è opportuno sottolineare
ancora una volta la volontà di ridurre
le cifre relative ad alcune voci non
direttamente connesse con il successo
di vendite, bensì ad aspetti legati alla
qualità dello svolgimento della professione. Se il successo lo permetterà
negli anni seguenti tali voci potranno
essere rincarate, potendo contare su
utili da reinvestire, ma per il primo
anno la volontà di attingere il meno
possibile a capitali d’indebitamento è
più forte del desiderio di rischiare.
100,00
Quota di ammortamento
dell’attrezzatura acquisita
Spese di noleggio dell’attrezzatura
necessaria
/
Spese ed interessi passivi inerenti i
capitali di indebitamento
1500,00
Compensi a collaboratori
/
Spese legali per recupero crediti
(eventuali)
300,00
500,00
Imposte dirette, indirette e fiscalità
locale
2000,00
Spese di
d’ingegno
brevetto
delle
opere
3h 1’12‘’
Tab. 2 Copertura finanziaria (cifre espresse in € )
Mezzi economici propri
Capitali d’indebitamento
Aiuti economici governativi previsti a
sostegno dell’imprenditoria giovanile
Altre fonti minori
9800,00
15.000,00
8.000,00
/
3h 1’48‘’
Tab. 3 Ricavi
La cifra che ci si prefigge di ricavare, data dal totale delle spese, più
un utile del 30% da reinvestire, più un reddito di 1000 € netti mensili è
quindi: 32.800,00 € + 9840,00 € + 12,000 € = 54.640,00 €
Le modalità con cui è determinato
il prezzo dei prodotti saranno
esaminate nel capitolo relativo alla
vendita. In questa parte si anticipa
che tale prezzo è stato calcolato
39,90 €, per ciascuna delle diverse Torte, sulla base di diverse
considerazioni.
Definiti quindi tutti i termini
dell’espressione si può fissare
anche numericamente l’obiettivo di
vendite.
54.640,00 €: 39,90 € = 1370.
Bisognerà vendere 1370 pezzi in
un
anno
per
raggiungere
l’obiettivo.
3h 2’09‘’
5.2.2 gli anni successivi al primo
Al termine del primo anno d’attività, e al termine del ciascun anno,
verranno tirate le somme e fatte le considerazioni del caso; all’inizio del
nuovo anno si compilerà un nuovo piano degli investimenti che terrà
conto di parametri che potrebbero essere mutati.
Innanzi tutto il successo o l’insuccesso di vendite dell’anno precedente
può suggerire un cambiamento nelle aspettative dell’imprenditore, che
può scegliere di modificare alcuni investimenti. Se il primo anno ha
avuto successo, e si ritiene che sia possibile affrontare una crescita
dell’impresa, potrebbe ad esempio risultare proponibile affittare uno
spazio più grande, se non addirittura acquistarlo. Anche il catalogo dei
prodotti potrebbe arricchirsi di nuove proposte che possono prevedere
l’impiego di macchinari il cui acquisto risulterebbe necessario, mentre
alcune voci che risultavano sacrificate potrebbero beneficiare di una
cifra maggiore a cui attingere.
Per quanto riguarda il reddito personale, anche questa voce potrà
variare, in base alle mutate aspettative e ai mutati stili di vita.
A queste considerazioni si aggiunge quella relativa alla possibile
crescita dell’attenzione data dal pubblico all’attività imprenditoriale, o
alla persona del designer-imprenditore stesso. Una fama maggiore
potrebbe ad esempio giustificare un aumento della quotazione di
mercato dei prodotti e dell’impresa.
3h 2’38‘’
3h 2’39‘’
Capitolo 5, dal pomeriggio alla sera
3h 2’40‘’
6.1 quanti orologi
6.1.1 il macrosettore
Come illustrato all’interno del capitolo 3 un’analisi di mercato comporta
due dfferenti studi: l’analisi di settore e la ricerca di mercato.
Mentre la prima indaga l’offerta, vale a dire aspetti come i settori di
riferimento dell’impresa o le potenzialità dei concorrenti, la seconda
indaga la domanda, cioè i bisogni dei consumatori.
Questo paragrafo è dedicato al primo di questi due studi, mentre il
successivo lo sarà alla ricerca di mercato.
Molte delle argomentazioni già portate nella prima parte di questa
relazione di tesi descrivono già il macrosettore a cui ci si riferisce; non
occorre qui ripeterle, se non in forma riassuntiva.
É possibile, dunque, constatare il drastico mutamento che il mondo del
disegno industriale ha subito negli ultimi anni, in particolare nell’ultimo
decennio; dati alla mano, tale mutamento si concretizza in un aumento
esponenziale del numero di professionisti operanti nel settore, ma
anche in una variazione della capacità da parte delle aziende di fornire disegno industriale, verso criteri maggiormente delocalizzati, ad un
pubblico che sempre di più dimostra di avere mutato le proprie preferenze verso gli aspetti immateriali del design.
Le conseguenze di questi cambiamenti sono da individuare in alcune
discordanze emblematiche, tra cui la forte difficoltà il grado di occupazione (e, non trascurabile, il grado di soddisfazione) della categoria
dei progettisti più o meno esordienti. Si individua quindi in una scala
produttiva, che faccia riferimento per certi aspetti a realtà di dimensioni
ridotte, con tutto ciò che questo comporta, una risposta valida al mutamento di scenario considerato.
All’interno delle nuove dinamiche di riferimento si descrive, portando
esempi significativi, il modo di procedere di una figura professionale il
cui ruolo acquista un significato sempre maggiore, quella del designerimprenditore.
3h 3’39‘’
6.1.2 il microambiente
Passando all’analisi del microambiente di riferimento si procede analizzando le tre tipologie di forze competitive esistenti:
A. Competizione interna: le aziende facenti parte di un settore possono
influenzare le reciproche posizioni di mercato attraverso mutamenti di
prodotto, di segmento, di prezzi, di promozione e di distribuzione. Una
prima dimensione da conoscere è il numero di concorrenti ed il grado
di concentrazione del settore;
B. Potere contrattuale dei fornitori: i fornitori danno all’impresa le risorse
necessarie per la produzione di beni e servizi. Se i fornitori sono, nel
loro settore, pochi e concentrati, è probabile che abbiano un grosso
potere contrattuale, in particolare se l’oggetto della fornitura è in grado
di influenzare direttamente la qualità del prodotto finale;
C. Potere contrattuale dei clienti: i clienti sono coloro ai quali è destinato il prodotto/servizio. Esercitano una pressione sul settore per ridurre il
prezzo o per aumentare la qualità.
Concorrenti
La prima domanda a cui rispondere per procedere all’identificazione
dei concorrenti diretti è: quale bisogno è soddisfatto dall’impresa?
TrattoTempo, il marchio progettato in occasione di questa tesi di laurea,
è un brand la cui mission (che sarà dettagliatamente riportata nel capitolo relativo all’identità corporativa) è quella di suggerire al pubblico un
atteggiamento nei confronti del tempo a propria disposizione che sia
equilibrato nell’impegno di attività diversificate; bando quindi alla
monotonia, alla routine, alla fretta, alla noia.
Oltre alla divulgazione dei valori contenuti nell’iniziativa, la stretta
produzione con cui esordisce il marchio consiste in orologi da parete.
Dunque la risposta alla domanda è: il primario bisogno soddisfatto è
quello di conoscere l’orario.
I concorrenti diretti sono dunque quelli che offrono lo stesso prodotto,
vale a dire orologi da parete.
A differenza di alcuni decenni fa l’utilizzo dell’orologio da parete è
estremamente diminuito, e la ragione è il forte cambiamento della abitudini di vita, molto meno sedentarie rispetto al passato. Un orologio da
parete è un oggetto che una volta trovata collocazione presumibilmente
la mantiene per un lungo periodo; come verrà osservato in sede di analisi delle richieste del pubblico, l’orologio da parete è sinonimo di stabilità spaziale, vale a dire che il fatto che non possa essere trasportabile
non rappresenta un problema in quanto l’abitudine è quella di soffermarsi per lunghi periodi nello stesso ambiente.
