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European Journalism Legitimation - membership in the GNS Press Association - The ECJ promotes publishing, publication and communication work of all types - P. Inter.nal
LE PROBLEMATICHE ADOLESCENZIALI
I COMPORTANENTI A RISCHIO (parte seconda)
ANNO VII N.RO 06
del 01/06/2012
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Pag. psicologica
Melisenda
Orfeo
Captivi
Teschi di cristallo
Nicodemate
Mina 4^ parte
La strage di Ramstein
Aisopos favole in nap.
Da Torre del Lago P.
Elem. di paremiologia
Momento tenero
Pagina medica
Antropologia
Francesco Cilea
Andraous
Circe
Eros nei secoli
Critica letteraria
Concorso di poesia
Progetto Only Italia
Piatti tipici
Dalla Red. di Bergamo
Dentro la storia
Il pers.ggio del mese
Kermesse VITERBO
De cognomine disput.
Dentro la città
Leviora - Pubblicità
Oggi, tra gli adolescenti, l’esigenza d’essere visibili ed unici appare esasperata ed il rischio, spesso, rappresenta una condizione
essenziale per avere successo in una società che è sempre più competitiva e sempre “meno garantita” .
Studi recenti hanno accertato che il saper trasgredire ed affrontare
il rischio è divenuta quasi una moda, che non necessariamente porta
a disagio o a rischio evolutivo. In pratica, è come se il rischio non fosse evitato, ma
piuttosto cercato proprio perché contiene in sé un aspetto affascinante ed attraente.
L’azione rischiosa è ritenuta vitale perché permette al giovane di “riscattare quei
sentimenti di paura e di incertezza, che sperimenta nel corso del processo di crescita,
legati al cambiamento del corpo e all’ampliamento delle esperienze personali. 1
Non bisogna, poi, sottovalutare il ruolo degli “altri”: nel definire la propria identità, infatti, l’adolescente cerca dei modelli di identificazione nuovi, tra coetanei e
compagni, lottando per differenziarsi e per sottolineare il voluto allontanamento dai
genitori.
Molte azioni rischiose, più o meno pericolose, sono intraprese con gli altri, perché
così risulta più semplice per l’adolescente vivere in modo tangibile la propria identità,
presentata al gruppo per ottenerne il riconoscimento e l’accettazione. In tal modo, il
legame sociale con i coetanei si rafforza, in una sorta di ritualizzazione, come ad
esempio, il rituale della sigaretta o dello spinello, che talvolta sono solo rituali di
passaggio, a cui possono aggiungersi azioni aggressive, attività sessuale precoce e
non protetta, ed altro.
Non basta però l’imitazione; l’adolescente ha continuamente bisogno di misurarsi
con i suoi coetanei e ciò può essere un rischio per la messa in atto di comportamenti
gravosi, dovuti ad un’alterazione della reale percezione del pericolo, che condurrebbe
il giovane ad esporsi in modo azzardato, pur mantenendo l’illusione del controllo.
Tali comportamenti possono riguardare la guida ed i giochi pericolosi, le azioni
devianti, il consumo di sostanze psicoattive, il comportamento sessuale e alimentare,
ma sono possibili anche azioni salutari, anche se comunque rivolte all’emulazione ed
al superamento.
Alcuni comportamenti sono messi in atto per “saggiare” le reazioni degli adulti
(genitori e insegnanti), per vedere fino a che punto si può arrivare e fino a quanto
valgono i limiti ed i divieti imposti. Altre volte, si trasgredisce, per osservare quanto
l’adulto sia effettivamente interessato e attento al comportamento del ragazzo.
Correre rischi fa parte della crescita psicologica che caratterizza l’adolescenza, in
particolar modo, nelle culture occidentali, improntate all’individualismo che incoraggiano l’espressione di sé. Inoltre, ristrutturazione continua della cellula famiglia ed i
cambiamenti abnormi avvenuti in questi anni, nella nostra società, portano ad una
necessaria ridefinizione del concetto di rischio.2
Oggi, i genitori sono portati ad assecondare incondizionatamente i figli e questa
incapacità assoluta di dire “no”, unita all’assenza di regole ben precise, non fanno che
alimentare il circolo vizioso delle richieste esaudite. Il bambino prima e l’adolescente
poi vedono l’immediata soddisfazione di ogni desiderio, senza dover compiere il
minimo sforzo per ottenerli. Là dove tutto è garantito, spesso non c’è neanche alcun
rischio da correre; ergo, non c’è più spazio per la trasgressione che, per certi aspetti,
potrebbe risultare necessaria alla crescita.
Franco Pastore
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1.
2.
PETTER, “PROBLEMI PSICOLOGICI DELLA PREADOLESCENZA”. ED. LA NUOVA ITALIA.
PIETROPOLLI CHARMET GUSTAVO; “ I NUOVI ADOLESCENTI”; RAFFAELLO CORTINA EDITORE.
-1-
Antropos in the world
LA DONNA NELLA STORIA
MELISENDA DI GERUSALEMME a cura di Andropos
Melisenda era l’erede della dinastia, proveniente dalla
Contea di Rethel in Francia, che governava Gerusalemme,
dopo la conquista della prima crociata. Ella fu designata a
succedere a suo padre prima del 1129.
Di solito le donne ereditavano territori solo perché la
guerra e la violenza portavano molti uomini ad una morte
prematura, ma le donne che venivano riconosciute come
regine regnanti raramente esercitavano la loro autorità.
Tuttavia, contemporanee di Melisenda governarono
effettivamente, come Urraca di Castiglia, l'Imperatrice
Matilde ed Eleonora d'Aquitania (1121 – 1204).
Figlia maggiore del re Baldovino II di Gerusalemme e
della principessa di origine armena Morfia di Melitene.
Melisenda non fu una semplice reggente per suo figlio
Baldovino III, ma esercitò l'autorità che le spettava per
diritto ereditario e legge civile.
Durante il regno di suo padre Melisenda fu designata "filia
regis et regni Jerosolimitani haeres" (figlia del re ed erede
del regno di Gerusalemme) ed ebbe la precedenza su altri
nobili e sul clero cristiano nelle occasioni cerimoniali.
Sempre più spesso fu associata a suo padre nei documenti
ufficiali, compreso il conio delle monete, la concessione di
feudi ed altre forme di patrocinio e nella corrispondenza
diplomatica. Baldovino crebbe sua figlia come una capace
successore e Melisenda godette del supporto della Alta
Corte di Gerusalem-me, una sorta di consiglio reale
comprendente la nobiltà ed il clero del reame.
Baldovino pensò anche che Melisenda doveva sposare un
potente alleato, uno che avrebbe protetto Melisenda e
salvaguardato la sua eredità di regina per lei ed i suoi
futuri eredi. Egli voleva solo un consorte per sua figlia,
non un re-consorte che governasse. Baldovino scelse Folco
V d'Angiò, un rinomato comandante militare crociato, che
in futuro sarebbe divenuto nonno paterno di Enrico II
Plantageneto, infatti uno dei figli del precedente matrimonio di Folco era Goffredo, che in quegli anni era sposato
con l'Imperatrice Matilda, futura Regina d'Inghilterra in
quanto erede designata di Enrico I d'Inghilterra. Per tutta la
durata dei negoziati Folco insisté per divenire regnante
congiuntamente a Melisenda e Baldovino acconsentì,
poiché Folco era relativamente ricco ed avrebbe portato
con lui truppe e molta esperienza militare in difesa di
Gerusalemme. Il matrimonio fu celebrato nel 1129 e, nel
1130 Melisenda partorì un figlio ed erede, il futuro
Baldovino III. Baldovino II come mani-festazione della
sua volontà di fare di Melisenda la sola regina di Gerusalemme e per rafforzarne la posizione, la designò custode
del giovane Baldovino, escludendo completamente Folco.
Dopo la morte di Baldovino II, nel 1131, Melisenda e
Folco ascesero al trono come regnanti con-giunti ma, con
l'aiuto dei suoi cavalieri crociati, Folco escluse Melisenda
dalla concessione di titoli e da altre forme di patrocinio,
-2-
ed abolì pubblicamente la sua autorità. Questo trattamento alla loro regina irritò i
membri dell’ Alta Corte, che vedevano minacciata la propria posizione dal
dominio di Folco sul reame. L'allontana
mento tra marito e moglie fu un utile strumento politico che Folco usò nel 1134, quando accusò
Ugo II di Le Puiset, Conte di Giaffa, di avere una
relazione con Melisenda. Ugo era il barone più potente
del regno, cugino di Melisenda e membro della famiglia
reale; era devotamente leale alla memoria di Baldovino II
e questa lealtà ora andava a Melisenda, sebbene lo stesso
Ugo avesse maggiori diritti al trono in qualità di erede
maschio. Fonti contemporanee, come Guglielmo di Tiro,
non danno credito all'infedeltà di Melisenda sottolineando invece che Folco favoriva eccessivamente i nuovi
crociati francesi appena arrivati da Angiò a discapito
della nobiltà nativa del regno. Se Melisenda fosse stata
colpevole, probabilmente, la chiesa e la nobiltà non si
sarebbero più tardi mobilitate per la sua causa.
Ugo si alleò con la città musulmana di Ascalona e
riuscì a respingere l’esercito che gli era stato inviato
contro, tuttavia non poteva mantenere la sua posizione
indefinitamente. La sua alleanza con Ascalona gli costò il
supporto a corte. Il Patriarca negoziò i termini di una
pace non troppo onerosa per Ugo che fu esiliato per tre
anni. Poco dopo, un fallito tentativo di assassinare Ugo fu
attribuito a Folco od ai suoi sostenitori. Per il partito della
regina questa fu una ragione sufficiente per sfidare apertamente Folco, prima che il pubblico affronto costituito
dalle infondate accuse di infedeltà di Folco compromettessero totalmente la posizione di Melisenda.
Attraverso quella che fu una vera rivolta di palazzo i
sostenitori della regina presero il sopravvento su Folco, la
cui influenza dal 1135 in poi si deteriorò rapidamente.
Uno storico scrisse che i sostenitori di Folco a palazzo
"andarono in terrore per le loro vite". Guglielmo di Tiro
scrisse che Folco "non osava prendere iniziative, neppure
in questioni banali, senza informare [Melisenda]".
La vittoria di Melisenda fu completa, dai documenti
storici la si vede di nuovo concedere titoli nobiliari, feudi,
incarichi ed uffici.
Marito e moglie si riconciliarono nel 1136 e nacque un
secondo figlio, Amalrico. Quando Folco fu ucciso in un
incidente di caccia nel 1143, Melisenda prese il lutto sia
pubblicamente che privatamente. Comunque le sono stati
attribuiti numerosi amanti.
Nel 1161, Melisenda fu colpita, probabilmente, da un
ictus. La sua memoria fu gravemente compromessa e lei
non poté più prendere parte agli affari di stato. Le sue
sorelle, la contessa di Tripoli e la badessa di Betania,
l’assisterono prima che morisse l’11 settembre 1161.
Antropos in the world
MITOLOGIA GRECO-LATINA
ORFEO (Ὀρφεύς)
a cura di Franco Pastore
Orfeo, che i greci consideravano come il maggior
poeta vissuto prima di Omero, dicevano di lui che, col
suo canto dolcissimo, aveva il potere di muovere gli
alberi e di rendere mansuete le belve. Basti dire che era
Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro.
Tornato dalla Colchide, si era stabilito nella Pieria,
sulle coste meridionali della Tracia, e lì sposò la bella
ninfa Euridice. In quello stesso tempo, dalla lontana
Libia, in cui era nato da Apollo e da Cirene, si traferì in
Tracia. Aristeo, benemerito per aver insegnato agli
uomini molti utili precetti agricoli e per averli tra l'altro
iniziato all'apicoltura, si innamorò pazzamente di
Euridice e di continuo l'impotunava con le sue proteste
d'amore. Un giorno che Euridice, per sfuggire Aristeo,
aveva preso un viottolo tra i campi, fu morsa da un
serpente velenoso nascosto tra l'erba e morì. Le ninfe
amiche di lei diedero la colpa di questa morte ad
Aristeo e, per fargli dispetto, distrussero gli sciami dei
suoi alveari.
In quanto ad Orfeo, il suo strazio per la morte
inaspettata della sua adorata sposa non può essere
descritto: piangeva, si disperava, si aggirava come un
pazzo per le aspre gole della montuosa Tracia, ma nulla
poteva lenire il suo immenso dolore: l'immagine di
Euridice lo seguiva dappertutto e rendeva più
tormentosa la sua angoscia. Alla fine, persuaso di non
poter più vivere senza Euridice, decise di andare a
cercarla nell'Erebo, e scese infatti laggiù, nelle tenebrose case dei morti. Gli dèi dell'Averno sono inesorabili, non si commuovono alle lacrime degli uomini.
Tuttavia i desolati accenti della sua lira, il suo
lamentoso canto funebre, le sue affannate implorazioni
avevano fatto accorrere le anime dei trapassati da ogni
più remoto angolo, e tutte ascoltavano, silenziose come
gli uccelli della notte.
Cerbero non latrava più, Caronte non traghettava
più le ombre, la ruota d'Issione si era fermata, Tantalo
non sentiva più sete e fame, tutti i tormenti erano stati
sospesi per virtù dei quel canto. Hades, il malinconico
re di quel lugubre regno, sentì per la prima volta nel
gelido cuore un sentimento di pietà e concesse a Orfeo
la grazia di riportare Euridice rediviva alla luce del
sole. Con un patto però: che lungo il cammino non si
volgesse mai a guardare la sua sposa.
Senonché, quando i due sposi furono giunti alla fine
della via sotterranea e già si vedeva, in fondo al cunicolo, disegnarsi in un alone la porta che conduce alla
luce, Orfeo non riuscì più a contenere la propria impazienza e si volse indietro, dove doveva essere la sua
Euridice c'era infatti, ma, appena Orfeo posò su di lei
lo sguardo, ella impallidì e, come ombra trasparente, si
dissolse nella nebbia
La porta dell'Inferno si richiuse subito dopo il passaggio di Orfeo; e invano il desolato poeta restò lì fuori
per ben sette mesi aspettando che si riaprisse. Persuaso
alla lunga della vanità della sua attesa, Orfeo tornò tra
gli uomini, ma cambiato! Non suonò più la lira, non
cantò più. Odiava ormai tutte le donne e le trattava con
disdegno; né poté più sopportare i tripudi rumorosi dei
riti baccanici. Le Menadi, offese da questo manifesto
suo disprezzo, un giorno, nel delirio di un baccanale,
gli si gettarono addosso come cagne e lo fecero a brani.
La sua testa e la sua lira furono gettare in mare: la
corrente marina le trasportò sulle rive dell'isola di
Lesbo, l'isola dei poeti.
VESUVIOWEB.COM
Di Aniello Langella
1
Cultura, arte, ricerche di sapore antropologico,
sulla vasta area tra il vulcano ed il mare: La porta di
Capotorre – Villa Angelica – Le torri aragonesi – Vico
Equense - Sorrento e Capri - I Funari – La villanella –
Diz.rio torrese – Eros a Pompei – La lenga turrese Santa Maria di Costantinopoli a Torre del Greco di A.
Langella
- L’incendio vesuviano del 26 aprile
del 72 – Il monastero della SS.Trinità di Vico Equense –
L’incendio vesuviano dell’aprile del 1872 – Soprannomi sarnesi di A. Mirabella – Il Vesuvio e la sirena –
Storie di lazzari e briganti.
Ed ancora: 29 - Pillole linguistiche napoletane - Mazza e
ppivezo – La cantata dei pastori - Salvatore Argenziano - Na
Capuzzata - 30 Carlo Iandolo - Pillole Lingistiche Napoletane
- Cafone - Otto Storie Turrese - Aniello Langella.
Novità di maggio- giugno:
 U Dio quanto è largo stu cortiglio. Di F. Tessitore.
 Villa De Curtis, un Patrimonio a rischio, di G.Maddaloni.
 Napoli, le bombe e l’ultima guerra mondiale, di Caffarelli.
 Quanno carètte Musullino di Salvatore Argenziano.
 A. Langella – Passeggiando a Villa dei Misteri a Pompei.
 Il Re Gioacchino Murat al Pizzo, una cronaca del
1907.
1) A. Langella è nato a Torre del Greco. Nel 1978, si laurea in Medicina e
Chirurgia alla Federico II di Napoli. In seguito, si specializza in Ortopedia e
Traumatologia a Padova ed in Riabilitazione a Trieste Assunto in Ente
Ospedaliero Monfalcone, nel 2000, fonda il Gruppo Archeologico del
Mandamento Isontino. Ha scritto numerose pubblicazioni scientifiche
e, da più di 30 anni, studia Torre e il Vesuvio con amore e dedizione.
Euridice.
-3-
Antropos in the world
IL TEATRO COMICO ROMANO
La parola commedia è tutta greca: κωμῳδία, "comodìa", infatti, è composta da κῶμος, "Kòmos", corteo festivo e ᾠδή,"odè",
canto. Di qui il suo intimo legame con indica le antiche feste propiziatorie in onore delle divinità elleniche, con probabile
riferimento ai culti dionisiaci . Peraltro, anche i primi ludi scenici romani furono istituiti, secondo Tito Livio, per scongiurare
una pestilenza invocando il favore degli dèi. I padri della lingua italiana, per commedia intesero un componimento poetico che
comportasse un lieto fine, ed in uno stile che fosse a metà strada fra la tragedia e l'elegia. Dante, infatti, intitolò comedìa il suo
poema e considerò tragedia l’Eneide di Virgilio. La commedia assunse una sua struttura ed una sua autonomia durante le
fallofòrie dionisiache e la prima gara teatrale fra autori comici si svolse ad Atene nel 486 a.C. In altre città si erano sviluppate
forme di spettacolo burlesche, come le farse di Megara, composte di danze e scherzi. Spettacoli simili si svolgevano alla corte del
tiranno Gerone, in Sicilia, di cui purtroppo, non ci sono pervenuti i testi.
A Roma, prima che nascesse un teatro regolare, strutturato cioè intorno a un nucleo narrativo e organizzato secondo i canoni
del teatro greco, esisteva già una produzione comica locale recitata da attori non professionisti, di cui non resta tuttavia
documentazione scritta. Analogamente a quanto era accaduto nel VI secolo a.C. in Attica, anche le prime manifestazioni
teatrali romane nacquero in occasione di festività che coincidevano con momenti rilevanti dell’attività agricola, come l’aratura,
la mietitura, la vendemmia.
PLAUTO: CAPTIVI (193 a.C.)
Come la satura, anche la recitazione dell’atellana preletteraria fu prerogativa dei giovani romani. Essi, nel tentativo di soddisfare il loro desiderio di recitazione senza incorrere nelle pene previste dalla legge per un cittadino che si
dedicasse in forma professionale alla carriera dell’attore,
diedero vita ad una forma teatrale per dilettanti, caratterizzata da un’accesa oscenità e da una forte aggressività
verbale, oltre che dalla ricorrenza di maschere fisse (per
esempio, Marcus, "lo sciocco", Pappus, "il vecchio avaro").
