Quadrimestrale - Anno VI - n° 20 - dicembre 2011 Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane Spa sped. abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB/PO”
Rivista di informazione medica n. 20 dicembre 2011
La voce dell’ordine di Pistoia
Ordine Provinciale
dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri
della Provincia di Pistoia
A Cristina
Chiediamo una pausa di silenzio affinché, nella fretta
delle nostre quotidianità, si trovi lo spazio per una riflessione. Alcuni giorni fa una giovane donna, una collega,
un’amica, ci ha lasciati. Lo ha fatto dopo un periodo di
sofferenza, dignitosamente, con dolcezza, pronta ad un
passaggio che nulla aveva a che fare con quanto ogni
giorno riempiva il suo tempo: accompagnare altre donne
verso il miracolo della vita e condividere quella scoperta,
quell’attimo unico e universale, con loro. Ricordiamo il
suo sorriso, la sua voce, la sua dedizione professionale
e la disponibilità senza limiti e tutti noi sentiamo che lo
sconforto che in questo momento ci affanna si sublima
infine in gratitudine per averla conosciuta, stimata, profondamente apprezzata.
Leonardo da Vinci, Annunciazione, 1472-75. Firenze, Galleria degli Uffizi
I colleghi
Sommario
3
•
editoriale
Relazione assemblea del 24 novembre 2011
5
•
L’OPINIONE
La lingua e l’accoglienza
6
•
AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO
Idronefrosi neonatali: un problema dilatato?
8
•
LETTERE
Due lettere da “Toscana Medica”
11 LIVELLO MINIMO 14
• I corpuscoli del Pacini
15 LETTERE
• La nuova organizzazione delle cure primarie
15 RECENSIONI
• Mamma che denti!
17 med-news dalla letteratura internazionale
• Le nuove tecnologie: medicina di ieri, medicina di oggi
22 AGGIORNAMENTO SCIENTIFICO
• Una nuova emergenza sanitaria: l’aumento delle malattie
infettive sessualmente trasmesse (M.S.T.) tra i giovani
24 MEDICINA DI TUTTI, MEDICINA PER TUTTI
• Associazione Nazionale Dentisti Italiani - Sezione Pistoia
24 comunicazioni dell’ordine
27 PASSATO E PRESENTE
• Le torri di Castruccio Castracani
Serravalle Pistoiese, Le torri di Castruccio Castracani
In ultima pagina: Filippo Lippi, La Madonna della foresta, 1460. Berlino,
Staatliche Museum, Gemäldegalerie.
La voce dell’ordine di Pistoia
Bollettino ufficiale quadrimestrale dell’Ordine dei Medici Chirurghi
e Odontoiatri di Pistoia; anno VI n. 20 – dicembre 2011
Dir. resp. Dott. Gianluca Taliani – Comitato di redazione: Egisto Bagnoni,
Pierluigi Benedetti, Gianna Mannori, Ione Niccolai
Reg. Trib. Pistoia n. 8 del 9/07/04 – Grafica e impaginazione: Pretesto,
Pistoia – Stampa: Tipografica Pistoiese
EDITORIALE
Egisto Bagnoni
Presidente dell’Ordine di Pistoia
RELAZIONE ASSEMBLEA
DEL 24 NOVEMBRE 2011
È in atto un importante cambiamento nella sanità
italiana ed in particolare in Toscana. Questi cambiamenti sono di tipo organizzativo ma anche strutturale; per quello che riguarda gli ospedali cambiano
anche la formazione Universitaria e quella continua
post laurea e soprattutto la formazione specialistica.
A breve entreranno in funzione i nuovi Ospedali
organizzati per intensità di cure con notevole diminuzione dei posti letto e con inevitabile pesante ricaduta sul territorio. È necessaria ed urgente una riorganizzazione dei servizi territoriali per fare fronte
alle esigenze dei malati cronici e fragili, bisognosi di
assistenza e di interventi riabilitativi. La nuova organizzazione ha bisogno anche di professionisti della
sanità preparati e formati per questo nuovo sistema.
Il cambiamento è in atto perché il numero dei posti
letto è già diminuito nelle strutture esistenti, poco
adatte alla nuova organizzazione. In questa nuova
situazione è evidente la carenza di professionisti sanitari e le previsioni non sono rosee specialmente per
i medici che, secondo previsioni attendibili, si ridurranno di 70 mila unità dal 2018 al 2025. Tutto questo
era già noto da molto tempo ma non poteva essere
detto perché chi doveva programmare non era ancora
pronto neppure ad aprirsi al dialogo. È vero che il
nuovo assetto prevede una diminuzione di medici in
favore di altre professioni sanitarie, ma è anche sotto
gli occhi di tutti che mancano specialisti di quasi tutte le branche chirurgiche e mancano infermieri specializzati secondo le esigenze del sistema sanitario
regionale e nazionale.
Lo scorso 25 luglio, in un Convegno organizzato
presso l’Ordine dei Medici di Firenze, si è aperto
un confronto fra gli addetti ai lavori, gli Ordini, i
sindacati, le società scientifiche e la parte pubblica,
alla presenza dell’Assessore alla Sanità della Regione
Toscana e del dott. Leonardi dirigente del Ministero
della Sanità. Da questo qualificato incontro è finalmente emerso che la carenza di medici è reale, che la
preparazione universitaria, pur ottima sotto il profilo
scientifico, non è adeguata alle esigenze del sistema
sanitario e che le specializzazioni mediche ed infermieristiche debbono essere riviste nei programmi per
essere adeguate ai nuovi bisogni. Purtroppo è anche
editoriale
emerso che siamo drammaticamente in ritardo; comunque è stato concordato un calendario di incontri
per poter giungere in tempi brevi a stilare un programma per fare il possibile.
Gli Ordini chiedono ai professionisti della sanità di
superare tutte le diffidenze ed i contrasti di confine
per raggiungere la completa integrazione inter-professionale senza riserve. La “governance” della sanità
si raggiunge solo se tutti i professionisti lavoreranno
con un comune obiettivo senza divisioni fra ospedale
e territorio, trattandosi di entità interdipendenti.
La sostenibilità economica dell’intero sistema sanitario è messa in discussione dalla crisi economica e
pertanto è necessario che tutti i professionisti agiscano con le migliori pratiche di appropriatezza per ottimizzare i risultati.
È importante la formazione di tutto il personale.
La F.N.O.M.C.E.O a livello Nazionale si è proposta
come Provider per tutti gli Ordini Italiani in una sorta di paternariato affinché vi sia la possibilità, per
tutte le province, di fare eventi formativi con crediti; e questo varrà anche per i liberi professionisti con
corsi residenziali e FAD. Anche il nostro Ordine sarà
in grado di accreditare eventi, sia con la rete della
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F.N.O.M.C.E.O sia con la ASL n.3. Da questo anno
anche i medici liberi professionisti potranno incorrere in sanzioni che, per legge, in caso di inosservanza, dovranno essere comminate dagli Ordini. In ogni
caso tutti i professionisti avranno le opportunità per
conseguire i crediti necessari attraverso un sistema di
videoconferenze organizzate dall’I.T.T., e attraverso
corsi FAD e residenziali.
I giovani iscritti dovranno affrontare tante criticità
ma avranno anche tante opportunità da sfruttare se
vi sarà il necessario entusiasmo. È proprio l’entusiasmo che vorrei vedere nei giovani con la loro partecipazione negli Ordini per affermare il loro ruolo per il
futuro. La qualità della professione del domani si gioca adesso, affrontando i tanti problemi che vi sono.
Vorrei ricordare che insieme ai problemi vi sono anche opportunità da sfruttare per riqualificare la professione, non solo sotto il profilo tecnico e scientifico,
ma soprattutto umano e relazionale.
Questo ci chiedono i cittadini, oltre alla competenza
professionale che non è messa in dubbio. Attenzione
particolare meritano i problemi legati alla responsabilità professionale ed alla Previdenza, che vorrei affrontare in riunioni dedicate.
Giotto, Adorazione dei Magi, 1303-1305. Padova, Cappella degli Scrovegni
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L’OPINIONE
La lingua e l’accoglienza
Ione Niccolai
“Consolando usava l’idioma che pria li padri e le madri trastulla”
(Dante, Paradiso, XV canto)
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anni? Sia questo il sigillo di tutte le ammirate invenzioni umane e la chiusa dei nostri ragionamenti di
questi giorni”.
A questo punto del discorso preferisco lasciare ai
lettori, per non essere provocatoria, il giudizio e il
commento sui cartelli che sono comparsi da qualche
tempo nel nostro ospedale sui vari “ setting e week
Surgery” ecc..., forse eleganti, ma certamente non
sempre immediati.
All’Ospedale di Prato ad esempio, oltre al cinese, è
stato ammesso anche l’italiano…
Bicci di Lorenzo, Natività. Colonia, Wallraf-Richartz Museum
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
Tutti quanti conosciamo molto bene lo “smarrimento” che i pazienti, di qualsiasi età e livello culturale,
provano durante una degenza ospedaliera, magari
imprevista e comunque con un iter sempre o quasi
sconosciuto.
Tutti i degenti si trovano spaesati, in possesso d’informazioni spesso demandate ad altri, in presenza di
linguaggi quasi sempre troppo tecnici, quindi incomprensibili, che con grande facilità vengono fraintesi
e che spesso nascondono situazioni cliniche meno
gravi di quanto può apparire ad un orecchio ignaro,
e che portano al paziente una grande apprensione.
Questo accade sempre anche in organizzazioni sanitarie orientate ed efficaci e che tendano a ottenere il
miglior risultato possibile.
Per questi motivi sarebbe auspicabile il massimo
sforzo per avvicinare i pazienti con linguaggi familiari, il più possibile semplici, insomma linguaggi vicini a loro.
Il linguaggio è certamente lo strumento più importante, anche se non l’unico, per comunicare qualsiasi cosa e certamente il più naturale e il più semplice.
La lingua, infatti, passa da una generazione all’altra, accompagna gli uomini nel corso dei secoli e dei
millenni, li segue nei loro spostamenti geografici, si
adatta continuamente ai bisogni dei pensieri e delle
comunicazioni.
Come diceva un grande linguista, Stephen Ulmann,
non può essere considerata uno strumento passivo,
ma una forza attiva che forma e modella le nostre
idee, i nostri sentimenti le nostre operazioni mentali.
