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• ANNO XXX - MENSILE - N° 1 - GENNAIO 2009
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Salve,
Madre di Dio
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RIVISTA DEL SANTUARIO BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE - TORINO
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Il racconto de
Vita liturgica
L
a visita dei Magi è conosciuta come Epifania, che significa manifestazione del
Signore.
In Oriente viene però chiamata con una parola più precisa,
Teofania, ossia manifestazione
della divinità del Signore. Questo perché in quel giorno si ricordano le tre grandi manifestazioni di Cristo: l’adorazione dei
Magi, il battesimo di Gesù (anche se questa festa oggi è spostata
alla domenica seguente) ed il miracolo di Cana.
Di queste tre manifestazioni
l’episodio dell’adorazione dei
Magi in Occidente ha finito col
prevalere diventando l’unico tema della festa, come si deduce
dalle omelie del Papa San Leone Magno. Per divina ispirazione i Magi hanno visto in quel
bambino, presentato a loro da
Maria, l’atteso delle Genti ed il
figlio di Dio.
Con il tempo tale festa ha assunto anche una connotazione
missionaria: la manifestazione di
Cristo al mondo pagano. I Magi
sono visti dalla tradizione cristiana come la primitia gentium,
i primi fra i pagani ad aver riconosciuto e adorato il Signore. Per
questo il loro culto fu tanto fortunato, diffuso e radicato tra i
convertiti dal paganesimo.
Il tema dell’Adorazione è diventato in seguito uno dei classici nell’arte. Solo due riferimenti
tra i tanti. Il primo è il già ricordato sarcofago di Adelfia, dove
la scena dei Magi si riscontra due
volte: sul coperchio e sotto il clipeo. Qui la Madonna appare seduta in cattedra e tiene in braccio il Bambino, che si protende
nell’atto di ricevere la corona
d’oro gemmata offerta dal primo dei tre Magi. L’altro è il meraviglioso mosaico di Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna. Anche in questo caso la data è probabilmente presa da una festività egiziana. Ci narra infatti Epifanio di Salamina († 403) che in
Egitto nella notte tra il 5-6 gennaio si celebrava la nascita del dio
Sole Aion dalla vergine Kore e
contemporaneamente si celebrava il culto del Nilo.
Mito o realtà
L’adorazione dei Magi, sarcofago cristiano, IV sec.
I Magi erano i membri di una casta sacerdotale persiana che si interessava di
astronomia. Erano degli studiosi dei fenomeni celesti e avevano un ruolo di primo piano anche nella vita sociale e politica del loro Paese.
Diverse volte in quel giorno la
gente mi domanda: «Padre, i re
magi sono veramente esistiti o
si tratta di una leggenda?».
Oltre ai Vangeli canonici (riconosciuti dalla Chiesa come
ispirati), ne parlano anche quelli apocrifi. Il Protovangelo di Giacomo, probabilmente anteriore
al IV secolo, (cap. 21-23); il Libro dell’infanzia del Salvatore,
circa IX secolo, (cap. 89-91); il
Vangelo dello Pseudo Matteo,
verso il VI secolo, (cap. 16-17);
il Vangelo Arabo dell’infanzia
del Salvatore, circa la metà del VI
secolo, (cap. 7-9); il Vangelo Armeno dell’Infanzia, fine VI secolo, (cap. V, 10) che ci riferisce
anche i nomi, accettati poi normalmente nella tradizione. Riporto solo la citazione di quest’ultimo: «Un angelo del Signore si affrettò di andare al paese dei persiani per prevenire i Re
Magi ed ordinare loro di andare
ad adorare il bambino appena nato. Costoro, dopo aver camminato per nove mesi avendo per
guida la stella, giunsero alla meta proprio nel momento in cui
Maria era appena diventata madre. È da sapere che in quel momento il regno persiano dominava sopra tutti i re dell’Oriente
per il suo potere e le sue vittorie. I Re Magi erano tre fratelli:
Melchiorre, che regnava sui persiani, poi Baldassare che regna-
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ei Magi
Il significato del termine
La parola “mago” che si usa
per indicare questi personaggi
non va identificata con il significato che oggi gli diamo. Il vocabolo deriva dal greco magoi e
sta ad indicare in primo luogo i
membri di una casta sacerdotale
persiana (in seguito anche babilonese) che si interessava di astronomia e astrologia. Potremo meglio nominarli: studiosi dei fenomeni celesti.
Nell’antica tradizione persiana i Magi erano i più fedeli ed intimi discepoli di Zoroastro e custodi della sua dottrina. Rivestivano anche un ruolo di primo piano nella religione e vita politica.
L’idea del tempo che ciclicamente si rinnova conduceva il
mazdeismo (religione della Persia preislamica) alla costante attesa messianica di un “Soccorritore divino”, il ruolo del quale
sarebbe stato quello di aprire ciascuna era di rinnovamento e di rigenerazione dopo la fase di decadenza che l’aveva preceduta.
In tal senso il mazdeismo si collega all’attesa messianica. In questa religione si attendevano tre
successive arcane figure di salvatori e rigeneratori del tempo
futuro: l’ultimo di essi, il “Soc-
I Magi, Chiesa di Orton on the Hill (1180), Warwickshire, Inghilterra.
va sugli indiani, ed il terzo Gaspare che dominava sul paese
degli arabi».
È anche interessante che il Libro della Caverna dei Tesori,
scritto nel V secolo d.C., ma riferentesi ad un testo siriaco più
antico, descrive i Magi come
Caldei, re e figli di re, in numero di tre.
La festa dell’Epifania indica la triplice manifestazione di Cristo al mondo, ma in
Occidente si è preferito sottolineare l’adorazione dei Magi venuti da Oriente.
corritore”, sarebbe nato da una
vergine discendente da Zarathustra e avrebbe condotto con sé
la resurrezione universale e l’immortalità degli esseri umani.
Molte leggende accompagnavano il mito del “Soccorritore”, tra
le quali: una stella lo avrebbe annunciato. Tenendo conto di questo contesto culturale, non fa meraviglia il comportamento dei
Magi nella descrizione di Matteo.
Il nome generico di provenienza, Oriente, può indicare diverse regioni.
La Mesopotamia, più precisamente a Babilonia, dove si studiava l’astronomia. Si deve te-
ner conto infatti che in seguito alla terribile distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor nel 586, gli ebrei sopravissuti furono deportati in Babilonia, dove rimasero fino alla liberazione da parte di Ciro nel
539. L’influsso ebraico si fece
sentire in quella regione, dove
tra l’altro anche dopo la liberazione rimasero a vivere diverse
famiglie ebraiche, e dove fu compilato il Talmud Babilonese. Sicuramente a Babilonia le attese
messianico giudaiche erano conosciute.
Sotto questo aspetto potrebbe trattarsi anche della Siria. Se3
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I Magi portano doni, Sant’Apollinare Nuovo (VI sec.), Ravenna.
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La festa dell’Epifania proviene probabilmente da un’antica tradizione egiziana
che celebrava la nascita del Sole Aion nella notte fra il 5 e il 6 di gennaio.
leuco I tra il 305-280 vi aveva
fondato la città di Antiochia e vi
aveva concentrato numerosi giudei deportati dalla Palestina.
Una terza possibilità è che i
Magi provenivano dalla Media.
Questa si basa sullo storico greco Erodoto secondo il quale i
Magi appartenevano ad una delle sei tribù della Media ed esercitavano molta importanza a corte. Erano sacerdoti e venivano
chiamati astrologi, indovini, filosofi.
Niente di strano quindi che
un gruppo di questi studiosi fosse guidato verso la Giudea da
una singolare posizione delle
stelle, da far presagire qualcosa
di “strano”.
L’episodio dettagliato di Matteo, la domanda di Erode sul
“tempo” del sorgere della stella
permettono di interpretare in forma storica e non allegorica l’esistenza dei Magi e l’episodio della stella.
Ancora lo Stramare ci permette una meditazione, oltre la
curiosità: «Perché Matteo avrebbe usato il termine ab oriente,
evidentemente molto generico?
Senza scartare come risposta la
possibilità che Matteo ignorasse
effettivamente la località precisa
di provenienza, rimane sempre
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da considerare la sua chiara intenzione di privilegiare in questo
racconto l’universalità, contro il
particolarismo nel quale era rinchiusa l’attesa ebraica. L’esattezza geografica, infatti, non sarebbe servita in questo caso allo
scopo: la chiamata alla fede sarebbe stata estesa semplicemente ad un altro popolo ben determinato, ma non a tutti».
La stella
Molto si è scritto su questa
stella. Diverse sono state le ipotesi che possono riassumersi a
tre: una cometa, una “stella nova”, una sovrapposizione di satelliti.
È difficile accettare l’identificazione della stella con la cometa di Halley in quanto comparsa 12 anni prima della nostra
era. Precedentemente era stata
avvistata nel 240, 164, 88 a.C.;
riapparsa anche nel nostro secolo, nel 1910 e nel 1985-86. Del resto nei cieli della Palestina non
è apparsa nessuna cometa tra il
17 a.C. ed il 66 d.C.
Non si può neppure pensare
ad una stella nova, bagliore prolungato emesso da corpi celesti
invisibili al momento della loro
esplosione. Infatti nell’area di
Gerusalemme non ne comparve nessuna tra il 134 a.C. ed il
73 d.C.
La Grande Enciclopedia Illustrata della Bibbia sembra propendere per la terza ipotesi, già
condivisa a suo tempo da Keplero: «Di tutte le spiegazioni
possibili la più probabile rimane
quella, in qualche modo accettabile sulle fonti, secondo cui si è
trattato di un’insolita posizione di
Giove, l’antica costellazione regale. L’astronomia antica si è occupata dettagliatamente della sua
comparsa in un preciso punto
dello zodiaco e l’ha identificata,
sul grande sfondo di una religiosità mitologico-astrale molto
diffusa, con la divinità più alta.
Essa era importante soprattutto
per gli avvenimenti della storia
e del mondo, in quanto i movimenti di Saturno erano facilmente calcolabili. Saturno, il pianeta più lontano secondo gli an-
Le reliquie dei M
Una tradizione ci dice che i Tre, dopo
la loro conversione, sono stati consacrati vescovi dall’apostolo Tommaso e
morirono martiri all’età tra i 106 e 118
anni. Sarebbero stati sepolti in India
(dove l’apostolo Tommaso avrebbe predicato) ma in luoghi separati.
Un’altra tradizione invece ci dice che
sono morti in Persia e sepolti insieme
in una grande tomba. Secondo questa
tradizione l’imperatrice Elena (madre di
Costantino), ne fece trasportare le reliquie a Costantinopoli. Tuttavia in questa città non si riscontra un culto in
onore dei Magi.
Alcuni storici sostengono che queste
reliquie nello stesso IV secolo furono
trasportate da Costantinopoli a Milano
da Eustorgio, vescovo di questa città.
Altri infine ritengono che le reliquie sono giunte in Italia con le crociate, dato che prima di questo periodo a Milano non c’è traccia di questo culto.
Una cosa sembra certa: nel 1162 si sa
che le spoglie dei Magi si trovavano in
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tichi, era il simbolo del dio del
tempo Crono e permetteva immediate deduzioni sul corso della storia. Una congiunzione di
Giove e di Saturno in una precisa posizione dello zodiaco aveva certamente un significato tutto particolare. La ricerca più recente si lascia condurre dalla fondata convinzione che la triplice
congiunzione con Giove e Saturno dell’anno 6-7 a.C. ai confini dello zodiaco, al passaggio
tra il segno dei Pesci e quello
dell’Ariete, deve aver avuto un
enorme valore. Essa risulta importante come una “grande” congiunzione e, in vista della imminente era del messia (o anche età
dell’oro), mise in allarme l’intero mondo antico».
Il Prof. Baima Bollone propende per questa possibilità. Si
appoggia su conclusioni dell’astronomia che sostiene che la
sovrapposizione di Giove con Sa-
i Magi
Lombardia. Infatti in questa data il Barbarossa teneva molto alla conservazione di quelle reliquie come garanzia
di una particolare compiacenza e protezione da parte di Dio.
La presenza delle reliquie nel capoluogo lombardo è testimoniata dal culto che si diffuse nella regione. Solo alcuni esempi: nel 1420 nella Certosa di
Pavia su un trittico d’avorio sono inserite ben 26 scene della storia dei
Magi; nel 1570 in San Michele a Pavia
si affresca una cappella dei Magi; pochi anni prima a Voghera i cistercensi
avevano aperto un’abbazia intitolata
ai Re Magi.
Queste reliquie nel 1164 da Milano sono state trasportate a Colonia in Germania.
Di questo viaggio ci è giunta una particolareggiata descrizione fatta dal carmelitano Giovanni di Hildesheim nel
1364. Riporta le 42 tappe effettuate
dall’arcivescovo Reinaldo di Dassel per
il trasporto dell’urna.
