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IL FOGOLAR FURLAN
DI MILANO
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE
Sede Amministrativa: Via A. M. Ampère, 35 20131 Milano tel. 02 26680379 www.fogolarmilano.it
DILLO
AL SINDACO...
di Marco Rossi
A
Foto M. Rossi
lcuni anni fa Tele4, emittente locale triestina, proponeva alle ore 19.00 una
simpatica trasmissione: «Ditelo al
Sindaco». Nel 2011, in diretta dagli
studi di Tele4 l'allora Sindaco Roberto Dipiazza (attivo a Trieste, ma
friulano di nascita e ben conosciuto da
molti dei nostri soci quando è stato ospite del Touring Club di Milano alcuni
anni or sono) rispondeva alle telefonate dei telespettatori.
Le domande più varie, le lamentele
di ogni genere, i commenti più variopinti erano accolti con un sorriso,
con attenzione, con ironia, ma sempre con grande attenzione e con
l'impegno di arrivare al giorno successivo in Comune per trovare le ri-
Foto M. Rossi
sposte o i chiarimenti a quanto i cittadini chiedevano al loro rappresentante.
Sono passati alcuni anni e,
sarà forse una tipicità friulana,
ecco una nuova iniziativa che
contraddistingue la Piccola Patria.
«Dillo al Sindaco» è il classico appuntamento del venerdì
mattina a San Vito al Tagliamento (PN). Giorno di mercato,
in piazza, sotto la piccola loggia
che dà l'accesso al giardino antistante al palazzo municipale, una
scrivania, un paio di sedie, un roll
up che segnala la cosa, la bandiera
italiana sul tavolo e il Sindaco (in
questo caso l'on. Antonio Di Bisceglie) con un paio di cellulari, pronto ad incontrare i cittadini per ascoltare la loro voce, le loro richieste, le loro
domande. (vedi foto sopra e a fianco)
Forse per alcuni sarà solo "apparenza" ma, in incognito, ci siamo permessi di porre una domanda al Sindaco
a proposito del taglio dell'erba lungo
una strada del comune: in pochi attimi una telefonata, una richiesta al responsabile, e la risposta è arrivata, immediata. Che dire, forse si tratta di una
piccolezza, ma comunque è un simpatico esempio di come un pubblico
amministratore è disponibile e parla
con i cittadini senza filtri.
E non parliamo della sua presenza
agli eventi di vario genere, concerti,
celebrazioni liturgiche, sagre... Forse
non si legge solo in queste cose l'attivismo di un amministratore della
cosa pubblica, ma per un cittadino italiano avere un contatto diretto facile
con un Sindaco non è cosa da tutti!
Andiamo poi un po' più a nord di
San Vito al Tagliamento, sorvolando sul comune limitrofo sul quale, in
merito alla disponibilità alle risposte
ai cittadini, non ci sentiamo di esprimere giudizi. Non è proprio un argomento adeguato a questa breve silloge. Arriviamo invece a Valvasone.
Qui siamo a casa di un Sindaco che
non ha ancora proposto questo genere
di contatto pubblico, ma si tratta di una
persona ben presente nella vita del suo
comune. Vincitore delle ultime elezioni amministrative con un ottimo risultato, lo si può facilmente incontrare per
le vie di questo spettacolare borgo da favola. Capita di averlo come preziosa guida durante la visita del Castello, oppure come infaticabile organizzatore degli
eventi cittadini, sempre in prima fila,
sempre pronto a lavorare per i cittadini, sempre pronto a scambiare una parola con tutti... Un buon esempio di un
politico al servizio della gente.
Per non parlare del recente evento
settembrino che Valvasone dedica al
Medioevo, in cui il Sindaco si è cimentato nella moda di questa estate:
«ice bucket challenge», una doccia gelata (ben documentata con foto e video
sulla sua pagina di Facebook - vedi foto
a fondo pagina) in stile medioevo valvasonese per la raccolta di fondi a favore della ricerca per contrastare la
SLA. Per dovere di cronaca questa simpatica e mondana catena solidale nasce ben più a monte della politica locale e non ha tralasciato gli amministratori sanvitesi e casarsesi anche se
l'esempio di Valvasone, inserito in un
preciso contesto storico, ha fatto di questo fenomeno un momento di particolare attenzione mediatica per il
grande publico intervenuto.
Insomma, ancora una volta un
esempio di apertura tutta friulana, in
un periodo che non vede una grande simpatia per la politica e per i contatti tra i cittadini e la pubblica amministrazione.
Distribuzione
gratuita ai soci del
Fogolâr Furlan di
Milano
VAGABONDAGGI,
SCAMPAGNATE, DIVAGAZIONI ESTIVE
FRA LA CARNIA E IL FRIULI
di Alessandro Secco
For Disore, Nuòitas, mercoledì 9 luglio.
Felice inaugurazione delle vacanze estive, su invito dei
cugini di “dilà da l’Aghe”. Certo, con la stagione che il
cielo ci offre, ci vuol coraggio. Ma qui in Nuòitas, il frico,
in tutte le sue trasformazioni, con la compagna polenta, è
un must eccezionale. Abbiamo resistito in casa fino al levar
del sole, verso sera. Le Dolomiti friulane, allora, si sono
accese in modo prodigioso, cancellando tutte le contrarietà
della giornata.
La Polse di Côugnes, domenica 13 luglio.
E’ stata un’ottima idea accogliere l’invito a pranzo fatto da
mons. Cracina agli amici della Polse e in particolare della
Biblioteca. Personalmente ho apprezzato una eccellente
omelia di mons. Qualizza, una conversazione conviviale di
alto contenuto teologico-culturale con lo stesso... e
naturalmente il pranzo, sempre all’altezza!
Ma il clou della giornata era la presentazione in Aula
Magna di un ponderoso e raffinatissimo volume: «I libri
dei Patriarchi. Un percorso nella cultura scritta del Friuli
medievale», a cura di Cesare Scalon. Presentava Mario
Turello, che ascoltiamo sempre con grande interesse.
greve, benché ispirato al Manzoni. Indimenticabile –
mi sia concesso – quel brano del penultimo capitolo che
descrive l’accensione dei “Pignarûi” sui colli che circondano Torlano nella notte epifanica:“Già le stelle folleggiavano per il cielo nel silenzio della luna, e si scoloriva
Piano d’Arta da Salon, martedì 19 agosto.
ad occidente l’ultimo barlume del crepuscolo, quando coPiù d’un mese è passato... Già, ma ci sono state anche le minciò sopra un dosso a ridestarsi una fiamma, cui rispovisite mediche a San Daniele, che ci hanno permesso un se da un poggio il rosseggiare d’un’altra; e una terza si avpaio soste presso i dispensatori di affettati scelti e di calici viò sulla costa, e una quarta e una quinta divamparono via
rigorosamente abbinati.
via di greppo in greppo...”.
Ma poi, su invito di Claudio Calandra, eccoci qui
dall’immortale Salon, con le raffinatezze conosciute Clavais, martedì 26 agosto.
cinquant’anni fa e mai dimenticate. Già, ma è facile per Da anni, ormai – ma il tempo ha le sue leggi – non ci
Claudio invitare gli amici da Salon: lui è di casa!
incontravamo, su invito di Paola, a celebrare i coloriti
Un pranzo a sua volta indimenticabile. Con un ricordi stelliniani nella stupenda casa Tavosco-Fedele di
elemento di interesse in aggiunta: presentazioni, Clavais (Clavaias nella parlata locale): ci siamo ritrovati,
conoscenza, conversazione con Fabiana Savorgnan di ma in forma simbolica, quasi di rappresentanza: Paola e
Brazzà, che sarà nostra ospite a Milano alle Settimane Gigi, Elena e Sandro.
Culturali.
Ogni ritorno a Clavais è un evento, nutrito di ricordi e di aspettative; ogni angolo della casa, del cortile, delTarcento, sabato 30 agosto.
l’orto, è una vecchia conoscenza che ti viene incontro:
Presentazione di una nuova ristampa de «Il conte pecora- sensazioni stupende, un incanto. Ho in mano un simio» di Ippolito Nievo, a cura della casa editrice catanese Pro- patico manoscritto di quello storico inguaribile che è il
va d’autore di Nives LeGigi: «Breve traccia sulle
van, friulana doc di Monorigini della famiglia Tateaperta (!). Il libro è ilvoschi di Clavais»; e un
lustrato da 28 fotocolor
bellissimo libro pubblicato
originali di Gessica Scanda Cjargne Culture: «Cladura, che illustrano i luovais - Il territorio, gli edighi celebrati nel romanfici e la chiesa nelle carte
zo: Tarcento, Ramandolo,
Tavosco - Fedele» di Luigi
Torlano, Nimis... LuseRaimondi Cominesi.
vera, Monteaperta, TaiChe fare?
pana... Billerio, San DaLo spazio è avaro, tento
niele, Colloredo... Tranun escamotage, proponendo
quilli paesi e linde borgadue belle foto di Paola
te, che Ippolito ci invita
Tavoschi della storica casa
a rivisitare, rileggendo anTavosco-Fedele, con il
che il libro, in quel suo
cortile (in alto) e la facciata
italiano a volte un po’
(qui accanto).
SETTIMANE DELLA CULTURA FRIULANA A MILANO 2014
XXIX edizione
Segnaliamo ai soci il programma della prossima edizione della «Settimane della Cultura Friulana a Milano».
Le manifestazioni autunnali del Fogolâr Furlan di Milano nel 2014 sono giunte alla XXIX edizione. Tutti i dettagli si
possono trovare sul pieghevole inviato ai soci e sul sito: www.fogolarmilano.it
In occasione di tutte le manifestazioni sarà possibile rinnovare la quota sociale, che resta invariata anche per il 2015.
Sabato 8 novembre 2014 - ore 16.30
Sala Verde della Corsia dei Servi
Milano, Corso Matteotti, 14
Sabato 22 novembre 2014 - ore 16.30
Ristorante-Enoteca «Al Bistrò»
Milano, Via Freguglia, 2/4
Sabato 29 novembre 2014 - ore 16.30
Ristorante-Enoteca «Al Bistrò»
Milano, Via Freguglia, 2/4
Consegna del Premio
«FRIULANO DELLA
DIASPORA 2014»
seguirà la
Presentazione del volume
di Luciano Verona
Presentazione del libro
«L’OMBRELLO A SEDIOLINO»
di Claudio Calandra
Interverranno
Claudio Calandra
Fabiana Savorgnan di Brazzà
Marisa Farinet
Un nuovo libro del nostro socio, scrittore ben noto ai frequentatori del Fogolâr e
già ospite delle nostre manifestazioni
culturali.
a seguire
HAPPY HOUR
a pagamento
«VOE DI CONTÂUS»
di e con Dino Persello
«GLESIIS DAL FRIÛL»
sarà presente
Federico
Vicario
Presidente della
Società
Filologica
Friulana
Ingresso libero
Foto Lucia Donatelli
Anno
XLV n. 3
3° trimestre 2014
A cura di Claudio
Fornari
(Al Bistrò)
è molto gradita
la prenotazione
Ritorna a Milano un vecchio amico del
Fogolâr con i suoi aneddoti, le sue storie
e le infinite varietà della lingua friulana
Ingresso libero
a seguire HAPPY HOUR
a pagamento
A cura di Claudio Fornari (Al Bistrò)
è molto gradita la prenotazione
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
Notiziario dal Fogolâr
VINI ATTEMS
U
n semplice e cortese messaggio di posta elettronica è stato motivo per organizzare un
simpatico evento che ha chiuso il periodo milanese del Fogolâr prima delle pausa estiva.
Il contatto è arrivato da una agenzia
di comunicazione milanese (Itaca)
che da tempo si occupa dell'immagine
e della promozione di alcune importanti
case vinicole italiane. Tra queste
l'azienda «Conti d'Attems», una celebre casa vinicola vinicola di Capriva del
Friuli (GO), che sicuramente molti già
conoscono.
