Maurizio Muratore Il cortisone questo sconosciuto Glucocorticoidi GCs rappresentano da molti decenni un caposaldo nel trattamento di moltissime malattie come le malattie reumatiche, polmonari, infiammatorie, neurologiche con numerose documentazioni in letteratura. Esistono ancora tabù e paura dell’utilizzo e non è raro riscontrare poca chiarezza sia nel dosaggio che nel tempo di utilizzo che nella gestione dello stesso. E’ noto come l’assunzione a dosi medio-elevate determini l’insorgenza di effetti non genomici accanto a quelli genomici, che già si manifestano a dosaggi inferiori, proprio ad indicare che il profilo rischiobeneficio per i dosaggi più elevati potrebbe essere differente da quello osservato con i dosaggi più bassi di GCs. Per cercare di comprendere il rapporto rischiobeneficio sui dosaggi medio-elevati di GCs (>7.5 mg ma < _100 mg equivalenti giornalieri di prednisone), è stata messa a punto una task force EULAR, comprendente anche pazienti affetti da malattie reumatiche, avente lo scopo di indicare delle raccomandazioni evidence-based per l’impiego in sicurezza di questi farmaci ai dosaggi sopra-indicati mediante un’analisi sistematica della letteratura scientifica sull’argomento sui principali database biomedici disponibili (Pubmed, Embase, Cochrane Library) . Mi è sembrato interessante presentarvi alcune delle raccomandazioni finali che possono aiutarci nella gestione quotidiana del trattamento con steroidi: I 3 – istruire i pazienti (e i loro familiari o gli assistenti di cura, compreso il personale sanitario) sugli scopi del trattamento con GCs a dosi medioelevate e i rischi potenziali associati a tale terapia; – discutere le misure necessarie per mitigare tali rischi, inclusa la dieta, l’attività fisica regolare e una cura appropriata delle ferite; – i pazienti con - o a rischio di - osteoporosi indotta da GCs, dovrebbero ricevere interventi preventivi/terapeutici appropriati; – è opportuno garantire ai medici di Medicina generale risorse accessibili alla promozione delle migliori pratiche per la gestione dei pazienti in terapia con GCs a dosi medio-elevate; – prima di iniziare il trattamento con GCs a dosi medio-elevate, è opportuno considerate le comorbidità che possono predisporre all’insorgenza di eventi avversi AEs. Tra queste abbiamo il diabete, l’intolleranza al glucosio, le malattie CV, la malattia da ulcera peptica, le infezioni recidivanti, l’immunosoppressione, i fattori di rischio di glaucoma ed osteoporosi. I pazienti con queste comorbidità necessitano di uno stretto controllo per gestire correttamente il rapporto rischio-beneficio (senza necessariamente escludere o prediligere farmaci o patologie ma gestirle contemporaneamente); – occorre selezionare la dose di partenza più appropriata per raggiungere la risposta terapeutica, prendendo in considerazione il rischio di sottotrattamento; – è opportuno tenere costantemente sotto controllo i requisiti per continuare il trattamento con GCs, e titolare la dose ai fini della risposta terapeutica, del rischio di sotto-trattamento e dello sviluppo di AEs; – è opportuno mantenere il dosaggio minimo efficace per un tempo sufficiente lungo e, solo la riduzione dell’attività di malattia, consentirà la sospensione dello steroide che deve essere graduale; – tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio appropriato per l’insorgenza di AEs clinicamente significativi. Il medico curante dovrebbe essere informato sull’eventuale insorgenza di diabete, ipertensione, incremento del peso corporeo, infezioni, fratture da osteoporosi, osteonecrosi, miopati, problemi oculistici e dermatologici e AEs relativi alla sfera neurologica e psicologica. I glucocorticoidi sono farmaci eccezionali, che, gestendoli correttamente, ci consentono di risolvere moltissime situazioni complicate e con minori effetti collaterali che si riscontrano frequentemente di altri farmaci come i FANS. 4 di Gino Peccarisi Violenza sulle donne. Il ruolo del medico IL MEDICO DI FAMIGLIA PUÒ ESSERE LA SENTINELLA CHE VIGILA SULLA VIOLENZA DI GENERE O ra che anche il web è diventato opportunità di denuncia per le violenze subite, le possibilità di nascondere maltrattamenti e soprusi diminuiscono, anche se le evidenze rappresentano ancora una percentuale poco rilevante rispetto a ciò che quotidianamente accade. I maltrattamenti subiti dalla compagna di un noto cantante italiano hanno per molto tempo polarizzato le prime pagine dei giornali e promosso vivaci dibattiti sulla rete. Questa rappresenta una fonte democratica di confronto, fucina di opinioni e mezzo di diffusione dalla comoda poltrona di casa. Le confidenze affidate a un computer, senza anima, riescono a coagulare gruppi di protesta e di opinione capaci di sovvertire strutture consolidate. La violenza sulle donne non poteva esserne esente. Così immagini e scritti in poco tempo gettano ombre su un personaggio noto, reo di avere pestato a sangue 8 la compagna, che su facebook ha pubblicato le foto che mostrano il volto sanguinante per le violenze subite. Lui nega, ma il problema rimane e prepotentemente fa affiorare il dibattito sulle violenze di genere e sul femminicidio. Nell’anno trascorso sono state più di un centinaio le donne morte per eccidi perpetrati soprattutto fra le mura domestiche. Mentre rifletto sulle cause di tanta inspiegabile brutalità, il telegiornale documenta l’ennesima vittima: una giovane donna trentunenne di Caserta trovata morta nella propria casa al momento per circostanze inspiegabili, al vaglio della magistratura. Uno studio sistematico dell’organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che la violenza fisica e sessuale colpiscono più di un terzo delle donne. L’Africa detiene il primato, segue il Sud est asiatico, poi il Mediterraneo orientale, l’Europa. La maggior parte delle donne uccise è morta fra le mura domestiche a causa del proprio partner e ha subito violenza fisica o sessuale. Oltre alle ferite di un’aggressione consistente in fratture, lividi o lesioni, le vittime si ammalano di depressione, cedono all’abuso di alcol, possono contrarre malattie sessualmente trasmesse. In Italia dal 2000 al 2011 si sono compiuti più di 2.000 omicidi tanto da accelerare l’approvazione di un decreto legge, con voto unanime, per ratificare il trattato siglato in Turchia. Perché entri in vigore è necessaria l’approvazione di dieci Paesi di cui almeno otto membri del Consiglio Europeo. L’Italia è il quinto ad avere accolto la norma nell’Ordinamento Nazionale. Data la promiscuità delle popolazioni europee, la Convenzione darebbe la certezza giuridica contro qualsiasi forma di violenza finora ignorata nelle società e nei servizi sanitari. In Ruanda le donne abusate da uomini singoli o in gruppo vengono abitualmente uccise; in Cina, talora soppresse alla nascita; in Perù per scopi politici si ricorre frequentemente a matrimoni imposti, sterilizzazioni di massa, aborti forzati; in Afganistan mogli ripudiate, sfregiate con l’acido, o stuprate, molte suicidate per liti coniugali; per le bambine è impossibile continuare a studiare; in Turchia le donne vivono nella paura prima dei padri e fratelli e dopo dei mariti; in alcune zone dell’Africa è ancora prassi l’infibulazione inflitta alle bambine. 9 il coraggio di spezzare il silenzio, specialmente quando la denuncia coinvolge i conviventi. Siamo in una vera emergenza sociale. Negli ultimi mesi una quindicenne è stata uccisa e bruciata ancora in vita dal compagno coetaneo; una ragazza quattordicenne spinta al suicidio da cinque ragazzini; una donna cubana gettata dall’auto in corsa; un’altra sparata alla schiena perché non voleva più continuare una relazione; un’altra finita a coltellate. Una nazione civile non può sopportare questi crimini e la lotta alla violenza contro le donne dovrebbe essere una priorità per il Governo italiano. Un ruolo importante nell’arginare il fenomeno dovrebbe essere svolto dai medici che per primi possono avere il sospetto dei maltrattamenti subiti dalle donne e rappresentare l’occasione per offrire loro aiuto. Particolari ferite devono attirare l’attenzione del personale sanitario, come i lividi, ossa rotte o evidenti prove di abusi sessuali. In particolare i medici di famiglia dovrebbero essere opportunamente sensibilizzati e formati per il ruolo chiave che svolgono sul territorio e per la fiducia che il paziente in essi ripone, frutto di un approccio globale e personale che si consolida nel corso degli anni. Il medico di medicina generale, per la conoscenza che ha degli assistiti e della loro famiglia, in virtù dei contatti ripetuti, può essere il primo a evidenziare il fenomeno e avere il sospetto che le lesioni procurate non siano accidentali ma danni intenzionali. Può rappresentare la prima ancora di salvezza dopo una violenza e prevenirne