UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA FORMAZIONE – INFORMAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO AI SENSI DELL’ACCORDO STATO-REGIONI DEL 21 DICEMBRE 2011 LAVORATORI DI NUOVA ASSUNZIONE ARGOMENTI I videoterminali Le attrezzature di lavoro La movimentazione manuale dei carichi Il rischio elettrico I Dispositivi di Protezione Individuali Rumore Vibrazioni Microclima e illuminazione Le procedure di sicurezza VIDEOTERMINALI DEFINIZIONI • VIDEOTERMINALE (VDT): uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato. • POSTO DI LAVORO: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo - macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiatura connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante. • LAVORATORE: il lavoratore che utilizza una attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per venti ore settimanali, dedotte le pause di cui all'art. 175 del D.Lgs. 81/2008. VIDEOTERMINALI SORVEGLIANZA SANITARIA • Tutti i lavoratori che rientrano nella definizione dell'art. 173 del D.Lgs. 81/2008 devono essere sottoposti a visita medica e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal Medico Competente. • I lavoratori idonei con prescrizioni e quelli che hanno superato il cinquantesimo anno d'età sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale; quinquennale negli altri casi. • In ogni caso la periodicità delle visite mediche dipende dall'impegno visivo e dalle caratteristiche visive dell'operatore. Queste visite devono essere più frequenti per i soggetti che presentano già dei disturbi visivi. • Quando si rende necessario fornire ai lavoratori speciali occhiali da lavoro e di correzione, il costo è a carico del datore di lavoro. VIDEOTERMINALI ORARIO DI LAVORO E PAUSE • Il comma 3 dell’art. 175 del D.Lgs. 81/2008, in assenza di disposizioni contrattuali, prevede delle pause di 15 min. ogni 120 min. di applicazione continuativa al VDT. • Durante l'attività al VDT, il lavoratore è tenuto a cambiare posizione del corpo, a interrompere l'uso della tastiera ed, eventualmente, a spegnere lo schermo ( ad es. alzarsi dalla sedia per fare una telefonata). • Le modalità e la durata delle pause possono essere stabilite a livello individuale ove il Medico Competente nè ravvisi la necessità. • E’ esclusa la comulabilità delle interruzioni all’inizio e al termine dell’orario di lavoro • La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro. VIDEOTERMINALI PERICOLI CONNESSI ALL'UTILIZZO DI VIDEOTERMINALI • E’ opportuno evidenziare subito che, per quanto riguarda la pericolosità delle radiazioni emesse dai videoterminali, queste sono rilevabili solo ad una distanza di pochi millimetri dallo schermo, e non possono, pertanto, interessare l'operatore. • Il lavoro al VDT, pur non essendo causa di effetti nocivi irreversibili a breve o lungo termine, può tuttavia evidenziare l'esistenza di disturbi visivi preesistenti. • Per questo, è importante una corretta prevenzione, soprattutto per quel che riguarda le visite mediche specifiche. • I principali apparati interessati alla patologia da VDT sono: – apparato visivo – apparato locomotore VIDEOTERMINALI DISTURBI VISIVI • L’insieme dei disturbi visivi provocati dall’eccessivo affaticamento dell’apparato visivo viene comunemente indicato come ASTENOPIA • I segni associati a questa sindrome sono: – fatica accomodativa (messa a fuoco); – fatica muscolare; – fatica percettiva (visione annebbiata, visione sdoppiata, ecc.); – irritazione oculare (bruciore, lacrimazione, senso di corpo estraneo, fastidio alla luce, ecc.). VIDEOTERMINALI DISTURBI VISIVI • Le possibili cause possono essere riconducibili a: – eccesso o insufficienza di illuminazione generale; – presenza di riflessi da superfici lucide; – luce diretta proveniente dalle finestre o da fonti artificiali non adeguatamente schermate; – presenza di superfici di colore estremo (bianco o nero); – scarsa definizione dei caratteri. • Al momento attuale, comunque, non esiste alcuna dimostrazione che l’utilizzo del VDT possa causare danni permanenti irreversibili all’occhio. VIDEOTERMINALI APPARATO LOCOMOTORE • I sintomi caratteristici sono dolori, rigidità, parestesie localizzate (comunemente noti come formicolii) per lo più alle braccia, alle gambe ed alle estremità (polsi e dita). • Le cause di tali disturbi possono essere riconducibili alla inadeguatezza del posto di lavoro che obbliga l’operatore ad assumere posizioni fisse prolungate e spesso non corrette, in particolare: posizioni di lavoro inadeguate per l’errata scelta e disposizione degli arredi e dei VDT; posizioni di lavoro fisse o mantenute per tempi prolungati anche in presenza di postazioni di lavoro ben strutturate; movimenti rapidi e ripetitivi delle mani, digitazione o uso del mouse per tempi lunghi. VIDEOTERMINALI SCHERMO • I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee. • L’immagine sullo schermo deve essere stabile; la luminosità ed il contrasto tra i caratteri devono poter essere facilmente regolabili da parte dell’utilizzatore del VDT. • L’uso degli schermi addizionali (filtri) antiriflesso, contrariamente a quanto si riteneva, allo stato attuale delle conoscenze non apporta benefici sostanziali e documentati. VIDEOTERMINALI SCHERMO • Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente. • Il monitor deve essere posizionato sul tavolo di lavoro, in modo tale che il margine superiore dell'apparecchio non si trovi ad un livello più elevato dell'occhio dell'utilizzatore, al fine di non causare inopportuni movimenti di estensione del collo. • La distanza ideale tra gli occhi dell’operatore e lo schermo è di 50 70 cm (Figura 1). Fig. 1 VIDEOTERMINALI LA TASTIERA • La tastiera deve essere tale da favorire una posizione delle mani e delle braccia che non affatichi l'operatore. • La tastiera deve essere: indipendente dagli altri componenti; inclinabile rispetto al piano di lavoro; consentire posizioni intermedie; possedere un bordo anteriore sottile al fine di permettere un corretto appoggio del polso sul tavolo; possedere una superficie opaca al fine di evitare possibili riflessi fastidiosi per l’operatore. • Deve