Galileo nel “dialogo dei Massimi Sistemi del mondo” considera la lingua la più grande e meravigliosa
delle invenzioni umane e dice... “ma sopra tutte le
invenzioni stupende, quale eminenza di mente fu
quella di colui che si immaginò di trovar modo di
comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona benché distante con lunghissimo
intervallo di luogo e di tempo? Parlare con quelli che
sono nelle Indie, parlare con quelli che non sono
ancora nati, né saranno di qua e ad mille e diecimila
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aggiornamento scientifico
Idronefrosi neonatali: un problema
“dilatato”?
Dott. Rino Agostiniani, Dirigente medico U.O. Pediatria ASL 3
Gli esami ecografici eseguiti durante la gravidanza
consentono, in larga misura, una diagnosi tempestiva
delle dilatazioni delle vie urinarie fetali, che rappresentano la più frequente malformazione congenita evidenziata in utero (1- 5% di tutte le gravidanze).
Malgrado la frequenza di tali diagnosi, notevoli differenze persistono nella definizione, nella gestione clinica, negli algoritmi diagnostici e nel follow-up dei neonati con idronefrosi congenita.
Controversie e dubbi caratterizzano non solo i comportamenti pratici, ma anche l’ampia letteratura sull’argomento, che mette in risalto il contrasto fra gli entusiasmanti progressi delle procedure diagnostiche, sempre
più precoci e dettagliate, ed i deludenti risultati nella
prevenzione del danno renale e dei suoi esiti a lungo termine (insufficienza renale cronica, ipertensione,
complicanze gravidiche).
La miglior conoscenza della storia naturale delle uropatie malformative ha comunque contribuito a spostare
l’attenzione dai problemi idraulici del flusso urinario,
con le relative tecniche di riparazione dell’ostruzione
e/o del reflusso, ai problemi genetici e biomolecolari
che oggi sembrano avere un ruolo determinante nell’instaurarsi e nel progredire del danno parenchimale.
L’obiettivo fondamentale della prima ecografia dopo
la nascita è discriminare due differenti popolazioni: quella “a rischio” di sintomi e/o deterioramento
funzionale (nei quali può essere opportuno avviare
la profilassi delle complicanze infettive e programmare un percorso diagnostico invasivo od un attento
follow-up) e quella “benigna” (neonati con anomalie
prive di significato clinico, il cui unico rischio è di
essere sottoposti ad indagini inappropriate).
Fanno parte della “popolazione a rischio” i neonati
con dilatazione bilaterale, quelli con dilatazione monolaterale di grado elevato (superiore al 2 grado sec.
SFU, o diametro A.P. della pelvi > 15 mm), quelli in
cui la dilatazione della pelvi è associata a segni di displasia, a malformazioni di numero, forma, posizione
e volume sia sul rene dilatato che sul controlaterale,
o a dilatazioni dell’uretere.
Sono, invece, inclusi nella “popolazione benigna”
quei neonati in cui la dilatazione è monolaterale,
di grado lieve o medio, senza anomalie associate di
numero, forma, volume e posizione, né alterazioni
dell’ecostruttura di entrambi i reni (vedi tabella).
Questa “popolazione benigna” ha dimostrato di essere al di sopra di tutti i nostri sospetti: non hanno
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aggiornamento scientifico
alterazioni della funzione renale, non sono portatori di patologie ostruttive, non hanno una aumentata
incidenza di RVU, né predisposizione alle IVU; sono
loro, però, che hanno pagato alla nostra ignoranza
sulla storia naturale di questa condizione il tributo
maggiore, in termini di dolore (per le manovre strumentali invasive, cui sono stati sottoposti), di effetti
collaterali ai farmaci (per i lunghi periodi di antibioticoprofilassi), di danno radiobiologico (per le indagini
radiologiche impiegate) e, infine, in termini di ansie
parentali.
Sono loro quelli che Dhillon definisce “vittime degli
ultrasuoni” e di tutta quella medicina “immaginocentrica”, in cui l’euforia di disporre di potenti strumenti diagnostici, ha esaltato la sensazione (illusoria)
di poter mettere in atto, sempre e comunque, efficaci
strategie di prevenzione, aprendo invece la strada agli
eccessi della medicina “basata sull’invadenza”.
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Sandro Botticelli, Natività mistica, 1501. Londra, National Gallery
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LETTERE
Due lettere da “Toscana Medica”
Sperando di accogliere, nei limiti delle nostre capacità redazionali, opinioni diverse per utili confronti, pubblichiamo in questo numero due lettere tratte da “Toscana Medica”, aventi date diverse (6 giugno 2006 - 8 settembre 2011) ma che trattano dello stesso argomento: le medicine alternative. Il dibattito è aperto, non tanto sulla
loro presunta validità scientifica, quanto sui loro costi, che inevitabilmente sottraggono risorse economiche alla
medicina tradizionale.
6 giugno 2006
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LETTERE
8 settembre 2011
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LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei pastori, 1485. Firenze, Santa Trinita
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LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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Lorenzo Lotto, Adorazione dei pastori, 1534. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
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livello minimo
Scheda DI livello minimo N°14
Pierluigi Benedetti
I CORPUSCOLI DEL PACINI
Vestirsi è una delle azioni abituali della nostra giornata, che eseguiamo, come tante altre, quasi automaticamente, senza un’attenzione particolare; ma
le funzioni fisiologiche, che la permettono, sono il
risultato di una complessa elaborazione operata dal
Sistema Nervoso Centrale, sulla base di informazioni, che arrivano, attraverso i nervi sensitivi, dai recettori periferici.
Indossando, per esempio una maglietta, percepiamo
il contatto preciso di ogni parte dell’indumento sulla
pelle, distinguendo facilmente se si tratta di lana o
cotone; sentiamo se la maglia è ben distesa o se ci
sono delle pieghe (ed in questo caso usiamo le mani
nel modo giusto per ben sistemarla).
Fatto questo, senza minimamente curarci più di quel
che abbiamo indossato sul torace, passiamo, per
esempio, ad infilarci calze o calzini; e così via ci occupiamo in fasi successive di tutti i nostri indumenti.
Breve premessa
I meccanocettori della pelle sono recettori sensibili
agli stimoli di natura meccanica, che si esercitano su
di essa, deformandola per pressione o stiramento.
Si possono distinguere in meccanocettori a rapido
adattamento ed in meccanocettori a lento adattamento.
Fra i primi, cioè fra i meccanocettori a rapido adattamento si annoverano i corpuscoli del Pacini, che
danno informazioni precise in tempi brevissimi, cessando poi di trasmettere se la pressione si mantiene
immutata (fenomeno dell’adattamento).
In questo modo il Sistema Nervoso Centrale (S.N.C.),
una volta acquisita l’informazione dal corpuscolo,
è libero di elaborare altri stimoli ed occuparsi, per
esempio, nel caso in cui ci stessimo vestendo, di
come ci infiliamo e sistemiamo i calzini, senza più
pensiero della maglietta, per la quale i corpuscoli cutanei del tronco e delle braccia non mandano più informazioni, perché, come si dice, si sono “adattati”.
Le informazioni di tutti i meccanocettori (corpuscoli
del Pacini compresi) sono integrate, di solito dalla
vista, ma possiamo vestirci anche al buio e si pensi
all’importanza dei meccanocettori cutanei per i ciechi.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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Nel contatto con le vesti i recettori tattili informano
il SNC di quello che sta accadendo in ogni momento, trasmettendo informazioni continue e complesse
riguardo a ciò che tocca la pelle.
Questi recettori tattili cutanei, che veicolano le informazioni riguardanti la pressione e lo stiramento,
sono chiamati meccanocettori; e fra di essi si annoverano i corpuscoli del Pacini, così chiamati in onore del nostro concittadino, che li descrisse, quando
era ancora studente, nel 1831.
In suo ricordo, dato che il 25 maggio prossimo ricorrerà il bicentenario della nascita, qui di seguito
saranno date alcune notizie a riguardanti queste importanti strutture anatomiche.
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livello minimo
CORPUSCOLI del PACINI
Fra i meccanocettori, un posto particolarmente rilevante, spetta ai corpuscoli del Pacini, il cui significato fisiologico non è ancora completamente chiarito, considerando, fra l’altro, anche le sedi in cui sono
situati nell’organismo.
Si trovano, infatti, negli strati profondi del sottocutaneo, nel connettivo peritendineo e periarticolare,
nella membrana “interossea” fra ulna e radio e fra
tibia e perone, nelle membrane connettivali, che avvolgono i muscoli (perimisio), nel pancreas e nel suo
mesentere, nelle membrane sierose, sotto le mucose,
nella ghiandola mammaria e nei genitali esterni di
ambo i sessi.
Il corpuscolo del Pacini ha la forma di una piccola
oliva (o di una piccola cipolla), di dimensioni variabili, ma pur sempre cospicue, arrivando, i più grossi,
a misurare fino ad 1 mm. di lunghezza.
È formato da lamelle concentriche di tessuto connettivo (da 20 a 60 strati), separate fra di loro da uno
spazio linfatico riempito di una linfa particolarmente
gelatinosa. Le lamelle derivano embriogeneticamente da una cellula di Schwann. Per la presenza di questi strati l’analogia con la piccola cipolla si fa ancora
più calzante.
Nel centro del corpuscolo esiste una cavità piena di
fluido, detta bulbo del corpuscolo, nella quale termina una fibra nervosa non mielinizzata.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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Questo meccanocettore è sensibile alla pressione ed
alle vibrazioni, con la caratteristica di adattarsi rapidamente, cioè cessa, in un tempo relativamente
breve di trasmettere segnali al SNC, se lo stimolo
pressorio continua senza variazioni ( è un recettore
di tipo fasico (vedi box alla fine del paragrafo.
Sono molto sensibili, cioè basta poca energia pressoria per farli scaricare; hanno, ciascuno, un campo di
sensibilità ampio, misurabile sulla cute in centimetri.
La loro massima sensibilità è per le vibrazioni intorno a 250 Hz, e questa è la frequenza di stimoli, che
si genera nei polpastrelli, quando si tocca scorrendo
con le dita, una superficie con discontinuità minori
di 200 micron (0,2 mm.), come potrebbe essere una
stoffa di fine tessitura. Il potenziale d’azione, generato dal corpuscolo, si esaurisce rapidamente, se la
pressione su di esso, rimane costante (adattabilità).