le conseguenze rappresentate dal rischio per l’ipertensione arteriosa, il fumo, l’alcolismo, l’abuso di stupefacenti, scarsa attenzione alla propria salute. I maltrattamenti subiti durante la gravidanza causano spesso parti prematuri e aborti. La violenza di genere potrà essere debellata se riconosciuta nei suoi aspetti minimali e se finirà l’indifferenza verso le vittime e ci sarà il coraggio di evitarne l’occultamento. La capillare presenza della medicina di base sul territorio può supportare le attività istituzionali e culturali di contrasto al fenomeno messe in atto a livello nazionale. L’informazione in questi casi è cruciale; importante La commistione delle razze in ogni Paese impone la conoscenza delle varie culture per vigilare e prevenire ogni abuso nel rispetto delle regole del vivere civile. E’ necessario combattere l’impunità, non permettere giustificazioni o essere permissivi nei confronti dei fautori delle violenze, denunciare ogni illegalità e punire i colpevoli secondo le nostre leggi, inasprendo le sanzioni e garantendo processi più veloci. Tollerare la piccola violenza crea le premesse per una spirale che può sfociare in drammi. Bisogna avere 10 iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito. Agli effetti della legge civile il medico di medicina generale è un libero professionista incaricato di un pubblico servizio in base all’accordo nazionale (ACN 23 marzo 2005) con la pubblica amministrazione. A conclusione, un doveroso ricordo per Roberta Zedda e Maria Monteduro, aggredite e uccise nell’esercizio della loro attività in Guardia medica. fare cultura, valorizzare l’istruzione a scuola su questi temi, spingere i genitori a dialogare di più con i propri figli; se da un lato le maggiori violenze sono perpetrate fra le mura domestiche, è anche vero che in famiglia si ritrovano i punti di riferimento e di protezione. E’ opportuno ricordare che la violenza sulle donne è un reato perseguibile d’ufficio; gli incaricati di un pubblico servizio che nell’esercizio o a causa delle loro funzioni, hanno notizia di un reato devono farne denuncia per 11 L’aferesi tra arte e scienza RIFLESSIONE SULLA A COMBINAZIONE DI ARTE, SCIENZA SPERIMENTALE E TECNICA APPLICATIVA. POIESIS NELLA SUA FORMA PRODUTTIVA, E PRAXIS IN QUELLA TERAPEUTICA di Erasmo Buongiorno* L a creazione artistica è attività che riteniamo riservata esclusivamente agli esseri umani perché atto di auto-espressione, ma quando nel 1965, uno studente liceale di 17 anni, Raymond Kurzweil, il futuro ricercatore e entusiasta divulgatore scientifico, ospite di uno show televisivo, “I have Got a Secret”, suonò al pianoforte un breve brano musicale, composto da un rudimentale computer da lui stesso costruito, la creatività umana apparve usurpata da una macchina e così cominciava ad affievolirsi il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale. E i computer che diventano sempre più veloci con velocità sempre maggiore, potrebbero in teoria diventare capaci di qualcosa di sempre più vicino all’intelligenza umana. 12 Se ciò accadesse, l’umanità (corpi, menti, civiltà) sarebbe completamente ed irreversibilmente trasformata e si potrebbe prolungare la vita all’infinito, trasferendo le coscienze nei computer, vivendo al loro interno come software, per sempre (1).In questo caso, la tecnica avrebbe il sopravvento, la creazione artistica ma anche la stessa scienza potrebbero divenire superflue e forse i computer annienterebbero l’umanità. Dopo questa agghiacciante incursione tra utopia e distopia, che come icona merita l’“Urlo (Skrik)” di Munch, torniamo al nostro tempo che ora ci apparirà caldo e accogliente e al nostro tema, Scienza e Arte, cultura scientifica e cultura umanistica, ragione e emozione-intuizione, forme e mezzi del comune e universale processo della conoscenza della nostra specie. Ma partiamo dalla mano, il logo scelto dagli organizzatori dell’VIII Convegno Nazionale di Aferesi Terapeutica. Quasi 2 milioni di anni fa, strani primati di media 13 sapevolezza della vita e della morte e la esorcizza nella speranza della sopravvivenza della specie. La costante domanda “che cosa c’è oltre l’orizzonte” che l’uomo si pone è allo stesso tempo oggetto e strumento di quell’agire e conoscere che vede mani e cervello in febbrile interconnessione bidirezionale, costruire infaticabilmente, il sapere dell’umanità, che è scienza e arte, ragione e emozione… Niccolò Stenone (Niels Stensen), il grande scienziato, medico e fondatore delle scienze della terra, luterano, poi vescovo, poi semplice prete missionario nei paesi riformati, morto in odore di santità e beatificato nel 1988, così mirabilmente riassumeva l’inesausto desitaglia, emergono dalle praterie africane e in poche migliaia di anni, in varie ondate colonizzano il pianeta, inizia il genere Homo che ha creato la Scienza e l’Arte. Dopo che l’uomo, che formerà la specie sapiens, si è separato dal genere Pan, all’interno della tribù degli Hominini, grazie alla acquisizione della andatura bipede completa e della disponibilità dell’uso delle mani, queste hanno consentito l’attività prensile e il linguaggio dei segni in parallelo con l’accrescimento del volume dell’encefalo e l’evoluzione delle funzioni cognitive (2,3). La Cueva de las Manos, nella Patagonia argentina, come le pitture rupestri di Altamira e di numerosi altri siti archeo-palentologici testimoniano della sacralità riposta dai nostri antenati nella meravigliosa capacità di articolazione e di molteplicità di funzioni della mano che diviene metafora dell’“essere”, della consapevolezza di sé. La mano è strumento essenziale della comunicazione gestuale e strumentale, consente il “manufatto” che districandosi tra significante e significato, forma e contenuto, si muove verso la possibilità del pensiero astratto: la Venere di Willendorf (4),tra i primi manufatti pervenuti dotati di finalità solo estetiche risalente a 25-30.000 anni fa, diviene una esaltazione della fertilità che descrive il canone estetico femminile, l’ideale di bellezza fisica legato alle condizioni socio economiche e riconosciuto dalla società del tempo, esprime con- 14 derio di conoscenza dell’umanità: “pulchra sunt quae videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima quae ignorantur” (5).Questo è straordinariamente evidente oggi che con i moderni telescopi, guardando lontano nello spazio, guardiamo talmente indietro nel tempo da giungere a poter fotografare i primi momenti del big bang, quando nascono il tempo, la materia, lo spazio “…chiusi in una disperante finitezza, siamo tuttavia in grado di guardare nell’abisso dello spaziotempo, siamo diventati testimoni dell’inizio degli inizi” (6). Ma qual è il rapporto tra arte e scienza? E’ una antinomia? Sono due caratteri in opposizione? Noi siamo abituati a pensare alla conoscenza scientifica come alla ricerca della verità, anche se provvisoria, certa finché non ne venga dimostrato l’errore (7), risultato di un processo cognitivo assolutamente razionale e contrapposta all’esperienza artistica, basata invece sulla emozione e sulla intuizione, esito del prevalere delle componenti non razionali della persona. Comunemente siamo abituati a pensare nei termini hegeliani della dialettica tra tesi, antitesi e sintesi, resa popolare dalla divulgazione marxiana, come nel famoso sonetto di Francesco Petrarca dove la prima quartina recita: “Pace non trovo, et non ò da far guerra; e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra; et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio” (8). Ma non è stato sempre così: nel grande affresco “La scuola di Atene” attribuito a Raffaello, le molteplici espressioni dell’intelletto umano, le sette arti liberali personificate nei grandi maestri del passato, sono in armonica relazione tra loro. E’ una polifonia governata da dialettica e retorica impersonate da Socrate e Aristotele al centro e poi grammatica e musica poste sotto la protezione di Apollo sul lato sinistro di chi guarda mentre sulla destra geometria, aritmetica, astronomia sono sotto la protezione di Minerva (9). Di questa armonia tra arte e scienza testimoniano grandi artisti dell’età dell’umanesimo e del Rinascimento che erano anche studiosi di scienze della natura. Leonardo 15 che ebbe grande influenza sugli artisti dell’epoca, da Leon Battista Alberti a Mantegna e che recava illustrazioni attribuite a Leonardo. Fino all’illuminismo, non ci sarà antitesi tra arte e scienza, è solo nell’Ottocento con l’imporsi del positivismo, che celebra “dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive” secondo l’amara ironia di Giacomo Leopardi (10), che si rompe l’armonia perché il metodo scientifico diviene unica via per la conoscenza: “Keine Metaphisik mehr”, niente più metafisica. Ma tra la fine dell’800 e i primi anni del