Ai cooperatori sociali del Consorzio Agorà
Perché non perdano mai l’entusiasmo dei 20 anni
rimanendo i “ragazzi” che hanno deciso di mettere
le persone al centro del proprio impegno quotidiano
Da un’idea di Manuel Sericano
Editing: Alessandra Grasso con la collaborazione di Virginia Grozio
Impaginazione: Davide Canazza
Grafica della copertina: Christian Canovi e i colleghi del CEL Torretta
Fotografie della copertina: Federico Grasso
Realizzazione grafica logo del ventennale: Pier Russo
Stampa: Pixartprinting SpA
Si ringrazia:
Gianfranco Marocchi (Idee in rete), Maria Linda Falcidieno (Scuola Politecnica di Genova), Maurizio Bielli, Moai Studio (Genova).
Un ringraziamento particolare a tutti i tesisti che hanno dedicato sforzi
ed entusiasmo alla realizzazione dei loro elaborati e ai colleghi del Consorzio Agorà che si sono simpaticamente prestati per le foto di copertina.
©Consorzio Agorà, 2016
www.consorzioagora.it
finito di stampare nel gennaio 2016
#20Agorà
La parola agli studenti
INDICE
Premessa a cura di Gianfranco Marocchi – presidente di “Idee in rete”
Il Consorzio Agorà in breve (tratto dal Bilancio Sociale 2014)
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AMBITO ECONOMICO
1. “Modelli organizzativi ed assetti di governance nelle cooperative
sociali: il caso del Consorzio Agorà” di Luca Corallo
Introduzione
La storia di Agorà e la sua evoluzione
La nascita di Agorà
I servizi offerti e le aree di attività del Consorzio(dalle origini a oggi)
L’ evoluzione del modello organizzativo di Agorà
I lavoratori di Agorà (ieri e oggi)
I lavoratori svantaggiati e l’inclusione lavorativa
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2. Responsabilità sociale di Impresa e welfare aziendale - tre esperienze
del territorio ligure a confronto Etica, Toshiba T& D e Agorà” di Francesco Iasi
Introduzione
Agorà Consorzio sociale
Analisi della CSR e del welfare aziendale
Gli interventi inerenti la CSR
Gli interventi inerenti il welfare aziendale
Gli interventi inerenti il work-life balance
Obiettivi ricercati e strumenti di valutazione
Il welfare aziendale: i protagonisti di Agorà
Le ragioni del welfare aziendale
I servizi di welfare forniti da Agorà
CSR e welfare aziendale: riflessioni attraverso i due casi di studio
Gli ambiti di intervento del welfare aziendale
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AMBITO UMANISTICO
3. “Il Consorzio Agorà e le politiche verso gli stranieri:
i nomadi” di Valeria Garassino
Introduzione
Agorà Consorzio Sociale
La storia di Agorà e i suoi progetti
I servizi delle cooperative e i lavoratori di Agorà
La struttura organizzativa e il sistema gestionale
Le aree di attività del Consorzio
Agorà e i progetti in favore del gruppo nomadi
Gli operatori di Agorà impegnati nei progetti in favore dei nomadi
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4. “Counseling aziendale: il bilancio di competenze dei volontari
del Servizio Civile Nazionale” di Arianna Novelli
Introduzione
Il Servizio Nazionale Civile
Storia e caratteristiche
Opportunità per gli Enti
Il progetto di Servizio Civile Agorà: Macramè FUN 2014
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5. “Convivenza, confronto e gestione delle decisioni comuni
in un quartiere genovese” di Luciano Leporatti
Introduzione
p. 72
p. 72
6. “Ri-pensare le differenze” di Luana Castellani
p. 75
Fenomeni di discriminazione e stigmatizzazione sociale delle differenze p. 75
7. “La Divulgazione Scientifica e i nuovi strumenti multimedialI”
di Chiara Francesca Sottili
La città dei bambini e dei ragazzi di Genova
Il progetto
Le attiità tra multimedialità e interazione
Esperienza lavorativa presso lo science centre “La città dei bambini”
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AMBITO GIURIDICO
8. “Lo status dei minori richiedenti Protezione internazionale
in Italia - Tangram un progetto di Genova” di Virginia Pedullà
Introduzione
L’esperienza di Genova: il progetto Tangram
Il comune di Genova e i rifugiati
Il progetto Tangram
Risorse finanziare del progetto
Organigramma
Risultati raggiunti
p. 94
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AMBITO ARCHITETTONICO
9. Collaborazione con la Facoltà Architettura di Genova,
corso di Laurea breve in Disegno Industriale
Introduzione
Il valore dell’apprendimento attraverso il gioco
L’importanza di riferimenti “certi”
Una comunicazione non ambigua tutta basata sulle immagini
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Conclusioni
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Immagini
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Figura 4
Figura 5
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Premessa a cura di Gianfranco Marocchi
Presidente del Consorzio nazionale “Idee in rete”
Ci sono molti modi per raccontare 20 anni di attività. Il Consorzio Agorà ha
scelto di affidarsi alla voce di giovani che, in occasione delle proprie tesi di
laurea, ne hanno studiato alcuni aspetti caratteristici. Agorà sceglie quindi
di essere rappresentato dallo sguardo di persone relativamente esterne al
mondo della cooperazione sociale, di farsi leggere da chi, proprio in virtù
della propria collocazione, è in grado di vedere anche aspetti dati per
scontati da chi è coinvolto nella quotidianità delle organizzazioni.
Il ritratto che ne esce ha in primo luogo questo pregio: racconta una storia
non con gli occhi di chi già sa, ma di chi impara a conoscere e quindi
sente il bisogno di raccontare quello che spesso un cooperatore sociale
non direbbe di sé; l’esito di questa scelta fa ben emergere alcune delle
principali caratteristiche di Agorà, che lo rendono un caso di grande interesse nel panorama del Terzo settore italiano. Proviamo di seguito a evidenziarne alcune, sperando di invogliare chi legge ad addentrarsi nelle
pagine che seguono, nelle poche righe dedicate a ciascuno dei temi sviluppati e documentati.
Un tassello importante del welfare locale e del suo sviluppo. Un primo elemento che ben traspare è come Agorà – come buona parte della cooperazione sociale italiana – abbia costituito, per il proprio territorio, un
tassello imprescindibile del welfare locale. Insomma, Genova, la Genova
della solidarietà, non sarebbe la stessa senza Agorà. E di qui una riflessione
sul senso più profondo del ragionare sull’impatto sociale, tema molto dibattuto in questa fase, anche se talvolta in termini confusi. Impatto significa
in primo luogo che sul proprio territorio, senza Agorà, non sarebbe stato lo
stesso, che Agorà ha accompagnato – talvolta come partner, talvolta
come soggetto capace di trainare gli altri attori, compresa la pubblica
amministrazione – lo sviluppo del welfare genovese in una pluralità di
campi, dai giovani agli anziani, ai migranti.
La cura della qualità. Agorà esce da queste pagine come soggetto che
nell’intervento sociale considera la qualità e la competenza non come
mere opzioni aggiuntive alla scelta di lavorare per la propria comunità, ma
come un aspetto fondante e sostanziale. Perché nella qualità vi è la capacità di portare effettivo cambiamento sociale, vi è il più profondo rispetto
per chi necessita di un sostegno e ha diritto di ricevere i servizi migliori.
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I soci e i lavoratori, il vero capitale dell’impresa sociale. Se la qualità e la
competenza sono centrali, quando si opera in servizi con intensa relazionalità, non si può prescindere dal ragionare sulle persone che prestano
materialmente i servizi. Queste sono al tempo stesso cittadini, che hanno
condiviso la scelta di operare per il cambiamento sociale, e persone che,
a loro volta, sono soggetto di bisogni e di attenzioni. Quindi, l’organizzazione deve essere in grado al tempo stesso di chiedere coinvolgimento e
di trasmettere la sensazione che la stessa attenzione riservata ai destinatari
dei servizi sia dedicata a chi lavora. Da alcuni dei contributi che si possono
leggere in queste pagine emerge un’attenzione sistematica alle necessità
delle persone, che possono avere diversi risvolti: da quelli più immediatamente inquadrabili in termini economici, a quelli relativi alla flessibilità per
la gestione di bisogni personali e familiari, e quelli inerenti la necessità di
servizi di conciliazione. Agorà è anche un’esperienza avanzata di welfare
aziendale, ben raccontata da uno dei contributi.
Un modello impegnativo di integrazione imprenditoriale. Agorà rappresenta una sfida di integrazione imprenditoriale singolare nel panorama
cooperativo italiano; si tratta di un processo volontario e non costrittivo,
tanto è vero che dentro al Consorzio vi sono gradi di integrazione imprenditoriale, sulla base della storia e delle scelte delle cooperative associate.
Soprattutto in alcuni casi, Agorà rappresenta un esempio non comune di
scelta di alcune cooperative di vivere in modo integrato le principali
scelte di impresa, dalle strategie di sviluppo ai servizi, fino alla scelta stessa
delle cooperative di rivedere i propri confini di impresa e di dare vita,
come si legge in una delle ricerche, a percorsi di fusione.
Una governance a due poli. Agorà rappresenta un caso anomalo nel panorama della cooperazione sociale italiana rispetto alle proprie scelte in
tema di governance, probabilmente tra i pochi nel nostro Paese a caratterizzarsi in modo così nitido: vi è da una parte un consiglio di amministrazione con ruoli di indirizzo politico e di verifica, dall’altra un management
– che necessariamente è distinto dal consiglio di amministrazione –, che
ha il compito di mettere in atto tali indirizzi. È possibile leggere in questa
scelta, non comune in un mondo fatto di presidenti-coordinatori-direttori,
di salvaguardare una chiarezza di ruoli tra chi - sulla base di un mandato
rappresentativo - definisce gli orientamenti strategici e chi – sulla base
della propria competenza tecnica - è chiamato a realizzarli.
Un Consorzio orientato alla contaminazione. Nelle pagine dei tesisti si
legge anche di un Agorà che crede e investe nel confronto e nella contaminazione con le imprese del territorio; la scelta di essere promotori di
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Eticlab, un’esperienza originale di collaborazione tra imprese profit e non
profit sul tema della responsabilità sociale di impresa, racconta di una
volontà di aprirsi anche ad orizzonti non tipici del Terzo settore italiano, in
un processo di reciproco arricchimento, a partire dal concreto confronto
su un tema condiviso.
Raccontare per rendere conto. Sempre in queste pagine troverete, accanto ai contributi dei giovani ricercatori, il Bilancio sociale del Consorzio
Agorà; si tratta, per Agorà, di una scelta di investimento consolidata, che
di anno in anno ripropone numeri e informazioni che descrivono quanto
fatto a vantaggio dei diversi stakeholder – i destinatari dei servizi, i lavoratori, la comunità sociale, in generale. In questa scelta vi è un valore profondo, la consapevolezza che il senso dell’azione sociale non si giustifica
per il fatto stesso di esistere, ma deve essere documentato, quantificato
e reso disponibile. Redigere un bilancio sociale di qualità presuppone un
investimento costante della struttura organizzativa e una consapevolezza
diffusa che il “rendere conto” sia un aspetto fondante per chi vuole affermare la valenza sociale delle proprie azioni.
Il tutto senza perdere freschezza e capacità di innovare. Certo Agorà è
una grande soggetto della cooperazione sociale ligure e italiana, con i
suoi 600 lavoratori e i suoi 15 milioni di euro di fatturato. È un’impresa di dimensioni considerevoli, che necessariamente richiede, nella gestione
quotidiana, alti gradi di formalizzazione e specializzazione. Ma è anche
un soggetto che non ha perso la capacità di innovare e trovare il gusto
di nuove scommesse. Tra i tanti servizi che si trovano raccontati nelle tesi
di laurea e nel bilancio sociale, ci piace chiudere mettendo in primo
piano una delle ultime iniziative intraprese dal Consorzio, la Locanda degli
Adorno, per tanti motivi. Perché raccoglie in pieno la scommessa che dovrebbe essere al centro di ogni impresa sociale: quella della trasformazione sociale, dal momento che rappresenta il punto di partenza di
un’azione di riqualificazione di una delle aree più degradate del Centro
storico genovese. Perché è una sfida di mercato, un ristorante che si sostiene se le persone vanno a magiare e, quindi, se è in grado di produrre
cibo di qualità: una scommessa di impresa su cui Agorà ha investito risorse
consistenti. Perché è un modo per “sentirsi consorzio”, dove operatori e
dirigenti possono ritrovarsi per condividere un pranzo. Perché, infine, non
è infrequente trovare i vertici del management di Agorà in cucina o a servire ai tavoli: un bisogno, condiviso da tanti dirigenti della cooperazione
sociale, di svolgere funzioni complesse e di grande responsabilità, senza
perdere contatto con l’operatività quotidiana; anzi, trovando il gusto e il
piacere di farlo.
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Il Consorzio Agorà in sintesi
Il Consorzio Sociale Agorà è un consorzio di 10 cooperative sociali, che
include sia cooperative di tipo A (che offrono servizi socio-sanitari ed
educativi) sia di tipo B (per l’inserimento lavorativo alle persone svantaggiate con attività di produzione lavoro). E’ stato fondato nel 1995
con la volontà di dar vita a un soggetto forte e capace di rispondere
ai bisogni sociali, educativi, di formazione e sviluppo della collettività.
Negli anni seguenti, la base sociale delle cooperative del Consorzio è
costantemente aumentata. Nel 2012 si è definito un nuovo assetto generale, attraverso un processo di fusione per incorporazione. Oggi il
Consorzio Agorà ha raggiunto una dimensione rilevante (quasi 600 persone stabilmente impegnate) e ha un profondo radicamento sul territorio regionale.
Figura 1. Infografica sul
Consorzio Agorà. Immagine tratta dal Bilancio Sociale 2014
(Moai Studio).
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Ambito economico
1.“Modelli organizzativi ed assetti di governance nelle
cooperative sociali: il caso del Consorzio Agorà”
Università degli Studi di Genova, Scuola di Scienze Sociali - Dipartimento di Economia. A cura di Luca Corallo; relatore Prof.ssa Teresina Torre, A.A. 2014/2015.
1.1- Introduzione
L’obiettivo del presente elaborato è l’analisi dei principali modelli di governance adottati dalle cooperative sociali, del loro settore di riferimento e delle caratteristiche principali di queste realtà. Al fine di
agevolare il lettore, il lavoro è stato impostato partendo da una panoramica sulle cooperative sociali, dalla normativa al contesto di riferimento.
Successivamente, si è passati ad esaminare i diversi modelli organizzativi che contraddistinguono le imprese sociali, per arrivare infine a delineare le caratteristiche che le differenziano dalle altre realtà del Terzo
settore e dalle imprese profit. Nel secondo capitolo è stato approfondito il caso del Consorzio Agorà, attivo a Genova e in Liguria dal 1995.
Dopo un breve discorso di presentazione dell’impresa sociale, sono stati
presi in esame il modello organizzativo, osservandone l’evoluzione nel
corso del tempo, i servizi offerti, le aree di attività e infine i lavoratori di
Agorà, con un focus particolare sulla differenza fra dipendenti e soci.
Analizzate le caratteristiche che contraddistinguono Agorà, nel Capitolo 3 si è proceduto con l’esame di altri due Consorzi ossia PLL (Progetto Lavoro Liguria, che opera nell’area genovese) e il Gruppo
Tassano (con sede a Casarza Ligure), al fine di effettuare un’analisi
comparativa per evidenziare eventuali similitudini o differenze. Si vedrà
che, nonostante le tre realtà presentino dei punti in comune, Agorà è
caratterizzata da aspetti piuttosto singolari; in primo luogo, la presenza
al suo interno di un Consorzio “leggero” e uno “pesante”; inoltre, il Consorzio gestisce in prima persona i servizi, servendosi del personale delle
Cooperative.
Nel Capitolo 4, infine, il discorso è stato spostato sul tema della governance. In primis, si è cercato di far comprendere la centralità della
Governance nell’ambito della cooperazione sociale, per passare successivamente ad elencare tutti i fattori “interni” ed “esterni” che inci-
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Ambito
Economico
dono sui governi delle imprese e sui modelli adottati. In seguito, si è proceduto con il tema della Corporate Social Responsibility. Nell’ambito
delle cooperative, si vedrà che un filone di pensiero considera la CSR
come una concezione di governance “allargata”, nel senso che chi
governa l’impresa ha doveri non solo nei confronti dei proprietari ma
anche e soprattutto verso tutti gli stakeholder con i quali l’impresa interagisce. Alla fine, sono stati esaminati tutti gli interventi di Agorà nell’ambito della CSR e del welfare, con un focus sulla rete come particolare
metodo di diffusione della Corporate Social Responsibility. A tale proposito, è stato riportato il caso di Eticlab.
1.2 - La storia di Agorà e la sua evoluzione nel tempo
1.2.1 - La nascita di Agorà
Il Consorzio sociale Agorà nasce a Genova il 9 Gennaio 1995 con lo
scopo di rispondere ai bisogni sociali, educativi, di formazione e di sviluppo della collettività. Si tratta di un consorzio di cooperative sia di tipo
A che di tipo B.
Fin dalle origini, Agorà ha esteso la propria attività anche al di fuori
del comune di Genova e ha consolidato il suo posizionamento strategico con lo sviluppo di un’ampia varietà di servizi alla persona. Oggi,
Agorà ha raggiunto una dimensione notevole ed è una realtà affermata in tutto il territorio regionale, dal momento che è titolare di progetti in rete che riguardano tutte le province liguri, oltre a gestire servizi
in circa la metà dei Comuni della provincia di Genova. Nel 1995 il Consorzio era composto da quattro cooperative: Incontro, Cesto, Pramar
e Cosset, che avevano una dimensione territoriale ed erogavano servizi
principalmente per i minori (area socio-educativa).
Le ragioni della nascita del Consorzio sono ben riassunte nella frase
di Luca Moro, Direttore Amministrativo di Agorà: «Il Consorzio si è formato
perché la competizione esistente sul mercato in quel momento lo richiedeva. Le varie cooperative avevano delle affinità fra di loro e si è pensato che unirsi avrebbe portato alla nascita di una struttura forte. Negli
anni, i risultati ci hanno dimostrato che questa scelta è stata di fondamentale importanza, poiché le realtà più piccole hanno avuto difficoltà
enormi, fino ad uscire dal mercato». Lo stesso Moro spiega che la causa
principale del fallimento di alcune cooperative, oltre alle loro piccole
dimensioni, è stata determinata da crack finanziari: «Già a partire dagli
anni ’90, certe cooperative non sono state più in grado di pagare i dipendenti e i fornitori. Agorà, a tale proposito, è stata la prima a lavorare
sulla struttura finanziaria. L’unico problema che abbiamo avuto in ven-
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t’anni di attività è stato un pagamento di uno stipendio in ritardo ai soci
nel 1998, pagato dopo poco tempo. In un’epoca come quella che
stiamo vivendo, dove ogni giorno chiudono imprese, siamo molto orgogliosi di aver sempre pagato con regolarità i nostri dipendenti».
Fin dall’inizio, la forza del Consorzio risiede nel “principio di solidarietà”, vero e proprio fondamento nella gestione interna: malgrado esistano settori in perdita o che non garantiscono buone performance
economiche, la scelta di Agorà è quella di non dismetterli, ma di compensare le perdite eventualmente generate con i profitti derivanti da
altre aree più performanti. La ragione che sta dietro a questa filosofia
del Consorzio è diretta in primis alla tutela dei dipendenti: conservare
un settore significa infatti mantenere posti di lavoro. In secondo luogo,
si pensa al benessere degli assistiti e dei destinatari dei servizi, che possono in tal modo continuare a beneficiarne. A titolo esemplificativo, si
pensi al settore degli asili nido: nonostante non sia un ambito di punta
sul fronte economico, assolve a un bisogno sociale importante e per
questo il Consorzio ha deciso di mantenerlo attivo. La decisione di
Agorà è stata coraggiosa e ha permesso il mantenimento dei posti di
lavoro, nonché l’erogazione costante dei servizi di cura.
Con il passare degli anni, le cooperative aderenti al Consorzio sono
aumentate notevolmente, arrivando a luglio 2015 a una struttura composta da 10 cooperative sociali: Koinè, Televita-Agapè, Proges, Lo Sfero,
Gente di mare, La Goccia, L’Abete, Avalon, Centro Studi Comunicazione Facilitata, Maxone labora.
Con il passare degli anni Agorà ha puntato sull’innovazione allo scopo
di diversificare il mercato di riferimento. A tale proposito, significative
sono le parole di Alessandra Grasso, referente della comunicazione: «Innovazione sociale per noi significa sperimentare, mettere assieme soluzioni e aspetti che già esistono per dar vita a qualcosa di nuovo, a servizi
che prima non esistevano».
Nell’ambito dei servizi turistici, ad esempio, il Consorzio si occupa
della gestione de “La città dei bambini e dei ragazzi”, nata presso il
Porto Antico di Genova nel 1997. Questo innovativo servizio si distacca
notevolmente dai classici baby parking, in quanto il bambino non può
essere lasciato solo dal genitore (o dall’adulto accompagnatore). All’interno di essa, vi sono animatori (dipendenti e soci di Agorà), laureati
in diversi ambiti, che si occupano di trasformare in didattica i contenuti
scientifici e pedagogici più diversi. “La città dei bambini e dei ragazzi”
è una vasta area gioco di oltre 3000 metri quadrati all’interno della
quale gli animatori coinvolgono i giovani visitatori in diverse attività, a
seconda delle fasce di età. Per i più piccoli, dai 2 ai 3 anni, è disponibile
il “piccolo bosco”: area allestita con una casetta, un ponte e altri og-
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getti che permettono ai bambini di scoprire il mondo e l’ambiente che
li circonda. Per i bambini dai 3 ai 5 anni è disponibile invece il “cantiere”, dove è possibile giocare a costruire una casa con mattoni di
gommapiuma, secchi, carriole e gru giocattolo. Quest’area è dotata
di schermi digitali e touch screen, utilizzati dai bambini e dagli adulti
più creativi per disegnare con il dito. Infine, per i ragazzi dai 6 ai 12 anni
sono previsti dei giochi che consentono di entrare in contatto con temi
relativi a scienza e tecnologia.
Tra i servizi innovativi del Consorzio, un altro esempio concreto è
quello della “Locanda degli Adorno”, un ristorante situato in Vico degli
Adorno a Genova, nel Ghetto, nei pressi di Porta dei Vacca. Nell’ambito del processo di riqualificazione di questo quartiere il Comune ha
messo a disposizione dei fondi pubblici per la ristrutturazione edilizia.
Agorà si è occupata di tale intervento non solo da un punto di vista
strutturale, ma anche sociale. Con l’apertura del ristorante, sono stati
assunte persone di fasce svantaggiate (oggi dipendenti a tempo indeterminato del ristorante), per dare un’opportunità (inclusione) lavorativa a chi avrebbe avuto difficoltà a entrare nel mondo del lavoro.
All’interno del ristorante vengono realizzate attività culturali di vario genere (mostre, presentazioni di libri, conferenze ecc.) allo scopo di avvicinare i genovesi a quella zona.
1.2.2 - I servizi offerti e le aree di attività del Consorzio
Agorà ha iniziato la sua attività nel 1995, erogando servizi socio-educativi, quali affidi educativi individuali, centri di aggregazione e centri socio-educativi. Dai primi anni 2000 si sono aggiunti servizi per la
prima infanzia (in particolare, gli asili nido) e servizi per l’inserimento
lavorativo con la nascita delle prime cooperative di tipo B. Queste
hanno iniziato a erogare servizi differenziati a favore dell’inclusione
lavorativa, tra cui l’attività di lettura dei contatori di gas e acqua, servizi alle imprese, ristorazione e pulizie.
Successivamente, il Consorzio si è occupato della gestione di servizi per anziani: residenziali (come le case per anziani) e non (sia assistenza domiciliare che forme di assistenza leggera, come i “custodi
sociali”) di cui Agorà è stata pioniere in Italia. Sempre nell’ambito
dei servizi per anziani, Agorà è tra i primi consorzi a dotarsi di un centralino dedicato per le chiamate di emergenza, che impiega persone
con disabilità di diverso genere. Il protocollo prevede che l’anziano
da monitorare tenga con sé un apparecchio che in caso di necessità faccia partire dal telefono dell’anziano una chiamata automatica a un centralino aperto 24 ore su 24. Questo avvisa i famigliari o
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i vicini dell’emergenza in corso.
Agorà mette inoltre a disposizione degli anziani una serie di attività, centri e servizi:
• la comunità alloggio è una residenza per anziani autosufficienti di
dimensioni piuttosto contenute, per favorire le interazioni fra gli
ospiti.
• la residenza protetta “Zunino” è invece destinata agli anziani parzialmente autosufficienti. Nata nel 2005 da una collaborazione tra
Agorà e il Comune di Tiglieto, la struttura ha l’obiettivo di rispondere
alle esigenze di assistenza sempre maggiori dei residenti per i quali
non è più sufficiente un servizio di assistenza domiciliare. Il nome
del centro è stato scelto in onore di uno storico medico del luogo,
il dottor Vittorio Zunino.
• i servizi di assistenza domiciliare sono erogati grazie ad operatori
che hanno il compito di supportare, curare e accompagnare anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti.
• oltre al già citato telesoccorso, Agorà eroga anche il servizio di telecompagnia. In questo caso, gli operatori contattano telefonicamente l’anziano per monitore il suo stato di salute generale e
tenere compagnia.
• per rallentare e prevenire il decadimento psicofisico degli anziani,
il Consorzio ha creato i Centri diurni e di animazione per anziani,
che stimolano anche la socializzazione fra gli ospiti.
La Cooperativa Televita, infine, gestisce un servizio di custodi sociali
che monitorano costantemente un migliaio di anziani all’anno, segnalati dai Servizi sociali del Comune. Nell’ambito dei servizi di assistenza
familiare, va menzionato il Progetto “Codice d’argento”, nato in via sperimentale nel 2012 da un incontro delle esigenze dell’Ospedale San
Martino e l’esperienza nell’assistenza domiciliare di Agorà, su un finanziamento biennale del Ministero della Salute. Il progetto ha l’obiettivo
di ridurre i tempi di ricovero dei pazienti, in particolare, degli anziani. Il
servizio si rivolge ai pazienti ricoverati con condizioni di salute buone e
stabili, ma con fragilità dal punto di vista familiare e sociale, che ne
ostacolano la dimissione. Il servizio ha consentito la riduzione dei costi
legati alla degenza prolungata ed è stato successivamente esteso all’Ospedale “Villa Scassi” di Sampierdarena con il progetto “Meglio a
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casa” e agli Ospedali di Lavagna, La Spezia, Chiavari e Savona.
Altre attività che si sono sviluppate in maniera esponenziale negli ultimi anni sono i servizi per stranieri, come l’accoglienza per i profughi,
quella per i minori non accompagnati nel territorio e le emergenze
umanitarie. In tale ambito, il Consorzio gestisce strutture di accoglienza
residenziale all’interno del Sistema SPRAR (Servizi protezione richiedenti
asilo e rifugiati): una per minori richiedenti protezione internazionale;
una per adulti maschi; una struttura per minori non accompagnati e
quattro appartamenti per nuclei famigliari. Sotto l’aspetto socio-educativo, Agorà eroga servizi anche per gli stranieri, mettendo a loro disposizione centri educativi e di integrazione per extracomunitari.
Interessante, sotto questo aspetto, è il “Progetto Nomadi Genova”:
Agorà invia il proprio personale all’interno dei campi nomadi, che svolgono attività socio-educative rivolte ai bambini, alle loro famiglie e ai
giovani, al fine di promuovere l’integrazione e la convivenza civile con
gli Italiani.
Negli ultimi anni Agorà si è impegnata anche nella promozione di
reti per lo sviluppo di progettazioni di tipo europeo, come le attività
volte allo sviluppo d’impresa e alla formazione professionale delle fasce
più deboli, realizzate su reti europee, quindi con partnership sovranazionali soprattutto a partire dal 2010.
Fin dai primi anni di operatività, il Consorzio ha gestito i Centri Servizi
per i Minori e la Famiglia per conto del Comune di Genova per gli affidi
educativi individuali, con educatori a disposizione del giovane in difficoltà, su segnalazione dei Distretti sociali; i centri di aggregazione, ossia
iniziative educative e ricreative rivolte a tutti i bambini e i ragazzi di una
determinata zona; e i servizi di educativa territoriale, che hanno l’obiettivo di proporre percorsi di crescita per il minore nel territorio di riferimento.
Nel 1999 è nata la CAUP (Comunità Alloggio per Utenza Psichiatrica)
per offrire servizi residenziali a fini riabilitativi, destinati alle donne con disagi psichici. L’obiettivo è quello di effettuare un progressivo reinserimento sociale della donna, facendo sempre attenzione alle
problematiche di ogni paziente.
La Comunità Educativa Assistenziale e Territoriale hanno invece lo
scopo dell’inserimento sociale di ragazzi senza famiglia; sotto questo
aspetto, il Consorzio lavora a stretto contatto con i servizi sociali, per definire insieme gli specifici percorsi di crescita di ogni ragazzo, a fronte
delle differenti problematiche.
Importante è anche il Centro di Prima Accoglienza minorile di Genova, all’interno del quale vengono tenuti i minori arrestati per tre giorni,
in attesa che il GIP decida la loro destinazione. Il Centro è l’esatto opposto di un carcere, dal momento che gli educatori accolgono e dia-
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logano con i giovani ospiti durante la loro permanenza.
Agorà è molto attiva anche nell’ambito dell’infanzia e dell’animazione. In questo settore, il Consorzio ha puntato inizialmente sulla creazione di asili nido, il cui numero è cresciuto negli anni, fino ad arrivare ai
5 attuali: La Trottola, Coniglio Blu, Zerovirgolatre, La Trottola dei colori,
La Mimosa dei bimbi.
Il Consorzio inoltre si è occupato di Spazi Famiglia: centri gioco dedicati
al mattino ai bambini fino a 3 anni, mentre al pomeriggio ai bambini
fino a 6 anni, accompagnati dai genitori. Il Consorzio ne ha gestiti tre:
Gnomi e folletti, Lo spazio delle meraviglie e La lanterna magica.
Nel 1997, dopo l’emanazione della legge Turco 285, ha preso vita il
Progetto Diamante, pensato per le famiglie disagiate che abitano nel
quartiere genovese di Begato per rispondere a emergenze abitative e
sociali. L’intervento degli operatori di Agorà si pone l’obiettivo di lavorare con i giovani per offrire loro opportunità d’integrazione sociale, utilizzando anche strumenti educativi che li coinvolgano sulle tematiche
di maggior attualità (educazione fra pari). In quest’ottica, si lavora sulla
responsabilizzazione dei ragazzi, stimolandoli a inventare essi stessi messaggi di utilità sociale.
Con il passare degli anni il Consorzio ha creato numerosi servizi destinati agli abitanti di Begato: per i più piccoli è stata creata l’“Area
Gioco Diamante”, nella quale i bambini dai 16 ai 36 mesi vengono accuditi nelle ore della giornata in cui i genitori lavorano. Altri servizi sono
un poliambulatorio, una polisportiva che permette ai giovani della zona
di fare sport gratuitamente, un centro di ascolto e assistenza e lo “Spazio Zero”, un centro dedicato all’educazione dei minori. Gli operatori
di Agorà hanno creato anche il giornalino “Diamante vivo”, con ricette
gastronomiche, interviste agli abitanti del quartiere e novità su progetti
che interessano Begato, per coinvolgere gli abitanti facendoli sentire
parte viva del quartiere. Nel 2012 è sorta la Casa per l’educazione ambientale, gestita da Agorà e dalla Associazione del quartiere di Begato.
Con il supporto di fondi regionali, è stato restaurato con materiali di riciclo e bio-compatibili un edificio abbandonato. La casa auto-produce energia ed è dotata di una serra, nella quale i ragazzi delle scuole
genovesi possono svolgere attività laboratoriali sui temi del riciclaggio
e della sostenibilità ambientale. Significativa è la testimonianza di Patrizia Palermo, assessore del Municipio Valpolcevera, che fa capire l’importanza della casa e del laboratorio: «la creazione di un laboratorio
permanente di idee (seminari, convegni, tavole rotonde), esperienze
dirette e di studio assume particolare significato in Val Polcevera e soprattutto nel quartiere Diamante. Lo sviluppo industriale, urbano e sociale in tale porzione della città permette di avviare percorsi di
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Ambito
Economico
Ambito
Economico
riflessione importanti per un ripensamento di politiche non sempre rispettose del contesto ambientale e sociale locale. Il laboratorio è lo
spazio della sperimentazione e il quartiere Diamante è l’emblema della
necessità di sperimentare nuovi spazi fisici, architettonici e sociali».