Una possibile spiegazione di questo comportamento,
cioè del rapido adattamento del corpuscolo, può essere la seguente.
La pressione esercitata sul corpuscolo altera, per
schiacciamento la sua struttura geometrica, che
come si è detto è assimilabile a quella di una piccola cipolla composta, da molti strati, separati fra
di loro da un liquido assimilabile alla linfa. La pressione deforma anche la fibra nervosa all’interno del
bulbo; ed essa lascia partire un potenziale di azione,
che raggiunge il SNC, informandolo della situazione.
Questa stessa pressione, se si mantiene, sposta il liquido che si trova fra le lamelle contigue, ed in questo modo si annulla l’effetto deformante subito dalla
fibra nervosa nel centro del bulbo del corpuscolo,
con la conseguenza che il corpuscolo non lascia più
partire impulsi per il SNC.
Recettori fasici: mandano impulsi al SNC
solo quando sono stimolati (come i C. del
Pacini).
Recettori
tonici:
mandano
sempre
impulsi al SNC, con una frequenza di base
predeterminata; la loro stimolazione provoca
un aumento di frequenza della scarica;
fra questi ci sono i fusi neuromuscolari,
che monitorizzano di continuo lo stato dei
muscoli antigravitari, fondamentali nel
controllo della POSTURA.
Corpuscoli del Pacini e “impronte digitali”
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livello minimo
È stata recentemente dimostrata una stretta relazione
fra i meccanocettori sottocutanei ed i solchi e le creste
della cute ventrale delle dita, in particolare dei polpastrelli, cioè con i dermatoglifi (“ impronte digitali”).
I Corpuscoli del Pacini risultano situati in posizioni
strategiche; e questa relazione spaziale sarebbe importante per aumentare la possibilità di analisi della
qualità del contatto di un oggetto con la cute.
Scorrendo con le dita su di una superficie, le irregolarità di questa sollecitano in maniera diversa i punti
della cute sulla cresta e nel solco, attivando in modo
discontinuo i recettori del sottocute (in particolare i
Corpuscoli del Pacini).
Evoluzione e Corpuscoli del Pacini
Le dita umane hanno un numero di meccanocettori,
ed in particolare di corpuscoli del Pacini, di molto
superiore a quello degli altri Primati.
Capire quale è stato il vantaggio evolutivo di questa
acquisizione non è facile.
Un’ipotesi interessante lega questa caratteristica,
come molte altre, ad una ipotetica, ma probabile,
fase di vita “acquatica” dei nostri Progenitori.
Quando alcuni milioni di anni fa, per un deciso aumento delle temperature del pianeta, scomparvero
le foreste pluviali della parte orientale del continente
africano e quelle terre si trasformarono in aride savane e deserti senza vita, i nostri antenati, che fino
ad allora avevano condotto una vita arboricola, furono costretti, per sopravvivere, ad adattarsi al nuovo ambiente ed a cambiare completamente le loro
abitudini.
Si ipotizza che per loro l’unico habitat possibile possa essere stato la riva dell’oceano, alla foce di piccoli
e grandi corsi d’acqua, dove potevano trovare nutrimento (“pescando” molluschi e pesci) e sicurezza
(entrando nell’acqua, quando gli animali da preda,
come i grandi felini, li insidiavano).
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livello minimo
Abituandosi ad una vita, in parte vissuta nell’acqua,
persero molto delle loro caratteristiche di scimmie:
• sparì quasi tutto il pelo che li copriva, perché una
pelliccia bagnata, non aiutava a nuotare;
• il naso da scimmia, si trasformò in un naso umano,
con le narici aperte verso il basso e non in avanti, come è nelle scimmie, perché, nel nuoto, l’acqua
non entrasse direttamente nelle cavità nasali (adattamento simile a quello dei mammiferi acquatici);
• la struttura corporea, specie quella femminile, divenne più affusolata ed idrodinamica, modellandosi
in una forma vicina a quella delle donne e degli uomini moderni.
In questa ipotetica “fase acquatica”, si potrebbe trovare anche la spiegazione della altissima capacità
sensitiva delle dita e del palmo delle mani dell’uomo, rispetto a quella degli altri Primati. Questa infatti
sarebbe spiegabile con la manipolazione di oggetti
sotto l’acqua; per esempio conchiglie più o meno piccole o oggetti viscidi come erbe o animali acquatici.
È comprensibile che l’idea di una “fase acquatica”
dell’evoluzione umana, la prima volta che uno ne
sente parlare, lasci perplessi, ma quest’ipotesi potrebbe spiegare molte cose, riguardo a certe non trascurabili diversità fra l’anatomia e la fisiologia degli
Uomini e quella delle Scimmie Antropomorfe, che
in epoche lontanissime (20 milioni di anni fa ?) condivisero, come dimostrano prove inconfutabili, un
antenato comune.
Inoltre un periodo di tempo di centinaia di migliaia
di anni vissuti fra l’acqua e la terra potrebbe aver
cambiato in modo sostanziale, ed in senso meno
ferino, anche le abitudini sessuali e sociali di quei
gruppi di “Ominidi”.
Il discorso ci porterebbe lontano; ma non si può certo liquidare, come puramente fantastica, l’ipotesi
della fase “acquatica”, o come dicono alcuni “anfibia”, dell’evoluzione umana, senza la quale, oltre
alle trasformazioni, di cui sopra (perdita della pelliccia, forma del naso, ecc), molte altre caratteristiche
umane sono difficili da spiegare; come per esempio,
fra le altre, quelle elencate di seguito.
Perché mai un bimbo appena nato, se immerso
nell’acqua, “sa nuotare”?
Come si spiegano certi riflessi (riflesso da immersione o meglio “diving responses”), che noi uomini
condividiamo qualitativamente con tutti i mammiferi, ma che, quanto a intensità ed efficacia di risposta, sono paragonabili solo a quelli dei mammiferi
marini?
Detto in altre parole, perché, immergendo il viso
nell’acqua, diminuisce in maniera significativa il nostro battito cardiaco e si verifica una vasocostrizione
nei muscoli scheletrici, come succede, per esempio,
nei delfini e nelle balene?
Come si spiegano le incredibili prestazioni dei campioni di immersione in apnea (-214 metri; Herbert
Nitsch 14 giugno 2007)?
E . . . perché soltanto i maschi umani possono diventare calvi, anche in giovane età, e le femmine solo in
rari casi e da anziane?
............
(Se a qualcuno interessano queste cose, fatecelo sapere; ne parleremo in un prossimo numero).
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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lettere
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera del collega a proposito della nuova organizzazione
delle cure primarie.
La nuova organizzazione delle cure primarie
Saffi Giustini medico di MG
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LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
Alcune osservazioni sull’articolo “Pazienti? Anche troppo; più di mille assistiti per dottore” di domenica
9 ottobre sul quale come professionisti della salute, dobbiamo/dovremmo aprire una discussione con le
altre forze sociali.
Oggi al sistema delle cure primarie viene richiesto molto.
È una pressione esercitata su diversi piani: la programmazione e la valutazione dei bisogni dei cittadini,
anche ai fini della definizione delle priorità; l’appropriatezza, l’uso razionale delle risorse e il filtro verso
le cure di secondo livello; il coordinamento, la continuità delle cure e la gestione complessiva dei percorsi
assistenziali, a partire dal primo contatto con il paziente.
L’articolo de La Nazione mette in evidenza problemi reali e attuali ma in una prospettiva “antica” nel
senso che siamo in un momento di grande trasformazione del sistema italiano e toscano in particolare. I
malati cronici e l’invecchiamento della popolazione costringono ogni sistema a rimodulare l’assetto organizzativo territoriale anche se con notevoli difficoltà, dato il momento di crisi generale.
Le malattie croniche hanno sostituito quelle acute come problema dominante per la salute, essendo la
causa principale di uso dei servizi e consumando il 78% dell’intera spesa sanitaria.
Hanno cambiato il ruolo del medico (di famiglia) che, da “unico” gestore della cura, diventa membro di
un team multiprofessionale, in grado di elaborare il piano di cura e di assistenza che tenga conto della
molteplicità dei bisogni, così come di garantire la continuità dell’assistenza.
Hanno cambiato il ruolo del paziente che, da soggetto passivo diventa protagonista attivo della gestione
del proprio stato di salute, assumendo comportamenti e stili di vita adeguati.
Il medico di famiglia non può più lavorare attraverso interventi “puntuali e tra loro scoordinati”, ma
ha bisogno di chiedersi e di sapere, per esempio, quanti sono i pazienti con particolari patologie, le loro
comorbilità, come essi sono trattati, se hanno raggiunto determinati obiettivi di salute, se hanno criticità
gestionali (e quindi se corrono particolari rischi clinici) e tra essi quali sottogruppi generano costi elevati
e\o comprimibili con una migliore strategia assistenziale.
Nelle cure primarie si deve passare da un sistema assistenziale puntiforme e “passivo” ad uno costruito su
forme di aggregazione territoriale di “iniziativa” che si faccia carico dei malati cronici, cioè affetti da diabete, bronchite cronica, scompenso, ipertensione arteriosa in modo integrato con altre figure professionali
all’uopo formate come infermieri, dietisti, fisioterapisti ed alcuni specialisti.
Nell’ambito delle cure primarie, la figura infermieristica sta diventando sempre più rilevante, soprattutto
per le complesse modalità organizzative necessarie per la gestione delle malattie croniche. Tali condizioni
richiedono infatti l’individuazione di percorsi prevedibili della storia naturale e quindi un approccio programmato, secondo una logica prevalentemente prognostica e preventiva, anziché sintomatica e attendista, come accade abitualmente.
La nostra preoccupazione in vista dell’apertura del nuovo ospedale, che sarà per intensità di cure, è la
mancanza sul territorio di strutture intermedie, soprattuto sanitarie. Infatti l’analisi delle richieste dei cittadini (siamo passati epr un medico con mille assistiti da 7mila contatti/anno del 2001 a oltre 11mila nel
2010) se da una parte evidenzia il ruolo sempre più strategico delle cure primarie all’interno del sistema
sanitario, dall’altra ha avuto effetti pesanti sul carico di lavoro e di responsabilità che si è abbattuto sugli
operatori di prima linea, in particolare i medici di famiglia.