nuovo secolo, una serie di scoperte imbarazzanti, mettono in crisi queste certezze: da un lato la teoria della evoluzione e la scoperta dell’inconscio, dall’altro la meccanica quantistica e la teoria della relatività. Il solco tra arte e scienza si fa gradualmente sempre più profondo, né valgono tentativi di ricomporre l’antinomia come nella Vienna di quegli anni in cui sembra riannodarsi il dialogo progressivo tra arte e scienza con uno “scambio di intuizioni”, di idee cruciali, di esperienze, tra artisti modernisti nell’ambito delle arti figurative e della letteratura, musicisti, filosofi e medici anche se emergevano modi nuovi di pensare il pensiero. (11). Ed è in quegli anni che Sigmund Freud scrive ad Arthur Schnitzler, medico ma soprattutto grande interprete letterario della mitteleuropa: “Ho avuto l’impressione che Lei conosca attraverso l’intuizione, come attraverso dettagliate forme di osservazione, tutto ciò che io ho scoperto attraverso un faticoso lavoro sulle persone” dove arte medica e letteratura si tengono per mano. Ma l’arte moderna, nel costante rifiuto della lezione del passato e delle sue tecniche rappresentative, sperimenta nuove identità e nuovi materiali per dire di una realtà scomposta, dove regna il disordine e la disarmonia, dove l’attore della narrazione e della figurazione diventa moltitudine (Pessoa), uno, nessuno e centomila, (Pirandello), uomo senza qualità (Musil), diventa le molte immagini di un caleidoscopio (Conrad), le forme diffratte della pittura dal cubismo in poi. Ma da Vinci, che è l’interprete straordinario dell’indissolubile legame tra scienza e arte, affermava che la pittura, che è comprensione della realtà fenomenica, ha una base scientifica, matematicamente misurabile, segno dell’armonia divina, “colta e condivisa dall’arte suprema del saper vedere”. A conferma di questo suo convincimento Leonardo avrebbe applicato nella realizzazione delle sue grandi opere pittoriche le proporzioni dettate dalla sezione aurea, il cosiddetto linguaggio matematico della bellezza. Questa sezione del segmento AB nel punto C è tale che ”AB:AC=AC:CB” dove entrambi i rapporti approssimano a φ ?1,618. A questo rapporto che ad esempio lega i due lati di una “prosaica” carta di credito il grande matematico fra’ Luca Pacioli dedicò il libro De Divina Proportione, pubblicato a Venezia nel 1497, 16 come in una jam session ogni virtuosismo, ogni singolarità riporta ad un sottostante ritmo comune, ad una disperata ricerca di senso enfatizzata in un confronto muscolare, una provocazione, un continuo trascendere i confini della forma, pur oscillando tra iperrealismo, espressionismo e informale, quasi una disforia, tanto da far dire a Georges Braque “l’arte deve disturbare e la scienza deve rassicurare” o come inaspettatamente suggerisce lo storico dell’arte, il viennese Ernst Gombrich “La funzione biologica dell’arte è quella di sottoporci a una prova, di farci fare una ginnastica mentale che aumenti la nostra tolleranza a tutto ciò che non ci aspettiamo” anticipando il moderno legame tra arte e neuroscienze di cui Eric Kandel laureato in discipline storico-letterarie, psichiatra e Nobel per gli studi sulla fisiologia della memoria è straordinario interprete (10). L’arte moderna però, forse perché desacralizzata nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, privata di autenticità e unicità, dell’“aura” magica che le era propria (12), banalizzata a intrattenimento e consolazione, cerca un riscatto nella alterità e estremizzazione, amplificando le distanze fino a farsi del tutto estranea al rigore del paradigma scientifico che rappresenta per contro un esito accettato e condiviso in attesa di nuovi modelli di riferimento, ma sempre interagente con la realtà sociale nel cui contesto si inscrive (13). Nel panorama italiano la separazione tra scienza e arte è stata anche il prodotto di una durevole egemonia culturale dell’idealismo crociano che vedeva la scienza (concetto) misuratrice della realtà, sottomessa alla filosofia (espressione) che permetterebbe la vera comprensione della realtà stessa. Scriveva infatti Benedetto Croce nel 1902: “Il rapporto di conoscenza intuitiva o espressione e conoscenza intellettuale o concetto, di arte e scienza, di poesia e prosa non si può significare altrimenti se non dicendo ch’è quello di doppio grado. Il primo grado è l’espressione, il secondo il concetto: il primo grado può star senza il secondo, il secondo non può star senza il primo”.(14). 17 comune universale processo della conoscenza, è stata avvertita da uomini di frontiera, come Charles P. Snow, fisico a Cambridge e scrittore, che negli anni cinquanta si doleva del fatto che “Trent’anni fa le due culture non si rivolgevano la parola, ma almeno si sorridevano freddamente. Ora la cortesia è venuta meno, e si fanno le boccacce” (17). In Italia un convegno dal titolo “Due Culture?” a cura del Comitato cattolico Docenti Universitari, nel maggio 1966 (18) ha testimoniato l’esigenza diffusa di comporre la distanza intercorsa tra due mondi una volta uniti perché come affermava W. E. Pauli, Nobel 1945 per la Fisica “Tanto lo spirito Questa disarmante concezione indignò Luigi Pirandello che in uno smilzo libretto “Arte e Scienza” del 1908 senza mezzi termini definiva il rapporto come “assolutamente arbitario” “nell’aver fin da principio staccato con un taglio netto le varie attività e funzioni dello spirito”. Per Pirandello “Ogni opera di scienza è scienza e arte, come ogni opera d’arte è arte e scienza. Solo, come spontanea è l’arte nella scienza, così spontanea è la scienza nell’arte” (15). Alla stessa atmosfera culturale sembra appartenere l’esortazione di Friedrich Nietzsche a “guardare alla scienza con gli occhi dell’arte e all’arte con gli occhi della scienza”, riportata da Paul Karl Feyerabend (16). La sfida crociana verso la scienza positivista si concretizzerà in una astiosa polemica contro il matematico Federigo Enriques, (“il volenteroso professor Enriques che con zelo ma scarsa preparazione si diletta di filosofia“ dirà Croce) reo di aver organizzato il IV congresso Internazionale di Filosofia a Bologna nell’aprile del 1911, evento visto come luogo di convergenza di differenti saperi, come già accadeva nelle pagine di Scientia la rivista da lui curata. La contesa era sulla possibilità che le scienze potessero essere strumento di conoscenza come riteneva Enriques e non mero strumento descrittivo, incapace di esprimere concetti, come sosteneva Croce. La crescente distanza tra arte e scienza, tra cultura umanistica e cultura scientifica, pur concorrenti al 18 della loro critica destrutturante, riconoscendo che la scienza procede per contaminazioni con altri saperi, tanto da non potersi dare una demarcazione, una autonomia (20); il secondo modello emerge dai nichilismi del nostro tempo ed è ostaggio del dominio pervasivo della scienza e soprattutto della sua applicazione tecnica, capace di inaudito controllo anche sulla sfera biologica, tanto da aver richiesto una fondazione e rifondazione continua della bioetica (21). Certamente solo le scienze sperimentali sembrano produrre conoscenze riproducibili, verificabili, in grado di spiegare il mondo com’è, mentre le scienze umane appaiono al più “narrazioni, un modo di farsi coraggio, un fischiettare nel buio”(22). E l’Aferesi? Utilizzando le categorie aristoteliche dell’agire dell’uomo, dobbiamo chiederci se essa attiene alla ποιει′ν, poiesis, l’agire tecnico, produttivo, dove l’azione, guidata dall’idea è il mezzo per conseguire un fine o se attiene alla πρα′ ξη, praxis, l’agire pratico, morale dove l’azione non è guidata dall’idea ma dall’ideale, è sostenuta da una disposizione interiore al bene e coincide con il fine stesso?. A parer mio, in questa procedura che evoca una combinazione di arte, scienza sperimentale e tecnica applicativa, come la grande opera dei costruttori di cattedrali, nella sua forma produttiva è ποιει′ν, poiesis, ma nella sua forma terapeutica è πρα′ξη, praxis, cioè agire morale. Perché come in A. Camus “mi sono sentito all’improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono, non mi sembrano soddisfacenti” (23), così nel toccante racconto di A. Ramunni, entusiasta cultore della materia, nel quale l’aferesi si dimostra capace di restituire la vista a un amico, quando tutte le terapie note hanno fallito (24), si riconosce l’insopprimibile esigenza di non fermarsi a Itaca ma di cercare di raggiungere l’irraggiungibile orizzonte per guardare cosa c’è oltre: “siamo realisti, vogliamo l’impossibile” può esserne il motto. E quando questa volontà è ispirata dalla ricerca umano che è in noi quanto l’oggetto percepito che è fuori di noi rientrano nello stesso ordine cosmico”. Infine in un bel dialogo a distanza, quasi un racconto epistolare, C. Bernardini