L’atellana trovò collocazione in coda alla rappresentazione
degli spettacoli teatrali regolari di tipo tragico, con il nome
di exodium Atellanicum. Il teatro comico regolare si sviluppò
a Roma, insieme a quello tragico, a partire dalla seconda
metà del III secolo a.C.: l'aspetto rilevante è che di questa
produzione comica non sono sopravvissuti solo frammenti,
come nel caso della tragedia latina arcaica, ma un cospicuo
numero di opere che costituisce un'eccezionale documentazione: ventuno commedie di Plauto e sei di Terenzio.
vecchio Etole, era padre di due figli, uno dei quali era
stato rapito alla nascita e ormai dato per disperso, e l'altro
che era appena caduto prigioniero nella guerra contro gli
Elei. Egione, così, diventa commerciante di schiavi al
fine di trovarne uno da poter scambiare col secondo
figlio. Tra gli schiavi che compra abbiamo Filocrate con
il suo servo di nome Tindaro. Questi ingannano Egione
scambiandosi la loro identità in modo che Filocrate
venisse liberato così da riuscire ad andare dagli Elei per
contrattare la liberazione di Filipolemo, figlio di Egione.
Quest'ultimo, però, si accorge dell'inganno e così decide
di vendicarsi condannando Tindaro ai lavori forzati.
Pochi giorni dopo, però, Filocrate torna portando con sé
Filopolemo e il responsabile di tutta la sofferenza di
Egione, Stalagmo, cioè colui che ad Elea aveva venduto
anni prima uno dei due figli di Egione.
Stalagmo dichiara che Tindaro era proprio il figlio di
Titus Maccus Plautus, nacque a Sarsina, tra il 255 e il Egione e così quest'ultimo, tra la stupefazione, decide di
250 a.C.; i tria nomina si usano per chi è dotato di incatenare Stalagmo e di dare ricchezza e vita prosperosa
cittadinanza romana, e non sappiamo se Plauto l’abbia mai ai suoi due figli tanto attesi e tanto ricercati.
avuta. Un antichissimo codice di Plauto, il Palinsesto SINOSSI: Questa breve ma intricata commedia di Plauto
Ambrosiano, rinvenuto ai primi dell’800 dal cardinale si può definire una “commedia del buon costume”,
Angelo Mai, portò migliore luce sulla questione. Il nome poiché non vi sono versi sconci e personaggi come la
completo del poeta tramandato nel Palinsesto si presenta cortigiana malvagia, il lenone e il servo sbruffone, come
nella più attendibile versione Titus Maccius Plautus; da accade nella maggior parte delle commedie. Non vi si
Maccius, per errore di divisione delle lettere, era uscito trovano né palpeggiamenti, né intrighi amorosi, né
fuori il tradizionale M. Accius . Plauto fu un autore di sostituzione di bimbi, né truffe di denaro. Non c’è il
enorme successo, immediato e postumo, e di grande giovane innamorato che riscatta una sgualdrina di
prolificità. Inoltre il mondo della scena, per sua natura, nascosto dal padre.
conosce rifacimenti, interpolazioni, opere spurie. Sembra
Il tema centrale è l’affetto paterno: infatti Egione è
che nel corso del II secolo circolassero qualcosa come disposto a sacrificare anche il patrimonio familiare pur di
centotrenta commedie legate al nome di Plauto: non poter riavere il proprio figlio sano e salvo dalla prigionia.
sappiamo quante fossero autentiche, ma la cosa era ogget- Il dolore dovuto alla scoperta dell’inganno esalta ancora
to di viva discussione. Nello stesso periodo, verso la metà di più questa tematica, e la carica di frustrazione, quella
del II secolo, cominciò una sorta di attività editoriale, che di un padre che aveva già perso tempo prima un figlio,
fu determinante per il destino del testo di Plauto.
rapitogli da uno schiavo.
La grande comicità generata dalle commedie di Plauto
E' presente anche la rottura scenica sotto forma di
è prodotta da un’oculata scelta del lessico, un sapiente metateatro come nell'atto IV la frase: "Ora sul collo il
utilizzo di espressioni e figure tratte dal quotidiano, e da mantello io mi getto, come fanno nelle commedie i
una fantasiosa ricerca di situazioni ad effetto comico.
servi".
La commedia: Nella Grecia centrale, Egione, un
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Antropos in the world
I GRANDI MISTERI
I TESCHI DI CRISTALLO
A cura di Andropos
I teschi di cristallo sono modelli di teschio umano, ricavati da blocchi di cristallo di quarzo trasparente. Alcuni di questi manufatti furono dichiarati reperti archeologici mesoamericani precolombiani dai loro scopritori.
Dei primi teschi di cristallo se ne ha notizia
nell'Ottocento. Il British Museum ne possiede uno
dal 1897. Anche un altro ente importante, la Smithsonian Institution, ha un teschio dal 1992.
Tra i teschi posseduti da privati, è famoso quello
di "Mitchell-Hedges". Secondo il racconto di Frederick Albert Mitchell-Hedges e della figlia adottiva Anna, sarebbe stato trovato nel 1920, in una
spedizione a Lubaantun, nell'Honduras Britannico
(attuale Belize). Non vi è però traccia della scoperta
del teschio nei resoconti della spedizione e questo
sarebbe confermato dalla Jane Maclaren Walsh.
Tra i più noti teschi di cristallo ci sono quelli
chiamati "Max" e "Sha Na Ra". "Max", di proprietà
dei coniugi Parks, sarebbe stato trovato in Guatemala negli anni Venti, ma anche in questo caso
non c'è alcuna documentazione a sostegno di tale
affermazione. "Sha Na Ra" sarebbe stato trovato in
Messico da Nick Nocerino, personaggio televisivo
autodefinitosi esperto di teschi di cristallo.
Nocerino non rivelò mai l'origine del ritrovamento, attribuendo la riservatezza a presunte "questioni di sicurezza per il personale coinvolto, a
causa della situazione politica messicana".
Negli anni ottanta sull'onda della moda lanciata
dalle pubblicazioni su questi artefatti comparvero
numerosi altri teschi, dal Texas a Los Angeles; ad
alcuni di questi venivano attribuite origini avventurose o poteri taumaturgici, ma di nessuno di questi
si è potuta provare l'autenticità. Secondo i cultori
dei teschi di cristallo, di tali oggetti si parlerebbe
nelle tradizioni dei Maya e di altre culture native
americane, ma queste asserzioni sono da ascrivere
piuttosto ad un folclore posteriore.
Nel 1970 il teschio Mitchell-Hedges venne affidato al laboratorio della Hewlett-Packard guidati da
Frank Dorland in quanto centro di eccellenza per la
ricerca sui cristalli. I risultati vennero pubblicato in
un articolo dal titolo "history or hokum?" dove il
secondo termine possiamo tradurlo con "nonsenso".
In esso risulta soltanto che è stato scolpito in un
blocco unico di materiale.
L'articolo conclude che si tratta di un bellissimo
pezzo artistico, ma non c'è modo di datarlo.
Nel 1996, i teschi del British Museum e della
Smithsonian Institution sono stati sottoposti ad analisi presso il British Museumche hanno rivelato segni
di lavorazione con strumenti disponibili nella Europa
della seconda metà dell’Ottocento. In quella occasione erano stati portati anche i teschi "Max" e "Sha
Na Ra", ma il British Museum, in applicazione della
propria norma di non fornire valutazioni su oggetti
provenienti da collezioni private, non ha espresso
alcun giudizio su di essi.
In passato, intorno al teschio inglese si erano
catalizzati racconti folclorici quanto infondati, che
suggerivano che il teschio si muovesse all'interno
della teca. Anche il fatto che il teschio fosse stato
rimosso dall'esposizione aperta al pubblico è una
leggenda urbana: il teschio è oggi esposto all'interno
della prima sala dell'ala sinistra, sul lato sinistro della parete dove si apre la porta d'ingresso.
Ricerche documentarie negli scritti relativi alle
collezioni del museo, hanno portato a identificare
nell'antiquario francese Eugène Boban l'organizzatore di un traffico di falsi.
Altri teschi furono analizzati insieme a quello del
British, tra cui quelli di Nocerino e quelli americani.
Nessuno di questi aveva evidenze che potessero
supportare una presunta antichità, mentre anzi le
probabilità spingevano a pensare ad un'origine molto
più moderna.
Comunque, tante sono le congetture, troppe, per
poter dipanare l’alone di mistero che ancora circonda
i teschi di cristallo.
VESTIRO’ DI NUVOLA
… poi al tramonto
tutto tace.
La paura è mia compagna
è lei che custodisce le mie ore
a lei affido i miei pensieri.
Il mio nome non ricordo.
La mia infanzia vola via
verso l’infame destino.
Sulle mie labbra
l’ultima Preghiera
che
vestirò di nuvola
PASQUALINA GENOVESE
___________
P. Genovese D’Orazio, da “ Riflessioni suggestive” -
-5-
Antropos in the world
NICODEMATE
LA GUERRA DEI PRONOMI PERSONALI (II parte)
di Renato Nicodemo
Nelle Marche e in Ciociaria si dà il tu che è
presente anche in alcuni romanzi di D’Annunzio
dove c’è il “tu, sorella” rivolto dall’umile contadino
alla nobildonna locale. I siciliani usano “Vossìa
(Vostra Signoria) e il lei.
Il voi decadde a partire dal Cinquecento con l’introduzione del lei durante il di dominio spagnolo nella penisola.
Foscolo affermò: Mi dà non poco fastidio il
teutonico lei; meglio il romano tu o il rispettoso ed
autorevole voi.
Leopardi, in una lettera al padre, scritta da
Portici, pur usando la forma Ella, notava: “qui parlano col Voi, non coll’ignobile spagnolismo dell’Ella
per cui si parla a una persona presente come se fosse
altrove” 1
Mazzini usava il voi quando scriveva e parlava
con la madre.
Annibale Caro, da parte sua, notò che il voi è una
forma diretta, mentre il lei è indiretta, nel senso che
col voi l’interlocutore è grammaticalmente presente,
mentre col lei è assente. O meglio, come è stato notato, usando il lei “ il parlante non si limita a interloquire semplicemente con chi ha davanti a lui in
senso materiale ed empirico; egli in realtà parla ad un
altro, che è – né più né meno – l’”essere razionale”
che abita in ciascuno di noi e che attraverso ciascuno
di noi si esprime ed abita il mondo [… ] E’ come se
[ci si] voglia rivolgere all’”anima” di chi lo ascolti”.
E’ nota la battaglia Anti-Lei del Fascismo nata da
un elzeviro sul Corriere di Bruno Cicognani che, il
15 gennaio 1938 propose l’abolizione del lei, perché
“questa paroletta è turpe, infetta, esecrabile, disgustosa. E soprattutto antistorica.[…] Si torni al tu,
espressione dell’universo romano e cristiano. Sia il
voi segno di rispetto e gerarchia”.
Il Duce, letto ed apprezzato l’articolo, diede subito a Starace l’ordine di provvedere in merito. E
questi emanò una delle sue inconfondibili circolari in
cui si aboliva il lei (giudicato femmineo, sgrammaticato, transessuale, straniero e servile) e le complicate forme servili (ella, vossignoria, vostra grazia,
vostra altezza, vuscià, ecc.) imponendo il voi e valorizzando anche il tu : simbolo dell’amore cristiano tra
gli uomini.(Il cristianesimo usava ed usa il tu; Cristo
dava il tu a tutti ed i cattolici danno del tu a Dio, alla
-6-
Madonna ed ai santi) 2.
La battaglia dell’ Anti-Lei fu sostenuta da fior di
intellettuali (successivamente riciclatisi secondo il
costume italiano): Elsa Morante, Elio Vittorini,
Salvatore Quasimodo, Vasco Pratolini, Concetto
Marchesi, Giorgio Strehler, Arturo C. Jemolo,
Massimo Mila, Renato Guttuso , Antonio Baldini,
Goffredo e Maria Bellonci, Walter Binni, Tommaso
Landolfi, Mario Luzi, Marinetti, Ada Negri ,
Orestano, Ezra Pound, Praz, Vittorini, Pietro Bargellini, Stefano Landi, Alberto Savino, Giorgio
Pasquali e millanta altri firmaioli.
Qualcuno compose anche questi non proprio
sublimi versi: “A chi ti dà del lei ancora adesso, /
non dare il voi né il tu: dagli del fesso.” 3
In verità anche il voi ebbe i suoi avversari: Pietro
Verri dalla colonne del suo Il Caffè promosse una
campagna contro il lei e il voi (Il voi – scriveva- lo
abbiamo adottato per burbanza pensando di valere
almeno due).
La rivista femminile Lei, rivolta alla donna e
quindi impossibile intitolarne la testata col voi, dovette cambiare il titolo in Annabella!
Non mancarono le battute, come quella di
chiamare Galilei Galivoi o cambiare il nome del
comune di Gradisca in Gradite e storielle, come
quella di Starace che riferì al Duce: “Nel Mezzogiorno gli italiani usano il tu, al Centro e al Nord il
lei. Ma proprio di Voi non ne vogliono sapere”.
________________________________________
1. Descrizione del sanculotto di Denis Richet in La Chiesa e la
Rivoluzione francese p. 98
2. L’abolizione del lei non fu imposta per legge, ma resa
obbligatoria per i fascisti.
3. ASVERO GRAVELLI, L’”Anti-Lei”, raccolta di testimonianze di intellettuali italiani sulla necessità di abolire
l’odiosissimo lei.
Renato Nicodemo: nato a Laurito, è laureato in Pedagogia e
Dirigente scolastico. Abilitato per l’insegnamento delle lettere, è
autore di articoli pedagogicodidattici, di legislazione scolastica e
noterelle. Appassionato di studi mariani, cura la pagina mariana
di alcune riviste cattoliche. Ha al suo attivo numerose
pubblicazioni; qui di seguito alcuni titoli: La Vergine nel
Corano, La Vergine nella Divina Commedia, Antologia mariana,
Umile ed Alta, Il bel paese, I nuovi programmi della scuola
elementare, Verso i nuovi Orientamenti ed altro.
Antropos in the world
OMAGGIO AD UN GRANDISSIMO ARTISTA - A cura di Andropos
MINA (parte quarta)
Nel 1969, Mina pubblica l'ultimo 45 giri "sanremese"
della sua discografia (Ma che freddo fa / Un'ora fa). Nel
mese di marzo esce l'LP I discorsi, versione commercializzabile del precedente Le più belle canzoni italiane
interpretate da Mina, che non era uscito nei negozi poiché
legato a un concorso per i lettori delle riviste Rusconi.
Rispetto al precedente album, I discorsi annovera due brani
(La canzone di Marinella e la stessa I discorsi) in
sostituzione di E se domani e La musica è finita,
quest'ultima rimasta inspiegabilmente fuori catalogo per
ben trentasei anni. Il 45 giri primaverile comprende sul lato
A Non credere (rifiutata, tra gli altri, da Iva Zanicchi) e sul
lato B Dai dai domani (la brasiliana A praça di Carlos
Imperial, tradotta in italiano da Paolo Limiti). Non credere,
che subito piacque moltissimo a Mina, divenne un grande
successo e fu promosso in moltissime trasmissioni
radiofoniche e televisive (il telequiz-spettacolo A che gioco
giochiamo?, ma anche in show tradizionali come Doppia
coppia, È domenica ma senza impegno, Ieri e oggi, ecc.).
Nel mese di giugno, Mina registra una seconda puntata di
Senza Rete, dov'è affiancata ancora una volta da Giorgio
Gaber (che l'accompagnerà anche in tournée) e dove
presenta i due brani dell'ultimo 45 giri, dinanzi all'entusiasmo generale della platea. Non credere rimarrà per tutta
la stagione estiva ai vertici dell'hit-parade, rivelandosi uno
dei grandissimi successi dell'anno (3º posto tra i singoli più
venduti), nonché il primo vero exploit.
Sono di questo periodo le prime richieste da parte di
Frank Sinatra per una collaborazione con Mina in una serie
di spettacoli dal vivo (con la presenza anche di Dean
Martin), che ne sancirebbero il suo lancio nello show
business statunitense, lancio mai avvenuto per la rinuncia
della stessa cantante. I motivi di questa decisione non sono
mai stati del tutto chiariti da Mina, ma sono state fatte nel
corso degli anni varie ipotesi, tra cui una improvvisa fobia
del volare in aereo, problemi di salute, il non volersi
distaccare dai propri cari e la paura di uno star-system
molto più articolato, ampio ed impegnativo rispetto a quello italiano.
Augusto Martelli, arrangiatore di molte sue canzoni, è
ormai considerato il compagno di Mina da diversi anni. Il
loro matrimonio viene varie volte annunciato da riviste di
gossip, ma non sarà mai celebrato. I due conviveranno fino
alla fine degli anni sessanta. Nel 1971 sceglie come arrangiatore e direttore d'orchestra Pino Presti, da tempo suo
bassista. Diverrà il suo inseparabile arrangiatore e collaboratore musicale di quegli anni e lavorerà per lei fino agli
ultimi concerti del 1978. I successi Grande, grande, grande
(1972) ed E poi... (1973) mostrano una Mina in splendida
forma, sensuale, accattivante, tanto da essere la principale
musa ispiratrice del celeberrimo duo di composi-tori
Mogol/Lucio Battisti, che le affidarono i successi Insieme
(1970), Io e te da soli, Amor mio (1971) e La mente torna
del (1972). Nel 1972 è di nuovo protagonista di Teatro
10 con Alberto Lupo, con cui canta la sigla finale Parole parole, una delle sue
più grandi hit, contenuta nell' album
Cinquemilaquarantatre. L' addio alle
scene era già stato annunciato da Mina
nel 1972, anno in cui per tutta l'estate tenne una serie di concerti accompagnata da una
grande orchestra composta da eccellenti musicisti. Nel
1973 però, la cantante riappare nei caroselli per la
Cedrata Tassoni, e fa un'unica apparizione televisiva in
Hai visto mai?, dove presenta il singolo Lamento d'amore. In seguito nello stesso anno si verifica un evento
tragico per la vita privata della cantante: Virgilio Crocco,
suo ex-marito e padre di Benedetta, muore l'8 ottobre
investito da un'auto.
Il 1974 è l'anno del suo ultimo show televisivo,
Milleluci, condotto con al fianco una allora emergente
Raffaella Carrà. Poco tempo prima della trasmissione
Mina dichiarò in un'intervista: «Sono stata molto male,
dopo Milleluci non canterò più», infatti sua è la sigla
finale Non gioco più, nel cui testo sembra esserci un
presagio al suo imminente ritiro. L'addio televisivo è in
grande stile, infatti questo programma può essere definito l'ultimo grande show della Televisione italiana. Il
ritiro dal video sembra definitivo, anche se la radio la
vede ancora partecipare a Gran Varietà nel 1979.