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La cattedrale di Colonia, in Germania, custodisce le reliquie dei Re Magi da
quando vennero trasportate da Milano nel 1164.
turno si verifica ogni 179 anni; nel
periodo in esame avvenne proprio nel 7 a.C. e per ben tre volte: 29 marzo, 3 ottobre, 4 dicembre nella costellazione dei
Pesci, secondo i calcoli di Keplero. «Betlemme si trova a pochi chilometri da Gerusalemme,
proprio nella direzione in cui la
luce nella costellazione dei Pesci
poteva essere percepita da viaggiatori che giungessero da Oriente. Tradizione, documenti archeologici e calcoli astrofisici
confermano che fu soltanto, ed
esattamente nel 7 a.C. che nei
cieli della sponda meridionale
del Mediterraneo e in Mesopotamia si verificò un fenomeno
luminoso nettamente percepibile con gli stessi caratteri di quello dell’episodio dei Magi».
Quest’ipotesi sembra affascinante; tuttavia diversi biblisti preferiscono seguire una diversa impostazione.
Il Ricciotti commenta: «In
questi tentativi, fuor della buona
intenzione, non c’è altro da apprezzare, giacché scelgono una
strada totalmente falsa: basta fermarsi un istante sulle particolarità del racconto evangelico per
comprendere che quel racconto
vuole presentare un fenomeno
assolutamente miracoloso, il qua-
le non si può in nessun modo far
rientrare nelle leggi stabili di una
meteora naturale sebbene rara».
Anche lo studioso Andrés Fernández propende per questa linea: «Altri, infine, sostengono
che si trattò di una meteora speciale che non si muoveva secondo le leggi naturali... Dobbiamo
preferire la terza ipotesi (questa,
dopo quella della congiunzione
e di Halley - N.d.A.), l’unica soddisfacente. La stella vista in
Oriente si presentava con caratteristiche eccezionali; la sua apparizione non si può spiegare in
nessun modo come fenomeno
comune ed ordinario; resta pertanto esclusa ogni interpretazione puramente naturalistica... I
Magi compresero bene che si
trattava di qualcosa al di sopra
dell’ordine naturale».
Anche «La Sacra Bibbia», a
cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma nella Nota al brano di Matteo 2, 2, sostiene la
stessa opinione: «La stella, veduta dai Magi, secondo l’opinione più probabile, dedotta dalle sue caratteristiche, era una meteora straordinaria, formata da
Dio espressamente per dare ai
popoli il lieto annunzio della nascita del Salvatore».
Vitaliano Mattioli
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La Catechesi di Benedetto XVI
I Dodici
A
ccanto alla figura di Giacomo «il Maggiore», figlio
di Zebedeo, nei Vangeli compare un altro Giacomo, che
viene detto «il Minore». Anch’egli fa parte delle liste dei dodici Apostoli scelti personalmente da Gesù, e viene sempre
specificato come «figlio di Alfeo» (cf Mt 10,3; Mc 3,18; Lc 5;
At 1,13).
Giacomo il Minore
seguito, i giudeo-cristiani lo considerarono loro principale punto di riferimento. A lui viene pure attribuita la Lettera che porta il nome di Giacomo ed è compresa nel canone neotestamentario. Egli non vi si presenta come «fratello del Signore», ma
come «servo di Dio e del Signore Gesù Cristo» (Gc 1,1).
L’uomo della soluzione
La colonna della Chiesa
È stato spesso identificato con
un altro Giacomo, detto «il Piccolo» (cf Mc 15,40), figlio di una
Maria (cf ibid.) che potrebbe essere la «Maria di Cleofa» presente, secondo il Quarto Vangelo, ai piedi della Croce insieme
alla Madre di Gesù (cf Gv 19,25).
Anche lui era originario di Nazaret e probabile parente di Gesù (cf Mt 13,55; Mc 6,3), del quale alla maniera semitica viene
detto «fratello» (cf Mc 6,3; Gal
1,19). Di quest’ultimo Giacomo,
il libro degli Atti sottolinea il
ruolo preminente svolto nella
Chiesa di Gerusalemme. Nel
Concilio apostolico là celebrato
dopo la morte di Giacomo il
Maggiore, affermò insieme con
gli altri che i pagani potevano
essere accolti nella Chiesa senza doversi prima sottoporre alla
circoncisione (cf At 15,13). San
Paolo, che gli attribuisce una
specifica apparizione del Risorto (cf 1 Cor 15,7), nell’occasione della sua andata a Gerusalemme lo nomina addirittura prima di Cefa-Pietro, qualificandolo «colonna» di quella Chiesa al pari di lui (cf Gal 2,9). In
6
Tra gli studiosi si dibatte la
questione dell’identificazione di
questi due personaggi dallo stesso nome, Giacomo figlio di Alfeo e Giacomo «fratello del Signore». Le tradizioni evangeliche non ci hanno conservato alcun racconto né sull’uno né sull’altro in riferimento al periodo
della vita terrena di Gesù. Gli
Atti degli Apostoli, invece, ci
mostrano che un «Giacomo» ha
svolto un ruolo molto importante, come abbiamo già accennato,
dopo la risurrezione di Gesù, all’interno della Chiesa primitiva
(cf At 12,17; 15,13-21; 21,18). L’atto più rilevante da lui compiuto
fu l’intervento nella questione
del difficile rapporto tra i cristiani di origine ebraica e quelli
di origine pagana: in esso egli
contribuì insieme a Pietro a superare, o meglio, a integrare l’originaria dimensione giudaica del
cristianesimo con l’esigenza di
non imporre ai pagani convertiti l’obbligo di sottostare a tutte
le norme della legge di Mosè. Il
libro degli Atti ci ha conservato
la soluzione di compromesso,
proposta proprio da Giacomo e
accettata da tutti gli Apostoli pre-
senti, secondo cui ai pagani che
avessero creduto in Gesù Cristo
si doveva soltanto chiedere di
astenersi dall’usanza idolatrica
di mangiare la carne degli animali
offerti in sacrificio agli dèi, e
dall’«impudicizia», termine che
probabilmente alludeva alle unioLa lettera di San Giacomo ci esorta
ad abbandonarci alle mani di Dio in
tutto ciò che facciamo, pronunciando sempre le parole: «Se il Signore
vorrà».
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ni matrimoniali non consentite.
In pratica, si trattava di aderire solo a poche proibizioni, ritenute
piuttosto importanti, della legislazione mosaica.
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mosaici: questi ormai non dovevano più considerarsi obbliganti per i pagani convertiti. In sostanza, si dava inizio a una prassi di reciproca stima e rispetto,
che, nonostante incresciose incomprensioni posteriori, mirava
per natura sua a salvaguardare
quanto era caratteristico di ciascuna delle due parti.
La più antica informazione
sulla morte di questo Giacomo ci
è offerta dallo storico ebreo Flavio Giuseppe. Nelle sue Antichità Giudaiche (20, 201s), redatte a Roma verso la fine del I
secolo, egli ci racconta che la fine di Giacomo fu decisa con iniziativa illegittima dal Sommo Sacerdote Anano, figlio dell’Annas
attestato nei Vangeli, il quale approfittò dell’intervallo tra la deposizione di un Procuratore romano (Festo) e l’arrivo del successore (Albino) per decretare la
sua lapidazione nell’anno 62.
Un metodo attuale
In questo modo, si ottennero
due risultati significativi e complementari, entrambi validi tuttora: da una parte, si riconobbe
il rapporto inscindibile che collega il cristianesimo alla religione ebraica come a sua matrice
perennemente viva e valida; dall’altra, si concesse ai cristiani di
origine pagana di conservare la
propria identità sociologica, che
essi avrebbero perduto se fossero stati costretti a osservare i cosiddetti «precetti cerimoniali»
San Giacomo, Scuola del Mantegna (1448), Cappella Ovetari, Chiesa Eremitani, Padova.
Le opere della fede
Al nome di questo Giacomo,
oltre all’apocrifo Protovangelo
di Giacomo, che esalta la santità e la verginità di Maria Madre
di Gesù, è particolarmente legata la Lettera che reca il suo nome. Nel canone del Nuovo Testamento essa occupa il primo
posto tra le cosiddette “Lettere
cattoliche”, destinate cioè non a
una sola Chiesa particolare – come Roma, Efeso, ecc. –, ma a
molte Chiese. Si tratta di uno
scritto assai importante, che insiste molto sulla necessità di non
ridurre la propria fede a una pura dichiarazione verbale o astratta, ma di esprimerla concretamente in opere di bene. Tra l’altro, egli ci invita alla costanza
nelle prove gioiosamente accettate e alla preghiera fiduciosa per
ottenere da Dio il dono della sapienza, grazie alla quale giungiamo a comprendere che i veri
valori della vita non stanno nel-
le ricchezze transitorie, ma piuttosto nel saper condividere le
proprie sostanze con i poveri e i
bisognosi (cf Gc 1,27).
Così la lettera di San Giacomo ci mostra un cristianesimo
molto concreto e pratico. La fede deve realizzarsi nella vita, soprattutto nell’amore del prossimo
e particolarmente nell’impegno
per i poveri. È su questo sfondo
che dev’essere letta anche la frase famosa: «Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche
la fede senza le opere è morta»
(Gc 2,26). A volte questa dichiarazione di Giacomo è stata
contrapposta alle affermazioni di
Paolo, secondo cui noi veniamo
resi giusti da Dio non in virtù
delle nostre opere, ma grazie alla nostra fede (cf Gal 2,16; Rm
3,28). Tuttavia, le due frasi, apparentemente contraddittorie con
le loro prospettive diverse, in realtà, se bene interpretate, si completano. San Paolo si oppone all’orgoglio dell’uomo che pensa
di non aver bisogno dell’amore
di Dio che ci previene, si oppone all’orgoglio dell’autogiustificazione senza la grazia semplicemente donata e non meritata.
San Giacomo parla invece delle
opere come frutto normale della
fede: «L’albero buono produce
frutti buoni», dice il Signore (Mt
7,17). E San Giacomo lo ripete e
lo dice a noi.
Da ultimo, la lettera di Giacomo ci esorta ad abbandonarci
alle mani di Dio in tutto ciò che
facciamo, pronunciando sempre
le parole: «Se il Signore vorrà»
(Gc 4,15). Così egli ci insegna a
non presumere di pianificare la
nostra vita in maniera autonoma e interessata, ma a fare spazio all’imperscrutabile volontà
di Dio, che conosce il vero bene per noi. In questo modo, San
Giacomo resta un sempre attuale maestro di vita per ciascuno
di noi.
Benedetto XVI
L’Osservatore Romano, 28-06-2006
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La Parola del rinnov a
Vita della Chiesa
Dal Sinodo
un vento di freschezza
Un auspicio. «Dal rinnovato
ascolto della Parola di Dio, sotto l’azione dello Spirito Santo,
possa sgorgare un autentico rinnovamento nella Chiesa universale e in ogni comunità cristiana».
Il dovere. «Compito della
Chiesa è nutrirsi della Parola di
Dio per rendere efficace l’impegno della nuova evangelizzazione. La Parola sia recata in ogni
comunità e si traduca in gesti di
amore: solo così è credibile l’annuncio del Vangelo».
L’azione. «Tanta gente è alla
ricerca, talora inconscia, dell’incontro con Cristo e con il Vangelo; tanti hanno bisogno di ritrovare in Lui il senso della vita. Già il Concilio nella Dei Verbum dice: «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla
Sacra Scrittura». È un requisito
Le linee principali emerse dal Sinodo
indispensabile per l’evangelizzazione e per una promozione
pastorale robusta e credibile della Sacra Scrittura, dialogando
con le culture e mettendosi al
servizio della verità».
Papa Benedetto tira le fila di
tre settimane, dal 5 al 26 ottobre,
del XII Sinodo su «La Parola di
Dio nella vita e nella missione
della Chiesa» con 253 padri sinodali e 150 tra esperti, uditori,
delegati fraterni, invitati speciali, collaboratori. Le 55 «proposizioni» e il «messaggio al popolo
di Dio» – con le relazioni, gli interventi orali e scritti, le sintesi dei
gruppi linguistici – sono la «base» dalla quale il Papa attingerà
per redigere l’esortazione apostolica postsinodale. Ma contengono indicazioni pastorali generali che gli episcopati nazionali
possono tradurre in pratica, tenendo conto che il Sinodo, strumento di collegialità episcopale,
è un organismo solo consultivo
La Bibbia è lingua materna dell’Europa, aveva detto il grande intellettuale tedesco Goethe. L’ignorare la Scrittura è come ignorare Cristo aveva affermato
San Girolamo.
8
del Pontefice. Le «proposizioni»
si dividono in tre parti:
1) «La Parola di Dio nella fede
della Chiesa»: parla della «predilezione di Dio per i poveri, i
primi ad aver diritto all’annuncio
del Vangelo perché bisognosi non
solo di pane ma anche di parole
di vita». Tra le grandi sfide «lo
sviluppo della scienza» e il rapporto con la legge naturale «scritta nel cuore di ogni persona: fare il bene ed evitare il male».
