R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Gazz. Uff. 26 giugno 1931, n. 146): Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Articolo unico. E' approvato l'unito testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, visto, d'ordine nostro, dal Ministro proponente e che avrà esecuzione dal 1° luglio 1931. Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza TITOLO I Dei provvedimenti di polizia e della loro esecuzione CAPO I Delle attribuzioni dell'autorità di pubblica sicurezza e dei provvedimenti d'urgenza o per grave necessità pubblica. Art. 1. (art. 1 T.U. 1926; art. 1 R.D.L. 14 aprile 1927, n. 593.) L'autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; cura l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, nonché delle ordinanze delle autorità; presta soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni. Per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati. L'autorità di pubblica sicurezza è provinciale e locale. Le attribuzioni dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza sono esercitate dal Prefetto e dal Questore; quelle dell'autorità locale dal capo dell'ufficio di pubblica sicurezza del luogo o, in mancanza, dal Podestà (1). (1) Ora, Sindaco, per effetto del R.D.L. 4 aprile 1944, n. 111 e del D.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, contenenti norme per l'amministrazione, la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali. Art. 2. (art. 2 T.U. 1926). Il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. Contro i provvedimenti del Prefetto chi vi ha interesse può presentare ricorso al Ministro per l'interno (1). (1) La Corte Costituzionale, con sentenza 23 maggio 1961, n. 26, pubblicata nella Gazz. Uff. 3 giugno 1961, n. 135, edizione speciale, ha così deciso: «Pronunziando sopra i quattro procedimenti riuniti di cui in epigrafe, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nei sensi e nei limiti indicati nella motivazione». I limiti indicati nella motivazione entro i quali la disposizione legislativa in esame è stata dichiarata illegittima, sono quelli nei quali essa attribuisce ai Prefetti il potere di emettere ordinanze senza il 1 rispetto dei principi dell'ordinamento giuridico, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 70, 76, 77 e 138 della costituzione, senza, in altre parole, provvedere ad indicare i criteri idonei e delimitare la discrezionalità dell'organo a cui il potere è stato attribuito. Art. 3. Il sindaco è tenuto a rilasciare alle persone di età superiore agli anni quindici aventi nel Comune la loro residenza o la loro dimora, quando ne facciano richiesta, una carta di identità conforme al modello stabilito dal Ministero dell'interno (1). La carta di identità ha durata di cinque anni e deve essere munita della fotografia della persona a cui si riferisce. La carta d'identità è titolo valido per l'espatrio, anche per motivi di lavoro, negli Stati membri della Comunità economica europea e in quelli coi quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali (2). (1) Con D.M. 2 settembre 1957, pubblicato nella Gazz. Uff. 8 novembre 1957, n. 275, è stato istituito un nuovo modello della carta d'identità il quale, fra l'altro, si diversifica da quello precedentemente in vigore in quanto, in conformità della risoluzione adottata dal consiglio O.E.C.E. in data 16 aprile 1957, ha la quarta facciata riservata all'autorizzazione, concessa dalla Questura, di potersi servire delle facilitazioni per il passaggio di frontiera senza passaporto, per gli Stati con i quali esistano accordi al riguardo. Vedi, anche, artt. 288-294 R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (2) Articolo così sostituito dall'articolo unico, L. 18 febbraio 1963, n. 224, pubblicata nella Gazz. Uff. 18 marzo 1963, n. 75, il terzo comma di esso è stato successivamente di nuovo sostituito dall'art. 10, D.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656. Art. 4. (art. 3 T.U. 1926). L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare che le persone pericolose o sospette e coloro che non sono in grado o si rifiutano di provare la loro identità siano sottoposti a rilievi segnaletici. Ha facoltà inoltre di ordinare alle persone pericolose o sospette di munirsi, entro un dato termine, della carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza (1). (1) Vedi, anche, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, contenente norme sulla prevenzione nei confronti delle persone pericolose. CAPO II Della esecuzione dei provvedimenti di polizia (*) Art. 5. (art. 4 T.U. 1926). I provvedimenti della autorità di pubblica sicurezza sono eseguiti in via amministrativa indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale. Qualora gli interessati non vi ottemperino sono adottati, previa diffida di tre giorni, salvi i casi di urgenza, i provvedimenti necessari per la esecuzione d'ufficio. E' autorizzato l'impiego della forza pubblica. La nota delle spese relative è resa esecutiva dal Prefetto ed è rimessa all'esattore, che ne fa la riscossione nelle forme e coi privilegi fiscali stabiliti dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette. (*) Vedi anche artt. 8-10, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Art. 6. (art. 5 T.U. 1926). 2 Salvo che la legge disponga altrimenti, contro i provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza è ammesso il ricorso in via gerarchica nel termine di giorni dieci dalla notizia del provvedimento. Il ricorso non ha effetto sospensivo. La legge determina i casi nei quali il provvedimento del Prefetto è definitivo. Il provvedimento, anche se definitivo, può essere annullato di ufficio dal Ministro per l'interno. Art. 7. (art. 6 T.U. 1926). Nessun indennizzo è dovuto per i provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza nell'esercizio delle facoltà ad essa attribuite dalla legge. CAPO III Delle autorizzazioni di polizia (*) Art. 8. (art. 7 T.U. 1926). Le autorizzazioni di polizia sono personali: non possono in alcun modo essere trasmesse né dar luogo a rapporti di rappresentanza, salvi i casi espressamente preveduti dalla legge. Nei casi in cui è consentita la rappresentanza nell'esercizio di una autorizzazione di polizia, il rappresentante deve possedere i requisiti necessari per conseguire l'autorizzazione e ottenere la approvazione dell'autorità di pubblica sicurezza che ha conceduta l'autorizzazione. (*) Vedi, anche, gli artt. 11-18, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Art. 9. (art. 8 T.U. 1926). Oltre le condizioni stabilite dalla legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse. Art. 10. (art. 9 T.U. 1926). Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata. Art. 11. (art. 10 T.U. 1926). Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate: 1° a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione; 2° a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza. Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le 3 persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta. Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione. Art. 12. (art. 11 T.U. 1926). Le persone che hanno l'obbligo di provvedere all'istruzione elementare dei fanciulli ai termini delle leggi vigenti (1), non possono ottenere autorizzazioni di polizia se non dimostrano di avere ottemperato all'obbligo predetto. Per le persone che sono nate posteriormente al 1885, quando la legge non disponga altrimenti, il rilascio delle autorizzazioni di polizia è sottoposto alla condizione che il richiedente stenda domanda e apponga di suo pugno, in calce alla domanda, la propria firma e le indicazioni del proprio stato e domicilio. Di ciò il pubblico ufficiale farà attestazione. (1) Vedi, per le persone tenute all'obbligo di provvedere all'istruzione elementare dei fanciulli l'art. 173, R.D. 5 febbraio 1928, n. 577. Art. 13. (art. 12 T.U. 1926). Quando la legge non disponga altrimenti, le autorizzazioni di polizia hanno la durata di un anno, computato secondo il calendario comune, con decorrenza dal giorno del rilascio. Il giorno della decorrenza non è computato nel termine. Art. 14. (art. 13 T.U. 1926). Sono autorizzazioni di polizia le licenze, le iscrizioni in appositi registri, le approvazioni, le dichiarazioni di locali di meretricio (1) e simili atti di polizia. (1) Conseguentemente all'abolizione della regolamentazione della prostituzione, disposta con L. 20 febbraio 1958, n. 75 (legge Merlin), tutte le case di meretricio sono state chiuse e non si fa, pertanto, più luogo ad autorizzazione di polizia relativa a «dichiarazioni di locali di meretricio». CAPO IV Dell'inosservanza degli ordini dell'autorità di pubblica sicurezza e delle contravvenzioni. Art. 15. (art. 14 T.U. 1926). Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, invitato dall'autorità di pubblica sicurezza a comparire davanti ad essa, non si presenta nel termine prescritto senza giustificato motivo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione (1). L'autorità di pubblica sicurezza può disporre l'accompagnamento, per mezzo della forza pubblica, della persona invitata a comparire e non presentatasi nel termine prescritto. (1) Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. 4 Art. 16. (art. 15 T.U. 1926). Gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza hanno facoltà di accedere in qualunque ora nei locali destinati allo esercizio di attività soggette ad autorizzazioni di polizia e di assicurarsi dell'adempimento delle prescrizioni imposte dalla legge, dai regolamenti o dall'autorità. Art. 17. 1. Salvo quanto previsto dall'art. 17-bis, le violazioni alle disposizioni di questo testo unico, per le quali non è stabilita una pena od una sanzione amministrativa ovvero non provvede il codice penale, sono punite con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila. 2. Con le stesse pene sono punite, salvo quanto previsto dall'art. 17-bis, le contravvenzioni alle ordinanze emesse, in conformità alle leggi, dai prefetti, questori, ufficiali distaccati di pubblica sicurezza o sindaci (1). (1) Così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 17-bis. 1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 59, 60, 75, 76, se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, 86, 87, 101, 104, 111, 115, 120, comma secondo, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, 121, 124 e 135, comma quinto, limitatamente alle operazioni diverse da quelle indicate nella tabella, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni (1). 2. La stessa sanzione si applica a chiunque, ottenuta una delle autorizzazioni previste negli articoli indicati nel comma 1, viola le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9. 3. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 76, salvo quanto previsto nel comma 1, 81, 83, 84, 108, 113, quinto comma, 120, salvo quanto previsto nel comma 1, 126, 128, escluse le attività previste dall'art. 126, 135, escluso il comma terzo e salvo quanto previsto nel comma 1, e 147 sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni (2). (1) Comma così modificato dall'art. 46, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. (2) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 17-ter. 1. Quando è accertata una violazione prevista dall'art. 17-bis, commi 1 e 2, e dall'art. 221-bis il pubblico ufficiale che vi ha proceduto, fermo restando l'obbligo del rapporto previsto dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne riferisce per iscritto, senza ritardo, all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione o, qualora il fatto non concerna attività soggette ad autorizzazione, al questore. 2. Nei casi in cui è avvenuta la contestazione immediata della violazione, è sufficiente, ai fini del comma 1, la trasmissione del relativo verbale. Copia del verbale o del rapporto è consegnata o notificata all'interessato (1). 3. Entro cinque giorni dalla ricezione della comunicazione del pubblico ufficiale, l'autorita' di cui al comma 1 ordina, con provvedimento motivato, la cessazione dell'attivita' condotta con difetto di autorizzazione ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell'attivita' autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e comunque per un periodo non superiore a tre mesi. Fermo restando quanto previsto al comma 4 e salvo che la violazione riguardi prescrizioni a tutela della pubblica incolumita' o dell'igiene, l'ordine di sospensione e' disposto trascorsi trenta giorni dalla data di violazione. Non si da' comunque luogo 5 all'esecuzione dell'ordine di sospensione qualora l'interessato dimostri di aver sanato le violazioni ovvero di aver avviato le relative procedure amministrative. (2). 4. Quando ricorrono le circostanze previste dall'art. 100, la cessazione dell'attività non autorizzata è ordinata immediatamente dal questore. 5. Chiunque non osserva i provvedimenti previsti dai commi 3 e 4, legalmente dati dall'autorità, è punito ai sensi dell'art. 650 del codice penale (3). (1) Periodo aggiunto dall'art. 11, D.L. 29 marzo 1995, n. 97. (2) Comma così sostituito dall'art. 9, comma 5, della legge 29 marzo 2001, n. 135 (G.U. n. 92 del 20 aprile 2001). (3) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 17-quater. 1. Per le violazioni previste dall'art. 17-bis e dall'art. 221-bis consistenti nell'inosservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o impartite dall'autorità nell'esercizio di attività soggette ad autorizzazione, l'autorità amministrativa con l'ordinanza- ingiunzione può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre mesi. 2. La sanzione accessoria è disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna nell'ipotesi di connessione obiettiva della violazione amministrativa con un reato di cui all'art. 24 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 3. Nell'esecuzione della sanzione accessoria, si computa l'eventuale periodo di sospensione eseguita ai sensi dell'art. 17-ter (1). (1) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 17-quinquies. 1. Il rapporto relativo alle violazioni previste dagli articoli 17-bis e 221-bis è presentato al prefetto (1). (1) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 17-sexies. 1. Per le violazioni previste dagli articoli 17-bis e 221-bis è esclusa la confisca di beni immobili e si applicano le disposizioni di cui all'art. 20, commi terzo, quarto e quinto, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (1). (1) Articolo aggiunto dall'art. 3, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. TITOLO II Disposizioni relative all'ordine pubblico e alla incolumità pubblica Capo I Delle riunioni pubbliche e degli assembramenti in luoghi pubblici (*) Art. 18. (art. 17 T.U. 1926). I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. 6 I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 200.000 a 800.000 (1). Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola. Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione. I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'autorità sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da lire 400.000 a 800.000 (2). Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali. (*) Vedi, anche, gli artt. 19-28, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, nonché il R.D. 6 agosto 1926, n. 1486, sulle pubbliche manifestazioni culturali, benefiche, sportive e celebrative ed il R.D. 17 ottobre 1935, n. 2082, sui congressi nazionali ed internazionali e sulle manifestazioni artistiche, scientifiche, benefiche e sportive. (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonche' dall'aeìrt. 113, 1^ comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 19. (art. 18 T.U.). (1) (1) Articolo abrogato dall'art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110. Art. 20. (art. 19 T.U. 1926). Quando, in occasione di riunioni o di assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico, avvengono manifestazioni o grida sediziose o lesive del prestigio dell'autorità, o che comunque possono mettere in pericolo l'ordine pubblico o la sicurezza dei cittadini, ovvero quando nelle riunioni o negli assembramenti predetti sono commessi delitti, le riunioni e gli assembramenti possono essere disciolti. Art. 21. (art. 20 T.U. 1926). E' sempre considerata manifestazione sediziosa l'esposizione di bandiere o emblemi, che sono simbolo di sovversione sociale o di rivolta o di vilipendio verso lo Stato, il governo o le autorità. E' manifestazione sediziosa anche la esposizione di distintivi di associazioni faziose. Art. 22. (art. 21 T.U. 1926). Quando, nei casi preveduti dagli articoli precedenti, occorre disciogliere una riunione pubblica od un assembramento in luogo pubblico o aperto al pubblico, le persone riunite od assembrate sono invitate a disciogliersi dagli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, dagli ufficiali o dai sottufficiali dei carabinieri reali. Art. 23. (art. 22 T.U. 1926). Qualora l'invito rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, preceduta ognuna da uno squillo di tromba. 