Spesso, nel loro lavoro, gli addetti all’amministrazione del personale sono chiamati a
risolvere problematiche “inedite” e particolari, sia per la complessità della normativa che
per le numerose interpretazioni che spesso insistono su un argomento; oltre a questo ci
sono da risolvere le questioni “ordinarie”, che a dispetto del nome non sono meno
complesse.
Nell’intento di dare un piccolo aiuto a quest’attività, abbiamo realizzato questo
ridottissimo (e senza pretese) compendio della normativa in vigore alla data di
redazione (scritta in ultima pagina).
Studio di Consulenza del Lavoro Pini & Associati
Indice
100 - la documentazione obbligatoria;
200 - assunzioni, le tipologie contrattuali con le relative caratteristiche contributive;
300 - il rapporto di lavoro;
400 - orario di lavoro, riposi giornalieri e settimanali, ferie;
500 - malattia, infortuni, maternità e congedi parentali;
600 - codice disciplinare e provvedimenti sanzionatori;
700 - la retribuzione;
800 - la risoluzione del rapporto di lavoro;
900 – la comunicazione delle variazioni;
101 - QUALI DOCUMENTI CONSERVARE IN AZIENDA – nonostante il mandato
conferito ad uno dei soggetti abilitati (consulenti del lavoro, avvocati e
commercialisti, associazioni di categoria, ecc…), i quali possono essere deputati
alla conservazione del Libro Unico del Lavoro e dell’altra documentazione, ai sensi
della L. 133/2008, si dovrà comunque conservare in azienda la documentazione
sotto indicata.
102 - REGISTRO DELLE PRESENZE MENSILI
Non è più obbligatorio con l’entrata in vigore del Libro Unico del Lavoro; difatti le
presenze dovranno essere registrate almeno sulla copia del cedolino di pertinenza
del datore di lavoro, entro la fine del mese successivo (vi rammentiamo comunque
che la scadenza per il versamento di contributi e ritenute fiscali è il giorno 16 del
mese successivo a quello di competenza). Conseguentemente le rilevazioni delle
presenze, necessarie per l’elaborazione delle competenze mensili, potranno essere
temporaneamente registrate su supporti cartacei/magnetici, utilizzando una codifica
per individuare: ore di lavoro giornaliere suddivise fra prestazioni ordinarie e
straordinarie, nonché i titoli delle varie assenze, quali ferie (F), permessi ex festività
(FS), permessi riduzione orario di lavoro (ROL), malattie (M), infortuni (I), assenze
non retribuite (A), codifica che lo Studio utilizzerà per evidenziarle sul L.U.L. Non
esiste alcun obbligo di conservazione di tali appunti. Lo Studio da tempo mette
gratuitamente a disposizione della clientela sistemi web per la registrazione delle
presenze e fornitura automatica di un file .txt per l’elaborazione del cedolino.
103- LIBRO UNICO DEL LAVORO
Attualmente è costituito dalla raccolta dei singoli cedolini paga mensili e del relativo
riepilogo; quando non si è delegato alla conservazione uno dei soggetti di cui sopra,
deve essere conservato in azienda a disposizione degli organi accertatori.
104 - REGISTRO INFORTUNI
La normativa prevede che questo registro, istituito per ciascuna sede o cantiere e
preventivamente vidimato presso l’ASL competente (eccetto la Regione
Lombardia), debba essere conservato in azienda, a disposizione degli organi di
vigilanza; vige inoltre l’obbligo di tenerlo aggiornato registrandovi tutti gli infortuni
accaduti, anche di durata inferiore a tre giorni.
Attenzione alle sanzioni (da 2.828 a 16.977€); in caso di inutilizzo, non è
infrequente il caso di “perderlo in ufficio”, purtroppo senza nessuno sconto nelle
sanzioni; organizzarsi di conseguenza.
200 - ASSUNZIONI
Per effettuare una nuova assunzione è utile conoscere quali siano ad oggi, le
soluzioni contrattuali a disposizione, unitamente alle agevolazioni contributive/fiscali
previste per talune tipologie di contratto (attenzione che per quasi tutti gli sgravi ad
oggi in essere, la fruizione è condizionata al sussistere del requisito della regolarità
contributiva e del rispetto della normativa in materia di sicurezza e prevenzione):
201 - CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Questo contratto è stato integralmente ridefinito dalle nuove disposizioni che
prevedono tre tipi di apprendistato:
a) contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale;
b) contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, per il conseguimento
di una qualifica;
c) contratto di apprendistato di alta formazione e di ricerca.
L’età di assunzione per il tipo b) – quello di maggior utilizzo - è fra i 18 ed i 29 anni
(e 364 giorni).
La durata, per l’apprendistato professionalizzante, è stabilita dalla Legge e dai
Contratti Collettivi, fino ad un massimo di 36 mesi (5 anni per il settore artigiano).
Il contratto sarà valido solo se il datore di lavoro affiancherà all’apprendista un Tutor
aziendale e se farà svolgere al dipendente la formazione interna ed esterna,
quest’ultima deputata all’offerta formativa pubblica, gestita dalle Province/Regioni.
Le ultime disposizioni concedono la possibilità che la formazione esterna possa
essere effettuata anche internamente, mediante convenzioni con strutture
accreditate a tal fine.
La retribuzione vie stabilita dai CCNL di riferimento, mediante un
sottoinquadramento rispetto alla qualifica finale o ad una percentualizzazione della
retribuzione finale.
Per quanto concerne i contributi a carico del datore di lavoro, a decorrere dal
gennaio 2014 le aziende con oltre 9 dipendenti dovranno corrispondere per gli
apprendisti contributi in misura pari al 11,61%; le aziende con un numero di
dipendenti non superiore a 9 assolveranno l’obbligo con una percentuale del 1,61%
per il periodo 2012 - 2016.
La contribuzione ridotta opera per tutta la durata dell’apprendistato, mentre per
l’anno successivo al conseguimento della qualifica è comunque dovuto il contributo
del 11.61%.
Per la ridotta copertura contributiva, rispetto al resto del personale, agli apprendisti,
competono solo in parte le assicurazioni sociali ( trattamento di malattia, maternità
ed infortuni sul lavoro, ASPI, cassa integrazione e mobilità - ma solo in deroga).
Nonostante non esista ad oggi un obbligo legislativo per carenza delle norme
attuative, è consigliabile provvedere alla redazione ed aggiornamento del “libretto
formativo del lavoratore” (chiedere allo Studio).
202 - LAVORATORI IN MOBILITA’
Sono coloro che sono iscritti nelle apposite liste a seguito di licenziamenti collettivi
ai sensi della L. 223/91 per riduzione di personale, cessazione di attività,
riorganizzazione, ristrutturazione. Possono essere assunti a tempo determinato,
autonomamente dalle motivazioni previste dalla Legge sul rapporto a termine, per
un massimo di 12 mesi, durante i quali si pagano interamente i premi all’INAIL ed in
misura ridotta all’INPS (gli stessi contributi dovuti per gli apprendisti delle aziende
con oltre 9 dipendenti); se il rapporto viene trasformato prima della scadenza, il
beneficio compete per altri 12 mesi. Analogo trattamento per la durata di 18 mesi,
se l’assunzione avviene subito a tempo indeterminato, con in aggiunta il 50% per
12 mesi, dell’indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore
dall’INPS se fosse rimasto disoccupato; identico trattamento al momento della
trasformazione del contratto a tempo determinato.
