l METODOLOGIA Elena Firpo, Laura Sanfelici LI.LO - Lingua Italiana e Lingua di Origine pag. 2 Oriele Orlando Basic English, New-Economy, Diplomazia Culturale e diffusione della lingua e cultura italiana nell’UE Giuseppe Maugeri, Silvia Scolaro Segnali di qualità nell’insegnamento dell’italiano in Cina: un caso esemplare * Sara Lis Ventura Insegnare italiano in Corea: il gioco come arma per far breccia nel silenzio In. » 7 » 17 » 25 l ITALIANO L2 IN ITALIA Luca Di Dio * Un modello «umanistico» per l’inclusione. Parte II: la normativa come risorsa, tra ricchezza ideale e limiti applicativi * » 33 Barbara Gramegna Italiano L2 in Provincia di Bolzano: di cosa stiamo parlando oggi? » 46 » » » » » 55 57 58 60 61 Rivista In.it l LIBRI E RIVISTE – Siena – Itals – Globes – Dante Alighieri – Perugia IT I n d i c e Nr. 31-32 l ITALIANO LS NEL MONDO * I saggi marcati da un asterisco sono stati sottoposti a procedura di referato. LI.LO - Lingua Italiana e Lingua di Origine Metodologia Elena Firpo e Laura Sanfelici In. IT Rivista In.it La realtà della scuola italiana, basata sostanzialmente su un sistema pubblico di istruzione, sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti, dovuti sia alla crisi economica globale, sia all’aumento di classi popolate sempre più da alunni provenienti da paesi non italiani, sia europei ma soprattutto extracomunitari. In base alle ultime elaborazioni pubblicate nel 2014 dal Servizio Statistico del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nelle scuole il numero degli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia ha superato il dato degli alunni stranieri di recente immigrazione (51,7%), dando luogo al fenomeno che lo stesso Ministero ha definito “il sorpasso”. I dati sui risultati scolastici degli alunni stranieri e sulla scelta dell’indirizzo di scuola secondaria di secondo grado, tuttavia, non sono incoraggianti: da un lato evidenziano risultati inferiori a quelli degli studenti italiani, dall’altro mostrano, alla fine del ciclo di scuola secondaria di primo grado, una scarsa propensione verso gli studi a lungo termine. Attualmente gli insegnanti devono integrare nelle loro aule non soltanto alunni di recente immigrazione, che sviluppano rapidamente le abilità di superficie e iniziano a maturare la lingua dello studio, ma soprattutto devono cercare nuove strategie e risorse per promuovere la proficiency scolastica di molti alunni stranieri di seconda generazione che, nonostante siano nati e scolarizzati in Italia, hanno mediamente risultati scolastici non adeguati. Nonostante la politica linguistica italiana ed europea preveda lo sviluppo del bilinguismo e il mantenimento della lingua di origine, è stato rilevato che, laddove la lingua madre non sia adeguatamente compartita, anche lo sviluppo linguistico di una L2 o di una lingua dominante non è armonico (Baker 1993; Cummins 1979). Inoltre, il documento di lavoro della Commissione Results of the consultation on the education of children from a migrant background (5 agosto 2009), oltre a mettere in risalto l’importanza della lingua del paese d’accoglienza, sottolinea il supporto fondamentale che il paese di accoglienza può fornire all’alunno immigrato attraverso il mantenimento della heritage language nel settore educativo. Nella scuola multiculturale e plurilingue devono essere diffuse, in generale alcune consapevolezze e qualche attenzione linguistica e pedagogica (Favaro 2011). I bisogni linguistici in L2, a cui il Ministero fa riferimento con il Piano Nazionale L2 del 2008, non vanno sottovalutati. Potenziare l’apprendimento dell’italiano è necessario, soprattutto, come indica il documento, per i NAI o per coloro inseriti a scuola da meno di due anni. Al tempo stesso c’è però anche la necessità di lavorare sulle competenze orali e scritte nella lingua d’origine. La consapevolezza che la conoscenza della lingua d’origine è un arricchimento e non un ostacolo all’apprendimento della L2 non è un dato scontato. Vi è la necessità di sostenere e rassicurare i genitori immigrati nell’uso della lingua materna con i loro figli. Soprattutto nella prima fase migratoria, infatti, in un’ottica assimilazionista, alle famiglie veniva caldamente raccomandato l’uso dell’italiano in casa. La necessità è quella di avvicinare politiche educative e mondo della scuola, perché non di rado sussiste uno scollamento fra la norma e la pratica scolastica. E’ op- portuno implementare la comunicazione e collaborazione tra scuola e territorio. Sarà così possibile arrivare alla costruzione di una comunità scolastica più aperta, da un lato, e dall’altro di una società più attenta ai bisogni educativi che non devono essere delegati soltanto alla scuola. In .IT 1. Il progetto LI.LO Queste premesse hanno portato all’elaborazione del progetto LI.LO, acronimo di Lingua Italiana e Lingua di Origine, rivolto agli alunni di lingua d’origine ispanofona della scuola secondaria di primo grado. Nello screening iniziale, per quanto riguarda l’aspetto linguistico, si è appurato che le medie degli studenti italiani sono superiori a quelle degli alunni ispanofoni di seconda generazione. Per questi ultimi, però, l’italiano dello studio è la lingua nella quale la performance è più alta. I punti di maggiore criticità emergono nelle abilità di comprensione in lingua spagnola ma soprattutto nella sezione uso della lingua in spagnolo e, più precisamente, nella parte di produzione scritta. Questo dato supporta l’ipotesi che negli studenti in oggetto non vi sia un bilinguismo bilanciato, ma che la lingua di origine sia usata soltanto nella sfera familiare e che non vi sia academic proficiency. Dopo un’attenta analisi delle biografie linguistiche e dei bisogni linguistico-comunicativi di ciascun alunno tramite un questionario di screening e analisi dai dati il progetto è proseguito con la creazione di un corso rivolto alle lingue di studio (italiano e spagnolo). Il corso ha come obiettivo lo sviluppo, attraverso l’uso delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), di quella che nella letteratura specializzata è definita Cognitive Academic Language Proficiency (CALP). Per CALP si intende l’abilità di manipolare la lingua e i concetti più astratti in modo sofisticato, generalmente in un contesto accademico e di studio (Cummins 1979). La CALP, quindi, è l’abilità di pensare e di usare la lingua come strumento per l’apprendimento. Lo scopo principale del corso è sviluppare abilità linguistiche e cognitive in entrambe le lingue. L’obiettivo secondario è quello di sviluppare quelle competenze informatiche che risultano lacunose nell’ambito dello studio, ma che gli studenti desiderano imparare. La metodologia adottata per il corso è la modalità blended, dove la parte a distanza è svolta sia attraverso l’uso di una piattaforma didattica, sia attraverso l’utilizzo di programmi liberi fruibili in rete e adatti per la didattica e quella in presenza è svolta in laboratorio informatico. 2. LI.LO e l’approccio lessicale Avendo rilevato che il punto di forza degli studenti in entrambe le lingue riguardava la sezione del test dedicato ai Linguaggi, si è deciso di utilizzare l’approccio lessicale come riferimento teorico/metodologico (Lewis 1993; Lewis 1997). Come afferma Cardona (2009), nel caso invece dell’apprendimento di chunks, si crea la necessità di adottare il paradigma osservare/ipotizzare/sperimentare. Nel caso di LI.LO, partendo dall’osservazione dei chunks presenti in un testo di tipo disciplinare è possibile, attraverso tecniche induttive, comprendere la struttura, il funzionamento e, contemporaneamente sviluppare strategie cognitive rivolte in un primo momento alla comprensione del testo e, in un secondo momento, alla rielaborazione dei concetti e dei contenuti, con l’obiettivo di sviluppare l’abilità di produzione scritta. In tal modo si creano le condizioni non solo per la loro acquisizione, ma soprattutto per il loro riutiliz- Rivista In.it In IT .IT zo in fase produttiva. Giovanni Freddi (2003) propone un corpus di strategie e attività didattiche riprese da Serra Borneto. Tali strategie di processazione del lessico sono: strategie di ripetizione, strategie di elaborazione, strategie di strutturazione. Si espone sinteticamente di seguito come queste sono state applicate al progetto LI.LO. 3. Strategie di ripetizione Si tratta fondamentalmente di imparare vocaboli a memoria e/o ripetere i vocaboli a voce alta. In LI.LO questo procedimento meccanico è stato preceduto da esercizi di tipo fonetico con l’obiettivo di disambiguare i suoni nelle due lingue, soprattutto quelli più difficili (c, g, j ecc.). Una volta individuati i suoni, agli alunni sono stati proposti esercizi di dettato fonetico e di ripetizione ad alta voce di vocaboli. Questi esercizi sono stati propedeutici alle attività di produzione scritta. 4. Strategie di elaborazione Rivista In.it Consistono nella manipolazione del materiale da apprendere in modo da coinvolgere l’aspetto cognitivo del discente. Le strategie di elaborazione richiedono la partecipazione attiva dello studente. Nel progetto LI.LO, per portare gli alunni a espletare determinate operazioni mentali utili all’integrazione della struttura cognitiva, sono stati creati esercizi ad hoc quali: - Esercizi di associazione (immagine/parola; parola/significato; campi semantici). - Esercizi di contestualizzazione (cloze, ricostruzione di testi). - Esercizi di confronto e contrasto (trovare i sinonimi o i contrari, confronto interlinguistico fra l’italiano e la lingua d’origine. Il confronto viene effettuato attraverso il metodo contrastivo che implica distinguere, separare gli oggetti e il lessico nella memoria. Per far ciò le due lingue, inizialmente, non vengono presentate contemporaneamente. Solo in un secondo momento, nella fase di sintesi, le lingue vengono messe a confronto). - Esercizi di visualizzazione (uso di video, immagini legate a concetti e parole chiave). 5. Strategie di strutturazione Sono utili per organizzare, sistematizzare e strutturare i significati secondo vari criteri. In LI.LO sono state svolte le seguenti attività: - Le mappe concettuali sono state utilizzate per individuare e strutturare i concetti in maniera gerarchica e per fornire ai discenti non solo competenze linguistiche ma anche abilità di studio. - Costruzione di campi semantici e/o raggruppamento di parole secondo caratteri semantici. Questi esercizi sono stati molto utili come attività propedeutiche per impostare l’attività di produzione scritta. - Esercizi di contestualizzazione del lessico appreso. Per svolgere un’attività di breve produzione scritta, uso della lingua e rielaborazione del lessico appreso, è stato utilizzato un programma di cartoni animati. 6. LI.LO e CLIL: convergenze e divergenze All’interno del corso LI.LO la metodologia CLIL è stata molto utile e ha fornito indicazioni fondamentali. Nonostante ciò tra LI.LO e CLIL vi sono alcune convergenze ma anche divergenze. Fra le convergenze tra LI.LO. e CLIL si riscontra l’attenzione al content integrated learning. Inoltre è costante l’attenzione al lessico disciplinare, all’approccio comunicativo, alla consapevolezza interculturale, al confronto con le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione). Un altro punto di convergenza è la sinergia con la programmazione curricolare. Sono stati coinvolti gli insegnanti dei diversi consigli di classe che hanno fornito indicazioni sullo svolgimento del programma. Si è pertanto cercato di creare materiali inerenti ai contenuti disciplinari rispettando la tempistica della programmazione curricolare. La maggior divergenza risiede nella natura che per questi ragazzi riveste lo spagnolo: non stiamo più parlando dello studio di una Lingua Straniera ma di una lingua d’origine, di cui posseggono le surface skills ma non le abilità dello studio, sia come lessico sia come variante diafasica in base al contesto comunicativo. Nella produzione orale tendono a usare i sentence frames or heads (Lewis 1993), cioè le frasi per strutturare il testo, dell’italiano. La produzione scritta è quasi totalmente assente, anche per le BICS, ovvero le Basic Interpersonal Communicative Skills (Cummins 1979). La divergenza maggiore tra LI.LO e CLIL è il lavoro in parallelo su uno stesso argomento nelle due lingue. In ambiente LI.LO la stessa lezione è proposta sia in italiano che in spagnolo, ed è per questo che si è ritenuto idoneo un approccio di tipo contrastivo. E’ opportuno sottolineare che gli studenti di LI.LO non hanno mai studiato spagnolo come lingua straniera nel contesto scolastico italiano. In .IT Rivista In.it 7. Conclusioni I risultati quantitativi dell’analisi della seconda fase hanno evidenziato che il corso LI.LO è stato utile per sviluppare la lingua dello studio nelle abilità di comprensione in entrambe le lingue e nelle abilità di uso della lingua, specialmente nella lingua italiana. Dall’ analisi qualitativa sono emersi spunti interessanti. Innanzitutto gli studenti che hanno partecipato al corso hanno espresso una valutazione positiva sia degli apprendimenti che dell’insegnamento. All’interno del gruppo è aumentata la consapevolezza sul funzionamento delle due lingue, sul valore del proprio bilinguismo e sull’autostima. Uno degli obiettivi principali del docente è quello di motivare prima ancora di insegnare: senza motivazione, non si potrà certamente compiere fino in fondo l’iter di acquisizione linguistica, poiché è l’interesse dello studente che esercita in primo luogo la spinta per il processo cognitivo (Calvi 1995). In IT .IT Bibliografia Baker, C., 1993, Foundations of Bilingual Education and Bilingualism. Clevedon, England, Multilingual Matters. Calvi M., 1995, Didattica di lingue affini. Spagnolo e Italiano, Milano, Guerini. C������ ummins, J.,1979, “Cognitive/academic language proficiency, linguistic interdependence, the optimum age question and some other matters”, in Working Papers on Bilingualism, n. 19, 121-129 Favaro, G. 2011, A scuola nessuno è straniero. Firenze, Giunti. Freddi, G. 2003. “Il lexical approach nel quadro della glottodidattica contemporanea”, RILA, n. 1,2, Bulzoni, Roma. Lewis, M., 1993, The Lexical Approach, Hove, Language Teaching Publications. Lewis, M., 1997, Implementing the Lexical Approach, Hove, Language Teaching Publications. Sitografia Rivista In.it Commission of European Communities, (2009) Results of the consultation on the education of children from a migrant background, reperibile su http://www.europarl.europa.eu/RegData/docs_autres_institutions/commission_europeenne/sec/2009/1115/ COM_SEC%282009%291115_EN.pdf ultima consultazione 23/01/2015. Cardona, M., 2009, L’insegnamento e apprendimento del lessico in ambiente CLIL. Il CLIL e l’approccio lessicale. Alcune riflessioni, in Studi di Glottodidattica, n. 2, reperibile su http://www.unifg.it/sites/default/files/allegatiparagrafo/20-01-2014/ cardona_lapprendimento_del_lessico_in_clil.pdf ultima consultazione 23/01/2015. Guerra Edizioni Edel srl - Perugia Via A. Manna, 25 - 06132 Perugia (Italia) Tel. + 39 075 5289090 Fax + 39 075 5288244 e-mail info@guerra edizioni.com www.guerraedizioni.com The reflections displayed revolve around the concepts that make up the title. They clarify the importance given to multilingualism in European documents, which put multilingual and multicultural education competences as an essential component to citizenship, a basic element of language policy in most documents of the European Council, in a perspective that is proper: the defense of rights and the creation of foundations for a renewed and sustained dialogue among people through the developing of mutual knowledge of languages by recognizing and protecting the rights of speakers of European languages. In the next step the concept of multilingualism and the principles stated in documents opposed to the proactive policies of recent years will be illustrated and how they have damaged the promotion of the Italian language, even for the MAE (Ministry of Foreign Affairs) policies, with the subsequent announcement of the closure of the Departments of Italian studies of the Universities of Barcelona and of Saarland. 1. Le politiche linguistiche dell’Unione Europea Le politiche linguistiche dell’UE si sviluppano all’interno del quadro di riferimento dell’European Cultural Convention del 1954, ratificata da 49 Stati e finalizzata alla promozione della diversità linguistica e all’apprendimento linguistico. Politiche trattate sin da subito in stretta relazione con i fenomeni politici, economici, sociali e culturali perché legati alla mobilità dei cittadini al fine di costituire l’identità comune europea declamata nei documenti. Alle lingue si riconosce un ruolo rilevante nella crescita cognitiva e psicologica degli individui considerate una delle componenti di identità collettiva e individuale. Assunzione di base è il riconoscimento dell’esistenza in Europa di una varietà di lingue, come celebra Hagège nella nota definizione, quando descrive l’Europa come “un humus di idiomi innumerevoli, diversi, aggrovigliati lungo la storia caotica degli uomini”. Nasce il bisogno di interventi specifici affinché i sistemi scolastici e formativi e gli strumenti di educazione linguistica tengano conto di questa diversità che è linguistica e culturale. Vengono promossi continui progetti di ricerca e avviate una serie di riflessioni e sperimentazioni sistematiche riguardanti l’apprendimento e l’insegna- L’ITLAIANO LS NEL MONDO Abstract – Le riflessioni esposte gravitano attorno ai concetti che ne compongono il titolo. In via preliminare si chiarisce l’importanza attribuita al plurilinguismo nei documenti europei tanto da porre la competenza plurilingue e pluriculturale come componente essenziale dell’educazione alla cittadinanza, un elemento di base delle politiche linguistiche nei documenti del Consiglio d’Europa in un’ottica che gli è propria: la difesa dei diritti e il voler creare le basi per un rinnovato e duraturo dialogo tra i popoli attraverso lo sviluppo della conoscenza reciproca delle lingue riconoscendo e salvaguardando i diritti dei parlanti delle diverse lingue europee. Sarà in secondo luogo illustrato quanto al concetto di plurilinguismo e ai principi ribaditi a più riprese dai documenti si contrappongano le fattive politiche degli ultimi anni che danneggiano la promozione della lingua italiana, anche per le politiche del MAE, con il conseguente annuncio della chiusura dei Dipartimenti di Italianistica delle università di Barcellona e del Saarland. Rivista In.it IT Oriele Orlando Basic English, New-Economy, Diplomazia Culturale e diffusione della lingua e cultura italiana nell’UE .IT In. L’italiano LS nel mondo In In IT .IT Rivista In.it mento delle lingue a livello europeo proprio per consentire la costruzione dell’identità europea. Non a caso nel processo di unificazione e integrazione europea la sfida è proprio quella di integrare la valorizzazione della varietà sorprendente di lingue, culture, tradizioni, storia, organizzazioni, istituzioni ed esaltare i valori storici, linguistici, ambientali comuni. Nonostante questa prospettiva, il significato del plurilinguismo e di conseguenza l’importanza cruciale della valorizzazione e del mantenimento dei patrimoni linguistici è un dibattito che sembra essere stato rimosso o assunto da una minoranza di docenti e studiosi. I riferimenti legislativi, le dichiarazioni di principio e gli orientamenti espressi nei documenti, non sono adeguatamente realizzati, si accusa dunque un significativo ritardo nel tradurre le linee guida della normativa in misure concrete di valorizzazione e di mantenimento dei repertori presenti in UE. Fattori diversi, vincoli e limiti di varia natura – culturali, politici e sociali, finanziari ed organizzativi – si intersecano e mettono in evidenza come l’alfabetizzazione e o la salvaguardia delle diverse L1, lingue spesso ignorate se non svalorizzate, sia un processo complesso che richiede un investimento progettuale e sistemico a medio e lungo termine. Abitare le parole della lingue materne resta quindi una sfida complessa e plurale per l’Europa. Se si desidera completare il processo di democrazia tra i Paesi dell’UE, tendere concretamente verso l’unità politica e la crescita dei livelli di istruzione è necessario che si continui a costruire la comunanza di lingua, condizione fondante di vita della pólis come ci ricorda nella sua ultima fatica Tullio De Mauro in cui affronta cronologie, mutamenti, contaminazioni, aspetti geopolitici. Lo studioso riconosce che l’Europa è storicamente un’entità multilingue, che la questione della lingua nell’UE non riguarda solo gli aspetti istituzionali e burocratici, bensì è una questione di democrazia, essendo difficile costruire una comunità politica democratica se i suoi cittadini non dispongono di una lingua comune, ribadendo quanto già da tempo in più occasioni ha affermato, vale a dire che la questione linguistica è un problema che riguarda la cultura e che investe l’istruzione, mentre gli Stati e l’Europa nel suo insieme se ne disinteressano totalmente. Ambendo creare concretamente la federazione di Stati, bisogna che ci sia quindi un terreno linguistico comune partendo dalla prossimità grammaticale e lessicale e da quel fondo di vocabolario comune individuato dal linguista francese Antoine Meillet e che deriva in gran parte dal latino e dal greco. 