7 Art. 24. (art. 23 T.U. 1926). Qualora rimangano senza effetto anche le tre intimazioni ovvero queste non possano essere fatte per rivolta od opposizione, gli ufficiali di pubblica sicurezza o, in loro assenza, gli ufficiali o i sottufficiali dei carabinieri reali ordinano che la riunione o l'assembramento siano disciolti con la forza. All'esecuzione di tale ordine provvedono la forza pubblica e la forza armata sotto il comando dei rispettivi capi. Le persone che si rifiutano di obbedire all'ordine di discioglimento sono punite con l'arresto da un mese a un anno e con l'ammenda da lire 60.000 a 800.000 (1). (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonche' dall'art. 113, comma 1, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. CAPO II Delle cerimonie religiose fuori dei templi e delle processioni ecclesiastiche o civili (*). Art. 25. (art. 24 T.U. 1926). Chi promuove o dirige funzioni, cerimonie o pratiche religiose fuori dei luoghi destinati al culto, ovvero processioni ecclesiastiche o civili nelle pubbliche vie, deve darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. Il contravventore è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire 100.000 (1). (*) Vedi, anche, gli artt. 29-32, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 26. (art. 25 T.U. 1926). Il Questore può vietare, per ragioni di ordine pubblico o di sanità pubblica, le funzioni, le cerimonie, le pratiche religiose e le processioni indicate nell'articolo precedente, o può prescrivere l'osservanza di determinate modalità, dandone, in ogni caso, avviso ai promotori almeno ventiquattro ore prima. Alle processioni sono, nel resto, applicabili le disposizioni del capo precedente. Art. 27. (art. 26 T.U. 1926). Le disposizioni di questo capo non si applicano agli accompagnamenti del viatico e ai trasporti funebri, salve le prescrizioni delle leggi e dei regolamenti di sanità pubblica e di polizia locale. Il Questore può vietare che il trasporto funebre avvenga in forma solenne ovvero può determinare speciali cautele a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini. CAPO III Delle raccolte delle armi e delle passeggiate in forma militare (*) 8 Art. 28. (art. 27 T.U. 1926). Oltre i casi preveduti dal codice penale, sono proibite la raccolta e la detenzione, senza licenza del Ministro per l'interno, di armi da guerra e di armi ad esse analoghe, nazionali o straniere, o di parti di esse, di munizioni, di uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento e all'equipaggiamento di forze armate nazionali o straniere. La licenza è, altresì, necessaria per la fabbricazione, 'limportazione e l'esportazione delle armi predette o di parti di esse, di munizioni, di uniformi militari o di altri oggetti destinati all'armamento o all'equipaggiamento di forze armate. Per il trasporto delle armi stesse nell'interno dello Stato è necessario darne avviso al Prefetto. Il contravventore è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con l'arresto da un mese a tre anni e con l'ammenda da lire 200.000 a lire 800.000 (1). (*) Vedi, anche, gli artt. 33-43, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 29. (art. 28 T.U. 1926). Salvo quanto è stabilito dalle leggi militari, non possono aver luogo, senza licenza del Prefetto, passeggiate in forma militare con armi (19). Il contravventore è punito con l'arresto fino a sei mesi. I capi o i promotori sono puniti con l'arresto fino ad un anno. (1) Sul divieto delle associazioni di carattere militare vedi anche D.Lgs. 14 febbraio 1948, n. 43. CAPO IV Delle armi (*) Art. 30. (art. 29 T.U. 1926). Agli effetti di questo testo unico, per armi si intendono: 1° le armi proprie, cioè quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona; 2° le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, ovvero i gas asfissianti o accecanti. (*) Vedi, anche, gli artt. 40-80, R.D. 6 maggio 1940, n. 635 e L. 2 ottobre 1967, n. 895. L'art. 34, L. 18 aprile 1975, n. 110, ha triplicato le pene stabilite dal codice penale e dal presente T.U. per le contravvenzioni alle norme concernenti gli esplosivi. Art. 31. (art. 30 T.U. 1926). Salvo quanto è disposto per le armi da guerra dall'art. 28, non si possono fabbricare altre armi, introdurle nello Stato, esportarle, farne raccolta per ragioni di commercio o di industria, o porle comunque in vendita, senza licenza del Questore. La licenza è necessaria anche per le collezioni delle armi artistiche, rare od antiche. Art. 32. (art. 31 T.U. 1926). 9 Le licenze di cui agli artt. 28 e 31 non possono essere concedute a chi non può validamente obbligarsi e sono valide esclusivamente per i locali indicati nelle licenze stesse. Può essere consentito di condurre la fabbrica, il deposito, il magazzino di vendita di armi, a mezzo di rappresentante. La licenza per le collezioni di armi artistiche, rare o antiche è permanente. Debbono tuttavia essere denunciati al Questore i cambiamenti sostanziali della collezione o del luogo del deposito. Il contravventore è punito con l'ammenda fino a lire 1.000.000 (1). (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a L. 4.000. La sanzione in rassegna è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 34, primo comma, lettera c), della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 33. (1) (1) Abrogato dall'art. 8, L. 18 aprile 1975, n. 110. Art. 34. (art. 33 T.U. 1926). Il commerciante, il fabbricante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi non può trasportarle fuori del proprio negozio od opificio, senza preventivo avviso all'autorità di pubblica sicurezza. L'obbligo dell'avviso spetta anche al privato che, per qualunque motivo, deve trasportare armi nell'interno dello Stato. Art. 35. (art. 34 T.U. 1926). Il fabbricante, il commerciante di armi e chi esercita l'industria della riparazione delle armi è obbligato a tenere un registro delle operazioni giornaliere, nel quale devono essere indicate le generalità delle persone con cui le operazioni stesse sono compiute. Tale registro deve essere esibito a richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di cinque anni anche dopo la cessazione dell'attività (1). I commercianti di armi devono altresì comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato o venduto loro le armi, la specie e la quantità delle armi vendute o acquistate e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati (2). E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal Questore. Il nulla osta non può essere rilasciato a minori; ha la validità di un mese ed è esente da ogni tributo. La domanda è redatta in carta libera. Il Questore può subordinare il rilascio del nulla osta, di cui al comma precedente, alla presentazione di certificato del medico provinciale, o dell'ufficiale sanitario, o di un medico militare dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere. Il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a lire 250.000 (3). 10 L'acquirente o cessionario di armi in violazione delle norme del presente articolo è punito con l'arresto sino a sei mesi e con l'ammenda sino a lire 250.000 (4) (5). (1) Comma così modificato dalla legge 7 agosto 1992, n. 356. (2) Comma aggiunto dall'art. 12, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (3) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 113, secondo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sa nzione non può superare lire 2.000.000. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. (4) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 113, secondo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. (5) L'originario 3° comma del presente articolo è stato così sostituito dagli attuali ultimi quattro dell'art. 1, D.L. 22 novembre 1956, n. 1274, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 1956, n. 1452. Vedi, anche, gli artt. 4 e 4-bis del sopra già citato D.L. 22 novembre 1956, n. 1274. Art. 36. (art. 35 T.U. 1926). Nessuno può andare in giro con un campionario di armi senza la licenza del Questore della provincia dalla quale muove. La licenza deve essere vidimata dai Questori delle province che si intende percorrere. La licenza non può essere rilasciata per campionari di armi da guerra. Art. 37. (art. 36 T.U. 1926). E' vietato esercitare la vendita ambulante delle armi. E' permessa la vendita ambulante degli strumenti da punta e da taglio atti ad offendere, con licenza del Questore (1). (1) Vedi, anche, l'art. 163, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 38. (art. 37 T.U. 1926). Chiunque detiene armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere e in qualsiasi quantità deve farne immediata denuncia all'ufficio locale di pubblica sicurezza o, se questo manchi, al comando dei reali carabinieri (1). Sono esenti dall'obbligo della denuncia: a) i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo; b) i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche; c) le persone che per la loro qualità permanente hanno diritto ad andare armate, limitatamente però al numero ed alla specie delle armi loro consentite. L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire, quando lo ritenga necessario, verifiche di controllo anche nei casi contemplati dal capoverso precedente, e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico. (1) Per i casi di omessa denuncia di materie esplodenti e di detenzione abusiva di armi, vedi, rispettivamente, gli artt. 679 e 697, codice penale del 1930, nonché la L. 2 ottobre 1967, n. 895. Art. 39. (art. 38 T.U. 1926). Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne. 11 Art. 40. (art. 39 T.U. 1926). Il Prefetto può, per ragioni di ordine pubblico, disporre, in qualunque tempo, che le armi, le munizioni e le materie esplodenti, di cui negli articoli precedenti, siano consegnate, per essere custodite in determinati depositi a cura dell'autorità di pubblica sicurezza o dell'autorità militare. Art. 41. (art. 40 T.U. 1926). Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, procedono immediatamente a perquisizione e sequestro. Art. 42. (art. 41 T.U. 1926). [Non possono essere portati, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, armi, mazze ferrate o bastoni ferrati, sfollagente, noccoliere] (1). [Senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta e da taglio atti ad offendere] (1). Il Questore ha facoltà di dare licenza per porto d'armi lunghe da fuoco e il Prefetto ha facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura o bastoni animati la cui lama non abbia una lunghezza inferiore a centimetri 65 (2). (1) Comma abrogato dall'art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110. (2) Per il porto abusivo di armi vedi l'art. 699, c.p. 1930. La L. 22 dicembre 1956, n. 1452, che ha convertito in legge il D.L. 22 novembre 1956, n. 1274, ha soppresso l'art. 2 di tale decreto, il quale aggiungeva un comma al presente articolo. Con D.M. 4 dicembre 1991, sono stati determinati i requisiti psico-fisici per il rilascio del porto d'armi. Vedi, anche, il D.M. 14 settembre 1994. Art. 43. (art. 42 T.U. 1926). Oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi: a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico; c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi. La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi. Art. 44. (art. 43 T.U. 1926). Non può essere conceduta la licenza di porto d'armi al minore non emancipato. E' però in facoltà del Prefetto di concedere la licenza per l'arma lunga da fuoco, per solo uso di caccia, al minore che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, il quale presenti il 12 consenso scritto di chi esercita la patria potestà o la tutela e dimostri di essere esperto nel maneggio delle armi. Art. 45. (art. 44 T.U. 1926). Qualora si verifichino in qualche provincia o comune condizioni anormali di pubblica sicurezza, il Prefetto può revocare, in tutto o in parte, con manifesto pubblico, le licenze di portare armi. CAPO V Della prevenzione di infortuni e disastri (*) Art. 46. (art. 45 T.U. 1926). Senza licenza del Ministro dell'interno è vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare dinamite e prodotti affini negli effetti esplosivi, fulminati, picrati, artifici contenenti miscele detonanti, ovvero elementi solidi e liquidi destinati alla composizione di esplosivi nel momento dell'impiego. E' vietato altresì, senza licenza del Ministro dell'interno, fabbricare polveri contenenti nitrocellulosa o nitroglicerina (1). (*) Vedi, anche, gli artt. 81-110, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (1) Vedi, anche, per quanto concerne la fabbricazione, il trasporto, il commercio e l'impiego di materie e prodotti infiammabili o esplodenti, l'art. 678 c.p. 1930, gli artt. 358-365, D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, gli artt. 4-38, D.P.R. 19 marzo 1956, n. 302, gli articoli 41-52, D.P.R. 20 marzo 1956, n. 320 sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed il R.D. 13 luglio 1903, n. 361. Art. 47. (art. 46 T.U. 1926). Senza licenza del Prefetto è vietato fabbricare, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri piriche o qualsiasi altro esplosivo diverso da que lli indicati nell'articolo precedente, compresi i fuochi artificiali e i prodotti affini, ovvero materie e sostanze atte alla composizione o fabbricazione di prodotti esplodenti. E' vietato altresì, senza licenza del Prefetto, tenere in deposito, vendere o trasportare polveri senza fumo a base di nitrocellulosa o nitroglicerina (1). (1) Vedi la nota 1 sub art. 46. Art. 48. (art. 47 T.U. 1926). Chi fabbrica o accende fuochi artificiali deve dimostrare la sua capacità tecnica. Art. 49. (art. 48 T.U. 1926). Una commissione tecnica nominata dal Prefetto determina le condizioni alle quali debbono soddisfare i locali destinati alla fabbricazione o al deposito di materie esplodenti (1). Le spese pel funzionamento della commissione sono a carico di chi domanda la licenza. (1) Per quanto concerne la composizione della Commissione tecnica di cui al presente articolo, vedi l'art. 89, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Art. 50. (art. 49 T.U. 1926). 13 Nel regolamento per l'esecuzione di questo testo unico saranno determinate le quantità e le qualità delle polveri e degli altri esplodenti che possono tenersi in casa o altrove o trasportarsi senza licenza; e sarà altresì stabilito per quale quantità dei prodotti e delle materie indicate nell'art. 46, le licenze di deposito e di trasporto possono essere rilasciate dal Prefetto (1). (1) Vedi, al riguardo, l'art. 97 del regolamento approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Art. 51. (art. 50 T.U. 1926). Le licenze per la fabbricazione e per il deposito di esplodenti di qualsiasi specie sono permanenti; quelle per la vendita delle materie stesse durano fino al 31 dicembre dell'anno in cui furono rilasciate. Le une e le altre sono valide esclusivamente per i locali in esse indicati. Le licenze di trasporto possono essere permanenti o temporanee. E' consentita la rappresentanza. Art. 52. (art. 51 T.U. 1926). Le licenze per l'impianto di opifici nei quali si fabbricano, si lavorano o si custodiscono materie esplodenti di qualsiasi specie, nonché quelle per il trasporto, per la importazione o per la vendita delle materie stesse non possono essere concedute senza le necessarie garanzie per la vita delle persone e per le proprietà, e sono vincolate all'assicurazione della vita degli operai e dei guardiani. Oltre quanto è stabilito dall'art. 11, debbono essere negate le predette licenze alle persone che nel quinquennio precedente abbiano riportato condanna per delitto contro l'ordine pubblico, o la incolumità pubblica, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione o per omicidio, anche se colposo. Le licenze stesse non possono essere concedute a coloro che non dimostrino la propria capacità tecnica. Art. 53. (art. 52 T.U. 1926). E' vietato fabbricare, tenere in casa o altrove, trasportare o vendere, anche negli stabilimenti, laboratori, depositi o spacci autorizzati, prodotti esplodenti che non siano stati riconosciuti e classificati dal Ministro dell'interno, sentito il parere di una commissione tecnica. Nel regolamento saranno classificate tutte le materie esplosive, secondo la loro natura, composizione ed efficacia esplosiva. L'iscrizione dei prodotti nelle singole categorie ha luogo con provvedimento, avente carattere definitivo, del Ministro dell'interno (1). (1) Vedi, anche, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 608 e le relative tabelle annesse. Art. 54. (art. 53 T.U. 1926). Salvo il disposto dell'art. 28 per le munizioni da guerra, non possono introdursi nello Stato prodotti esplodenti di qualsiasi specie senza licenza del Ministro dell'interno, da rilasciarsi volta per volta. La licenza non può essere conceduta se l'esplosivo non sia stato già riconosciuto e classificato. Queste disposizioni non si applicano rispetto agli esplosivi di transito, per i quali è sufficiente la licenza del Prefetto della provincia per cui i prodotti entrano nello Stato. 