UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA
FORMAZIONE – INFORMAZIONE IN MATERIA DI
SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO
AI SENSI DELL’ACCORDO STATO-REGIONI DEL
21 DICEMBRE 2011
LAVORATORI DI NUOVA ASSUNZIONE
ARGOMENTI
I videoterminali
Le attrezzature di lavoro
La movimentazione manuale dei carichi
Il rischio elettrico
I Dispositivi di Protezione Individuali
Rumore
Vibrazioni
Microclima e illuminazione
Le procedure di sicurezza
VIDEOTERMINALI
DEFINIZIONI
• VIDEOTERMINALE (VDT): uno schermo alfanumerico o grafico a
prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato.
• POSTO DI LAVORO: l'insieme che comprende le attrezzature munite
di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo - macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiatura connesse, comprendenti l'unità
a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i
documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro
immediatamente circostante.
• LAVORATORE: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di
videoterminale in modo sistematico ed abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le pause di cui all'art. 175 del D.Lgs. 81/2008.
VIDEOTERMINALI
SORVEGLIANZA SANITARIA
• Tutti i lavoratori che rientrano nella definizione dell'art. 173 del D.Lgs.
81/2008 devono essere sottoposti a visita medica e ad un esame degli
occhi e della vista effettuati dal Medico Competente.
• I lavoratori idonei con prescrizioni e quelli che hanno superato il
cinquantesimo anno d'età sono sottoposti a visita di controllo con
periodicità almeno biennale; quinquennale negli altri casi.
• In ogni caso la periodicità delle visite mediche dipende dall'impegno
visivo e dalle caratteristiche visive dell'operatore. Queste visite devono
essere più frequenti per i soggetti che presentano già dei disturbi visivi.
• Quando si rende necessario fornire ai lavoratori speciali occhiali da
lavoro e di correzione, il costo è a carico del datore di lavoro.
VIDEOTERMINALI
ORARIO DI LAVORO E PAUSE
• Il comma 3 dell’art. 175 del D.Lgs. 81/2008, in assenza di
disposizioni contrattuali, prevede delle pause di 15 min. ogni 120
min. di applicazione continuativa al VDT.
• Durante l'attività al VDT, il lavoratore è tenuto a cambiare posizione
del corpo, a interrompere l'uso della tastiera ed, eventualmente, a
spegnere lo schermo ( ad es. alzarsi dalla sedia per fare una
telefonata).
• Le modalità e la durata delle pause possono essere stabilite a
livello individuale ove il Medico Competente nè ravvisi la necessità.
• E’ esclusa la comulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine
dell’orario di lavoro
• La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario
di lavoro.
VIDEOTERMINALI
PERICOLI CONNESSI ALL'UTILIZZO DI VIDEOTERMINALI
• E’ opportuno evidenziare subito che, per quanto riguarda la
pericolosità delle radiazioni emesse dai videoterminali, queste sono
rilevabili solo ad una distanza di pochi millimetri dallo schermo, e non
possono, pertanto, interessare l'operatore.
• Il lavoro al VDT, pur non essendo causa di effetti nocivi irreversibili a
breve o lungo termine, può tuttavia evidenziare l'esistenza di disturbi
visivi preesistenti.
• Per questo, è importante una corretta prevenzione, soprattutto per quel
che riguarda le visite mediche specifiche.
• I principali apparati interessati alla patologia da VDT sono:
– apparato visivo
– apparato locomotore
VIDEOTERMINALI
DISTURBI VISIVI
• L’insieme dei disturbi visivi provocati dall’eccessivo
affaticamento dell’apparato visivo viene comunemente
indicato come ASTENOPIA
• I segni associati a questa sindrome sono:
– fatica accomodativa (messa a fuoco);
– fatica muscolare;
– fatica percettiva (visione annebbiata, visione
sdoppiata, ecc.);
– irritazione oculare (bruciore, lacrimazione, senso di
corpo estraneo, fastidio alla luce, ecc.).
VIDEOTERMINALI
DISTURBI VISIVI
• Le possibili cause possono essere riconducibili a:
– eccesso o insufficienza di illuminazione generale;
– presenza di riflessi da superfici lucide;
– luce diretta proveniente dalle finestre o da fonti artificiali non
adeguatamente schermate;
– presenza di superfici di colore estremo (bianco o nero);
– scarsa definizione dei caratteri.
• Al momento attuale, comunque, non esiste alcuna dimostrazione che
l’utilizzo del VDT possa causare danni permanenti irreversibili
all’occhio.
VIDEOTERMINALI
APPARATO LOCOMOTORE
• I sintomi caratteristici sono dolori, rigidità, parestesie
localizzate (comunemente noti come formicolii) per lo più
alle braccia, alle gambe ed alle estremità (polsi e dita).
• Le cause di tali disturbi possono essere riconducibili alla
inadeguatezza del posto di lavoro che obbliga l’operatore
ad assumere posizioni fisse prolungate e spesso non
corrette, in particolare:
posizioni di lavoro inadeguate per l’errata scelta e
disposizione
degli arredi e dei VDT;
posizioni di lavoro fisse o mantenute per tempi
prolungati anche in presenza di postazioni di lavoro ben
strutturate;
movimenti rapidi e ripetitivi delle mani, digitazione o uso
del mouse per tempi lunghi.
VIDEOTERMINALI
SCHERMO
• I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e
una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno
spazio adeguato tra i caratteri e le linee.
• L’immagine sullo schermo deve essere stabile; la luminosità ed il
contrasto tra i caratteri devono poter essere facilmente regolabili
da parte dell’utilizzatore del VDT.
• L’uso degli schermi addizionali (filtri) antiriflesso, contrariamente a
quanto si riteneva, allo stato attuale delle conoscenze non apporta
benefici sostanziali e documentati.
VIDEOTERMINALI
SCHERMO
• Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente.
• Il monitor deve essere posizionato sul tavolo di lavoro, in modo tale
che il margine superiore dell'apparecchio non si trovi ad un livello
più elevato dell'occhio dell'utilizzatore, al fine di non causare
inopportuni movimenti di estensione del collo.
• La distanza ideale tra gli occhi dell’operatore e lo schermo è di 50 70 cm (Figura 1).
