La buona scuola
ovvero La rottamazione
Sul libretto degli studi dell’anno accademico 2014-2015, che è iniziato nel mese di settembre 2014,
ho scritto : Dopo aver constatato che molti diplomati (della scuola per geometra, del Liceo
scientifico, dell’Ipia, dell’Itis, del Nautico, della scuola alberghiera ecc.), alcuni laureati e coloro
che sono in possesso della licenza media, non sono in grado di calcolare l’area laterale di un
cilindro o la superficie di un cerchio, di impiantare una proporzione, di risolvere un’operazione con
le frazioni, non sono in grado di svolgere un’equazione di primo grado nonostante che dalla terza
media al diploma o alla maturità hanno studiato solo algebra e non sono in grado di scrivere un
piccola relazione corretta, ho dovuto, per forza, iniziare l’anno scolastico con un riepilogo di
Aritmetica e Geometria prima dell’inizio dei corsi di “Tecnico frigorista”, “Conduttore Generatori
di vapore” ed “Impianti fotovoltaici” (E’ necessario anche un corso di lingua italiana ). Tutto ciò è
molto grave ma io, personalmente, me la prendo con i programmi di matematica che dalla terza
media in poi annullano completamente lo studio dell’Aritmetica e Geometria. I programmi sono
stati scritti da persone ignoranti e l’ignorante è non solo zavorra, ma pericolo della nave sociale.
Egli non sa che l’aritmetica e la geometria possono aiutare a migliorare la vita amorosa,
possono aiutare l’aspettativa di vita, possono farci avere la meglio in una discussione, possono
aiutarci ad evitare i disastri, possono migliorare la società ecc.Chiedete ai nostri politici se
sanno calcolare l’area di un pentagono o di un trapezio o scrivere una proporzione; la maggior parte
di essi ignora queste conoscenze e vivono nell’ignoranza che è madre della malvagità, della rabbia e
di tutti gli altri vizi e peccati scellerati e brutti.
Durante l’anno accademico ho constatato anche che non solo i “Periti elettrici”, ma anche i laureati
in Elettrotecnica, non sono capaci di leggere lo schema di un impianto elettrico. Oggi che 35
giovani hanno superato brillantemente gli esami per “Tecnico frigorista” (gli esami per conduttore
generatori di vapore saranno svolti nel mese di giugno presso l’Ispettorato del Lavoro di Salerno
mentre non esistono esami per Impianti fotovoltaici) ho fatto notare in una lettera alle società
armatrice ed ai politici che “L’Unitre, nell’attuale fase storica dell’Italia, interessata da profondi
fenomeni di mutamento che impongono attente risposte di “adattamento”, ha individuato tali
fenomeni di mutamento che sono interagenti fra loro. Affrontare nel loro insieme le molteplici
variabili nelle quali si articola il mutamento, è divenuto per l’Unitre una inderogabile necessità tale
da approntare ed attivare strategie idonee a rendere la scuola capace di interagire funzionalmente al
mutamento stesso, in modo da aiutare i giovani con professioni che li proiettano nel futuro e non
solo con chiacchiere o slides che non sono altro che “prese in giro”per i giovani.
La maggioranza dei partecipanti, prima del corso, aveva poca dimestichezza con gli impianti del
freddo ed a causa di ciò ho dovuto modificare nella sua didattica il programma iniziale, previsto dai
Regolamenti (CE) n. 303/2008, 304/2008, 305/2008 e 306/2008 e dal DPR 43 del 2012 per
ottenere la qualificazione di grado I, la massima per gli operatori del freddo, pur rispettandoli
integralmente. Infatti ad essi che tenevano conto dei modelli consolidati dall’esperienza e dalla
tradizione, che si rifacevano al principio di “staticità”, ho cercato di far subentrare il principio della
“dinamicità” ovvero della disponibilità e capacità del frigorista ad essere elastico e creativo in un
processo di lavoro che è in piena evoluzione. Ho cercato, con la collaborazione del mio ex allievo
del 1993 Ciro Di Cristo, di far capire loro quale sia l’importanza della specializzazione a “Tecnico
frigorista” con un addestramento nel quale si è posta la massima cura inculcando nei partecipanti
che un lavoratore ben addestrato è anche un cittadino più sereno traendo dal suo lavoro guadagno e
soddisfazioni maggiori ed avendo una maggiore sicurezza di conservare il suo posto di lavoro anche
in periodi di crisi economica. Ho fatto capire loro che i problemi connessi alla gestione e
manutenzione degli impianti, sia su una nave che in un supermercato o altro luogo, devono essere
risolti nei termini di tempo e di spazio non potendosi, per ovvie ragioni, affrontare i problemi
ricorrendo sempre a ditte esterne.
