Comune di Monza
I tempi della città
Indagine qualitativa: risultati di 2 focus group con i
cittadini
publica.SWG è un dipartimento di Swg, interamente dedicato alle pubbliche amministrazioni, alla comunicazione pubblica, alle
multiutility, agli enti locali, all’associazionismo (economico, ambientale e sociale) e ai diversi soggetti che operano nel territorio.
Trieste, 30 marzo 2006
relazione
Indice
2
SINTESI
3
Tra tempo perso e ritrovato
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ANALISI DEI RISULTATI
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La città vivibile e la gestione del tempo
6
L’organizzazione del tempo personale
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Il tempo per il trasporto
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Il tempo per i servizi di pubblica utilità
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Proposte per il coordinamento dei tempi della città
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METODOLOGIA
28
Caratteristiche dei partecipanti
28
Sintesi
3
La struttura sociale della città, nel passaggio dalla società fordista a quella post fordista, ha
subito una drastica metamorfosi. Tale cambiamento ha portato a conseguenze con le quali oggi
le pubbliche amministrazioni devono confrontarsi. Per descrivere la città dell’epoca fordista in
1
letteratura viene utilizzata la metafora della città-macchina (Paolucci, 1998 ): un luogo in cui il
tempo lavorativo, ma anche quello sociale venivano scanditi e organizzati dai processi produttivi.
La metafora evoca un meccanismo unitario, strutturato e orientato ad uno scopo, che funziona in
modo armonico e integra tutte le sue componenti. Questa metafora non è più valida per
descrivere le nostre città, poiché “Gli spazi urbani postmoderni non possono essere spiegati se
non si considerano aspetti come la modularità delle parti e i sistemi di feedback e controllo”
2
(Amendola, 1997 ).
Oggi dobbiamo trovare un’altra rappresentazione della città, che inglobi la frammentazione e le
diverse sfaccettature dello spazio urbano, che è difficilmente rappresentabile da un’immagine
unitaria. Il filo conduttore che ci permette di astrarre una caratteristica fondamentale della città
postmoderna è la diversificazione dei tempi e degli orari, associata ad una velocizzazione senza
precedenti di ogni aspetto della vita. La città diventa permanentemente attiva: il lavoro
monopolizza i tempi e la mobilità diventa un aspetto cruciale della vita. Seguendo la Paolucci
potremmo utilizzare la metafora della macchina del tempo. Il tempo in questa accezione diventa
un bene prezioso da risparmiare (ad esempio quello utilizzato per il trasporto) e/o consumare in
termini di tempo libero.
All’interno della pubblica amministrazione è cresciuta la consapevolezza delle urgenze poste da
un sistema di coordinamento dei tempi urbani sempre più complesso e difficile da gestire,
considerando il tempo della vita quotidiana una variabile cruciale per impostare le politiche di
miglioramento della qualità della vita. La presente indagine si colloca in questo contesto e ha
l’obiettivo di analizzare l’aspetto di organizzazione temporale dei cittadini nell’ottica di ascolto dei
bisogni e con lo scopo di favorire la partecipazione dei cittadini allo sviluppo delle politiche locali.
Dall’indagine emerge un disagio nel vissuto dei tempi urbani. Monza viene considerata una città
a misura d’uomo, ma che si è ingrandita in breve tempo e il suo sviluppo non è stato
accompagnato da un’espansione dei servizi. In primo luogo appare evidente una carenza a
livello di organizzazione della mobilità. Questo aspetto rappresenta il punto più critico per i
rispondenti, che riconoscono nel traffico la maggiore difficoltà della loro vita quotidiana.
Nonostante la città venga considerata ancora a misura d’uomo, il livello di caoticità e
disorganizzazione percepito è molto elevato. Il ruolo dell’amministrazione pubblica diventa
proprio quello di regolarizzare e mettere ordine.
Nell’ambito dei trasporti pubblici Monza necessita di una riorganizzazione e di un ampliamento
degli stessi per andare incontro alle necessità dei cittadini, che attualmente non dimostrano la
disposizione a cambiare stile di mobilità. Dal loro punto di vista non ci sono per ora i requisiti
necessari a sostituire l’automobile privata con il trasporto pubblico. D’altro canto la sensibilità
verso l’ambiente e l’inquinamento atmosferico risulta elevata e le iniziative come le domeniche
ecologiche vengono apprezzate molto. La creazione di percorsi sicuri per i bambini o il trasporto
scolastico collettivo, che il Comune ha promosso, piacciono, ma non convincono i rispondenti.
Tali iniziative sono poco conosciute (buona parte dei partecipanti ai gruppi non ne era al
corrente) e chi le utilizza ha espresso delle rimostranze. L’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi,
come la bicicletta, viene frenato dalla pericolosità e dall’inquinamento dovuti al traffico. In linea di
massima i giovani si dimostrano molto più sensibili a questi temi e quelli maggiormente pronti a
cambiare abitudini.
In questo contesto si collocano le politiche che hanno l’obiettivo di rendere più accessibili i servizi
urbani mediante una riorganizzazione degli orari al pubblico. Ovviamente ogni intervento dovrà
essere adeguato alla tipologia dell’utenza. Sono due le proposte fatte ai partecipanti: la creazione
di sportelli unici, che raggruppano più servizi, e la diversificazione degli orari. Il primo intervento
non riscuote un particolare successo a causa del pregiudizio, ancora molto presente, che
riguarda la scarsa capacità organizzativa e di cambiamento della pubblica amministrazione. Il
timore è quello di dover fare file ancora più lunghe. Mentre la proposta di differenziare gli orari al
1
2
Paolucci G. La città macchina del tempo, Milano, Franco Angeli, 1998.
Amendola G. La città postmoderna, Bari, Laterza, 1997.
pubblico è molto apprezzata e sembra una delle migliori proposte. Senza arrivare agli estremi
dell’apertura notturna, piace l’idea di avere l’opportunità di sbrigare le pratiche dopo l’orario di
lavoro o durante la pausa pranzo.
L’informatizzazione dei servizi, che è agli inizi, convince molto i giovani e viene considerata il
futuro dell’amministrazione pubblica. Tra gli altri interventi che vanno incontro alle esigenze dei
cittadini di diversificare i tempi c’è anche la pluralità degli orari scolastici e l’utilizzo degli edifici
scolastici a fini diversi.
La banca del tempo, che a Monza è già stata istituita, non ha riscosso un grande successo tra i
rispondenti. Questa iniziativa è risultata poco conosciuta, ma anche chi ne aveva sentito parlare
critica il concetto di scambio economico insito nel nome. I partecipanti considerano
sufficientemente appagante il volontariato per il solo piacere di farlo, senza nessun tornaconto.
L’indagine qualitativa ha avuto il merito di svelare la richiesta di pianificazione e organizzazione
dei tempi da parte del Comune, che all’inizio della discussione risultava inconsapevole. A tal
proposito, si è notato che all’inizio di ciascun focus group i partecipanti erano portati a vedere la
qualità della vita come un fatto “personale”, come un obiettivo che ogni individuo dovrebbe
perseguire con le proprie forze; parallelamente, anche l’organizzazione dei tempi pareva essere
demandata unicamente alla razionalità individuale. L’istituzione comunale, quindi, sembrava
restare ai margini della questione, priva di una reale funzione armonizzatrice. Col procedere della
discussione, entrando nel merito di questioni pratiche, è emersa con chiarezza, nei confronti del
Comune, una richiesta di razionalizzazione in alcuni ambiti che incidono sulla gestione del
tempo, in primis il traffico e gli uffici pubblici.
In conclusione, dai focus group realizzati si evince la disponibilità dei cittadini a collaborare a un
percorso di miglioramento dell’organizzazione dei tempi e dello spazio urbano, modificando i
propri stili di vita in cambio di alternative efficaci. Al Comune, allora, spetta il compito di avvalersi
di questa collaborazione, e in base al feedback dei cittadini modificare le condizioni che
compromettono la vivibilità.
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Tra tempo perso e ritrovato
Tempo perso
(fattori che fanno perdere tempo)
Trasporto/mobilità
Spostamenti verso il luogo di lavoro
Spostamenti nell’ora di punta
Cercare parcheggio
Impegni burocratici
Code agli sportelli
Tempo tiranno
(difficoltà di far conciliare i tempi di tutti gli
impegni)
Esigenze lavorative
Esigenze personali
Esigenze familiari
Orari lavorativi frammentati e dilatati
Assenza di coordinamento tra i tempi
dei cittadini e delle amministrazioni
Tempo ritrovato
Ritrovare il tempo
(quanto del tempo si dedica a se stessi o
agli altri)
Volontariato
Momenti in famiglia
Palestra
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(cosa si potrebbe fare)
Senso civico/responsabilizzazzione dei
cittadini
Teatro
Cinema
Sicurezza
Città a misura d’uomo
Trovare un interesse comune a tutta la
famiglia
Eventi, momenti e spazi di
aggregazione
Lavoro part-time e orari flessibili
Ripensare la mobilità urbana
Aumentare il trasporto pubblico
(numero di corse, frequenza, orari più
estesi)
Migliorare i mezzi pubblici (più puliti,
più nuovi, più economici)
Utilizzo di mezzi di trasporto alternativi
(rendere più sicuro il percorso in
bicicletta)
Facilitare i collegamenti (allungamento
metropolitana, ripristino tramviaria)
Attenzione all’ambiente (domeniche
ecologiche, aria più pulita)
Forme di facilitazione per i più anziani
(carta d’argento)
Organizzare eventi per tutte le fasce
d’età
Analisi dei risultati
La città vivibile e la gestione del tempo
“…Noi possiamo adattarci alla qualità dell’ambiente o fare che l’ambiente si adatti
alla nostra scelta…”
Il concetto di qualità della vita che viene espresso da parte degli intervistati è molto sfaccettato e
complesso. Le sue caratteristiche principali comprendono il senso civico e la conseguente
responsabilizzazione dei cittadini rispetto al buon vivere in città. Altri aspetti coinvolgono il senso
di tranquillità, inteso come basso livello di caoticità, assieme alla presenza e al rispetto delle
regole. Anche la disponibilità e qualità dei servizi incide sulla percezione di qualità della vita.
