Parole ad Arte
Collana di sperimentazione verbo–visiva
1
Immagine di copertina gentilmente concessa dal Museo di Villa
Croce, Genova.
Ingresso
on il presente volume Aracne Editrice inaugura
una collana di poesia cui il titolo, “Parole ad
arte”, segna il perimetro temporale e concettuale della materia della quale intende occuparsi: trattasi di realtà culturale di prim’ordine ma
restata, in Italia, circoscritta all’ambito dei soli
cultori. L’esperienza nasce alla fine degli anni Cinquanta del secolo appena corso, sebbene radici e
linfa vengano da lontano e transitino per non pochi
movimenti che hanno fatto la storia dell’arte del
primo Novecento europeo (Futurismo, Surrealismo, Dadaismo, Costruttivismo ecc.); storicamente risponde
a titoli diversi: poesia concreta, visiva, sonora,
...; concretamente si realizza nel tentativo, di
alcuni poeti e artisti, di esprimersi con parole e
immagini desunte per lo più dalla comunicazione quotidiana, e liberate di contesto e sintassi. Riassunto
più completo è stato redatto da una mostra tenuta al
Mart di Rovereto nel 2007–20081, la quale ha lasciato emergere alcuni dati su cui la collana intende
porre attenzione, sebbene pensata prima dell’evento
stesso. Anzitutto il superamento del vocabolario e
delle distinzioni, doverose in un percorso di natura genetica. Mentre le articolazioni linguistiche
sottolineano gli sforzi operati dagli artisti per
cogliere sfumature originali rispetto ad altre esperienze (la poesia concreta si occupa primariamente
delle relazioni tra i significanti, la poesia visiva si afferma sul piano semantico, ecc., e un solco
C
1
La parola nell’arte. Ricerche d’avanguardia nel 900. Dal
Futurismo a oggi attraverso le Collezioni del Mart, a cura di G.
Belli, A. Bonito Oliva, A. Hapkemeyer, N. Boschiero, P. Pettenella,
M. Gazzotti, D. Ferrari, J. Trolp, G. Zanchetti, Milano 2007.
fondo separa entrambi dall’arte concettuale, lorché
pure s’è occupata di parole), i curatori dell’esposizione roveretana hanno messo assieme tutti coloro
che si sono interessati della scrittura nell’arte.
Ciò facendo sono andati oltre le motivazioni originali in nome di un comune risultato. Altro, e precedente, motivo di riflessione è costituito dall’accettazione del superamento della distinzione tra
“immagine” e scrittura, già operato dai poeti
verbo–visivi: questi due codici della comunicazione
che s’incontrano e danno vita a una forma di arte
poetica, hanno entrambi pari dignità espressiva e
artistica, coniugandosi senza che uno dei due, in
genere la parola, ne resti in qualche modo ridimensionato o assolva a mera funzione ancillare.
Sono trascorsi poco meno di dieci lustri da quando Corrado D’Ottavi (1934–1984) pubblicava la prima
poesia visiva italiana sul terzo numero di Ana eccetera, rivista nata in quella Genova pregna di avanguardie poetiche, e diretta da Martino Oberto che,
oltre ad essere artista egli stesso, di Corrado è
stato caro amico: correva il 31 maggio del 1960.
Dopo quasi mezzo secolo di silenzio — è il debito
contratto dalla comunità intellettuale — rotto solo
da qualche nota, intelligente ma sporadica2, la collana inizia intendendo restituire al D’Ottavi quanto gli pertiene: un primato e una visibilità finora
sottrattagli. Lo fa proponendo al lettore raccolta
di carte della seconda metà degli anni settanta e un
libro d’artista redatto nel 1962–63.
G.M.
2
È obbligo mentovare la mostra “Corrado D’Ottavi e la ricerca
verbo–visiva a Genova”, tenuta al Museo di Villa Croce nel novembre
1988 – febbraio 1989. Per il resto trovasi opere di D’Ottavi in rare
collettive, tra le ultime nella già citata esposizione di Rovereto,
in quella di Prato (“Primo piano. Parole, azioni, musica, immagini…
in una collezione d’arte visiva”, a cura di M. Bazzini e S. Pezzato,
tenuta nel 2006 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci) e in
quella di Pordenone del settembre–ottobre 2007 (“Alfabeti contemporanei. Da Agnetti a Warhol”).
