Anteprima Estratta dall' Appunto di Storia delle dottrine politiche Università : Università degli studi di Bari Facoltà : Sc.Politiche Indice di questo documento L' Appunto Le Domande d'esame ABCtribe.com e' un sito di knowledge sharing per facilitare lo scambio di materiali ed informazioni per lo studio e la formazione.Centinaia di migliaia di studenti usano ABCtribe quotidianamente per scambiare materiali, consigli e opportunità Più gli utenti ne diffondono l'utilizzo maggiore e' il vantaggio che ne si può trarre : 1. Migliora i tuoi voti ed il tempo di studio gestendo tutti i materiali e le risorse condivise 2. Costruisci un network che ti aiuti nei tuoi studi e nella tua professione 3. Ottimizza con il tuo libretto elettronico il percorso di studi facendo in anticipo le scelte migliori per ogni esame 4. 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Clicca qui per i grafici aggionati su Storia delle dottrine politiche >> ABCtribe.com - [Pagina 2] AB Ct rib e.c om MACHIAVELLI M. è uno dei più grandi pensatori e riformatori politici moderni e contemporanei, e segue un metodo di ricerca dettato dalla sua esperienza politica nella signoria fiorentina. Per questo il suo pensiero è stato molto criticato e rifiutato da quasi tutte le correnti di pensiero (illuministi, progressisti, conservatori, oscurantisti). Egli osserva il contesto in modo oggettivo e afferma che nell’azione politica non bisogna pensare a come vorremmo che le cose fossero, ma a come le cose sono realmente, infatti il politico è colui che fa i conti con la situazione reale. La politica per M. è scienza autonoma, quindi l’agire politico dell’uomo non è considerato né da vincoli morali e né da vincoli laici, ma solo da se stesso. La visione politica quindi ha origine da una visione naturalistica della realtà sociale dalla quale tende ad individuare delle leggi di svolgimento che rimangono invariate nel tempo. Alla base della teoria politica si ritrova il concetto di virtù politica che comprende non solo l’agire con saggezza, ma anche l’astuzia e l’uso della forza, la capacità di costruire il consenso sviluppando atti politici efficaci. Ma l’azione umana non è sempre libera: è sovrastata anche dalla fortuna - casualità e necessità - che si sviluppa indipendentemente e contro l’agire politico, non riducendo xò la virtù, ma proprio davanti alla casualità degli eventi il politico deve destreggiarsi x per poter far fronte agli imprevisti il suo progetto politico si trova nel trattato, Il Principe, che per ben tre secoli rappresentò l'utopia di M.. Il principe parte dall'ammirazione per la Roma repubblicana e discute circa la provenienza dell’arte della guerra, e darà le norme belliche, una volta costituito un esercito nazionale, affinché l'Italia ritorni all'antica grandezza. Bisogna precisare che il pensiero di M. non ha subito mutamenti; egli, che nacque repubblicano, tale morì. M. non scrisse Il principe per lodare la tirannide, ma nella illusione che la casa dei Medici attuasse il disegno di mettersi a capo dell'Italia unificata. E quando, morto Lorenzo, la grande speranza cadde, M. voleva perfino ritirare il principe, perché non gli sembrava più utile in quel momento; l’oggetto dei discorsi è: a) come si possono fondare le repubbliche (o i principati) e del loro ordinamento interno; b) come gli stati si conquistano e come si ingrandiscono; c) come essi prosperano e come possono decadere. Di più, c'è un'ampia e acuta trattazione sulle congiure; ed egli chiaramente mostra di detestarle: ritiene che i congiurati siano cattivi cittadini e dimostra loro che le congiure difficilmente riescono, specie se il principe è amato dal popolo. Ammonisce che il principe sia pronto a ordinare ogni cosa nuova e straordinaria e non conosca le vie di mezzo, ma ricorra sempre agli estremi (del bene o del male) come faceva Roma. Per quanto riguardava la chiesa che, con la pretesa del potere temporale, ostacolava l’evoluzione dello Stato laico moderno, egli era contro il papato il quale aveva, anche con la corruzione, accresciuto il numero dei signorotti e le lotte delle fazioni. Non approvava l'azione politica e sociale di essa ma, in compenso, accettava la religione pura di Cristo e la riteneva elemento fondamentale, necessario per rafforzare l'amor di patria. E uno Stato, poi, non può fare a meno della religione, alla quale è collegata la morale del popolo. "Ma egli vuole una religione di Stato che sia in mano del principe un mezzo di governo". L'arte della guerra (1521) contiene sette libri sulla strategia militare divenuta scienza, per la prima volta, e ad opera sua. Discute