Fig. 1
VIDEOTERMINALI
LA TASTIERA
•
La tastiera deve essere tale da favorire una posizione delle mani e delle braccia
che non affatichi l'operatore.
•
La tastiera deve essere:
indipendente dagli altri componenti;
inclinabile rispetto al piano di lavoro;
consentire posizioni intermedie;
possedere un bordo anteriore sottile al fine di permettere un corretto
appoggio del polso sul tavolo;
possedere una superficie opaca al fine di evitare possibili riflessi fastidiosi
per l’operatore.
•
Deve essere posizionata frontalmente allo schermo ad una distanza dal bordo
della scrivania di 10 – 15 cm (Figura 2).
Fig. 2
VIDEOTERMINALI
PIANO DI LAVORO
• Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere
di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile
dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale
accessorio.
• Deve essere stabile e di altezza fissa o regolabile indicativamente
fra i 70 e 80 cm (Figura 3).
• Deve avere uno spazio idoneo per il comodo alloggiamento degli
arti inferiori e del sedile
Fig. 3
VIDEOTERMINALI
SEDILE DI LAVORO
•
Il sedile di lavoro deve essere stabile, a cinque razze, permettere
all’utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione
comoda; il sedile deve poter essere regolabile in altezza e deve
possedere uno schienale regolabile e facilmente inclinabile (Figura 4).
•
Un poggia piedi potrà essere messo a disposizione di coloro che lo
desiderino. L’impiego del poggia piedi risulta necessario allo scopo di
alleggerire la compressione del bordo della sedia sulla superficie
posteriore delle cosce, quando l’operatore è di statura inferiore alla
media e utilizza una sedia non regolabile in altezza.
Fig. 4
VIDEOTERMINALI
ILLUMINAMENTO – Sorgenti naturali
•
La luce naturale deve costituire parte integrante della illuminazione ambientale; la vicinanza di
finestre, però, potrebbe comportare fenomeni di abbagliamento, se l'operatore è rivolto verso le
stesse, oppure la presenza di riflessi sullo schermo, se l'operatore volta le spalle alla finestra.
•
A distanza maggiore di 3-4 metri la luce naturale diventa insufficiente ai fini di una buona visione
del videoterminale.
•
Pertanto un illuminamento artificiale diurno potrebbe risultare necessario, anche in uffici dotati
di buona finestratura.
•
L’eccessivo illuminamento delle superfici orizzontali può provocare, anche in tempi brevi, una
riduzione dello stato di benessere e di rendimento; divengono inoltre più evidenti i fenomeni di
riflessione con conseguente perdita di definizione di immagine (tipico è il caso di abbagliamento
da foglio bianco).
bianco
•
Si hanno condizioni di sfavorevoli di illuminazione con abbagliamenti diretti, riflessi e contrasti
eccessivi (Figura 5).
Fig. 5
VIDEOTERMINALI
ILLUMINAMENTO - Sorgenti artificiali
•
Le sorgenti artificiali maggiormente impiegate negli uffici sono le lampade
fluorescenti. Quelle ottimali per il lavoro al VDT sono quelle cosiddette
"bianche a tonalità calda" che emanano una luce tendente al giallo.
•
Per minimizzare i riflessi devono essere montate a soffitto, con paraluce a
lamelle anti-abbagliamento, in file parallele alla direzione dello sguardo
dell’operatore, ma non sopra la testa dello stesso.
•
Un ambiente è adeguato per il lavoro al VDT quando:
- gli schermi sono posti a 90° rispetto alle finestre;
- le finestre sono schermate (ad esempio con “veneziane”) (Figura 6).
Fig. 6
VIDEOTERMINALI
Fig. 7
VIDEOTERMINALI
USO DEI COMPUTER PORTATILI
In generale, l’uso dei computer portatili comporta maggiori difficoltà nel mantenere una
posizione ergonomica.
Anche se le attività connesse all’uso del computer portatile non rientrano in quelle tutelate dal
titolo VII del D.Lgs. 81/2008 relativo ai videoterminali si ritiene importante fornire alcuni consigli
utili:
•non posizionare il computer portatile direttamente sulle gambe,
gambe, ma tenerlo un po’ più alto
anche usando un piano di appoggio di fortuna valigetta/coperta/cuscino/un libro spesso;
•se il sedile è troppo basso rispetto al piano di lavoro, sopraelevarlo con un cuscino/una
coperta/un asciugamano;
•se necessario creare un poggiapiedi con un oggetto di dimensioni opportune;
•regolare l’inclinazione, la luminosità e il contrasto sullo schermo in modo ottimale;
•cambiare spesso posizione facendo pause molto frequenti;
•evitare di piegare la schiena in avanti;
•mantenere gli avambracci, i polsi e le mani allineati durante l’uso di mouse e tastiera, evitando
di piegare o angolare i polsi;
•quando si prevede di dover effettuare un lavoro prolungato è bene munirsi e fare uso di un
monitor e di un mouse separati rispetto al computer portatile.
VIDEOTERMINALI
Di seguito vengono presentati alcuni semplici esercizi, che
richiedono pochi minuti e che possono essere fatti nelle pause di lavoro.
VIDEOTERMINALI
•
http://www.inail.it/cms/pubblicazionieriviste/tuttititoli/prevenzione/vdt/10.pdf
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• ART. 69 – D.Lgs. 81/2008
Definizioni
Attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od
impianto inteso come il complesso di macchine, attrezzature e
componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo
destinato ad essere usato durante il lavoro.
Uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o
fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la
manutenzione, la pulizia, lo smontaggio.
Rispetto alla normativa precedente nel D.Lgs. 81/2008 è stato introdotto il Titolo III
riguardante l’utilizzo delle attrezzature di lavoro. Nell’art. 69 sono state riportate le
definizioni di attrezzatura di lavoro e dell’uso di un’attrezzatura di lavoro. Si può
sottolineare il fatto che anche la manutenzione e la pulizia di un’attrezzatura di lavoro
comportano una criticità per il lavoratore addetto a tali mansioni.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• ART. 69 – D.Lgs. 81/2008
Definizioni
Zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di
una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore
costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
Lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente
o in parte in una zona pericolosa.
Operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di
lavoro
L’at. 69 continua con altre definizioni di zona pericolosa, lavoratore esposto e operatore.
