Editoriale
N
on è stato difficile decidere a quale argomento dare maggior risonanza nel primo numero di questa nostra nuova
proposta editoriale: l’importanza assoluta della riapertura lirica della Fenice ci ha spinto a gettarci senza esitazioni
tra le braccia di Violetta, e celebrare con gioia ed entusiasmo questo evento tanto atteso che ha finalmente restituito a
Venezia la ricchezza culturale che da sempre le appartiene. Abbiamo solo dovuto guardarci un po’ attorno, e pescare da un
bacino inesauribile di storia e d’arte. Inoltre La Fenice, al di là del contingente, è per forza di cose uno dei nostri referenti
principali, cui ci lega anche un rapporto che si sviluppa all’insegna di una collaborazione che ci auguriamo divenga sempre
più evidente.
Ma dopo la sbornia di Traviata, Callas, ricostruzione, teatralità diffusa, Goldoni narratore e quant’altro abbiamo
necessariamente dovuto fermarci un momento a rintracciare le linee progettuali della rivista, o in parole più povere i
motivi che ne hanno deciso la nascita e la vita. Chi si occupa di un periodico così dilazionato nel tempo, si diceva, non
può rincorrere l’evento, perché ne uscirebbe sconfitto in partenza. È invece proprio sulla progettualità che deve costruire
la sua forza e giustificare le sue scelte. Ed ecco ritornare in campo le idee guida degli inizi, quando il tutto era ancora un
pensatoio socratico senza forma né sostanza. L’obiettivo era costruire un efficace e maneggevole strumento informativoformativo, in perfetta concordanza con le finalità dell’editore che lo sostiene, Euterpe Venezia. Ma la domanda poi tornava
a riaffacciarsi impietosa: cosa vuol dire informare? E cosa vuol dire formare? Su questi interrogativi si sono modellate le
opzioni contenutistiche del secondo numero, in due linee che sono destinate a coesistere anche in futuro. Da una parte
l’approfondimento di tematiche ed estetiche, servendoci delle competenze di una folta schiera di esperti e studiosi che
hanno volentieri accettato di scrivere per noi. È concretamente il caso del nostro “Focus” sui rapporti tra arte, musica e
danza, che hanno radici antiche a partire dai magici anni delle avanguardie storiche e si sviluppano sempre più in una sorta
di lettura contaminatoria della creatività e dell’universo spettacolare in genere. Prendendo spunto dall’arrivo in Veneto di
uno spettacolo intitolato Picasso e la danza abbiamo cercato di esplorare il tema da molteplici punti di vista.
Ma se l’approfondimento è un polo irrinunciabile l’altro dev’essere lo
spirito di servizio. Parlare di musica non vuol dire sempre e soltanto
descriverla dal punto di vista del fruitore. C’è molta gente che
invece la fa, o la vorrebbe fare e non se lo può permettere, a
cominciare dai giovani. Ed è molto istruttivo al proposito
l’intervento che ci ha concesso il maestro Roman Vlad,
in cui analizza con grande lucidità i problemi di chi
è musicista, magari ad altissimo livello, e
non può competere con “i mezzi
di riproduzione meccanica” e
con l’abbassamento progressivo
delle proposte sul mercato. Allora
proprio dai neodiplomati che hanno
partecipato al pianistico Premio
Venezia parte un monitoraggio
accurato delle realtà che si occupano attivamente
di musica, a cominciare ovviamente dai conservatori
e dalle scuole ma senza escludere le altre declinazioni ed
espressioni legate dell’arte dello spettacolo. Anche di questo
ci occuperemo a cominciare dal prossimo numero.
Fornire chiavi di lettura inedite e allo stesso
tempo essere sul campo e documentare:
questi credo siano i punti di forza
per una realtà come VeneziaMusica e
Dintorni. Senza ovviamente tralasciare
in nessun modo l’obiettivo di essere utile
vademecum per chi in Veneto ci vive
stabilmente e per chi, al contrario, da noi
transita per brevi periodi, nella speranza
di riuscire a sfondare il muro di gomma e
raggiungere il maggior numero di
Bozzetto di Salvador Dalí per Ganimede
lettori possibile.
Leonardo Mello
in Come vi piace di William Shakespeare
(1948)
1
Sommario / Contents
1
5
10
14
16
18
20
Editoriale
di Leonardo Mello
Focus On
E la danza volò incontro all’arte
Dance and the Visual Arts. A 20th-Century Path
di / by Susanne Franco
Quando Picasso rivestì di glamour i Balletti Russi di Diaghilev
Four works by Picasso for the Ballets Russes
di / by Elisa Vaccarino
Dalla parte dei musicisti
On behalf of musicians
di/by Mario Pagotto
Trenta e più anni di danza spagnola
More than thirty years of Spanish ballet
di / by Inmaculada Gil-Lázaro
Un «Romeo e Giulietta» flamenco e contemporaneo per il Nuevo Ballet Español
al Comunale di Treviso
A Contemporary Flamenco «Romeo and Juliet» for the Nuevo Ballet Español at the
Treviso Comunale
intervista con / interview with Angel Rojas
Arti plastiche e movimenti coreografici: le ultime tendenze del teatrodanza italiano
Plastic Arts and Choreographic Movement: The Latest Trends in Italian Dance Theatre
di / by Andrea Nanni
16
18
All’Opera
23
25
27
La Fenice 2005: un cartellone «veneziano» tra belcanto e modernità
da una conversazione con Sergio Segalini
«Maometto Secondo» con affetto e avanguardia
da una conversazione con Claudio Scimone
Virtuosismo e nostalgia del passato
Con il «Maometto Secondo» comincia l’ultima più interiore fase creativa
di Martina Buran
La cornice sinfonica
29
31
33
Una progettualità alla ricerca del Piacere
Paolo Cossato narra la stagione cameristica veneziana
di Chiara Squarcina
Vent’anni di Schubert, cantore romantico di amore e malinconie
di Paolo Cossato
Da Saint-Saëns a Shostakovich
Il percorso dell’Orchestra di Padova e del Veneto al traguardo dei 40 anni
Sacro e barocco
35
Magiche corrispondenze tra note e liturgia nella doppia Tripla Fuga di J. S. Bach
di Paola Talamini
VeneziaMusica e dintorni
Anno I - n. 1 - novembre / dicembre 2004
periodico bimestrale
In corso di registrazione presso il Tribunale di Venezia
Editore: Euterpe Venezia s.r.l.
Direttore responsabile: Manuela Pivato
Direttore editoriale: Leonardo Mello
Caporedattore: Ilaria Pellanda
Segreteria di redazione: Erica Molin e Catia Munari
Progetto grafico: Roberta Volpato
Realizzazione grafica: Roberta Volpato e Luca Colferai
Stampa: Grafiche Crivellari - Ponzano Veneto (TV)
Redazione: Dorsoduro 3488/U - 30123 Venezia
Tel. 041 719274 - fax 041 2753231
e-mail: [email protected]
Raccolta pubblicitaria: Promoeditorial - [email protected]
Nicoletta Echer (348 3945295) - Roberto Echer (347 7206625)
Abbonamento annuale: 15 € per 6 numeri
per informazioni contattare la redazione
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Tiratura: 3500 copie
Contributi di Susanne Franco, Elisa Vaccarino, Mario Pagotto,
Inmaculada Gil-Lázaro, Andrea Nanni, Martina Buran, Chiara
Squarcina, Paolo Cossato, Paola Talamini, John Vignola, Guido
Michelone, Tommaso Gastaldi, Enrico Bettinello, Bruno Rosada,
Eugenio Bernardi, Carmelo Alberti, Cristina Ventrucci, Camillo
Tonini e Diana Cristante.
Traduzioni di Lemuel Caution
Traduzioni dallo spagnolo: Eva Rico
Si ringraziano Isa Danieli, Roman Vlad, Claudio Scimone, Sergio
Segalini, Paolo Cossato, Angel Rojas, Maurizio Scaparro, Paolo Fresu, Luca
Mosca, Elisa Vaccarino, Ernesto Ferrer, Eugenio Bernardi, Inmaculada
Gil-Lázaro, Mario Pagotto, Carmelo Alberti, Susanne Franco, Gioacchino
Rossini, John Vignola, Cristina Ventrucci, Andrea Nanni, Guido Michelone,
Martina Buran, Bruno Rosada, Paola Talamini, Tommaso Gastaldi, Chiara
Squarcina, Enrico Bettinello, Camillo Tonini, Diana Cristante, Eva Rico,
Franco Quadri, Nicoletta Echer, Filippo Maria Paladini, Franco Mello,
Sommario / Contents
Note veneziane
36
39
40
35
Liszt e Chopin fanno brillare le stelle del Premio Venezia 2004
di Chiara Squarcina
Un’edizione modello per un concorso speciale
da una conversazione con Roman Vlad
Festa di piazza e sipario di cultura
Maurizio Scaparro torna in laguna per un Carnevale rinnovato
Contemporanea
41
Accostando i frammenti di una storia
intervista con Luca Mosca
L’altra musica
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44
46
43
47
48
49
Sulle corde del rock
La musica di Elisa per un febbraio d’eccezione
di John Vignola
Dall’America a Modena, Francesco Guccini narra l’uomo con garbo e ironia
di Guido Michelone
«Sperimentazione e stima reciproca ci tengono ancora insieme»
Paolo Fresu racconta i segreti del quintetto di scena a Treviso in gennaio
Il «Paolo Fresu Quintet», vent’anni di grande jazz italiano
di Tommaso Gastaldi
Fred Herch, il pianoforte che reinventa la tradizione
di Enrico Bettinello
Il clarinetto di Allen incanta il Malibran
In vetrina
51
53
- Virgilio Boccardi, Vivaldi a Venezia
di Bruno Rosada
- Adriana Sartorio (a cura di), Pagine d’album, quarant’anni di scuola media annessa al
Conservatorio Benedetto Marcello – Venezia 1963-2003
Dintorni
53
54
55
56
56
Due libri «veneziani»
59
61
65
68
Isa Danieli porta la «Vecchia signora» di Dürrenmatt a Vicenza
intervista con Isa Danieli
Tragico e grottesco: le due facce di un testo complesso
Armando Pugliese illustra la sua lettura della pièce
Icona antica e contemporanea con una bara e una tigre
di Eugenio Bernardi
Un Sergente tra gli orrori delle guerre
Viaggio teatrale di Marco Paolini
di Carmelo Alberti
I giovani aedi del teatro-narrazione
di Cristina Ventrucci
Scherzi e capricci nelle acqueforti della Collezione Correr
di Camillo Tonini e Diana Cristante
Zoom
Appuntamenti / Events
Paolo Corsi, Ernesto e Giovanni Dell’Olivo, Rossella Martignoni, Moreno Andreatta, Silvia Del Mastro, Gregorio
Bacci, Carla Bino, Umberto Fanni, Giuseppe De Spirito, Adriana Sartorio, Daniela Martinello, Cristiano Chiarot,
Barbara Montagner, Marina Dorigo, Angelo Curtolo, Marta Celso, Cinzia Andreoni, Melina Balsamo, Paola
Manetta, Alessandra Canella, Gachi Pisani, Liesbeth Bollen, Paola Messinis, Sara Esteller, Maria Ida Biggi, Dawn
Ades, Tomas Sharman, Francesca Boccaletto, Riccardo Bon, Carlo Bertinelli, Giorgio Mangini, Giovanni Soccol,
Grafiche Crivellari, Lisa D’Amico.
