Editoriale N on è stato difficile decidere a quale argomento dare maggior risonanza nel primo numero di questa nostra nuova proposta editoriale: l’importanza assoluta della riapertura lirica della Fenice ci ha spinto a gettarci senza esitazioni tra le braccia di Violetta, e celebrare con gioia ed entusiasmo questo evento tanto atteso che ha finalmente restituito a Venezia la ricchezza culturale che da sempre le appartiene. Abbiamo solo dovuto guardarci un po’ attorno, e pescare da un bacino inesauribile di storia e d’arte. Inoltre La Fenice, al di là del contingente, è per forza di cose uno dei nostri referenti principali, cui ci lega anche un rapporto che si sviluppa all’insegna di una collaborazione che ci auguriamo divenga sempre più evidente. Ma dopo la sbornia di Traviata, Callas, ricostruzione, teatralità diffusa, Goldoni narratore e quant’altro abbiamo necessariamente dovuto fermarci un momento a rintracciare le linee progettuali della rivista, o in parole più povere i motivi che ne hanno deciso la nascita e la vita. Chi si occupa di un periodico così dilazionato nel tempo, si diceva, non può rincorrere l’evento, perché ne uscirebbe sconfitto in partenza. È invece proprio sulla progettualità che deve costruire la sua forza e giustificare le sue scelte. Ed ecco ritornare in campo le idee guida degli inizi, quando il tutto era ancora un pensatoio socratico senza forma né sostanza. L’obiettivo era costruire un efficace e maneggevole strumento informativoformativo, in perfetta concordanza con le finalità dell’editore che lo sostiene, Euterpe Venezia. Ma la domanda poi tornava a riaffacciarsi impietosa: cosa vuol dire informare? E cosa vuol dire formare? Su questi interrogativi si sono modellate le opzioni contenutistiche del secondo numero, in due linee che sono destinate a coesistere anche in futuro. Da una parte l’approfondimento di tematiche ed estetiche, servendoci delle competenze di una folta schiera di esperti e studiosi che hanno volentieri accettato di scrivere per noi. È concretamente il caso del nostro “Focus” sui rapporti tra arte, musica e danza, che hanno radici antiche a partire dai magici anni delle avanguardie storiche e si sviluppano sempre più in una sorta di lettura contaminatoria della creatività e dell’universo spettacolare in genere. Prendendo spunto dall’arrivo in Veneto di uno spettacolo intitolato Picasso e la danza abbiamo cercato di esplorare il tema da molteplici punti di vista. Ma se l’approfondimento è un polo irrinunciabile l’altro dev’essere lo spirito di servizio. Parlare di musica non vuol dire sempre e soltanto descriverla dal punto di vista del fruitore. C’è molta gente che invece la fa, o la vorrebbe fare e non se lo può permettere, a cominciare dai giovani. Ed è molto istruttivo al proposito l’intervento che ci ha concesso il maestro Roman Vlad, in cui analizza con grande lucidità i problemi di chi è musicista, magari ad altissimo livello, e non può competere con “i mezzi di riproduzione meccanica” e con l’abbassamento progressivo delle proposte sul mercato. Allora proprio dai neodiplomati che hanno partecipato al pianistico Premio Venezia parte un monitoraggio accurato delle realtà che si occupano attivamente di musica, a cominciare ovviamente dai conservatori e dalle scuole ma senza escludere le altre declinazioni ed espressioni legate dell’arte dello spettacolo. Anche di questo ci occuperemo a cominciare dal prossimo numero. Fornire chiavi di lettura inedite e allo stesso tempo essere sul campo e documentare: questi credo siano i punti di forza per una realtà come VeneziaMusica e Dintorni. Senza ovviamente tralasciare in nessun modo l’obiettivo di essere utile vademecum per chi in Veneto ci vive stabilmente e per chi, al contrario, da noi transita per brevi periodi, nella speranza di riuscire a sfondare il muro di gomma e raggiungere il maggior numero di Bozzetto di Salvador Dalí per Ganimede lettori possibile. Leonardo Mello in Come vi piace di William Shakespeare (1948) 1 Sommario / Contents 1 5 10 14 16 18 20 Editoriale di Leonardo Mello Focus On E la danza volò incontro all’arte Dance and the Visual Arts. A 20th-Century Path di / by Susanne Franco Quando Picasso rivestì di glamour i Balletti Russi di Diaghilev Four works by Picasso for the Ballets Russes di / by Elisa Vaccarino Dalla parte dei musicisti On behalf of musicians di/by Mario Pagotto Trenta e più anni di danza spagnola More than thirty years of Spanish ballet di / by Inmaculada Gil-Lázaro Un «Romeo e Giulietta» flamenco e contemporaneo per il Nuevo Ballet Español al Comunale di Treviso A Contemporary Flamenco «Romeo and Juliet» for the Nuevo Ballet Español at the Treviso Comunale intervista con / interview with Angel Rojas Arti plastiche e movimenti coreografici: le ultime tendenze del teatrodanza italiano Plastic Arts and Choreographic Movement: The Latest Trends in Italian Dance Theatre di / by Andrea Nanni 16 18 All’Opera 23 25 27 La Fenice 2005: un cartellone «veneziano» tra belcanto e modernità da una conversazione con Sergio Segalini «Maometto Secondo» con affetto e avanguardia da una conversazione con Claudio Scimone Virtuosismo e nostalgia del passato Con il «Maometto Secondo» comincia l’ultima più interiore fase creativa di Martina Buran La cornice sinfonica 29 31 33 Una progettualità alla ricerca del Piacere Paolo Cossato narra la stagione cameristica veneziana di Chiara Squarcina Vent’anni di Schubert, cantore romantico di amore e malinconie di Paolo Cossato Da Saint-Saëns a Shostakovich Il percorso dell’Orchestra di Padova e del Veneto al traguardo dei 40 anni Sacro e barocco 35 Magiche corrispondenze tra note e liturgia nella doppia Tripla Fuga di J. S. Bach di Paola Talamini VeneziaMusica e dintorni Anno I - n. 1 - novembre / dicembre 2004 periodico bimestrale In corso di registrazione presso il Tribunale di Venezia Editore: Euterpe Venezia s.r.l. Direttore responsabile: Manuela Pivato Direttore editoriale: Leonardo Mello Caporedattore: Ilaria Pellanda Segreteria di redazione: Erica Molin e Catia Munari Progetto grafico: Roberta Volpato Realizzazione grafica: Roberta Volpato e Luca Colferai Stampa: Grafiche Crivellari - Ponzano Veneto (TV) Redazione: Dorsoduro 3488/U - 30123 Venezia Tel. 041 719274 - fax 041 2753231 e-mail: [email protected] Raccolta pubblicitaria: Promoeditorial - [email protected] Nicoletta Echer (348 3945295) - Roberto Echer (347 7206625) Abbonamento annuale: 15 € per 6 numeri per informazioni contattare la redazione 2 25 33 Tiratura: 3500 copie Contributi di Susanne Franco, Elisa Vaccarino, Mario Pagotto, Inmaculada Gil-Lázaro, Andrea Nanni, Martina Buran, Chiara Squarcina, Paolo Cossato, Paola Talamini, John Vignola, Guido Michelone, Tommaso Gastaldi, Enrico Bettinello, Bruno Rosada, Eugenio Bernardi, Carmelo Alberti, Cristina Ventrucci, Camillo Tonini e Diana Cristante. Traduzioni di Lemuel Caution Traduzioni dallo spagnolo: Eva Rico Si ringraziano Isa Danieli, Roman Vlad, Claudio Scimone, Sergio Segalini, Paolo Cossato, Angel Rojas, Maurizio Scaparro, Paolo Fresu, Luca Mosca, Elisa Vaccarino, Ernesto Ferrer, Eugenio Bernardi, Inmaculada Gil-Lázaro, Mario Pagotto, Carmelo Alberti, Susanne Franco, Gioacchino Rossini, John Vignola, Cristina Ventrucci, Andrea Nanni, Guido Michelone, Martina Buran, Bruno Rosada, Paola Talamini, Tommaso Gastaldi, Chiara Squarcina, Enrico Bettinello, Camillo Tonini, Diana Cristante, Eva Rico, Franco Quadri, Nicoletta Echer, Filippo Maria Paladini, Franco Mello, Sommario / Contents Note veneziane 36 39 40 35 Liszt e Chopin fanno brillare le stelle del Premio Venezia 2004 di Chiara Squarcina Un’edizione modello per un concorso speciale da una conversazione con Roman Vlad Festa di piazza e sipario di cultura Maurizio Scaparro torna in laguna per un Carnevale rinnovato Contemporanea 41 Accostando i frammenti di una storia intervista con Luca Mosca L’altra musica 43 44 46 43 47 48 49 Sulle corde del rock La musica di Elisa per un febbraio d’eccezione di John Vignola Dall’America a Modena, Francesco Guccini narra l’uomo con garbo e ironia di Guido Michelone «Sperimentazione e stima reciproca ci tengono ancora insieme» Paolo Fresu racconta i segreti del quintetto di scena a Treviso in gennaio Il «Paolo Fresu Quintet», vent’anni di grande jazz italiano di Tommaso Gastaldi Fred Herch, il pianoforte che reinventa la tradizione di Enrico Bettinello Il clarinetto di Allen incanta il Malibran In vetrina 51 53 - Virgilio Boccardi, Vivaldi a Venezia di Bruno Rosada - Adriana Sartorio (a cura di), Pagine d’album, quarant’anni di scuola media annessa al Conservatorio Benedetto Marcello – Venezia 1963-2003 Dintorni 53 54 55 56 56 Due libri «veneziani» 59 61 65 68 Isa Danieli porta la «Vecchia signora» di Dürrenmatt a Vicenza intervista con Isa Danieli Tragico e grottesco: le due facce di un testo complesso Armando Pugliese illustra la sua lettura della pièce Icona antica e contemporanea con una bara e una tigre di Eugenio Bernardi Un Sergente tra gli orrori delle guerre Viaggio teatrale di Marco Paolini di Carmelo Alberti I giovani aedi del teatro-narrazione di Cristina Ventrucci Scherzi e capricci nelle acqueforti della Collezione Correr di Camillo Tonini e Diana Cristante Zoom Appuntamenti / Events Paolo Corsi, Ernesto e Giovanni Dell’Olivo, Rossella Martignoni, Moreno Andreatta, Silvia Del Mastro, Gregorio Bacci, Carla Bino, Umberto Fanni, Giuseppe De Spirito, Adriana Sartorio, Daniela Martinello, Cristiano Chiarot, Barbara Montagner, Marina Dorigo, Angelo Curtolo, Marta Celso, Cinzia Andreoni, Melina Balsamo, Paola Manetta, Alessandra Canella, Gachi Pisani, Liesbeth Bollen, Paola Messinis, Sara Esteller, Maria Ida Biggi, Dawn Ades, Tomas Sharman, Francesca Boccaletto, Riccardo Bon, Carlo Bertinelli, Giorgio Mangini, Giovanni Soccol, Grafiche Crivellari, Lisa D’Amico. Si ringraziano inoltre: l’archivio fotografico del Teatro La Fenice, nella persona di Marina Dorigo, per la preziosa assistenza nella ricerca iconografica; la Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia per la gentile concessione dell’immagine di Gino Severini a p. 7; il prof. Giuseppe Pavanello, la Fondazione Giorgio Cini e la Marsilio Editori per la gentile concessione dell’immagine di Giandomenico Tiepolo a p. 40; La Jole Film per la gentile concessione delle immagini di Marco Paolini alle pp. 56-57; il Museo Correr di Venezia per la gentile concessione delle immagini di Giandomenico Tiepolo alle pp. 61 e 63. Photocredits: Jesús Vallinas, 18 e 19 in alto; Kinkaleri, 21; Michele Crosera, 36; Raffaella Cavalieri – Iguana Press, 46; Oreste Lanzetta, 53 e 54; Monika Bulaj, 56 e 57. In copertina: Balletto tratto dall’Armida di Gioacchino Rossini nell’allestimento del 1970 al Teatro La Fenice di Venezia. Rielaborazione grafica di Luca Colferai da una foto di Mauro Pucciarelli 3 Focus On E la danza