dell'obbligo dei cittadini di esercitare la milizia, del modo di equipaggiare gli eserciti, del dovere del principe di condurre bene i medesimi e dello studio dei luoghi delle battaglie e del modo di assaltare il nemico e dei servizi o meno delle fortezze. M. si faceva anche eco delle speciali condizioni politiche e storiche del suo tempo, quando il comune era in balia di se stesso, e incapaci di ritornare ai suoi antichi splendori, tra l'impero che combatteva il papato e questo che si occupava più delle cose terrene che delle celesti, ed era pronto a chiamare in Italia lo straniero o a desiderare la monarchia, la quale, naturalmente, avrebbe diminuito il comune. E, nonostante questa tendenza collettiva al principato, persisteva, la grande attrazione che il comune esercitava sulle masse e per la quale era in molti il desiderio che un unico principe o valente uomo sorgesse per approfittare della occasione così favorevole. Di più, erano diffuse la corruzione e la viltà che le basse passioni umane e l'egoismo più sfacciato avevano ABCtribe.com - [Pagina 3] AB Ct rib e.c om generate nell'animo dei singoli. Occorreva un freno, una legge che solo un uomo eccellente, attento è disinteressato poteva emanare. E questo uomo eccellente avrebbe dovuto, attraverso la virtù e la fortuna, mantenere nel suo pugno una provincia o più province, dirigere le varie amministrazioni dello Stato, regolare i rapporti con gli stati vicini, mirare sempre al bene del popolo, agire sempre nell'interesse di quello, decidere della guerra e della pace, dopo essersi fornito di armi proprie. Questo nuovo governo doveva svolgersi in mezzo all'infedeltà delle armi mercenarie che erano sempre pronte a passare presso un altro signore o Stato; perciò il principe doveva essere poco scrupoloso intorno ai mezzi di cui avrebbe dovuto servirsi per raggiungere il suo scopo. Tra l'utile e l'onesto, insomma, dovrà preferire l'utile. E così, alla virtù e alla fortuna s'aggiungeva ora l’astuzia del principe, la prudenza nel non lasciarsi sorprendere impreparato. Il principato era l'unico mezzo per tenere unita una provincia. M., dunque, ideando il principe, aveva posto pensiero e speranze su Cesare Borgia: a) perché, dopo averlo conosciuto da vicino, come politico e come uomo, riteneva che egli fosse fornito di tutte quelle virtù necessarie a poter effettuare una grande impresa, come la conquista di tutta l'Italia; b) perché, ritenendo più che sacro il fine della liberazione della patria, ed avendo Valentino come padre Alessandro VI, sperava che la sua azione venisse favorita da Dio e dalla chiesa. E dato che Valentino è morto prematuramente, nel 1507, mentre lui scrive il principe, pensa ad un altro valente uomo: a Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, le virtù del quale tutti decantavano e l'azione del quale sarebbe stata sorretta da quella dello zio, papa Leone X; così, anche questa azione dei Medici poteva essere favorita da Dio e dalla chiesa. Di Lorenzo scrive in modo lusinghiero lo stesso Nicolò dedicandogli Il Principe, con la magnifica lettera che è pervasa di rispetto e di augurio sincero per Lorenzo e la sua casa dei Medici, in cui la esorta ad impugnare le armi e liberare l'Italia. Poi M. svolge il suo concetto politico, che consiste nel ritenere che la storia, studiata dopo una profonda e viva esperienza delle cose presenti (la verità effettuale), dia delle positive leggi politiche e storiche. M. crea la sua concezione politica attraverso l'esame e l’elaborazione di una scienza empirica della politica nella quale si erge a potenza il concetto della virtù da contrapporre a quello della fortuna. Questa virtù si manifesta negli ordini e nell'eccellenza dell'ordinatore; deve ritenere, nei conflitti, la neutralità dannosa, e deve essere vero amico e vero nemico, e deve guardarsi da fare alleanza "con uno più potente di se per offendere altri"; deve vigilare continuamente. Così vede M. il nuovo principe, dopo, però, aver parlato delle varie qualità dei principati, quelli ecclesiastici compresi e dei mezzi per conquistarli, e cioè o con le armi e la virtù, o con le armi e la fortuna di altri, o con le scelleratezze, o mediante il favore del popolo, il quale sarà presto conquistato se non sarà oppresso e se sarà beneficato. La parte più originale del principe è la trattazione intorno alla milizia, dove, partendo dal suo noto pensiero che la salvezza della patria è solo nelle armi proprie, esamina le varie specie di armi: le mercenarie, le ausiliarie e le miste, con particolare riguardo alle gravi conseguenze della loro azione in Italia. Ma il