3h 4’43‘’
Entando nel merito dei concorrenti, in primo luogo vengono qui identificati i grandi distributori di elementi d’arredo per abitazioni ed uffici,
prima su tutti la catena svedese Ikea. Come è noto, si tratta di grandi
magazzini che offrono prodotti di massa che riescono a mantenere
prezzi bassi determinati da scelte di materiali, lavorazioni e distribuzioni mirate ad ottimizzare i costi di produzione. Prendendo come riferimento Ikea, in quanto leader tra queste grandi catene, si osserva che
all’interno del suo vastissimo catalogo esistono anche dieci orologi da
parete, tutti meccanici, venduti a prezzi che variano dai soli 2 €, fino
ai 70 €. Si tratta di orologi realizzati con quadranti in plastica di
medio-bassa qualità, dal disegno essenziale, in linea con quello che è
l’ormai celeberrimo stile Ikea.
Riferendosi ancora alla grande distribuzione esistono poi quei produttori che offrono orologi digitali in grado di fornire, oltre all’orario, ulteriori
informazioni, quali la data, la temperatura o il tasso di umidità; si tratta
di orologi dai prezzi che si aggirano nell’ordine delle centinaia di euro.
Ad esempio si riporta l’azienda statunitense Oregon Scientific che dal
1989 distribuisce in tutto il mondo i suoi orologi elettronici.
Imm.91 orologio prodotti da Ikea
Imm.92 orologio prodotto da Oregon Scientific
3h 5’11‘’
Stringendo ulteriormente la vastità del raggio d’azione si individuano i
distributori di articoli domestici, tra cui gli orologi da parete meccanici,
che offrono prodotti con un più alto grado di progettazione e una maggiore qualità dei materiali. In Italia esistono importanti marchi come
Alessi, che affianca la vendita dei prodotti ad un intenso lavoro di
progettazione, e la Rinascente, che invece si pone solamente come
rivenditore. Una delle 28 categorie in cui è suddiviso il catalogo di
Alessi è relativa agli orologi da parete, in tutto 13 ; si tratta di progetti
legati a designer di fama internazionale, tutti molto accattivanti, qualcuno anche carico di contenuti simbolici che vanno oltre la sola funzione
di indicare l’ora. La qualità del catalogo e il presigio dell’azienda
fanno sì che i prezzi si collochino in una fascia meno popolare di
quelle appena descritte, variando da alcune decine ad alcune centinaia di euro per ciascun pezzo.
Come si è visto, Diamantini&Domeniconi è un marchio italiano, nato
nel 1965, specializzato in orologi d’arredamento. Mentre agli esordi
la produzione riguardava orologi di gusto classico, ormai da alcuni
anni la ricerca nel campo del design contemporaneo ha portato
l’azienda a collaborare con numerosi progettisti di fama internazionale. La ricercatezza e il gusto dell’impegno progettuale sono molto
raffinati ed attuali, e il catalogo è molto ampio.
Imm.93 orologio “Blank” di Martì Guixé per Alessi
Imm.94 orologio prodotto da Diamantini&Domeniconi
3h 5’59‘’
Altri due esempi di marchi specializzati nella progettazione di orologi,
meno celebri ma che ultimamente stanno riscuotendo un buon successo
internazionale sono i già citati Karlsson e Spiral Clock. Il primo è un
marchio olandese nato nel 1999; anche in questo caso si tratta di
un’azienda che collabora con alcuni designer e che propone un vasto
catalogo di prodotti di buona qualità e buon gusto, distribuiti anche in
Italia attraverso alcuni rivenditori, tra cui la già citata Rinascente.
Spiral Clock è invece un’impresa nata dalla collaborazione di due
progettisti britannici nel 2006 la cui attività verte attorno al successo di
un unico prodotto, un orologio da parete a forma di spirale.
Imm.95 orologio prodotto da Karlsson
Imm.96 Spiral Clock
3h 6’33‘’
La concorrenza allargata è costituita dai produttori di altri tipi di
strumenti di misurazione del tempo, i più diffusi dei quali sono gli orologi da polso. Il notevole vantaggio dell’orologio da polso rispetto a
quello da parete è che si sposta insieme a chi lo indossa, rendendo
possibile la lettura dell’ora ovunque ci si trovi.
L’orologio da polso è uno status symbol, cioè un elemento caratteristico
dell’aspetto e del comportamento che tende a dimostrare esteriormente
lo status sociale raggiunto dal possessore. Per queste ragioni la richiesta di orologi da polso è vastissima, così come il numero di produttori.
I più celebri marchi internazionali specializzati nella produzione di
orologi da polso offrono quasi tutti prodotti dalle eccellenti finiture e dai
materiali ricercati, che si posizionano in una fascia di prezzo che si
aggira intorno ad alcune centinaia di euro per pezzo.
L’orologio da polso moderno ha acquisito alcuni connotati stilistici che
rappresentano dei veri e propri canoni da rispettare per sperare di
avere successo nel settore; per questo motivo le differenze tra un prodotto e l’altro sono molto meno vistose rispetto al campo degli orologi da
parete. Tra i massimi produttori di orologi che rispettano i gusti classici
si possono citare nomi come Breil, Lorenz, Rolex, Casio, tutti marchi di
prestigio internazionale i cui prodotti, per qualità e prezzo, sono paragonabili a dei gioielli. A seguito di queste famose marche, numerosissime società agenti prevalentemente in altri settori hanno l’abitudine di
arricchire la propria produzione con orologi da polso dedicati.
Ovviamente oltre ai brand di spicco esiste un’intera scala di altre
marche che propone un’offerta che si colloca in fasce di prezzo sempre
più basse, a discapito della qualità del prodotto e del prestigio
dell’oggetto in quanto status symbol.
La più celebre eccezione a questo andamento è rappresentata
dall’esperienza di Swatch, azienda svizzera che, seppur non vive più
l’incredibile successo di qualche tempo fa, negli anni ’90 ha suscitato
Imm.97 orologio da polso Longines
3h 7’08‘’
un fenomenale interesse verso i suoi orologi cheap, termine da intendersi nel doppio significato di economici e amichevoli. Riducendo il
numero di componenti e utilizzando materiali plastici la Swatch fu in
grado di abbattere i costi, e la partecipazione di numerosi artisti al
disegno di ciascuna collezione ne ha garantito il successo di vendite.
La concorrenza indiretta è determinata dai modi e strumenti alternativi
all’orologio ma comunque pratici per la lettura dell’ora. Nell’ultimo
decennio due tipologie di prodotti hanno avuto una diffusione esponenziale, dovuta ad una costante innovazione tecnologica che ha permesso prestazioni sempre più soddisfacenti, distribuite a scala sempre più
larga, a prezzi sempre più modici: si tratta dei cellulari e dei computer
portatili. A differenza di soli dieci anni fa, oggi praticamente chiunque
possiede almeno un cellulare, e una percentuale altissima di persone
ha la possibilità di avere un computer sempre con sè. Si tratta di due
strumenti che, tra le altre funzioni, hanno anche quella di indicare l’ora.
Fornitori
Gli orologi da parete di TrattoTempo sono realizzati assemblando
alcuni elementi essenziali: un quadrante, una scatola degli ingranaggi
e le lancette.
Il quadrante, che è l’elemento più voluminoso, è in un unico materiale,
variabile: si va dal comune gesso venduto nei negozi di belle arti alla
cera, dalla ceramica fino addirittura al cioccolato; si tratta in ogni caso
di materiali comuni.
La semplicità dei materiali lascia intuire quanto possa essere semplice
ed economico reperirne anche grossi quantitativi. Il gesso, ad esempio,
per essere lavorato necessita solamente di acqua per ottenere un impasto modellabile e di uno stampo per potere controllare la forma del
pezzo indurito.
Anche la reperibilità degli ingranaggi e delle altre componenti meccaniche non arreca grosse difficoltà, nè costi particolarmente significativi.
3h 7’39‘’
6.2 il pubblico di TrattoTempo
Come già indicato precedentemente la prima cosa da fare
nell’affrontare una ricerca di mercato è definire un’opportuna segmentazione del pubblico, coerente con le scelte strategiche dell’impresa; si
è scelto di procedere adottando la segmentazione per stili di vita
descritta nel capitolo 3.
nente estetica. Si considera questo come un bisogno tacito, in quanto
appare sì, essere non pienamente espresso, ma possiede dei connotati
riconoscibili.