Si ringraziano inoltre:
l’archivio fotografico del Teatro La Fenice, nella persona di Marina Dorigo, per la preziosa assistenza nella ricerca
iconografica;
la Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia per la gentile concessione dell’immagine di Gino Severini a p. 7;
il prof. Giuseppe Pavanello, la Fondazione Giorgio Cini e la Marsilio Editori per la gentile concessione dell’immagine
di Giandomenico Tiepolo a p. 40;
La Jole Film per la gentile concessione delle immagini di Marco Paolini alle pp. 56-57;
il Museo Correr di Venezia per la gentile concessione delle immagini di Giandomenico Tiepolo alle pp. 61 e 63.
Photocredits: Jesús Vallinas, 18 e 19 in alto; Kinkaleri, 21; Michele Crosera, 36; Raffaella Cavalieri – Iguana Press, 46; Oreste
Lanzetta, 53 e 54; Monika Bulaj, 56 e 57.
In copertina: Balletto tratto dall’Armida di Gioacchino Rossini nell’allestimento del 1970 al Teatro
La Fenice di Venezia. Rielaborazione grafica di Luca Colferai da una foto di Mauro Pucciarelli
3
Focus On
E la danza volò incontro all’arte
Dance and the Visual Arts. A 20th-Century Path
È
con l’inizio del ’900 che la danza, fino ad allora
considerata un’arte minore, assurge a rango di
espressione di alta cultura. E la pittura costituisce un
avamposto importante per la gestazione della danza
moderna, che investe come
un’onda le sperimentazioni
più estreme dei “ribelli” così
come il mondo del balletto
classico, contribuendo a rinnovarne stile e tecnica. Sono i
pittori, infatti, i primi a realizzare l’ideale del filosofo-danzatore proposto da Nietzsche,
in particolare gli espressionisti
della Brücke. Anche il maggior
teorico della danza moderna, Rudolf Laban, si forma
all’accademia di belle arti: la
sua consapevolezza del movimento, inizialmente figurativa,
diventa il fondamento su cui
edificare una nuova teoria e
una nuova pratica di danza.
Liberata da ogni costrizione
contenutistica la danza moderna diventa il mezzo privilegiato del nuovo ideale
di espressività autentica manifestatosi inizialmente in
I
di / by Susanne Franco
docente di storia della danza allo IUAV di Venezia
t is at the beginning of the 20th century that dance, up to
then considered a minor art, rose to the ranks of elevated
cultural expression. And painting constituted an important
outpost for the development of modern dance, whose more extremely “rebellious” experimentations and the world of classical
ballet it openly fomented, bringing
about a renewal in style and technique. The painters themselves,
and particularly the Brücke
Expressionists, in fact, were
the first to realise the ideal of
the dancer-philosopher proposed
by Nietzsche. Even the greatest
theoretician of modern dance,
Rudolf Laban, studied at a fine
arts academy: his awareness of
movement, at first only figurative,
set the foundations on which a
new theory and practice of dance
were to be constructed. Set free
from constrictions pertaining to
content, modern dance became the
privileged expressive means of the
new ideal for authenticity which
originally manifested itself in painting; and, vice versa,
it was dance itself that was to provide pictorial art with an
«È con l’inizio del ’900 che
la danza, considerato in
precedenza un genere minore,
assurge pienamente a rango di
espressione di alta cultura»
“It is at the beginning of the
20th century that dance, up to
then considered a minor art, Rose
to the ranks of elevated cultural
expression”
Le Sacre du Printemps, coreografia di Nijinskij (1913).
Le Sacre du Printemps, choreography by Nijinskij (1913).
5
Focus On
ideal means through which an awareness of space and rhythm
pittura, e viceversa, proprio la danza si rivela per l’avancould be further investigated. One of the more mature attempts
guardia pittorica un mezzo ideale per approfondire la
at transforming these new theoretical-pictorial principles into
consapevolezza spaziale e ritmica. Uno dei tentativi più
dance “figurations” was Kandinskij’s libretto for Der gelbe
maturi di trasposizione dei nuovi principi teorico-pitKlang, published in the Blaue Reiter almanac in 1912, yet
torici in figurazioni danzate è il libretto Der gelbe Klang
never performed.
di Kandinskij, pubblicato nell’Almanacco del Blaue Reiter
Modern life, the key words for which were movement, rhythm
(1912) e mai andato in scena.
and speed, was emphatically celebrated by the Italian FuturLa vita moderna, le cui parole chiave sono movimento,
ists, for whom dance was a privileged subject. The scene is
ritmo e velocità, viene celebrata con enfasi dai futuristi
host to experiments based on the synthesis between the arts,
italiani per i quali la danza è un soggetto prediletto.
as in Depero and his mimical-musical action entitled Balli
La scena ospita sperimentazioni incentrate sulla sinPlastici (1918), while his painting were inspired to greater
tesi tra le arti, come nel caso di Depero e della sua
and greater extents by dance in all its genres and styles. The
azione mimico-musicale intitolata Balli Plastici (1918),
same is true for Severini (whose paintings Danseuse bleue
mentre la pittura si ispira in modo crescente a danze
and Mer=Danseuse are held by the Peggy Guggenheim
di ogni genere e stile. È il caso di Severini - le cui tele
Collection in Venice), the author of unforgettable paintings
Danseuse bleue e Mer=Danseuse sono custodite presso la
immortalising the tango, the “cake walk” and all the dance
Collezione Peggy Guggenheim di Venezia - autore di
novelties he encountered during
indimenticabili quadri dove
his Parisian sojourn. It was in
immortala tango, cake walk e
fact in Paris that two Americans,
tutte le novità che conosce
Isadora Duncan (celebrated by,
durante il suo soggiorno pariamongst others, André Dunoyer
gino. E proprio a Parigi trionand the sculptor Bourdelle) and
fano due americane, Isadora
Loïe Fuller, the living emblem
Duncan, immortalata tra gli
of Art Nouveau, triumphed.
altri da André Dunoyer e dallo
The most often-recurring image
scultore Bourdelle, e Loïe Fulof Fuller sees her draped in soft
ler, emblema vivente dell’Art
silk fabrics, as she was stylised
Nouveau. La sua immagine più
in Toulouse-Lautrec’s playbills
ricorrente, che la vuole avvolta
as well as on much more massda morbidi drappeggi di seta,
marketable objects such as lampviene stilizzata nelle locandine
shades and vases.
di Toulouse-Lautrec, ma anche
The most sophisticated innovain oggetti di più ampio consutions in ballet were, on the other
mo, come lampade e vasi. Le
hand, put forward by an incredinnovazioni più sofisticate in
ibly successful company, the Balseno al balletto, sono proposte
lets Russes, brought to the most
invece da una compagnia di
important European theatres
grande successo, i Ballets Rusbetween 1909 and 1929 by
ses, che il suo direttore, DiaDiaghilev. Skilled in the art of
ghilev, propone nei maggiori
networking with the most famous
teatri europei tra il 19a09 e il
intellectuals and artists of the pe1929. Abilissimo tessitore di
riod, Diaghilev renewed both the
relazioni con gli intellettuali e
Sergei Diaghilev ritratto di M. Larionov
choreography and stage design in
gli artisti più in voga al tempo,
his productions, asking the leadDiaghilev rinnova sia l’aspetto
ing artistic figures, including Cocteau, to design curtains, sets,
coreografico sia quello scenografico delle sue produziocostumes and often even the playbills (Cocteau, for example,
ni, commissionando sipari, scene, costumi, e spesso anwas responsible for the Spectre de la Rose [1911] playbill).
che locandine ai protagonisti dell’arte dell’epoca come
The costumes and set for this “choreographic tableau”, as it
Cocteau, che disegna quella per Le Spectre de la Rose
was defined, were designed by Léon Bakst. He was also re(1911). Per questa “tavola coreografica”, come viene
sponsible for the oriental-style sets for Schéhérazade (1910)
definita, è Léon Bakst a realizzare i costumi e le scene.
and for L’Après-midi d’un faune (1912), which were
Sue sono anche le scene orientaleggianti di Schéhérazade
evocative of a more Greek-inspired classicism. Ever conscious
(1910) e quelle di L’Après-midi d’un faune (1912), che
of the company’s international scope, Diaghilev also contacted
echeggiano invece una classicità grecizzante. Sempre
the Russians Natalia Goncharova, Michail Larionov and
attento alla dimensione internazionale della compagnia,
Alexandre Benois, the set and costume designer for Petruska
Diaghilev contatta anche i russi Natalia Goncharova,
(1911), the Italians De Chirico (who designed the sets for
Michail Larionov e Alexandre Benois, autore delle sceLe Bal [1929]) and Balla, who was brought in for Feu
ne e dei costumi di Petruska (1911), gli italiani De Chirid’Artifice (1917), and the Spaniards Mirò and Picasso, who
co, che firma le scene di Le Bal (1929) e Balla, coinvolto
was to form a long-lasting relationship with the Ballets.
in Feu d’Artifice (1917), gli spagnoli Mirò e Picasso, che
Unanimously considered the “point of no return” for modern
coi Ballets Russes stringe un legame duraturo.
dance, the two-act Sacre du Printemps debuted in Paris in
Unanimemente considerato il punto di non ritorno
1913, with music by Stravinsky, choreography by Nijinsky
della modernità danzata è il balletto in due atti intito-
6
Focus On
Gino Severini, Danseuse Bleue (1912), Collezione Peg g y Gug gehneim, Venezia.
Gino Severini, Danseuse Bleue (1912), Peggy Guggehneim Collection, Venezia.
lato Sacre du Printemps, andato in scena a Parigi nel 1913
con la musica di Stravinskij, la coreografia di Nijinskij
e le scene di Nicolas Roerich, attento conoscitore del
folklore slavo. Quest’ultimo disegna due fondali raffiguranti dei paesaggi collinari concepiti come ampi quadri,
oltre a dei costumi, semplici tuniche bianche e rosse,
realizzati in un materiale poco consono all’immagine
eterea del balletto romantico, la flanella.
