LINEE GUIDA IN MEDICINA D’URGENZA Roma 6 - 7 Giugno 1996 F :1 LA SINDROME DEL BURN OUT NEGLI OPERATORI SOCIO-SANITARI M. Piccione Dipartimento Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica - Università la Sapienza di Roma Il termine “burnout” e sindrome del burnout letteralmente “del bruciato”, forse più comprensibilmente “dell’esaurito” ha fatto la sua comparsa intorno al 1930 nel gergo del mondo dello sport per indicare l’incapacità di un atleta, dopo alcuni successi, ad ottenere ulteriori risultati e/o a mantenere quelli acquisiti. In ambito socio-sanitario è stato utilizzato e proposto la prima volta alla fine degli anni 70 quando appunto nell’Agosto del 1977 C. Masclach (1) al congresso annuale di S. Francisco dell’APA (Associazione Psichiatri Americani) lo propose per definire una condizione di nervosismo, irrequietezza, apatia, indifferenza, cinismo, ostilità degli operatori sociosanitari, sia fra loro che verso terzi, dopo mesi o anni di scrupoloso impegno ed attento lavoro. Da allora ad oggi la sindrome è stata studiata da prospettive diverse e non solo psichiatriche tra esse quelle sociali, di igiene del lavoro, economiche e tra le molte conoscenze che si sono aggiunte due sembrano essere le più importanti : l’alta frequenza e contagiosità e la possibilità della sua comparsa in tutte le esperienze lavorative e non solo socio sanitarie oltre che in tutte le esperienze umane e non solo quelle lavorative. Da qui la necessità di rivisitare un gran numero di patologie e perfino di luoghi comuni si pensi per esempio alle crisi matrimoniali del settimo anno o molti atteggiamenti ostili di alcuni genitori verso i figli nei giorni di festa o alla fine delle ferie o alle nevrosi delle casalinghe che così tanto hanno pesato e pesano nell’equilibrio di tante famiglie. La sindrome si presenta con gradualità e modalità diverse, e comunque sempre crescenti, e si manifesta con la comparsa di nervosismo, di maggiore ansia, reazioni violente, sempre e comunque un forte desiderio di non voler essere più in quel luogo e in quella situazione, ma altrove. La sindrome del burout ed il suo vissuto pertanto si potrebbero definire dal punto di vista psicologico come la perdita, lo svuotamento, la crisi di emozioni creative e di valori considerati fondamentali fino a quel momento. Si verifica un cambiamento di accento sul piano del significato e primo fra tutti quello del “servizio relazionale” (intendo con esso la possibilità di fare per l’altro delle cose senza chiedersi spetta a me, spetta a lui) non più inteso all’interno della propria funzione e come tale giustamente dovuto agli altri ma, svuotato del suo valore positivo viene letto e vissuto negativamente come un abuso gravoso ed impossibile da tollerare. Si crea pertanto una totale impossibilità a godere della propria vita e non solo lavorativa, non più declinata in termini positivi, ma privata di contenuti amorosi subirà in termini negativi e di ostilità. Dal punto di vista clinico e psicopatologico la sindrome del burnout va differenziata dalla già nota sindrome da disadattamento : sociale, lavorativo, famigliare, relazionale. La sua originalità è rappresentata dal fatto che essa si verifica all’interno del mondo emozionale della persona, e non poche volte senza una vera vicenda scatenante esterna o rivelata. La sindrome del burnout potrebbe essere paragonata ad una sorta di virus dell’anima, come una malattia da raggi, perché è sottile, invisibile, continua, parassitariamente ingravescente e se non si interviene determina l’exitus volitivo ed energetico e non solo lavorativo della persona. Si tratta quindi di un fenomeno psicopatologico relativamente nuovo quanto grave che non può più essere ignorato e nei confronti del quale à assolutamente indispensabile prendere le F:2 LINEE