TREKK URBANO A MILANO
BASILICHE - APPROFONDIMENTI
SETTEMBRE 2012
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO
BASILICA DI SAN LORENZO MAGGIORE
BASILICA DI SANT'EUSTORGIO
DUOMO DI MILANO
BASILICA DI SAN SIMPLICIANO
QUESTO LIBRETTO È STATO REDATTO IN OCCASIONE DEL TREKKING URBANO DI
OTTOBRE 2012
I TESTI SONO STATI TRATTA DAI SITI UFFICIALI DELLE BASILICHE E DALLA GUIDA
“MILANO E I LAGHI”, RIZZOLI EDITORI
basiliche a milano
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
Iscritto nella lista Unesco del Patrimonio dell'umanità, il complesso è
formato della chiesa di Santa Maria delle Grazie, in parte gotica e in parte
rinascimentale, e dell'attiguo convento, entrambi edificati nella seconda
metà del Quattrocento.
La chiesa è famosa soprattutto per LA TRIBUNA E IL COSIDDETTO
CHIOSTRINO; il convento per la celebre ULTIMA CENA dipinta da Leonardo
da Vinci nel refettorio.
La posa della prima pietra avvenne il 10 settembre 1463: un gruppo di
domenicani ricevette un terreno di proprietà del conte Gaspare Vimercati,
comandante generale delle truppe sforzesche, nel borgo delle Grazie, fuori
le mura di allora. La chiesa venne edificata in forme ancora gotiche sul
luogo dove già esisteva una cappella, intitolata alla Beata Vergine delle
Grazie. Il progetto fu affidato a Guiniforte Solari, architetto milanese di
gran fama. Nel 1492, due anni dopo la conclusione dei lavori Ludovico il
Moro, il nuovo duca che di Santa Maria delle Grazie voleva fare il
mausoleo proprio e della famiglia Sforza, dispose la costruzione di una
nuova parte absidale, o tribuna.
Qui troverà sepoltura nel 1497 la moglie, Beatrice d'Este, in un
monumento funerario opera di Cristoforo Solari, in seguito traslato alla
certosa di Pavia. La successiva caduta del Moro per mano dell'esercito
francese (1499-1500) impedì che l'idea del mausoleo avesse seguito, come
pure quella della radicale sostituzione della chiesa solariana ventilata dal
duca, che aveva già richiesto un incontro dei maggiori esperti dell'epoca
per un progetto relativo alla nuova facciata (≪un modello della fazada
delle Grazie, avendo respecto a l'altezza in la quale se ha da ridurre la
ecclesia proporzionata alla Cappella grande≫).
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1 TRIBUNA
2 CHIOSTRINO
3 CENACOLO
4 CAPPELLA DI SANTA CORONA
5 CAPPELLA DELLA VERGINE DELLE
GRAZIE
LA CHIESA
Si compone di due organismi distinti: il corpo anteriore, gotico, e quello
posteriore, rinascimentale. La facciata a capanna, di Guiniforte Solari, è in
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basiliche a milano
stile gotico e ornata da un bel portale marmoreo, realizzato in una fase
successiva per ordine di Ludovico il Moro. L'attribuzione del corpo
posteriore a Donato Bramante non è sorretta da documentazione, ma è il
segno di un nuovo clima e di una conversione in senso rinascimentale, che
porterà alla distruzione di una parte della chiesa solariana e alla
costruzione della tribuna. Quest'ultima è illeggiadrita, all'esterno, da una
ricca ed elegante decorazione che gioca sulle diverse cromie dei materiali:
il marmo dei tondi con stemmi sforzeschi del basamento e dei medaglioni
con santi, il cotto, le specchiature intonacate, oggi bianche, in origine
probabilmente di un colore giallo-rossigno. Nell'interno si ammira
dapprima la struttura solariana che fu oggetto di un organico programma
di decorazione, secondo il gusto gotico tradizionale.
Belle le figure di santi domenicani, ad affresco, sui pilastri delle navatelle e
i busti di santi dell'ordine entro pricli in finta prospettiva nei lunettoni
sopra le arcate della navata mediana. La prima cappella destra ospita la
tomba cinquecentesca di Giovanni Maria Olgiati, l'ingegnere militare
costruttore delle mura spagnole; la quarta, cappella di Santa Corona,
presenta notevoli affreschi con Storie della Passione realizzati da
Gaudenzio Ferrari entro il 1542, data che segna il compimento anche
dell'antica pala d'altare, la famosa Incoronazione di spine di Tiziano, nel
1797 requisita dai francesi e oggi al Louvre.
Sul lato sinistro, la prima cappella fu affrescata nel Quattrocento su
iniziativa della famiglia Bolla: si tratta di un ciclo frammentario (rimasto
incompleto, fu danneggiato dai bombardamenti del 1943) con Storie di
Santa Caterina d'Alessandria e Santa Caterina da Siena; nella settima, la
cappella della Vergine delle Grazie, all'altare è la tavola di scuola lombarda
del Quattrocento con la Madonna delle Grazie venerata durante le
pestilenze del 1576 e del 1630. Proprio al termine di questa epidemia i
domenicani commissionarono a Cerano la grande tela con la Vergine che
libera Milano dalla peste sulla lunetta sovrastante l'ingresso. La pala
d'altare della sesta cappella, nel Cinquecento cappella gentilizia dei
Borromeo, è una Sacra famiglia con santa Caterina d'Alessandria di Paris
Bordon, uno dei maggiori discepoli di Tiziano. Sulle navate si innesta la
tribuna, a base quadrata di 17,2 m per lato, delimitata da quattro robusti
contrafforti su cui si impostano altrettanti arconi che reggono la cupola
semisferica su alto tamburo. Nel giro degli arconi compare il motivo della
ruota solare, caro a Bramante, mentre i pennacchi ospitano i Dottori della
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basiliche a milano
Chiesa realizzati a graffito. Graffiti si trovano anche nella calotta della
cupola, sopra e sotto gli oculi, dove compaiono santi domenicani e simboli
religiosi. Sopra e sotto la cornice sono nastri, corone ed emblemi
sforzeschi, di difficile lettura a occhio nudo. Sulla sinistra del presbiterio,
anche per il meraviglioso chiostrino si è fatto il nome di Bramante. Cinto
da portico ad arcate su agili colonne: da notare, nella lunetta della porta di
comunicazione con la chiesa, l'affresco San Pietro e Santa Caterina da
Siena, del Bramantino. Sul chiostro si apre la sagrestia vecchia, con un
portale ligneo (XV-XVI secolo). Sul soffitto presenta lacerti di affreschi a
nodi, motivo leonardesco ma non necessariamente della mano del genio
toscano.