15
recensioni
Mamma che denti!
Guido Benedetti, odontoiatra
Dal 2004 al 2008 mi sono occupato di clinica nello
studio odontoiatrico, soprattutto di pedodonzia.
E con poche eccezioni, ogni volta che una mamma,
un papà, una nonna o un nonno venivano da me con i
loro bambini, dopo aver parlato assieme e aver poi visitato il mio piccolo paziente, finivo sempre per pormi
questa domanda: ma perché a questi genitori e nonni
nessuno sembra aver mai detto prima d’ora le poche,
semplici, fondamentali regole che avrebbero evitato a
questo bambino qualche problema ai denti ? Perché
sembra essere stato impossibile parlare di prevenzione delle malattie della bocca e dei denti da parte
del ginecologo, dell’ostetrica, del pediatra e anche da
parte dei dentisti “generici” che hanno seguito finora
questa mamma e che magari hanno anche già “incontrato” questo papà e i nonni di questo bambino?
Rimandando a un secondo momento la riflessione sul
perché non si riesca ad avere un approccio globale
alla salute orale e l’analisi dei determinanti della salute (compresa quella della bocca e dei denti), con
questo piccolo libro ho voluto condensare le raccomandazioni di ambito “familiare” che penso possano
fare la differenza per la salute della bocca e dei denti
dei più piccoli e aiutare genitori e nonni nella gestione
del rapporto tra il bambino e il suo dentista.
Un libro scritto non per il professionista, quindi, ma
per chi ha quotidianamente il ruolo di crescere ed
educare un bambino; un libro per chi può accedere a
uno studio dentistico (ma anche per chi non può); un
libro utile, in fin dei conti, anche per il professionista
che può avvalersene nell’adempimento del complesso
compito di essere medico di persone e non di malattie.
Ringrazio gli amici dell’Ordine dei Medici Chirurghi e
degli Odontoiatri di Pistoia per questo spazio, l’affetto
e la simpatia.
Mamma che denti!
Guida pratica alla salute dei denti del tuo bambino
di Guido Benedetti
Mandragora Ed. - www.mandragora.it
Prefazione di Paolo Sarti
2011
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
16
Dalla quarta di copertina del libro
Mamma e papà, i nonni, poi il ginecologo, l’ostetrica, il pediatra, e alla fine arriva il dentista.
Prevenire fin da subito le malattie dei denti è possibile, ma se ci dimentichiamo dei genitori e dei nonni,
il dentista arriverà sempre troppo tardi e non potrà che contare i denti cariati o cercare di raddrizzare
quelli storti.
Prevenire le malattie dei denti è importante perché avere denti sani significa aiutare tutto il nostro corpo
a essere sano e quando i denti si ammalano possono esserci conseguenze sia fisiche sia psicologiche.
Inoltre, viviamo in un mondo dove spesso si fa commercio anche della salute (che non è un bene di
consumo ma un diritto) e per questo trovare l’aiuto di un dentista è sempre più difficile perché costoso.
Questo libro è una guida pratica alla salute dei denti dei bambini, rivolta alle mamme, ai papà, alle nonne
e ai nonni e a tutti coloro che si occupano della cura e della crescita di un bambino. Racconta il fondamentale ruolo dell’ambiente familiare nel prevenire le malattie dei denti, oltre a fornire suggerimenti per
un uso razionale ed efficace dei servizi odontoiatrici.
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MEMORIE COMUNI
dalla letteratura internazionale
mednews
dalla letteratura internazionale
a cura di Gianna Mannori
Le nuove tecnologie:
medicina di ieri, medicina di oggi
“Ora prenderò in esame le ossa e se possedete un genuino interesse, che per Galeno era il primo requisito per lo studente che
si avvicinava alla dissezione, e siete molto operosi, imparerete prontamente a maneggiare le ossa …”. Così si rivolge ai suoi discepoli Andrea Vesalio, medico geniale e irriverente del Cinquecento, mentre esegue una delle prime dissezioni del corpo umano
mai effettuate nella storia della medicina. In quella Padova percorsa dai fremiti segreti e irrequieti della rivoluzione copernicana,
che con gli occhi di Galileo toccava con mano l’eresia del movimento terrestre, si realizzava un’altra, altrettanto dissacrante
innovazione. Chino sui corpi trafugati di notte dai cimiteri, con l’ansia di chi sa di infrangere dictat da sempre ritenuti inviolabili,
Vesalio tocca le strutture del corpo umano, ne scopre le connessioni più recondite, palpa muscoli ed organi, ne apprezza i limiti,
le dimensioni. Con i suoi cinque sensi e con la sfrontatezza di chi vuol dimostrare la verità solamente con le proprie mani, Vesalio
pone le basi dell’anatomia umana ed a buon diritto si pone alle origini della medicina moderna. Confutando le teorie dogmatiche
di Galeno, spazzando via credenze trasformate in certezze solo dall’ipse dixit, il primo anatomico della storia avvia una rivoluzione
senza precedenti nella scienza medica.
Dalle sue tavole anatomiche ad oggi infiniti sono stati i salti, le sfide e le scoperte della medicina. Ma, in questo tempo, il medico
si trova su un limite, su uno spartiacque che non è poi tanto lontano da quello della rivoluzione anatomista del Cinquecento. Con il
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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dalla letteratura internazionale
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prodigioso avvento delle innovazioni tecnologiche, con l’imaging, l’interventistica guidata, gli sviluppi delle metodiche di biologia
molecolare, con la robotica e la telemedicina tutto è cambiato. La diagnosi, le finalità e gli approcci terapeutici, perfino il contatto
fra medico e paziente stanno subendo cambiamenti radicali. L’era della medicina dei cinque sensi tende a svanire a fronte di un
rapporto sempre più indiretto con le malattie e con i malati, sempre più mediato da conoscenze e strumenti d’indagine sofisticati
e potentissimi. Il mondo del “vedere con i propri occhi”, dell’autopsia appunto, sembra essere tramontato.
Ma è significativo che proprio dalla cultura statunitense, quella che più di ogni altra ha investito nell’evoluzione tecnologica della
scienza medica, che vi ha riposto la fede maggiore e ne ha conseguito gli esiti più eclatanti, si levino voci di perplessità nei
confronti dell’era che stiamo vivendo. Una riflessione che, al limite fra medicina del passato e quella del futuro, non possiamo
esimerci dal fare. Proprio come Zenone, l’immaginario medico e alchimista evocato da Marguerite Yourcenar negli anni inquieti
di Vesalio, viviamo una fase di crisi e di dubbio; sicuramente di passaggio.
Un’arte antica
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
18
Dopo i primi dissacranti esperimenti di Vesalio, la pratica della dissezione riscosse un ampio successo presso le scuole
mediche del Cinquecento. A Parigi come in Italia, nelle sedi
universitarie allora nascenti, le riunioni e le lezioni più dotte
si svolgevano sempre intorno al tavolo anatomico, facendo
assegnamento sui macabri commerci di pezzi e corpi, di provenienza indefinita, di cui gli studenti più premurosi si facevano carico. Grazie a quelle notti furtive ed a quelle sapienti
dimostrazioni, si accumulava una mole immane di schizzi,
disegni, tavole illustrate in colori che infine, nei secoli, è stata
sistematizzata fino a confluire nei trattati anatomici moderni.
E che noi oggi, sempre più frettolosi perfin nello sfogliare la
pagina stampata, ci permettiamo di consultare con un semplice click di computer.
Fu solamente nel corso dell’Ottocento che lo
studio del cadavere assunse connotati più moderni. Con gli studi di Virchow e di altri patologi
del tempo, l’interesse scientifico venne a focalizzarsi sui meccanismi che sono alla base dell’insorgenza delle malattie, arrivando a delineare
quei concetti di danno e sofferenza tissutale che
ancor oggi consideriamo fondamentali. In questo
contesto, nasce il concetto da noi modernamente riconosciuto di autopsia, intesa come strumento per ricercare le cause patologiche che
hanno contribuito a determinare la morte di un
individuo.
Nel tempo l’autopsia si è affermata enormemente, non solo come componente essenziale
delle pratiche forensi ma anche come elemento
di ricerca e di confronto per tutti i medici. Infatti, la possibilità di osservare direttamente gli effetti delle
malattie a livello di organo o di tessuto è stata importante
per capire l’origine e la progressione di molte patologie e ha
fornito elementi preziosi per la ricostruzione della loro storia
clinica. L’autopsia, quindi, è stata fondamentale non solo per
il medico legale ma anche per il dottore “dei vivi”, che tanto
si trova ad imparare dall’esito finale, sfortunato, dei propri
sforzi terapeutici falliti. Ma anche gli studiosi, i ricercatori
si sono avvalsi moltissimo delle informazioni autoptiche per
creare casistiche e raccolte statistiche su forme morbose
particolarmente difficili da documentare, quali le malattie
rare o quelle caratterizzate da una diagnosi complessa. Per
tutti questi ed altri motivi, è facile comprendere come, fino
a tutta la prima metà del Novecento, la compilazione del referto autoptico abbia rappresentato un elemento piuttosto
comune nella pratica medica. Si stima che, fino a non molto
tempo fa, circa la metà di tutti i decessi ospedalieri venisse
sottoposta a riscontro autoptico.
Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, si è assistito ad un
progressivo calo di interesse per questa pratica tanto antica
quanto fortunata. Un’osservazione condotta su grandi centri
di ricerca negli Stati Uniti rivela che il numero di autopsie
non forensi, condotte annualmente, si è fortemente ridotto
rispetto al passato: ad oggi, solo il 6 % delle morti in ospedale viene sottoposto ad accertamenti autoptici (vedi grafico).
Un cambiamento veramente impressionante, le cui motivazioni sono legate in modo intrinseco al mutato assetto della medicina degli ultimi anni. La rivoluzione tecnologica ha affinato
enormemente le capacità di diagnosi, consentendo di identificare precocemente le malattie e di monitorarne l’andamento
nel tempo con un’affidabilità che prima non era ipotizzabile.
