TREKK URBANO A MILANO BASILICHE - APPROFONDIMENTI SETTEMBRE 2012 SANTA MARIA DELLE GRAZIE LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO BASILICA DI SAN LORENZO MAGGIORE BASILICA DI SANT'EUSTORGIO DUOMO DI MILANO BASILICA DI SAN SIMPLICIANO QUESTO LIBRETTO È STATO REDATTO IN OCCASIONE DEL TREKKING URBANO DI OTTOBRE 2012 I TESTI SONO STATI TRATTA DAI SITI UFFICIALI DELLE BASILICHE E DALLA GUIDA “MILANO E I LAGHI”, RIZZOLI EDITORI basiliche a milano SANTA MARIA DELLE GRAZIE Iscritto nella lista Unesco del Patrimonio dell'umanità, il complesso è formato della chiesa di Santa Maria delle Grazie, in parte gotica e in parte rinascimentale, e dell'attiguo convento, entrambi edificati nella seconda metà del Quattrocento. La chiesa è famosa soprattutto per LA TRIBUNA E IL COSIDDETTO CHIOSTRINO; il convento per la celebre ULTIMA CENA dipinta da Leonardo da Vinci nel refettorio. La posa della prima pietra avvenne il 10 settembre 1463: un gruppo di domenicani ricevette un terreno di proprietà del conte Gaspare Vimercati, comandante generale delle truppe sforzesche, nel borgo delle Grazie, fuori le mura di allora. La chiesa venne edificata in forme ancora gotiche sul luogo dove già esisteva una cappella, intitolata alla Beata Vergine delle Grazie. Il progetto fu affidato a Guiniforte Solari, architetto milanese di gran fama. Nel 1492, due anni dopo la conclusione dei lavori Ludovico il Moro, il nuovo duca che di Santa Maria delle Grazie voleva fare il mausoleo proprio e della famiglia Sforza, dispose la costruzione di una nuova parte absidale, o tribuna. Qui troverà sepoltura nel 1497 la moglie, Beatrice d'Este, in un monumento funerario opera di Cristoforo Solari, in seguito traslato alla certosa di Pavia. La successiva caduta del Moro per mano dell'esercito francese (1499-1500) impedì che l'idea del mausoleo avesse seguito, come pure quella della radicale sostituzione della chiesa solariana ventilata dal duca, che aveva già richiesto un incontro dei maggiori esperti dell'epoca per un progetto relativo alla nuova facciata (≪un modello della fazada delle Grazie, avendo respecto a l'altezza in la quale se ha da ridurre la ecclesia proporzionata alla Cappella grande≫). 3 basiliche a milano 1 TRIBUNA 2 CHIOSTRINO 3 CENACOLO 4 CAPPELLA DI SANTA CORONA 5 CAPPELLA DELLA VERGINE DELLE GRAZIE LA CHIESA Si compone di due organismi distinti: il corpo anteriore, gotico, e quello posteriore, rinascimentale. La facciata a capanna, di Guiniforte Solari, è in 4 basiliche a milano stile gotico e ornata da un bel portale marmoreo, realizzato in una fase successiva per ordine di Ludovico il Moro. L'attribuzione del corpo posteriore a Donato Bramante non è sorretta da documentazione, ma è il segno di un nuovo clima e di una conversione in senso rinascimentale, che porterà alla distruzione di una parte della chiesa solariana e alla costruzione della tribuna. Quest'ultima è illeggiadrita, all'esterno, da una ricca ed elegante decorazione che gioca sulle diverse cromie dei materiali: il marmo dei tondi con stemmi sforzeschi del basamento e dei medaglioni con santi, il cotto, le specchiature intonacate, oggi bianche, in origine probabilmente di un colore giallo-rossigno. Nell'interno si ammira dapprima la struttura solariana che fu oggetto di un organico programma di decorazione, secondo il gusto gotico tradizionale. Belle le figure di santi domenicani, ad affresco, sui pilastri delle navatelle e i busti di santi dell'ordine entro pricli in finta prospettiva nei lunettoni sopra le arcate della navata mediana. La prima cappella destra ospita la tomba cinquecentesca di Giovanni Maria Olgiati, l'ingegnere militare costruttore delle mura spagnole; la quarta, cappella di Santa Corona, presenta notevoli affreschi con Storie della Passione realizzati da Gaudenzio Ferrari entro il 1542, data che segna il compimento anche dell'antica pala d'altare, la famosa Incoronazione di spine di Tiziano, nel 1797 requisita dai francesi e oggi al Louvre. Sul lato sinistro, la prima cappella fu affrescata nel Quattrocento su iniziativa della famiglia Bolla: si tratta di un ciclo frammentario (rimasto incompleto, fu danneggiato dai bombardamenti del 1943) con Storie di Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena; nella settima, la cappella della Vergine delle Grazie, all'altare è la tavola di scuola lombarda del Quattrocento con la Madonna delle Grazie venerata durante le pestilenze del 1576 e del 1630. Proprio al termine di questa epidemia i domenicani commissionarono a Cerano la grande tela con la Vergine che libera Milano dalla peste sulla lunetta sovrastante l'ingresso. La pala d'altare della sesta cappella, nel Cinquecento cappella gentilizia dei Borromeo, è una Sacra famiglia con santa Caterina d'Alessandria di Paris Bordon, uno dei maggiori discepoli di Tiziano. Sulle navate si innesta la tribuna, a base quadrata di 17,2 m per lato, delimitata da quattro robusti contrafforti su cui si impostano altrettanti arconi che reggono la cupola semisferica su alto tamburo. Nel giro degli arconi compare il motivo della ruota solare, caro a Bramante, mentre i pennacchi ospitano i Dottori della 5 basiliche a milano Chiesa realizzati a graffito. Graffiti si trovano anche nella calotta della cupola, sopra e sotto gli oculi, dove compaiono santi domenicani e simboli religiosi. Sopra e sotto la cornice sono nastri, corone ed emblemi sforzeschi, di difficile lettura a occhio nudo. Sulla sinistra del presbiterio, anche per il meraviglioso chiostrino si è fatto il nome di Bramante. Cinto da portico ad arcate su agili colonne: da notare, nella lunetta della porta di comunicazione con la chiesa, l'affresco San Pietro e Santa Caterina da Siena, del Bramantino. Sul chiostro si apre la sagrestia vecchia, con un portale ligneo (XV-XVI secolo). Sul soffitto presenta lacerti di affreschi a nodi, motivo leonardesco ma non necessariamente della mano del genio toscano. 