Un paio di telefonate, due incontri
e alla fine nasce l'evento: due momenti
di degustazione di alcuni vini, affian-
A
MILANO
cati ad altri prodotti friulani, ma soprattutto una
nuova idea, un concorso
fotografico dedicato al
Friuli.
Ed allora a giugno si
lancia l'evento con l'annuncio delle due date dedicate alla degustazione e
con la proposta del concorso, il tutto con il patrocinio e la collaborazione più che attiva del Fogolâr Furlan di Milano.
«Tornano gli appuntamenti con Attems “Il Buono del Friuli”. Torna l’aperitivo che parla il sapore di
una terra attraverso i suoi
vini. Torna la voglia di esserci, con un calice di Ribolla Gialla, Sauvignon
Blanc e Pinot Grigio Ramato: Attems in mano.
Tornano i tuoi ricordi del
Friuli: condividi le tue
foto e vinci una magnum
di Cicinis Attems. Scopri
come!». Questo il testo
che ha coinvolto un
buon numero di soci e di
nuovi amici friulani di
Milano. E a fianco del testo in italiano la versione in lingua friulana,
opera dell'instacabile mestri Sandro Secco.
Poi la ricerca di un giudice friulano che potesse
scegliere lo scatto migliore, qualche momento per
pensare e infine la scelta
cade su Walter Mirolo,
un carissimo amico del
Fogolâr, l'autore, con Elio
Ciol, del primo dei nostri
celebri e storici "lunari".
Definite le date, il luogo (L'altro Bar di Piazza 6
Febbraio a Milano), le
modalità e la logistica, si parte con la
promozione sui siti web, sulle pagine Facebook, con l'invio di messaggi alle varie mailing list.
E immediatamente telefonate, invio
di foto, insomma la macchina
parte rapidamente... e con grande entusiasmo.
Venerdì 19 giugno il primo
momento: ci si ritrova tutti a
"L'Altro Bar" a Milano in zona
Fiera per un assaggio di vini e di
prosciutto crudo, ma soprattutto per vedere le 9 fotografie
dei finalisti. Lo scatto vincitore è ancora segreto.
Venerdì 27 giugno ultimo
appuntamento: i vini dei Con-
TRA DEGUSTAZIONE E FOTOGRAFIA
di Marco Rossi
ti d'Attems sono accompagnati dai salumi di Daniele Polesel di Maniago e
dai celebri formaggi di Massimo della
Latteria di Savorgnano di San Vito al
Tagliamento, complici della degustazioni gli amici Franco ed Elvio, giunto per l'occasione proprio dal Friuli.
Al centro dell'evento la proclamazione del vincitore, ovvero dello scatto fotografico scelto da Walter Mirolo quale rappresentativo del “desiderio
di Friuli”.
Ed ecco che Vito, il titolare de « L'altro Bar», legge il nome di... Michela
Mezzolo (figlia del nostro consigliere e
"fotografo") che, tra gli applausi dei presenti, si avvicina agli organizzatori per
ritirare il premio, una bottiglia magnum
di "Cicinis" Attems, un profumato
Sauvignon proveniente da un vigneto
che ha dato il nome all'etichetta.
Insomma due "Happy Hours" con
numerosi partecipanti, vissute con
grande allegria e convivialità.
La location si è rivelata ottimale, Vito
è un brillante personaggio che ha vivacizzato gli incontri con grande bravura. Il pubblico è intervenuto numeroso, sia con una ricca presenza di
soci ed amici del Fogolâr Furlan di Milano, sia con giovani friulani che
sono attivi da tempo a Milano e che
si sono avvicinati al nostro sodalizio
con grande entusiasmo e con simpatiche proposte per il futuro.
Molti poi i milanesi e i frequentatori della zona che hanno apprezzato questi momenti di friulanità del periodo
estivo prima delle vacanze! Un nuovo
evento fresco e giovane che sicuramente si ripeterà per la gioia di tutti.
Alcuni momenti della degustazione nelle
foto di Corradino Mezzolo, Teo Luca
Rossi, Marco Rossi.
A sinistra dall’alto:
- il taglio del prosciutto crudo
- foto di gruppo con soci e amici vecchi e
nuovi del Fogolâr Furlan di Milano
- il banco degustazione con Elvio, Teo
Luca e Franco
Sotto:
- al centro della foto Michela Mezzolo,
vincitrice del concorso fotografico, con
altri due partecipanti: Luca Del Torre (a
destra) e Corradino Mezzolo (a sinistra)
SETTIMANE DELLA
CULTURAMEDISINÂL
FRIULANA A MILANO 2014
STORIUTE
XXIX edizione
di Pieri Grassi
Segnaliamo ai soci il programma della prossima edizione della «Settimana della Cultura Friulana Milano».
Le manifestazioni autunnali del Fogolâr Furlan di Milano nel 2014 sono giunte alla XXIX edizione. Tutti i dettagli si
possonoaitrovare
sul pieghevole
inviato ai
e sul sito:
www.fogolarmilano.it
simpri pensât
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si pues considerâ- mâl e lave ben pal malât; ma se al peIn occasione
di tutte
le manifestazioni
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resta
invariata
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per il 2015.
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Milano, Corso
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tant che i templis di Esculapi al timp une armonie tra tantis oposizions: tifiche.
OMBRELLO A SEDIOLINO»
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che la armonie
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Calandra
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massime cumò che no soi
velu ca il mâl”.
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Daspò, plui«oXXXXXXX
mancul cuatri
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vût Ipocrate, sore- la medisine moderne e cure plui o
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nomenât “il pari de medisine”: cul so mancul dutis lis malatiis, ma no cure
zurament, cheinterverrà
pai miedis al vâl ancje il malât!
Forsit o soi lât masse tal dificil. Aloal dì di vuê, cheste
art e je la sô nobiltât.
Federico
Inte ete di mieç
o vin di ricuardâ re al sarà miôr slizerî il discors; e cusVicario
une muiniePresidente
benedetine
dellatodescje, so- sì us contarai une storiute. Un miedi
renomenade
Società “la erboriste dal Signôr” zovin, rivât di pôc intun paisut, dopo
e deventade
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di Ildegarde vê visitât cu la massime professionaFilologica
di Bingen
Friulana(nell’immagine a fianco, litât une siorute ancjemò di maridâ,
tratta da un codice miniato medievale). che si lamentave di un grum di mâi
libero naturâl jê e curave misteriôs, al bute fûr la sô sentenzie:
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la sô medisine
Claudio Calandra
che Savorgnan
mi crodi, jêdinoBrazzà
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intal malât no dome i malans dal “Siore,
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ce fastiliâ; eMarisa
jo, impen
di prescrivi cualcuarp, ma ancje chei de anime.
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medisine, i consearès un biel maIn chei timps si diseve: “La malatie chi
Un nuovo La
libro
del nostro
socio,
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e jeSabato
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22 no- tra il mâl e il malât”. trimoni!”.
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ai frequentatori
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e lis sôs triacjis: al tichignave e daressial
manifestazioni culturali
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rispuint:
“Ma,
siorute,
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pastrugnave a la vuarbe sul puar maRistorante-Enotelât a drete e a çampe. Se al petave tal o fâs il miedi, mighe il speziâr!”.
The winner is...
Foto M. Rossi
2
he winner is... Michela Mezzolo. Questo l'annuncio di Vito, titolare de "L'AlT
tro Bar" in Piazza VI Febbraio a Milano.
Ma a parere nostro sono tutti vincitori, sia le 9 foto presentate nelle giornate di degustazione sia le oltre sessanta arrivate via posta elettronica agli
organizzatori e valutate dal "giudice"
Walter Mirolo.
Paesaggi friulani di
ogni tipo, ove spesso
trionfano vigneti autunnali o sfondi marini e lagunari. Scorci
cittadini con mille persone in movimento,
angoli sconosciuti di
paesi friulani portati
alla ribalta. Momenti
di vita intima, familiare, in casa. Un fiore solitario tra le grave
del Tagliamento, un
presepe notturno a
Versutta, un dettaglio
di vite primaverile in
fioritura, una casa di
sassi della destra Tagliamento, una fac- In alto - La premiazione della foto vincitrice: Vito, titolare de
ciata nobiliare di un “L’Altro Bar” con (a destra) Michela Mezzolo e (a sinistra)
palazzo udinese, una Fabrizio Squizzato, rappresentante dei Vini Attems.
loggia arricchita da una Al centro la foto premiata: «I colori di Spilimbergo»
colorata fioritura, un
campanile isolato, le rovine del terremoto del 1976, due figure sconosciute in
bicicletta su una strada di campagna, l'apertura di una bottiglia di spumante
dopo il taglio del panettone di fronte al fogolâr... Insomma un bellissimo spaccato di vita friulana, un perfetto "desiderio" di Friuli, come ben richiesto nel
tema del concorso fotografico.
Ed allora citiamo (in ordine alfabetico) tutti i partecipanti, per ringraziarli della loro collaborazione a questo incontro virtuale estivo tra Friuli e Milano: Semira Baldi, Pietro Bellina, Giuseppe Bresin, Tinuti Castellarin, Fulvia Cimador, Dante Davidi, Luca Del Torre, Franco Dondo, Natascia Gargano, Federica Grillo, Luigi Martina, Luisa Mattazzi, Corradino Mezzolo, Michela Mezzolo, Giada Poletto, Cosetta Rimondi, Riccardo Rosati, Marco Rossi, Teo Luca
Rossi, Ferdinando Scala, Massimo Tommasi, Antonella Zebro.
PREMIO LETTERARIO
«PER LE ANTICHE VIE» 2014
O
E’ arrivata alla conclusione l’edizione 2014 del premio letterario che vede
in parallelo anche la finale del concorso «Racconti Illustrati». La manifestazione è organizzata dal Circolo «Per le antiche vie» di Montereale
Valcellina (PN). L’evento gode, sin dalla sua nascita, anche del patrocinio del Fogolâr Furlan di Milano. Sul prossimo numero dedicheremo
uno spazio all’evento e ai premiati.
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
Notiziario dal Friuli
di Corradino Mezzolo
Domenica 10 agosto 2014.
Come da tradizione ormai collaudata,
ancora una volta il Fogolâr Furlan di
Bollate ha organizzato il consueto incontro con i Friulani rientrati in Patria
per le vacanze estive: quest’anno a Codroipo, la celebre e piacevole città “crocevia” al centro della fertile pianura
friulana.
La festa è cominciata con il ritrovo
dei numerosi partecipanti sulla piazza
della chiesa, ricevuti con signorile affabilità da Riccardo Simonato, Elsa Toniutti e Mirella Paron, che facevano gli
onori di casa del Fogolâr di Bollate.
La chiesa di Santa Maria Maggiore
appena ristrutturata, della quale il
sole estivo ed il cielo insolitamente di
un azzurro intenso in questa anomala
e piovosissima estate, facevano risaltare in modo straordinario la sobria architettura, ha accolto i partecipanti per
la celebrazione della Santa Messa, accompagnata dal Coro “Fogolâr Furlan
di Milano” diretto da Mario Gazzetta,
con i canti friulani del loro repertorio
riportati in un elegante pieghevole predisposto da Spartaco Iacobuzio.
Dopo il simpatico incontro, tutti in
località tra Zompicchia e Rivolto
presso la sede dei Vigneti di Pietro Pittaro, brillante presidente dell’Ente
Friuli nel Mondo, che ha presentato la
sua attività e il suo splendido Museo
del Vino, illustrando in particolare le
rarità delle ceramiche veneziane esposte e dei cristalli da parata.
Infine, dopo il consueto scambio di
doni a suggellare l’incontro fra gli Enti
partecipanti, trasferimento, per il
pranzo conviviale in un ampio salone nella splendida tenuta dei Vigneti Pittaro. La festa si è conclusa con
la visita alla storica
Villa Manin di Passariano, dove nel
1797 Napoleone Bonaparte soggiornò a
lungo e il 17 ottobre
venne firmato il famoso Trattato di
Campoformido, con
il quale la Francia
cedeva Venezia all’Austria.
Ora il complesso
della Villa Manin è
divenuto sede di importanti mostre.
