È la seconda volta che in questa collana di supplementi al Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano si pubblicano voci pertinenti al lessico della poesia italiana antica, dopo il volume secondo, Sondaggi sul lessico della poesia medievale (2007), in cui una raccolta tematica di voci del Tesoro della Lirica Italiana delle Origini era seguita da uno studio su alcuni lemmi rilevanti della poesia trobadorica. Il richiamo è pertinente perché anche quel volume era tra i risultati di un progetto di ricerca di interesse nazionale sul lessico e sulle tematiche della lirica romanza concepito e guidato da Roberto Antonelli: come questo, che testimonia per la sua parte, accanto a molti altri prodotti, della continuità e del respiro di un progetto culturale che, al di là del suo concretizzarsi nella formula del Prin, sotto il titolo (per quanto è della ricerca presente) L’affettività lirica romanza: lemmi e temi, ha coinvolto nel tempo, per impulso di Antonelli, numerosi studiosi universitari e, con loro, i ricercatori dell’Opera del Vocabolario. Per quanto riguarda l’Istituto, e in particolare la sua collaborazione con l’unità di ricerca dell’Università di Siena guidata da Lino Leonardi, il progetto ha permesso di riprendere nel nuovo contesto un’idea più antica, che non si era mai potuta sviluppare efficacemente, e che fu messa a fuoco insieme con lo stesso Leonardi da Valentina Pollidori: quella di un corpus informatizzato della poesia lirica italiana dalle origini alla fine del Trecento, formato a partire dal corpus di riferimento del vocabolario, ma superandone le inevitabili limitazioni dovute alle esigenze urgenti e preponderanti della redazione del TLIO, dunque un corpus quanto più possibile completo, rivisto anche nei testi già presenti (che sono la maggioranza), ampliato, in misura rilevante per quantità e qualità, nelle parti mancanti, aggiornato con le più recenti edizioni di testi importanti. Ricordare Valentina Pollidori ora che questo corpus, il LirIO, ha visto la luce in due puntate, nel 2011 e nel 2013, in CD editi dalle Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, è dunque spontaneo. Del LirIO, firmato da Lino Leonardi con Alessio Decaria, Pär Larson, Giuseppe Marrani e Paolo Squillacioti, delle sue caratteristiche e delle poten- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 4 zialità di ricerca che offre, anche al di là della versione pubblicata, dà qui conto Squillacioti, curatore del volume oltre che coordinatore dell’unità di ricerca che ha operato all’OVI. L’importanza dello strumento per gli studi è evidente già ora, ma il progetto è tutt’altro che esaurito, e continuerà con lo studio di un sistema di interoperabilità (come ora si dice) nel quale potranno completare reciprocamente le proprie informazioni corpora testuali come il LirIO stesso e basi di dati bibliografiche e filologiche, a partire dal patrimonio in questo campo della Fondazione Ezio Franceschini, già molto rilevante e ben noto, e ancora in sviluppo. Al momento, e dal punto di vista dell’OVI, mi interessa notare come tutto ciò si leghi, nell’attività dell’Istituto, con l’elaborazione del TLIO (che procede con successo, ed è più o meno alla metà dell’opera), dal cui cantiere si sviluppano per così dire naturalmente ricerche come questa del LirIO, volte a fornire nuovi strumenti di conoscenza dell’italiano antico. Non a caso, come fa notare Squillacioti nella sua premessa, al di là della struttura dell’unità di ricerca, al lavoro del LirIO ha partecipato tutto l’Istituto, e l’impegno in questo progetto ha, come frutto non secondario, arricchito il TLIO di una rilevante serie di nuove voci, quelle che in questo volume sono edite in una significativa pubblicazione separata, accanto all’edizione di rete del vocabolario. Pietro G. Beltrami Premessa Le voci del Tesoro della Lingua Italiana delle Origini qui raccolte sono state redatte nell’àmbito del progetto Prin 2008 L’affettività lirica romanza: lemmi e temi diretto da Roberto Antonelli, che ha coinvolto, oltre all’Università Sapienza di Roma (sede del coordinamento centrale, e di un’ulteriore unità di ricerca), l’Università della Calabria, l’Università di Siena e l’Opera del Vocabolario Italiano, sede dell’unità coordinata da chi scrive: per la parte di cui qui si presentano i risultati sono stati particolarmente attivi Pär Larson, Marco Paciucci e Rossella Mosti. A Larson si deve molto del lavoro che è stato necessario per costituire LirIO, un ampio corpus di poesia italiana medievale, ideato e diretto da Lino Leonardi, e costituito a partire dal Corpus OVI dell’italiano antico ma con numerose e importanti integrazioni per lo più dovute all’opera di Leonardi e dei suoi collaboratori all’Università di Siena e alla Fondazione Ezio Franceschini. A Paciucci si deve la lemmatizzazione di LirIO e la redazione della maggior parte delle voci qui raccolte; le altre si devono a Mosti, che ha inoltre sottoposto tutta la documentazione a un’indagine preliminare alla fase di redazione. Quelle qui pubblicate sono voci TLIO a tutti gli effetti, documentate cioè sull’intero Corpus OVI e non solo sulla parte in versi, senza una particolare enfatizzazione dei significati o delle attestazioni reperibili in LirIO, ma su LirIO verificate e integrate. Ma il legame è ancora più forte, perché le voci fanno parte della rete semantica dell’affettività ricavabile per la parte italiana dal lemmario di LirIO e che comprende più di mille lemmi organizzati in raggruppamenti di circa 160 macrolemmi (o famiglie di lemmi) che a loro volta fanno capo a una ventina di categorie emozionali, organizzate in base alle distinzioni classiche di orgine agostiniana tristitia e laetitia, di ira e timor, e alla cupiditas. In questa sede si è scelto di documentare le famiglie lessicali legate alla gioia, all’orgoglio, al pensiero e alla vergogna, termini-chiave della sfera emozionale e in particolare del linguaggio amoroso, ma con una portata che travalica questi àmbiti. Sono in tutto una novantina voci (89 per la preci- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 6 sione, 56 redatte da Paciucci, 31 da Mosti, due cofirmate), talune di ampia e articolata attestazione. Alla raccolta di voci è stato premesso un testo di presentazione di LirIO, che riprende e integra i contenuti che ho esposto al Convegno Internazionale Lessico Corpo Affettività nel Medioevo Europeo, organizzato ad Arcavacata l’1 e 2 dicembre 2011 da Rocco Distilo all’Università della Calabria insieme con i membri della sua unità di ricerca: è stata l’occasione per fare il punto della situazione quando il progetto era ancora in corso; il mio intervento è concentrato sulle caratteristiche della lemmatizzazione, ovvero sul principale risultato del lavoro dell’unità di ricerca costituita all’OVI. Esser riusciti nei due anni di durata del progetto a completare il lavoro di costituzione del corpus LirIO, a realizzare una lemmatizzazione complessa di una sua ampia porzione, a render disponibile il corpus in due versioni (una iperlemmatizzata e interconnessa con le altre banche dati del progetto, e una fruibile in CD-ROM, interrogabile solo per forme ma ben più estesa), e soprattutto a incrementare il TLIO, è fonte di soddisfazione per tutto il gruppo di lavoro. LirIO è stato un progetto impegnativo, peraltro aperto a sviluppi futuri del massimo interesse, che ha impegnato l’intera squadra dell’OVI: oltre ai già menzionati Larson, Mosti e Paciucci, è un gradito obbligo ricordare che Domenico Iorio-Fili e Andrea Bocellari hanno sviluppato le procedure informatiche, mettendo fra l’altro a punto un’interfaccia di GATTO 3.3 specifica per LirIO; che Elena Artale ha coadiuvato l’attività di lemmatizzazione; che alla stessa Artale e agli altri membri dell’unità di ricerca fiorentina Roberta Cella, Mariafrancesca Giuliani, Elisa Guadagnini e Giulio Vaccaro, e a Diego Dotto, Mario Malatesta, Sara Ravani e Zeno Verlato che si sono aggiunti successivamente, si deve l’intensa attività di acquisizione e controllo dei testi del corpus, attività che ha consentito di apportare significative migliorie alla parte del Corpus OVI comune a LirIO. Non dimentico che Carmen Pasetto non ci ha fatto mancare il suo supporto nella mai semplice attività amministrativa e contabile legata al progetto, e che Pietro Beltrami, Direttore dell’OVI, è stato determinante in ogni fase del lavoro, sempre prodigo di consigli, valutazioni e di una collaborazione fattiva. A tutti va la mia personale gratitudine. Un pensiero finale va inevitabilmente a Valentina Pollidori, che a LirIO aveva lavorato molti anni fa insieme con Lino Leonardi, quando era ancora un’idea embrionale: Valentina quell’idea non ha potuto vederla realizzata, Premessa 7 ma l’abbiamo sentita comunque vicina, in questa come in ogni altra attività svolta all’OVI dopo il 18 luglio 2004. P.S. Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 1. LA BANCA DATI, I NOMI LirIO è un corpus di poesia italiana anteriore al Quattrocento (con qualche inevitabile scavalcamento) ideato e diretto da Lino Leonardi e sviluppato nell’àmbito del Progetto Prin 2008 L’affettività lirica romanza: lemmi e temi. Diretto da Roberto Antonelli dell’Università Sapienza di Roma, questo progetto ha messo insieme l’opera di quattro unità di ricerca, attive nella realizzazione e lemmatizzazione di tre banche dati della lirica romanza medievale: oltre a LirIO, frutto della sinergia fra l’unità costituita presso l’Università degli Studi di Siena sotto la direzione di Leonardi e l’unità fiorentina costituita all’OVI, sono disponibili le banche dati della poesia trobadorica provenzale (Trobadors) e della poesia dei trovieri francesi (Troveors), sviluppate rispettivamente dall’unità costituita all’Università della Calabria sotto la direzione di Rocco Distilo e all’Università Sapienza di Roma sotto la direzione di Paolo Canettieri. Il principale risultato del progetto è lo sviluppo di un ambiente dal quale sarà possibile interrogare in modo integrato le tre banche dati, insieme con il corpus della lirica profana galego-portoghese sviluppato al Centro Ramón Piñeiro para a Investigación en Humanidades sotto la direzione di Mercedes Brea dell’Università di Santiago de Compostela 1. La chiave d’accesso ai dati integrati è una rete di lemmi e macrolemmi comune alle quattro tradizioni poetiche, che copre il campo semantico delle emozioni, e che costituisce uno strumento di evidente importanza per lo studio della poesia medievale europea. In realtà del corpus LirIO occorre distinguere due versioni: la prima è l’effettivo risultato del progetto Prin, una banca dati (iper)lemmatizzata e interconnessa con le altre, ed è l’oggetto del presente contributo; l’altra è una banca dati in CD-ROM, che comprende tutti i testi del LirIO lemmatizzato e 1 Alla Base de datos da Lírica Profana Galego-Portuguesa (MedDB), si accede dal sito web del Centro, www.cirp.es; il portale della lirica europea sarà denominato Trobadores, per analogia con le banche dati provenzale e francese. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 12 un buon numero di altri componimenti, per lo più concentrati nella seconda metà del Trecento 2. L’ampliamento è ben misurabile sul numero delle occorrenze che sono cresciute da 2.682.275 in 138.757 forme grafiche distinte a 3.063.046 occorrenze in 152.686 forme. La versione in CD-ROM è stata la fonte delle considerazioni di Leonardi al convegno conclusivo del Prin svoltosi all’Università degli Studi di Siena nell’aprile 2013 3 e alla Giornata di Studi organizzata dall’OVI in collaborazione con l’Accademia della Crusca il 21 giugno 2013 4. La giornata è stata l’occasione per una presentazione in anteprima del CD-ROM di LirIO 5, e certo se ne continuerà a parlare in altre occasioni. In questa sede è opportuno illustrare modalità e conformazione della lemmatizzazione, compito precipuo dell’unità di ricerca costituita all’OVI, per cui i riferimenti a LirIO che seguono sono al solo corpus (iper)lemmatizzato, mentre il più ampio corpus in CD-ROM sarà tenuto sullo sfondo. Per la specifica conformazione di quest’ultimo rinvio al libretto che accompagna il CD-ROM e in particolare alle pagine introduttive di Leonardi. 2. IL CORPUS LIRIO L’acronimo LirIO, ossia Lirica Italiana delle Origini, suggerisce un contenuto della banca dati concentrata sulla poesia lirica. In realtà il corpus esorbita dai confini del genere lirico, anche per i problemi definitori che, in àm2 LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM, a cura di di Lino Leonardi e di Alessio Decaria, Pär Larson, Giuseppe Marrani, Paolo Squillacioti, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2013. Nel 2011 è uscito un CD-ROM limitato alla prima sezione cronologica del corpus e realizzato nell’ambito del programma Lirica europea diretto da Roberto Antonelli: LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM, 1. Dagli inizi al 1337, a cura di Lino Leonardi e di Alessio Decaria, Pär Larson, Giuseppe Marrani, Paolo Squillacioti, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2011. 3 Lino Leonardi, L’evoluzione del lessico lirico medievale: il filtro italiano, relazione al Convegno «Ragionar d’amore». Il lessico delle emozioni nella lirica medievale, Siena, Collegio Santa Chiara, 17-19 aprile 2013. 4 Lino Leonardi, Testi e tradizioni. Prospettive per un sistema integrato di corpora testuali e repertori filologici, relazione alla Giornata di Studi Repertori filologici, archivi testuali e risorse lessicografiche: nuovi strumenti per l’italianistica, Firenze, Villa Reale di Castello, 21 giugno 2013. 5 Paolo Squillacioti, Un nuovo corpus della poesia italiana medievale: il LirIO in CD-Rom, ivi. Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 13 bito italiano, esso presenta, come ha lucidamente mostrato Leonardi nell’intervento al convegno della SIFR di Padova e Stra del 2006, dedicato alle Questioni di identità del genere lirico 6. E comprende di fatto tutte le tipologie di genere dell’Italia medievale, anche quelle lontanissime dalla tradizione che risale alla poesia dei Siciliani e attraverso la poesia toscana e lo Stilnovismo arriva a Dante e quindi a Petrarca, e fa da modello per la produzione successiva, fino all’Ottocento e oltre. In LirIO i prodotti di questa tradizione coesistono con poemetti didattici in settenari come il Tesoretto di Brunetto Latini, con le laudi di Iacopone da Todi, con la Cronaca aquilana di Buccio di Ranallo, con I cantari di Apollonio di Tiro di Antonio Pucci, ma naturalmente esiste la possibilità di limitare le ricerche a tipologie determinate di testi, e quindi anche solo ai componimenti lirici. LirIO è composto da 948 testi 7, o per meglio dire unità testuali digitalizzate: questa segmentazione, che ha mere ragioni pratiche e, va riconosciuto, non poche controindicazioni, dipende dalla genesi stessa di LirIO, fondato sulla parte in versi del Corpus OVI dell’Italiano antico. Sarebbe stato infatti praticamente onerosissimo, dati i tempi e le esigenze generali del progetto, suddividere le unità testuali che si presentano aggregate nel Corpus OVI, per arrivare ad avere non una sola unità testuale per le Rime di Dante o i Rerum vulgarium fragmenta, ma rispettivamente 93 e 366 unità distinte. Così facendo sarebbe stato possibile schedare singolarmente i componimenti in base al genere metrico, alla data o al periodo di composizione, al contenuto o in relazione alla tradizione manoscritta, alla storia editoriale, ai rapporti con altri componimenti dello stesso autore o di altri autori, e così via. O, per fare un altro esempio, isolare in altrettante unità testuali i 308 componimenti in versi ascrivibili a Guittone d’Arezzo, e non avere otto diverse unità in cui vengono aggregati, nell’ordine: i) 13 dei 22 componimenti editi da Gianfranco Contini nei Poeti del Duecento 8, ii) i 24 sonetti del ‘manuale del libertino’ editi da d’Arco Silvio Avalle 9, 6 Lino Leonardi, Questioni di identità del genere lirico, in La lirica romanza del Medioevo. Storia, tradizioni, interpretazioni, Atti del VI convegno triennale della Società Italiana di Filologia Romanza (Padova-Stra, 27 settembre - 1 ottobre 2006), a cura di Furio Brugnolo e Francesca Gambino, Padova, Unipress, 2009, pp. 921-40. 7 Sono cresciuti a 1296 nel LirIO in CD-ROM. 8 Poeti del Duecento, a cura di Gianfranco Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, tomo I, pp. 191-240 (testi I-XII e XXII; i testi XIII-XXI sono ricavati da altre edizioni). 9 d’Arco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni. Saggio sulla lirica italiana del XIII secolo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1977, pp. 163-87; il testo è stato adeguato alla ver- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 14 iii) gli 85 sonetti del codice Laurenziano editi da Lino Leonardi 10, iv) i 15 sonetti del ‘trattato del carnale amore’ editi da Roberta Capelli 11, v) i restanti 160 testi, per cui si deve rivolgere all’edizione di Francesco Egidi 12. Il corpus LirIO comprende inoltre il sonetto rinterzato O donne mie, merzé, considerate, edito da Contini negli Studi De Stefano 13 e il sonetto e la conclusione inseriti nell’Epistola bella di condizione e fortune del mondo 14 la cui attribuzione a Guittone è dubbia, oltre alle otto lettere in versi edite da Claude Margueron 15. Il caso guittoniano è particolarmente adatto per una descrizione delle caratteristiche del corpus LirIO. La dipendenza di questo dal Corpus OVI dell’italiano antico ha anche (e direi soprattutto) delle conseguenze positive, perché i testi usati per redigere il vocabolario sono stati sottoposti a una revisione che nel caso di Guittone si è potuta giovare dell’opera di maestri come d’Arco Silvio Avalle, che negli anni Settanta, quando dirigeva l’OVI (allora sezione dell’Accademia della Crusca), ha rivisto e corretto il testo delle lettere di Guittone, quindi anche l’Epistola bella e i testi poetici che contiene 16. E come Gianfranco Contini, di cui si sono accolte le proposte di correzione all’edizione Egidi, consegnate a una recensione apparsa nel 1941 nel «Giornale storico della letteratura italiana» 17. sione definitiva contenuta nelle Concordanze della Lingua Poetica Italiana delle Origini (CLPIO), a cura di d’Arco Silvio Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi, 1992, pp. 470-73. 10 Guittone d’Arezzo, Canzoniere. I sonetti d’amore del codice Laurenziano, a cura di Lino Leonardi, Torino, Einaudi, 1994. 11 Guittone d’Arezzo, Del carnale amore. La corona di sonetti del codice Escorialense, a cura di Roberta Capelli, Roma, Carocci, 2007. 12 Le rime di Guittone d’Arezzo, a cura di Francesco Egidi, Bari, Laterza, 1940. 13 Gianfranco Contini, Guittone in quarantena, in Studi medievali in onore di Antonino De Stefano, Palermo, Boccone del Povero, 1956, pp. 561-67; ora in Frammenti di filologia romanza, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini, 2007, vol. I, pp. 281-88. 14 Le lettere di Frate Guittone d’Arezzo, a cura di Francesco Meriano, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1922, pp. 459-62. 15 Guittone d’Arezzo, Lettere, Edizione critica a cura di Claude Margueron, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1990, pp. 93, 99, 129-31, 136-37, 181-83, 191-93, 298-300, 349. 16 Di questo intervento si dà conto nella scheda bibliografica del testo, dove all’edizione segue l’indicazione «testo rivisto a cura dell’Ufficio Filologico dell’OVI (d’Arco Silvio Avalle)». 17 Gianfranco Contini, recensione a Egidi, Le rime di Guittone d’Arezzo cit., in Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 15 Il software GATTO 3.3 consente di dar conto degli interventi sui testi. Nel caso di Guittone, cercando la forma «amore», ci si imbatte nell’occorrenza nel sonetto 164 dell’edizione Egidi (Ahi, como matto è ben senza questione), che al v. 7 presenta la proposta di Contini, ricavata dal ms. Laur. Rediano 9 (c. 117r), «e tutte gioi, che cria amore o pone» e non quella dell’editore tratta dall’altro testimone, il ms. Vat. lat. 3793 (c. 125v), «che ’n ciò amore oppone» 18. Con il corpus LirIO è stata incrementa e aggiornata la base documentaria del Corpus OVI: nel caso di Guittone segnalo la presenza dell’edizione di Roberta Capelli del trattato Del carnale amore, la sequenza di sonetti tràditi nel ms. Escorial e.III.23, il «pessimo Escorialense» secondo la definizione di Contini 19, laddove il corpus del TLIO continua a presentare le versioni «Giornale storico della letteratura italiana», CXVII, 1941, pp. 55-82; ora in Contini, Frammenti di filologia romanza cit., pp. 289-317, da cui si cita. 18 Contini, rec. cit., p. 313 si limita a dire «pienamente soddisfacente la lezione di B, che cria amore o pone». 19 Contini, rec. cit., p. 314. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 16 dell’edizione Egidi (sonetti 240-251). Per altri incrementi e aggiornamenti rinvio alle pagine introduttive a LirIO in CD-ROM 20. 3. FUNZIONI DI RICERCA Le funzioni di ricerca di GATTO 3.3, oltre che nel sito Web dell’OVI (www.ovi.cnr.it), sono disponibili nella guida sintetica contenuta nel libretto che accompagna LirIO in CD-ROM 21 e in versione digitale nel CD-ROM stesso; in questa sede mi limiterò a segnalare alcune funzioni di utilizzo specifiche di un corpus di poesia medievale. a) Ricerche per forme: le rime La specificità di LirIO risiede nell’ampia ma selettiva lemmatizzazione di cui parlerò più avanti. Ma esistono ricerche che se ne sarebbero potute giovare solo se fosse stata esaustiva, e che invece devono essere effettuate interrogando il corpus per forme. È il caso di ricerche su parti di lessico estranee 20 LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM cit.; fonte degli incrementi più rilevanti sono le Concordanze della lirica italiana delle Origini di d’Arco Silvio Avalle (Milano-Napoli, Ricciardi, 1992: 114 componimenti), l’edizione dei Siciliani nei «Meridiani» diretta da Roberto Antonelli, Costanzo Di Girolamo e Rosario Coluccia (Milano, Mondadori, 2008: 36 componimenti nei volumi II e III); le edizioni promosse da Claudio Ciociola alla Scuola Normale Superiore di Pisa di 19 serventesi, procurate da un gruppo di giovani studiosi formatisi sotto il suo magistero: Federica Accorsi, Emanuele Arioli, Cristiano Lorenzi e Selene Maria Vatteroni; l’ancora inedita edizione delle Rime di Bindo Bonichi da Siena realizzata da Fabio Zinelli e in corso di stampa per la SISMEL-Edizioni del Galluzzo. Si segnalano infine un gruppo di testi «disponibili solo in edizioni filologicamente inidonee, per lo più nelle diplomatiche di alcuni canzonieri», di cui il gruppo di lavoro diretto da Leonardi ha prodotto «un’edizione interpretativa di servizio, che ha consentito di inserirli nel corpus» (LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM cit., p. 9). Questa attività editoriale è stata favorita dall’importante lavoro sulla tradizione manoscritta della poesia lirica italiana che Leonardi sta conducendo, e per il quale basterà un rinvio alle pagine introduttive di LIO-ITS. Repertorio della lirica italiana delle Origini. Incipitario dei testi a stampa (secoli XIII-XVI) su CD-ROM, a cura di Lino Leonardi e Giuseppe Marrani, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2005; cfr. per i dati (esaustivi fino al 1350) la versione internet di LIO nel Portale Mirabile della SISMEL (www.mirabileweb.it). 21 LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM cit., pp. 91-100. Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 17 al campo delle emozioni o di ricerche su aspetti linguistici (per es. fono-morfologici o sintattici) oppure, ed è il caso che vorrei esemplificare, di ricerche sulle rime. Impostando per es. la ricerca «*u<zz,çç>o» e selezionando la funzione RIMARIO (rime a fine verso e rima al mezzo), si ottengono 28 occorrenze visualizzabili a partire da due sistemi: dalle forme grafiche localizzate nel corpus, ottenibile con l’AVVIO di una RICERCA PER FORME e la successiva copia dei risultati nell’ACCUMULATORE del corpus: oppure a partire dai testi che documentano le occorrenze nel corpus, utilizzando la RICERCA PER LISTA TESTI: Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 18 In entrambi i casi, con il comando MOSTRA CONTESTI del menu si arriva a visualizzare la lista di esempi (qui di séguito i primi 8): Una ricerca limitata alle occorrenze lemmatizzate non avrebbe dato risultati (perché il lessico coinvolto è estraneo alla sfera emozionale), ma anche una limitazione alla sezione lemmatizzata, quella dei testi lirici, avrebbe tenuto fuori dai risultati la Commedia dantesca (oltre che L’Acerba di Cecco d’Ascoli) con ovvie conseguenze sul piano della completezza per ogni di- Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 19 scorso su una rima come -uzzo 22. b) Ricerca in sottocorpus: lirica vs non lirica Le unità testuali sono classificate per genere, su base formale (metricocontenutistica), e organizzate in quattro categorie: lirica, per i testi strofici; laude, per testi religiosi di varia forma, per lo più strofica; poemi e poemetti, per testi di varia forma, per lo più non strofica; cantare, per i 22 cantari del corpus, concentrati nella parte post 1337. Anche in questo caso la segmentazione dei testi del corpus ha delle conseguenze, perché le etichette di genere sono assegnate in modo complessivo all’unità testuale, per cui l’attribuzione dell’etichetta lirica al gruppo delle poesie di Guittone edite nei Poeti del Duecento non consente di discriminare al suo interno la ballata religiosa Meraviglioso beato che, ha scritto Leonardi, «sotto ogni aspetto merit[a] la definizione di laude» 23. Come accennato, la lemmatizzazione (e di conseguenza l’iperlemmatizzazione, ossia la realizzazione di un’interconnessione di più lemmi) ha interessato esclusivamente i testi strofici e GATTO 3.3 consente di limitare ad essi le ricerche, utilizzando la funzione SOTTOCORPUS, indicando nella casella GENERE la stringa «*lirica» (l’asterisco consente di includere anche il Detto d’Amore e il corpus dell’Anonimo Genovese 24, oltre ai sonetti inclusi nel22 È quasi superfluo ricordare la nota tesi di Vittorio Rossi, ritenuta probabile da Contini (cfr. Dante come personaggio-poeta della «Commedia» [1957], in Varianti e altra linguistica, Una raccolta di saggi (1938-1968), Torino, Einaudi, 1970, pp. 334-61, a p. 356, e Poeti del Duecento cit., t. II, p. 479), sull’importanza decisiva dei vv. 9-11 del sonetto giunizzelliano Chi vedesse a Lucia un var capuzzo per la collocazione del poeta fra i lussuriosi nel Purgatorio dantesco; lo faccio per ricordare l’opinione contraria di Luigi Blasucci nella sua lectura del canto dantesco: Autobiografia letteraria e costruzione narrativa nel XXVI del Purgarorio, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», s. III, XVIII, 1988, pp. 1035-65, a p. 1053. 23 Leonardi, Questioni di identità del genere lirico cit., p. 936. 24 Il primo, ovviamente, da Il Fiore e il Detto d’Amore attribuibili a Dante Alighieri, a cura di Gianfranco Contini, Milano, Mondadori, 1984, pp. 485-512, visto che le recenti edizioni curate da Paola Allegretti (Firenze, Le Lettere, 2011) e da Luciano Formisano (Roma, Salerno Editrice, 2012) sono uscite quando il corpus era già stato assemblato; il secondo – meno ovviamente, considerato che già da anni è disponibile un’edizione più affidabile a cura di Jean Nicolas (Anonimo genovese, Rime e ritmi latini, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1994) – dall’edizione a cura di Luciana Cocito (Anonimo Genovese, Poesie, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1970), ma con un massiccio intervento filologico all’atto dell’inserimento nel Corpus OVI a Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 20 l’Amorosa visione e nel Teseida di Boccaccio e quelli che accompagnano i componimenti in terza rima nelle Favole esopiche edite da McKenzie 25, che in LirIO sono stati marcati «poemetti/lirica»): Viceversa, se si volesse limitare la ricerca al corpus non lirico, si dovrebbe impostare la medesima condizione selezionando inoltre la casella NO accanto quella del genere: cura di Silvio Melani e con l’esclusione dei nn. 25-27, 29, 31, 40, 42, 49, 66, 67, 77, 101, 106, 109, 112, 138, per cui si è ricorsi all’edizione contenuta nei Poeti del Duecento cit., t. I, pp. 713-61. 25 K. McKenzie, Italian Fables in verse, «Publications of the Modern Language Association of America», XXI, 1906, pp. 226-78. Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 21 L’impostazione dei sottocorpus A (testi lirici) e B (testi non lirici) è avvenuta in base a un solo parametro, ma è possibile sia combinare i parametri sia effettuare ricerche su più sottocorpus contemporaneamente. D’altro canto, effettuando una ricerca per lemmi sull’intero corpus, le occorrenze saranno rinvenute esclusivamente nella parte lirica, ma sarà possibile in ogni momento allargare le ricerche e ottenere risultati sull’intero corpus. c) Ricerca per lemmi: il lessico dell’affettività La lemmatizzazione di questa versione del corpus LirIO, che con i suoi tre livelli di iperlemmatizzazione ha coinvolto ben 77.490 occorrenze distribuite in più di mille lemmi e 163 iperlemmi, costituisce fra l’altro un importante test per GATTO 3.3, che una lemmatizzazione così ampia e ramificata l’aveva gestita solo in simulazioni assai meno complesse 26. 26 Di pari passo a LirIO è stato sviluppato tra l’OVI e la Scuola Normale Superiore di Pisa un altro ampio corpus testuale, il DiVo. Dizionario dei Volgarizzamenti, nell’àmbito di un Progetto FIRB-Futuro in ricerca 2010, coordinato da Elisa Guadagni- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 22 I lemmi individuati sono quelli elencati e organizzati nella tabella del Lessico delle emozioni della lirica romanza, alla cui elaborazione hanno lavorato soprattutto Gaia Gubbini e Roberto Rea e che rispecchia la struttura semantico-concettuale esposta nel maggio 2011 all’Accademia dei Lincei da Roberto Antonelli nell’àmbito della presentazione dei primi risultati del progetto 27. Come ogni lavoro fondato su ricerche di prima mano sui testi, ci sono stati aggiustamenti in corso d’opera che hanno consentito di raffinare i dati di partenza, fondati sull’esame dei lemmi presenti nella parte in versi del Corpus OVI: la scelta di limitare la lemmatizzazione ai soli testi lirici ha determinato la rinuncia a un certo numero di lemmi pertinenti; al contempo, grazie all’indagine su tutte le occorrenze (non praticabile sul ben più esteso Corpus OVI), sono stati reperiti alcuni lemmi assenti in quel lemmario. Per esempio: il macrolemma INVIDIA (che risale all’emozione DESIDERIO, nella categoria CUPIDITAS) comprende in LirIO sette lemmi: invidia s.f. (anche personificata), invidiare v., invidiato agg., invidioso agg. e invidioso s.m., oltre ai lemmi invìdo s.m. e ìnvido agg. inizialmente non indicati; al contrario, il lemma invidiamento s.m., che era era stato in un primo tempo indicato come presente nel corpus, non vi compare più perché l’occorrenza associata al lemma si trova nel poemetto in novenari I quindici segni del giudizio 28, escluso in corso d’opera dalla lemmatizzazione. Complessivamente, con la limitazione della lemmatizzazione ai testi strofici – peraltro opportuna non solo per garantire la fattibilità del lavoro ma soprattutto per ragioni di omogeneità con le altre banche dati, fondate propriamente sulla lirica – si è rinunciato alla classificazione di almeno 180 lemmi legati alla sfera emozionale. Il lavoro di lemmatizzazione ha fatto emergere lemmi che differiscono per prefissazione (oltre che per suffissazione): così il macrolemma FASTIDIO ni e Giulio Vaccaro; le prime versioni diffuse online consentono già di apprezzare la ricchezza di un corpus che sarà anch’esso dotato di un’ampia iperlemmatizzazione tematica su cui informa Diego Dotto, Note per la lemmatizzazione del corpus DiVo, «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», XVII, 2012, pp. 339-66. 27 Per l’occasione, la seduta pubblica del 13 maggio 2011 della Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche dell’Accademia dei Lincei, è stato realizzato un opuscolo informativo, intitolato Il lessico delle emozioni nella lirica europea medievale e un nuovo database, a firma Roberto Antonelli, Mercedes Brea, Paolo Canettieri, Rocco Distilo, Lino Leonardi. 28 Michele Barbi, D’un antico codice pisano-lucchese di trattati morali [1901], in La nuova filologia e l’edizione dei nostri scrittori da Dante a Boccaccio, Firenze, Sansoni, 1938, pp. 243-59. Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 23 (che risale all’emozione SDEGNO, nella categoria dell’IRA) comprende sei lemmi, e ai quattro indicati a inizio lavoro 29 (fastidio s.m., fastidioso agg., fastidire v., fastidito agg.) si sono aggiunti, sia pure con un’occorrenza a testa, i lemmi affastidiare v. («e or che ber ti vedi in sì marcia onda / che t’affastidia e non vedi riparo» 30) e infastidito agg. («Se già gran tempo infastidita e lassa / Se’ di quel dolce falso fuggitivo» 31). I criteri di lemmatizzazione riprendono, con alcuni adattatamenti e semplificazioni, quelli adottati nel Corpus OVI dell’italiano antico: ogni lemma è costituito da un’entrata, una categoria grammaticale e un eventuale disambiguatore che serve a distinguere lemmi omografi o, nel caso concreto di LirIO, particolari realizzazioni di un lemma, come le personificazioni (fra le quali spiccano le più di 3200 occorrenze di Amore personificato): 29 In realtà cinque, ma fastidiare v. è risultato documentato solo nella parte non lirica. 30 Sono i vv. 11-12 della poesia anonima Quell’alta promission, contenuta nello Specchio umano o Libro del Biadaiolo di Domenico Lenzi, edita da Giuliano Pinto, Il Libro del Biadaiolo. Carestie e annona a Firenze dalla metà del ’200 al 1348, Firenze, Olschki, 1978, p. 373. 31 Sono i vv. 9-10 del sonetto L’un pensier parla co’ la mente e dice, edito fra le Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite, a cura di Angelo Solerti, Firenze, Sansoni, 1909, p. 233 (n. 175). Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 24 Limitatamente ai testi lirici e ai lemmi delle emozioni, la lemmatizzazione è stata condotta esaustivamente, ovvero tutte le occorrenze sono state ricondotte a un lemma, e poi iperlemmatizzate, senza discriminare per i lemmi polisemici le occorrenze collegabili con il significato ‘emozionale’ e quelle collegabili con altri significati del lemma. Per esempio, nel caso del lemma ardente agg., il risultato delle ricerca contempla sia occorrenze legate alla sfera del desiderio intenso e impellente («Ardente son di far suo piacimento»), sia occorrenze legate propriamente alla combustione («e foco arzente ghiaccia diventare»): Si noterà inoltre la presenza di componimenti che appaiono duplicati (cfr. 1/3, 2/4, 5/6), in conseguenza alla decisione di offrire in LirIO, accanto alla versione delle poesie dei Siciliani recentemente edite nei tre volumi dei Meridiani Mondadori 32, anche la versione contenuta nei Poeti del Duecento continiani, per la «fondamentale importanza» che ha avuto quella raccolta nella storia della filologia e della letteratura italiana 33. Si tratta di 61 componimenti in 28 unità testuali per 17641 occorrenze. 32 Antonelli-Di Girolamo-Coluccia, I poeti della scuola siciliana cit. Cfr. l’introduzione a LirIO. Corpus della lirica italiana delle origini su CD-ROM cit., p. 4, da cui ricavo l’espressione tra virgolette. 33 Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 25 d) Ricerca per iperlemmi: la rete semantica dell’affettività La vera novità di questa versione di LirIO è l’iperlemmatizzazione su tre livelli, una diretta conseguenza dell’adeguamento della lemmatizzazione alla mappa concettuale dell’affettività e delle manifestazioni fisiologiche delle emozioni che sta a fondamento del progetto. GATTO 3.3 consente di partire con una ricerca da uno qualsiasi dei livelli di iperlemmatizzione, e di interrogare da quel punto il corpus. Se si parte dal livello più alto, il terzo nel caso di LirIO, è possibile visualizzare le cinque categorie che sono alla base del sistema concettuale delle emozioni: le coppie di tradizione agostiniana TRISTITIA / LAETITIA e TIMOR / IRA, cui si è opportunamente aggiunta la categoria della CUPIDITAS: Scelto il livello di iperlemmatizzazione da cui partire, è possibile visualizzare gli iperlemmi di livello inferiore e navigare fra i livelli di iperlemmatizzazione, e di arrivare al lemma da cui parte la catena degli iperlemmi. Selezionando per esempio l’iperlemma di livello 3 CUPIDITAS e chiedendo di visualizzare le coppie lemma/iperlemma, si ottengono i lemmi collegati e l’iperlemma di livello 1: Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 26 Non è tuttavia percepibile che sotto la categoria CUPIDITAS (iperlemma di livello 3) si raccolgono le emozioni AMORE, DESIDERIO, PIETÀ, SPERANZA (iperlemmi di livello 2), che a loro volta raccolgono una serie di macrolemmi (iperlemmi di livello 1), ovvero quelli visualizzati in ordine alfabetico nella schermata esemplificativa: ABBRAGIARE, AMICIZIA, AMORE, ecc. L’elenco completo delle emozioni che fanno capo alla CUPIDITAS è il seguente: AMORE AMICIZIA, AMORE, DRUDERIA, SOVRAMARE DESIDERIO ABBRAGIARE, AFFIAMMARE, ARDORE, CALERE, CUPIDIGIA, DESIDERIO, INTENDENZA, INVIDIA, TALENTO, VOLONTÀ PIETÀ BENEVOLENZA, MERCÉ, PIETÀ, UMILTÀ SPERANZA ATTENDIMENTO, CONORTO, RISPETTO, SOFFERENZA, SOSPETTO, SPERANZA CUPIDITAS A ciascuno degli iperlemmi di livello 1 (o macrolemmi) sono stati associati Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 27 dei lemmi: per esempio al macrolemma AMICIZIA sono collegati i lemmi amica s.f., amicare v., amicizia s.f., amico s.m. (anche personificato) e amico agg., amistà s.f., amistanza s.f., amistare v., amistia s.f., inamicare v. Selezionando per esempio la coppia AMICIZIA/amistanza s.f. si ottengono i contesti associati: Questa parte del programma ha un utilizzo un po’ complesso, ma quel che conta nell’iperlemmatizzazione è la sequenza dei collegamenti fra occorrenze, lemmi e iperlemmi via via più inclusivi: una sequenza che certamente nel portale web in corso di realizzazione consentirà una più agevole consultazione dei risultati delle ricerche e il collegamento con le altre banche dati poetiche. Appendice Come guida alla lemmatizzazione delle tre tradizioni poetiche coinvolte nel progetto l’Unità di ricerca centrale, cooordinata da Roberto Antonelli all’Università Sapienza di Roma, ha realizzato una tabella trilingue del lessico delle emozioni della lirica romanza, dalla quale si estraggono i dati relativi all’italiano antico, integrati con le acquisizioni del lavoro di lemmatizzazione svolto da Marco Paciucci. In corsivo i lemmi che al 15 aprile 2013 avevano una voce TLIO corrispondente. TRISTITIA ANGOSCIA ANSIA ANGOSCIA PESANZA ansiare, ansietà, ansioso angoscia, angosciare, angosciato, angoscio, angosciosamente, angoscioso Ƈ strangosciare, strangosciato, trangosciare, trangosciato pesamento, pesante, pesanza, pesare, pesato, peso ____________________________________________________________________ DISPERAZIONE DISCONFORTO DISPERANZA SPERDERE disconfortanza, disconfortare, disconfortato, disconforto dispera, disperanza, disperare, disperato, disperazione, dispero sperdere, sperditrice, sperduto, sperso ____________________________________________________________________ DISPIACERE dispiacente, dispiacenza, dispiacere, dispiacevole, dispiacimento Ƈ adispiacere DISABBELLIRE disabbellire rancura, rancurare, rancore RANCURA DISPIACERE ____________________________________________________________________ DOLORE AFFANNO COCENTE DANNO DISTRINGERE DOLORE affannare, affannata, affannato, affanneggiare, affanno, affannoso cocente, cuocere dannaggio, dannamento, dannare, dannato, dannazione, danneare, danneggiare, danneggiato, danneggio, dannifico, dannità, danno, dannoso Ƈ condannare distretta, distrettamente, distretto, distringere, distringimento doglia, doglienza, doglio, dogliosamente, doglioso, , dolente, dolenza, dolere, , do- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini GREVEZZA GREVE LANGUORE MALE MALANZA MARTIRIO PENA PIETÀ SOFFERENZA TORMENTO TORTURA TRAVAGLIO 30 so, dolentare, dolente, dolenza, dolere, dolo, doloranza, dolorare, dolore, dolorosa, dolorosamente, doloroso, doloso, doluto, duolo Ƈ addolorare, addolorato, condolere, ridolere gravamento, gravanza, gravare, gravato, grave, graveggiare, gravemente, gravenza, gravero, gravità, gravore, gravosamente, gravoso, grevezza Ƈ aggravato, aggravare, disgravare, oltragravoso, sgravare grevare, greve, grevemente; grevore, grevoso Ƈ aggrevare, disgrevare languente, languido, languire, languore male, maletta, malìa, maligna, malignanza, malignare, malignità, maligno, malo malenanza martirare, martire, martirio pena, penace, penaiolo, penale, penare, penato, penosamente, penoso Ƈ appenare, appenato pietà, pietanza, pietosa, pietosamente, pietoso Ƈ dispietanza, dispietare, dispietato, dispietoso, impietanza, impietoso, spietà, spietanza, spietata, spietato, spietoso sofferente, sofferenza, sofferuta, soffrezza, soffrimento, soffrire, soffritore tormentare, tormentato, tormento, tormentoso tortura travagliare, travaglia, travagliato, travaglio ____________________________________________________________________ AFFLIZIONE AMARORE CONSIRO CORRUCCIO CUITA NOIA ESMAI FELLONIA IRA amaramente, amarare, amareare, amareggiare, amarezza, amariato, amarire, amaritudine, amaro, amarore, amaroso consirare, consiro, consiroso corrucciamento, corrucciare, corrucciato, corruccio, corruccioso cuitare, cuito, coitoso noia, noiare, noio, noiosamente, noioso Ƈ annoiare, annoiato, annoioso, innoia, innoiare, innoio, innoioso esmai fello, fellonia, fellone, fellonesco, fellonito, fella, fellonamente Ƈ infellonito ira, iratamente, irato, iracondia, iracondo, iranza, irare, iroso Ƈ adiranza, adirare, adirato, adiroso Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 31 lagna, lagnare, lagno, lagnoso LAGNA SMARRIMENTO smarrimento, smarrire, smarrito Ƈ dismarrito, diPENSIERO SOGNA TRISTEZZA smarrire pensagione, pensamento, pensante, pensare, pensata, pensatamente, pensato, pensatore, pensiero, pensivo, penso, pensosamente, pensoso Ƈ appensare, appensato, impensare, ripensare, ripensato, trapensare, trapensato sogna, sognare, sogno Ƈ insognare, insogno trista, tristanza, tristare, triste, tristemente, tristezza, tristìa, tristizia, tristo, tristore Ƈ attristare, contristare, contristato, intristare, stristanza LAETITIA DIVERTIMENTO DIMORANZA DIPORTO GIOCO SOGGIORNO SOLLAZZO dimora, dimoramento, dimoranza, dimorare, dimo rata, dimorato, dimorazione, dimoro diportanza, diportare, diportato, diporto, Bel-Diporto giocante, giocare, giocatore, gioco, giocondare, giocòndere, giocondo, giocoso soggiornare, soggiorno sollazzare, sollazzante, sollazzo ____________________________________________________________________ FELICITÀ ALLEGRIA BALDORE BENE BENINANZA BENESTANTE SCHIARIRE GAIEZZA LIETO allegraggio, allegramente, allegramento, allegranza, allegrare, allegrezza, allegrire, allegro, allegroso Ƈ rallegranza, rallegrare baldamente, baldanza, baldanzosamente, baldanzoso, baldezza, baldo, baldore, baldoria bene beninanza, beninenza benestante schiarare, schiarire Ƈ dischiarare, dischiaramento, rischiarire, rischiarare, rischiarato gaiamente, gaietto, gaiezza, gaio lietamente, lietare, lietezza, lieto Ƈ allietare ____________________________________________________________________ PIACERE ABBELLIRE ABBONDANZA abbellire, abbellare abbondamento, abbondante, abbondantemente, abbondanza, abbondare, abbondevole, abbondevolmente, abbondo, abbondosamente, abbondoso Ƈ , , Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 32 Ƈ sovrabbondanza, sovrabbondare, sovrabbondoso adattare, adatto ADATTO AGGRADAGGIO aggradaggio, aggradare, aggradimento, aggradire, aggradito, aggradivo diletta, dilettabile, dilettamento, dilettante, diletDILETTO tanza, dilettare, dilettazione, dilettevole, diletto, dilettore, dilettosamente, dilettoso, dilezione disdotto, disdurre DISDOTTO dolce, dolcemente, dolcetta, dolcetto, dolcezza, DOLCEZZA dolcità, dolzore Ƈ addolcire, addolciare, ridolcezza, stradolce, tradolce gaudente, gaudere, gaudimento, gaudio, gaudioGAUDIO so, gaudivo, godente, godere, goderia, godimento, goduta gioi, gioia, gioiosa, gioiosamente, gioioso, gioiGIOIA re, gioivo piacente, piacentemente, piacentero, piacentezza, PIACERE piacenza, piacere (s.m.), piacere (v.), piacevole, piacevoletto, piacevolezza, piacimento, piagentare Ƈ apiacere, ripiacere, sovrapiacente, spiacente, spiacenza, spiacere, spiacevole, spiacimento, trapiacente soave, soavemente, soavezza, soavità, soavitoso SOAVEZZA ____________________________________________________________________ CONFORTO ALLEVIARE APPAGARE CONFORTO CONORTO CONSOLANZA PACE RIVENIRE alleggiamento, alleggiare, alleviamento, alleviare, alleviato appagare, appagato, appago (agg.), appago (s.m.) confortamento, confortanza, confortare, confortato, conforto, confortoso Ƈ riconfortare, riconfortato, sconfortamento, sconfortare, sconfortato, sconforto conortare, conorto consolamento, consolanza, consolare, consolato, consolatore, consolazione, consolo, cònsolo Ƈ disconsolare, disconsolato, riconsolo, sconsolanza, sconsolata, sconsolatamente, sconsolato pace, pacificare, pacificato, pacifico rivenire Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 33 TIMOR SOGGEZIONE TIMORE VERGOGNA tema, temente, temenza, temere, temuto, timoranza, timorato, timore, timorente, timoroso Ƈ attimorire, ritemere vergogna, vergognare, vergognato, vergognoso Ƈ svergognare, svergognato ____________________________________________________________________ PAURA DOTTANZA SPAVENTO PAURA RIGUARDO TIMORE dotta, dottaggio, dottanza, dottare, dotto, dottosa, dottosamente, dottoso Ƈ ridottare spaventamento, spaventare, spaventato, spaventazione, spaventevole, spavento paura, paurosamente, paurosa, pauroso Ƈ impaurare, spaurare, spaurire, spauroso riguardamento, riguardare, riguardo, Dolce-Riguardo vedi SOGGEZIONE ____________________________________________________________________ VERGOGNA AUNIRE ONTA VERGOGNA aunire, aunito onta, ontare, ontato, ontire, onto, ontosa, ontosamente, ontoso Ƈ adontare, adontato vedi SOGGEZIONE ____________________________________________________________________ SCONCERTO BILANCIA ERRORE MERAVIGLIA SBALDIRE TURBAMENTO bilancia erra, errante, erranza, errare, errato, errenza, erro (agg.), erro (s.m.), errore sbaldire, sbaldimento, sbaldore Ƈ risbaldare, risbaldente, risbaldire, risbaldore meraviglia, meravigliare, meraviglioso, meravigliosamente, meravilio turbare, turbamento, turbanza, turbato, turbazione Ƈ conturbare, conturbato, perturbare, perturbato, sturbare, sturbato, sturbero, sturbanza, sturbatore, sturbo IRA IRA CORRUCCIO FELLONIA corrucciamento, corrucciare, corrucciato, corruccio, corruccioso fella, fello, fellonamente, fellone, fellonesco, , Ƈ infellonito Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini IRA RABBIA RANCURA 34 fellonia, fellonito Ƈ infellonito ira, iracondia, iracondo, iranza, irare, iratamente, irato, iroso Ƈ adiranza, adirare, adirato, adiroso rabbia, rabbiare, rabbioso Ƈ arrabbiare, arrabbiato rancura, rancurare, rancore ____________________________________________________________________ SDEGNO SBARAGLIA DISDEGNO DISGRATO DISAMORE INDEGNITÀ NOIA FASTIDIO MALTALENTO ORGOGLIO RIFUGIO VILTÀ sbaraglia disdegna, disdegnanza, disdegnare, disdegnato, disdegno, disdegnosa, disdegnosamente, disdegnoso disgradare, disgradevole, disgrato disamante, disamare, disamato, disamorare, disamorato, disamore, disamoroso, disinnamorare indegnare, indegnamente, indegnità, indegno noio, noia, noiare, noioso, noiosamente Ƈ annoiare, annoiato, annoioso, innoioso, innoia, innoiare, innoio fastidio, fastidioso, fastidire, fastidito Ƈ affastidiare, infastidito maltalento orgogliamento, orgoglianza, orgogliare, orgoglio, orgogliosa, orgoglioso Ƈ inorgoglire rifugio, rifuggire, rifuggito vile, vilezza, vilmente, viltà, viltanza Ƈ invilire, invilito ____________________________________________________________________ CRUDELTÀ ABILITÀ CATTIVITÀ CROIO CRUDELTÀ DUREZZA INIQUITÀ ESTRANEITÀ MALVISTÀ abilità cattiva, cattivanza, cattivare, cattiveggiare, cattivella, cattivello, cattività, cattivo Ƈ incattivire, incattivito croio, croia crudele, crudelezza, crudelmente, crudeltà Ƈ incrudelire dura, duramente, durazzo, durezza, durità, duro iniqua, iniquamente, iniquità, iniquitosatamente, iniquitoso, iniquo estranea, estraneo malvagia, malvagìa, malvagiamente, malvagio, malvagità, malvistà Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO FIEREZZA MALE MALEVOLENZA MALIZIA SELVAGGIO 35 fieramente, f(i)erezza, f(i)ero male, maletta, malìa, maligna, malignanza, malignare, malignità, maligno, malo malevolenza, malevolo malizia, maliziare, malizioso selvaggiamente, selvaggio Ƈ oltraselvaggio CUPIDITAS DESIDERIO ABBRAGIARE AFFIAMMARE ARDORE CALERE CUPIDIGIA DESIDERIO INTENDENZA INVIDIA TALENTO VOLONTÀ abbragiare, abbragiato affiammare, affiammato ardente, ardentemente, ardere, ardore, ardura, arso calere Ƈ non-calere, non-cale covitare, covitoso, cupidamente, cupidezza, cupidigia, cupidità, cùpido, cupido desìa, desiante, desianza, desiare, desiato, desiatore, desideranza, desiderare, desiderato, desiderio, desideroso, desìo, desiosamente, desioso, desira, desiranza, desirare, desire, desiroso, desiuzzo intendanza, intendente, intendenza, intendere, intendevole, intendimento, intenditore, intenza, intenzione, intesa, inteso invidia, invidiare, invidiato, invidioso, invido, ìnvido talentare, talento, talentoso Ƈ attalentare, intalentare voglia, vogliato, voglienza, voglio, voglioso, volente, volenterosamente, volenteroso, volenza, volere, volontà, volontariamente, volontario, volontoso, volubile Ƈ contravvolere, disvolere, invogliare, invogliato, non-volere, non-volontà, svolere ____________________________________________________________________ AMORE AMICIZIA AMORE amica, amicare, amicizia, amico, amistà, amistanza, amistare, amistia Ƈ inamicare amabile, amante, amanza, amare, amata, amativo, amato, amatore, amatrice, amoranza, amore, amoretta, amorevole, amorosa, amorosamente, amorosello, amorosetto, amorosità, amoroso Ƈ disnamorato, innamora, innamoramento, innamoranza, innamoratamente, innamorato, innamoria, innamoro, rinnamorare, snamorare Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini DRUDERIA SOVRAMARE 36 druda, druderia, drudo sovramare ____________________________________________________________________ SPERANZA ATTENDIMENTO CONORTO SPERANZA RISPETTO SOFFERENZA SOSPETTO attendere, attendimento, attendo, attesa, atteso conortare, conorto speme, spera, speramento, speranza, sperare, sperato, spero Ƈ disisperare, insperare rispetto sofferente, sofferenza, sofferuta, soffrezza, soffrimento, soffrire, soffritore sospeccianza, sospettare, sospetto, sospettosamente, sospettoso, sospicante, sospicare, suspicione ____________________________________________________________________ PIETÀ BENEVOLENZA MERCÉ PIETÀ UMILTÀ benvoglioso, benevolente, benevolenza, benevolo, benvolere (v.), benvolere (s.m.) mercé pietà, pietanza, pietoso, pietosa, pietosamente Ƈ dispietanza, dispietare, dispietato, dispietoso, impietanza, impietoso, spietà, spietanza, spietata, spietato, spietoso umile, umiliare, umilmente, umiltà, umiliato, umilianza MANIFESTAZIONI FISIOLOGICHE SBADIGLIO FRIGGERE FREMERE LACRIMA PASMO PIANTO PLORO RISO SOSPIRO TREMORE sbadigliare friggere fremere, fremire, fremito lacrima, lacrimare, lacrimabile (s.m.), lacrimale, lacrimato, lacrimetta, lacrimosa, lacrimoso pasmare, pasmo piangente, piangere, piangitore, pianto Ƈ compiangere, compianto, rimpiangere plorare, plorante, ploro Ƈ implorare ridente, ridere, risa, riso, risibile sospirare, sospiro Ƈ risospirare tremante, tremare, tremebondo, tremente, tremito, tremo, tremolante, tremolare, tremolente, tremolento, tremore Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ARRIGOGLIARE v. 0.1 arigogliare, arigogliò. 0.2 Da rigoglio. 0.3 Bibbia (05), XIV-XV (tosc.): 1. 0.4 Att. solo nella Bibbia volg. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Pron. Riempirsi d’orgoglio. 0.8 Rossella Mosti 15.02.2012. 1 Pron. Riempirsi d’orgoglio. [1] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 31, vol. 5, pag. 793.5: e quelli sono somiglianti all’angiolo che per sua bellezza si arigogliò sì forte che pienamente mise tutto suo potere contro a Dio, e credeva troppo più valere ch’elli non fece... [2] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 31, vol. 5, pag. 785.6: ma perciò niuno non si deve arigogliare di bene che facci, anzi deve tutto tempo rendere grazia a Dio. ARRIGOGLIO s.m. 0.1 arigoglio. 0.2 Da rigoglio. 0.3 Bibbia (05), XIV-XV (tosc.): 1. 0.4 Att. solo nella Bibbia volg. 0.5 Locuz. e fras. essere in arrigoglio 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Senso smodato di autostima, superbia. Essere in arrigoglio: essere orgoglioso, inorgoglirsi. 0.8 Rossella Mosti 15.02.2012. 1 Senso smodato di autostima, superbia. Essere in arrigoglio: essere orgoglioso, inorgoglirsi. [1] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 16, vol. 5, pag. 670.26: E perciò dice Salomone, che Iddio odia molto l’orgoglio dell’uomo; chè il primo uomo trapassò il comandamento del nostro Signore per arigoglio... [2] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 30, vol. 5, pag. 769.8: ma la sapienza è di lasciare invidia e arigoglio e altri peccati... [3] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 30, vol. 5, pag. 772.11: E i malvagi disleali, che sono in arigoglio, non degnano di temere i comandamenti della legge cristiana... ARRIGOGLIOSO agg./s.m. 0.1 arigogliosa, arigogliosi, arigoglioso. 0.2 Da rigoglio. 0.3 Bibbia (05), XIV-XV (tosc.): 1. 0.4 Att. solo nella Bibbia volg. 0.5 Locuz. e fras. arrigoglioso di cuore 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che ha un eccessivo senso di autostima; superbo. 1.1 Fras. Arrigoglioso di cuore: superbo. 2 Sost. Chi ha un eccessivo senso di autostima; superbo. 0.8 Rossella Mosti 15.02.2012. 1 Che ha un eccessivo senso di autostima; superbo. [1] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 10, vol. 5, pag. 638.3: [6] Nostro Signore dona la sua benedizione ai buoni uomini e ha tutti i suoi beni; alli uomini giotti, maledicenti e arigogliosi dona sua maledizione. [2] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 19, vol. 5, pag. 688.3: [1] Molto vale meglio semplice vita e chi semplicemente crede nel nostro Signore, che non è l’uomo arigoglioso e ricco, che vuole per suo potere e disputare e fare contro a ragione, e colui chiama Salomone folle e mal pensante. 1.1 Fras. Arrigoglioso di cuore: superbo. [1] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 26, vol. 5, pag. 745.1: [23] Quando lo uomo, arigoglioso di cuore, dice male con la lingua, Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini molto ne vale di peggio... 2 Sost. Chi ha un eccessivo senso di autostima; superbo. [1] Bibbia (05), XIV-XV (tosc.), Pr 22, vol. 5, pag. 709.5: [5] Nella via e nella casa dello arigoglioso e nel suo cuore è tuttavia pensiero reo, per che possa gravare altrui; chè l’arigoglioso non ama nè Dio nè uomo... GAUDENTE agg./s.m. 0.1 galdent, gaoiente, gaudente, gaudenti, ghaldenti. 0.2 V. gaudere. 0.3 Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.); Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.); Poes. an. pis., XIII ex.; Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.); Stat. sen., 130910 (Gangalandi); Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.). In testi sett.: Poes. an. mant., XIII/XIV; Jacopo della Lana, Inf., 132428 (bologn.). In testi mediani e merid.: Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.); Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.). 0.5 Locuz. e fras. cavaliere gaudente 3; frate gaudente 3. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Colmo di felicità e soddisfazione, gioioso. 1.1 Che genera gioia e piacere. 2 [Relig.] Che ha raggiunto la felicità eterna, beato. 3 Sost. Appartenente all’ordine religioso-militare dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria (fondato a Bologna nel 1233). 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Colmo di felicità e soddisfazione, gioioso. [1] Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.), 76, pag. 20: Poi [ket lu] fante foe natu, / Alessiu foe prenominatu. / Lu patre ne fo letificatu, / 40 co· ttut[ta] Roma lu parentatu, / et tutta Roma era assai gaudente. [2] Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 1.53, pag. 97: Mia penitenza / agio compiuta ormai e son gaudente, / sì che neente / ò rimembranza de lo mal passato, / poi c’a madonna piace ch’i’ ’n gio[i] sia. [3] Poes. an. urbin., XIII, 17.58, pag. 577: Poi returni repente / e ffailo essar gaudente, / et allora la mente / se confort’a adorare. [4] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Canz. 4.6, pag. 134: S’eo canto d’alegranza / inamoratamente, / volendo mag[g]iormente / di mia bona allegrezza aver certanza, / aven per la speranza / che mi fa star gaudente. [5] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 18.11, pag. 136: Ma se la mia ventura mi consente / ch’ella mi degni di farmi quel dono, / sovr’ogn’amante viverò gaudente. [6] Poes. an. mant., XIII/XIV, 10.34, pag. 237: mercé, avine[n]te, / secorm’en presenti, / ché ne mor al postut; / fame galdent / ché v’amo lialment, / ché non sia pentut. [7] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 16, pag. 285.38: Quando ebbe facta sua oratione, girosi al filio del rei, e baciolo e accomandolo a Dio, e scicte del palasso e cominciosine ad andare allegro e gaudente. – Di periodi di tempo o situazioni. [8] Re Giovanni (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), [disc.].16, pag. 86: Dolze tempo e gaudente / inver[i] la pascore! [9] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), disc. 1.60, pag. 68: ché ’l tempo è gaudente, / e la spera e la cèra / chiara de la gente. – Sost. [10] Poes. an. urbin., XIII, 30.72, pag. 607: O Creatore de le creature, / [...] gaudio d’onne gaudente. [11] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 53.13, pag. 171: E non ch’altrui, ma me stess’odïava; / or mogl’i’ vo’ com’i’ odio ’l gaudente. 1.1 Che genera gioia e piacere. [1] Bibbia (06), XIV-XV (tosc.), Ecli 32, vol. 6, pag. 293.11: Così come nella fabbrica- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini zione dell’oro è il segno dello smeraglio, così è il numero della musica nel gaudente e temperato vino. 2 [Relig.] Che ha raggiunto la felicità eterna, beato. [1] Laude cortonesi, XIII sm. (tosc.), 9.2, vol. 1, pag. 122: Fami cantar l’amor di la beata, / quella ke de Cristo sta gaudente. [2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 65.18, pag. 265: Orden de cherubino, serafin tanto ardente, / quella corte gaudente, co l’hai abandonata? [3] Poes. an. pis., XIII ex. (4), 1.1, pag. 25: Ave, Vergine gaudente, / madre dell’Onnipotente! [4] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 381, pag. 32: Dolce mio figlio, tu fecisti el mondo de elementi, / et prima facisti li angeli, che foru tucty gaudenti. [5] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 20.1, pag. 41: Ave, Verçene gaudente, / madre de lo Omnipotente. [6] Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.), cap. 114, Assunz. Maria, vol. 3, pag. 983.1: E così fu ricevuta in cielo gaudente, e allogata a la diritta parte del figliuolo, ne la sedia di gloria. 3 Sost. Appartenente all’ordine religiosomilitare dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria (fondato a Bologna nel 1233). [1] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 20a.7, pag. 484: A ciascun rëo sì la porta claude, / che, sembr’, ha più via che Venezi’ ha Marchi; / entr’ a’ Gaudenti ben vostr’alma gaude, / ch’al me’ parer li gaudii han sovralarchi. [2] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 210, vol. 1, pag. 177.22: Anco, sia tenuto et debia la podestà, per tutto el mese di gennaio, fare consèllio di Campana del comune, nel quale proponga che sia da fare, et fare si debia, de li gaudenti et appogiati loro, et de li altri, e’ quali non stanno a le factioni del comune di Siena. [3] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 33, pag. 570.10: Questi fu uno de l’Ordine [de’] Gaudenti, nome frate Alberigo de’ Manfredi di Faenza. 41 – Locuz. nom. Cavaliere gaudente. [4] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 33, 109-120, pag. 839.4: questo frate Alberigo fu de’ Manfredi da Faenza di Romagna, et in sua vecchiezza si fece cavaliere gaudente. – Locuz. nom. Frate gaudente. [5] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 33, 109-120, pag. 782, col. 2.3: Questo fu uno di Manfredi da Faenza, lo quale in soa vechieza se fe’ fra’ gaudente. [6] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 23, pag. 402.13: Questi due frati furono d’una certa regola, chiamata la regola de’ Frati gaudenti. [7] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 23, 109-123, pag. 602.18: In questi cinque ternari l’autor nostro finge, che volendo rispondere al detto de’ frati Gaudenti, prevenuto da un’altra cosa che vide, incominciò e non andò innanzi con la risposta. GAUDERE v. 0.1 galdent, gaoiente, gauda, gaude, gaudea, gaudei, gaudemo, gaudendo, gaudente, gaudenti, gauder, gaudere, gauderea, gauderen, gauderete, gauderia, gauderisse, gaudesi, gaudete, gaudi, gaudino, gaudiri, ghaldenti. 0.2 Lat. gaudere. 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.); Poes. an. pis., XIII ex.; Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.). In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.). In testi mediani e merid.: Ritmo cass., XIII in.; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.); a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.); Stat. cass., XIV. In testi sic.: a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.). Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare sentimenti di felicità, serenità e soddisfazione. 1.1 Dedicarsi al perseguimento dei beni terreni alla soddisfazione dei bisogni corporei, divertirsi. 2 Usufruire di un bene o provare un piacere, un sentimento. 3 [Relig.] Assaporare la beatitudine eterna. 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Provare sentimenti di felicità, serenità e soddisfazione. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio musce cum formica, 248, pag. 97: E quest è magisterio ke l’om dé ben guardar, / K’el faza tal moviria ke no ’s possa guastar, / Azò k’il temp dra morte, ke no ’s pò lavorar, / K’el possa star seguro, gauder e repossar. [2] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 27, pag. 331.18: Non turbare ma chiarire, non dolere, ma gaudere pertene voi. [3] Disticha Catonis venez., XIII, L. 2, dist. 14, pag. 60.8: nesun gaude longamentre, lo qual vence soto malvasio çuese. [4] Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.), 2.36, pag. 62: Per lo bene ch’io atendo / e disïo d’avere, / ’n fino amor tut[t]o prendo, / in gioia mi par gaudere. [5] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 74.20, pag. 310: Piagne, ride, dole e gaude, securato con temore, / e tal signi fa da fore, - che pagono d’omo stolto. [6] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 606, pag. 348: Denançi ad quella nobele lu Gaudiu ly camina, / ke gaude in veritate. [7] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 81, pag. 99.7: homu di bona conscientia gaudi in dispreciari fortuna. 1.1 Dedicarsi al perseguimento dei beni terreni alla soddisfazione dei bisogni corporei, divertirsi. [1] Jacopone (ed. Bettarini), XIII ui.di. (tod.), Oimè lascio dolente, 15, pag. 50: Lo magnare e lo bere / è stato el mio deletto, / e posare e gaudere / e dormire a lo letto. [2] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 33.60, pag. 63: «Lo coro e’ no l’aço e lasat’ò 42 l’avere / e tuto lo mundo vici a gaudere. [3] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 54, pag. 56.4: “Nisunu po gaudiri in quistu mundu et in l’altru. Et impossibili est ventre et mente impliri, et di dilectu seculari giri a lu dilectu eternali. 2 Usufruire di un bene o provare un piacere, un sentimento. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 223, pag. 532: [S’] un spend e l’autro gaude, non è bono partito. [2] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 122, pag. 604: Mai quel tiegn e[u] per fol qe no se ’n vol partir / finq’el pò en ’sto mondo né andar ni vegnir, / ké, s’el s’atende tanto q’el viegna al fenir, / k’el no porà parlar ni vedher ni audir, / quig qe ’l so dé gauder tosto l’à sepelir. [3] Guittone, Lettere in versi, a. 1294 (tosc.), 11.16, pag. 130: und’è non poco onrato / vostro sennato - e retto e car savere, / ché, dove guerra ha catun tribulato / e deserto a podere / fa voi pace gaudere. [4] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 60.33, pag. 240: de lo ’nferno non temere - e del ciel spem non avere, / e de nullo ben gaudere - e non doler d’avversitate. [5] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), II, 14.6, pag. 275: Chi vence p(er) malicia è p(er)dente / cha pecca e non ·de gaude longame(n)te. [6] Stat. cass., XIV, pag. 22.28: Et securamente sequeten, (et) gauderen de la sperancza de la remuneracione divina. 3 [Relig.] Assaporare la beatitudine eterna. [1] Ritmo cass., XIII in., 97, pag. 13: «Poi ke ’n tanta gloria sedete, / nullu necessu n’abete, / ma quantumqu’a Deu petite / tuttu lo ’m balia tenete, / † et em quella forma bui gaudete, / angeli de celu sete». [2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 27.7, pag. 316: Io m’aggio posto in core a Dio servire, / com’io potesse gire in paradiso, / al santo loco, c’aggio audito dire, / o’ si mantien sollazzo, gioco e riso. / Sanza mia donna non vi voria gire, / quella c’à blonda testa e claro viso, / che sanza lei non poteria gaudere, / Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini estando da la mia donna diviso. [3] Poes. an. pis., XIII ex. (4), 2.75, pag. 32: Tutt’i santi fai gaudere, / con tanto amor permanere, / ché ciascuno à ’l suo volere, / di nullo bene invidioso. [4] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), App., pag. 170.21: Or Iddio ci doni grazia di vietare sì li peccati, [...] acciò che noi possiamo per la sua grazia pervenire al suo regno, e collui e con tutti Santi sempre gaudere. [5] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 42.7, pag. 92: ch’eo possa narrare e departire, / chi ènno in paradiso per gaudere / sempre eternae. GAUDIMENTO s.m. 0.1 galdimento, gaudemento, gaudimento. 0.2 Lat. mediev. gaudimentum. 0.3 Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.); Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.). In testi sett.: Doc. venez., 1314 (2). In testi mediani e merid.: Poes. an. perug., XIV (2). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Sentimento di gioia e di serenità interiore. 2 [Dir.] Facoltà di un soggetto di disporre a proprio piacimento di un bene o di una somma di denaro. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Sentimento di gioia e di serenità interiore. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 36.57, pag. 101: Mettiamo in Dio servire / tutto coral desire, / ché veggio ad om soffrire - gran tempo affanno, / sol per gaudere un’ora. / Ahi, perché non labora / per star mai sempre a sì gran gaudimento? [2] Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.), 2.29, pag. 62: tegnomi in gaudimento / lo male e ben ch’i’ ag[g]io, / ché ’n sì alto segnorag[g]io / mess’ho ’l mio intendimento. [3] Poes. an. perug., XIV (2), 2.112, pag. 16: Si cesserete dai peccata / che d’one mal son fondamento / l’ira mia serà placata, / daròne 43 pace e gaudemento. 2 [Dir.] Facoltà di un soggetto di disporre a proprio piacimento di un bene o di una somma di denaro. [1] Doc. venez., 1314 (2), pag. 119.6: Sì laso tuto lo residuo deli me’ imprestedi li qual eo sì è fati a sto Comun de Venesia, le tre parte a mio frar ser Michel Michel e a mio nevo Pantalon Michel lo quarto infin ch’eli vive in so galdimento de pro e de cavedal se se rendese. GAUDIO s.m. 0.1 caudio, gaiu, gajo, gajora, gaju, galdïo, galdio, galgio, gaud’, gaude, gaudeo, gaudi, gaudi’, gaudie, gaudïi, gaudii, gaudij, gaudïo, gaudio, gaudiu, gaudo, gauiu, gauldio, gauyi, gauyu, gauzo, ghaldio, ghaudi’, ghaudio, goio, golz, gouço. 0.2 Lat. gaudium (DELI 2 s.v. gaudio). 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1 [18]. 0.4 In testi tosc.: Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.); Cronica fior., XIII ex.; Cronichetta lucchese (1164-1260), XIII/XIV; Stat. sen., 130910; Stat. prat., 1319-50. In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Poes. an. bologn., XIII; Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.); Poes. an. bergam., XIII ex.; Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.); Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.). In testi mediani e merid.: St. de Troia e de Roma Laur., 1252/58 (rom.>tosc.); Proverbia pseudoiacop., XIII (abruzz.); Poes. an. urbin., XIII; Laude di Cortona (ed. Contini), XIII sm.; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.); Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.). In testi sic.: Giovanni Campulu, Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 1302/37 (mess.); Simone da Lentini, 1358 (sirac.); Lett. catan. (?), 1370/79. 0.5 Locuz. e fras. avere gaudio 1; fare gaudio 1; stare in gaudio 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Profondo e intenso sentimento di gioia e di appagamento; esultanza. 1.1 Quieta serenità, benevolenza. 1.2 Ciò che suscita felicità o è alla base di uno stato di gioia e appagamento. 2 Piacere o piaceri propri della vita terrena. 2.1 Piacere amoroso o sessuale. 3 [Relig.] Condizione di beatitudine spirituale delle anime salve. 3.1 [Relig.] Evento di gioia mistica e spirituale della vita di Maria o di Cristo; mistero gaudioso. 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Profondo e intenso sentimento di gioia e di appagamento; esultanza. [1] St. de Troia e de Roma Laur., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 161.24: Et poi uno de li consoli de Roma, ke era fugito con xl de cavalieri ad Venosa, poco stette e revenne ad Roma et con granne goio fo receputo da li senatori e da lo populo. [2] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 2, cap. 52, pag. 174.8: Et così l’una parte e l’altra si n’andò con gaudio e con allegrezza. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De die iudicii, 272, pag. 205: Le nost speranz en volte in grang desperamenti, / Lo golz in grand tristitia, li zog in grang tormenti. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 46: (et) così arai gaudio, et fuggendo li predicti mali le tuoe cose crescieranno (et) multiplicherano. [5] Poes. an. bologn., XIII, 41, pag. 10: a vuy torna cum lagreme, l’anima desperata, / da vuy parte cum gaudio, cum çoia consolata. [6] Poes. an. urbin., XIII, 30.28, pag. 606: O core lento, - degno si’ de morte / crudele e fforte, - quando te partivi / da disïare Quello und’avivi / delectamento, gaudïo e ddolçore. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 4.8, pag. 13: Solo la colpa è ’n odio a l’anema ordenata, / e la pena gli è gaudio, ’n vertute essercetata. 44 [8] Cronica fior., XIII ex., pag. 93.29: Nel costui tempo il regnio di Puglia e di Cicilia crebbe e abondò di richeççe e d’allegramento e di gaudio e letitia, più che nullo altro reame del mondo. [9] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 589, pag. 347: La Oratïone partese, e tantu gaudiu advia, / no lo porria cuntare. [10] Cronichetta lucchese (1164-1260), XIII/XIV, pag. 249.31: Et in quello anno lo imperadore venne a Lucca et con grande galdio et con grande allegrezza. [11] Giudizio universale, XIV in. (ver.), 378, pag. 67: la Vergen Maria / [...] si g’à menar tuti en quella vexenda / suso en la corto del cel beneeta / cun tanto gaudio e cun tanta legreça / k’el no se po dir nè cuitar nè scrivro. [12] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 13, pag. 640.1: Or, brievemente, quattro cose sono che danno pace all’anima, [...] cioè le quattro passioni, ovvero affezioni dell’anima, cioè gaudio, timore, speranza, dolore. [13] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 5, pag. 154.2: El favore del popolo defende Eurialo, e le lagrime belle per lo gaudio della vittoria, e la graziosa virtù crescente nel bello corpo. [14] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 8, pag. 38.13: Et chi cognosse e sa que cossa è deleto e piaxer o allegreçça e gouço, no dirà çà che ’ste cose sian allegre né çoioxe né accete e graciose. [15] Stat. cort., a. 1345, cap. 12, pag. 136.17: E sia rescripto ello libro nostro per nostro fratello, e sia recolto da la nostra conpagnia con grande gaudio e alegreça. [16] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 14, pag. 66.15: Et cum grandi hunuri et gaudiu riturnaru in Trayna, ecceptu killi chi in killa battagla foru morti. [17] Lett. catan. (?), 1370/79 (2), pag. 159.2: Hecu ki eu appr[isi] nova di la vostra venerabili paternitati pir frati Thomasi, lu quali si fu a lu venerabili monasteriu, pir la quali cosa eu sì fui repletu di grandisima aligriça et gaudiu. – [Nei rapporti amorosi]. [18] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (ve- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini nez.), 34, pag. 524: qi sente d’amore la travaia e la pena, / lo gaudio e la leticia, como se porta e mena, / [...] çamai non ameria contessa ni raina. [19] Sonn. ann. Vat.Lat. 3793, XIII/XIV (tosc.), 30.2, pag. 95: Un’alegrezza mi vene dal core / con tanto gaudio che mi disnatura, / per zo ch’amato son da la migliore / ch’è somma e più gentile criatura. – [Personif.]. [20] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 605, pag. 348: Denançi ad quella nobele lu Gaudiu ly camina, / ke gaude in veritate. [21] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 6, pag. 190.23: e la Morte, e la Fadiga, e il Sonno consanguineo e congionto della Morte; e i Gaudii della mala mente; e a rimpetto di quella intrata era la Battaglia di morte carca. – Avere gaudio: rallegrarsi, provare gioia o soddisfazione per un evento o per il comportamento di qno. [22] St. de Troia e de Roma Laur., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 193.25: li Romani ad lo custume loro presero ad commattere, fi tanto ke fecero fugire li numantini, pro la quale cosa Scipio ne abbe gran goio. [23] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 8, pag. 88.22: E tutte queste cose li sono grande gaudio e però n’àe maggiore gaudio, ché connosce meglio lo bene eternale che non fanno i pargoli e li semplici. [24] Diatessaron, a. 1373 (fior.), cap. 2, pag. 204.3: e la tua moglie Elisabet ti partorirà un figliuolo, e appellerai il nome suo Giovanni; e avrane gaudio e esultazione. – Fare gaudio: festeggiare, celebrare con gioia. [25] Giordano da Pisa, Prediche, 1309 (pis.), 17, pag. 143.27: questo fratello minore è lo peccatore, del quale si fa gaudio quando ritorna. [26] Sacchetti, Sposizioni Vangeli, 137881 (fior.), Sp. 48, pag. 281.21: Quanto magiormente doveremo fare festa e gaudio del nostro Re, che ha vinto il Demonio, e datoci la libertà a andare a vita etterna! 