principe potrebbe essere buono o cattivo. Se per natura non è cattivo, occorre che impari ad esserlo "perché un uomo che voglia fare in tutte le parti professione di buono, conviene che rovini, fra tanti che non sono buoni". Ora la necessità di questa massima si rivela tale solo se si pensa che il principe è il capo di quello stato, che bisogna difendere e conservare. Perché, infatti, M., pur essendo pessimista rispetto agli uomini, spesso li difende e biasima i principi cattivi e crudeli, anche se si tratta dello Stato. Ed al principe buono e prudente espone la necessità di usare la parsimonia piuttosto che la liberalità, la quale porterebbe aggravare di tasse il popolo o renderebbe il principe "odioso". Il principe non gravi mai il popolo, tranne nel caso in cui non abbia ancora acquistato il principato e nel caso che, in guerra, si spenda il denaro altrui. Anzi, dal popolo il principe si faccia amare, il che è preferibile all’essere temuto. Il principe, però, "debbe desiderare di essere tenuto pietoso e non crudele"; ma deve essere prudente nel "non usare male questa pietà". Sicché non è detto che egli debba essere crudele, perché basterà che sia tenuto e creduto tale. In altri termini, prevale, in Machiavelli, il concetto della clemenza. Poi esamina che "ne nostri tempi”, hanno fatto fortuna quei principi che della fede "hanno tenuto poco conto". È una constatazione di fatto e non è un consiglio; anzi è un'affermazione che fa a calci con l'altra sua asserzione precedente. Egli, tutt'al ABCtribe.com - [Pagina 4] AB Ct rib e.c om più, giustifica la condotta di principi, che mancarono alla fede data, come Ferdinando il Cattolico, partendo dalla sua idea fissa, e in cui non gli si può del tutto dar torto, che gli uomini sono tristi. Ed è coerente con se stesso; e ci invita a pensare alla volubilità degli uomini, alla gravità del dirigere il governo dei popoli, alle varie condizioni sociali delle nazioni attraverso i tempi, all'azione nefasta delle fazioni che non rappresentano certo il popolo o la patria, alla condotta da dover mantenere rispetto alle minoranze ecc... E giacché due sono i punti ai quali deve mirare il principe, a mantenere cioè la sua reputazione ed a conservare lo stato "facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato; e mezzi sempre saranno giudicati onorevoli, e da ciascuno laudati; perché el vulgo ne va preso con quello che pare e con lo evento della cosa" ma, nemmeno si può dire che Egli vagheggi a priori l'uso della forza, per conquistare lo stato, nonostante che Egli lo stato stesso consideri presidiato sempre dalla forza armata, unico ed efficace rimedio che assicuri la pace. Ma guai se lo Stato si reggesse solamente sulle armi; perché se il principe deve saper essere "uno ferocissimo leone", occorre anche che sia "una astutissima volpe" e che l’una e l’altra attività esplichi solo per gli alti e santi fini politici, che si propone di raggiungere, mentre terrà "el popolo satisfatto di lui" e dal popolo sarà ammirato e seguito. Ma per compiere questa poderosa opera e provvedere continuamente al bene del popolo, in tutti i rami della pubblica amministrazione, il principe si deve circondare di ministri fedeli e sapienti, le azioni dei quali, però, egli deve saper vigilare e correggere. E dai ministri, il principe eccellentissimo accorderà fiducia e "onori e carichi", ed eviterà gli adulatori. La sua legge, il suo criterio prevalga su tutti pareri e consigli degli altri, dopo che da lui siano stati bene ponderati. E questi provvedimenti metta a riscontro con "le qualità dei tempi", perché, altrimenti, rovina. Nelle "qualità dei tempi", è insita la fortuna, per acciuffare la quale, nel caso buono, il principe sia pronto, "impetuoso", giovane e nel caso avverso, si sappia opporre a lei. I nuovi tempi richiedevano più la virtù nel principe che non lo starsene "in su la fortuna ", quand’ anche questa fosse per il Machiavelli "arbitra della metà delle azioni nostre". Così, e solo così, questo principe completerà l'opera sua, riportando periodicamente lo stato verso il suo principio e cercando... "Di non partirsi dal bene, potendo". Dal lato scientifico, egli crea per primo la scienza politica, cioè l'attività economica o utilitaria dello spirito, assegnando un'autonomia alla vita politica rispetto a quella morale. nel suo sistema politico, vengono in urto l'utile e l’onesto, con prevalenza del primo sul secondo. Emerge chiaro che nella pratica della vita, e quindi, nella politica, l'onesto debba cedere all'utile nazionale, cioè collettivo. Machiavelli, nel principe, oggi, fatte le debite riserve, è