Foto in alto, la chiesa
parrocchiale di Codroipo
Foto a fianco in alto,
lo scambio dei doni con
(da sinistra) Ernesto Bosari, Elsa Toniutti e Pietro Pittaro
Foto in basso, un momento della celebrazione
(Foto di C. Mezzolo)
opo la grande festa per
il 50° anniversario dalla fondazione dell'Ente Friuli nel Mondo nel 2013
si riprende la tradizionale attività estiva con la consueta
Convention, giunta all'undicesima edizione.
Sede dell'incontro la Sala
Consiliare della Provincia di
Pordenone, sabato 2 agosto
2014.
Anche quest'anno abbiamo assistito ad una serie di interventi di alcuni friulani che
hanno contribuito all'immagine della nostra Regione con
la lora attività imprenditoriale nel mondo.
In rapida sequenza ecco i
protagonisti della Convention: Luis Emilio Grion, da
Colonia Caroya in Argentina,
ha ripercorso l'interessante
sviluppo delle generazioni nella realtà dei friulani nel paese sudamericano. Anita Cossettini, attivissima imprenditrice portuale in Madagascar ha
raccontato in breve la sua storia. Il suo
modo di porsi e di presentarsi ci ha ricordato Isabelle Lenarduzzi e la capacità tutta femminile che si basa sulla decisione e sulla caparbietà. Il suo
concetto di friulanità e di attivismo
quale vero ambasciatore dell'Italia nel
mondo ha ancora una volta delineato quanto la politica in questo settore sia lontana dalla praticità dell'imprenditoria!
E' stata poi la volta di Daniele
D'Odorico (Saigon, Vietnam) che ha
illustrato la realtà italiana e friulana in
questo paese emergente. Poi Annamaria Toppazzini (Winnipeg, Canada)
che ha raccontato la sua formazione e
le sue esperienze in Canada.
MONDO
Di seguito la parola è andata ad un
grande personaggio dell'industria friulana Armando Cimolai e al suo amministratore delegato Salvatore De
Luna (vedi box a fondo pagina) prima
di chiudere gli interventi con la breve relazione di Francesco Pittoni, attuale presidente del Fogolâr Furlan di
Roma che ha parlato di un suo progetto legato alla promozione del Friuli attraverso una vetrina virtuale a
Roma, che peraltro non ha particolarmente convinto.
Naturalmente i relatori sono stati introdotti dal saluto del presidente dell'Ente, Pietro Pittaro che, al termine,
ha chiuso la giornata di lavori dopo il
breve intervento di Franco Iacop, presidente del Consiglio Regionale del
Friuli Venezia Giulia.
Ancora una volta abbiamo condiviso le esperienze positive di alcuni
friulani nel mondo, giovani e meno
giovani.
Ancora una volta, purtroppo, abbiamo visto un parterre non eccessivamente giovane, come in realtà
avremmo gradito e come era stato promesso a Majano alcuni anni or sono:
ancora una volta il discorso verte sugli aspetti produttivi e commerciali
nella maggior parte all'estero, in giro
per il mondo, spesso lasciando un po'
a latere la tradizione friulana e le esperienze del nostro Paese.
Nelle foto alcuni momenti della Convention:
- (in alto) La Sala Consiliare della Provincia
di Pordenone, sede dell’incontro
- (in basso a sinistra) L’intervento di aper
tura del presidente Piero Pittaro
- (in basso a destra) La testimonianza del
Senatore Mario Toros a chiusura della
giornata di lavori
Foto M. Rossi
«Fogolârs in vacance» a Codroipo
D
ARMANDO CIMOLAI
S
«Armando Cimolai, dopo le prime esperienze di lavoro come operaio, nell’anno 1949 decide che i tempi sono maturi per ave leggiamo la storia ufficiale di questa azienda friulana ci troviamo di fronte ad un esempio dell'Italia “che fa".
viare una propria attività; insieme alla giovane moglie Albina apre un piccolo laboratorio a Pordenone per la costruzione di cancelli ed infissi metallici . Sono i primi anni del dopoguerra e il “voler fare” anima in modo fondamentale i pensieri e le vite di
Armando e Albina per trovare una propria collocazione nel mondo del lavoro. Non passano tanti anni: è nel 1954 che avviene il primo sviluppo di tipo industriale con il trasferimento dell’attività in Viale Grigoletti. Si iniziano a costruire le prime strutture per edifici industriali ed arrivano i primi lavori per gli enti pubblici come l’ENEL. Sono gli anni in cui la “Zanussi” esplode sul mercato nazionale e internazionale, e per far fronte alle richieste affida al suo concittadino Armando la progettazione e
costruzione di enormi quantità di fabbricati industriali. Va sottolineato l’impegno nell’ambito progettuale con un proprio ufficio tecnico di progettazione che permette all’azienda di cambiare il suo “presentarsi” nel mondo non più come mero esecutore
di strutture ma come fornitore specializzato che studia, propone soluzioni alternative e determina la funzionalità dell’opera. Questa capacità, al servizio del cliente, è stata da allora l’elemento di distinzione dalla concorrenza permettendo alla Cimolai di crescere e di affrontare con successo grandi sfide ingegneristiche...».
E nel rispetto di questa filosofia l'intervento alla
Convention di Ente Friuli nel Mondo di Armando Cimolai, classe 1928, si apre con un interrogativo: «E se tutti scappiamo dall'Italia?». Ed
ancora: «Io lavoro in Friuli e porto il mio lavoro in tutto il mondo... I giovani devono avere lavoro, non si deve più promettere quello che non
c'è... bisogna fare... si deve essere signori di idee.
L'imprenditore deve avere tanto coraggio ed entusiasmo, e lo si deve lasciar fare, altrimenti...».
E poi la parola passa a Salvatore De Luna (CEO
della Cimolai s.p.a di Pordenone) che commenta
rapidamente una lunga sequenza di fantastiche
immagini, che mostrano ai presenti l'eccellenza
italiana della Cimolai nel mondo: stadi, ponti,
grandi costruzioni, strutture di vario genere per
aeroporti, impianti ... Un fiore all'occhiello per
l'immagine del Friuli nel Mondo!
Foto M. Rossi
E’ mancato Gino Michelazzi.
Si è spento a Udine, all’alba del 6
settembre, dopo una breve e dolorosa malattia, questo grande amico del
Fogolâr, socio fedele da molti anni, insieme a ben quattro membri della sua
famiglia. Da poco più di un anno il nostro Notiziario ne aveva ricordato la
lieta ricorrenza delle Nozze d’Oro
con l’amatissima moglie Rita Cher.
Gli amici serberanno per sempre la
memoria della sua signorilità, quasi da
gentiluomo d’altri tempi, della generosità d’animo, dell’intelligente e benevola ironia.
Valente compositore, Gino era persona amabile, ma estremamente modesta, riservata e di poche parole quando si trattava della sua musica, che in compenso parlava per lui con linguaggio chiaro e avvincente. Era noto anche ai soci del Fogolâr per la “Sinfonia Friulana” e per il brioso “Divertimento” per pianoforte a quattro mani,
eseguito a Milano dal duo Rizzi-Nimis. Fra le sue numerose composizioni,
vogliamo citare qui almeno le due Cantate Natalizie per soli coro e orchestra:
“Nadâl dal Mont” e “Nativitât di Nestri Signôr”, eseguite entrambe all’Abbazia di Rosazzo, rispettivamente nel 1996 e 1998; e ci piace menzionare l’operina per bambini “la Guerra dei Gatti”, vincitrice del Primo Premio a un concorso internazionale di Varsavia, ma purtroppo poco diffusa
al nostro pubblico.
Forse ancora superiore da un punto di vista compositivo è la spendida
Messa di Requiem, tuttora inedita, per la sua atmosfera di serena accettazione: manca infatti del classico “Dies Irae” – come in Mozart, come in
Verdi – e segue invece la prassi della scuola di Parigi, chiudendosi, come
il Requiem di Gabriel Fauré, con la preghiera: “In Paradisum deducant te
Angeli”…
Una invocazione celeste, che ripetiamo insieme, con tutto il cuore, nel
ricordo dell’Amico scomparso.
Il Fogolâr è vicino con sincero cordoglio alla moglie Rita, ai cognati Anna,
Alfonso e Daniela, Teresa e Carmelo ed Ezia Pasin.
DI ENTE FRIULI NEL
di Marco Rossi
Foto M. Rossi
di Elena e Sandro
XI CONVENTION
Foto M. Rossi
RICORDO DI GINO MICHELAZZI
un musicista da non dimenticare
3
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
Notiziario da Milano e dal Friuli
4
Tradizionale incontro di Agosto a Sedilis
FRIULANO CON MUSICA
Festeggiato il liutaio Giobatta Morassi
per il suo 80o compleanno
CABARET
di Marco Rossi
1
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3
4
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S
ubito dopo questo Ferragosto
2014, in un’Estate che non ha offerto il meglio di sé dal punto di
vista meteorologico ai vacanzieri,
come ogni anno non poteva mancare
l'appuntamento di Sedilis.
L'Osteria di Diego sabato 16 agosto
2014 si è riempita di molti partecipanti
accorsi per stare in compagnia, per degustare le prelibatezze culinarie e, soprattutto, per apprezzare il cabaret
friulano di Sandro e Elena accompagnato da canzoni d'epoca, arie e duetti d'Operetta.
I protagonisti musicali erano Consuelo Gilardoni, con la sua bella voce
sopranile, Andrea Binetti, spettacolare erede della tradizione dell'Operetta triestina e Marco e Teo Luca Rossi al pianoforte.
Anche quest'anno la serata è simpaticamente iniziata all'aperto. Anzi dovremmo dire che il "rito" ha avuto la sua
"benedizione" sull'ingresso, con un tintinnare di campanella e poi con il testo
responsoriale di apertura e il breve
inno:
Introibo ad altare Dieghi / Ad Diegum
qui laetificat bibitionem meam
Gratias agimus quoque Piae suae /
Propter magnoculam gloriosam suam
Gaudeamus igitur in hymnis et canticis / Et organis cum patre et filio bene
sonantibus.
(Inno) Peruçs, meluçs e coculis, patatis te fressorie: oh ce mangjâ di glorie in saeculorum saecula. Amen
E poi l'invito per entrare: "E alore,
cjârs amîs, faitsi indenant, a fâ une biele cene in companie: mi pâr di vê sintût
cumò devant ch’e son pronts i antipascj
di Diego e Pie. E po’ musiche e vins in
quantitât par rindi plui sauride la ligrie".
Sulle note del celeberrimo "Al Cavallino Bianco" i commensali hanno
preso posto per l'inizio della serata.
E così tutto è trascorso in allegria:
una barzelletta friulana, una testo di
Meni Ucel, un
aneddoto di Riedo Puppo o di
Pre Bepo Marchet, una canzone di Giovanni D'Anzi o di
Gorni Kramer.
Per non parlare
poi degli squisiti
gnocchi allo
speck o della
sella di coniglio
con funghi porcini, giusto per fare un piccolo esempio.
Una divertente scenetta scritta per
l'occasione da Sandro e Elena ha suggellato la cena coinvolgendo un po' tutti i presenti. Il famoso duetto "Salomè,
una rondine non fa Primavera" dall'Operetta "Scugnizza" ha chiuso il programma ufficiale prima di concedere diversi bis e altre storielle friulane. Applausi per tutti gli esecutori e per Diego e Pia, sempre squisiti padroni di casa.
Appuntamento per l'edizione agostana del 2015 sempre presso l'Osteria
Ongjarut di Sedilis.
5
La serata di Sedilis nelle foto di Corradino
Mezzolo, Teo Luca Rossi, Marco Rossi.