6 basiliche a milano LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO Seconda per importanza solo al Duomo, la basilica fin dall'Ottocento è considerata "la regina e la madre del romanico lombardo". Ciò, nonostante i numerosi interventi succedutisi nei secoli, che ne fanno anche un documento esemplare della storia del restauro. Sorse per volontà di Ambrogio, vescovo di Milano (374-397), come basilica Martyrum, perché presso l'area scelta per la sua edificazione esisteva il cimitero ad martyres, la più importante necropoli cittadina; qui furono trovati i corpi di Gervaso e Protaso, fratelli gemelli milanesi venerati come santi e primi martiri. Consacrata nel 386, le prime trasformazioni iniziarono tra la fine dell'VIII secolo e il IX, quando furono rifatti l'atrio, che prese il nome dal vescovo Ansperto (868-881), il presbiterio e il campanile dei monaci. Nel X secolo ci fu una ridefinizione dell'abside, cui seguì, tra XI e XII secolo, la ricostruzione romanica, con il rifacimento delle navate, dell'atrio e del tiburio, mantenendo della primitiva basilica paleocristiana solo la pianta. Da allora si succedettero operazioni di completamento e restauro: sullo scorcio del XV Ludovico il Moro chiamò Bramante per l'edificazione della canonica con il portico, rimasto incompleto; nell'Ottocento si registra un significativo intervento finalizzato a riportare la chiesa "nello stile antico", sotto Ia direzione del parroco, monsignor Francesco Maria Rossi. Prima l'imperatore d'Austria, poi il Comune di Milano gratificarono la basilica di una dote annuale di 10.000 fiorini proprio per tale rifacimento, che comportò tra l'altro la distruzione delle decorazioni e degli stucchi secenteschi nel tiburio e nell'abside. Ulteriori interventi seguirono nella prima metà dei secolo scorso. Il risultato di queste articolate trasformazioni è il monumento attuale, che si apre sulla città con il magnifico atrio porticato, caratterizzato da una ricca decorazione di epoca romanica. Sul fondo si alza l'imponente facciata a capanna, preceduta da nartece, aperta da tre portali: quello di sinistra è affiancato da una scultura tardo romanica raffigurante sant'Ambrogio in abiti vescovili, con il pastorale e lo staffile, mentre quello maggiore, in gran parte restaurato nel Settecento, è composto da parti di epoche diverse e rivela un'originaria committenza ambrosiana; presenta preziose imposte lignee, con un complesso programma iconografico incentrato sulle storie di Davide, che costituiscono un parallelo tematico con la storia di 7 basiliche a milano sant'Ambrogio, vittorioso contro gli eretici come Davide contro Golia. Fiancheggiano l'edificio due solenni torri campanarie; quella di destra, altomedievale, è l'unica porzione conservatasi intatta dell'antico monastero benedettino fondato nel 784 con l'appoggio di Carlo Magno (i suoi chiostri, modificati nel Rinascimento, ospitano oggi l'Università cattolica del Sacro Cuore). Il campanile di sinistra, dei canonici, fu alzato nella prima metà del XII secolo e fu poi terminato nella parte superiore nel 1889. Nell'area sulla sinistra si allunga il portico della canonica (ingresso dall'interno), ricomposto da Ferdinando Reggiori tra il 1946 e il 1949 dopo che le bombe dell'agosto 1943 avevano arrecato danni gravissimi. L'INTERNO Così ricco da fare della chiesa un vero e proprio museo di opere d'arte, è diviso da tre navate. Sopra le navatelle si alzano i matronei, aperti con armonici archi sulla navata centrale; qui meritano attenzione i capitelli del XII secolo, decorati con motivi vegetali o animali, aquile, agnelli e leoni. Nella seconda campata sinistra una colonna isolata regge un serpente bronzeo del X secolo, tradizionalmente ritenuto quello fatto fondere da Mosé; poco più in là si ammirano il sarcofago paleocristiano detto di Stilicone (secolo IV) e, sopra, il bel pulpito del XII secolo, ricomposto dopo il crollo del 1196, caratterizzato da una ricca decorazione plastica dal complesso contenuto iconografico. Al centro del presbiterio è il singolare ciborio che si leva su quattro preziose colonne di porfido di età romana a sostegno di un fastigio in stucco policromo databile alla fine del X secolo, con un articolato programma iconografico e la probabile raffigurazione degli imperatori Ottone I e Ottone II con le rispettive mogli. Custodisce da secoli l'opera d'arte forse di maggior pregio della basilica: il paliotto o altare d'Oro (protetto da un'urna di cristallo), opera di oreficeria di età carolingia, commissionata dal vescovo Angilberto II (824-859), che reca la firma del maestro Volvino. Copriva in origine il sarcofago in porfido con le reliquie di sant'Ambrogio e dei martiri Gervaso e Protaso, in seguito traslate in un'urna ottocentesca in argento e cristallo collocata nella cripta. La parte anteriore è in lamine d'oro e presenta storie della vita di Cristo, quella posteriore, in argento, episodi della vita di sant'Ambrogio. I pannelli sono divisi da una partitura di cornici impreziosite da 4379 gemme, cammei e smalti dalle ricche sfumature, in un perfetto equilibrio formale e cromatico. 8 basiliche a milano L'altare, centro liturgico dell'intero edificio e insieme reliquiario, era per tradizione il luogo stabilito per le incoronazioni, almeno fino all'età dei Visconti. Il grande mosaico dell'abside, in gran parte ricostruito secondo il disegno originario dopo la rovina dell'ultimo conflitto bellico, raffigura Cristo in trono tra i santi martiri Gervaso e Protaso e due episodi che vedono come protagonista Ambrogio (a destra il santo si addormenta a Milano mentre celebra la messa e viene trasportato dagli angeli a Tours per celebrare i funerali di San Martino, a sinistra). Attorno all'abside si allineano le parti superstiti del coro ligneo della seconda metà del Quattrocento, raffinato lavoro di intarsi e tarsie policrome con storie della vita del santo. In fondo alla navata destra si accede, attraverso l'anticappella di Sant'Ambrogio morente, decorata nel Settecento con scenografiche quadrature, al sacello di San