In Germania, negli stessi anni Oskar Schlemmer, docente alla Bauhaus (dove è collega, tra gli altri, anche
di Kandinskij) crea una serie di coreografie poi note
come Bauhaus Tänze e dà vita a uno spettacolo in cui
lo spazio teatrale è determinato dalla misura del corpo
umano, Das Triadische Ballet (1922). Vera e propria sin-
and set design by Nicolas Roerich, an expert in Slavic folklore. Roerich designed the two backdrops depicting softly undulating landscapes conceived as enormous paintings. He also
designed the costumes, which were simple black and red tunics
made from flannel, arguably the least likely of fabrics for an
ethereally romantic ballet.
In Germany in the same period Oskar Schlemmer, a teacher
at the Bauhaus (where Kandinskij was one of his colleagues),
created a series of choreographies, better known as the Bauhaus Tänze, and gave life to a performance where theatrical space is determined by the measure of the human body
– Das Triadische Ballet (1922). A veritable architectural
symphony, the piece, for which Schlemmer designed the sets
and costumes as well as the choreography, achieved extraor7
Focus On
dinary equilibrium between organic movement and geometric
fonia architettonica, il pezzo, di cui Schlemmer firma
projection, and between corporeal dynamics and choreographic
le scene e i costumi ma anche le coreografie, raggiunge
design.
uno straordinario equilibrio tra movimento organico e
On the other side of the ocean, there were clear signs of choproiezione geometrica, tra dinamica corporea e disegno
reographic renewal in the 1930s thanks to the work of one
coreografico.
of the main players in modern American dance, Martha GraDall’altra sponda dell’Oceano, i segnali di rinnovamento
ham. The artist she chose as her set designer, Isamu Noguchi,
dell’arte coreutica si avvertono distintamente verso gli
one of Calder and Brancusi’s pupils and very close to the
anni ’30, grazie al lavoro di una delle protagoniste della
abstract expressionist movement, considered scenic space as a
modern dance americana, Martha Graham. L’artista che
substance that was to be sculpted and forged with simple and
sceglie come scenografo, Isamu Noguchi, già allievo di
natural materials such as rope, wood and stone. For Frontier
Calder e di Brancusi e vicino al movimento dell’espres(1935), a solo work dedicated to the myth of the American
sionismo astratto, considera lo spazio scenico come una
frontier, Noguchi put together a section of fencing from which
materia da scolpire e da forgiare con materiali semplici
two ropes extended, forming a V designed to evoke the lines
e naturali, come corde, legni, pietre. Per Frontier (1935),
left in the visual field by the tracks along which a speeding
un assolo dedicato al mito della frontiera americana,
train is travelling. Even more suggestive was the design for
Noguchi realizza una sezione di steccato dalla quale
Errand into the
si estendono due
Maze
(1947),
funi a forma di
a pas de deux
V che evocano
based on the story
la traccia lasciata
of Ariadne and
nel campo visivo
the Minotaur and
dai binari sui quali
part of Graham’s
svetta un treno in
psychoanalysis-cencorsa. Ancora più
tred mythological
suggestiva è la
cycle. Here a simsoluzione adottata
ple white ribbon,
per Errand into the
tracing a repetitive
Maze (1947), un
irregular path that
passo a due ispiis echoed in the
rato alle vicende
embroidered eledi Arianna e del
ments of the main
Minotauro e parte
character’s costume,
del ciclo mitolounfurls
towards
gico di Graham
centre stage, which
intriso di pensieis dominated by a
ro psicanalitico.
sculpture similar
Qui un semplice
to a pelvic bone;
nastro
bianco,
Bozzetto di Jean Miro per Roméo et Juliette di Bronislava Nijinska, 1926 (Parigi), collezione Boris Kochno).
the ribbon comtracciando
un
Sketch by Jean Miro for Roméo et Juliette by Bronislava Nijinska, Paris 1926 (Boris Kochno collection).
municates
that
percorso irregolaentering into the
re ripetuto anche
labyrinth means having to deal with oneself and one’s own
nei ricami della veste della protagonista, si srotola verso il
hidden monsters.
centro della scena dove campeggia una scultura dalle
Even the first ever Happening, which took place at Black
forme affini a quelle dell’osso pelvico, a dirci che entrare
Mountain College in 1952, marks an important stage in the
nel labirinto significa confrontarsi con se stessi e con i prorelationship between dance and the visual arts. The musician
pri mostri interiori.
John Cage, the choreographer Merce Cunningham and the artAnche il primo happening della storia, che ha luogo nel
ist Robert Rauschenberg gave life to an event where dance, mu1952 al Black Mountain College, segna una tappa imporsic, painting and poetry simply “happened” together in front
tante dei rapporti tra danza e arti visive. Sono il musicista
of an actively involved public. This experience effectively gave
John Cage, il coreografo Merce Cunningham e l’artista
rise to a profound human and professional bond. In Minutiae
Robert Rauschenberg a dare vita all’evento in cui danza,
(1954), Rauschenberg, whom Cunningham asked to provide
musica, pittura, poesia semplicemente “accadono” insieme
the sets, lights and costumes for many of his works, invented
davanti a un pubblico attivamente coinvolto nell’azione. Da
the first “combined painting”, a mixture of collage and asquesta esperienza nasce un sodalizio umano e professionale
semblages of every-day objects fixed onto an expressionist
profondo. Rauschenberg, al quale Cunningham commisbackdrop. Perhaps even more famous are his backdrops and
siona scenografie, luci e costumi per molti suoi lavori, reaclose-fitting overalls painted using the pointilliste technique
lizza per Minutiae (1954) il primo combine painting, un collage
for Summerspace (1958), or his mobile objects, such as those
misto all’assemblaggio di oggetti della vita quotidiana incolconstructed for Winterbranch (1964), which were soon to
lati su uno sfondo pittorico espressionista. Più noti sono
become his unmistakable trademarks.
i suoi fondali e le tute aderenti dipinte con la tecnica del
The explorations undertaken by Cunningham, often referred
puntillismo per Summerspace (1958), o ancora, i suoi oggetti
to as the founder of post-modern dance, are almost exclusively
mobili come quello costruito per Winterbranch (1964), che
into the realm of a refusal of the “natural” expression of feelpresto diventano un marchio riconoscibile del suo stile. La
8
Focus On
ricerca di Cuningham, comuneings or narrative components; his
mente definito il capostipite della
works tend to rely on processes inidanza postmoderna, è tutta tesa
tiated by random and impersonal
a rifiutare l’espressività “naturale”
choreographic compositions. New
dei sentimenti o la componente
dance has to be and not mean;
narrativa facendo piuttosto affiwhat’s more, it denies “frontality”
damento a procedimenti di comand multiplies the centres of irposizione coreografica aleatori
radiation, forcing viewers to maine impersonali. La nuova danza
tain their own perceptive lucidity.
deve essere e non significare;
Among the artists who succeeded
essa nega inoltre la frontalità e
Rauschenberg we have Warhol,
moltiplica i centri di irradiazione
who designed silver heliumcostringendo lo spettatore a non
filled cushions for Rain Forest
perdere la propria lucidità per(1968), and Jasper Johns, who
cettiva. Tra gli artisti che succefor Walkaround Time (1968),
dono a Rauschenberg figurano
though otherwise usually limiting
Warhol, che disegna i cuscini
himself to providing backdrops
argentati e gonfi di elio per Rain
and rainbow-coloured leotards,
Forest (1968), e Jasper Johns che,
paid homage to Duchamp’s
se solitamente si limita a fornire
Grand Verre by reproducing
fondali e calzamaglie nelle tinte
the artist’s images on transparent
dell’arcobaleno, per Walkaround
plastic boxes.
Time (1968) rende omaggio al
In the 1970s dance entered into
Grand Verre di Duchamp, di cui
its “performance” season and
riproduce le immagini su scatole
had to come to terms with the
di plastica trasparente. Negli anni
challenges brought to bear by
’70 la danza attraversa la stagione
post-modernism. Virtuosity and
della performance e affronta le
“spectacularity” were definitively
sfide della postmodernità, rifiushunned, and dance became a
tando definitivamente il virtuomeans through which to reflect
sismo e la spettacolarità e ponenon and deconstruct existing codes.
dosi come mezzo di riflessione
Lucinda Childs’s work is based
e di decostruzione dei codici
on the concepts of minimalism
esistenti. All’insegna del minimaand repetition; Sol Lewitt collabolismo e della ripetizione si situa il
rated with her on Dance (1979).
Una locandina di Toulouse Lautrec.
lavoro di Lucinda Childs che per
A theatre bill by Toulouse Lautrec.
Recently re-performed (proof of its
Dance (1979) collabora con l’artista
fundamental place in the history of
Sol Lewitt. Recentemente riallestito - a riprova del suo ruolo
dance), Dance is one of the earliest and most important experifondante nella storia della danza - Dance è uno dei primi imments based on the use of video-art: on this occasion, Lewitt pieced
portanti esperimenti incentrati sull’uso della videoarte in scena:
together a short film to be screened during the performance on a
Lewitt confeziona per l’occasione un filmato proiettato durante
transparent screen that is reproduced vertically, and behind which,
lo spettacolo su di uno schermo trasparente che riproduce in
in the foreground, the choreography itself is to be performed.
senso verticale e portando in primo piano la coreografia eseguiMore recently contemporary dance, eschewing the concepts of geota dal vivo al di là dello schermo. In anni più vicini a noi, superati
graphical boundaries and distinctions between genres, has ventured
i confini geografici e le divisioni di generi, la danza contempointo areas that are less and less governed by concepts of “typically
ranea si avventura in direzioni sempre meno riconoscibili come
European” or “typically American”. The Belgian Frédéric Flatipicamente europee o americane. Il belga Frédéric Flamand,
mand, who studied in Europe but feels just at home in the US,
formatosi in Europa ma assiduo frequentatore degli Stati Uniti,
purposefully allows choreography to ensue from a dialogue with
volutamente lascia che la coreografia prenda forma a partire dal
artists and architects, all in the name of interdisciplinarity. One
dialogo con artisti e architetti all’insegna dell’interdisciplinarità.
such (particularly productive) dialogue was undertaken with the
Particolarmente fortunato quello avviato con l’artista veneziano
Venetian artist Fabrizio Plessi, responsible for the “machinery”
Fabrizio Plessi, autore delle machinerie inserite nella trilogia dediused in the trilogy dedicated to the relationship between man and
cata alla relazione tra l’uomo e la tecnologia e composta da The
technology: The Fall of Icarus (1989), Titanic (1992) and
Fall of Icarus (1989), Titanic (1992) ed Ex machina (1994). In TitaEx machina (1994). In Titanic, for example, a computer-genernic, ad esempio, a un fuoco in bianco e nero riprodotto in video
ated black-and-white fire reproduced on television screens and over
e risultato di un’immagine creata al computer e sul quale i danwhich the dancers can walk, is given the role of translating into imzatori possono camminare, è assegnato il compito di tradurre
ages the concept of the representation of the essence of appearance
in immagine il concetto che la rappresentazione dell’essenza
– while the fire itself is nothing but just such an appearance.
dell’apparenza non è altro che un’apparenza. Il binomio danzaThe dance/visual arts couplet, after various attempts at coming
arti visive, dopo gli accostamenti, le collaborazioni e gli scambi
closer together, collaborating and exchanging viewpoints and pracdi visioni e di pratiche, si declina oggi in tra(N)sformazioni e
tices, is now a series of transformations and hybrid elements which
ibridazioni sempre più difficili da etichettare che rimettono in
it is becoming harder and harder to label. And these hybrids are
discussione i confini stessi delle discipline.
questioning the very boundaries of the disciplines themselves.
