L’attività delle Commissioni nella XV legislatura Commissione Lavoro n. 1/11 parte seconda maggio 2008 Camera dei deputati XVI LEGISLATURA SERVIZIO STUDI Documentazione e ricerche L’attività delle Commissioni nella XV legislatura Commissione Lavoro n. 1/11 parte seconda Maggio 2008 La documentazione di inizio legislatura predisposta dal Servizio Studi e, quanto ad alcune parti, dall’Ufficio per i Rapporti con l’Unione europea, dal Servizio Biblioteca, dal Servizio Bilancio dello Stato, dal Servizio Commissioni e dal Servizio per il Controllo parlamentare, si compone di: un dossier ipertestuale su CD-ROM (Documentazione e ricerche, n. 1), che illustra analiticamente le principali politiche legislative e attività istituzionali svolte dalla Camera dei deputati nel corso della XV legislatura; 14 fascicoli di accompagnamento (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – prima parte) recanti, per ciascuna Commissione, una nota di sintesi sulle aree tematiche di interesse, sull’attività svolta e sugli adempimenti governativi nelle materie di competenza; 14 volumi (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – seconda parte) recanti, per ciascuna Commissione, un estratto del dossier ipertestuale concernente le politiche legislative e l’attività istituzionale nelle materie di competenza. DIPARTIMENTO LAVORO DIPARTIMENTO LAVORO Consigliere Vito TISTO (4848) Documentaristi Carlo MOSCARELLI (2798) Luigi LUCCHETTI (3136) Segretario parlamentare Anna Maria PANFILI (4884) I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. File: LA0001b.doc INDICE POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE PREVIDENZA Modifica dei requisiti pensionistici 5 Pensione anticipata per lavori usuranti 11 Coefficienti di trasformazione 15 Razionalizzazione di enti previdenziali 17 Previdenza complementare e fondo TFR 19 Totalizzazione e riscatto della laurea 25 Incremento delle aliquote contributive 29 Benefici per titolari di pensioni basse 33 Altri interventi previdenziali 35 PUBBLICO IMPIEGO Assunzioni del personale pubblico 43 Utilizzo di lavoro flessibile dalle P.A. 51 Stabilizzazione del personale delle P.A. 57 Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2007 Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2008 58 61 OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO Forme di lavoro flessibile 65 Abolizione del lavoro intermittente Abolizione della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato Modifiche in tema di part-time 65 I 67 68 Lavoro a tempo determinato 71 Delega in materia di mercato del lavoro 77 La formazione professionale 81 Misure per promuovere l’occupazione 85 Misure per la competitività e l’equità 91 L’occupazione delle “fasce deboli” 95 Ammortizzatori sociali 101 Gli interventi “in deroga” per il sostegno del reddito 104 Misure di contrasto al lavoro sommerso 107 Altri interventi per l’occupazione 113 TUTELA DEI LAVORATORI E SICUREZZA SUL LAVORO Salute e sicurezza sul lavoro 119 Tutela della maternità e paternità 123 Quadro normativo precedente Modifiche introdotte nella XV legislatura 123 124 Parità di trattamento nel lavoro 129 Misure contro le dimissioni “in bianco” 135 Partecipazione alla gestione d’impresa 139 ATTIVITÀ PRESSO LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) Lavoro 143 Coordinamento delle politiche dell’occupazione 143 Modernizzazione del diritto del lavoro e flessicurezza 144 Gestione dei cambiamenti 144 Orario di lavoro 145 Lavoro temporaneo 145 Lavoro non dichiarato 145 Mobilità del lavoro 145 Persone lontane dal mondo del lavoro 146 Parità di genere 147 Tabella di marcia Conciliazione della vita professionale, privata e familiare Divario retributivo 147 II 147 148 Molestie e violenza sul luogo di lavoro Relazione sulle pari opportunità tra donne e uomini - 2008 149 Previdenza 151 Sicurezza sul lavoro 153 Strategia per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro Salute e sicurezza per l’uso di attrezzature di lavoro Esposizione ai campi elettromagnetici 153 149 154 154 POLITICHE LEGISLATIVE IN ALCUNI PAESI STRANIERI (a cura del Servizio Biblioteca – Ufficio Legislazione straniera) Politiche dell’occupazione 157 Francia Germania Spagna 157 159 161 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO PREVIDENZA Requisiti per la pensione di anzianità 167 Requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità per i lavoratori in possesso dei medesimi alla data del 31 dicembre 2007 167 Requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità dal 1° gennaio 2008 168 Requisiti per la pensione di vecchiaia 173 Requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto 173 Requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia con il sistema contributivo per i lavoratori in possesso dei medesimi alla data del 31 dicembre 2007 173 Modifiche relative ai requisiti per la pensione di vecchiaia con il sistema contributivo 174 Decorrenza della pensione (“finestre”) 177 La disciplina introdotta dalla L. 243/2004 La disciplina di cui alla L. 247/2007 177 Pensione anticipata per lavori usuranti - Quadro normativo 183 La disciplina precedente La delega contenuta nell’articolo 1, comma 3, della L. 247/2007 183 III 178 189 La disciplina dello schema di decreto legislativo n. 238 191 Riforma della previdenza complementare 199 Istituzione delle forme pensionistiche complementari 199 Costituzione e autorizzazione 199 Organi di amministrazione e di controllo 200 Regime della gestione 203 Finanziamento 203 Fondo pensione presso l’INPS 207 Misure compensative per le imprese 207 Regime tributario delle prestazioni 208 Adesione ai fondi pensione aperti e alle forme pensionistiche individuali 208 Permanenza nella forma pensionistica complementare e portabilità Compiti della COVIP Entrata in vigore e norme transitorie 209 Quadro normativo sulla totalizzazione 213 210 211 OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO Lavoro intermittente (o a chiamata) 221 Somministrazione di lavoro 227 Lavoro a tempo parziale 231 La disciplina del part-time a seguito del D.Lgs. 276/2003 Le modifiche introdotte dalla L. 247/2007 231 Quadro normativo sull’apprendistato 239 Fondi paritetici per formazione continua 245 Gli strumenti di sostegno al reddito 247 Trattamento ordinario di integrazione salariale 247 Trattamento straordinario di integrazione salariale 247 Mobilità 249 Indennità ordinaria di disoccupazione (con requisiti normali) 252 Indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti 254 236 TUTELA DEI LAVORATORI E SICUREZZA SUL LAVORO Salute e sicurezza sul lavoro - Quadro normativo 259 Il sistema di prevenzione e sicurezza sul lavoro 260 IV Salute e sicurezza sul lavoro - La legge n. 123/2007 recante delega per la riforma 269 Salute e sicurezza sul lavoro – Il D.Lgs. 81/2008 279 Disposizioni generali 279 Discipline specifiche 291 L’apparato sanzionatorio 291 Disposizioni finali 292 Il Testo Unico di cui al D.Lgs. 151/2001 V 293 Politiche legislative e attività istituzionale PREVIDENZA MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI Nello scorcio finale della XV legislatura modifiche in materia di requisiti di accesso al pensionamento sono state introdotte dall’articolo 1, commi da 1 a 6, della L. 247/20071, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007. In primo luogo, sono stati modificati (commi 1 e 2) i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, previsti dalla L. 243/20042. Si ricorda che i commi da 6 a 9 dell’articolo 1 della L. 243/2004 avevano modificato i requisiti3 per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità (v. scheda Requisiti per la pensione di anzianità, pag. 167) e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo (v. scheda Requisiti per la pensione di vecchiaia, pag. 173), per coloro che avessero maturato tali requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2008. In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la L. 243/2004 aveva mantenuto la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento di anzianità in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica, innalzando però l’età anagrafica necessaria al pensionamento in presenza di 35 anni di anzianità contributiva. In particolare, in presenza, come ricordato, di 35 anni di contributi: per gli anni 2008 e 2009 l’età anagrafica era elevata a 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; per gli anni dal 2010 al 2013 l’età anagrafica era elevata a 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Peraltro, a decorrere dal 2014 l’età anagrafica richiesta risultava ulteriormente elevata a 62 anni per i lavoratori dipendenti e a 63 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Era stato previsto, comunque, che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, potesse tuttavia differire tale ulteriore innalzamento, qualora, sulla base di una verifica da effettuare nel 2013, risultasse il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in grado di garantire il raggiungimento di effetti finanziari 1 “Legge 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 2 L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”. 3 Precedentemente definiti dalla L. 335/1995 e dalla L. 449/1997. 5 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto dal 2014. La L. 247/2007, eliminando il cd. “scalone”, ha previsto una maggiore gradualità nell’innalzamento del requisito dell’età anagrafica per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità a decorrere dal 2008. In particolare - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica - in presenza di almeno 35 anni di contribuzione si può accedere al pensionamento di anzianità, per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, con una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Invece, a decorrere dal 1° luglio 2009 viene introdotto il sistema delle “quote”, date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva. Pertanto - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica – si può accedere al pensionamento di anzianità: dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” (come detto, somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni; per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni; dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni. Riformulando il comma 7 dell’articolo 1 della L. 243/2004, si prevede tuttavia (comma 2, lettera b)) che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, da emanarsi entro il 31 dicembre dell’anno 2012, possa essere differito l’innalzamento dei requisiti previsto a decorrere dal 2013, qualora, sulla base di una verifica da effettuare entro il 30 settembre 2012, risulti il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in grado di 6 MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI garantire il raggiungimento di effetti finanziari equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto a regime dal 2013. Inoltre, la L. 243/2004 ha innovato la disciplina per l’accesso alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo4 di cui all’articolo 1, comma 20, della L. 335/1995, anche in tal caso innalzando, a decorrere dall’anno 2008, i requisiti di età anagrafica. In particolare, in base alla normativa previgente alla L. 247/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008, i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia sarebbero stati i seguenti: ipotesi 1) 60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale; ipotesi 2) anzianità contributiva non inferiore a 40 anni; ipotesi 3) anzianità contributiva non inferiore a 35 anni; età anagrafica pari a: per gli anni 2008 e 2009, 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; per gli anni dal 2010 al 2013, 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; a decorrere dal 2014, nella disciplina a regime, 62 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 63 anni per i lavoratori autonomi (a meno che il Ministro non avesse emanato il decreto di cui al comma 7 al fine di mantenere l’età a 61 anni per i dipendenti e a 62 per gli autonomi). La L. 247/2007 ha modificato i requisiti per l‘accesso alla pensione di vecchiaia di cui all’ipotesi del 3), ferme restando le ipotesi 1) e 2). Pertanto, a seguito di tale modifica, a decorrere dal 2008, per accedere alla pensione di vecchiaia con il sistema contributivo in base all’ipotesi 3), è necessario possedere i seguenti requisiti: per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, almeno 35 anni di anzianità contributiva insieme ad una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; 4 La pensione di vecchiaia liquidata esclusivamente con il sistema contributivo si applica a tutti gli occupati per la prima volta dopo il 1° gennaio 1996 ed è l’unica forma di trattamento pensionistico prevista per questi soggetti (non esiste più infatti per i medesimi la distinzione tra pensione di vecchiaia e pensione di anzianità). 7 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” (data dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni; per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni; dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 97 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni (a meno che il Ministro del lavoro non emani il decreto di cui al comma 7 dell’articolo 1 della L. 243/2004 – su cui cfr. supra – al fine di differire l’innalzamento dei requisiti pensionistici). La L. 247/2007 è intervenuta anche in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici (cd. “finestre”) per quanto riguarda le pensioni di anzianità con 40 anni di contributi e le pensioni di vecchiaia (v. scheda Decorrenza della pensione (“finestre”), pag. 177). In particolare, si è attribuito (comma 4) al Governo il compito, previa verifica del rispetto del principio dell’invarianza finanziaria, di stabilire, entro il 31 dicembre 2011, la disciplina della decorrenza dei trattamenti pensionistici a regime (cd. “finestre”) per i lavoratori che accedono al pensionamento di anzianità anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con una età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne. In attesa della definizione del nuovo regime delle decorrenze pensionistiche di cui sopra, vengono stabilite (comma 5) transitoriamente le decorrenze per coloro che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di contributi e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti, i quali conseguono il diritto alla decorrenza della pensione entro la fine del 2011. Al riguardo, in primo luogo, per i lavoratori dipendenti in possesso dei requisiti per accedere al pensionamento anticipato di anzianità con almeno 40 anni di anzianità contributiva, si introduce in via transitoria una disciplina più favorevole per quanto riguarda la decorrenza del trattamento pensionistico rispetto a quella precedentemente prevista dalla L. 243/2004 a partire dal 1° gennaio 2008, permettendo nuovamente di usufruire di due “finestre”. Inoltre, viene introdotta ex novo una disciplina transitoria delle decorrenze del trattamento pensionistico per i lavoratori dipendenti che 8 MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI accedono al pensionamento di vecchiaia (lettera b))5, prevedendosi quattro “finestre”. Un'altra fattispecie di disciplina transitoria riguarda invece la decorrenza del pensionamento per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti; anche in questo caso vengono previste nuovamente quattro “finestre” per la decorrenza del trattamento pensionistico. Si segnala inoltre che la L. 247/2007 reca anche (comma 6) una delega al Governo finalizzata a estendere l’obiettivo dell’elevazione dell’età media di accesso alla pensione: ai «regimi pensionistici armonizzati secondo quanto previsto dall’articolo 2, commi 22 e 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335»; agli altri regimi e gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell’assicurazione generale obbligatoria (AGO)6. La delega deve essere esercitata entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, tenendo comunque conto delle peculiarità ed esigenze di ciascun settore di attività e, in particolare, per le Forze armate e per le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, delle specificità dei rispettivi comparti, della condizione militare e della trasformazione organizzativa in atto nelle Forze armate. 5 Si ricorda che, in base alla previgente normativa, non erano previste disposizioni sulla decorrenza del pensionamento per i lavoratori che accedano al pensionamento con un’età almeno pari a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne (requisiti anagrafici richiesti per il pensionamento di vecchiaia). Tali lavoratori potevano accedere al pensionamento non appena avessero maturato il prescritto requisito anagrafico. 6 Tra questi sono esplicitamente compresi, in primo luogo, i lavoratori di sottosuolo in miniere, cave o torbiere, che hanno cessato la loro prestazione lavorativa a seguito della chiusura definitiva di tali attività (art. 78, comma 23, della L. 388 del 2000). E’ inoltre compreso il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate (D.Lgs. 195 del 1995) nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (L. 1570 del 1941 ), ivi compresi i dirigenti. 9 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI La L. 247/20077 ha previsto una delega legislativa per una apposita disciplina relativa al pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti (v. scheda Pensione anticipata per lavori usuranti - Quadro normativo, pag. 183). Si ricorda che la normativa sui benefici previdenziali per i lavoratori che svolgono attività usuranti è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 374/19938, in attuazione di una delega prevista dall'articolo 3, comma 1, lett. f), della L. 421/19929. Tuttavia, l'applicazione della normativa in materia di attività usuranti ha subito, dalla data di emanazione del D.Lgs 374/1993, notevoli ritardi. Difatti sino ad oggi, non essendo stata completata la procedura di cui all’articolo 1, comma 2 e all’articolo 2, comma 3 del D.M. 19 maggio 1999, non sono stati ancora emanati i provvedimenti attuativi necessari per individuare le mansioni particolarmente usuranti e determinare le aliquote contributive per la copertura dei conseguenti oneri, in modo da rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993. In considerazione di tale situazione la L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), all’articolo 78, commi 8, 11, 12 e 13, nelle more della definizione, tra le parti sociali, dei criteri di attuazione della normativa di cui al più volte richiamato D.Lgs. 374/1993, ha previsto una disciplina transitoria, i cui effetti però si sono già esauriti. Allo stato attuale, quindi, essendo ormai esauriti gli effetti di tale disciplina transitoria e in mancanza dei provvedimenti attuativi necessari per rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993, i lavoratori interessati non possono concretamente godere dei benefici previsti per lo svolgimento di lavori usuranti. Pertanto, al fine di superare tale situazione di “stallo”, la delega di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 247/2007, da esercitare entro tre mesi dall’entrata in vigore della medesima legge, è volta a concedere ai lavoratori 7 “Legge 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 8 D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 374, “Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti”. 9 L. 23 ottobre 1992, n. 421, “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”. 11 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE dipendenti impegnati in lavori o attività connotate da un particolare indice di stress psico-fisico, che maturano i requisiti pensionistici a decorrere dal 1° gennaio 2008, la possibilità di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico. In attuazione della menzionata delega di cui alla L. 247/2007 è stato predisposto e trasmesso alla Camera e al Senato, ai fini dell’espressione del parere, lo schema di decreto legislativo recante “Disposizioni in materia di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti” (atto n. 238), volto appunto a consentire ai lavoratori subordinati addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti (cd “attività usuranti”) di accedere anticipatamente al pensionamento, con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti10. L’articolo 1, comma 1, in attuazione dei principi di delega, individua la platea dei beneficiari. In particolare i benefici in questione spettano: ai lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 19 maggio 1999; ai lavoratori dipendenti notturni come definiti dal D.Lgs. 66/2003; ai lavoratori addetti alla cd. “linea catena”, con esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato; ai conducenti di veicoli di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. Il comma 2 dispone la modulazione dell’anticipo della decorrenza del pensionamento rispetto ai requisiti previsti, per i vari periodi temporali, dalle Tabelle A e B allegate alla L. 247/2007, che si applicano alla generalità dei lavoratori subordinati. A regime, cioè a decorrere dal 2013, l’accesso al pensionamento è consentito con un’età anagrafica inferiore di 3 anni ed una “quota” (ovverosia la somma di età anagrafica e anzianità contributiva) inferiore di un valore pari a 3. In pratica, i lavoratori addetti ad attività usuranti potranno accedere al pensionamento al raggiungimento di “quota” 94 (anziché 97) e ad una età anagrafica di 58 anni (invece di 61 anni). Nel periodo transitorio, cioè per il periodo di maturazione dei requisiti pensionistici compreso tra il 2008 e il 2012, l’anticipo rispetto a quanto previsto 10 La XI Commissione (Lavoro) della Camera ha espresso un parere favorevole con osservazioni in data 1° aprile 2008, mentre la 11a Commissione (Lavoro, previdenza sociale) del Senato, pur avendo avviato l’esame del provvedimento, non ha espresso il parere entro la scadenza del termine. Alla data finale della legislatura il decreto legislativo in esame non è stato ancora emanato. Si consideri che il termine per l’esercizio della delega, stabilito al 31 marzo 2008, è stato automaticamente prorogato di 60 giorni in base al “meccanismo” di cui all’articolo 1, comma 90, della L. 247/2007 e quindi scadrà il 30 maggio 2008. 12 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI per la generalità dei lavoratori dipendenti varia invece tra 2 e 3 anni in riferimento all’età anagrafica e tra il valore di 1 e 2 in relazione alla “quota”. Il comma 3 detta particolari criteri per la riduzione del requisito dell’età anagrafica con riferimento ai lavoratori notturni, in considerazione del fatto che il grado di “usura” per tale categoria di beneficiari varia in base al numero delle notti effettive lavorate nel corso dell’anno. Il comma 4 precisa il criterio da seguire ai fini della riduzione dell’età anagrafica per il pensionamento nel caso in cui il lavoratore abbia svolto nel corso della vita lavorativa attività usuranti di diverso tipo, disponendo che per definire l’intensità del beneficio pensionistico da applicare si segue il criterio della prevalenza. Il comma 5 dispone che i lavoratori, per usufruire dei benefici pensionistici in questione, devono aver svolto regolarmente e continuativamente le “attività usuranti” elencate al comma 1 per un certo periodo di tempo e in particolare: per le pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017, per un periodo di tempo minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018 (cioè a regime), per un periodo di tempo almeno pari alla metà della vita lavorativa complessiva. Il comma 6 precisa che, ai fini dell’accesso al pensionamento anticipato, i requisiti di permanenza nelle attività usuranti sopra menzionati devono essere riferiti a periodi effettivi di permanenza nelle medesime attività senza considerare i periodi completamente coperti da contribuzione figurativa ai sensi della normativa vigente. Il comma 7 precisa altresì che vengono fate salve i regimi più favorevoli previste dalla legislazione vigente per l’accesso anticipato al trattamento pensionistico rispetto ai requisiti previsti nell’A.G.O. Peraltro, tali condizioni di miglior favore non sono cumulabili o integrabili con le norme dell’articolo in esame. L’articolo 2 dispone sulle modalità di presentazione della domanda per accedere al beneficio pensionistico in questione e definisce la documentazione (da allegare alla domanda) necessaria a provare l’esecuzione delle “attività usuranti”. In particolare, si prevede che “di norma” i lavoratori interessati devono trasmettere la relativa domanda e la prescritta documentazione entro il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti pensionistici agevolati. L’articolo 3 reca norme di carattere sanzionatorio, prevedendo che, se il pensionamento anticipato per le “attività usuranti” sia stato ottenuto utilizzando dichiarazioni non veritiere, a coloro che hanno fornito tali dichiarazioni si applica la sanzione pecuniaria pari al doppio di quanto indebitamente erogato. L’articolo 4 affida ad un apposito decreto ministeriale, da emanare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, la definizione delle norme di dettaglio necessarie per l’attuazione delle disposizioni di cui al medesimo provvedimento. 13 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE L’articolo 5 reca una clausola di salvaguardia per il rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 7, prevedendo un meccanismo di differimento della decorrenza dei trattamenti pensionistici nel caso in cui, nell’ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio in questione, emerga, dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, il verificarsi di scostamenti del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie appositamente stanziate. L’articolo 6 rafforza gli obblighi di comunicazione del datore di lavoro alla Direzione provinciale del lavoro relativi all’esecuzione di lavoro notturno e allo svolgimento di lavorazioni tramite la cd. “linea catena”, comminando per la violazione di tali obblighi di comunicazione la sanzione amministrativa da ero 500 a euro 1.500. Infine, l’articolo 7 reca la clausola di copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dal provvedimento in esame, valutati in 83 milioni di euro per il 2009, 200 milioni di euro per il 2010, 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 e 383 milioni di euro a decorrere dal 2013, si fa fronte utilizzando le risorse dell’apposito Fondo previsto dalla L. 247/2007. 14 COEFFICIENTI DI TRASFORMAZIONE COEFFICIENTI DI TRASFORMAZIONE La L. 247/2007, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, all’articolo 1, commi da 12 a 16, ha previsto una disciplina volta a modificare i criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo di cui all’articolo 1, comma 6, della L. 335/199511. Si ricorda che, nell’ambito del sistema contributivo di calcolo della pensione, il coefficiente di trasformazione è il valore al quale si moltiplica il montante individuale dei contributi al fine di ottenere l’importo attualizzato della pensione annua, in altri termini è la percentuale per la quale si moltiplicano i contributi accumulati in tutta la vita lavorativa al fine di determinare l'importo dell’assegno pensionistico12. In particolare, la L. 247/2007 prevede (comma 12) la costituzione, con apposito decreto, di una Commissione composta da dieci esperti, di cui due indicati dal Ministero del lavoro, due indicati dal Ministero dell’economia, sei indicati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, con il compito di proporre, entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione, nel rispetto degli andamenti e degli equilibri della spesa pensionistica di lungo periodo e nel rispetto delle procedure previste a livello europeo. Tali modifiche devono tener conto: delle dinamiche delle grandezze macroeconomiche, demografiche e migratorie che influiscono sulla determinazione degli stessi coefficienti (lettera a)); dell’incidenza dei percorsi lavorativi, anche ai fini di verificare l’adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre appositi meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive del lavoro che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione pensionistico (al netto delle imposte) non inferiore al 60%, con riferimento all’aliquota relativa ai lavoratori dipendenti (lettera b)); 11 L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”. 12 L’articolo 1, comma 11, della L. 335/1995, ha stabilito il principio della revisione decennale dei coefficienti di trasformazione di cui al precedente comma 6. 15 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE del rapporto intercorrente tra l’attesa media di vita e quella dei singoli settori di attività (lettera c)). Si rimette inoltre (comma 13) alla citata Commissione la valutazione di nuove possibili forme di flessibilità in uscita collegate al sistema contributivo di calcolo della pensione, nel rispetto delle compatibilità di medio-lungo periodo della spesa pensionistica. Viene inoltre precisato che dall’istituzione e dal funzionamento della Commissione non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che ai componenti della Commissione non debbano essere corrisposti indennità, emolumenti o rimborsi spese. Le norme in esame dispongono (comma 14), in fase di prima rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, la sostituzione della Tabella A allegata alla L. 335 del 1995 con la nuova Tabella A di cui all’Allegato n. 2 alla L. 247/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2010. Si consideri che il valore dei coefficienti di trasformazione corrispondente alle varie età anagrafiche viene ridotto: per esempio, il coefficiente più basso (previsto per l’età di 57 anni) passa dal 4,720% al 4,419%, mentre il coefficiente più altro (previsto per l’età di 65 anni) passa dal 6,136% al 5,620%. Si provvede inoltre (comma 15) a modificare la disciplina relativa alle modalità di rideterminazione dei coefficienti di trasformazione, novellando l’articolo 1, comma 11, della L. 335 del 1995. A seguito della modifica in questione viene notevolmente semplificato il procedimento per la rideterminazione dei coefficienti di trasformazione e ridotta la periodicità della stessa rideterminazione. Si dispone infatti che a tale rideterminazione – sempre sulla base degli andamenti demografici e dell'andamento effettivo del tasso di variazione del PIL rispetto all’andamento dei redditi soggetti a contribuzione previdenziale - si provveda, con cadenza triennale, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Infine, si dispone (comma 16) che il Governo deve procedere ogni dieci anni, con le parti sociali, alla verifica della sostenibilità ed equità del sistema pensionistico. 16 RAZIONALIZZAZIONE DI ENTI PREVIDENZIALI RAZIONALIZZAZIONE DI ENTI PREVIDENZIALI Nel corso della XV legislatura si è intervenuti anche sulla questione della razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali. Norme in materia sono state introdotte dalla L. 247/2007 (articolo 1, commi 7-11). In particolare, con tali norme si è stabilito che i criteri previsti dalla normativa vigente per il riordino e la riorganizzazione, in via regolamentare, degli enti pubblici, sono integrati, limitatamente agli enti previdenziali pubblici, dalla possibilità di prevedere, a tal fine, modelli organizzativi volti a realizzare sinergie e conseguire risparmi di spesa anche attraverso gestioni unitarie, uniche o in comune di attività strumentali (comma 7). Si ricorda, in proposito, che i commi da 634 a 641 dell’articolo 2 della L. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) hanno delineato una nuova procedura per addivenire alla soppressione o razionalizzazione degli enti pubblici statali volta, come i precedenti interventi in materia, a conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, a ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche e ad incrementare l’efficienza e migliorare la qualità dei servizi13. Inoltre, si è attribuito al Governo, ai fini di cui sopra, il compito di presentare, entro un mese dalla data di entrata in vigore della L. 247/2007 (cioè entro il 1° febbraio 2008), un piano industriale volto alla razionalizzazione del sistema degli enti previdenziali e assicurativi in modo da conseguire risparmi di spesa per un importo di 3,5 miliardi di euro nell’arco del decennio (comma 8). Si è disposto poi che, nelle more dell’emanazione dei su menzionati regolamenti di delegificazione, i provvedimenti di carattere organizzatorio e di preposizione ad uffici di livello dirigenziale degli enti previdenziali pubblici resisi vacanti sono condizionati al parere positivo delle amministrazioni vigilanti e della Presidenza del Consiglio (Dipartimento per le riforme e innovazione nella pubblica amministrazione), finalizzato alla verifica della coerenza del provvedimento agli obiettivi di razionalizzazione, riordino, trasformazione o fusione degli enti medesimi (comma 9). Le norme in esame (fatto salvo quanto si dirà di seguito: cfr. infra) prevedono inoltre (comma 10), a decorrere dal 1° gennaio 2011, un innalzamento nella misura di 0,09 punti percentuali delle aliquote contributive di finanziamento relative: all'assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle forme sostitutive ed 13 Il tema della razionalizzazione degli enti pubblici nazionali ha formato oggetto nel tempo di diversi interventi legislativi. La disposizione menzionata ha un immediato precedente nell’articolo 1, comma 482 e ss., della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), che a sua volta ha disposto in materia apportando diverse modificazioni alla disciplina previgente, recata dall’articolo 28 della legge finanziaria per il 2002 (L. 448/2001). 17 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE esclusive della medesima, con riferimento agli iscritti lavoratori dipendenti e per la quota a carico dei medesimi lavoratori; alle gestioni pensionistiche degli artigiani, degli esercenti attività commerciali e dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alle rispettive gestioni speciali dell’INPS; alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/199514. Inoltre, si prevede che, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2011, le aliquote contributive per il computo delle prestazioni pensionistiche siano incrementate in misura corrispondente alle aliquote di finanziamento (v. capitolo Incremento delle aliquote contributive, pag. 29). Infine, si è stabilito (comma 11) che, con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sono individuate le modalità per l’accertamento delle economie conseguite a seguito dell’attuazione delle misure di razionalizzazione degli enti previdenziali pubblici di cui sopra, rispetto alle previsioni della spesa a normativa vigente degli enti previdenziali pubblici come risultanti dai bilanci degli stessi enti. Si dispone quindi che, tenendo conto delle economie di spesa così accertate, con decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro del lavoro, sono corrispondentemente rideterminati gli incrementi delle aliquote contributive da ultimo descritti, previsti a decorrere dall'anno 2011. 14 L. 8 agosto 1995, n. 335, “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”. 18 PREVIDENZA COMPLEMENTARE E FONDO TFR PREVIDENZA COMPLEMENTARE E FONDO TFR La legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha provveduto ad anticipare la decorrenza della riforma della previdenza complementare introdotta dal D.Lgs. 252/200515, e successive modificazioni ed integrazioni, e quindi a modificare i termini entro cui le forme pensionistiche sono tenute a provvedere ai necessari adeguamenti per conformarsi alla nuova disciplina (articolo 1, commi da 749 a 753). Si ricorda che il menzionato D.Lgs. 252/2005, sulla base dei principi e criteri direttivi della legge delega, perché si determini un effettivo decollo della previdenza complementare volto a compensare la riduzione delle future prestazioni pensionistiche pubbliche, è intervenuto con modifiche rilevanti sui vari profili della disciplina della previdenza complementare. Il provvedimento ha introdotto pertanto disposizioni volte, in primo luogo, ad aumentare i flussi di finanziamento alla previdenza complementare, tramite una più favorevole tassazione delle prestazioni e un meccanismo di conferimento tacito del TFR, cercando nel contempo di rendere effettiva la competitività tra i vari fondi pensione, aumentando la trasparenza delle condizioni offerte e la trasferibilità della posizione previdenziale, in modo da far beneficiare i destinatari delle migliori condizioni del mercato. Contestualmente, sono state introdotte norme volte a rendere più affidabile ed efficiente la gestione dei fondi pensione da parte degli organi di amministrazione e controllo ed a rafforzare la vigilanza della COVIP sulle forme pensionistiche complementari (v. scheda Riforma della previdenza complementare, pag. 199). Inserendosi su tale quadro normativo, la legge finanziaria 2007 in primo luogo16 ha anticipato di un anno la decorrenza della vigenza delle nuove disposizioni in materia di previdenza complementare introdotte dal citato D.Lgs. 252/2005 fissandola al 1° gennaio 2007 anziché al 1° gennaio 200817 e 15 D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), dell’articolo 1, comma 2, lettere e), h), i), l) e v) e dell’articolo 1, comma 44 della legge n. 243/2004. Il D.Lgs. 252/2005, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 novembre 2005, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2005. 16 Lettera a) del comma 749. 17 Si ricorda che l’articolo 23, comma 1, del richiamato D.Lgs. 252/2005 stabiliva al 1° gennaio 2008 la data di entrata in vigore del medesimo provvedimento, eccetto che per alcune disposizioni, che invece sono entrate in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione (cioè il 14 dicembre 2005), relative: alla destinazione del contributo di solidarietà al finanziamento della COVIP (articolo 16, comma 2, lettera b)); alla vigilanza della COVIP e ai compiti della medesima (articoli 18 e 19); 19 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE conseguentemente ha provveduto ad aggiornare i riferimenti temporali contenuti nelle disposizioni transitorie di cui all’articolo 23 del D.Lgs. 252/2005. La medesima legge finanziaria ha altresì introdotto18 modifiche di carattere tecnico ad alcune delle menzionate disposizioni transitorie di cui all’articolo 23 del D.Lgs. 252/2005, relative al regime di tassazione applicabile ai soggetti che risultino già iscritti a forme pensionistiche alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 252/2005 nonché alla disciplina applicabile ai soggetti assunti prima del 29 aprile 1993 e alla medesima data iscritti a forme di previdenza complementare. Inoltre, al fine di rendere possibile la corretta e funzionale applicazione della riforma della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252/2005 sin dall’inizio del 2007 (in connessione con l’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore della medesima riforma), la legge finanziaria 200719 ha provveduto a modificare la disciplina dei commi da 3 a 4 dell’articolo 23 del D.Lgs. 252/2005 relativa alle modalità e ai termini secondo cui, nella fase transitoria di entrata in vigore della riforma, le forme di previdenza complementare avrebbero dovuto procedere ai necessari adeguamenti per conformarsi alla nuova disciplina della previdenza complementare20. In sostanza si è disposto che, con l’entrata in vigore della riforma (1° gennaio 2007), per ricevere nuove adesioni, anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del TFR: tutte le forme pensionistiche erano tenute ad adeguarsi, sulla base delle direttive emanate dalla COVIP, alle norme del D.Lgs. 252 del 2005; le imprese assicurative erano tenute, per le forme pensionistiche individuali attuate prima della predetta data (cioè entro il 31 dicembre 2006) mediante contratti di assicurazione sulla vita, alla predisposizione del regolamento relativo alle forme pensionistiche individuali; le imprese di assicurazione, per le medesime forme pensionistiche individuali attuate tramite contratti di assicurazione sulla vita, erano tenute entro il 31 marzo 2007 alla costituzione del patrimonio autonomo e separato. Si è stabilito inoltre che per i fondi pensione aperti e le forme pensionistiche individuali le disposizioni previste in materia di responsabile delle forme pensionistiche e di organo di sorveglianza si applicano a decorrere dal 1° luglio 2007. Sono state altresì dettate alcune importanti regole procedurali relative alle nuove adesioni successive agli adeguamenti da realizzare da parte delle forme pensionistiche allo stanziamento per il rafforzamento della vigilanza sulle forme pensionistiche complementari (articolo 22, comma 1). 18 Lettere b) e c) del comma 749. 19 Lettere d), e), f) e g) del comma 749. 20 Si evidenzia che l’articolo 23 del D.Lgs. 252/2005, a seguito delle modifiche introdotte in precedenza dal D.L. 13 novembre 2006, n. 279 (A.C. 1952), già presentava delle norme sostanzialmente analoghe a quelle contenute nel medesimo articolo dopo le modifiche introdotte dalle lettere d), e), f) e g) del comma 749 della legge finanziaria 2007. Tuttavia il D.L. in questione è successivamente decaduto per la mancata conversione in legge. Gli atti e i provvedimenti adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 279/2006 sono stati fatti salvi dal comma 752 della legge finanziaria 2007. 20 PREVIDENZA COMPLEMENTARE E FONDO TFR complementari, volte a garantire un regolare avvio della riforma, prevedendosi che a decorrere dal 1° gennaio 2007 solamente le forme pensionistiche complementari che avessero provveduto agli adeguamenti richiesti dalla riforma, avrebbero potuto ricevere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del T.F.R. Relativamente a tali nuove adesioni, veniva differito al 1° luglio 2007 l’afflusso alle forme pensionistiche del T.F.R. e dei contributi, anche con riferimento al primo semestre del 2007; peraltro, nel caso in cui entro il 30 giugno 2007 la forma pensionistica complementare non avesse ricevuto l’autorizzazione o l’approvazione da parte della COVIP sui predetti adeguamenti, si concedeva la possibilità di trasferire la propria posizione individuale presso altro fondo pensione anche se non era trascorso il periodo minimo di permanenza di due anni21. Contestualmente all’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore della riforma della previdenza complementare, la legge finanziaria 2007 (commi da 755 a 759) ha previsto l’istituzione, dal 1° gennaio 2007, del “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile”, stabilendone la relativa disciplina. Il Fondo, le cui modalità di finanziamento rispondono al principio della ripartizione, è gestito dall’INPS su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato. Il Fondo garantisce ai lavoratori interessati l’erogazione del TFR, secondo quanto previsto dal codice civile, per la quota corrispondente ai contributi versati dal datore di lavoro. Al riguardo la norma dispone che con effetto sui periodi di paga decorrenti dal 1° gennaio 2007, al Fondo affluisce un contributo, versato mensilmente dai datori di lavoro, pari alla quota di TFR maturata a decorrere dalla stessa data e non destinata alle forme pensionistiche complementari di cui al D.Lgs. 252/2005. Sono esentati dal versamento del contributo i datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti. La liquidazione del TFR e delle relative anticipazioni, sulla base di un’unica domanda presentata al datore di lavoro, limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo è effettuata dal medesimo Fondo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro. Al contributo in questione si applicano le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi previdenziali obbligatori, escludendo qualsiasi forma di agevolazione contributiva. E’ prevista una apposita disciplina per la destinazione delle risorse del Fondo al finanziamento di interventi per lo sviluppo. In particolare, si prevede che le risorse del Fondo, al netto delle prestazioni erogate 21 Si consideri, tuttavia, che, in deroga a tale disciplina, il comma 753 della legge finanziaria 2007 ha previsto che le forme pensionistiche già istituite alla data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della legge n. 421/1992) a partire dal 1° gennaio 2007 avrebbero potuto comunque ricevere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del TFR. Tuttavia tali forme pensionistiche, ai fini del conferimento del TFR, avrebbero dovuto adeguarsi alla nuova disciplina della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252/2005 entro il 31 maggio 2007. 21 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE e di determinati oneri, sono destinate al finanziamento di specifici interventi indicati nell’elenco 1 allegato alla legge finanziaria 2007, nei limiti degli importi stabiliti dal medesimo elenco. Si evidenzia inoltre che la legge finanziaria 2007 (comma 764) ha introdotto modifiche all’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005, relativo alle misure compensative a favore delle imprese a seguito del conferimento del TFR alle forme pensionistiche complementari22. Alcune delle modifiche sono state dettate dalla finalità di estendere le menzionate misure compensative al versamento del contributo al Fondo per l’erogazione del TFR di cui al comma 755 della medesima legge finanziaria. In particolare, a seguito di tali modifiche, al citato articolo 10: al comma 1, si è previsto che il datore di lavoro possa dedurre dal reddito d’impresa una percentuale del 4 per cento non solamente del TFR annualmente destinato ai fondi pensione, ma anche del TFR destinato al Fondo per l’erogazione del TFR di cui al 755. La misura della deduzione è aumentata al 6 per cento per le imprese con meno di cinquanta addetti; al comma 2, si è previsto l’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia per il TFR di cui all’articolo 2 della L. 297/198223 nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione del TFR; al comma 3, si è previsto che, a titolo di compensazione in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR maturando sia alle forme pensionistiche complementari sia al 22 Si ricorda che l’articolo 10 del richiamato D.Lgs. 252/2005, per compensare il venir meno della disponibilità degli importi accantonati come TFR, aveva previsto misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese, completando altresì la disciplina di cui all’articolo 8 del D.L. 203/2005, con riguardo all’istituzione di un Fondo per agevolare l’accesso al credito e alla previsione di riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali. 23 Si ricorda, al riguardo, che il Fondo di garanzia per il T.F.R. è stato istituito dal richiamato articolo 2 della L. 297/1982 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del T.F.R. stesso, di cui all'articolo 2120 del codice civile, spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Lo stesso articolo, inoltre, ha stabilito che tale Fondo, per le cui entrate ed uscite è tenuta una contabilità separata nella gestione dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, sia alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982. L’entità di tale contributo, originariamente pari allo 0,03% della retribuzione di cui all'articolo 12 della L. 30 aprile 1969, n. 153, è stata successivamente elevata allo 0,15% dal D.M. 9 febbraio 1988, a decorrere dal periodo di paga in corso al primo giorno del mese successivo a quello della pubblicazione del decreto stesso, e cioè dal marzo 1988. Ai sensi dell’articolo 4 del citato D.Lgs. 80 del 1992, per l'anno 1992 l'aliquota contributiva è stata elevata dello 0,05% e, per gli anni successivi, si prevede che sia determinata sulla base dell'andamento gestionale del Fondo stesso. 22 PREVIDENZA COMPLEMENTARE E FONDO TFR Fondo per l’erogazione del TFR, spetta una riduzione degli oneri impropri correlata al flusso di TFR maturando24. In conseguenza di tali modifiche introdotte dalla legge finanziaria 2007, è stata quindi implicitamente soppressa la disposizione di cui al comma 3 del precedente testo dell’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005, relativa al funzionamento del Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese a seguito del conferimento del T.F.R. a forme di previdenza complementare25. La legge finanziaria 2007 (comma 764, lettera c)) ha inoltre introdotto una modifica al comma 5 dell’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005. Conseguentemente a tale modifica si prevede che la verifica della previa compatibilità con la normativa comunitaria riguarda solamente le misure compensative di cui al comma 1 del medesimo articolo 10 - relative alla deduzione dal reddito d’impresa di una certa percentuale del TFR annualmente destinato alla previdenza complementare o al Fondo per l’erogazione del TFR -, mentre la vigente disciplina prevede tale verifica con riferimento all’intero articolo e quindi a tutte le misure compensative. Infine, si consideri che la legge finanziaria 2007 (comma 766), riformulando l’articolo 8 del richiamato D.L. 203/2005, ha provveduto a modificare la disciplina relativa alle forme di compensazione per i datori di lavoro che conferiscono il TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, peraltro prevedendo che tali compensazioni spettino anche per la quota di TFR destinata al Fondo per l’erogazione del TFR istituito dal comma 755 della medesima legge finanziaria. In particolare, il nuovo testo del menzionato articolo 8 (che consta di un unico comma) riconosce, a titolo di compensazione in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR maturando alle forme pensionistiche complementari o al Fondo per l’erogazione del TFR, una riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza dovuti da parte degli stessi datori di lavoro alla “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” di cui all’articolo 24 della L. 88/1989, per ciascun lavoratore. La misura della riduzione, prevista dalla Tabella A allegata al D.Lgs. 203/2005, è pari a 0,19 punti percentuali per il 2008 ed aumenta ogni anno fino alla percentuale, a regime, di 0,28 punti, decorrente dal 2014. Tali riduzioni, tuttavia, non si applicano per intero, bensì nella misura percentuale del TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari nonché al Fondo suddetto. Qualora la riduzione contributiva non trovi capienza con riferimento ai contributi effettivamente dovuti dal datore di 24 La disciplina più dettagliata di tale forma di compensazione, con particolare riferimento alla relativa decorrenza e all’entità del beneficio, è contenuta nell’articolo 8 del D.L. 203/2005 come riformulato dal comma 766, lettera a) della legge finanziaria 2007 (cfr. infra). 25 Tale soppressione si raccorda con la nuova formulazione dell’articolo 8 del D.L. 203/2005 (prevista dal comma 766, lettera a) della legge finanziaria 2007), che implicitamente prevede la soppressione del Fondo in questione (cfr. infra). 23 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE lavoro, per il singolo lavoratore, alla “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”, l’importo differenziale deve essere trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro sull’ammontare complessivo dei contributi dovuti all’INPS26. 26 In sostanza, con riferimento alla previgente formulazione dell’articolo 8 del D.L. 203/2005, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge finanziaria 2007 è stata confermata (seppur con parziali modifiche) la disposizione precedentemente contenuta nel comma 2 relativa alla compensazione costituita dalla riduzione dei contributi sociali. Al contrario è stata implicitamente soppressa la disposizione precedentemente contenuta nel comma 1, relativa al Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese a seguito del conferimento del TFR a forme di previdenza complementare. Inoltre si è prevista implicitamente la soppressione delle disposizioni in precedenza contenute nei restanti commi 3, 3-bis e 3-ter, che recavano disposizioni varie relative a settori diversi da quello più specificamente trattato (tessera sanitaria, estensione dell’ambito di operatività del Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà, proroga dei trattamenti di CIGS e di mobilità “in deroga” alla disciplina generale). 24 TOTALIZZAZIONE E RISCATTO DELLA LAUREA TOTALIZZAZIONE E RISCATTO DELLA LAUREA Nell’ambito delle politiche destinate ai giovani, il legislatore è intervenuto con apposite misure relative alla totalizzazione dei contributi assicurativi e al riscatto della durata dei corsi universitari ai fini pensionistici (articolo 5, comma 8, del D.L. 81/200727 e articolo 1, commi da 76 a 78, della L. 247/2007). In particolare, l’articolo 5, comma 8, del D.L. 81/2007, ha istituito, a decorrere dal 2008, un Fondo per il finanziamento, nel limite complessivo di 267 milioni di euro per l’anno 2008, di 234 milioni di euro per l’anno 2009 e di 200 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, di misure agevolative relative al riscatto degli anni del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali, rivolte, in particolare, ai soggetti per i quali si applichi in maniera integrale il metodo contributivo di calcolo della pensione, ai fini di migliorare la misura dei relativi trattamenti pensionistici. Utilizzando le risorse del menzionato Fondo, in primo luogo, sono state attuate una serie di misure relative alla totalizzazione dei periodi assicurativi (vedi scheda Quadro normativo sulla totalizzazione, pag. 213), a decorrere dal 1° gennaio 2008, in attesa di una riforma complessiva del medesimo istituto (comma 76 della L. 247/2007, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007). Si ricorda che il meccanismo della totalizzazione dei periodi assicurativi si basa su presupposti completamente diversi rispetto a quelli della ricongiunzione. Infatti, nel caso della totalizzazione, non si dà luogo all’unificazione delle posizioni assicurative e al conseguente trasferimento di contributi da una forma all’altra, bensì ogni gestione eroga in via autonoma all’assicurato - in possesso del requisito dell’età pensionabile, nonché di quello dell’anzianità contributiva in virtù di una fictio iuris (sommando, cioè, i periodi maturati presso le diverse gestioni) - una quota di pensione in relazione ai contributi versati e secondo il proprio ordinamento. La riforma della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi era già stata attuata nel corso della XIV legislatura, sulla base della delega28 della L. 243/200429, con il D.Lgs. 42/200630.Tale riforma aveva provveduto ad estendere, 27 D.L. 2 luglio 2007, n. 81, “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2007, n. 127. 28 Articolo 1, commi 1, lettera d), e 2, lettera o). 29 L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”. 25 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE per gli assicurati ai quali si applichi, almeno pro-quota, il sistema di calcolo retributivo della pensione, la possibilità di cumulare gratuitamente le varie quote di pensione maturate presso differenti gestioni pensionistiche, senza doversi avvalere dell’istituto oneroso della ricongiunzione31. Con le modifiche introdotte dalla L. 247/2007, in primo luogo, novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 42 del 2006, viene ridotta la durata minima che devono presentare i periodi assicurativi per poter essere cumulati e così viene ampliata la possibilità di usufruire dell’istituto della totalizzazione. Si prevede infatti che sono cumulabili i periodi assicurativi di durata non inferiore a tre anni (mentre la previgente normativa richiedeva una durata minima di sei anni). Inoltre, novellando l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 184/199732, si modifica la disciplina relativa al cumulo dei periodi assicurativi per i soggetti i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente con il sistema contributivo. Al riguardo, la normativa previgente attribuiva al lavoratore iscritto a due o più gestioni previdenziali, la possibilità di cumulare i periodi assicurativi per il perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, indipendentemente dalla durata dell’iscrizione presso ogni singola gestione previdenziale, purché non avesse maturato in alcuna delle predette gestioni il diritto al trattamento pensionistico. Invece, con la modifica in esame, al fine di poter cumulare i periodi assicurativi, viene eliminato il requisito di non aver maturato in alcuna delle predette gestioni il diritto al trattamento pensionistico. Altre norme della L. 247/2007 recano modifiche alla disciplina relativa al riscatto della durata dei corsi universitari di studio di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997, in modo da rendere meno oneroso e più conveniente il riscatto della durata dei corsi di studio universitario (comma 77 della L. 247/2007)33. 30 D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, “Disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi”. Il D.Lgs. 42/2006, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 19 gennaio 2006, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n 39 del 16 febbraio 2006, ed è entrato quindi in vigore il 3 marzo 2006. 31 La nuova disciplina della totalizzazione, introdotta dal D.Lgs. 42/2006, si applica a partire dal 1° gennaio 2006. 32 D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 39, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria ai fini pensionistici”. 33 L’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997attribuisce la facoltà di riscattare la durata dei corsi legali di studio universitario a seguito dei quali siano stati conseguiti i rispettivi diplomi a tutti gli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (AGO) e agli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi della medesima assicurazione nonché agli iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. L'onere del riscatto è determinato con le disposizioni che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema 26 TOTALIZZAZIONE E RISCATTO DELLA LAUREA In primo luogo, aggiungendo il comma 4-bis all’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997, si dispone che gli oneri del riscatto, con esclusivo riferimento alle domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008, possono essere versati alle gestioni previdenziali di appartenenza in unica soluzione oppure in 120 rate mensili senza che si faccia luogo all’applicazione di interessi per la dilazione. Pertanto, rispetto alla normativa vigente, viene ampliato il periodo di rateizzazione e si eliminano gli interessi per la dilazione. Inoltre, aggiungendo il nuovo comma 5-bis all’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997, si introduce una norma volta a permettere il riscatto della durata dei corsi universitari di studio anche per i soggetti che non abbiano ancora iniziato l’attività lavorativa e quindi non iscritti ad alcuna gestione previdenziale. In tal modo si introduce una possibilità di riscatto meno onerosa rispetto alla normativa vigente, in ragione delle particolari modalità di calcolo del contributo per il riscatto. Si dispone che nel caso in questione il contributo da riscatto è versato all’INPS e rivalutato secondo la disciplina del sistema contributivo, avendo come riferimento la data della domanda di riscatto; il montante contributivo maturato viene trasferito, su richiesta dell’interessato, presso la forma di previdenza alla quale sia iscritto o sia stato iscritto. Si dispone inoltre che l’onere del riscatto è costituito dal versamento di un contributo, per ogni anno che si intende riscattare, pari al livello minimo imponibile annuo ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, moltiplicato per l’aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dell’AGO per i lavoratori dipendenti34. Viene precisato che il contributo per il riscatto è deducibile fiscalmente dall’interessato e detraibile nella misura del 19% dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato è fiscalmente a carico. Infine, con il nuovo comma 5-ter aggiunto all’articolo 2 del D.Lgs. 184/1997, derogando all’articolo 1, comma 7, della L. 335/1995, si introduce nel caso di riscatto dei periodi di studio con l’applicazione del sistema contributivo una disciplina più favorevole per quanto riguarda il computo dei periodi riscattati ai fini del pensionamento. Si ricorda che la menzionata disposizione prevede, tra l’altro, che, per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, ai fini della maturazione di anzianità contributive pari o superiori a 40 anni, non concorrono le anzianità derivanti dal riscatto di periodi di studio e dalla prosecuzione volontaria dei versamenti contributivi. Con il nuovo comma 5-ter si dispone invece che, per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto. 34 Si ricorda che l’art. 1, comma 3, della L. 233/1990, prevede che il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali da ciascun iscritto è stabilito nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito per gli operai del settore artigianato e commercio. 27 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE contributivo, i periodi di studio riscattati sono utili per la maturazione di anzianità contributive pari o superiori a 40 anni ai fini del raggiungimento del diritto al trattamento pensionistico. 28 INCREMENTO DELLE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE INCREMENTO DELLE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE Nel corso della XV legislatura si è provveduto ad adeguare le aliquote contributive per varie categorie di assicurati (artigiani e dei commercianti, lavoratori dipendenti, iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995, apprendisti artigiani e non artigiani con riferimento alla quota di contribuzione a carico dei datori di lavoro). In particolare, l’articolo 1, comma 768, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche per il finanziamento delle gestioni speciali presso l’INPS dei lavoratori artigiani e commercianti. Tali aliquote sono stabilite in misura pari al 19,50% a decorrere dal 1° gennaio 2007 e al 20% a decorrere dal 1° gennaio 2008. L’articolo 1, comma 769, della legge finanziaria per il 2007, inoltre, ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’innalzamento di 0,3 punti percentuali dell’aliquota contributiva di finanziamento per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, per la quota a carico del lavoratore35. La norma precisa comunque che l’aliquota contributiva totale, data dalla somma della quota a carico del lavoratore (anche considerando l’aumento di 0,3 punti) e di quella a carico del datore di lavoro, non possa essere superiore al 33%. A seguito dell’incremento dello 0,3% disposto dal citato comma 769, l’aliquota pensionistica complessiva per il FPLD è pari al 33%, di cui il 9,19% a carico del lavoratore36. L’articolo 1, comma 770, della legge finanziaria 2007 ha invece previsto l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995. In particolare, a decorrere dal 1° gennaio 2007 è stato disposto: l’incremento al 23% dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335 del 1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie; l’incremento al 16% dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 35 L’aliquota contributiva stabilita per il finanziamento del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), sino al 31 dicembre 2006, era pari complessivamente al 32,70%, di cui l'8,89% a carico del lavoratore. 36 Si consideri che, ai sensi della normativa vigente, è prevista un’aliquota aggiuntiva dell’1% a carico del lavoratore da applicare sulla prima fascia di retribuzione pensionabile, qualora l'aliquota IVS a carico del lavoratore sia inferiore al 10%. Inoltre, in caso di appartenenza ad imprese rientranti nel campo si applicazione della CIGS, al contributo a carico del lavoratore si deve aggiungere un’ulteriore aliquota dello 0,30%. 29 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE 335 del 1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie)37. Viene corrispondentemente incrementata la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche38. Un ulteriore adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, in modo da assicurare a tali lavoratori un trattamento pensionistico più consistente e da ridurre la convenienza ad utilizzare le collaborazioni coordinate e continuative (anche a progetto) a causa del minor costo rispetto al lavoro dipendente, è stato disposto dalla L. 247/2007 (articolo 1, comma 79). In particolare, tale provvedimento ha disposto: l’incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009 e al 26% a decorrere dal 2010 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie; l’incremento al 17% a decorrere dal 1° gennaio 2008 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie). Viene corrispondentemente incrementata la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche. Inoltre, l’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007, ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli 37 Per il 2006, l’aliquota contributiva per la gestione separata INPS era pari al 17,70% (più il contributo dello 0,50% per la malattia, l’assegno familiare e la maternità) per i soggetti non titolari di pensione né assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, fino al limite di reddito di € 39.297,01; sui compensi eccedenti il predetto limite di reddito tale aliquota era maggiorata di un punto percentuale (pertanto era pari al 18,70%), fermo restando il contributo per la malattia, l’assegno familiare e la maternità. Per il medesimo anno, l’aliquota contributiva prevista per i soggetti assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie era pari al 10,00%, mentre quella prevista per i pensionati titolari di pensione diretta era pari al 15,00%. 38 La circolare INPS n. 7 dell’11 gennaio 2007, emanata in relazione alle disposizioni in esame, chiarisce che rimane dovuta, “per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria, l’ulteriore aliquota contributiva pari allo 0,50%, stabilita dall’articolo 59, comma 16, della L. 449 del 1997, per il finanziamento dell’onere derivante dalla estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare e alla malattia, anche in caso di non degenza ospedaliera, così come disposto dall’articolo 1, comma 788 della citata legge finanziaria 2007”. Dalla stessa circolare viene evidenziato pertanto che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, con riferimento alla contribuzione alla Gestione separata: - per tutti i soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie si applica l’aliquota del 23,50% (23% per IVS più 0,50% di aliquota aggiuntiva); - per i soggetti già titolari di pensione o iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria si applica l’aliquota del 16%. 30 INCREMENTO DELLE ALIQUOTE CONTRIBUTIVE apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Al fine di rendere più graduale l’impatto dell’incremento della contribuzione per le aziende di minori dimensioni, inoltre, si prevede che, per i datori di lavoro che occupano complessivamente meno di 10 dipendenti, la suddetta aliquota complessiva del 10% a loro carico relativa agli apprendisti è ridotta di 8,5 punti percentuali per i contributi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i contributi maturati nel secondo anno di contratto. Resta fermo il livello di aliquota del 10% per i contributi maturati negli anni successivi al secondo. La stessa norma ha inoltre disposto che la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali sia stabilita con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 (cioè entro il 28 febbraio 2007)39. Ancora, si prevede l’applicazione della rideterminazione contributiva stabilita dalla norma in esame anche alle contribuzioni erogate in misura pari a quelle degli apprendisti (come, per esempio, nel caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità). Contestualmente, con riferimento ai periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, si prevede la cessazione, per le regioni, dell’obbligo del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della L. 21 dicembre 1978, n. 84540 . Infine, è stata disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’estensione delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del D.Lgs. 276 del 2003. Si prevede che la relativa contribuzione sia stabilita con lo stesso decreto che provvede alla ripartizione del contributo, in precedenza richiamato41. Si consideri, inoltre, che la L. 247/2007 ha previsto (comma 10), a decorrere dal 1° gennaio 2011, un innalzamento nella misura di 0,09 punti percentuali, delle aliquote contributive di finanziamento e per il computo delle prestazioni pensionistiche relative: all'assicurazione generale obbligatoria (AGO) ed alle 39 La ripartizione del contributo - con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007 - è stata effettuata dal D.M. 28 marzo 2007. In particolare, la ripartizione è la seguente: FPLD: 9,01%; CUAF: 0,11%; Malattia: 0,53%; Maternità: 0,05%; INAIL: 0.30%. 40 Il terzo comma del richiamato articolo 16 dispone che le regioni stipulano con gli istituti assicuratori convenzioni per il pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani. 41 Il già menzionato D.M. 28 marzo 2007, come detto, ha stabilito la contribuzione dovuta a decorrere dal 1° gennaio 2007 per l'indennità giornaliera di malattia nella misura di 0,53 punti percentuali. 31 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE forme sostitutive ed esclusive della medesima, con riferimento agli iscritti lavoratori dipendenti e per la quota a carico dei medesimi lavoratori; alle gestioni pensionistiche degli artigiani, degli esercenti attività commerciali e dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alle rispettive gestioni speciali dell’INPS; alla gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 (vedi capitolo Razionalizzazione di enti previdenziali, pag. 17). La medesima L. 247/2007 (comma 80) ha previsto norme concernenti la gestione separata previdenziale dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI). In particolare, si prevede che nell’ambito dei principi di autonomia di cui al D.Lgs. 509/1994, l’INPGI debba approvare apposite delibere intese: al coordinamento del regime della propria gestione separata previdenziale con quello della gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, modificando conformemente la struttura di contribuzione, il riparto della stessa tra lavoratore e committente, nonché l’entità della medesima, al fine di pervenire, secondo principi di gradualità, a decorrere dal 1° gennaio 2011, ad aliquote non inferiori a quelle dei collaboratori iscritti alla gestione separata INPS (comma 80, lettera a)); alla previsione di forme di incentivazione per la stabilizzazione degli iscritti alla propria gestione separata in analogia a quanto disposto dall’articolo 1, commi 1202 e ss. della L. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), stabilendo le relative modalità (comma 80, lettera b)). 32 BENEFICI PER TITOLARI DI PENSIONI BASSE BENEFICI PER TITOLARI DI PENSIONI BASSE Nel corso della legislatura sono state previste apposite misure in favore dei titolari di trattamenti pensionistici di importo modesto. In particolare, l’articolo 5 del D.L. 81/200742, ha previsto che, a decorrere dall’anno 2007, a favore dei soggetti con età pari o superiore a 64 anni e che siano titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'A.G.O. e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria, purché posseggano un reddito non superiore a una volta e mezza il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, è corrisposta una somma aggiuntiva determinata (in maniera diversa a seconda che si tratti di lavoratore dipendente o lavoratore autonomo) in funzione dell'anzianità contributiva complessiva e della gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale. Inoltre si è disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, l'incremento delle pensioni in favore di soggetti disagiati di cui all’articolo 38 della L. 448/2001 è concesso fino a garantire un reddito proprio pari a 580 euro al mese per tredici mensilità e che, a decorrere dalla medesima data, l'importo del limite di reddito personale per aver diritto all’incremento è rideterminato in 7.540 euro. Un'altra misura contenuta nell’articolo 5 del D.L. 81/2007 riguarda, per il triennio 2008-2010, il miglioramento del meccanismo di perequazione per i trattamenti pensionistici di importo compreso tra tre e cinque volte il trattamento minimo mensile vigente nell’A.G.O., prevedendosi che per tali trattamenti pensionistici si applichi una rivalutazione automatica pari al 100% dell’indice ISTAT che misura il costo della vita43. 42 D.L 2 luglio 2007, n. 81, “Disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2007, n. 127. 43 L’istituto della perequazione (o rivalutazione) automatica costituisce il meccanismo di adeguamento della misura dei trattamenti delle forme pensionistiche obbligatorie, allo scopo di agganciare l'importo dei trattamenti pensionistici all'andamento della dinamica congiunturale (riferibile sia a quella del costo della vita che a quella salariale e retributiva) verificatosi in periodi successivi alla liquidazione delle pensioni. L'adeguamento della misura dei trattamenti pensionistici viene effettuato, a decorrere dal 1° gennaio 1994, sulla base della disciplina dettata dall'art. 11 del D.Lgs. 503/1992, e successive modifiche ed integrazioni; tale normativa si applica sia ai trattamenti dell'assicurazione generale obbligatoria, che a quelli delle forme di previdenza sostitutive ed esclusive. La perequazione, ai sensi del citato art. 11 del D.Lgs. 503/1992, si calcola sulla base del solo adeguamento al costo della vita, con cadenza annuale ed effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo: all'importo della pensione si applica la percentuale di variazione determinata rapportando il valore medio dell'indice ISTAT, relativo all'anno precedente il mese di decorrenza dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente. La rivalutazione è peraltro differenziata a seconda delle diverse fasce d'importo del trattamento pensionistico: 33 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Infine si ricorda che con il medesimo articolo si è istituito, a decorrere dal 2008, un Fondo per il finanziamento di misure agevolative relative al riscatto degli anni del corso legale di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali, rivolte, in particolare, ai soggetti per i quali si applichi in maniera integrale il metodo contributivo di calcolo della pensione (v. capitolo Totalizzazione e riscatto della laurea, pag. 25). 