STAGIONE 2008-09 Martedì 5 maggio 2009 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Kit Armstrong pianoforte 20 Consiglieri di turno Direttore Artistico Maria Majno Carlo Sini Paolo Arcà Con il contributo di Con il contributo di Con la partecipazione di Sponsor istituzionali Con il patrocinio e il contributo di Con il patrocinio di È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala con qualsiasi apparecchio, anche cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione, durante gli applausi. Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si invita a: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Kit Armstrong pianoforte Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750) 15 Invenzioni a due voci BWV 772 - 786 Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791) Sonata in re maggiore KV 576 Intervallo Kit Armstrong (California 1992) Message in a cabbage Frédéric Chopin (Zelazowa Wola, Varsavia 1810 - Parigi 1849) Notturno n. 8 in re bemolle maggiore op. 27 n. 2 Achille-Claude Debussy (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918) dai Préludes, Livre I I. Lent et grave II. Modéré III. Animé Felix Mendelssohn (Amburgo 1809 - Lipsia 1847) Variations Sérieuses in re minore op. 54 Johann Sebastian Bach 15 Invenzioni a due voci BWV 772 - 786 Le 15 Invenzioni a due voci e le 15 Invenzioni a tre voci, pubblicate sotto il nome di Sinfonie, appartengono al novero delle musiche scritte da Bach a scopi didattici. Le Invenzioni, come la maggior parte della musica strumentale, risalgono al periodo di Cöthen, dove Bach aveva l’incarico di dirigere la musica di corte del principe Leopoldo di Anhalt-Cöthen. Malgrado la notevole quantità di musica strumentale scritta e copiata in questi anni, tra il 1717 e il 1723, Bach trovò il tempo e le energie per mantenere viva anche la tradizione di comporre dei lavori destinati agli allievi, che formavano la loro educazione all’espressione e all’interpretazione in primo luogo sulla conoscenza degli strumenti a tastiera. Per un allievo in particolare Bach profuse la parte migliore della sua fantasia didattica, il primogenito Wilhelm Friedrich. Il giovane, destinato a seguire la carriera musicale del padre, poteva contare su strumenti didattici fuori dal comune, come il Clavierbüchlein, alla lettera “libretto per la tastiera”, un lavoro nel quale sono raccolte alcune delle musiche divenute nei secoli successivi i pilastri di ogni educazione musicale, come il Libro I del Clavicembalo ben temperato e appunto le 15 Invenzioni a due e tre voci. Il manoscritto più antico, oggi conservato nella biblioteca della Yale University a New Haven, reca la data del 1720. I fini didattici della raccolta vennero espressi chiaramente da Bach nella prefazione di uno degli autografi successivi, che recita: «un metodo chiaro per arrivare a suonare propriamente a due voci, poi, dopo aver progredito, a eseguire correttamente tre parti obbligate...». Le Invenzioni sono organizzate secondo il principio canonico del circolo delle tonalità, alternate tra maggiori e minori, evitando tuttavia quelle più difficili e meno usate nel temperamento equabile. La scrittura di Bach sfrutta con magistrale abilità tutte le procedure tecniche del linguaggio contrappuntistico, come la fuga, il canone, l’imitazione. Allo stesso tempo le Invenzioni a due voci, benché più limitate nei mezzi, rivelano un ampio ventaglio di forme espressive, passando da un carattere all’altro con inesauribile fantasia. Il principio monotematico regna un po’ su tutta la raccolta, a partire ovviamente dalla Invenzione I in do maggiore, costruita su un motivo onnipresente, in forma regolare o invertita, suonato dalla mano destra. L’unica forma bipartita presente nella raccolta è l’Invenzione VI in mi maggiore, una superba oasi lirica che unisce in un’elegante combinazione delle due mani la scrittura diatonica e quella cromatica. Il mordente, elemento specifico di questa Invenzione, viene ripreso anche nell’Invenzione VII in mi minore, ma innestato in una scrittura di carattere espressivo completamente differente. Un’altra coppia interessante è formata dalle Invenzioni X e