SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS !
NEWSLETTER N.167 DEL 05/06/14
NEWSLETTER PER LA TUTELA DELLA SALUTE
E DELLA SICUREZZA DEI LAVORATORI
(a cura di Marco Spezia - [email protected])
INDICE
IL PESO MASSIMO SOLLEVABILE E IL GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA MANSIONE
1
ISOCHIMICA AVELLINO E AMIANTO: LA STRAGE DIMENTICATA
4
CAMPAGNA EUROPEA SU STRESS LAVORO CORRELATO
6
ATTIVITA’ DI PULIZIA: I RISCHI IN GRAVIDANZA E PUERPERIO
8
LAVORI IN QUOTA E SULLE COPERTURE: LA SICUREZZA DEI PONTEGGI
10
EDILIZIA E RISCHIO CHIMICO: CATRAMI, ASFALTI, ISOLANTI, FUMI E POLVERI
13
STORIE DI INFORTUNIO: UNA “CULLA” PERICOLOSA
16
IL PESO MASSIMO SOLLEVABILE E IL GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA MANSIONE
Da: Cobas Pisa
http://www.cobaspisa.it/
28 maggio 2014
IL PESO MASSIMO SOLLEVABILE
Il D.Lgs.81/08 (nel seguito Decreto) non definisce un valore limite per il peso da sollevare, ma
rimanda a specifica valutazione del rischio per individuare il fattore di rischio nelle attività di
sollevamento. Tale valutazione deve essere condotta facendo riferimento a precise norme tecniche.
In particolare il Decreto individua nella famiglia delle norme ISO 11228 le norme tecniche di riferimento.
A tale proposito l’articolo 168, comma 2 del Decreto impone a datore di lavoro e dirigenti che
(obbligo sanzionabile):
“Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e
fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell’allegato XXXIII”.
Per quanto riguarda poi le norme tecniche da seguire nel processo di valutazione e riduzione
dei rischi da movimentazione manuale dei carichi, l’articolo 168, comma 3 stabilisce che:
“Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le finalità del presente articolo e del l’allegato XXXIII, ove applicabili”.
A sua volta l’allegato XXXIII specifica che:
“Le norme tecniche della serie ISO 11228 (parti 1-2-3) relative alle attività di movimentazione
manuale (sollevamento, trasporto, traino, spinta, movimentazione di carichi leggeri ad alta
frequenza) sono da considerarsi tra quelle previste all’articolo 168, comma 3”.
Nel caso di sollevamento di carichi pesanti si applica la norma ISO11228-1:2003 “Ergonomia –
movimentazione manuale – Parte 1: Sollevamento e trasporto”.
Tale norma non parla di una massa (o peso) massimo sollevabile, ma di una massa di riferimento, che è la massima massa sollevabile in condizioni ergonomiche ottimali, senza provocare un rischio per la salute del lavoratore. La massa (o peso) massimo sollevabile è in realtà minore perché subentrano considerazioni sulla mancanza di ergonomia delle operazioni di sollevamento.
In ogni caso la norma ISO11228-1:2003, definisce nell’allegato C una massa di riferimento con
una tabella che tiene conto della differenza di sesso.
In tale tabella la massa sollevabile, in condizioni ergonomiche ottimali, senza particolari controindicazioni dal 90-95% della popolazione lavorativa, risulta essere di 15 kg per le femmine
sane adulte e di 25 kg per i maschi sani adulti.
In maniera del tutto analoga viene definita un limite per la massa di riferimento pari a 15 kg
per le donne e pari a 25 kg per gli uomini da un’altra norma di riferimento, la UNI EN 10052:2009 “Sicurezza del macchinario – Prestazione fisica umana – Parte 2: Movimentazione manuale di macchinario e di parti componenti il macchinario”.
In conclusione si può ritenere che la massa (o il peso) massima sollevabile in condizioni ergonomiche ottimali, senza comportare rischio per la salute, sia di 15 kg per una donna adulta
senza patologie pregresse e di 25 kg per un uomo adulto senza patologie pregresse.
In condizioni ergonomiche disagevoli (braccia protese in avanti, torsione del busto, mani sopra
la testa) tale valore deve essere diminuito, secondo un algoritmo di calcolo specificato dalle
norme di riferimento.
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Tale valore deve essere specificato nel documento di valutazione del rischio dell’azienda, relativo alla movimentazione manuale dei carichi.
GIUDIZIO DI IDONEITA’ ALLA MANSIONE
Il medico competente, sulla base degli accertamenti eseguiti nell’ambito della sorveglianza sanitaria (visite mediche, radiografie, TAC, ecc.) deve esprimere un giudizio di idoneità, di idoneità con prescrizioni o limitazioni oppure di non idoneità alla mansione, ai sensi dell’articolo
41, comma 6 del D.Lgs.81/08, che stabilisce che:
“Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche [...], esprime uno dei
seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente”.
Ai sensi del comma 6-bis del medesimo articolo:
“Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio
giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro”.
Pertanto il giudizio del medico competente in generale e in particolare nel caso di non idoneità
totale o parziale, temporanea o permanente, deve essere espresso in maniera formale, mediante atto scritto e firmato dal medico competente e, per ricevuta, dal datore di lavoro e dal
lavoratore a cui è relativo il giudizio.
Il lavoratore può fare ricorso all’autorità competente (ASL) in merito al giudizio espresso dal
medico competente, come previsto dall’articolo 41, comma 9:
“Avverso i giudizi del medico competente, ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva, è
ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso”.
In caso di non idoneità del lavoratore alla mansione, sussiste per il datore di lavoro l’obbligo di
cui all’articolo 42 del D.Lgs.81/08 che impone che:
“Il datore di lavoro [...] in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure
indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.
Pertanto, sulla base del giudizio del medico competente e nel caso di non idoneità del lavorato re alla mansione specifica, il datore di lavoro deve adibire il lavoratore ad altra mansione per la
quale non sussistano i rischi per la salute relativamente ai quali il medico competente ha
espresso il suo giudizio.
In caso di demansionamento, a seguito di quanto disposto dal datore di lavoro in merito al giu dizio del medico competente, il lavoratore mantiene lo stesso inquadramento contributivo.
Tutto quanto sopra è però garantito al lavoratore soltanto “ove possibile” (vedi inciso dell’articolo 42 del D.Lgs.81/08).