100% per la fascia fino a tre volte il trattamento minimo INPS (per l'anno 2008 il trattamento minimo INPS è pari a 443,12 euro mensili, cioè a 5.760,56 euro annui); 90% per la fascia compresa fra tre e cinque volte il parametro anzidetto; 75% per la fascia eccedente. 34 ALTRI INTERVENTI PREVIDENZIALI ALTRI INTERVENTI PREVIDENZIALI Oltre a quelli specificamente illustrati in altri capitoli, nel corso della XV legislatura sono stati effettuati altri interventi in materia previdenziale. In primo luogo, con il comma 19 dell’articolo 1 della L. 247/200744 si è previsto che, per il 2008, ai trattamenti pensionistici superiori a otto volte il trattamento minimo INPS45 non viene concessa la rivalutazione automatica delle pensioni calcolata secondo il meccanismo previsto dall’articolo 34, comma 1, della L. 448/199846 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999)47. Viene precisato, tuttavia, che per le pensioni di importo superiore a otto volte il trattamento minimo ma inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica, l’aumento di rivalutazione per l’anno 2008 spetta comunque sino alla concorrenza del medesimo limite come maggiorato48. Inoltre, con i commi da 20 a 22 dell’articolo 1 della L. 247/2007 il legislatore è intervenuto in materia di benefici previdenziali per i lavoratori che, in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa, siano stati esposti all’amianto. In particolare, tali disposizioni riconoscono validità, ai fini del conseguimento dei 44 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 45 Per l'anno 2008 il trattamento minimo INPS è pari a 443,12 euro mensili (5.760,56 euro annui). 46 L. 23 dicembre 1998, n. 448, “Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo”. 47 L’istituto della perequazione (o rivalutazione) automatica costituisce il meccanismo di adeguamento della misura dei trattamenti delle forme pensionistiche obbligatorie, allo scopo di agganciare l'importo dei trattamenti pensionistici all'andamento della dinamica congiunturale (riferibile sia a quella del costo della vita che a quella salariale e retributiva) verificatosi in periodi successivi alla liquidazione delle pensioni. L'adeguamento della misura dei trattamenti pensionistici viene effettuato, a decorrere dal 1° gennaio 1994, sulla base della disciplina dettata dall'art. 11 del D.Lgs. 503/1992, e successive modifiche ed integrazioni; tale normativa si applica sia ai trattamenti dell'assicurazione generale obbligatoria, che a quelli delle forme di previdenza sostitutive ed esclusive. La perequazione, ai sensi del citato art. 11 del D.Lgs. 503/1992, si calcola sulla base del solo adeguamento al costo della vita, con cadenza annuale ed effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo: all'importo della pensione si applica la percentuale di variazione determinata rapportando il valore medio dell'indice ISTAT, relativo all'anno precedente il mese di decorrenza dell'aumento, all'analogo valore medio relativo all'anno precedente. La rivalutazione è peraltro differenziata a seconda delle diverse fasce d'importo del trattamento pensionistico: 100% per la fascia fino a tre volte il trattamento minimo INPS; 90% per la fascia compresa fra tre e cinque volte il parametro anzidetto; 75% per la fascia eccedente. 48 Nella relazione illustrativa al ddl originario (A.C. 3178) viene posto in rilievo che la misura in esame è finalizzata a concorrere in maniera solidaristica al finanziamento delle modifiche alla disciplina delle pensioni di anzianità. 35 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE benefici previdenziali previsti dall’art. 13, comma 8, della L. 257/199249 e successive modificazioni, alle certificazioni rilasciate dall’INAIL in favore dei lavoratori che hanno presentato domanda entro il 15 giugno 2005, relativamente ai periodi di attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto sino al momento di avvio dell’azione di bonifica e, ad ogni modo, non oltre il 2 ottobre 2003, nell’ambito delle aziende individuate dagli atti di indirizzo rivolti all’INAIL già emanati al riguardo dal Ministro del lavoro50. Viene comunque precisato che, relativamente ai periodi di esposizione all’amianto riconosciuti per effetto della norma in esame, il diritto ai benefici previdenziali previsti dall’articolo 13, comma 8, della L. 257/1992 spetta solamente ai lavoratori che non siano già titolari di trattamento pensionistico con decorrenza antecedente alla data di entrata in vigore della L. 247/2007. L’individuazione delle modalità di attuazione della norma in esame viene affidata ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della menzionata L. 247/200751. Il legislatore, con i commi 23 e 24 dell’articolo 1 della L. 247/2007, è altresì intervenuto in materia di rivalutazione degli indennizzi per danno biologico erogati dall’INAIL, al fine di prevedere un recupero del potere di acquisto dei medesimi indennizzi, considerato che la normativa vigente non prevede un meccanismo di adeguamento automatico dell’importo monetario di tali indennizzi. In particolare, si è stabilito che, nelle more dell'introduzione di un meccanismo di rivalutazione automatica degli importi indicati nella «tabella indennizzo danno 49 L. 27 marzo 1992, n. 257, “Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto”. 50 Per quanto riguarda la disciplina dei rischi derivanti dalle attività lavorative che comportano l’esposizione ad amianto, si ricorda che l’articolo 13, commi 6, 7 e 8, della L. 257/1992, e successive modificazioni, concede un beneficio previdenziale a determinate categoria di lavoratori che durante l’attività lavorativa siano stati esposti all’amianto. Tale beneficio consiste nell’applicazione, ai periodi di contribuzione obbligatoria relativi all’esposizione all’amianto, di un coefficiente di moltiplicazione ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche. In particolare: ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto si applica il coefficiente di 1,5 (comma 6); al periodo di esposizione all’amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale documentata dall’INAIL a causa della medesima esposizione, si applica il coefficiente di 1,5 (comma 7); all’intero periodo di esposizione all’amianto soggetto alla relativa assicurazione INAIL, purché di durata superiore a 10 anni, si applica il coefficiente di 1,25 (comma 8), utile solamente ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alle medesime. Si ricorda tuttavia che, sino al 1° ottobre 2003 (cioè sino al giorno antecedente all’entrata in vigore del D.L. 269/2003), era invece previsto un coefficiente pari all’1,5 che si applicava anche ai fini della maturazione del diritto di accesso alla pensione. 51 Alla data di redazione del presente capitolo tale decreto non risulta ancora emanato. 36 ALTRI INTERVENTI PREVIDENZIALI biologico», di cui all'articolo 13, comma 2, lettera a), del D.Lgs 38/200052, una quota delle risorse indicate all'articolo 1, comma 780 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007)53, accertate in sede di bilancio 2007 dall'INAIL, fino ad un massimo di 50 milioni di euro, è destinata all'aumento in via straordinaria delle indennità dovute dallo stesso Istituto assicuratore a titolo di recupero del valore dell'indennità risarcitoria del danno biologico. Tale aumento viene corrisposto tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo accertati dall'ISTAT intervenuta per gli anni dal 2000 al 2007. La determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione della norma in esame è affidata ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia. Inoltre, il comma 66 dell’articolo 1 della L. 247/2007 ha previsto disposizioni relative alla compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dalle imprese agricole, modificando le relative disposizioni dell’articolo 01, comma 16 (secondo e terzo periodo) del D.L. 2/200654, introdotte dall’articolo 4-bis del D.L. 10 del 200755. Più specificamente, sostituendo il secondo ed il terzo periodo del richiamato comma 16 dell'articolo 01 del D.L. 2/2006, rispetto alla disciplina previgente, si precisa che la compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria riguardi i contributi già scaduti alla data del pagamento degli aiuti medesimi, compresi gli interessi di legge a qualsiasi titolo maturati e le somme dovute a titoli di sanzioni. Inoltre, si dispone che la comunicazione in via 52 53 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144”. L’articolo 1, commi da 779 a 781, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto una riduzione dei premi dovuti dalle imprese iscritte alla gestione separata artigianato dell'assicurazione obbligatoria INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38. In particolare, il comma 780 dispone che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007. 54 D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81 55 D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, “Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 aprile 2007, n. 46. Si ricorda che l’articolo 4-bis del D.L. 10/2007, aggiungendo i periodi secondo e terzo alla fine del richiamato articolo 01, comma 16, del D.L. 2/2006, ha disposto che, in sede di pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori possano procedere alla compensazione di tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria, comunicati dal competente istituto previdenziale all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) tramite strumenti informatici. Viene precisato, inoltre, che, qualora dovessero sorgere contestazioni sull’effettuazione di tale procedura di compensazione, la legittimazione processuale passiva compete all’Istituto previdenziale. 37 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE informatica dei dati relativi ai contributi previdenziali scaduti debba essere inoltrata contestualmente non solamente all’AGEA ma anche a tutti gli organismi pagatori ed ai diretti interessati, anche tramite i Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all’articolo 3-bis del D.Lgs. 165/1999. Resta fermo, infine, che, in caso di contestazioni, la legittimazione processuale passiva compete all'Istituto previdenziale. Nel corso della legislatura la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha esaminato le proposte di legge A.C. 71 ed abbinate, volte a permettere ai lavoratori che si prendono cura di familiari portatori di gravi handicap, di poter accedere anticipatamente al pensionamento, a condizione che la persona assistita abbia una invalidità del 100%, con necessità di assistenza continua poiché non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, e che la medesima sia assistita totalmente nell’ambito familiare. La Commissione, pur avendo approvato un testo unificato, non ha però terminato l’esame del provvedimento, che quindi non è giunto all’esame dell’Assemblea. La XI Commissione ha inoltre esaminato le abbinate proposte di legge A.C. 110 e A.C. 1989, volte ad intervenire sulla disciplina relativa al parziale divieto di cumulo tra pensione di inabilità o assegno ordinario di invalidità erogati dall’INPS e rendita vitalizia erogata dall’INAIL, in modo da consentire di cumulare tali provvidenze tramite criteri più favorevoli per i percettori rispetto all'attuale assetto. Anche in questo caso la Commissione non è giunta all’approvazione del provvedimento. La XI Commissione ha altresì esaminato le proposte di legge A.C. 73 ed abbinate, recanti modifiche alle norme contenute nel capo III della legge 3 dicembre 1999, n. 493, che, nel quadro di un esplicito ricoscimento del principio del valore sociale del lavoro effettuato all’interno della famiglia, ha introdotto l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni in ambito domestico. Tali modifiche (talvolta presenti solamente in alcune delle pdl abbinate) riguardavano: l’estensione dell’ambito dei rischi coperti dall’assicurazione all’ipotesi di inabilità temporanea assoluta e l’abbassamento del limite percentuale minimo di inabilità permanente al lavoro coperto dall’assicurazione; la modifica del limite massimo di età per l’iscrizione obbligatoria all’assicurazione; la facoltà di iscriversi all’assicurazione per coloro che svolgono attività di lavoro in ambito domestico in via non esclusiva; l’aumento del premio assicurativo, da 12,91 a 15 euro annui; l’ampliamento della possibilità di fruire dell’esonero dal versamento del premio assicurativo per motivi di reddito; la modifica delle prestazioni INAIL a fronte di infortuni domestici. La Commissione, pur avendo approvato un testo unificato, non ha però terminato l’esame del provvedimento, che quindi non è giunto all’esame dell’Assemblea. Nel corso della legislatura la XI Commissione ha inoltre approvato, in sede legislativa, il testo unificato delle proposte di legge A.C. 1558 ed abbinate, volto a 38 ALTRI INTERVENTI PREVIDENZIALI riconoscere ai grandi invalidi di guerra e per servizio affetti da gravi menomazioni, così come individuati dal secondo comma dell’articolo 21 del D.P.R. 915/1978 (“Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra”), la possibilità di ottenere a domanda un accompagnatore del servizio civile o, in alternativa, un assegno mensile sostitutivo dell’accompagnatore; analogo beneficio era riconosciuto ai pensionati di guerra affetti da determinate invalidità, a condizione che fossero insigniti della medaglia d’oro al valor militare. Il provvedimento (A.S. 1940), tuttavia, non è giunto all’approvazione definitiva, poiché il Senato non ne ha terminato l’esame. 39 PUBBLICO IMPIEGO ASSUNZIONI DEL PERSONALE PUBBLICO ASSUNZIONI DEL PERSONALE PUBBLICO Come è noto, le politiche concernenti le assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni adottate nel corso dell’ultimo decennio hanno avuto quale elemento caratterizzante il contenimento della spesa per il personale, in particolare quella conseguente all’immissione di nuovo personale, che aveva raggiunto livelli rilevanti nel corso degli anni ’90. Secondo un disegno oramai affermato, infatti, il legislatore ha individuato nel settore del personale uno dei principali ambiti di intervento al fine del controllo e della razionalizzazione della spesa pubblica. Tutto ciò ha generato, nel corso delle leggi finanziarie degli ultimi anni ed anche in quelle che hanno caratterizzato la XV legislatura, una serie di disposizioni limitative delle assunzioni del personale presso le pubbliche amministrazioni, anche se di volta in volta sono state modificate le modalità con le quali si è cercato di raggiungere questo obiettivo (cfr. infra). A causa di tali rigidi vincoli normativi, per poter assicurare una continuità allo svolgimento dei propri compiti sovente le pubbliche amministrazioni hanno fatto ricorso al lavoro a termine e alle altre forme di lavoro flessibile non secondo un criterio di efficiente gestione del personale bensì per “aggirare” il divieto di effettuare assunzioni di personale di ruolo (vedi capitolo Utilizzo di lavoro flessibile dalle P.A., pag. 51). Ciò ha condotto, anche a causa delle reiterate proroghe dei rapporti di lavoro temporanei, alla formazione nel settore pubblico di un personale non di ruolo di dimensioni sempre più consistenti. In generale, l’impianto normativo volto al contenimento delle spese per il personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, delle università e degli enti di ricerca (sostanzialmente tutto il personale pubblico ad eccezione di quello delle regioni ed enti locali), negli ultimi anni è rimasto formalmente inalterato: la norma di riferimento, infatti, è rimasta l'articolo 39 del provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998 (L. 449/1997) che ha introdotto un nuovo sistema di programmazione triennale delle assunzioni, cui è assegnato un obiettivo di riduzione complessiva e progressiva del personale in servizio. Si ricorda che tale sistema, confermato con alcuni aggiustamenti nelle successive manovre finanziarie, è poi rifluito anche nel D.Lgs. 165/2001 (T.U. del pubblico impiego), che all'articolo 35 condiziona l'avvio delle procedure di reclutamento da parte delle pubbliche amministrazioni al rispetto della citata procedura di programmazione. Tuttavia, a cominciare dalla legge finanziaria per il 2002 (L. 448/2001), tale impianto, che si caratterizza per la sua flessibilità, è stato nella sostanza superato dalla previsione, anno per anno, del divieto di procedere a nuove 43 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE assunzioni, salvo tassative eccezioni (cd. blocco del turn over). Da tale momento, quindi, le politiche di controllo delle assunzioni hanno fatto ricorso, in maniera pressoché costante, al blocco delle assunzioni, con il duplice scopo di limitare gli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico ed avviare una graduale riduzione del personale contestuale all’incremento dell’efficienza dei servizi resi56. Contestualmente si è individuato nelle procedure di mobilità il meccanismo che potesse consentire di provvedere alla copertura dei posti disponibili nel periodo di blocco delle assunzioni. Per quanto riguarda l’utilizzazione di personale a tempo determinato o tramite contratti di collaborazione, si è seguita la strada di fissare dei tetti massimi in percentuale rispetto alla spese degli anni precedenti relativa allo stesso personale, autorizzando però espressamente determinati enti a prorogare rapporti a tempo determinato che erano sorti sulla base di specifici provvedimenti. In relazione a ciò, si evidenzia tuttavia che, nel corso della XV Legislatura, la legge finanziaria per il 2007, in deroga al “blocco del turn over”, ha disposto apposite misure per la stabilizzazione del personale precario presso le pubbliche amministrazioni in questione57 (vedi capitolo Stabilizzazione del personale delle P.A., pag. 57). Un discorso parzialmente diverso vale invece per le regioni e gli enti locali, per i quali le leggi finanziarie hanno disposto misure di contenimento delle spese di personale meno rigide rispetto alle amministrazioni dello Stato, in considerazione dell’autonomia ad esse riconosciuta dalla Costituzione. All’inizio della XIV legislatura, con la richiamata L. 448/2001, è stato previsto il blocco delle assunzioni solamente per gli enti locali che non avessero rispettato il patto di stabilità interno. Con le successive leggi finanziarie (a partire dalla L. 289/2002) si sono invece introdotti vincoli più stringenti anche per gli enti locali “virtuosi” e per le regioni, prevedendosi che per tali enti valeva il divieto di effettuare assunzioni (salve specifiche deroghe) sino all’entrata in vigore di appositi D.P.C.M. (adottati previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata) che regolamentassero dettagliatamente i criteri e i limiti per effettuare assunzioni. Successivamente, con la legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009, si è attuata una revisione, a partire 56 Accanto al nucleo costituito dagli interventi volti a limitare il flusso delle nuove assunzioni, inoltre, le manovre finanziarie annuali hanno presentato in maniera ricorrente altre tipologie di misure finalizzate alla riduzione della spesa per il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni. A titolo indicativo si ricordano: la soppressione di vari emolumenti legati soprattutto alle indennità di trasferta e di missione; la limitazione dell’uso dei fondi della contrattazione integrativa; la riduzione degli stanziamenti per il lavoro straordinario. 57 Misure per la stabilizzazione sono recate anche dalla legge finanziaria per il 2008. 44 ASSUNZIONI DEL PERSONALE PUBBLICO dall’anno 2007, della disciplina relativa agli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno relativi al contenimento delle spese per il personale, a seguito della quale gli obiettivi di risparmio perseguiti dalla precedente dettagliata disciplina vincolistica di cui all’articolo 1, comma 98, della L. 311/2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206, della L. 266/2005, sono “confluiti” nelle regole del patto di stabilità interno e nei rispettivi vincoli finanziari da rispettare (vedi capitolo Il Patto di stabilità interno, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio). Invece, per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno, si è introdotta una nuova disciplina “a regime” relativa al contenimento delle spese per il personale e alle assunzioni di personale a tempo indeterminato. La legge finanziaria per il 2007, inoltre, ha previsto anche per le regioni e gli enti locali apposite misure per la stabilizzazione del personale precario (vedi scheda Stabilizzazione del personale delle P.A., pag. 57). Più in dettaglio, la legge finanziaria per il 2007 ha confermato implicitamente, per l’anno 2007, la vigenza del blocco del turn over previsto dalla legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004)58 per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, comprese le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/200159, ma allo stesso tempo ha consentito alle medesime amministrazioni di poter effettuare per lo stesso anno nuove assunzioni a tempo indeterminato tramite le procedure volte alla stabilizzazione del personale precario. Inoltre, al fine del contenimento della spesa per il personale, sono state disposte limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, incluse le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. In particolare, tali amministrazioni possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20% 58 La legge finanziaria per il 2005 ha previsto importanti novità in materia di limitazione delle assunzioni, poiché l’arco temporale di applicazione della disciplina di “blocco del turn over” viene proiettato non più su base annuale, come nelle precedenti leggi finanziarie, bensì sul triennio 2005-2007, per passare ad una disciplina limitativa “a regime” dal 2008. 59 Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.). 45 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. Le limitazioni non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette e a quelle connesse con la professionalizzazione delle Forze armate (comma 523). Per quanto riguarda invece la disciplina limitativa delle assunzioni per gli enti territoriali, la legge finanziaria per il 2007, ai commi 557-561 dell’articolo 1, in considerazione della nuova impostazione e delle nuove regole del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 previste dai successivi commi da 655 a 693, ha attuato una revisione, a partire dall’anno 2007, degli obblighi delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno relativi al contenimento delle spese per il personale. Ribadendo l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale da perseguire anche tramite la razionalizzazione delle strutture amministrative, la norma (comma 557) si limita ad indicare ai medesimi enti, come principi meramente orientativi, una serie di regole fissate per le amministrazioni dello Stato su cui possono far leva, nella loro autonomia, per ridurre la spesa per il personale in funzione del rispetto dei vincoli finanziari fissati dalle regole del patto di stabilità interno. Si prevede quindi che le disposizioni volte a stabilire limiti alla possibilità di effettuare assunzioni e specifici obiettivi di riduzione della spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 98 della L. 311/2004 e all’articolo 1, commi da 198 a 206 della L. 266/2005 non si applicano più a decorrere dal 1° gennaio 2007 alle regioni e agli enti locali sottoposti al patto di stabilità, ferma restando la loro applicazione per gli anni 2005 e 2006. Inoltre, si dispone un divieto generale di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto per gli enti che non abbiano rispettato per l’anno 2006 il patto di stabilità interno (comma 561). Va peraltro segnalato che l’articolo 6, comma 8-sexies del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300 (cd. decreto-legge “mille-proroghe”) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 17/2007, ha stabilito la non applicazione, per l'anno 2007, delle disposizioni previste dal comma 561 in esame, agli enti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2006. Per quanto riguarda invece gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno si prevede un duplice limite in tema di spesa per il personale (comma 562). Da un lato, tali enti non devono superare l’ammontare della spesa per il personale effettuata nel 2004. A tal fine le spese di personale si considerano al lordo degli oneri contributivi e dell’IRAP, mentre non comprendono gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali. Dall’altro, i medesimi enti possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite delle cessazioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente avvenute nell'anno precedente. Anche la legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007) ha recato una serie di disposizioni concernenti le assunzioni di personale nelle amministrazioni pubbliche. In particolare, tale legge ha disposto (articolo 3, commi 102 e 103), 46 ASSUNZIONI DEL PERSONALE PUBBLICO confermando implicitamente i vincoli già indicati nella precedente legge finanziaria per le assunzioni negli anni 2008 e 2009 (cfr. supra), limitazioni alla possibilità di assumere personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 per le pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 della legge finanziaria per il 200760. Tali amministrazioni possono quindi procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per l’anno 2010 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. La disposizione in esame in sostanza incide, dettando limiti più restrittivi, sulla possibilità per le suddette amministrazioni di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato per l’anno 2010, dal momento che l’articolo 1, comma 103, della L. 311/2004 (legge finanziaria 2005), così come novellato dall’articolo 1, comma 537, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), prevedeva che, a partire dall’anno 2010, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del medesimo decreto (in sostanza, la generalità delle pubbliche amministrazioni) potessero assumere personale a tempo indeterminato - dopo aver esperito le procedure di mobilità - entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente61. Per quanto riguarda la disciplina limitativa delle assunzioni per gli enti territoriali, la legge finanziaria per il 2008 conferma implicitamente la disciplina introdotta dalla precedente legge finanziaria (cfr. supra), apportando solamente limitati e marginali aggiustamenti. In particolare, l’articolo 3, comma 120, novellando a tal fine il comma 557 della legge finanziaria 2007, condiziona le possibilità di assunzione di personale degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, con una disposizione limitativa ulteriore rispetto al patto di stabilità, facendo comunque salvo quanto previsto dal medesimo patto; in particolare, vengono precisate le condizioni a cui è subordinata l’eventuale deroga al principio di riduzione complessiva della spesa per il personale di cui all’articolo 19, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 44862. Una 60 Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. 61 Si consideri peraltro che il comma 105 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2008, in connessione a quanto previsto dal precedente comma 102, ha provveduto a modificare il comma 103 della legge finanziaria per il 2005 (relativo alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente), facendo decorrere l’applicazione della medesima norma dal 2011 anziché dal 2010. 62 In particolare, vengono poste le seguenti condizioni per l’eventuale deroga al principio di cui all’articolo 19, comma 8, della L. 448/2001: che l’ente abbia rispettato il patto di stabilità nell’ultimo triennio; che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario; infine, che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto. 47 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE disposizione con la medesima finalità è prevista dall’articolo 3, comma 121, per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno, novellando il comma 562 della legge finanziaria 200763. Infine si segnala che la legge finanziaria 2008 ha previsto altri interventi per il contenimento e la razionalizzazione della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, che si sono incentrate sulla riduzione delle spese per lavoro straordinario e su misure straordinare in materia di mobilità. In particolare, per quanto riguarda il lavoro straordinario, si è previsto (commi da 81 a 84 dell’articolo 3) che: le amministrazioni statali provvedono all’attuazione delle tipologie di orario di lavoro previste dalle vigenti norme contrattuali, comprese le forme di lavoro a distanza, in modo da ridurre il ricorso al lavoro straordinario; a decorrere dal 2008 la spesa per prestazioni di lavoro straordinario vada comunque contenuta entro il limite del 90% delle risorse finanziarie a tal fine assegnate per l’anno finanziario 2007; le pubbliche amministrazioni possano corrispondere compensi per lavoro straordinario solamente dopo l’attivazione di sistemi di rilevazione automatica delle presenze. Per quanto riguarda invece le misure straordinarie in materia di mobilità, si è stabilito (commi da 124 a 130 dell’articolo 3), allo scopo di garantire la ricollocazione di dipendenti pubblici in situazione di esubero: che la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministro dell’economia possono autorizzare, per il biennio 2008-2009, sulla base della verifica della compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica delle richieste di autorizzazione a nuove assunzioni, la stipulazione di accordi di mobilità, anche intercompartimentale, volti alla ricollocazione del personale presso uffici con rilevanti vacanze di organico (commi 124 e 125); la possibilità di disporre, con i medesimi accordi di mobilità in precedenza richiamati, trasferimenti, anche temporanei, di contingenti di marescialli dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica che si trovino in situazione di esubero, da ricollocare con priorità in un ruolo speciale ad esaurimento del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare di cui al D.Lgs. 195/1995 (comma 126); la possibilità di disporre la mobilità, anche in via temporanea, del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo ai compiti dell’insegnamento, iscrivendo tale personale in un ruolo speciale ad esaurimento (comma 127); la possibilità per il Ministero della giustizia, per sopperire alle gravi carenze di personale degli uffici giudiziari, di coprire, per gli anni 2008, 2009 e 2010, le 63 Per tali enti vengono poste invece le seguenti condizioni per l’eventuale deroga al principio di cui all’articolo 19, comma 8, della L. 448/2001: che il volume complessivo della spesa per il personale in servizio non sia superiore al parametro obiettivo valido ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, ridotto del 15% e che il rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superi quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto, ridotto del 20%. 48 ASSUNZIONI DEL PERSONALE PUBBLICO vacanze di organico di tali uffici ricorrendo alle procedure di mobilità, anche intercompartimentale, di personale appartenente a pubbliche amministrazioni sottoposte a una disciplina limitativa delle assunzioni (comma 128); l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, della banca dati informatica finalizzata all’incontro tra domanda e offerta di mobilità (commi 129 e 130). 49 UTILIZZO DI LAVORO FLESSIBILE DALLE P.A. UTILIZZO DI LAVORO FLESSIBILE DALLE P.A. Per quanto attiene all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, occorre segnalare che nel corso della XV legislatura sono state introdotte disposizioni più restrittive per quanto riguarda la possibilità di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile, tra le quali assume particolare rilevanza la riscrittura dell’articolo 36 del D.Lgs. 165/200164, effettuata mediante l’articolo 3, comma 79, della legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007). Si consideri, inoltre, che le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 hanno previsto una serie di misure volte alla stabilizzazione del personale non di ruolo delle pubbliche amministrazioni, al fine di ridurre il fenomeno del “precariato” presso le medesime amministrazioni (vedi capitolo Stabilizzazione del personale delle P.A., pag. 57). Si ricorda preliminarmente che, a causa di un uso distorto delle forme di lavoro flessibile nel settore pubblico (al di là di esigenze organizzative di carattere straordinario e contingente), l’orientamento del legislatore in un primo tempo è stato quello di evitare l’estensione al settore pubblico della stessa disciplina relativa alla possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili valida per il settore privato, orientandosi quindi verso una disciplina speciale improntata a criteri rigorosi. Tale impostazione, confermata dal D.Lgs. 29/1993, ha subito un notevole cambiamento a seguito della nuova formulazione dell’articolo 36 del medesimo decreto legislativo introdotta dai successivi decreti legislativi n. 80/1998 e n. 387/1998, con la quale si è introdotta per le pubbliche amministrazioni la possibilità di avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fermo restando il rispetto delle specifiche disposizioni relative al reclutamento del personale65. Negli ultimissimi anni si è registrata una inversione di tendenza da parte del legislatore, volta a limitare la possibilità di utilizzazione delle forme di lavoro flessibile nel settore pubblico. In particolare, per rispondere alla necessità di introdurre condizioni e requisiti più restrittivi per l’utilizzazione del lavoro a tempo determinato e delle altre forme di lavoro flessibile, già l’articolo 4 del D.L. 4/2006 aveva provveduto a novellare 64 D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. 65 Si demandava poi alla contrattazione collettiva la disciplina dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, sulla base della relativa normativa vigente. 51 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE l’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001 aggiungendo il nuovo comma 1-bis. Tale nuova disposizione prevedeva che le pubbliche amministrazioni potessero instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato o altri rapporti di lavoro flessibili solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l'opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 276/2003 per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi. Tali disposizioni pertanto avevano introdotto per il settore pubblico vincoli molto più restrittivi, per esempio, rispetto alla disciplina del D.Lgs. 368/2001 sul lavoro a tempo determinato che invece aveva ampliato la possibilità di avvalersi di tale tipologia contrattuale. In sostanza il legislatore aveva inteso ridurre l’utilizzazione delle forme di lavoro flessibile prevedendo espressamente che ciò fosse possibile solamente per esigenze gestionali e organizzative di carattere eccezionale e temporaneo, valutando preliminarmente la possibilità di attivare, invece dei contratti a tempo determinato e degli altri rapporti di lavoro flessibile (CFL e collaborazioni coordinate e continuative), i contratti di somministrazione a termine oppure di fare ricorso alla esternalizzazione e appalto dei servizi66. Nel corso della XV legislatura si è introdotta una disciplina ancora più restrittiva riguardo alla utilizzazione delle forme di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, tramite la riformulazione dell’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001 operata dalla legge finanziaria per il 2008 (articolo 3, comma 79). 66 Si consideri che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 276/2003, recante riforma della disciplina dei rapporti di lavoro in attuazione della L. 30/2003, si è determinata una maggiore differenziazione rispetto alla normativa previgente per quanto riguarda le tipologie delle forme contrattuale flessibili utilizzabili dalle pubbliche amministrazioni rispetto a quelle previste per il settore privato. Si ricorda, infatti, che le disposizioni del D.Lgs. 276/2003 non sono applicabili alle pubbliche amministrazioni e al loro personale, eccetto che nei casi in cui per i singoli istituti non sia disposto diversamente. Le pubbliche amministrazioni, in sostanza, possono avvalersi, come forme di lavoro flessibile, del contratto a tempo determinato, del contratto di formazione e lavoro, della somministrazione di lavoro a tempo determinato e delle collaborazioni coordinate e continuative . Rimangono tuttavia salve le peculiarità di disciplina di tali istituti contrattuali nel settore pubblico, che deriva, oltre che dalla specifica contrattazione collettiva del settore, anche da norme legislative e principi costituzionali che derogano alla disciplina civilistica dei medesimi istituti. Per quanto riguarda tale ultimo profilo, si consideri per esempio che nel settore pubblico, in caso di utilizzo illegittimo del contratto di lavoro a termine (per esempio, in caso di mancato conclusione per iscritto, di illegittimità delle proroghe o di prosecuzione del rapporto dopo la scadenza), non si applica lo strumento sanzionatorio della conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ciò in primo luogo deriva dai principi costituzionali relativi all’accesso agli impieghi pubblici di cui all’articolo 97 della Costituzione. Inoltre l’articolo 36, comma 6, del D.Lgs. 165/2001 (cfr. infra nel testo) prevede espressamente che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore viene tutelato dal medesimo articolo esclusivamente con il diritto al risarcimento del danno. 52 UTILIZZO DI LAVORO FLESSIBILE DALLE P.A. Rispetto alle disposizioni contenute nel previgente testo dell’articolo 36, il nuovo articolo 36 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce il principio secondo il quale le pubbliche amministrazioni effettuano assunzioni di personale utilizzando esclusivamente il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dalla disciplina privatistica al solo scopo di fronteggiare esigenze stagionali o per periodi non superiori a 3 mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità attuate dalle autonomie territoriali. Inoltre, non si ammette in nessun caso il rinnovo del contratto o l’utilizzo dello stesso lavoratore con altra tipologia contrattuale e si prevede che per fronteggiare esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni ricorrono all’assegnazione temporanea di personale di altre amministrazioni per un periodo massimo di 6 mesi, non rinnovabili. Tale disciplina non è derogabile dalla contrattazione collettiva. Confermandosi la disposizione, contenuta nel testo previgente dell’articolo 36, secondo cui eventuali violazioni di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni non possono comunque comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (mentre il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro eseguita in violazione di disposizioni imperative e le amministrazioni avranno l’obbligo di rivalersi sui dirigenti responsabili in caso di dolo o colpa grave), si introduce ex novo la previsione del divieto di nuove assunzioni per le amministrazioni che violano la disciplina relativa all’utilizzo delle forme di lavoro flessibile di cui all’articolo 36 del D.Lgs. 165/2001 per il triennio successivo alla violazione stessa. Viene precisato che la disciplina di cui al medesimo articolo 36 non trova applicazione per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, per gli uffici di supporto agli organi di direzione politica degli enti locali, nonché per i contratti relativi agli incarichi dirigenziali ad alla preposizione ad organi di direzione, consultivi e di controllo delle pubbliche amministrazioni, ivi inclusi i nuclei di valutazione e verifica degli investimenti pubblici istituiti presso le amministrazioni centrali e regionali. Infine, la disciplina introdotta dal nuovo articolo 36 prevede per gli enti locali non sottoposti al patto di stabilità interno con organico inferiore o pari a 15 unità, per gli enti del Servizio sanitario nazionale e per gli enti di ricerca e le università, la possibilità di utilizzare forme contrattuali flessibili, oltre che per le finalità su indicate, anche in relazione ad ulteriori esigenze specificamente e tassativamente indicate e diverse a seconda degli enti interessati. Più specificamente: a) gli enti locali gli locali non sottoposti al patto di stabilità interno e con una dotazione organica inferiore o pari alle 15 unità possono avvalersi di contratti flessibili, oltre che per le finalità generali indicate in precedenza, anche per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto, a 53 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE condizione che nel contratto di lavoro a termine sia indicato il lavoratore sostituito e la causa della sostituzione; b) gli enti del Servizio sanitario nazionale, con riferimento alle figure infungibili del personale medico, al personale infermieristico e al personale di supporto alle attività infermieristiche, possono ricorrere a forme di lavoro flessibile anche per la sostituzione di lavoratori assenti o cessati dal servizio, nei limiti dei casi in cui ricorrano urgenti e indifferibili esigenze legate alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza67; c) le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile ai fini dello svolgimento di programmi o attività i cui oneri sono finanziati con fondi dell’Unione europea e del Fondo per le aree sottoutilizzate; d) le università e gli enti di ricerca possono ricorrere a forme contrattuali flessibili per svolgere progetti di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo ordinario di finanziamento delle università; e) gli enti del Servizio sanitario nazionale possono ricorrere a forme contrattuali flessibili per lo svolgimento di progetti di ricerca finanziati con fondi comunitari o privati. Si stabilisce che l’utilizzazione dei lavoratori, con i quali si sono stipulati contratti di lavoro flessibile per i fini di cui alle lettre c), d) ed e), per finalità diverse comporta la responsabilità amministrativa del dirigente e del responsabile del progetto, nonché la nullità del provvedimento cioè, sembrerebbe, dell’atto amministrativo con cui si è stabilito di stipulare il contratto flessibile. Un'altra misura volta a ridurre l’utilizzo delle forme di lavoro flessibile, per evitare il formarsi di ulteriore “precariato”, attuata prima con la L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) e poi con la L. 244/2007 (legge finanziaria 2008), è consistita nella graduale riduzione del limite di spesa entro cui è possibile per le amministrazioni dello Stato ed altre determinate pubbliche amministrazioni68 avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro “flessibile”, modificando la previsione di cui all’articolo 1, comma 187 della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006). 67 Viene peraltro precisato che tali utilizzazioni di lavoro flessibile devono essere compatibili con i vincoli previsti dall’art. 1, comma 565 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in materia di contenimento della spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale. 68 Si tratta, più specificamente, delle seguenti amministrazioni: amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; agenzie, comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti di ricerca; università; enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001. 54 UTILIZZO DI LAVORO FLESSIBILE DALLE P.A. Si ricorda che tale disposizione aveva previsto che, a decorrere dall’anno 2006, le amministrazioni su richiamate potessero avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60% della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003. Tale limite è stato quindi ridotto al 40% (a decorrere dall’anno 2007) dall’articolo 1, comma 538, della legge finanziaria 2007, e al 35% (a decorrere dall’anno 2008) dall’articolo 3, comma 80, della legge finanziaria 2008. 55 STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE P.A. STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE P.A. Nel corso della legislatura, con le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008, sono state previste, in deroga al “blocco del turn over”, apposite misure per la stabilizzazione del personale precario presso le pubbliche amministrazioni. Grazie a tali misure, che danno attuazione a quanto preannunciato dal Governo nel DPEF 2007-2011, si è creata la possibilità per una graduale stabilizzazione del cd. “precariato storico”, in modo da “sanare” finalmente la posizione di tali lavoratori e quindi ricondurre a livelli fisiologici per il futuro l’utilizzo delle forme di lavoro flessibile (vedi capitolo Utilizzo di lavoro flessibile dalle P.A., pag. 51). Come evidenziato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione69 pro tempore, il Governo, nell’avviare un generale processo di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, ha ritenuto di dover affrontare improrogabilmente le problematiche connesse anche al lavoro precario, poiché alla modernizzazione dell’amministrazione pubblica può efficacemente contribuire anche l’immissione di forze nuove e qualificate nelle pubbliche amministrazioni da realizzare anche tramite la stabilizzazione dei precari. Il Ministro ha posto in rilievo che a determinare il fenomeno del precariato nel settore pubblico ha concorso un uso distorto delle forme di lavoro flessibile. Difatti, anche in conseguenza del cosiddetto “blocco del turn over” disposto dalle leggi finanziarie degli ultimi anni, anche le pubbliche amministrazioni hanno fatto sempre più frequentemente ricorso ai rapporti di lavoro flessibile determinando, laddove la durata di tali rapporti si sia ingiustificatamente protratta negli anni, una distorsione dell’originaria ratio di istituti quali la collaborazione coordinata e continuativa e i contratti a tempo determinato, individuabile nella necessità di un utilizzo limitato di tali strumenti a fronte di esigenze straordinarie. Pertanto, per aggirare il divieto di procedere a nuove assunzioni, le pubbliche amministrazioni hanno dovuto necessariamente utilizzare strumenti contrattuali flessibili per fronteggiare non già esigenze eccezionali e straordinarie (come previsto dall’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001), ma esigenze stabili e continuative relative all’attività ordinaria dell’amministrazione. Pertanto le procedure di stabilizzazione, da una parte risponderanno alle aspettative dei lavoratori “precari” che da anni prestano servizio presso le pubbliche amministrazioni sulla base di rapporti di lavoro temporanei continuamente rinnovati che non offrono certezze per il futuro, dall’altra permetteranno l’immissione definitiva nei ruoli delle medesime amministrazioni di personale che ha già acquisito una rilevante competenza nelle mansioni svolte 69 Audizione del 30 maggio 2007 presso la XI Commissione (Lavoro) della Camera. 57 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE con ricadute positive sul piano dell’efficienza e della qualità dell’azione amministrativa. Le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 agiscono su due piani per limitare il fenomeno del “precariato”. Da una parte autorizzano, entro certi limiti e sulla base di determinate condizioni, la stabilizzazione del personale tramite la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato e dei CFL in rapporti a tempo indeterminato; dall’altra, al fine di evitare la formazione di nuovo “precariato”, introducono disposizioni più restrittive per quanto riguarda la possibilità di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni (vedi capitolo Utilizzo di lavoro flessibile dalle P.A., pag. 51). Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2007 La legge finanziaria per il 2007 (L. 269/2006) ha disposto una serie di misure per la stabilizzazione del personale non di ruolo impiegato nelle pubbliche amministrazioni, il cui perno è rappresentato dall’articolo 1, comma 519, che ha previsto una disciplina relativa alla stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti. In particolare, in base a tale disciplina, per le amministrazioni pubbliche sottoposte al divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, comma 95, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004)70, si è previsto che, per il 2007, una quota pari al 20% di quanto stanziato nel Fondo di cui all’articolo 1, comma 96, ultimo periodo, della legge finanziaria per il 200571, potesse essere destinata alla stabilizzazione del personale pubblico non dirigenziale che ne facesse apposita istanza e che si trovasse almeno in una delle seguenti situazioni: fosse già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi; 70 Si tratta delle seguenti amministrazioni: - amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; - agenzie, comprese le agenzie fiscali; - enti pubblici non economici; - enti di ricerca; - enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001. 71 Il comma 96 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 ha previsto una deroga di carattere generale al divieto di procedere ad assunzioni per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”) di cui al precedente commi 95, disponendo che le amministrazioni per le quali era previsto il “blocco del turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 potevano assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine era stato istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia. 58 STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE P.A. conseguisse il requisito del servizio a tempo determinato di almeno tre anni (anche non continuativi) sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006; fosse stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007. Per beneficiare della stabilizzazione, inoltre, il personale in possesso dei requisiti sopra citati doveva essere stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive72. Una disciplina simile a quella ora illustrata è stata prevista relativamente alla stabilizzazione del personale delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno dal comma 558 della legge finanziaria 2007. In particolare, si è previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli del patto di stabilità, potessero procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti vacanti in organico, del personale non dirigenziale a tempo determinato in possesso di requisiti di anzianità di servizio analoghi a quelli previsti dal comma 519; venivano inoltre previste disposizioni relative alle modalità di selezione analoghe a quelle dello stesso comma 519 (vedi supra). Peraltro, l’applicazione delle procedure di stabilizzazione si estendeva anche al personale di cui al comma 1156, lettera f), cioè ai soggetti occupati in attività socialmente utili. Un’altra previsione (comma 526) ha inoltre consentito alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, incluse le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001) di procedere, per gli anni 2008 e 2009, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. In sostanza 72 Si ricorda che, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, appare costante l’affermazione secondo cui il concorso pubblico rappresenta la forma generale ed ordinaria di reclutamento di personale nel pubblico impiego, in quanto meccanismo idoneo a garantire il canone dell’efficienza dell’azione amministrativa (tra le tante, sentenze. n. 1 del 1999, nn. 34 e 205 del 2004, n. 190 del 2005, n. 363 del 2006). Va altresì considerato che la giurisprudenza costituzionale afferma anche che il principio del concorso pubblico non è incompatibile – nella logica di agevolare il buon andamento dell’amministrazione – con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione. 59 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE tali amministrazioni, ai sensi del combinato disposto dei commi 523 e 526, potevano procedere complessivamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di una spesa pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente73. La legge finanziaria 2007, inoltre, ha autorizzato le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2007, all’attuazione delle procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro (CFL), già prorogati dall’articolo 1, comma 243 della L. 266/2005 o comunque in essere alla data del 30 settembre 2006, nel limite dei posti disponibili nei ruoli organici delle singole amministrazioni. In attesa dell’espletamento delle procedure di conversione dei CFL, i medesimi contratti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2007 (comma 528). Si segnala, in proposito, che l’articolo 3, coma 100, della legge finanziaria per il 2008 ha disposto la proroga al 31 dicembre 2008 dei contratti di formazione e lavoro presso le pubbliche amministrazioni qualora i medesimi contratti non siano stati convertiti in contratti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2007. Un’altra misura volta alla stabilizzazione dei lavoratori precari è consistita (commi 417-420) nell’istituzione di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato. Si è autorizzata, a decorrere dall’anno 2007, la spesa di 5 milioni di euro per il finanziamento del menzionato Fondo per la stabilizzazione, prevedendo altresì che tale Fondo possa essere anche alimentato da una somma pari al risparmio di interessi derivanti dalla riduzione del debito pubblico ottenuto tramite specifiche operazioni74. Per evitare il formarsi di ulteriore precariato, si è disposto il divieto, per le amministrazioni destinatarie delle risorse, di ricorrere a nuovi rapporti di lavoro precario nei cinque anni successivi all’attribuzione delle stesse, stabilendo che l’inosservanza di tale divieto comporta responsabilità patrimoniale dell’autore della violazione. Altre misure contenute nella legge finanziaria per il 2007 erano rivolte alla stabilizzazione del personale in servizio presso specifiche amministrazioni. In considerazione delle misure che prevedono la stabilizzazione del personale precario, al fine di evitare la formazione di nuovo “precariato", la legge finanziaria 73 Si ricorda che il comma 523 della legge finanziaria 2007 ha previsto che le menzionate amministrazioni potevano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. 74 La dotazione del Fondo in esame è stata poi incrementata di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 dalla legge finanziaria per il 2008 (vedi infra). 60 STABILIZZAZIONE DEL PERSONALE DELLE P.A. 2007 ha, inoltre, ulteriormente ristretto, rispetto alla previgente normativa, la possibilità per le amministrazioni dello Stato, le agenzie gli enti pubblici non territoriali di avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro “flessibili”, prevedendo che ciò potesse avvenire nei limiti del 40% della spesa sostenuta per le stesse ragioni nel 2003. Tale limite percentuale è stato ulteriormente ridotto al 35% dalla legge finanziaria 2008 (vedi capitolo Utilizzo di lavoro flessibile dalle P.A., pag. 51). Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2008 Anche la legge finanziaria 2008 ha recato disposizioni in materia di stabilizzazione del personale non di ruolo utilizzato dalle pubbliche amministrazioni. In primo luogo, l’articolo 3, comma 90 è intervenuto sulla disciplina relativa alla stabilizzazione dei pubblici dipendenti precari di cui ai commi 526 e 558 della legge finanziaria per il 2007, estendendo la possibilità di stabilizzazione anche al personale a tempo determinato che consegua i requisiti di anzianità di servizio su indicati in virtù di contratti stipulati anteriormente al 28 settembre 2007. Lo stesso provvedimento, inoltre, all’articolo 3, comma 94, ha disposto – fatte salve le intese stipulate sulla base dei commi 558 e 560 della legge finanziaria 2007 riguardanti sostanzialmente le stabilizzazioni del personale precario delle regioni e degli enti locali - l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di predisporre entro il 30 aprile 2008, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale per gli anni 2008, 2009 e 2010, dei piani per la progressiva stabilizzazione delle seguenti tipologie di personale non dirigenziale: a) personale in servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato stipulato prima del 28 settembre 2007 e in possesso dei requisiti previsti dai commi 519 e 558 della legge finanziaria 2007 (vedi supra); b) collaboratori coordinati e continuativi, in possesso dei seguenti requisiti: contratto di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008; attività pregressa almeno triennale, anche non continuativa, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007 presso la stessa amministrazione75. Inoltre, si è disposto (articolo 3, comma 95) che, anche in connessione alle procedure di stabilizzazione previste dal comma 94, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio previsti dalla legislazione vigente, possono continuare ad avvalersi del personale assunto con contratto 75 E’ in ogni caso escluso dalle procedure di stabilizzazione in questione il personale di diretta collaborazione degli organi politici, nonché il personale a contratto con mansioni di insegnamento e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca. 61 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE a tempo determinato sulla base delle procedure selettive previste dai commi 529 e 560 della legge finanziaria 2007 (che prevedevano, per i collaboratori coordinati e continuativi, una riserva del 60% dei posti programmati nell’ambito delle procedure selettive per assunzioni a tempo determinato effettuate dalle pubbliche amministrazioni). Si è anche previsto (articolo 3, comma 96) che, con l’apposito D.P.C.M. previsto dall’articolo 1, comma 418, della legge finanziaria 2007, da adottare inderogabilmente entro marzo 200876, si provvederà ad individuare i requisiti e le condizioni che permettono l’assimilazione dei lavoratori precari con tipologie contrattuali di lavoro flessibile diverse da quelle prese in considerazione dal precedente comma 94 ai collaboratori coordinati e continuativi di cui alla lettera b) del medesimo comma 94, ai fini dei piani per la stabilizzazione previsti dal medesimo comma. Infine (articolo 3, comma 97), allo scopo di consentire l’effettuazione delle stabilizzazioni previste dalle norme su illustrate, viene incrementato di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 il “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, istituito dal comma 417 della legge finanziaria 2007 (vedi supra). 76 Termine prorogato al 30 giugno 2008 dall’articolo 25-bis del D.L. 248/2007. 62 OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO FORME DI LAVORO FLESSIBILE FORME DI LAVORO FLESSIBILE Mentre nella XIV legislatura si era perseguito l’obiettivo, nel quadro più generale delle misure volte a liberalizzare il mercato del lavoro, dell'introduzione di ulteriori elementi di flessibilità nel mercato del lavoro, attraverso l’ampliamento della possibilità di ricorrere a forme contrattuali diverse dal contratto a tempo pieno ed indeterminato77, nel corso della XV legislatura si è registrato un indirizzo volto a porre dei correttivi alla disciplina dei rapporti di lavoro, con particolare riferimento alle forme di lavoro flessibile, al fine di abolire quelle forme nelle quali secondo il legislatore era insito un maggior grado di “precarizzazione” della condizione del lavoratore. In particolare, gli interventi legislativi si sono tradotti nell’abolizione del lavoro intermittente (o a chiamata) e della somministrazione a tempo indeterminato e in alcuni correttivi alla disciplina del lavoro part-time. Abolizione del lavoro intermittente La L. 247/200778, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007, ha abolito79 il c.d. lavoro intermittente (o a chiamata), attraverso l’abrogazione degli articoli da 33 a 40 del D.Lgs. 276/200380. Tale figura contrattuale, già diffusa nei mercati del lavoro anglosassoni (job on call), consiste in un contratto di lavoro, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro (per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente) che ne può utilizzare la prestazione lavorativa secondo determinate modalità e in determinate limiti. Erano previste due forme di lavoro intermittente, a seconda che il lavoratore fosse o meno vincolato a rispondere alla chiamata del datore di lavoro (vedi scheda Lavoro intermittente (o a chiamata), pag. 221). 77 Sia attraverso l’introduzione di nuovi tipi di contratto di lavoro flessibile (lavoro intermittente, lavoro ripartito, lavoro occasionale, contratto di inserimento), sia attraverso modifiche normative tese ad agevolare e promuovere il ricorso a forme contrattuali già previste, quali il lavoro temporaneo, il contratto part-time e l’apprendistato. 78 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 79 All’articolo 1, comma 45. 80 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”. 65 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Contestualmente all’abolizione dell’istituto del lavoro intermittente, la L. 247/2007 sopra richiamata ha introdotto81 una particolare disciplina relativa alle prestazioni di carattere discontinuo nel settore del turismo e dello spettacolo. Tale disciplina, al fine di contrastare il possibile ricorso a forme di lavoro irregolare o sommerso per sopperire ad esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni nei settori richiamati, prevede che i relativi contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale possano prevedere la facoltà di instaurare specifici rapporti di lavoro per lo svolgimento delle predette prestazioni durante il fine settimana, nelle festività, nei periodi di vacanza scolastiche e per ulteriori casi, comprese le fattispecie già individuate ai sensi dell’articolo 10, comma 3, del D.Lgs. 368/200182. I contratti collettivi in precedenza richiamati disciplinano vari aspetti di tali rapporti contrattuali e, in particolare: le condizioni, i requisiti e le modalità dell’effettuazione della prestazione connesse ad esigenze oggettive ed i suoi limiti massimi temporali; il trattamento economico e normativo spettante, non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore per le medesime mansioni, riproporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita; la corresponsione di una specifica indennità di disponibilità nel caso sia prevista una disponibilità del lavoratore a svolgere, in un arco temporale definito, la prestazione. La definizione delle modalità per lo svolgimento in forma semplificata degli adempimenti amministrativi concernenti l’instaurazione, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro in oggetto, viene rimessa ad un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori in precedenza richiamate. Lo stesso decreto individua altresì criteri e disposizioni specifiche riguardanti i profili previdenziali dell’eventuale indennità di disponibilità in precedenza richiamata. Infine, si prevede una verifica, da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, delle disposizioni della contrattazione collettiva in precedenza richiamate, decorsi due anni dall’emanazione delle stesse, con 81 Articolo 1, commi 47-50. 82 D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”. Il richiamato articolo 10 del D.Lgs. 368/2001 tratta delle fattispecie escluse dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001. In particolare il comma 3 ammette l'assunzione diretta di manodopera, nei settori del turismo e dei pubblici esercizi, per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni (cd. “lavoro extra e di surroga”), determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare l'avvenuta assunzione ai servizi per l'impiego entro 5 giorni. Viene precisato infine che tali rapporti sono appunto esclusi dal campo di applicazione del D.Lgs. 368/2001. 66 FORME DI LAVORO FLESSIBILE particolare riferimento agli effetti in termini di contrasto al lavoro sommerso e di promozione del lavoro regolare nei settori interessati. Abolizione della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato La L. 247/2007 ha disposto anche83 l’abolizione del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, introdotto dal D.Lgs 276/2003 (vedi scheda Somministrazione di lavoro, pag. 227). Il contratto di somministrazione di lavoro84 può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro. Il contratto di somministrazione in sostanza ha sostituito il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina è stata contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo. La normativa previgente alla L. 247/2007 prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato. Con la somministrazione a tempo indeterminato – strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti – era stato introdotto il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), attraverso il quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Il ricorso a tale figura contrattuale era ammesso per le attività tassativamente elencate all’articolo 20, comma 3, del D.Lgs. 276/2003, così come in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative. A seguito dell’abolizione della somministrazione a tempo indeterminato, resta utilizzabile solamente il contratto di somministrazione a tempo determinato, con la cui disciplina il D.Lgs. 276/2003 ha superato la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Difatti la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore, mentre si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato. 83 Articolo 1, comma 46. 84 Disciplinato dal Titolo III, Capo I, del D.Lgs 276/2003. 67 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Si evidenzia infine che è disposto il divieto di utilizzare il contratto di somministrazione nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero, nel caso salva diversa previsione della contrattazione collettiva - di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, nonché nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione di rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 626/199485. Modifiche in tema di part-time La L. 247/2007 ha inoltre provveduto a modificare alcuni profili della disciplina del lavoro a tempo parziale contenuta nel D.Lgs. 61/200086, e successive modificazioni (vedi scheda Lavoro a tempo parziale, pag. 231). In primo luogo, si sono introdotte modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, con riferimento alle “clausole flessibili” (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione di lavoro a tempo parziale) e alle “clausole elastiche” (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti)87, attribuendo alla contrattazione collettiva un ruolo “autorizzatorio”, nel senso che tali clausole possono essere previste e regolamentate solamente dalla contrattazione collettiva (e quindi non più autonomamente dalle parti del singolo contratto individuale di lavoro). Si dispone infatti che spetta alla contrattazione collettiva stabilire eventualmente “clausole flessibili” relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, nonché (nel part-time di tipo verticale o misto) “clausole elastiche” relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. Nel caso in cui i contratti collettivi addivenissero all’introduzione di tali clausole, peraltro, i medesimi contratti collettivi stabiliscono le condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa, di condizioni e modalità per la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nonché di limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa. Inoltre, si è allungata la durata del preavviso che il datore di lavoro deve dare al lavoratore qualora intenda utilizzare le “clausole flessibili” o le “clausole 85 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. 86 D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, “Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES”. 87 Disciplinate dai commi da 7 a 9 del medesimo articolo 3. 68 FORME DI LAVORO FLESSIBILE elastiche”, prevedendosi che tale preavviso deve essere di almeno cinque giorni lavorativi (mentre precedentemente era previsto un preavviso di almeno due giorni lavorativi). Con un’altra modifica si è provveduto a sostituire il testo dell’articolo 12-bis del D.Lgs 61/2000, recante disposizioni in materia di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche. Nella nuova formulazione dell’articolo 12-bis, è stata sostanzialmente confermata la norma di cui al precedente testo del medesimo articolo, che prevede il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (verticale od orizzontale), per quei lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una apposita commissione medica. L’unica modifica consiste nella precisazione che la norma è diretta sia ai lavoratori del settore pubblico sia a quelli del settore privato. Inoltre, al medesimo articolo 12-bis vengono aggiunte due ulteriori disposizioni, con le quali si prevede la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nelle seguenti fattispecie:. • nei casi di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nei casi di assistenza di persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della L. 104/199288; • nei casi di richiesta del lavoratore o della lavoratrice con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap, secondo quanto previsto all’art. 3 della L. 104/1992. Infine, nel D.Lgs. 61/2000 è stato introdotto l’articolo 12-ter con il quale si prevede il diritto di precedenza per il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time, nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro part-time. Si ricorda infine che la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha svolto nel corso della legislatura un’indagine conoscitiva sul lavoro precario (intendendosi come tale tutti i rapporti di lavoro mancanti della stabilità assicurata invece dal rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) nel mondo del lavoro, al fine di approfondire tale fenomeno sia nel settore privato sia in quello pubblico. Obiettivo dell’indagine è stato non solamente di quantificare l’entità del fenomeno al momento attuale, ma anche di cercare di coglierne l’andamento 88 L. 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. 69 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE negli ultimi cinque anni. Al fine di verificare l’idoneità del quadro normativo attuale, l’indagine intendeva valutare le caratteristiche e l’impatto sociale del fenomeno nel tempo, nonché effettuare una comparazione della situazione nazionale del lavoro precario rispetto a quella di altre realtà europee, con particolare riferimento alla Francia e alla Germania. Si consideri, tuttavia, che, pur avendo svolto tutta l’attività istruttoria prevista dal programma dell’indagine, la Commissione non è giunta all’approvazione del documento conclusivo dell’indagine. 70 LAVORO A TEMPO DETERMINATO LAVORO A TEMPO DETERMINATO Nel corso della XV Legislatura incisivi interventi sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato sono stati attuati dalla L. 247/200789, che ha modificato in vari punti la disciplina in materia recata dal D.Lgs. 368/200190. In particolare, si segnala che, aggiungendo il nuovo comma 01 all’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001, è stato reintrodotto espressamente nell’ordinamento il principio secondo cui il rapporto di lavoro subordinato di norma debba essere instaurato a tempo indeterminato91. In sostanza la disposizione ha reintrodotto il rapporto regola/eccezione tra contratto di lavoro a tempo indeterminato e contratto di lavoro a tempo determinato. Da ciò sembrano derivare significativi effetti sul piano interpretativo-sistematico per la disciplina in esame92. Con un'altra rilevante modifica93, novellando l’articolo 5 del D.Lgs. 368/200194, è stata introdotta una disciplina volta a limitare la possibilità di prevedere continui rinnovi dei contratti a tempo determinato con lo stesso 89 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 90 D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES”. Il D.Lgs. 368/2001 che, in attuazione della delega di cui alla L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria per il 2000), ha recepito la direttiva 1999/70/CE sul contratto di lavoro a tempo determinato, ha introdotto una disciplina del lavoro a termine che ha innovato in maniera rilevante la disciplina previgente, di cui si è prevista contestualmente l’abrogazione. 91 Articolo 1, comma 39, della L. 247/2007. 92 L’articolo 1 del D.Lgs. 368/2001 definisce sia le condizioni oggettive in presenza dei quali è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato sia i requisiti di forma da rispettare. Rispetto alla normativa precedente, vengono ampliati i casi in cui è consentita l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato, facendo venir meno la “tipizzazione” prevista dalla precedente disciplina (peraltro già “temperata” dall’attribuzione alla contrattazione collettiva della facoltà di individuare a sua volta ulteriori causali giustificative). Difatti la nuova disciplina introdotta dal provvedimento consente la stipulazione dei contratti a termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (comma 1). La norma si integra con l’individuazione espressa all’articolo 3 dei casi in cui è vietato il ricorso al contratto di lavoro a termine e con la previsione di cui all’articolo 10, commi 7 e 8, che attribuisce alla contrattazione collettiva il compito di stabilire i limiti quantitativi di utilizzazione di tale forma contrattuale, salvo nei casi espressamente indicati come esenti da limiti quantitativi. 93 Articolo 1, comma 39, della L. 247/2007. 94 In particolare, con l’introduzione dei commi da 4-bis a 4-sexies. 