La definizione di zona pericolosa serve a chiarire che le macchine causano infortuni non
solo sui lavoratori direttamente coinvolti nella loro conduzione ma anche ad lavoratori.
Anche nella definizione di lavoratore esposto il legislatore ha voluto mettere in evidenza
che la legge tutela gli operatori (coloro che usano in prima persona) e i lavoratori esposti
(in maniera diretta e indiretta).
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
•
ART. 70 – D.Lgs. 81/2008
Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere
conformi alle direttive comunitarie di prodotto.
Le attrezzature di lavoro costruite in assenza delle direttive comunitarie e
quelle messe a disposizione dei lavoratori prima dell’emanazione di direttive
comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di
sicurezza riportati nell’allegato V del D.Lgs. 81/2008.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• ART. 71 – D.Lgs. 81/2008
Comma 1
• Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo
precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e
adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che
devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni
legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
Il datore di lavoro deve mettere a disposizione delle attrezzature di
lavoro che presentano una funzionalità determinata al lavoro da
eseguire e tali da garantire lo svolgimento delle attività in piena
sicurezza. Di contro le attrezzature di lavoro devono essere utilizzate
dal lavoratore alle disposizioni contenute nelle direttive di prodotto
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
ART. 71 – D.Lgs. 81/2008
Comma 2
• All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di
lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature
già in uso.
•
Il Datore di lavoro prima di scegliere l’attrezzatura di lavoro deve valutare i
rischi presenti nel luogo di lavoro e e quelli che derivano più strettamente
dall’utilizzo delle attrezzature stesse. Deve inoltre valutare anche l’interferenza
eventuale con altre attrezzature presenti nel luogo di lavoro.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
ART. 71 – D.Lgs. 81/2008
•
Comma 8
Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo
le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle
pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede
affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano sottoposte ad un controllo iniziale …..
b) le attrezzature di lavoro suscettibili di dare origine a situazioni pericolose
siano sottoposte a dei controlli periodici e dei controlli straordinari al fine di
garantire il mantenimento delle condizioni di sicurezza delle attrezzature
stesse.
Comma 9
• I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati
per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono
essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
ART. 71
Commi 3-10 - Riduzione dei rischi
Commi 11-14 - Verifiche e controlli previsti in particolare per le attrezzature di lavoro
riportate nell’allegato VII del D.Lgs.81/2008 (attrezzature di sollevamento, apparecchi a
pressione, centrifughe,…). Tali verifiche periodiche devono essere realizzate da organismi
abilitati presso i Ministeri del Lavoro, della Salute e dello Sviluppo Economico.
ART. 73
Informazione, formazione e addestramento
1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede, affinché
per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso
dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un
addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti
durante l’uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente
immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui
cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• Nei laboratori e negli altri locali universitari (uffici, aule, sale studio,
biblioteche, …) vengono utilizzate nella maggioranza dei casi delle
attrezzature di lavoro che devono essere conformi alle seguenti direttive
europee:
- Direttiva macchine.
- Direttiva bassa tensione.
- Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica.
- Direttiva sui dispositivi medici
- Direttiva PED sulle attrezzature a pressione (ad es. autoclave).
• Tutte queste direttive sono state recepite in Italia dalle seguenti norme
di legge:
- Nuova Direttiva macchine recepita con D.Lgs. 27/01/2010 n° 17;
- Direttiva 73/23/CEE “Bassa Tensione” recepita con la Legge 791/1977.
- Direttiva compatibilità elettromagnetica recepita con D.Lgs. 615/1996.
- Direttiva PED sulle attrezzature a pressione recepita con D.Lgs.
93/2000.
- Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici recepita con D.Lgs. 46/1997.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• Tutte quelle attrezzature di lavoro riconducibili alle direttive sopra
citate devono essere progettate e costruite in conformità ai
requisiti essenziali di sicurezza e salute che sono elencati
nelle direttive stesse.
• Questa conformità deve essere attestata dal fabbricante
mediante determinate procedure e apponendo la marcatura CE
sulle attrezzature.
Fig. 8
• Ogni attrezzatura deve essere obbligatoriamente accompagnata:
1. dalla dichiarazione di conformità;
2. dalla marcatura CE;
3. dal manuale d’uso il quale deve essere in italiano.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
La DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ CE deve contenere gli elementi seguenti:
•
ragione sociale e indirizzo completo del fabbricante e, se del caso, del suo mandatario;
•
nome e indirizzo della persona autorizzata a costituire il fascicolo tecnico, che deve essere
stabilita nella Comunità;
•
descrizione e identificazione della macchina, con denominazione generica, funzione, modello,
tipo, numero di serie, denominazione commerciale;
•
un'indicazione con la quale si dichiara esplicitamente che la macchina
macchina è conforme a tutte le
disposizioni pertinenti della presente direttiva e, se del caso, un'indicazione analoga con la quale si
dichiara la conformità alle altre direttive comunitarie e/o disposizioni pertinenti alle quali la macchina
ottempera. (Questi riferimenti devono essere quelli dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale
dell'Unione europea);
•
all'occorrenza, nome, indirizzo e numero di identificazione dell'organismo notificato
notificato che ha
effettuato l'esame CE del tipo di cui all'allegato IX e il numero dell'attestato dell'esame CE del tipo;
•
all'occorrenza, nome, indirizzo e numero di identificazione dell'organismo notificato
notificato che ha
approvato il sistema di garanzia qualità
qualità totale di cui all'allegato X;
•
all'occorrenza, riferimento alle norme armonizzate di cui all'articolo 4 che sono state applicate;
•
all'occorrenza, riferimento ad altre norme e specifiche tecniche applicate;
•
luogo e data della dichiarazione;
•
identificazione e firma della persona autorizzata a redigere la dichiarazione a nome del fabbricante
o del suo mandatario.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• Per l’operatore delle attrezzature di lavoro le istruzioni d’uso è
uno degli elementi più importanti difatti viene equiparato, nel
contesto degli adempimenti tecnici a un dispositivo di sicurezza.
• Le informazioni che devono essere riportate nel manuale d’uso
sono:
- la messa in funzione;
- l’utilizzazione;
- il trasporto;
- l’installazione, il montaggio e lo smontaggio;
- la manutenzione e la riparazione;
- ….