essere posizionata frontalmente allo schermo ad una distanza dal bordo della scrivania di 10 – 15 cm (Figura 2). Fig. 2 VIDEOTERMINALI PIANO DI LAVORO • Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. • Deve essere stabile e di altezza fissa o regolabile indicativamente fra i 70 e 80 cm (Figura 3). • Deve avere uno spazio idoneo per il comodo alloggiamento degli arti inferiori e del sedile Fig. 3 VIDEOTERMINALI SEDILE DI LAVORO • Il sedile di lavoro deve essere stabile, a cinque razze, permettere all’utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione comoda; il sedile deve poter essere regolabile in altezza e deve possedere uno schienale regolabile e facilmente inclinabile (Figura 4). • Un poggia piedi potrà essere messo a disposizione di coloro che lo desiderino. L’impiego del poggia piedi risulta necessario allo scopo di alleggerire la compressione del bordo della sedia sulla superficie posteriore delle cosce, quando l’operatore è di statura inferiore alla media e utilizza una sedia non regolabile in altezza. Fig. 4 VIDEOTERMINALI ILLUMINAMENTO – Sorgenti naturali • La luce naturale deve costituire parte integrante della illuminazione ambientale; la vicinanza di finestre, però, potrebbe comportare fenomeni di abbagliamento, se l'operatore è rivolto verso le stesse, oppure la presenza di riflessi sullo schermo, se l'operatore volta le spalle alla finestra. • A distanza maggiore di 3-4 metri la luce naturale diventa insufficiente ai fini di una buona visione del videoterminale. • Pertanto un illuminamento artificiale diurno potrebbe risultare necessario, anche in uffici dotati di buona finestratura. • L’eccessivo illuminamento delle superfici orizzontali può provocare, anche in tempi brevi, una riduzione dello stato di benessere e di rendimento; divengono inoltre più evidenti i fenomeni di riflessione con conseguente perdita di definizione di immagine (tipico è il caso di abbagliamento da foglio bianco). bianco • Si hanno condizioni di sfavorevoli di illuminazione con abbagliamenti diretti, riflessi e contrasti eccessivi (Figura 5). Fig. 5 VIDEOTERMINALI ILLUMINAMENTO - Sorgenti artificiali • Le sorgenti artificiali maggiormente impiegate negli uffici sono le lampade fluorescenti. Quelle ottimali per il lavoro al VDT sono quelle cosiddette "bianche a tonalità calda" che emanano una luce tendente al giallo. • Per minimizzare i riflessi devono essere montate a soffitto, con paraluce a lamelle anti-abbagliamento, in file parallele alla direzione dello sguardo dell’operatore, ma non sopra la testa dello stesso. • Un ambiente è adeguato per il lavoro al VDT quando: - gli schermi sono posti a 90° rispetto alle finestre; - le finestre sono schermate (ad esempio con “veneziane”) (Figura 6). Fig. 6 VIDEOTERMINALI Fig. 7 VIDEOTERMINALI USO DEI COMPUTER PORTATILI In generale, l’uso dei computer portatili comporta maggiori difficoltà nel mantenere una posizione ergonomica. Anche se le attività connesse all’uso del computer portatile non rientrano in quelle tutelate dal titolo VII del D.Lgs. 81/2008 relativo ai videoterminali si ritiene importante fornire alcuni consigli utili: •non posizionare il computer portatile direttamente sulle gambe, gambe, ma tenerlo un po’ più alto anche usando un piano di appoggio di fortuna valigetta/coperta/cuscino/un libro spesso; •se il sedile è troppo basso rispetto al piano di lavoro, sopraelevarlo con un cuscino/una coperta/un asciugamano; •se necessario creare un poggiapiedi con un oggetto di dimensioni opportune; •regolare l’inclinazione, la luminosità e il contrasto sullo schermo in modo ottimale; •cambiare spesso posizione facendo pause molto frequenti; •evitare di piegare la schiena in avanti; •mantenere gli avambracci, i polsi e le mani allineati durante l’uso di mouse e tastiera, evitando di piegare o angolare i polsi; •quando si prevede di dover effettuare un lavoro prolungato è bene munirsi e fare uso di un monitor e di un mouse separati rispetto al computer portatile. VIDEOTERMINALI Di seguito vengono presentati alcuni semplici esercizi, che richiedono pochi minuti e che possono essere fatti nelle pause di lavoro. VIDEOTERMINALI • http://www.inail.it/cms/pubblicazionieriviste/tuttititoli/prevenzione/vdt/10.pdf LE ATTREZZATURE DI LAVORO • ART. 69 – D.Lgs. 81/2008 Definizioni Attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo destinato ad essere usato durante il lavoro. Uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio. Rispetto alla normativa precedente nel D.Lgs. 81/2008 è stato introdotto il Titolo III riguardante l’utilizzo delle attrezzature di lavoro. Nell’art. 69 sono state riportate le definizioni di attrezzatura di lavoro e dell’uso di un’attrezzatura di lavoro. Si può sottolineare il fatto che anche la manutenzione e la pulizia di un’attrezzatura di lavoro comportano una criticità per il lavoratore addetto a tali mansioni. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • ART. 69 – D.Lgs. 81/2008 Definizioni Zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso. Lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa. Operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di una attrezzatura di lavoro L’at. 69 continua con altre definizioni di zona pericolosa, lavoratore esposto e operatore. La definizione di zona pericolosa serve a chiarire che le macchine causano infortuni non solo sui lavoratori direttamente coinvolti nella loro conduzione ma anche ad lavoratori. Anche nella definizione di lavoratore esposto il legislatore ha voluto mettere in evidenza che la legge tutela gli operatori (coloro che usano in prima persona) e i lavoratori esposti (in maniera diretta e indiretta). LE ATTREZZATURE DI LAVORO • ART. 70 – D.Lgs. 81/2008 Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle direttive comunitarie di prodotto. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza delle direttive comunitarie e quelle messe a disposizione dei lavoratori prima dell’emanazione di direttive comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza riportati nell’allegato V del D.Lgs. 81/2008. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • ART. 71 – D.Lgs. 81/2008 Comma 1 • Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo precedente, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie. Il datore di lavoro deve mettere a disposizione delle attrezzature di lavoro che presentano una funzionalità determinata al lavoro da eseguire e tali da garantire lo svolgimento delle attività in piena sicurezza. Di contro le attrezzature di lavoro devono essere utilizzate dal lavoratore alle disposizioni contenute nelle direttive di prodotto LE ATTREZZATURE DI LAVORO ART. 71 – D.Lgs. 81/2008 Comma 2 • All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse; d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso. • Il Datore di lavoro prima di scegliere l’attrezzatura di lavoro deve valutare i rischi presenti nel luogo di lavoro e e quelli che derivano più strettamente dall’utilizzo delle attrezzature stesse. Deve inoltre valutare anche l’interferenza eventuale con altre attrezzature presenti nel luogo di lavoro. LE ATTREZZATURE DI LAVORO ART. 71 – D.Lgs. 81/2008 • Comma 8 Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro, secondo le indicazioni fornite dai fabbricanti ovvero, in assenza di queste, dalle pertinenti norme tecniche o dalle buone prassi o da linee guida, provvede affinché: a) le attrezzature di lavoro siano sottoposte ad un controllo iniziale ….. b) le attrezzature di lavoro suscettibili di dare origine a situazioni pericolose siano sottoposte a dei controlli periodici e dei controlli straordinari al fine di garantire il mantenimento delle condizioni di sicurezza delle attrezzature stesse. Comma 9 • I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza. LE ATTREZZATURE DI LAVORO ART. 71 Commi 3-10 - Riduzione dei rischi Commi 11-14 - Verifiche e controlli previsti in particolare per le attrezzature di lavoro riportate nell’allegato VII del D.Lgs.81/2008 (attrezzature di sollevamento, apparecchi a pressione, centrifughe,…). Tali verifiche periodiche devono essere realizzate da organismi abilitati presso i Ministeri del Lavoro, della Salute e dello Sviluppo Economico. ART. 73 Informazione, formazione e addestramento 1. Nell’ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente: a) alle condizioni di impiego delle attrezzature; b) alle situazioni anormali prevedibili. 2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l’uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell’ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature. 3. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • Nei laboratori e negli altri locali universitari (uffici, aule, sale studio, biblioteche, …) vengono utilizzate nella maggioranza dei casi delle attrezzature di lavoro che devono essere conformi alle seguenti direttive europee: - Direttiva macchine. - Direttiva bassa tensione. - Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica. - Direttiva sui dispositivi medici - Direttiva PED sulle attrezzature a pressione (ad es. autoclave). • Tutte queste direttive sono state recepite in Italia dalle seguenti norme di legge: - Nuova Direttiva macchine recepita con D.Lgs. 27/01/2010 n° 17; - Direttiva 73/23/CEE “Bassa Tensione” recepita con la Legge 791/1977. - Direttiva compatibilità elettromagnetica recepita con D.Lgs. 615/1996. - Direttiva PED sulle attrezzature a pressione recepita con D.Lgs. 93/2000. - Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici recepita con D.Lgs. 46/1997. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • Tutte quelle attrezzature di lavoro riconducibili alle direttive sopra citate devono essere progettate e costruite in conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e salute che sono elencati nelle direttive stesse. • Questa conformità deve essere attestata dal fabbricante mediante determinate procedure e apponendo la marcatura CE sulle attrezzature. Fig. 8 • Ogni attrezzatura deve essere obbligatoriamente accompagnata: 1. dalla dichiarazione di conformità; 2. dalla marcatura CE; 3. dal manuale d’uso il quale deve essere in italiano. LE ATTREZZATURE DI LAVORO LE ATTREZZATURE DI LAVORO La DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ CE deve contenere gli elementi seguenti: • ragione sociale e indirizzo completo del fabbricante e, se del caso, del suo mandatario; • nome e indirizzo della persona autorizzata a costituire il fascicolo tecnico, che deve essere stabilita nella Comunità; • descrizione e identificazione della macchina, con denominazione generica, funzione, modello, tipo, numero di serie, denominazione commerciale; • un'indicazione con la quale si dichiara esplicitamente che la macchina macchina è conforme a tutte le disposizioni pertinenti della presente direttiva e, se del caso, un'indicazione analoga con la quale si dichiara la conformità alle altre direttive comunitarie e/o disposizioni pertinenti alle quali la macchina ottempera. (Questi riferimenti devono essere quelli dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea); • all'occorrenza, nome, indirizzo e numero di identificazione dell'organismo notificato notificato che ha effettuato l'esame CE del tipo di cui all'allegato IX e il numero dell'attestato dell'esame CE del tipo; • all'occorrenza, nome, indirizzo e numero di identificazione dell'organismo notificato notificato che ha approvato il sistema di garanzia qualità qualità totale di cui all'allegato X; • all'occorrenza, riferimento alle norme armonizzate di cui all'articolo 4 che sono state applicate; • all'occorrenza, riferimento ad altre norme e specifiche tecniche applicate; • luogo e data della dichiarazione; • identificazione e firma della persona autorizzata a redigere la dichiarazione a nome del fabbricante o del suo mandatario. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • Per l’operatore delle attrezzature di lavoro le istruzioni d’uso è uno degli elementi più importanti difatti viene equiparato, nel contesto degli adempimenti tecnici a un dispositivo di sicurezza. • Le informazioni che devono essere riportate nel manuale d’uso sono: - la messa in funzione; - l’utilizzazione; - il trasporto; - l’installazione, il montaggio e lo smontaggio; - la manutenzione e la riparazione; - …. • L’operatore delle attrezzature deve fare riferimento sempre alle istruzioni d’uso per le azioni da adottare in caso di emergenza LE ATTREZZATURE DI LAVORO Istruzioni della macchina • Le istruzioni devono essere redatte in una o più lingue ufficiali della Comunità. Il fabbricante o il suo mandatario si assume la responsabilità di tali istruzioni apponendovi la dicitura “Istruzioni originali”. • Qualora non esistano “Istruzioni originali” nella o nelle lingue ufficiali del paese di utilizzo della macchina, il fabbricante o il suo mandatario o chi immette la macchina nella zona linguistica in questione deve fornire la traduzione nella o nelle lingue di tale zona. Tali traduzioni devono recare la dicitura “Traduzione delle istruzioni originali”. • Il contenuto delle istruzioni non deve riguardare soltanto l'uso previsto della macchina, ma deve tener conto anche dell'uso scorretto ragionevolmente prevedibile. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • In un’attrezzatura di lavoro le misure di sicurezza per proteggere l’operatore e/o le persone esposte ai pericoli si possono definire nel seguente modo: PROTEZIONE: elemento di un’attrezzatura costituito da una barriera fisica (coperchio, schermo, porta, ……). DISPOSITIVO DI SICUREZZA: dispositivo che elimina o riduce il rischio da solo o associato ad un riparo. • Le protezioni mobili devono per quanto possibile restare uniti all’attrezzatura quando sono aperti. • Inoltre devono essere munite di un dispositivo di bloccaggio che impedisca l’avviamento dei componenti mobili (questo dispositivo è noto come microinterruttore di sicurezza). sicurezza Fig. 9 LE ATTREZZATURE DI LAVORO Arresto Arresto normale • La macchina deve essere dotata di un dispositivo di comando che consenta l’arresto generale; tale comando deve essere prioritario rispetto al comando di avviamento. • • Arresto di emergenza Le macchine devono essere munite di uno o più dispositivi di arresto di emergenza che consentono di evitare situazioni di pericolo. Il dispositivo deve essere chiaramente individuabile e ben visibile e deve provocare l’arresto nel tempo più breve possibile senza creare ulteriori rischi. Questo dispositivo di emergenza è noto come “pulsante d’arresto a fungo”; normalmente è di colore rosso ed è posto in un luogo accessibile dell’attrezzatura Fig. 10 LE ATTREZZATURE DI LAVORO Arresto di emergenza • Se il dispositivo di arresto d’emergenza non può ridurre il rischio non deve essere previsto sull’attrezzatura di lavoro. • Inoltre tale dispositivo non è previsto nelle attrezzature portatili tenute e/o condotte a mano. • La nuova Direttiva ha chiarito il concetto che l’arresto di emergenza deve essere installato in aggiunta alle misure di sicurezza e non in sostituzione. Avviamento • L’avviamento di una macchina deve essere possibile soltanto tramite un’azione volontaria su un dispositivo previsto per questo scopo. • La rimessa in marcia può essere effettuata tramite un’azione volontaria su un dispositivo diverso dal dispositivo di comando di avviamento. LE ATTREZZATURE DI LAVORO • I principali pericoli meccanici delle macchine individuati dalla Norma UNI-EN 292 sono • schiacciamento; • cesoiamento; • taglio o di sezionamento; • impigliamento; • trascinamento o di intrappolamento; • urto; • perforazione o puntura; • attrito o di abrasione; • proiezione di un fluido ad alta pressione; • proiezione delle parti (della macchina o pezzi lavorati); • scivolamento, di inciampo e di caduta in relazione alla macchina; LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE Il tipo di scala deve essere definito in relazione all’attività che s’intende svolgere nel rispetto delle seguenti specifiche: •l’altezza da raggiungere sulla scala deve essere tale da consentire al lavoratore di avere in qualsiasi momento un appoggio e una presa sicura; •il lavoro sulla scala non deve essere svolto sporgendosi lateralmente; •il lavoratore deve salire/scendere la scala senza portare materiali pesanti o ingombranti che possano pregiudicare la presa; •la scala deve essere conforme alle norme tecniche UNI EN 131 così come previsto dal D.Lgs. 81/2008 – allegato XX. LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE Le norme tecniche UNI EN 131 prevedono che le scale siano dotate di un foglio o libretto di istruzioni per l’uso e la manutenzione contenente le seguenti informazioni: •una breve descrizione della scala con l’indicazione degli elementi costituenti; •le indicazioni per un corretto impiego; •istruzioni per la manutenzione e la conservazione; •gli estremi dei certificati delle prove previste dalle norme tecniche UNI EN 131; •una dichiarazione di conformità del costruttore alla norme tecniche UNI EN 131; •eventualmente dei pittogrammi con rappresentazioni grafiche dei divieti di utilizzo. LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE Le scale devono inoltre essere dotate di un’etichetta di identificazione del prodotto, ossia un adesivo che riporti le seguenti informazioni: 1. nome del produttore 2. pittogrammi con rappresentazioni grafiche di un corretto utilizzo e dei divieti di utilizzo; 4. dichiarazione di conformità alla norma EN 131 oppure al D.Lgs. 81/08; 5. definizione di tipologia della scala ed eventuale codice prodotto. LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE Nelle scale doppie occorre controllare che i dispositivi di trattenuta dei montanti siano in tiro prima della salita, onde evitare il pericolo di un brusco spostamento durante il lavoro Durante la permanenza sulle scale doppie si dovrà evitare che il personale a terra passi sotto la scala. Le scale doppie non devono essere usate chiuse come scale semplici, poiché in tale posizione possono scivolare facilmente. Le scale doppie devono sempre essere aperte completamente. Le scale doppie e a castello non posso essere utilizzate per gli accessi ad altro luogo come in Fig. 11 Fig. 11 LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE E’ vietato salire sui gradini a piedi nudi, con tacchi alti, ciabatte, zoccoli, sandali o altre calzature che possono sfilarsi. Non sporgersi troppo ai lati o indietro (Fig. 12) Sulle scale doppie