Così, gli sforzi e gli investimenti economici si sono sempre più
concentrati sugli approcci strumentali al malato e l’interesse
per il “vedere con i propri occhi” è andato ad affievolirsi.
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dalla letteratura internazionale
me morbose che, pur non avendo costituito la causa diretta
di morte, tuttavia avevano contribuito in modo importante
all’evoluzione sfavorevole delle condizioni cliniche; patologie
dunque che hanno sicuramente peggiorato la qualità della
vita di che le ha subite.
Queste discrepanze non sarebbero mai affiorate se avessimo abbandonato completamente l’approccio classico, antico
ma evidentemente non antiquato, dell’autopsia ospedaliera.
Sono incongruenze che, in una fase come la nostra, segnata
da cambiamenti così rapidi e intensi, ci obbligano ad una
riflessione.
Un mondo nuovo
La nuova era della medicina dischiude prospettive e potenzialità straordinarie. Le tecniche di “imaging” offrono una
facilità ed un’accuratezza di diagnosi che non ha precedenti
nella storia della diagnostica strumentale. Ma, forse, ancor
più impressionante è l’impatto delle recentissime acquisizioni della cosiddetta “medicina genomica”.
Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica librorum epitome, Basilea,
Oporino, 1543.
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Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica librorum epitome, Basilea,
Oporino, 1543.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
E, oltre che sul vivente, la grande capacità di analisi delle
macchine si sta rivolgendo, oggi, anche su chi è deceduto.
In centri particolarmente avanzati l’autopsia classica tende
ad essere sostituita dalla cosiddetta “virtopsia”, uno studio
del cadavere che si avvale di mezzi di studio “high tech”
quali la TAC, la risonanza magnetica e la biopsia guidata. Anche dopo la morte, l’osservazione condotta attraverso questi
mezzi strumentali può offrire molti vantaggi rispetto all’osservazione diretta. Primo fra tutti, la possibilità di ottenere
informazioni accurate e ripetibili da distretti anatomici di accesso particolarmente indaginoso o nei quali l’identificazione
visiva delle strutture può essere difficile; ed infine, l’aspetto,
sempre sofferto, del rapporto con la famiglia, molto più disposta ad accettare l’approccio strumentale rispetto alla dissezione, vissuta tanto spesso come ultimo atto di violazione
di quanto rimane di una persona cara.
Tuttavia, alcuni gruppi di studiosi americani hanno evidenziato che la progressiva riduzione delle autopsie sta producendo effetti tutt’altro che favorevoli. Infatti, un confronto
diretto fra le diagnosi formulate in vita e quelle che risultano
come reperto autoptico ha dimostrato che l’errore diagnostico, a tutt’oggi, è ancora piuttosto elevato. Si stima che circa
nel 10% dei casi la diagnosi di morte effettuata dal patologo
non collima con quella che era stata fatta in vita. Questo può
significare che, purtroppo, in molti casi perdiamo i pazienti
per un errore di diagnosi. Per di più, è stato osservato che
nel 25% delle autopsie non erano state diagnosticate for-
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dalla letteratura internazionale
notizie flash
L’esperienza dell’Unità Operativa di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Pistoia
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
20
Nel nostro ospedale l’Unità di
Anatomia Patologica opera da
anni a fianco di malati e colleghi e costituisce uno strumento
fondamentale per la diagnosi sul
territorio. La sua attività si articola su vari fronti. Svolge prima
di tutto un servizio di consulenza
autoptica, rivolto essenzialmente ai decessi ospedalieri. Anche
nella nostra dimensione locale,
si è registrato negli anni un noteveole decremento nel numero
di autopsie effettuate ogni anno,
legato probabilmente al grande
sviluppo delle tecniche di diagnostica bioptica e per immagini. Attualmente, si stima che nei
due ospedali di Pistoia e Pescia,
facenti parte della stessa ASL,
vengano effettuate circa 60 autopsie l’anno.
La parte più cospicua del lavoro
svolto da questa Unità Operativa
consiste nella diagnostica di tipo
bioptico e su pezzo operatorio.
La tipologia di tecniche adottate
è varia e si fonda sui tradizionali
approcci di tipo istopatologico,
come le classiche colorazioni a
fresco e su blocchetto incluso. A
questi si affiancano metodiche
di tipo immunoistochimico, che
prevedono l’utilizzo di anticorpi
mono e policlonali e sistemi di
rivelazione enzimatici con immunoperosidasi. Con questo
approccio, viene routinariamente valutata l’espressione di
importanti marcatori tissutali di
tumore, come il recettore per gli
estrogeni su prelievi di tumore
mammario ed alcuni sottotipi di
recettore per l’Epidermal Growth
Factor. Anche questa molecola,
notoriamente espressa in modo
anomalo nel tessuto trasforma-
La clonazione del genoma umano, effettuata
per un’immane sforzo congiunto dei più importanti ricercatori mondiali, ha completamente sconvolto il modo stesso con cui, ad
oggi, concepiamo i concetti di diagnosi e di
terapia. Nel momento in cui il nostro occhio
si avvicina ai codoni del DNA, e ne decifra il
messaggio, è come se l’uomo riuscisse a “vedere” l’insorgenza di una malattia prima ancora che si manifesti; e, di conseguenza, possa immaginare di modificarne l’andamento
intervenendo direttamente sulla sua centrale
di programmazione.
Per esempio, la cosiddetta “predisposizione
familiare” a certe malattie, una definizione
che prima discendeva dalla semplice osservazione clinica della popolazione, ora è stata
definita in termini genetici e, come tale, è stata codificata in modo puntuale. Per malattie
come il cancro del colon o della mammella si
è identificato quel terribile “codice” genetico
che, se riscontrato in persone sane appartenenti alla stessa famiglia, consente di identificare i soggetti a rischio di sviluppare la malattia e potrà, in futuro, costituire un elemento
formidabile di prevenzione.
È proprio nell’ambito oncologico che le acquisizioni sulla natura del genoma umano stanno aprendo le prospettive più affascinanti.
L’estrema fragilità genomica che è tipica della
cellula neoplastica la rende soggetta ad una
serie infinita di mutazioni geniche, arrangiamenti cromosomici o semplicemente varia-
mednews
zioni di espressione di geni altresì normali. A
queste alterazioni, ben note agli oncologi da
tanto tempo ma mai identificate in modo puntuale, la nuova medicina genomica sta attribuendo un nome ed un ruolo nell’insorgenza
della malattia neoplastica.
La famiglia recettoriale delle tirosin chinasi
costituisce un esempio prodigioso di strutture molecolari che, se mutate a livello di DNA,
sono implicate nella progressione di alcuni fra
i tumori maligni che maggiormente affliggono l’uomo: l’adenocarcinoma del polmone,
quello mammario, il melanoma. Nei confronti
delle tirosin chinasi sono già stati prodotti tipi
nuovissimi di presidii terapeutici, i cosiddetti
farmaci biologici, le cui potenzialità nell’indurre remissione di malattia appaiono incredibilmente promettenti (vedi figura).
Ancora più esaltante appare la prospettiva di
riuscire, in tempi brevi, a realizzare nella pratica clinica la clonazione del genoma di singoli
pazienti tumorali. Sarà così possibile identificare quell’insieme di alterazioni genetiche
che sono associate alla malattia in ciascun
particolare individuo e, di conseguenza, adottare terapie mirate che siano assolutamente
individuali. Ogni persona potrebbe, idealmente, avere a disposizione una batteria di farmaci rivolti specificamente contro la propria
forma tumorale, che sarà possibile utilizzare
con tempi e modalità differenziate in funzione
della particolare progressione cui la malattia
andrà incontro nel tempo.
Targeting Treatment to a Specific Variant in the Melanoma Gene.
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dalla letteratura internazionale
notizie flash
Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica librorum epitome, Basilea, Oporino, 1543.
Quale futuro?
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Shojania K. et al. 2011. The N. Engl. J. Med.
358:873
Shojania K. et al. 2003. JAMA 289:2849
McDermott U. et al. 2011. The N. Engl. J. Med.
364:340
Si ringraziano, per la disponibilità
offerta a questo giornale e per la
ricchezza delle informazioni fornite, la dott.ssa Paola Apicella,
responsabile dell’UO di Anatomia
Patologica, e la dott.ssa Elisabetta Murabito, afferente alla stessa
struttura.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
Siamo al punto di passaggio fra due mondi.
Con la medicina del futuro, che è già oggi,
l’occhio delle macchine è arrivato a spingersi
in terre inesplorate che mai l’uomo del passato avrebbe osato nominare, dove baluginano
prospettive grandiose e quasi inquietanti nella
loro innovatività. Il medico dei cinque sensi,
quello divenuto, ormai, di ieri si trova da solo a
scrutare con il suo occhio fisico, a cercare appena di lambire una concezione delle malattie
che è cambiata e divenuta incredibilmente
complessa.
Ma, come sempre avviene nelle fasi di transizione, l’uomo di ieri ha in sé una certezza
che manca all’uomo del domani: è la sicurezza in sé stesso che proviene dal sapere che
la sua esperienza è stratificata nel passato,
viene da lontano, dal gesto, dal tocco di chi
imparava su corpi trafugati dai cimiteri. Con la
confidenza che deriva dal “vedere con i propri
occhi”, la medicina del passato continua, oggi,
a scoprire incongruenze di trattamento, errori
di diagnosi fatali fino alla morte che l’era della
tecnologia è destinata, quasi è condannata nel
suo essere così giovane, a vedersi sfuggire.
In questo momento di passaggio, i due mondi
non dovrebbero collidere fra loro. L’oncologo,
ma anche il clinico, il radiologo, non possono
ignorare fin anche le più sottili sfumature della
dimensione digitale, né l’astrazione intellettuale di astruse sigle in triplette, sprofondate
dentro una doppia elica centrata nel cuore
delle cellule; non si possono più permettere di
rimanere indietro. Ma l’esperienza del patolo-
go alle prese con un’autopsia difficile, il lavoro
paziente e sicuro del medico che tocca, vede,
sente al letto di un malato sono ancor oggi elementi che devono essere valorizzati e ricercati, che non devono cadere nel dimenticatoio di
una medicina pur così giustamente proiettata
nel domani.