2) «La Parola di Dio nella vita
della Chiesa»: chiede «di formare lettori e lettrici in grado di
proclamare la Parola in modo
chiaro e comprensibile»; invita
«a non sostituire mai nella Messa la lettura della Scrittura con
altri testi di spiritualità e letteratura»; sollecita la stesura di un
«Direttorio sull’omelia». I vescovi «incoraggiano il servizio
dei laici nella trasmissione della
fede», «riconoscono che le donne hanno un ruolo indispensabile nella famiglia e nella catechesi, sanno suscitare l’ascolto della Parola e comunicare il senso
del perdono e della condivisione
evangelica», «auspicano che il
ministero del lettorato sia aperto
anche alle donne e che nella comunità sia riconosciuto il loro
ruolo di annunciatrici della Parola». Molte comunità, senza
Messa domenicale, «trovano nella celebrazione della Parola cibo
per la fede e la testimonianza».
Sono poi da incoraggiare le comunità di base e i gruppi biblici;
la ricerca biblica, la catechesi e
la pastorale biblica; il dialogo tra
esegeti, teologi e pastori.
3) «La Parola di Dio nella missione della Chiesa»: l’azione dei
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v amento
La Parola di Dio deve percorrere le strade del mondo per entrare nella vita degli uomini.
credenti impegnati in politica e
nel sociale deve ispirarsi «alla ricerca del vero bene di tutti e nel
rispetto della dignità di ogni persona, per quanti soffrono e sono
vittime delle ingiustizie». Serve
una «mobilitazione generale» per
la traduzione della Bibbia nelle
varie lingue e per la sua diffusione, rifuggendo dalla «lettura
fondamentalistica che ne fanno
le sétte». Il dialogo tra cristiani ed
ebrei «appartiene alla natura della Chiesa». Per il dialogo con
l’Islam tre condizioni: il rispetto
della vita, dei diritti dell’uomo e
della donna; «la distinzione tra
l’ordine socio-politico e l’ordine
religioso»; «il dovere della reci-
procità e della libertà di coscienza e di religione».
Se da una parte Johann Wolfgang von Goethe sosteneva che
«la Bibbia è la lingua materna
dell’Europa», dall’altra il concorrente di un quiz di Gerry Scotti non ha saputo rispondere alla
domanda «Chi ha recitato per primo il “Padre Nostro”?». Ciò significa che sul piano teorico la
Bibbia «è il grande codice della
cultura occidentale», senza il quale non si comprende l’identità, la
cultura, l’etica, il pensiero, l’arte,
la pittura, la musica, la letteratura; ma sul piano pratico l’ignoranza della Scrittura è abissale.
Il «messaggio» dice: «Cari
fratelli e sorelle, custodite nelle
vostre case e nelle vostre famiglie la Bibbia, leggetela, approfondite e comprendete le sue pagine, trasformatele in preghiera
e testimonianza di vita, ascoltatela con amore e fede nella liturgia. Cresca e si approfondisca la conoscenza per la Parola
di Dio: ci presenta il respiro di
dolore che sale dalla terra, va incontro al grido degli oppressi e
al lamento degli infelici, vive la
tragedia della sofferenza più atroce e della morte». La Bibbia è descritta con quattro immagini:
– «La Voce divina» che risuona «all’origine della creazione
spezzando il silenzio del nulla e
dando origine alle meraviglie dell’universo», che penetra «nella
storia ferita dal peccato e sconvolta dal dolore e dalla morte».
– «Il Volto» è Gesù Cristo, Figlio di Dio e uomo, legato a un’epoca, un popolo, una storia, che
vive l’esistenza faticosa dell’umanità fino alla morte ma ora
vive risorto e immortale. Il Cristianesimo non è «una religione
del libro» ma ha al centro il Gesù storico e il Cristo della fede.
– «La Casa» della Parola è la
Chiesa che si sorregge su quattro «colonne»:
a) l’insegnamento. Leggere e
comprendere la Bibbia nell’annuncio, nella catechesi, nell’omelia;
b) l’Eucaristia. Fonte e culmine
della vita e della missione della
Chiesa;
c) la preghiera. Questa ritma
giorni e tempi dei cristiani;
d) la comunione fraterna. È nella Scrittura che «incontriamo i
fratelli e le sorelle delle altre
Chiese cristiane».
– «La Strada»: la Parola deve
correre per le strade del mondo,
anche quelle della comunicazione informatica, televisiva, virtuale; deve entrare nelle famiglie, nelle scuole, nella cultura e
nel mondo del lavoro.
Pier Giuseppe Accornero
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Anno Paolino
I
l 29 giugno 2008 il Papa Benedetto XVI ha indetto l’Anno Paolino (con possibilità di
lucrare un’indulgenza plenaria)
che durerà fino al 28 giugno del
2009. Lo scopo è quello di commemorare in tutta la Chiesa il II
millennio della nascita di San
Paolo, avvenuta a Tarso in Cilicia (attuale Turchia sud-orientale), che si tende storicamente a
collocare nell’anno 8-9 a.C.
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San Paolo:
i tratti dell’ u
Saulo proveniva da una famiglia ebraica della diaspora (emigrati). Il padre era un fabbricante di tende. La popolazione subìva l’occupazione romana. Per
benemerenze acquisite dalla sua
famiglia in ambito commerciale
egli, fin dalla nascita, è cittadino
romano. L’ambiente ove cresce
è legato alla cultura ellenistica,
ma Saulo riceve anche un’educazione ebraica in famiglia che
completerà poi a Gerusalemme
con la guida del maestro Gamaliele. Conosce l’ebraico e il greco e impara il lavoro paterno.
Davanti alle vicende che hanno caratterizzato la vita di quest’uomo emergono sovente una
serie di interrogativi. Qui di seguito ne vengono annotati alcuni, cercando di offrire delle risposte.
Perché proprio Saulo è fermato da Dio sulla strada che conduceva a Damasco? (At 22,6s)
In quel periodo c’erano anche
altre persone che perseguitavano la Chiesa nascente: es. uccisione di Stefano (At 7,59-60) e di
Giacomo (At 12,1-2).
a. Perché in Saulo l’idea di persecuzione si traduce in un metodo sistematico di eliminazione
(es. At 8,3 e 9,2).
b. Perché l’azione di Saulo vuole spezzare ogni espressione cristiana che incomincia a estendersi fuori Gerusalemme (es. At
San Paolo, cittadino romano fin dalla nascita, era originario d’una famiglia di artigiani.
10
9,2 e 9,14). Egli intravede il pericolo del proselitismo.
c. Perché, in anticipo su altri,
Saulo ha incominciato a intuire
che il Cristianesimo non è una filosofia (idea astratta), non costituisce una fazione politica (progetti di rivendicazioni temporali), ma è una realtà concreta (una
Persona) vista come pericolosa
per la religione ebraica (ne intacca il nucleo del messianismo).
Es.: At 7,54-60 (anche Saulo
ascolta Stefano che fa esplicito riferimento a Gesù).
È possibile delineare l’aspetto
fisico di Paolo?
a. Il termine Paolo è latino e significa piccolo. Ma questo non
significa che l’apostolo fosse basso di statura.
b. Diversi pittori lo hanno dipinto semi-calvo, ma sono rappresentazioni di fantasia.
Qual era il carattere di Paolo?
a. Volitivo: è lui che di frequente decide gli aspetti organizzativi dei viaggi missionari (es. At
15,36-40). Accetta impegni gravosi. Assume responsabilità notevoli.
b. Tenace: affronta con decisione le continue difficoltà; sostiene con convinzione una linea pastorale (es. At 15s, concilio di
Gerusalemme); non ha difficoltà a indicare a San Pietro aspetti da modificare sul piano della
prassi (es. incidente di Antiochia,
Gal 2,11); si rapporta con i Giudei con affetto ma anche con
estrema chiarezza.
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’ uomo
c. Sensibile alle difficoltà dei fratelli: organizza una colletta per
sostenere la Chiesa di Gerusalemme provata dalla carestia (es.
At 11,27-30; e Rm 15,26 e 16,1-4).
d. Si inquieta davanti alle diviFin dall’inizio, Paolo aveva capito che
il cristianesimo era una realtà pericolosa per questo cercava di fermarla
con ogni mezzo, ma sulla via di Damasco, il Signore lo aspettava.
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sioni interne delle prime comunità cristiane o nei casi di immoralità: es. Rm 16,17-18, soprattutto 1 Cor 1,11-13; e 1 Cor
5,1-5.
e. Richiama a una linea globale
di carità (quindi è contrario all’assistenzialismo). Es. Rm 13,8.
1 Cor 13,1-13 (Inno alla carità).
f. Lavora per non essere di peso ad alcuno (es. Fil 4,11 e 2 Ts
3,7-8). Solo dai Filippesi accetta aiuti economici (Fil 4, 14-16).
Qual era il suo metodo missionario?
a. Ogni sabato parla nelle sinagoghe (es. At 13,5 e 17,2).
b. Spiega la dottrina cristiana
nell’Areopago di Atene (es. At
17,16-34).
c. Svolge un’azione di evangelizzazione nelle case (es. At 18,3
(Aquila e Priscilla a Corinto).
d. Insegna nella scuola di un
certo Tiranno, ad Efeso (es. At
19,9-10).
Ottiene risultati? Si registrano resistenze?
a. Paolo riesce a fondare comunità cristiane, di altre ne facilita
la fondazione o la crescita.
b. Le ostilità verso la sua azione sono durissime. Provengono
dai Giudei (es. At 14,19: è preso
a sassate); dai venditori di oggetti riconducibili al culto di idoli (es. At 19,23-40, ad Efeso); dal
mago Elimas (At 13,8-12); da
quanti non accettano il nucleo
della Buona Novella: Gesù, Figlio di Dio, si è incarnato, ha vissuto in Palestina, ha affrontato
Passione, Morte e Risurrezione
per liberare l’umanità dal peccato e dalla morte.
In ultimo, a seguito delle denunce
presentate dai Giudei all’autorità romana, subirà due processi a
Roma, e verrà martirizzato (decapitazione, in quanto cittadino
romano).
Gli Atti degli Apostoli ci presentano
vari modelli della predicazione di Paolo che è capace di presentare il Vangelo in diversi contesti culturali e sociali.
Ci sono aspetti particolari che
possono essere evidenziati?
a. Paolo è uomo di preghiera
(non solo di azione). Es. At 20,36
e 21,5. Ef 6,18. 1 Ts 5,17.
b. L’Apostolo sviluppa un’ascesi spirituale segnata anche da una
vita mistica (es. Gal 2,20).
c. In più di un caso Paolo decide una linea operativa, ma il Signore gli manifesta un diverso
indirizzo (es. At 16,6-7).
d. In alcune parti delle sue lettere
Paolo chiarisce quando parla
esprimendo proprie idee, e quando invece trasmette la volontà
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del Signore (es. 1 Cor 7,10 e 12).
Esistono a tutt’oggi situazioni
non del tutto approfondite che
riguardano San Paolo?
a. La famiglia dell’Apostolo.
Sappiamo che ha una sorella, madre di un giovanetto (At 23,16).
A Roma ci sono alcuni suoi parenti: Andronico e Giunia, Erodione (Rm 16,7 e 11). Ma non conosciamo il grado di parentela.
b. Gli anni immediatamente successivi alla sua conversione (At
9,23s. e Gal 1,17). Si ritiene che
siano stati utilizzati da Paolo per
lo studio, la preghiera, e la testimonianza.
c. Il rapporto tra Paolo e Giovanni, detto Marco (futuro evangelista). C’è una separazione tra
i due perché nel primo viaggio
Paolo presenta a tutti la novità di Cristo e nulla lo ferma in questo suo
sforzo. Ancora oggi, Paolo è uno dei
più grandi geni dell’umanità.
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missionario, a un certo punto del
percorso, Marco recede dall’impegno (non sono da escludere serie difficoltà incontrate). Paolo,
a scopo prudenziale, e tenuto
conto delle molte incognite legate ai viaggi missionari, non lo
condurrà più con sé in tempi successivi (At 13,13 e 15,37-40).
d. Le prove affrontate. L’Apostolo non le descrive in dettaglio.
Cf At 9,16. Soprattutto 2 Cor 1,811 e 11,23-32. Gal 6,17 (“io porto le stimmate di Gesù nel mio
corpo”).
e. Gli ultimi anni di vita di San
Paolo.
Perché a Roma viene abbandonato da tutti?
a. Da una parte, Paolo non può
essere nascosto in qualche casa
amica perché è sotto custodia di
un soldato romano.
b. Dall’altra, l’assenza di figure
al suo fianco sembra confermare l’ipotesi di un’estesa persecuzione in atto contro i cristiani.