14 Art. 55. (art. 54 T.U. 1926). Gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie sono obbligati a tenere un registro delle operazioni giornaliere, in cui saranno indicate le generalità delle persone con le quali le operazioni stesse sono compiute. I rivenditori di materie esplodenti devono altresì comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato munizioni ed esplosivi, la specie, i contrassegni e la quantità delle munizioni e degli esplosivi venduti e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati (1). Tale registro deve essere esibito a ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di cinque anni anche dopo la cessazione dell'attività (2). E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere materie esplodenti di qualsiasi genere a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta rilasciato dal Questore. Il nulla osta non può essere rilasciato a minori; ha la validità di un mese ed è esente da ogni tributo. La domanda è redatta in carta libera. Il Questore può subordinare il rilascio del nulla osta di cui al comma precedente, alla presentazione di certificato del medico provinciale, o dell'ufficiale sanitario o di un medico militare, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere. Il contravventore è punito con l'arresto da nove mesi a tre anni e con l'ammenda non inferiore a lire 300.000 (3). L'acquirente o cessionario di materie esplodenti in violazione delle norme del presente articolo è punito con l'arresto sino a diciotto mesi e con l'ammenda sino a lire 300.000 (4) (5). (1) Periodo aggiunto dall'art. 12, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. (2) Comma così modificato dall'art. 6, D.Lgs. 2 gennaio 1997. (3) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 34, L. 18 aprile 1975, n. 110 nonché dall'art. 113, quarto comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può superare lire 2.000.000. La pena dell'arresto è stata così elevata dallo stesso art. 34 di cui sopra. (4) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 34, L. 18 aprile 1975, n. 110 nonché dall'art. 113, quarto comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000. La pena dell'arresto è stata così elevata dallo stesso art. 34 di cui sopra; a norma del medesimo art. 34 detta pena non può essere inferiore a tre mesi. (5) Gli originari terzo e quarto comma sono stati così sostituiti dagli attuali ultimi quattro dall'art. 3, D.L. 22 novembre 1956, n. 1274, così come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 1956, n. 1452. Vedi, anche, gli artt. 4 e 4-bis del sopra già indicato D.L. 22 novembre 1956, n. 1274. Art. 56. (art. 55 T.U. 1926). L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare la distruzione o la rimozione degli esplosivi che si trovano nelle fabbriche, nei depositi e nei magazzini di vendita, quando essi possono costituire un pericolo per l'incolumità pubblica o per l'ordine pubblico. Art. 57. (art. 56 T.U. 1926). Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco né lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa (1). 15 E' vietato sparare mortaletti e simili apparecchi. (1) Vedi, anche, art. 703, codice penale del 1930, nonché gli artt. 28, 29 e 32, R.D. 5 giugno 1939, n. 1016, con il quale è stato approvato il testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e l'esercizio della caccia. Art. 58. (art. 57 T.U. 1926). E' vietato l'impiego di gas tossici (1) a chi non abbia ottenuto la preventiva autorizzazione (2). Il contravventore è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a lire 400.000 (3) se il fatto non costituisce un più grave reato. Le prescrizioni da osservarsi nell'impiego dei gas predetti sono determinate dal regolamento. (1) Il R.D. 9 gennaio 1927, n. 147, con il quale è stato approvato il «Regolamento speciale per l'impiego dei gas tossici», con il suo art. 1 così dispone: “Art. 1. Agli effetti dell'art. 57 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848, è considerato «gas tossico»: a) qualsiasi sostanza tossica, che si trova allo stato gassoso, o che per essere utilizzata deve passare allo stato di gas o di vapore, e che è adoperata in ragione del suo potere tossico e per scopi inerenti al potere tossico stesso; b) qualsiasi sostanza tossica, che si trova allo stato gassoso o che per essere utilizzata deve passare allo stato di gas o di vapore, la quale, pure essendo adoperata per scopi diversi da quelli dipendenti dalle sue proprietà tossiche, è riconosciuta pericolosa per la sicurezza ed incolumità pubblica». L'elenco dei gas tossici riconosciuti ai sensi del regolamento approvato con R.D. 9 gennaio 1927, n. 147 è stato approvato con D.M. 6 febbraio 1935”. (2) La norma dell'art. 33, D.P.R. 10 giugno 1955, n. 854, sul decentramento dei servizi dell'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità pubblica, così dispone: «E' demandata al Prefetto l'autorizzazione per l'impiego dei gas tossici prevista dall'art. 58 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773 e dall'art. 5 del relativo regolamento approvato con R.D. 9 gennaio 1927, n. 147. Il Prefetto provvede, sentita la Commissione di cui all'art. 39 del presente decreto». (Trattasi della Commissione tecnica permanente, istituita presso ogni Prefettura e della quale fanno parte il medico provinciale, l'ingegnere capo del Genio civile, il Questore, l'esperto in chimica membro del Consiglio di sanità ed il comandante dei vigili del fuoco della Provincia). (3) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603 nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 59. (art. 58 T.U. 1926). E' vietato di dar fuoco nei campi e nei boschi alle stoppie fuori del tempo e senza le condizioni stabilite dai regolamenti locali e a una distanza minore di quella in essi determinata. In mancanza di regolamenti è vietato di dare fuoco nei campi o nei boschi alle stoppie prima del 15 agosto e ad una distanza minore di cento metri dalle case, dagli edifici, dai boschi, dalle piantagioni, dalle siepi, dai mucchi di biada, di paglia, di fieno, di foraggio e da qualsiasi altro deposito di materia infiammabile o combustibile. Anche quando è stato acceso il fuoco nel tempo e nei modi ed alla distanza suindicati, devono essere adottate le cautele necessarie a difesa delle proprietà altrui, e chi ha acceso il fuoco deve assistere di persona e col numero occorrente di persone fino a quando il fuoco sia spento. Art. 60. (art. 59 T.U. 1926). 16 Nessun ascensore per trasporto di persone o di materiali accompagnati da persone può essere impiantato e tenuto in esercizio senza licenza del prefetto (1). (1) Per quanto riguarda l'esercizio e l'impianto di ascensori e montacarichi in servizio privato, vedi la L. 24 ottobre 1942, n. 1415, il D.P.R. 24 dicembre 1951, n. 1767 e il D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497 e per gli ascensori in servizio pubblico il R.D. 23 giugno 1927, n. 1110, D.L. 7 settembre 1938, n. 1696. Art. 61. (art. 60 T.U. 1926). L'autorità locale di pubblica sicurezza, d'accordo con l'autorità comunale, può prescrivere che nelle ore di notte non si lasci aperto nelle case più di un accesso sulla pubblica via; che tale accesso sia illuminato fino a una data ora, e nelle altre resti chiuso se manca il custode. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 100.000 (1). (1) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603 nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma della stessa legge. Per effetto dell'art. 10 della medesima L. 24 novembre 1981, n. 689, l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000. Art. 62. (art. 61 T.U. 1926). (*) I portieri di case di abitazione o di albergo, i custodi di magazzini, stabilimenti di qualsiasi specie, uffici e simili, quando non rivestono la qualità di guardia particolare giurata, devono ottenere l'iscrizione in apposito registro presso l'autorità locale di pubblica sicurezza. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni anno. E' rifiutata o revocata a chi non risulta di buona condotta od è sfornito della carta di identità. Il contravventore all'obbligo stabilito dalla prima parte di questo articolo è punito con l'arresto da uno a tre mesi e con l'ammenda da lire 200.000 a 1.000.000 (1). I proprietari o gli amministratori delle case, alberghi, ma gazzini, stabilimenti o uffici sopra indicati, e coloro che ne rispondono a qualsiasi titolo, qualora adibiscano o tengano al servizio di portiere o custode chi non è iscritto nel registro dell'autorità locale di pubblica sicurezza, sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 400.000 a lire 1.200.000 (2) (3). (*) Per quanto concerne il procedimento per l'iscrizione nel registro dei portieri e dei custodi, la norma è da intendersi abrogata dall'articolo 1, commi 1 e 3 della legge 24 novembre 2000, n. 340 - In vigore dal 9 dicembre 2000. (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603 nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. (2) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603 nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge. (3) Vedi, anche, gli artt. 111-114, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. CAPO VI Delle industrie pericolose e dei mestieri rumorosi e incomodi (*). Art. 63. (art. 62 T.U. 1926). 17 Salvo quanto sarà disposto con legge speciale circa l'impianto e l'esercizio dei depositi di olii minerali, loro derivati e residui, sarà provveduto con regolamento speciale da approvarsi con decreto del Ministro dell'interno, alla classificazione delle sostanze che presentano pericolo di scoppio o di incendio e saranno stabilite le norme da osservarsi per l'impianto e l'esercizio dei relativi opifici, stabilimenti e deposit i, e per il trasporto di tali sostanze, compresi gli olii minerali, loro derivati e residui. (*) Vedi, anche, l'art. 115, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Art. 64. (art. 63 T.U. 1926). Salvo quanto è stabilito dall'articolo precedente, le manifatture, le fabbriche e i depositi di materie insalubri o pericolose possono essere impiantati ed esercitati soltanto nei luoghi e con le condizioni determinate dai regolamenti locali (1). In mancanza di regolamenti il Podestà (2) provvede sulla domanda degli interessati. Gli interessati possono ricorrere al Prefetto che provvede, sentito il consiglio provinciale sanitario, e, se occorre, l'ufficio del genio civile. (1) Vedi, anche, l'art. 216, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, contenente il testo unico delle leggi sanitarie. (2) Ora Sindaco. Art. 65. (art. 64 T.U. 1926). Il Prefetto, sentito il parere del consiglio provinciale sanitario o dell'ufficio del genio civile, può, anche in mancanza di ricorso, annullare il provvedimento del Podestà (1) che ritenga contrario alla sanità o alla sicurezza pubblica. (1) Ora Sindaco. Art. 66. (art. 65 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 67. (art. 66 T.U. 1926). I provvedimenti del Prefetto rispetto alle materie indicate negli articoli 60, 61, 62, 64 e 65 sono definitivi. TITOLO III Disposizioni relative agli spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, affissioni, mestieri girovaghi, operai e domestici CAPO I Degli spettacoli e trattenimenti pubblici Art. 68. (art. 67 T.U. 1926). Senza licenza del Questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto, al pubblico accademie, feste da ballo, corse di cavalli, né altri simili spettacoli o trattenimenti, e non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione (1). 18 Per le gare di velocità di autoveicoli e per le gare aeronautiche si applicano le disposizioni delle leggi speciali. (1) Comma così modificato dall'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 Art. 69. (art. 68 T.U. 1926). Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza è vietato dare, anche temporaneamente, per mestiere, pubblici trattenimenti, esporre alla pubblica vista rarità, persone, animali, gabinetti ottici o altri oggetti di curiosità, ovvero dare audizioni all'aperto. Art. 70. (art. 69 T.U. 1926). (1) (1) Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 71. (art. 70 T.U. 1926). Le licenze, di cui negli articoli precedenti, sono valide solamente per il locale e per il tempo in esse indicati. Art. 72. (art. 71 T.U. 1926). Per le rappresentazioni di opere drammatiche, musicali, cinematografiche, coreografiche, pantomimiche e simili, la licenza dell'autorità di pubblica sicurezza è subordinata alla tutela dei diritti di autore, in conformità alle leggi speciali (1). (1) Per l'abrogazione di norme contenute nel presente articolo vedi, anche, l'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 73. (1) (1) Articolo brogato dall'art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 74. La concessione della licenza prevista dall'art. 68, per quanto concerne le produzioni teatrali, è subordinata al deposito presso il Questore di un esemplare della produzione, che si intende rappresentare munito del provvedimento ministeriale di approvazione. [Il Prefetto può, per locali circostanze, vietare la rappresentazione di qualunque produzione teatrale, anche se abbia avuta l'approvazione del Ministero dell'interno] (1). L'autorità locale di pubblica sicurezza può sospendere la rappresentazione di qualunque produzione, che, per locali circostanze, dia luogo a disordini. Della sospensione deve subito essere dato avviso al Prefetto e al Ministero (2). (1) Comma abrogato dall'art. 11, L. 21 aprile 1962, n. 161. (2) Per l'abrogazione di norme contenute nel presente articolo vedi, anche, l'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 75. (art. 73 T.U. 1926). Chiunque fabbrica, anche senza carattere di continuità e senza scopo di speculazione commerciale, pellicole cinematografiche deve darne preventivo avviso scritto al Questore che ne rilascia ricevuta, attestando della eseguita iscrizione del fabbricante in apposito registro. 19 L'iscrizione deve essere rinnovata ogni anno. Lo stesso obbligo ha chi intende introdurre nel territorio dello Stato o esportare o fare comunque commercio di pellicole cinematografiche (1). (1) Per l'abrogazione di norme contenute nel presente articolo vedi, anche, l'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 76. (art. 74 T.U. 1926). [Chi intende fare eseguire in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico azioni destinate a essere riprodotte col cinematografo deve darne preventivo avviso scritto all'autorità locale di pubblica sicurezza] (1). (1) Articolo abrogato dall'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 77. (art. 75 T.U. 1926). Le pellicole cinematografiche, prodotte all'interno oppure importate dall'estero, tanto se destinate ad essere rappresentate all'interno dello Stato, quanto se destinate ad essere esportate, devono essere sottoposte a preventiva revisione da parte dell'autorità di pubblica sicurezza. Art. 78. (art. 76 T.U. 1926). L'autorità competente ad eseguire la revisione delle pellicole per spettacoli cinematografici decide a quali di questi possono assistere i minori di anni sedici (1). Qualora decida di escluderli, il concessionario o il direttore della sala cinematografica deve pubblicarne l'avviso sul manifesto dello spettacolo e provvedere rigorosamente alla esecuzione del divieto. Salve le sanzioni prevedute dal codice penale, i concessionari o direttori delle sale cinematografiche, i quali contravvengono agli obblighi predetti sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire 20.000 a 120.000 (2). (1) Attualmente, a norma dell'art. 5, L. 21 aprile 1962, n. 161, la commissione incaricata della revisione delle pellicole cinematografiche stabilisce, «in relazione alla particolare sensibilità dell'età evolutiva ed alle esigenze della sua tutela morale», se alla proiezione del film possono assistere i minori degli anni 14 o i minori degli anni 18. (2) Sanzione così aumentata mediante moltiplicazione per quaranta dell'importo originario, a norma del disposto dell'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603. Vedi, ora, l'art. 5, L. 21 aprile 1962, n. 161. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 79. (1). Articolo abrogato dall'art. 25, L. 26 aprile 1934, n. 653. Art. 80. (art. 78 T.U. 1926). L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio. Le spese dell'ispezione e quelle per i servizi di prevenzione contro gli incendi sono a carico di chi domanda la licenza. 20 Art. 81. (art. 79 T.U. 1926). L'autorità di pubblica sicurezza deve assistere per mezzo dei suoi ufficiali o agenti ad ogni rappresentazione, dal principio alla fine, per vigilare nell'interesse dell'ordine, della sicurezza pubblica, della morale e del buon costume. Essa ha diritto, a spese del concessionario, ad un palco, o, in mancanza di palchi, ad un posto distinto, dal quale possa attendere agevolmente all'esercizio delle sue funzioni (1). (1) Per l'abrogazione di norme contenute nel presente articolo vedi, anche, l'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 82. (art. 80 T.U. 1926). Nel caso di tumulto o di disordini o di pericolo per la incolumità pubblica o di offese alla morale o al buon costume, gli ufficiali o gli agenti di pubblica sicurezza ordinano la sospensione o la cessazione dello spettacolo e, se occorre, lo sgombro del locale. Qualora il disordine avvenga per colpa di chi dà o fa dare lo spettacolo, gli ufficiali o gli agenti possono ordinare che sia restituito agli spettatori il prezzo d'ingresso. Art. 83. (art. 81 T.U. 1926). Non possono sospendersi o variarsi gli spettacoli già incominciati senza il consenso dell'ufficiale di pubblica sicurezza che vi assiste (1). (1) Per l'abrogazione di norme contenute nel presente articolo vedi, anche, l'art. 