Gaetano Coppola è Professore di Flauto presso L’Istituto Comprensivo “Gian Giacomo Ciaccio Montalto” di Trapani. Diplomatosi presso il Conservatorio di Musica di Stato “A. Scontrino” di Trapani, si è poi perfezionato presso l’Accademia Musicale Pescarese frequentando il Corso Triennale Superiore di Alto Perfezionamento di Flauto con il M° Giuseppe Nova e seguendo masterclass con il M° Maxence Larrieu. Ha tenuto concerti in formazione cameristica (duo, trio, quartetto e quintetto) ed ha collaborato con orchestre lirico sinfoniche sia come flautista che come ottavinista. Come flautista solista ha eseguito il V Concerto Brandeburghese di J. S. Bach; come ottavinista solista ha eseguito il Concerto in do maggiore di A. Vivaldi. Pluriennale la sua esperienza nella direzione, è anche profondo conoscitore delle tradizioni musicali popolari, religiose e folkloristiche del territorio. Sotto la valente guida di maestri come Nicola Samale ed Janos Acs ha frequentato corsi di direzione d’orchestra, che lo hanno sempre visto dirigere i concerti finali. Ha diretto diversi gruppi di musica da camera riscuotendo sempre tangibili attestati di successo. L’orchestra da camera “La Dominante”, formata prevalentemente da musicisti trapanesi diplomatisi presso il Conservatorio di Musica “A. Scontrino” di Trapani, è di recente formazione ma ha già al suo attivo diversi concerti: Chiesa di San Michele (TP); Teatro “L’Idea” di Sambuca di Sicilia (AG); Auditorium del Comune di Vita (TP) in occasione dei 400 anni di Fondazione del Comune; Sala Congressi dell’Hotel Baia dei Mulini in occasione dei 250° Anniversario della nascita di Mozart, Concerto di Buon Anno 2011 a Trapani. PROGRAMMA C. W. Gluck (1714 – 1787) Ifigenia in Aulide Ouverture Città di Erice W. A. Mozart (1756 – 1791) Ave Verum Corpus Mottetto E. Grieg (1843 – 1907) Holberg Suite Prelude Sarabande Gavotte Air V. Toscano (1970) Ave Maria Preghiera Orchestra da Camera Professori d’orchestra Violini primi Nademliska Zoya (spalla) Vultaggio Mario La Rocca Laura Calcara Maria Giulia Badami Marco Ruggirello Leonardo Giacalone Isidoro Trombino Francesca Violini secondi La Porta Mirko * Di Santeodoro Mauro Obiso Lorena Bertolino Sivia Inzerillo Daniele Gucciardi Gaspare Viole Lombardo Paolo * Caruso Vincenzo Rizzo Chiara Trombino Maria Violoncelli Toscano Vincenzo * Augugliaro Lucia Piacentino Giovanna Todaro Flora Contrabbasso Pianelli Antonino * CONCERTO DI CAPODANNO Rigaudon J. Sibelius (1865 – 1957) Andante Festivo Foglio d’album C. Franck (1822 – 1890) Panis Angelicus Inno sacro X Sinfonia in Sib min. Adagio “La Dominante” F. Mendelssohn (1809 – 1847) Allegro Dirige M° GAETANO COPPOLA *Prime Parti Domenica 1 gennaio 2012 ore 18.00 Chiesa San Giovanni - Erice GUIDA ALL’ASCOLTO Il sipario immaginario che con il suo rosso porpora e i suoi finimenti dorati riscalda l’attesa, si apre sull’affresco eroico del sacrificio di Ifigenia, tappa cruciale della saga degli Atridi, attraverso le note dell’Ouverture dell’omonima opera in tre atti del compositore tedesco C. W. Gluck, qui proposta in un arrangiamento per orchestra d’archi di E. J. Argañaraz. Su libretto di M. F. G. Leblanc du Roullet, Iphigénie en Aulide fu rappresentata per la prima volta all’Opèra di Parigi nel 1774. Ma il soggetto non era nuovo alle scene musicali: prima di Gluck già D. Scarlatti, N. Porpora e N. Jommelli, per non citare che i più grandi, lo avevano messo in musica secondo la prassi di intonare fortunati soggetti eroici, mitologici e storici di particolare voga nel Secolo dei Lumi. La vicenda immortalata da Gluck-du Roullet è tratta dalla tragedia di Euripide (407-406 a. C.), ma ha un più diretto antecedente nell’omonimo dramma di J. Racine (1674). Al già profondo scandaglio psicologico condotto dal grande drammaturgo francese si aggiunge la forza dirompente dell’intonazione musicale di Gluck che contribuisce a rendere sensibilmente umana la vicenda della giovane e bella figlia di Agamennone, re di Micene e capo della spedizione troiana, chiesta in sacrificio da Artemide in cambio della sua protezione. L’ouverture, conformemente ai propositi elaborati dal riformatore tedesco in opposizione agli eccessi del melodramma italiano, introduce efficacemente nell’atmosfera dell’azione mescolando un tenue lirismo ad affermazioni più perentorie. Essendo peraltro costruita senza soluzione di continuità rispetto alla prima scena, sembra