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basiliche a milano
LA BASILICA DI SANT'AMBROGIO
Seconda per importanza solo al Duomo, la basilica fin dall'Ottocento è
considerata "la regina e la madre del romanico lombardo". Ciò,
nonostante i numerosi interventi succedutisi nei secoli, che ne fanno
anche un documento esemplare della storia del restauro. Sorse per
volontà di Ambrogio, vescovo di Milano (374-397), come basilica
Martyrum, perché presso l'area scelta per la sua edificazione esisteva il
cimitero ad martyres, la più importante necropoli cittadina; qui furono
trovati i corpi di Gervaso e Protaso, fratelli gemelli milanesi venerati come
santi e primi martiri. Consacrata nel 386, le prime trasformazioni
iniziarono tra la fine dell'VIII secolo e il IX, quando furono rifatti l'atrio, che
prese il nome dal vescovo Ansperto (868-881), il presbiterio e il campanile
dei monaci. Nel X secolo ci fu una ridefinizione dell'abside, cui seguì, tra XI
e XII secolo, la ricostruzione romanica, con il rifacimento delle navate,
dell'atrio e del tiburio, mantenendo della primitiva basilica paleocristiana
solo la pianta. Da allora si succedettero operazioni di completamento e
restauro: sullo scorcio del XV Ludovico il Moro chiamò Bramante per
l'edificazione della canonica con il portico, rimasto incompleto;
nell'Ottocento si registra un significativo intervento finalizzato a riportare
la chiesa "nello stile antico", sotto Ia direzione del parroco, monsignor
Francesco Maria Rossi. Prima l'imperatore d'Austria, poi il Comune di
Milano gratificarono la basilica di una dote annuale di 10.000 fiorini
proprio per tale rifacimento, che comportò tra l'altro la distruzione delle
decorazioni e degli stucchi secenteschi nel tiburio e nell'abside. Ulteriori
interventi seguirono nella prima metà dei secolo scorso. Il risultato di
queste articolate trasformazioni è il monumento attuale, che si apre sulla
città con il magnifico atrio porticato, caratterizzato da una ricca
decorazione di epoca romanica. Sul fondo si alza l'imponente facciata a
capanna, preceduta da nartece, aperta da tre portali: quello di sinistra è
affiancato da una scultura tardo romanica raffigurante sant'Ambrogio in
abiti vescovili, con il pastorale e lo staffile, mentre quello maggiore, in gran
parte restaurato nel Settecento, è composto da parti di epoche diverse e
rivela un'originaria committenza ambrosiana; presenta preziose imposte
lignee, con un complesso programma iconografico incentrato sulle storie
di Davide, che costituiscono un parallelo tematico con la storia di
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sant'Ambrogio, vittorioso contro gli eretici come Davide contro Golia.
Fiancheggiano l'edificio due solenni torri campanarie; quella di destra,
altomedievale, è l'unica porzione conservatasi intatta dell'antico
monastero benedettino fondato nel 784 con l'appoggio di Carlo Magno (i
suoi chiostri, modificati nel Rinascimento, ospitano oggi l'Università
cattolica del Sacro Cuore). Il campanile di sinistra, dei canonici, fu alzato
nella prima metà del XII secolo e fu poi terminato nella parte superiore nel
1889. Nell'area sulla sinistra si allunga il portico della canonica (ingresso
dall'interno), ricomposto da Ferdinando Reggiori tra il 1946 e il 1949 dopo
che le bombe dell'agosto 1943 avevano arrecato danni gravissimi.
L'INTERNO Così ricco da fare della chiesa un vero e proprio museo di opere
d'arte, è diviso da tre navate. Sopra le navatelle si alzano i matronei, aperti
con armonici archi sulla navata centrale; qui meritano attenzione i capitelli
del XII secolo, decorati con motivi vegetali o animali, aquile, agnelli e leoni.
Nella seconda campata sinistra una colonna isolata regge un serpente
bronzeo del X secolo, tradizionalmente ritenuto quello fatto fondere da
Mosé; poco più in là si ammirano il sarcofago paleocristiano detto di
Stilicone (secolo IV) e, sopra, il bel pulpito del XII secolo, ricomposto dopo
il crollo del 1196, caratterizzato da una ricca decorazione plastica dal
complesso contenuto iconografico. Al centro del presbiterio è il singolare
ciborio che si leva su quattro preziose colonne di porfido di età romana a
sostegno di un fastigio in stucco policromo databile alla fine del X secolo,
con un articolato programma iconografico e la probabile raffigurazione
degli imperatori Ottone I e Ottone II con le rispettive mogli. Custodisce da
secoli l'opera d'arte forse di maggior pregio della basilica: il paliotto o
altare d'Oro (protetto da un'urna di cristallo), opera di oreficeria di età
carolingia, commissionata dal vescovo Angilberto II (824-859), che reca la
firma del maestro Volvino. Copriva in origine il sarcofago in porfido con le
reliquie di sant'Ambrogio e dei martiri Gervaso e Protaso, in seguito
traslate in un'urna ottocentesca in argento e cristallo collocata nella cripta.
La parte anteriore è in lamine d'oro e presenta storie della vita di Cristo,
quella posteriore, in argento, episodi della vita di sant'Ambrogio. I pannelli
sono divisi da una partitura di cornici impreziosite da 4379 gemme,
cammei e smalti dalle ricche sfumature, in un perfetto equilibrio formale e
cromatico.
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basiliche a milano
L'altare, centro liturgico dell'intero edificio e insieme reliquiario, era per
tradizione il luogo stabilito per le incoronazioni, almeno fino all'età dei
Visconti. Il grande mosaico dell'abside, in gran parte ricostruito secondo il
disegno originario dopo la rovina dell'ultimo conflitto bellico, raffigura
Cristo in trono tra i santi martiri Gervaso e Protaso e due episodi che
vedono come protagonista Ambrogio (a destra il santo si addormenta a
Milano mentre celebra la messa e viene trasportato dagli angeli a Tours
per celebrare i funerali di San Martino, a sinistra). Attorno all'abside si
allineano le parti superstiti del coro ligneo della seconda metà del
Quattrocento, raffinato lavoro di intarsi e tarsie policrome con storie della
vita del santo. In fondo alla navata destra si accede, attraverso
l'anticappella di Sant'Ambrogio morente, decorata nel Settecento con
scenografiche quadrature, al sacello di San Vittore in Ciel d'Oro. Fino al XIII
secolo era un edificio isolato, staccato di alcuni metri dalla navata;
l'assetto attuale del complesso, del 1930, è opera di Ferdinando Reggiori.