fisico e T. De Mauro italianista si interrogano più recentemente sulla “denutrizione scientifica” e “sull’eccesso di pressappochismo” diventati piaghe nazionali (19). Oggi due aspetti antitetici sembrano proporsi, il primo figlio della critica anti-neo-positivista di P. K. Feyerabend che tende a negare valore assoluto al metodo scientifico come modello di conoscenza, schierandosi dal lato delle avanguardie artistiche e 19 del bene (ϕρο′ν ησηζ) allora la medicina si fa arte perché esercitata con competenza tecnica e amore per l’umanità, tanto più se condotta senza il salvagente delle linee guida, fuori dalle rotte già battute, ma con spirito di pionieri. A tal riguardo, bene han fatto i due presidenti del convegno L. Gesualdo e A. Ramunni a rivolgere questa esortazione “E’ opportuno che riacquistiamo la nostra creatività di Medici dediti alla battaglia contro le malattie, evitando le gabbie dei numeri e delle statistiche…” (25) Questo è tanto vero nella Aferesi terapeutica ove le applicazioni tecnologiche seguono da vicino l’avanzamento della scienza, ma talvolta sembrano precederla, sembrano cioè crearsi loro medesime la strada, dettare i tempi della ricerca, passo dopo passo, tanto più che incidenza/prevalenza delle patologie trattate, rare o orfane, non consentono spesso la realizzazione di trial. E allora mi viene in mente la citazione di Giuseppe Remuzzi, del fatto cioè che non esistano trial prospettici, randomizzati, controllati, doppio cieco e crossover in grado di dimostrare l’utilità del paracadute per prevenire la morte e i traumi causati da lanci dall’aereo (26), ma nonostante ciò il paracadute rimane un soddisfacente salvavita. Qui deve intervenire allora la richiamata creatività, la peculiarità del rapporto antropologico medicopaziente che l’automatismo delle prestazioni protocollari invece mortifica, perché la forza dei grandi numeri può attribuire al medico fragili certezze, pone al centro la malattia e non l’uomo ammalato, può consentire un risultato biologico ma può lasciarsi sfuggire la salute dell’uomo osservato nella sua interezza e non come somma di organi e apparati. E infine la aferesi come teoria e pratica segue il cammino della conoscenza, un cammino non lineare né progressivo, incontra sulla sua strada vicoli ciechi e sentieri che si biforcano fino a perdersi, esperimenta errori ed eventi casuali, anomie e ristrettezze, utilizza di volta in volta contenuti e modelli diversi, sperimentale e induttivo, congetturale e deduttivo e ancora talvolta procede secondo la felice casualità, vive dunque la vita degli uomini e ne è irrinunciabile patrimonio. “Non c’è un giorno da perdere: la ricerca va avanti… Qualcuno vuole raccogliere la sfida”? (27) Bibliografia 1 Lev Grossman 2045: The Year Man Becomes Immortal. T ime, thursday, Feb. 10, 2011 http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,2048 299,00.html#ixzz2Ip1f72Su 2 F.Engels Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia,1876 Die Neue Zeitung 1896 20 3 Luigi Luca Cavalli Sforza, Telmo Pievani. Homo Sapiens. La grande storia della diversità umana Codice edizioni 2011. 4 Venere di Willendorf, Naturhistorisches Museum, Vienna 5 A.Cutler La conchiglia del diluvio. Niccolò Stenone e la nascita della scienza della terra il Saggiatore Milano 2007. 6 A. Schiavone Storia e Destino, Einaudi 2007 7 K.Popper Logica della ricerca scientifica. Il carattere autocorrettivo della scienza Einaudi 1998 8 F.Petrarca Canzoniere: sonetto n.134 a cura di G.Contini. Einaudi 1964 9 Glenn W. Most, Leggere Raffaello. La Scuola di Atene e il suo pre-testo, Einaudi, 2001. 10 G.Leopardi Canti: La ginestra o il fiore del deserto. Einaudi 2005 11 E.K.Kandel L’età dell’inconscio. Arte, Mente e Cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni. Raffaello Cortina 2012 12 W. Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica Einaudi 2000 13 T.S. Kuhn La struttura delle rivoluzioni scientifiche Einaudi 2009 14 B. Croce Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Teoria e Storia Adelphi 1990 15 L. Pirandello Arte e scienza Mondadori 1994 16 P.K.Feyerabend Contro l’autonomia. Il cammino delle scienze e delle arti. Mimesis 2012 17 C.P.Snow, Le due culture Marsilio 2005 18 Due Culture? Atti del convegno di studio, Roma 20-21 maggio 1966 Il Mulino 1966 19 C.Bernardini, T.De Mauro Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture Laterza 2005 20 P. K.. Feyerabend Contro il metodo, Feltrinelli, 1979 21 C.Bellieni Rifondare la bioetica in Vita, Ragione, Dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreggia. Cantagalli 2012 22 A. Rosemberg The Atheist’s Guide to Reality WW Norton & Company, 2011 23 A.Camus Caligola atto I, scena IV Bompiani, 2000 24 A.Ramunni Una chiacchierata sull’aferesi terapeutica Bios 2006 25 L.Gesualdo, A.Ramunni Introduzione all’VIII Congresso Nazionale di Aferesi terapeutica Bari 1517novembre 2012. 26 G.C.S.Smith, J.P.Pell Parachute use to prevent death or major trauma related to gravitational challenge: systematic review of randomized controlled trial. BMJ 2003; 327: 1459. 27 G.Remuzzi in Arte e Ricerca 2003 Galleria Fumagalli 2003. *U.O.C. Nefrologia, Dialisi e Trapianto, ospedale V. Fazzi Lecce piazza F. Muratore, 1 73100 Lecce tel e fax 0832-661550 [email protected] 21 La medicine generale e le problematiche di genere I RISULTATI DELL’ANALISI CONDOTTA NELLA PROVINCIA DI LECCE DAL GRUPPO DI MEDICI IN FORMAZIONE SPECIFICA IN MEDICINA GENERALE di Giuliana Distante* e Alba Biscozzo**, Pierpaolo Cacciatore**, Irene Cazzato**, Dario Giannuzzi**, Giovanni Fiore**, Alessandra Leo**, Pasquale Ranieri**, Edith Ruberto** V orrei portare alla conoscenza dei colleghi medici uno studio effettuato tra maggio e giugno 2009 dal nostro gruppo di Medici in formazione, frequentanti il corso di formazione specifica in Medicina generale del triennio 2008/2011. Guidati dai nostri docenti, Ernesto Mola e Luana Gualtieri, abbiamo messo in pratica le direttive del programma del nostro corso di formazione specifica in Medicina generale2, istituito dal Decreto legge n.368/99, che prevede, tra le altre attività formative, 22 anche l’acquisizione delle metodologie della ricerca orientate alla medicina generale e l’approfondimento di problematiche legate alla medicina di genere. Sono stati sottoposti ad intervista sulla base di due distinti questionari: a) 56 MdF scelti random tra i medici degli elenchi della medicina generale dei distretti di: Lecce, Maglie, Campi Salentina, Casarano, Martano; b) dieci pazienti di sesso femminile con età pari o superiore a 18 anni (che avessero capacità di intendere le domande) per ciascuno dei medici intervistati, scelti casualmente tra le pazienti che si recavano nello studio del medico. Obiettivi Obiettivo principale dello studio è stato quello di verificare in che misura le donne consultino il proprio medico di famiglia (MdF) in merito ai più importanti problemi specifici del genere femminile (menarca, contraccezione, screening oncologici pap-test e mammografia, aborto, gravidanza, menopausa) nonostante la diffusa presenza sul territorio di servizi consultoriali e ginecologici; obiettivo secondario era conoscere la percezione dei MdF del proprio impegno riguardo alle problematiche del genere femminile. Come è ben noto in Italia le pazienti di sesso femminile possono accedere liberamente al proprio medico di famiglia e alle strutture consultoriali maternoinfantili istituite dalla legge 405/75 3. Possono inoltre, su prescrizione del medico di famiglia (MdF), usufruire di prestazioni specialistiche ginecologiche presso i poliambulatori e gli ospedali. Per una problematica di salute relativa al genere la donna può pertanto liberamente scegliere il medico da consultare. Una survey sulla Terapia ormonale sostitutiva (Tos) condotta dalla società scientifica Assimefac nel 20084 ha mostrato che il 75% delle donne in menopausa consultano il MdF pur essendo disponibili strutture specialistiche ginecologiche nel loro territorio. E’ poco noto invece in che misura le donne consultino il MdF per le altre problematiche tipiche del genere femminile e come il MdF sia impegnato ad affrontarle. La survey in oggetto è stata programmata ed implementata dai docenti Ernesto Mola e Luana Gualtieri e da tutti i discenti del Corso di Formazione Specifica del triennio 2008-2011, organizzato dall’Ordine dei Medici della provincia di Lecce per conto della Regione Puglia. 