71 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE lavoratore, in modo da evitare un uso improprio dello strumento del lavoro a termine. Si consideri al riguardo che, ai sensi della normativa previgente, il datore di lavoro non incontrava limiti nella stipulazione di successivi contratti a termine con lo stesso lavoratore, purché stipulasse il successivo contratto dopo l’intervallo temporale (10 giorni o 20 giorni a seconda della durata del contratto precedente) previsto dall’articolo 5, comma 3, del D.Lgs. 368/2001. Invece la L. 247/2007, inserendo il nuovo comma 4-bis all’articolo 5 del D.Lgs. 368/2001, ha stabilito che, ferma restando la disciplina della successione di contratti contenuta nei commi precedenti del medesimo articolo 5, se per effetto della successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e il lavoratore superi complessivamente i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro viene considerato a tempo indeterminato, ai sensi del precedente comma 2, a decorrere dal superamento del predetto periodo (quindi non retroattivamente). Peraltro, in deroga a tale disciplina, si prevede la possibilità di stipula di un ulteriore contratto a termine fra gli stessi soggetti. Tale contratto può stipularsi per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Spetta alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con appositi avvisi comuni, stabilire la durata dell’ulteriore contratto. Nel caso in cui la su indicata procedura relativa alla stipula non sia rispettata, nonché in caso di superamento del termine stabilito nello stesso contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. Con il nuovo comma 4-ter si prevede tuttavia la non applicazione delle norme sopra illustrate per determinate categorie di attività, cioè per le attività stagionali definite dal D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 152595 e per le quelle che saranno eventualmente individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative96. 95 D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525, “Elenco che determina le attività a carattere stagionale di cui all'art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”. 96 La deroga relativa alle attività stagionali è connessa alle particolari modalità di svolgimento di tali attività, che per loro stessa natura si concentrano in determinati periodi dell’anno e quindi hanno necessità di avvalersi di una quantità notevolmente maggiore di personale proprio nei periodi in cui si verificano tali picchi produttivi. Invece, la previsione della possibilità per la 72 LAVORO A TEMPO DETERMINATO Inoltre, sempre novellando l’articolo 5 del D.Lgs. 368/2001, la L. 247/2007 ha introdotto una disciplina relativa alla precedenza nelle assunzioni che sostituisce la più restrittiva disciplina previgente, contenuta nei commi 9 e 10 dell’articolo 10 del D.Lgs. 368/2001 (che vengono conseguentemente abrogati)97. In particolare, con il nuovo comma 4-quater viene garantito al lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso lo stesso datore di lavoro, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a tempo determinato. In sostanza, il comma 4-quater introdotto dalla L. 247/2007, rispetto alla previgente disciplina, è volto ad estendere in maniera generalizzata, a prescindere da una specifica previsione della contrattazione collettiva e indipendentemente dalla natura dell’attività lavorativa e produttiva98, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato presso la stessa impresa, prevedendo ope legis la possibilità di fruire di tale diritto di precedenza (per le assunzioni effettuate entro i successivi 12 mesi) per tutti i lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato, con riferimento alle medesime mansioni a cui si riferisce l’assunzione, per un periodo superiore a sei mesi. Ai sensi del successivo nuovo comma 4-sexies, il lavoratore può avvalersi del diritto di precedenza in questione purché manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro a termine; il diritto di precedenza, peraltro, si estingue entro un anno dalla data di cessazione dello stesso rapporto di lavoro. Inoltre, con il nuovo comma 4-quinquies si prevede, in favore del lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali, il diritto di precedenza in relazione alle eventuali nuove assunzioni a termine poste in essere dallo stesso datore di lavoro per le stesse attività stagionali. Ai sensi del successivo nuovo comma 4-sexies, il lavoratore può avvalersi del diritto di contrattazione collettiva di individuare ulteriori attività che possono derogare alla disciplina in questione è volta a rendere più “elastica” tale disciplina, rimettendo alla valutazione delle parti sociali se anche per altri settori produttivi sia giustificata una esenzione dall’applicazione della medesima. 97 Il comma 9 dell’articolo 10 del D.Lgs. 368/2001 affidava alla contrattazione collettiva il compito di individuare un diritto di precedenza nell'assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica solamente in favore dei soggetti che avessero avuto un rapporto di lavoro a termine per prestazioni di natura stagionale o per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, mentre il comma 10 dello stesso articolo precisava che il diritto di precedenza si estingueva entro un anno dalla cessazione del rapporto e che il lavoratore doveva manifestare la volontà di avvalersene entro tre mesi dalla cessazione del rapporto. 98 Si consideri che la previgente disciplina rimetteva ai contratti collettivi l’individuazione di un diritto di precedenza nelle assunzioni, in favore esclusivamente dei soggetti che avessero avuto un rapporto di lavoro a termine per prestazioni di natura stagionale o per intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno. 73 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE precedenza in questione purché manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto a termine; il diritto di precedenza, peraltro, si estingue entro un anno dalla data di cessazione dello stesso rapporto di lavoro. Un altro intervento di modifica99 riguarda l’articolo 10 del D.Lgs. 368/2001, concernente le esclusioni dal campo di applicazione della disciplina recata dal medesimo decreto legislativo nonché le discipline specifiche. In particolare, si interviene sul comma 7 il quale, demandando alla contrattazione collettiva nazionale l’individuazione di limiti quantitativi di utilizzazione del contratto a tempo determinato, stabilisce l’esenzione da limitazioni quantitative per i contratti conclusi in determinati casi. A seguito della modifica in esame tali esenzioni riguardano i contratti conclusi nella fase di avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici, i contratti conclusi per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalità, ivi comprese le attività già previste nell'elenco allegato al DPR 1525/1963, i contratti conclusi per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi nonché i contratti conclusi con lavoratori di età superiore a 55 anni. Pertanto, rispetto alla norma previgente, in sostanza sono stati eliminati dai casi di esenzione da limitazioni quantitative i contratti conclusi per l'intensificazione dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno, nonchè i contratti a tempo determinato stipulati a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, o conclusi quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale. Inoltre, si dispone l’abrogazione della disposizione (articolo 10, comma 8, del D.Lgs. 368/2001) che prevedeva ulteriori esenzioni dalla disciplina dei limiti quantitativi per i contratti a termine non rientranti nelle categorie di cui al precedente comma 7, di durata non superiore a 7 mesi, compresa l'eventuale proroga, ovvero di durata non superiore alla maggiore durata stabilita dalla contrattazione collettiva con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. Infine, si prevede100 una disciplina transitoria valida durante la fase di prima applicazione delle norme introdotte dalla L. 247/2007, volta a permettere una graduale applicazione delle nuove disposizioni. 99 Articolo 1, comma 41, della L. 247/2007. 100 Articolo 1, comma 43, della L. 247/2007. 74 LAVORO A TEMPO DETERMINATO In particolare, si prevede una clausola di salvaguardia per i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della L. 247/2007, per cui rimane salvo fino alla sua scadenza il termine di durata previsto in tali contratti, anche in deroga alla nuova disciplina del limite massimo di durata del complesso dei rapporti a termine con uno stesso datore di lavoro (complessivi 36 mesi) prevista al comma 4-bis dell’articolo 5 del D.Lgs. 368/2001. Inoltre, si dispone che il periodo di lavoro già effettuato alla data di entrata in vigore della L. 247/2007 si computi, insieme ai periodi successivi di lavoro, ai fini della determinazione del periodo massimo di cui allo stesso comma 4-bis, solamente decorsi 15 mesi dalla medesima data di entrata in vigore della L 247/2007. Infine, si segnala che la XI Commissione (Lavoro) della Camera nel corso della XV Legislatura ha esaminato la proposta di legge A.C. 1807, la quale, partendo dal presupposto che il D.Lgs. 368/2001 recante disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato si presta ad un “abuso” dell’utilizzo del rapporto di lavoro a termine, era volto a ripristinare espressamente il principio (già previsto dalla normativa abrogata dal D.Lgs. 368/2001) per cui il rapporto di lavoro deve essere “di norma” stipulato a tempo indeterminato, limitando la possibilità di apporre un termine al contratto di lavoro solamente ai casi di comprovate esigenze aziendali di natura temporanea e circostanziata. Conseguentemente si prevedeva espressamente che l’onere di provare l’esistenza delle ragioni che giustificano l’apposizione del termine spetta al datore di lavoro e che l’insussistenza delle ragioni addotte per giustificare l’apposizione del termine determina solamente l’inefficacia della relativa clausola ma non si ripercuote sulla validità dell’intero contratto di lavoro, che quindi si intende stipulato a tempo indeterminato. Si consideri tuttavia che l’esame di tale proposta di legge non è stato concluso dalla Commissione. 75 DELEGA IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO DELEGA IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO Nel corso della XV legislatura sono state attribuite, con la L. 247/2007101 (articolo 1, commi 30-33), apposite deleghe legislative, da esercitare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della medesima legge, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli Statuti delle regioni a Statuto speciale, garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in considerazione delle differenze di genere e delle condizioni degli immigrati, finalizzate al riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato. Per quanto riguarda la delega relativa al riordino della disciplina in materia di servizi per l’impiego, vengono stabiliti i seguenti principi e criteri direttivi: potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una maggiore rapidità e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro; valorizzazione delle sinergie tra collocamento pubblico e collocamento privato, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, individuando a tal fine i criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti operanti sul mercato del lavoro nonché i livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego; programmazione delle misure relative all’incentivazione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le aziende, valorizzando il momento formativo; promozione del patto di servizio come strumento adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro; revisione e semplificazione delle procedure amministrative. Si ricorda che già il D.Lgs. 276/2003102, in attuazione della legge delega n. 30/2003103, era intervenuto sulla normativa del mercato del lavoro e dei contratti di lavoro, al fine di accrescere le possibilità di occupazione soprattutto dei soggetti a rischio di esclusione sociale. Per raggiungere tale obiettivo, sono stati riformati strumenti già esistenti o ne sono stati introdotti di nuovi. In primo luogo, 101 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 102 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”. Il D.Lgs 276/2003, entrato in vigore il 24 ottobre 2003, è stato successivamente modificato dal D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251, “Disposizioni correttive del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro”. 103 L. 14 febbraio 2003, n. 30, “Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro”. 77 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE tale riforma ha delineato la nuova organizzazione del mercato del lavoro e la relativa disciplina legale, per realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti volti a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro ed a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di prima occupazione, con particolare riguardo alle fasce più deboli. In quest’ottica, sono da inquadrare sia il nuovo regime autorizzatorio e di accreditamento regionale, sia la “Borsa continua del lavoro”, che, insieme con gli strumenti di agevolazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro introdotti dal D.Lgs. 297/2002104 con particolare riferimento ai servizi pubblici per l’impiego, hanno riformato parzialmente l’organizzazione del collocamento (pubblico e privato), pur mantenendo salve le funzioni amministrative delle province previste dal D.Lgs. 469/1997105 e confermate nella L. 30/2003106. In sostanza, con tali decreti si è portato a compimento il processo iniziato nel 1997. In quel momento, si era inteso porre rimedio alla perdita di efficacia del sistema pubblico di collocamento con il decentramento delle funzioni pubbliche in materia di collocamento e di politiche attive del lavoro alle Regioni e agli enti locali, anche per ricondurle unitariamente in capo al soggetto pubblico più idoneo a rispondere alle effettive esigenze dei mercati locali del lavoro. Pertanto si era data attuazione al principio di sussidiarietà verticale: la Regione è stata individuata quale ente delegatario delle competenze in materia di collocamento e politiche attive del lavoro ad esse è stata attribuita la funzione di regolamentare la materia e programmare e coordinare gli interventi; la gestione del collocamento pubblico viene affidato alle province, a cui potrà essere affidata anche la concreta gestione delle politiche attive del lavoro; allo Stato rimangono principalmente compiti di coordinamento normativo e informativo del sistema. Il legislatore ha dovuto attenersi alla nuova ripartizione di competenze legislative disposta dal nuovo articolo 117 della Costituzione, che ha previsto per la materia “tutela e sicurezza del lavoro” (in cui possono farsi rientrare il collocamento pubblico, le politiche attive del lavoro e più in generale la regolazione del mercato del lavoro) una competenza concorrente tra Stato e Regioni. Alla luce di tale quadro costituzionale, con i su menzionati decreti legislativi sono state attuate riforme che, come sopra già detto, potranno contribuire a raggiungere un maggiore livello di trasparenza ed efficienza del mercato del lavoro, anche tramite: 104 D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, “Disposizioni modificative e correttive del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per agevolare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a) della L. 17 maggio 1999, n. 144”. 105 D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, “Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59”. 106 In tal senso, l’articolo 1, comma 1, lettera e) della L. 30/2003. 78 DELEGA IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO una configurazione sempre più come servizio orientato al mercato del collocamento pubblico (ferma restando la valenza pubblicistica dell’attività svolta, con particolare riferimento all’inserimento dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori disabili); la realizzazione di una politica di e-government, tramite l’implementazione di una rete informatica di collegamento tra tutti gli operatori del mercato (Borsa continua del lavoro); la liberalizzazione dell’attività di intermediazione, allargando la platea dei soggetti legittimati all’attività di intermediazione e eliminando il requisito dell’oggetto sociale esclusivo per le società di lavoro temporaneo. Con riferimento alla delega relativa agli incentivi all’occupazione, vengono invece stabiliti i seguenti principi e criteri direttivi: incremento dei livelli di occupazione stabile; miglioramento del tasso di occupazione stabile delle donne, dei giovani e dei soggetti ultracinquantenni con riferimento, nell’ambito della Strategia di Lisbona, ai benchmarks europei in materia di occupazione, formazione ed istruzione, così come stabiliti nei documenti della Commissione europea e del Consiglio europeo; ridefinizione della disciplina del contratto di inserimento, effettuata nel rispetto dei divieti comunitari di discriminazione diretta ed indiretta, in particolare dei divieti di discriminazione per ragione di sesso e di età, per espressa individuazione, nell’ambito delle donne, dei giovani e dei soggetti ultracinquantenni, degli appartenenti a gruppi caratterizzati da maggiore rischio di esclusione sociale; previsione di aumenti contributivi per i contratti di lavoro part-time con orario inferiore alle 12 ore settimanali al fine di incentivare la diffusione di contratti di lavoro con orario giornaliero più elevato; previsione di incentivi per la stipula di contratti part-time con orario giornaliero elevato ed agevolazioni per le trasformazioni, anche temporanee e reversibili, di rapporti a tempo pieno in rapporti part-time avvenute su domanda di lavoratrici o lavoratori per adempiere a comprovati compiti di cura familiare; previsione di appositi interventi per favorire l’inserimento lavorativo dei lavoratori socialmente utili. Infine, per quanto riguarda la delega per il riordino della normativa in materia di apprendistato (vedi scheda Quadro normativo sull’apprendistato, pag. 239), da esercitare previa intesa con le regioni e le parti sociali, vengono invece stabiliti i seguenti principi e criteri direttivi: rafforzamento del ruolo dei contratti collettivi, nel quadro del perfezionamento della disciplina legale della materia; individuazione di standard nazionali di qualità della formazione, anche con la finalità di agevolare la mobilità territoriale degli apprendisti mediante l’individuazione di requisiti minimi per l’erogazione della formazione formale; individuazione, con riferimento all’apprendistato professionalizzante, di meccanismi capaci di garantire la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’ uniforme e immediata attuazione della relativa disciplina sull’intero 79 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE territorio nazionale; adozione di strumenti diretti a garantire il corretto utilizzo dei contratti di apprendistato. 80 LA FORMAZIONE PROFESSIONALE LA FORMAZIONE PROFESSIONALE Nel corso della XV Legislatura gli interventi in tema di formazione dei lavoratori si sono concentrati nelle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 e nella L. 247/2007 di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007. In materia, si fa presente che l’articolo 117 della Costituzione attribuisce la materia “formazione professionale” alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni. Tuttavia la Corte costituzionale107 ha chiarito che la competenza legislativa esclusiva delle Regioni in materia di formazione professionale riguarda esclusivamente la formazione professionale pubblica. Invece la formazione professionale che i datori di lavoro somministrano in azienda (formazione aziendale), rientrando nel sinallagma contrattuale, attiene alla materia di competenza esclusiva dello Stato “ordinamento civile”. In alcuni casi, come nella regolamentazione dell’apprendistato, la formazione aziendale e quella pubblica non si presentano nettamente separate tra di loro e da altri aspetti dell’apprendistato (come il diritto-dovere relativo all’istruzione). Tali tipologie di interferenze vanno risolte, a seconda dei casi, tramite una corretta applicazione del principio di leale collaborazione o, eventualmente, sulla base del principio della prevalenza. In materia di formazione professionale vanno menzionate, anzitutto, le norme contenute nella L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007). Con l’articolo 1, comma 875, viene istituito, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, il Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore (IFTS), al fine di assicurare un utilizzo più efficace delle risorse finanziarie destinate agli interventi di riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore. A tale fondo affluiscono le risorse stanziate annualmente sul Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi di cui alla L. 440/1997108, nonché le risorse assegnate dal CIPE, riguardo le aree sottoutilizzate, per progetti finalizzati alla realizzazione dell’istruzione e formazione tecnica superiore, al fine di migliorare l’occupabilità dei giovani che hanno terminato il secondo ciclo di istruzione e formazione. 107 Cfr. sentenza n. 50 del 28 gennaio 2005. 108 Legge 18 dicembre 1997, n. 440, “Istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi”. 81 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Il successivo comma 1188109 ha previsto un ulteriore finanziamento, pari a 100 milioni di euro per il 2007, da destinare con decreto110 a favore delle attività di formazione nell’esercizio dell’apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età, con riferimento all’attuazione dell'obbligo formativo111. Analoga norma è stata adottata anche per il 2008 con l’articolo 2, comma 518 della L. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) che ha destinato alla medesima finalità 80 milioni di euro. Per quanto riguarda gli interventi in materia di formazione professionale disposti dalla L. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) si segnala in primo luogo la previsione, in favore dei soggetti in cerca di prima occupazione, per l’anno 2008, nel limite complessivo di 20 milioni di euro, del riconoscimento di un bonus da spendere per la propria formazione professionale in connessione con le esigenze del mercato del lavoro o anche per la stessa finalità presso l’impresa che procede all’assunzione con contratto a tempo indeterminato (articolo 2, comma 509). L’attuazione di questa norma viene affidata a un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, sentita la Conferenza unificata, con onere a carico del Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della L. 845/1978112 (articolo 2, comma 510). Inoltre, si dispone la destinazione di una spesa di 13 milioni di euro per il 2008, nell’ambito delle risorse preordinate allo scopo nel Fondo di rotazione su menzionato, per le finalità di cui alla L. 40/1987113, che prevede la concessione 109 Tale disposizione modifica l’articolo 118, comma 16, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”. Alla ripartizione delle risorse per il finanziamento delle attività di formazione si è provveduto, da ultimo, con D. Dirett. 7 maggio 2007. 110 Nell’ambito delle risorse di cui all’articolo 68, comma 4, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144, “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”. Si tratta delle risorse stanziate per l’attuazione dell’obbligo di frequenza di attività formative. 111 Si ricorda che disposizioni sostanzialmente analoghe erano state previste: per il 1999, dal comma 5 del citato articolo 68 della L. 144/1999; per il 2001 dal citato articolo 118, comma 16, della L. 388/2000; per il 2003, per il 2004, per il 2005 e per il 2006 - tramite novella del medesimo articolo 118, comma 16 della L. 388/2000 – rispettivamente dall'articolo 47, comma 2, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, dall'articolo 3, comma 137, terzo periodo, della L. 24 dicembre 2003, n. 350, dall’articolo 1, comma 156, della L. 311 del 2004, e dall’articolo 39sexies del decreto legge n. 273/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51. 112 Legge 21 dicembre 1978, n. 845, “Legge-quadro in materia di formazione professionale”. Tale fondo è istituito, presso il Ministero del lavoro, per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati in materia di formazione professionale. 113 L. 14 febbraio 1987, n. 40, “Norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative”. 82 LA FORMAZIONE PROFESSIONALE di contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti privati gestori di attività formative, non coperte da contributo regionale (articolo 2, comma 511)114. Infine, si affida ad un decreto del Ministro del lavoro115 la determinazione di modalità, termini e condizioni per il concorso al finanziamento dei progetti di ristrutturazione elaborati dagli enti privati gestori di attività formative di cui alla su menzionata L. 40/1987, entro il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per il 2008, utilizzando le risorse preordinate allo scopo nel Fondo di rotazione di cui all’articolo 25 della L. 845/1978 (articolo 2, comma 512). Infine, si segnalano i seguenti interventi operati dalla L. 247/2007 di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007. Anzitutto, all’articolo 1, commi 30 e 33, si prevede un’apposita delega finalizzata al riordino della normativa in materia di apprendistato (vedi capitolo Delega in materia di mercato del lavoro, pag. 77 e scheda Quadro normativo sull’apprendistato, pag. 239). Inoltre, si autorizza una spesa di 10 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009 per il finanziamento delle attività di formazione professionale di cui all'articolo 12 del D.L. 791/1981116, con onere a carico del Fondo per l'occupazione (comma 34). Al fine di rendere più efficaci le misure per l’inserimento o il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità viene poi riformulato l’articolo 12 della L. 68/1999117, disponendo un ampliamento della tipologia dei soggetti presso i quali, sulla base di apposite convenzioni, avviene l’inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative delle persone con disabilità (vedi capitolo L’occupazione delle “fasce deboli”, pag. 95). Infine, in tema di formazione continua118 vanno segnalati i commi 62-64 che stabiliscono la riduzione di 0,3 punti percentuali, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dell’aliquota contributiva per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria dovuta dai datori di lavoro agricoli119, che passa in 114 Si fa presente che con D.M. 21 dicembre 2007 sono stati individuati “Criteri e modalità per la determinazione del contributo a favore degli enti, ex legge n. 40/1987, per l'anno 2008”. 115 Da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008, vale a dire entro il 29 aprile 2008. 116 D.L. 22 dicembre 1981, n. 791, “Disposizioni in materia previdenziale”, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 54. 117 L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. 118 La formazione continua è volta prevalentemente all’aggiornamento e alla qualificazione professionale dei lavoratori occupati. 119 Prevista dall’articolo 11, ultimo comma, del D.L. 29 luglio 1981 n. 402, “Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni”, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 settembre 1981, n. 537. 83 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE tal modo dal 2,75% al 2,45%. Peraltro, l’importo risultante dalla riduzione della medesima aliquota (0,3%) continua ad essere a carico dei datori di lavoro ed è utilizzato per il finanziamento delle iniziative di formazione continua rivolte ai lavoratori subordinati del settore agricolo. Si dispone quindi che i datori di lavoro che aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua (vedi scheda Fondi paritetici per formazione continua, pag. 245), istituiti ai sensi dell’articolo 118, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), devono effettuare l’intero versamento dei contributi in questione, pari al 2,75% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, all’INPS, che, una volta dedotti i costi amministrativi, provvede ogni due mesi al trasferimento dell’importo relativo allo 0,3% al Fondo paritetico indicato dal datore di lavoro. Anche i datori di lavoro che non aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua sono obbligati comunque a versare all’INPS l’intero contributo del 2,75%; nel caso in questione, la suddetta quota dello 0,3% per il finanziamento delle iniziative di formazione continua segue la medesima destinazione dell’addizionale contributiva prevista dall’articolo 25, quarto comma, della L. 845 del 1978120 per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (anche essa pari allo 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo). 120 L. 21 dicembre 1978, n. 845, “Legge-quadro in materia di formazione professionale”. 84 MISURE PER PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE MISURE PER PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE Il costo del lavoro costituisce uno degli elementi fondamentali nel determinare i livelli occupazionali di un'economia, influenzando l'allocazione delle risorse tra i fattori della produzione, all'interno di un paese, e le sue condizioni di competitività sullo scenario internazionale. Pur nell'incertezza dei dati comparativi, si ritiene che la situazione dell'Italia in ambito europeo si caratterizzi per un'elevata incidenza della tassazione sul lavoro e degli oneri sociali, in presenza di un differenziale negativo dei livelli retributivi lordi e netti rispetto agli altri paesi dell'Unione. A fronte di questa situazione, nel corso della legislatura, è emersa l'esigenza di agire, nell'ambito delle politiche per l'occupazione, verso una progressiva riduzione della pressione fiscale sul lavoro e dei costi non salariali dello stesso. Tale linea politica, come quella più generale di riduzione del carico fiscale complessivo, si è dovuta peraltro confrontare con l'obiettivo prioritario dell'equilibrio finanziario pubblico e, in particolare, dei sistemi di previdenza sociale. La riduzione della pressione fiscale e contributiva sul lavoro è quindi stata diretta prevalentemente a promuovere ed incentivare la creazione di nuovi posti di lavoro o a migliorare la qualità e la stabilità del lavoro. Di tali misure ci occupiamo nel presente capitolo. In altri casi, la riduzione degli oneri fiscali e contributivi sul lavoro è stata diretta a favorire la competitività delle imprese, tramite la riduzione del costo del lavoro, o ad aumentare il trattamento economico percepito dai lavoratori e in particolare la loro retribuzione netta (vedi capitolo Misure per la competitività e l’equità, pag. 91). Tra le misure di maggiore rilevanza per favorire la crescita e la stabilità dell’occupazione (oltre che la competitività delle imprese), occorre segnalare innanzitutto le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 266-270 della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), volte alla riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale e contributivo”121. Tale riduzione viene realizzata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), tramite l’introduzione di ulteriori deduzioni dalla base imponibile nel caso di impiego di lavoratori a tempo indeterminato prevedendo particolari agevolazioni nel caso di lavoratori impiegati 121 Il “cuneo fiscale e contributivo” è la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dall'impresa e la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore: in pratica è la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal lavoratore, essendo il restante importo versato al fisco e agli enti di previdenza. 85 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici (vedi scheda L’IRAP, nel dossier relativo alla Commissione Finanze). Tale intervento, applicandosi esclusivamente al costo del lavoro subordinato a tempo indeterminato, è volto in particolare ad incentivare l’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato e quindi a ridurre la percentuale dei lavoratori precari. Più in generale, con le misure della legge finanziaria 2007 volte alla riduzione del “cuneo fiscale e contributivo”, si è ridotto il carico fiscale e contributivo di circa 5 punti percentuali rispetto alla retribuzione lorda, di cui: 3 punti (cioè il 60% della riduzione complessiva) a favore delle imprese, attraverso, come accennato in precedenza, la deduzione di parte del costo del lavoro dipendente a tempo indeterminato dalla base imponibile IRAP, cioè, in particolare, mediante la deduzione di tutti gli oneri sociali riferibili ai lavoratori a tempo indeterminato122, nonché un’ulteriore deduzione pari a 5.000 euro per ogni lavoratore a tempo indeterminato (nelle regioni del Mezzogiorno tale ulteriore deduzione è pari a 10.000 euro); 2 punti (cioè il 40% della riduzione complessiva) a favore dei lavoratori, attraverso interventi mirati alla riduzione dell’IRPEF e all’aumento degli assegni familiari dei lavoratori dipendenti. Tali interventi, aumentando il reddito disponibile soprattutto per i lavoratori con carichi di famiglia, possono contribuire alle politiche di redistribuzione del reddito e di inclusione sociale. Si ricorda che la rideterminazione degli importi degli assegni per il nucleo familiare e dei relativi limiti di reddito, volta ad aumentare gli importi dei medesimi assegni, è stata disposta dall’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria per il 2007123. Nel corso della legislatura sono state adottate, inoltre, misure di incentivazione economica direttamente collegate alle assunzioni effettuate dalle imprese, volte ad aumentarne la convenienza economica, riducendo, tramite la leva contributiva e fiscale, il costo del lavoro almeno nella fase iniziale del rapporto. Più in generale altri interventi hanno previsto agevolazioni fiscali o contributive per un limitato periodo, al fine di ridurre il costo del lavoro per imprese di settori in difficoltà. 122 Sono altresì deducibili le spese relative agli apprendisti, ai disabili, al personale assunto con contratti di formazione-lavoro, al personale addetto alla ricerca e sviluppo. 123 In seguito l’articolo 1, comma 200, della legge finanziaria per il 2008 (L 244/2007), ha disposto una rideterminazione degli importi degli assegni per il nucleo familiare e dei relativi limiti di reddito, volta all’incremento dei medesimi assegni, con particolare riferimento ai nuclei familiari con almeno un componente inabile al lavoro ed ai nuclei familiari "orfanili" (in cui, cioè, siano deceduti entrambi i genitori). 86 MISURE PER PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE Tali tipologie di interventi si sostanziano in agevolazioni contributive o fiscali "mirate", che si propongono di promuovere l'occupazione (o comunque di ridurre il costo del lavoro) soprattutto: a) in aree territoriali svantaggiate (in primis, il Mezzogiorno); b) presso imprese appartenenti a specifici settori produttivi. Per quanto riguarda gli interventi di cui alla lettera a), si consideri che la L. 244/2007 (legge finanziaria 2008)124, attribuisce un credito d’imposta triennale in favore dei datori di lavoro che, nel 2008, assumano lavoratori, nelle aree delle regioni del Mezzogiorno ammissibili alle deroghe previste per gli aiuti di stato a finalità regionale, con contratto a tempo indeterminato, ad incremento dell'organico. In particolare, si istituisce un Fondo ai fini dell'attuazione del credito di imposta in esame, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascun degli anni 2008, 2009 e 2010, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate. Il nuovo istituto è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea (vedi scheda Il credito d’imposta per l’occupazione, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio). Per quanto riguarda gli interventi di cui alla lettera b), si ricorda in primo luogo che la L. 296/2006 (legge finanziaria 2007)125 e la L. 244/2007 (legge finanziaria 2008)126 hanno prorogato rispettivamente per gli anni 2007 e 2008 le agevolazioni fiscali e previdenziali previste dall’articolo 11 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), in favore delle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché delle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari127. Inoltre, la legge finanziaria 2008128 ha prorogato per il 2008 l’esonero, nel limite del 50%, dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a favore delle imprese armatoriali per le navi che esercitano, anche in via non esclusiva, per l'intero anno, attività di cabotaggio, ad esclusione delle navi di proprietà dello Stato o di imprese che hanno in vigore con esso convenzioni o 124 Articolo 1, commi 539-548. 125 Art. 1, comma 391. 126 Art. 1, comma 172. 127 Tali agevolazioni, inizialmente previste per il triennio 2001-2003, erano già state prorogate: per l’anno 2004, dall’articolo 2, comma 5, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004); per l'anno 2005 dall'articolo 1, comma 510, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005); da ultimo, per l’anno 2006, dall’articolo 1, comma 119 della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006). 128 Articolo 2, comma 221. 87 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE contratti di servizio, previsto, per gli anni 2006 e 2007, dall’articolo 34-sexies del D.L. 4/2006129. Appositi interventi agevolativi per la promozione dell’occupazione sono stati previsti per il settore dell’agricoltura. Al riguardo si segnala che la L. 247/2007130, ai commi 58-59 dell’articolo 1, concede, in via sperimentale, per il 2008, incentivi per nuove assunzioni in agricoltura, attraverso l’attribuzione ai datori di lavoro agricoli di un credito d’imposta complessivo per ciascuna giornata di lavoro ulteriore rispetto a quelle dichiarate nell’anno precedente131. Per quanto riguarda ulteriori interventi per promuovere l’occupazione, si segnala, che la L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) prevede, all’articolo 1, commi 1160-1161, un accordo di solidarietà tra generazioni, al fine di promuovere la creazione di nuovi posti di lavoro e al contempo ridurre le uscite dal sistema produttivo dei lavoratori ultracinquantacinquenni. Tale accordo prevede, su base volontaria, la trasformazione a tempo parziale dei contratti di lavoro dei dipendenti che abbiano compiuto i 55 anni di età e la correlativa assunzione con contratto di lavoro a tempo parziale, per un orario pari a quello ridotto, di giovani inoccupati o disoccupati di età inferiore ai 25 anni, oppure ai 29 anni se in possesso di diploma di laurea. Sempre la legge finanziaria per il 2007, all’articolo 1, commi 1157 e 1158, ha previsto, in via sperimentale per l’anno 2007 ed in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, al fine di evitare il ricorso a licenziamenti collettivi da parte delle imprese interessate da processi di cessione nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria, l’attribuzione degli sgravi contributivi e degli altri benefici previsti dall’articolo 8, commi 4 e 4-bis, e dall’articolo 25, comma 9, della L 223 del 1991 (relativi all’assunzione di lavoratori in mobilità) ai datori di lavoro cessionari delle predette imprese in riferimento all’assunzione di lavoratori in esubero dipendenti dalle medesime imprese beneficiari di trattamenti di integrazione salariale. I benefici sono concessi nel limite massimo complessivo di spesa di 10 milioni di euro. Si prevede inoltre la possibilità di prosecuzione degli 129 D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, “Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 marzo 2006, n. 80. 130 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 131 Il credito d’imposta è pari a 1 euro nelle zone di cui all’obiettivo “convergenza” (4 regioni del sud, precisamente Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) ed a 0,30 euro nelle zone di cui all’obiettivo “competitività regionale e occupazionale” (circoscrizioni comunali individuate dalla Carta europea degli aiuti a finalità regionale), come individuate dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006. Viene previsto inoltre che il Governo, all’esito della sperimentazione, sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie interessate, proceda alla verifica delle disposizioni del comma 58 anche al fine di valutarne l’eventuale estensione, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica, alla restante parte del territorio nazionale. 88 MISURE PER PROMUOVERE L’OCCUPAZIONE interventi alla fine del periodo di sperimentazione, compatibilmente con la disponibilità delle predette risorse e attesi gli esiti della sperimentazione stessa. Può farsi rientrare tra gli interventi per promuovere l’occupazione anche una ulteriore misura prevista dalla legge finanziaria per il 2007, specificamente diretta, tramite appositi incentivi, a favorire l’utilizzazione di forme di lavoro più stabili e perciò meno “precarizzanti”. In particolare, l’articolo 1, commi da 1202 a 1210, della legge finanziaria per il 2007 ha previsto una apposita disciplina volta a promuovere la trasformazione di rapporti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co), anche a progetto, in rapporti di lavoro subordinato. A tal fine si dispone che i datori di lavoro che intendono procedere alla suddetta trasformazione dei rapporti di lavoro sono tenuti – anche per garantire un utilizzo corretto dei rapporti di co.co.co – a stipulare entro il 30 settembre 2008132 appositi accordi aziendali o territoriali, se nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali o unitari, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Gli accordi sottoscritti promuovono la trasformazione dei rapporti di co.co.co. in rapporti di lavoro subordinato. I rapporti di lavoro subordinato instaurati a seguito della trasformazione del rapporto di lavoro dei co.co.co. devono avere una durata non inferiore a 24 mesi. Si prevede che i lavoratori, a seguito dell’accordo, sottoscrivono appositi atti di conciliazione individuale ai sensi degli articoli 410 e 411 c.c. e che i contratti di lavoro subordinato stipulati a tempo indeterminato godono dei benefici previsti dalla legislazione vigente. Le parti possono stabilire, anche mediante accordi interconfederali, misure volte a prevedere condizioni più favorevoli per i lavoratori che continuano ad essere utilizzati con rapporti di co.co.co. La validità degli atti di conciliazione è subordinata all’adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro del versamento alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, a titolo di contributo straordinario finalizzato al miglioramento del trattamento previdenziale, di una somma pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi pregressi di svolgimento del rapporto di co.co.co., per ciascun lavoratore interessato alla trasformazione del medesimo rapporto. Si ricorda inoltre che la legge finanziaria per il 2007 e la L. 247/2007 (di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007) hanno previsto un graduale ma significativo innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 (vedi capitolo Incremento delle aliquote contributive, pag. 29). Tale misura, oltre ad andare nella direzione di garantire pensioni più dignitose ai lavoratori in questione, è volta ad evitare un abuso dei 132 Il termine originario del 30 aprile 2007 è stato successivamente differito al 30 settembre 2008 dall’articolo 7, comma 2-bis, del D.L. 248/2007. 89 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE rapporti di collaborazione a progetto riducendone il differenziale di costo rispetto ai rapporti di lavoro subordinato. 90 MISURE PER LA COMPETITIVITÀ E L’EQUITÀ MISURE PER LA COMPETITIVITÀ E L’EQUITÀ Nel corso della XV Legislatura sono state adottate apposite misure volte a ridurre gli oneri fiscali e contributivi sul lavoro, finalizzate ad aumentare la competitività delle imprese o ad aumentare il trattamento economico percepito dai lavoratori. Tali misure sono state previste prevalentemente nell’ambito della L. 247/2007133. In primo luogo (commi da 67 a 69 dell’articolo 1), contestualmente all’abrogazione della normativa che stabiliva l’esclusione, ai fini contributivi, sia dalla retribuzione imponibile sia dalla retribuzione pensionabile, dei compensi erogati sulla base di previsioni della contrattazione collettiva di secondo livello a titolo di premio di produttività, si è provveduto ad istituire, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, un Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, con una dotazione finanziaria pari a 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. Si prevede pertanto, in via sperimentale, sempre con riferimento al triennio 2008-2010, nel limite delle risorse del medesimo Fondo, la concessione di uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della L. 153/1969134, costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, caratterizzate da: incertezza della corresponsione o dell'ammontare; correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati. Il predetto sgravio, fruibile dietro apposita domanda da parte delle imprese, è concesso sulla base dei seguenti criteri: importo annuo complessivo delle erogazioni in oggetto ammesse allo sgravio entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita; determinazione dello sgravio, con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla precedente lettera a), nella misura di 25 punti percentuali; 133 “Legge 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 134 L. 30 aprile 1969, n. 153, “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”. 91 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE determinazione dello sgravio, sempre con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla predente lettera a), in misura pari ai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a). Le modalità di attuazione della norma sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa. Viene istituito quindi un Osservatorio, presso il Ministero del lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione della norma in esame con gli obiettivi definiti nel “Protocollo sul welfare”, nonché delle caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. L’eventuale conferma dello sgravio contributivo per gli anni successivi al 2010 è subordinata alla predetta verifica ed effettuata, comunque, compatibilmente con gli andamenti programmati di finanza pubblica. A tal fine è stabilito uno specifico incremento del Fondo per l’occupazione, pari a 650 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011. Contestualmente all’introduzione della disciplina in esame per lo sgravio contributivo sulle retribuzioni di secondo livello, si dispone l’abrogazione, dal 1° gennaio 2008: dell’articolo 2 del D.L. 67/1997135, concernente il regime contributivo delle erogazioni previste dai contratti di secondo livello a titolo di premio di produttività (comma 1, primo periodo); dell’articolo 27, comma 4, lettera e), del D.P.R. 797/1955136, relativo anch’esso al regime contributivo delle erogazioni previste dai contratti di secondo livello a titolo di premio di produttività (comma 3). Si consideri che le richiamate disposizioni di cui all’art. 2 del D.L. 67/1997 e all’art. 27, comma 4, lettera e), del D.P.R. 797/1955 prevedevano l’esclusione (entro determinati limiti), ai fini contributivi, sia dalla retribuzione imponibile sia dalla retribuzione pensionabile, dei compensi erogati sulla base di previsioni della contrattazione collettiva di secondo livello come premio di produttività. Invece, con l’abrogazione di tali disposizioni, i compensi erogati a titolo di premio di produttività saranno interamente imponibili ai fini previdenziali e quindi concorreranno anche al calcolo delle prestazioni pensionistiche. 135 D.L. 25 marzo 1997, n. 67, “Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997, n. 135. 136 D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, “Approvazione del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari”. 92 MISURE PER LA COMPETITIVITÀ E L’EQUITÀ Sempre la L. 247/2007 (comma 70 dell’articolo 1), a completamento dell’intervento normativo a favore della retribuzione corrisposta a titolo di premio di produttività, prevede, per l’anno 2008, l’introduzione di opportune misure di detassazione per ridurre l’imposizione fiscale su tale retribuzione. In particolare, si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, l’emanazione di disposizioni finalizzate a realizzare, per l’anno 2008, la deducibilità ai fini fiscali, ovvero l’introduzione di opportune misure di detassazione, per ridurre l’imposizione fiscale sulla quota di retribuzione erogata in base ai contratti collettivi di secondo livello a titolo di premio di produttività, entro il limite complessivo di 150 milioni di euro per il medesimo anno. Infine, la L. 247/2007 (comma 71 dell’articolo 1), per realizzare una riduzione del costo del lavoro e favorire la competitività del sistema produttivo, prevede che, a far data dal 1° gennaio 2008, sia soppresso il contributo di cui all’articolo 2, comma 19, della L. 549 del 1995137, a carico delle imprese nel caso di utilizzazione di lavoro straordinario. Si rammenta che la L. 549/1995, al comma 19 dell’articolo 2, prevedeva che l'esecuzione di lavoro straordinario comportava, a carico delle imprese con più di 15 dipendenti, il versamento, a favore del Fondo prestazioni temporanee dell’INPS, di un contributo pari al 5% della retribuzione relativa alle ore di lavoro straordinario compiute. Per le imprese industriali tale misura era elevata al 10% per le ore eccedenti le 44 ore e al 15%, indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati, per quelle eccedenti le 48 ore. 137 L. 28 dicembre 1995, n. 549, “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”. 93 L’OCCUPAZIONE DELLE “FASCE DEBOLI” L’OCCUPAZIONE DELLE “FASCE DEBOLI” Nel presente capitolo ci si soffermerà sulle misure adottate nel corso della XV Legislatura per favorire l’occupazione delle “fasce deboli” del mercato del lavoro (disabili, donne, giovani). Si evidenzia che i più significativi interventi in materia sono stati attuati con la L. 247/2007138. In particolare, per le persone con disabilità, che incontrano ancora grandi difficoltà per un effettivo inserimento lavorativo, la L. 247/2007 ha previsto appositi interventi volti a rendere effettive le opportunità di inserimento o reinserimento lavorativo, a tal fine introducendo apposite modifiche alla L. 68/1999139. Anzitutto, sostituendo interamente l’articolo 12 della L. 68/1999, si è disposto140 un ampliamento della tipologia dei soggetti presso i quali, sulla base di apposite convenzioni, avviene l’inserimento lavorativo temporaneo con finalità formative delle persone con disabilità. Tra tali soggetti, denominati soggetti ospitanti, vengono così ricomprese le imprese sociali di cui al D.Lgs. 155/2006141 e i datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione previsto dalla L. 68/1999. Inoltre, si è introdotto142 nella L. 68/1999 il nuovo articolo 12-bis, concernente apposite convenzioni di inserimento lavorativo che gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di assunzione o di riserva di posti, denominati soggetti conferenti, e con determinati soggetti (cooperative sociali e loro consorzi, imprese sociali, datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo di assunzione) definiti soggetti destinatari. In particolare, tali convenzioni sono finalizzate all'assunzione da parte dei soggetti destinatari di persone disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, ai quali i soggetti conferenti si impegnano ad affidare commesse di lavoro. La stipula della convenzione è ammessa esclusivamente a copertura dell’aliquota d’obbligo e, in ogni caso, nei 138 “Legge 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 139 L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. 140 Articolo 1, comma 37, lettera a). 141 D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, “Disciplina dell'impresa sociale, a norma della L. 13 giugno 2005, n. 118”. 142 Articolo 1, comma 37, lettera b). 95 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE limiti del 10% della quota di riserva di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della stessa L. 68/1999 (pari al 7% dei lavoratori occupati, per le imprese che occupano più di 50 dipendenti), con arrotondamento all’unità più vicina. Alla scadenza della convenzione è prevista, salvo il ricorso ad altri istituti previsti dalla L. 68/1999, la possibilità, per il datore di lavoro committente, previa valutazione degli uffici competenti, di rinnovare la convenzione una sola volta per un periodo non inferiore a due anni o di assumere il lavoratore disabile dedotto in convenzione con contratto a tempo indeterminato mediante chiamata nominativa, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera c)143; in tal caso il datore di lavoro potrà accedere al Fondo Nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Si segnala inoltre che è stata riscritta sostanzialmente la disciplina relativa agli incentivi alle assunzioni di cui all’articolo 13 della L. 68/1999, prevedendo la concessione al datore di lavoro di un contributo per l’assunzione di persone disabili volto a coprire una parte del costo salariale di tali lavoratori144. In particolare, nella norma modificata si prevede la facoltà, per le regioni e le province autonome, di concedere un contributo all’assunzione, nel rispetto delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 2204/2002145 (relativo agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione) e a valere sulle risorse del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili. Tale contributo è concesso in misura non superiore: al 60% del costo salariale, per ogni lavoratore disabile, assunto attraverso le convenzioni di cui al richiamato articolo 11 della L. 68/1999 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al D.P.R. 915/1978146 ovvero con handicap intellettivo e psichico, indipendentemente dalle percentuali di invalidità; al 25% del costo salariale, per ogni lavoratore disabile, assunto attraverso le medesime convenzioni con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che abbia una con riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle richiamate tabelle del D.P.R. 915/1978. In alternativa, tale contributo può consistere in un rimborso forfetario parziale delle spese di adeguamento del posto di lavoro alle possibilità operative dei disabili con riduzione della 143 Si ricorda che, in base a tale disposizione, ai fini delle assunzioni obbligatorie delle persone disabili, i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti possono effettuare assunzioni per chiamata nominativa per il 60% delle stesse assunzioni obbligatorie). 144 Articolo 1, comma 37, lettera c). 145 Reg. (CE) 5 dicembre 2002, n. 2204/2002, Regolamento della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione. 146 D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, “Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra”. 96 L’OCCUPAZIONE DELLE “FASCE DEBOLI” capacità lavorativa superiore al 50% o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche. Nella legislatura appena trascorsa, in tema di misure volte a favorire l’occupazione dei lavoratori disabili, va menzionato, inoltre, l’incremento della dotazione annua del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili147, istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con la finalità della concessione di agevolazioni per i datori di lavoro che assumono soggetti disabili. Con l’articolo 1, comma 1162, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) tale dotazione è stata incrementata a 37 milioni di euro per il 2007 e a 42 milioni di euro annui a decorrere dal 2008. In tema di soggetti inabili va inoltre considerato l’intervento dell’articolo 46, comma 1, del D.L. 248/2007148, che introduce ulteriori disposizioni all’articolo 8 della L. 222/1984149. Con tali disposizioni si stabilisce che non preclude il conseguimento dei trattamenti pensionistici ai superstiti, di cui all’articolo 22, comma 1, della L. 903/1965150, l'attività svolta con finalità terapeutica dai figli riconosciuti inabili – la quale deve essere accertata dall’INPS come ente erogatore della pensione ai superstiti - con orario non superiore alle 25 ore settimanali presso le cooperative sociali di cui alla L. 381/1991151 o presso datori di lavoro che assumono i predetti soggetti con convenzioni di integrazione lavorativa, di cui all'articolo 11 della L. 68/1999, ovvero con contratti di formazione e lavoro (CFL), con contratti di apprendistato, nonché con le agevolazioni previste per le assunzioni dei disoccupati di lunga durata152. Inoltre si prevede che l'importo del trattamento economico corrisposto dai datori di lavoro ai soggetti di cui al precedente comma non possa essere inferiore al trattamento minimo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, incrementato del 30%. 147 Di cui all’articolo 13, comma 4, della L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. 148 D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31. 149 L. 12 giugno 1984, n. 222, “Revisione della disciplina della invalidità pensionabile”. L’articolo 8 della legge in esame definisce inabili le persone che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. 150 L. 21 luglio 1965, n. 903, “Avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale”. 151 L. 8 novembre 1991, n. 381, “Disciplina delle cooperative sociali”. 152 La norma in esame è volta sostanzialmente ad escludere i soggetti inabili che svolgono attività lavorativa con finalità terapeutica dall’applicazione della disciplina vigente secondo cui il trattamento pensionistico di reversibilità a favore di figli maggiorenni viene revocato nel caso in cui il soggetto in questione svolga attività lavorativa. 97 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Sulla promozione dell’occupazione dei disabili si segnala altresì il Provvedimento della Conferenza Unificata del 16 novembre 2006, n. 992, recante l’Intesa153 in materia di diritto al lavoro dei disabili. Tale Intesa si applica, in coerenza con la normativa regionale in materia, alle assunzioni dei lavoratori disabili presso le amministrazioni pubbliche, disposte ai sensi della L. 68/1999 con particolare riferimento ai tirocini realizzati nell'ambito delle convenzioni di cui all'art. 11 della medesima legge, al fine di favorire l'inserimento lavorativo di persone disabili. Si ricorda, inoltre, che nel corso della XV Legislatura presso la XI Commissione (Lavoro) sono state esaminate le abbinate proposte di legge A.C. 58, 1811 e 1308, volte a modificare ed aggiornare la L. 29 marzo 1985, n. 113, recante la disciplina del collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti. L’esame di tali pdl non si è concluso per il termine anticipato della legislatura. In materia di promozione dell’occupazione femminile, si consideri che la L. 247/2007 prevede interventi volti ad aumentare le opportunità di occupazione delle donne rendendo più facile la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e rafforzando le garanzie per l’effettiva parità di trattamento sul lavoro tra uomini e donne, il cui livello di occupazione rimane ancora (soprattutto nel Mezzogiorno) troppo basso rispetto alla media europea e agli obiettivo delle “Strategia di Lisbona”. In particolare la L. 247/2007, all’articolo 1, comma 81, reca una delega ad adottare154 uno o più decreti legislativi per il riordino della normativa in materia di occupazione femminile. A tal fine vengono fissati i seguenti principi e criteri direttivi: previsione, nell’ambito dell’esercizio della delega in tema di riordino degli incentivi all’occupazione, di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere i regimi di orari flessibili legati alle necessità della conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l’aumento dell’occupazione femminile; revisione della disciplina dei congedi parentali, con particolare riguardo all’estensione della durata di tali congedi e all’incremento del trattamento economico dei medesimi in modo da incentivare l’utilizzo di questi importanti strumenti; rafforzamento degli istituti previsti dall’articolo 9 della L. 53/2000155, con particolare riferimento al lavoro a tempo parziale e al telelavoro; rafforzamento dell’azione dei diversi livelli di governo e delle diverse amministrazioni competenti, con riferimento ai servizi per l’infanzia e agli 153 Conclusa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della L. 5 giugno 2003, n. 131. 154 Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega. 155 L. 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. 98 L’OCCUPAZIONE DELLE “FASCE DEBOLI” anziani non autosufficienti, in funzione di sostegno dell’esercizio della libertà di scelta da parte delle donne nel campo del lavoro; orientamento dell’intervento legato alla programmazione dei Fondi comunitari, a partire dal Fondo sociale europeo (FSE) e dal Programma operativo nazionale (PON), in via prioritaria per l’occupazione femminile, a supporto delle attività formative e di quelle di accompagnamento ed inserimento al lavoro, con destinazione di risorse alla formazione di programmi mirati alle donne per il corso della relativa vita lavorativa; rafforzamento delle garanzie per l’applicazione effettiva della parità di trattamento tra donne e uomini in materia di occupazione e di lavoro; realizzazione, anche ai fini di cui alla precedente lettera e), di sistemi di raccolta ed elaborazione di dati in grado di far emergere e rendere misurabili le discriminazioni di genere anche di tipo retributivo; potenziamento delle azioni intese a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria femminile; previsione di azioni ed interventi che agevolino l’accesso ed il rientro nel mercato del lavoro delle donne, anche mediante una formazione professionale mirata con conseguente certificazione secondo le nuove strategie in ambito comunitario; definizione degli adempimenti dei datori di lavoro in materia di attenzione al genere. La L. 247/2007 ha previsto anche rilevanti interventi sul piano finanziario, retributivo e previdenziale, a favore dei giovani, i più penalizzati dal lavoro flessibile e talvolta da forme di vero e proprio precariato. In particolare, per quanto riguarda l’aspetto finanziario, si prevede (commi 7274) l’istituzione di appositi fondi per rendere possibile concretamente l’accesso al credito dei giovani, per compensare la discontinuità dei compensi di natura lavorativa derivante dallo svolgimento di attività intermittenti ovvero per sviluppare attività innovative ed imprenditoriali. Relativamente all’aspetto retributivo, si provvede (comma 75) a stanziare apposite risorse per l’integrazione dei compensi spettanti ai titolari degli assegni e dei contratti per attività di ricerca che prestino la propria opera presso le università statali e gli enti pubblici di ricerca e siano iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335/1995. Sul piano previdenziale, si prevedono (commi 76-78) norme che rendono più ampia la possibilità di cumulare i periodi assicurativi relativi a diverse gestioni pensionistiche (cd. totalizzazione) e che rendono meno oneroso e quindi più conveniente il riscatto della durata dei corsi di studio universitario (vedi capitolo Totalizzazione e riscatto della laurea, pag. 25). Infine, proseguendo l’intervento già attuato con la legge finanziaria per il 2007, si dispone (commi 79-80) l’aumento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, tra cui figurano i lavoratori che svolgono 99 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto (vedi capitolo Incremento delle aliquote contributive, pag. 29). 100 AMMORTIZZATORI SOCIALI AMMORTIZZATORI SOCIALI Nella scorsa legislatura, come già nelle precedenti, l'attività legislativa in materia di politiche del lavoro è stata caratterizzata dal progressivo ampliamento delle misure di sostegno al reddito già previste per le situazioni di crisi aziendale e da un'estensione del campo di applicazione degli ammortizzatori sociali, per affrontare le crisi produttive e i problemi occupazionali che hanno investito alcuni settori produttivi. Questo processo non ha però assunto una natura organica, dal momento che l'intervento legislativo si è posto per lo più in rapporto di deroga rispetto alla disciplina dettata dalla L. 223/1991, con la quale si era tentato di ricondurre ad un quadro organico la normativa sugli interventi nelle situazioni di crisi aziendale (cassa integrazione guadagni straordinaria, mobilità): ci si è così orientati a prorogare la durata dei trattamenti oltre i limiti temporali ordinariamente previsti oppure ad estenderne il campo di applicazione ricomprendendo situazioni che altrimenti sarebbero rimaste escluse (cfr. infra). Nella prospettiva del superamento della logica degli interventi tampone sulle singole situazioni di emergenza si pone invece, in primo luogo, la delega contenuta nella L. 247/2007, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, dove all’articolo 1, commi 28 e 29, viene attribuita al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima L. 247/2007, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica; modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori ed alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile; previsione per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata sulla base della retribuzione; progressiva estensione ed armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale che determinino la sospensione dell’attività lavorativa; coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori; valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal sistema generale, in una prospettiva di universalizzazione degli 101 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE strumenti di integrazione al reddito, prevedendo la possibilità di erogazione di trattamenti sostitutivi analoghi a quelli di cui alla lettera d), nonché di eventuali coperture supplementari; connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto femminile e giovanile, nonché l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato del lavoro, con particolare riferimento ai lavoratori in età più matura nonché ai giovani, al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo; potenziare i servizi per l’impiego, in connessione con l’esercizio della delega di cui al precedente comma 30, lettera a), al fine di collegare e coordinare l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione a percorsi di formazione ed inserimento lavorativo, in coordinamento con gli enti previdenziali preposti all’erogazione dei relativi sussidi e benefici anche attraverso la previsione di forme di comunicazione informatica da parte degli enti previdenziali al Ministero del lavoro e della previdenza sociale dei dati relativi ai lavoratori percettori di trattamento di sostegno al reddito. Sempre nella logica dell’intervento “a regime” si pone la modifica della disciplina delle indennità di disoccupazione (sia indennità ordinaria di disoccupazione sia indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti) disposto dalla menzionata L. 247/2007 (articolo 1, commi 25 e 26). Più specificamente, con riferimento all’indennità ordinaria di disoccupazione, per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2008, si dispone un incremento sia della durata che della misura dei trattamenti di disoccupazione. La durata dell’indennità è stata incrementata da 7 ad 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 10 a 12 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. E’ stata riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste. Inoltre, è stata incrementata la misura percentuale di commisurazione alla retribuzione dell'indennità ordinaria di disoccupazione, rispetto a quanto previsto dal D.L. 35/2005. In relazione al periodo di godimento, l’indennità è pari156: al 60% per i primi 6 mesi (in luogo del 50%); al 50% per i successivi due mesi (in luogo del 40% per i successivi tre mesi); al 40% per il periodo ulteriore (in luogo del 30%)157. 156 Resta fermo che l’indennità di disoccupazione è concessa nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. Tale importo, per il 2008, è di 858,58 euro elevato a 1.031,93 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione mensile lorda superiore a 1.857,48 euro. 157 Sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura in esame i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti. Inoltre, l'indennità di disoccupazione non spetta nei casi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione previsti dalla normativa sull'incontro tra domanda e offerta di lavoro. 102 AMMORTIZZATORI SOCIALI Inoltre, per quanto riguarda l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, si interviene incrementando la percentuale di commisurazione alla retribuzione e riparametrando il diritto all’indennità stessa in relazione alle giornate lavorative. In particolare, si prevede che per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008, la percentuale di commisurazione alla retribuzione dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti è rideterminata (in luogo del 30% prima previsto) al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni158. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate. Si consideri, inoltre, che sempre la L. 247/2007 (articolo 1, commi da 55 a 57) ha disposto una revisione della normativa relativa ai trattamenti di disoccupazione per i lavoratori agricoli, finalizzata a rendere omogenee, per quanto riguarda la misura e la durata delle provvidenze erogate, le differenti discipline attualmente previste (per l’indennità ordinaria di disoccupazione159 e i trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli160). A tal fine viene prevista, a decorrere dal 1° gennaio 2008, un’unica misura dei trattamenti di disoccupazione in agricoltura, pari al 40% della retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali161, mentre precedentemente erano previste diverse aliquote a seconda del tipo di prestazione: 30% per l’indennità di disoccupazione ordinaria; 40% o 66%, a seconda del numero di giornate di lavoro prestate, per i trattamenti speciali di disoccupazione. Inoltre, per tutti i trattamenti di disoccupazione si prevede un unico parametro a cui è ancorata la durata dell’erogazione dei trattamenti (numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, cioè giornate di lavoro effettuate). Si segnala altresì che la L. 247/2007 (articolo 1, comma 27) ha provveduto a rideterminare, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno a partire dal 2008, la misura degli aumenti annuali dell’integrazione salariale straordinaria 158 Resta fermo che l’indennità di disoccupazione è concessa nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. Tale importo, per il 2008, è di 844,06 euro elevato a 1.014,48 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione mensile lorda superiore a 1.826,07 euro. 159 Di cui all'articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988. 160 Di cui all’articolo 25 della L. 457/1972 e all’articolo 7 della L. 37/1977. 161 Cioè, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, della retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro. 103 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE corrisposta sia agli operai sia agli impiegati sospesi dal lavoro, di cui all’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo unico della L. 427 del 1980162. In particolare, gli incrementi dell’integrazione salariale straordinaria e della retribuzione mensile di riferimento vengono stabiliti nella misura del 100% (in luogo dell’80% precedentemente previsto) dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Gli interventi “in deroga” per il sostegno del reddito Una serie di interventi, come su accennato, sono stati adottati in deroga alla disciplina generale sugli ammortizzatori sociali e si sono resi necessari anche a causa della mancata attuazione della riforma della relativa disciplina, che ormai presenta profili di parziale inadeguatezza. Nell’ambito delle leggi finanziarie che si sono succedute nel corso della legislatura163, si è prevista in generale la possibilità di concedere – non oltre il termine dell’esercizio finanziario preso a riferimento dalle singole leggi finanziarie - trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità), anche in deroga alla normativa vigente, quindi oltre la durata massima prevista o per settori produttivi che in via generale non beneficiano degli ammortizzati sociali, alle seguenti condizioni: la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi; i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro date prefissate164. A tal fine le leggi finanziarie hanno stanziato un limite di risorse annualmente disponibili, entro cui i decreti ministeriali concedono i trattamenti “in deroga” sulla base dei requisiti e della procedura su descritti. 162 L. 13 agosto 1980, n. 427, “Modifica della disciplina dell'integrazione salariale straordinaria relativa alle categorie operaie e impiegatizie”. 163 Da ultimo l’articolo 2, comma 521, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria 2008), che riprende di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 1190, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Anche nel corso della XIV legislatura sono state previste disposizioni di analogo contenuto, da ultimo l’articolo 1, comma 410, della L. 266/2005 (legge finanziaria 2006). 164 La legge finanziaria 2008 dispone che tali programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 15 giugno 2008, che recepiscano intese già stipulate in sede istituzionale territoriale e inviati al Ministero del lavoro entro il 20 maggio 2008. 