Associazione Armatori e comandanti del porto
Proposta di soluzione per le strutture del
PORTO DI PESCARA
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Associazione Armatori e comandanti del porto
a cura di
-Lucio Di Giovanni, comandante del M/P “Maria Teresa” e presidente dell’Associazione Armatori
-Romeo Palestino, comandante del M/P “Nausicaa” e vice presidente dell’Associazione Armatori
-Francesco Scordella, comandante del M/P “Cuore di Gesù” e rappr.te dell’Ass. Armatori presso la
CCIAA
-Guerino D’antonio, Comandante del M/P “Duca di Genova” e dirigente dell’Associazione Armatori
-Antonio Spina, ex-pescatore, Foglio di ricognizione del 14/04/1970 – gente di mare n° 9222/3a
Libretto di navigazione n° 11449/1° del 29/07/1987-Patente vela-motore, senza alcun limite dalla costa, n°
3300 del 13/04/1999
con la consulenza dell’arch. Alberto Polacco, Esperto di pianificazione portuale, già segretario generale
del Porto di Ravenna
Luglio 2012
La presente sostituisce la precedente della Primavera 2011
(presentata 28 gennaio 2012 alla Capitaneria di Porto)
Questo progetto è gratuito soltanto per il Ministero delle Infrastrutture
italiano. E' vietato ad ogni privato, ente o associazione, il suo recepimento
totale o anche solo parziale. Non è vietata la diffusione a mezzo stampa o altri
canali di informazione, purché ne sia citata la fonte.
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PRESENTAZIONE
La Proposta di soluzione nasce da tre esigenze:
1) L’impossibilità di realizzare il progetto di piano regolatore portuale, approvato dal Consiglio Comunale,
per le evidenti impostazioni erronee del progetto stesso, come rilevato nella sua relazione
dall’Associazione Armatori, e per la difficoltà di avere disponibili le risorse necessarie a realizzarlo;
2) La necessità che le strutture siano un ritorno al passato, con ingresso a nord-est (greco) pur con le dovute
modifiche, che per un secolo ha assicurato sicurezza alla vita portuale e ricchezza alla città;
3) La necessità di limitare al massimo la mole ed il costo delle opere da realizzare al fine di rendere
effettivamente possibile l’esecuzione dei lavori anche in tempi di ristrettezze economiche.
CENNI STORICI
Pescara, per quello che si dirà, ha la sua origine dal fiume e da esso i suoi caratteri, e l’attività dei
cittadini. Attività di cui si hanno notizie già dal 79 d.C., ma che evidentemente erano anteriori, e che
proseguirono invariabilmente nei secoli, pur tra alti e bassi, anche negli anni bui del Medioevo, fino ad
arrivare alla seconda metà dell’800 quando le prime paranze si stabilirono sulla sponda nord del fiume
in corrispondenza dell’attuale abitato di Borgo Marina.
Possiamo dire che allora iniziò l’era moderna della vita marinara e cittadina.
Se il traffico mercantile e della pesca si mantenne così vitale nei secoli, lo si deve alla portata delle acque
del fiume, ottima e quasi costante per tutto l’arco dell’anno.
I pescatori, che pur avevano avuto un enorme vantaggio dal fatto di poter approdare sulle sponde del
fiume, invece di alare due volte al giorno le paranze sulla spiaggia, dovevano però ingaggiare una lotta
furibonda con i marosi che si formavano alla foce ad estuario, dove il mare si scontrava con il fiume,
quando fuggivano dalle burrasche con vento forte e mare grosso.
Figura 1: rientro delle paranze alla foce. I piroscafi alla fonda pronti per l'allìbo.
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I mercantili d’altra parte erano costretti a fare l’allìbo sulla spiaggia di Borgo Marina non potendo
entrare nel fiume a causa delle basse profondità alla foce. Ciononostante sia il traffico della pesca sia il
traffico mercantile crescevano costantemente. Ma diversi furono, nella seconda metà dell’800, gli
incidenti mortali alla foce, man mano che il fiume si popolava di barche da pesca (paranze, barchitti,
lancette) e si popolava il Borgo dei pescatori.