Anche perché, nonostante tutto, i malati hanno ancora bisogno di essere visitati, guardati,
ascoltati.
to, viene regolarmente monitorata come indicatore prognostico di progressione della malattia
neoplastica.
L’Unità di Anatomia Patologica
è impegnata anche nella valutazione di mutazioni geniche
o altre alterazioni genomiche
all’interno dei tessuti tumorali.
In questo caso, ai fini dell’allestimento tecnico dell’esame, il
servizio si avvale della disponibilità di varie consulenze esterne
fra cui quella fornita dalle Università degli Studi di Firenze e di
Pisa. Fra le principali mutazioni
studiate, ci sono quelle a carico
dei recettori della famiglia HER,
sempre afferenti al gruppo del
recettore per l’Epidermal Growth Factor, e dell’oncogene c-kit.
21
aggiornamento scientifico
Una nuova emergenza sanitaria:
l’aumento delle malattie infettive sessualmente
trasmesse (M.S.T.) tra i giovani
Dott. Roberto Rossetti, già Dirigente U.O. Microbiologia Spedali Riuniti di Pistoia
Le malattie a trasmissione sessuale (MST) costituiscono
un grosso capitolo della patologia infettiva e già da alcuni
anni stiamo assistendo ad un loro graduale aumento nel
mondo intero, in particolare nella popolazione giovanile.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (W.H.O.) riferisce che ogni anno si hanno ben 340 milioni di nuovi
casi nei soggetti d’età compresa tra i 15 ed i 49 anni, ma
circa 111 milioni interessano direttamente i giovani con
età al disotto dei 25 anni, senza considerare le infezioni
virali causate dall’Herpes genitale e dal papilloma virus,
che pure sono responsabili di milioni di nuove infezioni
nel mondo, ma di cui non è previsto un registro delle
denuncie.
Inoltre, più della metà delle nuove infezioni di AIDS ogni
anno interessano giovani nel gruppo d’età 15-24 anni e
negli Stati Uniti sono stimate circa 19 milioni di MST ogni
anno, metà delle quali a carico dello stesso gruppo di
giovani.
La diffusione di queste malattie non avviene solo nei
Paesi in via di sviluppo, dove comunque sono maggiormente riscontrate, ma anche nei Paesi con benessere
economico e validi sistemi sanitari, quali gli Stati Uniti
e l’Europa.
Le malattie a trasmissione sessuale si possono suddividere in varie categorie, secondo la tipologia tipica della
trasmissione:
a) causate direttamente dal rapporto sessuale con un
partner infetto. In questo caso i microrganismi responsabili sono il gonococco, la chlamydia trachomatis, il
treponema pallidum, il trichomonas vaginalis, l’herpes
genitalis, ed il virus del papilloma;
b) causate da infezioni non contratte in maniera esclusiva con il rapporto sessuale, quali epatiti da virus B e
C e virus HIV, perché possono essere trasmesse anche
da vari liquidi biologici (liquido seminale, secrezioni
vaginali, latte materno, sangue );
c) causate da microrganismi con scarsa capacità infettante, quali la Candida albicans.
I microrganismi patogeni in causa nelle MTS sono quindi molteplici, comprendendo batteri, miceti, parassiti
e virus, con una maggior diffusione di Chlamydia trachomatis, Mycoplasmi, HPV.
Tra le infezioni batteriche si è osservata anche una
ripresa della sifilide, malattia che sembrava quasi
scomparsa negli anni fino al 1996, ma che da allora ha
registrato un costante aumento, con un apice nel 2006.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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aggiornamento scientifico
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come si contraggano, chi siano le persone o le fasce
d’età a maggior rischio, a chi e dove rivolgersi in caso
di un disturbo del distretto uro-genitale.
Nonostante questa inconsapevolezza una ragazza su
tre delle giovani intervistate ha dichiarato di aver già
avuto un rapporto sessuale completo, esponendosi
quindi a possibili infezioni, comprese quelle causate
da HIV sulle quali non si pone più un’attenzione particolare, neppure da parte dei mass-media, considerandola in maniera del tutto sbagliata ed incomprensibile, una battaglia ormai vinta.
Un altro importante aspetto emerso da quest’indagine
è la volontà di molte ragazze a non parlare di queste
problematiche con il proprio partner, neppure se scoprissero di essersi ammalate effettivamente o di non
affrontare con serietà il tema della prevenzione che
è la vera arma per impedire il diffondersi delle MST.
Sotto questo aspetto devono essere ampliati gli sforzi
per migliorare le conoscenze sulle MST coinvolgendo
le scuole d’ogni livello, le istituzioni pubbliche, quelle
sanitarie e non ultime le famiglie stesse che dovrebbero essere in prima linea nell’affrontare queste problematiche e che, invece spesso delegano ad altri questo
compito educativo.
I maggiori sforzi di tutte le istituzioni debbono essere
rivolti a diffondere la cultura della prevenzione delle
MST in tutte le possibili sedi in cui è possibile un sereno e costante contatto con le giovani generazioni,
anche in considerazione dei notevoli costi economici
che il sistema sanitario è costretto a sostenere per le
cure necessarie a guarire l’infezione contratta.
Di norma non esistono problemi per la diagnosi di
laboratorio che è rapida e permette di individuare
con precisione l’agente eziologico sin dalla raccolta
del materiale biologico (secrezione uretrale o cervico/
vaginale), esaminandolo al microscopio “a fresco” o
dopo una semplice colorazione di Gram (infezione da
gonococco, da Candida, da Trichomonas o da Gardnerella vaginalis).
Altri microrganismi in causa nelle MTS quali
chlamydia trachomatis e micoplasmi, che necessitavano in passato di tempi lunghi di risposta, possono
oggi essere diagnosticati nella stessa giornata del prelievo od entro 48 ore, grazie alle nuove e sofisticate
tecniche di biologia molecolare.
Altre e più pesanti problematiche comportano invece
le infezioni dai virus responsabili delle epatiti B e C
ed, a maggior ragione, dal virus HIV : anche in questo
caso la diagnosi può essere veloce ma il grosso problema è che, ad oggi, non esiste una terapia efficace
e sicura per guarire da tali patologie che potrebbero
essere fortemente ridotte con la prevenzione del rischio infettivo.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
I soggetti più frequentemente colpiti da MST sono
giovani tra i 14 ed i 25 anni, che vanno incontro alle
loro prime esperienze sessuali ma che non hanno partecipato direttamente alle importanti campagne per
la prevenzione dell’infezione dal virus HIV alla fine
degli anni ’80 e quindi non hanno dato importanza
all’uso del profilattico, che li avrebbe comunque protetti anche da tutte le altre tipologie infettive.
Un altro importante dato risultante dall’osservazione
della popolazione considerata nello studio è stato il
gran numero di soggetti che pur essendo infetti non
dichiaravano alcuna sintomatologia genito-urinaria al
momento dell’esame colturale (addirittura il 45% della popolazione esaminata).
Questa situazione causa, da un lato, una sempre
maggiore diffusione dei patogeni nella popolazione
considerata e, dall’altro, la mancata terapia mirata
all’agente infettivo e quindi l’effettiva possibilità per
le giovani donne, di andare incontro a varie patologie,
quali P.I.D.(malattia infiammatoria pelvica), gravidanze ectopiche, aborti, mortalità perinatale, sterilità
permanente, tumore della cervice uterina e coinvolgimento di altri organi interni.
Dobbiamo inoltre considerare la precocità con cui
avvengono i primi rapporti sessuali completi, la tendenza ad avere rapporti sessuali con più partner, la
ridotta o nulla conoscenza sui rischi infettivi correlati e sulle caratteristiche dei singoli agenti patogeni
in causa, la diffusa astensione da mezzi contraccettivi efficaci nel prevenire l’insorgenza dell’infezione
e spesso il ritardo con cui si rivolgono al medico di
base od allo specialista per inquadrare la malattia in
corso e per iniziare rapidamente una terapia mirata
che nella gran maggioranza dei casi determina una
guarigione completa in tempi brevi..
Un altro importante aspetto da considerare è che molto spesso l’infezione coinvolge la coppia e quindi entrambi i partner devono essere sottoposti a controllo
ed opportunamente trattati con i farmaci giusti, per
impedire una continua reinfezione “a ping pong”.
In Italia i dati disponibili sulle MST sono quelli forniti
dall’ISTAT, relativi solo a sifilide e gonorrea e che peraltro sono poco attendibili a causa di una forte sottonotifica dei casi; nessun dato nazionale è disponibile
invece sulle altre MST, quali condilomi genitali, herpes genitale, infezioni da chlamydia, in quanto malattie non sottoposte a denuncia obbligatoria ma che
sono in forte aumento anche nel nostro Paese.
Un’indagine è stata di recente condotta (novembre
2010) in 11 scuole milanesi ed ha interessato 1.300 ragazze d’età compresa fra i 13 e i 18 anni, mettendo in
chiara evidenza che la conoscenza in tema d’infezioni
e malattie a trasmissione sessuale è ancora molto superficiale: sono poche, in particolare quelle d’età più
bassa, a sapere che cosa e quali siano queste malattie,
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medicina di tutti - medicina per tutti
ASSOCIAZIONE NAZIONALE DENTISTI ITALIANI - Sezione Pistoia
www.andipistoia.andinet.it
La Guardia odontoiatrica di Pistoia nasce nel 2010 su
iniziativa della sezione provinciale ANDI che raccoglie l’approvazione della AUSL 3 e la collaborazione
della Pubblica Assistenza di Borgo a Buggiano. Grazie
alla partecipazione volontaria di 60 odontoiatri della provincia di Pistoia abbiamo assicurato ai cittadini
una qualificata assistenza odontoiatrica durante i pomeriggi del sabato, ore 15-18, e le festività, ore 09-13 e
15-18. La guardia si svolge in ambito libero professionale, quindi i pazienti corrispondono una tariffa che
varia da 70 a 120 euro salvo 2 interventi molto particolari che avranno un costo fino a 300 euro.
Abbiamo individuato alcuni interventi classificati
come urgenti ed ottemperiamo solo a quelli.
Abbiamo istituito un prezzario corrispondente al
prezzo medio proposto dal tariffario ANDI per i vari
Interventi previsti.
I pazienti che necessitano di trattamento odontoiatrico urgente possono rivolgersi a 2 numeri di telefono:
3346280319 e 057232511, e qui troveranno l’odontoiatra di turno che li potrà ricevere presso il proprio
studio ed effettuerà le cure del caso.