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 84. (art. 82 T.U. 1926). [I Prefetti provvedono, con regolamenti da tenersi costantemente affissi in luogo visibile, al servizio d'ordine e di sicurezza nei teatri e negli altri luoghi di pubblico spettacolo]. (1) (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 85. (art. 83 T.U. 1926). E' vietato comparire mascherato in luogo pubblico. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (1). E' vietato l'uso della maschera nei teatri e negli altri luoghi aperti al pubblico, tranne nelle epoche e con l'osservanza delle condizioni che possono essere stabilite dall'autorità locale di pubblica sicurezza con apposito manifesto. Il contravventore e chi, invitato, non si toglie la maschera, è punito con la sanzione amministrativa da lire 20.000 a lire 200.000 (1). (1) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge. CAPO II Degli esercizi pubblici (*). 21 Art. 86. (art. 84 T.U. 1926). Non possono esercitarsi, senza licenza del Questore, alberghi (1), compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche (2), né sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni (3), [esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture] (4), ovvero locali di stallaggio e simili. La licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcoolica presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci (4). (*) Vedi, anche, gli artt. 152-196, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, nonché, sugli esercizi pubblici e sulle agenzie di affari non autorizzate o vietate, art. 665 e sulla pubblicazione o commercio abusivo di liquori o altre bevande alcooliche art. 686 c.p. del 1930. (1) Per l'apertura degli alberghi, occorre anche, ai fini igienico-sanitari, un'autorizzazione che concede il Sindaco, su parere favorevole dell'ufficiale sanitario; vedi, al riguardo, artt. 231 e 232, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, contenente il testo unico delle leggi sanitarie; vedi, poi, sulle migliorie igieniche negli alberghi R.D. 24 maggio 1925, n. 1102, sull'autorizzazione all'esercizio di complessi ricettivi complementari, L. 21 marzo 1958, n. 326 e D.P.R. 20 giugno 1961, n. 869 e sull'autorizzazione alla gestione di un albergo da parte del locatore del medesimo, art. 15, R.D. 16 giugno 1938, n. 1298. (2) Vedi l'art. 63, D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504. (3) Gli stabilimenti di bagni non possono essere aperti o posti in esercizio senza autorizzazione del Prefetto che lo concede su parere del Consiglio provinciale di sanità; vedi al riguardo art. 194, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, contenente il testo unico delle leggi sanitarie. (4) Parole soppresse dall’articolo 4 del D.P.R. 19 dicembre 2001, n. 481 (G.U. n. 37 del 13 febbraio 2002). (5) Vedi, anche, D.Lgs.P. 28 giugno 1946, n. 78 ed art. 1, L. 8 luglio 1949, n. 478, nonché gli artt. 3, 9 e 10, D.P.R. 4 agosto 1957, n. 918, a norma dei quali per la costruzione e l'esercizio dei rifugi alpini occorre l'autorizzazione dell'Ente provinciale per il turismo. I rifugi alpini, inoltre, non sono tenuti a munirsi della licenza di pubblica sicurezza per la somministrazione di bevande alcooliche e superalcooliche. L'articolo unico, D.Lgs.Lgt. 4 settembre 1944, n. 184 (Gazz. Uff. 5 settembre 1944, n. 52, S.O.), contenente norme per l'aumento delle sanzioni, poi, così dispone: «Articolo unico. Le pene stabilite dall'art. 665 del Codice penale quando si tratti di esercizi pubblici preveduti nell'articolo 86 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, nei quali si vendono al minuto o si consumano vino, birra o liquori sono raddoppiate. In ogni caso la pena dell'arresto non può essere inferiore ad un mese e quella della ammenda a lire mille». Art. 87. (art. 85 T.U. 1926). E' vietata la vendita ambulante di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione. Art. 88. (art. 86 T.U. 1926). Non può essere conceduta licenza per l'esercizio di scommesse, fatta eccezione per le scommesse nelle corse, nelle regate, nei giuochi di palla o pallone e in altre simili gare, quando l'esercizio delle scommesse costituisce una condizione necessaria per l'utile svolgimento della gara. Le società di corse di cava lli, debitamente costituite ed autorizzate, hanno esclusivamente il diritto di esercitare per le proprie corse, tanto negli ippodromi quanto fuori di essi, totalizzatori e le scommesse a libro, sia direttamente, sia per mezzo di allibratori, purché questi agiscano in nome e per conto delle società, ed abbiano, oltre la licenza di cui alla prima parte di questo articolo, una speciale autorizzazione delle società stesse (1). [I contravventori sono puniti con l'arresto da due mesi a un anno e con l'ammenda non inferiore a lire 1.000.000] (2). 22 (1) Per quanto concerne la disciplina delle attività di giuoco (giuochi di abilità e concorsi pronostici), vedi D.Lgs.C.P.S. 14 aprile 1948, n. 496 e D.P.R. 18 aprile 1951, n. 581. (2) Comma abrogato dall'art. 9, L. 13 dicembre 1989, n. 401. Art. 89 Art. 90. Art. 91 (1) (1) L'art. 1, L. 14 ottobre 1974, n. 524 ha abrogato gli artt. 89, 90, 91, 95, 96, 97, 98 e 103, commi terzo e quarto del presente R.D. Detta abrogazione è stata confermata dall'art. 1, L. 25 agosto 1991, n. 287. Art. 92. (art. 90 T.U. 1926). Oltre a quanto è preveduto dall'art. 11, la licenza di esercizio pubblico e l'autorizzazione di cui all'art. 89 non possono essere date a chi sia stato condannato per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, o contro la sanità pubblica o per giuochi d'azzardo, o per delitti commessi in istato di ubriachezza o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dell'alcoolismo, o per infrazioni alla legge sul lotto, o per abuso di sostanze stupefacenti. Art. 93. (art. 91 T.U. 1926). [La licenza e l'autorizzazione durano fino al 31 dicembre di ogni anno e valgono esclusivamente per i locali in esse indicati]. (1) Si può condurre l'esercizio per mezzo di rappresentante. (1) Comma abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 94. (art. 92 T.U. 1926). [L'autorizzazione di cui all'art. 89 non può essere conceduta per le cantine delle caserme, per gli spacci di cibi o bevande esistenti negli stabilimenti di qualsiasi specie, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, né per gli esercizi temporanei]. (1) (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 95 Art. 96 Art. 97) Art. 98 (1) (1) L'art. 1, L. 14 ottobre 1974, n. 524 ha abrogato gli artt. 89, 90, 91, 95, 96, 97, 98 e 103, commi terzo e quarto del presente R.D. Detta abrogazione è stata confermata dall'art. 1, L. 25 agosto 1991, n. 287. Art. 99. (art. 97 T.U. 1926). 23 Nel caso di chiusura dell'esercizio per un tempo superiore agli otto giorni, senza che sia dato avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza, la licenza è revocata. La licenza è, altresì, revocata nel caso in cui sia decorso il termine di chiusura comunicato all'autorità di pubblica sicurezza, senza che l'esercizio sia stato riaperto. Tale termine non può essere superiore a tre mesi, salvo il caso di forza maggiore. Art. 100. (art. 98 T.U. 1926). Oltre i casi indicati dalla legge, il Questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinata la sospensione, la licenza può essere revocata. Art. 101. (art. 99 T.U. 1926). E' vietato di adibire il locale di un pubblico esercizio a ufficio di collocamento o di pagamento delle mercedi agli operai (1). (1) L'art. 25, numero 6, L. 26 aprile 1934, n. 653, contenente norme sulla tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, ha abrogato il secondo ed il terzo comma del presente articolo. Art. 102. (art. 100 T.U. 1926). [E' vietata la concessione, sotto qualsiasi forma e denominazione, di licenze o di autorizzazioni provvisorie, salvo quanto è disposto dall'articolo seguente]. (1) (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 103. (art. 101 T.U. 1926). [In occasione di fiere, feste, mercati o di altre riunioni straordinarie di persone, l'autorità locale di pubblica sicurezza può concedere licenze temporanee di pubblico esercizio. La validità di tali licenze deve essere limitata ai soli giorni delle predette riunioni. [Nelle stazioni climatiche o di cura, il Questore, qualora non si tratti di esercizi destinati esclusivamente alla vendita di bevande alcooliche, può concedere licenze temporanee di durata limitata a tutto il periodo della stagione in cui si verifica lo straordinario concorso di persone, esclusa, in ogni caso, la somministrazione di alcoolici ad alta gradazione] (1) (2). [Il numero delle licenze temporanee non può superare il limite stabilito dall'art. 95, tenuto conto dell'aumento straordinario della popolazione] (2)]. (3) (1) Vedi, anche, l'art. 4, L. 8 luglio 1949, n. 478; nonché l'art. 190 del regolamento del presente testo unico, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (2) L'art. 1, L. 14 ottobre 1974, n. 524 ha abrogato gli artt. 89, 90, 91, 95, 96, 97, 98 e 103, commi terzo e quarto del presente R.D. Detta abrogazione è stata confermata dall'art. 1, L. 25 agosto 1991, n. 287. (3) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 104. (art. 102 T.U. 1926). E' vietato corrispondere, in tutto o in parte, mercedi o salari in bevande alcooliche di qualsiasi specie. Art. 105. (art. 103 T.U. 1926). 24 Sono vietate la fabbricazione, l'importazione nello Stato, la vendita in qualsiasi quantità ed il deposito per la vendita del liquore denominato in commercio «assenzio». Salvo quanto è stabilito dalle leggi sanitarie, sono esclusi da tale proibizione le bevande che, avendo un contenuto alcoolico inferiore al 21 per cento del volume, contengono infuso di assenzio come sostanza aromatica. Art. 106. (art. 104 T.U. 1926). Con decreto reale, su proposta dei Ministri dell'interno (1) e delle finanze, e sentito il parere del consiglio superiore di sanità, sarà provveduto alla formazione e alla pubblicazione dell'elenco delle sostanze ed essenze nocive alla salute, che è vietato adoperare, o che si possono adoperare soltanto in determinate proporzioni, nella preparazione delle bevande alcoliche (2). Tale elenco deve essere riveduto ogni biennio. (1) Ora del Ministero della sanità costituito con L. 13 marzo 1958, n. 296, la quale, negli artt. 1 e 2, indica i compiti del Ministero medesimo e le attribuzioni di altri Ministeri o Amministrazioni dello Stato ad esso devolute. (2) Vedi, anche, l'art. 250 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 Art. 107. (art. 105 T.U. 1926). I fabbricanti e gli esportatori di essenze per la confezione delle bevande alcooliche devono denunciare al Prefetto l'apertura e la chiusura delle fabbriche o dei depositi e uniformarsi, oltre al disposto dell'art. 105, alle altre norme e prescrizioni che saranno stabilite con decreto reale, sentito il consiglio superiore di sanità. Nel caso di trasgressione, il Prefetto ordina la chiusura della fabbrica o del deposito. Art. 108. (art. 106 T.U. 1926). Non si può esercitare l'industria di affittare camere o appartamenti mobiliati, o altrimenti dare alloggio per mercede, anche temporaneamente o a periodi ricorrenti, senza preventiva dichiarazione all'autorità locale di pubblica sicurezza. (1) [La dichiarazione è valida esclusivamente per i locali in essa indicati]. (2) Il Questore, di sua iniziativa o su proposta dell'autorità locale, può vietare, in qualsiasi tempo, l'esercizio delle attività indicate in questo articolo se il dichiarante sia nel novero delle persone di cui all'art. 92 o se abbia ragione di ritenere che nel locale si eserciti o si intenda esercitare la prostituzione clandestina o il giuoco d'azzardo, o si faccia uso di sostanze stupefacenti (3). (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311, limitatamente alla previsione che richiede, per l’esercizio delle attività ivi indicate, la preventiva dichiarazione all’autorità di pubblica sicurezza. (2) Comma abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. (3 Vedi, anche, l'art. 163, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 109. (art. 107 T.U. 1926). 1. I gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende, roulotte, nonche' i proprietari o gestori di case e di appartamenti per vacanze e gli affittacamere, ivi compresi i gestori di strutture di accoglienza non convenzionali, ad eccezione dei rifugi alpini inclusi in apposito elenco 25 istituito dalla regione o dalla provincia autonoma, possono dare alloggio esclusivamente a persone munite della carta d'identita' o di altro documento idoneo ad attestarne l'identita' secondo le norme vigenti. 2. Per gli stranieri extracomunitari e' sufficiente l'esibizione del passaporto o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purche' munito della fotografia del titolare. 3. I soggetti di cui al comma 1, anche tramite i propri collaboratori, sono tenuti a consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalita' conforme al modello approvato dal Ministero dell'interno. Ta le scheda, anche se compilata a cura del gestore, deve essere sottoscritta dal cliente. Per i nuclei familiari e per i gruppi guidati la sottoscrizione puo' essere effettuata da uno dei coniugi anche per gli altri familiari, e dal capogruppo anche per i componenti del gruppo. I soggetti di cui al comma 1 sono altresi' tenuti a comunicare all'autorita' locale di pubblica sicurezza le generalita' delle persone alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo. In alternativa, il gestore puo' scegliere di effettuare tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure territorialmente competenti i dati nominativi delle predette schede con mezzi informatici o telematici o mediante fax secondo le modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'interno. (1) (1) Articolo così sostituito dall’articolo 8 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (G.U. n. 92 del 20 aprile 2001). Art. 110. (art. 108 T.U. 1926). 1. In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o alla installazione di apparecchi da gioco e' esposta una tabella, vidimata dal questore, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d'azzardo, quelli che la stessa autorita' ritiene di vietare nel pubblico interesse, nonche' le prescrizioni e i divieti specifici che ritiene di dispone nel pubblico interesse. 2. Nella tabella di cui al comma 1 e' fatta espressa menzione del divieto delle scommesse. 3. L'installabilita' degli apparecchi automatici di cui ai commi 6 e 7, lettera b), del presente articolo e' consentita negli esercizi assoggettati ad autorizzazione ai sensi degli articoli 86 o 88. 4. L'installazione e l'uso di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da gioco d'azzardo sono vietati nei luoghi pubblici o aperti al pubblico e nei circoli ed associazioni di qualunque specie. 5. Si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d'azzardo quelli che hanno insita la scommessa o che consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio in denaro o in natura o vincite di valore superiore ai limiti fissati al comma 6, escluse le macchine vidimatrici per i giochi gestiti dallo Stato. 6. Si considerano apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilita', come tali idonei per il gioco lecito, quelli che si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica, nei quali gli elementi di abilita' o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio, il costo della partita non supera 50 centesimi di euro, la durata di ciascuna partita non e' inferiore a dieci secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a venti volte il costo della singola partita, erogate dalla macchina subito dopo la sua conclusione ed esclusivamente in monete metalliche. In tal caso le vincite, computate dall'apparecchio e dal congegno, in modo non predeterminabile, su un ciclo complessivo di 7.000 partite, devono risultare non inferiori al 90 per cento delle somme 26 giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque anche in parte le sue regole fondamentali. 