non bisogna stare mai a cavalcioni ed il predellino può servire solo per l’appoggio di attrezzi (Fig. 13) Sulle scale doppie prive di montanti prolungati di almeno 60 – 70 cm, si deve evitare di salire sugli ultimi tre gradini. La salita e la discesa vanno effettuate con il viso rivolto verso la scala, tenendosi sulla linea mediana della scala ed entrambe le mani posate esclusivamente ed alternativamente sui pioli (Fig. 14). Fig. 12 Fig. 13 Fig. 14 LE ATTREZZATURE DI LAVORO SCALE Non mettere mai la scala su una tavola, una cassa o altro posto instabile (si veda Fig. 15). Non reggetevi mai su una sola gamba poggiando l’altra, per esempio, sul bordo di una finestra (Fig. 16). Fig. 15 Le scale in appoggio presenti nelle biblioteche devono essere utilizzate opportunamente fissate al sistema di tenuta posizionato negli scaffali. Fig. 16 •http://media.osha.europa.eu/napo4/N4-02-heading_for_a_fall.wmv MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI •Il Datore di Lavoro adotta le misure necessarie o ricorre ai mezzi appropriati (mezzi meccanici) per evitare la necessità di una movimentazione manuale. •Il Datore di Lavoro deve organizzare i posti di lavoro in modo che la movimentazione manuale dei carichi sia sicura tenendo conto delle indicazioni contenute nell’allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008 •Il Datore di Lavoro informa i lavoratori: – sul peso del carico; – centro di gravità o lato più pesante; – movimentazione corretta; – rischi per la salute. • I rischi presenti per la movimentazione manuale di un carico sono : – il carico è troppo pesante (30 Kg per gli uomini, 20 Kg per le donne fonte NIOHS – National Istitute Occupational Safety and Healt - USA); – ingombro del carico; – instabilità; – deve esser maneggiato a distanza dal tronco; – può comportare lesioni in caso di urto. MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI Posizioni corrette per sollevare un peso Figure 17 - 18 •piedi ben appoggiati a terra •gambe divaricate •ginocchia piegate •schiena dritta •braccia tese •buona presa delle mani MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI Posizioni scorrette per sollevare un peso Figure 19 - 20 •piedi appoggiati male a terra •gambe unite •ginocchia unite •schiena piegata •cattiva presa delle mani MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI Alcuni esempi http://media.osha.europa.eu/napo8/N8-02-divide_and_rule.wmv http://media.osha.europa.eu/napo8/N8-10-holdmetight.wmv IL RISCHIO ELETTRICO • Le condizioni di pericolo che si possono presentare abbastanza frequentemente sono: CONTATTO DIRETTO contatto con parti dell’impianto o dell’apparecchiatura che sono normalmente in tensione (ad es. cavi, morsetti di apparecchi elettrici,..). CONTATTO INDIRETTO contatto con parti dell’impianto o dell’apparecchiatura non in tensione ma che possono trovarsi in tensione a seguito di un guasto (involucro esterno di un apparecchiatura, impugnatura di un utensile, …). Esempi contatti indiretti Esempi contatti diretti IL RISCHIO ELETTRICO • Per il contatto diretto le misure di protezione totale sono costituite dall’isolamento e dagli involucri (guaina di un cavo elettrico, le scatole per gli interruttori). • Per il contatto indiretto la misura di protezione più utilizzata e quella di realizzare un impianto di messa a terra opportunamente coordinato con interruttore automatico (interruttore differenziale, interruttore magnetotermico). Fig. 21 IL RISCHIO ELETTRICO • • • I collegamenti di cavi elettrici, interruttori o scatole di derivazione devono essere protetti contro la possibilità di contatto accidentali. Le prese, le spine e i cavi devono essere integri e in buone condizioni. Evitare di riparare con il nastro isolante i cavi elettrici danneggiati e sostituirli con cavi elettrici nuovi. Fig. 22 • Non sovraccaricare con più spine ogni singola presa. Fig. 23 IL RISCHIO ELETTRICO • • Negli uffici-studi è possibile collegare una spina multipla (tipo “ciabatta”) ad un singola presa purché tale spina non sia appoggiata al pavimento ma che venga fissata al muro. Nei laboratori occorre utilizzare delle spine con lo stesso grado di protezione delle prese elettriche; evitare l’uso di spine multiple. Fig. 24 • Non disinserire la spina tirandola dal cavo. Fig. 25 IL RISCHIO ELETTRICO • Evitare i cavi “volanti” e qualora non sia possibile tali cavi non devono presentare un intralcio per il passaggio. • Non effettuare interventi di manutenzione sulle apparecchiature elettriche ma richiedere l’intervento di personale idoneo. • Non usare acqua per spegnere incendi di impianti elettrici sotto tensione. I DPI Definizione Per Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) s’intende qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro. I DPI I DPI sono scelti in funzione dell’analisi e della valutazione dei rischi. Sono specifici per i vari tipi di rischio, rispondono a norme UNI-EN e devono essere marcati CE. La fabbricazione e la commercializzazione dei DPI è regolata dal D.Lgs. 475/92. I DPI In particolare i requisiti che devono avere i D.P.I. sono: - essere adeguati ai rischi da prevenire senza comportare rischi ulteriori a chi gli indossa; - essere adeguati alle esigenze del luogo di lavoro; - devono essere adattabili alla persona, comodi e ben tollerati; - devono essere resistenti; - devono essere economici, per quanto possibile; - non devono avere parti pericolose; - devono essere facili da indossare e da togliere in caso di emergenza; - devono avere semplicità di confezione per consentire operazioni di pulizia e manutenzione; - non devono provocare allergie nel caso in cu sia presente il contatto con la pelle. I DPI Il Responsabile dell’Unità Produttiva e il Responsabile dell’attività di ricerca o di didattica in laboratorio, per quanto di competenza, devono individuare e fornire ai lavoratori i DPI adatti sentito il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente nei casi di pertinenza . Gli obblighi che deve rispettare il lavoratore sono: 1. sottoporsi al programma di informazione e formazione e addestramento; 2. utilizzare i DPI che gli vengono messi a disposizione; 3. conservare