Vittore in Ciel d'Oro. Fino al XIII secolo era un edificio isolato, staccato di alcuni metri dalla navata; l'assetto attuale del complesso, del 1930, è opera di Ferdinando Reggiori. Questa piccola cappella, dove Ambrogio aveva fatto seppellire il fratello Satiro, risplende di rari mosaici della seconda metà del V secolo: sulle pareti, a figura intera, i martiri Nabore e Felice, Gervaso e Protaso e i vescovi Materno e Ambrogio. Il viso di quest'ultimo, caratterizzato in modo realistico, deriva forse da un ritratto ufficiale del santo, eseguito in età giovanile. La cupola, costruita con una leggera struttura di tubi in terracotta, come consuetudine negli edifici tardoantichi, è un cielo dorato con al centro il busto di San Vittore (da qui il nome della cappella) con la corona dei martiri. A fianco si accede al cosiddetto Capitolino, ambiente a più stanze che, situato oltre il sacello di San Vittore in Ciel d'Oro, serviva da raccordo tra la basilica e il monastero benedettino. Usato fino a non molti anni fa come magazzino, sebbene le sue pareti ospitassero pregevoli affreschi della seconda metà del XIII secolo, il Capitolino espone oggi il tesoro di Sant'Ambrogio, con preziosi cimeli (di rilievo la croce processionale di san Carlo Borromeo), affreschi, arazzi, oggetti d'arte applicata, reliquiari, arredi liturgici e dipinti. Meritevole di attenzione, nella navata sinistra, Cristo risorto fra due angeli, affresco di fine Quattrocento del Bergognone (prima cappella); e così pure, in fondo alla navata, presso la porta d'accesso al portico della canonica, un'iscrizione sepolcrale di Pipino, figlio secondogenito di Carlo Magno e re d'Italia, morto nell'810. 9 basiliche a milano 1 NARTECE 2 SERPENTE DI MOSÈ 3) PULPITO CON SARCOFAGO DI STILICONE 4) CIBORIO CON ALTARE D’ORO 5 CRIPTA 6) SACELLO DI SAN VITTORE IN CIEL D’ORO 10 basiliche a milano BASILICA DI SAN LORENZO MAGGIORE La basilica è considerata una fondamentale tappa di passaggio nello sviluppo dell'architettura, da quella romana antica a quella cristiana. Fu costruita tra l'ultimo decennio del IV secolo e l'inizio del V con il riutilizzo di materiale da edifici pubblici preesistenti, tra cui, probabilmente, il vicino anfiteatro. Mancando fonti dirette, rimangono diverse le ipotesi sulla committenza e sulla destinazione d'uso. Si potrebbe trattare di una cappella palatina o di uno spazio per le cerimonie civili e per le funzioni religiose solenni collegato al mausoleo imperiale, l'odierna cappella di Sant'Aquilino. Oppure, secondo altri, fu costruita come mausoleo, forse di Stilicone, di fatto reggente dell'Impero alla morte di Teodosio (408) e poi mai utilizzato per tale scopo a causa del tragico epilogo della vicenda del generale. L'edificio presenta una planimetria articolata e rivela modelli orientali. Per lo spettatore antico l'effetto doveva essere ancora più grandioso, grazie ai rivestimenti in marmo e stucco e al mosaico dorato della volta, che creava effetti cromatici unici e riflessi luminosi. In una testimonianza dell'VIII secolo si legge che San Lorenzo, «costruita tra le 11 basiliche a milano torri», si ergeva «magnifica, per i suoi rivestimenti variegati e Ia cupola d'oro». L'inquadratura migliore si ha dalla retrostante piazza della Vetra, un antico spazio verde già luogo di esecuzioni capitali. Da qui si ammira il complesso della struttura basilicale, sovrastata dall'imponente tamburo ottagonale e dalla cupola, ricostruita da Martino Bassi dopo il crollo del 1573 e affiancata dai tre storici edifici a pianta ottagonale: la cappella di Sant'Aquilino a sud, cioè sulla destra rispetto alla facciata, di Sant'Ippolito a est, di San Sisto a nord. La facciata è il risultato di un intervento del 1894 che ha sovrapposto al precedente prospetto un pronao a tre arcate. L'INTERNO Subito a destra, attraverso un atrio con importanti avanzi di mosaici del IV secolo e un portale romano, si accede a un affascinante ambiente che, secondo una diffusa tradizione, fu adibito a mausoleo imperiale per volontà di Galla Placidia, figlia dell'imperatore Teodosio. Fu in seguito denominato cappella di Sant'Aquilino, perché custodisce le spoglie del santo, poste in un'urna cinquecentesca sull'altare. La cappella è un ottagono su cui si aprono nicchie semicircolari e rettangolari, coperto da cupola a ombrello; conserva un sarcofago originario dell'età imperiale ritenuto per molti secoli di Galla Placidia e, nella lunetta dell'arcata d'accesso, una Pietà, affresco attribuito al Bergognone. Dei mosaici del IV secolo che un tempo dovevano coprire interamente le pareti rimangono solo pochi frammenti: la quadriga di Cristo Sol invictus (cioè che sempre risplende), tema che riflette la politica religiosa di Costantino, che aveva fatto coincidere la devozione per il Sole con quella per il Dio unico dei cristiani; e Cristo tra gli apostoli, che rivela la sorprendente abilità dei mosaicisti nel creare inediti riflessi cromatici grazie a un sapiente uso della luce, specie nella resa dei bianchi delle vesti. Continuando la visita, si oltrepassano la settecentesca sagrestia e la cappella Cittadini, ricavata da un sacello romanico. Quindi, proseguendo nell'ambulacro, si entra, dietro l'altare maggiore, nella cappella di Sant'Ippolito, altro luogo antico e prezioso, esternamente ottagonale e internamente a croce greca: priva della decorazione, ha una cupola emisferica su quattro arconi poggianti su colonne di epoca romana. Il successivo ambiente di rilievo sporge dal fianco sinistro (nord) della basilica ed è la cappella di San Sisto, fatta costruire all'inizio del VI secolo. L'impianto ottagonale ripete quello dell'opposta cappella di Sant'Aquilino, ma di originale rimane solo la parte inferiore; la volta emisferica, infatti, è secentesca. 