Come scrive le lettere San Paolo? Improvvisa? Segue uno
schema? Le detta? Scrive di
proprio pugno?
a. Le lettere riflettono le fasi concrete dell’evangelizzazione in atto. Per questo motivo la loro genesi può essere legata a situazioni contingenti (es. Filemone),
o alla decisione di Paolo di affrontare in modo sistematico più
aspetti nodali (es. Romani).
b. In genere siamo in presenza di
un’idea centrale che l’Apostolo
sviluppa con un’esposizione che
gira intorno a questo nucleo di
messaggio per poi tornare alle
affermazioni iniziali. Segue poi
una seconda idea, che ripercorre lo stesso schema espositivo.
c. In genere Paolo si avvale di
uno scrivano. In alcuni casi scrive di persona (es. Filemone). Più
volte firma con un saluto al ter-
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Il naufragio a Malta, rappresenta una
delle pagine più toccanti della predicazione dell’Apostolo.
mine del testo (forma di affetto,
ma anche una specie di autenticazione del testo).
d. Non possediamo tutti gli scritti paolini. Però quelli conservati esprimono uno schema dottrinario molto importante.
Che cos’è “la spina nella carne” di cui parla Paolo in 2 Cor
12,7-10?
a. È una sofferenza di tipo cronico che ostacola, senza bloccarla, l’azione dell’Apostolo.
b. Diverse sono le ipotesi. Lo
scrivente propende per problemi
alla vista. Potrebbero essere legati a un’offesa agli occhi causata dall’episodio di lapidazione
ove Paolo si salvò a stento. In
Gal 6,11 Paolo annota: “Vedete
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con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano”. In genere frasi di questo tipo si ascoltano anche oggi da persone che
hanno disturbi alla vista.
Era problematico il rapporto di
Paolo con le donne? La dimensione sessuale era da lui
svalutata?
a. Gli episodi fraterni raccontati in Atti e nelle Lettere documentano la familiarità di Paolo
con più donne.
b. Sul piano dottrinale l’Apostolo è più volte in difficoltà perché diverse figure maschili intervengono nelle assemblee (in
sinagoga) esponendo dottrine erronee.
Da qui la preoccupazione di Paolo di limitare il diffondersi di eresie (in una fase di inizio per la
Chiesa) con provvedimenti cautelativi.
Tra questi quello di non far parlare in pubblico persone non preparate sul piano dottrinale. Ciò
vale per gli uomini e per le donne. La non preparazione di quest’ultime era legata non a mancanza di una loro buona volontà, ma – dati i costumi ebraici
del tempo – ad assenza di formazione personale e di esperienza nel commentare passi biblici in sinagoga.
c. Ad Efeso esisteva il tempio
di Artemide, dea della fecondità. A Corinto era famoso il tempio di Afrodite, dea dell’amore.
Intorno a questi luoghi si sviluppavano forme di “prostituzione sacra”. Da qui l’insistenza
di Paolo sul valore del corpo
umano, “tempio dello Spirito”.
Esistono aspetti della missione
di Paolo tra i gentili su cui si riflette per diversi motivi?
a. Le fondazioni di San Paolo.
Oggi non esistono più. Perché?
Perché gli eventi successivi, segnati dall’occupazione militare
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dei territori evangelizzati da Paolo, vedono una supremazia di popoli di religione non cristiana.
Da qui il lento soffocamento delle prime comunità cristiane.
b. Nei suoi scritti Paolo non sviluppa una riflessione mariologica. Solo in Gal 4,4, con riferimento a Cristo, si afferma che
questi è “nato da donna”. Perché?
Perché ci troviamo agli inizi della Chiesa. In questa fase l’obiettivo paolino è quello di presentare “il mistero di Cristo” (Ef
3,4). È un traguardo talmente impegnativo che costerà a Paolo il
martirio.
Non si deve però dimenticare
l’importanza di Gal 4,4: qui Paolo insiste sul mistero dell’Incarnazione (un fatto reale), e – indirettamente – sulla cooperazione di una donna concreta (Maria)
al Disegno salvifico.
Con il suo martirio, Paolo sigilla la
sua fedeltà a Cristo.
c. Sono tutte autentiche le Lettere di San Paolo?
Queste lettere appartengono al
genere letterario “epistolare”, ma
si differenziano per lo stile, per
l’impostazione, per la schematizzazione nella stesura.
La critica riconosce per “sicuramente paoline” la 1ª lettera ai
Tessalonicesi, la 1ª e la 2ª lettera ai Corinzi, quelle ai Romani,
ai Galati, ai Filippesi e a Filemone.
Qualche riserva (sostanzialmente trascurabile) è stata rivolta nei
confronti della 2ª lettera ai Tessalonicesi, e quelle agli Efesini
e ai Colossesi.
Dubbi più seri riguardano la 1ª e
la 2ª a Timoteo e la lettera a Tito, soprattutto se si esclude la liberazione di Paolo nel 64 e il
viaggio in Spagna (sarebbero in
questo caso scritte molto probabilmente da discepoli).
Si esclude con sicurezza la paternità della lettera agli Ebrei.
In conclusione, qual è stato il
ruolo storico di Paolo, “apostolo per vocazione”?
a. Ha allargato l’orizzonte di diffusione della fede in Cristo ai non
Giudei, consentendo la non circoncisione dei credenti e il superamento del ritualismo ebraico.
b. Ha permesso anche il superamento del concetto di esclusivismo tipico del popolo israelita
che si sentiva unico depositario
del “patto di salvezza”. In tal modo sono state spalancate le porte a tutte le persone che desideravano diventare cristiane.
c. Ha soprattutto consegnato alla Chiesa un solido e prezioso
insegnamento dottrinale che ha
cercato di evitare eresie, sconfinamenti nel sincretismo e nel
soggettivismo, inquinamenti di
ogni tipo con riferimento all’essenzialità del mistero di Cristo e
della Sua Chiesa.
Pier Luigi Guiducci
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Che cos’è la spiritu a
Spiritualità
G
ià da alcuni anni (dal
2002) si tiene a Torino
un festival convegno dal
titolo “Torino Spiritualità”. È una
iniziativa lodevole, attuale, impegnativa e anche molto seguita.
E così anche nel 2008 (dal 24 al
28 settembre dal titolo: Domande a Dio. Domande agli uomini)
la città, stimata per i suoi vari
centri di eccellenza tecnologia
nel sapere e nella ricerca scientifica, ha invitato tutti, credenti e
non, ad una piccola pausa e ad un
po’ di riflessione. Il che non guasta nella nostra vita frenetica,
stressati e divorati quotidianamente dalla fretta. Spiritualità:
questa è la parola chiave. Come
dire che dobbiamo ricordarci che
l’uomo non ha solo una componente materiale ma anche spirituale. Si vuole ricordare che l’uomo quindi ha un destino che va
oltre quell’orizzonte di tot anni
da vivere (spesso con molta fatica) su questo pianeta.
Padrone mio, che fate?
Si narra che un giorno Francesco d’Assisi vide un muratore
e gli chiese: “Padrone mio, che
fate?”.
Quegli rispose: “Faccio muri
da mattina a sera”.
Con la sua abituale mansuetudine Francesco chiese ancora: “E perché fate muri tutto il
giorno?”.
Rispose il muratore: “Per guadagnare quatto soldi”.
“E perché volete guadagnare
dei soldi, fratello mio?” continuò a dirgli Francesco.
“Per vivere” fu la risposta.
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Lo spirito è il centro animatore
di ogni persona umana.
“E perché vivete voi?” fu la
semplicissima domanda di Francesco.
Ma il povero muratore non
seppe cosa rispondere.
Già, perché viviamo noi?
Tutti cercano risposte a questa domanda. Anche l’uomo del
nostro tempo, di oggi. Anche noi.
Il secolo appena trascorso non
è stato migliore, da molti punti
di vista, degli altri. È stato il secolo delle grandi ideologie che
volevano essere esaustive e onnicomprensive (vedi comunismo,
nazismo, fascismo, ed anche un
certo capitalismo) e che invece ha
lasciato dietro di sé tutti i loro sogni messianici in frantumi, con
un corollario spaventoso di milioni di morti e di inenarrabili
sofferenze e distruzioni. Erano
le ideologie che si erano collocate
al posto di Dio. E con quali risultati!
Oggi i sogni e le utopie sembrano affidate interamente alla
Tecnologia. Un filosofo nostrano annuncia anzi che questa sarà la nuova religione che sostituirà le altre. Un dio (o un nuovo idolo?) costruito dall’uomo,
insomma.
Per la verità l’ottimismo, di
matrice illuministica, che sembrava inarrestabile nel passato,
ha perso molto del suo richiamo. Si è diventati consci che il
progresso tecnologico oltre ai
grandi vantaggi ha anche “regalato” all’umanità non pochi “prodotti collaterali”, guai seri, veri
disastri sociali e ambientali. Si
pensi al problema ecologico, alla povertà crescente in molti popoli vittime di una certa globalizzazione, all’insicurezza che si
respira nelle città, alla criminalità sempre più organizzata, all’AIDS, alla droga. Molti di questi problemi squisitamente umani spesso producono un vero disagio esistenziale autodistruttivo
(specie di molti giovani ma non
solo) e finiscono per essere “curati” con l’uso di sostanze tossiche psico devastanti. Molti di
questi mali non hanno bisogno
delle risposte della tecnologia
ma... della teologia. Parafrasando una famosissima frase detta
dal Cristo tentato da Satana possiamo affermare: “Non di solo
tecnologia deve vivere l’uomo
ma anche di teologia” cioè del
discorso di Dio all’uomo e della risposta dell’uomo a Dio e su
Dio. Si tratta della problematica quanto mai attuale della presenza culturale ed esistenziale
del Trascendente nella vita dell’uomo.
Ha scritto Paul Claudel: “Posti tra Dio e la terra, occorre
che rispondiamo alla chiamata dell’uno e dell’altra, occorre che apriamo tra l’uno e l’altra i canali, le vie tramite le
quali la misericordia va incontro alla giustizia”. L’uomo
ha bisogno quindi di spiritualità, proprio perché è un essere
spirituale.
La spiritualità è...
Ma cosa intendiamo per spiritualità? È una parola, come si
dice, dal valore poli semantico
enorme. Bisogna premettere innanzitutto che la parola è nata
storicamente in ambito cristiano. Fu usata (per la prima volta,
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u alità?
sembra, da Gerolamo) per indicare che la vita del neo battezzato o dell’adulto neo convertito doveva essere vissuta sotto l’influsso dello Spirito (la cui
presenza lo faceva diventare
un uomo nuovo, cioè spirituale) e non più della “carne”
(l’uomo vecchio, carnale, del
passato). Oggi però è usata in
ambiti più vasti e al di fuori dell’ambito strettamente cristiano.
Per Angelo Amato la parola
spiritualità, prima di essere una
categoria teologica, appartenente cioè alla sfera religiosa, è una
categoria antropologica. Riguarda cioè l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo. Così ha scritto: “Prima di un suo significato cristiano, c’è un suo pre significato
umano, che pone in risalto lo
‘spirito’ centro animatore di ogni
persona umana. Auto comprendendosi come spirito, l’uomo rivela la globalità del suo essere,
armonizzando anima e corpo, interiorità ed esteriorità, essere e
agire”.
Ci può essere quindi (e questo spiega l’uso sempre più va-
sto del termine in questione) anche una spiritualità senza religione o al di là di una strutturazione religiosa. Afferma Enzo
Bianchi, un esperto in materia:
“C’è posto anche per una spiritualità senza religione, senza
Dio. Credo ci sia posto per una
spiritualità degli agnostici e dei
non credenti, di coloro che sono
in cerca della verità perché sono
insoddisfatti di risposte prefabbricate, di verità definite una volta per tutte. È una spiritualità che
si nutre dell’esperienza dell’interiorità, della ricerca del senso
e del senso dei sensi, del confronto con la realtà della morte
come parola originaria e con
l’esperienza del limite; una spiritualità che conosce l’importanza della solitudine, del silenzio, del pensare, del meditare. È
una spiritualità che si alimenta
dell’alterità: va incontro agli altri e all’altro e resta aperta all’Altro se mai si rivelasse”.
Cerchiamo di dare una definizione di spiritualità. Un dizionario della lingua italiana la definisce come “la sensibilità e
l’adesione intima ai valori dello spirito” (E. DE FELICE - A.
DURO). Come si vede una definizione molto generica che va
bene in molti ambiti della vita
del comportamento umano, anche non strettamente religiosi.
È indubbio però che la parola spiritualità sia usata specialmente in campo religioso e specificatamente nell’ambito delle
religioni (interessate in primis al
rapporto con il Trascendente), e
specialmente del Cristianesimo.
Lo studioso Kees Waaijman ha
scritto: “La spiritualità tocca il
nucleo centrale della nostra esistenza umana: la nostra relazione con l’Assoluto”. È proprio a questo problema dell’esistenza o non esistenza di un qualche Assoluto che sembra non
sfuggire nessun uomo pensante.