Pertanto, ove non possibile, il datore di lavoro deve imporre al lavoratore le prescrizioni stabili te dal medico competente, anche se queste comportano una riduzione dell’orario di lavoro o,
nei casi estremi, il licenziamento per giusta causa (la sopravvenuta non idoneità alla mansione).
Come sopra detto, il lavoratore può fare ricorso alla ASL relativamente al giudizio di non ido neità stabilito dal medico competente e può fare ricorso al Giudice del lavoro (ma questo non è
previsto dal D.Lgs.81/08) in merito alla possibilità o meno di essere ricollocato in altra mansione priva di rischi per la propria salute.
Inoltre, se la patologia che determina la non idoneità alla mansione, deriva da situazioni di rischio relativi alla mansione stessa, il medico competente deve effettuare denuncia di malattia
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professionale, ai sensi dell’articolo 139, del Decreto 30 giugno 1965, n.1124 “Testo unico delle
disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”:
“E’ obbligatorio per ogni medico, che ne riconosca l’esistenza, la denuncia delle malattie professionali, che saranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto del Ministro per il lavo ro e la previdenza sociale di concerto con quello per la sanità, sentito il Consiglio superiore di
sanità.
La denuncia deve essere fatta all’ispettorato del lavoro competente per territorio, il quale ne
trasmette copia all’Ufficio del medico provinciale”.
A seguito delle modifiche introdotto dall’articolo 10, comma 3 del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n.38 “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali”, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n.
144″, attualmente:
“La trasmissione della copia della denuncia di cui all’articolo 139, comma 2, del testo unico e
successive modificazioni e integrazioni, è effettuata, oltre che alla Azienda Sanitaria Locale,
anche alla sede dell’istituto assicuratore competente per territorio”.
Se al lavoratore viene riconosciuta dall’INAIL la malattia professionale, a seguito di denuncia
del medico competente, egli ha diritto nei casi previsti dalla legge, al relativo trattamento previdenziale e/o al risarcimento dei danni subiti
Marco Spezia
Ingegnere e tecnico della sicurezza
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ISOCHIMICA AVELLINO E AMIANTO: LA STRAGE DIMENTICATA
Da Basta morte sul lavoro
http://bastamortesullavoro.blogspot.com/
martedì 3 giugno 2014
Quindici operai morti, almeno 150 malati e un intero quartiere a rischio avvelenamento. E’ il
tragico bilancio portato alla luce dall’inchiesta sull’Isochimica, l’azienda di Avellino dove negli
anni ‘80 i lavoratori erano assunti per rimuovere a mani nude la fibra killer dai treni. Perché oltre allo scandalo Eternit in Italia ci sono ancora centinaia di siti da bonificare e migliaia di persone che rischiano di essere contaminate
La fabbrica della morte è chiusa da quasi trent’anni, ma continua ad uccidere. Il killer fantasma
è nell’aria, ogni giorno gli abitanti di borgo Ferrovia, quartiere popolare di Avellino, respirano i
veleni che arrivano da quel mostro chiamato “Isochimica”, l’opificio dove negli anni ‘80 venivano scoibentate le carrozze ferroviarie, quasi tremila in sei anni. Si lavorava a mani nude, senza
mascherine, inconsapevoli dei pericoli. Almeno 20mila tonnellate di amianto sarebbero state
sotterrate nel piazzale della fabbrica, altre scorie sono state chiuse in cubi di cemento oppure
sistemate in sacchi neri e sversate nelle acque del fiume Sabato o addirittura nel mare della
costiera amalfitana. L’hanno rivelato gli ex operai ai magistrati. “Ma mentre tutto ciò accadeva
dov’erano i cittadini?”, si chiede il procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo,
che paragona l’Isochimica all’Eternit di Casale Monferrato, all’Ilva di Taranto a alla Thyssen
Krupp.
“Dovremo andare via da qui”, dice Gabriella Testa, alla guida del comitato di mamme di borgo
Ferrovia che si battono per la bonifica del sito. L’Arpac, l’agenzia regionale per l’ambiente della
Campania, ha accertato che ci sono 27 fibre di amianto per litro d’aria nella zona, stando alle
raccomandazioni dell’OMS non ce ne dovrebbe essere nemmeno una. Il biologo Carlo Caramelli, garante del Tribunale per i diritti del malato, ha chiesto al prefetto di far evacuare il rione.
“Perché Renzi non viene a visitare la scuola elementare che è a cento metri dalla fabbrica?”, ha
chiesto polemicamente Carlo Sibilia, l’avellinese arrivato in Parlamento con il Movimento 5
Stelle. C’è già stato lo screening sui bambini della scuola, il pediatra dell’Asl di Avellino, Felice
Nunziata, che ha guidato l’equipe per le analisi, ha ammesso: “Qui non farei vivere mio figlio,
la bonifica è urgente”.
Ma è ancora tutto fermo: il Comune non ha i soldi, la Regione prende tempo. Eppure il procu ratore Cantelmo, dopo aver messo sotto inchiesta il titolare dell’Isochimica, Elio Graziano, imprenditore protagonista negli anni ‘80 dello scandalo “lenzuola d’oro”, l’ex giunta comunale e
perfino il curatore fallimentare, ha cercato di imprimere un’accelerazione nominando custodi
giudiziari dell’impianto il sindaco, Paolo Foti, e il governatore regionale, Stefano Caldoro.
Dopo anni di omissioni e indifferenza almeno qualcosa si muove. Ma la svolta non c’è stata.
Resta il conto dei morti, una lunga scia di lutti e dolore: l’amianto ha già ucciso 15 ex operai ed
un lavoratore che con l’Isochimica non c’entrava nulla. Si chiamava Vittorio Esposito, lucidava i
pavimenti della stazione ferroviaria dove si scoibentavano le carrozze ferroviarie direttamente
sui binari evitando di portarle in fabbrica. Anche sua moglie, la vedova Rosetta Capobianco che
lavava le tute del marito impregnate di amianto, si è ammalata ai polmoni, ma continua a bat tersi per il risanamento del quartiere. E ora da qualche mese la Procura indaga su altri 23 decessi, nuovi casi sospetti tra ex operai, familiari e cittadini di cui sono state sequestrate cartelle
cliniche e certificati di morte.
Si fanno i conti. All’Isochimica lavoravano 333 operai, almeno 150 sono già risultati ammalati.