203 - LAVORATORI IN CIGS E DESTINATARI DI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN
DEROGA
L’assunzione a tempo pieno e indeterminato di lavoratori in cassa integrazione
straordinaria da almeno 3 mesi (per un datore di lavoro che lo sia da 6 mesi),
comporta per l’azienda 12 mesi di contributi nella misura prevista per gli apprendisti
delle aziende che occupano più di 9 dipendenti e un contributo mensile da parte
dell’INPS pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore,
per un periodo da 9 a 33 mesi; se si assumono lavoratori sospesi in CIGS da
almeno 24 mesi, riduzione al 50% dei contributi dovuti per 36 mesi (se l’azienda si
trova nei territori del mezzogiorno o se artigiani, lo sgravio è del 100%).
Ulteriori benefici sono concessi per le assunzioni:
- Disoccupati da oltre 12 mesi, con almeno 50 anni di età (riduzione del 50% degli
oneri contributivi a carico del datore di lavoro e dei premi assicurativi INAIL per
18 mesi in caso di contratti a tempo indeterminato e di 12 mesi in caso di
contratto a termine (elevabile a 18 in caso di trasformazione);
- Donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6
mesi e residenti in aree svantaggiate (stessi sgravi di quelli sopra indicati);
- Disoccupati beneficiari del trattamento ASPI: in caso di assunzione a tempo
indeterminato e pieno, il 50% dell’indennità ASPI mensile residua;
204 - CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO - (Legge Stabilità 2015) –
Al fine di promuovere forme di occupazione stabile, ai datori di lavoro privati (per il
settore agricolo chiamare lo Studio), circa le nuove assunzioni con contratto di
lavoro a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei
contratti di lavoro domestico, decorrenti dal 1 Gennaio 2015 con riferimento a
contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, è riconosciuto, per un periodo
massimo di trentasei mesi, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni
pensionistiche, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a
carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nel limite
massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua. L’esonero di
cui al presente comma spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove assunzioni
di cui al primo periodo, con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei
mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi
datore di lavoro e non spetta con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio di cui
al presente comma sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a
tempo indeterminato. L’esonero di cui al presente comma non è cumulabile con
altri esoneri o riduzioni previsti dalla normativa vigente. L’esonero di cui al presente
comma non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni riconducibili a
società controllate o collegate, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore
della presente legge.
205 - CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
Completamente riscritta da recenti provvedimenti legislativi la normativa sul
contratto a termine. Sostanzialmente è ora possibile instaurare un contratto di tale
tipo senza alcuna motivazione, per una durata non superiore a 36 mesi (compresi i
periodi di utilizzo in somministrazione/lavoro interinale) e con un massimo di 5
proroghe per mansioni equivalenti. La possibilità è prevista nella misura del 20%
(salvo diverse previsioni del CCNL) del personale assunto a tempo indeterminato.
Le aziende con 5 dipendenti possono comunque assumere 1 dipendente.
Il mancato rispetto delle percentuali suddette comporta sanzioni dal 20 al 50% delle
retribuzioni relative al personale fuori quota.
Assunzioni a termine per ragioni di carattere sostitutivo, di stagionalità, nella fase di
avvio di nuove attività per i periodi definiti dai CCNL, con lavoratori di età superiore
a 50 anni, per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, sono escluse
dai limiti suddetti.
In caso di prosecuzione di fatto del rapporto oltre il termine inizialmente fissato o
successivamente prorogato è stabilito un periodo di «tolleranza» di 30 giorni (50 per
i contratti di durata iniziale pari o superiore a sei mesi), durante il quale il datore di
lavoro è tenuto al pagamento di una maggiorazione retributiva pari al:
- 20% per ogni giorno successivo alla scadenza fino al decimo;
- 40% per ciascun giorno ulteriore.
Se il rapporto prosegue oltre i termini suddetti, il contratto si considera a tempo
indeterminato.
206 - PART-TIME
Il part-time (o lavoro a tempo parziale) - disciplinato dal D.Lgs. 81/2015 - costituisce
un contratto individuale di lavoro che fissa un orario di lavoro ridotto rispetto a
quello stabilito dal legislatore o a quello eventualmente previsto dai contratti
collettivi.
Nella pratica è possibile individuare una serie di rapporti a tempo parziale aventi
caratteristiche differenziate. Il part-time si definisce:
- orizzontale, quando la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è prevista in
relazione all'orario normale giornaliero di lavoro;
- verticale, quando l'attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma limitatamente a
periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell'anno;
- misto, quando l'attività lavorativa è svolta secondo una combinazione delle due
tipologie orizzontale e verticale.
Il contratto di lavoro part-time è stipulato in forma scritta ai soli fini della prova.
Il contratto part-time deve indicare puntualmente, oltre a tutti gli elementi previsti
dalla Legge per la generalità dei contratti di lavoro, la durata della prestazione
lavorativa e la collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla
settimana, al mese e all'anno.
Quando l’organizzazione del lavoro è organizzata in turni, l’indicazione di quanto
sopra, può avvenire anche mediante rinvio a turni programmati di lavoro, articolati
su fasce orarie prestabilite.
Nel contratto part-time è possibile prevedere un periodo di prova nei limiti e con le
modalità previste per i lavoratori a tempo pieno, salvo diverse disposizioni della
contrattazione collettiva.
La durata della prestazione lavorativa e la distribuzione dell'orario di lavoro, con
riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno, devono risultare dal
contratto individuale di lavoro part-time.
Le parti del contratto di lavoro a tempo parziale (anche a termine) possono
concordare clausole “flessibili”, relative sia alla variazione della collocazione
temporale della prestazione stessa, sia alla variazione in aumento della durata della
prestazione lavorativa.
I contratti collettivi possono stabilire condizioni e modalità in relazione a quanto
sopra.
La Legge definisce supplementare la prestazione lavorativa svolta oltre l'orario di
lavoro concordato fra le parti ed entro il limite del tempo pieno.
Lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie è consentito nel part-time
verticale o misto, anche a tempo determinato.
A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di
lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno.
Le parti possono stabilire di trasformare l'originario rapporto di lavoro a tempo pieno
in rapporto part-time o viceversa.
Il rifiuto da parte del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo
pieno in part-time e viceversa non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
L'accordo sulla trasformazione da tempo pieno a part-time e viceversa, deve
risultare da atto scritto, che deve essere comunicato nei termini di Legge (5 giorni)
al Centro per l’Impiego competete.
207 - LAVORO INTERMITTENTE
Il contratto di lavoro intermittente (o lavoro a chiamata) è il contratto mediante il
quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può
utilizzare la prestazione lavorativa con le modalità e nei limiti di seguito indicati.
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di
prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate
dai contratti collettivi o – in assenza – dai relativi Decreti.
Al di fuori dalle ipotesi descritte il contratto di lavoro intermittente può essere
concluso (requisiti soggettivi) con:
- soggetti con meno di 24 anni di età;
- lavoratori con più di 55 anni di età.
I datori di lavoro che abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi
precedenti (per le medesime mansioni) o abbiano in corso un periodo di cassa
integrazione, sono esclusi da questo tipo di contratto.
In ogni caso, con l’eccezione dei settori del Turismo, dei Pubblici Esercizi e dello
Spettacolo, il numero massimo di giornate di effettivo lavoro non può essere
superiore a 400 nell’arco di tre anni solari; in difetto il relativo rapporto viene
trasformato a tempo pieno ed indeterminato.
Mediante il contratto di lavoro intermittente, che può essere stipulato a tempo
indeterminato o a termine, il lavoratore viene chiamato quando è richiesta la sua
prestazione. Qualora sia espressamente pattuito nel contratto, nei periodi di
inattività il lavoratore resta a disposizione del datore di lavoro.