Una definizione (ampia) di
spiritualità, divenuta ormai classica, ci viene da un grande e rinomato teologo, Hans Urs von
Balthasar. Eccola: “Spiritualità
è l’atteggiamento fondamentale, pratico ed esistenziale di
un uomo, atteggiamento che
viene assunto come conseguenza ed espressione della sua
fede religiosa; oppure in termini più generali, come espressione della sua interpretazione
eticamente impegnata dell’esistenza”. Come si vede ci può essere una fede religiosa oppure
semplicemente un riferimento
etico superiore, cioè indirizzato
al bene e a fare il bene anziché
il male al prossimo, che poi, nell’ottica cristiana significa un riferimento indiretto a Dio, sommo Bene che vuole il bene di tutte le sue creature, a cominciare
dall’uomo.
Ma se in questa definizione di
spiritualità umana ci mettiamo il
riferimento al Cristo, visto come Via, Verità e Vita e come riferimento etico e valoriale della
nostra esistenza, abbiamo la spiritualità che chiamiamo cristiana.
Mario Scudu
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I Novissimi
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Celebrazione
In cammino verso le ultime realtà
LA NOSTRA SPERANZA
Dio ci ha creati per l’immortalità
«La speranza dell’empio è come pula portata dal
vento. I giusti, al contrario, vivono sempre, la loro
ricompensa è presso il Signore e l’Altissimo ha cura di loro» (Sap 5,14-15).
La vita dell’uomo è vita, una vera vita e per questo non è destinata a perire. La fede degli Ebrei è
maturata fino alla sicura speranza che la vita, dopo la morte, non sarà loro tolta: i giusti vivranno
per sempre e avranno pure una ricompensa nel Signore. La morte, pertanto, non è creazione di Dio.
Dio non si compiace della fine dei viventi.
L’autore del libro della Sapienza conclude così:
«L’amore è osservanza delle leggi; il rispetto delle
leggi è certezza di incorruttibilità e l’immortalità fa
stare vicino a Dio» (Sap 6,18-19). La Speranza che
noi abbiamo ricevuto quale dono dello Spirito Santo, ci assicura che il destino dell’uomo oltrepassa
la sua esistenza terrena e consiste nella eterna felicità, cioè nell’essere nelle mani di Dio (Sap 3,1; 5,15).
Dio non ci ha creato per la morte ma per la vita.
Un altro libro della Bibbia (il 2º dei Maccabei),
fa esplodere la fede ebraica nella sicura speranza
della risurrezione: «È meglio morire per mano degli uomini, quando si ha la speranza in Dio di essere da lui risuscitati. Per te, dice il piccolo martire al tiranno, non ci sarà risurrezione alla vita» (2
Mac 7,14). Tu mi uccidi, mi abbatti, e Dio mi rialza, mi fa risorgere alla vita. E in un altro passo dello stesso libro viene riconfermata la credenza nell’Aldilà, là dove si parla dell’offerta di sacrifici per
i morti (2 Mac 12,38-46).
Preghiamo con il Salmo 26
Rit.: Spero nel Signore, si rinsaldi il mio cuore.
Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi
avrò paura?
Rit.
Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni
16
della mia vita, per contemplare la bellezza del
Signore.
Rit.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi e ammirare il suo santuario.
Rit.
Che cosa ci dice Gesù
Nei Vangeli non troviamo descrizioni, come vorremmo noi, dell’Aldilà, ma soltanto insegnamenti
che servono a regolare la nostra vita per approdare felicemente nell’altra vita.
«Non temere, piccolo gregge, perché è piaciuto
al Padre vostro di darvi il Regno» (Lc 12,32). Questo Regno abbraccia la vita presente, una vita fatta di fiducia in Dio e di lavoro e quella futura. «Non
datevi pensiero per la vostra vita, di quello che
mangerete» (Lc 12,22ss); «Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese» (Lc 12,35), Gesù ci invita a guardare al futuro Regno dei Cieli
che egli ci presenta con l’immagine del banchetto,
dove chi serve è Dio stesso: «Beati quei servi che
il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; egli
si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (Lc 12,37).
Praticamente siamo invitati a percorrere la stessa strada di Cristo; «se qualcuno vuol venire dieLa vita dell’uomo è una vita vera,
non destinata a perire.
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tro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni
giorno e mi segua» (Lc 9,23), per arrivare là dove
egli ha preso possesso del suo Regno di gloria: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano
con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria» (Gv 17,24).
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La speranza del cristiano
è giungere a conoscere Dio e vedere il suo volto.
Gli insegnamenti di San Paolo
Con maggiore chiarezza e con un profondo sospiro viene espressa la speranza nell’Aldilà da San
Paolo: «Per quanto mi riguarda, il mio sangue sta
per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione» (2 Tm 4,6-8).
E, scrivendo ai Corinzi, Paolo afferma: «Sappiamo che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli ... Siamo pieni di fiducia e
preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore» (2 Cor 5,1-10).
mentre dobbiamo sentirci impegnati a lavorare per
il Regno di Dio, che è in mezzo a noi.
Per il futuro ultimo, l’Aldilà, la nostra speranza
ci porta all’incontro definitivo non con qualcosa, ma
con Qualcuno: vedere Dio, sentire il suo abbraccio,
venire immersi beatamente nella SS. Trinità, fino a
quando finalmente il Padre sarà tutto in tutti.
L’Apocalisse ci offre una stupenda descrizione,
un vero incanto, così: «Gli eletti vedranno la faccia del Signore e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di sole, il Signore Dio li illuminerà e
regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 22,4-5).
Che cosa vuol dire sperare?
Dunque il nostro guardare all’Aldilà e il nostro
vivere nell’Aldiqua è pieno di speranza. Ora ci domandiamo che cosa voglia dire sperare. Qui parliamo della speranza quale dono che ci viene da Dio
e quindi di una vera forza divina detta “virtù teologale”. Sperare vuol dire attendere ardentemente;
è aspettare con fiducia; è desiderare vivamente; è
la sicura certezza di vedere Gesù, di amarlo e di
gustarlo per sempre. Tutto ciò supera le forze umane, infatti la virtù della speranza è una virtù infusa, una potenza donata, è dono gratuito di Dio ricevuto nel Battesimo.
Così con la speranza è arrivato per noi, qui e
ora, l’eterno “OGGI” di Dio in Gesù Cristo. Ciò che
pensavamo fosse futuro e tanto lontano, è diventato presente. La speranza ci dà la possibilità di entrare già ora in possesso del suo proprio oggetto:
essere figli di Dio, e lo siamo realmente; essere
giustificati, e lo siamo; venire ricostruiti quale santa casa di Dio, ecco, lo Spirito Santo abita nei nostri corpi. Noi siamo salvati, e pertanto la vita eterna è già ora presente in noi, come scrive Paolo ai
Romani al capitolo ottavo.
La nostra speranza è possedere Cristo, qui e ora,
Gesù è la Via, la Verità e la Vita
Gesù è la Via che ci porta a Dio, una via di speranza e di amore: che ci porta all’incontro con Lui
a viso aperto.
Gesù è la Verità, la vittoria contro il mondo e il
Diavolo: chi segue i suoi insegnamenti non sbaglierà mai.
Gesù è la Vita: egli sta costruendo con noi, qui
in terra, il suo Regno di amore e di pace.
Preghiera
Santissimo Soffio d’amore, sveglia il nostro cuore
e mettici dentro con forza sogni di meravigliosi
incontri.
O Spirito, altissimo dono di Dio ravviva i pensieri
e il cuore perché liberi da ogni timore corriamo
incontro al nostro Papà.
O dolcissimo Spirito consolatore ravviva in noi sospiri e desideri e si compia la beata speranza di
contemplare il volto di Dio.
Don Timoteo Munari
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Borodin, cantore
appassionato della
Musica e Fede
Sotto i suoni musicali
si gonfia
il mare del nostro cuore,
come il flutto sotto la luna.
voro melodico-storico russo (e
non solo), il Boris Godunov, predicendo per il popolo una lunga
e interminabile teoria di sofferenza: piangi, piangi, popolo russo. E non si è che all’inizio del
XVII secolo. L’autore stesso di
Boris, Musorgskij, aveva pagato,
per le sue debolezze personali, il
suo debito di sofferenza; al contrario, Aleksandr Porfirievic
Borodin, visse intensamente la
sua breve vita in un succedersi
continuo di esperienze positive e
di costruttivi traguardi.
J. P. Richter,
poeta tedesco, 1763-1825
L
a Russia, che in questi ultimi
mesi è ritornata alla ribalta non per finzione scenica, possiede una ricchezza culturale enorme. Letteratura, musica e ogni altra espressione artistica traducono l’immensa forza spirituale di un popolo generoso, cosciente della propria fede religiosa e unito da uno straordinario calore di umanità. Un
popolo che ha molto sofferto e
per il quale non sembra infondata la triste profezia dello yurodivij (l’innocente, cioè l’idiota, misero e irriso) che conclude
tristemente il massimo capola-
Scienziato e musicista
Aleksander Porfirievich Borodin, Museo di San Pietroburgo.
Borodin, studiò medicina ma conservò la sua predilezione per la musica per tutta la vita.
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Borodin nacque a Pietroburgo nel 1833. Figlio naturale di
un principe georgiano e di una
borghese, fu iscritto nei registri
come figlio di un servo del padre.
Dimostrò fin dall’infanzia una
spiccatissima predisposizione alla musica. Resta nota, composta
a tredici anni, una sua partitura
sul tema di Roberto il diavolo di
Meyerbeer. La madre però lo indusse a studiare medicina, e raggiunse la laurea con il massimo
dei voti (1856). Ad Heidelberg
perfezionò gli studi di chimica
con il celebre scienziato Dmitrij
Mendeleev (1834-1907) e conobbe Musorgskij, già minato
dall’alcolismo. La frequentazione di quel genio infelice influì in
modo determinante sugli interessi musicali di Borodin, che
nel 1864 ottenne la cattedra di
chimica organica all’Accademia
di Pietroburgo e intraprese ricerche che attirarono su lui l’interesse degli ambienti scientifici;
nello stesso tempo si dedicava
Ivanovich Mendeleev, Tretyakov Gallery, Mosca.
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Borodin conobbe il celebre scienziato Mendeleev con cui perfezionò i
suoi studi scientifici.
con grande entusiasmo alla musica. A questo periodo risale la
sua prima mirabile sinfonia e la
fondazione, con Musorgskij e gli
altri, del già ricordato “Gruppo
dei Cinque”. La sua attività scientifica gli valse riconoscimenti di
primo piano in tutta Europa e in
patria, dove egli visse in dedizione incessante sul piano scientifico, artistico e sociale (fu strenuo propugnatore dell’emancipazione femminile), sempre illuminato da eccezionale saggezza e apertura spirituale che lo
coinvolsero affettivamente e intellettualmente. Fu l’unico dei
“Cinque” a mantenere rapporti
continui di cordialità con gli altri colleghi, sempre cercando la
via del rispetto personale e della comprensione umana. Nella
sua delicata umiltà, egli si ritenne sempre un “dilettante di mu-
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a Speranza
sica”. I viaggi all’estero (importante quello del 1877 a Weimar
dove incontrò Liszt) erano in funzione del suo ruolo di scienziato, che poco spazio concedeva
all’ attività di compositore. L’eccesso di lavoro, non spinto da
avidità ma da amore alla vita, gli
costò un infarto che lo colse nel
febbraio 1887, durante una festa
alla facoltà di chimica. Nell’aprile 1863 si era sposato con
un’eccellente pianista, Ekaterina Protopopova (1833-1887), conosciuta ad Heidelberg dove ella si trovava per curare la tubercolosi di cui era affetta e che, sei
mesi dopo Aleksandr, l’avrebbe
condotta alla morte.
Il “Principe Igor”,
canto di giustizia e di libertà
Dotato di grandi capacità creative, Borodin esprime il suo talento più nella grandiosa opera Il
principe Igor (Knjaz’ Igor’) che
nelle poche sinfonie composte. A
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questo eccelso canto alla giustizia, Borodin lavorò per diciassette anni, dal 1869 alla morte, lasciandolo per altro incompiuto.
Al completamento provvidero
Aleksandr Glazunov (18651936) per la parte melodica e
Rimskij-Korsakov per l’orchestrazione. L’opera andò in scena
il 4 novembre 1890 al teatro Marinskij di Pietroburgo, con enorme successo, pur con non poche
riserve critiche circa le scelte dei
due musicisti che la completarono. A parte l’indiscutibile capacità di Rimskij, sulla cui fedeltà all’originale nulla si poté
dire, i critici si accanirono su
Glazunov, eccellente e fecondo
musicista già vicino a Borodin
negli ultimi anni.
Il Principe Igor discende da
una leggenda anonima russa del
XII secolo, che canta la spedizione dei principi di Seversk (antica città della Siberia, “sconosciuta” nella Russia sovietica perché centro di costruzione di testate nucleari) contro gli invasori “polovesi” di stirpe mongola.