XI, rispettivamente in sol maggiore e sol minore, che presentano due tipi di fuga differenti. La prima è fortemente tematica, con il controsoggetto derivato dal tema della fuga, mentre la seconda, una doppia fuga in miniatura, contrappone in maniera emotiva i due soggetti. Questi scarsi appunti analitici sono sufficienti per mostrare la ricchezza della fantasia di Bach, anche quando si applica a una musica destinata all’educazione di un allievo e non alla sala da concerto. Wolfgang Amadeus Mozart Sonata in re maggiore KV 576 Allegro Adagio Allegretto La Sonata in re maggiore KV 576 rappresenta l’ultimo lavoro di Mozart in questo genere di musica strumentale. La Sonata risale all’estate del 1788 e probabilmente fu scritta da Mozart per uno scopo didattico. L’autografo non esiste più e la fonte più antica consiste nella prima edizione a stampa, pubblicata dopo la scomparsa del musicista. Ci sono buone ragioni per ritenere che l’edizione delle ultime Sonate di Mozart non sia stata molto accurata. Tuttavia non rimangono fonti più attendibili, di conseguenza la conoscenza degli ultimi lavori importanti di Mozart per la tastiera si basa su un materiale che potrebbe corrispondere solo in parte ai desideri dell’autore. L’“Allegro” iniziale presenta una forma particolarmente asciutta e disegnata con spirito estremamente razionale. Il tema principale viene immediatamente formulato con un movimento parallelo delle due mani in ottava e si articola in due semifrasi perfettamente simmetriche, chiuse da un’elegante appoggiatura che interrompe il moto regolare del ritmo di 6/8. La ripetizione del tema propone subito però una variante ingegnosa, con l’arpeggio di re maggiore sfasato tra mano sinistra e mano destra, liberando lo spazio per una veloce decorazione aerea. L’esposizione procede con un linguaggio semplice e privo di eccessive difficoltà tecniche, con una chiara definizione del rapporto tra la tonalità principale di re maggiore e quella contrastante di la maggiore (dominante). Il carattere scolastico della Sonata si manifesta anche nella limitata sezione centrale di sviluppo, che elabora soprattutto il tema principale aggiungendo un pizzico di stile cromatico. La ripresa viene arricchita con una piccola imitazione tra le due mani, che poteva risultare gradevole per un pianista inesperto senza metterlo in imbarazzo tecnicamente. L’“Adagio”, pur nella medesima semplicità, esprime una melanconia più vicina alla sensibilità profonda del cuore di Mozart. Il tessuto della scrittura mostra una trama più fitta, condotta dall’inizio alla fine a tre voci e incline a imitare la densità di suono di un quartetto d’archi. La forma è elementare, basata su due idee variate con molta libertà e una breve coda conclusiva. Non c’è niente di drammatico in questo meditativo notturno, così come in tutto il resto della Sonata. I conflitti delle passioni sono molto lontani da questo mondo di purezza e di ricordi infantili. L’“Allegretto” conclusivo sembra la memoria di giochi musicali perduti nel tempo. L’appoggiatura sensuale contraddice infatti la presunta ingenuità del tema, che non genera soltanto un divertimento da fanciulli. La frase in fortissimo che segue esprime gioia con la forza e la pienezza di un animo adulto. I due elementi si fondono in un nuovo tema, che produce un episodio di linguaggio contrappuntistico molto interessante, ricco di sfumature armoniche e ritmiche. Qui vediamo il vero Mozart, capace di rivelare i pensieri segreti della sua fantasia musicale anche in una scrittura accessibile a persone non del mestiere. Kit Armstrong Message in a cabbage Tra le molteplici doti intellettuali di Kit Armstrong spicca anche il talento per la composizione. L’elenco dei suoi lavori inizia con un breve pezzo per pianoforte, Chicken Sonata, che risale al 1998, quando il piccolo musicista aveva poco più di sei anni. Un lavoro scritto a un’età così incredibilmente precoce potrebbe destare qualche sospetto, ma chiunque ha la possibilità di farsi un’opinione personale in merito ascoltando l’esecuzione del pianista su YouTube. Nel tempo Kit Armstrong ha affinato i mezzi tecnici del suo linguaggio