104 AMMORTIZZATORI SOCIALI Si consideri inoltre che l’articolo 21-quater, comma 1, del D.L. 248/2007165, ha esteso l’applicazione della disciplina relativa ai trattamenti di sostegno “in deroga” di cui alla L. 244/2007 (legge finanziaria 2008) anche alle aree territoriali colpite da processi di riorganizzazione derivanti da nuovi assetti del sistema aeroportuale che abbiano comportato crisi occupazionale con un numero di unità lavorative superiore a 3.000 unità166. Su un altro versante, con le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008, si è prevista con specifiche norme la proroga dell’estensione di misure per il sostegno al reddito in favore di lavoratori di imprese che non rientrano nell’ambito di applicazione della L. 223/1991 e che quindi, in base alla disciplina generale sugli ammortizzatori sociali, non ne beneficerebbero. In particolare: si è prevista la possibilità di concede, anche per gli anni 2007 e 2008167, nel limite massimo di 45 milioni di euro annui a carico del Fondo per l’occupazione, il trattamento di CIGS e il trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti; si è disposta la proroga anche per gli anni 2007 e 2008, per le imprese non comprese nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, del termine entro il quale esse possono stipulare i predetti contratti (in particolare, contratti di solidarietà “difensivi”), beneficiando di determinate agevolazioni, ai sensi dell’articolo 5, commi 5 e 8, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236168. La disposizione riguarda le imprese artigiane (anche con meno di 16 dipendenti), e le imprese che non ricadono nel campo di applicazione dell'articolo 1 del D.L. 726 del 1984 (cioè, in sostanza, della CIGS) . Si ricorda inoltre che la legge finanziaria 2008, all’articolo 2, comma 524, ha disposto, per il 2008, il rifinanziamento della proroga per un periodo fino a 12 mesi (rispetto al periodo ordinario massimo di durata di 12 mesi) del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale, prevista 165 D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria”, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31. 166 Nel limite di spesa di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, a carico del Fondo per l'occupazione. 167 La proroga è stata disposta, per l’anno 2007, con l’articolo 1, comma 1156, lettera c) della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007) e, per l’anno 2008, con l’articolo 2, comma 523, della L. 244/2007 (legge finanziaria 2008). 168 D.L. 20 maggio 1993, n. 148, “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236. 105 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 249/2004169, nel caso di cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi. A tale finalità sono destinati 30 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione. In conclusione, sembra di potersi affermare che, per effetto della legislazione sopra citata, che per la verità in parte si limita a prorogare misure già precedentemente previste, il quadro regolatorio definito dalla L. 223/1991 per l'accesso ai trattamenti di sostegno al reddito (v. scheda Gli strumenti di sostegno al reddito, pag. 247) risulta ormai modificato. Infatti, misure che sono nate con la caratteristica della temporaneità e dell’urgenza, a causa delle continue proroghe, hanno finito per stabilizzarsi, determinando una scarsa organicità del quadro normativo di riferimento relativo agli ammortizzatori sociali. Tenendo conto delle modifiche al quadro economico e sociale e quindi del mercato del lavoro considerato dalla L. 223/1991, anche a causa delle nuove sfide derivanti al “sistema-Paese” da una economia ormai globalizzata, l’attuazione alle apposite deleghe previste dalla L. 247/2007, rispettivamente ai commi 28 e 29 (per gli ammortizzatori sociali) e ai commi 30 e 32 (per gli incentivi all’occupazione) potrebbe finalmente condurre alla revisione organica della normativa relativa agli ammortizzatori sociali e agli incentivi all’occupazione. In particolare, una adeguata disciplina degli ammortizzatori sociali, estesa anche ai lavoratori occupati con contratti flessibili, è necessaria per evitare che la flessibilità del lavoro, pur necessaria sul piano produttivo e occupazionale, tenda a trasformarsi in precarietà per i lavoratori. 169 D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291. 106 MISURE DI CONTRASTO AL LAVORO SOMMERSO MISURE DI CONTRASTO AL LAVORO SOMMERSO Il fenomeno del lavoro sommerso caratterizza in maniera significativa, all'interno del panorama europeo, il sistema economico e sociale italiano, e si connette ad altri nodi centrali per le politiche pubbliche nel nostro Paese, quali quelli dell’alto numero degli infortuni sul lavoro, anche mortali, e dello sviluppo disomogeneo su base territoriale. Gli approfondimenti condotti in sede istituzionale e scientifica ne hanno evidenziato: la significativa diffusione (le statistiche ISTAT relative al 2005 stimano in circa 2.951.300 unità di lavoro, pari al 12,1% del totale, l’incidenza del lavoro non regolare170): pur riguardando tutto il Paese, tuttavia il fenomeno appare più diffuso nel Sud che nel Centro-Nord. Inoltre i settori maggiormente colpiti dal fenomeno sono i servizi e l’agricoltura, dove il carattere stagionale dell’attività favorisce l’utilizzazione di lavoratori extracomunitari irregolari; l'elevata incidenza dal punto di vista del volume di affari sottratto agli obblighi contributivi e fiscali (relativamente al 2004, la stima da parte dell’ISTAT del valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa italiana va da un minimo del 16,6% a un massimo del 17,7% del PIL171); le conseguenze negative in termini di qualità del lavoro, con riferimento sia alla sicurezza - stante la stretta connessione tra lavoro sommerso e violazione delle norme in tale materia - sia alla tutela del complesso dei diritti dei lavoratori, sul piano economico, sociale e sindacale. Già nel corso della XIV legislatura vi erano stati significativi interventi finalizzati all’emersione del lavoro irregolare, tra i quali si segnalano la disciplina per incentivare l’emersione del lavoro irregolare della L. 383/2001172 (cd. “Tremonti-bis”), la disciplina per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari, di cui alla L. 189/2002173 (sui collaboratori domestici) e al D.L. 195/2002174 (sui lavoratori del settore produttivo), la riforma della vigilanza ispettiva di cui al D.Lgs. 124/2004. 170 Cfr. ISTAT, La misura dell'occupazione non regolare nelle stime di contabilità nazionale (anni 1980-2005). 171 Cfr. ISTAT, La misura dell’economia sommersa secondo le statistiche ufficiali (anni 2000-2004). 172 L. 18 ottobre 2001, n. 383. In particolare, gli articoli 1-3 della c.d. “Tremonti-bis”. 173 L. 30 luglio 2002, n. 189, “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”. 174 D.L. 9 settembre 2002, n. 195, Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, della legge 9 ottobre 2002, n. 222. 107 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Anche grazie a tali misure (e in particolare a quelle per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri immigrati), il tasso di irregolarità del lavoro (tendenzialmente in crescita fino al 2001) è sceso a partire dall’anno 2002, con una inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti. Difatti, le statistiche ISTAT175 hanno evidenziato come il tasso di irregolarità del lavoro nel 2005 si sia attestato al 12,1%, in riduzione rispetto al 13,8% del 2001176. In particolare, nel 2005 è stato registrato come irregolare il 13,4% delle unità di lavoro dipendenti (in diminuzione rispetto al 16% del 2001) e l’8,9% delle unità di lavoro indipendenti (in aumento rispetto al 8,5% del 2001)177. Sempre per il 2005 i dati confermano come i settori con maggiore tasso di irregolarità siano l’agricoltura (22,2%) e i servizi (13,9%) e che l’impiego di lavoro irregolare presenta una diffusione molto maggiore nel Mezzogiorno (19,6%) rispetto al Centro (10,7%) e soprattutto rispetto al Nord (8,6% nel Nord-Est e 8,8% nel Nord-Ovest). Anche nel corso della XV legislatura sono state adottate significative misure per il contrasto al lavoro irregolare, anche prevedendo incentivi volti a favorirne l’emersione. In primo luogo, si segnala che l’articolo 36-bis del D.L. 223/2006178, ai commi da 1 a 6 e 8, ha introdotto una serie di misure per contrastare il lavoro sommerso e per promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro con riferimento al settore dell’edilizia, che rappresenta uno dei settori più critici e a rischio per tali problematiche, prevedendo, tra l’altro, che le violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro possano condurre all’emanazione di provvedimenti di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche). In particolare, si è previsto (comma 1) che, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori179, nonché le competenze in materia di 175 Cfr. ISTAT, La misura dell’occupazione non regolare nelle stime di contabilità nazionale (anni 1980-2005). 176 Nel 2004 il tasso di irregolarità del lavoro si era invece attestato all’11,7%. 177 Peraltro appaiono in lieve ripresa nel 2005 rispetto all’anno precedente sia il tasso di irregolarità del lavoro dipendente (13,4% del 2005 rispetto al 13,1% del 2004) sia il tasso di irregolarità del lavoro autonomo (8,9% rispetto all’8,7% del 2004). 178 D.L. 4 luglio 2006, n. 223, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. 179 Di cui all’art. 5, comma 1, lettera e) del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, “Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”. 108 MISURE DI CONTRASTO AL LAVORO SOMMERSO vigilanza attribuite dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’INPS e dell’INAIL, può disporre la sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili allorché venga riscontrato l’impiego di personale non assunto regolarmente, poiché non risultante dalla documentazione obbligatoria relativa i lavoratori, in una misura almeno pari al 20 per cento dei lavoratori regolarmente assunti occupati nel cantiere, nonché nel caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di durata massima dell’orario di lavoro, di riposo giornaliero e di riposo settimanale, di cui agli art. 4, 7 e 9 del D.Lgs. 66/2003180, e successive modificazioni. Inoltre, si dispone che gli uffici del Ministero del lavoro informano con tempestività gli uffici del Ministero delle infrastrutture dell’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori, al fine dell’emanazione da parte di questi ultimi di un provvedimento di interdizione alla contrattazione con le PP.AA. e alla partecipazione a gare pubbliche. Per la revoca della sospensione dei lavori la norma (comma 2) richiede il ripristino della situazione di rispetto sostanziale della disciplina da parte del datore di lavoro181, oltre al pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto alle sanzioni già previste dalla normativa vigente. Nell’ambito dei cantieri edili, si è previsto (commi 3, 4 e 5), altresì, un obbligo per i datori di lavoro di munire il personale occupato di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro, con modalità di adempimento semplificato per le imprese di minori dimensioni. Riformulando il comma 10-bis dell’articolo 86 del D.Lgs. 276/2003, è stato introdotto (comma 6), per le imprese del settore edile, l’obbligo per i datori di lavoro di comunicare agli uffici competenti l’assunzione di nuovi lavoratori il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti (quindi in maniera preventiva), mediante documentazione avente data certa. Infine, si è previsto (comma 8) che il rilascio della certificazione di regolarità contributiva da parte delle Casse edili sia condizione esclusiva per usufruire delle agevolazioni previste dall’articolo 29 del D.L 244/1995182, relative alla contribuzione previdenziale delle imprese del settore edile. Si segnala inoltre che sempre attraverso il menzionato articolo 36-bis del D.L. 223/2006, al comma 7, con una misura di carattere generale (relativa a tutti i 180 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”. 181 Ciò richiede, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie, la regolare assunzione degli stessi; nel caso di reiterate violazioni alla disciplina relativa all’orario di lavoro, l’accertamento del ripristino delle relative tutele. 182 D.L. 23 giugno 1995, n. 244, Misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 8 agosto 1995, n. 341. 109 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE datori di lavoro e non solamente a quelli del settore edile), è stata modificata la disciplina in materia di sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori, sostituendo (a decorrere dal 12 agosto 2006) i commi 3 e 5 dell’articolo 3 del D.L. 12/2002183. In primo luogo, si è riformulato il comma 3 del citato articolo 3, relativo all’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per il caso di impiego di personale non risultante dalle scritture o dai documenti obbligatori. Al fine di rendere più efficace, in termini di deterrenza, la previsione sanzionatoria relativa all’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, il comma 3, così come riformulato, prevede la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo. Inoltre, con la stessa finalità di rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria nel caso di utilizzazione di “lavoro nero”, si prevede che l’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore impiegato irregolarmente non può essere inferiore a 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata. Con un’altra modifica, novellando il comma 5 dell’articolo 3 del D.L. 12/2002, si è provveduto ad attribuire la competenza all’irrogazione della sanzione amministrativa per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio184; si consideri che invece la previgente formulazione del comma 5 attribuiva al competenza in questione all’Agenzia delle entrate185. I poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche) sopra esposti, previsti dall’articolo 36-bis, commi 1 e 2, del D.L. 223/2006, sono stati poi estesi a tutti i settori produttivi con l’articolo 5 della L. 123/2007186, che peraltro ha previsto la possibilità di adottare tali provvedimenti di sospensione e di interdizione non solo nelle fattispecie già previste dal D.L. 223/2006 ma anche per gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e 183 D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, “Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare”, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 aprile 2002, n. 73. 184 La norma precisa che non è applicabile, nella irrogazione della sanzione amministrativa in questione, la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. 124/2004. 185 Si consideri peraltro che successivamente l’articolo 1, comma 54, della L. 24 dicembre 2007, n. 247 (recante norme di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007), introducendo il comma 7-bis all’articolo 36-bis del D.L. 223/2006, ha disposto che l'adozione dei provvedimenti sanzionatori amministrativi di cui all'articolo 3 del D.L. 12/2002, relativi alle violazioni constatate prima dell’entrata in vigore del D.L. 223/2006 (cioè prima del 5 luglio 2006), rimane di competenza dell'Agenzia delle entrate, in luogo della Direzione provinciale del lavoro. 186 L. 3 agosto 2007, n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia". 110 MISURE DI CONTRASTO AL LAVORO SOMMERSO della sicurezza sul lavoro. Inoltre, l’articolo 6 della L. 123/2007 ha provveduto ad estendere a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, già previsto dall’articolo 36-bis, commi da 3 a 5, del D.L. 223/2006, con riferimento ai cantieri edili. Si evidenzia inoltre che l’articolo 1, commi 1180-1185 della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) riformulando l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996, ha esteso a tutti i datori di lavoro (compresi i datori di lavoro agricoli), l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori (entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto), introdotta precedentemente dal citato articolo 36-bis, comma 6, del D.L. 223/2006 per il solo settore dell’edilizia. La previsione in oggetto è volta evidentemente a contrastare pratiche elusive da parte delle imprese, rafforzando i poteri degli organi accertativi sul piano probatorio. L’articolo 1, commi 1173-1174 della legge finanziaria per il 2007 prevede, in via sperimentale, l’introduzione di indici di congruità intesi a valutare la congruità del rapporto tra qualità dei beni e servizi offerti e quantità di ore di lavoro impiegate al fine di promuovere la regolarità contributiva quale requisito per la concessione dei benefici e degli incentivi previsti dall’ordinamento. Tali indici potrebbero inoltre essere utili ad individuare eventuali anomalie per orientare l’attività ispettiva nel contrasto al lavoro irregolare. Sempre tra le norme della legge finanziaria per il 2007 si segnala l’articolo 1, comma 1156, lettera a), che ha disposto, a carico del Fondo per l’occupazione, un intervento (da attuare tramite decreti ministeriali), nei limiti di 10 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2007 e 2008, per l’adozione di un programma speciale di interventi in materia di occupazione, la costituzione di una cabina nazionale di regia al fine di concorrere allo sviluppo dei piani territoriali di emersione e alla valorizzazione dei CLES187, nonché l’istituzione di un apposito Fondo per l’emersione del lavoro irregolare. Nel quadro degli interventi di contrasto all’economia sommersa e quindi di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva, la legge finanziaria per il 2007188 ha poi esteso l’obbligo di fornitura dei dati già gravante, ai sensi dell’articolo 44, comma 5, del D.L. 269/2003, sulle aziende, enti, istituti e società che stipulano contratti di somministrazione di energia elettrica o di forniture di servizi telefonici, alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), prevedendosi la messa a disposizione del Ministero del lavoro di tali dati anche mediante collegamenti telematici. 187 Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso, istituiti con l’articolo 1-bis della L. 383/2001. 188 Cfr. l’articolo 1, commi 1168-1171. 111 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Inoltre, si ricorda che l’articolo 1, commi da 1192 a 1201 della legge finanziaria per il 2007, ha disposto misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali, concedendo al datore di lavoro che procede alla regolarizzazione agevolazioni relative al versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi pregressi. I datori di lavoro, a tal fine, possono presentare apposita istanza all’INPS entro il entro il 30 settembre 2008189, dopo la stipula di un apposito accordo aziendale o territoriale, se nelle aziende non siano presenti le rappresentanze sindacali o unitari, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. I periodi oggetto di regolarizzazione devono comunque essere non anteriori ai cinque anni rispetto alla data di presentazione della richiesta. Per quanto riguarda le modalità di regolarizzazione ai fini contributivi e assicurativi, il datore di lavoro è tenuto a versare i due terzi di quanto dovuto per il periodo di regolarizzazione alle diverse gestioni assicurative per i lavoratori regolarizzati, versando il 20% della somma totale dovuta all’atto dell’istanza e effettuando un pagamento in 60 rate mensili di pari importo e senza interessi per la parte restante. Inoltre, si prevede che i lavoratori siano esclusi dal pagamento dei contributi a loro carico e che la misura del trattamento pensionistico per il periodo regolarizzato sia calcolata in proporzione alla percentuale di contribuzione effettivamente versata. 189 Il termine originario del 30 settembre 2007 è stato successivamente differito al 30 settembre 2008 dall’articolo 7, comma 2, del D.L. 248/2007. 112 ALTRI INTERVENTI PER L’OCCUPAZIONE ALTRI INTERVENTI PER L’OCCUPAZIONE Tra gli altri interventi in materia di occupazione adottati nel corso della legislatura si segnalano, in primo luogo, quelli riguardanti i lavoratori socialmente utili (LSU). In attesa del definitivo esaurimento del bacino dei LSU, con le leggi finanziarie si è provveduto ad autorizzare il Ministero del lavoro a stipulare nuove convenzioni con i comuni ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), anche in deroga alla normativa in materia di LSU, o a prorogare le convenzioni precedentemente stipulate. In particolare, si segnala che la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), all’articolo 1, comma 1156, lettera e), ha autorizzato il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare, limitatamente all'anno 2007 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro con intervento a carico del Fondo per l’occupazione190, nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in ASU che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni191. Inoltre, alla lettera f) del medesimo comma si è provveduto ad autorizzare i comuni con meno di 5.000 abitanti con posti disponibili in organico, per l'anno 2007, a procedere ad assunzioni di soggetti già collocati in attività socialmente utili (ASU), per qualifiche per le quali non sia richiesto un titolo di studio superiore alla scuola dell'obbligo, nel limite massimo complessivo di 2.450 unità. Anche tale intervento è stato posto a carico del Fondo per l'occupazione, con oneri pari a 23 milioni di euro annui a decorrere dal 2007. Con il successivo comma 1166 la legge finanziaria 2007 ha autorizzato il Ministro del lavoro, previa intesa con la Regione interessata192, a prorogare, limitatamente all’esercizio 2007, le convenzioni stipulate direttamente con gli enti locali, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori 190 Di cui al D.L. 23 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236. 191 Disposizioni dello stesso tenore erano state adottate in precedenti leggi finanziarie. Cfr. l’articolo 3, comma 82, della L. 350/2003 (Finanziaria per il 2004), l’articolo 1, comma 263, della L. 311/2004 (Finanziaria per il 2005) e l’articolo 1, comma 430, della L. 266/2005 (Finanziaria per il 2006). 192 La previsione della necessità dell’intesa preventiva con la Regione interessata, appare opportunamente finalizzata ad introdurre un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni nella stipula delle convenzioni, così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenza della Corte costituzionale 6-8 giugno 2005, n. 219). 113 POLITICHE LEGILSATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE socialmente utili, per lo svolgimento delle attività socialmente utili (nel limite complessivo di spesa di 35 milioni di euro), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori impiegati in ASU sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano stati interessati dalle convenzioni relative ad attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti di lavori socialmente utili (nel limite complessivo di spesa di 15 milioni di euro). Anche la legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) ha previsto apposite norme per i lavoratori socialmente utili (articolo 2, commi 549-552). In particolare, si è disposto193 lo stanziamento, a decorrere dall’anno 2008, a valere sul Fondo per l’occupazione, di un contributo, pari a 50 milioni di euro, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili nonché per iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro. Tale contributo opera in favore delle regioni rientranti negli obiettivi di convergenza dei Fondi strutturali UE, sulla base di una apposita convenzione stipulata con il Ministero del lavoro. Inoltre, si è provveduto ad autorizzare il Ministro del lavoro, previa intesa con la regione interessata, a stipulare, nel limite di spesa annuo di 55 milioni a decorrere dal 2008, apposite convenzioni con i comuni, ai fini dello svolgimento di attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori impiegati in ASU sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano stati interessati dalle convenzioni relative ad attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto dei progetti di lavori socialmente utili. Inoltre, per le stesse finalità, si è prevista la possibilità, da parte degli enti utilizzatori di lavoratori socialmente utili, in deroga ai vincoli in materia di assunzioni e di spesa per il personale di cui all’articolo 1, comma 557, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), di procedere all’assunzione di ruolo a tempo indeterminato, con inquadramento nelle categorie A e B, dei lavoratori impiegati in ASU e dei soggetti utilizzati dai comuni sulla base delle su citate convenzioni, nonchè ad assunzioni a tempo determinato con inquadramento nelle categorie C e D, secondo i profili professionali previsti dai rispettivi ordinamenti e comunque attraverso procedure selettive. Infine, si è autorizzato il Ministero del lavoro, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, nel limite di spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, a concedere un contributo ai comuni con meno di 50 mila abitanti al fine di procedere alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con 193 Introducendo la lettera g-bis) all’articolo 1, comma 1156, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007). 114 ALTRI INTERVENTI PER L’OCCUPAZIONE oneri a carico del bilancio dei medesimi comuni da almeno 8 anni, a valere sulle risorse trasferite alle regioni in attuazione della L. 144 del 1999194. Tra le altre misure in materia di occupazione, si ricorda che la legge finanziaria 2008 (commi da 554 a 556 dell’articolo 2) ha previsto la riallocazione, nel limite dell’85%, delle risorse recuperate a seguito della revoca delle agevolazioni previste dalla L. 488/1992 nell’ambito degli interventi ordinari nelle aree sottoutilizzate, a favore di una serie di interventi, tra cui figura un programma nazionale per i giovani laureati residenti nelle regioni del Mezzogiorno, ai fini del loro inserimento lavorativo. La medesima legge (comma 123 dell’articolo 3) dispone che le norme sul collocamento obbligatorio in favore dei soggetti vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nonché dei loro familiari, sono estese agli orfani, o, in alternativa, al coniuge superstite di coloro che sono morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell’aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita per infortunio sul lavoro. 194 L. 17 maggio 1999 n. 144, “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”. 115 TUTELA DEI LAVORATORI E SICUREZZA SUL LAVORO SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO Nel corso della XV Legislatura è emersa l’esigenza di riformare e razionalizzare la normativa relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, esigenza posta in particolare rilievo dall’alto numero degli infortuni mortali sul lavoro195. Difatti, a distanza di più di un decennio dall’emanazione del D.Lgs. 626/1994, il processo di produzione legislativa in materia salute e sicurezza sul lavoro in pratica non ha conosciuto soste. In particolare, il legislatore italiano si è trovato di fronte ad una notevole produzione normativa di fonte comunitaria, ed ha continuato nel corso degli anni a trasporre quanto prodotto a livello europeo. Tutto ciò non soltanto ha comportato una produzione normativa che ha aggiornato o integrato le norme già inserite nel D.Lgs. 626/1994, ma ha dato vita ad una serie di discipline settoriali che si sono aggiunte alla disciplina-quadro per garantire la protezione e tutela, soprattutto su base preventiva, dei lavoratori esposti a rischi specifici, ad esempio ad agenti o lavorazioni pericolose. Il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro è quindi caratterizzato da un'integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria in un nuovo assetto che, definito nelle sue linee essenziali nella prima parte degli anni Novanta, ha conosciuto negli ultimi anni un progressivo ampliamento. Pertanto, sebbene la materia, per quanto sopra detto, non si caratterizzasse certo per un vuoto normativo, vi era senz'altro l'esigenza di superare i limiti e le manchevolezze della disciplina vigente, che l'esperienza aveva messo in luce, eventualmente attraverso la predisposizione di un testo unico che provvedesse a razionalizzare e riformare la normativa vigente. Già nel corso della XIV Legislatura, infatti, il legislatore tradusse tale necessità nella stesura di uno schema di decreto legislativo contenente un nuovo testo unico, sulla base della delega contenuta nell’articolo 3 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione 2001), che aveva appunto attribuito una delega al Governo per l’emanazione, entro un anno dall’entrata in vigore della stessa legge, di uno o più decreti legislativi per il riordino delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori. Nonostante le successive proroghe del termine per l’esercizio della delega, fino al 30 giugno 2005, il Governo prima presentò e poi ritirò lo schema di decreto legislativo, facendo così decadere la delega stessa. 195 Per quanto riguarda l’andamento infortunistico, cfr. INAIL, Rapporto annuale sull’andamento infortunistico 2006. Inoltre, per dati più aggiornati sull’andamento infortunistico, cfr. INAIL, Dati INAIL, marzo 2008 (numero 3). 119 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Nel corso della XV Legislatura tale necessità è stata in primo luogo rimarcata nel DPEF 2007-2011, il quale aveva preannunciato appositi interventi sulla problematica della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, tra cui l’adozione di un testo unico volto ad una razionalizzazione e ad una più facile applicabilità della stessa disciplina. La XI Commissione (Lavoro) della Camera dei deputati, inoltre, il 13 luglio 2006, aveva approvato una risoluzione che impegnava il Governo “ad adottare tempestive ed adeguate iniziative legislative, al fine di pervenire quanto prima all'approvazione di un Testo unico in materia di tutela e sicurezza del lavoro, quale fondamentale strumento di salvaguardia dei lavoratori”. Tale esigenza ha quindi condotto finalmente all’emanazione della legge 3 agosto 2007, n. 123196 che ha previsto un’apposita delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro (v. scheda Salute e sicurezza sul lavoro – La legge 123/2007 recante delega per la riforma, pag. 269). In particolare, l’intervento realizzato attraverso la L. 123/2007 si sviluppa attraverso due distinte direttrici: in primo luogo, si è appunto prevista una delega al Governo per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro197; in secondo luogo, sono state introdotte norme immediatamente precettive, incidenti sul quadro normativo vigente, da un lato continuando i percorsi già delineati dalle disposizioni di cui al D.L. 223/2006198 e dalla legge finanziaria per il 2007199 in tema di appalto e lavoro irregolare e sommerso (vedi capitolo Misure di contrasto al lavoro sommerso, pag. 107), dall’altro anticipando norme relative a profili da affrontare più compiutamente nell’ambito dell’attuazione della delega. La delega si è posta l’obiettivo di predisporre uno o più decreti legislativi che provvedessero a razionalizzare e riformare la normativa vigente, caratterizzata da una progressiva integrazione tra previgente diritto interno e disciplina di origine comunitaria, che, come detto, aveva manifestato, oltre che difficoltà applicative per gli operatori, alcuni limiti e manchevolezze. La legge delega, tra altro, prevedeva un’estensione dell’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, disponendo che tale normativa si applicasse a tutti i lavoratori e 196 “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”. 197 Si prevede che tale delega deve essere esercitata entro nove mesi dall’entrata in vigore della L. 123/2007 (cioè entro il 25 maggio 2008). 198 D.L. 4 luglio 2006, n. 223, "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. 199 L. 27 dicembre 2006, n. 296. 120 SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. Inoltre, si prevedeva la razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, tenendo conto delle funzioni svolte da ciascun soggetto, con particolare riguardo alla responsabilità del preposto, e della natura formale o invece sostanziale della violazione. In attuazione della delega di cui alla menzionata L. 123/2007 è stato emanato il D.Lgs. 81/2008200. Si evidenzia che tale decreto legislativo, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, in realtà nella sostanza opera il riassetto e la riforma della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso il riordino e il coordinamento in un unico testo normativo della medesima disciplina201. In particolare, il provvedimento contiene nel Titolo I (articoli 1-61), dedicato ai “Principi comuni”, le principali novità rispetto alla normativa vigente, che consistono soprattutto nell’ampliamento del campo di applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e nel potenziamento e maggior coordinamento dell’azione pubblica. I Titoli da II a XI sono dedicati invece all’attuazione di specifiche direttive “particolari” in materia di salute e sicurezza sul lavoro rispetto alla direttiva “madre” 89/391/CEE202. Infine, per quanto riguarda l’apparato sanzionatorio, si consideri che, in base ai criteri indicati dalla legge delega, il sistema sanzionatorio delineato dal decreto legislativo in esame è basato sulla contravvenzione. Il decreto rivisita il precedente apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro rimodulando gli obblighi (e le conseguenti sanzioni in caso di violazione) del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e degli altri soggetti del sistema aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti (vedi scheda Salute e sicurezza sul lavoro – Il D.Lgs. 81/2008, pag. 279). A parte il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche nel corso della precedente legislatura il tema della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è stato caratterizzato dal completamento del quadro normativo italiano ai fini dell’adeguamento all’ordinamento comunitario, attraverso il recepimento delle direttive comunitarie volte a tutelare specifici aspetti della sicurezza. Ciò è avvenuto attraverso 200 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” (pubblicato sulla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008). 201 Come esplicitato dall’articolo 1 del decreto legislativo. 202 Nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo viene evidenziato che in tutti i su menzionati Titoli le direttive applicabili hanno costituito il parametro indefettibile di riferimento per individuare quale parte di normativa nazionale mantenere intatta nella sua formulazione, quale modificare o integrare, quale invece trasformare in buona tecnica oppure abrogare. 121 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE l’aggiornamento delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 626/1994, realizzato, per quanto riguarda: la protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto, con il D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, che recepisce la direttiva 2003/18/CE, introducendo il Titolo VI-bis al D.Lgs. 626 del 1994; la protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione agli agenti fisici (campi elettromagnetici), con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 257, che recepisce la direttiva 2004/40/CE, introducendo il Titolo V-ter al richiamato D.Lgs. 626 del 1994. Si ricorda, infine, che sono stato adottati e trasmessi alle Camere per l’espressione dei pareri due ulteriori schemi di decreto legislativo, in attuazione di direttive comunitarie, e precisamente: lo schema di decreto legislativo n. 228, adottato in base alla delega contenuta nell’articolo 1 della L. 13/2007 (legge comunitaria 2006), che dà attuazione alla direttiva 2006/25/CE che stabilisce le prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali); lo schema di decreto legislativo n. 234, adottato in base alla previsione dell’articolo 1, comma 5, della L. 29/2006 (legge comunitaria 2005), che reca disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 257/2007, che ha recepito la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) 203. Si evidenzia che le disposizioni recate dagli schemi di decreto nn. 228 e 234 sono “confluite” nel citato D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro204. Pertanto le specifiche discipline recate da tali schemi di decreto non hanno dato origine a corrispondenti decreti legislativi ma sono entrate a far parte dell’ordinamento giuridico tramite l’emanazione e la pubblicazione del menzionato D.Lgs. 81/2008. 203 Le competenti Commissioni della Camera e del Senato non hanno espresso il parere, entro il termine previsto, sui menzionati schemi di decreto n. 228 e n. 234. 204 In particolare, il menzionato decreto legislativo reca, al Capo V del Titolo VIII (artt. 213-218), l’attuazione delle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali di cui alla direttiva 2006/25/CE, e, al Capo IV del Titolo VIII (artt. 206-212), le prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici di cui alla direttiva 2004/40/CE. 122 TUTELA DELLA MATERNITÀ E PATERNITÀ TUTELA DELLA MATERNITÀ E PATERNITÀ Quadro normativo precedente La normativa concernente la tutela della famiglia, e, più specificamente, della maternità e dell’infanzia, ha progressivamente conosciuto, soprattutto negli ultimi anni, importanti modifiche, che hanno messo in risalto in primo luogo gli interessi del bambino, intesi nelle accezioni relazionali ed affettive, e, in secondo luogo, la creazione di condizioni più favorevoli ad un’effettiva conciliazione tra il diritto alla maternità e il diritto al lavoro. Infatti, dopo le leggi che possono definirsi “storiche” – la L. 1204/1971 e la L. 903/1977 -, la XIII e XIV Legislatura sono state caratterizzate da un’estensione complessiva delle tutele relative alla maternità e paternità, in primo luogo attraverso la L. 53/2000205, con la quale peraltro sono state introdotte altre disposizioni relative alle assenze dal lavoro e ai congedi per altre esigenze della vita (per esempio, la formazione). Si può affermare che con la L. 53/2000 l'intera normativa in materia di assenze dal lavoro consentite in relazione alla nascita ed alle malattie dei figli è stata riformulata, estendendo l'ambito temporale di applicazione delle disposizioni - dai tre agli otto anni di età del bambino - e promuovendo il concorso del padre nell'attività di assistenza. La stessa legge, inoltre, ha introdotto la possibilità per i lavoratori subordinati di ottenere permessi retribuiti (tre giorni lavorativi l'anno) e di richiedere periodi di congedo non retribuiti (sino a due anni) per gravi motivi interessanti la sfera familiare del richiedente. La tutela è stata estesa in buona parte anche al padre lavoratore al quale la legge attribuisce benefici propri, non derivanti dal mancato esercizio dei diritti attribuiti alla madre: entrambi i genitori possono infatti godere della tutela alternativamente o, a volte, anche contemporaneamente secondo le necessità organizzative della famiglia. Sulla base della delega contenuta nella stessa L. 53/2000, successivamente, con il D.Lgs. 151/2001206, è stato emanato un testo unico per il riordinamento delle disposizioni normative vigenti in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Tale provvedimento, in base alla delega, si è limitato a conferire organicità e sistematicità alle norme già vigenti, senza 205 L. 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”. 206 D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”. 123 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE introdurre elementi di innovazione sostanziale rispetto alle norme oggetto di codificazione. Successivamente, si è provveduto ad introdurre disposizioni correttive del T.U. sulla maternità e paternità, attraverso l’emanazione del D.Lgs. 115/2003207, con il quale, accanto a modifiche di mero coordinamento, sono state introdotte una serie di ulteriori tutele alla maternità e paternità, quali, tra le altre: l’esplicita tutela della maternità per gli iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, in luogo del riferimento alle sole collaborazioni coordinate e continuative; l'esplicita estensione del congedo parentale facoltativo per i genitori adottivi o affidatari appartenenti ad alcune categorie di lavoratrici autonome208; la possibilità di collocare in mobilità anche le lavoratrici in stato di gravidanza e puerperio, in caso di cessazione dell’attività dell’azienda. Modifiche introdotte nella XV legislatura Nel corso della XV legislatura è proseguita l’attività legislativa volta all’integrazione della disciplina in oggetto, sebbene non si sia tradotta in interventi organici bensì in una serie di modifiche apportate da diversi provvedimenti succedutisi nel tempo, talvolta novellando il D.Lgs. 151/2001. Una prima serie di interventi significativi sono stati introdotti dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006). In particolare: nell’ambito dell’estensione del riconoscimento per i lavoratori a progetto e le categorie assimilate iscritti alla Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, di alcuni benefici riconosciuti ai lavoratori dipendenti in riferimento agli eventi della malattia e del parto, è stata disposta la corresponsione ai lavoratori in questione, aventi titolo all’indennità di maternità, per gli eventi di parto verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, di un trattamento economico per congedo parentale – riconosciuto anche nei casi di adozione o affidamento per ingressi in famiglia, con decorrenza dal 1° gennaio 2007 - limitatamente ad un periodo di tre mesi entro il primo anno di vita del bambino, in misura pari al 30% del reddito preso a 207 D.Lgs. 23 marzo 2003, n. 115, “Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”. 208 Le categorie sono le seguenti: artigiane, coltivatrici dirette, colone e mezzadre, imprenditrici agricole a titolo principale, esercenti attività commerciali, le altre lavoratrici autonome che svolgono attività rientranti nel settore terziario - ad eccezione di quelle professionali ed artistiche. L'estensione è posta con riferimento ai bambini nati dopo il 31 dicembre 1999. 124 TUTELA DELLA MATERNITÀ E PATERNITÀ riferimento per la corresponsione dell’indennità di maternità (articolo 1, comma 788); modificando l’articolo 64, comma 2, del D.Lgs. 151 del 2001, si è disposto che con decreto ministeriale sia disciplinato l’ambito dell’estensione alle lavoratrici iscritte alla menzionata gestione separata INPS e non iscritte ad altre forme pensionistiche obbligatorie della tutela più ampia prevista per le lavoratrici dipendenti dagli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 151/2001, rispettivamente per quanto riguarda l’anticipazione temporale dell’astensione obbligatoria per maternità (con diritto alla relativa indennità)209 e il trattamento economico e normativo connesso al congedo di maternità (articolo 1, comma 791). Tale disposizione è stata successivamente integrata dall’articolo 1, comma 83, della Legge 24 dicembre 2007, n. 247210, il quale ha disposto che con il richiamato decreto si debba regolamentare anche l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 151/2001, relative a particolari categorie di lavori considerati vietati per le lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio211. Le norme in esame hanno trovato attuazione con il D.M. 12 luglio 2007. La stessa legge finanziaria per il 2007, inoltre, intervenendo sulla disciplina di cui all'articolo 42 del D.Lgs.151/2001, relativa al congedo spettante alla lavoratrice madre o, in alternativa, al lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, ad uno dei fratelli o sorelle, conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità, ha disposto, per i soggetti indicati, qualora usufruiscano del congedo in questione per un periodo continuativo non superiore a sei mesi, il diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di ferie che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto alla contribuzione figurativa. 209 L’articolo 17 del D.Lgs. 151/2001 dispone che, in determinate ipotesi, l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice (fermo restando il diritto alla relativa indennità) sia anticipata rispetto ai termini ordinariamente previsti dall’articolo 16 del D.Lgs. 151/2001, che prevede tale astensione durante i due mesi precedenti alla data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto. In particolare, ciò avviene nell’ipotesi di lavori gravosi o pregiudizievoli in relazione all'avanzato stato di gravidanza, ovvero nelle seguenti ipotesi: gravi complicanze della gravidanza o preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; 210 “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 211 Il richiamato articolo 7 del D.Lgs. 151/2001, infatti, dispone il divieto di adibire le lavoratrici, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio, al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri . 125 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Successivamente, la legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007), all’articolo 2, commi da 452 a 456, ha introdotto ulteriori modifiche alle disposizioni del D.Lgs.151/2001. In particolare, novellando l’articolo 26 dello stesso D.Lgs. 151/2001, si è prevista una nuova normativa concernente i congedi di maternità fruibili per le adozioni e gli affidamenti, con riferimento sia alle adozioni nazionali sia a quelle internazionali; contestualmente si è provveduto ad abrogare le previgenti disposizioni inerenti al congedo di maternità fruibile in occasione di adozioni e affidamenti preadottivi internazionali, contenute nell’articolo 27 dello stesso D.Lgs. 151/2001. Al riguardo, le principali modifiche introdotte possono essere individuate: nel caso di adozione, sia nazionale sia internazionale, nella estensione a 5 mesi (rispetto ai 3 mesi attualmente previsti) del periodo massimo di spettanza del congedo di maternità. Viene al riguardo precisato dalla norma che il congedo, nel caso di adozione nazionale, debba essere fruito durante i primi 5 mesi successivi all’ingresso del minore in famiglia, mentre nel caso di adozione internazionale possa essere fruito anche prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativa al procedimento di adozione, ma comunque entro i 5 mesi successivi all’ingresso del minore in Italia; nel caso di adozione nazionale, nella eliminazione del limite di età del minore per fruire del congedo di maternità (mentre attualmente è previsto il limite massimo di 6 anni di età); nel caso di affidamento - fermo restando il periodo massimo di spettanza di 3 mesi – nella previsione che il congedo deve essere fruito entro 5 mesi dall’affidamento (e non più entro 3 mesi). Inoltre, si è modificato il testo dell’articolo 31 dello stesso D.Lgs. 151/2001, concernente il congedo di paternità fruibile per le adozioni e gli affidamenti, in modo da coordinarne la formulazione con le novelle disposte relativamente agli articoli 26 e 27. Il contenuto sostanziale della norma ripropone quanto già previsto dalla disciplina previgente. Ancora, sono state modificate le disposizioni sul congedo parentale fruibile in caso di adozioni e affidamenti, a tal fine provvedendo a sostituire l’articolo 36 e ad abrogare l’articolo 37 del D.Lgs. 151/2001. La nuova disciplina introdotta riguarda sia le adozioni nazionali sia le adozioni internazionali. Le principali modifiche rispetto alla disciplina previgente possono essere così sintetizzate: si prevede che il congedo parentale possa essere fruito, qualunque sia l’età del minore, entro 8 anni dall’ingresso del minore in famiglia e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età (mentre la previgente normativa prevedeva che il congedo potesse essere fruito, 126 TUTELA DELLA MATERNITÀ E PATERNITÀ purché il minore avesse al momento dell’adozione o dell’affidamento un’età non superiore a 12 anni, entro 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia); si dispone che l’indennità per i periodi di congedo parentale - pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi – spetti nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia a prescindere dall’età del minore (viene quindi eliminata la previsione della normativa previgente in base alla quale tale indennità spettava sino al limite massimo di età di 6 anni del bambino). Si segnala inoltre che la legge finanziaria per il 2008 ha stabilito che le norme di cui agli articoli 25 e 35 del testo unico di cui al D.Lgs. 151 del 2001, relative, rispettivamente, al trattamento previdenziale dei periodi di congedo di maternità e dei periodi di congedo parentale, si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (cioè al 27 aprile 2001), escludendo, quindi, i soggetti già pensionati. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati al 1° gennaio 2008. 127 PARITÀ DI TRATTAMENTO NEL LAVORO PARITÀ DI TRATTAMENTO NEL LAVORO Il divieto di discriminazione ha senza dubbio raggiunto nell’ultimo decennio un livello di interesse molto elevato, soprattutto nella costruzione dell’ordinamento giuridico sopranazionale, con l’introduzione dell’articolo 13 nel Trattato di Amsterdam, con il quale si afferma, che il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento, può prendere opportuni provvedimenti al fine di contrastare le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l’origine etnica, la religione o le convenzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. In questo contesto, è da sottolineare l’emanazione di alcune direttive che hanno disciplinato la parità di trattamento e la salvaguardia della dignità nei luoghi di lavoro. Già nel corso della XIV legislatura erano state recepite nel nostro ordinamento tre importanti direttive concernenti la tutela dei principi in precedenza richiamati212: la direttiva 2000/43/CE del 26 settembre 2000, del Consiglio, attuativa del principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (cd. direttiva “razza”). Tale direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215; la direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, del Consiglio, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali (cd. direttiva “quadro”). Tale direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216; la direttiva 2002/73/CE del 23 settembre 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 76/207/CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro. Tale direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 145. In seguito, nel corso della XV legislatura, la L. 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria per il 2006) ha delegato il Governo a recepire la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, volta a 212 Tali direttive talvolta riguardano la parità di trattamento in un ambito generale e quindi si applicano anche alla materia del lavoro (è il caso della direttiva 2000/43/CE), in altri casi si riferiscono esclusivamente alla parità di trattamento per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro (si tratta invece delle direttive 2000/8/CE e 2002/73/CE). 129 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE riordinare in un unico testo le vigenti disposizioni comunitarie riguardanti le pari opportunità e la parità di trattamento tra sessi in materia di occupazione e lavoro. La direttiva in esame quindi attua la rifusione in un unico testo delle sette direttive che disciplinano questa materia213, per esigenze di chiarezza e di facilità di consultazione delle norme, provvedendo a coordinare tali direttive anche sulla base delle pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee. Le disposizioni contenute nella direttiva disciplinano, in particolare, la parità di trattamento in materia di remunerazione, di regimi professionali di sicurezza sociale, di accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale e di condizioni di lavoro. La direttiva, inoltre, si occupa delle misure di tutela sia sul piano giudiziale sia per quanto riguarda la promozione della parità di trattamento. In attuazione di tale delega il Governo ha quindi adottato e trasmesso alle Camere, per il previsto parere, lo schema di decreto legislativo recante Attuazione della direttiva 2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (atto n. 230)214. In primo luogo, tale provvedimento introduce (articolo 1) modifiche al D.Lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna)215 – cfr. infra - al fine di chiarire e ad ampliare l’ambito delle misure di promozione e tutela delle pari opportunità tra uomini e donne in materia di lavoro, rafforzandole e coordinandole con le altre norme del medesimo D.Lgs. 198/2006. In particolare: si ridefiniscono le nozioni di discriminazione, includendo quanto è necessario per renderle conformi alle nozioni comunitarie, e le si rendono valide ai fini di tutta la disciplina recata dal menzionato Codice; si precisa, recependo la giurisprudenza della Corte di giustizia, che la discriminazione derivante dal cambiamento di sesso rientra nella nozione di discriminazione per ragioni connesse al sesso 213 Si tratta delle direttive 75/117/CEE, 86/378/CEE, 96/97/CE, 76/207/CE, 2002/73/CE, 97/80/CE, 98/52/CE. Si consideri che: la direttiva 2002/73/CE modifica la direttiva 76/207/CEE; la direttiva 96/97/CE modifica la direttiva 86/378/CEE; la direttiva 98/52/CE ha esteso la direttiva 97/80/CE al Regno Unito e all’Irlanda del Nord. 214 Su tale schema la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha espresso un parere favorevole a con condizione il 18 marzo 2008, mentre la 11 Commissione (Lavoro, previdenza) del Senato ha espresso un parere favorevole il 20 marzo 2008. Alla data finale della legislatura il decreto legislativo in esame non è stato ancora emanato. Si consideri che il termine per l’esercizio della delega, stabilito al 4 marzo 2008, è stato automaticamente prorogato di 90 giorni in base al “meccanismo” di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 13/2007 e quindi scadrà il 2 giugno 2008. 215 Si ricorda che, in attuazione dell’articolo 6 della L. 28 novembre 2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), è stato emanato il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (pubblicato nella G.U. 31 maggio 2006, n. 133), recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, che provvede ad un riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità. Nell’ambito delle disposizioni relative alle pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici, il provvedimento tra l’altro provvede al riassetto della disciplina relativa alle pari opportunità nel lavoro (con riferimento anche alla relativa tutela giurisdizionale) e alle azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro. 130 PARITÀ DI TRATTAMENTO NEL LAVORO (come previsto dal considerando n. 3 della direttiva 2006/54/CE); vengono ampliate le competenze del Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento e di uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, provvedendo altresì a ridefinire la composizione del medesimo organo alla luce delle competenze del Ministro per i diritti e le pari opportunità e del Ministro per le politiche della famiglia; si precisano e si ampliano i compiti promozionali e di garanzia delle consigliere e dei consiglieri di parità; vengono modificate le norme recanti i divieti di discriminazione, ampliando l’ambito dei medesimi divieti e prevedendo le possibili deroghe in conformità alle limitazioni poste dalla direttiva216; viene modificata sotto vari profili la disciplina della tutela giudiziaria, in modo da definirne l’ambito di applicazione e la legittimazione217; tra le misure per la promozione delle pari opportunità, assume una particolare valenza sistematica la disposizione volta ad introdurre il mainstreaming di genere nell’ordinamento nazionale, precisando che nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione e nei regimi professionali di sicurezza sociale si deve tener conto dell’obiettivo delle pari opportunità tra uomini e donne nella formulazione ed attuazioni di leggi, regolamenti ed atti amministrativi; sempre tra le misure per la promozione delle pari opportunità, viene introdotta una disposizione volta a prevenire le discriminazioni, responsabilizzando a tal fine i datori di lavoro e i responsabili dell’accesso alla formazione professionale. Il provvedimento, inoltre, reca (articolo 2) modifiche al D.Lgs. 151/2001 (T.U. delle disposizioni in materia di tutela della maternità e paternità), volte non solo a migliorare il coordinamento con il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, ma anche volte ad assicurare, al rientro dai congedi di maternità o paternità ovvero dai congedi parentali, il diritto a beneficiare degli eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che sarebbero spettati durante l’assenza. Si provvede inoltre (articolo 3) a modificare l’articolo 9 della L. 53/2000, in materia di promozione ed incentivazione di azioni positive per conciliare i tempi di vita e di lavoro. Le modifiche sono volte principalmente a rendere tali misure più rispondenti alle esigenze dell’utenza, ad ampliare in novero dei soggetti 216 Vengono introdotte importanti precisazioni riguardo al divieto di discriminazione nella retribuzione e, quanto alle condizioni di lavoro, viene precisato che il divieto di discriminazione tra uomini e donne comprende anche le condizioni di sospensione temporanea e di licenziamento 217 A tal fine, viene precisata la possibilità di agire sia per la violazione dei divieti di discriminazione espressi sia nei casi di condotte antidiscriminatorie atipiche, si estende la legittimazione ad agire alle associazioni e alle organizzazioni rappresentative del diritto o dell’interesse violato, viene modificata la disciplina dell’onere della prova rafforzando la posizione di chi vuol far valere una discriminazione, viene elevata l’entità della sanzione, la tutela giudiziaria viene estesa anche a tutte le ipotesi di “vittimizzazione”, ovvero ogni condotta pregiudizievole posta in essere quale reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne. 131 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE beneficiari dei relativi finanziamenti, a rendere omogenee le categorie di lavoratori destinatarie delle varie misure ed ad ampliare gli interventi finanziabili. Si ricorda che le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri (o del ministro delegato) in materia di pari opportunità sono oggi disciplinate dall’articolo 2 del menzionato Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, ai sensi del quale spetta al Presidente del Consiglio promuovere e coordinare le azioni di Governo volte ad assicurare pari opportunità, a prevenire e rimuovere le discriminazioni, nonché a consentire l'indirizzo, il coordinamento e il monitoraggio della utilizzazione dei relativi fondi europei. Sull’ambito di tali competenze ha inciso il D.L. 181/2006218 (art. 1, comma 19, lett. f) e g)), che ha trasferito alla Presidenza del Consiglio dei ministri talune funzioni di competenza statale in materia di pari opportunità nei rapporti di lavoro e di azioni positive per l'imprenditoria femminile, in precedenza attribuite rispettivamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro delle attività produttive. Tra gli altri interventi legislativi e regolamentari posti in essere nel corso della XV Legislatura nella materia in esame, si segnala, inoltre: l’istituzione, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del D.L. 223/2006219, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo, denominato “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità” (v. capitolo Pari opportunità e non discriminazione, nel dossier relativo alla Commissione Affari costituzionali), destinato appunto a promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con una assegnazione originaria di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007. Successivamente, la dotazione di tale fondo, ai sensi dell’articolo 1, comma 1261, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), è stata incrementata di 40 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, precisandosi altresì che una quota parte dell’incremento del medesimo fondo sia destinata al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere.220; 218 D.L. 18 maggio 2006, n. 181, “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2006, n. 233. 219 D.L. 4 luglio 2006, n. 223, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. 220 La disposizione in esame, inoltre, demanda ad un decreto del Ministro per i diritti e le pari opportunità, emanato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro della salute e il Ministro delle politiche per la famiglia, l’individuazione dei criteri di ripartizione dell’istituendo Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere, del quale una quota parte sarà destinata all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e un’altra quota parte sarà destinata al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere. 132 PARITÀ DI TRATTAMENTO NEL LAVORO il D.P.R. 14 maggio 2007, n. 115, recante il regolamento per il riordino della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna221, che, ai fini di riduzione della spesa, ha ridefinito, tra l’altro, la composizione e il funzionamento della Commissione, i diritti sul piano economico per i suoi componenti nonché la struttura burocratica di supporto (segreteria tecnica) della Commissione; la direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per i diritti e le pari opportunità del 23 maggio 2007, con la quale sono state emanate le misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche. 221 Emanato in attuazione dell’articolo 29 del D.L. 223/2006, che ha disposto una riduzione della spesa complessiva sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per commissioni, comitati ed altri organismi, anche monocratici, del 30% rispetto a quella relativa al 2005 e, a tal fine, ha previsto il riordino di tali organismi, anche tramite la soppressione o l’accorpamento delle relative strutture. 133 MISURE CONTRO LE DIMISSIONI “IN BIANCO” MISURE CONTRO LE DIMISSIONI “IN BIANCO” Con la L. 188/2007222 sono state dettate disposizioni in materia di dimissioni volontarie dei lavoratori subordinati nonché dei soggetti le cui prestazioni sono riconducibili al lavoro “parasubordinato”. Lo scopo della norma è quello di eliminare, o almeno contrastare, la pratica di far firmare al lavoratore le dimissioni “in bianco” al momento dell’assunzione e quindi nel momento in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole, pratica riguardante prevalentemente le donne lavoratrici. Al fine di contrastare tale fenomeno, rendendo meno difficoltoso l’onere probatorio relativo alla nullità delle dimissioni volontarie, la L. 188/2007 ha disposto che la validità della lettera di dimissioni volontarie, presentata dal “prestatore d'opera” e volta a dichiarare l'intenzione del medesimo soggetto di recedere dal contratto di lavoro, sia subordinata, fatte salve le disposizioni concernenti il recesso dal contratto di lavoro a tempo indeterminato e il rispetto dei termini di preavviso di cui all’articolo 2118 c.c., all’utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dagli uffici provinciali del lavoro e dagli uffici comunali. La nuova disciplina va ad aggiungersi alle disposizioni già vigenti volte a garantire specifiche tutele per i lavoratori subordinati contro il richiamato fenomeno delle false dimissioni. Al riguardo si ricorda che l’articolo 55 del D.Lgs. 151/2001223 prevede che la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, debba essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro. Lo stesso articolo, inoltre, dispone che nel caso di dimissioni da esso disciplinate, la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso. Inoltre, l’articolo 35 del D.Lgs. 198/2006224 stabilisce la nullità delle dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, purché segua la celebrazione, ad un anno 222 L. 17 ottobre 2007, n. 188, “Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonchè del prestatore d'opera e della prestatrice d'opera”. 223 D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”. 224 D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”. 135 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE dopo la celebrazione stessa, salvo che siano dalla lavoratrice medesima confermate entro un mese alla Direzione provinciale del lavoro225. Destinatari della norma sono tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, e la nuova disciplina si applica ai contratti di lavoro subordinato, indipendentemente dalle caratteristiche e dalla durata, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, alle prestazioni occasionali di collaborazione, ai contratti di associazione in partecipazione in cui l’associato fornisce prestazioni lavorative e in cui i suoi redditi derivanti dalla partecipazione agli utili siano qualificati come redditi di lavoro autonomo, ai contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci. In particolare, si prevede che l’efficacia della lettera di dimissioni volontarie, presentata dal lavoratore e volta a dichiarare l'intenzione del medesimo soggetto di recedere dal contratto di lavoro, sia subordinata all’utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dagli uffici provinciali del lavoro e dagli uffici comunali. I moduli hanno comunque una validità temporale massima di quindici giorni dalla data di emissione. I richiamati moduli, realizzati secondo specifiche direttive definite con apposito decreto, devono riportare un codice alfanumerico progressivo di identificazione, la data di emissione e appositi spazi, da compilare a cura del firmatario, dedicati all'identificazione del prestatore d'opera, del datore di lavoro, della tipologia di contratto da cui si intende recedere, della sua data di stipulazione e ogni altro elemento utile. Si ricorda che con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione del 21 gennaio 2008226, sono state definiti gli standard e le regole per la realizzazione del modulo per la comunicazione delle dimissioni volontarie Tali moduli sono resi disponibili anche attraverso il sito INTERNET del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, secondo modalità definite con il decreto di cui sopra, garantendo allo stesso tempo la titolarità del richiedente, la riservatezza dei dati personali nonché la data di rilascio, ai fini della verifica del rispetto del termine di validità di quindici giorni richiamato in precedenza. Infine, è stato disposto che con apposite convenzioni, definite con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, siano stabilite le 225 Poiché tali particolari discipline già garantiscono una adeguata tutela del lavoratore tramite la necessità dell’intervento della Direzione provinciale del lavoro ai fini della validità delle dimissioni, sembrerebbe che in tali casi non sia necessario presentare le dimissioni secondo le modalità prescritte dalla L. 188/2007. 226 Pubblicato sulla G.U. n. 42 del 19 febbraio 2008. 136 MISURE CONTRO LE DIMISSIONI “IN BIANCO” modalità mediante le quali sia possibile al lavoratore acquisire gratuitamente i moduli richiamati in precedenza, anche tramite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e i patronati. 137 PARTECIPAZIONE ALLA GESTIONE D’IMPRESA PARTECIPAZIONE ALLA GESTIONE D’IMPRESA Nel corso della XV legislatura sono stati emanati alcuni decreti legislativi (su cui si sono espresse le competenti commissioni di Camera e Senato in sede di parere) che, recependo la corrispondente normativa comunitaria, hanno previsto il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese con determinate caratteristiche o dimensioni227. In particolare, il D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 25, dando attuazione alla direttiva 2002/14/CE dell’11 marzo 2002 che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o negli stabilimenti situati nell’Unione europea, ha previsto una disciplina del coinvolgimento dei lavoratori relativamente alle imprese che abbiano più di 50 addetti, disponendo che le procedure di informazione e consultazione debbano riguardare in particolare l’evoluzione e le prospettive dell’attività dell’impresa o dello stabilimento, la situazione economica, la situazione, la struttura e l’evoluzione probabile dell’occupazione nell’ambito dell’impresa o stabilimento, nonché tutte le decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro e di contratti di lavoro. Si attribuisce alla contrattazione collettiva il compito di stabilire in concreto le modalità di informazione e di consultazione dei lavoratori, prevedendo modalità e di tempo e di contenuto adeguate allo scopo. Inoltre, il D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 48, dando attuazione alla direttiva 2003/72/CE del 22 luglio 2003 che completa lo statuto della Società cooperativa europea (SCE) per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori228, ha provveduto ad introdurre un quadro normativo di riferimento per 227 Già nelle XIV legislatura, analogamente, nella materia in esame, erano stati emanati i seguenti decreti legislativi: il D.Lgs. 2 aprile 2002, n. 74, che, dando attuazione alla direttiva 94/45/CE, ha previsto l'istituzione di un Comitato aziendale europeo, quale organo di informazione e di consultazione dei lavoratori, in ogni impresa o gruppo di imprese di dimensione comunitaria; il D.Lgs 19 agosto 2005, n. 188, che, dando attuazione alla direttiva 2001/86/CE, disciplina il coinvolgimento dei lavoratori ai processi decisionali per la costituzione, la gestione e il funzionamento delle Società europee (SE), al fine di garantire che la costituzione di una SE non comporti la scomparsa o la riduzione delle prassi del coinvolgimento dei lavoratori esistenti nelle società partecipanti. Il provvedimento disciplina sia l'informazione che la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori in merito a questioni che riguardano la SE, le sue affiliate o dipendenze, riprendendo essenzialmente le disposizioni già previste per il Comitato aziendale europeo e, in più, prevedendo la presenza di rappresentanti dei lavoratori negli organi societari. 228 Si ricorda che il Regolamento 1435/2003/CE, nell’intento di assicurare la parità delle condizioni di concorrenza e di contribuire allo sviluppo economico nell’ambito dell’Unione europea, introduce negli ordinamenti dei 25 Stati membri la nuova forma di società cooperativa costituita dalla Società cooperativa europea (che può essere creata ex novo o derivare dalla fusione o trasformazione di cooperative già esistenti), in modo da dotare le imprese cooperative di strumenti giuridici in grado di facilitare lo sviluppo delle attività transnazionali, eliminando gli 139 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE quanto riguarda l'informazione e la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori in merito a questioni che riguardano la SCE, le sue affiliate o succursali, riprendendo essenzialmente le disposizioni già previste per il Comitato aziendale europeo nonché per lo statuto della Società europea (SE). La sostanziale novità del provvedimento in esame, tuttavia, risiede nella possibilità di applicare una forma di coinvolgimento che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa: tale partecipazione, infatti, non si riferisce a generiche relazioni di lavoro collaborative, ma concerne l’influenza che i lavoratori possono esercitare sulle decisioni d’impresa attraverso la presenza di rappresentanti dei lavoratori stessi negli organi societari. ostacoli di carattere giuridico ed amministrativo che derivano dalle differenze di disciplina nelle varie legislazioni nazionali. Pertanto le disposizioni della menzionata direttiva 2003/72/CE integrano il predetto Regolamento per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori ai processi decisionali per la costituzione, la gestione e il funzionamento delle SCE, al fine di garantire che la costituzione di una SCE non comporti la scomparsa o la riduzione delle prassi del coinvolgimento dei lavoratori esistenti nelle società partecipanti. 140 ATTIVITÀ PRESSO LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) LAVORO LAVORO L’incremento e il miglioramento dell’occupazione è uno degli obiettivi fondamentali per la crescita e lo sviluppo individuati dalla strategia di Lisbona (vedi capitolo Attività UE: La strategia di Lisbona, nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’unione europea e scheda Governance economica, nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’unione europea). In particolare, tra i quattro settori prioritari229 della strategia, definiti dal Consiglio europeo di primavera del 2006, rientra quello di “investire maggiormente nelle persone e modernizzare i mercati del lavoro”. Nel corso del 2006-2007 le Istituzioni dell’UE hanno definito, in esito ad ampi processi di consultazione, strategie ed indirizzi regolativi, presentando alcune proposte normative intese soprattutto a promuovere la mobilità geografica e l’occupazione, migliorare l’occupazione giovanile e femminile, modernizzare il diritto e i mercati del lavoro europei. Inoltre, le istituzioni dell’UE e gli Stati membri hanno proseguito nel coordinamento delle politiche dell’occupazione in attuazione degli orientamenti in materia contenuti nelle Linee guida per la crescita e l’occupazione 2005-2008. In coerenza con tale approccio, il programma legislativo della Commissione per il 2008 ha posto l’accento sulla creazione di nuovi posti di lavoro, quale premessa per la ripresa economica, per una migliore qualità della vita e per una risposta al problema posto dall’invecchiamento della popolazione. A tal fine, la Commissione ritiene necessario coniugare flessibilità e sicurezza a vantaggio dei datori di lavoro non meno che dei lavoratori. Coordinamento delle politiche dell’occupazione L’11 dicembre 2007 la Commissione ha presentato, nell’ambito delle iniziative relative al nuovo ciclo di governance della Strategia di Lisbona, la proposta di raccomandazione del Consiglio sugli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione per il periodo 2008-2010 (COM(2007)803–parte V), che comprende la proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti a favore dell’occupazione. La proposta mira in sostanza a confermare gli orientamenti previsti per il 2005-2008. 229 I quattro settori prioritari individuati dalla Strategia di Lisbona sono: Investire maggiormente nelle persone e modernizzare i mercati del lavoro; conoscenze e innovazione; liberare il potenziale delle imprese; energia e cambiamenti climatici. 