1-2-3. Elena Colonna e Alessandro Secco
impegnati nelle letture
4-5. L’oste Diego all’opera
6-7-8. I protagonisti musicali della serata,
Teo Luca e Marco Rossi alla tastiera,
Andrea Binetti e Consuelo Gilardoni
impegnati nel canto
9. i tavoli dei partecipanti alla serata
9
7
8
N
ell’ambito dei tre giorni di luglio
dedicati alle celebrazioni del
patrimonio dell’Alto Friuli e alla sua
maggiore ricchezza, il legno, in tutte le
sue varie applicazioni, sono «brillati» i
festeggiamenti per l’ottantesimo compleanno del maestro liutaio Giobatta
Morassi: è, senz’altro, uno dei liutai più
prestigiosi, che della sua attività ha fatto
un’arte raffinata e preziosa. Non a caso
viene chiamato a far parte di giurie nei
più importanti concorsi internazionale
di liuteria, dalla Cina alla Russia, dalla
Polonia agli Usa, da Cuba al Giappone
e, ovviamente, in tutta Europa ed è una
«bandiera di eccellenza», che porta in
tutto il mondo il nome del Friuli e
dell’abete di risonanza della Valcanale,
da lui scoperto e valorizzato...
Giobatta Morassi (socio del Fogolâr
Furlan di Milano), nato a Cedarchis nel 1934, in Friuli non è noto al grande
pubblico, ma a Cremona, patria di questa arte sopraffina, ha una delle
botteghe di liuteria più prestigiose e conosciute nel mondo, ora portata avanti
dal figlio e dal nipote.
Così Morassi racconta la scoperta dell’abete di risonanza a Tarvisio: «L’ho
scoperto negli anni ‘50, perché con la mia famiglia mi ero trasferito a Camporosso
dove avevamo una segheria. In quegli anni frequentavo la Scuola internazionale di
liuteria di Cremona e ho imparato a riconoscere l’abete di risonanza, trovando molte
di queste piante in Val Canale. I tedeschi lo sapevano e venivano a comprare questo
legno a Tarvisio, io ho insegnato ad artigiani (tra cui Bruno Deotto, compagno di
scuola di Morassi) e a boscaioli friulani a riconoscerlo, tagliarlo in modo appropriato,
evitando i disboscamenti selvaggi, a stagionarlo nella giusta maniera e a lavorarlo».
Il Friuli, come i cugini ladini della Val di Fiemme, ha infatti una sua «foresta di violini» che potrebbe essere maggiormente riconosciuta e valorizzata come hanno fatto in
Trentino. La Foresta di Tarvisio produce, infatti, l’abete di risonanza con cui si costruiscono pregiati violini.
Nella Foresta di Tarvisio
crescono rare piante di abete rosso, di almeno 150 anni
di età, che forniscono un pregiato legno di risonanza già impiegato da Antonio Stradivari e da altri grandi maestri liutai del Seicento e Settecento, quali i Guarnieri e gli Amati. Per le sue straordinarie caratteristiche meccanicoacustiche, studiate e testate ai tempi nostri da molte Università e laboratori
di ricerca, l’abete rosso di risonanza è tuttora ricercato e impiegato per la costruzione di tavole armoniche per strumenti a corda quali organi, pianoforti,
violini e altri, che suonano in tutto il mondo.
I liutai in Friuli si contano sulle dita di una mano. Ci sono i fratelli Rossitti
a Tolmezzo, Denis Baselli a Tarcento e Bruno Tondo a Tavagnacco,
attualmente in pensione. L’ultima «new entry» è il gemonese Marco
Cargnelutti: era un perito elettronico, che aveva già un lavoro.
Grazie all’arte di Giobatta Morassi, dunque, ci sarebbe la possibilità di
creare in Valcanale una filiera artigianale turistica e culturale di tutto rispetto
come succede oggi a Cremona oppure in Val di Fiemme, dove la promozione
del territorio passa anche dal legno di risonanza. (Elena Lipizer, La Vita
Cattolica, 24 luglio 2014)
16 luglio 2014: Quinto incontro estivo del Fogolâr di Milano
CARSO GORIZIANO E COLLIO
di Marco Rossi
C
ome ormai tradizione consolidata non poteva mancare un
nuovo appuntamento estivo
con i soci e amici del Fogolâr Furlan di
Milano in Friuli. E questa volta, con la
complicità e la conoscenza di Ernesto
Zorzi un vero esperto del luogo, la nostra meta è stata il Parco letterario Ungaretti di Sagrado (GO).
Mercoledì 16 luglio 2014 il gruppo
si è ritrovato all'ingresso dell'Azienda
Agricola di Castelvecchio, al cui interno si trova il percorso dedicato al
grande poeta.
Ci troviamo poco fuori Sagrado, anzi
appena al di sopra del borgo, dove il Carso goriziano offre angoli di natura e di
quiete impensabili. Qui sorge Castelnuovo, sulle colline carsiche che offrono viste uniche che permettono di abbracciare tutta la regione Friuli Venezia Giulia dalle montagne al mare.
2
1
La nostra visita è iniziata al di fuori della proprietà ove siamo stati accolti
dalla sapiente introduzione di Gianfranco Trombetta, direttore del Parco
letterario e ideatore del percorso.
La bella e calda giornata estiva ha così
permesso di passeggiare tra gli alberi secolari e tra le nuove realizzazioni che in
pochi tratti illustrano la figura del celebre poeta attraverso la vita trascorsa
3
nei luoghi della
Grande Guerra.
Pochi materiali grezzi, ferro,
pietra e legno,
completano i
percorsi esistenti con frequenti citazioni dei versi di
Ungaretti per
mantenere sempre vivo il filo
conduttore del percorso.
Punto focale della visita è la Villa di
Castelnuovo che si trova dal 1600 al
centro della proprietà ed è costruita sui
resti di una antica villa risalenti al XII
secolo, un edificio già di proprietà dei
conti Strassoldo.
Suggestiva la visita all'interno del
fabbricato, che fu per un periodo la sede
4
del comando militare italiano e conserva ancora vive le tracce e i segni di
quelle aspre battaglie. Tra questi sono
stati recentemente scoperti interessantissimi graffiti tracciati dai soldati
al fronte.
La passeggiata mattutina si è conclusa con la visita all'Azienda di Castelvecchio attraversando ordinatissimi filari di vigneti e gustando un aperitivo offerto da Mirella Terraneo,
squisita padrona di casa.
Dopo la tranquilla pausa pranzo al
«Rustico» di Ruttars (Dolegna del
Collio) con un gustoso menù particolarmente apprezzato da tutti, la giornata
si è avviata al termine con l'ultima tappa: l'Azienda «Ronc di Guglielmo» di
Spessa ove il gruppo friulano è stato accolto da Guglielmo Domenis e dalla famiglia per una simpatica degustazione
dei suoi vini.
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Guglielmo Domenis non è persona
nuova per il Fogolâr di Milano: aveva
partecipato ad un incontro del Ducato dei Vini Friulani alle nostre «Settimane della Cultura Friulana a Milano» del 2013.
Un profluvio di assaggi tra i tavoli
dell'Azienda e, soprattutto, tra le botti della cantina ha chiuso questa bella giornata tra il Carso goriziano ed il
Collio.
1. Foto di gruppo sulla terrazza della villa
2. Gianfranco Trombetta (primo a sn)
illustra la storia del Parco letterario
3. Le botti della Cantina di Castelvecchio
4. I vigneti dell’Azienda di Castelvecchio
5. Il brindisi a Castelvecchio
6. (da sin.) Elena Colonna, Alfonso
Toffoletti, Guglielmo Domenis con la
moglie, Alessandro Secco
Foto di Corradino Mezzolo, Teo Luca
Rossi, Marco Rossi.
6
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
Conoscere il Friuli
STEMMA E GONFALONE CIVICI
Lo stemma, formato
da uno scudo sannitico moderno rosso con
fascia d’argento fiancheggiato da un ramo
di quercia ed uno d’alloro, è sormontato da
una corona ducale dorata. Il rosso gonfalone riporta, al centro, lo stemma ed
è fregiato della Croce al merito di
guerra e della Medaglia d’argento al
valore militare per la Resistenza.
TERRITORIO
Fa parte dell’ultima propaggine collinare
delle Prealpi Giulie, allo sbocco della
valle del Natisone, a 17 km ad est di
Udine. Il capoluogo - collegato ad
Udine da una linea ferroviaria servita
da treni regionali - è ubicato a 135 m
s.l.m. ed ha giurisdizione amministrativa su cinque frazioni: Fornalis, Gagliano, Purgessimo, Sanguarzo e Spessa. Il territorio comunale, in provincia
ed arcidiocesi di Udine, si estende su
una superficie di 50,57 kmq; confina a
nord coi comuni di Torreano e San
Pietro al Natisone, ad est con Prepotto, a sud con Corno di Rosazzo, ad
ovest con Premariacco e Moimacco.
ORIGINI ED EVENTI
DI RILEVANZA STORICA
Le origini del borgo si perdono nella
preistoria: non poche sono le tracce di
insediamenti umani rivenute nella
zona riguardanti il Paleolitico e il Neolitico. La fondazione della città risale al
53 a. C. per volontà di Giulio Cesare,
allora capo delle milizie romane svernanti in Aquileia. La città prese dal suo
fondatore il nome Forum Iulii [toponimo che dal Medioevo denomina l’intera regione] e nel 1° secolo d. C. fu
eretta a municipium. Più tardi venne aggregata alla X regio Venetia et Histria.
Nella seconda metà del V secolo vi trasferirono la loro sede i vescovi di Iulium
Carnicum, distrutto dagli Unni di Attila, divenendo la nuova capitale. Difatti con la decadenza di Aquileia,
messa anch’essa a ferro e fuoco dagli
Unni (452), Forum Iulii acquisì floridezza e notorietà. Il 2 aprile 568, discendendo dalla valle del Natisone, arrivò Alboino, re dei Longobardi, con
militi e popolani. Alboino fece di Forogiulio il capoluogo del suo primo Ducato e centro militare della resistenza
contro le incursioni slave e avariche.
Conferì a suo nipote e compagno d’armi Gisulfo il titolo di duca che divenne il primo dei diciassette duchi del
Friuli avvicendatisi nei due secoli. Nel
737, durante il regno del longobardo
Liutprando, il patriarca d’Aquileia
Callisto decise di trasferire la sua sede
da Cormòns (istituita nel 628) a Cividale per cui scacciò il vescovo di Zuglio,
Amatore, insediandosi nella sua abitazione. Il dominio dei Longobardi
terminò nel 774 quando vennero sopraffatti dai Franchi (capitanati da
Carlomagno), i quali, fatto prigioniero il re Desiderio, costrinsero suo figlio
Adelchi a fuggire a Verona. Sotto
l’egemonia dei Carolingi il Ducato si
trasformò in Marchesato. L’imperatore Lotario accrebbe il prestigio di Cividale, istituendo nell’824 una università degli studi. Nel sec. IX Cividale, sede del marchese preposto alla
2
parte orientale
del Regno italico, fu chiamata
Civitas Austriae;
poi fu invasa e
saccheggiata
dagli Ungari.
Risorse quando
l’imperatore tedesco Enrico
IV, reduce dal
perdono di Canossa, il 3 aprile 1077 diede
origine alla “Patria del Friuli”
conferendo l’investitura feudale
al patriarca Sigeardo di Peilstein (suo alleato nella lotta
per le investiture), da nove
anni reggitore
della Chiesa di
Aquileia. Nel
secolo XII Civi- 1
dale fu il massimo centro commerciale e culturale del Friuli: si era fortificato dotandosi di mura (che avevano un perimetro di 2.600 m), di torri e, all’esterno,
di un ampio fossato. Il terremoto del
1222 danneggiò anche il palazzo curiale
ma ciononostante il patriarca Bertoldo
di Merania, installatosi quattro anni prima, seguitò a risiedervi fino al 1238, allorquando decise di trasferirsi nell’emergente città di Udine. Nel 1420
Cividale (come tutto il Friuli, ad eccezione del Goriziano) passò sotto la
giurisdizione della Serenissima e nel
1533 ottenne di essere direttamente governata da Venezia, per il tramite di un
provveditore. Nel primo Ottocento
Cividale divenne una delle quattro vice
prefetture del dipartimento di Passariano, create dal Bonaparte. Con la caduta di Napoleone provocata dalle
sconfitte di Lipsia e di Waterloo ed il
successivo Congresso di Vienna
(1815), essa venne assoggettata all’Impero asburgico, fino alla Pace di
Vienna, che pose termine alla III guerra d’indipendenza, e al plebiscito del
21 ottobre 1866, che sancì l’unione del
Veneto e del Friuli centro-occidentale
al Regno d’Italia dei Savoia. Durante la Grande Guerra, fino al 24 ottobre 1917, fu sede del comando della
II armata del Regio Esercito.