volò incontro all’arte Dance and the Visual Arts. A 20th-Century Path È con l’inizio del ’900 che la danza, fino ad allora considerata un’arte minore, assurge a rango di espressione di alta cultura. E la pittura costituisce un avamposto importante per la gestazione della danza moderna, che investe come un’onda le sperimentazioni più estreme dei “ribelli” così come il mondo del balletto classico, contribuendo a rinnovarne stile e tecnica. Sono i pittori, infatti, i primi a realizzare l’ideale del filosofo-danzatore proposto da Nietzsche, in particolare gli espressionisti della Brücke. Anche il maggior teorico della danza moderna, Rudolf Laban, si forma all’accademia di belle arti: la sua consapevolezza del movimento, inizialmente figurativa, diventa il fondamento su cui edificare una nuova teoria e una nuova pratica di danza. Liberata da ogni costrizione contenutistica la danza moderna diventa il mezzo privilegiato del nuovo ideale di espressività autentica manifestatosi inizialmente in I di / by Susanne Franco docente di storia della danza allo IUAV di Venezia t is at the beginning of the 20th century that dance, up to then considered a minor art, rose to the ranks of elevated cultural expression. And painting constituted an important outpost for the development of modern dance, whose more extremely “rebellious” experimentations and the world of classical ballet it openly fomented, bringing about a renewal in style and technique. The painters themselves, and particularly the Brücke Expressionists, in fact, were the first to realise the ideal of the dancer-philosopher proposed by Nietzsche. Even the greatest theoretician of modern dance, Rudolf Laban, studied at a fine arts academy: his awareness of movement, at first only figurative, set the foundations on which a new theory and practice of dance were to be constructed. Set free from constrictions pertaining to content, modern dance became the privileged expressive means of the new ideal for authenticity which originally manifested itself in painting; and, vice versa, it was dance itself that was to provide pictorial art with an «È con l’inizio del ’900 che la danza, considerato in precedenza un genere minore, assurge pienamente a rango di espressione di alta cultura» “It is at the beginning of the 20th century that dance, up to then considered a minor art, Rose to the ranks of elevated cultural expression” Le Sacre du Printemps, coreografia di Nijinskij (1913). Le Sacre du Printemps, choreography by Nijinskij (1913). 5 Focus On ideal means through which an awareness of space and rhythm pittura, e viceversa, proprio la danza si rivela per l’avancould be further investigated. One of the more mature attempts guardia pittorica un mezzo ideale per approfondire la at transforming these new theoretical-pictorial principles into consapevolezza spaziale e ritmica. Uno dei tentativi più dance “figurations” was Kandinskij’s libretto for Der gelbe maturi di trasposizione dei nuovi principi teorico-pitKlang, published in the Blaue Reiter almanac in 1912, yet torici in figurazioni danzate è il libretto Der gelbe Klang never performed. di Kandinskij, pubblicato nell’Almanacco del Blaue Reiter Modern life, the key words for which were movement, rhythm (1912) e mai andato in scena. and speed, was emphatically celebrated by the Italian FuturLa vita moderna, le cui parole chiave sono movimento, ists, for whom dance was a privileged subject. The scene is ritmo e velocità, viene celebrata con enfasi dai futuristi host to experiments based on the synthesis between the arts, italiani per i quali la danza è un soggetto prediletto. as in Depero and his mimical-musical action entitled Balli La scena ospita sperimentazioni incentrate sulla sinPlastici (1918), while his painting were inspired to greater tesi tra le arti, come nel caso di Depero e della sua and greater extents by dance in all its genres and styles. The azione mimico-musicale intitolata Balli Plastici (1918), same is true for Severini (whose paintings Danseuse bleue mentre la pittura si ispira in modo crescente a danze and Mer=Danseuse are held by the Peggy Guggenheim di ogni genere e stile. È il caso di Severini - le cui tele Collection in Venice), the author of unforgettable paintings Danseuse bleue e Mer=Danseuse sono custodite presso la immortalising the tango, the “cake walk” and all the dance Collezione Peggy Guggenheim di Venezia - autore di novelties he encountered during indimenticabili quadri dove his Parisian sojourn. It was in immortala tango, cake walk e fact in Paris that two Americans, tutte le novità che conosce Isadora Duncan (celebrated by, durante il suo soggiorno pariamongst others, André Dunoyer gino. E proprio a Parigi trionand the sculptor Bourdelle) and fano due americane, Isadora Loïe Fuller, the living emblem Duncan, immortalata tra gli of Art Nouveau, triumphed. altri da André Dunoyer e dallo The most often-recurring image scultore Bourdelle, e Loïe Fulof Fuller sees her draped in soft ler, emblema vivente dell’Art silk fabrics, as she was stylised Nouveau. La sua immagine più in Toulouse-Lautrec’s playbills ricorrente, che la vuole avvolta as well as on much more massda morbidi drappeggi di seta, marketable objects such as lampviene stilizzata nelle locandine shades and vases. di Toulouse-Lautrec, ma anche The most sophisticated innovain oggetti di più ampio consutions in ballet were, on the other mo, come lampade e vasi. Le hand, put forward by an incredinnovazioni più sofisticate in ibly successful company, the Balseno al balletto, sono proposte lets Russes, brought to the most invece da una compagnia di important European theatres grande successo, i Ballets Rusbetween 1909 and 1929 by ses, che il suo direttore, DiaDiaghilev. Skilled in the art of ghilev, propone nei maggiori networking with the most famous teatri europei tra il 19a09 e il intellectuals and artists of the pe1929. Abilissimo tessitore di riod, Diaghilev renewed both the relazioni con gli intellettuali e Sergei Diaghilev ritratto di M. Larionov choreography and stage design in gli artisti più in voga al tempo, his productions, asking the leadDiaghilev rinnova sia l’aspetto ing artistic figures, including Cocteau, to design curtains, sets, coreografico sia quello scenografico delle sue produziocostumes and often even the playbills (Cocteau, for example, ni, commissionando sipari, scene, costumi, e spesso anwas responsible for the Spectre de la Rose [1911] playbill). che locandine ai protagonisti dell’arte dell’epoca come The costumes and set for this “choreographic tableau”, as it Cocteau, che disegna quella per Le Spectre de la Rose was defined, were designed by Léon Bakst. He was also re(1911). Per questa “tavola coreografica”, come viene sponsible for the oriental-style sets for Schéhérazade (1910) definita, è Léon Bakst a realizzare i costumi e le scene. and for L’Après-midi d’un faune (1912), which were Sue sono anche le scene orientaleggianti di Schéhérazade evocative of a more Greek-inspired classicism. Ever conscious (1910) e quelle di L’Après-midi d’un faune (1912), che of the company’s international scope, Diaghilev also contacted echeggiano invece una classicità grecizzante. Sempre the Russians Natalia Goncharova, Michail Larionov and attento alla dimensione internazionale della compagnia, Alexandre Benois, the set and costume designer for Petruska Diaghilev contatta anche i russi Natalia Goncharova, (1911), the Italians De Chirico (who designed the sets for Michail Larionov e Alexandre Benois, autore delle sceLe Bal [1929]) and Balla, who was brought in for Feu ne e dei costumi di Petruska (1911), gli italiani De Chirid’Artifice (1917), and the Spaniards Mirò and Picasso, who co, che firma le scene di Le Bal (1929) e Balla, coinvolto was to form a long-lasting relationship with the Ballets. in Feu d’Artifice (1917), gli spagnoli Mirò e Picasso, che Unanimously considered the “point of no return” for modern coi Ballets Russes stringe un legame duraturo. dance, the two-act Sacre du Printemps debuted in Paris in Unanimemente considerato il punto di non ritorno 1913, with music by Stravinsky, choreography by Nijinsky della modernità danzata è il balletto in due atti intito- 6 Focus On Gino Severini, Danseuse Bleue (1912), Collezione Peg g y Gug gehneim, Venezia. Gino Severini, Danseuse Bleue (1912), Peggy Guggehneim Collection, Venezia. lato Sacre du Printemps, andato in scena a Parigi nel 1913 con la musica di Stravinskij, la coreografia di Nijinskij e le scene di Nicolas Roerich, attento conoscitore del folklore slavo. Quest’ultimo disegna due fondali raffiguranti dei paesaggi collinari concepiti come ampi quadri, oltre a dei costumi, semplici tuniche bianche e rosse, realizzati in un materiale poco consono all’immagine eterea del balletto romantico, la flanella. In Germania, negli stessi anni Oskar Schlemmer, docente alla Bauhaus (dove è collega, tra gli altri, anche di Kandinskij) crea una serie di coreografie poi note come Bauhaus Tänze e dà vita a uno spettacolo in cui lo spazio teatrale è determinato dalla misura del corpo umano, Das Triadische Ballet (1922). Vera e propria sin- and set design by Nicolas Roerich, an expert in Slavic folklore. Roerich designed the two backdrops depicting softly undulating landscapes conceived as enormous paintings. He also designed the costumes, which were simple black and red tunics made from flannel, arguably the least likely of fabrics for an ethereally romantic ballet. In Germany in the same period Oskar Schlemmer, a teacher at the Bauhaus (where Kandinskij was one of his colleagues), created a series of choreographies, better known as the Bauhaus Tänze, and gave life to a performance where theatrical space is determined by the measure of the human body – Das Triadische Ballet (1922). A veritable architectural symphony, the piece, for which Schlemmer designed the sets and costumes as well as the choreography, achieved extraor7 Focus On dinary equilibrium between organic movement and geometric fonia architettonica, il pezzo, di cui Schlemmer firma projection, and between corporeal dynamics and choreographic le scene e i costumi ma anche le coreografie, raggiunge design. uno straordinario equilibrio tra movimento organico e On the other side of the ocean, there were clear signs of choproiezione geometrica, tra dinamica corporea e disegno reographic renewal in the 1930s thanks to the work of one coreografico. of the main players in modern American dance, Martha GraDall’altra sponda dell’Oceano, i segnali di rinnovamento ham. The artist she chose as her set designer, Isamu Noguchi, dell’arte coreutica si avvertono distintamente verso gli one of Calder and Brancusi’s pupils and very close to the anni ’30, grazie al lavoro di una delle protagoniste della abstract expressionist movement, considered