23 parte dell’Ordine dei Medici di Lecce e della ASL di Lecce) l’intervistatore si è recato dietro appuntamento presso lo studio del medico di famiglia, ha consegnato il questionario al medico ed ha somministrato alle prime cinque pazienti che si presentavano in studio nei due giorni consecutivi il questionario. Materiali e Metodi Dopo aver acquisito telefonicamente la disponibilità del medico a partecipare alla survey, e ad accogliere nel proprio studio gli intervistatori per le pazienti (a tale scopo è stata utile la concessione del Patrocinio da 24 Il questionario anonimo per il medico è stato riconsegnato in busta chiusa o, se il medico lo preferiva, spedito al centro di raccolta che è stato collocato presso l’Ordine dei Medici. Risultati Sono stati intervistati 56 medici, il 37% attivi nel capoluogo, il 63% in uno dei Comuni della provincia. Nell’ 87% dei Comuni ove operano i medici del campione è presente un consultorio ginecologico. Nessuno dei medici intervistati è specializzato in Ostetricia e Ginecologia. Il numero totale delle pazienti è 532, con un’età media di 47,4 anni (da 18 a 90). Hanno più di 25 anni 476 pazienti (89,3%) e più di 47 anni 243 (45,6%). Un primo dato riassuntivo dei due questionari concerne la domanda fondamentale rivolta ai due campioni. E’ stato scelto di storicizzare agli ultimi 12 mesi la domanda rivolta ai medici per evitare prevedibili risposte “at ceiling”, considerando quindi le risposte solo un dato percepito in relazione al proprio impegno professionale. In tabella 1 sono illustrate le domande e le risposte ai 2 questionari. in misura maggiore del pap-test), il MdF è sicuramente riferimento fondamentale per le pazienti. In relazione alla menopausa i medici sono stati consultati dal 66,7% delle pazienti con più di 47 anni, nonostante non per tutte le donne essa arrechi disturbi o faccia insorgere dubbi che necessitino di una consultazione medica. Questo dato può essere letto come una maggior propensione culturale a considerare il “problema” menopausa come un insieme di disturbi di cui poter parlare in termini di salute con il medico. Alla domanda relativa alle motivazioni della consultazione infatti la risposta “per parlarne con lui e chiedere se dovevi fare terapie” è stata indicata dal 70,4% delle intervistate, vista anche la contraddittorietà delle notizie riguardanti la opportunità della Tos e i suoi effetti collaterali. Anche per la gravidanza il MdF resta un riferimento importante essendo stato consultato da tre donne su cinque e per richiedere una prestazione sanitaria o di counselling, escludendo le attività prescrittive. Infatti Le risposte delle pazienti Un prima valutazione deve essere fatta considerando distintamente i due campioni, innanzitutto quello delle donne. Per quanto riguarda gli screening (mammografia 25 di qualche disturbo o per mostrare le analisi 68,2%. Per quanto riguarda il menarca l’apparente esiguità (25%) delle risposte affermative delle pazienti è da mettere in relazione con il fatto che esso non viene generalmente considerato dalle famiglie un evento da medicalizzare per cui, in assenza di disturbi rilevanti, non si accede ad alcuna consultazione medica. Il 12,5% di consultazione per interruzione volontaria di gravidanza appare una percentuale considerevole in quanto l’interruzione volontaria di gravidanza è un evento che interessa solo una percentuale minima delle donne: in Puglia nel 2007 il tasso di abortività è stato dell’ 8,47x1000 donne in età fertilev. La motivazione principale è il counselling (63,2% si è rivolta la MdF per chiedere consiglio), il 12,3% lo ha fatto per disturbi provocati dall’Ivg, il 38% ha avuto bisogno della certificazione. Questo ultimo dato è in sintonia con quello riportato al Congresso di Epidemiologia e Prevenzione dell’Ivg, tenutosi a Bari nel marzo 2009vi, in cui si rilevava che in Puglia il 40% delle certificazioni per Ivg è rilasciato dal MdF e solo il 11,8% viene rilasciato dai ginecologi del consultorio. La contraccezione sembrerebbe invece un aspetto della salute della donna in cui il MdF ha un ruolo tendenzialmente più marginale. I motivi della consultazione relativa alla contraccezione sono i seguenti: – per chiedere un metodo adatto a te 46,9%; – per chiarire dubbi sulla corretta utilizzazione del metodo prescelto 41,4%; – per chiedere consiglio sulla prescrizione del ginecologo 37 %; – per disturbi provocati dalla contraccezione 30,9%. Al fine di verificare la tendenza in merito alla consultazione del MdF per le problematiche di genere, abbiamo suddiviso le pazienti i due classi di età. Da 18 a 48 anni (definendole pazienti “1° gruppo”) ed oltre i 48 anni di età (“2° gruppo”) ed estratto i dati parziali relativi alla consultazione del medico di famiglia per problematiche legate al menarca e per la contraccezione, che erano le uniche che potevano riguardare tutte le pazienti del campione (tabella 2). le motivazioni delle consultazioni sono le seguenti: - per chiedere il suo consiglio su aspetti relativi alla gravidanza (alimentazione, comportamenti, ecc) 44,4%; - per farti consigliare un ginecologo che potesse seguire la gravidanza 37,2%; - per farti misurare la pressione o visitare in occasione 26 Per entrambe gli items appare netto il divario tra i due gruppi: le pazienti più giovani avrebbero consultato il medico di famiglia con una percentuale più che doppia rispetto alle pazienti più anziane, indicando quindi una tendenza all’aumento delle consultazioni del MdF per queste problematiche. Il questionario per i medici rapportato a quello delle pazienti Le risposte dei medici di famiglia alle sei domande principali indicano che nella grande maggioranza essi affrontano con le loro pazienti tutte le problematiche relative al loro genere. Confrontando le risposte dei medici con quelle delle donne si evidenzia una generale comparabilità, nonostante la differenza nella formulazione della domanda. Mentre nel caso delle donna si è misurato l’effettivo accadimento della consultazione per ciascun problema, nel caso del medico invece si è valutato fondamentalmente il suo impegno professionale e la sua disponibilità nei confronti della donna sul singolo problema. Per quanto riguarda gravidanza, screening e menopausa il dato è molto evidente e, in base alle considerazioni fatte sopra, anche per menarca e Ivg i dati comparati appaiono coerenti. Maggiore distanza esiste invece tra l’82% dei medici che sono stati consultati negli ultimi 12 mesi per problemi relativi alla contraccezione e il 30% di donne che dichiara di essersi rivolte al MdF per lo stesso motivo, inducendoci a pensare che la maggioranza delle donne si rivolga esclusivamente al ginecologo per l’individuazione di un metodo contraccettivo nonostante la disponibilità del MdF ad occuparsi anche di quel problema. In realtà occorre sottolineare che in Puglia soltanto il 9% delle donne (il dato nazionale è il 16%) utilizza gli estro-progestinicivii. Il 60% dei medici intervistati dichiara inoltre di prescrivere autonomamente una terapia anticoncezionale. Essi appaiono in ogni caso gli interlocutori principali per la terapia anticoncezionale d’emergenza: il 79,6% dei medici intervistati ha prescritto nell’ultimo anno la “pillola del giorno dopo”. Infine un dato abbastanza curioso è quello relativo all’Ivg: cinque medici su 12 che dichiarano di essere obiettori di coscienza hanno comunque rilasciato la certificazione ai sensi della legge 194. Conclusioni La survey condotta nella provincia di Lecce mostra che il medico di medicina generale è un importante interlocutore per le più importanti problematiche di 27 *Il lavoro scientifico è stato presentato al Congresso Nazionale della Società Italiana di Ginecologia (SIGO), tenutosi a Bari nell’ottobre 2009, e al Congresso Europeo della Associazione Internazionale della Medicina Generale (WONCA), tenutosi a Malaga nell’ottobre 2010. Il lavoro è in corso di pubblicazione sulla rivista della SIGO Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics. salute della donna, nonostante sul territorio della Asl siano disponibili consultori ginecologici nel territorio comunale (87,5% dei casi), oltre ad ambulatori ginecologici ospedalieri. L’approccio olistico, il rapporto fiduciario, la continuità e longitudinalità delle cure rendono dunque il medico di famiglia un punto di riferimento fondamentale per le problematiche di genere della donna. La collaborazione ed integrazione tra MdF e specialisti ginecologi e l’individuazione di linee-guida condivise potrebbe offrire alle donne una risposta più coerente e completa alle problematiche del genere femminile. ** discenti del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale 2008-2011 - Ordine dei Medici di Lecce Bibliografia 1) Mola E., Greco G , INFORMA-TOS Survey sull’informazione dei medici di famiglia in merito alla TOS in menopausa, Rivista QQ, year XIV-n.2 – Agosto 2009 2) D.L. 17 agosto 1999, n.368, Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli, GU n. 250 del 23-101999 - Suppl. Ordinario n.187 3) Legge 29 Luglio 1975, n. 405, Istituzione dei Consultori Familiari, GU n. 227 del 27/08/1975 4) Mola E., Greco G , INFORMA-TOS Survey sull’informazione