“Ormai ci sentiamo dei morti che camminano”, confessa Carlo Sessa, uno degli ex operai che
ha visto morire i compagni di lavoro: da tempo chiede inutilmente aiuto a tutti i partiti per la
battaglia del prepensionamento degli ex dipendenti della fabbrica dei veleni. Ma la politica è rimasta ancora indifferente. E il futuro fa paura. Mario Polverino, direttore del polo pneumologi co dell’ospedale “Scarlato” di Scafati, ha scoperto che gli 80 operai dell’Isochimica provenienti
dal Salernitano sono stati tutti contaminati dalle fibre killer. “Il picco delle malattie derivanti
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dall’amianto si avrà intorno al 2020, quindi tutti gli ex operai e i cittadini sono a rischio”, conferma Polverino che ha paragonato l’Isochimica alla miniera di crocidolite, l’amianto blu, di Wittenoom Gorge nel Western Australia dove a distanza di 45 anni dall’esposizione, le persone che
abitavano nei dintorni della cava continuavano ad ammalarsi e a morire fino a far diventare il
villaggio una città fantasma. Ma Borgo Ferrovia ora vuole vivere. Anche se la lotta contro i veleni non è ancora finita.
C’è un’altra morte sospetta legata alla fabbrica dei veleni su cui indaga la Procura di Avellino.
Lui si chiamava Vito Cotrufo: fu ucciso nel 1987 da un tumore ai polmoni, l’Isochimica era ancora in piena attività. Sarebbe stata chiusa solo due anni dopo dal pretore di Firenze, Beniamino Deidda che indagava sui morti delle grandi officine toscane dove le carrozze ferroviarie tor navano dalla fabbrica irpina, ripulite male dall’amianto.
Nelle carte della Procura di Avellino ci sono poi i nomi dei decessi più recenti: Umberto De Fa brizio, Vittorio Matarazzo, Luigi Maiello, Alberto Olivieri e altri dodici ex lavoratori Isochimica,
stroncati da malattie all’apparato respiratorio causate dall’amianto.
Parallela a queste si è consumata poi la tragedia di Pasquale Soricelli, che nel 2011 dopo aver
scoperto di essere affetto da una grave malattia per le fibre killer si tolse la vita. Una targa da
qualche anno ricorda il sacrificio di questi lavoratori davanti alla fabbrica.
Chissà se oggi il titolare dell’Isochimica, l’ormai 82enne Elio Graziano, che sconta da condannato ai domiciliari le sue pene nell’abitazione di contrada Scrofeta alla periferia di Avellino,
pensa mai al disastro che ha lasciato alle sue spalle. “Ho sempre solo fatto del bene”, ripete
ancora oggi al suo avvocato, il penalista Alberico Villani. Tornerà un uomo libero solo il 19 ottobre del 2017, quando finirà il conto delle sentenze che l’hanno colpito per corruzione e omicidio
colposo. Ma con lui la giustizia non ha ancora chiuso i conti.
Lo chiamavano “Papà Elio” perché lui, da presidente dell’Avellino ai tempi della serie A, elargiva con grande generosità, come un buon padre di famiglia, banconote da centomila lire a tifosi
e operai che lo acclamavano. Era un imprenditore rampante Graziano, che dopo l’Isochimica
aprì un altro stabilimento industriale a Fisciano (Salerno) per la produzione del detersivo
“Dyal”, marchio che sponsorizzava le magliette dell’Avellino. Anche nel piazzale di quella fabbrica sarebbe stato smaltito l’amianto.
Il patron arrivava allo stadio “Partenio” in elicottero prima delle partite e prometteva premi fa volosi ai calciatori. Da presidente portò l’Avellino guidato in panchina da Luis Vinicio a sfiorare
la qualificazione all’allora Coppa UEFA, lanciando campioni che avrebbero fatto le fortune della
Juventus come Tacconi, Favero e Vignola. L’anno dopo, nel campionato ‘87-’88, ci fu però la
retrocessione in B e l’esplosione dello scandalo delle “lenzuola d’oro”, storia di mazzette pagate
da Graziano ai vertici delle Ferrovie per le forniture di biancheria sui treni notturni. Vicenda che
costò la poltrona all’allora presidente delle FS Ludovico Ligato.
Per l’industriale iniziò così la parabola discendente che non è ancora finita. Perché c’è anche lui
tra i 24 iscritti nel registro degli indagati nell’inchiesta della Procura sulla morte di quanti sono
stati uccisi dall’amianto dell’Isochimica.
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CAMPAGNA EUROPEA SULLO STRESS LAVORO CORRELATO
Da Filcams CGIL Lombardia
http://www.rlsfilcams-lombardia.org/
In una fase di crisi, come quella che l’Italia sta attraversando dal 2008, in cui i lavoratori vedono quotidianamente messi in discussione i propri diritti, il proprio salario e spesso il proprio posto di lavoro parlare di stress lavoro correlato potrebbe sembrare un lusso, ma non è così.
Primo: perché ne va della nostra salute.
Secondo: perché non tutte le aziende sono in crisi e quindi avrebbero le risorse per gestire al
meglio il problema.
Quest'anno è l'anno della lotta contro lo stress lavoro correlato, c'è lo dice l'Europa!
La Commissione europea ha valutato che lo stress sul posto di lavoro frena l’economia europea
che perde una media di 240 miliardi di euro all’anno per i disagi psicologici dei lavoratori per
spese mediche e abbandono del posto di lavoro.
Per questo l’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro ha lanciato una campagna informativa sulla gestione dello stress lavoro correlato.
L’opuscolo informativo della campagna è scaricabile all’indirizzo:
http://www.rlsfilcamslombardia.org/app/download/5793156051/Gestione+dello+stress+e+dei+rischi+psicosociali+s
ul+lavoro.pdf?t=1401910279
Se la commissione europea non avesse, in questi anni, promosso e imposto ai paesi membri
politiche economiche restrittive forse oggi avremo lavoratori meno stressati per la paura di
perdere il posto di lavoro e disoccupati e cittadini meno stressati.
Perché se lo stress lavoro correlato è causa dell’impossibilità/incapacità del lavoratore di far
fronte alle esigenze del lavoro affidatogli.
Quanto è lo stress cui è sottoposto un lavoratore che rischia o perde il lavoro e non ha pro spettive per garantire a se e alla propria famiglia un futuro?