7. Si considerano, altresi', apparecchi e congegni per il gioco lecito: a) quelli elettromeccanici privi di monitor attraverso i quali il giocatore esprime la sua abilita' fisica, mentale o strategica, attivabili unicamente con l'introduzione di monete metalliche, di valore complessivo non superiore, per ciascuna partita, a un euro, che distribuiscono, direttamente e immediatamente dopo la conclusione della partita, premi consistenti in prodotti di piccola oggettistica, non conve rtibili in denaro o scambiabili con premi di diversa specie. In tal caso il valore complessivo di ogni premio non e' superiore a venti volte il costo della partita; b) quelli automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilita' che si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica, di valore non superiore per ciascuna partita a 50 centesimi di euro, nei quali gli elementi di abilita' o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio, che possono consentire per ciascuna partita, subito dopo la sua conclusione, il prolungamento o la ripetizione della partita, fino a un massimo di dieci volte. Dal 1 gennaio 2003, gli apparecchi di cui alla presente lettera possono essere impiegati solo se denunciati ai sensi dell'articolo 14-bis de] decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, e se per essi sono state assolte le relative imposte. Dal 1 gennaio 2004, tali apparecchi non possono consentire il prolungamento o la ripetizione della partita e, ove non ne sia possibile la conversione in uno degli apparecchi per il gioco lecito, essi sono rimossi. Per la conversione degli apparecchi restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni; c) quelli, basati sulla sola abilita' fisica, mentale o strategica, che non distribuiscono premi, per i quali la durata della partita puo' variare in relazione all'abilita' del giocatore e il costo della singola partita puo' essere superiore a 50 centesimi di euro. 8. L'utilizzo degli apparecchi e dei congegni di cui ai comma e' vietato ai minori di anni 18. 9. Ferme restando le sanzioni previste dal codice penale per il gioco d'azzardo, chiunque procede all'installazione o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie degli apparecchi e congegni di cui al comma 4 ovvero di apparecchi e congegni, diversi da quelli di cui al comma 4, non rispondenti alle caratteristiche e prescrizioni indicate nei commi 6 e 7, e' punito con l'ammenda da 4.000 a 40.000 euro. E' inoltre sempre disposta la confisca degli apparecchi e congegni, che devono essere distrutti. In caso di recidiva la sanzione e' raddoppiata. Con l'ammenda da 500 a 1.000 euro e' punito chiunque, gestendo apparecchi e congegni di cui al comma 6, ne consente l'uso in violazione del divieto posto dal comma 8. Fermo quanto previsto dall'articolo 86, nei confronti di chiunque procede alla distribuzione od installazione o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni in assenza del nulla osta previsto dall'articolo 38 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro e puo', inoltre, essere disposta la confisca degli apparecchi e congegni. In caso di sequestro degli apparecchi, l'autorita' procedente provvede a darne comunicazione all'amministrazione finanziaria. 10. Se l'autore degli illeciti di cui al comma 9 e' titolare di licenza per pubblico esercizio, la licenza e' sospesa per un periodo da uno a sei mesi e, in caso di recidiva ovvero di reiterazione delle violazioni ai sensi dell'articolo 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, e' revocata dal sindaco competente, con ordinanza motivata e 27 con le modalita' previste dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni. 11. Oltre a quanto previsto dall'articolo 100, il questore, quando sono riscontrate violazioni alle disposizioni concernenti gli apparecchi di cui al presente arti colo, puo' sospendere la licenza dell'autore degli illeciti, informandone l'autorita' competente al rilascio, per un periodo non superiore a tre mesi. Il periodo di sospensione disposto a norma del presente comma e' computato nell'esecuzione della sanzione accessoria. (1) Articolo così sostituito dall’articolo 22, comma 3, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Pubblicata nel Suppl. Ord. alla G.U. n. 305 del 31 dicembre 2002): Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2003). CAPO III Delle tipografie e arti affini e delle esposizioni di manifesti e avvisi al pubblico (*). Art. 111. (art. 111 T.U. 1926). [Non si può esercitare senza licenza del Questore l'arte tipografica, litografica, fotografica, o un'altra qualunque arte di stampa o di riproduzione meccanica o chimica in molteplici esemplari. La licenza vale esclusivamente per i locali in essa indicati. E' ammessa la rappresentanza] (1). (*) Vedi, anche, gli artt. 197-203, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. (1) Per l'abrogazione delle norme contenute nel presente articolo vedi gli artt. 16 e 164, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 112. (artt. 112 e 113 T.U. 1926). E' vietato fabbricare, introdurre nel territorio dello Stato, acquistare, detenere, esportare, allo scopo di farne commercio o distribuzione, o mettere in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti di qualsiasi specie contrari agli ordinamenti politici, sociali od economici costituiti nello Stato o lesivi del prestigio dello Stato o dell'autorità o offensivi del sentimento nazionale, del pudore o della pubblica decenza (1), o che divulgano, anche in modo indiretto o simulato o sotto pretesto terapeutico o scientifico, i mezzi rivolti a impedire la procreazione o a procurare l'aborto o che illustrano l'impiego dei mezzi stessi o che forniscono, comunque, indicazioni sul modo di procurarseli o di servirsene. E' pure vietato far commercio, anche se clandestino, degli oggetti predetti o distribuiti o esporli pubblicamente. L'autorità locale di pubblica sicurezza ha facoltà di ordinare il sequestro in via amministrativa dei predetti scritti, disegni e oggetti figurati (2). (1) Vedi, anche, per quanto concerne la repressione della circolazione di pubblicazioni oscene il R.D. 25 marzo 1911, n. 855, riportato al n. U/I. (2) L'art. 4, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 561, ha disposto che, per quanto riguarda i giornali, le pubblicazioni e gli stampati in generale, cessino di avere efficacia gli artt. 112, comma terzo e 114, comma quarto del presente testo unico. Vedi, inoltre, la L. 12 dicembre 1960, n. 1591, contenente disposizioni concernenti l'affissione e l'esposizione al pubblico di manifesti, immagini ed oggetti contrari al pudore o alla decenza, gli artt. 14 e 15, L. 8 febbraio 1948, n. 47, con disposizioni sulla stampa, e l'art. 528 Codice penale del 1930 relativo alle pubblicazioni e spettacoli osceni. Art. 113. 28 (art. 114 T.U. 1926). Salvo quanto è disposto per la stampa periodica e per la materia ecclesiastica (1), è vietato, senza licenza dell'autorità locale di pubblica sicurezza, distribuire o mettere in circolazione, in luogo pubblico o aperto al pubblico scritti o disegni (2) (3). E' altresì vietato, senza la predetta licenza, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, affiggere scritti o disegni, o fare uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazione al pubblico, o comunque collocare iscrizioni anche se lapidarie. I predetti divieti non si applicano agli scritti o disegni delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, a quelli relativi a materie elettorali, durante il periodo elettorale, e a quelli relativi a vendite o locazioni di fondi rustici o urbani o a vendite all'incanto. La licenza è necessaria anche per affiggere giornali, ovvero estratti o sommari di essi. Le affissioni non possono farsi fuori dei luoghi destinati dall'autorità competente. La concessione della licenza prevista da questo articolo non è subordinata alle condizioni stabilite dall'art. 11, salva sempre la facoltà dell'autorità locale di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritenga capaci di abusarne. Essa non può essere data alle persone sfornite di carta di identità. Gli avvisi, i manifesti, i giornali e gli estratti o sommari di essi, affissi senza licenza, sono tolti a cura dell'autorità di pubblica sicurezza. (1) Vedi, anche, l'art. 2 del concordato fra l'Italia e la Santa Sede, approvato con L. 27 maggio 1929, n. 810, l'art. 3, R.D. 28 febbraio 1930, n. 289, sui culti ammessi nello Stato e la L. 8 febbraio 1948, n. 47. (2) Sulla vendita, distribuzione o affissione abusiva di scritti o disegni, vedi, anche, art. 663, Codice penale del 1930. (3) La L. 23 gennaio 1941, n. 166 (Gazz. Uff. 3 aprile 1941, n. 80), recante norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni, ha così disposto: «Art. 1. Ferme restanti le speciali disposizioni sulla stampa periodica e su quella ecclesiastica, l'obbligo della licenza previsto dall'art. 113 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza è esteso alle affissioni di stampati e manoscritti in luogo pubblico o esposto al pubblico predisposti a cura di enti, amministrazioni ed autorità pubbliche non statali. Art. 2. L'affissione degli stampati e dei manoscritti in luogo pubblico o esposto al pubblico, tanto se richiesta da privati quanto da enti, amministra zioni ed autorità pubbliche, comprese quelle statali, deve essere fatta esclusivamente sulle tabelle e lamiere all'uopo disponibili od, in mancanza, in quei luoghi determinati dall'autorità prefettizia ai sensi dell'articolo unico del regio decreto 28 gennaio 1929, n. 113. Art. 3. Fermo restando il disposto di cui all'articolo precedente, l'affissione di propaganda politica, sociale e culturale in luogo pubblico o esposto al pubblico, anche se richiesta da enti, amministrazioni ed autorità pubbliche non statali, deve essere preventivamente autorizzata dal prefetto competente, il quale, ove lo creda, può sentire il ministero della cultura popolare, circa la opportunità della affissione. Art. 4. (così sostituito dall'art. 10, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480). - 1. Le violazioni all'art. 2 sono soggette alla sanzione amministrativa prevista per l'art. 113, comma quinto, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Art. 5. La presente legge entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del regno». Art. 114. (art. 115 T.U. 1926). E' vietata l'inserzione, nei giornali o in altri scritti periodici, di avvisi o corrispondenze di qualsiasi genere che, anche in modo indiretto o simulato, o con un pretesto terapeutico o scientifico, si riferiscano ai mezzi diretti a impedire la procreazione o a procurare l'aborto (1). E' altresì vietata l'inserzione di corrispondenze o di avvisi amorosi. E', inoltre, vietato di pubblicare, nei giornali o in altri scritti periodici, ritratti dei suicidi o di persone che abbiano commesso delitti (2). I giornali o gli scritti periodici, con cui si contravviene alle disposizioni di questo articolo, sono sequestrati in via amministrativa dall'autorità locale di pubblica sicurezza (3). 29 (1) Con sentenza n. 49 del 10-16 marzo 1971 (Gazz. Uff. 24 marzo 1971, n. 74) la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma limitatamente alle parole «a impedire la procreazione». (2) Vedi, anche, l'art. 16, L. 8 febbraio 1948, n. 47. (3) L'art. 4, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 561, riportato alla voce STAMPA ha disposto che la disposizione contenuta nel quarto comma del presente articolo cessi di avere efficacia per quanto riguarda i giornali, le pubblicazioni e gli stampati in generale. CAPO IV Delle agenzie pubbliche (*) (**). Art. 115. (art. 116 T.U. 1926). Non possono aprirsi o condursi agenzie di prestiti su pegno o altre agenzie di affari, quali che siano l'oggetto e la durata, anc he sotto forma di agenzie di vendita, di esposizioni, mostre o fiere campionarie e simili, senza licenza del Questore (1). La licenza è necessaria anche per l'esercizio del mestiere di sensale o di intromettitore (2). Tra le agenzie indicate in questo articolo sono comprese le agenzie per la raccolta di informazioni a scopo di divulgazione mediante bollettini od altri simili mezzi. La licenza vale esclusivamente pei locali in essa indicati. E' ammessa la rappresentanza (3). (*) Vedi, anche, gli artt. 204-223, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento del testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza, che qui si riporta. (**) Con R.D.L. 16 dicembre 1938, n. 1949 e R.D. 14 aprile 1939, n. 684, erano state emanate disposizioni per la disciplina del mestiere di collocatore di pubblicazioni e di altre simili attività, disposizioni a norma delle quali tali mestieri non potevano essere esercitati senza licenza del Questore, la quale poteva essere emessa soltanto alle persone che si trovassero nelle condizioni di cui all'art. 11 del presente testo unico. Successivamente, con l'articolo unico, L. 11 aprile 1950, n. 222 (Gazz. Uff. 17 maggio 1950, n. 113), è stata disposta l'abrogazione del R.D.L. 16 dicembre 1938, n. 1949 e che, conseguentemente a ciò cessassero di avere vigore le norme di attuazione contenute nel R.D. 14 aprile 1939, n. 684. (1) Per quanto concerne le contravvenzioni relative ad agenzie di affari ed a esercizi pubblici non autorizzati o vietati, vedi, anche, art. 665 codice penale del 1930; vedi, inoltre, per quanto riguarda le agenzie di viaggi e turismo, R.D.L. 23 novembre 1936, n. 2523, recante norme per la disciplina delle agenzie di viaggio e turismo. (2) Gli artt. 1-4, L. 21 marzo 1958, n. 253, contenente la disciplina della professione di mediatore così dispongono: «Art. 1. Le norme dettate dalla presente legge si applicano ai mediatori professionali di cui al capo XI del titolo III del libro IV del codice penale, eccezion fatta per gli agenti di cambio e per i pubblici mediatori marittimi, categorie per le quali continueranno ad avere applicazione le disposizioni attualmente in vigore. Art. 2. Per l'esercizio professionale della mediazione è richiesta l'iscrizione nei ruoli previsti dall'art. 21 della L. 20 marzo 1913, n. 272, e dalle norme sull'ordinamento delle Camere di commercio, industria e agricoltura, secondo le modalità indicate in detta legge. Il titolo di studio prescritto dall'art. 23 della stessa legge è necessario soltanto per i mediatori che intendano esercitare gli uffici pubblici per i quali si richiede un'autorizzazione speciale, ai sensi del successivo articolo 27. Essi sono iscritti in un ruolo speciale. Agli iscritti nei ruoli medesimi compete la qualifica di agenti di affari in mediazione. Art. 3. Per l'esercizio dell'attività disciplinata dai precedenti articoli non è richiesta la licenza prevista dall'art. 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Art. 4. Chiunque eserciti professionalmente l'attività disciplinata nella presente legge senza essere iscritto nei ruoli indicati dall'art. 2 incorre nelle sanzioni penali previste dall'art. 665 del codice penale». L'art. 2, L. 2 aprile 1958, n. 339, contenente norme per la tutela del rapporto di lavoro domestico, vieta, per quanto concerne tale tipo di lavoro, l'attività di mediatore, comunque svolta. 30 (3) Vedi, anche, l'art. 163, D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 116. (art. 117 T.U. 1926). Il Questore, sentito il consiglio provinciale dell'economia corporativa (1), può subordinare il rilascio della licenza, di cui all'articolo precedente, al deposito di una cauzione, determinandone la misura e la forma in cui deve essere prestata. La cauzione è a garanzia di tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio e dell'osservanza delle condizioni a cui è subordinata la licenza. Nel caso di inosservanza di tali condizioni, il prefetto, su proposta del Questore, dispone con decreto che la cauzione sia devoluta, in tutto o in parte, all'erario dello Stato. Lo svincolo della cauzione non può essere ordinato dal Questore se non quando, decorsi almeno tre mesi dalla cessazione dell'esercizio, il concessionario abbia provato di non avere obbligazioni da adempiere in conseguenza dell'esercizio medesimo. (1) Ora, Camera di commercio industria e agricoltura, a norma del D.Lgs.Lgt. 21 settembre 1944, n. 315, che, soppressi con l'art. 1 i consigli provinciali dell'economia corporativa ha demandato le funzioni ed i poteri che questi avevano alle Camere di commercio, industria e agricoltura ricostituite in ogni capoluogo di provincia. Art. 117. (art. 118 T.U. 1926). Nei comuni in cui esistono monti di pietà (1) od uffici da essi dipendenti, non possono essere concedute dal Questore licenze per l'esercizio di agenzie di prestiti su pegno, senza il parere dell'amministrazione del monte di pietà (1). Le stesse disposizioni si applicano alle agenzie di commissioni presso i monti di pietà. Il parere dell'amministrazione predetta non vincola l'autorità di pubblica sicurezza. E' vietato l'acquisto abituale delle polizze del monte di pietà (100) e concedere, per professione, sovvenzioni supplementari su pegni delle polizze stesse. (1) Oggi denominati a norma dell'art. 1, L. 10 maggio 1938, n. 745, «Monti di credito su pegno», i quali, giusto quanto disposto dall'art. 32 della sopra indicata legge, sono i soli enti che possano esercitare il credito pignoratizio; le agenzie di prestito su pegno, all'entrata in vigore della L. 10 maggio 1938, n. 745, già fornite di regolare licenza della Pubblica sicurezza, rilasciata ai sensi dell'art. 115 del testo unico qui riportato, sono state autorizzate a continuare la loro attività, ma possono ottenere il rinnovo della licenza solo in seguito a parere favorevole dell'Ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del credito, funzione ora espletata dalla Banca d'Italia, al quale sono tenute a trasmettere le situazioni periodiche, i bilanci e tutti gli altri dati eventualmente richiesti. Vedi al riguardo art. 32, L. 10 maggio 1938, n. 745, ed artt. 61 e 62, R.D. 25 maggio 1939, n. 1279. Art. 118. (art. 119 T.U. 1926). L'osservanza delle norme del codice di commercio, alle quali sono soggette le aziende pubbliche, comprese le agenzie di spedizione e di trasporto e gli uffici pubblici di affari non dispensa dalla osservanza delle disposizioni stabilite da questo testo unico. Sono eccettuate le imprese di spedizione e di trasporto a norma di regolamento (1). (1) Vedi, sugli spedizionieri, L. 14 novembre 1941, n. 1442, e L. 15 dicembre 1949, n. 1138, e sugli spedizionieri doganali L. 22 dicembre 1960, n. 1612. Art. 119. (art. 120 T.U. 1926). Le persone che compiono operazioni di pegno e che danno commissioni in genere alle agenzie pubbliche o agli uffici pubblici di affari sono tenute a dimostrare la propria identità, mediante la esibizione della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. 