Nonostante il suo ritiro dalle scene, anche in seguito
molte delle sue canzoni diventeranno grandi successi, tra
cui Anche un uomo (1979), sigla della riedizione del quiz
Lascia o raddoppia?; Morirò per te, che nel 1982 riesce
ad entrare addirittura tra i primi 100 singoli della
classifica dance americana di Billboard); Rose su rose,
scritta da Massimiliano Pani (1984); Questione di feeling
(1985), duetto con Riccardo Cocciante; Via di qua
(1986), duetto con Fausto Leali; Lui, lui, lui (1988);
Neve (1992); Amore (1994), secondo duetto con
Riccardo Cocciante; Volami nel cuore (1996); nonché
tutto il disco Mina Celentano, realizzato nel 1998 con
Adriano Celentano. Fino alle più recenti Grande amore
(1999), Oggi sono io (2001), Vai e vai e vai, Portati via
(2005), Mogol-Battisti (2006), duetto con Andrea
Mingardi e Adesso è facile (2009), con gli Afterhours,
quest'ultimo uno dei pochissimi brani, insieme a Volami
nel cuore, Che t'aggia dì ad avere il supporto di un
videoclip promozionale. Il 17 ottobre 2011, Mina
immette in rete il brano Questa canzone, che anticipa il
suo album di inediti Piccolino uscito il 22 novembre.
____________________
L’IMPORTANTE E’ FINIRE:
http://www.youtube.com/watch?v=i55vTIpICK8&feature=player_detailpage
LA VOCE DEL SILENZIO:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=hpVtgJyCtkk
ANCORA,ANCORA,ANCORA:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=tkmNkb_1dGM
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Antropos in the world
IL RACCONTO DEL MESE: Di Franco Pastore
IL CORAGGIO DELLA VERITA’( parte 5a -)
La tragedia di Ramstein
Aveva ragione il Presidente Pertini, ero stato poco
saggio: l’eccesiva chiarezza nell’agire, coinvolgendo il proprio universo conoscitivo, era stata un’imprudenza unica. Infatti, nel Settembre dell’ottanta,
fui arrestato, con un cumulo infinito d’imputazioni
militari e “punito”, come avete già letto.
Nel febbraio del 1981, fui sospeso dall'impiego e
dallo stipendio, con un assegno di sussistenza di
circa trecentomila lire mensili.
Fu nel 1983, che fui ufficialmente
te radiato dall’Arma ed il provvedimento recava la firma dello stesso
Pertini, firma che, all’esame calligrafico, risultò falsa.
Una catarsi che non so se imputare
alla mia appartenenza al Movimento Democratico Militare, o alla ostinata ricerca della verità, nella tragedia di Ustica ed in tutte quelle, dove le
responsabilità erano state insabbiate, anche ricorrendo alla soppressione dei testimoni.
Alla fine, eccomi qua, delegittimato da chi avrebbe dovuto difendermi ed affiancarmi, umiliato nella
mia essenza di uomo ed in quella professionalità
regolarmente acquisita negli anni, con i brandelli di
una famiglia, un tempo felice, tra i banchi di una
libreria, dove nemmeno la fantasia riesce più a
volare. Potevo lavorare in una compagnia aerea
privata? Sarei stato ucciso con una bomba al fosforo,
com’è capitato al mio amico Sandro Marcucci, o ai
tenenti Naldini e Nutarelli delle Frecce tricolore.
Nutarelli, insieme al collega Naldini, era partito
dalla base aerea di Grosseto la sera della strage di
Ustica su un F-104 biposto da addestramento. La
circostanza era piuttosto atipica, giacché entrambi i
piloti erano due istruttori qualificati, e non un istruttore e un allievo.
Il volo (n. 433) avrebbe portato i piloti da Grosseto a toccare Firenze, Bologna e Villafranca per poi
rientrare alla base toscana. Il volo sarebbe stato
accompagnato da altri due F-104. Stando alla ricostruzione, il volo sarebbe entrato in contatto col DC9 I-TIGI su Firenze, rilevando anche tre altri velivoli
in volo nella scia dell'aereo commerciale. I due piloti
avrebbero quindi tentato di segnalare in codice la
situazione al comando. Più testimoni di così! Una
perizia disposta dall’ Aeronautica militare tedesca
dopo l’incidente accaduto nel 1988 a tre aerei delle
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Frecce Tricolori sui cieli di Ramstein, in Germania,
durante un’esibizione acrobatica nella base Nato,
proverebbe che il velivolo “solista”, schiantatosi
contro quelli dei due colleghi sarebbe stato sabotato.
Una circostanza che è emersa dalle indagini difensive, condotte dall’avvocato Daniele Osnato, il legale che assiste i familiari di alcune vittime del
disastro del Dc9, nell’ambito della nuova indagine
aperta dai pm di Roma sulla strage di Ustica, dopo
le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica
Francesco Cossiga.
L’ipotesi del legale è che l’incidente di Ramstein, costato la vita ai militari Ivo Nutarelli, Mario
Naldini e Giorgio Alessio, non fu determinato da un
errore del pilota solista Nutarelli, ma che invece il
velivolo venne sabotato per impedire al tenente
colonnello di testimoniare davanti al giudice istruttore Rosario Priore sulla strage di Ustica.
Il legale, nel tradurre la perizia tedesca, ha scoperto che Nutarelli, durante l’esibizione nei cieli
tedeschi, accortosi che qualcosa non andava nella
strumentazione di bordo, che avrebbe segnalato altimetrie errate, tentò invano di frenare, tirando giù il
carrello e il freno aerodinamico.
Ma, andiamo per gradi! Secondo la ricostruzione dei fatti, il programma della manifestazione
aerea era ormai al culmine e la Pan si apprestava a
eseguire “la figura del cardioide”; l’Aermacchi
Mb 339 del solista, il tenente colonnello Diego
Raineri, in netto anticipo sul resto della formazione,
colpì altri due velivoli, che precipitarono al suolo
come palle infuocate. Cinquantuno furono le vittime
e 400 i feriti ricoverati in vari ospedali.
Seguirono dure polemiche e molti chiesero di
sciogliere il reparto, altri
posero sotto accusa tutte
le manifestazioni aeree.
I parametri di sicurezza furono triplicati e si cercò di
ricostruire l’immagine di un reparto che, in effetti, è
il “fiore all'occhiello” dell’Aeronautica militare italiana.
Intanto. in Italia ed all’estero nacquero, circa
ottanta Club, a sostegno dell’attività delle Frecce
tricolori.
Antropos in the world
Risultava palese che le persone che portano alla appena 32 anni da un non verificato infarto.
luce verità scomode non sono per nulla tutelate
Il maresciallo Alberto Dettori, dello stesso cene, nella completa indifferenza delle istituzioni, tro radar, trovato appeso ad un albero. Il maresciallo
corrono gravi pericoli, o vengono schiacciate da Antonio Pagliara, controllore della Difesa Aerea
procedure tali, da impedire loro una vita presso il 32º CRAM di Otranto, morto in un incinormale. Altre volte ancora, vengono soppresse dente stradale.
con inusitata ferocia, come dimostra la lunga
Il colonnello Giorgio Teoldi, comandante dellista di persone, tutti coinvolti nel caso Ustica, l'Aeroporto Militare di Grosseto, morto in un incivenute a mancare nell'imminenza di una dente stradale.
deposizione, o semplicemente perché erano
Il sindaco di Grosseto Giorgio Furetti, poco
depositarie d’informazioni compromettenti:
tempo
dopo aver manifestato l'intenzione di volere
Il maresciallo Zummarelli, travolto da una
raccontare
ai giudici una circostanza appresa indiHonda 600 nel periodo in cui era impegnato
rettamente,
muore anche lui, investito da un monelle indagini sul Mig libico, poco tempo prima
torino.
aveva confidato ad un amico giornalista, GaetaIl Generale Licio Giorgieri, morto in un
no Sconzo, di temere per la propria vita.
Il maresciallo Antonio Muzio, ucciso con tre attentato terroristico, comandante del Registro Aecolpi di pistola nell'addome mentre si trovava ronautico Italiano
Il consulente informatico per l'omicidio D'Annella sua casa di Pizzo Calabro, aveva lavorato
tona
e delle procure di Roma e Palermo, Michele
all'aeroporto di Lamezia Terme: uno scalo diretLandi,
confessa agli amici di essere a conoscenza
tamente coinvolto nella vicenda del Mig libico,
di
novità
su Ustica: viene trovato impiccato, il 4
del suo recupero sulla Sila e della sua restituzione a Gheddafi (dal settimanale Europeo n. 9 aprile del 2002.
L'ultimo, Adamo Bove, poco più di un anno fa,
del 28 febbraio 1992)
ex
poliziotto e responsabile della security goverIl colonnello Sandro Marcucci, precipitato col
nance
di Telecom Italia, saltato giù da un viadotto
suo Piper il 2 febbraio 1992 sulle Alpi Apuane,
della
Tangenziale
di Napoli, il 21 luglio 2006. Una
che, sul quotidiano Il Tirreno, appena cinque
lista
di
morti
troppo
lunga perché sostenga la tesi
giorni prima della sua morte, aveva duramente
attaccato, accusandolo di corruzione, il generale delle coincidenze, piuttosto, è lampante che nel
dell'Aeronautica Zeno Tascio, comandante del- nostro paese, dicendola con Arthur Blair, vi sia una
l'aeroporto di Pisa dal 1976 al 1979, responsabile certa consuetudine a manovrare il presente, per far
dei servizi segreti dell'Aeronautica all'epoca del tacere le responsabilità del passato.
Quale futuro può avere una nazione, che si regge
disastro di Ustica.
sulla
menzogna dei suoi governanti?
I capitani della pattuglia acrobatica delle
Comunque, esiste una mafia ben più potente di
Frecce Tricolori Ivo Nutarelli e Mario Naldini,
quella
che conosciamo, che avviluppa il nostro
morti insieme a Giorgio Alessio, nella tragedia
paese,
impedendogli
di essere, nell’ambito dell’Eudi Ramstein. Il capitano Maurizio Gari,
ropa,
un
faro
di
coerente
civiltà.
controllore di volo nel centro radar di Poggio
Ballone, stroncato ad
NOTERELLA DI RENATO NICODEMO: IL DIRITTO 1
Non mi intendo di questioni giuridiche, ma penso di non sbagliare se ritengo che Diritto non può
significare che … di-rit-to, che non piega né da una parte, né dall’altra, né storto o tortuoso. Eppure, a
vivere in Italia, sembra che Diritto voglia dire proprio storto, tortuoso, oscuro e che, pertanto, la via più
breve per vedere applicata una norma, o per avere giustizia, non è mai retta: « E ppùe dire a Ddonnu
Titta/ca, ccu tutta ‘a giumutria, /’a cchiù storta diogne bbia/ quasi sempe è ra dritta!...»2
Ma il nostro paese non è la culla del diritto?
Si, solo che a forza di cullarlo, s’è addormentato!
_____________
1) Renato Nicodemo, Il Bel Paese o dell’Italia capovolta (Noterelle) - Collana Verso il futuro, Editrice Menna – Avellino 1988, pag.56- 57.
2) V.Butera, A LICERTA E RU CURZINI, poeta calabrese.
-9-
Antropos in the world
AISOPOS ET PHAEDRUS IN NAPOLETANO
Il leone ed il toro
ὲὶῠ

Un leone da lungo tempo meditava di
uccidere un forte toro. Un giorno decise di
riuscire nel suo intento con l'astuzia. Gli
fece sapere di aver catturato un montone
e lo invitò al banchetto. Aveva preparato
tutto per assalirlo, una volta seduto a
tavola il toro andò all'appuntamento:
vide molte pentole, lunghi spiedi, ma di
montone nessuna traccia. Allora, senza
dire una parola, se ne andò. Il leone lo
richiamò e gli chiese il motivo del suo
comportamento, visto che non gli era
stato fatto nessun affronto. E il toro
rispose: - Ho una buona ragione per
andarmene: vedo tutto pronto per cucinare
non un montone, ma un toro.
_________________
Aἲsopo– μύθοCCXI
Lexicon necessarium:
Capette : passato remoto, capì.
Ascétte ‘e cόrza: uscì rapidamente.
Friaràje: futuro semplice da frìje, friggerai;
dal lat. Frìgere, con caduta di g e
suono di transizione “ j”.
‘O
LIONE E ‘O TORO
‘Nu lione troppo determinato
a sbrana’ ’nu toro smaliziato,
decidette do’ fotte con l’astuzia.
‘Nvitànnele a ‘nu banchetto, con arguzia,
dicètte che gli offriva un bel montone,
ch’ aveva catturato ‘ndò burròne.
‘O toro si recò all’appuntamento
e, guardànnele, capètte in un momento,
ca stève proprio lui sul menu
e mentre chille andava su e giù,
ascètte ‘e còrza, senza ‘na parola,
cercanne ‘e scappa’, immediatamente,
da chella casa e da chìllu fetente.
-Ma dove vai? - E chiedètte ’o re leone,
cercando do’acchiappa’ dìnte ‘o spuntòne,
- Io non so’ fesso piezze ’e pruvulòne,
t‘o vuò mètte scritto ‘ndà cervélla
ca nu’ me friaràje dìnte ‘a padella!______________
Fabula docet (‘Ὁ μῦθος δηλοῖ ὅτι)
‘L’istinto di sopravvivenza è superiore ad ogni astuzia“.
Spesso, una gentilezza finta n asconde l’inganno.
L’intelligenza è meglio da’ forza
(Da “ Aìsopos, favole in napoletano ” di F. Pastore)
STRANEZZE E PINZILLACCHERE
 Le richieste di tasse e sacrifici da parte di un governo
sarebbero legittime se il governo dimostrasse che sono
necessarie e idonee a un programma realistico e utile al
paese. Quelle del governo Monti non sono necessarie,
perché il governo dovrebbe prima tagliare spese pubbliche parassitarie e gonfiate, e non lo fa; non sono idonee,
perché, conti alla mano, non risolvono la crisi, ma paiono aggravarla con l’avvitamento fiscale; inoltre non rientrano in un programma di interesse nazionale, anzi non si
capisce nemmeno che fine stia perseguendo il governo.
 Sull’ultima versione della TRECCANI: “neet”,
acronimo che nella lingua inglese significa “not in
education, employment or training”riferito a giovani che
non hanno un lavoro, non lo stanno nemmeno cercando
e non frequentano corsi di aggiornamento.
 La Germania è stata più che abile a costruire le
fondamenta, su cui si poggia l’edificio Europa, a proprio
vantaggio: uno studio di Bank of Scotland ci racconta
come la crisi non stia colpendo proprio tutti. Anzi, c’è
chi sta guadagnando e guarda caso sono proprio i tede-
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schi. Non solo perché hanno costruito la Banca Centrale
in modo che si occupi prevalentemnete di tenere a bada
l’inflazione, il vero incubo al di là del Reno, ma anche
perché con l’introduzione dell’euro hanno messo fuori
gioco le economie che si basavano sulla proprio moneta debole per favorire l’economia interna e sfruttare le esportazioni. Aggiungendoci la qualità tedesca,
il gioco è fatto e improvvisamente il mercato tedesco si
allargato a tutta Europa.
 M. Pantaleoni:« Qualunque imbecille può inventare
e imporre tasse. L’abilità consiste nel ridurre le spese,
dando nondimeno servizi efficienti, corrispondenti
all’importo delle tasse; fissare le tasse in modo che non
ostacolino la produzione e il commercio o per lo meno
che lo danneggino il meno possibile »
 Il grande sogno: Eliminare il Senato e dimezzare il
numero dei deputati, ottenendo contemporaneamente:
- pagare meno stipendi - meno veti incrociati - meno
mercanteggiamenti - meno raccomandazioni - meno
affari poco puliti - più velocità nella legificazione, ecc.
Antropos in the world
DALLA REDAZIONE DI TORRE DEL LAGO PUCCINI
SILVANO CARROLI ED I GIOVANI TALENTI
“Vorrei adoperarmi con forza in questa città che è eredità di Puccini, poter costruire qualcosa di importante
cercando giovani meritevoli e poterli utilizzare trovando
una collaborazione a livello istituzionale. Ho visto siti in
cui si potrebbe fare musica ad alto livello e con poche
risorse. Vorrei adoperarmi per Puccini.
Sono convinto ci siano sale e scuole che possano
essere adibite a questa iniziativa. Villa Bottini sarebbe
perfetta. Vorrei creare uno staff. I giovani non hanno più
riferimenti. Sarebbe bello organizzare stage personalizzati su ogni opera, previa audizione in cui i giovani
verranno suddivisi a seconda delle peculiarità”.
È questo l’augurio e l’iniziativa che il baritono veneziano Silvano Carroli si propone per recuperare i giovani
talenti rendendo giustizia alla loro passione per la lirica,
in una società, quella odierna, in cui si trovano come
smarriti perché hanno perso i punti di riferimento. Nella
maggior parte dei casi si tratta di voci pregiate che
vengono distrutte dagli stessi maestri oppure per la
mancata concordanza tra voce e repertorio musicale che
vanno ad affrontare. “Sono stato invitato a Torre del Lago
da giovani cantanti che volevano la mia opinione. Questi
ragazzi erano perduti, e mi hanno cercato”. Silvano
Carroli, baritono di grande eccellenza, è artista di una
cultura lirica internazionale e, in quanto fortemente
ispirato da Puccini e grande interprete della sua opera,
ulteriore punto di orgoglio per Lucca. Nato a Venezia nel
1939, manifestò fin da bambino la sua predisposizione al
canto e frequentò l’oratorio della basilica di San Marco,
che è poi stato costretto ad abbandonare per motivi
familiari. È personaggio dotato di vasta cultura che ha
acquisito in parte come autodidatta, in parte grazie ad un
eccellente insegnante di lettere che gli ha trasmesso un
bagaglio così vasto che oggi al liceo non si
acquisisce.[…]. La sua passione per la lirica trova le sue
radici più profonde nella tradizione familiare: il nonno
paterno era appassionato di Pertile di Montagnana, il
nonno materno amava Gigli. “La passione mi è arrivata
all’orecchio” – ha confessato – “la melodia è rimasta. Mia
madre un giorno mi regalò un abbonamento alla stagione
lirica invernale alla Fenice di Venezia e dalla prima fila
del loggione ascoltavo tutti i più grandi lirici”. […]
Al 1963, 6 giugno, risale il suo debutto ufficiale nel
ruolo di Marcello nella Bohème di Puccini. “Per prepararmi a quest’opera ho preso lezioni di qualsiasi cosa.
Si faceva vera e propria arte scenica, ho preso lezioni
di scherma e di danza”. Ha elogiato a questo proposito
Boris Christoff, uno dei maggiori interpreti del secolo
scorso “ oggi questa cura del particolare non c’è più”,
ha affermato. A proposito dei suoi maestri di canto ha
confessato che Mario Del Monaco è stato la sua più
grande ispirazione: “Mi ha dato la possibilità di acquisire
una tecnica che consiste nell’adattare lo spartito alla
propria voce e mai il contrario”. […]
( S. Toniolo - dalla Gazzetta di Lucca)
ENTRANDO A SCUOLA
NON SI PUO’ MORIRE
SIENA, dal nostro corrispondente – Sabato 19 maggio,
alle 21,30, in piazza SALIMBENI, sono stati realizzati
un presidio ed una fiaccolata in memoria della studentessa 16enne MELISSA BASSI, barbaramente uccisa
nell' attentato che ha colpito l'Istituto professionale "
MORVILLO- FALCONE " di Brindisi.