Fino a quando il popoloso quartiere reclamò a gran voce la costruzione di un porto-canale, di modo che
l’imboccatura del fiume fosse ad una profondità maggiore, dove le onde non rompessero o rompessero
di meno.
La distanza fra la vecchia foce ed il nuovo ingresso del porto-canale fu colmata da due moli guardiani
lunghi circa 500 metri : così che la profondità all’ingresso dei due moli fu di 6/7 metri e quella dentro il
canale prevista di -4 m. E non fu più necessario ai mercantili fare l’allìbo perché poterono finalmente
entrare nel porto-canale, persino fino all’altezza del vecchio Club Nautico, come si può vedere in una
rara foto d'epoca:
I due moli furono orientati verso Nord-Est (Greco) per poter facilitare l’ingresso in porto con i venti di
greco-tramontana o levante- scirocco, prevalenti nei paraggi, conservando il mare al “giardinetto”, con
entrambe le traversie.
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L'andatura al giardinetto è l'unico modo di navigare con mare mosso o in condizioni di burrasca,
soprattutto se bisogna fuggire verso il porto. E allora i naviganti hanno bisogno di una imboccatura che
permetta loro di mantenere la stessa andatura.
Purtroppo secondo il nostro modesto parere in molti porti italiani, mercantili o turistici, non sono state
rispettate queste caratteristiche essenziali.
Figura 2: andatura al "giardinetto", sul lato sinistro nel disegno di Alain Gliksmann,
navigatore solitario francese e scrittore del manuale di navigazione d’altura “Al largo”
I due moli guardiani furono inoltre concepiti dall’ing. Mati, data inizio lavori 1907, in modo tale da
“aumentare l’impeto della corrente” nella canaletta e all’imboccatura.
Ma questo comportava un rallentamento della stessa nel bacino d’ormeggio, che divenne una specie di
vasca di decantazione del fango, e quindi già nei decenni successivi ci fu la necessità di un dragaggio
costante nel bacino.
In questo modo il porto è andato avanti per circa un secolo e non sono più accaduti in questo periodo
incidenti alla imboccatura dei due nuovi moli, nemmeno con mare in burrasca, a memoria dei vecchi
parò.
Arriviamo così alla fine del secolo XIX, quando sia perché furono lisciate le palafitte dei due moli
guardiani (1° errore, irreparabile), che avevano invece bisogno di manutenzione e di essere lasciate
intatte in quanto poste a protezione dalla risacca nel bacino, o sulla spinta delle forze economiche, fu
costruita la diga foranea (2° errore, correggibile), che era il preludio alla costruzione della nuova
darsena commerciale o bacino di levante (3° errore, salvabile).
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A distanza di pochi anni (2000) già erano evidenti i primi segnali negativi dell’attuale assetto portuale
(completato nel 2005) e nel 2008-2011 ne è stato decretato il fallimento.
Già negli anni successivi al 2005 le difficoltà di ingresso nella nuova bocca a scirocco ha determinato
notevoli difficoltà che non sono sfociate in incidenti solo grazie alla perizia dei comandanti pescaresi.
E il rischio è ancora attuale.
Mentre i mercantili, già con mare forza 4, avevano ed hanno il divieto della C.P. di entrare in porto. E
quindi viene da chiedersi: se un porto non è un rifugio sicuro quando è tempo cattivo, a cosa serve ?
Inoltre l’assetto sbagliato del porto ha finito per interrare tutta la parte interna della diga foranea,
l’avamporto, l’imboccatura dei due moli guardiani e il bacino di levante: dove c’erano 6/7 metri di
profondità adesso ce ne sono 3, dove ce ne erano 3 adesso ce ne sono 1,5, dove ce ne era 1,5 adesso ce ne
è zero.
E’ evidente l’interrimento provocato dalla diga foranea alla sola vista dei vecchi trabocchi in secca:
La profondità di -8/-10 metri si trova solo all’esterno della diga foranea, cioè 4/500 metri a NE dai due
vecchi moli guardiani.
In mancanza della consueta manutenzione di dragaggio, negli anni, anche il vecchio bacino è andato in
secca e persino i pescherecci più piccoli oggi faticano ad ormeggiarsi.