Ma come sempre noi facciamo quel che possiamo con quel poco che abbiamo, e una campagna
europea sullo stress e sempre meglio di due dita negli occhi.
L'Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul lavoro dedica un focus sulla tematica: lo
stress è la relazione della mente e del corpo a una situazione destabilizzante può causare:
 sovraffaticamento;
 ansia;
 depressione;
 ipertensione;
 insonnia;
 problemi di stomaco;
 mal di schiena.
Le




cause dello stress correlato all'attività lavorativa può essere collegato a molti fattori come:
eccessivo carico di lavoro e/o tempo insufficiente per le mansioni;
richieste contrastanti e assenza di chiarezza sui ruoli;
discrepanza tra le esigenze del lavoro e le competenze richieste;
mancanza di coinvolgimento nel processo decisionale.
I segnali di avvertimento di una possibile situazione di stress possono ricondursi a:
 cambiamenti emotivi;
 problemi cognitivi;
 cambiamenti comportamentali ;
 patologie fisiche e mentali.
Lo stress lavoro correlato è sopratutto un problema organizzativo che comporta diversi costi
anche all'azienda, con la relativa perdita di produttività, basti considerare al fatto che la riduzione di prestazioni dovuta a problemi psicosociali può costare il doppio di quella dovuta alle
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normali assenze, che lavorare costantemente sotto pressione può portare a un numero di infortuni cinque volte maggiori e che circa un quinto del turno verso del personale può essere
correlato allo stress sul lavoro.
E’ quindi di fondamentale importanza prevenire lo stress, sia per il costo sociale sia per il costo
d'impresa.
Ci sono diverse soluzioni possibili per eliminare o ridurre lo stress nel luogo di lavoro, ad esempio si può assicurare che i lavoratori abbiano abbastanza tempo e autonomia per gestire il proprio lavoro.
Chiarire ruoli e compiti, informare i lavoratori sui cambiamenti e coinvolgerli nel processo decisionale, attuare politiche preventive verso le molestie e la violenza, garantire una distribuzione
equa di lavoro e riconoscimenti e promuovere una comunicazione aperta.
Così facendo si potranno ottenere benefici:
 per i lavoratori: maggiore benessere e soddisfazione sul lavoro;
 per i dirigenti: una forza di lavoro più sana, motivata e produttiva;
 per i luoghi di lavoro: miglioramento delle prestazioni, riduzioni del tasso infortunistico e
minore assenteismo;
 per la società: riduzione dei costi e degli oneri dei servizi.
Far rispettare i diritti di salute e sicurezza non è facile, lo sappiamo, ma i RLS non sono soli!
Le porte della categoria sono sempre aperte, il sito per i RLS della Filcams Lombardia è sempre
aggiornato e per ogni esigenza ci si può rivolgere ai funzionari o ai RLST.
Per quanto riguarda lo stress lavoro correlato, nello specifico, la regione Lombardia ha dato
molto peso alla tematica quando ha stilato il piano regionale 2014-15.
Quindi in ultima istanza, qualora la propria azienda non abbia fatto una valutazione dello stress
lavoro correlato condivisa o non voglia rimettervi mano, ci si può rivolgere all’ASL di riferimento.
A settembre terremo un’iniziativa regionale per fornire ulteriori strumenti ai RLS e RSU della
Filcams su come intervenire per richiedere l’aggiornamento delle valutazioni fatte.
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ATTIVITA’ DI PULIZIA: I RISCHI IN GRAVIDANZA E PUERPERIO
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
27 maggio 2014
Indicazioni per una valutazione dei rischi in ottica di genere nel settore delle pulizie. I fattori di
rischio, gli effetti sulla salute e le soluzioni possibili. La pulizia dei pavimenti, delle superfici
orizzontali e verticali, delle cucine e dei bagni.
Continuiamo con la presentazione di alcuni documenti pubblicati sul sito dell’Azienda USL 3 Pistoia relativi alle problematiche correlate alla maternità e al lavoro in alcuni settori lavorativi
specifici.
Documenti che pur non recenti (in questo caso risalgono al 2009) contengono ancora utili in formazioni per migliorare l’efficacia delle valutazione dei rischi in ottica di genere.
Ci soffermiamo in particolare sui rischi relativi alle attività di pulizia.
Nella pubblicazione “La valutazione dei rischi per la salute in gravidanza e puerperio nel settore
delle pulizie”, realizzata dall’Azienda USL Viareggio in collaborazione con la Consigliera di Parità
della Provincia di Lucca, si ricorda innanzitutto che la normativa di tutela della maternità prevede che durante la gravidanza la donna possa continuare a lavorare solo in condizioni ambientali e professionali sicure.
E se la normativa vieta di esporre le lavoratrici durante la gravidanza e il puerperio ad alcuni
fattori di rischio, l’opuscolo permette al datore di lavoro, allo staff aziendale previsto dal
D.Lgs.81/08, di analizzare la situazione lavorativa della propria azienda e prendere i provvedimenti più idonei e le cautele necessarie per le lavoratrici.
Prima di affrontare alcune tipologie di attività di pulizia, il documento sottolinea che numerosi
studi pubblicati negli ultimi anni descrivono le patologie professionali o correlate al lavoro tra
gli addetti alle pulizie.
Ad esempio uno studio ambientale condotto da autori danesi riporta dati sulla elevata presenza
di composti organici volatili (Volatile Organic Compounds: VOC) negli ambienti in conseguenza
dell’utilizzo di prodotti di pulizia. Gli autori sottolineano come i prodotti per pulizia siano di diversi tipi e come gli effetti sulla salute da essi provocati siano correlati sia alla loro composizione sia alle loro modalità d’uso.
I prodotti utilizzati per le pulizie contengono sostanze che evaporano e sostanze che non evaporano, tra le prime, gli effetti tossicologici più importanti sono determinati dai VOC definiti
come sostanze con punti di ebollizione tra 0 e 400 gradi Centigradi.
E l’uso di prodotti per la pulizia determina un aumento temporaneo di VOC specialmente durante il processo di pulizia. Anche le particelle e lo sporco che si mettono in movimento durante le operazioni di pulizia contengono una grande varietà di sostanze non volatili e volatili, inclusi gli allergeni, tra quelle volatili sono presenti circa 200 differenti VOC.
