Pagina web: www.niguarda.eu Per la vostra pubblicità su questo giornale telefonate a Flaviano Sandonà Tel/Fax/Segr. 02/39662281 Cell. 335/1348840 APRILE 2010 Anno 3 - n. 18 ONA NOVE GIORNALE DI NIGUARDA - CA’ GRANDA - BICOCCA - ISOLA Redazione: via Confalonieri 11 (Mi), tel./Fax 02.39820110 - e-mail: [email protected] - Supplemento di “Zona Nove” Autorizzazione del Tribunaledi Milano N. 648 del febbraio 1997 - Editore: Associazione Amici di “Zona Nove”, via Val Maira 4, Milano - Stampa: Centro Stampa Editoriale Libertà SpA, località Dossarelli, Piacenza. Per la vostra pubblicità su questo giornale telefonate a Flaviano Sandonà Tel/Fax/Segr. 02/39662281 Cell. 335/1348840 Direttore: Luigi Allori. Redazione di “Zona Nove”: Giovanni Beduschi (vignettista), Andrea Bina, Roberto Braghiroli, Ortensia Bugliaro, Valeria Casarotti, Diego Attilio Cherri, Teresa Garofalo, Sergio Ghittoni, Antonella Loconsolo, Lorenzo Meyer, Grazia Morelli, Sandra Saita, Maria Volpari. Redazione del supplemento Isola: Sergio Ghittoni (responsabile), Primo Carpi, Gilda Ciaruffoli, Diana Comari, Penelope Dixon Giaouris, Angelo Longhi, Maria Antonia Vetti. Collaboratori: Silvia Benna Rolandi, Don Giuseppe Buraglio, Arturo Calaminici, Augusto Cominazzini, Ivan Crippa, Celestino De Brasi, Simona Fais, Luigi Ghezzi, Lorenzo Gomiero, Anna Maria Indino, Monica Landro, Angelo Longhi, Luigi Luce, Sergio Maestri, Valeria Malvicini, Giorgio Meliesi, Sabrina Orrico, Antonio Pizzinato, Laura Quattrini, Mira Redaelli, Mauro Raimondi, Margherita Rampoldi Meyer, Diana Roca, Caterina Sinisi, Gero Urso, Luigi Venturini, Renato Vercesi, Roberto Vettorello, Norman Zoia. Amministrazione: Lorenzo Gomiero. Pubblicità per il supplemento Isola: Flaviano Sandonà (tel. 02/39662281). Impaginazione: Roberto Sala (tel. 3341791866). Ecco l’Isola che chiude Che cosa succede alle vetrine? Ne abbiamo contato una mezza dozzina di saracinesche che negli ultimi tempi hanno chiuso o lo stanno facendo. Ne abbiamo parlato con i rappresentanti di categoria che non si stupiscono. C’è la crisi, ci sono i cantieri… E così l’Isola, quella vera, a poco a poco si scioglie. Primo Carpi (foto di Roberto Lana) l negozio è mio, quindi ci resto dentro fino a che non tro“I vo qualcuno che me lo rileva. Altri che erano in affitto hanno già tirato giù la serranda. Ed io, appena posso, torno a Quarto Oggiaro! Vendo le macchine per duplicare le chiavi, vendo i banchi di lavoro, vendo tutto. Ma là non ho niente da fare, resto senza lavoro, questa è la verità.” È molto deciso e concreto Massimiliano Lombardi, isolano doc anche se con casa e famiglia appunto a Quarto Oggiaro.Titolare e unico dipendente del piccolo occhio di bottega “Calzolaio 2000 Servizio Rapido” di piazzale Lagosta, angolo via Volturno. Deciso e con le idee ben chiare, Massimiliano! Anche se, mentre parla, le mani, come dotate di una propria vita, continuano a rigirare sul piantone la scarpa con la suola appena incollata ed a toglierne via via le eccedenze con il taglierino. “Quando sono arrivati i cantieri, se ne sono andati i clienti. Hanno transennato la via di notte, per evitare i picchetti. Adesso ancora ancora, ma con la bella stagione la polvere è insopportabile e, dietro quelle transenne, c’è di tutto! Peggio di una discarica. D’estate poi arrivano degli odori…!” Provo a dirgli:“Ma quando i lavori finiranno, siamo proprio di fronte alla stazione Isola di Metro 5, vedrà che i clienti ritornano, e con gli interessi!” Massimiliano ha già pensato anche a quello.” E io come campo fino ad allora? E poi qui, assieme alla stazione della metro, vedrai quanti negozi e diavolerie ci saranno nei sotterranei!”. Poi, in tono più accorato, prosegue: “E siamo soli! Tante parole, ma poi, di concreto, niente! Niente detassazione. La categoria costa come tessera, ma poi non ti aiuta. Il Comune, meglio non parlarne! I vigili li vedo solo per dare le multe nei giorni di mercato, quando tra cantieri e bancarelle la gente parcheggia anche sui muri. E così qui all’Isola non ci viene più nessuno!”