Nel frattempo le condizioni di inquinamento del fiume non sono certamente migliorate secondo gli
obiettivi di qualità dell'Unione Europea (Direttiva 60/2000 Acque).
Se il fiume non è pulito, il dragaggio diventa complicato. Se il dragaggio non si può fare, il porto muore.
Il primo problema da affrontare e risolvere è quindi quello del fiume inquinato.
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Anche nel progetto approvato dal Consiglio Comunale, la deviazione del fiume non risolve il problema
perché comunque non può essere abbandonato a se stesso, soprattutto nella sua parte terminale, dentro
la città.
Perché, senza dragaggio costante, si tapperebbe già nel bacino vecchio, dove il fango ristagna di più,
oltre che nelle due anse previste lunghe quasi un miglio, impedendone il deflusso, con il rischio reale di
esondazione dalle sue sponde verso Borgo Marina e Marina sud, in caso di piogge di intensità anormali.
Quindi il problema non è solo il porto. Sul porto si può discutere come farlo, ma sul disinquinamento
del fiume c'è poco da discutere. Va fatto comunque perché è evidente che se il fiume non è
sostanzialmente pulito il porto non può sopravvivere.
Quando è nato il porto, l'acqua del fiume si poteva bere. E intorno al porto è nato Borgo Marina, si è
sviluppata Castellammare e poi è nata Pescara. Il porto ha creato ricchezza per tutta la città.
Un secolo di storia cittadina e di sviluppo delle attività portuali e quindi di uno dei tre poli più
importanti della città (porto, stazione e aeroporto) non possono essere cancellati dalla mancata
depurazione delle acque che vengono scaricate nel fiume dalle città di Pescara e Chieti, dai paesi della
vallata e dalle aree industriali.
In attesa che i pubblici amministratori si dedichino a questo compito velocemente e bene, noi abbiamo
pensato a come si potrebbe risolvere con un piccolo investimento il problema dell'assetto portuale.
Sarebbe sempre un porto da dragare ogni anno di circa 30/50.000 mc., come avviene da un secolo.
Ma con fanghi puliti, sarebbe una spesa annuale per la Pubblica Amministrazione sostenibile per il
porto peschereccio più importante della regione , e non solo peschereccio, anche passeggeri e
mercantile, pur se limitato ai prodotti petroliferi.
D'altronde il progetto approvato dal Consiglio Comunale, in quanto a futuri dragaggi, lascia presagire
secondo noi costi molto più rilevanti, oltre ai costi di costruzione altrettanto rilevanti (superiore ai 120
milioni dichiarati, ma valutati dai nostri esperti il doppio). Per non parlare adesso degli altri difetti che
esso ha, già descritti nell’Opposizione al Piano Regolatore Portuale dell’Associazione Armatori.
E le spese di dragaggio sarebbero triple: per i due bacini previsti da quel progetto e per il fiume.
Noi pensiamo invece che la normale, minima e storica manutenzione di dragaggio del porto-canale
risolve da sola il problema del fiume e del porto.
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DESCRIZIONE DELLA PROPOSTA PROGETTUALE
Qui di seguito presentiamo alcune planimetrie della nostra proposta per risolvere l'assetto portuale.
Figura 3:elaborazione su immagine Google: in giallo le nuove strutture portuali, la croce
in rosso è il taglio di circa 100 metri di diga foranea. La parte restante della diga
continuerebbe a fare interrimento (secca, o spiaggia) secondo natura.
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Figura 4: la stessa immagine, pulita. L’interrimento causato dalla diga creerebbe la
nuova spiaggia libera del porto. Il flusso del fiume, naturalmente convogliato verso il
nuovo canale di uscita, troverebbe lo stesso sfogo a mare verso nord-est, previsto
dall’ing. Mati nel 1868, e che ha funzionato per un secolo di vita portuale.
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Figura 5: disegno della Proposta di soluzione. La croce sulla parte di diga che insiste sul
canale sta a significare che vanno tagliati quei circa 100 metri di essa.