Inoltre Agorà organizza ogni anno attività estive per i giovani sotto i
sei anni, sia a Genova che a Rapallo. Il Consorzio fornisce anche sostegno educativo ai bimbi figli di madri detenute fino ai tre anni.
Nell’ambito dei servizi turistici, spicca il servizio di accoglienza turistica al Porto Antico che si occupa di fornire informazioni ai turisti nelle
principali lingue straniere.
Da alcuni anni Agorà ha stipulato una convenzione con l’Università
degli Studi di Genova, per fornire assistenza agli studenti universitari disabili, mettendo a disposizione educatori dedicati.
1.2.3. L’evoluzione del modello organizzativo di Agorà
Nell’ambito dell’analisi del modello organizzativo di Agorà, facciamo riferimento a due definizioni di Consorzio: “leggero” e “pesante”.
Il primo consiste in un’aggregazione di più soggetti che si associano per
far gestire da un ente una serie di servizi, quali amministrazione (contabilità e paghe), gare d’appalto, ricerca e sviluppo ecc. I soggetti associati conservano la loro autonomia gestionale. Al contrario un consorzio
“pesante” assume la responsabilità delle decisione e delle strategie
come general contractor. Il Consorzio in questo caso non solo offre alle
consorziate dei servizi, ma le rappresenta sul mercato, elaborando strategie commerciali e decidendo le gare a cui partecipare. Un consorzio
di questo tipo ha una struttura tecnica importante che comprende una
direzione commerciale, un ufficio gare, un ufficio progettazione e un
ufficio amministrativo. In sintesi il Consorzio risponde nei confronti di terzi
delle obbligazioni assunte; pertanto, il lavoro delle cooperative è monitorato dal management del Consorzio.
Nel caso di Agorà i due modelli coesistono rappresentando così un
modello organizzativo particolare e unico in Italia. Formato inizialmente
da quattro cooperative, il Consorzio al 2011 nel rapporto con nove cooperative assumeva le caratteristiche di consorzio pesante. Cinque operavano nell’ambito socio-educativo, rivolgendosi prevalentemente ai
minori, ed erano Cesto, Incontro, Pramar, Cosset e Tau. All’inizio del 2012
sono state interessate da un processo di fusione che ha dato vita alla
Cooperativa Koinè. Le altre - Televita, Agapè, Lunga Domenica - erogavano servizi per anziani; anch’esse sono state oggetto di una fusione,
che ha decretato la nascita di Televita Agapè. L’unica Cooperativa legata al Consorzio da un rapporto “pesante” che non è stata coinvolta
20
in processi di fusione è Proges (tra l’altro, la sola di tipo B).
Attualmente Koinè, Televita Agapè e Proges sono le tre Cooperative
firmatarie di un accordo mediante il quale hanno affidato al Consorzio
la direzione/gestione dei principali servizi con la costituzione del Gruppo
paritetico cooperativo. Proges, rispetto alle altre due Cooperative,
mantiene maggiore autonomia in quanto facente parte anche del
Consorzio “Progetto Liguria Lavoro – PLL”. Koinè non svolge praticamente nessuna delle proprie attività in autonomia dal Consorzio, mentre Televita-Agapè si colloca in una posizione intermedia in termini di
autonomia.
Oggi, le altre cooperative aderenti al Consorzio, a cui sono legate da
un rapporto “leggero” sono: Lo Sfero, Gente di mare, Avalon, L’Abete,
Centro Studi Comunicazione facilitata, L’Abete, La Goccia e Maxone
Labora. Alcune di queste hanno rapporti sporadici con il Consorzio,
come La Goccia e il Centro Studi comunicazione facilitata. Alla prima
Agorà affida servizi di assistenza per anziani, mentre alla seconda attività di tutoraggio di studenti universitari disabili. L’Abete, Lo Sfero e Maxone Labora hanno rapporti più diretti con il Consorzio, in particolare a
quest’ultima viene assegnata l’erogazione di servizi di mense scolastiche, pulizie e assistenze scolastiche nella zona di Masone e di Campo
Ligure. Con Gente di Mare, infine, Agorà è partner in progettazione per
la realizzazione di progetti europei.
Il modello organizzativo di Agorà, sebbene abbia rappresentato
per il Consorzio un punto di forza soprattutto in fase di avvio, ha determinato alcune fasi critiche. Nel 1995, le Cooperative che si sono consorziate erano operative già da alcuni anni (Incontro, ad esempio, era
attiva già da 15 anni): ciascuna di esse aveva una propria autonomia
decisionale e operativa e quindi nel momento in cui sorse il Consorzio,
si generò un clima di malcontento, in quanto si videro espropriate di
una buona parte del loro potere. Sul problema si è espresso il Direttore
amministrativo di Agorà, Luca Moro: «Il problema rimarrà sempre: è insito nello scegliere un modello come il nostro, nel fatto di essere una realtà grande. La nostra fortuna e abilità è stata quella di far capire ai
membri delle cooperative i vantaggi della nascita di un Consorzio: in
primis l’essere molto più forti nel momento in cui ci si sarebbe relazionati
con il mercato. I dati ci hanno fatto capire anno dopo anno la bontà
della nostra scelta; tant’è vero che possiamo vantare di aver terminato
sempre in attivo gli ultimi nove bilanci, un risultato positivo che pensiamo
continuerà ancora negli anni successivi».
Nell’ambito della governance, il Consorzio presenta un modello gestionale tipico della cooperazione: un’Assemblea dei soci, un Consiglio
di amministrazione e una Direzione Generale. L’Assemblea dei Soci è
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Ambito
Economico
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Economico
costituita dai rappresentanti di ogni cooperativa aderente e fra i suoi
compiti rientra quello di nominare gli otto membri del Consiglio di Amministrazione. Quest’ultimo ha notevoli poteri di gestione ordinaria e
straordinaria, secondo quanto previsto dallo Statuto. Tra gli ambiti di
competenza del CDA, vi sono: la definizione degli indirizzi di politica sociale, della vision e della mission del Consorzio, la nomina dell’Organo
direttivo Collegiale (o Direzione Generale) e dei Responsabili di Area,
la verifica dell’andamento di gestione, la verifica del bilancio preventivo e consuntivo. I membri del CDA sono stati nominati il 4/11/2013 e rimarranno in carica per tre anni. Il Consiglio di Amministrazione in carica
è composto come segue: Presidente, Rosanna Cavalli; Vicepresidente,
Lucia Wassmuth; Consiglieri: Federico Gasperi, Daniele Consoli, Marilisa
Saba, Susanna Oliva, Simonetta Tobini e Cristina Aroasio. I membri della
Direzione Generale vengono scelti fra soggetti non appartenenti al
Consiglio di Amministrazione, anche se essi sono invitati a partecipare
alle Assemblee, pur non avendo diritto di voto. Attualmente, la Direzione Generale è composta da tre manager: Maurizio Bielli, Direttore risorse umane e mutualità, Luca Moro, Direttore amministrazione, finanza
e controllo e Manuel Sericano, Direttore marketing, ricerca e sviluppo.
Tra le competenze dei manager sopracitati, si ricordano: l’elaborazione
del piano annuale strategico del Consorzio, la gestione operativa complessiva del Consorzio e della struttura operativa, la gestione economica e finanziaria di Agorà e la formulazione di proposte volte a
migliorare la qualità e la quantità delle prestazioni generali. Essi, infine,
possono assegnare eventuali indennità di funzione e premi di produzione al personale. Agorà ha infine un Comitato paritetico, costituito
con il “Contratto di regolamentazione del gruppo cooperativo paritetico” del 2/1/2012. E’ nato per coordinare le attività al fine di conseguire
economie di scala, ampliare le quote di mercato, per la specializzazione e la razionalizzazione della produzione e delle vendite, per incrementare le risorse per lo studio e la programmazione dell’attività
economica e infine per la diversificazione degli investimenti.
1.2.4. I lavoratori di Agorà (ieri e oggi)
Le cooperative del Consorzio sono strutturate in soci e dipendenti, i
quali, al 31/12/2013, erano rispettivamente 381 e 186, per un totale di
567 persone. Il personale alla stessa data era composto da 414 donne
e 153 uomini; come si può vedere, il personale di Agorà è costituito per
la grande maggioranza da donne, con una percentuale che supera il
70% sul totale degli occupati. Per ciò che concerne gli occupati stranieri
(9% del personale al 31/12/2013), i dati sono tendenzialmente in linea
22
con la media del settore di riferimento, pur crescendo proporzionalmente rispetto al totale dei lavoratori. La maggior parte dei lavoratori
stranieri, principalmente di sesso femminile, assumono principalmente
ruoli di cura domiciliare per anziani. Contrariamente ai dati nazionali, il
Consorzio può vantare un’alta percentuale di occupati a tempo indeterminato, salita nel 2013 al 83% del personale (contro il 79% del 2012).
Nell’ambito di questa tipologia di contratti lavorativi, vi è una buona
percentuale di occupati part-time, segno di un’elevata flessibilità in
linea con il lavoro a prevalenza femminile. Secondo i dati, il numero
degli operatori è aumentato notevolmente, soprattutto nei primi anni
di vita del Consorzio.
Nelle logiche del Consorzio, il socio presenta maggiori vantaggi rispetto al dipendente, soprattutto per ciò che concerne la sicurezza del
posto di lavoro (anche i soci hanno delle regolari buste paga). Benché
Agorà tenga molto alla conservazione dei posti di lavoro, in caso di difficoltà estreme si avrebbe un occhio di riguardo in prima battuta per i
soci. Quest’ultimi, infatti, hanno creduto nel Consorzio, investendo delle
risorse e, per tale apporto, possono godere di maggiori privilegi.
Nell’ambito delle mansioni svolte dagli operatori, la maggior parte
sono educatori professionali e addetti all’infanzia. Negli ultimi anni si registra un aumento degli infermieri, degli ausiliari e degli animatori. Tra le
figure di spicco si nota infine la presenza di 5 quadri, 6 dirigenti e 3 amministratori. Il personale esprime un livello di scolarizzazione notevole,
con i laureati (principalmente gli educatori) che hanno raggiunto nel
2013 il 31% del totale e con i diplomati che rappresentano il 63% dei lavoratori. La maggioranza dei lavoratori viene assunto con contratti che
prevedono un inquadramento/livello piuttosto basso, stante anche la
tipologia di servizi offerti dalla cooperativa. Esaminando la distribuzione
maschile e femminile per livello emergono dati interessanti. La presenza
femminile supera notevolmente quella maschile nell’ambito di alcune
mansioni, come gli ausiliari, gli addetti all’infanzia e gli educatori.
1.2.5. I lavoratori svantaggiati e l’inclusione lavorativa
Durante tutto il 2013, la Cooperativa sociale Proges ha assunto 37 persone appartenenti alle “fasce deboli” individuate dalla legge 381/91, le
quali rappresentano il 44,3% della forza lavoro impiegata (la legge prevede che i lavoratori svantaggiati debbano rappresentare almeno il 30%
del totale degli occupati delle cooperative). Nello specifico, l’art 4
comma 1 della legge sopracitata afferma che: “si considerano persone
svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti
psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli
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Ambito
Economico
Ambito
Economico
alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione”. I lavoratori di
Proges sono stati impiegati principalmente in servizi centrali del Consorzio
(segreteria/amministrazione), in servizi di produzione lavoro (pulizia, ristorazione, custodia, rilevazione consumi, gas ecc) o presso unità operative
di altre divisioni (call center, servizi di pulizia ecc.). La Cooperativa ha
dato un’opportunità di lavoro anche a soggetti che non rientrano nelle
categorie di lavoratori svantaggiati previsti dalla normativa, tra cui persone provenienti da Paesi esteri che hanno difficoltà a integrarsi, soggetti con un basso livello di scolarizzazione o con titoli di studio ottenuti
in Paesi extracomunitari non riconosciuti in Italia e infine persone che
hanno figli piccoli o anziani da accudire.
Il 42% dei lavoratori ha un diploma di scuola superiore, il 33% ha la licenza media e solo il 10,5% possiede una laurea. Ciò sottolinea il fatto
che i servizi erogati dalla Cooperativa (in particolare, servizi di pulizia,
ristorazione, servizi alle imprese e di accoglienza turistica), non richiedono, di norma, competenze specializzate tipiche dei laureati. Il concetto di “inclusione lavorativa” è uno dei principi cardini dell’intero
Consorzio. Come si è descritto in precedenza, fare inclusione lavorativa
vuol dire offrire un’opportunità, far entrare o rientrare nel mondo del lavoro delle persone che non avrebbero le caratteristiche o le possibilità
per farne parte. Fra questi soggetti “svantaggiati” vi rientrano anche i
portatori di handicap oppure persone senza problemi fisici le quali, tuttavia, hanno avuto forte problemi personali, tali da escluderle dal
mondo del lavoro in generale.
24
2. “Responsabilità Sociale di Impresa e Welfare
aziendale - Tre esperienze del territorio ligure a
confronto: Eticlab, Toshiba T&D e Agorà”
Università degli Studi di Milano - Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali. A cura di Francesco Iasi; Relatore Prof.ssa
Franca Maino, A.A. 2013/2014.
2.1 - Introduzione
Nell’attuale contesto di crisi economica, le imprese del nostro Paese
(e non solo) sono sempre più in difficoltà nel sostenere la concorrenza
internazionale. Oggi i temi all’ordine del giorno sono: chiusure di attività, fallimenti, procedure di mobilità, elevato tasso di disoccupazione,
ecc. Una delle domande dalle quali nasce questo lavoro consiste nel
chiedersi se vi sia una strategia che consenta alle imprese di rendersi
competitive e vincenti, anche in questo contesto. A tale domanda una
risposta semplice e immediata consisterebbe nell’affermare che dipende dalla ripresa dell’economia: tale risposta sarebbe assolutamente vera in quanto questa è la condizione primaria per la vita delle
imprese stesse e per lo sviluppo del nostro Paese. Ma è noto come la
ripresa economica, benché auspicata da tempo, tardi ad arrivare. Per
questo, oggi un’impresa per essere vincente non può, e non deve,
pensare solo nell’ottica del fatturato annuo. Le cifre di attivo, presenti
nel bilancio di fine anno, non possono più essere la sola bussola che
guida la sua azione. La visione dell’impresa come un mero attore economico è oggi riduttiva: l’impresa deve essere considerata come un
attore sociale chiamato a rispondere delle proprie azioni nei confronti
di tutti i suoi stakeholder, secondo quella che è la teoria della Corporate Social Responsibility.
Per comprendere le motivazioni per le quali questa visione dell’impresa risulti essere così importante, è necessario chiarire cosa si intende
in dottrina per stakeholder. Sono definiti in questo modo, tutti i portatori
di interessi nei confronti dell’impresa stessa: i dipendenti, i clienti, i fornitori, l’ambiente e la società in cui questa opera. Essere un’impresa socialmente responsabile significa dunque sviluppare dei comportamenti
che vadano a tutelare i bisogni e gli interessi degli stakeholder. Agendo
in maniera responsabile nei confronti di questi ultimi, l’impresa ottiene
buoni risultati economici e non solo: si pensi, ad esempio, ai benefici
per la sua reputazione, che di conseguenza generano fiducia nei for-
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Economico
Ambito
Economico
nitori e nei clienti, e che portano a benefici economici. Dunque, tornando alla domanda posta all’inizio dell’elaborato, nonostante la crisi
economica, oggi l’impresa può rendersi competitiva e divenire vincente, se guarda alla CSR come uno strumento strategico.
Un esempio che rende l’idea di quanto appena affermato è il caso
della Nestlé, che negli anni Novanta era una delle principali mire dei
boicottaggi; oggi, al contrario, si posiziona invece al primo posto nella
classifica “Behind the brands” (Dietro il marchio), campagna di Oxfam
che dal 2013 esamina le pratiche di CSR e di sostenibilità dei grandi
marchi […].
Altro dato che conferma l’importanza della CSR viene riportato da
EUROSIF (European sustainable investment forum): gli investimenti selettivi, ovvero quelli che escludono aziende e settori a rischio, sono aumentati del 91% negli ultimi tre anni, arrivando a un volume di 7.000 miliardi
di euro in tredici Paesi europei. Viene penalizzata la produzione di armi,
alcol, tabacco, energia nucleare e violazione dei diritti umani, e sono in
aumento le restrizioni basate sull’impatto ambientale. Dunque, per le imprese la reputazione è diventata sempre più una questione vitale.
Nell’ambito di questo lavoro è necessario sottolineare come il tema
della CSR non debba riguardare solo le imprese di grandi dimensioni,
come Nestlé, ma anche quelle piccole e medie (PMI). Quest’ultime infatti costituiscono la spina dorsale del nostro sistema produttivo e per
questo non possiamo che riflettere su come si possa sviluppare una loro
azione socialmente responsabile, alla luce del fatto che non dispongono
delle risorse economiche (e non economiche) delle multinazionali.
L’elaborato non analizzerà solo in maniera generale la CSR: attenzione particolare verrà rivolta al welfare aziendale, strumento tramite il
quale un’impresa può realizzare azioni di responsabilità sociale nei confronti dei suoi lavoratori dipendenti. In dottrina, viene definito infatti,
come “l’insieme dei benefit e dei servizi che l’azienda riconosce ai lavoratori dipendenti, con lo scopo di migliorarne la vita lavorativa e la
vita privata”. Lo studio approfondito di tale tema è stato dettato dalla
volontà di comprendere come venga progettato e sviluppato in casi
concreti un piano di welfare in azienda, passando dunque da quanto
studiato sui manuali accademici alla realtà.
Oggi il tema del welfare aziendale è in fase di sviluppo, in quanto le
imprese che cercano di capire come poterlo utilizzare sono in aumento.
Le ragioni sono da ricercare nel fatto che il mercato del lavoro è attualmente altamente competitivo e il successo dell’impresa si basa sulla
qualità e sulla produttività delle sue risorse umane. In passato, quando
vi erano condizioni economiche estremamente diverse da quelle
odierne, le imprese utilizzavano aumenti della retribuzione (sia in ma-
26
niera non fissa tramite bonus, premi di produttività sia in maniera fissa
con superminimi assorbibili o acconti su futuri aumenti) per motivare,
premiare o fidelizzare il dipendente, cercando così di renderlo più produttivo. Oggi, soprattutto per le PMI, questo è molto difficile: una delle
critiche più volte mossa dagli imprenditori al Legislatore riguarda l’elevato costo del lavoro. Dunque, risulta necessario chiedersi come si possano riconoscere degli aumenti retributivi in un periodo di crisi
economica e come possano fare le aziende per premiare un dipendente per il suo lavoro in modo tale da renderlo più soddisfatto e più
produttivo. Il welfare aziendale sembra essere la risposta a tali quesiti:
le misure generalmente inserite in quest’ambito godono infatti di vantaggi fiscali previsti dal TUIR. L’imprenditore, orientandosi verso il welfare
aziendale, può riconoscere una maggiore retribuzione globale al dipendente (monetaria e non), ottenendo un risparmio fiscale sia per il
lavoratore sia per l’impresa. Dove pensato e programmato in maniera
efficiente, il welfare aziendale può risultare davvero uno strumento vincente per le sorti di un’impresa.
L’elaborato si apre con un’analisi della situazione economica-sociale
del nostro Paese, evidenziando le recenti trasformazioni socio-demografiche che hanno reso il welfare aziendale sempre più debole. Si passa
poi all’analisi del mercato del lavoro, suddiviso sempre di più tra coloro
che godono di un’occupazione stabile e chi vive di contratti atipici.
Viene poi introdotto il concetto di secondo welfare, strumento concreto tramite il quale attori sociali come lo Stato, il mercato, i cittadini
e il Terzo settore possono fornire delle risposte ai bisogni del territorio,
nell’ottica della sussidiarietà volontaria. All’interno del secondo welfare
vengono poi individuati il welfare aziendale e il welfare territoriale. Successivamente, viene analizzata la Corporate Social Responsibility, tema
centrale per la vita delle imprese. Per muoversi dalla dimensione teorica
a quella pratica, viene presentato Eticlab, un laboratorio sperimentale
della CSR a Genova. I motivi che vi sono dietro alla nascita di questa
realtà, il suo sviluppo nel corso degli anni, gli obiettivi che si pone sono
i principali aspetti presi in esame con l’obiettivo di evidenziare il ruolo
che il welfare aziendale e il welfare territoriale svolgono al suo interno.
La finalità è quella di comprendere come ci si organizza sul territorio,
per sviluppare la cultura dell’azione responsabile d’impresa. Successivamente, vengono presentate due realtà associate a Eticlab: Toshiba
T&D e Agorà. Queste realtà sono state contattate direttamente per
comprendere le modalità di realizzazione del welfare aziendale al loro
interno, dalla fase di progettazione alla sua implementazione. Sono stati
individuati i promotori, le motivazioni che le ha spinte a sviluppare il welfare aziendale, le considerazioni di carattere economico-finanziario
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realizzate, l’utilizzo di strumenti per l’individuazione dei dipendenti e infine i possibili sviluppi futuri. Dopo un’approfondita analisi dei due casi,
si passerà a una loro comparazione, evidenziandone sia gli aspetti comuni sia le differenze. L’obiettivo è quello di sviluppare un lavoro di ricerca di queste due realtà, fornendo una nostra chiave di lettura
rispetto al loro welfare aziendale.
2.2 - Agorà Consorzio Sociale
Agorà è un consorzio di cooperative sociali nato nel 1995, definito “pesante”, poiché comprende due tipi di associazioni all’interno: un
gruppo di cooperative che sono associate al Consorzio e usufruiscono
solo dei servizi (es. servizi amministrativi come la gestione delle buste
paga); la parte core del Consorzio composta da tre cooperative, che
hanno costituito con Agorà un Gruppo paritetico cooperativo. Queste
tre cooperative hanno stipulato un patto mutualistico tra di loro con il
quale si cerca di evitare, ad esempio, che una cooperativa del Gruppo
chiuda in passivo e le altre invece abbiano margini di guadagno, con
una filosofia ben chiara, riassumibile nell’espressione del Direttore Area
Risorse Umane e Mutualità di Agorà, Maurizio Bielli: “Si vive e si muore
insieme”. Questo patto mutualistico ha permesso ad Agorà di vivere
bene fino ad oggi.
Agorà gestisce per se stessa e per queste tre cooperative il personale (al quale viene riconosciuto lo stesso trattamento), i servizi amministrativi e la ricerca sviluppo. Precisiamo da subito, che quando faremo
riferimento al personale e a tutto quello che fa Agorà, intenderemo indicare il personale di tutto questo gruppo mutualistico, che occupa
circa 600 persone. Il Consorzio Agorà ha una sua struttura interna come
segue:
• l’Assemblea dei soci, costituita dai rappresentanti di ciascuna cooperativa aderente, è l’organo che rappresenta la massima espressione democratica di condivisone delle scelte. Uno dei suoi compiti
principali è quello di nominare i 10 membri del Consiglio di Amministrazione.
• Il Consiglio di Amministrazione (CdA) si occupa della gestione ordinaria e straordinaria, secondo quanto previsto dallo Statuto. I manager non ne possono far parte. I membri del Cda restano in
carica per tre anni.
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• La Direzione Generale composta dai tre manager (Direttori) del
Consorzio, che si occupano della gestione complessiva con tre deleghe specifiche:
- Manuel Sericano - Direttore di Sviluppo e Marketing;
- Luca Moro - Direttore di Amministrazione, Finanza e Controllo;
- Maurizio Bielli – Direttore Risorse Umane, Solidarietà e Mutualità.
Inoltre, il Consorzio è organizzato in aree e per ogni area vi è un Dirigente Responsabile. Al suo interno, troviamo sia cooperative di tipo A
(che offrono servizi socio-sanitari ed educativi) sia di tipo B (per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate con attività di produzione
lavoro). Nello specifico, le attività svolte sono le seguenti:
• una cooperativa si occupa di servizi socio-educativi generali sia
sul versante “disagio” (affido minori, educativa di strada, centri
diurni d’alloggio, comunità alloggio, comunità educative territoriali, centri sociali, assistenza rifugiati ecc.) sia sul versante “agio”,
per cui si occupa della gestione di cinque asili nido: due sono nidi
comunali e tre sono aziendali (uno dell’Ospedale San Martino, uno
dell’Ospedale Galliera e uno della società Selex ES);
• una cooperativa si occupa dei servizi per anziani, tramite la gestione diretta di una Residenza Protetta, e fornisce i servizi per altre
due residenze non direttamente gestite da Agorà. Si occupa
anche dell’ assistenza domiciliare; gestisce le “dimissioni protette”
degli anziani per l’Ospedale “San Martino” di Genova e per l’Ospedale “Villa Scassi” di Sampierdarena. Oltre ciò, offre servizio badanti anche sul privato. Infine, gestisce centri diurni per anziani, per
persone con handicap, e due case famiglia per malattie neurodegenerative;
• la terza cooperativa si occupa di inserimento al lavoro, in base alla
legge 381/1991. Nello specifico, fornisce servizi di pulizia vari, e fra le
altre cose gestisce una trattoria nel Ghetto di Genova, all’interno di
un progetto di ristrutturazione ambientale e di inserimento lavorativo.
2.3 - Analisi della CSR e del welfare aziendale
In questo paragrafo vengono presentati una serie di interventi realizzati
dal Consorzio Agorà a favore dei soci-dipendenti, articolati in tre cate-
29
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Economico
gorie: quelli inerenti la CSR in generale; quelli di welfare aziendale e le
pratiche di work-life balance implementate (politiche di conciliazione).
Nell’ambito della ricerca, è stato intervistato Maurizio Bielli, Direttore
Area Risorse Umane e Mutualità di Agorà, in merito alle misure realizzate. Tali interventi sono rivolti a tutti i soci-dipendenti di Agorà. È da sottolineare poi come non tutti gli interventi realizzati presentino le
caratteristiche tipiche delle misure di welfare aziendale.
Per quanto riguarda invece la progettazione degli interventi, possiamo dire che nasce dall’iniziativa della Direzione Generale, guidata
dalla mission di Agorà. È una progettazione non strutturata, che si basa
sui bisogni dei soci-dipendenti. Questi non vengono individuati tramite
indagini socio-demografiche interne vere e proprie (es. non vengono
utilizzati dei questionari), si tratta perlopiù di un’individuazione informale,
poco strutturata: la Direzione Generale decide su quali interventi orientarsi sulla base delle necessità che reputa più funzionali all’interesse dei
soci-dipendenti. Non viene effettuato nessun calcolo del risparmio fiscale potenzialmente ottenibile dalla loro implementazione.
2.4 - Gli interventi inerenti la CSR
Tra le misure descritte da Bielli, alcune risultano essere inerenti alla CSR,
mentre altre sembrano non rientrare nell’ambito né del welfare aziendale
né del work life balance. Di seguito, verranno descritte le più rilevanti.
Particolarmente interessante è l’aspettativa non retribuita. Per spiegare tale intervento è necessario precisare che il Contratto Collettivo
Nazionale delle cooperative sociali consente l’aspettativa solo per motivi familiari. In Agorà è stato stabilito, attraverso il Regolamento interno,
che la richiesta di aspettativa non retribuita possa essere richiesta, e
concessa, in ragione di qualsiasi motivazione una volta nella vita lavorativa. Quando il dipendente ritorna in servizio è consapevole di aver
mantenuto il diritto al suo posto di lavoro, magari non necessariamente
lo stesso che ricopriva precedentemente, ma sicuramente di livello
equivalente. Tale tipologia di intervento si svincola dai limiti previsti dal
contratto nazionale, riconoscendo maggiore autonomia e libertà ai dipendenti. Questa misura è sicuramente utile ai soci-dipendenti stranieri,
numerosi all’interno del Consorzio. Tale intervento può essere considerato come un’azione di responsabilità sociale d’impresa.
Un'altra misura rientrante nel campo della CSR e implementata in
Agorà è il prestito sociale: i soci versano su un libretto i loro risparmi e
Agorà riconosce un interesse, che è quello previsto dalla legge (lo
scorso anno era del 3,5%). Per la richiesta della restituzione del capitale
30
accumulato non vi sono particolari vincoli temporali. “Anche se servono
per la settimana dopo sono restituiti al legittimo proprietario. Lo scorso
anno abbiamo diviso tra i soci 12.000 euro di interessi”. A parere di chi
scrive, questa misura è classificabile nell’ambito della CSR e non propriamente nell’ambito del welfare aziendale per due motivi: si tratta di
una forma di tutela del capitale del dipendente, che si vede riconosciuto un tasso di interesse sicuramente non altissimo, ma comunque
garantito; non rientra tuttavia nell’ambito dei prestiti concessi dall’azienda al dipendente previsti dall’art. 51 c.4 lett. b.
Misura interessante è stata quella dello Sportello paghe e contratti,
creato all’interno del Consorzio: i soci possono prendere appuntamento
presso tale sportello per avere consulenze e chiarimenti sulla lettura
della busta paga e, in generale, sul rapporto di lavoro. Di norma,
quando si ha bisogno di questi servizi, è necessario rivolgersi al mercato,
pagando il prezzo della consulenza professionale. Inoltre, permette al
lavoratore di sentirsi parte di un contesto trasparente all’interno del
quale può fidarsi delle persone che gestiscono il suo rapporto di lavoro
e la sua retribuzione. In tal modo, il dipendente viene fidelizzato maggiormente e reso potenzialmente più produttivo. Tutti effetti ottenibili
tramite azione di CSR.
Vi è poi lo psicologo, che si occupa del cosiddetto bilancio delle
competenze: il socio che desidera una valutazione delle proprie competenze può rivolgersi gratuitamente allo psicologo del lavoro, il quale
tramite colloqui, determina le competenze del soggetto. Nelle sue dichiarazioni Bielli ha detto che nella realtà lo psicologo - essendo un servizio messo a disposizione dei soci - viene utilizzato per ogni
problematica da parte dei dipendenti […].
In merito alla tutela dei lavoratori per le gare d’appalto vinte, le
strade che un’organizzazione può intraprendere possono essere due:
l’applicazione dell’art.37 del CCNL, che consente il passaggio del personale con un accordo sindacale da chi “perde” a chi “vince”; o la
presa in carico dei lavoratori con una sorta di “cuscinetto”, stabilendo
che per un certo periodo (es. un mese) i lavoratori sono in aspettativa
non retribuita, mentre il mese successivo vengono retribuiti, anche se
non lavorano; intanto, Agorà si occupa di cercarli un’occupazione tra
le sue attività in essere. È una misura che possiamo definire in parte un
ammortizzatore sociale, e in parte come strumento di matching interno
ad Agorà. Intervento interessante, in quanto si pone al limite tra l’ambito del secondo welfare e quello del primo. Se il personale della ditta
o cooperativa che perde la gara non fosse preso in carica da Agorà,
andrebbe incontro alla richiesta dell’indennità di disoccupazione, erogata dall’INPS, gravando sulle casse previdenziali dello Stato. Agorà
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con questo meccanismo, si rende soggetto che aiuta lo Stato, sia lato
politiche passive, garantendo una retribuzione ancorché non fissa sia
sul lato politiche attive nella ricerca di una collocazione lavorativa.
Ultimo intervento preso in esame, nell’ambito della CSR, è il “Codice
del mobbing e dello stalking”, istituito allo scopo di stabilire i principi
guida della definizione di questi due fenomeni. Conseguentemente, è
stato istituito un “Comitato di garanzia” composto dai Presidenti delle
cooperative e da Maurizio Bielli. Ogni socio, laddove ravvisasse un comportamento di questo tipo nei suoi confronti, può rivolgersi a qualsiasi
membro del Comitato, a prescindere dalla cooperativa di appartenenza. Il Comitato, a sua volta, ha il compito di analizzare le pratiche
per verificare la situazione, attivandosi nel caso sia necessario alla rimozione del problema. Questa misura mostra l’attenzione di Agorà nei
confronti della dignità del lavoratore e della lavoratrice.