Questa piccola cappella, dove Ambrogio aveva fatto seppellire il fratello
Satiro, risplende di rari mosaici della seconda metà del V secolo: sulle
pareti, a figura intera, i martiri Nabore e Felice, Gervaso e Protaso e i
vescovi Materno e Ambrogio. Il viso di quest'ultimo, caratterizzato in
modo realistico, deriva forse da un ritratto ufficiale del santo, eseguito in
età giovanile. La cupola, costruita con una leggera struttura di tubi in
terracotta, come consuetudine negli edifici tardoantichi, è un cielo dorato
con al centro il busto di San Vittore (da qui il nome della cappella) con la
corona dei martiri. A fianco si accede al cosiddetto Capitolino, ambiente a
più stanze che, situato oltre il sacello di San Vittore in Ciel d'Oro, serviva
da raccordo tra la basilica e il monastero benedettino. Usato fino a non
molti anni fa come magazzino, sebbene le sue pareti ospitassero pregevoli
affreschi della seconda metà del XIII secolo, il Capitolino espone oggi il
tesoro di Sant'Ambrogio, con preziosi cimeli (di rilievo la croce
processionale di san Carlo Borromeo), affreschi, arazzi, oggetti d'arte
applicata, reliquiari, arredi liturgici e dipinti. Meritevole di attenzione,
nella navata sinistra, Cristo risorto fra due angeli, affresco di fine
Quattrocento del Bergognone (prima cappella); e così pure, in fondo alla
navata, presso la porta d'accesso al portico della canonica, un'iscrizione
sepolcrale di Pipino, figlio secondogenito di Carlo Magno e re d'Italia,
morto nell'810.
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1 NARTECE
2 SERPENTE DI MOSÈ
3) PULPITO CON SARCOFAGO DI
STILICONE
4) CIBORIO CON ALTARE D’ORO
5 CRIPTA
6) SACELLO DI SAN VITTORE IN
CIEL D’ORO
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BASILICA DI SAN LORENZO MAGGIORE
La basilica è considerata una fondamentale tappa di passaggio nello
sviluppo dell'architettura, da quella romana antica a quella cristiana. Fu
costruita tra l'ultimo decennio del IV secolo e l'inizio del V con il riutilizzo
di materiale da edifici pubblici preesistenti, tra cui, probabilmente, il vicino
anfiteatro. Mancando fonti dirette, rimangono diverse le ipotesi sulla
committenza e sulla destinazione d'uso. Si potrebbe trattare di una
cappella palatina o di uno spazio per le cerimonie civili e per le funzioni
religiose solenni collegato al mausoleo imperiale, l'odierna cappella di
Sant'Aquilino. Oppure, secondo altri, fu costruita come mausoleo, forse di
Stilicone, di fatto reggente dell'Impero alla morte di Teodosio (408) e poi
mai utilizzato per tale scopo a causa del tragico epilogo della vicenda del
generale. L'edificio presenta una planimetria articolata e rivela modelli
orientali. Per lo spettatore antico l'effetto doveva essere ancora più
grandioso, grazie ai rivestimenti in marmo e stucco e al mosaico dorato
della volta, che creava effetti cromatici unici e riflessi luminosi. In una
testimonianza dell'VIII secolo si legge che San Lorenzo, «costruita tra le
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torri», si ergeva «magnifica, per i suoi rivestimenti variegati e Ia cupola
d'oro». L'inquadratura migliore si ha dalla retrostante piazza della Vetra,
un antico spazio verde già luogo di esecuzioni capitali. Da qui si ammira il
complesso della struttura basilicale, sovrastata dall'imponente tamburo
ottagonale e dalla cupola, ricostruita da Martino Bassi dopo il crollo del
1573 e affiancata dai tre storici edifici a pianta ottagonale: la cappella di
Sant'Aquilino a sud, cioè sulla destra rispetto alla facciata, di Sant'Ippolito
a est, di San Sisto a nord. La facciata è il risultato di un intervento del 1894
che ha sovrapposto al precedente prospetto un pronao a tre arcate.
L'INTERNO Subito a destra, attraverso un atrio con importanti avanzi di
mosaici del IV secolo e un portale romano, si accede a un affascinante
ambiente che, secondo una diffusa tradizione, fu adibito a mausoleo
imperiale per volontà di Galla Placidia, figlia dell'imperatore Teodosio. Fu
in seguito denominato cappella di Sant'Aquilino, perché custodisce le
spoglie del santo, poste in un'urna cinquecentesca sull'altare. La cappella è
un ottagono su cui si aprono nicchie semicircolari e rettangolari, coperto
da cupola a ombrello; conserva un sarcofago originario dell'età imperiale
ritenuto per molti secoli di Galla Placidia e, nella lunetta dell'arcata
d'accesso, una Pietà, affresco attribuito al Bergognone. Dei mosaici del IV
secolo che un tempo dovevano coprire interamente le pareti rimangono
solo pochi frammenti: la quadriga di Cristo Sol invictus (cioè che sempre
risplende), tema che riflette la politica religiosa di Costantino, che aveva
fatto coincidere la devozione per il Sole con quella per il Dio unico dei
cristiani; e Cristo tra gli apostoli, che rivela la sorprendente abilità dei
mosaicisti nel creare inediti riflessi cromatici grazie a un sapiente uso della
luce, specie nella resa dei bianchi delle vesti. Continuando la visita, si
oltrepassano la settecentesca sagrestia e la cappella Cittadini, ricavata da
un sacello romanico. Quindi, proseguendo nell'ambulacro, si entra, dietro
l'altare maggiore, nella cappella di Sant'Ippolito, altro luogo antico e
prezioso, esternamente ottagonale e internamente a croce greca: priva
della decorazione, ha una cupola emisferica su quattro arconi poggianti su
colonne di epoca romana. Il successivo ambiente di rilievo sporge dal
fianco sinistro (nord) della basilica ed è la cappella di San Sisto, fatta
costruire all'inizio del VI secolo. L'impianto ottagonale ripete quello
dell'opposta cappella di Sant'Aquilino, ma di originale rimane solo la parte
inferiore; la volta emisferica, infatti, è secentesca.
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1) CAPPELLA DI SANT’AQUILINO
2) CAPPELLA DI SANT’IPPOLITO
3) CAPPELLA DI SAN SISTO
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BASILICA DI SANT'EUSTORGIO
E' una delle chiese più antiche di Milano: fu fondata nel IV secolo e
ricostruita nel XIX secolo. Originariamente Sant’Eustorgio conteneva le
reliquie dei Re Magi che furono trafugate e portate a Colonia da Federico
Barbarossa. Dal XIII secolo, però, la chiesa assunse un ruolo importante:
dal 1227 divenne la principale sede dell'Ordine Domenicano a Milano.
