PROPOSTE CIIP PER UNA EFFICACE ATTUAZIONE DELLA DELEGA DI CUI ALL'ART. 1, COMMI 5 E 6, DELLA
LEGGE N. 183/2014
IN MATERIA DI RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DEL SISTEMA SANZIONATORIO
E DI ALTRI ASPETTI DELLA DISCIPLINA DI IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO
(Documento preparato da
Claudio Venturato in collaborazione con Lorenzo Fantini, Laura Bodini, Norberto Canciani, Francesco Origlia, Franco
Ottenga)
1. Introduzione e premesse
La semplificazione è diventato un obiettivo centrale degli organi istituzionali e politici europei e nazionali,
considerata essenziale per garantire al cittadino e alle imprese un percorso di riduzione di oneri
amministrativi che rappresentano un costo economico, umano e sociale oramai insostenibile e che non
hanno una qualsiasi giustificazione.
E' bene ricordare che per semplificazione degli adempimenti non deve certo intendersi una
deregolamentazione priva di criteri o una de-legiferazione di obblighi non precisamente formali; nello stesso
modo, ad esempio, la semplificazione non può essere conseguenza dell'identificazione del livello di rischio
con il numero di addetti (per la quale ad un basso numero di addetti corrisponde un livello basso di rischio),
né può essere figlia di un'opinione quanto meno superficiale della “burocratizzazione” della pubblica
amministrazione e dei suoi innumerevoli uffici.
Al contrario, semplificazione degli adempimenti significa riduzione dei tempi e riduzione dei costi, un
contributo alla trasparenza e al contrasto della corruzione, generata talora da percorsi farraginosi di
autorizzazioni, in cui ogni passaggio è segnato da ostacoli burocratici.
In questa direzione si individuano alcuni punti strategici che si fondano su innovazione
tecnologica/informatizzazione, organizzativa e normativa, su cui applicare criteri di valutazione degli
adempimenti che si intendono semplificare o abrogare, quali: l’efficacia preventiva, l’efficacia di salute, la
sovrapposizione di norme con il medesimo obiettivo, la validità rispetto alle normative sopraggiunte, la
complicazione della filiera certificativa per un singolo procedimento autorizzativo.
Su questa base si intendono definire i macro capitoli su cui orientare la nostra analisi, con particolare
attenzione alle normative che riguardano la tutela della salute negli ambienti di lavoro:
1. cittadinanza digitale: diritto del cittadino-impresa ad avere la disponibilità di servizi on line. Quindi
l’impegno nell’offrire sempre maggiori possibilità di accedere a servizi in primo luogo in forma digitale.
Alla dematerializzazione e informatizzazione nelle attività di prevenzione si associa la riorganizzazione
dei flussi informativi che coinvolgono le istituzioni (acquisizione, protocollo, registrazione, trattamento
e archiviazione delle informazioni) e la creazione di un sistema di trasmissione telematica obbligatoria
su piattaforma web con accesso condiviso tra pubbliche amministrazioni, cittadini, imprese,
professionisti. È già obbligatoria ad oggi la trasmissione telematica annuale dei dati sanitari aggregati
da parte dei medici competenti (prevista dall'art. 40 del d. lgs. n. 81/2008), con possibilità di accesso da
parte delle ASL, che già da oltre dieci anni dispongono (attraverso i Flussi Informativi INAIL-Regioni) di
informazioni su aziende, infortuni e malattie professionali contenute negli archivi INAIL. Il campo di
possibile ampliamento dell'applicazione comprende:
a. la notifica preliminare dei cantieri prevista dall'art.99 d. lgs. n. 81/2008 (oggi già attiva in alcune
regioni);
b. la notifica dei piani di lavoro per le bonifiche di materiali contenenti amianto prevista dagli
articoli 250 e 256 del d. lgs. n. 81/2008;
c. la relazione annuale dovuta dalle imprese di bonifica amianto prevista dall'art. 9 della l. n.
257/1992;
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d. la notifica di nuovi insediamenti e ampliamenti di attività produttive alla ASL tramite il SUAP,
per la quale è già stato realizzato (Decreto aprile 2014) il modello standardizzato, per il quale
deve solo essere resa obbligatoria la trasmissione telematica;
e. la denuncia sanitaria di malattia professionale (art. 139 d.p.r. n. 1124/65) e il referto (art. 365
c.p.) all’ASL di competenza;
f. trasmissione alle ASL da parte dell'INAIL degli infortuni mortali e di quelli con prognosi
superiore ai 30 giorni (prevista a partire dal 1 gennaio 2014 dal “Decreto del fare” e non ancora
attiva);
g. attivazione delle parti ancora mancanti del SINP e loro integrazione nell’ambito di un
progressivo sviluppo del sistema ( tra le informazioni già disponibili in sede INAIL: i nominativi
degli RLS, i dati dei registri esposti ed ex-esposti a cancerogeni, amianto, etc).