Infine il tema della tutela ambientale arricchisce il quadro delle caratteristiche che definiscono la
qualità della vita.
“…Bisognerebbe che le persone avessero senso civico. Perché, se nel paese uno si
sente parte di un piccolo nucleo, e si impegna, in città vige la regola di “piove, stato
ladro”. Il senso civico è responsabilità dei cittadini. Sono cittadino, faccio parte di
un qualcosa…” (gruppo giovani)
“…Io penso [che la componente principale della qualità della vita sia] la
tranquillità (…) Questa è la differenza sostanziale tra qui e Napoli. Qua è tutto
molto più tranquillo, molto più rilassante. Lì è un caos…” (gruppo giovani)
“…[Per me qualità della vita significa] tante cose: il traffico, il lavoro abbastanza
vicino, i servizi, non so…ospedale, divertimenti, il verde, tante cose (…) l’aria,
certo, l’aria che respiriamo…” (gruppo adulti)
“…Poi tante altre cose. Vuol dire anche, che so, più attività di teatro, di cinema:
sono cose che possono influire su una migliore qualità della vita…” (gruppo adulti)
“…L’ambiente innanzitutto…” (gruppo adulti)
Gli argomenti legati al traffico emergono già nelle prime battute in entrambi i gruppi, dimostrando
la loro rilevanza per i rispondenti. Il problema del congestionamento della viabilità dovuta
all’eccessivo utilizzo dei mezzi privati e l’insufficiente presenza di mezzi di trasporto pubblico
rappresentano le prime rilevazioni dei partecipanti.
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“…Qualità della vita vuol dire anche poter usufruire di servizi per togliere dalla
strada più macchine perché i servizi funzionano. Poi tante altre cose. Vuol dire
anche, che so, più attività di teatro, di cinema: sono cose che possono influire su una
migliore qualità della vita…” (gruppo adulti)
“…La qualità della vita è poi anche un mezzo che passa ogni 5 minuti. Questo
significherebbe, magari, rinunciare all’auto per andare in centro, poter risolvere il
problema del traffico…” (gruppo adulti)
“…Per me qualità della vita è anche avere la possibilità di camminare in Monza sui
marciapiedi, abbastanza larghi, senza macchine parcheggiate sopra, oppure poter
girare in bicicletta senza rischiare la vita, perché ci sono delle buche mostruose, e
potersi muovere al proprio ritmo…”(gruppo giovani)
In entrambi i gruppi emerge una considerazione particolare del fattore individuale nel concetto di
qualità della vita, che induce a considerare di fondamentale importanza l’impostazione di una
dimensione personale meno frenetica.
“…No, io penso in generale alla qualità della vita come una cosa personale. Cioè,
oltre a quello che Monza mi offre, devo pensare da me. Per esempio, tra il non avere
il cellulare ed averne due, per esempio, la qualità della vita cambia. Vuol dire che
dovrò sempre rispondere, quindi sarò più ansioso…” (gruppo giovani)
“…La qualità della vita è sempre un fatto personale, individuale. Noi possiamo
adattarci alla qualità dell’ambiente o fare che l’ambiente si adatti alla nostra scelta.
Ecco, per cui è molto individuale, al di là dei problemi oggettivi che ci sono,
nell’ambiente. Per cui io partirei da quello, cioè che cosa noi desideriamo in base a
ciò che ci viene offerto…” (gruppo adulti)
Il termine qualità della vita comprende anche la capacità di adattamento della città alle esigenze
di tutti. L’esempio che viene riportato è quello delle barriere architettoniche, che sono ancora
troppo presenti all’interno della città. Un altro elemento che si associa al tema dei marciapiedi è
la pulizia, requisito che incide sulla percezione della qualità della vita.
“…[La qualità della vita dipende anche dall’]abbattimento delle barriere
architettoniche: siamo a dei livelli…Io giro col passeggino e me ne accorgo…Io
sono giovane e riesco a destreggiarmi abbastanza, però immagino persone che
abbiano difficoltà di deambulazione: improponibile. Partendo dai semplici
marciapiedi: siamo a livelli…A parte la pulizia, le strade insozzate di escrementi di
animali, il livello di igiene non è il massimo. Comunque anche marciapiedi
rotti…Adesso negli edifici nuovi, bene o male, le normative vengono rispettate, però
anche gli edifici del centro: improponibile…” (gruppo giovani)
La sicurezza, intesa come libertà di muoversi in città grazie ad un basso livello di
microcriminalità, rappresenta un ulteriore parametro per misurare la qualità della vita.
“…[Pensando alla qualità della vita] Adesso a me viene in mente la sicurezza,
intesa come per esempio il rischio per chi si muove a Monza in bicicletta: te la
rubano ogni due per tre, soprattutto in centro, in stazione, così è. E’ indubbiamente
una limitazione: uno è costretto a non usare la bicicletta, perché se no gliela
rubano, e a muoversi in altro modo…” (gruppo giovani)
“…Per esempio Monza è una città dove proporzionalmente ad altre cittadine di
questo genere non c’è tanta delinquenza per la strada, dove riesci anche mettendo
una bicicletta e agganciandola a fare due ore dentro i negozi (…) Certamente, può
capitare, anche a me l’hanno rubata due volte in 15 anni, però insomma, non c’è
quella grossa delinquenza di gente che arriva, ti strappa… A Milano già m’angoscia
un po’. A Monza magari giro con la macchina la sera… “(gruppo adulti)
“…c’è una situazione fisiologica, diciamo così, accettabile… “(gruppo adulti)
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Alcuni dei requisiti che secondo gli intervistati definiscono la qualità della vita a Monza vengono
soddisfatti. In fin dei conti, i monzesi considerano la loro una città a misura d’uomo: di dimensioni
accettabili, con una sufficiente presenza di zone verdi, non troppo cara e tutto sommato sicura.
“…Penso che sia ancora una delle poche città vicine a un centro così grosso come
Milano che sia vivibile, che abbia in ogni caso quel Parco meraviglioso che c’è,
perché ho vissuto a Milano per 4 anni e a Parigi per 14 anni, poi ho vissuto a Roma,
a Torino… vi posso assicurare che a livello di misura d’uomo, questa è l’unica a
misura d’uomo, perché le altre o sono stracare, proprio care per andare a bere un
caffè, a pigliare un gelato, o sono caotiche, o credono di essere delle città europee
come Milano e poi chiudono i negozi tra mezzogiorno e le tre, e cose del genere.
Questo sai che cosa compri, nella scatola c’è una cittadina non immensa. Per
esempio Monza è una città dove proporzionalmente ad altre cittadine di questo
genere non c’è tanta delinquenza per la strada…”(gruppo adulti)
Emerge tuttavia un aspetto che riguarda lo sviluppo di Monza e che i partecipanti considerano
critico. Monza viene considerata una città che non è riuscita a stare al passo con le
trasformazioni che l’hanno coinvolta. Nata come città dormitorio, oggi si è a sua volta trasformata
in zona sovrappopolata e subisce la stessa sorte che è toccata a Milano alcuni decenni fa. I
giovani sono costretti a trasferirsi fuori città a causa del costo degli immobili, e al contempo la
città diventa sempre più caotica. Il problema del traffico è attualmente quasi insostenibile a causa
dell’insufficiente sviluppo di una rete di trasporto pubblico adatta alla sua nuova dimensione e
alle sue nuove esigenze.
“…il fatto è che la città è cresciuta molto meno di quanto è cresciuta la
popolazione, per cui i bisogni non sono soddisfatti completamente. Non lo saranno
mai, forse…” (gruppo adulti)
“…Monza è molto caotica come città…” (gruppo adulti)
“…Quindi città dormitorio (…) Per esempio due anni fa ho saputo che Milano si è
svuotata di altre 400.000 persone. Cioè hanno lasciato la residenza a Milano per poi
spostarsi in Brianza perché chiaramente gli appartamenti costano meno…” (gruppo
adulti)
“…E poi tanti giovani adesso guardano fuori, non guardano più Monza, anche per
quanto riguarda il costo degli immobili. Vogliono uscire, magari a Milano…Non è
che preferiscono, sono obbligati!… “(gruppo adulti)
Lo stereotipo del “monzese”, che emerge dall’indagine, comprende l’immagine di persone
benestanti, riservate, che hanno vissuto in un momento di grande trasformazione della città. La
migrazione da Milano ha portato ad una crescita veloce della dimensione urbana, che forse l’ha
fatta diventare un po’ meno vicina ai propri cittadini. Secondo alcuni intervistati è questo il motivo
per cui i monzesi vivono poco la loro città. L’identità cittadina ampliandosi ha subito dei
cambiamenti che hanno reso difficile il suo consolidamento.
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“…Borghesi…” (gruppo giovani)
“…che Monza sia ritenuta una città benestante, questo si vede, perché noi, rispetto
agli altri paesi… paghiamo molto di più degli altri Comuni che ci sono, per esempio
per le mense…” (gruppo adulti)
“…Gente tutta molto chiusa!... hanno quella fama lì… Gente che va a rinchiudersi
in casa...” (gruppo giovani)
“…Io vengo da una città molto chiusa che è Torino. E’ una città molto chiusa, e
quindi non è che non mi abbia spaventato il fatto che i monzesi, quando sono
arrivata, fossero chiusi. Però devo dire che per almeno due o tre anni è stato quasi
impossibile conoscere monzesi. Ho conosciuto gente di tutte le altre città d’Italia,
che magari vivevano in Monza, però ho dovuto aspettare che nascesse mia figlia,
che andasse all’asilo, per riuscire a beccare qualche monzese, e poi rendermi conto
che in effetti, vabbè sono un po’ tirchi…” (gruppo adulti)
“…Non ce n’è tanti, di veri monzesi doc. (…) [Monza] non ha un’identità
specifica…” (gruppo adulti)
“…Secondo me sono un po’ apatici. E’ vero, non vivono la città!..non partecipano,
se non quella volta che gli capita l’evento sotto casa, praticamente, se no…”
(gruppo giovani)
I rispondenti si dimostrano proiettati nel futuro e sentono che Monza si sta trasformando da città
provinciale a capoluogo di provincia. Questo cambiamento viene considerato positivamente e
con fiducia, poiché a Monza vengono attribuite tutte le caratteristiche per sostenere a pieno
questo ruolo. Il divario con Milano sembra essersi ridotto e la coscienza del proprio ruolo e della
propria importanza ha reso meno provinciale la mentalità urbana.