ancora così vicino a noi, per i concetti fondamentali del profondo amor di patria e dello Stato forte e sovrano. LA RIFORMA LUTERANA È un movimento ecclesiastico, civile e politico che si sviluppa in Germania all’inizio del ‘500 e che coinvolgerà tutta l’Europa e poi tutto il Mondo. Avviene in un momento in cui i pensieri delle Chiese sono legati solo alla teologia, ma si aprono alle realtà politiche, culturali ed etniche. Da questo fenomeno vediamo la nascita del Protestantesimo: una forma di cristianesimo sorta nel XVI secolo dalla Chiesa cattolica, a seguito del movimento politico e religioso noto come "Riforma protestante", derivato dalla predicazione dei riformatori, fra i quali i più importanti sono Martin Lutero e Giovanni Calvino. Da un punto di vista teologico il protestantesimo si caratterizza per la varietà delle confessioni di fede e delle chiese; in particolare la Riforma di Lutero è un ritorno alla purezza che fa perno su quattro pilastri: Solo Cristo, Sola Scrittura, Sola Grazia, Sola Fede. - Solo Cristo perché solo Cristo è l'unico Maestro, l'apparato ecclesiastico che si fa interprete del suo pensiero e si fa scudo della Tradizione è per Lutero illegittimo e abusivo, i protestanti saranno in questo senso solo portatori della parola del Signore, non Suoi interpreti. - Sola Scrittura perché la vera parola di Dio è testimoniata dalle sole Sacre Scritture, al fedele altro non serve che una Bibbia. ABCtribe.com - [Pagina 5] Sola Grazia, perché solo la Grazia salva, perché dalla fede possono scaturire le opere buone, ma dalle opere buone non scaturisce necessariamente la salvezza. Non spetta agli uomini salvarsi da sé, la decisione finale spetta solo a Dio ed è una decisione imperscrutabile, nessuna indulgenza comprata può quindi garantire al fedele il perdono dei peccati. - Sola Fede, la fede cieca in quel Dio che spesso sembra incomprensibile ma che resta l'unico ente veramente degno di venerazione. Un'altra caratteristica del Protestantesimo storico è stata l'accentuata dipendenza dallo Stato. Ciò era particolarmente evidente in Germania, prima della dissoluzione dell'Impero, dove i principi protestanti avevano autorità sulle chiese locali simile a quella dei vescovi cattolici nelle loro diocesi. Pur riconoscendo che l'appoggio di poteri politici ha contribuito a rafforzare e difendere le chiese protestanti dai loro avversari, questa dipendenza è del tutto in via di superamento. L’etica protestante L'etica protestante deriva dal concetto teologico della salvezza per sola grazia, che i riformatori Lutero e Calvino desumono dalle lettere di Paolo di Tarso (specialmente la Lettera ai Romani) e dagli scritti dei Padri della Chiesa, in particolare Sant'Agostino. Il credente, che sa di essere nella condizione di peccatore, conosce la salvezza per la sola grazia di Dio, mediante gli esclusivi meriti di Gesù Cristo; non sono le opere umane che determinano la salvezza; tuttavia, in forza di questa certezza che il credente percepisce per fede, egli si sente chiamato a rispondere all'amore gratuito di Dio mediante un comportamento che cerca di porsi alla sequela del Cristo, pur nella consapevolezza della continua fallibilità umana. Le esperienze fondamentali della vita etica del credente sono la conversione, la rigenerazione e la santificazione: quest'ultima è una condizione possibile per ogni essere umano, non solo per alcuni, nel momento in cui riesca a volgere il proprio comportamento in senso etico. La predestinazione, nell'ambito di questa dottrina della salvezza per grazia, è il riconoscimento della libertà assoluta di Dio riguardo il destino degli esseri umani: perciò non compete all'uomo la capacità di giudicare il destino degli altri esseri umani. Piuttosto, la certezza di essere salvato conduce l'uomo ad un personale impegno nel mondo, vissuto nella libertà e nella responsabilità; questo impegno si traduce anche nella scoperta di una vocazione che non necessariamente viene vissuta esclusivamente nell'ambito religioso, ma piuttosto può esplicarsi nella quotidianità della vita e nel lavoro. AB Ct rib e.c om - MARTIN LUTERO È il promotore e l’artefice della rivoluzione protestante basata su una riflessione con implicazioni politiche negative e pessimistiche del progresso. Per Lutero, la religione consiste nell’esperienza spirituale e interiore e come Agostino opera una distinzione fra regno spirituale e regno terreno: il primo è il regno dell’amore di Cristo e delle Spirito che tiene gli uomini lontani dalle miserie mondane; nel secondo il regno del diritto si congiunge con l’autorità e la forza che consentono