. “Ma non c’è un fondo della Regione per i disagi dei cantieri?” “Ci vuole una trafila per chiederli e, quando ci arrivi, ti dicono che i soldi sono finiti…” L’intervista con Massimiliano è la punta dell’iceberg di una lunga serie di malumori che preannunciano partenza o di partenze già avvenute, mestamente, casomai ad iniziativa commerciale appena avviata. Non è un segnale, ma una radiografia. Chiarissima. Prevedibilissima. I cantieri così prolungati di via Volturno non sono che il colpo finale che si aggiunge alla generale riduzione di vendite e di consumi causata dalla crisi e all’altrettanto generalizzato e prevedibile disagio provocato dall’ambiguità identitaria del vecchio quartiere. I rimedi, a dire il vero, non sembrano poi così remoti. Innanzitutto un poco di comprensione e di solidarietà effettive per le saracinesche imbavagliate dai cantieri. E poi, finalmente, una chiara politica di comunicazione e di anticipazione sugli scenari complessivi (quartiere più progetto Porta Nuova) prossimi venturi! Hamilton - Chimento - Longines Ritiriamo oro e monete pagamento in contanti Via Luigi Ornato 6 - Milano - Tel. 02.6472573 COOP LOMBARDIA - COOP LOMBARDIA - COOP LOMBARDIA ONA NOVE 13 Archeologia industriale Tecnomasio Italiano: quando l’Isola era all’avanguardia La storica fabbrica di via De Castillia nel ricordo dei manager Tibb. na colata di cemento sta coU prendo tutta l’area tra via Confalonieri e via De Castillia. Accanto a questi nuovi edifici ed in particolare a quello di Ligresti, pare resti in piedi ancora una piccola parte di quella che una volta fu la vecchia fabbrica della Gadda, che poi fu acquisita dal Tibb (Tecnomasio Italiano Brown Boveri) e divenne per un certo periodo una delle eccellenze italiane, conosciuta in tutto il mondo. Vale la pena ricordare questa realtà del passato. La vicenda di questa fabbrica si intreccia con quella di una delle più straordinarie storie dell’industria milanese, quella del Tecnomasio Italiano. Una azienda che ha inciso a tal punto sulla storia e sullo sviluppo della città da essere una delle due società private ad avere l’onore di una fermata della Metropolitana a lei intitolata:“Lodi Tibb”. L’altra è la Marelli (“Sesto Marelli”, che con il Tecnomasio ha molto a che fare). Abbiamo chiesto ad Abb, la società nata dalla fusione della Brown Boveri con la svedese Asea, oggi con sede a Sesto San Giovanni, di darci delle vecchie foto e delle testimonianze degli splendori passati. Ci siamo trovati di fronte ad una grande cortesia e disponibilità e ad una quantità di materiale dell’epoca. Ma la cosa più importante è stata il contatto con l’ing. Carletto Calcia, dal 1951 alle dipendenze della società nella quale ha ricoperto ruoli anche ai massimi livelli gerarchici e ancora sulla breccia. Depositario di tutte le vecchie storie e leggende di questa incredibile avventura industriale. Che proviamo a raccontare, come ce l’ha raccontata lui nella unità lodigiana della Abb, l’Adda. Il Tecnomasio Italiano nasce nel 1863, lo stesso anno del Politecnico di Milano ed il legame tra le due istituzioni è subito solido e proficuo al punto che dura tutt’ora. I suoi fondatori (l’ing. Longoni e il maggiore Porro) appartengono a quella borghesia illuminata milanese e lombarda, promotrice delle arti e delle scienze, che fece grande la città. Ma all’inizio il Tecnomasio (non si è mai capito cosa significasse quel nome, forse “Osservatorio della Tecnica”, o meglio “Casa della Tecnica”, come riporta Piero Del Pol, allievo e successore di Angelo Barbagelata) è solo poco più di un laboratorio specializzato, in via Pace a Milano, nella produzione di strumenti di misura.Tutto cambia nel 1870. Bartolomeo Cabella, un giovane ingegnere del Politecnico, assume la direzione della società e sposta sempre più il campo di attività verso il nuovo mondo dell’elettricità e le sue applicazioni. Cabella era un genio. E poi proveniva dal Politecnico di Milano, nel quale aveva conseguito, a soli 23 anni, entrambe