dei medici di famiglia in merito alla TOS in menopausa, Rivista QQ, year XIV-n.2 – Agosto 2009 5) Trerotoli P., Relazione Convegno IVG in Puglia epidemiologia e prevenzione, Bari 19.03.2009, www.oerpuglia.org/IVG.asp P.Trerotoli 6) Guagliardo R, Relazione Convegno IVG in Puglia epidemiologia e prevenzione, Bari 19.03.2009, www.oerpuglia.org/IVG.asp R.Guagliardo 7) Vittori G., Relazione Congresso Nazionale Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), Ott. 2009, http://salute.aduc.it/notizia/contraccezione+puglia+sotto+pur+bassa+media_113475.php 28 di Carlo Foresta* Nel testicolo l’interruttore che “accende” la vitamina D LA RICERCA PADOVANA PRESENTATA A LECCE I l testicolo funge da “interruttore” per l’attivazione della vitamina D. L’équipe del Servizio per la Patologia della riproduzione umana dell’azienda ospedaliera universitaria di Padova, coordinata dal professor Carlo Foresta, ha scoperto un nuovo meccanismo che determina osteoporosi nel maschio. Ad oggi si sapeva che passaggi fondamentali per “attivare” la vitamina D sono quelli epatici e renali. Infatti, la vitamina D ottenuta dall’esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente attiva. I ricercatori padovani hanno dimostrato che almeno il 40 per cento dell’attivazione della vitamina D nell’uomo avviene nel testicolo. Le cellule che possiedono gli enzimi che portano 30 riviste scientifiche The Lancet e The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism. Se ne è parlato diffusamente al convegno Patologie sistemiche nella disfunzione gonadica promosso dalla Fondazione Foresta per la Ricerca nella Riproduzione e nell’Endocrinologia, con la collaborazione delle Università di Padova e del Salento lo scorso 26 novembre a Lecce, Castello Carlo V (ore 8.40 – 18.00). all’attivazione della vitamina D sono le medesime che producono testosterone. Questo è un risultato molto importante perché modifica sostanzialmente il concetto di fisiologia del rimodellamento dell’osso. Infatti, non solo nei giovani privi di testicoli per tumori o traumi, ma anche nei soggetti anziani e nei soggetti infertili con che hanno un malfunzionamento di queste cellule del testicolo, le concentrazioni di vitamina D sono molto basse. Lo studio ha evidenziato inoltre che, oltre alla riduzione della vitamina D, questi soggetti (finora ne sono stati studiati quasi 100) presentano frequentemente un calo della massa ossea fino all’osteoporosi. Questi risultati sono stati pubblicati sulle prestigiose Definizione dell’osteoporosi L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da una ridotta massa ossea che porta a fragilità scheletrica e aumento del rischio di 31 hanno importanti implicazioni sociali ed economiche, oltre che sanitarie. Causa dell’osteoporosi L’osteoporosi e la frattura osteoporotica hanno un patogenesi multifattoriale e diversi fattori contribuiscono alla regolazione della massa ossea: fattori ormonali, attività fisica, nutrizione e fattori genetici. Alcune volte l’osteoporosi è secondaria ad altre patologie o all’uso cronico di alcuni farmaci, ma molto spesso non si riesce a chiarire con precisione la causa. Nella donna si pensa che la causa dell’osteoporosi sia legata al venir meno degli ormoni ovarici, gli estrogeni, che vengono a mancare con la menopausa. Nell’uomo la patogenesi non è molto chiara, anche se può essere in relazione alla diminuita produzione del testosterone da parte del testicolo con l’età. In entrambi i sessi, sono importanti le concentrazioni di vitamina D che è fondamentale per il buon assorbimento di calcio nell’intestino. La vitamina D è fondamentale affinché lo scheletro mantenga la sua struttura normale e compatta; una deficienza di vitamina D si associa infatti ad una riduzione della compattazione dell’osso, quindi all‘insorgenza di osteoporosi. fratture, soprattutto a livello delle vertebre e del femore. È essenzialmente dovuta a un’alterazione dell’equilibrio tra il normale riassorbimento di tessuto osseo e la costruzione di nuovo tessuto. Si sviluppa lentamente, ma progressivamente. L’osteoporosi è favorita dal sesso femminile e dall’età, dalla ridotta attività fisica e da una dieta povera di calcio. Prevale nelle donne in menopausa, per riduzione degli ormoni estrogeni (che hanno un effetto protettivo sull’osso). La valutazione della massa ossea e la diagnosi di osteoporosi si effettua mediante la densitometria. Epidemiologia dell’osteoporosi L’osteoporosi colpisce sia uomini che donne, soprattutto dopo la menopausa. Una donna su tre ed un uomo su sette sono affetti da osteoporosi e l’incidenza aumenta con l’età. Nel mondo sono circa 200 milioni le donne affette da osteoporosi. In Italia circa 3.5 milioni di donne e 1 milione di uomini sono affetti da osteoporosi e circa il 20% delle donne sopra i 50 anni hanno una o più fratture vertebrali a causa dell’osteoporosi. Sempre in Italia, si verificano più di 55.000 fratture di femore all’anno nelle donne sopra i 50 anni. Tra gli anziani le fratture osteoporotiche rappresentano una delle maggiori cause di mortalità, con un’incidenza sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e tumore della mammella e 4 volte superiore a quella per tumore dell’utero. Pertanto, l’osteoporosi e le fratture osteoporotiche *Presidente SIAMS ordinario di Patologia clinica all’Università degli Studi di Padova direttore del Centro di Crioconservazione dei Gameti maschili azienda ospedaliera universitaria di Padova 32 L’iperuricemia, fattore di rischio nelle patologie cardiovascolari e renali IL CRESCENTE INTERESSE VERSO LE PATOLOGIE DA DISMETABOLISMO DELL’ACIDO URICO di Tommaso Borgia* N el corso degli ultimi decenni un crescente interesse è stato rivolto al problema delle patologie da dismetabolismo dell’acido urico e delle condizioni morbose ad esso correlate in ragione del frequente riscontro di una significativa associazione tra iperuricemia cronica ed aumento del rischio di complicazioni cardiovascolari e/o renali. A differenza del vecchio concetto, secondo cui la malattia metabolica dovuta ad un disordine del metabolismo delle purine, portava esclusivamente allo sviluppo di una reazione infiammatoria (gotta, artrite gottosa) a livello articolare e nei tessuti extrarticolari con formazioni di depositi denominati tofi, oggi la presenza di un riscontro di livelli di acido urico (>6 mg/dL), allo stato attuale delle conoscenze, la denominazione di “gotta” appare obsoleta in quanto faceva 33 economiche hanno consentito la diffusione di abitudini alimentari, un tempo appannaggio di “pochi eletti” alla maggioranza della popolazione. Non sorprende pertanto che il valore medio dell’uricemia sia sostanzialmente raddoppiato dalla metà del secolo scorso fino ai nostri giorni, rappresentando la malattia da deposito di urato una delle più comuni malattie dismetaboliche dell’anziano. Non infrequente è inoltre il riscontro di casi di iperuricemia cronica con deposito di urato in giovani modelle. In una società in cui l’apparire è preponderante, una taglia da 40 passa anche per l’uso improprio di diuretici tiazitici, di cui è nota la capacità di ridurre l’eliminazione renale dell’acido urico. esclusivo riferimento al convincimento ippocratico, molto seguito nel periodo medievale, che l’eccesso di uno dei quattro umori (sangue, flegma, bile gialla, bile nera) poteva portare al “gocciolamento” dell’umore medesimo nelle articolazioni in cui determinava dolore ed infiammazione. Le prime rilevazioni di un aumento del rischio cardiovascolare hanno trovato conferma nel corso degli ultimi decenni in molteplici evidenze epidemiologiche con una stretta relazione con eventi cardiovascolari, cerebrali e renali di non trascurabile rilevanza, specie se si considera che le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nelle civiltà occidentali. Oggi come oggi, nella realtà clinica quotidiana il panorama del rischio cardiovascolare, appare molto più ampio di quanto prospettato dall’approccio proposto dalla tradizionale epidemiologia basata sullo studio Framingham a motivo dell’intervento di una serie di ulteriori determinanti. Da qui è nato il ruolo del dismetabolismo dell’acido urico nel contesto del rischio cardiovascolare. Nell’opinione comune, la malattia da deposito di urato è stata da sempre associata ad uno stato di benessere socio-economico, tale da consentire eccessi alimentari a cui veniva attribuito un ruolo fisiopatologico predominante. Recentemente le mutate condizioni socio- 34 Le evidenze scientifiche recenti collocano attualmente l’iperuricemia cronica, con o senza deposito di urato, in una posizione di assoluto rilievo nel contesto delle patologie cardio-cerebro-renali, conferendole una responsabilità fisiologica non trascurabile, che va dall’esposizione ai vari fattori di rischio, allo sviluppo