Riguardo alle allergie molti studi descrivono un aumento di casi di asma tra gli addetti a questo
settore e riportano dati sulle dermatiti allergiche ed irritative e sul notevole numero di allergeni
per la cute presenti nei prodotti per pulizia.
Il documento cita altre ricerche che hanno evidenziato l’aumento di incidenza di patologia venosa nelle addette alle pulizie, l’aumento di ischemia miocardica ed infarti nelle donne addette
alle pulizie, l’aumento del rischio di ammalarsi di patologie muscolosheletriche.
Altri studi descrivono anche gli effetti sulla gravidanza in donne che lavorano in questo settore:
in particolare autori inglesi descrivono casi di bambini affetti da ipospadia quando le madri erano esposte a sostanze che interferiscono con il sistema endocrino (endocrine disrupting chemicals) e tra queste erano elencate anche le addette alle pulizie.
Autori francesi descrivono uno studio caso-controllo in bambini affetti da malformazioni congenite e riportano una correlazione tra palatoschisi ed esposizione materna ai solventi in madri
che nella maggioranza dei casi lavoravano nel settore delle pulizie.
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Uno studio australiano riporta invece la correlazione tra l’uso di prodotti di pulizia per i forni e
gli aborti spontanei nel primo trimestre.
Altri studi dimostra una correlazione tra lavori faticosi e parti prematuri in un gruppo di lavora trici delle quali molte sono addette alle pulizie o un aumento di rischio di aborto correlato al lavoro che richiede sforzi elevati e frequenti piegamenti.
Veniamo dunque alla prima tipologia di pulizia analizzata dal documento: la pulizia dei pavimenti (spazzamento e raccolta dello sporco, preparazione del detergente diluito in acqua nei
secchi, lavaggio dei pavimenti con mocio, spostamento di mobili o suppellettili, svuotamento
del secchio).
Questi i fattori di rischio riscontrati:
 chimici: inalazione di polveri, di allergeni e di prodotti per la pulizia. Contatto cutaneo con
detergenti;
 posturali: attività in stazione eretta prolungata con flessione protratta in avanti del rachide
e sollevamento di pesi;
 meccanici : è possibile la caduta per scivolamento.
Le soluzioni prospettate sono precise:
 durante la gravidanza: allontanamento da questo tipo di attività;
 durante il puerperio: allontanamento da questo tipo di attività.
Per ogni attività analizzata il documento si sofferma anche sulle sostanze chimiche utilizzabili
(nel caso dei pavimenti: polveri, allergeni, ammoniaca, ipoclorito di sodio,composti organici volatili) e sugli effetti sulla salute.
Le stesse soluzioni presentate (l’allontanamento dall’attività in caso sia di gravidanza che di
puerperio) valgono anche per:
 la pulizia dei bagni (pulizia dei sanitari, pulizia di superfici orizzontali e verticali): i fattori di
rischio sono chimici (inalazione e contatto cutaneo con polveri, vapori, aerosol di sostanze
caustiche, irritanti e sensibilizzanti) e posturali (prolungata stazione eretta, anteroflessione
protratta del rachide, movimenti ripetuti del polso);
 la pulizia delle cucine (lavaggio manuale di pentole e stoviglie di grosse dimensioni, pulizia
di forni e fornelli, pulizia di superfici orizzontali e verticali): i fattori di rischio sono chimici
(contatto cutaneo ed inalazione di vapori, polveri e aerosol di sostanze caustiche, irritanti e
sensibilizzanti) e posturali (stazione eretta prolungata ad arti superiori sollevati, movimenti
ripetuti del polso).
Ricordiamo, per concludere, che il documento si sofferma anche sulla pulizia delle superfici
orizzontali e verticali.
Il documento della Azienda USL di Viareggio “La valutazione dei rischi per la salute in gravi danza e puerperio nel settore delle pulizie” è scaricabile all’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140526_ASL_12_valutazione_rischi_pulizie_gravidanza.pdf
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LAVORI IN QUOTA E SULLE COPERTURE: LA SICUREZZA DEI PONTEGGI
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
28 maggio 2014
di Tiziano Menduto
Un intervento si sofferma sulla prevenzione dei rischi nei lavori in quota e sulle coperture. Fo cus sulla sicurezza dei ponteggi e delle opere provvisionali: classificazione, montaggio, autorizzazioni necessarie, progetti, marchi del fabbricante.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo alcuni materiali didattici realizzati dall’ingegner Di Bella
della Commissione formazione dell’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Palermo che possono favorire il miglioramento delle azioni di prevenzione in molti ambiti lavorativi. Questo primo contributo affronta il tema dei lavori in quota.
Il materiale didattico dal titolo “Lavori in quota e sulle coperture - Regione Sicilia Decreto 5
settembre 2012 – Sicurezza pratica e misure di sicurezza - DPI dispositivi di protezione indivi duale”, a cura dell’ingegner Francesco Di Bella, si sofferma sia sulla normativa nazionale, con
particolare riferimento al Titolo IV (Cantieri temporanei e mobili) del D.Lgs.81/08, sia sulla
normativa regionale e in particolare sul Decreto emanato dalla Regione Sicilia il 5 settembre
2012 “Norme sulle misure di prevenzione e protezione dai rischi di caduta dall’alto da predisporre negli edifici per l’esecuzione dei lavori di manutenzione sulle coperture in condizioni di
sicurezza”.
Tale Decreto ha l’obiettivo di dettare le norme per l’attuazione delle misure di prevenzione e
protezione da adottare nella progettazione e realizzazione di interventi per l’accesso, il transito
e l’esecuzione dei lavori di manutenzione sulle coperture in condizioni di sicurezza.
In relazione al corposo documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, ci soffermiamo
in particolare sulle informazioni e indicazioni relative ai ponteggi e alle opere provvisionali.
Si ricorda che nei lavori in quota devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stes si, adeguate impalcature o ponteggio o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte
ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose.
In base alla tipologia degli elementi caratteristici la classificazione del ponteggio può essere
fatta con riferimento a:
 impiego (ponteggio da costruzione o da manutenzione);
 tipo di materiale (legno o ferro);
 tipologia di costruzione (mobili, su cavalletti, a sbalzo, sospesi, fissi);
 tipologia degli elementi costruttivi (ponteggi a tubi e giunti e a telai prefabbricati).