“…Devo dire, comunque, quanto a mentalità, che 40 anni fa, 20 anni fa la mentalità
era più provinciale, forse. Ultimamente devo dire che questo divario con Milano è
diminuito molto…” (gruppo adulti)
“…Si può dire tutto di Monza, però non è una città provinciale. E’ data dal fatto che
è vicina a Milano. Essendo vicino a Milano, non ha un’aria provinciale, cosa che
hanno le città veramente di provincia. A parte il fatto che adesso Monza diventa
provincia, per cui diventiamo provinciali anche noi! …” (gruppo adulti)
“…Io che sono milanese, diciamo, doc, nel senso che per quattro anni sono andata
a comprare il pane a Milano quando sono venuta a stare a Monza, perché mi
sembrava fuori dal mondo, a suo tempo… Poi dopo, chiaramente, crescendo i figli,
la cosa è cambiata. Il fatto che sia più o meno provinciale dipende molto dalle
proprie abitudini, insomma. Io non sto molto a guardare queste cose, quindi do
valore ad altre cose…” (gruppo adulti)
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L’organizzazione del tempo personale
“…E’ un rincorrere il tempo…”
La dimensione individuale della qualità della vita viene interpretata nel senso della conciliazione
tra lavoro ed esigenze familiari e personali. I ritmi di vita attuale, sempre più caotici e stressanti
vengono condizionati dalle esigenze lavorative, ma anche dal tempo necessario agli
spostamenti. Il lavoro, che non ha più orari e spazi stabiliti, ma ha dilatato e frammentato la sua
presenza nella vita quotidiana, rende sempre più difficoltosa la conciliazione con gli impegni
familiari e il tempo libero. Il tempo diventa in questa accezione una risorsa preziosa che deve
essere gestita e investita in modo ragionato.
“…Se gli impegni personali sono nel weekend allora sì [riesco a conciliare impegni
lavorativi ed extralavorativi], durante una giornata lavorativa assolutamente no...”
(gruppo adulti)
“…E questo per me è la qualità della vita: il fatto che mio marito, ad esempio, non
possa sempre venire a casa a mangiare a mezzogiorno perché, ovviamente, i tempi
non lo permettono...” (gruppo adulti)
“…Purtroppo la vita è frenetica, per cui uno deve partire per andare a prendere il
bambino all’asilo mezz’ora prima, piuttosto che prendere la bicicletta, e rischiare la
vita più volte…” (gruppo giovani)
“…[Se il ritmo è tranquillo oppure no] dipende dal lavoro…” (gruppo giovani)
Le sensazioni che gli intervistati riportano per descrivere i tempi personali sono la difficoltà di
tenere le fila di tutti gli impegni e un ritmo di vita frenetico. Questa percezione emerge soprattutto
tra gli intervistati che hanno una famiglia e lavorano. Si definiscono più tranquilli i giovani che
hanno esclusivamente impegni lavorativi o di studio.
“…E’ un rincorrere il tempo…” (gruppo adulti)
“…Caotico…” (gruppo adulti)
“…Stressante…” (gruppo adulti)
“…tranquillo…” (gruppo giovani)
“…tranquillo, a parte la frenesia di due figli…” (gruppo giovani)
Il lavoro rappresenta un vincolo molto pressante per i partecipanti occupati. Spesso oltrepassa i
limiti stabiliti e incide pesantemente sul tempo libero. In generale rappresenta l’impegno più
gravoso in termini di tempo.
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“...Il sabato mi porto il lavoro a casa, ma comunque lavoro, non cambia molto…”
(gruppo giovani)
“…Tutto il giorno lo passo all’università, ai laboratori, quindi di grandi attività
non ne faccio. Poi lì comunque non è fissato un orario di lavoro, dipende dagli
esperimenti che ognuno sta facendo. Quindi ci sono dei giorni in cui ho tanto tempo
libero perché alle 4 me la cavo, altri che alle 8 sono ancora lì. Quindi è molto
variabile. Non si timbra il cartellino. Uno fa quello che deve fare. Quindi gli altri
impegni vengono gestiti in base al tempo che resta…” (gruppo giovani)
“…Sono un turnista, cioè faccio 6 ore al giorno dal lunedì al venerdì. Però faccio
una settimana il primo turno (dalle 8 alle 3, con la pausa in mezzo) e una volta
faccio dall’1 e mezza alle sette e mezza. Quindi a settimane cambia completamente
la mia giornata…” (gruppo giovani)
Emerge soprattutto da parte delle donne con figli l’esigenza di una maggiore flessibilità in ambito
lavorativo. Il part-time e la flessibilità degli orari vengono considerate le forme più utili per
conciliare impegni familiari e realizzazione professionale.
“…Io mi licenzio (sono tutt’ora assunta). Mi licenzio perché facevo un tempo pieno.
I part-time non te li danno, e uno cosa deve fare? Io non ho i genitori qui, ho i
suoceri che però, giustamente, non si accollano i bambini…adesso ne avrei una
sola, però quando [nome del figlio], per esempio, si ammala…Negli asili non trovi
posto, e quando lo trovi sono veramente cifre astronomiche perché ovviamente il
Comune di Monza non riesce a sopperire a tutte le richieste; poi ci sono liste di
attesa lunghissime. Per cui io ho fatto questa scelta; o meglio, sono stata obbligata a
fare questa scelta, perché comunque fare la mamma a tempo pieno, la casalinga,
non è la mia aspirazione, se no non avrei scelto di studiare. Se poi magari, in futuro,
ne avrò l’opportunità, mi piacerebbe trovarmi un posto, però part-time, perché
altrimenti uno non riesce a conciliare famiglia, con i figli che comunque ti
impegnano, un marito, una casa, il lavoro. Per cui secondo me l’opportunità di un
part-time per una donna che decide di avere una famiglia è necessaria…” (gruppo
giovani)
“…A me, personalmente, andrebbe un lavoro molto più flessibile…” (gruppo
giovani)
“…Un orario [di lavoro] elastico. Un orario flessibile sarebbe utile…” (gruppo
adulti)
Secondo buona parte degli intervistati del gruppo adulti il mercato del lavoro a Monza non è
molto dinamico e offre poche possibilità. Di conseguenza diventa necessario spostarsi per
raggiungere il posto di lavoro. Il problema della mobilità associata al luogo di lavoro diventa una
delle questioni prioritare per chi lo vive, aggravato dalla scarsità dei collegamenti mediante i
mezzi pubblici e la difficoltà di trovare parcheggio se si usa l’auto propria.
“…Per il lavoro bisogna vedere, perché spesso tanta gente di Monza deve andare a
lavorare fuori, a Milano…Chi non ha la fortuna di lavorare nei pochi uffici che ci
sono qui a Monza, o nei negozi, deve andare a lavorare in macchina e deve
sopportare delle ore e ore di traffico, perché il treno mica sempre è possibile
prenderlo, ci sono poche corse; la stazione, almeno fino ad adesso, non si può
parcheggiare… è una cosa drammatica…” (gruppo adulti)
“…Io per esempio ci metto due ore per andare a Milano, ho fatto il conto, 40 ore al
mese io spendo per andare a lavorare. Se per esempio lavorassi alla Roche,
guadagnerei una settimana di lavoro e potrei forse occuparmi di più della mia
persona…” (gruppo adulti)
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I tempi dei partecipanti che frequentano la scuola o l’università hanno dei tempi scanditi da questi
impegni. I vincoli che determinano l’utilizzo del tempo si dimostrano più irregolari (con picchi di
maggior impegno in vista degli esami) rispetto a chi lavora.
“…Io passo sostanzialmente tutta la giornata all’università. Ho degli orari un po’
particolari, per cui nelle ore di buco sto lì, chiacchiero, studio...” (gruppo giovani)
“…I miei tempi sono condizionati dalle lezioni a cui devo andare, almeno per
quanto riguarda il periodo delle lezioni. Mentre poi si cambia completamente, con
la sessione di esami: si deve studiare, sì, però non si è obbligati a seguire le
lezioni...” (gruppo giovani)
“…I miei tempi sono legati all’università, dove sto tutta la settimana ad esclusione
del martedì...” (gruppo giovani)
Chi invece non è occupato soffre meno della costrizione dei tempi e riesce a gestire meglio i
propri impegni. I ritmi di vita si allineano maggiormente ai tempi individuali e risultano meno
standardizzati. Nonostante tutto anche chi non lavora ha una vita piena di impegni, che però non
viene percepita come frenetica.
“…Chi non lavora soffre meno della costrizione dei tempi e, anche se continua ad
avere le giornate piene, gode di maggiore libertà...” (gruppo adulti)
“…Dipende dai momenti, dalle giornate. In media, non è né tranquillo né frenetico.
C’è la giornata che ti capita di dover correre dalla mattina alla sera, uscire di casa
alle 7.30 e tornare a mezzanotte, e altri giorni in cui hai solo due lezioni
all’università e basta...” (gruppo giovani)
“…Se non devi correre, perché magari hai la fortuna di essere casalinga, ti gestisci
il tempo in un modo diverso. (…) Non c’è un ritmo modulabile sulle persone…”
(gruppo adulti)
“…Il mio [ritmo] è modellato a mio modello, a mia misura. Dipende dagli impegni
familiari, cerco di non renderlo così stressante. Ma se uno deve andare a lavorare,
chiaramente, ha un altro ritmo…” (gruppo adulti)
“…Abbastanza frenetico, nel senso che ho due nipotini da curare durante la
settimana, ho una famiglia ancora abbastanza numerosa, siamo in quattro, per
cui…” (gruppo adulti)
Il tempo libero degli intervistati viene considerato insufficiente in entrambi i gruppi. In alcuni casi
le limitazioni dei genitori pesano anche sulla qualità del tempo libero dei figli, che si trovano a
dover rinunciare alle attività extrascolastiche. Il fine settimana rimane l’unico momento da
dedicare a se stessi o a passatempi piacevoli.