musicale, scrivendo un cospicuo numero di lavori di vario genere, dalla sinfonia Celebration (2000) al quartetto d’archi Birds by the Pond (2004). Il pianoforte tuttavia rimane il cuore del suo linguaggio espressivo, come dimostra il fatto che Armstrong non ha mai rinunciato a scrivere per il proprio strumento. Message in a Cabbage rappresenta uno dei frutti più recenti della sua produzione, scritto lo scorso anno e penultimo titolo del suo catalogo. La scrittura di Armstrong rivela un mestiere ormai acquisito e solido, suggellato dai numerosi riconoscimenti che importanti istituzioni hanno conferito al giovane musicista, dai cinque Morton Gould Young Composer Award consecutivi alla prestigiosa Charlotte V. Bergen Scholarship. Per il pubblico italiano sarà l’occasione di ascoltare per la prima volta un lavoro di questo nuovo autore. Frédéric Chopin Notturno n. 8 in re bemolle maggiore op. 27 n. 2 I due Notturni dell’op. 27 risalgono ai primi anni parigini e vennero pubblicati simultaneamente da vari editori europei nel 1835. Il lavoro reca la dedica alla contessa d’Appony, moglie dell’ambasciatore austriaco a Parigi, il cui salon musicale veniva spesso onorato dalla presenza di Chopin. Il secondo dei due Notturni, nella brumosa tonalità di re bemolle maggiore, sembra esaltare il gusto belcantistico per la melodia ornata, che si sviluppa sopra una dolcissima armonia di arpe eolie con il ritmo di una barcarola. La forma è semplicissima, costituita dalla ripetizione per tre volte del tema delicato esposto all’inizio. La melodia ha un respiro molto ampio, grazie alla fisionomia dilatata degli intervalli, che volano da una parte all’altra della tastiera. Ogni ripetizione è variata con ornamenti di carattere differente, di volta in volta lirico o drammatico. Nei Notturni di Chopin, che trasforma in maniera radicale un genere di musica per tastiera ereditato dal primo Ottocento neoclassico, l’elemento decorativo diviene un mezzo espressivo autonomo, grazie a una scrittura completamente originale e innovativa. Chopin reinventa nel proprio mondo poetico lo stile del belcanto dell’opera italiana, diffuso a Parigi negli anni Trenta dai melodrammi di Bellini e Donizetti. Le fioriture non servono soltanto a decorare una linea di canto di grande semplicità, ma rappresentano anche un mezzo per esprimere il senso di libertà interiore e di abbandono romantico al flusso del tempo e dei pensieri. Achille-Claude Debussy dai Préludes, Livre I I. Lent et grave II. Modéré III. Animé Il Libro I dei Préludes vide la luce in un tempo incredibilmente rapido, per i ritmi di lavoro di Debussy. I dodici pezzi della raccolta furono scritti tra il dicembre 1909 e il febbraio dell’anno successivo. Non sembra che Debussy abbia concepito la serie di preludi come un ciclo unitario, dal momento che li ha presentati sparsi a gruppi in varie occasioni, benché l’editore Durand abbia pubblicato la raccolta integrale nel 1910. Nel loro insieme tuttavia questi pezzi costituiscono il frutto più maturo del pianoforte di Debussy e incarnano in maniera perfetta il senso poetico di attesa, di presentimento, tipico della sua arte migliore. Il carattere sottilmente elusivo di queste musiche è affidato a delle brevi frasi, quasi dei frammenti poetici, che Debussy ha posto tra parentesi alla fine di ciascun preludio. Non si tratta di titoli, bensì di allusioni e di brevi immagini suggerite a commento della musica. Il primo, indicato Lent et grave, reca in calce la definizione Danseuses de Delphes. È una sorta di lenta sarabanda, ondeggiante tra il metro di 3/4 e di 4/4, saldamente ancorata alla tonalità di si bemolle maggiore. L’andamento solenne sembra ispirato al movimento di un gruppo di figure presenti in un frammento scultoreo del tempio di Delfi, visto al Louvre. Il secondo, Modéré, ha un carattere più astratto e disincarnato, in armonia con la suggestione che Debussy ha voluto suggerire a commento, Voiles. Le vele biancheggianti sull’orlo dell’orizzonte evocano ovviamente il sentimento di una lontananza, di un’assenza priva di nome, non certo l’immagine da cartolina di una spiaggia inondata di luce. La mancanza di un centro