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Figura 6:particolare del bacino di levante e del nuovo canale di uscita. Tratteggiato
l'arretramento della banchina, per dare più spazio al bacino di evoluzione.
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Essendo quello di Pescara soprattutto un porto peschereccio, è molto importante che l'ingresso sia il più
sicuro possibile con condizioni meteo-marine avverse, quando essi fuggono verso il porto dal maltempo
(ma lo è anche per le navi mercantili o passeggeri, poiché già adesso che il porto ha un ingresso rivolto a
sud-est/scirocco, con mare ad appena forza 4, hanno il divieto dalla Capitaneria di ingresso, perché
pericoloso).
Un traghetto passeggeri giornaliero, che dovesse incappare in una burrasca, come farebbe a rientrare in
porto se l'ingresso dovesse essere mantenuto ancora a scirocco come adesso e con i divieti per la
sicurezza della C.P.? Dove trasborderebbe autoveicoli e passeggeri ? Di nuovo in un altro porto, con
tutte le conseguenze per i disguidi causati ai trasportati ?
I venti prevalenti e il moto ondoso dei paraggi del porto pescarese sono quelli rilevati dalla boa
ondametrica di Ortona negli ultimi venti anni (vedi grafica in alto a sinistra nel disegno e, in grande,
sottostante): cioè prevalentemente tramontana dal quadrante nord e levante-scirocco dal quadrante est
(il colore rosso indica la maggior forza del moto ondoso).
Le regole elementari della navigazione con mare mosso in poppa, cioè il caso dei pescherecci e delle navi
che rientrano nel porto di Pescara, con tramontana sul fianco destro e levante-scirocco sul fianco
sinistro, abbiamo detto è quello di navigare con mare al "giardinetto" e rientrare in porto non in poppa
piena o al traverso, come avviene adesso e avverrebbe ancora se fosse realizzato il progetto approvato e
proposto dal Consiglio Comunale alla Capitaneria di Porto.
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Perciò l'ingresso in porto deve essere rivolto a nord-est, come d'altronde lo aveva progettato l'ing. Mati
nei primi del ‘900, per le paranze a vela.
Infatti è la navigazione a vela che fa scuola!
Dalla grafica della pagina precedente si vede che il mare mosso da 45° a 60° è irrilevante (e quindi non
sono problematici il rientro in poppa piena o la risacca da quella direzione).
Figura 7: particolare del canale di accesso e del bacino di levante
Volendo realizzare l'ingresso a nord-est, il canale d'accesso verrebbe invaso dalla diga foranea. Per
mantenere questo assetto fondamentale, la diga dovrebbe essere tagliata per circa 100 metri (vedi la
croce sulla parte sud della diga).
Il punto critico è che la velocità del flusso del fiume dalla canaletta (3 nodi) al canale di uscita rallenta
ed esso potrebbe andare a sedimentare il fango nel bacino di levante.
Su questa nostra preoccupazione abbiamo avuto la collaborazione dell’ingegnere aerospaziale Matteo
Orazi, del Politecnico di Torino, al quale abbiamo rivolto il quesito di verificare matematicamente il
comportamento del flusso del fiume tra la canaletta e il canale di uscita.
L’ingegnere ci ha dato questa risposta (allegati calcoli aparte):
- il getto sarà mediamente accolto correttamente dal canale di uscita
- ci potrebbero essere delle oscillazioni che potrebbero portare modesti sedimenti nella darsena
- il vortice di cavità non dovrebbe portare disturbo alle normali attività portuali
- che la velocità della corrente nel canale diminuisce a 1,15 nodi e quindi nel canale ci potrebbero
essere sedimenti
- che il flusso totale del fiume arriverebbe comunque a 2,95 miglia, invece che alle 3,04 miglia
- potrebbe essere rassicurante ai fini del vortice la costruzione di un “alettone” dal molo sud di
inclinazione e misura tali da non essere d’ostacolo alle manovre delle navi (vedi figura
sottostante)
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Secondo queste attendibili valutazioni tecniche, da approfondire comunque in sede di
progettazione definitiva anche con ricorso a prove su modello, la corrente fluviale
defluirebbe regolarmente verso il tratto terminale del porto, più largo, senza interessare
sensibilmente lo spazio destinato alla sosta e alla manovra del bacino di levante e senza
causare, nello stesso, insostenibili interrimenti.