Il trattamento spettante al lavoratore intermittente differisce a seconda che si
riferisca ai periodi di lavoro prestato o, se garantiti, ai periodi di disponibilità.
Nei periodi lavorati il lavoratore intermittente riceve un trattamento economico,
normativo e previdenziale riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa
effettivamente eseguita.
Il lavoratore che garantisce la propria disponibilità al datore di lavoro, ha diritto ad
un'indennità mensile (c.d. indennità di disponibilità), divisibile in quote orarie. La
misura dell'indennità è stabilita dai contratti collettivi e comunque non è inferiore alla
misura prevista dalla Legge (attualmente circa 1 € l’ora).
Sull'indennità di disponibilità i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare,
senza tener conto del minimale retributivo.
Il lavoratore che dopo essersi impegnato contrattualmente a rispondere alla
chiamata del datore di lavoro non lo faccia, può subire la risoluzione del contratto e
la restituzione di quanto pagato a titolo di indennità di disponibilità (oltre al possibile
risarcimento dei danni).
208 - SOMMINISTRAZIONE, APPALTO, DISTACCO E TIROCINIO
Per le prime due tipologie di prestazione di lavoro, è opportuno, prima di iniziare i
rapporti, chiedere tutte le informazioni del caso al Professionista incaricato; il
distacco è invece una facoltà, disciplinata dalla Legge Biagi, che prevede la
possibilità di far rendere la prestazione lavorativa di un proprio dipendente presso
un altro datore di lavoro a condizione che a) il distacco sia temporaneo; b) se la
distanza è maggiore di 50 Km che sia motivato da esigenze
tecnico/produttive/organizzative o sostitutive; c) se comporta mutamento di
mansioni per il lavoratore che vi sia il suo preventivo consenso; d) vi sia un preciso
interesse del datore di lavoro distaccante.
Durante il periodo suddetto, il lavoratore rimane a tutti gli effetti alle dipendenze del
proprio datore di lavoro, pur essendo inserito di fatto nell’organizzazione dell’altra
impresa.
L’impresa distaccante non può richiedere al distaccatario, compensi maggiori al
costo sostenuto per il dipendente; il distaccatario può stabilire che al lavoratore sia
corrisposto un compenso aggiuntivo alla retribuzione corrisposta dal distaccante.
Gli stages, o tirocini formativi e di orientamento, di cui alla L. 92/2012, costituiscono
un inserimento temporaneo di soggetti disoccupati all'interno del mondo produttivo,
allo scopo di un contatto e di un addestramento pratico, dietro il pagamento di un
congruo compenso (per la Provincia di Firenze almeno 500 € mensili, salvo il
rimborso – se disponibili i fondi e taluni requisiti del tirocinante - di parte della
somma ) .
I tirocini non comportano costituzione di un rapporto di lavoro subordinato; al
rapporto formativo di stage può seguire un rapporto di lavoro subordinato a termine.
Per effettuare uno stage/tirocinio, i datori di lavoro dovranno rivolgersi a:
- agenzie del lavoro, Centri per l'Impiego, o altre strutture individuate da Leggi
regionali;
- università e istituti di istruzione universitaria abilitati al rilascio di titoli accademici;
- provveditorati agli studi;
- istituzioni scolastiche che rilascino titoli di studio aventi valore legale ;
- centri di formazione professionale e/o di orientamento operanti in regime di
convenzione con la Regione o la Provincia competente;
con i quali verrà stipulata apposita convenzione dove, oltre all’assicurazione INAIL
che può essere posta in determinate ipotesi a carico dell’azienda che ospita il
soggetto, vengono definite le modalità del tirocinio e l’eventuale somma erogata
(non a titolo di corrispettivo, ma di sussidio); per maggiori informazioni rivolgersi allo
Studio.
Il numero dei tirocinanti ammessi per ogni azienda, varia in funzione del numero dei
dipendenti occupati a tempo indeterminato: n. 1 soggetto fino a 5 dipendenti; n. 2
fra 6 e 19; il 10% del personale, oltre le 20 unità.
Le imprese artigiane possono accedere ai tirocini/stages anche se non hanno
dipendenti in forza.
209 - DOCUMENTO UNICO DI REGOLARITA’ CONTRIBUTIVA – DURC
Il Durc, è un certificato che sulla base di un’unica richiesta, attesta contestualmente
la regolarità di un’impresa per quanto concerne gli adempimenti INPS – INAIL –
CASSA EDILE.
Il documento, che va richiesto per via telematica, è necessario per:
appalti/subappalti di lavori pubblici in edilizia, lavori privati in edilizia, attestazione
SOA, appalti di forniture, appalti di servizi, gestione di servizi ed attività pubbliche in
convenzione o concessione.
A partire dal 1° luglio 2007, il riconoscimento dei benefici cont ributivi e
normativi, per tutti i datori di lavoro, è subordinato al possesso del DURC,
fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto del CCNL, di quelli
territoriali od aziendali, se sottoscritti.
DOPO AVER INDIVIDUATO LA TIPOLOGIA DEL LAVORATORE DA ASSUMERE,
COME SI PROCEDE?
E’ sempre necessario che il lavoratore produca la seguente documentazione:
a) fotocopia tesserino del codice fiscale;
b) certificazione di stato di famiglia di data recente (normalmente non anteriore a 3
mesi) o autocertificazione quantomeno per la residenza;
c) fotocopia frontespizio certificato di pensione per i lavoratori pensionati;
d) eventuale documentazione per l’erogazione dell’Assegno Nucleo Familiare;
e) eventuali dichiarazioni rilasciate dal precedente datore di lavoro (imponibile IVS,
benefit e liberalità erogate ecc.);
f) copia leggibile del permesso di soggiorno per i lavoratori extracomunitari e copia
documento di identità.
Ricordiamo che l’età di ammissione al lavoro è attualmente stabilita in 16 anni
(unitamente all’assolvimento dell’obbligo scolastico);
Tutta la documentazione dovrà essere recapitata per tempo per consentire, se a
cura del Professionista/Associazione incaricati, la redazione del contratto di
assunzione (ovviamente, oltre ai documenti, dovranno essere fornite tutte le
condizioni contrattuali, quali mansioni, inquadramento, retribuzione - se superiore ai
minimi contrattuali, ecc.) e dei relativi allegati, che dovrà essere poi sottoscritto dal
lavoratore, contestualmente all’assunzione, con l’indicazione di tutte le condizioni
contrattuali, prima di prendere servizio, pena la nullità di tutte le clausole speciali,
quali l’apposizione del termine, il patto di prova, ecc., oltre al pagamento di pesanti
sanzioni.
Le comunicazioni di assunzione devono essere effettuate al Centro per l’Impiego
competente almeno un giorno prima l’inizio del rapporto, mentre quelle di
cessazione e variazione entro 5 gg. dall’evento.
Ricordare inoltre di far sottoscrivere al dipendente tutte le variazioni intervenute nel
rapporto di lavoro (mansioni, retribuzione, luogo di lavoro, ecc.).
209 - PERIODO DI PROVA
Il periodo di prova deve essere stipulato in forma scritta prima dell’inizio del
rapporto di lavoro, per la durata massima prevista dai contratti collettivi (non è
consentita alcuna proroga). Nel corso di detto periodo è ammessa la risoluzione del
contratto, sempre per iscritto, senza alcun preavviso reciproco.
210 - MANSIONI
Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, vale a
dire alle mansioni che sono state concordate fra le parti nel contratto di lavoro. Il
datore di lavoro ha, inoltre, l'obbligo di far conoscere al lavoratore al momento
dell'assunzione il proprio inquadramento, ossia la categoria e la qualifica che gli
vengono assegnate in relazione alle mansioni per le quali è stato assunto.