con cura e senza apportarvi delle modifiche i DPI messi a disposizione; 4. segnalare qualsiasi difetto o anomalia rilevata nei D.P.I. utilizzati al Responsabile dell’attività di ricerca e di didattica in laboratorio. I DPI I DPI vengono divisi in tre categorie, a seconda della gravità dei rischi, nel seguente modo: •Prima categoria Rischi di danni fisici di lieve entità di cui la persona che usa i DPI abbia la possibilità di percepire la progressiva verificazione degli effetti lesivi. •Seconda categoria Tutti gli altri tipi di rischi non coperti dalle altre due categorie •Terza categoria Rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente di cui la persona che usa il DPI non abbia la possibilità di percepire tempestivamente la verificazione istantanea di effetti lesivi Il sistema di marcatura in vigore è quello riportato in tabella Categoria I Categoria II Categoria III CE CE CE0000* •numero di riconoscimento dell’organismo notificato che ha rilasciato la certificazione dichiarazione di conformità del fabbricante o ha effettuato le verifiche annuali del sistema di qualità del mandatario. Per i DPI di 3°categoria è indispensabile anche l’ad destramento I DPI Protezione degli arti superiori - Guanti di protezione contro i rischi meccanici - Guanti di protezione contro i prodotti chimici e i microrganismi - Guanti di protezione contro il calore o il fuoco - Guanti di protezione contro il freddo - Guanti elettricamente isolanti - Guanti e proteggi-braccia di maglia metallica - Guanti per ambienti sanitari. Indicazioni per la scelta - Tipo di materiale in funzione dell’inquinante; - Spessore - Tasso di permeazione I DPI Esempi di protezione degli arti superiori Guanti per il rischio meccanico Rischio meccanico Rischio d’impatto Guanti di protezione per il freddo Guanti per il rischio chimico e biologico Rischio microbiologico Rischio chimico Guanti elettricamente isolanti Rischio elettrico Freddo I DPI Protezione degli occhi e del viso • • • • • Occhiali con o senza schermi laterali; Occhiali a visiera/maschere; Schermi facciali; Schermi a mano per la saldatura; Elmetto per la saldatura. Indicazioni per la scelta - Tipo di filtro, a seconda del rischio; - Classe ottica del protettore; - Resistenza meccanica; - Campi di utilizzo; - Eventuali richieste di trattamenti antiappannanti o antiabrasione. I DPI Esempi di protezione degli occhi e del viso Occhiali per laser Occhiali per rischio chimico Visiera I DPI Protezione delle vie respiratorie - Facciale filtrante (materiale filtrante, può essere dotato di valvola di espirazione) - Semimaschera (copre solo naso e bocca); - Maschera (copre tutto il viso); - Autorespiratore (l’aria aspirata da un apparecchio autonomo viene filtrata e convogliata nella maschera). A seconda che dipendano o meno dall’atmosfera ambiente si distinguono in: Respiratori a filtro -antipolvere per polveri, fibre, fumi e nebbie -antigas per gas e vapori. Respiratori isolanti Sono indipendenti dall’atmosfera ambiente e sono consigliati se: • % ossigeno è inferiore al 17%; • la concentrazione del contaminante supera i limiti di esposizione consentiti dai respiratori a filtro; • il contaminante ha soglia olfattiva superiore al TLV (valore limite di soglia al di sotto del quale si ritiene che la maggior parte dei lavoratori sani possa rimanere esposta ripetutamente, giorno dopo giorno, senza effetti negativi per la salute). I DPI Esempi di protezione delle vie respiratorie Esempio di respiratore a filtro antigas pieno facciale Esempio di respiratore a filtro antipolvere Esempio di respiratore a filtro antigas semimaschera Autorespiratore I DPI In prossimità della zona in cui è necessario indossare i D.P.I. devono essere predisposti dei segnali di prescrizione indicante il tipo di dispositivo che occorre indossare. Se il rischio è genericamente presente nel locale il segnale di prescrizioni può essere affisso all’ingresso mentre se il rischio è solo in una zona ad esempio in prossimità di un’apparecchiatura la segnaletica andrà affissa nelle sue vicinanze. Proteggere gli occhi Proteggere le vie respiratorie Proteggere le mani Calzature di sicurezza IL RUMORE Quando occorre intervenire: valori limite di esposizione e valori di azione •Nel Titolo VIII – Capo II del D.Lgs. 81/2008 vengono individuati i valori limite di esposizione e i valori inferiori e superiori di azione in relazione all’esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica. •Valore inferiori di azioni: sono quei valori oltre i quali occorre applicare il Titolo VIII – Capo II del D.Lgs. 81/2008. •Valori superiori di azioni: oltre tali valori occorre adottare opportune misure di prevenzione e protezione dei lavoratori esposti. •Valori limite di esposizioni: NON devono mai essere superati durante le attività lavorative. IL RUMORE Valori limite di esposizione e valori di azione • Tali valori sono: - Valori inferiori di azione Lex=80 dB(A). - Valori superiori di azione Lex=85 dB(A). - Valori limite di esposizione Lex=87 dB(A). • I suddetti valori sono riferiti ai livelli di esposizione giornaliera al rumore Lex, 8h. • Normalmente si ritiene che in un ufficio il livello di rumore non debba supera i 60 – 65 dB(A). • • • • • • • • voce sussurrata ventola di raffreddamento computer stampante laser conversazione telefonica fotocopiatrice voce parlata tono di voce alta suoneria del telefono 20 dBA 30 dBA 30 dBA 40 dBA 50 dBA 50 dBA 60 dBA 75 dBA IL RUMORE • Il rumore quando supera i valori di azione o di esposizione può causare un danno alla salute • L’esposizione prolungata a livelli di rumore intensi distrugge poco a poco le cellule cigliate dell’orecchio interno Ciò determina progressivamente sordità, detta di percezione, generalmente irreversibile. • A seguito di un’esposizione a rumore intenso, comunque tale da non determinare danni organici permanenti, il lavoratore può lamentare sintomatologia caratterizzata da acufeni (sensazioni di “fischi” nelle orecchie) ovvero riduzione temporanea dell’udito. • Lo spostamento della soglia uditiva (“fatica uditiva”) si situa in particolare a livello dei toni alti ed acuti, il che dona al lavoratore la sensazione