Potrebbe essere possibile perciò una sedimentazione del fango nel canale di uscita stesso.
Ma lì ci sono, naturalmente, dai 7 agli 11 metri di profondità e quindi anche una eventuale
sedimentazione sarebbe sopportabile.
Comunque abbiamo detto all'inizio che la manutenzione di dragaggio dovrebbe essere fatta
annualmente (30/50.000 mc. all'anno per tutto il porto, come storicamente è avvenuto) e quindi, pur in
presenza di queste criticità, sarebbe sempre di una quantità molto minore di quella che prevediamo per
il progetto di P.R.P. nei due bacini, peschereccio e commerciale e nel fiume.
Insomma poco male.
C'è da dire che nell'area dove fu costruito successivamente il bacino di levante le profondità naturali,
prima della costruzione della diga, erano di 6/7 metri. E tali resterebbero facilmente, una volta
ripristinate, dopo che fosse impedito, con la costruzione del nuovo molo nord, l'interrimento causato
dalla diga foranea, come è avvenuto invece in questi ultimi anni.
L'area di evoluzione, del diametro di 200 metri, consentirebbe sia alle navi petroliere (120 metri) sia al
traghetto per la Croazia (120/130 metri) di potersi muovere (ma i traghetti potrebbero essere anche due
o tre: giornaliero per Spalato/Croazia, oramai entrata nella Unione Europea; settimanale (?) per la
Grecia o l’Albania. Valutazioni queste che spettano agli operatori del traffico passeggeri).
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Sappiamo già che il pilota potrebbe dire che è troppo piccola (tutti i piloti vorrebbero tutto il Mar
Adriatico per fare manovra!). Ma noi pensiamo che, essendo le navi che frequentano il porto non più
lunghe di circa 120 metri e avendo le navi la marcia avanti oltre che quella indietro e quella laterale di
prua, e avendo a disposizione il rimorchiatore, il pilota non dovrebbe avere problemi.
Inoltre l’arretramento della banchina di levante di una trentina di metri, come descritto nel disegno
delle pagine precedenti, aiuta molto a risolvere questo eventuale problema.
Il canale di accesso inoltre, essendo lungo circa 300 metri e largo circa 115, permetterebbe un facile e
comodo ingresso non solo ai pescherecci ma anche alle navi, anche con condizioni di mare in burrasca.
Le navi avrebbero 300 metri per frenare l'abbrivio, più che sufficienti, secondo i piloti di porto
interpellati, ad arrivare al minimo di velocità nei pressi del bacino di levante, dove poter far manovra.
Per i pescherecci sarebbe un ingresso ancora più facile e comodo del vecchio ingresso fra i due moli
guardiani, largo 44 metri, sia con vento e mare di greco-tramontana (i più forti e frequenti) sia con
vento e mare da scirocco-levante.
In entrambe tali condizioni di traversia, entrerebbero in porto con mare al "giardinetto":
La lunghezza del canale di accesso deve essere tale da evitare il più possibile modifiche alle correnti
litoranee (anche se l’ostacolo grosso è oramai fatto, sia a Pescara ma soprattutto ad Ortona) e comunque
sufficiente a mettere al riparo il bacino di levante dai venti e dal moto ondoso da nord, fino alla
provenienza da 30°/35°, oltre la quale, come si vede dal grafico del moto ondoso degli ultimi vent'anni,
la forza di essi è statisticamente molto bassa e poco rilevante.
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Il nuovo molo nord, che parte dalla punta del vecchio molo e arriva fino oltre la diga,
mette al riparo sia l'ormeggio nel bacino di levante, che adesso è scoperto ai venti da
nord, sia e soprattutto dagli interrimenti provocati dalla diga foranea, che a tutt'oggi
sono la causa principale, invadendolo, delle difficoltà di manovra in esso e
nell'avamporto.
Le sottili strisce azzurre indicano gli angoli delle traversie da nord.