45 [27] Pass. e Risurrez. udinese, XIV (ven.), 278, pag. 206: Corando ella sen ven a la soa conpagnia / e dis a li discipuli ço ke veçù avea, / [e] ... gran legreça e gran gaudio fasia. – Stare in gaudio: essere allegro, felice, godere della propria condizione di benessere fisico o spirituale. [28] Legg. sacre Mgl.II.IV.56, 1373 (fior.), Legg. d’uno donzello, pag. 139.6: Allora questo donzello gli pareva essere veramente re di Francia: e istando lui in tanto gaudio, ed in tanta grolia, non laudava e non ringraziava lo nome di Dio. 1.1 Quieta serenità, benevolenza. [1] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 1, cap. 46, vol. 1, pag. 125.15: Non temere niente, chè la nazione del tuo figliuolo sarà vero lume, e giudicherà il popolo d’Israel con gaudio e letizia. 1.2 Ciò che suscita felicità o è alla base di uno stato di gioia e appagamento. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 26.47, pag. 63: onesta vita / fu lor gaudio e lor vita. [2] Poes. an. urbin., XIII, 30.72, pag. 607: O Creatore de le creature, / vita d’onne vivente, / conservatore dell’aneme pure, / gaudio d’onne gaudente [3] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), canz. 9.162, pag. 100: Cui Ventur’à in suo sedio, / tardi s’aquista ciò che ’n um pu[n]to corre!, / che, noi vedemmo, del mondo è lo caudio: / riposo di vita, paga di volònta. [4] Laude di Cortona (ed. Contini), XIII sm., 14.37, pag. 55: O Giovanni, grazia viva, / aquila contemplativa, / gaudio fusti dell’uliva / la qual portò il Salv[a]tore. [5] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 8, pag. 88.21: E tutte queste cose li sono grande gaudio. [6] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 5, pag. 174.24: Allora blandi e diletti vicendevoli gaudii toccano la mente sospesa del padre Enea... [7] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 1056, pag. 68: A li pastori poi l’anzol veraze / dise: io ve anonzio gaudio, ch’el è Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini nato / lo Salvatore, e nel presepio zaze. [8] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 17, pag. 188.2: Criste è sua vita e per ello morir se reputava gaudio. 2 Piacere o piaceri propri della vita terrena. [1] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 20a.8, pag. 484: entr’ a’ Gaudenti ben vostr’ alma gaude, / ch’al me’ parer li gaudii han sovralarchi. [2] Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 33, pag. 218.11: Li homini, in questo mondo, dei peccati che fanno e dell’offensioni quasi non ne senteno punture in delle menti loro, unde non senteno queste spine. Et però prendeno li dilecti et li altri gaudij del mondo et non ne curano. [3] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 3, cap. 291, vol. 2, pag. 135.2: de le principali belleze è di ciascuna gentile città che abiano prato o vero luogo a deletto et gaudio de li cittadini et de’ forestieri. [4] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 28, 88-102, pag. 599, col. 1.4: E questo loco, çoè lo Paradiso tereste. Per soa diffalta, çoè, per lo peccato ... sí seguíe pianto e briga, dove prima avrave aipù alegreça, onestà e gaudio dilitoso. – Benessere fisico. [5] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.), 4.233, pag. 501: Fillolo, fillo mio, / ke divissi murire / non me lo volse dire, / nanti m’assecurao / e cclaro me mustrao / [ne l’annunciazïone] / [...] cun gaudio parturire, / sença dolor sentire. 2.1 Piacere amoroso o sessuale. [1] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. III, pag. 309.18: O generazione mortale, andate per lo essemplo de le dee, e non negate i vostri gaudii a li disiderosi uomini. 3 [Relig.] Condizione di beatitudine spirituale delle anime salve. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 354, pag. 163: S’eo no calass de dire per cento milia anni, / Cuintar no se porave li gaudïi tamagni / Com è mirar quii 46 angeli. [2] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 21, pag. 268.7: In sonmo ghaudio eterno l’alma di Pier Vital tegna nostro Segnore, se piace Lui. [3] Proverbia pseudoiacop., XIII (abruzz.), 256, pag. 39: Siniore della gloria, Cristo, luce serena, / Tramme de la miseria, campame de la pena; / Per la Toa dolce gratia ’n quillu locu me mena, / Dov’è gaiu et letitia con visione plena. [4] Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.), 200, pag. 635: Ferma segurtà sì à tuti del so corpo / k’el no dé mai morir unca d’alguna morto, / mo sempro aver vita, requïa e reponso / e gaudio e solaço e pax de gran conforto. [5] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 36.67, pag. 131: Anema, si tu pense ne lo gaudio beato, / non te sirìa graveza guardarte dal peccato. [6] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 8, pag. 88.30: E li giusti, che provano quello bene, cognoscono quello male meglio che li dannati. E questo è a lloro sommo gaudio, ché schifonno quello male e potevano essere dannati. [7] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 31, 130-142, pag. 704, col. 2.7: Qui escusa se non pò dire apieno soa parladura, imperçò che la locutione non segue, né atinge alla imaginativa, né la imaginativa ad alcuna piçola [parte] de quello tanto gaudio. [8] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 1659, pag. 395, col. 1: Non te curare de morte, / cha à aperte le porte / dellu meu paraviso, / dov’è gaju et riso. [9] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 1, pag. 9.4: Poi che Vergilio ha certificato l’Autore di sè, ora inchiede la cagione di lui, perchè elli ritorna indietro, e perchè non sale: e per confortarlo li dà notizia del luogo ove elli ritornava, e di quello dove elli dovea salire, dicendo ch’era principio e cagione di tutto gaudio. [10] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 34, pag. 118.16: l’autru modu si è quandu l’anima pensa lu gauyu eternu, e de zo conchipe allegricza et amuri. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 47 [11] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 15, pag. 75.10: Et perçoché l’omo è sì nobel arboro che s’el porta bon fructo a De’ gracioso el firà translatao al paraixo de gloria celestial in quel sovram regname e gouço sençça fine. [12] Stat. prat., 1319-50, cap. 18, pag. 24.10: vogliamo et ordiniamo, che nullo nostro Capitolo o vero ordinamento, che fatto fosse o a tempo si facesse, possa nè debbia obligare anima a nulla colpa, ma solamente a pena corporale, sì che alla carne sia alcuna pena, et all’anima gaudio eternale. [13] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 3, 1, pag. 58, col. 1.26: esso Angiolo è sustanzia intellettuale, assoluta al postutto da ogni corporale gravezza ingiottito dalla immutabile clarità de’ gaudii della eterna luce. [14] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 44, pag. 272.16: Certamenti è da crê’ e da tenei’ che, como non à fin lo gaudio de li buni, così non à fin la penna de li rei. a. 1340 (sen.). In testi sett.: Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che suscita gioia, che dona conforto, serenità e allegria allo spirito. 2 Che si trova in uno stato di serenità e felicità spirituale o di appagamento fisico. 3 [Relig.] Che rimanda alla gioia eterna e immutabile data dalla grazia divina. 3.1 [Relig.] Che gode della felicità e della ricompensa ultraterrena. 3.2 [Relig.] Sost. Beato, chi risiede in Paradiso avendo conseguito la salvezza eterna. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 3.1 [Relig.] Evento di gioia mistica e spirituale della vita di Maria o di Cristo; mistero gaudioso. [1] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 13, pag. 159.13: Che gioia gioioza e ghaudiozo ghaudio à me gransito nela gioioza vostra e gaudioza prezente sollenitate, nela quale àn gioito Angeli in Cielo! [2] Poes. an. urbin., XIII, 20.13, pag. 581: Amore gratïoso, / Amore pretïoso, / Amore gaudïoso, / Amor süavetoso, / né simile ài né pare. [3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 61.55, pag. 248: O pianto gaudioso, - e pieno d’ammiranza, / o pianto delettoso, - pieno de consolanza... [4] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 5, 121-138, pag. 170, col. 1.3: a ricordarsi del tempo bene avventurado e gaudioxo in lo tempo della tristeza e de la mixeria, si genera grandissimo dolore. [5] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 28, pag. 502.16: 52. Come si gode ec. Descrive gli atti gaudiosi di questa donna. [1] Poes. an. bergam., XIII ex., 13, pag. 66: Lo primo gaudio molto bel: / dal cel vén l’angel Gabrïel, / fy un saluto molto bel / a vo’ donzela. [2] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 28, par. 8, vol. 2, pag. 177.22: [Quid] Si die sabbati si fa festa di li VII gaudii di la matri di Cristu? GAUDIOSO agg./s.m. 0.1 gaudïosa, gaudiosa, gaudïose, gaudiose, gaudïosi, gaudiosi, gaudïoso, gaudioso, gaudioxo, gaudioza, gaudiozo, gauyusu, ghaudioso, ghaudiozo. 0.2 Lat. mediev. gaudiosus (DEI s.v. gaudio). 0.3 Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.); Teperto, Lettera in prosa, XIII sm. (pis.); Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.); Ciampolo di Meo Ugurgieri, 1 Che suscita gioia, che dona conforto, serenità e allegria allo spirito. 2 Che si trova in uno stato di serenità e felicità spirituale o di appagamento fisico. [1] Poes. an. urbin., XIII, 14.30, pag. 571: O gemma pretïosa plu ke oro, / quando non Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini v’aio non sto in reposo, / perké nnull’altra cosa è nnel mondo / ke ffaça star lo cor sì gaudioso. [2] Teperto, Lettera in prosa, XIII sm. (pis.), pag. 433.4: Amico, tua receuta lectera, ch’ebbe gaudiozo, intesi, e, riletta poi che l’ebbi, d’alegra soavità conpres’ ebbi la mente. [3] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 3, vol. 2, pag. 27.14: Et a lu pustutu issu Pompiliu talyau lu capu di la rumana eloquencia et la clarissima man drita di la paci, per summu et seguru riposu. Et purtando quillu capu commu ottimi spolgi, riturnaussindi a Ruma alegru et gauyusu. [4] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 11, pag. 359.15: Inde appresso parla ai compagni, perciò che ogni turba de’ baroni stretta lui copriva, così cominciando li conforta gaudiosi e pieni di molta allegrezza. [5] Laudario Magliabech., XIV sm. (fior.), 62.22, pag. 281: Doloroso era molto sovente, / non credea in Cristo ’nepotente: / convertisti lui et la sua gente / et facestil molto gaudioso. – Sost. [6] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 32.115, pag. 87: Non io, ma voi donqu’ai figliuoi spietosi, / procacciandoi languire infra i languenti, / ed eo li mei gaudere infra i gaudiosi! 3 [Relig.] Che rimanda alla gioia eterna e immutabile data dalla grazia divina. [1] Laude cortonesi, XIII sm. (tosc.), 40.172, vol. 1, pag. 286: Fin a lunidì ke ’l sole nasce / de quello cibo gaudioso pasce: / benedecto Iesù, ke noi sì lasce / così dolce fructo savorare! [2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 79.9, pag. 325: la volontà creata, ’n enfinetate unita, / menata per la grazia en sì alta salita, / en quel ciel d’ignoranzia, tra gaudiosa vita, / co ferro a calamita, - nel non veduto amato. [3] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 32, 100-114, pag. 723, col. 1.7: Cosí ricorsi, çoè ‘cussí’ domandai san Bernardo per la cui dotrina eo contempiava quel gaudioso regno. [4] Jacopo Passavanti, Tratt. superb., c. 1355 (fior.), cap. 7, pag. 235.12: Della quale 48 umilità ella poi nella presenza di santa Lisabet, in quello gaudioso cantico, il quale, piena di Spirito Santo, ringraziando Iddio e profetando, fece una stanza, e disse: Quia respexit humilitatem ancillae suae. [5] a Simone da Cascina, XIV ex. (pis.), L. 1, cap. 20, pag. 125.26: menali teco per li larghissimi e dilettevili prati del paradizo; quine li pasce del gaudioso profundissimo abisso della divinità. 3.1 [Relig.] Che gode della felicità e della ricompensa ultraterrena. [1] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 39.48, pag. 139: Iustizia non pò dare ad om ch’è vizioso / lo renno glorioso, - ca ce serìa spiacente: / ergo, chi non s’esforza ad esser vertuoso, / non sirà gaudioso - co la superna gente. 3.2 [Relig.] Sost. Beato, chi risiede in Paradiso avendo conseguito la salvezza eterna. [1] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 31, 25-42, pag. 690, col. 2.1: Questo gaudioso, çoè queste anime beate sono del vecchio e del novo Testamento, e tutto so viso, so amore hano in Deo. GAUDIVO agg. 0.1 f: gaudivo. 0.2 Lat. tardo gaudivus. 0.3 f Giacomo da Lentini (ed. Contini), c. 1230/50 (tosc.): 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). L’unica att. risulta da una congettura. 0.7 1 Che prova sentimenti di gioia e di spensieratezza. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Che prova sentimenti di gioia e di spensieratezza. [1] f Giacomo da Lentini (ed. Contini), c. 1230/50 (tosc.), 7.162: Cantando [fui] [g]a[ud]ivo, / or vivo pur pensivo / e tutta gente ischivo. || LirIO; l’ed. inclusa nel corpus legge: «Cantando † [...] aivo †»: cfr. Giacomo da Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 17.163, pag. 230. GAUGIENTE agg. 0.1 gaugiente. 0.2 Da gaudente, accostato a gaugio. 0.3 Poes. an. umbr.>aret., 1300: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Felice, pieno di gioia. 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Felice, pieno di gioia. [1] Poes. an. umbr.>aret., 1300, 13, pag. 371: or sù, leto e gaugiente / renuovo il meo cantare. GAUGIO s.m. 0.1 gagiu, gaugio, gaulgio. 0.2 Da gaudio, con influsso del prov. gaug. 0.3 Re Enzo, S’eo trovasse, a. 1272 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Re Enzo, S’eo trovasse, a. 1272 (tosc.); Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.). In testi mediani e merid.: Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.). 0.5 Locuz. e fras. stare in gaugio 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Felicità, serenità. 2 Felicità eterna, stato di grazia e di benessere spirituale dato dall’unione con Dio dopo la morte. 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Felicità, serenità. [1] Re Enzo, S’eo trovasse, a. 1272 (tosc.), 41, pag. 158: non pò mai campare / omo che vive ’n pene, / né gaugio no ’l s’avene, / né pensamento ha ca di ben s’aprenda. [2] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 3, pag. 260.4: Lo rei ebbe a meravillia grande gaugio dela natività di lui, e appellavano lo fantino Iosaphas. – Stare in gaugio: godere di benessere fi- 49 sico o spirituale, essere allegro, felice. [3] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 5, pag. 264.16: «Bene sappi, messere, che in cutale mainiera non posso stare in gaugio, se non in trestitia e tribulatione e gravessa, e lo mangiare e lo bere mi sembra amaro. 2 Felicità eterna, stato di grazia e di benessere spirituale dato dall’unione con Dio dopo la morte. [1] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 8, pag. 270.35: e dunqua andrano quelli che ben feno coli angeli in gaugio durabile, e quelli che male farano in fuoco durabile. [2] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 836, pag. 385, col. 1: danci lu sancto signo / de quillo dolce ligno, / [...] dove Christo posto foce, / che pella nostra morte / ce ópera le porte / dellu santo paraviso, / dov’è gagiu e riso. GIOIA (1) s.f. 0.1 chioya, çioie, çoa, çoge, çogia, çogie, çogla, cogle, çoglia, çoi, çoi’, çoia, çoie, çoj’, çoja, çoy, çoy’, çoya, çoye, gio’, gioe, gioge, giogia, giogie, gioglia, gioglie, gioi, gioi’, gioia, gioie, gioja, gioje, goglia, goi, iogia, ioi, ioia, ioie, ioya, joi, joya, yoya, ziogia, ziogie, zogia, zogie, zogla, zoglia, zoi, zòi, zoi’, zoia, zoie, zoje, zoya, zoye. 0.2 Fr. joie (DELI 2 s.v. gioia 1); le forme masch. del tipo gioi potrebbero derivare dal prov. joi. 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1 [57]. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Ruggieri d’Amici (ed. Panvini), a. 1246 (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Brunetto Latini, Canz., 1260/66 (fior.); Poes. an. sang., 1270-71; Giovanni, 1286 (prat.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Quindici segni, 1270-90 (pis.); Lett. lucch., 1295; Laude di Cortona (ed. Contini), XIII sm.; Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.); Cronica fior., XIII ex.; a Leggenda Aurea, XIII Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ex. (pis.). In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Poes. an. padov., XIII sm.; Amore di Gesù, XIV in. (ver.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Auliver, XIV c. s.d. (trevis.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Ugolino da Fano, XIV pm. (fan.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Gillio Lelli, Rime (ed. Mancini), XIV pm. (perug.). In testi sic.: Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.). 0.5 Anche s.m. (gioi, çoi, zoi). || Forme identificabili come masch. solo in alcune occ., per es. 1 [1]. Locuz. e fras. a gioia 1; avere gioia insieme 1; fare gioia 1, 1.2; gioia amorosa 1; gioia d’amanza 1; gioia d’amore 1, 4; in gioia 1; menare gioia 1; oh gioia 1; pigliare gioia 1; prendere gioia 1; stare in gioia 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Sentimento di profondo appagamento, serenità e soddisfazione; felicità, euforia. 1.1 Divertimento, svago, condizione di spensieratezza. 1.2 Manifestazione evidente di festa e felicità attraverso atti o parole; segno di felicità, esultanza. 2 Avvenimento, atto o discorso che genera sentimenti di felicità, allegria e soddisfazione. 2.1 [Per iron.]. 2.2 Persona che suscita sentimenti di felicità, ammirazione e amore; persona amata. 2.3 [Iron.:] persona spregevole, degna di biasimo, mascalzone, buono a nulla. 3 Bellezza fisica, grazia, armonia; ciò che è gradevole alla vista. 4 [Relig.] Stato di felicità e di benessere spirituale proprio della condizione dei santi e dei beati, conseguenza diretta del contatto e della consuetudine con Dio. 0.8 Marco Paciucci 13.09.2012. 50 1 Sentimento di profondo appagamento, serenità e soddisfazione; felicità, euforia. [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 467, pag. 578: Qui pensas dretamentre le riqece q’el à, / çetaraf povertà quant en ’sto mondo à: / se ’l ben e ’l mal pensase, l’ire e ’l çoi e ’l dolor, / se trovaraf plui rico de nuig emperador. [2] Ruggieri d’Amici (ed. Panvini), a. 1246 (tosc.), canz..23, pag. 62: c’Amor m’à sì ariccato / in tutto ’l meo volere, / e dato m’à a tenere / più ricca gioia mai non fue visato. [3] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 1.13, vol. 1, pag. 260: La gioi’ ch’eo perdo e lasso, / mi strugg’ e mi consuma / como candela ch’al foco s’accende. [4] Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.), 11, pag. 130: e quandu l’omu ha rasuni di diri, / ben di’ cantari e mustrari alligranza, / ca senza dimustranza / joi siria sempri di pocu valuri. [5] Brunetto Latini, Canz., 1260/66 (fior.), 40, pag. 193: ch’io nom posso champire / se prosimanamente / ello, che fue ferente, / non mi risana e fa gioia sentire. [6] Poes. an. sang., 1270-71 (2), 12, pag. 69: Ma sto in spera che di gio’ è pare, / e sì passando lo tenpo mi vivo. [7] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 338, pag. 162: Vezand pur un de quii, tant el hav stragodher, / Tant el s’av confortar, tal goi n’av el haver, / Sed el fiss scortegao, per quel no s’av doler. [8] Giovanni, 1286 (prat.), 19, pag. 22: Dunqua è bisongno ch’io lassi / tutti altri pe(n)sieri, e abassi, / e pleno di gioie a lei passi / p(re)sente. [9] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 1, pag. 86.3: queste sei passioni, o vuoli movimenti d’animo, cioè Amore, Odio, Abbominazione, Diletto e Tristizia e Disiderio, sono nell’appetito che l’uomo à d’avere gioia e diletto. [10] Memoriali bologn., 1279-1300, (1288) [Bonagiunta Orbicciani] 34.14, pag. 65: ventura m’ha congiunto a sí bon porto / che tute le mi’ pene in gio’ refrisca. [11] Quindici segni, 1270-90 (pis.), 99, pag. 255, col. 2: quella è gioia molta ria / che torna in pianto tucta via. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [12] Poes. an. urbin., XIII, 27.9, pag. 601: Çoia ke llassi per força de morte / è ’nn esto mondo, e nno ce val para / d’armare torre e ccludare porte: / perké, amico, cotanto l’ài cara? [13] Poes. an. padov., XIII sm., 15, pag. 806: çamai no voi’ altro deporto, / ké de lui sol çoia me nasce. [14] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.), 10.162, pag. 524: Sovèngnate si mmai fusti golosa / e disïasti molto intimamente / ricko magnare, robba delectosa / o inn altra guisa aver ioia placente. [15] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 161.20: Poi che lla cittade fue conpiuta, veramente in grande abondanza di ricchezze, di vivanda, di gioia e d’amore duroe per ispazio di diece anni. [16] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 4, pag. 111.18: La V(er)gine beneaventurosa do(n)na riguardó, e ebbe grande paura, e di gioia incominció a piange(re). [17] Rainaldo e Lesengr. (Oxford), XIII ex. (ven.), 385, pag. 828: Q[u]ando Raynaldo è partì dai oltri, / sì à gran çoia e gran confort. [18] Auliver, XIV c. s.d. (trevis.), 20, pag. 510: a mi par van chi cred d’Amor çoi scoder. [19] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 987, pag. 75: Or conpli de lie tuta soa noia, / Altrú ge n’à delletto e çoia. [20] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 9.1, pag. 218: Novella zoia ’l core / me move d’alegreza / per la summa dolcezza / che tuttor sento per grazia d’Amore. [21] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 28, pag. 136.37: Quest’è doncha gran gracia da che passar ne coven e no s’in pò far altro che Cristo ne menna de là per la pù corta e men penosa via la qual paga hi debiti e aquista gran coronna e special çoia. [22] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 293, pag. 35: e ciaschun zorno munta più in zoia / la soa luce chi se renovella / nì no li cura chi se n’abia noia. [23] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 2.45, pag. 546: Non vol però da voi essere in bando; / ma puoi vi piace, per gioi’ la dimando. [24] Gillio Lelli, Rime (ed. Mancini), XIV pm. (perug.), 38b.11, vol. 1, pag. 204: Ma pur 51 di toi domande ciascheduna / a mio poder farò, ciò ti prometto, / sí ch’al dimand’avrai gioia comuna. [25] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De sapeire ben morire, vol. 1, pag. 119.19: E tuta la nostra vita fo um monimento e aora somo i(n) p(er)petual tormento, e la nostra ioya si è tornà i(n) pianti. [26] Tristano Veneto, XIV, cap. 451, pag. 411.13: «Signor, - disse miser Tristan - Dio ve dia zogia et alegreza». [27] Lucidario ver., XIV, L. 2, quaest. 89, pag. 155.10: molto è gran çoia in celo d’uno pecaoro quando el fa la sua penitentia che de molti iusti che non àno mistera. – [Personif.]. [28] Guittone, Lettere in versi, a. 1294 (tosc.), 12.23, pag. 137: Vertù si porea dir donna tale, / che Pregio porge, il quale / vola e prende Gioi, che pasce Mente. [29] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 6, cap. 4.30, pag. 211: Lassa di fuor duo suo cameriere, / Cioè la Gioia e anco l’Alegrezza. || Prima att. di Gioia sicuramente personificata. [30] Matazone, XIV sm. (lomb.), 195, pag. 798: Alora sì fo nate / sex polzele ordenate: / Zoya e Alegreza, / Prodez[a] [e] Largheza, / Beleza e Ardire. – Locuz. avv. A gioia: con felicità ed entusiasmo, gioiosamente. [31] Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 7.52, pag. 113: Lo sollazo non avesse / se non di voi lo sembiante / con parlamento isguardare / a gran gioi quando volesse. [32] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 6.10, pag. 58: Perché l’amore è dato / a gioia e a conforto senza inganno. [33] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 46.34: Onde noi leggiamo di santo Lorenzo, e di santo Andrea, e di san Piero, e di santa Agata, che a sì gran gioia andavano a’ tormenti, siccome elli andassero a’ torneamenti di grandi allegrezze. [34] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 9, pag. 87.14: E tanto andaro a piena vela, innanzi che passasse la semmana, Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini arrivaro al porto di Troia a gran gioia e a grande letitia. [35] Tristano Veneto, XIV, cap. 403, pag. 368.26: Et alora lo re fese asentar miser Tristan da presso lui, et magnava a gran çogia et a gran deleto. – Fras. Avere gioia insieme: avere una relazione fisica, consumare rapporti sessuali. [36] Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.), pag. 46.4: O madre, disse la giovane, egli non è così di me come fu di voi; perochè ’l mio padre fu giovane e voi giovane quando egli vi prese, e avesti gioia insieme e vostro giuco. [37] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 28, 61-75, pag. 594, col. 1.12: E com’ello çungía sí ’l recevea, e aveano çoia insemme. – Fras. Fare gioia: rendere allegro, soddisfatto, compiacere. [38] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 108.32: se tu fai al tuo cuore tu fai pace a’ tuoi nemici, ciò sono i diavoli, così come quelli che fa gioia a’ suoi avversarj contra quelli de’ combattere quando elli si tiene vinto. [39] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 849, pag. 54: de no me dar plu noia, / de non te aflizer tanto, che tu fai / a mi plu pena e a li Zudei plu zoia. [40] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 193, pag. 297.10: et si tu [fai] li disiderii di lu to cori tu fai pachi a li toi inimichi li quali sunu li diavuli, così comu quillu ki fa gioia a li soi aversarii contra cui divi combattiri quandu illu si teni per vintu. [41] Lucidario ver., XIV, L. 3, quaest. 76, pag. 240.6: la humanità de Cristo e tuta la santa gesia regnarà in la divinità, e Deo farà çoia de tuti. – Fras. Fare gioia: avere rapporti sessuali, relazioni carnali. [42] Tristano Veneto, XIV, cap. 246, pag. 214.1: Benché alo re Marcho fasesse ela çogia in suo leto et defora lo leto, ella non lo faseva miga per amor. 52 – Gioia amorosa, gioia d’amanza, gioia d’amore: atteggiamento di felicità e di completa adesione sentimentale legato all’innamoramento. [43] Giac. Pugliese, Resplendiente, 1234/35 (sic.>ven. or.), 19, pag. 85: Lu to splandore / m’à sì preso / cum zoi d’amore / m’a[vi] conquiso / sì ch’eu di voy non posse partire. [44] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 5.12, pag. 76: Grande arditanza - e coraggiosa / in guiderdone Amor m’à data, / e vuol che donna sia ’quistata / per forza di gioia amorosa. [45] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 3.6, pag. 49: ancor che mi siate altera / sempre spero avere intera / d’amor gioia. [46] Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 1.45, pag. 96: Serveria a piacimento / la più fina d’amare / ond’io so ric[c]o di gioia d’amanza. [47] Guido delle Colonne, XIII pm. (tosc.), 1.23, pag. 98: Ubidente so’ stato tu[t]avia, / ed ho servuto adesso co leanza / a la sovrana di conoscimento, / quella che lo meo core distringia, / ed ora in gioi d’amore m’inavanza. [48] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz.tta 3.16, vol. 1, pag. 265: Monta sì ogne stasione: / però fronde e fiore e frutta / l’afinata gioi’ d’amore. [49] Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.), 3, pag. 130: Pir meu cori alligrari, / chi multu longiamenti / senza alligranza e joi d’amuri è statu, / mi ritornu in cantari. [50] Memoriali bologn., 1279-1300, (1286) 10.24, pag. 23: de zoia lo meo core / plu contento seria, / che s’altra me donasse / compluta zoi d’amore. [51] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 23.56, pag. 87: però son disperato, / non credo mai sentire gioia d’amore. [52] Mastro Francesco, XIII sm. (fior.), son. 3.14, pag. 195: così ’l meo core, - che d’amar non posa, / di doglia e di tormento si notrica, / sperando poi d’aver gioia amorosa. [53] Poes. an. umbr., XIV pi.di., 1.19, pag. 256: Gran bene me faria / recontando mia noia, / ma l’amorosa ioia / docto che perdiria. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini – [Personif.]. [54] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), son. 22.5, pag. 143: Merzé!, non mi metete in ubrïanza; / c’al cor mi sento sì mortal ferita, / se Gioia d’amore per voi non s’avanza / inver’ di me, dal mondo fò partita. – Gioia d’amore (come senhal di Corradino di Svevia). [55] Poes. an. tosc.>ven., 1267, 21, pag. 198: Çoia d’amore se vene, / facendo compluta çornata / tanta posanza mantene! / Veçendo la so’ asemblata, / cosa paria disvisata / chi lo volesse ’nscontrare... – Locuz. avv. In gioia: felicemente, gioiosamente. [56] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 12.2, pag. 165: Madonna mia, a voi mando / in gioi li mei sospiri. [57] Neri de’ Visdomini (ed. Panvini), XIII sm. (fior.), 1.45, pag. 244: converami languire / e di montare in pene / e zo che m’adivene - sofrire in gioia. – Menare gioia: ottenere felicità e soddisfazione da una condizione o dal possesso o sfruttamento di qsa. [58] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 517, pag. 545: L’ava sovra le flore mena çoia e desduto, / no per amor del flore mai per amor del fruito. [59] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 433, pag. 577: Quel qe de povertad mena çoi e ’legreça, / val des dig ric avari ch’à tesor e riqeça. [60] Re Giovanni (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), [disc.].42, pag. 86: Or vegna a rid[d]are / chi ci sa [ben] andare, / e chi à intendanza / si degia allegrare / e gran gioia menare / per [sua] fin[a] amanza. [61] Poes. an. lomb.-emil., a. 1289, 3, pag. 5: Dona, se del partire / mostra’ doia cum planto, / ben deço rixo e canto - e çoie menare / et alegrare - da po ke sum tornato. [62] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Son. 2.7, pag. 143: ciascun amante gran gioia ne mena / per lo soave tempo che s’avanza. [63] Bestiario d’Amore, XIV in. (pis.), pag. 96.8: e quando quello serpente si sente in 53 de lo suo ventre, sì dispessa le budella e sì d’escie fuori, e mena grande gioia de la sua vittoria. [64] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 491, pag. 509.24: in questo regno non avea nullo che gioia non menasse e grande sollazzo, e che non vivesse in molto gran diporto. – Locuz. escl. Oh gioia. [65] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 27.7, vol. 3, pag. 443: Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! [66] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 27, 1-15, pag. 594, col. 1.14: Chiaro apare le prerogative del celestiale regno e anche lo afetuoso parlare dell’A. quando replica questa ditione ‘O çoglia’. – Fras. Pigliare, prendere gioia: avere rapporti sessuali. [67] Guido Cavalcanti (ed. Contini), 12701300 (fior.), 46.18, pag. 556: Po’ che mi disse di sua condizione / e per lo bosco augelli audìo cantare, / fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione / di questa pasturella gio’ pigliare». [68] Mare amoroso, XIII ui.di. (fior.), 18, pag. 487: così, credendo di voi prender gioia, / mi veg[g]io preso ed ingannato e morto. [69] Cronica fior., XIII ex., pag. 120.13: E quando la donna fue a casa del suo marito, e volendo prendere gioia di lei per debito modo, e lla donna piangendo li chiese mercede e disse: - Gentile huomo, io ti priego per cortesia che ttu non mi debbie apressare né fare villania. – Stare in gioia: provare sentimenti di felicità, rallegrarsi. [70] Rinaldo d’Aquino (ed. Contini), XIII pm. (tosc.), 20, pag. 112: poi che de le donne [ella] è la più gente, / sì alto dono aio avuto, / d’altro amadore più deggio in gioi stare. [71] Lippo, XIII ex.-a. 1332 (fior.), 3.5, pag. 785: Ch’allor porei allegro in gioia starmi, / contandomi tra gli altri signorile. – Stare in gioia: trascorrere del tempo in condizione di felicità e serenità. [72] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (tosc.), 17.157, pag. 230: ch’io non vegna là ove siete, / rimembrando, / bella, quando / con voi mi vedea / sollazzando / ed istando / in gioi, sì com’ far solea. [73] Boccaccio, Fiammetta, 1343-44, cap. 2, par. 3, pag. 56.22: credere puoi non senza cagione amara con tanta abondanza spandano lagrime gli occhi miei, qualora nella memoria mi torna quello che ora, in tanta gioia con teco stando, mi vi tornò. 1.1 Divertimento, svago, condizione di spensieratezza. [1] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 1, pag. 59.4: Né esso mai per gioia né per ira non fo menato iust’ a medire. [2] Zucchero, Santà, 1310 (fior.), Pt. 1, cap. 18, pag. 115.4: E si guardino e sieno guardati da crucio, di faticha, di travaglio, di paura, di pensieri, di battitura; e usino tutte cose di gioia e di solazzo. [3] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 77, pag. 145.34: non menate tal duolo e non vi sconfortate in tal maniera, ch’io vi prometto lealmente che in questo paese dimorarete voi più ad agio e meglio che in quello ove fuste nate, e più avrete gioia e sollazzo e disducto. [4] Ell Dio d’amore, 1310/30 (venez.), 60, pag. 113: De çentil portadura allti e clleri / terçolli aveva cum loro e sparvieri, / astori e falchoni e çirfalchi manieri / e çoia lor dona. [5] Perugia e Corciano, c. 1350 (perug.), cap. 22, pag. 119.9: Forandano, el falconiere e tutta gente tornava da la caccia con molta selvagina e ucellagione e se none per la molta trestitia de Vivante ch’era morto, averebbero auta bella gioia e bello espasso. 1.2 Manifestazione evidente di festa e felicità attraverso atti o parole; segno di felicità, esultanza. [1] Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.), 23 (84), pag. 247.2: Ma p(er) noi e la nostra ge(n)te se fa balli, ca(n)ti e t(r)esche, p(er) noi le donçelle se rasença, e fasse grandi solaçi, çoie e d(e)porti. [2] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 6.5, pag. 192: gli aucelletti odo bradire, / udendo la primavera / fanno lor 54 gioia e diporto. [3] Poes. an. lomb.-emil., a. 1289, 12, pag. 5: Da po ke sum redito, / tuto in çoie renovello, / como l’aoxello - in la prima vera, / stando a la spera - de l’inverno pasato. [4] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 2, pag. 96.2: (Santo) Bernardo disse che l’a(n)gelo Gabriel no i(n)vita a salutare la n(ost)ra Do(n)na p(er) exsemplo, la gioia che (santo) Ioh(ann)i Battista fé i(n) del ventre dela madre, et lo guadangno dela resalutassio(n)e. [5] Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.), 3.11, pag. 407: e la sera tornar co’ vostri fanti / carcati della molta salvaggina, / avendo gioia ed allegrezza e canti. [6] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 2230, pag. 108: La çoia e ’l remor fo si grando, / Ch’el no seria oldido Dio tonando, / Che faxea tuti rie e bon / Per la vegnuta del baron. [7] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 80, pag. 148.24: Et così dura la gioia e la festa dentro a Troia com’io v’ò detto, per honore de la victoria ch’aveano avuta. [8] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De eodem, vol. 1, pag. 176.26: e bem la mostra S(an)c(t)a Agà, chi com grande joya ella andava a li torme(n)ti, cossì como se ella andasse a joya e a festa. [9] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 20, pag. 154.35: E quivi co· molta allegrezza e festa e gioia e colla detta donna istettero tutto ’l tempo di loro vita. – Locuz. verb. Fare gioia: rallegrarsi, fare festa, esprimere felicità per un avvenimento o per la presenza di una persona, celebrare. [10] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 40, pag. 450.25: Et, se segondo valensa e sciensa umana confortare tanto e far gioia dovete, quanto via maggiormente inn el procaccio divino è merto? [11] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 163.14: Allora destaro Paris, alle quali elgli fecie maravilgliosa gioia ed onore. [12] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 4, pag. 117.10: Et disse cusì: «Fa gioia di cuore, che tanto è che no(n) si potré dire, (et) dona e p(er) lo suo p(ro)pio filiuolo». Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [13] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 6, cap. 22, pag. 194.12: quelli di Marsilia fanno gioia e rallegransi, chè compagnia cresciarà loro di questa battaglia. [14] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3638, pag. 145: Tre di stete conplidi cosí / Eustadio li atendado / Con tuta l’oste per lo prado, / Façando alegreça e çoia / Sença dollor e sença innoia. [15] Lucidario ver., XIV, L. 2, quaest. 92.3, pag. 157.19: nopertanto quando un de lor vince un sancto homo, molto ne fa gran çoia segondo la soa mala ventura. 2 Avvenimento, atto o discorso che genera sentimenti di felicità, allegria e soddisfazione. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 11.46, pag. 149:E tutto quanto veggio / mi pare avenantezze / [e] somma di bellezze; / altre ricchezze - né gio’ non disio. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), son. 6.4, vol. 1, pag. 271: [e] per lo fiore si mantene amore, / gioie e alegrezze, ch’è gran signoria. [3] Meo Abbracc., Lett. in prosa, a. 1294 (pist.>pis.), 32, pag. 375.14: e qui nde intendo vostra benignità sovenendo e sveglando me, nela grave e fortunosa aversitade, in gioia alcuna, di che fue alquanto brunita la ruginosa mia intensione. [4] Lett. lucch., 1295, pag. 11.10: Lando d’arebe molto volo(n)tieri una grossa gioia anti si disfacesse la cho(n)pangnia. [5] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Canz. 1.6, pag. 113: alor mi sembra / ciascuna gioia affanno, / e lealtate inganno, / e ciascuna ragion mi pare torto. [6] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 11.92, pag. 77: onni gioi per me son vane e vòte, / ché sento in tutto morta ora giustisia. [7] Laude di Cortona (ed. Contini), XIII sm., 2.66, pag. 17: «Ave», disse nel saluto, / «[ma]donna se’ grandissima. / Lo Signore mi ci manda, / ché la corte t’addimanda / per compiére la vidanda / di gran gioia allegrissima». [8] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 12, pag. 127.13: Se ciò vero è, sono queste le gioie che d’amore diano venire, traboccare pietre e tanto ad oste stare, che doa 55 stare non avemo, né da mangiare più? [9] a Lucidario pis., XIII ex., L. 3, quaest. 106, pag. 125.37: la vita che ebbe Mactasalen sì sarebbe la maggiore morte del mondo appo la vita che arae cului che serà in paradiso, che elli averae tale vita che già mai non morrà et serà ripieno d’ogna gioia. [10] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 408, pag. 430.20: Hay bella dolce amica, com’io so per voi preso e distretto, e com’io so dilonghato da tutte gioie e da tutto honore e da tutto pregio! [11] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 28, pag. 135.17: Et in questo Yesu Cristo ha mostró la virtue da la fé vraxa e dal so’ sancto amor chi ha vichio la morte, e tute mainere de crudel tormenti e ogne penna reputava çoia. [12] Ugolino da Fano, XIV pm. (fan.), 23n.14, pag. 687: ma pur membrando el mio proprio tesoro, / ogn’altra gioia per me si desdegna. [13] Manuello, XIV pm. (perug.), 14, pag. 653: Dov’hai legato quel che te permette / poder de dare a cui te piace pene, / e de le cose toi gioi’ sì perfette? [14] ? Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), Como se jntende debita nostra, vol. 1, pag. 143.32: e si è nostro p(er)zò che Ello no lo lassà qua(n)do Ello p(re)xe comiao a lo So deré testamento, p(er) lo più grande texoro che Ello ne poesse lassà, e p(er) la maor joya che Ello ne poesse donar. [16] San Brendano ven., XIV, pag. 136.20: Vedé che zoia è questa? Alegréve e confortéve in Domenedio che non anbandona li so’ amisi. [17] Lucidario ver., XIV, L. 1, quaest. 178, pag. 92.5: el è fontana d’ogna çoya, ma quanto pertene ala humanità no l’à perfecta. – [In formule augurative]. [18] Tristano Veneto, XIV, cap. 482, pag. 445.7: Et alora lo Cavalier dalo Scudo Vermegio cusì parlà et disse: «Bone çogie ve dia Dio, miser lo duca, et a tuta la vostra conpania!» 2.1 [Per iron.]. [1] Monte Andrea (ed. Contini), XIII sm. (fior.), tenz. 1, canz. 1.25, pag. 450: Maninco- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini nia, ira con tutti guai, / tempesta, pena un’ora non mi lascia: / di cotai gioie Amor tutto mi fascia, / sì che mi fa parer la vita morte. 2.2 Persona che suscita sentimenti di felicità, ammirazione e amore; persona amata. [1] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 1.31, pag. 451: Ben è eletta gioia da vedere / quand’ apare ’nfra l’altre più adorna, / ché tutta la rivera fa lucere. [2] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 15 parr. 4-6.2, pag. 61: Ciò che m’incontra, ne la mente more, / quand’i’ vegno a veder voi, bella gioia. [3] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 16.1, pag. 35: Gentil mia donna, gioi sempre gioiosa, / vostro sovrapiacente orrato affare / compiuto di ben tutto, oltra pensare / di mortal cor magn’e mirabel cosa. [4] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 40.15, pag. 144: E io, abrac[c]iando l’amorosa cera, / baciando dolzemente le parlai: / «Gentil mia gioia, in voi è la mia vita. [5] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 4.1, pag. 36: Sovrapiagiente mia gioia gioioza / e nova vita sensa cui son morto, / passato ò ’l mar di mia vita angoscioza / e te electa sola ò per mio porto. [6] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 237.19, pag. 152: Come vertù lo suo viso dimostra, / dunque, tignamola per donna nostra, / questa alegra çoya. [7] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 12.5, pag. 221: en quil giorno apparve primavera / quand’eo te vidi emprima, bella zoia. [8] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 18, par. 3, vol. 2, pag. 45.20: fammi insembli muriri cu lu to figlu, cum la mia ioya. – [Come appellativo]. [9] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 32.2, pag. 96: Oimè lasso, com’eo moro pensando, / Gioia, di voi ver’ me fatta noiosa! [10] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 75.1, pag. 225: Lontano son de Gioi e Gioi de mene / e de Gioi son più ch’eo non fui giammai... 56 2.2.1 [Per iron.]. [1] Boccaccio, Decameron, c. 1370, VII, 8, pag. 485.27: ti potevano così orrevolmente acconciare in casa i conti Guidi con un pezzo di pane, e essi vollon pur darti a questa bella gioia. [2] Sacchetti, Trecentonovelle, XIV sm. (fior.), 106, pag. 239.11: mio padre mi potea maritare a Baldo Baldovini che serei stata con lui come gemma in anello; e poi mi diede a una bella gioia. 3 Bellezza fisica, grazia, armonia; ciò che è gradevole alla vista. [1] Pier della Vigna (ed. Contini), a. 1249 (tosc.), 2.18, pag. 123: La boc[c]a e li denti / e li gesti piacenti - m’han conquiso / e tutte l’altre gioi de lo bel viso. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 9.49, pag. 63: li amorosi sembianti / continuati son di gio’ compìta, / che no mentisce l’amorosa vita. [3] Disputatio roxe et viole, XIII (lomb.), 250, pag. 110: quando eo nascho he’ payro con me’ zoie novelle, / no è floreto inlora ni galdo ni morello, / ni de colore nesuno, se no le violle belle. [4] Fiore, XIII u.q. (fior.), 201.13, pag. 404: E po’ sì cominciò a merzïarmi / Delle mie gioie: di ch’ell’avea vogl[i]enza. [5] Ciuccio, Rime, XIII ex. (umbr.>tosc.), canz. 2.4, pag. 22: Lo [meo] lontano e periglioso afanno / ave condotto sì lo mio desire / sempre en süa usata, / che vostre nove gioie non me fanno / coralemente ancor gausor sentire. [6] Poes. an. ven., 1317, 2.3, pag. 93: Gi çoy de l’amoreta, bella, arcoyeme. 4 [Relig.] Stato di felicità e di benessere spirituale proprio della condizione dei santi e dei beati, conseguenza diretta del contatto e della consuetudine con Dio. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 72, pag. 153: Lo corp il di novissimo será in grand verdor, / Quiló stará co l’anima in zoia e in splendor. [2] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 44.56, pag. 117: e poi lo tormentare / dura mai sempre, ché fallir non osa; / né Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini dei servi de Dio gioi dilettosa. [3] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 2, pag. 96.26: Anco disse (santo) B(e)rnardo ch’ella fu ben piena di gratia, ché [...] li giusti ne p(re)ndano gratia, li angeli letisia (et) gioia, la T(re)nità gloria, et lo Filliuolo dela fenmina la sustantia dell’umana ca(r)ne. [4] Conti morali (ed. Zambrini), XIII ex. (sen.), 10, pag. 100.5: e perciò li atrasse Dio a ssé ne la santa gioia du’ egli ène. [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 146.215, pag. 649: Non me pjaxe per un risso / modan e pin de fazitae, / perder le zoi de Paradiso / e penne aver desmesurae. [6] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 14.23, vol. 3, pag. 225: Come, da più letizia pinti e tratti, / a la fïata quei che vanno a rota / levan la voce e rallegrano li atti, / così, a l’orazion pronta e divota, / li santi cerchi mostrar nova gioia / nel torneare e ne la mira nota. [7] Storia San Gradale, XIV po.q. (fior.), cap. 1, pag. 3.10: ’l Filio per cui tutti quegli e tutte quelle che credono in lui sono diliveri di pardurabile dolore e sono rimenati a la gioia perdurabile che tutto giorno durerà sanza fine. [8] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 1.11, pag. 543: ch’io morrò tosto, sì come se crede / la mente, che ’l desia per la gran noia / che sente l’alma, con lo core stando; / la qual va immaginando / d’esser nell’alto regno con gran gioia, / vedendo ben come morte l’ha vinta / per lei, del cui piacer sempre s’è cinta. [9] Lucidario ver., XIV, L. 3, quaest. 87, pag. 246.9: Ma ancora te prego, per l’amor de Deo, che tu me dige plu inançi dela çoia che li electi averà. – Gioia d’amore: felicità spirituale derivante dalla consapevolezza dell’amore di Dio. [10] Amore di Gesù, XIV in. (ver.), 119, pag. 50: Ke l’om ke ben ge l’à messa a pestuto / lo bon Jesù sì l’à consolar tuto / de çoj’ d’amor e de spirito santo. GIOIA (2) s.f. 0.1 çoglia, çoia, çoie, gioe, gioi, gioia, gioie, gioja, gioje, goie, iogi, ioie, ioy, 57 joia, joie, joye, yoy, yoye, zoglie, zoia, zoie. 0.2 Da gioia 1. 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.); Novellino, XIII u.v. (fior.); Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.); Cronica fior., XIII ex; Palamedés pis., c. 1300; Cronichetta lucchese (11641260), XIII/XIV; Stat. sen., 1309-10; Stat. pis., a. 1327; Doc. prat., 1337/44; Doc. amiat., 1360. In testi sett.: Pamphilus volg., c. 1250 (venez.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Memoriali bologn., 1279-1300, (1287); Bart. da Sant’Angelo, XIV in.; Legg. S. Caterina ver., XIV in.; Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Vita di S. Petronio, 1287-1330 (bologn.); Stat. venez., c. 1330; Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342. In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Oggetto prezioso o raro, di alto valore materiale; merce preziosa, ricchezza. 1.1 [In partic.:] oggetto sacro, arredo liturgico prezioso per materia o per origine. 2 Pietra preziosa allo stato grezzo o lavorata, gemma. 2.1 Gioiello, monile, ornamento prezioso composto da gemme. 3 Ghirlanda, corona floreale per adornare persone o cose. 0.8 Marco Paciucci 13.09.2012. 1 Oggetto prezioso o raro, di alto valore materiale; merce preziosa, ricchezza. [1] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Venus], pag. 37.16: façando eli, çoè li servidori e le servirese, toi amisi cun dolce parole, e dando a lor de bele done e de bele çoie, açò q’eli dibia Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ala fiada e sempremai reportar bone parole de ti ala toa amiga. [2] Doc. venez. (>pis.-lucch.), 1263, pag. 28.10: queste tele e quisti drapi sono miei e di miei cho(n)pagni da Venesia e di mi’ padre, li quali cho(n)pagni non ano parte in dele goie di sopra (con)schrite. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 229, pag. 159: Al iust no manca zoie ni zeme precïose / Ni oro ni argento ni feste confortose. [4] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. 227.13, pag. 261: ma parme ’l cardo divenuto or graffio / e voi di giocular fatto piccardo, / arnesi e gioi rapendo e derobbando. [5] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 3, pag. 69.7: E ’n Cartagine se trovò multitudine d’oro e de tesoro e de tucte gioie e richezze. [6] Disciplina Clericalis, XIII ex. (fior.), pag. 75.31: e mostrolli tutte sue gioe, e ciascuno era molto riccho in su’ paese. [7] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 5, cap. 5, pag. 159.1: Quando ’l senato si fu partito, e noi avemo Roma presa e le magioni e’ templi, ebbevi gioia e robbe per noi? [8] Cronica fior., XIII ex., pag. 95.33: E presa Maiolicha per força, sì ne recharono molte dignitadi e gioie, come decto è di sopra. [9] Cronichetta lucchese (1164-1260), XIII/XIV, pag. 250.27: e poi andòe in Pullia et liberòe lo vescovo Pilistro e li chardinali et tutti li altri chierici e la loro compagnia, et diede loro le spese et guarnimenti ed ornamenti et texauri et gioje. [10] Poes. an. aret., XIV in. (?), 2.10, pag. 382: Vien fra lo giardino, / d’ongn’altra gioia prende al tu’ plascere, / scetto ke la kirlanda di l’amore. [11] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 193, pag. 263: de l’ariento ge donaroe e dii denari de l’oro, / prede preciose, safir, smaraldi e rubin, / diamanti e calçedonii e centure d’or fin, / samiti e pórpore et altre vestimente, / tute ge serà donao al so conma[n]damento, / et altre zoje assai. [12] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 43.143, pag. 259: e la citae pina e fornia / d’ogni bella mercantia, / rica de joie e d’ogni ben / per overar quando convén. 58 [13] Cavalca, Ep. Eustochio, a. 1342 (pis.), cap. 8, pag. 409.2: E se vi è alcuna tovaglietta, o guanciale, o altra gioja, che gli piaccia, lodala, e recasela in mano. [14] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 19.1, pag. 564: Quanto che tegna alcun sua zoia cara / ben se demostra nel parlare onesto. [15] Doc. amiat., 1360, pag. 87.4: Ancho adimando uno mantello di mama e altri panni di dosso e gioie le q(u)ali vendé Binduccio IIII fior. d’or(o). [16] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 25, pag. 213.9: E li Troyani trasendo a li paviglyuni e predandolli tutti, portaronde gran quantetate de la vassellamme de argento e d’altra ioy loro. 1.1 [In partic.:] oggetto sacro, arredo liturgico prezioso per materia o per origine. [1] Vita di S. Petronio, 1287-1330 (bologn.), cap. 4, pag. 23.21: Quando san Petronio andava de citade in citade, guardava incontinenti, como ello çunçiva in la cità, s’el vedesse e trovasse neguna cosa bella, cercando reliquie de sancti o d’altre belle çoie, da ornare la cità de Bologna. [2] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 300, pag. 378, col. 2: reguarda ad quisto tempiu / como so lavorati / e tucti per me nati, / con tucte queste giogie / como nui vedemo ogi. [3] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 17, pag. 82.12: Yherusalem ch’era citae regal fo deserta in tuto e lo tenpio nobelissimo fo despogliao de tuti hi paramenti, de tute le çoie, d’ogne vaselame d’oro e d’ariento e d’ogne altra bella cosa. [4] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 7, pag. 102.15: Ancora quisto tiemplo èy plino de multo thesauro e de altre yoye e panni de seta in grandessema quantitate. 2 Pietra preziosa allo stato grezzo o lavorata, gemma. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 4.21, pag. 65: Ogni gioia ch’è più rara / tenut’è più prezïosa, / ancora che non sia cara / de l’altr’è più grazïosa; / ca s’este orïentale / lo zafiro asai più vale, / ed à meno di vertute. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [2] Memoriali bologn., 1279-1300, (1287) [Guido Guinizzelli] 22.7, pag. 43: Verde rivera me resembla e l’aire, / tuti coluri e flor’ zan’ e vermeglio, / oro e azuro e riche zoi per dare. [3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 41.4, pag. 144: Una sposa pigliai che dato gli ho ’l mio core; / de ioie l’adornai per averne onore. [4] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 26, vol. 4, pag. 91.8: Io non dimando (diss’ella) tuo argento, nè tue gioie per onorare mio corpo. [5] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), [Svet.] L. 7, cap. 69, pag. 306.17: e distrusse tutto lo reame d’Egitto, e reconne oro e argento oltre a misura, e tutte belle gioie. [6] Bart. da Sant’Angelo, XIV in. (?) (trevis.), 1.9, pag. 345: Ed ho en danari ed en libri ed en zoglie, / che val ben zento zifre e si è negota. [7] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 175, vol. 1, pag. 161.3: Nè ancora possa dare la podestà alcuno donamento in pecunia o vero in gioie, o vero in oro, ad alcuno giullaro o vero huomo che vada per corte. [8] Anonimo Genovese (ed. Contini), a. 1311, 16.138, pag. 756: chi menna tanta mercantia, / peiver, zenzavro e moscao, / chi g’è tanto manezao, / e speciarie grosse e sotir / chi no se porèan dir, / perle e prèe precïose / e joye maravejose? [9] Stat. venez., c. 1330, cap. 16, pag. 39.16: e se li diti peg(ni) serà en çoie, marchadantie over oltre cose le qual no se porà vender en Veniesia, io le manderè a ve(n)der for de Veniesia. [10] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 10, 64-75, pag. 319.22: più che ’l Sole, era di quelle; cioè care gioie e belle di paradiso. [11] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 180.27: Dalla reina Iuvanna, moglie dello re Antrea, infelice re, abbe lettere graziose, dalla quale medesima la tribunessa ne abbe cinqueciento fiorini e ioie. 2.1 Gioiello, monile, ornamento prezioso composto da gemme. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 238, pag. 159: Illó no manca 59 al iusto aver ni segnoria, / Donzei adorni e presti e zoie e zuiaria. [2] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. I, cap. 18, pag. 28.10: e ponono li savi che entra tutte le sue significazioni significhi propriamente le donne, e tutte le belezze e tutti li adornamenti, come so’ le gioie e li adornamenti. [3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 14.36, pag. 50: Or vidissi terre, vigne, orta, silve per lennare, / auro, argento, ioie e gemme ne li scrigni far serrare. [4] Novellino, XIII u.v. (fior.), 13, pag. 158.8: Allora il re il fece guardare in tenebrose spelonche il tempo detto, poi lo fece fuori trarre e dinanzi lui mettere molte gioie e cose belle e di belle donzelle, nominandole a lui tutte per nome. [5] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 7 cap23, pag. 229.21: Era usanza in Roma, quando alcuno principe moriva, d’ardere lo suo corpo, e mettevano ad ardere col corpo molte care gioie. [6] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 58, pag. 115.16: poi ch’elli vo piace ch’io li mandi de le miei gioie, e io lo farò volontieri. - Et incontenente li mandò un suo fermaglio e una cintura. [7] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 245, pag. 265: centure d’oro e girlande et ogna rica çoja / aprestao el ge serae tuto a la soa voja. [8] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 5, cap. 196, vol. 2, pag. 315.5: ordiniamo che neuna persona, maschio o vero femina, possa o vero debia dare o vero donare per sè o vero per altra persona, palesemente o vero niscostamente, a la femina maritata [...] alcuna cassa o vero goffano, dono o vero presente, o vero gioie o vero pecunie. [9] Anonimo Genovese (ed. Contini), a. 1311, 16.167, pag. 757: Ché se lombardo o atra gente / ge vennem per qualche accidente, / la vista de le belle joie / gi fa tornà le borse croye. [10] Stat. pis., a. 1327, L. 3, cap. 66, pag. 168.41: Ordiniamo, che tucte le femine che ànno marito possano in vita dil loro marito diffendere et avere contra ciascuno creditore delli loro mariti panni di lecto et di loro dosso, et gioe. [11] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 12, 58-60, pag. 226, col. 1.16: Ella Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini se vestí le più belle robe ch’ella avesse, et adornosse cum ghirlande et altre çoie al meglio ch’ella sappe. [12] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 4, cap. 4, vol. 1, pag. 170.19: Cornelia, mamma di li Gracci, cun chò si cosa que una donna di Cappua albergata in casa li amustrassi soy bellissimi iogi oy ornamenti segundu quillu tempu, [...] issa la menau per paroli fin intantu que li filyoli soy turnassiru da la scola: «Quisti - diss’issa - su li mei ornamenti». [13] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 25, pag. 123.34: le ferrie e le cainne tegniva per çoie e per grande ornamento, e pù ghe piaxevan cha a le vanne femene hi centur e hi smalti e pretiose anelle. [14] Doc. prat., 1337/44, pag. 70.34: Francesco Golli dà et dona panni et gioie a monna Margherita, sua figliuola et moglie di ser Guido Arrigucci. [15] Landulfo di Lamberto, 1389-99 (napol.>sett.), 126, pag. 214: Ov’è ’l felice ornato / di ricchi drappi grisi e molti vai, / e altre gioie assai / d’oro e di perle? [16] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 11, pag. 79.16: Là fece ponere tutta la moneta e lle gioie regale. 3 Ghirlanda, corona floreale per adornare persone o cose. [1] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 115.5, pag. 88: sta·lli - Amore: / cum una çoia - a cygli - ornato. [2] Arte Am. Ovid. (D), XIV pm. (ven.), L. II, pag. 524.33: O çonventù, dàme palma gratiosa e portadi çoie de mirto ala odorada coma. [3] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 80.6, pag. 625: ché con quell’altra [mano] ond’è ’l cor presimano, / me getta rose, fiore ed altre gioie. [4] a Legg. ss. Piero e Polo, c. 1370 (venez.), 20, pag. 51.16: et avea una çoia de laurano in cavo e gitasse zoxo de quela tore e començà a volar. [5] Atrovare del vivo e del morto, a. 1375 (emil.), II, st. 27.8, pag. 159: vano per la tera mostrando valore, / e in ascoxo mostrane so mamele, / fano li fioli con pluxore / e po’ se maridane con çoie de fiore. 60 GIOIARE v. 0.1 gioi. 0.2 Da gioia 1. 0.3 Dante, Commedia, a. 1321: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. N L’att. di Francesco da Buti è cit. dantesca fraintesa dall’autore. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Allietarsi (di qno). 0.8 Rossella Mosti 31.10.2012. 1 Allietarsi (di qno). [1] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 8.33, vol. 3, pag. 123: Indi si fece l’un più presso a noi / e solo incominciò: «Tutti sem presti / al tuo piacer, perché di noi ti gioi. [2] Gl Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 8, 31-45, pag. 259.10: Tutti siam presti; cioè noi beati spiriti tutti siamo apparecchiati, Al tuo piacer; cioè di te Dante, perchè; cioè a ciò che, di noi ti gioi; cioè ti giovi di noi. || Fraintende gioi come se fosse da giovare. GIOIEZZA s.f. 0.1 gioezza. 0.2 Da gioia 1. 0.3 Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Consonanza, adesione volontaria e partecipata a un pensiero o un atteggiamento (?). 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Consonanza, adesione volontaria e partecipata a un pensiero o un atteggiamento (?). [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 24, par. 10, pag. 397.30: Adunque magiore e ppiù principale seggio così infatto d’avanzamento di tali, che ppiù intrusione, e lli altri minori qurati o uficio alla collazione di coloro apartenenti di taccia pollus * son renduti. Ché gioezza di somilgliante, «co- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini me d’uomo a uomo, e chavallo di chavallo», secondo l’oracle del gientile (questo poian), alli ofici e benifici delle chiese, quelle che di simonia o d’altra malvagia vita la porta sono entrati e ebbono all’idioti e malvagi di costumi. || Cfr. Defensor pacis, II, 24, 10: «Gaudentes enim similibus...». GIOIOSA s.f. 0.1 gioiosa. 0.2 V. gioioso. 0.3 Dante da Maiano, XIII ex. (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Dante da Maiano, XIII ex. (fior.). N Att. solo fior. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Donna amata, che suscita in un uomo sentimenti di amore e desiderio, innamorata. 2 [Nome della spada di Galasso]. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Donna amata, che suscita in un uomo sentimenti di amore e desiderio, innamorata. [1] Dante da Maiano, XIII ex. (fior.), 1.4, pag. 4: Convemmi dimostrar lo meo savere / e far parvenza s’io saccio cantare, / poi lo dimanda lo gentil parlare / de la gioiosa che m’ave en tenere. 2 [Nome della spada di Galasso]. [1] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 99, pag. 392.8: E la spada di Galasso ebbe lo re Carlo e appellòssi Gioiosa, cioè spada virtudiosa. GIOIOSAMENTE avv. 0.1 çogiosamentre, çoioxamente, gioiosa mente, gioiosamente, gioiusamenti, giojosamente, joiosamente, jujusamenti, zogiosamentre. 0.2 Da gioioso. 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Distr. Tro- 61 ia, XIII ex. (fior.); Palamedés pis., c. 1300; Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.); Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.). In testi sett.: Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Tristano Veneto, XIV. In testi sic.: Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.). 0.6 N L’es. da Giordano da Pisa, cit. a partire da Crusca (4), passato a TB (s.v. gioiosissimamente) e a GDLI, potrebbe essere un falso del Redi: cfr. Volpi, Le falsificazioni, pp. 88-90. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Con allegria, con gioia, con trasporto; con esuberanza. 1.1 Con calore e cordialità. 1.2 In sicurezza e serenità. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Con allegria, con gioia, con trasporto; con esuberanza. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), D[ubbie] 2.3, pag. 394: lo cesne canta più gioiosamente / da ch’egli è presso a lo suo finimento. Diversamente GDLI: «armoniosamente, melodiosamente». [2] Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.), 14, pag. 130: E si pir ben amari / cantau jujusamenti / omu chi avissi in alcun tempu amatu, / ben lu diviria fari / plui dilittusamenti / eu, chi son di tal donna inamuratu. [3] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 169.32: Voi siete similglianti al ciecero, che più gioiosamente chanta quando viene al suo fine. [4] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 91, pag. 159.3: e per cagione di quello dammagio non venia la donzella sì gioiosamente a la festa com’ell’era venuta altre volte, ansi vi venia pensosa e trista. [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 12.272, pag. 135: Lantor quelo santo mario / l’anelo gi misse in dio / sì caro e belo e precïoso / como dexeiva a tar sposo. / La quar cossì joiosamente / se dexeá enconte[ne]nte, / trovandose l’anelo in man, / chi de l’aotri fo sovram. [6] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 6, pag. 267.8: e per certo ti Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini dico se io trovo h(om)o savio che mmi dica paraule di salute non cadrano neente intra le pietre né intra le spine, ma molto gioiosamente le riceverró e saviamente le guarderó. [7] Tristano Cors., XIV ex. (ven.), pag. 123.25: Quando miser Tristan intende la parola, ello vede ben che lo re se gabava, e perciò li responde molto çoioxamente: «Miser, chi à paura, sì se ’n fuça». 1.1 Con calore e cordialità. [1] Tristano Veneto, XIV, cap. 322, pag. 289.26: E quando eli fo zonti in l’ostello del cavalier, lo chavalier li rezevé molto zogiosamentre. [2] f Giordano da Pisa, Prediche (Redi): Il buono uomo sempre accoglieva i poveri gioiosissimamente, e con carità. || Crusca (4) s.v. gioiosissimamente. 1.2 In sicurezza e serenità. [1] Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.), ep. Isifile, pag. 53.37: Qui meco giojosamente dimorasti due verni e due stati. [2] Tristano Veneto, XIV, cap. 293, pag. 264.5: Et in quella fiada lo re Marcho era a Tintoil, e tigniva corte molto realmentre et çogiosamentre in la festa mediesima de mandona Santa Mandalena. GIOIOSÌA s.f. 0.1 gioiosia. 0.2 Da gioioso. 0.3 Poes. an. tosc. or., XIV: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Evento che suscita felicità. 0.8 Rossella Mosti 22.11.2012. 1 Evento che suscita felicità. [1] Poes. an. tosc. or., XIV, [68].17, pag. 81: Ben t’ànno amato - già li giovenelli / ch’ài lo cor basciato - a li tenerelli / ben gli ài rinovato - come gli arborscelli / co li fior novelli che gioiosia apare. 62 GIOIOSO agg./s.m. 0.1 çogiosa, çogiosi, çogioso, çogliosa, çogliosi, çoglosa, çogloso, çoiosa, çoioso, çoioxa, çoioxe, çoioxi, çoioxo, çoyosa, çoyosi, çoyoso, çuiosa, çuioso, çuiosso, giogiosa, giogliosa, gioglioso, gioïosa, gioiosa, gioiose, gioiosi, gioioso, gioioza, gioiozo, giojosa, giojose, giojoso, gioosa, giooso, gioso, giuiosa, ioiose, ioioso, ioiusa, ioiusi, iuyusa, joiosa, joiosi, joioso, jujusu, juyusi, zogiosa, zogioso, zogliosa, zogliosi, zoglioso, zoios, zoiosa, zoiose, zoiosi, zoioso, zoioxo, zoius, zoyosa, zoyuxi, zuioxo, zuyosa. 0.2 Da gioia 1. || Nel signif. 5 potrebbe derivare da da gioia ‘gioiello’. 0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Ruggieri d’Amici (ed. Vitale), XIII pm. (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Quindici segni, 1270-90 (pis.); Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.); Zucchero, Santà, 1310 (fior.); Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.); Simintendi, a. 1333 (prat.). In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Poes. an. ven., XIII; Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.); Poes. an. mant., XIII/XIV; Anonimo Genovese (ed. Cocito); Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.); Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?); Serapiom volg., p. 1390 (padov.); Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.). In testi sic.: Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.5 Locuz. e fras. fare gioioso 1, 2.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.7 1 Che prova o manifesta gioia. 1.1 Che ha un atteggiamento volenteroso e ben disposto verso il prossimo, generoso. 1.2 Appagato, soddisfatto. 1.3 Sfrenato, eccessivo, animato da euforica ebbrezza. 2 Che esprime o procura gioia e serenità. 2.1 [Nei rapporti amorosi:] che suscita sentimenti di amore, affetto o desiderio. 2.2 [Di un luogo:] confortevole, ameno, accogliente, che ispira in chi vi si trova sentimenti di felicità. 2.3 [Detto della vita, o di un tempo:] pieno di gioia, caratterizzato da serenità e felicità. 3 Fisicamente forte, florido e in buona salute; agile, scattante. 4 [Relig.] Che gode e dispone della felicità ultraterrena, beato. 4.1 [Relig.] Che rimanda alla felicità eterna ed esprime la gioia mistica dell’unione con Dio. 5 Elegante, esteticamente bello e prezioso. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Che prova o manifesta gioia. || Spesso associato a lieto o allegro. [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 463, pag. 578: Mei è poqeto aver e star ’legr’ e çoioso / q’aver ben gran tesauro e sempr’ esser pensoso. [2] Ruggieri d’Amici (ed. Vitale), XIII pm. (tosc.), 29, pag. 185: Amore vuole ch’i’ sia gioioso, / poi c’a voi, bella, torno. [3] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), ball. 4.65, vol. 1: Bal[l]ata, in cortesia, / ad onta de’ noiosi, / saluta tuttavia, / conforta li amorosi / e di’ lor c’amor sia: / li lor bon cor gioiosi / seranno tostamente. [4] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 1.5, pag. 886: Umìle sono ed orgoglioso, / prode e vile e corag[g]ioso, / franco e sicuro e päuroso, / e sono folle e sag[g]io, / e dolente e allegro e gioioso. [5] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 739, pag. 176: Ma eo sont bëatissimo e ric e exaltao, / Zoios e alegrissimo, zoios e consolao. [6] Poes. an. ven., XIII, 221, pag. 142: O anema, cho Cristo è çoioso / Per che lo to cuor de se desiroso. [7] Neri de’ Visdomini (ed. Panvini), XIII sm. (fior.), 3.1, pag. 249: Lo mio gioioso core / 63 è da l’amor costretto, / per[ò] mostrare in detto / mi convene ciò che d’amore sento. [8] Poes. an. pis., XIII sm., 19b.14, pag. 106: ma come suo nemico il dé’ odiare, / e dizïare - mistèr affannozo: / chi ’l ten gioiozo, dico, non cui torba. [9] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 8, pag. 28.7: Et per cotal segnore ne devemo confortare e stare ioiusi. [10] Poes. an. mant., XIII/XIV (2), 4, pag. 787: Venite, polcel’ amorosa, / madona, vinit a la dansa, / mostrati la vostr’ alegrança, / sì como vu siti çoyosa. [11] Zucchero, Santà, 1310 (fior.), [Pt. 4. Fisonomia], pag. 179.12: chi lli àe [i piedi] picioli e belli sì de esere amatore di femine, lieto e gioioso. [12] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 68.14, pag. 363: ma pensàve d’ormezà, / e starve in casa joiosi. [13] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 27, pag. 311.1: Iosaphas se n’andó [per] sua via allegramente e gioioso. [14] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 245, pag. 33: Dunqua, rima lombarda de vallore, / vaten çoiosa, leta, oltra monti. [15] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 6.3, pag. 153: Vago, leggiadro, gioioso e contento / d’allegra voglia canto. [16] a Vang. venez., XIV pm., Matt., cap. 26, pag. 109.15: Alora ello li disse: «La mia anima è trista deschì a la morte (ço è a dir io no serè miga alegro nì çoioso... [17] Serapiom volg., p. 1390 (padov.), Erbario, cap. 359, pag. 401.15: E chi usa la raìxe o la semença, ela i fa stare aliegri e çoyosi. – Fare gioioso qno. [18] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 32.158, pag. 88: faimi gioioso manto, / e parti a grado tuo de tutto rio, / e di’ me coronare e far beato / ed in eterno empiermi onne desio. [19] Betto Mettefuoco, XIII sm. (pis.), 20, pag. 293: Ordunqua com’ faraggio, / poi la mia malatia / non oso adimostrare / a chi mi può guerir e far gioioso? [20] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 58.75, pag. 198: ma siavi ricordato, / s’io Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini vi son servo dato, / di faremi gioioso. [21] Poes. an. bologn., a. 1301, 19, pag. 32, col. 2: Che ’lo possa prender la parlasia / tal che lui faça tristo e mi çuioso! [22] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 359, pag. 379.9: E se voi sete stata per lui fino a qui dampneggiata, elli vi servirà ogiumai e vi farà gioiosa e lieta. [23] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 4, pag. 17.2: Che se lo dyavol [[...]] ha spexo e trachio e ferliao tute le soe arme ch’el à da offender, in lo corpo e in la caxa del iusto, e no g’à possuo far dagno, ance g’à zovao e fachio pù çoioxo e pù meraveglioso, chomo doncha se porrà incolpar né accasonar nessun homo, né dir che l’un homo da l’altro sia noxuo né habia dagno? 1.1 Che ha un atteggiamento volenteroso e ben disposto verso il prossimo, generoso. [1] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 65.174, pag. 272: sia donqua recambiato - amor de tanta alteza, / che ven con tal riccheza - per donarse ioioso. [2] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3818, pag. 149: Unde ello è molto çoioxo, / Ed a tuti si è graçioxo, / Che çasschadun lo honora de cor fin. [3] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 22, terz. 97, vol. 1, pag. 257: Pier di Raona poi sanza riposo, / con sua gente n’andóe a Messina, / più che mai foss’altro Signor gioioso. 1.2 Appagato, soddisfatto. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), D[ubbie] 1.33, pag. 387: lo cor con voi soggiorna tutavia; / e io ne so’ alegro e vivone gioioso, / de l’amoroso - rimembrar<e> ch’io faccio. [2] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 1859, pag. 240: Per così bel commiato / n’andò da l’altro lato / lo cavalier gioioso, / e molto confortoso / per sembianti parea / di ciò ch’udito avea. [3] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 71, pag. 129.14: La donzella fé semblanti ch’ella sia di queste novelle lieta e gioiosa, ma nonn era ella sensa falla. 64 [4] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 130.6, pag. 508: Fantina chi se maria / se dexe esser ben noria, / [[...]] e ognomo con lo sposo, / ne sea alegro e joioso. [5] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 18, pag. 95.29: A tanto si parte Medea, sì entra in sua camera molto alleggiata e molto gioiosa, ché le pare ch’ella avrà ora tutti suoi desideri compiti. [6] Poes. an. sic., 1354 (?), 50, pag. 25: Sichilia duglusa, plina di amancamentu, / ki eri cussì iuyusa di tuttu apparamentu! [7] Tristano Veneto, XIV, cap. 271, pag. 244.12: E benqu’elli fosse çogiosi dele soe prodeçe, niente de men alo re Marcho non era ponto de bello. 1.3 Sfrenato, eccessivo, animato da euforica ebbrezza. [1] Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.), ep. Adriana, pag. 96.23: cominciai, a guisa di pazza, cogli sparti capelli ad andare errando siccome va la baccata monaca commossa dal giojoso Dio. [2] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 181, pag. 269.4: Unde sanctu Paulu riprendi li fimini iuvini et vidui ki sunu ociusi et curusi di andari et di viniri, multu io[i]usi et tropu parlanti. 2 Che esprime o procura gioia e serenità. [1] Ruggieri d’Amici (ed. Vitale), XIII pm. (tosc.), 34, pag. 185: Canzonetta mia gioiosa, / per lo bene c’Amore comanda, / partiti e vanne a lo Rengno. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 2.19, vol. 1: E io porto gioioso core e cera, / corpo e mente e tutta pensagione / per quella ch’amoroso mi fa gire. [3] Ruggieri Apugliese, Lauda, XIII m. (sen.), 21, pag. 15, col. 1: Ché già non è amore né buo disire / ch’el tormento fa dolçe parere, / e la pena fa senvia[r] gioiosa / con arte fradele e ingienosa. [4] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 255, pag. 186: Oi De, com quel è cego e mat e malvezoso / [[...]] Ke perd per pizen fagio un grand aver zoioso. [5] Quindici segni, 1270-90 (pis.), 98, pag. 255, col. 2: Ma quello è pianto dignitoso / che Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini torna poi molto gioioso. [6] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Canz. 4.11, pag. 134: Ma simil m’adivene / come a l’om ch’è dottoso / di ciò ch’è più gioioso, / che teme di fallir quanto più tene. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 65.225, pag. 273: Amanti, voi envito - a noze sì ioiose, / che so sì saporose, - dove l’amor se prova. [8] Memoriali bologn., 1279-1300, (12991300) App. f.47, pag. 99: Or prego Lui che noi e li altri amanti, / che ssiamo in questo seculo cotanti, / conducali ai gioiosi e dolci canti / di vita eterna. [9] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3781, pag. 148: «Misier,» disse quelly «bone novelle / Ve aduxemo, çoioxe e belle. [10] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 5, pag. 265.7: E quando suo padre lo venia a vedere, e elli li facea bella caira e gioiosa, però che elli non volea che -l conoscesse. [11] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 5, vol. 2, pag. 47.30: Ma a zò que nuy vignamu a cosi plù juyusi da canussiri, Antiocu, filyu qui fu di lu rigi Zalencu, prisu di infinitu amuri di Stracuniti sua marastra, aricurdandusi commu issu ardia di pachu amuri, cupria la spiatata plaga di so pectu per piatusu sfingiri. [12] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 20, pag. 91.23: e como l’angel prumar have conpio de dir quelle novelle allegre acomenççòn lo canto çoioso e de gran festa. [13] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.250, pag. 183: «Al sire donque non serà vergogna, / né ala gaia brigata valorosa, / se con Fiorença fuor d’ogni mençogna / farano patti con pace zogliosa / de darli Arezzo. – Sost. [14] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 3, pag. 43.20: «D’esti mondani gioiosi è noia grande: ghaudi’ de stolto è obbrobbio di tristessa». 2.1 [Nei rapporti amorosi:] che suscita sentimenti di amore, affetto o desiderio. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 65 5.28, pag. 77: Tanto siete maravigliosa / quand’i’ v’ò bene affigurata / c’altro parete che ’ncarnata, / se non ch’io spero in voi, gioiosa. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 2.3, vol. 1: Fina consideransa / m’ha fatto risentir (c’avea dormuto) / de lo gioioso meo innamoramento. [3] Stefano Protonotaro, XIII m. (sic.), 20, pag. 130: E si pir ben amari / cantau jujusamenti / omu chi avissi in alcun tempu amatu, / ben lu diviria fari / plui dilittusamenti / eu, chi son di tal donna inamuratu, / dundi è dulci placiri, / preju e valenza e jujusu pariri. [4] Guglielmo Beroardi, Rime, a. 1282 (fior.), 2.20, pag. 93: suoi dolzi sembianti, / gioiosi ed avenanti / mi fanno tormentoso / istar sovra li amanti. [5] Poes. an. ven.or., XIII sm., 52, pag. 305: Çoiosa Malgareta, / dolce sapurita, / ke del signament / de norbio parlament / sor le altre done, ge n’ ai la vintura. [6] Memoriali bologn., 1279-1300, (1294) 44.20, pag. 83: Ben aza la impromera / ch’eo la vidi zogliosa, / la plu avenente donna - che mai sia. [7] Poes. an. mant., XIII/XIV, 8.1, pag. 234: Bela polcela çoyosa, / conta e amorosa, / mercé, dolce dona mia. [8] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 408, pag. 429.22: Elli mi sembra che tu non conosca li miei gioiosi secreti, ché io ti facea essere intendente a la più bella damigella che sia in vita, ciò è la bella figliuola de lo re Priamo. [9] Poes. an. pis., XIV, 209, pag. 13: Vedi la donna gentile e amorosa, / vedila sí gioiosa / in sulla bella sedia incoronata. [10] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 154, comp. 26.8, pag. 96: Salmacìs nimpha amabile, / de possança magnificha, / de belleçça mirificha / e de forma laudabile, / [[...]] demorava pacificha, / çogliosa e delettabile. – Fare gioioso: innamorare, accendere qno d’amore con le parole o gli atti. [11] Mazzeo di Ricco (ed. Catenazzi), XIII sm. (tosc.), 3, pag. 209: Amore, avendo interamente voglia / di sodisfare a la mia ’namoranza, / di voi, madonna, fecemi gioioso. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [12] Neri Poponi (ed. Panvini), XIII sm. (fior.), 9, pag. 259: poi ch’io mi credo matto / donar ciascun partito / a chi contra vuol dire / c’Amor senza servire / non facc[i]a altrui gioioso. 2.2 [Di un luogo:] confortevole, ameno, accogliente, che ispira in chi vi si trova sentimenti di felicità. [1] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 9.44: Compìta, amorosa, / avenente, cortese / donna delle migliori, / per cui mi è gioiosa / la contrada luchese. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 231, pag. 159: Al iust no manca zoie ni zeme precïose / Ni oro ni argento ni feste confortose / Ni brolij ni palasij ni anc camer zoiose. [3] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 145, pag. 25: L’omorosetta zoiosa Trivisi, / li cu’ habitator tanto despresia / perqué de parte sum tuti divisi. [4] Pieraccio Tedaldi, XIV pm. (fior.), 24.14, pag. 740: Vorrei partir omai d’esta campagna / e ritornar nel dilettoso spazio / de la nobil città gioiosa e magna. [5] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 3, par. 14, comp. 43.139, pag. 126: Mentre che la liggiadra turba trina / con sua ciera divina / andava suso per lo monte divo, / dinançi a me per quella via giogliosa, / io, vago de veder sì dolçe cosa, / sança ponto de posa / seguitai il passo suo con l’ochio vivo. 2.3 [Detto della vita, o di un tempo:] pieno di gioia, caratterizzato da serenità e felicità. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 44.28, pag. 116: e lo dolze sperare, / che ’l guiderdon del bon servir lor cosa, / fa sempre star la lor vita gioiosa. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 42.17, pag. 150: e tal mi pregia c’ho vita gioiosa, / che, se ’l savesse, diceria dogliosa. [3] Memoriali bologn., 1279-1300, (1289) 36.8, pag. 68: Come bon cavaleri / meno zoiosa vita. [4] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 25.13, pag. 143: la vita sua saria più gioïosa, / che non rubaldo a l’uscita del verno. 66 [5] Boccaccio, Filostrato, 1335-36 (?), pt. 5, ott. 20.4, pag. 161: or sol mi trovo, lasso, e lagrimando, / in dubbio se giammai tanto gioiosa / notte deggia tornare. [6] Poes. an. pis., XIV, 138, pag. 10: Poi vo’ che la montagna sie fornita, / perché gentile e piú gioiosa vita / tragga la donna mia / colla suo conpagnia. [7] Tristano Veneto, XIV, cap. 246, pag. 214.8: ma ello li era ben aviso che tuti li çorni non porave ela menar questa vita sì çogiosa et sì aliegra. 3 Fisicamente forte, florido e in buona salute; agile, scattante. [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 790, pag. 203: un’altr’ è in podere / di sangue, al mio parere, / ch’è caldo ed omoroso / e fresco e gioioso. [2] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 238, pag. 276.2: li medici li lavavano sue piaghe e riguardavano e le fasciavano. Sì conobbero bene che non avea docto di morte a quella fiata e che sarà, di chi a poco, sano e guarito e gioioso. [3] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 3, vol. 1, pag. 142.3: e giuocano in maniera di compagnia, e gettano i gioiosi corpi, e mandano fuori lo riceuto mare per l’aperte nari. [4] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 26, pag. 126.29: e gli ghiama la citae nova, perçoché gli haran tuti hi corpi belli e novi e tuti çoioxi. [5] A. Pucci, Gismirante, a. 1388 (fior.), II, ott. 40.2, pag. 193:E’ non poté isparar sí pianamente, / che non uscisse la lepre gioiosa, / e nome istette di correre niente. [6] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 172, comp. 28.2, pag. 98: De l’alto Iove e dela Inacha bella / Epapho nacque ligiadro e zoglioso. – Ardimentoso, prestante. [7] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), cap. 55, pag. 95.3: E li cavalieri disserono: «Tu ài a ffare con uno gioioso cavaliere al nostro parere». [8] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 27.18: Febo insuperbito per lo serpente ch’egli avea vinto, nuovamente vide costui piegante l’arco con aperta corda, e dissegli: o Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini gioioso fanciullo, che faresti tu colle forti armi? [9] S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [1375] lett. 31, pag. 130.4: E diceva: Io andarò tutto gioioso e forte, e parrammi mille anni che io ne venga, pensando che voi m’aspettarete ine. [10] Tristano Veneto, XIV, cap. 245, pag. 212.1: Tristan fo sì aliegro et sì bello et sì çogioso che tuto lo mondo lo regardava. [11] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.306, pag. 184: «Per altro modo che per li ducati / non ponno Bolognesi veramente / scampar la força di confederati / e la rapina dela francha giente, / peroché troppo sono poderosi / contra de lor li compagni zogliosi». 4 [Relig.] Che gode e dispone della felicità ultraterrena, beato. [1] Ruggieri Apugliese, Lauda, XIII m. (sen.), 61, pag. 16, col. 1: poi dié credare che farà l’aquisto, / unde senpremai sarà gioioso, / cioè nel Paradiso pretioso. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De die iudicii, 321, pag. 207: Li benedig illora zoius e stragaudenti / Sí han volar coi angei in terra dri viventi. [3] Poes. an. ven., XIII, 153, pag. 140: O alboro de la croxe, signor çoioso, / De ti trovar som molto desiroso. [4] Poes. an. pis., XIII ex. (4), 2.62, pag. 31: E la gioia sempre grana / la ’ncarnatione humana / per la Vergine sovrana, / che sempre sta gioiosa. [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 12.172, pag. 131: pregove c’o me mostrei / lo car fijo che voi avei; / e poi che ’l è cossì joioso, / che me lo dagai per sposo». [6] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 56.25, pag. 132: Quella verçene sanctissima, ragina preciosa, / se mixe pur in coro d’essere fiola e sposa / de Cristo onipotente, unde l’è mo çoiosa, / ch’ella sede insul tronne da gi pei de la gloriosa. [7] Laudario Magliabech., XIV sm. (fior.), 34.10, pag. 150: in perciò che fosti humile et benigna / fosti sì degna di Gesù gioioso. 67 – Sost. [8] Disputatio roxe et viole, XIII (lomb.), 383, pag. 114: Zascun che vore de Deo la vera medexina, / la qua perman e regna in la cità divina, / onde tuti li alegrinti zoyuxi con loro confina, / perpetua dolzeza paxe e no refina, / fuze li honori del mondo e feduxie in la regina. – Sost. [Rif. a Dio stesso]. [9] Laudario S.M. d. Scala, XIII ex./XIV po.q. (tosc.), 19 (S).11, pag. 276: Concupischo·l gioioso / tuttor di lui pensando, / quell’amor dilectoso / di cui mi mor’ amando, / che tant’è gratïoso, / non si può dir parlando. [10] Laudario Magliabech., XIV sm. (fior.), 65.26, pag. 296: o gaudioso et gioioso, / tu ne degie guardare / da lo invidioso / ch’è sì desideroso / di noi menare al luogo tenebrato. 4.1 [Relig.] Che rimanda alla felicità eterna ed esprime la gioia mistica dell’unione con Dio. [1] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 2.9, pag. 99: fantina de gran belleza / e nobel cum grâ richeza / vergenitai serva[v]i / a Jeso Criste, c’o amavi / con devotïon joiosa / da quae voi eri sposa. [2] Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.), 61, pag. 379: Caton lo ’nvia per la gioiosa pena, / che purga quelli spirti che pentuti / diventan pria che sia l’ultima cena. [3] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 11, pag. 48.36: pur dever lì ghe son apparegiae le nobel corone et de là ghe vegniva çoiosa vichioria e remuneration de vita eterna. [4] Jacopo Passavanti, Specchio, c. 1355 (fior.), dist. 2, cap. 4, pag. 24.9: e siamo aspettati dal buono e grazioso Signore, e da molti cari parenti e amici, di noi solleciti e disiderosi di vederci seco nello stato onorevole, al gran convito e alla gioiosa festa di paradiso. 5 Elegante, esteticamente bello e prezioso. [1] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 36.24, pag. 129: la iustizia vestete la sua veste ioiusa, / de margarite adórnate, che d’acconciare è usa. [2] Laude tosc., XIII ex., 1.48, pag. 44: lo viso di collori variato / co la soctile et vana Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini sguardatura, / di vestimenta molto preciose / di sciamiti et porpore gioiose. [3] Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.), 15.2, pag. 374: I’ ho pensato di far un gioiello, / che si’ allegro, gioioso ed ornato. GIOIRE v. 0.1 çoïre, çoire, gioerea, gioiendo, gioir, gioire, gioirete, gioiro, gioirsi, gioiscano, gioisce, gioisceno, gioiscon, gioisse, gioissono, gioìta, gioite, gioito, gioiva, goì, goy, ioire, joir, zoir. 0.2 Fr. ant. joir (DELI 2 s.v. gioire). 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 1 [7]. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Brunetto Latini, Canz., 1260/66 (fior.); Nocco di Cenni, XIII sm. (pis.); Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.). In testi sett.: Memoriali bologn., 1279-1300, (1300); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare e manifestare sentimenti di felicità ed entusiasmo per un avvenimento o un pensiero. 1.1 Festeggiare con manifestazioni di stima e allegria (qno). 1.2 Mantenere un comportamento sereno e dignitoso. 1.3 Avere un aspetto rigoglioso e leggiadro. 2 Trarre soddisfazione e felicità da qsa o dalla presenza di qno. 3 Provare sentimenti d’amore per qno, essere innamorato. 3.1 Provare la felicità di un amore corrisposto, godere d’amore. 4 Disporre di laute sostanze, essere ricco, danaroso. 5 [Relig.] Godere della felicità mistica. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Provare e manifestare sentimenti di felicità ed entusiasmo per un avvenimento o un pensiero. [1] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 1.12, vol. 1, pag. 260: così feraggio / del meo greve damaggio, / per pianto 68 in allegressa convertire, / come fa la balena, / che [’n] ciò che prende e mena, / la parte là u’ dimora fa gioire. [2] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 10.18, pag. 67: E quanto d’altro più fui dolorozo, / ciascun dolor di lui, lasso!, sentendo, / tanto, dico, gioiendo, / deggio portar via più d’altr’allegressa. [3] Memoriali bologn., 1279-1300, (1300) App. l.6, pag. 106: E credone amassar - piú che ’l re Poro / tragendol sotilmente della rena, / unde io spero gioire. [4] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 146.122, pag. 645: Per che andar vojo a balar, / cantar, joir, prende conforto, / zugar, sagir e bazigar, / e tuto dì star in deporto. [5] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 309, pag. 331.26: elli si gioiva sovente e sovente s’adira. [6] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 3, par. 14, comp. 43.13, pag. 123: per l’altissimo Nisa vidi gire / quatro turbe de gienti glorïose, / che come adorne spose / faciean chi le guardavanno gioire. – Sost. [7] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 24.14, pag. 299: dunque non siete voi in vostra balia, / né inn- altrui c’aia ferme prodezze, / e non avrete bon fine al gioire. [8] Neri de’ Visdomini (ed. Contini), XIII sm. (fior.), 65, pag. 369: O gelosi cor vani, / l’alto Dio vi sprofondi, / ch’avete sì ma’ fondi - dell’er[r]ore, / sì c’avete il meo core / messo in fero languire / e toltogli il gioire. 1.1 Festeggiare con manifestazioni di stima e allegria (qno). [1] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 15, pag. 93.2: E apresso loro altezza, sono eglino gli più valenti uomini che mai fussero: andategli a gioire, ch’io lo voglio. 1.2 Mantenere un comportamento sereno e dignitoso. [1] Guittone, Lettere in versi, a. 1294 (tosc.), 7.27, pag. 99: cresca sempre e inforti / e a vigore conforti / vostro valore, e forte e retto pugni / quanto più gravi e forti / e spessi ver’ di voi pugnan bisogni, / gioiendo sempre e ono- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 69 rando onore. 1.3 Avere un aspetto rigoglioso e leggiadro. [1] Nocco di Cenni, XIII sm. (pis.), 46, pag. 321: Aggio per vista - assai d’àlbor’ venire / che ’n flor’ mostra gioire, / e fanne assai, e pochi a ben ne stende. 2 Trarre soddisfazione e felicità da qsa o dalla presenza di qno. [1] Ottimo, Par., a. 1334 (fior.), c. 20, pag. 452.14: chè quello eziandio gioìta la cosa, e in moto o cresce o scema. 3 Provare sentimenti d’amore per qno, essere innamorato. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 8.69, pag. 19: ed eo, che ciò pensava, / de voi gioir dottava. [2] Pacino Angiulieri (ed. Menichetti), XIII sm. (fior.), D. 15a.13, pag. 402: e se ’ntramet[t]er tenzon mi volete / d’amor che fa li suoi amanti gioire, / chiudete in un sonetto vostra intenza. 3.1 Provare la felicità di un amore corrisposto, godere d’amore. [1] Brunetto Latini, Canz., 1260/66 (fior.), 36, pag. 192: ché ’l movano a pietanza dolzemente / quando con ello stanno, / ch’a sé m’acolga e facciami gioire. [2] Memoriali bologn., 1279-1300, (1289) 36.13, pag. 68: Êla pasqua florita / vego zoir gli amanti. 4 Disporre di laute sostanze, essere ricco, danaroso. [1] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 85.14, pag. 203: ch’i’ dico ch’i’ arrabbio di morire / [[...]] vedendo bretto chi dovrie gioire. 5 [Relig.] Godere della felicità mistica. [1] Poes. an. fior., XIII sm., 78, pag. 17: fae lo core disideroso di te tanto ioire / che ne lo stato de la grazia ne faccie bene finire. [2] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 136.249, pag. 553: chi è stao bon peregrin, / chi zerto è, de poi la fin, / dever poi sempre joir. GIOITO agg. 0.1 gioita. 0.2 V. gioire. 0.3 Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.): 2. 0.4 In testi tosc.: Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Che ha raggiunto un obiettivo, contento, soddisfatto. 2 Che è fonte di gioia, gradito, favorevole. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Che ha raggiunto un obiettivo, contento, soddisfatto. [1] Boccaccio, Amorosa Visione, c. 1342, c. 18.42, pag. 88: E così trista finì la sua vita / per lo disio che ’l consiglio dolente / le porse, e Giuno rimase gioita. 2 Che è fonte di gioia, gradito, favorevole. [1] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 12.29, pag. 50: così la pena pò venir gioita, / chi nonn i[n]vita - pensiero oltre grato. GIOIVO agg. 0.1 gioiva, gioive, gioivo, gioyvo. 0.2 Da gioire. 0.3 Guittone, Rime (ed. Contini), a. 1294 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guittone, Rime (ed. Contini), a. 1294 (tosc.). In testi mediani e merid.: Regimen Sanitatis, XIII (napol.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Felice, che prova una grande gioia o una sensazione di benessere. 1.1 Che suscita gioia e benessere. 0.8 Marco Paciucci 03.05.2012. 1 Felice, che prova una grande gioia o una sensazione di benessere. [1] Guittone, Rime (ed. Contini), a. 1294 (tosc.), ball. 10.23, pag. 231: O vita vital per Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini cui ëo vivo, / for cui vivendo moro e vivo a morte, / e gaudio per cui gaudo e son gioivo. [2] Regimen Sanitatis, XIII (napol.), 111, pag. 566: Lo vomico est utile de quisto tiempo estivo, / cha, purgando lo stomaco da humore nocivo, / lo homo face vivire sano, leto e gioyvo. 1.1 Che suscita gioia e benessere. [1] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 31.1, pag. 93: Tuttor ch’eo dirò «Gioi», gioiva cosa, / intenderete che di voi favello. [2] f Lasso taupino, XIII sm. (tosc.), L 105.66: e ttoccar non già poco / solea di coze me molto gradive, / e or le più gioive, / ch’eo toccar possa, son ferri e catene. || LirIO; non att. nel corpus da altre ed. GODENTE agg./s.m. 0.1 ghodente, ghodenti, godente, godenti. 0.2 Da godere. 0.3 Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.): 2. 0.4 In testi tosc.: Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.); Paolino Pieri, Cronica, 1305 c. (fior.); Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.). 0.5 Locuz. e fras. cavaliere godente 2; cavaliere frate godente 2; frate godente 2. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Felice, soddisfatto, allegro, animato da sentimenti di serenità e benessere. 2 Relativo all’ordine religioso-militare dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria, fondato a Bologna nel 1233. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Felice, soddisfatto, allegro, animato da sentimenti di serenità e benessere. [1] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 45.13, pag. 48: ço che li dona, sïane godente, / e ’n altro modo no potrà salvarsi. [2] Boccaccio, Teseida, 1339-41 (?), L. 7, ott. 43.8, pag. 460: la mia voglia per te amorosa / contenta, e fa la mia destra possente / doman, per modo ch’io ne sia godente. [3] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 456, pag. 460.19: Sapiate che quelli che lo 70 smeraldo porta sopra sé, [[...]] più si mantiene godente e bello e netto, e pensa nella sua anima. [4] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 9, 49.4, pag. 123: e Giosafà se n’andò, che non fina, / con Barlaàm, che tutto era godente, / nel suo palagio. [5] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 12, 22-36, pag. 363.4: gaudiose; cioè godenti et allegri. – Sost. [6] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 119, pag. 246.23: Essi piangevano co’ piangenti e godevano co’ godenti, e cosí dolcemente sapevano dare a ciascuno el cibo suo. 2 Relativo all’ordine religioso-militare dei Frati della Beata Gloriosa Vergine Maria, fondato a Bologna nel 1233. [1] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 23, pag. 402.4: ma qui nota, che dice la gran villa, al parlare oltramontano, dove forse costoro usarono anzi che pigliassero l’abito godente. – Locuz. nom. Cavaliere godente. [2] Jacopo Alighieri, Inf. (ed. Bellomo), 1321-22 (fior.), 23, pag. 177.6: Per conservamento d’alcuna pace che tra Ghibellini e Guelfi di Firenze generalmente alcuna volta si fece, per buoni uomini due cavalier godenti di Bologna l’un guelfo e l’altro ghibellino. – Locuz. nom. Cavaliere frate godente. [3] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 8, cap. 13, vol. 1, pag. 431.1: per contentare il popolo, elessono due cavalieri frati godenti di Bologna per podestadi di Firenze. – Locuz. nom. Frate godente. [4] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 79.14, pag. 197: Lasciamo star che non ha ’n sé ragione, / ma’ che vedersi ’n cas’un fra godente! [5] Paolino Pieri, Cronica, 1305 c. (fior.), pag. 32.22: Nel MCCLXVI in Calen di Luglio furon fatte due Podestà in Firenze per VI mesi ad un’ora, et furon di Bologna due Frati Go- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini denti. [6] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 23, 58-72, pag. 598.10: Noi fummo frati Godenti da Bologna, et io fui chiamato Catalano e quest’altro Lodorigo. GODERE v. 0.1 gader, gadere, ghodé, ghodea, ghodeno, ghoderà, ghoderai, ghodere, ghodette, ghodi, ghoe, goda, godan, godano, godaremo, godarete, godarommi, godase, godasi, gode, godè, godé, godé’, godê, godea, godeano, godela, godem, godemo, godendo, godene, godeno, godente, godeo, goder, goderà, goderai, goderan, goderanne, goderanno, godere, goderebbe, goderebbeno, goderemo, goderenne, godereste, goderesti, goderete, goderglisi, goderle, goderlesi, goderlisi, goderlo, godermi, goderne, goderò, goderon, goderono, godersi, godervi, godesi, godesse, godesser, godessimo, godeste, godete, godetene, godetevelo, godetevi, godeti, gòdeti, godeva, godevano, godevasi, godevo, godhe, godher, godheran, godheró, godheva, godi, godia, godiamlo, godiamo, godiamone, godianci, godìano, godiate, godieno, godine, godire, goditi, godo, godon, godono, godonsi, godrà, godrai, godrete, goduta, goduti, goduto, goe, goe’, goé’, goeam, goem, goen, goer, goese, goi, goî, golda, golder, goldere, golderla, goldese, golza, golzand, golzando, golzudho, gudendo. 0.2 Lat. gaudere (DELI 2 s.v. godere). 0.3 Re Giovanni (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.): 1.1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Re Giovanni (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.); Lett. lucch., 1303; Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.); Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.); a Proverbi e modi prov., XIII/XIV (sen.); Stat. sen., 130910; Doc. aret., 1337. In testi sett.: Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Lio Mazor, Appendice 71 1312 (venez.); Doc. venez., 1320; Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.); Lett. bologn., XIV pm.; Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.); Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). In testi mediani e merid.: Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Stat. perug., 1342; Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); a De li sengni, XIV m. (rom.); Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.). 0.5 Locuz. e fras. godere il buono stato 5; godere Cristo 3; godere di Cristo 3; godere di Dio 3; godere Dio 3; godere il mondo 5. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare sentimenti di profonda felicità e serenità, rallegrarsi, essere spensierato. 1.1 Trarre felicità e piacere da un pensiero, un avvenimento, una condizione o un rapporto (anche pron.). 1.2 Incontrare l’approvazione e la benevolenza di qno, rendere felice, fiero. 1.3 [Di una città o di un territorio:] prosperare, raggiungere alti livelli di stabilità politica e di agiatezza economica. 1.4 Sost. 2 Essere in buona salute, disporre di una buona condizione fisica. 2.1 Sost. Condizione fisica, stato di salute. 3 Trarre beneficio e profitto dal possesso e dallo sfruttamento di un bene materiale o spirituale. 3.1 Fregiarsi, ricevere lustro e prestigio da qsa. 3.2 [Dir.] Disporre di diritto di un bene, di una somma di denaro o di una prerogativa legale. 3.3 Sost. 4 Intrattenere rapporti amorosi o coniugali. 5 Dedicarsi ai piaceri terreni e allo sfruttamento gioioso dei beni materiali, divertirsi. 5.1 Mangiare, gustare cibi a sazietà, banchettare. 5.2 Avere rapporti sessuali. 6 [Relig.] [Rif. alla condizione dei beati]. 7 [Gastr.] [Di un composto o preparato intermedio]: passare un periodo di conservazione o una pausa dalla lavorazione diretta che favorisca il verificarsi di particolari reazioni chimiche o eventi meccanici, riposare. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Provare sentimenti di profonda felicità e serenità, rallegrarsi, essere spensierato. [1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 4, cap. 30, pag. 361.11: pericolo è volere godere infra tristi. [2] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2215, pag. 252: l’un gode e l’altro ’mpazza, / chi piange e chi sollazza. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 243, pag. 11: E’ fo lavor molt utele e frug necessitoso, / Dond godhe povri e richi. [4] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 58, pag. 95.13: avegna che tutta l’altra gente del mondo fosse in nostra podestà, quel cotanto popolo ch’era così poco a respetto dell’altra gente non vi volemmo quetare né lasciare in pace godere. [5] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 9, pag. 92.17: L’anima che àe lo Spirito Santo gode ismisuratamente e àe diletto in se medesma. [6] Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.), 8.12, pag. 412: quando godi, star pur fermo e saldo, / e sempre aver la tavola fornita, / e non voler la moglie per castaldo. [7] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 2, pag. 611.8: Invidia continuo ci infiamma, dolendoci del bene del prossimo, spirituale o temporale, godendo nel lor male. [8] Chiose Selmiane, 1321/37 (sen.), cap. 26, pag. 123.4: ll’uomo non può godere in neuno modo, peccando. [9] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 28, pag. 136.16: “Beai vu quando facendo ben, gli homi ve daran persecucion, goî in quel bon dì e habiê gran festa... [10] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 396, pag. 40: Goda chi l’olde, goda chi lo dice, / goda chi ’l face e sia felice! [11] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 9.11, pag. 554: Ond’io, rengrazïando voi, me lodo / che sentit’ho per voi quel là ’nd’io tegno / quest’alegrezza nel cor, per qual godo. [12] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 442, pag. 103: Godevano li captivi, li boni geano adolorati. 72 [13] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 22.13, pag. 53: Ognonque modo de servir si provi, / godendo ognor in giocho et alegreza / non disonesta, ma che ad ambi giovi. [14] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 17, pag. 187.36: e goe e alegrase in le tribulatium e in le contumelie; che Criste è sua vita e per ello morir se reputava gaudio. – Esultare, trionfare. [15] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 12, pag. 422.3: Ma il padre Enea udito il nome di Turno abbandona le mura, e abbandona le somme rôcche; e tolle via ogni dimoranza, e ogni opera rompe, godendo di letizia, e orribilmente suona con l’armi. [16] Cavalca, Ep. Eustochio, a. 1342 (pis.), cap. 13, pag. 436.32: Allora sarà con teco lo tuo Signore sposo nella celestiale Gerusalem, e così entrerete dentro con sommo gaudio, co’ suoi eletti accompagnata, godendo. [17] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 5, pag. 25.13: Et nientemen in tute ’ste cosse no solamente el no proferì né disse né se lassò insir de bocha parolla de biastema, ma ghoe e se gloria. [18] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 4, par. 24, comp. 46.3, pag. 130: La vergiene Iusticia, / con sua spada lucente, / diva se gode tra l’alta milicia. 1.1 Trarre felicità e piacere da un pensiero, un avvenimento, una condizione o un rapporto (anche pron.). [1] Re Giovanni (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), [disc.].58, pag. 87: Tristan se ne godia / de lo bel viso rosato / ch’Isaotta blond’avia. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Vulgare de elymosinis, 440, pag. 253: De vi le soe lemosine, De vi lo ben k’el feva, / E ’g dé de söa dona fïol dond el godheva. [3] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 6, cap. 20 (b), vol. 3, pag. 73.12: Magnifico è colui, ch’è acconcio a grandissimi fatti, e rallegrasi, e gode di far gran cose. [4] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 3, pag. 50.3: quando si suona lo leuto dinanzi al re, chi nne gode di questo? Tutti quelli che vi sono presenti, però ch’è bene del Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini corpo. [5] a Proverbi e modi prov., XIII/XIV (sen.), pag. 113.11: Del poco si gode e de l’assai si tribola. [6] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 53.170, pag. 312: goi de toa zoventu[r]a / de fin che possanza dura. [7] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 7, 88-99, pag. 220, col. 2.4: e però dixe uno proverbio: «che ’l terzo grado poco gode de richeza». [8] Cucco Baglioni, XIV pm. (perug.), 13.4.15, pag. 798: Se di ciò gode, tu fai come rede, / che de picciola cosa tutto frizza, / poi nel contrario tosto si dirizza. [9] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 7, par. 16, comp. 62.6, pag. 150: L’omo che pensa frode / de virtute non gode / né de bene. 1.2 Incontrare l’approvazione e la benevolenza di qno, rendere felice, fiero. [1] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 103, pag. 242.23: Spero di godervi, se piacerà a Dio; ò assai patito, ma so contento pur che sia fatto l’onore di Jesù Cristo. 1.3 [Di una città o di un territorio:] prosperare, raggiungere alti livelli di stabilità politica e di agiatezza economica. [1] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 387, pag. 40: E goda Crema sotto la potenza / de quel iusto segnor messer Luchino / Vesconte da Milan. 1.4 Sost. [1] Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.), 6.14, pag. 410: e pulzellette e giovani garzoni / baciarsi ne la bocca e ne le guance; / d’amor e di goder vi si ragioni. [2] Ottimo, Par., a. 1334 (fior.), c. 9, pag. 224.5: questa donna visse amorosamente in vestire, canto, e giuoco, ma non in alcuna disonestade o inlicito atto consentìe: ed usòe sua vita in godere. [3] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 59, pag. 167.26: Ma ogni fadiga che n’hai portata, che ben so che è molta, tutta l’ài ottimamente ispesa e allogata, e io ne so allegro infino a ogni godere, sì per l’onore di Dio e anco 73 per te. [4] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 10, 133-148, pag. 327.29: cioè in quel luogo, dove ’l gioir; cioè nel quale lo godere e lo dilettarsi, s’insempra. 2 Essere in buona salute, disporre di una buona condizione fisica. [1] S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [1372/73] lett. 4, pag. 24.17: Non ò tempo di potere scrivare. Nanni sta molto bene e gode. 2.1 Sost. Condizione fisica, stato di salute. [1] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 438, pag. 441.14: Se tre uomini fossono d’una volontà e d’uno godere e d’una maniera, e che di tutte cose si somigliassono, e uno avesse uno piccolo segnale al petto, gli altri noll’avessero, [[...]] dunque non si somiglierebono tra loro. 3 Trarre beneficio e profitto dal possesso e dallo sfruttamento di un bene materiale o spirituale. [1] Contempl. morte, 1265 (crem.>sen.), 498, pag. 88: Al mondo avest<i> sì grande avere, / Lassato l’ài tucto a godere / A tal che non te ne sa grado. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura nigra, 247, pag. 109: Lo me’ aver oltri ’l godhe e eo sont a mendigo. [3] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 6, pag. 16.14: Adamo ed Eva, mal faceste, che trapassaste le mie comandamenta, tanto v’avea buon luogo assegnato e dato a godere cotanto bene. [4] Lett. lucch., 1303, pag. 145.7: Noi i(n) veritade, possa che noi noe d’avemo nulla (e) li fili d’Iachopo l’ànno (e) lo ghodeno, noi l’amiamo mellio a Gari di Fo[n]dora (e) a Guiduccio che a loro. [5] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 3, pag. 49.2: Unde lo mangiare e lo bere, la delettazione carnale, la quale è indel corpo e della quale cosa gode il corpo, gode anco l’anima. [6] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 6, 76-93, pag. 103, col. 2.18: tu no trovarai logo senza guerra o che goda de paxe o de tranquillo. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [7] Chiose Selmiane, 1321/37 (sen.), cap. 33, pag. 171.26: Frate Alberigo fu da Faença, de la casa de’ Manfredi: el quale essendo frate, uno suo fratello molto riccho fu morto, e egli per la detta cagione uscì de’ frati, e ciò fecie per ghodere quella riccheçça, che del fratello gli era rimasa. [8] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 30, pag. 145.24: no se pò goe’ ’sto mondo e l’altro insemo. [9] Lett. bologn., XIV pm., pag. 58.21: Negono non pensi de godere i soi deleti in questa vita secundo lo corpo, chi posa avere bene in l’autra vita secundum l’anima. [10] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 232, pag. 49: Quanto deve sforzarese l’omo de fare bene, / Spetialemente ad comuno, ché se lli faccia devere; / Non tanto mintre vive, che questo pò vedere, / Ma poy che è morto che altri possa godere! [11] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 49, pag. 278.8: Per la quar cosa amasando ello monto peccunia e façando faxio d’ogni erba, subitamenti morì e non godea de quello ch’el avea amasao e no portò cum seigo alcum ben. [12] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 2, par. 51, comp. 34a.8, pag. 107: Però ti priegho, ciecho fancciulletto, / [[...]] sich’io possa goder del bel tesoro / de cotanto signore / che tutti gli altri passa de valore. – [Relig.] Godere (di) Cristo. [13] Giordano da Pisa, Prediche, 1309 (pis.), 17, pag. 143.11: ma li penitenti, et quelli godono di Cristo, pensando lo suo amore, pensando quello ch’Elli sostenne per loro. [14] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 2, cap. 17, vol. 2, pag. 292.4: È un’altra tristizia, e pianto di devozione, quando l’anima si contrista per l’assenza del suo diletto, e sposo Cristo, e per desiderio di averlo, e di goderlo. – Godere (di) Dio (anche pron.). [15] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 2, cap. 18, vol. 2, pag. 301.9: E però chi di quà di Dio non gode, e non lo loda, di là non lo potrà lodare. [16] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 74 23, pag. 93.20: godetevi di Dio, acciocchè Dio si goda di voi. [17] S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [1372/73] lett. 5, pag. 27.5: L’amore n’è cagione che voi vedete: però che l’occhio suo non si riposava in altro che nell’onore del Padre suo e in adempire el desiderio suo in noi, cioè che noi godessimo Dio, per lo quale fine elli ci creò. 3.1 Fregiarsi, ricevere lustro e prestigio da qsa. [1] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), Prologo, pag. 222.12: e ancora tu, isola di Ponto, godi la sepultura di sì grande poeta. 3.2 [Dir.] Disporre di diritto di un bene, di una somma di denaro o di una prerogativa legale. [1] Lett. lucch., 1303, pag. 144.23: Giari di Fo[n]dora (e) Guiduccio Baldovini si richiamoro di noi alla chorte di Sa(n) Chrisstofano (e) dima(n)darci le chase (e) le te(re) pre(n)demo i(n)soluto di Iachopo Betori, le quali noi lassiamo ghodere (e) avere le pigoni ai filiuoli p(er) vosso ma(n)dame[n]to. [2] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 23, pag. 118.14: L’erede, quando è parvolo, non può usare così la reditade, ma quando è grande, allora ne gode e hanne bene. [3] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 20, vol. 1, pag. 58.24: Et che lo spedale predetto abia quelli privilegi et immunitadi dal comune di Siena, e’ quali et le quali ànno li altri spedali de la città di Siena, et li quali conceduti sono per lo costoduto del comune di Siena, et li quali usano et godono. [4] Doc. venez., 1320, pag. 168.13: laso a mia fiia Sovradamor la mia proprietad(e) de senta Maria Matredomino en galdimento enfina ch’ela serà viva, çença l’orto, lo qual eo voio che debia gader mia sor. [5] Stat. pis., 1321, cap. 124, pag. 309.12: con questo intendimento, che godere possa de le intrate de la corte libre XXX in dei miei facti in del tempo del mio carmarlingatico. [6] Stat. fior., 1334, L. II, cap. 42, pag. 324.13: E chi non si farà scrivere come detto è, per sè o per altrui, non goda di benificio della detta Arte. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [7] Doc. aret., 1337, 769, pag. 649.22: E che ogne escito guelfo sia remesso e rebandito e goda li suoi beni. [8] Stat. perug., 1342, L. 3, cap. 152, par. 9, vol. 2, pag. 224.8: cotale forestiere per citadino de Peroscia sia avuto e tractato co’ citadino e goda del privilegio deglie citadine Peruscine. 3.2.1 Fig. [1] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 58, pag. 94.2: i re e’ baroni e tutta la gentilezza del mondo, a’ quali, per li gran fatti di loro antecessori, è dato tutto ’l mondo a segnoreggiare e a godere. [2] Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 22, pag. 163.5: Et dice: ‘Tu godrai et sarai signore!’. Là unde l’omo misero non cura del dampno del perdimento di tanto bene! [3] Immanuel Romano, XIII/XIV (tosc.), 2.5, pag. 318: Ed in Toscana parte guelfa goda. [4] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 6, 94-105, pag. 105, col. 1.2: Qui esclama ad Alberto d’Osterich, lo qual fo eletto allo officio de l’Impero, e per volere godere pur quello Reame della Magna, sí se sté e non vi volse vignire a Roma. 3.3 Sost. [1] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 146.85, pag. 644: Perzò che ò inteiso nove / d’um proverbio, che dixe / che mejo è a presente ove / ca deman pogi o pernixe, / lo mondo goer ò perposo / anti ca e’ vejeza aspeite. [2] Boccaccio, Decameron, c. 1370, I, introduzione, pag. 11.27: Altri, in contraria opinion tratti, affermavano il bere assai e il godere e l’andar cantando a torno e sollazzando e il sodisfare d’ogni cosa all’appetito che si potesse e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male. [3] Chiose falso Boccaccio, Inf., 1375 (fior.), c. 29, pag. 242.6: Questa brighata non pensava se none in ghodere e in distruggiere e in far ciene e disinari e in bestialità. 4 Intrattenere rapporti amorosi o coniugali. [1] A. Pucci, Tre sonetti, 1362 (fior.), Una 75 che m’ha d’amore.4, pag. 276: «I’ son contenta che la mia persona / tu goda mezza, e l’altra mio marito». [2] Atrovare del vivo e del morto, a. 1375 (emil.), II, st. 38.2, pag. 162: Quela dona chi è in bontà trovada, / chi l’ha a godere si è imperadore, / che la pò andare a testa levada. 5 Dedicarsi ai piaceri terreni e allo sfruttamento gioioso dei beni materiali, divertirsi. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 244, pag. 63: Lassa ’m, doment k’eo vivo, godher e bon temp trar. [2] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 42, pag. 75.10: Della qual cosa eran questi prelati molto dolenti, ché, sentendosi in grandi dignitadi da potere ben godere, voleano paradiso e questo mondo abracciare. [3] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 14, pag. 122.10: Ma tu nol vedi, ch’elli lo cuopre colli belli panni e vai, e quello medesimo è in ciascuno omo che più ti pare che goda. [4] Lio Mazor, Appendice 1312 (venez.), pag. 45.32: e’ digo che Iacomel ne prestà a mi et a Maria calegera et a Marina la sua barcha a nol per nar a goder. [5] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 511.19: Ancor quivi stanno coloro che mai in loro vita altro cibo non volsaro mangiare se non quello che per suo dilecto s’aleggia, ghodere e delectare se volsaro a loro piaccere. [6] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 4, pag. 113.24: Ma il giovano Ascanio nel mezzo delle valli si rallegra e gode sopra uno buono cavallo. [7] Pietro dei Faitinelli, XIV pm. (lucch.), 13.11, pag. 433: Lassate far la guerra a’ perugini, / e voi v’entramettete de la lana / e de goder e raunar fiorini. [8] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 809, pag. 184: Li clirici godevano la demane et la sera, / Et arriccaro li Ordini et tucte monastera. [9] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 11, pag. 75.26: Anche stavano canto l’acqua e manicavano e godevano, loro cembali sonavano, granne stormo facevano. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [10] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 3, pag. 225.2: Unde in alcun logo dixe: «Questo me par da far, che l’omo mange e beiva e goda e abia leticia da la sua faiga». – Fare festa, celebrare con gioia. [11] Diatessaron, a. 1373 (fior.), cap. 98, pag. 276.24: Conviensi dunque fare nozze e godere, inperò che questo tuo fratello era morto, e è risuscitato. 76 sta vacha prendi / e falla mal dormir e mal godere, / e per lo mese e per le sue kalendi - sì la stracha». / Argo, ch’avea cento ochi per vedere, / condusse per ruyne e per incendi / con mal mangiar, e con pegio iacere, - quella vacha. 5.2 Avere rapporti sessuali (con qna). [12] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 146.126, pag. 646: chi no goe lo bon stao, / pezo lo tengo ca un orso. [1] Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.), ep. Paris, pag. 145.34: Or che peccato è questo che lo ’ndegno Menelao ti gode ogni notte, e del tuo abbracciare continuamente si rallegra? [2] Legg. Sento Alban, c. 1370 (venez.), pag. 65.15: E dixe che molti gran principi e baroni domandava per moier la fia d’esto segnor, e so pare, che çà iera imprexo de la flama de lo amor de la fia, non voleva maridar quella per poder golderla dexonestamente. – Locuz. verb. Godere il mondo. 6 [Relig.] [Rif. alla condizione dei beati]. [13] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), Vita di Antonio, cap. 2, pag. 99.19: Anche come era giovane e però potea assai tempo godere lo mondo, e poi tornare a Dio. [14] Cavalca, Specchio de’ peccati, c. 1340 (pis.), cap. 6, pag. 52.11: E questo si mostra nel ricco del Vangelo, il quale fu dannato per godere il mondo. [15] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 6, 41.4, pag. 82: che ben vestiti sono e ben calzati, / adorni son di fuor molto tuttutti, / e son molto serviti e onorati / e godon questo mondo senza lutti. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De die iudicii, 341, pag. 208: I godheran sempruncha in l’eternal verdura, / In paradis mirabel, in quella grand dolzura. [2] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 13, pag. 114.6: Anco all’anima puoi avere amore, ch’ella goda in cielo. [3] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 727, pag. 42: Chiunqua quisto scripto scerne e ode, / con tucti li santi in paraviso gode. [4] a De li sengni, XIV m. (rom.), 192, pag. 363: le meie conmandamenta avete osservate, / ora entrate nel mio rengnio / ad godire in sempiterno. [5] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 23, pag. 94.19: [Dio] per la sua bontà ci à voluti per servidori, per farci puoi suoi figliuoli, e menarci a godere in vita eterna. [6] Legg. sacre Mgl.II.IV.56, 1373 (fior.), Legg. di S. Vincenzio, pag. 130.20: Iddio ci conceda grazia di fare e di dire quelle cose che sieno suo piacere, sicchè a dì della nostra fine possiamo andare a godere co’ santi a vita eterna. [7] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 11.2, pag. 31: Nel summo cielo con eterna vita / gode l’alma felice tua, Petrarcha. [8] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 1, pag. 222.9: Ché in lo pareiso l’o- – Locuz. verb. Godere il buono stato: trascorrere il proprio tempo in divertimenti e piaceri, spassarsela. 5.1 Mangiare, gustare cibi a sazietà, banchettare. [1] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 134.127, pag. 525: Segondo un nostro scartabello, / che dixe lo lovo a lo porcello? / ‘Mejo serea ch’e’ te goese, / ca toa dona te perdesse’. [2] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 8, pag. 46.6: E fecelo serrare in quella torre con dicendo: «Maggiane e godi, se tu sai»; e il quarto dì fece aprire la torre e trovollo caduto bocone sopra ’l tesoro e fecelo vilmente seppellire. [3] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 62, comp. 10.10, pag. 78: «O fido servo, - qui m’ascolta: / sança dimora que- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini mo era usao odir le parole de Dee e de goé’. 7 [Gastr.] [Di un composto o preparato intermedio]: passare un periodo di conservazione o una pausa dalla lavorazione diretta che favorisca il verificarsi di particolari reazioni chimiche o eventi meccanici, riposare. [1] Pratica del vino, 1342/48 (fior.), pag. 8.10: E s’ela bole, poi, quando è ristata di bolire, s’è isciemata, togli del vino de deta meçina isciemato di prima, e rienpila, e turala bene cola peça e cola cienere in sul turaciolo, e lasciala ghodere. 77 gioia corrispondente al conseguimento di un bene o di una condizione materiale o spirituale. 1.1 [Dir.] Il fruire o la possibilità o il diritto di fruire di un bene. Locuz. verb. Tenere a godimento: esercitare il diritto legale di utilizzo di un bene o di un oggetto. 2 Bene o stato materiale o spirituale che genera piacere e compiacimento in chi lo possiede. 2.1 [Detto della condizione delle anime salve]. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. GODERÌA s.f. 1 Sentimento di piacere e di profonda gioia corrispondente al conseguimento di un bene o di una condizione materiale o spirituale. 0.1 goderia. 0.2 Da godere 1. 0.3 Jacopo Alighieri, Io son la morte, a. 1349 (fior.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Condizione di serenità e spensieratezza legata al godimento dei beni terreni. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 7, cap. 45, pag. 528.22: E che guadagno hae il pagano, in mezzo de’ cristiani contra la fede indurato, se uno poco di tempo hae godimento, e quando egli muore ne va disperato? [2] Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.), c. 18, 16-39, pag. 421.15: letizia è godimento dell’uso di tal bene. [3] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 1, 39.7, pag. 16: se ’l figliuol vostro in tanto godimento / farete, com’io dico, star contento. 1 Condizione di serenità e spensieratezza legata al godimento dei beni terreni. [1] Jacopo Alighieri, Io son la morte, a. 1349 (fior.), 112, pag. 99: O tu che credi stare in goderia, / Apparecchia la biada al mio ronzino / Ché presto vengo alla tua osteria. 1.1 [Dir.] Il fruire o la possibilità o il diritto di fruire di un bene. Locuz. verb. Tenere a godimento: esercitare il diritto legale di utilizzo di un bene o di un oggetto. [1] Doc. pist., 1353 (2), 3, pag. 10.5: a iiij la casa la quale tenea Chino Nati el Campana, la quale tiene a godimento Tomaxio. GODIMENTO s.m. 0.1 godimenti, godimento. 0.2 Da godere 1. 0.3 Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.); Doc. pist., 1353 (2); Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.); Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.). 0.5 Locuz. e fras. avere a godimento 1.1; tenere a godimento 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Sentimento di piacere e di profonda – [Detto del Bene:] locuz. verb. Avere a godimento. [2] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 19, pag. 39.7: Questa donna è la più ricca reina che neuna che si truovi nel mondo, e quella c’ha i piue ricchi fedeli: perch’ella sola ha in questo mondo il sovrano bene a godimento, e aministralo e dàllo a’ fedeli suoi. 2 Bene o stato materiale o spirituale che genera piacere e compiacimento in chi lo possiede. [1] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. III, pag. 340.8: Se tue serai creditrice, le altre Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini femine piglieranno e torranno i tuoi godimenti e questa lievre sarà cacciata da altre femmine. [2] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 12, pag. 50.22: Solo l’amore trova l’amore, e credo che sia godimento de’ godimenti. 2.1 [Detto della condizione delle anime salve]. [1] Boccaccio, Ameto, 1341-42, cap. 45.48, pag. 828: E così come il cor non è diviso / di noi da te, benché non siam presenti, / così da noi il tuo non sia deciso / fin che del buon voler, che ora senti, / ti meritiam, trasportandoti in loco / dove si danno interi godimenti, / faccendo l’uom felice dentro al foco. [2] Jacopo Passavanti, Tratt. scienza, c. 1355 (fior.), pag. 283.3: E a chi in tal guisa la riguarderà in questa vita, nell’altra ne gli farà larghissima copia, e daràgliele a tutto suo volere a perpetuo godimento. GODUTA s.f. 0.1 goduta. 0.2 V. godere 1. 0.3 A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Il trarre piacere (fisico, in partic. dal cibo). 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Il trarre piacere (fisico, in partic. dal cibo). [1] A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.), 10.6, pag. 816: Mangian de’ raviuol, sia pur chi farne, / e ne la infermeria fan gran goduta. IMPENSAMENTO s.m. 0.1 empensamento. 0.2 Da impensare. 0.3 Disticha Catonis venez., XIII: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Opinione, idea. 78 0.8 Rossella Mosti 07.01.2013. 1 Opinione, idea. [1] Disticha Catonis venez., XIII, Prologo, pag. 39.9: Cum ço è causa k’eu Cato - k’eu vardase, eu viti le plusor omini grevementre raegar in via de li costumi. Eu enpensai esser da socorere a lo empensam(en)to de lor, ke grandementre e gloriosame[n]tre vivese e contignise onore. || Cfr. Cato, Dist., prologo: «succurrendum opinioni eorum et consulendum famae existimavi». IMPENSARE v. 0.1 empensa, empensar, empensasse, empensato, empensava, empense, enpensa, enpensade, enpensai, enpensaràs, enpensare, enpenso, enpenssare, impens, impensa, impensà, impensado, impensar, impensavi, impenso, impensò, impenzando, inpensa, inpensado, inpensando, inpensandome, inpensar, inpensare, inpensava, inpensavano, inpense, inpensè, inpensé, inpensiè, inpensoe, inpenssà, inpenssado, inpenssar, inpenssé, inpenssis, inpensso, ’npensato. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1. 0.4 In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Caducità, XIII (ver.); Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.); Doc. venez., 1306. 0.5 Locuz. e fras. impensare male 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Applicare con insistenza la facoltà del pensiero a un soggetto o alla risoluzione di un problema (anche pron.). 1.1 Giudicare, considerare. 2 Fare attenzione, avere cura, darsi pensiero; preoccuparsi. 0.8 Marco Paciucci 13.09.2012. 1 Applicare con insistenza la facoltà del pensiero a un soggetto o alla risoluzione di un problema (anche pron.). [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 434, pag. 541: Altresì fai le femene dì e Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini note tutavia, / qe tutora s’empensa engano e triçaria. [2] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 30, pag. 92.8: Unde miser N. nostra potestate deliberatamente cum li savii homini de nostro communo ànno veduto e ’npensato de quello ke noi avemo commandamento de dire. [3] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 84, pag. 114.14: ello no solamente despresia i altri, ma sì empensa com’ello possa tor la sengnoria de la citade. [4] Lapidario estense, XIV pm. (trevis./friul.), Prologo, pag. 143.20: E queste pere sì sè tale che, sença queste, li omini non potrebe ben vivere longamentre se no cum tropo grande fatiga, chi enpensa bene la veritate. [5] Apollonio di Tiro, XIV m. (tosc.-venez.), incipit, pag. 2.1: La quale çovençella inpensando ço ch’ella deveva fare, la soa baila subitamente venne a quella in quella chammera. 1.1 Giudicare, considerare. [1] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Venus], pag. 35.35: E la femena sì enpensa q’elo sea plui bela causa perdere la verginitade per força. [2] Caducità, XIII (ver.), 36, pag. 655: Mo qual sia la raìs e la somença / là o’ la toa miseria se comença, / eo te l’ò dir, né no miga en creença: / s’el serà ver, enl cor tu te l’empensa. [3] Doc. venez., 1314 (2), pag. 111.18: eo M[a]rco Michel dito Tataro [[...]], in mia sanitade i(n)pensandome li perigoli che porta molte persone et, in caso de infirmitade, eciamdio de morte, e in quela sì vol far so testamento et ordenar li so fati. – Locuz. verb. Impensare male: avere una cattiva opinione di una persona o dello svolgimento di un fatto, diffidare. 79 siero; preoccuparsi. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Vulgare de elymosinis, 1035, pag. 276: S’eo no impens de l’anima, sont condagnao a morte. [2] Rainaldo e Lesengr. di Udine, XIII (ven.), 22, pag. 156, col. 2: chi vol dir ma’ del so visin, / inprima inpense pur de si / e soa rason sì dé cercar, / e postra diga de altri mal. [3] Doc. venez., 1306, pag. 45.21: mio sosero me dise che elo fo a ca’ de miser Michel Bon che stava in casa e recordàli che elo li plasese i(n)pensar delo fato de Çanin. IMPENSATAMENTE avv. 0.1 f: impensatamente. 0.2 Da impensato. 0.3 F St. guerra di Troia (ed. Dello Russo), XIV (tosc.): 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N La forma impensatamente di F Deca terza di Tito Livio, L. 3, cap. 18: «e tanto più impensatamente quanto eglino, per non essere usati alle delicatezze, s’erano in quelle avviluppati» (cit. in GDLI s.v. impensatamente) è prob. frutto della revisione editoriale delle stampe antiche, su Liv. III, 18, 12: «et eo impensius quo avidius ex insolentia in eas se merserant», da cui dipende Pizzorno, Deche di T. Livio, p. 228. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Senza riflettere e senza ponderare le proprie azioni. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Senza riflettere e senza ponderare le proprie azioni. [1] F St. guerra di Troia (ed. Dello Russo), XIV (tosc.), L. 15, cap. 1: perciò tu di te sie reggitore, e con somma guardia conserva il tuo corpo, e raffrenati dalle disutili gagliardie, e non t’abbandonare tutto alla tua prodezza impensatamente, ma sì saviamente ti porta... || Dello Russo, Guerra di Troia, p. 283. [4] Apollonio di Tiro, XIV m. (tosc.-venez.), incipit, pag. 13.13: Non inpensar mal de mi, conçò sia chosa che to pare mi ha mandato qua da ti che io ti debbia dare queste IIJ çetole. [5] Tristano Veneto, XIV, cap. 378, pag. 344.4: et se vui li faré maor forço, tosto porave altra mata zente mal inpenssar. IMPENSATO agg. 2 Fare attenzione, avere cura, darsi pen- 0.1 f: impensati. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.2 V. impensare. 0.3 f Vita di S. Antonio: 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N L’es., cit. a partire da Crusca (3), e passato a TB e GDLI, potrebbe essere un falso del Redi: cfr. Volpi, Le falsificazioni, pp. 100-101. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Non previsto. Estens. Improvviso. 0.8 Rossella Mosti 04.01.2013. 1 Non previsto. Estens. Improvviso. [1] f Vita di S. Antonio: Sono poi afflitti da impensati disastri. || Crusca (3) s.v. impensato. IMPENSIER s.m. 0.1 inpensier, inpensieri, inpenssier. 0.2 Da pensiero. 0.3 Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.): 1.1. 0.4 In testi sett.: Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.). 0.5 Locuz. e fras. avere impensier 2.1; rio impensier 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso cui è possibile percepire, comprendere e valutare le cose (in opposizione a cuore, come sede dei sentimenti). 1.1 Specifico contenuto mentale, idea, ragionamento. 2 Stato d’animo caratterizzato da inquietudine (per le sorti di qno o per un det. problema), preoccupazione, angoscia. 2.1 Fras. Avere impensier: rivolgere la mente a qno con inquietudine, preoccuparsi. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso cui è possibile percepire, comprendere e valutare le cose (in opposizione a cuore, come sede dei sentimenti). [1] San Brendano ven., XIV, pag. 46.20: e là li parlà cusì digando: “O vui mie’ conpagnoni de penetenzia, li qual nui ieremo, io sì ve priego che vui me consié, inperché lo cuor mio 80 e li mie’ inpensieri si è tuti asunadi in una volontade. 1.1 Specifico contenuto mentale, idea, ragionamento. [1] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 2776, pag. 122: Quando questo inpensier ave fato, / Allò che plu non à demorato: / In via se messe, a l’oste venne, / E dentro dal pavion s’artenne / D’Eustadio, lo signor so. [2] San Brendano ven., XIV, pag. 168.2: mo fime questo inpensier: elo saverà ben scanpar per la soa gran sapienzia e per la soa vertude ch’elo à in lui. – Rio impensier: pensiero malvagio, peccaminoso. [3] San Brendano ven., XIV, pag. 166.26: e così me vene in cuor de falsar la conpagnia e de tradir lo mio signor e darlo per XXX dinari, e così fi e regovriè da lui lo diesemo ch’io aveva perdudo. E non inpensiè suso ch’io fisi rio inpensier, mo io non criti che le cose dovese andar sì malamente... 2 Stato d’animo caratterizzato da inquietudine (per le sorti di qno o per un det. problema), preoccupazione, angoscia. [1] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3288, pag. 135: E stete ben quatordexe anny e plu / Portando dollor et inpensier / Delly fijolly e della muier. [2] San Brendano ven., XIV, pag. 44.4: sapié ch’el è qua da pruovo quela isola preziosa, che vien apelada tera de promision de li santi [[...]] Là non se à mai fame nì sede nì doia de cavo nì grameza nì inpensieri de alguna cosa, tanto è l’alegreza e la consolazion... 2.1 Fras. Avere impensier: rivolgere la mente a qno con inquietudine, preoccuparsi. [1] Tristano Veneto, XIV, cap. 160, pag. 150.22: «Ora, maistro, non te smarir, inperciò che se mio barba me vol ora mal, io farò tanto per le mie bontade qu’ello me vorà ben, né çià lo so cuor non serà sì felon che io non lo vadagna, se io porè. Et dela damisela non aver inpenssier, perqué io farò tanto, se a Dio plaxe, qu’ello l’averà». Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini INGIOIOSO agg. 0.1 ingioiosa. 0.2 Da gioioso. 0.3 Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Privo di gioia. 0.8 Rossella Mosti 14.03.2013. 1 Privo di gioia. [1] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 10.1288, pag. 205: Ove è condotta l’ingioiosa vita, / Solea nel tempo umilità regnare: / Dal cieco mondo par che sia smarrita. INGIOIRE v. 0.1 ingioire, ingioiscie. 0.2 Da gioire. 0.3 Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.): 2. 0.4 In testi tosc.: Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.); Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare un sentimento di felicità ed entusiasmo. 2 Rendere allegro (qno). 2.1 Festeggiare con manifestazioni di stima e di allegria. 0.8 Rossella Mosti 14.03.2013. 1 Provare un sentimento di felicità ed entusiasmo. [1] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 88, pag. 132.6: Quando il cuore ode alcuna parola che gli sia o buona o ria, egli nolla puote sapere se non per li suoi anbasciadori; e se gli piace, egli ingioiscie e allegra... 2 Trans. Rendere allegro (qno). [1] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 93, pag. 158.17: Lo re Priamo l’amava e lo tenea molto caro; ben sapea per suoi gabbi gli uomini ingioire. 81 2.1 Festeggiare con manifestazioni di stima e di allegria. [1] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 14, pag. 91.13: Lo re, per ingioire e per festare Iason e sua conpagnia, manda in sua camera, là ove sua figliuola era, ch’ella venisse dinanzi da llui. INORGOGLIRE v. 0.1 innargoglito, innorgogliranno, innorgoglirono, inorgogisse, inorgoglì, inorgoglisca, inorgoglisce, inorgogliscie, inorgogliscono, inorgoglite, inorgollire, inorgolliro, ’norgogliscono, ’norgollisce. 0.2 Da orgoglio. 0.3 <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>: 1. 0.4 In testi tosc.: <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Fiore, XIII u.q. (fior.); Stat. sen., 1309-10. In testi sett.: Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Acquistare superiorità e superbia. 1.1 Aumentare di dimensione e di forza, crescere con velocità; elevarsi. 2 Indignarsi, protestare con forza, reagire con sdegno a un’affermazione o a un atto. 2.1 Opporsi con energia (con connotazione neg.). 0.8 Marco Paciucci 13.09.2012. 1 Acquistare superiorità e superbia. [1] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 2, pt. 1, cap. 17, pag. 153.3: s’elle sono umili, l’uomo le può mostrare maggiore segno d’amore che s’elle sono orgogliose, acciò che ella non si inorgoglisca e non prenda signoría sopra al marito, mostrandole amore. [2] Fiore, XIII u.q. (fior.), 91.3, pag. 184: Religïoso non si inorgoglisce. [3] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De le sete virtude, vol. 1, pag. 126.8: è mato e follo chi p(er) l’anima o lo co(r)po se inorgogisse. 1.1 Aumentare di dimensione e di forza, Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini crescere con velocità; elevarsi. [1] Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.), pag. 10.10: è il gran pino peggiorato per lo suo piccolo pino, e ancora peggio chè ’l piccolo pino vive della sua radicie e inorgogliscie della grazia di lui. 2 Indignarsi, protestare con forza, reagire con sdegno a un’affermazione o a un atto. [1] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), cap. 170, pag. 300.22: E quando Meliagus intese queste parole, fue molto innargoglito e disse: «Per mia fè, Amoratto, io il ti proveroe per forza d’arme, [sì come la reina Ginevra ee assai più bella che nonn ee la dama d’Organia, la quale] voi dite». 2.1 Opporsi con energia (con connotazione neg.). [1] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 6a, cap. 33, vol. 2, pag. 506.14: statuto et ordinato è, che [...] acciò che neuna comunanza de le terre del contado possa o vero ardisca contra lo comune et popolo di Siena in alcuna cosa inorgollire, et che neuno castello o vero terra o vero rocca del contado di Siena, la quale scipata o vero distrutta fue per lo comune di Siena, [...] non si possa nè debia in perpetuo rehedificare. INVERGOGNARE v. 0.1 f: invergognata, invergognati, invergognolli. 0.2 Da vergogna. 0.3 f Plutarco volg., XIV ex.: 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Coprire di vergogna. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Coprire di vergogna. [1] f Plutarco volg., XIV ex.: E di poi che ’l Duca ebbe invergognata lei, domandolla se aveva nascoso oro. || Crusca (1) s.v. invergognare. [2] f Plutarco volg., XIV ex.: Come li primi furono invergognati, gli altri che gli seguivano fuggirono [[…]] Uccise di lor gran parte, 82 e invergognolli del tutto. || TB s.v. invergognare. INVERGOGNATAMENTE avv. 0.1 f: invergognatamente. 0.2 Da invergognato. 0.3 f Plutarco volg., XIV ex.: 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Con spudoratezza. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Con spudoratezza. [1] f Plutarco volg., XIV ex.: Si levò incontanente tutto lo stuolo, e passò in Libia invergognatamente. || Crusca (1) s.v. invergognatamente. INVERGOGNATO agg. 0.1 f: invergognata. 0.2 V. invergognare. 0.3 f Plutarco volg., XIV ex.: 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Coperto di vergogna. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Coperto di vergogna. [1] f Plutarco volg., XIV ex.: Piangendo, come mogliera invergognata, perché le avieno dato altro marito. || Crusca (1) s.v. invergognato. ORGOGLIAMENTO s.m. 0.1 argogliamento, orgogliamento, orgolgliamento. 0.2 Da orgogliare. 0.3 Ubertino del Bianco d’Arezzo, a. 1269 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Ubertino del Bianco d’Arezzo, a. 1269 (tosc.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.). 0.5 Locuz. e fras. fare orgogliamento 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.7 1 Atteggiamento o sentimento di superiorità e disprezzo nei confronti del prossimo. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Atteggiamento o sentimento di superiorità e disprezzo nei confronti del prossimo. [1] Ubertino del Bianco d’Arezzo, a. 1269 (tosc.), 7.3, pag. 389: Ai, mala donna, sì male tormento / vi doni dio faciendome socorso, / ca sol per vostro grande orgolgliamento / in dir follia di verità m’ò corso. [2] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2610, pag. 266: Amico, e ben ti membra / se tu per belle membra / o per bel vestimento / hai preso orgogliamento. – Locuz. verb. Fare orgogliamento: mostrarsi superbi e ritrosi, disprezzare con alterigia. [3] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 3.55, pag. 468: e sa bene - che ’n pene - li tene / e met[t]eli in tormento; / a l’amore - a tut[t]ore - di core / fanno argogliamento. ORGOGLIANZA s.f. 0.1 argoglança, argogliança, argogliansa, argoglianza, argollianza, orgogliansa, orgoglianza. 0.2 Da orgoglio. 0.3 Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.); Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.); Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.). In testi mediani e merid.: Poes. an. umbr., XIII/XIV. 0.5 Locuz. e fras. fare orgoglianza 1; salire in orgoglianza 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Superbia, alterigia, atteggiamento distaccato e freddo derivante dalla fiducia nell’alta qualità delle proprie doti. 1.1 Crudeltà, atteggiamento feroce e malvagio. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 83 1 Superbia, alterigia, atteggiamento distaccato e freddo derivante dalla fiducia nell’alta qualità delle proprie doti. [1] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 5.21, pag. 466: com’om che pinge bene / colora viso tale / che li conven ma[l], tale / è soffrire orgoglianza. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 7.5, pag. 31: mille mercé a l’amoroso bene / che dispietò ver’ me con orgoglianza, / poi d’umilianza / m’ha rico[r] donato. [3] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 7.52, pag. 54: crudeltà mi mostra in sua senbiansa / e con fèr’ orgogliansa, / servendo lei, disdegna il meo servire. [4] Poes. an. umbr., XIII/XIV, 44, pag. 101, col. 22: dunqua dimembra tuo core d’argoglança! – Locuz. verb. Fare orgoglianza: comportarsi con crudeltà, superbia e distacco nei confronti di qno, umiliare. [5] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 5.17, pag. 465: Finare mi convene, / ch’e’ mi son miso a tale / che non dice mai tale, / mai mi fa orgoglianza. – Locuz. verb. Salire in orgoglianza: insuperbire, assumere un atteggiamento altezzoso e di ostentata superiorità. [6] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 117, pag. 459.20: e l’uno di loro salì in argoglianza e montò in superbia, dicendo: - Io non voglio Giuseppo per mio maestro. 1.1 Crudeltà, atteggiamento feroce e malvagio. [1] Laudario S.M. d. Scala, XIII ex./XIV po.q. (tosc.), 7 (Ars).10, pag. 58: Li felli Giuderi sì mi rubbaro / del mio figliuolo, c’avea sì caro; / di nocte tempo sì llo piglaro, / strecto ·l legaro - con argogliansa. ORGOGLIARE v. 0.1 argoglia, argogliare, orgogla, orgoglanu, orgoglari, orgoglia, orgogliando, orgogliano, orgogliare, orgogliasse, orgogliò, orgoia, orgolglia, orgolgliare, or- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini golliato, orguglassi. 0.2 Da orgoglio. 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Mastro Francesco, XIII sm. (fior.). In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.). In testi sic.: a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Aumentare, crescere di intensità o di dimensione. 1.1 Elevare spiritualmente, innalzare al di sopra della comune condizione di benessere e felicità, donare lustro, prestigio. 2 Mostrarsi superbo e arrogante, ostentare superiorità. 2.1 Indispettirsi, protestare con veemenza, reagire con forza e decisione a una condizione spiacevole o sfavorevole. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Aumentare, crescere di intensità o di dimensione. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 708, pag. 553: ogno fogo s’astua per l’aqua quando ’l moia, / mai quelo de le femene se n’acend et orgoia. [2] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), tenz. 108.8, pag. 271: Se tanto, ver’ di me, la sua potenza / s’orgolglia, lasso!, mia vita è morire. 1.1 Elevare spiritualmente, innalzare al di sopra della comune condizione di benessere e felicità, donare lustro, prestigio. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 11.22, pag. 148: con gioi par che m’acoglia / lo vostro innamorare, / e per dolce aspettare / veder mi pare - ciò che mi s’orgoglia. – Sost. Nobiltà d’animo, elevatezza spirituale, condizione di naturale superiorità. [2] Guido delle Colonne, XIII pm. (tosc.), 4.38, pag. 105: Lo sole è alto, e sì face lumera, / e tanto più quanto ’n altura pare: / vostr’argogliare - donqua e vostra altezze / fac- 84 ciami prode e tornimi in dolcezze. 2 Mostrarsi superbo e arrogante, ostentare superiorità. [1] Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 1.61, pag. 97: Gioia e confortamento / di bon cor deo pigliare / vedendomi in cotanta benenanza, / aver soferimento / e non unque orgogliare / inver l’Amor e con umilianza / piacentemente servir tut[t]avia. [2] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 22, pag. 66.5: elli sarà di gran cuore, e saprà bene sofferire ei beni e i mali, e non è orgolliato per li beni temporali, né per la moltitudine de le ricchezze. [3] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), tenz. 93.13, pag. 243: Ché tutto il mio pensier, disio e volglia, / [...] sol si conduce per lei che s’orgolglia / ver’ me, ond’io nom parto mia speranza. [4] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 195, pag. 302.17: cusì aveni ki sovenci sotta di quilli belli robi est l’anima morta per peccatu, specialmenti in quilli oi in quilli ki si glorianu et orgoglanu. – Sost. Superbia, freddo distacco, arroganza. [5] Mastro Francesco, XIII sm. (fior.), canz. 1.11, pag. 177: Di tut[t]e pene m’apago / sperando merzé trovare, / e già d’amor non ismago / per troppo vostro orgogliare. [6] Cione Bagl. (ed. Minetti), XIII/XIV (tosc.), 97a.8, pag. 248: Vedrem mò se, com’ di’, Carlo di Franza / l’atenderà col suo folle orgolgliare! 2.1 Indispettirsi, protestare con veemenza, reagire con forza e decisione a una condizione spiacevole o sfavorevole. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 6.30, pag. 90: Naturalmente - avene tuttavia / c’omo s’orgoglia a chi lo contrarìa. [2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 8.44, pag. 117: Ochi e talento e core / ciascun per sé s’argoglia, / disïando vedere / madonna mia a tuttore. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ORGOGLIO s.m. 0.1 argholglio, argoglia, argoglio, argoio, argolgi, argolio, argollio, argollo, orghoglio, orgholglio, orgholglo, orgo’, orgogi, orgogio, orgogli, orgogli’, orgoglia, orgoglio, orgoglo, orgoglu, orgoi, orgoil, orgoio, orgojio, orgojo, orgolglio, orgolio, orgolli, orgollio, orgoyo, orguglo. 0.2 Prov. orgolh (DELI 2 s.v. orgoglio). 0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.); Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Bono Giamboni, Trattato, a. 1292 (fior.); Lucidario lucch., XIII/XIV; Poes. an. aret., XIV in. (?). In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Poes. an. ven., XIII; Memoriali bologn., 1279-1300, (1287); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.); Lucidario ver., XIV; Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.); Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.5 Locuz. e fras. a orgoglio 1; di orgoglio 1; dire orgoglio 1.1; fare orgoglio 1; levare in orgoglio 1; menare orgoglio 1.1; montare in orgoglio 1. 0.6 N Att. in nomi e soprannomi, a Genova e Pisa, già nella seconda metà del sec. XII: cfr. GDT pp. 447-48. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Sentimento di superiorità fondato su un’eccessiva considerazione delle proprie 85 qualità, superbia, arroganza. 1.1 Atto o discorso che esprime arroganza e superbia; affronto, insulto. 1.2 Impeto violento e doloroso, ferocia. 1.3 Ferita dell’animo, sentimento di tristezza e dolore, infelicità. 2 Atteggiamento di profonda dignità, indisponibilità a compromettere o sminuire il proprio onore e le proprie qualità, fierezza. 2.1 Sentimento di soddisfazione e compiacimento per il conseguimento di uno stato o il possesso di un bene. 2.2 Portamento fiero e nobile, che esprime dignità e grandezza d’animo; prestanza fisica. 2.3 [Di edificio o elemento del paesaggio:] imponenza, magnificenza, eccellenza di dimensioni e di aspetto. 0.8 Marco Paciucci 09.11.2012. 1 Sentimento di superiorità fondato su un’eccessiva considerazione delle proprie qualità, superbia, arroganza. [1] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 5.12, pag. 56: Ell’è quella c’ha morta villania, / l’orgoglio e la follia. [2] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2112, pag. 249: Al postutto non voglio / ch’alcuno per suo orgoglio / dica né faccia tanto / che ’l gioco torni ’n pianto. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 192, pag. 9: E’ ’g pasc li soi cavai, dond el no me sa grao, / Inanz me ten sot pe per so serv obligao, / Pur zo no sofrerò, pur fia despoëstao, / Lo so orgoi grandissimo fortment fiza abassao. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 9: quelle cose che tu saprai sensa orgoglio (et) soperchiansa le inse(n)gna. [5] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 26, pag. 72.9: umiltà è mezzo intra orgoglio e viltanza. [6] Poes. an. urbin., XIII, 11.146, pag. 564: E pperò non me dire / k’io deg[g]a suffirire - loro argollo; / vengnar me vollo - de la lor fullia. [7] Memoriali bologn., 1279-1300, (1287) [Guido Guinizzelli] 22.10, pag. 43: Passa per via adorna, e sí gentile / ca sbassa argoglio a cui dona salute. [8] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (tod.), 14.59, pag. 531: Or me di’, om taupino, / ke nno te vale argollo né dureça: / tucta te vene meno / l’avere, la persona, la belleça. [9] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 164.14: Onde io lodo che uno valentre barone vada per tutte le nostre chontrade sommovendo gente per essere alla difesa di noi, in modo che mattare possiamo l’orgolglio greco. [10] Lucidario lucch., XIII/XIV, L. 1, quaest. 98-101, pag. 46.8: lo primo [peccato] si fue orgoglio, per ciòe che volse essere pari chon nostro signore. [11] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 57.34, pag. 342: No savei voi che se dixe / ch’è gente pinna d’orgojio / e tai ne creva li ogi / e i arranca le raixe? [12] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 702, pag. 67: invidia ni argoio / No me plaxe ni non voio. [13] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 530.8: A le tuoi alte parole te respondo che io non so venuto qui per componere nè fare pacti, ma solo per atutare el grande argholglio di te e di tua terra. [14] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 7, pag. 34.18: Et chomo ogne herba porta la soa somença, chusì de le richeçe nasse ’ste ree somençe: luxuria, ira desmesuraa, furor contra raxon, arrogancia superbia et orgoglio. [15] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 1016, pag. 65: Dov’è la tua posanza e la baldeza? / Dov’è ’l tuo argoio? [16] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 27.11, pag. 572: Sì che per voi medesma, amor mio caro, / podiate emmaginar quant’è ’l cordoglio / del servo, el cui signor mantene argoglio. [17] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 26, pag. 19.20: Et primeramenti dirimu di lu orgoglu, perzò ki quistu fu lu primu peccatu et lu comenzamentu di tucti li mali. [18] Lucidario ver., XIV, L. 1, quaest. 63, pag. 37.7: D. Perché feci Deo l’om de così vil cosa? M. Per lo confondimento del diavolo, che sì vil cosa [interrebbe] de[la] gloria unde era caduto per suo argoio. [19] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 10.7, pag. 29: se altra possa fu may tanto acerba / a metter sopra altruy gravosa soma, / 86 tute san già quant’ogno orgoglio doma / al fin Cholui che a sé vendeta serba. – [Rif. al comportamento della donna che si rifiuta a chi ne chiede i favori]. [20] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 1.3, pag. 11: Madonna, dir vo voglio / como l’amor m’à priso, / inver’ lo grande orgoglio / che voi bella mostrate, e no m’aita. [21] Poes. an. ven., XIII, 164, pag. 140: O anima, io te digo con veritade / Che de ti me vien pietade: / Unde con ti paxe far voio, / Se io in ti no trovo orgoio. [22] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 2.6, pag. 214: Quest’è la vita e ’l ben per ch’io ve servo / e per che ’l vostro orgoglio amor non parte / del cor. – [Personif.]