L’autore sottolinea inoltre che queste sono le opere che causano il maggior numero di infortuni
sul lavoro mortali e le maggiori sanzioni dai controlli ispettivi.
Dopo aver riportato un prospetto relativo ai carichi sui piani di lavoro, anche con riferimento
alla Circolare 22831/91 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, il materiale didattico segnala che (articolo 123 del D.Lgs.81/08) il montaggio del ponteggio deve essere eseguito
sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.
In particolare riguardo ai ponteggi il personale addetto al montaggio, allo smontaggio e alla
trasformazione deve:
 essere specializzato per tali tipi di opere;
 essere nelle condizioni di salute idonee;
 essere a conoscenza delle norme di sicurezza che regolamentano la esecuzione delle opere
provvisionali;
-- 10 --

avere in dotazione i mezzi di protezione personali quali: cinture di sicurezza, casco , scarpe
antinfortunistiche.
Sia il preposto che i lavoratori devono poi aver ricevuto una formazione adeguata e mirata alle
operazioni previste.
Inoltre si ricorda che:
 sulle impalcature è vietato il deposito di materiali o attrezzature fatta eccezione per quelli
temporaneamente occorrenti ai lavori;
 lo spazio occupato dai materiali e dalle attrezzature non deve ostacolare i movimenti del
personale che vi opera;
 le opere provvisionali vanno conservate inalterate per l’intera durata del lavoro;
 non è consentito prelevare, anche se momentaneamente e per fabbisogni urgenti, parte del
materiale di cui sono costituite le opere provvisionali.
E il preposto deve verificare le condizioni di conservazione dei ponteggi:
periodicamente;
 dopo eventi meteorologici violenti;
 dopo lunghe interruzioni dei lavori.
E durante l’esecuzione e l’uso si dovrà verificare anche:
 la verticalità dei montanti;
 il serraggio dei giunti;
 l’efficienza degli ancoraggi.
Dopo aver ricordato i principali elementi costitutivi dei ponteggi, l’autore sottolinea che (Titolo
IV, D.Lgs.81/08) chiunque intende impiegare ponteggi metallici deve farsi rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione rilasciata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali. L’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l’adeguatezza del
ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico.
E unitamente alla autorizzazione Ministeriale il fabbricante deve fornire una relazione tecnica
completa dei seguenti elementi:
 calcolo del ponteggio secondo le varie condizioni di impiego;
 istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
 istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
 schemi-tipo di ponteggio con l’indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza
dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non sussiste l’obbligo del calcolo per
ogni singola applicazione.
Detto documento costituisce il “libretto” del ponteggio.
Il documento si sofferma anche sull’articolo 135 del D.Lgs.81/09: gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o a incisione, e comunque in modo visibile e indelebile il mar chio del fabbricante.
Si indica che il marchio deve essere unico per tutti i pezzi. Quando i marchi non sono più leggibili: se si vuole continuare ad utilizzarli, lo si potrà fare, purché venga stilata una relazione tecnica firmata, che attesti l’idoneità all’uso di tali elementi nel ponteggio.
Ricordando che il materiale riporta informazioni su diversi elementi per la prevenzione della cadute in quota, concludiamo con alcune indicazioni sul progetto specifico.
Il progetto deve essere fatto per i ponteggi:
 di altezza superiore a 20 m;
 realizzati secondo schemi diversi da schemi-tipo contemplati nel “libretto” e in altri casi.
Il progetto deve contenere:
 disegno esecutivo;
 relazione di calcolo.
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Il libretto deve essere tenuto ed esibito, a richiesta nei cantieri.
Il documento “Lavori in quota e sulle coperture - Regione Sicilia Decreto 5 settembre 2012 –
Sicurezza pratica e misure di sicurezza - DPI dispositivi di protezione individuale”, a cura dell’ingegner Francesco Di Bella della Commissione formazione dell’Ordine degli ingegneri di Palermo è scaricabile allì’indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/140527_DiBella_lavori_in_quota_coperture.pdf
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EDILIZIA E RISCHIO CHIMICO: CATRAMI, ASFALTI, ISOLANTI, FUMI E POLVERI
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
30 maggio 2014
Un pubblicazione dell’INAIL si sofferma sul rischio chimico nel comparto edile. Focus sui rischi e
sulla sicurezza nell’impiego di prodotti bituminosi, lana di vetro, lana di roccia, fumi di saldatura, polveri di legno e polveri inorganiche.
Con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza, nei lavoratori del comparto edile, dei rischi di
molte sostanze e prodotti chimici utilizzati, continuiamo a sfogliare il documento INAIL dal titolo “Il rischio chimico nel settore edile. Se lo conosci lo eviti”.
Il documento si sofferma su molti prodotti presentando gli effetti sulla salute, le principali misure di prevenzione e protezione e i DPI più idonei per la protezione dal rischio chimico.
Dopo aver parlato, in un precedente articolo, di cemento, fluidi disarmanti e prodotti per il trattamento di murature, legno, metalli e pavimenti, ci soffermiamo oggi su prodotti bituminosi,
isolanti, fumi di saldatura e polveri.
PRODOTTI BITUMINOSI
Il documento dell’INAIL fa riferimento ad asfalti, catrami, primer, vernici contenenti bitume,
membrane, guaine, impermeabilizzanti, riempitivi, ecc.
E indica che oltre alle caratteristiche specifiche di pericolosità dei prodotti stessi, nei lavori a
caldo (asfaltatura, impermeabilizzazione) possono svilupparsi sostanze sensibilizzanti, nocive,
tossiche, cancerogene.
Ad esempio tali prodotti possono:
 provocare dermatiti, tumori cutanei, danni all’apparato respiratorio, congiuntiviti;
 provocare ustioni.
Riportiamo le principali misure di prevenzione e protezione:
 utilizzare prodotti che non contengono idrocarburi policiclici aromatici (IPA);
 lavorare in luoghi ben areati o dotati di aspirazione;
 preferire se possibile, prodotti applicabili a freddo;
 riporre separatamente gli indumenti da lavoro e lavare a parte;
 non stoccare vicino a fonti di accensione;
 in caso di incendio o esplosione usare mezzi appropriati ( scheda di sicurezza);
 evitare l’inalazione, il contatto con pelle e occhi.