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“…[il tempo libero è] pochissimo…” (gruppo giovani)
“…Io di tempo libero ne avrei da vendere anche: nel senso che essendo
praticamente casalinga, però avendo due bambini è difficile, nel senso che uno è
fino alle 4 del pomeriggio a scuola materna, l’altra però ha un anno, è ancora molto
piccola, per cui… Sì, potrei ritagliarmelo, quando mio marito è a casa sì…”
(gruppo giovani)
“...Io lavoro, ho tre figli e un marito che non c’è mai. Devo accompagnarli a
catechismo, pallavolo, attività scolastiche e cose varie, quindi per ora niente tempo
libero, sono a loro disposizione. Forse, un giorno… Ma me lo devo proprio
prendere, il tempo…” (gruppo adulti)
“…Io non so come fa lei, portare i ragazzi magari uno a pallavolo e l’altro a palla…
Io questi tempi non glieli do. Cioè quando escono da scuola vengono a casa.
Purtroppo noi lavoriamo, ci mettiamo più di mezz’ora da San Fruttuoso a Villa
Santa, quindi prima delle tre non ci siamo. Purtroppo devo… poi quando
cresceranno si prenderanno le loro libertà…” (gruppo adulti)
“…Io il tempo libero me lo ritaglio comunque, coinvolgo mia moglie e mia figlia
nell’interesse che ho, che non dico sia diventato interesse di tutti, comunque,
insomma, c’è una certa condivisione. Ovviamente solo il sabato e la
domenica…”(gruppo
adulti)
Il tempo per il trasporto
“… girare in macchina è uno sfacelo: sai quando parti ma non sai quando arrivi...”
Il tempo utilizzato per la mobilità, come abbiamo già detto pesa molto agli intervistati. Il trasporto
con mezzi propri è quello prevalente e l’utilizzo dell’automobile viene considerata una scelta
obbligata. Da una parte per l’inadeguatezza in termini di orari e frequenza dei mezzi pubblici,
dall’altra incide anche la mentalità degli abitanti che non rinunciano alla comodità e a vivere la
nuova dimensione della città. Allo sviluppo urbanistico e demografico di Monza non è seguita una
modifica della mentalità dei cittadini, che rimangono ancorati alla visione di una città di provincia.
Diventa necessario secondo alcuni intervistati ripensare la mobilità per adeguarla alle nuove
esigenze cittadine.
“…Siamo costretti a usare la macchina. Gli autobus a volte passano ogni mezz’ora,
se perdi quello…”(gruppo adulti)
“…No, vabbè, uno dice “Non uso la macchina” e abita vicino al centro. E’ ovvio!
Dice: “Vabbè, invece di metterci 5 minuti ci metto 8”, ma uno che abita, che so, al
Parco, a Villa Reale, o usi la macchina o usi il pullman. Non c’è scelta…”(gruppo
adulti)
“…Noi siamo fuori. Ora dove abitiamo noi si è riempito. All’inizio c’era solo questo
palazzo, poi il resto era tutto campagna, e qualunque cosa che dovevamo fare
prendevamo la macchina…”(gruppo adulti)
“…Lo spostamento è abbastanza veloce, appunto usando la macchina, che è
abbastanza una scelta obbligata, nel senso che altrimenti non ci arriverei. E quindi
me la cavo in una mezz’oretta, tra andare e tornare...”(gruppo giovani)
“…Ho spostamenti in macchina, che possono andare dalla mezz’ora al quarto d’ora
in base all’orario: quando vado alla mattina, che devo essere là alle 8, ci metto di
più. Quando invece è all’1 e mezza non c’è in giro nessuno e in un quarto d’ora
arrivo...”(gruppo giovani)
“…Mi sveglio alle 8, porto a scuola [nomi dei figli], in macchina per forza, perché
con due è difficile…Per esempio, tutte le mamme del mio asilo, se si facesse questa
cosa qui delle giornate ecologiche, ben venga. Però uno deve avere l’opportunità,
perché sennò è ovvio che io devo prendere la macchina per forza…”(gruppo
giovani)
Emerge una sostanziale differenza di visione tra giovani e adulti in tema di mobilità. I primi infatti
sono molto più consapevoli della necessità di utilizzare mezzi di trasporto alternativi
all’automobile di proprietà. Una parte dei partecipanti utilizza i mezzi pubblici o la bicicletta per gli
spostamenti, altri lo farebbero volentieri se ce ne fosse la possibilità.
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“… girare in macchina è uno sfacelo: sai quando parti ma non sai quando arrivi...”
(gruppo giovani)
“…Vedo come fattore negativo il fatto che mi debba sempre spostare, nonostante io
faccia un tragitto di 5 km ci impiego mezz’ora. Se potessi farlo in bicicletta lo farei
volentieri, perché la distanza non è elevata, ma il traffico mi stressa. Un’autostrada
o una strada libera mi snerverebbe meno. Però comunque per lavoro della macchina
ho bisogno per cui non posso. E poi è legato sempre al fatto dei parcheggi. Il fatto
della vivibilità è relativo se non hai parcheggi: ad esempio ad oggi la situazione nel
centro di Monza è pessima. E’ una situazione proprio invivibile…”(gruppo giovani)
“…Anche se non voglio prendere la macchina, so come muovermi, e questo per me
ha una grande importanza...”(gruppo giovani)
“…Io per gli spostamenti non ci metto granché, anche perché ho la scuola vicina,
quindi 5 minuti e sono là. Poi (…) adesso ho la patente...”(gruppo giovani)
“…Per quanto riguarda gli spostamenti, vado molto spesso in motorino, che
secondo me è abbastanza buono come mezzo, poco la macchina e quasi mai a piedi
o in bicicletta…”(gruppo giovani)
Il traffico rappresenta uno dei problemi principali di Monza. La situazione viene considerata
invivibile, paragonata da un’intervistata ad una battaglia giornaliera. Viene sottolineato da alcune
verbalizzazioni l’aspetto di pericolosità di una viabilità così congestionata, in centro come in
periferia.
“…[Il principale problema di Monza è] Il traffico! …” (gruppo giovani)
“…Io vado la mattina a lavorare. Per me è una guerra arrivare al posto di lavoro.
Per attraversare viale Lombardia devo fare il giro del mondo. E poi i semafori:
prima di arrivare al lavoro in via Boito…Per non parlare dei camion e tutto il
resto…” (gruppo adulti)
“…Ci sono troppe macchine…”(gruppo giovani)
“…Io abito in pieno centro, ma non in zona pedonale…una via molto trafficata, poi
subito dopo per fortuna diventa pedonale. Ma quel posto lì, questi pullman che
sfrecciano come dei pazzi, e tutte le macchine parcheggiate così, a scelta… Il vigile
passa sempre quando le macchine non sono parcheggiate, non si sa perché.
Purtroppo è veramente così: si abbassa la qualità della vita…” (gruppo adulti)
Monza è una città che si è triplicata nel giro di 20 anni come popolazione… il centro
storico è sempre lo stesso. E questo ha veramente reso il traffico una cosa
impossibile, perché non si è dotata poi di strutture che possono convogliare il
traffico…120.000 persone, terza città della Lombardia, con un centro storico
piccolissimo, si è allargata all’esterno, però se noi vogliamo pensare a misura
d’uomo, non è a misura d’uomo…” (gruppo adulti)
“…Odio talmente tanto stare in coda dietro dei deficienti che non avanzano mai, che
sono lentissimi. A Milano vanno di una velocità incredibile. A Monza, scatta il
verde, due ore. E intanto c’è la coda, e poi il pullman che si ferma, mette la freccia,
scende la gente, e poi c’è quello in bicicletta che passa tra il pullman e il coso, che
così investe qualcuno…” (gruppo adulti)
Manca, secondo una parte dei rispondenti, un’alternativa all’attraversamento della città passando
per il centro. Alcuni propongono la soluzione di una tangenziale esterna.
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“…Poi la città è attraversata completamente dal traffico, invece di avere una parte
esterna e la parte interna…” (gruppo adulti)
“…non c’è una tangenziale esterna…” (gruppo adulti)
“…Il problema è il traffico la mattina…” (gruppo adulti)
Molte lamentele emergono sul tema della manutenzione delle strade e dei marciapiedi in
entrambi i gruppi. Le principali riguardano la presenza di buche, il grado di usura del manto
d’asfalto, ma anche l’eccessiva presenza di dossi per rallentare il traffico.
“…A Monza si stanno spendendo un sacco di soldi per qualsiasi cosa, per fare le
strade. Però non è possibile che tutte le strade di Monza abbiano almeno… tutte
buchi hanno! (…) Vanno rattoppate. Visto che ci sono molte macchine, investimenti
nella manutenzione!..” (gruppo giovani)
“…Le infrastrutture ci sono, è la manutenzione che non va…”(gruppo giovani)
“…E’ un problema enorme quello delle strade… cioè sono tutte piene di buchi.
Anche bloccare una strada per riasfaltarla…”(gruppo giovani)
“…E poi metterei un po’ di…non so come si chiamano in senso tecnico, per
rallentare le strade [i dossi] (…) Ovunque li metterei…”(gruppo giovani)
“…[I dossi sono esagerati] In via Boito, su 500 metri, ne hanno fatti tre! (…) Ci
sono strade piene di buchi…”(gruppo adulti)
“…Quella cosa dei marciapiedi…E’ una situazione allucinante!…”(gruppo adulti)
“…Insomma, però, le strade sono mostruose, come i marciapiedi…”(gruppo adulti)
“…E i tombini che fuoriescono? Ogni volta che mettono i tombini, quelli dell’Agam,
devono sporgere 5 cm. Ma dico, è possibile? …”(gruppo adulti)
Un ulteriore problema è rappresentato dai parcheggi, che risultano praticamente introvabili. La
situazione diventa ancora più difficile quando si tratta di raggiungere le sedi di alcuni servizi
pubblici che non dispongono del parcheggio. Quelli a pagamento invece vengono considerati
troppo cari.