In conclusione, tutti gli interventi esaminati permettono al Consorzio
di sviluppare concretamente la CSR. Nell’analizzare le singole misure
sono visibili gli elevati effetti positivi che hanno rispetto al miglioramento
del clima aziendale, all’aumento dell’impegno nel lavoro da parte dei
dipendenti e alla loro fidelizzazione.
2.5 - Gli interventi inerenti il welfare aziendale
L’attenzione viene ora focalizzata sull’aspetto centrale di questo lavoro,
il welfare aziendale. Uno dei primi interventi di welfare aziendale sviluppato da Agorà è stato il sostegno alla maternità: a fronte dell’indennità
di maternità pagata dall’INPS (all’80% della retribuzione), Agorà integra
il restante 20%, così da garantire nei 5 mesi la retribuzione al 100% (misura non prevista dal CCNL). Fino a poco tempo fa, questa integrazione volontaria veniva riconosciuta anche durante la “maternità a
rischio”. Da due anni, invece, è riconosciuta l’integrazione volontaria
del 20% solo per il periodo di “maternità obbligatoria”. Questo perché
all’interno del Consorzio accanto a una media di 35-40 donne in maternità all’anno vi sono anche dipendenti donne che non hanno figli, o
uomini che non hanno la maternità. Si realizzava dunque una sperequazione esagerata, in termini di investimento economico. Tale decisione è stata inoltre presa in quanto per la tipologia dei servizi in cui i
soci lavorano, ottenere la “maternità a rischio” è molto semplice perché si lavora con bambini, anziani, soggetti disagiati, ecc. Questo intervento non è stato inserito nell’ambito del work-life balance, in quanto
si tratta di un’integrazione di carattere economico, che non ha come
fine la conciliazione dei tempi della vita lavorativa con quella familiare.
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È comunque un intervento che rende l’idea di quanto il welfare aziendale (e, quindi, il secondo welfare) possa concretamente essere sostegno del primo. Agorà sorregge l’azione dello Stato, riuscendo così a
evitare l’effetto della perdita di parte della retribuzione. Va sottolineato
come un intervento di questo tipo, seppur destinato ad una categoria
omogenea dei dipendenti (le donne), non prevede alcuno sgravio fiscale (né in capo al dipendente né in capo all’azienda).
Dunque, per Agorà quello dell’integrazione è un costo puro, a fronte
di nessuna prestazione lavorativa in cambio, che valorizza ulteriormente
il livello della sua portata e del suo impatto.
Altra misura rientrante nell’ambito del welfare aziendale è l’assicurazione sulla vita per i soci. È molto importante sottolineare come questa sia pagata a favore dei soci dal Consorzio. Il suo funzionamento è il
seguente: in caso di morte di un socio, alla famiglia di quest’ultimo vengono riconosciuti 30.000. Inoltre, Agorà ha stipulato una convenzione
con un assicuratore di riferimento, in virtù della quale vengono garantiti
ai soci degli sconti sulle polizze stipulate.
Un ulteriore intervento è nato dal fatto che le finanziarie richiedevano, in misura sempre maggiore, la cessione del quinto dello stipendio
di diversi dipendenti. Per cercare di porre rimedio a questo problema,
è stata stipulata una convenzione con una banca, che fa consulenza
gratuita ai soci interessati. Nel caso la banca ne ravvisi le condizioni,
questa concede il prestito. Agorà, in ogni caso, prima della stipula del
contratto con qualsiasi istituto che eroga il prestito, fornisce una consulenza in merito alla lettura del contratto proposto. L’intervento di Agorà
ha dato i suoi frutti, infatti negli ultimi anni sembrerebbe che i dipendenti
abbiano compreso i vantaggi della consulenza offerta gratuitamente
da Agorà e della convenzione stipulata con la banca di fiducia.
Altro intervento simile a quello appena descritto riguarda la stipula
di un accordo da parte di Agorà con Banca Etica per il microcredito.
Nell’ambito di tale accordo, Agorà si fa garante del socio richiedente
il prestito, il quale riceve presso il proprio domicilio Banca Etica, che realizza un piano finalizzato alla comprensione dell’utilità del credito richiesto; viene inoltre verificata la reale necessità insita nella richiesta e
spiegati i rischi. Alla fine, se vi sono le condizioni, Banca Etica concorda
con il dipendente l’ammontare del prestito. Laddove il socio non si
comportasse adeguatamente- non rimborsando il credito (anche se
ad oggi non è mai successo), Agorà si impegna a restituire i soldi.
I due interventi esposti qui sopra sono stati accumunati, in quanto
facente parte della stessa famiglia, che in generale possiamo definire
come quella delle convenzioni con istituti di credito. Entrambi sono interventi molto importanti, poiché cercano di risolvere un problema
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serio, assicurando al socio una consulenza adeguata per evitare una
sua caduta all’interno di una spirale dalla quale non avrebbe i mezzi
economici per uscire.
Inoltre, rispetto al primo di questi due interventi, viene confermato
quanto detto in merito alla progettazione del welfare aziendale in
Agorà: la Direzione Generale non si è mossa sulla base di una valutazione interna della necessità dei soci, ma partendo dalla richiesta crescente della cessione del quinto da parte delle finanziarie.
Altro servizio offerto ai soci è la consulenza legale a prezzi agevolati.
Agorà riesce a garantirla grazie a una convenzione stipulata con uno
studio legale di riferimento. Il socio, laddove avesse dei problemi a livello civile, può rivolgersi a tale studio per ottenere una consulenza legale a prezzi molto agevolati, rispetto a quelli di mercato. Inoltre, in
Agorà è stata stipulata una convenzione per la dichiarazione dei redditi
con il commercialista che lavora internamente al Consorzio.
Un intervento etico che colpisce particolarmente gli esterni riguarda
l’adesione al “manifesto del malato oncologico”, in virtù del quale all’interno del Consorzio non viene conteggiato il periodo di comporto rispetto alle malattie oncologiche, all’aids e alle malattie fortemente
invalidanti. Ciò concretamente significa che laddove un lavoratore,
dopo aver finito il periodo di comporto, e dopo aver goduto delle ferie
maturate, fosse ancora in malattia, gli viene garantito il mantenimento
del posto di lavoro, fino a quando non è possibile valutare le sue condizioni come idonee per il rientro. Un caso concreto è stato raccontato
da Maurizio Bielli, relativamente a un dipendente che superato il periodo di comporto, e finite le ferie, non era ancora in grado di tornare
al lavoro. Agorà, per le particolari condizioni del lavoratore, ha deciso
di retribuirgli lo stipendio fino alla fine dell’anno, malgrado il dipendente
fosse a casa. Successivamente, sono state valutate le sue condizioni e
il Consorzio si è occupato del suo reinserimento al lavoro. «E non è stato
di certo il primo caso», afferma Bielli.
Dunque, non solo la tutela del mantenimento del posto di lavoro, in
virtù del manifesto sottoscritto, ma a seconda delle situazioni di disagio,
anche il riconoscimento dello stipendio, a fronte di nessuna prestazione
lavorativa. Questa è quindi una misura di responsabilità sociale d’impresa molto forte. Il lavoratore che si ritrovasse in una situazione del genere, saprebbe di poter contare sul proprio datore, anche fosse per il
solo mantenimento del posto di lavoro e per il successivo reintegro. Tale
circostanza rende l’idea di quanto Agorà guardi alla CSR come un vero
strumento strategico della propria azione. […]
Gli interventi presentati nella ricerca sono tutti già implementati. Ho
chiesto a Bielli se vi siano in cantiere nuovi progetti da sviluppare sul lato
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del welfare aziendale. Mi ha parlato del “progetto badanti”, finalizzato
all’assistenza domiciliare a condizioni agevolate per i soci (40,00 euro
mensili). Nell’ambito di tale progetto, il Consorzio si occupa dell’incontro
della domanda con l’offerta, delle pratiche amministrative per l’assunzione e dell’elaborazione della busta paga. Per i soci è stata inoltre ipotizzata un’esenzione dal pagamento per i primi tre mesi (essendo che
Agorà non paga direttamente la badante, altrimenti sarebbe intermediazione di manodopera, che è illegale). Si sta attendendo il nulla osta
del Cda per poter procedere.
2.6 - Gli interventi inerenti il work-life balance
Nell’ insieme degli interventi posti in essere in Agorà, ve ne sono alcuni
appartenenti all’ambito del work life balance. Tra questi particolarmente rilevante è l’aspettativa non retribuita, in caso di esaurimento
del periodo di maternità obbligatoria, o anche dopo la fine della maternità facoltativa. Agorà concede alle lavoratrici l’aspettativa non retribuita senza limiti temporali. «Può durare anche anni» ha affermato
Bielli. Questa misura - letta congiuntamente con quanto previsto riguardo l’integrazione del 20% da parte di Agorà, durante la maternità
obbligatoria - esprime in maniera chiara l’attenzione verso le lavoratrici. L’aspettativa non retribuita senza limiti temporali per la maternità
può tornare molto utile alla lavoratrice il cui partner lavora, per potersi
occupare del bambino.
Un altro intervento strettamente correlato all’aspettativa non retribuita post-maternità è lo Sportello mamma lavoro, creato per facilitare
il rientro al lavoro della lavoratrice madre, dopo la maternità. Grazie a
questo sportello la lavoratrice trova lo psicologo del lavoro, che si occupa del suo accompagnamento al rientro a lavoro. Il servizio è totalmente gratuito.
Un'altra misura che consente la realizzazione del work-life balance,
è la concessione dell’orario part-time, sia che si tratti di una richiesta
post-maternità che di una normale richiesta di cambio d’orario. In
Agorà è stato notato che mediamente, la richiesta del part-time post
maternità, nel 50% dei casi, è a tempo indeterminato e nel restante
50% a tempo determinato. Di norma il part-time, insieme alla flessibilità
dell’orario di lavoro è la forma più immediata per aiutare il dipendente
a conciliare i tempi della vita lavorativa con quella familiare.
Anche rispetto agli asili nido, Agorà si è attivata per andare incontro
ai proprio soci. Infatti, Agorà gestisce cinque asili aziendali presso i quali
i soci possono iscrivere i propri figli, ottenendo una tariffa agevolata.
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Va sottolineato in questo caso che chi si occupa della consulenza nell’ambito di piani di welfare aziendale sprona le aziende a non orientarsi
verso la costituzione di un asilo nido aziendale, quanto piuttosto verso
la sottoscrizione di convenzioni con gli asili nido (che possono essere
anche gratuite) presenti sul territorio. Addirittura per l’azienda, laddove
volesse accollarsi il costo, è più conveniente, rispetto alla costruzione di
un asilo aziendale, pagare direttamente la retta dell’asilo (art. 51,c.2,
lett. f, TUIR) oppure rimborsare la spesa al dipendente, che deve mensilmente presentare la fattura dell’asilo.
Infine, vi sono due misure inerenti l’orario di lavoro, che permettono
ai soci una certa flessibilità nell’organizzazione delle giornate di lavoro:
la banca ore e l’organizzazione flessibile dei turni di lavoro. Partiamo
da quest’ultimo perché molto intuitivo e semplice da presentare, in
quanto si tratta dell’organizzazione dell’orario di lavoro (in turni). Questa
non viene stabilita dall’alto, dunque dalla Direzione del personale, ma
viene lasciata piena libertà ad ogni singola equipe di concerto con il
suo Coordinatore. Dunque, i lavoratori possono venirsi incontro, rispetto
alle specifiche necessità, come meglio credono, garantendo i turni di
lavoro e il numero di operatori previsti. È una forma più flessibile dell’organizzazione del lavoro, grazie alla quale i lavoratori possono aiutarsi
reciprocamente nella gestione dei vari turni. Si basa dunque su due
concetti: libertà nella gestione degli orari e fiducia nei lavoratori.
La banca ore ha un funzionamento un po’ più articolato. Per poterlo
spiegare utilizziamo un esempio, partendo da un presupposto: tutti i lavoratori hanno una retribuzione “mensilizzata”. Ciò vuol dire che ogni
mese, i lavoratori vengono retribuiti secondo il loro contratto orario settimanale, indipendentemente dalle ore lavorate. La maggior parte dei
lavoratori in Agorà, data la tipologia del lavoro svolto, ha un orario parttime. In Agorà le ore lavorate in più o in meno nel mese vengono gestite
tramite la banca ore. Facciamo un esempio: ipotizziamo che un dipendente abbia un contratto che prevede 80 ore di lavoro mensili. In un
mese questo dipendente lavora 100 ore. Le 20 ore eccedenti il normale
orario di lavoro vanno in banca ore. Tutte le ore che un lavoratore accumula in banca ore possono essere utilizzate in due modi: se un dipendente avesse bisogno di ore di permesso, può utilizzare quelle che ha
accumulato in banca ore, senza andare ad incidere sulle ferie maturate; oppure la seconda modalità è quella di vedersi retribuite le ore
accumulate in banca ore nell’anno. In Agorà hanno notato che questo
meccanismo è molto apprezzato soprattutto dai lavoratori extracomunitari, che riescono ad ammortizzare così il prezzo del biglietto dell’aereo per tornare a casa, durante le ferie.
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2.7 - Obiettivi ricercati e strumenti di valutazione
Dopo avere presentato le misure realizzate, è necessario riflettere sul Consorzio allo scopo di individuare gli obiettivi ricercati e gli strumenti utilizzati
per valutarne il raggiungimento o meno. In linea generale, gli obiettivi ricercati da un piano di welfare aziendale sono: miglioramento del clima
aziendale, fidelizzazione del dipendente, aumento della sua produttività
e vantaggi fiscali. Da quanto appreso durante l’incontro con Bielli sembrerebbe che il miglioramento del clima interno sia l’obiettivo primario.
Secondo la filosofia che guida Agorà, poiché il lavoro non è dei più semplici (visto che si ha a che fare con situazioni e servizi difficili), si cercano
soluzioni che rendano più vivibile il clima e che vadano incontro alle necessità dei soci. Queste politiche non sono legate alla possibilità di ottenere dei risparmi fiscali, in quanto le azioni sono dettate dalla sua mission.
All’interno del Consorzio vengono creati strumenti di valutazione delle
prestazioni dei dipendenti allo scopo di ottenere il feedback sui possibili
effetti degli interventi di welfare aziendale realizzati. È Bielli a essersi occupato direttamente della creazione di una scheda di valutazione per
la generalità dei lavoratori. Tali questionari sono stati compilati da tutti i
coordinatori di equipe. Sono stati censiti 435 questionari. I responsabili
delle varie aree hanno effettuato poi una verifica delle prestazioni lavorative realizzate dai coordinatori delle varie. Successivamente i tre Dirigenti, componenti la Direzione Generale (tra cui Bielli) hanno svolto
un’indagine sui Responsabili delle varie aree.
Altro interessante strumento di verifica, agganciato alla valutazione
della prestazione lavorativa, è il questionario finalizzato all’individuazione
dei bisogni formativi del lavoratore. Bielli ha sottoposto tale strumento ai
coordinatori delle varie equipe per capirne i bisogni formativi e individuare inoltre quelli dei dipendenti coordinatori. Sulla base dei risultati
sono stati organizzati dei piani formativi per soddisfare le necessità riscontrate, anche grazie a una convenzione che Agorà ha stipulato con un
ente di formazione. È da evidenziare inoltre come gran parte delle le
equipe di Agorà sono soggette a una supervisione costantemente: la
parte educativa è controllata da supervisori esterni (dei consulenti); lo
psicologo del lavoro del Consorzio segue invece coloro che si occupano
di assistenza domiciliare.
A quanto compreso, gli strumenti appena descritti realizzano una valutazione più orientata alla verifica della prestazione lavorativa in sé, piuttosto che alla verifica della valutazione dell’impatto - positivo o meno del welfare aziendale sulle attività lavorative. Va da sé che se le prestazioni lavorative risultano di buon livello, Agorà confermerà gli interventi
che già riconosce ai soci. Laddove avvenisse il contrario, ovvero le pre-
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stazioni di lavoro non fosse soddisfacenti, non si passerebbe a una riduzione degli investimenti sul welfare aziendale, bensì si affronterebbe il
problema, tramite una formazione del dipendente. In un’ottica dunque
più costruttiva piuttosto che non punitiva. Dunque, la programmazione
e la valutazione del welfare aziendale in Agorà sembrerebbero essere
al di là di rigide analisi quantitative e qualitative del servizio offerto.
2.8 - Il welfare aziendale: i protagonisti in Agorà
Anche per l’esperienza di Agorà è importante comprendere il ruolo giocato dai management, dai sindacati e dalla pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda quest’ultima, si fa riferimento alle regole fiscali previste nel TUIR. Nel caso di Agorà sembrerebbe che il vantaggio della
possibile defiscalizzazione degli interventi non abbia assunto una posizione centrale, come sottolineato da Bielli: «Siamo impreparati in merito.
Non implementiamo il welfare per ottenere la deducibilità fiscale, ma
perché presente nei nostri valori fondanti. Ciò che veramente ricerchiamo è il benessere interno». Questo da ancora più valore a quanto
fatto in Agorà, poiché sembrerebbe che si è scelto di farlo solo in funzione di quella che è la loro mission.
Rispetto al sindacato, secondo quanto affermato da Bielli, è fondamentale avere un rispetto rigoroso del contratto di lavoro nei diritti e nei
doveri reciproci, mantenendo forte il ruolo della cooperativa e rafforzando l’appartenenza e la fiducia in essa da parte dei soci […]. «I sindacati sanno che dentro Agorà vi è democrazia: tutti siamo uguali
nell’Assemblea. I soci hanno chiaro che sono 8 anni di fila che non chiudiamo in passivo, e nonostante la crisi non abbiamo perso posti di lavoro. Abbiamo una solidità e credibilità molto alta, tanto che le banche
non hanno problemi a concederci mutui e prestiti anche in questo periodo. E questo i sindacati lo sanno. Se vi è conflittualità è dentro l’assemblea, sempre nel rispetto della democrazia come dicevano, ma
non con il sindacato».
L’ultimo attore protagonista nell’ambito del welfare aziendale previsto in dottrina è rappresentato dagli imprenditori. Nel caso di Agorà
la filosofia adottata è quella che il CdA, o addirittura il singolo socio all’interno dell’assemblea, possono proporre interventi e iniziative in questo senso. Ma sicuramente negli anni, e ancora oggi, il ruolo di
protagonista principale nella promozione del welfare aziendale è
quello della Direzione Generale. Questa, infatti, si occupa della progettazione degli interventi, e la sottopone al CdA. Solo in quella sede si decide se investire sugli interventi proposti.
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In conclusione, nel caso di Agorà siamo di fronte alla fattispecie in cui
l’azienda, o in questo caso solo il gruppo dirigente, si occupa dell’ideazione, della progettazione e dell’implementazione della CSR, del welfare aziendale e del work-life balance.
2.9 - Le ragioni del welfare aziendale in Agorà
L’individuazione delle ragioni e delle motivazioni che sono alla base dell’implementazione del welfare aziendale in Agorà vanno ricercate negli
attori principali della sua realizzazione, vale a dire la Direzione Generale.
«Le iniziative di welfare aziendale – dice Bielli - nascono dalla mission di
Agorà: dare lavoro e contemporaneamente sostenere i soci». Questa
visione consente un collegamento al tema della CSR. Le ricerche empiriche e la dottrina affermatasi negli anni, prevedono che un’impresa
(o come in questo caso un consorzio di cooperative) che vuole divenire
socialmente responsabile ha un priorità che deve rispettare: far sì che
la CSR entri a far parte della mission dell’impresa, e di conseguenza sia
vista in un’ottica strategica per la vita e lo sviluppo nel medio periodo
di questa stessa.
Torna dunque utile riprendere le parole di Argiolas (2014), il quale sostiene che: «la consapevolezza della volontà di assumere un impegno
di responsabilità sociale deve pervadere l'impresa nella sua interezza,
trasformandosi così in un orientamento sociale, ampliandone la mission,
sostanziandone la strategia e guidandone le azioni operative». All’interno di Agorà questo passaggio è avvenuto. E non da pochi anni,
dato che il Consorzio è nato nel 1995 e i primi interventi di welfare aziendale risalgono a quegli anni. «Abbiamo costruito questo Consorzio nel
1995, perché con lungimiranza ci eravamo resi conto che essere troppo
piccoli rischiava di creare problemi. Abbiamo fatto questo perché noi,
come si capisce bene dai servizi che offriamo, assistiamo le persone
(minori, anziani, immigrati, ecc..), ma assistiamo anche e soprattutto i
soci: dal dipendente-socio “normale” che ha lo stipendio, alla persona
che lavora per noi, ma “consuma” i soldi con i video-poker o con le finanziarie e se perde il lavoro non ha altro». Probabilmente l’impostazione a carattere sociale della cooperativa ha favorito tutto ciò. Ma
questa considerazione non deve togliere merito a quanto realizzato,
poiché in molte altre realtà simili sul territorio tutto ciò non avviene. Anzi,
al contrario, negli anni le cooperative sono state utilizzate da molti
come forma giuridica per sfuggire alla normativa contributiva e fiscale
prevista per le imprese (false cooperative).
È da ricordare che quando la CSR, compreso anche il welfare azien-
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dale, è programmata con serietà e trasparenza- con l’unico obiettivo
di fare il bene della realtà di cui fa parte e in cui opera- può produrre
ottimi risultati. Nella caso di Agorà, le cui dimensioni sono notevoli, la
capacità di crescere e confermarsi nel tempo come soggetto operante in maniera attiva sul territorio è stata possibile, anche grazie alle
azioni di responsabilità sociale d’impresa. In questo caso, si possono ravvisare i vantaggi non economici di una buona CSR. Si pensi alla credibilità che Agorà ha acquisito nel corso degli anni, offrendo sul territorio
ligure i propri servizi anche ad istituti ospedalieri, a case di cura, a centri
diurni, ecc. Tale circostanza ha consentito, e consente, una stabilità
economica, che assicura il mantenimento dei posti di lavoro e la vita
del Consorzio stesso.
2.10 - I servizi di welfare forniti da Agorà
Il Consorzio Agorà non si occupa di welfare aziendale solo al suo interno, ma è un soggetto attivo sul mercato nella vendita di servizi sia
verso il pubblico sia verso il privato. Soprattutto negli ultimi anni, Agorà
ha voluto scommettere sulla vendita dei suoi servizi al mercato privato.
Di norma, il Terzo settore è abituato al convenzionamento con la Pubblica Amministrazione tramite gare d’appalto. Agorà ha deciso di sposare la sfida, proponendosi al settore privato come fornitore di servizi
sia verso le aziende sia verso i privati cittadini. Tra i servizi offerti ai privati
vi sono le badanti. Agorà, infatti, ha aperto un’agenzia di badanti dotata di proprio ufficio, grazie a un accordo a livello nazionale con Idea
Lavoro, che fornisce al privato cittadino un’organizzazione “chiavi in
mano”, che può avvalersi di una badante selezionata, qualificata e
con contratto di lavoro regolare. Agorà, infatti, si occupa di tutte le pratiche burocratiche relative all’assunzione, alla sostituzione del personale
per malattia, ferie, all’elaborazione del CUD, all’elaborazione del MAV
per pagamento dei contributi, ecc.
Tale strumento, che assume un’importante valenza nell’emersione
del lavoro nero, è nato da una sperimentazione di assistenza familiare
con alcuni ospedali cittadini. Per comprendere i risultati di questo servizio basti pensare che nel 2012, a fronte degli effetti molto negativi della
crisi economica sull’occupazione, il settore in crescita è stato proprio
quello delle colf e badanti. In quell’anno, vi è stato infatti un aumento
dell'8,37% dei lavoratori domestici regolarmente iscritti all'Inps: 681.000
nel 2011 contro gli oltre 738mila nel 2012 (dati dei lavoratori regolarizzati).
Altro servizio offerto dal Consorzio è il Centro estivo aziendale SelexEs, struttura destinata ai figli dei dipendenti della stessa azienda. Tale
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centro è nato in considerazione della necessità di sostegno e facilitazione dei tempi lavorativi dei dipendenti. Iniziato nell’estate del 2010 (in
quell’occasione, il progetto aveva ricevuto un finanziamento esterno),
tale struttura ha ottenuto notevole successo e pertanto l’azienda ha
deciso di proporlo alle famiglie come benefit. L’idea centrale di questa
attività è che durante il periodo di chiusura estiva delle scuole venga
aperto un centro con le caratteristiche di una “vacanza in città”, divertente e di qualità. Il centro estivo dura nove settimane (con la pausa
nel mese di agosto) e si rivolge esclusivamente ai figli dei dipendenti
della società Selex- Es, appartenenti a una fascia di età che va dai 4 ai
12 anni (compresi i ragazzi disabili, che sono affidati a specifici educatori). L’azienda si occupa della raccolta delle preiscrizioni durante il
mese di maggio. Tramite un coordinatore, Agorà intrattiene i rapporti
con le famiglie. Al termine dell’esperienza, alle famiglie viene fornito un
questionario di gradimento, finalizzato alla raccolta di impressioni, consigli ed eventuali proposte, utili alla riprogettazione del servizio per
l’anno successivo.
Un altro interessante servizio offerto da Agorà è stato sviluppato tramite il progetto “Codice d’Argento”, nato nell’ottobre 2012 dall’incontro
tra le esigenze dell’Ospedale San Martino, l’esperienza nell’assistenza
domiciliare del Consorzio Agorà e dalla possibilità di accedere a un finanziamento del Ministero della Salute per due anni. Obiettivo primario
del progetto è la riduzione dei tempi di ricovero dei pazienti anziani. Il
servizio si rivolge a persone con condizioni di salute stabili, ma con aspetti
di fragilità familiare e sociale che ne ostacolano il processo di dimissione.
Questa sperimentazione, nata da un’idea della dott.ssa Marina Petrini
(geriatra consulente dell’ospedale) e della dott.ssa Alfonsina Rinaldi
(consulente della Regione Liguria) ha consentito la riduzione dei costi
legati alla degenza prolungata da parte dell’ospedale genovese.
L'esperienza è stata poi allargata all'Ospedale Villa Scassi di GenovaSampierdarena con il progetto "Meglio a casa", a Lavagna, a La Spezia,
a Chiavari e a Savona. A questo servizio si aggancia il servizio inerente
la ricerca e l’assunzione del personale per l’assistenza domiciliare, precedentemente descritto. Ragionando su dati oggettivi, è possibile fornire un valore quantitativo a questo progetto. Secondo alcuni dati
presentati da Agorà in una conferenza con la Regione Liguria: è stato
stimato (su un campione realizzato con 250 telefonate) che il 37% dei
pazienti dimessi da questi istituti, si sia rivolto a fornitori di servizi per ottenere l’assistenza domiciliare. Di questo 37%, il 42% si è rivolto ad Agorà
(Fonte: Convegno Regione Liguria "Welfare di Seconda Generazione
per il benessere e la salute" Genova, Acquario – 19/01/2015. N.d.R.).
Tale progetto permette di rimarcare l’utilità del Terzo settore per il
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sostegno al welfare state. Quest’esperienza infatti, con la diminuzione
della degenza ospedaliera per i soggetti con determinate caratteristiche, ha permesso un risparmio per le casse dello stato e ha inoltre
creato un ritorno, in termini di lavoro, sul territorio ligure. È un esempio
concreto del nuovo rapporto che vi deve essere tra primo e secondo
welfare. Per quando quanto riguarda il servizio relativo ai nidi aziendali
gestiti da Agorà, nato grazie ai finanziamenti erogati dalla Regione Liguria, uno dei primi casi di asili rivolti ai privati è stato quello del RINA
(Registro nazionale) e della Cambiaso Risso (impresa del marittimo) per
il Nido del Mare, che Agorà ha gestito per un paio di anni. Oggi Agorà
gestisce cinque nidi aziendali: due comunali, il nido “La trottola” dell’Ospedale San Martino, il nido “Coniglio blu” dell’Ospedale Galliera, il
nido “Zerovirgolatre” per conto di Selx ES. Come afferma Alessandra
Grasso: “Oggi siamo il più grande gestore privato a livello regionale”.
2.11 - CSR e welfare aziendale: riflessioni attraverso i due casi di studio
Dopo una presentazione dei singoli casi Toshiba T&D e Agorà, viene proposta all’interno dell’elaborato un’analisi comparativa, al fine di valutare
se vi siano possibili punti di convergenza, o differenze tra queste due esperienze, rispetto alla progettazione, all’implementazione e allo sviluppo del
welfare aziendale. Per fare questo, viene proposta un’analisi basata su
quattro punti focali: da chi è nata l’idea di sviluppare il welfare aziendale;
quali sono stati gli attori protagonisti del suo sviluppo; su quali campi di intervento si sono orientate e i possibili sviluppi futuri.
Nell’ analisi comparativa realizzata saranno effettuati collegamenti
con quanto sostenuto in dottrina rispetto a questa materia, in modo tale
da proporre un parallelo tra quanto viene argomentato nella teoria, e
quanto riscontrato sul campo tramite l’elaborato realizzato.
Per realizzare l’analisi comparativa tra i due casi esaminati, la ricerca
è partita dalle figure preposte alla realizzazione del welfare aziendale.
Viene quindi analizzato il ruolo svolto dagli imprenditori, dai sindacati e
dalla pubblica amministrazione ovvero da quei soggetti individuati dalla
dottrina come gli attori del welfare aziendale. È stato possibile verificare
come nel caso di Toshiba T&D, il ruolo principale nella realizzazione degli
interventi di welfare aziendale sia stato svolto da parte del management
aziendale, e nello specifico da Caffaratti: quest’ultimo si è fatto promotore
del tema nei confronti dei sindacati, sulla base di quanto appreso dall’esperienza in Eticlab. Il ruolo dei sindacati, che è stato comunque importante, è venuto a posteriori rispetto a questa fase inziale. Per quanto
riguarda invece l’esperienza di Agorà, il Direttore delle Risorse Umane e
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Mutualità di Agorà, Maurizio Bielli, ha sottolineato come il sindacato non
sia presente all’interno del Consorzio stesso. Egli sottolinea inoltre come
tutte le decisioni prese negli anni rispetto al welfare aziendale, siano state
effettuate da parte della Direzione Generale. Quindi è possibile sostenere
che in entrambi i casi, l’idea di sviluppare il welfare aziendale è nata dal
management: in Toshiba T&D dall’HR Manager, in Agorà dalla Direzione
Generale.
Per ciò che concerne il ruolo della pubblica amministrazione o nello
specifico di quanto previsto dalle sue regole fiscali (TUIR), è da tenere presente che ha svolto un ruolo molto importante in Toshiba T&D, mentre in
Agorà è del tutto assente.
Analizzando i motivi e le ragioni che sono dietro la scelta di implementare il welfare aziendale, si riscontrano due situazioni quasi opposte. In Toshiba T&D sono tre: creare un ambiente di lavoro migliore, che consenta
una maggiore collaborazione tra i dipendenti e il management, per ottenere una produttività maggiore; sfruttare i vantaggi fiscali previsti dal
TUIR; creare cultura sociale in azienda. Sono ragioni ponderate, risultato
di un’analisi fatta in un’ottica manageriale. Infatti, si pensa al welfare
aziendale come strumento per dare un vantaggio ai dipendenti, che
possa di conseguenza creare un vantaggio per l’azienda stessa. È
un’analisi sostanzialmente razionale, che rappresenta un passaggio innovativo, per ciò che riguarda la gestione delle risorse umane in Toshiba T&D.
Si discosta estremamente rispetto a quanto viene riscontrato in dottrina,
dove molte esperienze di welfare aziendale sono ricondotte ad esperienze decennali. (Ascoli, Pavolini e Mirabile, 2013). Si prenda a riferimento
il caso Luxottica dove l’attenzione per i lavoratori, con misure inerenti il
welfare aziendale, risale al 1961.
Agorà, invece conferma quanto sostenuto in dottrina. Infatti, in questo
caso, le ragioni principali del welfare aziendale vanno ricercate nella sua
mission e nel suo background storico. L’obiettivo di Agorà è quello di riconoscere ai soci dei servizi aggiuntivi, che li permettano di poter usufruire
di un sostegno - economico e non - da parte del Consorzio.