Per queste ragioni l’indagine che seguirà si concentrerà su metodi di
ricerca associati a queste categorie di bisogni. Si procederà ad un
sondaggio costruito con lo scopo di individuare le abitudini, le preferenze e le tendenze dei consumatori.
Il primo obiettivo delle indagini che seguiranno è quello di verificare o
confutare l’interesse da parte del pubblico verso le tematiche del
nascente brand, individuando i segmenti di popolazione per cui risulterebbe maggiormente efficace indirizzarvi gli sforzi comunicativi. Scopo
della ricerca è dunque anche rintracciare i canali e le modalità comunicative a cui fanno affidamento i membri dei segmenti interessati
all’offerta.
In secondo luogo è utile comprendere le abitudini ristrette al campo
d’utilizzo dei prodotti che si sta per immettere nel mercato, vale a dire
quello degli strumenti per misurare il tempo, onde verificare la bontà
delle scelte progettuali intraprese.
Ottenuta una segmentazione, senza la presenza di sovrapposizioni,
della popolazione italiana sorgono due questioni da analizzare.
I prodotti di TrattoTempo rispondono ad un’esigenza che si colloca tra
la prima e la seconda categoria di bisogni, bisogni espliciti e bisogni
osservabili, cioè alla necessità di conoscere l’ora. Ma, oltre a questa
funzione primaria, gli orologi da parete prodotti da questo marchio
soddisfano anche un’altro bisogno; si tratta di una necessità difficilmente classificabile, ma può essere descritta come il desiderio di un contenuto semantico all’interno del prodotto, che vada al di là della compo-
3h 8’00‘’
6.2.1 il sondaggio
Quello che segue è un sondaggio costruito con lo scopo di individuare
quali, tra i segmenti secondo cui è stata suddivisa la popolazione italiana, sono maggiormente in sintonia con le tematiche proposte dal
brand, e, di conseguenza, capire in che maniera indirizzare la comunicazione di tali tematiche.
Si tratta di un questionario strutturato secondo tre parti.
La prima riguarda i valori che l’impresa cerca di trasmettere, vale a dire
i connotati, positivi e negativi, che esso attribuisce al tempo che ciascuno ha a propria disposizione. Si tratta qui di investigare all’interno di
quali segmenti c’è una maggior quantità di riposte che rivelano un certo
malessere legato ai moderni ritmi e stili di vita, e quindi quali individui
siano maggiormente capaci di intendere i valori comunicati.
La seconda area tratta l’idea imprenditoriale, vale a dire la scelta di
conferire importanza alla coordinata temporale di una produzione,
piuttosto che a quella spaziale. Ancora una volta l’obiettivo che ci si
pone è rendersi conto di quali fasce di popolazione siano interessate
ad una tale innovazione.
L’ultima parte riguarda il prodotto che verrà lanciato, l’orologio da
parete, e indaga la potenzialità che questa tipologia di oggetto può
avere nel mercato.
3h 8’27‘’
Questo questionario si inserisce all'interno di una tesi di laurea specialistica in design presso il Politecnico di Milano, e serve a conoscere le
abitudine degli italiani relativamente al tema del tempo. Sei stato selezionato per partecipare a questa ricerca, perché si ritiene che le tue
risposte possano essere utili. Il questionario contiene 31 domande e
richiederà pochissimi minuti, con risposta multipla, ed è rigorosamente
anonimo; non ci sono risposte giuste o sbagliate, ma solamente risposte
più o meno sincere. Grazie per la collaborazione.
1. Per ciascuna delle seguenti affermazioni indica il tuo grado di
accordo, segnando una sola casella.
Sono quasi sempre di fretta.
Non è vero
Sì, ma mi piacerebbe fare le cose con più calma
Impegno il mio tempo in attività
molto varie.
Vero, spesso mi annoio
Sì, ma la cosa mi va bene
Non è così
Faccio molte cose, ma non mi danno gusto
Sì, mi piace tutto, o quasi, ciò che faccio
Riesco a dedicarmi frequentemente ad un’attività che amo in
particolare.
Purtroppo non quanto vorrei
Direi di sì
Non c’è un’attività che ami particolarmente
Passo la maggior parte del mio
tempo a fare cose che mi
piacciono
Sì, perché mi piace tenermi sempre occupato
Non ho molto da fare durante le
mie giornate.
Solo occasionalmente
La trascorro lavorando, e il mio lavoro mi piace
Sì, è così
No, passo più tempo a fare cose che non mi
piacciono
In generale mi sento padrone/a
del mio tempo
Sì, è vero
No, non è vero
Non direi
Ho delle abitudini regolari.
Sì, e mi piace averle
Sì, ma a volte mi piacerebbe variare
Mi piacerebbe, ma non ci riesco
Proprio no
3h 9’00’’
2. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella
Ti sei mai chiesto quanto tempo
sia servito a fare un oggetto?
Spesso
A volte
Ti potrebbe incuriosire sapere in
quanto tempo, o addirittura in
quale momento esatto, è stato
fatto un oggetto?
Decisamente sì
Più sì che no
Più no che sì
Decisamente no
Mai
Ti sei mai chiesto quanto tempo
sia passato da quando un
oggetto che hai in mano è stato
fatto?
Trovi una relazione tra la qualità
di un oggetto e il tempo servito a
farlo?
Spesso
A volte
Mai
Decisamente sì
Più sì che no
Più no che sì
Decisamente no
Trovi una relazione tra la qualità
di un oggetto e quanto tempo è
passato da quando è stato
fatto?
Decisamente sì
Più sì che no
Più no che sì
Decisamente no
3h 9’27‘’
3. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella
Usi l’orologio da polso?
Orologio da tavolo/sveglia
Orologio digitale con altre funzioni
Spesso
A volte
Quale regaleresti?
Orologio da polso
Orologio da parete
Mai
Orologio da tavolo/sveglia
Hai in casa un orologio da
parete o un orologio da
tavolo/sveglia?
Spesso
A volte
Mai
Quale di questi tipi di orologio
preferisci?
Orologio digitale con altre funzioni
Da quale di questi faresti il tuo
acquisto?
Marche rinomate
Grandi catene di oggetti per la casa
Orologio da polso
Negozi specializzati
Orologio da parete
Piccoli artigiani
Orologio da tavolo/sveglia
Orologio digitale con altre funzioni
Quale ti sembra il migliore per
rapporto tra utilità e fascia di
prezzo?
Quando fai un acquisto qual è
la prima cosa che cerchi?
Orologio da polso
Orologio da parete
Qualità
Distinzione
Orologio digitale con altre funzioni
Orologio da polso
Orologio da parete
Novità
Valore estetico
Orologio da tavolo/sveglia
Quale compreresti per te?
Convenienza
Fedeltà alla marca
Credi di fare acquisti d’impulso?
Spesso
Raramente
3h 10’00’’
4. Compila con i tuoi dati. Sono dati generici che servono a catalogare il sondaggio; le informazioni rimarranno in ogni caso in forma
anonima.
Titolo di studio
Nessuno
Licenza elementare
Licenza media
Sesso
Maschile
Diploma superiore
Femminile
Dove vivi?
Laurea
Nord Italia
Centro Italia
Frequentemente
Raramente
Guardi la televisione?
Sud Italia
Ascolti la radio?
In che centro?
In una grande città
In una città media o piccola
Leggi quotidiani?
In provincia
In un piccolo paese
Età
Fino a 18 anni
Leggi riviste?
Usi internet?
da 19 a 24 anni
da 25 a 34 anni
da 35 a 44 anni
da 45 a 54 anni
da 55 a 64 anni
più di 64 anni
3h 10’50’’
Quelli di seguito riportati sono invece i criteri scelti per determinare
quali risposte siano più coerenti con i valori e le tematiche del brand, e
quali invece lo siano di meno; assegnati dei valori alle risposte risulterà
intuitivo rendersi conto se le risposte fornite dall’intervistato siano o non
siano coerenti con quelle ritenute ottimali.