• L’operatore delle attrezzature deve fare riferimento sempre alle
istruzioni d’uso per le azioni da adottare in caso di emergenza
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
Istruzioni della macchina
• Le istruzioni devono essere redatte in una o più lingue ufficiali della
Comunità. Il fabbricante o il suo mandatario si assume la
responsabilità di tali istruzioni apponendovi la dicitura “Istruzioni
originali”.
• Qualora non esistano “Istruzioni originali” nella o nelle lingue ufficiali
del paese di utilizzo della macchina, il fabbricante o il suo
mandatario o chi immette la macchina nella zona linguistica in
questione deve fornire la traduzione nella o nelle lingue di tale
zona. Tali traduzioni devono recare la dicitura “Traduzione
delle istruzioni originali”.
• Il contenuto delle istruzioni non deve riguardare soltanto l'uso
previsto della macchina, ma deve tener conto anche dell'uso
scorretto ragionevolmente prevedibile.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
•
In un’attrezzatura di lavoro le misure di sicurezza per proteggere l’operatore
e/o le persone esposte ai pericoli si possono definire nel seguente modo:
PROTEZIONE: elemento di un’attrezzatura costituito da una barriera fisica
(coperchio, schermo, porta, ……).
DISPOSITIVO DI SICUREZZA: dispositivo che elimina o riduce il rischio da
solo o associato ad un riparo.
•
Le protezioni mobili devono per quanto possibile restare uniti
all’attrezzatura quando sono aperti.
•
Inoltre devono essere munite di un dispositivo di bloccaggio che impedisca
l’avviamento dei componenti mobili (questo dispositivo è noto come
microinterruttore di sicurezza).
sicurezza
Fig. 9
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
Arresto
Arresto normale
• La macchina deve essere dotata di un dispositivo di comando che consenta
l’arresto generale; tale comando deve essere prioritario rispetto al comando di
avviamento.
•
•
Arresto di emergenza
Le macchine devono essere munite di uno o più dispositivi di arresto di
emergenza che consentono di evitare situazioni di pericolo.
Il dispositivo deve essere chiaramente individuabile e ben visibile e deve
provocare l’arresto nel tempo più breve possibile senza creare ulteriori
rischi.
Questo dispositivo di emergenza è
noto come “pulsante d’arresto a
fungo”; normalmente è di colore
rosso ed è posto in un luogo
accessibile dell’attrezzatura
Fig. 10
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
Arresto di emergenza
• Se il dispositivo di arresto d’emergenza non può ridurre il rischio non
deve essere previsto sull’attrezzatura di lavoro.
• Inoltre tale dispositivo non è previsto nelle attrezzature portatili tenute
e/o condotte a mano.
• La nuova Direttiva ha chiarito il concetto che l’arresto di emergenza
deve essere installato in aggiunta alle misure di sicurezza e non in
sostituzione.
Avviamento
• L’avviamento di una macchina deve essere possibile soltanto tramite
un’azione volontaria su un dispositivo previsto per questo scopo.
• La rimessa in marcia può essere effettuata tramite un’azione
volontaria su un dispositivo diverso dal dispositivo di comando di
avviamento.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
• I principali pericoli meccanici delle macchine individuati
dalla Norma UNI-EN 292 sono
• schiacciamento;
• cesoiamento;
• taglio o di sezionamento;
• impigliamento;
• trascinamento o di intrappolamento;
• urto;
• perforazione o puntura;
• attrito o di abrasione;
• proiezione di un fluido ad alta pressione;
• proiezione delle parti (della macchina o pezzi lavorati);
• scivolamento, di inciampo e di caduta in relazione alla
macchina;
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
Il tipo di scala deve essere definito in relazione all’attività che
s’intende svolgere nel rispetto delle seguenti specifiche:
•l’altezza da raggiungere sulla scala deve essere tale da consentire al
lavoratore di avere in qualsiasi momento un appoggio e una presa
sicura;
•il lavoro sulla scala non deve essere svolto sporgendosi lateralmente;
•il lavoratore deve salire/scendere la scala senza portare materiali
pesanti o ingombranti che possano pregiudicare la presa;
•la scala deve essere conforme alle norme tecniche UNI EN 131 così
come previsto dal D.Lgs. 81/2008 – allegato XX.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
Le norme tecniche UNI EN 131 prevedono che le scale siano dotate di un foglio
o libretto di istruzioni per l’uso e la manutenzione contenente le seguenti
informazioni:
•una breve descrizione della scala con l’indicazione degli elementi costituenti;
•le indicazioni per un corretto impiego;
•istruzioni per la manutenzione e la conservazione;
•gli estremi dei certificati delle prove previste dalle norme tecniche UNI EN 131;
•una dichiarazione di conformità del costruttore alla norme tecniche UNI EN 131;
•eventualmente dei pittogrammi con rappresentazioni grafiche dei divieti di
utilizzo.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
Le scale devono inoltre essere dotate di
un’etichetta di identificazione del
prodotto, ossia un adesivo che riporti le
seguenti informazioni:
1. nome del produttore
2. pittogrammi con rappresentazioni
grafiche di un corretto utilizzo e dei
divieti di utilizzo;
4. dichiarazione di conformità alla norma
EN 131 oppure al D.Lgs. 81/08;
5. definizione di tipologia della scala ed
eventuale codice prodotto.
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
Nelle scale doppie occorre controllare che i dispositivi di trattenuta dei
montanti siano in tiro prima della salita, onde evitare il pericolo di un brusco
spostamento durante il lavoro
Durante la permanenza sulle scale doppie si dovrà evitare che il personale a
terra passi sotto la scala.
Le scale doppie non devono essere usate chiuse come scale semplici,
poiché in tale posizione possono scivolare facilmente.
Le scale doppie devono sempre essere aperte completamente.
Le scale doppie e a castello non posso essere utilizzate per gli accessi ad
altro luogo come in Fig. 11
Fig. 11
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
E’ vietato salire sui gradini a piedi nudi, con tacchi alti, ciabatte, zoccoli, sandali o altre calzature che
possono sfilarsi.
Non sporgersi troppo ai lati o indietro (Fig. 12)
Sulle scale doppie non bisogna stare mai a cavalcioni ed il predellino può servire solo per l’appoggio di
attrezzi (Fig. 13)
Sulle scale doppie prive di montanti prolungati di almeno 60 – 70 cm, si deve evitare di salire sugli ultimi
tre gradini.