scenic space as a modern dance americana, Martha Graham. L’artista che substance that was to be sculpted and forged with simple and sceglie come scenografo, Isamu Noguchi, già allievo di natural materials such as rope, wood and stone. For Frontier Calder e di Brancusi e vicino al movimento dell’espres(1935), a solo work dedicated to the myth of the American sionismo astratto, considera lo spazio scenico come una frontier, Noguchi put together a section of fencing from which materia da scolpire e da forgiare con materiali semplici two ropes extended, forming a V designed to evoke the lines e naturali, come corde, legni, pietre. Per Frontier (1935), left in the visual field by the tracks along which a speeding un assolo dedicato al mito della frontiera americana, train is travelling. Even more suggestive was the design for Noguchi realizza una sezione di steccato dalla quale Errand into the si estendono due Maze (1947), funi a forma di a pas de deux V che evocano based on the story la traccia lasciata of Ariadne and nel campo visivo the Minotaur and dai binari sui quali part of Graham’s svetta un treno in psychoanalysis-cencorsa. Ancora più tred mythological suggestiva è la cycle. Here a simsoluzione adottata ple white ribbon, per Errand into the tracing a repetitive Maze (1947), un irregular path that passo a due ispiis echoed in the rato alle vicende embroidered eledi Arianna e del ments of the main Minotauro e parte character’s costume, del ciclo mitolounfurls towards gico di Graham centre stage, which intriso di pensieis dominated by a ro psicanalitico. sculpture similar Qui un semplice to a pelvic bone; nastro bianco, Bozzetto di Jean Miro per Roméo et Juliette di Bronislava Nijinska, 1926 (Parigi), collezione Boris Kochno). the ribbon comtracciando un Sketch by Jean Miro for Roméo et Juliette by Bronislava Nijinska, Paris 1926 (Boris Kochno collection). municates that percorso irregolaentering into the re ripetuto anche labyrinth means having to deal with oneself and one’s own nei ricami della veste della protagonista, si srotola verso il hidden monsters. centro della scena dove campeggia una scultura dalle Even the first ever Happening, which took place at Black forme affini a quelle dell’osso pelvico, a dirci che entrare Mountain College in 1952, marks an important stage in the nel labirinto significa confrontarsi con se stessi e con i prorelationship between dance and the visual arts. The musician pri mostri interiori. John Cage, the choreographer Merce Cunningham and the artAnche il primo happening della storia, che ha luogo nel ist Robert Rauschenberg gave life to an event where dance, mu1952 al Black Mountain College, segna una tappa imporsic, painting and poetry simply “happened” together in front tante dei rapporti tra danza e arti visive. Sono il musicista of an actively involved public. This experience effectively gave John Cage, il coreografo Merce Cunningham e l’artista rise to a profound human and professional bond. In Minutiae Robert Rauschenberg a dare vita all’evento in cui danza, (1954), Rauschenberg, whom Cunningham asked to provide musica, pittura, poesia semplicemente “accadono” insieme the sets, lights and costumes for many of his works, invented davanti a un pubblico attivamente coinvolto nell’azione. Da the first “combined painting”, a mixture of collage and asquesta esperienza nasce un sodalizio umano e professionale semblages of every-day objects fixed onto an expressionist profondo. Rauschenberg, al quale Cunningham commisbackdrop. Perhaps even more famous are his backdrops and siona scenografie, luci e costumi per molti suoi lavori, reaclose-fitting overalls painted using the pointilliste technique lizza per Minutiae (1954) il primo combine painting, un collage for Summerspace (1958), or his mobile objects, such as those misto all’assemblaggio di oggetti della vita quotidiana incolconstructed for Winterbranch (1964), which were soon to lati su uno sfondo pittorico espressionista. Più noti sono become his unmistakable trademarks. i suoi fondali e le tute aderenti dipinte con la tecnica del The explorations undertaken by Cunningham, often referred puntillismo per Summerspace (1958), o ancora, i suoi oggetti to as the founder of post-modern dance, are almost exclusively mobili come quello costruito per Winterbranch (1964), che into the realm of a refusal of the “natural” expression of feelpresto diventano un marchio riconoscibile del suo stile. La 8 Focus On ricerca di Cuningham, comuneings or narrative components; his mente definito il capostipite della works tend to rely on processes inidanza postmoderna, è tutta tesa tiated by random and impersonal a rifiutare l’espressività “naturale” choreographic compositions. New dei sentimenti o la componente dance has to be and not mean; narrativa facendo piuttosto affiwhat’s more, it denies “frontality” damento a procedimenti di comand multiplies the centres of irposizione coreografica aleatori radiation, forcing viewers to maine impersonali. La nuova danza tain their own perceptive lucidity. deve essere e non significare; Among the artists who succeeded essa nega inoltre la frontalità e Rauschenberg we have Warhol, moltiplica i centri di irradiazione who designed silver heliumcostringendo lo spettatore a non filled cushions for Rain Forest perdere la propria lucidità per(1968), and Jasper Johns, who cettiva. Tra gli artisti che succefor Walkaround Time (1968), dono a Rauschenberg figurano though otherwise usually limiting Warhol, che disegna i cuscini himself to providing backdrops argentati e gonfi di elio per Rain and rainbow-coloured leotards, Forest (1968), e Jasper Johns che, paid homage to Duchamp’s se solitamente si limita a fornire Grand Verre by reproducing fondali e calzamaglie nelle tinte the artist’s images on transparent dell’arcobaleno, per Walkaround plastic boxes. Time (1968) rende omaggio al In the 1970s dance entered into Grand Verre di Duchamp, di cui its “performance” season and riproduce le immagini su scatole had to come to terms with the di plastica trasparente. Negli anni challenges brought to bear by ’70 la danza attraversa la stagione post-modernism. Virtuosity and della performance e affronta le “spectacularity” were definitively sfide della postmodernità, rifiushunned, and dance became a tando definitivamente il virtuomeans through which to reflect sismo e la spettacolarità e ponenon and deconstruct existing codes. dosi come mezzo di riflessione Lucinda Childs’s work is based e di decostruzione dei codici on the concepts of minimalism esistenti. All’insegna del minimaand repetition; Sol Lewitt collabolismo e della ripetizione si situa il rated with her on Dance (1979). Una locandina di Toulouse Lautrec. lavoro di Lucinda Childs che per A theatre bill by Toulouse Lautrec. Recently re-performed (proof of its Dance (1979) collabora con l’artista fundamental place in the history of Sol Lewitt. Recentemente riallestito - a riprova del suo ruolo dance), Dance is one of the earliest and most important experifondante nella storia della danza - Dance è uno dei primi imments based on the use of video-art: on this occasion, Lewitt pieced portanti esperimenti incentrati sull’uso della videoarte in scena: together a short film to be screened during the performance on a Lewitt confeziona per l’occasione un filmato proiettato durante transparent screen that is reproduced vertically, and behind which, lo spettacolo su di uno schermo trasparente che riproduce in in the foreground, the choreography itself is to be performed. senso verticale e portando in primo piano la coreografia eseguiMore recently contemporary dance, eschewing the concepts of geota dal vivo al di là dello schermo. In anni più vicini a noi, superati graphical boundaries and distinctions between genres, has ventured i confini geografici e le divisioni di generi, la danza contempointo areas that are less and less governed by concepts of “typically ranea si avventura in direzioni sempre meno riconoscibili come European” or “typically American”. The Belgian Frédéric Flatipicamente europee o americane. Il belga Frédéric Flamand, mand, who studied in Europe but feels just at home in the US, formatosi in Europa ma assiduo frequentatore degli Stati Uniti, purposefully allows choreography to ensue from a dialogue with volutamente lascia che la coreografia prenda forma a partire dal artists and architects, all in the name of interdisciplinarity. One dialogo con artisti e architetti all’insegna dell’interdisciplinarità. such (particularly productive) dialogue was undertaken with the Particolarmente fortunato quello avviato con l’artista veneziano Venetian artist Fabrizio Plessi, responsible for the “machinery” Fabrizio Plessi, autore delle machinerie inserite nella trilogia dediused in the trilogy dedicated to the relationship between man and cata alla relazione tra l’uomo e la tecnologia e composta da The technology: The Fall of Icarus (1989), Titanic (1992) and Fall of Icarus (1989), Titanic (1992) ed Ex machina (1994). In TitaEx machina (1994). In Titanic, for example, a computer-genernic, ad esempio, a un fuoco in bianco e nero riprodotto in video ated black-and-white fire reproduced on television screens and over e risultato di un’immagine creata al computer e sul quale i danwhich the dancers can walk, is given the role of translating into imzatori possono camminare, è assegnato il compito di tradurre ages the concept of the representation of the essence of appearance in immagine il concetto che la rappresentazione dell’essenza – while the fire itself is nothing but just such an appearance. dell’apparenza non è altro che un’apparenza. Il binomio danzaThe dance/visual arts couplet, after various attempts at coming arti visive, dopo gli accostamenti, le collaborazioni e gli scambi closer together, collaborating and exchanging viewpoints and pracdi visioni e di pratiche, si declina oggi in tra(N)sformazioni e tices, is now a series of transformations and hybrid elements which ibridazioni sempre più difficili da etichettare che rimettono in it is becoming harder and harder to label. And these hybrids are discussione i confini stessi delle discipline. questioning the very boundaries of the disciplines themselves. 