La prima sezione secondo cui è strutturato il questionario, quello che
riguarda gli aspetti del tempo ritenuti rilevanti, ciascuna domanda è
associata ad alcune risposte, attraverso cui l’intervistato potrà scegliere
quella che lo rappresenta di più.
A ciascuna di queste risposte è associato un punteggio, tanto più alto
quanto la risposta è in linea con il pensiero dell’impresa (ovviamente
l’interrvistato non è a conoscenza di tali valori). Il punteggio massimo
complessivo che si può accumulare rispondendo alle domande è di 20
punti, che corrisponderanno ad un profilo pienamente disposto ad
accogliere i temi proposti.
Il punteggio più alto è dato alle risposte che manifestano una certa
insoddisfazione verso i moderni stili di viti, e i suoi ritmi, sintomo di un
desiderio di cambiare qualcosa. I punteggi bassi sono invece assegnati alle risposte che, al contrario, palesano una soddisfazione a tali ritmi,
dimostrando che il profilo corrisponde ad una persona a cui sta bene il
modo in cui trascorre il tempo, e potrebbe non essere interessato a
un’azienda che descrive un diverso rapporto con il tempo a disposizione.
Ad esempio nella prima affermazione, “Sono quasi sempre di fretta”,
sono assegnati 3 punti alla seconda opzione, “Sì, ma mi piacerebbe fare
le cose con più calma”, 1 punto alla prima, “Non è vero”, e nessuno punto
alla terza, “Sì, perché mi piace tenermi sempre occupato”; nella seconda affermazione, invece, “Non ho molto da fare durante le mie giornate.”, 3 punti corrispondono alla risposta “Vero, spesso mi annoio”, 1
punto a “Non direi”, e 0 punti a “Si, ma la cosa mi va bene”.
Lo stesso criterio di giudizio è utilizzato per la seconda e la terza area
del sondaggio. Nella seconda, ad esempio, alla domanda “Ti sei mai
chiesto quanto tempo sia servito a fare un oggetto?”, la risposta
“Spesso” ottiene 3 punti, la risposta “A volte” ha 1 punto, mentre la
risposta “Mai” 0 punti.
Risulta intuitivo, poi, come all’interno della terza sezione i valori più alti
siano assegnati alle risposte che premiano l’orologio da parete a discapito delle altre tipologie di orologio, salvo le ultime due domande alle
cui possibili risposte non è associato alcun valore in quanto sono mirate
esclusivamente a indagare le modalità d’acquisto dell’intervistato.
Una volta somministrato il sondaggio ad un campione selezionato
casualmente all’interno dell’intero territorio nazionale, e raccolti i dati,
sarà possibile definire una mappatura di gradienti attraverso la scala
data dal punteggio complessivo ottenuto. Tale scala, che va da 0 a
42, dove a 42 corrisponde il profilo di una persona che ha risposto a
tutte le domande indicando le risposte più coerenti con i valori
dell’azienda, sarà utile a rintracciare i segmenti di popolazione con
una maggiore prevalenza di interessati, e dato che ad ogni segmento
è assegnato uno stile di vita e alcuni canali di comunicazione a cui
ciascun facente parte risulta più sensibile rispetto che ad altri, sarà
possibile indirizzare gli sforzi comunicativi per risultare più efficaci.
3h 12’52’’
Il sondaggio è stato somministrato nel periodo compreso tra la metà del
Marzo 2011 e la metà del Maggio 2011. Il campione è stato scelto
per risultare rappresentativo dell’intera popolazione italiana, quindi è
stata data particolare attenzione all’etereogeneità degli intervistati, per
area geografica, classe sociale, età e molti altri aspetti sociodemografici. Come è stato già ampiamente spiegato ciascun intervistato fa parte
di uno soltanto dei segmenti identificati, ed è stato garantito un numero
minimo di 50 intervistati per segmento.
Il numero totale degli intervistati è stato di 750, e i sondaggi sono stati
somministrati sfruttando differenti canali, come il supporto cartaceo o
quello multimediale.
Di seguito i risultati complessivi del sondaggio, seguiti da quelli parziali, relativi a ciascuno dei segmenti.
3h 13’43’’
Gr.3 risultati sondaggio
1. Per ciascuna delle seguenti affermazioni indica il tuo grado di
accordo, segnando una sola casella.
A:3,5%
B:3,5%
C:11%
A:23,5%
Sono quasi sempre di fretta.
Non ho molto da fare
durante le mie giornate.
A. Non è vero
A. Vero, spesso mi annoio
B. Sì, ma mi piacerebbe fare le
cose con più calma
B:65,5%
D:52%
A:31,5%
C:93%
Impegno il mio tempo in
attività molto varie.
C:13%
C:3,5%
B. Sì, ma a volte mi piacerebbe variare
B:44,5%
Riesco a dedicarmi frequentemente ad un’attività che
amo in particolare.
B:31,5%
C. Faccio molte cose, ma
non mi danno gusto
D. Sì, mi piace tutto, o quasi,
ciò che faccio
C:27%
C. Non direi
A. Solo occasionalmente
B:13%
A:21,5% Ho delle abitudini regolari.
A. Non è vero
B. Sì, ma la cosa mi va bene
C. Sì, perché mi piace
tenermi sempre occupato
B. Non è così
D:7%
A:55,5%
A:27,5%
C:30%
C. Mi piacerebbe, ma non ci
riesco
Passo la maggior parte del
mio tempo a fare cose che
mi piacciono.
A. Purtroppo non quanto
vorrei
A. La trascorro lavorando, e il
mio lavoro mi piace
B. Direi di sì
B. Sì, è così
C. Non c’è un’attività che
ami particolarmentetene
B:42,5%
C. No, passo più tempo a fare
cose che non mi piacciono
In generale mi sento
padrone/a del mio tempo.
B:45,5%
A. Sì, è vero
B. No, non è vero
A:55,5%
3h 14’28’’
Gr.4 risultati sondaggio
2. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella
D:6%
C:17%
A:26,5%
B:56,5%
D:20,5%
A:26%
A. Spesso
Ti sei mai chiesto quanto
tempo sia passato da
quando un oggetto che hai
in mano è stato fatto?
B. A volte
A. Spesso
C. Mai
B. A volte
Ti sei mai chiesto quanto
tempo sia servito a fare un
oggetto?
Trovi una relazione tra la
qualità di un oggetto e
quanto tempo è passato da
quando è stato fatto?
A. Decisamente sì
C:25,5%
A:22%
B:52,5%
D:16%
A:29%
C:18%
B:29,5%
C. Più no che sì
D. Decisamente no
A:35%
Trovi una relazione tra la
qualità di un oggetto e il
tempo servito a farlo?
A. Decisamente sì
B. Più sì che no
B:46%
C. Più no che sì
D. Decisamente no
Ti potrebbe incuriosire
sapere in quanto tempo, o
addirittura in quale momento esatto, è stato fatto un
oggetto?
A. Decisamente sì
B. Più sì che no
C:24%
C. Mai
C:13%
B. Più sì che no
B:37%
C. Più no che sì
D. Decisamente no
3h 15’00’’
Gr.5 risultati sondaggio
3. Rispondi alle seguenti domande segnando una sola casella
C:3%
B:3% C:2%
Usi l’orologio da polso?
A. Sì
B:24%
B. No, non mi serve
C. No, ma se lo avessi lo
userei
D:22,5%
A. Orologio da polso
D:15%
A. Orologio da polso
C:4%
C. Orologio da
tavolo/sveglia
A:72,5%
D. Orologio digitale con altre
funzioni
E:3,5%
Da quale di questi faresti il
tuo acquisto?
F:2%
A:25%
A. Marche rinomate
B:19%
C:41,5%
B. Grandi catene di oggetti
per la casa
C. Negozi specializzati
D. Piccoli artigiani
D. Orologio digitale con altre
funzioni
C. Orologio da
tavolo/sveglia
A:62%
B:7%
B. Novità
D. Orologio digitale con altre
funzioni
Quale regaleresti?
D:23%
A. Orologio da polso
B. Orologio da parete
C. Orologio da
tavolo/sveglia
C:7,5%
B:9,5%
Quando fai un acquisto qual
è la prima cosa che cerchi?