Il complesso architettonico della Basilica è particolarmente articolato.
L'interno è costituito da tre navate. Nei secoli successivi alla fondazione
furono aggiunte all'impianto romanico numerose cappelle, e,
principalmente, sul solo lato destro. Due sono le più conosciute: la
Cappella Brivio, del 1484, che contiene un sepolcro rinascimentale e un
trittico di Bergognone; la Cappella Portinari, costruita a partire dal 1462 e
voluta da Pigello Portinari, testimonia la presenza dell’arte fiorentina a
Milano. Al suo interno, le parti superiori delle pareti sono state affrescate
dall'artista Vincenzo Foppa tra il 1466 e il 1468 e nel 1871 sono riapparsi
gli affreschi, poi restaurati nel 1915.
Dal 2011 la facciata e l’esterno delle cappelle gentilizie sono ravvivate
dall’illuminazione permanente notturna, morbida e calda, che ne valorizza
la bellezza dell’architettura e il nitore della decorazione in cotto, a pochi
anni dagli interventi di restauro conservativo (1999). A coronamento
dell'installazione, la stella di luce del campanile, in ricordo dell'astro che
guidò i Re Magi.
LUOGHI INTERNI - ANEDDOTI E CURIOSITÀ
E’ ormai tradizione secolare svolgere il corteo dei Re Magi ogni anno nella
ricorrenza dell’Epifania. Il corteo, che parte da Piazza del Duomo e arriva a
Sant'Eustorgio è una delle tradizioni più antiche di Milano.
Il restauro della facciata fu eseguito da Giovanni Brocca, nel 1862,
liberando la piazza da vecchie case, accostate alla basilica. All’angolo di
sinistra, guardando la chiesa, si nota la loggetta (o pulpito) costruita nel
1597 e dalla quale predicò, nel 1630, il cardinale Federico Borromeo.
Per antica tradizione gli arcivescovi destinati a Milano entrano in città da
Porta Ticinese e compiono la prima sosta in Sant’Eustorgio.
L'illuminazione permanente notturna e la stella di luce sono creazione
dell'architetto Filippo Panzera, una sorta di dipinto scenografico
contemporaneo che esalta il fascino di una realtà architettonica antica.
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basiliche a milano
Lampade e materiali utilizzati si distinguono per l'efficienza e la durata di
vita elevata, e si inseriscono in una serie di interventi illuminotecnici
attuati nel 2011 in occasione dei 100 anni dell'Azienda Elettrica
Municipale, gli stessi interventi che hanno valorizzato le vetrate del
Duomo, il Museo della Scienza e della Tecnologia, la facciata della Stazione
Centrale.
DA NON PERDERE
Indiscusso luogo d’arte oltre che religioso, la chiesa conserva al suo
interno la famosa Cappella Portinari caratterizzata da un soffitto a cupola
affrescato con storie religiose, presumibilmente da Vincenzo Foppa. Nella
Cappella si può ammirare un dipinto (attribuito a Benedetto Bembo) che
raffigura il banchiere Pigello Portinari, inginocchiato davanti a San Pietro
Martire.
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basiliche a milano
CAPPELLA PORTINARI. Un tesoro nascosto per secoli, una delle espressioni
più alte del rinascimento, la Cappella Portinari è inserita in un contesto dal
fascino misterioso.
L’opera fu commissionata da Pigello Portinari – nobile fiorentino,
procuratore del Banco dei Medici e residente a Milano - con la duplice
funzione di cappella privata e di sepoltura del Santo martire Pietro Rosini
da Verona (persecutore degli eretici catari, assassinato nei pressi di Milano
nel 1252). La tomba in stile tardo gotico fu realizzata dall’architetto e
scultore lombardo Giovanni di Balduccio tra 1335 e il 1339.
Il capolavoro, in stile rinascimentale, è caratterizzato da influssi fiorentini
da cui è ricavata l’ipotesi che l’opera fu realizzata da un maestro toscano,
come dimostra la somiglianza della Cappella alla Sagrestia Vecchia,
compiuta da Brunelleschi nella Chiesa di San Lorenzo a Firenze.
Al di là delle bellissime decorazioni, ciò che attira maggiormente
l’attenzione sono gli stupendi affreschi di Vincenzo Foppa, che
costituiscono uno dei vertici dell’opera del pittore.
Il Foppa ebbe anche un ruolo decisivo nell’ideazione e nella regia della
decorazione plastico-pittorica. Nei pennacchi, i tondi con i dottori della
chiesa; nelle pareti laterali, le Storie di San Pietro Martire; nell'arco
trionfale, l'Annunciazione e, in controfacciata l'Assunzione della Vergine.
Gli affreschi, che erano stati nascosti sotto ben sette strati di intonaco,
sono stati recuperati grazie ai restauri avvenuti tra il 1952 e il 1965, che
consentirono di recuperare quanto possibile delle antiche strutture e
decorazioni, ritrovandone lo splendore originario.
Una curiosità: L’ultima domenica di aprile di ogni anno, per i milanesi è
consuetudine seguire la processione e recarsi nella Cappella Portinari della
chiesa di Sant’Eustorgio per chiedere a San Pietro Rosini, ucciso a
roncolate sul capo, la grazia di essere preservati dal mal di testa. Per
ottenere la grazia, è sufficiente toccare con il capo, oppure sfregare con
fazzoletti o altri indumenti, tipo cappelli o foulard, il vetro dell’urna che
custodisce la testa del Santo.
ARCA DI SAN PIETRO MARTIRE. All'interno della splendida Cappella
Portinari nella Basilica di Sant'Eustorgio si può ammirare un'opera davvero
straordinaria: l'arca di San Pietro Martire, considerato il capolavoro di
Giovanni di Balduccio, scultore e architetto autore di significative altre
opere diffuse in Italia.
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basiliche a milano
L'opera, realizzata nel 1338, si compone di un ricchissimo sarcofago di
marmo bianco di Carrara lavorato a bassorilievi che riproduce le “Scene
della vita del Santo”. L'arca è sostenuta da otto statue che simboleggiano
le virtù teologali e cardinali. Alla sommità si trova l'edicola gotica dove le
statue di Cristo e della Vergine rappresentano la “Gloria Paradisiaca”.