2. LE DELEGHE CONFERITE AL GOVERNO DALLA LEGGE-DELEGA N. 183/2014 IN MATERIA DI SICUREZZA
DEL LAVORO
La legge n. 183/2014 (c.d. Jobs Act), tra le numerose deleghe conferite al Governo, che configurano una
profonda riforma dell'assetto normativo del rapporto di lavoro e delle politiche pubbliche in materia di
lavoro, al comma 5 investe la "materia di igiene e sicurezza sul lavoro".
Finalità generali dell'intervento delegato sono gli "obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle
procedure", che trovano poi specificazione nei principi e criteri direttivi recati dal successivo comma 6.
Tra questi, il principale (non certo l'unico) che, pur nella sua formulazione generale (quindi estesa anche
all'altra materia, quella della costituzione e gestione del rapporto di lavoro), investe in pratica soprattutto
la materia della sicurezza lavorativa, è quello della lettera f) che recita: "revisione del regime delle
sanzioni, tenendo conto dell'eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l'immediata
eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché la valorizzazione degli istituti di tipo premiale".
La materia della sicurezza del lavoro è comunque sicuramente interessata anche da altri principi e criteri
di delega, in particolare un gruppo abbastanza omogeneo di criteri si trova alle lettere c), d) ed e):
c) unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi e obbligo delle
stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;
d) introduzione del divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in
possesso;
e) rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della
tenuta di documenti cartacei.
Nel dare seguito alle predette indicazioni, i decreti legislativi di attuazione dovranno ovviamente tenere
conto delle semplificazioni già introdotte con il "decreto del fare" (d.l. n. 69/2013), cercando di
raggiungere un assetto più organico e generale.
Un impatto sulla materia della sicurezza del lavoro potrebbero poi avere anche interventi che investono
principalmente l'altra materia, cioè quelli previsti alla lettera i), concernente il libretto formativo del
cittadino, se, come auspicabile, anche la formazione obbligatoria ricevuta dal lavoratore (cittadino o non
cittadino) in funzione prevenzionistica in relazione ai rischi lavorativi dovrà essere registrata nel libretto, e
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alla lettera l) (promozione del principio di legalità, priorità delle politiche volte a prevenire e scoraggiare il
lavoro sommerso e ispezioni del lavoro efficaci).
3. ATTUAZIONE DELLA DELEGA SUL REGIME DELLE SANZIONI
Come sopra richiamato, la revisione del regime delle sanzioni dovrà tendere a "favorire l'immediata
eliminazione degli effetti della condotta illecita" ed inoltre a favorire "la valorizzazione degli istituti di tipo
premiale".
La prima di queste due finalità sembra escludere dalla revisione sia le fattispecie di delitto riguardanti
eventi di danno, dato che in questo caso è in generale impossibile eliminare gli effetti che si sono già
prodotti, sia quelle riguardanti eventi di pericolo particolarmente gravi, come la condotta dolosa
sanzionata dall'art. 437 c.p., perché in questo caso è difficile ipotizzare una collaborazione dell'autore dei
reati nell'eliminazione degli effetti di pericolo, la cui possibilità di rimozione va di pari passo con la
punizione dell'autore.
D'altra parte la locuzione "tenendo conto dell'eventuale natura formale della violazione" sembra a prima
vista limitare notevolmente l'ambito applicativo della revisione. Ma occorre dire che la locuzione non
risulta chiarissima e va pertanto interpretata.
In primo luogo, sembra difficile individuare, nell'ordinamento sulla sicurezza del lavoro, violazioni
soltanto formali, se non forse l'adempimento di obblighi di conservazione e di trasmissione di documenti,
ma non certo quello di formazione a monte dei medesimi documenti, che appare sostanziale e centrale in
tutto il sistema. In secondo luogo, se quelle sono le violazioni "formali" considerate, scarso significato
rivestirebbe l'eliminazione degli effetti, che consisterebbe soprattutto in una regolarizzazione "ope legis"
della irregolarità formale. Sembra piuttosto che questo tipo di violazioni possano meglio essere prevenute
con le semplificazioni di cui alle lettere c), d) ed e), già sopra ricordate. Altrettanto si può dire per gli
obblighi di carattere organizzativo e procedurale, in particolare per i rapporti tra i soggetti della "linea
operativa" e il SPP da un lato, i RLS dall'altro. Anche in questo caso il carattere sostanziale degli obblighi
sembra nettamente prevalente ed assorbente sugli aspetti formali, pur presenti. Del resto, lo stesso
legislatore delegante sottolinea che il carattere formale dell'obbligo (e quindi della violazione) da
semplificare o razionalizzare è solo eventuale.