31 Art. 120. (art. 121 T.U. 1926). Gli esercenti le pubbliche agenzie indicate negli articoli precedenti sono obbligati a tenere un registro giornale degli affari, nel modo che sarà determinato dal regolamento, ed a tenere permanentemente affissa nei locali dell'agenzia, in modo visibile, la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi. Tali esercenti non possono fare operazioni diverse da quelle indicate nella tabella predetta, ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa né compiere operazioni o accettare commissioni da persone non munite della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. CAPO V Dei mestieri girovaghi e di alcune classi di rivenditori (*). Art. 121. (art. 122 T.U. 1926). [Salve le disposizioni di questo testo unic o circa la vendita ambulante delle armi, degli strumenti atti ad offendere e delle bevande alcooliche, non può essere esercitato il mestiere ambulante di venditore o distributore di merci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni, di cenciaiolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi, senza previa iscrizione in un registro apposito presso l'autorità locale di pubblica sicurezza. Questa rilascia certificato della avvenuta iscrizione]. (1) [L'iscrizione non è subordinata alle condizioni prevedute dall'art. 11 né a quella preveduta dal capoverso dell'art. 12, salva sempre la facoltà dell'autorità di pubblica sicurezza di negarla alle persone che ritiene capaci di abusarne]. (1) E' vietato il mestiere di ciarlatano (2). (*) Vedi, anche, gli artt. 224-247, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. (1) Commi abrogati dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. (2) L'art. 14, L. 19 maggio 1976, n. 398 ha abrogato il presente art. 121, nella parte relativa all'obbligo della iscrizione in apposito registro presso le autorità di P.S. per l'esercizio del commercio ambulante. L'art. 5, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 342 ha abrogato il presente art. 121, nella parte in cui si riferisce all'attività di facchino. Per la depenalizzazione delle violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo e per l'entità della relativa sanzione vedi, anche, gli artt. 33 e 38, L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 122. (art. 123 T.U. 1926). [L'iscrizione deve essere ricusata alle persone sfornite di carta di identità e può essere ricusata ai minori degli anni diciotto, idonei ad altri mestieri, ed alle persone pregiudicate o pericolose]. (1). (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 123. (art. 124 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 46, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 124. (art. 125 T.U. 1926). 32 [Gli stranieri, eccettuati gli italiani non regnicoli, non possono esercitare alcuno dei mestieri indicati nell'articolo 121 senza licenza del Questore. In occasione di feste, fiere, mercati od altre pubbliche riunioni la licenza agli stranieri può essere conceduta dall'autorità locale di pubblica sicurezza] (1). (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 125. (art. 126 T.U. 1926). [Le persone indicate negli articoli precedenti sono obbligate a portare sempre con loro il certificato o la licenza di cui devono essere munite, e ad esibirli a ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza]. (1) (1) Articolo abrogato dall’articolo 6 del D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311. Art. 126. (art. 127 T.U. 1926). Non può esercitarsi il commercio di cose antiche o usate senza averne fatta dichiarazione preventiva all'autorità locale di pubblica sicurezza. Art. 127. (art. 128 T.U. 1926). I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, hanno l'obbligo di munirsi di licenza del Questore (1). Chi domanda la licenza deve provare d'essere iscritto, per l'industria o il commercio di oggetti preziosi, nei ruoli della imposta di ricchezza mobile ed in quelli delle tasse di esercizio e rivend ita ovvero deve dimostrare il motivo della mancata iscrizione in tali ruoli. La licenza dura fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stata rilasciata. Essa è valida per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse. L'obbligo della licenza spetta, oltreché ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti. Questi debbono provare la loro qualità mediante certificato rilasciato dall'autorità politica del luogo ove ha sede la ditta, vistato dall'autorità consolare italiana. (1) Comma così modificato dall'art. 16, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Art. 128. (art. 129 T.U. 1926). I fabbricanti, i commercianti, gli esercenti e le altre persone indicate negli artt. 126 e 127 non possono compiere operazioni se non con le persone provviste della carta di identità di altro documento munito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. Essi devono tenere un registro delle operazioni che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento. Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. Le persone che compiono operazioni con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti. 33 L'esercente, che ha comprato cose preziose, non può alterarle o alienarle se non dieci giorni dopo l'acquisto, tranne che si tratti di oggetti comprati presso i fondachieri o i fabbricanti ovvero all'asta pubblica. CAPO VI Degli operai e domestici e dei direttori di stabilimenti (*). Art. 129. (art. 130 T.U. 1926). L'autorità locale di pubblica sicurezza rilascia agli operai e ai domestici, a loro richiesta o a richiesta dei rispettivi direttori di stabilimenti, capi officina, impresari o padroni, un libretto nel quale costoro hanno l'obbligo di dichiarare, in occasione del licenziamento o alla fine dell'anno, il servizio prestato, la durata di esso e la condotta tenuta dagli operai e domestici (1). (*) Vedi, anche, l'art. 248, R.D. 6 maggio 1940, n. 635 con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. (1) L'art. 11, L. 10 gennaio 1935, n. 112, con il quale è stato istituito il libretto di lavoro, ha stabilito che l'art. 129 del testo unico della legge di pubblica sicurezza, qui riportato, cessi di avere effetto relativamente a tutti i lavoratori, compresi quelli a domicilio, che prestano la propria opera alle dipendenze altrui, fatta eccezione per quelle categorie di lavoratori che tale legge indica nel suo articolo 1. Art. 130. (art. 131 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. CAPO VII Disposizioni finali del titolo III. Art. 131. (art. 132 T.U. 1926). Le autorizzazioni di polizia prevedute in questo titolo, fatta eccezione per quelle indicate dagli artt. 113, 121, 123 e 124, non possono essere concedute a chi è incapace di obbligarsi. Art. 132. (art. 133 T.U. 1926). I provvedimenti del Prefetto nelle materie prevedute in questo titolo sono definitivi. TITOLO IV Delle guardie particolari e degli istituti di vigilanza e di investigazione privata (*) Art. 133. (art. 134 T.U. 1926). Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari. 34 Possono anche, con l'autorizzazione del Prefetto, associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza o custodia in comune delle proprietà stesse (2). (*) Vedi, anche, artt. 249-260, R.D. 6 maggio 1940, n. 635 con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché il R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1952 ed il R.D.L. 12 novembre 1936, n. 2144. (2) Vedi, anche, l'art. 141 del presente testo unico, nonché, sulla disciplina del servizio delle guardie particolari giurate, il R.D.L. 26 settembre 1935, n. 1952. Art. 134. (art. 135 T.U. 1926). 1. Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati (1). 2. Salvo il disposto dell'art. 11, la licenza non può essere conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana [ovvero di uno Stato membro dell’Unione europea] (2) siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo. 2-bis. I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono conseguire la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia dei beni mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani. (3). 3. La licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale. (1) Vedi, anche, gli artt. 140 e 141 del presente testo unico, nonché, sulla disciplina degli istituti di vigilanza privata, il R.D.L. 12 novembre 1936, n. 2144. (2) Le parole tra parentesi sono state aggiunte dall’art. 33 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (Legge comunitaria 2001) (Supl. Ord. alla G.U. n. 72 del 26 marzo 2002). (2) Comma aggiunto dall’art. 33 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (Legge comunitaria 2001) (Supl. Ord. alla G.U. n. 72 del 26 marzo 2002). Art. 135. (art. 136 T.U. 1926). I direttori degli uffici di informazioni, investigazioni o ricerche, di cui all'articolo precedente, sono obbligati a tenere un registro degli affari che compiono giornalmente, nel quale sono annotate le generalità delle persone con cui gli affari sono compiuti e le altre indicazioni prescritte dal regolamento. Tale registro deve essere esibito ad ogni richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza. Le persone, che compiono operazioni con gli uffici suddetti, sono tenute a dimostrare la propria identità, mediante la esibizione della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. I direttori suindicati devono inoltre tenere nei locali del loro ufficio permanentemente affissa in modo visibile la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi. Essi non possono compiere operazioni diverse da quelle indicate nella tabella o ricevere mercedi maggiori di quelle indicate nella tariffa o compiere operazioni o accettare commissioni con o da persone non munite della carta di identità o di altro documento fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. La tabella delle operazioni deve essere vidimata dal Prefetto. Art. 136. (art. 137 T.U. 1926). La licenza è ricusata a chi non dimostri di possedere la capacità tecnica ai servizi che intende esercitare. 35 Può, altresì, essere negata in considerazione del numero o della importanza degli istituti già esistenti. La revoca della licenza importa l'immediata cessazione dalle funzioni delle guardie che dipendono dall'ufficio. L'autorizzazione può essere negata o revocata per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico. Art. 137. (art. 138 T.U. 1926). Il rilascio della licenza è subordinato al versamento nella cassa depositi e prestiti di una cauzione nella misura da stabilirsi dal Prefetto. La cauzione sta a garanzia di tutte le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'ufficio e della osservanza delle condizioni imposte dalla licenza. Il Prefetto, nel caso di inosservanza, dispone con decreto che la cauzione, in tutto o in parte, sia devoluta all'erario dello Stato. Lo svincolo e la restituzione della cauzione non possono essere ordinati dal Prefetto, se non quando, decorsi almeno tre mesi dalla cessazione dell'esercizio, il concessionario abbia provato di non avere obbligazioni da adempiere in conseguenza del servizio al quale l'ufficio era autorizzato. Art. 138. (art. 139 T.U. 1926). 1. Le guardie particolari devono possedere i requisiti seguenti: 1° essere cittadino italiano [o si uno Stato membro dell’Unione europea] (1); 2° avere raggiunto la maggiore età ed avere adempiuto agli obblighi di leva; 3° sapere leggere e scrivere; 4° non avere riportato condanna per delitto; 5° essere persona di ottima condotta politica e morale; 6° essere munito della carta di identità; 7° essere iscritto alla cassa nazionale delle assicurazioni sociali e a quella degli infortuni sul lavoro. 1-bis. Le guardie particolari giurate, cittadini di Stati membri dell’Unione europea, possono conseguire la licenza di porto d’armi secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527, e del relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Ministro dell’interno 30 ottobre 1996, n. 635. Si osservano altresì le disposizioni degli articoli 71 e 256 del regolamento di esecuzione del presente testo unico (2). 2. La nomina delle guardie particolari deve essere approvata dal Prefetto. (1) Le parole tra parentesi sono state aggiunte dall’art. 33 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (Legge comunitaria 2001) (Supl. Ord. alla G.U. n. 72 del 26 marzo 2002). (2) Comma aggiunto dall’art. 33 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (Legge comunitaria 2001) (Supl. Ord. alla G.U. n. 72 del 26 marzo 2002). Art. 139. (art. 140 T.U. 1926). Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza e i loro agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. Art. 140. 36 (art. 141 T.U. 1926). I contravventori alle disposizioni di questo titolo sono puniti con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da lire 400.000 a lire 1.200.000 (1). (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Art. 141. (art. 142 T.U. 1926). I provvedimenti del Prefetto nelle materie prevedute in questo titolo sono definitivi. TITOLO V Degli stranieri CAPO I Del soggiorno degli stranieri nel regno (* ). Art. 142. (art. 143 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. Art. 143. (art. 144 T.U. 1926). (1). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. Art. 144. (art. 145 T.U. 1926). L'autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di invitare, in ogni tempo, lo straniero ad esibire i documenti di identificazione di cui è provvisto, e a dare contezza di sé. Qualora siavi motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi segnaletici. Art. 145. (art. 146 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. Art. 146. (1). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. Art. 147. 1. Fermo quanto previsto dalla normativa comunitaria, chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, o lo assume per qualsiasi causa alle proprie dipendenze ovvero cede allo stesso la proprietà o il 37 godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza. 2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta (1). (1) Così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 148. (art. 149 T.U. 1926). Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica. Art. 149. (art. 150 T.U. 1926). Le disposizioni di questo capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare. CAPO II Degli stranieri da espellere e da respingere dal regno (*). Art. 150. (art. 151 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. Art. 151. (art. 152 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 46, L. 6 marzo 1998, n. 40. Art. 152. (art. 153 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416. TITOLO VI Disposizioni relative alle persone pericolose per la società (*) CAPO I 38 Dei malati di mente, degli intossicati e dei mendicanti (**). Art. 153. (art. 154 T.U. 1926). Agli effetti della vigilanza dell'autorità di pubblica sicurezza, gli esercenti una professione sanitaria sono obbligati a denunciare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro due giorni, le persone da loro assistite o esaminate che siano affette da malattia di mente o da grave infermità psichica, le quali dimostrino o diano sospetto di essere pericolose a sé o agli altri. L'obbligo si estende anche per le persone che risultano affette da cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti. (*) Vedi, anche, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, con la quale sono state disposte particolari misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. (**) Vedi, anche, gli artt. 272-286, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza che qui si riporta. Art. 154. (art. 155 T.U. 1926). E' vietato mendicare in luogo pubblico o aperto al pubblico. Le persone riconosciute dall'autorità locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi proficuo lavoro e che non abbiano mezzi di sussistenza né parenti tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare sono proposte dal Prefetto, quando non sia possibile provvedere con la pubblica beneficenza, al Ministro dell'interno per il ricovero in un istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro comune. Il Ministro può autorizzare il Prefetto a disporre il ricovero dell'inabile in un istituto di assistenza o beneficenza (1). Per il rimborso delle spese di ricovero si applicano le norme stabilite per il domicilio di soccorso. Quando il comune e le istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza del domicilio di soccorso non sono in condizione di provvedere in tutto o in parte, le spese sono in tutto o in parte a carico dello Stato. (1) A norma dell'art. 18, D.P.R. 19 agosto 1954, n. 968, i provvedimenti di ricovero degli inabili a proficuo lavoro, sono stati attribuiti al Prefetto. Sul ricovero degli inabili al lavoro, vedi, inoltre, R.D. 19 novembre 1889, n. 6535. Art. 155. (art. 156 T.U. 1926). I congiunti di un mendicante inabile al lavoro e privo di mezzi di sussistenza, tenuti per legge agli alimenti e in condizione di poterli prestare, sono diffidati dall'autorità locale di pubblica sicurezza ad adempiere al loro obbligo. Decorso il termine all'uopo stabilito nella diffida, l'inabile al lavoro è ammesso di diritto al beneficio del gratuito patrocinio per promuovere il giudizio per gli alimenti. Art. 156. (art. 157 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 3, L. 18 novembre 1981, n. 659. CAPO II (*). 