Nel corso del rapporto vi può essere la necessità di variare le mansioni del
dipendente, tenendo conto del fatto che si dovrà adibire il lavoratore a mansioni di
pari livello all’interno della categoria di appartenenza o superiori.
L' adibizione a mansioni inferiori (c.d. demansionamento), a seguito dell’ultima
modifica intervenuta sull’art. 2113 del C.C., può avvenire, a seguito di variazione
degli assetti organizzativi aziendali che incidano sulla posizione del lavoratore, ed è
possibile la sua assegnazione a mansioni riferite al livello di inquadramento
inferiore, purché si resti nella stessa categoria di inquadramento e venga garantito
lo stesso trattamento economico, con la sola perdita delle indennità e degli elementi
retributivi strettamente correlati alle modalità di svolgimento della precedente
mansione lavorativa.
Quando invece il demansionamento comporti una modifica sostanziale di mansioni,
o categoria di appartenenza e della retribuzione, sarà possibile solo tramite
apposito accordo fra le parti in “sede protetta”.
L'assegnazione a mansioni superiori è ammessa per un periodo di tempo fissato
dalla contrattazione collettiva (e comunque non superiore a sei mesi) e comporta
per il dipendente il diritto a ricevere soltanto il trattamento economico
corrispondente; superando tale limite si ha il conseguimento della categoria
superiore, salvo il caso di assegnazione per sostituire un dipendente assente con
diritto alla conservazione del posto (malattia, maternità, ecc.).
211 - ASSUNZIONE PERSONALE EXTRACOMUNITARIO
I rapporti di lavoro instaurati con lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel
nostro Paese, in possesso di permesso di soggiorno che consente lo svolgimento di
un’attività lavorativa, devono essere comunicati al centro per l’impiego la cui
modulistica, si ricorda, contiene l’impegno da parte del datore di lavoro a dichiarare
la sussistenza della sistemazione alloggiativa allo straniero, l’impegno dei confronti
dello Stato al pagamento delle spese di viaggio per il rientro nel Paese di origine del
lavoratore, ed infine l’impegno a comunicare allo Sportello Unico ogni variazione del
rapporto di lavoro.
Per chi non ottempera, sanzioni da 500,00 a 2.500,00 €.
A decorrere dal gennaio 2007 è stato abrogato l’obbligo di comunicare l’assunzione
all’Autorità di Pubblica Sicurezza entro le 48 ore.
300 – ORARIO DI LAVORO, RIPOSI GIORNALIERI E SETTIMANALI, FERIE.
La nuova disciplina dell’orario di lavoro (D. Lgs. 66/2003) si applica a tutte le attività
lavorative industriali e non industriali ed è applicabile anche agli apprendisti
maggiorenni.
L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali salvo diversa inferiore
previsione contrattuale.
Per definizione, l’orario di lavoro è “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro,
a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue
funzioni”.
La durata massima media dell’orario di lavoro settimanale comprensivo di eventuali
ore di straordinario non può essere superiore a 48 ore (il periodo da prendere a
riferimento per il calcolo della media non può superare i 4 mesi, con facoltà di
elevazione fino a 12 mesi da parte dei CCNL).
Il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto e disciplinato dai contratti
collettivi ed in difetto di tale disciplina potrà essere effettuato soltanto previo
accordo tra datore di lavoro e lavoratore e nel limite di 250 ore annuali.
Alcune deroghe all’applicazione del divieto di superamento dell’orario di lavoro,
sono previste per particolari settori e per particolari tipologie di lavoratori (contattare
il Professionista/Associazione).
Relativamente ai riposi giornalieri, secondo la nuova normativa, il lavoratore ha
diritto ad 11 ore consecutive di riposo ogni 24 ore (da ciò si rileva che il lavoratore
non potrà effettuare più di 13 ore di lavoro al giorno); inoltre qualora l’orario di
lavoro superi le 6 ore giornaliere, dovrà essere concessa una pausa intermedia non
retribuita, la cui durata e modalità di effettuazione, se non prevista dal CCNL, non
potrà essere inferiore ai 10 minuti – realizzabili anche con l’interruzione per
l’assunzione di bevande/snack - (nelle ipotesi di suddivisione dell’orario giornaliero
in due parti, esempio 4 + 4 ore, l’interruzione si intende assolta nella pausa pranzo).
Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni ad un periodo di riposo di almeno 24 ore
consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di
riposo giornaliero, pertanto le ore di riposo consecutivo domenicale devono essere
almeno 35; il periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo
non superiore a 14 giorni.
La nuova normativa relativa alle ferie (attenzione, non sono equiparati alle ferie i
permessi per le festività soppresse e quelli per riduzione orario di lavoro), prevede
che quelle maturate dal 29.4.2003 e non godute, non potranno essere più liquidate
(tranne che per la parte eccedente le 4 settimane), neppure in accordo con il
dipendente, tranne il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. La durata del
periodo di ferie annuali retribuite non può essere inferiore alle 4 settimane. Salva
diversa previsione contrattuale almeno due settimane (consecutive in caso di
richiesta del lavoratore) devono essere fruite entro l’anno di maturazione, mentre le
due restanti settimane possono essere fruite nei diciotto mesi successivi al termine
dell’anno di maturazione (da questa regola rimane escluso chi non ha potuto
godere del periodo feriale a causa di sospensione del rapporto per cause quali la
maternità, malattia, infortunio, ecc.). Nell’impossibilità di far godere le ferie per
difetto di programmazione, si dovranno pagare pesanti sanzioni amministrative.
Le ferie, pur essendo un diritto irrinunciabile del lavoratore, sono sempre concesse
dal datore di lavoro, seguendo le modalità previste da ciascun contratto collettivo.
Le sanzioni previste in caso di mancato rispetto delle disposizioni sull’orario di
lavoro, comportano:
- superamento del limite della durata massima dell’orario di lavoro (media 48 ore
settimanali nel periodo di riferimento compreso lo straordinario): da € 200,00 a
1.500,00 € nella generalità dei casi;
- da 800,00 a 3.000,00 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è
verificata in almeno 3 periodi di riferimento;
- da 2.000,00 a 10.000,00 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è
verificata in almeno 5 periodi di riferimento;
- superamento del limite massimo di 250 ore annuali di lavoro straordinario (limite
modificabile dal CCNL): da € 25 a 154 e se la violazione si riferisce a più di 5
lavoratori o se si verifica per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la
sanzione va da € 154 a € 1.032;
- mancato rispetto del diritto del lavoratore al riposo giornaliero di 11 ore
consecutive ogni 24 ore: da € 100,00 a € 300,00 nella generalità dei casi;
- da 600,00 a 2.000,00 se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è
verificata in almeno 3 periodi di 24 ore;
- da 1.800,00 a 3.000,00 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è
verificata in almeno 5 periodi di 24 ore;
- mancato rispetto del diritto del lavoratore al riposo settimanale di almeno 24 ore
consecutive ogni 7 giorni: da € 200,00 a 1.500,00 € nella generalità dei casi;
- da 800,00 a 3.000,00 se si riferisce a più di 5 lavoratori op si è verificata in almeno
3 periodi di riferimento;
- da 2.000,00 a 10.000,00 se si riferisce a più di 10 lavoratori o si è verificata in
almeno 5 periodi di riferimento;
- mancato rispetto del diritto del lavoratore a fruire di un periodo annuale minimo di
ferie retribuite: € 100,00 a € 600,00 nella generalità dei casi; da 400,00 a 1.500,00
se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si è verificata in almeno due anni;
- da 800,00 a 4.500,00 se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori o si è
verificata in almeno 4 anni;
Ricordiamo che è stato abolito l’obbligo di affiggere in azienda l’orario di lavoro
(salvo non sia previsto da disposizioni amministrative locali).