. [23] Disputatio roxe et viole, XIII (lomb.), 208, pag. 108: Orgolio e Avaritia te svengar to dagno, / tu non e’ patiente, anze è orgolio tamagno / che dire no se poria s’el stesse ben uno ano. [24] Petrarca, Canzoniere, a. 1374, 29.20, pag. 40: Di quanto per Amor già mai soffersi, / [...] vendetta fia, sol che contra Humiltade / Orgoglio et Ira - il bel passo ond’io vegno / non chiuda, et non inchiave. – Locuz. avv. A orgoglio: con superbia e alterigia. [25] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 40, pag. 562: Ki respont umelmentre, ira no se ie tien, / mai qi favel’ a orgoio, s’ela no ’nd’è, sì vien. [26] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 19, pag. 245.28: s’io pugnio a orgoglio e a villanìa, per cui son già molti villan vinciuti, e’ par che ssolo vaglia in villano homo e in vil temoroso. [27] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 104, pag. 170.11: ché quelli che a torto e orgoglio fa suo affare, se ne gli aviene male, non à niente dampnaggio, apresso n’è da tutti biasmato e ripreso. – Locuz. avv. Di orgoglio. [28] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 1.32, pag. 887: Savio sono ch’io Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini non dico / d’orgoglio né acatto nemico. [29] Disputatio roxe et viole, XIII (lomb.), 148, pag. 107: oy Violeta olente, molte perversamente / parli de grande orgolio, verso mi guarda e atende. – Locuz. verb. Fare orgoglio: affliggere, rendere infelice o adirato, maltrattare. [30] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 6.22, pag. 192: al cor sento ond’io mi doglio, / madonna, per gelosia; / pensamento mi fa orgoglio. [31] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 16, pag. 63.7: E tanta crudeltà non abbiate nel vostro côre, chè non si fae argoglio a gentilezza... – Locuz. verb. Levare, montare in orgoglio: provare sentimenti di superiorità e alterigia, insuperbire. [32] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 1, cap. 12, vol. 1, pag. 39.3: Ma quegli ch’ebbe nome Lucifer, a cui Iddio avea fatto tanto onore [...], egli montò in orgoglio, per ciò ch’e’ si assicurò della signoria ch’egli ebbe sopra gli altri. [33] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 1, quaest. 67, pag. 104.11: Quando se leva in superbia e orgolio l’omo, e le mosche on li altri vermi lo ponzeno, el à caxone de pensare como el è fragele e fievre cossa. [34] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3741, pag. 147: In tanto argoio ello è montado, / Che ello è devegnudo cristian, / Ni plu non vuol esser pagan. [35] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 25, par. 13, pag. 417.18: Ché poco intendono i vescovi di Roma colli altri, se per aventura per li prenzi di Roma a essere gravati sieno veduti per prese di decime o d’altri tali tributi tenporali a ssostenere i suo’ chavalieri, a llui stante la neciessità di battalglie, per la grazia ricievuta, e benificio di cose tenporali, le quali a llui donarono grasiosamente i prenzi di Roma, in orgholglo levato, di sua condizione non sappiendo e di tutti straingressi più ingressi [36] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 195, pag. 302.9: Multu est adunca follu et fanchullu di sennu ki 87 di sua roba si leva in orgoglu. 1.1 Atto o discorso che esprime arroganza e superbia; affronto, insulto. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 17.5, pag. 499: Che sia argoglio chieder merzé crede, / a bestem[m]ie asembra miei’ saluti. [2] Fiore, XIII u.q. (fior.), 170.6, pag. 342: L’uon che si piace, fa gran scipidez[z]a / E grand’orgoglio, e l’ira di Dio atenda. [3] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 3, cap. 9, pag. 118.1: Allora verrà lo re del mondo, lo quale non potrà quello orgoglio sofferire. [4] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 63, pag. 121.18: Dimmi, valletto, se Dio ti salvi, chi è quello signore che mi manda dicendo sì grande orgoglio? [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 85.75, pag. 411: A lo mar sì conturbao / è questo mondo asemejao, / chi mai no è senza regajo / de guerra, breiga e travajo [...]. / Li ingani, scandar, orgogi / se pòn apelar li scogi. [6] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3912, pag. 152: Or dy adoncha: per qual argoio / As tu fato cotanto innoio / A llor, et a nuy desenor? [7] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 4, vol. 2, pag. 45.35: Uvi su li grandi argolgi non contenti di cussì grandi spaciu di Africa? [8] Lucidario ver., XIV, L. 1, quaest. 37., pag. 23.6: D. Perché no ge demorà-lo plu longamente? M. Perch’el non era drito che el ge stesso in quella grande gloria, che tale argoio avea començà sovra el Nostro Segnoro. – Locuz. verb. Dire orgoglio: insultare, esprimere disprezzo con parole e discorsi, umiliare. [9] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 364, pag. 382.27: La damigella non tenne altro piato co· llui: ella non riceve le parole né no le rifiuta né non dice al messagio né orgoglio né villania. – Locuz. verb. Menare orgoglio: maltrattare, disprezzare, trattare con arroganza e indifferenza. [10] Poes. an. aret., XIV in. (?), 5.6, pag. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 385: Questo homo ke v’ama e nol degnate amare / et argollio menateli soente, / non vo fallìo ned ebbe in cor di fare. 1.2 Impeto violento e doloroso, ferocia. [1] Tomaso di Sasso (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), canz..43, pag. 68: Bella, per grande orgoglio / de la vostra fiereza, / miso di fin’amanza / in disperanza - fu[i]ne molte fiate. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De Sathana cum Virgine, 210, pag. 36: Ma tu falz inimigo, tu renegao dragon, / Sempre he menao orgoio e guerra e tradizon. [3] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De doctrina, cap. 2: quine ù è sup(er)bia quine è co(n)tumelie, cioè schierne co(n) orgollio (et) dispregi. [4] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Canz. 3.23, pag. 129: for colpa non m’auzida per orgoglio, / ma brevemente trag[g]ami d’ardura / e de l’affanno ca ’l mio cor sostene. [5] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 4604, pag. 170: Oldando questo lo inperador / Se inplí de argoio e de furor, / Como coluy che era çircondado / Da diavolly in ogny lado. [6] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 191, pag. 249.6: Molto avea d’ambedune parti grande orgoglio, e perciò ne fuoro molte lacrime gittate, ché quella battaglia non si partì lo dì, che più di mille ne perdero le teste. [7] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 4, pag. 16.15: al famolento toglivi e strepavi lo pan de man, per força posseghivi la terra d’altrù, e per toa possança e orgoglio tegnivi la citae como crudel tirano. – [Degli elementi naturali e in part. del mare:] agitazione, impeto. [8] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 3, cap. 72, pag. 354.17: allora Zeffiro levandosi fresco aiuterà il tuo cammino, e il mare, lasciato il suo orgoglio, pacifico si lascerà navicare. 1.3 Ferita dell’animo, sentimento di tristezza e dolore, infelicità. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 27.50, pag. 524: se ’l vostro coragio / savesse 88 che m’orgoglia, / e io ’l sapesse, mancheria mio orgoglio. [2] Rustico Filippi, XIII sm. (fior.), son. 34.14, pag. 89: Amor, merzé, che tanto aggio d’orgoglio. 2 Atteggiamento di profonda dignità, indisponibilità a compromettere o sminuire il proprio onore e le proprie qualità, fierezza. [1] Guido delle Colonne, XIII pm. (tosc.), 4.28, pag. 105: Non dico c’a la vostra gran bellezza / orgoglio non convegna e stiale bene, / c’a bella donna orgoglio ben convene. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 11.25, pag. 46: ma quanto vivo sanza cor, più doglio, / e sfoglio / d’orgoglio / la mia persona, ché cor no la mena. [3] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 85, pag. 153.1: li capelli aveano longhi e biondi infino a le spalle, gli occhi aveano grossi e pieni di fierezza e d’orgoglio. 2.1 Sentimento di soddisfazione e compiacimento per il conseguimento di uno stato o il possesso di un bene. [1] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 3.46, pag. 458: Donqua si dé gradire / di me, che voglio ben fare, / e ghirlanda portare / di molto orgoglio ardire: / che s’eo voglio ver dire, / credo pingere l’aire. [2] Bono Giamboni, Trattato, a. 1292 (fior.), cap. 31, pag. 152.12: E diranno fra loro med[e]simi: Ov’è la soperbia nostra? ov’è il vantamento e l’argoglio nostro delle ric[c]hezze? 2.2 Portamento fiero e nobile, che esprime dignità e grandezza d’animo; prestanza fisica. [1] Tesoro volg., XIII ex. (fior.), L. 5, cap. 12, pag. 103.5: E quelli sono molto grandi, e somiglianti all’aquila bianca; ma degli occhi e del becco e dell’ale e dell’orgoglio sono simiglianti al girfalco. [2] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 166.9: e quando furono inn alto mare, si scontrarono inn una molto bella nave, nella quale era il re Menelaon, il quale andava per provedere sue chastella. Da ongni parte aveva quivi Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini orgolglio, sì ne’ Troiani come ne’ Greci. [3] Bestiario Tesoro volg., XIV pm. (sen.), cap. 34, pag. 295.20: Lo sesto lignaggio de’ falconi è surponte, cio ène molto grande et sembra aquila bianca, ma del’alie et li occhi et del becco risembra grifano et anco d’orgoglo, bene che io non trovasse ancora omo che lo vedesse. 2.3 [Di edificio o elemento del paesaggio:] imponenza, magnificenza, eccellenza di dimensioni e di aspetto. [1] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 45, pag. 120.17: Quando Ylion fu così fatto e divisato com’io v’ò contiato e detto, molto semblava di grande orgoglio a vedere, ché semblava che minacciasse tutte cose viventi. [2] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 7, cap. 31, vol. 2, pag. 195.4: Li Padri ebbero pietade che la città, molto potente di ricchezze, e famosa di morbidezze e d’orgoglio, [...] fosse sì sconfitta e sì discorata, ch’ella sommettesse sè e tutte le sue cose a signoria altrui. ORGOGLIOSO agg./s.m. 0.1 argogliosa, argogliosi, argoglioso, argoiose, argoioxi, argoioxo, argoliose, argolloso, orghogliosa, orghoglioso, orgholglosi, orgholgloso, orgogliosa, orgogliose, orgogliosi, orgoglioso, orgoglosa, orgoglosi, orgogloso, orgoglusi, orgoglusu, orgoillos, orgoiosa, orgoiosi, orgoioso, orgoioxi, orgoioxo, orgoiusi, orgojosi, orgojoso, orgojoxi, orgolglioso, orgolglosi, orgoliosa, orgolioso, orgolioxo, orgolliosi, orgollioso, orguglosu, orguglusi, oruglusu, orugogloxo. 0.2 Da orgoglio. 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Jacopo Mostacci (ed. Fratta), XIII pm. (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Menichetti), XIII m. (lucch.); Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.). 89 In testi sett.: Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.); Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). In testi mediani e merid.: Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Poes. an. perug., XIV m. In testi sic.: a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che si comporta in modo arrogante e superbo ed è portato a disprezzare il prossimo; che è operato con arroganza o dietro lo stimolo della superbia. 1.1 Feroce, dotato di indole violenta, aggressiva e crudele. 1.2 [Nei rapporti amorosi] Che respinge con disprezzo, umilia o deride i sentimenti dell’amante. 2 Dotato di un atteggiamento dignitoso, fiero e risoluto. 2.1 Fisicamente imponente e caratterizzato da grande forza e vigore. 3 Che prova un sentimento di gratificazione per un’azione compiuta o per il possesso di qsa. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Che si comporta in modo arrogante e superbo ed è portato a disprezzare il prossimo; che è operato con arroganza o dietro lo stimolo della superbia. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 6.36, pag. 91: E voi che sete senza percepenza, / como Florenza - che d’orgoglio sente, / guardate a Pisa di gran canoscenza, / che teme ’ntenza - d’orgogliosa gente. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 10.37, pag. 64: Adunqua mi conven stare / a la sua dolze speranza / e non essere argoglioso, / ma tutor merzé chiamare. [3] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2629, pag. 266: Amico, or ti provedi, / ché tu conosci e vedi / che d’orgogliose pruove / invidia nasce e muove, / ch’è fuoco de la mente. [4] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio rose cum viola, 7, pag. 77: La rosa orgoiosa sí parla inprimamente / E argumenta incontra molt orgoiosamente. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [5] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 26, pag. 72.2: dovemo sapere, che l’uomo può peccare in due maniere in sè ritrarre delli onori; ché quelli è orgollioso, che non se ne ritrae secondo che ragione e drittura insegna. [6] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.), 14.22, pag. 530: Quell’omo argolloso, / quando la morte l’alma ne departe, / poi lo fa sì anguscioso, / or perké nno s’aiuta cu la parte? [7]a Lucidario pis., XIII ex., pag. 46.23: D. Fue lo fermamento per quelli che caddeno? M. No nneiente, ma quando elli li videno sì orgolliosi, sì ne funo molto dulenti, et però sì si apreseno al bene di tucto in tucto et però sì funo afermati. [8] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 73.28, pag. 375: Ma savei como e con quai? / Con omi ben acostumai, / chi san lo trepo ben fornir, / ben comenzar e ben finir; / ni con re’ ni caxonoxi / ni parter ni orgojosi, / che per poco se corrozam / e so zogo tosto mozam. [9] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 1537, pag. 89: Tuti se mostra orgoiosi / E de mal far si desirosi, / Che maledeto quello che olsa dir / De voler l’inperio obedir. [10] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 172, comp. 28.3, pag. 98: De l’alto Iove e dela Inacha bella / Epapho nacque ligiadro e zoglioso; / lo qual, vegiendo Phetòn orgoglioso, / che per superbia de sua parentella / non li cedeva in fatto né in loquella, / quasi turbato disse: «O stolto idoso»! [11] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 115, pag. 153.28: Perçò sunu li patarini et li heretici orgoglusi dampnati, perkì illi non volinu cridiri sença bonu cagiu. – Sost. [12] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De die iudicii, 248, pag. 204: Conven ke a tal port veniano li miseri orgoiusi. [13] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 6, cap. 22, pag. 194.9: Bruto, veracemente quello che cacciò Tarquinio l’orgoglioso, è irato, chè Bruto suo nipote scamparà ne la battaglia, che poi ucciderà Cesare nel Campidoglio. [14] a Lucidario pis., XIII ex., pag. 105.36: Chi sono quelli che sono appellati 90 menbri di diauli? M. Li orgolliosi, li invidiosi, li mentitori, li ghioctoni, li bevitori, li lu[xu]riosi, li micidiali, li cr[u]deli homini, li ladroni, li pergiuri, li avolteri, li fornicatori, et quelli che lordamente viviano de li loro menbri medesmi. [15] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 101, pag. 51: El tegnia paxie dolçemente / Dentro la povera çente, / E lly argoioxi e mal fator / Çustiçiava a gran dolor. [16] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 104, pag. 343.13: L’orgoglio ti s’appiccherà, conversando coll’orgoglioso. [17] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), La prima testa de la bestia, vol. 1, pag. 84.14: A luy somega li orgoioxi e ogni maynera d’orgoio chi voram soperchiar soy vixim. [18] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 29, pag. 22.24: Di tali vicii sunu plini li grandi orgoglosi, li quali usanu malvasamenti li grandi beni li quali Deu li havi improntati. 1.1 Feroce, dotato di indole violenta, aggressiva e crudele. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), D[ubbie] 3.5, pag. 400: Guardando basalisco velenoso / che ’l so isguardare face l’om perire, [...] e lo dragone, ch’è sì argoglioso, / cui elli prende no lassa partire; / a loro asemblo l’amor ch’è doglioso, / che, tormentando, altrui fa languire. [2] Jacopo da Leona, a. 1277 (tosc.), 6.1, pag. 214: Amore par ch’orgoglioso mi fera, / tanto abbondosamente mi dà ’n costa. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De peccatore cum Virgine, 22, pag. 49: Per ti vi eo lo passio del me fio precïoso, / Sí com el fo batudho dal popul orgoioso. [4] Dante da Maiano, XIII ex. (fior.), 9.4, pag. 30: Angelica figura umìle e piana, / cortese e saggia, veggio addovenire / inver’ me fera crudele e villana / ed argogliosa più ch’eo non so dire. [5] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 1085, pag. 77: llo noclier per sua maliçia / Me fexe aver si gran tristiçia, / Che a força mia muier me tolle: / Tanto fo-llo argoioxo e folle, / Che in mar me volsse far gitar / Con Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini mie fijoli et anegar. 1.2 [Nei rapporti amorosi] Che respinge con disprezzo, umilia o deride i sentimenti dell’amante. 91 [3] Poes. an. perug., XIV m. (5), 9, pag. 180: Speranza so’, che sì argogliosa parlo, / ché quando più sperava gioie costui, / alor più t’emprontave de desfarlo. [1] Percivalle Doria (ed. Contini), a. 1264 (tosc.), 27, pag. 163: Perché mi siete fatta sì orgogliosa, / oi gentil donna bene aventurosa? / Se pensate / come s’avene a donna in veritate / mostrare amore e met[t]ere in er[r]ore / suo servidore - e sì fedele amante, / tu doni e tolli come fa lo fante. [2] Guittone, Manuale (ed. Avalle), a. 1294 (tosc.), 21 [V 426].12, pag. 184: Alora val bene ver’ llei farssi orgolglioso / e demostrare che del’amore si tolglia, / e di melgliore di lei farssi amoroso. [3] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Son. 2.11, pag. 143: ed io languisco ed ho vita dogliosa; / com’ altr’amante non posso gioire, / ché la mia donna m’è tanto orgogliosa. [4] Dante da Maiano, XIII ex. (fior.), 33.2, pag. 97: Già non porà la vostra dolce cera / tanto mostrarmi orgogliosi sembianti, / cad io di voi amare mi dismanti / o mi dispogli de la vostra spera. [5] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 18.14, pag. 563: Donqua, ve piaccia che cotal partita / preceda il vostro core umelemente, / fuggendo el vizio d’orgogliosa mente. 2.1 Fisicamente imponente e caratterizzato da grande forza e vigore. – Sost. – Sost. [6] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 44.13, pag. 262: E sì mi piace di lui dilettare, / in bella donna intender chiusamente, / e ch’ag[g]ia bella cera con usare; / e riverisca ciascuno valente, / ed orgoglioso partirsi d’amare. [2] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 1, pag. 90.34: «Li orgolliosi dela loro grande lumera tiene loro i(n) cutale maniera: elli cadeno p(ri)ma in basso». 2 Dotato di un atteggiamento dignitoso, fiero e risoluto. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 78.14: Che ’l parliere che vuole somuovere il populo a guerra dee parlare ad alta voce per franche parole e vittoriose, et avere argoglioso advenimento di persona e niquitosa ciera contra’ nemici. [2] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 2, cap. 8, pag. 96.14: e menaro Dominzio dinanzi a Cesare, lo quale Dominzio era assai fiero et orgoglioso. [1] Tesoro volg., XIII ex. (fior.), L. 5, cap. 41, pag. 147.1: E quegli che volse che nessuna cosa sia senza contrario, volle bene che il leone, ch’è forte e orgoglioso sopra tutte le cose, e per la sua fierezza insegue la preda ciascuno dì, trovasse cosa che ispezza la sua grande crudeltade, onde non ha podere che si defenda. [2] Boccaccio, Teseida, 1339-41 (?), L. 8, ott. 88.5, pag. 526: Ciascuno aveva i ferri sanguinosi, / e ’l viso rotto, e l’armi dispezzate; / e’ più morbidi aspetti rugginosi / eran di vero, e le veste squarciate, / e i cavai non erano orgogliosi / come soleano. 3 Che prova un sentimento di gratificazione per un’azione compiuta o per il possesso di qsa. [1] Jacopo Mostacci (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 4.8, pag. 152: Come quelli che gran tesauro à ’n baglia / e no lo dice, anzi n’è più argoglioso / e sempre n’à gran gioia con paura, / così ad ogn’ura / lo grande ben c’Amore m’à donato / tegno celato. PENSAGIONE s.f. 0.1 pensagione, pensascione, pensasgione, pensason, pensaxon, pensasonne, pinsasuni. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.): 1. 0.4 In testi tosc.: Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (pis.). In testi sett.: Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Legg. S. Caterina ver., XIV in. In testi sic.: Poes. an. sic., 1354 (?). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Capacità del pensiero, atto di concentrazione delle facoltà intellettuali su un soggetto; idea, considerazione. 1.1 Stato psicologico caratterizzato da malinconia, ansia o dolore. 2 Inclinazione della volontà, proponimento, intenzione. 0.8 Marco Paciucci 03.12.2012. 1 Capacità del pensiero, atto di concentrazione delle facoltà intellettuali su un soggetto; idea, considerazione. [1] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 2.20, vol. 1, pag. 263: E io porto gioioso core e cera, / corpo e mente e tutta pensagione / per quella ch’amoroso mi fa gire. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura nigra, 35, pag. 102: Segurament lo digo ke il mond no è baron / Ke zamai devess star in exaltatïon / Segond zo k’el devrave, s’el fess ben pensason / Com sïa vil e horrida la söa nassïon. [3] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, inc.: l’amore è una passione nata dentro dall’anima che p(er)viene p(er) la visione u p(er) troppa pensagio(n)e di forma feminile uvero maschile, per lo quale la me(n)te desidera (et) elegge sopra tucte le cose d’abracciare quello che ama. [4] Bondie Dietaiuti, XIII sm. (fior.), Canz. 1.73, pag. 115: Canzon’, va’ inmantenente / a quelli che ’n disparte / dimora in altra parte, / ed èmi ciascun giorno prosimano; / [...] digli che ’n pensagione / mi tiene e ’n alegranza, / tanto mi dà baldanza, / lo meo core ch’è stato [’n] sua magione. [5] Poes. an. sic., 1354 (?), 195, pag. 30: Guida di la rasuni, medicu di omni plaga, / conserva li pirsuni - nostru Signuri, ni apaga, / leva li pinsasuni kì non li ritraya. 1.1 Stato psicologico caratterizzato da malinconia, ansia o dolore. [1] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII 92 m. (sen.), 1.20, pag. 886: mercé faccio e pec[c]ato, / ch’io favello e non sono nato, / sono disciolto e legato / lo core e la mente. / Or intendete [di ciò] la rasgione: / giorno e notte istò [in] pensasgione. [2] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 1806, pag. 63, col. 1: Lo sancto angelo g’aparí / Lí o’ era le tre Marie; / E tute tre suso un predon / Stasevano in grande pensaxon. [3] Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.), 3.33, pag. 69: Ben veg[g]io, Amor, non vedi, / ché ver’ me non provedi; / con sospir’ mi ricredi / consumo in pensagione. 2 Inclinazione della volontà, proponimento, intenzione. [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 580, pag. 196: Così volse locare / sua sedia in aquilone, / ma la sua pensagione / li venne sì falluta / che fu tutt’ abattuta / sua folle sorcudanza. [2] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 759, pag. 282: [L]a biada Katerina de tale mesaçero / de l’angele de Cristo sì n’ave confortero, / e fo in[fl]ammada en força et en valore, / sì ke di gi filosofi non ave po’ timore, / e stete forte e ferma et en gran pensaxon / ked ella possa rendere a çascaun raxon. PENSAMENTO s.m. 0.1 non-pensamento, pansamento, pemsamento, pensament, pensamente, pensamenti, pensamento, pensamentu, pensamienti, pensamiento, pensaminti, pensaminto, pensement, penzamenti, penzamento, pinsamenti, pinsamentu. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Tomaso di Sasso (ed. Contini), XIII pm. (tosc.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Tomaso di Sasso (ed. Contini), XIII pm. (tosc.); Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); Betto Mettefuoco (ed. Berisso), XIII sm. (pis.); Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.). In testi sett.: Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.); Elucidario, XIV in. (mil.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Rime Mem. bologn., 1301-24, [1311]; En- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini rico Dandolo, Cron. Venexia, 1360-62 (venez.). In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.). In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.). 0.5 Locuz. e fras. non-pensamento 2.3. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Capacità di pensare, di formare nella mente concetti e immagini e di collegarli vicendevolmente in sistemi complessi. 1.1 Insieme organico di idee che induce ad assumere un atteggiamento costante nei confronti del medesimo soggetto o problema, mentalità, impostazione mentale. 2 Prodotto dell’attività razionale, pensiero, idea; oggetto dell’attenzione della mente e delle sue capacità riflessive. 2.1 Opinione, giudizio razionale esercitato su un problema. 2.2 Intensa volontà rivolta verso il conseguimento di un oggetto o di una condizione, desiderio. 2.3 Atteggiamento di attenzione e di cura nello svoglimento di un’operazione, accuratezza. 2.4 Pensiero negativo e opprimente che genera incertezza e ansia, preoccupazione, timore. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Capacità di pensare, di formare nella mente concetti e immagini e di collegarli vicendevolmente in sistemi complessi. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 74.13: Consideri ancora che ’l buono difficiatore e maestro poi che propone di fare una casa, primieramente et anzi che metta le mani a farla, sì pensa nella sua mente il modo della casa e truova nel suo extimare come la casa sia migliore; e poi ch’elli àe tutto questo trovato per lo suo pensamento, sì comincia lo suo lavorio. [2] Betto Mettefuoco, XIII sm. (pis.), 41, pag. 294: Né lo meo pensamento / non può ’scir di tormento, / pensando a farv’ onore, / donna di gran valore, - pienamente. [3] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 93 (pis.>fior.), 10, pag. 48.10: ’l numero non è naturale ne le cose, e non è nulla, ma viene da mio pensamento, però non è di virtù nulla. [4] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 50, pag. 177.34: Alcuni autri fiati li sonni sì apparinu pir pensamentu e pir revelacioni insemblamente. 1.1 Insieme organico di idee che induce ad assumere un atteggiamento costante nei confronti del medesimo soggetto o problema, mentalità, impostazione mentale. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 9.16: Et poi che Tulio nel suo cuminciamento ebbe detto come molte fiate e lungo tempo avea pensato del bene e del male che fosse advenuto, immantenente dice del male per accordarsi a’ pensamenti delli uomini che ssi ricordano più d’uno nuovo male che di molti beni antichi. [2] Tristano Veneto, XIV, cap. 455, pag. 414.15: «Hosto, se vui fese a nui honor, et vui dapuò volevis far a nui onta. Et sì cognossiti ben lo vostro pensamento, sì che io non me puoso megio vendegar de vui cha de meter-ve intro le man deli vostri inimisi». 2 Prodotto dell’attività razionale, pensiero, idea; oggetto dell’attenzione della mente e delle sue capacità riflessive. [1] Tomaso di Sasso (ed. Contini), XIII pm. (tosc.), canz.. 11, pag. 91: uscito m’è di mente / già lungiamente - ogn’altro penzamento. [2] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 2143, pag. 68, col. 1: Zascaun devria pur pensare / Et in ben dire et in ben fare, / E sovra li quatro pensament / Ond’omo vene a salvament: / Lo prumer si è de strapasare, / Lo segondo de resuscitare, / Lo terço si è del paradiso, / Lo quarto è l’inferno, ço m’è viso. [3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 3.25, pag. 10: «Si da li sensi tollime li mei delettamente, / siraio enfiato e tristo, pieno de ’ncrescemente; / terrotte la letizia ne li tuoi pensamente. [4] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 3, pag. 490.18: E questa vedendo che non poteva fare lo suo rio pensamento, ma an- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini co lo volse piue provare, e incominciò a piangere forte. [5] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 1, quaestio 13, pag. 91.10: E denanze k’El crease lo mondo Elo ave cognoscanza e scientia de le nome, de li costumi, de le volontae, de li digi, de li fagi, de li pensaminti de tugi li homini e de tugi li angeli in tale maynera com illi foseno tugi presinti. [6] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 53.179, pag. 312: penssa goer, / dormi e roposa a to voler». / O tristi queli omi doreti / chi mennam tai pensamenti! [7] Rime Mem. bologn., 1301-24, [1311] 65.7, pag. 94: Asai contento ’l dixire / sol d’un gintil pensamento, / quando del vostro talento / vo a quel don sì altero / come ’l sol don ched e’ chero. [8] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 19, pag. 104.28: lu demoniu, nostru antiquu adversariu, sempri se sforza de chircare comu ni pocza accusare avanti lu iudiciu de Deu, oy de pensamentu malvasu, oy de parole ociuse, oy de malvasi opiracioni. [9] Enrico Dandolo, Cron. Venexia, 136062 (venez.), pag. 262.17: che alcuna division o rio pensamento nel cuor dei çidadini di quella non posano gienerar, non façando contra quelli quelo che [non] deno far, ma tractando loro segondo lo suo stado equalmente. [10] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 176.8: Ora vole Aristotile che non solamente li effetti delle cose mutino l’airo, ma anco se muta l’airo per lo volere, li penzamenti dello omo. [11] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 3, pag. 61.3: stando sola Medea inde la camera soa, revoltavasse a soa memoria quelle parole le quale avea dicte insembla con Iasone, e reparlando e recordandosse de cutale parole allegravasse fortemente quando pensava cha devevano essere insembla. Sì che stando in tale pensamenti ansiosamente aspecta la hora debita de la nocte, a la quale potesse fare clamare Iasone. 2.1 Opinione, giudizio razionale esercitato su un problema. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 11.13: Et qui si parte il conto da 94 quella prima parte del prologo nella quale Tulio àe detto il suo pensamento et àe detto li mali avenuti. [2] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 5, pag. 14.16: Se’ tu forse di sì vano pensamento che credi che l’uomo possa avere i beni di questo mondo e dell’altro? [3] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 140.140, pag. 578: el’è usanza de fole, / ni per ognunca lenger vento / no canbjar to pensamento. 2.2 Intensa volontà rivolta verso il conseguimento di un oggetto o di una condizione, desiderio. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 22.34, pag. 513: Umilmente, Lamento, / va e sali a castello, / ove son le belleze: / dille c’ò pensamento / potere essere augello / per veder suoe alteze. 2.3 Atteggiamento di attenzione e di cura nello svoglimento di un’operazione, accuratezza. [1] Bono Giamboni, Vegezio, a. 1292 (fior.), L. 2, cap. 24, pag. 68.9: Ammaestrato cavaliere rende l’armadura che ne’ dì delle feste si dà, e però non tanto l’armadure che ne’ campi a bellezza si fanno, ma tutti i compagni igualmente con continuo pensamento apparavano. – Locuz. nom. Non-pensamento: sentimento di indifferenza e di distacco. [2] Pacino Angiulieri (ed. Menichetti), XIII sm. (fior.), 111a.10, pag. 347: Tutto che siate di sag[g]ia natura, / errar vi face lo nonpensamento / che Dio verace ha sua propia statura / ed è di ciascun bene il compimento. 2.4 Pensiero negativo e opprimente che genera incertezza e ansia, preoccupazione, timore. [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 598, pag. 196: Apresso imprimamente / in guisa di serpente / ingannò collo ramo / Eva, e poi Adamo; / e chi chi neghi o dica, / tutta la gran fatica, / la doglia e ’l marrimento, / lo danno e ’l pensamento / e l’angoscia e le pene / che la gente sostene / lo giorno e ’l mese e Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini l’anno, / venne da quello inganno. [2] Pallamidesse Bellindote (ed. Monaci), a. 1280 (fior.), 37, pag. 293: Già non ài pemsamento / di potere fallire, / pur compi tu tua volglia. [3] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 57.10, pag. 341: Ni me maravejo miga / se voi vivì in pensamento, / che monto gram mexamento / pò szhoir zo che bordiga. [4] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 50, pag. 177.28: dichi la Scriptura: ’duvi su multi pensamenti e multi curi, illocu secutirannu multi sonni’. [5] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 115, pag. 23: «Gran male me è comenente! / Dove recuperare porraio io dolente?» / Jà era borbottato che Aquila se tenea, / Dico, per Corradino et per la gente sea, / Sì che alcuno dubio re Carlo ne aveva, / Ma non che certo fossene et adpena lo credeva. / Con quisto pensaminto la sera calvacao / Con quattro homini soli, ché più non ne menao. PENSANTE agg./s.m. 0.1 pensante, pensanti, pinsanti. 0.2 V. pensare 1. 0.3 Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.): 1.1. 0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); a Lucano volg., 1330/1340 (prat.). In testi sic.: Poes. an. sic., 1354 (?). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che esercita la facoltà del pensiero, applicandola a un oggetto o ad un problema. 1.1 Pensieroso, riflessivo, portato alla meditazione. 1.2 Afflitto da pensieri angosciosi e assillanti, preoccupato. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Che esercita la facoltà del pensiero, applicandola a un oggetto o ad un problema. [1] Questioni filosofiche, p. 1298 (tosc.), L. V, pt. 12, pag. 176.19: sette sono quelle cose che à inn odio Iddio, e lla settima tiene il sonmo grado dell’odio: il primo è nelli occhi alteri, la lingua mendacie, le mani che sparghono il sanghue innociente, el core pensante 95 le pessime chogitazioni. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 47.7, pag. 265: e giorno e notti veg[g]hi, e sia pensante / in quale guisa possa esser laudato. [3] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. II [Phars., II, 234-285], pag. 25.7: truova l’uomo pensante sopra ’ fatti del comune con vegghievole cura, e sopra ’ casi della città. – Sost. [4] Ottimo, Par., a. 1334 (fior.), c. 10, pag. 246.9: a guisa del pensiero che viene nell’uomo, del cui venire il pensante non si acorge, ma bene il sente quando è in lui. [5] Poes. an. sic., 1354 (?), 14, pag. 23: Lu beni cumun tachisi, lu mal si isforza avanti, / nullu è ki staya in pachi, non ch’à nixun pinsanti. 1.1 Pensieroso, riflessivo, portato alla meditazione. [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 794, pag. 203: frema in alto monta, / ch’umido e fredo pont’à, / e par che sia pesante / quell’omo, e più pensante. 1.2 Afflitto da pensieri angosciosi e assillanti, preoccupato. [1] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 42, pag. 37.17: Lu quartu est graviça, zo est quandu lu homu est cusì pensante ki illu non ama salvu iachiri, possari et dormiri. PENSA s.f. 0.1 penza. 0.2 Etimo incerto: da pensare 1 o da penso? 0.3 Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Situazione luttuosa e sfortunata, disgrazia. 0.8 Marco Paciucci 31.05.2013. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 1 Situazione luttuosa e sfortunata, disgrazia. [1] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 697, pag. 160: stando de dinari in questa tale intenza, / Dui milia fiorini d’oro vennero in questa penza; / Foro tolti ad Asserce; fonne grande increscenza, / Ma illi lo pariaro con granne penetenza. PENSARE (1) v. 0.1 pansà’, pansai, pansando, pansao, pansar, pansare, pems’, pemsa, pemsamdo, pemsare, pemsate, pemsavali, pemsiamo, pemssa, penç’, pençan, pençavano, pençer-se, pennserae, pens, pens’, pensa, pensa’, pensà, pensà’, pensá, pensâ, pensace, pensaci, pensade, pensadha, pensadhe, pensado, pensae, pensai, pensaimi, pensale, pensalo, pensalti, pensam, pensàm, pensammo, pensamo, pensamu, pensan, pensand, pensand’, pensando, pensandoce, pensandoci, pensandoge, pensandol’, pensandola, pensandole, pensandoli, pensandolo, pensandom’, pensandome, pensandomi, pensandonce, pensandone, pensandono, pensandosi, pensandosse, pensandoti, pensandove, pensandovi, pensandu, pensandusi, pensandussi, pensane, pensanno, pensano, pensàno, pensansi, pensante, pénsante, pensanu, pensanusi, pensao, pensäo, pensar, pensar’, pensár, pensâr, pensarà, pensará, pensarae, pensarai, pensaranno, pensarce, pensare, pensaré, pensarea, pensarebbe, pensarelo, pensaremo, pensarete, pensari, pensaria, pensarimu, pensarissi, pensarj, pensarla, pensarle, pensarlo, pensarne, pensaro, pensarò, pensaròe, pensaron, pensarono, pensaronsi, pensarse, pensarsi, pensarti, pensaru, pensarve, pensarvi, pensas, pensase, pensasi, pensasono, pensass, pensasse, pensàsse, pensasseno, pensassero, pensassi, pensassimo, pensassino, pensassiru, pensassomo, pensassono, pensassoro, pensaste, pensasti, pensastj, pensat’, pensata, pensate, pensàte, pènsate, pénsate, pensatel, pensatelo, pensatelvi, pensateve, pensatevi, pensati, pènsati, pensative, 96 pensato, pensatosi, pensatu, pensau, pensaussi, pensava, pensavam, pensavamo, pensavan, pensavano, pensavanosi, pensavanse, pensavansi, pensavanu, pensàvanulu, pensavaro, pensavasello, pensavasi, pensavate, pensavati, pensave, pensàve, pensavi, pènsavi, pensavo, pensay, pensayme, pense, pensè, pensé, pensem, pensém, pensema, pensemo, pensen, pensenlo, penseno, penser, pensera’, penserà, penserá, penserae, penseràe, penserai, penseram, penseran, penseranno, penserano, penserassi, pensera’vi, penserea, penserebbe, penserebbono, penserei, penserem, penseremmo, penseremo, penserén, penseresti, penserete, penseria, penserò, penseronno, penserranno, penserremo, penses, pensete, pense-tu, penseva, pensevamo, pensevij, pensi, pensiam, pensiamo, pensiamolo, pensian, pensiàn, pensiancine, pensiate, pensiè, pensil, pensilo, pensimu, pensin, pensinlo, pensino, pensiria, pensirimu, pensirriano, pensis, pensisel, pensisi, pensite, penso, pensò, pensó, pensoccie, pensoe, pensòe, pensome, pensomi, penson’, pensòn, pensón, pensòne, pensono, pensòno, pensoo, pensoro, pensorono, pensoronsi, pensosi, pensòsi, pensosse, pensòsse, pensossi, pensòvi, pensrà, pensria, penssa, penssa’, penssà, penssade, penssado, penssai, penssa-llo, penssam, penssammo, penssan, penssando, penssandome, penssano, penssao, penssar, penssarave, penssare, penssaré, penssarò, penssase, penssasse, penssassem, penssate, penssava, penssavam, penssavan, penssavi, penssé, penssê, penssemo, pensseno, pensserave, penssêvu, penssi, pensso, penssò, penssó, pensu, pensumi, pente, penza, penzando, penzano, penzao, penzare, penzasti, penzastù, penzato, penzava, penzavano, penze, penzi, penzò, pesalo, pesando, pessa, pessà, pessai, pessandola, pessar, piensi, pinsai, pinsammu, pinsamu, pinsandu, pinsare, pinsari, pinsarilu, pinsarj, pinsaru, pinsassi, pinsassiru, pinsati, pinsatu, pinsau, pinsava, pinsavamu, pinsi, pinsimu, pinsirai, pinsiria, pinzari, pinzaro, pinzaru, pinzau, ppensa, ppensai, ppensando, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ppensare, ppensarj, ppensava, ppensavano, ppensoe. 0.2 Lat. pensare (DELI 2 s.v. pensare). 0.3 Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.): 4.1. 0.4 In testi tosc., toscanizzati e corsi: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Lett. sen., 1253; Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.); Giovanni, 1286 (prat.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Lett. lucch., 1295; Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.); Lett. pist., 1320-22; Doc. volt., 1322; Doc. cors., 1370. In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.); Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Memoriali bologn., 1279-1300, (1282); Lett. mant., 1282-83; Caducità, XIII (ver.); Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Auliver, XIV c. s.d. (trevis.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.); Poes. an. padov., p. 1369; a Doc. ver., 1374; Serapiom volg., p. 1390 (padov.); Poes. an. savon., XIV; Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.). In testi mediani e merid.: Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.); Miracole de Roma, XIII m. (rom.>tosc.); Poes. an. urbin.\, XIII; Proverbia pseudoiacop., XIII (abruzz.); Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.); Manfredino, a. 1328 (perug.); Stat. assis., 1329; Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.); Stat. perug., 1342; Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.); Stat. castell., XIV pm.; Lett. cass., 1352; Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.); a Apologhi reat., XIV. In testi sic.: Formula di confessione sic., XIII; a Lett. rag., 1292/1305; Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.); Stat. pa- 97 lerm., 1343; Stat. catan., c. 1344; Simone da Lentini, 1358 (sirac.). 0.5 Locuz. e fras. pensare a male 2; pensare contro 4.1; pensare male 1, 2, 2.1, 4.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Applicare le facoltà intellettuali a un soggetto o alla soluzione di un problema, riflettere, meditare (anche pron.). 1.1 Analizzare, sviscerare, studiare. 1.2 Cogliere con la mente il senso e la natura di un evento, una situazione o un concetto, comprendere, capire, interpretare (anche pron.). 1.3 Tenere presente, considerare (anche pron.). 2 Formarsi un’opinione sullo svolgimento di un evento o sulle azioni di una persona, credere, giudicare, ritenere (anche pron.). 2.1 Sperare (anche pron.). 3 Deliberare un’azione o un discorso, decidere (anche pron.). 4 Rappresentare nella mente l’immagine di un oggetto, di una persona o di una situazione, immaginare, figurarsi (anche pron.). 4.1 Predisporre tramite il pensiero, progettare, preparare, escogitare (anche pron.). 4.2 Richiamare alla mente un evento o una persona appartenenti al passato, ricordare, rammentare (anche pron.). 5 Indugiare in pensieri tristi o paurosi, angosciarsi, preoccuparsi (anche pron.). 5.1 Rimanere interdetto, provare stupore, meraviglia. 6 Riporre fiducia o affetto in qno, confidare. 7 [Nei rapporti amorosi:] provare sentimenti d’amore o desiderio nei confronti di qno. 7.1 Concentrare con insistenza il pensiero sulla condizione d’amore e sul contegno dell’amata. 8 Applicare attenzione a un’attività o alla cura di qsa o di qno, occuparsi, badare (anche pron.). 0.8 Marco Paciucci 31.05.2013. 1 Applicare le facoltà intellettuali a un soggetto o alla soluzione di un problema, riflettere, meditare (anche pron.). [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 78, pag. 526: D’una causa, saçatelo, molto me meraveio, / onde lo çorno pensome e la noite me sveio... Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [2] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 240, pag. 608: Mai ogn’om pò saver, s’el se vol ben pensar: / la gracïa de Deu, nul om la pò trovar / per çaser en bon leto e dormir e paussar. [3] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 83, pag. 563: Li catif qe l’ascolta se pensa, e sta muti, / q’el dis mal d’un de lor e po ’l dirà de tuti. [4] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 17.49, pag. 226: l’avisaturi / di voi, donna mia, / son gli ochi belli: / pens’a tutore / quando vi vedia / con gioi novelli. [5] Cielo d’Alcamo, Contrasto, 1231/50 (sic.>tosc.), 5, pag. 177: per te non ajo abento notte e dia, / penzando pur di voi, madonna mia. [6] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz.tta 3.2, vol. 1, pag. 265: Uno giorno aventuroso, / pensando infra la mia mente / com’Amor m’avea inalzato, / stava’nde com’om dottoso... [7] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 2.11, pag. 890: k’eo so bene esser cavaliere / e donzello e bo[n] scudiere, / mercatante andare a fiere, / cambiatore ed usuriere, / e so pensare. [8] Miracole de Roma, XIII m. (rom.>tosc.), 34, pag. 577.35: qualunqua cosa oi de die oi de nocte, non staienno con noi, pensarai ne la camera toa, sì diceremo ad voi fi ad una paravola. [9] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 336, pag. 67: L’og è trop lov, el guarda per grand laxivitá, / Dond el intant m’atanta k’eo pens l’iniquitá. [10] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 7, cap. 4, pag. 187.26: E s’elli so’ mossi consillieri per conselliare sopra uno fatto, e pensando per ogne rasione parrà a loro lo mellio e poi sarà lo pegio... [11] Memoriali bologn., 1279-1300, (1287) [Guido Guinizzelli] 18.3, pag. 35: Omo ch’è sazo no core lizero, / ma passa e grada sí con’ vol mesura: / quand’ha pensato, reten so pensero / de fin a tanto che ’l vedé’ l’asegura. [12] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De amore, L. II, cap. 11: allora ti pe(n)sa che puoi venire in caduta di vita (et) così ti riterrai, (et) no(n) ti drai liberi movi- 98 me(n)ti là ù sia da andare né qua(n)do. [13] Lett. sen., 1294, pag. 65.9: E perciò ci pensate, come vo’ pare; e scrivetemene il vostro volere e degli altri. [14] Lett. lucch., 1297 (2), pag. 43.30: Ap(re)sso ci ma(m)daste come credavate che alcuno di noi devesse essere amdato a pa(r)llare d(e)lli n(ost)ri affari a s(er) Gualtieri di La(n)ghettona, [...] (e) di ciò ci rip(re)mdete assai che no· llo facie(m)mo pe(m)samdo (e) ssapemdo che i(m) s(er) Gualtieri e(st) tutto, (e) che d(e)lli n(ost)ri affari seré quello ch’elli vollesse. [15] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.), 46.13, pag. 832: Donque dëa pensar la creatura / ciò ke comencia ke fine pò avere. [16] Poes. an. urbin., XIII, 9.31, pag. 556: «Fillo, ora te pensa a ccui me voli lassare, / k’io non ò pate né mate a ccui poça artornare. [17] Formula di confessione sic., XIII, pag. 301.5: innanti pensu a li kosi disunesti e mundanii. [18] Meo Abbracc. (ed. Ageno), XIII sm. (pist.>pis.), 6b.27, pag. 48: ma ciò pensando, fall’esser poria, / ché spesso vizo dolse core amaro. [19] Giacomino da Verona, Babilonia, XIII sm. (ver.), 282, pag. 649: Tuta la maior pena ke aba quel meschin / sì è quand el se pensa ke mai el no dé aver fin / lo fogo de inferno. [20] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 9.14, pag. 29: Frate, or pensa la sconfitta, - che no aspetta el pate el figlio / e sì piglia la via ritta - da mucciar da quello ’mpiglio. [21] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 517, pag. 867: Miser Stoldo pensa e sta un poco. [22] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 7, pag. 495.21: Immantenente si pensò e si penteo di ciò ch’elli aveva detto. [23] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 11, cap. 8, par. 3, pag. 229.7: Quando io mi penso che spessamente fra ’l continovare delle dilicate vivande eziandio i vili cibi hanno soave sapore, mando le cose minime a te, che leggi le grandissime. [24] Poes. an. mant., XIII/XIV, 6.3, pag. 232: Çorn’e noy andava atorne / co li altr’innamorati, / pur pensand del vostro amore / e del Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini vostre gran beltadi. [25] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), II, 3.5, pag. 248: Chi de la morte pensa la trestece / de la soa vita p(er)de l’alegrece. [26] Giudizio universale, XIV in. (ver.), 317, pag. 65: qua[n]d’igi à pensar en la mento / ki i à perdù la ora e li dì e lo tempo, / là o’ igi poto far cum Deo tal mena / k’igi no seravo missi en quella pena. [27] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 12.498, pag. 144: Ô pensa in zo che e’ te vojo dir. [28] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 6, pag. 5.9: Pense dunca lo retor, lo quale de’ reçer si e chasa soa, se elo de’ reçer una citade o una provincia, quanta prudencia li fa mester d’avere... [29] Auliver, XIV c. s.d. (trevis.), 35, pag. 510: fes me pensar plu de nonant[a] sere / ch’el m’ameraf plu che Deu sant[e] mòneghe / quella per cui el me torment’e frusta. [30] Lett. pist., 1320-22, 19, pag. 71.24: ci pare che tu in ongni modo abi a procacciare anco per te quale che honorevile oficio, [...] per coprire tua e nostra vergongnia, che pensando bene è assai grande. [31] Armannino, Fiorita (14), p. 1325 (abruzz.), pag. 381, col. 3.26: Tucto questo vede Cesaro, et allora penzando dice con alta voce... [32] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 1.729, pag. 172: Non è fortuna cui ragion non vinca. / Or pensa, Dante, se prova nessuna / Si puo’ più fare che questa convinca. [33] Stat. assis., 1329, pag. 162.26: Questo è, dilectissimi, el modo e la forma del vivere dei disciplinati del nostro Signore Ihesù Christo crocefixo, en queste cose vivere, queste cose pensare, questo desiderare. [34] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 6.14, pag. 217: po’ sì zoioso abento / l’anema, ch’è nel cor, receve e sente, / veder proprïamente / penso per cui vertù creata vene. [35] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 333, pag. 379, col. 1: Or te micti ad pensare / chi lo fa questo fare. [36] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 99 1332 (tosc.-padov.), 52.7, pag. 151: Ogn’uom si pensi e recerchi la prova, / Chè gli è provata cosa, e non è nova / El bel tacere. [37] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 4, vol. 1, pag. 153.16: Le serocchie lodano il detto di costei, e comandano ch’ella dica la prima novella. Quella pensa di molte quale ella dica; però ch’ella ne sapea molte. [38] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 2, pag. 610.11: Or mira e pensa: il corpo nostro produce vermi in capo e in altre parti del corpo dentro e di fuori. [39] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 8, cap. 7, vol. 2, pag. 165.4: standu a la tavula per manyari et pensand’aprofundamenti, issu si adiminticava lu mayari. [40] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 9, pag. 41.29: che quelle vanne voxe de povol, [...] no venan da virtae, né essan da bon chor, ma son quî color chi pençan e fan parir lo falçço nome d’onor. [41] Stat. palerm., 1343, cap. 13, pag. 23.19: vulimu ki cui supra zo voli cunsiglari, chi pensi diligentimenti. [42] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 40.3, pag. 585: pensando nel tempo el qual consente / vostro voler ver me esser piacévele, / tant’è l’amor de la morte abundévele / nel cor, perché la vita è men possente. [43] Lett. volt., 1348-53, pag. 189.10: quanto questo serà exemplo a molti che sapevano quanto e in quanti modi noi siamo vostri, vedendo e udendo quello che Giovanni à facto contra noi, pensalo, e quanto molti aranno materia di rimproveracelo. [44] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 1, pag. 5.8: Et morta quista donna, matri di quisti chincu nobili iuvini, lu loru patri, czo è lu cavaleri, pensandu non vuliri viviri in peccatu di fornicacioni, prisi una donna per sua mugleri. [45] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 2.8, pag. 90: qual più, vostro disdegno al core altero / o mia obedenza e buon servire sincero, / pensando ai giorni ch’ò, malvagi e rei, / e com’io servo e non intendo lasciarve. [46] Poes. an. padov., p. 1369, 24, pag. 54: Com bona paçe / su ste parole pensa. [47] Poes. an. savon., XIV, 1.61, pag. 16: Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini Pensai, o servi de lo Segnore, / quanta è la divina clementia: / sam Pero era pescaore, / no avea letera ni scientia. [48] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 205.20: Maharbal, io moito laodo la toa bona voluntate, ma la notte hao consiglio. Vogliomene alquanto penzare e consigliare. [49] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 37, pag. 309.3: Unde Ulixe, resbellato de lo suo sogno, multo se maravellao de tale visione che aveva veduto, e multo pensa ne l’animo suo che voleva significare. [50] a Apologhi reat., XIV, 22.7, pag. 680: Enfra lu core loro pensaru, / et lu sparveru per sengnore chiamaru. [51] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 15.2, pag. 232: Pacifica lo meo core, o dolce amor Iesù, / che no dibia mai far altro se no pensar de vu. – Sost. [52] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 2, cap. 11, pag. 67.2: Del forte pensare, disse Seneca, quando disse: molto pensare asottiglia lo ’ngegno, e ’l poco lo speza. [53] Bono Giamboni, Vegezio, a. 1292 (fior.), L. 2, cap. 25, pag. 71.11: tutte le arti sono solamente nel pensare, ed usanza di fare. [54] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 82, pag. 401.10: credete che ’l pensare la Passione di Cristo sia pur de’ tormenti ch’ebbe secondo la carne? [55] Amore di Gesù, XIV in. (ver.), 272, pag. 54: sot’el cel nesun verso se canta / nè de syrena nè [de] simphonia / nè de strumento altro nesun ke sia, / sì deletevolo en lo cor de l’omo / com’è ’l pensar del dolço Jesù bono. [56] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 42.3, pag. 138: Lingua fallace guasta el buon pensare. [57] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 3, 3, pag. 75, col. 1.42: Onde il pensare della passione della carne di Cristo è utile, e via alla divinità dentro nascosa. [58] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 49.12, pag. 111: grave mutanza mi par la primera, / ma non à l’huom mortal sempre e perfecto / del suo pensar la compiuta minera. – [Relig.] Pensare male: indugiare in pen- 100 sieri peccaminosi, abbracciare una disposizione mentale incline al peccato. [59] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 16, pag. 305.11: però che, conciosiacosachè lla fraude, per peccato e mal pensare, sia da Dio e dalla veritade sommossa, dunque in se medesima non è diritta, ma torta. [60] <Cavalca, Disc. Spir., a. 1342 (pis.)>, cap. 19, pag. 153.22: la cagione del vizio de’ Soddomiti fu superbia, e abbondanza, e ozio. E questo avviene, sì perchè il cuore ha più libertà di mal pensare... [61] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 21, pag. 97.28: Et Cristo gli represe de quel ch’i dixevan dentro dal cor siando chiavai hi denchij e disse: “Perqué penssê-vu mal ind’i cor vostri? [62] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 619, pag. 139: Tucti rentraro humili et ad bocca perdonaro; / Poyché racorsero forza, pure male pensaro; / De quello che promisero poco ne observaro, / Dello male passato poco se recordaro. [63] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 28, par. 10, vol. 2, pag. 190.32: mai mala pestilencia da chelu nè da airu, mai mala ira nè mala cuncupissencia nè malu viciu nè inpachu a ben fari nè inclinacioni a mal fari, a mal diri, a mal pensari non siria statu in ipsi nè in figloli loru. [64] Lucidario ver., XIV, L. 2, quaest. 88, pag. 154.16: e quanto l’omo pensa malo, sì ge ’l dà a pensar lo diavolo, e in questa bataya sì è mester che sia çascauno homo. – Sost. [65] Jacopo Passavanti, Specchio, c. 1355 (fior.), dist. 5, cap. 7, pag. 171.27: negli atti dentro si commette peccato, come nel mal pensare e nel male volere e nel male desiderare. [66] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 9, 49-54, pag. 255.37: più nuoce il mal parlare, che il mal pensare. – Pensare sopra. [67] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 708, pag. 175: El se conforta tuto quand el ge pensa sovra. [68] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 7, cap. 33, pag. 488.21: Imperò pen- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini sando lo imperadore sopra le primaie lettere [...], da Constanzio, il quale allotta apparecchiava battaglia, essendo in Magnente acceso di vendicare il fratello, comandatogli che lasciasse lo imperio, pognendo giuso la porpore colle lettere [...], il palagio e la scuola lasciò. [69] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 31, pag. 95.2: credemo ke se convegna ka deliberatamente e nui e voi dibiamo veder e pensare sopra questo. [70] Cronica deli imperadori, 1301 (venez.), pag. 183.7: una note sovra questo pensando l’avesse dormio, e li aparse una femena digando, che se imprometesse de far un templo a honor de quella. [71] a Lett. rag., 1292/1305, pag. 82.27: Ond(e) à lla v(ost)ra sinoria a pe(n)sar sovra çò. [72] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), Vita di Antonio, cap. 10, pag. 123.15: Onde spesse volte stando a mensa co’ frati, sopra ciò pensando, e levando il desiderio a quel cibo spirituale di cielo, [...] uscivagli di mente il cibo corporale, e stava a mensa come disensato. [73] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, prol., pag. 6.1: La tercza cosa de che se actristava sancto Gregorio si era, quando illo pensava supra alcune sancte persune, che da l’in tucto aveano habandonato lo mundo et erano tucti coniunti con Dio. [74] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 5, vol. 2, pag. 48.23: Or pinsimu supra zò: homu vechu, amativu di la mulyeri et rigi. [75] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 15, pag. 72.9: De Cristo rumeavan, sovre Criste pensavan de nochie in le lor case chomo le pegore rumean lo fen e la dolce herba perché l’è la lor vita. [76] Passione genovese, c. 1353, pag. 28.28: Ello incomenzà a pensar sovra questa iniquitae e aregordà se che li Zué sì aveam rea voluntae incontra Criste. [77] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 26, pag. 220.14: e cossì ben pensandonce sopre cutale materia pareale essere in tutto desperata de se coniongnere con Troylo. 101 1.1 Analizzare, sviscerare, studiare. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 142.5: anco sopra tutto questo si convengono pensare l’altre parti della diceria, delle quali non è detto neente, e sono sei. [2] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 269, pag. 37: Se l’omo pensase ben sovra lo to afare, / In alcuna guisa nol porisi inganare. [3] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 5, pag. 119.29: ellino pensano più sottilmente le cose ch’elli ànno a fare, acciò che le loro opere, le quali molte genti riguardano, non sieno né facciano da blasmare né da riprèndare. [4] Caducità, XIII (ver.), 3, pag. 654: [En] un çorno d’avosto dre’ maitino, / ço fo en la festa de santo Agustino, / pensando êl cò, êl meço et en la fin[o] / de la fragilità de l’om cativo, / penser me pres de ditar un sermon / de la vita e del sta’ del miser om. [5] Proverbia pseudoiacop., XIII (abruzz.), 141, pag. 33: ’N onne ccosa ke operi pensa tempu et mesura. [6] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 43, pag. 122.10: Ma sì ve prego ke ’l so dicere ne ve possa ingannare, ma sì dibiati veder e pensare deliberatamente vostro processo, per quello ke non è subitamente da iudicare. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 88.41, pag. 352: Aiome veduto e ben pensato / che l’om perfetto a l’arbor se figura. [8] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 11, pag. 121.5: Pensare molto dovemo en ciascuna mainera come guerra sì grande e sì mortale tornar potesse a pace. [9] Ugo Panziera, Epist., 1312 (tosc.occ.), pag. 70v.15: ma e suoi pensieri sono aridi come e pensieri philosophici quando pensano del corso de’ corpi celestiali e delle loro influentie. [10] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 49, pag. 176.10: Standu kistu Antoni e pensandu e cuntimplandu alla Scriptura divina, [...] una nocte, standu in kistu pensamentu, audìu una vuche. [11] Cost. Egid., 1357 (umbro-romagn.), L. IV, cap. 15, pag. 636.3: Cuuj diligenti occhij de cauta circumspectione, le provedute ragione ànno pensato le persone, i luoghi, i tempi e le altre circumstancie chi reddeno li delicti più grevi. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [12] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 10, pag. 116.13: quillo sollicito re Agamenone, lo quale era principe e governatore de tutto quillo exiercito, volendo avere diligente cura de lloro e pensando a li facti chi avea a ffare per la salveze de tutti li Grieci, [...] fece llà clamare tutti li ri e li altri signuri caporali. – Pensare sopra. [13] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 48, pag. 178: Se tu ge pens ben sovra, la töa scusa è vana. [14] Doc. fior., 1353-58, [1357], pag. 93.26: Impuosero a detti maestri che ciaschuno pensasse sopra il modo delle nuove colonne della chiesa. 1.2 Cogliere con la mente il senso e la natura di un evento, una situazione o un concetto, comprendere, capire, interpretare (anche pron.). [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 17.16: Neuno uomo avea veduto legittimo managio, nessuno avea connosciuti certi figliuoli, né aveano pensato che utilitade fosse mantenere ragione et agguallianza. [2] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 1461, pag. 57, col. 2: Juda vide lo so segnore / In grande pene et in dolore, / Amaramente et a grande torto / Dali çudei dever fi morto. / El pensava ke l’á mal fato, / E voleva retrare lo pato. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 373, pag. 164: Oi dolze patre altissimo, de ti que pom pensar? [4] Poes. an. abruzz.>march., XIII sm., 50, pag. 120: Però pensare no pò ’l meu core / Perké facesseli hom desonore. [5] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 13.13, pag. 44: De serpente e de dragone - la Gola fa gran boccone; / e ià non pensa la rascione - de lo scotto a la levata. [6] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 515, pag. 867: No sam pensar como questo avegna / per nesun modo. [7] Manfredino, a. 1328 (perug.), 2.4.14, pag. 170: e converrà ormai che tu somerghe / ne le miei’ rime, sì ti farò folto, / che non porrai pensar come sia svolto. [8] Libri astron. Alfonso X, c. 1341 (fior.), 102 Libro delle stelle fisse, L. 1, pag. 95.16: Ché questa è cosa che si vuole levare per grande sciençia e per grande. non si pensando l’uomo di quello che vuole fare per che erri in ello. [9] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 12, pag. 54.18: Che nu no devemo intender la prea né ’l sabion pur chusì a la grossa, né devemo pur considerar un hedifitio levao de pree e de legname, né devemo pensar hi fiumi hi venti e la piobia chi dan buto a la casa materialmente chomo sonna la letra né corporalmente. [10] a Vang. venez., XIV pm., Giov., cap. 11, pag. 347.12: Vui no savé alguna cosa né ve pensà’, imperçò ch’elo à mestiero che un homo de nui fiça morto per lo puovolo et no tuta çente pera. [11] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 3, 1, pag. 63, col. 1.39: Onde se l’anima sia semplice ch’ella non sappia ordinare come la si doglia e anche s’ella non sa pensare nella Scrittura, siccome detto è di sopra, almeno desideri e aspiri all’amore. [12] Epist. di lu nostru Signuri, XIV sm. (?) (sic.), pag. 85.12: Impirzò manday fami et pestilencia et mortalitati et omni tribulacioni, azò ki pinsati ka zo aviti pir li peccati vostri. 1.2.1 Applicarsi con costanza e metodo alle attività intellettuali, essere saggio, sapiente, riflessivo. [1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 1, cap. 6, pag. 31.2: Pronunziazione è manifestamento dell’animo con parole, secondo che si conviene a le cose de le quali tu parli, e che diletti coloro che pensano. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 6: lo savio porta arme inco(n)tra ongna p(er)sona quando elli pensa. [3] Novellino, XIII u.v. (fior.), 4, pag. 135.18: Ragionevole cosa è bamboleggiare in giovanezza, et in vecchiezza pensare. – Sost. [4] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 4, cap. 13, pag. 322.5: al savio e all’amaestrato uomo il pensare gli è vivere. 1.3 Tenere presente, considerare (anche Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini pron.). [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 10.19, pag. 132: E se la mia temenza penserete, / più m’amerete, / [per]ché le mie paure / non son se non d’amore. [2] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 4.24, pag. 188: Se la mia donna ben si pensasse / ch’io son più ardente de la sua amanza / ch’ella si pensa ch’io la fallasse, / che m’à donato sì gra[n] leanza! [3] Pseudo-Uguccione, Istoria, XIII pm. (lomb.), 869, pag. 58: Pensai o’ è l’enperador / E ’l papa e li vavasor / E re e dus, marqes e conti / Qe destrençëa plan e monti. [4] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 232.22: Da poi pensao Silla enfra sí de molti mali ke avea adoperati et facti... [5] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 124.13: Poi è da pensare se lla controversia è in scritta o è in ragionamento. [6] Contempl. morte, 1265 (crem.>sen.), 590, pag. 91: Ma ssì è da miravigliare / Que<gli> che vol[e]se ben<e> pensare, / [A] che [e] noi mettemo noi / Per lavorar<e> non so a ccui. [7] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 276, pag. 186: E a l’arma po sosten desnor e detrimento, / Com poc ge pò ess caro lo so delectamento, / S’el pensa ben il core del so avenimento. [8] Poes. an. bologn., 1286, 10, pag. 17: Pensando ch’a vui non ne par dolere / a vederme murire, / m’è ’l çonçir a tal porto. [9] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De doctrina, cap. 3: pe(n)sa che a pena si può celare da uno lo secreto. [10] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 2, pag. 113.14: Dund’ellino debbono pensare diligentemente chi sono quellino che li favellano e che lor mettono innanzi di fare alcuna cosa. [11] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.), 34.10, pag. 808: Ora te pensa, peccatore macto, / ke t’apertene d’esta semeliança. [12] Caducità, XIII (ver.), 14, pag. 654: Oi hom, [oi] hom, or començemo a dir, / or pensa ben ki tu ei cun gran sospir. [13] Poes. an. urbin., XIII, 6.5, pag. 547: Pensa la ’ssagurança / k’a mmeve este ave- 103 nuta, / de la mia disïança / como ll’aio perduta. [14] Lett. sen., XIII u.v., pag. 50.26: E’ benefici d’Iddio sien continuamente ne la vostra mente, pensando que’ che son passati, que’ che son presenti et quegli che ne son promessi. [15] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), IV, 44.2, pag. 461: No usar(e) a lo tuo s(er)vu ira (et) crudelitate, / pensa ch’è tuo pare quantu ad humanitate. [16] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 14.268, pag. 162: Or pensa l’amor che t’à menao / queli chi t’àm inzenerao. [17] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 533.2: E pensati che ciasschuno de questi perfecti avieno sotto di loro moltissimi offitiali. [18] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 11.1363, pag. 210: Però tu prendi la giusta battaglia / Contro lo male e pensa nel tuo stato / Lo qual non dura come fuoco in paglia. [19] Stat. assis., 1329, cap. 10, pag. 173.25: Puoy che ’l corpo serà sepolto, finita la desceplina, tucte quilgle de la fraterneta, [...] tucte aseme degano iudicare, pensate le condictiune de luoco, del tempo e de la persona, se degono gire en desceplina o no. [20] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 323, pag. 378, col. 2: Or penza chi le fece: / de quisto dire convece / el quale fece lu mundo, / ch’è bellu et è rotundo. [21] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 29.23: loda le dita e le mani e le braccia ignude più che mezze; e quelle che sono coperte pensa che siano migliori. [22] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 1, pag. 608.31: Anche tu, anima, qui pensa quanti eziandio infra i cristiani nati, non vengono al battesimo. [23] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 25, pag. 467.4: se ti pensi, che quando noi guatiamo in uno ispecchio, la nostra imagine vi si mostra tale, quale è il nostro corpo. [24] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 5, pag. 17.23: Pensa bene, Pietro, de quanto meritu era kistu sanctu patri Constanciu avante Deu. [25] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 2, vol. 2, pag. 18.6: Exalti chascunu li premij di la virtuti quandu vidi oy Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini pensa que li forti homini se asutiranu plù felicimenti ca non vivinu li timidi. [26] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 5, pag. 22.33: Quando doncha tai penne fiam daghie a torto, no considera né guarda né atende pur a l’ingiuria e ’l mal chi fi fachio, ma guarda e pensa e çoie e ’l gran ben che firan retribuie a quî chi san ben portar. [27] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 444, pag. 30: Vui che lezete, dovete pensare / che poi che fo chriato Adamo et Eva, / non fo zamai sì dolorosa mare. [28] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 19.5, pag. 564: Deh, piàcciave pensar quanto se amara / contra dever quel dolce. [29] Lett. volt., 1348-53, pag. 175.3: voliamo al tucto, ogni cagione rimossa, che voi siate contenti e diateli la parola che faccia quello che per noi gli fu decto, sì che sença indugio possa andare quivi ove sapete, pensando che in simile caso, quando bisognasse, richiederemmo l’uno di voi per bene e stato vostro e nostro. [30] Legg. Sento Alban, c. 1370 (venez.), pag. 67.17: Fiol mio, perché io me sento sì agrevado de mal che per algun muodo io no posso guarir, io penso che tu serà’ mio heriede, e plaxe-me perché Dio lo à voiudo. [31] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 17, pag. 296.26: Adasio! pensa che costui è vivo. [32] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 10, pag. 23.20: Cosí ti pensa che l’anima è uno arbore fatto per amore, e però non può vivere altro che d’amore. [33] Ingiurie lucch., 1330-84, 322 [1383], pag. 87.1: pensa ch(e) q(ue)ste cose no(n) sa aconceran(n)o da neuno se no(n) da te (e) da me. [34] Lucidario ver., XIV, L. 3, quaest. 2.10, pag. 171.12: E alora Noè se pensà quelo che Deo volea faro, e sì ge comandò che intrasso ordinatamente çascauna maynera in le sue camare, et elli sì ’l fesso. [35] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 19.9, pag. 47: Pensa che tu sey huom per la ragione, / la qual convien che ti sia principale / duce et guverno. [36] Stat. cass., XIV, pag. 121.1: i(n) tutte le soe iudicie deve pensare lu abbate la r(e)- 104 muneracione de Dio. [37] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 12, pag. 128.19: E sse negherray de llo volere fare pensa quanta dommagi nde poterray avere tu e li tuoy. [38] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 3, pag. 220.22: ch’el g’è maior pena a vedere quella faça cussì teribele de Lucifero, e specialmente quand l’è curuçà, che no è tuta l’altra pena ch’i àe: pensa doncha com’el’è fata quella faça. – Sost. [39] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 32, vol. 1, pag. 300.14: molto ci dee confortare il pensare, che la Vergine Maria è nostra suora, e per carità ci si mostra, ed è madre ed avvocata. [40] Boccaccio, Fiammetta, 1343-44, cap. 2, par. 3, pag. 56.23: nella memoria mi torna quello che ora, in tanta gioia con teco stando, mi vi tornò, e cioè solamente il pensare che di me far due non posso, com’io vorrei. 2 Formarsi un’opinione sullo svolgimento di un evento o sulle azioni di una persona, credere, giudicare, ritenere (anche pron.). [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 588, pag. 548: en soa fulia se pensa no lo savrà la çente. [2] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 50, pag. 562: L’om qe ben non entende, s’el responde, fa mal, / e da c’à ben enteso, s’el pensa ancor, ie val. [3] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 6.18, pag. 90: E chi a torto batte o fa increscenza, / di far plagenza - penza, poi si pente. [4] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 4.24, pag. 188: Se la mia donna ben si pensasse / ch’io son più ardente de la sua amanza / ch’ella si pensa ch’io la fallasse, / che m’à donato sì gra[n] leanza! [5] Cielo d’Alcamo, Contrasto, 1231/50 (sic.