L’Odontoiatra rilascerà anche una descrizione della
prestazione effettuata che il paziente consegnerà al
proprio curante per il proseguimento delle cure.
La pubblica utilità di questo servizio è testimoniata
dal numero elevato, circa 300, di prestazioni effettuate nel primo anno e da un generale gradimento da
parte dei pazienti.
La partecipazione dei colleghi , aperta a tutti gli iscritti
all’Albo Odontoiatri, è stata assidua e piccole difficoltà incontrate sono state prontamente risolte grazie
alla buona volontà di tutti.
L’ adesione all’iniziativa da parte di altri colleghi è
auspicabile per migliorare e assicurare la continuità
del servizio.
I referenti ANDI per questo servizio sono i Dottori
Bardasi Massimo (3396262942) e Morandi Ferruccio
(3357718633 )che sono a disposizione per chiarimenti
o informazioni. Sul sito della sezione Provinciale Andi
è possibile scaricare la locandina dell’iniziativa per lo
studio: www.andipistoia.andinet.it
Ferruccio Morandi – Massimo Bardasi
Andi Pistoia
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Si ricorda agli iscritti di comunicare tempestivamente alla segreteria
ogni variazioni di: residenza,numeri telefonici e il conseguimento dei
titoli di specializzazione, master, dottorati di ricerca, ecc.
P.E.C.: POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA
Importante: si ricorda che in ottemperanza alla legge n. 2/2009 I professionisti iscritti ad albi ed elenchi istituiti con legge dello stato, comunicano
ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica entro un anno dalla data di
entrata in vigore della legge stessa. Le eventuali inadenpienze o negligenze derivanti dall’aver trascurato tale obbligo espongono l’interessato, oltre
alle sanzioni previste dalla legge, anche al rischio di non essere adeguatamente informato di adempienze che lo riguardano direttamente.
Il 31 gennaio 2012 scade il termine per la presentazione delle domande
della specialistica ambulatoriale - la medicina generale e pediatrica di base.
I moduli per le domande sono a disposizione degli iscritti presso la segreteria dell’ordine dopo l’8 gennaio.
I medici che intendono fare sostituzioni per la medici na generale sono
invitati a darne comuncazione alla segreteria dell’ordine anche via mail:
[email protected]
C O M U N I C A Z I O N I
ComunicazionE importante
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Serravalle Pistoiese, La porta della Gabella
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passato e presente
Le torri di Castruccio Castracani
Pierluigi Benedetti
E come il volger del ciel della luna
cuopre e discuopre i liti senza posa,
così fa di Fiorenza la fortuna;
(Dante, Divina Commedia - Paradiso c. XVI-v.82-84)
È Serravalle uno castello fra Pescia e Pistoia, posto sopra uno colle che chiude la Val di Nievole, non in sul passo
proprio, ma di sopra a quello dua tratti di arco. Il luogo donde si passa è più stretto che repente, perché da ogni
parte sale dolcemente, ma è in modo stretto massimamente in sul colle dove le acque si dividono, che venti uomini accanto l’uno all’altro lo occuperebbero.
In questo luogo aveva disegnato Castruccio affrontarsi con gli inimici, sì perché le sue poche gente avessero vantaggio, sì per non iscoprire e’ nemici prima che in sulla zuffa, dubitando che i suoi, veggendo la moltitudine di
quegli non isbigottissino.
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era Segretario, scrisse la biografia di Castruccio Castracani, duecento anni circa, dopo la sua morte, proponendosi di esaltare una figura storica eccezionale:
un condottiero forte e spietato, di gran coraggio, acuta
lungimiranza ed ambizione grandissima: un modello
quasi perfetto del Principe ideale, che fu argomento
del suo testo più famoso.
Della scarsa aderenza alla realtà di questa biografia
era ben consapevole l’Autore: basti dire che, per documentare l’eccezionalità di Castruccio, nel libro si
racconta che fu trovato, appena nato, sotto un cavolo,
nella vigna del canonico Antonio Castracani di Lucca:
è una pagina indimenticabile per la sottile arguzia e
la spontaneità, che coinvolge il lettore al punto che
quasi verrebbe da crederci. Pare di vederla Madonna
Deianira, “sirocchia” (sorella) del Canonico,“che, andando una mattina, poco poi la levata del sole nella
vigna, cogliendo secondo el costume delle donne, certe
erbe per farne certi suoi condimenti, sentì frascheggiare sotto una vite intra e’ pampani, e rivolti verso quella parte gli occhi,… scoperse le mani e il viso di uno
bambino, che rinvolto nelle foglie, pareva che aiuto le
domandasse.
La storia continua su questo tono e si spera di aver
fatto venire a qualcuno dei nostri undici coraggiosi
lettori la voglia di andare a cercare e leggere il libretto
di cui stiamo parlando.
Riprendendo il filo delle vicende storiche, a cui si riferisce il brano sopra riportato, diremo che il primo dei
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
Così Niccolò Machiavelli, uno degli scrittori più efficaci, eleganti e sobri di tutti i tempi, descriveva il
passo di Serravalle nella “Vita di Castruccio Castracani”, libretto di piacevole ed agile lettura, per l’arguzia
che contraddistingue gli scritti apparentemente meno
impegnati dell’autore del Principe.
Di qui si prende spunto per dire due parole su quella
battaglia di Serravalle e delle lotte fratricide del tempo
in cui Castruccio Castracani divenne il Signore, potente e temuto, delle terre in cui viviamo; tenendo,
come guida e riferimento, il piccolo libro suddetto ed
avendo presente che all’Autore non interessava tanto
la verità storica, quanto narrare la vita di un uomo
eccezionale, che la “Fortuna”, più che la prudenza
aveva fatto grande, perché, in più di un’occasione ,
quando , appunto, la Fortuna” gli era passata vicino,
aveva saputo, con audacia e prontezza, “prenderla
per i capelli” e farla sua.
La Fortuna, scriveva il Machiavelli nel Principe “è
donna … e però sempre amica dei giovani, che sono
meno rispettivi, più feroci e con più audacia la comandano”; e, di fatto, nell’iconografia classica e medievale, la Fortuna è rappresentata, spesso, come una
fanciulla con i capelli lunghi e sciolti, che corre velocissima, spinta dal vento: la si può afferrare per i
capelli, ma bisogna essere più che pronti, perché, per
il vento, i capelli ti passano davanti prima di lei.
Il Machiavelli nel 1520, durante un suo soggiorno a
Lucca per conto della Repubblica Fiorentina, di cui
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passato e presente
problemi per Castruccio, in quella fase della guerra
che, nel maggio del 1324, stava sostenendo contro Firenze, era quello di occupare il castello di Serravalle,
che dominava l’omonimo passo, per poter condurre
il suo esercito nella pianura dell’Ombrone e portar la
guerra il più vicino possibile alla città del Fiore.
Il castello era allora tenuto da un Signore Tedesco di
nome Manfredi, che, secondo patti giurati con Lucca e
Firenze, garantiva la sua perfetta neutralità fra le parti
ed assicurava libera per tutti la strada del passo.
Ma Castrucccio, non era il tipo che si preoccupava di
tener fede ai patti giurati e quindi non si fece scrupolo
di sbarazzarsi del Signore di Serravalle con l’inganno.
Infatti, “stretta amicizia con uno terrazzano” (ufficiale
di guardia delle porte del castello), “ordinò in modo
con quello, che la notte davanti che si avesse a venire
alla zuffa” (con i Fiorentini), “ricevesse quattrocento
uomini dei suoi e ammazzasse il Signore”.
Tramato così questo inganno, attese con il grosso
dell’esercito vicino a Montecarlo, le mosse dei Fiorentini, che ignari del colpo di mano, si accamparono ai
piedi del colle di Serravalle dalla parte di Pistoia, con
l’animo di passarlo il giorno seguente, perché “desideravano discostar la guerra da Pistoia e ridurla in
Val di Nievole. Ma Castruccio avendo, senza tumulto,
preso la notte il castello, si partì in sulla mezzanotte da
Montecarlo, e tacito con le sue genti arrivò la mattina
al piè di Serravalle; in modo che a un tratto i Fiorentini
ed esso, ciascuno dalla sua parte, incominciò a salire
la costa …”
Soltanto, “salita la costa, i cavagli dei Fiorentini, scopersono le fanterie di Castruccio, e trovoronsi tanto propinqui a loro, che a fatica ebbono tempo ad allacciarsi
le celate. Sendo pertanto gli impreparati assaltati dai
preparati e ordinati, con grande animo li spinsono, e
quelli con fatica resisterono; … ma isceso il romore per
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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il resto del campo dei Fiorentini, si riempiè di confusione ogni cosa. I cavagli erano oppressi dai fanti, i fanti
dai cavagli e dai carriaggi; … niuno sapeva in tanta
confusione quello che si potesse o dovesse fare. Intanto
i cavagli che, erono alle mani con le fanterie nimiche,
erano ammazzati e guasti senza potere difendersi, perché la malignità del sito non gli lasciava; pure più per
forza che per virtù resistevono, perché avendo di fianco
i monti, di dietro gli amici e dinanzi gli inimici, non
restava loro alcuna via aperta alla fuga”.
Castruccio, allora, temendo che alla lunga il gran numero dei nemici potesse, malgrado tutto, soverchiar
le sue forze, mandò giù dalla parte della Castellina,
quattrocento cavalieri a colpir di fianco e dietro i Fiorentini, che si sbandarono e volsero in una fuga precipitosa.
“Fu questa rotta grande e piena di sangue.
I Pistoiesi, … senza differire, cacciata la parte amica ai
Guelfi, si dettono a Castruccio. Il quale, non contento
di questo, occupò Prato e tutte le castella del piano,
così di là, come di qua d’Arno; e si pose con le genti
nel piano di Peretola, propinquo a Firenze dua miglia:
dove stette molti giorni a dividere la preda ed a fare
festa della vittoria avuta, faccendo in dispregio de’ Fiorentini battere monete, correre palii a cavagli, a uomini e a meretrici” (sic).
Questo fortunato ed audace condottiero non riuscì,
però a prender Firenze, come non era riuscito nell’impresa, pochi anni prima, Uguccione della Faggiuola.