“…E c’è il problema dei parcheggi…”(gruppo adulti)
“…Poi adesso che mia figlia va a scuola lontano, prendo la macchina e parcheggio
all’autosilos. Con il costo di tre multe mi pago l’abbonamento annuale. (…)
[L’autosilos] costa una cifra se non si fa l’abbonamento. Con l’abbonamento è
accettabile. (…) Ma l’abbonamento è in virtù delle esigenze di ciascuno…”(gruppo
adulti)
“…Man mano che passa il tempo si trova sempre meno posteggio. Quattro anni fa
ancora si trovava. Quindi da un paio d’anni vado a piedi e torno in
autobus…”(gruppo adulti)
“…E anche quando devi andare a fare i vaccini in macchina [fa col dito indice il
gesto del girare] è una cosa allucinante, drammatica. Già hai il bambino piccolo,
poi ovviamente ci vai in macchina e lì non puoi posteggiare, non c’è
posto…”(gruppo adulti)
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Secondo i partecipanti Monza ha un sistema di trasporto pubblico sottodimensionato: i mezzi
sono insufficienti, i percorsi e gli orari poco flessibili. Ad esempio per raggiungere alcune zone
della città è necessario cambiare tratta più volte, impiegando il doppio del tempo rispetto a
quando si utilizza l’automobile. Le corse serali vengono considerate poco frequenti e limitate nel
tempo. Gli orari dei mezzi sono difficilmente reperibili. Questi sono alcuni dei motivi che, a detta
degli intervistati, scoraggiano l’uso dei trasporti pubblici.
“…Sono un po’ pochi, per quanto è grande Monza…” (gruppo giovani)
“…Anch’io tra l’altro vivo abbastanza fuori per cui il problema dei mezzi è elevato
alla potenza… nel senso che nonostante ci sia l’ospedale a due passi, i mezzi sono
due che arrivano lì, con gli stessi orari. Ad esempio per me, sono 4 km, ed è
impossibile arrivarci con i mezzi…” (gruppo giovani)
“…Però là dove abito io, io dovrei cambiare due pullman per arrivare davanti
all’ospedale… E quindi cambiare due mezzi e metterci un’ora, piuttosto ci vado in
macchina e ci metto un quarto d’ora…” (gruppo giovani)
“…E poi gli orari serali…dovrebbero ampliarli…” (gruppo adulti)
“…E poi gli orari non esistono. Cioè gli orari di giorno sono abbastanza regolari,
dopo le 20 non c’è più un mezzo. Io, quando rientro la sera, alle 22 devo prendere il
taxi dalla stazione, e spesso non c’è neanche il taxi. Cioè c’è veramente una scarsità
di mezzi, e mi faccio due km a piedi con la valigia…” (gruppo giovani)
“…Io cercavo su internet gli orari dei pullman, non c’è stato verso…” (gruppo
adulti)
“…Manca un coordinamento… io non so gli orari dei mezzi che vanno a Milano. Ne
so solo uno, quello della linea principale. Ma bisognerebbe sapere quali sono gli
autobus che vanno a Milano, in che zona di Milano, e quali, dove passano, e che
orari hanno…” (gruppo adulti)
I giovani sono meno critici nei confronti del sistema di trasporto pubblico. Lo utilizzano di più e lo
considerano più efficiente rispetto al gruppo degli adulti.
“…Io abito in zona stadio, non ho problemi: praticamente passano tutti i pullman di
Monza…” (gruppo giovani)
“…I mezzi pubblici bene o male passano, passano regolarmente, ti portano dove
vuoi…” (gruppo giovani)
Cambiare le abitudini rispetto alla mobilità non è facile e spesso rappresenta solo una
dichiarazione di intenti più che la possibilità di un cambiamento effettivo. Sono soprattutto i
giovani che dichiarano con maggiore convinzione di essere disposti ad abbandonare la
macchina. Il gruppo degli adulti rispetto alla possibilità di cambiare stile di vita è più pragmatico e
considera indispensabile vagliare prima le alternative.
“…Io abbandonerei volentieri la macchina…”(gruppo giovani)
“…Per quanto riguarda il mio nucleo familiare direi di sì [siamo auto-dipendenti].
Mio marito potrebbe andare a lavorare in bicicletta e non ci va. Mio suocero, pure.
Però, giustamente, anche la strada non aiuta. Però, per quanto mi riguarda, io la
lascerei a casa volentieri…”(gruppo giovani)
“…Io penso che [la rinuncia all’uso dell’automobile] dovrebbe essere un intervento,
cioè più che altro una cosa graduale, certo non da un momento all’altro. Per
esempio muoversi con l’autobus…”(gruppo giovani)
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L’utilizzo di mezzi alternativi alla macchina è circoscritto ad una minoranza di partecipanti. Chi
usa la bicicletta lamenta non tanto la scomodità del mezzo in particolari situazioni atmosferiche
quanto la sua pericolosità. Mancano inoltre le rastrelliere per le biciclette che potrebbero
rappresentare un incentivo, se pur minimo.
“…I miei tempi di spostamento sono dettati dalla bicicletta. Mi sposto solo con la
bicicletta. Abito a San Fruttuoso e qualsiasi cosa è distante. [Prendo la bicicletta
sempre], anche quando ha nevicato ultimamente, sono stato sommerso dalla
neve”… (gruppo giovani)
“…No, io pioggia, neve, grandine sono sempre in bici. Ma se devo trasportare
qualcosa sono obbligata a prendere la macchina, perché se devo andare, non so, a
portare una cosa a riparare, non ci posso andare in bici, per cui devo prenderla per
forza, ma non perché io abiti lì. Perché io in realtà vado fino a una zona in
bicicletta, perché odio talmente tanto stare in coda dietro dei deficienti che non
avanzano mai…” (gruppo adulti)
“…Se devo prendere i mezzi, vado a piedi o in bici…” (gruppo adulti)
“…vado in bicicletta, uso il meno possibile la macchina, però rischio la vita tutte le
volte che esco di casa…” (gruppo adulti)
“…Mettessero anche qualche rastrelliera per le bici sarebbe carino, visto che c’è un
sacco di gente che gira in bicicletta…” (gruppo adulti)
Altre alternative che gli intervistati propongono per migliorare la mobilità in città sono
l’allungamento della metropolitana o il ripristino della linea tramviaria.
“…Secondo me la metropolitana sarebbe una bella idea, soprattutto per i
collegamenti con Milano. Io quando andavo all’università dovevo alzarmi tutti i
giorni, prendere il pullman, e considerando la non efficienza dei mezzi pubblici… e
col traffico, io a Milano col pullman ci arrivavo in un’ora e mezza. Mentre col treno
ci si sposta in modo velocissimo. La metropolitana sarebbe stata comodissima…”
(gruppo giovani)
“…Comunque quando c’era il tram, che da Monza andava a Sesto S. Giovanni…
Cioè adesso li tolgono dappertutto, anche a Milano, perché effettivamente costano di
più, però almeno tu sai che parti e che arrivi, mentre il pullman quando c’è
traffico… nelle città trafficate…” (gruppo giovani)
“…Anche il collegamento Monza-Milano… Adesso non so quanto sia il costo di un
tram, però il tram non risente del traffico. E penso che sia anche meno costoso fare i
binari del tram che scavare per fare la metropolitana…” (gruppo giovani)
“…Il tram non è fattibile, secondo me, costruire tutte le linee…La metro sì: costruire
un collegamento diretto con Milano sarebbe un’ottima cosa. Ma il tram non è
fattibile…” (gruppo giovani)
“…La metro è qui: a Cinisello l’hanno portata…” (gruppo giovani)
“…Adesso la stanno costruendo [la metropolitana], all’inizio di Corso Milano, cioè
un po’ fuori…” (gruppo giovani)
“…Se ci fosse la metropolitana soprattutto… [i monzesi sarebbero meno autodipendenti] …” (gruppo giovani)
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Il gruppo degli adulti, nei confronti della possibilità di cambiare stile di mobilità, è più pragmatico e
considera indispensabile vagliare prima le alternative. Alcuni interventi che potrebbero
incrementare l’utilizzo dei mezzi riguardano la diminuzione del prezzo dei mezzi pubblici, la
maggior frequenza di passaggio, un miglioramento dell’igiene dei mezzi e un rinnovamento del
parco macchine. Si propone inoltre di pensare ad una riorganizzazione complessiva del sistema
del trasporto pubblico, che lo renda più aderente alle esigenze dei cittadini attraverso lo studio
delle loro esigenze.
“…[Sarei disposta a cambiare il mio stile di vita rinunciando all’automobile, ma]
dipende cosa ci offrono per cambiarlo…”(gruppo adulti)
“…[Per rinunciare all’automobile vorrei] che il biglietto [dell’autobus] costasse
meno…”(gruppo adulti)
“…A parte la cifra, [per rinunciare all’automobile vorrei] che [il biglietto
dell’autobus] durasse di più. Per esempio il giovedì, di solito vado a piedi al
mercato e torno in pullman. Con un biglietto, non faccio in tempo. Voglio dire: uno
va per fare una passeggiata, vado a Milano e li spendo più volentieri, perché in
metro ci metto un quarto del tempo. Col biglietto della metro prendo che il tram che
voglio e dura di più…Eh, certo [che è una questione economica]! Altrimenti vado in
macchina, spendo uguale ma vado e torno quando voglio. Poi vabbè, faccio 25 giri e
torno a San Biagio a posteggiare…”(gruppo adulti)
“…Tante volte non so se i monzesi prendono la macchina non perché vogliono
prendere la macchina o perché sono costretti. Passano molto più frequentemente i
mezzi, a Milano rispetto a Monza. Monza è vero che è una piccola città, però devo
dire che se i mezzi fossero più frequenti probabilmente molti non userebbero la
macchina…”(gruppo adulti)
“…Siamo costretti a usare la macchina. Gli autobus a volte passano ogni mezz’ora,
se perdi quello…”(gruppo adulti)
“…E se invece di mettere questi pullman immensi mettessero tanti pullman un po’
più piccoli…Puoi rallentare le corse nelle ore meno piene. Veramente, a parte l’ora
di punta, sono vuoti i pullman, sempre…”(gruppo adulti)
“…Io per andare al lavoro dovrei prendere due linee. L’ho dovuto fare quando
c’era la neve, non è stato bello. Il problema è che sono poco frequenti…”(gruppo
adulti)
“…I mezzi sono molto vecchi, puzzano in modo orripilante, i guidatori degli
autobus, non so che criterio usino per reclutarli, ma sinceramente telefonano mentre
guidano (…) Però a noi è vietato. I mezzi sono lerci…”(gruppo adulti)
“…Secondo me ci sono delle linee di autobus, e anche frequenze modulabili rispetto
alla grandezza; siccome è molto inquinata Monza, come tutto il resto dell’Italia,
sarebbe adeguato e forse non sarebbe così difficile riuscire semplicemente a
stabilire quante persone vanno in quella determinata… Perché ci sono delle linee
che non possono essere soppresse, ma che non hanno un’utenza così
grande…”(gruppo adulti)
“…Bisognerebbe vedere gli orari, e fare un referendum…”(gruppo adulti)
“…E poi oltretutto il costo non è che sia così basso, voglio dire… A Milano uno con
un Euro si prende la metropolitana e ci mette meno…”(gruppo adulti)
Per incoraggiare l’utilizzo dei mezzi pubblici gli intervistati chiedono al Comune di avere una
parte più attiva, in termini di investimento, ma anche di incentivo. Introdurre agevolazioni per
determinate fasce sociali, iniziative di chiusura del traffico con l’offerta del trasporto pubblico
gratuito, aumentare il numero delle rastrelliere per le biciclette.