301 - ORARIO DI LAVORO DEGLI APPRENDISTI E DEI MINORI
Per i lavoratori maggiorenni (compresi gli apprendisti) si applica la normativa
dell’orario di lavoro prevista in precedenza.
Per i minori, di età compresa fra i 16 anni compiuti e i 18 anni, è previsto che non
possano effettuare più di 8 ore al giorno e 40 settimanali. I minori di anni 18, non
possono effettuare continuativamente più di 4 ore e mezzo. Qualora l’orario
giornaliero superi le 4 ore e mezzo, deve essere interrotto da un riposo intermedio
della
durata
di
almeno
un’ora
(salvo
deroghe,
chiedere
al
Professionista/Associazione).
Il riposo settimanale da assicurare ai minori non può essere inferiore a due giorni,
se possibile consecutivi, comprendenti la domenica.
E’ vietato adibire i minori al lavoro notturno: si intende per lavoro notturno un
periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l’intervallo tra le 22 e le 6 o tra
le 23 e le 7.
302 - LAVORO NOTTURNO
Il lavoro notturno è quello prestato nel periodo di almeno 7 ore consecutive
comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. L’attuale
legislazione ha introdotto la definizione di lavoratore notturno che, in mancanza di
una specifica indicazione contrattuale che potrebbe essere ulteriormente restrittiva,
è colui che svolge per almeno 80 giorni l’anno la propria prestazione lavorativa in un
arco di tempo comprendente l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque oppure svolge
3 ore del proprio turno di lavoro nel periodo notturno.
Il lavoro notturno è vietato:
a) tra le ore 24 e le ore 6 per le donne, dall’accertamento dello stato di gravidanza
fino al compimento di 1 anno di vita del bambino;
b) per i minori.
Non sono obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o, alternativamente, il
padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un disabile ai sensi della
Legge 104/92.
In ogni caso prima dell’introduzione in azienda del lavoro notturno è necessaria una
preventiva consultazione sindacale, inoltre i lavoratori notturni devono essere
sottoposti a visite mediche preventive e periodiche e devono essere informati circa i
maggiori rischi cui è sottoposto chi lavora di notte.
Sono inoltre previste comunicazioni periodiche ai Sindacati ed alla Direzione
Territoriale del Lavoro.
400 – MALATTIA DEL LAVORATORE
In caso di malattia, il numero di protocollo del certificato medico telematico di inizio
e continuazione di malattia deve, a cura del lavoratore, essere recapitato o
trasmessi, al datore di lavoro, entro i due giorni successivi a quello del rilascio.
Nell’impossibilità del medico curante o della struttura sanitaria di trasmettere
telematicamente la certificazione medica, è ammesso il certificato cartaceo, il quale
dovrà essere inoltrato dal lavoratore al datore di lavoro ed all’INPS, con le
precedenti modalità della raccomandata entro i due giorni dalla data di rilascio.
Nel caso il certificato venga rilasciato in data successiva all’inizio della malattia, tale
data di inizio, mai maggiore di un giorno rispetto alla data di redazione, deve essere
indicata nella casella “dichiara di essere ammalato dal”; se la visita del medico
avviene dopo un periodo maggiore di un giorno, quale inizio della malattia vale
unicamente quello di redazione del certificato.
In caso di ricovero del lavoratore è necessario – in mancanza di quello telematico che venga prodotto un certificato rilasciato dal luogo di cura ove risulti:
a) la data di inizio degenza;
b) data di dimissione dal luogo di cura ovvero la persistenza della degenza
medesima.
Al termine del ricovero il lavoratore, per la eventuale convalescenza, nonostante le
eventuali indicazioni apposte sul certificato di dimissione, dovrà provvedere ad
integrare il documento con i dati richiesti normalmente dall’INPS sulla certificazione
ed a consegnarlo all’Istituto nei termini previsti.
In caso di continuazione, devono essere coperti da certificazione tutti i giorni di
calendario; i giorni non coperti, non verranno indennizzati.
Si consiglia vivamente di non riammettere al lavoro il dipendente che rientri
anticipatamente, senza la presentazione di certificato di guarigione.
Qualora l’evento che abbia procurato l’assenza per malattia sia causato da un terzo
(esempio incidente automobilistico), è possibile richiedere al responsabile di
rimborsare al datore di lavoro retribuzioni dirette ed indirette, relativi contributi e
T.F.R. sostenuti durante l’assenza; per le formalità, contattare il
Professionista/Associazione.
Siamo in attesa dell’entrata in vigore della nuova normativa sulla trasmissione
telematica della certificazione di malattia all’INPS.
410 - INFORTUNI SUL LAVORO
L’azienda deve informare immediatamente il Professionista/Associazione di
qualsiasi infortunio accaduto ai dipendenti, parasubordinati e soci, anche se
accaduto nel percorrere il tratto dall’abitazione dell’infortunato al luogo di lavoro e
viceversa (infortunio “in itinere”) al fine di poter eseguire per tempo tutti gli
adempimenti del caso e precisamente:
a) denuncia di infortunio all’INAIL – ora solo in via telematica - entro 2 giorni da
quello in cui il datore di lavoro ne è venuto a conoscenza (art. 53 del T.U.); a tal fine
si consiglia di indicare sul certificato prodotto dal lavoratore o da chi per esso la
data con la firma della persona che ha consegnato il certificato per evitare
contestazioni;
b) denuncia all’Autorità di P.S. entro gli stessi termini di cui al punto a) (art. 54).
Poiché il registro degli infortuni è conservato in azienda, l’aggiornamento dello
stesso con i dati dell’infortunio avverrà a cura del datore di lavoro – tener presente
che vanno registrati anche gli infortuni inferiori a tre giorni - (prendere contatti con il
Professionista/Associazione per i chiarimenti eventuali).
Se si tratta di infortunio che abbia come conseguenza la morte o per il quale sia
previsto il pericolo di morte, la denuncia deve essere fatta altresì con telegramma
entro 24 ore dall’evento.
Le denunce di cui ai punti a) e b) non vanno fatte nei casi in cui l’infortunio sia
diagnosticato guaribile entro 3 giorni. Agli incaricati agli adempimenti dovranno
essere trasmesse tempestivamente tutte le notizie e le circostanze utili alla
compilazione della denuncia (che dovrà poi essere sottoscritta dal titolare/legale
rappresentante), unendo la relativa certificazione medica. Analoga prassi è prevista
in caso di malattia professionale denunciata dal dipendente, la cui denuncia
all’INAIL va però inoltrata entro i 5 giorni successivi a quello in cui il lavoratore ha
fatto denuncia al datore di lavoro.
In caso di ritardo nelle denunce suddette, le sanzioni, a carico del legale
rappresentante/responsabile, sono da 1.290,00 a 7.745,00 € cadauna, si
raccomanda pertanto la massima attenzione a quanto sopra.
Si consiglia di non riammettere al lavoro il dipendente che non produca un
certificato di guarigione (recentemente la modulistica riporta, oltre alla prognosi,
anche la data di ripresa: verificare la rispondenza dei dati).
420 - VISITE MEDICHE PREVENTIVE E PERIODICHE
Quando il Professionista/Associazione incaricati, non curano, per propria scelta
organizzativa, la parte sicurezza e prevenzione, le relative incombenze rimangono a
carico dell’azienda (direttamente o a mezzo conferimento di incarico a
professionisti/aziende specializzati nella materia). Ricordiamo comunque che il
datore di lavoro deve provvedere a far sottoporre i propri dipendenti a visita medica
quando questa sia resa obbligatoria dalla Legge per l’attività espletata dagli stessi.