9
Focus On
Quando Picasso rivestì di glamour i
Balletti Russi di Diaghilev
Four works by Picasso for the Ballets Russes
P
«
icasso e la danza»: le maggiori compagnie di balletto del mondo, prima tra tutte quella dell’Opéra
di Parigi, possono - oggi come ieri - costruire programmi
meravigliosi nel nome di questo binomio, che ha dato
frutti straordinari nell’epoca d’oro delle avanguardie del
primo ‘900 febbrilmente attive in Francia, paese-vetrina
privilegiata di tutti gli «ismi» internazionali in vivacissima
competizione tra loro. E adesso anche il Ballet de l’Opera
National de Bordeaux, attualmente guidato da Charles
Jude, una delle stelle maschili più luminose appunto dell’Opéra parigina, ha fatto propri tre titoli preziosi, firmati
per il décor dal pittore catalano, uno dei più multiformi e
innovativi, ma anche uno tra i più riconoscibili per la forza del suo tratto d’autore, che ha posto
un marchio inconfondibile anzitutto su
due capolavori nati per i Ballets Russes
di Sergej Diaghilev, Parade e Le Tricorne.
L’ultimo dei grandi ballerini russi di
questa leggendaria compagnia, poi, il
bellissimo Serge Lifar, seguirà a sua
volta l’esempio musicalmente «alto»
del suo ex patron, scomparso a Venezia nel 1929, quando sempre all’Opéra
di Parigi - dove sarà a lungo premier
danseur e maître de ballet - nel 1935 chiamerà Honegger (sotto il nome però di
J. E. Szyfer, per questioni contrattuali)
come suo partner nella creazione di
Icare, il proprio balletto-feticcio, sia
come coreografo sia come interprete
di un neoclassicismo carico di segni capace di tenere testa
a quello essenziale di George Balanchine, l’ultimo grande
coreografo russo di Diaghilev, autore del capolavoro di
ambiente mitologico-greco Apollo.
Sono quattro, in realtà, i lavori che Pablo Picasso, capace
come nessun altro di dare un piglio vigoroso e glamour
insieme a tutto ciò che toccava, abbigliò per i Ballets
Russes nella Ville Lumière, Parade del 1917, una originalissima scena di circo cubista, su libretto di Jean Cocteau,
musica di Eric Satie, coreografia di Leonid Massine, Le
tricorne ovvero Il cappello a tre punte di Manuel De Falla, con
la coreografia sempre di Massine nel 1919, Pulcinella del
1920, con musica di Igor Stravinsky - forse da Pergolesi
- e coreografia ancora di Massine, Le train bleu del 1924,
cioè il treno che portava la «bella gente» dalla Capitale
verso la Costa Azzurra, con il famosissimo sipario delle
due grandi bagnanti, ouverture per lo spiritoso schizzo
danzato dai tipici personaggi vacanzieri dell’epoca, che
scopriva con Coco Chanel lo chic dello sport, tennisti
e nuotatrici, coquette in costumino a righe e golfisti, su
libretto di Cocteau, musica di Darius Milhaud, coreografia di Bronislava Nijinska, sorella del leggendario e
maledetto Vaslav Nijinsky, Divo assoluto della compa-
10
P
«
di / by Elisa Vaccarino
icasso and dance”: the most important dance companies
in the world, first and foremost the Opéra de Paris,
can, as they always have been able to, put together marvellous
programmes based on these two terms. It brought extraordinary
results in the golden age of the early 20th century avant-gardes,
who were extremely active in France, the privileged country for all
those international “-isms” so effervescently competing with one
another. And even the Ballet de l’Opéra National in Bordeaux,
directed by Charles Jude, one of the most important stars of
the Parisian Opéra, decided to add three important titles, the
decor for which was by Pablo Picasso, one of the most inventive
and innovative, but also one of the most recognisable thanks to
the strength of his authorial artistry, adding his unmistakable
trademark to some masterpieces devised for
Diaghilev’s Ballets Russes.
There were in fact four works that Picasso,
inimitably able to give both vigour and
glamour to everything he touched, put
together for the Ballets Russes in Ville
Lumière: Parade (1917), an extremely
original design of a cubist circus, based on
a libretto by Jean Cocteau, scored by Eric
Satie and with choreography by Leonid
Massine; Le Tricorne, or The ThreeCornered Hat (1919), by Manuel De
Falla, with choreography again by Massine;
Pulcinella (1920), with music by Stravinsky
(perhaps from Pergolesi), with choreography
again by Massine; Le Train bleu (1924),
with the libretto by Cocteau, music by
Darius Milhaud, and choreography by Bronislava Nijinska,
the sister of the legendary maudit Vaslav Nijinsky, the Divo
absolute of Diaghilev’s company in the opening decade of the
century, that is before his descent into the maelstrom of dementia.
These four masterpieces were never removed from the repertoire.
They were extremely different, splendid in their form and colour
and in the way they “put ideas in motion”, ideas that were highly
innovative, sometimes even perhaps less than profound but none
the less always extremely elegant – they always hit the mark. If
Le Train bleu belongs to the series of “lighter”, ironic and witty,
works, and Pulcinella plays on Italian Commedia dell’Arte,
Parade is a celebration of anti-bourgeois street-theatre devoid of
means yet rich in imagination, while Le Tricorne corresponds
to the “exotic” tastes typical of the Russian-Parisians’ line of
action during Massine’s stint. It harks back to folklore, in this
case Spanish folklore, which was obviously much more familiar to
the great painter of harlequins, ballerinas, bulls and minotaurs.
It must also be said that one of the collaborators on Parade, was
Fortunato Depero, who was to create the costumes for another of
Diaghilev’s productions, Le Chant du rossignol, but who was
eventually replaced by Henri Matisse. Who performed in front
of Parade’s red curtain? A flamboyant Chinese prestidigitator
(originally it was Massine himself), a pair of acrobats in sky-
Focus On
Picasso et la Danse, Ballet de l’Opéra National de Bordeaux.
11
Focus On
gnia di Diaghilev negli anni ‘10, prima di piombare nel
vortice della follia. Quattro capolavori, mai usciti dal
repertorio, diversi tra loro, splendidi nella forma, nel
colore, nel modo di «mettere in movimento le idee», le più
innovative, magari anche le più lievi, e insieme però le
più eleganti ed efficaci, sempre. Se Le train bleu appartiene
alla serie dei titoli «leggeri», ironici e spiritosi, e Pulcinella
gioca con la Commedia dell’Arte italiana, Parade celebra
il teatro anti-borghese, quello di strada, quello povero
di mezzi e ricco di fantasia, e Le Tricorne corrisponde al
gusto «esotista» tipico della linea d’azione dei Russi-Parigini, nel periodo Massine, per la rivisitazione del folklori,
in questo caso quello iberico certo molto familiare al
grande pittore di arlecchini, ballerine, tori e minotauri.
Va detto che a Parade con i suoi due manager, il francese
e l’americano, che invitano il pubblico a entrare dietro le
tende del loro circo, offrendo agli spettatori qualche assaggio dello spettacolinino che vedranno, e imponendosi
all’attenzione con indosso alte sagome di palazzi e con
un megafono per richiamare i distratti e i neghittosi, collaborò il geniale futurista italiano Fortunato Depero, che
avrebbe dovuto a sua volta creare i costumi per un altro
balletto prodotto da Diaghilev, Le chant du Rossignol, affidato poi invece a Henri Matisse. Chi si esibisce davanti al
sipario rosso di Parade? Un fiammeggiante prestigiatore
cinese (al debutto Massine stesso), una coppia di acrobati
in calzamaglie tinta cielo decorate di stelle, una ragazzina americana con la gonnella a pieghe, il collettino alla
marinara e il fiocco nei capelli, un cavallo ammiccante,
composto di due persone abilmente sincronizzate sotto
una gran coperta marrone con la coda, come nei varieté
più popolari. Rumori di battute di macchine per scrivere
e colpi di pistola- cioè frustate- integrano un sonoro
dove entra anche il ragtime: con Parade siamo ormai in un
mondo già globalizzato dove nella musica «seria» trovano
posto infatti anche il jazz e il bruitage. La modernità è
ormai entrata in pieno sulla scena del balletto colto, che
è diventato breve, incisivo, intessuto di suggestioni ben
diverse da quelle cortigiane-nobiliari dei titoli classici a
serata intera del repertorio dell’800, con l’apporto appunto di compositori e pittori che sono al centro delle svolte
artistiche del «secolo breve». Tutt’altra vicenda quella del
Tricorne, nato come traduzione in danza e pantomima
della vicenda di amene schermaglie amorose di una bella
mugnaia, innamorata del giovane marito, ma concupita
dal vecchio, arrogante e ridicolo Governatore del posto,
che sarà naturalmente gabbato, alla fine della storia. Se
Massine rubò i passi della danza al bailaor flamenco Felix
Fernandez, dietro la falsa promessa di dargli poi il ruolo
del protagonista che invece tenne per sé, creando tale
sconforto nel danzatore spagnolo da votarlo alla follia, e
se De Falla estrasse con nuovi approcci il succo di sevillane e fandanghi, Picasso lavorò sul crinale tra cubismo e
ritorno all’ordine prospettico neoclassico, trasponendo la
tradizione iconografia spagnola in una nuova ottica, sua,
attualizzata, fin dal rideau di scena, un’arena di corrida
opportunamente condita da olé ritmati a scandire l’inizio
delle danze, e regalando poi ai costumi dei vari personaggi, con un magnifico effetto di intaglio, dei densi bordi
neri ad effetto tridimensionale oltre a connotare di tinte
differenti il marchio distintivo dei diversi strati sociali.