A. Convenienza
D:50%
B:17%
B. Orologio da parete
B:8%
C. Orologio da
tavolo/sveglia
A:24,5%
B. Orologio da parete
A. Orologio da polso
Quale compreresti per te?
D:15,5%
B. Orologio da parete
B:27,5%
A. Sì
C. No, ma se lo avessi lo
userei
A:95%
Quale ti sembra il migliore
per rapporto tra utilità e
fascia di prezzo?
Quale di questi tipi di orologio preferisci?
B. No, non mi serve
A:73%
A:26%
Hai in casa un orologio da
D:13%
parete o un orologio da
tavolo/sveglia?
C:7,5%
A:60%
A:26%
B:74%
D. Orologio digitale con altre
funzioni
Credi di fare acquisti
d’impulso?
A. Spesso
B. Raramente
C. Valore estetico
C:12,5% D. Qualità
E. Distinzione
F. Fedeltà alla marca
3h 15’50’’
Gr.6 punteggi ottenuti da ciascun segmento della
popolazione italiana al sondaggio somministrato
Analizzando invece le percentuali relative alle risposte date nel complesso
da ciascuno dei 14 segmenti secondo cui è stata suddivisa la popolazione italiana, e assegnando i punteggi specificati nelle pagine precedenti,
è possibile stilare una graduatoria delle fasce di pubblico teoricamente
maggiormente propense ad accettre le tematiche del nuovo brand.
i ragazzi evolutivi
27,2
la pre-élite progettuale
27,0
le sognanti
26,9
i protagonisti
26,3
il lavoro e svago
26,1
la tranquillità maschile
25,7
la tranquillità femminile
25,5
l'élite maschile
24,8
le donne doppio-ruolo
24,3
l'élite femminile
24,2
il lavoratore d'assalto
23,7
le casalinghe partecipanti
22,8
il maschio preculturale
21,7
le casalinghe chiuse
20,5
3h 16’30’’
6.2.2 conclusioni
Dati alla mano i segmenti della popolazione italiana che si sono dimostrati maggiormente in linea alle tematiche del brand, e dunque quelli
che in linea teorica dovrebbero accettare di maggior grado i valori
trasmessi alla nuova impresa, sono quelle più giovanili.
Si tratta di studenti e giovani professionisti, uomini e donne, di livello
sociale e di istruzione medi o medio-alti, seguiti immediatamente da
professionisti protagonisti nei propri settori. Anche le fasce occupate
dai pensionati hanno fornito un riscontro positivo.
Dall’altra parte della graduatoria c’è da notare come le categorie di
persone meno orientate verso i temi del brand si collocano agli estremi
delle gerarchie sociali. Gli ultimissimi posti sono occupati dalle casalinghe, chiuse o partecipanti, e dagli uomini dal livello culturale mediobasso o basso, oltre che dai lavoratori d’assalto.
Questi dati saranno utili per orientare le scelte comunicative e le operazioni strategiche. Considerate le preferenze degli individui appartenenti ai segmenti giovanili, i canali di comunicazione a cui sono maggiormente sensibili, verrà definita una comunicazione esterna che permetta
al nuovo brand un lancio efficace.
3h 17’15’’
3h 17’16’’
Capitolo 7, dalla sera all’alba
3h 17’17’’
7.1 l’identità corporativa
L’espressione identità corporativa si riferisce alla proiezione che un
marchio mira a costruire nell’immaginario del pubblico di riferimento.
L’obiettivo è quello di differenziarsi dai competitori raccontando e
descrivendo quali sono i valori legati al nome del marchio. Comunicare
chiaramente e l’identità di un marchio è assolutamente necessario per
garantirne l’esistenza.
Si tratta di uno strumento di marketing che prevede l’impiego di una
rete comunicativa univoca nelle sue componenti, con l’obiettivo di
risultare distintiva e attraente per il pubblico di riferimento.
In primo luogo, ciò che parla di un brand sono i nomi che vengono
scelti, a partire da quello del brand stesso. Gli esperti di comunicazione aziendale indicano tale scelta con il termine naming.
Una seconda componente fondamentale nella costruzione di una identità corporativa è la definizione di una identità visiva, che si esprime
attraverso il logo, o il logotipo, aziendale e tutti gli strumenti di immagine coordinata ad esso associati.
La mission e la vision aziendali sono invece documenti stesi in forma
ufficiale che riassumono sinteticamente gli scopi dell’organizzazione,
la ragione della sua esistenza e i tratti che la distinguono dalla concorrenza.
3h 18’02’’
7.1.1 Tratto + Tempo
Il nome di un’impresa comunica non solo verso i consumatori, ma
all’intero sistema che vi ruota attorno, alla rete composta da eventuali
dipendenti, collaboratori, fornitori, partners: il nome di un’azienda
parla di sé a chiunque vi entri in contatto. É importante dunque pensare
bene a cosa si vuole comunicare e scegliere un nome in grado di farlo
efficacemente. Rilevante è anche la capacità che ha questo nome di
fissarsi nella memoria delle persone, e di fissare i valori ad esso associati.
Il nome del marchio progettato in occasione della stesura di questa tesi
è TrattoTempo; si tratta di un gioco di parole che evoca alla mente
diversi significati.
La parola “Tratto” può innanzi tutto essere intesa come sostantivo, come
sinonimo di “porzione” o “intervallo”; un tratto di tempo è una parte del
tempo che tutti noi viviamo ciclicamente. Nel ripetersi delle nostre ore,
delle nostre giornate, dei nostri mesi e via dicendo, si verificano sempre
le stesse dinamiche: percorriamo una strada, così come avevamo fatto
ieri, sempre alla stessa ora, ad esempio. Ciascun intervallo di tempo,
sia esso composto dai 5 minuti di uno spostamento in metropolitana o
dalle 2 ore di palestra, presenta alcune problematiche, che hanno bisogno di soluzioni specifiche per essere risolte. Questo è il primo significato di TrattoTempo: i prodotti proposti da questo marchio potranno
indagare specifici tratti di tempo e offrire specifiche soluzioni.
Ma “Tratto” può anche essere inteso come un verbo: “tratto di tempo”,
vale a dire “mi occupo del tempo”, è il tempo che interessa a questa
attività. Il tema del tempo è l’assoluto protagonista dei movimenti di
questa impresa. La scelta di progettare uno strumento per misurarlo, di
immaginare un modo per osservarlo o di sognare un qualcosa per
assaporarlo, ciascuna scelta di questo marchio tratterà di tempo.
In senso esteso trattare il tempo significa occuparsi della nostra contemporaneità, di questo tempo, qui ed ora; significa indagare le nuove
dinamiche dei nostri tempi, le nuove abitudini, le nuove esigenze, le
nuove difficoltà, e reagire in maniera costruttiva a tutto ciò.
Oggi non è più il tempo in cui una nuova impresa può lanciare sul
mercato un best seller, un prodotto capace di mantenersi in catalogo
per decenni senza il minimo calo di vendite, e costruire un’attività attorno al successo di uno o pochi prodotti, come invece poteva succedere
in passato; è piuttosto il tempo delle precarietà, dentro e fuori il mondo
del design: precaria è la produzione, precaria è la vita di un prodotto,
precario è lo sviluppo di un’azienda, ma così come lo sono i posti di
lavoro, le relazioni sentimentali, le amcizie a distanza, la televisione, il
calcio, l’automobile, quello che mangiamo.
La logica di TrattoTempo sta proprio qui: è un marchio che vive in pieno
questo tempo, non un altro. Se è il tempo della precarietà allora è in
questa che bisogna muoversi in maniera costruttiva.
3h 19’04’’
7.1.2 la mission e la vison aziendale
Mission e Vision sono due aspetti chiave nella comunicazione dei
valori di un’impresa.
La prima consiste nell’obiettivo ultimo, nella ragione che giustifica la
nascita del brand, che è un carattere di distinzione, mentre la seconda
è la proiezione in uno scenario futuro che rispecchia i valori aziendali
e le aspirazioni, offrendo uno stimolo all’azione verso quella direzione;
mission statement e vision statement (manifesto della mission e manifesto
della vision) sono i due strumenti utilizzati per esprimere questi due
aspetti.