9 Focus On Quando Picasso rivestì di glamour i Balletti Russi di Diaghilev Four works by Picasso for the Ballets Russes P « icasso e la danza»: le maggiori compagnie di balletto del mondo, prima tra tutte quella dell’Opéra di Parigi, possono - oggi come ieri - costruire programmi meravigliosi nel nome di questo binomio, che ha dato frutti straordinari nell’epoca d’oro delle avanguardie del primo ‘900 febbrilmente attive in Francia, paese-vetrina privilegiata di tutti gli «ismi» internazionali in vivacissima competizione tra loro. E adesso anche il Ballet de l’Opera National de Bordeaux, attualmente guidato da Charles Jude, una delle stelle maschili più luminose appunto dell’Opéra parigina, ha fatto propri tre titoli preziosi, firmati per il décor dal pittore catalano, uno dei più multiformi e innovativi, ma anche uno tra i più riconoscibili per la forza del suo tratto d’autore, che ha posto un marchio inconfondibile anzitutto su due capolavori nati per i Ballets Russes di Sergej Diaghilev, Parade e Le Tricorne. L’ultimo dei grandi ballerini russi di questa leggendaria compagnia, poi, il bellissimo Serge Lifar, seguirà a sua volta l’esempio musicalmente «alto» del suo ex patron, scomparso a Venezia nel 1929, quando sempre all’Opéra di Parigi - dove sarà a lungo premier danseur e maître de ballet - nel 1935 chiamerà Honegger (sotto il nome però di J. E. Szyfer, per questioni contrattuali) come suo partner nella creazione di Icare, il proprio balletto-feticcio, sia come coreografo sia come interprete di un neoclassicismo carico di segni capace di tenere testa a quello essenziale di George Balanchine, l’ultimo grande coreografo russo di Diaghilev, autore del capolavoro di ambiente mitologico-greco Apollo. Sono quattro, in realtà, i lavori che Pablo Picasso, capace come nessun altro di dare un piglio vigoroso e glamour insieme a tutto ciò che toccava, abbigliò per i Ballets Russes nella Ville Lumière, Parade del 1917, una originalissima scena di circo cubista, su libretto di Jean Cocteau, musica di Eric Satie, coreografia di Leonid Massine, Le tricorne ovvero Il cappello a tre punte di Manuel De Falla, con la coreografia sempre di Massine nel 1919, Pulcinella del 1920, con musica di Igor Stravinsky - forse da Pergolesi - e coreografia ancora di Massine, Le train bleu del 1924, cioè il treno che portava la «bella gente» dalla Capitale verso la Costa Azzurra, con il famosissimo sipario delle due grandi bagnanti, ouverture per lo spiritoso schizzo danzato dai tipici personaggi vacanzieri dell’epoca, che scopriva con Coco Chanel lo chic dello sport, tennisti e nuotatrici, coquette in costumino a righe e golfisti, su libretto di Cocteau, musica di Darius Milhaud, coreografia di Bronislava Nijinska, sorella del leggendario e maledetto Vaslav Nijinsky, Divo assoluto della compa- 10 P « di / by Elisa Vaccarino icasso and dance”: the most important dance companies in the world, first and foremost the Opéra de Paris, can, as they always have been able to, put together marvellous programmes based on these two terms. It brought extraordinary results in the golden age of the early 20th century avant-gardes, who were extremely active in France, the privileged country for all those international “-isms” so effervescently competing with one another. And even the Ballet de l’Opéra National in Bordeaux, directed by Charles Jude, one of the most important stars of the Parisian Opéra, decided to add three important titles, the decor for which was by Pablo Picasso, one of the most inventive and innovative, but also one of the most recognisable thanks to the strength of his authorial artistry, adding his unmistakable trademark to some masterpieces devised for Diaghilev’s Ballets Russes. There were in fact four works that Picasso, inimitably able to give both vigour and glamour to everything he touched, put together for the Ballets Russes in Ville Lumière: Parade (1917), an extremely original design of a cubist circus, based on a libretto by Jean Cocteau, scored by Eric Satie and with choreography by Leonid Massine; Le Tricorne, or The ThreeCornered Hat (1919), by Manuel De Falla, with choreography again by Massine; Pulcinella (1920), with music by Stravinsky (perhaps from Pergolesi), with choreography again by Massine; Le Train bleu (1924), with the libretto by Cocteau, music by Darius Milhaud, and choreography by Bronislava Nijinska, the sister of the legendary maudit Vaslav Nijinsky, the Divo absolute of Diaghilev’s company in the opening decade of the century, that is before his descent into the maelstrom of dementia. These four masterpieces were never removed from the repertoire. They were extremely different, splendid in their form and colour and in the way they “put ideas in motion”, ideas that were highly innovative, sometimes even perhaps less than profound but none the less always extremely elegant – they always hit the mark. If Le Train bleu belongs to the series of “lighter”, ironic and witty, works, and Pulcinella plays on Italian Commedia dell’Arte, Parade is a celebration of anti-bourgeois street-theatre devoid of means yet rich in imagination, while Le Tricorne corresponds to the “exotic” tastes typical of the Russian-Parisians’ line of action during Massine’s stint. It harks back to folklore, in this case Spanish folklore, which was obviously much more familiar to the great painter of harlequins, ballerinas, bulls and minotaurs. It must also be said that one of the collaborators on Parade, was Fortunato Depero, who was to create the costumes for another of Diaghilev’s productions, Le Chant du rossignol, but who was eventually replaced by Henri Matisse. Who performed in front of Parade’s red curtain? A flamboyant Chinese prestidigitator (originally it was Massine himself), a pair of acrobats in sky- Focus On Picasso et la Danse, Ballet de l’Opéra National de Bordeaux. 11 Focus On gnia di Diaghilev negli anni ‘10, prima di piombare nel vortice della follia. Quattro capolavori, mai usciti dal repertorio, diversi tra loro, splendidi nella forma, nel colore, nel modo di «mettere in movimento le idee», le più innovative, magari anche le più lievi, e insieme però le più eleganti ed efficaci, sempre. Se Le train bleu appartiene alla serie dei titoli «leggeri», ironici e spiritosi, e Pulcinella gioca con la Commedia dell’Arte italiana, Parade celebra il teatro anti-borghese, quello di strada, quello povero di mezzi e ricco di fantasia, e Le Tricorne corrisponde al gusto «esotista» tipico della linea d’azione dei Russi-Parigini, nel periodo Massine, per la rivisitazione del folklori, in questo caso quello iberico certo molto familiare al grande pittore di arlecchini, ballerine, tori e minotauri. Va detto che a Parade con i suoi due manager, il francese e l’americano, che invitano il pubblico a entrare dietro le tende del loro circo, offrendo agli spettatori qualche assaggio dello spettacolinino che vedranno, e imponendosi all’attenzione con indosso alte sagome di palazzi e con un megafono per richiamare i distratti e i neghittosi, collaborò il geniale futurista italiano Fortunato Depero, che avrebbe dovuto a sua volta creare i costumi per un altro balletto prodotto da Diaghilev, Le chant du Rossignol, affidato poi invece a Henri Matisse. Chi si esibisce davanti al sipario rosso di Parade? Un fiammeggiante prestigiatore cinese (al debutto Massine stesso), una coppia di acrobati in calzamaglie tinta cielo decorate di stelle, una ragazzina americana con la gonnella a pieghe, il collettino alla marinara e il fiocco nei capelli, un cavallo ammiccante, composto di due persone abilmente sincronizzate sotto una gran coperta marrone con la coda, come nei varieté più popolari. Rumori di battute di macchine per scrivere e colpi di pistola- cioè frustate- integrano un sonoro dove entra anche il ragtime: con Parade siamo ormai in un mondo già globalizzato dove nella musica «seria» trovano posto infatti anche il jazz e il bruitage. La modernità è ormai entrata in pieno sulla scena del balletto colto, che è diventato breve, incisivo, intessuto di suggestioni ben diverse da quelle cortigiane-nobiliari dei titoli classici a serata intera del repertorio dell’800, con l’apporto appunto di compositori e pittori che sono al centro delle svolte artistiche del «secolo breve». Tutt’altra vicenda quella del Tricorne, nato come traduzione in danza e pantomima della vicenda di amene schermaglie amorose di una bella mugnaia, innamorata del giovane marito, ma concupita dal vecchio, arrogante e ridicolo Governatore del posto, che sarà naturalmente gabbato, alla fine della storia. Se Massine rubò i passi della danza al bailaor flamenco Felix Fernandez, dietro la falsa promessa di dargli poi il ruolo del protagonista che invece tenne per sé, creando tale sconforto nel danzatore spagnolo da votarlo alla follia, e se De Falla estrasse con nuovi approcci il succo di sevillane e fandanghi, Picasso lavorò sul crinale tra cubismo e ritorno all’ordine prospettico neoclassico, trasponendo la tradizione iconografia spagnola in una nuova ottica, sua, attualizzata, fin dal rideau di scena, un’arena di corrida opportunamente condita da olé ritmati a scandire l’inizio delle danze, e regalando poi ai costumi dei vari personaggi, con un magnifico effetto di intaglio, dei densi bordi neri ad effetto tridimensionale oltre a connotare di tinte differenti il marchio distintivo dei diversi strati sociali. Geometrie scultoree a cui Massine seppe infondere una deliziosa vivacità di movimento, con un culmine trasci- 12 blue star-spangled leotards, a young American girl in pleated skirt, sailor-collar and a ribbon in her hair, and a winking horse, made up of two perfectly synchronised people under an enormous brown blanket and tail, as in the most popular variétés. Sounds of typewriters and pistol shots (that is, whips cracking) completed a score that also included ragtime: Parade already presents us with a globalised world where “serious” music is flanked by jazz and pure noise. Modernity is now firmly entrenched in serious ballet, which became short, sharp, full of suggestions that were completely different from those once loved by grand society ladies with double-barrel surnames of the 19th century. This modernisation came about thanks to the composers and painters who were at the forefront of the artistic revolutions of the so-called “short century”. Tricorne, on the other hand, was quite a different kettle of fish. It was originally devised as a translation into dance and pantomime of the story of the amorous skirmishes in which a young maid was involved. She is in love with her young husband, but is also the object of the desires of an old, arrogant and ridiculous Governor, who will naturally be snubbed at the end of the story. If Massine stole his dance steps from the Flamenco dancer Felix Fernandez, behind the false promise of giving him the leading role that he then kept for himself, creating such despair in the Spanish dancer that he went mad, and if De Falla used different approaches to distil the essence of fandangos and sevillanas, then Picasso worked on the cusp between Cubism and a return to neoclassical perspective, transposing Spanish iconographic tradition into a new viewpoint (his own). He put together a bullring opportunely punctuated by wild “olé”’s that gave their own rhythm to the dance sequences. Massine gave these sculptural geometrics a delicious