Geometrie scultoree a cui Massine seppe infondere una
deliziosa vivacità di movimento, con un culmine trasci-
12
blue star-spangled leotards, a young American girl in pleated
skirt, sailor-collar and a ribbon in her hair, and a winking
horse, made up of two perfectly synchronised people under an
enormous brown blanket and tail, as in the most popular
variétés. Sounds of typewriters and pistol shots (that is, whips
cracking) completed a score that also included ragtime: Parade
already presents us with a globalised world where “serious” music
is flanked by jazz and pure noise. Modernity is now firmly
entrenched in serious ballet, which became short, sharp, full of
suggestions that were completely different from those once loved
by grand society ladies with double-barrel surnames of the 19th
century. This modernisation came about thanks to the composers
and painters who were at the forefront of the artistic revolutions
of the so-called “short century”. Tricorne, on the other hand,
was quite a different kettle of fish. It was originally devised
as a translation into dance and pantomime of the story of the
amorous skirmishes in which a young maid was involved. She
is in love with her young husband, but is also the object of the
desires of an old, arrogant and ridiculous Governor, who will
naturally be snubbed at the end of the story. If Massine stole his
dance steps from the Flamenco dancer Felix Fernandez, behind
the false promise of giving him the leading role that he then kept
for himself, creating such despair in the Spanish dancer that he
went mad, and if De Falla used different approaches to distil
the essence of fandangos and sevillanas, then Picasso worked on
the cusp between Cubism and a return to neoclassical perspective,
transposing Spanish iconographic tradition into a new viewpoint
(his own). He put together a bullring opportunely punctuated by
wild “olé”’s that gave their own rhythm to the dance sequences.
Massine gave these sculptural geometrics a delicious vivacity of
movement, with an overwhelming finale comprising a collective,
and timeless, aragonese jota.
In terms of the libretto, Icare harks back to the Hellenic myth.
Focus On
nante nella stilizzata jota aragonese collettiva finale, delizia
senza tempo.
Icare, quanto al libretto, rimanda invece ovviamente al
mito ellenico del ragazzo che voleva volare e che, avvicinatosi troppo al sole, precipitò bruciandosi le ali costruite
per lui dal padre, il leggendario architetto Dedalo, quello
del labirinto, da cui sviluppa- come si sa- un’altra vicenda
archetipa, la storia di Arianna, del suo filo e del Minotauro prigioniero, crudele divoratore di giovani vittime
umane, vinto infine dall’accortezza appunto di Arianna.
In termini di scrittura del movimento, Icare rappresenta la
concreta applicazione delle teorie di Serge Lifar, esposte
nel suo Manifeste du Chorégraphe, pubblicato qualche mese
prima del debutto del balletto, il 9 luglio 1935: anzitutto
la rivendicazione dell’autonomia della danza dalla pittura
e dalla musica. Il balletto si vale infatti di sole percussioni,
di ritmi puri, elaborati su misura durante le prove, il che
all’epoca della prima fece molta sensazione. Per le scene
e i costumi, l’autore in locandina fu allora Paul Larthe.
Coreograficamente l’enfasi fu sui movimenti delle braccia
in elevazione, sui salti, sugli sguardi volti verso l’alto degli
astanti, per seguire il volo ardito del bell’Icaro.
Alla ripresa di Icare, nel 1962 all’Opéra di Parigi, Lifar chiese un nuovo décor a Pablo Picasso, che dipinse un cielo
azzurrissimo, con tratti grafici neri e blu, una cornice che
si è imposta nella memoria di tutti coloro che conoscono
e apprezzano questa creazione emblematica del gusto
estetico lifariano. Una creazione che richiede- è chiaro- un
interprete di grande impatto plastico, come fu Lifar stesso
all’origine e, dopo di lui, Attilio Labis e poi proprio Jude,
che ora lo ripropone con la propria compagnia.
Le fils prodigue, capolavoro di George Balanchine, andato
in scena al Théâtre Sarah Berhardt il 21 maggio 1929, uno
tra i suoi pochi titoli narrativi del massimo coreografo
del 900, un balletto breve di inedito tono espressionista,
anche in virtù del tratto pittorico marcato dell’habillage
di Georges Rouault e della musica emozionante di
Sergej Prokofiev, è opera dell’ultimo dei grandi autori di
Diaghilev- dopo Mikhail Fokin, Vaslav Nijinsky, Bronislava Nijinska e Leonide Massine - il giovane fuoruscito
georgiano, formato a San Pietroburgo, nel tempio del
balletto zarista, che sarà poi fondatore del nuovo balletto
americano, «concertante», intimamente legato alla musica,
e dello strumento per realizzare le sue idee innovative,
con il proprio distinto linguaggio «neoclassico», il New
York City Ballet, a partire dalla relativa scuola. La trama
narrativa, elaborata nel libretto di Boris Kochno- ultimo
segretario e protegé di Diaghilev- è quella ben nota della
parabola biblica, che si realizza qui in assoluta asciuttezza,
con elementi semplici, come la cancellata-recinto che diventa tavolo per i bagordi del ragazzo ribelle e piedistallo
della grande «Sirena» tentatrice dal lungo manto cremisi
e dall’alto cappello turrito per ridiventare lo steccato di
casa al momento del ritorno, spogliato di tutti i suoi beni,
lacero e pentito, del giovane tra le braccia del Padre e delle
sorelle, tutti pronti al perdono sulla soglia della tenda di
famiglia. Interprete all’origine fu lo stesso Serge Lifar, formato a Kiev con la Nijinska. Quello del grande balletto
è dunque- e lo si riverifica ogni volta- come un cerchio
di intelligenze e di rimandi a specchio, che si racchiude
nel nucleo delle grandi date storiche per riaprirsi a ogni
ripresa scenica, regalando nuovamente bellezza, talento,
sorpresa, al pubblico di tutti i tempi.
In terms of writing and movement, it is the concrete application
of the theories of Serge Lifar, written up in his Manifeste du
choréographe, which was published a few months before the
ballet’s debut on July 9, 1935: it is first of all a demand for
the independence of dance from painting and music. The ballet,
in fact, only deploys percussive instruments, pure rhythm, which
was specially elaborated during the rehearsals; needless to say, this
caused a furore on opening night. The sets and costumes were the
work of Paul Larthe. Choreographically, the emphasis fell on
the movement of raised arms, jumps, on faces looking upwards to
follow the daring flight of the beautiful Icarus.
When Icare was taken up once more by the Opéra de Paris in
1962, Lifar asked Picasso to redesign the set. He painted an
overwhelmingly blue sky, with black and blue slashes, providing a
frame that was never to be forgotten by those who saw what was
in effect an emblematic representation of Lifar’s own aesthetic
tastes. Such an artistic creation naturally required an equally
gifted dancer, which is what Lifar himself originally was and,
after him, Attilio Labis and then Jude, who now played the role
with his own company.
Le Fils prodigue, George Balanchine’s masterpiece, was
performed at the Théâtre Sarah Bernhardt on May 21, 1929.
This was one of the great 20th century choreographer’s few
narrative works, and the brief ballet presented an innovative
expressionist tone, Le Fils was the work of the last of
Diaghilev’s great authors (after Mikhail Fokin, Vaslav Nijinsky,
Bronislava Nijinska and Leonide Massine), who had been born
in Georgia and studied in St Petersburg, in the temple of Tsarist
ballet; he would later found, starting with his own school, a new
American ballet, the New York City Ballet, intimately linked
to music, and the instrument of his innovative ideas, with its
distinct “neoclassical” feel. The narrative thread, libretto by Boris
Kochno (Diaghilev’s last secretary and protégé), is the well known
story of the Biblical parable. The original premier danseur was
Serge Lifar himself, who had studied in Kiev with Nijinska. The
great history of dance, therefore, comes full circle, like a game
made of great minds and mirrors reflecting, and which contains a
central core of essential dates. It then starts off again with each
performance, and once again bears the gifts of beauty, talent and
surprise to its timeless audience.
13
Focus On
Dalla parte dei musicisti
On behalf of musicians
N
on è possibile elaborare una seppur breve e
circoscritta scheda sulla musica per balletto del
‘900, senza prendere in considerazione il ruolo fondamentale dei Balletti russi e del loro impresario Sergej
Djagilev. Uomo di grande cultura artistica, nel 1898, a S.