Il mission statement si riferisce al presente, e fornisce una guida operativa, mentre costituendo una guida pratica all’azione dell'organizzazione, mentre la funzione della visione aziendale è in un certo qual modo
quella di dare ispirazione ai soggetti coinvolti.
Entrambi i documenti hanno un’estensione sintetica, che può variare
dalla lunghezza di uno slogan nel cui si desideri un maggiore impatto
ad alcune righe se si preferisce porre le questioni di fondo
dell’organizzazione.
Si tratta di strumenti che servono tutte le volte che si crea il bisogno di
descrivere chiaramente il senso del marchio. Se un logo deve essere in
grado di trasmettere un messaggio in un attimo, questi documenti offrono la possibilità di articolare tale messaggio in una maniera più efficace. Per questa ragione è opportuno scegliere accuratamente le parole
da utilizzare. Mission e Vision si rivolgono ai cosiddetti stakeholders,
coloro i quali, cioè, hanno aspettative sulle prestazioni dell’impresa,
siano essi consumatori, dipendenti, partners, fornitori, concorrenti, pubbliche amministrazioni e così via.
Un mission statement efficace risponde chiaramente a queste domande: “chi siamo?”, cosa fa l’impresa e come lo fa?”, “perché lo fa?”; le
caratteristiche di un vision statement invece dovrebbero portarlo a
descrivere in modo vivido un’immaginario, uno scenario futuro, che sia
facilmente ricordabile e che si riferisca ad aspirazioni che siano verosimili.
Per fare alcuni esempi celebri la mission della Walt Disney è “to make
people happy” (rendere le persone felici), mentre quella di McDonald’s
è "to leverage the unique talents, strengths and assets of our diversity in
order to be the World's best quick service restaurant experience” (far
leva sulle capacità, i punti di forza e le risorse uniche della nostra diversità per essere il migliore fast food del mondo), mentre quella di Nokia,
più articolata è “by connecting people, we help fulfill a fundamental
human need for social connections and contact. Nokia builds bridges
between people – both when they are far apart and face-to-face – and
also bridges the gap between people and the information they need”
(mettendo in contatto le persone noi aiutiamo a soddisfare il fondamentale bisogno umano di contatti e relazioni sociali. Nokia costruisce
ponti tra le persone - sia quando sono lontane che faccia a faccia - e
colma il divario tra le persone e le informazioni di cui hanno bisogno).
Sempre Nokia è molto più sintetica nel caso della vision, "Our vision:
Voice Goes Mobile" cambiata nel 2005 in “Our vision: Life Goes
Mobile (la nostra visione: la voce diventa mobile e la nostra visione, la
vita diventa mobile); Bill Gates, invece, espresse questa visione nel
1980: "un personal computer su ogni scrivania, e ogni computer con
un software Microsoft installato".
Di seguito la Mission e la Vision relativi a TrattoTempo.
3h 20’31’’
MISSION
TrattoTempo è una realtà innovativa che
opera nel mondo del design, combinando processi produttivi standardizzati a
interpretazioni estetiche personalizzate
di tipo artigianale, al fine di ottenere
prodotti sempre unici dal deciso valore
simbolico, oltre che estetico e funzionale.
Ogni prodotto TrattoTempo, con modalità diverse, esalta il fattore temporale che
accompagna il concepimento, la
progettazione e la realizzazione finale
dell’oggetto, nonché la reale fruizione
esperita dell’utente.
3h 20’45’’
VISION
Le attività dell’azienda sono ispirate
a una consistente valorizzazione di
una componente essenziale della
nostra vita: il tempo.
L’obiettivo di fondo è dare un’anima
a ogni intervallo che si trasforma da
astratto in concreto, immaginando
un nuovo modo di misurare i pensieri e le azioni dell’uomo contemporaneo, restituendo la giusta valenza e
importanza a ogni Tratto di Tempo
della sua quotidianità.
3h 20’55’’
7.1.3 l’Identità visiva
Il logo TRATTOTEMPO è disegnato per sottolineare il trascorrere del
tempo, incessante; i contorni delle 11 lettere che compongono il nome,
diventano dei contenitori di colore, colore che va consumandosi procedendo dalla prima T verso l’ultima O. Il riferimento visivo va alla clessidra e ai granelli di sabbia contenuti al suo interno.
Si lascia intuire che il tempo trascorre già durante la lettura di questo
breve testo.
In tal senso le due parole che compongono il nome del brand, vale a
dire Tratto e Tempo, sono unite senza alcuna spaziatura, garantendo la
continuità dell’effetto visivo.
Il bianco e il nero sono i due colori combinati nella realizzazione del
logo TRATTOTEMPO.
Si tratta della scelta maggiormente in sintonia con i valori comunicati
dal marchio, i cui aspetti chiave sono la ricerca del giusto equilibrio tra
i vari modi di impiegare il tempo e la neutralità, ovvero l’assenza di
giudizio su come invece tale equilibrio viene oggi alterato.
Altre parole chiave sono leggerezza, facilità, ordine, chiarezza.
3h 21’28’’
Tav. 14 Manuale di Identità Visiva, logo TrattoTempo
3h 21’30’’
La parola TRATTOTEMPO nel logo fa riferimento ad un font esistente, si
tratta del Kabel LT Std.
Per la composizione di altri testi sul materiale di stampa e nelle diverse
forme di comunicazione si sceglie invece l’impiego del carattere Futura
Std nelle versioni light, light oblique, book, book oblique, bold.
Kabel LT Std
abcdefghijklmnopqrstuvwxyz
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ
1234567890
Futura Std
abcdefghijklmnopqrstuvwxyz
ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ
1234567890
Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, font utilizzati
3h 21’35’’
Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, costruzione del logo TrattoTempo
3h 21’37’’
VERSIONE POSITIVA:
si usa solo su fondo bianco o su grigio fino al 10%.
VERSIONE NEGATIVA:
si usa solo su fondo nero, o su tonalità di grigio al di sopra del 70%.
In questa riproduzione del logo il nero è sostituito dal bianco.
3h 21’42’’
Tav. 17 Manuale di Identità Visiva, versione positiva e negativa
3h 21’46’’
Il logo al tratto è da utilizzare quando le sue dimensioni devono essere
ridotte al minimo o per rendere particolarmente economica la stampa
o quando viene effettuata la stampa a un solo colore che non sia il
nero.
VERSIONE POSITIVA:
si usa su fondo bianco o su colori e foto dai toni molto chiari.
VERSIONE NEGATIVA:
si usa su fondo nero o su colori e foto dai toni molto scuri.
3h 21’53’’
Tav. 18 Manuale di Identità Visiva, versioni al tratto
3h 21’55’’
Per quanto possibile, nelle comunicazioni deve essere utilizzato il fondo
bianco, o grigio fino al 10%.
Qualora fosse necessario l’utilizzo del logo TRATTOTEMPO su fondi
colorati, è consigliabile la versione in bianco e nero negativa.
3h 21’57’’
DA EVITARE
DA PREFERIRE
Tav. 19 Manuale di Identità Visiva, applicazione su sfondi colorati
3h 22’00’’
Le dimensioni ottimali del logo sono determinate dall’utilizzo finale dello
stesso ai fini dalla sua leggibilità e vengono definite caso per caso.
Ad ogni modo la larghezza minima consentita del logo è di 25 mm.
3h 22’03’’
Tav. 15 Manuale di Identità Visiva, dimensioni del logo
3h 22’06’’
Nella prossima pagina sono illustrati alcuni esempi di errato utilizzo del
logo.
È NECESSARIO EVITARE DI:
Deformare o distorcere il logo, modificandone le proporzioni.
Modificare i caratteri tipografici e la loro posizione.
Modificare i colori istituzionali.
Utilizzare il logo all’interno di riquadri bianchi sovrapposti a fondi
colorati.
3h 22’11’’
Tav. 16 Manuale di Identità Visiva, errori da evitare
3h 22’14’’
7.2 trasmettere il messaggio
Tutti gli aspetti del progetto d’impresa fin qui trattati risulterebbero inefficaci ai fini della commercializzazione dei prodotti del brand se non
supportati da un’opportuna campagna di comunicazione esterna.