In particolare per operazioni di asfaltatura (cantiere di stesa):
 rispettare la segnaletica di sicurezza e quella stradale;
 nella fase di stesa utilizzare bitumi speciali e tecniche a minor temperatura (inferiori a
160°C);
 evitare il contatto con acqua o altri liquidi o sostanze ossidanti.
ISOLANTI (LANA DI VETRO E LANA DI ROCCIA)
Sono prodotti ampiamente impiegati come isolanti termici e acustici. E sono specialmente le
operazioni di taglio e le demolizioni di strutture che contengono tali isolanti a rappresentare situazioni di elevato rischio di esposizione.
Questi i possibili effetti sulla salute di questi prodotti:
 possono provocare irritazioni cutanee da contatto e irritazioni delle prime vie aeree;
 sospetta cancerogenicità.
Veniamo alle misure di prevenzione e protezione:
 lavorare in ambiente areato;
 per il taglio del prodotto utilizzare di preferenza attrezzature manuali (ad esempio taglierini, coltelli) evitando attrezzi ad elevata velocità di taglio non dotati di sistema di aspirazio-
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






ne;
per la pulizia è consigliato l’utilizzo di aspiratori;
evitare il contatto con acido fluoridrico (HF), acidi e basi forti e loro soluzioni acquose;
stoccare i prodotti al coperto con imballaggi integri;
riporre separatamente gli indumenti da lavoro e lavarli a parte;
evitare l’inalazione e il contatto con pelle ed occhi;
in caso di prurito o a seguito di contatto prolungato sciacquarsi con acqua fredda e sapone
e lavare gli indumenti;
in caso di contatto con gli occhi sciacquare abbondantemente con acqua.
FUMI DI SALDATURA
Il documento ricorda che tali fumi si sviluppano durante operazioni di saldatura ad arco elettrico o ossiacetilenica, nei lavori di tipo impiantistico o di carpenteria metallica. I fumi di saldatura contengono agenti chimici pericolosi, sia sottoforma di gas (ossidi di carbonio e di azoto,
ozono, ecc.), che di particelle (ossidi di vari metalli quali ferro, cromo, nichel). Le superfici di
saldatura verniciate, sporche di oli o altre sostanze, e gli acciai speciali rappresentano le situa zioni a maggiore rischio di esposizione.
Ad esempio i fumi di saldatura possono causare congiuntiviti, irritazione delle prime vie respiratorie e danni ai polmoni (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva).
Queste alcune misure di prevenzione e protezione idonee:
 isolare le lavorazioni che espongono ai fumi;
 lavorare in luoghi ben ventilati e non controvento;
 in ambienti chiusi utilizzare sistemi di aspirazione localizzata.
POLVERI
Nel comparto edile i lavoratori sono spesso esposti al contatto, all’inalazione di varie tipologie
di polveri:
 polveri di legno che si generano durante lavorazioni di carpenteria, posa in opera di infissi e
pavimenti, ecc. e che possono provocare asma, irritazione delle prime vie respiratorie, della
cute, degli occhi e delle mucose; senza dimenticare che le polveri di legno duro (ad esempio acero, olmo, betulla, castagno, faggio, frassino, platano americano, pioppo, ciliegio, salice, quercia, tiglio, noce hickory, ebano, teak, mogano africano, iroko) sono cancerogene e
provocano tumore ai seni nasali e paranasali; inoltre alte concentrazioni di polvere dispersa
in aria possono generare miscele esplosive;
 polveri inorganiche: sono polveri che si generano durante varie lavorazioni quali il caricamento delle betoniere, l’uso di strumenti vibranti sul calcestruzzo, la perforazione, la sabbiatura, i lavori di scavo, di sbancamento, di demolizione; in particolare l’esposizione a polveri minerali può provocare irritazioni delle mucose oculari e dell’apparato respiratorio e in
presenza di polveri silicotigene (che contengono silice libera cristallina, come quarzo presente in rocce, sabbie, graniti, ecc.) le prolungate esposizioni comportano gravi irritazioni
delle mucose oculari e dell’apparato respiratorio, nonché una progressiva e irreversibile riduzione della funzionalità respiratoria (silicosi) con rischio cancerogeno (cancro al polmone)
che aumenta per i fumatori.
Queste le misure di prevenzione e protezione:
 lavorare in ambiente ben areati;
 bagnare i materiali in lavorazione (soprattutto nelle demolizioni e nel taglio);
 usare utensili a bassa velocità e dotati di aspirazione;
 pulire accuratamente l’ambiente di lavoro evitando luoghi di accumulo, utilizzando sistemi
ad umido, non usare aria compressa;
 utilizzare sistemi aspirati per la pulizia dei luoghi e degli indumenti;
 nelle lavorazioni del legno eliminare le fonti di innesco quali fiamme libere, superfici calde,
scintille provenienti da operazioni di saldatura e taglio.
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CONCLUSIONI
Ricordiamo, per concludere, che il documento che vi invitiamo a visionare si sofferma anche
sulla specificità dei rischi delle lavorazioni in ambienti chiusi con sospetta presenza di gas (ad
esempio lavori in galleria, pozzi, fogne, cavedi, canali, serbatoi, vasche, ecc.), anche con riferimento a quanto prescritto dal D.P.R.177/11.
Inoltre si riportano misure di prevenzione correlate all’utilizzo di altri prodotti come idrocarburi,
oli minerali, grassi utilizzati per applicazioni varie quali ad esempio rifornimento, manutenzione, lubrificazione di macchine e apparecchiature.
Il documento dell’INAIL - Settore Ricerca, Certificazione e Verifica - Dipartimento Processi Organizzativi, “Il rischio chimico nel settore edile. Se lo conosci lo eviti” di Domenica Di Matteo,
Mauro Pellicci, Sara Stabile e con la collaborazione di Paolo Di Francesco è scaricabile all’indi rizzo:
http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/document/ucm_120424.
pdf
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STORIE DI INFORTUNIO: UNA “CULLA” PERICOLOSA
Da: PuntoSicuro
http://www.puntosicuro.it
03 giugno 2014
Un lavoratore è travolto da tre bobine mentre sta lavorando nei pressi di una linea di taglio
della lamiera: come è avvenuto l’incidente, le cause, i risultati delle inchieste e le indicazioni
per la prevenzione.
Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte
(DORS) raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché
è accaduto sia una condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
In questa storia, dal titolo “Una culla pericolosa” (a cura di Angela Griffa, Francesco Rustichelli
del Servizio PreSAL della ASL TO5), un lavoratore è stato travolto da tre coil di lamiera mentre
stava lavorando nei pressi di una linea di taglio della lamiera.