vivacity of movement, with an overwhelming finale comprising a collective, and timeless, aragonese jota. In terms of the libretto, Icare harks back to the Hellenic myth. Focus On nante nella stilizzata jota aragonese collettiva finale, delizia senza tempo. Icare, quanto al libretto, rimanda invece ovviamente al mito ellenico del ragazzo che voleva volare e che, avvicinatosi troppo al sole, precipitò bruciandosi le ali costruite per lui dal padre, il leggendario architetto Dedalo, quello del labirinto, da cui sviluppa- come si sa- un’altra vicenda archetipa, la storia di Arianna, del suo filo e del Minotauro prigioniero, crudele divoratore di giovani vittime umane, vinto infine dall’accortezza appunto di Arianna. In termini di scrittura del movimento, Icare rappresenta la concreta applicazione delle teorie di Serge Lifar, esposte nel suo Manifeste du Chorégraphe, pubblicato qualche mese prima del debutto del balletto, il 9 luglio 1935: anzitutto la rivendicazione dell’autonomia della danza dalla pittura e dalla musica. Il balletto si vale infatti di sole percussioni, di ritmi puri, elaborati su misura durante le prove, il che all’epoca della prima fece molta sensazione. Per le scene e i costumi, l’autore in locandina fu allora Paul Larthe. Coreograficamente l’enfasi fu sui movimenti delle braccia in elevazione, sui salti, sugli sguardi volti verso l’alto degli astanti, per seguire il volo ardito del bell’Icaro. Alla ripresa di Icare, nel 1962 all’Opéra di Parigi, Lifar chiese un nuovo décor a Pablo Picasso, che dipinse un cielo azzurrissimo, con tratti grafici neri e blu, una cornice che si è imposta nella memoria di tutti coloro che conoscono e apprezzano questa creazione emblematica del gusto estetico lifariano. Una creazione che richiede- è chiaro- un interprete di grande impatto plastico, come fu Lifar stesso all’origine e, dopo di lui, Attilio Labis e poi proprio Jude, che ora lo ripropone con la propria compagnia. Le fils prodigue, capolavoro di George Balanchine, andato in scena al Théâtre Sarah Berhardt il 21 maggio 1929, uno tra i suoi pochi titoli narrativi del massimo coreografo del 900, un balletto breve di inedito tono espressionista, anche in virtù del tratto pittorico marcato dell’habillage di Georges Rouault e della musica emozionante di Sergej Prokofiev, è opera dell’ultimo dei grandi autori di Diaghilev- dopo Mikhail Fokin, Vaslav Nijinsky, Bronislava Nijinska e Leonide Massine - il giovane fuoruscito georgiano, formato a San Pietroburgo, nel tempio del balletto zarista, che sarà poi fondatore del nuovo balletto americano, «concertante», intimamente legato alla musica, e dello strumento per realizzare le sue idee innovative, con il proprio distinto linguaggio «neoclassico», il New York City Ballet, a partire dalla relativa scuola. La trama narrativa, elaborata nel libretto di Boris Kochno- ultimo segretario e protegé di Diaghilev- è quella ben nota della parabola biblica, che si realizza qui in assoluta asciuttezza, con elementi semplici, come la cancellata-recinto che diventa tavolo per i bagordi del ragazzo ribelle e piedistallo della grande «Sirena» tentatrice dal lungo manto cremisi e dall’alto cappello turrito per ridiventare lo steccato di casa al momento del ritorno, spogliato di tutti i suoi beni, lacero e pentito, del giovane tra le braccia del Padre e delle sorelle, tutti pronti al perdono sulla soglia della tenda di famiglia. Interprete all’origine fu lo stesso Serge Lifar, formato a Kiev con la Nijinska. Quello del grande balletto è dunque- e lo si riverifica ogni volta- come un cerchio di intelligenze e di rimandi a specchio, che si racchiude nel nucleo delle grandi date storiche per riaprirsi a ogni ripresa scenica, regalando nuovamente bellezza, talento, sorpresa, al pubblico di tutti i tempi. In terms of writing and movement, it is the concrete application of the theories of Serge Lifar, written up in his Manifeste du choréographe, which was published a few months before the ballet’s debut on July 9, 1935: it is first of all a demand for the independence of dance from painting and music. The ballet, in fact, only deploys percussive instruments, pure rhythm, which was specially elaborated during the rehearsals; needless to say, this caused a furore on opening night. The sets and costumes were the work of Paul Larthe. Choreographically, the emphasis fell on the movement of raised arms, jumps, on faces looking upwards to follow the daring flight of the beautiful Icarus. When Icare was taken up once more by the Opéra de Paris in 1962, Lifar asked Picasso to redesign the set. He painted an overwhelmingly blue sky, with black and blue slashes, providing a frame that was never to be forgotten by those who saw what was in effect an emblematic representation of Lifar’s own aesthetic tastes. Such an artistic creation naturally required an equally gifted dancer, which is what Lifar himself originally was and, after him, Attilio Labis and then Jude, who now played the role with his own company. Le Fils prodigue, George Balanchine’s masterpiece, was performed at the Théâtre Sarah Bernhardt on May 21, 1929. This was one of the great 20th century choreographer’s few narrative works, and the brief ballet presented an innovative expressionist tone, Le Fils was the work of the last of Diaghilev’s great authors (after Mikhail Fokin, Vaslav Nijinsky, Bronislava Nijinska and Leonide Massine), who had been born in Georgia and studied in St Petersburg, in the temple of Tsarist ballet; he would later found, starting with his own school, a new American ballet, the New York City Ballet, intimately linked to music, and the instrument of his innovative ideas, with its distinct “neoclassical” feel. The narrative thread, libretto by Boris Kochno (Diaghilev’s last secretary and protégé), is the well known story of the Biblical parable. The original premier danseur was Serge Lifar himself, who had studied in Kiev with Nijinska. The great history of dance, therefore, comes full circle, like a game made of great minds and mirrors reflecting, and which contains a central core of essential dates. It then starts off again with each performance, and once again bears the gifts of beauty, talent and surprise to its timeless audience. 13 Focus On Dalla parte dei musicisti On behalf of musicians N on è possibile elaborare una seppur breve e circoscritta scheda sulla musica per balletto del ‘900, senza prendere in considerazione il ruolo fondamentale dei Balletti russi e del loro impresario Sergej Djagilev. Uomo di grande cultura artistica, nel 1898, a S. Pietroburgo, assieme ad una congrega di pittori, critici e musicisti, fondò la rivista “Il mondo dell’arte”. E’ in quest’ambito che nascono i Ballets Russes che, in pochi anni, grazie all’instancabile attività del suo impresario, conquistarono Parigi e la ribalta mondiale. In conformità con le concezioni moderniste de “Il mondo dell’arte” (fortemente ispirate anche dal gusto fauve della pittura parigina di quegli anni) essi rivoluzionarono il balletto moderno dando pari importanza agli elementi costitutivi dello stesso: coreografia, scenografia, musica. Non si tratta di una riedizione del wort-ton-drama wagneriano, bensì di una concessione di massima libertà a ciascuna delle tre discipline allo scopo di potenziarne le specifiche caratteristiche espressive ed estetiche. Michel Fokine, influenzato dalle idee dell’americana Isadora Dunkan, seppe rinnovare la scuola coreografica russa ed europea, mettendo in primo piano l’essenzialità fisica ed espressiva di ogni componente plastica e di movimento del corpo umano. Seguito a Parigi dai giovani artisti Bakst e Benois che curarono le prime scene e costumi, Djagilev riuscì presto a catalizzare l’interesse dei maggiori artisti post-impressionisti: Matisse, Picasso, Braque, Dufy. In campo musicale seppe coinvolgere pressoché tutti i maggiori compositori dell’epoca, spesso rivelandoli al grande pubblico (il caso Stravinskij è embematico). Le collaborazioni non furono però sempre esenti da contrasti. Se a Maurice Ravel, infatti, il grande impresario russo, commissionò Daphnis et Chloé nel 1912 e realizzò inoltre, con successo, i balletti tratti dalle musiche di Ma Mère l’Oye e Valse nobles et sentimentales , ebbe l’ardire di rifiutare la produzione di La valse, dello stesso Ravel, perché “non adatta al balletto”. A Fokine seguirono i coreografi Nijinskij e Massine che seppero dare nuovo e grandioso impulso alla produzione. A questa rinnovata stagione parteciparono letterati come Max Jacob, André Salmon, Apollinaire e Cocteau. Un successo di scandalo, ebbe la collaborazione tra quest’ultimo, Picasso, Massine e Erik Satie nella realizzazione del balletto Parade (1917). Nel 1924 Satie ritornò alla collaborazione con Picasso e Mas- I t would be impossible to elaborate even the briefest of lists of 20th century ballet music without considering the fundamental role played by the Ballets Russes and their impresario Sergej Diaghilev. A man of wide-ranging artistic culture, Diaghilev founded the journal Mir Iskusstva (The World of Art) in 1898 in St Petersburg along with a group of painters, critics and musicians. It is from this nucleus that the Ballets Russes were born, and within a few years, thanks to the tireless activity of their impresario, they conquered Paris and the world stage. In keeping with the modernist conceptions of Mir Iskusstva (inspired by the fauve pictorial tastes of contemporary Paris), they revolutionised modern ballet and laid equal stress on the constitutive elements of dance itself: choreography, set design and music. This was not a simple re-edition of the Wagnerian Wort-ton-drama, but rather the concession of utmost freedom to each of the three disciplines with the aim of enhancing their specific expressive and aesthetic characteristics. Michel Fokine, influenced by the ideas of the American Isadora Duncan, renewed both the Russian and European choreographic schools, and brought to the forefront the physical and expressive essentiality of each plastic, moving component of the human body. Followed to Paris by the young artists Bakst and Benois, who designed the Ballets’ early sets and costumes, Diaghilev soon managed to garner the interest of the most important post-Impressionist artists: Matisse, Picasso, Braque and Dufy. Musically, he managed to involve almost all of the greatest composers of the period, often introducing them to a wider audience (Stravinsky is an emblematic case in point). His collaborations, however, were not always devoid of tension. If he said yes to Maurice Ravel, in fact, and commissioned his Daphnis et Chloé in 1912 and also successfully put on productions of ballets based on Ma Mère l’Oye and Valse nobles et sentimentales, he also had the effrontery to refuse Ravel’s La Valse, saying that he thought