L'arca custodisce le spoglie di Pietro Rosini, conosciuto come Pietro
Martire o Pietro da Verona, Priore di Como che morì la domenica delle
Palme. Il priore, martire nel 1252, fu assassinato da due sicari nella
boscaglia di Farga, presso Barlassina vicino a Como. Si dice che fece
appena in tempo a dire la parola “credo” nella polvere e subito spirò.
Fatto santo, per il martirio subìto, fu eletto a protettore dei sofferenti di
emicrania.
L'arca si inserisce alla perfezione all'interno dell'ambiente della Cappella
che, con i suoi rapporti geometrici, fatti di pieni e di vuoti, ne esalta il
tratto architettonico, tipico del gotico lombardo.
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DUOMO DI MILANO
CATTEDRALE
Orari - Tutti i giorni: 7.00 – 19.00. Ultimo ingresso ore 18.45 - Accesso
gratuito
Biglietti cumulativi
Tipo A € 13,00, comprende: Salita alle terrazze in ascensore- Visita al
battistero di San Giovanni-Visita al Tesoro
Tipo B € 10,00, comprende: Salita alle terrazze a piedi-Visita al battistero
di San Giovanni-Visita al tesoro
Come acquistare i biglietti
TERRAZZE
Orari: Tutti i giorni: 9.00 – 21.30. Ultima salita ore 20.45
Le Terrazze restano chiuse il giorno di Natale e il 1° maggio
Tariffe: Salita con ascensore Intero €12,00 Ridotto €6,00*-Salita a piedi
Intero € 7,00 Ridotto € 3,50*
*Ridotto: Bambini 6-12 anni; Over65; Gruppi Studenti; Gruppi Parrocchiali.
Gratuito: Bambini fino a 6 anni; insegnanti accompagnatori di gruppi;
portatori di handicap e accompagnatore.
È possibile acquistare i biglietti ridotti e gratuiti esclusivamente presso il
DuomoInfoPoint.
Audioguida solo per le terrazze € 2,00
COME ACQUISTARE I BIGLIETTI
Tesoro del Duomo-Orari Da lunedì a venerdì: 9.30 – 17.30-Sabato: 9.30 –
17.00-Domenica e festivi: 13.30 – 15.30 - Chiuso durante tutte le
celebrazioni liturgiche-Tariffe Intero € 2,00
Area archeologica: Battistero S. Giovanni alle Fonti-Orari Tutti i giorni: 9.30
– 17.30. Ultimo biglietto ore 17.00-Tariffe Intero € 4,00
Battistero di Santo Stefano-Ingresso dall’ascensore nord-Orari Segue gli
stessi orari di apertura delle Terrazze-Ingresso gratuito
Bookshop (all’interno della Cattedrale) Orari Tutti i giorni: 9.30 – 18.30
Dedicato a Maria Nascente, il simbolo di Milano si impone. Per dimensioni,
ricchezza ornamentale, complessità storica. Fondato secondo la tradizione
nel 1386, sotto la signoria di Gian Galeazzo Visconti, il Duomo sorse sul
luogo delle antiche Santa Maria Maggiore e Santa Tecla, entrambe
demolite.
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basiliche a milano
Il progetto prevedeva originariamente un edificio in mattoni, fortemente
voluto dalla cittadinanza e promosso dall'arcivescovo. Ma quando il
Visconti assunse il controllo dei lavori impose al cantiere le sue ambizioni,
volte alla realizzazione di un edificio grandioso. Allora il materiale divenne
niente di meno che il marmo di Candoglia, estratto dalle cave, prossime al
lago Maggiore, messe a disposizione dallo stesso Gian Galeazzo. Il signore,
tra l'altro, onde evitare il trasporto dei blocchi via terra dal laghetto di
Sant'Eustorgio, ultima tappa del viaggio su canale, al cantiere della
cattedrale, fece realizzare appositamente un collegamento con il naviglio
interno cosicché il materiale potesse giungere fino al laghetto di Santo
Stefano, aperto a breve distanza dal Duomo. Anche sul piano stilistico
intervennero mutamenti, giacché la nuova cattedrale, inizialmente
pensata secondo i canoni del gotico lombardo, si volse verso quelli del
gotico transalpino di ispirazione renano-boema. Al gotico comunque, in
tutta l'interminabile storia del suo avanzamento, la grandiosa cattedrale si
mantenne sostanzialmente fedele alle tante varianti del tardo gotico
prima e a quelle del neogotico poi. Il primo dei numerosi architetti e
ingegneri che si succedettero alla direzione dei lavori fu Simone
d'Orsenigo, quando ancora le fondazioni erano state preparate per un
edificio a tre navate. Che passarono poi a cinque, mentre Giovannino de'
Grassi, ingegnere generale della fabbrica fino alla morte (1398), disegnava
nel 1393 il primo capitello dei pilastri. Intanto si discuteva dell'alzato, per
la cui definizione veniva chiesto il parere del matematico piacentino
Gabriele Stornaloco. Nei secoli vennero chiamati alla direzione del
cantiere architetti italiani e stranieri che variamente interpretarono e
portarono avanti il progetto. Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce
coronava il tiburio con la guglia maggiore sulla quale cinque anni piu tardi
veniva innalzata la Madonnina di rame dorato, tutt'oggi fra i simboli piu
popolari della citta (≪soia majestaa la Madonna≫ la definì Carlo Porta).
Quanto alla tormentata vicenda della facciata, vi pose fine Napoleone
ordinandone nel 1805 il completamento, terminato nel 1813 da Carlo
Amati. Le porte in bronzo risalgono al Novecento: quella di destra e di
Luciano Minguzzi, con episodi della storia del Duomo quella centrale di
Ludovico Pogliaghi.
L’ESTERNO Per una valutazione attenta della spettacolare macchina
architettonica, é bene tenere presente che la veduta di fronte è
considerata la meno attraente, anche perché l'apertura della grande
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basiliche a milano
piazza (nella seconda metà dell'Ottocento) ha cancellato il rapporto della
facciata con la trama della minuta edilizia preesistente. Migliore, forse, è
una ricognizione all'esterno per individuare i punti di osservazione più
favorevoli: come quello all'imbocco di corso Vittorio Emanuele II, che
permette di inquadrare i volumi dell'abside poligonale, dei corpi delle due
sagrestie coronate dalla guglie più antiche, e del transetto. L'abside riceve
la luce da tre grandi finestre ogivali dotate di rosone: quella centrale, con il
sole raggiato simbolo dei Visconti, è dedicata all'incarnazione di Cristo, che
ha il suo inizio con l'episodio dell'Annunciazione. I fianchi sono cinti da un
alto zoccolo, concluso da una cornice ad archetti che poggiano su testine
umane o animali; il suo sviluppo orizzontale attenua la spinta verticale del
complesso. Da qui si dipartono i contrafforti esterni, coronati da una selva
di guglie. Un altro scorcio notevole è offerto dalla piazzetta del palazzo
Reale, o meglio ancora dalla terrazza dell'Arengario, il punto di vista che
più valorizza l'organizzazione complessiva della grande cattedrale.