Il frigorista deve dominare da solo gli impianti di sua competenza.
Cercando di far capire che la specializzazione a Tecnico frigorista fosse un’opportunità di imparare
un mestiere, ho fatto in modo che il processo formativo fosse percepito dai fruitori come un gap
conoscitivo ai fini di un miglioramento che tornasse utile alle persone stesse.
L’impostazione del corso ha seguito il modello didattico privilegiato cioè quello di strutturare
l’attività formativa non tanto e soltanto in una passiva occasione per i partecipanti per reperire
informazioni e nozioni quanto piuttosto in una opportunità di studio collettivo sviluppando una
strategia estremamente efficace. I risultati ottenuti sembrano indicare che la strategia applicata sia
sufficientemente efficace, sia per quanto attiene al superamento degli esami sia per quanto riguarda
le motivazioni dimostrate dai fruitori nei confronti dell’attività formativa.
Ed ora una nuova riforma della scuola.
Ogni ministro, dal 1962, che entra nel Ministero della Scuola ha un solo obiettivo: “Riformare la
scuola”. Ed ogni riforma peggiora di molto quella esistente. Siamo gli ultimi nelle classifiche
mondiali in ogni disciplina. Adesso occorre reagire a questa nuova barbaria. E come scrive Diego
Fusaro, occorre reagire a partire dalla cultura: la rivoluzione è anzitutto culturale. Per reagire
occorre che i docenti, precari e non, si oppongano: insegnando il valore dei classici e della storia,
dell’arte e della filosofia, e dunque del pensiero critico che, solo, può contestare fermamente il
cretinismo economico e il rimbecillimento programmato ovunque dominanti. Non deve stupire il
DDL di riforma della scuola del governo Renzi. E non deve stupire in quanto non contraddice le
attese. La riforma della scuola del rottamatore postmoderno fiorentino è, infatti, del tutto coerente
con l’obiettivo della distruzione completa della scuola: rimozione della cultura, aziendalizzazione
degli istituti scolastici, rimbecillimento programmato dei discenti demenzialmente trasformati in
“consumatori di formazione”, debiti e crediti come nel perverso mondo della finanza, annullamento
del processo formativo, offerte formative in linea con la sacra legge della competizione di mercato.
E la lista potrebbe allungarsi a piacimento, di imbecillità in imbecillità. Se fossimo nell’“Amleto”
shakespeariano, si direbbe che vi è del metodo in questa follia. E questa follia si inscrive in un
processo di “riforma” – la magica parola con cui si rimuovono diritti e si distrugge tutto ciò che non
è allineato con il folle progetto – della scuola che è in atto da diversi anni. È un progetto nemmeno
troppo velato di distruzione pianificata del liceo e dell’università: e ciò tramite quelle riforme
interscambiabili di governi di destra e di sinistra che, smantellando le acquisizioni della benemerita
riforma della scuola di Giovanni Gentile del 1923 (criticabile finché si vuole, ma ad oggi insuperata
perché centrata sull’idea di sviluppo dell’essere umano), hanno conformato – sempre in nome del
progresso e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda
e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, informatica e inglese in luogo del latino e del
greco, e mille altre amenità coerenti con la ristrutturazione capitalistica della scuola). “Per il
capitale ogni limite è un ostacolo”: così Marx. E la scuola è, per il capitale, un limite che deve
essere superato: in essa si formano, storicamente, esseri umani e non consumatori; per di più, esseri
umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, esattamente ciò che il
fanatismo dell’economia finanziaria non può tollerare e deve, per ciò stesso, distruggere.