la convivenza per mezzo di norme. (vedi riforma luterana-su) GIOVANNI CALVINO In Calvino ha molta importanza il rapporto tra Stato, Religione e Politica: infatti nella sua opera principale – Institutio Religionis Christianae – la sezione centrale è dedicata al governo civile suddiviso in: popolo, che forma il sostrato, leggi su cui è retto il popolo e Magistrato a cui fanno capo le leggi predisposte a favore del popolo. Egli ha il potere concessogli da Dio, quindi è l suo vicario e ha il compito di costruire la società cristiana. Le forme di governo possibili sono fondamentalmente tre: Monarchia, che xò può degenerare in Tirannide; Aristocrazia, che xò può degenerare in Oligarchia e Democrazia, che xò può degenerare in Anarchia. Quindi secondo Calvino, l’unica forma di governo che può costituire una società equa ABCtribe.com - [Pagina 6] è il Governo misto: il popolo può eleggere i governanti meritevoli per le loro competenze e qualità morali. Fondamentalmente, a Calvino interessa che il potere politico sia sottomesso alla parola di Dio: è questa la stretta connessione tra Chiesa e Stato. AB Ct rib e.c om IL CALVINISMO Dato che il Calvinismo è una struttura di pensiero pluriforme che cerca di interpretare l'intera realtà da un punto di vista cristiano, cercare di sintetizzarlo in poche parole è estremamente difficile. Per comprenderlo almeno in parte è fondamentale l’analisi dei seguenti punti: - Il principio formale, la Bibbia. Il Calvinismo insiste sul fatto che la Bibbia è la sola fonte di conoscenza che sia stata data su Dio, la sua volontà e le sue opere. Sebbene la creazione e la provvidenza rivelino la potenza e la divinità di Dio, sia la natura che l'essere umano si sono così corrotti a causa del peccato che non possono più essere considerati strumenti adeguati per l'auto-manifestazione di Dio. Solo una rivelazione diretta di Dio attraverso le parole e le azioni dei profeti, degli apostoli e soprattutto in Cristo, "parola vivente di Dio" è possibile avere una piena rivelazione di Dio. - Il principio materiale, la sovranità di Dio. Alcuni credono che sia questo il vero cuore del Calvinismo, e per certi versi lo è. Il calvinista crede che il pensiero centrale nelle Scritture è che il Dio trino, un Dio in tre Persone, è totalmente indipendente ed assolutamente autosufficiente. - Il principio etico di base del Calvinismo. Proprio perché Dio è sovrano, Signore e Creatore di ogni cosa, tutte le creature umane sono responsabili di servirlo in questa vita in tutto ciò che fanno. Inoltre, fin dal principio, Dio ha affidato all'essere umano la responsabilità di agire nella creazione come il grande profeta, re e sacerdote. Egli deve "interpretare" la creazione per condurla nella lode e nel culto di Dio e per governarla per Dio. A questo fine Dio ha dato alla creatura umana il mandato creazionale di governare, sottomettere e riempire la terra. Questo implica sia lo sviluppo delle sue risorse fisiche e l'organizzazione della società umana per questo proposito ed obiettivo. A causa della sua alienazione da Dio, però, l'essere umano ha fallito nell'adempiere alle sue responsabilità, cercando di usare le sue risorse fisiche ed umane per il suo proprio piacere, comodo e gloria. Risultato di questo è stato sia la perversione e la contaminazione della buona creazione di Dio. Sebbene l'essere umano abbia sviluppato la creazione e le sue ricchezze, incluse le proprie abilità, di solito tende ad abusarne, persino per la distruzione dei suoi pari. Il cristiano, d'altro canto, riconoscendo le proprie responsabilità di fronte a Dio, vede il suo dovere nell'uso e nello sviluppo sia della creazione materiale e dei propri doni per il bene della società e per la gloria di Dio. È questa la sua vocazione nella vita. - Il principio ultimo o fine ultimo del Calvinismo, la gloria di Dio. Creazione e redenzione non hanno per fine ultimo nostra soddisfazione e piacere. L'evangelizzazione, il servizio sociale e altre attività simili non dovrebbero essere intese per il beneficio ultimo della creatura umana, ma per dare gloria al Dio trino. A servizio di Dio su questa terra, il cristiano si prefigge di manifestare la maestà, la potenza e la grazia di Dio, glorificare Dio in ogni cosa. Il cristiano non guarda alle cose che fa semplicemente come qualcosa che gli sia richiesto, come semplici attività terrene, ma come qualcosa che deve tornare a credito della lode di Dio per tutta l'eternità. HULDRYCH ZWINGLI È stato un teologo svizzero del periodo della Riforma Protestante e fondatore della Chiesa riformata svizzera; promosse importanti riforme protestanti