L’INTERNO Delle cinque navate (il transetto ne ha tre), la centrale è ampia
il doppio di quelle laterali, mentre la loro differenza di altezza è modesta,
così da limitare le dimensioni delle aperture sopra le arcate: ne risulta uno
spazio dilatato in larghezza e immerso nella penombra, singolare per una
cattedrale gotica. I 52 pilastri che sorreggono le volte sono coronati da
monumentali capitelli abitati da statue di santi e profeti a grandezza
naturale. Profondo é il presbiterio, cinto da deambulatorio e fiancheggiato
dalle due sagrestie. A Pellegrino Tibaldi e alla volontà di Carlo Borromeo si
devono tutti gli arredi aggiunti alla struttura gotica: gli altari, i mausolei, il
complesso del coro e del presbiterio, le cappelle dei transetti. Il 4 di
novembre, per la festa di San Carlo, vengono esposti lungo la navata
centrale 52 grandi tele, chiamate "quadroni", con episodi che celebrano la
vita e i miracoli del santo, realizzati da un gruppo di artisti apprezzati da
Federico Borrorneo, tra cui Cerano e Giulio Cesare Procaccini.
La prima campata destra, che ospita il sarcofago dell'arcivescovo Ariberto
da Intimiano (1018-1045), è illuminata da una vetrata quattrocentesca con
storie di San Giovanni evangelista, una delle poche così antiche a essersi
conservata intatta. A sinistra l'iscrizione: ≪El principio dil Domo di Milano
fu nel anno 1386≫. Nella seconda campata si trova il sarcofago in marmo
rosso di primo Trecento degli arcivescovi Ottone e Giovanni Visconti,
mentre nella quarta è collocato il bel sarcofago (1406) di Marco Carelli,
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basiliche a milano
mercante milanese e munifico mecenate della Fabbrica del Duomo al suo
sorgere. Notevoli le vetrate della quinta campata, con storie del Nuovo
Testamento (1470-1475) su disegno di Vincenzo Foppa. Nel transetto
destro rilevante è il monumento funebre di Gian Giacomo Medici detto il
Medeghino, uomo d'armi sostenitore di Carlo V e fratello di papa Pio IV,
eseguito da Leone Leoni tra il 1560 e il 1563 è considerato un capolavoro
della scultura milanese di metà Cinquecento. Poco oltre, su un piedistallo
isolato, la celebre e impressionante statua di San Bartolomeo scorticato,
che porta sulle spalle la sua pelle come un mantello, prova di bravura
anatomica realizzata nel 1562 da Marco d'Agrate. Al di là dell'alto tiburio a
base ottagonale si apre il presbiterio, con il prezioso altare. I due grandi
pulpiti, cinquecenteschi, sono su progetto del Pellegrini; del Cinquecento
sono pure i due organi con ante dipinte, nonché il coro ligneo a due ordini
di stalli, intagliato su disegno del Pellegrini, di Aurelio Luini e di Giulio
Cesare Procaccini. Sospesa in una nicchia sopra l'altare e segnalata da una
luce rossa, si trova la reliquia più preziosa del Duomo: il sacro Chiodo.
Degni di attenzione sono anche i portali trecenteschi di accesso alle
sagrestie, affacciati sul deambulatorio: quello settentrionale è la prima
opera scolpita del Duomo. Le tre grandi vetrate absidali sono state in gran
parte rifatte nell'Ottocento. All'altezza del portale della sagrestia
meridionale si scende alla cripta, al cui cuore è lo scurolo di San Carlo,
cappella ottagonale progettata dal Ridai nel 1606, con fascia superiore
delle pareti e soffitto ornati da lamine d'argento con scene della vita del
santo. L'urna di cristallo di rocca, donata da Filippo IV di Spagna, racchiude
le spoglie di san Carlo Borromeo. In una delle piccole sagrestie che
affiancano lo scurolo, quella di sinistra, sono esposti i cimeli del tesoro del
Duomo, cioè gli oggetti più preziosi che hanno accompagnato la storia
della cattedrale milanese. Nell'absidiola di fondo del transetto
settentrionale è la secentesca cappella della Madonna dell'Albero. Di
fronte, attira lo sguardo il candelabro Trivulzio, in bronzo. Capolavoro
della scultura gotica degli albori del Duecento, fu donato al Duomo
soltanto nel 1562 dall'arciprete Giovan Battista Trivulzio, da cui prende il
nome. E’ uno dei rari esempi di "alberi di luce" che dovevano rischiarare le
chiese medievali: a sette bracci: come la menorah ebraica del tempio di
Gerusalemme, simboleggia la Chiesa, mentre l'esuberante decorazione
plastica mette in scena il cammino del popolo di Dio verso la salvezza.
Riprendendo il percorso delle navate, si incontra nella sesta campata
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basiliche a milano
l'altare che racchiude il crocefisso ligneo che Carlo Borromeo portò in
processione durante la peste del 1576. Nella seconda campata, murate
nelle pareti perimetrali, due lastre in breccia rosa di Verona con rilievi di
apostoli, attribuiti a maestri campionesi di fine XII secolo; di fronte è il
battistero, progettato dal Pellegrini in forma di edicola classicheggiante e
con un'antica vasca romana in porfido come fonte. GLI SCAVI
ARCHEOLOGICI PALEOCRISTIANI Riaperti al pubblico nel dicembre del
2009 dopo un lungo intervento di restauro e di rifacimento dei percorsi e
dell'illuminazione, vi si accede scendendo per una stretta scala dalla
facciata interna del Duomo. In corrispondenza della parte più alta del
sagrato sono leggibili i resti del battistero di San Giovanni alle Fonti,
costruito intorno al 386 per volontà del vescovo Ambrogio, che vi avrebbe
battezzato il futuro sant'Agostino nella veglia pasquale del 387. Al centro
si trova ancora il fonte ottagonale, in gran parte spogliato dell'originaria
decorazione marmorea. Sono visibili, a breve distanza, anche i resti delle
tre absidi della cattedrale estiva di Santa Tecla, demolita nella seconda
metà del XV per la nuova sistemazione dell'area di fronte al costruendo
Duomo.