Cividale fu riconosciuta ‘città’ dal governo del Regno Lombardo-Veneto,
titolo confermato con decreto mussoliniano del 1937.
La città il 25 giugno 2011 è stata inserita dall’Unesco tra i patrimoni
dell’umanità.
CIVIDALE
DEL
FRIULI
di Roberto Scloza
numento funebre del patriarca Nicolò
Donato, che ristabilì la residenza patriarcale a Cividale dal 1493 al ’97. Sopra il portale maggiore si trova il Monumento equestre di Marcantonio di
Manzano, condottiero cividalese, ucciso
a Farra il 12 luglio 1617 nel corso della guerra di Gradisca. Dalla navata destra una porticina introduce nel Museo
d’arte cristiana ricostruito nel 1946: qui
sono conservati affreschi strappati dal
Tempietto longobardo e montati su telaio, la Cattedra patriarcale (sulla quale
ventisei patriarchi, dal 1077 al 1412, ricevettero l’investitura) e due tra i maggiori monumenti del Medioevo: l’Ara
di Ratchis, duca del Friuli, e il Battistero
di Callisto, patriarca. La cripta, sotto il
coro, ospita le spoglie del patriarca san Paolino e dei grandi musici G. B. Candotti
e Jacopo Tomadini, nonché il prezioso te-
EDIFICI DI CULTO CITTADINI
Basilica. È l’antico duomo, a tre navate,
dedicato a Santa Maria Assunta. Il primo altare, dedicato alla Vergine, è stato realizzato, come gli altri tre delle navate laterali, dal Maccaruzzi e conserva la pala della Madonna in trono e santi, dipinta nel 1617 dal Ponzone, Sulla mensa è collocato un Vesperbild, statua in pietra arenaria dipinta, raffigurante la Pietà. Vicino ad essa, l’Altare
del Crocefisso in rilievo sul paliotto; la
tela con il Crocefisso tra i santi è opera
del 1619 del Grimani. Sul sovrastante
coro è allogato il maestoso organo realizzato dalla ditta ‘Beniamino Zanin’ di
Camino di Codroipo nel 1933. Nella
cappella absidale destra è posto l’altare di San Donato, patrono della città,
con la pala del Santo fra altri Martiri pregevole opera del concittadino Luigi
Bront (1891-1978). Nel sopraelevato
presbiterio, il marmoreo altare maggiore
è ornato dalla lamina d’argento dorata a fuoco, donata dal conterraneo patriarca Pellegrino II nel 1195: raffigura la Vergine col Bambino sulle ginocchia
affiancata dagli arcangeli Michele e Gabriele circondati da santi, patriarchi e vescovi. A lato del presbiterio, la Cappella del Sacramento, con l’altare a baldacchino. Percorrendo la navata sinistra, si ammira il grande Crocefisso ligneo
duecentesco (m 2,52); segue l’Altare delle Vergini o di Santa Margherita da Cor3 La navata è completata dal Motona.
sono rappresentati i quattro
dottori della
Chiesa: Gregorio, Agostino, Girolamo e Ambrogio attornianti
san Giovanni), è
ubicata nei pressi di Porta Nuova (vicinanze
della casa natale di Jacopo Tomadini).
Chiesa del Monastero (o di
Santa Maria in
Valle). Vi si accede dalla via
omonima
o
scendendo dalla
gradinata dietro
il duomo; fondata nel 695 e
rimaneggiata
nei secoli XIVXVIII, fu aperta
al pubblico nel
1867.
Chiesa di Santa
Maria dei Battuti. Di proprietà del vecchio ospedale civile, la sua origine risale al Duecento. È stata rifatta su progetto di Giovanni da Udine nel 1521.
Chiesa di San Martino. Sorge sulla
sponda sinistra del Natisone: costruita nel 1604 e poi riformata nel
modo attuale nel Settecento è dedicata a San Martino perché conserva
una pala del carnico Nicola Grassi
rappresentante il Santo a cavallo.
Patroni della città sono i santi Donato
e Romolo e si festeggiano il 21 agosto.
3
soro della basilica che comprende:
l’Evangelario, l’elmo e lo spadone di Marquardo von Randeck per la Messa dell’Epifania, il busto d’argento di san Donato,
una mitra del Duecento, una pianeta del
Seicento ed una preziosa raccolta di reliquiari. La torre campanaria, sprovvista
di cupola, è stata eretta nel 1631.
Chiesa di San Francesco. Di stile gotico romano, costruita sotto il patriarca Raimondo Della Torre (1285) a croce latina con l’abside che si erge a picco sul Natisone, fu sconsacrata anni addietro ed ora viene adibita ad auditorium, mostre e manifestazioni.
Santa Maria di Corte. La chiesetta, affiancata da un campanile duecentesco,
ubicata sulla via Patriarcato, dietro la
piazza del Duomo. Vi sono conservati
un quadro di sant’Agnese, una pala con
san Simone e la Madonna della Cintura
attribuiti al Veronese, una copia del
martirio di santo Stefano di Palma il Giovane, una statua della Vergine incoronata
ed un ritratto di Pietro da Thiene, vescovo.
Chiesa di San Giovanni in Xenodochio. Fondata dal duca Rodoaldo nel
695, ricostruita agli inizi dell’Ottocento conservando i dipinti del soffitto eseguiti da Palma il Giovane (ove
PALAZZI E MONUMENTI
DI PARTICOLARE INTERESSE
Tra gli edifici civili degni di menzione
sono il Palazzo comunale, costruito nel
XV secolo al centro della città, di
fronte alla basilica, e più volte rimaneggiato fino ad assumere, ad opera di
un restauro del 1934, il gradevole
aspetto odierno e, nelle vicinanze, il cinquecentesco Palazzo de Nordis e il seicentesco palladiano Palazzo dei Provveditori veneti o Pretorio (nella cui facciata sono inseriti i busti dei provveditori Santo Contarini ed Andrea Pisano), che ospita il Museo archeologico
nazionale. Notevoli anche il Palazzo
Boiani, stile rinascimentale, con balcone abbellito da testine lapidee; il Palazzo Stringher-Levrini, con la facciata
affrescata nel XVI sec.; il Palazzo Pontotti-Brosadola, con affreschi del concittadino F. Chiarottini (1785). Da ricordare infine la piazza intestata al celebre monaco e storico Paolo Varnefrido detto Diacono e ubicata nelle vicinanze della casa ove si ritiene sia nato
verso il 722: uno spazio suggestivo sul
quale si affacciano case medioevali
sulla via che porta al Tempietto longobardo e i quattro Monumenti dedicati: a Giulio Cesare (copia del 1935,
fedele riproduzione dell’originale esposto in Campidoglio) ad Adelaide Ristori, (1822-1906), attrice teatrale
drammatica (scultore A. Maraini,
1916), ai Caduti (A. Mistruzzi, 1929)
e alla Resistenza (L. Ceschia, 1975). Il
civico teatro, sito nei pressi dalla casa
ove nacque la Ristori, e la via in cui esso
è ubicato, sono intitolati all’illustre concittadina. Infine il leggendario Ponte
del Diavolo sul Natisone, opera mirabile del capomastro Everardo da Villaco,
costruito nella prima metà del Quattrocento, a due campate ed un unico pilastro appoggiato su un poderoso masso, divenuto il simbolo della città, atterrato dai nostri genieri nell’ottobre del
1917 per ostacolare l’avanzata delle truppe dell’Aquila bicipite, fu ricostruito in
pietra dagli Austriaci nell’anno seguente, su progetto del conterraneo ingegnere Ernesto De Paciani.
SCUOLE PUBBLICHE E PRIVATE
A Cividale sono in attività scuole di
ogni ordine e grado. Fra quelle superiori:
Istituto professionale di Stato per l’industria e l’artigianato, Istituto tecnico
agrario, Istituto tecnico commerciale,
Liceo classico e Liceo scientifico presso il Convitto nazionale “Paolo Dia-
5
cono”. È sede didattica della scuola di
specializzazione dei beni storico-artistici
dell’Università degli Studi di Udine.
POPOLAZIONE
La città aveva nel XII secolo una popolazione di 1.500 anime, raddoppiata
in un paio di secoli. Nel censimento generale del 1871 gli abitanti, detti cividalesi, ammontavano a 8.417 unità, divenuti 11.622 nel 1921, 11.041 nel 1971
e 11.378 (di cui 972 stranieri) nel 2011.
I nativi del luogo, che ben conoscono la
popolare villotta «Cividât no jè une vile,
ma ’ne ponte di citât … », conversano tra
loro prevalentemente in friulano.
CITTADINI ILLUSTRI DEL XX SECOLO
Fra i numerosi cividalesi che nello
scorso secolo hanno dato lustro alla città nell’arte sacra, nelle lettere, nella pubblica amministrazione, nelle scienze e
nello sport, meritano una citazione:
Luigi Cossio (1874-1956), vescovo di
Recanati, docente di arte sacra ed archeologia cristiana in Inghilterra;
Giuseppe Brosadola (1879-1942),
avvocato, sindaco di Cividale e consigliere provinciale cattolico;
Giuseppe Marioni (1880-1957),
avvocato, archeologo, rettore della
Scuola d’ingegneria militare a Vienna, commediografo: autore di commedie in lingua friulana;
Vittorio Podrecca (1883-1959),
giornalista, scrittore e marionettista;
Alessandro De Stefani (1891-1970),
giornalista, commediografo, sceneggiatore, regista ed autore di opere teatrali;
Bruno Romani (1910-1989), docente, provveditore agli studi di Parma e poi
di Piacenza; giornalista, inviato speciale
a Londra, Parigi, New Jork e Mosca;
Eugenio Cefis (1921-2004), laureato in giurisprudenza a Milano, imprenditore industriale, presidente
dell’Eni e della Montedison;
Luciano Bosio (1922-1997), docente di
topografia dell’Italia antica a Padova;
Nicolò Miani (1926), medico, docente, direttore dell’Istituto di anatomia dell’Università Cattolica di Roma,
autore di dissertazioni scientifiche;
Francesco Cefis (1932), medico, docente di anatomia, istologia patologica e oncologia sperimentale a Milano;
Giovanni Maria Del Basso (19351997), docente di sfragistica e di numismatica a Udine, scrittore, archivista, esperto di araldica friulana, sindaco di Cividale dal 1974 all’80;
Alessandro Argenton (1937), sportivo, medaglia d’oro nel concorso
completo di equitazione a squadre
alle olimpiadi di Tokio nel 1964.
5
1. Panorama del centro città
2. Battistero del patriarca Callisto
3. Fontana eretta nel 1824 e la facciata della casa di Paolo Diacono
4. Statua bronzea di Giulio Cesare
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
Cultura e... dal Friuli
6
Frutta di stagione
ALBICOCCHE,
PESCHE E PESCHE - NOCI
di Alessandro Secco
Prunus persica
I
n una serata eccezionalmente
limpida di quest’estate balorda, si
era tra amici a discorrere del più e
del meno, davanti a una rugiadosa
bottiglia di bianco. A un certo punto
il discorso si è portato sui nomi
friulani dei frutti dell’estate; e uno
degli amici ha chiesto che cosa sono
precisamente i barecocui.
Sono le pesche-noci, rispondo senza
esitazioni. Ma un altro vien fuori a
dire che no: al suo paese sono le
albicocche. Ad ogni modo, da dove
provengono questi barecocui, che fino
a qualche anno fa, forse solo dopo la
guerra, a lui non era mai capitato di
vedere? Anche qualche altro amico
del gruppo, allora, a giurare e
spergiurare che le pesche-noci sono
apparse sui mercati solo di recente,
che si tratta di un nuovo incrocio.