La differenza nelle motivazioni che sono alla base dell’implementazione del welfare aziendale, dipendono molto dalla natura delle due realtà: da una parte vi è una multinazionale, dall’altra un Consorzio di
cooperative a carattere fortemente sociale. Chiaramente la mission delle
due realtà è del tutto diversa. Ma laddove in Toshiba T&D si riuscisse a far
penetrare l’importanza della CSR in profondo (come nel caso di Agorà),
riuscendo negli anni a far diventare quest’ultima uno strumento strategico
nella gestionale aziendale, per la sua vita e per il suo sviluppo, si potrebbe
realizzare un welfare aziendale sempre più strutturato e capace di venire
incontro alle necessità dei dipendenti.
43
Ambito
Economico
Ambito
Economico
D’altro canto, sarebbe importante per Agorà riuscire ad approfondire
il tema della defiscalizzazione degli interventi, dove possibile chiaramente.
Questo garantirebbe un ulteriore salto di qualità che permetterebbe ad
Agorà di investire in nuovi interventi, grazie a quanto risparmiato da quelli
già implementati. L’azione responsabile d’impresa è anche questo.
2.12 - Gli ambiti di intervento del welfare aziendale
Particolarmente interessante è confrontare gli interventi operati dalle
due realtà: ambito previdenziale, sanitario o quello delle convenzioni. Il
passo successivo sarà quello di provare a valutare gli interventi implementati, per capire quali rispecchiano i parametri, che a nostro modo di vedere, definiscono il vero welfare aziendale: interventi rivolti alla generalità
dei dipendenti o a categorie omogenee di questi; interventi che rientrino
nell’ambito dei servizi sociali ritenuti indispensabili e sanciti dalla Costituzione: il diritto alla salute, alla cura e all’assistenza (art.32); diritto all’istruzione (art.34 Cost.); diritto al lavoro (art. 35) che, a parere di chi scrive,
include anche l’ambito della tutela previdenziale obbligatoria e privata.
Non si tratterà di dare un giudizio di merito dell’intervento, ma di un tentativo di fornire una nostra chiave di lettura del welfare aziendale.
In Toshiba T&D possiamo fare una valutazione solo su quanto fatto per
il 2014, poiché ci sono i risultati del questionario, ma non conosciamo ancora le valutazioni che saranno fatto a breve dal management per decidere gli investimenti. L’ambito prescelto in questo caso è stato quello
del voucher. Questo sicuramente è uno strumento che viene utilizzato
dalle aziende, poiché non implica particolari difficoltà: si acquista, si distribuisce ai dipendenti, che lo utilizzano. Per Toshiba, il passaggio più critico è stato la sottoscrizione dell’accordo sindacale. Sicuramente, il
voucher è un buon strumento per dare un incentivo economico ai dipendenti, ma, seppur destinato alla generalità dei dipendenti, e garanzia di
defiscalizzazione per l’azienda (se inferiore a 258,00 euro a persona), non
va ad interessare l’ambito dei servizi sociali ritenuti indispensabili. Dunque,
a parere di chi scrive, non rientra negli interventi di vero welfare aziendale.
Bensì nell’ambito dei benefit.
Per quanto sviluppato in Agorà, l’analisi è più complessa, non fosse
altro per il numero degli interventi. Ci concentreremo su quelli che abbiamo definito, in linea generale, come intervenni di welfare aziendale.
Tra questi quelli maggiormente utilizzati sono le convenzioni con la banca
di fiducia di Agorà, lo studio legale di riferimento, la dichiarazione dei redditi e la possibile futura convenzione per il servizio badanti. Per quanto utili
possano essere queste convenzioni, non rientrano tecnicamente nell’am-
44
bito di quello che noi consideriamo il vero welfare aziendale. Questo vale
in generale per tutte le convenzioni, salvo non siano stipulate, ad esempio,
con istituti clinici privati o con centri diagnostici privati. In questo caso, la
convenzione, quando destinata alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi, andrebbe a tutelare il diritto alla salute. Dunque
sarebbe classificabile come vero welfare aziendale. Ma in Agorà non abbiamo riscontrato convenzioni di questa tipologia.
In merito sia all’integrazione del 20% riconosciuta da Agorà in periodo
di maternità obbligatoria sia all’assicurazione sulla vita pagata per i soci,
li consideriamo due interventi a metà via tra i benefit e il welfare aziendale, come inteso da noi. Ad esempio, l’integrazione dello stipendio 20%
(a fronte dell’80% pagato dall’INPS) nel periodo di maternità obbligatoria,
da una parte, è destinato a una categoria omogenea dei dipendenti (le
donne) e realizza un intervento di welfare a tutela della maternità: è praticamente parte complementare dell’intervento del welfare pubblico.
Ma d’altra parte, si tratta di una mera integrazione economica, limitata
al solo periodo di maternità. Sostanzialmente, alla lavoratrice viene assicurato, anche per quei mesi, l’accredito totale dello stipendio. Per questo,
reputiamo questo intervento, sicuramente come inerente all’ambito del
welfare, ma non totalmente a quello del welfare aziendale.
Discorso simile va fatto per l’assicurazione sulla vita pagata per i soci
da Agorà: nel caso di morte di uno di questi alla famiglia vengono riconosciuti 30.000 euro. È una misura molto apprezzabile, ma non rientra né
nell’ambito della previdenza (seppur alcune assicurazioni sulla vita sono
classificate come fondi pensione, ma non crediamo sia questo il caso) né
nell’ambito dell’assicurazione sanitaria: siamo di fronte a una polizza vita
vera e propria. Anche in questo caso non classifichiamo questo intervento
come vero welfare aziendale.
Abbiamo inserito nell’elenco degli interventi di welfare aziendale
quanto previsto sulla base della sottoscrizione del Manifesto del malato
oncologico. Ricordiamo brevemente che questo intervento in caso di
malattie oncologiche, aids e malattie fortemente invalidanti, prevede il
mantenimento del posto di lavoro anche dopo la fine del periodo di comporto previsto dal CCNL. In alcuni casi, Agorà ha reputato che fosse
anche necessario riconoscere lo stipendio al socio assente per malattia.
Dunque, Agorà si è spinta oltre quanto previsto dalla contrattazione collettiva, creando una condizione di miglior favore ai soci. A nostro modo
di vedere, questo è un vero intervento di welfare aziendale. Infatti, va a
tutelare contemporaneamente sia il diritto alla salute sia il diritto al lavoro.
(…) Di conseguenza il socio non solo non perde il lavoro e viene sostenuto,
ma non ha la necessità di richiedere l’indennità disoccupazione (dunque,
non gravando sulle casse previdenziali dello Stato).
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Ambito
Economico
Ambito umanistico
3. “Il Consorzio Agorà e le politiche verso gli stranieri: i nomadi”
Università degli Studi di Genova, Facoltà di Lingue e Letteratura
Straniere. A cura di Valeria Garassino; relatore Prof.ssa Luisa Faldini,
A.A. 2011/2012.
3.1 - Introduzione
Questo lavoro nasce dalla curiosità di conoscere chi sono i migranti sul
territorio ligure, in particolare, nel genovesato, quali sono i loro mezzi, le
loro possibilità di vita, come sono tutelati dalle istituzioni locali, cosa li
spinge ad arrivare e cosa, una volta qui, cercano e aspirano a fare.
Perché i migranti non sono solo numeri, ma persone, ognuno di loro con
la propria storia e il proprio bagaglio culturale. Di questi soggetti si occupa, tra gli altri, il Consorzio sociale Agorà di Genova, sul quale è stata
concentrata la ricerca, che si è svolta soprattutto mediante interviste
semi-strutturate agli operatori del Consorzio. Sull’attività di Agorà non
esiste una bibliografia specifica e inoltre non avendo riscontrato nella
bibliografia generale sull’immigrazione temi che potessero collegarsi
con le attività del Consorzio, si è fatto riferimento ai rapporti annuali sull’immigrazione a Genova e al bilancio sociale del Consorzio.
Nell’ambito delle sue attività, Agorà si occupa di tutti i campi del sociale e dei servizi alla persona: anziani, disabili, minori non accompagnati stranieri o meno, lavoratori più vulnerabili, vittime di tratta e di
sfruttamento, gruppi nomadi e tutti gli immigrati più deboli.
Primo obiettivo della ricerca sull’attività del Consorzio è stato quello
di fornirne una panoramica generale, concentrandosi in particolare sui
suoi servizi. Altro obiettivo è stato quello di dar voce agli operatori che
si occupano delle fasce deboli della popolazione; un’attenzione particolare è stata rivolta a coloro che lavorano con i gruppi nomadi presenti sul territorio genovese, focus della ricerca. Le testimonianze degli
educatori insieme alla storia, agli usi, ai costumi e ai casi di vita concreti
del popolo rom, rappresentano il corpus centrale della tesi. Inizialmente
l’elaborato prende in analisi il caso Agorà, esaminando tutte le sue attività, i progetti, i servizi, la struttura organizzativa e gestionale e gli stakeholder; per poi passare allo studio dei dati relativi alle presenze
immigrate sul territorio ligure, con un particolare riguardo per l’area ge-
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novese: i residenti, la loro incidenza sulla popolazione autoctona, gli
iscritti all’interno del sistema scolastico (dalle scuole dell’infanzia all’istruzione superiore), nonché le presenze nel circuito penale.
L’attenzione si sposta poi sui gruppi nomadi presenti nel territorio genovese. Sono prese in analisi le origini, gli usi, le credenze e la storia di
questo popolo per arrivare ai giorni nostri, con le testimonianze di rappresentanti dell’attuale cultura romanì. A seguire, la ricerca rivolge l’attenzione sui progetti di Agorà a favore delle comunità nomadi a
Genova, residenti nei campi autorizzati di Molassana, Bolzaneto e negli
alloggi comunali abitati dai rom dell’ex campo Foce. Le interviste effettuate agli educatori di Agorà mettono in luce l’operato del Consorzio, permettendo di osservare quali siano le esigenze, i comportamenti,
le necessità attuali di questi gruppi di nomadi, nascosti e marginalizzati
dalla nostra società. I rom si trovano in perenne difficoltà esistenziale in
quanto presentano problemi per regolarizzazione, nascono e vivono sul
suolo italiano, ma non riescono a godere di pari diritti degli Italiani, per
cui possono essere considerati come “non cittadini”. Nella gestione dei
progetti e dell’accoglienza di questi gruppi di persone, Agorà lavora in
stretto collegamento con gli enti locali di Genova, occupandosi soprattutto dei minori, in modo da garantire loro prevenzione, scolarizzazione
e acquisizione di mezzi per l’integrazione. Questo elaborato vuole volgere lo sguardo su un mondo che molti non conoscono e che spesso
non vogliono conoscere, perché circondato da pregiudizi secolari e da
un’informazione viziata alla base.
3.2 - Agorà Consorzio Sociale
3.2.1 - La storia di Agorà e dei suoi progetti
Nato il 9 gennaio 1995 nel Comune di Genova, Agorà è un consorzio
sociale che fin da subito ha esteso la propria attività, raggiungendo
una dimensione rilevante e un profondo radicamento sul territorio regionale. Alla sua nascita il Consorzio comprendeva quattro enti associati: Cesto, Incontro, Cosset e Pramar, membri fondatori rivolti
all’educazione minorile. Nel tempo sono stati sviluppati progetti innovativi finalizzati all’ estensione del campo d’azione anche nei confronti
di altre fasce di popolazione (anziani, disabili, lavoratori) ed è comparsa
la necessità di far fronte al fenomeno sempre più crescente dell’immigrazione. Nel corso degli anni, si è registrato un aumento delle cooperative partecipanti, alcune delle quali si fondono, fino ad arrivare al 1°
Gennaio 2012 con una struttura ramificata composta dai seguenti enti
sociali: Avalon, Comunicazione Facilitata, FEMA, Gente di Mare, Koiné,
47
Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
L’Abete, La Goccia, Lo Sfero, Maxone Labora, Progres e Televita-Agapè.
Le prime attività riguardanti gli affidi individuali e i progetti di educazione e mediazione all’interno dei campi nomadi risalgono al 1995;
in seguito, a fronte delle massicce migrazioni sul territorio i servizi sono
stati ampliati e adattati alle diverse situazioni richieste.
I minori albanesi non accompagnati rappresentano il primo gruppo
nei confronti del quale sono stati attuati percorsi educativi; contemporaneamente, vennero attivati progetti collaterali riguardanti l’art. 18 e
l’art. 13 contro lo sfruttamento della prostituzione e dei minori. Inizialmente, Agorà disponeva soltanto di un numero verde a cui potevano
rivolgersi i soggetti che intendessero uscire dal racket della prostituzione;
successivamente, vennero creati veri e propri progetti, con strutture di
accoglienza e servizi formativi.
A titolo esemplificativo viene analizzato il progetto Sunrise, che offre
alle persone coinvolte nella prostituzione ascolto, accoglienza in comunità, percorsi di uscita, sostegno economico per i bisogni primari, accompagnamento sanitario, mediatori della lingua d’origine, pratiche
per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, residenze
anagrafiche protette, percorsi di apprendimento della lingua italiana
e di inserimento lavorativo. Dal 2000, per svolgere tutto questo, Agorà
ha collaborato con il Comune di Genova e la struttura casa-famiglia
Villa Canepa (Opera Don Orione), dove viene assicurata una copertura
diurna tutto l’anno. Il Consorzio si è occupato delle ragazze vittime di
tratta di nazionalità nigeriana e del Ghana; occupandosi anche di ragazze albanesi, ucraine, moldave e rumene. Viene attuato un progetto
di reinserimento sociale, tutela e protezione, permesso dall’art. 18, al
termine del quale, viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi
umanitari rinnovabile fino a 18 mesi, durante i quali le ragazze possono
rendersi autonome. Tra un documento e l’altro vengono segnalate
dall’assistente sociale ad un corso di formazione: Agorà si appoggia
alla cooperativa AFET Aquilone Onlus, che consente loro un pre-avviamento al mondo lavoro con piccole esperienze e all’UCIL che offre
borse di lavoro di circa sei mesi (è l’ente che maggiormente riesce nell’inserimento nel mondo del lavoro).
Agorà, in collaborazione con altri enti come Don Orione, La Salle,
Saba, Auxilium, Federazione Solidarietà e Lavoro e il Comune di Genova, fa parte dello sportello PCC, (sistema a Presa in Carico Comune),
situato al secondo piano del “Matitone”, sede degli uffici di Genova.
Tale sportello si occupa dei problemi relativi ai migranti.
«[…] Gli enti del privato sociale e il Comune hanno pari dignità e lavorano in condivisione d’équipe. Lo sportello è aperto al pubblico il lunedì mattina, dove vengono accolte tutte le richieste da parte degli
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immigrati; il martedì pomeriggio è dedicato alla valutazione, in condivisione d’équipe, delle varie proposte e il mercoledì mattina vengono
presi in gestione i vari casi. La PCC si occupa della fetta degli stranieri
regolari (i clandestini non possono essere aiutati), dei richiedenti asilo,
dei rimpatri volontari assistiti (progetto NIRVA), grazie ai fondi europei,
dei rinnovi dei permessi di soggiorno umanitari. Gestiamo anche i posti
letto nei dormitori; noi di Agorà abbiamo a disposizione, presso il dormitorio Massoero,13 dei posti disponibili per la durata di quindici giorni. Molti
vengono anche a chiedere delle mense, che sono offerte dalla cooperativa Auxilium e sono aperte a tutti. La PCC si occupa anche due comunità alloggio, destinate alle fasce disagiate, che si trovano a Pra’ e
a Costa di Teglia», dice Alice Cigalini, operatrice di Agorà.
Agorà si occupa inoltre del servizio civile, gestito dal suo ex presidente
Silvio Masala, su Genova e Provincia; in questo ambito vengono gestiti,
in stretta collaborazione con le istituzioni pubbliche, progetti con le scuole
superiori sul territorio. Obiettivo prioritario del Consorzio è quello di riuscire
ad integrare nel servizio civile anche le fasce che ne sono attualmente
escluse: gli stranieri e le persone con limitazione della libertà personale.
Con la Legge Turco 285 del 1997 è nato il Progetto Diamante dedicato alle famiglie disagiate del quartiere genovese di Begato. Situato
in periferia, Begato è stato costruito negli anni novanta a fronte dell’emergenza abitativa: tuttavia i massicci palazzi realizzati racchiudono
centinaia di minuscoli appartamenti. «Se chiedi a un genovese se conosce il quartiere Diamante di Begato, ti risponderà con qualche ricordo di cronaca nera, perché qui, negli anni novanta, i ragazzini erano
allo sbando, senza possibilità di integrazione. Poi con l’inizio del nuovo
millennio è arrivato il Consorzio Agorà con i suoi educatori di strada, giovani ragazzi con un obiettivo: dare a Begato quello che non ha mai
avuto» (estratto da Zanolli, Elisa, “Begato ieri e oggi: 10 anni di lavoro
del Consorzio Agorà”, Genova24.it).
Fin da subito, il progetto è stato estremamente impegnativo: il quartiere offriva molto poco ai suoi abitanti, erano presenti soltanto una farmacia, un supermercato, una polisportiva e una parrocchia; un abitante
su cinque era seguito dai servizi sociali. La maggior parte degli abitanti
del quartiere sono Italiani, ma non mancano gli stranieri: migranti di etnia
magrebina, albanesi, centrafricani e rom rumeni, residenti tutti nel medesimo palazzo, popolano il quartiere.
Con la nascita del progetto, gli educatori del Consorzio hanno iniziato ad intervenite nell’area, adottando la filosofia della peer education (l’educazione tra pari), attraverso la quale le informazioni su temi
specifici vengono trasmesse da un ragazzo ai propri coetanei. Tale strategia, molto efficace per i ragazzi di strada, permette di insegnare ai
49
Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
giovani ad essere formatori di se stessi e degli altri. Da alcune dichiarazioni dell’educatore di Agorà Pier Russo emergono le principali caratteristiche del progetto: «Col tempo sono stati creati i seguenti servizi: un
poliambulatorio con medici di base, un centro di ascolto e assistenza,
una polisportiva con corsi gratuiti per gli abitanti di Begato, un bar,
un’area gioco per i bambini da 0 a 3 anni e luoghi di ritrovo come lo
“Spazio Zero” dedicato all’educazione dei minori del quartiere e lo “Spazio Donne”, dove si svolgono attività, corsi e laboratori. È necessario far
crescere i ragazzi assieme, studiare insieme e far loro esprimere la creatività, ad esempio con i murales. Questo è un progetto educativo di comunità che tocca tutte le fasce di età; per gli adulti sono presenti
progetti di attivazione sociale; fino a qualche anno fa, grazie a una
maggiore disponibilità di fondi, erano attive anche delle borse lavoro,
ma purtroppo ora questo non è più possibile a causa dei continui tagli
alle risorse del sociale. Ci si dedica quindi maggiormente all’educazione
e prevenzione con i ragazzi e i minori. Novità assoluta è la casa per l’educazione ambientale: un edificio abbandonato e ricostruito dal Comune,
grazie a fondi regionali, con materiali completamente bio-compatibili.
Attualmente è co-gestita dalla Associazione del quartiere Begato e da
noi di Agorà; è stata costruita in modo che possa auto-produrre energia
ed è stata dotata di una serra, in cui si svolgono laboratori in collaborazione con le scuole genovesi. Rappresenta un’opportunità sia a livello
cittadino sia per i ragazzi di Begato che vogliono avvicinarsi alla sostenibilità ambientale».
Per unire gli abitanti del quartiere e farli sentire parte di un qualcosa,
è stato creato inoltre un giornalino di quartiere: “Diamante Vivo”, pubblicato quattro o cinque volte l’anno per fornire informazioni riguardanti
feste, ricette e interviste agli abitanti del quartiere. Tale pubblicazione
è un mezzo interessante capace di coinvolgere con discrezione le famiglie nella vita di quartiere.
3.2.2 -I servizi delle cooperative e i lavoratori di Agorà.
Le cooperative hanno precisi ambiti di competenza e si occupano di
molteplici attività collocate nel contesto dei servizi alla persona. Negli
anni, Agorà ha diversificato e sviluppato le tipologie di servizi attivati,
i cui destinatari comprendono: anziani, disabili, minori, donne, lavoratori
e immigrati. I servizi alla persona attivati da Agorà si possono raggruppare nelle seguenti aree:
• assistenza;
• attività socio-educative;
50
• animazione;
• produzione lavoro;
• servizio civile;
• servizi turistici e innovativi;
• servizi per le aziende.
Agorà, operando in collegamento con il territorio, contribuisce allo
sviluppo del cosiddetto “Terzo settore”: i soggetti che operano in
quest’ambito, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale,
associazioni di volontariato, organizzazioni non governative, sono organizzazioni di tipo privato, volte alla produzione di beni e servizi di destinazione pubblica o collettiva. All’interno delle strutture che gestisce
e coordina, il Consorzio promuove percorsi di solidarietà, accoglienza
e integrazione svolgendo un ruolo attivo di “governante locale”: promuove l’integrazione sul territorio di soggetti pubblici e privati, collettivi
e individuali nei seguenti campi:
• educativo;
• formativo;
• assistenziale;
• sanitario;
• d’inclusione sociale e lavorativa.
Il Consorzio promuove iniziative allo scopo di apportare benefici sia
in termini di sviluppo economico locale sia in termini di una maggiore
solidarietà sociale; inoltre, investe molto nella formazione e nell’aggiornamento dei suoi operatori allo scopo di garantire ricerca e sviluppo in
nuove aree di lavoro.
Il personale operante in Agorà è costituito da una notevole maggioranza di donne: oltre il 70% del personale è femminile e tale percentuale
è in costante aumento in tutti i livelli del Consorzio. Per quanto riguarda
le risorse umane, il Consorzio svolge un’attività di formazione continua e
costante con ruoli di tutoraggio, docenze e accompagnamento in
stage. I piani formativi sono co-finanziati dal FSE (Fondo Sociale Europeo)
e affrontano un’ampia gamma di argomenti quali: le questioni di genere, il controllo di gestione, la comunicazione, l’organizzazione del lavoro, le tecniche di fund raising per le imprese sociali, l’educativa
territoriale, gli interventi socio-educativi e l’assistenza socio-sanitaria.
Dal 2004 il Consorzio si è dotato di un sistema di autovalutazione delle
risorse umane, che permette il riconoscimento sia dei bisogni formativi
del lavoratore in relazione al ruolo ricoperto sia le aspirazioni professionali
individuali. Fra i dipendenti sono presenti lavoratori stranieri, in particolare
51
Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
di provenienza non comunitaria, che occupano soprattutto ruoli di
cura domiciliare e che costituiscono circa l’8% del personale; percentuale che, pur essendo in crescita, registra indici in linea con la media
del settore di riferimento.
Nel 2010 la cooperativa sociale Progres, membro di Agorà, ha offerto lavoro a 115 persone, di cui 46 appartenenti a fasce deboli della
popolazione individuate dalla legge 381/91. Occorre precisare che
molte persone non rientrano nella categoria di svantaggio, ma risultano comunque portatori di difficoltà di carattere sociale: problemi di
integrazione, scarsa scolarizzazione l’impossibilità di vedersi riconosciuti
titoli di studio conseguiti in paesi extracomunitari, lo smembramento
dei nuclei familiari d’origine, la presenza di figli piccoli o genitori anziani, ecc. Questi elementi vanno così a creare situazioni di disagio non
riconosciuto, che Agorà decide però di prendere in considerazione nel
nome dell’impresa sociale, per dare una concreta opportunità di realizzazione di sé a ogni persona svantaggiata ed evitare l’insorgere di
problematiche sociali.
3.2.3. La struttura organizzativa e il sistema gestionale
Le cooperative parte di Agorà non gestiscono i propri servizi e le proprie
funzioni, ma li delegano al Consorzio, che sviluppa un sistema gestionale articolato in tre organi sociali:
• l’Assemblea dei soci,
• il Consiglio di Amministrazione,
• la Direzione Generale.
L’Assemblea dei Soci è costituita dai rappresentanti di ogni cooperativa aderente e rappresenta la massima espressione democratica e di condivisione delle scelte politiche e organizzative. Il Consiglio
di Amministrazione detiene i più importanti poteri in ambito amministrativo e la Direzione generale, organo collegiale, è formato da soggetti che non appartengono al CdA e si occupa delle funzioni
manageriali. La struttura organizzativa si basa su un personale differenziato in macro livelli:
• Responsabili di area,
• Coordinatori di servizio (figure intermedie),
• Operatori (i soci e i dipendenti che rendono fruibili tutti i servizi del
Consorzio).
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Inoltre, sono presenti diverse funzioni di staff:
• Segreteria generale,
• Ufficio amministrativo,
• Ufficio comunicazione,
• Ufficio formazione,
• Ufficio gestione azioni finanziate,
• Ufficio del personale,
• Ufficio progettazione,
• Ufficio qualità, prevenzione e protezione lavoratori, HACCP
• Ufficio selezione,
• Ufficio stampa
Agorà opera all’interno di un sistema di relazioni che coinvolgono
molti soggetti e interessi: i cosiddetti stakeholder, che si distinguono in
interni ed esterni. Gli stakeholder interni sono tutti quei soggetti che lavorano a vari livelli all’interno del Consorzio:
• soci lavoratori,
• soci volontari,
• lavoratori dipendenti,
• dipendenti del servizio civile,
• stagisti e tirocinanti.
Gli stakeholder esterni invece possono essere di tre tipologie: istituzionali, fruitori e altri. Gli istituzionali sono coloro che pagano i servizi, i
fruitori sono coloro che usufruiscono e beneficiano direttamente dei servizi e gli altri sono coloro i quali, pur non avendo un rapporto diretto con
Agorà, ne influenzano comunque l’operato.
3.2.4 - Le aree di attività del Consorzio
Le tipologie di attività di Agorà, come già evidenziato più sopra, sono
organizzate in diverse aree:
Anziani e disabili
In questo settore, gli obiettivi perseguiti consistono nella cura e nel miglioramento della qualità di vita del destinatario; in tal modo vengono
incentivati il mantenimento dell’autonomia personale, la socializzazione, la prevenzione dell’emarginazione e il decadimento psicologico.
Agorà ha a disposizione una comunità alloggio per anziani autosufficienti e residenze protette per anziani parzialmente autosufficienti; in
53
Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
queste strutture svolge assistenza domiciliare, telesoccorso, (servizio di
teleassistenza, controllo, sostegno e soccorso attivo 24 ore su 24 e tutto
l’anno. Il fruitore per contattare il servizio deve premere il pulsante dell’apposito telecomando, che attiverà un segnale che raggiunge subito
la centrale di ascolto; gli operatori in sede di ascolto attiveranno immediatamente l’unità di soccorso più opportuna) e attività di animazione
contro il decadimento psicofisico, che comprendono laboratori di manualità e la partecipazione a eventi e mostre. Dal 2004 è attivo il servizio
dei custodi sociali, che monitorano circa 2000 anziani l’anno per prevenire eventuali problemi causati dal clima, con particolare attenzione
al periodo estivo.
Servizi Socio Educativi
• Centro Servizi per i minori e la famiglia del Comune di Genova: presente a livello municipale, offre percorsi educativi, ricreativi e di sostegno per bambini con situazioni familiari complesse e particolari.
Fanno parte di questo centro alcuni servizi specifici:
-
Affidi Educativi Individuali
Centri di Aggregazione
Educativa Territoriale
Centri Socio Educativi
• Il progetto nomadi e extracomunitari: con la presenza educativa
all’interno dei campi nomadi e delle comunità straniere, tale progetto realizza attività socio educative rivolte ai bambini, alle loro
famiglie e ai giovani adulti finalizzate all’integrazione e alla promozione della convivenza civile.
• Il servizio educativo del Centro di Prima Accoglienza minorile di
Genova: dove vengono ospitati i minori arrestati e in attesa di destinazione da parte del Gip; gli educatori di Agorà svolgono un lavoro di accoglienza, conoscenza e accompagnamento nei tre
giorni di permanenza nella struttura.
• La Comunità Educativa Assistenziale: in collaborazione con i servizi
sociali del Comune di Genova, si occupa di servizi di accoglienza
e inserimento di minori non residenti in famiglia con progetti educativi individuali di crescita e formazione.
• I centri di educazione al lavoro (CEL): rivolti ai ragazzi tra i 15 e i 21
54
anni, che hanno terminato i percorsi scolastici per motivi particolari,
le attività di questi centri si focalizzano sull’addestramento manuale, l’orientamento attraverso percorsi di counseling individuale
e l’esperienza del tirocinio.
• Le strutture casa-famiglia Samarcanda e Tangram: la prima dedicata ai minori non accompagnati e la seconda ai minori non accompagnati richiedenti asilo politico; quest’ultima è l’unico ente
SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) per
minori in Liguria.
• L’accompagnamento educativo a donne vittime di tratta inserite
nella struttura protetta Villa Canepa.
• L’accompagnamento del singolo minore lungo un percorso insieme all’Ufficio Stranieri del Comune, nell’ambito specifico della
“Presa in Carico Comune”.
Servizi Educativi Adulti (SEA)
Servizi per il sostegno, la consulenza, l’orientamento e l’inserimento lavorativo della fascia dei giovani e degli adulti. Il progetto si articola in
sistema di alloggi per la residenzialità sostenuta: alloggi CEA (Comunità
educative di accoglienza) sempre aperte e due CET (Comunità educative territoriali), chiuse durante i fine settimana, in modo che i ragazzi
possano tornare in famiglia; queste ultime, a differenza delle CEA, accolgono i casi più leggeri.
Infanzia e Animazione
• Asili nido e scuole materne: strutture interaziendali e pubbliche ( i
committenti di Agorà sono: l’Ospedale San Martino, l’Ospedale
Galliera, Regione Liguria, Selex-FINMECCANICA) gestite da amministrazioni comunali. Le aziende, insieme alla Regione Liguria,
creano servizi appositi per rispondere alle esigenze dei loro dipendenti, rivolgendo l’attenzione verso le tematiche familiari e di conciliazione. Il personale che si occupa di questi servizi è in possesso
dei requisiti previsti dalla legge e svolge periodicamente formazione psico-pedagogica.
• Centri Gioco all’interno di Spazi Famiglia: lo Spazio Famiglia è un
servizio, realizzato a Genova in cinque luoghi della città, che pro-
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Ambito
Umanistico
pone centri gioco per bambini fino a 6 anni, formazione per i genitori e mediazione familiare.
• Area gioco Diamante: situata nel quartiere di Begato, offre gratuitamente cura ai bambini da 0 a 3 anni e sostegno genitoriale alle
famiglie.
Ambito
Umanistico
• Attività estive: durante il periodo estivo Agorà gestisce attività quotidiane per i bambini sotto i sei anni, in modo da venire incontro
alle esigenze delle famiglie legate alla chiusura delle scuole.
• Servizi didattici e di animazione nella “Città dei bambini e dei Ragazzi”: situata nell’area del Porto Antico, è il primo centro in Italia
appositamente creato per un pubblico dai 2 ai 14 anni. Propone
alla scuola e alle famiglie un’esperienza di intrattenimento educativo in cui il bambino è l’attore principale.
Produzione e Lavoro
Collaborando con la cooperativa Progres, Agorà affronta le problematiche dell’inserimento lavorativo delle fasce sociali svantaggiate. Vengono gestiti servizi nel settore pulizie, prevedendo interventi giornalieri
di cura e riordino uffici, spazi espositivi e museali, ristorazione, Agorà gestisce la “Locanda del Monte” a San Fruttuoso, prevenzione incendi, rilevazione dei consumi nelle abitazioni e service spettacoli, con
l’allestimento di manifestazioni e spettacoli. In questo modo, Agorà
crea opportunità lavorative e di impresa sociale finalizzate al miglioramento delle possibilità di vita delle fasce più deboli della società.
Turismo
• Servizio Accoglienza e Informazioni all’interno dell’Area Porto Antico di Genova.
• Servizi di custodia museale e animazione presso il Museo della Lanterna di Genova e Genova Port Center, in collaborazione con la
Fondazione Muvita (centro di innovazione scientifica con sede ad
Arenzano, che lavora sul rapporto fra uomo, energia e clima).
• Dal 2001 il Consorzio è presente nella nautica sociale in collaborazione con la Provincia di Genova, l’ARPAL (Azienda Regionale per
la Protezione dell’Ambiente Ligure) e il centro velico Interforze. Il
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Consorzio ha a disposizione l’imbarcazione “Uragano”, una vela del
1978 ormeggiata presso Porto Antico, nella quale è possibile realizzare esperienze di gruppo formative e di educazione ambientale.