Ad organizzare la manifestazione sono state le istituzioni locali, le organizzazioni sindacali e le forze politiche. Il presidio ha testimoniato la ferma condanna del
vile attentato, perpetrato su ragazzi innocenti che si
recavano " Nell' unico posto dove in Italia si può ancora
andare", come ha giustamente evidenziato da uno studente universitario, durante la manifestazione. Oltre 1000
persone hanno gremito la piazza, con la doverosa presenza di rappresentanze istituzionali , sindacali e delle forze
dell' ordine. Il sindaco
FRANCO CERRUZZI,
intervistato, ha definito
l’accaduto come “un atto criminale, barbaro,
odioso e feroce. Azione
questa, ha continuato,
che ci rimanda alle pagine più nere della storia d'Italia”.
Il Presidente della Provincia di Siena, SIMONE BEZZINI ha poi aggiunto che “ far esplodere delle bombe di
fronte a una scuola, è il gesto più vile che si possa compiere. Comunque, ci si aspetta una risposta immediata e
compatta dello Stato e di tutte le forze democratiche del
paese.
Il sindaco di PIENZA, Fabrizio FE', intervistato, ha
detto testualmente: " Siamo indignati per tutto ciò, l'accaduto è inqualificabile e richiede maggiore interesse da
parte dello Stato e delle Istituzioni verso i problemi del
popolo e della Nazione”. A questo punto ha preso la parola la rabbia impotente di alcuni studenti, che non riuscendo a contenere lo sgomento hanno gridato al megafono: “Ascoltino le Istituzioni… escano dai loro buchi,
dai loro nidi…!” A sostegno di quelle parole, un lungo
applauso è esploso nella piazza, tra centinaia di fiaccole.
Silvestri Pastore Cesare
Criminalità, ideologia, follia?
“… stavolta non c’è possibilità di licenziare questa tragedia
con una scrollata di spalle a breve termine … stavolta se ne
deve parlare di questo dolore insopportabile … per non
attenuare ulteriormente quel senso di comunità e di condivisione che nel nostro paese va consumandosi.”
Vincenzo Andraous
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Antropos in the world
PROVERBI, DETTI E MODI DI DIRE
OVVERO, ELEMENTI DI PAREMIOLOGIA
 C’a preta se prova ll'oro, cu’ ll'oro ‘a femmena e
c’’a femmena l’omme.
 ‘A femmena ca canta dòce ‘nda nda’ scena, pe’
giùvinotte inesperti è ‘na sirena.
 Fémmena nobil ‘e natura è ‘nu tesore ca sèmpe
dura.
 Aiere parlave 'e femmene e selvaggina...ogge sule 'e
'spitale 'e 'mmericine.
 Si a tavula si' lupo e a lietto si' lione...è 'a femmena
ch'è 'o mmassimo,'o port'essa 'o cazone.
Esplicatio: Con la pietra si prova l’oro, con l’oro la
donna e con la donna si prova l’uomo. Solo gli ingenui
si fanno incantare dalle moine femminili. Anche gli
uomini più audaci, in vecchiaia diventano deboli ed
inermi. Se l’uomo mangia con appetito ed è bravo a
letto, il merito è tutto della sua donna.
Implicanze semantiche:
PRETA: s.f., pietra. Etimologia: metatesi
dall’accusativo latino petra-m. Derivati:
pretella, pretata.
CAZONE: s.f. dal latino cantione-m; da caSirica Dora
no - is – cantum – ĕre, 3° coniug. latina.
Derivato: canzuniére, canzuncèlla.
GIUVINOTTE: s.m., giovanotto.Etimologia: dal latino
iuvenis, con suffisso diminutivo.
FEMMENA: sost ed agg. femmina. Etimologia:dall’acc.
latino femina-m, con raddoppio popolare della post-tonica
m, normale in parola sdrucciola. Derivati: Femmenajuolo,
femmeniéllo, femmenià, femmeniére, femmenèlla.
TAVULA: s.f. tavola. Etimologia: dall’accusativo latino
tabula-m. Derivati: Tavulata, tavulella.
IN TEMA DI PARAMIOLOGIA RELIGIOSA a cura di Andropos
La paremiologia, dal greco ὶ( proverbio,
detto), è la scienza che studia i proverbi, i modi di dire ed
ogni frase che ha il fine di trasmettere la conoscenza
basata sull'esperienza.
La paremiologia comparativa studia nei proverbi
differenti linguaggi e culture. Essa si occupa dei proverbi,
delle informazioni accumulate in moltissimi anni di storia.
Queste informazioni possono in genere essere di: sociologia meteorologia, gastronomia, storia, zoologia, linguistica, religione, agronomia.
Anche in contesti religiosi, la Paremiologia trova largo
impiego, offrendo una forma di saggezza mistica di antica
data. Esempi:
«Dio non paga il sabato» un’espressione tratta
dalla Bibbia. Fa parte di una serie di scongiuri rituali latini del III secolo d. C. Dal rito scaramantico
si è poi arrivati alla linearità dell’affermazione …
pronunciata tre volte come preghiera dovrebbe offrire protezione dalle sciagure per tutta la giornata
del sabato … c’è, naturalmente, l’idea della paga di
Dio come il ‘giusto conto finale’
«Per un punto Martin perse la cappa» Si tratta
della storia del Reverendo Martin Stewart Johnes,
duca di Kensington, che, agl’inizi dell’Ottocento, si
rifiutò di compiacere re Edoardo, durante una
partita a carte … Così Edoardo accettò la sconfitta
per un solo punto, ma gli revocò il ducato di K.
appunto… Martin Lost his K. è l’espressione
originale.
Detti e modi di dire:





San Benedetto...una rondine sotto il tetto!!
L'abito non fa il monaco.
Non c'è Cristo che tenga.
Stare insieme come il diavolo e l’acqua santa.
Il diavolo insegna a fare le pentole ma non i coperchi.

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


È meglio star da papa che da canonico .
Morto un papa se ne fa un altro.
A chi ben crede Dio provvede.
All'uccello cieco Dio fa il nido.
San Martino..castagne e vino!
Sant 'Agata ..ricchezze e Santa Rosalia ..bellezze!
Chi fa la spia non è figlio di Maria!
Epifania..tutte le feste porta via!
Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi.
Dio li fa e poi li accoppia.
Chillu sfruculéa ‘a mazzarèlla ‘e San Giuseppe.
Quannu lu cunto nu’ torna, hai voglia d’acalà li Santi
cu tutta la Marònna.
CHE COS’E’ LA VITA?
What is life?
Che cos'è la vita?
E' la luce
di una lucciola,
nella notte.
E' il respiro
di un bisonte,
in un'alba invernale.
E' una piccola ombra,
che corre sull'erba
e si perde
nel tramonto.
Isapo-Muxika
_____________
Issapóómahksika o Isapo-Muxika o Crowfoot o Piede di Corvo,
guerriero e capo dei Siksika, guerriero e capo dei Siksika
(Blackfeet o Piedineri) (1830 - 1890).
- 12 -
Antropos in the world
MOMENTO TENERO
SUL FAR DEL MATTINO
di
Franco Pastore
Dalla raccolta”Aspettando l’alba”
Ruba una barca ai tuoi sogni
e conducimi nel tuo destino!
Non son rimaste che briciole,
solo il pensiero è divino.
Ruba al tuo cielo una stella,
e mettila al cuore vicino!
Una luce negli occhi ti brilla,
tu fai di me un bambino.
Raccogli, sul far del mattino,
un piccolo grande sorriso,
come un fanciullo birichino
conservalo sopra il tuo viso,
per un tremulo, dolcissimo,
struggente bacio d’amòr.
Ecco, mi vieni vicina,
ancor dorme l’allodola,
sulle rose la brina.
Il video:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=cCW5D3UbWwM
APPROFONDIMENTO LINGUISTICO
LE FIGURE RETORICHE A cura di Andropos
ANALESSI
Si ha l’analessi, dal greco análêpsis, "prendere
nuovamente" nel senso di fare una retrospezione o
flashback = lampo all'indietro, quando nella narrazione
vengono ricordati eventi passati mentre il tempo reale
scorre. L’analessi perciò è un rivolgimento della struttura
della fabula cioè della sequenza logica e cronologica
degli avvenimenti e può essere introdotta nel corso del
racconto da demarcatori temporali del tipo "Alcuni anni
fa" in opposizione a "ora", oppure da verbi come "ricordare", "pensare".
Esempi:
Nell’Iliade, il narratore, dopo aver evocato la contesa
fra Achille e Agamennone, punto di partenza del suo
racconto, ritorna indietro di una decina di giorni per
esporne la causa in una quarantina circa di versi
retrospettivi.
Un racconto quasi interamente basato sull’analessi è
La cognizione del dolore di Gadda. In questa opera
infatti continuamente la narrazione si interrompe per
recuperare episodi del passato.
L’Ulisse di James Joyce o Alla ricerca del tempo
perduto di Proust sono altri chiari esempi di analessi.
Spesso, le analessi sono utilizzate per narrare fatti
accaduti prima dell’inizio della sequenza di eventi che
corrisponde alla storia primaria.
La loro funzione principale è quella di colmare le lacune
presenti nelle informazioni che si hanno su alcuni fatti
cruciali: ad esempio, un flashback sulle origini di un
personaggio mostra allo spettatore gli elementi-chiave che
hanno contribuito al suo sviluppo durante gli anni della
crescita. A volte, però, l’utilizzo viola apertamente il suo
carattere esplicativo e viene utilizzato per confondere lo
spettatore e creare un colpo di scena, come accade in
Paura in Palcoscenico.
L'analessi al cinema diventa flashback, un salto all'indietro,
con la visualizzazione di eventi già accaduti in precedenza.
Il flashback può essere soggettivo o impersonale: nel primo
caso, la rievocazione si affida al ricordo di uno dei personaggi, mentre nel secondo si sceglie di tornare indietro
per presentare alcuni fatti, interrompendo il flusso 'naturale'
della storia.
LA MOGLIE DELL’OSTE
Commedia musicale in due atti, tratta dalla 12 novella de
IL NOVELLINO di MASUCCIO SALERNITANO.
Autore: Franco Pastore
Regia di Matteo Salsano.
Richiedi il Dvd ad [email protected]
per un costo complessivo di € 6,50.
- 13 -
Antropos in the world
LA PAGINA MEDICA
IL MANGIATORE COMPULSIVO
Mangiare è un bisogno, mangiare è un piacere, imparare a mangiare può diventare un gioco.
Divertirsi con i bambini e trasmettere loro informazioni,
sensazioni e un atteggiamento corretto verso il cibo è
l'obiettivo del libro di Raffaella Oppimitti “ Giochiamo a
mangiare”.
L’adulto si prepara iniziando dal bambino. Abbandonare la
dieta per sempre e mangiare molto meno. Imparare a
mangiare e soddisfarsi con i cibi che le piacciono. Smettere
di mangiare in eccesso e perdere peso.
Lasciare dietro di sé le preoccupazioni per il cibo ed entrare in una vita più soddisfacente. Dimagrire, alimentandosi secondo le esigenze del suo organismo. Questi i
passaggi che potrete sperimentare e che vi condurranno ad
una alimentazione corretta e a perdere il peso in eccesso.
Spesso, durante la lettura di queste note, sentirete parlare di
alimentazione compulsiva. Chi è il mangiatore compulsivo? Il mangiatore compulsivo e' colui che mangia
anche quando non ha fame.
I grassi che seguono una dieta pensano che sia necessario
limitare quello che mangiano, non importa il metodo. Il
primo passo per risolvere il problema del cibo e'
riconoscere che la maggior parte delle diete non danno
risultati. Si puo' stare a dieta un giorno o un anno, ma alla
fine, in un dato momento, si viola la dieta, si faranno
"sgarri". Il mangiatore compulsivo non può immaginare la
propria vita senza limitazione del cibo, ma anche senza
immaginarsi a mangiare tutto quello che passa alla sua
vista. La speranza che la prossima dieta possa finire in un
modo diverso è una illusione.
Dieta/eccesso/disprezzo di se stesso: è un ciclo che può
durare tutta la vita, e a volte è veramente così. Il nostro
corpo resiste alla dieta. Fare molte diete favorisce
l'accumulo di grasso. Le diete creano, spesso, più che
curare l'abitudine di mangiare ansiosamente.
Purtroppo, viviamo in una società ossessionata dal
controllo del peso e del cibo. Si entra nel circolo vizioso
dieta/eccesso perché si è insoddisfatti del corpo e si teme di
non controllare ciò che si mangia.
Anche se può sembrare incredibile, milioni di persone si
svegliano tutte le mattine , si guardano allo specchio ed
esclamano "Oddio!". Non solo e' inquietante che tante
persone rifiutino il proprio corpo, ma anche che questo
rifiuto ha conseguenze gravi. La disistima verso se stessi
non conduce ad un cambiamento di vita, ma ispira una
sensazione di sconfitta. Quanto più ci si sente inaccettabili, meno possibilità di cambiare si hanno. I bambini
sono meglio disposti a fare qualcosa se si sentono amati ed
appoggiati più di quando si sentano minacciati o intimoriti.
Noi adulti non siamo diversi. Anche noi abbiamo bisogno
di sentirci bene per poter cambiare.
Perché si mangia senza fame? Uso il termine "compulsivo" per indicare che il bisogno di mangiare è solo
psicologico, che manca la necessità fisica di mangiare,
cioè quei segnali che il nostro corpo ha per farci capire
che bisogna introdurre carburante; il mangiatore
compulsivo mangia anche se non ha il cosiddetto buco
allo stomaco. Essere grassi non è sempre sinonimo di
alimentazione compulsiva, come l'essere magri non la
esclude. Magro e grasso sono, in buona parte, determinati
geneticamente e per alcune persone il peso può avere la
stessa relazione con il cibo che ha l'essere alti o bassi.
Il sovrappeso è quel peso che riflette il cibo in eccesso
rispetto alle necessità del corpo. Il peso normale è quello
che si sarà raggiunto dopo aver curato l'abitudine di
mangiare compulsivamente. Senza disciplina e volontà
infantile, incapace alla sobrietà, goloso, senza controllo,
debole, spiacevole, ma soprattutto grasso: è quello che
molti pensano dei grassi, è quello che molti grassi
pensano di se stessi. Dobbiamo dire che è falso. I grassi
hanno seguito diete diverse, provato medici e digiuni,
mai hanno risparmiato energie, tempo, denaro e volontà
in cerca di una risposta ai problemi. Il vero problema è la
difficoltà di affrontare l'ansia senza cibo e ciò che
richiede il problema è la calma, non il controllo del cibo.
Le persone di successo hanno problemi e ostacoli come
tutte le altre, ma sanno sperimentare e rendere pratiche le
soluzioni dei problemi che tutti i giorni si pongono.
Regimen Sanitatis Salernitanum
- Caput V -
Quomodo tibi comedandum est
Alias, de dispositione ante cibi sumtionem
Tu numquam comedas, stomachum
nisi noveris esse purgatum
vacuumque cibo, quem sumpseris ante.
Ex desiderio poteris cognoscere certo;
haec tua sunt signa, subtilis in ore diaeta.
Della disposizione ad cibo
Tu a mangiar non sii mai tratto,
se non hai stomaco affatto
vuoto e libero dai pasti
donde innanzi lo gravasti.
Di ciò avrai nell’appetito
segno certo e non mentito:
ché le fauci ognor discreta
son misura della dieta.
Antropos in the world
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NOTE ANTROPOLOGICHE
UN LEGAME CHE RISALE AL PLEISTOCENE (II parte)
IL RAPPORTO UOMO - CANE
In Egitto il Levriero egiziano era un animale da compagnia e veniva utilizzato nella caccia, ma finì anche lui per
essere adorato, trasformandosi in Anubi, il dio della
morte, poi divenuto “il guardiano dei morti”.
Anubi veniva rappresentato come uno sciacallo o un
cane, soprattutto nelle sculture; o come una figura umana
con la testa di sciacallo o di cane, soprattutto in pittura. Il
suo colore è sempre il nero, perché tale era il colore dei
corpi dopo aver subito il processo di imbalsamazione.
Quando il culto di Osiride crebbe, Anubi subì una sorta
di “declassamento”, diventando da dio della morte solo “il
guardiano dei morti”. A lui comunque fu attribuita l’invenzione della mummificazione e i sacerdoti egizi, durante
tale rito, si coprivano il volto con una maschera “di cane”
per personificare Anubi stesso.
Nella Roma imperiale, quella delle conquiste e delle
guerre, si iniziò a utilizzare i cani come fedeli compagni
anche sui campi di battaglia. L’impiego dei cani era di due
diversi tipi: cane da collegamento e cane da attacco.
Per l’attacco e la difesa venivano utilizzati i Molossi,
che avevano zanne come tenaglie e attorno al loro collo
venivano messi dei collari con lame appuntite, in modo che
spesso il nemico scappava ancor prima di affrontare il
combattimento con il nemico a quattro zampe. La sorte dei
cani da collegamento era di sicuro peggiore. Essi
ingoiavano un piccolo tubo di rame in cui veniva racchiuso
il messaggio. Una volta arrivato a destinazione il cane
veniva ucciso, visto che in guerra non c’era di certo il
tempo di aspettare l’espulsione in modo naturale. L’Impero
Romano cadde, i barbari arrivarono e iniziò il Medioevo,
periodo in cui ai cani toccò una pessima sorte, vivevano
nelle strade, formavano branchi spesso feroci, alla ricerca
di cibo, una sorta di regressione alla loro vecchia vita da
lupi. Probabilmente i modi di dire negativi, che riguardano
i cani, risalgono a questo periodo, “solo come un cane”,
“vita da cani”, freddo cane”, “figlio di cane”, “mangiare
da cani”. La caccia, una delle attività da sempre
apprezzata in ambito canino, salvò il cane.
Nel Medioevo tutti iniziarono ad andare a caccia,
ricchi e poveri, i frutti degli orti non bastavano nei periodi
di carestia e così tutti iniziarono ad utilizzare i cani per le
battute di caccia, che erano sempre improvvisate con le
armi e i metodi utilizzati nelle guerre. Poco a poco
iniziarono le vere e proprie specializzazioni canine per la
caccia, giunte fino a noi. I Bracchi cercavano le prede, i
Levrieri le inseguivano, i Segugi stanavano i cervi, e i
Molossi uccidevano i bisonti e gli orsi. Anche i piccoli
cani iniziarono ad essere utilizzati per stanare le tane dei
conigli e delle volpi, erano i primi Terrier.