Pietroburgo, assieme ad una congrega di pittori, critici
e musicisti, fondò la rivista “Il mondo dell’arte”. E’ in
quest’ambito che nascono i Ballets Russes che, in pochi
anni, grazie all’instancabile attività del suo impresario,
conquistarono Parigi e la ribalta mondiale. In conformità
con le concezioni moderniste de “Il mondo dell’arte”
(fortemente ispirate anche
dal gusto fauve della pittura
parigina di quegli anni) essi
rivoluzionarono il balletto
moderno dando pari importanza agli elementi costitutivi
dello stesso: coreografia,
scenografia, musica. Non si
tratta di una riedizione del
wort-ton-drama wagneriano,
bensì di una concessione di
massima libertà a ciascuna
delle tre discipline allo scopo
di potenziarne le specifiche
caratteristiche espressive ed
estetiche. Michel Fokine,
influenzato dalle idee dell’americana Isadora Dunkan,
seppe rinnovare la scuola
coreografica russa ed europea, mettendo in primo
piano l’essenzialità fisica ed
espressiva di ogni componente plastica e di movimento
del corpo umano. Seguito a Parigi dai giovani artisti Bakst
e Benois che curarono le prime scene e costumi, Djagilev
riuscì presto a catalizzare l’interesse dei maggiori artisti
post-impressionisti: Matisse, Picasso, Braque, Dufy. In
campo musicale seppe coinvolgere pressoché tutti i
maggiori compositori dell’epoca, spesso rivelandoli al
grande pubblico (il caso Stravinskij è embematico). Le
collaborazioni non furono però sempre esenti da contrasti. Se a Maurice Ravel, infatti, il grande impresario russo,
commissionò Daphnis et Chloé nel 1912 e realizzò inoltre,
con successo, i balletti tratti dalle musiche di Ma Mère
l’Oye e Valse nobles et sentimentales , ebbe l’ardire di rifiutare la produzione di La valse, dello stesso Ravel, perché
“non adatta al balletto”. A Fokine seguirono i coreografi
Nijinskij e Massine che seppero dare nuovo e grandioso
impulso alla produzione. A questa rinnovata stagione
parteciparono letterati come Max Jacob, André Salmon,
Apollinaire e Cocteau. Un successo di scandalo, ebbe la
collaborazione tra quest’ultimo, Picasso, Massine e Erik
Satie nella realizzazione del balletto Parade (1917). Nel
1924 Satie ritornò alla collaborazione con Picasso e Mas-
I
t would be impossible to elaborate even the briefest of
lists of 20th century ballet music without considering
the fundamental role played by the Ballets Russes and their
impresario Sergej Diaghilev. A man of wide-ranging artistic
culture, Diaghilev founded the journal Mir Iskusstva (The
World of Art) in 1898 in St Petersburg along with a group
of painters, critics and musicians. It is from this nucleus that
the Ballets Russes were born, and within a few years, thanks
to the tireless activity of their impresario, they conquered
Paris and the world stage. In keeping with the modernist
conceptions of Mir Iskusstva
(inspired by the fauve pictorial
tastes of contemporary Paris),
they revolutionised modern ballet and laid equal stress on the
constitutive elements of dance
itself: choreography, set design
and music. This was not a simple re-edition of the Wagnerian
Wort-ton-drama, but rather the
concession of utmost freedom
to each of the three disciplines
with the aim of enhancing their
specific expressive and aesthetic
characteristics. Michel Fokine,
influenced by the ideas of the
American Isadora Duncan,
renewed both the Russian
and European choreographic
schools, and brought to the
forefront the physical and expressive essentiality of each
plastic, moving component of
the human body. Followed to
Paris by the young artists Bakst and Benois, who designed
the Ballets’ early sets and costumes, Diaghilev soon managed
to garner the interest of the most important post-Impressionist artists: Matisse, Picasso, Braque and Dufy. Musically, he
managed to involve almost all of the greatest composers of the
period, often introducing them to a wider audience (Stravinsky is an emblematic case in point). His collaborations,
however, were not always devoid of tension. If he said yes
to Maurice Ravel, in fact, and commissioned his Daphnis
et Chloé in 1912 and also successfully put on productions
of ballets based on Ma Mère l’Oye and Valse nobles et
sentimentales, he also had the effrontery to refuse Ravel’s
La Valse, saying that he thought it was “not appropriate for
ballet”. Fokine was succeeded by the choreographers Nijinsky and Massine, the latter of whom gave great thrust and
new impetus to the company’s productions. The company was
thus given a new lease of life, and to its ranks were added
writers such as Max Jacob, André Salmon, Apollinaire and
Cocteau. Parade (1917), a collaborative effort between Cocteau, Picasso, Massine and Erik Satie, became a succès de
scandale. In 1924 Satie once again collaborated with Picasso and Massine on the production of Mercure. In the same
La collaborazione di Sergej
Prokof’ev con George
Balanchine dà vita a
capolavori del balletto come
balletti Il buffone (1921) e
Il figliol prodigo (1929)
The collaborations between Sergej
Prokofiev and George Balanchine
led to masterpieces as Il buffone
(1921) and Le Fils prodigue
(1929)
14
di / by Mario Pagotto
compositore
Focus On
period, however, there were rival companies to the Ballets
Russes. There were, for example, Rolf de Maré’s successful
Ballets Suédois, whose choreographer Jan Börlin collaborated
with the musicians Milhaud, Auric, Honegger and Casella,
and artists such as De Chirico and Léger. It was thanks
to a collaboration with Satie that the syncretic Relâche
was produced, with the cinematic insert of René Clair’s
Entr’acte. Manuel De Falla’s debut in the ballet genre came
with El amor brujo, but it was the 1919 production of
The Three-Cornered Hat that introduced him to a wider
public. The ballet was produced by the Ballets Russes, with
the collaboration of Picasso, Cocteau and Massine. There
were important changes, especially on the choreography front,
in the years that went from 1920 to 1930. Massine was
flanked by Bronislava Nijinska (Vaslav’s sister) and the
great George Balanchine. At the same time the heavy-handed
modernism of the set designs was somewhat mitigated, and
Igor Stravinskij
sine per la realizzazione di Mercure. In quegli anni si affermarono anche alternative ai Ballets Russes. Ad esempio
grande importanza ebbe la compagnia dei Ballets Suédois
di Rolf de Maré, il cui coreografo, Jan Börlin, collaborò
con i musicisti Milhaud, Auric, Honegger, Casella e artisti come De Chirico e Léger. Dalla collaborazione con
Satie nacque la sincretica Relâche con l’inserto cinematografico Entr’acte di René Clair. L’esordio nel genere del
balletto di Manuel De Falla, avvenne con El amor brujo,
ma fu El sombrero de tres picos del 1919, il balletto che
gli valse successo e fama. Esso venne realizzato in seno
ai Balletti Russi, frutto della collaborazione tra Picasso,
Cocteau e Massine. Il decennio 1920-30 registra importanti cambiamenti soprattutto a livello coreografico. A
fianco di Massine, vengono a lavorare con la compagnia,
Bronislava Nijinska (sorella di Vaslav) e il grandissimo
George Balanchine. Contemporaneamente le scelte delle sceneggiature mitigano di molto l’ansito modernista,
per rivolgersi al dramma. In questo contesto si colloca
la collaborazione con Sergej Prokof ’ev che dà come
esito i balletti Il buffone (1921), Passo d’acciaio (1927) e
soprattutto Il figliol prodigo (1929) per la coreografia di
Balanchine. I successivi Romeo e Giulietta e Cenerentola,
che segnano uno dei vertici più alti della musica per
balletto, furono composti da Prokof ’ev, dopo il suo
ritorno in Unione Sovietica. Intorno agli anni trenta,
dopo la morte di Djagilev (sepolto a Venezia, imitato da
Stravinskij che molti anni dopo volle giacere a fianco del
suo mentore) e il conseguente scioglimento dei Balletti
Russi, i principali esponenti dell’arte coreutica si divisero
in diverse compagnie diffondendo il grande patrimonio
artistico e culturale creatosi in quegli anni straordinari.
Nuovi compositori si affacciarono alla ribalta. Una collaborazione assai stretta con l’arte del balletto l’ebbe, per
esempio, il Gruppo dei Sei, cui appartiene anche lo svizzero Arthur Honegger. Attorno a lui si formò un nuovo
e affascinante cenacolo artistico letterario, che fece nascere capolavori come, citando solo a titolo di esempio,
Amphion (1931) di Valéry-Massine-Honegger-Jakovlev e
Sémiramis (1934) di Valéry-Fokine-Honegger-Jakovlev.
Sergej Prokofiev
attention brought to bear on the dramatic aspects. In this new
context there were collaborations with Sergej Prokofiev, which
led to the ballets Il buffone (1921), Passo d’acciaio (1927) and
above all Le Fils prodigue (1929), with choreography by Balanchine. The following Romeo and Juliet and Cinderella, which
marked one of the highest musical moments in ballet, were
composed by Prokofiev after his return to the Soviet Union. In
about the 1930s, after the death of Diaghilev (buried in Venice,
and imitated by Stravinsky who, many years later, wanted to be
buried alongside his mentor) and the subsequent disbanding of
the Ballets Russes, the main exponents of the art of dance went
their own way and joined different companies, further disseminating the great artistic and cultural heritage that had coalesced
in those extraordinary years. New composers came to the fore.
A rather close collaboration between art and ballet, for example,
was embodied in the Group of Six, to which the Swiss Arthur
Honegger also belonged. Around him a new and fascinating artistic-literary group formed, which created masterpieces such as
Valéry-Massine-Honegger-Jakovlev’s Amphion (1931), and
Valéry-Fokine-Honegger-Jakovlev’s Sémiramis (1934).
15
Focus On
Trenta e più anni di danza spagnola
Trenta e più anni di danza spagnola
L’
evoluzione della danza nel nostro paese nelle ultime decadi è
stata molto diversa da quella del resto delle nazioni europee a
noi più vicine, come l’Italia,
la Francia, la Gran Bretagna
o la Germania. La storia
recente della Spagna ha determinato questa diversità.
Mentre nei paesi nominati
lo scambio e l’innovazione
formavano parte del vivere
quotidiano, in Spagna il folclore copriva tutte le necessità d’espressione attraverso
il movimento. Perciò, con
l’avvento della democrazia,
l’incredibile esplosione di
creatività si tradusse nella
nascita di formazioni che
con gli anni hanno caratterizzato la breve storia
della danza contemporanea
spagnola. Considerando
questa palpabile diversità,
possiamo dire che la danza
in Spagna – se trascuriamo
il ballo iberico e il flamenco
con le loro manifestazioni
folcloriche – ha appena
oltrepassato i trent’anni.
Gli anni Ottanta furono,
senza dubbio, quelli di
maggior
effervescenza
creativa, con posizioni
anche arrischiate e senza
dubbio innovative. Fu un’epoca in
cui divenne fortissima la sperimentazione da parte di tutti quegli artisti
avidi di cambiamento che facevano
finalmente uscire fuori quanto avevano assorbito e raccolto durante
le proprie personali peregrinazioni
all’esterno.
Credo che invece gli anni Novanta
siano stati la tappa del «realismo»,
quando coreografi, ballerini e
pubblico entrarono in conflitto
perché nessuno aveva fatto nulla
per stabilire un contatto e avviare
un processo di comprensione delle
nuove proposte. Mentre le compagnie più «ortodosse» si consolidavano come strutture e facevano
sedimentare il proprio linguaggio,
quelle che erano meno comprensibili, che rischiavano di più, e i cui
messaggi o forme espressive erano
T
di / by Inmaculada Gil-Lázaro
direttrice del Centro Coregrafico dei Teatres de la Generalitat Valenciana
he evolution of dance in our country over the past few
decades has been very different from other European
nations such as Italy,
France, Great Britain or
Germany. Spain’s recent
history has determined this
difference. While in the
countries just mentioned
exchanges and innovation
were a part of everyday
life, Spain was defined
by a folkloric tradition
that covered all expressive needs. Thus, with the
advent of democracy, the
incredible explosion of
creativity was translated
into the birth of companies
that, over the years, characterised the brief history
of contemporary Spanish
dance. Considering this
palpable diversity, we could
say that dance in Spain
(if we ignore Iberian dance
and Flamenco and their
markedly folkloristic nature) has been around for
just on thirty years.
The 1980s were doubtlessly the most creative
years, characterised by
what could be described as
very “risky” albeit highly
innovative positions. That was a
period in which experimentation
was rife amongst those artists who
were desperate for change and who
could finally express what they
had absorbed and picked up during their own personal experiences
abroad.