>tosc.), 73, pag. 181: Penne penzasti met[t]ere, sonti cadute l’ale. [6] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [La Vecchia], pag. 55.5: Mai elo non è mo’ quelo lo qual Galatea pensava! [7] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini m. (lucch.), son. 12.13, pag. 85: La fede spene tene per plagensa, / valensa pensa che lausor la tegna. [8] Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.), 131, pag. 423: Se l’omo mor in quela e non abia renduto, / pensa ben s’al è salf o perduto. [9] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 315.14: Claudius regnao .v. anni, molti pençavano che fossi filio de Gordiano. [10] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 118.19: Ma poi che da llui fue trovata, molti l’ànno biasimata, i quali noi pensamo c’ànno fallito non pur in prudenzia. [11] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 49, pag. 5: Ma eo per certo penso ke sont de lu plu degno. [12] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 8, cap. 4 bis, pag. 200.17: E fo pensato che quella sutilissima nobilità de vasa, li quali fuoro portati quasi per tutto lo mondo, fosse conceduta da Deo per molti temporali en la detta città. [13] Memoriali bologn., 1279-1300, (1287) [Guido Guinizzelli] 18.5, pag. 35: Foll’è chi pensa sol veder lo vero / né no pensar ch’altri gli pona cura. [14] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), Liber cons., cap. 11: L’irato la fellonia pensa che sia co(n)siglio. [15] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 3, pag. 115.1: perciò ch’egli ànno molto vissuto nel tempo passato, e pensano ch’elli ànno poco a vivere, per lo tempo avvenire, essi ànno gran fidanza in quello ch’elli ànno acquistato. [16] Lett. lucch., 1295 (2), pag. 19.3: sapendo elli [il papa] li nossi fatti (e) lo nosso istato (e) cho(n)dissione mellio di noi, (e) cho(n)sidera(n)do quello che dare devemo alla Chieça di Roma, pensoe s’elli ci sporonasse (e) chorresse adosso che llo nostro affare andrebe troppo male (e) la Chieça p(er)ciò no(n) sarebe paghata. [17] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.), 16.8, pag. 772: Ella tornando trova la mala arte, / mectese a gire, lo vetro splendia, / la sua figura ein es[s]o se conparte, / e pensa ke lo suo filiolo sia. 105 [18] Poes. an. urbin., XIII, 11.125, pag. 563: Fillo, si tte sovene / de quella inn adulterio depreensa / como pietosamente perdonasti, / parràte fare bene / de perdonare a cquesto, ke nno pensa / si nno de plangnar tanto ke li basti. [19] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 60.49, pag. 241: tal se pensa aver buon patto - che sta en terra alienate. [20] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 1, cap. 3, pag. 73.23: allora si pensaro che Cesare menava oste contr’a’Romani. [21] Poes. an. bologn., 1300 (2), 9, pag. 143: Poi non ti pensa c[h]’aggia conoscenza / di ciò che ffai e fatt’à’ per adrietro, / tanto se di’ non à’ credenza. [22] Belcalzer (ed. Ghinassi), 1299/1309 (mant.), pag. 167.10: E altr melanconich è chi pensa ch’ey sia un vaxel de terra, fat com’è y orci, e tem a laxarse tocar, açò ch’ey no se rompa. [23] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 547, pag. 37: Que male pensaro! Deo vi sse paròne; / mectàtevi ad entendere que ne sequitòne. [24] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 16.325, pag. 192: me penserea / aver faito d’un mar doi, / pur vorenter m’<o> ocirea / ca dever vive senza voi. [25] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 29, pag. 39.20: Amos propheta reprende duramente quelli li quali en delichadi convidi canta en instrumenti, e pensa licitamentre çença peccado usar instrumenti con fe David ad honor de Dio. [26] Lett. pist., 1320-22, 12, pag. 52.23: no’ pare che consideri la vergongnia e la bassanza che tornerebe a te e a noi, se facessi quello che ài scricto; che troppo sarebe magiore che no’ pare che pensi. [27] Armannino, Fiorita (13), p. 1325 (abruzz.), pag. 12.30: Li baruni greci penza a lo plu tosto de voler essere uscituri de loro impresa; Achille, Aias et Thelamon dicono che melgio ène de far pace poy che Ector facta ebe loro vendeta. [28] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 8.2336, pag. 269: Acceca gli occhi d’ogni conoscenza / E segue la viltate in ogni parte / Finché la luce di veder Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini non pensa. [29] Manfredino, a. 1328 (perug.), 2.4.5, pag. 170: pensandoti dir ben quanto la Bib[b]ia / e aver per maëstria ogn’omo en gabbia, / allor ti prende una mordace rabbia, / quando non tende quel dir che ti libbia. [30] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 570, pag. 381, col. 2: Qui se mustra / chi à scientia lustra, / che penza a lei contendere / e nostra lege defendere. [31] Lett. pist., 1331, pag. 249.6: et se no’ fosse, che penso bene che la falta non è vostra, credo sia di quelli a chui l’achomandate le reghy i’ direi che di tucti punti ci aveste obliati. [32] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 37.2, pag. 127: Amare chi ben ama / Chi pensa, el buon amore / Di servi è servitore, / In altra guisa brama. [33] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 2, vol. 1, pag. 73.9: in verità egli incrudelisce, e rappresenta loro lo figliuolo, e pensa ch’egli sia morto per loro colpa. [34] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), Proemio, osservazioni, pag. 82.2: onde loro non contenti, e pensando che lo Re gli voleva mettere a morte, vollono canpare. [35] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 2, pag. 80.15: Lu maritu de killa donna accommenczau a ppensare de dunde vennissi tanta salvaiume a killu cavallu; e pensandu ki zo era pir miraculu, [...] remandaulu a lu papa, e prigaulu multu ki lu divissi tenire. [36] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 3, cap. 8, vol. 1, pag. 139.6: Et imperò issu, pensandu que melyu era di gabbà li Affricani palutiandu con loru ca di combatiri cu illi a campu, [...] nunca issu se partiu da lu sou sanu consilyu, chò esti di non combatiri cu Hannibal. [37] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 3, pag. 11.1: Altri doncha pensan che a l’omo noxa la grande povertae; altri son chi crean che a l’omo noxa lo dagno de la roba. [38] Stat. perug., 1342, L. 2, cap. 53, par. 1, vol. 1, pag. 433.20: Empercioché a la ragione pensamo essere consonevele che niuno huomo en la cosa sua tale cose faccia per le quale al suo vicino danne adevengano. [39] Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 106 1345 (eugub.), 110, pag. 118: Della novella a Vignon fuor gran lutti, / quivi pensaro di mandar riparo / col cor dolglioso, e con gli occhie non sciutti. [40] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 315, pag. 36: li Thodeschi [...] se tenia sì gaiardi / che se pensava vincer per paura / dicendo “li Lombardi sum coardi”. [41] Stat. castell., XIV pm., pag. 213.16: li ministri [...] debbiano visitare lo enfermo, esso inducendo sollicitamente a recevare la penetença secondo ke mellio et più efficacemente pensaranno ke se convenga. [42] Prov. pseudoiacop. Aggiunte, XIV pm. (umbr.), 295, pag. 58: Suddito con singniore no entençe di paragio, / ché de piana ragione porrali far oltragio; / e non se pense: En corte buono adiutorio agio -, / ché passa singnioragio sopr’omne conpatragio. [43] Lett. volt., 1348-53, pag. 179.19: considerando e modi che si tengono per li loro nemici, finalmente dicemo del sì, pensando che la contessa e Aldobrando ne fusseno contenti d’avergli presso. [44] Cost. Egid., 1357 (umbro-romagn.), L. VI, cap. 18, pag. 712.14: alcuni della dicta provincia, [...] no temenno d’interponere e, cum cotale cose frivole pensando essere securi, incorrerano in la contumacia et in la inobedientia della dicta corte. [45] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 7, pag. 24.6: Quistu excellentissimu iuvini, Conti di Calabria, Rogeri, [...] avidu di signoria, pensandu di aquistari dui utilitati, di anima et di corpu, revocandu li genti indulatri a lu cultu divinu et richipendu fruttu et utilitati di la rendita di la terra di Sichilia temporalimenti, omni modu deliberau in so animu di passari lu mari a la insula di Sichilia. [46] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 142, pag. 28: Quando quilli Todischi per campo se spaliaro, / Lo re, non essendo in campo, sconficto se pensaro. [47] Doc. cors., 1370, 18, pag. 22.13: àno fato queste cosse in presentia, voluntae et consemtimento, zoè la dita Blamdina, de Lamdulfinucio, soe marito, et de Benvenutucio cansulaiho, soi parenti, et anco le predicte citele, li quali àno iurato che eli se pensano che le predicte cosse siano lo bene de le predicte femene Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 107 et noe in soe dano. [48] Lett. palerm., 1371, pag. 142.6: In veritate non pensava ki di zo fachissi mencioni lu dictu Bartholomeu pir meu amuri, ki li fui comu patri. [49] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 30, pag. 450.10: Qui D. fa una comparatione di quel che sogna lo so dampno e, cossì sognando, desidera sognarse, però che pensa nel somno quello non è vero che è sognato. [50] a Doc. ver., 1374 (3), pag. 347.23: i ditti drap(er)i volo daro dexo sol. p(er) ogni peza varcaorà ai d(i)c(t)i varca[ri], p(er)ché i pensa che igi serà e firà meio s(er)vì di soi pagni. [51] Serapiom volg., p. 1390 (padov.), Erbario, cap. 73, pag. 80.3: Alguni pensa che questo eupatorio sea una herba che vene chiamà argimonium. [52] Lucidario ver., XIV, L. 1, quaest. 94.2, pag. 52.3: D. Perqué [se] fece lo diavol dala femena a inganarla plu cum da l’omo? M. Però ch’el è molto savio, sì se pensà che la femena deveva aver men senno cha l’om, però ch’era fata dela costa soa. [53] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 8, pag. 36.12: Quanno questo abbe fatto, l’animi delli tiranni de Lommardia furono forte turvati: bene penzano via de non essere subietti a loro paro. [54] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 5, pag. 84.36: Amico, quale te si’, nén credimmo, nén pensammo avere offiso Priamo indebitamente. [55] a Apologhi reat., XIV, 18.16, pag. 378: Tenivase morto certa mente, / et non pensava canpare niente. [56] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 2, pag. 218.32: Né no pensare che Cristo sia pura criatura, çoè a dire no tel menare per bocha levemente né per ogne cosa. [57] Buccio d’Aldobr., XIV ui.di. (tosc./orviet.), 59, pag. 439: Pensai con lei zanzar, bef[f]ar, rid[d]are; / ma non trovai de potermi assettare. come cred’eo, / cosa ch’om possa veder né tocare, / ma sono molti che l’apellan deo: / sono inganati ed hanno van pensare, / ca, se deo fosse, non fàcera reo. – Sost. [1] Federico II, Dolze meo, a. 1250 (tosc.), 7, pag. 51: Lassa, la vita m’è noia, / dolze la morte a vedere, / ch’io non penso mai guerire. [58] Sonn. ann. Vat.Lat. 3793, XIII/XIV (tosc.), 49.12, pag. 138: Amor nonn è, se non – Pensare (a) male: giudicare negativamente le azioni o la condotta di qno sulla base di antipatie o pregiudizi. [59] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), son. 15.8, pag. 87: chi ha invidia di sé, d’altrui mal pensa. [60] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 324, pag. 67: Se ’l cor no pensa mal, nu no farem peccao. [61] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De amore, L. II, cap. 9: lodinoti li buoni (et) pensino li riei male di te. [62] Poes. an. urbin., XIII, 7.32, pag. 550: Sora, lo core me coçe, / si cusì te micti a gire, / per la gente k’è veloce / a mmale pensare e ddire. [63] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 11, pag. 506.20: La figliuola loro rimase molto dolente, e die e notte pensava a quello ch’ella aveva veduto: che duramente l’aveva ismossa, sì che a male pensare l’attizzava. [64] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), I, 17.2, pag. 171: Qua(n)do vedi alcuni homini i(n)sembla co(n)sillar(e), / no esser(e) suspictusu e male no ·de pe(n)sar(e). [65] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 85.39: E vuole ancora che alla Chiesa sieno i capi coperti, sicchè veruno non sia male edificato di loro, e ch’elle non deano cagione di mal pensare a quelli che le veggono. [66] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 14.676, pag. 177: E tuto zo fa mar pensar, / che de ognucana iniquitae / raixe è la cupiditae. [67] Tristano Veneto, XIV, cap. 197, pag. 175.35: Mo Tristan mai ello non penssava a mal de Ysota, ma ello sì l’amava et tigniva-la chara. 2.1 Sperare (anche pron.). Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 1: Quelli du(n)qua che pensa di ricevere beneficio àe dime(n)ticato lo ricevuto. [3] Poes. an. urbin., XIII, 16.37, pag. 575: De la vostra allegreça n’allegramo / e nne dolemo de nostra sagura, / e cke de nui suvengnave pensamo, / ka ssimo toi filloli e nnutritura. [4] Tomaso da Faenza (ed. Zaccagnini 1935), XIII sm. (tosc./faent.), 5.35, pag. 102: penso che ancor poria en zo’ tornare / sol per una semblanza / che d’amoroso core / perseverando da lei m’avenisse, / c’a Pelleus la posso assimigliare. [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 69.22, pag. 364: chi semé <seme> passa de là / no pense mai tornar de za. [6] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 4, vol. 1, pag. 184.12: certo io dovrei essere avuto per genero innanzi a tutti gli altri; e ancora penso d’aggiungere merito a tante bontadi, pur che gl’idiei mi ’l consentano. [7] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 7, pag. 47.31: Quandu eu fuj levatu da l’aqua, pariami vidirj lu meu abbati - zo è sanctu Benedictu -, et pensava chi illu me tragissj da la acqua. [8] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 4, vol. 2, pag. 35.6: Eciandeu dava licencia a sua filya qui la andassi a vidiri, circandula ben per tal que issa non li purtassi alcunu civu pensandusi que la fimina muriria di fami. [9] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 5.2, pag. 92: Deviandomi Amor di strada in strada, / ove lasso fugir già non pensai, / subito vidi allor ben mille rai / c’una parte del ciel tucta infiammata. [10] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 464, pag. 108: Ma pur che lo ajutasse la gente se pensava; / Ad quisti de Pretati in tucto li pesava. [11] A. Pucci, Gismirante, a. 1388 (fior.), II, ott. 43.4, pag. 193: Omè no’ m’è mestiere / pensar di riaverlo in vita mia. [12] Tristano Veneto, XIV, cap. 369, pag. 333.1: Hai amor, tu me as sì tradido et sì apreso et sì stracho che io non puoso lo mio cuor trar de quella la qual io sè ben che io non averò mai quello che io pensso! 108 [13] St. de Troia e de Roma Ricc., XIV (rom.>tosc.), pag. 172.36: Et poi che Anibal vide lo capo del fratello fuggio con tucti li suoi in Brescia. Da quell’ora innançi giamai non pensò di vincere li romani. – Pensare male: disperare, immaginare l’esito negativo di una situazione. [14] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 20.111, pag. 140: Letate meco questo e quello tocca - / ché ò trovato la pecora mia, / che al mal pensar me feva aprir la bocca. 3 Deliberare un’azione o un discorso, decidere (anche pron.). [1] Elegia giudeo-it., XIII in. (it. mediano), 16, pag. 37: Li nostri patri male pinzaru, / ke contra Deo revillaru. [2] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 272.18: tucti li senatori e li pretori e li cavaleri de Roma pensavano de non lassare entrare in Roma Attaviano. [3] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 1, cap. 6, pag. 34.10: Ma quando tu vuo’ fare la cosa, e poi che tu averai sopra deliberato e pensato, spigliatamente dei fare. [4] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 244, pag. 184: uscìo de· rreo pensiero / ch’io avëa primero, / e fe’ proponimento / di fare un ardimento / per gire in sua presenza / con degna reverenza [...]. / E poi ch’i’ l’ei pensato, / n’andai davanti lei / e drizzai gli occhi miei / a mirar suo corsaggio. [5] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 2390, pag. 71, col. 2: Se ’n vostro cor ben ve pensai / E vu vorí ben obedir / Zo ke ’l segnore ve manda a dir, / Vu sempremai starí con lu. [6] Lett. fior., 1291, pag. 595.31: onde in ciò penserete di fare quello che crederete che buon sia. [7] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 4, pag. 16.6: E perçò ve covene videre et pensare in ke guisa se debia fare. [8] Poes. an. pis., XIII ex. (3), 145, pag. 1352: Quel chavalier diliberò pensando / di mandar via la donna. [9] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 7, pag. 495.20: Ma tuttavia si pensò che nonne andarebbe a dietro per veruna condizio- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini ne, se non ne portasse pieno. [10] Legg. S. Torpè, XIII/XIV (pis.), cap. 6, pag. 59.34: Torpè, che ài tu pensato dintorno a la tua salute? Credi a me e sagrifica [a] li dij sì come tu facei inprima, e ’l tuo honore andrae innansi. [11] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 33, pag. 258: E’ ò pensà de fare, / andar in Alexandria, passar ultre le mare, / ke vojo per mujer quella nobel regina / fiola de lo re Costo k’à nome Katerina. [12] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 4310, pag. 162: Or pensa quello che tu faras, / E se tu creder me voras. [13] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 33, pag. 109.35: E quando noi queste cose pensate avaremo in nostri cuori, allora ne dovremo armare e apparecchiare, senza indugiare e senza dimorare. [14] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 17.4: Lo re delli dei di sopra [...] promette loro ischiatta dissimigliante al popolo di prima con meraviglioso nascimento. Come Giove, poi ch’egli ebbe pensato di disfare il mondo con fuoco, diliberò di disfarlo con piove. [15] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 4, cap. 4, vol. 1, pag. 172.1: Pappu eciandeu asay animusamenti fici; lu quali, avendula riciputa per nomu di hereditati, pensau que per amuri di religiuni non se divia vindiri. [16] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 33, pag. 199.10: Ed incontanente mi pensai e presi per consiglio di chiamare lo predetto Eleuterio, ch’era allora nel monasterio con meco, secretamente nella chiesa. [17] Lett. sen., XIV pm. (2), pag. 91.1: abiate per fermo che, se io credesse avere torto contra a lloro, e fusse più povaro asai che no so’, siate certo che io vorrei anzi pensare di morire, che prendare questione chon loro. [18] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 12, pag. 53.8: videndu li Traynisi chi pocu genti eranu rimasi cum la Contissa, pensaru di ribellarisi et auchidiri tutti killi chi eranu cum la Contissa et spacharisi di la servituti di li Normandi. [19] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 109 (aquil.), quart. 938, pag. 216: Facemmone Consillio plu volte et plu fiate; / Pensammo alzare le mura et avere gente sollate, / Et le robe da fore mettere na citate. [20] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 170.21: Quanno lo profietto questo sentìo, incontinente penzao de obedire. [21] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 27, pag. 229.12: ayome pensato de le mandare uno messayo che ’mme venga securamente a parlare sotto quisto colore a lo tiemplo de lo dio Apollone. [22] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 33, pag. 206.35: E incontenente me pansai e preisi per conseglo de iamar lo dito Eleuterio, chi era alora in lo monester cum meigo. – Selezionare, scegliere. [23] Stat. sen., 1298, dist. 8, cap. 49, pag. 286.24: statuimo et ordinamo, che nell’Arte de la Lana di Siena, non si possa nè debbia tenere savio appostato, nè notaio, nè procuratore, se non quando bisognasse; e allora si pensino, e sieno pagati quando faranno el servigio, a volontà dei signori e del consellio dell’Arte de la Lana. [24] Lett. lucch., 1300 (5), pag. 102.7: Unde sente(n)do la buona volo(n)tade d(e)l vesscovo (e) del d(itt)o suo chierico che mostrano i(n) d(e)i n(ost)ri fatti, [...] ..., penssa(m)mo (e) di p(re)sente ma(n)da(m)mo Ricca(r)dino Gottori (e) Vanni Rosscio(n)pelo co(n) l.re (e) co(n) belli doni. 4 Rappresentare nella mente l’immagine di un oggetto, di una persona o di una situazione, immaginare, figurarsi (anche pron.). [1] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 100, pag. 603: Le grand pene d’inferno ve stoverà sofrir, / q’è cento milia tanto maior, sença mentir, / qe nui’ om no porave escoltar ni audir, / né en lo cor pensar, ni con la boca dir. [2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 1.20, pag. 12: Lo meo ’namoramento / non pò parire in detto, / ma sì com’eo lo sento / cor no lo penseria né diria lingua. [3] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [Panfilo], pag. 47.26: Tu solicito en tanti penseri et en tanti periguli, eu fi demenadho en tanti modhi q’eu no lo sai pensar con la mente. [4] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 5.10, pag. 56: che cotanto preso porta / d’esser la meglio acorta tuttavia / di null’altra che sia, / la cui alta piacensa / divisando non si pensa. [5] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 206.24: Et altramente li venne ke non pensao. [6] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 74.10: ’l buono difficiatore e maestro poi che propone di fare una casa, primieramente et anzi che metta le mani a farla, sì pensa nella sua mente il modo della casa. [7] Lib. Antichr., XIII t.q. (ven.eug.>umbr.-march.), 154, pag. 109: (Le pene dell<e> inferno molto merevelose, / no le pò omo dir tant’è l<e> periculose / col cor no ’l pò pensar, né dir[e] cun le boçe). [8] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 464, pag. 73: Plu he lusir ka ’l sol e plu seré beao / Ka no porrav per homo fí dig ni fí pensao. [9] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 6, pt. 2, cap. 1, pag. 146.10: e trovamole devisate e·lle radice, ’ e·lli pedoni, [...] e en ogne variazione la quale se pò pensare cum rascione. [10] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De doctrina, cap. 3: lo stolto no(n) riceve le paraule di sapientia se no(n) dici quello che in nel suo a(n)i(m)o si pensa (et) piaceli. [11] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 13, pag. 45.9: La prima si è, che quelli che sostiene la battaglia vede e sente presentemente ei mali: ma quelli che la intraprende, pensa ei mali che sono ad avvenire. [12] Memoriali bologn., 1279-1300, (1288) 28.12, pag. 53: a tal per le’ son giunto / ch’eo no me lo pensava. [13] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 60, pag. 99.2: nol ti pensave, quando cotali parole dicei, che avessi la fossa così presso, là ove dovessi cadere. [14] Fiore di rett., red. alfa, a. 1292 (fior.>bologn.), cap. 82, pag. 127.12: Ma colui ch’è dicitore de sé debia le lode pensare e vedere, da che sa le cose generali onde l’uomo pò 110 esser lodato e biasimato. [15] Lett. lucch., 1295, pag. 10.30: No(n) sapea omo né pensava allora di guerra. [16] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.), 3.4, pag. 744: De l’alifante grande maravelia / molte fïade udito agio contare, / k’a la potentia sua non resimilia / altra fera k’omo possa pensare. [17] Poes. an. urbin., XIII, 41.13, pag. 623: Ancora Addàm et Eva non pensasse, / quando fecer l’affença, / ke a cotanto honore te tornasse / né a ssì gran potença, / volse Deo patre ke ppoi s’emendasse / per cotale avegne[n]ça. [18] Tomaso da Faenza (ed. Zaccagnini), XIII sm. (tosc./faent.), 7.3, pag. 235: Donna malvaxe, sconoscente e prava, / fiera, vilana di mal’are tanto / che mai cor d’omo pensar non poria / quanto ài mente fella. [19] Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.), 246, pag. 636: ’l canto è tanto bello, sença nexun mentir, / ke cor no ’l pò pensar né lengua proferir. [20] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 92.116, pag. 397: chi sta nel terzo stato del novo Adam plasmato, / non vol pensar peccato - né operare. [21] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 439, pag. 864: A dexenare se ’l cosseno sença tardança, / e sì lo mançòno in gran rixaglia: / no se pensano come la i serà bruscaglia, / quello dexenare. [22] Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.), 23.9, pag. 382: e pens’a molti affrenati cavagli, / armeggiatori e bella compagnia, / aste e bandiere, coverte e sonagli. [23] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), I, 36.6, pag. 220: Pe poco lo corruczu se i(n)co(m)mencza, / poy cresce plu che l’omo no sse pensa. [24] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 100, vol. 1, pag. 107.11: Et che per alcuna insinuatione d’alcuna carta o vero d’altra scrittura, o vero per alcuna altra cagione, la quale dicere o vero pensare si potesse... [25] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 36.65, pag. 224: chi porrea pensar ni dir / e in andar e in venir / li perigori tai e tanti / aparejai da tuti canti? [26] Lett. pist., 1320-22, 4, pag. 39.18: So- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini no certo che non bisognia di richordarloti, ché so che tu farai di chostà più che noi di qua non penseremo. [27] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 14.2909, pag. 301: Ahi quanto qui il pensier mi fa paura / Pensando a poco tempo ove saremo. [28] Stat. assis., 1329, pag. 162.40: per nuy non semo ydonei, né sufficienti pensare covelle da nuy virtuoso quanto minor cosa nella nostra opera se possa dire overo operare. [29] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 38.13, pag. 130: E quando vidi questi volti saçi, / Diletto mi condusse nel volere / Considerar s’i’ potesse sapere, / Qual era la sentenza di costoro; / Sì che dapresso loro / Mi feçi per veder quel ch’i’ pensava, / E per trovar chi tal schiera menava. [30] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 5, pag. 666.32: E li nostri peccati si cominciano in cuore, ovvero per immaginazione e pensieri volontarii, ovvero per diletto e piacimento, o in tutto o in parte, ovvero che piacerà e diletterassi del peccato, pensando e imaginando. [31] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 35, pag. 72.33: im pirò ki eu non lu pruvay iammai, non poczu pensare in ki guisa pocte essere statu factu. [32] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 4, vol. 2, pag. 42.7: 23. Gemiciu duna la successiuni di quista laudi ad Eliu preturi; la quali laudi apena se pò pensari in alcunu altru. [33] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. VI [Phars., VI, 413-506], pag. 108.22: Gli animi vili temono veggiendo che ’ fati s’avicinano, e pensano le piggiori cose. [34] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 32, pag. 154.24: lo principio e l’ordiura de questa nobel tela fo dachio e vegne dal sancto proponimento e dal bon pensamento de ’sti devoti pueri con la gracia sempre del Segnor innance sençça la qual nu no semo sufficienti a pensar alcun ben. [35] Stat. perug., 1342, L. 1, cap. 63, par. 9, vol. 1, pag. 250.13: alcuna cosa avere overo recevere overo anco sforçare possano, né deggano d’alcuno dei pregione overo d’alcuno per loro per cagione de lemosena, [...] overo d’al- 111 cuna altra cagione la quale dire se podesse overo pensare. [36] Stat. catan., c. 1344, cap. 6, pag. 34.16: sì ordinamu ki chasquidunu, audutu lu signu di chasquiduna hura, [...] tostamenti si apariki ki in lu sicundu signu poça essiri senza alcunu impedicamentu, si comu conveni a li veri obedienti, pinsandu ki lu Signuri lu clama. [37] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 241, pag. 33: nì no se lo pensava cor humanno / che ma’ esser potesse questa cosa, / che ghibelin cum ghelfo stesse sanno. [38] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 410, pag. 28: El non è lengua che ’l potese dire, / el non è chuor che mai pensar potese / quanto dolor ch’io me vidi sentire. [39] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 49.12, pag. 594: Ma tuttor che verd’ erba e le soi fronde / e ’l color vago del sovran bel fiore / mo’ nel lor bel giardin non mostren fòre, / li rami soi renverdir pensa el core. [40] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 4, pag. 13.2: di notti si parteru et senza nullu periculu passaru lu Faru di Missina et foru in Calabria, non pensandu Maniachi zo chi li potia intraviniri. [41] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 1033, pag. 239: Pensa quanto de questo la gente se alegrone! [42] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 35.15, pag. 83: Or pensa quand’io son qui studïoso, / qual i’ sarei dov’io fosse ocïoso! [43] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 19, pag. 188.2: nullo homo lo porria pensare quanta so’ le malvestate delle femene. 4.1 Predisporre tramite il pensiero, progettare, preparare, escogitare (anche pron.). [1] Ritmo S. Alessio, XII sm. (march.), 101, pag. 21: et ad quillu gillu, novo flore, / pemsavali dare lu patre honore / d’estu mundu traditore. [2] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 584, pag. 620: quante el n’à fate né dite né pensadhe / al dì novissimo no serà recordadhe. [3] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), D[ubbie] 1.7, pag. 386: Sì languisco eo, - ma- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini donna, pur pensando / e disïando - com’eo <mi> torni a voi. [4] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Panfilo], pag. 39.22: Eu pensai et aveva pensado en lo conponemento de la mea mente de dir ad ella, çoè a Galathea, plusor cause, mai la paura sì caçà via tute le cause le qual eu voleva dire. [5] Lett. sen., 1253 (2), pag. 205.9: Inco(n)tene[n]te sì feci u· meso (e) manda’lo la note a Buonifaçio ad Asisi, (e) manda’lili dicendo p(er)ch’elli ne fuse più savio (e) avesevi pensato che da fare ne fuse ançi che lgl’a[n]basciadori giongnesero inna[n]çi d(omi)no papa. [6] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 84.29: Et Romulus retornao, abe grande dolore, incontinente pensao tradimento de lo frate. [7] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 140.16: Ma chi [...] in innanzi pensa che ssi convenga dire davanti e che poi, certo la comincianza fie tale che nne nascerà ordinatamente il mezzo e la fine. [8] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 330, pag. 67: L’og è quel k’á la colpa quand eo pens qualk folia. [9] Lett. mant., 1282-83 (?), 1, pag. 13.3: Sapiè che sonto in Bolongna con la draparia che menè da Mantoa, e quela pensaro de vendero al meio che De’ vorà. [10] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De doctrina, cap. 1: pe(n)nserae lo ’ncomi(n)ciame(n)to (et) la fine dele paraule, acciò che dirictame(n)te possi parlare ciò che tu ài dina(n)si pe(n)sato. [11] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 2, cap. 10, pag. 91.3: Ma Temistocle, re di quelli d’Atena, poscia che intese che Jonas [...], grandissimo navilio in aiuto di Serses avean menato, si pensò di sollicitarli che da’ nimici si partissero, quando fosse incominciata la battaglia. [12] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.), 7.3, pag. 752: Quando la volpe de fame è sopresa, / asotilliase tanto êlla sua mente, / ke pensa conmo possa avere spesa / a meno briga, più vivaciamente. [13] Meo Abbracc., Rime (ed. Contini), XIII sm. (pist.>pis.), 1.1, pag. 338: Sovente ag- 112 gio pensato di tacere, / mettendo in obrïansa / d’esto mondo parlare intendimento. [14] Gonella Antelminelli, XIII sm. (lucch.), XI.4.1, pag. 280: Pensavati non fare indivinero, / sì com’ tu fa’ me, che vòi che si sprima / per aventura, e non per maestero, / lo tuo risposo, e t’ange ch’io ’l riprima. [15] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 59, pag. 167.10: Unde tuti quilli k’ènno denanti da l’altri non di’ pensare portare d’ordene in sì, ma pensare egualance de condict[i]one. [16] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 88.5, pag. 350: aiome pensato de parlare; / reprennome, ché faccio gran follia. [17] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 7, pag. 96.11: Tolomeo, sapendo come el facto era stato da Cesare vento, come codardo e traditore, pensòe el magiure male che mai pensato o facto fosse, ciò fo d’ucidere Pompeio. [18] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 5, cap. 13, pag. 169.8: Pompeo quando vidde che Cesare avea raunato sua gente d’ogne parte, si pensò di mandare Cornilla sua moglie nell’isola di Metellina. [19] Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.), 15.1, pag. 374: I’ ho pensato di far un gioiello, / che si’ allegro, gioioso ed ornato, / e sì ’l vorrei donare ’n parte e lato, / ch’ogn’uomo dica: - E’ li sta ben, è bello! [20] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 931, pag. 287: Or ve vojo dire quel ke ò pensà de fare, / a vu ke si’ coçìi lo vojo manifestare. [21] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 79.3, pag. 387: Vegando certannamente / retornar tuto in niente / quant’omo pensa far e dir. [22] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 84, pag. 114.24: vezando Anon ke del so penser era enganado, el pensà con multitudene armada arsair così gran citade. [23] Armannino, Fiorita (13), p. 1325 (abruzz.), pag. 21.17: Tornare pensa perfine ad quella hora, ma subitamente tre blanche palomme volare vede per quella grande selva. [24] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), Vita di s. Maria Egiziaca, cap. 3, pag. 211.23: Io mi pensava di soppellire questo santissimo corpo, ma temo che non dispiacesse a questa santissima femmina. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [25] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 451.3: E così amendue pensono in loro medesimi come l’uno all’altro potesse manifestare lo segreto del suo cuore. [26] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 8, pag. 49.4: Videndu chillu previte Florenczu ky non avia potutu auchideri a sanctu Benedictu chu chillu pane inveninatu, pensau comu potissj fari peccari allj soy discipulj. [27] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 4, vol. 2, pag. 44.10: Adonca issi, et per propriu lur exemplu et amunistati eciandeu per exemplu di la antiquitati, pensaru di non lassarinci a fari zò que issi putiannu. [28] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. IV [Phars., IV, 143-169], pag. 59.30: Petreio, [...] domanda popoli non domati e sempre fieri nell’armi per amore di battallia, e pensa d’andare nell’ultime parti del mondo. [29] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), Prologo 1, pag. 3.8: avevami pensato, aciò che nel cospetto di Dio non fossi al tutto presentato inutile, per utilitade almeno d’alquanti idioti e non sapienti di scrittura, recare in volgare il Dialogo di santo Gregorio, il quale fra le altre opere divote singolarmente è utile. [30] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 29, pag. 141.21: lu chi era romito e stava al dexerto non era tanto caldo de piaxer a Cristo né se studiava chusì ferventemente de vegnir in gracia del so’ Segnor altissimo [...], chomo quella mixera penssava e studiava de pençer-se e de parar-se per piaxer a ribaldi. [31] Stat. perug., 1342, L. 3, cap. 223, par. 1, vol. 2, pag. 298.18: Acioké glie lavoratore de la cosa overo de le cose d’alcuno materia non aggiano de pensare overo operare malfagia, ordenamo ke se ’l lavoratore de la cosa d’alcuno venderà la cosa la quale avesse a lavoreccio per sua auctorità, sia punito e condannato. [32] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 273, pag. 47: Iuda Scariothes vocato, / se partìo privatamente / et si andò encontenente / a li principi de li sacerdoti, / li quali stavano remoti / et pensosi de male a fare, / comme elli podessaro capitare / de tucto quello k’aveano pensato / en loro consellio stantiato, / çoè de Cristo sosteni[r]e / per farlo de morte 113 morire. [33] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 7, pag. 28.1: Sentendu li Missinisi chi la preda si divia mandari in Calabria [...], pensandu di andarili adossu et feriri per terra, cum cavaleri et piduni, et per mari, chì sapianu certamenti chi li Normandi non eranu experti in mari, ysseru cum grandi genti a pedi et a ccavallu per invadiri li Normandi et spacharisindi. [34] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 182, pag. 37: No lli potendo offendere, li inimici pensaro / De farelo attossecare. [35] Legg. Sento Alban, c. 1370 (venez.), pag. 71.7: E siando el pare e la mare de Alban colegadi per dormir, et echo el diavolo, che meno dorme, se pensà de far çacer el pare e la fia in lo vechio pecado. [36] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 17, pag. 298.9: Dedalo, essendo col figlio pregione in una isola presso l’isola de Creti, pensò ingeniosamente fugire col figlio. [37] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 26, pag. 231.22: Allora questi quattro tiengo nuovo trattato, penzano de revoitare la citate sottosopra. [38] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 27, pag. 258.29: Anco stregneva soa vita e soa famiglia in le spese. Onne cosa penza per sollati. [39] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 35, pag. 291.4: Et yo pensando de partireme, la decta Circe, sentendolo, crede me retenere et impedicare co l’arte soa de nigromancia. [40] a Apologhi reat., XIV, 7.7, pag. 671: Enfra lu core suo volse pensare / Siccome lu corvo potesse engannare. – Sost. [41] Guido Orlandi, 1290/1304 (fior.), 2.18, pag. 98: Simiglianza di grue / tenut’ò di volare; / ora non sbatto [l’a]le né [le] movo, / servando lo pensare / di non seguir c[h]i ’n drue / omo sposato tene. – Pensare contro, male: pianificare il male di qno o la cattiva riuscita di un’impresa altrui, mostrare ostilità. [42] a Legg. ss. Piero e Polo, c. 1370 Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (venez.), 14, pag. 48.21: Simon e Neron pensa contra de ti, ma no aver paura ch’io serò con ti ad aidarte e darete el solaço de Polo mio servidor el qual doman intrerà in Roma. [43] Legg. sacre Mgl.II.IV.56, 1373 (fior.), Legg. di S. Piero, pag. 8.14: Lo nostro Signore incontanente apparve a san Piero, e disse: Nerone e ’l prefetto con Simone magro pensano male di te, ma non temere, ch’io sarò teco e darotti per aiuto Paolo, lo quale domatina giugne in Roma. 4.2 Richiamare alla mente un evento o una persona appartenenti al passato, ricordare, rammentare (anche pron.). [1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 2, cap. 27, pag. 98.24: chi non pensa de le cose passate, perde la vita. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 19: chi no(n) pensa del passato p(er)de la vita. [3] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 9, pag. 35.18: E se li re o prenzi si vogliono fare savi, acciò che ellino siano signori naturali, essi debbono primieramente pensare nel tempo passato, al quale il reame era meglio governato. [4] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 70, pag. 109.13: Quando la Prudenzia ebbe parlato come di sopra avete inteso, cominciò a pensare e a recarsi a memoria li suoi ammonimenti. [5] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. (D.) 122.12, pag. 200: Quando mi penso il tempo ch’aver soglio, / in disperanza m’ torna tutto ’l bene, / e li conforti me ne van mancando. [6] Lett. lucch., 1298 (2), pag. 79.29: Ma di Fregiotto ci faimo grande meravillia della risposta che ffae, pensando l’onore (e) lo p(ro)de che p(er) li tenpi passati àe avuto dalla cho(n)pangnia. [7] Orazione ven., XIII, pag. 126.15: O anema, pensa de lo to segnor, siando in quela amara passion, ch’elo non àve o declinar lo cavo e quelo corpo glorioso era tuto implagado. [8] Poes. an. urbin., XIII, 1.21, pag. 539: O dolçe fillo, tu mm’ài lassato / Sancto Iovanni in compangnia, / perké nne fos[s]e reconsolato / lo tristo core ked à Maria, / pensando co- 114 mo fusti legato / a la colunna, o spene mia, / e ccomo fusti in croce clavato / cun dui latruni in compangnia. [9] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 5, pag. 19.2: E pregove ke pensati quello ke Salamon dice. [10] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 16.5, pag. 55: Daime desperazione - de la mia condizione, / pensanno la perfezione de la vita tua che è stata. [11] Preghiera alla Vergine, XIV in. (ver.), 15, pag. 86: mai sol a le marcè vostre ò respeto / ke far me façà al Re de li justi / veras perdon de li mei pecai tuti, / li qual speso en tal temor me caça / ke çà no so k’eo diga nè k’eo faça, / ke tanti sunt, quand’eo me ’l penso ancor, / k’eo n’oso li ocli de la terra tor. [12] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 136.96, pag. 547: Pensa li jorni perdui. [13] Vita di S. Petronio, 1287-1330 (bologn.), cap. 2, pag. 12.10: Desparudo che fo san Piedro, desveiòse lo Papa; incontinenti fo levado, pensando a la vixione, e mille anni li parea ch’el fosse dìe per vedere se la vixione fosse vera. [14] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 22.12, pag. 108: Inanzi de’ pensar quel che fallì / Di castigar el mal ch’el ha tra sé. [15] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 1, pag. 609.17: E in questo studio incomincia a umiliarti ed esser grata, conoscendo la tua nichilitade, e pensando i suoi benefici dati, c’hai ricevuti, e con quante promesse te aspetta. [16] Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.), 85, pag. 117: Se dietro torne, e pense del veleno / di Persia, di Siria, e de la Tana / et de gli altre, ch’al viver non han freno, / melgli’è tacer. [17] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 1404, pag. 91: Pensando quela grazia che m’ai fata / a farme dir del tuo planto e lamento, / la mente mia non de eser ingrata. [18] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 25.12, pag. 570: Deh, se pensate ne le passat’ovre / e non guardati solo a quel ch’io parlo, / sirà legger lo vero a ’mmaginarlo. [19] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 1.6, pag. 89: Beat’è ’l cor mio las- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini so, quando avene / che pense al tempo che mi fur fratelli / c’omai per crudeltà mi son ribelli. [20] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), [1342/1348] son. 13.5, pag. 141: O ccomo non pensate li peccati / Et li delicti facti in su et in gnone, / Con altri mali senza accasione? [21] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 31, pag. 24.2: Or pensa beni in tuo cori diligentimenti quanti fiati tu hai peccatu in quistu et quanti fiati tu hai pregatu a ti et ad altri falsamenti. [22] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 5, pag. 78.11: poy che la vedeo cossì desplanata, pensando a tanta suoy dampni et arrecordandosse de tanta perdenza, multo forte se adollorava. – Sost. [23] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 63, pag. 138.8: E se noi vogliam credere ad Attalus, il pensare agli amici, che vivono, è molto dolce cosa; ma la memoria di coloro, che furono, ci diletta, con tutto ch’ella sia un poco agra. 5 Indugiare in pensieri tristi o paurosi, angosciarsi, preoccuparsi (anche pron.). [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 1205, pag. 218: Ed io, pensando forte, / dottai ben de la morte: / e non è maraviglia, / ché ben trecento miglia / durava d’ogne lato / quel paese ismaggiato. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Vulgare de elymosinis, 1011, pag. 275: Se cret pur d’esser morto, e intra si pensando / No haveva ben ni requie, molt era angustïando. [3] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. III, cap. 15: et simiglia[n]te è qua(n)do Dio disse: no(n) vogliate pensare di dimane. [4] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 4, pag. 10.12: sono sì malamente sbigottito e ismagato che non mi giova di manicare né di bere né di dormire né di posare; ma penso e piango e lamentomi die e notte. [5] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 10 parr. 1-3, pag. 38.1: in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cortesia; onde molte fiate mi pensava duramente. 115 [6] Caducità, XIII (ver.), 62, pag. 656: Mo qual fo el guiërdon k’avo da ti / la mar e ’l par li quali te norì, / se no penser e briga ognunca dì? / S’altro tu sai, per Deo, tu me lo di’. / Mo eo so ben ke altro tu no sai / se no pensar e briga pur asai. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 89.48, pag. 362: A lo salire retornanno, / en el mio core gìa pensanno / e gìa molto dubitanno / de lo salire affatigato. [8] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 3, cap. 16, pag. 130.4: Quando vidde suo fillio così ferito a morte, venne pensando per la nave, e cadde più volte anzi che fusse al becco de la nave dov’era lo suo filliuolo. [9] Poes. an. sic.-tosc.>mant., XIII ex., 10, pag. 48: Donka pensare me convene / (mesc[h]ina, lo core m’arde!) / ka, si me falla la spene, / ogna pulcela se garde / d’amore. [10] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 7.2284, pag. 266: Se mai in fallo trova sua compagna, / La sdegna e mai con lei non s’avvicina; / Sola pensando va per la campagna. [11] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 8, 115-120, pag. 254, col. 2.3: Qui tocca lo modo de la retornada de Virg. verso lui, la qual era no molto balda; e dixe «con i ochi a la terra», quaxi pensando e providendo. [12] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 1151, pag. 388, col. 2: Se lla belleze ch’io agio / et de mio intellecto sajo, / de questo no pensete / - cha no è como credete - / che sì cara la tenga / che con vosco me nde venga. [13] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), L. 3, cap. 10, pag. 396.20: Messer Ulivo si pensava del suo pericoloso stato, perocchè, se fortuna rea l’avesse percosso, niuno di sua giente campava, per la grande moltitudine degli avversarj. [14] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 520.13: lo re Pelleo [...] ardea dentro e pensava in sè medesimo che per la sua vertude e per la tanta affezione che i suoi mostravano inverso di lui, che Iason lui non ispogliasse del regno. [15] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 8, pag. 146.8: non timiri nin pinsari ki kistu sia vanu sopnu. [16] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (ca- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini stell.), 1314, pag. 73: Apresso de la croce stando / la sua madre Maria pensando, / con essa Maria Cleophe / et Marïa Madalene. – Sost. [17] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 24.151, pag. 89: ecco i pensieri, là ov’era retto, / aveanme costretto - a non dormetare; / or al pensare, - volvennome entorno, / tollennome el sonno - per molte fiata. [18] Boccaccio, Amorosa Visione, c. 1342, c. 45.76, pag. 195: Però alquanto lasciai ’l pensare, / dicendo: «Tosto credo proveduto / fia da costei il mio grave penare». 5.1 Rimanere interdetto, provare stupore, meraviglia. [1] Doc. volt., 1322, 7, pag. 18.4: Quando Corsino di Barone era in Volterre in buono istato, altre gli avesse decto «figluolto morrà in pregione per devito», credo che arebbe pensato. [2] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 873, pag. 62: Per tucta la demandaigione / Ihesù non fe’ responsïone, / açò ke Pilato pensasse, / et plu se ne maraveliasse. 6 Riporre fiducia o affetto in qno, confidare. [1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 3, cap. 19, pag. 254.10: se tu pensi alcuno, ad cui tu non credi come ad te medesmo, erri molto. [2] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 48, pag. 138.16: Habi fidança in lo Signor cum toto core e non te adherçer al to savere. In tute le toe vie pensa lui, et ello dricerà li toi andamenti. [3] Cicerchia, Passione, 1364 (sen.), ott. 39.7, pag. 318: le mani ’l capo lava tutto quanto! - / E po’ lavar al buon Iesù si lassa, / guardando umilemente il viso santo. / Nel futur tempo Iesù sempre pensa, / riprese la suo veste e torna a mensa. 7 [Nei rapporti amorosi:] provare sentimenti d’amore o desiderio nei confronti di qno. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 11.46, pag. 489: Per ch’io mi prolungai, / d’al- 116 trui non pensai mai, / però m’abandonao a tradimento. [2] Poes. an. ven., XIII/XIV, B.22, pag. 32: K’Amor vol ben (e sì m’à dito) / Ke p[e]r vui pense e faç’a drito. [3] Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.), ep. Elena, pag. 159.29: ma combatto con l’amore, ed appena credo che possa essere mio colui, cui io penso. [4] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 38.90, pag. 132: I’ gl’inchinai dicendo: O gran colonna / Per sostenere el ben e le vertude, / Se’ tu colei che penso nel mio core? [5] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 58.12, pag. 603: io porto sempre nel cor vostra insegna / e sol penso de voi, là donqu’io sono. [6] Marino Ceccoli, XIV pm. (perug.), 6.2, pag. 668: Amor me tra’ de mente ogn’altra cosa, / fòr che de te pensar, dolce mia vita. – Sost. [7] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 4 parr. 1-3, pag. 17.3: [par. 1] Da questa visione innanzi cominciò lo mio spirito naturale ad essere impedito ne la sua operazione, però che l’anima era tutta data nel pensare di questa gentilissima. 7.1 Concentrare con insistenza il pensiero sulla condizione d’amore e sul contegno dell’amata. [1] Tomaso di Sasso (ed. Contini), XIII pm. (tosc.), canz..8, pag. 91: Già senza sospirare / Amore me no lascia solo un’ora. / Deo, che folle natura - ello m’aprese! / Ch’io non saccio altro fare / se non penzare. [2] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), disc. 2.38, pag. 70: S’io languisco, / non perisco, / ma nodrisco in disianza; / vo penando / e pensando / e chiamando pietanza. [3] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 1.43, pag. 887: Largo sono del fino amare; / e scarso molto d’ubrïare / quella che mi fa pensare / la notte e la dia. [4] Giovanni, 1286 (prat.), 32, pag. 23: Sappie(n)do, se poso o se vado, / in lei coll’animo cado: / se no, lo meo dilecto è rado, / Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini pensando. [5] Memoriali bologn., 1279-1300, (1287) 20.7, pag. 39: Partuto s’è da mi, lassa!, / quello per cui moro amando: / in altra contrata passa, / lassa lo meo cor pensando. [6] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 23 parr. 1-16, pag. 94.6: E quando ei pensato alquanto di lei, ed io ritornai pensando a la mia debilitata vita. [7] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 57.44, pag. 194: Sì come il pesce prende / in agua la sua vita / né mai non viveria in altro loco, / così l’amor m’ac[c]ende / e al pensare m’invita / e mi comprende d’amoroso foco. [8] Geri Giannini (ed. Contini), XIII sm. (pis.), 4, pag. 332: Magna ferendo me tuba ’n oregli / d’orrato ch’ognor in te pregio regna, / lo cor mi stringe, pur volendo vegli, / com’eo pensando tuo conto devegna. [9] Tristano Veneto, XIV, cap. 344, pag. 309.22: Io pensso a lié’ dì et note, io moro per lié’ et languisco chussì como vui podé veder. – Sost. [10] Re Enzo, Amor mi fa sovente, a. 1272 (tosc.), 26, pag. 55: Conforto e non ho bene: / tant’è lo meo pensare / che gioi non poss’avire. [11] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 42.3, pag. 149: Non già per gioia ch’i’ ag[g]ia / diletto lo cantare, / ma per molto pensare, / che tanto m’incorag[g]ia / che mi fa travagliare / e dà vita salvag[g]ia. [12] Pucciandone Martelli (ed. Avalle), XIII sm. (pis.), 65, pag. 151: ké non-folle pensare - d’ella faccio, / ma tuctor mi procaccio star selvagio / di lei nascosamente. 8 Applicare attenzione a un’attività o alla cura di qsa o di qno, occuparsi, badare (anche pron.). [1] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 239, pag. 608: Mai lo plu de la çente vol aver guadagnar / e no pensa de l’anema là o’ ela dibi’ andar. [2] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 140.19: Tutto altressì fae il buono drappiere, che non pensa prima pur della lana, ma considera tutto il drappo insieme anzi che 117 llo cominci. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 608, pag. 23: De mult lavor de terra, li que dé fí de novo, / E’ pens e sí rasono e asai consei e’ trovo. [4] Memoriali bologn., 1279-1300, (1282) 6.16, pag. 15: Lungo tempo azo soferto / ché non volsi ademostrare / lo meo ’namorar cuperto: / non finava de pensare, / vogliendomene cellare, / ch’altri non ve s’adornasse. [5] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 5: non è in podestà del’avaro menare sigura vita, con ciò sia cosa che troppo pensa di crescere suo avere. [6] Lett. lucch., 1295, pag. 13.9: Ancho vo preghiamo qua(n)to potemo (e) sapemo che vo piaccia di pensare (e) p(pro)vedere di chostà p(er) ungna via (e) modo voi potete che di chostà si paghino. [7] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.-castell.), 10.1, pag. 758: Homo, se voli de l’alma pensare, / ora [sì] poni mente la formica. [8] Caducità, XIII (ver.), 185, pag. 661: Mo pensa de trovarlo tu ensteso / enfin ke tu ei vivo e sano e fresco, / e per ben far li santi ne ’l prometo, / k’el no serà mai tempo se no questo. [9] Poes. an. urbin., XIII, 5.66, pag. 546: per vostra onorança, / ne lo mio dannaio / deiate pensare. [10] Proverbia pseudoiacop., XIII (abruzz.), 97, pag. 30: Pensa de te, s’ey subditu, te n’addomentecare. [11] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 9.6, pag. 28: Frate, ciò che tu me dice, te ne voglio amor portare, / ché fai co fo i bon amice, - ché de l’amico vol pensare. [12] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 33, cap. 3, par. 3, pag. 483.20: il casto del fornicatore non si pensa di leggieri. [13] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), I, 5.3, pag. 136: quando de fallime(n)to alcuno vòy i(n)culpare / pensa de tene stissu i(n)na[n]ci castigar(e). [14] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 6a, cap. 36, vol. 2, pag. 507.5: statuto et ordinato è, che, del mese di gennaio, s’elegano, per li Ordini de la città, tre savi huomini per Terzo, [...] per li quali si debia provedere et diligentemente et sollicitamente pensare a la guardia de le castella et de’ cassari. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [15] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 140.227, pag. 582: ma se tu lo torto aveivi, / pensa con scego d’acordarte / e paxe far con bone carte. [16] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 21, pag. 26.3: questo cotal no à lo core a far gran conse, ma pensa como el possa spender puoco, creçando che altra cousa no li sia mejo de pecunia. [17] Lett. pist., 1320-22, 5, pag. 41.3: Et però tuo arai costà moltti contradi, et però pensa d’aoperare sì in ongni modo che puoi, che tuo abie questo onore et no’ altre [18] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 18.1866, pag. 240: Ma pur dannaggio fa la sola voce, / E acceca l’alma della conoscenza / Ché de la sua salute più non penza. [19] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 1176, pag. 389, col. 1: Puella, se fare pose, / no pensare lo veneturo / della carne che sse fa scuro. [20] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 5.8, pag. 81: Fortuna come cieca se dimora, / E cieco face uom che abraciar si pensa. [21] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), Proemio, osservazioni, pag. 72.12: e penseranno e non consentiranno che tale uomo non vertudioso soggioghi il paese. [22] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 3, pag. 42.25: quandu lu omu è distractu per continua sollicitudinj, tantu intendj ipsu supra la cosa in la qualj à misu lu soy jntendimentu, ky de sì pocu quasi pensa. [23] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 29, pag. 141.21: lu chi era romito e stava al dexerto non era tanto caldo de piaxer a Cristo né se studiava chusì ferventemente de vegnir in gracia del so’ Segnor altissimo [...], chomo quella mixera penssava e studiava de pençer-se e de parar-se per piaxer a ribaldi. [24] Cecco Nuccoli (ed. Marti), XIV pm. (perug.), 17.5, pag. 710: e già non pense nel tempo futuro, / né co’ al Signor despiace ei fraudolente / né ancor non guardi che diria la gente, / veggendose in palese quisto furo? [25] Lett. cass., 1352, pag. 43.10: Cola de Ettore [...] ve mandarà lu testamento et tu penza de exequirelu incontenente et està bene con 118 Deu. [26] Poes. an. friul.>tosc., XIV m., 28, pag. 1: si duto ’l mondo tu mi dessi, / no mi tocheria zamay; / in altruy som inamorat, / va cum Deo, pensa ·nd’ o’ [t]u vay!. [27] Cost. Egid., 1357 (umbro-romagn.), L. II, cap. 1, pag. 535.5: La proveçuda auctorità de lege, seguendo i sacri canoni, pensando l’utilitade e la oportunità de le provincie e di provinciali, salutelriemente ordenò che a ciaschuna provincia fosse un preside per lo quale la dicta utilità se governasse. [28] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 12, pag. 233.24: D. sgrida contra li omini li quali viveno e non pensano de la morte che vene tosto. [29] Lett. catan. (?), 1370/79 (2), pag. 162.14: et ancora si lu cumandamentu fusi tali ki sindi potisi minari atri monachi, eu mindi pensiria minari, li quali foranu utili a lu monasteriu et da bona compagnia. [30] A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.), 45.113, pag. 868: Ciascun si pensi rimanere a schiera: / se li tocca l’andar, vorre’ ch’a fiera / li fosse fatta da mane e da sera, / e fugge altrui. [31] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 26, pag. 220.18: Quanno lo conte Bertollo delli Orsini sentìo lo romore, penzao dello campare e de salvarese alla casa. – Sost. [32] Sacchetti, Sposizioni Vangeli, 137881 (fior.), Sp. 40, pag. 246.32: Adunque il principio è per lo pensare al fine, ché mai non starei o coperto o serato, se lo edificio non ha fine. – Impegnarsi. [33] a Vang. venez., XIV pm., Luc., cap. 12, pag. 251.22: Quale de vui pensando pò açonçer a la sua statura un cubito (ço è un braço)? [34] Stat. cass., XIV, pag. 138.34: Set lu abbate, [...] sia clamatu dominus et abbas, no(n) p(er) assumpcio(n)e, s(et) p(er) lu honore (et) amore de (Christ)u. I(n)p(er)czò (et) ip(s)u pense (et) coscy` se porte, che sia dignu de tale honore. [35] Bibbia (09), XIV-XV (tosc.), Lc 12, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini vol. 9, pag. 376.11: E chi è di voi, che pensando possi aggiungere uno cubito alla sua statura? PENSARE (2) s.m. 0.1 pensar, pensare, pensari, penzare. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 2.1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Guglielmo Beroardi, Rime, a. 1282 (fior.); Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.); Teologia Mistica, 1356/67 (sen.); Ragione nova d’amore, XIV t.q. (aret.). In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.); Poes. an. ven., XIII; Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.). In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Insieme delle facoltà inellettuali umane, mente, pensiero. 1.1 Ragionevolezza, razionalità. 1.2 Immaginazione, fantasia. 2 Manifestazione delle capacità mentali umane, pensiero, idea, riflessione. 2.1 Pensiero angosciante e insistito, preoccupazione, inquietudine. 2.2 Immagine mentale di una persona o di avvenimento, ricordo. 0.8 Marco Paciucci 31.05.2013. 1 Insieme delle facoltà inellettuali umane, mente, pensiero. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 10.55, pag. 134: Ma sì [i]o son folle ne lo mio pensare / per troppo amare, / ca spero in voi, avenente, / ch’eo non serò perdente. [2] Poes. an. ven., XIII, 121, pag. 139: Quello alboro glorioso no stete ’scoso / Anci fo llo parisente / Che bem lo vete tuta çente. / Mo ello è ascoso al mio pensar / Che l’anima no lo può trovar. [3] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 54.44, pag. 186: la mente e ’l core è ’n Pisa, / tut[t]o lo mio pensare / davanti a l’avenente in quello lato. 119 [4] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 11.89, pag. 77: e quei che piena vogl[i]a / aviano ’n bene ovrare, / e tutto il lor pensare / solament’era in ciò, sono a nente / per sì smodata gente. [5] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 3, 4, pag. 88, col. 1.34: il cognoscere per lo pensare va innanzi attualmente all’ardore per amore. 1.1 Ragionevolezza, razionalità. [1] Maramauro, Canz., p. 1374/78 (napol.>tosc./sett.), 2.50, pag. 196: et l’altra scelerata che recerca / come crudel novercha, / sença vergogna et sença alcun pensare, / Ypolito per far sua voglia satia, / vedi che di dolor anchor si stratia. 1.2 Immaginazione, fantasia. [1] Cino da Pistoia (ed. Marti), a. 1336 (tosc.), 92.6, pag. 640: ché volentieri il faria servidore / di voi, donna piacente oltra ’l pensare. [2] Ragione nova d’amore, XIV t.q. (aret.), cap. 7, pag. 23.23: la ’maginatione e ’l pensare dà el delectamento. 2 Manifestazione delle capacità mentali umane, pensiero, idea, riflessione. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 17.133, pag. 229: non consenti / che parli né che dolenti, / e aggio veduta / perlasciare / la tenuta / de lo meo dolce penzare. [2] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 15, pag. 52.5: Ell’è vero, segnori, ke ’n penseri m’è venuto, e ’l pensari è ià passato in proponimento. [3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 7.29, pag. 23: passata questa iosta, - nullo pensar facciamo. [4] Amico di Dante, XIII ex. (fior.), canz. 4.36, pag. 709: tuttora il mi’ cor si notrica / nel vostro dolce amor, lo qual disio / sì cch’onn’altro pensar per quell’ublio. [5] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 9, 42.5, pag. 121: Così, stando Nicòr in quel pensare, / prese di non dir contra a’ buon né rei, / ma pensò di tener la via mezzana / lodando la fé sua e la cristiana. [6] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 120 L. 4, cap. 46, pag. 275.12: per questa meditatium, la sua mente exercitava che s’acendese e montase per contenplatium a l’amor e a lo pensar de la patria celestrià. di pensieri volti al raggiungimento di uno scopo, progetto, proposito. 0.8 Marco Paciucci 09.11.2012. 2.1 Pensiero angosciante e insistito, preoccupazione, inquietudine. [1] Fiore, XIII u.q. (fior.), 140.8,: Colui cu’ vo’ m’avete acomandato, / I’ metterò in servirlo mia pensata. [2] Poes. an. pis., XIV in. (?) (2), 78,: Ma se no fusse l’amor ch’i’ ti porto, / tu no faresti magior[e] pensata. [3] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 755, pag. 173: Donne io prego Christo et la Vergene beata, / Se io al mio signore non so liale stata / Et che della soa morte facesse mai penzata, / Che io sia arsa in foco et l’anima sia dannata! [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 579, pag. 583: pensar cotidïan aucì l’om: o el pena / o almen enmatise. [2] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 9.7, pag. 471: tanto m’angoscia ’l prefondo pensare / che sembro vivo e morte v’ho nascoso. [3] Guglielmo Beroardi, Rime, a. 1282 (fior.), 1.8, pag. 85: Gioia par mi s’asconda, / temo non mi confonda - lo pensare; / und’a gli occhi m’abonda / le lagrime com’onda - de lo mare. – Rabbia, collera. [4] Novellino, XIII u.v. (fior.), 33, pag. 205.15: Il cavaliere fu turbato, e cominciò a venire col sembiante strano, e ingrossò contro all’amico suo, e ciascuno giorno il pensare cresceva e rinnovellava il cruccio. 2.2 Immagine mentale di una persona o di avvenimento, ricordo. [1] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 9 .cap. 6.132, pag. 287: Dunqua toi teco quella ch’io t’ò detto, / C’almen ti rammenterà, se fia mestiere, / Quando il pensar di me tenessi troppo / Remoto te dall’ovra incominciata. PENSATA s.f. 0.1 pensata, penzata. 0.2 V. pensare 1. 0.3 Legg. G. di Procida, 1282-99 (tosc.): 1.1. 0.4 In testi tosc.: Legg. G. di Procida, 1282-99 (tosc.); Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.); Poes. an. pis., XIV in. In testi mediani e merid.: Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Lo stesso che pensiero. 1.1 Insieme 1 Lo stesso che pensiero. 1.1 Insieme di pensieri volti al raggiungimento di uno scopo, progetto, proposito. [1] Legg. G. di Procida, 1282-99 (tosc.), pag. 53.38: Ben ci è fallita la pensata nostra, da che perduto il nostro capo, non è ogimai a dire del nostro fatto più, nè d’ andarne più innanzi. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 58.12: e discendea, membiando la pensata / ch’io avea fatta di gire a tal porto, / che venia in fallo e rimanea in tormento. PENSATAMENTE avv. 0.1 pensadamente, pensatamente, pinsatamente. 0.2 Da pensato. 0.3 Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.). In testi mediani e merid.: Stat. perug., 1342. In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.). 0.5 Locuz. e fras. non pensatamente 1, 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Con consapevolezza e piena coscienza di responsabilità e conseguenze, intenzionalmente. 1.1 Con attenzione e Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini studiata pianificazione. 2 Con lungimiranza e avvedutezza, saggiamente. 0.8 Marco Paciucci 09.11.2012. 1 Con consapevolezza e piena coscienza di responsabilità e conseguenze, intenzionalmente. [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 111.20: Preghiera è quando l’accusato confessa ch’elli àe commesso quel peccato e confessa che ll’àe fatto pensatamente, ma sì domanda che lli sia perdonato. [2] Giovanni da Vignano, XIII/XIV (bologn.>ven.), cap. 51, pag. 291.18: el serave più honore de vue [...], che misere Matheo de gi Cercli pensatamente e cum deliberato conseio tractoe e· favore de’ più de la soa casa e de la lor parte, à commeso e facto cum piuxuri so’ compagni greve malefitio et excesso. [3] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), L. 2, cap. 10, pag. 211.1: Imperciocchè io sono colui, il quale sono amatore dei miei sudditi più che altro Re [...], l’animo nostro è in tristizia e in dolore dopplicato; avendo non solamente rispetto alle loro mali operazioni, ma alla nostra fedalità e benefizi in loro perduti, non per nostra colpa, ma per loro malizia, onde pensatamente disfare la nostra reale vita disiderano. [4] Stat. perug., 1342, L. 3, cap. 63, par. 28, vol. 2, pag. 111.9: quegnunque tracterà overo ordenerà con lo asagliedore [...], overo esso acompangnerà pensatamente per l’omicidio fare [...], como homicidaio en tucte cose sia punito. – Non pensatamente: con sconsideratezza, impulsivamente. [5] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 5, cap. 13, pag. 301.14: vinti i Galli e convertiti in fuga, abbiendo catuno paura, raunate schiere non pensatamente per la fretta del passare, i legami del ponte ruppero, e incontanente co’ detti canapi e legami del ponte s’attuffaro. 1.1 Con attenzione e studiata pianificazione. [1] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 2, vol. 4, pag. 18.1: Ma ciò 121 che l’uomo dice di sua bocca, o manda per lettera pensatamente, per far credere, o per contenzione di lodare, o di biasimare, o d’avere consiglio sopra alcuno bisogno, o di cosa che dimanda giudicio, tutto ciò è della materia di retorica. [2] Cronica fior., XIII ex., pag. 143.33: Concordati li Grandi insieme, e facto intra lloro giura, pensatamente con serralgli e con saettamenti, e co molta gente e fortezze armati, lo die di Sancto Romolo, [...] manomisero il popolo per tutta la cittade. – [Detto di avvenimento o situazione:] non pensatamente: senza possibilità di previsione, inaspettatamente [3] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 54, pag. 179.27: Da lì a trenta iorni lu episcupu, standu sanu e salvu, et ad ura de vesperi andandu a lu lectu, disavidutamente e no pinsatamente killa nocte fo mortu. [4] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 9, cap. 60, vol. 2, pag. 373.9: Il popolo vile, e costumato in servaggio [...], no· ssapiendo usare la libertà e lla franchigia che lloro avea non pensatamente renduta fortuna, [...] nel parlamento in segno di signoria dierono la bacchetta a Polo Albuino. 2 Con lungimiranza e avvedutezza, saggiamente. [1] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 12.13, pag. 36: Non fo natura in voi far poderosa, / ma Deo pensatamente, u’ non è faglia, / vi fe’, com’ fece Adamo e süa sposa. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 32.18, pag. 118: Amor fa cui distringe / parlar pensatamente / e dir bon senza reo. PENSATIVO agg. 0.1 pensativo. 0.2 Da pensare 1, con calco sul lat. putativus. 0.3 Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.): 1. 0.4 Att. solo in Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.7 1 Presentato come vero pur non essendo tale. 0.8 Marco Paciucci 09.11.2012. 1 Presentato come vero pur non essendo tale. [1] Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.), cap. 165, S. Clemente, vol. 3, pag. 1475.27: E quelli disse ched era Simone non quanto a la verità, ma quanto a la simiglianza e a la paruta, onde quel ch’a Faustiniano dirà qui disotto: “Io sono Simone” e l’altre cose, de[an]si pigliare: “Cioè, quanto a la paruta, paio ch’io sia Simone”. Fue adunque Simone, cioè pensativo. || Cfr. Leg. aurea, CLXVI, 157: «Fuit ergo Symon supple putativus». 122 a un pensiero o a una riflessione, pensoso. 2 Che è frutto di riflessione accurata e ponderata, avveduto, prudente. 2.1 Che agisce o parla con avvedutezza, saggio, accorto. 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 Che è oggetto della facoltà del pensiero, meditato, analizzato. [1] Albertano volg., 1275 (fior.), L. IV, cap. 59, pag. 293.1: Et riguarda lo comi(n)ciame(n)to (e) la fine dela parola, acciò ke posse mellio parlare le cose pensate. [2] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 41, pag. 35.31: La ira sia da lu[n]gi da nui, kì cum issa non po essiri cosa ben facta nì ben pensata. – Padre pensativo. [2] Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.), cap. 13, Circonc. G. Cristo, vol. 1, pag. 164.8: questo nome Jesù gli fu posto ab eterno da l’angelo e dal padre pensativo, cioè Joseppo. PENSATO agg./s.m. 0.1 pemsato, pensata, pensate, pensati, pensatissima, pensato, pensatu, pinsata. 0.2 V. pensare 1. 0.3 Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.): 1.2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.); Albertano volg., 1275 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Inghilfredi, XIII sm. (lucch.); Stat. sen., 130910 (Gangalandi). In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.). In testi sic.: Angelo di Capua, 1316/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.5 Locuz. e fras. di non pensato 1.1.4; non pensato 1, 1.1.3, 2; per non pensato 1.1.4. 0.7 1 Che è oggetto della facoltà del pensiero, meditato, analizzato. 1.1 Che risulta da consapevole pianificazione, progettato, previsto. 1.2 Che si dedica con insistenza – Locuz. agg. Non pensato: straordinario, che si stenta a immaginare o a concepire con il pensiero. [3] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 7, pag. 130.6: O figlu meu, quandu ti sirrai iunctu in la ripa, in la quali cunsumiriti li vidandi et una non pinsata fami vi constringirà di maniari li tagleri, kistu ti sia a menti ki in killu locu hedifikirai li mura. [4] Boccaccio, Decameron, c. 1370, V, 6, pag. 367.8: Grandissime forze, piacevoli donne, son quelle d’amore, e a gran fatiche e a istrabocchevoli e non pensati pericoli gli amanti dispongono. [5] a Simone da Cascina, XIV ex. (pis.), L. 1, cap. 9, pag. 70.17: Considera, Signore, quanto è breve la letisia del mondo, con quanta amaritudine mescolata: vegnano dolori non pensati, apressasi l’utimo dì terribile, non credendo. – Sost. Insieme delle facoltà intellettive e riflessive, capacità del pensiero, intelletto; pensiero, idea. [6] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 51.12, pag. 153: Ma, poi vi sete data en dispiacere / con dir noioso e con villan pensato, / eo vi dispregio e metto a non-calere. [7] Guittone, Manuale (ed. Avalle), a. 1294 (tosc.), 15 [V 420].4, pag. 178: Similemente vole c’omo si ’mfingia / di non vedere, e vegia ongni su’ stato, / e vole che sia sagio, per Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che provegia / e senta suo volere e suo pemsato. [8] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 11.13, pag. 229: ond’io son ric[c]o in sì dolze pensato, / che passo gli altri c’han d’amor neente. [9] Inghilfredi, XIII sm. (lucch.), 4.16, pag. 107: per che ’l meo cor sovente de’ penare, / poi mala provedenza / vole giachir naturale pensato. [10] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 34.49, pag. 122: fo breve lo pensato - e longa operazione. [11] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 213.10, pag. 139: El tuo pensato / come nol mostri, ché seresti enteso? 1.1 Che risulta da consapevole pianificazione, progettato, previsto. [1] Albertano volg., 1275 (fior.), L. III, cap. 39, pag. 227.10: «Tutte le cose pe(n)sate sono forti». [6] (Et) no(n) solam(en)te nela battallia ma i(n) tutte l’altre cose lo buono apparecchiame(n)to è da fare. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 34: La matera dele bactaglie bene è disposta quando in pace si tracta, et lo fornime(n)to è da tractare (et) da procurare in del riposo, imp(er)ò che allora male si doma(n)da qua(n)do elli est necessario; [13] unde tucte le cose deliberate (et) pensate sono forte. [3] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 4, vol. 1, pag. 45.37: se saranno trovati disviare da la fede cattolica almeno in uno articulo, et [...] non vorranno conoscere lo Dio della luce, ma perseverino ne la pensata instantia de l’errore; comandiamo li pattarini et altri eretici, per qualunque nome si chiamino, dannati per comandamento de la nostra lege presente, patire morte la quale desiderano. [4] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 21, par. 5, vol. 2, pag. 76.27: «Cruchificaru, squarcharumi li manu et li pedi, cuntarumi tucti li ossa mei, guardarumi et disprizarumi, parterusi li robbi mei, et supra la mia vesta misiru xorti», di zo ki nenti ndi fu si non pensatu. 123 1.1.1 Sost. Proposito, progetto, intenzione. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 54.31, pag. 581: e poi lo suo pensato / non à compita la sua disïanza, / e per pietanza - trova pur orgoglio. [2] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 199.10, pag. 132: Misero, come è folle el tuo pensato! / che s’ella alcuna volta t’è cortesse, / a te né a me però no l’à çurato, / ançi lo fa per soa libera vogla. [3] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 47, terz. 72, vol. 3, pag. 30: Sentendo i Fiorentin del suo trattato, / che s’appressava per dar loro affanno, / forniro ben Volterra, e Sanminiato, / e tutte l’altre Terre de’ paesi, / per riparare ad ogni mal pensato. 1.1.2 Sost. Previsione, congettura. [1] Francesco di Vannozzo, Rime, XIV sm. (tosc.-ven.), 154.8: L’anno secondo el cor se li besbiglia, / tal che trovar non sa la via del porto; / poi l’anno terzo, sbigottito e morto, / transcorre dal pensato a mille miglia. 1.1.3 Locuz. agg. Non pensato: che tradisce le aspettative e i progetti, inatteso, imprevisto. [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 6, cap. 1, pag. 352.10: nel quale luogo, errando per certo temporale, camparo de’ non pensati pericoli, e nascostamente nell’oste del re vennero. [2] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 12.2682, pag. 289: Segue il volere pur con l’ira forte, / Onde procede non pensata morte. [3] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 23.8, pag. 36: Peccato fäy che l’ày abasata, / avegna che per poco tu tegnimi, / e faççi come gli grandi a’ menimi / che trovano casone no pensata. [4] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 32, 49-60, pag. 839.23: et è caso evenimento non pensato per insieme scorrenti cagioni in quelle cose, che si fanno per alcuna altra cagione. 1.1.4 Locuz. avv. Di non pensato, per non pensato: contrariamente alle previsioni, Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini inaspettatamente. [1] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 530.4: Spesse fiade le batalglie vanno per non pensato; e perciò seguita le vestisge de’ tui antichi, li quali già pace mai non refiutarono potendola avere co lloro honore. [2] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 3, cap. 100, vol. 1, pag. 451.8: e così per lo non pensato perdé quello ch’avea lungamente proveduto. [3] Sacchetti, Trecentonovelle, XIV sm. (fior.), 224, pag. 582.2: E ’l conte Joanni mise i buoi e l’altro acquisto che qui fece, appiè di quello inganno che prima avea fatto del marchese Azzo, però che la cosa gli andò tutta per lo contrario; e quelli della bastìa, di non pensato, si guadagnorono quattro paia di buoi, e scamporono d’un grande pericolo. 1.2 Che si dedica con insistenza a un pensiero o a una riflessione, pensoso. [1] Rinaldo d’Aquino (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 9.31, pag. 116: ma ’l tempo mi ’namura / e fami star pensata / d’aver mercè ormai / d’un fante che m’adura. 2 Che è frutto di riflessione accurata e ponderata, avveduto, prudente. [1] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 50, vol. 4, pag. 166.11: La cagion ch’è pensata, si è quando l’uomo fa una cosa pensatamente, e con consiglio. – Locuz. agg. Non pensato: imprudente, avventato, che scaturisce dall’istinto e da un momentaneo impulso. [2] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 50, vol. 4, pag. 166.13: La cagion non pensata, si è quando alcun si muove a fare alcuna cosa per alcun sùbito movimento, e senza consiglio. 2.1 Che agisce o parla con avvedutezza, saggio, accorto. [1] Cino da Pistoia (ed. Contini), a. 1336 (tosc.), 27.16, pag. 663: Oimè, caro diporto e bel contegno, / oimè, dolce accoglienza / ed accorto intelletto e cor pensato. [2] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 37, pag. 264.1: e quando vanno ala corte debbono 124 andare pensati e innanzi a’ rettori parlare arditamente, né mai debono difendere il torto. PENSATORE s.m. 0.1 pensatore. 0.2 Da pensare 1. 0.3 f Pier della Vigna (ed. Macciocca), a. 1249 (tosc.): 1; A. Pucci, Libro, 1362 (fior.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.5 Locuz. e fras. essere pensatore 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Chi esercita l’attività del pensiero e applica il proprio giudizio alla considerazione della realtà. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Chi esercita l’attività del pensiero e applica il proprio giudizio alla considerazione della realtà. [1] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 2, pag. 16.25: Mercurio, come appare dinanzi, è di sotto a Venus, e, come in prima dissi, chi nasce in questo pianetto sarà ingegnoso e savio ma poco fermo, […] e pensatore di sottili cose e buono sentenziatore. – Essere pensatore: pensare, formulare riflessioni su un argomento o un problema. [1] f Pier della Vigna (ed. Macciocca), a. 1249 (tosc.), canz. 3.60: Dunque eo non falleraggio / se no ’nde parleraggio, / che lingua non po’ avere in parlamento / di dire più che ’l cor sia pensatore. || LirIO; non att. nel corpus da altra ed. PENSATRICE agg. 0.1 f: pensatrice. 0.2 Da pensare 1. 0.3 f Libro delle segrete cose delle donne: 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.5 S.f. att. solo come agg. 0.6 N L’es. del Libro delle segrete cose delle donne, cit. in Crusca (4) e passato a TB e GDLI, potrebbe essere un falso del Redi: cfr. Volpi, Le falsificazioni, pp. 73- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 76. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che ha un’indole riflessiva e incline alla tristezza. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Che ha un’indole riflessiva e incline alla tristezza. [1] f Libro delle segrete cose delle donne: Donna malinconica se ne sta in se stessa e molto pensatrice. || Crusca (4) s.v. pensatrice. PENSÈA s.f. 0.1 pensea, pensëa, pensee, pensée, penseia, penseie. 0.2 Fr. pensée (GDLI s.v. pensea). 0.3 Fiore, XIII u.q. (fior.): 2.1. 0.4 In testi tosc.: Fiore, XIII u.q. (fior.). N Att. solo fior. 0.5 Locuz. e fras. avere pensea a 2.3; essere di sana pensea 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso cui è possibile percepire, comprendere e valutare le cose (con particolare rif. a quelle razionali e intellettive, in opposizione al cuore come sede dei sentimenti, e al corpo); lo stesso che pensiero. 