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“…Il Comune dovrebbe investire nei mezzi pubblici. Mi piacerebbe capire se
compro perché poi la gente ci va, e quindi ho fatto un investimento, oppure poi la
gente va comunque con la macchina…”(gruppo adulti)
“…La differenza che c’è tra Milano e Monza… Quando c’è stata l’ultima domenica
dell’austerity, Milano ha offerto un biglietto [dell’autobus] per tutta la famiglia, qua
ognuno doveva pagare, quindi…”(gruppo adulti)
“…Così come non danno la Carta d’argento, come fanno altre città
all’estero…”(gruppo adulti)
“…Il fatto di dare alle famiglie la possibilità di usare il bus a basso prezzo.
Altrimenti prendiamo la macchina, e facciamo anche prima, a parte i posteggi. O a
piedi…”(gruppo adulti)
Il tema della qualità ambientale, ed in particolare quella della qualità dell’aria, viene
immediatamente associato a quello del traffico. Il problema dell’inquinamento è molto sentito dai
partecipanti. Monza viene considerata una città che potrebbe fare di più per tutelare la salute dei
cittadini, anche se è vicina ad un polmone verde come il Parco di Monza.
“…Anche lo smog, col passeggino, come in bicicletta… Uno deve fare tutte le strade
possibili immaginabili per evitare di portarli [i bambini]… Io sto qui vicino. Per
esempio a Mantova hanno fatto una marea di zone pedonali, io faccio un confronto,
visto che vivo queste due realtà. Cioè hanno fatto piste ciclabili…” (gruppo giovani)
“…Io posso sempre portare i figli al Parco, perché lì sono tranquilla dell’aria che
respirano...” (gruppo giovani)
“…Di Monza mi piace la qualità della vita buona, è positivo il Parco di Monza: io
abito a Muggiò e quindi non ho un’area verde così grande…” (gruppo giovani)
Le domeniche ecologiche sono iniziative che piacciono ai rispondenti, perché avvicinano il
vissuto della città alla percezione della città ideale.
“…Più giornate ecologiche, vogliamo tutte le domeniche a piedi! ...” (gruppo
giovani)
“…[Nella città ideale c’è] l’atmosfera di una domenica senza auto...” (scheda
gruppo adulti)
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Il tempo per i servizi di pubblica utilità
“…le persone che lavorano devono sempre galoppare, correre…”
Gli impegni burocratici rappresentano un peso per la maggior parte degli intervistati. Emerge lo
stereotipo del servizio pubblico lento e poco efficiente: l’azienda sanitaria, gli uffici del Comune,
ma anche la posta, le banche e gli orari dei negozi vengono considerati un problema dal punto di
vista dei rispondenti.
“…Il servizio pubblico non funziona…”(gruppo giovani)
“…Ho una disputa, io, con la posta… Le raccomandate le mandano alla posta
centrale. Quando ci sono i vari distaccamenti delle poste…”(gruppo giovani)
“…Io spesso sono in banca, in posta. Sugli uffici comunali il problema è l’orario.
Cioè ci sono tanti uffici, l’orario non è uniforme. Per me tutti gli uffici dovrebbero
avere lo stesso orario per semplificare…” (gruppo adulti)
“…Poi la posta: è vero che ci sono sempre code, però bisogna anche…; io per
esempio, che ho la macchina e la bici di riserva, a prenotare le visite ci vado la
mattina alle 8 per primo, e non c’è nessuno…” (gruppo adulti)
“…all’ASL è una cosa improponibile…” (gruppo adulti)
“…La posta mi pesa tantissimo. A ogni posta ci sono code di almeno mezz’ora, o
che c’è gente, o che non c’è gente. O non c’è l’impiegata, oppure quando ci sono 30
persone c’è un’impiegata sola…”(gruppo giovani)
“…I tempi sono sempre quelli: quando vai all’ospedale, quando vai a pagare il
CUP è veramente un incubo…”(gruppo giovani)
Fondamentalmente il problema non è la disponibilità di servizi, ma il mancato coordinamento dei
loro tempi con quelli individuali.
“…Sì, tutti i servizi sono nelle strette vicinanze…”(gruppo giovani)
“…Non devo andare a Milano per comprare qualcosa…”(gruppo giovani)
“…Nella Brianza anch’io ho tanti amici che quando possono vengono a Monza
quando possono perché trovano tanti negozi, tanti servizi…”(gruppo giovani)
“…le persone che lavorano devono sempre galoppare, correre, perché i negozi non
sono aperti: c’è questo malefico lunedì, che non si capisce perché il lunedì mattina è
aperto ma lunedì pomeriggio no. Quindi bisogna precipitarsi a prendere la
macchina e andare in un supermercato grosso quando magari in realtà ti serve poco
e al supermercato spendi un sacco di soldi…”(gruppo adulti)
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Per quanto riguarda gli uffici comunali il problema principale è rappresentato dagli orari. Gli
intervistati lamentano una scarsa informazione sugli stessi, assieme ad una carenza di organicità
e omogeneità tra i diversi servizi.
“…Per gli uffici comunali il problema è l’orario. Cioè ci sono tanti uffici, l’orario
non è uniforme. Per me tutti gli uffici dovrebbero avere lo stesso orario per
semplificare. Io per esempio adesso lavoro in un Comune, adesso si sta attivando il
problema multe che tu devi pagare, viene stampato in automatico l’orario di
apertura dell’ufficio, e questo facilita…”(gruppo giovani)
“…E sennò telefoni, e non te lo dicono [l’orario di apertura degli uffici]!…”(gruppo
giovani)
“…Già è brutto perché gli uffici sono uno da una parte e uno dall’altra (gli uffici
comunali). Poi per esempio l’ufficio delle imposte dirette, dove si fa il codice fiscale
eccetera, ha un orario stupidissimo che non ricordo neanche, l’anagrafe ne ha un
altro, gli orari andrebbero riformati…”(gruppo giovani)
“…[Io ho a che fare con l’ufficio tecnico, in qualsiasi Comune, in qualsiasi ufficio
tecnico… e capita che un ufficio tecnico, come quello di Monza, riceve solo tre volte
alla settimana e solamente la mattina; ci sono code interminabili…”(gruppo
giovani)
“…solamente nel nostro paese esiste il prefestivo. Che poi uno va in una città e
trova tutto chiuso, e gli dicono: “Domani è il patrono”. E dice: “Ma come faccio a
sapere che domani è il patrono e quindi oggi è prefestivo?”. E gli orari sono
difficilissimi da trovare, da capire quando è aperto, quando è chiuso…”(gruppo
adulti)
“…Per esempio mio figlio ha ricevuto una lettera, doveva presentarsi in Comune
per ritirare un certificato per le votazioni. Dalle 8 a mezzogiorno, da lunedì a
venerdì. Ma in quegli orari è sempre a scuola. E mettere un giorno al pomeriggio?
(…) Se sanno che è studente, dagli la possibilità di andare in altro orario…”
(gruppo adulti)
L’introduzione dei servizi telefonici, che fanno da filtro oppure offrono un servizio di informazione,
e avrebbero lo scopo di snellire le pratiche burocratiche, non sembra essere molto apprezzata
dagli intervistati. In generale emerge la sensazione di inefficienza e si riscontrano problemi di
attesa. Inoltre, emerge la percezione di non riuscire a risolvere problemi.
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“…Ci sono tutti i numeri verdi, “chiamate il numero per prenotare”, il CUP per
spostare… Cioè, io mi attacco al telefono, ci passo delle giornate intere perché non
riesci a prenotare se non vai là. E là perdi minimo un’ora…” (gruppo giovani)
“…Non mi parlare dei numeri verdi! E’ una lotta continua! (…) Guarda, non
rispondono proprio! Io quelli che ho provato io… Risponde giusto quello
dell’assistenza alle auto… (…) Trovarmi il CUP libero dalle 14 alle 16… io sfido
chiunque (…) Fidati: è staccato! Ho dichiarato guerra ma non l’ho vinta. Sono
sempre perennemente staccati…” (gruppo giovani)
“…Francamente [il servizio di numero verde] è inutile…” (gruppo giovani)
“…Però, se [i servizi di numero verde] migliorassero sarebbe bene…” (gruppo
giovani)
“…Io dico, di solito, per la mia esperienza, i numeri verdi dei servizi pubblici
rispondono. Invece i call center aziendali non rispondono mai. Può essere un
controsenso ma è così…” (gruppo giovani)
“…Il fatto del telefono, chiami, c’è il centralino e la chiamata non arriva mai…”
(gruppo adulti)
“…Telefoni al centralino del Comune, dici: “Posso parlare con Lei?” e dice: “No,
per quello…” (gruppo adulti)
“…Un numero dove rispondano e mi diano tutte le informazioni che chiedo, così se
mi muovo sono sicura di arrivarci. (…) Telefonando prima di uscire di casa. Se
devo, non so, andare al medico, alla piscina comunale piuttosto che… e voglio
sapere a che ora apre e a che ora chiude, vorrei il numero… non prendere la bici e
andare fino al medico… (…) E poi dopo telefoni, al mattino non ci sono,
eccetera…” (gruppo adulti)
Nonostante le critiche alcuni intervistati evidenziano la percezione di un cambiamento avvenuto
negli ultimi anni, sia a livello di organizzazione sia dopo l’introduzione dell’informatizzazione di
alcuni servizi pubblici.