2. Diplomazia Culturale del Ministero degli Affari Esteri e Identità Nazionale Jean Monet, padre dell’unificazione dell’Europa, negli anni ‘60 affermò che, se fosse stato possibile ricominciare il processo di integrazione dell’Europa, avrebbe preferito ripartire dalla cultura, piuttosto che dal carbone e dall’acciaio. Si era reso conto che quello culturale era il primo e principale collante, capace di facilitare e favorire l’integrazione fra i popoli. Non a caso i fattori che determinano ed impongono ad uno Stato moderno la necessità di avere e attuare con tempismo e con mezzi adeguati la politica estera sono tanti e vari, tra questi è ineludibile e necessario considerare la cultura come uno dei fattori determinanti, assieme a quello geo-politico, economico e militare, della politica estera che può e deve svolgere un Paese. Infatti la dimensione culturale e quella della ricerca scientifica costituiscono una componente fondamentale della politica estera di ogni Paese. L’impiego di risorse in questi ambiti rappresenta un investimento perché può dare risultati ben superiori all’entità degli esborsi e recare beneficio al Paese nel suo complesso, non solo in termini di immagine, ma anche di specifici e concreti interessi economici. La Repubblica italiana promuove la diffusione all’estero della cultura e della lingua italiana, per contribuire allo sviluppo della reciproca conoscenza e della cooperazione culturale fra i popoli, nel quadro dei rapporti che l’Italia intrattiene con gli altri Stati. Il Ministero degli Affari Esteri è organo di attuazione della politica estera e può essere descritto come un’azienda erogatrice di una vastissima gamma di servizi, produttrice di valore aggiunto sociale e depositaria della protezione e promozione degli interessi dell’Italia nel Mondo, cura i rapporti con gli altri Stati e con le Organizzazioni Internazionali e Sovranazionali oltre che sovrintendere all’attività consolare e diplomatica. Sul piano multilaterale, il Ministero opera attivamente nell’UE per la realizzazione della dimensione culturale e dell’istruzione su scala anche sovranazionale, nel Consiglio d’Europa e in seno all’UNESCO per la diffusione dell’educazione, della cultura e delle scienze nel mondo. All’interno della struttura del MAE, opera la Direzione Generale per la Promozione e Cooperazione che ha il compito di promuovere la cultura e la lingua italiana nel mondo quale parte integrante della politica estera del MAE. Particolare importanza rivestono anche i Lettorati presso Università straniere ed i Dipartimenti di italianistica all’interno di Università straniere e l’Italian Academy di New York. In .IT 2.1 La promozione della lingua italiana Il percorso della promozione della lingua italiana nel mondo è stato lungo e impervio, pieno di perigli come scriverebbero Ariosto, Tasso e Manzoni. Già dal Medioevo, l’eloquenza del volgare italiano riscuote rispettabilità fuori dai confini della penisola, principalmente nelle cerchie elitarie della società, quelle che potevano studiare, leggere la letteratura, apprezzare, finanziare l’arte e la musica. Ciononostante la maggior diffusione della lingua e della cultura italiana è avvenuta in tempi relativamente recenti. I più grandi ambasciatori sono stati, in modo inconsapevole, i 27 milioni di italiani che emigrarono in tutto il mondo. I numeri di emigrati che a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento si distribuì, nell’arco di un secolo, prevalentemente tra l’Europa, le Americhe e l’Australia, alla ricerca di un lavoro che le condizioni indigenti dell’Italia non potevano offrire, sono paragonati dagli storici a quelli dei caduti di una guerra. Gramsci parlò addirittura di emorragia sociale. Nel bene e nel male sono stati loro che hanno diffuso la nostra cultura, i dialetti, l’italiano. Tuttavia, “a questo insieme di fattori positivi ai fini dell’espansione dell’italiano nel mondo non corrisponde un’azione organica di sostegno da parte dello Stato italiano.” Concetto parafrasato dall’Art. 2 della legge del 22 dicembre 1990, n. 401. L’attività Culturale della DGPC si realizza attraverso: gli accordi di collaborazione culturale e scientifica; rilancio della cooperazione scientifica e tecnologica tramite gli uffici degli addetti scientifici presso le Ambasciate; realizzazione ad opera degli Istituti Italiani di Cultura di grandi manifestazioni che promuovono l’Italia, il patrimonio dell’arte, dello spettacolo e dell’industria culturale; collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività culturali, con il Dipartimento per lo Spettacolo del Consiglio dei Ministri, con Istituti e Accademie, per il potenziamento dei servizi della rete diplomatica e contribuisce alla diffusione della cultura italiana oltre a sostenere le missioni archeologiche italiane all’estero e al recupero delle opere d’arte trafugate o esportate illecitamente; diffusione della lingua italiana attraverso le scuole sia italiane che straniere con sezioni italiane all’estero, nonché con corsi di lingua e cultura italiana all’estero. Su richiesta di un’utenza italiana ormai stabilizzata, viene inoltre perseguita, in contatto con le autorità locali, l’istituzione di sezioni bilingue nelle Scuole straniere e di sezioni di italianistica nelle Università. � Rivista In.it In IT .IT 10 Rivista In.it Le istituzioni si sono occupate della difesa e diffusione dell’Italiano in tempi recenti, contrariamente ai modelli e alle politiche culturali di altri Paesi. Nel 1999 il Ministero degli Affari Esteri commissiona una nuova indagine, diretta da Tullio De Mauro, sullo stato della lingua italiana nel mondo, dopo quella degli anni Settanta realizzata da Baldelli. Il confronto tra le indagini rileva differenze sostanziali. Differenze dovute ai cambiamenti sociali ed economici di cui l’Italia è stata protagonista nei decenni esaminati. Dal 1995 al 2000 gli studenti che fuori dal patrio suol hanno studiato la lingua italiana sono aumentati di circa il 40%, e inevitabilmente è cresciuta l’offerta formativa nella maggior parte degli Istituti Italiani di Cultura. La ricerca ha inoltre evidenziato che i motivi che hanno spinto le persone a studiare l’italiano sono professionali, un apprendimento strumentale quindi, spendibile in ambito lavorativo, oltre alle motivazioni personali, culturali. Motivi culturali che ben descrivono lo stretto rapporto della nostra lingua con la sua storia e la sua cultura. Nel mercato globalizzato, nonostante l’impari concorrenza di una lingua veicolare quale l’inglese, e di spagnolo, francese e tedesco, l’italiano si colloca tra le prime cinque lingue più studiate al mondo soprattutto come seconda, terza, o quarta LS. Nella giornata REI del 1 Dicembre 2014 il Presidente Onorario della Crusca ha ricordato che l’Italiano nel mondo globalizzato e in Europa ha 5 milioni di connazionali all’estero con passaporto (nessun Paese europeo ha tanti cittadini espatriati) ed 80 milioni gli italo discendenti. La seconda diaspora mondiale, dopo quella cinese. Sono molti i segnali della presenza dell’italiano nel mondo e in Europa, ma manca la capacità di utilizzare il caso italiano nel quadro del multilinguismo, in quanto lingua minacciata, per coagulare le alleanze tra le lingue altre dall’inglese. La vitalità di tante lingue, portatrici di ricchezze enormi, rischia di essere appiattita a discapito perfino della lingua che se ne avvantaggia. La società inglese, infatti, comincia ad avvertire il danno derivante dal non conoscere altre lingue. L’uso persistente ed esclusivo di una lingua veicolare rischia di isolare le èlite e dar luogo a un nuovo medioevo. La teoria sociolinguistica ha dimostrato che nessuna lingua è intrinsecamente superiore alle altre, ma ciascun codice possiede un’assoluta efficienza rispetto alle esigenze comunicative della comunità di parlanti che lo utilizza; attraverso la lingua i parlanti non si limitano a trasmettere messaggi di contenuti referenziali, ma elaborano identità sociali. La lingua “codifica nel suo lessico, nelle strutture grammaticali le esperienze storiche del gruppo, i valori in cui si riconosce, i suoi schemi del vivere e del pensare, i modelli culturali, insomma, che segnano e dirigono il suo cammino nella storia,” la lingua materna è quella con cui impariamo ad orientarci nel mondo, innerva la nostra vita psicologica, i nostri ricordi, le associazioni, gli schemi mentali. Essa apre le vie al con-sentire con gli altri e le altre che la parlano ed è dunque la trama della nostra vita sociale e di relazione, la trama, invisibile e forte, dell’identità di gruppo. Il titolo della pubblicazione è: Italiano 2000. I pubblici e le motivazioni dell’italiano diffuso fra stranieri. In occasione del Semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, si è svolta a Roma il 1 dicembre, presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, con il patrocinio della Camera dei Deputati, la XV Giornata della REI (Rete per l’eccellenza dell’italiano istituzionale. Titolo della Giornata, presieduta dal prof. Francesco Sabatini, presidente emerito dell’Accademia della Crusca e presidente onorario del Comitato scientifico della REI: “L’italiano nel mondo globalizzato: quale presente e quale futuro? La prospettiva europea”). Le Giornate, che si svolgono in genere a Roma, Bruxelles o Lussemburgo, sono dedicate alla riflessione su un argomento centrale, dalla qualità dei testi normativi alle novità del Trattato di Lisbona, alle differenze di genere nell’italiano delle istituzioni. 3. La lingua ci fa diversi. Gli studi di Italianistica che si vogliono cancellare nel Saarland e all’università di Barcellona Potrei cominciare così, rovesciando l’esortazione programmatica di don Milani questo paragrafo. Mentre ero ancora indecisa nello scrivere le prime battute di questo articolo la mia attenzione è stata catturata dalle notizie riportate su i siti dell’Accademia della Crusca e dell’ASLI. Il 18 Dicembre c’è stata persino un’interrogazione al Parlamento italiano riguardo all’annunciata riforma dell’ateneo di Saarbrücken. Chiusura deliberata dalle autorità regionali tedesche e rischia di compromettere l’esistenza di un presidio di eccellenza della cultura italiana all’estero. Siamo in Germania, nel Saarland e stante ai piani di riorganizzazione presentati dal governo di grande coalizione si chiede all’università di sviluppare il carattere europeo e di accentuare l’internazionalizzazione della propria offerta formativa, facendo leva tra l’altro sulla posizione geografica della città che è situata nella periferia occidentale della Germania, nel cuore dell’Europa, a due passi dal Lussemburgo e da Strasburgo. L’attuale pianificazione economica dell’Università del Saarland – Saarbrücken - prevede la completa scomparsa dell’Italianistica dai programmi accademici: allo stato attuale non si intende rinnovare né la cattedra di letteratura, né quella di linguistica. Eliminando l’italiano dai corsi di laurea in Romanistica nonché dai corsi di laurea in Linguistica e Letteratura comparata e Traduzione, l’italiano non sarà più presente in alcun corso di laurea dell‘Università del Saarland. I tagli andranno a colpire un Dipartimento di Italianistica fra i più noti, che lo Stato italiano ha sostenuto per decenni caricandosi i costi dei lettori di lingua e cultura italiana e dove sin dal 1979, si redige il LEI, il dizionario del Lessico Etimologico Italiano finanziato dall’Accademia delle Scienze di Magonza. È in questa struttura che fanno ricerca tre membri dell’Accademia Nazionale dei Lincei di Roma e soci stranieri dell’Accademia della Crusca: il fondatore e direttore del LEI Prof. Max Pfister, il codirettore e attuale titolare della cattedra di linguistica romanza Prof. Wolfgang Schweickard e il dantista e petrarchista Prof. Karlheinz Stierle. Nel Dipartimento di Italianistica di Saarbrücken si avvicendano da anni studiosi provenienti da tutti gli atenei italiani, grandi nomi della linguistica italiana, giovani ricercatori che approfondiscono le ricerche nei cantieri del LEI. I progetti di ricerca da decenni portati avanti nella città saarlandese - oltre al LEI sono da citare, fra gli altri, il Deonomasticon Italicum e il Dictionnaire Étymologique Roman - vengono realizzati in stretta collaborazione con i colleghi italiani. Ambiti di ricerca affiancati da una vasta offerta didattica. Il Dipartimento offre, infatti in collaborazione con il Centro Linguistico di Interfacoltà, diversi corsi di lingua e cultura italiana per studenti di altre facoltà e affianca l’attività di docenza dell’Istituto per traduttori ed interpreti dell’Università del Saarland. Ma sono destinati a cessare i corsi di laurea in italiano, la formazione degli insegnanti di italiano, il corso di laurea in traduzione. Morirà anche, nel medio termine, l’italiano nelle scuole. Tutto questo in un Land in cui i 18.000 italiani residenti rappresentano la prima comunità straniera. Muore un centro di eccellenza, che tra l’altro ha portato alla stessa università del Saarland finanziamenti esterni di svariati milioni di euro. Progetto avviato nel 1979 per la stesura del dizionario etimologico italiano il LEI (Lessico Etimologico Italiano) appunto. � In .IT 11 Rivista In.it In .IT 12 Rivista In.it 3.1 Articolo 10: Tutte le comunità linguistiche sono eguali in diritto. La notizia di quanto sta per accadere a Saarbrücken è stato denunciata dalle pagine di Facebook dell’Accademia della Crusca che nel mese di Luglio 2014 ha anche lanciato una petizione per evitare la chiusura del Dipartimento, senza che cambiasse nulla nei fatti. Ma è veramente solo una questione di fondi del Land tedesco? Se così fosse allora sarebbe una ben singolare coincidenza che anche presso l’università di Barcellona. si vuole chiudere il Dipartimento di Italianistica come denuncia la lettera pubblicata sul sito dell’ASLI a firma di: Accademia della Crusca, ASLI, SIFR, SLI e l’AItLA. Per Barcellona si intende chiudere il Dipartimento di Studi romanzi, pertanto si elimineranno i corsi di Filologia Romanza, di Italiano e Portoghese in barba al pluralismo linguistico tanto proclamato. Eppure in difesa delle lingue nazionali è nata una Federazione! Certo al di là di facili e superficiali critiche i vantaggi dell’essere parte dell’UE sono innegabili, ma allo stesso tempo le considerazioni che quanto si vuole far accadere di una Unione con una sola moneta e una sola lingua desta preoccupazioni. È legittimo chiedersi se sia giusto che la lingua veicolare per eccellenza, l’inglese, si imponga a scapito di quelle nazionali che hanno un portato culturale che non deve e non può essere perso. La situazione che purtroppo si sta delineando è talmente critica al punto che le Accademie e i Centri di ricerca di 15 Paesi europei si sono riuniti in un organismo sovranazionale con l’obiettivo di difendere il plurilinguismo europeo. Il nome dell’organismo istituito è Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali, e per l’Italia ne fanno parte l’Accademia della Crusca e l’Opera del Vocabolario Italiano del Cnr. Il primo atto ufficiale della Federazione è stata la stesura di un documento: la Carta di Mannheim, presentata ai Capi di Stato di tutti i Paesi membri. Il documento traccia le linee fondamentali di politica linguistica che devono essere adottate per difendere un futuro europeo plurilinguistico. In esso viene sì riconosciuto la presenza di una lingua mondiale che si sta sempre più affiancando alle lingue nazionali per funzioni politiche e scientifiche, ma al tempo stesso si è respinta l’idea di una gerarchia tra le lingue europee, perché come sottolineato dal professor Francesco Sabatini non esiste una seconda, una terza o una quarta lingua europea più importante dato che ciò comporterebbe la fine delle lingue nazionali. Tra le raccomandazioni enunciate nella Carta è previsto l’insegnamento di almeno due lingue straniere europee a partire al più tardi dalle scuole elementari. La seconda lingua, definita dallo scrittore Amin Maalouf la lingua del cuore, deve essere scelta senza imposizioni gerarchiche. L’apprendimento di una terza lingua, scelta liberamente, sostiene Sabatini, potrà garantire quella dinamicità che è la condizione perché una lingua resti viva. Nel frattempo l’UE politica-economica ha riproposto che le lingue di lavoro siano: inglese, francese, tedesco, spagnolo. Gli studiosi costituenti la Federazione hanno invece richiesto che la lingua di lavoro debba essere una, l’inglese, oppure tutte. Il rischio è che nell’Europa unita si potrebbe verificare una restrizione di ambito d’uso delle lingue nazionali e una progressiva dialettizzazione delle lingue nazionali che, Dichiarazione Universale sui Diritti Linguistici di Barcellona: http://www.unesco.org/ cpp/uk/declarations/linguistic.pdf. Cfr.: http://www.storiadellalinguaitaliana.it/sites/default/files/ramirezisarrio.pdf. � Cfr.: http://www.accademiadellacrusca.it/it/attivita/europa-plurilingue. È possibile leggere il documento all’url: http://www.accademiadellacrusca.it/it/attivit/ multilinguismo/testo-raccomandazioni-mannheim. � con il tempo, finirebbero per essere circoscritte all’ambito familiare. Per quanto riguarda la nostra lingua le situazioni delineate chiamano in causa da un lato le contraddizioni tra i documenti prodotti dall’UE e dall’altro le poco avvedute politiche culturali dell’Italia dall’altro. Intanto la direzione generale per le Risorse e l’Innovazione del ministero degli Affari Esteri, mesi addietro ha annunciato che si intende riorganizzare la rete estera e il ruolo delle ambasciate; è stata comunicata la chiusura di 32 sedi tra Ambasciate, Consolati, Sportelli Consolari e Istituti Italiani di Cultura oltre a quelle già chiuse. Eppure nell’ambito della prima riunione dei Direttori degli Istituti Italiani di Cultura, tenutasi a Roma il 27 Luglio 2000, l’allora Ministro degli Affari Esteri ha sottolineato: In .IT Da alcuni anni è stata coniata l’espressione Diplomazia Culturale: si tratta di un’espressione particolarmente felice che definisce con chiarezza quello che è ormai divenuto uno strumento di politica estera (...) sottolineare come la promozione di un’immagine integrata del Sistema Italia rispondesse, soprattutto se considerata in relazione alla proiezione esterna, ad una visibile necessità. Necessità che a sua volta discende dallo stretto legame, sempre più visibile, della cultura con l’economia e la politica estera10. rimarcando come la cultura debba divenire “un elemento portante della politica estera.11” La promozione culturale può espletare un ruolo effettivo e determinante nel più vasto contesto delle relazioni bilaterali fra l’Italia e gli altri Paesi e può essere altresì, per sua natura, coerente alla diplomazia. È possibile e lecito pertanto parlare di una vera e propria Diplomazia Culturale che diventa parte inscindibile della politica estera, considerando la cultura nel senso antropologico, ossia in maniera in cui una determinata popolazione, in un certo momento della sua storia e del suo divenire, realizza la propria idea di civiltà e instaura nei confronti degli altri fuori dal gruppo un proprio sistema originale di tradizioni, di pensiero e di valori, come ci ricorda tra gli altri Zygmunt Baumann. Diplomazia Culturale da intendersi quindi come piano d’azione del Ministero che integra strategia, linee programmatiche e strumenti in una visione unitaria delle tre grandi linee di intervento della nostra azione: quella della lingua, della cultura e della ricerca scientifica. Considerando lo straordinario patrimonio culturale e le potenzialità intellettuali che l’Italia può permettersi di proiettare nel mondo, esse diventano strumento privilegiato di politica estera, non solo per il valore insostituibile dello scambio culturale come veicolo di contatto e di dialogo, ma anche e soprattutto, sottolineerei, per le ricadute di grande portata sul piano economico, politico e, più in generale, dell’immagine del Paese. La cultura sembra oggi assumere sempre maggiore importanza nel dibattito politico e l’azione di promozione e diffusione della nostra cultura necessita un supporto strategico e mirato. L’Unione incoraggia i Paesi ad integrarsi nei vari settori (economico, giuridico, politico, educativo) però negli ultimi anni ha aperto una nuova fase nella relazione tra le lingue, arrivando ad influenzarne la posizione anche sulla scena internazionale. Quando uno Stato vive in autonomia, ci ricorda Sabatini, la posizione della lingua risente del potere nazionale e della capacità propulsiva data da: prestigio culturale, potenziale economico, e accordi bilaterali con gli altri Paesi. Nonostante i trattati che riconoscono alle lingue europee pari dignità di lingue ufficiali, si sta agendo verso un progressivo accreditamenAtti della terza conferenza degli ambasciatori: http://www.esteri.it/mae/it/ministero/ servizi/archivi_biblioteca/politica_estera_italia_testi_doc.html 11 Ibidem. 