di danno d’organo e alla comparsa di eventi cardiaci, cerebrali e renali, che si osservano anche per livelli di uricemia moderatamente aumentati o ai limiti alti della norma, specialmente in pazienti con preesistenti patologie cardiovascolari, con indubbio peggioramento della prognosi, in presenza, ad esempio, di eventi coronarici, infarto miocardico. Sulla base dei dati, statisticamente rilevati, è stato proposto che il target di uricemia > 6 mg/dL possa essere considerato ai fini della prevenzione delle malattie cardiovascolari. Terapia ipouricemizzante e fattori di rischio L’intuizione di Davis di una relazione fisiologica tra iperuricemia cronica ed ipertensione arteriosa in adolescenti con ipertensione di I grado, ha spesso determinato una normalizzazione dei livelli pressori (nel 67%), dopo un mese di trattamento con allopurinolo. Così anche una riduzione della pressione arteriosa in adolescenti obesi a seguito della riduzione dell’uricemia ottenuta con un inibitore della xantinaossidasi o con un uricosurico. Analogamente si è potuto osservare un miglioramento della sensibilità insulinica ed una riduzione dell’emoglobina glicata in corso di terapia ipouricemizzante, influenzando essa favorevolmente anche il metabolismo glicidico. Terapia ipouricemizzante e danno d’organo Numerose evidenze scientifiche suggeriscono che la terapia ipouricemizzante può influenzare altresì favorevolmente l’evoluzione del danno d’organo va- 35 tandone l’eliminazione a livello renale sia interferendo con la sua sintesi. Gli inibitori della xantina-ossidasi, l’allupirinolo e il febuxostat, rappresentano il trattamento di più comune utilizzo per ridurre i livelli circolanti di acido urico. Comunque, il ruolo dell’acido urico, dei suoi livelli plasmatici e dei suoi depositi articolari e tissutali come fattori di rischio cardiovascolare e nefro-metabolico è ancora oggi oggetto di attivo dibattito senza che si sia raggiunto ancora un consenso generale. A tale fine, è nato il Progetto Cristal con le finalità appunto di affrontare il problema in maniera ampia, multidisciplinare, coinvolgendo tutti coloro che giornalmente si trovano a prendere decisioni in merito a come comportarsi nel paziente iperuricemico, senza avere la certezza se alle spalle di livelli plasmatici di acido urico che possono apparire innocui si nasconda invece un nemico per il sistema cardiovascolare o renale. scolare, cardiaco, renale. Il trattamento con allopurinolo si è dimostrato in grado di migliorare il quadro di una disfunzione endoteliale nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare come nel caso della sindrome metabolica e nei pazienti con diabete mellito di tipo II ed ipertensione arteriosa. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche in forti fumatori, nei soggetti dislipidemici ed in quelli affetti da scompenso cardiaco, acuto e cronico, come pare possa influenzare favorevolmente pure la progressione del danno renale. Il trattamento ipouricemizzante Le raccomandazioni delle linee guida internazionali sono quelle di portare l’uricemia al target minimo di 6 mg/dL nei pazienti con iperuricemia cronica con deposito di urato al fine di prevenire la formazione di depositi articolari e tissutali di urato monosodico e di favorire la risoluzione dei depositi già presenti. Ciò può ottenersi attraverso una combinazione delle modifiche dello stile di vita con un approccio di tipo farmacologico, in ragione del fatto che il solo approccio non farmacologico può contribuire a tenere sotto controllo i livelli di acido urico, ma nella generalità dei casi da solo non è sufficiente a portare a target i livelli di uricemia. Comunque, l’approccio non farmacologico deve essere sempre proposto e fortemente consigliato al paziente. La dieta dovrebbe prevedere un consumo preferenziale di proteine derivate da latticini a basso contenuto lipidico, limitando il consumo di carne e pesce e la sostituzione dei glicidi semplici con quelli complessi. Le diete ipoproteiche trovano invece migliore indicazione in presenza di insufficienza renale. Anche il consumo di bevande edulcorate con fruttosio va evitato, in quanto questo zucchero favorisce la produzione di acido urico. Analoga limitazione deve riguardare l’assunzione di alcol nonché di birra scura e di alcuni vini rossi che contengono purine. La riduzione farmacologica dei livelli di acido urico può essere ottenuta nella pratica clinica sia aumen- Bibliografia 1) Cristal: Evidenze, aspetti controversi e prospettive future Edizioni scientifiche 2012 2) Eular: Report for Internazional Clinical Studies including Therapeutics. Ann. Rheum Dis. 2006-65 3) Khanna D. Fitzgerald JD. Khanna PP et Al.: Approaches to Hiperuricemia, 2012-64 *Specialista in Medicina Generale 36 Oltre lo spermiogramma TECNICHE DIAGNOSTICHE IN CASO DI INFERTILITÀ “INSPIEGATA” O “IDIOPATICA” di Lamberto Coppola, Daniela D. Montagna, Sara Pinto Provenzano* L’ infertilità di coppia oggi è un problema sociale sempre più sentito, soprattutto per l’aumento del numero di casi registrato negli ultimi anni. L’approccio al problema va gradualmente modificandosi in quanto, grazie allo sviluppo dell’Andrologia, cresce l’attenzione verso il contributo maschile che in passato veniva quasi interamente trascurato. Solo alcuni casi di infertilità maschile possono essere caratterizzati etiologicamente con analisi standard del liquido seminale; nei casi in cui non si riesca a risalire alla radice del problema si parla di infertilità inspiegata o idiopatica. L’approfondimento diagnostico può coinvolgere lo studio del DNA spermatico (frammentazione del DNA, maturazione nucleare), dei mitocondri (studio del potenziale mitocondriale), delle caratteristiche del plasma seminale (dosaggi biochimici), di fenomeni apoptotici seminali e dello stress ossidativo. Frammentazione del DNA spermatico E’ stato stabilito che l’integrità del DNA spermatico è fondamentale nel mantenimento del potenziale riproduttivo maschile. Le classiche analisi seminali, che valutano concentrazione, motilità e morfologia nemaspermica danno solo una stima approssimativa della competenza funzionale che non riflette appieno 37 il potenziale fertilizzante degli spermatozoi. Quindi, uomini normospermici possono comunque non essere fertili, a causa di alterazioni del DNA spermatico. L’integrità genomica influenza non solo la capacità fecondante ma anche lo sviluppo embrionale e fetale; tale influenza è nota come effetto tardivo paterno, ed è comune nei casi di poliabortività di origine andrologica. Lo studio dell’integrità del DNA spermatico può essere eseguito con diverse metodiche; non esiste ad oggi una standardizzazione comune sul metodo da utilizzare. SCSA: (sperm chromatin structure assay) che permette di quantificare, mediante citofluorimetro, il danno della cromatina spermatica, basandosi sul cambiamento metacromatico dal verde (DNA nativo, a doppia elica) al rosso (DNA denaturato, a singola elica) dell’arancio di acridina TUNEL: (TdT-mediated dUTP nick end labeling assay) che permette di quantificare, tramite citometria a flusso, microscopia ottica o a fluorescenza, l’incorporazione di un nucleotide, deossiuridin trifsfato(dUTP) in punti di rottura del DNA sia a singolo che a doppio filamento SCD: (Sperm Chromatin dispersion test) che valuta la presenza di rotture del DNA seguendo la sua decondensazione dopo trattamento acido COMET ASSAY: che consente di quantificare le rotture del DNA a singolo e doppio filamento in singole cellule che appaiono con una testa fluorescente ed una coda la cui lunghezza e fluorescenza è proporzionale al danno presente 38 Numerosi lavori scientifici mettono in luce l’importanza diagnostica del test, sia nelle gravidanze spontanee che nelle tecniche di PMA. Maturazione nucleare: test al blu di anilina zione istoni/protammine (che appariranno incolori) da spermatozoi che hanno ritenuto gli istoni, che appariranno colorati in blu. Durante il processo di maturazione, un punto cruciale è rappresentato dalla sostituzione nucleare degli istoni con le protammine (spermiazione). Deficit di protamminazione sono responsabili di una non corretta condensazione del DNA e quindi di una maggiore suscettibilità a rotture della singola/doppia elica e a mancata decondensazione durante la fecondazione. Il test, tramite una colorazione specifica per gli istoni, consente di discriminare con microscopia in campo chiaro, spermatozoi con una corretta sostitu- Valutazione di processi apoptotici L’apoptosi o “morte cellulare programmata” è un processo fisiologico che consente all’organismo di eliminare tutte le cellule difettose o invecchiate. Tale processo prevede la marcatura delle cellule destinate alla morte e la rottura del loro DNA, in modo da renderle non funzionanti. 