Servizio civile
Il Consorzio offre ai giovani tra i 18 e i 29 anni la possibilità di partecipare
al servizio civile, gestito dall’ex presidente di Agorà Silvio Masala, attraverso il progetto Macramè: un’importante esperienza di educazione
alla cittadinanza attiva e sociale per i giovani. «Oltre a gestire il servizio
civile con i ragazzi che vogliono partecipare ai progetti, stiamo lavorando per aprirlo anche alle fasce escluse, come gli immigrati e le persone con limitazione della libertà personale. Ci occupiamo anche di
progetti con le scuole superiori, lavorando sempre in stretta collaborazione con gli enti pubblici, con i quali, anni fa, avevamo dei rapporti di
gran lunga migliori; ora è tutto molto più burocratico» (estratto da un’
intervista realizzata, il 24.01.12, Silvio Masala, responsabile del Servizio
Civile per Genova e Provincia).
Servizi per le imprese
Agorà, nella gestione dei servizi per le imprese mira a promuovere e incentivare la Responsabilità Sociale di Impresa (RSI), consistente nell’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle
imprese all’interno delle loro operazioni commerciali e dei loro rapporti
con le parti interessate. La RSI svolge un ruolo estremamente importante
nella definizione dell’identità aziendale: migliora la cooperazione e l’attenzione all’ascolto nell’impresa, favorisce il coinvolgimento di ogni
membro, incentiva l’innovazione e la creatività. In generale, la competitività di impresa si basa sulla capacità di coordinare i processi organizzativi allo scopo di ottenere una gestione ottimale delle risorse umane.
Nel caso di Agorà, tali risorse sono costituite per il 70% da lavoratori di
sesso femminile, fascia maggiormente connessa alle problematiche di
conciliazione tra lavoro e sfera privata. Adottare una vera cultura conciliativa significa investire sui servizi basati sulle relazioni d’aiuto e sul miglioramento della qualità delle risorse umane. Esempio, in Agorà, è il
progetto CSO, “Conciliazione come Strategia Organizzativa”: il progetto,
finanziato dal Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della
famiglia, offre percorsi di formazione finalizzati a instaurare una buona
cultura conciliativa. Il progetto prevede due proposte: percorsi di formazione per implementare un’autentica cultura conciliativa e centri
estivi rivolti ai figli dei soci e dipendenti del Consorzio.
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Ambito
Umanistico
Per ragioni di rappresentanza politico-istituzionale e sindacale, di sviluppo del proprio mercato e di partecipazione al dibattito nazionale
sui temi sociali, Agorà aderisce a organismi del Terzo settore quali:
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Umanistico
• Federsolidarietà-Confcooperative: la prima è la più importante organizzazione di rappresentanza politico sindacale della cooperazione sociale in Italia; tra le cooperative aderenti, il 67% opera nel
settore socio-sanitario ed educativo e il 33% nell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati; la seconda è un’importante organizzazione, giuridicamente riconosciuta, di rappresentanza, assistenza e
tutela del movimento cooperativo e delle imprese sociali.
• Eticlab: associazione di imprese di cui Agorà è uno dei soci fondatori; tale organismo rappresenta un laboratorio sperimentale che
diffonde sul territorio ligure la cultura della RSI e il dialogo fra imprese. I membri che ne fanno parte vogliono promuovere i valori
di sostenibilità economica, sociale e ambientale, i quali devono
caratterizzare sempre più l’agire d’impresa. Vogliono opporsi a tutti
quei mondi che vedono le aziende solamente per le loro caratteristiche quantitative e valorizzare invece una responsabilità sociale
d’impresa che prenda in considerazione tre linee di fondo: equità
sociale, qualità ambientale, prosperità economica.
• Idee in rete è un consorzio nazionale sociale che opera con strumenti imprenditoriali per la promozione umana, l’integrazione sociale dei cittadini, la capacità di rispondere alle esigenze del
territorio, la creazione di capitale sociale e una distribuzione più
equa delle opportunità.
Agorà si adopera nel diffondere, attraverso eventi aperti al pubblico
e seminari specifici per i soci partecipanti, percorsi di sensibilizzazione, informazione e formazione volti a creare un ambiente di lavoro in cui venga
rispettata la dignità di ogni soggetto e non si verifichino casi di mobbing
o di molestia sessuale. Stiamo parlando anche della promozione delle politiche di genere, in quanto le donne hanno indiscutibilmente più difficoltà
nell’affrontare con successo progressioni verticali di carriera, a causa dei
problemi legati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ma anche
di una bassa percezione del proprio potenziale. Il consorzio Agorà è:
• Iscritto alla prima sezione del Registro Nazionale degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati art.54 DPR 31/8/99 N° 394,
con il numero A/158/2001/GE;
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• iscritto alla lista delle organizzazioni che aderiscono all’UNAR, Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione
delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica istituito
presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in attuazione della Direttiva dell’Unione Europea.
3.3 - Agorà e i progetti in favore dei gruppi nomadi
3.3.1 - Gli operatori di Agorà impegnati nei progetti in favore dei nomadi
Il Consorzio sociale Agorà, come già descritto in precedenza, ha attivato servizi orientati a favore delle fasce deboli della popolazione autoctona e straniera. Per quanto riguarda il settore stranieri, in principio,
vi erano due servizi differenti: uno per gli stranieri in generale e uno specifico per i gruppi nomadi, ma con il progressivo incremento dell’immigrazione e la riduzione delle risorse disponibili per il sociale, i due servizi
sono stati fusi insieme, creando un unico grande settore. In questo ambito, Agorà vuole promuovere l’idea di intervento, di socialità e di inclusione sociale per le fasce più deboli e offrire possibilità di crescita ai
minori in difficoltà.
Inizialmente i campi nomadi autorizzati sul territorio genovese erano
tre: Molassana, Bolzaneto e Foce; quest’ultimo, nel 1998, è stato smantellato dal Comune e i suoi abitanti trasferiti in case popolari e alloggi
sociali ubicati nelle zone del Centro storico, di via Bologna, Costa di Teglia e Voltri. Vi sono anche i campi dei rom rumeni, che però, a differenza dei precedenti, non sono autorizzati e così vengono di continuo
sgomberati e gli abitanti sistemati in luoghi temporanei per il periodo
massimo di tre mesi; perché i rumeni, in quanto comunitari, non possono
richiedere il permesso di soggiorno.
Una delle prime esperienze di Agorà con i gruppi rom è stato il progetto PAN (Progetto Avviamento Nomadi), iniziato nel 1996 con la collaborazione del Comune di Genova e dell’Assessorato alla Promozione
Sociale. Questa iniziativa era volta a creare delle opportunità scolastiche e lavorative, a partire soprattutto dai giovani; per quanto riguardava l’ambito lavorativo, l’UCIL - Ufficio Coordinamento Inserimenti
Lavorativi - metteva a disposizione numerose borse di lavoro adatte alle
esigenze del singolo. Ad oggi questa iniziativa non è più attiva, a causa
dei numerosi tagli alle risorse, ma Agorà non si è fermata qui e ha creato
nuovi progetti in favore dei rom per risolvere le problematiche legate
all’inadempienza scolastica e promuovere la mediazione e la prevenzione fra le famiglie.
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Ambito
Umanistico
Per conoscere al meglio il lavoro che Agorà svolge in favore dei nomadi, ho deciso di far parlare direttamente gli operatori intervistati durante la mia ricerca; per avere una visione comparativa del loro
operato, delle loro opinioni e considerazioni ho deciso di porre a confronto due interviste: la prima intervista (riportata qui di seguito) è stata
effettuata all’operatore Pier Russo, educatore professionale, 40 anni,
laureato in architettura; precedenti esperienze nel settore presso la Caritas italiana.
(Tesista, in seguito T.): Può parlare del suo inserimento in Agorà?
(Intervistato, in seguito I): «Ho iniziato nel 1999 come educatore nei centri estivi di Agorà con i ragazzi del Comune di Milano; ho continuato lavorando nei servizi socio-educativi e nel 2002 sono entrato nel settore
stranieri, in particolare i nomadi, con cui lavoro tutt’ora».
T: Può descrivere il settore di cui si occupa?
I: «Mi occupo dei campi nomadi e con l’ obiettivo di mantenere una
presenza costante con azioni di monitoraggio e di contatto diretto. I
campi a Genova prima erano tre: Foce e Molassana, con abitanti rom
di etnia bosniaca e il campo di Bolzaneto con abitanti rom di etnia diversa. Il campo della Foce è stato smantellato nel 1998. Il Consorzio si
rivolge soprattutto verso il minore, monitorandone lo stato di salute, la
frequenza scolastica e le condizioni abitative; successivamente si dedica all’intero nucleo familiare. È un lavoro in rete, in collegamento con
gli istituti scolastici, le associazioni, le ASL, i consultori, i distretti territoriali
e i committenti del servizio. Dopo il progetto PAN, ora non più attivo, lo
scenario su cui lavoriamo attualmente è cambiato: la maggior parte
delle ore si svolgono sui campi di Bolzaneto e Molassana; le risorse son
sempre meno, si fa l’essenziale. L’obiettivo però è sempre lo stesso: l’inclusione nel contesto cittadino. Si va avanti per micro obiettivi quali cercare una sistemazione per le famiglie che esprimono la volontà di uscire
dal campo, mediare le regole e le soluzioni con buon senso per l’uscita
dai campi fra gli uffici del Comune e gli abitanti, sostenere le famiglie
durante i percorsi scolastici dei figli, seguire il singolo bambino nelle ore
doposcuola. A differenza del progetto PAN non affrontiamo più l’inserimento lavorativo, perché non ci sono abbastanza risorse per garantire
loro delle borse lavoro. Partiamo dalle fondamenta, partiamo dai bambini [...]».
T: Quali sono le loro risorse e di cosa vivono?
I: «A Molassana raccolgono il ferro e si sono creati una rete con gli italiani: prendono, smontano e rivendono elettrodomestici e macchine.
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Questo gli permette di sopravvivere e di mangiare, che è quello che
più importa. Comprano sempre merendine e biscotti vari; alcuni vivono
di accattonaggio, i ragazzini vanno spesso a rubare. Noi proponiamo
loro il percorso della formazione scolastica, cerchiamo di dargli opportunità differenti di vita».
T: Una volta che si stabiliscono negli alloggi, i vostri progetti terminano?
I: «L’uscita dal campo non rappresenta la fine del progetto, bensì un
nuovo inizio: il progetto continua nel rendere autonome le famiglie nel
loro sostentamento. Qui entrano in gioco le grandi differenze culturali:
dalla loro condizione di famiglia allargata all’appartamento abitato
dalla singola famiglia. Ad esempio i bambini nel campo erano accuditi
da tutti gli abitanti, una volta negli alloggi restano solti, tanto che per
gli adulti solo fare la spesa risulta problematico. Immaginiamo una
madre di otto figli che deve uscire per la spesa, chi le guarda i figli nell’appartamento? O come fa ad andare a fare la spesa con otto figli?»
T:Qual è il vostro metodo di lavoro?
I: «Non c’è un modello vincente, si fa leva sul singolo; per esempio si
chiede a un bambino se il duro lavoro che fa il papà con il ferro gli
piace o se vorrebbe fare altro, si lavora sui loro desideri e li si indirizza
verso un percorso formativo. Per esempio, se una ragazza ha voglia di
diventare parrucchiera, noi ci informiamo in merito alle scuole presenti
e valutiamo se siano fattibili o meno. Inoltre, bisogna cercare di educare i genitori a responsabilizzare i figli maggiori e fare educazione ai
consumi della casa […]».
T:Com’è la vita all’interno del campo?
I: «All’interno dei campi ci sono molti conflitti per i ruoli di potere con
conseguenti episodi di giustizia fai da te. Sono molto “basici”, primordiali
e le faide interfamigliari sono molto frequenti. Il degrado è evidente;
tutto è fatiscente e c’è molta umidità. Le condizioni del campo rappresenta soltanto uno dei loro problemi: la loro vita è abbastanza breve,
in media sui 50 anni. La maggior parte delle ragazze ha un aspetto trascurato, a causa della cattiva alimentazione, del fumo e delle gravidanze precoci, periodo durante il quale non smettono di fumare.
Manca la cultura dell’infanzia e il senso di protezione: i litigi fra genitori
avvengono davanti ai figli, c’è molta promiscuità, molti condividono gli
stessi spazi, anche intimi come il letto. Il bambino è considerato un piccolo adulto e come tale deve partecipare a tutta la realtà del gruppo.
[…] Ci sono molte sovrapposizioni di ruoli all’interno dei campi, spesso
fratelli e sorelle non si considerano neanche o non sanno neppure di
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Ambito
Umanistico
esserlo. Gli anziani, come i malati e i disabili, sono emarginati e nessuno
si occupa di loro se non per il cibo. Molto spesso i figli abitano negli alloggi e i genitori anziani per strada. Gli episodi di cui abbiamo parlato
riguardano però una sola delle etnie di nomadi a Genova: i rom bosniaci; mentre i sinti non sono così, sono diversi».
Ambito
Umanistico
T: Può descrivere la loro diversità?
I: «Gli abitanti del campo nomadi di Bolzaneto sono italiani di etnia sinti
piemontese e non hanno problemi con il permesso di soggiorno, a differenza dei rom bosniaci che non ottengo il permesso, in quanto non
riescono ad avere un lavoro regolare e vivono in condizioni di continua
frustrazione senza nessun diritto: sono praticamente dei “non cittadini”.
I sinti sono quindi meno arrabbiati e rivendicativi: hanno cura dei loro
figli e non si fidano quasi di nessuno al di fuori del loro campo, accompagnano e vanno a prendere i loro figli a scuola anche quando sono
adolescenti. […] I sinti, nelle generazioni dei quarantenni, rispecchiano
proprio l’immagine romantica dello zingaro, quello che vive sotto il cielo
stellato e afferma “io in casa non ci vivrò mai!”; mentre i più giovani
sono allettati dal nostro mondo[…].
T: Come è cambiato il fenomeno dell’immigrazione a Genova nel
corso degli anni?
I: «I rom si sono stabiliti a Genova in modo significativo da circa trent’anni; fenomeno nuovo sono invece i rom rumeni, arrivati in Europa a
seguito dell’entrata della Romania nell’Unione Europa nel 2007. A Genova circa 300 rom rumeni si sono accampati sotto diversi ponti, in particolare quello di Cornigliano; tale fatto può essere definito come una
vera e propria emergenza sanitaria e di sicurezza. Per migliorare queste
condizioni, il Comune ha realizzato interventi di emergenza e diversi
sgomberi. In genere i rom rumeni non hanno l’idea di trasferirsi in maniera permanente nel nostro Paese; il loro tipo di immigrazione non è
stanziale, avendo continui percorsi di ritorno. Si stabiliscono in Italia per
circa 5-7 mesi, lasso di tempo in cui svolgono principalmente attività
di richiesta elemosina, per poi ritornare in Romania dove vivono grazie
ai soldi raccolti nelle nostre città. Molti sono musicisti di strada e pertanto abbiamo provato a creare una cooperativa di musicisti con esibizioni e serate. Il Consorzio ha messo a disposizione il supporto
logistico, luoghi, servizi tecnici ed educatori. Il progetto è andato bene
rivelandosi positivo: tali risultati hanno avuto tuttavia vita breve in
quanto l’unità del gruppo non ha retto, a causa dei continui ricambi.
Conflitti di ruolo e risorse in diminuzione hanno comportato lo scioglimento della cooperativa».
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La seconda intervista realizzata nell’ambito della ricerca ha visto
come protagonista Alice Cigalini: educatrice, 26 anni, diplomata presso
liceo socio-psico pedagogico e laureanda in Scienze Politiche. Precedenti esperienze nel settore: servizio civile presso Agorà
T: Può dire com’è avvenuto il suo inserimento in Agorà?
I: «Per me Agorà è come un gigante del sociale. Nel 2007 ho iniziato col
servizio civile presso le strutture di Agorà, Samarcanda e Tangram e i
campi nomadi. Lavoravo come supporto agli educatori: mi occupavo
di attività correlate come l’accompagnamento sanitario, ma avevo
anche molti spazi personali, osservavo molto ma allo stesso tempo partecipavo anche. Alla fine del servizio civile mi hanno chiesto di fermarmi
e così nel 2008 ho iniziato il mio lavoro in Agorà, continuando sempre
ad occuparmi del Tangram, di Samarcanda e dei nomadi, sui quali mi
sono concentrata maggiormente. Per un anno ho anche prestato servizio a Villa Canepa e nel centro territoriale doposcuola “Gavette”».
T: Può descrivere il settore di cui si occupa?
I: «Il mio settore si occupa degli stranieri in generale, dei nomadi e della
PCC. Lavoriamo con i nomadi dei campi di Molassana, Bolzaneto ed ex
Foce. Gli abitanti della Foce sono stati sistemati in case popolari o alloggi
sociali ubicati nelle zone del Centro storico, di via Bologna, Costa di Teglia
e Voltri. Seguiamo diverse famiglie soggette a forti difficoltà lavorative sia
nel trovare un impiego sia nel mantenerlo ed educative nei confronti dei
figli. Ci occupiamo inoltre dell’accompagnamento dei più giovani nei
percorsi scolastici e nei doposcuola […]. Ci occupiamo anche dei rom
rumeni: per constatare le loro reali condizioni di vita, io e una mia collega,
ci siamo recate direttamente in Romania.
Oltre ad Agorà, nella PCC, situata al secondo piano del Matitone,
partecipano anche altri enti: il Comune, le cooperative La Salle, Saba,
Don Orione, Auxilium e Federazione Solidarietà e Lavoro. Gli enti del privato sociale e il Comune hanno pari dignità: nessuno sovrasta l’altro e si
lavora in condivisione d’équipe. Lo sportello è aperto al pubblico il lunedì
mattina, momento in cui si accolgono tutte le richieste, che vengono poi
valutate in condivisione d’équipe il martedì pomeriggio; la mattina del
mercoledì vengono presi in gestione i vari casi . Tutto è all’insegna della
flessibilità, dinamicità ed elasticità. La PCC si occupa della fetta degli
stranieri regolari, dei richiedenti asilo, dei rimpatri volontari assistiti del progetto NIRVA con i fondi europei e dei rinnovi dei permessi umanitari; i
clandestini non possono essere aiutati.
Come Agorà gestiamo anche i posti letto nei dormitori, come il Massoero. Molti rom richiedono servizi mensa, offerti dalla cooperativa Auxilium
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Umanistico
con mense aperte a tutti. La PCC si occupa anche di due comunità alloggio, destinate alle fasce disagiate, che si trovano a Prà e a Costa di Teglia».
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Umanistico
T: Che cos’è il progetto NIRVA?
I: «Il progetto NIRVA si occupa delle categorie deboli di stranieri che
hanno difficoltà a rinnovare il permesso di soggiorno, in quanto decaduti i requisiti. Inizialmente, il progetto si occupava anche dei clandestini, anzi era nato appositamente per loro, ma poi con la legge BossiFini ( legge del 30 luglio 2002, n.189, in modifica del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero) questo non è stato più permesso. Vengono attuati
rimpatri assistiti ai rifugiati che rinunciano al loro status, a chi ha il permesso umanitario, agli art.18 (anche se sono pochissime le ragazze che
chiedono il rimpatrio), e art.13, a chi aveva un lavoro subordinato o
autonomo, a chi ha problemi familiari (ad esempio chi non ha più l’appoggio di un parente in Italia). La maggior parte dei fondi europei è
destinata ai rimpatri coatti o forzati, il restante per i rimpatri assistiti: ultimamente ci sono dei “lavori in corso”, ovvero si sta cercando di mettere in primo piano quelli assistiti. Quest’anno abbiamo ottenuto 200
posti dedicati ai rimpatri assistiti».
T: Come avviene un rimpatrio assistito?
I: «Il viaggio è tutto spesato e in più vengono consegnati 400 euro al singolo richiedente. Del viaggio, dell’arrivo e degli aspetti logistici se ne
occupa l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, fondata
nel 1951; l’Italia è uno dei paesi fondatori) che ha delle sedi anche nei
Paesi terzi. Il richiedente del rimpatrio viene portato dall’organizzazione
presso il luogo dove risiederà; una volta arrivato non viene abbandonato, vengono infatti erogati servizi e aiuti allo scopi di avviare un’attività lavorativa. La maggior parte degli stranieri che richiedono il
rimpatrio sono ecuadoriani: questo accade perchè essi hanno più tessuto sociale nel Paese d’origine e perché l’Ecuador ha cominciato ad
erogare fondi per finanziare progetti di rimpatrio e avviamento lavorativo per chi desideri tornare in patria».
T: Quali sono le problematiche più frequenti?
I: «Il lavoro, la casa, l’irregolarità di molti stranieri immigrati e la mancanza di risorse».
T: Con quali nazionalità di immigrati vi rapportate e quali sono le più
problematiche?
I: «Gli Ecuadoriani sono sicuramente i più numerosi nei centri dopo-
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scuola per minori, nei rimpatri assistiti e nell’educativa di strada svolta
da educatori maschi coinvolgono i ragazzi in modo molto informale,
ad esempio con partite di calcio. Le donne equatoriane sono molte e
riescono bene a inserirsi nel tessuto sociale; insomma, gli ecuadoriani
sono tanti, ma non sono certo gli immigrati più deboli: tutti gli Ecuadoriani hanno una casa. I più deboli sono coloro che hanno difficoltà a
regolarizzarsi: magrebini, bosniaci e rumeni, che essendo comunitari
quando si rivolgono alla PCC hanno diritto solo al servizio mensa». […]
T: Quali prassi seguite per i minori non accompagnati?
I: «Solitamente vengono fermati in primis dalle forze dell’ordine per poi
essere presentati all’Ufficio stranieri: qui vengono sottoposti all’analisi
del polso allo scopo di individuare l’età. Successivamente, vengono inseriti nelle varie comunità. Villa Canepa si occupa di aiutare le ragazze
che escono dalla tratta (at.18), oltre che dell’emergenza minori: se richiedenti asilo questi vengono inseriti nella struttura per rifugiati Tangram. Gli unici minori “in giro” sono rom; quando vengono colti a rubare
sono inseriti nelle comunità, dalle quali si allontanano volontariamente
per ritornare nei campi dove risiede tutta la loro famiglia».
T: Quali prassi seguite invece per i rifugiati?
I: «I rifugiati adulti che arrivano alla PCC vengono inseriti nella struttura
SPRAR (Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e
rifugiati), territoriale per adulti. Nel caso siano minori vengono invece
sistemati al Tangram: sempre struttura SPRAR ma per minori non accompagnati. Pochissimi ottengono l’asilo politico: la sua durata è di 5 anni.
Chi esce dalle strutture SPRAR può intraprendere percorsi di borsa lavoro con l’UCIL, che offre borse dai 2 ai 6 mesi, e seguire corsi di Italiano
per stranieri. Ci sono spesso problemi con la questura per i rifugiati che
richiedono il rinnovo del permesso in quanto nascono spesso problemi
legato alla residenza: chi è già uscito dagli SPRAR chiede aiuto alla
PCC per essere reinserito in comunità alloggio per un breve periodo, in
modo da risolvere i problemi burocratici». […]
Dopo aver riportato alcuni estratti dalle interviste realizzate, vorrei
aggiungere l’opinione dell’ ex presidente di Agorà, Silvio Masala, responsabile del servizio civile di Genova e Provincia, che in passato si è
occupato in maniera attiva dei progetti in favore dei nomadi.
T: Che tipo di ruolo svolgeva nei progetti con i nomadi?
I: «Ho creato i primi progetti per i campi nomadi legati al problema dell’inadempienza scolastica. Abbiamo cominciato col portare a scuola i
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Umanistico
ragazzi, poi siamo entrati fisicamente nei campi e abbiamo affrontato
progetti di mediazione e prevenzione con le famiglie».
Ambito
Umanistico
T: Come sono le reazioni degli abitanti dei campi?
I: «Non ci sono stereotipi, ogni famiglia è a sé: alcune ti seguono con
interesse, a differenza di altre che non ne vogliono neanche sapere. È
molto difficile avere a che fare con i nomadi, dopo anni di progetti
spesso capita di dover ricominciare da zero. Nei campi manca la costanza nel perseguire certi obiettivi, anche se molte volte accadono
anche miracoli: i ragazzi continuano la scuola, vanno alle superiori e
trovano un lavoro. I bambini nati nei campi situati in Italia sono Italiani,
anche se spesso non gli vengono riconosciuti pari diritti. Il campo nomadi della Foce è stato smantellato e i suoi abitanti sono stati trasferiti
in appartamenti comunali. Forse i nomadi di questo campo avrebbero
preferito restare tutti insieme, ma almeno le condizioni igienico-sanitarie
sono notevolmente migliorate».
T: Quali traguardi importanti ha raggiunto il Consorzio?
I: «Il fenomeno dei nomadi a Genova direi che è stato molto ben gestito: è stata notevolmente abbassata la soglia di conflitto sociale, i
bambini vanno a scuola e ottengono gli strumenti per integrarsi».
Per instaurare rapporti con la popolazione rom è necessario in primo
luogo avere una profonda conoscenza di questo popolo e tenere presente la loro originalità culturale. Ogni intervento volto ad aiutare individui in condizioni di miseria e di marginazione sociale non può limitarsi
al soccorso immediato. I destinatari del progetto devono essere stimolati a operare il cambiamento sociale e il miglioramento del proprio
stato; devono prendere coscienza della realtà attuale e compiere il
percorso necessario per inserirsi in una società che reputano estranea.
Un progetto di successo avviene se chi lo intraprende ha una notevole
conoscenza dei valori socio-religiosi di questo popolo, in modo da instaurare con loro un reale scambio. Sarebbe ottimale promuovere il
mantenimento di tali valori, in modo compatibile con la nostra società.
[…] Una proposta pratica potrebbe essere quella di valorizzare le loro
abilità artigianali, inserendole in attività tecniche moderne. […]
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4. “Il bilancio delle competenze dei volontari del
servizio civile nazionale”
A.S.P.I.C. - Associazione per lo sviluppo psicologico dell’individuo
e della comunità . Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale. Master in counseling professionale “Counseling aziendale”. A cura di Arianna Novelli; Relatore: Dr.ssa Moresco Maria
Cristina, anno 2014.
4.1 - Introduzione
Ho deciso di svolgere la mia attività di tirocinio presso il Consorzio Sociale Agorà, del quale sono socia lavoratrice dal 2007. La mia decisione
deriva, innanzitutto, dall’interesse che ho maturato, in questi anni, nei
confronti del metodo di conduzione delle supervisioni, delle attività di
formazione e della costruzione del Bilancio di Competenze, alle quali
ho avuto l’opportunità di partecipare grazie all’impegno del nostro Psicologo del lavoro e Counselor Professionista, Umberto Lavolpicella.
Credo fermamente nell’importanza del Servizio Civile Nazionale e
da alcuni anni sono stata formata per assumere il ruolo di Operatore
Locale di Progetto, figura che accompagna i ragazzi del Servizio Civile
durante l’anno di volontariato. Grazie a questa mansione, ho potuto
apprezzare l’enorme importanza dell’esperienza di Servizio Civile, osservando quando quest’ultima sia occasione di crescita personale e
professionale e quanto beneficio il lavoro dei volontari abbia portato
al funzionamento dei nostri servizi. Infine, il mio Consorzio, mi ha facilitata nello svolgere questo Master assegnandomi 200 ore di permessi
studio retribuiti e, anche per questo motivo, ho deciso di dedicare il mio
tirocinio alla mia organizzazione.
Il Consorzio Agorà è un’impresa sociale composta da cooperative,
che si occupano di attività diversificate nel panorama dei cosiddetti
“servizi alla persona”. Costituitosi nel 1995, ha sede nel centro storico di
Genova ed opera su un territorio prevalentemente genovese. Dà occupazione a circa 600 addetti con l’obiettivo primario di promuovere
percorsi di solidarietà, accoglienza ed integrazione all’interno delle comunità locali, ma anche di servizi per le aziende.
Il Consorzio aderisce a Federsolidarietà-Confcooperative, è membro
dell’associazione di imprese EticLab per la divulgazione della Responsabiltià Sociale di Impresa, del Consorzio Nazionale Sociale "Idee in
Rete" e Consorzio nazionale "Idea Lavoro".
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Il Consorzio, oltre a i vari servizi svolti, offre la possibilità ai giovani tra
i 18 e i 29 anni di partecipare al Servizio Civile nel campo dei servizi alla
persona e alla comunità. I volontari, impegnati nel Servizio Civile, svolgono una formazione obbligatoria in materia di comunicazione, lavoro
di gruppo e per lo sviluppo di competenze relazionali, oltre ad affrontare temi specifici di approfondimento sul ruolo dell'Educatore all'interno del Consorzio. I ragazzi hanno anche la possibilità di rivolgersi a
uno sportello di Counseling gratuito per affrontare problemi che si possono verificare nel corso dell'anno di servizio. Inoltre, il nostro Consorzio
da alcuni anni ha deciso di offrire ai volontari la possibilità di costruire il
proprio Bilancio di Competenze.
Il mio lavoro, durante il tirocinio, svolto in affiancamento allo Psicologo del Lavoro del nostro Consorzio, è stato quello di:
- supportare, in qualità di Tutor d'aula, l'attività formativa i ragazzi del
Servizio Civile;
- accompagnare, in qualità di Counselor, i ragazzi che hanno richiesto di elaborare il loro Bilancio di Competenze;
- offrire il mio ascolto presso lo Sportello di Counseling gratuito.
4.2 - Il Servizio Civile Nazionale
4.2.1 - Storia e caratteristiche
Il Servizio Civile Nazionale, istituito con la legge 6 marzo 2001 n° 64, - che
dal 1° Gennaio 2005 si svolge su base esclusivamente volontaria - è un
modo di difendere la patria, il cui "dovere" è sancito dall'articolo 52
della Costituzione; una difesa che non deve essere riferita al territorio
dello Stato e alla tutela dei suoi confini esterni, quanto alla condivisione
di valori comuni e fondanti l'ordinamento democratico. È l’opportunità,
messa a disposizione dei giovani dai 18 ai 29 anni di dedicare un anno
della propria vita a favore di un impegno solidaristico, inteso come impegno per il bene di tutti e di ciascuno e, quindi, come valore di coesione sociale.
Il Servizio Civile volontario garantisce ai giovani una forte valenza
educativa e formativa, un’importante e spesso unica occasione di crescita personale, una opportunità di educazione alla cittadinanza attiva,
contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro
Paese. Chi sceglie di impegnarsi per dodici mesi nel Servizio civile volontario, vuole aggiungere un'esperienza qualificante al proprio bagaglio di conoscenze; questa può risultare spendibile nel corso della vita
lavorativa, quando non diventa addirittura opportunità di lavoro, che
68
nel contempo assicura una, sia pur minima, autonomia economica.
Le aree di intervento nelle quali è possibile prestare il Servizio Civile
Nazionale sono riconducibili ai settori: assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all'estero.
4.2.2 - Opportunità per gli Enti
Gli enti di Servizio Civile sono le amministrazioni pubbliche, le associazioni non governative (ONG) e le associazioni non profit che operano
negli ambiti specificati dalla Legge 6 marzo 2001, n. 64. Il Servizio Civile
Nazionale consente agli enti accreditati di avvalersi di personale giovane e motivato, che, stimolato dalla possibilità di vivere un'esperienza
qualificante, assicura un servizio continuativo ed efficace. L'impiego dei
volontari del servizio civile attiva un rapporto privilegiato con i ragazzi
che, dopo i 12 mesi di servizio, tendono in genere a mantenere contatti
collaborativi con l'ente.
4.3 - Il Progetto di Servizio Civile Agorà: Macramè FUN 2014
Gli obiettivi del progetto di Servizio Civile messo in pratica dal mio Consorzio sono:
• sostenere la trama delle comunità (da qui è nato il titolo metaforico del progetto)
• individuare in modo approfondito i nodi e le relazioni da “ritessere”
e agire su di essi, per promuovere un welfare riferito all’infanzia,
all’adolescenza e ai giovani, incardinato “nel” tessuto della società
e non solo “contro” (il disagio, le emergenze).