10 13 Rivista In.it In IT .IT to nelle istituzioni comunitarie di un numero più ristretto di lingue riconosciute operative, a discapito del valore delle altre lingue. Rinnegamento motivato da ragioni economiche che avvia un processo di indebolimento delle lingue escluse dal gota dei potenti con conseguente ricadute negative sulle condizioni di queste lingue anche in Patria. Si interferisce in tal modo sul prestigio internazionale delle lingue. La lingua italiana è una delle prime a farne le spese di questa nuova politica, sebbene sia stata considerata alla pari (all’inizio del processo di unificazione), viene man mano esclusa dall’uso nei bandi di concorso, dalle gare d’appalto, dalle procedure di registrazione dei brevetti industriali. Lo studioso sottolinea come non sia mai stata inaugurata una politica di riequilibrio di pari trattamento delle lingue nazionali nell’UE, sebbene sia stata ideata la funzione specifica di “Commissario per il multilinguismo”. Alla luce di ciò è innegabile l’associazione alle vicende storiche passate e alle Grandi Potenze e alla pressione che esercitano ancora oggi, mentre è necessario che si realizzi concretamente un multilinguismo collettivo e additivo come recita la Carta europea del plurilinguismo: “La diversità delle lingue garantisce la pluralità e la ricchezza delle rappresentazioni [...]. Il plurilinguismo è una libertà, cosi come è una libertà fondamentale il pieno possesso della lingua materna [...]. La conoscenza di più lingue, a prescindere dal grado di competenza, costituisce una libertà supplementare in un mondo aperto ed una necessità nell’attuale contesto europeo12.” 14 Riferimenti bibliografici Rivista In.it AA.VV., 1991,Le plurilinguisme, condition de la démncratie culturelle pour l’Europe, Atti del Convegno di St Vincent, Edito dalla Regione Autonoma Val d’Aosta. Affari Sociali Internazionali, 2001, Anno XXIX, n°1, Milano, FrancoAngeli. 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La storia narrata ha lo scopo di avviare i bambini allo sviluppo di un sentimento di rispetto dell’altro attraverso lo scambio culturale, il dialogo, l’accettazione e la valorizzazione delle diversità. OSi basa sui più recenti indirizzi umanistico-affettivi, rispetta i diversi stili di apprendimento dei bambini e ha come obiettivo quello di imparare a fare con la lingua attraverso molteplici attività basate sul gioco. OIl lessico e le strutture principali della lingua vengono introdotte attraverso filastrocche e canzoni. A1 (Primo Approccio) A1 A1/A2 A2 • Scenario 1: Per un bambino che si avvicina allo studio dell’italiano prima di imparare a leggere e scrivere. Girotondo 5-6 anni Girotondo 1 Girotondo 2 Girotondo 3 • Scenario 2: Per un bambino che dopo lo studio con Girotondo Primo Approccio prosegue negli anni successivi. Girotondo Primo Approccio Girotondo 1 Girotondo 2 Girotondo 3 Girotondo 1 Girotondo 2 Girotondo 3 • Scenario 3: Per un bambino che prevede già in partenza uno studio pluriennale. SCHEDA TECNICA GIROTONDO 5-6 ANNI Libro studente ISBN: 978-88-7715-796-6 PAGINE: 192 FORMATO: cm 20x27 Guida dell’insegnante ISBN: 978-88-7715-760-7 PAGINE: 96 FORMATO: cm 20x27 T ( (( ( ( A1 ( ( ( ( (( ( GIROTONDO PRIMO APPROCCIO Libro studente ISBN: 978-88-7715-611-2 PAGINE: 240 FORMATO: cm 20x27 Guida dell’insegnante ISBN: 978-88-7715-628-0 PAGINE: 152 FORMATO: cm 20x27 ( (( ( ( A1 ( ( ( ( (( ( GIROTONDO 1 Libro studente ISBN: 978-88-7715-731-7 PAGINE: 272 FORMATO: cm 20x27 Guida dell’insegnante ISBN: 978-88-7715-738-6 PAGINE: 96 FORMATO: cm 20x27 ( (( ( ( A1 ( ( ( ( (( ( Segnali di qualità nell’insegnamento dell’italiano in Cina: un caso esemplare* In .IT Giuseppe Maugeri e Silvia Scolaro Lo scopo di questo articolo non è soltanto di fare il punto sulla situazione dell’insegnamento in Cina ma di registrare un rinnovato interesse per lo studio dell’italiano grazie alla qualità e l’efficacia con cui la nostra lingua viene insegnata presso la scuola SenMiao, la cui capacità di operare è da sempre supportata dall’esperienza e dai percorsi formativi e di aggiornamento glottodidattico del Laboratorio Itals. Dunque, esamineremo la strategie e gli strumenti di questa collaborazione che ha permesso di realizzare nuove possibilità di promozione per la lingua italiana nello scenario cinese. 1. Cenni storici sull’insegnamento dell’italiano in Cina L’insegnamento della lingua italiana inizia, rispetto alle altre lingue straniere, più tardi, ma anch’esso subisce fasi alterne di apertura e chiusura che rispecchiano l’andamento dei rapporti delle relazioni diplomatiche fra l’Italia e la Cina. Stando a quanto riporta Clotilde Oneto (Oneto, 1998), negli anni Cinquanta del secolo scorso, la Cina invia i primi studenti a studiare italiano, ma non in Italia bensì in Russia, alla Università di Leningrado. Gli studenti sono scelti casualmente e inviati dal Governo cinese, senza tenere conto delle loro preferenze e/o attitudini. Negli stessi anni, l’Università di Economia e Commercio di Pechino istituisce il primo corso di italiano affidandolo a due cinesi, nessuno dei quali linguista. Durante gli anni Sessanta vengono affiancati da italiani, alcuni dei quali sinologi, che fungono da lettori. Negli anni Sessanta ritornano in Cina i primi, pochi, laureati in Lingua Italiana presso le università sovietiche e allo stesso tempo si aprono corsi di italiano in diversi istituti universitari. Divengono, inoltre, più frequenti gli scambi culturali fra i due Paesi e molti italiani che si trovano a studiare in Cina, hanno la possibilità di collaborare nei corsi di italiano come lettori. Nel 1960 iniziano anche le trasmissioni in italiano di Radio Pechino (oggi divenuta China Radio International), una stazione radiofonica che trasmette in lingua straniera, con la conseguente necessità di avere “esperti” in lingua italiana. Per questo motivo, l’Istituto Universitario che fa riferimento alla Radio, inizia un corso quadriennale di italiano. Molti dei lettori di madrelingua italiana che collaboravano con l’Istituto Universitario di Radio Pechino erano, in genere, legati al Partito Comunista Italiano. I corsi, però, vengono sospesi durante la Rivoluzione Culturale e, quelli di italiano, non saranno mai ripresi. * Il presente articolo è frutto del lavoro congiunto dei due autori che ne hanno curato l’impostazione e la suddivisione in parti. In particolare, Silvia Scolaro ha steso i paragrafi che vanno dal primo al terzo; Giuseppe Maugeri si è invece occupato dei paragrafi quattro, cinque e ha scritto la conclusione. 17 Rivista In.it In IT .IT 18 Rivista In.it Durante i primi anni Sessanta, si aprono i corsi di italiano all’ Istituto Universitario di Lingue Straniere, a Pechino, per la formazione di interpreti e traduttori. Durante la Rivoluzione Culturale, le lezioni di italiano avvengono in maniera dispersiva. I libri di testo sono il Libretto Rosso di Mao e la rivista La Cina. Dall’inizio degli anni Settanta, inizia a cambiare qualcosa: si intensificano gli scambi fra i professori dei due Paesi, si rivedono i libri di testo, si inizia la stesura dei primi dizionari. Questi lavori di revisione e di stesura di testi continuano anche durante gli anni Ottanta. Importante per la diffusione della lingua italiana in Cina è sicuramente l’Istituto di Lingue di Pechino; aperto nel 1962, è stato per molto tempo l’unico Istituto universitario a cui gli stranieri potessero accedere per lo studio della lingua cinese, ma la sua offerta formativa prevedeva, e prevede ancora oggi, corsi quadriennali di lingue straniere per studenti cinesi: francese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, coreano, eccetera. Il corso di lingua italiana inizia solo nel 1983 su decreto del Ministero dell’Educazione Nazionale Cinese. A questo corso, in genere, partecipavano studenti che si dovevano recare in Italia con borse di studio per corsi post-laurea di alta specializzazione o per lavoro, quindi, si trattava per lo più di persone già laureate e di età media compresa fra i 25 e i 40 anni. Solo negli ultimi anni, grazie a ulteriori progetti di scambio culturale fra l’Italia e la Cina, è aumentato il numero degli studenti che frequentano il corso, la cui età è intorno ai 20 anni. Il corso è intensivo, di durata semestrale o, tutt’ al più annuale e prevede 20 ore di frequenza settimanali. Ad insegnanti cinesi che insegnano la grammatica italiana, vengono affiancati dei lettori madrelingua, in genere studenti di cinese e un lettore di ruolo inviato dal M.A.E.. La cultura italiana non ha grande spazio presso questo tipo di corso, ma prepondera la parte lessicale e morfo-sintattica. A partire dagli anni Sessanta anche a Shanghai, presso l’Università degli Studi Internazionali (Shanghai Waiguoyu Daxue) si aprono corsi di italiano, e dagli anni Ottanta si instaurano collaborazioni con docenti e professionisti di Università italiane. Negli anni Novanta, non solo a Pechino e Shanghai ma anche in altre grandi città come Nanchino e Xi’an, nascono corsi di italiano, sempre all’interno di percorsi di studio universitari, per poter essere riconosciuti a livello governativo. Non erano, e non sono, permessi corsi e scuole non autorizzate dal Governo cinese. Anche se, sicuramente, accanto ai corsi universitari sono sempre esistite lezioni personali o a piccoli gruppi, di queste è difficile avere notizie. La prima organizzazione privata che riesce a presentare corsi di italiano in Cina è la Società Dante Alighieri, presente sul territorio cinese dal 1983-84, anche se inizialmente si occupava per lo più di corsi a titolo privato e gratuiti. Dal 2004, si affianca a delle scuole private e, essendo sede di esame della certificazione Plida, diventa il primo centro certificatore per la conoscenza della lingua italiana in tutta la Repubblica Popolare Cinese. Un altro caso particolare sull’insegnamento della lingua italiana in Cina, riguarda la Scuola Media 301 di Pechino, dove si tengono corsi di italiano, aperti nel 1987, grazie a un forte rapporto di amicizia e stima reciproca fra una famiglia italiana stabilitasi in Cina e il direttivo della scuola media. Questa è l’unica scuola pubblica, che non sia un istituto universitario, dove sia insegnato l’italiano. In molti Paesi nel mondo, la cultura e la lingua italiana sono diffuse principalmente dagli Istituti Italiani di Cultura e dalla Società Dante Alighieri. Per quello che riguarda la Cina, l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino non può, per convenzione con le autorità cinesi, organizzare corsi di lingua italiana, ma nel sito internet dell’IiC di Pechino, sotto la sezione Corsi nell’area di competenza, sono indicate le principali Istituzioni che offrono corsi di italiano. Dal 2006, c’è un sostanziale interesse per la lingua italiana che, grazie al Progetto Marco Polo, dilaga in Cina e si diffonde non solo nelle università cinesi (attualmente 33 istituti universitari offrono corsi di italiano), ma anche in scuole di lingue private e centri che organizzano viaggi-studio all’estero. In .IT 2. Lo studente sinofono La notevole lontananza fra la lingua cinese, isolante e scritta per mezzo di caratteri, e quella italiana, flessiva e che utilizza un sistema alfabetico per la scrittura, non aiutano lo studente sinofono nell’apprendimento della seconda. È molto difficile e richiede tempo, per studenti di L1 cinese comprendere e applicare i concetti di coniugazione verbale, di declinazione e accordo delle parti flessive presenti nella nostra lingua. L’insegnamento della L1 in Cina avviene sin dall’inizio per mezzo della copiatura dei caratteri, della lettura ad alta voce, della ripetizione e della memorizzazione. Il concetto di grammatica, come quello presente nelle lingue occidentali, non esiste, infatti, la grammatica cinese non viene, in genere, studiata a scuola. L’insegnante è considerato il modello da emulare, da copiare e, anche se spesso vengono pagati molto poco, il docente è oggetto di grande stima e rispetto da parte degli studenti in Cina. Lo studente cinese è spinto sin dalla nascita ad essere sempre in competizione con i compagni dello stesso livello per essere sempre il migliore, e questo tipo di influenza sociale non aiuta, almeno in classe, il peer working. D’altronde, reticenza del confucianesimo, è molto sviluppato in questo tipo di studenti il senso del rapporto da superiore a inferiore, per cui lo studente più brillante aiuterà volentieri lo studente che ha maggiori difficoltà. Il senso gerarchico in Cina è tuttora molto forte. Il sistema scolastico cinese non prevede esami orali, ma solo scritti, come da tradizione confuciana, per questo, forse, lo studente sinofono incontra maggiori difficoltà nell’oralità rispetto a studenti di altre provenienze. Una serie di esami scritti segnano la vita degli studenti cinesi e di questi il più importante è quello di ammissione all’università, il cui punteggio, e non i desideri o le inclinazioni del singolo studente, deciderà le università in cui si merita di entrare, segnando così la vita dello studente. Lo stesso tipo di apprendimento mnemonico che viene utilizzato per l’apprendimento della L1, è usato anche per l’apprendimento delle LS in generale. Per questo, in genere, agli studenti cinesi viene insegnata una lingua straniera attraverso la memorizzazione di liste di parole e di punti grammaticali. Il metodo usato ancora oggi, nella maggior parte delle scuole pubbliche e private è quello grammaticale-traduttivo. Solo recentemente, grazie anche all’apertura economica e alla globalizzazione dei mercati, si inizia a diffondere l’idea che la lingua è un mezzo di comunicazione. Perciò, solitamente, lo studente cinese raggiunge spesso una buona conoscenza teorica, a livello grammaticale e morfo-sintattico e lessicale, ma non è, nella maggioranza dei casi, in grado di raggiungere una competenza comunicativa sviluppata a causa delle metodologie utilizzate nell’insegnamento “tradizionale”, e ciò spesso preclude la possibilità di comunicare con gli stranieri in maniera “corretta” a livello socio-culturale, il che spesso genera profonde incomprensioni. 3. La Scuola SenMiao Un caso particolare nell’insegnamento delle LS in Cina è dato dalla Scuola SenMiao, fondata nel dicembre 2006 a Pechino, che è ufficialmente riconosciuta dal governo con 19 Rivista In.it In IT .IT 20 Rivista In.it licenza rilasciata dal Ministero dell’Educazione cinese. Dal 2010, la scuola ha anche una sede a Shanghai. La scuola Senmiao dal giugno 2007 è diventata Centro di Esame per la certificazione Cedils, in collaborazione con il Laboratorio Itals del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel dicembre 2007, è divenuta, anche centro certificatore per la Cils dell’Università per Stranieri di Siena, mentre nel maggio 2008, con la firma della convenzione con l’Università per Stranieri di Perugia, è possibile sostenere anche gli esami Celi. SenMiao, che conta un migliaio di studenti circa ogni anno, è, quindi, sede di tre riconosciute certificazioni, che la mettono in rilievo in questi ultimi anni come istituto che si adopera per la diffusione della lingua e della cultura italiana in Cina. Gli studenti sono, per la maggior parte (90%), studenti che vogliono accedere ai corsi delle università in Italia, grazie al Progetto Marco Polo e Turandot, ed ad altri programmi di scambio culturale. Altri, invece, (8% circa), studiano la lingua italiana per motivi di lavoro (rapporti commerciali, turismo e traduzioni). Altri ancora (solo un 2%, ma, questo numero, potrebbe avere una tendenza alla crescita nei prossimi anni), studiano per passione delle lingue o della cultura italiana in particolare. Purtroppo, la Cina, tralasciando gli scambi commerciali di cui ultimamente si parla molto, non è un Paese molto aperto alla conoscenza degli altri paesi e delle altre culture. Un modo di dire cinese è: “Al mondo, ci sono solo due Paesi: la Cina e l’ estero, (sarebbe meglio tradurre come fuori - Cina)”. I cinesi si sentono uniti sotto questo Paese e hanno un senso di nazionalità forte e centralizzata, rispetto agli altri Paesi che si considerano solo “non-Cina o fuori-Cina, fuori, insomma, dal Paese di mezzo”, non certo, quindi, come singoli Paesi distinti con lingua, cultura e storia propria. Si vorrebbe fare comprendere agli studenti che anche l’Italia è un “mondo” da scoprire, al di là della conoscenza e dell’uso pragmatico della lingua. Anche l’Italia ha la sua storia e la sua cultura fatta di piccole e grandi cose, di monumenti, di cucina, di arte e musica ma anche di persone e di quotidianità. Una lingua, infatti, non può essere studiata senza avere un’idea di come vivono le persone che la parlano. La Scuola SenMiao cerca, in particolare, di creare le condizioni ottimali per l’apprendimento della lingua italiana, rispondendo ai bisogni degli studenti, attraverso l’uso di una metodologia comunicativa in un approccio umanistico-affettivo, fornendo agli studenti gli strumenti, il più possibile adeguati, e i tempi per potersi esprimere per mezzo della lingua italiana. 4. Scopi e funzioni della politica culturale della scuola La qualità, dunque, rappresenta il valore differenziale della scuola nell’arena competitiva locale. Nei prossimi paragrafi perciò focalizzeremo l’attenzione sulla politica di sviluppo della qualità diffusa all’ambito didattico della scuola attraverso un progetto e una programmazione che raccorda le proposte progettuali della stessa con le offerte e i servizi del Laboratorio Itals dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. 4.1 La qualità come componente della didattica della scuola Uno degli obiettivi prioritari della scuola è stato quello di ridefinire le competenze dei docenti mediante dei corsi di formazione e di aggiornamento glottodidattico. Scelta strategica indispensabile di cui l’istituto si è fatto carico in forma di capacità organiz- zative costruite attraverso i progetti qualità dell’Itals volti a incoraggiare interventi che tematizzassero e rendessero espliciti saperi specializzati da inserire nel contesto in un’ottica di sviluppo e di crescita. Ed è proprio su questi principi di fondo che i responsabili della scuola hanno voluto diffondere mediante una progettazione che distribuisse a ogni evento e aspetto della vita organizzativa e didattica dell’istituto una visione dell’educazione e delle possibilità di successo che lo studio della lingua italiana possono dare allo studente. I bisogni e le richieste dei discenti hanno dunque costituito il presupposto implicito per formulare dei percorsi di sviluppo mirati a tradurre principi e modalità di studio in nuove forme di apprendimento. In conseguenza di ciò, le proposte e tutte le attività sono state impostate in modo tale da beneficiare i docenti e lo studente allo scopo di: - individuare quei partner che potessero contribuire grazie al proprio know how al miglioramento della scuola; - favorire un ritorno interno in termini di competenze (Martino, 2010) e di fidelizzazione. Nel far questo, la scuola SenMiao ha coinvolto tutte le risorse in un insieme organizzato per dar vita alla collaborazione con il Laboratorio Itals e affinare con essi i modelli di pianificazione di percorsi didattici prettamente umanistici affettivi all’interno dei quali ogni discente è valorizzato poiché portatore di idee, di conoscenze e creatività, vale a dire quei valori che più di ogni altro lo legano alla lingua e alla cultura italiana. Si è trattato da parte dell’organizzazione di far emergere una cultura operativa che ottenesse dei risultati non solo in termini di profitto ma di soddisfazione delle competenze apprese dello studente in uscita con maggiori possibilità di successo e di ricaduta per quel che concerne la reputazione dell’istituto. 