it was “not appropriate for ballet”. Fokine was succeeded by the choreographers Nijinsky and Massine, the latter of whom gave great thrust and new impetus to the company’s productions. The company was thus given a new lease of life, and to its ranks were added writers such as Max Jacob, André Salmon, Apollinaire and Cocteau. Parade (1917), a collaborative effort between Cocteau, Picasso, Massine and Erik Satie, became a succès de scandale. In 1924 Satie once again collaborated with Picasso and Massine on the production of Mercure. In the same La collaborazione di Sergej Prokof’ev con George Balanchine dà vita a capolavori del balletto come balletti Il buffone (1921) e Il figliol prodigo (1929) The collaborations between Sergej Prokofiev and George Balanchine led to masterpieces as Il buffone (1921) and Le Fils prodigue (1929) 14 di / by Mario Pagotto compositore Focus On period, however, there were rival companies to the Ballets Russes. There were, for example, Rolf de Maré’s successful Ballets Suédois, whose choreographer Jan Börlin collaborated with the musicians Milhaud, Auric, Honegger and Casella, and artists such as De Chirico and Léger. It was thanks to a collaboration with Satie that the syncretic Relâche was produced, with the cinematic insert of René Clair’s Entr’acte. Manuel De Falla’s debut in the ballet genre came with El amor brujo, but it was the 1919 production of The Three-Cornered Hat that introduced him to a wider public. The ballet was produced by the Ballets Russes, with the collaboration of Picasso, Cocteau and Massine. There were important changes, especially on the choreography front, in the years that went from 1920 to 1930. Massine was flanked by Bronislava Nijinska (Vaslav’s sister) and the great George Balanchine. At the same time the heavy-handed modernism of the set designs was somewhat mitigated, and Igor Stravinskij sine per la realizzazione di Mercure. In quegli anni si affermarono anche alternative ai Ballets Russes. Ad esempio grande importanza ebbe la compagnia dei Ballets Suédois di Rolf de Maré, il cui coreografo, Jan Börlin, collaborò con i musicisti Milhaud, Auric, Honegger, Casella e artisti come De Chirico e Léger. Dalla collaborazione con Satie nacque la sincretica Relâche con l’inserto cinematografico Entr’acte di René Clair. L’esordio nel genere del balletto di Manuel De Falla, avvenne con El amor brujo, ma fu El sombrero de tres picos del 1919, il balletto che gli valse successo e fama. Esso venne realizzato in seno ai Balletti Russi, frutto della collaborazione tra Picasso, Cocteau e Massine. Il decennio 1920-30 registra importanti cambiamenti soprattutto a livello coreografico. A fianco di Massine, vengono a lavorare con la compagnia, Bronislava Nijinska (sorella di Vaslav) e il grandissimo George Balanchine. Contemporaneamente le scelte delle sceneggiature mitigano di molto l’ansito modernista, per rivolgersi al dramma. In questo contesto si colloca la collaborazione con Sergej Prokof ’ev che dà come esito i balletti Il buffone (1921), Passo d’acciaio (1927) e soprattutto Il figliol prodigo (1929) per la coreografia di Balanchine. I successivi Romeo e Giulietta e Cenerentola, che segnano uno dei vertici più alti della musica per balletto, furono composti da Prokof ’ev, dopo il suo ritorno in Unione Sovietica. Intorno agli anni trenta, dopo la morte di Djagilev (sepolto a Venezia, imitato da Stravinskij che molti anni dopo volle giacere a fianco del suo mentore) e il conseguente scioglimento dei Balletti Russi, i principali esponenti dell’arte coreutica si divisero in diverse compagnie diffondendo il grande patrimonio artistico e culturale creatosi in quegli anni straordinari. Nuovi compositori si affacciarono alla ribalta. Una collaborazione assai stretta con l’arte del balletto l’ebbe, per esempio, il Gruppo dei Sei, cui appartiene anche lo svizzero Arthur Honegger. Attorno a lui si formò un nuovo e affascinante cenacolo artistico letterario, che fece nascere capolavori come, citando solo a titolo di esempio, Amphion (1931) di Valéry-Massine-Honegger-Jakovlev e Sémiramis (1934) di Valéry-Fokine-Honegger-Jakovlev. Sergej Prokofiev attention brought to bear on the dramatic aspects. In this new context there were collaborations with Sergej Prokofiev, which led to the ballets Il buffone (1921), Passo d’acciaio (1927) and above all Le Fils prodigue (1929), with choreography by Balanchine. The following Romeo and Juliet and Cinderella, which marked one of the highest musical moments in ballet, were composed by Prokofiev after his return to the Soviet Union. In about the 1930s, after the death of Diaghilev (buried in Venice, and imitated by Stravinsky who, many years later, wanted to be buried alongside his mentor) and the subsequent disbanding of the Ballets Russes, the main exponents of the art of dance went their own way and joined different companies, further disseminating the great artistic and cultural heritage that had coalesced in those extraordinary years. New composers came to the fore. A rather close collaboration between art and ballet, for example, was embodied in the Group of Six, to which the Swiss Arthur Honegger also belonged. Around him a new and fascinating artistic-literary group formed, which created masterpieces such as Valéry-Massine-Honegger-Jakovlev’s Amphion (1931), and Valéry-Fokine-Honegger-Jakovlev’s Sémiramis (1934). 15 Focus On Trenta e più anni di danza spagnola Trenta e più anni di danza spagnola L’ evoluzione della danza nel nostro paese nelle ultime decadi è stata molto diversa da quella del resto delle nazioni europee a noi più vicine, come l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna o la Germania. La storia recente della Spagna ha determinato questa diversità. Mentre nei paesi nominati lo scambio e l’innovazione formavano parte del vivere quotidiano, in Spagna il folclore copriva tutte le necessità d’espressione attraverso il movimento. Perciò, con l’avvento della democrazia, l’incredibile esplosione di creatività si tradusse nella nascita di formazioni che con gli anni hanno caratterizzato la breve storia della danza contemporanea spagnola. Considerando questa palpabile diversità, possiamo dire che la danza in Spagna – se trascuriamo il ballo iberico e il flamenco con le loro manifestazioni folcloriche – ha appena oltrepassato i trent’anni. Gli anni Ottanta furono, senza dubbio, quelli di maggior effervescenza creativa, con posizioni anche arrischiate e senza dubbio innovative. Fu un’epoca in cui divenne fortissima la sperimentazione da parte di tutti quegli artisti avidi di cambiamento che facevano finalmente uscire fuori quanto avevano assorbito e raccolto durante le proprie personali peregrinazioni all’esterno. Credo che invece gli anni Novanta siano stati la tappa del «realismo», quando coreografi, ballerini e pubblico entrarono in conflitto perché nessuno aveva fatto nulla per stabilire un contatto e avviare un processo di comprensione delle nuove proposte. Mentre le compagnie più «ortodosse» si consolidavano come strutture e facevano sedimentare il proprio linguaggio, quelle che erano meno comprensibili, che rischiavano di più, e i cui messaggi o forme espressive erano T di / by Inmaculada Gil-Lázaro direttrice del Centro Coregrafico dei Teatres de la Generalitat Valenciana he evolution of dance in our country over the past few decades has been very different from other European nations such as Italy, France, Great Britain or Germany. Spain’s recent history has determined this difference. While in the countries just mentioned exchanges and innovation were a part of everyday life, Spain was defined by a folkloric tradition that covered all expressive needs. Thus, with the advent of democracy, the incredible explosion of creativity was translated into the birth of companies that, over the years, characterised the brief history of contemporary Spanish dance. Considering this palpable diversity, we could say that dance in Spain (if we ignore Iberian dance and Flamenco and their markedly folkloristic nature) has been around for just on thirty years. The 1980s were doubtlessly the most creative years, characterised by what could be described as very “risky” albeit highly innovative positions. That was a period in which experimentation was rife amongst those artists who were desperate for change and who could finally express what they had absorbed and picked up during their own personal experiences abroad. On the other hand, I think that the 1990s were the period of “realism”, when choreographers, dancers and the public ran foul of each other because nobody had done anything to establish contacts or a process of understanding for the new proposals. While “orthodox” companies became more permanent structures and began to fix their own language, those companies that had been less “comprehensible”, that had taken greater risks and whose expressive «Attualmente è un’arte ancora giovane, effervescente e creativa, che ha in Madrid, Barcellona e Valencia i principali centri di produzione» “Currently, in terms of dance in Spain, there are three important centres of production: Madrid, Barcelona and Valencia” 16 Focus On meno intelleggimessages and forms bili allo spettatore had been less intelmedio andavano ligible to viewers scomparendo. Il began to disappear. pubblico di danza There was no payin Spagna non ing public in Spain esisteva e le autorità for dance performdemocratiche che ances, and the sovvenzionavano democratic authorile compagnie, i ties who funded the festival e le rassegne companies, festivals non comprendeand retrospectives vano la necessità di did not understand avviare programmi the need to set specifici finalizzati a up specific protrasformare la dangrammes aiming za in un’arte scenica to transform dance con pari dignità into a theatrical art rispetto alle altre. worthy of the same Di conseguenza, respect as other il ballo, nelle sue arts. Consequently, declinazioni, non dance, in its variha pubblico, le ous guises, had no compagnie si public to speak smembrano, i poof, the companies litici non investono began to disband denaro né sforzi and the politicians per attività che non were not investing suscitano l’interesse money in activities degli spettatori. that did not bring Attualmente, per in a paying public. quanto riguarda la Currently, in terms danza, nel nostro of dance in Spain, paese esistono tre there are three importanti centri important centres di produzione: of production: Due produzioni del Centro Coreográfico de Teatres della Generalitat Valenciana: Amanaida da Madrid, Barcellona Madrid, Barcelona Aman di Patrick de Bana e Acirfa, autori vari. e Valencia. Tanto in and Valencia. In Two productions for the Centro Coreográfico de Teatres de la Generalitat, Valencia: queste zone come this early 21st Amanaida da