E no lafè, pardie! - ho contestato,
deciso, a questo punto - quando
eravamo ragazzi, per dire qualche
anno prima della guerra, ricordo che
si andava a rubare i barecocui nell’orto
del vicino. E non contento di questa
testimonianza della memoria, sono
corso in casa a pescare sullo scaffale
il vocabolario friulano del Pirona,
quello vecchio, stampato nel 1871. E
nella sezione botanica, a pag. 484, ho
potuto leggere trionfante ad alta
voce, che tutti mi sentissero:
Barecocolâr, baracocolâr = Pesco-noce.
Persuasi, allora, amici miei?
Ma non contento, il giorno dopo,
consultando altri libri, sono riuscito
a stabilire che la pesca-noce era nota
in Inghilterra già verso la fine del
1500: altro che dopo la guerra! E ho
aggiunto che oggi gli inglesi e gli
americani la chiamano nectarine, un
nome che sembra aver preso piede
anche da noi.
Cerchiamo allora di fare il punto.
La famiglia di piante che i botanici
chiamano “Rosaceae” include la
maggior parte della frutta che noi
oggi mangiamo: ciliegie, mele e pere,
prugne e susine, fragole, lamponi,
more di rovo… E della famiglia fa
parte anche il pesco: in friulano
pierçolâr o piarçolâr: il Prunus persica
dei botanici, che viene dalla Cina,
dove è noto da almeno 4.000 anni e
che è giunto fino a noi attraverso la
Persia. Dalla Persia infatti ha preso
nome il frutto: persica in latino,
diventato “per contrazione” pesca in
italiano; e persego in veneto, persegh
in milanese e finalmente pierçul, o
piarçul, o spiersul in friulano.
Un altro albero che appartiene alla
stessa famiglia è l’armelinâr: Prunus
armeniaca, anche questo coltivato in
Cina da 4.000 anni e arrivato in
Italia al tempo dei Romani dalla
Grecia dopo avere attraversato
l’Armenia. Si spiega così il nome
friulano del frutto: armenìn, diventato
infine armelìn “per dissimilazione”.
Non sono storie meravigliose?
Per completare, ci rimane il
barecocolâr, l’albero che in quella
serata limpida d’estate ha dato
origine alla disputa. I botanici lo
chiamano Prunus nucipersica, o
meglio ancora Prunus persica var.
nucipersica, per sottolineare che si
tratta di una varietà di pesco. Il
nome dell’albero e del frutto ha una
storia complicata: deriverebbe da un
latino praecoquus – come dire
“primaticcio” – che in greco è
diventato praikokion e finalmente in
arabo (premettendo l’articolo –al) albarquq, che poi è tornato da noi
come “albicocca” in italiano e
barecocul in friulano. Vogliamo qui
ricordare che nel napoletano si
coltiva la “pesca precocca”, che si
trova talvolta anche sui nostri
Massimiliano Finazzer Flory
alla Biblioteca Civica di Udine
di Romano Vecchiet
mercati e si presta molto bene alla
preparazione delle pesche sciroppate.
In conclusione, “albicocca” e
“barecocul” vengono dalla stessa
parola araba, la prima quando c’è
l’articolo “al-” inglobato, la seconda
quando l’articolo è caduto.
Ci rimane l’ultimo punto della
discussione di quella serata: la
dichiarazione dell’amico che al suo
paese i barecocui sono le albicocche.
Stando a quanto abbiamo stabilito
qui sopra, possiamo concludere che
ha ragione anche lui: in qualche
paese del Friuli le cose stanno
proprio così. A dimostrarlo, mi piace
citare qui due righe di un bel
romanzo friulano, «La tiere di
Lansing» di Maria Forte, dove a pag.
151 si legge:
Prunus armeniaca
“… Dutis lis pomis j davin soredut il
gust di cjalâlis come tune piture, chè,
vivi, al è gjoldi il colôr, gjoldi il zâl cjalt
dai ambui, il viole dai brugnui, il
naranzìn dai barecocui e il ros frêt des
cjariesiis…”.
Stant che i barecocui a son piturâts
culì di colôr naranzin, al ven di pensâ
che si trati di armilins: ven a stâi di
“albicocche” e no di “pesche-noci”.
E allora, questi frutti, chiamiamoli
come ci piace, ma mangiamoli e
godiamoceli in pace.
assimiliano Finazzer Flory,
grande attore della scena
italiana, monfalconese di
nascita ma milanese d’adozione, è
stato protagonista nella più grande
biblioteca friulana, la Civica “Vincenzo Joppi” di Udine, di un evento teatrale di particolare pregio: un
trascinante monologo di ottanta
minuti tratto da I Promessi Sposi di
Alessandro Manzoni.
Tre sono state le serate, sponsorizzate da Banca Mediolanum e impreziosite dall’accompagnamento musicale della violoncellista giapponese
Yuriko Mikami (musiche di Verdi,
Mascagni, Paganini, Bellini, Berio,
Rota), che hanno allietato il pubblico udinese ai primi di luglio della passata estate, culminate nella “notte
bianca” udinese dell’11 luglio, la vigilia della festa dei santi patroni Ermacora e Fortunato. Tre serate accomunate da una recitazione che Finazzer Flory ha reso con grande bravura,
mettendo in gioco tutto se stesso, e in
M
ticamente, ma anche riuscito a livello
più intrinsecamente artistico. Interessante la totale assenza di toni retorici, soprattutto nelle parti descrittive, che sono scivolate in modi discreti e quasi dimessi, contrapponendosi per impatto e drammaticità
ai dialoghi più concitati, in un climax
di notevole fascino.
Essenziale la scenografia, che doveva fare i conti con location tanto ricche di libri, quanto povere di palcoscenici ed effetti speciali, come quelle
delle venti biblioteche (una per ciascuna regione italiana) prescelte per
l’intero ciclo, denominato “In viaggio
con Alessandro Manzoni”. Ma è stata
una scelta voluta e consapevole, proprio perché lo scopo era di valorizzare,
oltre beninteso Manzoni, anche le biblioteche, che di Manzoni sono state
per oltre centocinquant’anni le silenti custodi, non use a rappresentazioni
teatrali, e dando loro, per una volta, piena e convinta voce. Scrive Finazzer:
“l’eredità di Manzoni è finita nelle bi-
ciò differenziandosi completamente
dalla più agevole lettura “a leggìo”, ormai diffusissime nel panorama italiano
delle cosiddette letture sceniche.
Massimiliano Finazzer Flory, con
scrupolo filologico, senza minimamente tradire il testo manzoniano, ha
riproposto le pagine più famose del capolavoro manzoniano (l’incontro fatale
di don Abbondio con i bravi; l’“Addio
monti sorgenti dall’acque”; don Rodrigo
e fra’ Cristoforo; Lucia e l’Innominato;
il crescendo della rivolta popolare per
il pane; la morte della piccola Cecilia,
il finale con il famoso “sugo” della storia), offrendo un compendio completo del romanzo, non solo valido didat-
blioteche e là spesso giace, senza parola.
Con il teatro vogliamo dare voce e volto a questa eredità. Con la biblioteca
come altare dell’ascolto.”
Credo che tra il pubblico numeroso
presente in sala, i ricordi scolastici si siano intrecciati a doppio filo con quelli
dei lunghi pomeriggi di studio passati
in biblioteca, magari a preparare qualche difficile esame universitario: nella consapevolezza che le biblioteche
possano essere frequentate anche dopo
il proprio curriculum scolastico, offrendosi ancora vitali e ricche di stimoli
e proposte culturali. Proprio ciò che un
bibliotecario ambisce che il proprio
pubblico inizi a fare.
«Cespis e brugnui»
Caro Notiziario del Fogolâr,
ecco la solita paginetta di ricordi familiari come prova di “inquinamento” (o infiltrazione) da parte del friulano casalingo nei confronti dell’italiano.
Frequentavo la seconda classe elementare e la maestra – ne ricordo ancora il nome: Giuseppina Gozzi Guala – agli scolari assegnò come
esercizio, il compito/gara di elencare il maggior numero di frutti conosciuti.
Memore di una scorpacciata di prugne gialle, appollaiato tra i rami dell’albero
nell’orto della casa degli zii di Loneriacco, pensai di celebrarne la bontà.
Vinsi io, ma con riserva: perché tra i frutti conosciuti, nell’elencazione dei nomi dei più ricorrenti, oltre a quelli più tradizionali, moltiplicai
per tre la definizione delle prugne, aggiungendo: susine e cespe, anche
se per quest’ultima apparve una marcata sottolineatura in rosso, seguita da un punto interrogativo.
Per qualche tempo in classe i compagni mi chiamarono “Cespe”, mentre
a casa, tra la mia mamma e le zie tarcentine, fui oggetto di facile dileggio.
Caro Giorgio,
ancora una volta hai voluto metterci alla prova: la cosa ci fa piacere,
perché ci stavamo proprio dimenticando di dire due parole su una “vexata quaestio” in italiano, che si ripete in friulano: quali sono le prugne,
quali sono le susine?
I maggiori dizionari italiani danno i due vocaboli come sinonimi: il frutPrunus domestica
to dell’albero che botanicamente si chiama Prunus domestica, si può chiamare
legittimamente in entrambi i modi; ci sono poi diverse varietà coltivate, che vanno dal giallo chiaro, al verdolino, al
verde carico, all’arancio... dal rosso, al violetto, al blu, con diverse forme, da sferica a più o meno ovale. Tuttavia, alcuni dizionari precisano che preferibilmente si chiamano prugne i frutti destinati all’essiccamento.
In friulano il problema presenta un elemento di disturbo in più: così, oltre a cespis, o ciespis, o siespis, che possiamo tradurre pacificamente in buon italiano con susine, abbiamo brugnui, o bronbui, con altre piccole varianti, i cui frutti si presentano con la buccia di tutti i colori sopra segnalati; ma poi c’è una varietà a buccia giallo
chiaro, molto comune, di cui un tempo quasi ogni casa di campagna possedeva un esemplare, e che è certamente il fornitore del frutto per la scorpacciata di Giorgio Aleardo, noto come amul o emul.
Chiudiamo con una nota linguistica: Brugnul viene ovviamente dal nome dell’albero, Prunus; Cespe è di
chiara origine slava: in alcune lingue - sloveno, croato, persino russo - si dice cešplja;
ma si dice anche sliva,
ˇ
che ci suona familiare all’orecchio, se non altro per la celebre acquavite slivovka, fedele amica della gubana
cividalese. Per Amul o Emul non abbiamo trovato un etimo friulano, ma si tratta chiaramente di un prestito dal veneto amolo. Un caro saluto. Alessandro
Foto M. Rossi
di Giorgio Aleardo Zentilomo
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
La pagjine furlane di Sandri dai Juris
FLÔRS
DAL NESTRI ZARDIN
ROSIS
DI SIARADE
di Sandri Dai Juris
L
'Istât nus à bandonâts, cence saludâ, cence compliments par dutis lis strambariis che chest an nus à regalât. Cumò, almancul, sperìn di gjoldi cualchi biele zornade di Sorunviâr.
Si sa, lis stagjons no son plui chês… E alore, par tornâ a vê tai voi, tal cûr e tai
sintiments, il nestri Istât di une volte, il mestri al à dât dongje une sfluride di poesiis dal Secont Nûfcent furlan, dulà che al à vût cûr di meti dentri ancje un so piçul ricuart personâl.
FRANCESCA MARINI BARNABA
MARIA FORTE
(Maian, 1877 - Udin, 1960)
(Buie, 1899 - Udin, 1979)
Lune
Lune imberlade:
mi bute dentri a slas
un’azze di lusôr.
Usgnot
la lûs ’e je limade
dai grîs avostans.
Travanâz da chê lûs
arbui si viarzin
come promessis mantignudis
e intor s’incjadenin
spirz e aganis.
Adalt la lune
’e je ueide di cûr.