Il progetto s’inscrive nel corso della progettualità di Servizio Civile sviluppata dalle cooperative di Confcooperative in questi ultimi anni. Infatti, in questo periodo, l’accento è stato posto:
1. sui bisogni e sulle caratteristiche sociali intrinseche delle Comunità
locali presso le quali sono inseriti i servizi oggetto della progettazione, i quali a loro volta rispondono alle istanze non coperte
dall’offerta pubblica;
2. sulla proposta - per i volontari - di inserirsi nelle attività con un ap-
69
Ambito
Umanistico
proccio di connessione con il territorio, di massimizzazione delle
competenze locali, di comunicazione con pari esperienze limitrofe, etc.
Lo slogan del Progetto è: “annodiamo «Fino all’Ultimo Nodo» i fili
della rete territoriale” con un MACRAMÈ
Ambito
Umanistico
La specificità del progetto 2014 consiste nel portare a termine il ciclo
triennale del “Macramé”, metafora dell’intrecciarsi fra servizi e azioni
diverse, orientate in una comune direzione, che pone alla sua base la
conoscenza e l’empowerment delle reti territoriali e il ruolo attivo dei
giovani in Servizio Civile all’interno di esse.
La “mucillaggine sociale”, suggestiva e grave metafora coniata dal
Censis per descrivere la situazione sociale italiana sin dal 2007, che richiama sinteticamente lo sfaldarsi (e/o il non trovarsi o non ritrovarsi)
delle relazioni vitali fra le persone e i loro contesti, in primo luogo comunitari (ma, per estensione: familiari, amicali, di mutuo-aiuto, etc.), si è
saldata alla contemporanea crisi del sistema di servizi. Questo è connesso alle “riorganizzazioni” del sistema di Welfare (pubblico), necessarie dopo il concreto assottigliarsi delle risorse economiche ad esso
destinate.
Questa situazione, che unisce la “liquidità” baumaniana delle relazioni fra le persone all’interno delle loro comunità (persone che vivono
un orizzonte comunitario più disparato, incapace di ritrovare spazi e
ruoli della persona nei contesti comunitari, di accogliere le fragilità della
vita di ciascuno anche nella loro “normalità”) al concreto impoverimento, in termini economici delle città e delle famiglie, e dei servizi loro
dedicati, acuisce problematiche sociali di esclusione e disagio; questo
è il caso specifico ad esempio dell’immigrazione, dell’allargarsi della
povertà, della rottura delle relazioni familiari, della maternità poco o affatto sostenuta, della ricerca del lavoro per i giovani, delle scelte connaturate alla formazione e alla ricerca del lavoro (ad esempio, la crisi
della formazione universitaria o, per stare nella situazione genovese e
ligure, nel ritorno a una formazione “classista”, che vede oltre l’80% dei
figli di immigrati scegliere esclusivamente una formazione secondaria
professionale o tecnica).
Agire per e a favore delle “persone” con servizi e proposte che comunemente vanno sotto il nome di “welfare” rischia di divenire al più
una sommatoria di palliativi sociali con poca lungimiranza e ancor
meno sostenibilità socioeconomica sul medio e lungo periodo (una
sorta di SOS Sociale, che opera solo sulle emergenze). Per questa ragione, l’intervento sociale deve considerare come non marginale l’at-
70
tenzione alla ricostruzione, anche prevedendo e potenziando la possibilità di risoluzione delle problematiche, a partire dalle risorse delle comunità stesse. L’impegno di agire sui “nodi” (i luoghi delle relazioni delle
persone: familiari, territoriali, di comunità, culturali, etc.) viene proposto
nel nostro progetto con un occhio sulla sostenibilità economica del sistema, proponendo occasioni e servizi che li rinforzino laddove deboli
e che li considerino come parte integrante di una trama interdipendente. Lo sfilacciarsi di una parte di questa comporta inevitabilmente il
deterioramento a lungo andare del tutto. [...]
“FUN” è l’ acronimo quasi provocatorio dell’azione che vuole investigare e agire “Fino all’Ultimo Nodo” le opzioni di risoluzione delle problematiche sociali, in tempi di crisi dei cittadini e delle Istituzioni; rilancia
con una visione “positiva” l’azione e l’impegno sociale, non come
“costo”, ma come scelta di vita privata (nella formazione personale e
civica dei giovani in SC) e lavorativa (degli operatori dei servizi socioeducativi e formativi presso cui gli stessi giovani sono inseriti). [...]
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Ambito
Umanistico
5. “Convivenza, confronto e gestione delle decisioni comuni in un quartiere genovese”
Università degli Studi di Genova - Facoltà di Scienze Politiche.
Corso di Laurea in Scienze Politiche. A cura Luciano Leporatti; relatore Prof. Andrea Fabrizio Pirni, A.A. 2011/2012.
Ambito
Umanistico
5.1 - Introduzione
La tesi nasce dal lavoro da me svolto nel quartiere Diamante, in Valpolcevera, in qualità di educatore all’interno del “Progetto Diamante”, servizio del Consorzio Agorà. Nella tesi vengono approfonditi i temi
riguardanti i rapporti di convivenza fra gli abitanti, i conflitti e la gestione
di questi da parte dei residenti, delle istituzioni e degli enti del Terzo Settore, che operano all’interno del quartiere. Vengono poi esaminati i ruoli
assunti da tali enti nell’ambito delle decisioni riguardanti il quartiere: si
ipotizza che le attività svolte dai diversi soggetti abbiano avuto un ruolo
rilevante nel cambiamento e nel miglioramento delle relazioni fra le persone nel territorio e con la città. [...]
Dalla fine degli anni Novanta è stato pensato e portato avanti il Progetto Diamante, una serie di iniziative di natura educativa e sociale rivolta prevalentemente agli adolescenti e ai giovani adulti. Finanziato
dalla Legge Turco sull'infanzia del 1997, attraverso il Consorzio Agorà e
i suoi educatori ha avuto inizio un percorso di educativa di strada e di
comunità. Individuati e ascoltati i ragazzi nei loro luoghi di ritrovo (strade,
piazze, bar della zona), sono stati realizzati piccoli progetti collettivi e
individuali, per mostrar loro altre possibilità di vita, oltre la devianza e le
attività delinquenziali. In questo modo, è iniziato il progetto Officina, nel
quale si aggiustavano legalmente motorini mediante un educatore
esperto; si organizzavano concerti di musica techno, tornei di calcio
nei campetti vicini e altre attività animative. Alle iniziative rivolte e realizzate dagli adolescenti, si sono affiancate nel tempo altri servizi, quali
l’asilo nido gratuito per i bimbi del territorio sotto i tre anni, la nascita di
una rete di associazioni del quartiere per sostenere varie iniziative e
feste, l’analisi dei problemi esistenti e la ricerca di soluzioni con l'aiuto
delle istituzioni. Attualmente, il Progetto Diamante occupa spazi realizzati ad hoc dal Comune di Genova nei basamenti della Diga Rossa,
denominati Spazio Zero e Spazio Donne, e nuovi ampi locali adibiti ad
asilo nido in via Cechov. [...]
Da alcuni dati del 2003, forniti dal Distretto di Bolzaneto e usati per il
72
Contratto di Quartiere (poi, non realizzato), il Diamante mostra un indice
di problematicità superiore a 12 % (Rapporto fra abitanti e utenti dei
Servizi Sociali di un determinato territorio). Nel 2003 su circa 2500 abitanti, il quartiere presentava circa 400 individui, fra minori, adulti e anziani, seguiti dai Servizi Sociali e/o dal Tribunale dei minori, con interventi
economici, di appoggio ed educativi. Nello stesso periodo nel Distretto
di Bolzaneto, su una popolazione di circa 28 mila abitanti, i seguiti arrivavano a quasi 1500. Quindi, meno di un decimo della popolazione del
territorio concorre a formare quasi un terzo degli assistiti. Questa situazione era già presente nel 1999 anno in cui gli educatori di strada entrano nel quartiere con il Progetto Diamante (Servizio gestito dal
Consorzio Agorà): «Da subito le problematiche emerse riguardavano la
grande difficoltà nella vivibilità del quartiere, sia per la conformazione
architettonica degli edifici, in particolare della Diga sia per come veniva di fatto abitato: molti nuclei familiari inviati nell’area presentavano
difficoltà estreme e forti situazioni di disagio. All’interno del quartiere
coesistevano quindi situazioni di difficoltà sociale, economiche, sanitarie, che andavano a sovrapporsi. Da alcuni racconti del passato
emerge come gli assistenti sociali di zona avessero in carico palazzi interi. Il distretto sociale si è trovato a dover affrontare le ridotte risorse dei
servizi sociali a disposizione; le risorse sono state pertanto concentrate
su tutto il quartiere, malgrado in realtà fossero necessarie per tutta la
Valpolcevera. Quindi, vi era una forte impossibilità a rispondere alle altre
esigenze esterne, nonché un'inadeguatezza anche rispetto alle esigenze stesse del territorio. Per cui si è pensato di proporre un progetto
più sistemico, che prevedesse un intervento rivolto a un numero elevato
di ragazzi: se tale intervento fosse stato proposto a un ragazzo alla volta,
sarebbe stato impossibile da realizzare» (Paolo Putti, coordinatore Progetto Diamante).
Il Progetto Diamante si è occupato del quartiere, partendo dalla
possibilità di costruire una comunità o comunque agevolare i legami
fra le persone.
«Un consistente numero di nuclei familiari e singole persone sono arrivati;
tali gruppi presentavano forti problematiche, sia in campo sociale (nuclei con difficoltà sociali all'interno, con difficoltà sociali magari dei minori, ecc.) sia in campo sanitario. Inoltre, alcuni nuclei presentavano
difficoltà legate a processi migratori, trascinate da più generazioni e
mai risolte. Tali problematiche hanno portato nel quartiere persone, provenienti ad esempio del Centro storico, arrivate da una migrazione, magari con figli - quindi seconde generazioni - in condizioni di forte rischio
a causa del mancato superamento del processo migratorio e pertanto
rimaste in una dimensione di sottocultura, o di altro tipo di difficoltà.
73
Ambito
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Ambito
Umanistico
Questo era il panorama; inoltre, la struttura urbanistica del quartiere
si confrontava con l'esigenza di costruire una comunità che non c'era.
Questo non è un quartiere che ha una storia perché manca una comunità, evolutasi attraverso conflitti e difficoltà, alla base della quale
viene costruita un'identità. Il quartiere presentava una “non comunità”
costituita da soggetti diversi provenienti da posti diversi, presi o per
scelta o per forza e messi assieme. Non si può pensare di costruire forzatamente una comunità e pertanto, negli anni, questi soggetti hanno
dovuto confrontarsi in un clima di conflittualità che questo quartiere
esprimeva, nella speranza di poter diventare un giorno una comunità.
Per tutto questo ci sono voluti 15 o 16 anni, prima che in questo quartiere, anche grazie all'intervento dei servizi sociali e degli operatori di
strada, potesse pensare di esprimere una voglia di essere comunità, e
in particolare di essere parte della comunità della città» (Paolo Putti,
coordinatore Progetto Diamante).
Anche il Presidente del Municipio considera gli educatori di strada
come uno strumento in grado di essere riconosciuto dagli abitanti come
differente dalle altre istituzioni presenti nel quartiere.
«Credo che lo stesso Distretto sociale avesse pagato e paghi il fatto
di essere individuato più come un soggetto istituzionale nei confronti
del quale avere qualche sospetto. Forse gli educatori e la cooperazione, da questo punto di vista, sono stati percepiti in modo meno istituzionale, più diretto. Immagino che abbiate avuto e abbiate problemi,
però io ho notato che nelle relazioni e nei rapporti di questi anni, da
parte soprattutto di alcuni giovani, alcuni di voi educatori destavano
in loro forse più fiducia rispetto alle istituzioni». (Gianni Crivello, presidente Municipio 2002-12).
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6. “Ri-pensare le differenze”
Università degli Studi di Genova, Facoltà di lettere e filosofia - Laurea Magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia. A cura di
Luana Castellani; Relatore: Bruno Barba; Correlatore: Marco Aime,
A.A. 2014/2015.
6.1 - Fenomeni di discriminazione e stigmatizzazione sociale
delle differenze
L’immigrazione in rapida crescita negli anni Ottanta diventa una questione sociale in seguito a provvedimenti legislativi, che negano l’accesso ai diritti per i nuovi arrivati. Nel 1989, nel tentativo di supplire
all’inadeguatezza delle istituzioni, si unirono a Genova nel Forum Antirazzista una pluralità di associazioni che comprendeva: organizzazioni
sindacali- quali, CGIL, CISL, UIL-, Lega per i Diritti dei Popoli, Sant’Egidio,
Auxilium Caritas, ARCI, le prime associazioni dei migranti Palestinese, Eritrea, Cilena, Iraniana, Somala, Marocchina, Egiziana.
L’inizio degli anni Novanta coincide con un periodo di forti tensioni
sociali che si concretizzano nella decisione del Comune di Genova di
procedere ad azioni di sgombero nella zona di Prè, dove vivevano soprattutto immigrati senegalesi, senza la garanzia di alcun diritto. Il Forum
Antirazzista nacque in quella occasione: le associazioni che si occupavano della questione dell’immigrazione in città si unirono in una rete che
divenne un coordinamento permanente. Lo scopo comune era trovare
una modalità d’azione condivisa capace di segnalare abusi e negazione
di diritti di cittadinanza e umani, sollecitare interventi, organizzare attività
culturali e formative, svolgendo un’azione di intermediazione con gli Enti
locali e istituzionali (Comune e Regione). L’attività del Forum Antirazzista
si concluse nel luglio 2001 in seguito agli avvenimenti del G8 a Genova.
Nel 2006 il materiale fu colpito dall’alluvione; in seguito fu recuperato
e restaurato e raccolto nei fondi della Sede della Camera del Lavoro.
Attualmente il materiale del Forum Antirazzista si trova presso il Centro
Studi Medì (di cui fa parte il Consorzio Agorà) di Genova.
Nell'ambito dei minori di origine straniera, il Forum presenta diversi
progetti che propongono un intervento mirato per la realizzazione di
comunità d'accoglienza e per l'inserimento scolastico e professionale.
Sono presenti documenti e circolari delle istituzioni scolastiche e di associazioni presenti sul territorio che denunciano lo stato di abbandono
dei minori e la discriminazione subita nell'accesso alle risorse e diritti. [...]
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Umanistico
Ambito
Umanistico
La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a New York nel 1989 e ratificata dal Governo Italiano nel 1991, deve essere applicata per
realizzare il riconoscimento dei diritti fondamentali. L’obiettivo principale
della scuola deve essere l’integrazione sociale: i minori non devono essere emarginati per la diversità di lingua o il colore della pelle. Si tratta
di stimolare lo sviluppo di un pensiero che considera le differenze come
il risultato di una relazione dinamica e di potere come alterità e ricchezza, anziché come un ostacolo.
La scuola è stato il contesto nel quale sono emersi i primi problemi
relativi all’irregolarità dei minori ovvero riguardo alla mancanza del permesso di soggiorno, anche perché la legislazione di riferimento presenta
contraddizioni al suo interno. In molte realtà locali si è cercato di rimediare alle lacune della legislazione sull’immigrazione, introducendo correttivi ispirati ai principi generali del diritto minorile.
I minori devono godere di uno statuto particolare per cui usufruiscono di una serie di diritti irrinunciabili, nonostante il potere degli Stati
di limitare l’accesso degli stranieri sul proprio territorio e, dunque, all’introduzione di norme, che condizionino l’esercizio dei diritti dello straniero
e il rispetto della normativa in materia. L’ingresso di uno straniero è condizionato al rispetto dell’ordine pubblico e da ragioni economiche, sostanzialmente perché esiste un diritto di emigrare, ma non un diritto di
immigrare; l’interesse dello Stato ha sempre la prevalenza rispetto al singolo cittadino straniero, salvo il caso in cui il cittadino sia minorenne, in
quanto entra in gioco il principio dell’interesse del minore, in questo
caso dotato di forza ed efficacia sovraordinata all’interesse dello Stato
ospitante. La nozione di interesse del minore è codificata a livello internazionale dalla Convenzione di New York. [...]
Nel 1999 COOP.S.S.E presenta un progetto per la realizzazione di una
comunità di pronta assistenza per 6 minori maschi immigrati a Genova
da Paesi extracomunitari tra i 14 e 18 anni. Secondo l'Associazione, la
prassi educativa all'interno della struttura deve basarsi sui principi della
pedagogia interculturale, che consiste nell’educare non semplicemente alla conoscenza e alla comprensione delle differenze, ma alla
formazione di una mentalità relazionale, che aiuti a vivere in una società multietnica con un atteggiamento di tolleranza e rispetto delle
diversità presenti. Inoltre, si propone l'introduzione della nuova figura
professionale del mediatore culturale con il compito di mediare nella
comunicazione fra l’educatore italiano e il minore straniero. La comunità d'accoglienza per minori, pensata come integrazione della rete di
servizi sociali presenti sul territorio, nasce in seguito alla necessità di potenziare l’intervento verso i minori di origine straniera con l’intento di al-
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lontanarli da luoghi pubblici e da situazioni disumane, per impedire che
diventino oggetto di sfruttamento. Il progetto affronta il problema abitativo temporaneo e vuole offrire forme di assistenza protetta e inserimento sociale. L'intervento è rivolto a una precisa categoria di soggetti:
minori maschi immigrati da paesi extracomunitari di età compresa fra
14 e 18 anni, che hanno bisogno di accoglienza per situazioni di isolamento e emarginazione, presa in carico temporanea fino all’ottenimento del permesso di soggiorno, accompagnamento e inserimento
in altri servizi. La durata dell’intervento varia in accordo con i Servizi Sociali e l’Ufficio immigrazione del Comune di Genova, ma non dovrebbe
superare i 90 giorni. Il progetto è finalizzato nelle fasi di accoglienza,
presa in carico e accompagnamento del minore, all'osservazione costante dei cambiamenti del minore e presuppone una verifica periodica del progetto nella sua complessità [...].
Un documento del Forum Antirazzista (del 23 dicembre 1994) comprende una serie di circolari dei Ministeri dell’Interno e del Lavoro concernenti minori in stato di abbandono. Per risolvere le difficoltà dei
minori extracomunitari, il Governo italiano propone la loro ammissione
a corsi di formazione professionale, ma rimangono esclusi dall’iscrizione
alle liste di collocamento. Si tratta di interventi sporadici e senza pianificazione ma che hanno lo scopo di alleviare temporaneamente il disagio e le difficoltà dei minori, come precisato in una nota. [...]
Soltanto nel 2011 il Governo italiano si occupa di definire le Linee
Guida per affrontare l’emergenza dei minori stranieri non accompagnati, che d’ora in poi sono classificati con la sigla MSNA“Comitato per
i Minori Stranieri”. Innanzitutto, il documento redatto dal Comitato per i
Minori stranieri della Presidenza del Consiglio impone una distinzione fra
due tipologie di minori:
- Accolti: il compito del comitato è vigilare sulle modalità di soggiorno
dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato,
in seguito all’accettazione della domanda da parte delle Autorità. Al
termine del periodo, dovranno tornare nel loro Paese d’origine.
- MSNA: il comitato deve vigilare sull’accoglienza e occuparsi del rimpatrio assistito. Si definisce minore straniero non accompagnato un
individuo “minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri stati
dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda d’asilo,
si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza
e rappresentanza o assistenza da parte di genitori o altri adulti per lui
legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento
italiano”.
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Ambito
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Ambito
Umanistico
In seguito, si stabilisce che le Autorità che incontrano o vengono a
conoscenza di un MSNA devono: accertarne l’identità e l’età, nonché
provvedere all’accoglienza. Nel documento si chiarisce che si intendono interventi utili a favorire il normale sviluppo del minorenne non solo
il mantenimento e l’ospitalità, ma anche la cura, l’istruzione e lo sport.
Inoltre si sottolinea che i diritti del fanciullo sono riconosciuti dalla Convenzione di New York ad ogni minorenne e devono essere garantiti durante la permanenza in Italia (considerata temporanea). Riguardo alla
possibilità del rimpatrio assistito, il Comitato può decidere in tal senso,
soltanto se rispetta l’interesse del fanciullo, come definito dall’Art 3 della
Convenzione di New York [...].
Il contrasto con la situazione che ho potuto osservare nella Comunità
Villa Canepa (in collaborazione col personale del Consorzio Agorà,
n.d.R.), in cui sono accolti i MSNA, è evidente soprattutto quando nelle
Linee Guida del Comitato è indicata la necessità di intraprendere percorsi formativi [...].
Si precisa in ultimo che le ricerche sulla famiglia del minore- in apparenza
abbandonato -devono proseguire per almeno due anni e devono essere
svolte dall’autorità competente nel Paese di origine del minore. [...]
Il Coordinamento genovese, in occasione del decimo anniversario
della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, propone di prendere in esame alcune aree principali di interesse: i diritti fondamentali e diritti di cittadinanza (partecipazione alle
vita comunitaria, ascolto e libertà d’opinione, espressione), diritto al
gioco, alla privacy e una giusta considerazione in ambito giuridico; diritti
per lo sviluppo della persona (istruzione, educazione, formazione, famiglia, sanità, adozioni), protezione e assistenza (protezione dagli abusi
sessuali, dal lavoro minorile). L’obiettivo che si propone è quello di integrare fra loro iniziative già programmate dal Comune e dalle Associazioni con la partecipazione della cittadinanza [...].
Nell’analisi riguardo l’origine delle diverse forme di discriminazione
di cui sono vittime i minori migranti, si nota che hanno radici profonde
nella retorica della bianchezza: il colore della pelle implica possibilità e
condizioni, la nazione di provenienza determina atteggiamenti e comportamenti nel Paese di destinazione. I minori stranieri sono catalogati
e classificati in gruppi distinti in base alla zona o allo Stato di provenienza, secondo un ordine che attribuisce ai “non-bianchi” una posizione di inferiorità. Così, i minori di origine africana provenienti dalla
regione sub-sahariana sono vittime di episodi di razzismo frequenti
anche all’interno della comunità da parte di ragazzi nati in Nord Africa.
I minori albanesi ospiti della struttura d’accoglienza al contrario, mostrano spesso atteggiamenti di disprezzo e superiorità nei confronti dei
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compagni che non hanno la pelle bianca. Spesso si rivolgono ai compagni neri con parole di disprezzo oppure con atteggiamenti denigratori; in altri, li escludono, limitandosi a parlare in albanese fra di loro [...].
Nel 2003 è stato istituito l’Ufficio nazionale per la promozione della parità
di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o
sull’origine etnica (UNAR), a seguito della direttiva della Comunità Europea (n.20 00/43). Si tratta di una rete a livello nazionale composta da
una pluralità di soggetti ed Associazioni che operano in presidi territoriali
regionali nell’attività di prevenzione, contrasto e rimozione delle discriminazioni (compresa Agorà n.d.R). UNAR ha la funzione di garantire il
principio della parità di trattamento tra le persone e contribuire alla rimozione delle discriminazioni di carattere etnico e razziale attraverso
l’assistenza alle vittime di atteggiamenti discriminatori, la promozione di
attività e progetti sul tema dei diritti.
UNAR è formato da una Rete Nazionale dei Centri Antidiscriminazioni (come il Nodo Antidiscriminazioni del Quartiere Diamante di Agorà
n.d.R), che collaborano con i seguenti obiettivi: garantire un’azione di
prevenzione, di rilevazione e di contrasto delle discriminazioni che sia
più vicina alle vittime e quindi più tempestiva ed efficace, aumentare
le occasioni e i canali di segnalazione e di rilevazione dei casi di discriminazione, con il coinvolgimento degli enti regionali e, attraverso questi
ultimi, del tessuto associativo sul territorio.
Nel 2009, la stipula di un Protocollo d'intesa tra Dipartimento per le
Pari opportunità, UNAR e Regione Liguria ha portato nella direzione
della costruzione di un Centro regionale con compiti di prevenzione,
contrasto e monitoraggio delle discriminazioni. In attuazione di tale Protocollo, la Regione Liguria ha avviato una serie di attività sostenute da
UNAR, attraverso una rete nazionale di Centri territoriali antidiscriminazione, in particolare mediante il progetto Rete delle Antenne territoriali
per la prevenzione e il contrasto della discriminazione razziale, progetto
finanziato dall'Unione europea - fondi FEI – (come il Nodo Antidiscriminazioni di cui sopra - n.d.R.)
La costituzione del Centro è, infatti, finalizzata alla promozione di un
sistema di rete territoriale di prevenzione, contrasto e monitoraggio contro tutte le forme di discriminazione, strutturato nel modo seguente:
• un nucleo centrale di coordinamento regionale (presso la Regione
Liguria, Assessorato Politiche attive del lavoro e dell'occupazione,
Politiche dell'immigrazione e dell'emigrazione, Trasporti – Settore
Politiche del lavoro e delle migrazioni),
• un nodo di raccordo per ciascun territorio provinciale, quale punto
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Ambito
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di riferimento principale per ogni Provincia,
• varie antenne territoriali per ciascun territorio provinciale, quali concreti punti di accesso per l'utenza,
Ambito
Umanistico
• infine più punti informativi per fornire all'utenza indicazioni generali.
A Genova i casi segnalati nel 2015 sono circa 35, un numero che
non rispecchia la realtà, secondo UNAR, ma che dipende sia dalle
scarse informazioni sull’attività svolta dall’ufficio sia per il fatto che si
tende a segnalare solo gli episodi di discriminazione più evidenti. Oggi
in Italia il pensiero della differenza si traduce nella difficoltà per alcune
categorie di persone, in particolare per le persone di origine straniera,
di accedere ad alcuni diritti fondamentali, quali il diritto alla salute e
alla casa [...].
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7. “La Divulgazione Scientifica e i nuovi strumenti
multimediali”
Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Scienza della Formazione - Corso di Laurea in Teorie della Comunicazione. A cura di
Chiara Francesca Sottili; Relatore: Prof. Virginio B. Sala; Correlatore:
Prof. Alberto Peruzzi, A.A. 2009-2010.
7.1 - La città dei bambini e dei ragazzi di Genova
La città dei bambini e dei ragazzi di Genova è la più grande struttura
italiana dedicata a gioco, scienza e tecnologia, rivolta ai bambini e ragazzi tra i 2 e i 12 anni. È aperta a famiglie, gruppi e scuole.
Il museo in numeri
30.000
i mq dello science centre
90
i giochi esposti
1
studio tv
4
testuggini ne “Lo Stagno delle Testuggini”
38
formiche regine e oltre 10.000 operaie all'interno del
formicaio
4
km di cavi per alimentare e collegare i giochi
156.000
i visitatori nel 2009
10.000
circa gli operatori specializzati che hanno visitato la
struttura
400
gli studenti universitari che hanno fatto uno stage
presso la struttura
33
i percorsi educativi
654
attività didattica del 2009
oltre 1000
la capienza di visitatori in un giornata
81
Ambito
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7.2 - Il progetto
Ambito
Umanistico
• 1995-96 Progetto pilota per l’apertura del science centre La città
dei bambini ed i ragazzi.
• 8 dicembre 1997 Inaugurazione del science centre su iniziativa di
Porto Antico SpA, in collaborazione con la Citè des enfants di Parigi, primo centro in Europa dedicato ai bambini (e con la gestione
operatica di Agorà, NdR).
• 2000-2001 Inaugurazione dello spazio multimediale “@peiron” con
12 postazioni Mac per 14 lab Interattivi, in collaborazione con Enel
per le scuole (a cura di di Agorà, NdR).
• settembre 1998 Inizio delle attività didattiche per le scuole: brevi
animazioni dedicate alla scienza (a cura di di Agorà, NdR).
• 2003 Cambio di gestione da Porto Antico SpA a Costa Edutainment, in collaborazione con Consorzio Sociale Agorà.
• 2004 Genova Capitale della Cultura: lo science centre rinnova i
suoi spazi con un exhibit dedicato alle rotte dei transatlantici con
una ricostruzione di un transatlantico “a misura di bambino".
• ottobre 2004 Il centro possiede due nuove “compagne di viaggio”:
la testuggine palustre di Albenga (Emys Orbicularis Ingauna) e
quella americana dalle orecchie rosse (Trachemys Scripta Elegans).
• novembre 2004 Prima partecipazione al Festival della Scienza di
Genova con laboratori e mostre, collaborazione che dura tutt'oggi.
• luglio 2005 Rinnovo delle aree "Le Meraviglie della Fisica", in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Genova per la progettazione dell'exhibit: "Il Colore delle ombre" (cfr. cap. 9, NdR).
• settembre 2005 Viene acquistato il nuovo gioco "la Cascata di sabbia", installazione digitale interattiva che permette al visitatore di
interagire con una cascata di sabbia virtuale.
• novembre 2005 Restyling del sito www.cittadeibambini.net
• luglio 2006 Primo numero della newsletter dello science centre con
informazioni sulle animazioni e le attività del week-end per le famiglie.
• ottobre 2006 Apertura nuova area "Il Piccolo bosco in città", dedicata
ai piccoli di età compresa tra i 2 e i 3 anni aperta sia al pubblico scuola
che famiglia (a cura del gruppo di lavoro gestito da Agorà, NdR).
• dicembre 2007 10 anni del science centre con la partecipazione
dell'Albero Azzurro, trasmissione per bambini su RAI2.
• settembre 2007 Per la prima Notte bianca a Genova, lo science
centre sperimenta "Open night" per i cittadini genovesi.
• dicembre 2007 Inaugurazione della Mostra del Museo Tridentino: "I
giochi di Einstein".
• 2008 Inaugurazione del nuovo exhibit "Digiwall-la parete d'arrampicata".
82
• agosto 2009 Si rinnova tecnologicamente l'exhibit dello "Studio Tv",
dotato di nuovi dispositivi tecnologici.
• ottobre 2009 Inaugura un nuovo exhibit dedicato alla bolle di sapone.
• dicembre 2009 Chiusura spazio multimediale @perion per rinnovo
spazi laboratori
• giugno 2010 Inaugurazione del nuovo exhibit "Energia in Gioco":
lunga parete interattiva costituita da exhibit posti in sequenza, che
producono differenti forme di energia
• novembre 2010 Inaugurazione della Mostra del Museo Tridentino:
"Destinazione Stelle"
• dicembre 2010 Nuovo sito on-line www.cittàdeibambini.net
Nel 1984, in vista del V° centenario della scoperta dall’America,
Renzo Piano, il famoso architetto genovese, presenta il suo primo progetto per queste celebrazioni: legare fisicamente e funzionalmente la
città antica al mare. Lo Stato, per il finanziamento dell’opera, emana
una legge ad hoc e con la partecipazione di Comune, Provincia, Regione e Camera di Commercio, viene costituita l’associazione “Ente
Colombo 92” per curare l’organizzazione, la preparazione, il funzionamento e l’amministrazione delle celebrazioni Colombiane. Dopo numerosi lavori di intervento, il 15 maggio 1992 viene inaugurata
l’Esposizione Internazionale dal titolo “Colombo: la nave e il mare”, che
resterà aperta tre mesi e giocherà un ruolo chiave nella trasformazione
di Genova in città turistica. Tra il patrimonio culturale ed architettonico
ristrutturato per l’occasione, rientrano i Magazzini del Cotone (una
delle più importanti strutture dell’antico porto), costruiti tra il 1899 e il
1901, e utilizzati come magazzini generali per le merci in transito nel
grande porto di Genova dell’epoca. Nel secondo dopoguerra, vengono poi destinati al deposito delle partite di cotone scaricate dalle
navi in transito nel porto genovese.
Questo ampio complesso (più di 31.000mq disposti su quattro piani)
è stato utilizzato come Centro congressi durante le Colombiane ed in
seguito ne è stata affidata la concessione fino al 2050 alla Porto Antico
SpA, unitamente a tutta l’area circostante l’interno dell’antico bacino
portuale, con l’obiettivo di renderla vivibile e trasformarla in un polo di
attrazione turistica. Renato Picco, presidente della società, decide di
utilizzare i Magazzini del Cotone per creare uno spazio dedicato alla
famiglia. Visitando spesso Parigi, era rimasto infatti colpito dalla Cité
des Sciences et de l’Industrie - La Villette; ha voluto riproporre lo stesso
concetto a Genova, realizzando un vero e proprio progetto a “quattro
mani”. Con l’indispensabile contributo della Regione Liguria e della
Camera di Commercio, il progetto pilota viene inaugurato il 1° dicem-
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Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
bre del 1995 all’interno della Palazzina San Desiderio in uno spazio di
600mq, che per sei mesi, ha ricevuto un’accoglienza molto favorevole
dal pubblico. Dal maggio 1996, a test conclusi, si è quindi cominciato
a lavorare alla versione completa e permanente [...].