4.2 La collaborazione con il Laboratorio Itals Come abbiamo sopra menzionato, alla base della richiesta di un migliore accesso alle conoscenza teorico-pratica e a una più solida preparazione in ambito glottodidattico si è giunti ascoltando le richieste dei docenti interni, delle risorse presenti nel mercato nonché a una motivazione più profonda e strutturata nelle esigenze didattiche che la scuola aveva di costruire, gestire e far fruire dei contenuti e dei servizi ispirati dalla qualità Itals a modelli di acquisizione linguistica efficaci e altamente formativi. La qualità della ricerca glottodidattica e della significatività dei processi di formazione rivolti ai docenti costituiscono il grande patrimonio di un laboratorio fondato dal prof. Balboni nel 1997. Coordinato dal prof. Serragiotto, l’Itals ha da sempre considerato prioritarie le richieste della collettività dei docenti nel proporre delle offerte negoziate e contestuali al fine di supportare quel cambiamento culturale in forma di didattica organizzata, con un indirizzo metodologico preciso e coerente alle scelte disposte dal docente per migliorare l’apprendimento della lingua straniera dei propri allievi. Le finalità sociali e pedagogiche rappresentano infatti il punto di riferimento per cui la scuola SenMiao ha deciso di avvantaggiarsi dei percorsi Itals, avviandosi a una collaborazione coordinata e continuativa con l’obiettivo di adottare e promuovere nuove espressioni e criteri per valutazioni di qualità (Mezzadri, 2005). La motivazione che ha spinto entrambe le strutture a mettere insieme il capitale di conoscenze e di relazioni articolando un’intesa sottoscritta nel 2007, sono le seguenti: - inadeguatezza del mercato cinese: considerate le potenzialità del mercato, si è voluto creare le condizioni perché l’arena delle lingue straniere fosse sensibile a nuove capacità legate allo sviluppo della lingua italiana; In .IT 21 Rivista In.it In IT .IT 22 Rivista In.it - ampliamento di reti e relazioni riconosciuti nel territorio allo scopo di dare accesso a contenuti culturali e informazioni necessarie per la realizzazione di opportunità di crescita e di miglioramento; - implementare delle azioni e degli interventi centrati sui bisogni dei docenti e sulla valorizzazione delle competenze acquisite. Da un punto di vista tecnico, la programmazione culturale ha riguardato la formazione in loco dei docenti mediante alcune attività: - la Cedils, ossia la certificazione che attesta la competenze nella didattica dell’italiano a stranieri. Dal 2007 sono stati qualificati più di 80 docenti di italiano, per molti dei quali è iniziata una pratica di riflessione e di sviluppo delle proprie competenze rafforzata da ulteriori percorsi e approfondimenti (Master Itals di I e II livello) che hanno incrementato il senso di appartenenza e di identità alla comunità di pratica con le sue dinamiche di sviluppo della ricerca scientifica; - corsi propedeutici alla Cedils: a fronte della distanza geografica fra Italia e Cina, i corsi sono stati svolti on line secondo modalità e-learning, dove i tutor hanno assistito e guidato i corsisti allo studio di alcuni aspetti di cui si compone la certificazione didattica; - corso di formazione e aggiornamento glottodidattico in presenza: l’effetto positivo degli interventi realizzati, ha accresciuto il numero dei docenti che ha esplicitamente richiesto all’organizzazione scolastica di definire una programmazione coerente e unitaria in grado di proporre con cadenza regolare dei corsi di aggiornamento in presenza. Da queste considerazioni si è partiti per delineare degli interventi formativi che vedono impegnato nell’ottobre 2011 il prof. Serragiotto ad illustrare i nuovi approcci glottodidattici, mettendo in luce le implicazioni nell’utilizzo di determinate tecniche per l’apprendimento; - lezione concerto: il Laboratorio Itals e la scuola SenMiao sono portatori di innovazione e pertanto il progetto della lezione concerto avviato con grande successo dal prof. Caon e che ha già interessato il Mae, verrà riproposto presso le due sedi della scuola, a Pechino e Shanghai; - realizzazione di attività trasversali: l’incontro fra la domanda di italiano e la qualità dell’offerta ha promosso le sinergie di cui la scuola si è avvalsa nel territorio; in particolar modo, l’esigenza di creare con enti istituzionali quali l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino un dialogo che misuri la dimensione e la qualità delle offerte per il potenziamento della partecipazione alle iniziative rivolte alla collettività. 5. Conclusione In questa logica di concertazione pianificata, la scuola è riconosciuta nel territorio come principale distretto culturale da chiunque voglia cimentarsi con l’italiano. I suoi spazi sono considerati come un riferimento da parte della comunità dei docenti e da tutto il sistema locale, avendo attivato un flusso di relazioni che, collegati coi saperi e valori della comunità glottodidattica italiana di cui l’Itals è ambasciatrice nel mondo, vincolano in maniera indiretta due identità come quella cinese e italiana, protagoniste nel rafforzare nello scenario internazionale gli strumenti di una partecipazione e valorizzazione integrata (Amari, 2010) attraverso lo studio delle lingue e della cultura. In .IT Bibliografia Amari M., 2006, Progettazione culturale, Milano, FrancoAngeli. Balboni P. E., 1994, Didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci. Balboni P. E., 2008, Fare educazione linguistica, Torino, Utet Università. D’Annunzio B., 2000, L’allievo di origine cinese, in Balboni P. E. (a cura di), Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, Torino, Theorema. Magner T.F., 1974, The Study of Foreign Language in China, Modern Language Journal 58 (8). Martino V., 2010, La comunicazione culturale d’impresa. Strategie, strumenti, esperienze, Milano, Guerini. Mezzadri M., 2005, La qualità nell’insegnamento delle lingue straniere, Perugia, Guerra. Oneto C., 1998, L’insegnamento dell’italiano in Cina, Mondo Cinese n. 97 (1). Serragiotto G., 2009, Sillabo di riferimento per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri, Venezia, Cafoscarina. Sitografia www.itals.it Sito internet ufficiale del Laboratorio Itals dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove è possibile trovare informazioni sui corsi, sulle certificazioni e sui Master, oltre a un poderoso corpus bibliografico e di ricerca. 64 | catalogo 2015 | cultura e civiltà PROGETTO CULTURA ITALIANA A cura di Paolo E. Balboni OIl Progetto Cultura Italiana nasce dall’idea che per la formazione di uno studente di italiano non si possa escludere una dimensione culturale e letteraria. Tuttavia per uno straniero risulta spesso demotivante affrontare testi linguisticamente complessi e di cui non può apprezzare la componente estetica. OQuesto progetto ha l’obiettivo di avviare al piacere del testo, presentando la cultura italiana in forma guidata. OAlla storia letteraria si affiancano un manuale di storia italiana, inserita nel quadro della storia delle varie aree culturali del mondo, un percorso di geografia d’Italia, una breve introduzione all’arte italiana, un testo di cultura e civiltà per ragazzi e giovani adulti, un manuale di cucina per scoprire i piaceri di un’arte tutta italiana e un corso di storia della musica italiana. SCHEDA TECNICA T 23 Rivista In.it In .I 24 Rivista In.it Guerra Edizioni Edel srl - Perugia Via A. Manna, 25 - 06132 Perugia (Italia) Tel. + 39 075 5289090 Fax + 39 075 5288244 e-mail info@guerra edizioni.com www.guerraedizioni.com App Guerra Edizioni IT Insegnare italiano in Corea: il gioco come arma per far breccia nel silenzio In .IT Sara Lis Ventura Apprendere una lingua straniera non significa solo conoscere i principi e le convenzioni astratte che ne regolano la forma e la struttura interna, significa principalmente entrare in contatto con un nuovo codice interpretativo della realtà, significa acquisire un nuovo ‘strumento simbolico’ (Vygotsky 1987) per rappresentare se stessi e il proprio rapporto con gli altri e il mondo. Imparare una lingua straniera implica cioè un processo di acculturazione (Ellis 1994), un processo che presuppone un riorientamento della sfera cognitiva, affettiva e comunicativa, e la creazione di significati condivisi tra rappresentazioni culturali diverse. In altre parole gli apprendenti rinascono a se stessi, dandosi una seconda identità che consente loro di avvicinarsi e familiarizzare con la cultura della lingua target e il nuovo ordine sociale da essa rappresentato. L’insegnante ha il compito di facilitare il percorso dell’apprendente attraverso attività in grado di accompagnarlo e assisterlo in questo suo ‘viaggio culturale e identitario’, e capace di stimolarlo non solo da un punto di vista neurologico-cognitivo, ma anche e soprattutto psicologico-emotivo e socio-culturale. Ma come fare? Se il linguaggio è un prodotto culturale e la cultura è la nostra identità collettiva (ciò che guida il nostro comportamento all’interno del gruppo, della società) va sa sé che il processo di apprendimento e il conseguente processo di acculturazione può essere innescato solo promuovendo la comunicazione e la mutua interazione in classe. Il problema è che in contesti socio-culturali molto lontani le metodologie più frequentemente adottate in glottodidattica risultano spesso non efficaci. Questo è il caso di quei paesi estremoorientali, come la Corea del Sud, tuttora distintamente influenzati dal pensiero tradizionale confuciano. Sullivan, in alcuni suoi studi relativi all’insegnamento della lingua inglese in Vietnam, aveva giustamente sostenuto che le pratiche della classe sono situate in specifici ambienti culturali da cui dipende la risposta degli studenti (Sullivan, 2000). Le metodologie didattiche di solito adottate, hanno per lo più avuto origine in occidente e sono il prodotto di un milieu culturale certamente molto distante da quello orientale. Presupporre che ciò che funziona in un particolare contesto educativo, può funzionare in un contesto completamente diverso, significa “ignorare la fondamentale interrelazione tra storia, cultura e pedagogia” (Sullivan 2000: 115). Con questo contributo ci si vuole soffermare sull’insegnamento della lingua italiana in Corea del Sud. In primis si analizzeranno i fattori socio-culturali di matrice confuciana che secondo noi tendono a influire sensibilmente sulla disponibilità alla comunicazione e sulla predisposizione all’espressione orale degli studenti in classe. Si procederà poi a dimostrare come alcune attività ludiche, se opportunamente ideate, siano in grado di rispondere alle esigenze culturali di questi apprendenti riuscendo a stimolare un’interazione più spontanea nella LS, e abbattere quel muro di silenzio dietro il quale spesso questi studenti si trincerano. 25 Rivista In.it In .IT 26 1. La Corea del Sud e il Confucianesimo La Corea del Sud è l’unico paese in cui il Confucianesimo è ancora fortemente radicato come sistema che regola i comportamenti sociali e le relazioni umane (Byong-ik 2004). Il Paese ha conosciuto negli ultimi decenni degli straordinari cambiamenti sia dal punto di vista economico che politico: dalla rapida crescita determinata da un’accelerata industrializzazione con liberalizzazione dei mercati, alla progressiva urbanizzazione, fino allo stabilizzarsi di un sistema di governo democratico. Sebbene il processo di modernizzazione e l’integrazione della Corea nell’economia mondiale abbia visto l’imporsi di nuovi valori quali l’efficienza, la libera competizione, il benessere materiale e la selezione naturale, il Confucianesimo ha continuato e continua a persistere come sistema interiorizzato di valori e norme che regolano l’azione sociale (Kihl 1994) e che condizionano il modo di pensare, di percepire e di rappresentare la realtà nella vita quotidiana. L’influenza del Confucianesimo nel tessuto socio-culturale coreano è così profondo e pervasivo per motivi storici. Per più di cinque secoli durante la dinastia Joseon (1392-1910) il neo-Confucianesimo è stata l’ideologia di fondo su cui veniva educata la classe dirigente degli Yangban, una classe di intellettuali, aristocratici, burocrati che ricoprivano cariche politiche e avevano il compito di orientare e guidare il popolo verso l’etica e i valori del confucianesimo (Kihl 1994). Sulla base del modello interpretativo delle diversità culturali elaborato dallo psicologo sociale e antropologo olandese Hofstede (2001), si analizzeranno qui le tre dimensioni culturali di derivazione confuciana che a nostro parere sono cruciali al fine di comprendere il ‘silenzio’ dei coreani: il collettivismo sociale, l’elevata avversione all’incertezza e l’alta distanza dal potere. Rivista In.it 1.1 Il collettivismo sociale Uno dei fondamenti del sistema di pensiero confuciano è la realizzazione dell’identità umana in una dimensione collettiva che si concretizza nella trama dei rapporti sociali. L’uomo considera se stesso non come individuo indipendente ma come membro di un gruppo al quale sente di appartenere, percependo come distanti i gruppi altri. La persona esiste all’interno di un contesto relazionale nel quale gli è dato di agire e costruisce la propria identità in virtù dei rapporti che intesse con gli altri e in particolare la famiglia, la cerchia di amici, il gruppo. Ne deriva che non esiste un unico senso del sé ben identificabile e inalterabile, caratterizzato da specifici attributi, ma esistono tante identità quante sono le relazioni sociali esistenti. L’uomo, inserito in un contesto sociale nel quale sente il legame d’‘interdipendenza’, agisce per il bene della comunità aspirando a conseguire l’‘armonia’ relazionale in una prospettiva di solidarietà e fedeltà al gruppo (Nisbett 2003), e cercando di realizzare il ren1, la natura umana migliore. Molto diversa è l’idea occidentale di uomo: soggetto agente di per sé, assolutamente indipendente dalla comunità, responsabile della propria vita e delle proprie scelte, che fa della ‘libertà’ d’azione il presupposto irrinunciabile per l’affermazione della propria individualità e la realizzazione dei propri obiettivi personali. Da un punto di vista educativo il sistema occidentale opera per favorire lo sviluppo della personalità e l’accrescimento dell’‘autostima’ perciò in glottodidattica le attività di dibattito e confronto 1 Il carattere cinese per indicare il ren di Confucio è un carattere composto semplice che significa “due persone”. Cfr. LEE E.H., 2004. sono spesso uno strumento utile per stimolare l’interazione in classe. Qui il forte senso di individualità e l’autonomia di pensiero, alimentano in ciascuno studente il desiderio di esprimere la propria opinione difendendola con l’arte della retorica. In Corea, invece, gli studenti cercano di evitare il dibattito e la controversia. Questo perché l’iniziativa personale e l’esposizione individuale al gruppo non costituiscono norme comportamentali accettabili in una società orientata al collettivismo. La persona, avendo come obiettivo non l’affermazione della propria individualità ma il conseguimento dell’armonia nel gruppo, sceglie l’‘autocritica’ ed evita di manifestare la propria superiorità o unicità, rinunciando a esprimere il proprio talento personale. Il dibattito confligge con l’idea di armonia: bisogna dirimere le controversie e non alimentarle. In una lezione di lingua, dunque, non sorprende che le attività di discussione in plenaria si rivelino fallimentari: gli studenti, pur avendo opinioni decise, raramente intervengono, preferiscono rimanere in silenzio e apparire timidi e umili, rispettando perfettamente il codice di comportamento confuciano. In .IT 1.2 L’elevata avversione all’incertezza L’avversione all’incertezza si riferisce al livello di ansia con il quale i membri di una società rispondono a situazioni di ambiguità. Quando il livello di questa dimensione culturale è elevato, l’atteggiamento prevalente delle persone è quello di fuggire da tutte le situazioni percepite come non strutturate, non chiare e imprevedibili. Questo significa che in una lezione di lingua gli studenti sono molto cauti: non intervengono se le attività non sono sufficientemente strutturate e chiare. La libertà che a volte viene concessa in attività di gruppo o di coppia di approccio comunicativo, non è molto efficace in Corea. Gli studenti hanno bisogno di essere guidati e le attività vanno ben impostate. L’elevata avversione all’incertezza, infatti, si manifesta in un atteggiamento prudente che evita qualsiasi tipo di risk-taking. Gli studenti in classe sono reticenti a parlare perché hanno paura di commettere errori, di rendersi ridicoli, di ‘perdere la faccia’ all’interno del gruppo e cadere quindi in uno stato di alienazione e isolamento. Perciò si proteggono avvolgendosi in un manto di silenzio. 1.3 L’alta distanza dal potere La distanza dal potere è un indicatore che ci permette di valutare in che misura le persone accettano la disuguaglianza e si rapportano con il potere sociale. Quando il livello di questa dimensione culturale è alto, come in Corea, vige la profonda convinzione che un sistema sociale su base gerarchica sia giusto e legittimo. Nella penisola sudcoreana l’alta distanza dal potere è evidente soprattutto in ambito educativo e in particolare nel sistema d’istruzione superiore. Si tratta di un sistema chiuso fondato sul centralismo amministrativo e su un rigido autoritarismo formale e funzionale che insiste sull’assetto gerarchico da applicare nelle relazioni tra superiori e subordinati e tra anziani e giovani. Aderisce perfettamente all’O-Ryun, il codice etico confuciano che si basa su cinque relazioni gerarchiche di base: sovrano-suddito, padre-figlio, marito-moglie, anziano-giovane, amico-amico (Chon-sun 2008; Lee 2002). In classe l’alta distanza dal potere tra insegnante e studenti e tra studenti anziani e studenti più giovani contribuisce a mantenere molto alto il filtro affettivo, quel meccanismo di difesa psicologica procurato dall’ansia, dalla paura e da una bassa autostima 27 Rivista In.it In .IT che, come Krashen insegna, interferisce nel processo acquisizionale di una lingua. In Corea l’insegnante è al centro del processo di apprendimento. A lui è dovuto un rispetto reverenziale e a lui è riconosciuta un’autorità e un’autorevolezza indiscutibile. Lo studente, in questo processo, è in posizione subordinata e dunque assume un atteggiamento passivo di attesa. In una lezione di lingua, però, la prospettiva deve assolutamente capovolgersi: il discente deve collocarsi al centro del processo di apprendimento e il filtro affettivo deve essere ridotto il più possibile. Al fine di poter operare questa fondamentale inversione di tendenza, bisogna ridurre la ‘distanza’ tra insegnante e studenti, compito questo non troppo difficile per un lettore straniero. Infatti l’atteggiamento dei discenti verso l’insegnante madrelingua è in genere più disteso: questi non viene percepito come parte della comunità coreana, viene visto piuttosto come una sorta di outsider, perciò, anche se ne viene riconosciuta l’autorità, la distanza di potere tra lui e gli apprendenti è meno elevata. Più difficile è invece ridurre la ‘distanza’ tra studenti. La gerarchia dell’anzianità che si costituisce all’interno del gruppo classe, conduce infatti al formarsi di sottogruppi a volte rivali che contribuiscono a mantenere alto il filtro affettivo. Diretta conseguenza di questo assetto della classe è la scarsa predisposizione alla comunicazione dovuta al timore del giudizio non solo dell’insegnante ma anche e soprattutto degli altri compagni. 