Pâs
Fra odôr di uve in flôr
e di mentuce
la gran’ pâs de gnot.
Vôs rauchis di croz
si ievin fra lis cjanis
dal fossâl
e il concert sutîl dai grîs
al iemple l’aiar.
Tal cîl un furmiâr di stelis:
tal cûr un pugnut di siums;
laiù, sot un cjâr,
un feralùt mataràn ch’al bale
e al pâr un fuc voladi.
NOVELLA CANTARUTTI
(Spilimberc, 1920 - Udin, 2009)
Passons di steli’
Adés j’ na sai pi passons di steli’
pal troi dai casseârs sul Tilimint.
Al era il mani da li’ margariti’
induvinadi’ a scûr ta l’erba mola,
e i deic’ intrimulîz a domandâ.
J’ sint l’aga laù ch’a si disnimbra
e ’a mi puarta cun sé come ’na fuéa.
O
sfueavi, cence une reson precise, la mê “Piçule
floride di lirichis cinesis classichis” voltadis par
furlan, cuant che il voli mi è colât su di une che e
someave fate apueste pal gno umôr dal moment:
I agns de zoventût dopo in ca che mi àn lassât,
chei da la etât madure planc a planc si disfantin.
Scunît e cun pinsîrs di malincûr,
o torni a visitâ chest lûc rimit e frêt.
In tal mieç dal zardin o soi restât bessôl:
soreli smavit, buere frede e zilugne.
Il latisûl di autun za si intortee in semence,
i arbui a son flapîts e cruciâts.
A son restâz i flôrs des sanmartinis,
vierts fûr modant sot la cise dai vencs...
Cussì si sbrocave, par cinês, il poete Po Chu-i cu lis
sanmartinis dal so zardin, passe mil e cent agns indaûr: tant
a dî al timp che il Friûl dai Longobarts al è passât sot i
Francs di Carli il Grant. E lis sanmartinis - ven a stâi i
crisantemis, o autunâi, par doprâ une biele peraule furlane
- mi àn fat l’efiet di chê famose madeleine smuelade intal tè,
che nus conte Proust intal prin libri de sô “Recherche”:
dismovint un rivoc di ricuarts, mi àn fat tornâ indaûr tal
gno Friûl di frut. In chê volte i orts a jerin tal stes timp ort
Gust da essi viva
Gust da essi viva
ta la dì
ch’a discrosa li’ ali’.
La caliga
’a si distrût
sblancjada
avuâl dai prâs.
Gust da essi viva
pa la strada
ch’a mena a messa sot i lens,
pa li’ ombreni’
bagnadi’ di lusòur.
PIER PAOLO PASOLINI
(Bologne, 1922 - Roma, 1975)
O me donzel
Ciant da li ciampanis
O me donzel! Jo i nas
Co la sera a si pièrt ta li fontanis
ta l’odòur che la ploja
il me paìs al è colòur smarît.
a suspira tai pras
Jo i soj lontan, recuardi li so ranis
di erba viva… I nas
la luna, il trist tintinulà dai gris.
tal spieli da la roja,
A bat Rosari, pai pras a si scunìs:
In chel spieli Ciasarsa
jo i soj muart al ciant da li ciampanis.
- coma i pras di rosada Forèst, al me dols svualà par il plan,
di timp antic a trima
no ciapà pòura: jo i soj un spirt di amòur
Là sot, jo i vif di dòul,
che al so paìs al torna di lontan.
lontan frut peciadòur,
ta un ridi scunfuartàt.
O me donzel, serena
la sera a tens la ombrena
tai vecius murs: tal sèil
la lus a imbarlumìs.
NICO NALDINI
ELSA BUIESE MORANDINI
(Cjasarse, 1929)
Un fil di vint
Un fil di vint al cor
tra i moràrs insulìs
sofli di na istàt ca ni cunsuma.
E apena un sun di fuèis rovanis
ta chè aria greva,
tra i ciasaj blancs,
ta chel sèil sensa anima.
Ma coma nassùs da l’erba
a van soranèi sensa cuarp
cu’l flòur da l’istàt in man.
(Sarsêt di Martignà, 1926 – Udin, 1987)
Usgnot
Usgnot se ancjemò m’impensi di chei dîs
lusignis tal vulùz des venis
’o rivi salacor a crodi
che nol è stât un sium magât
svol di lûs tu mi clamavis
te gnot d’incjant di San Laurinz
raps di stelis nus colavin sui cjavei
a contânus liendis inventadis
tun rispirâ di lidrîs lizeris
il nestri jessi tindût archèt tal cîl
e dopo d’in chê volte vivi
mai nol à finît di fâmi pore
NADIA PAULUZZO
(Udin, 1931 - 1995)
Estât
Sìntistu?
E je l’ore d’estât
dismote
e stradis di vint
e un mâr tal cîl
che si sfante
lustri di velis.
Scolte:
’o passi
blancie fra ciasis blancis.
SANDRI DAI JURIS
(Tarcint,1932)
Gnot d’Avost
La gnot e jere fluride di stelis
e i prâts di grîs avostans
e nô rimìts te jarbe vive
si sin piardûts tal cîl: o jerial prât?
Adasi o vin fumât
un spagnolet in doi, e si taseve.
Frute, une gnot compagne
e nas ogni mil agns.
BENO FIGNON
(Montreâl, 1940 - 2009)
Doi «Haiku Fuirlan»
A suna tal furment
la ciampanùta viola
un rosàre de mistèrus.
***
Ta la glèra cuiéta
nome un florùt zâl.
Fî del soréle saèta.
7
Lis setembrinis, Aster novae-belgii.
e zardin, che a mudavin colôrs e sparfums e savôrs daûr des
stagjons. E di Siarade si jemplavin di sanmartinis e di
setembrinis, in spiete dal dì dai Sants.
Dapît dal borc dai Juris a jerin i orts. Tal ort di barbe
Vuigji, gno nono, ogni an gnagne Marie e tignive un strop
di sanmartinis, o autunâi: che in chê volte si clamavin
grisantemos, cuntun brut talianisim che al fasarès sviarsâ i
puriscj di cumò. Ju sbutulave, ju mondave, ju sossolave; e
pai Sants a jerin pronts: un spetacul che nancje a Udin, lì
di Gasparini, si’ndi viodeve di compagns intes vetrinis:
grues, fofs, impicotîts ognidun su la sô gjambe; e blancs o zâi
o rusins di colôr. Gnagne Marie ju clamave i Turner:
braurose, cuntune ponte di finece intal meti fûr la peraule
foreste. Tal ort di Barbe Jacun, di chê altre bande dal
stradonut dai orts, e jere sorestant la fie plui anziane,
gnagne Lie: tant pes colturis orticulis che par chês floreâls.
E ogni an e faseve la gare des rosis pal dì dai Sants cun sô
cusine Marie: ma rivâts al show down no si varès savût a
cuale des dôs conferî la palme de vitorie.
Di Siarade, tai orts fûr di man, plui a la buine ma salacor
plui concrets, donge la salvie e l’osmarin, dongje i strops
dai savôrs, dal lidric, dal selino, dai brocui, si viodeve il
strop dai grisantemos: che a jerin minudins, fis fis e
dongjelaltris sul ramaç, intun miscliç di varietâts. Ma plui
dispès lis filiadis di chei orts a jerin floridis di setembrinis,
che lis impiavin di colôrs vivarôs.
Siarade: stagjon maraveose! Ancje cun chel fîl di
IL
CJANTON DAI ARLÊFS
malincûr che nus semene dentri, ma po nus slargje il cûr
cu lis sôs rosis. Disêt Autun, se o vês miôr; o Sorunviar se
la stagjon e je za indenant. A mi, mi baste dî Autun: e o
viôt l’aur e il fûc dai roncs dispueâts, o sint la ligrie des
vendemis e il bonodôr dal vin gnûf tes cjanivis in bulidure.
Mi baste dî Sorunviâr: e mi slusigne tai vôi la prime zilugne,
intant che un clip di fogolâr mi scjalde il cûr. Mi baste dî
Siarade: e o pensi al cori des stagjons e al timp dal vivi, come
che nus al fâs sintî, cuntun sgrisul lizêr, Umberto Valentinis
tal so savorôs furlan di Dartigne:
Scolte a madressi il timp
tai orz ch’e sfuéin
a planc il cûr des ombres;
venes di cidinôr
dibot si vièrzin
tal sium celest
dai violârs di setembar...
I violârs! Mi jeri scuasi dismenteât di lôr. Mi soi piardût
a fevelâ dal Autun, che par me al reste la stagjon plui biele:
tai nestris paîs, si sa; no culì a Milan, la grande citât, che no
je po tant brute come che si dîs, ma no à stagjons veris,
ognidune cul so savôr. L’Autun tai nestris paîs al è propit
une stagjon di maraveis: cul vin e cu lis rosis.
Ma ce rosis nus regalial po
l’Autun?
Intant, o vin apene sintût il
nasebon dai violârs, par talian “le
violaciocche”, che dai orts si spant
dulintôr. E pensâ che il non di
famee di chestis rosis al è
Cruciferae: la stesse famee dai
brocui, des verzis e dai râfs. Cui
varessial mai dit, cun chel profum
che al sturnìs; e cui mil colôrs e lis
mil sfumaduris: dal blanc, al rose,
al viole purpurin.
Infin, il pinsîr mi torne indaûr a
cirî lis setembrinis: lis rosis che plui
di dutis nus pandin il savôr de stagjon. E no pues dismenteâ la improvisade che za cualchi an mi àn
fat tor i ultins di Setembar, vignint
jù de Bernadie cu la femine, par chel
troi che nol finirà mai di incjantânus. O jerin lâts a saludâ lis ultimis
covis di ciclamins, lis ultimis ramis
sfloridis di cjampanutis - “acònito,
perfido azzurro fiore” -, lis ultimis margaritis zalis, cun cetantis
altris rosutis dal Istât. Ma passât Sidilis, intun prât in bande de strade - un prât lassât pustot, cu la jarbe alte, cence
une cjase dongje: un prât cence paron - al jere a spietânus
un mâr di setembrinis. Scjampadis, cui sa cuant, di cualchi
ort; rivadis in chel prât e lì fermadis: salacor a vevin cjatât
bon stâ. Une maravee. Lis vevin simpri viodudis, lis setembrinis, a impiâ di colôrs chei orts fûr man, tor des filiadis; o tai cimitieris, il dì dai Sants, a indalegrâ lis tombis plui
modestis; là che su lis tombis plui sioris a trionfavin, braurôs, i grisantemos, magari i Turner di puare mê agne Marie.
Bielis lis sanmartinis, o autunâi: bielononis. Ma lis
setembrinis - lu pant ancje il non - a son lis rosis plui veris
dal Autun: plui scletis, plui nininis, plui ligriosis. A son par
altri ancje lôr, come lis sanmartinis, di chê stesse famee des
margaritis: Compositae lis clamin. Ma ce che di plui nus
smaravee e je la schirie di varietâts, cun rosis che a
traviarsin dute la scjale dai colôrs: dal blanc al ros al viole
al blu, passant pes sfumaduris plui tenaris dal pastel.
Lis rosis de Siarade: i violârs, il cidivoc di autun, lis
setembrinis, lis sanmartinis. E i ultins ciclamins, lis ultimis
margaritis zalis, lis tantis rosutis che a van indenant a
gjoldisi l’ultin clip di soreli.
Ma o scomet che tornant in paîs pai Sants, ancje
chest an al sarà a spietâmi l’ultin garoful de stagjon,
rimpinât sul pilastri di piere che par antîc al segnave
il confin de cort dai Juris.
IL
CJANTONUT DES SFLOCJIS
Une conte
Dôs sflocjutis di Pieri Grassi
di Spartaco Iacobuzio
Sflocjute mate
La poce grande dai colomps.
Tal trafic imburît di int e di machinis,
tun biel soreli che al scjalde l’aiar,
un scjap di colomps a slapagnin,
si lavin te grande poce di aghe de ultime ploe.