12 basiliche a milano 1) CAPPELLA DI SANT’AQUILINO 2) CAPPELLA DI SANT’IPPOLITO 3) CAPPELLA DI SAN SISTO 13 basiliche a milano BASILICA DI SANT'EUSTORGIO E' una delle chiese più antiche di Milano: fu fondata nel IV secolo e ricostruita nel XIX secolo. Originariamente Sant’Eustorgio conteneva le reliquie dei Re Magi che furono trafugate e portate a Colonia da Federico Barbarossa. Dal XIII secolo, però, la chiesa assunse un ruolo importante: dal 1227 divenne la principale sede dell'Ordine Domenicano a Milano. Il complesso architettonico della Basilica è particolarmente articolato. L'interno è costituito da tre navate. Nei secoli successivi alla fondazione furono aggiunte all'impianto romanico numerose cappelle, e, principalmente, sul solo lato destro. Due sono le più conosciute: la Cappella Brivio, del 1484, che contiene un sepolcro rinascimentale e un trittico di Bergognone; la Cappella Portinari, costruita a partire dal 1462 e voluta da Pigello Portinari, testimonia la presenza dell’arte fiorentina a Milano. Al suo interno, le parti superiori delle pareti sono state affrescate dall'artista Vincenzo Foppa tra il 1466 e il 1468 e nel 1871 sono riapparsi gli affreschi, poi restaurati nel 1915. Dal 2011 la facciata e l’esterno delle cappelle gentilizie sono ravvivate dall’illuminazione permanente notturna, morbida e calda, che ne valorizza la bellezza dell’architettura e il nitore della decorazione in cotto, a pochi anni dagli interventi di restauro conservativo (1999). A coronamento dell'installazione, la stella di luce del campanile, in ricordo dell'astro che guidò i Re Magi. LUOGHI INTERNI - ANEDDOTI E CURIOSITÀ E’ ormai tradizione secolare svolgere il corteo dei Re Magi ogni anno nella ricorrenza dell’Epifania. Il corteo, che parte da Piazza del Duomo e arriva a Sant'Eustorgio è una delle tradizioni più antiche di Milano. Il restauro della facciata fu eseguito da Giovanni Brocca, nel 1862, liberando la piazza da vecchie case, accostate alla basilica. All’angolo di sinistra, guardando la chiesa, si nota la loggetta (o pulpito) costruita nel 1597 e dalla quale predicò, nel 1630, il cardinale Federico Borromeo. Per antica tradizione gli arcivescovi destinati a Milano entrano in città da Porta Ticinese e compiono la prima sosta in Sant’Eustorgio. L'illuminazione permanente notturna e la stella di luce sono creazione dell'architetto Filippo Panzera, una sorta di dipinto scenografico contemporaneo che esalta il fascino di una realtà architettonica antica. 14 basiliche a milano Lampade e materiali utilizzati si distinguono per l'efficienza e la durata di vita elevata, e si inseriscono in una serie di interventi illuminotecnici attuati nel 2011 in occasione dei 100 anni dell'Azienda Elettrica Municipale, gli stessi interventi che hanno valorizzato le vetrate del Duomo, il Museo della Scienza e della Tecnologia, la facciata della Stazione Centrale. DA NON PERDERE Indiscusso luogo d’arte oltre che religioso, la chiesa conserva al suo interno la famosa Cappella Portinari caratterizzata da un soffitto a cupola affrescato con storie religiose, presumibilmente da Vincenzo Foppa. Nella Cappella si può ammirare un dipinto (attribuito a Benedetto Bembo) che raffigura il banchiere Pigello Portinari, inginocchiato davanti a San Pietro Martire. 15 basiliche a milano CAPPELLA PORTINARI. Un tesoro nascosto per secoli, una delle espressioni più alte del rinascimento, la Cappella Portinari è inserita in un contesto dal fascino misterioso. L’opera fu commissionata da Pigello Portinari – nobile fiorentino, procuratore del Banco dei Medici e residente a Milano - con la duplice funzione di cappella privata e di sepoltura del Santo martire Pietro Rosini da Verona (persecutore degli eretici catari, assassinato nei pressi di Milano nel 1252). La tomba in stile tardo gotico fu realizzata dall’architetto e scultore lombardo Giovanni di Balduccio tra 1335 e il 1339. Il capolavoro, in stile rinascimentale, è caratterizzato da influssi fiorentini da cui è ricavata l’ipotesi che l’opera fu realizzata da un maestro toscano, come dimostra la somiglianza della Cappella alla Sagrestia Vecchia, compiuta da Brunelleschi nella Chiesa di San Lorenzo a Firenze. Al di là delle bellissime decorazioni, ciò che attira maggiormente l’attenzione sono gli stupendi affreschi di Vincenzo Foppa, che costituiscono uno dei vertici dell’opera del pittore. Il Foppa ebbe anche un ruolo decisivo nell’ideazione e nella regia della decorazione plastico-pittorica. Nei pennacchi, i tondi con i dottori della chiesa; nelle pareti laterali, le Storie di San Pietro Martire; nell'arco trionfale, l'Annunciazione e, in controfacciata l'Assunzione della Vergine. Gli affreschi, che erano stati nascosti sotto ben sette strati di intonaco, sono stati recuperati grazie ai restauri avvenuti tra il 1952 e il 1965, che consentirono di recuperare quanto possibile delle antiche strutture e decorazioni, ritrovandone lo splendore originario. Una curiosità: L’ultima domenica di aprile di ogni anno, per i milanesi è consuetudine seguire la processione e recarsi nella Cappella Portinari della chiesa di Sant’Eustorgio per chiedere a San Pietro Rosini, ucciso a roncolate sul capo, la grazia di essere preservati dal mal di testa. Per ottenere la grazia, è sufficiente toccare con il capo, oppure sfregare con fazzoletti o altri indumenti, tipo cappelli o foulard, il vetro dell’urna che custodisce la testa del Santo. ARCA DI SAN PIETRO MARTIRE. All'interno della splendida Cappella Portinari nella Basilica di Sant'Eustorgio si può ammirare un'opera davvero straordinaria: l'arca di San Pietro Martire, considerato il capolavoro di Giovanni di Balduccio, scultore e architetto autore di significative altre opere diffuse in Italia. 