La salita e la discesa vanno effettuate con il viso rivolto verso la scala, tenendosi sulla linea mediana
della scala ed entrambe le mani posate esclusivamente ed alternativamente sui pioli (Fig. 14).
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
LE ATTREZZATURE DI LAVORO
SCALE
Non mettere mai la scala su una tavola, una cassa o altro posto instabile (si veda Fig. 15).
Non reggetevi mai su una sola gamba poggiando l’altra, per esempio, sul bordo di una finestra (Fig.
16).
Fig. 15
Le scale in appoggio presenti nelle biblioteche devono essere utilizzate opportunamente fissate al
sistema di tenuta posizionato negli scaffali.
Fig. 16
•http://media.osha.europa.eu/napo4/N4-02-heading_for_a_fall.wmv
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
•Il Datore di Lavoro adotta le misure necessarie o ricorre ai mezzi appropriati (mezzi meccanici) per
evitare la necessità di una movimentazione manuale.
•Il Datore di Lavoro deve organizzare i posti di lavoro in modo che la movimentazione manuale dei
carichi sia sicura tenendo conto delle indicazioni contenute nell’allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008
•Il Datore di Lavoro informa i lavoratori:
– sul peso del carico;
– centro di gravità o lato più pesante;
– movimentazione corretta;
– rischi per la salute.
• I rischi presenti per la movimentazione manuale di un carico sono :
– il carico è troppo pesante (30 Kg per gli uomini, 20 Kg per le donne fonte NIOHS – National
Istitute Occupational Safety and Healt - USA);
– ingombro del carico;
– instabilità;
– deve esser maneggiato a distanza dal tronco;
– può comportare lesioni in caso di urto.
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Posizioni corrette per
sollevare un peso
Figure 17 - 18
•piedi ben appoggiati a terra
•gambe divaricate
•ginocchia piegate
•schiena dritta
•braccia tese
•buona presa delle mani
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Posizioni scorrette per
sollevare un peso
Figure 19 - 20
•piedi appoggiati male a terra
•gambe unite
•ginocchia unite
•schiena piegata
•cattiva presa delle mani
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Alcuni esempi
http://media.osha.europa.eu/napo8/N8-02-divide_and_rule.wmv
http://media.osha.europa.eu/napo8/N8-10-holdmetight.wmv
IL RISCHIO ELETTRICO
•
Le condizioni di pericolo che si possono presentare abbastanza frequentemente sono:
CONTATTO DIRETTO
contatto con parti dell’impianto o dell’apparecchiatura che sono normalmente in
tensione (ad es. cavi, morsetti di apparecchi elettrici,..).
CONTATTO INDIRETTO
contatto con parti dell’impianto o dell’apparecchiatura non in tensione ma che possono
trovarsi in tensione a seguito di un guasto (involucro esterno di un apparecchiatura,
impugnatura di un utensile, …).
Esempi contatti
indiretti
Esempi contatti
diretti
IL RISCHIO ELETTRICO
• Per il contatto diretto le misure di protezione totale sono costituite
dall’isolamento e dagli involucri (guaina di un cavo elettrico, le
scatole per gli interruttori).
• Per il contatto indiretto la misura di protezione più utilizzata e quella
di realizzare un impianto di messa a terra opportunamente
coordinato con interruttore automatico (interruttore differenziale,
interruttore magnetotermico).
Fig. 21
IL RISCHIO ELETTRICO
•
•
•
I collegamenti di cavi elettrici, interruttori o scatole di derivazione devono essere
protetti contro la possibilità di contatto accidentali.
Le prese, le spine e i cavi devono essere integri e in buone condizioni.
Evitare di riparare con il nastro isolante i cavi elettrici danneggiati e sostituirli con
cavi elettrici nuovi.
Fig. 22
•
Non sovraccaricare con più spine ogni singola presa.
Fig. 23
IL RISCHIO ELETTRICO
•
•
Negli uffici-studi è possibile collegare una spina multipla (tipo “ciabatta”) ad
un singola presa purché tale spina non sia appoggiata al pavimento ma che
venga fissata al muro.
Nei laboratori occorre utilizzare delle spine con lo stesso grado di
protezione delle prese elettriche; evitare l’uso di spine multiple.
Fig. 24
•
Non disinserire la spina tirandola dal cavo.
Fig. 25
IL RISCHIO ELETTRICO
• Evitare i cavi “volanti” e qualora non sia possibile tali
cavi non devono presentare un intralcio per il
passaggio.
• Non effettuare interventi di manutenzione sulle
apparecchiature elettriche ma richiedere l’intervento
di personale idoneo.
• Non usare acqua per spegnere incendi di impianti
elettrici sotto tensione.
I DPI
Definizione
Per Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) s’intende qualsiasi
attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo
scopo di proteggerlo contro uno o più rischi.
I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da
mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di
riorganizzazione del lavoro.
I DPI
I DPI sono scelti in funzione dell’analisi e della valutazione dei rischi.
Sono specifici per i vari tipi di rischio, rispondono a norme UNI-EN e
devono essere marcati CE.
La fabbricazione e la commercializzazione dei DPI è regolata dal
D.Lgs. 475/92.
I DPI
In particolare i requisiti che devono avere i D.P.I. sono:
- essere adeguati ai rischi da prevenire senza comportare rischi ulteriori a chi gli indossa;
- essere adeguati alle esigenze del luogo di lavoro;
- devono essere adattabili alla persona, comodi e ben tollerati;
- devono essere resistenti;
- devono essere economici, per quanto possibile;
- non devono avere parti pericolose;
- devono essere facili da indossare e da togliere in caso di emergenza;
- devono avere semplicità di confezione per consentire operazioni di pulizia e
manutenzione;
- non devono provocare allergie nel caso in cu sia presente il contatto con la pelle.
I DPI
Il Responsabile dell’Unità Produttiva e il Responsabile dell’attività di
ricerca o di didattica in laboratorio, per quanto di competenza, devono
individuare e fornire ai lavoratori i DPI adatti sentito il Responsabile
del Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente nei
casi di pertinenza .