143 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Modernizzazione del diritto del lavoro e flessicurezza Nel 2006 la Commissione ha avviato un dibattito pubblico sull’evoluzione del diritto del lavoro in modo tale da sostenere gli obiettivi della strategia di Lisbona ed ottenere una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità. A conclusione del processo di consultazione (avviato sulla base di un apposito Libro verde), la Commissione ha presentato, il 27 giugno 2007, una comunicazione intesa a definire principi comuni in materia di flessicurezza per consentire agli Stati membri di sviluppare strategie di flessicurezza adattate al proprio contesto nazionale. I principi comuni sono stati accolti con favore dal Parlamento europeo e dal Consiglio occupazione che ha invitato la Commissione ad assumere le iniziative necessarie per consentire l’attuazione dell’approccio proposto per gli Stati membri. Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008, ha invitato gli Stati membri ad attuare i principi comuni concordati di flessicurezza delineando nei loro programmi nazionali di riforma per il 2008 le modalità nazionali di attuazione di tali principi. Gestione dei cambiamenti La Commissione ha avviato, a febbraio 2008, un processo di consultazione delle parti sociali europee, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3230, del trattato che istituisce la Comunità europea, in merito ad un’eventuale iniziativa comunitaria di revisione della direttiva 94/45/CE sul comitato di impresa europea. La consultazione si è conclusa il 3 aprile 2008. Con una comunicazione del 17 marzo 2008 (COM(2008)146), la Commissione ha avviato, inoltre, una consultazione con gli Stati membri e le parti sociali a livello comunitario, in merito all’applicazione della direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea, al fine di proporre, se del caso, le necessarie modifiche. Il programma legislativo della Commissione per il 2008 prevede la presentazione, tra le iniziative prioritarie, della comunicazione “anticipare e gestire i cambiamenti”, con la quale si intende avviare una seconda fase di 230 L’articolo 138, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce che la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria. Al paragrafo 3, stabilisce che, se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione comunitaria, la Commissione consulta le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione. 144 LAVORO consultazione delle parti sociali europee su come anticipare le ristrutturazioni in campo aziendale. Orario di lavoro La Commissione ha presentato, il 22 settembre 2004, una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’orario di lavoro (COM(2004)607). Dopo la prima lettura del Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di codecisione, la Commissione ha presentato, il 31 maggio 2005, una proposta modificata che è ancora all’esame del Consiglio. Lavoro temporaneo Il 20 marzo 2002 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei (COM(2002) 149), volta ad assicurare la protezione di tali lavoratori e a migliorare la qualità del lavoro temporaneo garantendo, in particolare, il rispetto del principio dell’uguaglianza di trattamento in relazione ai lavoratori reclutati dall’impresa utilizzatrice per svolgere lo stesso lavoro. Dopo la prima lettura del Parlamento europeo la Commissione ha presentato, il 28 novembre 2002, una proposta modificata (COM(2002)201), secondo la procedura di codecisione, che è all’esame del Consiglio. Lavoro non dichiarato La Commissione ha presentato, il 24 ottobre 2007, una comunicazione sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso (COM(2007)628), nella quale identifica i principali fattori di spinta dell’economia informale, definisce metodi efficaci per ridurne l’ampiezza e propone un insieme di misure di controllo a livello tanto europeo quanto nazionale. Mobilità del lavoro Il 6 dicembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “La mobilità, uno strumento per garantire nuovi e migliori posti di lavoro: Piano d’azione europeo per la mobilità del lavoro (2007-2010) (COM (2007)773). Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla 145 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE pensione complementare Previdenza, pag. 151). (COM(2005)507) (vedi capitolo Attività UE: Persone lontane dal mondo del lavoro Il 17 ottobre 2007 la Commissione europea ha avviato – sulla base della comunicazione “Ammodernare la protezione sociale per un rafforzamento della giustizia sociale e della coesione economica: portare avanti il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro” (COM (2007) 620) la seconda fase di una consultazione dei partner sociali europei (UNICE/UEAPME, CEEP e CES) - che si è conclusa il 28 febbraio 2008. 146 PARITÀ DI GENERE PARITÀ DI GENERE La parità tra donne e uomini è un diritto fondamentale, un valore comune dell’UE e una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi comunitari di crescita, occupazione e coesione sociale (articoli 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea). Il programma legislativo della Commissione per il 2008 prevede la presentazione, tra le iniziative prioritarie, di una proposta di direttiva che attua il principio di parità di trattamento al di fuori dell’ambito dell’occupazione, ritenendo che il livello di tutela contro le discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, l’età, gli handicap o le tendenze sessuali sia minore rispetto alle discriminazioni fondate sulla razza. Tabella di marcia Il 1° marzo 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad una tabella di marcia (COM(2006)92) che individua sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di parità tra i generi per il periodo 2006-2010: una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini; l’equilibrio tra attività professionale e vita privata; la pari rappresentanza nel processo decisionale; l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere; l’eliminazione di stereotipi sessisti; la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo. Considerando la tabella di marcia, il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006 ha adottato un patto europeo per la parità di genere, al fine di incoraggiare l’azione a livello di Stati membri e di Unione europei nei seguenti settori: misure per colmare i divari di genere e combattere gli stereotipi di genere nel mercato del lavoro; misure per promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e familiare per tutti; misure per rafforzare la governance tramite l’integrazione di genere. Conciliazione della vita professionale, privata e familiare La conciliazione della vita professionale, della vita privata e della vita familiare è un elemento centrale della parità tra donne e uomini e rappresenta un settore di azione prioritaria della tabella di marcia. Inoltre essa rappresenta un fattore essenziale della qualità del lavoro. 147 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Alla fine del 2006 la Commissione ha avviato la prima fase di una consultazione formale delle parti sociali a livello europeo(UNICE/UEAPME, CEEP e CES) - sulla base di un apposito documento (SEC(2006)1245) - in merito al possibile orientamento di un’azione comunitaria in questo settore, volta a migliorare o completare il quadro esistente. La consultazione ha evidenziato la convergenza di opinioni tra le parti sociali riguardo alla necessità di adottare misure, in particolare per incoraggiare gli uomini ad impegnarsi maggiormente nella vita familiare. Il 30 maggio 2007 la Commissione ha avviato la seconda fase della medesima consultazione, relativa al contenuto di eventuali proposte in questo settore. Queste hanno riguardato in particolare il miglioramento delle disposizioni relative al congedo di maternità ed al congedo parentale231, nonché l’introduzione di nuovi tipi di congedi, e altre misure non legislative. Sulla base del parere delle parti sociali europee, la Commissione deciderà sull’opportunità di una proposta legislativa. Divario retributivo Nonostante determinati progressi, sul mercato del lavoro persiste un notevole divario tra donne e uomini, e di conseguenza rimangono altrettanti ostacoli al raggiungimento dell’obiettivo della parità nell’indipendenza economica. Il 18 luglio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione sull’analisi delle cause del divario tra le retribuzioni degli uomini e quelle delle donne e l’individuazione delle possibili modalità per porvi rimedio (COM(2007)424). Per affrontare la questione, la comunicazione individua quattro campi d’intervento: − applicare meglio l’attuale legislazione, analizzando in che modo adeguare la legislazione vigente e adottando iniziative di sensibilizzazione; − combattere il divario tra le retribuzioni come parte integrante delle politiche a favore dell’occupazione degli Stati membri, tra l’altro sfruttando pienamente le potenzialità dei finanziamenti comunitari, come il Fondo Sociale europeo; − promuovere la parità salariale fra i datori di lavoro, soprattutto grazie a iniziative che stimolino la responsabilità sociale; − sostenere lo scambio delle migliori pratiche nell’intera UE e interessare le parti sociali. 231 Direttiva 96/34/CE del 3 giugno 1996 concernente l’accordo-quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES. 148 PARITÀ DI GENERE Molestie e violenza sul luogo di lavoro L’8 novembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione che presenta l’accordo quadro europeo sulle molestie e la violenza sul luogo di lavoro (COM(2007)686). La comunicazione mira ad informare il Parlamento europeo e il Consiglio circa l’accordo quadro europeo firmato il 26 aprile 2007 dalle parti sociali europee, che fa seguito ad una consultazione organizzata dalla Commissione europea in base all’articolo 138 del trattato CE. L’accordo mira ad impedire e, se del caso, a gestire i problemi di prepotenza, molestie sessuali e violenza fisica sul luogo di lavoro. Condanna tutte le forme di molestia e violenza e conferma il dovere del datore di lavoro di tutelare i lavoratori contro tali rischi. La Commissione invita le istituzioni europee a promuovere l’accordo con tutti i loro mezzi, fornendo un’adeguata pubblicità e sostenendo l’attuazione a livello nazionale. Relazione sulle pari opportunità tra donne e uomini - 2008 Il 23 gennaio 2008 la Commissione ha presentato la quinta relazione annuale sulle pari opportunità tra donne e uomini (2008) (COM(2008)10), che per la prima volta si riferisce all’Europa allargata a 27 Stati membri. La Commissione sottolinea che la aumentata diversità dell’Unione europea può porre sfide nuove per le politiche a favore dell’uguaglianza. Osserva, tuttavia, che l’allargamento a nuovi Stati testimonia la loro adesione ai valori fondamentali dell’UE e il loro impegno nel perseguire i suoi obiettivi fondamentali, tra i quali le pari opportunità tra donne e uomini. Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008 ha sottolineato che occorrerebbe profondere sforzi volti a conciliare la vita professionale con la vita privata e familiare per le donne e gli uomini, ridurre sostanzialmente i differenziali retributivi di genere e ad attuare il patto europeo per la parità di genere. Ritiene inoltre che anche l’Alleanza per la famiglia (vedi capitolo Attività UE: Famiglia, nel dossier relativo alla Commissione Affari sociali) possa contribuire al raggiungimento di tali obiettivi. 149 PREVIDENZA PREVIDENZA La trasferibilità dei diritti a pensione complementare costituisce un presupposto fondamentale per la mobilità professionale, di cui la strategia di Lisbona riveduta sottolinea l’importanza al fine di assicurare la flessibilità dei mercati del lavoro, rilanciando la competitività dell’UE. In tale ottica, il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005)507). La proposta, che segue la procedura di codecisione, mira ad agevolare la mobilità dei lavoratori eliminando gli ostacoli derivanti dai differenti ordinamenti nazionali in materia di regimi pensionistici complementari. 151 SICUREZZA SUL LAVORO SICUREZZA SUL LAVORO Strategia per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro Nell’ambito della Strategia di Lisbona (vedi capitolo Attività UE: La strategia di Lisbona, nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’unione europea e scheda Governance economica, nel dossier relativo alla Commissione Politiche dell’unione europea), è stato riconosciuto il contributo determinante che la garanzia della qualità e della produttività sul luogo di lavoro può apportare alla promozione della crescita economica e dell’occupazione. L’onere che rappresentano gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per i sistemi di protezione sociale pubblici e privati è enorme e richiede una risposta integrata, coordinata e strategica, nonché una collaborazione fra i principali interessati, a livello di UE, per quanto riguarda l’elaborazione di strategie comunitarie e nazionali. La Commissione ha proposto, nel febbraio 2007, una strategia per la promozione della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro nell’Unione europea dal 2007 al 2012, “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro a livello dell’UE-27, entro il 2012. Con la comunicazione la Commissione intende stimolare tutte le parti interessate ad agire di concerto per ridurre i costi elevati degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché ad assicurare il benessere sul luogo di lavoro per i cittadini europei. A tal fine, la comunicazione afferma la necessità di un coordinamento effettivo, a livello comunitario e nazionale, tra le politiche in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e politiche che potrebbero avere un impatto in questo settore, quali sanità pubblica; sviluppo regionale e coesione sociale; appalti pubblici; occupazione e ristrutturazioni. Il 25 giugno 2007 il Consiglio, ribadendo la sua posizione espressa il 30 maggio 2007, ha approvato una risoluzione sulla strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro con cui accoglie favorevolmente la strategia proposta dalla Commissione, condividendone l’impostazione e gli obiettivi. In coerenza con gli indirizzi strategici generali, la Commissione ha proposto alcuni interventi settoriali. 153 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE Salute e sicurezza per l’uso di attrezzature di lavoro Il 3 novembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (COM(2006)652). Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta in prima lettura, il 19 giugno 2007, secondo la procedura di codecisione. Il 29 febbraio 2008 la Commissione ha presentato la proposta modificata (COM(2008) 111). Esposizione ai campi elettromagnetici Il 26 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (COM(2007)669. 154 POLITICHE LEGISLATIVE IN ALCUNI PAESI STRANIERI (a cura del Servizio Biblioteca – Ufficio Legislazione straniera) POLITICHE DELL’OCCUPAZIONE POLITICHE DELL’OCCUPAZIONE Francia Numerosi provvedimenti legislativi sono stati approvati in Francia negli ultimi due anni in materia occupazionale, tendenti in particolare a favorire sia l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro sia il ritorno all’impiego delle persone divenute disoccupate. Per prima è stata approvata la Loi n. 2006-339 du 23 mars 2006 relative au retour à l’emploi et sur les droits et les devoirs des bénéficiaires de minima sociaux,232 contenente in particolare disposizioni di incentivazione al ritorno all’occupazione e relative all’indennità costituita dal “reddito minimo d’inserimento”. Il titolo I della legge ha istituito un contributo (prime) di ritorno all’occupazione a favore di quanti beneficiano del reddito minimo d’inserimento (RMI), dell’indennità di solidarietà specifica (ASS) e dell’indennità di genitore unico (API), che iniziano o riprendono un’attività professionale per una durata minima da fissarsi con decreto. Ai beneficiari dell’ASS che riprendono un’attività professionale è versato un contributo forfetario mensile È inoltre istituito un contributo forfetario mensile a favore dei titolari dell’RMI che riprendano un’attività professionale o uno stage remunerato di formazione. Analogo contributo è istituito per i titolari dell’API. Il titolo II contiene invece disposizioni specifiche sull’RMI. Per accedere a tale indennità, ai cittadini dei Paesi membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo è richiesto il possesso dei requisiti per il diritto di soggiorno e la residenza in Francia da almeno tre mesi, con talune eccezioni. È possibile, per i beneficiari dell’RMI, percepire di nuovo l’indennità, in caso di rottura del contratto di inserimento-RMI o del “contratto d’avvenire”. Alcune misure a favore dell’occupazione sono state inserite anche nella Loi n. 2006-396 du 31 mars 2006 pour l’égalité des chances.233 In dettaglio, vi è la possibilità per gli studenti di 14 anni di accedere a una formazione mirante al conseguimento di una qualifica professionale (formation d’apprenti junior); gli stage, di una durata minima da fissare con decreto, saranno remunerati con una gratifica. All’interno di tali parcours d’initiation aux métiers, gli imprenditori sono incentivati ad 232 Il testo ufficiale della legge può essere consultato in Internet, http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=SOCX0500260L. 233 Il testo della “legge sull’uguaglianza delle opportunità” è consultabile all’indirizzo Internet http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=SOCX0500298L. 157 all’indirizzo POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE accogliervi i giovani, grazie ad un credito d’imposta di 100 euro per studente e per settimana di presenza, fino al limite di 26 settimane. Particolare rilievo ha assunto la Loi n. 2006-457 du 21 avril 2006 sur l’accès des jeunes à la vie active en entreprise234 con la quale è stato superato il contrat première embauche (CPE), introdotto nel marzo 2006 e che aveva suscitato un aspro conflitto sociale e politico nel paese. E’ stato quindi stabilito che, al fine di favorire l’accesso dei giovani all’occupazione e alla qualificazione professionale, i datori di lavoro possono beneficiare di un sostegno statale in caso di conclusione di contratti di durata indeterminata a tempo pieno o a tempo parziale per le seguenti categorie: 1) giovani tra i 16 e i 25 anni il cui livello di formazione è inferiore a quello del diploma finale di secondo ciclo; 2) giovani tra i 16 e i 25 anni che risiedono in una zona urbana sensibile; 3) giovani titolari di un “contratto d’inserimento nella vita sociale”. L’aiuto statale è accordato per una durata di due anni. Tale sostegno è compatibile con alcune riduzioni ed esenzioni previste dal codice della sicurezza sociale e dal codice rurale, ma non con altri sostegni statali. Un decreto precisa l’ammontare e le modalità di versamento di tale sostegno. In attuazione di uno degli impegni assunti dal nuovo Presidente della Repubblica Sarkozy all’inizio del suo mandato, è stata poi approvata la Loi n. 2007-1223 du 21 août 2007 en faveur du travail, de l’emploi et du pouvoir d’achat,235 con la quale, oltre a sostenere i giovani ed avviare la riforma dei « minimi sociali », si è voluto « recuperare il lavoro come valore ». In tale ottica è stato disposto che le ore supplementari di lavoro (complementari per i lavoratori a tempo parziale) sono esonerate dall’imposta sul reddito e danno diritto ad una riduzione degli oneri sociali a carico dei lavoratori e ad una deduzione forfetaria degli oneri a carico dei datori di lavoro. I giovani con meno di 26 anni che lavorano continuando gli studi sono invece esonerati dall’imposta sul reddito, entro il limite di tre volte l’ammontare del salario minimo legale mensile. E’ stato infine introdotto, in via sperimentale, il concetto di “reddito di solidarietà attiva” al posto degli attuali “minimi sociali”, per permettere una migliore articolazione tra prestazioni sociali e reddito da lavoro. 234 Il testo della legge può essere consultato in rete all’indirizzo http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=SOCX0609236L 235 Il testo ufficiale della legge è consultabile http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=ECEX0755909L. 158 web in POLITICHE DELL’OCCUPAZIONE Germania Facendo seguito ad una serie di leggi di riforma del mercato del lavoro, approvate nel 2003 e nel 2004 dal precedente governo, ed aventi come obiettivo la richiesta di maggiore responsabilità ed iniziativa da parte delle persone in cerca di occupazione, il nuovo governo guidato da Angela Merkel ha presentato in Parlamento diversi provvedimenti in tema di lotta alla disoccupazione. Da segnalare in primo luogo l’approvazione della Gesetz zur Änderung des Zweiten Buches Sozialgesetzbuch,236 del 24 marzo 2006 (Legge recante modifica del Secondo libro del Codice sociale), finalizzata al riordino dell’indennità di disoccupazione di lunga durata (Arbeitslosengeld II), quando corrisposta ai giovani di età inferiore a 25 anni. Tale indennità prevede infatti, oltre ad una somma forfetaria, la presa in carico, entro determinati limiti, delle spese di affitto e di riscaldamento. Per questo motivo è stata spesso utilizzata dai giovani disoccupati fra i 18 e i 25 anni per lasciare la casa dei genitori. Sotto il profilo giuridico la riduzione dell’indennità è stata ottenuta modificando la nozione di Bedarfsgemeinschaft, ossia di “comunità beneficiaria”. Secondo la precedente normativa, ogni maggiorenne disoccupato di età inferiore a 25 anni costituiva da solo una “comunità” di tal genere e aveva pertanto diritto all’indennità, all’affitto e al riscaldamento se lasciava la casa familiare. Con la nuova legge il giovane e la famiglia costituiscono un’unica “comunità beneficiaria”, con la conseguenza che il giovane riceverà la nuova indennità ridotta all’80% di quella precedente. In questo modo l’incidenza delle spese per l’affitto e per il riscaldamento viene ripartita su tutti i componenti della famiglia. Inoltre il giovane beneficiario dell’indennità, se vuole lasciare la casa dei genitori, deve chiedere un’autorizzazione all’Agenzia federale del lavoro, che potrà concedergliela solo per “gravi motivi sociali”. In tal caso egli percepirà la nuova indennità ridotta, nonché i contributi per l’affitto e il riscaldamento. Successivamente, ancora nell’ottica della responsabilizzazione delle persone disoccupate, è stata approvata la Gesetz zur Fortentwicklung der Grundsicherung für Arbeitsuchende,237 del 20 luglio 2006 (Legge sulla continuazione della sicurezza di base per le persone in cerca di lavoro). In essa è stato disposto, innanzitutto, che ogni beneficiario dell’indennità di disoccupazione di lunga durata il quale, nell’arco di un anno, senza un valido motivo, rifiuti per tre volte l’offerta di lavoro che gli viene proposta, può vedersi sospese le prestazioni di base per un periodo di tempo. In secondo luogo, la legge ha introdotto l’obbligo per l’Agenzia federale del lavoro di proporre immediatamente ad ogni nuovo beneficiario dell’indennità di disoccupazione di lunga durata un’offerta di lavoro o di formazione, anche per abbreviare i termini di un’eventuale decadenza dalle succitate 236 Il testo ufficiale della legge è http://217.160.60.235/BGBL/bgbl1f/bgbl106s0558.pdf. 237 Testo consultabile all’indirizzo http://217.160.60.235/BGBL/bgbl1f/bgbl106s1706.pdf. 159 disponibile all’indirizzo Internet POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE prestazioni di base. In terzo e ultimo luogo, la legge ha soppresso le sovvenzioni triennali disposte dalla precedente legge Hartz IV per le società unipersonali costituite da disoccupati (le Ich-AG, anch’esse abolite), sostituendole con strumenti analoghi ma di portata più limitata (le sovvenzioni all’autoimprenditorialità o Gründungszuschüsse). Solo chi riceve l’Arbeitslosengeld I, ossia l’indennità di disoccupazione in senso stretto, può richiedere in aggiunta ad essa le suddette sovvenzioni, per una durata massima, tuttavia, che non può superare i 15 mesi. Infine sono state approvate la Zweites Gesetz zur Änderung des Zweiten Buches Sozialgesetzbuch238 (Seconda legge di modifica del Secondo Libro del Codice Sociale) e la Viertes Gesetz zur Änderung des Dritten Buches Sozialgesetzbuch239 (Quarta legge di modifica del Terzo Libro del Codice Sociale), entrambe del 10 ottobre 2007, con le quali il Parlamento federale tedesco è intervenuto per incrementare le possibilità occupazionali e di qualificazione di un gruppo consistente di persone che incontra particolari ostacoli nell’inserimento nel mondo del lavoro, quali la disoccupazione cronica, l’assenza di una preparazione professionale, limitazioni per motivi sanitari e problemi finanziari. La seconda legge di modifica del Secondo Libro del Codice sociale ha introdotto il sussidio di occupazione (Beschäftigungszuschuss), un’indennità finanziata attraverso fondi federali (Ermessensleistung). Scopo di questo nuovo tributo posto a carico del datore di lavoro è quello di incentivare l’assunzione dei lavoratori soggetti ad obbligo assicurativo che, come requisiti, abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, siano disoccupati di lunga durata, dimostrino di aver incontrato diversi impedimenti nel reinserimento, non siano stati assunti dopo una fase di mobilità di almeno sei mesi e che non si aspettino di svolgere un’attività remunerata entro i successivi 24 mesi. Il contributo a carico del datore di lavoro consiste in un sussidio per i costi salariali fino al 75 per cento. Al termine di una prima fase di attività della durata di 24 mesi, il lavoratore può essere assunto a tempo indeterminato. I salari vengono pagati in base al contratto collettivo o stabiliti sul posto di lavoro. Il lavoro sovvenzionato non è soggetto all’obbligo assicurativo per il fondo disoccupazione. Il sussidio di occupazione viene finanziato attraverso i fondi di bilancio stanziati per gli interventi di politica occupazionale, nell’ambito del livello minimo di reddito per le persone alla ricerca di un impiego. La quarta legge di modifica del Terzo Libro del Codice Sociale si è posta invece l’obiettivo di migliorare la qualificazione e di incrementare le opportunità professionali dei lavoratori più giovani con problemi di inserimento. La nuova legge prevede il finanziamento di un contributo per la qualificazione (Qualifizierungszuschusses), a carico del datore di lavoro, del valore del 50 per cento del salario lordo, per l’inserimento e, contemporaneamente, il perfezionamento dei nuovi 238 Testo ufficiale in http://www.bgblportal.de/BGBL/bgbl1f/bgbl107s2326.pdf. 239 Testo all’indirizzo Internet http://www.bgblportal.de/BGBL/bgbl1f/bgbl107s2329.pdf. 160 POLITICHE DELL’OCCUPAZIONE impiegati. Destinatari di questa misura sociale sono i giovani che non abbiano compiuto i 25 anni di età, che siano disoccupati da almeno sei mesi e che non possiedano alcun titolo professionale. Al fine di evitare il consolidamento della disoccupazione, la Federazione può promuovere, attraverso il cosiddetto contributo per l’assunzione (Eingliederungszuschuss), a carico del datore di lavoro, di valore compreso tra il 25 e il 50 per cento del salario lordo e fino ad un massimo di 1.000 euro mensili, l’impiego dei lavoratori più giovani che non abbiano compiuto i 25 anni di età e che siano disoccupati da almeno sei mesi, nonostante abbiano conseguito un titolo professionale. Spagna Durante il primo governo guidato da Zapatero, a seguito della sottoscrizione, il 9 maggio 2006, di un accordo tripartito tra governo, organizzazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali (Accordo per il miglioramento e la crescita dell’occupazione), il Parlamento spagnolo ha approvato la Ley 43/2006, de 29 de diciembre, para la mejora del crecimiento y del empleo,240 con la quale si è voluta proseguire la politica occupazionale già seguita nei precedenti governi guidati da Aznar, volta alla lotta al lavoro temporaneo ed a favore della stabilità dell’impiego. Nel capitolo I della legge, intitolato “Misure di impulso alla contrattazione a tempo indeterminato”, sono contenuti: il “Programma di sostegno all’occupazione” (Programa de fomento del empleo), volto a favorire l’uso dei contratti a tempo indeterminato da parte delle imprese, che vengono agevolate mediante una serie di sgravi contributivi (bonificaciones), rispettivamente, per le nuove assunzioni a tempo indefinito, per la trasformazione di contratti temporanei già in corso in indeterminati e per il mantenimento di contratti a tempo indeterminato per i lavoratori di 60 o più anni. Le agevolazioni sono disposte in riferimento ad una serie di categorie di lavoratori ritenute svantaggiate (disabili, giovani da 16 a 30 anni, lavoratori con più di 45 anni o disoccupati da più di 6 mesi, lavoratori in diverse situazioni di “esclusione sociale”, elencate dalla legge stessa, donne disoccupate da più di 5 anni o vittime di violenze familiari o che abbiano partorito da meno di 2 anni); il “Contratto di sostegno alla contrattazione a tempo indeterminato” (Contrato de fomento de la contratación indefinida), già introdotto dalla Legge 63/1997 e modificato con la Legge 12/2001, la cui applicazione è stata estesa ai contratti temporanei sottoscritti fino al 31 dicembre 2007; la “Riduzione dei contributi imprenditoriali per i contratti a tempo indeterminato” (Reducción de cotizaciones imprenditoriales por contratos indefinidos), che prevede, tra l’altro, la riduzione dei contributi per disoccupazione versati dal datore di lavoro, nella misura dello 0,25% dal 1° luglio 2006, seguita da un’ulteriore riduzione dello 240 Testo ufficiale disponibile all’indirizzo http://www.boe.es/boe/dias/2006/12/30/pdfs/A4658646600.pdf. Le misure contenute nella legge erano già state presentate dal Governo in forma di decreto-legge, nel giugno 2006. 161 POLITICHE LEGISLATIVE E ATTIVITÀ ISTITUZIONALE 0,25% dal 1° luglio 2008; per i contratti a tempo indeterminato, quindi, il contributo di disoccupazione è ora fissato al 7,30% della retribuzione lorda, del quale il 5,75% a carico dell’imprenditore ed il restante 1,55% a carico del lavoratore. Il capitolo II concerne invece una serie di modifiche alla legislazione sul lavoro, con particolare riguardo allo “Statuto dei lavoratori” (Decreto Legislativo 1/1995), miranti ad una maggiore protezione dei dipendenti nei casi di reiterazione di contratti temporanei, di subappalto di lavori e servizi e di insolvenza dell’imprenditore; viene inoltre abrogato il “contratto temporaneo di inserimento” (contrato temporal de inserción), che secondo il legislatore non ha corrisposto alle aspettative, e viene abbassato da 25 a 24 anni il precedente limite massimo di età per sottoscrivere i “contratti di formazione” (contratos formativos). 162 Schede di approfondimento PREVIDENZA REQUISITI PER LA PENSIONE DI ANZIANITÀ MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI REQUISITI PER LA PENSIONE DI ANZIANITÀ Requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità per i lavoratori in possesso dei medesimi alla data del 31 dicembre 2007 A seguito della riforma del sistema pensionistico attuata dalla L. 335/1995, la disciplina sul trattamento pensionistico di anzianità è applicabile solo ai lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995. Si ricorda che a tali lavoratori: continua ad applicarsi il sistema retributivo, se al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva di almeno a 18 anni (articolo 1, comma 13); si applica il sistema misto, se alla predetta data avevano un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni: in tal caso la pensione è liquidata in parte con il sistema retributivo (per la quota corrispondente alle anzianità maturate prima 31 dicembre 1995) in parte con il sistema misto (per la quota corrispondente alle anzianità maturate successivamente) (articolo 1, comma 12). Gli stessi lavoratori possono comunque optare per la liquidazione della pensione esclusivamente con le regole del sistema contributivo, purché abbiano un’anzianità contributiva di almeno 15 anni, di cui almeno 5 maturati sotto la vigenza del sistema medesimo, quindi dal 1° gennaio 1996 in poi (articolo 1, comma 23). I criteri di computo della pensione per coloro che esercitano tale facoltà sono stati dettati dal D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 180. I requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità, per coloro che avessero maturato i medesimi requisiti entro il 31 dicembre 2007 erano, alternativamente, i seguenti241: 241 Per quanto concerne i requisiti pensionistici si ricorda che i commi da 6 a 9 dell’articolo 1 della L. 243/2004 avevano modificato, a decorrere dal 2008, i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità e al trattamento pensionistico di vecchiaia liquidato esclusivamente con il sistema contributivo. Più in particolare, la L. 243/2004 non aveva modificato il regime di accesso alle prestazioni pensionistiche per coloro che avessero maturato i requisiti del diritto alle pensioni di anzianità o di vecchiaia entro il 31 dicembre 2007; in tal caso i requisiti restano quelli definiti dalla L. 335/1995 e dalla L. 449/1997, siano le stesse pensioni calcolate con il sistema retributivo, con quello contributivo o con quello misto. Pertanto - ai sensi dell’articolo 1, comma 25, della legge n. 335/1995 - ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, sino al il 31 dicembre 2007, il diritto alla pensione di anzianità era riconosciuto in presenza di 57 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, qualora ricorresse un requisito contributivo più elevato (39 anni per il biennio 2006-2007) . Per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS – ai sensi dell’articolo 59, comma 6, della legge n. 449/97 erano invece richiesti 58 anni di età e 35 di contributi ovvero, indipendentemente dall’età, 40 anni di contributi. Sempre fino al 31 dicembre 2007, per i medesimi lavoratori, per la pensione di vecchiaia calcolata con il sistema retributivo o misto, i requisiti erano rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età per le donne e 65 anni d’età per gli uomini. 167 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni, in concorrenza con almeno 57 anni per i lavoratori dipendenti o 58 anni per i lavoratori autonomi di età anagrafica; 40 anni di anzianità contributiva, a prescindere dall'età anagrafica. Requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità dal 1° gennaio 2008 A decorrere dal 1° gennaio 2008, la L. 243/2004 (articolo 1, comma 6, lettera a)) aveva mantenuto la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica, ma aveva innalzato l’età anagrafica necessaria al pensionamento in presenza di 35 anni di anzianità contributiva242. In particolare, in presenza, come ricordato, di 35 anni di contributi: per gli anni 2008 e 2009 l’età anagrafica era elevata a 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; per gli anni dal 2010 al 2013 l’età anagrafica era elevata a 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Peraltro (comma 7) a decorrere dal 2014 l’età anagrafica richiesta risultava ulteriormente elevata a 62 anni per i lavoratori dipendenti e a 63 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Era stato previsto, comunque, che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, potesse tuttavia differire tale ulteriore innalzamento, qualora, sulla base di una verifica da effettuare nel 2013, risultasse il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in Per la pensione di vecchiaia calcolata integralmente con il sistema contributivo, valevano invece le seguenti condizioni di accesso: almeno 5 anni di contributi, 57 anni di età ed una pensione da liquidare di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Si prescinde dal requisito legato all’importo della pensione al compimento dei 65 anni di età. I lavoratori che entro la fine del 2007 hanno conseguito i requisiti sopra indicati potranno accedere al relativo trattamento pensionistico secondo la normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore della L. 243/2004, anche successivamente al 31 dicembre 2007. Questi stessi lavoratori, dunque, potranno esercitare il diritto alla prestazione pensionistica in base alla disciplina previgente in un qualsiasi momento successivo alla maturazione dei predetti requisiti, indipendentemente dalle modifiche della normativa, e possono chiedere all’ente di appartenenza la certificazione di tale diritto. Per costoro il computo dei periodi di anzianità contributiva, maturati fino al conseguimento del diritto alla pensione, ai fini del calcolo dell’ammontare della prestazione, è comunque effettuato in base alla normativa previgente. Tali disposizioni erano volte evidentemente ad evitare una “fuga” verso le pensioni nel 2007, in considerazione della consistente elevazione del requisito di età anagrafica per l’accesso alla pensione di anzianità previsto a decorrere dal 2008. 242 Rimanevano invece invariati, come detto, i requisiti per l’accesso alle pensioni di anzianità previsti dalla normativa precedente per il periodo 2004-2007. 168 REQUISITI PER LA PENSIONE DI ANZIANITÀ grado di garantire il raggiungimento di effetti finanziari equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto dal 2014. Successivamente la L. 247/2007, novellando la L. 243/2004, ha modificato tale disciplina. In particolare, eliminando il cd. “scalone”, la L. 247/2007 ha previsto una maggiore gradualità nell’innalzamento del requisito dell’età anagrafica per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità a decorrere dal 2008. In particolare - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica - in presenza di almeno 35 anni di contribuzione si può accedere al pensionamento di anzianità, per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, con una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS. Invece, a decorrere dal 1° luglio 2009 viene introdotto il sistema delle “quote”, date dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva. Pertanto - ferma restando la possibilità di conseguire il diritto al pensionamento in presenza di un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica – si può accedere al pensionamento di anzianità: dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” (come detto, somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni; per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 96, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni; dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati con una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS con una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni. Riformulando il comma 7 dell’articolo 1 della L. 243/2004, si prevede tuttavia (comma 2, lettera b)) che con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, da emanarsi entro il 31 dicembre dell’anno 2012, possa essere differito l’innalzamento dei requisiti previsto a decorrere dal 2013, qualora, 169 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO sulla base di una verifica da effettuare entro il 30 settembre 2012, risulti il conseguimento di risparmi di spesa superiori alle previsioni ed in grado di garantire il raggiungimento di effetti finanziari equivalenti a quelli originariamente previsti come conseguenti all’innalzamento dell’età previsto a regime dal 2013. Si consideri, infine, che la nuova disciplina sulle pensioni di anzianità introdotta dalla L. 243/2004 e modificata dalla L. 247/2007 non si applica in alcuni casi tassativamente previsti243: innanzitutto a chi, avendo conseguito i requisiti per la pensione di anzianità entro il 2007, decide di proseguire l’attività lavorativa; ai lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione prima del 20 luglio 2007; al personale delle forze di polizia, delle forze armate (D.Lgs. 195/1995) e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (L. 1570/1941), ivi compresi i dirigenti, a cui continua ad applicarsi la disciplina speciale già vigente244; in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che optano per andare in pensione, con le regole del sistema contributivo, sulla base dei requisiti richiesti dalla disciplina precedente (35 anni di anzianità contributiva; 57 anni di età se dipendenti, 58 anni se autonome)245; a lavoratori collocati in mobilità o destinatari di fondi di solidarietà. In particolare, continua ad applicarsi la normativa precedente alla riforma: nei limiti del numero di 10.000 lavoratori beneficiari: ai lavoratori collocati in mobilità in base ad accordi sindacali siglati entro la data del 1° marzo 2004, a condizione che maturino i requisiti richiesti dalla normativa vigente per la pensione di anzianità entro il periodo in cui ancora usufruiscono dell’indennità di mobilità prevista dall’articolo 7, comma 2, della legge n. 243 Per cui continua ad applicarsi la disciplina previgente alla L. 243/2004, cioè la disciplina di cui alla L. 335/1995 e alla L. 449/1997. 244 Si ricorda che tale personale, in considerazione della specificità del rapporto di impiego, consegue il diritto alla pensione di anzianità – oltre che secondo la disciplina generale della legge n. 335 del 1995 - al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza ed in corrispondenza dell'età anagrafica di 53 anni (articolo 6 del D.Lgs. 165/1997). 245 Si applicano, in particolare, le modalità di calcolo previste dal D.Lgs. n. 180/97 per i lavoratori che, pur rientrando nel sistema retributivo o misto, optino per il sistema contributivo, esercitando la facoltà loro riconosciuta dall’articolo 1, comma 23, della legge n. 335/1995. 170 REQUISITI PER LA PENSIONE DI ANZIANITÀ 223/1991246; ai lavoratori che abbiano usufruito dei fondi di solidarietà di settore, previsti dalla legge n. 662/1996 (articolo 2, comma 28) in favore delle aziende sprovviste di un sistema pubblico di ammortizzatori sociali, a condizione che i relativi accordi sindacali siano già stati firmati alla data del 1° marzo 2004; nel limite del numero di 5.000 soggetti beneficiari247, anche ai lavoratori collocati in mobilità in base ad accordi sindacali siglati in data antecedente al 15 luglio 2007, a condizione che maturino i requisiti richiesti dalla stessa normativa previgente per la pensione di anzianità entro il periodo in cui ancora usufruiscono dell’indennità di mobilità prevista dall’articolo 7, commi 1 e 2, della L. 223/1991248. 246 Il riferimento alla mobilità di cui all’art. 7, comma 2, della L. 223/1991– sia pure solo relativamente al periodo in cui si ha diritto all’indennità - lascerebbe intendere che la disposizione è applicabile solo ai lavoratori che usufruiscono di questo tipo di mobilità (cioè sostanzialmente ai lavoratori delle aree del Mezzogiorno). 247 La L. 243/2004 (articolo 1, comma 19) prevede un criterio cronologico per l’individuazione dei complessivi 15.000 lavoratori che possono fruire del beneficio in questione: si tratta dei primi 15.000 lavoratori che presentino domanda di pensionamento all’INPS dopo il 1° gennaio 2008, intendendosi avvalere del beneficio medesimo. A tal fine l’INPS provvede ad un apposito monitoraggio delle predette domande, senza prendere in esame quelle che perverranno successivamente al raggiungimento del numero di 15.000. 248 La legislazione vigente (L. 23 luglio 1991, n. 223 ) prevede una apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori. Si ricorda, al riguardo, che hanno diritto all’indennità di mobilità i lavoratori (con eccezione dei dirigenti) con rapporto a tempo indeterminato licenziati da imprese in CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi, ovvero licenziati da imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS qualora ricorrano i presupposti del licenziamento collettivo. Per quanto riguarda il trattamento di mobilità, l’articolo 7 della richiamata L. 223 del 1991, al comma 1, prevede che i lavoratori collocati in mobilità, in possesso di determinati requisiti, anche di anzianità aziendale , hanno diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. L'indennità spetta nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro: per i primi dodici mesi: 100 per cento; dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: 80 per cento. Il comma 2 del medesimo articolo 7 dispone che nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura: per i primi dodici mesi: 100 per cento; dal tredicesimo al quarantottesimo mese: 80 per cento. 171 REQUISITI PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI REQUISITI PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA Requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia con il sistema retributivo o misto I requisiti, per le pensioni di vecchiaia con il sistema retributivo o misto, sono rappresentati da almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età per le donne, 65 per gli uomini. Tali requisiti non sono stati toccati dalla riforma attuata con la L. 243/2004. Requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia con il sistema contributivo per i lavoratori in possesso dei medesimi alla data del 31 dicembre 2007 La pensione di vecchiaia liquidata esclusivamente con il sistema contributivo si applica a tutti gli occupati per la prima volta dopo il 1° gennaio 1996 ed è l’unica forma di trattamento pensionistico prevista per questi soggetti (non esiste più infatti per i medesimi la distinzione tra pensione di vecchiaia e pensione di anzianità). Essa si applica anche ai lavoratori, già destinatari di una pensione calcolata secondo il metodo “misto”, che optino per il calcolo con il sistema contributivo. Fino al 31 dicembre 2007, ai sensi della L. 335/1195, costoro potevano andare in pensione in presenza, alternativamente, di una delle seguenti situazioni: ipotesi 1) 57 anni di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale249 (articolo 1, comma 20, primo periodo, della L. 335/1995); ipotesi 2) anzianità contributiva non inferiore a 40 anni250; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale (articolo 1, comma 20, secondo periodo, prima parte, della L. 335/1995); 249 Ai sensi dell’articolo 1, comma 6, della L. 335/1995, l’importo della pensione annua con il sistema contributivo si determina moltiplicando il montante individuale dei contributi per un coefficiente di trasformazione che varia (da 4,72% a 6,136%) a seconda dell'età dell'assicurato al momento del pensionamento. Si consideri al riguardo che la L. 247/2007, all’articolo 1, comma 14, sostituendo la Tabella A allegata alla L. 335/1995, prevede la rideterminazione dei coefficienti di trasformazione per il calcolo delle pensioni con il sistema contributivo con decorrenza dal 1° gennaio 2010. 250 Ai fini del computo di tale anzianità - ai sensi dell’articolo 1, comma 7, secondo periodo, della L. 335/1995 - non concorrono le anzianità derivanti dal riscatto di periodi di studio (cfr. tuttavia la deroga prevista dall’articolo 1, comma 77, della L. 247/2007) e dalla prosecuzione volontaria dei 173 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO ipotesi 3) 65 anni di età anagrafica; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva (articolo 1, comma 20, secondo periodo, seconda parte, della L. 335/1995). Modifiche relative ai requisiti per la pensione di vecchiaia con il sistema contributivo A decorrere dal 1° gennaio 2008, la L. 243/2004 aveva innalzato i requisiti di età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia liquidata esclusivamente con il sistema contributivo. Da tale data, i lavoratori dipendenti potevano andare in pensione in presenza, alternativamente, di una delle seguenti situazioni: ipotesi 1) età anagrafica pari a 60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini; versamento e accreditamento di almeno 5 anni di contribuzione effettiva; importo della pensione non inferiore a 1,2 volte l’assegno sociale; ipotesi 2) anzianità contributiva non inferiore a 40 anni (in questo caso si prescinde dal requisito anagrafico); ipotesi 3) anzianità contributiva non inferiore a 35 anni; età anagrafica pari a: per gli anni 2008 e 2009, 60 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 61 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; per gli anni dal 2010 al 2013, 61 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e a 62 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; a decorrere dal 2014, nella disciplina a regime, 62 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e 63 anni per i lavoratori autonomi (a meno che il Ministro non avesse emanato il decreto di cui al comma 7 al fine di mantenere l’età a 61 anni per i dipendenti e a 62 per gli autonomi). La L. 247/2007 ha modificato i requisiti per l‘accesso alla pensione di vecchiaia di cui all’ipotesi 3), ferme restando le ipotesi 1) e 2). Pertanto, a seguito di tale modifica, a decorrere dal 2008, per accedere alla pensione di vecchiaia con il sistema contributivo in base all’ipotesi 3), è necessario possedere i seguenti requisiti: per il 2008 e dal 1° gennaio 2009 al 30 giugno 2009, almeno 35 anni di anzianità contributiva insieme ad una età anagrafica di almeno 58 anni per i lavoratori dipendenti pubblici e privati e di 59 anni per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS; versamenti contributivi e la contribuzione accreditata per i periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del diciottesimo anno di età è moltiplicata per 1,5. 174 REQUISITI PER LA PENSIONE DI VECCHIAIA dal 1° luglio 2009 al 31 dicembre 2010, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” (data dalla somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva) pari almeno a 95 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 59 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni; per gli anni 2011 e 2012, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 96 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 60 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 97, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni; dall’anno 2013, infine, a regime, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, una “quota” pari almeno a 97 purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 61 anni, e per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, una “quota” pari almeno a 98, purché si possieda un’età anagrafica non inferiore a 62 anni (a meno che il Ministro del lavoro non emani il decreto di cui al comma 7 dell’articolo 1 della L. 243/2004 – su cui cfr. supra – al fine di differire l’innalzamento dei requisiti pensionistici). 175 DECORRENZA DELLA PENSIONE (“FINESTRE”) MODIFICA DEI REQUISITI PENSIONISTICI DECORRENZA DELLA PENSIONE (“FINESTRE”) La disciplina introdotta dalla L. 243/2004 La riforma di cui alla L. 243/2004 ha modificato in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina relativa alla decorrenza del pensionamento per i lavoratori, di età inferiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne, che hanno diritto alla pensione di anzianità o alla pensione di vecchiaia liquidata con il sistema contributivo. Rispetto alla disciplina precedente (che rimane valida per coloro che hanno maturato i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2007): per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le cd. finestre di uscita sono state portate da quattro a due; per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le cd. finestre di uscita sono state introdotte ex novo. In base alla disciplina precedente alla riforma, nel silenzio del legislatore, il trattamento pensionistico decorreva alla maturazione dei requisiti richiesti. La modifica non riguarda il personale del comparto scuola, al quale continua ad applicarsi la specifica disciplina previgente251. Le seguenti tabelle pongono a confronto la disciplina precedente con la disciplina introdotta dalla legge n. 243/2004. LAVORATORI DIPENDENTI Data di maturazione dei requisiti Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa precedente (articolo 1, comma 29, legge n. 335/1995) Entro il 31 marzo 1° luglio con almeno 57 anni di età Entro il 30 giugno 251 1° ottobre con almeno 57 anni di età Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa modificata (applicabile anche alle pensioni liquidate con il solo sistema contributivo) 1° gennaio con almeno 57 anni di età Si ricorda che l’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, prevede che per il personale del comparto scuola, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno. 177 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Entro il 30 settembre 1° gennaio Entro il 31 dicembre 1° aprile 1° luglio Mentre precedentemente (fino al 31 dicembre 2007) l’intervallo massimo tra la maturazione dei requisiti e la decorrenza della pensione era di sei mesi (nell’ipotesi di maturazione nel primo giorno del trimestre), nella nuova disciplina tale intervallo è di dodici mesi. Per i lavoratori che maturano i requisiti con meno di 57 anni la finestra è poi sostanzialmente unica, potendo costoro aspettare fino a diciotto mesi. LAVORATORI AUTONOMI (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) Data di maturazione dei requisiti Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa precedente (articolo 59, comma 8, legge n. 449/97) Decorrenza della pensione di anzianità in base alla normativa modificata (applicabile anche alle pensioni liquidate con il solo sistema contributivo) Entro il 31 marzo 1° ottobre 1° luglio dell’anno successivo Entro il 30 giugno 1° gennaio Entro il 30 settembre 1° aprile Entro il 31 dicembre 1° luglio 1° gennaio del secondo anno successivo Anche per i lavoratori autonomi i tempi di attesa – più lunghi che per i dipendenti - risultano raddoppiati: l’intervallo massimo tra la maturazione dei requisiti e decorrenza della pensione (nell’ipotesi di maturazione nel primo giorno del trimestre) passa da nove mesi a diciotto mesi. La disciplina di cui alla L. 247/2007 La L. 247/2007 è intervenuta in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici (cd. “finestre”) per quanto riguarda le pensioni di anzianità con 40 anni di contributi e le pensioni di vecchiaia. In particolare, l’articolo 1, comma 4 attribuisce al Governo il compito, previa verifica del rispetto del principio dell’invarianza finanziaria, di stabilire, entro il 31 dicembre 2011, la disciplina della decorrenza dei trattamenti pensionistici a regime (cd. “finestre”) per i lavoratori che accedono al pensionamento di 178 DECORRENZA DELLA PENSIONE (“FINESTRE”) anzianità anticipato con 40 anni di contribuzione e al pensionamento di vecchiaia con una età pari o superiore a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne. Il comma 5, in attesa della definizione del nuovo regime delle decorrenze pensionistiche di cui al comma precedente, stabilisce transitoriamente le decorrenze per coloro che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di contributi e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti, i quali, sulla base di quanto stabilito dal comma in esame, conseguono il diritto alla decorrenza della pensione entro la fine del 2011. Si prevede al riguardo, alla lettera a), che i lavoratori dipendenti, qualora siano in possesso dei requisiti per accedere al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva, possono accedere al pensionamento sulla base delle decorrenze stabilite dall’articolo 1, comma 29, della L. 335/1995252. Pertanto, con la disposizione di cui alla lettera a) del comma 5 in esame, per i lavoratori dipendenti con almeno 40 anni di anzianità contributiva, si introduce in via transitoria (sino al 31 dicembre 2011) una disciplina più favorevole per quanto riguarda la decorrenza del trattamento pensionistico rispetto a quella precedentemente prevista dalla L. 243/2004 a partire dal 1° gennaio 2008. Difatti, mentre in base alla disciplina di cui alla L. 243/2004 tali lavoratori potevano accedere al pensionamento al 1° luglio dell’anno successivo rispetto all’anno in cui maturavano i requisiti per il pensionamento (quindi potevano usufruire di una sola “finestra”), invece con la disciplina di cui alla legge in esame i medesimi lavoratori, se maturano il requisito per il pensionamento entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo, se invece maturano il medesimo 252 Si ricorda che tale disposizione prevede che i lavoratori dipendenti in possesso dei requisiti stabiliti dalla stessa L. 335/1995 per il pensionamento di anzianità (tra cui rientra il caso di coloro che possiedono una anzianità contributiva di almeno 40 anni indipendentemente dall’età anagrafica): entro il 31 marzo, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dello stesso anno, solamente se in possesso di una età anagrafica pari almeno a 57 anni; entro il 30 giugno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno, solamente se in possesso di una età anagrafica pari almeno a 57 anni; entro il 30 settembre, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo; entro il 31 dicembre, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo. Pertanto, in base a tale disciplina, i lavoratori in possesso di una anzianità contributiva pari almeno a 40 anni, se maturano tale requisito per il pensionamento entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo; se invece lo maturano entro il quarto trimestre, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° aprile dell’anno successivo. 179 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO requisito entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento a decorrere dal 1° aprile dell’anno successivo (pertanto possono usufruire di due “finestre”). La lettera b) invece introduce ex novo una disciplina transitoria (sino al 31 dicembre 2011) delle decorrenze del trattamento pensionistico per i lavoratori dipendenti che accedono al pensionamento di vecchiaia. Si ricorda che, in base alla previgente normativa, non erano previste disposizioni sulla decorrenza del pensionamento per i lavoratori che accedevano al pensionamento con un’età almeno pari a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne (requisiti anagrafici richiesti per il pensionamento di vecchiaia). Tali lavoratori potevano accedere al pensionamento non appena maturano il prescritto requisito anagrafico. Invece la menzionata lettera b) prevede quattro “finestre” per la decorrenza delle pensioni di vecchiaia per i lavoratori dipendenti. In particolare, si dispone che, i lavoratori dipendenti che siano in possesso dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia: entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dello stesso anno; entro il secondo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno; entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo; entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo. La lettera c) reca invece la disciplina transitoria (sino al 31 dicembre 2011) della decorrenza del pensionamento per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, che accedono al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti253. 253 Si ricorda che la L. 243/2004, anche per tali lavoratori autonomi, ha modificato in senso restrittivo, a decorrere dal 1° gennaio 2008, la disciplina della decorrenza del pensionamento (cd. finestre), poiché, rispetto alla disciplina di cui all’articolo 1, comma 29, della L. 335/1995 (valida sino al termine del 2007), per i lavoratori che hanno diritto alla pensione di anzianità, le “finestre” di uscita sono state portate da quattro a due, mentre per i lavoratori cui si applica esclusivamente il sistema contributivo, le “finestre” di uscita sono state introdotte ex novo (cfr. amplius supra). 180 DECORRENZA DELLA PENSIONE (“FINESTRE”) In particolare, la menzionata lettera c), per tali lavoratori autonomi, stabilisce quattro “finestre” per la decorrenza del trattamento pensionistico. Si prevede infatti che i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali degli artigiani, dei commercianti e dei coltivatori diretti, relativamente al pensionamento anticipato di anzianità con 40 anni di anzianità contributiva e al pensionamento di vecchiaia con i requisiti stabiliti dai rispettivi ordinamenti, se in possesso dei requisiti per il pensionamento: entro il primo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° ottobre dello stesso anno; entro il secondo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° gennaio dell’anno successivo; entro il terzo trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° aprile dell’anno successivo. entro il quarto trimestre dell’anno, possono accedere al pensionamento al 1° luglio dell’anno successivo. Infine, la lettera d) dispone che per il personale del comparto scuola si applica la disciplina di cui all’articolo 59, comma 9, della L. 449/1997254. 254 Tale disposizione prevede che per il personale del comparto scuola, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno. 181 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI QUADRO NORMATIVO La disciplina precedente La normativa sui benefici previdenziali per i lavoratori che svolgono attività usuranti è stata introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 374/1993255, in attuazione di una delega prevista dall'articolo 3, comma 1, lett. f), della L. 421/1992256. Secondo l'articolo 1 del D.Lgs. 374/1993 sono considerati particolarmente usuranti i lavori "per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee". Le attività particolarmente usuranti sono individuate dalla tabella A allegata al medesimo decreto. In particolare, tale tabella comprende le seguenti attività: lavoro notturno continuativo; lavori alle linee di montaggio con ritmi vincolati; lavori in galleria, cava o miniera; lavori espletati direttamente dal lavoratore in spazi ristretti: all'interno di condotti, di cunicoli di servizio, di pozzi, di fognature, di serbatoi, di caldaie; lavori in altezza: su scale aree, con funi a tecchia o parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione (a questi lavori sono assimilati quelli svolti dal gruista, dall'addetto alla costruzione di camini e dal copritetto); lavori in cassoni ad aria compressa; lavori svolti dai palombari; lavori in celle frigorifere o all'interno di ambiente con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi; lavori ad alte temperature: addetti ai forni e fonditori nell'industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo; autisti di mezzi rotabili di superficie; marittimi imbarcati a bordo; personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione, chirurgia d'urgenza; trattoristi; 255 D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 374, “Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera f), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante benefici per le attività usuranti”. 256 L. 23 ottobre 1992, n. 421, “Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”. 183 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO addetti alle serre e fungaie; lavori di asportazione dell'amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili. La tabella può essere modificata con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro (attualmente: Ministro dell’economia e delle finanze), sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. E’ necessario peraltro evidenziare che la normativa in esame (articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 374/1993) distingue due tipi di attività usuranti: al primo periodo fa riferimento a quelle particolarmente usuranti elencate nella tabella A; nel secondo periodo fa riferimento (sempre nell’ambito delle attività particolarmente usuranti) ad un sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti "anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità", prevedendo per tale sottoinsieme benefici ancora maggiori. Il sottoinsieme è stato individuato espressamente dal decreto del Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri del tesoro, della sanità e per la funzione pubblica del 19 maggio 1999 (cfr. infra). Ai lavoratori prevalentemente occupati, a decorrere dall'entrata in vigore del D.Lgs. 374/1993 (8 ottobre 1993), in attività particolarmente usuranti è consentito di anticipare il pensionamento, mediante abbassamento del limite di età pensionabile nella misura di due mesi per ogni anno di attività; la riduzione non può comunque superare un totale di 60 mesi (articolo 2, comma 1, primo periodo, D.Lgs. 374/93). Fermo restando il requisito minimo di un anno di attività usurante continuata, il beneficio è frazionabile in giornate sempreché, in ciascun anno, il periodo di attività lavorativa svolta abbia avuto una durata di almeno centoventi giorni (articolo 2, comma 2, D.Lgs. 374/1993)257. E’ poi prevista, esclusivamente per i lavoratori impegnati in attività caratterizzate da una maggiore gravità dell'usura (come detto individuate dall’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999), la riduzione del limite di anzianità contributiva, ai fini del pensionamento di anzianità, di un anno ogni dieci di occupazione nelle medesime attività, fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente considerati (articolo 2, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. 374/1993, introdotto dall’articolo 1, comma 35, L. 335/1995)258 . 257 Per tali lavoratori, inoltre, i limiti di età introdotti dalla legge di riforma del sistema pensionistico per l'accesso alla pensione di anzianità nel regime retributivo sono ridotti fino al massimo di un anno (articolo 1, comma 36, della L. 335/95). 258 Per quanto riguarda invece le pensioni che saranno liquidate esclusivamente con il nuovo sistema contributivo, i lavoratori impegnati in lavori particolarmente usuranti hanno facoltà di optare tra una più elevata pensione (mediante applicazione di un coefficiente di trasformazione del montante contributivo maggiorato, rispetto all'età anagrafica all'atto del pensionamento, di un anno per ogni sei anni di occupazione nelle attività usuranti) o un anticipo, in proporzione 184 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI Sono comunque fatti salvi i trattamenti di miglior favore previsti dai singoli ordinamenti pensionistici, ove questi prevedano anticipazioni dei limiti di età pensionabile in dipendenza delle attività particolarmente usuranti259 (articolo 2, comma 3, D.Lgs. 374/1993). Il riconoscimento dei benefici previdenziali presuppone peraltro l’individuazione, ai sensi dell’articolo 3 del medesimo D.Lgs. 374/1993, come modificato dall’articolo 1, comma 34, della L. 335/1995, delle mansioni particolarmente usuranti all’interno delle categorie di lavori usuranti di cui alla Tabella A, nonché delle modalità di copertura dei relativi oneri. Tale individuazione è rimessa a successivi decreti ministeriali - distinti per i lavoratori del settore privato, per i lavoratori autonomi assicurati presso l'INPS e per i lavoratori del settore pubblico - da emanarsi su proposta delle organizzazioni sindacali. La copertura degli oneri deve avvenire attraverso una aliquota contributiva definita secondo criteri attuariali riferiti all'anticipo dell'età pensionabile; per i lavoratori pubblici deve inoltre essere rispettato il limite delle risorse finanziarie preordinate ai rinnovi dei contratti di lavoro. In particolare, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 374/1993, per i lavoratori del settore privato l’individuazione delle mansioni particolarmente usuranti è rimesso ad un decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro del tesoro, su proposta congiunta delle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale. In caso di mancata formulazione delle proposte da parte delle organizzazioni sindacali è previsto un potere sostitutivo del Ministro del lavoro (articolo 3, comma 3, D.Lgs. 374/1993). L'articolo 59, comma 11, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ha ulteriormente modificato la procedura per l'individuazione delle mansioni usuranti, stabilendo che i criteri per tale individuazione fossero stabiliti con un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio, della sanità e della funzione pubblica e per gli affari regionali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su parere di una commissione tecnico-scientifica, composta da non più di venti componenti, costituita con carattere paritetico da rappresentanti delle amministrazioni interessate e delle organizzazioni maggiormente rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori. corrispondente e fino al massimo di un anno, del diritto al conseguimento della pensione di vecchiaia (articolo 1, comma 37, della L. 335 del 1995). 259 A tale riguardo, si segnala che la L. 3 gennaio 1960, n. 5, prevede, all'articolo 1, che i lavoratori delle miniere, cave e torbiere possano andare in pensione a 55 anni, purché siano stati addetti complessivamente, anche se con discontinuità, per almeno 15 anni a lavori di sotterraneo. L'articolo 25 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, dispone invece che il servizio prestato dagli operai dello Stato addetti ai lavori insalubri (come definiti da ultimo dal decreto del Ministro della Sanità del 19 novembre 1981) o ai polverifici, sia maggiorato di un quarto. 185 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO In attuazione dell’articolo 59, comma 11, della L. 449/1997 è stato emanato il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 19 maggio 1999, (pubblicato sulla G.U. n. 208 del 4 settembre 1999). Il D.M. 19 maggio 1999 ha determinato, all’articolo 1, i criteri cui le organizzazioni sindacali devono attenersi ai fini dell'individuazione delle mansioni particolarmente usuranti e della determinazione delle aliquote contributive (articolo 1, comma 1). Si tratta, in particolare, dei seguenti criteri: l'attesa di vita al compimento dell'età pensionabile; la prevalenza della mansione usurante: la mancanza di possibilità di prevenzione; la compatibilità fisico-psichica in funzione dell'età; l'elevata frequenza degli infortuni, con particolare riferimento alle fasce di età superiori ai cinquanta anni; l'età media della pensione di invalidità; il profilo ergonomico; l'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici, individuati secondo la normativa di prevenzione vigente. E’ esplicitamente ribadito che gli oneri sono a totale carico delle categorie interessate. E’ fissato un termine per la formulazione delle proposte delle organizzazioni sindacali e datoriali. In particolare si prevede che le organizzazioni sindacali e datoriali formulino congiuntamente apposite proposte entro e non oltre cinque mesi dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale nella Gazzetta Ufficiale. Decorso infruttuosamente il predetto termine, si prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, come riformulato dall'articolo 1, comma 34, della L. 8 agosto 1995, n. 335: viene pertanto ribadito il potere sostitutivo del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico-scientifica, che è tenuta formulare il relativo parere entro e non oltre cinque mesi dalla data della sua costituzione (articolo 1, comma 2, D.M. 19/5/99). L’articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 374/1993 prevede, inoltre, una disciplina particolare per la copertura degli oneri relativi a “determinate mansioni in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socioeconomiche che le connotano”: si tratta sostanzialmente del sottoinsieme più ristretto di attività considerate (ancora) più usuranti di cui al secondo periodo dell’articolo 2, comma 1. Per tali oneri è rimesso ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico 186 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI scientifica, il riconoscimento di un concorso dello Stato, in misura non superiore al 20 per cento. Si consideri che, in attuazione dell’articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 374/1993, l’articolo 2 del decreto ministeriale 19 maggio 1999 ha individuato direttamente, nell'ambito delle attività elencate nella citata tabella A allegata al D.Lgs. 374/1993, le “mansioni particolarmente usuranti in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano”, di cui all’articolo 2, comma 1, secondo periodo. Le mansioni sono le seguenti: “lavori in galleria, cava o miniera”: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità; “lavori nelle cave”: mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale; “lavori nelle gallerie”: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità; “lavori in cassoni ad aria compressa”; “lavori svolti dai palombari”; “lavori ad alte temperature”: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di 2ª fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale; “lavorazione del vetro cavo”: mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; “lavori espletati in spazi ristretti”, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; “lavori di asportazione dell'amianto”: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità. Per tali mansioni, come già previsto dall’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 374/1993, è ribadito il concorso dello Stato alla copertura degli oneri, in misura non superiore al 20%, nell’ambito delle risorse già preordinate allo scopo dalla L. 335/1995. Si attribuisce alle organizzazioni sindacali e datoriali il compito di formulare congiuntamente, entro il termine di cinque mesi dalla pubblicazione del decreto, le proposte per la determinazione delle aliquote contributive relative alle mansioni individuate dal comma 1; inoltre, anche in questo caso, in mancanza delle proposte delle organizzazioni sindacali e datoriali si prevede il potere sostitutivo del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, sentita una commissione tecnico scientifica (articolo 2, comma 3, D.M. 19 maggio 1999). L'applicazione della normativa in materia di attività usuranti ha subito, dalla data di emanazione del D.Lgs 374/1993, notevoli ritardi. Difatti sino ad oggi, non 187 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO essendo stata completata la procedura di cui all’articolo 1, comma 2 e all’articolo 2, comma 3 del D.M. 19 maggio 1999, non sono stati ancora emanati i provvedimenti attuativi necessari per individuare le mansioni particolarmente usuranti e determinare le aliquote contributive per la copertura dei conseguenti oneri, in modo da rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993. In considerazione di tale situazione la L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), all’articolo 78, commi 8, 11, 12 e 13, ha previsto una disciplina transitoria (i cui effetti si sono già esauriti), “in attesa della definizione, tra le parti sociali, dei criteri di attuazione della normativa di cui al decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374”260. In base a tale disciplina, il beneficio della riduzione dei requisiti di età anagrafica e contributiva è stato riconosciuto ai lavoratori che: per il periodo successivo all’8 ottobre 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 374/1993) avevano svolto prevalentemente le mansioni particolarmente usuranti, per le caratteristiche di maggior gravità dell’usura che queste presentano, individuate dal citato articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999; potevano far valere entro il 31 dicembre 2001 i requisiti per il pensionamento di anzianità o di vecchiaia, utilizzando le riduzioni di età pensionabile e di anzianità contributiva previste dalla normativa sui lavori usuranti. In attuazione dell'articolo 78, comma 11, della citata L. 388/2000 (finanziaria per il 2001), è stato emanato il D.M. 17 aprile 2001 che ha dettato le disposizioni per ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali di riduzione dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva relativi alle mansioni particolarmente usuranti261. Pertanto i lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2001 hanno potuto avvalersi dei benefici previsti dal citato D.Lgs. 374/1993262. Allo stato attuale, quindi, essendo ormai esauriti gli effetti di tale disciplina transitoria e in mancanza dei provvedimenti attuativi necessari per rendere concretamente operativi “a regime” i benefici previdenziali previsti dall’articolo 2 del D.Lgs. 374/1993, i lavoratori interessati non possono concretamente godere dei benefici previsti per lo svolgimento di lavori usuranti. 