16 basiliche a milano L'opera, realizzata nel 1338, si compone di un ricchissimo sarcofago di marmo bianco di Carrara lavorato a bassorilievi che riproduce le “Scene della vita del Santo”. L'arca è sostenuta da otto statue che simboleggiano le virtù teologali e cardinali. Alla sommità si trova l'edicola gotica dove le statue di Cristo e della Vergine rappresentano la “Gloria Paradisiaca”. L'arca custodisce le spoglie di Pietro Rosini, conosciuto come Pietro Martire o Pietro da Verona, Priore di Como che morì la domenica delle Palme. Il priore, martire nel 1252, fu assassinato da due sicari nella boscaglia di Farga, presso Barlassina vicino a Como. Si dice che fece appena in tempo a dire la parola “credo” nella polvere e subito spirò. Fatto santo, per il martirio subìto, fu eletto a protettore dei sofferenti di emicrania. L'arca si inserisce alla perfezione all'interno dell'ambiente della Cappella che, con i suoi rapporti geometrici, fatti di pieni e di vuoti, ne esalta il tratto architettonico, tipico del gotico lombardo. 17 basiliche a milano DUOMO DI MILANO CATTEDRALE Orari - Tutti i giorni: 7.00 – 19.00. Ultimo ingresso ore 18.45 - Accesso gratuito Biglietti cumulativi Tipo A € 13,00, comprende: Salita alle terrazze in ascensore- Visita al battistero di San Giovanni-Visita al Tesoro Tipo B € 10,00, comprende: Salita alle terrazze a piedi-Visita al battistero di San Giovanni-Visita al tesoro Come acquistare i biglietti TERRAZZE Orari: Tutti i giorni: 9.00 – 21.30. Ultima salita ore 20.45 Le Terrazze restano chiuse il giorno di Natale e il 1° maggio Tariffe: Salita con ascensore Intero €12,00 Ridotto €6,00*-Salita a piedi Intero € 7,00 Ridotto € 3,50* *Ridotto: Bambini 6-12 anni; Over65; Gruppi Studenti; Gruppi Parrocchiali. Gratuito: Bambini fino a 6 anni; insegnanti accompagnatori di gruppi; portatori di handicap e accompagnatore. È possibile acquistare i biglietti ridotti e gratuiti esclusivamente presso il DuomoInfoPoint. Audioguida solo per le terrazze € 2,00 COME ACQUISTARE I BIGLIETTI Tesoro del Duomo-Orari Da lunedì a venerdì: 9.30 – 17.30-Sabato: 9.30 – 17.00-Domenica e festivi: 13.30 – 15.30 - Chiuso durante tutte le celebrazioni liturgiche-Tariffe Intero € 2,00 Area archeologica: Battistero S. Giovanni alle Fonti-Orari Tutti i giorni: 9.30 – 17.30. Ultimo biglietto ore 17.00-Tariffe Intero € 4,00 Battistero di Santo Stefano-Ingresso dall’ascensore nord-Orari Segue gli stessi orari di apertura delle Terrazze-Ingresso gratuito Bookshop (all’interno della Cattedrale) Orari Tutti i giorni: 9.30 – 18.30 Dedicato a Maria Nascente, il simbolo di Milano si impone. Per dimensioni, ricchezza ornamentale, complessità storica. Fondato secondo la tradizione nel 1386, sotto la signoria di Gian Galeazzo Visconti, il Duomo sorse sul luogo delle antiche Santa Maria Maggiore e Santa Tecla, entrambe demolite. 18 basiliche a milano Il progetto prevedeva originariamente un edificio in mattoni, fortemente voluto dalla cittadinanza e promosso dall'arcivescovo. Ma quando il Visconti assunse il controllo dei lavori impose al cantiere le sue ambizioni, volte alla realizzazione di un edificio grandioso. Allora il materiale divenne niente di meno che il marmo di Candoglia, estratto dalle cave, prossime al lago Maggiore, messe a disposizione dallo stesso Gian Galeazzo. Il signore, tra l'altro, onde evitare il trasporto dei blocchi via terra dal laghetto di Sant'Eustorgio, ultima tappa del viaggio su canale, al cantiere della cattedrale, fece realizzare appositamente un collegamento con il naviglio interno cosicché il materiale potesse giungere fino al laghetto di Santo Stefano, aperto a breve distanza dal Duomo. Anche sul piano stilistico intervennero mutamenti, giacché la nuova cattedrale, inizialmente pensata secondo i canoni del gotico lombardo, si volse verso quelli del gotico transalpino di ispirazione renano-boema. Al gotico comunque, in tutta l'interminabile storia del suo avanzamento, la grandiosa cattedrale si mantenne sostanzialmente fedele alle tante varianti del tardo gotico prima e a quelle del neogotico poi. Il primo dei numerosi architetti e ingegneri che si succedettero alla direzione dei lavori fu Simone d'Orsenigo, quando ancora le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate. Che passarono poi a cinque, mentre Giovannino de' Grassi, ingegnere generale della fabbrica fino alla morte (1398), disegnava nel 1393 il primo capitello dei pilastri. Intanto si discuteva dell'alzato, per la cui definizione veniva chiesto il parere del matematico piacentino Gabriele Stornaloco. Nei secoli vennero chiamati alla direzione del cantiere architetti italiani e stranieri che variamente interpretarono e portarono avanti il progetto. Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce coronava il tiburio con la guglia maggiore sulla quale cinque anni piu tardi veniva innalzata la Madonnina di rame dorato, tutt'oggi fra i simboli piu popolari della citta (≪soia majestaa la Madonna≫ la definì Carlo Porta). Quanto alla tormentata vicenda della facciata, vi pose fine Napoleone ordinandone nel 1805 il completamento, terminato nel 1813 da Carlo Amati. Le porte in bronzo risalgono al Novecento: quella di destra e di Luciano Minguzzi, con episodi della storia del Duomo quella centrale di Ludovico Pogliaghi. L’ESTERNO Per una valutazione attenta della spettacolare macchina architettonica, é bene tenere presente che la veduta di fronte è considerata la meno attraente, anche perché l'apertura della grande 19 basiliche a milano piazza (nella seconda metà dell'Ottocento) ha cancellato il rapporto della facciata con la trama della minuta edilizia preesistente. Migliore, forse, è una ricognizione all'esterno per individuare i punti di osservazione più favorevoli: come quello all'imbocco di corso Vittorio Emanuele II, che permette di inquadrare i volumi dell'abside poligonale, dei corpi delle due sagrestie coronate dalla guglie più antiche, e del transetto. L'abside riceve la luce da tre grandi finestre ogivali dotate di rosone: quella centrale, con il sole raggiato simbolo dei Visconti, è dedicata all'incarnazione di Cristo, che ha il suo inizio con l'episodio dell'Annunciazione. I fianchi sono cinti da un alto zoccolo, concluso da una cornice ad archetti che poggiano su testine umane o animali; il suo sviluppo orizzontale attenua la spinta verticale del complesso. Da qui si dipartono i contrafforti esterni, coronati da una selva di guglie. Un altro