Corrado D’Ottavi
Parole e
forbici
ARACNE
Copyright © MMVIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978-88–548–2035–7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 2008
Perché una cosa non venga pensata e ripensata ma sia spontanea anzi spensata così è vera
al leggero ricordo di Corrado D’Ottavi
una logologia ed affetti solidi e così avanti a rubare il mestiere ai filosofi
ut efficiamur parlo latino pro missionibus frisbi...
OM
(da L’infinito di Ana Excetera)
Indice
3 Ingresso di G. Marconi
7 Dedica di M. Oberto
11 Versi in fase di montaggio
di M. Bentivoglio
15 Poesie volantino stampate e mai distribuite
39 Un libretto scritto con le forbici
Versi in fase
di montaggio
1
per molti una rivelazione la documentatissima
mostra retrospettiva di Corrado D’Ottavi, attualmente in corso a Genova, con opere in gran
parte acquisite dal Comune. Prematuramente scomparso
nell‘84, D’Ottavi operò dalla seconda metà degli anni
Cinquanta nell’ambito della neoavanguardia genovese
raccolta attorno ad alcune riviste di poesia sperimentale, e produsse i primi esempi di una nuova
ricerca, più tardi definita poesia visiva.
È
In quel periodo, Genova fu un laboratorio linguistico di rilievo internazionale. Il primo numero
della rivista Ana Eccetera, fondata nel 1958 da
Martino Oberto, venne dedicato a Ezra Pound, allora
residente in Liguria; uscirono successivamente
Marcatrè, Tool, Trerosso: l’assenza di un mercato e
di istituzioni adeguate finiva per creare un sollecitante clima di libertà culturale. In notevole anticipo sugli esperimenti di Nanni Balestrini e del
gruppo fiorentino “70”, Corrado D’Ottavi iniziò a
costruire poesie con frammenti di carta stampata;
strisce di asporto di diversa grandezza con caratteri di differente forma e misura. Dunque la forma
delle lettere anonime, che in genere rappresentano
atti d’accusa. L’operazione infatti equivaleva alla
denuncia di un ammutinamento; mimetizzandosi il
poeta contrabbandava il proprio intervento attraverso il diaframma delle comunicazioni di massa.
1
L’intervento riproduce l’art. di M. Bentivoglio apparso sul
Manifesto del 21.02.1989 in occasione della mostra retrospettiva
“Corrado D’Ottavi e la ricerca verbo–visiva” tenuta a Genova nel
novembre 1988 - febbraio 1989.
11
Avviene così, con la poesia visiva, un fatto
nuovo, che non ha precedenti negli elaborati
verbo–visivi delle avanguardie della prima metà del
secolo. Mentre le centrali merceologiche si avvalgono del patrimonio culturale dei segni per inserirli in un circuito mercantile con un marchio di fabbrica, i poeti attuano una semplice quanto astuta
scoperta: solo un linguaggio già strumentalizzato
non potrà venire strumentalizzato a sua volta. Per
evitare la rapina degli strumenti occorre prelevarli dall’iconosfera dei mass media, ribaltando i
significati e restituendo alla poesia quanto di
vitalizzabile filtra nella falsificazione.
L’offensiva di D’Ottavi esprime la situazione dell’individuo preso negli ingranaggi della comunicazione standardizzata. Il suo è un dissenso fatto di
interrogazione, che evidenzia la rete dei condizionamenti proprio mentre ne attraversa le maglie. E il
silenzio di cui questo artista (tra gli iniziatori
del Manifesto) si è sempre circondato, prova quanto
il suo intenso, quasi clandestino lavoro, coincidesse con la ricerca di una salvaguardia. Forse per
questo troviamo in lui i segni di una tensione poetica rara tra gli sperimentatori della stessa frontiera. «L’uomo che ha spezzato tutte le flessibili tà / incolla un sogno». Sembrano versi. Oltre
all’efficacia dell’ardua spazializzazione, in lui
notiamo la scelta delle parole: «… ma un uomo / a
due minuti dalla fine / sull’ultima spiaggia / si
morde le dita lancia avvertimenti / e riesce a mettersi fuori combattimento da solo / per finire da
protagonista».