Gli obblighi che deve rispettare il lavoratore sono:
1. sottoporsi al programma di informazione e formazione e
addestramento;
2. utilizzare i DPI che gli vengono messi a disposizione;
3. conservare con cura e senza apportarvi delle modifiche i DPI messi a
disposizione;
4. segnalare qualsiasi difetto o anomalia rilevata nei D.P.I. utilizzati al
Responsabile dell’attività di ricerca e di didattica in laboratorio.
I DPI
I DPI vengono divisi in tre categorie, a seconda della gravità dei rischi, nel seguente modo:
•Prima categoria
Rischi di danni fisici di lieve entità di cui la persona che usa i DPI abbia la possibilità di
percepire la progressiva verificazione degli effetti lesivi.
•Seconda categoria
Tutti gli altri tipi di rischi non coperti dalle altre due categorie
•Terza categoria
Rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente di cui la persona che usa il DPI
non abbia la possibilità di percepire tempestivamente la verificazione istantanea di effetti
lesivi
Il sistema di marcatura in vigore è quello riportato in tabella
Categoria I
Categoria II
Categoria III
CE
CE
CE0000*
•numero di riconoscimento dell’organismo notificato che ha rilasciato la certificazione dichiarazione di conformità del
fabbricante o ha effettuato le verifiche annuali del sistema di qualità del mandatario.
Per i DPI di 3°categoria è indispensabile anche l’ad destramento
I DPI
Protezione degli arti superiori
- Guanti di protezione contro i rischi meccanici
- Guanti di protezione contro i prodotti chimici e i microrganismi
- Guanti di protezione contro il calore o il fuoco
- Guanti di protezione contro il freddo
- Guanti elettricamente isolanti
- Guanti e proteggi-braccia di maglia metallica
- Guanti per ambienti sanitari.
Indicazioni per la scelta
- Tipo di materiale in funzione dell’inquinante;
- Spessore
- Tasso di permeazione
I DPI
Esempi di protezione degli arti superiori
Guanti per il rischio
meccanico
Rischio
meccanico
Rischio
d’impatto
Guanti di protezione
per il freddo
Guanti per il rischio
chimico e biologico
Rischio
microbiologico
Rischio chimico
Guanti elettricamente
isolanti
Rischio elettrico
Freddo
I DPI
Protezione degli occhi e del viso
•
•
•
•
•
Occhiali con o senza schermi laterali;
Occhiali a visiera/maschere;
Schermi facciali;
Schermi a mano per la saldatura;
Elmetto per la saldatura.
Indicazioni per la scelta
- Tipo di filtro, a seconda del rischio;
- Classe ottica del protettore;
- Resistenza meccanica;
- Campi di utilizzo;
- Eventuali richieste di trattamenti antiappannanti o antiabrasione.
I DPI
Esempi di protezione degli occhi e del viso
Occhiali per laser
Occhiali per rischio
chimico
Visiera
I DPI
Protezione delle vie respiratorie
- Facciale filtrante (materiale filtrante, può essere dotato di valvola di espirazione)
- Semimaschera (copre solo naso e bocca);
- Maschera (copre tutto il viso);
- Autorespiratore (l’aria aspirata da un apparecchio autonomo viene filtrata e convogliata nella maschera).
A seconda che dipendano o meno dall’atmosfera ambiente si distinguono in:
Respiratori a filtro
-antipolvere per polveri, fibre, fumi e nebbie
-antigas per gas e vapori.
Respiratori isolanti
Sono indipendenti dall’atmosfera ambiente e sono consigliati se:
• % ossigeno è inferiore al 17%;
• la concentrazione del contaminante supera i limiti di esposizione consentiti dai respiratori a filtro;
• il contaminante ha soglia olfattiva superiore al TLV (valore limite di soglia al di sotto del quale si ritiene
che la maggior parte dei lavoratori sani possa rimanere esposta ripetutamente, giorno dopo giorno, senza
effetti negativi per la salute).
I DPI
Esempi di protezione delle vie respiratorie
Esempio di respiratore a filtro
antigas pieno facciale
Esempio di respiratore a
filtro antipolvere
Esempio di respiratore a filtro
antigas semimaschera
Autorespiratore
I DPI
In prossimità della zona in cui è necessario indossare i D.P.I. devono
essere predisposti dei segnali di prescrizione indicante il tipo di
dispositivo che occorre indossare.
Se il rischio è genericamente presente nel locale il segnale di
prescrizioni può essere affisso all’ingresso mentre se il rischio è solo
in una zona ad esempio in prossimità di un’apparecchiatura la
segnaletica andrà affissa nelle sue vicinanze.
Proteggere gli occhi
Proteggere le
vie respiratorie
Proteggere le
mani
Calzature di
sicurezza
IL RUMORE
Quando occorre intervenire: valori limite di esposizione
e valori di azione
•Nel Titolo VIII – Capo II del D.Lgs. 81/2008 vengono individuati i valori
limite di esposizione e i valori inferiori e superiori di azione in relazione
all’esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica.
•Valore inferiori di azioni: sono quei valori oltre i quali occorre
applicare il Titolo VIII – Capo II del D.Lgs. 81/2008.
•Valori superiori di azioni: oltre tali valori occorre adottare opportune
misure di prevenzione e protezione dei lavoratori esposti.
•Valori limite di esposizioni: NON devono mai essere superati durante
le attività lavorative.
IL RUMORE
Valori limite di esposizione e valori di azione
• Tali valori sono:
- Valori inferiori di azione Lex=80 dB(A).
- Valori superiori di azione Lex=85 dB(A).
- Valori limite di esposizione Lex=87 dB(A).
• I suddetti valori sono riferiti ai livelli di esposizione giornaliera al
rumore Lex, 8h.
• Normalmente si ritiene che in un ufficio il livello di rumore non
debba supera i 60 – 65 dB(A).
•
•
•
•
•
•
•
•
voce sussurrata
ventola di raffreddamento computer
stampante laser
conversazione telefonica
fotocopiatrice
voce parlata
tono di voce alta
suoneria del telefono
20 dBA
30 dBA
30 dBA
40 dBA
50 dBA
50 dBA
60 dBA
75 dBA
IL RUMORE
•
Il rumore quando supera i valori di azione o di esposizione può causare un
danno alla salute
•
L’esposizione prolungata a livelli di rumore intensi distrugge poco a poco le
cellule cigliate dell’orecchio interno Ciò determina progressivamente sordità,
detta di percezione, generalmente irreversibile.