accompagnare l’ascoltatore in un viaggio a ritroso attraverso le nebbie dei millenni dalle quali emerge poco a poco la sagoma del solitario Agamennone, vero protagonista del dramma, colto nel pieno del suo umano dissidio di sovrano-condottiero che ha accettato di sacrificare la figlia agli dei e di padre che, scosso dal dolore e dal turbamento, vorrebbe contravvenire alla parola data. L’avvio del suo lamento (atto I, aria: Diane Impitoyable), con quel salto ascendente di quinta e il successivo ripiegarsi della melodia, è anticipato in apertura di sinfonia. La maestosa orchestrazione non si limita, così, ad accompagnare il canto (tutelato ora dall’arbitraria ornamentazione dei virtuosi) bensì assume una funzione pienamente espressiva favorendo quella catartica partecipazione all’azione drammatica che già Aristotele riconosceva come fondamento educativo della tragedia. Data la preziosità della partitura, Wagner a metà ‘800, oltre ad operare una spettacolare revisione dell’Opera, realizzò una Coda conclusiva all’ouverture (che vi proponiamo questa sera) per adattarla all’esecuzione in concerto. La struttura bipartita (Andante iniziale, in stile severo; Allegro maestoso, in forma-sonata) ricalca il modello italiano che Gluck, in questo caso, predilige arricchendolo con la sapienza della sua strumentazione. Il già citato Wagner, nell’analizzarla, individuò in essa quattro “temi”: il “tema del dolore”, localizzabile nel movimento lento; il “tema della forza imperiosa” del potere, sul quale si apre l’Allegro; il “tema della grazia virginale di Ifigenia”(secondo tema dell’Allegro); infine, nello sviluppo, il “tema della compassione commossa”. Al di là dell’interpretazione wagneriana, l’ouverture rimane tuttavia una pagina nitida e viva che tratteggia con forza i caratteri nobili e appassionati dell’antica tragedia greca in uno spirito tutto moderno. [10 min. ca.] Il testo eucaristico latino del XIV secolo Ave Verum Corpus ha conosciuto nei secoli una notevole fortuna musicale, ma l’intonazione senz’altro più celebre è quella di W. A. Mozart che nel suo ultimo anno di vita ne realizzò un mottetto per coro misto, orchestra e organo, conosciuto con il numero di catalogo K. 618. Nata per la solennità del Corpus Domini la preghiera, qui silenziosamente evocata dalle delicate sonorità degli archi, proclama la presenza del corpo di Cristo nel sacramento dell'Eucarestia, adorato dai fedeli con stupore non dissimile da quello con il quale i pastori di Betlemme accolsero l’Incarnazione dell’Onnipotente nel Bambino Gesù: «Ave, o vero corpo,/nato da Maria Vergine,/che veramente patì e fu immolato/sulla croce per l'uomo,/dal cui fianco squarciato/sgorgarono acqua e sangue./Fà che noi possiamo gustarti/nella prova suprema della morte./O Gesù dolce, o Gesù pio,/o Gesù figlio di Maria./Pietà di me. Amen». [3 min. ca.] Correva l’anno 1884 quando la cittadina di Bergen, impegnata nei preparativi per il bicentenario della nascita del drammaturgo norvegese e padre della letteratura danese L. Holberg (1684-1754), commissionò al già illustre concittadino E. Grieg una cantata da eseguire in suo onore. Il compositore accettò malvolentieri l’incarico e di quella partitura non si seppe più nulla. L’opera grieghiana legata al nome del “Molière del Nord” che invece era destinata ad affermarsi fu proprio la suite, originariamente per pianoforte, intitolata Aus Holbergs Zeit ("Dal tempo di Holberg"), che infatti riproduce lo stile settecentesco dell’epoca di Holberg tanto nel linguaggio quanto nella strutturazione formale. Si tratta, cioè, di un’alternanza tipicamente bachiana di danze francesi dal carattere vivace e di movimenti lenti liricamente meditativi. Tuttavia, per quanto esse vengano fedelmente rispettate nella loro identità originaria, la facies barocca non è che un travestimento: dietro le movenze elegantemente cortigiane di musette, gavotte e sarabande si nasconde pur sempre uno degli esponenti più amabilmente “esotici” (per dirla con E. Hanslick) e intensamente sentimentali della cultura scandinava e del tardoromanticismo musicale europeo che, analogamente ai “neoclassici” del ‘900, riesce abilmente a filtrare l’ancien con la sensibilità e il gusto moderni. La suite si apre con un gioioso Preludio (Allegro vivace) in 4/4, seguito da: una Sarabanda (Andante) in 3/4 di malinconica dolcezza, un’elegante Gavotta (Allegretto) in 2/2 che custodisce al suo