di avere “cotone nelle orecchie”. • La fatica uditiva si risolve spontaneamente, e richiede tempo variabile a seconda della gravità dell’esposizione iniziale. • L’IPERACUSIA Si accompagna ad una riduzione della soglia del dolore; quindi un rumore che si sente poco con un incremento di pochi dB viene percepito come molto forte IL RUMORE La valutazione del rischio Il Datore di Lavoro valuta l’esposizione dei lavoratori al rumore prendendo in considerazione: a)il livello, il tipo e la durata di ogni esposizione; b) i valori limite di esposizione e i valori di azione; c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle donne in gravidanza e i minori; d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e vibrazioni; e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni; f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni in materia; g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore; h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile; i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica; l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione. A seguito della valutazione del rischio il datore di lavoro deve eliminare o ridurre i rischi partendo dalla fonte. IL RUMORE • La valutazione del rischio derivante da esposizione al rumore deve essere effettuata con cadenza quadriennale da personale qualificato. • Inoltre deve essere realizzata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta (ad esempio modifiche strutturali o impiantistiche) o a seguito di visite mediche relative alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori. IL RUMORE Uso dei Dispositivi di Protezione Individuali • Se i rischi derivanti dal rumore non possono essere evitati il Datore di Lavoro deve: - mettere a disposizione dei lavoratori DPI dell’udito nel caso in cui il livello di rumore superi gli 80 dB(A); - obbligare i lavoratori ad indossare i DPI qualora il livello di rumore sia pari o superiore agli 85 dB(A). • Scegliere i DPI previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti. • Il Datore di Lavoro tiene conto dell’attuazione fornita dai DPI solo ai fini di valutare l’efficienza dei dispositivi stessi e il rispetto del valore limite di esposizione. IL RUMORE Sorveglianza Sanitaria • Il Datore di Lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione [85 dB(A)]. • La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal Medico Competente. • La sorveglianza sanitaria e' estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione [80 dB(A)], su loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi l'opportunita'. IL RUMORE Informazione e Formazione dei Lavoratori • Il Datore di Lavoro deve garantire per i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiore di azione una informazione e formazione riguardante: a) le misure adottate in applicazione del presente titolo; b) l'entità e il significato dei valori limite di esposizione e dei valori di azione; c) i risultati della valutazione; d) le modalità per individuare e segnalare gli effetti negativi dell'esposizione per la salute; e) l’eventuale sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa; f) le procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall'esposizione; g) l'uso corretto di adeguati DPI e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all'uso. LE VIBRAZIONI • Anche i rischi relativi alle vibrazioni sono stati inseriti nel Titolo VII del D.Lgs. 81/2008 in particolare nel Capo III. • Le vibrazioni meccaniche trasmesse al sistema manobraccio comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori in quanto provocano disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari. • Invece le vibrazioni meccaniche trasmesse al corpo intero sono la causa di lombalgie e traumi del rachide. LE VIBRAZIONI Vibrazioni mano-braccio • Valore limite di esposizione: 5 m/s • Valore di esposizione a cui occorre intervenire: 2,5 m/s • Entrambi i valori si riferiscono ad 8 ore lavorative LE VIBRAZIONI • La valutazione del livello di esposizione può essere effettuata tramite una stima derivante dai dati forniti dai costruttori delle attrezzature di lavoro e sulle osservazioni delle pratiche lavorative. In questo caso si prendono come riferimento delle banche dati predisposte dall’INAIL • In alternativa possono essere fatte delle misurazioni specifiche sull’attrezzatura di lavoro LE VIBRAZIONI A seguito della valutazione del rischio il datore di lavoro deve eliminare o ridurre i rischi partendo dalla fonte. • Qualora siano superati i valori di esposizione il datore di lavoro deve elaborare ed attuare un programma di misure tecniche e gestionale al fine di ridurre o eliminare il rischio LE VIBRAZIONI Nelle attività in cui vengono superati i valori di azione il datore di lavoro elabora ed applica le seguenti misure tecniche e organizzative: a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche; b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio; d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro e del luogo di lavoro, e) la progettazione e l’organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro; f) l’adeguata informazione e formazione dei lavoratori g) la limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione; h) l’organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo; i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione IL MICROCLIMA ALLEGATO IV – DLGS 81/2008 • 1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi • 1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione. • • 1.9.2. Temperatura dei locali 1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. • • 1.9.3. Umidità 1.9.3.1. Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l’aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura el’umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche. IL MICROCLIMA Definizione L’insieme dei parametri fisici (temperatura, aereazione, umidità) che caratterizzano l’ambiente di lavoro e che insieme ai parametri individuali determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui presenti all’interno. IL MICROCLIMA L’uomo è una “macchina” termica che viene alimentata da un combustibile (cibo) che poi viene trasformato in lavoro e in calore Il corpo umano tende a mantenere costante la propria temperatura interna dissipando il calore prodotto in eccesso Pertanto quando il Bilancio Termico BT=0 si è in condizioni di benessere termico Se BT>0 la temperatura corporea aumenta Se BT<0 la temperatura corporea diminuisce IL MICROCLIMA Benessere termico - BT=0 Le persone non sono costrette ad attivare meccanismi di termoregolazione e non percepiscono né sensazioni di caldo né di freddo. Discomfort termico (BT>0 o BT<0) Condizioni che dà luogo alla sensazione di caldo o di freddo. Stress termico (BT>>0 o BT<<0) Condizioni estreme nelle quali l’organismo non riesce a mantenere costante la propria temperatura; può causare effetti negativi per la salute. IL MICROCLIMA Ambienti termici moderati • Ambienti nei quali è richiesto un moderato intervento del sistema di termoregolazione •Condizioni microclimatiche omogenee e costanti nel tempo •Assenza di scambi termici localizzati •Attività fisica modesta •Uniformità del vestiario IL MICROCLIMA Ambienti termici severi caldi e freddi •In questi ambienti al sistema di termoregolazione umano viene richiesto un impegno gravoso •Temperature molto elevate o molto basse •Condizioni microclimatiche differenti da punto a punto anche all’interno della stesso ambiente •Disuniformità del impegno fisico e del vestiario. In tali ambienti il lavoratore deve essere tutelato con misure organizzativi (ad es. pause), con dispositivi di protezione individuali, con una specifica formazione e informazione. ILLUMINAZIONE Allegato IV- D.Lgs. 81/2008 •1.10.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori. •1.10.5. Gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilità. ILLUMINAZIONE L’illuminazione di un ambiente di lavoro deve essere tale da assicurare: buona visibilità per svolgere l’attività lavorativa conforto visivo: inteso come l’insieme dell’ambiente visivo che deve soddisfare le necessità di carattere fisiologico sicurezza: prevenire gli infortuni e facilitare i movimenti in caso di emergenza ILLUMINAZIONE L’illuminazione di un ambiente può essere realizzata utilizzando diverse tipologie e sorgenti luminose di tipo naturale ed artificiale. Il Regolamento Edilizio del Comune di Parma prevede che negli uffici, nei laboratori o comunque nei locali in cui si svolge un’attività continuativa Sono locali S3 ad esempio i disimpegni fino a 12 mq, i ripostigli fino a 5 mq. Occorre rispettare alcune condizioni e requisiti in relazione alle caratteristiche che individuano il livello di benessere ed in particolare l’illuminamento e la luminanza. ILLUMINAZIONE L’illuminamento è la quantità di luce che colpisce una superficie; si esprime in lux e lo strumento che la misura si chiama luxmetro. La luminanza determina la sensazione di luminosità che si riceve da una superficie che emette o riflette luce; si misura in candele al m2. ILLUMINAZIONE Norma Tecnica UNI EN 12464-1 ILLUMINAZIONE Possibili rischi •Affaticamento dell’apparato visivo •Disturbo dell’apparato musco scheletrico •Infortuni causati da una cattiva illuminazione e/o da fenomeni luminosi pericolosi ILLUMINAZIONE Misure di sicurezza •Progettazione adeguata del sistema di illuminazione •Potenziamento del sistema di illuminazione •Installazione di schermature per finestre (ad es tende, veneziane) •Piano di manutenzione dell’impianto di illuminazione •Miglioramento delle postazioni di lavoro •Sostituzione immediata delle lampade difettose o sfarfallanti LE PROCEDURE Una procedura è una regola scritta d’organizzazione che definisce le competenze e il percorso che occorre seguire per raggiungere uno scopo. Le funzioni di una procedura sono: • chiarire le responsabilità ( chi esegue, chi controlla, …) per ridurre le conflittualità; • definire le singole attività all’interno di un processo complesso; • definire lo scopo delle attività; • specificare il luogo in cui viene svolta l’attività; • identificare i tempi; • definire le modalità di esecuzione dell’attività per prevenire gli errori; • ottenere la riproducibilità delle azioni; • formare e informare gli addetti e soprattutto i neo addetti; LE PROCEDURE ANALISI DEL PRODOTTO Per prodotto s’intende qualsiasi attrezzatura o materiale utilizzato nell’attività In modo prioritario occorre individuare: • il tipo di prodotto; • le caratteristiche e le proprietà; • le modalità di utilizzo; • le modalità di conservazione; • la sua destinazione d’uso. LE PROCEDURE IDENTIFICAZIONE DEI PERICOLI E PROVVEDIMENTI DI PREVENZIONE Individuare i pericoli che possono essere presenti nell’utilizzo del prodotto (punti critici) tenendo presente l’importanza delle conseguenze che tali pericoli potrebbero avere sulla salute e sulla sicurezza degli operatori; inoltre deve altresì essere valutata la probabilità che i pericoli presenti diano luogo ad un danno per la salute dell’operatore. Per diminuire i rischi individuati si devono adottare dei provvedimenti di prevenzione che possono essere sia di carattere tecnico che gestionale. Se in seguito all’applicazione dei suddetti provvedimenti di prevenzione permane un certo livello di rischio il responsabile della procedura deve individuare gli opportuni Dispositivi di Protezione Individuale da adoperarsi nei punti critici della procedura stessa. LE PROCEDURE Una procedura deve contenere i seguenti punti: • scelta del locale in cui può essere realizzata; • approvvigionamento del materiale e delle attrezzature necessarie; • verifica dell’efficienza delle attrezzature e degli impianti del locale; • verifica dell’efficienza dei dispositivi di protezione collettivi; • reperimento dei DPI necessari; • esecuzione; • ripristino delle condizioni iniziali; • modalità di smaltimento di eventuali rifiuti prodotti. • individuazione delle persone coinvolte; • gestione delle criticità; • normative di legge. LE PROCEDURE Si ricorda infine che le procedure devono essere scritte e prodotte da coloro che conoscono e svolgono quotidianamente le attività da descrivere. All’interno della nostro Ateneo il compito è a carico dei Responsabili dell’attività di ricerca e di didattica in laboratorio.