“… adesso sì, per internet si riesce, bene o male, a fare certificati… Alcune cose si
riescono a fare. Adesso, comunque, noi abbiamo internet, siamo bene o male giovani
e riusciamo a sbrigarcela un attimino, anche per la banca e per qualsiasi cosa, però
una persona anziana… Io vedo mia mamma, internet e computer non sa neanche
cosa sono, per cui si fa tutte le code…”(gruppo giovani)
“…Ad esempio il Comune di Monza (adesso lo dico perché è una cosa che mi ha
toccato)…Una volta ho iscritto il primo figlio quando è nato, avevo appena
partorito…e devi girare, di qua e di là, perché il marito non può. Adesso, ad
esempio, con la seconda figlia, il codice fiscale te lo mandano a casa, la Carta
servizi te la mandano a casa…Hanno un attimino modificato…Una cosa più
comoda. Per cui, nel giro di 3 anni ho visto sicuramente un
miglioramento…”(gruppo giovani)
“…Per esempio le bollette puoi pagarle non più in posta ma in banca. L’unica cosa,
se devi fare degli esami all’ospedale, devi prima prenotare. A parte il tempo che poi
ci vuole per farsi dare degli appuntamenti…”(gruppo adulti)
Proposte per il coordinamento dei tempi della città
“…Se il Comune aprisse magari anche una volta la sera, come fanno i negozi… magari
con turni…”
La dimensione collettiva dell’organizzazione dei tempi della città non viene compresa appieno
dagli intervistati. Essi percepiscono la gestione del tempo come un fatto prevalentemente
individuale: a chiunque voglia massimizzare l’utilità che ricava dall’uso del tempo, spetta il
compito di programmare nel dettaglio la propria giornata, se non della propria settimana.
“…Si fa tutto autonomamente. Ci si organizza” (gruppo adulti)
Tuttavia, anche se inconsapevolmente al Comune si richiede un’attività di adeguamento generale
ai tempi cittadini. Gli orari, per molti degli intervistati, andrebbero senza dubbio ampliati, e
distribuiti in più fasce orarie, includendo anche il sabato, in modo da dare l’opportunità ad ogni
cittadino, indipendentemente dal suo ritmo di vita, di accedere al servizio.
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“…Tutta la gente che lavora potrebbe magari il sabato… che io fortunatamente ho
libero… andare a fare delle cose.” (gruppo adulti)
“…vorrei un ampliamento, perché a unificarli si rischia ancora di più di
sovraffollare…” (gruppo giovani)
“…Magari anche ampliarli. Alcuni uffici sono aperti solo la mattina, oppure un
giorno fanno il pomeriggio, però diventa complesso” (gruppo giovani)
“…L’apertura degli sportelli (…) deve essere più flessibile e comunque non legata
solamente a quei particolari orari che hanno loro…” (gruppo giovani)
“…Già è brutto perché gli uffici sono uno da una parte e uno dall’altra (gli uffici
comunali). Poi per esempio l’ufficio delle imposte dirette, dove si fa il codice fiscale
eccetera, ha un orario stupidissimo che non ricordo neanche, l’anagrafe ne ha un
altro, gli orari andrebbero riformati. Poi la posta: è vero che ci sono sempre code,
però bisogna anche…; io per esempio, che ho la macchina e la bici di riserva, a
prenotare le visite ci vado la mattina alle 8 per primo, e non c’è nessuno (…).per
esempio in posta vado sempre in posta centrale perché è aperta fino alle 19, e se uno
va alle 18.30-19 trova quasi… meno gente. Sì, è un rischio, perché magari non trovi
parcheggio, però…” (gruppo giovani)
“…Se il Comune aprisse magari anche una volta la sera, come fanno i negozi…
magari con turni…” (gruppo adulti)
“…Un altro modo per eliminare le code agli sportelli, viste molto spesso come una
delle inefficienze meno sopportabili, sarebbe una migliore comunicazione tra le
istituzioni e il cittadino, in particolar modo, come sottolineano soprattutto i meno
giovani, attraverso lo strumento telefonico…” (gruppo adulti)
“…Un numero dove rispondano e mi diano tutte le informazioni che chiedo, così se
mi muovo sono sicura di arrivarci. (…) Telefonando prima di uscire di casa. Se
devo, non so, andare al medico, alla piscina comunale piuttosto che… e voglio
sapere a che ora apre e a che ora chiude, vorrei il numero… non prendere la bici e
andare fino al medico…E poi dopo telefoni, al mattino non ci sono, eccetera…”
(gruppo adulti)
Non doversi spostare per ottenere un’informazione o anche solamente per sapere l’orario di
apertura, quindi, semplificherebbe di molto il disbrigo delle pratiche burocratiche. Tanto più
che quanti sono più avanti con l’età non hanno ancora dimestichezza con gli strumenti
informatici; per i giovani, al contrario, pare che negli ultimi anni le novità tecnologiche
abbiano cambiato la situazione in meglio.
“…Peccato che non ci siamo ancora attrezzati per internet, cose così, perché se
volessimo potremmo richiedere anche certificati anche al Comune, tramite
computer.” (gruppo adulti)
“…No, internet non mi piace” (gruppo adulti)
Gli intervistati non hanno invece espresso un giudizio molto articolato sull’utilizzo di sportelli
Bancomat, distribuiti in varie zone della città, per l’acquisizione di certificati e in generale per
un’accelerazione del flusso di informazioni tra Comune e cittadino. Sembra quindi che non
conoscano appieno lo strumento, o che lo giudichino tutto sommato irrilevante.
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“…[Gli sportelli Bancomat per servizi civici, certificati, ecc.] fino a poco tempo fa
c’erano, e sono miseramente falliti. (…) Non so se non ci andasse nessuno oppure
no: sono scomparsi.” (gruppo giovani)
“…A Mantova lo facevano [il servizio degli sportelli Bancomat per certificati ecc.].
Adesso non so perché sono anni che non vivo più… Molto comodo” (gruppo
giovani)
La fusione dei vari sportelli in uno sportello unico non riscuote molto favore: lungi dall’essere una
semplificazione, per molti intervistati questa innovazione creerebbe ancora più confusione,
moltiplicando il problema delle code.
“…Secondo me si creerebbe una fila immensa…” (gruppo giovani)
Gli intervistati sembrano invece più possibilisti sulla fusione limitata a determinati uffici, al fine di
creare un numero ridotto di sportelli, uno per ciascun settore.
“…Unico in un determinato settore va bene, ma in più settori no…” (gruppo
giovani)
“…Però ad esempio il CUP, tutto sommato ha agevolato, perché uno va là, paga,
prenota…” (gruppo giovani)
Controverso è anche il tema delle banche del tempo, che per qualcuno sono utili per la gestione
del tempo, mentre per qualche altro non spostano assolutamente il problema della carenza di
tempo libero.
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“…E’ un’associazione che ha degli iscritti… tu offri un servizio che puoi dare e in
cambio, in base al numero di ore che fai, accumuli queste ore e queste ore ti
vengono restituite in base alle tue esigenze. Ad esempio, ho bisogno di imbiancare:
uno si offre di imbiancare, per tot ore che ho lavorato, lui lavora per me. (…) Io l’ho
imparato a scuola, e poi… io non l’ho visto realizzato, però so che esiste.” (gruppo
giovani)
“…Come idea è interessante, però non si può comparare una prestazione a
qualunque altra...” (gruppo giovani)
“…Sarebbe utile se ci fossero molti iscritti.” (gruppo giovani)
“…Il problema è quello della fiducia, comunque. Se è una persona conosciuta,
probabilmente sei più tranquillo” (gruppo adulti).
“… [Non partecipo perché] bisogna avere la necessità di qualcosa e dare in cambio
qualcos’altro, però dev’essere anche una necessità continuativa, non può essere una
cosa “Domani mi serve quello”. No. Io come abitudine, diciamo, ho bisogno di quel
certo servizio.” (gruppo adulti)
“…Io il tempo ce l’avrei. Però non lo faccio, perché stimo e trovo più utile delle
persone che lavorano come volontariato per qualcuno che non può ridare
qualcos’altro. (…) Per esempio, se io gli dico: “Ho due ore, tre ore al giorno”, e lui
o lei per ipotesi dice: “Ma che me ne devo fare?”. Cosa potrei fare? Forse andare a
casa di qualcuno a fargli la pulizia, se avesse bisogno, o fargli la spesa, o andare in
banca, in posta, non so… delle cose che io faccio già normalmente nella mia vita.
Ma non vedo perché questo mi debba restituire” (gruppo adulti)
“…Ma io se ho due ore, personalmente, preferisco fare volontariato. Ma la vita è
una scelta! Uno preferisce una cosa, un altro un’altra. (…) Io faccio volontariato e
lo faccio in un certo settore, e a questo punto non vado alla banca del tempo. Avrei
magari bisogno di avere, non so, lezioni di informatica, perché non sono molto
brava, però poi non sono disponibile perché faccio altre cose.” (gruppo adulti)
“…Eh, bisogna avere il tempo, perché se non ha il tempo… Si chiama Banca del
tempo proprio perché c’è del tempo da dare o da avere.” (gruppo adulti)
Spesso i genitori di bambini in età scolare si trovano ad affrontare anche i problemi di gestione
del tempo legati all’accompagnamento dei bambini da casa a scuola e viceversa. L’ipotesi della
creazione di “percorsi sicuri” casa-scuola, in cui il tragitto dei bambini è sorvegliato da persone
terze (vigili, ma anche privati cittadini) è vista con molto favore dagli intervenuti al focus.