interno una Musette in tempo più mosso arieggiante le sonorità della cornamusa; un Aria (Andante religioso) in 3/4 dal carattere intensamente meditativo; un vigoroso Rigaudon (Allegro con brio) in 2/2 che nel protagonismo dei soli occhieggia i suonatori rurali di violino norvegesi. [20 min. ca.] In occasione del capodanno che noi salutiamo con la nostra musica e che la Chiesa cattolica dedica alla Vergine Maria, madre di Dio e di tutti gli uomini, il violoncellista e compositore trapanese V. Toscano, nel nostro ensemble alla testa della sezione dei bassi, ha creato una versione per soli archi della sua Ave Maria, composta nel 1997 per coro e organo. Il brano è incluso nel suo CD "Missa Parvula" (2000) prodotto dall'Associazione “Jacopone da Todi” di Alcamo. [3 min. ca.] Sebbene la critica abbia lungamente additato il compositore J. Sibelius quale epigono, oggi si tende tuttavia a ritenerlo, oltre che caposcuola della musica finlandese, un degno rappresentante delle cosiddette “scuole nazionali” tardoromantiche della generazione di Strauss, Mahler, Busoni e Reger, legato com’è al tardo sinfonismo germanico e al mondo espressivo, a tratti cupo e pessimistico, di Čaikovskij. A dispetto della durata della sua esistenza fino ad oltre la metà del XX secolo, le sue opere più notevoli (appartenenti per lo più al genere sinfonico) videro la luce entro il primo ventennio, essendosi poi il compositore lasciato “ammutolire”, come molti altri artisti suoi contemporanei, dalla barbarie della I Guerra Mondiale. L’Andante festivo per archi (con timpani ad libitum) non è che l’estensione all’orchestra d’archi dell’omonimo quartetto del 1922. Completato nel 1938 con il numero d’opera 117/a, la sua prima esecuzione avvenne durante una diretta radiofonica nel capodanno 1939 andata in onda in occasione della New York World Exhibition. L’andamento solennemente omoritmico della nobile melodia, affidata senza soluzione di continuità agli archi chiari, evoca l’intimità religiosa di una preghiera (come la liturgica cadenza finale sembra confermare) che si innalza dalle nevi perenni e richiama, con la semplicità struggente delle sue linee, il sapore dolcemente popolareggiante di una nenia natalizia. [5 min. ca.] Panis Angelicus è l’incipit della penultima strofa dell'inno latino Sacris solemniis, composto da San Tommaso d'Aquino (XIII sec.) per la solennità del Corpus Domini. La sua versione più famosa è certamente quella del compositore e organista belga, nonché eminente figura della vita musicale francese del secondo ‘800, C. Franck. Sulle parole dell’inno (sotto riportate in traduzione) egli scrisse, nel 1872, una partitura per tenore, organo, arpa, violoncello e contrabbasso che in seguito incorporò nella sua Messe à trois voix op. 12. Essa conobbe una grande fortuna e svariati arrangiamenti anche come brano musicale autonomo (tra cui anche quello per orchestra d’archi che ascolterete). Tra le esecuzioni più celebri si possono annoverare quelle di L. Pavarotti, P. Domingo, M. Olivero, R. Tebaldi. Traduzione italiana del testo: «Il pane degli angeli/diventa pane degli uomini;/il pane del cielo/dà fine a tutte le prefigurazioni:/qual meraviglia!/il servo povero e umile/mangia il Signore./Chiediamo a Te,/Dio uno e trino,/di visitarci,/come noi Ti adoriamo./Per le Tue vie/portaci dove tendiamo,/alla luce in cui tu abiti./Amen». [4 min. ca.] Composta nel 1823 a due anni dal primo incontro con il vecchio Goethe (con il quale instaurò una duratura frequentazione e una fattiva collaborazione), la Sinfonia in si minore MWV n. 10, in due soli movimenti, è una delle dodici sinfonie per orchestra d'archi scritte da F. Mendelssohn fra gli undici e i quattordici anni e destinate alle esecuzioni private che si davano ogni sabato sera nella sua ricca casa berlinese. Essa si distingue per la chiarezza, la scorrevolezza melodica e per l’illuministica serenità spirituale che caratterizzano, sin da allora, il linguaggio “romanticamente classico” del musicista tedesco. Del resto, anche nei lavori sinfonici più maturi egli adottò il modello di misura ed eleganza formale perfezionato da Haydn e Beethoven inquadrabile entro lo schema complessivo della forma-sonata. L'Adagio è una pagina meditativa e misuratamente cantabile con venature di moderata vivacità, mentre l'Allegro mostra una fantasia spigliata e brillante dal taglio ritmico deciso e sicuro. [10 min. ca.] Chiara Rizzo