260 In tal senso, l’articolo 78, comma 8, della L. 23 dicembre 2000, n. 388. 261 D.M. 17 aprile 2001, Attuazione dell'articolo 78, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria 2001). Benefìci in favore dei lavoratori che risultino aver svolto prevalentemente mansioni particolarmente usuranti per le caratteristiche di maggior gravità dell'usura. La materia è stata successivamente oggetto della circolare INPS n. 115 del 25 maggio 2001 e, per i lavoratori iscritti al Fondo speciale dipendenti della Ferrovie dello Stato Spa, della circolare INPS n. 161 del 10 agosto 2001. 262 In base ad una rilevazione effettuata dall’INPS nel mese di maggio 2003, i lavoratori che hanno usufruito del beneficio sono stati 416 (di cui 407 hanno fruito dell’anticipo rispetto ai requisiti di vecchiaia e 9 dell’anticipo rispetto ai requisiti di anzianità). 188 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI La delega contenuta nell’articolo 1, comma 3, della L. 247/2007 Al fine di superare la situazione di “stallo” sopra descritta e quindi giungere finalmente alla concreta operatività di benefici previdenziali “a regime” per i lavori usuranti, l’articolo 1, comma 3, della L. 247/2007 ha previsto una delega per una apposita disciplina relativa al pensionamento anticipato dei soggetti che svolgono lavori usuranti. In particolare la delega, da esercitare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, è volta a concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in lavoro o attività connotate da un particolare indice di stress psico-fisico (cfr. infra), che maturano i requisiti pensionistici a decorrere dal 1° gennaio 2008, la possibilità di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico. Per l’esercizio della delega vengono dettati i seguenti principi e criteri direttivi. Per quanto riguarda il beneficio pensionistico attribuito, si dispone (lettera a)) che debba essere previsto un requisito anagrafico minimo ridotto di 3 anni e, comunque, almeno pari a 57 anni di età, fermi restando il requisito minimo di anzianità contributiva pari a 35 anni e la disciplina relativa alla decorrenza del pensionamento (cd. “finestre”). Per quanto riguarda i soggetti beneficiari, si dispone (lettera b)) che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti: i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999; i lavoratori subordinati notturni, così come definiti dal D.Lgs. 66 del 2003263; i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale; i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone. Viene tuttavia precisato (lettera c)) che i lavoratori, per usufruire dei benefici pensionistici in questione, non solamente devono svolgere le attività di cui alla precedente lettera b) al momento dell’accesso al trattamento pensionistico di anzianità ma devono aver svolto le medesime attività per un certo periodo di tempo e in particolare: nel periodo transitorio, per un arco di tempo minimo di 7 263 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”. 189 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; a regime, per un arco di tempo almeno pari alla metà della vita lavorativa. Il legislatore delegato, inoltre, deve individuare la documentazione e gli elementi di prova di data certa volti a dimostrare il possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi nonché disciplinare il relativo procedimento di accertamento, anche tramite verifica ispettiva (lettera d)). Viene inoltre contemplata (lettera e)) la necessità di prevedere sanzioni amministrative in misura non inferiore a 500 euro e non superiore a 2000 euro e altre misure di carattere sanzionatorio nell’ipotesi di omissione da parte del datore di lavoro degli adempimenti relativi agli obblighi di comunicazione ai competenti uffici della pubblica amministrazione dell’articolazione dell’attività produttiva ovvero dell’organizzazione dell’orario di lavoro aventi le caratteristiche di cui alla precedente lettera b) (cfr supra), relativamente, rispettivamente, alla c.d.”linea catena” ed al lavoro notturno. Il legislatore delegato deve prevedere inoltre, fermo restando quanto previsto dall’articolo 484 c.p. (concernente la falsità in registri e notificazioni) e le altre ipotesi di reato previste dalla legislazione vigente in caso di comunicazioni mendaci, anche relativamente ai presupposti del conseguimento dei benefici, una sanzione pecuniaria fino al 200% delle somme indebitamente percepite. La norma inoltre dispone che, nella specificazione dei criteri per la concessione dei benefici pensionistici in questione, deve essere assicurata la coerenza con il limite massimo delle risorse finanziarie di uno specifico Fondo, la cui dotazione finanziaria è pari a 83 milioni di euro per l’anno 2009, 200 milioni di euro per l’anno 2010, 312 milioni di euro per l’anno 2011, 350 milioni di euro per l’anno 2012, 383 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013 (lettera f)). Si dispone altresì (lettera g)) che, allorché dovesse verificarsi uno scostamento rispetto alle risorse finanziarie appositamente stanziate, il Ministro del lavoro ne informa tempestivamente il Ministro dell’economia ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della L. 468 del 1978 (apposita relazione al Parlamento e conseguenti iniziative legislative). 190 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI La disciplina dello schema di decreto legislativo n. 238 Lo schema di decreto legislativo n. 238 è stato predisposto in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 247/2007264, attraverso la quale, in deroga alle disposizioni contenute nell’articolo 1 della L. 243/2004265, si intende concedere a specifiche categorie di lavoratori dipendenti impegnati nelle cd. “attività usuranti” il diritto al conseguimento del pensionamento anticipato con requisiti inferiori rispetto a quelli della generalità dei lavoratori dipendenti266. In particolare, l’articolo 1, comma 1, dello schema, in attuazione dei principi e criteri direttivi della delega, individua i destinatari dei benefici, fermi restando il requisito di anzianità contributiva non inferiore a 35 anni ed il regime di decorrenza del pensionamento di cui all’articolo 1, comma 6, lettere c) e d), della richiamata L. 243/2004, nonché il raggiungimento dei requisiti di cui ai successivi commi 2 e 3. Le categorie sono rappresentate da: i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti, di cui al D.M. 19 maggio 1999 (vedi supra) (lettera a)); i lavoratori dipendenti notturni, così come definiti dal D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (lettera b)). Più specificamente, sono considerate mansioni usuranti quelle svolte da: o lavoratori impegnati in lavoro a turni ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera f), dello stesso D.Lgs. 66/2003, che svolgano tale attività in periodo notturno, cioè il lasso temporale di 7 ore compreso tra la mezzanotte e le 5 di mattina. Per essere considerati impegnati in mansioni usuranti tali lavoratori devono comunque possedere due ulteriori requisiti, e cioè lavorare almeno 6 ore nel periodo notturno e per un numero minimo almeno pari a 78 giorni lavorativi annui, nel caso in cui gli stessi maturino i requisiti per il pensionamento anticipato tra il 1° gennaio 2008 264 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 265 L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”. 266 Sul menzionato schema n. 238 la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha espresso un a parere favorevole con osservazioni in data 1° aprile 2008, mentre la 11 Commissione (Lavoro, previdenza sociale) del Senato, pur avendo avviato l’esame del provvedimento, non ha espresso il parere entro la scadenza del termine. Alla data finale della legislatura il decreto legislativo in esame non è stato ancora emanato. Si consideri che il termine per l’esercizio della delega, stabilito al 31 marzo 2008, è stato automaticamente prorogato di 60 giorni in base al “meccanismo” di cui all’articolo 1, comma 90, della L. 247/2007 e quindi scadrà il 30 maggio 2008. 191 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO ed il 30 giugno 2009, e con un numero minimo almeno pari a 64 giorni lavorativi annui in caso di raggiungimento dei predetti requisiti a decorrere dal 1° luglio 2009 (n. 1); o al di fuori dei casi precedenti, sono considerati lavoratori impegnati in mansioni usuranti i lavoratori dipendenti che svolgono il loro lavoro nel periodo notturno per almeno 3 ore per periodi di lavoro effettivo di durata pari all’intero anno lavorativo (n. 2); gli addetti alla cd. “linea catena”, ad esclusione degli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato (lettera c)); i conducenti degli autobus, cioè, ai sensi dell’articolo 54, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 285/92, i veicoli di capienza complessiva non inferiore a 9 posti adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo (lettera d)). Il successivo comma 2 definisce la modulazione del pensionamento anticipato, rispetto ai periodi previsti nelle tabelle A e B allegate alla richiamata L. 247/2007 (v. capitolo Modifica dei requisiti pensionistici, pag. 5). Si segnala, in proposito, che il successivo comma 7 (vedi infra) dispone la non cumulabilità dei benefici disposti dal provvedimento in esame con quelli previsti per speciali regimi pensionistici anticipati, quali le Forze armate, le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ed il Corpo dei vigili del fuoco. In particolare, in attuazione dei principi di delega, il comma in esame reca la disciplina concernente l’accesso al pensionamento anticipato. In particolare: per quanto riguarda la disciplina a regime, cioè a decorrere dal 2013, si prevede la possibilità di pensionamento anticipato con un’età anagrafica inferiore di 3 anni rispetto a quella richiesta per la generalità dei lavoratori dipendenti, indicata nella tabella B di cui all’allegato 1 della L. 247/2007, ed una “quota” (cioè a somma di età anagrafica ed anzianità contributiva) inferiore di un valore pari a tre, sempre rispetto al valore indicato per la generalità dei lavoratori dipendenti indicato nella stessa tabella B. Ciò si traduce, nella possibilità di raggiungere il pensionamento a 58 anni di età (invece di 61) e ad una quota pari a 94 (anziché 97); per quanto attiene in via transitoria per il periodo 2008-2012, invece, l’anticipo rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti per i lavoratori impegnati in mansioni usuranti, rispetto ai requisiti per la generalità dei lavoratori dipendenti di cui alle tabelle A e B della più volte citata L. 247/2007, opera secondo le seguenti disposizioni: o per il periodo tra il 1° gennaio 2008 ed il 30 giugno 2009, l’età anagrafica è minore di un anno (57) rispetto a quella generale di cui alla richiamata tabella A. Inoltre, si dispone che i lavoratori che maturino i requisiti agevolati per l’accesso anticipato nel 2008 possano accedere al pensionamento a decorrere dal 1° luglio 2009 (lettera a)); 192 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI o per il periodo 1° luglio 2009 – 31 dicembre 2009 è possibile andare in pensione con un’età anagrafica inferiore di 2 anni (57) rispetto all’età prevista dalla tabella B allegata alla L. 247/2007 ed una “quota” inferiore di 2 (93) rispetto al valore indicato nella stessa tabella B (lettera b)); o per il 2010 con età anagrafica inferiore di 2 anni (57) rispetto a quella prevista nella più volte citata tabella B ed una “quota” inferiore di uno (94) rispetto al valore di cui alla tabella B (lettera c)); o infine, per gli anni 2011 e 2012, con un’età anagrafica inferiore di 2 anni (57) sempre rispetto a quella indicata nella tabella B ed una “quota” inferiore di 2 (94) rispetto al valore della tabella B (lettera d)). Il comma 3 detta particolari criteri per la riduzione del requisito dell’età anagrafica con riferimento ai lavoratori notturni, in considerazione del fatto che il grado di “usura” per tale categoria di beneficiari varia in base al numero delle notti effettive lavorate nel corso dell’anno. Si dispone pertanto che, per i lavoratori notturni, la riduzione del requisito dell’età anagrafica prevista dal comma 2 non può comunque superare dodici mesi per coloro che svolgono l’attività lavorativa nel periodo notturno per un numero di giorni lavorativi annui da 64 a 71 e ventiquattro mesi per coloro che svolgono l’attività lavorativa nel periodo notturno per un numero di giorni lavorativi annui da 72 a 77. Ne consegue che il beneficio pieno dei tre anni di anticipo del pensionamento è concesso solamente ai lavoratori che svolgono almeno 78 notti di lavoro all’anno. Il comma 4 precisa il criterio da seguire ai fini della riduzione dell’età anagrafica per il pensionamento nel caso in cui il lavoratore abbia svolto nel corso della vita lavorativa attività usuranti di diverso tipo, disponendo che per definire l’intensità del beneficio pensionistico da applicare si segue il criterio della prevalenza. In sostanza, si applicano le modalità di attenuazione del beneficio di cui al comma 3 solamente se ai fini del conseguimento del periodo di tempo minimo di cui al comma 5 necessario per l’accesso al medesimo beneficio, il lavoro notturno inferiore a 78 notti per anno sia stato svolto per un periodo pari o superiore alla metà dello stesso periodo minimo. Il comma 5, riprendendo quanto già stabilito dalla L. 247/2007 (articolo 1, comma 3, lettera c)), dispone che i lavoratori, per usufruire dei benefici pensionistici in questione, devono aver svolto regolarmente e continuativamente le attività lavorative elencate al comma 1 per un certo periodo di tempo e in particolare: per le pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017, per un periodo di tempo minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; per le pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018 (cioè a regime), per un periodo di tempo almeno pari alla metà della vita lavorativa complessiva. Il comma 6 precisa che, ai fini dell’accesso al pensionamento anticipato, i requisiti di permanenza nelle attività usuranti sopra menzionati devono essere 193 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO riferiti a periodi effettivi di permanenza nelle medesime attività senza considerare i periodi completamente coperti da contribuzione figurativa ai sensi della normativa vigente. Il comma 7 precisa altresì che vengono fate salve i regimi più favorevoli previste dalla legislazione vigente per l’accesso anticipato al trattamento pensionistico rispetto ai requisiti previsti nell’A.G.O. (si pensi a quanto previsto per il personale militare, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco). Peraltro, tali condizioni di miglior favore non sono cumulabili o integrabili con le norme dell’articolo in esame. Il successivo articolo 2 disciplina le modalità di presentazione della domanda per l’accesso al beneficio e stabilisce la documentazione da allegare alla domanda ai fini della prova dell’effettiva esecuzione dei lavori usuranti. In particolare, al comma 1 si prevede la trasmissione della domanda di accesso al beneficio con la necessaria documentazione entro il 1° marzo dell’anno di maturazione dei requisiti agevolati indicati, secondo quanto previsto dalle norme di attuazione da emanare con il decreto di cui al successivo articolo 4. Si fa presente che per il primo anno di applicazione lo schema di decreto in esame al comma 5 prevede tale termine al 30 settembre dell’anno. Successivamente, l’ente previdenziale comunica all’interessato la prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, che è subordinata alla presentazione della domanda di pensionamento per la verifica dell’integrazione dei requisiti previsti. Vengono poi disciplinate le conseguenze in caso di presentazione della domanda oltre il termine del 1° marzo in precedenza richiamato: • nel caso di ritardo entro un mese oltre il termine previsto, il differimento di un mese all’accesso al trattamento pensionistico; • nel caso di ritardo compreso tra uno e due mesi dal termine previsto, il differimento di due mesi all’accesso al trattamento pensionistico; • per ritardo superiore ai tre mesi oltre il termine previsto, il differimento di tre mesi all’accesso al trattamento pensionistico. Al comma 2 si prevede l’avvio della rilevazione automatica dello svolgimento da parte del lavoratore delle attività di cui all’articolo 1, a partire dal mese successivo alla pubblicazione delle norme di attuazione da emanare secondo quanto disposto nel successivo articolo 4. Nel comma 3 è disciplinata in maniera dettagliata la documentazione da presentare a corredo della domanda di accesso al beneficio, da cui trarre la completa dimostrazione dell’esistenza dei requisiti necessari per l’anticipo del pensionamento, con riferimento, in particolare, alla qualità delle attività svolte, ai periodi di espletamento e alla dimensione dell’assetto organizzativo dell’azienda. 194 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI Più specificamente, per quanto riguarda la documentazione da produrre, si fa riferimento alla documentazione di cui al precedente comma 1 (lettera a)), alla busta paga (lettera b)), al libro matricola (lettera c)), al libretto di lavoro (lettera d)), al contratto collettivo nazionale, territoriale ed aziendale (lettera e) nonché al contratto di lavoro individuale (lettera f)), agli ordini di servizio, agli schemi di turnazione del personale e ai registri delle presenze (lettera g)), alla documentazione medico-sanitaria (lettera h)), alle dichiarazioni ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del D.Lgs. 66/2003267 (lettera i)), al livello di inquadramento (lettera l)), alla carta di qualificazione del conducente di cui all’articolo 18 del D.Lgs 286/2005 e al certificato di idoneità alla guida (lettera m)), al documento di valutazione del rischio di cui al D.Lgs. 626/1994268 (lettera n)), nonché ad altra documentazione equipollente (lettera o)). Infine, il successivo comma 4 obbliga il datore di lavoro a rendere disponibile per il lavoratore la documentazione sopra elencata. L’articolo 3 fissa l’entità della sanzione amministrativa da applicarsi nel caso in cui i benefici previdenziali previsti dal precedente articolo 1 siano stati conseguiti utilizzando dichiarazioni non veritiere. Nello specifico, il comma 1 pone a carico dell’autore delle citate false dichiarazioni l’obbligo di corrispondere agli istituti previdenziali una somma pari al doppio di quanto indebitamente erogato. Da ultimo, il comma 2 dell’articolo in esame affida al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e degli enti previdenziali il compito di verificare la veridicità delle dichiarazioni e della documentazione che sono alla base del riconoscimento dello svolgimento di lavori usuranti. L’articolo 4 definisce le modalità di attuazione delle disposizioni di cui allo schema in esame. In particolare (comma 1) si rimette l’attuazione delle disposizioni contenute nello schema di decreto in esame a un decreto del Ministro del lavoro e della 267 Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del D.Lgs. 66/2003, il datore di lavoro, anche tramite l'Associazione cui aderisca o conferisca mandato, informa annualmente per iscritto i servizi ispettivi della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, nonché le rappresentanze sindacali presenti in azienda o le organizzazioni territoriali dei lavoratori, dell’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo. 268 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. 195 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 30 giorni dall’entrate in vigore del presente provvedimento. Le norme di attuazione devono riguardare, in particolare: la costituzione presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale di una Commissione avente il compito del monitoraggio delle domande presentate ed accolte anche ai fini della verifica di eventuali scostamenti del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie previste (vedi infra), nonché compiti consultivi degli enti previdenziali ai fini del procedimento di verifica delle domande di cui alla successiva lettera b) (lettera a)); la disciplina del procedimento accertativo della documentazione a corredo della domanda di accesso al beneficio, con particolare riferimento all’accertamento delle attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c) (lavorazioni che utilizzano la c.d. linea catena) e nel rispetto dei requisiti quantitativi di lavoro di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) (lavoratori notturni), nonché ai fini di quanto disposto al comma 3 che definisce una riduzione massima del requisito di età anagrafica per i lavoratori notturni, e al comma 5, il quale stabilisce il periodo di tempo di svolgimento regolare e continuativo da computare per l’accesso al beneficio (lettera b)); la predisposizione di criteri da utilizzare nell’espletamento dell’attività di verifica ispettiva da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nonché degli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatoria (lettera c)); le modalità di utilizzo da parte dell’ente previdenziale delle informazioni su dimensione e assetto organizzativo dell’azienda e sulle tipologie di lavorazioni, anche come risultanti dall’analisi dei dati in possesso degli enti previdenziali, con particolare riferimento alla verifica delle attività usuranti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c) e ai relativi periodi minimi richiesti per beneficiare del pensionamento anticipato di cui all’articolo 1, comma 5 (lettera d)); le norme per la rilevazione automatica, per i periodi di lavoro decorrenti dal 2008, dello svolgimento da parte del lavoratore delle attività usuranti di cui al precedente articolo 1, commi 1 e 3 (lettera e)); l’individuazione dei criteri di priorità (in ragione della maturazione dei requisiti agevolati di cui al precedente articolo 1, commi 2 e 3) che secondo il successivo articolo 5 devono essere adottati per il differimento della decorrenza dei trattamenti nei casi di scostamento tra numero delle domande presentate ed accolte e risorse finanziarie disponibili, rilevato durante l’attività di monitoraggio (lettera f)); le forme e le modalità di collaborazione fra gli enti che gestiscono forme di assicurazioni obbligatoria, con specifico riferimento allo scambio di dati ed informazioni relativi alle lavorazioni usuranti di cui all’articolo 1, commi 1 e 3 (lettera g)). 196 PENSIONE ANTICIPATA PER LAVORI USURANTI L’articolo 5 dispone l’applicazione di una clausola di salvaguardia finanziaria nel caso in cui il numero delle domande accolte per l’accesso al beneficio al trattamento pensionistico anticipato sia esorbitante rispetto alle risorse finanziarie destinate alla copertura degli oneri ai sensi del successivo articolo 7. Pertanto, se dal monitoraggio delle domande accolte, nell’ambito dell’accertamento degli aventi diritto, si registri uno scostamento in eccesso delle domande medesime rispetto alle risorse finanziarie appositamente stanziate, è previsto il differimento della decorrenza dei trattamenti pensionistici (cd. “finestre”) stabilita dalla normativa vigente269, in base a criteri di priorità secondo la maturazione dei requisiti agevolati per il pensionamento, definiti con il decreto previsto dall’articolo 4. Il differimento è finalizzato a garantire un allineamento tra il numero di accessi al pensionamento sulla base dei predetti requisiti agevolati e le risorse finanziarie appositamente stanziate. L’articolo 6 interviene in materia di comunicazioni del datore di lavoro. In particolare, il comma 1 modifica alcune disposizioni del D.Lgs. 66/2003, e, specificamente: l’articolo 12, comma 2, che disciplina le dichiarazioni con cadenza annuale che il datore di lavoro, anche tramite l'Associazione cui aderisca o conferisca mandato, comunica ai servizi ispettivi della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, nonché alle rappresentanze sindacali presenti in azienda o le organizzazioni territoriali dei lavoratori, dell’esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici. La modifica, rispetto al testo attualmente vigente, rimuove il riferimento alle deroghe previste a favore della contrattazione collettiva per quanto concerne l’obbligo di comunicazione; l’articolo 18-bis, al quale viene aggiunto il comma 5-bis che prevede una sanzione amministrativa da euro 500 a euro 1.500 per le violazioni degli obblighi in materia di dichiarazioni di cui all’articolo 12, comma 2, in precedenza esaminato. Nel successivo comma 2 l’obbligo di comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro competente viene stabilito anche per il datore di lavoro che svolge le lavorazioni indicate all’articolo 1,comma 1, lettera c), che utilizzano la c.d. linea catena. Il termine indicato per le comunicazione è di 30 giorni dall’inizio delle lavorazioni; in sede di prima applicazione, tale termine decorre dall’entrata in vigore dello schema di decreto in esame. In caso di inosservanza della comunicazione è prevista una sanzione amministrativa da euro 500 a euro 1.500. 269 Articolo 1, comma 6, lettere c) e d) della L. 243/2004. 197 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO L’articolo 7, infine, reca la copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dal provvedimento in esame, valutati in 83 milioni di euro per il 2009, 200 milioni di euro per il 2010, 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 e 383 milioni di euro a decorrere dal 2013, si fa fronte utilizzando le risorse dell’apposito Fondo previsto all’articolo 1, comma 3, lettera f) della L. 247/2007, appositamente costituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 198 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE PREVIDENZA COMPLEMENTARE E FONDO TFR RIFORMA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE In Italia, l'edificazione del "secondo pilastro" ha storicamente presentato un rilevante ritardo rispetto agli altri ordinamenti: prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 124/1993270, infatti, non esisteva alcuna regolamentazione organica della previdenza complementare, benché esistessero taluni fondi pensione che operavano in base a disposizioni speciali e con regolamenti, regimi di prestazione e sistemi finanziari di gestione diversi. Successivamente, tramite il D.Lgs. 252/2005271, è stata attuata una completa e organica riforma della disciplina della previdenza complementare. Si evidenzia che il D.Lgs. 252/2005 non si è limitato a novellare il D.Lgs. 124/1993, che precedentemente in sostanza conteneva la disciplina dei fondi pensione, ma ha introdotto un nuovo testo organico della previdenza complementare procedendo contestualmente all’abrogazione dello stesso D.Lgs. 124/1993. Ci si sofferma nel seguito della presente scheda sulle novità più rilevanti, rispetto alla disciplina precedente, introdotte dalla riforma del D.Lgs. 252/2005. Istituzione delle forme pensionistiche complementari Per quanto concerne le modalità di istituzione delle forme pensionistiche complementari, mentre viene confermata la disciplina già introdotta con il D.Lgs. 124/1993, viene contemplata anche la possibilità di istituire fondi pensione da parte delle Casse di previdenza privatizzate. Costituzione e autorizzazione In merito alle modalità di costituzione dei fondi pensione, si ricorda che essi possono costituirsi come associazioni (ai sensi dell’articolo 36 del codice civile) o come soggetti dotati di personalità giuridica: in quest’ultima fattispecie viene prevista una semplificazione del procedimento di riconoscimento, ricondotto direttamente al provvedimento di autorizzazione della COVIP e, al riguardo, si 270 D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421”. 271 D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), dell’articolo 1, comma 2, lettere e), h), i), l) e v) e dell’articolo 1, comma 44 della L. 243/2004. Il D.Lgs. 252/2005, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 novembre 2005, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2005. 199 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO dispone una riduzione dei termini del procedimento di autorizzazione (entro sessanta giorni) e si introducono sanzioni per l’esercizio dell’attività senza le prescritte autorizzazioni. Organi di amministrazione e di controllo La composizione degli organi amministrativi e di controllo dei fondi pensione, ad eccezione dei fondi pensione aperti e delle forme pensionistiche individuali, deve rispettare il criterio della partecipazione paritetica dei rappresentanti di lavoratori e datori di lavoro. Rispetto alla normativa vigente, si prevede che i componenti dei primi organi collegiali siano nominati in sede di atto costitutivo. Il responsabile del fondo272 – la cui figura è stata introdotta ex novo dal D.Lgs. n. 252, anche per i fondi negoziali – deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità indicati con apposito provvedimento ministeriale273. Si dispone una disciplina differenziata, per quanto riguarda le incompatibilità specifiche della carica di responsabile del fondo, a seconda della fonte istitutiva delle forme pensionistiche complementari. In particolare, per le forme pensionistiche negoziali istituite da contratti o accordi collettivi tra lavoratori dipendenti, da accordi tra lavoratori autonomi, da accordi tra soci lavoratori di cooperative e da accordi tra iscritti al fondo di mutualità delle “casalinghe”, l’incarico di responsabile può essere conferito anche al direttore generale ovvero ad uno degli amministratori del fondo. Invece per i fondi pensione aperti o per le forme pensionistiche complementari individuali, l’incarico di responsabile non può essere attribuito ad uno degli amministratori o ad un dipendente della forma stessa o ad un soggetto legato da un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione continuativa presso i soggetti istitutori della forma stessa o presso una società collegata. Il responsabile della forma pensionistica viene configurato come un organo autonomo e indipendente, con funzioni da una parte di supervisione sulla gestione e dall’altra di vigilanza a garanzia degli aderenti al fondo. In sostanza il responsabile viene investito di un compito di vigilanza sulla correttezza della gestione a garanzia degli interessi degli aderenti, svolgendo quindi un compito 272 Si consideri che il responsabile del fondo non era previsto dal decreto legislativo n. 124/1993, ma è stato introdotto, per i fondi pensione aperti, in sede regolamentare con il decreto del Ministro del lavoro n. 211 del 1997. Tale decreto, all’articolo 17, comma 2, prevede che all’istanza di autorizzazione venga allegata copia del verbale della riunione del consiglio di amministrazione della società che istituisce il fondo pensione aperto, nella quale il consiglio stesso ha verificato che in capo al dirigente responsabile del fondo sussistano i requisiti di professionalità ed onorabilità richiesti dal decreto. Da ciò si desume che per i fondi pensione aperti viene prevista la figura di un responsabile del fondo in capo al quale sono riconducibili una serie di attività analiticamente indicati dalla COVIP negli orientamenti regolamentari. 273 Alla data del 10 maggio 2006 il decreto ministeriale non risulta ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. 200 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE parzialmente ausiliario dell’organismo di sorveglianza. Difatti il responsabile: verifica che la gestione sia svolta nell’esclusivo interesse degli aderenti, nonché nel rispetto della normativa vigente; sulla base delle direttive della COVIP informa la stessa Commissione sull’attività complessiva del fondo (le stesse informazioni sono inviate contemporaneamente all’organismo di sorveglianza); vigila in particolare sul rispetto dei limiti di investimento e sulle operazioni che potrebbero far ravvisare un conflitto di interessi. Inoltre, il rappresentante è tenuto ad informare l’organismo di sorveglianza affinché la gestione del fondo avvenga nell’esclusivo interesse degli aderenti. Per i fondi aperti, si prevede l’istituzione di un organismo di sorveglianza composto da almeno due membri, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità. In sede di prima applicazione, i predetti membri sono designati dai soggetti istitutori dei fondi stessi, per un incarico non superiore al biennio. Successivamente, i predetti membri sono designati dai soggetti istitutori dei fondi stessi, che sono però tenuti ad individuarli tra gli amministratori indipendenti iscritti all’albo appositamente istituito dalla Consob. Nel caso di adesione collettiva che comporti l’iscrizione di almeno 500 lavoratori appartenenti ad una singola azienda o a un medesimo gruppo, l’organismo di sorveglianza è integrato da un rappresentante designato dalla medesima azienda o gruppo e da un rappresentante dei lavoratori. Si fa salva la possibilità di dotarsi di organismi di sorveglianza già previsti dall’articolo 5, comma 1 (organi di amministrazione e di controllo). Si prevedono una serie di incompatibilità con altre cariche o prestazioni di lavoro presso i soggetti istitutori dei fondi pensione aperti, in modo da evitare eventuali conflitti d’interesse. Inoltre i membri dell’organismo di sorveglianza non possono possedere cointeressenze nei soggetti istitutori dei fondi pensione aperti. L’accertamento del mancato possesso di alcuno dei requisiti previsti comporta la decadenza dall’ufficio. L’”organismo di sorveglianza” svolge un compito di controllo sulla regolarità della gestione complessiva, affinché avvenga nell’interesse degli aderenti, e riferisce alla COVIP e all’organo di amministrazione su eventuali irregolarità riscontrate. Per quanto riguarda la responsabilità dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo e del responsabile della forma pensionistica, sono applicabili i seguenti articoli del codice civile: articolo 2392, a norma del quale gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze e sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori; 201 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO articolo 2393, che disciplina l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori; articolo 2394, riguardante la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali. Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria, quando ne ricorrono gli estremi; articolo 2394-bis, che attribuisce al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al commissario straordinario, rispettivamente in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria, la competenza a promuovere le azioni di responsabilità previste dai precedenti articoli; articolo 2395, il quale fa salvo comunque il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori; articolo 2396, il quale estende ai direttori generali nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto l’applicazione delle disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società. Sono inoltre applicabili ai componenti degli organi di controllo delle forme pensionistiche complementari e ai membri dell’organismo di sorveglianza del fondo pensione aperto le disposizioni dell’articolo 2407 del codice civile, in materia di doveri e responsabilità dei sindaci. La disciplina prevede delle ipotesi in cui con decreto del Ministro del lavoro, su proposta della COVIP, possono essere sospesi dall’incarico o dichiarati decaduti i componenti degli organi collegiali e il responsabile della forma pensionistica che compiano una serie di irregolarità od omissioni. In particolare vengono sanzionate le seguenti condotte: la non ottemperanza alle richieste o alle prescrizioni della COVIP; il fornire alla COVIP informazioni false; la violazione delle disposizioni relative ai criteri di individuazione e ripartizione dei rischi e alle limitazioni agli investimenti finanziari; non effettuare le comunicazioni relative alla sopravvenuta variazione della condizione di onorabilità, entro quindici giorni dal momento in cui se ne abbia conoscenza. Sono anche previste sanzioni sul piano penale o amministrativo. 202 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE Regime della gestione Oltre a quanto già previsto dalla precedente disciplina, si impone innanzitutto ai fondi pensione il divieto di assumere o concedere prestiti. Inoltre si fa obbligo alle forme pensionistiche complementari di esporre nel rendiconto annuale e, sinteticamente, nelle comunicazioni periodiche agli iscritti se e in quale misura, nella gestione delle risorse e nelle linee seguìte nell’esercizio dei diritti derivanti dalla titolarità dei valori in portafoglio, siano stati presi in considerazione aspetti sociali, etici e ambientali. Finanziamento Il D.Lgs. n. 252/2005 (articolo 8) innova profondamente la disciplina del finanziamento delle forme pensionistiche complementari, rispetto alle disposizioni del D.Lgs. n. 124/1993. In primo luogo si prevede che il finanziamento delle forme pensionistiche complementari possa essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché attraverso il conferimento del TFR maturando. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari, nel caso di lavoratori autonomi e di liberi professionisti, è attuato mediante contribuzioni a carico dei soggetti stessi. Nel caso di soggetti diversi dai titolari di reddito di lavoro o d’impresa e di soggetti fiscalmente a carico di altri il richiamato finanziamento è attuato dagli stessi o dai soggetti nei confronti dei quali sono a carico. Ferma restando la facoltà per tutti i lavoratori di determinare liberamente l’entità della contribuzione a proprio carico, per i lavoratori dipendenti che aderiscono a forme di previdenza complementare, con l’eccezione dell’adesione individuale a fondi pensione aperti e dell’adesione a forme pensionistiche individuali, la misura minima della contribuzione a carico del datore di lavoro o del committente e del lavoratore stesso possono essere fissati dai contratti e dagli accordi collettivi, anche aziendali. Il livello minimo della contribuzione a carico dei lavoratori, inoltre, può essere determinato dagli accordi tra soli lavoratori. Il contributo da destinare alle forme pensionistiche complementari è stabilito in cifra fissa oppure: per i lavoratori dipendenti: in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR o con riferimento ad elementi particolari della retribuzione stessa; per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti: in percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente; 203 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO per i soci lavoratori di società cooperative: secondo la tipologia del rapporto di lavoro, in percentuale della retribuzione assunta per il calcolo del TFR, ovvero degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori, ovvero in percentuale del reddito di lavoro autonomo, dichiarato ai fini IRPEF, relativo al periodo d'imposta precedente. Confermando le analoghe disposizioni di cui al D.Lgs. 124/1993, nel caso in cui i destinatari delle forme pensionistiche complementari sono dipendenti della pubblica amministrazione, i contributi alle forme pensionistiche debbono essere definiti in sede di determinazione del trattamento economico, secondo procedure coerenti alla natura del rapporto. Con una novità di notevole rilievo, si prevede che il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari avviene secondo modalità esplicite o tacite. In particolare, è stato introdotto l’istituto del silenzioassenso: il conferimento del TFR a forme pensionistiche complementari ha luogo solo se il lavoratore non decida diversamente, in maniera espressa, entro sei mesi dalla data di prima assunzione. Per i lavoratori già assunti al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo in esame274, i sei mesi decorrono dal 1° gennaio 2007. Nel caso in cui decida in maniera esplicita per il conferimento del T.F.R., il lavoratore ha inoltre facoltà di scegliere, sempre entro sei mesi, la forma pensionistica complementare cui destinarlo. Nel caso di conferimento tacito (silenzio-assenso), a decorrere dal mese successivo alla scadenza prevista, il datore di lavoro trasferisce il T.F.R. maturando dei propri dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale che preveda la destinazione del T.F.R. ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, ai fondi pensione chiusi previsti dalla contrattazione collettiva, ai fondi pensione aperti, oppure ai fondi istituiti da regolamenti di enti o aziende. Tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale. In caso di presenza di più forme pensionistiche alle quali l’azienda abbia aderito, il T.F.R. è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Infine, nel caso in cui non siano applicabili i criteri precedenti, il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare residuale istituita presso l’INPS. Specifiche disposizioni riguardano i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993, per i quali era già previsto un diverso regime, concernente la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari attraverso il conferimento parziale del T.F.R. 274 Si ricorda che il D.Lgs. 252/2005 è entrato in vigore il 1° gennaio 2007 (ad eccezione di alcune limitate e specifiche disposizioni entrate in vigore il 14 dicembre 2005): vedi infra. 204 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE In particolare, ai richiamati soggetti, nel caso in cui risultino già iscritti a forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, o dalla data di nuova assunzione, se successiva, se mantenere il residuo T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo (ciò vale anche nel caso in cui non esprimano alcuna volontà) alla forma complementare collettiva alla quale gli stessi abbiano già aderito. Nel caso in cui non risultino iscritti a forme pensionistiche complementari alla stessa data, è consentito scegliere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, se mantenere il T.F.R. maturando presso il proprio datore di lavoro, ovvero conferirlo, nella misura già fissata dagli accordi o contratti collettivi, ovvero, qualora detti accordi non prevedano il conferimento del TFR, nella misura non inferiore al 50%, con possibilità di incrementi successivi, ad una forma pensionistica complementare. Nel caso in cui tali soggetti non esprimano alcuna volontà, si applicano i criteri di trasferimento del T.F.R. su decritti con riferimento al conferimento tacito. Al fine di consentire una scelta consapevole del lavoratore circa la destinazione del TFR, si prevede che, prima dell’avvio del periodo di sei mesi per esprimere la volontà sul trasferimento del TFR, il datore di lavoro debba fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle diverse scelte disponibili. Inoltre, trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili ai fini del conferimento del TFR maturando, il lavoratore che non abbia ancora manifestato alcuna volontà deve ricevere dal datore di lavoro le necessarie informazioni relative al fondo pensione verso il quale il TFR maturando è destinato alla scadenza del semestre. Al fine di incentivare l’adesione ai fondi pensione da parte dei soggetti interessati, si introducono specifici benefici fiscali. In particolare, vengono aumentati i limiti di deducibilità dal reddito imponibile per i contributi versati dai lavoratori e vengono introdotte ulteriori agevolazioni per coloro che iniziano a lavorare dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Si consente inoltre che i contributi versati dal lavoratore, dal datore di lavoro o dal committente alle forme di previdenza complementari possano essere dedotti ai sensi dell’articolo10 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). È espressamente specificato che questa disposizione si applica sia ai contributi volontari, sia a quelli eventualmente versati per obbligo derivante da contratti o accordi collettivi, anche aziendali. Per quanto riguarda il datore di lavoro, l'intero importo dei contributi versati costituisce costo per lavoro dipendente e, pertanto, risulta integralmente deducibile ai fini della determinazione del reddito d’impresa. Viene inoltre specificato che i contributi di eguale natura versati dal datore di lavoro 205 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO usufruiscono altresì dell’agevolazione rappresentata dall’assoggettamento a contribuzione obbligatoria ridotta (denominata contributo di solidarietà) nella misura del 10 per cento. La disciplina sulle deduzione riguarda anche i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Si prevede un importo massimo deducibile determinato – esclusivamente in cifra fissa – in 5.164,57 euro per ciascun anno. Quest’importo coincide con quello stabilito dall’articolo 10 del TUIR, il quale, tuttavia, dispone anche un limite percentuale e, per i lavoratori dipendenti, anche un ulteriore limite massimo rapportato al TFR. Ai fini del computo dell’importo massimo deducibile si deve tenere conto, oltre ai contributi versati dall’iscritto, anche delle quote accantonate dal datore di lavoro come trattamento di fine rapporto e di quelle accantonate nei fondi di previdenza del personale (deducibili, a norma dell’articolo 105, comma 1, del TUIR, nei limiti delle quote maturate nell’esercizio). In altre parole, rispetto all’articolo 10 del TUIR, non rilevano, ai fini della determinazione del limite massimo di importo deducibile, i contributi versati ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 335/1995, eccedenti il massimale contributivo stabilito dal D.Lgs. n. 579/1995. Inoltre, modificando la disciplina attualmente contenuta nell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 10 del TUIR si dispone la deducibilità dei contributi versati per le persone fiscalmente a carico. In particolare, il soggetto che versa contributi per le persone a carico può dedurre gli importi corrisposti, entro i limiti previsti, limitatamente alla parte non dedotta dalle persone stesse. Inoltre, si prevede che: in caso di conferimento tacito del T.F.R., gli statuti e i regolamenti prevedano l’investimento dello stesso T.F.R. nella linea a contenuto più prudenziale, in modo da garantire la restituzione del capitale e rendimenti comparabili al tasso di rivalutazione del T.F.R; l’adesione ad una forma pensionistica realizzata tramite il solo conferimento esplicito o tacito del T.F.R. non comporta l’obbligo della contribuzione (ulteriore rispetto al T.F.R.) a carico del lavoratore e del datore di lavoro, anche se è facoltà del lavoratore decidere di destinare una parte della retribuzione alla forma pensionistica prescelta in modo autonomo, anche in assenza di accordi collettivi. In tal caso, il lavoratore comunica al datore di lavoro l’entità del contributo ed il fondo pensione di destinazione; il datore di lavoro possa a sua volta decidere, anche in assenza di accordi collettivi, anche aziendali, di contribuire alla forma pensionistica collettiva alla quale il lavoratore ha già aderito, oppure a quella prescelta autonomamente; nel caso in cui il lavoratore intenda contribuire al fondo pensione e qualora abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro sulla base di accordi collettivi, anche aziendali, il contributo del lavoratore affluisce alla forma 206 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE pensionistica prescelta dal lavoratore stesso, “nei limiti e secondo le modalità stabilite dai predetti contratti o accordi”; la contribuzione alle forme pensionistiche complementari possa proseguire volontariamente oltre il raggiungimento dell’età pensionabile prevista dal regime obbligatorio di appartenenza; è possibile suddividere i flussi contributivi anche su diverse linee di investimento all’interno della medesima forma pensionistica, nonché trasferire l’intera posizione individuale a una o più linee di investimento. Fondo pensione presso l’INPS La nuova disciplina, in attuazione di uno dei criteri direttivi della legge delega, prevede l’istituzione presso l’INPS della forma pensionistica complementare a contribuzione definita, alla quale, nel caso di conferimento tacito, affluiscono le quote di TFR maturando nell’ipotesi di assenza di una forma pensionistica complementare collettiva, prevista da accordi o contratti collettivi, della quale i lavoratori siano destinatari (articolo 9). Si prevede che tale forma pensionistica sia amministrata da un comitato i cui membri devono garantire la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro secondo un criterio paritetico. I membri del comitato sono nominati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e restano in carica per quattro anni. I membri del comitato, inoltre, devono possedere i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza stabiliti decreto ministeriale. Si prevede la facoltà del lavoratore di trasferire la propria posizione individuale, costituita presso la forma pensionistica presso l’INPS - anche in deroga al rispetto del termine di due anni di cui al successivo articolo 14, comma 6 - ad altra forma pensionistica scelta dal lavoratore stesso. Misure compensative per le imprese La nuova disciplina, per compensare il venir meno della disponibilità degli importi accantonati quale trattamento di fine rapporto, dispone misure di carattere tributario e contributivo in favore delle imprese275. In primo luogo, si stabilisce che dal reddito d’impresa sia deducibile un importo pari al 4 per cento dell’ammontare del trattamento di fine rapporto annualmente destinato a forme pensionistiche complementari. La misura della deduzione è aumentata al 6 per cento per le imprese con meno di cinquanta addetti. 275 Combinato disposto dell’articolo 10 del D.Lgs. 252/2005 e dell’articolo 8 del D.L. 203/2005. 207 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Si prevede l’esonero, a favore del datore di lavoro, del versamento del contributo al Fondo di garanzia per il T.F.R., nella stessa percentuale di T.F.R. maturando conferito alle forme pensionistiche complementari. Come ulteriore beneficio, si prevede che le imprese che provvederanno a conferire le quote di TFR ai fondi di previdenza complementare potranno godere di una riduzione degli oneri “impropri” relativi ai rapporti di lavoro. In particolare dispone, a partire dal 1° gennaio 2008, una riduzione dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a carico dei datori di lavoro in favore della Gestione INPS “prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”, come misura compensativa a fronte dei maggiori oneri finanziari sostenuti dalle imprese per il versamento ai fondi di previdenza complementare delle quote relative al TFR. Regime tributario delle prestazioni Per incentivare l’adesione alla previdenza complementare, si riforma l’imposizione sulle prestazioni rendendola più favorevole per gli iscritti (articolo 11). Di particolare favore per i beneficiari risulta essere la tassazione tramite l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta sulle prestazioni erogate in forma di capitale o di rendita. L’aliquota è determinata nella misura del 15 per cento. Al fine di incentivare la permanenza nel fondo pensione, inoltre, la predetta aliquota è ridotta di 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari. La riduzione complessiva non può eccedere, tuttavia, i 6 punti percentuali: pertanto, l’aliquota d’imposta sostitutiva non può essere inferiore al 9 per cento. In altre parole, poiché i 6 punti percentuali corrispondono a venti anni di iscrizione eccedenti il quindicesimo, la misura della riduzione cessa di crescere al compimento del trentacinquesimo anno d’iscrizione. Si consideri che invece la disciplina previgente assimilava le prestazioni erogate dai fondi pensione a redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, prevedendo la tassazione ordinaria per le prestazioni erogate in forma periodica e la tassazione separata per quelle erogate in forma capitale. Adesione ai fondi pensione aperti e alle forme pensionistiche individuali L’adesione ai fondi pensione aperti, ai quali può essere destinata, oltre alle quote di TFR, anche la contribuzione a carico del datore di lavoro alla quale il lavoratore abbia diritto, può avvenire, oltre che su base individuale, anche su base collettiva (articolo 12). La possibilità di aderire a fondi aperti anche da parte dei lavoratori per i quali operino i fondi negoziali costituisce una delle novità più rilevanti della riforma: 208 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE viene introdotta, in attuazione della legge delega, la completa equiparazione delle forme pensionistiche al fine dell’adesione dei lavoratori. In sostanza, al contrario di quanto previsto dalla normativa vigente, anche i lavoratori per i quali operino le fonti istitutive negoziali potranno, sin dall’inizio, optare per l’adesione ad un fondo aperto. Permanenza nella forma pensionistica complementare e portabilità Le novità più rilevanti attengono alla disciplina del riscatto e del trasferimento della posizione individuale (articolo 14). Nel caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo pensione, lo statuto e il regolamento dei fondi devono prevedere: a) il trasferimento ad altro fondo cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività; b) il riscatto della posizione individuale, ed in particolare: b1) riscatto parziale (50% della posizione maturata) in caso di: - cessazione dell’attività lavorativa con conseguente inoccupazione per un periodo compreso tra i 12 ed i 48 mesi; - ricorso a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria. b2) riscatto totale in caso di: - invalidità permanente, purché comporti la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo; - cessazione dell’attività lavorativa con conseguente inoccupazione per un periodo superiore a 48 mesi. La facoltà di riscatto totale non può essere esercitata nei cinque anni precedenti la maturazione dei diritti previdenziali. Si dispone anche per l’eventualità in cui il soggetto aderente deceda prima della maturazione del diritto alla prestazione previdenziale: il testo in esame prevede il riscatto dell’intera posizione maturata da parte degli eredi o dei soggetti, sia persone fisiche sia giuridiche, indicati dal titolare. In mancanza di tali soggetti viene stabilito che, per quanto riguarda le posizioni inerenti le forme pensionistiche individuali (contratti di assicurazione sulla vita), esse saranno devolute a finalità sociali con le modalità stabilite in un decreto di futura emanazione da parte del Ministro del lavoro; per quanto riguarda le posizioni inerenti i fondi negoziali, i fondi regionali ed i fondi pensione aperti, esse restano acquisite al fondo pensione. Per quanto riguarda la tassazione, si stabilisce che nei casi di riscatto della posizione individuale per cessazione dell’attività lavorativa o in caso di invalidità permanente o in favore degli eredi o dei beneficiari in caso di morte dell’iscritto, sulle somme percepite è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per 209 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali sull’ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili. Sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse da quelle su descritte si applica una ritenuta a titolo d’imposta, nella misura del 23 per cento, sull’ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quella derivante dai rendimenti, se determinabili. Viene inoltre confermato il diritto di trasferimento della posizione individuale maturata presso un’altra forma pensionistica, con l’unico limite costituito dall’esclusione della possibilità di effettuare il trasferimento prima di due anni dalla data di partecipazione ad un fondo (nella disciplina del D.Lgs. n. 124/1993 sono richiesti invece tre anni dalla data di adesione o di conclusione del contratto). Viene pertanto disposto che gli statuti e i regolamenti prevedano espressamente la facoltà in questione e che non possano contenere nessuna clausola limitativa, anche di fatto, di tale diritto di trasferimento, comprese eventuali previsioni di voci di costo volte a ostacolare la portabilità. Per le operazioni di trasferimento delle posizioni pensionistiche, si prevede l’esenzione da ogni onere fiscale. Compiti della COVIP Rispetto all’ordinamento previgente, il D.Lgs. 252/2005 ha previsto l’attribuzione alla COVIP dei seguenti ulteriori compiti276: impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive ed individuali, incluse le forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita; vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari. Si consideri, tuttavia, che sulle previsioni dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 252/2005 è intervenuto l’articolo 25, comma 3, della legge n. 262 del 2005 (riforma del risparmio), che restituisce all’ISVAP la vigilanza sulla sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione, anche con riferimento ai 276 Articolo 19. Si consideri che le disposizioni relative alla vigilanza sui fondi pensione (articolo18) e ai compiti della COVIP (articolo 19) sono entrati in vigore il 14 dicembre 2005. 210 RIFORMA DELLE PREVIDENZA COMPLEMENTARE “prodotti assicurativi con finalità previdenziali” (in sostanza, contratti di assicurazione sulla vita). Entrata in vigore e norme transitorie Il D.Lgs. 252/2005 è entrato in vigore il 1° gennaio 2007277, eccetto che per alcune disposizioni, che invece sono entrate in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione (cioè il 14 dicembre 2005): destinazione del contributo di solidarietà al finanziamento della COVIP (articolo16, comma 2, lettera b)); disposizioni in materia di vigilanza della COVIP e compiti della medesima (articoli 18 e 19); stanziamento per il rafforzamento della vigilanza sulle forme pensionistiche complementari (articolo 22, comma 1), con una spesa pari a 17 milioni di euro per il 2005. Al fine di rendere possibile la corretta e funzionale applicazione della riforma della previdenza complementare di cui al D.Lgs. 252/2005 sin dall’inizio del 2007 (in connessione con l’anticipazione al 1° gennaio 2007 dell’entrata in vigore della medesima riforma), è stata prevista una specifica disciplina relativa alle modalità e ai termini secondo cui, nella fase transitoria di entrata in vigore della riforma, le forme di previdenza complementare avrebbero dovuto procedere ai necessari adeguamenti per conformarsi alla nuova disciplina della previdenza complementare. In particolare, si è disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2007 solamente le forme pensionistiche complementari che avessero provveduto agli adeguamenti richiesti dalla riforma, avrebbero potuto ricevere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del T.F.R. (vedi capitolo Previdenza complementare e Fondo TFR, pag. 19). Per quanto riguarda la disciplina transitoria, si dispone inoltre che: continua ad applicarsi la disciplina vigente alla data di pubblicazione del D.Lgs. 252/2005 per i contratti di assicurazione di carattere previdenziale stipulati fino alla data del 31 dicembre 2006; le disposizioni del D.Lgs. 252/2005 relative alla deducibilità dei premi e dei contributi versati e al regime di tassazione delle prestazioni, si applicheranno, a decorrere dal 1° gennaio 2007, anche ai soggetti che a tale data risultano già iscritti a forme pensionistiche complementari, mentre i montanti delle prestazioni accumulate in favore dei summenzionati soggetti sino al 31 dicembre 2006 sono assoggettate alla disciplina previgente, ad 277 La legge finanziaria 2007 ha anticipato di un anno l’entrata in vigore del D.Lgs. 252/2005 fissandola appunto al 1° gennaio 2007 anziché al 1° gennaio 2008. 211 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO eccezione dell’articolo 20, comma 1, secondo periodo, del TUIR approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; per i lavoratori assunti prima del 29 aprile 1993 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993) e iscritti entro tale data a forme pensionistiche complementari istituite alla data del 15 novembre 1992: - ai montanti delle prestazioni accumulate entro il 31 dicembre 2006 si applicherà il regime tributario vigente alla predetta data; - per i montanti delle prestazioni accumulate a decorrere dal 1° gennaio 2007, il soggetto interessato può optare per l’applicazione del regime previsto dall’articolo 11 del medesimo D.Lgs. 252/2005, ferma restando la possibilità di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica in capitale con applicazione del regime tributario vigente al 31 dicembre 2006 sul montante accumulato a partire dal 1° gennaio 2007; - i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 252/2005 (cioè entro il 31 dicembre 2006), ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 7 del medesimo decreto, potranno esprimere la propria volontà relativa all’eventuale conferimento del TFR maturando ad una forma di previdenza complementare dagli stessi prescelta entro il 30 giugno 2007. Inoltre, si dispone che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi esclusivamente la normativa previgente, non essendo stata data attuazione alla specifica delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera p), della L. 243/2004. 212 QUADRO NORMATIVO SULLA TOTALIZZAZIONE TOTALIZZAZIONE E RISCATTO DELLA LAUREA QUADRO NORMATIVO SULLA TOTALIZZAZIONE Il meccanismo della totalizzazione dei periodi assicurativi si basa su presupposti completamente diversi rispetto a quelli della ricongiunzione. Infatti, nel caso della totalizzazione, non si dà luogo all’unificazione delle posizioni assicurative e al conseguente trasferimento di contributi da una forma all’altra, bensì ogni gestione eroga in via autonoma all’assicurato - in possesso del requisito dell’età pensionabile, nonché di quello dell’anzianità contributiva in virtù di una fictio iuris (sommando, cioè, i periodi maturati presso le diverse gestioni) una quota di pensione in relazione ai contributi versati e secondo il proprio ordinamento. La riforma della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi è stata attuata, sulla base della delega278 della L. 243/2004279, con il D.Lgs. 42/2006280 Tale riforma è volta ad estendere, per gli assicurati ai quali si applichi, almeno pro-quota, il sistema di calcolo retributivo della pensione281, la possibilità di cumulare gratuitamente le varie quote di pensione maturate presso differenti gestioni pensionistiche, senza doversi avvalere dell’istituto oneroso della ricongiunzione. 278 Articolo 1, commi 1, lettera d), e 2, lettera o). 279 L. 23 agosto 2004, n. 243, “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”. 280 D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, “Disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi”. Il D.Lgs. 42/2006, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 19 gennaio 2006, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n 39 del 16 febbraio 2006, ed è entrato quindi in vigore il 3 marzo 2006. 281 Si ricorda che invece il cumulo dei periodi assicurativi, per i soggetti i cui trattamenti pensionistici sono liquidati esclusivamente con il sistema contributivo, è disciplinato dall’articolo 1 del D.Lgs. 184/1997, in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 39, della L. 335/1995. La disciplina in questione attribuisce al lavoratore iscritto a due o più gestioni previdenziali, la possibilità di cumulare i periodi assicurativi per il perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, indipendentemente dalla durata dell’iscrizione presso ogni singola gestione previdenziale. A tali lavoratori spettano le quote di pensione relative alle posizioni assicurative costituite nelle rispettive gestioni previdenziali, calcolate ciascuna con le norme applicabili per ogni singola gestione. Inoltre si prevede che gli enti privatizzati gestori delle forme di previdenza obbligatoria a favore di liberi professionisti, possono riconoscere al professionista il computo dei periodi contributivi non coincidenti posseduti presso altre forme di previdenza obbligatoria al solo fine del conseguimento dei requisiti contributivi previsti dall'ordinamento giuridico di appartenenza per il diritto a pensione e non per la misura di quest'ultima. 213 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Sulla base di una pronuncia della Corte Costituzionale282, l’istituto della totalizzazione era stato introdotto in via generale nel nostro ordinamento dall’articolo 71 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000)283, in modo da colmare il vuoto normativo che penalizzava i lavoratori che, avendo più volte cambiato lavoro e avendo pertanto versato i contributi in più gestioni, non raggiungevano i requisiti per la pensione di vecchiaia in nessuna delle gestioni. Precedentemente il lavoratore poteva solamente ricorrere alla ricongiunzione, in genere molto onerosa, o chiedere la restituzione dei contributi versati. La disciplina introdotta dalla legge finanziaria 2001, tuttavia, limitava la possibilità di cumulare i periodi assicurativi esclusivamente con riferimento alla pensione di vecchiaia, peraltro escludendo coloro che possedessero i requisiti per conseguire la pensione in uno dei fondi in cui fossero accreditati i contributi. La nuova disciplina della totalizzazione, introdotta dal D.Lgs. 42/2006, si applica a partire dal 1° gennaio 2006. Viene disposta l’abrogazione delle disposizioni di cui all’articolo 71 della L. 388/2000 e del relativo regolamento di attuazione emanato con D.M. 7 febbraio 2003, n. 57. Viene peraltro fatta salva sia la disciplina previgente, qualora più favorevole, per le domande presentate in data anteriore all’entrata in vigore del provvedimento, sia le altre disposizioni in vigore in materia di cumulo dei periodi assicurativi. La principale novità introdotta con il D.Lgs. 42/2006 è stata quella di estendere l’ambito applicativo della totalizzazione anche all’ipotesi in cui si possedessero i requisiti minimi per il diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono accreditati i contributi, nonché alle pensioni di anzianità purché l’assicurato abbia complessivamente maturato almeno 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica284. Tuttavia per potersi avvalere della totalizzazione i soggetti iscritti a due o più gestioni previdenziali non devono essere già titolari di trattamento pensionistico autonomo. Ciò potrebbe penalizzare le lavoratrici, poiché per potersi avvalere della totalizzazione dovrebbero restare al lavoro cinque anni in più rispetto all’età richiesta per la pensione di vecchiaia, a meno che non posseggano già il requisito contributivo di 40 anni285. 282 Corte Costituzionale, sentenza 5 marzo 1999, n. 61, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge n. 45/1990, "nella parte in cui non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è, o è stato iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi". 283 La disciplina di dettaglio è stata emanata con il regolamento di attuazione di cui al decreto ministeriale n. 57 del 2003. 284 Resta salva la facoltà di usufruire della totalizzazione da parte dei superstiti dell’assicurato, anche nel caso in cui quest’ultimo sia deceduto prima di aver acquisito il diritto a pensione; le relative quote di pensione sono reversibili nei limiti previsti dalle singole gestioni. 285 Si consideri, infatti, che il D.Lgs n. 42/2006, all’articolo 1, comma 2, prevede la possibilità di avvalersi della totalizzazione per il soggetto che abbia compiuto il 65° anno di età e possa far 214 QUADRO NORMATIVO SULLA TOTALIZZAZIONE Destinatari delle disposizioni in esame sono i soggetti, che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo, iscritti a due o più forme di assicurazione presso le seguenti gestioni previdenziali: assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti (A.G.O.) presso l’INPS, nonché alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima; enti previdenziali privati, disciplinati dal D.Lgs. 509/1994286, e dal D.Lgs. 103/1996287; gestione separata, istituita presso l’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 335/1995; Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni diverse da quella cattolica. La totalizzazione, al fine del conseguimento di un’unica pensione, permette il cumulo di tutti i periodi di contribuzione, con esclusione dei periodi assicurativi la cui durata sia inferiore a tre anni288: in tal caso per i soggetti interessati può operare l’istituto della ricongiunzione. L’esercizio del diritto alla totalizzazione è subordinato alle seguenti condizioni: 20 anni di anzianità contributiva e 65 anni anagrafici, ovvero 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica; possesso degli altri requisiti richiesti dagli enti previdenziali di appartenenza per l’accesso alla pensione di vecchiaia; richiesta di totalizzare tutti i periodi assicurativi per intero. Viene inoltre specificato che l’eventuale domanda di restituzione dei contributi, presentata in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto legislativo, preclude la possibilità di chiedere la totalizzazione dei periodi assicurativi. La riforma prevede la possibilità di totalizzazione anche per le pensioni di inabilità ed per quelle in favore dei superstiti. Il diritto ai trattamenti viene conseguito rispettivamente secondo i requisiti richiesti dall’ente previdenziale al quale il lavoratore era iscritto al verificarsi dello stato invalidante ovvero al valere un'anzianità contributiva almeno pari a venti anni ovvero, indipendentemente dall'età anagrafica, abbia accumulato un'anzianità contributiva non inferiore a 40 anni. Si ricorda, inoltre, che le donne possono conseguire la pensione di vecchiaia al compimento dei 60 anni di età. 286 D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”. Si ricorda che il D.Lgs. 509/94 ha previsto la privatizzazione degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza per i liberi professionisti 287 D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione”. 288 La durata minima che dovevano presentare i periodi assicurativi per poter essere cumulati, nel testo originario del D.Lgs. 42/2006, era di sei anni. Successivamente l’articolo 1, comma 76, della L. 247/2007 ha ridotto tale durata minima a tre anni. 215 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO momento del decesso. In quest’ultimo caso il testo specifica che il diritto alla totalizzazione può essere esercitato solo per i decessi avvenuti dopo l’entrata in vigore del provvedimento in esame. Per quanto concerne le modalità inerenti l’esercizio del diritto alla totalizzazione, si prevede che il procedimento sia promosso dall’ultimo ente previdenziale al quale il lavoratore risulta essere stato iscritto, previa presentazione della domanda da parte del soggetto interessato o del suo avente causa. Viene inoltre ribadita la preclusione della totalizzazione nel caso in cui sia stata accettata la ricongiunzione dei periodi assicurativi. Si consente la possibilità di recesso dalla ricongiunzione, comunque entro 2 anni dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina, con conseguente restituzione delle somme versate a titolo di ricongiunzione, maggiorate degli interessi legali. Il recesso opera solo nel caso in cui la ricongiunzione sia stata chiesta in data anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito, a seguito del pagamento integrale delle rate. Nel disciplinare le modalità di liquidazione del trattamento pensionistico derivante dalla totalizzazione, si prevede che l’importo della pensione unica venga fissato con ripartizione in quota a carico di ciascuna gestione previdenziale ed in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati. La liquidazione delle quote a carico degli enti previdenziali pubblici viene calcolata secondo il metodo contributivo, ai sensi del D.Lgs. 180/1997289, con rivalutazione delle retribuzioni fino al momento della presentazione della domanda di totalizzazione. Per gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. 509/1994, la nuova disciplina prevede l’applicazione del sistema di calcolo contributivo in base ai seguenti parametri: ai fini della determinazione del montante contributivo si considerano i contributi soggettivi versati, compresi quelli versati a titolo di riscatto; sono esclusi i contributi versati a titolo integrativo e di solidarietà; sui contributi sarà calcolato un tasso annuo di capitalizzazione pari al 90% della media quinquennale del tasso di rendimento del patrimonio netto investito con riferimento al quinquennio precedente. Viene in ogni caso garantito un tasso minimo di capitalizzazione pari all’1,50% annuo; 289 D.Lgs. 30 aprile 1997 n. 180, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 1, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo”. Si ricorda che tale sistema si applica in maniera integrale ai soggetti privi di anzianità contributiva alla data del 1° gennaio 1996 (articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995) nonché, appunto, ai soggetti, già iscritti a forme pensionistiche obbligatorie alla suddetta data, che in base all'articolo 1, comma 23, della stessa legge n. 335/1195, abbiano optato in tal senso. L'esercizio dell'opzione è subordinato al conseguimento di un'anzianità contributiva pari o superiore a 15 anni, di cui almeno 5 maturati successivamente al 31 dicembre 1995. 