Il valoroso principe lascia la sua
corte e il suo popolo per difendere la patria in pericolo; durante la sua assenza il cognato Vladimir trama per impossessarsi
del regno, e vuole rinchiudere in
convento la sorella, sposa del
principe; dopo varie peripezie, il
principe, con l’aiuto del figlio,
vince i nemici, torna a casa tra il
giubilo del popolo, generosamente perdona ai cospiratori e
un grande coro celebra la gloria
di Igor e il felice destino della patria. Un soggetto ideale per Borodin, studioso sia della musica
popolare russa che di quella
orientale. La trama è vaga, per cui
Borodin, che fu anche redattore
del libretto, dovette inserire tanti elementi di carattere romantico, esotico, orientale per costruire
i quattro potenti atti del melodramma. Dal punto di vista musicale, l’opera è di originalissima
melodia, con fenomenale impie-
Aleksandr Konstantinovich Glazunov, Museo di San Pietroburgo.
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Il musicista Glazunov completò con
Rimskij-Korsakov la grande opera di
Borodin.
go della vocalità. “Le danze, i
cori, le arie di quest’opera sono
soprattutto festa, sgargiante celebrazione di una tradizione nazionale; sono affermazione di vitalità, valida per ogni tempo e
ogni paese” (Fedele D’Amico,
musicologo, 1912-90). La leggenda del principe buono e coraggioso era di grande attualità
nel secolo XIX. Essa aveva la
funzione di esortare gli aristocratici ad unirsi contro il nemico comune, che andava individuato all’interno dell’impero (si
era ancora sotto il regime zarista).
Nel Principe Igor gli aspetti positivi di attesa prevalgono su quelli negativi di delusione. È questa
la ragione per cui l’anima sensibile e geniale del musicista-scienziato scelse questa leggenda per
infondere speranza nel popolo
russo. È questo il messaggio finale dell’opera, che nel giubilo
delle campane manifesta tutto il
desiderio di libertà delle folle,
da tanti secoli soffocato dalla
menzogna e dalla sofferenza. E
la fede nel Dio vero, riempie queste magnifiche pagine di suoni e
di colori, questa fede è tutela dell’uomo vero, nella totalità nascosta delle sue speranze.
Franco Careglio
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L’ADMA nel mondo
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INSERTO
Da mihi animas cetera tolle
(L’ADMA al XXVI Capitolo Generale dei Salesiani)
2. URGENZA DI EVANGELIZZARE
2.3 - Evangelizzazione ed educazione
L’evangelizzazione richiede di salvaguardare
insieme l’integralità dell’annuncio e la gradualità della proposta. Don Bosco assunse questa doppia attenzione per poter proporre a tutti i giovani una
profonda esperienza di Dio, tenendo conto della
loro situazione concreta.
Nella tradizione salesiana abbiamo espresso tale rapporto in modi diversi: ad esempio “onesti cittadini e buoni cristiani” oppure “evangelizzare educando ed educare evangelizzando”. Siamo convinti che l’evangelizzazione propone all’educazione un
modello di umanità pienamente riuscita e che l’educazione, quando giunge a toccare il cuore dei giovani e sviluppa il senso religioso della vita, favorisce e accompagna il processo di evangelizzazione:
“senza educazione, in effetti, non c’è evangelizzazione duratura e profonda, non c’è crescita e maturazione, non si dà cambio di mentalità e di cultura”
(Benedetto XVI, Messaggio al CG 26, n. 4).
Per questo, fin dal primo momento, l’educazione deve prendere ispirazione dal Vangelo e l’evangelizzazione deve adattarsi alla condizione evolutiva del giovane. Solo così egli potrà scoprire in
Cristo la propria vera identità e crescere verso la piena maturità; solo così il Vangelo potrà toccare in profondità il suo cuore, sanarlo dal male e aprirlo ad
una fede libera e personale.
Consapevoli che siamo chiamati a educare ed
evangelizzare anche mentalità, linguaggi, costumi ed istituzioni, ci impegniamo a promuovere il dialogo tra fede, cultura e religioni; ciò aiuterà a illuminare con il Vangelo le grandi sfide poste alla persona umana e alla società dai cambiamenti epocali e a trasformare il mondo con il lievito del Regno.
Percepiamo che il carisma salesiano è parte viva
delle Chiese locali ed è stimato da esse. Il Sistema
preventivo di Don Bosco è più attuale che mai e go20
(5a parte)
de ovunque di una grande forza di attrazione. Molti giovani sono aperti alla ricerca di senso della vita e disponibili ad una proposta educativa e cristiana seria e coraggiosa. Non mancano giovani pronti a impegnarsi in prima persona nell’evangelizzazione dei coetanei, in particolare nell’ambito dell’associazionismo. Altri invece, vittime della disattenzione educativa della società odierna, necessitano del nostro aiuto per giungere a consapevolezza
delle domande profonde che pure portano in sé.
Si constata la crescita numerica di laici e di membri della Famiglia salesiana che sono corresponsabili non solo in aspetti organizzativi, ma anche nell’assunzione di compiti pastorali nelle opere dei
salesiani e nel proprio ambiente di vita.
Per realizzare in ogni ambiente una più efficace
integrazione di evangelizzazione ed educazione,
nella logica del Sistema preventivo è necessario
che ogni membro della FS
– valorizzi la relazione diretta e cordiale con ogni
giovane come modalità privilegiata per la testimonianza e l’annuncio;
che ogni gruppo della FS
– esamini la propria azione pastorale per verificare se essa salvaguardi insieme l’integralità dell’annuncio e la gradualità della proposta, secondo la logica dell’itinerario;
– si interessi al rinnovamento della catechesi e si
apra alle nuove forme di accompagnamento di
ragazzi, giovani e adulti nel cammino dell’iniziazione cristiana;
– curi la formazione della coscienza morale ed
educhi i giovani all’impegno sociale e politico
secondo l’ispirazione della dottrina sociale della Chiesa;
– promuova opportune riflessioni sul rapporto tra
fede, cultura e religioni per annunciare il Vangelo dentro le grandi questioni che attraversano
la coscienza dell’uomo d’oggi.
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ADMA nel mondo
L’
FORTALEZA (Brasile). II Congresso di Maria Ausiliatrice. Dal 17 al 20 luglio, si è celebrato, presso la Casa Salesiana di Fortaleza-Piedade,
il II Congresso di Maria Ausiliatrice della Famiglia Salesiana del Nord Est del Brasile. Organizzato dall’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA) con il patrocinio del Consiglio ispettoriale dei
salesiani di Recife (PE), il congresso ha visto la
partecipazione di circa 300 persone rappresentanti
alcuni gruppi della Famiglia Salesiana e di 15 associazioni locali dell’ADMA. Significativa la presenza di una rappresentanza dell’ADMA primaria
di Torino. Il convegno è stato aperto dalla lettura
di un breve messaggio del Rettor Maggiore che,
citando la “Marialis Cultus” di Paolo VI, ha esortato i partecipanti a vivere la devozione mariana attorno a quattro atteggiamenti: la conoscenza della
figura di Maria nei Vangeli e nella tradizione della Chiesa; l’amore dato nel Cristo suo figlio e nella continua intercessione per l’umanità, la Chiesa
e la Congregazione; l’imitazione delle virtù evangeliche che ella seppe infondere in suo figlio – la
ricerca della volontà del Padre, la sua accettazione
e la fiducia in essa, il servizio agli altri – e la diffusione della sua devozione.
Il tema del convegno - “Maria ci indica Gesù,
fonte della vita” – approfondito da relazioni e lavori di gruppo è stato sviluppato alla luce delle linee pastorali indicate dall’episcopato latino-americano emanate nell’incontro di Aparecida (SP): rafforzare il discepolato di Cristo ispirato a Maria con
una propensione sempre più apostolica e missionaria
della Famiglia Salesiana. Mons. Edvaldo Gonçalves do Amaral SDB, vescovo emerito di Aracaju
(AL), responsabile ispettoriale dell’ADMA, e don
João Carlos Rodrigues, Ispettore dei Salesiani del
Nord Est del Brasile (BRE), hanno presieduto il
convegno. Presente anche Don Pier Luigi Camero-
Il carro con la statua dell’Ausiliatrice.
I partecipanti al Congresso.
Uno dei 20 gruppi ADMA partecipanti al Congresso.
Gioia dell’incontro nel nome di Maria.
Mons. Edvaldo Do Amaral riceve le promesse di nuovi
soci.
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La Chiesa di Nostra Signora della Pietà dove si è svolto
il Congresso.
ni, animatore mondiale dell’ADMA, che in un suo
intervento ha approfondito le due frontiere apostoliche che l’associazione è chiamata a sviluppare: la
famiglia e le vocazioni.
Il convegno, svoltosi nell’opera salesiana di Fortaleza-Piedade, con la supervisione del suo direttore
don Orsini Nuvens Linard, ha avuto una buona risonanza sul territorio grazie al contributo dato, nella promozione dell’evento, dalla emittente radiofonica “Dom Bosco FM”. Alle celebrazioni eucaristiche, che hanno caratterizzato il programma del
convegno, ha partecipato l’intera comunità parrocchiale. Nel concludere i lavori, i convegnisti hanno assunto impegni precisi da attuare a livello personale, in relazione alla famiglia, ai giovani poveri e alle vocazioni e hanno rafforzato il senso di
appartenenza alla Famiglia Salesiana, nella società e nella Chiesa.
PARACHARBON (Ayas - Valle d’Aosta). Esercizi spirituali giovani coppie. Dal 3 al 9 agosto don
Pier Luigi ha animato un corso di esercizi spirituali per giovani coppie presso la casa alpina salesiana di Paracharbon (Ayas - Valle d’Aosta). Circa
una trentina di giovani famiglie hanno condiviso una
singolare esperienza di fede e di preghiera, mentre
i loro figli (una sessantina da 2 mesi a 15-16 anni)
erano guidati da bravi animatori. Si tratta di coppie che già vivono un cammino cristiano sotto la giuda di Don Roberto Carelli, salesiano, formatore e
docente di teologia presso la comunità di TorinoCrocetta.
Il filo conduttore degli incontri è stata la rilettura salesiana della pratica del sistema preventivo di
Don Bosco alla luce dell’enciclica Deus Caritas
est del Papa Benedetto XVI. Le giornate, ritmate
da un grande clima di preghiera, riflessione, direzione spirituale e condivisione, si sono caratterizzate per un intenso spirito di famiglia e di gioia
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evangelica e per un particolare aiuto di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco. Vi è stata anche l’opportunità di presentare lo spirito e il cammino dell’ADMA, con cui già diverse di queste coppie sono in contatto attraverso l’incontro mensile che si
svolge ogni 24 del mese presso la cappella Pinardi a Torino. Il carisma salesiano nell’animazione della famiglia ritorna alle sue origini e la famiglia nell’incontro con lo spirito di Don Bosco acquista in
dinamicità e gioia evangelica. Un’iniziativa in linea
con le scelte del CG26 che impegnano ad una particolare attenzione alla situazione attuale della famiglia, soggetto originario dell’educazione e primo luogo dell’evangelizzazione. Tutta la Chiesa ha
preso coscienza delle gravi difficoltà nelle quali essa si trova e avverte la necessità di offrire aiuti straordinari per la sua formazione, il suo sviluppo e
Le oltre trenta famiglie partecipanti agli Esercizi Spirituali.
Un momento di condivisione.
l’esercizio responsabile del suo compito educativo.
Per questo anche noi siamo chiamati a fare in modo che la pastorale giovanile sia sempre più aperta alla pastorale familiare.
MORNESE - CG22 FMA. Domenica 7 settembre a Mornese, all’avvio dell’esperienza capitolare della FMA, Don Pier Luigi Cameroni, Animatore spirituale dell’ADMA (Associazione di Ma-
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ria Ausiliatrice), ha presentato alle suore capitolari, la storia, la spiritualità e la vita di questo gruppo della Famiglia Salesiana, fondato da Don Bosco nel 1869. Dopo la presentazione di Sr. Piera Cavaglià, Regolatrice del CG22, Don Pier Luigi ha richiamato alcune linee di spiritualità e di impegno
riguardanti l’Associazione in questo ultimo anno:
la dimensione laicale ed apostolica dell’Associazione, l’attenzione e l’accompagnamento verso le
Suor Piera Cavaglià, Regolatrice, presenta Don Pier Luigi Cameroni.
L’assemblea capitolare. A sinistra Sr. Antonia Colombo, Madre Generale e Sr.Yvonne Reungoat, Vicaria Generale.
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LEONARDO TULLINI
DON BOSCO IN TRINCEA
Editrice Elledici, 88 pagine, € 5,00
Opera del salesiano Don
Leonardo Tullini, il libro
sviluppa il tratto della spiritualità mariana così come emerge nella corrispondenza dei salesiani
militari con Don Paolo
Albera, secondo successore di Don Bosco,
e altri superiori nel corso della prima guerra
mondiale (1915-1918).
L’intento ispiratore è di
ricostruire il mondo dei
valori umani e spirituali
che sorresse i soldati salesiani nel dramma collettivo dell’evento bellico, per meglio capire, dall’interno e nel vissuto reale, come la devozione a Maria Ausiliatrice sia uno dei capisaldi dell’identità salesiana,
in particolare nel tempo della prova e della difficoltà.