Dopo un nuovo accordo, l’8 dicembre 1997, viene inaugurata La
Città dei bambini e dei ragazzi, prima struttura ludico-scientifica in Italia
interamente dedicata ai bambini. Viene situata al primo piano dei Magazzini del Cotone, che - diventati quindi complesso polifunzionale,
oltre al Centro Congressi - ospitano una biblioteca per la gioventù e
un centro commerciale musicale multimediale. La sua creazione è costata più di 6 miliardi di lire.
Nel corso del tempo, il progetto originario si è arricchito di ulteriori
esperienze che ne hanno ampliato le caratteristiche di sperimentazione e scientificità; in particolare, quella di “Imparagiocando”, un
gruppo formato da Università di Genova, ricercatori dell’ stituto Nazionale di Fisica della Materia, IST - centro di Biotecnologie Avanzate - e
da Arciragazzi. Il Consorzio Sociale Agorà gestisce l’esposizione permanente, fornendo la competenza pedagogica e di animazione, oltre
che l’organizzazione del personale.
Dal 2003 La città dei bambini e dei ragazzi è gestita da Costa Edutainment S.p.a., in collaborazione con il Consorzio Sociale Agorà, che
ha portato continui cambiamenti alla struttura distaccandosi velocemente dal modello parigino, per poter rispondere meglio alle esigenze
del suo mercato. In effetti, non disponendo degli stessi mezzi (finanziari,
pubblicitari, ecc.) del museo di Parigi né dello stesso status giuridico,
la struttura genovese si è trovata a dover rispondere alle diverse esigenze del suo pubblico, portando mutamenti nelle fasce orarie e nei
prezzi, al fine di favorirne la fruibilità da parte del pubblico genovese e
dei turisti.
Parimenti gli exhibit principali somigliano a quelli de La Villette: sono
state introdotte modifiche e migliorie che meglio si adattano alla realtà
locale. Dal 2004 è iniziata una collaborazione fra la struttura e il corso
diLaurea in Disegno Industriale della Facoltà di Architettura di Genova,
per la progettazione di nuovi giochi da proporre al science centre. Dal
2003 l’esposizione permanente si è rinnovata ogni 2 anni con nuovi
spazi espositivi e nuovi exhibit (nel 2010 vi è stata l’inaugurazione dell’exhibit "Energia in gioco" realizzatocon la collaborazione del CNRConsiglio Nazionale delle Ricerche), che hanno integrato le varie isole
tematiche che si sono conservate, come nella Cité des Enfants di Parigi, divisa in zone corrispondenti alle fasce di età: 2-3 anni; 3-5 anni e
6-14 anni (che dal 2010, è 6-12 anni).
L’obiettivo de La Città dei bambini e dei ragazzi si fonda sul metodo
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del “fare” o “fare insieme per scoprire ed apprendere mentre ci si diverte”, secondo una modalità didattica “lieve”, che privilegia il gioco
e dà al bambino ampia possibilità di scoprire gli oggetti e trovare da
sé le risposte. Il ruolo dell’adulto diventa quello di mediatore: «il suo intervento deve sempre essere di guida, stimolo, supporto discreto, ma
anche di garbata presenza, in modo da consentire la realizzazione di
un’esperienza che autenticamente trasforma, modifica e forse aiuta
a crescere».
Gli exhibit presenti a La città dei bambini e dei ragazzi sono organizzati per isole tematiche (percorsi di gioco che affrontano in modo organico un tema specifico) e divisi in due grandi spazi, il 3-5 e il 6-12 anni.
Da ottobre 2006 anche i bambini d’età compresa tra i 2 e i 3 anni possono usufruire di un’area a loro dedicata.
Spazio 2-3 anni:
a partire dall’ autunno 2006 la struttura dispone di uno spazio dedicato
ai piccoli dai 2 ai 3 anni. Un sentiero a serpentone si snoda all’interno di
un bosco “fantastico” con passaggi dentro/fuori, sopra/sotto e una postazione-casetta dentro la quale poter fare alcune scoperte, toccando
i materiali, specchiandosi e giocando con oggetti nascosti all’interno.
Spazio 3-5 anni:
• Il cantiere: vero e proprio cantiere a misura di bambino, con tanto
di casa da costruire, gru, secchi, carriole, mattoncini di gommapiuma, carrelli su rotaia e silos. Una volta al “lavoro” ed equipaggiati di mantellina e caschetto, i bambini si dividono i compiti e
scoprono i segreti delle costruzioni.
• Mani in acqua: orienta l’acqua, rubinetti e mulini colorati per giocare con la forza motrice dell’acqua e scoprire come essa dipenda dalla sua velocità e quantità.
• Il bacino di manipolazione: una grande vasca con acqua corrente, attrezzata di mulini, dighe, contenitori di tipi diversi, pompe
manuali e barchette, permette al bambino di prendere confidenza con l’acqua, di capire come controllarne il flusso e scoprirne
caratteristiche e “comportamenti”.
• Le scoperte: specchi concavi e convessi, telecamere fisse, oggetti
da riconoscere al tatto, una “macchina del vento”, aeratori che
emettono essenze; touch screen, monitor per disegnare con le dita
guidano alla scoperta di sé e del mondo circostante.
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Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
Spazio 6-14 anni:
• Il Vivente: vi si osservano gli animali presenti, formiche e testuggini,
per conoscerne forma e abitudini di vita. Il microscopio binoculare
e quello elettronico della sezione Zoologica consentono di vedere
l’invisibile, osservando le caratteristiche di alcuni animali. Nel formicaio i bambini possono spiare la vita delle formiche rosse Rufa
rufa, la loro organizzazione sociale e il comportamento da diversi
punti di vista. Due distinte vasche, circondate da vegetazione nostrana, come piante acquatiche della famiglia dei papirie capelvenere, accolgono 5 esemplari di due diverse specie, la testuggine
palustre di Albenga (per gli addetti ai lavori, Emys orbicularis Ingauna) e quella americana dalle orecchie rosse (Trachemys Scriptaelegans).
• Le bolle di sapone: quattro giochi permettono di plasmare pareti
saponose, forme geometriche e bolle di sapone di tante forme e
dimensioni. Si possono scoprire, attraverso la sperimentazione diretta, quali proprietà e quali forze agiscono nella creazione di una
bolla di sapone.
• Lo studio TV: completo di postazione giornalistica, scenografia, telecamere e regia, è dotato di dispositivi tecnologici per giocare a
realizzare un TG “spettacolare”. I ragazzi possono cimentarsi in un
gioco di squadra e ricoprire diversi ruoli, imparando i segreti che
stanno dietro a un programma televisivo, e sviluppando il proprio
senso critico. Il banco regia è la parte più tecnologica, con tutti i
comandi necessari per passare da una telecamera all’altra, per
inserire immagini di riporto, per comunicare con le varie postazioni.
Il banco è dotato di un monitor grande per osservare quanto sta
andando in onda e tre monitor più piccoli, per verificare quanto
trasmesso dalla tre telecamere. È anche possibile utilizzare un effetto speciale come il croma-key per le previsioni del tempo o per
i servizi dell’ “inviato”. Nel corso del TG scorrono a fondo schermo
la striscia dei titoli con le principali news.
• Le meraviglie della fisica: specchi deformanti e parabolici, un caleidoscopio, un raggio laser per disegnare, computer e giochiesperimenti sui vari tipi di luce esistenti conducono alla scoperta
delle leggi che governano i fenomeni fisici.
• La cascata di sabbia: è un’installazione digitale interattiva, sintesi
di tecnologia e scienza, in cui gli algoritmi permettono al visitatore
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di interagire, attraverso l’ombra del proprio corpo, con la rappresentazione virtuale di una cascata di sabbia colorata.
• Energia in Gioco: è una lunga parete interattiva costituita da exhibit posti in sequenza. I ragazzi, agendo su diversi supporti che producono differenti forme di energia, attivano a loro volta motorini
e nastri trasportatori per trasferire un oggetto da un punto di partenza a uno di arrivo. Le forme di energia utilizzate sono quelle rinnovabili: energia solare, energia eolica ed energia idroelettrica.
Per sperimentarel’induzione elettromagnetica si può salire su una
particolare cyclette: più si pedala, più energia si produce. Anche
l’ultima postazione riguarda l’induzione elettromagnetica: muovendo rapidamente una bobina di rame collegata a un LED tra i
poli di un grande magnete, si genera corrente elettrica e il LED si
accende.
• Digiwall- La parete digitale: questo gioco abbina le caratteristiche
di una parete d’arrampicata e la tecnologia tipica dei giochi per
computer, per mettere alla prova tutti i sensi. È un muro computerizzato da affrontare come veri scalatori. Si imposta uno dei possibili
giochi e le luci guidano le vie da seguire; i suoni e la musica creano
l'atmosfera e il muro risponde alle azioni di chi lo sta scalando. Costituito da una parete di 4 metri di lunghezza e 2,4 metri di altezza,
con un totale di 96 prese di arrampicata, permette giochi, gare,
sfide e vari tipi di esperienze creative, che stimolano l'attività fisica
e la velocità.
• Il Transatlantico: posto nell’ultima sala, riproduce fedelmente gli arredi di un vero transatlantico d’epoca, permettendo una visita “a
misura di bambino”, per scoprire l’attrezzatura e le principali rotte
di navigazione, per giocare con i timoni e il telegrafo, comunicando da una postazione all’altra della nave.
Tutto è concepito affinché i giovani visitatori, accompagnati dagli
adulti (insegnanti o genitori) possano compiere esperienze significative
nell’interazione con gli elementi presenti, conseguire nuove acquisizioni
attraverso l’attività ludica, effettuare scoperte utili per la loro crescita.
Poiché i protagonisti della visita sono i bambini, particolare attenzione
è stata posta a tutto ciò che è legato alla loro sicurezza e tutto è stato
studiato per ridurre al minimo i rischi che si corrono utilizzando gli elementi espositivi o muovendosi all’interno della struttura. L’illuminazione,
il tipo, la forma ed il colore degli arredi sono stati studiati per mettere i
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Ambito
Umanistico
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Umanistico
visitatori a proprio agio e per dare una sensazione di tranquillità tale da
rendere piacevole la visita a tutti.
Gli spazi, curati dall’architetto Francesca Santolini, sono stati studiati
per creare un collegamento piacevole ed efficace tra le diverse aree
di gioco. La progettazione architettonica utilizza due componenti di finitura degli interni, il rivestimento del pavimento e le partizioni verticali,
come elementi “narranti” la continuità dei percorsi.
Il pavimento di moquette blu è intarsiato con una fascia a sviluppo
curvilineo di colore arancione, che serve a tracciare un percorso che
attraversa tutti gli elementi espositivi; seguire la striscia arancione può
essere considerato il primo gioco che si incontra nella struttura e che i
piccoli visitatori seguono con entusiasmo e serietà. Dove gli exhibit compongono un’“isola”, la linea arancione si trasforma in un “bollo”; ma non
vi è alcun percorso obbligato: il visitatore può scegliere da quale “bollo”
iniziare la “sua” visita e “saltare” a un altro “bollo” in totale libertà.
Attenzione e curiosità, scoperta e socialità, scelta e responsabilità
sono alcuni degli aspetti sollecitati durante la visita a La città dei bambini e dei ragazzi. Il bambino dovrà essere messo in grado di decidere,
tra le diverse proposte, quale può diventare la “sua”, legando così la
conoscenza a un apprendimento emotivo ed affettivo, che completa
ed integra quello puramente cognitivo. Agli adulti è permesso toccare,
provare, sbagliare insieme ai bambini, riscoprendo così che sbagliare
non è “male”, ma è solo una tappa nel percorso della conoscenza e
dell’apprendimento.
L’invito che La città dei bambini e dei ragazzi rivolge agli adulti che
si occupano della crescita dei bambini, della loro educazione ed istruzione è: «permettete loro di sbagliare, non sottolineate negativamente
i loro errori, ma aiutateli a trovare da soli le risposte». Attraverso la manipolazione, la sperimentazione, il dubbio, il diritto all’errore, l’osservazione, la collaborazione con gli altri bambini, con gli adulti e il gioco di
ruolo sono favoriti i diversi modi d’approccio al sapere.
L’attività svolta nel science centre può essere considerata come
parte integrante del processo d’apprendimento in un ambiente accogliente e stimolante, che con curiosità e divertimento invoglia alla
scoperta e all’approfondimento di tematiche scientifiche con la sperimentazione diretta di strumenti e tecnologie.
7.3 - Le attività tra multimedialità ed interazione
I percorsi dello science centre sviluppano temi relativi ad attività sensoriali
e motorie legate alla scoperta del proprio corpo e delle proprie possibi-
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lità, attività di socializzazione, attività scientifiche e tecniche legate all’attività di comunicazione. Lungo il percorso, il visitatore è accompagnato da pannelli informativi; in particolare, per la sezione dei 3-5 anni i
pannelli utilizzano un modello comunicativo iconico per il bambino e descrittivo per l’adulto che lo accompagna. Tale presenza diviene fondamentale: l’adulto deve infatti essere di supporto ma, al tempo stesso,
discreto, di stimolo e di guida, in modo da consentire la realizzazione di
un’esperienza, che aiuti a crescere nella piena espressione individuale.
Mentre i pannelli informativi e le didascalie per la sezione 6-12 anni sono
di approfondimento e di spiegazioni dell’utilizzo dell’exhibit stesso.
Fondamentale è la figura dell’animatore scientifico, che si propone
come supporto alla visita libera, sia delle scuole che del pubblico privato, e propone interventi che stimolano la curiosità ed accrescono le
conoscenze dei bambini su temi diversificati. La professionalità degli
animatori, la cui preparazione ha raggiunto livelli molto elevati diventando punto di riferimento per la metodologia scientifica e per le scelte
didattiche, ha permesso di poter sviluppare un’offerta didattica molto
ricca, che tiene conto di quattro parametri fondamentali: lo spazio in
cui svolgerle, il tempo impiegato e il coinvolgimento dei ragazzi, la conduzione, il senso e i contenuti da trasmettere. Perciò le attività proposte
si sono diversificate nel tempo sia per le famiglie con una programmazione mensile di animazioni scientifiche per il week-end della durata di
20 minuti sia per i gruppi scolastici, che possono scegliere forme diverse
di laboratorio a seconda delle esigenze scolastiche, attraverso una metodologia di comunicazione attiva, che favorisce la partecipazione diretta dei soggetti. L’offerta didattica si articola così:
• Ingresso semplice: visita libera all’interno del percorso espositivo.
• Visita guidata: un animatore invita a scoprire le opportunità del
percorso generale. Attraverso l’analisi delle postazioni, l’osservazione e l’esperienza diretta si comprende il senso generale della filosofia che anima la struttura.
• Attività didattiche: si propongono come principale finalità quella
di stimolare i ragazzi attraverso l’esperienza, la scoperta e la socializzazione. Sono strutturate attraverso una metodologia che prevede l’osservazione, la manipolazione, la sperimentazione, il
dubbio e il diritto all’errore. L’obbiettivo non è mai arrivare a una
verità assoluta, ma incoraggiare il senso critico e la valorizzazione
dell’esperienza svolta. La scienza, la tecnologia, l’ambiente, la comunicazione e il mondo vivente sono alcuni dei temi trattati.
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Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
[...] Aree tematiche complementari ai percorsi tradizionali si sviluppano oggi con un’attenzione specifica rivolta alle nuove tecnologie.
Per consolidare il legame con l’istituzione scolastica, la Sezione Didattica organizza incontri con gli insegnanti per la promozione dell’offerta
didattica, sviluppa progetti ad hoc per le scuole (dal 2008 ha attuato
un programma “Didattica a domicilio” che propone la possibilità di
avere a scuola gli animatori scientifici per svolgere i laboratori richiesti)
e partecipa ad eventi come il “Festival della Scienza” di Genova, progettando attività didattiche di vario contenuto scientifico.
Inoltre, per il pubblico delle famiglie dal 2006 lo science centre informa i suoi piccoli visitatori sulle attività dei fine settimane attraverso
la Newsletter e permette ai bambini e ragazzi di festeggiare il compleanno presso la struttura organizzando laboratori a tema.
La produzione multimediale è in crescita e ha l’obbiettivo pedagogico di favorire la maturazione di una coscienza critica rispetto ai
media, che si formi partendo, anzitutto, dal “fare”, dallo sperimentare
in prima persona. Tutti gli exhibit infatti sono concepiti per permette al
visitatore di avvicinarsi ai concetti scientifici in modo interattivo e dinamico; i visitatori devono essere liberi di muoversi all’interno degli
spazi e di utilizzare in piena libertà tutti i giochi a loro disposizione. L’approccio agli elementi deve essere all’insegna della spontaneità, deve
lasciare al bambino la possibilità di compiere diversi tentativi fino a
quando non ritiene di aver trovato la risposta che cercava. Oltre agli
exhibit dell’esposizione permanente, la struttura ospita eventi e mostre
temporanee in collaborazione con i musei scientifici italiani, come il
Museo Tridentino di scienze naturali di Trento.
Alcuni laboratori, guidati dagli animatori della struttura, consentivano ai ragazzi, e agli insegnanti, di comprendere il linguaggio, le modalità espressive e la logica delle nuove tecnologie, il tutto privilegiando
il gioco e l’esperienza pratica.
Nonostante la produzione multimediale sia in crescita e abbia
l’obiettivo pedagogico di favorire la maturazione di una coscienza
critica rispetto ai media, lo spazio multimediale @perion nel 2009-2010
è stato chiuso, anche se le attività annue registrate erano elevate e
le collaborazioni con varie istituzioni - ad esempio l’ENEL - erano in crescita. La scelta di chiudere la postazione multimediale è nata per la
volontà da parte della struttura di puntare più sugli exhibit scientifici
di ultima generazione e di dare maggior spazio alle attività, inserendo
così uno spazio laboratorio chiuso, nel cuore della struttura, al posto
di @perion [...].
90
7.4 - Esperienza lavorativa presso lo science centre “La città
dei bambini”
Una testimonianza importante, per completare il panorama dei nuovi
strumenti multimediali per la divulgazione scientifica, è l’esperienza lavorativa che svolgo presso lo science centre La Città dei bambini e dei
ragazzi di Genova, dove lavoro ormai da dieci anni come animatrice
scientifica e responsabile della progettazione di laboratori didattici per
le scuole e famiglie. Tale esperienza mi porta ad affermare che il carattere informale del processo di apprendimento che si instaura durante
un laboratorio, così come l’attivazione emotiva indotta dalla sorpresa
per il risultato inaspettato di un esperimento, o dal piacere derivante
dalla manipolazione di materiali e congegni, è tale da rafforzare la motivazione dei soggetti ad apprendere. Inoltre favorisce i processi cognitivi di comprensione dei temi trattati e i fenomeni di memorizzazione
degli stessi.
I laboratori sono sempre concepiti, in fase di progettazione, non
come attività autonome ma come parte integrante dei programmi esistenti, con un chiaro intento educativo; sono direttamente collegati
al contenuto della struttura e al tentativo di sviluppare capacità creative, conoscenze storiche e comprensione dei principi scientifici senza
mai stancare i ragazzi o bambini a cui sono rivolti.
Attraverso il mio lavoro ho sempre cercato di dare anima all’azione, rendendo attivi gli stimoli, verificando che tali stimoli siano
colti dai soggetti e che provochino una risposta, che se anche negativa, porti alla socializzazione con il singolo e con il gruppo; nel mio lavoro il diritto all’errore è il concetto fondamentale per una buona
attività didattica.
La metodologia dell’attività didattica parte dall’organizzazione selettiva delle esperienze, producendo un determinato modello conoscitivo, che si traduce in una serie di comportamenti e interventi. Questo
ha come conseguenza l’individuazione di nuove modalità di comunicazione, attraverso nuovi codici, linguaggi, canali, che diventano necessari per estendere le potenzialità del pensiero. Tutto ciò porta a
valorizzare l’ambito cognitivo, cioè la capacità di prendere coscienza
delle situazioni e di costruire nuovi oggetti e nuovi eventi. Il bisogno di
attività e la stimolazione di processi socializzanti possono venire soddisfatti da metodi e materiali, che tendono a fare del bambino o ragazzo
il protagonista attivo.
Nel corso della mia esperienza ho potuto valutare come un’attività
didattica non sia un’azione intrusiva e condizionante da parte dell’adulto, quanto piuttosto un aiuto, un accompagnamento dello svi-
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Ambito
Umanistico
Ambito
Umanistico
luppo; un intervento che agisce (attraverso la scelta di materiali, la loro
organizzazione, la loro messa a disposizione ed anche attraverso forme
opportune di sollecitazione e di stimolazione) in funzione della promozione dello sviluppo. Si tratta di un’azione preventiva e discreta, che si
muove soprattutto sulla base dell’osservazione.
La didattica, in relazione al gioco, è sempre un intervento indiretto,
che indica una direzione, incanala, sollecita senza forzare. La fase di
progettazione si può sintetizzare così:
1. Fase dell’ideazione: l’idea del progetto viene sviluppata nei suoi
contenuti, nelle linee generali, nelle caratteristiche distintive, negli
obiettivi principali e collaterali e nelle funzioni da assolvere.
2. Fase dell’attivazione: deve essere valutata la fattibilità del progetto, rispetto alle possibilità e disponibilità esistenti (spazi, tempi risorse).
3. Fase della pianificazione: sulla base di un’accurata predisposizione
e raccolta di informazioni, si procede alla programmazione operativa del prodotto, identificando le attività e nel dettaglio le azioni
da intraprendere, i tempi di preparazione, le risorse da reperire e
l’individuazione dei momenti e delle modalità con cui controllare
l’andamento della produzione.
4. Fase dell’attuazione: il progetto viene materialmente eseguito seguendo le scelte e le indicazioni stabilite.
5. Fase del completamento: revisione completa di tutti gli aspetti didattici ed educativi del progetto finale.
6. Fase della valutazione: prevede una disanima e una verifica dei risultati al fine di accertare il raggiungimento degli obiettivi previsti.
Detto ciò, dopo una prima fase di idee iniziali sul progetto e un’attenta
ricerca, il lavoro è pianificato attraverso obbiettivi didattici e pedagogici
da affrontare durante l’attività didattica. Si parte da un approccio ludico
e una partecipazione attiva dei bambini o ragazzi, attraverso la manipolazione di diversi materiali e la sperimentazione attiva, e si crea uno spazio
dove sviluppare la capacità di “osservare” con gli occhi e con le mani,
per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi. Un metodo basato soprattutto sul fare e “sul fare scienza”, affinché i bambini o ragazzi possano
esprimersi liberamente senza l’interferenza degli adulti, diventando indi-
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pendenti e imparando a risolvere i problemi da soli.
Per concludere, si può affermare che le modalità educative e comunicative in atto nei science centre sono in grado di incrementare la
trasmissibilità di un contenuto, grazie alla commistione di linguaggi differenti - visivi, uditivi, tattili. Questo avviene attraverso laboratori, exhibit,
mostre e il ruolo dell’animatore, che media tra i contenuti espressi dal
percorso di visita e i visitatori, rappresentando un semplice strumento di
supporto di assistenza e vigilanza, durante il processo di apprendimento. Ogni strategia comunicativa e divulgativa deve, quindi, aiutare
il visitatore a vivere un’esperienza concreta, personale e coinvolgente
senza mai banalizzare o spettacolarizzare troppo il messaggio culturale
da trasmettere.
93
Ambito
Umanistico
Ambito giuridico
8. “Lo status dei minori richiedenti Protezione internazionale in Italia - Tangram un progetto di Genova”
Università degli Studi di Genova, Facoltà di Giurisprudenza. A cura
di Virginia Pedullà; Relatore Prof.ssa Lara Trucco; A.A 2009/2010.
8.1 - Introduzione
Ambito
Giuridico
Dall’ incontro con i ragazzi ospitati nella comunità Tangram nasce questa tesi; proprio da queste relazioni si sviluppa la curiosità di comprendere meglio chi sono i rifugiati a Genova, come sono tutelati dalla
legge in Italia, come arrivano nel territorio dell'Unione Europea, da cosa
fuggono e in che futuro possono sperare. L’esperienza vissuta durante
il tirocinio mi ha permesso di dare un volto ai profughi di cui parlano i
giornali: molti sbarcano sulle coste meridionali del Paese, viaggiando
stipati nei camion e nascondendosi nelle navi merci. Proprio a questi
clandestini sono rivolti i recenti provvedimenti normativi adottati dal Governo italiano in materia di sicurezza e ordine pubblico.
I soggetti beneficiari del progetto Tangram sono minorenni migranti
richiedenti protezione internazionale. La complessità della loro condizione è dovuta al fatto che presentano “appartenenze giuridiche multiple”: il loro status di minori stranieri richiedenti protezione internazionale
mette in relazione diversi rami del diritto. Di conseguenza, per garantire
la loro protezione è necessario il coinvolgimento di diversi soggetti. Il
percorso di presa in carico e integrazione di questi minori dipende infatti
dall'intervento del legislatore, sia a livello nazionale sia a livello europeo,
dalle risorse degli enti locali, dalle decisioni dei giudici, dalle questure,
dall'impegno degli operatori sociali e dall'opinione pubblica.
Primo obiettivo di questa tesi è quello di offrire un quadro chiaro dell'immensa mole di norme che gravitano attorno alla condizione di minori stranieri richiedenti protezione internazionale in Italia, individuando
le disposizioni finalizzate alla loro protezione, i loro diritti e gli elementi
problematici che li riguardano. La prima parte è dedicata all’analisi del
quadro giuridico in materia di asilo, considerando tre livelli di fonti: il sistema internazionale, la normativa europea e la normativa nazionale.
La seconda parte descrive brevemente il fenomeno dei minori migranti,
prendendo in analisi le norme adottate a livello internazionale e nazionale per la loro tutela: essi vengono considerati prima di tutto per il loro
94
status di minori, piuttosto che per quello di stranieri. L’elaborato cerca
di individuare il nesso tra queste norme e le disposizioni in materia di asilo,
offrendo una sintesi completa della condizione di minore richiedente
protezione internazionale in Italia. Vengono poi descritte le modalità di
accoglienza dei minori richiedenti protezione internazionale nel Comune
di Genova. Nella gestione di questa categoria vulnerabile è centrale il
ruolo degli enti locali. Con l’entrata in vigore delle riforme, i Comuni sono
diventati i soggetti deputati all'erogazione dei servizi e delle prestazioni
sociali, nonché alla progettazione e alla realizzazione della rete dei servizi sociali. I governi locali si sono quindi trovati a dover gestire i flussi migratori di minori soli; tale fenomeno è assai complesso sia perché i
soggetti entrati illegalmente non sono espellibili, in quanto categoria tutelata dal diritto nazionale e internazionale sia perchè non sono inseribili
nel mercato del lavoro e quindi c’è bisogno di grossi investimenti. Ogni
singola amministrazione locale ha affrontato il problema in modo diverso, dando vita a sistemi di tutela eterogenei sul territorio nazionale, a
seconda delle proporzioni con le quali il fenomeno si manifesta nelle
varie realtà locali. Gli elementi che determinano il sistema di tutela locale sono le scelte politiche, le prassi messe in atto, i rapporti tra i vari
soggetti coinvolti nel processo di accoglienza e l’integrazione dei minori
richiedenti protezione internazionale. [...]
L’elaborato passa poi all’analisi del fenomeno dei rifugiati a Genova;
la gestione del problema nella città è recente in quanto non rappresenta
un’area di primo accesso, toccata direttamente dall’emergenza degli
sbarchi di centinaia di richiedenti asilo, ma è piuttosto chiamata a gestire
la seconda fase dell’accoglienza.
Ancora più recente è l’attivazione del progetto Tangram, rivolto alla
categoria vulnerabile dei minori alla quale sono destinati fondi specifici.
Con questa iniziativa il Comune di Genova si fa carico del problema dei
minori richiedenti protezione internazionale. Tale problematica risulta essere sempre più rilevante, sia da un punto di vista numerico sia da un
punto di vista politico: l’ultima Giornata mondiale delle migrazioni, celebrata lo scorso gennaio, si è dedicata in modo particolare a questo tema.
L’esperienza del progetto Tangram, realizzato nell’ambito del Sistema
di protezione per rifugiati e richiedenti asilo (SPRAR), rilevante in quanto
unico in Liguria, viene descritta nell’ambito dell’elaborato; viene, inoltre,
riportata un’intervista che vede protagonista un minore accolto nella
struttura. Attraverso la sua storia personale, vengono individuati i bisogni
e le problematiche dei beneficiari del progetto, comprendendo l’importanza di un impegno per lo sviluppo di percorsi di accoglienza e integrazione di questa categoria, estremamente vulnerabile, ma allo stesso
tempo ricca di potenzialità.
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Ambito
Giuridico
8.2 - L’esperienza di Genova: il progetto Tangram
Ambito
Giuridico
8.2.1 - Il Comune di Genova e i Rifugiati
Il coinvolgimento di Genova nelle tematiche del diritto di asilo avviene
nel corso degli anni '90. La città di Genova si è potuta accostare al fenomeno in modo graduale non essendo mai investita, a differenza delle
aree meridionali d'Italia, da emergenze legate agli sbarchi di centinaia
di persone richiedenti protezione internazionale da accogliere. Gli sbarchi in Italia, infatti, avvengono prevalentemente sulle isole e sulle coste
delle regioni del sud quali Sicilia, Calabria e Puglia. I provvedimenti che
si occupano in modo diretto e completo della gestione delle domande
di protezione internazionale in Italia sono recentissimi. Durante gli anni
precedenti all'adozione di tali provvedimenti, il tempo tra la presentazione di una domanda e la notifica della decisione rappresentava un
elemento critico della condizione dei richiedenti protezione internazionale, in quanto l'attesa era spesso troppo lunga e soprattutto non gestita adeguatamente. La mancanza di informazioni sul senso dell'attesa,
sulla propria condizione di richiedenti e sui propri diritti, nonchè la perdita di fiducia nella possibilità di ottenere una posizione regolare sul territorio italiano e l'assenza di servizi portavano grande disagio a queste
persone: troppo spesso si disperdevano sul territorio in condizione di irregolarità, senza attendere la conclusione della procedura. Nel contesto genovese, l'ospitalità in centri di prima accoglienza, sia dormitori
pubblici sia del privato sociale, religioso o laico, è stata l'unica risposta
fornita a queste persone. Ancora oggi, nonostante l'avvio di progetti
mirati, queste strutture rappresentano l’unico riferimento per coloro che
non trovano posto dove dormire. A Genova sono due i dormitori che
accolgono anche stranieri:
- l'Asilo notturno Massoero: spostato recentemente dal Centro storico (via del Molo, angolo con vico Palla) a via Dino Col, è una
struttura comunale costituita da 24 posti messi a disposizione di soggetti che si trovano in una condizione generica di disagio, indipendentemente dalla nazionalità e dalla storia personale;
- il Centro di accoglienza Padre de Foucauld: situato in via San Bernardo, è costituito da 18 posti per stranieri, messi a disposizione a
coloro che possiedono un documento di riconoscimento, per un
massimo di cinque settimane all'anno, ai fini di garantire il turn-over.
Nel 2001 il Comune di Genova e la Fondazione Auxilium, sostenuti
dalla rete locale composta da altri enti del privato sociale, quali la Fe-
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derazione Regionale Solidarietà e Lavoro, la Cooperativa Sociale La
Salle e il Consorzio Agorà hanno partecipato al primo bando emanato
dal Ministero dell'Interno, in collaborazione con ANCI e UNHCR, per la
costituzione di una rete di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati
sul territorio italiano. Una volta approvato, il progetto genovese prende
avvio a partire dal 1° agosto 2001, nell'ambito del Programma Nazionale Asilo (PNA), sostituito dallo SPRAR, a seguito dell'istituzionalizzazione
sancita dalla legge 189/2002. All’interno dello SPRAR vengono coinvolte
diverse strutture amministrative suddivise tra aree di primo accesso, direttamente interessate dagli arrivi dei richiedenti protezione internazionale, e le aree di secondo livello, come ad esempio Genova.