tonale della scala esatonica, esposta interamente già nella breve figura iniziale, esprime il senso di vuoto, d’incertezza di questa marina lontana e misteriosa. L’ultimo preludio, infine, il n. 3, reca la didascalia Le vent dans la plaine. Le parole sono tratte da una poesia di Verlaine (Le vent dans la plaine / suspend son helaine), che Dubussy ha sentito come un brivido fresco e leggero. Il tema è affidato al basso, mentre la mano destra scivola del tutto inespressiva sulla tastiera. La totale oggettività delle cose e dei suoni rappresenta forse l’aspetto più inquietante di questo preludio. Anche quando la musica esplode in poderosi accordi, come nella parte centrale, la natura intravista da Debussy sembra totalmente priva di sentimento drammatico, esprimendo la pura forza di un fenomeno totalmente separato dalla dimensione umana. Felix Mendelssohn Variations Sérieuses in re minore op. 54 Felix Mendelssohn si affermò precocemente sulla scena musicale internazionale come pianista. I musicisti della sua generazione ambivano in maniera un po’ romanzesca a diventare dei virtuosi della tastiera, conquistando con la loro bravura il pubblico delle capitali del mondo. Liszt incarnava l’emblema di quella schiera di musicisti romantici, alla quale appartenevano anche coloro che abban- donarono ben presto la vita nomade del virtuoso, come Chopin, o che aspirarono invano a quel successo, come Schumann. Mendelssohn rappresentava un caso speciale. Dal punto di vista artistico, aveva tutte le carte in regola per intraprendere la carriera del virtuoso, ma le sue origini sociali, radicate nella grande borghesia ebraica tedesca, gli impedivano di dedicarsi interamente a quel genere di vita. La professione musicale, invano contrastata dal padre, doveva assumere un carattere degno della posizione occupata dalla famiglia nella società, una responsabilità avvertita da Mendelssohn con intima convinzione. Per questi motivi la sua carriera si era sviluppata fin dagli inizi in molteplici direzioni, benché il pianoforte rimanesse il centro di gravità della sua produzione. Esistono innumerevoli testimonianze della qualità delle superbe interpretazioni di Mendelssohn, ma forse nessun documento rispecchia il carattere eccezionale del suo pianismo con altrettanta chiarezza come le Variations Sérieuses in re minore. Scritte nel 1841, al culmine del successo come interprete, le Variazioni vennero pubblicate a Vienna nel 1842 in un album destinato a finanziare il progetto di erigere un monumento a Beethoven. Mendelssohn rivela in questo lavoro il carattere storicista della sua visione musicale, scrivendo un lavoro che intende ricollegarsi ai due maggiori esempi di questa forma musicale, le Variazioni Goldberg di Bach da una parte e le Variazioni Diabelli di Beethoven dall’altra. Il carattere “serioso” consiste forse nella volontà di riallacciarsi all’ideale classico della variazione, che trasforma il tema mantenendo intatta l’identità del suo profilo musicale. Il fascino inconsueto di questo tema, esposto a parti strette con un linguaggio polifonico, passa attraverso le più complesse e articolate elaborazioni tecniche, senza perdere mai il carattere espressivo conferito alla melodia dall’appoggiatura e dallo stile cromatico. La scrittura pianistica sfrutta nella maniera migliore, nel corso delle 17 variazioni successive, il bagaglio tecnico del virtuosismo agile ed elegante di Mendelssohn. La Variazione IV, per esempio, rappresenta una sorta di scherzo fantastico, in forma di un doppio canone intrecciato tra le due mani. Ci sono anche gesti di tipo spettacolare, come per esempio nella Variazione VI in eco, con le mani che vanno a cercare alternativamente le zone più gravi e acute della tastiera. L’unica variazione in maggiore è l’Adagio della Variazione XIV, un momento di meditazione religiosa non privo di qualche accento di dolore. Le Variations Sérieuses rivelano in maniera perfetta la tensione tra antico e moderno del ramo più riflessivo e aristocratico della generazione romantica, incarnato nello spirito neoclassico del fondatore del Conservatorio di Lipsia e nel fervore apostolico della cerchia di