On the other hand, I think that
the 1990s were the period of
“realism”, when choreographers,
dancers and the public ran foul
of each other because nobody had
done anything to establish contacts
or a process of understanding
for the new proposals. While
“orthodox” companies became
more permanent structures and
began to fix their own language,
those companies that had been less
“comprehensible”, that had taken
greater risks and whose expressive
«Attualmente è un’arte ancora
giovane, effervescente e
creativa, che ha in Madrid,
Barcellona e Valencia
i principali centri di
produzione»
“Currently, in terms of dance in
Spain, there are three important
centres of production: Madrid,
Barcelona and Valencia”
16
Focus On
meno intelleggimessages and forms
bili allo spettatore
had been less intelmedio andavano
ligible to viewers
scomparendo. Il
began to disappear.
pubblico di danza
There was no payin Spagna non
ing public in Spain
esisteva e le autorità
for dance performdemocratiche che
ances, and the
sovvenzionavano
democratic authorile compagnie, i
ties who funded the
festival e le rassegne
companies, festivals
non comprendeand retrospectives
vano la necessità di
did not understand
avviare programmi
the need to set
specifici finalizzati a
up specific protrasformare la dangrammes aiming
za in un’arte scenica
to transform dance
con pari dignità
into a theatrical art
rispetto alle altre.
worthy of the same
Di conseguenza,
respect as other
il ballo, nelle sue
arts. Consequently,
declinazioni, non
dance, in its variha pubblico, le
ous guises, had no
compagnie
si
public to speak
smembrano, i poof, the companies
litici non investono
began to disband
denaro né sforzi
and the politicians
per attività che non
were not investing
suscitano l’interesse
money in activities
degli spettatori.
that did not bring
Attualmente, per
in a paying public.
quanto riguarda la
Currently, in terms
danza, nel nostro
of dance in Spain,
paese esistono tre
there are three
importanti centri
important centres
di
produzione:
of
production:
Due produzioni del Centro Coreográfico de Teatres della Generalitat Valenciana: Amanaida da
Madrid, Barcellona
Madrid, Barcelona
Aman di Patrick de Bana e Acirfa, autori vari.
e Valencia. Tanto in
and Valencia. In
Two productions for the Centro Coreográfico de Teatres de la Generalitat, Valencia:
queste zone come
this early 21st
Amanaida da Aman by Patrick de Bana, and Acirfa, various authours.
nelle restanti Cocentury, in these
munità autonome
centres, and in the
che accolgono con interesse compagnie, festival e manifestazioni e
other Autonomous Regions that demonstrate interest for various
programmano attività legate a questa forma artistica (come i Paesi
companies, festivals and performances and have scheduled activities
Baschi e l’Andalusia) la danza si caratterizza in questi inizi del XXI
linked with these artistic forms (such as the Basque region and Ansecolo per la sua ricchezza di sfumature, l’alta qualità della formaziodalusia), dance is characterised by a wealth of nuances, the incredible
ne dei danzatori e per l’assenza di scuole specifiche nazionali con un
formal training of the dancers and a dearth of national schools with
loro stile marcato e perfettamente identificabile. Abbiamo la fortuna
their own clearly-defined and identifiable style. We are lucky enough
di contare con gruppi storici di flamenco che hanno saputo adattarsi
to be able to count on historical Flamenco groups who have managed
ai tempi moderni e che offrono al pubblico spettacoli eccellenti, dove
to adapt to modern times, and who offer the general public excellent
danza, musica ed elementi nuovi come i materiali video, si mescoperformances where dance, music and new elements such as video
lano con ottimi risultati. La Compañia Nacional de Danza diretta
are successfully mixed together. The Compañia Nacional de Danza
da Nacho Duato, per esempio, ha influito senza alcun dubbio sulla
directed by Nacho Duato, for example, has clearly influenced the disdiffusione di questo tipo di arte: il suo stile è molto apprezzato. E
semination of this type of art, and its style is very much appreciated.
anche il Ballet Nacional de España, che raccoglie i migliori esiti del
The Ballet Nacional de España, which represents the best in Spanballo spagnolo, ha raggiunto un livello tanto alto da diventare cassa
ish dance, has also reached such a high standard that it has become
di risonanza del nostro patrimonio. Nella Comunità Valenciana alla
almost emblematic of the Spanish cultural heritage. At the end of
fine degli anni Novanta erano censite due compagnie professionali.
the 1990s there were two professional companies operating in the
Nel 1998 il Centro Coreográfico de Teatres della Generalitat apre le
Valencia region. In 1998, the Centro Coreográfico de Teatres della
sue porte con la sana e necessaria intenzione di occuparsi di danza. In
Generalitat opened its doors with the praiseworthy and indispensable
quel momento l’obiettivo era la danza valenciana, ma a tutti gli effetti
intention of dealing with dance. At that time, the main objective was
il Centro Coreográfico ha funzionato come un Centro nazionale
Valencian dance, but the Centro Coreográfico has in effect functioned
perché numerose compagnie e interpreti o coreografi hanno inconas a National Centre, as many companies, interpreters and choreogtrato l’appoggio di cui avevano bisogno.
raphers have found there the support they so sorely needed.
17
Focus On
Un «Romeo e Giulietta» flamenco e
contemporaneo per il Nuevo Ballet
Español al Comunale di Treviso
A Contemporary Flamenco Romeo and Juliet for the
Nuevo Ballet Español at the Treviso Comunale
I
T
l Nuevo Ballet Español propone una
he Nuevo Ballet Español has
versione inedita ed innovativa di un
put together a groundbreaking
capolavoro shakespeariano come Giuversion of Shakespeare’s masterlietta e Romeo. Angel Rojas, uno dei
piece, Romeo and Juliet. Angel Rojas,
due direttori della compagnia condivide
one of the two company directors,
con Carlos Rodríguez l’ideazione coreohas worked with Carlos Rodríguez
grafica e scenografica dello spettacolo. Gli
on the choreography and sets for the
chiediamo di raccontarcene gli elementi
performance. We have asked him to
essenziali.
tell us about the essential elements.
Questo spettacolo raccoglie una
This performance brings together a mixture
mescolanza di vari stili, a partire
of different styles, from Flamenco to classidal flamenco per approdare alla
cal and contemporary Spanish dance. The
danza classica spagnola e a quella
underlying idea was to identify each characcontemporanea. L’idea guida è stater with a particular dance style. The main
ta quella di identificare ogni persocharacters, for example, follow the typical
naggio con un particolare stile. I
style of classical Spanish dance, while
protagonisti per esempio seguono
Lorenzo, the friar who marries the two
linee tipiche della danza classica
main characters, is completely contemporary.
spagnola, mentre Lorenzo, il frate
We thought that this clear-cut distinction
che li sposa, è sviluppato in senso
would help create a critical sense in the
totalmente contemporaneo, e così
audience, who are constantly being fed alterRomeo y Julieta, Nuevo Ballet Español
via. Abbiamo pensato che questa
nating expressive and stylistic modes. The
distinzione netta creasse una riflesperformance, in the way it pans out, is an
sione critica nella mente dello spettatore, che vede
unconventional reading of Shakespeare’s work; it’s different from
alternarsi di continuo modalità espressive e stilistiall the classical and modern versions that have come before.
che differenti. Lo spettacolo nel suo svolgimento
How much of the original tragedy have you kept in
si rivela una lettura anticonvenzionale dell’opera di
your interpretation, and what was your approach to
Shakespeare, diverso da tutte le versioni, classiche e
such a traditionally classical text?
moderne, che l’hanno preceduto.
This was the first time we’d dealt with such a famous play, which
Quanto avete conservato del dramma originario, nella vostra
is in fact one of the most “classical” in all senses of the word. In
interpretazione, e qual è stato il vostro approccio a un testo
terms of plot we respected all the main aspects. However, because
così tradizionalmente classico?
of time constraints we did fuse a
È la prima volta che affronfew scenes together, otherwise the
tiamo una pièce così celebre
production would be far too long.
ed effettivamente tra le più
The whole performance lasts an
«classiche» in tutti i sensi.
hour and twenty minutes, but I
Per quanto riguarda il plot,
don’t think we’ve sacrificed anything
lo abbiamo rispettato nei
of the original structure.
suoi snodi essenziali. L’uniThe basic thrust of your
co intervento è stato quello
Romeo y Julieta therefore
di unire alcune scene, per
seems to be a mixture of
esigenze di tempo. Non podifferent dance styles. Is this
tevamo costruire un’opera
also true for the music, which
troppo lunga. Tutto il lavoro
replaces Prokofiev’s famous
dura un’ora e venti, ma crescore?
do che non si sia sacrificato
We decided to underscore the flaniente dell’impianto origimenco style in our music, as this is
«L’idea guida è stata
quella di identificare
ogni personaggio con un
particolare stile di danza»
«The underlying idea was to
identify each character with a
particular dance style»
18
Focus On
nale.
La parola d’ordine del vostro Romeo y Julieta sembra dunque essere
la commistione degli stili di danza.
Questo criterio misto vale anche per
le musiche, che sostituiscono la celebre
colonna sonora di Prokofiev?
Nella scelta musicale abbiamo
preferito marcare l’impronta flamenca, che è la principale fonte
cui sin dai nostri inizi abbiamo
attinto. I musicisti che hanno
lavorato per noi – Antonio Rey,
Pablo Suarez, Gaspar Rodriguez, Elisa de La Torre e Ivan
Monje – hanno creato un impasto melodico di forte impatto,
che mette in evidenza soprattutto la sfortunata storia d’amore
dei due giovani, la tenerezza di
questo sentimento. La strumentazione è complessa,
comprende un piano, due chitarre, un violoncello, due
cantanti... L’esecuzione dal vivo rende ancora più forte
questo impatto emotivo.
E a livello coreografico?
Anche nell’elaborazione scenica e coreografica abbiamo ricercato la fusione di più stili. Nei nostri
lavori precedenti spesso abbiamo attinto idee e ispirazione dall’arte figurativa, nel mio caso specifico,
oltre a mostri sacri del Novecento come Picasso
e Dalí, mi sento molto vicino all’arte di Bosch. In
questo Romeo y Julieta invece abbiamo optato per
una scenografia neutra, molto semplice ma allo
stesso tempo molto funzionale: tutti gli elementi che
sono in scena sono mobili, vengono richiamati dalla
presenza di un personaggio. Che sia il sepolcro, o
l’altare dove i due protagonisti si sposano, sono tutte strutture che si vanno trasformando e muovendo
per seguire i movimenti dei danzatori. La scenografia si muove con la danza (l. m.).
the main style we’ve always taken our inspiration from. The musicians who worked for us – Antonio Rey, Pablo Suarez, Gaspar
Rodriguez, Elisa de La Torre e Ivan Monje – have created a
striking melodic blend which above all highlights the two youngsters’ tragic and touching love story. The instruments are extremely
varied, and include a piano, two guitars, a cello, two singers... The
emotional impact is even greater considering the live performance.
What about the choreography?
We’ve also blended different styles in the sets and choreography.
In previous works we often drew our ideas and inspiration from
the figurative arts; as far as I’m concerned, I feel very close to
20th century myths such as Picasso and Dalí as well as the art
of Bosch. However, in this Romeo y Julieta we have opted for
a “neutral” set which is very simple but at the same time very
functional: all the elements on stage are movable, and they are
physically “evoked” by the presence of the characters. Whether
it’s the tomb or the alter where the two characters are married,
they are all structures that are transformed and move to follow the
movement of the dancers. The sets actually move with the dance
itself. (l. m.)