Le considerazioni che precedono non devono tuttavia portare a ritenere che l'ambito della delega sia
particolarmente ristretto, riconducendo l'operazione alla classica "montagna che partorisce un topolino",
dato che non sembra affatto questa la volontà del legislatore delegante.
Al di là della non perspicua formulazione della delega, sembra in realtà ragionevole ritenere che essa
possa estendersi a buona parte delle contravvenzioni costituite da violazioni di precetti prevenzionistici,
sanzionate con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, o con la sola ammenda, o ancora agli
illeciti amministrativi. Per queste violazioni ha infatti senso perseguire sia una eliminazione immediata
degli effetti di pericolo dalle stesse prodotti, sia una politica di valorizzazione premiale delle condotte
virtuose. In coerenza con l'impostazione del T.U. sembrano invece da escludere dall'area di intervento in
sede di delega anche le contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto.
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E' vero che, per l'area sottoponibile all'intervento delegato, si tratta nella quasi totalità dei casi di
violazioni sostanziali, ma purtuttavia suscettibili di un intervento di semplificazione, o meglio di
razionalizzazione, che tenga fermo il principio cardine di non riduzione dei livelli di tutela attualmente
istituiti, in assenza del quale pesanti dubbi di legittimità costituzionale e di compatibilità con
l'ordinamento comunitario colpirebbero la legislazione delegata.
Nell'ambito dei predetti precetti prevenzionistici, va però operata una distinzione tra quelli di carattere
"generale", (Titolo I del d. lgs. N. 81/2998) che costituiscono il cardine del sistema prevenzionale, e che,
anche nelle prese di posizione degli operatori del settore, non appaiono necessitare di particolari
interventi di razionalizzazione, e quelli, molto più numerosi, di carattere "speciale", per i quali un siffatto
intervento sembra invece assai più plausibile ed atteso.
4. NECESSITA' DI RAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA DELLE CONTRAVVENZIONI "SPECIALI"
Come è noto, il sistema prevenzionistico istituito dal d. lgs. n. 81/2008 si basa essenzialmente sulla
contravvenzione. Le sanzioni tipiche, come già ricordato, sono quelle dell'arresto alternativo all'ammenda,
o della sola ammenda, e, dopo il complessivo riordino operato dal Testo Unico, esse appaiono graduate
con attenzione ed equilibrio. Sotto il profilo strettamente sanzionatorio, non risulta quindi
particolarmente evidente la necessità di un intervento razionalizzatore. Quanto all'eliminazione
immediata degli effetti, questa è già efficacemente perseguita mediante l'istituto della prescrizione, e
anche mediante quello della disposizione, ambedue atti tipici della funzione pubblica di vigilanza, nella cui
disciplina l'immediatezza della rimozione degli effetti di pericolo appare già realisticamente contemperata
con i tempi tecnici necessari alle operazioni. Fin qui, dunque, l'intervento del legislatore delegato non
sembrerebbe disporre di ampi spazi.
Il profilo che maggiormente abbisogna di una razionalizzazione, se non coincidente con quello
sanzionatorio strettamente inteso, ad esso certo connesso in modo indissolubile, è quello del contenuto
dei precetti di prevenzione. Questo, oltre ad essere estremamente complesso, risente in modo marcato
dell'epoca di origine del precetto, poi tramandato tra successive fonti fino all'attuale Testo Unico.
Sotto il profilo contenutistico, si osserva infatti una distinzione trasversale tra precetti di tipo elastico e di
tipo rigido. Ambedue i tipi ricorrono nel Testo Unico con grande frequenza, e sono spesso presenti nel
corpo di uno stesso articolo. Si ricorda qui brevemente che, mentre le norme di tipo rigido descrivono in
modo dettagliato gli accorgimenti tecnici o procedurali che devono essere rispettati dai soggetti obbligati,
quelle di tipo elastico contengono solo indicazioni generiche di tipo finalistico, o rinviano a nozioni
desunte da altri ambiti, a loro volta spesso prive di definizione (come ad esempio i rinvii a criteri di ordine
ergonomico, di cui non constano definizioni condivise in modo almeno maggioritario, tanto meno
definizioni vigenti in qualche altro ambito normativo).
Ambedue le tecniche legislative sono state oggetto di critiche fondate, anche se di tipo tendenzialmente
opposto. Quella di tipo rigido perché sostanzialmente riproduce lo stato della tecnica e delle acquisizioni
scientifiche di un determinato momento storico, e risulta impotente a seguire in modo tempestivo la
veloce evoluzione delle stesse, quindi produce norme perennemente obsolete e superate, pertanto anche
deficitarie sotto il profilo del livello di sicurezza che procurano. Quelle di tipo elastico perché in sostanza
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scaricano sui soggetti obbligati la determinazione precisa dei precetti imposti, e si muovono
pericolosamente sul crinale della incostituzionale "responsabilità oggettiva" in campo penale, anche se la
giurisprudenza dominante ha cercato con sforzi davvero "eroici" di negare tale conseguenza, il cui
riconoscimento avrebbe compromesso la stessa sussistenza del sistema (e forse anche un po' ridotto il
ruolo della stessa magistratura).