Tutti i dipendenti addetti a lavorazioni che espongano all’azione di sostanze
tossiche e infettanti indicate nelle tabelle annesse al DPR. 303/56, devono essere
sottoposti a visita medica sia preventiva che periodica dal medico del lavoro
designato dall’azienda. L’esito degli accertamenti sanitari deve essere riportato, a
cura del medico, su un registro delle visite mediche numerato progressivamente,
ma non soggetto a vidimazione. Gli esiti delle visite saranno conservati in busta
sigillata dall’azienda, per tutta la durata del rapporto di lavoro.
Si rammenta che le aziende che svolgono lavorazioni pericolose, o di
movimentazioni dei carichi o con utilizzo di sostanze a base di piombo o composti
biologici e qualsiasi altra sostanza che produca esalazioni nocive, devono effettuare
la scelta del “medico competente” anche alla luce del D.Lgs. 81/2008 e relativa
analisi di valutazione dei rischi.
500 – LAVORATRICI IN STATO DI GRAVIDANZA E CONGEDI PARENTALI
Le recenti disposizioni legislative (Testo unico della maternità e paternità), hanno
ridisegnato il quadro dei congedi spettanti alle lavoratrici dipendenti per motivi di
famiglia.
501 - CONGEDO PER MATERNITA’
I congedi per il periodo di maternità, si possono sintetizzare come segue:
1) astensione dal lavoro per la madre nei due mesi precedenti la data presunta del
parto.
L’astensione può essere anticipata previo provvedimento della Direzione Territoriale
del Lavoro nei casi previsti dalla Legge per la tutela della salute della madre e del
nascituro (attenzione anche alla prestazione resa in “stazione obbligata” - esempio
sempre in piedi - per oltre il 50% del tempo di lavoro: è motivo di astensione
anticipata).
2) astensione dal lavoro per la madre nei tre mesi successivi al parto effettivo: in
caso di parto prematuro i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del
parto vengono aggiunti al periodo di astensione post-partum.
L’attuale normativa consente alla lavoratrice gestante di richiedere, sentito il medico
specialista dell’ASL (anche il proprio ginecologo convenzionato) ed il medico
competente ai fini della tutela della salute sul luogo di lavoro, di restare al lavoro
fino al compimento dell’ottavo mese di gravidanza ed astenersi dal lavoro nei
quattro mesi successivi al parto (in caso di assenza dell’obbligo di sorveglianza
sanitaria, il medico convenzionato dichiarerà anche la compatibilità dell’ambiente e
delle mansioni con la prosecuzione dell’attività lavorativa fino all’ottavo mese).
E’ da rilevare che in caso di attività aziendali considerate pericolose, faticose ed
insalubri (e la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni), l’astensione
obbligatoria può essere prorogata fino a sette mesi dopo il parto, con responsabilità
diretta del datore di lavoro.
Anche il padre può usufruire del periodo di astensione post-partum, ma solo in caso
di morte o di grave infermità della madre nonché in caso di abbandono del neonato
o di affidamento esclusivo al padre.
Per ottenere il pagamento dell’indennità prevista a carico dell’INPS nella misura
dell’ 80% della retribuzione, la lavoratrice dovrà presentare all’Istituto l’apposito
modello di richiesta (vedi sotto “certificati medici di gravidanza”).
E’ indispensabile, per una corretta gestione dell’evento maternità sia anticipata che
posticipata, ed al fine di evitare pesanti sanzioni penali, procedere all’esame da
parte del responsabile della sicurezza di quanto previsto nel “documento di
valutazione dei rischi” di cui al D.Lgs. 81/2008 o interpellare comunque il medico
competente. Una recente disposizione legislativa ha stabilito che per il triennio
2013-2015, siano concessi permessi a carico dell’INPS al padre lavoratore: 1
giorno da godere obbligatoriamente – a domanda – nei 5 mesi successivi alla
nascita del figlio; 2 giorni di congedo facoltativo, ma se la madre rinuncia ad un pari
numero di giornate a lei spettanti per congedo obbligatorio.
502 - ASTENSIONE FACOLTATIVA DAL LAVORO PER MATERNITA’
La Legge consente sia al padre che alla madre lavoratori dipendenti, di poter
richiedere anche contemporaneamente, entro il compimento dell’ottavo anno di vita
del bambino, sei mesi ciascuno di astensione facoltativa dal lavoro per un massimo
di 10 mesi complessivi che diventano 11 qualora il padre usufruisca di un congedo
della durata di almeno tre mesi.
Il padre, lavoratore dipendente, può beneficiare dell’astensione facoltativa anche
quando la madre non sia lavoratrice dipendente; inoltre quando vi sia un solo
genitore, sarà questi a poter interamente godere dei 10 mesi totali di astensione
previsti dalla legge.
L’astensione facoltativa è retribuita dall’INPS attraverso il sistema dell’anticipazione
da parte del datore di lavoro e del recupero attraverso il pagamento mensile dei
contributi a mezzo mod. DM/10, così come avviene anche per l’indennità dovuta per
astensione obbligatoria di maternità; è previsto che il pagamento della relativa
indennità corrispondente al 30% della retribuzione avvenga solo per i periodi di
astensione effettuati entro il sesto anno di vita del bambino e per un periodo
complessivo di sei mesi. Qualora il reddito del richiedente non sia superiore a 2,5
volte il trattamento minimo pensionistico, sarà possibile beneficiare dell’indennità
fino all’ottavo anno del figlio.
Si rammenta che ai datori di lavoro con meno di 20 dipendenti, che assumano
lavoratori con contratto a tempo determinato in sostituzione dei dipendenti assenti
per maternità è concesso uno sgravio del 50% dei contributi dovuti per il lavoratore
a tempo determinato; lo sgravio è concesso al massimo fino al compimento di un
anno di vita del bambino.
L’astensione facoltativa è moltiplicata, in caso di parto plurimo, per il numero dei
figli nati.
503 - CERTIFICATI MEDICI DI GRAVIDANZA
E’ posto a carico della lavoratrice, prima dell’inizio dell’astensione obbligatoria,
l’obbligo di presentare all’INPS domanda di indennità di maternità in duplice copia,
completa di certificato di gravidanza compilato dal ginecologo, dal quale risulti la
data presunta del parto (che fa fede per calcolare il periodo di astensione
obbligatoria); copia della domanda con il timbro di presentazione all’INPS, dovrà poi
essere presentata al datore di lavoro.
Dopo la nascita del bambino la lavoratrice dovrà produrre al datore di lavoro, il
certificato di assistenza al parto.
Se la lavoratrice intende usufruire dell’ astensione facoltativa successiva a quella
obbligatoria, dovrà comunicare al datore di lavoro e all’INPS il periodo richiesto
utilizzando esclusivamente l’apposito modulo fornito dall’Istituto.
504 - RIPOSI GIORNALIERI PER ALLATTAMENTO
Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto a periodi di
riposo giornalieri retribuiti (anche cumulabili durante la giornata) con la possibilità di
uscire dall'azienda. Le ore di permesso sono considerate lavorative a tutti gli effetti.
I permessi devono essere accordati per la seguente durata:
1) due ore (due riposi di un'ora ciascuno oppure due ore consecutive) quando
l'orario di lavoro giornaliero sia pari o superiore alle sei ore;
2) un'ora (un solo riposo), se l'orario giornaliero è inferiore a sei ore.