CLAUDIO RUSSO
COME EDUCAVA DON BOSCO
Fatti, parole, testimonianze
Editrice Elledici,
pagine 88, € 4,50
giovani coppie e le famiglie giovani, la promozione della dimensione mariana in tutta la Famiglia Salesiana. Sulla scia delle consegne date dal Rettor
Maggiore, Don Pascual Chávez, lo scorso anno durante il Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice, svoltosi a Città del Messico. Nel suo ringraziamento la superiora generale, Madre Antonia
Colombo, ha ribadito il valore mariano del carisma
salesiano e la volontà di essere attenti a ricercare
vie nuove nell’impegno dell’evangelizzazione e dell’educazione. Questo incontro è stato un segno concreto di comunione nella Famiglia Salesiana e della volontà di crescere insieme, sotto lo sguardo e
con l’aiuto di Maria Ausiliatrice, come Movimento apostolico al servizio dei giovani e del ceto popolare.
Don Pier Luigi Cameroni
Don Bosco educò i ragazzi innanzi tutto con il
suo esempio. I ragazzi
che lo incontravano vedevano in lui la realtà di
ciò che voleva da loro.
Questo libretto presenta Don Bosco impegnato ad educare. Le testimonianze dei ragazzi e
dei salesiani che gli vissero a fianco sono tratte dai manoscritti del
Processo di Beatificazione e Canonizzazione di Don Bosco, nel quale i testimoni, prima di testimoniare, dovevano giurare di dire la verità. Ogni capitolo termina con una riflessione e una proposta per la vita personale.
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Santuari mariani
BRESCIA
Santuario
Santa Maria dei Miracoli
Indirizzo: Corso Martiri della Libertà
Tel. 030.37.54.387
Diocesi: Brescia.
Calendario: la festa solenne si celebra la
prima domenica di maggio.
Nel 1488 ebbero inizio i lavori di edificazione del Santuario, che ebbero termine nel 1493
e trovarono luogo presso la chiesa dei Santi Nazario e Celso, di
fronte alla quale si trovava la casa di un certo Filippo Pelaboschi, nella quale si trovava l’immagine di una Madonna con
Bambino dipinta sul muro e ritenuta miracolosa da tutta la popolazione.
Facciata del Santuario di Santa Maria dei Miracoli a Brescia.
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Santuari
della Lombard i
Il Santuario, esaltazione della scultura lombarda del Rinascimento, possiede una facciata
marmorea di stile cinquecentesco, elegantissima e con finissime decorazioni a bassorilievo e
marmi nei pilastri, nelle colonne,
nei sottarchi, nei cornicioni, nei
tamburi della cupola.
L’interno è a pianta quadrata,
entro cui si delinea una croce latina a tre navate con quattro cupole e absidiola pentagonale, con
due cupole che sovrastano la navata centrale e altre due più piccole.
L’affresco che riproduce l’effigie della Madonna venne tolto
dalla parete esterna e collocato,
in un primo tempo in quella interna, dentro una nicchia. Successivamente, con l’ultimazione
dei lavori nel 1581, venne posto
sull’altare maggiore.
Molti affreschi andarono distrutti nel bombardamento del 2
marzo 1945. Nell’abside troviamo opere pittoriche di grande valore: ben sedici scultori lavorarono alle decorazioni interne ed
esterne, fra cui Gaspare da Cairano (i Dodici Apostoli della prima cupola, 1489); Antonio della Porta (gli Angeli e tre Dottori della Chiesa della prima cupola); Giovanni Battista e Giovanni Stefano da Sesto. Ricordiamo, inoltre, il quattrocentesco affresco della Vergine con il
Bambino, per cui venne edificata la chiesa; l’Assunzione della
Madonna di Pietro Marone
(1595); la Purificazione di Maria
Vergine di Grazio Cossali (1594);
l’Annunciazione di Pier Maria
Bagnadore (1597); la Natività di
Maria di Tommaso Bona (1596).
CAMPIONE D’ITALIA (CO)
Santuario Santa Maria
o Madonna dei Ghirli
Indirizzo: Viale Marco 10
Diocesi: Milano
Note: Il Santuario, da novembre a marzo, è aperto soltanto il sabato e la domenica; in estate tutti i giorni.
Si tratta di una chiesa antichissima, risalente al 777, quando il nobile Totone donò il territorio di Campione all’Arcivescovo di Milano. L’attuale Santuario della Madonna dei Ghirli, cioè delle rondini, risale al
XIV secolo e venne rifatto nel
Il Santuario della Madonna dei Ghirli a Campione d’Italia con la statua
della Vergine qui venerata.
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d ia
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/3
Settecento. Possiede una sola navata con vivace fronte barocca,
fiancheggiata da porticati con affreschi del XV e XVI secolo. Resti del Trecento possiamo ri-
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scontrarli nelle storie della Vergine, appartenenti ad un Maestro
lombardo. La statua della Madonna risale al 1200. Sotto il portico è visibile un affresco del
Giudizio universale di Franco e
Filippolo De Viris del 1400, con
integrazioni di Scuola lombarda
del 1514.
CANTÙ (CO)
Santuario Madonna dei
Miracoli o Madonna Bella
Indirizzo: Viale alla Madonna
Tel. 031.71.21.35
Diocesi: Milano
Calendario: Si festeggiano l’Assunta il
15 agosto e San Rocco il 16 agosto.
Verso la metà del XVI secolo, fuori di Campo Rotondo, vi
era un pilastro su cui era dipinta l’immagine di Santa Maria
Bella, dipinta da un ignoto, ma
oggetto di grande devozione.
Nel 1544 si verificò un prodigio che rese sacro il luogo. Era
il mese di maggio ed era un anno di grande carestia, una giovane, di nome Angelina, supplicò la Vergine di aiutarla e la
Madonna le apparve, coperta da
una bianca stola, promettendole un raccolto abbondante, e il
miracolo si avverò. Sul luogo
venne eretto il Santuario dedicato alla Madonna dei miracoli
e consacrato nel 1555. La chiesa, nel 1837, crollò e venne ricostruita e inaugurata il 15 agosto 1863. La facciata terminò
nel 1900 su disegno dell’architetto Italo Zanolini.
L’interno della chiesa è a tre
navate, coperte da tre volte, sorrette da pilastri. Gli affreschi del
coro sono attribuiti al Montato
(1680); sulla parete destra è presente l’Incoronazione della Vergine di Camillo Procaccino
(1610). Nel 1638 le pareti dell’altare maggiore, della cappella grande, e la cupola, furono dipinte (1570) in maniera magi-
L’effigie della Madonna Bella di Cantù dipinta da autore ignoto nel XIV
secolo. In basso l’Incoronazione della Vergine, opera di Camillo Procaccini (1629).
strale dai fratelli della Rovere,
detti i Fiammenghini, su desiderio espresso di San Carlo Borromeo.
Cristina Siccardi
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15 GENNAIO 1603 - NOSTRA SIGNORA DELLE GRAZIE - GARESSIO VALSOR DA
Calendario mariano
Portami il vestito
I
l documento più antico, relativo alla prima Cappella in
onore della Madonna delle
Grazie in Garessio Valsorda, è il
testamento con il quale un certo
Cristoforo Rubba, in data 15 gennaio 1603, dispone «un lascito
di 10 ducatoni» perché la Cappella della Beata Vergine sia sviluppata nella parte superiore, «e
ducatoni 10 per fabbricare la
Cappella in cima della detta villa esistente perché la ingrandiscano al disopra e non altrimenti...».
In origine la Cappella era un
piccolo oratorio simile ad un torrione, aperto sul davanti, costruito
in rozza pietra e con terra argillosa. Sulla parete di fondo era
dipinta ad affresco l’Immagine
della Madonna seduta, tra San
Marco Evangelista ed una Santa Domenicana.
Dallo stile dell’Immagine e
dalla sua raffigurazione su un antico Ex-voto d’argento, sembra di
poter far risalire le origini del dipinto all’inizio del 1400. La tradizione poi attribuisce la costruzione della Cappella, in cima al-
La cittadina di Garessio che ospita il Santuario voluto da Cristoforo Rubba che
lasciò un’ingente somma per la sua costruzione.
la Borgata, alla liberazione dalla peste orientale che, in quegli
anni, infieriva nella zona. Nel
1914 la bella Immagine della Madonna verrà trasferita nel nuovo
Santuario.
La bella Immagine
La Madonna è rappresentata
seduta su di una cassapanca, nell’atteggiamento familiare della
«padrona di casa». Affettuosa
e soave, regge
dolcemente il
Bambino benedicente e, con la
testa leggermente inclinata verso di Lui, guarda lontano, con
un’e spres sione
Il Santuario di Nostra Signora delle
Grazie a Garessio.
26
soavissima di materna dolcezza.
Il visitatore si ferma estatico, rapito da tanta bellezza, si commuove ed è istintivamente portato
a pregare.
Fino al 1914, data del trasferimento nel nuovo Santuario, si
è ritenuto che l’Immagine fosse
dipinta su un pilone isolato, simile ai tanti che si incontrano
nelle nostre campagne. Durante
i lavori per il trasporto però si
poté scoprire che invece era dipinta su un intonaco che a sua
volta ricopriva un altro affresco
della stessa Madonna, parte centrale di un trittico. Le figure laterali, di San Marco e forse di
Santa Gertrude, erano state coperte di calce e rivestite di marmi dell’altare sottostante.
Solo nel 1930 è stato rinvenuto un documento del 1792 che
spiega quanto scoperto. Esso dice «Per promuovere nel Santuario di Maria SS. sotto il titolo
delle Grazie in Valsorda quel
maggior decoro, che era possi-
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R DA (CN)
o più bello!
bile, ed in vista di altri moltissimi importanti riflessi, si è determinato da questo pubblico radunato nella sacrestia di detta chiesa di addivenire alla demolizione dell’altare maggiore di detta
chiesa e di costruirlo in marmo...
Per tramandare pertanto, a perpetua memoria, lo stato in cui si
trovava il Santuario in cui si è
fabbricato l’altare in marmo, si
è determinato di registrarlo qui
accuratamente... Si è pure scoperto l’immagine di Maria Vergine essere stata prima alla gotica, in sul modello presente in
cui si trova...».1
Sviluppo della devozione
alla Madonna
Tre grazie particolari accompagnano lo sviluppo della devozione alla Madonna delle Grazie, meglio conosciuta come
“Madonna di Valsorda”, dal nome della borgata dove si trova il
Santuario.
Domenica 13 luglio 1653, MaInterno del Santuario di Garessio, ingrandito nel 1915.
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ria, una ragazza sorda e muta,
senza genitori, trovata 18 anni
prima esposta davanti alla Cappella della Madonna ed adottata
dalla comunità di Valsorda, depone i soliti fiori di bosco oltre
la cancellata dell’edicola e si ferma per una breve preghiera, fissando la bella Immagine. Questa
si muove dal fondo verso di lei,
l’accarezza, ed ella, per la prima
volta sente una voce calda e buona: «Va’ dalla tua madrina e portami il più bel vestito che tiene
nella cassapanca!».
La voce del miracolo si diffonde veloce, la gente corre a venerare la Madonna nella piccola
Cappella posta in cima al colle.
Il Rettore, Don Melino, annota
sul registro conservato ancora in
archivio: «1653 lì 13 luglio, in
domenica, la Madonna Santissima delle Gracie in Valsorda ha liberato una donna mutta donde
ha avuto principio la grande devozione».2
Nove anni dopo appena, il lunedì di Pentecoste del 1662, l’Immagine della Madonna viene solennemente incoronata. Il medesimo Don Melino registra l’avvenimento sul primo foglio del
Libro dei Conti, ponendo in risalto il suo collegamento con la
prodigiosa guarigione della ragazza sordomuta, causa e movente principale della Incoronazione.
Il 3 aprile del 1858 avviene un
altro fatto miracoloso: la guarigione della paralitica Maddalena
Ghirardi, che dopo tanto tempo di
immobilità, riesce a portarsi con
le sole stampelle in Santuario dove si sente guarita, e quindi può
tornare spedita a casa.
Altra grazia della Madonna è
considerata la liberazione del
paese dalla peste e dal colera nel
1630 e nel 1835.
La gratitudine alla Madonna
di Valsorda per le tante grazie ricevute negli anni, si è espressa attraverso la costruzione del nuovo solenne Santuario consacrato
L’immagine della Vergine Santa, onorata nel Santuario di Garessio.
il 20 maggio del 1915, vigilia della prima Guerra mondiale, e completato con la costruzione della
grande Cupola ottagonale, prima del genere in Italia, in cemento armato, nel 1925, e con le
devote Incoronazioni.
La sacra Immagine è stata incoronata ben quattro volte; nel
1662, e nelle ricorrenze centenarie del 1762, del 1862. La quarta Incoronazione ha avuto luogo
il 16 agosto 1962 per mano del
Card. Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, che ha così esortato i fedeli: «Dare la corona alla Vergine significa riconoscerla Regina, Guida e Signora della nostra vita... Datemi dunque
le vostre mani, perché le mie mani non siano sole a compiere questo gesto».