•
A seguito di un’esposizione a rumore intenso, comunque tale da non determinare danni
organici permanenti, il lavoratore può lamentare sintomatologia caratterizzata da acufeni
(sensazioni di “fischi” nelle orecchie) ovvero riduzione temporanea dell’udito.
•
Lo spostamento della soglia uditiva (“fatica uditiva”) si situa in particolare a livello dei toni
alti ed acuti, il che dona al lavoratore la sensazione di avere “cotone nelle orecchie”.
•
La fatica uditiva si risolve spontaneamente, e richiede tempo variabile a seconda della
gravità dell’esposizione iniziale.
•
L’IPERACUSIA Si accompagna ad una riduzione della soglia del dolore;
quindi un rumore che si sente poco con un incremento di pochi dB viene
percepito come molto forte
IL RUMORE
La valutazione del rischio
Il Datore di Lavoro valuta l’esposizione dei lavoratori al rumore prendendo in considerazione:
a)il livello, il tipo e la durata di ogni esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con
particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da
interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e
segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita'
alle vigenti disposizioni in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e'
responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili
nella letteratura scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.
A seguito della valutazione del rischio il datore di lavoro deve eliminare o ridurre i rischi partendo dalla
fonte.
IL RUMORE
• La valutazione del rischio derivante da
esposizione al rumore deve essere effettuata
con cadenza quadriennale da personale
qualificato.
• Inoltre deve essere realizzata ogni qual volta si
verifichino mutamenti che potrebbero renderla
obsoleta (ad esempio modifiche strutturali o
impiantistiche) o a seguito di visite mediche
relative alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori.
IL RUMORE
Uso dei Dispositivi di Protezione Individuali
• Se i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati il
Datore di Lavoro deve:
- mettere a disposizione dei lavoratori DPI dell’udito nel caso in
cui il livello di rumore superi gli 80 dB(A);
- obbligare i lavoratori ad indossare i DPI qualora il livello di
rumore sia pari o superiore agli 85 dB(A).
• Scegliere i DPI previa consultazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti.
• Il Datore di Lavoro tiene conto dell’attuazione fornita dai DPI solo
ai fini di valutare l’efficienza dei dispositivi stessi e il rispetto del
valore limite di esposizione.
IL RUMORE
Sorveglianza Sanitaria
• Il Datore di Lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori
la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione [85
dB(A)].
• La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una
volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal Medico
Competente.
• La sorveglianza sanitaria e' estesa ai lavoratori esposti a livelli
superiori ai valori inferiori di azione [80 dB(A)], su loro richiesta e
qualora il medico competente ne confermi l'opportunita'.
IL RUMORE
Informazione e Formazione dei Lavoratori
•
Il Datore di Lavoro deve garantire per i lavoratori esposti a valori uguali o
superiori ai valori inferiore di azione una informazione e formazione
riguardante:
a) le misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) l'entità e il significato dei valori limite di esposizione e dei valori di azione;
c) i risultati della valutazione;
d) le modalità per individuare e segnalare gli effetti negativi dell'esposizione
per la salute;
e) l’eventuale sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) le procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti
dall'esposizione;
g) l'uso corretto di adeguati DPI e alle relative indicazioni e controindicazioni
sanitarie all'uso.
LE VIBRAZIONI
• Anche i rischi relativi alle vibrazioni sono stati inseriti nel
Titolo VII del D.Lgs. 81/2008 in particolare nel Capo III.
• Le vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema manobraccio comportano un rischio per la salute e la
sicurezza dei lavoratori in quanto provocano disturbi
vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari.
• Invece le vibrazioni meccaniche trasmesse al corpo
intero sono la causa di lombalgie e traumi del rachide.
LE VIBRAZIONI
Vibrazioni mano-braccio
• Valore limite di esposizione: 5 m/s
• Valore di esposizione a cui occorre
intervenire: 2,5 m/s
• Entrambi i valori si riferiscono ad 8 ore
lavorative
LE VIBRAZIONI
• La valutazione del livello di esposizione può
essere effettuata tramite una stima
derivante dai dati forniti dai costruttori
delle attrezzature di lavoro e sulle
osservazioni delle pratiche lavorative. In
questo caso si prendono come riferimento
delle banche dati predisposte dall’INAIL
• In alternativa possono essere fatte delle
misurazioni specifiche sull’attrezzatura di
lavoro
LE VIBRAZIONI
A seguito della valutazione del rischio il
datore di lavoro deve eliminare o
ridurre i rischi partendo dalla fonte.
• Qualora siano superati i valori di
esposizione il datore di lavoro deve
elaborare ed attuare un programma
di misure tecniche e gestionale al fine di
ridurre o eliminare il rischio
LE VIBRAZIONI
Nelle attività in cui vengono superati i valori di azione il datore di
lavoro elabora ed applica le seguenti misure tecniche e
organizzative:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a
vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni
provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente
le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che
attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro
e del luogo di lavoro,
e) la progettazione e l’organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l’adeguata informazione e formazione dei lavoratori
g) la limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione;
h) l’organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi
di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione
IL MICROCLIMA
ALLEGATO IV – DLGS 81/2008
• 1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi
• 1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei
metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi
dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente
con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di
areazione.
•
•
1.9.2. Temperatura dei locali
1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata
all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di
lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
•
•
1.9.3. Umidità
1.9.3.1. Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l’aria è
soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per
quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura
el’umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche.
IL MICROCLIMA
Definizione
L’insieme dei parametri fisici (temperatura, aereazione,
umidità) che caratterizzano l’ambiente di lavoro e che
insieme ai parametri individuali determinano gli scambi
termici fra l’ambiente stesso e gli individui presenti
all’interno.
IL MICROCLIMA
L’uomo è una “macchina” termica che viene alimentata da
un combustibile (cibo) che poi viene trasformato in lavoro e
in calore
Il corpo umano tende a mantenere costante la propria
temperatura interna dissipando il calore prodotto in eccesso
Pertanto quando il Bilancio Termico BT=0 si è in condizioni
di benessere termico
Se BT>0 la temperatura corporea aumenta
Se BT<0 la temperatura corporea diminuisce
IL MICROCLIMA
Benessere termico - BT=0
Le persone non sono costrette ad attivare meccanismi di
termoregolazione e non percepiscono né sensazioni di
caldo né di freddo.