Il sistema necessita pertanto di un profondo intervento razionalizzatore, sulle cui soglie il testo Unico si è
arrestato (ma la colpa non è interamente ascrivibile al Legislatore).
4. IL POSSIBILE INTERVENTO DI RAZIONALIZZAZIONE, BASATO SU UNA VALORIZZAZIONE PRECISA E NON
DIROMPENTE DELLA NORMATIVA TECNICA AD ADESIONE VOLONTARIA
La possibilità di superare un assetto normativo così poco soddisfacente, pur nei suoi innegabili meriti
storici, deve mirare a conciliare da un lato la certezza del diritto, dall'altro il necessario costante e
tempestivo aggiornamento delle migliori indicazioni scientifico-tecniche disponibili e la effettiva
conoscibilità di queste ultime da parte di coloro che devono farvi ricorso per assolvere adeguatamente al
generale dovere di sicurezza nei rapporti di lavoro (principio della massima sicurezza tecnicamente
fattibile).
Non da oggi è evidente che il nodo da sciogliere riguarda il rapporto tra le varie fonti, legislative e non
legislative, che regolano la materia, e in questa direzione punta la stessa delega odierna, se correttamente
interpretata, come si è visto più sopra. Si tratta allora di riprendere anche tentativi già operati nel passato,
evitandone però alcuni eccessi e soverchie semplificazioni, poco coerenti con l'obiettivo di una
semplificazione rispettosa dei principi basilari consolidati ormai da decenni nell'ordinamento settoriale,
sia nazionale che comunitario.
Un cardine non sostituibile è il carattere penale della tutela della sicurezza sul lavoro, e pertanto delle sue
caratteristiche essenziali, a cominciare dalla riserva costituzionale alla fonte- legge dello Stato della
statuizione di sanzioni penali, ivi comprese evidentemente quelle di carattere contravvenzionale, ma
anche di meglio realizzare per queste stesse norme di legge i principi generali di determinatezza e di
tassatività che informano il nostro diritto penale.
Un utile contributo alla soluzione dei complessi problemi accennati può derivare dal conferire un maggior
spazio alla normativa tecnica, in particolare quella codificata nelle norme armonizzate in sede
comunitaria, già ben presente nell'attuale Testo Unico, ma le cui potenzialità restano ancora largamente
sottoutilizzate. Non si tratta però di sostituire norme di legge con norme di buona tecnica, tantomeno con
meccanismi di carattere automatico che incontrerebbero pesanti e fondate obiezioni di costituzionalità.
Si può al riguardo integrare il disposto del comma 4 dell'art. 306 T.U., che come è noto affida ad atti
normativi regolamentari (decreti interministeriali) la funzione di adeguamento continuo dell'ordinamento
nazionale alle sopravvenienti direttive comunitarie, "per le parti in cui le stesse modificano modalità
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico". A questo si potrebbe aggiungere la funzione
(potere/dovere) affidata al MLPS, con un proprio decreto da emanarsi annualmente, di operare una
ricognizione ufficiale della corrispondenza di norme tecniche armonizzate, o singole loro parti, a singoli e
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specifici obblighi previsti dalle norme del Testo Unico o dalle ulteriori residue fonti legislative del settore,
nell'area degli obblighi speciali, come definiti dall'art. 298 T.U., con esclusione di quelli sanzionati con la
sola pena dell'arresto. L'inserimento della norma tecnica nel decreto dovrebbe valere a dichiararne la
piena idoneità, e pertanto una presunzione legale iuris tantum, ove correttamente e pienamente
applicata, a dare attuazione al precetto legislativo, ferma restando la natura legislativa di quest'ultimo e
pertanto la sua idoneità a supportare le sanzioni anche penali ivi eventualmente previste.
D'altro canto va salvaguardato il carattere volontario di adozione da parte del datore di lavoro di una
norma tecnica, che nel diritto comunitario e nello stesso Testo Unico costituisce tratto distintivo di tale
tipo di norme. Pertanto, sulla scorta della certezza giuridica introdotta con l'annuale d. m. ricognitivo, il
datore di lavoro dovrebbe espressamente dichiarare tale adozione aggiornando il proprio documento di
valutazione dei rischi e la relativa indicazione delle misure adottate. A seguito di tale dichiarazione, la
predetta scelta diverrebbe però vincolante, in quanto attuativa di un precetto legislativo, sanzionato in via
amministrativa o penale o eventualmente anche non sanzionato, e oggetto della obbligatoria
informazione e formazione dei lavoratori, nonché delle informazioni da fornire ad altri soggetti.