scorcio notevole è offerto dalla piazzetta del palazzo Reale, o meglio ancora dalla terrazza dell'Arengario, il punto di vista che più valorizza l'organizzazione complessiva della grande cattedrale. L’INTERNO Delle cinque navate (il transetto ne ha tre), la centrale è ampia il doppio di quelle laterali, mentre la loro differenza di altezza è modesta, così da limitare le dimensioni delle aperture sopra le arcate: ne risulta uno spazio dilatato in larghezza e immerso nella penombra, singolare per una cattedrale gotica. I 52 pilastri che sorreggono le volte sono coronati da monumentali capitelli abitati da statue di santi e profeti a grandezza naturale. Profondo é il presbiterio, cinto da deambulatorio e fiancheggiato dalle due sagrestie. A Pellegrino Tibaldi e alla volontà di Carlo Borromeo si devono tutti gli arredi aggiunti alla struttura gotica: gli altari, i mausolei, il complesso del coro e del presbiterio, le cappelle dei transetti. Il 4 di novembre, per la festa di San Carlo, vengono esposti lungo la navata centrale 52 grandi tele, chiamate "quadroni", con episodi che celebrano la vita e i miracoli del santo, realizzati da un gruppo di artisti apprezzati da Federico Borrorneo, tra cui Cerano e Giulio Cesare Procaccini. La prima campata destra, che ospita il sarcofago dell'arcivescovo Ariberto da Intimiano (1018-1045), è illuminata da una vetrata quattrocentesca con storie di San Giovanni evangelista, una delle poche così antiche a essersi conservata intatta. A sinistra l'iscrizione: ≪El principio dil Domo di Milano fu nel anno 1386≫. Nella seconda campata si trova il sarcofago in marmo rosso di primo Trecento degli arcivescovi Ottone e Giovanni Visconti, mentre nella quarta è collocato il bel sarcofago (1406) di Marco Carelli, 20 basiliche a milano mercante milanese e munifico mecenate della Fabbrica del Duomo al suo sorgere. Notevoli le vetrate della quinta campata, con storie del Nuovo Testamento (1470-1475) su disegno di Vincenzo Foppa. Nel transetto destro rilevante è il monumento funebre di Gian Giacomo Medici detto il Medeghino, uomo d'armi sostenitore di Carlo V e fratello di papa Pio IV, eseguito da Leone Leoni tra il 1560 e il 1563 è considerato un capolavoro della scultura milanese di metà Cinquecento. Poco oltre, su un piedistallo isolato, la celebre e impressionante statua di San Bartolomeo scorticato, che porta sulle spalle la sua pelle come un mantello, prova di bravura anatomica realizzata nel 1562 da Marco d'Agrate. Al di là dell'alto tiburio a base ottagonale si apre il presbiterio, con il prezioso altare. I due grandi pulpiti, cinquecenteschi, sono su progetto del Pellegrini; del Cinquecento sono pure i due organi con ante dipinte, nonché il coro ligneo a due ordini di stalli, intagliato su disegno del Pellegrini, di Aurelio Luini e di Giulio Cesare Procaccini. Sospesa in una nicchia sopra l'altare e segnalata da una luce rossa, si trova la reliquia più preziosa del Duomo: il sacro Chiodo. Degni di attenzione sono anche i portali trecenteschi di accesso alle sagrestie, affacciati sul deambulatorio: quello settentrionale è la prima opera scolpita del Duomo. Le tre grandi vetrate absidali sono state in gran parte rifatte nell'Ottocento. All'altezza del portale della sagrestia meridionale si scende alla cripta, al cui cuore è lo scurolo di San Carlo, cappella ottagonale progettata dal Ridai nel 1606, con fascia superiore delle pareti e soffitto ornati da lamine d'argento con scene della vita del santo. L'urna di cristallo di rocca, donata da Filippo IV di Spagna, racchiude le spoglie di san Carlo Borromeo. In una delle piccole sagrestie che affiancano lo scurolo, quella di sinistra, sono esposti i cimeli del tesoro del Duomo, cioè gli oggetti più preziosi che hanno accompagnato la storia della cattedrale milanese. Nell'absidiola di fondo del transetto settentrionale è la secentesca cappella della Madonna dell'Albero. Di fronte, attira lo sguardo il candelabro Trivulzio, in bronzo. Capolavoro della scultura gotica degli albori del Duecento, fu donato al Duomo soltanto nel 1562 dall'arciprete Giovan Battista Trivulzio, da cui prende il nome. E’ uno dei rari esempi di "alberi di luce" che dovevano rischiarare le chiese medievali: a sette bracci: come la menorah ebraica del tempio di Gerusalemme, simboleggia la Chiesa, mentre l'esuberante decorazione plastica mette in scena il cammino del popolo di Dio verso la salvezza. Riprendendo il percorso delle navate, si incontra nella sesta campata 21 basiliche a milano l'altare che racchiude il crocefisso ligneo che Carlo Borromeo portò in processione durante la peste del 1576. Nella seconda campata, murate nelle pareti perimetrali, due lastre in breccia rosa di Verona con rilievi di apostoli, attribuiti a maestri campionesi di fine XII secolo; di fronte è il battistero, progettato dal Pellegrini in forma di edicola classicheggiante e con un'antica vasca romana in porfido come fonte. GLI SCAVI ARCHEOLOGICI PALEOCRISTIANI Riaperti al pubblico nel dicembre del 2009 dopo un lungo intervento di restauro e di rifacimento dei percorsi e dell'illuminazione, vi si accede scendendo per una stretta scala dalla facciata interna del Duomo. In corrispondenza della parte più alta del sagrato sono leggibili i resti del battistero di San Giovanni alle Fonti, costruito intorno al 386 per volontà del vescovo Ambrogio, che vi avrebbe battezzato il futuro sant'Agostino nella veglia pasquale del 387. Al centro si trova ancora il fonte ottagonale, in gran parte spogliato dell'originaria decorazione marmorea. Sono visibili, a breve distanza, anche i resti delle tre absidi della cattedrale estiva di Santa Tecla, demolita nella seconda metà del XV per la nuova sistemazione dell'area di fronte al costruendo Duomo. LE TERRAZZE A piedi o per ascensore (dall'esterno del transetto sinistro) si puo salire sul "tetto" del Duomo, ossia il complesso di terrazze sovrastanti le navate. E’ un luogo speciale, sia per il panorama sulla città (andateci in una