Discomfort termico (BT>0 o BT<0)
Condizioni che dà luogo alla sensazione di caldo o di
freddo.
Stress termico (BT>>0 o BT<<0)
Condizioni estreme nelle quali l’organismo non riesce a
mantenere costante la propria temperatura; può causare
effetti negativi per la salute.
IL MICROCLIMA
Ambienti termici moderati
• Ambienti nei quali è richiesto un moderato intervento del sistema di
termoregolazione
•Condizioni microclimatiche omogenee e costanti nel tempo
•Assenza di scambi termici localizzati
•Attività fisica modesta
•Uniformità del vestiario
IL MICROCLIMA
Ambienti termici severi caldi e freddi
•In questi ambienti al sistema di termoregolazione umano viene richiesto un
impegno gravoso
•Temperature molto elevate o molto basse
•Condizioni microclimatiche differenti da punto a punto anche all’interno della
stesso ambiente
•Disuniformità del impegno fisico e del vestiario.
In tali ambienti il lavoratore deve essere tutelato con misure organizzativi (ad es.
pause), con dispositivi di protezione individuali, con una specifica formazione e
informazione.
ILLUMINAZIONE
Allegato IV- D.Lgs. 81/2008
•1.10.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle
lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro
devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti
locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che
consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la
sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
•1.10.5. Gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere
illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una
sufficiente visibilità.
ILLUMINAZIONE
L’illuminazione di un ambiente di lavoro deve essere tale da
assicurare:
buona visibilità per svolgere l’attività lavorativa
conforto visivo: inteso come l’insieme dell’ambiente visivo
che deve soddisfare le necessità di carattere fisiologico
sicurezza: prevenire gli infortuni e facilitare i movimenti in
caso di emergenza
ILLUMINAZIONE
L’illuminazione di un ambiente può essere realizzata utilizzando diverse
tipologie e sorgenti luminose di tipo naturale ed artificiale.
Il Regolamento Edilizio del Comune di Parma prevede che negli uffici,
nei laboratori o comunque nei locali in cui si svolge un’attività
continuativa
Sono locali S3 ad esempio i disimpegni fino a 12 mq, i ripostigli fino a 5
mq.
Occorre rispettare alcune condizioni e requisiti in relazione alle
caratteristiche che individuano il livello di benessere ed in particolare
l’illuminamento e la luminanza.
ILLUMINAZIONE
L’illuminamento è la quantità di luce che colpisce una
superficie; si esprime in lux e lo strumento che la misura si
chiama luxmetro.
La luminanza determina la sensazione di luminosità che si
riceve da una superficie che emette o riflette luce; si misura
in candele al m2.
ILLUMINAZIONE
Norma Tecnica UNI EN 12464-1
ILLUMINAZIONE
Possibili rischi
•Affaticamento dell’apparato visivo
•Disturbo dell’apparato musco scheletrico
•Infortuni causati da una cattiva illuminazione e/o da
fenomeni luminosi pericolosi
ILLUMINAZIONE
Misure di sicurezza
•Progettazione adeguata del sistema di illuminazione
•Potenziamento del sistema di illuminazione
•Installazione di schermature per finestre (ad es tende,
veneziane)
•Piano di manutenzione dell’impianto di illuminazione
•Miglioramento delle postazioni di lavoro
•Sostituzione immediata delle lampade difettose o
sfarfallanti
LE PROCEDURE
Una procedura è una regola scritta d’organizzazione che definisce le
competenze e il percorso che occorre seguire per raggiungere uno
scopo.
Le funzioni di una procedura sono:
• chiarire le responsabilità ( chi esegue, chi controlla, …) per ridurre le
conflittualità;
• definire le singole attività all’interno di un processo complesso;
• definire lo scopo delle attività;
• specificare il luogo in cui viene svolta l’attività;
• identificare i tempi;
• definire le modalità di esecuzione dell’attività per prevenire gli errori;
• ottenere la riproducibilità delle azioni;
• formare e informare gli addetti e soprattutto i neo addetti;
LE PROCEDURE
ANALISI DEL PRODOTTO
Per prodotto s’intende qualsiasi attrezzatura o
materiale utilizzato nell’attività
In modo prioritario occorre individuare:
• il tipo di prodotto;
• le caratteristiche e le proprietà;
• le modalità di utilizzo;
• le modalità di conservazione;
• la sua destinazione d’uso.
LE PROCEDURE
IDENTIFICAZIONE DEI PERICOLI E PROVVEDIMENTI DI
PREVENZIONE
Individuare i pericoli che possono essere presenti nell’utilizzo del
prodotto (punti critici) tenendo presente l’importanza delle conseguenze
che tali pericoli potrebbero avere sulla salute e sulla sicurezza degli
operatori; inoltre deve altresì essere valutata la probabilità che i pericoli
presenti diano luogo ad un danno per la salute dell’operatore.
Per diminuire i rischi individuati si devono adottare dei provvedimenti di
prevenzione che possono essere sia di carattere tecnico che gestionale.
Se in seguito all’applicazione dei suddetti provvedimenti di prevenzione
permane un certo livello di rischio il responsabile della procedura deve
individuare gli opportuni Dispositivi di Protezione Individuale da
adoperarsi nei punti critici della procedura stessa.
LE PROCEDURE
Una procedura deve contenere i seguenti punti:
• scelta del locale in cui può essere realizzata;
• approvvigionamento del materiale e delle attrezzature
necessarie;
• verifica dell’efficienza delle attrezzature e degli impianti
del locale;
• verifica dell’efficienza dei dispositivi di protezione collettivi;
• reperimento dei DPI necessari;
• esecuzione;
• ripristino delle condizioni iniziali;
• modalità di smaltimento di eventuali rifiuti prodotti.
• individuazione delle persone coinvolte;
• gestione delle criticità;
• normative di legge.
LE PROCEDURE
Si ricorda infine che le procedure devono
essere scritte e prodotte da coloro che
conoscono e svolgono quotidianamente le
attività da descrivere.
All’interno
della nostro Ateneo il compito è a carico dei
Responsabili dell’attività di ricerca e di
didattica in laboratorio.
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Attrezzatura di lavoro - Università degli Studi di Parma