Una siffatta previsione sembra adattarsi senza difficoltà al disposto dell'art. 302-bis T.U., (obbligo degli
organi di vigilanza di basare il proprio potere di disposizione sulle norme tecniche, ove queste siano state
liberamente adottate dal datore di lavoro) che però andrebbe conseguentemente ampliato anche al
potere di prescrizione, sempre sul presupposto di una previa libera e consapevole adozione della norma
tecnica da parte del datore di lavoro. Infine, è evidente anche la valenza di una siffatta scelta, in quanto
operata in modo formale e sul presupposto di una norma regolamentare- ponte tra legislazione e
normativa tecnica, anche in sede giudiziaria, restando però esclusa qualsiasi rilevanza delle certificazioni
di conformità alla norma tecnica ottenute dal datore di lavoro per finalità del tutto diverse.
Questo intervento di completamento dell'assetto normativo settoriale può, in tutta evidenza, essere
operato nel breve termine dell'esercizio dell'attuale delega. In prospettiva, può essere aggiunto un rinvio
ad ulteriori atti normativi, con cui semplificare la stessa struttura dei precetti legislativi, alleggerendola
con l'estensione generalizzata della tecnica normativa di tipo elastico, che non incorrerebbe più nelle
obiezioni sopra ricordate, in quanto specificata ed integrata dall'annuale decreto ministeriale, ma
lascerebbe al datore di lavoro la scelta di eventuali soluzioni tecniche diverse, salvo il suo onere di
provarne l'idoneità ad ottemperare il precetto legislativo.
Solo a seguito dell'introduzione di tali norme rinnovate, recanti obblighi espressi in termini sintetici e
generali, al fine di garantire la necessaria continuità con la legislazione vigente si potrebbe continuare –
almeno per un largo arco temporale, corrispondente ad un regime transitorio di qualche anno – a
considerare le disposizioni degli anni ’50 contenute nel d.lgs. n. 81/2008 (le quali verranno specificamente
individuate, con abrogazione espressa di quelle non più utili) e di natura tecnico-costruttiva come norme
di buona tecnica, esse stesse, quindi, modello di riferimento per la dimostrazione dell’adempimento degli
obblighi di legge.
I principali vantaggi di una simile operazione sarebbero:
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a) la notevole riduzione (in termini di diverse centinaia) del numero precetti del “testo unico” di
salute e sicurezza sul lavoro;
b) la modernizzazione delle statuizioni più “tecniche” del d.lgs. n. 81/2008, le quali cesserebbero di
essere riferite a statuizioni create oltre 60 anni fa per essere, invece, riferite a una
regolamentazione moderna e per sua natura dinamica.
Al fine di evitare qualsiasi tipo di rischio di diminuzione dei livelli di tutela oggi garantiti nei luoghi di lavoro
si propone di identificare gli obblighi di riferimento nelle disposizioni che trovano fondamento nelle
previsioni delle corrispondenti direttive comunitarie, ciascuna delle quali andrà assistita da sanzione
penale.
In relazione a tali previsioni, sarà possibile per il soggetto obbligato dimostrare l’adempimento dei propri
obblighi a mezzo della dimostrata applicazione delle disposizioni delle pertinenti norme di buona tecnica o
delle disposizioni (a quel punto “equiparate” alle norme di buona tecnica) oggi vigenti e derivanti dai citati
d.p.r.. degli anni ’50. L’esempio di riferimento è la regolamentazione vigente in materia di impiego del gas
combustibile e degli impianti elettrici (rispettivamente leggi n. 1083 del 1971 e n. 186 del 1968), fondata
su un principio essenziale di rispetto delle “regole dell’arte” e, al contempo, sulla identificazione in
concreto dei contenuti di tali regole per mezzo di norme tecniche, per loro natura idonee ad adeguare i
livelli di tutela alla migliore tecnologia disponibile in un determinato momento storico. Al riguardo, sia
consentito ricordare che un simile “schema” è stato utilizzato nel d.lgs. n. 81/2008, in modo efficace, nel
Titolo III (dedicato alle “attrezzature di lavoro”), e che esso è aderente al principio di legalità stabilito
dall’art. 1 del codice penale, perché, da un lato, fissa il precetto certo e univoco del rispetto dei requisiti di
sicurezza europei e, dall’altro, fornisce contenuto concreto al precetto mediante il rinvio a norme di
buona tecnica. Si tratta delle c.d. norme penali in bianco, secondo cui la legge penale fa riferimento ad un
atto normativo di grado inferiore o a una norma tecnica per determinare tutti i contenuti di un fatto che la
legge medesima considera penalmente illecito (v. Corte Costituzionale 90/282). Pertanto, il sistema
sanzionatorio verrebbe mantenuto nella sua attuale afflittività e, contemporaneamente, integrato da
contenuti di prevenzione coerenti con il principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile”
(in applicazione dell’articolo 2087 c.c.) attraverso le norme di buona tecnica, utilizzate quale parametro di
riferimento per l’adempimento della norma inderogabile di legge.