Dal suo inizio il progetto genovese è cresciuto passando da 43 posti
nel 2001 a 70 posti attualmente disponibili. Di questi 70 posti, 41 sono riservati a uomini singoli, 2 a donne singole e 27 a componenti di 6 nuclei
familiari. Inoltre vengono forniti pasti o buoni da spendere autonomamente; un pocket money giornaliero per la spese minute; la copertura
delle spese di viaggio per la presentazione davanti alla Commissione
Centrale per la valutazione delle istanze di competenza di Roma; la
consulenza legale; l'orientamento sociale e lavorativo; l'accompagnamento nelle pratiche per l'ottenimento dei diritti elementari della persona, per tutto il periodo della definizione della pratica di richiesta di
asilo (per tutti i richiedenti) e per un ulteriore periodo di integrazione di
circa 6 mesi (per i rifugiati o le persone con permesso per motivi umanitari); l'eventuale rimpatrio assistito per coloro che ottengono il diniego dello status. Questo progetto ha permesso di aumentare non
solo il numero di soggetti seguiti, ma anche la durata del periodo di
accoglienza. [...]
Un altro progetto è stato avviato nel 2004: IntegRA (Integrazione
Richiedenti Asilo), finanziato dal Fondo Sociale Europeo (FSE), nell'ambito del programma comunitario Equal. Il progetto, la cui durata è
stata di un anno e ha visto il coinvolgimento di un centinaio di persone, ha fornito sistemazione alloggiativa temporanea, pasti, tessere
per il trasporto pubblico e soprattutto accompagnamento nella ricerca di un lavoro e di una casa. Tra i risultati principali del progetto
spiccano l'ampliamento della rete delle associazioni coinvolte nella
gestione del fenomeno dei rifugiati, non chè l'aumento delle informazioni e della sensibilizzazione generale nel contesto cittadino. A livello
nazionale tale iniziativa ha permesso di incrementare l'accreditamento
di Genova come città che, pur non essendo toccata direttamente dal
dramma degli sbarchi, contribuisce alla gestione nazionale del fenomeno. Prosecuzione di questo progetto è stata l'iniziativa IntegRArsi, attiva dal 2005 al 2008, sempre finanziata con il FSE, finalizzata alla
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Ambito
Giuridico
Ambito
Giuridico
rimozione degli ostacoli all'inserimento lavorativo dei rifugiati. Nell’ambito di questa iniziativa è stato istituito dal 2006 un numero verde nazionale tutt’oggi attivo, destinato a richiedenti protezione internazionale,
a rifugiati e a titolari di protezione umanitaria. Il call center, gestito da
Arci, fornisce una prima risposta agli utenti, in relazione alla procedura
per il riconoscimento dello status di rifugiato, alla tutela del diritto d'asilo
e ai servizi presenti sul territorio.
Nella fase di attesa dell'inserimento all’interno di un progetto e nei
casi in cui non venga trovata ospitalità per mancanza di posti, il rifugiato, grazie alla rete dei servizi e delle associazioni, può beneficiare di
posti letto temporanei, della distribuzione di pasti e vestiti e di un servizio
di informazione, documentazione e accompagnamento nelle pratiche
per l'ottenimento dei diritti elementari della persona garantiti nel nostro
paese. La rete di servizi e associazioni di Genova è ampia e consolidata
e viene gestita dal Comune, attraverso l'Ufficio Stranieri, Unità Operativa
cittadini senza territorio nella Direzione servizi alla persona del Comune
di Genova. Questo ufficio svolge una funzione importantissima, in
quanto eroga le prestazioni sociali in favore delle persone straniere ovvero svolge le funzioni proprie degli Ambiti Territoriali Sociali. [...]
8.3 - Il progetto Tangram
Nel 2008 Genova accede per la prima volta al Fondo nazionale per le
politiche e i servizi dell’asilo per le categorie vulnerabili; grazie a questo
Fondo viene creato, come ampliamento dei servizi già attivi dal 2001, il
progetto Tangram, destinato ai minori. Alcuni operatori coinvolti nel progetto Sestante, struttura per minori stranieri non accompagnati gestita
da Comune di Genova, insieme al Centro di Solidarietà di Genova
(CEIS) e al Consorzio Sociale Agorà sviluppano l’idea di questo progetto.
Poiché i posti disponibili nella struttura “Sestante” non vengono immediatamente utilizzati, qualche mese dopo la sua apertura sorgono dei
dubbi sull'adeguatezza del servizio creato. La struttura, infatti, aveva accolto soltanto due ragazzi, che peraltro presentavano problematiche di
salute mentale, probabilmente gestibili in modo più idoneo da un servizio specificatamente rivolto a soggetti psichiatrici. Nasce così l’idea di
trasformare Sestante in una casa di accoglienza per minori richiedenti
protezione internazionale, nel desiderio di creare un servizio aperto non
più solo la notte ma 24 ore, con operatori sempre presenti, in grado di
accogliere il minore, facendosi carico della sua situazione globale (assistenza materiale, psicologica, medica, legale, sociolavorativa, etc.).
Il nuovo progetto, portato avanti dalla partnership tra Consorzio
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Agorà, Arci Solidarietà e CEIS, viene presentato al bando di concorso
annuale del 2008 per l'accesso al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, categorie vulnerabili. Il progetto viene approvato e si attiva
così Tangram: un presidio residenziale per minori richiedenti protezione
internazionale, aperto 24 ore e dotato di 10 posti.
L'anno successivo viene presentato nuovamente il progetto al bando
di concorso ministeriale, divenuto biennale in seguito al D.M. 22 luglio
2008, per riavere il finanziamento. In questa occasione, l’intento generale
è rivolto all’ampliamento del progetto: si ipotizza, oltre al mantenimento
di Tangram, l'apertura di un servizio di accoglienza per donne con figli richiedenti protezione internazionale, collocato in un altro edificio, senza
presenza fissa di operatori, ma comunque in grado di farsi carico dei bisogni materiali e non di madri e bambini. Si desira gestire le due strutture
con la medesima equipe, all'interno di un unico progetto rivolto a categorie vulnerabili: minori e donne madri. Il progetto così presentato al
bando per il biennio 2009/2010 non viene però approvato globalmente:
il finanziamento è assegnato solo a una parte del progetto ideato, quella
che riguarda il mantenimento della struttura già esistente (Tangram), allargata però a 12 posti. Questa approvazione parziale ha creato dei
grossi problemi nella gestione di Tangram. Il finanziamento assegnato è
risultato essere molto basso rispetto alle esigenze della struttura. Nella stesura del progetto era stata ideata una gestione economica delle due
strutture molto integrata e la mancanza del finanziamento a una di esse
ha comportato un finanziamento insufficiente anche all'altra. Per far
fronte a tale problematica finanziaria, gli operatori si sono attivati per cercare ulteriori fondi. È stato proposto Tangram come progetto per l'accoglienza di richiedenti e titolari di protezione internazionale al bando di
concorso del Finanziamento straordinario 8 per mille IRPEF. Il finanziamento è stato concesso, integrando i fondi ministeriali per il periodo di
tempo compreso tra il 1° Aprile 2009 e il 31 Marzo 2010. Si è riusciti così,
non solo a mantenere il servizio dell'anno precedente, ma ad aprire per
un anno anche una casa per offrire alloggio temporaneo ai ragazzi in
uscita da Tangram, allo scopo di accompagnarli nel passaggio dalla comunità all'autonomia. Il problema finanziario, oltre che con i fondi 8 per
mille IRPEF viene compensato dagli enti partner del progetto: il Consorzio
Sociale Agorà, Arci Solidarietà e CEIS. Per la prosecuzione del progetto,
Tangram ha partecipato al bando triennale per l’acceso al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo per le categorie vulnerabili per
il periodo 2011/2013, ma la graduatoria delle approvazioni non è ancora
stata comunicata.
Nel corso dell’estate del 2008 centinaia di persone sbarcano sulle
coste italiane. In occasione di questa emergenza il Fondo nazionale per
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Ambito
Giuridico
le politiche e i servizi dell’asilo assegna dei finanziamenti per l’attivazione
di posti straordinari in tutta Italia. Tangram passa ad accogliere da 10 a
12 ragazzi. I 2 posti aggiunti sono quindi “straordinari” fino al gennaio
2009, data in cui il progetto viene approvato con 12 posti “ordinari”. [...]
8.4 - Risorse finanziarie del progetto
Ambito
Giuridico
Alla luce dell’analisi delle fasi riguardanti l’ideazione e l'attuazione del
progetto Tangram, è possibile affermare come l’elemento chiave per
la realizzazione degli interventi sia l’accesso ai fondi, ambito estremamente complesso. Il termine inglese fund raising, non traducibile semplicemente in raccolta fondi, deriva del verbo To raise che significa far
crescere, coltivare, sorgere, ossia sviluppare i fondi necessari a sostenere un’azione senza finalità di lucro. Infatti il fund raising trova le sue
origini nell'azione delle organizzazioni non profit contraddistinte dall'obbligo di non destinare i propri utili ai soci, ma di reinvestirli piuttosto nello
sviluppo delle proprie finalità sociali. Attualmente gli enti del Terzo settore si occupano anche di comunicazione, negoziazione e competenze progettuali, oltre che di assistenza, educazione e mediazione.
Per accedere ai fondi sono necessarie buone capacità di analisi e sintesi, l’abitudine all’utilizzo di formulari di candidatura, competenze linguistiche, conoscenze giuridiche in materia di normative europee e
nazionali, contatti e credibilità.
Nel caso di Tangram è il Fondo nazionale per le politiche e i servizi
dell’asilo ad erogare il suo finanziamento. Tale Fondo è gestito dal Ministero dell’Interno e assegna contributi in favore di enti locali che presentino progetti destinati all’accoglienza di richiedenti asilo, titolari dello
status di rifugiato e di protezione sussidiaria. Le linee guida, i criteri e le
modalità di accesso sono indicati nel decreto 28 novembre 2005, successivamente modificato dal decreto 27 giugno 2007 e, infine, con il
decreto 22 luglio 2008, che ha stabilito la biennalità del bando per il periodo 2009-2010. Con il decreto 22 aprile 2010 il Ministero dell’Interno ha
introdotto un bando triennale per il periodo 2011-2013, indicando la capacità massima dei progetti aderenti allo SPRAR in 3000 posti.
Il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo è costituito principalmente da un fondo ordinario, elargito tramite i bandi istituzionali, il
quale suddivide le risorse tra due diverse categorie di soggetti: i richiedenti e titolari di protezione internazionale adulti (categoria ordinaria) e
i richiedenti e titolari di protezione internazionale, quali minori, donne con
figli e malati psichiatrici (categorie vulnerabili). Inoltre, in diverse occasioni ai progetti approvati sono stati distribuiti dei fondi straordinari, per
100
l’attivazione di ulteriori posti di accoglienza, quando si verificano emergenze particolari - ad esempio in occasione degli sbarchi avvenuti nell’estate del 2008. Tangram ha anche ottenuto nel 2009 un finanziamento
del Fondo europeo per i rifugiati (FER), grazie al quale sono stati attivati
dei corsi per i ragazzi: uno di Italiano, finalizzato all’alfabetizzazione e
uno di informatica, per l’apprendimento delle nozioni base necessarie
per l’uso del computer. Il contributo finanziario offerto dal FER assume la
forma di sovvenzione e prevede il co-finanziamento da parte dello stato
membro che ne fruisce. I finanziamenti del Fondo possono integrare, stimolare e fungere da catalizzatori per la realizzazione degli obiettivi europei volti a costituire un sistema di asilo unico nell’Unione Europea e a
creare situazioni di accoglienza durevoli per i beneficiari.
Infine, Tangram è uno dei nove progetti in Italia finanziati con i Fondi
8 per mille IRPEF nel 2009, insieme ad Acri, Ancona, Bologna, Caserta,
Comiso (2 progetti), Cosenza e Napoli. I Fondi 8 per mille IRPEF, direttamente gestiti dallo Stato italiano, sono attribuiti alle pubbliche amministrazioni, alle persone giuridiche e agli enti pubblici e privati senza
finalità di lucro, che intendano sviluppare progetti anche in materia di
intervento di assistenza ai rifugiati (Riferimento normativo è il D.P.R.
76/1998, modificato dal D.P.R.250/2002).
8.5 - Organigramma
Il progetto Tangram coinvolge, come già menzionato, tre diversi partner:
il Consorzio Agorà, l'Arci Solidarietà e il CEIS di Genova. Sono gli operatori
di questi diversi enti a formare l’equipe del progetto. Essi, oltre alle proprie
risorse e qualità personali, sono contraddistinti da orientamenti, metodologie, prassi ed implicazioni valoriali proprie del settore in cui operano.
Vera e propria risorsa, il lavoro d'equipe rappresenta un efficace metodo
di lavoro capace di favorire il raggiungimento degli obiettivi del progetto
e di tutelare gli operatori dal rischio di isolamento e di incorrere nella sindrome da burnout, ovvero l'esito patologico di un processo stressogeno,
che colpisce coloro che esercitano professioni d'aiuto, qualora questi
non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress da lavoro. Attualmente l'organigramma di Tangram è composto da:
• un coordinatore di Agorà
• dieci operatori di Agorà, Arci e Ceis
• educatori a tempo parziale ed educatori notturni
• due servizi civili
• un tirocinante
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Giuridico
L'orario è organizzato in modo da garantire la presenza di almeno
un operatore 24 ore su 24. Sono previsti momenti di compresenza di più
operatori, durante i quali è possibile proporre attività e occuparsi delle
eventuali esigenze personali dei ragazzi, sviluppando relazioni con loro,
singolarmente o in gruppo. Per quanto riguarda le funzioni da svolgere
al di fuori della struttura, quali accompagnamento alle visite mediche,
acquisto di medicinali e materiale vario, nonchè procedure burocratiche per i documenti dei ragazzi; è possibile avvalersi della collaborazione dei prestatori di servizio civile.
L'equipe mono-professionale è composta da soli educatori, i quali
collaborano strettamente con altri professionisti allo scopo di rispondere
alle molteplici esigenze dei beneficiari del progetto. Il coordinatore ha
il compito di accertare che gli educatori abbiano consapevolezza
della rete di servizi nella quale si inserisce il loro lavoro, oltre che dello
stress collegato alla propria attività lavorativa. Gli educatori assumono
un ruolo complesso: quando sono in turno sono responsabili della struttura e di tutti i ragazzi, ma soprattutto hanno la responsabilità della gestione della situazione globale dei casi a loro attribuiti. Essi devono
essere a conoscenza della situazione di ogni ragazzo, individuarne i bisogni e lavorare per soddisfarli insieme agli altri professionisti. Le professioni con cui operano in stretta collaborazione sono:
• l'assistente sociale del Comune, unica figura per tutti i ragazzi: si
occupa di seguire le procedure burocratiche per l'ottenimento
della protezione internazionale, del permesso di soggiorno, della
copertura sanitaria, della residenza e delle agevolazioni previste a
favore della categoria (trasporti pubblici gratuiti, corsi di alfabetizzazione, etc.);
• il medico curante, unico anch'esso per tutti i ragazzi;
• l'avvocato esercente funzione di tutore;
• i professori della scuola o dei corsi frequentati dai ragazzi.
Ogni due settimane è prevista una riunione d'equipe alla quale partecipano tutti gli operatori impiegati nella struttura: questo rappresenta
un momento importantissimo, tenendo conto del fatto che i turni possono far sì che alcuni operatori non si incontrino mai. Tale riunione è gestita dal coordinatore che assume il difficile compito di sfruttare al
meglio il poco tempo a disposizione con tutti gli operatori presenti: stabilisce in anticipo l'ordine del giorno, lasciando il giusto spazio di inter-
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vento ad ognuno, e cura il clima della riunione.
La gestione della riunione d'equipe non è compito esclusivo del coordinatore: gli operatori sono consapevoli dell'importanza strategica
dell'incontro e possono di volta in volta prendersi delle responsabilità,
redigendo il verbale, assumendo ruolo di moderatore in un conflitto tra
colleghi, proponendo le proprie idee in modo costruttivo. La coordinatrice di Tangram si è preoccupata da subito di rendere gli operatori
consapevoli delle difficoltà e delle risorse della struttura nel momento
in cui hanno iniziato a lavorare, stimolando in loro un atteggiamento di
collaborazione, propositivo e responsabile. L'investimento di energie da
parte sua in questo le ha permesso di poter poi contare su un'equipe
abbastanza autonoma nel gestirsi e nello risolvere i problemi quotidiani.
Oltre alla riunione d'equipe, una volta al mese, tutti gli operatori incontrano insieme uno psicoterapeuta per un colloquio di supervisione.
In tal modo gli operatori hanno l'opportunità di esplicitare e condividere
in uno spazio adeguato dubbi, difficoltà, sia di natura pratica che psicologica, nonché osservazioni. Il supervisore propone un punto di vista
esterno, offre il suo contributo professionale, spiega i processi soggettivi
necessari ai ragazzi per capire la propria situazione e ridimensiona i problemi e i conflitti, offrendo una chiave di lettura per la comprensione di
determinati comportamenti.
8.6 - Risultati raggiunti e punti di debolezza di Tangram
Dal 2008 a oggi il progetto Tangram ha accolto e accompagnato verso
l’autonomia minori provenienti da vari Paesi del mondo: la maggioranza sono Afgani, Eritrei, Curdi di nazionalità turca oppure provenienti
dal Ghana, dalla Somalia, dal Togo e dallo Zimbawe. Tangram nasce
come ampliamento di un servizio già esistente, il progetto per richiedenti protezione internazionale adulti aderente allo SPRAR attivo dal
2001, usufruendo tuttavia di fondi specifici e opera in una zona non investita dalle emergenze degli sbarchi; questi elementi hanno permesso
la messa in atto e il consolidamento di buone pratiche. In particolare,
Tangram garantisce effettivamente ai minori l’immediata apertura della
tutela, come previsto dalla procedura.
Il tutore è una figura cruciale per la richiesta di protezione internazionale perché, come visto precedentemente, per l’avvio della procedura è necessaria la sua conferma. Il progetto ha conferito la funzione
di tutore a un avvocato; questo rappresenta un fattore positivo in
quanto implica il contatto con una persona dotata di competenze specifiche, particolarmente utili nel caso in cui, in seguito a un eventuale
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Giuridico
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Giuridico
diniego della protezione internazionale da parte della Commissione
territoriale, si voglia presentare ricorso.
Notevole importanza viene attribuita all’audizione presso la Commissione territoriale, momento cruciale per la condizione dei minori. Durante
il percorso di riconoscimento dello status - ovvero prima e dopo l’audizione - il servizio si propone di fare molta attenzione; la maggioranza dei
minori accolti infatti non è a conoscenza della lingua italiana né tantomeno delle leggi e dei motivi per cui viene effettuata un’interrogazione
in merito al loro passato, spesso confuso e doloroso.
Tra le caratteristica positive del servizio vi è l’assistenza medica, strettamente legata, oltre che alle risorse del progetto, agli standard di sanità
garantiti in generale nella regione Liguria. Screening iniziale e visite specialistiche sono fornite ai minori accolti; sul territorio italiano tali prestazioni
non sono sempre garantite agli stranieri. Inoltre, preziosa è la collaborazione con la Salute mentale, per affrontare gli aspetti psicologici e psichiatrici legati all’emersione di disagi e all’elaborazione dei traumi.
È opportuno evidenziare anche il fatto che, oltre alle prestazioni base
finanziate dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, Tangram ha usufruito di un finanziamento aggiuntivo del FER, grazie al quale
ha attivato dei corsi in struttura. Tali corsi sono estremamente importanti
per i ragazzi in quanto permettono di sviluppare competenze e rapporti
relazionali di confronto e di solidarietà tra loro, nonché di apprendere il
rispetto di un impegno, degli orari e delle regole. Questi corsi sono proposti in aggiunta all’iscrizione alla scuola esterna, fondamentale per l’interazione nella società civile. I risultati concreti ottenuti ad oggi sono i
seguenti:
• per la maggioranza dei casi ottenimento della terza media;
• 2 casi eccellenti iscritti alla scuola superiore;
• 2 borse di studio;
• 5 inserimenti in borse lavoro;
• 8 assunzioni;
• 1 patente di guida presa e 2 iscrizioni in essere;
• 3 casi di partecipazione al servizio civile regionale.
A seguito dell’esposizione delle pratiche ottimali concretizzate attraverso il progetto Tangram e i risultati raggiunti, risulta necessario individuare gli aspetti problematici del servizio. In primo luogo, tra le diverse
difficoltà riscontrate emerge la gestione dei ragazzi, a causa della loro
disomogeneità. Come precedentemente sottolineato, essi provengo
infatti da Paesi differenti e arrivano in tempi diversi: questo comporta
una forte differenziazione dei bisogni e rende difficile l’organizzazione
104
di attività di gruppo, come, ad esempio, i corsi sopra citati. Inoltre, il sistema di smistamento dei minori nelle strutture attive sul territorio nazionale non prevede la possibilità per Tangram di avere informazioni sulle
caratteristiche dei minori in arrivo né di individuare criteri di selezione dei
beneficiari, ad esempio in base alle risorse. In questo contesto diventa
quindi complesso gestire contemporaneamente la dimensione della comunità con le esigenze individuali.
Altra difficoltà è rappresentata dal fatto che Tangram non dispone direttamente di mediatori. Questo crea problematiche rilevanti soprattutto
nel primo periodo di accoglienza, quando la conoscenza dell’italiano è
quasi nulla e il minore deve imparare molte cose: dall’orientarsi in città, ai
nomi degli operatori, alle informazioni basilari della sua condizione.
Una comunità eritrea attiva e numerosa si è sviluppata a Genova e
grazie a questo i minori eritrei hanno usufruito più facilmente della mediazione culturale: spesso, infatti, persone della comunità arrivate in Italia da qualche anno si sono rese disponibili a svolgere le funzioni di
mediatori culturali, in particolar modo per la realizzazione dei colloqui
in questura.
Come è emerso dall’analisi delle risorse del progetto, i finanziamenti
sono temporanei, quindi la programmazione degli interventi è continuamente vincolata ad essi. Per gli operatori di Tangram è difficile conciliare
l’esigenza di individuare obiettivi, sia immediati sia a lungo termine, con
l’urgenza delle continue scadenze dei finanziamenti. Il lavoro per l’accoglienza e l’integrazione di una categoria così vulnerabile come i minori richiedenti protezione internazionale è molto difficile in condizioni di
precarietà e incertezza.
I ragazzi beneficiari del progetto hanno vissuto l’esperienza traumatica della fuga e della separazione dalla famiglia, vivendo per alcuni
periodi in condizioni disumane: dopo tali esperienze emerge in loro un
senso di sollievo, nel momento in cui arrivano in Italia. Pertanto il processo
di aiuto per queste persone richiede il rispetto dei tempi di elaborazione
della singola persona: non si possono sottovalutare i rischi che si corrono
nel forzare il percorso di un ragazzo, che può non solo non ottenere utilità
dall’intervento, ma subire conseguenze negative. Le difficoltà riscontrate nell’attuazione dell’intervento portano come estrema conseguenza all’ allontanamento del minore dalla struttura: tale fuga può
essere talvolta temporanea, comportando tuttavia gravi rischi, quali lo
sfruttamento e l’ingresso in circuiti criminali. Episodi di fuga si sono verificati nel corso degli anni, diventando emblema delle debolezze di Tangram e del sistema globale di gestione del fenomeno dei minori stranieri
non accompagnati.
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Ambito
Giuridico
Ambito architettonico
9. Collaborazione con la Facoltà Architettura di Genova- Corso di Laurea breve in Disegno Industriale
Dal 2005, alcuni studenti della Facoltà di Architettura di Genova,
provenienti dal corso di laurea in Disegno Industriale, hanno dedicato la propria tesi all’esperienza de La città dei bambini e dei ragazzi, gestita operativamente da 18 anni dal Consorzio Agorà. Ai
fini di comprendere il vasto processo didattico intrapreso, riportiamo qui di seguito un contributo della Professoressa Maria Linda
Falcidineo che riassume il progetto complessivo in cui si inseriscono
alcuni degli apporti sviluppati dagli studenti.
9.1 - Introduzione
Ambito
Architettonico
A seguito della collaborazione scientifica ormai consolidata nel tempo
tra la Facoltà di Architettura di Genova e La Città dei bambini e dei Ragazzi, dal 2005 a oggi, si è attuata una partecipazione al progetto di
apertura dell’area dedicata ai piccoli di età compresa tra i 2 ed i 3
anni.
Il contributo è stato dato dal corso di laurea in Disegno Industriale e
in particolare dal Laboratorio di Grafica Editoriale e Pubblicitaria ed è il
risultato imperniato sia sulle problematiche legate alla comunicazione
per immagini, particolarmente sentite in un settore così specifico e mirato, qual è quello del rapporto con i piccolissimi, sia sulla risoluzione
della necessaria progettazione degli strumenti tradizionali di divulgazione e informazione. La logica, quindi, è stata quella di suddividere la
comunicazione in due grandi settori: uno destinato agli utenti diretti - i
bambini - e l’altro destinato agli accompagnatori, a loro volta individuati nelle “figure genitoriali” e negli “insegnanti”, nel rispetto di una
progettazione di comunicazione comunque unitaria. Infatti, differenziare i linguaggi in modo che le scelte di progetto siano consapevolmente mirate e, soprattutto, partecipate, nel senso di condivise con i
destinatari, significa optare per una soluzione “ad hoc”, pur nel mantenimento di alcune linee guida comuni. Il supporto delle analisi sociologiche e pedagogiche è stato la partenza necessaria ed imprescindibile
per porre alcuni punti fermi.
In particolare, alcune notazioni di fondo sono apparse fondamentali
106
e di validità generale: il valore dell’apprendimento attraverso il gioco,
estremamente creativo e personale, l’importanza di riferimenti “certi”,
immediatamente riconoscibili, il fondamento di una comunicazione
non ambigua tutta basata sulle immagini; diretta conseguenza, la necessità di impostare strutture in grado di chiarire il valore dello spazio,
che attraverso il “far finta di...” consente di progredire nell’autonomia
e nella conoscenza.
9.2 - Il valore dell’apprendimento attraverso il gioco.
Chiunque si occupi di bambini, sa che il gioco ha un ruolo fondamentale non solo nella crescita dei piccoli, ma anche nei loro meccanismi
di apprendimento, tanto che in molte situazioni problematiche tale
strada è ritenuta la migliore per giungere all’acquisizione di conoscenze
specifiche; ciò ha comportato l’immediata conseguenza di una scelta
progettuale, nella quale lo spazio è stato strutturato come percorso giocoso, disegnanto appositamente con linguaggio adeguato, accattivante e comprensibile per quella determinata fascia di età.
9.3 - L’importanza di riferimenti “certi”.
Altrettanto universalemente riconosciuto è il ruolo giocato dai “punti
fissi” nella vita di un bambino dell’età considerata, sia per ciò che attiene l’ambito famigliare e, quindi, l’educazione, sia per quanto concerne i riferimenti esterni: certezze, quasi rituali, che portano ad
esempio, alla frequente richiesta di narrazioni sempre simili tra loro, con
il medesimo soggetto e il medesimo sviluppo. Ecco allora, ad esempio,
la necessità di alcune scelte rappresentative consuete e riconducibili
a un immaginario collettivo: la riproduzione del tipo “casetta”, “narrazione”, “albero” e via di seguito, secondo uno scenario davvero tra
fantasia e realtà, in cui, però, il piccolo si ritrova e trova conferme.
9.4 - Una comunicazione non ambigua tutta basata sulle immagini.
Problema non da poco è quello legato alla mancanza di alfabetizzazione dei piccoli utenti: ciò significa non potersi affidare alle parole, ma
puntare tutto sulla comunicazione visiva, di segni, colore e figure, per
spiegare l’utilizzo, incuriosire e attirare l’attenzione.
La successiva tappa è stata l’approfondimento dei possibili aspetti
107
Ambito
Architettonico
necessari alla comunicazione legata all’attivazione dello spazio stesso:
innanzitutto la necessità di renderlo riconoscibile immediatamente, at-
Ambito
Architettonico
Figura 2. La comunicazione cartacea informativa e pubblicitaria per l’area 24-36
mesi de La città dei Bambini. Tesi di Laurea di Emilia Cavalcante: La città dei bambini e dei ragazzi, analisi e studio della comunicazione del nuovo posizionamento.
108
traverso la riproposizione di un’immagine ricorrente (la “mascotte”), che
guidi i fruitori non solo all’area dei piccolissimi, ma anche ad altre aree
eventualmente adatte per questo pubblico; in secondo luogo la possibilità di supportare gli accompagnatori con strumenti cartacei “ad hoc”,
quale, ad esempio, un opuscolo che divenga tramite il bambino, l’area
e l’accompagnatore; in ultimo la progettazione di materiale informativo
e divulgativo, dal cartaceo all’oggettistica.
Strumento attuativo delle linee guida individuate sono state alcune
tesi di laurea con oggetto la segnaletica, l’advertising e il materiale editoriale, elaborate in sinergia tra il corso di laurea in Disegno Industriale e
La Città dei Bambini e dei Ragazzi, nelle quali l’elemento principale era
proprio la formulazione di una strategia progettuale flessibile, secondo
la quale alcuni elementi fungevano da “cardini” attorno cui ruotare
tutte le differenti declinazioni grafico-linguistiche. In particolare, il lavoro
di Ester Mariotti è stato imperniato sull’aggiornamento della segnaletica,
così da renderla maggiormente caratterizzata a seconda dell’area di
Ambito
Architettonico
Figura 3. Studi sulla comunicazione cartacea per l’area 24-36 mesi de La città
dei Bambini. In evidenza il concept che si basa sull’illustrazione delle possibilità
di fruizione dello spazio. A cura di Ester Mariotti.
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riferimento e, soprattutto, a seconda se si trattasse di informazioni a carattere generale o specifico sui singoli exhibit; la tesi di Emilia Cavalcante, invece puntava l’accento sulla campagna informativa,
prendendo spunto dal ruolo didascalico-giocoso di Città dei Bambini,
per spiegare questa realtà anche a chi non ne ha mai avuto notizia; gli
studi di Elena Calderoni, Martina Giusti e Antonella Lacava, infine, ba-
Ambito
Architettonico
Figura 4. Proposte per gadget promozionali per La città dei bambini elaborate
dagli studenti C. Bracco, S. Mosconi, F. Martello, I. Facci e N. Gotelli.
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savano le scelte progettuali sulla presenza di una mascotte che evidenziasse in modo immediato e chiaro ai piccolissimi ed ai loro accompagnatori anche l’uso di determinate aree non specificamente destinate
a loro.
Ambito
Architettonico
Figura 5. Progetto e realizzazione dell’exhibit Il colore delle ombre e della comunicazione spaziale. A cura di F. Bisi, D. Della Casa, V. Magliano; foto di F. Risso.
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Conclusioni
Celebrare i 20 anni di Agorà con un libro in cui laureandi di differenti
facoltà studiano il nostro modello operativo e i nostri servizi significa offrire un’originale ed efficace lettura di quanto fino ad oggi prodotto, in
funzione anche di ciò che saremo chiamati a sviluppare nei prossimi
anni.
Dare voce ai giovani, in un paese troppo spesso “ingessato” è stata
un’esperienza di grande utilità e fiducia. Le varie tesi di laurea hanno
affrontato tematiche differenti, con punti di vista in molti casi originali
ed atipici rispetto alla letteratura tipica del nostro settore.
I giovani laureandi hanno approfondito il modello alternativo e sostenibile di sviluppo economico imprenditoriale tipico della cooperazione
sociale, hanno potuto “misurare” ciò che ancora è troppo poco conosciuto, focalizzando l’attenzione sia sul sistema organizzativo che sul prodotto.
Questo libro si propone come una semplice lettura in grado di offrire
alcuni spunti di riflessione sia ai giovani, affinché sappiano che esiste un
altro modo di fare impresa, che ai cooperatori sociali, affinché non dimentichino mai “l’utopia” che li vede protagonisti.
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Libro Agorà - Idee in Rete