Don Mario Morra
1 I santuari d’Italia illustrati, (gennaio 1931).
2 GIOVANNI BATTISTA RANDONE, Secondo Centenario e Terza Incoronazione della Sacra Immagine di M. V. in Valsorda, Torino, Tip. Speirani e Figli 1864.
Il Santuario di Garessio Valsorda (1º
semestre 1971).
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Storia illustrata dei Papi
Centro di
Documentazione
I Papi della seconda me t
Sant’Aniceto (155-166)
Nasce ad Emesa, in Siria, figlio di Giovanni. Si impegna a
fondo contro l’eresia degli gnostici Valentino e Marcione, ed è
coinvolto nella discussione sulla data della celebrazione della
Pasqua che in alcune Chiese
d’Oriente è celebrata il Giovedì
Santo, giorno in cui Gesù istituì
l’Eucaristia, mentre nelle Chiese dell’Occidente è celebrata la
Domenica, giorno della Risurrezione del Signore. Per risolvere
la questione, viene a Roma San
Policarpo, vescovo di Sirme e discepolo di San Giovanni apostolo. Si accordano su tante questioni, ma non sulla questione
della data della Pasqua. Policarpo si rifà alla tradizione ricevuta da San Giovanni, mentre Aniceto si riferisce alle decisioni prese dai suoi predecessori. La questione non è risolta, ma i due
Papa Aniceto dovette affrontare la
delicata questione della data della
Pasqua.
Papa Sotero venne sepolto nelle Catacombe di San Callisto, nella cripta dei Papi.
si lasciano in buona amicizia.
La visita di Policarpo a Papa
Aniceto è molto importante. Essa sta a significare il bisogno di
comunione dei Vescovi del mondo cristiano con il Vescovo di
Roma, successore di Pietro, per
assicurare l’unità della Chiesa.
Papa Aniceto muore martire
durante la persecuzione dell’Imperatore Antonino, il 17 aprile.
San Sotero (166-175)
Nativo di Fondi, in provincia
di Latina, è figlio di Concordio.
Sant’Eusebio di Cesarea riporta
un brano di una lettera di San
Dionigi, vescovo di Corinto, che
ringrazia Sotero per i doni ricevuti e loda «la sua carità e la
sua benevolenza verso tutti»
(Hist. Eccl. IV, 23).
Subisce il martirio sotto l’Imperatore Marco Aurelio, ed è sepolto in Vaticano. Più tardi le sue
reliquie sono trasferite nel Cimitero di San Callisto e quindi
nell’antichissima chiesa romana
dei Santi Silvestro e Martino.
Sant’Eleuterio (175-189)
Greco di Nicopoli, è figlio di
un certo Abbondio o Abbondanzio. Il suo pontificato, al tempo
dell’Imperatore Comodo, può dirsi pacifico per la tregua accordata ai cristiani, dopo tante perse-
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e tà del secondo secolo
cuzioni, da questo imperatore.
La pace e la tranquillità vengono però minacciate da un movimento ereticale ad opera di
Montano, dal quale prende nome di Montanismo, che inizia in
Frigia, per cui è chiamato anche
Eresia dei Frigi. È un movimento di riforma spirituale della Chiesa, di natura piuttosto ascetica
che dottrinale, che tende a riportare nella Chiesa lo spirito primitivo del cristianesimo. Quando però inizia a diffondersi in
Occidente, porta rischi di divisione sempre più gravi.
Papa Eleuterio, dietro consiPapa Eleuterio era di origine greca e
governò la Chiesa in un tempo di relativa pace.
Papa Vittore affrontò in modo energico soprattutto la questione della celebrazione
della Pasqua in giorno di
domenica.
si lontani come la Mesopotamia
e la Gallia, per risolvere la questione. La maggior parte delle
Chiese accetta l’usanza romana
di celebrare la Pasqua nel giorno di Domenica, mentre altre,
soprattutto in Oriente, sostengono di voler celebrare la Pasqua
glio anche di Sant’Ireneo, allora semplice
prete a Lione, assume
a questo riguardo un
atteggiamento di vigilante prudenza, che lo
porta a non pronunciare alcuna condanna, prima che sia chiarito il senso ereticale
di questa dottrina.
Si ignora come sia
morto, anche se la
Chiesa di Roma lo venera, con il titolo di
Martire, il 26 maggio.
San Vittore I
(189-199)
Nativo dell’Africa, ha un
pontificato di circa dieci anni, e precisamente di nove
anni, due mesi e dieci giorni. Egli passa alla storia come «il più energico dei papi del II secolo», soprattutto per la questione della celebrazione della Pasqua in
giorno di Domenica. La
Chiesa fin dagli inizi ha eliminato le feste del calendario giudaico, dedicando
come giorno della settimana consacrato a Dio, non il
Sabato, ma la Domenica,
proprio perché ricorda la
passione e la Risurrezione
di Cristo.
Papa Vittore convoca diversi Sinodi, anche in pae-
«secondo la tradizione apostolica, nel decimoquarto giorno
della luna di marzo».
Il Papa vorrebbe scomunicare le chiese dissidenti, ma Sant’Ireneo (il suo nome significa
infatti pacifico!) lo esorta alla pacificazione, ricordandogli che le
discordanze, a proposito della
celebrazione della Pasqua, sono
state tollerate dai pontefici che
lo hanno preceduto, e non devono determinare l’esclusione dalla comunità cristiana.
Vittore è venerato come Martire il 28 luglio.1
Don Mario Morra
BATTISTA MONDIN, Nuovo Dizionario
Enciclopedico dei Papi, storia e insegnamenti, Roma, Città Nuova 1995,
Nuova Edizione, aprile 2006.
1
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Suor Giuseppina Nicoli,
Beata
A cura del Gruppo di Filatelia Religiosa
“Don Pietro Ceresa”
Filatelia religiosa
I
l 3 febbraio 2008 a Cagliari, il Card. Josè S. Martins, inviato di Papa Benedetto XVI, ha proclamato Beata Suor Giuseppina Nicoli, delle “Figlie della Carità”. Nata nel 1863 a Casatisma in provincia di Pavia (quinta di dieci figli), si diploma
maestra a Pavia e volendo dedicarsi all’insegnamento ai bimbi poveri entra nel noviziato delle
suore torinesi. All’epoca la “Provincia Torinese”
comprendeva anche la Sardegna e quindi la giovane
suora venne mandata prima a Cagliari e poi a Sassari, considerata terra di missione. Nel 1910 rientrò a Torino, come Economa provinciale e si dedicò, nella sede di San Salvario, alla gestione della Congregazione che contava centinaia di comunità e migliaia di suore. Divenne poi, sempre a Torino, Direttrice del Seminario e accompagnò al servizio della carità una sessantina di novizie. Gli ultimi 10 anni della sua vita li dedicò al recupero dei
ragazzi di strada di Cagliari che chiamò i “marianelli - i monelli di Maria”. Morì il 31 dicembre del
1924 a Cagliari.
Angelo Siro
Nella Cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice
(a sinistra guardando la facciata)
10ª Mostra di Presepi
e
La Devozione mariana attraverso gli Stendardi
dal 13 dicembre 2008 al 6 gennaio 2009
con il seguente orario:
– feriali: ore 15-18 – festivi: ore 10-12; 15-18
Per informazioni,
per comitive e scolaresche:
CENTRO SALESIANO DI DOCUMENTALa Mostra rimane aperta tutto il mese di gennaio 2009
ZIONE STORICA E POPOLARE MARIANA
solo al Sabato e alla Domenica
Via Maria Ausiliatrice, 32
– Sabato: ore 15-18 – Domenica: ore 10-12; 15-18
10152 Torino
콯
011.5224.254
- 011.5224.222
Ingresso libero facilitato ai disabili
Cell. 331.6338289
E-mail: [email protected] – Internet: www.donbosco-torino.it
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Un mese salesiano
La pagina del Rettore
Carissime lettrici e lettori della
nostra Rivista,
tutti un felice anno nuovo,
ricco di grazia e di serenità!
Siamo a gennaio: mese salesiano!
Alcune date ci fanno sentire
particolarmente caro questo mese: la memoria del beato Don
Luigi Variara (il 15), missionario
in Colombia tra i lebbrosi e fondatore delle Figlie dei Sacri Cuori, la memoria della beata Laura
Vicuña, frutto dell’educazione salesiana (il 22), la festa di
San Francesco di Sales, patrono della Famiglia salesiana, da cui la stessa prende il
nome (il 24), e infine la solennità di Don Bosco (il 31).
Il pensiero a Don Bosco, al
suo essere tutto per i giovani
(“Io per voi studio, per voi
lavoro, per voi vivo, sono
disposto anche a dare la vita ”), e al suo carisma educativo non possono non farci
riflettere su quella che oggi
viene chiamata “l’emergenza
educativa”.
Non possiamo misconoscere l’urgenza di una seria
riflessione e di una fattiva
azione per rispondere in modo adeguato all’attuale problematica situazione giovanile, che è sotto gli occhi di
A
tutti. Così si esprimeva il Papa,
in piazza San Pietro, nel discorso
ai giovani e agli educatori il 24
febbraio 2008: “Non pochi genitori e insegnanti sono tentati
di rinunciare al proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia, veramente, l’opera a loro affidata... Troppe incertezze e troppi
dubbi circolano infatti nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte
sono veicolate dai mezzi di informazione sociale... Diventa
difficile proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di
certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i
quali meriti spendere la propria
vita... Siamo qui oggi, però, anche e soprattutto perché ci sentiamo sostenuti da una grande
speranza e da una forte fiducia:
dalla certezza cioè che quel sì,
chiaro e definitivo, che Dio in
Gesù Cristo ha detto alla famiglia umana, vale anche per i nostri ragazzi e giovani, vale per
i bambini che oggi si affacciano alla vita ”.
Alla luce dell’esempio di Don
Bosco non possiamo lasciarci
prendere dal pessimismo, essere
rinunciatari; come lui dobbiamo
anche noi credere nei giovani e
nella loro possibilità di crescere
come “onesti cittadini e buoni
cristiani”, come lui si esprimeva
sinteticamente per presentare la
sua opera educativa. Anche ai
suoi tempi la situazione non era
facile; anche allora tanti giovani
rischiavano di essere travolti dalla durezza e dallo smarrimento di
una società e di una cultura in
pieno cambiamento. Don Bosco non si è tirato indietro,
non si è trincerato dietro a
facili considerazioni e a sterili lamentele; si è rimboccato le maniche e si è buttato
nella mischia in mezzo ai giovani, rischiando con la fede
dei santi: “Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a
guadagnare anime a Dio, io
corro avanti fino alla temerità” (MB XIV, 662).
Lasciamoci provocare dal
suo esempio e, ognuno come
può, si senta partecipe di questa difficile, ma importante
missione. Don Bosco benedica! Con un ricordo per tutti in Basilica.
Don Franco Lotto
Rettore
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FOTO DI COPERTINA:
SOMMARIO
Come non meravigliarci
del tuo divino ed umano parto,
o venerabilissima?
Infatti, o Tuttapura,
senza concorso d’uomo
tu hai partorito nella carne
un Figlio, senza padre, prima
ancora dei secoli generato
da un Padre senza madre,
non subendo alcun mutamento,
né mescolanza, né divisione.
Perciò, o Vergine madre
e sovrana, supplicalo affinché
salvi le anime di quanti
con retta fede
ti esaltano Madre di Dio.
2
6
8
10
14
16
18
Il racconto dei Magi
Vita liturgica - VITALIANO MATTIOLI
Giacomo, il minore
I Dodici - BENEDETTO XVI
La Parola del rinnovamento - Vita della Chiesa - P. G. ACCORNERO
San Paolo: i tratti dell’uomo
Anno Paolino - PIER LUIGI GUIDUCCI
Che cos’è la spiritualità?
Spiritualità - MARIO SCUDU
I novissimi/8
Celebrazione - TIMOTEO MUNARI
Borodin, il cantore della speranza
Musica e Fede - FRANCO CAREGLIO
20
Da mihi animas cetera tolle
L’Adma nel mondo
DON PIER LUIGI CAMERONI
24
26
Santuari della Lombardia/4 - Santuari mariani/87 - CRISTINA SICCARDI
28
I Papi della seconda metà del II
secolo - Centro di Documentazione Mariana - MARIO MORRA
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31
Suor Giuseppina Nicoli
Filatelia religiosa - ANGELO SIRO
Nostra Signora delle Grazie di Garessio
Calendario mariano - MARIO MORRA
Un mese salesiano - La pagina
del Rettore - FRANCO LOTTO
(Da una preghiera bizantina)
Altre foto:
Teofilo Molaro - Archivio Rivista - Archivio «Dimensioni Nuove» - Centro di Documentazione Mariana Redazione ADMA - Guerrino Pera - Andreas Lothar - Mario Notario - ICP - Editrice Elledici.
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