39 Art. 157. (art. 158 T.U. 1926). Chi, fuori del proprio comune, desta sospetti con la sua condotta e, alla richiesta degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, non può o non vuol dare contezza di sé mediante l'esibizione della carta d'identità o con altro mezzo degno di fede, è condotto dinanzi l'autorità locale di pubblica sicurezza. Questa, qualora trovi fondati i sospetti, può farlo rimpatriare con foglio di via obbligatorio o anche, secondo le circostanze, per traduzione. Questa disposizione si applica anche alle persone pericolose per l'ordine e la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità. L'autorità di pubblica sicurezza può vietare a chi è rimpatriato con foglio di via obbligatorio o per traduzione di ritornare nel comune dal quale è allontanato, senza preventiva autorizzazione dell'autorità stessa. I contravventori sono puniti con l'arresto da uno a sei mesi. Scontata la pena, sono tradotti al luogo di rimpatrio (2). (*) Vedi, anche, gli artt. 287-304, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza. (2) La Corte Costituzionale, con sentenza 14 giugno 1956, n. 2 (Gazz. Uff. 23 giugno 1956, n. 155), si è così pronunziata: «Dichiara la illegittimità costituzionale: a) del primo comma dell'art. 157 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con decreto 18 giugno 1931, n. 773, nella parte relativa al rimpatrio obbligatorio o per traduzione di persone sospette; b) dei commi secondo e terzo dello stesso articolo nelle parti relative al rimpatrio per traduzione. Salva l'ulteriore disciplina legislativa della materia». Nuove particolari misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità sono state disposte con la L. 27 dicembre 1956, n. 1423, l'art. 2 della quale legge dispone riguardo al rinvio nei luoghi di loro residenza, delle persone per l'ordine, la sicurezza o la moralità pubblica. Art. 158. (art. 160 T.U. 1926). Chiunque, senza essere munito di passaporto o di altro documento equipollente a termini di accordi internazionali, espatrii o tenti di espatriare, quando il fatto sia stato determinato, in tutto o in parte, da motivi politici, è punito con la reclusione da due a quattro anni e con la multa non inferiore a lire 20.000. In ogni altro caso, chiunque espatrii o tenti di espatriare senza essere munito di passaporto è punito con l'arresto da tre mesi a un anno e con l'ammenda da lire 400.000 a lire 1.200.000 (1). E' autorizzato l'uso delle armi, quando sia necessario, per impedire i passaggi abusivi attraverso i valichi di frontiera non autorizzati (2). (1) La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 113, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689. Vedi, anche, l'art. 1, L. 24 luglio 1930, n. 1278, nonché il seguente articolo 220 del presente testo unico. (2) Vedi, anche, il seguente articolo 220 del presente testo unico. La L. 18 aprile 1940, n. 494 (Gazz. Uff. 6 giugno 1940, n. 131) ha poi così disposto: «Art. 1. I militari comunque in servizio di vigilanza alle frontiere sono equiparati, nella esecuzione del servizio stesso, alle sentinelle in servizio di presidio. Art. 2. Agli effetti dell'applicazione dell'art. 158 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, i predetti militari, quando scorgono persone che tentano di oltrepassare clandestinamente la linea di frontiera, debbono intimare l'alt con ogni mezzo idoneo a manifestare l'intimazione. Contro le persone cui l'intimazione è fatta, che persistano nel tentativo di varcare la frontiera, il militare in servizio di vigilanza può fare uso delle armi». 40 Art. 159. (art. 161 T.U. 1926). Il Ministro dell'interno, o, per sua delegazione, le autorità di pubblica sicurezza, possono, per motivi di pubblica sicurezza o in casi eccezionali di pubbliche o private sventure, fornire i mezzi di viaggio gratuito agli indigenti a fine di rimpatrio (1). (1) Vedi, anche, art. 298, R.D. 6 maggio 1940, n. 635. Per quanto concerne il rimpatrio degli indigenti vedi, inoltre, l'art. 14, n. 4 della legge consolare promulgata con R.D. 28 gennaio 1866, n. 2804 ed artt. 80-88, 137 e 141 del relativo regolamento di esecuzione approvato con R.D. 7 giugno 1866, n. 2996, art. 30, R.D.L. 13 novembre 1919, n. 2205, contenente il testo unico dei provvedimenti sull'emigrazione, ed i testi legislativi in nota a tale articolo riportati, nonché art. 197, co. 2, del Codice della navigazione approvato con R.D. 30 marzo 1942, n. 327. Art. 160. (art. 162 T.U. 1926). I cancellieri delle Preture, dei Tribunali e delle Corti di appello hanno l'obbligo di trasmettere ogni quindici giorni il dispositivo delle sentenze di condanne irrevocabili a pene detentive, al Questore della provincia in cui il condannato ha la residenza o l'ultima dimora. Art. 161. (art. 163 T.U. 1926). I direttori degli stabilimenti carcerari o degli stabilimenti per misure di sicurezza detentiva hanno l'obbligo di segnalare per iscritto, quindici giorni prima, la liberazione di ogni condannato al Questore, che ne informa, nei tre giorni successivi, quello della provincia alla quale il liberato è diretto. Art. 162. (art. 164 T.U. 1926). I condannati per delitto a pena detentiva o per contravvenzione all'ammonizione o che debbono essere sottoposti alla libertà vigilata hanno l'obbligo, appena dimessi dal carcere o dagli stabilimenti indicati nell'articolo precedente, di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza locale, che li provvede del foglio di via obbligatorio, se necessario. I pregiudicati pericolosi possono essere tradotti in istato di arresto davanti all'autorità predetta. Art. 163. (art. 165 T.U. 1926). Le persone rimpatriate con foglio di via obbligatorio non possono allontanarsi dall'itinerario ad esse tracciato. Nel caso di trasgressione esse sono punite con l'arresto da uno a sei mesi. Scontata la pena, sono fatte proseguire per traduzione. La stessa pena si applica alle persone che non si presentano, nel termine prescritto, all'autorità di pubblica sicurezza indicata nel foglio di via (1). (1) Vedi anche il seguente art. 220 del presente testo unico. CAPO III Dell'ammonizione Art. 164. 41 (art. 166 T.U. 1926). Il Questore, con rapporto scritto, motivato e documentato, denuncia al Prefetto, per l'ammonizione, gli oziosi, i vagabondi abituali validi al lavoro non provveduti di mezzi di sussistenza o sospetti di vivere col ricavato di azioni delittuose e le persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente (1). Sono altresì denunciati per l'ammonizione i diffamati per delitti di cui all'articolo seguente. La denuncia può essere preceduta da una diffida alle persone suindicate, da parte del Questore (2). (1) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. (2) Vedi anche il seguente art. 220 del presente testo unico. Art. 165. (art. 167 T.U. 1926). E' diffamata la persona la quale è designata dalla voce pubblica come abitualmente colpevole: 1° dei delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico e di minaccia, violenza o resistenza alla pubblica autorità; 2° del delitto di strage; 3° dei delitti di commercio clandestino o fraudolento di sostanze stupefacenti e di agevolazione dolosa dell'uso di stupefacenti; 4° dei delitti di falsità in monete e in carte di pubblico credito; 5° dei delitti di sfruttamento di prostitute o di tratta di donne o di minori, di istigazione alla prostituzione o favoreggiamento, di corruzione di minorenni; 6° dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe commessi da persone esercenti l'arte sanitaria; 7° dei delitti non colposi di omicidio, incendio, lesione personale; 8° dei delitti di furto, rapina, estorsione, sequestro di persone a scopo di estorsione o rapina, truffa, circonvenzione di persone incapaci, usura; 9° della contravvenzione di abuso di sostanze stupefacenti; quando per tali reati sia stata sottoposta a procedimento penale terminato con sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove. Art. 166. L'ammonizione ha la durata di due anni ed è pronunciata da una Commissione provinciale composta del Prefetto, del Procuratore del Re, di un giudice - designato dal presidente del Tribunale - del Questore, del comandante l'Arma dei carabinieri reali nella provincia e di un cittadino di specchiata probità nominato dal Sindaco del Comune capoluogo di provincia. Un funzionario di gruppo A di grado non inferiore al 10° designato dal Prefetto, assisterà come segretario. La Commissione è convocata e presieduta dal Prefetto, e, in caso di assenza od impedimento, dal vice Prefetto. Essa delibera a maggioranza di voti; in caso di parità, prevale quello del presidente (1). (1) Articolo da ultimo così sostituito dall'art. 2, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. Art. 167. (art. 169 T.U. 1926). Entro cinque giorni dalla comunicazione della denuncia alla commissione di cui all'articolo precedente, questa intima al denunciato atto di comparizione con invito a presentare le sue difese. 42 L'atto di comparizione deve contenere una succinta esposizione dei fatti sui quali la denuncia è fondata. Art. 168. (art. 170 T.U. 1926). Il termine a comparire non è minore di giorni tre né maggiore di dieci da quello della notificazione dell'invito. Questo deve essere redatto in due copie, una delle quali con la relazione dell'eseguita notificazione da parte dell'agente incaricato è allegata agli atti del procedimento. Qualora il denunziato non si presenti nel giorno e nell'ora indicati nell'invito e non giustifichi la non comparizione, la Commissione, accertata la regolarità della notificazione, ne ordina l'accompagnamento davanti ad essa per mezzo della forza pubblica. Se l'ordine di accompagnamento non può avere esecuzione per la irreperibilità del denunziato, la Commissione, quando ritenga di avere elementi sufficienti, può pronunciare in merito (1). (1) Gli ultimi due commi del presente articolo sono stati così sostituiti dall'art. 3, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. Art. 169. (art. 171 T.U. 1926). Il denunziato che si presenta al procedimento può farsi assistere da un difensore e, se contesta il fondamento della denuncia, è ammesso a presentare le prove a sua difesa. La Commissione, proceduto all'interrogatorio del denunziato ed all'esame delle prove e tenute presenti le conclusioni della difesa, pronuncia in merito con ordinanza. Contro di questa è ammesso ricorso solo per motivi d'incompetenza o violazione di legge, nel termine di dieci giorni dalla pronuncia del provvedimento, alla Commissione di appello, avente sede presso il Ministero dell'interno e di cui all'art. 2. Il ricorso non ha effetto sospensivo (1). (1) Articolo così sostituito dall'art. 4, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944 n. 419. Art. 170. (art. 172 T.U. 1926). Se si tratta di ozioso, di vagabondo, di persona sospetta di vivere col provento di reati, la commissione gli prescrive, nell'ordinanza di ammonizione, di darsi in un congruo termine al lavoro, di fissare stabilmente la propria dimora, di farla conoscere, nel termine stesso, all'autorità locale di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima. Se si tratta di persone designate dalla pubblica voce come pericolose socialmente o per gli ordinamenti politici dello Stato, la commissione, oltre alle prescrizioni suindicate può imporre tutte quelle altre che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle particolari condizioni sociali e familiari dell'ammonito e alle speciali esigenze di difesa sociale o politica. Art. 171. (art. 173 T.U. 1926). Se si tratta di persona diffamata a termini dell'art. 165, la commissione prescrive ad essa, nell'ordinanza di ammonizione, di vivere onestamente di rispettare le leggi di non dare ragione a sospetti e di non allontanarsi dalla sua dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza. 43 Art. 172. (art. 174 T.U. 1926). La commissione prescrive, inoltre, all'ammonito, di non associarsi a persone pregiudicate o sospette, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora, di non portare armi, di non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole o in case di prostituzione e di non partecipare a pubbliche riunioni. Art. 173. (artt. 175 e 177 T.U. 1926). Contro le decisioni della commissione non è ammesso ricorso. Su istanza dell'interessato o su proposta del Questore, o anche d'ufficio, la commissione può: a) revocare l'ammonizione quando sono cessate le cause per le quali fu pronunciata o per errore di fatto; b) modificare le prescrizioni imposte e sospendere l'ammonizione per un periodo di tempo no n superiore a quello della sua durata. Art. 174. (artt. 176 e 178 T.U. 1926). Il contravventore alle prescrizioni dell'ordinanza di ammonizione è punito con l'arresto da tre mesi a un anno. Salvo quanto è prescritto da altre disposizioni di legge, l'ammonito che per un reato commesso dopo l'ordinanza di ammonizione, abbia riportato condanna a pena detentiva può essere sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a due anni. Art. 175. (art. 179 T.U. 1926). Quando sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva o la Iibertà vigilata, durante la loro esecuzione non si può far luogo all'ammonizione; se questa sia stata pronunciata, ne cessano gli effetti. Art. 176. (art. 176 T.U. 1926). L'ammonizione comincia a decorrere dal giorno della ordinanza e cessa di diritto allo scadere del biennio se l'ammonito non abbia nel frattempo, commesso un reato. Se nel corso del biennio l'ammonito commetta un reato, per il quale riporti successivamente condanna e l'ammonizione non debba cessare, il biennio ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena. CAPO IV Dei provvedimenti relativi ai minori degli anni diciotto (*). Art. 177. (artt. 180 e 182 T.U. 1926). Il minore degli anni diciotto, ozioso, vagabondo, diffamato a termini di questo testo unico o che esercita abitualmente la mendicità o il meretricio è denunciato dal Questore al presidente del Tribunale. Il presidente, eseguiti gli opportuni accertamenti, ordina che il denunciato sia consegnato al padre, all'ascendente, o al tutore, con la intimazione di provvedere alla 44 sua educazione e di invigilare la condotta di lui; sotto comminatoria del pagamento di una somma fino a lire 2000 a favore della cassa delle ammende. Nel caso di persistente trascuranza può essere pronunciata la perdita dei diritti di patria potestà e di tutela. (*) Vedi anche gli artt. 312-314, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché gli artt. 25-31, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, con il quale sono state fissate norme nell'istituzione ed il funzionamento del tribunale per minorenni. Art. 178. (art. 181 T.U. 1926). Se il minore degli anni diciotto è privo di genitori, ascendenti o tutori o se costoro non possono provvedere alla sua educazione e sorveglianza, il presidente del Tribunale ordina che sia ricoverato, non oltre il termine della minore età, presso qualche famiglia onesta che consenta di accettarlo, ovvero in un istituto di correzione. I genitori o gli ascendenti sono tenuti al pagamento della retta o di quella parte di essa che sarà di volta in volta determinata. Art. 179. (art. 183 T.U. 1926). Contro il provvedimento del presidente del Tribunale è ammesso ricorso al primo presidente della Corte di appello. Il ricorso può essere proposto tanto da chi esercita la patria potestà o la tutela sul minore, quanto dal pubblico Ministero. Il primo presidente della Corte di appello, prima di provvedere sul ricorso, deve sentire il procuratore generale. CAPO V Del confino di polizia (*). Art. 180. (art. 185 T.U. 1926). Il confino di polizia si estende da uno a cinque anni e si sconta, con l'obbligo del lavoro, in una colonia o in un comune del Regno diverso dalla residenza del confinato. (*) Le disposizioni legislative contenute nel presente Capo sono da ritenere superate da quelle di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, contenenti nuove misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la moralità pubblica. Al riguardo la Corte Costituzionale (sentenza del 1° marzo 1957, depositata in cancelleria 11 marzo 1957) si è così pronunziata: «Il Presidente della Corte Costituzionale dà notizia, ai sensi dell'art. 20 delle norme integrative del 16 marzo 1956, che con sentenza del 1° marzo 1957, depositata in Cancelleria l'11 marzo 1957, la Corte Costituzionale ha dichiarato che, per effetto della sopravvenuta legge 27 dicembre 1956, n. 1423, è cessata la materia del giudizio di legittimità costituzionale delle norme contenute negli articoli dal 180 al 189 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, in riferimento all'art. 13 della Costituzione». Attualmente a norma dell'art. 3, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, nel caso di persona particolarmente pericolosa, può essere imposto l'obbligo del soggiorno in un determinato Comune. Vedi anche gli artt. 315-344, R.D. 6 maggio 1940, n. 635, con il quale è stato approvato il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Art. 181. (art. 184 T.U. 1926). 