LE TERRAZZE A piedi o per ascensore (dall'esterno del transetto sinistro) si
puo salire sul "tetto" del Duomo, ossia il complesso di terrazze sovrastanti
le navate. E’ un luogo speciale, sia per il panorama sulla città (andateci in
una giornata tersa), sia per il fitto ricamo di archi rampanti, guglie,
pinnacoli e statue di cui è composto. Ricoperte di lastre di marmo di
Candoglia, le terrazze si estendono su una superficie di 8000 mq. Presso
l'ascensore è la guglia Carelli, la più antica (1397-1404) delle 135 che
dominano Milano: è dedicata al mercante Marco Carelli (1394), insigne
benefattore sepolto all'interno della cattedrale. Sulla piramide terminale
la statua di San Giorgio, opera di Giorgio Solari (1404) che, secondo la
tradizione, vi ritrasse il duca Gian Galeazzo Visconti. Sostituita per motivi
di conservazione da una copia, l'originale è al Museo del Duomo. Il tiburio
è coronato dalla settecentesca guglia maggiore, miracolo di equilibrio
statico, con il suo sistema di gugliette e di archi rampanti rovesci:
orgogliosa non solo di sovrastare le altre ma di reggere la celebre
Madonnina di rame sbalzato e dorato. Disegnata dallo scultore Giuseppe
Perego e realizzata dall'orafo Giuseppe Bini, domina Milano dal 1774.
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1)MONUMENTO DI GIAN
GIACOMO MEDICI
2) STATUA DI SAN BARTOLOMEO
SCORTICATO
3) SACRO CHIODO
4) SCUROLO DI SAN CARLO
5) CANDELABRO TRIVULZIO
6) SCAVI ARCHEOLOGICI
basiliche a milano
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basiliche a milano
BASILICA DI SAN SIMPLICIANO
La facciata di questa basilica chiude l’omonima ed elegante piazza
acciottolata raggiungibile da corso Garibaldi, mentre sul fianco destro
dell’edificio s’allarga la verde e raccolta piazza Paolo VI, luogo ideale per
una tranquilla sosta all’aperto.
San Simpliciano è una delle prime chiese edificate a Milano. È l’ultima
delle quattro basiliche che Sant’Ambrogio volle nelle zone periferiche della
città per venire incontro alla massa crescente dei fedeli e come aveva fatto
per le altre basiliche, scelse una zona cimiteriale lungo la strada per Como,
in una zona frequentata dalle prostitute, e per questo fu dedicata alle
vergini, per innalzare la sua nuova chiesa che chiamò basilica Virginum,
ossia “basilica delle Vergini”. Fu il vescovo della città a volerne la
costruzione (IV sec.), completata sotto il suo successore San Simpliciano
che alla sua morte nel 401 chiese di esservi sepolto. Da allora l’edificio
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basiliche a milano
prese il suo nome.
La chiesa che richiama diversi episodi significativi della storia religiosa
ambrosiana, offre anche vari motivi di interesse dal punto di vista
squisitamente artistico e architettonico. Il tempio subì nel tempo vari
rifacimenti e aggiunte, in particolare nel XII secolo vi fu una radicale
rielaborazione in chiave romanica. È relativamente recente la scoperta
dell’origine paleocristiana del tempio.
L’interno, a tre navate di uguale altezza, si segnala innanzitutto per
l’affresco del Bergognone, “L’incoronazione della Vergine”. I fianchi e
l’abside rivelano la loro struttura paleocristiana, scanditi da finestroni,
accecati in epoca successiva. In stile romanico sono l’abside e il tiburio di
forma ottagonale che si innalzano maestosamente.
Nella facciata il solo portale mediano con le due coppie di leoni e gli archi
frontali, risale al XII secolo, mentre i portali minori e le finestre trifore e
bifore sono del 1870.
ANEDDOTI E CURIOSITÀ
Don Ferrante Gonzaga fece abbassare di 25 metri il campanile, perché non
tollerava che sovrastasse il Castello Sforzesco, dove abitava.
La basilica accoglie anche le reliquie di tre martiri: Sisinio, Martirio e
Alessandro originari della Cappadocia che ancora giovinetti vennero
mandati a Milano per essere istruiti nella fede dal vescovo sant'Ambrogio.
Attratti dall'ideale missionario furono inviati a evangelizzare la regione
dell'Anaunia, l'odierna Valle di Non, dove subirono il martirio.
A questi tre personaggi è legata anche una leggenda popolare.
All'intercessione dei Santi Martiri le genti lombarde attribuiscono la
vittoria di Legnano del 1176. Si narra infatti che nel giorno dello scontro
tra le milizie della Lega Lombarda e quelle del Barbarossa, tre colombe
uscirono dalla chiesa di San Simpliciano, dove erano custodite le reliquie, e
andarono a posarsi sulla croce del Carroccio rimanendovi fino al termine
della battaglia.
Secondo un’antica diceria, le campane di San Simpliciano possedevano
eccezionali virtù curative. Per liberarsi di un tremendo mal di denti, un
mercante di Porta Comasina aveva ottenuto dal campanaro il permesso di
suonarle tirando la fune coi denti. Ne guadagnò una brutta testata nel
soffitto, ma in compenso il mal di denti svanì.
Oggi la chiesa ospita regolarmente concerti d’organo.
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basiliche a milano
DA NON PERDERE
Oltre all’affresco del Bergognone, “L’incoronazione della Vergine”, è
possibile ammirare, nella prima cappella, pregevoli affreschi
rinascimentali: una “Madonna in trono”, sormontata dai resti di una
“Annunciazione” e fiancheggiata da figure di “Santi e personaggi d’epoca”.
Nella seconda cappella sono visibili i resti di antichi affreschi provenienti
da altre parti della basilica.
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basiliche a milano
Da una piccola porta a sinistra dell’abside si accede al sacello di San
Simpliciano, costruito nel V secolo come cella memoriae, destinata a
custodire i resti dei martiri.
Sorta in area cimiteriale, con pianta a croce latina, S.Simpliciano era
costituita da una grande aula centrale (A) (oltre 56 metri di lunghezza,
esclusa l'abside; più di 21 metri di larghezza; oltre 19 metri dal pavimento
originale alle capriate) con addossati due transetti.
Gli scavi hanno confermato che su tre lati perimetrali la basilica era
avvolta dai cosiddetti cunicula (B), portici per l'accoglienza dei pellegrini
diventati in seguito spazio per erigere le cappelle laterali.