Un spacotâ sbrenât di alis e di plumis
al jeve une niule di gotutis finis finis,
un vêl trasparint di colôrs,
che al impie su la poce un piçul arc di San Marc.
Becs che a petenin lis plumis: une par une chês lungjis,
po chês plui tenaris dal plumin sul pet e sot lis alis.
Il timp di netâsi, di rinfrescjâsi; e i colomps si alcin in svol.
A lassin la grande poce di aghe de ultime ploe
cul so piçul arc di San Marc, cumò un pôc smamît.
Une surîs e cuistionave cul so surisat. E diseve: “Mi plasarès tant, une domenie, menâ in glesie chei doi surisins
che il Signôr nus à dât, cussì biei e bogns in dut e par dut,
par ringraziâlu di cûr!”.
Il surisat, al salte sù scaturît: “Ma sestu daûr a deventâ mate?
Parfin tai gjornai si lei che, al dì di vuê, in glesie a son cuatri gjats!”.
Sflocjute ancjimò plui mate
Dôs furmiutis cu la passion de montagne e decidin di fâ
une scjalade suntun matiton, impicotît e ben plantât inte
sô tace puartematitis.
Rivadis su la piche, une des dôs si disviest e dute crote si
distire... par tiere. “O soi dute sudade! – e dîs – O vuei
polsâ un pôc e suiâmi”. I vose daûr chê altre: “Ma ce dal
diaul ti metistu a fâ, a chestis altecis! Vustu cjapâti un acident?”. I rispuint la amie: “Ma sino o no sino intun lûc
ben temperât?”.
Il Fogolâr Furlan di Milano III trimestre 2014
8
Varie
Beno Fignon: la natura interpretata
C
on questi versi si illustra una bella immagine del sole riflesso sulle acque
del Cellina opera di Beno Fignon e riprodotta sul pieghevole della mostra. Beno, un uomo particolare, ben descritto dalle parole di Maria Carla Santini, assessore alla cultura del Comune di Montereale Valcellina: «Parlare di
Beno Fignon non è facile, un uomo, un amico, un artista poliedrico, una figura mai
stanca di scoprire cose nuove. Cosa certa è il suo amore per questi paesi: da Andreis a Barcis a Montereale e a tutta la Val Cellina che lui ha cantato, fotografato
e fatto conoscere...»
E proprio queste immagini, emozionanti, creano il percorso fotografico nei
luoghi che Beno ha vissuto ed amato anche se ha trascorso una buona parte
della sua vita a Milano.
Con questi spettacolari ed unici scatti, nell'ambito dei «Dolomiti Days» proposti dalla Provincia di Pordenone, è stata organizzata una interessante mostra fotografica, aperta venerdì 11 luglio, presso la sede del Parco Naturale Dolomiti Friulane a Cimolais.
«Beno Fignon, la natura interpretata» a cura del Craf, Centro di ricerca ed
archiviazione della fotografia di Spilimbergo ha proposto un’interessante sequenza di immagini di Beno, in occasione del 5° anniversario della scomparsa
del fotografo.
Un percorso per immagini tra le bellezze naturali, storiche e paesaggistiche
interpretate dallo sguardo incantato di Beno, che ha affiancato la sua vicenda
terrena a molti appuntamenti del nostro Fogolâr di Milano. Dalla musica per
fisarmonica alla presentazione di libri e alle fotografie, che più volte abbiamo celebrato con itinerari espositivi a Milano e dintorni.
La mostra, chiusa al 21 settembre 2014, sarà poi riproposta a Montereale
Valcellina nell'ambito delle manifestazioni commemorative dedicate a Beno
Fignon. (M.R.)
Una regione in coro
di Marco Rossi
Foto M. Rossi
Foto M. Rossi
AA: Cercasi soprani e tenori per Madama Butterfly a San
A
Vito!!! Vuoi unirti anche tu al coro che il 31 luglio eseguirà il
celebre "Coro a bocca chiusa" durante la messa in scena della
Madama Butterfly di Puccini in piazza a San Vito al Tagliamento?
Allora non perdere questa occasione! Contatta la segreteria USCI
FVG entro il 30 giugno!
E' bastato questo simpatico annuncio su una pagina Facebook
e un invito ufficiale per radunare un folto gruppo di cantori che
ha dato vita, con estrema professionalità, ad uno splendido
momento musicale estivo a San Vito al Tagliamento (PN).
Da anni il Comune ospita la rappresentazione di un'opera
lirica all'aperto in Piazza, contando sul bel tempo estivo.
Quest'anno la situazione meteorologica non è stata delle
migliori ma, alla fine, dopo una mattina di pioggia il cielo è
ritornato all'azzurro e la serata ha offerto il meglio di sé.
Una buona compagnia di cantanti, accompagnata dall'orchestra diretta dal friulano Eddi De Nadai si è cimentata con il
capolavoro di Giacomo Puccini: un vero trionfo ha riscosso il
coro a bocca chiusa che sigla il secondo atto.
Complice la bella serata, il risultato è stato unico: la
suggestione del coro che cantava dall'alto della balconata di
ingresso del Palazzo Municipale, gli effetti di luce che hanno
colorato le palme del cortile di Palazzo Rota (foto a fianco in
alto), le candele che con luce fioca delineavano i volti e le figure
dei cantori... (foto a fianco in basso)
Così il celeberimmo brano pucciniano ha creato un'emozione
unica, particolarmente apprezzata dal pubblico che ha
applaudito lungamente dalla piazza stracolma.
Ancora una volta il messaggio della musica e della coralità
si è dimostrato vincente in una magica serata estiva friulana
in piazza!
Grafica d’autore a «Madonna di Rosa in Festa 2014»
di Marco Rossi
L
Foto M. Rossi
a festa settembrina di Madonna di Rosa, uno storico santuario mariano sede
di frati francescani alle porte di San Vito al Tagliamento (PN), è giunta quest'anno alla 190a edizione.
L'evento caratterizzato fondamentalmente da celebrazioni liturgiche e pellegrinaggi, da un colorato e rumoroso luna park oltre che dai consueti chioschi
tipici delle sagre di paese, nel
corso di questa edizione ha
però presentato anche un interessante aspetto culturale.
«Percorso arte grafica contemporanea» è l'idea espositiva proposta dal Comitato
Permanente Festeggiamenti
Madonna di Rosa all'interno
dei vari spettacoli e intrattenimenti.
La scelta di esporre opere di grandi artisti del mondo della grafica contemporanea ha voluto evidenziare il panorama locale, più conosciuto
nel contesto geografico e sicuramente più attrattivo. Gli artisti in mostra, Luca Crippa, Riccardo Licata, Virgilio Guidi (di cui vediamo una
serigrafia su tema veneziano nella foto qui sopra), Nicola Sene e il friulano Armando Pizzinato nel loro percorso formativo si sono occupati di
grafica e hanno lavorato nel territorio veneto e friulano.
La curatrice della mostra, Lilia Daneluzzi (nella foto a sinistra con una
serigrafia di Pizzinato), originaria di San Giovanni di Casarsa, ha avuto
contatti con questi "maestri" nell'ambito del Centro Internazionale della Grafica di Venezia, giunto quest'anno a 50 anni di attività. La Daneluzzi in questa realtà, a sua volta, ha saggiato le diverse tecniche e le
modalità della grafica, dalla tradizione alla sperimentazione.
La serie di opere iesposte storicizza il periodo di rottura e di ricerca
tra gli anni '70 e '80 e si mostra in tutta la sua bellezza.
Foto M. Rossi
Noterelle eno-gastronomiche
di Elena Colonna
L'aga, vita fres'cja e clara
a me coreva davóur
coma un fóuc salvade (B.F.)
ul Messaggero Veneto del 19 agoS
sto, nella sezione “Marilenghe” è
apparso un gustosissimo pezzo di Enos
Costantini, che ci dispiace di non
poter riportare per intero, perché molto divertente, anche se fa un po’ arrabbiare, e non certo per colpa dell’autore.
L’“occhiello” dell’articolo già la dice
lunga: In Cusine - Falopis tai libris. E
di “falopis” ne vengono citate parecchie. Ci limitiamo a offrirne alcune al
divertimento – ed eventualmente all’arrabbiatura – dei lettori.
In un bel libretto rilegato della collana
I migliori vini d’Italia, che ha come titolo Friuli Venezia Giulia – le zone friulane, (autore Nichi Stefi, Hobby and
Work Publishing, 2003), a parte il fatto che tutta la provincia di Gorizia, viene considerata “fascia giuliana”, si definisce la brovada come “una minestra di
rape marinate in uova fresche sbattute” (sic !!!). E ancora: i cevapcici sarebbero piccole polpettine assolutamente tipiche friulane (chissà che
cosa ne direbbero a Lubiana!). Inoltre ora gli storici, per fortuna, sapranno
che “furono i Celti a iniziare la stagionatura di cosce di maiale a San Daniele”, e che questa sarebbe anche la prima attestazione del toponimo San Daniele: come si sa, un nome celtico per eccellenza!
Tornando alla brovada, nel loro libro Vini buoni d’Italia 2013, gli autori
Mario Busso e Luigi Cremona (Touring editore) definiscono il musèt con la
brovada come “cotechino con rape messe a macerare nel mosto”. A parte il
fatto che il musèt non sarebbe propriamente un cotechino, quella della macerazione nel mosto invece che in semplici vinacce sarà senz’altro una cosa
più raffinata e aristocratica, ma non ne avevamo mai sentito parlare.
In conclusione, come nel noto proverbio friulano, ogni dì si fâs la lune, ogni
dì s’impare une.
Ma magari certe castronate è meglio non impararle.
NOZZE
l nostro socio Guglielmo
Angioni e Monika ValasiIkova
hanno celebrato il loro
matrimonio lo scorso 6 settembre a Gravedona e Uniti
(CO) circondati da parenti
ed amici.
Mille felicitazioni agli
sposi e auguri di lunga vita
piena di gioia e di armonia
da parte del Presidente, del
Consiglio Direttivo e di
tutti i soci del Fogolâr Furlan di Milano.
Rinnovi e nuove iscrizioni dal 1° ottobre 2014
Ricordiamo ai soci che il Consiglio Direttivo ha stabilito che per
il 2015 le quote sociali rimangano invariate rispetto al 2014. Le
quote sociali per l’anno 2015 sono le seguenti:
socio ordinario
€ 35,00
socio “bambino” fino a 12 anni
€ 15,00
socio familiare convivente
€ 15,00
socio sostenitore
€ 60,00
socio benemerito
€ 200,00
primo anno di associazione al Fogolâr Furlan di Milano per
tutti i neonati figli o nipoti di soci nati a partire dall’ottobre
del 2014: omaggio
QUOTE SOCIALI PER IL 2014
Soci ordinari euro 35.00 - Soci sostenitori euro 60.00
Soci benemeriti euro 200.00 - Soci familiari conviventi e minori di anni 12 euro 15.00
Soci neonati (per il primo anno di associazione) omaggio
«Sostenete il Fogolâr Furlan di Milano, ambasciatore delle tradizioni,
dei costumi, della lingua e della cultura del Friuli»
Il versamento della quota sociale, che oltre al giornale permette di
ricevere le comunicazioni per tutte le manifestazioni friulane
che vengono organizzate o patrocinate dal Fogolâr Furlan di Milano,
va effettuato sul c/c postale n. 55960207 intestato a:
Il Fogolâr Furlan di Milano - Via A. M. Ampère, 35 - 20131 Milano
Sede Sociale: Via A. M. Ampère, 35 - 20131 Milano - tel. 02 26680379
e-mail segreteria AT fogolarmilano.it (AT = @) www.fogolarmilano.it
La segreteria è aperta il martedì dalle 15.00 alle 18.00
Redazione: Alessandro Secco (caporedattore), Marco Rossi (coordinamento e editing),
Elena Colonna, Roberto Scloza
Autorizzazione Tribunale di Milano del 13.3.1970, n. 108 del Reg. Direttore responsabile Marco Rossi
la redazione di questo giornale è stata chiusa il 6 ottobre 2014
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