in questo paese sul modello di Martin Lutero. La sua dottrina, lo zwinglismo, tendenzialmente razionalista e derivante dal clima umanistico che attraversava l'Europa, presenta tuttavia notevoli differenze rispetto all'impostazione data da ABCtribe.com - [Pagina 7] quest'ultimo, che è improntata su un senso mistico e angoscioso del peccato e della condizione umana. Assume una posizione intermedia fra Cattolicesimo e Luteranesimo, secondo la quale la Chiesa è importante di fronte allo Stato. Caratteri della Riforma di Zwingli: Zwingli pervenne a conclusioni simili a quelle sostenute da Lutero studiando le Sacre Scritture dal punto di vista di uno studioso umanista. Proponeva per il cristiano un approccio "senza commenti" al Vangelo. Egli riconduceva la possibilità della salvezza dell'uomo all'onnipotenza divina, ammettendo il concetto luterano della predestinazione, ma riconosceva negli uomini illuminati dalla Grazia la dignità attribuita in tempi recenti dagli umanisti al genio umano. Per Z., mentre lo Stato non deve oltrepassare i suoi limiti istituzionali e civili, non può occuparsi delle circostanze umane e ha il compito di perseguire la giustizia umana; la Chiesa deve mettere a disposizione dello Stato la legga religiosa, elevata a norma di riferimento. Quindi lo Stato diventa Teocratico, ovvero capace di usare gli strumenti di coercizione della Chiesa fino a giungere alla scomunica. AB Ct rib e.c om ERASMO DA ROTTERDAM È stato un teologo, umanista e filosofo olandese. La sua opera più conosciuta è l'Elogio della follia. È il maggiore esponente del movimento dell'Umanesimo cristiano. Erasmo condivideva molti corollari della critica luterana alla Chiesa cattolica, ad esempio nei confronti delle indulgenze e dei formalismi esteriori del clero, come pure la necessità di un ritorno allo spirito originario del cristianesimo. Sarà invece il punto centrale della dottrina luterana - quello che negava l'esistenza del libero arbitrio - a tenere divisi i due personaggi. Il pensiero umanistico e riformatore di Erasmo: al centro dello spirito innovatore con cui Erasmo intendeva riformare la Chiesa vi erano da un lato i valori del mondo classico, dall'altro la riscoperta del cristianesimo delle origini. Egli cercò sempre una sintesi tra queste due visioni della vita. In merito all'amore per l'umanità, Erasmo credeva nel rispetto della dignità dell'uomo, il cui riconoscimento passa per la concordia e la pace, da realizzare con l'uso sapiente della ragione; condannava le varie forme di violenza e di prevaricazione dei potenti(principe) sui deboli(popolo), deprecando le torture e la pena di morte. Definisce la guerra come il peggiore dei mali e per evitarla è disposto anche a scendere a compromessi: allo scontro armato contrappone la tolleranza della società civile. Per affermare la ragione sulla guerra, fa appello all’opportunismo pacifista, alla fratellanza cristiana e all’orrore per le atrocità della guerra. Riguardo invece il sentimento della pietas, che per Erasmo costituisce il nucleo centrale del cristianesimo, era convinto dell'importanza di una fede radicata nell'interiorità dell'animo. Le pratiche esteriori della vita religiosa secondo Erasmo non hanno valore se non sono ricondotte alle virtù essenziali del cristiano, cioè l'umiltà, il perdono, la compassione e la pazienza. Predicò una tolleranza religiosa che facesse a meno di cacce all'eretico e di aspre contese critiche e dottrinali. Per riformare e purificare la vita della fede, Erasmo elaborò quindi un progetto generale di riforma religiosa fondata su un'educazione culturale nei confronti del principe, volta a porre rimedio ai maggiori pericoli. COSTITUZIONALISMO: Dottrina politica secondo la quale è necessario limitare i poteri dello Stato in modo da garantire ai cittadini la salvaguardia dei diritti individuali e l’esercizio di alcune libertà fondamentali. Storicamente, sono state individuate due principali modalità attraverso cui raggiungere questo obiettivo: la separazione dei poteri e la limitazione del potere. - Secondo la prima, all’interno di uno Stato, il potere legislativo, quello esecutivo e quello giurisdizionale dovevano essere detenuti da differenti persone o differenti ceti. Di conseguenza, ogni singolo potere, ispirato da interessi diversi e talvolta contrastanti con quelli degli altri, sarebbe stato sottoposto a un reciproco controllo. A questa prima formulazione se ne aggiunse un’altra, secondo la quale il potere legislativo andava a sua ABCtribe.com - [Pagina 8] - volta suddiviso fra i rappresentanti di tutti gli ordini sociali, seguendo la teoria