NAVATA CENTRALE DELL'ALTARE MAGGIORE. Sarebbe bene cominciare la
visita non dalla facciata, ma dalla parte retrostante, da dove è possibile
provare un'emozione intensissima dinanzi al mattone vivo che fa risaltare
l'impianto dell'abside, dei due altissimi transetti e del massiccio campanile.
MARTYRIUM. La simultanea percezione del martyrium (C) , una
costruzione più ribassata, forse coeva alla basilica o di poco posteriore,
costruita probabilmente per essere una cella memoriae per la custodia
delle reliquie (si notino le anfore nella copertura del sottotetto) conferma
l'impressione che la parte absidale di San Simpliciano sia veramente
l'angolo giusto per cogliere le maggiori suggestioni.
Sui fianchi oggi si impongono i vani bassi delle cappelle, ma anticamente
l'impianto doveva essere quello che si legge immediatamente sui transetti:
due serie sovrapposte di archi entro i quali si distingue la sagoma dei
grandi finestroni originali che dovevano far cadere tantissima luce
all'interno della basilica.
L'EPOCA LONGOBARDA. Difficile raccontare in breve sintesi le vicende di
un monumento che può vantare secoli di longobarda storia. Una prima
trasformazione della basilica di San Simpliciano sarebbe avvenuta in epoca
longobarda; la grande aula sarebbe stata divisa in tre navate, con una serie
di pilastri più fitta di quella che si osserva oggi. La prova di questa prima
radicale modifica architettonica l'avremmo nei tegoloni scoperti sul tetto
con impresso il sigillo del re Agilulfo e del figlio Adaloaldo succedutogli nel
616.
L'EPOCA ROMANA. Più importante e anche più facile da provare è invece
la trasformazione romanica, cominciata forse già subito dopo il Mille e
sicuramente intensificatasi a seguito della battaglia di Legnano, che
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basiliche a milano
registrò la vittoria dei Comuni lombardi contro Federico Barbarossa nel
1176.
Quel successo fu attribuito alla intercessione dei martiri Sisinio, Martirio
ed Alessandro, che si festeggiavano nella liturgia ambrosiana il 29 maggio
e le cui reliquie si venerano ancor oggi in S.Simpliciano.
Dopo di allora la nostra basilica fu detta anche basilica del Carroccio, il
caratteristico carro di battaglia rimasto per tanto tempo simbolo dei
Milanesi.
Della trasformazione romanica avvenuta in diverse fasi le prove
incontrovertibili sono la maestosa facciata con il bellissimo portale di
ingresso; l'interno dipartito in tre navate di differente ampiezza, con
grandi pilastrature sormontate da archi cordoli e vele che sostituirono
quelle longobarde; il tiburio ottagonale che sovrasta la sesta campata e
che all'esterno presenta bellissime colonnine bianche con capitello sullo
sfondo di una compatta muratura cieca; l'attuale abside che ne sostituì
una più ampia di cui rimangono vistose tracce all'esterno; il poderoso
campanile a pianta quadrata che poggia su solide pietre tombali visibili nel
transetto, campanile che nel 1552 dovette essere abbassato di circa 25
metri per disposizione di Ferrante Gonzaga perché non si guardasse nel
Castello.
Questa estesa trasformazione romanica è quella che ha contraddistinto
per secoli l'aspetto esterno e interno della basilica, caratterizzandola al
punto da farla ritenere per molto tempo monumento di origine
medioevale e non paleocristiana, come gli studi e i restauri recenti hanno
evidenziato e confermato.
IL CINQUECENTO. Tralasciamo di accennare alle trasformazioni del XVI
secolo a seguito dell'insediarsi in S.Simpliciano dei monaci benedettini
cassinesi che subentrarono a quelli cluniacensi; furono anche sulla
struttura; basti accennare ai grandi sottarchi in pietra della navata centrale
e alla collocazione dell'altare maggiore sotto l'alto tiburio, ma soprattutto
arricchimento pittoreo e ligneo.
L'OTTOCENTO. E' d'obbligo invece soffermarsi su quel che avvenne ai
primi decenni dell'Ottocento, allorchè si verificò un intervento massiccio
sulla struttura in occasione della erezione di un altare nuovo.
Dopo diversi progetti prevalse quello dell'architetto Giulio Aluisetti che vi
eresse l'altare attuale, già dai contemporanei molto criticato per la sua
imponenza entro un vano relativamente piccolo.
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basiliche a milano
Ma proprio il nuovo altare sta all'origine di un progetto di radicale e
articolata trasformazione interna della basilica, che fu ridotta ad una
uniformità innaturale. Pareti, volte, pilastri furono interamente ricoperti di
uno strato di malta dipinta a strisce bianco e azzurro a volerne simulare i
marmi delle basiliche toscane.
I pilastri furono coronati da uniformi capitelli in gesso che andavano a
sostituire quelli preesistenti tutti differenti; qua e là furono rigonfiati con
l'appoggio di lesene in mattone e la ridefinizione di nuove arcature; per
modificare l'ingresso ai due transetti furono demoliti persino quattro
pilastri e ridisegnate nuove cupolette con cordli di cemento invece che a
mattone. Il nuovo altare neoclassico fu l'avvio di una trasformazione della
chiesa che celò totalmente i segni dell'impianto paleocristiano
contribuendo a far credere che la basilica fosse di origine romanica.
IL NOVECENTO. E' d'obbligo invece soffermarsi su quel che avvenne ai
primi decenni dell'Ottocento, allorchè si verificò un intervento massiccio
sulla struttura in occasione della erezione di un altare nuovo.
La pesante e impropria struttura dell'Aluisetti fu rimossa a seguito degli
studi compiuti da Costantino Baroni negli anni Trenta del XX secolo e
ancor più di quelli fatti poco dopo da Edoardo Arslan, che trovarono
conferma inequivocabile del carattere paleocristiano del monumento.
Smantellato dopo la guerra tutto il rivestimento ottocentesco, si cominciò
a restaurare S.Simpliciano con un criterio esclusivamente conservativo: i
delicati lavori, che durarono decenni, hanno permesso di arrivare verso la
fine degli anni Ottanta a un recupero architettonico e artistico che ha
interessato la basilica in ogni sua parte, tanto all'esterno che all'interno
Neppure la più piccola parte del monumento è andata indenne ad un
restauro che non ha toccato la struttura se non per riportarla alla sua più
vera genuina identità.
Oggi il visitatore che entra nella basilica rimane affascinato dal sobrio
linguaggio architettonico del monumento, sulle cui ampie muratura di
diversa fattura coglie però i segni non sempre comprensibili di un lungo
passato secolare.
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