2. L’attività ludica come strumento per gestire al meglio questi fattori culturali 28 Rivista In.it In un tale contesto socio-culturale l’attività ludica, se adeguatamente congeniata, può diventare una risorsa davvero preziosa per stimolare l’interazione in classe. Le ragioni principali sono tre. 2.1 Giocare significa cooperare e competere Il gioco sociale, e in modo particolare il gioco di squadra, riproduce in piccolo una realtà sociale che procede grazie a una duplice pulsione: la collaborazione e la competizione. Nei giochi di squadra gli studenti si sentono parte di un gruppo, di una comunità e il senso di affiliazione al piccolo nucleo sociale costituitosi, favorisce la comunicazione interna e l’emergere di un atteggiamento cooperativo: all’interno del gruppo si discutono strategie, si trovano soluzioni, si condividono idee e punti di vista. Un tale interscambio sociale è ciò che rende possibile quello che viene definito apprendimento situato (Lave & Wenger 2006). Il gioco è però nello stesso tempo anche competitivo. La rivalità e il conflitto tra squadre è ciò che conduce ogni studente a sforzarsi e impegnarsi duramente per il bene della propria squadra: ognuno fa ricorso a tutti i suoi talenti e abilità personali. Attraverso il gioco si realizza un fondamentale equilibrio, quello tra impulsi ‘altruistici’ e ‘egoistici’ (Cook 2000). L’insegnante riesce a raggiungere un duplice obiettivo: assicurare l’armonia all’interno della comunità-squadra e promuovere l’avanzamento individuale. Il gioco, così concepito, si adatta perfettamente all’idea coreana di società fondata sul collettivismo. Il giocatore non è un individuo, egli esiste in quanto membro di un gruppo, la squadra, e all’interno di essa interagisce in senso cooperativo. Anche la rivalità nasce non in forma di rivalsa personale ma come desiderio di vittoria collettiva della squadra. Come spiega Huizinga (1938) il risultato ottenuto nel gioco si trasmette dall’individuo al gruppo. L’istinto agonale non è volontà di potenza o desiderio di dominare gli altri, ma è voglia di contribuire alla vittoria e al benessere del gruppo facendo ricorso a tutte le proprie abilità personali per conseguire onore e rispetto all’interno della squadra. In .IT 2.2 Giocare significa entrare in un universo immaginario Giocare significa entrare in un mondo differente che non è direttamente rilevante nel mondo reale (Cook 1997). Quello che avviene quando giochiamo non ha nessun effetto sulla realtà contingente. Per usare le parole di Callois “il gioco presuppone una temporanea accettazione di un universo immaginario” (Callois 2006: 135) e illusorio. La natura stessa della parola illusione lo confermerebbe: in-lusio, sempre secondo lo studioso francese, significherebbe ‘iniziare un gioco’. In effetti, i giocatori entrano in una sorta di dimensione parallela nella quale si spogliano della loro personalità ordinaria, dimenticano temporaneamente chi sono e assumono una nuova identità fittizia. L’atmosfera carnevalesca nella quale entrano permette loro di liberarsi da costrizioni, obblighi e paure. Gli studenti non si sentono più direttamente responsabili per quello che dicono o fanno e tutte le loro resistenze psicologiche vengono meno. Commettere errori diventa divertente e soprattutto non rischioso perché chi commette l’errore non è il vero sé ma un personaggio immaginario. In poche parole questa temporanea dissociazione dalla realtà consente agli studenti di diventare più coraggiosi e più propensi a correre dei rischi. Il timore di essere derisi o giudicati si riduce, così come il livello di ansia e paura. Il gioco ha dunque il merito di saper creare un clima rilassato e disteso nel quale il discente è libero di esprimersi senza sentirsi minacciato o intimorito. Il livello di avversione all’incertezza si riduce così drasticamente. È sorprendente riscontrare come anche i discenti più timidi durante il gioco, sentendosi al sicuro e al riparo da qualsiasi giudizio, si aprano alla comunicazione con maggiore entusiasmo. Particolarmente efficaci sono i role-play e i giochi da tavolo. Nel caso dei role-play è opportuno che il docente prepari delle schede-stimolo (cue-cards) sufficientemente dettagliate sul personaggio da interpretare, in modo da evitare ogni possibile motivo di incertezza e tensione per gli studenti-attori. 2.3 Nel gioco l’ordine sociale costituito è sospeso Il gioco prevede una sospensione temporanea della realtà che è anche sospensione dell’ordine sociale costituito. Il sistema fortemente gerarchico su cui si fonda il vivere ordinario, svanisce, lasciando lo studente libero di agire e di esprimersi come vuole, senza per questo pensare che la sua condotta sia irrispettosa verso l’autorità riconosciuta, o inappropriata nel gruppo. All’interno della cornice del gioco, tutto è consentito, anche gli atteggiamenti sovversivi. Spesso, infatti, le relazioni che si stabiliscono all’interno del gioco sono opposte a quelle esistenti nella realtà: gli amici diventano nemici, i capi diventano subordinati ecc. Nella realtà carnevalesca del gioco l’ordine sociale è sovvertito e la distanza dal potere smette di essere un problema e diventa anzi una risorsa. Nei giochi di ruolo, infatti, gli apprendenti sono chiamati a interpretare ruoli sociali diversi e a esprimersi e agire di conseguenza. A differenza di quelle attività aventi come obiettivo l’uguaglianza nelle relazioni, per es. le attività di scambio di informazioni o di information gap, tipiche dell’approccio comunicativo (Sullivan 2000), i role-play si fondano in genere sulle differenze di status. Gli studenti coreani dunque giocano su un terreno a loro molto familiare, quello della gerarchia dei ruoli. Si 29 Rivista In.it In .IT divertono e sperimentano di volta in volta registri sempre nuovi. Il risultato è la sensibile riduzione del filtro affettivo, l’espansione del repertorio comunicativo e lo sviluppo della competenza sociolinguistica. 3. Considerazioni finali 30 Nonostante in questo particolare contesto socio-culturale, l’approccio ludico risulti particolarmente efficace, perché in grado di stimolare in modo soddisfacente l’interazione orale e ridurre il filtro affettivo in classe, rimane comunque forte tra gli studenti la convinzione che sia preferibile la lezione frontale in cui il docente è al centro del processo di apprendimento. Per vincere la diffidenza verso un approccio alternativo è dunque molto importante che il docente preveda due momenti riflessivi che precedano e seguano l’attività ludica: - un momento pre-ludico in cui vengono esplicitati gli obiettivi didattici dell’attività e la rilevanza glottomatetica della tecnica ludica da utilizzare (Daloiso 2006); - un momento post-ludico in cui si riflette sulle strutture grammaticali e le abilità linguistiche esercitate durante il gioco, dimostrando la rilevanza dell’attività proposta in termini di obiettivi didattici perseguiti. La riflessione meta cognitiva post-ludica è particolarmente importante perché consente di vincere lo scetticismo degli studenti e la loro idea pregiudizievole che il gioco sia una perdita di tempo (Lombardo 2006) e permette loro di diventare sempre più consapevoli dell’efficacia di questo approccio alternativo. Rivista In.it Riferimenti bibliografici Byong-IK K., 2004, “Confucianism and its Modern Transformation in East Asia”, in Anthology of Korean Studies, Vol VI, Korean Philosophy: its Tradition and Modern Transformation, Seoul, Hollym. Caillois R., 2006, “The Definition of Play, The Classification of Games”, in Salen K., Zimmerman E. (a cura di), The Game Design Reader: A Rules of Play Anthology, Cambridge, The MIT Press. Caon F., Rutka S., 2004, La lingua in gioco, Perugia, Guerra. Chon-Sun I., 2008, “The Political Economy of Educational Reform”, in KIM K.D. (a cura di), Insight into Korea Series, Vol 2, Social Change in Korea, Gyonggi-do, Jimoondang. 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Vygotsky L., 1987, “Tool and Sign in the Development of the Child”, in Rieber R. W. (a cura di), Collected works of L. S. Vygotsky: Vol. 6. Scientific Legacy, New York, Plenum Publishers. PROGETTO CULTURA ITALIANA A cura di Paolo E. Balboni o Il Progetto Cultura Italiana nasce dall’idea che per la formazione di uno studente di italiano non si possa escludere una dimensione culturale e letteraria. Tuttavia per uno straniero risulta spesso demotivante affrontare testi linguisticamente complessi e di cui non può apprezzare la componente estetica. o Questo progetto ha l’obiettivo di avviare al piacere del testo, presentando la cultura italiana in forma guidata. o Alla storia letteraria si affiancano un manuale di storia italiana, inserita nel quadro della storia delle varie aree culturali del mondo, un percorso di geografia d’Italia, una breve introduzione all’arte italiana. In .IT 31 Rivista In.it Cultura & Comunicazione In 52 .IT Rivista In.it 32 Italia 2020 Piano per l’integrazione nella sicurezza identità e incontro. Ripercorrere l’iter della Legge 94/2009 [cfr. In.It. 29-30, 2013, pagg. 31-40] e di tutti gli strumenti normativi – decreti, ordinanze, note ministeriali, linee guida e documenti – che, limitatamente al tema dell’immigrazione, hanno dato e stanno dando in questi anni applicazione ai contenuti del modificato T.U., può introdurre all’analisi della scelta di campo compiuta dal ‘sistema Italia’ in tema di immigrazione nel corso degli ultimi anni. Nel contesto storico-normativo descritto, lo svilupparsi di un processo di progressiva collaborazione tra le Amministrazioni dello Stato, ha consentito di delineare un quadro complessivo, unitario, di riferimento in materia di integrazione linguistica e sociale degli immigrati, quello che sostanzialmente possiamo indicare come “modello di inclusione”. Prima della Legge 94/2009, nonostante l’ordinaria collaborazione tra le varie Amministrazioni, le politiche di integrazione linguistica e sociale degli immigrati venivano settorialmente affidate, ciascuno per la propria competenza, a dicasteri differenti (Interno, Ministero del Lavoro, Istruzione, Welfare, ecc.). L’introduzione di un requisito puntuale, quale il test di conoscenza della lingua italiana, dice invece di un avvio di una collaborazione sistematica tra le Amministrazioni dello Stato e rappresenta un punto di svolta rispetto al quale è possibile parlare di un prima e di un dopo. Con la Legge 94/09 la conoscenza della lingua e della cultura e civiltà italiane da parte degli stranieri acquista una rilevanza giuridica del tutto particolare, andando a configurarsi come un tema di interesse pubblico, in un percorso di collaborazione interistituzionale che ha dovuto affrontare dei passaggi, degli approfondimenti e delle scelte sostanziali, soprattutto su due grosse novità. 1. Il test da adempimento ‘ostativo’ a occasione educativa La Legge 94 subordina il rilascio del permesso di soggiorno di lunga durata al superamento di un test di lingua italiana, ma rinvia ad un apposito decreto la definizione dei criteri e delle modalità per lo svolgimento di tale test; neppure il D.M. 4 giugno 2010, ITALIANO L2 IN ITALIA Ogni azione politica e legislativa deve essere coerente con una visione di fondo che attiene innanzitutto alla dimensione antropologica e quindi sociale. 33 Rivista In.it IT Luca Di Dio In. Un modello «umanistico» per l’inclusione. Parte II: la normativa come risorsa, tra ricchezza ideale e limiti applicativi In IT .IT 34 Rivista In.it però, promosso dal Ministero dell’Interno di concerto con il MIUR, contiene fino in fondo chiara ed evidente la possibilità di costruire una “via italiana” all’integrazione, cioè non contiene in maniera chiara l’opportunità o quantomeno la facoltà di avviare una strategia volta a creare un “modello di inclusione”. Il decreto Maroni si limita ad indicare il livello di conoscenza richiesto, ad elencare i casi di esonero1, a dare facoltà alle Prefetture-UTG di promuovere accordi per trovare le sedi idonee allo svolgimento dei test. E forse proprio questa possibilità contenuta nell’art. 6, che delega al Prefetto l’individuazione delle sedi per lo svolgimento del test «anche attraverso accordi con gli enti locali e le istituzioni scolastiche», diventa in qualche modo l’occasione per ‘scardinare’ un quadro ordinamentale apparentemente rigido e costruire una strategia di inclusione, a partire dal riconoscimento del valore integrativo legato all’insegnamento e all’apprendimento della lingua italiana, prima che alla mera esecuzione di un test di livello. Inizia, infatti, quella trasformazione che vede un adempimento – che riguarda sostanzialmente una condizione (la conoscenza della lingua italiana) necessaria per l’esercizio di un diritto – diventare un’occasione importante per il processo di inclusione, e cioè la scelta di svolgere il test all’interno di una cornice di garanzia, quale quella data dalle istituzioni scolastiche dell’apparato statale. La serrata interlocuzione, di cui si è già detto, avviata all’indomani del 4 giugno 2010 tra l’Amministrazione del Ministero dell’Interno e quella del MIUR sfocia nell’Accordo Quadro nelle cui premesse introduttive si legge che i Centri Territoriali Permanenti, istituiti con Ordinanza del Ministro della pubblica istruzione n. 455 del 29 luglio 1997, svolgono un ruolo fondamentale nell’accoglienza degli stranieri e nella diffusione della conoscenza della lingua italiana sia tramite l’erogazione di percorsi finalizzati al conseguimento dei titoli di studio sia con l’attivazione di corsi si integrazione linguistica e sociale. Le “sedi” generiche per lo svolgimento del Test indicate dal D.M. 4 giugno 2010, divengono nell’Accordo Quadro, all’art. 4, «istituzioni scolastiche per lo svolgimento del test» e – di più – quel che prevedeva il decreto all’art. 3, comma 32, e che dava alla prova quel tono perentorio e ostativo, tipico di tanta normativa in materia di immigrazione, si trasforma radicalmente nella misura in cui gli adempimenti, anche di accoglienza, vengono affidati a personale della scuola3 preparato e specificatamente formato in italiano come Lingua Seconda, trasformando così, anche nella percezione dello straniero, una barriera, in una opportunità: frequentare un ambiente già di per sé inclusivo, disposto ad accoglierlo, a sostenerlo e a favorirlo in quelli che sono gli impegni contenuti all’interno di questa legge. La più grossa novità è proprio il riconoscimento, quale titolo valido ai fini dell’esonero, accanto alle Certificazioni dei quattro Enti riconosciuti per la certificazione della lingua italiana secondo il Framework, anche dell’attestazione di conoscenza della lingua italiana rilasciata dai Centri Territoriali Permanenti in esito ai corsi di integrazione linguistica e sociale. 2 «Il test si svolge, previa identificazione dello straniero a cura del personale della prefettura ed esibizione della convocazione». 3 Oltre alla preparazione del test, alla somministrazione, alla correzione e all’attribuzione del punteggio, l’articolo 5, comma 7, affida alla commissione perfino l’identificazione dello straniero. Fino a generare situazioni di informalità che, d’altro canto, rischiano di creare problemi come si vedrà nel capitolo 9. 1 Come afferma Rocca (2010: 119): In .IT l’Accordo Quadro fra Ministero dell’Interno e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca assegna agli stessi CPIA non solo il ruolo di somministratori, ma anche quello di item writers, esaminatori e valutatori. Certamente, l’aver evitato che il test venisse somministrato in Questura e corretto da personale amministrativo costituisce motivo di soddisfazione ovvero, meglio, di sollievo. Parallelamente, intravedere la presenza di un filo rosso teso a collegare i momenti della formazione e della verifica rappresenta una nitida affermazione dell’auspicato legame tra insegnamento e valutazione. Le Scuole infatti, storicamente e concretamente, per il semplice essere ambiente di apprendimento, sono di fatto occasione, opportunità di reale inclusione, grazie anche e soprattutto alla presenza di risorse professionali specifiche, che da anni lavorano sia per favorire l’apprendimento della lingua seconda, sia per favorire quel percorso interculturale che nella società di oggi è a dir poco indispensabile. 2. La conoscenza della lingua italiana: requisito di valore Se l’Accordo quadro stipulato l’11 novembre 2010 è di per sé privo di documenti che possano assicurare sul territorio un’uniformità, una standardizzazione delle operazioni, e fornire criteri il più possibile omogenei di predisposizione, somministrazione e correzione delle prove, ecco nascere il Vademecum che, pur in tutti i suoi limiti4, rappresenta un altro punto di svolta. Il fatto di nascere dalle rispettive cellule tecniche del Ministero dell’Interno del MIUR e da una cornice normativa corposa (come è evincibile nella premessa) non ha infatti impedito di recepire le preziose indicazioni contenute nel Sillabo redatto per l’occasione dai 4 Enti Certificatori. La collaborazione interistituzionale ha fatto cioè sì che (probabilmente per la prima volta) si mettessero insieme i 4 Enti Certificatori riconosciuti a livello nazionale e internazionale per l’italiano come lingua straniera e seconda e creassero uno strumento tecnico-scientifico unitario per dare corpo e sostanza al Vademecum; il Sillabo rappresenta, infatti, l’anima scientifica del Vademecum e l’argomentazione che consente di poterlo esibire nelle sedi deputate, nonostante i già segnalati limiti, come un documento con una sua fondatezza e affidabilità. 3. La nascita di un modello? Si delinea così una complessa architettura fondata sull’integrazione dei sistemi embrione di un vero e proprio sistema per l’immigrazione i cui attori – Amministrazione Centrale, Prefetture, Questure, USR, Istituzioni Scolastiche Autonome, Enti Certificatori – giocano ognuno un ruolo fondamentale e strategico. Se l’iter “tecnico”, dal punto di vista dello straniero, può apparire tutto sommato semplice (e così deve essere) e di estrema fruibilità5, Cfr. in tal senso Rocca 2010 e Masillo 2013. Lo schema, presente nei report statistici del Ministero dell’Interno (l’evidenziazione in rosso è nostra), descrive in maniera immediata la procedura legata allo svolgimento del 4 5 35 Rivista In.it In Centrodi Centrodi Prefettura Richiedente istruzioneper Prefettura Richiedente istruzioneper UTG UTG adulti adulti .IT Questura Questura IT 36 Rivista In.it Inizio Preparazionee inoltrotelematico delladomanda Letteradi convocazione Domanda Produzionedi letteradi convocazione Letteradi convocazione Esitodeltest Esitodeltest Registrazione dell’esitodeltest Fine Esecuzionedel test Esitodeltest quanto ruota attorno alla voce “esecuzione del test”, come già sopra esposto, è tutt’altro che immediato. Ne va di mezzo la responsabilità del Dirigente Scolastico che, secondo l’Accordo Quadro, oltre a presiedere le Commissioni deve individuare «almeno due docenti di italiano, in servizio presso le istituzioni medesime, individuati preferibilmente tra quelli che abbiano frequentato corsi di aggiornamento e formazione in Italiano Lingua Seconda» (art. 5, comma 3); tali docenti devono «definire il contenuto delle prove» (comma 4), ma in questo tenendo in debita considerazione i criteri delle «linee guida adottate dagli Enti di Certificazione», ed infine «predisporre tutti i necessari adempimenti anche di natura organizzativa» (comma 6) per lo svolgimento del test. Ora, se tale scelta ha determinato immediate – e per certi aspetti motivate – obiezioni da parte degli addetti ai settori nella misura in cui (Rocca 2010: 120) il Legislatore ha chiesto ai 4 Enti di Certificazione di unirsi in ATS per omologare il più possibile, uniformare e conferire omogeneità al Sillabo, di contro lo stesso Legislatore tende a legittimare in teoria oltre 400 diversi sistemi di elaborazione, somministrazione e valutazione (ognuno dei quali riconducibile al singolo CPIA), dall’altro ci parla di un serio investimento in chiave di maggiore consapevolezza dell’Istituzione Scuola – preposta all’assolvimento di un compito importante – chiamata a sostenere formazione, diffondere buone pratiche, tutelare una crescente consapevolezza delle dinamiche inclusive da mettere in atto. Di più, nella misura in cui il lavoro da parte dei CTP (CPIA) viene condotto con serietà ed efficacia, gli stessi contenuti del test – che, preparato a livello nazionale, avrebbe sicuramente mostrato una valenza estremamente asettica e genericista – potrebbero far riferimento a situazioni reali di vita quotidiana per le quali la comprensione possa passare o comunque essere facilitata anche attraverso informazioni di base deducibili dall’ambientazione territoriale in cui lo straniero si trova a vivere. test nella sua completezza. Sulla sinistra vengono rappresentati gli attori coinvolti nel processo secondo i livelli di competenza e le frecce indicano i passaggi che il richiedente compie dal momento dell’inoltro per via telematica della domanda di partecipazione al test, alla registrazione e successiva comunicazione dell’esito. Ovviamente, come tutte le strutture giovani, anche il modello del Test di livello A2 messo in campo a livello nazionale è una struttura che necessita di un accompagnamento costante, capace di correggerne i difetti e orientarne gli sviluppi, che ha già visto numerose correzioni della rotta in corso d’opera6 e che altre ne vedrà sulla base delle esperienze locali7, ma resta il fatto che il nostro Paese, a partire dal 2010, ha fatto una scommessa: l’inclusione degli stranieri (linguistica e sociale) si fonda su un modello che ha il suo primo fondamentale step all’interno del sistema pubblico di istruzione degli adulti. Ciò non significa affatto escludere altri attori, anche perché si è visto che l’architettura complessa li chiama inevitabilmente in causa, ma significa l’aver voluto affidare ad un luogo preciso tale compito. In .IT 4. Il D.P.R. 179 del 14 settembre 2011 e la conoscenza civica Se il Decreto Maroni dà avvio alla procedura di testing di lingua italiana per gli stranieri regolarmente residenti in Italia da almeno 5 anni e che desiderano ottenere il permesso CE per il lungo soggiorno, a disciplinare i nuovi arrivi ci pensa il D.P.R. 179 del 14 settembre 2011 che dà invece attuazione all’articolo 4-bis del T.U. che prevede la sottoscrizione dell’Accordo di Integrazione articolato per crediti. Il nuovo regolamento viene applicato, con l’entrata in vigore a partire dal 10 marzo 2012 (come indicato nella Circolare del Ministero dell’Interno n. 1542 del 2 marzo 2012), a tutti gli stranieri di età superiore ai sedici anni che arrivano per la prima volta in Italia e richiedono il rilascio del permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno. Il decreto prevede che l’Accordo possa essere tradotto nella lingua materna dello straniero firmatario o in una delle lingue da lui indicata come preferenziale8. Al momento della sottoscrizione, sono assegnati allo straniero sedici crediti. Tale punteggio corrisponde, nella tabella allegata all’Accordo di integrazione, al livello A1 del Framework, relativamente alla comprensione e alla produzione orale e ad un livello sufficiente di conoscenza della cultura civica italiana, competenze e nozioni di base ritenute punto di partenza per il processo di integrazione9. 