le lauree che quella scuola offriva, in Ingegneria Civile e Meccanica . Il Regio Politecnico, che aveva sede in Piazza Cavour, si chiamava ancora Regia Scuola di Ingegneria. Politecnico lo sarebbe diventato solo in seguito. Ed in ogni caso una decina di anni prima di Torino… Quando Cabella si laureò, il Poli (allora chiamato affettuosamente Collegio Brioschi dal nome del suo fondatore) non aveva ancora una laurea in Elettrotecnica. Sul modello dell’Ecole, c’era quella Meccanica e, per distinguerla da quella Militare, quella Civile. C’è da tener presente che allora i Politecnici di Milano e Torino erano tra le prime cinque o sei università al mondo, in competizione con Svizzeri e Tedeschi e ben più avanti degli Americani. Tornando al Tecnomasio, la prima sede è in via Pace. È poco più di una officina, ma è in quel luogo che si cominciano a produrre i primi strumenti di misura e le prime macchine elettriche. La “Dinamo Cabella” è un capolavoro e viene venduta in tutto il mondo, dall’Austria al Paraguay e suscita l’”attenzione” anche di Werner von Siemens. Leggera, efficiente e potente, con questa macchina il Tecnomasio conduce il primo esperimento di illuminazione cittadina in Italia,a Milano, nel 1876. Due anni prima che a Parigi. Cabella però non è certo un manager accorto. Nella foga di migliorarsi sempre, le sue dinamo sono tutte diverse una dall’altra e non riesce a dare stabilità alla produzione né a dare un sufficiente respiro finanziario alla sua azienda, specializzata in macchine a corrente continua e quindi anche provata dall’avvento della corrente alternata. Cabella lascia ed ecco quindi intervenire gli Svizzeri della Brown Boveri. Altrettanto bravi dal punto di vista tecnico, ma ben più navigati come amministratori, capiscono subito che la piccola officina di via Pace non è adatta alle grandi macchine che hanno in mente di costruire e approfittano di una opportunità: la Gadda & C., una società concorrente, decide di uscire dalla scena e propone di cedere le sue officine di via De Castillia al 21 proprio al Tibb. Cambia tutto: nel 1908 il trasloco è completato e comincia l’era dei grandi generatori, dei grandi motori, dei treni, dei trasformatori. I migliori nomi dell’ingegneria elettrotecnica italiana di quegli anni ruotano attorno a questo grande polo industriale: Gadda, Ettore Conti… Le commesse arrivano, la crescita è impetuosa, si aprono nuovi stabilimenti a Vado Ligure e in piazzale Lodi. Le officine di Vado Ligure esistevano ancor prima del Tecnomasio ed appartenevano alla Westinghouse, la prima artefice, con la Aeg, dell’Ac System. Come non ricordare che, proprio a Vado, si perfezionò von Kando, il più grande trazionista della storia? Sarebbe come scordare che Giuseppe Massimo Pestarini, Ingegnere e Docente al Caltech ed in seguito Tenente Colonnello dell’Artiglieria da Fortezza, proprio a Vado concepì la sua metadinamo,quella sua metageneratrice polimorfica con la quale il genio italico dimostrava che non a caso aveva realizzato la pila, la dinamo, la macchina asincrona ed il trasformatore. Il Tecnomasio Italiano ha realizzato la prima locomotiva elettronica a corrente continua del mondo: la E 633 derivata dalla mitica E 444 005 full chopper. Gli svizzeri stessi, increduli, vennero a Milano per vederla e per toccarla. E poi che dire dell’Etr 500? Le soluzioni step up e step down e l’uso di due stelle statoriche sfasate di π/6 così da superare i limiti del ferrarischefeld lo ponevano all’attenzione del mondo intero. Il Tibb diventa leader nel campo delle centrali idroelettriche e dei motori da trazione e la maggior parte della produzione si realizza nei 22.000 metri quadrati della sede dell’Isola. Lo splendore dello stabilimento di via De Castillia comincia a declinare mano a mano che quello di piazzale Lodi, inizialmente molto più piccolo, di soli 10.000 mq, si ingrandisce, fino a raggiungere i 44.000 e alla fine i 74.500 mq. La maggior parte delle produzioni strategiche viene poco a poco spostata laggiù (e anche nel