5. LE ALTRE PROPOSTE DI SEMPLIFICAZIONE DELLA LEGISLAZIONE DI SICUREZZA E IGIENE DEL LAVORO,
IN OTTEMPERANZA AGLI ALTRI CRITERI DI DELEGA
Di seguito si riportano alcune proposte utili per dare attuazione ai principi di delega contenuti nelle lettere
c), d) ed e) dell'art. 1, comma 1 della legge delega, proposte già da tempo elaborate prevalentemente
dalla CIIP. Si premette, per un più agevole coordinamento normativo, il richiamo delle semplificazioni già
operate con il c.d. "decreto del fare".
ADEMPIMENTI GIA' SOPPRESSI DAL "DECRETO DEL FARE" (D.L. n. 69/2013, art. 42)
essere introdotti)
(non devono più
a) certificato di sana e robusta costituzione fisica (c.1, lett. a) n.3) per:
- personale della Corte dei Conti (R.D. n. 1364/1933, art. 1, punto 3)
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b) certificato di idoneità per l'assunzione, limitatamente alle lavorazioni non a rischio, (c.1, lett. b) di:
- apprendisti (D.P.R. n. 1668/1956, art. 9)
- bambini e adolescenti (l. n. 977/1967, art. 8)
c) certificato di idoneità fisica per l'assunzione nel pubblico impiego (c.1, lett. c) per:
- impiegati civili dello Stato (D.P.R. n. 3/1957, art. 2, c.1. n.4 e D.P.R. n. 686/1957, art. 11, c. 2, lett.c)
- impiegati delle pubbliche amministrazioni (D.P.R. n. 487/1994, art. 2, co. 1, n. 3)
- personale dirigenziale (D.P.R. n. 483/1997, art. 1, c.1, lett. b) e non dirigenziale (D.P.R. n. 220/2001, art.2, c.
1, lett. b) del S.S.N.
d) certificato di idoneità fisica (c. 3) per:
- addetti al servizio civile (D. lgs. n. 77/2002, art. 3, c.1)
- lavoratori addetti all'impiego di gas tossici, se rientrano nel campo di applicazione del d. lgs. n. 81/2008
5.1 ADEMPIMENTI CHE NON RISULTANO SOPPRESSI DAL "DECRETO DEL FARE" (D.L. n. 69/2013,
art. 42) (se ne può riproporre la soppressione o la riformulazione, in base a quanto esposto in
relazione a ciascun adempimento)
a) certificato di sana e robusta costituzione fisica per:
- impiegati civili e militari dello Stato (R.D. n. 2960/1923, art. 1) (soppressione)
- impiegati di Comuni, Province, Consorzi (R.D. n. 383/1934, art. 221; però l'intero regio decreto, e quindi, a
quanto sembra, anche l'adempimento in questione, è stato abrogato dall'art. 274, c. 1, lett. a) del d. lgs. n.
267/2000)
- in generale, soppressione di ogni obbligo, tuttora presente nella normativa, di fornire un certificato di sana
e robusta costituzione fisica a fini di assunzione lavorativa, anche perché contrastante con la normativa
antidiscriminatoria e sul diritto al lavoro dei portatori di handicap
b) certificato di idoneità fisica per:
- l'accesso al ruolo degli insegnanti elementari (d.m. Pubblica Istruzione 2.4.1999, art. 15, c. 3)
(soppressione)
c) certificato medico di idoneità psicofisica per:
- aspiranti conduttori di generatori di vapore (d.m. MLPS 1.3.1974, art.18 e d.m. MLPS 7.2.1979,
adempimento già soppresso per la sola Regione Emilia Romagna dal regolamento regionale 24.12 2008 art.