Castruccio continuò a vincere ancora contro i Fiorentini e contro tutti i suoi nemici, macchiandosi di
tradimenti e di stragi, di cui anche Pistoia fece triste
esperienza, negli anni in cui il nome di Castruccio fu
legato a quello, esecrando da allora in poi alle orecchie dei suoi concittadini, di Filippo Tedici.
Fece costruire castelli e torri, e riparare costruzioni
militari già esistenti, come le
torri della Rocca Nuova di Serravalle, che i Lucchesi avevano costruito qualche decennio prima
con pietre portate da Lucca, per
segnare il territorio, di cui allora
erano i padroni.
“Ma la Fortuna, inimica della
sua gloria”, - continua ancora il
Machiavelli – “quando era tempo
di dargli vita, gliene tolse e interruppe quelli disegni, che quello aveva pensato di mandare ad
effetto”.
Castruccio venne a morte per
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passato e presente
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vano la vita degli uomini; e da quelle aspettava un
Salvatore, che riscattasse la sua povera Italia, “serva”
e “di dolore ostello”.
I cieli, che il Machiavelli vedeva nelle notti di San Casciano, dove era stato relegato “al confino” dai Signori
di Firenze, erano desolatamente vuoti di arcane presenze benevole: le stelle erano lontane, la loro luce
fredda come il riflesso di un diamante e nella volta
del cielo non vedeva niente che alleviasse il suo sconforto.
Era sicuro che di lassù non sarebbe venuto alcun aiuto.
“Ma venisse qualcuno, anche dall’Inferno, purché addirizzasse l’Italia” - era il suo pensiero: un’improbabile salvezza poteva venire solo dagli Italiani, guidati
da un Principe, che cacciasse i barbari dalla penisola.
Scrisse, quindi, per insegnare ai potenti italiani, come
avrebbe dovuto essere questo Principe, un “manuale”, frutto di una vita di studio della Storia antica e
recente e di decenni di esperienze politiche, come Servitore dello Stato Fiorentino; e quel libro, Il Principe,
fu uno dei più geniali scritti della storia dell’umanità.
Ma i tempi erano quelli che erano.
Amareggiato, incompreso e disilluso, dedicò il suo
Principe, a Lorenzo (II) dei Medici (nipote di Lorenzo
il Magnifico).
Era convinto che non sarebbe servito a niente, perché Lorenzo II, era uomo da poco; non sarebbe stato
certo lui il salvatore dell’Italia; e ne ebbe la certezza
quando, in risposta e segno di benigna accettazione
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
malattia il 3 settembre del 1328.
Il Machiavelli, invece, in spregio della verità storica,
lo fa morire qualche anno prima, immediatamente
dopo la grande vittoria che ad Altopascio, il 23 settembre del 1325, aveva riportato sui Fiorentini.
****
A Dante, morto già da alcuni anni, esule a Ravenna,
fu risparmiata la vista dell’umiliazione della sua amatissima città.
Era convinto che la scellerata stoltezza dei suoi concittadini, malati di orgoglio, li avrebbe condotti alla
rovina e più di una volta li aveva ammoniti ad abbassare il “capo altero” e rispettare le Leggi di Dio e
degli Uomini; capiva che, quanto più fosse stato avanti negli anni, tanto più la rovina di Firenze avrebbe
intristito il suo animo (Inf. XVI v. 1 e seg.), perché,
accrescendosi con gli anni la percezione della realtà,
più acuta sarebbe stata l’angoscia nel vedere la rovina
di luoghi e di persone care, causata dalla sconsiderata
condotta degli stessi.
Machiavelli non amava meno di Dante Firenze e l’Italia.
Entrambi desiderarono la libertà della loro terra e
lottarono, ciascuno a suo modo, in tempi completamenti diversi, per questo fine; entrambi morirono con
l’amarezza nel cuore di vedere i loro sogni e l’opera
politica di tutta la vita andare in fumo.
Dante, nelle notti del suo esilio, seguiva nel cielo i
movimenti degli astri, delle “bone stelle”, riconoscendo in esse i segni delle Potenze Divine, che regola-
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passato e presente
del suo libro, da parte del Signore di Firenze, si vide
recapitare a casa due fiaschi di vino.
Con la lucida e consapevole amarezza di esser solo,
o quasi, a capire la reale e tragica situazione della patria, chiuse il Principe con i versi finali della Canzone
all’Italia del Petrarca:
Virtù contro a furore //Prenderà l’arme; e fia
combatter corto: //Ché l’antico valore //
Nelli italici cor non è ancor morto.
LA VOCE DELL’ORDINE DI PISTOIA
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Era un augurio che Machiavelli faceva a se stesso ed
agli Italiani, ma era pienamente consapevole che si
trattasse di una vana speranza; pensiero questo condiviso anche dal Petrarca, che aveva iniziato quella
sua canzone all’Italia, con il più desolato e desolante
dei versi: “Italia mia, benché il parlar sia indarno …”
(cioè inutile).
Gli avvenimenti purtroppo, avrebbero dato ragione ad
entrambi.
****
Del Machiavelli, già in vita, ma specie dopo la morte,
è stato detto tutto il male possibile ed il suo nome è
stato associato alla quintessenza del cinismo politico.
Fu attribuita a lui la responsabilità di guerre e disastri
sociali: per esempio, gli fu data, da alcuni, la colpa
della strage della Notte di San Bartolomeo e delle sanguinosissime guerre di religione, che dilaniarono l’Europa nel XVI e XVII secolo.
Fu visto come l’incarnazione dell’Anticristo, contendendo, in questo, il titolo a Lutero.
Nel ’700 fu scritto “L’Anti Machiavelli”, dal re di Prussia, Federico il Grande, libro ricordato dai posteri solo
perché ha il nome del grande fiorentino nel titolo.
Fu calunniato in tutti i modi, quasi fosse lui il responsabile dei mali, che denunciava. Tutti conoscono e
citano frasi del Principe, che estrapolate dal loro contesto letterale e storico, sembrano giustificare anche le
più basse nefandezze dei potenti, come per esempio
“il fine giustifica i mezzi”.
In verità il Machiavelli non era un cinico; e non era
nemmeno un politico, nel vero senso della parola.
Era uno scienziato e la sua scienza era la politica, della quale aveva scoperto le leggi, che, da quando gli
uomini vivono insieme, regolano, nella realtà dei fatti,
la società: la violenza di pochi, la pigrizia di molti e
l’ipocrisia e l’egoismo di tutti.
Da vero scienziato fu obbiettivo, quindi necessariamente spietato, nell’osservare e descrivere i comportamenti umani, privi, nella stragrande maggioranza
dei casi, di ogni vincolo morale e soprattutto, diceva
lui, quasi sempre superficiali e stupidi.
Le medicine, che proponeva, per rimediare ai mali
della società del suo tempo e migliorare le condizioni
dell’Italia erano amare.
Agli inizi del ‘500 si stavano affermando i grandi stati
unitari, le grandi monarchie nazionali e soltanto un’
Italia unita poteva evitare la catastrofe; e per unire
gli Italiani l’unica speranza era un Principe, che, fosse
pure un tiranno e avesse venduto l’anima al Diavolo,
si adoprasse per liberare con le armi l’Italia dagli stranieri, che già stavano devastando le terre italiane e
portando nella più totale rovina la penisola.
****
Nemmeno oggi è passata la moda denigrare Machiavelli, accostando il suo nome a quello di moderni politici venduti ed infidi.
In sua difesa, e per rispetto della verità, vogliamo riportare le parole, non messe in discussione nemmeno
dai suoi avversari, che Luigi Ammannati, pronunciò
invano, a sostegno della sua candidatura a Segretario
della rinata Repubblica Fiorentina, dopo la seconda
cacciata dei Medici, il 10 giugno 1527, durante la Seduta del Consiglio Maggiore di Firenze:
“Tutta la sua vita è stato in politica, e non gli si è
attaccato alle mani un fiorino!”
E questo basti per dire di che galantuomo stiamo parlando, quando si ricorda la vicenda umana dell’Autore del “Principe”.
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Mandragora
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SETTEMBRE 2011
Guido Benedetti
Mamma che denti!
Guida pratica alla salute dei denti
del tuo bambino
prefazione di Paolo Sarti
IL LIBRO
2011
brossura cucito
11,5 x 17 cm, 112 pp.
11 illustrazioni in b/n
isbn 978-88-7461-169-0
euro 9,00
Mamma e papà, i nonni, poi il ginecologo, l’ostetrica, il pediatra, e
alla fine arriva il dentista.
Prevenire fin da subito le malattie dei denti è possibile, ma se ci
dimentichiamo dei genitori e dei nonni, il dentista arriverà sempre
troppo tardi e non potrà che contare i denti cariati o cercare di raddrizzare quelli storti.
Prevenire le malattie dei denti è importante perché avere denti
sani significa aiutare tutto il nostro corpo a essere sano e quando i
denti si ammalano possono esserci conseguenze sia fisiche sia psicologiche. Inoltre, viviamo in un mondo dove spesso si fa commercio anche della salute (che non è un bene di consumo ma un diritto) e per questo trovare l’aiuto di un dentista è sempre più difficile
perché costoso.
Questo libro è una guida pratica alla salute dei denti dei bambini, rivolta alle mamme, ai papà, alle nonne e ai nonni e a tutti coloro che si occupano della cura e della crescita di un bambino. Racconta il fondamentale ruolo dell’ambiente familiare nel prevenire
le malattie dei denti, oltre a fornire suggerimenti per un uso razionale ed efficace dei servizi odontoiatrici.
L’ AUTORE
Guido Benedetti (Firenze, 1979), odontoiatra, inizia l’attività professionale nel 2003, occupandosi di odontoiatria in età pediatrica.
Contemporaneamente viaggia in numerosi paesi africani e asiatici,
dove lavora in programmi e progetti per lo sviluppo della salute
orale nelle comunità più svantaggiate. Dopo aver completato un
master in cooperazione sanitariae odontoiatria, consegue, nel 2011,
il Dottorato di Ricerca in odontostomatologia preventiva.
nella stessa collana
L’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Pistoia
augura
Buon Natale
e Felice Anno Nuovo
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Bollettino n. 20 - Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della