Il diritto ai riposi è riconosciuto anche al padre lavoratore, in base al proprio orario
giornaliero di lavoro, soltanto nei seguenti casi:
- qualora il figlio sia affidato solamente a lui;
- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga per scelta o
perchè appartenente a categoria non avente diritto (ad esempio lavoratrice
domestica e a domicilio);
- qualora la madre non sia lavoratrice dipendente;
- in caso di morte o di grave infermità della madre.
È invece escluso il diritto del padre ai riposi giornalieri quando la madre non svolge
attività lavorativa, fatta salva l'ipotesi di decesso o grave infermità.
In caso di parto plurimo, qualunque sia il numero dei figli nati, i periodi di riposo
sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal padre
indipendentemente dal fatto che la madre stia usufruendo di periodi di astensione
obbligatoria o facoltativa.
Anche in questo caso il pagamento avviene a carico dell’INPS con il sistema di
anticipo da parte del datore di lavoro; è prevista la copertura contributiva per le
assenze a tale titolo.
505 - ASTENSIONE DAL LAVORO IN CASO DI MALATTIA DEL BAMBINO
Entrambi i genitori, in alternativa tra loro e indipendentemente dal fatto che l'altro ne
abbia un suo autonomo diritto, possono fruire di permessi non retribuiti per le
malattie di ciascun figlio. Essi possono assentarsi dal lavoro:
- per tutta la durata della malattia del bambino, fino al compimento dei tre anni di
vita (in questo caso è prevista la contribuzione figurativa);
- nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno per ciascun genitore, per figli di età
compresa tra i tre e gli otto anni.
506 - CONGEDI PER EVENTI PARTICOLARI
Il lavoratore può fruire di permessi retribuiti in caso di documentata grave infermità
o di decesso del coniuge (anche legalmente separato), di un parente entro il
secondo grado (anche non convivente) o di un convivente (se la stabile convivenza
risulta da certificazione anagrafica).
I permessi sono concessi nella misura complessiva di 3 giorni all'anno. Nei giorni di
permesso non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi.
In caso di gravi e documentati motivi familiari il lavoratore può richiedere un periodo
di congedo continuativo o frazionato non superiore a due anni nell’arco di vita
lavorativa del soggetto.
In quest’ultimo caso il lavoratore avrà solo diritto alla conservazione del posto di
lavoro senza alcuna retribuzione e non potrà svolgere nel frattempo alcuna attività
lavorativa, inoltre il periodo non è computato ai fini della copertura previdenziale.
Tutti i lavoratori subordinati che cedono gratuitamente il sangue hanno diritto ad
astenersi dal lavoro per l'intera giornata lavorativa in cui effettuano la donazione,
allo scopo di ripristinare le energie fisiche, percependo la normale retribuzione.
Il datore di lavoro ha diritto ad ottenere il rimborso dall'INPS di quanto anticipato al
lavoratore.
La giornata di riposo è di 24 ore, che decorrono dal momento in cui il lavoratore si è
assentato dal lavoro per compiere la donazione, mentre la retribuzione copre le ore
di lavoro effettivamente non prestate.
Per ottenere il riconoscimento dei permessi retribuiti il lavoratore deve:
a) cedere una quantità di sangue pari ad almeno 250 grammi;
b) effettuare la donazione presso un centro di raccolta o un centro trasfusionale
autorizzato dal ministero della Sanità;
c) consegnare al datore di lavoro una dichiarazione che attesti la cessione gratuita
del sangue e un certificato rilasciato dal medico che ha effettuato il prelievo,
contenente i dati anagrafici del lavoratore, la quantità di sangue prelevata
gratuitamente, il giorno e l'ora.
Tutti i lavoratori dipendenti hanno diritto, in occasione di matrimonio avente validità
civile, ad un congedo retribuito.
La durata del congedo matrimoniale è stabilita dalle disposizioni di Legge in 15
giorni (impiegati) o 8 giorni (operai) di calendario non frazionabili, ma il contratto
collettivo prevede in genere periodi più lunghi per gli operai (normalmente 15
giorni).
Il periodo di godimento del congedo inizia in occasione del matrimonio, ma qualora
per motivi inerenti la produzione aziendale non sia possibile fruirne, tale periodo
deve essere concesso o completato entro 30 giorni successivi al matrimonio.
Durante il congedo matrimoniale il lavoratore ha diritto di percepire la normale
retribuzione e per taluni settori (industria ed artigianato), una quota dell’importo è a
carico dell’INPS, se nei 30 giorni dalla celebrazione il lavoratore produce il
certificato di matrimonio rilasciato dall’ufficio dello stato civile.
600 - APPLICAZIONE DELLE SANZIONI DISCIPLINARI
Conformemente a quanto previsto dall’art. 7 della L. 300/70 (statuto dei lavoratori),
le sanzioni più gravi del richiamo verbale possono essere applicate solo dopo aver
esposto in luogo visibile alle maestranze il codice disciplinare e seguendo la
procedura prevista. Al dipendente dovrà essere contestato l’addebito per scritto
(normalmente per raccomandata A.R. o a mano con firma per ricevuta),
concedendogli cinque giorni (se non disposto diversamente dal CCNL), per fornire
le giustificazioni; se queste non pervengono o sono insufficienti, entro il termine
stabilito dal contratto, dovrà essere applicata la sanzione disciplinare stabilita per
l’infrazione commessa. Ogni procedimento non aderente a quanto precede,
comporta la nullità della sanzione. Il codice disciplinare è reperibile presso il
Professionista/Associazione incaricati.
700 - MODALITA’ DI CORRESPONSIONE DELLA RETRIBUZIONE
La retribuzione va corrisposta al dipendente nei termini previsti dal CCNL o dagli usi
aziendali. Con il pagamento della retribuzione deve essere consegnata al
dipendente la copia del Libro Unico del Lavoro, avendo cura di farsene dare
ricevuta per poter dimostrare di aver ottemperato all’obbligo di consegna.
701 - ALCUNE NOTE IMPORTANTI SUI TRATTAMENTI ECONOMICI, QUELLI
RELATIVI ALLA TRASFERTA, RIMBORSI SPESE E FRINGE BENEFIT
702 - Trasferta
Qualora il lavoratore venga comandato (per esigenze del datore di lavoro)
temporaneamente a svolgere la propria attività al di fuori dal comune in cui ha la
propria sede di lavoro (generalmente la sede dell’azienda), il datore di lavoro potrà
optare per uno dei seguenti modi di rimborsare al lavoratore il disagio e le spese
legate alla trasferta stessa.
Rimborso a piè di lista: il dipendente alla fine della trasferta dovrà predisporre,
anche mensilmente, e sottoscrivere specifica “nota spese” allegando tutti i
giustificativi necessari per il rimborso.
Gli importi erogati al lavoratore, normalmente a mezzo della busta paga, sono
esenti purché la documentazione sia conforme alle disposizioni fiscali vigenti, e
saranno esenti anche i rimborsi spese non documentabili quali le telefonate, le
mance, spese di parcheggio, ecc. per un importo massimo giornaliero di € 15,49 (€
25,82 se all’estero). Il lavoratore, chiedendone il rimborso, dovrà sottoscrivere una
dichiarazione di responsabilità di aver sostenuto tali spese.
Rimborso forfetario: consiste in una indennità prestabilita (verificare il trattamento
previsto dal Contratto Collettivo) che verrà erogata al lavoratore per ogni giorno di
lavoro in trasferta, e nessun altro documento potrà essere acquisito e contabilizzato
come costo dall’azienda, tranne le spese inerenti al viaggio che verranno
rimborsate al dipendente o come indennità chilometrica nei limiti massimi previsti
dalle tariffe ACI o in base ai giustificativi di spesa emessi dal vettore (treno, taxi,
biglietto aereo, ecc.).