Naturalmente i due nuovi moli del canale di accesso dovrebbero essere costruiti con camere di
dissipazione (celle anti-risacca) di modo che il moto ondoso in entrata si smorzi e, sia nel bacino di
levante sia nel vecchio bacino, ci siano condizioni di tranquillità d'ormeggio.
La lunghezza dei due nuovi moli lo permetterebbe.
I fanghi dei dragaggi degli anni precedenti, ammucchiati sulla darsena del bacino di levante, essendo
oramai decantati, non devono essere per forza trasferiti in siti di stoccaggio ma possono essere riciclati,
secondo le nostre valutazioni in via di definizione, nella costruzione delle nuove strutture portuali,
liberando quell’area per le minime necessità del traffico passeggeri (uffici,WC, assistenza, sosta, etc…),
complementari a quelle principali poste all’ingresso dell’area portuale sulla banchina sud, nella stazione
marittima.
PARTICOLARI
Tutte le attività dei pescherecci (l'ormeggio, il rifornimento di carburante, il carico e lo scarico delle reti,
lo scarico del pescato, la manutenzione,…) resterebbero nel vecchio bacino, dragato e tenuto con una
manutenzione di dragaggio annuale a profondità -4 mt., come prevista dall'ing. Mati fin dal 1907.
Inoltre non bisogna dimenticare che l’ormeggio nel bacino vecchio è il più sicuro, in quanto esso è
riparato da tutti i venti: i pescherecci vi possono stare ormeggiati anche se legati con un filo di lana !
Altro aspetto positivo è quello della manutenzione delle carene: sostando sul fiume e quindi nell'acqua
dolce, la vernice con cui sono protette resiste anche 2/3 anni e quindi si evita per lungo tempo tutta la
costosa operazione di tirata in secco sullo scalo di alaggio per il "rinfresco" della stessa.
E' risaputo che le carene degli scafi che sostano in acqua salata (Ortona, Vasto, Giulianova,...) resistono
a mala pena sei mesi, per la formazione di alghe e soprattutto di denti di cane, che condizionano
pesantemente lo scivolamento di esse nell'acqua durante la navigazione e causano quindi anche un
aggravio di consumi di carburante.
Le stesse motovedette della Guardia Costiera potrebbero tornare ad ormeggiarsi dentro il porto-canale,
nel punto più o meno di fronte agli uffici della Capitaneria posti sulla banchina sud, vicino alla sede
della Direzione Marittima: lì potrebbero essere a contatto diretto del Comando ed avere la comodità e la
sicurezza del nuovo ingresso di nord-est, in caso di emergenza, anche con condizioni meteo-marine
avverse e certamente in condizioni migliori di quelle dell’ingresso notoriamente difficile, perché rivolto
a sud, del porto turistico, dove sono adesso ospitati.
Abbiamo detto sopra di quanto dovrebbe essere il dragaggio annuale. Sul fatto che la draga sia fissa e di
proprietà dell’Amministrazione, come qualcuno con leggerezza reclama, o piuttosto affittata
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annualmente, visto che lo Stato cerca invece di avere meno oneri fissi possibili, non dubitiamo che
quest’ultima sia la soluzione migliore.
Anche sotto l'aspetto turistico, le attività marinare del vecchio bacino sono sempre state un'attrazione e
tali continuerebbero a restare. A tale scopo non sarebbe male eliminare il recinto che avvolge la
banchina sud e aprirla alla vista come la banchina nord, visto oltretutto che le operazioni commerciali o
passeggeri verrebbero trasferite completamente più fuori, verso la stazione marittima, l'area ex-Cofa, il
molo sud e la darsena del bacino di levante.
La banchina nord, all'altezza dello scalo di alaggio, va raddrizzata e la zona attualmente sempre in secca
va colmata con una nuova banchina da mettere a disposizione dello scalo.
Si risolverebbero tre problemi: l'esigenza dello scalo di alaggio di avere più spazio, eliminare il ristagno
dei fanghi nell'area a ridosso della Madonnina e velocizzare in quel punto la corrente del fiume.
Inoltre parte della nuova banchina, che chiameremo “della Madonnina”, può essere dedicata solo e
soltanto all’attracco dei pescherecci che devono scaricare il pescato.