nuovo stabilimento di Vittuone) e via De Castillia viene quindi definitivamente chiusa a metà anni sessanta. Gli ignari abitanti dei nuovi palazzi in costruzione forse non avranno la consapevolezza di star occupando un luogo in cui si è fatta la storia dell’industria italiana e in cui si sono prodotte macchine, idee, culture che hanno permesso lo sviluppo industriale del nostro paese. Il Tibb continua la sua attività industriale con successo, con forme organizzative diverse, anche dopo che la Brown Boveri si unisce con la svedese Asea, dando vita alla Abb. Peccato che si sia perso il vecchio nome di Tecnomasio, che, anche se nessuno ne conosceva il significato esatto, entrava nella testa della gente e non si dimenticava più. Oggi la Abb ha spostato la sede in un nuovo palazzo a Sesto San Giovanni, sull’area che una volta ospitava le industrie dell’Ercole Marelli.Già,Ercole Marelli: un altro nome storico nel campo dell’elettrotecnica, anche lui un giovane, brillante appassionato che ha lavorato nella seconda metà dell’ottocento come tecnico proprio con Bartolomeo Cabella al Tecnomasio… (Sergio Ghittoni) In alto a sinistra, l’ing. Bartolomeo Cabella. Qui sopra, alcune delle macchine messe a punto al Tecnomasio. L’Isola che scrive Disagi dei cantieri? Lavaggio auto! Abitiamo all’Isola in via Confalonieri e, nei giorni scorsi, abbiamo trovato nelle nostre caselle postali, uno splendido omaggio offerto dai proprietari dell’area, Porta Nuova Isola. Siamo stati infatti i fortunati destinatari di un “buono lavaggio auto” (sì, avete letto bene!) a fronte di una serie di pesanti problemi che loro stessi, a firma del Project Manager, ammettono di avere causato ai residenti nell'anno trascorso: demolizioni di edifici, bonifiche, scavi (di enormi dimensioni), traffico imponente di mezzi pesanti, principali cause di vibrazioni e rumori, come sottoscrive il predetto Manager! Inevitabile la chiamata in causa di altri cantieri e le assolutorie iniziative da loro assunte: monitoraggio degli edifici circostanti, pulizia straordinaria e riparazioni di strade e marciapiedi fino alla rete fognaria… per cui, a fronte di tutto ciò (e sopratutto dalla costruzione di futuri appartamenti dal valore certamente cospicuo) la graziosa offerta di un lavaggio auto come se la salute, il riposo e la serenità di un quartiere densamente popolato anche da anziani e bambini, possano essere così compensate. Ma che ci sia la coda di paglia lo prova il fatto che l'omaggio, offerto in una lettera datata 3 marzo, faccia seguito sia ad ONA NOVE 14 un articolo di Repubblica datato 12 febbraio (titolo: Sos dall’Isola assediata dai cantieri), in cui vengono minuziosamente descritti i problemi e danni subiti dagli immobili, dall'ambiente e dai cittadini, compresi i piccoli e piccolissimi, visto che a poca distanza dai cantieri ci sono un asilo e una scuola elementare frequentati da centinaia di bambini, sia una proposta del CdZ, datata 18 febbraio, in cui si chiede una migliore gestione dei cantieri. Che dire di più, la prevaricazione e l'arroganza dei potenti, anche se il lupo cerca sempre di vestirsi da agnello, sono entrati ormai nelle abitudini quotidiane, confortati sopratutto dall'insipienza dei pubblici poteri:è di pochi giorni fa infatti il passaggio all'alba di enormi e sferraglianti mezzi cingolati che, senza alcun controllo, lasciando solchi nell'asfalto, hanno dovuto ripercorrere la via in retromarcia in quanto non passavano,facendo peraltro vibrare le abitazioni intorno,mentre gli addetti,imbarazzati,non rispondevano alle proteste.Ma è possibile che in vie così strette, con auto spesso parcheggiate in modo da creare intralcio (a volte anche involontariamente) a mezzi giganteschi che soffiano direttamente nelle case i fumi di scarico, sopratutto quando restano bloccati a lungo (e non spengono i motori), non si sia mai visto un vigile, un funzionario, un qualsivoglia controllore, al di là degli ausiliari della so- sta, che si sia preoccupato, non dico di vigilare, ma nemmeno