Gli uomini iniziarono ad allevare i cani, e a creare i
primi incroci. Pare infatti che il primo Pastore Tedesco sia
stato il frutto di alcuni incroci provati in un monastero
tedesco. I monaci cercavano un cane che potesse difenderli da eventuali attacchi esterni. Nacque anche una moda, importata dall’oriente, di recarsi a caccia con tantissimi cani, anche centinaia, che aprivano la strada per la
battuta. I cani parteciparono anche in prima persona alle
battaglie dei soldati di Elisabetta I contro i rivoltosi irlandesi, e alla conquista delle Americhe insieme ai navigatori spagnoli.
Così come in Grecia e a Roma, comparvero dei trattati
per la cura del cane, per la sua alimentazione, per tenerli
bene, per curare il pelo. C’erano anche alcuni consigli
medici, anche se i primi accenni di medicina veterinaria
arriverano attraverso gli scienziati Arabi. Alla fine del
Medioevo erano ancora forti però alcune credenze
“mediche”, sul potere curativo dei cani. Il sangue di un
cane bianco poteva curare la pazzia, quello di un cane
nero garantire a una donna un parto senza dolori. E i
cani continuavano ad essere uccisi.
Arrivò poi il benessere, la gente riprese ad essere più
tranquilla e serena, ad essere meno preoccupata per il
cibo, l’uomo uscì da un periodo oscuro per la sua anima, e
così anche il cane ne trasse il suo beneficio e divenne
anche solo un semplice compagno di vita. Si può dire
però che le crudeltà che tutt’oggi conosciamo verso i
nostri amici cani forse derivano da quel periodo di
brutture ed ignoranza, di fame, di superstizioni, che ha
comunque lasciato un segno dentro noi esseri umani.
Tornando al Rinascimento, possedere un bel cane era un
vezzo e una moda, iniziarono i primi sport cinofili, il
Greyhound venne infatti importato in tutta Europa dall’Inghilterra e la vita dei cani divenne domestica. Andare
a passeggio con un cane era un piacere, e le donne dell’aristocrazia amavano coccolare i loro cani e riempirli
di nastrini e piccoli gioielli, li portavano sempre con loro
e per entrare nelle grazie di una dama bisognava necessariamente piacere al cagnolino di turno.
Siamo quindi arrivati a un punto della storia in cui i
cani non sono più solo utili, non servono all’uomo per
cacciare, per combattere o per spaventare, ma stanno
diventando quella parte indispensabile della vita umana, e
se tutto è iniziato come un vezzo in fondo può anche
andarci bene!
È l'antica amicizia, la gioia di essere cane e di
essere uomo tramutata in un solo animale che
cammina muovendo sei zampe e una coda intrisa
di rugiada.
(Pablo Neruda)
L'uomo nella sua arroganza si crede un'opera
grande, meritevole di una creazione divina. Più
umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente dagli animali. (Charles Darwin)
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Antropos in the world
STORIA DELLA MUSICA - A cura di Ermanno Pastore
IL MELODRAMMA: Francesco Cilea
Il melodramma italiano definì la sua struttura di opera
seria grazie al compositore Alessandro Scarlatti e si affermò
con Pietro Metastasio, autore di 27 testi, messi in musica
negli anni a seguire più di ottocento volte. Metastasio stabilì
la struttura drammaturgica e la metrica delle arie, auspicando una assoluta serietà nelle sceneggiature. In contrapposizione, a Napoli nacque l’Opera Buffa. Lo spunto venne dagli intermezzi musicali che gli autori inserivano tra un atto e
l’altro per intrattenere il pubblico. Queste brevi scenette, che
narravano in chiave comica episodi tratti dalla quotidianità,
avevano un grande successo tra gli spettatori e nell’arco di
poco tempo diventarono un genere teatrale a sé stante.
Rispetto all’opera seria, l’opera buffa era molto più libera da schemi precostituiti: i compositori s’ispiravano a vicende legate alla vita di tutti i giorni che il pubblico capiva con
maggior facilità, riuscendo ad identificarsi nei personaggi.
L’opera buffa raggiunse l’apice della sua espressione con Il
Barbiere di Siviglia di Rossini. Proprio Rossini, insieme a
Bellini, Donizetti e Verdi rappresentò il periodo di maggior
popolarità del melodramma che nel frattempo assunse il
nome di Opera. Sul finire dell'Ottocento sorse la Scuola
verista, un movimento che, pur non rinunciando alla concezione tradizionale del melodramma, lo rese più vero ed aderente alla vita quotidiana. Tra i musicisti ricordiamo Mascagni, Leoncavallo, Cilea, Giordano, oltre, naturalmente, a
Giacomo Puccini.
Francesco Cilea, nativo di Palmi. in provincia di
Reggio Calabria, fu Avviato agli studi musicali
presso il Conservatorio San Pietro a Majella di
Napoli, si distinse per diligenza e precoce ingegno,
meritando una medaglia d'oro dal Ministero della
Pubblica Istruzione e una nomina di "primo alunno
maestrino". Al termine degli studi nel 1889, Cilea
presentò l'opera Gina, che fu rappresentata con
successo nel teatrino del conservatorio. Questa
piccola opera, in cui l'ingenuità del libretto fa a gara
con quella della musica, fu apprezzata dall'editore
Sonzogno, che commissionò a Cilea La Tilda,
un'opera verista in tre brevi atti, sulla falsariga di
Cavalleria rusticana. Su libretto di Angelo
Zanardini, La Tilda debuttò con successo il 7 aprile
1892 al teatro Pagliano di Firenze. Rappresentata in
numerosi teatri italiani, approdò al teatro
dell’Esposizione di Vienna il 24 settembre dello
stesso anno, insieme alle altre opere di casa
Sonzogno. La sera del 27 novembre 1897 al Teatro
Lirico di Milano debuttò la terza opera di Cilea,
L'Arlesiana, dal dramma di Alphonse Daudet, su
libretto di Leopoldo Marenco. Nel cast spicca il
nome del giovanissimo Enrico Caruso, che eseguì
con gran successo Il lamento di Federico, la romanza
destinata a mantenere ancora oggi vivo il ricordo di
- 16 -
quest'opera. Il 6 novembre 1902, al Teatro
Lirico di Milano, il compositore
riscosse vivi applausi con Adriana Lecouvreur, un’ opera in
quattro atti su libretto di Arturo Colautti ambientata nel settecento francese e basata su
una pièce di Eugène Scribe.
Adriana Lecouvreur è oggi l'opera
di Cilea più nota al pubblico mondiale
e rappresenta il punto di incontro più felice tra la
spontaneità di un melodismo di scuola napoletana e
una scrittura armonica e timbrica aggiornata sui
recenti modelli francesi.
L'ultima opera di Cilea, rappresentata al Teatro alla
Scala di Milano la sera del 15 aprile 1907 sotto la
direzione di Arturo Toscanini, è la tragedia in tre atti
Gloria, ancora su libretto di Colautti, basata su una
pièce di Victorien Sardou. Quest'opera mostra il
notevole aggiornamento compositivo di Cilea rispetto i suoi contemporanei, ma fu proprio questo lato di
per sé interessante e notevole a rendere l'opera difficile per il pubblico. Nonostante il suo grande valore e
una buona serie di successi, nel complesso il risultato
totale poté definirsi un insuccesso. L'insuccesso di
quest'opera, in seguito sempre difesa dal compositore, e un boicottaggio teatrale dell'editore Ricordi
all'Adriana, non contrastato in modo efficace da Sonzogno, fu tale da spingerlo ad abbandonare definitivamente il teatro d'opera. Vi sono, però, notizie di
alcuni progetti operistici successivi, di cui sopravvivono parti o abbozzi di libretto, come Il ritorno
dell'amore di Renato Simoni, Malena di Ettore
Moschino e La Rosa di Pompei, ancora di Moschino,
del 1924. Cilea morì il 20 novembre 1950 a Varazze,
che gli offrì cittadinanza onoraria e dove trascorse gli
ultimi anni della sua vita.
Un libro inchiesta sulla tragedia di Ustica, un viatico intrigante, raccontato da uno dei
protagonisti: un eroico capitano della Aeronautica Militare,
che ancora aspetta giustizia.
Per prenotare:
3387052764 – 3771711064
e-mail: [email protected]
Antropos in the world
PER UN RITORNO IN SOCIETA’ DI PERSONE MIGLIORI
Di Vincenzo Andraous
La conferenza sul carcere è terminata da qualche
giorno, qualcosa mi rimanda a quanto abbiamo
ascoltato, detto e risposto. Qualcosa sta di traverso,
come se l’incontro svolto poggiasse le gambe su un
tavolo tarlato, su un interrogativo che scava.
Dialogare sul valore della pena, della legalità, della
giustizia, nasce da una esigenza profonda di sapere, di
conoscere, per contribuire al bene comune, oppure è il
risultato di una curiosità, dettata da una morbosa
disattenzione. per fare qualcosa di diverso, un rumore,
un ritmo, una specie di crociera da spendere per
passare in rassegna le isole del castigo, negli spazi
dove si è obbligati a pagare il proprio debito con la
società.
La sensazione è che il pubblico-contribuente non
conosca il carcere, erroneamente percepito come terra
di nessuno, mentre apprezza quello rappresentato dai
films o dai fumetti, delle storie inventate.
Sovraffollamento irraccontabile, carenza endemica di
personale, investimenti al lumicino, non fanno altro
che rendere teatrale la sofferenza che transita dentro le
celle di un penitenziario, la tragedia che incombe sui
troppi morti che escono con le gambe in avanti, una
cartellonistica suicidiaria che oramai travalica perfino
il più alto dei muri di cinta.
Non c’è più neppure sufficiente coerenza a denominare i detenuti per ciò che sono diventati: numeri in
quantità industriale, da trattare senza troppi rimorsi di
coscienza.
C’è chi interviene per sostenere la cultura come
badante di una “pena” ammalata, chi invoca il lavoro
come unico strumento di riordino, chi confida nell’importanza di incontri autorevoli per fornire
supporto a un vero e proprio ripensamento culturale.
Siamo in tanti a spendere parole, significati, contenuti,
a indicare le molte strade da percorrere, siamo in pochi
a individuare le possibili terze vie da intraprendere, in
ogni caso partendo dal rispetto di una doverosa esigenza di giustizia di chi è vittima, e scoprendo nuove
opportunità di riscatto e riparazione.
Bisogna osservarlo bene il carcere, se intendiamo
svolgere una analisi corretta che non ci faccia perdere
contatto con la sostanza delle cose, con gli strumenti
occorrenti per arginare il perseverare del suo meccanismo perverso.
Detenuti tossicodipendenti commettono reati per
farsi, per comprare, per vendere, non si tratta di un
vizio, è già malattia, forse potrebbe essere buona cosa
la presa in carico in comunità dai requisiti a registro,
dove spesso l’accoglienza è cura e salvezza di vita.
Detenuti extracomunitari, ultimi tra gli ultimi, troppi
e accatastati l’uno sull’altro, in attesa di un altro niente
che non sta a buona vita domani, forse occorre più
autorevolezza nel protocollare intese umanitarie che
risultino davvero condivise anche nei paesi di origine.
Detenuti autoctoni, microcriminalità, eccesso di reati
che fanno emergenza, creano urto, fastidio e rabbia, un
bacino-utenza da ripensare: dove collocare, adibire a
lavori socialmente utili, dentro una pena che risulti
finalmente un esercizio di responsabilità.
Sul carcere mille cose si tolgono dove già poco c’è, il
cosiddetto fiore all’occhiello non basta più a coprire
quanto è disperante lo spettacolo del disonore che non
si vuole fare vedere, nella più disumana indifferenza.
Amnistia no, ma i tribunali rimangono oppressi e impantanati da milioni di carte usurate dal tempo e finanche destinate alla prescrizione, camere di sicurezza
elette a domicilio, detenzioni domiciliari che poco
servono, c’è in atto uno svuotamento delle idee, al
punto che non c’è neppure un “giusto” a sottolineare la
condizione in cui sopravvive gran parte della comunità
ristretta: non c’è solamente delinquenza, ma una
quantità corposa di persone espansa su tutto il territorio, che potrebbero essere diagnosticate doppia diagnosi, patologie da disturbi della personalità borderline, un
disagio psichico per niente difficile da appurare, dove
la problematica principale non sta nell’uso e nell’abuso
di sostanze, nei reati, nella trasgressione che è già devianza, ma in un vero e proprio schianto mentale tra
start adrenalinico e latitanza emozionale dalle conseguenze imprevedibili.
Indipendentemente dalle varie e bizzarre “ortopedie
penitenziarie” intese a fare camminare correttamente
dentro percorsi socialmente condivisi ( cosa ci sarà mai
di socialmente condivisibile in un carcere che ancora
non c’è, e peggio, non si riappropria del suo ruolo e
della sua funzione ) occorre confermare quanto davvero fa sicurezza, salvaguardia della collettività, forse è
ora di ritornare a pensare a un carcere che “è” società,
perché ne fa parte e disegna legalità, possiede giustizia
sufficiente a creare momenti di riparazione.
Un carcere che ci dice chi entra nelle sue viscere, ma
soprattutto chi, non “cosa” esce: è urgente impegnarsi
per un carcere diverso, per auspicare il ritorno nella
società di persone migliori, questo è quello che si dice
un preciso “interesse collettivo”.
IL DISCOBOLO:
I PIU’ GRANDI SUCCESSI DI SEMPRE
http://www.ildiscobolo.net/
- 17 -
Andropos in the world
UNA DONNA NELLA LETTERATURA – A cura di Andropos
CIRCE
Figlia di Elios e della ninfa Perseide, sorella di
Eete (re della Colchide) e di Pasifae (moglie di Minosse), nonché zia di Medea, Circe vive nell'isola di
Eea.
Secondo un'altra tradizione è figlia del Giorno e
della Notte.
Altri ancora credono che il re Eete fosse suo
padre, Ecate sua madre e Medea sua sorella.
Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrìgoni,
risalendo la costa italiana, giunge all'isola di Eea.
L'isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo
equipaggio al comando di Euriloco. In una vallata gli
uomini scoprono che all'esterno di un palazzo, dal
quale risuona una voce melodiosa, vi sono animali
feroci. Tutti gli uomini, con l'eccezione di Euriloco,
entrano nel palazzo, e vengono bene accolti dalla
padrona, che altro non è che la maga Circe. Gli
uomini vengono invitati a partecipare ad un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono
trasformati in maiali, leoni, cani, a seconda del
proprio carattere e della propria natura. Subito dopo
Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.
Euriloco torna velocemente alla nave e racconta
ad Ulisse quanto accaduto; Ulisse decide di andare
dalla maga per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes,
messaggero degli dèi, che gli svela il segreto per rimanere immune agli incantesimi di Circe: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica chiamata μῶλυ, non subirà alcuna trasformazione ( canto X dell’Odissea).
Ulisse raggiunge la maga, la quale gli offre da bere come aveva fatto con i suoi compagni; ma Ulisse,
avendo avuto la precauzione di mescolare il moly
con la bevanda, non si trasforma in animale. Egli
minaccia di uccidere Circe la quale riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai compagni di
Ulisse e anche a tutti gli altri, tramutati in bestie
feroci.
Ulisse trascorre con lei un anno e da lei ha un
figlio, Telegono, e forse anche una figlia chiamata
Cassifone. Un'appendice della Teogonia di Esiodo
racconta che i loro figli sono due: Anzio e Latino,
che regnarono sui Tirreni.
Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi
compagni, che vogliono tornare a casa, e chiede a
Circe la strada migliore per il ritorno: la maga gli
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ὶ
consiglia di visitare gli inferi e di consultare la
ombra dell'indovino Tiresia; di poi, Ulisse riparte
con la sua nave, intenzionato a raggiungere Itaca e la
fedele Penelope sua sposa.
ODISSEA Proemio - « Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον,
ὃς μάλα πολλά πλάγχθη, ἐπεί Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν »« Narrami, o Musa, dell'uomo dall'agile mente, che tanto vagò, dopo che distrusse sacra la città di Troia. »
CIRCE
«…e io sguainai la spada affilata dalla coscia,
e su Circe saltai come per ucciderla. Lei gridò e
gettandosi ai piedi mi afferrò le ginocchia e
singhiozzando disse: “Chi sei e da dove vieni fra
gli uomini? Dove sono la tua città e i tuoi
genitori? Mi stupisco perché pur avendo bevuto il
veleno, non hai subito l’incantesimo. Nessuno,
nessun’altro uomo potè sopportare il veleno, una
volta che il liquido ha superato la barriera dei
denti. Ma forse nel petto hai una mente che rifiuta
gli incanti, oppure tu sei Odisseo, l’accorto che
doveva venire, come mi predicava sempre Ermes
verga d’oro, *** con l’agile nave nera.
Ma dai, riponi ora la spada nel fodero. E noi
saliamo sul mio letto, che uniti dal letto e dall’amore possiamo fidarci a vicenda. Così diceva,
ma io le risposi: “O Circe, come mi inviti a esserti
amico, tu che hai trasformato in porci i miei
compagni nel tuo palazzo, e avendo qui me, ora
mi tenti ad entrare nella stanza nuziale, a salire sul
tuo letto, per farmi poi, una volta nudo, vile e
impotente? Non salirò certo il tuo letto, o dea, se
non avrai il coraggio di fare il gran giuramento,
cioè che non recherai alcun altro danno a me.”
Così dissi, e lei giurò come stabilito,e quando
ebbe finito di recitare la formula del giuramento,
allora tutto per Circe, salii il bellissimo letto.
Ὁ δ᾿ ἠλίθιος ὥσπερ προβάτων βῆ βῆ λέγων βαδίζει.(1)
Ho d' ēlithios hōsper probatōn bē bē legōn badizei.
"Lo stupido si muove come
una pecora che fa be be."
1) Dal "Dionisalessandro" del commed.fo Cratino: Il frammento in
questione venne portato dagli etacisti come prova evidente che la
lettera eta (η) era pronunciata con timbro "e", dato che le pecore, ora
come allora, fanno "bee" e non "bii" o "vii".
Antropos in the world
L’EROS NEI SECOLI – A cura di Andropos
RINASCIMENTO E IL LIBERO AMORE
Non c'erano limiti di sorta per i re e le regine di
avere uno o più amanti. Ma ovviamente non erano
solo i sovrani, anche gli alti dignitari di corte, i ricchi
borghesi e così via. Le persone con cui si intrattenevano in rapporti sessuali erano chiamati compagni di
piacere. E' più o meno attorno al XVII-XVIII secolo
che si delinea la figura della "favorita", l'amante ufficiale del sovrano. La Pompadour era una di queste
donne, che godeva dei favori di principi e primi
ministri. Così come sappiamo che la Du Barry era
l'ultima favorita di Luigi XV: a lei si rivolgevano i
rappresentanti di altri paesi per ottenere qualcosa dal
debole sovrano francese.