giornata tersa), sia per il fitto ricamo di archi rampanti, guglie, pinnacoli e statue di cui è composto. Ricoperte di lastre di marmo di Candoglia, le terrazze si estendono su una superficie di 8000 mq. Presso l'ascensore è la guglia Carelli, la più antica (1397-1404) delle 135 che dominano Milano: è dedicata al mercante Marco Carelli (1394), insigne benefattore sepolto all'interno della cattedrale. Sulla piramide terminale la statua di San Giorgio, opera di Giorgio Solari (1404) che, secondo la tradizione, vi ritrasse il duca Gian Galeazzo Visconti. Sostituita per motivi di conservazione da una copia, l'originale è al Museo del Duomo. Il tiburio è coronato dalla settecentesca guglia maggiore, miracolo di equilibrio statico, con il suo sistema di gugliette e di archi rampanti rovesci: orgogliosa non solo di sovrastare le altre ma di reggere la celebre Madonnina di rame sbalzato e dorato. Disegnata dallo scultore Giuseppe Perego e realizzata dall'orafo Giuseppe Bini, domina Milano dal 1774. 22 1)MONUMENTO DI GIAN GIACOMO MEDICI 2) STATUA DI SAN BARTOLOMEO SCORTICATO 3) SACRO CHIODO 4) SCUROLO DI SAN CARLO 5) CANDELABRO TRIVULZIO 6) SCAVI ARCHEOLOGICI basiliche a milano 24 basiliche a milano BASILICA DI SAN SIMPLICIANO La facciata di questa basilica chiude l’omonima ed elegante piazza acciottolata raggiungibile da corso Garibaldi, mentre sul fianco destro dell’edificio s’allarga la verde e raccolta piazza Paolo VI, luogo ideale per una tranquilla sosta all’aperto. San Simpliciano è una delle prime chiese edificate a Milano. È l’ultima delle quattro basiliche che Sant’Ambrogio volle nelle zone periferiche della città per venire incontro alla massa crescente dei fedeli e come aveva fatto per le altre basiliche, scelse una zona cimiteriale lungo la strada per Como, in una zona frequentata dalle prostitute, e per questo fu dedicata alle vergini, per innalzare la sua nuova chiesa che chiamò basilica Virginum, ossia “basilica delle Vergini”. Fu il vescovo della città a volerne la costruzione (IV sec.), completata sotto il suo successore San Simpliciano che alla sua morte nel 401 chiese di esservi sepolto. Da allora l’edificio 25 basiliche a milano prese il suo nome. La chiesa che richiama diversi episodi significativi della storia religiosa ambrosiana, offre anche vari motivi di interesse dal punto di vista squisitamente artistico e architettonico. Il tempio subì nel tempo vari rifacimenti e aggiunte, in particolare nel XII secolo vi fu una radicale rielaborazione in chiave romanica. È relativamente recente la scoperta dell’origine paleocristiana del tempio. L’interno, a tre navate di uguale altezza, si segnala innanzitutto per l’affresco del Bergognone, “L’incoronazione della Vergine”. I fianchi e l’abside rivelano la loro struttura paleocristiana, scanditi da finestroni, accecati in epoca successiva. In stile romanico sono l’abside e il tiburio di forma ottagonale che si innalzano maestosamente. Nella facciata il solo portale mediano con le due coppie di leoni e gli archi frontali, risale al XII secolo, mentre i portali minori e le finestre trifore e bifore sono del 1870. ANEDDOTI E CURIOSITÀ Don Ferrante Gonzaga fece abbassare di 25 metri il campanile, perché non tollerava che sovrastasse il Castello Sforzesco, dove abitava. La basilica accoglie anche le reliquie di tre martiri: Sisinio, Martirio e Alessandro originari della Cappadocia che ancora giovinetti vennero mandati a Milano per essere istruiti nella fede dal vescovo sant'Ambrogio. Attratti dall'ideale missionario furono inviati a evangelizzare la regione dell'Anaunia, l'odierna Valle di Non, dove subirono il martirio. A questi tre personaggi è legata anche una leggenda popolare. All'intercessione dei Santi Martiri le genti lombarde attribuiscono la vittoria di Legnano del 1176. Si narra infatti che nel giorno dello scontro tra le milizie della Lega Lombarda e quelle del Barbarossa, tre colombe uscirono dalla chiesa di San Simpliciano, dove erano custodite le reliquie, e andarono a posarsi sulla croce del Carroccio rimanendovi fino al termine della battaglia. Secondo un’antica diceria, le campane di San Simpliciano possedevano eccezionali virtù curative. Per liberarsi di un tremendo mal di denti, un mercante di Porta Comasina aveva ottenuto dal campanaro il permesso di suonarle tirando la fune coi denti. Ne guadagnò una brutta testata nel soffitto, ma in compenso il mal di denti svanì. Oggi la chiesa ospita regolarmente concerti d’organo. 26 basiliche a milano DA NON PERDERE Oltre all’affresco del Bergognone, “L’incoronazione della Vergine”, è possibile ammirare, nella prima cappella, pregevoli affreschi rinascimentali: una “Madonna in trono”, sormontata dai resti di una “Annunciazione” e fiancheggiata da figure di “Santi e personaggi d’epoca”. Nella seconda cappella sono visibili i resti di antichi affreschi provenienti da altre parti della basilica. 27 basiliche a milano Da una piccola porta a sinistra dell’abside si accede al sacello di San Simpliciano, costruito nel V secolo come cella memoriae, destinata a custodire i resti dei martiri. Sorta in area cimiteriale, con pianta a croce latina, S.Simpliciano era costituita da una grande aula centrale (A) (oltre 56 metri di lunghezza, esclusa l'abside; più di 21 metri di larghezza; oltre 19 metri dal pavimento originale alle capriate) con addossati due transetti. Gli scavi hanno confermato che su tre lati perimetrali la basilica era avvolta dai cosiddetti cunicula (B), portici per l'accoglienza dei pellegrini diventati in seguito spazio per erigere le cappelle laterali. NAVATA CENTRALE DELL'ALTARE MAGGIORE. Sarebbe bene cominciare la visita non dalla facciata, ma dalla parte retrostante, da dove è possibile provare un'emozione intensissima dinanzi al mattone vivo che fa risaltare l'impianto dell'abside, dei due altissimi transetti e del massiccio campanile. MARTYRIUM. La simultanea percezione del martyrium (C) , una costruzione più ribassata, forse coeva alla basilica o di