2, lett. d) (soppressione)
d) licenza per:
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- l'esercizio dell'attività di fochino (D.P.R. n. 302/1956, art. 27, espressamente fatto salvo da abrogazione
dall'art. 306, c.1, del d. lgs. n. 81/2008) (soppressione)
e) accertamento idoneità fisica per:
- capo del servizio e agenti dell'impianto, addetti alla conduzione di impianti di risalita (d.m. 5.6.1985, art. 8,
n. 5 e art. 32, c. 3); si tratta di sopprimere il solo obbligo relativo all'idoneità fisica, sostituito ormai dalla
sorveglianza sanitaria
f) obbligo di RX torace annuale per:
- lavoratori esposti a rischio di silicosi e asbestosi (D.P.R. n. 1124/1965, artt. 157 e 160, c. 1) (soppressione
dell'annualità dell'obbligo e riformulazione della norma riconducendola alla sorveglianza sanitaria
g) tenuta e vidimazione del Registro infortuni per:
- tutti i datori di lavoro cui si applica il d. lgs. n. 81/2008 (dd.mm. Lavoro 12.9.1958 e 5.12.1996, in relazione
all'obbligo di cui al d. lgs. n. 81/2008, art. 18, c.1, lett. r) (soppressione dell'obbligo di vidimazione e relativa
sanzione, in attesa dell'istituzione del SINP)
h) trasmissione alla p.a. della documentazione obbligatoria per:
- tutti i datori di lavoro cui si applica il d. lgs. n. 81/2008 (d. lgs. n. 81/2008, art. 54) (rendere obbligatoria,
anziché facoltativa, la trasmissione su piattaforma informatica condivisa di tutta la documentazione, ove
prevista dal decreto legislativo e da altra eventuale normativa)
B) IN MATERIA DI LAVORO IN GENERALE
i) libretto di idoneità sanitaria per:
- parrucchieri (soppressione – non essendo previsto da leggi, norma di chiarimento della non necessità)
l) certificazione sanitaria per:
- lavoratori extracomunitari dello spettacolo (già prevista dalla l. n. 943/1986, abrogata, ma continua ad
essere richiesta in base alle Circolari ministeriali Salute 4 agosto 1988 n. 81 e 1 dicembre 1999 n. 80, da
sopprimere)
C) IN MATERIA DI CANTIERI TEMPORANEI E MOBILI
m) documento di valutazione dei rischi per:
- imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 (d.lgs. n.
81/2008, art. 96, c.1, lett. g) e c. 2 e All. XV) (limitazione della valutazione ai rischi tipici dell'impresa in
generale, con esclusione dei rischi specifici di ciascun cantiere, che dovranno invece essere valutati e
premessi al POS, escludendo l'obbligo di ripetere nel POS la valutazione generale dei rischi)
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n) notifica preliminare per:
- imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 (d.lgs. n.
81/2008, art. 99) (soppressione dell'obbligo di esposizione in ciascun cantiere e limitazione dell'obbligo alla
sede centrale)
o) tenuta del libro unico del lavoro per:
- imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 (d.m.
Lavoro 9.7.2008, art.3, c.1) (soppressione dell'obbligo di tenuta presso ciascun cantiere e limitazione
dell'obbligo alla sede centrale dell'impresa)
p) tenuta del registro degli infortuni per:
- imprese edili o comunque rientranti nel campo di applicazione del Titolo IV del d. lgs. n. 81/2008 (d.lgs. n.
81/2008, art. 18, c.1, lett. r) (soppressione dell'obbligo di tenuta presso ciascun cantiere e limitazione
dell'obbligo alla sede centrale dell'impresa)
D) IN MATERIA DI FORMAZIONE AI FINI DELLA SICUREZZA SUL LAVORO
q) formazione delle diverse figure della prevenzione, in particolare RSPP, ASPP, CSP, CSE
- rafforzamento del principio generale di non duplicazione della formazione, mediante un sistema dettagliato
di crediti formativi, che riconosca anche, a tali fini, la formazione scolastica ricevuta dal soggetto
r) introduzione di procedure ispettive per:
- l'erogazione di corsi di formazione e sulla loro conformità normativa
s) ridefinizione dei criteri di legittimazione per:
- l'erogazione di corsi di formazione, a tutti i livelli
t) formazione previa collaborazione con gli organismi paritetici per:
- tutti i datori di lavoro cui si applica il d. lgs. n. 81/2008 (d. lgs. n. 81/2008, art. 37, c. 12) (sostituzione
dell'obbligo con la facoltà di collaborazione)
E) IN MATERIA DI SORVEGLIANZA SANITARIA E RADIOPROTEZIONE
u) in materia di Sorveglianza sanitaria
Almeno va sostenuta
La portabilità della documentazione sanitaria e delle notizie sulla sorveglianza
Oggi i lavoratori (servizi, agricoltura, edilizia, commercio etc.) cambiano decine di ditte e le informazioni
sanitarie e di rischio devono seguire il lavoratore, senza duplicazioni e costi ulteriori per le imprese.
In attesa del fascicolo sanitario elettronico dove il sistema sanitario potrà accedere, Il lavoratore ha diritto di
essere il possessore unico del libretto sanitario e di rischio che mette a disposizione del Medico Competente
aziendale e del Medico di Medicina Generale e del Medico del lavoro ASL.