Romeo y Julieta, Nuevo Ballet Español
19
Focus On
Arti plastiche e movimenti coreografici: le
ultime tendenze del teatrodanza italiano
Plastic Arts and Choreographic Movement: The
Latest Trends in Italian Dance Theatre
V
ariamente declinati, i rapporti tra arti performative
e arti visive hanno sempre offerto allo sguardo
– storico, critico o semplicemente ludico – un viatico
prezioso per meglio comprendere entrambe le discipline
(e talvolta anche i loro rapporti con i poteri, come
hanno autorevolmente dimostrato in anni non sospetti i
cortocircuiti messi in atto da Ludovico Zorzi tra le pratiche
del nostro teatro rinascimentale e le immagini fissate sui teleri
di Carpaccio o nel ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoia).
Oggi, nella sterminata wunderkammer mediatica in cui
viviamo, tali rapporti appaiono sempre più complessi e
stratificati, soprattutto se ci rivolgiamo all’area della nuova
danza, in cui coesistono con particolare evidenza relazioni
di diverso genere.
La relazione più canonica è quella per cui un’opera o un
autore diventano fonte di ispirazione per lo spettacolo: è
il caso di Francis Bacon, dichiarato ispiratore di due tributi
a lui dedicati da Enzo Cosimi
(Bacon - punizione per il ribelle)
e da Agar (Triptychos); ma
talvolta l’omaggio può anche
essere celato, come accade in
Doom di Kinkaleri, dove, aldilà
di un preciso riferimento
figurativo (il grido muto
che deforma i tratti di tante
figure baconiane), i performer
tentano di ricreare sulla scena
i vettori strutturali della
composizione pittorica del
celebrato artista inglese senza
mai farne il nome.
Altrettanto canonica, e
storicamente
accreditata
(almeno dalle avanguardie
storiche del primo Novecento
in poi), è la relazione diretta
tra artisti – un coreografo e
un pittore, per esempio – che
collaborano alla realizzazione
di uno spettacolo. E se in
passato il più delle volte l’apporto dell’artista visivo era
funzionale alla creazione di scene e costumi, in casi recenti
gesto pittorico e coreografico finiscono per impastarsi l’uno
nell’altro senza soluzione di continuità, come succede negli
Esercizi spirituali di Caterina Sagna e Tobia Ercolino (pittore
e scenografo e costumista), in cui corpi e colori appaiono
materie diverse di uno stesso universo misterioso e condiviso.
E talvolta il danzatore può addirittura trasformarsi in
pittore, come fa Joao Fideiro in I Am Here, in cui il corpo
V
ariously declined, the relationships between performing
and visual arts have always offered the gaze (whether it be
historical, critical or simply playful) a precious viaticum to help understand
both disciplines (and sometimes also their relationship with power, as has
authoritatively been demonstrated in less suspicious times by the shortcircuiting enacted by Ludovico Zorzi in terms of Italian Renaissance
theatre and still images on Carpaccio’s paintings and the fresco cycle
in Palazzo Schifanoia). Nowadays, in the endlessly media-fuelled
Wunderkammer we live in, these relationships seem ever more complex
and stratified, especially if we turn to the area of new dance, where it is
particularly evident how different relationships co-exist.
The most canonical relationship is defined as a work or author becoming
a source of inspiration for the performance: one such example is Francis
Bacon, the declared inspiration for two tributes dedicated to him by Enzo
Cosimi (Bacon – punizione per il ribelle) and Agar (Triptychos);
but sometimes the homage might also be covert, as is the case with
Kinkaleri’s Doom, where, despite a specific figurative reference (the silent
scream that deforms so many Baconian
figures), the performers attempt to
recreate the structural vectors of
Bacon’s pictorial compositions on stage,
without ever explicitly mentioning him.
Equally canonical and historically
accredited (at least by the historical
avant-gardes from the early 20th
century on) is the direct relationship
between artists (a choreographer and
painter, for example) who collaborate
on a performance. If in the past the
visual artist’s contribution was mostly
functional to the creation of sets and
costumes, in recent cases the pictorial
and choreographic gestures have ended
up merging seamlessly into one another,
such as, for example, in Caterina
Sagna and Tobia Ercolino’s Esercizi
spirituali (a collaboration between
painter, set designer and costume
designer), where bodies and colours
appear as different materials taken
from the same mysterious, shared
universe. And sometimes the dancer might even be transformed into a
painter, such as for example Joao Fideiro in I Am Here, where the body
literally paints, through movement, the costumes drenched with colour when
they come in contact with a white surface which is changed every evening.
On the other hand, the sense of sharing in the process of research,
even though it is communicated through different expressive means, led
a choreographer such as Virgilio Sieni to ask Grazia Toderi, in their
collaboration on Il fiore delle mille e una notte, not for a virtual
set design but a video performance (which was later to win a prize at the
«Se in passato il più delle volte
l’apporto dell’artista visivo era
funzionale alla creazione di scene
e costumi, in casi recenti gesto
pittorico e coreografico finiscono
per impastarsi l’uno nell’altro»
“If in the past the visual artist’s
contribution was functional to the creation
of scenes and costumes, in recent cases the
pictorial and choreographic gestures have
ended up merging into one another”
20
di / by Andrea Nanni
critico teatrale / theatre critic
Focus On
dipinge letteralmente – attraverso il
movimento – gli abiti imbevuti di colore
a contatto con una superficie bianca ogni
sera rinnovata.
D’altro canto, il senso di comunanza nella
ricerca, pur attraverso diverse modalità
espressive, spinge un coreografo come
Virgilio Sieni a chiedere a Grazia Toderi
per Il fiore delle mille e una notte non una
scenografia virtuale ma un’opera video
(poi premiata alla Biennale di Venezia)
che si inserisce nella partitura scenica
sottolineandone la struttura ritmica;
oppure a progettare uno spazio come
il CANGO di Firenze, dove accanto
a spettacoli di danza trovano posto
installazioni di artiste come Manuela Menici
(per Sieni anche costumista), autrice di aerei
merletti in ceramica pronti a sbriciolarsi al
<OTTO> di Kinkaleri
tatto, e Sandra Tomboloni, artefice di <OTTO> by Kinkaleri
un’enorme ruota di plastilina popolata da
piccoli personaggi di ogni sorta. Ci sarebbe poi il capitolo
della videodanza, disciplina di confine che, affrancatasi da
tempo dal servaggio della documentazione, ha acquisito
autonoma consistenza sconfinando nella videoarte grazie
a numerose collaborazioni tra coreografi e artisti, e che di
recente è diventata territorio di ulteriori sperimentazioni
specie per i gruppi a formazione mista come – ancora una
volta – Kinkaleri, collettivo in cui sia i video che gli oggetti
per l’editoria (vedi il recente <OTTO> edito da Maschietto,
che, lungi dall’essere un programma di sala gonfiato, si
compone essenzialmente di immagini rubate a fotografi e
disegnatori contemporanei proponendo un vero e proprio
percorso parallelo al fortunato spettacolo) risultano opere
di cui viene pienamente rivendicata la paternità.
Ma talvolta – e a ricordarcelo è di nuovo <OTTO>,
stavolta lo spettacolo – il rapporto tra arte performativa e
arte visiva si fa ancora più intrinseco, tanto che la scansione
drammaturgica dell’opera rivela un montaggio operato
(anche) secondo criteri visivi, quali la consonanza tra
tessuti (nylon) e colori (il blu), come avviene nel passaggio
dall’autoscatto di un pescatore davanti a un igloo (di nylon
blu) al tonfo di un corpo senza vita (con indosso solo un
costume da bagno, anche questo di nylon blu) portato
in scena a spalla e lasciato cadere al suolo con ostentata
indifferenza, quasi si trattasse di un oggetto tra altri
oggetti.
Rovesciando il canocchiale, c’è infine da notare un evidente
processo di «performativizzazione» delle arti visive, come
testimonia la personale di Erwin Olaf presentata a Bologna
per il Gender Bender Festival. Non sembra un caso, infatti,
che Separation – l’ultima serie fotografica firmata dall’artista
olandese, in cui una madre e un figlio completamente
fasciati in tute di cuoio nero (tranne gli occhi del bambino)
compiono banali azioni quotidiane – sia accompagnata
da un video (in cui compare anche la figura paterna) che
introduce il senso della durata, sottolineando la ritualità e la
ciclicità del tempo domestico agli occhi del bambino.
Come sosteneva il coreografo francese Jean-Cluade Gallotta
già quindici anni fa, “in tutte le arti si è cercato di svincolarsi
dalle strutture; la pittura, da parte sua, si è prima sbarazzata
del disegno, poi di se stessa; è diventata performance.
Lo stesso poteva dunque succedere alla danza”.
Venice Biennale) to be inserted within the scenic score in order to underpin
the rhythmic structure; or to draw up a project for a venue like CANGO
in Florence, where alongside dance performances there are installations
by artists such as Manuela Minici (who is also a costume designer for
Sieni), who produced light ceramic lacework so delicate it would crumble
at the touch of a finger, and Sandra Tomboloni, artificer of an enormous
plasticine wheel inhabited by an infinite array of little characters. There
is also another category, that of “video-dance”, a frontier discipline that,
having freed itself some time ago from the constraints of documentation,
has acquired an autonomous consistency by veering towards video-art
thanks to numerous collaborations between choreographers and artists,
and that has recently become the privileged site for further experimentation,
especially for mixed groups such as, once again, Kinkaleri, a collective
in which both video and published objects (see the recent <OTTO>
published by Maschietto which, far from being an oversized programme
booklet, is essentially a compendium of images purloined from
contemporary photographers and artists and which offers an alternative
itinerary running parallel to the very successful series of performances)
are works whose paternity is proudly proclaimed. But sometimes (and
once again it is <OTTO>, this time the performance, that re-evokes
the rapport) the relationship between performing and visual arts is even
more closely-knit, so much so that the dramatic articulation of the work
evinces a montage that is (also) undertaken according to visual criteria,
such as the consonance of the fabric (nylon) and colours (blue), as happens
in the move from the instant snapshot of a fisherman in front of a (blue
nylon) igloo to the free-fall of a lifeless body (wearing only a swimming
costume, which is also blue nylon) which is carried aloft onto the stage
and then dropped onto the floor with studied indifference, almost as if it
were just another object. If we look through the other end of the telescope,
then we can also note the evident process of “performatisation” in the
visual arts, as can be seen in Erwin Olaf’s personal performance at the
Gender Bender Festival in Bologna. In fact, it does not seem at all casual
that Separation – the last series of photos by the Dutch artist, where a
mother and child who are completely wrapped in black leather (except for
the boy’s eyes) perform commonplace everyday activities – is accompanied
by a video (where the boy’s father also appears) that introduces a sense of
duration, thus underlining the boy’s ritualistic and cyclical interpretation
of domestic time. As the French choreographer Jean-Claude Gallotta
affirmed fifteen years ago, “in all the arts there has been an attempt to cut
oneself loose from structure; painting itself first rid itself of design, then
itself; it has become performance. The same could therefore also
happen to dance.”
21
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