Generalmente erano scelte tra le dame di corte, ma
avevano anche un'estrazione meno nobile. Erano
ballerine, cantanti e attrici, quest'ultima una professione nuova per le donne che, si sa, fin dall'antica
Grecia non comparivano mai in scena: nelle tragedie
elleniche la figura femminile veniva interpretata da
uomini. Tra i ballerini e i giullari si annoveravano
uomini castrati capaci di interpretare nelle opere di
canto le parti del soprano: nel 1562 un certo
Gerolamo Rossini faceva parte della Cappella
Pontificia come soprano nei cori della Chiesa. Nel
Settecento si inserisce il godimento nei giochi
d'amore. In una pagina delle "Liasions angereux" una
donna scrive al suo adoratore: "Ma crede proprio,
mio svenevole amante, di aver violentato tutte le
donne che ha posseduto?" C'é tra le donne il piacere
di venire corteggiate. Madame d'Epinay - la signora
che proteggeva Rousseau si incapricciò di un
cantante e prese con questi il suo primo
appuntamento per un convegno galante in una stanza
da letto. Spariscono via via le inibizioni. La fa da
protagonista un personaggio come Casanova, che
entra nella storia e nella leggenda con le sue
avventure. Come sia diventato l'emblema del don
Giovanni non si riesce a spiegare. Eppure í suoi
intrighi, le sue fughe da un paese all'altro, fughe
rocambolesche, i suoi inganni non sembra abbiano
suscitato tanto interesse, come invece le sue trame
amorose, le sue avventure con le belle e nobili dame
di questa o quella città. Forse il suo fascino era
proprio in quel suo vagabondaggio.
Nell'Ottocento con la lotta delle suffragette per
conquistare alla donna un suo ruolo, affrancato da
una condizione di inferiorità, subentrano altri tipi di
rapporti, meno convenzionali, ma sicuramente più
spregiudicati.
Si liberano da taluni pregiudizi, capita di incontrare riandando nella storia del XVIII e poi nel XIX
secolo figure di donne di estrazione modesta che
sanno affermarsi sovente anche in campo letterario:
e sono cameriere o sartine che conquistano il cuore
di gentiluomini.
Pamela é il titolo di un romanzo scritto in forma
di epistolario da una cameriera, un libro che Prevost
tradusse in francese e si propagò per tutta Europa.
Voltaire compose un dramma, Goldoni ne trasse
due impareggiabili commedie. Samuel Richardson
ne scrisse il seguito con "La storia di Clarissa
Harlow", ovvero la storia di una ragazza sedotta e
poi abbandonata. Esplode l'erotismo nel periodo
romantico. Diversi stati d'animo, fatti di amore e
sofferenza. E' il sex appeal dello spirito che si trova
dalla rivoluzione francese e dall'etá napoleonica in
poi. Sorgono numerosi salotti in cui la padrona di
casa é una donna che intrattiene i suoi ospiti, artisti,
uomini di teatro, generali e ufficiali.
E' l'epoca di Stendhal, che predilige gli amori
liberi e che consiglia i rapporti prematrimoniali.
Siamo ormai vicini ai giorni nostri, con la George
Sand che cambiava i propri amanti con disinvoltura,
passando da uno all'altro senza troppi scrupoli morali. I1 compagno le serviva semplicemente come
incentivo alla sua autosoddisfazione narcisistica:
nei suoi sogni, nei suoi desideri ricercava un uomo
sempre differente. E' il Romanticismo in cui poesia
e musica esercitano una grande attrazione sessuale.
I rapporti erotici vengono pienamente descritti dal
marchese de Sade nella sua opera, in cui sono presentati i giochi amorosi, che verranno denominati
dal suo nome sadici. I1 sesso non é più tabù, le
danzatrici ostentano le loro gambe nei saloni e nei
tabarin. Siamo al Novecento, ai tempi del Moulin
Rouge e del Can Can parigino.
BERTRAND RUSSEL
Gli uomini temono il pensiero più di qualsiasi cosa al
mondo, più della rovina, più della stessa morte. Il pensiero è rivoluzione, è terribile e non bada ai privilegi, a istituzioni stabilite ed alle abitudini confortevoli.
Il pensiero è senza legge, indipendente da qualsivoglia autorità ed incurante della saggezza della età.
IL pensiero può contemplare l’abisso e non averne
timore.
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Antropos in the world
CRITICA D’ARTE
VILMA BUDRIENE
QUANDO LA PASSIONE SI TRASFIGURA NELL’ARTE
Nata a Telsiai, in Lituania,Vilma Budriene1 è madre felice di Eva ed Elijus. Ha studiato presso lo
Istituto Delle Belle Arti di Telsiai2, dove
ha seguito l’indirizzo “Oggetti decorativi
in metallo ”, diplomandosi, nel 1982, come artista-gioielliere. Successivamente, si
è laureata come docente delle elementari, presso la
Università di K.Preikso di Siauliai.
Dal 1985 al 1993, ha insegnato presso la scuola
elementare di Viešvėnai; e dal 1993 al 2006, è stata
docente di storia dell’arte e dell’immagine presso la
scuola media di Telsiai, dove aveva anche l’incarico
di vice-preside .
Dal 1997 al 2010, ha insegnato arte ed immagine
anche nell’orfanotrofio di Telsiai, aggiungendo alle
sue qualifiche, nel 1998, quella di esperta di
didattica e metodologia.
Ho partecipato ai vari corsi di formazione per
insegnanti, con seminari all'estero; si è perfezionata
nella lingua inglese in Gran Bretagna ed ha
condiviso la sua esperienza educativa con i colleghi
in Svezia.
Parallelamente ha coltivato con passione e maestria la
pittura, cimentandosi con successo in tecniche diverse:
dall’acquerello alla pittura ad
olio e quella a tempera.1
La prima personale risale
al 1998, nella città natale di
Telsiai. Di poi, ha partecipato
attivamente a concorsi e collettive d’arte e, dal 1998,
è membro dell’Associazione d’Arte e Folclore.
Notizie sulla sua attività si possono trovare sia sul
catalogo "Who is Who” delle donne lituane del
2007, che sul giornale " Kalvotoji Žemaitija”.
Il tema preferito dei suoi lavori è la natura.
Profilo critico
L’ artista, perfettamente consapevole dell’intimo legame tra l’uomo e la natura, realizza le sue
opere, con la finalità di trasferire nel dipinto
quell’universo sentimentale che
la identifica e caratterizza, perpermettendole di sublimare sulla tela paesaggi, che sembrano
grondare di vita. In altre opere,
prevale una sorta d’attesa, che
si traduce, poi, in un velo sottile di struggente malinconia.
Altre volte, anche le figure
statiche sembrano fluire in un “ PANTA REI ”
storico-generazionale, che trasmette all’osservatore una intima e profonda sensazione di pace.
Concludendo, non occorre essere un cultore
d’arte pittorica per avvertire una sorta di beneficio
interiore, risultato evidente di un approccio pansofico all’arte figurativa, che pone le opere dell’artista in un contesto di « peinture siècle ».
Franco Pastore
UNO SPAZIO NELL'ALBA
Mi trovo in felici fiumi d'amore
a dondolare caldi respiri di silenzio.
Si posano in vena
veloci notti ed archi di dolcezza.
Dammi luce e polline vivo
in forma di brivido,
tu che sei uomo
e arcipelago in trasparenza
sul mio seno.
Nel curvare liscio di schiene e profumo,
il destino è già pioggia,
memoria d'azzurro maturo.
E il nostro volto
uno spazio nell'alba.
Michela Zanarella
___________________
1) Vilma Budriene filmato:
http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=6wRD9wRNwtM
2) capol. della Contea di Telšiai. A causa delle vicissitudini storiche, la città è conosciuta in altri modi: in tedesco: Telsche, Telschi; polacco: Telsze; in russo:
Тельшяй, Тельши, Тяльшяй. Durante l'occupazione sovietica, la città divenne
tristemente famosa per il massacro di Rainiai mentre, a seguito dell'occupazione
nazista, la numerosa comunità ebraica è stata completamente cancellata.
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Michela Zanarella è nata a Cittadella (Padova) nel 1980. Ha frequentato
l'istituto tecnico commerciale Giacinto Girardi di Cittadella conseguendo
il diploma di perito aziendale e corrispondenza in lingue estere nel 1999.
E' stata ospite alla trasmissione radiofonica di Rosanna Perozzo su Radio
cooperativa a Padova. Numerosi gli articoli su quotidiani quali il Mattino
di Padova, il Gazzettino di Padova, il Padova, la voce dei Berici. Ha
partecipato alla trasmissione televisiva "Poeti e Poesia" di Elio Pecora.
Antropos in the world
POLITICA E NAZIONE
DI TASSE SI MUORE
ovvero, il pensiero spicciolo del cittadino comune
A causa della crisi economica e delle troppe tasse,
dall’inizio del 2012,ci sono stati 30 suicidi, tra gli
imprenditori e non, che
non ce la facevano più a
subire le troppe tasse, la burocrazia e la recessione.
Questi poveretti hanno ripiegato sul suicidio, quale
gesto estremo di ribellione contro un sistema che
non riesce a cogliere la gravità della situazione, che
si è venuta a creare nel nostro Paese.
La responsabilità è tutta dei politici, che non sono
stati in grado, nel corso molti lustri, di adempiere in
modo giusto al proprio mandato, dimenticando che il
loro compito esclusivo era quello di curare gli interessi del popolo che li aveva eletti a tale scopo. Al
contrario, si erano adoperati solo ad arraffare tutto
quel che potevano, per procurarsi benefici e privilegi
di ogni genere, senza curarsi di reggere il timone
dello Stato con cura sapiente, saggia, attenta e responsabile.
Il capitano “governa ” in mare la propria nave,
superando scogli, tempeste e venti contrari, per condurla felicemente in porto. I nostri politici invece
hanno naufragato, perché non hanno saputo reggere
il timone dello Stato. Viene quasi spontaneo paragonarli a capitan Schettino che, per stoltezza ha
causato la morte di innocenti passeggeri.
Al punto in cui siamo, con il fisco che incide per
il 55 per cento sulle tasche dei poveri italiani, mentre i politici hanno quasi paura ad operare i tagli su
stipendi e privilegi che li riguardano, incapaci, tra
l’altro, di intervenire con decisione sulla spesa pubblica e varare una valida riforma sulle dinamiche del
lavoro, rischiamo proprio di finire male.
Non spettava a Giorgio Napolitano proporre e
favorire, nel mezzo di una grave emergenza economica e finanziaria, un governo Monti, ignorando volutamente il principio che la Presidenza della Repubblica, per Costituzione, non può avere responsabilità politiche, né tantomeno può scegliere un
capo di governo.
Dove sono i miglioramenti promessi? Alla fine
non restano che chiacchiere e queste, si sa, non dant
panem, come sosteneva il buon Marziale.
Il clima che si è creato nella nostra nazione è
insopportabile e non sembra questa la strada per
risalire la china. Ma siamo logici: dove si prendono i
soldi se i salari diminuiscono e l’economia regredi-
sce? Quante persone devono ancora morire?
Bene farebbe Monti a rileggere, capendone il significato, il trattato di economia di Maffeo Pantaleoni (1854 – 1924), che così recita: « …Qualunque
imbecille può inventare e imporre tasse. L’abilità
consiste nel ridurre le spese, dando nondimeno servizi efficienti, corrispondenti all’importo delle tasse
che vanno fissate in modo che non ostacolino la produzione e il commercio…».
A Monti, dunque, non ci resta che rammentare un
vecchio proverbio napoletano, che recita così:
« Chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco di
Napoli non ne impegna…». Ovvero, le promesse
vane ed improduttive degli asini non hanno più
alcuna presa su chi dopo aver sacrificato una vita al
lavoro e alla famiglia è stato ridotto alla fame ed al
suicidio.
Mario Bottiglieri
NON TUTTI SANNO CHE… quando una
società fa richiesta di rimborso del suo credito,
Equitalia contatta l'Agenzia delle Entrate, la quale
genericamente risponde che il contribuente è "soggetto a contestazione" ed invita, a sua volta Equitalia a non procedere al pagamento dei rimborsi. E
poiché Equitalia non subisce alcuna penale se non
corrisponde il rimborso, il gioco è fatto. Certo
Equitalia paga gli interessi dopo il sessantesimo
giorno, ma se uno non è obbligato a pagare il capitale, che credibilità ha il pagamento degli interessi? Con tale gioco, l'Agenzia delle Entrate può mostrare di aver conseguito enormi risultati nell'attività di accertamento dell’evasione, mentre Equitalia è tacitamente svincolata dal pagamento di una
enormità di danaro. Tutto ciò, senza che un qualunque giudice possa dire alcunché in merito!
I fascicoli dormienti, poi, nascondono spesso la
consapevolezza dell'Agenzia d’aver formulato contestazioni fittizie, al solo scopo di inibire i rimborsi
o, peggio ancora, di far apparire i suoi verificatori
come meritevoli di bonus, mostrando un risultato
gonfiato nella lotta all'evasione. E ciò, in alto loco,
lo sanno perfettamente. Molti nomi di dirigenti di
Equitalia e dell'Agenzia delle Entrate coincidono, a
cominciare dal dott. Attilio Befera; perciò è poco
credibile che il tutto succeda, di continuo, per caso
o per negligenza verso il Diritto.
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Antropos in the world
PIATTI TIPICI DEL MEDITERRANEO - A cura di Rosa Maria Pastore
( prima parte )
Ai primi freddi, sulle bancarelle dei mercati cominciano
ad apparire i carciofi destinati a ravvivare la tavola
invernale, piuttosto povera di ortaggi. Originario della
Sicilia, il carciofo è oggi coltivato in molti Paesi mediterranei ed è una delle più appezzate verdure invernali.
IL CARCIOFO E’ UN FIORE E NON UN FRUTTO
La pianta del carciofo (Cynara Scolymus) è un’erbacea
perenne, della specie Cynara Cardunculus. Ha un grosso
stelo dritto, alla cui sommità si trova un’infiorescenza che
costituisce la parte commestibile. Se il carciofo non
venisse raccolto precocemente ma fosse lasciato sul suo
stelo, le foglie (brattee) si aprirebbero e sboccerebbe un bel fiore azzurro. Il suo nome, così
strano, pare derivi dal vocabolario in uso
presso gli antichi greci ed arabi, che già ne
conoscevano le virtù terapeutiche e nutritive.
VALORE ALIMENTARE E DIETETICO
Il carciofo non ha certo un gran valore nutritivo ( 60
calorie per ogni 100 grammi di parte utile), però contiene
il 15% di zuccheri, in gran parte sotto forma di un amido
chiamato “inulina”, ben assimilabile e assai utile ai
diabetici. L’inulina infatti è formata da fruttosio, lo zucchero presente nella frutta, che viene rapidamente utilizzato dall’organismo senza elevare il tasso di zucchero nel
sangue. Il carciofo, inoltre, ha un buon contenuto di Sali
minerali (specie di manganese) e un discreto tasso di
vitamine. La sua digeribilità è facile, a patto che non si
mangino le parti coriacee, ricche di cellulosa. Le foglie di
carciofo sono ricche di tannino, una sostanza astringente
dalle proprietà toniche e benefiche sull’apparato intestinale: quando è presente in abbondanza il tannino annerisce la bocca e le mani e talvolta può “legare” i denti.
IL CARCIOFO E IL FEGATO
Il carciofo è stato decantato come rimedio sovrano per il
fegato. Effettivamente, anche se le diete a base di carciofi
non devono suscitare troppi entusiasmi, qualcosa di vero
c’è. Ricerche effettuate con serietà hanno infatti dimostrato la presenza di un principio attivo (cinarina), che esplica
una benefica influenza sul fegato e sulle vie biliari, favorendo la formazione della bile e regolarizzando l’intestino.
La cinarina però è contenuta in quantità minima nella
parte commestibile del carciofo, mentre è presente in buona quantità nel gambo e nelle foglie. Chi vuole quindi
sfruttare le benefiche proprietà del carciofo per il fegato,
deve preparare un infuso delle foglie e dello stelo (gr. 200
per litro), facendoli bollire lentamente in acqua per pochi
minuti, lasciando riposare e filtrando poi il tutto. Il decotto
di carciofo, che ha un sapore gradevole, può essere bevuto
a bicchieri, il mattino a digiuno e la sera prima di coricarsi. Il carciofo, facile da digerire sia cotto sia crudo, è
indicato a ogni età, salvo intolleranze individuali. Data
una sua lieve azione irritante sui reni però è bene limitarne
l’uso in caso di nefriti, reumatismi e calcolosi renale.
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COME SCEGLIERE I CARCIOFI
Un carciofo, per essere buono, deve essere compatto e
pesante; le sue foglie devono avere un colore verde
omogeneo ed essere ben chiuse: le foglie aperte a corolla, infatti, indicano che il carciofo è stato raccolto
troppo tardi. Un carciofo troppo vecchio contiene malta
più cellulosa di uno fresco e le sue foglie, anche le più
interne, sono legnose e indigeste. Se le foglie sono annerite all’estremità vuol dire che il carciofo è stato conservato troppo a lungo dopo la raccolta; esso acquista un
aspetto avvizzito e un sapore più pronunciato. Attenzione
ai punti neri o ai buchi alla base del carciofo: spesso sono
il punto d’ingresso d’un parassita, che può rovinare completamente l’interno dell’ortaggio. In questo caso è bene
gettare via il carciofo senza cercare di utilizzare le parti
sane. Sia cotto che crudo il carciofo deve essere sempre
consumato rapidamente, perché è di difficile conservazione: specialmente dopo la cottura esso va facilmente
incontro a decomposizione e acquista una tinta verdastra.
VARIETA’ DEI CARCIOFI
I carciofi si coltivano in molte regioni d’Italia, con caratteristiche esteriori un po’ diverse, mentre il sapore non
presenta, nelle diverse varietà, differenze molto marcate.
I carciofi migliori sono quelli romani, quelli toscani,
quelli veneti e quelli liguri. I più precoci sono i grossi
carciofi siciliani e quelli sardi, più piccoli e spinosi, in
seguito compaiono i toscani e i tipici carciofi romani, dal
gusto amarognolo, con foglie tozze e senza spine. Gli
ultimi sono quelli della riviera ligure, allungati e spinosi,
con foglie tenere e di sapore gradevole.
COME SI PREPARANO
Quale che sia la ricetta prescelta, i carciofi vanno sempre
preparati alla stessa maniera. Bisogna eliminare, prima di
tutto, le foglie dure esterne e spuntare le foglie che rimangono, in modo da eliminare le spine. Quando la stagione è più avanzata si forma all’interno del carciofo una
peluria che viene chiamata “fieno” e che bisogna togliere. Il gambo va tagliato, ma non troppo scartato, perché è
di sapore delicatissimo. Bisogna tuttavia togliere tutta la
parte esterna che è amara, lasciando la parte interna, di
colore verde molto chiaro, che va tagliata a bastoncini e
unita ai carciofi nel corso della preparazione.
I FONDI DI CARCIOFO
Per alcune preparazioni classiche (soprattutto della cucina francese) si utilizzano i fondi di carciofo, che sono la
parte più delicata del carciofo stesso e rappresentano la
base carnosa in cui sono inserite le foglie. Essi vengono
venduti in alcune città, come a Venezia, già preparati, in
tutti i negozi di verdura, mentre in altre città si trovano
solo in alcuni negozi specializzati. I fondi di carciofo si
prestano a preparazioni delicatissime e vengono spesso
utilizzati come contorno all’arrosto.