Il rientro nelle regole grammaticali distrutte fin
dal tempo dei futuristi, non è che la logica conseguenza della tecnica del prelievo; questa estrema
materializzazione collagistica del discorso poetico.
Infatti il linguaggio stesso qui viene considerato
come oggetto; e ne sono ammessi i meccanismi come si
12
accetta in un assemblaggio la forma degli oggetti
trovati. D’Ottavi ricorre anche al riporto di inserti figurali di origine pubblicistica: l’immagine si
parifica alla lingua sotto il segno dell’oggettivazione.
Questo artista mette in atto tutta una serie di
espedienti per riempire di presenza parole e frasi
applicate graficamente o decontestualizzate mediante ritaglio. Ricorre ai modelli ormai acquisiti dell’astrattismo: intarsio di carte colorate, griglie
irregolari, linee di diversi colori. Recupera chirografie, dattiloscritti, piccoli oggetti di scarto.
Inserisce elementi segnaletici: frecce, percorsi.
Evita sempre accuratamente di coinvolgere il messaggio nella volgarità della matrice su cui ironizza;
e trova soluzioni compositive ogni volta diverse.
Guido Giubbini, nell’esemplare saggio che introduce il catalogo, spiega l’origine di questo tipo di
visualizzazione ricordando la valenza grafica delle
pagine di giornale. Un dato su cui finora l’analisi
della poesia visiva non si era soffermata. È vero:
mentre i precedenti esperimenti verbo–visivi nascono dalla neutralità della pagina del libro, questa
poesia ha le sue fonti nella struttura del quotidiano. Che si apre come palcoscenico sulla drammatizzazione accentuata dei titoli protagonisti, e sul
gioco a incastro delle scene–illustrazioni; le grigie, indifferenziate colonne dei testi sono le quinte di una comunicazione già tutta consumata prima
della lettura. Così le diverse grandezze dei segni
equivalgono ai tempi della fruizione, in totale
indipendenza dall’ordine logico dei significati.
D’Ottavi pone una grande attenzione ai valori di
immagine. Il suo ritaglio segue talvolta i contorni
delle lettere, con brevi aloni bianchi sui fondi
come frastagli di luce. I registri cromatici, le
pulsazioni lineari, hanno un peso determinante,
quasi a ovviare alla separatezza della parola dal
mondo sensibile.
13
Ma immagine è ciò che si percepisce otticamente e
dunque anche la scrittura. L’equiparazione dei segni
verbali, segnaletici, pittorici, indica la comune
identità dei reperti: tutte immagini. La contestualità dà a queste icone coesistenti, verbali e non
verbali, a tutti i segni tracciati e incollati, il
valore comune di linguaggio. È questo il dato rivoluzionario della
poesia visiva: un ritorno alla
comunicazione mista dei codici miniati, dei mosaici
e affreschi verbalizzati da fregi e cartigli: la
riacquisizione critica di un universo espressivo
anteriore, o meglio estraneo, alla categorizzazione
dell’estetico.
M. Bentivoglio
Poesie volantino stampate
e mai distribuite
C’è un poeta che soffre, 1981. Collage su carta su faesite, 48 x 33 cm. Cat. n. 58.
Inchiesta su chi comanda, 11 maggio 1975. Collage su truciolato, 47,5 x 27 cm.
Cat. n. 33.
Un libretto scritto
con le forbici
Finito di stampare nel mese di settembre del 2008
dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma
CARTE: Copertina: Patinata opaca Bravomatt 300 g/m2 plastificata opaca; Interno: Patinata opaca Bravomatt 170 g/m2
ALLESTIMENTO: Legatura a filo di refe / brossura
Stampa realizzata in collaborazione con la Finsol S.r.l. su tecnologia Canon Image Press
Scarica

Parole ad Arte - Aracne editrice