216 QUADRO NORMATIVO SULLA TOTALIZZAZIONE il montante individuale così ottenuto sarà poi moltiplicato per il coefficiente di trasformazione relativo all’età del soggetto al momento del pensionamento; l’ammontare della pensione viene poi maggiorato in relazione all’anzianità contributiva maturata presso l’ente previdenziale, applicando la relazione matematica prevista all’allegato 1 del citato decreto legislativo. Il meccanismo di calcolo è volto a compensare, ai fini dell’importo della pensione, il fatto che per i liberi professionisti le aliquote contributive sono molto più basse di quelle vigenti per i lavoratori dipendenti e per gli artigiani e commercianti. Pertanto si prevede una soglia minima del tasso di capitalizzazione, per consentire di elevare l’importo della prestazione e ridurre quindi la differenza rispetto all’importo calcolato con il metodo retributivo, con particolare beneficio per le anzianità contributive più elevate. Inoltre, la formula di calcolo di cui all’allegato 1 permette di “correggere” l’importo calcolato con il metodo contributivo, avvicinandolo gradualmente all’importo di pensione che sarebbe derivato utilizzando il metodo vigente per l’ente previdenziale (generalmente retributivo). Con esclusivo riferimento agli enti previdenziali privatizzati, si prevede una “clausola di salvaguardia”290 per coloro che abbiano maturato, nella gestione pensionistica, un requisito contributivo uguale o superiore a quello minimo richiesto ai fini della pensione di vecchiaia291: in tal caso si applica il sistema di calcolo della pensione previsto dall’ente previdenziale di appartenenza292. La misura dei trattamenti a carico degli enti previdenziali privati costituiti ai sensi del D.Lgs. 103/1996 (gestioni previdenziali per i professionisti iscritti ad appositi elenchi) viene determinata secondo i rispettivi ordinamenti293. Le quote di pensione sono reversibili ai superstiti nei limiti previsti dalle singole gestioni. Si prevede inoltre un sistema di “conversione” dei periodi di iscrizione nelle varie gestioni a fini di uniformità. 290 Articolo 4, comma 5, del D.Lgs. n. 42/2006. 291 In genere 30 anni. 292 Tale clausola di salvaguardia, nonostante il parere delle Commissioni parlamentari, anche nel testo definitivo del decreto non è stata estesa alle pensioni erogate dagli istituti previdenziali pubblici. A tale disparità cerca di porre rimedio la Direttiva indirizzata agli enti previdenziali sulle modalità attuative della totalizzazione (Direttiva emanata dal Ministro del lavoro il 2 marzo 2006), che in sostanza estende in via interpretativa anche alle quote di pensione erogate dagli enti previdenziali pubblici la clausola di salvaguardia, sulla base dei principi generali in materia di salvaguardia dei diritti quesiti e in aderenza al criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera o) della legge n. 243/2004. 293 Si ricorda che il D.Lgs. 103/1996 ha esteso la copertura previdenziale per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a tutti i liberi professionisti iscritti ad albi per cui non esistevano forme autonome di previdenza. In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, dello stesso decreto legislativo, ai fini della determinazione delle prestazioni si applica il sistema di calcolo contributivo, previsto dall'articolo 1 della L. 8 agosto 1995, n. 335, con aliquota di finanziamento non inferiore a quella di computo. 217 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Per quanto riguarda la rivalutazione automatica delle pensioni derivanti dalla totalizzazione, si dispone che essa sia calcolata sull’importo complessivo con oneri a carico delle gestioni interessate. Il pagamento dei trattamenti previdenziali derivanti dalla totalizzazione sarà effettuato dall’INPS che, a tal fine, stipulerà apposite convenzioni con gli altri enti previdenziali, fermo restando che l’onere dei singoli trattamenti sarà a carico di questi ultimi, ciascuno in relazione alla propria quota ed in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizioni maturati. Il trattamento decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di totalizzazione; per la pensione ai superstiti la decorrenza sarà a partire dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del dante causa. Il D.Lgs. 42/2006 prevede inoltre, per i professionisti iscritti a gestioni previdenziali private costituite ai sensi del D.Lgs. 103/1996, la possibilità di avvalersi della ricongiunzione, ai sensi della L. 45/1990294. Viene peraltro escluso l’onere del versamento della riserva matematica in quanto incompatibile con il calcolo della pensione secondo il metodo contributivo. 294 L. 5 marzo 1990, n. 45, “Norme per la ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per i liberi professionisti”. 218 OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO LAVORO INTERMITTENTE (O A CHIAMATA) FORME DI LAVORO FLESSIBILE LAVORO INTERMITTENTE (O A CHIAMATA) Il c.d. lavoro intermittente (o a chiamata) è stato abolito dall’articolo 1, comma 45, della L. 247/2007295, di attuazione del Protocollo sul welfare del 23 luglio del 2007. In precedenza, la disciplina di tale figura contrattuale era contenuta negli articoli da 33 a 40 del D.Lgs. 276/2003296. Il lavoro intermittente (o a chiamata) era definito all’articolo 33 del D.Lgs. 276/2003 come il contratto di lavoro (anche a tempo determinato) mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa secondo determinate modalità e in determinate limiti (stabiliti dal successivo articolo 34). Trattasi di una formula contrattuale nota nei mercati del lavoro anglosassoni (job on call). In Italia, già prima dell’introduzione della relativa disciplina da parte del D.Lgs. 276/2003, era stato effettuato senza successo – da parte di una importante industria – un tentativo di introdurlo attraverso un accordo ad hoc con le organizzazioni sindacali297. Ai sensi dell’articolo 34, spettava ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale individuare le possibilità di conclusione di contratti di lavoro intermittente. Si prevedeva tuttavia che il contratto di lavoro intermittente potesse essere in ogni caso utilizzato, nel caso di lavoratori con meno di 25 anni di età ovvero con più di 45 anni di età, anche se pensionati. Il comma 3 elencava una serie di fattispecie nelle quali non poteva utilizzarsi il contratto in esame: nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero; salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti avessero effettuato licenziamenti collettivi o presso cui fosse operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con 295 Legge 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 296 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”, che aveva introdotto tale figura contrattuale in attuazione del principio di delega di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) della L. 30/2003. 297 Il tentativo è stato effettuato dalla Zanussi. L'azienda e alcune organizzazioni sindacali (con l’esclusione della Cgil) fecero un accordo ad hoc per introdurre in fabbrica il lavoro a chiamata, o job on call. Furono i lavoratori a bocciare quell'intesa rifiutando la sperimentazione. Cfr. “Il Sole 24ore” del 30/07/2002: Debutta il contratto a chiamata. 221 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessassero lavoratori con analoghe mansioni; nel caso di aziende che non avessero effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 626/1994298. L’articolo 35 si occupava della forma del contratto e delle comunicazioni. Il contratto, da redigere in forma scritta ad probationem, doveva contenere i seguenti elementi: indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dal precedente articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto; luogo e modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo; trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36; indicazione delle forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione; tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; 298 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. Si ricorda che l’articolo 4 di tale decreto legislativo prevede un procedimento che trova il suo momento fondamentale nell’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. La valutazione dei rischi va effettuata tenendo conto delle caratteristiche essenziali dell’azienda e in particolare: della natura dell’azienda, della scelta delle attrezzature, delle sostanze e dei preparati chimici utilizzati, della sistemazione dei luoghi di lavoro. Inoltre è da prendere in considerazione l’eventualità di lavoratori esposti a rischi particolari, diversi da quelli cui è esposta la generalità dei lavoratori. La valutazione dei rischi deve essere effettuata in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Una volta effettuata la valutazione dei rischi il datore di lavoro è tenuto a formalizzarne il risultato in uno specifico documento. Vi è l’obbligo di custodire tale documento presso l’azienda e quello di rielaborare la valutazione e di redigere il conseguente documento in caso di modifiche del processo produttivo che siano significative per la sicurezza. Il datore di lavoro deve altresì custodire, presso l’azienda, una cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Per le piccole e medie aziende è previsto che siano definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali in questione, in relazione alla natura dei rischi e alla dimensione dell’azienda. Si ricorda infine che la disciplina della valutazione dei rischi è “confluita” negli articoli 28-30 del D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi capitolo Salute e sicurezza sul lavoro, pag. 119). Tale decreto legislativo - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 - prevede, dalla data della sua entrata in vigore, l’abrogazione del D.Lgs. 626/1994. 222 LAVORO INTERMITTENTE (O A CHIAMATA) eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. Nell’indicare gli elementi di cui sopra, le parti dovevano naturalmente attenersi alle previsioni dei contratti collettivi (comma 2). Inoltre il datore di lavoro era tenuto ad informare annualmente (a meno che i contratti collettivi non contenessero previsioni più favorevoli) le rappresentanze sindacali aziendali, ove presenti, sull’andamento del ricorso al lavoro intermittente(comma 3)299. L’articolo 36 disciplinava specificamente il caso in cui fosse espressamente garantita, da parte del lavoratore, la disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere intermittente su richiesta del datore di lavoro. In tal caso nel contratto di lavoro doveva essere prevista la misura della indennità mensile di disponibilità, stabilità dai contratti collettivi. Veniva in ogni caso previsto un limite minimo, stabilito con decreto del Ministro del lavoro, sentite le associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative (comma 1). In attuazione di tale disposizione era stato emanato il D.M. 10 marzo 2004300, il quale prevedeva che la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, fosse determinata nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato. L’articolo 36 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva inoltre che sull’indennità di disponibilità i contributi previdenziali fossero versati per l’effettivo ammontare, senza considerare eventuali minimali contributivi (comma 2) e che l’indennità fosse esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (indennità di disoccupazione, trattamento di fine rapporto, ecc.) (comma 3). Nel caso di malattia o altro impedimento alla chiamata, il lavoratore avrebbe dovuto informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. In tale periodo di temporanea impossibilità non spettava l’indennità di disponibilità (comma 4). Nel caso in cui il lavoratore non si fosse attivato tempestivamente, avrebbe perso il diritto all’indennità di disponibilità per quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale di lavoro (comma 5). Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro poteva determinare la risoluzione del contratto, la perdita dell’indennità di disponibilità 299 Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 19 della L. 300/1970 (cd. Statuto dei lavoratori), le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva. Caratteristica essenziale dell’articolo 19 è che esso non dà una definizione di r.s.a, né prevede una struttura rigida della stessa, ma tipizza piuttosto una categoria, nella quale possono rifluire una molteplicità di strutture associative di lavoratori. 300 “Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'ambito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 36 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.” 223 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO riferita al periodo successivo al rifiuto, nonché il risarcimento del danno (comma 6). L’articolo 37 si occupava del lavoro intermittente per particolari periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, con una disposizione che presentava elementi di non univoca interpretazione. In particolare si prevedeva che in tali casi l’indennità di disponibilità fosse corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. L’articolo 38 delineava lo status economico-giuridico del lavoratore intermittente. In particolare: al lavoratore veniva garantito, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo non inferiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati, a parità di mansioni; era prevista la ridefinizione del trattamento economico-giuridico, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita; per tutto il periodo in cui il lavoratore restava disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non era titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati (malattia, anzianità, trattamento di fine rapporto), a parte l’indennità di disponibilità. L’articolo 39 precisava che il prestatore di lavoro intermittente non era computato nell’organico dell’impresa ai fini dell’applicazione di disposizioni di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. In sostanza con tale disposizione si voleva evitare che l’utilizzo di tale forma di lavoro potesse essere disincentivata dal computo del lavoratore intermittente nell’organico dell’impresa, con il conseguente superamento del limite numerico di dipendenti da cui deriva l’applicazione di una serie di istituti lavoristici e previdenziali. Infine, l’articolo 40 era volto a rendere possibile la concreta utilizzazione dello schema contrattuale del lavoro intermittente anche nel caso in cui la contrattazione collettiva non intervenisse a determinare i casi e i limiti di utilizzabilità di tale schema contrattuale. In tale caso era previsto che, decorsi cinque mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, il Ministro del lavoro, su richiesta delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative o delle associazioni datoriali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, individuava in via provvisoria, con decreto, i casi di ammissibilità del lavoro intermittente. In attuazione di tale disposizione era stato emanato il D.M. 23 ottobre 2004301. Tale decreto ammetteva la stipulazione di contratti di lavoro 301 “Individuazione, in via provvisoriamente sostitutiva, della contrattazione collettiva dei casi di ricorso al lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 40 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.” 224 LAVORO INTERMITTENTE (O A CHIAMATA) intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923302. 302 R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, “Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'articolo 1° del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692”. 225 SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO FORME DI LAVORO FLESSIBILE SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto dal Titolo III, Capo I, del D.Lgs. 276/2003, può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro. Il contratto di somministrazione in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina viene contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo. Il D.Lgs. 276/2003 prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato. Successivamente la L. 247/2007 ha abolito il contratto di somministrazione a tempo indeterminato. La somministrazione a tempo indeterminato era uno strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti fin dai primi anni ’80. Con tale istituto sostanzialmente si introduceva anche nell’ordinamento italiano il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), grazie al quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Invece, con il contratto di fornitura di lavoro interinale di cui alla L. 196/1997, l’impresa fornitrice metteva a disposizione dell’impresa utilizzatrice un lavoratore solamente per esigenze lavorative di carattere temporaneo. Si consideri tuttavia che l’articolo 20 del D.Lgs. 276/2003 prevedeva una tassativa elencazione delle attività per le quali è legittima la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Si trattava in particolare delle seguenti attività: servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati; servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato; attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale; attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale; 227 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali; costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa. La somministrazione a tempo indeterminato era inoltre lecita in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative. Nel caso della somministrazione a tempo determinato, invece, viene superata la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Pertanto la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato. L’articolo 20, inoltre, elenca una serie di fattispecie nelle quali è vietata l’utilizzazione del contratto di somministrazione: nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero; salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi303 o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni; nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 626/1994304. 303 La norma fa riferimento agli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”. 304 D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE e 2003/18/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. Si ricorda che l’articolo 4 di tale decreto legislativo prevede un procedimento che trova il suo momento fondamentale nell’obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori. La valutazione dei rischi va effettuata tenendo conto delle caratteristiche essenziali dell’azienda e in particolare: della natura dell’azienda, della scelta delle attrezzature, delle sostanze e dei preparati chimici utilizzati, della sistemazione dei luoghi di lavoro. Inoltre è da prendere in considerazione l’eventualità di lavoratori esposti a rischi 228 SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO Il successivo articolo 21 dispone che il contratto di somministrazione deve essere concluso in forma scritta (ad substantiam) e deve contenere una serie di elementi (per esempio, numero dei lavoratori interessati e loro mansioni, durata, motivi di interesse aziendale, luogo, orario e trattamento economico, assunzione reciproca degli obblighi contrattuali). La mancanza della forma scritta o la mancata indicazione di alcuni elementi essenziali determina la nullità del contratto di somministrazione, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore. Per quanto concerne in generale il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, l’articolo 22 conferma l’applicazione della disciplina civilistica e delle leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di lavoro a tempo determinato si applicano le disposizioni del D.Lgs. 368/2001 in materia di lavoro a tempo determinato Nell’ipotesi di somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui il prestatore sia stato assunto dall’agenzia di somministrazione con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo è precisato l’ammontare dell’indennità mensile di disponibilità, corrisposta dal somministratore per i periodi in cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è fissata dal contratto collettivo e comunque non può essere inferiore alla misura prevista con decreto ministeriale. Si precisa che l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (quindi non concorre alla determinazione della tredicesima mensilità o al trattamento di fine rapporto). All’articolo 23, oltre a prevedersi un obbligo in solido tra somministratore ed utilizzatore per quanto riguarda la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, si prevedono alcune tutele per i lavoratori dal punto di vista economico e retributivo, della sicurezza sul lavoro e dell’esercizio del potere disciplinare riservato al somministratore. particolari, diversi da quelli cui è esposta la generalità dei lavoratori. La valutazione dei rischi deve essere effettuata in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Una volta effettuata la valutazione dei rischi il datore di lavoro è tenuto a formalizzarne il risultato in uno specifico documento. Vi è l’obbligo di custodire tale documento presso l’azienda e quello di rielaborare la valutazione e di redigere il conseguente documento in caso di modifiche del processo produttivo che siano significative per la sicurezza. Il datore di lavoro deve altresì custodire, presso l’azienda, una cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Per le piccole e medie aziende è previsto che siano definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali in questione, in relazione alla natura dei rischi e alla dimensione dell’azienda. Si ricorda infine che la disciplina della valutazione dei rischi è “confluita” negli articoli 28-30 del D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (vedi capitolo Salute e sicurezza sul lavoro, pag. 119). Tale decreto legislativo - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 - prevede, dalla data della sua entrata in vigore, l’abrogazione del D.Lgs. 626/1994. 229 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO L’articolo 24 dispone che ai lavoratori delle imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori, alla stregua di tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Il lavoratore può esercitare liberamente, anche presso l’utilizzatore, le libertà sindacali e può partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici. Ai lavoratori che dipendono da uno stesso somministratore ma lavorano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente, con le modalità stabilite dalla contrattazione. Inoltre l’utilizzatore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In mancanza delle r.s.a. tale comunicazione va indirizzata alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano sindacale. L’articolo 25 pone a carico del somministratore il versamento degli oneri contributivi (previdenziali ed assistenziali), nonché quelli relativi all’assicurazione contro gli infortuni. A tal fine il somministratore viene inquadrato nel settore terziario, tranne nel caso in cui i lavoratori prestino la loro opera nel settore agricolo o nel lavoro domestico dove sono applicate le discipline di settore. Per quanto concerne la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa, ai sensi dell’articolo 2049 c.c., l’articolo 26 precisa che ne risponde il soggetto utilizzatore, poiché esercita nel concreto il potere direttivo nei confronti del lavoratore. In caso di somministrazione irregolare di lavoro, ovvero quando non siano state rispettate le condizioni per la stipula del contratto di somministrazione (cfr. articolo 20) o non siano state indicati alcuni elementi che configurano il rapporto di lavoro, l’articolo 27 stabilisce che il lavoratore possa adire le vie legali per richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con decorrenza fin dall’inizio della somministrazione. Il giudizio dovrà riguardare solo l’accertamento della irregolarità del contratto, senza entrare nel merito delle scelte organizzative o produttive. Nell’eventualità di somministrazione di lavoro fraudolenta con l’intento di eludere disposizioni legislative o contrattuali inderogabili, l’articolo 28 prevede – oltre alle sanzioni pecuniarie indicate all’articolo 18 del D.Lgs. 276/2003 – l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20 euro, a carico sia del somministratore sia dell’utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. 230 LAVORO A TEMPO PARZIALE FORME DI LAVORO FLESSIBILE LAVORO A TEMPO PARZIALE Il rapporto di lavoro a tempo parziale è regolato dal D.Lgs. 61/2000, recante "Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES". Il rapporto di lavoro a tempo parziale è un rapporto di durata inferiore rispetto a quello a tempo pieno (il quale ha una durata di 40 ore settimanali o quella inferiore fissata dai contratti collettivi di lavoro). Non è invece richiesta una durata minima dell'orario lavorativo (articolo 1 del D.Lgs. 61/2000). Sono previsti diversi modalità di prestazione lavorativa a tempo parziale: orizzontale: orario giornaliero ridotto rispetto a quello a tempo pieno; verticale: attività lavorativa giornaliera di durata normale, ma limitata a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, o, al massimo, dell'anno; misto: corrispondente ad una combinazione delle due modalità precedenti. La disciplina di cui al D.Lgs. 61/2000 ha subito significative e rilevanti modifiche prima con il D.Lgs. 276/2003305 e, da ultimo, con la L. 247/2007306. La disciplina del part-time a seguito del D.Lgs. 276/2003 Rilevanti modifiche alla disciplina sulla normativa relativa al lavoro a tempo parziale sono state introdotte dal D.Lgs. 276/2003, in modo da: agevolare il ricorso a prestazioni di lavoro supplementare (straordinario) nei rapporti di lavoro a tempo parziale orizzontale; agevolare il ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro, nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticale e misto, a fronte di una maggiorazione retributiva; estendere le forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato; prevedere norme, anche di natura previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile, anche part-time. 305 D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”. 306 L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”. 231 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Un’importante innovazione introdotta dal D.Lgs. 276/2003 riguardava le prestazioni supplementari rispetto all’orario di lavoro concordato nel part-time orizzontale. Veniva confermato che spettava ai contratti collettivi stabilire il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali. Tuttavia veniva eliminata la previsione secondo cui, in attesa delle discipline della contrattazione collettiva, il ricorso al lavoro supplementare era ammesso nella misura massima del 10 per cento della durata del lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana. In sostanza, in mancanza di una disciplina ad hoc della contrattazione collettiva, il datore di lavoro poteva accordarsi con il lavoratore per la prestazione di lavoro supplementare senza un tetto prestabilito per legge, sino a raggiungere eventualmente l’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 66/2003307. Inoltre si confermava quanto previsto dalla previgente normativa, cioè che spettava alla contrattazione collettiva stabilire le conseguenze, in termini di maggiorazione retributiva, derivanti dall’utilizzazione del lavoro supplementare. Tuttavia, con l’abrogazione del comma 6 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, veniva eliminata la previsione secondo cui, nel caso in cui la contrattazione collettiva nulla disponesse al riguardo, si applicava la maggiorazione del 50 per cento della retribuzione. Inoltre veniva eliminata la disposizione secondo cui lo svolgimento di lavoro supplementare in via non meramente occasionale poteva, qualora lo prevedesse la contrattazione collettiva, conferire al lavoratore il diritto a richiedere il consolidamento di tale lavoro supplementare, in tutto o in parte, nel proprio orario di lavoro. Un’altra importante novità era costituita dal fatto che l’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiedeva il consenso del lavoratore interessato solamente qualora non fosse prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Si consideri che invece la normativa previgente al D.Lgs. 276/2003 richiedeva in ogni caso il consenso del lavoratore (principio di volontarietà), con l’importante precisazione che il rifiuto del lavoratore di svolgere lavoro supplementare non poteva costituire infrazione disciplinare né tanto meno motivo di licenziamento. Ne conseguiva che il datore di lavoro poteva solo proporre l’effettuazione di lavoro supplementare, ma l’obbligo di esecuzione dello stesso sorgeva soltanto nel momento in cui il lavoratore avesse accettato la proposta stessa. Invece, con la modifica introdotta dal D.Lgs. 276/2003, perché il datore di lavoro potesse richiedere prestazioni di lavoro supplementare non era più necessario il consenso del lavoratore, che poteva essere sostituito da una 307 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, “Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”. 232 LAVORO A TEMPO PARZIALE previsione in tal senso dei contratti collettivi. Inoltre si confermava che il rifiuto del lavoratore di prestare lavoro supplementare non poteva integrare in alcun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento, ma veniva eliminata la previsione secondo cui il rifiuto non costituiva illecito disciplinare. Ne derivava che il lavoratore, nel caso in cui si rifiutava di svolgere lavoro supplementare richiesto dal datore di lavoro sulla base della contrattazione collettiva, poteva incorrere in una sanzione disciplinare. Con le modifiche introdotte dal D.Lgs. 276/2003, veniva inoltre modificata la disciplina delle “clausole elastiche” e delle “clausole flessibili”. In particolare, con la nuova formulazione del comma 7 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, si disponeva che le parti del contratto di lavoro a tempo parziale potevano concordare “clausole flessibili” relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. L’autonomia contrattuale delle parti incontrava un limite esclusivamente nell’eventuale previsione, nei contratti collettivi, di condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa. Si consideri che invece il testo previgente del D.Lgs. 61/2000 attribuiva un ruolo “autorizzatorio” alla contrattazione collettiva, nel senso che le “clausole flessibili” dovevano necessariamente essere previste e regolamentate dalla contrattazione collettiva (anche decentrata). Pertanto, con la modifica della disposizione in questione operata dal D.Lgs. 276/2003, si indeboliva in proposito il ruolo della contrattazione collettiva, il cui intervento diventava eventuale e volto esclusivamente a porre condizioni e limiti all’autonomia contrattuale individuale. Si prevedeva inoltre che nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti potevano essere stabilite anche “clausole elastiche” relative alla variazione in aumento della prestazione lavorativa. Si trattava di una novità rispetto al D.Lgs. 61/2000, come successivamente modificato, che riconosceva legittimità solamente alle clausole flessibili relative alla collocazione temporale della prestazione lavorativa. Anche per le “clausole elastiche” spettava alla contrattazione collettiva porre condizioni e modalità (e i limiti massimi di variabilità) in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa. Riformulando il comma 8 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, si disponeva che l’utilizzazione da parte del datore di lavoro delle clausole flessibili o delle clausole elastiche richiedeva, nei confronti del lavoratore, un preavviso di almeno due giorni lavorativi, peraltro derogabile dalle parti, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura stabilita dai contratti collettivi. Invece il precedente testo del comma 8 dell’articolo 3 prevedeva un preavviso di almeno 10 giorni e il diritto ad una maggiorazione retributiva. Rispetto alla previgente disciplina, era stata eliminata la possibilità di denunciare il patto in questione, secondo specifiche modalità. Pertanto, con l’eliminazione della possibilità di denuncia, il lavoratore, una volta firmato il patto 233 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO scritto relativo alle clausole elastiche o flessibili, non avrebbe potuto più sottrarsi alla richiesta del datore di lavoro di variazione della collocazione temporale della prestazione o di variazione della durata della prestazione, anche se fossero subentrati gravi motivi di salute o di carattere familiare. Con la riforma del D.Lgs. 276/2003 si era provveduto inoltre a riformulare l’articolo 5 del D.Lgs. 61/2000, nel senso soprattutto di ridurre alcuni obblighi del datore di lavoro. In primo luogo, relativamente al comma 1, si prevedeva che la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale sarebbe dovuto avvenire su accordo delle parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Si consideri che, rispetto alla normativa previgente, veniva eliminata la possibilità, in alternativa alla convalida, dell’assistenza di un sindacalista nella redazione dell’atto scritto308. Di notevole rilievo la modifica relativa al comma 2 dell’articolo 5. Si disponeva infatti che il contratto individuale potesse prevedere, nel caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale. Si consideri che invece la normativa previgente prevedeva ex lege il diritto di precedenza in favore dei lavoratori a tempo parziale di trasformare il loro rapporto a tempo pieno in caso di nuove assunzioni. Pertanto un diritto stabilito ex lege veniva “degradato” ad una mera possibilità di previsione contrattuale individuale. Del resto tale modifica appariva rispettosa della delega, potendo rientrare nel principio di delega di cui alla lettera e) dell’articolo 3 della L. 30/2003, che autorizzava l’abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, naturalmente nel rispetto della normativa comunitaria309. Il comma 4 dell’articolo 5, nel testo introdotto dal DLgs. 276/2003, rinvia ad una futura riforma del sistema degli incentivi all’occupazione per la concessione di incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo parziale. Si consideri che invece il previgente comma 4 dell’articolo 5 prevedeva la possibilità di concedere agevolazioni contributive per l’utilizzo del contratto a 308 La convalida, da parte della direzione provinciale del lavoro, finalizzata ovviamente a garantire la genuinità del consenso del lavoratore alla trasformazione del rapporto, sembra però costituire una mera formalità burocratica, dato che non si prevede più, come era invece nell’articolo 5 della L. 863/1984, la necessità di sentire il lavoratore interessato. 309 Si ricorda che, nel caso di violazione, da parte del datore di lavoro, del diritto di preferenza in capo ai lavoratori a tempo parziale, si era ammessa in passato (prima del D.Lgs. 61/2001), nel silenzio della vecchia normativa, la richiesta al giudice di una sentenza che tenga luogo del contratto (a tempo pieno), ex articolo 2932 c.c.. Adesso dispone l’articolo 8, comma 3, del D.Lgs. 61/2000, che attribuisce al lavoratore pretermesso un risarcimento del danno pari alla differenza tra l’importo della retribuzione percepita, e quella che gli sarebbe spettata nel caso di conversione a tempo pieno, nei sei mesi successivi alla suddetta conversione. 234 LAVORO A TEMPO PARZIALE tempo indeterminato e parziale ad incremento degli organici esistenti, affidando tale compito ad un decreto del Ministro del lavoro. All’uopo era stato emanato il D.M. 12 aprile 2000, che riconosceva, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ed entro il 30 giugno 2000, per la durata di un triennio, una riduzione dell'aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro privati imprenditori e non imprenditori e degli enti pubblici economici dovuta all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, a condizione che i contratti stessi fossero stipulati con soggetti privi di occupazione, ad incremento degli organici esistenti calcolati con riferimento alla media degli occupati nei dodici mesi precedenti la stipula dei contratti medesimi, pari: a) a 7 punti percentuali, con orario di lavoro settimanale pari o superiore a 20 ore e non superiore a 24 ore; b) a 10 punti percentuali, con un orario di lavoro settimanale superiore a 24 ore e non superiore a 28 ore. La misura della riduzione di cui alla lettera b) era incrementata di 3 punti percentuali nel caso che l'orario di lavoro settimanale previsto fosse superiore alle 28 ore, ma non superiore comunque a 32 ore. I benefici di cui al decreto ministeriale in questione, riguardando i contratti stipulati entro il 31 dicembre 2000, non sono più operativi. La riforma di cui al D.Lgs. 276/2003 ha disposto inoltre l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. 61/2000. Si consideri che l’articolo 6, comma 1, dispone che, qualora si renda necessario accertare la consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno. Invece il previgente comma 2 dell’articolo 6 prevedeva un’eccezione a tale principio, disponendo che i lavoratori a tempo parziale si computassero come unità intere ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al Titolo III della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), relative all’attività sindacale. Pertanto con la modifica in questione si è eliminata tale eccezione, unificando in criterio di computo dei lavoratori a tempo parziale310. La riforma ha soppresso inoltre il previgente articolo 7 del D.Lgs. 61/2000, secondo cui le modalità di applicazione del medesimo decreto legislativo ai rapporti di lavoro del settore agricolo dovevano essere determinate dai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi311. 310 La modifica in questione ha dato applicazione al principio di delega di cui all’articolo 3, lettera f), della L. 30/2003. 311 Si dava così applicazione al criterio di delega di cui alla lettera g) dell’articolo 3 della legge delega, volto alla integrale estensione al settore agricolo della disciplina del lavoro a tempo parziale. 235 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Si consideri infine che il D.Lgs. 276/2003 ha disposto la soppressione della previsione, di cui all’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 61/2000, secondo cui il datore di lavoro era tenuto a dare comunicazione dell'assunzione a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio mediante invio di copia del contratto entro trenta giorni dalla stipulazione dello stesso. Le modifiche introdotte dalla L. 247/2007 La L. 247/2007 (articolo 1, comma 44) ha in seguito provveduto a modificare alcuni profili della disciplina del lavoro a tempo parziale contenuta nel D.Lgs. 61/2000, come modificato dal D.Lgs. 276/2003. In particolare, sono state introdotte (lettere a), b) e c)) una serie di modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, con riferimento alle “clausole flessibili” (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione di lavoro a tempo parziale) ed alle “clausole elastiche” (relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nei rapporti di lavoro a tempo parziale verticali o misti), disciplinate dai commi da 7 a 9 del medesimo articolo 3. Si ricorda che il previgente testo del comma 7 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, così come sostituito dal D.Lgs. 276/2003, disponeva che le parti del contratto individuale di lavoro a tempo parziale potessero concordare autonomamente le “clausole flessibili” e le “clausole elastiche”, mentre l’autonomia contrattuale delle parti incontrava un limite esclusivamente nell’eventuale previsione, nei contratti collettivi, di condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa, di condizioni e modalità per la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa nonché di limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa. Invece con le modifiche introdotte dalla norma in esame (lettera a)), per quanto riguarda sia le “clausole flessibili” sia le “clausole elastiche”, si è attribuito un ruolo “autorizzatorio” alla contrattazione collettiva, nel senso che tali clausole possono essere previste e regolamentate solamente dalla contrattazione collettiva (e quindi non più autonomamente dalle parti del contratto individuale di lavoro). Si dispone infatti che spetta alla contrattazione collettiva stabilire eventualmente “clausole flessibili” relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa, nonché (nel part-time di tipo verticale o misto) “clausole elastiche” relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. Nel caso in cui i contratti collettivi addivenissero all’introduzione di tali clausole, peraltro, i medesimi contratti collettivi stabiliscono le condizioni e modalità per la modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa, di condizioni e modalità per la variazione in aumento della 236 LAVORO A TEMPO PARZIALE durata della prestazione lavorativa nonché di limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa. In sostanza, con la modifica introdotta alla disciplina delle “clausole flessibili” e delle “clausole elastiche”, tali clausole possono essere introdotte e disciplinate esclusivamente dalla contrattazione collettiva e non più autonomamente dalle parti del singolo contratto individuale di lavoro. Un'altra modifica (lettera b)) è intervenuta sul comma 8 dell’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000. Si ricorda che il previgente testo del comma 8 prevedeva che l’utilizzazione da parte del datore di lavoro delle “clausole flessibili” o delle “clausole elastiche” richiedeva, nei confronti del lavoratore, un preavviso di almeno due giorni lavorativi, peraltro derogabile dalle parti, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura stabilita dai contratti collettivi. Rispetto al testo previgente, si allunga la durata del preavviso in favore del lavoratore, prevedendosi che tale preavviso deve essere di almeno cinque giorni lavorativi. Infine, con altra modifica (lettera c)), si è disposta l’abrogazione del comma 2ter dell’articolo 8 del D.Lgs. 61/2000. Tale abrogazione appare consequenziale alla modifiche disposte al comma 7 del medesimo articolo 8 dalla su considerata lettera a). Si ricorda infatti che il citato comma 2-ter disponeva che, in assenza di contratti collettivi, il datore di lavoro e il prestatore di lavoro potevano concordare direttamente l'adozione di clausole elastiche o flessibili. La L. 247/2007 ha inoltre provveduto (lettera d)) a sostituire il testo dell’articolo 12-bis del D.Lgs 61/2000, recante disposizioni in materia di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche. Nella nuova formulazione dell’articolo 12-bis, viene sostanzialmente confermata, al comma 1, la norma di cui al precedente testo del medesimo articolo, che prevede il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (verticale od orizzontale), per quei lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una apposita commissione medica. L’unica modifica consiste nella precisazione che la norma è diretta sia ai lavoratori del settore pubblico sia a quelli del settore privato. Al medesimo articolo 12-bis vengono inoltre aggiunti due ulteriori commi, con i quali si prevede la priorità della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale nelle seguenti fattispecie: al comma 2, nei casi di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 237 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO 3, della L. 104/1992312, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, secondo quanto previsto dalla nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti di cui al D.M. 5 febbraio 1992313; al comma 3, in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice con figlio convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente portatore di handicap secondo quanto previsto all’art. 3 della L. 104/1992. Infine, la L. 247/2007 con un’altra modifica (lettera e)) ha aggiunto al D.Lgs. 61/2000, dopo l’articolo 12-bis, il nuovo articolo 12-ter, con il quale si prevede il diritto di precedenza per il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro part-time, nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro part-time. 312 L. 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. 313 Decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, “Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti”. 238 QUADRO NORMATIVO SULL’APPRENDISTATO DELEGA IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO QUADRO NORMATIVO SULL’APPRENDISTATO L'apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro riguardante ogni settore di attività, in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire all'apprendista assunto alle sue dipendenze la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato. Si ricorda che modifiche rilevanti alla disciplina dell’apprendistato sono stati introdotti dal già menzionato D.Lgs. 276/2003, adottato in attuazione della delega di cui alla L. 30/2003. Prima dell’intervento di riforma, la disciplina in materia di apprendistato era dettata dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25314, e dal regolamento di esecuzione approvato con DPR 30 dicembre 1956, n. 1668, come modificata dall’articolo 16 della legge n. 196/1997 (c.d. “legge Treu”). In base a tale previgente disciplina, per instaurare un rapporto di apprendistato il datore di lavoro doveva ottenere l'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro territorialmente competente, precisando le condizioni della prestazione richiesta agli apprendisti, il genere di addestramento al quale saranno adibiti e la qualifica che essi potranno conseguire al termine del rapporto. Il numero degli apprendisti in un'azienda non poteva superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso l'azienda stessa. Rilevanti agevolazioni contributive erano concesse al datore di lavoro, subordinatamente alla partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna all’azienda. Riguardo ai limiti di età, in base alla disciplina previgente al D.Lgs. 276/2003, potevano essere assunti come apprendisti i giovani che avevano compiuto i 16 anni (ovvero 14 anni con adempimento dell’obbligo scolastico, fino alla modifica della disciplina sui limiti di età per l'adempimento di quest’ultimo) e non superato i 24 anni, ovvero a 26 nelle aree svantaggiate (articolo 16 della L. 196/1997). Per i portatori di handicap i suddetti limiti di età erano elevati di due anni. Si prevedeva che la durata dell’apprendistato venisse stabilita dai contratti collettivi di lavoro e comunque non potesse essere inferiore a 18 mesi, né superiore a 4 anni. Una delle novità già introdotte dall'articolo 16 della L. 196/1997 è rappresentata dalla figura del tutore che, ai sensi del successivo DM 28 febbraio 2000, ha il compito di affiancare l'apprendista per trasmettergli le competenze necessarie all'esercizio dell'attività lavorativa e per favorire l'integrazione tra le attività formative esterne all'azienda e la formazione sul luogo di lavoro. Il tutore collabora con la struttura di formazione esterna ed è chiamato ad esprimere le 314 “Disciplina dell'apprendistato”. 239 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO proprie valutazioni sulle competenze acquisite dall'apprendista ai fini delle attestazioni di competenza del datore di lavoro. In seguito il D.Lgs. 276/2003, riformando la disciplina dell’apprendistato, ha previsto (articolo 47) l’introduzione di tre differenti tipologie di contratto di apprendistato, a seconda della qualità e del livello della formazione insita nel rispettivo rapporto: il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale; il contratto di apprendistato per percorsi di alta formazione315. Viene precisato che, nelle more della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del D.Lgs. 276/2003, continua ad applicarsi la già vigente normativa in materia. Con riferimento al rapporto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione, si prevede (articolo 48) che possono essere assunti con contratto di apprendistato di questo tipo i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto quindici anni di età. La normativa previgente (articolo 16, comma 1, della legge n. 196/1997) prevedeva come età minima sedici anni. Tale tipologia di contratto di apprendistato potrà concorrere a garantire il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione ai sensi della normativa vigente. La durata massima del contratto in esame è fissata in tre anni ed è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonché del bilancio delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego e dai soggetti privati accreditati. Invece la normativa previgente prevedeva che la durata dell’apprendistato fosse fissata dai contratti collettivi nazionali e, comunque, sempre in coerenza con le finalità formative, non potesse essere inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni. La regolamentazione del contratto di apprendistato in questione è rimessa ad una intesa da raggiungere tra Regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative. Tale 315 Viene inoltre confermata la norma in base alla quale il numero degli apprendisti presso ciascuna azienda non può superare il numero dei lavoratori specializzati e qualificati, prevedendosi tuttavia che, se tali lavoratori mancano o sono meno di tre, è consentita comunque l’assunzione di tre apprendisti. 240 QUADRO NORMATIVO SULL’APPRENDISTATO intesa deve comunque rispettare una serie di criteri direttivi fissati dalla legge (articolo 48, comma 3). Il D.Lgs. 276/2003 prevede (articolo 49) che possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, i soggetti di età compresa tra diciotto e ventinove anni. Tuttavia per i soggetti in possesso di una qualifica conseguita ai sensi della legge n. 53/2003316 il limite minimo di età è ridotto a diciassette anni. E’ rimesso ai contratti collettivi stabilire la durata del contratto di apprendistato professionalizzante, che in ogni caso non può essere inferiore a due anni e superiore a sei anni. La regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle Regioni, d’intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nel rispetto di principi e criteri direttivi per la maggior parte coincidenti con quelli previsti per l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Se ne differenzia per il fatto di non fare riferimento alla qualifica professionale e per il fatto di prevedere un monte ore di formazione di almeno 120 ore per anno. Si ribadisce che il numero degli apprendisti presso ciascuna azienda non può superare il numero dei lavoratori specializzati e qualificati ma, se tali lavoratori mancano o sono meno di tre, è consentita comunque l’assunzione di tre apprendisti. Per quanto riguarda invece l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma universitario, per percorsi di alta formazione, nonché per la specializzazione tecnica superiore di cui all’articolo 69 della legge n. 144/1999, si prevede (articolo 50) che possono essere assunti come apprendisti soggetti tra 18 e 29 anni; il limite di età minimo si abbassa a 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale. La disciplina e la durata del rapporto di apprendistato in esame è rimessa alle Regioni, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative. Più in generale, il D.Lgs. 276/2003 dispone (articolo 51) che la qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione, e istruzione e formazione professionale. 316 “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.” 241 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Inoltre, si prevede (articolo 53) che la categoria di inquadramento dell’apprendista non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto. Altre misure, che confermano quanto già previsto dalla disciplina previgente, sono indirizzate ad incentivare l’occupazione giovanile escludendo gli apprendisti dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi di lavoro per l'applicazione di particolari normative ed istituti. Inoltre, in attesa della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione, si confermano gli attuali incentivi contributivi per l’utilizzazione del rapporto di apprendistato (cfr. infra). Tuttavia l’effettiva spettanza degli stessi sarà soggetta alla verifica che la formazione sia effettivamente e regolarmente svolta. In caso di inadempimento nella erogazione della formazione da parte del datore di lavoro, sono previste specifiche sanzioni pecuniarie a carico del medesimo. Si dispone altresì che resta ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla L. 25/1955, e successive modificazioni e integrazioni317. L’articolo 21 della richiamata L. 25/1955 stabilisce, al riguardo, che per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme: assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per gli appartenenti alle categorie per le quali è previsto l'obbligo di tale assicurazione; assicurazione contro le malattie, prevista dalla L. 11 gennaio 1943, n. 138, per determinate prestazioni; assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia; assicurazione contro la tubercolosi, prevista dal R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827. Per quanto riguarda la contribuzione previdenziale ed assicurativa relativa al rapporto di apprendistato, si consideri che la normativa è stata sempre improntata ad un atteggiamento di agevolazione, prevedendo obblighi contributivi in misura inferiore rispetto alla generalità dei rapporti di lavoro dipendente. Bisogna al riguardo distinguere tra la quota di contribuzione a carico dei datori di lavoro rispetto a quella a carico degli apprendisti. Mentre la disciplina relativa a quest’ultima è rimasta sostanzialmente immutata sino ad oggi318, la disciplina 317 In attuazione delle disposizioni del Titolo VI, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003 è stata emanata da parte del Ministero del lavoro la circolare 14 ottobre 2004, n. 40, “Nuovo contratto di apprendistato”. 318 L’aliquota contributiva a carico dell'apprendista è quella stabilita per la generalità dei lavoratori dipendenti, meno 3 punti percentuali. Dal 1° gennaio 2007, tenendo conto dell'aumento dello 0,30% della contribuzione a carico dei lavoratori dipendenti disposto dall’articolo 1, comma 769, 242 QUADRO NORMATIVO SULL’APPRENDISTATO relativa alla quota di contribuzione a carico del datore di lavoro ha subito una rilevante modifica a seguito della legge finanziaria per il 2007. Difatti, nella normativa previgente alla legge finanziaria 2007 (valida per i periodi contributivi sino al 31 dicembre 2006) i contributi previdenziali ed assicurativi per gli apprendisti a carico dei datori di lavoro erano previsti in misura estremamente ridotta. In particolare, i contributi settimanali a carico del datore di lavoro erano stabiliti in misura fissa e ammontavano, per il 2006, a 2,98 euro (2,89 euro nei casi in cui non era previsto l’obbligo dell'assicurazione INAIL)319. Successivamente, l’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Al fine di rendere più graduale l’impatto dell’incremento della contribuzione per le aziende di minori dimensioni, inoltre, si prevede che, per i datori di lavoro che occupano complessivamente meno di 10 dipendenti, la suddetta aliquota complessiva del 10% a loro carico relativa agli apprendisti è ridotta di 8,5 punti percentuali per i contributi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i contributi maturati nel secondo anno di contratto. Resta fermo il livello di aliquota del 10% per i contributi maturati negli anni successivi al secondo. Lo stesso comma ha inoltre disposto che la ripartizione del predetto contributo tra le gestioni previdenziali sia stabilita con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007 (cioè entro il 28 febbraio 2007)320. Ancora, viene prevista l’applicazione della rideterminazione contributiva stabilita dal comma in esame anche alle contribuzioni erogate in misura pari a quelle degli apprendisti (come, per esempio, nel caso di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità). Contestualmente, con riferimento ai periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, si dispone la cessazione, per le regioni, dell’obbligo del della legge finanziaria 2007, l’aliquota contributiva a carico dell’apprendista si attesta nella misura del 5,84%. 319 Cfr. circolare INPS 8 febbraio 2006, n. 18. 320 La ripartizione del contributo - con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007 - è stata effettuata dal D.M. 28 marzo 2007. In particolare, la ripartizione è la seguente: FPLD: 9,01%; CUAF: 0,11%; Malattia: 0,53%; Maternità: 0,05%; INAIL: 0.30%. 243 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani di cui all’articolo 16 della L. 21 dicembre 1978, n. 845321 . Infine, è stato disposta, a decorrere dal 1° gennaio 2007, l’estensione delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati, ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato ai sensi del D.Lgs. 276 del 2003. Si prevede che la relativa contribuzione sia stabilita con lo stesso decreto che provvede alla ripartizione del contributo, in precedenza richiamato322. 321 Il terzo comma del richiamato articolo 16 dispone che le regioni stipulano con gli istituti assicuratori convenzioni per il pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni in favore degli apprendisti artigiani. 322 Il già menzionato D.M. 28 marzo 2007, come detto, ha stabilito la contribuzione dovuta a decorrere dal 1° gennaio 2007 per l'indennità giornaliera di malattia nella misura di 0,53 punti percentuali. 244 FONDI PARITETICI PER FORMAZIONE CONTINUA LA FORMAZIONE PROFESSIONALE FONDI PARITETICI PER FORMAZIONE CONTINUA Per andare incontro alla domanda di formazione continua, in modo da raggiungere un incremento complessivo dell’attività di formazione e soprattutto per agevolare quei soggetti che avevano difficoltà ad accedervi, sono stati introdotti i Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, istituiti dall’articolo 118 della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001). Tale disciplina ha subito significative modifiche, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di finanziamento e gli aspetti procedurali, con le leggi finanziarie per gli anni 2003 e 2005. A seguito di tali modifiche, i fondi interprofessionali sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, per i settori economici dell’industria, agricoltura, terziario ed artigianato (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi), con la finalità di promuovere lo sviluppo della formazione continua dei lavoratori attraverso il finanziamento di piani formativi aziendali, settoriali, territoriali e individuali presentati dalle imprese aderenti ai Fondi stessi. I fondi sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi. I Fondi paritetici, oltre alle risorse stanziate dallo Stato, si finanziano mediante il versamento dell’addizionale contributiva dello 0,30% di cui all’articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978 - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - da parte delle imprese che, liberamente, decidono di aderire323; ciascuna impresa può aderire ad un solo Fondo per i lavoratori e ad uno solo per i dirigenti324. I Fondi paritetici sono entrati nella fase concretamente operativa, cominciando a svolgere l’attività in favore dei lavoratori e delle imprese, a partire dalla fine dell’anno 2004, dopo la fase di definizione delle regole e della conclusione delle necessarie intese tra i soggetti pubblici coinvolti. Ciò è avvenuto, come già detto, sulla base di una disciplina in parte diversa rispetto a quella introdotta dalla legge 323 Le suddette norme di finanziamento hanno trovato applicazione a decorrere dal 2004, mentre per il precedente triennio 2001-2003 era prevista una disciplina transitoria, che contemplava una progressiva attribuzione ai fondi delle risorse stanziate ai sensi dei commi 10 e 12 dell'articolo 118 della legge 388/2000, e successive modificazioni. 324 Le procedure di adesione ai Fondi sono state indicate con la Circolare INPS n. 71 del 2 aprile 2003. 245 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO finanziaria per il 2001, a causa delle modifiche introdotte dall’articolo 48 della L. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e dall’articolo 1, comma 151, della L. 311/2004 (legge finanziaria 2005). Si evidenzia in particolare che la legge finanziaria per il 2005, anche per eliminare i dubbi interpretativi che erano emersi, ha introdotto modifiche alla disciplina dei Fondi paritetici, con riferimento eminentemente ai profili del finanziamento dei fondi nonché, in generale, alla destinazione del gettito proveniente dalla suddetta addizionale. In particolare si è previsto che le entrate derivanti dall'addizionale contributiva sono trasferite per l’intero ammontare – detratti i soli costi amministrativi - da parte dell'INPS al fondo indicato dal datore di lavoro325. Inoltre, è stato prolungato di 12 mesi (da 24 a 36 mesi) il periodo entro il quale i Fondi possono spendere le risorse (192 milioni di euro) messe a disposizione dal Ministero del lavoro per favorire la fase di start up. 325 E’ stato quindi, soppresso il limite massimo - pari a circa 103,291 milioni di euro - fissato dalla precedente disciplina sulla quota dei due terzi dell'addizionale. 246 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO AMMORTIZZATORI SOCIALI GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO Trattamento ordinario di integrazione salariale Il trattamento di integrazione salariale ordinaria viene concesso, ai sensi dell'articolo 1 della L. 164/1975326, nei casi di sospensione o contrazione dell'attività in conseguenza di: 1) situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai dipendenti; 2) situazioni temporanee di mercato. In base all'articolo 6 della stessa legge, l'integrazione è concessa per un periodo massimo di 3 mesi consecutivi che, in casi eccezionali, può essere prorogato trimestralmente fino a un massimo complessivo di 12 mesi. La relativa contribuzione (a carico del datore di lavoro) è pari all'1,90% dell'intera retribuzione imponibile ai fini previdenziali ovvero al 2,20% per le imprese con più di 50 dipendenti. L'importo del trattamento è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non svolte, fino ad un limite massimo pari, nel 2008, vale a dire 858,58 euro mensili, elevato a 1.031,93 euro in caso di retribuzione mensile superiore a 1.857,48 euro (per la determinazione di quest’ultimo importo l’ammontare della retribuzione annua viene diviso per 12 mensilità)327. Si fa presente che per il settore edile e lapideo, quando la CIG è stata determinata da eventi metereologici, il limite è incrementato del 20% (per il 2008 è di 1.030,30 euro, elevato a 1.238,32 euro in caso di retribuzione mensile superiore a 1.857,48 euro). Sull'importo della CIG si applica l'aliquota contributiva a carico dei lavoratori apprendisti (attualmente pari a 5,84 punti percentuali, interamente relativi al Fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS). Trattamento straordinario di integrazione salariale L'intervento di integrazione salariale straordinaria è riservato in via generale, ai sensi degli articoli 1 e 2 della L. 223/1991328, alle imprese industriali (nonché anche edili, imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione e dei servizi di 326 L. 20 maggio 1975, n. 164, “Provvedimenti per la garanzia del salario”. 327 Articolo 2, comma 17, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, che rinvia indirettamente all'articolo unico della L. 13 agosto 1980, n. 427, come modificato dall’articolo 1, comma 5, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 451. 328 L. 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”. 247 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO pulizia) che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la domanda, nonché alle imprese commerciali di spedizione e trasporto e agenzie di viaggio e turismo che occupano più di 50 dipendenti (esclusi gli apprendisti e gli assunti con contratto di formazione e lavoro) e le imprese di vigilanza; le imprese artigiane, ai fini dell'applicazione dell'istituto in esame, sono equiparate a quelle industriali nel caso in cui un'altra impresa, che eserciti un "influsso gestionale prevalente" (determinato secondo i termini posti dall'articolo 12 della L. 223/1991) si avvalga a sua volta dell'intervento di integrazione straordinaria; anche per le imprese artigiane valgono i requisiti dimensionali stabiliti per le imprese industriali. Le fattispecie nelle quali è possibile il ricorso alla CIGS sono le seguenti: ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (per un periodo massimo pari, in linea ordinaria, a 24 mesi); crisi aziendale (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 12 mesi); casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 18 mesi). L'importo del trattamento è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata, fino ad un limite massimo pari, nel 2008, a 858,58 euro mensili, ovvero a 1.031,93 nel caso in cui la retribuzione di riferimento sia superiore a 1.857,48 euro mensili (per la determinazione di quest’ultimo importo l’ammontare della retribuzione annua viene diviso per 12 mensilità)329. Sull'importo si applica l'aliquota contributiva a carico dei lavoratori apprendisti (attualmente pari a 5,84 punti percentuali, interamente relativi al Fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS). In linea di massima, ai sensi dell’articolo 1 della L. 223/1991330, i limiti di durata del trattamento di integrazione salariale straordinaria sono pari a 2 anni (se concessa per ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale) o a 1 anno (se riconosciuta per crisi aziendale; in questo caso, un nuovo intervento, per la medesima causale, non può essere disposto prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione). Inoltre i trattamenti relativi alla medesima unità produttiva non possono avere una durata superiore a 36 mesi nell’arco di un quinquennio (il quale decorre dal mese iniziale del primo dei trattamenti in considerazione); nel computo sono inclusi 329 Articolo unico della L. 13 agosto 1980, n. 427, come modificato dall’articolo 1, comma 5, del D.L. 299/1994. 330 Come modificato dall’articolo 1, comma 4, del D.L. 299/1994. 248 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO anche i periodi di integrazione salariale ordinaria relativa a situazioni temporanee di mercato331. Il finanziamento degli interventi straordinari è ripartito tra: contributi a carico delle imprese che rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto e a carico dei relativi lavoratori. Tali contributi, previsti dall'articolo 9 della L. 407/1990332, sono pari rispettivamente allo 0,6% e allo 0,3% della retribuzione; contributi addizionali a carico delle imprese quando si avvalgano dell'intervento straordinario, pari al 4,5% dell'integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti, ridotti al 3% per le imprese fino a 50 dipendenti333; il contributo, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della L. 223/1991, è dovuto in misura doppia a partire dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo alla data di decorrenza del trattamento; contributi a carico dello Stato. Mobilità La legislazione vigente (L. 223/1991) prevede una apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori. Si ricorda, al riguardo, che hanno diritto all’indennità di mobilità i lavoratori (con eccezione dei dirigenti) con rapporto a tempo indeterminato licenziati da imprese in CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi, ovvero licenziati da imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS qualora ricorrano i presupposti del licenziamento collettivo (cfr. infra). Più in dettaglio, ai sensi dell’articolo 4 della citata L. 223/1991, le aziende in CIGS che nel corso o al termine del programma non possano garantire il reimpiego di tutti i lavoratori precedentemente sospesi, prima di effettuare il licenziamento anche di un solo dipendente devono seguire una particolare procedura di riduzione del personale, che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati. Analoga procedura deve essere seguita, come accennato, qualora si verifichi la fattispecie del licenziamento collettivo, cioè, ai sensi dell’articolo 24 della L. 331 Articolo 1, comma 9, della L. 223/1991, come modificato dall’articolo 4, comma 35, del D.L. 1 ottobre 1996, n. 510, “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della L. 28 novembre 1996, n. 608. 332 L. 29 dicembre 1990, n. 407, Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993. 333 Articolo 8 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1988, n. 160. 249 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO 223/1991, nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti334, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare nell’arco temporale di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in stabilimenti produttivi dislocati nella stessa provincia. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. In entrambi i casi sopra indicati (riduzione di personale da parte di aziende in CIGS o licenziamento collettivo), ai sensi dell’articolo 4 della L. 223/1991, la procedura di riduzione del personale, preventiva rispetto al licenziamento e alla messa in mobilità, consta di una fase sindacale e di una fase amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali tentano prima tra loro ed eventualmente presso la Direzione provinciale del lavoro di trovare sbocchi alternativi al licenziamento. Se le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, allora la procedura si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori. Più in dettaglio, in primo luogo, è previsto che il datore di lavoro deve versare un contributo d’ingresso335 e deve comunicare alle RSA la propria intenzione di effettuare una riduzione di personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Dopo aver ricevuto al comunicazione le RSA, entro 7 giorni, possono chiedere un esame congiunto della situazione di esubero con il datore di lavoro, al fine di giungere a soluzioni alternative. Dopo tale fase, il datore di lavoro comunica alla DPL competente l’esito del confronto con i sindacati e i motivi dell’eventuale mancato accordo. La DPL può tentare una mediazione ma, se anche in tale sede non si giunga ad una soluzione condivisa, il datore di lavoro può procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero, che usufruiscono del trattamento di mobilità. Se non vengono osservati tutti i passaggi procedurali sinteticamente descritti, può derivarne l’inefficacia dei licenziamenti, per cui i lavoratori avrebbero diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, da far valere entro 60 giorni dal 334 Si tratta sostanzialmente delle imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS. 335 Il contributo d’ingresso, previsto dall’articolo 4, comma 3, della L. 223 del 1991, è pari ad una mensilità di massimale lordo CIGS per ogni lavoratore che si intende licenziare. Tale versamento costituisce una anticipazione di quanto dovuto complessivamente all’INPS per la procedura di mobilità. Difatti, ai sensi dell’articolo 5 della L. 223/1991, nel corso della procedura il datore di lavoro è tenuto a versare, per ciascun lavoratore licenziato e beneficiario dell’indennità di mobilità, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento iniziale netto di mobilità spettante al lavoratore in 30 rate mensili, se il licenziamento è avvenuto dopo la utilizzazione della CIGS. Nel caso di riduzione del personale senza aver utilizzato prima la CIGS, il contributo complessivo è invece pari a nove volte il trattamento iniziale netto di mobilità. Comunque l’importo da pagare da parte del datore di lavoro è ridotto a tre volte il trattamento netto di mobilità nel caso in cui la messa in mobilità avviene previo accordo sindacale. Si ricorda inoltre che è esonerata dal versamento delle residue rate del contributo d’ingresso dovuta l’azienda che procuri ai lavoratori offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi determinate caratteristiche (Circ. INPS n. 171/2001). 