L’indennità forfetaria sarà esente da prelievo fiscale e contributivo secondo le
vigenti disposizioni previdenziali e fiscali (armonizzazione) fino a € 46,48 per
trasferte giornaliere in Italia e € 77,47 all’estero.
Rimborso misto: in luogo delle due ipotesi sopra riportate, il datore di lavoro potrà
erogare una indennità forfetaria al dipendente e in più rimborsargli oltre alle spese
di viaggio, anche le spese di vitto e alloggio oppure solo di vitto o di alloggio; in tale
ipotesi dovranno essere osservate tutte le disposizioni previste per le due tipologie
sopra indicate e l’esenzione fiscale in tal caso si riduce di 1/3 in presenza di
rimborso di vitto o alloggio e di 2/3 in presenza di rimborso di vitto e alloggio.
L’azienda che comanda in trasferta il lavoratore dovrà decidere anticipatamente
quale modalità di rimborso utilizzare, tale modalità non sarà modificabile durante la
trasferta e per tutta la sua durata.
Attenzione al fatto che le spese di vitto e alloggio sostenute dal lavoratore in
trasferta possono essere dedotte complessivamente dall’azienda nei limiti di €
180,76 per le trasferte in Italia e € 258,23 per le trasferte all’estero.
Le spese sostenute dal dipendente in trasferta, ma all’interno del comune di lavoro,
vanno totalmente sottoposte a tassazione ad esclusione delle spese di trasporto
comprovate da documenti provenienti dal vettore.
703 - RIMBORSI CHILOMETRICI
I rimborsi chilometrici dati al lavoratore che utilizza il proprio veicolo nel corso della
sua prestazione lavorativa, dovranno sempre essere preventivamente autorizzati
per iscritto e successivamente oggetto di rendiconto periodico da conservare fra i
documenti di spesa dell’azienda.
Tali rimborsi saranno esenti a condizione che vengano effettuati nei limiti delle
tabelle ACI e che siano erogati al lavoratore in corso di trasferta fuori dal territorio
comunale.
I rimborsi dati al lavoratore che utilizza la propria macchina nel territorio comunale
non sono mai esenti.
704 - USO PROMISCUO DELL’AUTO AZIENDALE
Frequente è il caso di uso promiscuo dell’auto aziendale (sia lavorativo che
personale al di fuori dell’orario di lavoro) con l’effetto che al lavoratore venga
assoggettato a imposizione fiscale e previdenziale (costituisce imponibile
previdenziale per il pagamento dei contributi anche per l’azienda) un importo
convenzionale pari al 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza annua di
15.000 Km. (calcolata in base ai costi chilometrici di esercizio desumibili dalle tariffe
ACI), dedotte le cifre eventualmente trattenute al lavoratore.
705 - CONCESSIONE IN USO DELL’ALLOGGIO
La concessione in uso di un alloggio al dipendente, comporta l’aumento
dell’imponibile previdenziale e fiscale, con le relative ritenute a carico del prestatore
ed il versamento contributivo per il datore di lavoro, di una somma pari alla
differenza tra la rendita catastale – aumentata di tutte le spese inerenti al fabbricato
(comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore) – e quanto corrisposto dal
dipendente al datore di lavoro per il godimento dell’immobile. Se vi è obbligo di
dimora (come per i custodi di stabilimento), l’aumento dell’imponibile sarà pari al
30% della predetta somma.
706 - SOMMINISTRAZIONE DI PASTI AI LAVORATORI
La somministrazione di pasti ai lavoratori attraverso mense aziendali o mense
gestite da terzi, o tramite buoni pasto (ticket) o rimborsi dei pasti ai lavoratori è
normalmente esente (per i ticket l’esenzione attuale è di € 5,29 per ogni giornata di
lavoro). A decorrere dal 1.7.2015 è prevista la possibilità di utilizzare i buoni pasto
“elettronici”, innalzando il limite di esenzione da € 5.29 a € 7.00; da segnalare
l’impossibilità di spendere il buono pasto elettronico in misura diversa da quella
giornaliera, come invece possibile con il cartaceo.
707 - EROGAZIONI CONNESSE ALLA PRODUTTIVITA’ E REDDITIVITA’ AZIENDALI
L’attuale normativa prevede che mediante accordi di secondo livello, sottoscritti
dalle OO.SS. dei lavoratori ( e depositati nei 30 giorni successivi alla Direzione
Territoriale del Lavoro) oppure recepiti in base ad accordi territoriali, entrambe
realizzati sulla base di elementi che consentano di conseguire redditività e
produttività aziendali, sia possibile ottenere la parziale decontribuzione degli importi
(25 punti percentuali a carico del datore di lavoro, oltre a tutto quanto è a carico del
lavoratore, nei limiti del 2,25% della retribuzione annuale), mediante richiesta
successiva all’INPS.
708 – BENI E SERVIZI DI MODICO VALORE – Non concorre a formare il reddito il
valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente non superano nel
periodo di imposta € 258,23 (ad esempio la concessione di buoni-benzina, buoni
sconto presso esercizi commerciali, ecc…, che si cumulano però con il valore della
eventuale strenna per le festività che l’azienda potrebbe concedere). Attenzione: in
caso di supero del limite suddetto, l’imponibilità non è sull’eccedenza, ma sull’intero
importo.
800 - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RECESSO
In caso di recesso per dimissioni o risoluzione consensuale, la vigente normativa
prevede che il lavoratore certifichi la propria volontà risolutiva mediante convalida
dell’atto al Centro per l’Impiego, oppure alla D.T.L. (obbligatoria quest’ultima in caso
di dimissioni di lavoratrici nel periodo di gravidanza e dalla lavoratrice / lavoratore
durante i primi tre anni di vita del figlio), oppure mediante sottoscrizione della
comunicazione di cessazione inoltrata al Centro per l’Impiego.
Le aziende che intendano procedere a licenziamenti, devono mettersi in contatto
preventivamente con il Professionista/Associazione incaricati, per ottenere tutte le
informazioni necessarie ad evitare la nullità o l’illegittimità del provvedimento, visto
che per tutte le risoluzioni (tranne pochissimi casi), occorre la giusta causa o il
giustificato motivo di licenziamento; ulteriori adempimenti sono stati portati dalla
recente normativa “Fornero” relativamente ai licenziamenti per giustificato motivo
oggettivo nelle aziende con più di 15 dipendenti.
Poiché gli addetti agli adempimenti devono provvedere a comunicare la cessazione
entro cinque giorni al Centro per l’Impiego, è importante che le notizie, anche
relative alle causali di cessazione, arrivino tempestivamente ( per il Centro per
l’Impiego 100,00 € di sanzione con la diffida obbligatoria).
Sia per il licenziamento che per le dimissioni, inviare agli addetti copia della lettera.
900 - COMUNICAZIONE VARIAZIONI
Rammentiamo al datore di lavoro che dovrà comunicare tempestivamente agli
incaricati tutte le variazioni intervenute non solo nelle lavorazioni (ai fini INAIL e, in
caso di cambiamento di settore anche INPS), ma per tutto quanto concerne ragione
sociale, sede legale ed operativa, apertura di unità locali, variazioni
dell’amministratore/legale rappresentante ed i relativi dati anagrafici, ecc. per poter
effettuare le opportune comunicazioni agli Enti.
Il presente elaborato, anche per l’estrema sinteticità, non riveste carattere di ufficialità; ne è comunque vietata la duplicazione
senza il consenso dell’autore.
Versione 7.0.0 del 29.07.2015
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