Questo significa che il modo in cui si comunica verso il pubblico è un
aspetto di primissimo rilievo. Si tratta in primo luogo di definire cosa si
vuole comunicare, ad esempio l’esistenza del brand stesso e dei tipi di
prodotti o servizi che realizza, ma anche di trasmettere valori, sensazioni, di proiettarsi in una precisa area all’interno dell’immaginario dei
potenziali clienti.
É chiaro che l’obiettivo di una qualsiasi campagna di comunicazione
impostata da un’impresa che commercializza un particolare prodotto
sia quello di convincere il pubblico ad acquistare tale prodotto. Per
riuscirci un buon modo di procedere è riuscire a far capire ai potenziali
clienti che quanto si offre sia qualitativamente apprezzabile, tanto da
scegliere di far proprio l’oggetto in questione.
Il termine “qualità” è da riferirsi sia alle caratteristiche proprie del
prodotto, vale a dire l’estetica, la funzionalità, il prezzo, la resistenza e
quant’altro, sia ai valori non tangibili con cui viene caricato. Ad esempio un particolare prodotto potrebbe dare una sensazione di maggiore
qualità se è stato progettato da un designer di nota fama; lo stesso
potrebbe avvenire se si comunica che un oggetto sia fatto a mano, con
cura, da artigiani di un paese molto lontano; o ancora se si innesca
quel meccanismo, tipico del linguaggio espressivo, per cui l’oggetto
diviene veicolo di espressione.
invece giusto riuscire a divenire piuttosto padroni del tempo che trascorriamo; che non bisogna soffrire la routine, la superficialità, la fretta
imposte dai moderni stili di vita, ma soffermarsi ad essere progettisti del
proprio tempo; che non è conveniente essere vittima della precarietà
tipica della contemporaneità, precarietà tanto sul piano del lavoro
quanto su quello delle relazioni tra persone, ma è di gran lunga preferibile reagire.
Il valore dell’impresa TrattoTempo sta nella qualità del messaggio che
lancia. Il modo giusto di procedere è rendere i prodotti veicolo di tale
messaggio, in maniera tale che i consumatori siano spinti soprattutto
dall’acquisto del messaggio, del proprio tempo. Acquistare un prodotto
TrattoTempo deve significare acquistare una pillola di coscienza, da
sfruttare per migliorare il proprio stile di vita.
Gli orologi, così essenziali nel loro disegno, e così significativi nel
processo produttivo che bada ai tempi di realizzazione, diventano
quindi, una volta posizionati su una parete, costante richiamo a tali
valori.
La campagna comunicativa ha dunque l’obiettivo di comunicare chiaramente un messaggio, vale a dire l’idea alla base di TrattoTempo, e di
innescare il meccanismo per cui il pubblico associ al prodotto tale messaggio. Se il concetto è apprezabile, allora lo sarà anche il veicolo.
TrattoTempo è un’impresa che nasce da un’idea precisa, che sia
sbagliato essere vittima dell’inesorabile trascorrere del tempo, e che sia
3h 23’34’’
7.2.1 linee guida per la comunicazione esterna
Come visto in precedenza un messaggio può essere comunicato attraverso diversi canali e abitudine distinguere questi canali in Above the
Line e Below the Line, cioè tradizionali ed innovativi.
La scelta dei canali comunicativi a cui riferirisi è dettata da diverse
considerazioni. Il tipo di messaggio, ad esempio, o le preferenze del
pubblico a cui ci si riferisce, o ancora le potenzialità e le opportunità
che si presentano.
L’indagine di mercato effettuata ha evidenziato come i segmenti della
popolazione italiana che risultano essere maggiormente interessati al
tipo di messaggio lanciato da TrattoTempo sono quelli più giovanili.
L’interrogativo da porsi è dunque a quali strategie comunicative, e a
quali canali, tali segmenti sono più sensibili, quali quelli maggiormente
consultati.
Appare scontato dedurre che il più efficace canale tra quelli esistenti
sia il mezzo di Internet. Le statistiche dimostrano che al giorno d’oggi le
fasce giovanili hanno nella loro quasi totalità un’assoluta familiarità con
questo strumento. Ciò che invece sembra tutt’altro che scontato è come
impiegare un mezzo tanto grande. All’interno di una enorme vastità di
infromazioni e stimoli è necessario progettare accuratamente il modo in
cui si sceglie di comunicare, con lo scopo di ottenere visibilità dovuta
alla disuguaglianza da tutto il resto che il web porpone.
Ovviamente anche i mezzi tradizionali sono tutt’ora degli strumenti dal
grande potenziale in quanto incessantemente oggetto di attenzione.
dalla portata di una piccola e nuova impresa. Per questa ragione
TrattoTempo dovrà riuscire a sfruttare molto i canali meno tradizionali
che presentano il grande vantaggio di comportare investimenti inferiori,
ma, se la strategia comunicativa è efficace ed originale, può raggiungere un elevato numero di persone, anche più di quanto non consenta
un mezzo classico.
Tra i canali tradizionali soprattutto televisione, radio e quotidiani si
collocano fuori dalla portata di TrattoTempo. Più ragionevole è invece
immaginare pagine promozionali all’interno di riviste specializzate o su
cartellonistica e supporti cartacei specie in occasione di eventi e fiere.
Ma soprattutto al giorno d’oggi esistono diversi strumenti innovativi che
se ben utilizzati consentono al messaggio di sfruttare a pieno le potenzialità della rete. Si tratta ad esempio della comunicazione virale: il
giovane pubblico di internet spesso non si limita a guardare, ma commenta, partecipa e diffonde; è ciò che succede i video, che interessano, divertono qualcuno tanto da invogliarlo a sottoporlo all’attenzione
dei propri amici.
Un video virale ben fatto si diffonde rapidamente tra i segmenti giovanili della popolazione, e a costi incredibilmente contenuti. Affinché il
video virale sia veramente efficace questo non deve dare l’impressione,
se non all’ultimo istante, che contenga un messaggio pubblicitario;
deve invece risultare affascinante, divertente, originale giocando su
tale messaggio senza svelare il prodotto.
La campagna di comunicazione esterna di TrattoTempo si affiderà ad
un giusto mix di canali Above the Line e Below the Line. La praticità di
alcuni strumenti tradizionali, è un’utile arma di cui difficilmente si può
fare a meno, però spesso i costi per potervi accedere sono elevati, fuori
3h 24’40’’
Ma quale che sia il supporto per il messaggio bisogna innanzi tutto
connotare, dare un forma a tale messaggio. Ciò significa pianificare
attraverso quali meccanismi si cercherà di far giungere l’informazione
all’immaginario di chi entra in contatto con il messaggio.
Quello che verrà descritto di seguito riguarda proprio questo; non ci si
addentrerà nell’esecutivo dei singoli elementi di comunicazione esterna, ma piuttosto si descriveranno le linee guida che si osserveranno.
Lo spirito dell’idea di fondo di TrattoTempo, suggerisce una comunicazione che non risulti invasiva. Non è opportuno strutturare il proprio
messaggio come se questo fosse un consiglio, un invito, dato
dall’impresa agli spettatori, di migliorare i ritmi della propria vita. É
chiaro, infatti, che nessuno può permettersi di giudicare l’operato di
qualcun altro, e, se così invece accadesse, tale giudizio non verrebbe
in generale accettato positivamente.
Bisogna invece lasciare che sia il singolo individuo a dare un giudizio
sul proprio operato, sul modo in cui impiega il tempo a propria disposizione, invitandolo a riflettere sul grado di soddisfazione che ha in
relazione ad esso.
Per questa ragione la campagna di promozione di TrattoTempo si
fonderà sul semplice e puro paragone tra due approci al trascorrere del
tempo opposti: quello tipico della contemporaneità, frenetico, monotono, superficiale, e un altro, più a misura d’uomo.
Il giudizio si annulla, la campagna si limita a descrivere qualcosa che
esiste, nessuno lo può negare. Ciascuno è libero di interpretare il paragone come gli viene suggerito dalla propria esperienza. Chiaramente
ciascun elemento sarà costruito per facilitare un particolare meccanismo: se qualcuno riconosce se stesso, o meglio il ritmo del proprio
tempo, all’interno del termine di paragone legato alla modernità,
potrebbe essere mosso a giudicare positivamente l’altro termine di
paragone, assente ma non impossibile da raggiungere.