consigliare le imprese, peraltro potentissime, di organizzarsi meglio piazzando, ad esempio, dissuasori di sosta là dove necessario, lavare meglio i camion, bagnare diffusamente le strade e via discorrendo? Ma, sopratutto, avere rispetto per i cittadini! Lettera firmata (marzo) Anziani, attenti ai truffatori! Non fate entrare sconosciuti in casa vostra. Un 25 aprile di memoria La storia di Dorina e del suo papà deportato il 16 marzo 1944. Dorina Chionna è una bamÈ bina di sei anni e mamma Jolanda sta aspettando un fratellino, ed è proprio molto, molto vicina al grande giorno. Da mesi ormai, nell’appartamento di via Farini dove la sua famiglia abita da quando lei ci è nata, il papà si vede di rado. Ma oggi, anche se l’atmosfera in casa non è tranquilla, piena di tensioni e di silenzi che lei non comprende, è festa grande. La mamma deve avere tra poco un fratellino ed il papà ha deciso di starci anche a dormire, a casa! È l’alba, stanotte le sirene, che fanno buttare tutti giù dal letto per rifugiarsi tremanti nelle cantine, non hanno ancora suonato. Stanotte forse non si deve scappare. Stanotte è una bellissima notte, c’è il papà a casa. Dorina non sa tante cose, però. Ed è normale perché Dorina è molto piccola! Non sa che il papà è un comunista, già arrestato e condannato a tre anni, quando aveva 15 anni, per organizzazione giovanile sovversiva.Arrestato ancora ed inviato al confino quando di anni ne aveva venti. Vigilato e seguito poi per tutta la vita. E, ora che la guerra va di male in peggio, clandestino nella sua città per non essere preso e deportato. E ancor meno Dorina sa che nel suo quartiere non c’è solo gente che le sorride, ma anche gente che tra le bombe e le rovine ogni giorno più alte, ha il tempo e la forza di controllare, spiare, riferire. Che ha cento occhi per guardare chi entra e chi non entra in un certo portone. Chi c’è e chi non c’è dietro certe finestre. E i colpi bestiali che scuotono la casa, sul far del giorno, non sono quelli delle bombe, ma quelli dei calci di fucile degli sgherri sulla porta per farsi aprire, per entrare enormi, armati e urlanti nella casa ancora buia e afferrare il papà così com’è, nel suo letto, pestarlo a sangue mentre lei e la mamma gridano impazzite, e portarlo via lasciando la porta spalancata. Poi Dorina ricorda poco e confusamente i giorni che vengono dopo. Mamma Jolanda è una donna toppo forte per piangere davanti a lei. Ma tutti i giorni, questo lo rammenta bene, la porta con sé per andare in certi uffici pieni di scartoffie e di gente che aspetta nei corridoi con certe facce lunghe! Sono gli uffici della Croce Rossa, l’unico posto della città,dove si può sapere qualcosa di un disperso, di un deportato, di un prigioniero politico, di un uomo prelevato nel cuore della notte… Ed è così che due settimane dopo, a Jolanda viene detto che il suo uomo è a Bergamo, in una caserma, e che se vuole vederlo deve farlo subito perché presto, molto presto, lo deporteranno. La donna incinta con la morte nel cuore e la sua bambina vanno subito in stazione e arrivano a Bergamo prima del coprifuoco. Vanno in una pensioncina e aspettano l’indomani.Si può immaginare con quanta agitazione! Il papà c’è ancora! Appena in tempo! Non aspetteranno il mattino per metterlo in un vagone piombato con i suoi compagni, ma lo faranno la notte stessa! Fanno affacciare la donna e la bambina all’ingresso di uno stanzone buio e fetido dentro il quale sono ammassati decine di uomini, affamati, non lavati, con un angolo in fondo alla stanza dove si avvicendano per fare i loro bisogni. I soldati di guardia, tedeschi, non perdono l’occasione per mostrare quanto buoni, quanto amanti dei bambini essi siano! Mentre la donna e il suo uomo si fronteggiano senza potersi toccare, muti, uno facendosi forte e tentando di sorridere,l’altra incapace di nascondere la disperazione, le guardie fanno a gara a prendere in spalla Dorina, giocosi. Poi tocca al papà di prenderla su e coprirla tutta con le sue braccia. E poi, sussurrandole