6 Ad esempio le note e le circolari che prendono atto della situazione di analfabetismo di molti richiedenti. 7� Cfr. Di Dio 2012 e 2014. 8 Il testo e i relativi allegati, al fine di garantire una partecipazione più consapevole al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo, sono tradotti in 19 lingue e disponibili sul sito del Ministero dell’Interno unitamente ad un vademecum esplicativo delle nuove procedure, anch’esso tradotto nelle stesse lingue. Una tendenza, vale il ricordarlo, già introdotta dalla Legge Turco-Napolitano che, all’art. 2, comma 5, prevedeva che “ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall’interessato”. 9 Da qui aumenteranno proporzionalmente ai livelli di conoscenza della lingua italiana, della cultura civica o alla partecipazione, con profitto, a percorsi di istruzione o di formazione professionale. I crediti acquisiti possono anche subire delle decurtazioni a seguito di provvedimenti giudiziari penali di condanna o dell’applicazione di misure di sicurezza personali, anche non definitive, o ancora dall’irrogazione definitiva di sanzioni pecuniarie di importo non inferiore a 10 mila euro. Il numero dei crediti riconoscibili o decurtabili è specificato in apposite tabelle riportare rispettivamente negli allegati B e C dell’Accordo. Qui è riportata come esemplificazione solo la parte relativa ai crediti linguistici e di conoscenza civica. 37 Rivista In.it In IT .IT 1. Conoscenza della lingua italiana (secondo il quadro comune europeo di riferimento per le lingue emanato dal Consiglio d’Europa) livello A1 (solo lingua parlata) livello A1 livello A2 (solo lingua parlata) livello A2 livello B1 (solo lingua parlata) Livello B1 livelli superiori a B1 (*) I crediti relativi alla presente voce non sono cumulabili tra loro Crediti riconoscibili (*) 2. Conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia Crediti riconoscibili (*) Livello sufficiente Livello buono Livello elevato (*) I crediti relativi alla presente voce non sono cumulabili tra loro 38 Rivista In.it 10 14 20 24 26 28 30 6 9 12 Attraverso la sottoscrizione dell’Accordo, lo straniero si impegna ad acquisire un livello di conoscenza della lingua italiana parlata equivalente almeno al livello A2 del Framework, ad apprendere i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, a conoscerne gli organi istituzionali, ad acquisire le conoscenze di base relative al funzionamento della vita civile in Italia – con particolare attenzione ai settori della sanità, della scuola, dei servizi sociali, del lavoro e degli obblighi fiscali - e a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione da parte dei figli minori. Infine lo straniero dichiara di aderire alla Carta dei valori di cittadinanza e dell’integrazione, adottata dal Ministero dell’Interno il 23 aprile 2007 con il fine di riassumere ed esplicitare i principi fondamentali che regolano la vita collettiva nel Paese10. Nel contempo lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione, assicurando allo straniero la partecipazione a Sessioni di formazione civica e di informazione sulla vita in Italia e accreditando le iniziative più consone all’obiettivo di integrazione, in collaborazione con Regioni, Enti locali e Centri per l’istruzione degli adulti (CPIA). Non diversamente dal D.M. 4 giugno 2010, anche il D.P.R. 179/11 elenca i soggetti esenti dalla stipula dell’Accordo11. L’articolo 3 del D.P.R. 179/11 tratta nello specifico la questione delle Sessioni di formazione civica e di informazione; gli stranieri hanno l’obbligo di partecipare alle Sessioni, che sono gratuite, entro 90 giorni dalla stipula dell’Accordo. La durata delle Sessioni è variabile, da un minimo di cinque ore ad un massimo di dieci; inoltre, durante queste ore, è possibile avvalersi di materiali e sussidi tradotti in lingua materna o in una delle lingue indicate come preferenziali. L’obiettivo delle Sessioni è quello di far acquiLa Carta dei valori, redatta secondo i principi della Costituzione italiana e delle principali Carte europee e internazionali dei diritti umani, propone ed elenca norme sociali di convivenza, alla luce dei cambiamenti che hanno portato l’Italia ad essere una società multiculturale. 11� Persone affette da patologie o disabilità tali da determinare gravi difficoltà di apprendimento linguistico e culturale; minori non accompagnati; vittime delle tratte di persone, di violenza o di grave sfruttamento. 10 sire allo straniero, in forma sintetica, consapevolezza relativamente ai propri diritti e doveri e alle facoltà ed obblighi derivanti dal soggiorno; in aggiunta vengono date informazioni riguardanti le normative di riferimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché indicazioni relative alle principali iniziative a sostegno del processo di integrazione. Il comma 3 è particolarmente importante, perché vi si specifica che la mancata partecipazione alla sessione di formazione civica e di informazione dà luogo alla perdita di quindici dei sedici crediti assegnati all’atto della sottoscrizione dell’accordo. È proprio all’interno del testo legislativo, questa volta, che trovano posto indicazioni ben circostanziate legate all’espletamento delle Sessioni di formazione civica ed informazione, invitando il Prefetto a concludere o promuovere la conclusione di forme di collaborazione tra lo sportello unico e la struttura territorialmente competente dell’ufficio scolastico regionale, i centri provinciali per l’istruzione degli adulti […], le altre istituzioni scolastiche statali operanti a livello provinciale e, se del caso, le altre amministrazioni ed istituzioni statali, comprese le università, relativamente all’organizzazione e allo svolgimento degli adempimenti di cui al presente regolamento, con particolare riferimento alle sessioni di formazione civica e informazione di cui all’articolo 3 e ai test linguistici e culturali di cui all’articolo 5, comma 1. In .IT 5. Avvio delle Sessioni e Accordo Quadro 7 agosto 2012 Con la sottoscrizione dei primi Accordi di integrazione a far data dal 10 marzo 2012, pertanto, si rende necessario normare ulteriormente lo svolgimento del primo degli impegni sottoscritto dallo straniero, ovvero la partecipazione alle Sessioni di formazione civica e informazione previste dall’art.3 del D.P.R. 179/2011. Alcune questioni aperte, infatti, come la durata delle stesse – lasciata dal D.P.R. 179/11 discrezionalmente variabile tra le 5 e le 10 ore –, i materiali utilizzati e il chi dovesse provvedere all’erogazione della Sessione (e in parte anche il dove), trovano risposta con la stipula di un secondo Accordo Quadro tra il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Tale Accordo, sottoscritto il 7 agosto 2012, definisce i criteri e le modalità per lo svolgimento delle Sessioni di formazione civica e di informazione; i Ministeri, oltre a stabilire alcune indicazioni generali relative alle modalità di erogazione dei corsi di lingua e delle Sessioni, optano per la durata massima prevista dal D.P.R. 179/11, ovvero 10 ore, e individuano nelle istituzioni scolastiche sedi dei Centri Territoriali Permanenti il luogo idoneo per lo svolgimento delle medesime Sessioni. In particolare l’articolo 4 stabilisce che: - la Sessione di 10 ore può essere articolata in più sedute (comma 4); - le istituzioni scolastiche delegate individuano almeno due docenti in servizio per l’erogazione dell’attività informativa (comma 5); - le istituzioni scolastiche possono utilizzare i sussidi predisposti dal Ministero dell’Interno12 e/o ogni altro materiale predisposto dai CTP (comma 6). 12 Si tratta dei video di circa 5 ore tradotti in 19 lingue diverse che, tramite le Prefetture-UTG, il Ministero dell’Interno ha fatto pervenire a tutti i CTP per avviare le Sessioni di formazione vica ed informazione. 39 Rivista In.it In IT .IT 40 Rivista In.it Ma soprattutto l’articolo 6, comma 1, stabilisce che l’iscrizione e la frequenza ai corsi di integrazione linguistica e sociale e ai percorsi per il conseguimento del titolo di studio conclusivo del primo ciclo di istruzione [terza media], organizzati dalle istituzioni scolastiche, sedi dei Centri Territoriali Permanenti costituisce a tutti gli effetti partecipazione alla sessione. Viene così riconosciuto esplicitamente al sistema pubblico di istruzione un ruolo importantissimo ai fini dell’integrazione in senso chiaramente istituzionale, in quanto l’attività formativa che esso eroga è funzionale anche ad assolvere i requisiti richiesti allo straniero per la sua permanenza legale in Italia. Occorre, infine, attendere il 4 luglio 2013 per avere un chiaro riferimento sui contenuti delle Sessioni. Con la nota 988, infatti, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, diffonde le Linee guida per la progettazione della sessione di formazione civica e di informazione, ovvero delle indicazioni per la declinazione delle conoscenze di cui all’art. 2, comma 4, lettere b) e c) del DPR 179/201113. Il documento rende noto l’elenco delle conoscenze da acquisire nelle 10 ore di corso, in riferimento all’articolo 2 del D.P.R. 179/2011, e le rispettive fonti: per le nozioni di cui all’art. 2. comma 4, lettera b), gli argomenti riguardano i principi fondamentali della Costituzione (artt. 1-12), e l’organizzazione e funzionamento delle istituzioni pubbliche in Italia (art. 5 e titolo V); in relazione all’art. 2, comma 4, lettera c), i temi vertono sulla sanità (art.32), sulla scuola (art.33 e 34), sui servizi sociali (Legge Quadro n. 328/2000), sul lavoro (artt. 35-40), sugli obblighi fiscali (art. 53). Inoltre, in base all’articolo 3, comma 2 del D.P.R., agli attendenti devono essere fornite le seguenti informazioni: diritti e doveri degli stranieri in Italia, facoltà e obblighi inerenti al soggiorno, diritti e doveri reciproci dei coniugi, doveri dei genitori verso i figli secondo l’ordinamento giuridico italiano, anche con riferimento all’obbligo di istruzione, e principali iniziative a sostegno del processo di integrazione degli stranieri a cui egli può accedere nel territorio della provincia. Nei paragrafi successivi delle Linee Guida vengono forniti maggiori dettagli sulle tematiche, e soprattutto vengono date indicazioni abbastanza precise riguardo le metodologie e la gestione-organizzazione delle sessioni, la cui durata di 10 ore può essere distribuita in più incontri14. Di particolare interesse appaiono gli elementi di progettazione15, dai quali si evince «la concreta intenzione di sviluppare un percorso attrattivo al fine di favorire il coinvolgimento dei partecipanti per la fruizione dei contenuti proposti», utilizzando «una pluralità di canali nella comunicazione»16, sviluppando il confronto interculturale rispetto ai temi affrontati, e implementando «i contenuti proposti con esempi concreti, anche mediante immagini e materiali appositamente selezionati e predisposti». Le Linee guida sono state stese nel corso del workshop FEI “Formazione linguistica ed educazione civica dei cittadini stranieri extracomunitari: linee guida per la costruzione di un sistema integrato Regioni – Uffici Scolastici Regionali – Prefetture” tenutosi il 3 ,4 e 5 aprile 2013 a Roma presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno (S.S.A.I.). Il documento è stato predisposto da un gruppo di lavoro congiunto di cui chi scrive ha avuto l’onore di fare parte. 14 Anche in virtù di una progettazione modulare e in relazione alle esigenze del territorio. �� Cfr. “Linee guida per la progettazione della sessione civica e di informazione, di cui all’articolo 3 del DPR 179/2011. Indicazioni per la declinazione delle conoscenze di cui all’art. 2, comma 4, lettere b) e c) del DPR 179/2011”, p. 21. �� Non solo filmati, dunque, ma anche “riproduzioni scritte in sintesi, immagini, interazione verbale, ecc.”. 13 6. L’avvio della Verifica dell’Accordo di Integrazione A distanza di circa due anni dall’entrata in vigore dell’Accordo di integrazione, prende avvio anche tutto l’iter relativo alla verifica degli accordi sottoscritti, come indicato dall’articolo 6: lo Sportello unico per l’Immigrazione invia comunicazione allo straniero, che è invitato a presentare la documentazione necessaria. Per quanto concerne la conoscenza della lingua italiana e della cultura civica, in assenza di idonea attestazione, lo straniero potrà far accertare il proprio livello di conoscenza della lingua italiana e di cultura civica attraverso il test svolto gratuitamente a cura dello Sportello unico, utilizzando le medesime procedure già in vigore per lo svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana di chi richiede il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. La verifica si conclude con l’attribuzione dei crediti finali e la relativa disposizione riguardo al permesso di soggiorno; se il numero dei crediti finali è pari o superiore alla soglia di adempimento, purché sia stato raggiunto almeno il livello A2 nella conoscenza della lingua italiana e un livello sufficiente di conoscenza delle cultura civica, l’accordo viene estinto per adempimento, mentre viene prorogato per un altro anno alle medesime condizioni se il numero dei crediti finali risulta essere superiore a zero, ma inferiore alla soglia di adempimento. Nel caso in cui il numero dei crediti fosse pari o inferiore a zero, viene decretata la risoluzione dell’Accordo per inadempimento, con la conseguente assunzione di provvedimenti discrezionali, tra cui la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dal territorio nazionale. È così che il 3 aprile del 2014, vengono diffusi dal MIUR i tre strumenti che ancora mancavano per completare l’approccio italiano al processo di integrazione degli stranieri, come previsto dagli artt. 5 e 6 del D.P.R. 179/2011: i primi due riguardano i test linguistici17, mentre il terzo, che rappresenta la maggiore novità dell’ultimo periodo, riguarda i “Criteri per lo svolgimento del test di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia”. La prima peculiarità emerge fin dall’introduzione, dove viene specificato che il test è strutturato in forma orale, ad un livello A2, e che «La scelta di tale approccio è dettata dalla considerazione socio-linguistica che pone l’oralità come dimensione comunicativa preponderante nell’interazione sociale [...]». Inoltre, «la metodologia presuppone l’adozione - da parte delle Commissioni - di strategie specifiche per l’interazione orale, secondo protocolli di conduzione e procedure comportamentali come da letteratura di settore». L’indeterminatezza riguardo le indicazioni metodologiche è spiegata subito dopo, quando si afferma che «le presenti Linee guida non si pongono come un percorso prescrittivo», ma come un sostegno per la costruzione di modelli definiti dalle «reali esigenze delle diverse tipologie dell’utente adulto straniero» e costituiscono un punto di partenza da migliorare nel tempo con l’esperienza e il supporto di tutti gli operatori. A differenza di quanto avviene nei paesi analizzati nella prima parte del presente lavoro, dunque, queste Linee guida non propongono un modello di test centralizzato e uguale per tutti, ma lasciano un considerevole margine discrezionale alle Commissioni degli istituti preposti alla stesura, somministrazione e correzione del test che – come previsto dall’Accordo Quadro tra Ministero dell’Interno e MIUR del 7 agosto 2012 – sono individuate nelle sedi dei CPIA o, in attesa del compimento della riorganizzazione, nei CTP. La prova, che dura da un minimo di 7 ad un massimo di 10 minuti, è strutturata in due I “Criteri per lo svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana a livello A2 parlato” e i “Criteri per lo svolgimento del test di conoscenza della lingua italiana a livello B1”. 17 In .IT 41 Rivista In.it In IT .IT 42 Rivista In.it fasi: la prima consiste in una breve presentazione da parte dello straniero, guidata dall’esaminatore; la seconda in uno scambio comunicativo che prende avvio da tre input, uno per ogni sezione delle conoscenze elencate nelle “Linee guida per la progettazione della sessione civica e di informazione. La breve presentazione deve seguire un percorso di domande aperte in riferimento al nome, alla provenienza, al viver quotidiano e al contesto famigliare dell’esaminato, più eventuali altre richieste; le informazioni ricavate devono essere tenute in considerazione al momento della scelta degli input nella seconda parte dello scambio comunicativo. Riguardo quest’ultimo, i Criteri specificano che gli input devono riferirsi al vissuto o al quotidiano della persona senza astrazioni o generalizzazioni culturali o concettuali, in coerenza con le competenze attese dal livello A2 parlato. Inoltre, viene esplicitamente indicato che i turni dell’esaminatore non devono superare le 20 parole. Il test deve essere svolto come un colloquio, e mai dare l’impressione di un’interrogazione; per favorire lo scambio, è incentivato l’uso di immagini o oggetti di uso quotidiano. Le indicazioni per la conduzione del colloquio, rivolte all’esaminatore, dimostrano in modo chiaro la propensione ad assumere un atteggiamento collaborativo e cordiale; l’esaminatore deve inoltre parlare in maniera comprensibile, tenendo un ritmo rallentato, con una dizione non distante dallo standard; infine, devono chiamare il candidato per nome e usare preferibilmente il Lei, a meno che il registro formale non ostacoli l’interazione, perché poco legato alla quotidianità dell’esaminato. Nell’ultima parte vengono stabiliti i criteri di attribuzione del livello di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia18, formulati secondo le indicazioni del sillabo redatto dagli Enti certificatori, per cui l’esaminato che supera la prova viene valutato ad un livellodi conoscenza “sufficiente”, “buono”, o “elevato”, e ‘guadagna’, rispettivamente, 6, 9, o 12 crediti nel quadro dell’Accordo di Integrazione. Il livello “sufficiente”, oltre a permettere al candidato di superare l’esame, consente di ottenere il riconoscimento del livello A2 della lingua italiana, solo parlata, nel caso in cui non sia già in possesso di una conoscenza superiore. Una dinamica, quest’ultima, che sembra essere prettamente italiana e che differenzia ulteriormente in chiave “formativa” il modello italiano da quello degli altri paesi europei. Sia riguardo la preparazione ai test, sia riguardo le modalità di svolgimento, emerge in modo evidente un’organizzazione meno ‘tipizzata’ e più attenta alla personalità e al vissuto dell’immigrato. Il materiale di studio e i contenuti di quella che è comunemente definita KoS (Knowledge of Society) sono nei diversi paesi europei per lo più standardizzati, e gli esami si svolgono in forma scritta, possibilmente con domande a risposta multipla, al fine di limitare il più possibile il grado di soggettività; in Italia invece il test viene svolto oralmente, e le indicazioni sugli argomenti lasciano ampia scelta alle Commissioni delle varie sedi distribuite sul territorio. Anche il materiale di studio delle sessioni, se si fa eccezione per un video standard distribuito in 19 lingue, è a discrezione delle sedi competenti19. Quello della valutazione è forse l’aspetto più discutibile delle Linee guida, in quanto lascia un notevole margine discrezionale alle Commissioni, risultando pertanto molto poco oggettivo, e rischiando di determinare disparità di giudizio nelle diverse sedi d’esame del territorio nazionale. 