Si trata di una pillola, di una piccola scossa che, se ricevuta da un
individuo che tende a pensarla come la pensa TrattoTempo, potrebbe
innescare un flusso a catena che lo potrebbe spingere ad accettare
positivamente il messaggio offerto.
Tale paragone deve risultare fortemente emozionale, facendo ricorso
ad immagini, o spezzoni che siano in grado di ricondurre immediatamente alla mente dell’osservatore certe situazioni. La presenza del
linguaggio scritto si limiterà ad alcune parole chiave e ad un breve
testo conclusivo che svela chiaramente l’intento del brand.
3h 25’58’’
7.3 comprare le Torte
7.3.1 il prezzo delle Torte
Tutto ciò di cui si è descritto fin qui il progetto, il senso, il messaggio, i
prodotti TrattoTempo, necessitano di essere efficacemente commercializzati. É chiaro come questo aspetto sia di vitale importanza per
l’impresa e per la sua riuscita, da un duplice punto di vista, monetario
e divulgativo.
Le scelte relative al commercio sono frutto delle considerazioni descritte
all’interno del capitolo 5.2, relative al piano finanziario di TrattoTempo.
Come si è visto, infatti, ad una somma di investimenti effettuati, corrisponde un’obiettivo di vendite sufficentemente ampio da ricoprire gli
investimenti stessi, da produrre un reddito mensile significativo, oltre che
un utile da reinvestire nelle operazioni degli anni successivi.
Tenuto conto di tale obiettivo monetario, e tenendo presente anche le
opportunità esistenti, e la necessità di un brand emergente di affermarsi
in un mercato competitivo, sono state effettuate alcune precise scelte di
prezzo e di modalità di vendita illustrate nei paragrafi che seguono.
Ciascuna Torta sarà venduta al prezzo di 39,90 euro. Da quanto
emerge dall’analisi di mercato effettuata, questa cifra si colloca in una
fascia medio-bassa di prezzo.
Questa fascia è stata scelta in primo luogo perché appare essere la
giusta via di mezzo, né troppo alta né troppo bassa, tra l’esigenza di
ottenere vasta visibilità in tempi brevi su cui potersi poggiare per operazioni commerciali future, e la qualità percepibile dal pubblico. Se è
vero, infatti, che un prezzo basso corrisponde ad una maggiore probabilità di vendità, è altrettanto vero che un prezzo troppo basso viene
solitamente interpretato dal pubblico come indice di scarsa qualità del
prodotto.
D’altro canto l’impiego di materiali la cui reperibilità non è difficoltosa,
e il cui acquisto all’ingrosso risulta conveniente, permette un significativo guadagno anche a questa cifra. Si tratta comunque di un prezzo
base, a cui riferirsi per constatare il successo o l’insuccesso di gradimento del pubblico, e potrà subire variazioni in base alle risposte verificate.
3h 27’02’’
7.3.2 www.trattotempo.it
Gli orologi saranno venduti principalmente attraverso il negozio on line
di TrattoTempo. Questa scelta è in linea con le riflessioni sull’opportunità
o meno di aumentare la quantità di investimenti iniziali. Come si è visto,
infatti, la scelta è quella di procedere lentamente nell’affacciarsi verso
il mercato, è l’acquisizione di uno spazio virtuale presenta, rispetto a
quella di un negozio fisico, i vantaggi di essere estremamente più
economico, più flessibile, e di garantire la possibilità di una visibilità
molto vasta se l’operazione è supportata da una campagna comunicativa opportunamente progettata.
Per aprire un negozio virtuale gli adempimenti da compiere non comportano grosse difficoltà. La vendita sarà resa intuitiva dal modo in cui
è costruito il sito internet.
Nella home page, infatti, appare, su uno sfondo bianco, la vista frontale degli orologi, che cambiano continuamente, affacciandosi ora il
Made in 2h30’, ora il Made in 8h e così via. Il visitatore avrà anche
la possibilità di scorrere velocemente tutti i modelli utilizzando una
barra posta lateralmente. Cliccando sulle immagini si accedede al
catalogo, da cui sarà possibile effettuare l’acquisto.
3h 27’34’’
ISPIRAZIONE
CONCEPT
PRODOTTI
CONTATTI
MADE IN:
ISPIRAZIONE
CONCEPT
PRODOTTI
ISPIRAZIONE
PRODOTTI
ISPIRAZIONE
24h
CONTATTI
MADE IN: 2h 30’
20’
CONTATTI
MADE IN:
CONCEPT
CONCEPT
PRODOTTI
CONTATTI
MADE IN: 5 days
Imm.98 layout home page www.trattotempo.it
3h 28’00’’
Riferimenti Bibliografici
Testi consultati:
Barbarito, Luca, "L'analisi di settore. Metodologia e applicazioni",
Franco Angeli Edizioni, 2000;
Bellandi, Giuseppe, “Fare marketing di prodotto”, - Accademia Universa Press, 2009;
Branzi, Andrea, "Modernità debole e diffusa. Il mondo del progetto
all'inizo del XXI secolo", Skira Editore, 2006;
Corriere Design, inserto del Corriere della Sera, Aprile 2011;
Colling, Matthew, “Arad talks to Matthew Collings”, Phaidon, 1999;
De Luca, Amedeo, "Le ricerche di mercato. Guida pratica e metodologica", Franco Angeli Edizioni, 2006;
De Masi, Domenico, “L’ozio creativo – conversazione con Maria
Serena Palieri”, Ediesse, 1995;
Formaper, “Business Plan – guida alla compilazione”;
Gambini, Antonio, "Il campionamento per la ricerca di mercato”, Giappichelli Editore, 2009;
Garbet, Thomas, "La corporate image, come costruire e mantenere
l'identità dell'azienda", Feltrinelli, 1992;
Kotler, Philip, “Marketing management”, Pearson Education Italia,
2009;
Hastings, Micheal “Ritmi circadiani”, BML, 1998;
Mari, Enzo, “Progetto e passione”, Bollati Boringhieri, 2001;
McGraw, Hill e Borello, Antonio, "Il business plan", Franco Angeli
Edizioni, 2006;
Montagnani, Maria Alessandra, "L'industrial Design", Loescher Editore,
2010;
Novo, Maria, “Vivere Slow – Apologia della lentezza”, Dedalo,
2011;
Pallavicini, Giancarlo, “Analisi di Mercato”, Libera Università Internazionale degli Studi Sociali, Roma, 6/1959;
Pasca, Vanni, e Russo, Dario, "Corporate Image, un secolo d'immagine
coordinata, dall'AEG alla Nike", Lupetti, 2005;
Pasca, Vanni, e Trapani, Viviana, “Scenari del giovane design”, Hoepli
2001;
Pedio, Renato, “Enzo Mari, designer”, Edizioni Dedalo, 1980;
Politecnico di Milano - Dipartimento INDACO, “Design Directory”,
2006;
Sennet, Richard, “L’uomo flessibile”, Feltrinelli, 1999;
Sennet, Richard, “L’uomo artigiano”, Feltrinelli, 2008;
Tizian, Franco, “Comunicare, elementi di tecnica di comunicazione
d’impresa”, Zanichelli, 2005;
Vercelloni, Matteo, “Design and Italy, Ron Arad”, Mondadori, 2008;
3h 29’00’’
Riferimenti Bibliografici
Siti consultati:
www.thespiralclock.com
www.tobeus.it
www.tomdixon.net
www.w-eye.it
www.alessi.it
www.atcasa.corriere.it
www.ateliermendini.it
www.adi-design.org
www.corsidesign.it
www.davidegroppi.it
www.designdirectory.it
www.diamantiniedomeniconi.it
www.designmuseum.org
www.formaper.it
www.freitag.ch
www.fullspot.com
www.giovanniscafuro.it
www.hugofranca.com/br
www.ikea.com
www.karlsson-clocks.com
www.longines.com
www.livestrong.com
www.made.com
www.oregonscientific.it
www.paoloulian.it
www-parmigiano-reggiano.it
www.plinioilgiovane.it
www.portaldiritto.com
www.satyendra-pakhale.com
www.swatch.com
3h 30’00’’
Scarica

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