39 Immagine relativa allo studio delle poli-caspasi spermatozoarie. In verde spermatozoi apoptotici vivi, in rosso spermatozoi necrotici. apoptotico iniziato (apoptosi abortiva). Queste cellule infatti, pur essendo vitali, sono parzialmente compromesse e possono ridurre la fertilità maschile, generare embrioni non vitali o indurre abortività precoce. Nell’ambito riproduttivo consente di controllare la sovrapproduzione spermatozoaria, ma diventa causa di infertilità maschile se il meccanismo di controllo di tale processo fallisce. Esistono vari test che rilevano diversi aspetti del processo apoptotico: studio delle caspasi, valutazione dell’esternalizzazione della fosfatidilserina, etc. Questi hanno lo scopo di analizzare la presenza nel liquido seminale di spermatozoi sfuggiti ad un processo Funzionalità mitocondriale: JC1 L’esame è volto a valutare la funzionalità dei mitocondri presenti nel colletto degli spermatozoi, che ne 40 fruttosio -, alterazioni dei parametri reologici). Il test utilizza anticorpi specifici per strutture mitocondriali marcati con fluorocromi, consentendo di visualizzare all’altezza del colletto degli spot di colore rosso numericamente proporzionali al numero di mitocondri funzionanti. La stessa metodica è attuabile anche in citofluorimetria. Un ulteriore test volto a valutare indirettamente la funzionalità mitocondriale si serve di uno strumento, l’ossigrafo, in grado di misurare il consumo di ossigeno necessario al metabolismo ossidativo degli spermatozoi in presenza di un substrato metabolico. rappresentano i motori necessari per una corretta motilità. Consente quindi di valutare le possibili cause di astenozoospermie, tra mancata funzionalità mitocondriale o cause differenti, che potranno essere quindi ulteriormente indagate (carenze nutrizionali - carnitina, Test biochimici I test biochimici consentono di avere informazioni sul corretto funzionamento delle ghiandole accessorie dell’apparato genitale maschile e quindi sulla qualità 41 ed alimentare), e a particolari stili di vita (tabagismo, alcolismo, tossicodipendenza). Inoltre bisogna tener conto della fisiologica assenza di citoplasma negli spermatozoi maturi che comporta la perdita di importanti sistemi antiossidanti e di enzimi ristrutturanti. L’eccessiva quantità di ROS, quindi, può essere causa di alterazioni strutturali e funzionali dello spermatozoo maturo, poiché la loro presenza in eccesso contribuisce alla perossidazione dei lipidi di membrana, all’ossidazione delle proteine e al danneggiamento del DNA. del plasma seminale nel quale si trovano gli spermatozoi. Tali sostanze sono considerate “marker” di disfunzione o di infezione delle ghiandole come epididimo, vescichette seminali e prostata, oltre a marcatori di possibili ostruzioni seminali, e pertanto la loro determinazione permette di contribuire alla diagnosi di patologie legate a problemi di infertilità. Markers epididimari: • α-glucosidasi • L-Carnitina • Glicerofosforilcolina Markers vescicolari • Fruttosio Markers Prostatici • Zinco plasmatico • Zinco intraspermatozoario • Acido citrico • Fosfatasi acida prostatica Stress Ossidativo Fra le cause più comuni di alterazione seminale, con forte impatto sull’integrità del DNA, troviamo lo stress ossidativo, uno sbilanciamento tra produzione di radicali liberi e presenza di un’adeguata barriera antiossidante seminale. I gameti maschili entrano costantemente in contatto con i ROS, i quali, se presenti in concentrazione fisiologica, risultano fondamentali durante determinati processi legati ad alcune funzioni spermatiche, come ad esempio la reazione acrosomiale, la capacitazione e la fusione spermatozoo-ovocita. Un aumento dei ROS nel plasma seminale è invece dovuto alla presenza di condizioni patologiche notoriamente correlate ad una riduzione del potenziale di fertilità maschile (infezioni, infiammazioni, congestioni, varicocele, cancro), nonché a fattori esogeni (radiazioni, inquinamento ambientale 42 La tecnica gold standard nella valutazione di questi parametri è la chemiluminescenza; nella clinica di routine è in realtà pratico l’utilizzo di kit commerciali che valutino la lipoperossidazione delle membrane nemaspermiche e la barriera antiossidante,come potenziale antiossidante totale o come singoli componenti della barriera(componenti esogeni quali vitamine C ed E, polifenoli, glutatione, etc). Utile risulta anche la valutazione degli antiossidanti enzimatici, quali Glutatione perossidasi, Superossido dismutasi e Catalasi. Bibliografia Agarwal, A et al., Prevention of Oxidative Stress Injury to Sperm , Journal of Andrology, Vol. 26, No. 6, November/December 2005:654-660 Agarwal, A, Said, TM, Sperm chromatin assessment, Textbook of Assisted Reproductive Techniques Conrado Avendaño, M.S. et al, DNA fragmentation of normal spermatozoa negatively impacts embryo quality and intracytoplasmatic sperm injection outcome, July 2010, Fertility and Sterility, Vol. 94, No. 2:549-557 Ferramosca, A, Pinto Provenzano, S, Coppola, L, Zara, V, ‘Mitochondrial Respisatory Efficiency is Positively Correlated With Human Sperm Motility’, Urology, 42012, 79:809-814 Gandini, L., et al. (2000) Study of apoptotic DNA fragmentation. Hum. Reprod., 15, 830–839. Giannoccaro A, et al; Assessment of viability, chromatin structure stability, mitochondrial function and motility of stallion fresh sperm by using objective methodologies, Journal of Cell and Animal Biology Vol. 4(2), pp. 034041, February 2010 Hammadeh, ME et al, The effect of chromatin condensation (Aniline Bluestaining) and morphology (strict criteria) of human spermatozoa on fertilization, cleavage and pregnancy rates in an intracytoplasmic sperm injection programme, Human Reproduction vol 11 no 11 pp 24682471, 1996 Hammadeh, ME et al, Comparison between chromatin condensation and morphology from testis biopsy extracted and ejaculated spermatozoa and their relationship to ICSI outcome, Human Reproduction vol.14 no.2 pp.363–367, 1999 Marchetti,C, et al Comparison of four fluorochromes for the detection of the inner mitochondrial membrane potential in human spermatozoa and their correlation with sperm motility, 19-6-2004, Human Reproduction, 19: 2267-2276 43 Medhi,M et al, Detection of DNA fragmentation in human spermatozoa: correlation with semen parameters, Andrologia. 2009 Dec;41(6):383-6 Montagna, DD et al, Integrità del DNA spermatico nelle gravidanze spontanee, Atti del Congresso SIA Novembre 2011 Nuñez-Calonge R et al, An Improved Experimental Model for Understanding the Impact of Sperm DNA Fragmentation on Human Pregnancy Following ICSI, Reprod Sci. 2012 Nov;19(11):1163-8 Reda Z. et al. (article in press) Sperm viability, apoptosis, and intracellular reactive oxygen species levels in human spermatozoa before and after induction of oxidative stress Ricci.G et al. (2002) Apoptosis in human sperm: its correlation with semen quality and the presence of leukocytes Hum. Reprod. 17, 2665–2672 Tunc, O & Tremellen, K, Oxidative DNA damage impairs global sperm DNA methylation in infertile men, J Assist Reprod Genet (2009) 26:537–544 Vincent, WA, et al. DNA Integrity Is Compromised in Protamine-Deficient Human Sperm, Journal of Andrology, Vol. 26, No. 6, November/December 2005 *Centro Medico Biologico Tecnomed Via XX Settembre 14 -18 Nardò (Lecce) Tel. 0833.567547 Fax: 0833.567931 Sito Internet: www.medicinadicoppia.it e-mail: [email protected] 44 A V V I S O SI INFORMA CHE, IN VIRTU’ DI QUANTO GIA’ DISPOSTO DALL’ART.65 DEL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA E DEL DECRETO 08/02/2013 N. 34, RECANTE “REGOLAMENTO IN MATERIA DI SOCIETA’ PER L’ESERCIZIO DI ATTIVITA’ PROFESSIONALI REGOLAMENTATE NEL SISTEMA ORDINISTICO AI SENSI DELL’ART.10, COMMA 10, DELLA LEGGE 12 NOVEMBRE 2011, N.183”, QUEST’ORDINE, NELLA SEDUTA DEL 22/04/2013, SU DIRETTIVE DELLA FNOMCEO-ROMA, HA ISTITUITO UNA SEZIONE SPECIALE DELL’ALBO DOVE SARANNO ISCRITTE LE SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI E LE SOCIETA’ MULTIDISCIPLINARI, OVE NELLO STATUTO SIA INDIVIDUATA L’ATTIVITA’ MEDICA E/O ODONTOIATRICA COME PREVALENTE. PERTANTO I COLLEGHI INTERESSATI SONO OBBLIGATI A CHIEDERE L’ISCRIZIONE ALLA PREDETTA SEZIONE SPECIALE DELL’ALBO RIVOLGENDO LA DOMANDA AL CONSIGLIO DELL’ORDINE NELLA CUI CIRCOSCRIZIONE E’ POSTA LA SEDE LEGALE DELLA SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI CORREDANDOLA DELLA SEGUENTE DOCUMENTAZIONE: A) ATTO COSTITUTIVO E STATUTO DELLA SOCIETA’ IN COPIA AUTENTICA; B) CERTIFICATO DI ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE; C) CERIFICATO DI ISCRIZIONE ALL’ALBO, ELENCO O REGISTRO DEI SOCI PROFESSIONISTI CHE NON SIANO ISCRITTI PRESSO L’ORDINE CUI E’ RIVOLTA LA DOMANDA. ULTERIORI INFORMAZIONI POSSONO ESSERE RICHIESTE PRESSO GLI UFFICI DI SEGRETERIA DELL’ORDINE. DB/ IL PRESIDENTE (ON.LE DOTT. LUIGI PEPE) 46