19 Recentemente il Ministero dell’Interno ha affidato all’Università per Stranieri di Perugia e all’Università per stranieri di Siena la realizzazione di alcuni sussidi per i cittadini migranti che consistono in brevi spezzoni video didattizzati e corredati da domande di preparazione. Gli stessi presentati a Roma il 29 maggio 2015 nel corso del Convegno “Integrazione linguistica: fra didattica dell’italiano L2 e certificazione delle competenze”. 18 Conclusioni: arriverà a compimento il modello “umanistico”? Tra gli aspetti, a giudizio di chi scrive, più interessanti di questo iter c’è forse l’evidente affermazione di un nuovo ‘pubblico’, destinatario di un percorso formativo linguistico e culturale sinteticamente riassunto nell’etichetta “italiano della cittadinanza” 20. Una lingua che non ha requisiti differenti (o almeno non significativi) dal punto di vista morfosintattico o lessicale e al fondo neppure nell’aspetto comunicativo in senso stretto, ma può a buon diritto essere considerata una strada diversa all’interno delle dinamiche socio-culturali che il nascente “modello umanistico” italiano per l’inclusione degli immigrati sta mettendo in moto. Una strada che ha dovuto e deve fare i conti con una realtà – quella dei cambiamenti introdotti (e indotti) dalla L. 94/2009 e dalle successive norme attuative – che ha gettato nello scompiglio un intero mondo: quello degli immigrati che dall’oggi al domani si sono trovati – da grandi – a dover dimostrare che ‘conoscono una lingua’ (anche senza averla studiata). Ma anche quello dei ‘nativi’ (brutta parola) che devono dare applicazione a quel che la normativa prevede (o prescrive). Si trattava alcuni anni fa e si tratta ancora oggi di leggere, tra gli squarci che un cielo apparentemente grigio e tempestoso lasciava intravedere, momenti di luce legati ad un quotidiano lavoro e tentare di mettere in piedi un sistema, di azzardare una progettualità, di ipotizzare un modello che renda ragione della costruzione di una società naturalmente pluriculturale21. Il modello che ne emerge – e che proponiamo di seguito – non può essere definito in astratto, ma costruito in modo da adattarsi a realtà territoriali diverse, a pubblici caratterizzati a livello locale e alle agenzie formative che, in quel territorio particolare, diventano il punto di coordinamento e di snodo della rete, in un percorso né semplice, né rapido, nei confronti del quale, a tutt’oggi, restano carenze e miglioramenti da attuare, ma consapevoli che si è dato avvio ad una struttura permanente, facente capo alle istituzioni locali che ha finalmente cominciato a dare risposte programmatiche ponendo al centro l’ “italiano della cittadinanza”. Le incombenze stesse che la normativa ha – come si è visto positivamente – fatto ricadere sul sistema scuola, troveranno senso solo se riassorbite in un sistema formativo composito in grado di accogliere ed accompagnare tutti al raggiungimento di quelle competenze basilari (non solo la lingua) che costituiscono l’essenza del diritto di cittadinanza, italiana così come europea. In questi termini si è espresso anche Maggini nell’introduzione al XXII Convegno Nazionale dell’ILSA che si è svolto a Firenze il 29 novembre 2013: “Contesti di apprendimento dell’italiano L2: gestione del fenomeno migratorio fra sperimentazione e quadro normativo”. 21 Non sembra di dire nulla di sconvolgente affermando che ormai, al di là di sterili proclami politici contro gli immigrati, assolutamente anacronistici oltreché indegni, la percezione del cittadino comune – sebbene diversa dall’atteggiamento che poi si assume – non può non fare i conti con tutta una serie di aspetti ‘visibilmente’ pluriculturali: dalla nazionale di calcio di Balotelli e Ogbonna alla letteratura di immigrazione, dalla presenza di italianissimi immigrati nella scuola, nei negozi, nei programmi televisivi e in ogni campo della vita sociale fino ad un aspetto di piena incisività socio-economica, che vede una nuova presenza nel mercato del lavoro non più limitata alla ‘manovalanza’, ma seriamente impegnata nell’imprenditoria e nelle libere professioni. ��� In .IT 43 Rivista In.it In IT .IT 44 Rivista In.it Riferimenti bibliografici essenziali Ambrosini M. 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Barbara Gramegna 46 Rivista In.it Fino ai primi anni ’90 era bene evidente a tutti in Alto Adige il concetto di Italiano L2: si trattava dell’insegnamento/apprendimento della lingua italiana alla popolazione germanofona (minoranza sul suolo nazionale) nata e cresciuta in provincia di Bolzano. Il sistema scolastico altoatesino è, infatti, tripartito: Scuola in Lingua Italiana, Scuola in Lingua Tedesca, Scuola in Lingua Ladina. Tralasceremo qui per economia il tema della Scuola in Lingua Ladina, che offre un insegnamento paritetico nelle tre lingue del territorio, mentre concentreremo l’attenzione sugli altri due sistemi scolastici. La Provincia Autonoma di Bolzano è regolata, oltre che dalla legislazione nazionale, per quanto concerne importanti ambiti, fra i quali la scuola, dallo Statuto d’Autonomia. Il Secondo Statuto di Autonomia (una piccola costituzione), risalente al 1972 e tuttora vigente, recita a proposito di scuola, con l’Articolo 19 quanto segue: Nella provincia di Bolzano l’insegnamento nelle scuole materne, elementari e secondarie è impartito nella lingua materna italiana o tedesca degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna. Nelle scuole elementari, con inizio dalla seconda o dalla terza classe, secondo quanto sarà stabilito con legge provinciale su proposta vincolante del gruppo linguistico interessato, e in quelle secondarie è obbligatorio l’insegnamento della seconda lingua che è impartito da docenti per i quali tale lingua è quella materna. Sono solo delibere della Giunta Provinciale (il governo locale) ad avere il potere di modificare o apportare variazioni transitorie o permanenti allo Statuto. L’introduzione dell’insegnamento della seconda lingua dalla prima classe della scuola primaria è stata sancita ad esempio da una delibera apposita, così come l’apertura, per la scuola in lingua tedesca, verso la possibilità di ‘attivare progetti didattici finalizzati a un più efficace apprendimento della seconda lingua (Italiano) e delle altre lingue presenti nel curricolo di scuola’ (Delibera Provinciale nr.1034 8.07.2013), sempre però in ottemperanza al summenzionato Articolo 19. D’altro canto la scuola in lingua italiana, che ha attuato sin dagli anni ’90 diverse sperimentazioni linguistiche potenziando in termini di ore l’insegnamento del Tedesco L2 e introducendo coraggiose scelte metodologiche, ha inoltre visto, quasi dieci anni prima della scuola in lingua tedesca, l’ingresso di diversi studenti provenienti da altri paesi. Si è pertanto trovata di fronte alla necessità di ragionare sul concetto di Italiano L2 per ‘studenti con background migratorio’. Nel 2007, dando seguito ad una esigenza sempre maggiore di fornire sostegno lingui- stico a questo nuovo tipo di alunni, vengono quindi istituiti, sempre attraverso una delibera di Giunta (nr.1482 7.05.2007), i ‘centri linguistici’. I centri linguistici sono al servizio dei tre gruppi linguistici e di tutte le scuole, coinvolgendo in caso di necessità e per quanto attiene le misure da adottare, la scuola dell’infanzia. In .IT I centri hanno i seguenti compiti: - la consulenza per genitori di alunne e alunni con background migratorio e per coloro che ne fanno le veci per quanto riguarda la scelta della scuola; - il rilevamento del livello di conoscenza della lingua usata per l’insegnamento; - la pianificazione e l’attuazione degli interventi di promozione linguistica: la consulenza e il sostegno alle scuole dell’infanzia, alle scuole e alle reti di scuole; - il coordinamento delle risorse umane e didattiche; - la collaborazione con le comunità comprensoriali, con le associazioni che operano nel sociale e con le associazioni e le istituzioni private; - la pianificazione dei corsi di alfabetizzazione per i genitori, anche in collaborazione con organizzazioni di educazione permanente. La nota particolare è che tali centri sorgono, in effetti, soprattutto per la necessità di rispondere a un’urgenza (indotta dalla stessa legislazione locale) di acquisizione, pressoché contemporanea, delle due lingue parlate sul territorio e il cui insegnamento è obbligatorio nei due sistemi scolastici. In questa maniera la definizione di L2 viene qui a corrispondere a: - Italiano per provenienti da altri paesi; - Italiano per germanofoni della Provincia di Bolzano; - Tedesco per italofoni della Provincia di Bolzano; - Tedesco per genericamente provenienti da ‘fuori Provincia’; - I Centri Linguistici offrono, infatti, a tutte le scuole del territorio: - Corsi di ‘incentivazione’ in Italiano L2 per ‘stranieri’; - Corsi di ‘incentivazione’ inTedesco L2 per ‘stranieri’ ma non sono deputati ad insegnare Italiano L2 a germanofoni della Provincia di Bolzano, né Tedesco L2 ad italofoni della Provincia di Bolzano, visto che questo avviene già nelle scuole. Considerando che le parole dovrebbero essere riempite di significato condiviso, mai come in questo caso ci troviamo di fronte ad un’estrema ambiguità. Inoltre, l’Italiano di Bolzano, non solo è una delle tante varietà di Italiano presenti in Italia, ma è anche l’Italiano di una fetta di popolazione di fatto minoritaria sul suolo provinciale e che trae origine in gran parte da un processo d’immigrazione coatta voluta da Benito Mussolini, quando ‘italianizzò’ a tavolino questa propaggine meridionale dell’ ex-territorio austriaco (Süd-Tirol), annesso all’Italia nel 1919 sulla base di un trattato e a conclusione del primo conflitto mondiale. 47 Rivista In.it IT L’Italiano L2 di Bolzano, quindi, non solo è un Italiano ricolmo di valenza politica per molta parte della popolazione autoctona germanofona, ma è anche un Italiano linguisticamente influenzato dal tedesco, da una cifra veneto-trentina, e culturalmente non proprio identificabile con il concetto di ‘italianità’ che l’Italia esporta nel mondo. Una vera riflessione rispetto a che Italiano L2 sia necessario insegnare/si insegni alle prime, seconde e terze generazioni dei ‘nuovi cittadini’ della Provincia di Bolzano, non è stata però ancora fatta. Riferimenti sito-e bibliografici: Il Nuovo Statuto di Autonomia, Giunta provinciale di Bolzano, 2009. http://lexbrowser.provincia.bz.it/doc/20130807/it/1971/delibera_n_1482_del_07_05_ 2007.aspx http://lexbrowser.provinz.bz.it/doc/it/197177/delibera_8_luglio_2013_n_1034. aspx?view=1 14 | catalogo 2015 | corsi adulti vità +no SYLLABUS Corso di italiano per stranieri Rosanna Chirichella-Caratsch 48 La maggior parte degli insegnanti ha la necessità di dover produrre lavori adatti alle diverse esigenze, trovandosi spesso a lavorare con classi disomogenee. Con Syllabus si ha a disposizione tutto quello che serve per l’apprendimento dell’italiano come lingua straniera. Gli studenti che hanno utilizzato quest’opera in fase sperimentale hanno raggiunto con successo il livello di riferimento e sostenuto con profitto gli esami di certificazione. Rivista In.it O Syllabus è un corso di italiano articolato in tre volumi: livelli A2/B1, B2, C1/C2, ognuno corredato da Cd audio. Il Volume 1, oltre che trattare le strutture grammaticali e gli ambiti tematici del proprio livello, riepiloga le strutture di base del livello A1. O Il corso si rivolge principalmente a studenti di università e di accademie superiori, ma anche a studenti adulti, dei corsi di lingua e cultura italiana all’estero, e istituti superiori, che vogliono acquisire una competenza linguistica secondo i livelli dettati dal QCER. SCHEDA TECNICA SYLLABUS 1 Testo+CD audio ISBN: 978-88-557-0563-9 PAGINE: 256 FORMATO: cm 20X27 In preparazione T ( (( ( ( A2/B1( ( ( ( (( ( SYLLABUS 2 Testo+CD audio In preparazione ( (( ( ( B2 ( ( ( ( (( ( SYLLABUS 3 Testo+CD audio In preparazione ( (( ( ( C1/C2( ( ( ( (( ( O Ognuna delle 8 Unità ruota intorno ad un tema culturale e contiene: – un’attività introduttiva (Per incominciare) che mette in gioco le preconoscenze dei singoli corsisti – testi autentici che mettono in contatto lo studente, oltre che con l’italiano standard e con autori della letteratura italiana contemporanea, anche con le diverse varietà tipiche dell’uso parlato e scritto – strutture grammaticali, a cui è dedicata una specifica sezione e che vengono proposte attraverso un metodo induttivo – funzioni comunicative presentate con gradualità, per permettere un costante arricchimento delle capacità di produzione orale – attività di comprensione orale – un’ampia gamma di esercizi di diversa tipologia – una sezione di Autovalutazione e un Test che verifica gli apprendimenti proposti ogni due Unità – pagine dedicate a Strategie comunicative, ad elementi di Civiltà Italiana e ad esercizi di Fonetica (per il livello A2/B1). Il sito www.guerraedizioni.co/syllabus offre materiale aggiuntivo: − Sezione Navigare in internet con l’italiano, che permette di acquisire un linguaggio sempre più attuale − Attività supplementari − Chiavi degli esercizi − Un Blog al quale saranno indirizzati la maggior parte dei link, con la possibilità per tutti gli studenti che usano Informazione bibliografica Balboni P.E., Mezzadri M. (a cura di), 2014, L’italiano L1 come lingua studio, Torino, Loescher. A cura di Elena Ballarin I curatori del volume presentano in circa 170 pagine una panoramica sul rapporto tra lingua dello studio, microlingue e didattica CLIL e insegnamenti disciplinari rivolti a parlanti madrelingua e affronta una riflessione sulla necessità di offrire mezzi didattici adeguati, affinché il discente affronti lo studio di un particolare ambito disciplinare potendo contare su un’adeguata padronanza linguistica. La raccolta di saggi si apre con l’introduzione di uno dei curatori, Paolo E. Balboni, che illustra le linee guida del progetto M.I.L.E.L (Materiali integrativi Loescher per l’Educazione Linguistica) e parte da tre principi fondamentali per affrontare l’esame della lingua dello studio: a. la padronanza della lingua di lavoro è condizione necessaria per il successo scolastico; b. la padronanza della lingua è legata all’input che si riceve e che si riesce a comprendere; c. la comprensione dipende da alcuni fattori personali di ogni studente. Successivamente illustra gli obiettivi principali del progetto: produrre guide operative che coadiuvino i docenti sia nella pratica didattica, sia nella riflessione sul raggiungimento dell’apprendimento efficace in aula. Tale riflessione coinvolge i processi di apprendimento che avvengono in L1, L2 e in ambito dialettofono. Il contributo prosegue illustrando il tipo di apporto che, nella lingua dello studio, si crea tra l’input offerto dall’insegnante di lingua e quello offerto dall’insegnante di disciplina e sottolinea come anche la lingua offerta nell’ambito delle discipline umanistiche sia disciplina essa stessa. La conclusione di questa parte introduttiva al volume vede indicati gli strumenti utilizzati nel progetto: guide per i docenti e percorsi didattici per gli studenti. Il volume si divide in due parti: coordinate e aspetti operativi e vede nel capitolo 1 (“La natura della lingua dello studio”) a cura di Luise M.C. una riflessione sulla natura epistemologica della lingua usata per diffondere il sapere. Il contenuto offre una definizione di lingua dello studio intesa come sovra disciplinare e alternativa alle microlingue, con le quali pur si confronta e che comprende. L’autrice pone la differenza nel soggetto che apprende: specialista nel caso delle microlingue, non specialista nel caso della lingua dello studio. Successivamente affronta l’esame delle abilità linguistiche coinvolte nella lingua dello studio: per quanto riguarda le abilità orali sia esamina sia la lingua prodotta dal docente, come pure la lingua prodotta dal discente il rapporto che si crea quando i due soggetti interagiscono. Si passa in rassegna anche l’abilità di scrittura, ponendo l’accento sull’importanza della comprensibilità delle fonti e la variabilità di quanto prodotto in base all’età e al percorso di studi del discente. Si passa in rassegna successivamente le caratteristiche che rendono la lingua dello studio ‘difficile’ per chi apprende e questo esame offre uno strumento prezioso al docente che necessiti di una 49 Rivista In.it riflessione sui materiali didattici. Il contributo si conclude con una riflessione sulle competenze di cui hanno bisogno sia i docenti che i discenti nell’affrontare questa disciplina linguistica. Il capitolo 2 (“L’educazione alle microlingue e nelle microlingue disciplinari”) ��������� è a cura di Balboni P. E. e propone degli spunti di riflessione sulla percezione che il soggetto che apprende ha a proposito delle microlingue. Il contributo si apre con un’importante distinzione fra istruzione ed educazione microlinguistica e prosegue con un esame puntuale a proposito della comunicazione microlinguistica, intesa come visione di una variante di lingua completa in tutti gli ambiti comunicativi e affrontandone la dimensione cognitiva, testuale, sintattica, lessicale. Anche in questo contributo viene posta particolare attenzione al processo di comprensione linguistica evidenziandone il carattere prioritario rispetto ad altri processi. Si passa successivamente in rassegna una serie di tecniche didattiche finalizzate al rafforzamento di questa abilità. In conclusione al contributo è posta un’importante rassegna bibliografica su studi ormai divenuti dei ‘classici’ in merito a questo argomento scientifico. 50 Rivista In.it Il capitolo 3 (“Autonomia di apprendimento e italiano dello studio”) è a cura di Menegale M. e propone una riflessione sul principio di autonomia nell’apprendimento da parte dello studente. Perché lo studente possa divenire autonomo è indispensabile il ruolo di guida nell’apprendimento da parte del docente: così si apre questo saggio. Perché questo processo si realizzi, il docente deve sempre tenere alta e costante la motivazione, poiché quando si affronta lo studio nella lingua dello studio, lo sforzo cognitivo è notevole e il solo intervento del docente potrebbe non essere sufficiente. Il capitolo 4 (“Un ampliamento di prospettiva: il CLIL di lingua straniera”) è a cura di Coonan C.M. e apre con una riflessione su ciò che accade a uno studente nell’atto di studiare una disciplina in lingua veicolare, su quali effetti possano provocare l’impatto emotivo e cognitivo. Successivamente si propone un approfondimento sul ruolo dell’insegnante e quali competenze debba mettere in atto al fine dell’insegnamento. Anche in questo saggio si enfatizza l’importanza della comprensione, evidenziando, tuttavia, molto efficacemente come la comprensione nel caso del CLIL sia duplice: l’input linguistico deve risultare comprensibile secondo la teoria di Krashen e la comprensione dei contenuti disciplinari deve procedere parallelamente. Vengono esaminate, quindi, le competenze professionali che un insegnante che adotti la didattica CLIL deve avere e si conclude con una panoramica sulle caratteristiche dell’insegnamento nell’ambito di questa metodologia. La seconda parte del volume riguarda gli aspetti operativi e si apre con il capitolo 5 (“I principali problemi dell’italiano L2 dello studio”) a cura di D’Annunzio B. e propone una riflessione sulle distinzioni che intercorrono fra italbase e italstudio. Di pregio è la riflessione sulla complessità e l’architettura con cui sono concepiti i libri di testo. Si propone quindi una rassegna di alcune tecniche di facilitazione nella didattica della lingua dello studio. Il capitolo 6 (“La realizzazione di unità didattiche di italiano dello studio”) è a cura di Balboni P.E. ed esamina in ordine cronologico il concepimento dell’idea di lezione nelle varie epoche sino a giungere alla costruzione dell’unità didattica in tempi più recenti. Si prosegue la rassegna passando alla successiva e più moderna idea di unità di acquisizione inserita in una rete di saperi. Successivamente si propone una riflessione sui moduli e, anche in questo caso, il saggio si conclude con una completa rassegna bibliografica sull’argomento. Il capitolo 7 (“Indicazioni metodologiche e modelli operativi per la didattica italstudio fra classe e laboratorio”) a cura di Piera������������������������������������������������� ccioni G. illustra il percorso compiuto dall’Università di Parma a partire dalla certificazione Italstudio. Vengono illustrate le coordinate di riferimento che hanno guidato alla definizione di un curricolo Italstudio, come pure alla costruzione di un sillabo delle abilità di studio. Il contributo prosegue nella proposta di un percorso didattico che porti alla definizione delle tappe nella programmazione di un corso di Italstudio, fino alla proposta di una ridefinizione di unità di acquisizione di Italstudio. Il capitolo 8 (“Team teaching e l’italiano dello studio”) è a cura di Menegale M. e invita a riflettere sull’importanza del lavoro in équipe. Il contributo inizia con un esame dettagliato del concetto di ‘team teaching’ e di come questo concetto sia indispensabile nell’insegnamento della lingua dello studio enumerandone gli innumerevoli vantaggi ed esaminandone parimenti le difficoltà. Il capitolo 9 (“Certificare l’italiano dello studio di studenti migranti”) a cura di Mezzadri M. illustra nel dettaglio la certificazione Italstudio, descrivendone i destinatari e i livelli, e spiegando all’interno di quali percorsi di formazione sono state concepite le prove, che vengono spiegate nei particolari. Una parte del saggio è dedicata alla riflessione scientifica che ha guidato il processo di valutazione e il contributo si conclude con una serie di esempi di prove di certificazione. Questo saggio offre alcuni spunti interessanti verso una prospettive di recente studio, ma di grande attualità come la didattica CLIL e, più in generale, la lingua dello studio. Il pregio di questo volume consiste nell’abbinare una solida riflessione epistemologico-scientifica a esempi pratici di didattica. Il saggio costituisce, dunque, uno strumento prezioso sia per lo studioso che affronta l’approfondimento di questi temi, sia anche l’insegnante che ha bisogno di una guida epistemologico-pratica al suo operare in aula. Castelli M., 2012, Generi testuali e comunicazione scientifica, Perugia, Guerra. A cura di Elena Ballarin L’autrice del volume presenta in circa 150 pagine una panoramica sul rapporto tra comunicazione scientifica e divulgazione e affronta una riflessione sulla testualità in tutti i suoi aspetti: genere, codice, pubblico. Il saggio si apre con l’introduzione, che illustra le linee guida di tutto il volume e parte dall’analisi, nella comunicazione scientifica, di forme testuali ed elementi linguistici, presupponendo due importanti campi d’indagine: 51 Rivista In.it a. linguistica e semiotica del testo; b. analisi dei linguaggi specialistici. La linguistica del testo offre lo spunto per partire dall’assunto che l’unità fondamentale del linguaggio è il testo e non l’enunciato e ad esso è collegata l’analisi della comunicazione e la teoria degli atti linguistici e della conversazione. L’analisi delle lingue per scopi speciali si prefigge di individuare gli elementi verbali e non verbali che caratterizzano la comunicazione in ambito scientifico e professionale. L’autrice sostiene come le due prospettive si intersechino continuamente nella pratica descrittiva dei ricercatori e diano luogo a risultati di grande interesse. Successivamente l’autrice si interroga sulla relazione che intercorre fra macro e microlingua e sostiene come la comunicazione specialistica assuma una dimensione verticale e si articoli su tre piani: a. divulgazione; b. formazione; c. specializzazione. 