Schumann. Non a caso il lavoro di Mendelssohn fu interpretato per la prima volta da Clara Schumann, che rimase fedele a questa musica per tutto il resto della sua carriera. Oreste Bossini KIT ARMSTRONG pianoforte Kit Armstrong è nato in California nel 1992. Pianista e compositore, è inoltre particolarmente dotato per la matematica, le scienze e le lingue (parla inglese, cinese, taiwanese, russo, francese e latino). A cinque anni ha iniziato a studiare seriamente composizione e pianoforte. A sette anni è stato ammesso alla Chapman University in California dove ha studiato storia frequentando allo stesso tempo la scuola superiore. Due anni dopo è diventato studente universitario a tempo pieno di musica e scienze. Attualmente frequenta la Royal Academy of Music e l’Imperial College di Londra e studia con Alfred Brendel. Ancora studente ha dato numerosi recital: alla Carnegie Hall per l’anniversario di Steinway & Sons e al Classical Music Luncheon del 44th Annual Grammy Award. Dopo il debutto in concerto a otto anni, si è esibito come solista con numerose orchestre; nel 2005 ha eseguito il Concerto per pianoforte n. 1 di Beethoven diretto da Sir Charles Mackerras. Ha in programma concerti con la BBC Symphony Orchestra e la Baltimore Symphony Orchestra. Il suo repertorio è molto ampio e comprende i 24 Preludi e Fughe del Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach, tutte le 18 Sonate di Mozart, le 13 Sonate di Beethoven oltre a Haydn, Schubert, Chopin, Schumann, Liszt, Brahms, Debussy e Ravel. Come compositore ha scritto opere di vario genere: brani per pianoforte solo, una sonata per viola sola, tre quartetti per archi, un quartetto con pianoforte, due quintetti con pianoforte, un quintetto per fiati, un concerto per pianoforte e una sinfonia, Celebration, composta a sette anni ed eseguita per la prima volta dalla Pacific Symphony Orchestra. Vincitore di numerosi concorsi nazionali, ha vinto per quattro anni consecutivi il concorso “Morton Gould Young Composer”. È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimi concerti: martedì 12 maggio 2009, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Miklós Perényi violoncello András Schiff pianoforte Due vecchi amici, prima ancora che due formidabili solisti, si ritrovano per suonare assieme le musiche essenziali del repertorio per violoncello e pianoforte. Bach, che agli inizi del Settecento ha scritto le Suites per violoncello solo, rappresenta il punto di raccordo tra il mondo antico della viola da gamba e quello moderno del violoncello. La strada aperta da Bach porta il nuovo strumento a incontrare lo stile rivoluzionario di Beethoven, che trasforma in maniera definitiva la scrittura della sonata per violoncello. La pesante eredità di Beethoven viene accettata da Brahms, che nella seconda metà dell’Ottocento riesce a trovare nuovi stimoli per ravvivare il dialogo tra i due strumenti, con due splendide Sonate di carattere completamente diverso. Programma (Discografia minima) J.S. Bach Sonate nn. 1, 2 e 3 BWV 1027-1029 (Casals / Baumgartner, Sony Classical) J. Brahms Sonata n. 1 in mi minore op. 38 (Starker / Sebok, Philips) L. van Beethoven Sonata n. 3 in la maggiore op. 69 (Perényi / Schiff, Ecm) martedì 19 maggio 2009, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Haydn Ensemble Berlin Hans-Jörg Schellenberger direttore Iwona Sobotka, Mijke Sekhuis, Aleksander Kunach, Leif Arun-Solén, Dominik Wörner solisti Haydn – L’infedeltà delusa Società del Quartetto di Milano via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it e-mail: [email protected] STAGIONE DI CONCERTI 2009-2010 Lunedì 11 maggio alle ore 11 a Casa Verdi, piazza Buonarroti 29, Antonio Magnocavallo Presidente e Paolo Arcà Direttore artistico presenteranno la Stagione di Concerti 2009-2010. Saranno presenti Massimo Zanello Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, Massimiliano Finazzer Flory Assessore alla Cultura del Comune di Milano e Carlo Sini Docente di filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Milano. Per informazioni si prega di rivolgersi alla segreteria della Società (tel. 02.795.393, e-mail: [email protected]).