Antropos in the world
DALLA REDAZIONE DI BERGAMO
PROGETTO ARCHEOSTAGE 2012
Uno straordinario connubio tra monumentalità e
bellezza naturale caratterizza il Parco Archeologico
di Velia, nell’attuale Comune di Ascea Marina in
provincia di Salerno, dove dal 27 maggio al 3 giugno 2012 si svolgerà anche quest’anno il Progetto
Archeostage, giunto con successo alla 18^ edizione.
Organizzato dall’ex dirigente scolastico Bruno
Ippolito, in collaborazione con la Soprintendenza ai
Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, l’Archeostage offre da anni agli
studenti bergamaschi della scuola secondaria superiore un’esperienza unica nel panorama scolastico
nazionale: quella di scoprire l’archeologia lavorando
a stretto contatto con gli esperti del settore, in uno
dei Parchi archeologici più prestigiosi della Magna
Grecia, quello della greca Elea, divenuta Velia sotto
i Romani, dove sorse la più antica scuola medicofilosofica del mondo occidentale.
Fondata sulle coste del
Cilento intorno al 540535 a. C. da coloni greci provenienti da Focea,
in Asia Minore,la greca
Elea fu la patria dei filosofi Parmenide e Zenone, sede della più antica scuola filosofica e medica
del mondo occidentale e luogo di costruzione della
monumentale Porta Rosa, scoperta nel 1964 dall’archeologo Mario Napoli, che costituisce il primo
esempio di arco greco a tutto sesto di IV secolo a. C.
In questo straordinario sito archeologico, 80 studenti, selezionati in base al merito scolastico,provenienti dai Licei scientifici “Lussana” e “Mascheroni” di Bergamo, dal Liceo Artistico di Bergamo,
dall’Istituto Tecnico Commerciale e Turistico “Vittorio Emanuele II” e dall’Istituto Comprensivo di
Treviolo “Cesare Zonca” della città di Bergamo, con
i rispettivi docenti accompagnatori, potranno in
prima giornata effettuare la visita guidata dell’antica
Elea con l’archeologo Carmelo Rizzo. Un vero e
proprio museo a cielo aperto, che dall’autunno 2005
vanta
due prestigiose sedi espositive permanenti,
collocate sull’acropoli della città greca: la Cappella
Palatina dell’ XI secolo, che ospita la sezione greca
dei reperti dell’antica Elea, e l’ex Chiesa di S. Maria
di Porto Salvo, dove sono collocati i reperti della
sezione romana. Nei giorni successivi, sotto la guida
dell’ archeologo Rizzo e del restauratore Valter
Tuccino della Soprintendenza ai Beni Archeologici
delle province di Salerno, Avellino e Benevento, gli
studenti parteciperanno a tutte le specifiche fasi
di indagine che la moderna ricerca scientifica sul
campo impone: dal saggio
di scavo, effettuato nella
area prospiciente l’Insula
II nel quartiere meridionale della Città, al lavaggio
e restauro di materiale ceramico preziosissimo proveniente da Palinuro, fino alla pulitura e restauro
del pavimento a mosaico a tessere bicromate del
“frigidarium” delle terme romane di II sec. d.C.,
dove da anni lavorano con serietà e rigore professionale gli studenti del Liceo Artistico di Bergamo,
dotati di specifiche competenze teorico-pratiche,
sotto la guida del restauratore Tuccino.
“Per i ragazzi si tratta di un’esperienza fondamentale - ha dichiarato l’archeologo Carmelo Rizzo,
che già lo scorso anno ha seguito gli studenti bergamaschi nel lavoro di scavo nell’Insula II - poiché
aiuta a comprendere la specificità del lavoro dell’archeologo, che deve possedere competenze pluridisciplinari, lavorando in équipe con figure professionali diverse. L’esperienza diretta serve ad assumere la consapevolezza critica che uno scavo archeologico deve essere condotto secondo modalità
rigorosamente scientifiche, perché è sempre un intervento distruttivo”.
Nella settimana “Archeostage” si svolgeranno anche visite guidate ad Ercolano, al Museo e alla
area archeologica di Paestum e nel centro storico
di Salerno.
“ Si tratta di un’esperienza che resta per sempre
impressa nella memoria dei nostri studenti – dichiara l’ex Preside Ippolito, coordinatore del Progetto da 18 anni – finalizzata alla conoscenza diretta del nostro immenso patrimonio archeologico,
che merita rispetto, salvaguardia e valorizzazione.
Sono proprio le nuove generazioni a dover assumere
questa consapevolezza, perché solo conoscendo le
proprie radici è possibile interpretare il presente e
proiettarsi fiduciosamente verso il futuro”.
Maria Imparato
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Antropos in the world
I GRANDI PENSATORI: a cura si Andropos
FRIEDERICH NIETZSCHE: COSI’ PARLO’ ZARATHUSTRA
Così parlò Zarathustra è un’opera basilare del filosofo un “nuovo testo”. Un testo che fa suo sia il rigore del
tedesco Friederich Nietzsche, il cui pensiero costituì uno discorso filosofico, che la proliferazione semantica del
spartiacque nella cultura occidentale, dalla fine dell’Otto- testo poetico, nel senso che i grandi temi del pensiero di
cento, per poi inoltrarsi nel Novecento. I temi che egli Nietzsche sono “sciolti” in un tessuto poetico di grande
affrontò nella sua vasta produzione restano ancora oggi impatto, fatte di visioni che mostrano lo strato profondo
vivi e i quesiti da lui aperti in gran parte irrisolti.
del suo discorso filosofico. Questo significa però che il
Lo stesso autore considerò quest’opera incomprensi- linguaggio poetico non è semplicemente l’abito che
bile; solo Nietzsche, reduce dei suoi vissuti, delle sue Nietzsche sceglie per esporre i suo argomenti filosofici,
esperienze, possedeva la chiave necessaria alla sua più questi argomenti sono un tutt’uno con le visioni
profonda analisi. L’evolversi del libro non fu uniforme, le poetiche, sono per così dire la carne di questi temi.
quattro parti da cui è costituito risultano il frutto di una Esporre ad esempio il tema dell’eterno ritorno mediante
complessa evoluzione del suo essere (e, di riflesso, del suo una visione enigmatica non è per Nietzsche una scelta
pensare, come egli stesso avrebbe asserito). I temi affron- secondaria, ma una necessità che inerisce lo stesso
tati sono certamente numerosi; il principale, che accom- significato del tema, la visione è cioè un tutt’uno con il
pagna l’opera nel suo significato, è l’aspirazione al Su- senso dell’eterno ritorno.
peruomo, il superamento di sé, descritto da Nietzsche
Un’ermeneutica dell’opera di Nietzsche richiede
come il progredire dell’umanità verso una nuova forma al quindi questa premessa, in cui cioè forma e contenuto
di sopra della propria essenza. Il filosofo, inoltre, esorta vengano ascoltati come un unicum. Questo unicum mogli uomini a liberarsi dall’idea di un mondo oltre il stra il tramonto dell’Occidente e l’aurora di una nuova
mondo, sostenuta dal Cristianesimo nonché dalla meta- dimensione dell’uomo. Pars destruens e pars confisica. Il sostanziale distacco dell’autore dalle considera- struens sono qui intimamente “inanellati”, e si incarnano
zioni della sua epoca si manifesta con la concezione di in visioni straordinariamente significative.
volontà di potenza dell’uomo, la quale apre le porte a un
Lo Zarathustra non è certamente un personaggio che
rivoluzionario metodo di pensiero, in contrasto con il Nietzsche si è inventato. Zarathustra è colui che deve
nichilismo passivo di Schopenauer. Così, seguendo idee annunciare una nuova dimensione del mondo e quindi
che fa proferire a Zarathustra, analizza il complesso della dell’essere. Il titolo dell’opera è Così parlò Zarathustra.
società e afferma che non esistono certezze, confutando in Questo significa che il compito di Zarathustra è quello
questo modo l’entità dello stato e della religione. Dice, di parlare: «Zarathustra è un parlatore» che porta un
infine, di parlare "a dei compagni, non a un gregge", annuncio. Nella lingua tedesca la parola che indica il
rifiutando cioè di essere venerato in quanto dux, bensì in carattere orale dello Zarathustra è Fürsprecher, che
qualità di essere umano con la propria volontà, in questo significa sia portavoce che avvocato. Ed infatti nel
caso indipendente dal conformismo del sistema.
brano Il convalescente Zarathustra dice «Io, Zarathustra,
Così parlò Zarathustra rappresenta, per l’autore, l’avvocato della vita, l’avvocato del dolore, l’avvocato
l’elemento proprio della sua filosofia, in cui il pensiero si del circolo».
manifesta per mezzo di un profeta, che si rivela essere il
Chiarisce Heidegger: «Zarathustra parla a favore
messia di Nietzsche.
della vita, della sofferenza, del circolo, e questo egli
Il così parlò Zarathustra è certamente l’opera più proclama. Questi tre termini; “vita – sofferenza –
ricca e complessa che Nietzsche abbia mai scritto e che, circolo” sono connessi, sono la stessa cosa». Dire che
già per il suo stile, crea delle grandi difficoltà. Essa, infat- tutti e tre questi termini sono la stessa cosa vuol dire che
ti, si presenta sia come un grande poema sia come una si alimentano vicendevolmente. La vita per Nietzsche è
grande opera filosofica. Tanti filosofi hanno scritto su sinonimo di volontà, di potenza, ma ogni cosa che vive
quest’opera, sviluppando interpretazioni spesso assai soffre. Il mondo è un insieme di forze che si contradistanti tra loro, che non indicano l’incoerenza dell’opera stano, si urtano, tutte spinte dalla stessa tendenza,
di Nietzsche, ma l’enorme ricchezza che questo testo appunto la volontà di potenza.
porta con sé, una ricchezza che non si lascia imbrigliare in
un’unica tesi interpretativa, lasciando aperta la strada per ARECHI II, il principe che ebbe la sfortuna di trovarsi
sulla strada di Carlo Magno, al quale diede i suoi figli in
infinite altre interpretazioni.
ostaggio, per conservare la vita ed il principato di Salerno.
I temi che questo testo affronta sono le vie portanti
Autore del dramma: Franco Pastore
dell’intero pensiero di Nietzsche: la dottrina del superuo------------mo, la volontà di potenza e l’eterno ritorno.
Richiedi il Dvd ad € 5,00 più le spese di spedizione a:
Ma questi temi non sono affrontati da Nietzsche [email protected][email protected]
diante una sintassi filosofica, o con i consueti aforismi,
Tel. Redazione Salerno: 089.223738
come nelle opere precedenti, qui ci troviamo di fronte ad
- 24 -
Antropos in the world
DENTRO LA STORIA – A cura di Andropos
Dialogo tra un onorevole
ed un pastore cilentano
Nel clima dei festeggiamenti per l’Unità d’Italia, l’onorevole Bertolazzo si concede un’escursione, con amici e
colleghi, alle pendici del Cervati.
Ad un certo punto, incerti sulla direzione da prendere,
l’onorevole, che fa da capogruppo, chiede informazioni ad
un pastore che pascola in zona:
Onor.le: Scusi buon uomo, è la strada giusta per la chiesa
di San Pietro?
Pastore: Chi ddici?
Onor.le: Sono l’on.le Bartolazzo, vuol cortesemente dirmi
la direzione da prendere per la chiesa di San
Pietro?
Pastore: Vai sempe annànto, fino a chella preta jànca,
poi, gira a sinistra e buttate abbàscio …(al caprone) scillàaaa …ca sto parlànnu cu fràteto!
Onor.le: Grazie buon uomo … sono le persone come
lei che salveranno l’Italia!
Pastore: Amicu, so’ li cani che salvano li ppécure, no’
li crapuni!
Onor.le: Mi perdoni, ma non riesco a capirla!
Pastore: (girandosi indietro verso il gregge) Stai parlanno cu la pecura o a sòrata la crapa?
Onor.le: Lei, lei, cioè voi…
Pastore: E si nu’ capisci a mmé, che so’ unu sulu,
cumme vuo’ capì un’Italia intera?
Onor.le: Scusi, ma lei è un uomo troppo semplice per
capire il cumulo delle responsabilità …
Pastore: Ancora ca parli cu le capre? Mica mo stai ndà
lu Parlamèntu!
Onor.le: Siete un povero pastore, non potete capire!
Pastore: Si, so’ povero, ma oggi tutti i Taliani onesti
so’ poveri: pasturi, contadini, cummercianti,
padri di famiglia licinziati, ‘mprindituri e
pinsionati … aviti fattu ‘nu scumpigliu!... E
nu’ dicere ca nu’ pozzo capì, ca io le pecore,
le saccio purtà a lu pascolo, ma vui …aviti
purtatu lu popolo a la ruvina!
Onor.le: Io!?....
Pastore: Tu, Bastianazzo e tutti ll’ati cazzi ca sguvernano l’Italia … ca li ppecure, nu’ le sapiti pasculà! Anche se …
Onor.le: Anche se …?
Pastore: Pecure e crapuni mai so jùti d’accordo!
Onor.le: Tutto è dipeso dalle difficoltà del momento,
ma se ci aiutate, se pagate le tasse, se avete
un poco di pazienza,tutto tornerà a posto!
Pastore: E turneranno vivi tutti chilli ca si so’ accisi?
Onor.le: Per quelli, ci vorrebbe solo il Padreterno!
Ma noi, difensori dei valori …
Pastore: Mo mi vuo’ fa ‘ncazzà? Ma cchi dici? Di
quali valori possono parlà i mariuoli e gli
incapaci?
Onor.le: Non vi permettete … non vi consento!
Pastore: Nu mi pirmiétti e nu’ mi cunsienti?... Io cu
la roncula ti piglio e da li cani ti faccio
sbrana’! … Forse che li diébbiti li abbiamo
fatti noi? Forse che noi abbiamo amministrato, magnanno ca cchiù nu’se nné pote?
E ci siamo fatti le case… comprato le làvere a li figli scimuniti ?...
Onor.le: No, non volevo dire questo!...
Pastore: Ah no! … Mo m’ascolti fino ‘nfùnno …vui
siti tanta magnapane a tradimentu, troppi,
pe’ un’Italia accussì piccula! E arrubbati e
tiniti li vizzi: lu cuocu, lu barbiere, l’auto
blu, lu miereco franco, cu li mmerecine, la
pinziona grossa pe’ tutta la vita, la puttanazza, lu mmangiàri a quattro vozze, ma che
mangiate… lingue di pappavallo? … E nui?
Pascimmu li ppècure, faticammo cu’ surore
e avimma pure paga?… Paga sto tazzo, caro
onorevole Bartolazzo!
Onor.le: Forse è meglio che prosegua … avete detto,
se non sbaglio, giù a sinistra? …
Pastore: Destra o sinistra, sempe abbascio vai! …
Anche li ppecure, ogni tanto, si ribellano
a lu capruni…
Onor.le: Vado, vado, ma … non finisce qua!
Pastore: E chi ffai?... Mi fai sequesta’ li ppècure?
E doppu? … Cu lu tazzu che ti mangi la
ricotta e lu ffurmaggio!...
Onor.le: Da oggi, non mangerò più formaggio di
pecore, lo giuro!
Pastore: Cumpàaaa … di chistu passo, prièsto
mangiarrai sulu nzlàta di citruli, chilli ca
cultiva mugliereta, ‘nda lu campo de li
ccòrna de sòrata!
Onor.le: Andiamo, andiamo che ci perdiamo di
dignità a parlare con questo bifolco!
Pastore: Vattìnni, va … che la dignità ve l’avìti
iucàta da tantu!...
Onorevole!?…. prrrrrrrrrrrrr .
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Antropos in the world
IL PERSONAGGIO DEL MESE -
RAFFAELE VIVIANI (parte prima)
Raffaele Viviani nacque nel 1888 a Castellammare di
Stabia, il 9 gennaio, altri sostengono invece che egli fosse
nato il giorno 10 gennaio all’una e venti di notte.
Va precisato che il vero cognome del commediografo
era Viviano e, solo quando l’attore napoletano divenne
noto, il suo cognome d’origine fu mutato in Viviani.
Figlio Teresa Sansone, casalinga, e del cappellaio e
addobbatore di feste Raffaele Viviani; successivamente,
il padre divenne impresario e vestiarista teatrale dell’Arena Margherita di Castellammare di Stabia. In questo teatro
recitavano i “Pulcinelli”, ma quando venne alla luce
Papiluccio, così veniva chiamato il Nostro dai suoi cari,
il padre dovette far fronte ad un sequestro tributario che,
portò l’intera famiglia Viviani ad una profonda crisi economica. Fu così che nel 1893, il padre del nostro giovane
attore, raccogliendo il materiale di scena e i costumi che
gli erano rimasti, decise di ricominciare una nuova vita nel
capoluogo di Napoli. Qui Raffaele Viviani padre, costruì
il teatro Masaniello presso Porta Capuana, e fu proprietario di piccoli teatri popolari. Giorno dopo giorno il padre
trasmetteva al figlio Papiluccio la sua grande passione per
il teatro. Infatti il piccolo Viviani iniziò all’età di quattro
anni e mezzo a calcare le tavole dei palcoscenici popolari
di Napoli. Egli indossò un frac e cantò in uno spettacolo marionettistico, fu allora che egli mostrò le sue doti
grandiose.
Era appena un ragazzino quando gli morì il padre, e
alla morte di questi fu costretto a ricoprire il difficile ruolo
di “pater familias”. Doveva occuparsi della madre e della
sorella Luisella, anch’ella giovane attrice e grande cantante. I tre vissero nella più cupa disperazione e miseria;
Raffaele da buon scugnizzo, passava le sue intere giornate
per le strade e per i vicoli di una Napoli pericolosa e
criminale. Ma sapendo di avere un talento naturale, decise
di sfruttarlo appieno. Nonostante fosse una persona
analfabeta, che non sapeva né leggere e né scrivere, volle
studiare da autodidatta per migliorarsi, e seppe riscattarsi
socialmente e culturalmente dopo un lungo tirocinio da
artista poliedrico quale egli era. In breve tempo fu ammirato e apprezzato in tutti i teatri d’Italia, d’Europa e oltre
Oceano. Con la sua compagnia di teatro di prosa dialettale
(fondata nel 1917 e diretta personalmente da lui fino al
1945) di cui fece parte anche la sorella Luisella, recitò
ovunque, a Napoli, a Roma, a Milano (1906), Genova
(1907), Torino(1907), Alessandria (1907), Malta (1907),
Budapest (1911), Parigi (1915), Tripoli (1925), Argentina,
Uruguay e Brasile.