pianissimo “ Ssssss” vicino all’orecchio, di farle scivolare in una calzina un pezzettino di carta, un bigliettino per la mamma. L’ultimo. (Primo Carpi) Quante storie attorno a quel monumento di piazzale Segrino! iamo tornati in piazzale Segrino, davanti al S più bel monumento a dei caduti della Resistenza della città, e ne abbiamo interrogato i quattro lati con i loro quarantadue nomi… E poi siamo andati nel quartiere, cercando di rintracciare i legami ancora vivi tra le due memorie: la sua e quella del monumento. Ci siamo affidati al flusso dei passaparola affettuosi e degli “amarcord” dei vecchi isolani. Chiedendo a tutti: “Dove eravate il venticinque aprile?” e “Ricordate qualcuno o qualcosa di questi quarantadue caduti?” Armando Forno, nel 45 frequentava la scuola media inferiore di via Goito. Mercoledì 25 aprile le lezioni cominciano regolarmente, ma la città è in subbuglio. Si sentono ogni tanto spari, raffiche di mitra. E l’insegnante manda a casa i ragazzi. Armando ricorda con commozione che, arrivato in corso Como, oramai in dirittura d’arrivo per il ponte in ferro che scavalca i binari delle Varesine per entrare all’Isola, vede… sua madre venirgli incontro, e abbracciarlo, e tenendolo stretto fare con lui l’ultimo pezzo di strada verso casa. Raimondo Dolci, poco più che decenne anch’egli, che abitava in via Borsieri all’11, ma con tre fratelli da aiutare a crescere, a scuola non andava molto. Bensì tra le macerie dei bombardamenti a cercare qualcosa da rivendere al mercato nero. Oppure sugli alberi a tagliare qualche ramo per far legna da ardere.A rischio di beccarsi anche qualche pallottola. E ricorda anche lui, di quei giorni di aprile, gli spari, la gente in strada, la ricerca dei delatori, veri o presunti, del quartiere. E, nei giorni seguenti, le tre esecuzioni sommarie in piazza Minniti contro il muro del Patronato. Raimondo era anche amico dei figli di Almo Colombo, deportato a Mauthausen, e rivive ancora fortemente il dolore che si respirava in quella casa. A Mauthausen arrivano quasi simultaneamente, e negli stessi giorni muoiono l’anno dopo, alla vigilia dell’arrivo degli eserciti liberatori, Almo Colombo, Alberto Chionna ed altri isolani deportati con gli Streikertransport (trasporto di scioperanti) del ‘44. Un intero capitolo da scrivere sul nostro quartiere! La ricerca sul quartiere la terminiamo, per ora, con un altro incontro isolano. Quello con Dorina Chionna, figlia di Alberto. Il racconto dei terribili momenti nei quali il papà viene sorpreso, di notte, a casa sua e trascinato prima in carcere e poi nei campi di concentramento tedeschi, ci è sembrato come un simbolo, una sintesi, di quello di tanti uomini e di tante donne del nostro quartiere. E lo riprendiamo a parte, con un abbraccio e un ringraziamento che pensiamo universali. Abbiamo anche visto, e segnaliamo, il commovente contributo a questo tema della memoria da parte degli Ex Allievi della Associazione Don Bussa con un loro bollettino speciale che con documenti e testimonianze inedite, documenta come, grazie anche a loro, “Bandiere al vento” di Ramous è ritornato al centro della sua Isola. E, inoltre, riprende, aggiungendovi qualche notizia, il libretto di Inge Rasmussen Nicolis diffuso lo scorso anno dalla sezione Anpi “Teresio Mandelli” di Pratocentenaro. COOP LOMBARDIA - COOP LOMBARDIA - COOP LOMBARDIA ONA NOVE 15 Siamo una Società di full service energetico che opera con successo nel rispetto dell’ambiente da più di vent’anni. La nostra missione è la piena di soddisfazione del Cliente attraverso l’erogazione di servizi nel mondo energetico per la: Progettazione • Realizzazione • Gestione di impianti tecnologici. Il nostro approccio, modulare e completo, permette la risposta corretta a qualsiasi esigenza del Cliente I nostri servizi: ONA NOVE 16 Sistemi energetici tradizionali Sistemi energetici con fonti rinnovabili Sistemi energetici innovativi Servizi di diagnosi energetica Anziani, attenti ai truffatori! Non fate entrare sconosciuti in casa vostra.