Aman by Patrick de Bana, and Acirfa, various authours. nelle restanti Cocentury, in these munità autonome centres, and in the che accolgono con interesse compagnie, festival e manifestazioni e other Autonomous Regions that demonstrate interest for various programmano attività legate a questa forma artistica (come i Paesi companies, festivals and performances and have scheduled activities Baschi e l’Andalusia) la danza si caratterizza in questi inizi del XXI linked with these artistic forms (such as the Basque region and Ansecolo per la sua ricchezza di sfumature, l’alta qualità della formaziodalusia), dance is characterised by a wealth of nuances, the incredible ne dei danzatori e per l’assenza di scuole specifiche nazionali con un formal training of the dancers and a dearth of national schools with loro stile marcato e perfettamente identificabile. Abbiamo la fortuna their own clearly-defined and identifiable style. We are lucky enough di contare con gruppi storici di flamenco che hanno saputo adattarsi to be able to count on historical Flamenco groups who have managed ai tempi moderni e che offrono al pubblico spettacoli eccellenti, dove to adapt to modern times, and who offer the general public excellent danza, musica ed elementi nuovi come i materiali video, si mescoperformances where dance, music and new elements such as video lano con ottimi risultati. La Compañia Nacional de Danza diretta are successfully mixed together. The Compañia Nacional de Danza da Nacho Duato, per esempio, ha influito senza alcun dubbio sulla directed by Nacho Duato, for example, has clearly influenced the disdiffusione di questo tipo di arte: il suo stile è molto apprezzato. E semination of this type of art, and its style is very much appreciated. anche il Ballet Nacional de España, che raccoglie i migliori esiti del The Ballet Nacional de España, which represents the best in Spanballo spagnolo, ha raggiunto un livello tanto alto da diventare cassa ish dance, has also reached such a high standard that it has become di risonanza del nostro patrimonio. Nella Comunità Valenciana alla almost emblematic of the Spanish cultural heritage. At the end of fine degli anni Novanta erano censite due compagnie professionali. the 1990s there were two professional companies operating in the Nel 1998 il Centro Coreográfico de Teatres della Generalitat apre le Valencia region. In 1998, the Centro Coreográfico de Teatres della sue porte con la sana e necessaria intenzione di occuparsi di danza. In Generalitat opened its doors with the praiseworthy and indispensable quel momento l’obiettivo era la danza valenciana, ma a tutti gli effetti intention of dealing with dance. At that time, the main objective was il Centro Coreográfico ha funzionato come un Centro nazionale Valencian dance, but the Centro Coreográfico has in effect functioned perché numerose compagnie e interpreti o coreografi hanno inconas a National Centre, as many companies, interpreters and choreogtrato l’appoggio di cui avevano bisogno. raphers have found there the support they so sorely needed. 17 Focus On Un «Romeo e Giulietta» flamenco e contemporaneo per il Nuevo Ballet Español al Comunale di Treviso A Contemporary Flamenco Romeo and Juliet for the Nuevo Ballet Español at the Treviso Comunale I T l Nuevo Ballet Español propone una he Nuevo Ballet Español has versione inedita ed innovativa di un put together a groundbreaking capolavoro shakespeariano come Giuversion of Shakespeare’s masterlietta e Romeo. Angel Rojas, uno dei piece, Romeo and Juliet. Angel Rojas, due direttori della compagnia condivide one of the two company directors, con Carlos Rodríguez l’ideazione coreohas worked with Carlos Rodríguez grafica e scenografica dello spettacolo. Gli on the choreography and sets for the chiediamo di raccontarcene gli elementi performance. We have asked him to essenziali. tell us about the essential elements. Questo spettacolo raccoglie una This performance brings together a mixture mescolanza di vari stili, a partire of different styles, from Flamenco to classidal flamenco per approdare alla cal and contemporary Spanish dance. The danza classica spagnola e a quella underlying idea was to identify each characcontemporanea. L’idea guida è stater with a particular dance style. The main ta quella di identificare ogni persocharacters, for example, follow the typical naggio con un particolare stile. I style of classical Spanish dance, while protagonisti per esempio seguono Lorenzo, the friar who marries the two linee tipiche della danza classica main characters, is completely contemporary. spagnola, mentre Lorenzo, il frate We thought that this clear-cut distinction che li sposa, è sviluppato in senso would help create a critical sense in the totalmente contemporaneo, e così audience, who are constantly being fed alterRomeo y Julieta, Nuevo Ballet Español via. Abbiamo pensato che questa nating expressive and stylistic modes. The distinzione netta creasse una riflesperformance, in the way it pans out, is an sione critica nella mente dello spettatore, che vede unconventional reading of Shakespeare’s work; it’s different from alternarsi di continuo modalità espressive e stilistiall the classical and modern versions that have come before. che differenti. Lo spettacolo nel suo svolgimento How much of the original tragedy have you kept in si rivela una lettura anticonvenzionale dell’opera di your interpretation, and what was your approach to Shakespeare, diverso da tutte le versioni, classiche e such a traditionally classical text? moderne, che l’hanno preceduto. This was the first time we’d dealt with such a famous play, which Quanto avete conservato del dramma originario, nella vostra is in fact one of the most “classical” in all senses of the word. In interpretazione, e qual è stato il vostro approccio a un testo terms of plot we respected all the main aspects. However, because così tradizionalmente classico? of time constraints we did fuse a È la prima volta che affronfew scenes together, otherwise the tiamo una pièce così celebre production would be far too long. ed effettivamente tra le più The whole performance lasts an «classiche» in tutti i sensi. hour and twenty minutes, but I Per quanto riguarda il plot, don’t think we’ve sacrificed anything lo abbiamo rispettato nei of the original structure. suoi snodi essenziali. L’uniThe basic thrust of your co intervento è stato quello Romeo y Julieta therefore di unire alcune scene, per seems to be a mixture of esigenze di tempo. Non podifferent dance styles. Is this tevamo costruire un’opera also true for the music, which troppo lunga. Tutto il lavoro replaces Prokofiev’s famous dura un’ora e venti, ma crescore? do che non si sia sacrificato We decided to underscore the flaniente dell’impianto origimenco style in our music, as this is «L’idea guida è stata quella di identificare ogni personaggio con un particolare stile di danza» «The underlying idea was to identify each character with a particular dance style» 18 Focus On nale. La parola d’ordine del vostro Romeo y Julieta sembra dunque essere la commistione degli stili di danza. Questo criterio misto vale anche per le musiche, che sostituiscono la celebre colonna sonora di Prokofiev? Nella scelta musicale abbiamo preferito marcare l’impronta flamenca, che è la principale fonte cui sin dai nostri inizi abbiamo attinto. I musicisti che hanno lavorato per noi – Antonio Rey, Pablo Suarez, Gaspar Rodriguez, Elisa de La Torre e Ivan Monje – hanno creato un impasto melodico di forte impatto, che mette in evidenza soprattutto la sfortunata storia d’amore dei due giovani, la tenerezza di questo sentimento. La strumentazione è complessa, comprende un piano, due chitarre, un violoncello, due cantanti... L’esecuzione dal vivo rende ancora più forte questo impatto emotivo. E a livello coreografico? Anche nell’elaborazione scenica e coreografica abbiamo ricercato la fusione di più stili. Nei nostri lavori precedenti spesso abbiamo attinto idee e ispirazione dall’arte figurativa, nel mio caso specifico, oltre a mostri sacri del Novecento come Picasso e Dalí, mi sento molto vicino all’arte di Bosch. In questo Romeo y Julieta invece abbiamo optato per una scenografia neutra, molto semplice ma allo stesso tempo molto funzionale: tutti gli elementi che sono in scena sono mobili, vengono richiamati dalla presenza di un personaggio. Che sia il sepolcro, o l’altare dove i due protagonisti si sposano, sono tutte strutture che si vanno trasformando e muovendo per seguire i movimenti dei danzatori. La scenografia si muove con la danza (l. m.). the main style we’ve always taken our inspiration from. The musicians who worked for us – Antonio Rey, Pablo Suarez, Gaspar Rodriguez, Elisa de La Torre e Ivan Monje – have created a striking melodic blend which above all highlights the two youngsters’ tragic and touching love story. The instruments are extremely varied, and include a piano, two guitars, a cello, two singers... The emotional impact is even greater considering the live performance. What about the choreography? We’ve also blended different styles in the sets and choreography. In previous works we often drew our ideas and inspiration from the figurative arts; as far as I’m concerned, I feel very close to 20th century myths such as Picasso and Dalí as well as the art of Bosch. However, in this Romeo y Julieta we have opted for a “neutral” set which is very simple but at the same time very functional: all the elements on stage are movable, and they are physically “evoked” by the presence of the characters. Whether it’s the tomb or the alter where the two characters are married, they are all structures that are transformed and move to follow the movement of the dancers. The sets actually move with the dance itself. (l. m.) Romeo y Julieta, Nuevo Ballet Español 19 Focus On Arti plastiche e movimenti coreografici: le ultime tendenze del teatrodanza italiano Plastic Arts and Choreographic Movement: The Latest Trends in Italian Dance Theatre V ariamente declinati, i rapporti tra arti performative e arti visive hanno sempre offerto allo sguardo – storico, critico o semplicemente ludico – un viatico prezioso per meglio comprendere entrambe le discipline (e talvolta anche i loro rapporti con i poteri, come hanno autorevolmente dimostrato in anni non sospetti i cortocircuiti messi in atto da Ludovico Zorzi tra le pratiche del nostro teatro rinascimentale e le immagini fissate sui teleri di Carpaccio o nel ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoia). Oggi, nella sterminata wunderkammer mediatica in cui viviamo, tali rapporti appaiono sempre più complessi e stratificati, soprattutto se ci rivolgiamo all’area della nuova danza, in cui coesistono con particolare evidenza relazioni di diverso genere. La relazione più canonica è quella