“…La nostra scuola materna ha aderito [alla sperimentazione dei percorsi sicuri
casa-scuola], e abbiamo fatto una giornata i cui il vigile ci ha accompagnato a
scuola, ovviamente per un breve tratto: molto carino. (…) I negozianti addirittura [oltre ai nonni- potrebbero contribuire stando attenti ai bambini]” (guppo giovani)
“…Ma non ho capito: è per una volta [il progetto di percorsi sicuri casa-scuola]?”
(gruppo giovani)
“…Bisogna portarla avanti nel tempo [l’idea dei percorsi sicuri casa-scuola].”
(gruppo giovani)
“… [Il progetto di percorsi sicuri casa-scuola è] fondamentale, perché noi siamo in
un bel vialone dove devono attraversare i bambini. Dove abitiamo noi, poi, c’è una
fabbrica. Qui passano in continuazione i TIR, che vanno avanti e indietro. La strada
a un certo punto diventa una strettoia, non c’è marciapiede. Ci sono i dossi.
L’autobus è carissimo, lo pago sempre senza sconti, perché lavorando in due si
supera il reddito. I camion passano veloce, anche se ti appiccichi al muro sono
pericolosissimi, per non parlare quando piove. Lì non so come andrà a finire,
vogliono fare il sottopassaggio, vedremo.” (gruppo adulti)
“…E’ veramente molto interessante questa cosa [dei percorsi sicuri casa-scuola].
Anche dove abito io c’è un unico portone, il mio, che essendo molto vecchio è a filo
strada e non riesco neanche a uscire. Abbiamo chiesto lo specchio, non ce l’hanno
messo.” (gruppo adulti)
“…Secondo me è fattibile [l’idea dei percorsi sicuri casa-scuola]. Sarebbe anche
carino che mettessero gli scivoli all’uscita delle scuole elementari. Ad esempio la De
Amicis, che è in pieno centro, non ha lo scivolo. E come si arriva con i passeggini?
Ci sono le auto parcheggiate lì, e c’è un bel marciapiede alto alto. E’ sicura, credo
bene, è in zona pedonale, al bambino non può succedere niente. Ma devono
scavalcare le auto e poi non ci sono gli scivoli. E’ veramente una cosa orripilante.”
(gruppo adulti)
Anche il progetto di aprire gli edifici scolastici il pomeriggio, per favorire l’aggregazione di ragazzi
e adulti, è apprezzata dagli intervistati, anche se c’è chi è di opinione fermamente contraria.
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“…Nella mia scuola [l’uso pomeridiano degli edifici scolastici, per aggregazione,
incontri, attività] si fa praticamente ogni giorno (…) Sì [è utile]. Noi abbiamo
“Progetto Monza”, e la maggior parte delle attività avviene nella nostra scuola, e
adesso sono aperti i dibattiti…” (gruppo giovani)
“…Io ti dico sì [cioè l’uso pomeridiano degli edifici scolastici è utile], però per me
non è l’importante essere qua, nella scuola, cioè come spazio. (…) Il problema è
l’attività che si propone.” (gruppo giovani)
“… [L’uso pomeridiano degli edifici scolastici è utile] per sopperire al problema,
per esempio, degli spazi per studiare.” (gruppo giovani)
“…Più attività di teatro, di cinema: sono cose che possono influire su una migliore
qualità della vita” (gruppo adulti)
“…[L’uso pomeridiano degli edifici scolastici, per aggregazione, incontri, attività]
sarebbe MOLTO BELLO” (gruppo adulti)
“…Lo fanno [l’uso pomeridiano degli edifici scolastici], la ginnastica…(…) Già lo
fanno, va molto bene. (…) [Le palestre delle scuole pubbliche] costano anche meno
delle palestre private, una cosa che funziona” (gruppo adulti)
“…No! (…) Lo fanno [l’uso pomeridiano degli edifici scolastici] e io mi sono
sempre opposta. E sono stata cinque anni nel consiglio di classe. Perché dipende da
CHI ci va dentro, e da CHE COSA ci fanno dentro, e dallo stato della scuola.
Perché per esempio alla De Amicis, che ha una torretta sopra, davano il permesso
alla Corale monzese di andare a cantare, andava tutto bene, il problema è che poi si
sono accorti che la soletta era pericolante. Oppure hanno chiesto quelli del karate
di usare la palestra. Sono scuole che hanno dei luoghi grandi… intanto a me non
vca giù che ci vadano degli adulti nel pomeriggio, dove poi si siedono i bambini e i
ragazzini. (…) Le palestre, che già sono poche e scarse, sono fragili (…) Ci sono
tanti posti, anche scuole, dove si può fare senza toccare le scuole più vecchie. Ma
non vedo il motivo di utilizzare le palestre delle scuole (…) Alla Ruberti c’è una
bella palestra grande e si può fare, ma alla Ruberti! (…) Ma non si può dire adesso
che si può farlo dappertutto.” (gruppo adulti)
Il ruolo delle informazioni al cittadino-utente rappresenta un elemento fondamentale per
migliorare l’interazione con i servizi.
“…[Sulla possibilità di una rete informativa tra i vari servizi] Certo. Tantissime
code si formano perché la gente va a chiedere informazioni. Quindi c’è l’esigenza di
essere informati prima sulle modalità del servizio…” (gruppo giovani)
L’house organ del Comune viene citato spontaneamente dai rispondenti del gruppo adulti come
una delle principali fonti dell’informazione di servizio, anche se non a tutti piace il modo in cui
viene realizzato. La sua distribuzione non è uniforme, e sembra concentrata maggiormente nel
centro città.
“…A me che abito un po’ fuori [la rivista Comune Informa] è da poco che arriva,
perché da noi anche annunci pubblicitari, giornalini, ne arriva un quarto rispetto al
resto della città. Adesso ultimamente sta cominciando ad arrivare di più…” (gruppo
adulti)
“…L’ultima pagina [di Comune Informa]. La prima o l’ultima pagina. (…) Io
strappo la pagina e ce l’ho appiccicata in corridoio, dove ho tutti i cartellini, le
cose…” (gruppo adulti)
“…Comunque [nel]la rivista del Comune [Comune Informa] ci sono tutti gli
elenchi…” (gruppo adulti)
“…Io non riesco più neanche a leggerla [la rivista Comune Informa]. A parte che è
impaginata malissimo, e che non si riesce mai a trovare quello che interessa…(…)
perché non è pratica. (…) Non è pratico il formato: è troppo grosso e non ci sta da
nessuna parte. Poi alla fine ho messo in un cassetto. Non è più come una volta, che
era un bel libretto e lo mettevi sotto il telefono…” (gruppo adulti)
In tema di informazione emerge da parte degli intervistati una critica sulle informazioni di servizio
che il Comune dovrebbe trasmettere. Spesso le iniziative che vengono realizzate non vengono
pubblicizzate e introdotte da un’adeguata informazione e i cittadini si affidano al passaparola.
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“…Per esempio anche le attività belle che fa il Comune, è un passaparola,
sembriamo dei carbonari. E noi non si deve sapere dove c’è musica… Dove? Non
c’è scritto da nessuna parte, e allora ti muovi perché te l’hanno detto. (…) Non c’è
comunicazione nell’immediato. Magari nel libretto c’è tutto il mese, poi però tu non
ti puoi ricordare quando lo ricevi il 3 che il 24 cantano al Duomo…” (gruppo
adulti)
“…Le informazioni le mettono solo in centro, è difficile trovarle nella periferia.
Oppure devi andare alle circoscrizioni. C’è poca pubblicità. Poca pubblicità per le
manifestazioni che in Comune fanno. Pubblicità che dovrebbe essere su tutta
Monza…” (gruppo adulti)
“…Invece se si attaccassero manifesti al semaforo… Io le novità purtroppo le vedo
quando sono ferma al semaforo, che vedo tutti i cartelloni…” (gruppo adulti)
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Metodologia
L’indagine di tipo qualitativo è stata realizzata utilizzando la tecnica del focus group. Questa
metodologia consiste in una discussione di gruppo, composto da 7/10 persone, che sono invitate
da un moderatore a parlare tra loro di su un argomento specifico. L’obiettivo è rilevare le opinioni
e gli atteggiamenti dei partecipanti, nonché approfondire e spiegare le motivazioni che
sottendono ai medesimi.
A differenza del colloquio individuale o dalla semplice intervista strutturata, il focus group
permette di innescare le dinamiche di gruppo, quindi le interazioni, che consentono una maggior
spontaneità, una caduta delle resistenze dei partecipanti, un maggior confronto e di conseguenza
una migliore comprensione delle problematiche, delle aspettative e delle reali opinioni
relativamente all’argomento oggetto di studio.
Sono stati realizzati due focus group con cittadini di Monza, il 9 e il 10 marzo presso la sede
dell’Urban center del Comune. Le discussioni di gruppo hanno avuto una durata di due ore circa.
I commenti alle verbalizzazioni raccolte sono stati effettuati sulle trascrizioni dei due gruppi, in
precedenza audioregistrati.
Tutti gli elementi così raccolti hanno dato luogo ad un’analisi di taglio qualitativo e verranno
utilizzati nell’ambito della fase quantitativa della ricerca.
Caratteristiche dei partecipanti
All’indagine hanno partecipato 16 soggetti con le seguenti caratteristiche:
Sesso:
maschio
femmina
6
10
18-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
55-64 anni
più di 64 anni
5
4
2
2
2
1
Età:
28
Professione:
libero professionista
ricercatore universitario
impiegato
operaio
studente
casalinga
pensionato
1
1
2
2
6
2
2
Lei ha figli?
sì
no
29
9
7
per publica.swg
Silvia Sbisà
[email protected]
30
SWG trieste
trieste 34133, via s. francesco 24
telefono +39.040.362525
fax +39.040.635050
SWG milano
milano 20144, via solari 8
telefono +39.02.43911320
fax +39.02.4986773
SWG bologna
bologna 40126, via altabella 7
telefono +39.051.2960733
fax +39.051.2960725
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