52 Rivista In.it Si offrono, quindi, esempi testuali per ognuno dei livelli elencati. L’introduzione si conclude con l’indicazione degli obiettivi del volume: studiare in modo approfondito il rapporto fra scrittura formativa e scrittura divulgativa attraverso un itinerario che contempli il circuito della comunicazione scientifica. Il capitolo 1 (“Comunicazione, testualità e generi”) si apre con la presentazione del circuito comunicativo illustrandone i sei fattori costitutivi e le conseguenti funzioni linguistiche. L’autrice, tuttavia, evidenzia un punto debole nel modello jakobsoniano identificandolo nella scarsa attenzione riservata all’interattività nelle comunicazione linguistica, che è pluriplanare e implica processi di comprensione e interpretazione. Il capitolo prosegue esaminando il contesto in cui avviene la comunicazione: in esso sono parte integrante lo spazio e ciò che vi è collocato. Nel contesto si trovano, infatti, fattori cognitivi e sociali che definiscono un circuito complesso nel quale il testo non è un oggetto statico, ma una specie di spazio d’incontro tra mittente e ricevente. Gli approcci al testo sono, quindi, plurimi e vi si può accedere partendo da discipline con prospettive diverse. Un intero paragrafo è dedicato al rapporto generato da metalinguaggio e retorica. Il metalinguaggio sarebbe il motore che genera processi di acquisizione linguistica, mentre la retorica costituirebbe la strategia per organizzare il discorso. Il capitolo poi prosegue nell’esame delle tipologie di testi e, successivamente, dei generi testuali. Un paragrafo è dedicato all’esame dei generi e testi elettronici in quanto considerati di grande attualità nella comunicazione contemporanea. Il capitolo si conclude con la disamina della Systemic Functional Grammar secondo la quale esistono tre funzioni del linguaggio: a. ideativa; b. interpersonale; c. testuale. Queste funzioni si legano al contesto d’uso e il genere come azione comunicativa è interpretato in realtà come azione sociale e culturale. Il capitolo 2 (“Testi formativi e testi divulgativi”) si dedica alla descrizione dei testi e inizia con un paragrafo sulla descrizione dei generi. Secondo l’autrice il genere è un costrutto prototipico e i confini fra le diverse categorie non sono univoci: ogni categoria non è strutturata in termini di proprietà comuni, ma attraverso una serie di affinità che si incrociano. Inoltre, un testo si presenta come il luogo di intersezione di generi diversi e, perciò, l’autrice sostiene come sia impraticabile la categorizzazione stretta del genere testuale, mentre si può riconoscere senza ombra di dubbio l’intersezione fra generi diversi. Si passa, quindi, alla definizione dei testi ‘trasformativi’ nei quali le conoscenze consolidate e non consolidate trovano armonica collocazione. In questo capitolo un paragrafo è dedicato alla distinzione e caratterizzazione di testi formativi e testi divulgativi individuando nello scopo comunicativo un indice di distinzione significativo. Un aspetto importante della comunicazione testuale è individuata nella comunicazione e comprensione della scienza, processo in virtù del quale lo scienziato non solo informa chi lo legge, ma interessa il lettore alla sua ricerca: questo aspetto evidenzia il carattere di ibridità e contaminazione fra cenere formativo e informativo. Il capitolo si conclude con un intero paragrafo dedicato ai metodi e agli strumenti per comunicare la scienza. Il capitolo 3 (“Coesione e coerenza nei testi divulgativi e formativi”) propone una riflessione sul processo di analisi testuale. Il testo è un oggetto multidimensionale, portatore e attivatore di conoscenze, non riconducibile a un’analisi compiuta e perfetta. Più paragrafi sono dedicati alla descrizione del processo di coesione testuale individuandone i referenti testuali, ovvero i concetti espressi e non tanto le parole usate. Successivamente si passa alla descrizione del processo di coerenza per poi proseguire nell’illustrazione della distinzione tra microstruttura e macrostruttura, nella quale si coglie la distinzione fra comprensione globale del testo e comprensione mirata. Grazie all’analisi della macrostrutture dei testi formativi e divulgativi si colgono punti di contatto fra i due generi. L’autrice ritorna in questo capitolo sulla teoria degli atti linguistici individuando nelle catene di intenzionalità comunicativa una sorta di superstrutture, grazie alle quali è possibile ricostruire l’architettura del testo. Il capitolo si conclude esaminando la diversa disposizione delle conoscenze nei testi formativi e divulgativi, osservando lo spazio dato nei testi alla verifica delle conoscenza e, infine, al carattere dinamico che caratterizza i testi trasformativi. Il capitolo 4 (“Terminologia, definizioni e metafore”) apre con una riflessione su ciò che accade al repertorio lessicale, dato il ruolo centrale che esso ricopre nella comunicazione scientifica. Il capitolo prosegue nell’esame del ruolo che la terminologia ricopre nel testo specialistico, individuandone nella monosemia il carattere distintivo. Tale tendenza provoca il ricorso frequente ai processi definitori in ambito semantico e lessicale e anche alle metafore intese come figura del pensiero e dell’azione. Il volume procede, attraverso le conclusioni, alla sintesi del pensiero dell’autrice: esiste un continuum tra divulgazione formazione ed è possibile ipotizzare un modello di continuità tra tipi testuali diversi che guidi il lettore alla comprensione dei macro e dei microtesti. Grazie a questo modello è possibile individuare alcune caratteristiche che contraddistinguono il linguaggio scientifico e il linguaggio divulgativo e, sollecitando il lettore a cogliere le linee di contatto fra i diversi generi, lo si guida in modo efficace alla comprensione del testo. 53 Rivista In.it corsi adulti | catalogo 2015 | NUOVO RETE! LIBRO ATTIVO per PC e MAC vità +no Marco Mezzadri - Paolo E. Balboni OUn unico supporto per vivere un�esperien����or���tiv��co�p�et���� un�esperien��� �or���tiv�� co�p�et���� tutto i��ibro s�og�i��bi�e��co�puter, inter��ttività con�ink dirett���ente d����e p��gine de�testo��d��udio, video, eserci�i�u�ti�edi���i. 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I�Libro Attivo per�ette di��sco�t��re tutti i���teri���i��udio con un se�p�ice c�ick su���icon�� di��sco�to. È possibi�e rip��ss��re e ripetere tutti i di���oghi de��ibro e tutti g�i eserci�i di pronunci�� e di��sco�to,�eggendo i� testo e ri��sco�t��ndo�e�r��si più co�p�esse. 54 Rivista In.it OFai pratica! Le��ttività inter��ttive presenti ne� Libro Attivo per�ettono di��ppro�ondire e rip��ss��re��nche��c��s�� ��s�� in���nier�� in ���nier�� pi��cevo�e e divertente�e��ttività svo�te in c���sse. SCHEDA TECNICA T Disponibile versione App multimediale NUOVO RETE! A1 LIBRO ATTIVO per PC e MAC 1 CD ROM ISBN�� 978-88-557-0509-7 ( (( ( ( A1 ( ( ( ( (( ( NUOVO RETE! A2 LIBRO ATTIVO per PC e MAC 1 CD ROM ISBN�� 978-88-557-0510-3 ( (( ( ( A2 ( ( ( ( (( ( NUOVO RETE! B1 LIBRO ATTIVO per PC e MAC In preparazione 1 CD ROM ISBN�� 978-88-557-0439-7 ( (( ( ( B1 ( ( ( ( (( ( Disponibile formato e-book App Guerra Edizioni Guerra Edizioni Edel srl - Perugia su: Via A. Manna, 25 - 06132 Perugia (Italia) Tel. + 39 075 5289090 Fax + 39 075 5288244 e-mail info@guerra edizioni.com www.guerraedizioni.com Seguici anche Università per Stranieri di Siena (In It.) UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI SIENA Sono attivati presso il Dipartimento di Ateneo per la Didattica e la Ricerca i seguenti corsi, ai quali possono iscriversi studenti/-esse italiani/-e e stranieri/-e: ■ Corso di Laurea in MEDIAZIONE LINGUISTICA E CULTURALE Classe L12 – Mediazione. 2 curricoli: • Traduzione in ambito turistico-imprenditoriale • Mediazione linguistica nel contatto interculturale Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014.. ■ Corso di Laurea in LINGUA E CULTURA ITALIANA PER L’INSEGNAMENTO AGLI STRANIERI E PER LA SCUOLA Classe L10 – Lettere. 3 Curricoli: • Insegnamento della lingua e della cultura italiana a stranieri • Competenze storiche e letterarie per la scuola italiana • Insegnamento della Lingua dei Segni Italiana (LIS) Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014 55 Rivista In.it ■ Corso di Laurea Magistrale in SCIENZE LINGUISTICHE E COMUNICAZIONE INTERCULTURALE Classe LM 39 – Linguistica. Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014 ■ Corso di Laurea Magistrale in COMPETENZE TESTUALI PER L’EDITORIA, L’INSEGNAMENTO E LA PROMOZIONE TURISTICA Classe LM 14 – Filologia Moderna. Domande di immatricolazione entro il 30 settembre 2014 ■ Master di I livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici) - Master Ditals (Centro DITALS: [email protected]) - Master on-line in Didattica della lingua e della letteratura italiana in collaborazione con il Consorzio interuniversitario ICoN (Centro DITALS: [email protected]) ■ Master di II livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici) - E-Learning per l’insegnamento dell’italiano a stranieri (Centro FAST: [email protected]) ■ Scuola Superiore di Dottorato e di Specializzazione Dottorato in Linguistica e didattica della lingua italiana a stranieri Dottorato in Letteratura, storia della lingua e filologia italiana ([email protected]) ■ Master di I livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici) - Master Ditals (Centro DITALS: [email protected]) - Master on-line in Didattica della lingua e della letteratura italiana in collaborazione con il Consorzio interuniversitario ICoN (Centro DITALS: [email protected]) ■ Master di II livello (il titolo rilasciato dà punteggio per i concorsi pubblici) - E-Learning per l’insegnamento dell’italiano a stranieri (Centro FAST: [email protected]) ■ Scuola Superiore di Dottorato e di Specializzazione Dottorato in Linguistica e didattica della lingua italiana a stranieri Dottorato in Letteratura, storia della lingua e filologia italiana ([email protected]) Scuola di specializzazione in didattica dell’italiano come lingua straniera Durata: 2 anni. È previsto il riconoscimento crediti per i possessori di titoli di master, sia di primo che di secondo livello, sulle tematiche inerenti la Scuola. 56 Rivista In.it PER INFORMAZIONI GENERALI In Italia: Università per Stranieri di Siena, Piazza Carlo Rosselli 27-28 SIENA Tel.: +39 0577 240115 - Fax: +39 0577 283163; E-mail: [email protected] All’estero: Istituti di Cultura italiani e rappresentanze diplomatiche del governo Italiano ITALS Italiano Come Lingua Straniera Centro di Ricerca e Formazione Centro di Ricerca sulla Didattica delle lingue, Ca’ Foscari, Venezia Laboratorio Itals l 1. Il progetto Itals Formazione iniziale e in servizio degli insegnanti e del personale impegnato in agenzie o scuole che, all’estero, diffondono la lingua e la cultura italiana: a. Master in promozione e didattica della lingua e cultura italiana all’estero • indirizzo didattico generale, per chi insegna a stranieri in generale • indirizzo didattico specifico per chi insegna a immigranti in Italia • indirizzo organizzativo, per chi si occupa dell’organizzazione di corsi e della promozione dell’italiano all’estero. b. Corsi fi formazione iniziale tenuti in Italia, di primo e secondo livello. c. Corsi di formazione iniziale tenuti all’estero, quando si realizzi un gruppo di dimensioni sufficienti a sostenere i costi del corso. d. Corsi di perfezionamento. e. Corsi speciali finanziati dal Ministero degli Affari Esteri. f. Corsi ad hoc per associazioni di insegnanti di italiano, tenuti in Italia o all’estero. g. Certificazione della competenza didattica nell’insegnamento dell’itals. Due sessioni l’anno in Italia, altre sessioni all’estero sulla base di accordi con Istituzioni locali. h. Scuola estiva di formazione dei docenti. sono aperte le iscrizioni ai due master on line Itals 1° livello di carattere più operativo e di formazione glottodidattica Itals 2° livello di natura più progettuale e avanzato le descrizioni sono in www.itals.it i bandi sono in http://www.unive.it/nqcontent.cfm?a_id=135530 57 Rivista In.it DEAL Dislessia Educativa e Apprendimento Linguistico Globes Glottodidattica per Bisogni Educativi Speciali Il progetto GLOBES 58 Rivista In.it GLOBES è un progetto di ricerca e formazione dell’Università Ca’ Foscari Venezia che si occupa dell’insegnamento delle lingue non materne a studenti con bisogni speciali derivanti sia da cause congenite (deficit o disabilità, ma anche allievi definiti “superdotati”) sia da fattori ambientali (svantaggio sociale, adozione internazionale ecc.). GLOBES svolge: o attività di ricerca finalizzate ad esplorare le peculiarità del processo di apprendimento dell’allievo con bisogni speciali per elaborare metodologie glottodidattiche specifiche; o attività di formazione e consulenza glottodidattica a Venezia o presso le istituzioni richiedenti; o progettazione di materiali glottodidattici, in collaborazione con case editrici. Direttore del progetto: Dott. Michele Daloiso ([email protected]) Formazione presso le istituzioni scolastiche GLOBES organizza corsi di formazione presso istituzioni scolastiche, associazioni ed enti pubblici e privati, sulla base di una specifica richiesta. I corsi si basano su un progetto formativo costruito ad hoc per rispondere alle esigenze dell’istituzione scolastica. Per concordare il progetto e richiedere un preventivo contattare il referente. Formazione a Venezia Durante il periodo estivo l’Università Ca’ Foscari, in collaborazione con l’Associazione Italiana Dislessia, organizza il MASTERCLASS DEAL (Dislessia Evolutiva e Apprendimento delle Lingue), un corso di alta formazione rivolto ai docenti di lingue non materne di ogni ordine e grado che offre una preparazione teorico-metodologica specifica per l’insegnamento delle lingue ad allievi con disturbi dell’apprendimento, offrendo strumenti metodologici e operativi spendibili nella didattica quotidiana. Il corso si compone di un ciclo di giornate di lavoro a Venezia e una fase di approfondimento online. MASTERCLASS DEAL - Edizione 2014 MODULO BASE Fondamenti teorici e metodologici per una glottodidattica accessibile agli allievi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il modulo offre ai docenti una preparazione teorico-metodologica di base specifica per l’insegnamento delle lingue straniere ad allievi dislessici. Facendo riferimento non solo alla normativa ma anche agli studi glottodidattici internazionali, si offriranno strumenti metodologici e operativi spendibili nella didattica quotidiana. MODULO SPECIALISTICO A (Scuola dell’Infanzia e Scuola Primaria) Sensibilizzare i bambini ai suoni e alle lettere della lingua inglese. Principi metodologici e strategie operative Il modulo offre ai docenti una preparazione specifica per accostare i bambini italiani al sistema fonetico e ortografico della lingua inglese in modo sereno ed efficace. I principi metodologici e le strategie fornite costituiscono un supporto necessario nel caso di allievi con DSA, ma rappresentano anche una risorsa utile per il lavoro con l’intera classe. MODULO SPECIALISTICO B (Scuola Secondaria di 1° e 2° grado, adulti) Insegnare la grammatica ad alunni con dislessia: dalla teoria alle buone pratiche Il modulo offre ai docenti una preparazione specifica per favorire l’apprendimento della grammatica della lingua straniera da parte di allievi con DSA, promuovendo lo sviluppo di competenze metalinguistiche e metacognitive. CALENDARIO DELLE LEZIONI Palestra informatica A distanza (facoltativa) Modulo Base Fase a distanza Moduli specialistici 5 ore 15 ore 26-29 giugno 2014 30 giugno – 12 luglio 2014 Fase in presenza 15 ore 14-16 luglio 2014 Fase in presenza 15 ore 17-18 luglio 2014 Fase a distanza 15 ore 21 luglio – 2 agosto 2014 SCADENZA PRE-ISCRIZIONI: 30 APRILE 2014 ISCRIZIONI: 23 MAGGIO 2014 Per altre informazioni sulle modalità d’iscrizione, consultare il bando alla pagina: www.unive.it/centrodidatticalingue, link “GLOBES-DEAL”, sezione “Formazione” Per altre informazioni: Coordinatore Scientifico: Dott. Michele Daloiso, [email protected] Seguici anche su Facebook: www.facebook.it/progetto.deal 59 Rivista In.it Società Dante Alighieri PLIDA. Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri PLIDA è una certificazione ufficiale di competenza della lingua italiana L2/LS. È il cuore di un progetto assai più complesso, che include varie sezioni autonome ma coordinate con PLIDA: a. ADA: è il sillabo per la programmazione curricolare per corsi di lingua italiana L2/LS; su questo sillabo è possibile ottenere l’Attestato di frequenza unico ADA; b. Formazione e aggiornamento insegnanti: da anni questo ambito è centrale nella vita della Dante, che organizza seminari per insegnanti sia in Italia sia nel mondo, i cui calendari sono reperibili nel sito; 60 Rivista In.it c. Pubblicazioni didattiche e scientifiche: la Società Dante Alighieri non è solo un centro di insegnamento, ma anche di formazione dei docenti, come visto sopra, ed entrambe queste funzioni hanno bisogno di fondarsi su solide fondamenta scientifiche. La vita della Dante è guidata da due comitati scientifici, che hanno rispettivamente una funzione genrale di indirizzo scientifico ed una di traduzione di tali linee in progetti operativi: a. Comitato scientifico direttivo: Paolo E. Balboni, Valeria Della Valle, Luca Serianni, Mirko Tavoni, Massimo Vedovelli b. Comitato scientifico operativo: Guido Benvenuto, Fabio Caon, Barbara D’Annunzio, Stefania Ferrari, Matteo Santipolo, Paolo Torresan La responsabile di tutto il progetto PLIDA è Silvia Giugni Contatti: www.plida.it tel. 066873787 [email protected] [email protected] 61 55 Rivista In.it In.it Rivista I ISBN 978-88-557-0564-6 9 78885 5 705646