GUIDA IN MEDICINA D’URGENZA Roma 6 - 7 Giugno 1996 dovute cautele sia sul piano della prevenzione che della terapia. Dall’esperienza personale non più recente, si possono evincere alcuni concetti comuni e fondamentali nel vissuto dei portatori di una tale sindrome. Primo tra tutti un sentimento di profonda infelicità, e di non realizzazione professionale, impensabile in precedenza, e per tanti versi senza una giustificazione ragionevole. Compare un eccesso di indifferenza, di solitudine, e la netta drammatica sensazione di impoverimento nel bilancio tra risorse emotive e richieste operative. Dal punto di vista sintomatologico lavorativo comincia con uno stato di affaticamento e di generica sensazione di stress che a sua volta conduce ad uno di tensione nervosa, il cui sforzo, se non si interviene porta ad un ulteriore stato di ritiro emozionale prima e distacco emotivo dopo e quindi all’istaurarsi della sindrome del burnout. Intendendo ed accettando per stress quanto proposto da Lazarus e Launier (2) “situazione in cui le richieste ambientali costituiscono un peso o eccedono le risorse dell’individuo” e completata da MacGrath (3) “può insorgere anche nel caso in cui le risorse superino fortemente le richieste” perché si instaura il fenomeno della noia, con un forte impedimento nella produzione del ripristino dell’autostima determinato dalla sottovalutazione delle proprie capacità e dalla perdita degli stimoli intellettuali. Appare evidente che l’intervento, sia in via preventiva che in via terapeutica, deve avvenire il più precocemente possibile sulle cause dello stress e sulle dinamiche implicite allo stress i cui punti di attacco fondamentali sono stati identificati da Cherniss in cinque fattori che influiscono sulla scelta del tipo di difesa : 1- lo sviluppo professionale dello staff, 2 - la struttura di lavoro e di ruolo, 3 - lo sviluppo della gestione, 4 - la soluzione dei problemi organizzativi, e il prendere le decisioni, 5 - gli obiettivi del programma ed i modelli di gestione. 1)LO SVILUPPO PROFESSIONALE DELLO STAFF a sua volta è in funzione di quattro differenti modalità operative e relazionali costituite da : a) ricerca di informazioni ; situazioni caratterizzate da un alto livello di ambiguità o di incertezza tenderanno a favorire una riduzione dell’azione diretta ed un incremento della ricerca di informazione. Se essa non riesce a ridurre l’ambiguità, può essere messo in atto il modello di difesa intrapsichico assolutamente dannoso perché causa di sviluppo e di alimentazione della sindrome del burnout, in quanto provoca difese psichiche di evitamento, fuga, negazione e proiezione persecutoria. Ad esempio, l’individuo evita di pensare alla situazione e alle conseguenze potenzialmente dannose. b) azione diretta : un alto livello di minaccia, di danno, condurrà a modelli difensivi più primitivi e disperati, quali il panico, la rabbia, la confusione di pensiero. c) inibizione all’azione : una situazione caratterizzata da un elevato livello di conflitto tenderà ad inibire l’azione diretta e porterà invece alla difesa intrapsichica. d) richiesta di competenza e di prestazioni efficienti (definito bisogno fondamentale da White) (4) necessario per aumentare l’autostima ed evitare il fenomeno “dell’impotenza appresa” secondo Seligman (5) cioè una situazione in cui i risultati avvengono indipendentemente da ogni risposta volontaria dell’individuo o del gruppo. Nessun azione intrapresa ha alcun effetto e non porterà ne ricompense ne punizioni. Tale stato provoca : 1) Riduzione della motivazione 2) Perdita della capacità di credere di poter elaborare una risposta 3) Mancanza di controllo che causa squilibrio emotivo, depressione, rabbia, ansia. 2) LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA è fondata sulle motivazioni e sulle prestazioni dello staff. Con essa si intendono (Chernis 1980) (6) le proprietà formali, razionali di un organizzazione che possono essere prontamente controllate dai responsabili della gestione del programma le cui componenti più importanti sono : la struttura del ruolo cioè il modo in cui LINEE GUIDA IN MEDICINA D’URGENZA Roma 6 - 7 Giugno 1996 F :3 compiti e doveri vengono distribuiti ; la struttura del potere cioè la facoltà di prendere decisioni da parte di una sola persona dello staff (decisione autonoma) oppure da parte di un gruppo di persone (decisione collettiva) o dalla singola persona in funzione di altre (decisione gerarchica). L’alienazione sarà tanto più grande quanto maggiore sarà l’esclusione dalle decisioni e l’esclusione dalla comunicazione con lo staff dirigente. 3) LO SVILUPPO DELLA GESTIONE è in funzione del punto precedente se si crea impotenza appresa non si realizza neppure il punto quattro cioè LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI i quali devono essere condivisi, discussi ed eventualmente risolti in via sperimentale e dialogica tenendo presente la necessità di poter fare riferimento ai responsabili competenti e disponibili per il confronto finale. 4) L’ultimo punto sugli OBIETTIVI ED I MODELLI DI GESTIONE. E’ dimostrato che dove gli obiettivi sono espliciti e chiaramente finalizzati i conflitti sino meno numerosi e più facilmente accessibili, soprattutto se si rimane realmente coerenti relativamente alla consapevolezza degli scopi comuni e ad essi fare continuamente riferimento. Infine per riassumere appare di grande utilità divulgare la tabella proposta da Chermis (7) con le strategie per prevenire il burnout e per concludere affermare che il riconoscimento della possibilità di analizzare e di identificare eventi psicopatogeni e distruttivi all’interno di una comunità lavorativa e la certezza che la delusione del singolo operatore socio-sanitario possa essere determinata da comportamenti anomali ed impropri soprattutto sul piano gestionale ed organizzativo deve assolutamente imporre e richiamare l'attenzione sulla prevenzione e sulla terapia di una tale sindrome. In un paese come il nostro con una organizazione sanitaria come la nostra che un operatore socio-sanitario, a qualsiasi livello agisca, si senta svuotato di energie vitali e vivere l’esperienza “di sentirsi bruciato” sul lavoro come individuo, e nella famiglia e nella società, come uomo, non può più lasciare indifferenti quanti di tale fenomeno sono informati senza sentirsi dei veri carnefici colpevoli. STRATEGIE PER PREVENIRE IL BARNOUT SVILUPPO DELLO STAFF • Ridurre le richieste imposte agli operatori da loro stessi attraverso l’incoraggiamento ad adottare obiettivi più realistici. • Incoraggiare gli operatori ad adottare nuovi obiettivi che possano fornire fonti alternative di gratificazione. • Aiutare gli operatori a sviluppare ed utilizzare meccanismi di controllo e di feed-dack sensibili a vantaggi a breve termine. • Fornire frequenti possibilità di training per incementare l’efficienza del ruolo. • Insegnare allo staff a difendersi mediante strategie quali lo studio del tempo e le tecniche di strutturazione del tempo. • Orientare il nuovo staff fornendo un libretto che descriva realisticamente le frustrazioni e difficoltà tipiche che insorgono sul lavoro. • Fornire periodici “controlli del burnaut” a tutto lo staff. • Fornire consulenza centrata sul lavoro o incontri per lo staff che sta sperimentando elevati livelli di stress nel proprio lavoro. • Incoraggiare lo sviluppo di gruppi di sostegno e/o sistemi di scambio delle risorse. CAMBIAMENTI DI LAVORO E DELLE STRUTTURE DI RUOLO • Limitare il numero di pazienti di cui lo staff è responsabile in un determinato periodo. F:4 LINEE GUIDA IN MEDICINA D’URGENZA Roma 6 - 7 