L’esigenza di avere uno spazio sempre libero per lo scarico è molto sentita da anni e non si è mai riusciti
prima a risolvere il problema.
Così invece potrebbe anche essere ripristinato il servizio degli scaricatori (“sbalzocchi”) del mercato
ittico, a mezzo di motocarrozzette, evitando l’andirivieni sulle vecchie banchine dei camion di cui
oramai ogni peschereccio ha dovuto dotarsi (l’argomento del cattivo funzionamento del mercato ittico
merita una relazione a parte, come pure l’uso antieconomico e dannoso per l’ambiente delle cassette di
polistirolo. I servizi portuali e i rifornimenti per i pescherecci, economizzando sui costi, potrebbero
essere riuniti sotto un’unica cooperativa dal nome “Giuseppe Gasparroni”).
A qualsiasi ora, quella banchina dovrebbe offrire ai pescatori questo servizio di scarico ( inoltre
raddrizzando la vecchia banchina nord verso la canaletta si velocizza il flusso del fiume e in quel punto
non ci saranno più secche del normale):
Nuova banchina della Madonnina
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Sulla sinistra del disegno sopra riportato c'è il fiume Pescara, cioè a monte del porto-canale.
Il fiume Pescara-Aterno, come autorevolmente descritto nel post "Il fiume Pescara" dall’ing. Mario
Russo, nel blog www.portodipescara.blogspot.com , è un buon fiume, con una portata quasi costante
per tutto l'anno e anche se negli ultimi anni è stato privato di parte delle sue acque, per scopi irrigui o
per le centrali idroelettriche o per usi industriali e civili, rimane un buon fiume (sarebbe ora, secondo il
nostro parere, di smetterla di prelevare ulteriormente la sua acqua, per evitare che faccia la fine del
fiume Colorado e di altri fiumi, che arrivano alla foce ridotti a un rigagnolo.
Negli ultimi 10 anni la sua portata è passata da 50 mc/s a 40 mc/s.
Non sappiamo ancora se sono vere le voci di ulteriori prelievi della sua acqua, ma è bene che la
Regione li impedisca e tenga sotto controllo la portata del fiume ed eviti che la “deregulation”
amministrativa ne causi la fine).
Peccato però che gli scarichi civili dell'area metropolitana Chieti-Pescara, dei paesi delle vallate, degli
scarichi industriali abbiano alterato la qualità delle sue acque.
I problemi del porto, derivano principalmente da questa causa: l'inquinamento più o meno forte del
fiume.
Ogni volta è questo il problema. E' il fiume che non è in buono stato (secondo l'obiettivo fissato
dall'Unione Europea da raggiungere entro il 2015), e quando vi arriva ne determina la condizione dei
fanghi da dragare.
Ma, se non ci fosse il porto alla foce, comunque il fiume condizionerebbe con le sue acque quelle di
balneazione. Quindi il fiume deve essere bonificato, che ci sia un porto alla sua foce oppure no. Siccome
il porto c'è, purtroppo sono più evidenti a tutti i cittadini le difficoltà che ci sono per il dragaggio
piuttosto che fare il bagno in acque di cui non si sa o non si vede la qualità.
Quindi una priorità è quella di bonificare il fiume che comunque è un'operazione doverosa sotto il
profilo ambientale.
La zona dentro la diga foranea è oramai destinata all'interrimento, dato che già ora le secche di
sabbia prodotte dalla stessa, arrivano fino alla punta del vecchio molo nord, a vista (vedi linea di riva
attuale nel disegno); ma arrivano dalla spiaggia antistante la Lega Navale e il circolo velico Il
Quadrante, sotto l’oramai sottile strato d'acqua, fino alla diga stessa.
Bisogna lasciare, secondo noi, che la natura faccia il suo corso, cioè che si insabbi naturalmente più o
meno come nel disegno sottostante, e che quella zona diventi una "spiaggia libera del porto".