In questo modo si eviterebbero inutili duplicazioni di esami e visite specialistiche; analoghe considerazioni
valgono anche per il Documento Sanitario Personale per la sorveglianza sanitaria dei radioesposti, gestito dal
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Medico Autorizzato per la Radioprotezione; la portabilità della sorveglianza sanitaria a parità di rischi
diventerebbe una cosa semplice e attuabile senza oneri per le imprese.
F) IN MATERIA DI IMPIANTI E ATTREZZATURE
Nell’ambito degli obblighi indicati nel titolo III del D.lgs. 81/08 viene previsto in più parti che, a seguito della
valutazione del rischio, i datore di lavoro deve adottare le misure tecniche ed organizzative necessarie ad
eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti e deve predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a
garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto (indicazione contenuta negli artt. 71 e
80).
L’onere, quindi, di mantenere le condizioni di sicurezza di attrezzature e impianti ricade sul datore di lavoro.
A tal fine il titolo III, oltre all’obbligo di manutenzione periodica, prevede la necessità di controlli periodici,
effettuati da “persona competente”, proprio finalizzati ad assicurare il buono stato di conservazione e
l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro (art. 71 comma 8) nonché il periodico controllo di
impianti elettrici e impianti di protezioni dai fulmini “per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza
ai fini della sicurezza” (art. 86 comma 1).
Con le verifiche periodiche effettuate su alcune attrezzature e impianti individuati da specifiche normative,
le strutture pubbliche deputate a questa funzione (ex ISPESL, ASL e ARPA in alcune Regioni) svolgevano una
attività di vigilanza specialistica mirata alla verifica del rispetto degli obblighi relativi al mantenimento in
efficienza di attrezzature e impianti. Di fatto questi controlli periodici costituivano il completamento della
“funzione pubblica” che iniziava con la “omologazione” ed erano mirati alla verifica del mantenimento nel
tempo di condizioni di sicurezza “validate” in sede di omologazione.
Quando, in conseguenza dei ritardi dei servizi pubblici nello svolgimento di questa attività, sono stati adottati
provvedimenti legislativi che hanno aperto anche a strutture private queste verifiche, le modalità di
intervento sono decisamente mutate. Gli organismi privati hanno effettuato, e continuano ad effettuare,
queste verifiche come attività di supporto e “consulenza” alle aziende: in presenza di irregolarità, molto
spesso si comportano come consulenti aziendali, non procedono come “terza parte” registrando
meticolosamente le “non conformità” e non attivano le relative procedure previste dalle norme vigenti (si
ricorda che queste irregolarità sono sanzionate dal d. lgs. n. 81/2008, per cui è obbligatorio procedere con la
segnalazione agli organi di vigilanza per l’applicazione del sistema sanzionatorio).
D’altra parte, con l’eliminazione del collaudo/omologazione pubblico la funzione di verifica ha subito
sostanziali modifiche e ha perso il significato iniziale.
In questo contesto la funzione pubblica delle verifiche periodiche è, di fatto, venuta meno in quanto questa
attività si sovrappone agli obblighi in carico al datore di lavoro che, appunto, avvalendosi di “soggetti
competenti” dovrebbe aver già effettuato questi controlli.
Considerato che la necessità di una verifica di “vigilanza” è sostanzialmente stata superata è opportuno
semplificare la legislazione eliminando doppioni e sovrapposizioni: lasciando al datore di lavoro l’onere di
continuare a garantire il mantenimento in efficienza nel tempo di attrezzature e impianti (avvalendosi di
organismi abilitati e seguendo procedure e periodicità definite dai costruttori e dalle norme tecniche di
riferimento) e prevedendo una attività di vigilanza “specialistica” di esclusiva competenza pubblica
svincolata da periodicità predefinite ma programmata a livello regionale.
In base alle considerazioni svolte si rende necessario procedere a:
Interventi legislativi da attuare per questa proposta di semplificazione:

Abrogazione del d.p.r. n. 462/2001 (verifiche periodiche impianti di messa a terra, impianti di protezione
scariche atmosferiche, impianti elettrici in luoghi a rischio esplosione) e, quindi, della prima riga del
comma 1 dell’art. 86 del d.lgs. n. 81/2008, in quanto l’obbligo previsto dalla parte rimanente del primo
comma dell’art. 86 appare esauriente per mantenere l’obbligo di controllo e verifica di tali impianti.
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
Modifica dell’art. 296 del d.lgs. n.81/2008 (eliminazione riferimento a d.p.r. n. 462/2001) con indicazione
di effettuare le verifiche facendo riferimento solamente a norme di buona tecnica.

Abrogazione del comma 11 e seguenti dell’art. 71 nonché dell’allegato VII del d.lgs. n. 81/2008.
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PROPOSTE CIIP PER UNA EFFICACE ATTUAZIONE DELLA