Giugno 1996 • Distribuire tra i membri dello staff i compiti più difficili e meno gratificanti ed esigere dallo staff che lavori in più di un ruolo e programma. • Pianificare ogni giorno in modo che le attività gratificanti e quelle non gratificanti siano alternate. • Strutturare i ruoli in modo da permettere agli operatori di prendersi “periodi di riposo” quando è necessario. • Utilizzare personale ausiliario (e volontari) per fornire allo staff ordinario possibilità di riposo. • Incoraggiare gli operatori a prendersi frequenti vacanze, anche con un breve preavviso se necessario. • Limitare il numero di ore di lavoro di ogni membro dello staff. • Non scoraggiare il lavoro part-time. • Dare ad ogni membro dello staff la possibilità di creare nuovi programmi. • Costituire varie fasi di carriera per tutto lo staff. SVILUPPO DELLA GESTIONE • Creare programmi di training e sviluppo per il personale attuale e futuro che si dedica alla supervisione, accentuando quegli aspetti del ruolo che gli amministratori hanno già difficoltà ad affrontare. • Creare sistemi di controllo per i supervisori, quali indagini tra lo staff, e fornire al personale della supervisione un feed-back regolare sulle loro prestazioni. • Controllare la tensione di ruolo nei supervisori e intervenire quando essa diventa eccessiva. SOLUZIONE DEL PROBLEMA ORGANIZZATIVO E MOMENTO DECISIONALE • Creare meccanismi formali di gruppo per la soluzione del problema organizzativo e la risoluzione del conflitto. • Organizzare training per la risoluzione del conflitto e la soluzione dei problemi di gruppo per tutto lo staff. • Accentuare l’autonomia dello staff e la partecipazione alle decisioni. OBIETTIVI DEL CENTRO E MODELLI DI GESTIONE • Rendere gli obiettivi chiari e compatibili per quanto possibile. • Sviluppare un forte ed originale modello di gestione. • Rendere la formazione e la ricerca i maggiori obiettivi del programma. • Condividere la responsabilità delle cure e della terapia con i pazienti, le loro famiglie e la comunità sociale. BIBLIOGRAFIA 1) Maslach c., Pines A. The burn-out syndrom in the day care setting, Child Care Quaterly, 1977, 6, pag. 100-103 2) Lazarus R.S., Launier R. Stress-related transactions between person and enviroment. In L.A. Pervin e M. Lewis (eds), Perspective in interactional psycology, New York, Plenum Press, 1978. 3) McGrath J.E. (ed) Social edn psycologicall fctors in stress, New York, Holt, Rinehart e Winston, 1970. 4) White R.Motivation reconsidered : The concept of competence, Psycological Review, 1959, 66, pag. 297-333. LINEE GUIDA IN MEDICINA D’URGENZA Roma 6 - 7 Giugno 1996 F :5 5) Seligman M. E. P. Helplessness. San Francisco : W. H. Freeman, 1975. 6) Cherniss C. Professional burnout in human service organizations. New York Praeger, 1980. 7) Chernis C. Human service programs as work organization : Using organizational design to improve staff motivation and effectiveness. In R.H. Price e p. Politser (eds), Evalutation end action in the social environment. New York : Academic Press, 1980 8) Giberti F. (a cura di) L’identità dello psichiatra. Roma Il Pensiero Scientifico 1982. 9) Piccione m :,Castelet Y., Ballarà F., Bauco A.R., Sbona M.I., Valitutti R., Cirelli A., Rossi F. : Intervento del servizio di psichiatria di Consulenza sui Malati di AIDS. Atti XXVII Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria, Roma 6-11 Febbraio 1989, pag.1243-1247. 10) Himali V., RN burnout : the hidden cost of hospital restructuring. Am Nurse (United States), Jul-Aug 1995 27 (5) p 18 Journal code : 40. 11) Burke r.J., Greenglass Er. : A longitudinall examination of the Cherniss model of psychological burnout. 12) York University, Faculty of administrative Studies ,Ontario, Canada. Soc. SCI. MED (England) May 1995, 40 (10) p 1357-63 Journal Code : UT9