Distruggere la scuola significa decapitare intere generazioni di teste pensanti. La stessa domanda,
sempre più in voga, “che possibilità di lavoro mi dà lo studio della filosofia o dell’arte?” rivela un
inedito riassorbimento della formazione nell’ambito dell’aziendalizzazione e dell’assiomatica del
do ut des: in una rimozione integrale di ciò che un tempo era notissimo, ossia che la scuola deve
formare e non produrre acefali calcolatori e produttori di profitto. Immaginate se nell’Accademia di
Platone o nel Peripato di Aristotele si fosse domandato ai due filosofi “che lavoro troverò dopo?”!
(Voglio far notare che dopo la seconda guerra mondiale le Facoltà scentifiche erano frequentate per
il 75% da giovani usciti dal Liceo classico ed in quel periodo abbiamo avuto i migliori ingegneri, i
migliori fisici e matematici). Il precariato non bastava. Il precariato è il sogno realizzato del
neoliberismo e del capitale vincente: ridurre la società ad aggregato atomico di monadi isolate e
senza stabilità lavorativa ed esistenziale, chine al cospetto degli ordini del potere, impossibilitate a
reagire, del tutto dipendenti dal volere dell’economia e dei suoi sacri dogmi. Con il nuovo DDL alla
patologia funesta del precariato si aggiunge il potenziamento del ruolo del preside: questi potrà
decidere autonomamente come assumere e/o trasferire i vari docenti secondo dei criteri che
vengono detti “trasparenti” – la neolingua orwelliana non cessa mai di stupirci – ma che, non
essendo definiti, probabilmente saranno quelli del rispetto della didattica, ma poi soprattutto del
rispetto del programma ministeriale e dell’insegnamento allineato col pensiero unico (con
automatico trasferimento di chi non si adatta cadavericamente). Chi non si adatta, chi canta fuori dal
coro, chi non accetta le verità imposte, si prepari ad essere trasferito in Siberia o, fuor di metafora,
nella provincia dell’impero. Pare che il preside potrà, secondo questi criteri, assumere a chiamata
dei precari o chiedere di trasferire degli insegnanti di ruolo su posti che si rendano vacanti.
Insomma, i precari e i non precari dovranno essere rispettosi e bene in linea, non dovranno
permettersi di ritagliarsi sfere di autonomia di pensiero e magari anche di contestazione della follia
in atto. Il ricatto del trasferimento è sempre in agguato! Insomma, i docenti – precari e non –
dovranno collaborare attivamente, senza opporsi, a rinsaldare quello che di fatto è il ruolo sempre
più evidente delle scuole ridotte ad aziende con offerte formative, debiti e crediti: porsi come luoghi
di addestramento delle giovani menti al pensiero unico inoffensivo e politicamente corretto. Orwell
e Huxley erano, al confronto, dilettanti! Non è, invece, chiaro se il preside potrà anche spostare
degli insegnanti che abbiano la loro sede titolare, ma è certo che i neoassunti potranno esserlo con
contratti triennali a chiamata, e poi venire licenziati a seconda di come si comporteranno. Siamo al
cospetto, dunque, di una dittatura da parte di mandarini di regime.
Per concludere voglio ricordare che attualmente la scuola è asservita alla burocrazia del paese, è
assimilata alle ferrovie, alle dogane, agli uffici pubblici; soffre di pedanteria formalistica; è
denaturata dalla tecnologia; ha perduto l’elastica indipendenza di un istituto che si propone lo
sviluppo dell’uomo come intelletto. Con la riforma toccheremo il fondo e se i docenti non si
opporranno, dobbiamo considerarli complici dello sfacelo in cui si troveranno fra qualche anno i
nostri figli e nipoti.
Antonio
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