Il suo debutto di attore-autore e regista, avvenne il 27
dicembre del 1917, al Teatro Umberto di Napoli, quando
inscenò il dramma ‘O vico, “commedia in un atto in versi,
prosa e musica”. Il suo teatro era fatto di creature vive e
non di figure romanzesche-letterarie; sulla sua scena ci
sono ritratti umani tragico-comici della società napoleta-
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na. Il suo non era un popolo piccolo borghese di matrice scarpettiana, ma era
un popolo di scugnizzi, di spazzini.
di guappi, di prostitute, di ladri, di
miseri vagabondi, di venditori ambubulanti, di vicoli, di rioni e di quartieri
napoletani degradanti, dove si vive una
esistenza faticosa e penosa, di indigenza e
di emarginazione. «Non mi fisso sempre una trama, mi
fisso l’ambiente; scelgo i personaggi più comuni a questo ambiente e li faccio vivere come in questo ambiente
vivono, li faccio parlare come li ho sentiti parlare […]»1
Sulle tavole del suo palcoscenico diede vita dunque ai
sentimenti, alle ansie, alle passioni, alle gioie, ai problemi, alle lotte, alle ingiustizie e alle rivendicazioni di questa umile plebe napoletana. Il popolo vivianesco diventa
quindi metafora dell’intero universo. Don Rafele analizza attentamente la realtà sociale in cui vive, per poi
inscenare sul palcoscenico vari e diversi personaggi
popolari, o meglio quelli che noi, nei precedenti articoli,
abbiamo definito “personaggi teatrali fissi”. Il teatro
popolare di Viviani è costituito dunque da svariate
macchiette – alcune di esse sono state da noi menzionate
nell’articolo “Le macchiette di Raffaele Viviani”, in Il
teatro popolare. Pertanto le macchiette di Papiluccio
presentano una vena crudelmente neorealistica e una
comicità e un’ironia ricche di tragico sentimentalismo.
A questo punto sembra opportuno citare i diversi giudizi
espressi dagli intellettuali sul teatro vivaneo; Federico
Frascani considera la Napoli di Don Rafele “realisticamente viva”; Rodolfo Di Giammarco reputa “violento e sarcastico il realismo di Viviani”; Peppino De
Filippo afferma che il teatro di Papiluccio è un “teatro
verista-popolaresco-macchiettistico”2
I “vicoli bassi” di Napoli sono presenti nei suoi
drammi: 'O vico (1917), Borgo Sant’Antonio (1918),
Via Partenope, Piazza Municipio, Porta Capuana
(1918), ‘Nterr ‘a Mmaculatella (1918), Tuledo 'e notte
(1918), Festa di Piedigrotta (1919), ‘E piscature
(1925), Guappo ‘e cartone (1932), La tavola dei
poveri (1936) ed altri. Tuttavia la scena realisticapopolare di Viviani è fatta di umorismo, di versi, musica,
acrobaticità, canti e balli; essa è un insieme di numeri
che fanno parte di un genere teatrale minore, detto per
l’appunto Varietà. Quest’ultimo si diffuse verso fine Ottocento e primo Novecento.
1) R. Viviani, Dalla vita alle scene. Il romanzo della mia vita; Guida Editori,
Napoli, 1977 –
2) Peppino De Filippo, Una famiglia difficile –
R.VIVIANI: E’morta muglierema
http://www.youtube.com/watch?v=N-8xijG7rB8&feature=player_detailpage
R.VIVIANI: La morte di Carnevale
http://www.youtube.com/watch?v=T4_Hv7gA8j4&feature=player_detailpage#t=22s
Antropos in the world
IMMAGINI D’UN ALTRO TEMPO:
AL SANTUARIO S. ROSA DI VITERBO, MIRABILE KERMESSE
DI SCENA, L’ACCADEMIA “F.PETRARCA”
Lo scrittore F. Pastore, in sintesi, espone ai convenuti le finalità culturali che lo hanno guidato in
circa qurantacinque anni di attività letteraria,
nel campo della poesia, della prosa e del teatro.
F.Pastore legge agli astanti, una delle sue
ultime liriche: “SUL FAR DEL MATTINO”-
Da destra: lo scritt. F. Pastore, la dott.ssa Genovesi,
Presidente dell’Accademia, l’artista G.Mustang,
l’amico Carlo D’Acunzo. Alle spalle:
il fantasista e presentatore Angelo Blasetti.
Come da precedente comunicato stampa, il giorno
26 maggio, alle ore 17, nella Sala del Pellegrino,
presso il Santuario Santa Rosa di Viterbo, è stata
attribuita allo scrittore e commediografo salernitano
Franco Pastore la “Grande Targa Città di Viterbo Onorevole Giulio Marini Sindaco della città”, quale
conferimento alla carriera.
Promotrice ed esecutrice della prestigiosa attribuzione è stata la nota ACCADEMIA FRANCESCO
PETRARCA, da sempre eccezionale sostenitrice di
valori e mecenate d’arte.
ln un contesto di ampio respiro culturale, sia
per il luogo, dove ha reso la sua anima S. Rosa, sia
per la ricca esposizione delle belle opere del bravo
Giovanni Minio, la cerimonia di premiazione ha
avuto il suo inizio.
Si è trattato di un delizioso ed avvincente PANTA
REI, che ha offerto ai convenuti uno spettacolo di
alta cultura, attraverso l’intelligente conduzione
dell’ottima Pasqualina Genovesi, la versatilità del
brillante Blasetti e la professionalità del noto musicista Georg Mustang.
Numerosi gli altri premiati, provenienti da ogni
parte della penisola, dei quali il bravo Blasetti ha dato
sapiente lettura di brani e brevi poesie.
Gradidissimo l’omaggio a Napoli ed alla Campania, con la drammatizzazione de LA LIVELLA
del principe De Curtis, in arte Totò, e la simpatica
esecuzione alla chitarra di classici dell’ottocento
napoletano.
Poco dopo le venti, la manifestazione si è conclusa con il commosso saluto della dott.sa Genovesi,
la quale, nel ricordare gli altri appuntamenti culturali
dell’Accademia, sia in loco, che al Campidoglio, ha
sottolineato che il sodalizio accademico non persegue
finalità di lucro e che prosegue, nelle sue molteplici
attività, con forze ed energie proprie.
Di lì a poco, prendemmo la via per Salerno, ma
non potei non esternare all’amico D’Acunzo, la
strana sensazione di aver lasciato, in Viterbo,
l’abbraccio di un’affettuosa famiglia.
Franco Pastore
- 27 -
Antropos in the world
DE COGNOMINE DISPUTĀMUS a cura di Gaetano Rispoli
“ Il soprannome è l’orma di una identità forte, che si è
imposta per una consuetudine emersa d’improvviso, il riconoscimento di una nobiltà popolare, conquistata in virtù di un
ruolo circoscritto alla persona, quasi una spinta naturale a
proseguire nella ricerca travagliata di un altro sé. Il sistema
antroponimico era dunque binominale, formato da un nome
seguito o da un’indicazione di luogo (per es.: Jacopone da
Todi), o da un patronimico (Jacopo di Ugolino) o da un
matronimico (Domenico di Benedetta) o da un attributo
relativo al mestiere (Andrea Pastore), et cetera. Il patrimonio
dei cognomi era pertanto così scarso, che diventava necessario ricorrere ai soprannomi, la cui origine non ha tempi e
leggi tali, da permettere la conoscenza di come si siano formati, e la maggior parte di essi resta inspiegabile a studiosi e
ricercatori.
Spesso, la nascita di un soprannome rimanda ad accostamenti di immagini paradossali ed arbitrari. Inutilmente ci
si sforzerebbe di capire il significato e l’origine di soprannomi come "centrellaro" o come "strifizzo" o "trusiano", lavorando solo a livello di ricerca storica e filologica. E così,
moltissimi soprannomi restano inspiegabili, incomprensibili,
perché si è perso ormai il contesto storico, sociale e culturale
o, addirittura, il ricordo dell’occasione in cui il soprannome è
nato. Verso il XVIII° secolo, il bisogno di far un po’ d'ordine e
la necessità di identificare popolazioni diventate ormai troppo
popolose porta all'imposizione per legge dell'obbligo del
cognome.
Questo mese, ci occuperemo dei cognomi: Bertolo-
Bortolo – Bertolini – Bertoletti – Bertolazzi
Bertola e Bertolotti sono tipici della zona centro
occidentale dell'Italia settentrionale, Bertolaia, rarissimo, è
tipico milanese, Bertolan, quasi unico, sembrerebbe veneto, Bertolani è tipico del modenese e delle vicine province
di Mantova, Reggio Emilia e Lucca, Bertolazzi ha un ceppo nel milanese, uno tra veronese e bresciano ed uno nel
parmense, Bertoletti, tipicamente lombardo è specifico della zona che comprende bresciano, bergamasco, milanese e
cremasco, Bertoli, Bertolini e Bortolotti sono diffusi in
tutto il nord, Bertolin è tipicamente veneto, particolarmente
diffuso nel padovano e nel veneziano, Bertolino è tipicamente piemontese, Bertolo ha un ceppo nel torinese ed uno
nel Veneto, Bertolone ha un ceppo piemontese, in particolare tra vercellese, biellese e torinese, un ceppo genovese
ed uno siciliano, soprattutto nel nisseno e nel catanese,
Bertoloni è invece tipico del bresciano, di Mazzano, Brescia e Travagliato, Bertolotto è decisamente piemontese e
ligure, del torinese, cuneese, savonese, genovese e spezzino
in particolare, Bortoli ha un ceppo vicentino ed uno modenese, Bortolazzi ha un ceppo veronese ed uno emiliano,
Bortolini ha un ceppo nel basso trentino, uno veneto, in
particolare nel trevigiano, ed uno tra modenese e bolognese, Bortolino è quasi unico, Bortolo, assolutamente
rarissimo, parrebbe del milanese, Bortolot è specifico di
Vittorio Veneto nel trevisano e di Zoppè di Cadore e Lentiai nel bellunese, Bortoloto, praticamente unico, è probabilmente dovuto ad un'errata trascrizione di Bortolotto
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che ha un nucleo veneto in particolare a Resana,
Castelfranco Veneto, Conegliano, Vittorio Veneto e
Treviso nel trevisano, a Padova, Maserà di Padova,
Albignasego ed Abano Terme nel padovano, a Vicenza
ed a Venezia, derivano tutti, direttamente o tramite
modificazioni ipocoristiche o accrescitive, dal nome
medioevale Bartolus, Bertolus o Bortolus (Bartolomeo) di cui abbiamo un esempio in questi atti
medioevali: "...Postquam super venit Bartolus predictus filius dicti Sanctis...", "...Bertolus filius quondam
Petri de Ceronibus, Zeninus dictus Cuchetus de
Buscho,..." ed a Trento nel 1649 leggiamo: "...Spectabiles domini notarii Bortolus Nicolini de Prasio et
Felix Honoratus de Bono ambo Iudicariarum...", o da
variazioni come questa in una Cartula Donationis
dell'anno 1165 a Pavia: "Anno ab incarnatione domini
nostri Iesu Christi millesimo centesimo sexagesimo
quinto, quarto die mensis septembris, indictione tercia
decima. Tibi Ottoni de Bibiano, filio quondam Rufini,
nos Bertolottus, filius quondam item Rufini de Gumberto, et Sigebaldus, pater et filius, qui dicimus...".
PERSONAGGI:
Lodovico Bertolazzi, conte di Trento (1700).
Andrea Bertola fu Santino di Bianzone, Decano della
magnifica comunità di Bianzone per l'anno 1796.
Carlo Bertolazzi, scrittore, commediografo e giornalista italiano. Autore verista, venne considerato nel
secondo dopoguerra uno dei più apprezzati autori
d'ispirazione nazional-popolare.
Enrico Bertolino (Milano, 4 luglio 1960) è un comico,
conduttore televisivo e cabarettista italiano.
Marco Bertolotto (Quiliano, 8 sett. 1959) medico e
politico italiano, ex Presid. della Provincia di Savona.
Mare
La brezza ha una speranza
lungo l’orizzonte:
una nenia che alberga tra il cielo
ed uno spazio che scivola.
Una vela, tre vele, venti vele,
le tante vele che intagliano
arcobaleni incandescenti.
L’aria ti accarezza
come un mutamento
nel capriccio celeste,
corrode il sorriso
che vorresti affondare
nel flessuoso millennio,
sino a divenire l’incavo dell’iride
e rischia di fluttuare tra le immagini
di un umido segnale.
A. Spagnuolo
Antropos in the world
DENTRO LA CITTA’ DI SALERNO
COME E’ DIFFICILE ESSERE UOMINI!
di S. Gargano
L’aspetto più deleterio di questa crisi economica è il processo di disumanizzazione, attualmente in
atto nella società italiana e, quinti, a Salerno. Una sorta di vento maligno ha incattivito un po’ tutti, tanto
che trincerati dietro il nostro bisogno, abbiamo dimenticato di essere persone, tra altre persone, con i loro
stessi problemi, con le loro incertezze ed anche di più.
Aprirsi agli altri, vuol dire interpretare quel senso di cristianità, che, oltre a costituire il principio degli
gli insegnamenti del Vangelo, costituisce la matrice, o meglio ancora il DNA della nostra storia e della
nostra civiltà. Eppure, a parte lo Stato, con le sue famigerate agenzie di riscossione, nessun altro attenta al
nostro piatto di minestra; ergo lasciamoci andare verso una visione più serena della vita e dei rapporti
umani, senza avvelenarli con sentimenti ideosincratici, o di esterofobia: affratellarsi significa crescere in
un più vasto universo conoscitivo.
L’amicizia non è una parola astratta, né un aforisma che, metaforicamente, induce ad un isolomento
malevolo e dannoso, anzi, Aristotele, nell’ Etica Nicomachea1, dice, con tono incisivo e brevità espressiva, che ” nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, neppure se avesse tutti gli altri beni messi insieme”.
Ed allora? Ridiventiamo persone e non esitiamo a spendere una buona parola, magari anche correndo il
rischio di rimetterci, al bar, qualche buon caffè.
______________________
1) Aristotile, Etica Nicomachea, libro VIII
SALERNO IN THE WORLD
PREMIO INTERNAZIONALE DI POESIA
La Rivista ANTROPOS IN THE WORLD, di lettere miazione. Il giorno e la sede della premiazione saarti e scienze, bandisce il premio internazionale di ranno comunicati sulla rivista entro il 30 maggio.
Poesia, riservato a poeti italiani e stranieri,
I premi consisteranno in: coppe e medaglie, oggetti
ed opere d’arte, libri e pubblicazioni, l’abbona“Salerno in the world”
mento
gratuito al giornale per un anno e la pubSi può partecipare con una lirica edita o inedita,
blicazione
sulla rivista dei lavori premiati.
mai premiata in altri concorsi. I componimenti doPer informazioni: [email protected]
vranno essere redatti in cinque copie e rigorosaN.d.D.
mente in lingua italiana, mentre le generalità dell’autore accompagneranno gli elaborati, inseriti in
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
busta chiusa ed inviati al seguente indirizzo:
CONVEGNO ‘L’ITALIA E LE MAFIE’
Al Direttore responsabile di Andropos in the
world, prof. Franco Pastore, via Posidonia, 171/h
SALERNO, - Il 30 maggio, il Magnifico Rettore,
dell’Ateneo salernitano, Prof. Raimondo Pasquino, in
84128 Salerno – Italy.
occasione del convegno sul tema “L’Italia e le mafie”
Per le spese di segreteria è richiesto l’invio di €
inaugurerà il “Giardino della legalità Falcone e
10,00 da spillare alla domanda di partecipazione,
Borsellino”' dedicato alle vittime campane di tutte le
redatta nei modi previsti dalla consuetudine: nome,
mafie.
cognome, indirizzo, numero di telefono, titolo del
“La legalità non è solamente un principio, è il
lavoro e la dicitura “ chiede di partecipare al precemento su cui si regge una comunità democratica”,
mio”. Le medesime modalità valgono anche per i
sottolinea il rettore Pasquino che aggiunge:
partecipanti stranieri.
“Ricordando le vittime delle mafie rinnoviamo
Il termine ultimo di presentazione degli elaborati
quell’impegno che ogni giorno, non solo come
è fissato per il trenta MAGGIO 2012.
istituzioni, ma come cittadini, ciascuno di noi è
La giuria, composta da noti esponenti del mondo
chiamato a svolgere”.
della cultura, sarà resa nota al momento della pre-
- 29 -
Antropos in the world
LEVIORA
La barzelletta illustrata da Paolo Liguori -
Cose dell’altro mondo –
Due colleghi in ufficio: - Come è finita la tua lite con la moglie? - E' venuta da me strisciando -.
- E cosa ha detto?- - Esci da sotto il letto! -
Sui simpatici ed ottimi carabinieri –
Un tenente dei carabinieri si avvicina ad una prostituta.
- Senta, quanto vuole per la mia compagnia?- - Trenta euro -.
- Comapagniaaaa, avanti! -
Son cose da pazzi –
Un elefante incontra un uomo nudo e gli chiede: - Ma come riesci a respirare con una proboscide così
piccola? -
Ė vecchia, ma sempre efficace –
- Perché i nani ridono mentre giocano a calcio?- Perché l’erba gli solletica i coglioni! -
La più stupida del mese –
Un turista cinese in vacanza sulla riviera romagnola chiede informazione:
- Scusi signole, qui Emilia Lomagna? - No, ma più avanti Luisa lo succhia!? –
Freddure –
 Come sai che un politico dice le bugie?- - Gli si muovono le labbra… Perché le donne hanno il cervello?- - Perché con la passera sarebbero troppo potenti -.
 -Marito chiede a moglie: - Vuoi che passiamo un bel week-end?- - Ma certo! - - Allora ci vediamo
lunedì!
 Papà! Papà! Incendio! La casa sta andando a fuoco!
- E dai allora usciamo velocemente ma non urlare che svegli la mamma!
 - Come si accoppiano i ricci? - Attentamente, molto, molto attentamente.
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Antropos in the world
L’ANGOLO DELLA SATIRA
LA BALLATA DEI PECORONI
Er governo tra gli scanni
spende, spande e fa malanni:
svende, tassa e martorizza,
ma ‘sto gregge non si stizza.
Trovi sordi sgraffignati,
case e lussi da nababbi,
puttanazze arruffianate
agi e titoli comprati.
Menano forte ‘sti leoni
a poveracci e pecoroni;
non c’è gusto più a campa’
è la sola novità.
Trovi regole gregarie,
oltre norma, o fuori legge,
tutto fatto alla sordina,
con politica mappina.
Hai voglia de suona’
quella solita canzone,
che ben pria dell’unità
apprendemmo dal Borbone.
Governanti da strapazzo,
non siam noi i truffatori,
non rompete il catenazzo,
siete voi i debitori!
Sono tutti pulitini
ed ognuno ne fa vanto,
ma se scavi e vai a fondo,
trovi cacca e puzza canta.
Ed ancora ci si ammazza,
o fratelli tanto gonzi?
e pigliamoli con la mazza
o a calcioni, questi sfronzi
ANDROPOS
L’ANGOLO DELLA PUBBLICITÀ
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IL BASILISCO
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Giornale del 01/06/2012