per cui un’opera o un autore diventano fonte di ispirazione per lo spettacolo: è il caso di Francis Bacon, dichiarato ispiratore di due tributi a lui dedicati da Enzo Cosimi (Bacon - punizione per il ribelle) e da Agar (Triptychos); ma talvolta l’omaggio può anche essere celato, come accade in Doom di Kinkaleri, dove, aldilà di un preciso riferimento figurativo (il grido muto che deforma i tratti di tante figure baconiane), i performer tentano di ricreare sulla scena i vettori strutturali della composizione pittorica del celebrato artista inglese senza mai farne il nome. Altrettanto canonica, e storicamente accreditata (almeno dalle avanguardie storiche del primo Novecento in poi), è la relazione diretta tra artisti – un coreografo e un pittore, per esempio – che collaborano alla realizzazione di uno spettacolo. E se in passato il più delle volte l’apporto dell’artista visivo era funzionale alla creazione di scene e costumi, in casi recenti gesto pittorico e coreografico finiscono per impastarsi l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, come succede negli Esercizi spirituali di Caterina Sagna e Tobia Ercolino (pittore e scenografo e costumista), in cui corpi e colori appaiono materie diverse di uno stesso universo misterioso e condiviso. E talvolta il danzatore può addirittura trasformarsi in pittore, come fa Joao Fideiro in I Am Here, in cui il corpo V ariously declined, the relationships between performing and visual arts have always offered the gaze (whether it be historical, critical or simply playful) a precious viaticum to help understand both disciplines (and sometimes also their relationship with power, as has authoritatively been demonstrated in less suspicious times by the shortcircuiting enacted by Ludovico Zorzi in terms of Italian Renaissance theatre and still images on Carpaccio’s paintings and the fresco cycle in Palazzo Schifanoia). Nowadays, in the endlessly media-fuelled Wunderkammer we live in, these relationships seem ever more complex and stratified, especially if we turn to the area of new dance, where it is particularly evident how different relationships co-exist. The most canonical relationship is defined as a work or author becoming a source of inspiration for the performance: one such example is Francis Bacon, the declared inspiration for two tributes dedicated to him by Enzo Cosimi (Bacon – punizione per il ribelle) and Agar (Triptychos); but sometimes the homage might also be covert, as is the case with Kinkaleri’s Doom, where, despite a specific figurative reference (the silent scream that deforms so many Baconian figures), the performers attempt to recreate the structural vectors of Bacon’s pictorial compositions on stage, without ever explicitly mentioning him. Equally canonical and historically accredited (at least by the historical avant-gardes from the early 20th century on) is the direct relationship between artists (a choreographer and painter, for example) who collaborate on a performance. If in the past the visual artist’s contribution was mostly functional to the creation of sets and costumes, in recent cases the pictorial and choreographic gestures have ended up merging seamlessly into one another, such as, for example, in Caterina Sagna and Tobia Ercolino’s Esercizi spirituali (a collaboration between painter, set designer and costume designer), where bodies and colours appear as different materials taken from the same mysterious, shared universe. And sometimes the dancer might even be transformed into a painter, such as for example Joao Fideiro in I Am Here, where the body literally paints, through movement, the costumes drenched with colour when they come in contact with a white surface which is changed every evening. On the other hand, the sense of sharing in the process of research, even though it is communicated through different expressive means, led a choreographer such as Virgilio Sieni to ask Grazia Toderi, in their collaboration on Il fiore delle mille e una notte, not for a virtual set design but a video performance (which was later to win a prize at the «Se in passato il più delle volte l’apporto dell’artista visivo era funzionale alla creazione di scene e costumi, in casi recenti gesto pittorico e coreografico finiscono per impastarsi l’uno nell’altro» “If in the past the visual artist’s contribution was functional to the creation of scenes and costumes, in recent cases the pictorial and choreographic gestures have ended up merging into one another” 20 di / by Andrea Nanni critico teatrale / theatre critic Focus On dipinge letteralmente – attraverso il movimento – gli abiti imbevuti di colore a contatto con una superficie bianca ogni sera rinnovata. D’altro canto, il senso di comunanza nella ricerca, pur attraverso diverse modalità espressive, spinge un coreografo come Virgilio Sieni a chiedere a Grazia Toderi per Il fiore delle mille e una notte non una scenografia virtuale ma un’opera video (poi premiata alla Biennale di Venezia) che si inserisce nella partitura scenica sottolineandone la struttura ritmica; oppure a progettare uno spazio come il CANGO di Firenze, dove accanto a spettacoli di danza trovano posto installazioni di artiste come Manuela Menici (per Sieni anche costumista), autrice di aerei merletti in ceramica pronti a sbriciolarsi al <OTTO> di Kinkaleri tatto, e Sandra Tomboloni, artefice di <OTTO> by Kinkaleri un’enorme ruota di plastilina popolata da piccoli personaggi di ogni sorta. Ci sarebbe poi il capitolo della videodanza, disciplina di confine che, affrancatasi da tempo dal servaggio della documentazione, ha acquisito autonoma consistenza sconfinando nella videoarte grazie a numerose collaborazioni tra coreografi e artisti, e che di recente è diventata territorio di ulteriori sperimentazioni specie per i gruppi a formazione mista come – ancora una volta – Kinkaleri, collettivo in cui sia i video che gli oggetti per l’editoria (vedi il recente <OTTO> edito da Maschietto, che, lungi dall’essere un programma di sala gonfiato, si compone essenzialmente di immagini rubate a fotografi e disegnatori contemporanei proponendo un vero e proprio percorso parallelo al fortunato spettacolo) risultano opere di cui viene pienamente rivendicata la paternità. Ma talvolta – e a ricordarcelo è di nuovo <OTTO>, stavolta lo spettacolo – il rapporto tra arte performativa e arte visiva si fa ancora più intrinseco, tanto che la scansione drammaturgica dell’opera rivela un montaggio operato (anche) secondo criteri visivi, quali la consonanza tra tessuti (nylon) e colori (il blu), come avviene nel passaggio dall’autoscatto di un pescatore davanti a un igloo (di nylon blu) al tonfo di un corpo senza vita (con indosso solo un costume da bagno, anche questo di nylon blu) portato in scena a spalla e lasciato cadere al suolo con ostentata indifferenza, quasi si trattasse di un oggetto tra altri oggetti. Rovesciando il canocchiale, c’è infine da notare un evidente processo di «performativizzazione» delle arti visive, come testimonia la personale di Erwin Olaf presentata a Bologna per il Gender Bender Festival. Non sembra un caso, infatti, che Separation – l’ultima serie fotografica firmata dall’artista olandese, in cui una madre e un figlio completamente fasciati in tute di cuoio nero (tranne gli occhi del bambino) compiono banali azioni quotidiane – sia accompagnata da un video (in cui compare anche la figura paterna) che introduce il senso della durata, sottolineando la ritualità e la ciclicità del tempo domestico agli occhi del bambino. Come sosteneva il coreografo francese Jean-Cluade Gallotta già quindici anni fa, “in tutte le arti si è cercato di svincolarsi dalle strutture; la pittura, da parte sua, si è prima sbarazzata del disegno, poi di se stessa; è diventata performance. Lo stesso poteva dunque succedere alla danza”. Venice Biennale) to be inserted within the scenic score in order to underpin the rhythmic structure; or to draw up a project for a venue like CANGO in Florence, where alongside dance performances there are installations by artists such as Manuela Minici (who is also a costume designer for Sieni), who produced light ceramic lacework so delicate it would crumble at the touch of a finger, and Sandra Tomboloni, artificer of an enormous plasticine wheel inhabited by an infinite array of little characters. There is also another category, that of “video-dance”, a frontier discipline that, having freed itself some time ago from the constraints of documentation, has acquired an autonomous consistency by veering towards video-art thanks to numerous collaborations between choreographers and artists, and that has recently become the privileged site for further experimentation, especially for mixed groups such as, once again, Kinkaleri, a collective in which both video and published objects (see the recent <OTTO> published by Maschietto which, far from being an oversized programme booklet, is essentially a compendium of images purloined from contemporary photographers and artists and which offers an alternative itinerary running parallel to the very successful series of performances) are works whose paternity is proudly proclaimed. But sometimes (and once again it is <OTTO>, this time the performance, that re-evokes the rapport) the relationship between performing and visual arts is even more closely-knit, so much so that the dramatic articulation of the work evinces a montage that is (also) undertaken according to visual criteria, such as the consonance of the fabric (nylon) and colours (blue), as happens in the move from the instant snapshot of a fisherman in front of a (blue nylon) igloo to the free-fall of a lifeless body (wearing only a swimming costume, which is also blue nylon) which is carried aloft onto the stage and then dropped onto the floor with studied indifference, almost as if it were just another object. If we look through the other end of the telescope, then we can also note the evident process of “performatisation” in the visual arts, as can be seen in Erwin Olaf’s personal performance at the Gender Bender Festival in Bologna. In fact, it does not seem at all casual that Separation – the last series of photos by the Dutch artist, where a mother and child who are completely wrapped in black leather (except for the boy’s eyes) perform commonplace everyday activities – is accompanied by a video (where the boy’s father also appears) that introduces a sense of duration, thus underlining the boy’s ritualistic and cyclical interpretation of domestic time. As the French choreographer Jean-Claude Gallotta affirmed fifteen years ago, “in all the arts there has been an attempt to cut oneself loose from structure; painting itself first rid itself of design, then itself; it has become performance. The same could therefore also happen to dance.” 21