45 Possono essere assegnati al confino di polizia, qualora siano pericolosi alla sicurezza pubblica: 1° gli ammoniti; 2° le persone diffamate ai termini dell'articolo 165 (1); 3° coloro che svolgono o abbiano manifestato il proposito di svolgere un'attività rivolta a sovvertire violentemente gli ordinamenti politici, economici o sociali costituiti nello Stato o a contrastare o a ostacolare l'azione dei poteri dello Stato. L'assegnazione al confino fa cessare l'ammonizione. L'assegnazione al confino di polizia non può essere ordinata quando, per lo stesso fatto, sia stato iniziato procedimento penale e, se sia stata disposta l'assegnazione al confino, questa è sospesa. (1) Il qui indicato art. 165 del presente testo unico è stato, con sentenza della Corte Costituzionale del 19 giugno 1956, n. 11, dichiarato costituzionalmente illegittimo. (2) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. Art. 182. (art. 186 T.U. 1926). L'assegnazione al confino di polizia è pronunciata con ordinanza dalla commissione provinciale di cui all'articolo 166 (1), su rapporto motivato del Questore. Nell'ordinanza è determinata la durata. La commissione può ordinare l'immediato arresto delle persone proposte per l'assegnazione al confino. Il denunziato che si presenta alla Commissione o è tradotto dinanzi ad essa in istato di arresto per l'interrogatorio, può farsi assistere dal difensore (2). (1) Il qui indicato art. 166 del presente testo unico è stato con sentenza della Corte Costituzionale del 19 giugno 1956, n. 11, dichiarato costituzionalmente illegittimo. (2) Comma aggiunto dall'art. 5, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. Art. 183. (art. 187 T.U. 1926). Le ordinanze della commissione sono trasmesse al Ministero dell'interno per la designazione del luogo in cui deve essere scontato il confino e per la traduzione del confinato. Art. 184. Contro l'ordinanza di assegnazione al confino di polizia è ammesso ricorso, nel termine di giorni dieci dalla comunicazione di essa, ad una Commissione di appello avente sede presso il Ministero dell'interno. Il ricorso non ha efficacia sospensiva. Il ricorrente può farsi rappresentare da un difensore, munito di mandato speciale. La Commissione di appello è composta del Sottosegretario di Stato per l'interno che la convoca e la presiede, del capo della polizia, dell'avvocato generale presso una Corte d'appello, di un presidente di Corte d'appello o consigliere di Cassazione, designati dal Ministro per la grazia e giustizia, di un ufficiale generale dell'Arma dei carabinieri reali, designato dal proprio Comando generale e di un cittadino di specchiata probità, inscritto nelle liste dei giudici popolari e nominato dal Ministro per la grazia e giustizia. Essa delibera a maggioranza di voti; in caso di parità, prevale quello del presidente. Un funzionario della Direzione generale di pubblica sicurezza di grado non inferiore all'8° assisterà come segretario. Le decisioni della Commissione di appello sono comunicate al Ministero dell'interno per l'esecuzione (1). (1) Articolo da ultimo così sostituito dall'art. 2, D.Lgs.Lgt. 10 dicembre 1944, n. 419. 46 Art. 185. (art. 189 T.U. 1926). Tanto nel caso di confino in un Comune del regno, quanto nel caso di confino di una colonia, il confinato ha l'obbligo di darsi a stabile lavoro nei modi stabiliti dall'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sua sorveglianza. L'autorità predetta, nel prescrivere al confinato di darsi a stabile lavoro, terrà conto delle necessità locali e della natura dei lavori pubblici da eseguire, secondo le determinazioni delle competenti autorità. L'assegnato al confino deve, inoltre, osservare tutte le altre prescrizioni dell'autorità di pubblica sicurezza. Le prescrizioni predette sono trascritte sopra una carta di permanenza che è consegnata al confinato. Della consegna è redatto processo verbale. Art. 186. (art. 190 T.U. 1926). All'assegnato al confino può essere, fra l'altro, prescritto: 1° di non allontanarsi dall'abitazione scelta, senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza; 2° di non rincasare la sera più tardi e di non uscire il mattino più presto di una determinata ora; 3° di non detenere o portare armi proprie od altri strumenti atti ad offendere; 4° di non frequentare postriboli, osterie od altri esercizi pubblici; 5° di non frequentare pubbliche riunioni, spettacoli o trattenimenti pubblici; 6° di tenere buona condotta e di non dar luogo a sospetti; 7° di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza, preposta alla sorveglianza, nei giorni che gli sono indicati, e ad ogni chiamata di essa; 8° di portare sempre con sé la carta di permanenza e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali o degli agenti di pubblica sicurezza. Art. 187. (art. 191 T.U. 1926). Qualora il confinato tenga buona condotta, il Ministro dell'interno può liberarlo condizionalmente, prima del termine stabilito nell'ordinanza di assegnazione. Art. 188. (art. 192 T.U. 1926). Se il confinato liberato condizionalmente tiene cattiva condotta, il Ministro dell'interno può rinviarlo al confino fino al compimento del termine, non computato il tempo trascorso in libertà condizionale o in espiazione di pena. Art. 189. (art. 193 T.U. 1926). Il confinato non può allontanarsi dalla colonia o dal comune assegnatogli. Il confinato che contravviene alle disposizioni di questo capo è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno. Il tempo trascorso in carcerazione preventiva seguìta da condanna o in espiazione di pena detentiva, anche se per effetto di conversione di pena pecuniaria, non è computato nella durata del confino. 47 Il confino cessa di diritto se il confinato è sottoposto a misura di sicurezza detentiva. Se al confinato è ordinata la libertà vigilata, il confinato vi è sottoposto dopo la cessazione del confino. TITOLO VII Del meretricio Artt. 190-208. (*). (*) Conseguentemente al disposto di cui all'art. 15, L. 20 febbraio 1958, n. 75, con la quale è stata abolita la regolamentazione della prostituzione e sono state stabilite norme per la lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui, e che stabilisce l'abrogazione di tutte le disposizioni contrarie a tale legge o con esse incompatibili, gli articoli contenuti nel presente titolo sono da ritenere abrogati. TITOLO VIII Delle associazioni, enti ed istituti (*). Art. 209. (art. 214 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 6, L. 25 gennaio 1982, n. 17. Art. 210. (art. 215 T.U. 1926). Salvo quanto è disposto nell'articolo precedente, il Prefetto può disporre, con decreto, lo scioglimento delle associazioni, enti o istituti costituiti od operanti nel regno che svolgono una attività contraria agli ordinamenti politici costituiti nello Stato. Nel decreto può essere ordinata la confisca dei beni sociali. Contro il provvedimento del Prefetto si può ricorrere al Ministro dell'interno. Contro il provvedimento del Ministro non è ammesso ricorso nemmeno per motivi di illegittimità. Art. 211. (1). (1) Abrogato dall'art. 6, L. 25 gennaio 1982, n. 17. Art. 212. (art. 216 T.U. 1926). Senza pregiudizio delle sanzioni di cui all'art. 209, i funzionari, impiegati ed agenti civili e militari di ogni ordine e grado dello Stato, ed i funzionari, impiegati ed agenti delle province e dei comuni o di istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle province e dei comuni, che appartengano anche in qualità di semp lice socio ad associazioni, enti od istituti costituiti nel regno o fuori, ed operanti, anche solo in parte, in modo clandestino od occulto, o i cui soci sono comunque vincolati dal segreto, sono destituiti o rimossi dal grado e dall'impiego o comunque licenziati. 48 I funzionari, impiegati, agenti civili e militari suddetti, sono tenuti a dichiarare se appartengono anche in qualità di semplici soci ad associazioni, enti ed istituti di qualunque specie costituiti od operanti nel regno o fuori, al Ministro nel caso di dipendenti dello Stato ed al Prefetto della provincia in tutti gli altri casi, qualora ne siano specificatamente richiesti. I funzionari, impiegati, agenti civili e militari suddetti, che non ottemperino a tale richiesta entro due giorni dalla notificazione, incorrono nella sospensione dallo stipendio per un tempo non inferiore a quindici giorni e non superiore a tre mesi. Quando siano date scientemente notizie false od incomplete, la sospensione dallo stipendio è non inferiore a sei mesi. Per l'applicazione delle sanzioni previste in questo articolo si osservano le leggi sullo stato giuridico dei funzionari, degli impiegati e degli agenti (1). (1) Vedi, anche, gli artt. 18, 49 e 98, co. 3 della vigente Costituzione italiana. Art. 213. (art. 217 T.U. 1926). Articolo abrogato dall'art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. TITOLO IX Dello stato di pericolo pubblico e dello stato di guerra Art. 214. (art. 219 T.U. 1926). Nel caso di pericolo di disordini il Ministro dell'interno con l'assenso del Capo del Governo (1), o i Prefetti, per delegazione, possono dichiarare, con decreto, lo stato di pericolo pubblico. (1) Ora, denominato Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo unico, R.D.L. 16 maggio 1944, n. 136 e dell'art. 92 della Costituzione della Repubblica italiana. Art. 215. (art. 220 T.U. 1926). Durante lo stato di pericolo pubblico il Prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico. Art. 216. (art. 221 T.U. 1926). Oltre quanto è disposto dall'art. 2, qualora la dichiarazione di pericolo pubblico si estenda all'intero territorio del regno, il Ministro dell'interno può emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica. I contravventori alle ordinanze predette sono puniti con l'arresto non inferiore a un anno, salvo le maggiori pene stabilite dalle leggi. La disposizione precedente si applica anche a coloro che contravvengono alle ordinanze del Prefetto emesse durante lo stato di dichiarato pericolo pubblico, in forza dei poteri che gli sono conferiti dall'art. 2. Art. 217. (art. 222 T.U. 1926). 49 Qualora sia necessario affidare all'autorità militare la tutela dell'ordine pubblico, il Ministro dell'interno, con l'assenso del Capo del Governo (1), o i Prefetti, per delegazione, possono dichiarare, con decreto, lo stato di guerra (2). Sono applicabili, in tal caso, le disposizioni degli articoli precedenti. La facoltà di emanare ordinanze spetta all'autorità che ha il comando delle forze militari. I contravventori sono puniti a termini del primo capoverso dell'articolo precedente. (1) Ora, denominato Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo unico, R.D.L. 16 maggio 1944, n. 136, e dell'art. 92 della Costituzione della Repubblica italiana. (2) Sulla dichiarazione dello stato di guerra, vedi l'art. 11, allegato A, R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, con il quale sono state approvate la legge di guerra e la legge di neutralità contenute rispettivamente negli allegati A e B uniti al regio decreto sopra indicato. La legge di guerra e quella di neutralità, pur essendo sempre perfettamente vigenti, possono essere applicate solo, conseguentemente ad un provvedimento che lo ordini, nei modi, limiti, anche territoriali, e casi indicati nel provvedimento medesimo. Vedi, al riguardo, artt. 1-11 del sopra indicato regio decreto di approvazione della legge di guerra e della legge di neutralità, riportato. Art. 218. (art. 223 T.U. 1926). Durante il dichiarato stato di guerra le autorità civili continuano a funzionare per tutto quanto non si riferisce all'ordine pubblico. Per ciò che riguarda l'ordine pubblico le autorità civili esercitano quei poteri che l'autorità militare ritiene di delegare ad esse. Art. 219. Durante il dichiarato stato di guerra sono giudicate dai Tribunali militari le persone imputate di delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo primo del libro secondo del codice penale. Gli imputati di delitti contro l'ordine pubblico, la pubblica amministrazione, le persone e il patrimonio sono giudicati dall'Autorità giudiziaria ordinaria (1). (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, R.D.L. 6 dicembre 1943, n. 22/b. TITOLO X Disposizioni finali e transitorie Art. 220. (artt. 18, 23, 83, 114, 158, 160, 165, 221 T.U. 1926). Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica devono arrestare chi è colto in flagranza dei reati preveduti dagli artt. 19, 24, 85, 113, 157, 158, 163, 216 e 217 di questo testo unico. Art. 221. (art. 225 T.U. 1926). Con decreto reale, su proposta del Ministro dell'interno, saranno pubblicati il regolamento generale per l'esecuzione di questo testo unico e i regolamenti speciali necessari per determinare materie da esso regolate. Salvo quanto previsto dall'art. 221-bis, le contravvenzioni alle disposizioni di tali regolamenti sono punite con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire duecentomila (1). Fino a quando non saranno emanati i regolamenti suindicati, rimangono in vigore le disposizioni attualmente esistenti sulle materie regolate in questo testo unico, in quanto non siano incompatibili con le norme in esso contenute. 50 (1) Comma così sostituito dall'art. 6, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 221-bis. 1. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 156, 187 e 225 del regolamento di esecuzione del presente testo unico, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire sei milioni. 2. Le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 121, 131, 146, 149, 180, 181, 185, 186, 192, 196, 199, 211, 219, 220, 221, 222, 229, 230, commi da 1 a 3, 240, 241, 242, limitatamente alle attività previste dall'art. 126 del presente testo unico, e 260 del regolamento di esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire due milioni (1). (1) Aggiunto dall'art. 7, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480. Art. 222. Entro un quinquennio dall'entrata in vigore di questo testo unico, le opere, i drammi, le rappresentazioni coreografiche e le altre produzioni teatrali, già date o declamate in pubblico nel regno, potranno essere ulteriormente rappresentate, senza ottemperare al disposto dell'art. 73. Esse saranno comunicate al Prefetto della provincia - dove per la prima volta verranno rappresentate o declamate, dopo la entrata in vigore di questo testo unico - il quale ha facoltà di vietarle per ragioni di morale o di ordine pubblico. Quando il Prefetto ne autorizzi la rappresentazione, l'autorizzazione è valida per tutto il regno. Contro il divieto del Prefetto è ammesso ricorso al Ministro dell'interno, che decide, sentita la commissione di cui all'art. 73. Il Ministro dell'interno può, in qualunque momento, procedere a nuovo esame delle produzioni teatrali di cui nella prima parte di questo articolo. Anche per queste produzioni si applica il disposto dell'art. 74. Art. 223. (art. 227 T.U. 1926). Le assegnazioni al domicilio coatto, pronunciate ai termini del capo V, titolo III del testo unico della legge di pubblica sicurezza 30 giugno 1889, n. 6144, s'intendono commutate in assegnazioni al confino di polizia, ai termini di questo testo unico. Art. 224. (art. 229 T.U. 1926). L'art. 2 del testo unico delle leggi relative alle attribuzioni della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058, è abrogato. I ricorsi, che all'atto di pubblicazione del testo unico approvato col regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848 (1), fossero stati già presentati alla Giunta provinciale amministrativa e non fossero ancora decisi, sono considerati come ricorsi gerarchici e sottoposti alle decisioni del Prefetto. (1) Trattasi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza precedentemente vigente. 51