1.1 Fras. Essere di sana pensea: essere equilibrato, avere buon senso. 2 Ciascuno degli atti del pensare attraverso cui l’uomo svela i moti del suo animo o esprime la sua volontà, idea; intenzione. 2.1 Opinione formata sulla scorta di un ragionamento, convinzione (di qsa). 2.2 Intenzione deliberata rivolta a perseguire uno scopo, piano, calcolo. 2.3 Cura, attenzione ai bisogni di qno. Fras. Avere pensea a (qno): darsi pensiero, preoccuparsi (di qno). 0.8 Rossella Mosti 18.06.2013. 1 Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso cui è possibile percepire, comprendere e valutare le cose (con particolare rif. a quelle razionali e intellettive, in 125 opposizione al cuore come sede dei sentimenti, e al corpo); lo stesso che pensiero. [1] Storia San Gradale, XIV po.q. (fior.), cap. 112, pag. 111.20: tu dei esere tutto giorno volonteroso e curioso di tenere caro ciò che tu dei, cioè d’amare Iddio tuo Signore e tuo Criatore di tutto tuo cuore e di tutta tua pensea, e d’amare il prosimo tuo altresì come te medesimo. [2] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 25, par. 20, pag. 422.11: E in quella novella e ttastore dinanzi non abbia fizzione il vescovo di Roma no· meno falsamente, che ffollemente contra sua pensea... || Cfr. Defensor pacis, II, 25: «contra suam mentem». [3] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 26, par. 19, pag. 447.13: gli onesti costumi conronputi e dissciprine dell’uno XVJ e dell’altro le pensée e ’l corpo de vizi, disoluzione, malvagità e errori quasi tutte maniere di tutto oquparono. || Cfr. Defensor pacis, II, 26, 19: «mentes et corpora viciorum…». 1.1 Fras. Essere di sana pensea: essere equilibrato, avere buon senso. [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 1, cap. 13, par. 3, pag. 72.1: Però che lla pluralità de’ cittadini nonn è né malvagia né indiscreti quanto alla pluralità di supposo e in più tenpo; però che tutti o molti sono di sana pensea e di ragione e d’apetito e disiderio diritto alla policia... || Cfr. Defensor pacis, 1, 13, 3: «omnes enim aut plurimi sane mentis et racionis sunt». 2 Ciascuno degli atti del pensare attraverso cui l’uomo svela i moti del suo animo o esprime la sua volontà, idea; intenzione. [1] Storia San Gradale, XIV po.q. (fior.), cap. 65, pag. 69.19: - In questa maniera credette ucidere Erode Domenedio, ma l’alto Signore, che sopra tutti è ponsente, seppe bene la sua rea pensea, sì se ne guardò sì che ’ Giudei no potero avere balìa di lui... [2] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 1, cap. 11, par. 6, pag. 60.24: «ddue preti de’ giudei vennono di malvagia e ffellone pensea contra Susanna per la uccidere e ffare Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini morire». 2.1 Opinione formata sulla scorta di un ragionamento, convinzione (di qsa). [1] Fiore, XIII u.q. (fior.), 182.2, pag. 366: «Quando ’l cattivo ch’è ssarà ’ncacato, / La cui pensëa non serà verace, / Sì crederà che ’l fatto su’ ti piace / Tanto, c[h]’ogn’altro n’ài abandonato... 2.2 Intenzione deliberata rivolta a perseguire uno scopo, piano, calcolo. [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 25, par. 17, pag. 419.10: E da chapo per la già detta paura e però che de’ privilegi di su detti alle singnorie delli altri reami, juridizione e posessioni ocqupare non sanza chalunnia li sarebe aperta entrata, richiamando per aventura alquno de’ prenzi l’esenzione del prenze di Roma per alqun’altra chautelosa pensea a cciò cierchando entrare. || Cfr. Defensor pacis, II, 25, 17: «alia quadam astuta meditacione ad hec quesierunt intrare». 2.3 Cura, attenzione ai bisogni di qno. Fras. Avere pensea a (qno): darsi pensiero, preoccuparsi (di qno). [1] Storia San Gradale, XIV po.q. (fior.), cap. 280, pag. 195.4: “Bel sire, volete voi ch’io mi tenga a Dio di tutte le cose che m’avrano bisogno? Credete voi ch’egl’abia tutta sua pensea a me? Egl’à asai a pensare altrove ch’a me”. PENSEGGIARE v. 0.1 penseggio. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.5 Solo pron. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Pron. [Con valore frequentativo:] riflettere attentantemente (su qsa), pensarci ancora. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Pron. [Con valore frequentativo:] riflet- 126 tere attentantemente (su qsa), pensarci ancora. [1] Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.), pag. 2.6: Deh perchè, bel sire, non fate aparare scienza al vostro figliuolo, el quale io giudico esser molto atto? Io m’ofero, e voglio me lo diate, chè non dubito punto in corso di tre anni fallo nel numero de’ Savj a guisa di noi altri, e per cuidardone solamente voglio la vostra grazia, sagra Maestà. Ben istà, disse a lui lo ’nperadore, tu dici bene e ti ringrazio; ma io mi ci penseggio, ed elli è anche giovinetto. PENSÉVOLE agg. 0.1 pensevoli; f: pensevole. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.5 Locuz. e fras. non pensevole 1.1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che si può immaginare. 2 Che non merita che ci si pensi. Locuz. agg. Non pensevole: futile. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Che si può immaginare. [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 24, par. 15, pag. 402.2: Ché uno inconveniente da medesimamente quelli in quali tutti gli altri pensevoli intorno i fatti civili umani «inconvenienti sono contenuti, gli altri qualunque avenire niente forte», secondo l’oracle * del savio gientile. || Cfr. Defensor pacis, II, 24, 15: «Uno enim inconvenienti dato, presertim eo in quo cetera cogitabilia circa civiles actus humanos inconveniencia continentur». 2 Che non merita che ci si pensi. Locuz. agg. Non pensevole: futile. [1] F St. guerra di Troia (ed. Dello Russo), XIV (tosc.), L. 5, cap. 1: ed acciò che li stati delli uomini più agevolmente conduca in istrabocchevole rovina, per insensibili e ciechi aguati li più potenti mena a disertamento, tirando cagione da materia vana e non pensevole, acciocché non abbiendo provisione alcuna per Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini soccorso di cautela si possa difendere. || Dello Russo, Guerra di Troia, p. 102. PENSIERO s.m. 0.1 pemsero, pemsiere, pemsiero, pençer, pençiero, pensé, pensé’, penseiri, penser, penser’, pensèr, pensere, penseri, pensèri, penserj, pensero, pensèro, penseru, pensery, pensïer, pensier, pensier’, pensiere, pensieri, pensierj, pensiero, pensir, pensire, pensser, penssier, penssieri, pentieri, penzer’, penzero, penzier, penzieri, penziero, pinseri, pinsiere, pinsieri, pinsiero, pinzero, pinzier. 0.2 Prov. pensier (DELI 2 s.v. pensare). 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1.3. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Ruggieri d’Amici (ed. Vitale), XIII pm. (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Albertano volg., 1275 (fior.); Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.); Giovanni, 1286 (prat.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Lett. sen., XIII; Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.); Lucidario lucch., XIII/XIV; Lett. pist., 1320-22. In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Serventese romagnolo, XIII tu.d.; Caducità, XIII (ver.); Poes. an. padov., XIII sm.; Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.); Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.); Serapiom volg., p. 1390 (padov.); Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Regimen Sanitatis, XIII (napol.); Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.); a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.); Transito della Madon- 127 na, XIV in. (abruzz.); Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Anonimo Rom., Cronica, XIV. In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.5 Locuz. e fras. avere il pensiero 4.1; avere in pensiero 4; avere pensiero 1.3, 3, 4, 5, 5.2; cadere in pensiero 5.2; camera dei pensieri 1.3; dare il pensiero 5; dare pensiero 5; darsi al pensiero 5; darsi pensiero 5.2; di gran pensiero 1; entrare in pensiero 1.3; essere in pensiero 1.3, 4, 5.2; fare pensiero 1.1, 1.3, 4, 5; gettare il pensiero 1; in pensiero 1; malo pensiero 1.3; mettere il pensiero 4.1; mettere in pensiero 1, 5.2; mettere pensiero 5; nel pensiero 1; oltre pensiero 1.1; pensiero d’amore 2; per pensiero 1; portare il pensiero 5; reo pensiero 1.3; senza pensiero 1, 5.2; stare in pensiero 1.3, 4, 5.2, 5.3; starsi in pensiero 5.2; uscire di pensiero 4; venire in pensiero 1. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 [Anche plur.] Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso le quali è possibile concepire idee e comprendere il mondo sensibile, intelletto, mente, razionalità. 1.1 Facoltà immaginativa, fantasia, creatività. 1.2 [Identificato con l’anima]. 1.3 Specifico contenuto mentale, idea o gruppo organizzato di idee, ragionamento. 1.4 Immagine mentale di persone o fatti conosciuti, memoria, ricordo. 2 [Anche plur.:] atteggiamento dell’anima, spirito, propensione. 3 Insieme di giudizi ponderati intorno a un problema o a un argomento, opinione, congettura. 4 Intenzione deliberata rivolta al raggiungimento di uno scopo o alla soluzione di un problema, progetto. 4.1 Tensione della mente verso il possesso di un bene, il conseguimento di una condizione, o il compimento di un’azione, desiderio, speranza, brama. 5 Attenzione nella soluzione di un problema o nella considerazione dei bisogni Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini di una persona, cura, sollecitudine. 5.1 Incombenza, compito, occupazione. 5.2 Stato di attenzione inquieta e insistita verso un problema o la sorte di una persona, preoccupazione, angoscia, tristezza. 5.3 Oggetto di preoccupazione e di sollecitudine, problema o situazione che suscita affaticamento e inquietudine; dubbio. 5.4 Turbamento. 6 Meraviglia, stupore. 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 [Anche plur.] Insieme delle facoltà mentali umane, attraverso le quali è possibile concepire idee e comprendere il mondo sensibile, intelletto, mente, razionalità. [1] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 178, pag. 606: Quelui qe ela çonçe molt à grand smarrimento, / qé lo cor li tramudha e ’l pensier e ’l talento. [2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 38.12, pag. 371: be· lli falla pensieri in veritate, / chi crede fare d’altrui borsa spese, / c’omo vivente sofrir no ·l poria. [3] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Panfilo], pag. 63.11: Né lo nostro pensero no pò savere là o’ elo dibia trovare la sua sanitade, mai solamentre Galatea porta lo autorio dela mea dolìa. [4] Contempl. morte, 1265 (crem.>sen.), 621, pag. 92: Mai<o> credo s’el pensier<o> li mente / El gran peccato li riprende. [5] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 155.7: Di grande ingegno e di sottil senno è l’uomo che col pensiero prende le cose che sono a venire per innanzi e fa reparata a quello che puote avenire. [6] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 6, pt. 4, cap. 2, pag. 163.5: E trovamo adoparate dal cielo colla sua vertude e colla sua intelligenzia tanta operazione e·lle minere ’ e·lle plante ’ e·lli animali, e tante miraculose cose, che li pensieri verreano meno de poterli pensare. [7] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 35: quelli facti li quali la n(ost)ra pietà, (et) lo n(ost)ro pensieri, la n(ost)ra revere(n)tia laidisceno, [...] no(n)n è da cred(er)e che si possano fare. [8] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, 128 L. 3, pt. 2, cap. 26, pag. 270.35: E quando ei re o i signori fuorvíano della legge naturale, la quale Dio à data nei nostri cuori e ne’ nostri pensieri, allora non si può dire signoria d’uomo, ma di bestia. [9] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 2, pt. 2, cap. 13, pag. 175.23: ’l pensiero umano non può istare ozioso, donde, quando l’uomo non si giuoca né non si sbatte, elli à molte volte pensieri villani e disonesti. [10] Fiore di rett., red. beta, a. 1292 (fior.), cap. 82, pag. 101.15: Dei saper che sono due le memorie, cioè naturale e artificiale. La naturale è quella che coll’animo è congiunta, e insieme col pensier nata. [11] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 33, pag. 99.3: tuto meo pensero e tuta mia fede è stato in dicere et in fare tuto quello ke sia grandeça, honori, bon stato e bon reposo de questo communo. [12] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 89.133, pag. 365: En ell’arbor de contemplare / chi vol salir, non dé’ pusare, / penser, parole e fatti fare / ed ita sempre essercetato. [13] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), II, 3.3, pag. 248: Dapoy che p(er) lo certo om(n)e homo deve morir(e), / lo temore de la mo(r)te, p(re)gote, lassalo gir(e), / cha tuo pe(n)seri no vale chi la poci fugir(e). [14] Amore di Gesù, XIV in. (ver.), 100, pag. 49: k’el non è mal de sì forte natura / ke no para a l’om pur lato e mel, / se sovra questa gemma è lo so penser. [15] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 16.3004, pag. 306: L’uman pensiero spesse volte falle. [16] Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.), 72, pag. 379: Poscia descrive una bella forteçça / di poetria, come un’aquila vène / nel pensier suo da la divina alteçça. [17] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 3.16, pag. 215: Così mor’ per tresteza, / né trovo cosa che da lei m’aite, / s’al tempo no redete / de quil voler che più ’l penser m’encende. [18] Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.), L. 1, cap. 4, pag. 31.3: tu distillavi agli orecchi miei e a’ pensieri continuamente quello pittagorico detto: Servi a uno Dio, e non a Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini Dii. [19] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 38.1, pag. 129: Quando ’l pensiero l’animo conduce / Non per dritta vertute intelletiva, / Ma come in semiviva, / M’aparve a la foresta veder luce... [20] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 38, pag. 165.32: so alcuni persuni li quali [...] si non pir opira, ad minu peccanu pir cunsintimentu e dilictamentu de penseri e de disiu. [21] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 20, pag. 95.21: Et mostrò Yesu Cristo ch’el era De’ vraxo in çò ch’el veçeva hi cor e hi pensser de l’omo in lo maior profondo. [22] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 1.76, pag. 148: Tanto vien dolce ne li miei pensieri / talor, ch’io sento amor in ogni vena / e nel cor mi balena / spirito grazioso e somma pace. [23] Lett. bologn., XIV pm., pag. 55.18: Ancora questo nostro corpo non pensa che may debia morire, mo pensa pure de longa vita. De, como l’è bene inganato del so pensero. [24] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 14.11, pag. 559: Onde così come giamai nel core / prese vostra beltà signoril loco, / ora per lo pensèr sel tène Amore. [25] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 741, pag. 169: Io diceva fra me stisso: cha vi inganna lo pensero! [26] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 29, pag. 429.29: Qui V. conforta D. dicendo che già per questo non si rompa el suo pensiere. [27] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 3, pag. 221.35: Unde tute volte che tu ài corupcion, veiando, per caxon che tu ge dii, come è per penseri, per vedere, per tocare, per tropo mandegare e per ogne altra caxone, sì pecchi in luxuria, e maximamente quando tu çaxi cum altri cha cum toa moiere. – Locuz. agg. Di gran pensiero: [anche plur.] che è caratterizzato da grandi doti intellettuali, intelligente, sensibile, acuto. [28] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 104, pag. 169.11: nostro conseglio die essere, e nostra uopara, di molto gran senno e di molto gran pensiero, perciò che molto sa- 129 remo disonorati, se noi facessimo cosa che non fusse fatta per senno e per misura e per ragione. [29] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 447, pag. 451.21: E sarà di grandi pensieri, e piccolo mangiatore e leggiere; e non amerà nimica troppo lo servigio del suo Dio. – Gettare il pensiero: applicare la mente a un argomento, prestare attenzione, pensare. [30] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 2, cap. 41, pag. 137.25: Unde dicie ’l Profeta: gitta ’l pensier tuo in Domenedio, et egli ti nutricherà, e non darà neun’ ira ma’ al giusto. [31] Albertano volg., 1275 (fior.), L. I, cap. 5, pag. 62.6: Getta lo pensiero tuo in Dio et elli ti nutricherà. [32] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), Liber cons., cap. 39: Dice lo p(ro)feta: gicta lo pe(n)sieri tuo in Dio, (et) Elli ti notricherà. – In, nel, per pensiero: con la sola applicazione del ragionamento silenzioso, mentalmente. [33] Novellino, XIII u.v. (fior.), 33, pag. 205.7: «Messere G. ha uno molto bello palafreno. S’io lile cheggio, darebbelm’egli?» E, così pensando, facea il partito nel pensiero dicendo: «Sì darebbe». [34] Poes. an. pis., XIII ex. (3), 93, pag. 1350: quando fun giunti a casa, con gran festa / la donna sua la vide volentieri, / et disse in suo pensieri: / «Questa donna mi par tanto dabbene, / a me ssarea gran bene / s’ella vorà [i]stare in casa mia». [35] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 31.106, vol. 3, pag. 520: Qual è colui che forse di Croazia / viene a veder la Veronica nostra, / che per l’antica fame non sen sazia, / ma dice nel pensier, fin che si mostra: / ‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace, / or fu sì fatta la sembianza vostra?’ [36] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 72, pag. 85.22: apprendi a moriri et separa la tua anima da lu corpu per penseri, manda lu tuo cori in l’altru seculu, ço est in paradiso et in infernu oi in Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini purgatoriu: illà vidirai ki est beni et ki est mali. – Fras. Mettere in pensiero: generare in qno una convinzione, persuadere, convincere. [37] Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 1, pag. 39.30: Et mettratti in pensieri che non potresti di quelli peccati fare penitentia, tanta che vastasse, o per alcuno altro modo, unde elli ti possa inducere in disperatione. – Fras. Mettere in pensiero: suscitare una riflessione dubbiosa e insistente, rendere perplesso e pensieroso. [38] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 7.21, vol. 3, pag. 103: Secondo mio infallibile avviso, / come giusta vendetta giustamente / punita fosse, t’ha in pensier miso; / ma io ti solverò tosto la mente. – Locuz. avv. Per pensiero: con assennatezza, a ragion veduta, sensatamente. [39] Bonodico da Lucca, XIII sm. (lucch.), XI.2.1, pag. 279: Non so rasion, ma dico per pensero: / però lo ferro s’istrima / che sua vertute per artificero / per più durezza, di quel ch’è, dirima. – Locuz. agg. Senza pensiero: che agisce senza riflettere e ponderare le proprie decisioni, scriteriato, avventato. [40] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 10, pag. 94.27: Andare presto e guizzante dimostra uomo di molta levità e di poca fermezza e senza pensiere. – Venire in pensiero: considerare con la mente una possibilità, un evento o un ricordo, pensare, riflettere. [41] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 15, pag. 52.4: Ell’è vero, segnori, ke ’n penseri m’è venuto, e ’l pensari è ià passato in proponimento, s’el placere’ a voi, de prendere ordine de cavalaria. [42] Novellino, XIII u.v. (fior.), 5, pag. 136.2: Davit re stando per la bontà di Dio, che di pecoraio l’avea fatto signore, li venne un giorno in pensiero di volere al postutto sapere quanti fossero per numero i sudditi suoi. 130 [43] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 24, 130-141, pag. 631.11: entrarono dentro e venne loro in pensieri subitamente di prendere de’ belli fornimenti di quella sacrestia, che n’era molto ben fornita più che tutte l’altre. 1.1 Facoltà immaginativa, fantasia, creatività. [1] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), son. 11-5.1, vol. 1, pag. 281: Naturalmente falla lo pensero / quando contra rason lo corpo opprima, / como fa l’arte, quand’è di mistero. [2] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 57, pag. 291.3: Onde molti, che sono casti e vergini, non farebbono il peccato per nulla, e sì possono morire quando pigliano e amano quel diletto, cioè soprastando in pensieri a quel diletto, e piacendoli. [3] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 5.3: la quale [di Dio] biltade è sì grande, che passa pensiere d’uomo e d’angelo. [4] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 56.65, pag. 332: Lantor fo Pero en gran temanza, / no se pò dir lo penser quanto. [5] Lett. pist., 1320-22, 13, pag. 54.12: molti ne stanno qua a orecchi levati, e per loro noe si puote sapere ancora da noi ove sie ito se non è per pensieri. [6] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 5.8, pag. 153: ma ’l cor pur vede col pensier, sovente / col bello imaginar, l’alto valore / dal qual, Amor, già mai non mi rimovo. [7] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 2, 2, pag. 47, col. 1.5: l’affetto appena si puote spartire dal fantastico pensiero e unirsi in colui in cui ella si muove, la qual cosa interviene per la sua negligenza ovvero per altra cagione siccome poi chiaramente diremo. [8] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 28, par. 10, vol. 2, pag. 195.2: kista ecclesia di Cristu, fundata supra tanta bacxicia, supra la cruchi di Cristu, et exaltata supra omni nomu et omni pinseri et ymaginacioni. [9] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 26, pag. 223.1: Per multi iuorni passati foy Achilles invoglyato de cutale ymaginatione e pinsieri. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini – Fras. Fare pensiero: fingere con la mente, immaginare, inventare. [10] Fr. da Barberino, Doc. Am., 1314 (tosc.), pt. 5, 1.46, vol. 2, pag. 388: Radimandato / quel ch’ài prestato, / s’el non t’è redduto, / fa pensiero / che sia leggiero / o che ti sia caduto. [11] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 30, 142-148, pag. 777.31: ora caritativamente l’ammonisce, dicendo che faccia sempre pensiere che Virgilio sia con lui. – Locuz. avv. Oltre pensiero: in maniera inaspettata e di là da ogni previsione, inimmaginabilmente. [12] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 27.45, pag. 66: poi voi, tradolze e beata Maria, / non guardando mia grande e vil bassezza, / in vostra altezza altera, oltra penseri, / a vostro cavaleri / mi convitaste, e mi degnaste amare. [13] Noffo (ed. Gambino), XIII/XIV (fior.), 1.28, pag. 44: E, lei servendo, Amor per sua pietate / lo su’ valor mi fe’ sì grazïoso, / che d’ogni ben gioioso / oltra pensero fatto m’ha ritegno. 1.2 [Identificato con l’anima]. [1] Dante, Convivio, 1304-7, II, cap. 9, pag. 108.10: Poi appresso, ad iscusa di sé dico che si volge tutto lo mio pensiero, cioè l’anima, della quale dico «questa affannata», e parla contra li occhi. 1.3 Specifico contenuto mentale, idea o gruppo organizzato di idee, ragionamento. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 62, pag. 525: Sì com’ eu repausavame sovra le flor aulente, / uno pensero véneme qe me torbà la mente: / de l’amor de le femene com’este fraudolente, / quand l’om en elle enfìase como ’l mena reamente. [2] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 448, pag. 616: Quig qe no cre’ morire, sì à molto faladho: / de quel penser q’ig fai, cascun à radegadho, / c’ancoi è l’om alegro, doman è traversadho / de questo mond a l’altro, sì com’è destinadho. [3] Guido delle Colonne, XIII pm. (tosc.), 131 5.46, pag. 108: lo disïo c’ho lo cor m’abranca, / crescemi volontate, / mettemi ’n tempestate / ogna penseri che mai non si stanca. [4] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 106.6: E continuando lo studio, sì s’abacinò delle occhi per avere più sottile ingegno e più forti pensieri. [5] Albertano volg., 1275 (fior.), rubricario, pag. 37.15: Come la prudentia dispo(n)ga (e) regga tutti li tuoi pe(n)sieri (e) fatti. [6] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 281, pag. 65: El amoniss lo cor k’el faza bon pensé. [7] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 6, pt. 4, cap. 3, pag. 166.5: e quando noi trovamo la casa abandonata e venuta a destruzione, è segno che l’edificatore l’abia abandonata en tutto, e no ’nde curi, e per qualche casione sia venuto ad altro pensieri, per fare altra nova operazione. [8] Giovanni, 1286 (prat.), 18, pag. 22: Dunqua è bisongno ch’io lassi / tutti altri pe(n)sieri, e abassi, / e pleno di gioie a lei passi / p(re)sente. [9] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 34: Et Cassiodoro dice: allora lo fornime(n)to si fa molto forte, qua(n)do è rafforsato p(er) molti (et) lu(n)ghi pensieri. [10] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 1, cap. 9, pag. 18.3: Ché Dio conosce e pensieri e i vizi e le vertù delli uomini senza nullo inganno. [11] Poes. an. urbin., XIII, 29.30, pag. 604: Co le tue mano / non nocere ad altrui, / si’ dolçe e pplano / quantunqua poti plui, / penseri vano / da te parti e ddestrui. [12] Tomaso da Faenza (ed. Zaccagnini), XIII sm. (tosc./faent.), 9.7, pag. 237: Or non trovo pensier che mi conforte / conquiso per soperchio d’umiltade, / ch’io trovo nella più alta belleçça... [13] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 15, pag. 51.9: Guastase li penseri là o’ non è conseglo; là ove multi consegleri ènno, e’ confìrmannose. [14] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 73.31, pag. 306: O Segnor mio senza terra, - casa, letto, massarìa, / lo penser molto m’afferra - che so errato de tua via. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [15] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 454, pag. 341: Lu Dessideriu impusece l’Anima cecthadina / ’nfra l’unu e l’altru arçone, / singnificatïone / de duy penser beati, / çoè de mal passati / e de futur’ paventu. [16] Lucidario lucch., XIII/XIV, L. 1, quaest. 48-50, pag. 44.8: Ma le cogitassioni e lli pensieri delli homini noe sàe alcuno se noe solo Dio u colui a cui elli ne vuole dire. [17] Amore di Gesù, XIV in. (ver.), 224, pag. 53: Oi bon Jesù, ke per nui morto fusi, / converti a ti li penser nostri tuti. [18] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 79.245, pag. 396: e ’n contra la concupiscentia / tener streita continencia, / e da ognunca penser van / alô fuzir e stà loitan. [19] Lett. pist., 1320-22, 13, pag. 54.10: Studiali quanto puoi e falli molto secreti, e specialmente nel vecchio nostro pensieri. [20] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 7.1154, pag. 197: Or fugga l’alma mia dal pensier vile, / Ché quegli è grande che quello fa degno. [21] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 4.1, pag. 215: Un penser ne la mente mia se chiude / che de voi, donna, move / parole dolce e lezadrette e nove. [22] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 9.8, pag. 88: Fuçiti li pensier che non son bonni. [23] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 8, pag. 623.13: In questi pensieri l’anima diventa timorosa e cauta, e guardasi da far male. [24] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 5, pag. 18.10: ‘Como pò esserj cusì piczulu de corpu, kystu chi esti chusì grandi per fama de sanctitati?’. Et kystu penserj era penserj de pachi. [25] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 9, pag. 41.21: Ché sovenço incontra che la cera e ’l volto de la meretrixe da soa natura serà bruto e soçço, ma per vende’-se meglio el’le sarà pençer de giusi e de color biancheti e roseti. [26] Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.), 89, pag. 117: Se dietro torne, e pense del veleno / di Persia, di Siria, e de la Tana / et de gli altre, ch’al viver non han freno, / melgli’è tacer, che dir ch’en mente sana / 132 gienera el pensier confusione / sì è infinita quilla giente vana. [27] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 1.36, pag. 146: e poi mi lancia un pensier disiato, / el qual mi tien zelato / tanto che il sangue aghiaccia ne le vene. [28] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 55.13, pag. 600: Perfetto e puro amor tal voler pose / ne l’alma; e ben che siano ei penser mòbele, / questo sirà col suo podere immòbele. [29] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 6.1, pag. 92: Tucti li altri pensier caldi d’amore / che soglion mio concepto ognor far novo / [...] salsi questa, et Amor dentr’al mio cuore. – Avere, fare pensiero: applicare intensamente le facoltà intellettive a un oggetto o alla considerazione di una situazione, pensare, riflettere. [30] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Vulgare de elymosinis, 977, pag. 273: Ma quel avar cativo lo qual fa pur pensé / De mett quilloga insema ni d’oltro havrá cuinté, / Firá cort il deserto com pover presoné. [31] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. II, cap. 32, pag. 285.1: Chi à pensiero del suo amore meno dorme e mangia meno. – Fras. Entrare in pensiero [32] Boccaccio, Fiammetta, 1343-44, cap. 3, par. 13, pag. 90.19: Oh quanto m’era cotal ragionare caro, e quanto sopr’esso volontieri mi volgeva, molte volte entrando in pensiero con che atto a lui più grazioso mi dovessi ripresentare! [33] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 9, cap. 56, vol. 2, pag. 367.4: e cresciutoli animo per lo filice riuscimento della città di Pavia, entrarono in pensiero e in sollicitudine di rivolere o per amore o per forza la città di Bologna. [34] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 35, pag. 120.16: Della prima cagione s’ella fusse, dico che tristo sarei infino alla morte, e non potrebbe essere sì piccolo raffreddamento, che non portasse troppo, e che ogni cosa non paresse guasta, e so di ciò entrato in tanto pensiero. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [35] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 4, 40-54, pag. 113.32: ma quella che intrasse in pensieri d’avere la vita terreste e la corpulenzia ch’ella vedea quaggiù in terra, stante nella sua altezza solamente per lo carico di quello pensieri, a poco a poco incominciava a descendere e pilliava corpo chiaro, sidereo. – Camera dei pensieri: sede dell’intelletto, mente, anima. [36] Dante, Convivio, 1304-7, I, cap. 2, pag. 9.2: onde nella camera de’ suoi pensieri se medesimo riprendere dee e piangere li suoi difetti, e non palese. – Essere, stare in pensiero: considerare intimamente un’idea o un ricordo, meditare, rimuginare. [37] Caccia da Siena, XIII sm. (tosc.), 16, pag. 357: Sembianza ch’a lo cor mi ripresenta, / madonna, il mi’ richero, / fra me stando in pensero, / compiuta gioi’ mi fa parer ch’io tena. [38] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 88.101, pag. 354: Puoi che se’ stato assai ne lo pensire, / che de lo star con Deo hai costumanza, / lo deletto méttete a vedire. [39] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 34, vol. 4, pag. 122.1: State dunque in pensiero, che voi farete di vostri nimici, i quali avete presi dentro a queste mura? [40] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 46.2, pag. 142: L’altrier tu mi guardavi; / Ed io steti in pensiero / Di tuo volto sì fiero. [41] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 33, pag. 117.25: Standu in kistu penseru, sanctu Gregoriu chamau a killu patre sanctu Eleutheriu, [...] e minaulu a la ecclesia, e prigaulu multu ki illu divissi prigare Deu, ki dessi tanta forza a sanctu Gregoriu ki illu potissi diiunare killu sabbatu sanctu. [42] Perugia e Corciano, c. 1350 (perug.), cap. 38, pag. 133.14: E, mentre està en tale pensiere, e Cornaletto tantosto fo arivato a quillo luoco, duve avea lassato lo conte Orlando. [43] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 10, 61-72, pag. 287.2: se io fui dinanti tardo a risponderli, diteli ch’io il feci perché i’ 133 era in pensieri dell’errore che m’avete sciolto. [44] San Brendano ven., XIV, pag. 198.15: E io, vegando questo, comenziè a pensar ziò ch’elo voleva significar, e stando in questo pensier, lo pesie insì fuora belo e vivo e mésese ad andar su per la riva. [45] Tristano Veneto, XIV, cap. 296, pag. 265.31: E là o’ qu’ella yera in tal pensier, atanto echo vui là dentro vignir uno cavalier. – [Relig.] Locuz. nom. Malo, reo pensiero: intenzione peccaminosa, idea o desiderio che contravvengono alla legge di Dio, peccato. [46] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 4, cap. 16, pag. 332.15: Ma, in verità, dal cuore vengono li rei pensieri, secondo che sono omicidii, avolterii, furti, fornicazioni, falsi testimonii, biastemme. [47] Albertano volg., 1275 (fior.), L. I, cap. 2, pag. 45.8: vi. cose sono le quali D(omi)nedio àe i(n)n odio, et lo septimo disferma (e) vitupera l’anima sua: occhi alti (e) sup(er)bi, lingua bugiarda, cuore ke ordina et dispone rei pensieri... [48] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 378, pag. 69: Dai rei pensé te guarda, e sí incontinente / E eo e i oltre membre seram obedhïente. [49] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De amore, L. I, cap. 2: sei sono le cose che àe in hodio lo Signore: la lingua bugiadra, lo cuore discorevile ali mali pensieri che p(ro)ferisceno bugi[e]... [50] Poes. an. urbin., XIII, 25.59, pag. 597: AccusomeT’, Amore, de tucti i mai penseri, / li quali ò conservati molto travolenteri. [51] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 3.35, pag. 72: Guàrdate dai mal pensiere, / che la mente fo firire, / la tua alma emmalsanire. [52] Lett. sen., XIII u.v., pag. 49.18: questo cotale non virtuosamente conbatte ma vilissimamente perde: perde el mondo in ciò che diventa suo s[erv]o, perde l’animo suo in ciò che per mai pensieri el fa tutto diventare vano... [53] Giovanni da Vignano, XIII/XIV (bologn.>ven.), cap. 51, pag. 291.10: siano li malfactori sì castiga’ che la penna de l’uno siano in tanto exemplo a gi altri che li mali no cre- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini scanno, me sianno del tuto amorçati, e gi rei penseri stiam constrecti in lo pecto de gi ma’ pensosi. [54] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 534, pag. 36: Quando li Iudei quello intesero, / tucti li rei penseri in core pusero. [55] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 145.203, pag. 630: Ma sì vor esser ben javao / e da tute parte ben stopao; / javao in croxe con so ser, / cazando for li re’ penser. [56] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 62, pag. 89.16: E pertanto se elle no sa lavorar alguna cosa, en la qual elle possa occupar lo so tempo, li rei penseri è presti dentro dal core. [57] Dante, Commedia, a. 1321, Inf. 33.16, vol. 1, pag. 563: Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri, / fidandomi di lui, io fossi preso / e poscia morto, dir non è mestieri. [58] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 24, 79-96, pag. 583, col. 2.15: mai non se parteno dal mal pensiero e fraudevele e furtivo, e per consequens sempre stanno conziunti cum li serpenti che continuo li punisseno cum gran pena. [59] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 2, pag. 610.23: Or qui pensiamo bene, e troverremo che continovamente cademo ne’ peccati: nel cuore in ogni generazione de’ mali pensieri. [60] Lapidario estense, XIV pm. (trevis./friul.), cap. 2, pag. 145.24: e la fa vegnire lu omo bon vegiatore de note, no lassa multiplicare in cuore li rei pensieri e, se egli ge venne, tosto s’en vanno. [61] Lett. bologn., XIV pm., pag. 54.21: Lo diavolo sì mete li mali penseri nel core, mo in podestate del corpo sì è lo consentire. [62] Gl a Vang. venez., XIV pm., Matt., cap. 9, pag. 34.4: Perché pensè vui mali pensieri (ço è a dir malvaxie chogitacione) en li vostri cori? [63] Mino Diet., Sonn. Inferno, XIV m. (aret.), 9.8, pag. 23: Tucti color di sè humicidiali / la pena lor si fa che son conversi / in tristi sterpi e ’n arbori diversi, / per una selva di tristi animali, / da cagne nere, ucelloni infernali / che fan di pianto dolorosi versi, / di tucte frondi e di fogle dispersi / ad simiglianza di lor 134 pensier mali. [64] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 26, 34-42, pag. 673.36: Et allegoricamente si truovano queste cose in quelli del mondo, che sempre lo ingegno sta occupato nelli inganni e rei pensieri, e sempre ardono li loro animi di mal desiderio. 1.4 Immagine mentale di persone o fatti conosciuti, memoria, ricordo. [1] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 193.14: Molto m’è dolce e soave il pensiero de li amici passati dal secolo. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 22: nulla cosa ti farà tanto pro’ ad aver te(m)peransa in ongna cosa qua(n)to lo spesso pensieri dela brevità di q(ue)sto mo[nd]o. [3] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 7, pag. 18.17: Con ciò sia cosa che Cristo abbia portata e sofferta molta pena ne la sua carne, e voi v’apparecchiate di simigliante pensiere. [4] Meo Abbracc. (ed. Ageno), XIII sm. (pist.>pis.), 6b.3, pag. 47: Considerando l’altèra valensa / ove piager mi tene, / ’maginando beltate, e lo pensero, / sovenmi di speransa e di soffrensa, / ne le gravoze pene. [5] Inghilfredi, XIII sm. (lucch.), 4.49, pag. 108: e son di pene d’intorno sì accinto, / c’ogne sustanza di ben m’abandona / a for del tempo, c’un pensier mi dona, / c’a me medesmo dispiaciomi pinto. [6] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 2.58, pag. 8: Quanno ’l penser me struge, - co fai quanno te suge? / Lo lacremar non fuge, - d’amor, che t’ha legata. [7] Lett. sen., XIII u.v., pag. 50.14: sempre nel vostro pensiero sia che la morte ne viene di corto e ’l divino Iudicio sença fallo è aparechiato. [8] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 1373, pag. 85: De soa fatiga e de sudor / Viveva sempre con dollor / Portando in cor lo pensier / Delly fiolly e della muier. [9] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 4, cap. 4.3765, pag. 348: Di’, come prende forma / Dal cuor dolente e ne nasce il sospiro / Quando del suo pensier l’alma s’informa? Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [10] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 81.5, pag. 626: ma nel pensèr de te retorno e cado, / qual tien la mente mia tanto destretta, / che morir temo, se conforto in fretta / per te non sento. 2 [Anche plur.:] atteggiamento dell’anima, spirito, propensione. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 721, pag. 553: Tanto per cobiticia à li penseri feli, / a cui ele pò, tole brochete o aneli, / comentre vol sì sia, vilani o meseli, / né s’ii è driti o çoti o se son laidi o beli. [2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 18d.13, pag. 259: d’onne parte amoro[so] pensieri / intrat’è in meve com’agua in ispugna. [3] Jacopo Cavalcanti, a. 1287 (fior.), 3.8, pag. 238: Ma ’l cor mio lasso, che spesso la chiede, / non vede ancor che da speranza fiore / aggia confort’ o dilettevole ore, / né che vi veggia lo penser ch’e’ crede. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De doctrina, cap. 2: Questo ala fine ti do p(er) regla ge(n)nerale: che tucte quelle cose che ladiscieno la pietà, lo buono pensieri (et) la vergongna ti siano in ira. [5] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 4, pag. 16.9: «La pace mia e’ do a voi e la pace mia lasso [a voi» k’el faça sì] ke [lo vostro pensero e la] vostra veduta in tal guisa sia ke nui tuti n’abiammo ’legreça. [6] Lett. sen., XIII u.v., pag. 49.13: Adlora lo spirito signoreggia, quando el diletto del mondo è infastigg[ito], e ’l pensiero de l’animo è puro, e ’l desiderio a Ddio è infiammato. [7] Dante da Maiano, XIII ex. (fior.), 28.13, pag. 83: Così di lei laudar facendo prova / perd’ [e]o, e sòmmi li pensieri affranti, / poi tanto a dire in lei di ben si trova. [8] IV Catilinaria volg., 1313 (fior.), pag. 53.23: conciosiacosa che sia molto più da temere di parere es(er)e istati più crudeli ne la patria p(er) perdona[n]za di pena, che molto più forte contra i crudelisimi nemici p(er) fermeza di pensiero. [9] G. N. da Polenta, Rime, a. 1330 (ravenn.>ven.), 2.8, pag. 214: Quest’è la vita e ’l ben per ch’io ve servo / e per che ’l vostro orgoglio amor non parte / del cor, ma pur ennalza ’l suou potere, / che ’l meo servir col bon pen- 135 ser comparte / en vostro onor. [10] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 13.11, pag. 94: Prelato dee tegnir tal camarero / Mainiero, ched el tema per suo stato / Provato de la vita in buon pensiero. [11] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 7.8, pag. 93: Ma com’io vidi ’l tempo, omai ò preso / um più dolce camin, vago et aprico, / ch’io sento entro nel cuor, ben ch’io nol dico, / um felice pensier ch’è in me desteso. – Locuz. nom. Pensiero d’amore: condizione psicologica e sentimentale tipica dell’amante, innamoramento. [12] Guido Cavalcanti (ed. Contini), 12701300 (fior.), 30.1, pag. 532: Era in penser d’amor quand’i’ trovai / due foresette nove. [13] Dante, Convivio, 1304-7, III, cap. 7, pag. 193.4: Ché ’l suo parlare, per l’altezza e per la dolcezza sua, genera nella mente di chi l’ode uno pensiero d’amore, lo quale io chiamo spirito celestiale, però che là su è lo suo principio e di là su viene la sua sentenza. [14] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 6, pag. 113.12: Et standu intrambu in equali pinseri d’amuri, Eneas, havendu di li peni loru gran pietati, plansi amaramenti supra di loru. 3 Insieme di giudizi ponderati intorno a un problema o a un argomento, opinione, congettura. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 323, pag. 537: Deu, quanto son le femene de malveçi scaltride! / Le caus<e> qe vol despresia, li ogli plance e l<o> cor ride, / ni lo ler[o] pensero no s’esclara né aside. [2] Albertano volg., 1275 (fior.), L. II, cap. 18, pag. 127.11: Dela qual cosa nascono peccati sança novero, qua(n)do li uomini e(n)fiati p(er) falso pensiero di sé medesimo soçça me(n)te sono scerniti (et) i(n) gra(n)di errori si ne rivolgono. [3] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 9: Molto sii lieto quando tu dispiaci ali riei et li malvagi pensieri che di te àno reputali a tua gloria. [4] Conti morali (ed. Zambrini), XIII ex. (sen.), 10, pag. 68.24: e quando costoro videro Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che questi pensava cosie, e’ quando fuoro a varcare uno fossato, sì finaro il loro pensiero e beffavano intra lloro di ciò che ciascuno aveva tanto pensato, et acordàrsi che ciascuno direbbe lo suo pensiero. [5] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 59.7, pag. 346: Ma qui da mal aquistao / pensa de esse lemosené, / s’enganerá de so penser / e troveráse condenao. [6] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 84, pag. 114.23: Ancora vezando Anon ke del so penser era enganado, el pensà con multitudene armada arsair così gran citade. [7] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 33, 49-66, pag. 775, col. 1.7: Chiaro appare come ’l fe’ per ira, e i figliuoli ne trenno altro pensero ... [8] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 24.9: E Deucalion raumilia Pirra con piacevoli detti, e disse: o vero che noi abbiamo vano pensieri, o vero che le pietose risposte non ci faranno alcuno male. [9] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 5, pag. 619.17: Ed ora sono alcune e sciocche persone che dubitano nel corpo di Cristo: nella incarnazione chi n’ha uno pensiero e chi un altro. [10] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 6, pag. 119.5: Certu, figlu, sachi ki ora pinsava supra di ti et lu meu cori mi indivinava ki tu mi divivi viniri a vidiri; et ricurdandumi li tempi, lu pinseri [non] mi falliu. [11] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 32, pag. 272.6: E tale fo lo modo de lo falso pensery e relaccione che induxe lo re Naulo, patre suo, e Decto, suo frate, a credere cotal morte de Palamides. [12] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.355, pag. 185: Altro pensero prender ti conviene, / ché veramente suso il mantovano / costor non voltaranno le lor brene. – Avere pensiero: applicare il giudizio alla considerazione di un fatto o di un’azione, ritenere, valutare. [13] Ubertino del Bianco d’Arezzo, a. 1269 (tosc.), 5.1, pag. 388: Cierto, mala donna, i’ ò penzero / di vostra guerra poco onore avere. 136 [14] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 52.40, pag. 304: Legno e legname rende assai, / [...] e tamte atre bone cose: / che se de tute dir vorese, / penser ò no ve crescexe. [15] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 2, cap. 5, vol. 1, pag. 201.14: e acampatosi presso a Pistoia a IIII miglia, per attendere i· rimanente del suo esercito, che ’ Fiorentini sapessono alcuna cosa, o cche avuto avessono pensiero che lla forza del tiranno si stendesse sopra loro. 4 Intenzione deliberata rivolta al raggiungimento di uno scopo o alla soluzione di un problema, progetto. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 127, pag. 528: De le fiie de Lot le cause avé entese, / q’en la scritura truovase et en libri se dise, / de lo stranio pensero q’ele en cor se fese / d’enivrïar lo pare, e con si çase<r> l<o> fese. [2] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 4.30, pag. 908: molto vengono falliti / [...] pensieri; / assai ne sonno periti / pedoni e kavalieri. [3] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 235, pag. 184: E io, ponendo mente / a l’alto convenente / e a la gran potenza / ch’avea, e la licenza, / uscìo de· rreo pensiero / ch’io avëa primero, / e fe’ proponimento / di fare un ardimento / per gire in sua presenza / con degna reverenza. [4] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 958, pag. 50, col. 1: E ’l nostro segnore Jhesu Christo, / Lo quale era bon magistro, / Sí sape ben lo lor affare, / Li lor penseri e li lor andare, / Vide la lor iniquitáe. [5] Serventese romagnolo, XIII tu.d., 19, pag. 880: Se venese lu re Callu - o mandase cavaleri, / iurarà de non farlu, - ché ’l ditu è mençuneri; / se nu ofenda Carlu, - de multe penseri / veràn falati. [6] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 16: imp(er)ò che Salamòn dice in ne’ P(ro)verbi: sono distructi (et) disturpati li pensieri quine ù non è co(n)siglio, et quine ù sono pió (con)siglii sono fermati. [7] Fiore di rett., red. beta, a. 1292 (fior.), cap. 51, pag. 55.14: Egli, in questo mezo, pieno d’inganni e di sozi pensieri, uscì della chie- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini sa di san Piero. [8] Caducità, XIII (ver.), 5, pag. 654: [En] un çorno d’avosto dre’ maitino, / ço fo en la festa de santo Agustino, / pensando êl cò, êl meço et en la fin[o] / de la fragilità de l’om cativo, / penser me pres de ditar un sermon / de la vita e del sta’ del miser om. [9] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 15, pag. 51.10: lo meo pensero e lo meo proponimento no vogle a complimento mandare, se primamente no lo meto tra voi, e no recevo vostro conseglo. [10] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 1, quaest. 39, pag. 96.20: La excelentia de lui e la soa segnoria ge piaxé molto, pensando ke s’el avese complido lo so pensere illi seraveno metudi segnore e comandaor de li oltri remaninti. [11] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 37.18, pag. 227: semper ài penser de guerra, / fortuna o re’ comovimento. [12] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 5, pag. 666.30: E li nostri peccati si cominciano in cuore, ovvero per immaginazione e pensieri volontarii. [13] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 16, pag. 77.25: Anchor se loa Iotho per lo so’ nobel pençer. [14] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 1221, pag. 79: vedendome manchar ogni potere, / oimè, dis’io, che ogni pensier me fala. [15] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 27, pag. 243.29: Io aio acquistato la signoria de Roma, la quale me promette missore Nicola de Rienzi cavalieri, tribuno, visitato da Romani, chiamato dallo puopolo. Credo che lo penzieri non verrao fallato. – Fras. Avere (in) pensiero: avere intenzione di mettere in pratica un proposito, progettare, pianificare. [16] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 31, pag. 82.1: E dovemo sapere che l’uomo principalmente può fare male in due cose. La prima si è, quando l’uomo à in pensiero, o in intenzione, di far male. [17] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 31, pag. 82.12: Donde e’ conviene, acciò che l’uomo abbia perfetta virtù, ched elli abbia pensiero ed intenzione d’acqui- 137 stare buon fine. [18] Pucciandone Martelli (ed. Contini), XIII sm. (pis.), 5, pag. 336: penser ho di partire / me’ cor e mente da tale follia, / ché solo v’ingegnate me schernire. [19] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 56, pag. 289.3: Questo fu pur uno peccato, come quando altressì de l’omo che non ha in pensiero di fare il peccato carnale né volontà, ma di sùbito, disavedutamente trovandosi con una femina, peccò. [20] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 5, cap. 78, pag. 654.16: ma e’ non sarà così, né mai farò cosa che gli piaccia e cessino gl’iddii che io di farla abbia in pensiero. [21] Lett. fior., a. 1348, pag. 352.6: considerando il disordinamento che di ciò seguita nella famiglia, e poi el danno che è quando e’ frati infermano, avavamo avuto pensiere di volerla mitigare. [22] a Piero de’ Crescenzi volg. (ed. Sorio), XIV (fior.), L. 1, cap. 13, pag. 117.15: Quando il padre della famiglia, avrà in pensiero di comperar podere, dee secondo che scrive Catone, aver nell’animo suo di non comperare per cupidigia. – Fras. Essere, stare in pensiero. [23] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 85.10, pag. 70: Dunqua, segondo quel che mi raxoni, / gy amici seranno en penseri / di levarmi lo male che mi doni. [24] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 5, cap. 66, pag. 640.11: voi state in pensiero di vendicare la morte di Lelio, la quale non vendicata vergogna vi riputate. [25] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 8, cap. 103, vol. 2, pag. 268.11: e certo questo nonn è stato in pensiere a cquelli che hanno fatto procaccio delle prefende e d’altre cose che dicemmo di sopra. [26] Boccaccio, Decameron, c. 1370, II, 8, pag. 153.9: disse il conte a Perotto, che già era in pensiero di palesarsi: «Perotto, Giachetto, che è qui, ha tua sorella per mogliere né mai n’ebbe alcuna dota». – Fras. Fare pensiero. [27] Marchionne, Cronaca fior., 1378-85, Rubr. 27, pag. 15.16: Attila [...] fece pensiero Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini di rimuovere la fede cristiana ed abbassarla e disfare Roma e recare lo Imperio sotto sè e farsi signore del mondo. [28] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.237, pag. 183: Questa compagna no può far pensero / de remaner in le aretine seze, / perché la vitualia gli vien meno, / spelta non ànno, né paglia, né feno. – Fras. Essere in pensiero: aspettarsi il verificarsi di un evento o delle sue conseguenze, prevedere. [29] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 22.66, pag. 142: O pessima avarizia, sete enduplicata, / bever tanta pecunia, non esser sazïata! / Non ce pensave, misero, a cui l’hai congregata? / ché tal la t’ha robbata che non eri en pensieri! – Fras. Uscire di pensiero: abbandonare un proposito o una riflessione insistia; dimenticare. [30] Comm. Arte Am. (A), XIV pm. (pis.), ch. 76, pag. 567.29: Dicesi che a Baia avea bagni, che quando omo v’intrava uscia di ranguli, unde v’andò uno amadore e no iscì di pensier de l’amor e però disse che non era vero quello che ssi dicea di quei bagni. [31] Perugia e Corciano, c. 1350 (perug.), cap. 19, pag. 115.3: aggiote pregato che quanto aggio poduto che tu esche de tale pensiere. 4.1 Tensione della mente verso il possesso di un bene, il conseguimento di una condizione, o il compimento di un’azione, desiderio, speranza, brama. [1] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 195.11: Tragono li uomini da diritta via le ricchezze, li onori, le potenzie e tutte simigliante cose che per nostro pensiero son care e son vili per loro pregio. [2] Albertano volg., 1275 (fior.), L. II, cap. 10, pag. 87.10: Ongne acto et opera del’amante si t(er)mina (e) si riduce nel pensiero di quella cosa ke cu(m) lui s’innama. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De vanitatibus, 101, pag. 190: Lo can fo gord e mato, lo so pensé fo van: / El voss haver la carne k’aveva l’oltro can. 138 [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 3: ongna acto et opra del’amante si termina (et) si riduce in del pensieri di quella cosa che co· lui s’ama. [5] Giacomino da Verona, Babilonia, XIII sm. (ver.), 305, pag. 650: Tanto fo ’l [to] penser e tanta la toa briga, / bel dolço fiiol, ke Deo te maleìga, / ke del povro de Deo çà no me ’n sovegniva, / ke de famo e de seo for per le strae moriva. [6] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 20.33, pag. 134: si la peco arvol la lana / e lo fiore arvol la grana, / lo tuo pensieri è cosa vana, / onne soperbia vol’ menare. [7] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 15, pag. 135.6: Cavalcando el Saladino per uno paese ch’ad uno suo cavaliere donato avea, e vedendo esso paese più bello ch’alcuno altro ch’êllo regno suo fosse, pensò de volere per lui esso ed a lo cavaliere un altro dare. E sì tosto co’ ciò avve pensato, fo pentuto e conobbe el pensieri tale vitioso. [8] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 54.127, pag. 323: Lì se pagam li desleai / deleti com’ penser carnai, / en li quai l’omo è stravoto / chi in tanti mai è vôto. [9] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), tenz. 16, 1.14, pag. 805: E ciò dimando non sol per la mia / volontà acquietar, ma per que’ c’hanno / simel pensèr nei cori e quete stanno. [10] Bartolomeo di Capua, c. 1360 (napol.>sett.), 2.3, pag. 90: Con riverenza volontier saprei / donna, da voi, di mia domanda il vero: / qual fu più, vostra grazia o ’l mio pensero / d’amar vostri occhi e poi piacer a’ mei? – Fras. Mettere, avere il pensiero: [nei rapporti amorosi] provare sentimenti d’amore e d’affetto per qno, innamorarsi. [11] Legg. S. Margherita, XIII ex. (piac.>ver.), 919, pag. 52: Respond lo re cum gran dolçeça: / ‘Or, Margarita, quest’è mateça, / K’en ti ò mes lo me’ penser / E sì te voio per muier; / Tràme fora de questa pena, / Che te voio fare raina... [12] Tristano Veneto, XIV, cap. 344, pag. 309.19: E però, per Dio, di’-me qual hè quela ala qual vui havé tanto penssier, perché io sè ben che questo pensier sè per dama over per Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini damisela. 5 Attenzione nella soluzione di un problema o nella considerazione dei bisogni di una persona, cura, sollecitudine. [1] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [La Vecchia], pag. 51.16: Eu no favelarai longamentre a ti, enperçò qe altro pensero sì me tiene. [3] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 2, cap. 11, pag. 66.26: Et se per ventura si conviene, che lo studio tuo e la sollicitudine tua sia sopra alcuna scienzia di lettere, de’ aiutare l’animo e lo ’ngegno e la mente e la memoria, in quatro modi; cioè, con forte pensieri sopra quella scienza... [4] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 1, pag. 109.3: Ché ciascuno guarda più quello che elli à acquistato del suo proprio senno e del suo proprio travaglio, che quello che elli à avuto senza fatica e senza pensiero. [5] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 40 parr. 1-8, pag. 155.24: Questi peregrini mi paiono di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno neente; anzi li loro penseri sono d’altre cose che di queste qui, chè forse pensano de li loro amici lontani. [6] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 3.6, pag. 31: Vero è che stato son manta stagione / sensa d’amansa alcun far prendimento [...]; / e ò fedel vèr’ ciò misa intentione, / saver, penser non lento e provedenza. [7] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 35, pag. 104.9: Et sì voglo che voi debbiate sapere che tucto mio pensieri et mia sollicitudine et mia vogla serà in fare et dire quello che lo honore in della fine del mio regimento risponda al vostro cominciamento. [8] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 145.83, pag. 625: bon è la cura e lo penser / chi fa star segur so ser. [9] Armannino, Fiorita (13), p. 1325 (abruzz.), pag. 32.28: Enea quan intende de questuy le maravelgie et de lo seo grande affare, una alegrecza con uno conforto ge soprevende de sì grande volere de menare ad fine quello che àne comenzato, che altro penzero no lo tene ucupato. 139 [10] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 3, pag. 42.25: Ka quandu lu omu è distractu per continua sollicitudinj, tantu intendj ipsu supra la cosa in la qualj à misu lu soy jntendimentu, ky de sì pocu quasi pensa, et per lu pocu penserj de sì, quasi è fora de sì. [11] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 4, cap. 27, vol. 1, pag. 512.5: Per lo cui essempro lo avisato eletto Carlo imperadore abandonato ogni pensiero di sua potenzia, e di quella che promessa li era, fidanza prese nel suo temperato proponimento. [12] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 27, pag. 251.31: Spesso anco, continuo guardanno e non movenno lo penzieri sio da Pellestrina, vedeva che per la parte de sopra vestiame veniva da pascere e entrava la porta de sopra per abbeverare, puoi tornava alli pascoli. – Persona cara, oggetto di attenzione e sollecitudine. [13] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 1, pag. 29.20: Il reale fanciullo Ascanio, il mio sommo pensiero, apparecchia d’andare alla città di Cartagine, che vel chiama el caro padre Enea. – Fras. Avere, fare, mettere pensiero: applicarsi con attenzione, costanza e sollecitudine a un’attività o alla cura di una persona, impegnarsi, preoccuparsi. [14] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De vanitatibus, 67, pag. 189: In mantenir tal can no voi far plu pensé: / Tu e’ pur degn de morte. [15] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 3, pt. 3, cap. 4, pag. 286.26: i battaglieri non debbono avere gran cura né gran pensiero di letto, né come ellino debbiano giacere, perciò che molte volte, e di dì e di notte, lor conviene istare armato. [16] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 85.2, pag. 306: Foll’è chi follemente sì procacc[i]a / e chi pensiero mette in suo danag[g]io. [17] Amore di Gesù, XIV in. (ver.), 259, pag. 54: e po ancor molte tene encarcerae / done e polçelle, veoe e mariae, / a ço k’el’ n’aba unc’altro penser / se no de ti, Segnor de l’alto cel. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [18] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 85.13, pag. 408: Penser am[o] inter tante onde / che la nave no prefonde. [19] Anonimo Genovese (ed. Contini), a. 1311, 7.13, pag. 725: E queli chi penser no fan / chi eli sum e chi elo è, / sapi pû che eli se dam / de greve sapa su lo pè. [20] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 27, pag. 257.30: Granne penzieri aveva de procacciare moneta per sollati. Restretto se era a povera spesa. – Fras. Dare (il) pensiero. [21] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De vanitatibus, 26, pag. 188: Mo voi dir un exemplo de quel mat baraté / Lo qual a prend l’ombria ha dao lo so pensé. [22] Meo dei Tolomei, Caribo, XIII/XIV (sen.>umbro-march.>ven.), 30, pag. 76: Megli’è che me [ne] stia / e più pensèr non me dea / de quel che non varria. – Fras. Darsi al pensiero. [23] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 3, cap. 2, par. 5, pag. 71.13: La mattina ti dei tu dare al pensiero delle cose che da fare sono. – Fras. Portare il pensiero. [24] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 27, pag. 258.3: Solo esso portava lo penzieri de Romani. Più vedeva esso stanno in Campituoglio che suoi officiali nelle locora puosti. 5.1 Incombenza, compito, occupazione. [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 214, pag. 569: Sì con’ se volçe l’usso enl pileng o’ el sta, / sì fa ’l mat en mateçe, c’altro penser non à. [2] Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.), 119, pag. 631: Lasù è sempro virdi li broli e li verçer / en li qua<l>i se deporta li sancti cavaler, / li quali no à mai cura né lagno né penser / se no de benedir lo Creator del cel. [3] Poes. an. padov., XIII sm., 61, pag. 808: Çamai penser no vose avere / se no com’ se poés plaxere / et el a lei et ela a lui. [4] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 4, pag. 122.44: Uno monaco una nocte p(re)sso al dì istava allato a uno fiume, (et) quine si di- 140 lectava molto i(n) paraule vane e osiose. Istando i(n) cutale pensieri, sentitte p(er) lo fiume venire gra(n)de romore di lengni, et pareali che molti navicanti vi fusseno. [5] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 18, cap. 2, par. 4, pag. 307.1: Sanza amici ogni pensiero sarebbe tedio, e ogni operazione fatica. [6] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 9, proemio, pag. 124.14: nella quale ora la mente umana [...] meno è occupata da pensieri e solecitudine corporali, e per conseguente è più in sè, e più opera sua virtù. [7] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 4, pag. 14.32: Lo papa, stando occupato in autri pensieri, concesse che chisto sancto patre vennesse a lluj. [8] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. III [Phars., III, 46-70], pag. 39.26: Allora si ritrasse da’ pensieri dell’armi e intento alla pace faceva ciò ch’egli pensava perch’elgli recasse a sé l’amore vano del popolo. [9] Bonafé, Tesoro, 1360 (emil.), 171, pag. 108: Sì che a quelli lasso el pinsiero, / Di che l’arte è loro mistiero. [10] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 23, pag. 93.26: E però, dilette di Cristo, per lo suo amore partisi il cuore vostro da pensieri secolareschi di parenti o di altre cose, e sieno e vostri pensieri e parlari tutti santi. [11] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 35, pag. 293.3: E cussy se inebriano de quillo canto li misery che dementicano onne altra cura e pensiero. 5.2 Stato di attenzione inquieta e insistita verso un problema o la sorte di una persona, preoccupazione, angoscia, tristezza. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), D[ubbie] 1.14, pag. 386: Se vai, amore, me lasci in tormento; / io n’averò pensiero e cordoglienza / e disïo so· di venire a tevi. [2] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Panfilo], pag. 47.8: Qé quela, çoè madona Galathea, sì me pregà k’eu me devesse recordar de lei, la qual madona Galathea né fadiga né pensero né alguna causa dela mea mente porave descaçar. [3] Albertano volg., 1275 (fior.), L. II, cap. 15, pag. 111.4: Amore (e) ira menoma li dì, e Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini lo pensiero i(n)na(n)çi te(n)po co(n)ducie a vechieçça. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 8: lo desiderio (et) l’ira grande menima li giorni, (et) li pensieri inamsi tenpo co(n)duce a vecchiessa. [5] Caducità, XIII (ver.), 59, pag. 656: Mo qual fo el guiërdon k’avo da ti / la mar e ’l par li quali te norì, / se no penser e briga ognunca dì? [6] Inghilfredi, XIII sm. (lucch.), 3.33, pag. 98: Tal è ’l disio c’ho ’nde / che sì spesso mi conde / d’un agghiadato pensier crudo e resto. [7] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 3, cap. 1, pag. 106.15: E stando Pompeo travalliato del mare e del pensiero, sì li fu aviso in dormendo, che Julia sua prima moglie e filluola di Cesare, uscisse del sepolcro là dove ella era, in una forma molto spaventevole. [8] Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.), 26.12, pag. 385: Egli ha tanti pensier, che non ha fondo, / del gran legame dov’entrar si sente. [9] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 3, quaest. 27, pag. 192.15: e quando illi in tugi congregadi a lo convivio illi in aligri senza pensere, in-cossì le aneme elle in alegre mo’ de la soa salvatione e de la soa gloria, e de la nostra absentia in soliciti e pensuxi. [10] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 14.663, pag. 176: L’engordixia e lo penser / fam mar spesor dormir so ser. [11] Lett. pist., 1320-22, 19, pag. 71.8: Rispondiamoti che a Techito e a noi pare, che nel facto dello amicho nostro tu no’ mecti più né pensieri, né faticha, se ’l facto noe fosse aviato di spacciaresi tostanamente. [12] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 1.2014, pag. 251: Là dov’è amore, sempre è gelosia / Ed è paura e pensiero e sospetto / E l’alma con la spene è tuttavia. [13] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 3, pag. 42.19: Si sanctu Benedictu avissi volutu mantenirj et regirj kyllj monachi, li qualj aviano cuspiratu a darilj morti, li custumj [...] ca sanctu Benedictu fora statu in tanta sollicitudini et penserj, chi bonamenti li oky de la mente sua non foranu stati tranquillj. [14] Accurso di Cremona, 1321/37 141 (mess.), L. 1, cap. 5, vol. 1, pag. 34.32: Cassiu parmesanu, [...] se nde fugiu ad Athene uvi una nocti, a lu primu sonnu, standu a lu lectu adurmentatu cun grandi sullicitudini et penseri, parssili que vinnissi ad issu unu homu multu grandi di nigru culuri et la barba non petenata et con capillu remissu. [15] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 7, cap. 22, vol. 2, pag. 181.17: Quando il popolo fu fuori di pensiero di queste due guerre, e mentre ch’elli aveano alquanto di riposo [...], gli piacque di fare censo. [16] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 445, pag. 104: Lo martedì sequente ad nui non reapparero; / Nui guardavamo bene, et non sensa pensero. [17] Filippo Villani, Cronica, p. 1363 (fior.), cap. 68, pag. 674.11: La presura di Feghine assai diè di pensiero e di maninconia a’ governatori del nostro Comune. [18] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 8, pag. 112.1: Pollidario fo multo gruosso e tanto inflato de grasseze che apena potea andare, fo multo stiso, corayuso e fortemente sopierbo, may non fo viduto stare alliegro, se non sempre in grande pinsiere. – Fras. Avere pensiero: rivolgere la mente a un oggetto con inquietudine e incertezza, preoccuparsi, angosciarsi, affliggersi. [19] Ugo di Massa da Siena (ed. Panvini), XIII sm. (tosc.), 3.7, pag. 371: E nullo amante trovo, assai lo chero, / che s’asimigli de la mia natura, / c’Amore è ’n meve tutto, e ò pensero / che s’altri n’à neente, che mi ’l fura. [20] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 14.410, pag. 167: Uno omo vi è fermo e forte, / ma si ne l’à portao la morte; / zovem era, senza mojer, / chi d’esto fogo avé penser. [21] Dante, Rime, a. 1321, 25.13, pag. 80: Eo ho guai e pensero / ché nostra donna mor, dolce fratello. [22] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 3701, pag. 146: llo diavolo fraudolente / Si ave molto grande dollor / Et invidia e grande yror / [...] Dello asenblamento della muier, / De chi ell’ave tanto pensier, / E delly soy fijolly altrosí. [23] Lett. pist., 1320-22, 17, pag. 67.15: E però noe ti bisongnia d’avere di loro neuno Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini pensieri; ché noi ci ne portiamo e porteremo sìe, che tu, quando ci serai, ci ne loderai. [24] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 32, pag. 73.24: Quando vedra’ tu l’ora, che tu conoschi, che ’l tempo, ch’è avvenire, di neente ti s’appartiene, e che tu stei in riposo, non avendo pensiero del dì di domane, essendo securo, e pieno di te medesimo? [25] Barlaam e Iosafas (S. Genev.), XIV pi.di. (pis.), cap. 21, pag. 297.30: D’un rei troviamo che non potea avere filioli, e aviane molto grande pensieri in suo cuore. [26] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 8, pag. 622.23: Anche del iudicio di Dio dovemo avere grandi pensieri, però ch’egli è secondo verità, infallibile... [27] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 60, pag. 168.16: Carissima isposa mia serva di Cristo Jesù, So certo che ài pensiero assai di me, ma io ti prego che ti conforti in Cristo, che posto che molto sia peccatore e misaro pure io so servo di Cristo. [28] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.167, pag. 181: siché d’Areçço non ò già pensero / ch’el possa uscir fuor del dritto sentero. – Fras. Cadere in pensiero. [29] San Brendano ven., XIV, pag. 188.8: E vegando queste cose, san Brandan comenzà cazé’ in pensier et eser molto gramo in cuor so. – Fras. Darsi pensiero. [30] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 44.24, pag. 156: di ciò m’inamorai, / ch’u[n] spiro inver’ me fero / al cor mi die’ pensero, / sì ch’ogne membro presemi e la mente, / e fecemi credente / che nonn è più ch’amare. [31] Lett. pist., 1320-22, 13, pag. 55.7: Delle altre cose di qua noe ti dare neuno pensieri, ché si farà bene quello che fie da fare, se piace a Dio. [32] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 528, pag. 120: Ponime lo dì et l’ora, et non te dare pensero. [33] Giovanni Colombini, a. 1367 (sen.), 16, pag. 64.20: Avemo compassione a voi, temendo che voi non vi diate più pensiero che 142 non fa bisogno. – Fras. Essere in pensiero. [34] Memoriali bologn., 1279-1300, (1289) 36.2, pag. 68: Fort’è la stranïanza / laond’eo sono in gran penseri. [35] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 1, pag. 87.24: q(ua)ndo tu serai in Ieruzalem al’entrata dela porta, troverai A(n)na tua mogle dina(n)ti a tei, la q(ua)le si fa grande meravigla p(er)ché tu sè ta(n)to stato et è in grande pensieri di trovarti. [36] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 366, pag. 385.23: Egli veghiò tutta quella nocte e molto fu suo cuore in gran battaglia e in gran pensiero. [37] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 22, pag. 48.17: La cagione di questo male si è, che noi siam voti d’ogni bene, e siamo in pensieri, e in angoscia della nostra vita, la quale noi non abbiamo ben usata. – Fras. Stare, starsi in pensiero. [38] Ugo di Perso, XIII pi.di. (crem.), 3.54, pag. 594: arbor qual fai dano sença fruto; / qi per poc me fai star en pensero. [39] Ruggieri d’Amici (ed. Vitale), XIII pm. (tosc.), 2, pag. 184: Lo mio core, che si stava / in gram pensero finenora / per voi, dolze donna mia, / e giorno e notte penava, / faciendo sì gran dimora, / che disiando peria. [40] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 11, pag. 506.20: Tutta la notte stette in grande pensiero, e disse: - Lassa, io perdo el mio tempo altresì come fece el mio padre, che tutta la sua giovanezza mise in digiunare e in vegghiare. [41] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 1403, pag. 86: Ma molto ston in gram pensier / De Teofista mia muier... [42] Perugia e Corciano, c. 1350 (perug.), cap. 9, pag. 98.8: Ora dice lo conto che Coragino e sua dama aveno grande gelosia de Vivante e stavano de luie en pensiere. [43] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 10, cap. 59, vol. 2, pag. 528.25: stando in forte pensieri, mandò per lo vecchio messer Malatesta da Rimino... – Fras. Mettere in pensiero: indurre in Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini qno uno stato di agitazione, tristezza, o inquietudine, angosciare, affliggere, preoccupare. [44] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 17.62, pag. 226: in pensiero m’ài / miso e ’n cordoglio - per ti. [45] Mastro Francesco, XIII sm. (fior.), son. 5.2, pag. 201: Dolze mia donna, ’l vostro partimento / m’ha tolto gioco ed in pensier m’ha miso. [46] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 7, 16-24, pag. 228.30: questo è lo dubbio ch’à messo in pensieri te Dante: imperò che non pare che possa essere iustizia dall’una parte e dall’altra. – Locuz. avv. Senza pensiero: con decisione e sicurezza, senza esitazione. [47] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 46, pag. 848: Miser Alberto de Caçanimigo, / quando fo a raxone, sença pensiero / ave ordenato la tela del batistiero / de vegnire zoxo. 5.3 Oggetto di preoccupazione e di sollecitudine, problema o situazione che suscita affaticamento e inquietudine; dubbio. [1] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Panfilo], pag. 47.25: Tu solicito en tanti penseri et en tanti periguli, eu fi demenadho en tanti modhi q’eu no lo sai pensar con la mente. [2] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2542, pag. 263: Così tutto pensoso / un giorno di nascoso / entrai in Mompuslieri, / e con questi pensieri / me n’andai a li frati, / e tutti mie’ peccati / contai di motto in motto. [3] Albertano volg., 1275 (fior.), L. III, cap. 36, pag. 203.13: Li pensieri dell’uomo affaccendato (e) bo(n)tadoso sempre sono in abo(n)da(n)ça, ma ongne pigro se(m)pre è in povertade. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. III, cap. 7: Et Cato disse: mecte ale stagione tra li tuoi pensieri allegressa, acciò che possi patire ongna fatica. [5] Regimen Sanitatis, XIII (napol.), 225, pag. 570: Le porchiache se mangiano co anite salvaggi, / l’arte nostra comandalo, è buono che l’assaggi; / dicote de basilico, nullo pinsieri d’aggi. 143 [6] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 34, pag. 101.12: Et eo dico perçò ke multo me lassati cargato de penseri, açò k’eo dibia esser solicito et atento de far quello perk’eo possa aquistare al fine del meo regimento quello grande precio de honore ke voi ne portati. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 24.149, pag. 89: Stanco lo iorno, gìamene a letto, / pensava l’affetto - nel letto pusare: / ecco i pensieri, là ov’era retto, / aveanme costretto - a non dormetare. [8] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 11, pag. 507.16: sarò in questo pensiero e in questa pena e in questa morte tanto quanto il potere di Dio durarà. [9] a Catenacci, Disticha Catonis, XIII/XIV (anagn.), IV, 1.3, pag. 369: chi dà tutta soa i(n)tenza ad far lu altrui siu, / penseri con angustie iamay meno no li veu. [10] Giudizio universale, XIV in. (ver.), 281, pag. 64: Mo igi no porà ça far nè dir unca altro / so no veer lo mal so en ogna parto, / e ben serà fora d’ogna penser trati, / ke pur mester g’avrà muar li passi. [11] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 26, pag. 31.14: così dredo multi pensieri e fadige, specialmente dell’anemo, è utel chosa, dise Aristotele, recre[a]r l’anemo cum algun çogo. [12] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 4, cap. 10.4499, pag. 388: Qui di pensieri ti vo’ fare scarco, / Che non ti gravin più sopra la schina. [13] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 14.16: Poi che lo romore fue racchetato per l’autorità di colui che reggea, Giove con queste parole anche ruppe il tacere: lasciate questo pensieri, che quegli ne sostiene pene. [14] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 1, pag. 11.10: Et benkì Eneas dichissi cum la bucca zo, tamen multu in so cori era agravatu di smisurati pinseri, et per la chera mustrava haviri grandissima spiranza, ristringendu fortimenti in lu so cori lu infinitu duluri ki in sì purtava. [15] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 13, pag. 59.30: chusì dal verbo de De’ a chi hi çevan adré gh’era dachio prevenda donde hi vivivan sençça alcun penser e sençça lor faìa. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [16] Lapidario estense, XIV pm. (trevis./friul.), Prologo, pag. 141.15: nui vezemo gli grassi e sanguinei, per la magior parte, sì è gratiosi d’onore e de biene, [...] gli mellanconici de multi pensieri e li fleumatici de grande vanitate per pegreza. [17] Mino Diet., Sonn. Inferno, XIV m. (aret.), 16.8, pag. 27: Similemente i ladri vanno attenti / ciascun per sè a la casa non desta, / quivi si fige et di furar s’appresta / sempre dubioso et co’ pensier mordenti. [18] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 86, pag. 108.27: quista non est vita, anti est languri ki tuctu iornu vivi in curi et in penseri et in angustii et non est nenti vita di homu, ma vita di bestia. [19] Serapiom volg., p. 1390 (padov.), Erbario, cap. 93, pag. 99.33: Uno altro autore dito Co(n)stantino dixe che chi magna fava, incore in paure e in pensieri. – Fras. Stare in pensiero: essere combattuti tra più possibilità, tentennare, dubitare. [20] Esopo tosc., p. 1388, cap. 18, pag. 118.11: Il perché el lione pel brulicamento che sentì all’orechie si destò, e postosi la branca all’orecchie prese il topo; e vedendosi sì ingiurato stava in grande pensiero d’ucciderlo o di lasciarlo andare. [21] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), Proemio, pag. 1.4: Impaurito della altezza della materia e della sottigliezza della forma dell’ultima cantica de la comedia del poeta vulgare Dante Allighieri fiorentino, io Francesco da Buti, alcuno tempo stetti in pensieri di perdonare alla fatica, considerata la debiltà del mio povero ingegno. 5.3.1 Preoccupazione. [1] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 8, pag. 108.34: Tu say bene che nuy avimo habundantia de grande richeze et avimo gran potere de gente, et in quisto pinsiere che ne èy soprevenuto per questa nostra venyanza nuy avimo multi amici e parienti, concessa de cosa che a cquesta parte per nuy se mostrerrà la forza e lo imperio de tutta la Grecia. 144 5.4 Turbamento. [1] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 95.237, pag. 448: Quando la femena lo vi / de gran penser caì zu, / pensando: questo è Bazabú. [2] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 24, pag. 54.20: Ma i’ ti ricordo, che tu non sottometti l’animo tuo in questa sollecitudine, e pensiero, e paura, perch’egli ne ’ndebolirebbe, e verrebbe meno di vigore. 6 Meraviglia, stupore. [1] a Vang. venez., XIV pm., Luc., cap. 5, pag. 216.2: E tuti se meraveiavano, [...]. Et elli fono pleni de grant pensiero digando: «Nui avemo veçudo anchuoi meravegle». PENSIEROSO agg. 0.1 pensarosi, pensaroso, penserusi, pensoroso, pensorusi, penssarosa, penssaroso. 0.2 Da pensiero (le forme con -ar- protonico potrebbero derivare da pensare 1). 0.3 Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.): 1. 0.4 In testi sett.: Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.); San Brendano ven., XIV. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Gravato da preoccupazione, dubbio o tristezza (per qno o qsa). 1.1 Preso dall’ira. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Gravato da preoccupazione, dubbio o tristezza (per qno o qsa). || Spesso in dittologia sinon. con gramo. [1] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 1190, pag. 53, col. 2: «Un de vu sí me dè trair.» / Li frai ne fon molto dolorusi / E molto grami e penserusi, / Mormorando entre lor: / «Qual è quel ki è traitor?». [2] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 1863, pag. 63, col. 2: Una sema ki eran vegnui / Int’ una casa tuti aduni, / Molto grami et penserusi / Per li çudei k’eran ascusi, / Avevan serao le fenestre e li usgi / Et in grande pagura stavan tugi; / Molto staxevano in grande error, / Quando Jhesu vene intre lor. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [3] San Brendano ven., XIV, pag. 42.25: e puo’ torna salvo e sano. Mo’ si è stado soperchio, e nonn è da meraveiarse se nui semo stadi grami e pensarosi». [4] Tristano Veneto, XIV, cap. 55, pag. 83.15: E da doman apresso queste cosse avene qu’ella sì era in la soa camera molto penssarosa, como quella la qual non podeva desmentegar lo amor de Tristan... [5] Tristano Veneto, XIV, cap. 451, pag. 411.4: Tal avision, como io ve conto, avene a miser Tristan in quela note, dela qual elo fo molto spauroso et penssaroso uno gran pezo. 1.1 Preso dall’ira. [1] Tristano Veneto, XIV, cap. 195, pag. 174.17: E là o’ qu’ella era in tute quelle çoye et in quelle feste, che tuto lo povolo l’aorava, atanto echo vui de l’altra parte vignir Tristan sì cho’ mato e pensaroso e choraçoso per aparencia tropo duramentre. E là o’ qu’ello vete Ysota ello se ’n va in quella parte, et con grande yra sì li trasse la chorona dela testa e getà-la in tera e rompé-la sì felonosamentre qu’ello la fase in plui de çento peçe. PENSIERUZZO s.m. 0.1 pensieruzzo. 0.2 Da pensiero. 0.3 Boccaccio, Decameron, c. 1370: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Minimo pensiero, mezza intenzione. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Minimo pensiero, mezza intenzione. [1] Boccaccio, Decameron, c. 1370, I, 1, pag. 32.34: ser Ciappelletto rispose: «Oimè, messere, o voi mi parete uomo di Dio: come dite voi coteste parole? o s’io avessi avuto pure un pensieruzzo di fare qualunque s’è l’una delle cose che voi dite, credete voi che io creda che Idio m’avesse tanto sostenuto?... PENSIVO agg. 0.1 pensiva, pensivi, pensivo. 0.2 Prov. pensiu (DEI s.v. pensivo). 145 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Neri de’ Visdomini (ed. Contini), XIII sm. (fior.); Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Assorto, concentrato su un pensiero o su una riflessione. 2 Caratterizzato da tristezza e da atteggiamento malinconico. 2.1 Che prova un sollecito interesse verso qsa o qno. 3 Che prova sfiducia e sospetto. 0.8 Marco Paciucci 03.12.2012. 1 Assorto, concentrato su un pensiero o su una riflessione. [1] Guittone (ed. Leonardi), a. 1294 (tosc.), 35.3, pag. 105: Gioiosa Gioi, sovr’onni gioi gioiva, / onni altra gioi ver’ voi noia mi senbra, / per ch’eo n’ò tanto l’anima pensiva, / che mai de cosa null’altra mi menbra. 2 Caratterizzato da tristezza e da atteggiamento malinconico. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 17.163, pag. 230: la mia vita è croia / sanza voi vedendo. / Cantando † [...] aivo † / or vivo pur pensivo / e tutta gente ischivo. [2] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 8.45, pag. 58: Fallando in canoscensa, in signoria / di morte sono ognora; / né morir posso, e ’n morte ognora vivo, / e porge tal cagione in me sì ria / pena, che fòr mizora / grave senbra aver vita sì pensivo. 2.1 Che prova un sollecito interesse verso qsa o qno. [1] Cino da Pistoia (ed. Marti), a. 1336 (tosc.), 156.1, pag. 826: Perché voi state forse ancor pensivo / d’udir nòve di me, poscia ch’i’ corsi / su quest’antica montagna de gli orsi, / de l’aere e di mio stato vi scrivo. 3 Che prova sfiducia e sospetto. [1] Neri de’ Visdomini (ed. Contini), XIII sm. (fior.), 78, pag. 370: dico de’ gelatori / di lor mogli pensivi: / que’ cotai son cat[t]ivi - e [son] villani. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini PENSO s.m. 0.1 penso, penzo. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.); S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [a. 1374]. In testi mediani e merid.: Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.). 0.5 Locuz. e fras. stare in penso 2. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Lo stesso che pensiero. 2 Preoccupazione, stato di apprensione. 0.8 Marco Paciucci 03.12.2012. 1 Lo stesso che pensiero. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 10.25, pag. 22: Poi ch’omo lo so penso / trova de van giudicio, / sì non crede se stesso, / se ben vederà spesso / ciò ch’ha ’n credere officio. [2] S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [a. 1374] lett. 2, pag. 16.6: o Magdalena amore, tu impazzi, però che tu non avevi cuore, ched egli era riposto col tuo dolcissimo maestro e Salvatore nostro dolce! Ma tu ne pigliasti buono penso per trovare el tuo dolce Gesù. 2 Preoccupazione, stato di apprensione. [1] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 540, pag. 122: Ad ser Lalle et ad li altri a dicere mandone: / «Che non agiano penso, ché ad Napoli me nne vone, / Et may non torno in Aquila, se ipsi accuncy non sone». – Locuz. verb. Stare in penso: preoccuparsi, dedicare sollecita attenzione a un’attività. [2] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 841, pag. 191: Poi venne la Natale, intrò l’anno jubileo; / Stava in penzo le gente, cescasuno dello facto seo, / Como avere potesse la remissione da Deo. 146 PENSOSAMENTE avv. 0.1 pensosamente, pensosa mente. 0.2 Da pensoso. 0.3 Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.); Boccaccio, Ninfale, 1344/48 (?). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Al modo di chi è assorto e triste. 0.8 Marco Paciucci 03.12.2012. 1 Al modo di chi è assorto e triste. [1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. 246.11, pag. 272: Passion di morte la scrittura spone, / unde dico mortal en cui si pone, / e ’n mortal si vede condizione / per desiderio d’un ardor ferale, / disceso de essa passion di morte / dentro dal core in de l’alma nata. / Ma amando pensosamente forte / la forma qual sia a lui atalentata / che consuma ardendo la ria sorte, / morte nel viso avendo figurata. [2] Boccaccio, Ninfale, 1344/48 (?), st. 396.3, pag. 327: Quivi si stava pensosa e dolente / sanza gir mai, come soleva, a torno, / e per compagno tenea, pensosa mente / Africo sempre col suo viso adorno. PENSOSO agg./s.m. 0.1 pemsoso, pensos’, pensosa, pensose, pensosi, pensoso, pensusa, pensuso, pensuxi, penzoso. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Jacopo Mostacci (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.); Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.); Palamedés pis., c. 1300; Fatti dei Romani, 1313 (fior.). In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Bonvesin, Volgari, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini XIII tu.d. (mil.); Orazione ven., XIII; Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.); Poes. an. lig., XIV. In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Armannino, Fiorita (14), p. 1325 (abruzz.); Marino Ceccoli, XIV pm. (perug.); Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.); Destr. de Troya, XIV (napol.). 0.5 Locuz. e fras. mal pensoso 1.2. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Concentrato nei propri pensieri. 1.1 Che ha l’atteggiamento di chi è concentrato nei propri pensieri. 1.2 Che prova interesse per qsa o qno, che applica il proprio pensiero al raggiungimento di un obiettivo. 2 Gravato da preoccupazione, dubbio o tristezza in relazione a una persona o a una situazione. 2.1 Che suscita preoccupazione o incertezza. 0.8 Marco Paciucci 03.12.2012. 1 Concentrato nei propri pensieri. [1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2539, pag. 263: Così tutto pensoso / un giorno di nascoso / entrai in Mompuslieri, / e con questi pensieri / me n’andai a li frati, / e tutti mie’ peccati / contai di motto in motto. [2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 14.23, pag. 49: L’ Accidia molto pensosa va pensanno onne viaio. [3] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 1, cap. 4, pag. 74.11: Vennero ad Arimine, e giugnendo viddero Cesare lo quale stava molto pensoso. [4] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 23, pag. 71.21: e s’elli è intra cavalieri, elli è sì ombruto e sì pensoso e sì chiuso e sì mutulo e sì tacente, che giammai non dice neente. [5] Armannino, Fiorita (14), p. 1325 (abruzz.), pag. 379, col. 3.18: con grandi passi et ardity procedea; et pectorito et pomposo, penzoso sempre andava, et cola facza ad terra. 1.1 Che ha l’atteggiamento di chi è concentrato nei propri pensieri. [1] Petrarca, Trionfi, 1351(?)-74, T. Mortis a, 16, pag. 301: Come ’l cor giovenil di lei s’accorse, / Così, pensosa, in atto humile e 147 saggio, / S’assise, e seder femmi in una riva. 1.2 Che prova interesse per qsa o qno, che applica il proprio pensiero al raggiungimento di un obiettivo. [1] Jacopo Mostacci (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 3.4, pag. 150: di lei avanzare adesso fui penzoso / oltra poder, e, s’eo n’era af[f]an[n]ato, / no nde sentia dolore. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 348, pag. 68: La grand concupiscentia de l’og luxurïoso / De quel peccao k’el mira me fa po ess pensoso. [3] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 13.28, pag. 52: Servire con umiltate / a chi ’l fa diven gioioso: / compie la sua volontate / di ciò ch’è stato pensoso. [4] Marino Ceccoli, XIV pm. (perug.), 6.8, pag. 668: Deh fa che tua beltà venga pietosa / ver’ quel che sempre te dimand’aita, / prima che l’alma sia del corpo uscita, / che va per te, come tu sai, pensosa. [5] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 271, pag. 47: Alora, depo questo decto, / uno descepolo maledecto / lo quale de sopra è nomenato, / Iuda Scariothes vocato, / se partìo privatamente / et si andò encontenente / a li principi de li sacerdoti, / li quali stavano remoti / et pensosi de male a fare. [6] Atrovare del vivo e del morto, a. 1375 (emil.), III, st. 27.3, pag. 169: In questa pena èno tormentati / tuti quelli che la soa lengua hano vilana, / che pure de li fati altrui se stanno pensosi. [7] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 37, pag. 211.29: E andando monto pensoso guardando como li poese sovenir, fu çunito a un forno, in lo qua le femene de la contrâ aveam a queli dì coto pam. – Locuz. nom. Mal pensoso: chi ha cattive intenzioni. [8] Giovanni da Vignano, XIII/XIV (bologn.>ven.), cap. 51, pag. 291.11: per vu’ siano li malfactori sì castiga’ che la penna de l’uno siano in tanto exemplo a gi altri che li mali no crescanno, me sianno del tuto amorçati, e gi rei penseri stiam constrecti in lo pecto de gi ma’ pensosi, sì che nulo male faça·sse né possa seguere. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 2 Gravato da preoccupazione, dubbio o tristezza in relazione a una persona o a una situazione. [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 464, pag. 578: Mei è poqeto aver e star ’legr’ e çoioso / q’aver ben gran tesauro e sempr’ esser pensoso. [2] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 4.7, pag. 187: Lontano amore manda sospiri, / merzé cherendo inver l’amorusa, / che falso non mi degia teniri, / ché falsitate già non m’acusa; / non ch’io fallasse lo suo fino amore, / con gioi si dipartisse lo mio core / per altra donna, ond’ella sia pensusa. [3] Bonagiunta Orb. (ed. Parducci), XIII m. (lucch.), canz. 10.10, pag. 63: Eo lasso no rifino / per quella che ’l meo core / va pensoso infra la gente. [4] Restoro d’Arezzo, 1282 (aret.), L. I, cap. 23, pag. 47.8: E quando lo trovamo [il Sole] delongato da noi, trovamo e sentimo lo fredo; e pare che la terra sia svedovata, [...] e li animali morire, e tali demagrare per la necessità del pasto, e tali pensosi e nascóndarese per la fredura. [5] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 38 parr. 8-10.9, pag. 152: «Oi anima pensosa, / questi è uno spiritel novo d’amore, / che reca innanzi me li suoi desiri. [6] Orazione ven., XIII, pag. 129.20: O croxe deletevole e disirosa, a l’anema tu ses tanto dolce e amorosa, per che me sta-tu così ascosa, che me lasis pensosa, et eo de son cotanto disirosa? [7] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 13.10, pag. 52: Non mi credea, perch’io gisse, / esser con doglia pensoso / che lo mio core ismarisse. [8] Amico di Dante, XIII ex. (fior.), son. 33.2, pag. 751: Alcuna gente, part’io mi dimoro / fra mme medesmo lo giorno pensoso, / si tragge inver’ lo loco ov’ i’ mi poso, / dicendo che mal fo che mmi divoro. [9] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 8, pag. 500.34: El santo romito ricevette buonamente lo fanciullo così giovano com’elli era; ma molto fue pensoso di ciò, ch’elli non aveva latte né femina che ’l fanciullo potesse nudrire. 148 [10] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 91, pag. 159.4: e per cagione di quello dammagio non venia la donzella sì gioiosamente a la festa com’ell’era venuta altre volte, ansi vi venia pensosa e trista. [11] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 3, quaestio 27, pag. 192.14: Li sancti àn illi complida alegreza? M. Non, ke sì como quilli k’in invitadi a uno grande convivio in lo dì quando illi g’in venudi et in ben receudi [...], ma in ancora pensuxi de li soy amixi ke no in presenti. [12] Fatti dei Romani, 1313 (fior.), pag. 208.19: Qurio, ch’iera chapitano degli altri tribuni, vide Ciesare i mezo di sua giente, che non atendevano se nno il comandamento del’alto, ed egli s’avide che Ciesare istava pensoso e in dotanza ch’egli farebe. [13] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 11, 1-9, pag. 310, col. 2.2: Vegnudo D. pensoso delle parole e indivinazioni ch’elli avea razonate Farinata, ... dixe che venne so’ maor stiva la qual era terminada da una cerchia de piere che feva cerchio redondo sovra la quale erano. [14] Poes. an. perug., c. 1350, 184, pag. 20: Questi son quei chon l’apetito crudo / che ’l mio podere tuctora discierpe / ond’io pensosa tra costor mi mudo. [15] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 724, pag. 59: Et Ihesù sempre sta queto, / sì comme uno angno mansüeto. / Petro, desepolo de Cristo, / questo vedendo, era tristo / et era molto doloroso / et stava forte pensoso. [16] Poes. an. lig., XIV, 3.9, pag. 33: L’angero en Nazareth trova la gloriosa / chi de meser Ioseph el’ era faita spossa. / La vergem se conturba e sta monto pensosa. [17] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 37, pag. 313.12: Unde Circe soa matre fo leta oltra modo de lo suo avenemento, perzocché multo stava pensosa de ipso. 2.1 Che suscita preoccupazione o incertezza. [1] Oddo delle Colonne (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 17, pag. 92: Lo pensoso adastiamento / degiate, donna, allegrare, / per ira e ispiacimento / d’invidïoso parlare. [2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (tod.), 13.10, pag. 44: L’Avarizia pensosa - ècce, verme che non posa: / tutta la mente s’ha rósa, - ’n tante cose l’ha occopata! [3] Lapo Gianni, XIII ex./1328 (fior.), 12.27, pag. 593: Appresso che lo tuo dire amoroso / prenderà la sua mente con paura / del pensoso membrar ch’Amor le dona, / dirai com’io son sempre disïoso / di far li suoi piageri oltre misura. REPENSAZIONE s.f. 0.1 repensatione. 0.2 Lat. mediev. repensatio ‘compensatio’ (cfr. Du Cange s.v.). 0.3 Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Atto che compensa e ristabilisce un equilibro. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Atto che compensa e ristabilisce un equilibro. [1] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 13, pag. 255.18: ché, como omo se occide se stesso, cossì Dio con la iusta repensatione fa sentir a l’anima, per lo morso de la conscientia, che essa non è degna de repetere lo corpo, facto con tante fatiche al mondo, che essa se tolse per passion de animo. RINGIOIRE v. 0.1 rengioire, ringioio, ringioire, ringioirti, ringioisce, ringioiscie, ringioiscono, ringioissono, ringioito. 0.2 Da gioire, sul fr. réjouir. 0.3 Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.): 2 [6]. 0.4 In testi tosc.: Fiore, XIII u.q. (fior.); Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.). In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Rendere gioioso o più gioioso (qno). 149 1.1 Sollevare (l’animo). 2 Provare un’immensa gioia, rallegrarsi vivamente (per un avvenimento, un successo). Anche pron. 3 [Per errore di trad. o guasto testuale]. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Rendere gioioso o più gioioso (qno). [1] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 65.106, pag. 269: O ennamorato Dio, d’esto amor me novella, / che sì ben renovella l’amanti rengioire: / contemplar sì poss’io tua faccia tanto bella, / reposome con ella, - né altro vòi sentire... [2] Fiore, XIII u.q. (fior.), 104.5, pag. 210: Ma ’l Die d’Amor non fece pa sembiante / Ched e’ fosse anoiato dell’udire, / Anzi gli disse per lui ringioire: / «E’ convien al postutto, Falsembiante, / C[h]’ogne tua tradigion tu sì cci cante, / Sì che non vi rimanga nulla a dire... [3] Dante, Rime, a. 1321, D. 75.8, pag. 269: saggia, gentile, core aumilïato, / ciò che sguardate fate ringioire. 1.1 Sollevare (l’animo). [1] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 5, cap. 17.154, pag. 158: La sommitade dell’aiere spande / Una rugiada soave, amorosa; / Questa rinfresca e ringioiscie i cori: / Tutti i feriti che ssi lavan d’essa, / Molto radolcan le ferite sue. 2 Provare un’immensa gioia, rallegrarsi vivamente (per un avvenimento, un successo). Anche pron. [1] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 88, pag. 337.17: egli sì fae manifesto alla reina Isotta della ritornata di Tristano. Ed ella, intendendo sì fatta novella, tutta se ne ringioisce e fiorisce sì come fa l’albero per la bella primavera... [2] A. Pucci, Rime (ed. Corsi), a. 1388 (fior.), 33.2, pag. 835: - Maestro mio, ben puoi d’amor cantare / e ringioirti, ché il tuo piato è vinto: / tant’ho il mio rocco tra su’ pedon pinto, / ch’i’ gli ho saputo scacco matto dare. [3] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 1, 8.5, pag. 9: Ma come piacque al verace Dio, / doppo alcun tempo la sua cara sposa / ingravidò, che n’avie gran desio, / d’un fanciul maschio; e ’l re, senza aver posa, / d’allegrezza e Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini gran festa ringioio... – [Con specificazione della causa]. [4] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 457, pag. 462.8: Egli à vertù delle pietre preziose e di sopra queste; e di questa signoria, quando quelli che lo porta è tra gente, tutti gli portano onore e riverenza, e si ringioiscono della sua venuta. [5] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 2, 37.4, pag. 29: E stando Giosafà co’ suoi donzelli, / a parlar cominciò e ringioire, / con que’ cortesi giovanetti snelli, / de la gran novità che con desire / veduta aveva per la città bella... – [Rif. ad animali:] farsi più gioioso; rinnovare un canto di gioia (detto dell’allodola). [6] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.-castell.), 55.3, pag. 850: Veggio l’aloda de terra salire / faciendo dolce canto deletoso, / e veggiola cantando rengioire / quanto più sente l’aire glorïoso; / e quando vole a terra revenire, / fa uno canto più suavitoso. 3 [Per errore di trad. o guasto testuale]. [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 25, par. 5, pag. 409.9: e già il detto uficio portavano, così in fatti senbiaboli le leggi meno ringioissono per quello stabilisscimento e a quelli che ppiù privilegi ottriando... || Cfr. Defensor pacis, II, 25, 5: «eciam in consimilibus actibus leges minus rigorosas pro hiis statuebant ipsisque quam plurima privilegia concedentes». RINGIOITO agg. 0.1 ringioito. 0.2 V. ringioire. 0.3 Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.): 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Colmo di gioia. 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Colmo di gioia. [1] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 13, 150 16.4, pag. 167: E quando ’l mese fu tutto compiuto, / ed e’ sì ebbe trovato un remito; / e quando Giosafà l’ebbe veduto / sì ne fu molto allegro e ringioito / e salutollo... RIPENSAMENTO s.m. 0.1 ripensamenti, ripensamento. 0.2 Da ripensare. 0.3 Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc.: cit. tutti i testi. 0.7 1 Atto del pensare di nuovo; il tornare più volte a riflettere o a valutare attentamente (una questione, un comportamento). 0.8 Rossella Mosti 15.04.2013. 1 Atto del pensare di nuovo; il tornare più volte a riflettere o a valutare attentamente (una questione, un comportamento). [1] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 9, cap. 8, par. 18, pag. 185.16: Aristotile ivi medesimo. I ripensamenti salvano la memoria. Sopra la qual parola dice Tommaso: li spessi ripensamenti di quelle cose, che avemo apparate, conservano la memoria; perocché dello spesso operamento della memoria s’ingenera nel cuore fermezza di memoria... [2] Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.), c. 16, 1-15, pag. 369.16: cioè mi porse la spalla e fecemi spalla, a ciò ch’io m’appoggiasse a lui. E per questo dà ad intendere che in tale ripensamento de la turbolenzia de l’ira l’omo si dè fermare in su la ragione: imperò che sensa essa non ne potrebbe uscire sensa offensione, e dèsi intendere qui la ragione teorica... RIPENSARE v. 0.1 repensa, repensando, repensare, repensate, repensava, repenso, repenssa, ripensa, ripensai, ripensando, ripensandola, ripensandole, ripensandolo, ripensandosi, ripensano, ripensar, ripensare, ripensasse, ripensasseno, ripensassimo, ri- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini pensaste, ripensata, ripensate, ripensati, ripensato, ripensava, ripenseranno, ripenserete, ripenserò, ripensi, ripensiamo, ripensino, ripensirò, ripenso, ripensò, ripensossi. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); Teperto, Lettera in prosa, XIII sm. (pis.); Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.); Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.); Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.); Simintendi, a. 1333 (prat.); Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.). In testi sett.: Gualpertino da Coderta, XIV in. (trevis.); Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.); Amaistramenti de Sallamon, 1310/30 (venez.); Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.); Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.). In testi sic.: a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.). 0.5 Locuz. e fras. pensare e ripensare 2. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Tornare con il pensiero a fatti, persone o discorsi conosciuti, ricordare, rammentare (anche pron.). 2 Riflettere attentamente, considerare con cura una questione o un’idea, meditare (anche pron.). 2.1 Escogitare, pianificare. 2.2 Figurarsi con il pensiero, immaginare. 2.3 Valutare situazioni e nozioni applicando il giudizio, considerare, ritenere (anche pron.). 3 Riconsiderare azioni o discorsi per non ripeterli o per modificarli in futuro, ricredersi (anche pron.). 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 Tornare con il pensiero a fatti, persone o discorsi conosciuti, ricordare, rammentare (anche pron.). [1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 112.16: Io confesso ch’io feci que- 151 sto fatto e non domando che voi mi perdoniate; ma se voi ripensaste quanto bene e come grande onore i’ òe fatto al comune, ben sarebbe degna cosa che mi fosse perdonato. [2] Poes. an. urbin., XIII, 35.15, pag. 614: Amor, quand’io me repenso / de tanto be[n] ke mme’ ài facto, / so’ doloroso et afflicto / perk’io T’aio rocto lo pacto. [3] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 7, cap. 32, pag. 243.20: Gaumedes quando [...] vidde che fu trovato e seppellito lo giorno seguente a guisa reale, e’ ripensossi Gaumedes d’essere signore, et in cotale maniera stese lo suo pensiero. [4] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 3, cap. 2, par. 4, pag. 71.11: io al modo de’ Pittagorici, e per confermare e migliorare mia memoria, ciò, che in quello dì io abbia detto o udito o fatto, ripenso la sera. [5] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 24.6: Intanto ripensano l’oscure parole della data risposta, e rivolgono intra loro. [6] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 4, pag. 663.16: Poscia consideri e ripensi e ricordisi della sua indignità e della sua miseria, secondo la natura corrotta, e de’ suoi peccati e difetti e ingratitudine. [7] Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.), L. 2, cap. 1, pag. 119.21: Adunque chi fu quelli che aperse la porta a questa usanza, per la quale ora s’assordano li orecchi della corte per udire i fatti greci? Secondo ch’io mi ripenso fu Molone retorico, il quale assottigliò l’ingegno di Marco Tullio Cicerone. [8] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 37, pag. 212.7: Lo giusto perisce, e niuno lo ripensa nel cuor suo. [9] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 33, pag. 64.5: E tutto questo fa perché non ripensa el benefizio del Sangue sparto con tanto fuoco d’amore. [10] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 19, pag. 242.13: e pu se dorea de lo peccà de quello chi li avea faito quelo mar, che de lo damno so mêsmo e no pensava quello ch’el avea parduo de fora, repensando e doglandose de quelo che quello avea perduo dentro. [11] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 107, comp. 17a.3, pag. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 85: Maturo - senno amor iusto dispensa. / Sicuro - prince suo stato ripensa. 2 Riflettere attentamente, considerare con cura una questione o un’idea, meditare (anche pron.). [1] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 211.7: «Io son Secondo, tuo figliuolo». E quella ripensa e riguardollo e rafigurollo e venelene sì gran vergogna ch’ella nol potte patire. [2] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.-castell.), 57.11, pag. 854: Non te voli levare de lo lecto / a repensare la sua morte amara; / [e] per te fo levato nella Croce! [3] Teperto, Lettera in prosa, XIII sm. (pis.), pag. 437.24: E però, amico caro, inn el mio caro, la prova di me mi muove in dire a te, che consideri e pensi e di ripensare non stancare quanta già fue la mia vaghabundità e come lo mio cervile capo inn ei nuvoli lo tenea. [4] Folgóre, Semana, c. 1309 (sang.), 26.5, pag. 385: Or ti ripensa: enfin al dì ’l vi tenne / con canti, con sonare e con diletto! [5] Gualpertino da Coderta, XIV in. (trevis.), 2.12, pag. 340: Deh or vi repensate ben ancora; / né no devegna, per vostro difetto, / ch’indarno vada l’amor che mi acora! [6] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 1, 19-27, pag. 11, col. 2.7: cossí lui, ch’era giunto a la fin de quella selva, zoè de la ditta via viciosa, sí se repensava in so core a quanto rixego e perigolo era stato. [7] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 448.19: quando la vide per le fiacole accese nel tempio di Venus, con animoso desiderio desiderante e ficante lo suo viso in Elena, sigillatamente le sue membra di tanta bellezza ripiene sottilmente ripensa. [8] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 1, pag. 608.3: Ripensi e cogiti e rivolga l’anima dentro nella sua mente, come ella fu fatta di niente. [9] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 12, pag. 412.14: Tu, inmantenente che la matura età verrà, fa che ti ricordi; e il padre Enea, e il tuo zio Ettor, ti destino ripensando nell’animo li esempli de’ tuoi. [10] Apollonio di Tiro, XIV m. (tosc.-venez.), incipit, pag. 3.40: repensa infra ti mediesimo quando che tu seras ritornado in la 152 tua patria, et se tu troveras la soluçion della mia quistion, io ti daroe mia figlia per muier. [11] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 1902, pag. 88: Et queste donne tuttavia / tornando ratto per la via, / venia[n]o ensieme raigionando / et dicendo et repensando: / «Quello hom noi aiutaràne / et la petra ne volteràne». [12] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 6, cap. 7, vol. 1, pag. 723.10: Il tiranno li disse che ssi ripensasse, e poi tornasse a llui; e a tanto si partì messer Francesco. [13] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 142, pag. 197.19: Cusì si confessava lu bonu rey David ki dichia cusì: “Eu ripensirò tutti li mei mali in amaritudini di lu meu cori”. [14] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 7, par. 16, comp. 62.89, pag. 152: ma ora, ripensando / che l’uom troppo parlando / vien ripreso, / per non star più suspeso, / concluderò testeso / mie parole. – Sost. [15] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 12, cap. 3, par. 6, pag. 249.10: Lo ripensare de’ mali che debbono venire, alleggerisce l’avvenimento loro, il quale tu hai molto innanzi veduto. – Fras. Pensare e ripensare: rimuginare, indugiare con insistenza e sollecitudine su un pensiero o sulla risoluzione di un problema. [16] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 13, cap. 1.229, pag. 313: Dicon le balie Franciesche: che, tutti / Pensati e ripensati i modi loro, / È di men rischio tenerlo rivescio. [17] Amaistramenti de Sallamon, 1310/30 (venez.), 126, pag. 104: pensa e repenssa quel che dei parlare / ché la parolla non può retornare / perch’è dita. [18] Paolino Pieri, Merlino (ed. Cursietti), p. 1310-a. 1330 (fior.), 14, pag. 14.20: ma e’ mi sono venute alle mani cose per le quali io penso e ripenso. 2.1 Escogitare, pianificare. [1] Poes. an. urbin., XIII, 25.67, pag. 597: Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini Tante so’ le bructeçe - k’i’aio repensate, / e le carnaletate - k’i’aio troppo amate, / e le male sagette - ke ’l cor me so’ passate, / ke nnon è lengua alcuna ke ’l potesse cuntare. 2.2 Figurarsi con il pensiero, immaginare. [1] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.311, pag. 184: Come seranno, dì’, se dir lo poy, / ch’io non so ripensar dove si possa / star questo inverno giente cossì grossa. 2.3 Valutare situazioni e nozioni applicando il giudizio, considerare, ritenere (anche pron.). [1] Esp. Pseudo-Egidio, XIV pi.di. (tosc.), pag. 219.6: Ma la cosa sozza, s’è amata, ripensa quello amore come suo honore e come quello a cui è obligata per iustitia, e perciò da la parte sua l’amore conviene che sia perfetto. [2] Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.), L. 2, cap. 7, pag. 74.1: Così avviene, che ciascuna fama di lungo tempo, se colla smisurata eternità si ripensi, non piccola, ma nulla del tutto esser parrà. [3] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 7, pag. 34.12: Ed un giorno pensando Nonnoso che, se non fosse quella pietra, quello luogo almeno per alquante erbe odorifere potrebbe bastare per orto, ripensossi che quello sasso non si potrebbe muovere per cinquanta paja di buoi. [4] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 7, pag. 92.4: E un iorno pensando Nonoso che se no fuse quela prea quelo tal logo almem per alquante erbe odorifile porea bastar per orto, repensando che quela prea né se poea move’ per .l. paira de boy e seando desperao d’ogni uman aitorio, retornà solamenti a lo divim conforto. 3 Riconsiderare azioni o discorsi per non ripeterli o per modificarli in futuro, ricredersi (anche pron.). [1] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.-castell.), 12.11, pag. 762: ki de malfare se travaglia, / no lo porrà davante Lui celare, / da poi ke Cristo vede enteramente / le gogitatïoni de lo core. / Dunque, ki se repensa, savio ène. [2] Neri de’ Visdomini (ed. Panvini), XIII 153 sm. (fior.), 4.57, pag. 253: Ripensi ciò che face, / ch’è cosa sì fallace / tanta rea ’niquitate. [3] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 3, cap. 1, par. 8, pag. 65.12: l’uomo seco abitando dee ripensare gli suoi difetti per ammendarli. [4] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), App. 1, pag. 179.15: Ma quelli che ssi vuole comunicare e siasi provato, come detto è, e spezialmente lo prete, se questo l’incontrasse in cotali feste principali, dico che per reverenzia dell’excellenzia del Sacramento dée lassare la Messa, che nolla dica in quello die, ripensando sé e la sua miseria. [5] Cavalca, Specchio de’ peccati, c. 1340 (pis.), cap. 11, pag. 86.5: È dunque bisogno, che l’uomo prima si ripensi, ed accenda a odio, e dispiacere del peccato, e così con dolore, e con vergogna si vada ad accusare. [6] Novelle Panciatich., XIV m. (fior.), 140, pag. 141.23: Ripensandosi poi il re Davit di quello ch’avea fatto, et come avea rotti i comandamenti di Dio, parveli avere male fatto, et disse che non era dengnio d’avere la misericordia di Dio. [7] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 2, pag. 80.25: Lantora l’abao, repensando de cor l’aspereça e la dureça sua e la humilitae e mansuetudem de Libertim <...> acusandose incorpandese de la iniuria che faito li avea. – Sost. [8] Jacopo Passavanti, Specchio, c. 1355 (fior.), dist. 5, cap. 5, pag. 145.31: Ora, ad avere contrizione, vale il ripensare i peccati commessi, per li quali l’uomo ha offeso Iddio e ha fatto ingiuria al prossimo, ha fatto lieto il diavolo e contristato l’agnolo. RIPENSATO agg. 0.1 ripensate. 0.2 V. ripensare. 0.3 Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.): 1. 0.4 Att. solo in Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.7 1 Oggetto di intensa e prolungata riflessione, meditato. 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 Oggetto di intensa e prolungata riflessione, meditato. [1] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 1, par. 62, comp. 10.7, pag. 78: Iuno, [...] / imaginava, nel conccietto acervo d’amor folta, / come potesse far ch’altre fiate / Iove non riguardasse a l’amor fervo - dela stolta. / Poy, per fugar le cose ripensate, / Argo chiamò e disse: «O fido servo, - qui m’ascolta». SVERGOGNÀGGINE s.f. 0.1 f: svergognaggine. 0.2 Da svergognare. 0.3 F Meditaz. sulla vita di Gesù, XIV (tosc.): 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Comportamento vergognoso. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 1 Comportamento vergognoso. [1] F Meditaz. sulla vita di Gesù, XIV (tosc.): Meravìgliomi molto della svergognaggine d’alquanti che sono infra noi, i quali, poscia che egli averanno turbati tutti gli altri per loro singularità e per sua impazienzia, li provocarono a ira e per loro disubbidienzia l’insozzarono... || De Luca, Prosatori, p. 1020. SVERGOGNAMENTO s.m. 0.1 isvergongnamento, svergognamento. 0.2 Da svergognare. 0.3 Albertano volg., 1275 (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Albertano volg., 1275 (fior.); Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Mancanza di vergogna per ciò che si fa o si dice, impudenza. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 154 1 Mancanza di vergogna per ciò che si fa o si dice, impudenza. [1] Albertano volg., 1275 (fior.), L. II, cap. 10, pag. 90.5: Et Seneca disse: «Dale soççe parole ti guarda, p(er)ciò ke la licentia d'esse nutrica isvergo(n)gnam(en)to». [2] Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.), L. 9, cap. 16, pag. 677.15: Ma quando elli riempiuto le vele di svergognamento è portato al sommo grado de l'ardire... || Cfr. Val. Max., IX, 15, 2: «Sed dum plenis inpudentiae velis ad summum audaciae gradum fertur...». [3] Gl Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 2, cap. 1, vol. 2, pag. 145.13: come dice s. Bernardo, intollerabile impudenza, cioè svergognamento si è, che, ove la divina maestà si esinanitte, e avvilì, insuperbisca, e invanisca l' uomo, che è un vermicello... SVERGOGNANZA s.f. 0.1 f: svergognanza. 0.2 Da svergognare. 0.3 F S. Agostino volg., XIV (tosc.): 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Atto o comportamento indecente. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 1 Atto o comportamento indecente. [1] F S. Agostino volg., XIV (tosc.), L. 15, cap. 23: ed alcuni demoni, che li Franceschi chiamano Dusios, desiderano questa immondizia, e tentano di compierla spesso, molti e tali affermano questo, che negarlo pare protervia e svergognanza. || Gigli, Della città di Dio, vol. VI, p. 94. [2] f Bibbia volg., XIV-XV: L’opere della carne sono manifeste [[...]] la fornicazione, l’adulterio, la sozzura, la svergognanza. || TB s.v. svergognanza. SVERGOGNARE v. 0.1 isvergognare, isvergognati, isvergognato, svergognando, svergognare, svergognata, svergognati, svergognato, svergognerà, svergognò, svergongnate, svergonçar, svirgognarilu. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.2 Da vergogna. 0.3 Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.): 3. 0.4 In testi tosc.: Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.); Cavalca, Specchio di croce, a. 1342 (pis.). In testi sett.: a Legg. s. Maria Egiz., 1384 (pav.). In testi sic.: a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare sentimenti di imbarazzo e riprovazione per la propria condotta o per quella altrui (anche pron.). 2 Disonorare, umiliare, diminuire con azioni, atteggiamenti e parole la dignità o il prestigio di una persona o di un’isitituzione. 2.1 Insultare, oltraggiare. 2.2 Usare violenza carnale, stuprare. 3 Dimostrare o portare alla luce la cattiva indole o le azioni disprezzabili di qno, smascherare. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Provare sentimenti di imbarazzo e riprovazione per la propria condotta o per quella altrui (anche pron.). [1] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 29, par. 7, pag. 504.8: Quasi io non comando, ma io ricordo, che vvoi vi svergongnate. [2] a Legg. s. Maria Egiz., 1384 (pav.), 979, pag. 28: “Dona” dixe quel “se tu è’ pecarixe, / el t’è mester ben confessar, / che çò nonn-è da svergonçar, / che Deo sì à grande podestae / de perdonar toe peccae. 2 Disonorare, umiliare, diminuire con azioni, atteggiamenti e parole la dignità o il prestigio di una persona o di un’isitituzione. [1] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 2, cap. 62, pag. 221.20: e certo ivi era presente Parmenione, Sara, e altri uomini a voi suggetti sì com’io, i quali più tosto disaiuto che soccorso mi porsero, svergognando voi e la vostra potenza. [2] Cavalca, Specchio di croce, a. 1342 (pis.), cap. 24, pag. 108.8: volle sostenere vergogna, ed ogni infamia, ed esser disprezzato, e 155 schernito, ed illuso, ed isvergognato, ed umiliarsi, ed ubbidire a Dio insino alla morte della croce. [3] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 124, pag. 169.17: appressu lu factu di disciplina, et si illu non fa si non impeiurari, allura conveni viniri a la spata per svirgognarilu et per sbandirilu fora di lu paisi et dislongari da sì. 2.1 Insultare, oltraggiare. [1] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 8, cap. 117, vol. 1, pag. 581.23: Ruggieri di Loria colla sua armata venne insino nel porto di Napoli, faccendo saettare nella terra, e con grida e villane parole e a isvergognare il conte Artese e’ suoi Franceschi. 2.2 Usare violenza carnale, stuprare. [1] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 3, cap. 44, vol. 1, pag. 307.11: e ch’egli non sofferisse che la pulcella fosse svergognata e vituperata di suo corpo, innanzi che di sua franchigia. 3 Dimostrare o portare alla luce la cattiva indole o le azioni disprezzabili di qno, smascherare. [1] Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.), L. 3, cap. 6, pag. 97.15: que’ che sono falsamente lodati, di necessitade è che dalle lor lode sieno svergognati. [2] Francesco da Buti, Par., 1385/95 (pis.), c. 16, 100-111, pag. 480.28: unde saputo, fu svergognato e sempre fu rimproverato a quelli del suo casato. – Sost. [3] Giovanni dalle Celle, Lettere, 1347/94 (fior.), [1363/68?] 23, pag. 336.19: nullo remedio è migliore contro alla superbia e alla vanagloria e che più la facia tornare in cinere, che quello svergognare che si fa dinanci a Dio di sé medesimo. SVERGOGNATAMENTE (1) avv. 0.1 svirgugnatamenti. 0.2 Da svergognato 1. 0.3 Accurso di Cremona, 1321/37 Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (mess.): 1. 0.4 In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 In modo vergognoso, con ignominia. 0.8 Rossella Mosti 10.07.2013. 1 In modo vergognoso, con ignominia. [1] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 2, vol. 1, pag. 76.11: ca que cosa esti cussì forti a fari commu ad homu coniuntu per lignaiu et per ymagini cumandarli que issu svirgugnatamenti riturni a la patria? || Cfr. Val. Max., II, 7, 5: «quid enim tam difficile factu quam copulatae societati generis et imaginum deformem in patriam reditum indicere». [2] Lett. sic., 1341 (2), pag. 120.5: Sacha, Signuri, la vostra alta riali maiestati ki heri, die dominico XVII huius mensis septembris, li inimichi pir lu loru disastru et la loru malavintura dediru altra volta batallia a la terra di Milazu; si mali e svirgugnatamenti loru prisi vernidì passatu, peiu ora non appiru may pudiri di irgirinchi una scala. SVERGOGNATAMENTE (2) avv. 0.1 isvergognata, isvergognatamente, isvergongnatamente, svergognatamente, svirgnutamenti, svirgugnatamenti. 0.2 Da svergognato 2. 0.3 Albertano volg., 1275 (fior.): 1 (integrazione congetturale); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.): 1. 0.4 In testi tosc.: Albertano volg., 1275 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); Stat. lucch., XIV m.; Teologia Mistica, 1356/67 (sen.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza» (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Senza provare vergogna o pudore per ciò che si fa o si dice. 1.1 Senza timore di Dio, empiamente. 0.8 Rossella Mosti 10.07.2013. 156 1 Senza provare vergogna o pudore per ciò che si fa o si dice. [1] Albertano volg., 1275 (fior.), L. II, cap. 20, pag. 138.4: «la maggiore parte delli uomini p(er)versamente [e isvergongnatamente] tale amico volliono avere kente elli essere non possono, e quello k'elli ali amici no(n) da(n)no da lloro cheggiono»: ciò disse Tullio. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. II, cap. 13: [46] La maggior parte deli ho(min)i p(er)versame(n)te (et) isve(r)gognatame(n)te ta' amici vuolno avere quale elli essere no(n) puono; quello che elli ali amici no(n) dà(n)no a llor chierno - ciò disse Tulio. [3] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. I, cap. 14, pag. 71.3: Ma non si confà bene a senno d'uomo a parola di femina, quantunque sia savia, di venire contra qualunque sua sentenzia così svergognatamente e di negare così tosto quello ch'avea confermato. [4] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 4, vol. 1, pag. 90.22: Ca multu svirgugnatamenti Duriuni muntau a la renghera dicendu quisti paroli: «Segnuri Rumani, freni vi su stati misi in bucca, li quali per nulla maynera non su da sustiniri. [5] Stat. lucch., XIV m., pag. 214.20: Et se alcuna fusse sì fiera che isvergognata mente cadesse in falli e conmectesse colpe e ricuse o non conpie[sse] le penetençe inposte, sì sia dinuntiata al vicaro o al visitatore al più tosto k'esser pote... [6] Teologia Mistica, 1356/67 (sen.), cap. 1, 2, pag. 35, col. 1.31: Ed io Signore non umiliandomi, ma isvergognatamente insuperbendo ho disprezzato la tua maestade, mutando e cambiando te fonte d'ogni bene alle brevi miserie di questa vita. [7] Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.), cap. 15, San Paolo Eremita, vol. 1, pag. 189.12: E venne a lui una garzonetta bellissima, ma isvergognata e, svergognatamente, cominciò abbracciare il giovane ripieno de l'amore divino. 1.1 Senza timore di Dio, empiamente. [1] F S. Agostino volg., XIV (tosc.), L. 1, cap. 15: questo sguardino e tacciano coloro, che per questo pazzamente e svergognatamente scherniscono la religione cristiana... || Gigli, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini Della città di Dio, vol. I, p. 60. SVERGOGNATEZZA s.f. 0.1 svergognatezza. 0.2 Da svergognato 2. 0.3 Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.): 1. 0.4 Att. solo in Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Assoluta mancanza di ritegno o di rispetto. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 1 Assoluta mancanza di ritegno o di rispetto. [1] Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.), L. 7, cap. 7, pag. 520.7: Poi, compiuti li soldi, lo giovane tornò a casa, e trovolla a sè chiusa per lo errore del padre, e per la svergognatezza de li amici lasciati eredi. [2] Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.), L. 8, cap. 3, pag. 547.18: Caja Affrania moglie di Licinio Bruzzione senatore, pronta a contrarre liti e quistioni, per sè sempre appo il pretore parlò, non perchè avesse difetto d’avvocati, ma perchè abbondava di svergognatezza. SVERGOGNATO (1) agg. 0.1 sbergogniati, svergognata, svergognati, svergonçado. 0.2 V. svergognare. 0.3 Legg. S. Caterina ver., XIV in.: 1. 0.4 In testi tosc.: Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.); Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.). In testi sett.: Legg. S. Caterina ver., XIV in. In testi mediani e merid..: Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che prova umiliazione e biasimo nei confronti delle proprie azioni o di quelle altrui. 2 Che ha visto sminuita la 157 propria dignità, disonorato. 3 Vittima della sorte avversa, lo stesso che sventurato (usato come esclamazione). 0.8 Marco Paciucci; Rossella Mosti 28.08.2012. 1 Che prova umiliazione e biasimo nei confronti delle proprie azioni o di quelle altrui. [1] Legg. S. Caterina ver., XIV in., 783, pag. 283: [L’]inperaor è confuso e molto svergonçado, / pleno de grande ira e forto conturbado. [2] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 749, pag. 384, col. 1: Tucti li altri docturi / e Maxentiu ancuri / e tucta l’autra gente / che era lly presente / sedeano sbergogniati / colle corpora inclinati. [3] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 16, pag. 163.11: quella, attediata dell’aspettare, vedendo ch’egli non le rispondea e non alzava la faccia, confusa e svergognata si levò e partissi dalla finestra della sua cella. 2 Che ha visto sminuita la propria dignità, disonorato. [1] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 13, 109-129, pag. 363.29: vedendosi vituperati e svergognati et infami, fuggieno per la selva de’ vizii rompendo le frasche. 3 Vittima della sorte avversa, lo stesso che sventurato (usato come esclamazione). [1] Ceffi, Epistole eroiche, 1320/30 (fior.), ep. Isifile, pag. 55.30: Ahi svergognata! Che faroe io se la scellerata vincerà me pietosa, e se per lo suo peccato è dotata ed hae acquistato marito? Credo che di tanta disavventura me n’abbia colpa il grave peccato delle donne di Lenno. [u.r. 10.07.2013] SVERGOGNATO (2) agg./s.m. 0.1 isvergognata, isvergognatissima, isvergognato, svergognata, svergognati, svergognato, svergugnata, svirgugnatu. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 0.2 Da vergogna (con ex- privativo). 0.3 Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.castell.): 1. 0.4 In testi tosc.: <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>; Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.); Cavalca, Specchio de’ peccati, c. 1340 (pis.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.5 Anche s.f. (svergognate). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Privo di pudore e misura. 1.1 Senza vergogna riguardo al sesso. 1.2 Che contraddice il pudore e la misura nei sentimenti e nei comportamenti, moralmente disprezzabile. 1.3 Audace, privo di timidezza e di esitazione. 0.8 Marco Paciucci; Rossella Mosti 28.08.2012. 158 profondo delli mali, dispregia Dio, e diventa isvergognato ad ogni male. – Sost. [7] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 83, pag. 229.23: Allora lo svergognato confessa in palese, e piuvica la sua infermità. [8] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), L. 2, cap. 6, pag. 194.17: E se per avventura alcuno svergognato o arrogante prossumisca di storciersi contro all’opere dell’Eterno Arteficie, [...] rispondere [dovete] a lui così. – S.f. [9] Dante, Commedia, a. 1321, Purg. 23.106, vol. 2, pag. 400: Ma se le svergognate fosser certe / di quel che ’l ciel veloce loro ammanna, / già per urlare avrian le bocche aperte... 1 Privo di pudore e misura. 1.1 Senza vergogna riguardo al sesso. [1] Bestiario moralizz., XIII (tosc./aret.-castell.), 26.7, pag. 792: non se reteine, tanto è svergognato, / de tentare l[a] umana natura. [2] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 6, cap. 17, vol. 3, pag. 61.9: Però che sono tali cose, che l’uomo dee temere ragionevolmente, sì come sono vizii, ed ogni cosa che pone l’uomo in mala nominanza: e quegli che non ha paura di queste cose, si è svergognato e degno di vitupero. [3] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 3, pag. 11.17: Così è de’ peccatori, che perdono la faccia e non si vergognano, e diventano svergognati. [4] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 8, cap. 2, vol. 2, pag. 153.30: Ottacilia [...] de amica ubedienti que issa l’era subitamenti li fu commu districta usurera, adimandanduli li dinari, li quali, commu con svergugnata fronti se li avia facti prumittiri, cussì foru con vana stipulaciuni. [5] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 4, pag. 124.10: O pertinace e isvergognato amore, a che non costringi tu li appetiti de’ mortali! [6] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 28, vol. 1, pag. 249.9: Onde si dice nelli Proverbi: Quando l’empio è venuto in [1] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 32, pag. 576.14: 148. e dice, che di sopra v’era una puttana sciolta ed isvergognata, della quale è qui scritto. [2] Dom. da Monticchiello, Rime, 1358 (sen.), 3.290, pag. 54: Anco vidi costretto a cotal’voglie / Venere e Marte svergognati all’atto. 1.2 Che contraddice il pudore e la misura nei sentimenti e nei comportamenti, moralmente disprezzabile. [1] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. I, cap. 18, pag. 197.32: Perciò che non pare che quelli servi castitade al suo amante, secondo che vuole amore, lo svergognato proponimento del quale scuopre la pura mente. [2] Petrarca, Disperse e attribuite, a. 1374, 213.80, pag. 271: O svergognato ardire; / Una zoppa bugia / Voler a lunga via / Guidar molti c’han senno! 1.3 Audace, privo di timidezza e di esitazione. [1] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. I, pag. 259.23: Se tu parrai saccente alle sempici e se tu parrai isvergognato alla vergognosa, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini immantenente quella si disfiderà di te. [2] Cavalca, Specchio de' peccati, c. 1340 (pis.), cap. 11, pag. 86.22: dee avere lo peccatore una vergogna svergognata, cioè che molto si vergogni della colpa commessa, ma non lasci però d’accusarla, e di farne penitenzia. SVERGOGNOSAMENTE avv. 0.1 f: isvergorgognosamente. 0.2 Da svergognoso. 0.3 F Cavalca, Vite SS. Padri (ed. SorioRacheli), a. 1342 (pis.): 1. 0.4 Non att. nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Senza provare alcun pudore. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 1 Senza provare alcun pudore. [1] F Cavalca, Vite SS. Padri (ed. SorioRacheli), a. 1342 (pis.): ma la sua impunita lussuria a tanto l’ha condotto ch’egli entrò una sera quasi di notte isvergognosamente nella camera della madonna mia... || Sorio-Racheli, Cavalca. Vite, p. 633. SVERGOGNOSO agg. 0.1 isvergognoso. 0.2 Da vergognoso. 0.3 <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>: 1. 0.4 Att. unica nel corpus. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che non prova vergogna per ciò che fa o dice. 0.8 Rossella Mosti 10.05.2013. 1 Che non prova vergogna per ciò che fa o dice. [1] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 6, cap. 14, vol. 3, pag. 46.9: Vergogna è passione d’anima, e non è virtude; e quegli che tiene lo mezzo della vergogna è detto vergognoso; e quegli che si vergogna più che non dee, si è detto in greco recoples, e quegli che si vergogna meno che non dee, è detto isvergognoso. 159 TRAPENSARE v. 0.1 trapensando, trapensare. 0.2 Da pensare 1. 0.3 Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.): 1. 0.4 In testi tosc.: Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.). N Att. solo fior. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Rivolgere con attenzione e intensità il pensiero verso un argomento, riflettere. 1.1 Pensare ossessivamente e smodatamente a qsa o a qno. 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 Rivolgere con attenzione e intensità il pensiero verso un argomento, riflettere. [1] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 113.3, pag. 350: Da che savete, amico, indivinare / ciò ched io penso dentro dal mio core, / tutto m’avete fatto trapensare / cad io non sacc[i]a, o voi ne siete fore. 1.1 Pensare ossessivamente e smodatamente a qsa o a qno. [1] Laudario Magliabech., XIV sm. (fior.), 20 bis.2, pag. 94: Or se’ tu l’amore - per cui io moro amando, / et te trapensando - chiamando et gridando / languisco d’amore. TRAPENSATO agg. 0.1 trapensato. 0.2 V. trapensare. 0.3 Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.): 1. 0.4 In testi tosc.: Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.); Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.); Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). Doc. esaustiva. 0.7 1 Che è afflitto da pensieri angosciosi e tristi o da grandi preoccupazioni. 0.8 Marco Paciucci 20.02.2012. 1 Che è afflitto da pensieri angosciosi e Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini tristi o da grandi preoccupazioni. [1] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 18.38, pag. 502: diversi colori / vanno inver me volgendo, / ond’io vivo ismaruto e trapensato. [2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 42.48, pag. 150: Ché llà dov’è il pregio contato / di valore e di bieltate, / altri l’ave in potestate, / ond’io ne moro trapensato. [3] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 514, pag. 532.32: Et quando Pirrus udì questa risposta, elli ne fu molto sbigottito e trapensato. VERGOGNA s.f. 0.1 bergonia, vegongna, vercogna, vercongnia, verghogna, verghognia, verghonça, verghongna, verghongnia, vergna, vergoga, vergogn’, vergogna, vergogne, vergognia, vergogny, vergogua, vergoia, vergoigna, vergoingna, vergona, vergonça, vergonçe, vergoncia, vergonçia, vergoncie, vergongna, vergongne, vergongnia, vergonia, vergonie, vergonna, vergonnia, vergonza, vergonze, vergonzia, vergoza, vergugna, vergunça, vergunçia, virgogna, virgogni, virgognj, virgona, virgongna, virgugna, virgugni, virgungna, vregogna, vregogne, vregognia, vregona, vregonça, vregonçça, vregonza. 0.2 Lat. verecundia (DELI 2 s.v. vergogna). 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)> ; Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.); Stat. prat., 1295; Lett. lucch., 1295; Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.); Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi); Lett. pist., 1320-22; Stat. cort., a. 1345; Lett. volt., 1348-53. In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.); Esercizi padov., 160 XIII m.; Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Serventese romagnolo, XIII tu.d.; Caducità, XIII (ver.); Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.); Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.). In testi mediani e merid.: St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.); Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.); Stat. assis., 1329; Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Stat. perug., 1342; Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.); Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.); Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Stat. castell., a. 1366; Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.); a Apologhi reat., XIV. In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.); Stat. palerm., 1343; Simone da Lentini, 1358 (sirac.); Lett. catan. (?), 1370/79. 0.5 Locuz. e fras. a vergogna 2; che vergogna 1; dire vergogna 2.1; fare vergogna 2, 2.1, 4; in vergogna 2.1; mettere a vergogna 2; mettere in vergogna 2; recare a vergogna 2; recare in vergogna 2; ritornare in vergogna 2; senza vergogna 3; stare alla vergogna 2; tenere a vergogna 1; tenere in vergogna 1; tornare a vergogna 2; tornare in vergogna 2. 0.6 N La forma vergna di Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.) sembrerebbe un errore, data l’improbabilità della caduta della sola vocale tonica. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Sentimento di malessere e di imbarazzo suscitato da comportamenti, condizioni o discorsi propri o di altri. 1.1 Rossore del viso conseguente a sentimenti di imbarazzo e biasimo di sé. 1.2 Incertezza, mancanza di risolutezza e sicurezza, timidezza. 2 Infamia, disonore, sentimento di umiliazione. 2.1 Insulto, oltraggio, parola Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini o azione offensiva, violenta e mortificante. 2.2 Situazione o azione degne di biasimo, che suscitano sdegno o imbarazzo. 3 Riservatezza, attenzione alla misura dei gesti e delle parole, pudore. 4 Parti del corpo che la decenza e il comune imbarazzo vogliono celate alla vista, organi genitali (anche plur.). 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Sentimento di malessere e di imbarazzo suscitato da comportamenti, condizioni o discorsi propri o di altri. [1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 72, pag. 563: qi parla pur quando ie bisogna, / ki parla ben enlora, mai no tema vergogna. [2] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 5.44, pag. 190: tut[t]a gente ti rampogna, / a voi ne torna bassanza / e a me ne cresce vergogna, / amore. [3] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [La Vecchia], pag. 51.33: E quamvisdeu q’eu sea besognevole, eu ai vergonça de contar tante caose quante me besogna. [4] Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.), 100, pag. 422: Quado li son vegi, de, non abià vergonia. [5] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 288.24: Ancora molti altri mali fece, li quali avemo vergonia de mentovare. [6] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 211.8: E quella ripensa e riguardollo e rafigurollo e venelene sì gran vergogna ch’ella nol potte patire. Incontanente morìo. [7] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 736, pag. 27: Cosí, perké li misi no pensòn anze tragio, / Li aven grand vergonza e se pentín pos fagio. [8] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 44: o miserabile co(n)dissio(n)e da me(n)dicare, che se dima(n)da di vergo(n)gna si co(n)fonde et se no(n) dimanda di bisongna(n)sa si co(n)su(m)ma. [9] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 10, pag. 106.36: E dunque perciò che i re debbono essere buoni ed avere maniera di vecchi uomini, ellino non debbono essere vergognosi, se non in tanto che, s’elli av- 161 viene ch’elli facciano alcuno male o alcuna villanía, allora debbono avere maggior vergogna che li altri. [10] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 35, pag. 61.28: Vergogna è virtù per la qual si vergogna l’uomo de le soperchianze e de’ mali, e si rifrena la lingua che sozze parole o di soperchio non favelli. [11] Caducità, XIII (ver.), 223, pag. 662: Tal parerà ke la barba se ’n tir / k’al cor piçol’ grameza n’à sentir, / e se no fos vergonça, a lo ver dir, / li plusor de lì s’avo [de]partir. [12] Poes. an. urbin., XIII, 13.5, pag. 567: Alta regina, dolçe Madonna, / lo mio peccato tanto m’abunda, / k’io te pregara cun molta vergogna / s’io non sapesse la tua cortesia. [13] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 10.32, pag. 34: Meglio t’è d’aver vergogna denante a lo preite mio, / c’ad averla puoi con doglia al iudicar che farò io. [14] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 2, pag. 61.6: el quale per la vergogna e ’ dolore che de ciò ebbe sì grande, tanto esconfortò che quasi a morte venne. [15] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 678, pag. 41: Quilli lo conubero, grande dolore avea; / tucti se compiango lor vergognia. [16] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 79.199, pag. 395: e se voi no ve forzai / en aquistà zo che possai, / tosto porresi con vergogna / mendigà vostra besogna. [17] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 31, pag. 42.9: vergogna, la qual se reduse a paura. [18] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 7.2321, pag. 268: Per penitenza riprende la vita / Che per vergogna piangendo fu posa... [19] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 31, 1-6, pag. 725, col. 2.17: Qui, continuando so sermone, dixe che una medesma lengua, zoè, quella de Virg., prima lo morse, zoè, quando lo redarguí [[...]] in tal modo che ’l fe’ per vergogna deventar tutto rosso in le gote. [20] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 43.18: Feton arrossio; e per la vergogna raffrenò l’ira. [21] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (pe- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini rug.), pt. II, cap. 5, pag. 666.18: si dovrebbe [[...]] andare a buono e discreto sacerdote e confessarsi umilemente e con dolore e con vergogna e con molto pentimento del tuo peccato. [22] Ingiurie lucch., 1330-84, 19 [1336], pag. 22.13: Va’ va’ non ài tue ve(r)congnia? [23] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 7, pag. 84.29: lu episcupu, pir virgogna, non li dixe la temptatione ki avia de killa monaca. [24] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 2, vol. 1, pag. 77.26: Ca issu Cincinatu se pensau ca non era homu dignu di essiri consulu quillu lu quali [[...]] non avia avutu virgugna di tiniri inclusi intra di li porti li rumani armi tremandu di pagura. [25] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 33, pag. 161.11: Ma nu te pregamo Segnor per lo to’ sancto nome che tu no ne lassi pù in tanta vergogna e che tu no dissipi né guasti lo to’ testamento. [26] Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.), 54, pag. 116: non vogava lengno Venetiano / da Nigroponte che non fosse preso / e menato denançe a Morbasciano / e ciaschun morto con sì facto estratio / che per vergongna taccio, e non lo spiano. [27] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 352, pag. 49: Et Iuda per questa ramponia / ebbe grandissima vergonia. [28] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 21, pag. 97.16: li Cristiani sindi avianu grandi virgongna chi intra di lor era truvatu tradituri. [29] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 1233, pag. 288: Li Aquilani, vedendo che lo playto perduto ène, / Et resistere allo papa, cridi, non venìa bene, / Et averenne vergogna era ad nui gran pene. [30] Lett. catan. (?), 1370/79 (2), pag. 163.3: inpirçò eu lu dixi inpirçò ki li monachi si anu factu la stabilitati, et pir la virgona di vulirisi partiri sença li[cen]cia non chi virianu se[n]ça cumandamentu di lu Papa. [31] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 9, pag. 47.26: per la vergogna non volevano apparere; de dìe non volevano essere conosciute. [32] a Apologhi reat., XIV, 18.7, pag. 378: Tenevalu lu lione nella brancha / et dello accidere niente non s’afrancha; / per la vergongna 162 bene lo lassava, / ché così vile bestia piglava. – Timore del giudizio altrui sulle proprie azioni o sui propri atteggiamenti. [33] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 161, pag. 182: Oltri è ke per vergonza dri serv e dri parenti / No vol far penitentia con bon adovramenti. [34] Fiore, XIII u.q. (fior.), 211.6, pag. 424: Tu non devi aver vergogna / Di me, chéd e’ nonn à di qui a Bologna / Nessun c[h]’un fatto saccia me’ celare. [35] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 4, cap. 33, pag. 157.9: ogy è sì grande sollepnitate, ki omni pirsuni vay a la ecclesia; si eu non chi vau, avirò grandi virgogna di li autri. [36] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 31, pag. 150.32: Et chi metesse zù la vregogna del mondo per amor de Cristo e no se curasse çance de le lengue façendo ovre honeste, [[...]] serave amao da Criste chomo la Magdalenna. [37] a Simone da Cascina, XIV ex. (pis.), L. 2, cap. 33, pag. 199.27: Essendo tentata di discendere dalle vertù alli visii, pensi che Iddio e li santi angeli e li santi beati la vedranno, e vergognisi di loro; pensi anco la vergogna degli omini, però che ’l fine del peccato è confuzione e vergogna. – Escl. [38] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. V [Phars., V, 678-699], pag. 94.6: Vergogna! Èe a te la cagione d’avere domandata Ytalia? – [Personif.]. [39] Fiore, XIII u.q. (fior.), 19.10, pag. 38: Perciò che Castità e Gelosia / Sì ànno messo Paura e Vergogna / In le’ guardar, che non faccia follia. – Locuz. escl. Che vergogna. [40] Senisio, Declarus, 1348 (sic.), 232r, pag. 140.17: Propudor, interiectio est pudoris, quasi dicat: ‘O che vergogna!’. Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini – Tenere a, in vergogna: provare imbarazzo per qsa o per il comportamento di qno. [41] Milione, XIV in. (tosc.), cap. 58, pag. 79.10: E tutti quegli di questa provincia sono bozzi delle loro femine, ma nol si tengono a vergogna. [42] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 123, pag. 412.15: E non è sì piccolo cittadino nella città, se vuole andare in alcuna parte, che [[...]] tiensi in vergogna, se non truova all’entrare della Terra alcuno, che ’l mostri agli strani, e dica: ecco il mio segnore. 1.1 Rossore del viso conseguente a sentimenti di imbarazzo e biasimo di sé. [1] Dante, Convivio, 1304-7, IV, cap. 19, pag. 384.10: Onde buono e ottimo segno di nobilitade è, nelli pargoli e imperfetti d’etade, quando dopo lo fallo nel viso loro vergogna si dipinge. [2] Ingiurie lucch., 1330-84, 251 [1372], pag. 71.3: - Noi t’abbiamo facta stare trista e anco ti farimo et io te cavarò l’ochio (e) no(n) ti no poterai aitare, che ài tanta vergongna i(n) sul naso che no(n) te ne la levarai mai. [3] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 32, 25-39, pag. 810.26: e però dice che l’ombre dolenti erano nella ghiaccia livide tutte, infin dove appar vergogna; cioè infino al volto. 1.2 Incertezza, mancanza di risolutezza e sicurezza, timidezza. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 18d.2, pag. 259: Cotale gioco mai non fue veduto, / c’aggio vercogna di dir ciò ch’io sento, / e dottone che non mi sia creduto. [2] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 184.11: Graziosi sono li beneficii che stanno aprestati e che si fanno incontro al ricivitore, là ove nonn ha indugio se non in vergogna di colui che ’l riceve. [3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 175, pag. 183: Sed el in questo mondo aguadhaniar poësse / Un qualke grand tesoro ke molto ge plasesse, / Za per vergonza alcuna afrang no hav el esse / Ke lu pr’ amor dei homini grand brega no se ’n desse. [4] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 22: la vergo(n)- 163 gna infrailisce li diricti ingengni et l’ardime(n)to (con)ferma li malvagi. [5] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 14, pag. 46.8: Il filosofo divisa sette maniere di fortezza. E la prima si è quando alcuno dotta vergogna, e che vuole conquistare onore, intraprende alcuna cosa dottevole o pericolosa. [6] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 49, pag. 69.10: Ma avengnachè questi defecti sia en la femena per defetto de raxon, anpo’ da çò ella se retraçe per vergonça, la qual è molto natural a la femena, perçò k’ella è molto defectuosa en l’anema. [7] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 29.2: Quella, ch’avea in odio il matrimonio come ’l peccato, copria la bella faccia di rossore di vergogna. [8] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 451.9: Alla quale cosa Pari posta giù ogni vergognia, al luogo ove era Elena s’appressimò. [9] Cecco Nuccoli (ed. Marti), XIV pm. (perug.), 9.12, pag. 702: Vergogna nel venir non ho, né freno, / ben ch’altre parle o me dimostre in segno. [10] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De la jatancia, vol. 1, pag. 112.7: ell’è de quilli chi no sam p(er) vergogna loar so no quelli che li atri fam e dixem. [11] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 1204, pag. 280: Mannamboli la scorta per lo nostro terrino / Che dareli facesse órigio, pane et vino / Per lo denaro loro, como a lloro vicino, / Et vergogna non avissero: como nui, né plu né mino. [12] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 2, pag. 57.40: Li altri chi stavano da tuorno et all’erta a sservire, vedendono che Medea non manyava, credevano che non per ’namoramento Medea lassasse lo manyare, se non per diricta vergogna che avesse de quilli strangieri. 2 Infamia, disonore, sentimento di umiliazione. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 725, pag. 553: Tanto presia la femena ni vergonça ni onta / como presia la capra la late poi q’è mouta. [2] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (crem.), 278, pag. 571: Femena savi’ e casta de marid è corona, / gadhal mat’ e soperbia vergoigna et onta ·ig dona. [3] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 18d.12, pag. 259: ma tacciolmi, che no mi sia vergogna, / ca d’onne parte amoro[so] pensieri / intrat’è in meve com’agua in ispugna. [4] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 57.27: Antenor recordao como recipeo molta vergonia in Grecia da li greci. [5] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2043, pag. 246: Però fa grande bene / chi s’arischi’ al morire / anzi che soferire / vergogna né grave onta. [6] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura nigra, 898, pag. 131: A far li De servisij al mond me vergonzava, / Dond mo conven k’eo porte vergonza desoradha. [7] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. III, cap. 15: Tulio disse che ongna inquisitione et casticame(n)to dè esser sensa vergo(n)gna et no(n) si dè riferire a utilità. [8] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 1, pag. 110.32: e perciò che ’l padre né gli amici non li ammaestrano, se non di bontà e di senno e di cose buone ed oneste, essi desiderano molto d’avere onore e temono molto vergogna e disnore. [9] Fiore di rett., red. beta, a. 1292 (fior.), cap. 46, pag. 48.14: E que’ dicono la venuta che feciono a l’albergo ove la mattina gli aveva menati, e come si tornarono adrieto con gran vergogna. [10] Lett. lucch., 1295, pag. 13.5: Unde elli si nde sono richiamati al chamarlingho del p(a)p(a) (e) danoci brigha, e no(n) sapemo se ce lli cho(n)vene paghare; no(n) aremo podere, sì nde ricevremo gra(n)de vergho(n)gna (e) danno. [11] Poes. an. urbin., XIII, 12.40, pag. 565: La prima est[e] l’amore / ked è da patre a ffillo, / e la vergongna e ll’onta / ke fora si lo fillo gesse male. [12] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 7.26, pag. 23: Ecco la mal guidata, confusion de parente, / che fa tutta sua gente con gran vergogna gire! [13] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. 