CHE COSA
Nel torinese un lavoratore è stato travolto da tre coil di lamiera (bobine con larghezza, altezza
e spessore variabili) mentre stava lavorando nei pressi di una linea di taglio della lamiera. A
nulla è valso l’intervento dei colleghi del reparto che hanno prontamente liberato il corpo; il lavoratore è deceduto dopo pochi istanti a causa dello schiacciamento del torace e degli arti inferiori.
CHI
Il lavoratore coinvolto, Giovanni di 31 anni, svolgeva la sua attività di “imballatore e legatore”
nel reparto di trasformazione e taglio lamiere.
DOVE E QUANDO
L’incidente è accaduto, nel gennaio 2011, nel primo pomeriggio, in un’azienda della provincia
di Torino dove si effettuano manipolazioni di metalli ferrosi per conto terzi e lavorazioni di la miere destinate all’industria automobilistica. Giovanni operava abitualmente con altri due lavoratori nella sezione terminale della linea di taglio longitudinale dei coil: uno si trovava al pulpito
di comando e l’altro seguiva con Giovanni la sezione terminale della linea.
DESCRIZIONE DELLA MACCHINA DOVE E’ ACCADUTO L’INFORTUNIO
Nella parte terminale della linea è presente un “aspo” paragonabile a un grosso rocchetto su
cui gradualmente si avvolge la lamiera prodotta dal laminatoio. Completato l’avvolgimento della lamiera sull’aspo, si ottiene una bobina che viene tagliata in senso verticale una o più volte
in modo da avere due o più bobine (coil) di larghezza inferiore.
Al di sotto dell’aspo è presente una struttura in metallo denominata “culla” costituita da una
parte centrale concava di forma simile appunto a una culla e destinata a ospitare temporanea mente i coil in lavorazione. La culla si può muovere sia verticalmente che orizzontalmente e ha
la funzione di trasferire le bobine dall’aspo a un’altra struttura denominata “giostra”.
La giostra è una struttura a forma di “T” costituita da due bracci orizzontali che ruotano attor no a un asse verticale ed è posizionata su una guidovia che permette alla giostra di traslare
avvicinandosi o allontanandosi dall’estremità dell’aspo.
I movimenti della giostra sono comandati da un pannello posto nelle vicinanze. L’operatore
preme il tasto di avvio sul pannello di comando e la “culla” si sposta prima verso l’alto e poi lateralmente, determinando l’estrazione dei coil dall’aspo. Segue poi la traslazione della giostra
e il conseguente caricamento delle bobine su uno dei suoi bracci.
Secondo le disposizioni aziendali, quando le bobine si trovano su uno dei due bracci della giostra, un operatore deve legare la bobina con reggette in metallo in modo da impedire che il
coil si srotoli. L’operatore deve inoltre tagliare con una cesoia eventuali spire interne fuoriuscite
dal bordo del coil.
COME
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Un collega di Giovanni si è accorto che alcune spire interne fuoriuscivano dal foro centrale di
tre coil estratti dall’aspo e depositati temporaneamente sulla culla e ha chiesto a Giovanni di
intervenire. Giovanni allora, si è avvicinato alla culla per tranciare le spire con un paio di cesoie
normalmente utilizzate per tagliare le reggette metalliche.
I tre coil si sono inclinati e si sono rovesciati schiacciando Giovanni contro l’aspo avvolgitore
che si trovava alle sue spalle. A nulla è servito il tentativo del collega di fermare i coil che, per
una sorta di effetto “domino”, sono caduti sul torace di Giovanni che è rimasto intrappolato fra
la testa dell’aspo e i coil in caduta.
Continuando a scivolare, i coil hanno trascinato a terra il corpo di Giovanni e lo hanno schiacciato contro la superficie della culla. I colleghi sono accorsi prontamente per liberarlo, ma Giovanni di lì a poco, dopo aver detto “non respiro non respiro”, è deceduto.
PERCHE’
Dalle indagini è emerso che Giovanni è intervenuto per tagliare le spire quando i coil non si
trovavano né sull’aspo né sulla giostra, ma erano depositati temporaneamente sulla culla.
Inoltre, si è rilevato che la conformazione della culla non era idonea a garantire la stabilità della tipologia di coil in lavorazione al momento dell’infortunio.
Infatti, i coil possono essere di diverse dimensioni: in questo caso erano alti e stretti (altezza
184 cm, larghezza circa 10 cm) e pertanto erano in condizioni precarie di stabilità.
Per questo motivo si sono sbilanciati e sono caduti travolgendo Giovanni che, per tagliare le
spire, era entrato in un’area pericolosa e non protetta da barriere in grado di delimitare l’accesso ai lavoratori.
COSA SI E’ APPRESO DALL’INCHIESTA
Il trasferimento dei coil dall’aspo alla culla non avveniva in condizioni di sicurezza perché le caratteristiche strutturali della culla e il rapporto dimensionale dei coil non ne garantivano la stabilità.
Inoltre, si doveva evitare l’accumulo di questa tipologia di coil sulla culla poiché le loro dimensioni li rendevano instabili.
Non erano presenti barriere di accesso alla zona della culla e l’eventuale taglio delle spire non
era effettuato in condizioni di sicurezza.
Infine, la culla, durante il suo movimento, lasciava scoperta una pericolosa fossa nel pavimento profonda circa un metro.
INDICAZIONI PER LA PREVENZIONE
La messa in sicurezza di queste lavorazioni comporta la modifica del profilo della culla, che
deve essere dotata di “spallette” e di dispositivi di blocco in grado di impedire il ribaltamento
dei coil.
Inoltre, deve essere regolamentato lo stoccaggio temporaneo dei coil sulla culla nei casi in cui
il rapporto dimensionale li renda potenzialmente instabili.
L’installazione di barriere fotosensibili intorno alla pericolosa “area di stoccaggio temporaneo”
permette di arrestare i movimenti della macchina qualora si renda necessario l’intervento dei
lavoratori. In particolare, l’eventuale taglio delle spire deve essere previsto dopo che i coil sono
stati trasferiti sulla giostra.
Devono altresì essere coperti tutti i varchi a pavimento che i movimenti della culla lasciavano
accessibili.
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