E del popolo:
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Figura 8: il progressivo interrimento creato dalla diga porterà alla formazione di una
spiaggia la cui linea di battigia (di riva futura) dovrebbe essere più o meno quella segnata
L’aspetto importante rimane comunque quello del prolungamento del molo nord fino oltre la diga che
bloccherebbe gli interrimenti che sarebbero creati dalla diga stessa nel bacino di levante e nel canale di
accesso e che a tutt’oggi invadono la parte navigabile dell’avamporto.
Ancora in queste settimane sono stati molti i pescherecci finiti sulle secche createvi dalla diga.
L'intento complessivo è insomma quello di sistemare le strutture portuali rispettando i paraggi
marittimi di Pescara, che ”non permettono di trovare grosse profondità che a grandi distanze dalla
costa, costituita da bassi fondali sabbiosi” (l’ufficiale della Regia Marina Gino Albi, ne “L’Abruzzo
marittimo”, 1915).
Il porto di Pescara non può essere, secondo noi e le tradizioni, che un porto-canale (Gino Albi), che
d'altronde ha costituito per un secolo la più grande risorsa della città.
Pur non dimenticando che il traffico dei prodotti petroliferi e passeggeri (traghetti) costituiscono le
realtà che danno ulteriore ricchezza ed hanno bisogno delle giuste strutture, che pensiamo si potrebbero
risolvere con il bacino di levante, come viene inserito nel nuovo progetto.
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Giuste però, non dimenticando le caratteristiche dei paraggi, che non consentono la realizzazione di un
porto di grande respiro. Insomma il porto di Pescara non può essere il porto di Napoli o Genova o
Taranto. Però ci sembra questo il modo di soddisfare le esigenze di tutti gli operatori attuali del porto.
Bisogna, secondo noi, fare il passo giusto secondo la gamba.
Per realizzare tali modifiche sono sufficienti 20 milioni di euro, secondo il parere dei
tecnici che ci accompagnano, e 400/800 mila euro circa di manutenzione di dragaggio annuali.
Il tutto in modo che:
- i pescherecci, che sono circa 60, e che costituiscono l'ossatura commerciale del porto e ne fanno il più
importante della regione, abbiano un comodo e sicuro rifugio;
- le navi petroliere, che hanno già adesso il collegamento diretto con la pipe-line sulla banchina di riva,
possano continuare a movimentare i loro carichi senza problemi;
- il traghetto per la Croazia (o i traghetti ?) siano di nuovo del tipo Tiziano, visto il fallimento
dell'aliscafo Pescara Jet anche in quel di Ortona, l’estate scorsa.
I consumi di carburante dell'aliscafo rendevano la tratta redditizia solo con il massimo dei passeggeri e
delle auto trasportate, nel mese di Agosto.
La soluzione, anche secondo gli agenti marittimi, è orientata verso un traghetto che dovrebbe assicurare
una tratta giornaliera per tutto l’anno come in passato, funzionante anche se non si dovessero verificare
sempre le migliori condizioni economiche per la compagnia che effettua la tratta, ma almeno
costantemente quelle sufficienti;
-la diga foranea (al cui esterno potrebbero essere rimessi alcuni trabocchi per la pesca) non sia più
un grosso errore del passato ma una possibilità per il futuro: la nuova grande spiaggia libera
(servita dai vecchi trabocchi, adibiti a bar e ristoranti).
Naturalmente questo rappresenta solo l'aspetto "marittimo" del Piano Regolatore Portuale, come noi lo
vediamo.
Abbiamo delle idee e proposte anche per quanto riguarda il suo aspetto "terrestre". Ma, per questo
aspetto, vorremmo anche la collaborazione e l'aiuto dei professionisti locali, chè pure ce ne sono di
autorevoli e capaci.
E' questo un momento difficile per il paese e per la città e quindi secondo noi bisogna agire con coraggio
e modestia.
La passione per i luoghi in cui siamo nati, dove abbiamo fatto le esperienze più significative e gli errori
che ci hanno insegnato a vivere, ci porta a dare questo contributo alla città e ai suoi cittadini, sperando
che, superando anche le valutazioni degli “esperti” o piccoli interessi di parte, possa essere utile e ...
realizzato.
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Proposta di soluzione per le strutture del PORTO DI