del governo misto. Le più note espressioni di questa forma di costituzionalismo risalgono, in particolare, alle opere di John Locke, Charles-Louis Montesquieu e Immanuel Kant. La seconda modalità affermò la necessità di una Costituzione, cioè un insieme di norme fisse che dettassero una serie di limiti all’azione politica. In questo caso, i governanti sarebbero stati necessariamente tenuti a rispettare i vincoli posti dalle leggi. PURITANESIMO: Movimento nato in seno all’anglicanesimo nella seconda metà del XVI secolo, con lo scopo di riformare la Chiesa d’Inghilterra in accordo con le dottrine calviniste. Il termine “puritanesimo” viene anche usato, in un’accezione che non fa piena giustizia al puritanesimo storico, per indicare rigido moralismo o il rifiuto di piaceri innocenti. La teologia puritana è una forma di calvinismo che sostiene la fondamentale peccaminosità dell’umanità e il fatto che Dio abbia decretato che alcuni verranno salvati per elezione, nonostante i loro peccati. Nessuno può sapere con certezza in questa vita quale sarà il suo destino eterno. Nondimeno, l’esperienza della conversione, in cui l’anima è toccata dallo Spirito Santo, fornisce almeno qualche indicazione sull’identità degli eletti. rib e.c om REPUBBLICANESIMO: è l'ideologia di una nazione governata col sistema politico della Repubblica. Secondo la definizione generale, una repubblica è uno Stato o un Paese in cui la sovranità risiede nelle mani del popolo. Per certi versi, la repubblica è intesa come antitesi della monarchia: si riferisce, altresì, a un sistema politico che ha un codice di leggi che protegge la libertà individuale dalle forze della tirannia con rappresentanze elettive che governano seguendo la legalità. Il repubblicanesimo, pertanto, si riferisce contemporaneamente al sostegno di un tale tipo di governo (repubblicano) e all'ideologia correlata. AB Ct IL DIBATTITO SOCIALE Durante il processo rivoluzionario della guerra civile del ‘600 nascono i movimenti dei Levellers (livellatori) e dei Diggers (zappatori). I Livellatori si appellano al repubblicanesimo e accusano la monarchia, avviando una politica liberale. Essi agiscono su due temi: - la rivendicazione dei diritti naturali dell’uomo, con il ridimensionamento della forza politica delle classi e dei ceti dominanti. In quanto gli uomini sono ritenuti uguali e tutti hanno diritto alla libertà e indipendenza e ad essere governati da rappresentanti elettivi; - la richiesta del ritorno della antica costituzione, cioè alle libertà degli inglesi soppresse dai normanni, alla soppressione dei poteri del re e dell’aristocrazia in caso di usurpazione del potere. Gli zappatori, invece, si pongono obiettivi di riforma sostanziale che preludono a visioni collettivistiche di chiaro stampo comunitarista, che caratterizzeranno più avanti le rivolte tedesche contadine. Le tesi degli zappatori preludono una sorta di collettivismo agrario, infatti Winstanley (un grande zappatore) avanza tesi sul comunitarismo agrario ispirato alla vita dei movimenti popolari, contadini e proletari. Il suo obiettivo è quello della libertà della Repubblica, dove vi sono leggi certi, dove regna la pace e siano garantiti la terra e i profitti delle colture; insomma, tutto si basa su leggi che reggono i prodotti comuni, regolamentano la vita personale e provvedono alla libertà di tutti. JOHN MILTON 1608-1679 È un letterato e pubblicista che ragiona su posizioni aperte e radicali. È fautore della libertà di stampa. Malgrado molte delle sue convinzioni religiose sfidassero le prese di posizione ufficiali del Puritanesimo, Milton era ciononostante un puritano, e, come tale, appoggiò Oliver Cromwell e la causa parlamentare contro Carlo I nella Guerra Civile inglese del 1642-1651. E tale fu il sostegno ABCtribe.com - [Pagina 9] che egli diede al nuovo Commonwealth da guadagnargli nel 1649 l’elezione a Segretario per le Lingue Straniere nel Consiglio di Stato del Commonwealth. Milton sosteneva che la vera natura dell’autorità monarchica risiedesse nella sovranità popolare che concede questo potere. E per la stessa ragione, che il popolo ha il diritto di deporre un monarca che abusi del proprio potere. Ma cosa ancora più importante, che il popolo deriva da Dio questa sovranità. Insistendo con grande passione sulla libertà di pensiero e sul potere di scelta dell’uomo con tutte le responsabilità che questo comporta, Milton era convinto che la libertà potesse essere meglio salvaguardata dal forte carattere morale dei cittadini di una nazione. Mentre faceva ancora parte del Consiglio di Stato di Cromwell, Milton fece grande