poco posteriore, costruita probabilmente per essere una cella memoriae per la custodia delle reliquie (si notino le anfore nella copertura del sottotetto) conferma l'impressione che la parte absidale di San Simpliciano sia veramente l'angolo giusto per cogliere le maggiori suggestioni. Sui fianchi oggi si impongono i vani bassi delle cappelle, ma anticamente l'impianto doveva essere quello che si legge immediatamente sui transetti: due serie sovrapposte di archi entro i quali si distingue la sagoma dei grandi finestroni originali che dovevano far cadere tantissima luce all'interno della basilica. L'EPOCA LONGOBARDA. Difficile raccontare in breve sintesi le vicende di un monumento che può vantare secoli di longobarda storia. Una prima trasformazione della basilica di San Simpliciano sarebbe avvenuta in epoca longobarda; la grande aula sarebbe stata divisa in tre navate, con una serie di pilastri più fitta di quella che si osserva oggi. La prova di questa prima radicale modifica architettonica l'avremmo nei tegoloni scoperti sul tetto con impresso il sigillo del re Agilulfo e del figlio Adaloaldo succedutogli nel 616. L'EPOCA ROMANA. Più importante e anche più facile da provare è invece la trasformazione romanica, cominciata forse già subito dopo il Mille e sicuramente intensificatasi a seguito della battaglia di Legnano, che 28 basiliche a milano registrò la vittoria dei Comuni lombardi contro Federico Barbarossa nel 1176. Quel successo fu attribuito alla intercessione dei martiri Sisinio, Martirio ed Alessandro, che si festeggiavano nella liturgia ambrosiana il 29 maggio e le cui reliquie si venerano ancor oggi in S.Simpliciano. Dopo di allora la nostra basilica fu detta anche basilica del Carroccio, il caratteristico carro di battaglia rimasto per tanto tempo simbolo dei Milanesi. Della trasformazione romanica avvenuta in diverse fasi le prove incontrovertibili sono la maestosa facciata con il bellissimo portale di ingresso; l'interno dipartito in tre navate di differente ampiezza, con grandi pilastrature sormontate da archi cordoli e vele che sostituirono quelle longobarde; il tiburio ottagonale che sovrasta la sesta campata e che all'esterno presenta bellissime colonnine bianche con capitello sullo sfondo di una compatta muratura cieca; l'attuale abside che ne sostituì una più ampia di cui rimangono vistose tracce all'esterno; il poderoso campanile a pianta quadrata che poggia su solide pietre tombali visibili nel transetto, campanile che nel 1552 dovette essere abbassato di circa 25 metri per disposizione di Ferrante Gonzaga perché non si guardasse nel Castello. Questa estesa trasformazione romanica è quella che ha contraddistinto per secoli l'aspetto esterno e interno della basilica, caratterizzandola al punto da farla ritenere per molto tempo monumento di origine medioevale e non paleocristiana, come gli studi e i restauri recenti hanno evidenziato e confermato. IL CINQUECENTO. Tralasciamo di accennare alle trasformazioni del XVI secolo a seguito dell'insediarsi in S.Simpliciano dei monaci benedettini cassinesi che subentrarono a quelli cluniacensi; furono anche sulla struttura; basti accennare ai grandi sottarchi in pietra della navata centrale e alla collocazione dell'altare maggiore sotto l'alto tiburio, ma soprattutto arricchimento pittoreo e ligneo. L'OTTOCENTO. E' d'obbligo invece soffermarsi su quel che avvenne ai primi decenni dell'Ottocento, allorchè si verificò un intervento massiccio sulla struttura in occasione della erezione di un altare nuovo. Dopo diversi progetti prevalse quello dell'architetto Giulio Aluisetti che vi eresse l'altare attuale, già dai contemporanei molto criticato per la sua imponenza entro un vano relativamente piccolo. 29 basiliche a milano Ma proprio il nuovo altare sta all'origine di un progetto di radicale e articolata trasformazione interna della basilica, che fu ridotta ad una uniformità innaturale. Pareti, volte, pilastri furono interamente ricoperti di uno strato di malta dipinta a strisce bianco e azzurro a volerne simulare i marmi delle basiliche toscane. I pilastri furono coronati da uniformi capitelli in gesso che andavano a sostituire quelli preesistenti tutti differenti; qua e là furono rigonfiati con l'appoggio di lesene in mattone e la ridefinizione di nuove arcature; per modificare l'ingresso ai due transetti furono demoliti persino quattro pilastri e ridisegnate nuove cupolette con cordli di cemento invece che a mattone. Il nuovo altare neoclassico fu l'avvio di una trasformazione della chiesa che celò totalmente i segni dell'impianto paleocristiano contribuendo a far credere che la basilica fosse di origine romanica. IL NOVECENTO. E' d'obbligo invece soffermarsi su quel che avvenne ai primi decenni dell'Ottocento, allorchè si verificò un intervento massiccio sulla struttura in occasione della erezione di un altare nuovo. La pesante e impropria struttura dell'Aluisetti fu rimossa a seguito degli studi compiuti da Costantino Baroni negli anni Trenta del XX secolo e ancor più di quelli fatti poco dopo da Edoardo Arslan, che trovarono conferma inequivocabile del carattere paleocristiano del monumento. Smantellato dopo la guerra tutto il rivestimento ottocentesco, si cominciò a restaurare S.Simpliciano con un criterio esclusivamente conservativo: i delicati lavori, che durarono decenni, hanno permesso di arrivare verso la fine degli anni Ottanta a un recupero architettonico e artistico che ha interessato la basilica in ogni sua parte, tanto all'esterno che all'interno Neppure la più piccola parte del monumento è andata indenne ad un restauro che non ha toccato la struttura se non per riportarla alla sua più vera genuina identità. Oggi il visitatore che entra nella basilica rimane affascinato dal sobrio linguaggio architettonico del monumento, sulle cui ampie muratura di diversa fattura coglie però i segni non sempre comprensibili di un lungo passato secolare. 30 ARCOIRISTREKK http://www.arcoiristrekk.it/ [email protected].