164 (aret.), 3, pag. 69.16: né una volta era stato ch’en la fine li Romani no ’nd’ avessero avuto danno e vergogna, però che li Nomanzini erano tucti li più franchi omini del mundo d’arme. [14] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 599, pag. 870: Chavalcadi de bona voia, / ché Tibaldello è a gram bexogna, / ché voi averì Faença sença vergogna / de presente. [15] Giudizio universale, XIV in. (ver.), 210, pag. 62: e lì serà li clavi e la lança / e li spine e la corona santa / e l’axeo e la fel e la sponça, / a confundimento et a vergonça / de li pecaori tuti quanti. [16] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 23, pag. 27.9: Molto è gran vergonça a lo retor ch’elo sia preso e metudo in prexon. [17] Lett. pist., 1320-22, 18, pag. 69.12: questa opera è chuminciata per te e per te si de’ finire, se tuo no’ ne vuoli verghongnia. [18] Stat. sen., 1324, Pt. 1, cap. 7, pag. 235.10: perciò che [[...]] molte buone provisioni sieno rimase le quali non ànno avuto lo loro affecto, e ite innanzi come dovevano, anzi sono trapassate e dimenticate, poi che sono state prese e fermate nel Consiglio de la detta università (de la qual cosa poterebbe ritornare damno e vergogna a la detta università). [19] Stat. assis., 1329, cap. 12, pag. 178.35: Ma niuna femena al postucto ce sia lassata entrare, sença lecentia del priore, del sopriore e de i descrite. E chi contra farà da l’offitio con vergogna sia remosso. [20] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 2, vol. 1, pag. 83.18: In verità, quella fatta uccella, ma consapevole della colpa sua, cela la vergogna con le tenebre, e fugge la luce, ed ee cacciata da tutti gli uccelli per l’aria. [21] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 5, pag. 666.34: E li nostri peccati si cominciano in cuore, [[...]] pensando e imaginando, ma nol vorrebbe fare per atto, temendo vergogna, o altra cosa, ovvero non possendo, anche consentendo se potesse. [22] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 10, pag. 28.33: virgognandusi de la genti, timendu kysta dompna pluy la virgogna de lu mundu, ca lu rimorsu de la consciencia, mìsessj alla processione. [23] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 9, cap. 1, vol. 2, pag. 195.19: Al- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini tressì ben vituperusu fu quillu convitu lu qual fici Gemellu [[...]] con gran vergugna di tutta la citati. [24] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 11, pag. 49.4: Lo despresio de quel fero deveso, crudel e sença ogne humanitae, e quel giaçço da can su que el giaseva a la porta del richo con gran vregogna se ghe promettevan quî loghi de requie. [25] Stat. perug., 1342, L. 1, cap. 56, par. 35, vol. 1, pag. 231.19: e quale contrafarà paghe al comuno de Peroscia per nome de pena diece livre de denare e nientemeno ei pangne overo ei calçamente per esso tolte con vergongna restituire sia costrecto. [26] Stat. palerm., 1343, cap. 7, pag. 17.8: vulimu ki per omni volta ki si leginu li capituli, si ricordinu per nomu tucti li cachati, azò ki di tali virgongna chascunu aia pagura... [27] Stat. cort., a. 1345, cap. 12, pag. 136.8: sì dicemo, ke per ongne officio se debbiano leggiare una volta fra la conpagnia, perkè de tal vergongna ciascuno abbia paura. [28] Lett. volt., 1348-53, pag. 180.15: pensate che ritrovandovi sença den. a’ casi che possono avenire quanto di dampno e vergogna ne potreste portare e di reprensione nel’animo! [29] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De la golla, vol. 1, pag. 107.23: questo vicio sì me(n)na l’omo a vergogna, p(er)ché ello primerame(n)ti ello deve(m) taverné. [30] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 6, pag. 18.16: Et lu conti Hunfredu si misi in cori ananti muriri cum honuri, ca viviri cum virgogna in quistu mundu. [31] Stat. castell., a. 1366, pag. 127.3: Et se neuno gridasse per tale modo che s’udisse de fore o dicesse altra vilania co(n) neuna persona, che rendesse vergonnia ala compania, che ’l priore el debbia mandare ala Fratta. [32] Dondi dall’Orologio, Rime, XIV (padov.), 44.14, pag. 101: chi è corente à più volte le fiche / et schaco matto in mezo il tavolieri, / sì ch’el riporta et la vergogna e ’l danno. [33] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 13, pag. 112.28: Granne è la tristezza, granne è lo pianto, maiure la vergogna de tornare. [34] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 1, pag. 50.28: E poy che lo re Peleo appe saputo che quisto pecoro de auro consistiva in tanto 165 periculo de morte [[...]] incontinente sì pensao che per nulla altra via, se non per mandare là Iasone suo nepote, e plu legeremente no lo potea tradire a morte senza vergogna e diffamia di sua persona. – Locuz. avv. A vergogna: biasimevolmente, con onta e disonore. [35] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 67.71, pag. 280: Tu sai molte fiate s’eo ce so albergato, / e sai co a gran vergogna sì me n’hai for cacciato. [36] Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.), pag. 51.21: ’l re di Puglia ne fu crucciato e ragunò tutti i savj uomini della sua terra, e domandò loro consiglio di quello che dovesse fare di Roma che sottomettea a vergognia tutte le sue terre. [37] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 1, cap. 1, par. 2, pag. 11.8: ’l loro nome patronicho che glolia inmu[n]ità e franchigia solea donare a ccoloro che ll’appellavano, loro è ora messo al dinanzi in rinproccio dell’altre nazioni, a grande verghongnia e villania. – Locuz. verb. Fare vergogna: disonorare, ledere la dignità e la rispettabilità di qno con il proprio comportamento o le proprie parole; mortificare, umiliare. [38] Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.), 57, pag. 421: Ceschaduna dona che va desonestamente / alla offende a Cristo omnipotente / e fa vergonza a zeschadun so parente. [39] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 126.25: lo patre Maximo pregao li senatori e lo consilio, ke no li devessi fare tale vergonia, ka io e filiomo gimo da capo de la vactalgia. [40] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 3, cap. 23, pag. 274.8: Anche non de’ fare vergognia a la moglie tua, se tu puoi altro fare, però che dice Salamone. [41] Poes. an. urbin., XIII, 15.46, pag. 573: cacça lo mi’ Adverseri, ke sta sempre davante, / e ffa’li gran vergongna, Vergen victorïosa. [42] Fiore, XIII u.q. (fior.), 221.4, pag. 444: Sì gl[i] à giurato per tutti gli dèi / Ch’ella le farà ancor gran vergogna. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [43] Cronica fior., XIII ex., pag. 122.27: all’uscire della camera, il Re co molti baroni le si fece incontro per farle vergongna. [44] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 8, pag. 499.22: A tutte femine [ho fatto] vergogna, ch’io so bene ciò che la cosa monta. [45] Palamedés pis., c. 1300, pt. 2, cap. 71, pag. 129.18: ella avea paura tuttavia ch’elli non li facesse vergogna al dirieto però che nonn era di sua legge. [46] Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 339, pag. 30: No amàro fìglimo e mi no vogliu amare, / perciò vergognia e onta assai me cridu fare. [47] Lett. pist., 1320-22, 14, pag. 58.27: le moltte ispesse che fatte v’avette vi farebono troppo dano e verghongnia. [48] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), canz. 1.74, pag. 6: Cançone mia, regraciani madona / che m’à donato - l’ornato parlare, / per che andare - pòi a chi te spogna: / fra l’altre non te fie fatta vergogna. [49] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 4, pag. 14.35: et comandau lo papa ad chisto Juliano che lo devesse menare cum honore e no lli facesse nulla vergogna. [50] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 3, cap. 2, vol. 1, pag. 105.29: Adimustrau Crassu a la fortuna commu issa avia vulutu fari virgugna et iniuria ad homu qui non era dignu di chò. [51] Stat. perug., 1342, L. 3, cap. 88, par. 1, vol. 2, pag. 143.16: Per ciò ch’è desonesto vergogna fare a le femmene, statuimo ke quignunque maschio farà ad alcuna femmena de buona conditione e fama eniuriosamente cadere de capo overo tollerà vecta overo drapello overo velecto overo panno, el quale en capo portasse, sia punito per ciascuna fiada en vintecinque libre de denare. [52] Tristano Veneto, XIV, cap. 132, pag. 134.1: Vui me avé fato vergonçia, ma io la renderè a vui chara, se io cià ma’ porè! [53] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 4, pag. 75.18: E monstrao in questa parte tanta ingratitudene e desonestanza, facendo tanta vergogna a quella dompna, la quale era descesa de schyata riale. [54] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 5, pag. 90.20: Ché quar e 166 quanto sea l’omo proase quando li è faito vergogna. – Locuz. verb. Mettere a / in vergogna. [55] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), cap. 102, pag. 197.21: Oi ree Marco, maladetto possi tue essere, quando tue ài atteso ali traditori, li quali [[...]] ànno fatto discacciare di tutta Cornovaglia lo piue prode cavaliere e lo migliore di tutto il mondo, e messa in vergongna la più bella dama che ssia al mondo! [56] Palamedés pis., c. 1300, pt. 1, cap. 4, pag. 7.20: Fortuna, che gran male mi vuole e che mi volea mettere in onta et in disnore e in vergugna, mi fece amare un cavalieri, non micca di sì alto lignagio né di sì nobile come sono io. [57] Tristano Veneto, XIV, cap. 113, pag. 122.23: Questo hè quello lo qual ha messo tuti nui in gran folia et in vergoncia! [58] Tristano Veneto, XIV, cap. 394, pag. 357.10: Hai fontana de beleçe, per la qual io ho fato molte chavalarie et per la qual io ho messo molti chavalieri a vergoncia! – Locuz. verb. Recare a / in vergogna: considerare disonorevole, turpe. [59] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. I [Phars., I, 121-157], pag. 5.2: Ma in Cesare non era così grande nome né la fama del duca era cotanta, e la sua virtù non sapea stare in luogo, solo si recava a vergogna non vincere per battallia; aspro e non domato, portava la mano ove la sperança e ove l’ira l’avesse chiamato. [60] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 38, vol. 2, pag. 24.28: E recandosi egli a vergogna, che si dicesse, che fosse morto per mano di femmina, vedendosi morire chiamò il suo scudiere, e comandogli, che il compisse di uccidere. [61] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 8, cap. 148, vol. 1, pag. 623.20: una notte ch’era una grande fortuna di tempo, se n’uscirono quegli del castello sani e salvi per mezza l’oste de’ Fiorentini, onde a quegli che v’erano fu recato a grande vergogna. [62] A. Pucci, Guerra, a. 1388 (fior.), III, ott. 11.5, pag. 214: Ed in grande vergogna si recava, / ch’alla battaglia non veniva tosto, / Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini siccome uom vago d’acquistare onore. – [Dir.] Locuz. verb. Stare alla vergogna: essere esposti fisicamente al pubblico biasimo come sanzione legale conseguente al compimento di un reato o di un crimine. [63] Doc. palerm., 1380, 5, pag. 244.24: Item si alcuna pirsuna cuntravenissi a li cosi priditti oy alcuna di kissi, et non avissi di pagari la pena priditta, sirrà frustatu pir la terra et poy stirrà unu iornu a la virgogna. – Locuz. verb. Tornare, ritornare a / in vergogna: determinare imbarazzo e biasimo, gettare il disonore su qno. [64] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 1882, pag. 241: ch’on dice che menzogna / ritorna in gran vergogna / però c’ha breve corso. [65] Trattati di Albertano volg., a. 128788 (pis.), De amore, L. II, cap. 19: siati a me(n)te di saviame(n)te celare quello che lo tuo amico tornasse [a] vergo(n)gna, acciò che come biasmi tu no(n) biasmino molti altri. [66] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 3, pag. 116.14: Appresso dovemo sapere che, giassiacosa ché ei re e i prenzi debbono intèndare a fare le opere di grand’onore, molto maggiormente si debbono guardare di far cosa che lor torni a vergogna e ad ontia. [67] Fiore di rett., red. beta, a. 1292 (fior.), cap. 12, pag. 14.15: - E quali? - Queste: il marito, il padre, i fratelli, e l’altre persone cu’ ella conosce che ’l fatto suo torni a vergogna. [68] Stat. prat., 1295, pag. 448.11: Anco ordinamo che ciascheuno si debbia guardare d’alcuna cosa la quale vedesse o udisse infra noi, di mecterla i(n) bocca i(n) alcun’ altra p(er)sona; la quale cosa potesse tornare i(n) vergogna o scandalo di q(ue)sta Co(m)pagnia. [69] Stat. sen., 1309-10 (Gangalandi), dist. 1, cap. 317, vol. 1, pag. 234.25: Et chiunque andarà o vero mandato sarà in alcuna ambasciata del comune di Siena, sia tenuto et debia essa fare bene et lealmente, et neuna cosa ricevere, ne la detta ambasciata, la quale possa in danno o vero vergogna del comune di Siena, tornare. 167 [70] <Cavalca, Disc. Spir., a. 1342 (pis.)>, cap. 6, pag. 50.5: E dobbiamo sapere, che avere buona dottrina, e mala vita, torna in gran vergogna del dicitore. [71] Tristano Cors., XIV ex. (ven.), pag. 69.6: ma io me pensay ch’ello me serave tornado a gran vergogna, perciò ch’elli erano mei conpagnoni. 2.1 Insulto, oltraggio, parola o azione offensiva, violenta e mortificante. [1] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 321.16: E cquelli poi li respusero con molte menaçe e da capo Massentio e Massimiano li mandaro dicendo molte vergonie. [2] Poes. an. urbin., XIII, 13.105, pag. 569: Ora te prego, dolçe Madonna, / ke ttu me si’ sostengna e ccolunna, / k’io non me muti per nulla vergogna / ke mme sia facta né diçaria. [3] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 22.60, pag. 142: O lengua macellara a dicer villania, / remproperar vergogne con granne blasfemìa. [4] Serventese Lambertazzi, XIII u.v. (bologn.), 391, pag. 862: ora vendega lo bom povolo la vergogna / da Sam Progolo. [5] Cronica fior., XIII ex., pag. 122.15: e dispendea e donava per suo amore tutti suoi vestiri e gioielli, e tutto il pane levava delle mense e dava a’ poveri, ricevendone molte vergongne dal padre e dala madre e dalle sue cameriere. [6] Palamedés pis., c. 1300, pt. 1, cap. 6, pag. 9.37: se ’l cavalieri fusse oraindiritto quine quelli che v’à fatto questa vergogna, io mi combatrei co llui corpo per corpo. [7] Doc. prat., 1305, pag. 457.20: A ciò dinu(n)ço lui e Ca(m)bino filiolo Fra(n)ceschi e Somaia da Bisenço, seco(n)do che vuole ragione, p(er) voi (e) p(er) la Podestà et Capitano: sia punito, e la vergongna tornata adietro. [8] Giordano da Pisa, Prediche, 1309 (pis.), 13, pag. 109.14: Poni che siano due fratelli et vanno in Francia per succedere lo reame del padre, et l’uno va per una via, che àe honori in della via, l’altro àe vergogne et ingiurie, ma alla perfine pervegnono ad luogo ove l’uno dee succedere come l’altro. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [9] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 11.2631, pag. 285: È più virtute quando l’uom perdona / Potendo vendicar la sua vergogna, / Che vendicando offender la persona. [10] Vita di S. Petronio, 1287-1330 (bologn.), cap. 3, pag. 20.16: Che è questo a dire, che quisti ribaldi e rimarchi vano in gliexia a so modo, e l’arcevescovo Ambroxo m’à cusì veperado ancoi, ch’io non reçevì çamai una sì gram vergogna? [11] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 17, pag. 102.30: Kistu sanctu Paulu midemi tantu era coniuntu pir caritate et humilitate cum Xristu, ki de omne virgogna ki li era facta pir lu amure de Xristu, illu si nde allegrava. [12] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 1, cap. 1, vol. 1, pag. 17.13: Per la quali constancia de ben servari la religiuni c’appiru li Rumani, fatta fu una grandi virgugna a li dei celestiali di essiri crudili da lì en danna[n]ti contra quilla genti li quali non se puttianu retrahiri da lur cultu. [13] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 11, pag. 388.10: da’, padre, che questa vergogna si lievi per l’armi nostre, omnipotente. [14] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 5, pag. 23.23: ogne mal e dagno, ingiuria e offension, vergogna e vilania no noxe ad altri noma’ a chi la fa. [15] Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 185, pag. 28: Po’ dica quella savia de Bologna, / s’el’ ha tenù ligame nì cathena / che per parte non sustegna vergogna. [16] Enselmino da Montebelluna, XIV pm. (trevis.), 876, pag. 56: O trista, plena de tute vergogne! [17] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 4, pag. 12.8: Et retornandu Arduynu frustatu, nunciau a li Normandi la virgogna chi illu havia rechiputu. [18] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 1198, pag. 279: Et dixe che li Ongari inseme non gissero, / [[...]] Però che per lo contado danno non facissero / Né li nostri vergogna né onta recepissero. [19] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 6, pag. 87.2: a quella perdenza e vergogna, la 168 quale fo facta in persona de lo patre, illo sì nce volce refondere poy assay plu grande dommagi. [20] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 7, par. 16, comp. 62.52, pag. 151: Coluy ch’à il fronte rotto / non temme duro motto / né vergogna. – Locuz. verb. Dire vergogna: insultare, colpire qno con parole ed espressioni ingiuriose. [21] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 18.11: Quando Attenor gio, tucti li greci li diceano vergonia. [22] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), L. 2, cap. 13, pag. 229.1: Aspetti, tu che ti sia detta vergogna per la grave offesa [quando tu sei giudicato] taciendo. [23] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 14, pag. 149.16: ma volendo Dio mostrare di quanto merito fosse Isaac [[...]], incontanente permise che ’l diavolo entrasse adosso a colui che gli avea detto e fatto vergogna. [24] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 31, pag. 203.17: Ma lo santissimo çovem, [[...]] cum gram frevor dise monto vergogna a quelo vesco e sì lo caçà via. – Locuz. verb. Fare vergogna: ferire, colpire fisicamente; uccidere. [25] Libro dei Sette Savi, XIII ex. (tosc.), pag. 23.17: S’io sapessi che voi diciessi adcierto quello che voi dite, io vi farei fare vergognia al corpo. [26] Dino Compagni, Cronica, 1310-12 (fior.), L. 1, cap. 2, pag. 133.6: Onde messer Oderigo, dolendosene co’ parenti e amici suoi, diliberarono di vendicarsi, e di batterlo e farli vergogna. [27] Cavalca, Specchio di croce, a. 1342 (pis.), cap. 19, pag. 89.5: siamo degni d’esser computati tra quei perfetti apostoli dei quali si legge che si partirono allegri da’ Sacerdoti e da’ Farisei, i quali gli aveano fatti pubblicamente battere, e fare gran vergogna. [28] Stat. perug., 1342, L. 3, cap. 159, par. 1, vol. 2, pag. 231.12: statuimo ke nullo cusì crudele sia ke ’l patre overo la matre per alcuno modo bactere overo ad esso vergogna Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 169 fare presuma. [29] Tristano Veneto, XIV, cap. 115, pag. 124.13: Ma io ve digo ben che se vui vigneré plui de qua e che vui sié’ trovado, sepis seguramentre che io ve farò vergoncia del corpo, se io averò lo poder. gna dela formiga. [38] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 16, pag. 183.27: Unde, che partiandose arse tuto quelo lao de lo monte, in sua vergogna fu constreito de mostrar de quanta possança elo era. – Locuz. verb. Fare vergogna: usare violenza carnale, stuprare. 2.2 Situazione o azione degne di biasimo, che suscitano sdegno o imbarazzo. [30] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 1, cap. 58, vol. 1, pag. 104.11: Per questo modo le fece vergogna Sesto il fellone, e tornossene all’oste. Lucrezia dolente e vergognosa di questo vituperio, mandò un messo a Roma al suo padre. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 10.53, pag. 134: non adovegna con’ al mio temere / (vergogna è a dire), / che sicuranza ormai nulla no ’nd’aia. [2] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Galatea], pag. 75.8: q’el è vergonça e pecado ad enganare et a sodure le fantesele fraudevolmentre. [3] Esercizi padov., XIII m., A[1], pag. 43.3: A mi desdese la toa co(m)pagia al qual no sé vergoga a(n)dar tuto lo dì per li bordeli. [4] St. de Troia e de Roma Amb., 1252/58 (rom.>tosc.), pag. 286.18: E ccompiti li .v. anni fece tante çoçure, ke ene grande vergognia a dicere. [5] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 40: contendere co(n) magiore furiosa uvero periculosa cosa è, con pari è dubbiosa, con minore è vergho(n)gna. [6] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 1, cap. 14, pag. 52.6: Di che vergogna è a dire alla generazione dell’uomo, che femmine di loro paiese cacciate, abbiano Europa ed Asia segnoreggiato. [7] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 46.55, pag. 182: Venite a veder meraveglia, che pò mo portar le vergogne, / ca tutto ’l tempo passato sempre da me fuor da logne. [8] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 17, pag. 141.8: Vero è che la maiure vergogna ch’al mondo sia è d’adimandare l’altrui. [9] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 11, pag. 505.9: Al buono uomo aviene spesso ch’elli mantiene la sua ria moglie per non volerla discoprire e per coprire la sua vergogna. [10] Elucidario, XIV in. (mil.), L. 3, quaestio 13, pag. 187.13: in questo mondo habondian caldo, fregio, fame, sede e diversi dolore de corpo e de animo e tremore e vergonze. – Locuz. avverb. In vergogna: con l’intenzione di insultare qno o di mostrarne lo scarso valore umano. [31] Fr. da Barberino, Doc. Am., 1314 (tosc.), pt. 5, 4.36, vol. 2, pag. 404: Leggiere offese / [[...]] tornan grevi / poi le levi, / chi mostra vedelle, / e fai vendetta / talor non netta / in vergogna di quelle. [32] <Cavalca, Disc. Spir., a. 1342 (pis.)>, cap. 1, pag. 16.5: avvegnachè in vergogna di molti sia detto, che più ardentemente spesse volte ama Dio un peccatore ben convertito, che una cattivo, e negligente giusto. [33] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 6, cap. 16, vol. 1, pag. 246.5: egli [[...]] promutava vescovi e arcivescovi a sua volontà, in vergogna del papa e della Chiesa. [34] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 4, pag. 12.5: Comandau Maniachi chi quistu missagiu di li Normandi fussi frustatu per tuttu lu exercitu in virgogna di quilli chi lu mandaru. [35] a Doc. ver., 1381 (3), pag. 421.28: el ve piaza d(e) no volero (con)sentiro che [[...]] le scripture dela vostra factoria no fio cossì palesame(n)tre publiche a ogni homo en vergogna e da(n)no d’altrui. [36] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 10, pag. 116.32: a nullo signore di Grecia de li nuostri sequace fo facto oltrayo per altruy che fosse lassato andare impunito, che ne se potesse abactere a faze in nostra vergogna. [37] Esopo ven., XIV, cap. 39, pag. 36.17: E de cotal laude se lodava la mosca in vergo- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [11] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 16.72, pag. 183: a tar vergo[g]na e desenor / tuta de dor me comovei, / lo spirito me somentì, / lo seno e la voxe perdei. [12] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 59, pag. 85.12: Empense zaschuno, se questo è vergonza da dir, ke mazor vergonza è a far. [13] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 11.2625, pag. 285: O quanto è cieca la gente superba! / Crede che perdonar vergogna sia. [14] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 43.23: ee a noi vergogna che quelli disnori ci furono potuti dire, e non avere potuto contradire. [15] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 3, cap. 4, vol. 1, pag. 123.18: Non fu pizzula virgugna lu consulatu di Marcu Perpenna, commu qui ananti fu consulu ca citadinu, ma quantu a factu di guerra issu fu un pocu plù utili a la republica ca Varro. [16] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 23, pag. 114.9: Gran vergognia gh’è questa ma el è peço ’l dagno ch’el se sia lassó vencer e ligar da un crucifixo. [17] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 15, pag. 67.19: Et la natura di chisti tarantuli si est: a cuy feri, oy muczica, di tanta vintusitati sì si impli la ventri sua, chi non fa si non, palisimenti, per li posteriora orribilimenti gettari ventu et trulli, chi è virgongna ad audiri et non tantu a ffari. [18] Lett. catan. (?), 1370/79 (2), pag. 163.5: ka li fora grandi virgogna di vuliri partiri sença li[cenc]ia. [19] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 14, pag. 134.12: Vergogna non ène, ca io non staio indarno. [20] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 2, pag. 54.33: Laumedonta, signore de chisto riamme, avene facta una grande vergogna, che senza offensa nulla ave commandato e volutone cazare da la terra sua. [21] Sacchetti, Lettere, XIV sm. (fior.), X, pag. 98.8: e ben ch’ella sia posta fra l’onde del mare Adriano, si può dire la sua virtù essere mirabile, che circa anni 900 è stata ferma nel suo saldo regimento. Vergogna di quelle che si chiamano ‘terreferme’ per essere in terra fer- 170 ma, e sono sì inferme che alcuna fermezza non hanno. 3 Riservatezza, attenzione alla misura dei gesti e delle parole, pudore. [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 586, pag. 548: Mai ço no fai le femene: anc abia fant en ventre, / de Dieu n’à ponto cura ni vergonça nïente. [2] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 4, cap. 24, pag. 349.16: La vergognia è, secondo che si dirà di sotto, servare onestà ne le parole e ne’ fatti. [3] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 198.12: Ad aconciare li animi neuna cosa è più graziosa de la vergogna. [4] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio rose cum viola, 239, pag. 85: La rosa per vergonza la söa testa agina, / E gramament a casa sí torna sor la spina. [5] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 12: Vergo(n)gna è osservare honestà in paraule (et) in facti. [6] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 10, pag. 105.18: Il filosafo dice che vergogna e misericordia, e grazia ed isdegno e coruccio del bene che avviene a’ malvagi, sono movimenti d’animo buoni e fanno da lodare. [7] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 73, pag. 115.13: E puote l’uomo esser d’animo temperato per [otto] virtudi, cioè per [contenenza] e castitade e pudicizia e astinenzia e parcitade e umilitade e onestade e vergogna. [8] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 62, pag. 90.6: per andar molto atorno ele perde la vergonza, la qual i è tropo necessaria. [9] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 9.2454, pag. 276: Sempre è vergogna dove è gentilezza. [10] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 10.3: La vergogna, e la verità, e la fede sono fuggite; in luogo delle quali sono venuti l’inganni, e le malizie, e gli agguati, e le forze. [11] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 16, pag. 99.5: Audendu zo una femmina, cum grande audacia muntau a killu munte ubi stava kistu patre sanctu Martinu, e sencza virgogna se accustau alla gructa ubi ha- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini bitava kistu patre sanctu Martinu. [12] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 1, vol. 1, pag. 53.22: Ma, per tali que lu hunuri di la matruna fussi pluy securu per diffindimentu di sua virgugna, ad issu Spuriu facendu acitari la matruna, non la lassaru tucari a chò que la manu fussi lassata non sfurzata da straniu tukamentu. [13] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De la santa humilitade, vol. 1, pag. 162.16: lantor li nasce una s(an)c(t)a vergogna, como fareyva unna pocella chi p(er) amò amasse e fosse descorverta e la gente parlassem de luy. [14] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 2, pag. 58.18: E arrecordandosse de soa vergenetate passavalle intando lo desiderio carnale, ben che co lluy combattesse amore e vergogna. – Personif. [15] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 35, pag. 60.26: E quelle sono le Virtudi che nascon di Temperanza, che son fatte capitane delle schiere, e son così nominate: Continenza, Castitade, Pudicizia, Astinenzia, Parcità, Umiltà, Onestà e Vergogna. [16] Petrarca, Trionfi, 1351(?)-74, T. Pudicitiae, 79, pag. 231: Honestate e Vergogna a la fronte era, / Nobile par de le vertù divine / Che fan costei sopra le donne altera. – Locuz. agg. Senza vergogna: sfrontato, spudorato, incapace di provare imbarazzo per le proprie azioni e le proprie parole. [17] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 209.3: Istando in iscuola, udìo leggere che neuna femina era casta, s’ella era richesta e tutte erano sanza vergogna. [18] Serventese romagnolo, XIII tu.d., 10, pag. 879: Guelfi de Bologna, - mastri de la rete, / segnor sença vergogna, - se con’ vui ve sapete, / de lor terra besogna - che pag[h]e le monede / a lor vecini. [19] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 2, pt. 1, cap. 15, pag. 149.28: e s’elle sono senza vergogna, elle sono troppo isfrontinate. [20] Zucchero, Santà, 1310 (fior.), [Pt. 4. Fisonomia], pag. 179.14: Chi àe le ghanbe grosse sì de esere sanza verghongna, pesante e 171 lento. [21] Nicolò de’ Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 142.6, pag. 103: ché lo perfeto amore che di ver’ m’à / cum tuo honore è sença vergogna, / e diçemi securo ch’eo ti spongna / la paura che nel meo cor si ferma. [22] a Lucano volg., 1330/1340 (prat.), L. II [Phars., II, 94-138], pag. 22.1: O popolo sança vergogna, avegnia che mille coltelli seguitino nuovi segniali di morte, appena era honorevole cosa agli huomini avere così meritato i lunghi secoli e la vita. [23] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 7, pag. 32.35: vive crudelmente chomo Ongaro o Sarchomano, [[...]] non à mae misericordia e è sença vregonça, in ogne logo è dura, per tuto terribel, crudel, sença clemencia, inpia e sanguenenta bestia. 4 Parti del corpo che la decenza e il comune imbarazzo vogliono celate alla vista, organi genitali (anche plur.). [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 3, cap. 15, pag. 161.14: E così i Sanniti [[...]] dell’arme e delle vestimenta gli spogliaro, lasciando loro solamente vili vestimenti, co’ quali la vergogna del loro corpo potessero coprire. [2] Questioni filosofiche, p. 1298 (tosc.), L. V, pt. 20, pag. 193.14: Maladetto sia Cam ché non coperse la verghognia de suo padre. [3] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. II, cap. 27, pag. 225.26: Anche menoma l’amore, [[...]] se vede che ’l suo amante voglia usar co· llei in altro modo che debbia, o di vedere la vergognia della femmina che non si ne rimanga. [4] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. III, pag. 343.10: Qualunque aura era e traeva, tu pensavi che la bagascia del tuo marito venisse, e pensavi vedere quelle vergogne co li tuoi oc[c]hi. [5] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 446.21: Ma, o molte disoneste donne, come disonestamente trassero ad vedere le vanitadi de’ giuochi e le loro visioni, nel quale luogo erano e giovani guardando le loro disonestadi, e li rapevili animi delle donne per le dissoluzioni delle allegrezze seducono di subita rapacità al peccato della loro vergognia. Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini [6] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 2, cap. 20, vol. 2, pag. 323.28: Salvatore benedetto, lo quale per noi in carne venendo, e per noi in croce morendo, da tanti mali ci ha salvati, [[...]] ed ha ricoperte le nostre vergogne morendo nudo in croce. [7] Cavalca, Ep. Eustochio, a. 1342 (pis.), cap. 6, pag. 387.24: li primi nostri Parenti erano vergini, ma di poi che furono cacciati di Paradiso, e per coprimento della loro nudità, e vergogna s’eran coperti di foglie di fico. [8] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), Prologo, cap. 8, vol. 1, pag. 24.3: Adam et Eva foru cachati di paradisu, virgugnarusi et copersiru li loru virgogni, spavintarusi di cumpariri dananti lu loru Deu. – Locuz. verb. Fare vergogna: prostituirsi, avere rapporti sessuali in cambio di denaro. [9] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 1, vol. 1, pag. 73.31: Ad una terra qui se clama Sicca esti unu templu di Venus, in lu quali intravannu li matruni e da locu, andandu per guadagnarsi la doti, faciannu virgugna di lur corpu. VERGOGNARE v. 0.1 bergognato, verghognandosse, verghognaro, verghognia, verghonça, verghonçò, verghonçoe, verghongniava, vergogna, vergognà, vergognada, vergognade, vergognadho, vergognadi, vergognado, vergognadosi, vergognai, vergognam, vergognami, vergogna’mi, vergognamo, vergognando, vergognandomi, vergognandose, vergognandosene, vergognandosi, vergognandoti, vergognano, vergognànse, vergognansi, vergognao, vergognar, vergognarà, vergognarannovi, vergognarci, vergognare, vergognarlo, vergognarmene, vergognarmi, vergognaro, vergognarò, vergognarono, vergognaronsi, vergognarsi, vergognârsi, vergognarti, vergognase, vergognasene, vergognasi, vergognasse, vergognassero, vergognassi, vergognassono, vergognasti, vergognata, vergognatasi, vergognate, vergógnatene, vergognatevi, vergognati, vergò- 172 gnati, vergógnati, vergognatisi, vergognato, vergognatosi, vergognava, vergognavano, vergognavansi, vergognavase, vergognavasi, vergognavono, vergognerà, vergognerai, vergognerannosi, vergogneransi, vergognera’ti, vergognerave, vergognerebbe, vergognerebbono, vergognerei, vergogneremci, vergogneremmo, vergogneresti, vergognerò, vergogneroe, vergognerommi, vergogni, vergogniamo, vergogniano, vergogniare, vergogniasse, vergognierà, vergognino, vergogninsi, vergogniò, vergogniòne, vergognisi, vergogniti, vergogno, vergognò, vergognoe, vergognòe, vergognome, vergognomene, vergognomi, vergognone, vergognóno, vergognònsi, vergognorono, vergognòsi, vergognosse, vergognossi, vergonciadi, vergonciado, vergonçado, vergonçaras, vergonçare, vergonçase, vergonçiá, vergonço, vergongando, vergongiase, vergongna, vergongnamo, vergongnando, vergongnare, vergongnarmi, vergongnavano, vergongneno, vergongnerasi, vergongni, vergongnia, vergongniai, vergongniare, vergongniate, vergongniato, vergongniava, vergonià, vergoniada, vergoniadho, vergoniadi, vergoniado, vergoniarò, vergoniata, vergonié, vergonzava, vergugnau, vergugni, vergunçato, virgogna, virgognandusi, virgognava, virgogni, virgonnàusse, virgugnà, virgugnamu, virgugnandusi, virgugnare, virgugnariti, virgugnarusi, virgugnassiru, virgugnati, virgugnatu, virgugnau, virgugni, virgugnumi, virgungnari. 0.2 Da vergogna. 0.3 Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.): 1. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Lett. pist., 1320-22; Simintendi, a. 1333 (prat.); Gramm. lat.-aret., XIV m.; Ingiurie lucch., 1330-84, [1355]. In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.); Pseudo-Uguccione, Istoria, XIII pm. (lomb.); Parafr. Deca- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini logo, XIII m. (?) (bergam.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.); Doc. padov., 1379; Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.); Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Ingiurie recan., 1351-96, [1357]; Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.). In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.); Stat. catan., c. 1344. 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Provare sentimenti di imbarazzo e disapprovazione per azioni, condizioni o parole proprie o di altri (anche pron.). 1.1 Essere incerto, timido, mancare di coraggio rispetto a un’azione (anche pron.). 1.2 Pron. Provare timore o soggezione nei confronti di qno, temendone il biasimo o il giudizio. 1.3 Pron. Umiliarsi, riconoscersi in errore di fronte a qno. 2 Disonorare, oltraggiare, gettare discredito su qno; mettere in imbarazzo, umiliare. 2.1 Rivelare con atti e con parole la cattiva condotta o il cattivo pensiero di qno. 2.2 Usare violenza carnale, stuprare. 2.3 Ferire fisicamente, menomare. 3 Trovarsi in condizioni di bisogno materiale e di indigenza, essere povero. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Provare sentimenti di imbarazzo e disapprovazione per azioni, condizioni o parole proprie o di altri (anche pron.). [1] Proverbia que dicuntur, XII u.q. (venez.), 568, pag. 547: per quelo traïmento la fai l’omo portare / cuverto ’l front e ’l cavo, qe ’s dibia vergonçare. [2] Pseudo-Uguccione, Istoria, XIII pm. (lomb.), 1145, pag. 65: Asai ie n’è qe sta da presso / Da quili qe à grand necesso, / Qe se vergonça de querir, / Mai quili è ben da sovegnir. 173 [3] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 33.4: ma i folli arditi, che non aveano studiato in sapienzia ma pure in eloquenzia, gridavano e garriano a grandi boci e non si vergognavano di mentire e di dire torto palese... [4] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura nigra, 897, pag. 131: A far li De servisij al mond me vergonzava, / Dond mo conven k’eo porte vergonza desoradha. [5] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. III, cap. 2: nulla cosa è pió mizera che vergognarsi h(om)o di cosa ch(e) elli abbia facta. [6] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 4, cap. 1, pag. 110.26: E vergogna non è altro, se non una paura d’avere disinore, o di perdere l’onore, unde ei giovani uomini vergognandosi si s’arrossicano. [7] Poes. an. urbin., XIII, 25.11, pag. 596: Vergognar poço, eo misero, plu ke nnullo latrone, / perçò k’ò molt’offeso sença [nulla] casone / quella dolçe mia Vita ke mme recomparone. [8] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 7.127, pag. 87: Si lengua angeloro, / che sta en quel gran coro, / parlanno de tal fòro, / parlara scelenguato: / ergo, co’ non vergugni? [9] Lett. pist., 1320-22, 1, pag. 34.21: come non si verghogna uno cosie facto Comune, che si sapesse in Corte che ellino cominciassero lo volere privare uno vescovo con XXV fiorini? [10] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 531.7: E perciò el decto Petidio verghognandosse di tornare a Roma con sì poca gente s’infense d’essare agravato da gotte. [11] Cecco d’Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 3, cap. 9.2443, pag. 275: Se in due volati non prende sua caccia, / Vergognasene forte e sta allo stecco / Né più in quel giorno animali minaccia. [12] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 4, vol. 1, pag. 167.1: o tu ti rimani, o io mi fuggo e lascio teco queste cose. Salmace si vergognò, e disse: o oste, io ti doe questi luoghi liberi. [13] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 2, pag. 656.32: e se invecchiassono, o in povertà venissono, o in alcuno ismemoramento, sì gli aiutino e abbino loro re- Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini verenzia; e non si vergognino di loro. [14] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 29, pag. 67.16: Tandu lu celleraru, rechipendo killa correptione, accommenzausi a virgugnare intra si midemi. [15] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 1, vol. 1, pag. 68.21: lu quali, facti que issu appi grandissimi operi, sì tostu commu issu se missitau a li custumi di Asya, effeminau la sua furtiza et non si virgugnà di essiri mollificatu per lu lur habitu. [16] Stat. catan., c. 1344, Esordio, pag. 27.19: Ka divimu sapiri ki di killi peccati, di li quali ni virgugnamu accusarini in kistu mundu avanti di alcuni homini, in lu iornu di lu iudiciu sarrimu confusi in la presencia di tucti li angeli e di tucti li homini. [17] Gl Gramm. lat.-aret., XIV m., pag. 39, col. 1.3: Verecundor, ris, per vergognare. [18] Ingiurie lucch., 1330-84, 136 [1355], pag. 45.10: Fan(n)e la vendecta, ch(e) bene ti dèi v(er)gongna(r)e ad aparire tra lle genti. [19] Ingiurie recan., 1351-96, [1357], pag. 485.29: Dominico, tu divrì vergognare, che manicasti la gallina mia. [20] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 505, pag. 116: Quando alcuno parente o amico invitava, / Non ce geva volentero, perché se vergognava. [21] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 13, pag. 104.7: Forte se vergognava essere assediato con tanta bona iente. Non sao qual via prenne per campare. [22] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 14, pag. 140.8: Multo ne deveriamo vergognare cha yà èy uno anno passato e plu che in quisto luoco vennemo e da poy non fuymo tanto arditi che ne nde potessemo movere per andare a Troya. [23] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 4, pag. 87.19: E così dunca, o Pero, quamta guardia à Dee de queli <...> chi no se vergognam esser reputai vil per Dee. – Sost. [24] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 4.33, pag. 15: Contrezione adornase de tre medecamente: / contra l’offeso Deo dàgli dolor pognente, / contra la deformanza un vergognar cocente, / ed un temor fervente - che ’l 174 dèmone ha fugato. [25] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. I (i), par. 123, pag. 46.7: l’autore [[...]] dice «con vergognosa fronte», per ciò che in quella parte del viso prima apariscono i segni del nostro vergognarci. [26] Bibbia (06), XIV-XV (tosc.), Ecli 32, vol. 6, pag. 294.5: Il lampeggiare va inanzi alla gragnuola, e la grazia vae dinanzi al vergognarsi. 1.1 Essere incerto, timido, mancare di coraggio rispetto a un’azione (anche pron.). [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 5.15, pag. 76: ma’ troppo è villana credanza / che donna deggia incominzare, / ma vergognare / perch’io cominzi non è mispregianza. [2] Pamphilus volg., c. 1250 (venez.), [Venus], pag. 33.23: E no te vergonçaras né no aver dobio de dir li toi anemi, çoè le toi volontade, a çascuna femena, ké apena serà dentre mile femene una la qual devede a ti quelo ke tu li damandaras. [3] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. I, cap. 1: chiunqua si vergo(n)gna di investicare la sapiensa d’altrui, vergo(n)gnerasi quella da séi medesmo essere richiesta. [4] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 3, pag. 8.4: Ma di questa malattia ti credo a la speranza di Dio tostamente guerire, purché meco non t’incresca di parlare, né ti vergogni di scoprire la cagione de la tua malatia. [5] Poes. an. urbin., XIII, 25.2, pag. 595: Lamentone cun dolla, k’io T’[ò] offeso, Signore, / tanto so’ peccatore - vergogno Te clamare. [6] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 2.14, pag. 69: lo cor d’amor è appreso, / che nol pò comportare: / stridenno el fa gridare, / e non virgogna allore. [7] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 2, vol. 1, pag. 75.10: Come Calisto si vergognò quando vide Diana e l’altre ninfe. [8] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 9, cap. 5, vol. 2, pag. 211.16: Illu medemmi eciandeu non vergugnau di adimandari da li iudici per gran donu Publiu Scipiuni, so soceru, culpivili per li ligi medemmi li quali issu avia Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini facti in grandissima ruina di multi nobili homini acusati. [9] Stat. catan., c. 1344, Esordio, pag. 27.16: e si per fragilitati humana chi offendissi, non virgogni di acusarisi a lu capitulu, ma cu humili e vera confessiuni dica lu sou defectu, apparichandusi richipiri penitencia. [10] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 54.9, pag. 599: Ché voi savete ben che vergognando / me son non picciol tempo queto stato. [11] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 5, pag. 170.21: Qui dise che essi legevano de la regina Gienevra e de Lancilloto, e legendo queste opere de amore, la lectura li fé colorare el viso como a persone che consideravano el parentado e sì se vergognavano considerando el damno e lo periculo. [12] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 29.33, pag. 57: La verçene fo spaurosa / quando oldì l’angello parlare, / che era honesta e vergognosa, / començò tuta a tremare; / vergognosse cum lui stare, / in compagnia non era usata. [13] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 10, pag. 100.15: E la matim sequente, avegna che de ço la remordese la cosciencia, tutavia se vergognava de romanei’ poa ch’el’ avea promisa d’andar a la sagra. – Astenersi da un’azione o da un discorso, guardarsi, evitare. [14] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 1, cap. 2, pag. 22.17: Unde certi savi, veggendola così stretta, avvegnachè altrettanto sia lunga, si vergognaro di porrela per terza parte del mondo; ma, dividendo il mondo in due parti, puosero Africa in Europa. [15] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 7, pag. 30.18: non si vergognaro i filosofi di ricevere la fede perché vedessero a la fede alquanti poverelli sanza lettera. [16] Doc. padov., 1379 (2), pag. 59.33: Chomo el Segnore ge ne scryva o ma(n)de a dyre a bocha, el pure se vergognerà de farme rencresime(n)to. 175 1.2 Pron. Provare timore o soggezione nei confronti di qno, temendone il biasimo o il giudizio. [1] Giordano da Pisa, Pred. Genesi 2, 1308 (pis.), 14, pag. 123.5: Unde non solamente di Dio e di Santi, ma dei dimoni e di dannati si vergognerà lo peccatore, e saralli somma pena. [2] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 10, pag. 28.33: virgognandusi de la genti, timendu kysta dompna pluy la virgogna de lu mundu, ca lu rimorsu de la consciencia, mìsessj alla processione. [3] Boccaccio, Corbaccio, 1354-55, parr. 131-40, pag. 59.15: Il priego tuo mi strigne a dirti quello che io mai, fuori che ad un fidato compagno, non dissi, e a lei sola per alcuna mia lettera fe’ palese, né di ciò, dove pure la tua liberalità non me ne assicurasse, da te mi dovrei più che da un altro vergognare. [4] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 30, pag. 255.4: Ma se in cotal dì non gl’andose, vergognavase per li omi e, se g’ andava, temea lo çuisio de Dee. 1.3 Pron. Umiliarsi, riconoscersi in errore di fronte a qno. [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 7, cap. 47, pag. 537.11: Rimane dunque che coloro, che de’ tempi de’ cristiani dicono male, si pentano di quello che si sono isforzati di dire, e alla verità si vergognino. 2 Disonorare, oltraggiare, gettare discredito su qno; mettere in imbarazzo, umiliare. [1] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), De amore, L. IV, cap. 1: Le pa(r)te dela giustitia sono tre, no(n) corro(m)pere, no(n) vergo(n)gnare, no(n) offend(er)e, s(e)c(on)do che Tulio dice. [2] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. III, pag. 309.14: O luna, non t’è vergogna Endimione, figliuolo di Latonia; né Cefalo è preda da vergognare a la rossa idea. [3] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 7, cap. 2, vol. 1, pag. 278.25: Per la qual cosa scrivendo eglino a Pisa come erano stati soperchiati e vergognati da’ Fiorentini, incontanente il Comune di Pisa fece arrestare Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini tutta la roba e mercatantia de’ Fiorentini che si trovò in Pisa. [4] Tristano Veneto, XIV, cap. 103, pag. 116.18: e lui li devisà como Tristan l’avea vergognado et avilado. [5] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 7, pag. 105.3: Oy fuorsi che eo voglya vergognare la toa degnetate riale per muodo luxuriuso e desoniesto? 2.1 Rivelare con atti e con parole la cattiva condotta o il cattivo pensiero di qno. [1] Lib. Antichr., XIII t.q. (ven.eug.>umbr.-march.), 273, pag. 113: Lo nostro re bene averà parlato, / entro la corte de l’Antechristo falso, / anançi toti sì l’avrà vergunçato: / «Oi Antechristo, com<o> tu e’ exaltao! / Tu e’ venuo de mortale peccato / e poi te fa’ orar com<o> fus<i> salvàtor<e>». [2] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 7, cap. 53, vol. 1, pag. 347.14: lo quale saviamente rispuose, mostrando la potenzia e la magnificenzia di Fiorenza, e come Pisa a comparazione non era di podere né di gente la metà di Firenze, e che non aveano moneta d’oro, e che il fiorino era guadagnato per gli Fiorentini sopra loro per molte vittorie. Per la qual cagione i detti Pisani furono vergognati, e lo re per cagione del fiorino, e per le parole del nostro savio cittadino, fece franchi i Fiorentini. 2.2 Usare violenza carnale, stuprare. [1] Parafr. Decalogo, XIII m. (?) (bergam.), 64, pag. 421: quella donzella fo prisa e vergoniata / e duramente ala fo lapidata. [2] Tristano Veneto, XIV, cap. 55, pag. 83.35: E quando ella li vete vignir, sì conmençà a cridar: «Aidé-me, aidé-me, signori cavalieri! Vedé vu qua Tristan che me vuol vergognar». – Privare della verginità (una donna). [3] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 18, pag. 305.27: Questa è l’altra spetie de rofiani che vano per lo mondo e prometeno a le donne de torle per mogliere e sì le vergognano. 2.3 Ferire fisicamente, menomare. [1] Tristano Veneto, XIV, cap. 274, pag. 176 246.21: «Vilan, io ve desfido, inperciò che vui me havé vergognado sença desfidar dela chossa del mondo la qual io plui amava; et io ve vergognarò del chorpo». 3 Trovarsi in condizioni di bisogno materiale e di indigenza, essere povero. [1] Bestiario toscano, XIII ex. (pis.), cap. 29, pag. 51.24: e elli li divenne tutto lo contrario sì como Dio li disse quando li fe lo commandamento, ch’elli non sarebbe may morto né infirmato né vergognato né avuto freddo né caldo né fame né sete né lanciato; e tutto questo li avenne. [2] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 19.14, pag. 564: sì che se alcun dimanda cosa endegna, / cortesemente per voi se desdica / che chi ’l suo sperde, vergogna e mendica. [3] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 28, par. 10, vol. 2, pag. 190.28: et si mai non avissiru peccatu, mai issi non sirianu stati morti, mai non sirianu virgugnati, mai non si avirianu sintutu necessitati di fami nè di siti, di caldu nè di friddu. VERGOGNATO agg. 0.1 bergognato, vergognâ, vergognao, vergognada, vergognadho, vergognata, vergognati, vergognato, vergonzao, virgugnatu. 0.2 V. vergognare. 0.3 Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.): 1. 0.4 In testi tosc.: Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.); Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.); Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.); Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.). In testi sett.: Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Tristano Veneto, XIV; Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.). In testi mediani e merid.: Destr. de Troya, XIV (napol.). In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che prova sentimenti di imbarazzo per parole o atteggiamenti propri o di altri o per il giudizio altrui. 2 Disonorato, umi- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini liato, che ha perso la propria dignità o la stima altrui per azioni proprie o di altri. 2.1 Infamante, che sminuisce e umilia la dignità di una persona. 2.2 [Di donna:] che ha perso la verginità prima del matrimonio, disonorata. 2.3 Offeso nel corpo, ferito, mutilato. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 1 Che prova sentimenti di imbarazzo per parole o atteggiamenti propri o di altri o per il giudizio altrui. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Vulgare de elymosinis, 1000, pag. 274: Intant a quest parolle al rex fo nuntïao / Sí com lo so fraëllo molt era rancurao / De zo ke lu ai poveri tant era humilïao, / E com el in so visio molt n’era vergonzao. [2] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 5, cap. 23, par. 7, pag. 171.14: Allora costui vergongniato giurò di non amar mai donna. [3] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 4, pag. 132.27: Per le quali parole lo nemico, quasi vergognato e come se conoscesse bene la sua dejezione, incontanente si partì da quella casa, e mai più non vi tornò. [4] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 9, cap. 63, vol. 2, pag. 118.11: Il magnanimo papa gli rispuose ch’era contento d’essere condannato e disposto per gli paterini com’era egli [[...]]; onde messer Guiglielmo rimase confuso e vergognato. [5] Francesco di Vannozzo, Rime, XIV sm. (tosc.-ven.), [1380] 60.177: con la cegla arbassada, / la sposa vergognada / non sope responder, / e pur se vuol asconder / e ninte dixe. [6] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 17, pag. 173.18: Paris [[...]], vedendose cossì in terra, sentiose multo confuso e bergognato per la regina Helena, soa muglyere, la quale da la mura de la citate de Troya, ove stava, ben lo vedeo. [7] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 3, cap. 16, pag. 184.10: E tanto lì stete che quela femena, atediâ de l’aspeità’, vegando che quello no li respundea e non açava la faça, confusa e vergognâ, se levà e partì da la fenestra de la sua cella. 177 2 Disonorato, umiliato, che ha perso la propria dignità o la stima altrui per azioni proprie o di altri. [1] Bonvesin, De Cruce, XIII tu.d. (mil.), 146, pag. 27: Lo vescov<o> vergonzao senza perlongamento / Sì fo deliberao dal reo atantamento, / E llo iudeo tocao da bon inspiramento / Deven<e> bon cristïan e fé bon ovramento. [2] Garzo, S. Chiara, XIII sm. (fior.>pis.), 150, pag. 23: perché non fun ben serviti, / disse ch’era vergognata. [3] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 527, pag. 544.23: Sì ramentavano tutti e grandi sforzi ch’elli avea fatti: ellino si tenghono tutti a huniti e a vergognati di ciò che Ulixes n’è signore. [4] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 7, cap. 3, vol. 2, pag. 122.9: Ca con grandi gridata di li compagnij qui avianu ad esligiri et con gran suhyari di tuctu lu consiliu, issu, impedicatu, eciandeu virgugnatu di nota di lu denegatu officiu, [[...]] pruvau li clementissimi suffragij di lu populu. [5] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 7, cap. 76, vol. 1, pag. 372.19: ma per la poca gente ch’erano, tutti erano rimasi morti al campo, e la sua insegna strascinata e vergognata per lo campo, e in Firenze e intorno. [6] Maramauro, Canz., p. 1374/78 (napol.>tosc./sett.), 2.39, pag. 196: e ’l doloroso scempio / el qual condusse Roma in tanta noia, / conduce a mormorar Bruto e Tarquinio, / e ’l vergognato cor di Colatino. [7] Tristano Veneto, XIV, cap. 6, pag. 61.22: Et quando ello have fato deschavar lo re Apollo dela fossa, de subito ello lo chognossé, et incontenente sì conmenzà far tropo gran dol, et disse qu’ello sè vergognadho dapuò che sì prodomo sè messo a morte in la soa terra. [8] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 19, pag. 186.27: O quanto nde si’ tenuto mo’ vergognato intre quilli chi te soleano cossì grandemente honorare! 2.1 Infamante, che sminuisce e umilia la dignità di una persona. [1] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 26, pag. 227.8: per cierto oramay la morte soa così vergognata no nde la porterray cossi scoytata Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che no llo accate ben caro. 2.2 [Di donna:] che ha perso la verginità prima del matrimonio, disonorata. [1] Tristano Veneto, XIV, cap. 302, pag. 273.13: Hai bello amigo Tristan, vui ssé’ morto, se Dio non ve consegia, che cià de qua non schamparas vivo; e se vui seré morto, io romagnarò vergognada. 2.3 Offeso nel corpo, ferito, mutilato. [1] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. 6, cap. 7, vol. 1, pag. 236.22: onde tutta la terra si commosse a zuffa contra i Fiorentini, e alquanti ve ne rimasono morti, e assai fediti e vergognati. VERGOGNOSAMENTE avv. 0.1 verghonçosamente, verghonosamente, vergognosamente, vergognosamentre, vergonçosamente, vergongniosamente, virgognusamente, virgognusamenti, virgugnusamenti. 0.2 Da vergognoso. 0.3 Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.): 2. 0.4 In testi tosc.: Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.); Cavalca, Specchio di croce, a. 1342 (pis.). In testi sett.: Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.); Tristano Veneto, XIV. In testi mediani e merid.: Destr. de Troya (ms. Parigi), XIV (napol.). In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.6 N Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Con atteggiamento imbarazzato, dettato dal disprezzo per le proprie azioni. 1.1 Con umiltà e sottomissione. 1.2 In modo poco risoluto e carente di energia, con incertezza, tentennante. 1.3 Con timidezza e pudicizia, castamente. 2 Con disonore e infamia; con atteggiamento moralmente condannabile. 0.8 Marco Paciucci 28.08.2012. 178 1 Con atteggiamento imbarazzato, dettato dal disprezzo per le proprie azioni. [1] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 3, cap. 14, pag. 92.33: Li peregrini canoscero mantinente li vestimenti loro, e vergognosamente receppero li loro vestimenti, per ciò che cum faucìa e cum inganno erano venuti ad ademandare autri vestimenti. [2] Cavalca, Specchio di croce, a. 1342 (pis.), cap. 15, pag. 71.27: la domenica dell’Ulivo, posciachè fu ricevuto con tanto onore, come narra il Vangelista, la sera andò sguardando li cittadini, quasi vergognosamente chiedendo cena. [3] Destr. de Troya (ms. Parigi), XIV (napol.), L. 34, pag. 300.26: Et perzò che eo perdivi nello dicto naufragio tutte le cose che eo avea con mico sono deventato povero e mendico, e vergognosamente vao peczendo da porta in porta fine che eo poza tornare a casa mia. [4] Legg. sacre Mgl. XXXVIII.110, XIV sm. (sett.), 20, pag. 108.37: Alora Pedro entrà dentro molto vergonçosamente, e piançendo cum i ochii bassi molto forte, abraçà Çoanne e dixe: «Oime, Çoanne! com faròe, ch’e’ ò tanta vergogna ch’e’ no so com e’ debia venire inanci a la donna nostra?» 1.1 Con umiltà e sottomissione. [1] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 11, 127-142, pag. 209, col. 1.13: abiando tenereça del so amigo Provenzano si fe’ porre uno desco cum uno tapedo sulla piaça de Sena, e poses’elli a sedere suso, e domandava ai Senexi vergognosamente ch’el dovesseno aidare a questa so bisogna de alcuna moneda. [2] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 11, pag. 193.20: domandava alli Sanesi vergognosamente, che llo dovessono aiutare a quella sua bisogna di moneta, non sforzando alcuno, ma umilmente domandando aiuto. [3] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 119, pag. 160.12: Li ornamenti di la obedientia sunu VII, ço est ki l’omu obedissa prestamenti, letamenti, simplicimenti, puramenti, generalmenti, iustamenti et virgognusamenti. [4] Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.), c. 11, 133-142, pag. 265.35: et a chi pas- Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini sava, vergognosamente dimandava aiuto, per campare l’amico suo. 1.2 In modo poco risoluto e carente di energia, con incertezza, tentennante. [1] Libro di Sidrach, a. 1383 (fior.), cap. 96, pag. 141.13: molte volte l’uomo che à il diritto, e dice la sua ragione spaventatamente e vergognosamente, egli perde la sua ragione e ’l suo diritto. 1.3 Con timidezza e pudicizia, castamente. [1] Novellino, XIII u.v. (fior.), 57, pag. 249.10: Domandò la sposa novella. «E tu come facesti?» E quella disse molto vergognosamente, cogli occhi chinati. 2 Con disonore e infamia; con atteggiamento moralmente condannabile. [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 5, cap. 4, pag. 281.9: I quali cavalieri perduti, alla fine ebbe ardimento, quasi solo vergognosamente col suo compagno Paolo, tornare in Roma. [2] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 2, vol. 1, pag. 76.12: Oy di fari cinclari con virghi virgugnusamenti ad homu qui l’esti coniuntu per antiquu lignaiu, oy di usari la putistati censoria incontra la fraterna caritati? [3] Tristano Veneto, XIV, cap. 434, pag. 395.25: Signor, or sapié verasiamentre che miser Marganor lo tien in preson in lo Castello Deli Do Ponti et disse qu’elo lo farà murir vergognosamente per vendegar-sse dela gran onta che miser Estor de Mares li fese. VERGOGNOSO agg./s.m. 0.1 verghogniosi, verghognosa, verghongnosi, vergogniosa, vergognioso, vergognosa, vergognose, vergognosi, vergognosissimo, vergognoso, vergognoxa, vergognoxe, vergognoxi, vergognoxo, vergognusi, vergonçosa, vergonçosi, vergongniosa, vergongniose, vergongniosi, vergongnosa, vergongnose, vergongnosi, vergongnoso, vergonzioso, vergonzosa, vergonzosi, vergonzoso, vergonzoxa, ver- 179 gonzus, vergugnusa, vergunçiosa, vergunçose, virgognosi, virgugnusa, virgugnusi, virgugnusu, vregognosa. 0.2 Da vergogna. 0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 1.2. 0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.); Stat. sen., 1295; Doc. prat., 1296-1305; Stat. fior., 1334; Doc. pist., 1337-42. In testi sett.: Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Jacopo della Lana, Purg., 132428 (bologn.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.); Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.). In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Anonimo Rom., Cronica, XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.). In testi sic.: Angelo di Capua, 1316/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.). 0.5 Anche s.f. (vergognosa). 0.6 A Doc. pist., c. 1200: Vergognoso. N Come antrop. il termine è att. in doc. lat. tosc., a partire da una carta del territorio di Arezzo del 1147 (Vergungnoso): cfr. GDT, p. 689. Voce redatta per il progetto L’affettività lirica romanza (Prin 2008, LirIO). 0.7 1 Che prova sentimenti di imbarazzo o di disprezzo verso l’aspetto o le azioni propri o di altri. 1.1 Che esprime umiliazione, pentimento e imbarazzo. 1.2 Che prova insicurezza e timidezza; caratterizzato da scarsa risolutezza, timoroso. 1.3 Accorto nell’evitare azioni e atteggiamenti sconvenienti, volgari o imbarazzanti, pudico. 1.4 Triste, smarrito. 2 Che suscita imbarazzo, riprovazione o umiliazione, che squalifica e indebolisce la dignità di una persona. 3 Che vive in condizioni di Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini estrema povertà e di grande bisogno materiale, indigente. 0.8 Marco Paciucci 03.03.2012. 1 Che prova sentimenti di imbarazzo o di disprezzo verso l’aspetto o le azioni propri o di altri. [1] Ubertino del Bianco d’Arezzo, a. 1269 (tosc.), 6.6, pag. 389: or pemsa ben se tornerai amante / pentuto e vergongnoso, umil talento, / sol ch’eo ti faccia um poco di sembiante / di sodisfare al tuo intendimento. [2] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Laudes de Virgine Maria, 323, pag. 223: Marïa guarda in suso dolent e plangiorosa / E guarda invers l’imagine dra Vergen glorïosa; / Suspira e buta lagreme pentia e vergonzosa. [3] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 10, pag. 106.25: Ed appresso dovemo sapere che giasiaché vergogna e rincrescimento del bene de’ malvagi, sieno movimenti buoni e da lodare; non perciò si conviene ai re ned a’ prenzi d’essere né vergognosi né dolenti del bene dei malvagi, perciò ch’ellino non debbono far cosa dund’ellino abbiano vergogna. [4] Poes. an. urbin., XIII, 12.15, pag. 565: abbi lo pagamento nanti ke lo servisse: / si mancança ç’avesse, / per sempremai ne fora vergognosa. [5] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 89.4, pag. 310: Non mi bisogna né talenta tanto / lo tuo mestiere, ch’io ne sia vogliosa / che per cherer merzé t’acolga acanto, / ond’io fra l’altre fosse vergognosa. [6] a Leggenda Aurea, XIII ex. (pis.), 1, pag. 94.3: La buona fenmina i(n)tese ciò che di lei si dicea. Fu molto dolorosa (et) v(er)gongnosa, et stecte bene uno a(n)no che no(n) sapea che ssi fare di q(ue)sto facto. [7] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 743, pag. 384, col. 1: E lu doctore se ascise / con vergogniosa fronte / delle paraule conte. [8] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 3, vol. 1, pag. 126.18: E dispregiata si nasconde nelle selve, e cuopre la vergognosa faccia con le frondi. [9] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 6, pag. 125.8: Et kistu Marcellu sicutava unu 180 iuvini cum risplandenti armi, ma cum virgugnusu visu et cum fachi pocu allegra. [10] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 90.19, pag. 635: E ’l Capitan per alcun parentado / lasserà ’l fatto andar? ma’ vergognoso / sirà de ciò ch’è de ben far voglioso. / [11] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 18, pag. 146.8: In una isoletta stava una femina che sedeva vergognosa, e diceva la lettera: «Questa ène Italia». – Sost. [12] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 11, pag. 21.4: Coloro, che voglian contraffare alcuno vergognoso, abbassano il viso, e guardano in terra, e parlano basso, ma il rossore non si contraffà per volontà. 1.1 Che esprime umiliazione, pentimento e imbarazzo. [1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 4, cap. 21, pag. 260.15: Filippo re, il quale avea morti gli ambasciadori di Roma per cagione di Demetrio suo figliuolo, il quale ambasciadore avea mandato, che fece molto vergognosi prieghi, e fugli perdonato, continuamente fece lui avvelenare perchè era amico de’ Romani. [2] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 36, pag. 408.10: O quale, donque, e quanto doloroza tristessa e anoiosa tristare dea nostro core, caro bel frate, e che vergognosa vergogna e che ontoza covrir deano la facci’ a’ religiosi, servi e ministri de Dio ditti e creduti, vedendo seculari tutti nei mister loro, siano vili, parvi e laidi. [3] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 6, pag. 89.9: Et a queste parole re Priamo fece fine. Hector co una face quase vergognosa, respondendo a lo patre, sì disse queste parole. 1.2 Che prova insicurezza e timidezza; caratterizzato da scarsa risolutezza, timoroso. [1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 2.16, pag. 31: O Deo, co’ mi par forte / non so se lo sapete, / con’ v’amo di bon core; / ch’eo son sì vergognoso / ca pur vi guardo ascoso / e non vi mostro amore. [2] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini L. 2, pt. 1, cap. 15, pag. 149.6: perciò che la femmina desidera d’avere onore e d’essere lodata, essa à paura d’avere disnore e villania e perciò è vergognosa ed ontiosa. [3] Guido Cavalcanti (ed. Contini), 12701300 (fior.), 34.27, pag. 540: Parole mie disfatt’ e paurose, / là dove piace a voi di gire andate; / ma sempre sospirando e vergognose / lo nome de la mia donna chiamate. [4] Teperto, Lettera in prosa, XIII sm. (pis.), pag. 436.23: Ed io alor tacito, ispaventato, con rossa faccia e chinato capo, vergognoso levai. [5] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 45, pag. 61.8: Ancora elli s’è misericordiosi lizermente, pertanto ke lli par ke lli homini no deverave sostegnir tropo gran mali, perciò ke li par k’eli sia ennocenti com’è dicto. Ancora elli è vergonçosi, perciò k’eli vol apparer sovra i altri com’è dicto. [6] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 33, 16-30, pag. 718, col. 1.6: e perché era timido e vergognoso, no avea tanta possa che la soa vose se sillabicasse cum gl’ultimi organi della formacione della vose, ch’è lingua, denti e labre. [7] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 1, pag. 10.3: Undi, partendusi li venti multu virgugnusi per lu cummandamentu di Neptunu, incumminzau lu mari a bunazari et ad humiliari li soi grandi tempestati. [8] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 11.5, pag. 556: voi sollevaste el viso alquanto sù, / mirando me coi vostr’ occhie sdegnose; / onde devenner glie mei vergognose, / chinando el guardo loro a terra giù. [9] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 2, pag. 58.29: La quale, uno poco vergognosa, levaose da lato a lo patre et assettaose a llato a Iasone. – Sost. [10] Comm. Arte Am. (B), XIV pm. (fior.), ch. 236, pag. 728.1: Qui Ovidio isgrida contra i vergognosi dicendo: vergogna, fuggi, però che bisogna essere ardito massimamente alla fortuna e alle donne. 1.3 Accorto nell’evitare azioni e atteggiamenti sconvenienti, volgari o imbarazzan- 181 ti, pudico. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De anima cum corpore, 345, pag. 68: Ma s’el voless ess savio e cast e vergonzioso, / Anc eo me guardareve da ess malitïoso. [2] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 10, pag. 105.27: quello che à onta e vergogna di quello che die, e non à vergogna né onta di quello ch’elli non die, quelli è vergognoso e fa molto da lodare. [3] Poes. an. urbin., XIII, 3.12, pag. 543: Amore süavetoso, / portamento vergognoso, / quilli a cki si’ pïetoso / onne dì Te uccido e bbacto. [4] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 53.7, pag. 271: E piacemi vedere rilegioso / casto ed amanito di ben fare […] / e paia intra la gente vergognoso, / e umilemente porga suo parlare. [5] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.), 4.5, pag. 496: «Sorella, tu ke plangni / e ccotanto te langni, / si la vista non mente, / pari de bona gente, / onesta e vergognosa / plu ke religïosa. [6] Tratao peccai mortali, XIII ex.-XIV m. (gen.), De eodem, vol. 1, pag. 204.25: Lo IIJ si è qua(n)do l’omo requere la soa femena p(er) guardala de peccao; e chi co(m) questa intentiom lo fa, quello si fa bem, zoè se ello cognosce che ella fosse cauda de natura e v(er)gognoxa. [7] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 29.31, pag. 57: La verçene fo spaurosa / quando oldì l’angello parlare, / che era honesta e vergognosa. [8] a Legg. s. Maria Egiz., 1384 (pav.), 144, pag. 6: ancha de l’altra çente g’era, / honesti savii et bontaoxi / chi eram grami e vergognoxi / et per la via se asscondevam / per ’sta soçura ch’i veçevam. [9] a Libru di li vitii et di li virtuti, p. 1347/52-a. 1384/88 (sic.), cap. 176, pag. 259.24: Appressu illu insigna ki illi sianu di honestu et simplichi riguardu, ço est humili et virgognosi et non sfachati et presuntuosi. [10] a Simone da Cascina, XIV ex. (pis.), L. 1, cap. 6, pag. 50.26: onora il padre, ama la madre, sii vergognosa, no’ sii luzingatrice. – [Di un atteggiamento o di un’azione:] Affetti, emozioni, sentimenti nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini che esprime modestia e pudicizia. [11] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 1, cap. 4.15, pag. 29: Siano li suoi atti senpre vergongniosi / Però c’a llei vergongnia è grande virtude. –S.f. Donna aggraziata e modesta negli atteggiamenti, che segue una condotta moralmente e sentimentalmente retta. [12] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. I, pag. 259.24: Se tu parrai saccente alle sempici e se tu parrai isvergognato alla vergognosa, immantenente quella si disfiderà di te. [13] Arte Am. Ovid. (A), XIV pm. (pis.), L. I, pag. 78.5: Se tu paressi savio a la roza e isfacciato a la vergognosa, ella incontenente di sé misera si sfidrà. [14] Arte Am. Ovid. (D), XIV pm. (ven.), L. I, pag. 502.27: se tu parerai savio ala grossa over lascivo ala vergognosa, incontenente quella se desfiderà a sì misera. 1.4 Triste, smarrito. [11] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), App., pag. 400.1: T. fiore de’ cavalieri, come noi seremo uniti e aviliti e vergognosi, poi che l’uomo saperà vostra morte! [12] Gianni Alfani, XIII/XIV (fior.), 4.13, pag. 610: S’ella si volge verso te pietosa, / ad ascoltar le pene che tu porti, / traendo guai dolente e vergognosa, / lei pingi come gli occhi miei son morti. [13] Laud. Battuti Modena, a. 1377 (emil.), 49.229, pag. 112: O lapssa fra le lapsse, o lapsa dolorosa, / che serò sempremae e trista e vergognosa! 2 Che suscita imbarazzo, riprovazione o umiliazione, che squalifica e indebolisce la dignità di una persona. [1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De die iudicii, 102, pag. 199: Li scurïi canton o i stevan privai / A far le male ovre, li vergonzus peccai, / Accusaran illoga li misri desperai. [2] Trattati di Albertano volg., a. 1287-88 (pis.), Liber cons., cap. 18: Du(n)qua dubitare (et) dali savi co(n)siglio adima(n)dare no(n) è cosa no(n) utile né vergognosa. [3] Carnino Ghiberti, XIII sm. (fior.), 4.1, pag. 75: Poi ch’è sì vergognoso / lo stato ch’eo 182 sostegno, / a vile mi ne tegno, / soffrendo vita tanto sanza morte. [4] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 369, pag. 389.30: Io vi dico che questo parlamento è molto vergognoso per noi tutti. [5] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 2, vol. 1, pag. 74.27: E cosa certa esti que grandi numeru di mercatanti et di lecardi et ben duy milia putani se nde parteru e lu nostru exercitu essendu divacatu di quista layda et vergugnusa sentina... [6] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 21, pag. 98.22: Et a li fiae torna in grande utilitae fir comprexo al vicio e fir paleçao del vergognoxo peccao, ché la persona lo lassa per la gran vregonça. [7] Tristano Veneto, XIV, cap. 398, pag. 363.20: «belo Pare, priego-ve per la vostra misericordia che vui abié pietade de mi, che se elo sè homo over sia inchantador, aida-me che io non receva anchuò vergognosa morte!». [8] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 6, pag. 87.26: E non consideraro li dammagi tanto gravusi e ponderosi quanto ne aveno facto e le iniurie cossì vergognose senza accaysune. [9] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 4, cap. 56, pag. 284.15: E tuti li frai, conturbai e inpaurî per quela sì dura e vergognosa sentencia, incomençàm adur in comum eciamdee ogni vilisima e picena cosa. [10] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 7, pag. 226.34: Benedeto sià vuy, messer Iesu Cristo, che in l’ora de sexta ve piaque de lassarve çudigare in su la croxe e chaçare quilli clodi durissimi in le mane e in li pei, portasti quela passione dolorosa, angossoxa, vergognoxa per lo nostro amore e per li nostri peccati. – [Rif. alle parti del corpo connesse con la sessualità]. [11] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. I, cap. 18, pag. 165.4: Ma questo amore viene da desiderio de l’amante e del cuore e va infino al basciare e l’abracciare e toccare le vergognose membra de l’amante a gnudo. [12] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 4, pag. 19.22: una notte si vide in visione castrare dall’angelo, e parvegli che Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini 183 l’angelo al tutto gli tagliasse ogni movimento dalli membri vergognosi. [13] Arte Am. Ovid. (D), XIV pm. (ven.), L. II, pag. 521.13: Le cammere e la porta se convien ali nostri furti e la parte vergognosa sta ascosa so’ la vesta sovra buttada. [14] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 21, par. 6, vol. 2, pag. 86.13: Comu Adam si copersi li soi virgogni, cussì Cristu in la cruchi: li foru scuperti li parti virgugnusi, sickì la donna nostra li copersi di lu velu so. [15] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 13, 26.3, pag. 169: aveva una piccola pelle / d’una bestia, e con essa si copriva / sol le sue vergognose membricelle. [16] Sam Gregorio in vorgà, XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 4, pag. 82.27: una noite se vi’ in visium crastà’ da l’angero, e pareali che l’angero a lo tuto ge talase ogni movemento vergognoso. rà, staia dodici di grano. [8] Doc. pist., 1337-42, pag. 135.17: E den dare, che diedi contanti a frate Piero, xxvij di febraio, che nne conperò charne, e dienne a’ poveri verghogniosi e a’ malati una mattina lb. v pi. [9] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 54.5, pag. 599: a pregio maggiur deve salire, / quel don che ’l pover vergognoso mire, / che quel ch’en demandar non prende esdegno. [10] Atrovare del vivo e del morto, a. 1375 (emil.), III, st. 52.6, pag. 175: E alora lo vivo ave contriciom / e sé ave contrictiom di so peccà, / de tuto lo so avere sé fe’ donaxom / a povere popile e a incarceradi, / e a povere donçele feva onore / e a povere vergognoxe lemoxene. [11] Senisio, Caternu, 1371-81 (sic.), vol. 1, pag. 164.5: Item per dui gunnelli ad dui popiri virgugnusi unc. j. 3 Che vive in condizioni di estrema povertà e di grande bisogno materiale, indigente. – Sost. [1] Stat. sen., 1295, cap. 43, pag. 33.21: che ciascuna semmana in perpetuo si faccia limosina e si dia […] dodici staia di pane cotto a quelle pòvare persone miserabili bisognose e vergognose. [2] Poes. an. urbin., XIII, 31.39, pag. 608: Perké, frate, non dài / de lo bene ke[d] ài / al pover vergongnoso? [3] Garzo, Proverbi, XIII sm. (fior.), 337, pag. 307: Povero vergognoso / suo valor tien nascoso. [4] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 47.54, pag. 187: «Un defetto par che agi, ch’è contra la caritate: / de li pover vergognusi non pare c’agi pietate. [5] Doc. prat., 1296-1305, pag. 248.8: Questi sono li poveri vergo(n)gnosi et i(n)fermi di po(r)ta san Giova(n)ni ch’ebbero del detto grano (e) biada del Ceppo. [6] Doc. venez., 1315 (04), pag. 143.32: item laso libr. cento per drapo da soldi vinti lo braço che sia dado a poveri et a povere vergunçose. [7] Stat. fior., 1334, L. III, cap. 34, pag. 363.26: [Si lascia] a Lapo Niccoli per dare a una famiglia povera vergognosa a cu’ elli vor- [12] Poes. an. urbin., XIII, 32.18, pag. 610: l’avere non fo dato / pro altrui signorïare, / ma per comunicare - al vergognoso. [13] Stat. sen., Addizioni c. 1320-75, [c. 1320], pag. 122.19: e per quello tempo che parrà a rettore et a’ frati non si faccia a loro più, come a vergognosi, limosina. [14] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 37, pag. 259.36: Prelati […] dell’entrata di lor benificio debbono vivere onestamente e dell’avanzo di loro rendita fare tre parti, e l’una istribuire ne’ bisogni della Chiesa, la seconda in fare onore a’ forestieri, la terza dare a’ poveri e a persone bisognose d’attorno, e spezialmente a’ vergognosi. Indice Presentazione Premessa Una risorsa per le emozioni. Lemmi e iperlemmi del corpus LirIO 1. LA BANCA DATI, I NOMI 2. IL CORPUS LIRIO 3. FUNZIONI DI RICERCA a) Ricerca per forme: le rime b) Ricerca in sottocorpus: lirica vs non lirica c) Ricerca per lemmi: il lessico dell’affettività d) Ricerca per iperlemmi: la rete semantica dell’affettività Appendice Voci dell’affettività nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini p. 3 5 9 11 12 16 16 19 21 25 29 37