pressione perché ”si facesse di più per l’educazione e la formazione morale dei giovani,” ritenendolo un provvedimento necessario al mantenimento della libertà cristiana, da cui dipendono tutte le altre libertà. Dedicò la sua vita, spesso attirando anche su di sé lo scherno dei suoi contemporanei, all’idea di una comunità libera in cui tutti i cittadini potessero portare avanti la scienza ed esercitare la libertà concessa loro da Dio. Le sue idee riguardanti la libertà, saranno di spunto per la Costituzione americana e per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Una libertà che afferma la parità sociale e politica degli individui è per lui legata alle scelte interiori dell’uomo. e.c om HERRINGTON È un Repubblicano come Milton, ma è turbato da orientamenti contraddittori essendo vincolato ad autori di diversa corrente di pensiero: Stuart, Hobbes e Machiavelli. È un seguace dell’”antica prudenza”, pertanto si oppone agli insegnamenti moderni. Edifica il suo modello di repubblica sul presupposto che essa può essere affidata a uno, a pochi a molti e sul criterio della distribuzione della proprietà. AB Ct rib TOMMASO MORO 15 e 16 sec. Egli fu attivo nella vita politica inglese come cancelliere del Regno, ma viene fatto poi decapitare da Enrico VIII per aver mantenuto rapporti con la Chiesa di Roma. L’opera più importante è l’Utopia, divisa in 2 volumi: il primo descrive la situazione critica dell’Inghilterra scossa dallo sviluppo della proprietà privata di stampo clerico-aristocratica e da guerre dinastiche tra i Tudor e gli Stuart; il secondo volume pone una soluzione a questo caos sociale, rifugiandosi nell’Utopia, ovvero luogo del nulla, che in quanto tale è legata alla felicità e per cui all’Eutopia. La felicità nasce dall’ordine e dall’armonia che compare in questo luogo costituito da un forte comunitarismo che vede gli uomini condividere i frutti del lavoro, gli elementi costitutivi della propria esistenza. Chiaramente essa poggia sull’assenza della proprietà privata. Inoltre, in Utopia c’è la presenza di elementi innovativi per l’epoca: il concetto di eutanasia, rivalutazione della donna nella relazione con l’altro sesso - ovvero stessi diritti e doveri degli uomini - e nel legame pre-matrimoniale – la scelta del partner è dettata dai sentimenti e dal desiderio. Dal punto di vista economico M. ipotizza una società che vede al centro la famiglia e l’agricoltura nel modo più semplice possibile, senza economie complesse; vige la comunità dei beni e il lavoro non è più duro e imposto, ma gioioso poiché utile alla società stessa. Per quanto riguarda la gestione politica, le cariche pubbliche sono elettive (anche quella del principe) e il governo è esercitato da una Aristocrazia del Sapere, sacerdoti e letterati esenti dai lavori manuali per svolgere quelli intellettuali. Il suo è un sistema democratico che rinnega la violenza interna (repressione) e quella esterna (guerra). L’UTOPIA IN EUROPA L’utopismo nasce con More come tendenza di pensiero politico, ma nel corso del ‘500 esso nasce dal desiderio di costruire un modello ideale di società che possa essere un prototipo di soluzione alle ingiustizie e alle corruzioni di potere a cui si assiste. Diventa parte del dibattito e fa leva sull’immaginario, provocando un rimpianto del passato dell’età d’oro e del paradiso in terra. Si basa sul benessere del singolo e sulla felicità dell’individuo e della collettività. Nell’ottica utopistica i ABCtribe.com - [Pagina 10] Questo documento e' un frammento dell'intero appunto utile come anteprima. Se desideri l'appunto completo clicca questo link. ABCtribe.com - [Pagina 11] Preparati con le domande di ABCtribe su Storia delle dottrine politiche. 1. Hobbes e i Risposta: La teoria di Hobbes viene elaborata partendo dallo stato di natura in cui rurri gli u [Clicca qui >> per continuare a leggere]. 2. Sapresti dirmi Risposta: Si tratta di uno dei conciliatori politici non rari nella storia greca arcaica, risolse i contrasti tra aristocrazia e demos, tra ricchi e p [Clicca qui >> per continuare a leggere]. * Carica Appunti,Domande,Suggerimenti su : Storia delle dottrine politiche e guadagna punti >> * Lezioni Private per Storia delle dottrine politiche >> Avvertenze: La maggior parte del materiale di ABCtribe.com è offerto/prodotto direttamente dagli studenti (appunti, riassunti, dispense, esercitazioni, domande ecc.) ed è quindi da intendersi ad integrazione dei tradizionali metodi di studio e non vuole sostituire o prevaricare le indicazioni istituzionali fornite dai docenti. 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