250 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO ricevimento della comunicazione di licenziamento, con qualsiasi atto scritto anche stragiudiziale. Per quanto riguarda il trattamento di mobilità, l’articolo 7 della richiamata L. 223/1991, al comma 1, prevede che i lavoratori collocati in mobilità, in possesso di determinati requisiti, anche di anzianità aziendale336, hanno diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. L'indennità spetta nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro: per i primi dodici mesi: 100 per cento; dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: 80 per cento. Il comma 2 del medesimo articolo 7 dispone che nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura: per i primi dodici mesi: 100 per cento; dal tredicesimo al quarantottesimo mese: 80 per cento. Tutti i lavoratori collocati in mobilità, anche se non in possesso dei requisiti che danno diritto all’indennità di mobilità (cfr. supra), sono iscritti nelle liste di mobilità regionali, in modo da agevolarne la ricollocazione lavorativa. Si ricorda, al riguardo, che gli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, previsti dalla L. 223/1991, sono i seguenti: a) ai sensi dell’articolo 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un lavoratore in mobilità, è concesso al datore di lavoro il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane; b) ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi 336 In particolare, ai sensi dell’articolo 16 della L. 223 del 1991, i lavoratori collocati in mobilità hanno diritto alla relativa indennità a condizione che, avendo un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, possano vantare un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività, infortuni, astensione per maternità e congedi parentali 251 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato337. Indennità ordinaria di disoccupazione (con requisiti normali) L'indennità ordinaria di disoccupazione è relativa, in linea di principio, a tutti i dipendenti privati. Essa ha, tuttavia, un ambito di applicazione residuale rispetto al più favorevole trattamento di mobilità. L'indennità ordinaria di disoccupazione è liquidata in presenza di un'anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni nonché di un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 19, comma 1, del R.D.L. 636/1939338). Tuttavia, i lavoratori precari e stagionali, fermo restando il requisito assicurativo di 2 anni, maturano il diritto ad una fattispecie particolare dell’indennità ordinaria di disoccupazione - indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti339 - anche con lo svolgimento di 78 giornate lavorative nell'anno (articolo 7 del D.L. 86/1988 e articolo 1 del D.L. 108/1991340). L'articolo 34, commi 5 e 6, della legge 23 dicembre 1998, n. 448341, ha escluso dall'ambito di applicazione dell'istituto i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia cessato per dimissioni, successivamente al 31 dicembre 1998. L'indennità, secondo la disciplina originaria, era corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (articolo 31 della legge 29 aprile 1949, n. 264342). Nel caso di licenziamento per giusta causa, tuttavia, il periodo massimo era ridotto di 30 giorni (articolo 76, comma 3, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827343). La durata della prestazione era stata in seguito elevata a 9 mesi per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni dall'articolo 78, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2002). La misura dell'indennità ordinaria di 337 In entrambi i casi lo sgravio contributivo non riguarda i premi INAIL, che restano quindi dovuti per intero. 338 R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, “Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternità con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità”, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272. 339 Che presenta una sua specifica disciplina: vedi infra. 340 D.L. 29 marzo 1991, n. 108, Disposizioni urgenti in materia di sostegno dell'occupazione, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, Legge 1° giugno 1991, n. 169. 341 L. 23 dicembre 1998, n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo. 342 L. 29 aprile 1949, n. 264, Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati. 343 D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale, convertito, con modificazioni nella L. 6 aprile 1936, n. 1155. 252 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO disoccupazione344, a seguito dell'aumento disposto con l'articolo 78, comma 19, della legge n. 388/2000, era pari al 40% della retribuzione media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi, nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. Successivamente, con l’articolo 13, comma 2, lettera a), del D.L. 35/2005345, si era previsto per gli anni 2005 e 2006 un aumento sia della durata che della misura del trattamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione346. Più specificamente, la durata era stata incrementata da 180 giorni a 7 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 9 a 10 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. Inoltre era stata ristrutturata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione (ai sensi della relativa disciplina pari al 40% della retribuzione media) in relazione al tempo di godimento. In particolare, l’indennità era stata fissata al 50% della retribuzione media per i primi 6 mesi; al 40% per i successivi tre mesi; al 30% per il periodo ulteriore347. In seguito, l’applicazione di tali norme era stata estesa ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2007 dall’articolo 1, comma 1167 della legge 296/2007 (legge finanziaria 2007). Infine, la disciplina delle indennità di disoccupazione (sia indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali sia indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti) ha subito un’ulteriore modifica con la L. 247/2007 (articolo 1, commi 25 e 26). Più specificamente, con riferimento all’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali, per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2008, la durata dell’indennità è stata incrementata da 7 ad 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 10 a 12 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. E’ stata riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste348. Inoltre, è stata incrementata la 344 L’istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo, che è stato tuttavia escluso dai miglioramenti introdotti con la legge n. 388/2000 incidenti sia sulla durata sia sull’importo dell’indennità ordinaria di disoccupazione. 345 D.L. 14 marzo 2005, n. 35, “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80. 346 In ogni caso, gli aumenti della durata non davano luogo ad un corrispondente ampliamento della contribuzione figurativa, che rimanevano confermata per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di 6 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e di 9 mesi per quelli con età pari o superiore a 50 anni. Inoltre erano esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e le indennità ordinarie di disoccupazione liquidate con requisiti ridotti. 347 Sempre nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. 348 Anche prima della L. 247/2007 il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione era riconosciuto utile ai fini previdenziali, tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso veniva considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del requisito contributivo. 253 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO misura percentuale di commisurazione alla retribuzione dell'indennità ordinaria di disoccupazione, rispetto a quanto previsto dal menzionato D.L. 35/2005. In relazione al periodo di godimento, l’indennità è pari349: al 60% per i primi 6 mesi (in luogo del 50%); al 50% per i successivi due mesi (in luogo del 40% per i successivi tre mesi); al 40% per il periodo ulteriore (in luogo del 30%)350. Indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti L’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, caratterizzata appunto da un requisito contributivo inferiore a quello normale, costituisce una fattispecie particolare di indennità di disoccupazione rivolta soprattutto ai lavoratori occupati saltuariamente e ai lavoratori stagionali. Più specificamente, il richiamato articolo 7, comma 3, dispone che hanno diritto all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti i lavoratori che, in assenza di 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio, abbiano prestato effettivamente nell'anno precedente almeno 78 giornate di lavoro per le quali siano stati versati o siano dovuti i contributi per la assicurazione obbligatoria (fermo restando il requisito di 2 anni di anzianità assicurativa). I citati lavoratori hanno diritto alla indennità in questione per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso, e comunque non superiore alla differenza tra il numero 312, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate351. Secondo la disciplina originaria, l'indennità giornaliera non poteva superare il 30% della retribuzione media giornaliera, nei limiti di un importo massimo 349 Resta fermo che l’indennità di disoccupazione è concessa nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. Tale importo, per il 2008, è di 858,58 euro elevato a 1.031,93 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione mensile lorda superiore a 1.857,48 euro. 350 Sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura in esame i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e l’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti. Inoltre, l'indennità di disoccupazione non spetta nei casi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione previsti dalla normativa sull'incontro tra domanda e offerta di lavoro. 351 Merita ricordare, inoltre, che l’articolo 3, comma 4, del D.L. 29 marzo 1991, n,. 108, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 169 , ha disposto un’interpretazione autentica del richiamato articolo 7, comma 3. Tale comma ha infatti disposto che il richiamato comma 3 s'interpreta nel senso che il diritto alle prestazioni ivi previste sussiste anche nei confronti di quei lavoratori che, pur in possesso del requisito dell'anno di contribuzione nel biennio, hanno erroneamente avanzato domanda entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, anziché entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità con requisiti normali di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 , convertito dalla L. 6 aprile 1936, n. 1155. 254 GLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO mensile352 lordo di euro 830,77, elevato a 998,50 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a 1.826,07 euro. Successivamente la L. 247/2007 ha modificato la disciplina dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, prevedendo che per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008, la percentuale di commisurazione alla retribuzione dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti è rideterminata (in luogo del 30% prima previsto) al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni353. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate. Ai fini del prescritto requisito delle 78 giornate di lavoro effettivo, la Corte di Cassazione, con sentenza 6 febbraio 1998, n. 1262, ha specificato che sono rilevanti tutte le giornate facenti parte del periodo complessivamente considerato come lavorativo, per le quali sussiste l’obbligo di contribuzione. Devono essere considerate quindi, come evidenziato nella circolare INPS n. 273 del 31 dicembre 1998, anche le giornate di assenza per festività, ferie, riposi ordinarie compensativi, maternità, malattia e situazioni assimilabili, retribuite e coperte da contribuzione obbligatoria. 352 Per il 2006. 353 Resta fermo che l’indennità di disoccupazione è concessa nei limiti di un importo massimo mensile lordo, previsto dalla legge. Tale importo, per il 2008, è di 844,06 euro elevato a 1.014,48 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione mensile lorda superiore a 1.826,07 euro. 255 TUTELA DEI LAVORATORI E SICUREZZA SUL LAVORO SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – QUADRO NORMATIVO SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO QUADRO NORMATIVO In materia di igiene e sicurezza sul lavoro, la Costituzione italiana (articoli 2, 32 e 41) prevede la tutela della persona umana nella sua integrità psico-fisica come principio assoluto ai fini della predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubri. Partendo da tali principi costituzionali la giurisprudenza354 ha stabilito che la tutela del diritto alla salute del lavoratore si configura sia come diritto all’incolumità fisica sia come diritto ad un ambiente salubre. Il quadro normativo che disciplina la materia della sicurezza sul lavoro è articolato e complesso. Più specificamente, tale quadro normativo è costituito: da disposizioni del codice civile (articolo 2087); dalla disciplina-quadro, contenuta nel D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626355 (e successive modificazioni), che, recependo la corrispondente normativa comunitaria, ha definito il sistema generale della prevenzione e sicurezza sul lavoro. Di consideri che tale disciplina-quadro è ora “confluita” nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”356, che provvede quindi ad abrogare il D.Lgs. 626/1994; da una serie di provvedimenti specifici, emanati allo scopo di disciplinare la sicurezza sul lavoro con riferimento ai rischi connessi a particolari lavorazioni, recependo specifiche direttive comunitarie. Anche le norme recate da tali provvedimenti sono ora “confluite nel menzionato D.Lgs. 81/2008, che dispone quindi l’abrogazione dei medesimi provvedimenti; dallo Statuto de lavoratori357, per quanto attiene agli aspetti legati al controllo dell’applicazione delle misure antinfortunistiche; dalla contrattazione collettiva. 354 V. Cassazione, S.U., sentenza 6 ottobre 1979, n. 5172; Cassazione, sentenza 26 settembre 1996, n. 8699. 355 “Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. 356 Pubblicato sulla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008. 357 L. 20 maggio 1970, n. 300, “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. 259 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Come detto, una rilevante novità è costituita dal D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale decreto legislativo, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, in realtà nella sostanza opera il riassetto e il coordinamento in un unico testo normativo della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Pertanto vengono abrogati i previgenti provvedimenti le cui disposizioni sono “confluite” nel decreto legislativo in questione. Il sistema di prevenzione e sicurezza sul lavoro La disciplina generale in materia di sicurezza sul lavoro definita dal D.Lgs. 626/1994 e “confluita”, con alcune modifiche, nel menzionato D.Lgs. 81/2008, ha introdotto un sistema di prevenzione e sicurezza a livello aziendale basato sulla partecipazione attiva di una serie di soggetti interessati alla realizzazione di un ambiente di lavoro idoneo a garantire la salute e la protezione dei lavoratori. Le misure principali sono costituite da una serie di linee di intervento, riconducibili: al monitoraggio dei rischi nonché all’attuazione di azioni volte alla riduzione degli stessi; agli interventi sugli impianti, sui metodi di lavorazione, sulle materie prime o comunque sulle materie da lavorare; alla protezione individuale o collettiva dei lavoratori; alle procedure di informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori. Ambito soggettivo L’applicazione della disciplina riguarda tutti i settori di attività, sia privati sia pubblici, e tutte le tipologie di rischio. Soggetti destinatari degli obblighi previsti dalla disciplina sono: datori di lavoro: essi sono i principali destinatari degli obblighi di sicurezza; dirigenti e preposti: sono coloro che dirigono o sovrintendono le attività alle quali si applicala normativa in oggetto. Nei loro confronti vige l’obbligo, nell’ambito delle proprie competenze, di adottare le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Essi, inoltre, possono essere delegati dal datore di lavoro all’adempimento degli obblighi posti dalla legge a carico di quest’ultimo, ad eccezione degli adempimenti non delegabili (ad esempio gli 260 SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – QUADRO NORMATIVO obblighi connessi agli accordi di riallineamento contributivo). Si ricorda, infine, che obblighi identici sussistono anche nei confronti del consulente esterno (cioè non facente parte del sistema aziendale) nel caso in cui tale soggetto abbia assunto mansioni corrispondenti a quelle di un dirigente di fatto. Soggetti destinatari delle tutele previste dalla disciplina sono – a seguito dell’estensione disposta dal menzionato D.Lgs. 81/2008 -, in linea generale, tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché i soggetti ad essi equiparati358. Per alcune tipologie di lavoratori si prevedono tuttavia alcune peculiarità applicative, talvolta prevedendo che la disciplina si applichi solamente in parte. Ambito oggettivo Obblighi del datore di lavoro Oltre ad una serie di obblighi di carattere generale, consistenti nell’adozione di tutte le misure, anche se non espressamente previste da norme di legge, necessarie o anche solamente utili ed opportune al fine della prevenzione degli infortuni e della garanzia della massima sicurezza possibile sulla base della tecnologia disponibile, la normativa individua obblighi specifici a carico del datore di lavoro, concernenti: la prevenzione. Ai fini della prevenzione l’attività fondamentale risiede nella valutazione del rischio, effettuata dal datore di lavoro in relazione alla natura dell’attività dell’azienda, e che si concretizza nella redazione di un apposito documento al termine della valutazione, contenente una relazione sulla valutazione dei rischi, l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione utilizzate, nonché un programma delle misure al fine di garantire il miglioramento della prevenzione nel tempo. La valutazione ed il relativo documento devono comunque essere rielaborati in occasione di significative modifiche del processo produttivo. Inoltre, in ciascuna azienda deve essere presente un Servizio di prevenzione e protezione, formato all’interno della medesima azienda e costituito da dipendenti oppure affidato obbligatoriamente a persone od enti esterni qualificati, qualora le capacità interne siano insufficienti. Il datore di lavoro, infine, in funzione della situazione di fatto e dei rischi ipotizzati, ha l’obbligo di designare preventivamente i lavoratori adibiti alla 358 I lavoratori, seppur considerati dalla normativa in primo luogo come destinatari delle tutele previste, sono però coinvolti nel sistema di sicurezza anche in una posizione di garanzia attiva rispetto alla tutela della propria e dell’altrui sicurezza e salute e quindi sono tenuti anche essi ad osservare una serie di obblighi. 261 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO gestione di possibili emergenze quali incendi, evacuazione del personale, pronto soccorso; l’informazione, formazione e consultazione dei lavoratori. Essa consiste nel portare a conoscenza dei lavoratori sia i pericoli derivanti dai rischi connessi alle lavorazioni o agli impianti, sia l’esistenza ed il corretto utilizzo dei mezzi di protezione. In particolare, il datore di lavoro deve predisporre un’adeguata segnaletica sui luoghi di lavoro, in relazione ad oggetti, attività o situazioni, fornendo al contempo un’adeguata indicazione sulla sicurezza, utilizzando anche cartelli, colori, segnali luminosi ecc. Il datore di lavoro, inoltre, è tenuto a garantire un’adeguata formazione al lavoratore in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al posto di lavoro e alle mansioni. Infine, nelle aziende con più di 15 dipendenti il datore di lavoro almeno una volta l’anno deve indire una riunione, al fine di esaminare il documento di valutazione dei rischi, l’idoneità dei mezzi di protezione individuali e i programmi di informazione e formazione, alla quale partecipano i rappresentanti del Servizio di prevenzione e protezione, il medico competente qualora tale figura sia obbligatoria, ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza359. La riunione è comunque obbligatoria nel caso in cui siano avvenute variazioni che modifichino le condizioni di esposizione al rischio. In quest’ultima ipotesi è consentito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di indire la riunione anche nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti. Si ricorda, infine, che tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori è prevista la costituzione di organismi paritetici a livello territoriale, rappresentanti il primo riferimento sui diritti di rappresentanza, informazione e formazione dei lavoratori in materia di sicurezza; la fornitura di mezzi di protezione. Il sistema di prevenzione è prioritariamente indirizzato alla prevenzione tecnico-organizzativa rispetto a quella personale. I dispositivi di protezione individuale debbano essere impiegati qualora non sia possibile evitare o ridurre significativamente i rischi utilizzando mezzi di protezione collettiva. In particolare, il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti sono obbligati ad esigere dai singoli lavoratori l’utilizzo dei mezzi di protezione individuale. Tale obbligo non può essere derogato né con il consenso del lavoratore né con quello delle organizzazioni sindacali. In relazione a specifiche tipologie di lavorazioni o macchine utilizzate, sono inoltre previste particolari protezioni; 359 Tale figura ha principalmente la funzione di rappresentare i lavoratori nelle materie concernenti la sicurezza e salute sul lavoro. Tale rappresentante deve essere eletto o designato in tutte le aziende o unità produttiva, con determinate modalità in relazione anche al numero dei dipendenti. 262 SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – QUADRO NORMATIVO i luoghi e le attrezzature di lavoro. Principalmente gli obblighi concernono la regolare manutenzione dei luoghi e degli impianti, al fine della verifica del loro funzionamento. Per quanto attiene agli aspetti igienici, i principali doveri concernono il rispetto dei limiti minimi dello spazio di lavoro ed il divieto di lavoro in locali sotterranei. Inoltre, specifiche disposizioni riguardano le vie di circolazione, le vie ed uscite di emergenza, l’illuminazione dei locali e la costruzione, installazione e manutenzione degli impianti elettrici. Per quanto attiene alle attrezzature, si ricorda l’obbligo, per il datore di lavoro, di fornire ai lavoratori attrezzature adeguate e idonee ai fini della sicurezza e salute, prevedendo, inoltre, appositi dispositivi di sicurezza nel caso in cui gli elementi delle macchine rappresentino un pericolo; le sostanze pericolose e nocive. Il trattamento di tali sostanze prevede appositi procedimenti al fine della tutela dei lavoratori. Ad esempio, si prevede la lavorazione in spazi separati delle sostanze particolarmente pericolose o insalubri, nonché particolari forme di raccolta degli scarti e rifiuti generati dalle materie in questione. Il datore di lavoro, inoltre, deve adottare tutti i provvedimenti necessari al fine di contenere lo sviluppo e la diffusione di gas, vapori, polveri, fumi e odori nocivi; la sorveglianza sanitaria. Nell’ambito di specifiche lavorazioni (indicate nell’allegato al D.P.R. 303 del 1956), che espongono il lavoratore a sostanze tossiche o nocive, i lavoratori devono essere obbligatoriamente visitati da un medico competente, sia prima dell’ammissione al lavoro, ai fini della valutazione di idoneità, sia periodicamente, secondo apposite tabelle di lavorazione. Per tali accertamenti il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare un medico competente, che può essere dipendente di una struttura esterna – pubblica o privata – convenzionata con lo stesso datore di lavoro, un libero professionista oppure un dipendente del datore di lavoro; comunque il medico competente deve essere in possesso di determinati requisiti professionali. Infine, nelle aziende con più di 25 dipendenti è richiesta la presenza dei presidi sanitari, indispensabili per prestare le prime cure ai lavoratori interessati da incidenti o colti da malore; il controllo e la vigilanza. E’ obbligo del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti far osservare ai lavoratori le norme di igiene e sicurezza. Da tale obbligo discende anche il dovere di vigilare sul rispetto nei luoghi di lavoro delle richiamate norme. 263 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO E’ opportuno ricordare, infine, in relazione agli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, che la normativa vigente prevede anche discipline specifiche, di origine comunitaria, per le attività produttive nelle quali i lavoratori sono esposti a rumore, piombo, amianto, agenti cancerogeni (o mutageni), chimici o biologici, atmosfere esplosive, oppure dove i lavoratori sono addetti ai video terminali o alla movimentazione manuale di carichi. Tali discipline, precedentemente contenute non solamente nel D.Lgs. 626/1994, ma anche in altri provvedimenti, come il D.Lgs. 277/1991, che avevano provveduto a recepire la corrispondente normativa comunitaria, sono attualmente “confluite” nel menzionato D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Obblighi del lavoratore Oltre agli obblighi derivanti da specifici ruoli (quali il rappresentante della sicurezza per i lavoratori, i componenti del Servizio i prevenzione e protezione e gli addetti alla prevenzione incendi, evacuazione e pronto soccorso) il lavoratore è coinvolto nel sistema di sicurezza, in una posizione di garanzia attiva rispetto alla tutela della propria e dell’altrui sicurezza e salute. In particolare, ogni lavoratore ha il dovere, direttamente riconducibile all’obbligo di diligenza, di: osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, utilizzare correttamente i macchinari, le apparecchiature, le sostanze, le attrezzature e i dispositivi di sicurezza, i dispositivi di protezione; segnalare immediatamente al datore di lavoro al dirigente o al preposto eventuali deficienze delle attrezzature e dei dispositivi di protezione nonché le condizioni di pericolo ad esse legate; sottoporsi ai controlli sanitari previsti; contribuire, con il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti all’adempimento degli obblighi imposti dalle autorità competenti. Oltre a ciò, sono previsti anche obblighi negativi, quali il divieto di rimuovere senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza, oppure di compiere di propria iniziativa azioni non di competenza potenzialmente compromettenti la propria sicurezza o quella di altri lavoratori. Va infine ricordato che la legge riconosce al lavoratore alcuni specifici strumenti di tutela, derivanti anche dalle norme civilistiche. In particolare, si ricorda: il diritto di resistenza (consistente nella legittimazione del rifiuto della prestazione lavorativa svolta in condizioni non sicure); il diritto del lavoratore ad ottenere un altro posto nell’ambito della stessa azienda in seguito 264 SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – QUADRO NORMATIVO all’allontanamento temporaneo del lavoratore per motivi sanitari inerenti alla sua persona connessi all’esposizione ad agenti chimici, fisici o biologici; la possibilità di ricorso al giudice in via cautelare (nel caso in cui il lavoratore ritenga che non sia sufficiente ad evitare situazioni pregiudizievoli far valere i suoi diritti in via ordinaria); il diritto al mutamento di mansioni a causa dell’insorgenza di eventi morbosi; la tutela del lavoratore in caso di malattia causata dall’inadempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi relativi alla sicurezza, che potrebbe comportare per il datore di lavoro l’impossibilità di recedere dal rapporto per superamento del periodo di comporto. Responsabilità L’apparato normativo in materia di igiene e sicurezza individua quali soggetti penalmente responsabili della violazione delle norme oltre ai datori di lavoro, anche i dirigenti ed i preposti con compiti di direzione e sorveglianza delle lavorazioni, nonché gli stessi lavoratori beneficiari delle tutele in materia. Tra i soggetti attivi della sicurezza sono compresi anche i costruttori e i commercianti, la cui responsabilità si concretizza nel divieto di fabbricare, vendere, noleggiare e concedere in uso macchinari, parti di essi, attrezzature, e apparecchi in genere destinati al mercato interno nonché di installare impianti non rispondenti alla normativa in materia. Specifiche responsabilità sono inoltre previste nel caso in cui il datore di lavoro affidi i lavori all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi. La legge inoltre prevede che l’esercizio dei poteri-doveri del datore di lavoro possa essere delegato ad altri soggetti, a condizione che non siano gli stessi lavoratori beneficiari della tutela. Spettano invece esclusivamente al datore di lavoro, e quindi non possono essere delegati, gli obblighi relativi: all’effettuazione della valutazione del rischio; all’elaborazione del documento di valutazione; alla designazione del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione; all’autocertificazione, per le aziende familiari e per quelle che occupano fino a 10 addetti, dell’avvenuta valutazione dei rischi e degli adempimenti collegati. A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 81/2008 emanato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, l’apparato sanzionatorio che tende a colpire la violazione delle norme poste a tutela della salute e sicurezza del lavoratore è basato sulla contravvenzione360. 360 Invece, nella disciplina originaria del D.Lgs. 626/1994, l’apparato sanzionatorio operava fondamentalmente attraverso due tipologie di reato: 265 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Il menzionato decreto legislativo ha rivisitato il precedente apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro rimodulando gli obblighi (e le conseguenti sanzioni in caso di violazione) del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e degli altri soggetti del sistema aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti. In via generale ed in estrema sintesi, si rileva che si prevede la pena dell’arresto da sei a diciotto mesi per il datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei rischi cui possono essere esposti i lavoratori in aziende che svolgano attività con elevata pericolosità. Nella maggior parte dei casi, però, si prevede che al datore di lavoro si applichi la sanzione dell’arresto alternativo all’ammenda o la sola ammenda, con un’attenta graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Per favorire l’adeguamento alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, al datore di lavoro che si metta in regola non è applicata la sanzione penale ma una sanzione pecuniaria. Nella stessa logica, il datore di lavoro che si adoperi concretamente per eliminare le conseguenze della violazione o che adempia, pur tardivamente, all’obbligo violato ottiene, nel primo caso, una riduzione della pena, nel secondo caso (su richiesta) la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 euro a un massimo di 24.000. Ovviamente tale possibilità è esclusa quando il datore di lavoro sia recidivo o si siano determinati, in conseguenza della violazione, infortuni sul lavoro con danni alla salute del lavoratore. Controlli I controlli in materia di sicurezza del lavoro, prevenzione infortuni ed igiene sono attribuiti in via generale alle Aziende Sanitarie Locali (ASL). Di alcune specifiche attribuzioni sono invece titolari i Servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro e le rappresentanze sindacali. Per la tutela della salute dei lavoratori, le ASL sono dotate di particolari poteri, tra i quali rientrano la prescrizione ad adempiere in caso di accertamento di contravvenzioni e il potere di accesso e di disposizione (cioè il potere, rispettivamente, di visitare in ogni parte e in qualunque ora del giorno cantieri, opifici laboratori nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti, e di reati contravvenzionali che sanzionano un comportamento semplicemente omissivo del datore di lavoro anche se da esso non derivi in concreto una situazione di pericolo e nessun lavoratore ha subito un danno; reati derivanti dall’inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi generali e particolari di sicurezza, da cui derivano determinati eventi, dannosi o pericolosi per l’incolumità psico-fisica dei lavoratori. Si trattava dei seguenti reati: delitti colposi contro la persona; omissione o rimozione di cautele infortunistiche; omissione o rimozione colposa di dispositivi di sicurezza. 266 SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – QUADRO NORMATIVO imporre al datore di lavoro un determinato comportamento, al fine di colmare eventuali vuoti normativi). Anche i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. 267 LA LEGGE N. 123/2007: LA DELEGA PER LA RIFORMA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO - LA LEGGE N. 123/2007 RECANTE DELEGA PER LA RIFORMA Nel corso della XV legislatura l’esigenza di riformare e razionalizzare la normativa relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, sempre più impellente negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’alto numero delle “morti bianche” verificatesi nei luoghi di lavoro, ha condotto all’emanazione della legge 3 agosto 2007, n. 123 che ha previsto un’apposita delega per rispondere alla medesima esigenza. In particolare, l’intervento realizzato attraverso la L. 123/2007 si sviluppa attraverso due distinte direttrici: in primo luogo, si è appunto prevista una delega al Governo per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; in secondo luogo, sono state introdotte norme immediatamente precettive, incidenti sul quadro normativo vigente, da un lato continuando i percorsi già delineati dalle disposizioni di cui al D.L. 4 luglio 2006, n. 223361, e dalla legge finanziaria per il 2007362 in tema di appalto e lavoro irregolare e sommerso, dall’altro anticipando alcuni aspetti della riforma stessa. Per quanto concerne, più specificamente le disposizioni di delega, l’articolo 1, comma 1, delega il Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della L. 123/2007, e cioè entro il 25 maggio 2008, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati. Il successivo comma 2 prevede i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega (sull’attuazione della delega, vedi capitolo Salute e sicurezza sul lavoro, pag. 119). 361 "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”. 362 Legge 27 dicembre 2006, n. 296. 269 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO In primo luogo la lettera a) prevede il riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 117 della Costituzione. La lettera b) dispone che la normativa in materia sicurezza dei lavoratori debba essere applicata a tutti i settori di attività e a tutti i tipi di rischio, ferma restando l’esigenza di considerare le peculiarità o la specifica pericolosità di particolari settori ed ambiti lavorativi, quali ad esempio le Forze armate e di Polizia, i servizi di protezione civile, le università,. Nell’ambito del criterio direttivo in esame, inoltre, viene prevista la necessità di rispettare, nell’applicazione delle norme sulla sicurezza dei lavoratori, le competenze in materia di sicurezza antincendio così come definite dal D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139363, nonché il Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 sulle sostanze e preparati chimici prodotti ed importati nell’Unione europea. La stessa lettera b) prevede, inoltre, che il Governo, nell’esercizio della delega, assicuri il coordinamento, ove necessario, con la normativa ambientale. La lettera c) dispone che la normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro debba essere applicata a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati. In tal modo si intende estendere il campo di applicazione della disciplina in questione a tutti i lavoratori, anche a quelli “parasubordinati” e autonomi, prevedendo altresì specifiche di tutela per determinate categorie di lavoratori. La lettera d) prevede la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, con particolare riferimento alle piccole, medie e micro imprese, senza però compromettere il rispetto dei livelli di tutela, nonché la previsione di forme di unificazione documentale. La lettera e) contempla il riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione individuale. La lettera f) prevede la riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni introdotte dai decreti legislativi emanati in attuazione della delega. 363 “Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229”. 270 LA LEGGE N. 123/2007: LA DELEGA PER LA RIFORMA In particolare, il Governo dovrà prevedere: la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l’utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l’eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro di cui al D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758364 (lettera f), n. 1); la determinazione delle sanzioni penali dell’arresto e dell’ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell’ordinamento, individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della L. 24 novembre 1981, n. 689, che prevedono particolari fattispecie da escludere dalla depenalizzazione dei reati previsti dal codice penale, da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell’ammenda fino a euro ventimila per le infrazioni formali, della pena dell’arresto fino a tre anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell’arresto fino a tre anni ovvero dell’ammenda fino a euro centomila negli altri casi (lettera f), n. 2); la previsione della sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino ad euro centomila per le infrazioni non punite con la sanzione penale (lettera f), n. 3); la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare gravità delle disposizioni violate (lettera f), n. 4); il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei familiari delle vittime della possibilità di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (lettera f), n. 5); la previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni pecuniarie per interventi volti alla prevenzione, a campagne informative e alle attività dei dipartimenti di prevenzione delle ASL (lettera f), n. 6,); 364 Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 gennaio 1995, n. 21. 271 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO La lettera g) contempla la revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale (ivi compreso il medico competente), anche tramite adeguate attività di formazione, in particolare rafforzando il ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, nonché introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo, in aggiunta al rappresentante per la sicurezza, che, ai sensi degli articoli 18 e 19 del D.Lgs. 626/1994, ha il compito di rappresentare i lavoratori con riferimento alla sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. Ai sensi della lettera h) il legislatore delegato deve procedere alla rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche in qualità di strumento di aiuto alle imprese nell’individuazione di soluzioni volte a migliorare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. La lettera i) prevede la realizzazione del coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro e ridefinizione dei compiti e della composizione della commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro e dei comitati regionali di coordinamento. La ridefinizione della composizione di tali organi deve avvenire su base tripartita e di norma paritetica e nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di cui all’articolo 117 della Costituzione. La lettera l) contempla la valorizzazione, anche tramite apposito rinvio da parte delle disposizioni legislative, degli accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonché dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi che abbiano il fine di orientare i comportamenti dei datori di lavoro (anche secondo i principi della responsabilità sociale), dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti sul piano legislativo. La lettera m) dispone che si debba prevedere un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza ovvero sulle competenze in materia salute e sicurezza sul lavoro acquisite attraverso percorsi formativi ad hoc. Ai sensi della successiva lettera n), si deve procedere alla definizione di un assetto istituzionale basato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. La definizione di tale assetto deve avvenire anche tramite il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro. 272 LA LEGGE N. 123/2007: LA DELEGA PER LA RIFORMA La lettera o) dispone che si debba prevedere la partecipazione delle parti sociali al sistema informativo nazionale per la prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, costituito da Ministeri, regioni e province autonome, INAIL, IPSEMA ed ISPESL, con il contributo del CNEL, e il concorso allo sviluppo del medesimo sistema da parte degli organismi paritetici e delle associazioni e degli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne. La lettera p) prevede la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, attraverso: o la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, da indirizzare, anche attraverso il sistema della bilateralità, nei confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale anche attraverso il sistema della bilateralità (lettera p), n. 1); o il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, nell’ambito e nei limiti delle spese istituzionali del medesimo Istituto. Deve essere garantita la semplicità delle procedure relative a tali finanziamenti (lettera p), n. 2); o la promozione e la diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro in ambito scolastico ed universitario e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi principi di autonomia didattica e finanziaria (lettera p), n. 3). Merita segnalare che l’articolo 2, comma 532, della L. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) ha modificato la disposizione di cui alla lettera p), sopprimendo l’originaria modalità di finanziamento che stabiliva il finanziamento delle attività elencate ai nn. 1) e 2), a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere su una quota delle risorse destinate alla riduzione dei premi INAIL relativi alla gestione separata artigianato, di cui all’articolo 1, comma 780365, della 365 Il richiamato comma 780 aveva disposto che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007. Ai sensi del successivo comma 781, inoltre, la riduzione dei premi di cui al comma 780 è prioritariamente riconosciuta alle imprese in regola con gli obblighi previsti dalla vigente normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, che abbiano adottato piani pluriennali di prevenzione per l’eliminazione delle fonti di rischio e per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro e non abbiano registrato infortuni nel biennio precedente alla data della richiesta di ammissione al beneficio. 273 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL. Conseguentemente è stata ripristinata l'originaria destinazione integrale delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007, alla riduzione dei premi dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi alla gestione separata artigianato. Inoltre, al successivo comma 533 dell’articolo 2 della L. 244/2007, che ha introdotto il comma 7-bis all’articolo 1 della L. 123/2007, in sostituzione della soppressa modalità di finanziamento per l’esercizio del principio di delega nella su menzionata lettera p), viene previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2008. Ai sensi della lettera q) si deve procedere alla razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 19 del D.Lgs 19 dicembre 1994, n. 758366, e dell’articolo 23, comma 4, del D.Lgs. 626 del 1994, in modo da rendere più efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione, promozione della salute, vigilanza, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche competenze delle diverse strutture. La lettera r) prevede che debba essere escluso qualsiasi onere per i lavoratori e le lavoratrici in connessione con l’adozione delle misure per la salute e sicurezza sul lavoro. Ai sensi della lettera s), il legislatore delegato deve procedere alla revisione della normativa in materia di appalti, prevedendo specifiche misure dirette, tra le altre, a migliorare l’efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore nonché il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro (lettera s), n. 1). Inoltre il legislatore ha il compito di modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, in modo da garantire che l’assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (lettera s), n. 2), e deve infine operare una revisione della normativa in materia di appalti recata dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (lettera s), n. 3). La lettera t) dispone che si debba procedere alla rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti modalità organizzative del lavoro e alle particolarità delle lavorazioni, nonché ai criteri ed 366 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”. 274 LA LEGGE N. 123/2007: LA DELEGA PER LA RIFORMA alle linee guida scientifici più avanzati, anche con riferimento al prevedibile momento di insorgenza della malattia. La lettera u) è volta a rafforzare e garantire le tutele previste nel caso di allontanamento temporaneo del lavoratore a seguito di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. La lettera v) prevede l’introduzione dello strumento dell’interpello di cui all’articolo 9 del D.Lgs. 124/2004, relativamente ai quesiti di carattere generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, individuando all’uopo il soggetto titolare competente a fornire tempestivamente la risposta. Il successivo comma 3 stabilisce il divieto, per i decreti legislativi da emanare in attuazione della delega, di introdurre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela, o una riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze. I commi 4 e 5 dispongono in merito alla procedura per l’attuazione della delega in esame. In particolare, ai sensi del comma 4, i decreti legislativi devono essere adottati con la procedura di cui all’articolo 14 della L. 23 agosto 1988, n. 400367 (che appunto detta la disciplina generale per l’emanazione dei decreti legislativi), su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture (limitatamente a quanto previsto dalla lettera s) del comma 2), dello sviluppo economico (limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del comma 2), di concerto con il Ministro per le politiche europee, il Ministro della giustizia, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della solidarietà sociale (limitatamente a quanto previsto dalla lettera l) del comma 2), nonché gli altri Ministri competenti per materia, acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni e sentite le organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative. Il comma 5 dispone la trasmissione degli schemi di decreti legislativi alla Camera e al Senato al fine dell’espressione, entro quaranta giorni, dei parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Trascorso tale termine in mancanza dell’espressione di tali pareri, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Lo stesso comma prevede altresì la proroga, pari a tre mesi, dei termini previsti per l’adozione dei decreti legislativi nel caso in cui il termine per 367 “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. 275 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO l’espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni precedenti la scadenza dei termini fissati per l’esercizio della delega. Analogo meccanismo di proroga viene previsto con riferimento all’adozione dei decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive di cui al comma successivo. Ai sensi del comma 6, è prevista la possibilità, per il Governo, di adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi. Nel comma 7 si stabilisce che l’attuazione della delega non deve determinare nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica, ad eccezione degli oneri derivanti dai criteri di delega cui al comma 2, lettera p), numeri 1) e 2) concernenti, rispettivamente, la realizzazione di un sistema di governo per la definizione di progetti formativi ed il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese (cfr. supra). Pertanto le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti richiesti dai decreti attuativi della delega attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, strumentali ed economiche, allo stato già in dotazione alle medesime amministrazioni. Come detto, la L. 123/2007 reca anche misure precettive volte a rafforzare immediatamente gli strumenti per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. In particolare: l’articolo 2 prevede che, nei casi di esercizio dell’azione penale per i delitti di omicidio colposo o di lesione personale colposa commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro, il pubblico ministero ne dà notizia immediatamente all’INAIL ai fini dell’eventuale costituzione di parte civile e dell’azione di regresso; l’articolo 3 reca modifiche al D.Lgs. 626/1994, che intervengono sostanzialmente sulle specifiche tutele da adottare nel caso di contratto d’appalto e sulla disciplina relativa alle modalità di elezione nonché alle attribuzioni del rappresentante per la sicurezza; l’articolo 4 dispone che con D.P.C.M., previa intesa in sede di Conferenza unificata, sia disciplinato il coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro affidato ai comitati regionali di coordinamento, individuando i settori prioritari di intervento e i piani di attività da attuare a livello territoriale. Le amministrazioni pubbliche più direttamente coinvolte dalla materia in esame devono provvedere ad integrare i rispettivi archivi informativi, anche attraverso la creazione di banche dati unificate. Al fine di rafforzare l’azione ispettiva, si dispone che dal 1° luglio 2007 si proceda all’assunzione dei 300 ispettori del lavoro ai sensi del comma 544 della legge finanziaria 2007 e che le risorse non 276 LA LEGGE N. 123/2007: LA DELEGA PER LA RIFORMA utilizzate a tal fine nel primo semestre 2007 (4,25 milioni di euro) siano destinate al funzionamento e al potenziamento dell’attività ispettiva, alla costituzione di appositi nuclei di pronto intervento e all’incremento delle dotazioni strumentali. Inoltre, si dispone l’avvio di progetti sperimentali, in ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale, volti a favorire la conoscenza delle tematiche in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro; l’articolo 5, al fine di contrastare il lavoro sommerso e promuovere la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, estende a tutti i settori produttivi i poteri di sospensione dei lavori e di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni (compresa la partecipazione a gare pubbliche) previsti dall’art. 36-bis, commi 1 e 2, del D.L. 223/2006, nei casi di violazioni di una certa gravità della disciplina relativa alla regolarità delle assunzioni e all’orario di lavoro che avvengano nel settore dell’edilizia. Inoltre viene aggiunta un’ulteriore fattispecie in cui possono essere adottati tali provvedimenti di sospensione ed interdizione, relativa a gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (vedi capitolo Misure di contrasto al lavoro sommerso, pag. 107); l’articolo 6 quindi, per agevolare l’azione di accertamento degli organi ispettivi, prevede che, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, a decorrere dal 1° settembre 2007, il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento. Vengono così estese a tutte le attività espletate in regime di appalto o subappalto gli obblighi relativi alla tessera di riconoscimento per il personale, già previsto dall’art. 36-bis, commi da 3 a 5, del D.L. 223/2006, con riferimento ai cantieri edili; l’articolo 7 attribuisce agli organismi paritetici di cui all’art. 20 del D.Lgs. 626/1994 la possibilità di effettuare nei luoghi di lavoro rientranti nel proprio ambito di competenza sopralluoghi per valutare l’applicazione della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; l’articolo 8, intervenendo sul D.Lgs. 163/2006 (cd. codice dei contratti pubblici), include tra i criteri da adottare nella predisposizione delle gare e nella valutazione delle offerte anomale, anche quello dei costi relativi alla sicurezza; l’articolo 9, inserendo l’articolo 25-septies nel D.Lgs. 231/2001, introduce apposite sanzioni pecuniarie e interdittive per le persone giuridiche i cui dirigenti siano responsabili dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro; l’articolo 10 concede un credito di imposta per le spese sostenute dai datori di lavoro per la partecipazione dei lavoratori a programmi di formazione in 277 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO materia di tutela e sicurezza sul lavoro. Il credito di imposta è concesso in via sperimentale per il biennio 2008-2009, entro un limite di spesa di 20 milioni di euro annui; l’articolo 11, con riferimento alle misure volte a favorire l’emersione del lavoro irregolare, sulla base di accordi aziendali o territoriali (commi 11921201 della legge finanziaria 2007), modifica la previsione secondo cui nei confronti dei datori di lavoro che presentino l’istanza di regolarizzazione sono sospese le ispezioni o verifiche per un anno a decorrere dall’istanza. Con la modifica introdotta invece si dispone che dalla prevista sospensione delle ispezioni o verifiche sono escluse quelle concernenti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori; infine l’articolo 12, al fine di rafforzare l’organico degli ispettori del lavoro, autorizza il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a decorrere dal mese di gennaio 2008, ad assumere, per un numero massimo complessivo di 300 unità, gli idonei non vincitori dei concorsi pubblici regionali per esami banditi dal medesimo Ministero nell’anno 2004, rispettivamente per 795 posti di ispettore del lavoro e per 75 posti di ispettore tecnico del lavoro, area funzionale C, posizione economica C2, per gli uffici del medesimo Ministero stesso. 278 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO – IL D.LGS. 81/2008 In attuazione della delega di cui all’articolo 1 della L. 123/2007, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, è stato emanato il D.Lgs. 81/2008368. Il provvedimento, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, in realtà nella sostanza opera il riassetto e la riforma della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro attraverso il riordino e il coordinamento della medesima disciplina in un unico testo normativo (come posto in rilievo dall’articolo 1). Disposizioni generali Il Titolo I (articoli 1-61) contiene le principali novità rispetto alla normativa vigente, che consistono soprattutto nell’ampliamento del campo di applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e nel potenziamento e maggior coordinamento dell’azione pubblica. L’articolo 1 definisce la finalità del provvedimento, individuata nel riassetto e nel riordino in un unico testo normativo della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Si precisa che tale finalità viene perseguita nel rispetto dell’ordinamento comunitario e delle convenzioni internazionali oltre che dell’assetto della ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, assicurando comunque una uniforme tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale. L’articolo 2 reca alcune definizioni, di massima corrispondenti a quelle già contenute nel D.Lgs. 626/1994. Particolarmente importante risulta l’aggiunta, rispetto alla disciplina previgente, delle definizioni di dirigente e di preposto, figure che assumono un ruolo centrale nel porre in essere le misure per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, della definizione di salute, corrispondente alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonché delle definizioni dei concetti di norma tecnica, di buone prassi e di responsabilità sociale delle imprese, considerati elementi fondamentali per orientare i comportamenti dei datori di lavoro e migliorare i livelli di tutela definiti legislativamente. 368 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” (pubblicato sulla G.U. n. 101 del 30 aprile 2008). 279 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO L’articolo 3 amplia il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, riferibile ora a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, nonché a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati (c.d. principio di effettività della tutela, che implica la tutela di tutti coloro, a qualunque titolo, operano in azienda). Tuttavia, lo stesso articolo reca alcune precisazioni riguardo all’applicazione della disciplina per alcune tipologie di rapporti di lavoro o per specifici settori di attività. L’articolo 4 introduce la regolamentazione del computo dei lavoratori, ove rilevante a fini dell’applicazione della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. Al riguardo, si dispone che non sono computati, ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il provvedimento fa discendere particolari obblighi, i lavoratori legati al datore di lavoro da particolari tipologie di rapporti di lavoro espressamente indicati dalla norma, cioè i collaboratori familiari di cui all’articolo 230-bis c.c., i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento, gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale, i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro, i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio nonché prestazioni che esulano dal mercato del lavoro, i lavoratori a domicilio nel caso in cui la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di lavoro committente, i volontari, i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile, i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili, i lavoratori autonomi, i collaboratori coordinati e continuativi e i lavoratori a progetto ove la loro attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente. Lo stesso articolo reca ulteriori disposizioni sulle modalità di computo di altre specifiche categorie di lavoratori. Gli articoli 5 e 6, al fine di attuare quanto disposto dall’articolo 1, comma 2, lettere i) della legge di delega, istituiscono specifici organismi deputati al coordinamento delle attività e delle politiche relative alla salute e sicurezza sul lavoro. Essi sono il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (presso il Ministero della salute) e la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale). L’articolo 7, sempre con la finalità di un più efficace coordinamento degli interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dispone che in ogni regione operi un Comitato regionale di coordinamento. L’articolo 8, attuando l’articolo 1, comma 2, lettere n) ed o), della L. 123/2007, istituisce il Sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP) nei 280 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA luoghi di lavoro, con lo scopo di fornire dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia della attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e per indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l’utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate (comma 1). Il SINP è costituito dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute, dal Ministero dell’interno, dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, dall’INAIL, dall’IPSEMA e dall’ISPESL, con il contributo del CNEL (comma 2). Sempre in riferimento alla razionalizzazione dell’attività di tutela della salute sui luoghi di lavoro, l’articolo 9, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera q), definisce compiutamente le competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro di INAIL, IPSEMA ed ISPESL, inquadrandole in un’ottica di sistema. L’articolo 10 riprende, con modifiche marginali, il contenuto del D.Lgs. 626/1994, relativo all’informazione e all’assistenza in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. L’articolo 11, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera p), della legge di delega, individua una serie di attività di sostegno alle imprese nella effettiva applicazione degli obblighi di legge e di diffusione della cultura della salute e sicurezza. In particolare, il comma 1 prevede la definizione, nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, delle attività promozionali della cultura e delle attività di prevenzione, con particolare riguardo al finanziamento degli investimenti per la sicurezza sul lavoro delle piccole e medie imprese, al finanziamento di progetti formativi dedicati alle medesime tipologie di imprese nonché al finanziamento delle attività formative degli istituti scolastici e delle università volti a promuovere la conoscenza del tema della salute e sicurezza sul lavoro (comma 1). Gli oneri per i richiamati finanziamenti sono a carico delle risorse di cui all’articolo 1, comma 7-bis, della L. 123/2007, che ha stanziato per le menzionate finalità 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2008 (comma 2). Inoltre, si attribuisce alle amministrazioni pubbliche, nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, la promozione di attività formative destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici (comma 6). L’articolo 12, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera v), della L. 123/2007, disciplina la possibilità di inoltrare alla Commissione per gli interpelli istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale gli interpelli inerenti quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la cui risposta vincola gli organi di vigilanza. L’articolo 13 effettua una ricognizione delle competenze in materia di vigilanza trovando corrispondenza nell’articolo 23 del D.Lgs. 626/1994, mentre l’articolo 14 riprende le disposizioni di cui alla L. 123/2007 per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. 281 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Per quanto concerne le misure di prevenzione e tutela, gli articoli 15-26, nel definire la gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, introducono alcune innovazioni. In primo luogo, per quanto attiene alle funzioni proprie del datore di lavoro, l’articolo 16 prevede la possibilità della delega di funzioni sottoposta a specifiche limitazioni e condizioni. I successivi articoli da 17 a 19 identificano in maniera più precisa, rispetto alla normativa previgente, gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti. Più specificamente, ai sensi dell’articolo 17, non sono delegabili dal datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi con la conseguente adozione dei documenti previsti dall’articolo 28 e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Il successivo articolo 18, comma 1, identifica gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti, tra i quali rientrano: la nomina del medico competente; la designazione preventiva dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio; fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente; adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza; adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37; consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di valutazione del rischio; elaborare il documento di valutazione dei rischi connesso con gli obblighi relativi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione e consegnarne copia, su richiesta, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. L’articolo 19 individua gli obblighi del preposto. Tra tali obblighi rientrano: la vigilanza e la sovrintendenza sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione; la verifica inerente al fatto che solamente i lavoratori con adeguate istruzioni possano accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; la tempestiva informazione dei lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le misure prese o da prendere in materia di protezione; la tempestiva segnalazione al datore di lavoro o al dirigente delle deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, nonché di ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta. L’articolo 20 individua gli obblighi dei lavoratori, i quali devono in primo luogo prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella degli altri 282 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA soggetti che si trovano sul luogo di lavoro, su cui possono produrre conseguenze le loro azioni od omissioni. Inoltre, i lavoratori sono tenuti ad una serie di adempimenti specifici indicati dalla norma, tra cui rientrano i seguenti: contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, al rispetto degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, per la protezione collettiva ed individuale; utilizzare in modo corretto le attrezzature di lavoro, le sostanze pericolose, i mezzi di trasporto, i dispositivi di sicurezza, nonché i dispositivi di protezione; segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi cui sopra, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza; partecipare ai programmi di formazione e di addestramento; sottoporsi ai previsti controlli sanitari. Per i lavoratori di aziende che svolgono attività in regime di appalto o subappalto, è previsto altresì l’obbligo di esporre la tessera di riconoscimento. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto. L’articolo 21 identifica gli obblighi e le facoltà dei componenti delle imprese familiari, dei piccoli imprenditori e dei lavoratori autonomi, mentre gli articoli 22, 23 e 24 disciplinano rispettivamente gli obblighi dei progettisti, dei fabbricanti e dei fornitori e degli installatori. L’articolo 25 definisce il ruolo del medico competente, potenziandolo, e individuandone gli obblighi. In particolare, il medico competente, oltre a collaborare con il datore di lavoro ed il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro, riveste importanza per una serie di funzioni. In particolare: è il responsabile della sorveglianza sanitaria, di cui al successivo articolo 41, attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati; aggiorna e custodisce la cartella sanitaria e di rischio, consegna al datore di lavoro alla cessazione dell’incarico la documentazione sanitaria in suo possesso, la medesima documentazione sanitaria è inoltre consegnata al lavoratore in caso di cessazione del rapporto di lavoro presso l’azienda; invia all’ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle sanitarie e di rischio, al fine di consentire un efficace monitoraggio delle attività dei medici competenti ed, al contempo, di evitare che notizie fondamentali in ordine alla sicurezza dei lavoratori vadano perse, 283 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi (la indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi); partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria. L’articolo 26, individua, ai fini del potenziamento della solidarietà tra committente ed appaltatore, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera s), n. 1, della legge di delega, gli obblighi dei datori di lavoro committenti ed appaltatori nei contratti di appalto. In particolare, vengono riprese le disposizioni di cui all’articolo 3 della L. 123/2007, relativamente al documento unico di valutazione dei rischi da interferenza delle lavorazioni (comma 3) ed alla indicazione dei costi relativi alla sicurezza del lavoro (comma 5). Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente inoltre (comma 4) è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’INAIL o dell’IPSEMA. L’articolo 27, attuando l’articolo 1, comma 2, lettera m), della L. 123/2007, attribuisce alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro la definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, precisando altresì (comma 2) che il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione delle imprese costituisce elemento vincolante per la partecipazione a gare relative agli appalti e subappalti pubblici, nonché per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti i subappalti. Gli articoli da 28 a 30 recano disposizioni in merito alla regolamentazione della valutazione dei rischi, individuando, rispettivamente, l’obbligo per il datore di lavoro di considerare tutti i potenziali rischi riferibili alla salute e sicurezza dei lavoratori, le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi, le caratteristiche che debbono possedere i modelli di organizzazione e gestione. Gli articoli da 31 a 35 disciplinano il servizio di prevenzione e protezione. Al riguardo, si segnala che l’articolo 31, comma 7, prevede la costituzione di un 284 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA unico servizio di prevenzione e protezione nelle aziende con più unità produttive e nei gruppi di imprese. Gli articoli 36 e 37 concernono la formazione e l’informazione dei lavoratori. Si segnala, al riguardo, che il comma 4 dell’articolo 36 prevede il principio della facile comprensione del contenuto della informazione da parte dei lavoratori, consentendo loro di acquisire le relative conoscenze. Lo stesso articolo dispone altresì l’obbligo di informare i lavoratori immigrati previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo. Il successivo articolo 37 provvede a potenziare la formazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze rispetto alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 626/1994. La Sezione V (articoli da 38 a 42) concerne la sorveglianza sanitaria. L’articolo 38 definisce i titoli ed i requisiti del medico competente. Per lo svolgimento di tali funzioni è necessario possedere uno dei seguenti titoli: specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica; docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro; autorizzazione rilasciata ai laureati in medicina e chirurgia che abbiano svolto l'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni369; specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale. Per i medici in possesso di tale specializzazione, è obbligatoria la frequenza di percorsi formativi universitari da definirsi con decreto ministeriale. Inoltre, i medici in possesso dei suddetti titoli, che esercitano le attività di medico competente o dimostrino di averle svolte per almeno un anno nei tre anni anteriori, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni. In generale, per assolvere alle funzioni di medico competente occorre partecipare al programma di educazione continua in medicina. Infine, si prevede l’istituzione di un albo dei medici competenti presso il Ministero della salute. Ai sensi dell’articolo 39, l’attività di medico competente deve essere ispirata ai principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICHO)370. Il medico, come già attualmente previsto, può operare come dipendente o collaboratore di una 369 Cfr. l’articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della L. 30 luglio 1990, n. 212). 370 La citata Commissione è un’organizzazione internazionale non governativa con lo scopo di promuovere il progresso scientifico, la conoscenza e lo sviluppo di salute e sicurezza sul lavoro in tutti i suoi aspetti. 285 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO struttura esterna pubblica o privata, come libero professionista o come dipendente del datore di lavoro. Per gli accertamenti diagnostici, il professionista può avvalersi della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro (il decreto legislativo 626/1994 statuiva invece che la scelta dei collaboratori del medico competente è di competenza del datore di lavoro). Nelle aziende con più unità produttive e negli altri casi in cui risulti necessario, il datore di lavoro può nominare più medici competenti e designarne uno con funzioni di coordinamento. L’articolo 40 disciplina le modalità ed i tempi con i quali il medico competente deve trasmettere ai servizi interessati i dati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria. Le regioni trasmettono poi tali informazioni all’ISPESL. L’articolo 41 reca norme in materia di sorveglianza sanitaria, prevedendo che essa sia svolta, oltre che nei casi in cui è prescritta dalla normativa vigente (analogamente a quanto stabilito dal decreto legislativo 626/1994), anche nelle ipotesi in cui ne faccia richiesta il lavoratore e il medico competente la ritenga correlata ai rischi lavorativi. Innovando la disciplina previgente (che prevedeva solo accertamenti preventivi e periodici371), il decreto in esame stabilisce che la sorveglianza sanitaria include la visita medica preventiva intesa a valutare l’idoneità alla mansione specifica, la visita medica periodica, la visita medica richiesta dal lavoratore alle condizioni sopraindicate, la visita medica svolta in occasione del cambio della mansione e la visita medica all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Le visite mediche comprendono, a cura e a spese del datore di lavoro, i necessari esami clinici e biologici e le indagini diagnostiche, anche la fine di verificare, nei casi indicati dall’ordinamento, stati di alcol dipendenza o assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Il medico competente allega gli esiti delle visite alla cartella sanitaria e di rischio secondo modelli e criteri predefiniti. All’esito della visita, il medico competente esprime uno dei seguenti giudizi: idoneità; idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; inidoneità temporanea; inidoneità permanente. Lo stesso medico informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore dei suddetti giudizi, che possono essere impugnati – come già attualmente previsto372 – mediante ricorso all’organo di vigilanza territorialmente competente. L’articolo 42 stabilisce che, in caso di accertata inidoneità alla mansione specifica, il datore di lavoro applica le misure indicate dal medico competente e adibisce il lavoratore, ove possibile, ad una mansione compatibile con il suo stato 371 Cfr. l’articolo 16 del decreto legislativo n. 626 del 1994. 372 Cfr. l’articolo 17 del decreto legislativo n. 626 del 1994. 286 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA di salute. Il predetto lavoratore, qualora sia adibito a mansioni inferiori, conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte nonché la qualifica originaria. Per i casi in cui invece il lavoratore sia adibito a mansioni equivalenti o superiori vengono richiamate le disposizioni dettate in materia dal codice civile373 e dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165374. La Sezione VI (articoli da 43 a 46) riguarda la gestione delle emergenze. L’articolo 43, che riproduce sostanzialmente l’articolo 12 del decreto legislativo 626/1994, individua alcune disposizioni di carattere generale, con particolare riferimento agli adempimenti a carico del datore di lavoro. In particolare, spetta al datore di lavoro l’organizzazione dei rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, di salvataggio, di lotta antincendio e di gestione dell’emergenza, la designazione dei lavoratori addetti alla prevenzione incendi e alle procedure di esodo, l’informazione dei lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato, la programmazione e l’adozione degli interventi finalizzati all’evacuazione del luogo di lavoro, l’assunzione dei provvedimenti volti a garantire che qualsiasi lavoratore, in caso d’impossibilità di contattare il superiore gerarchico, possa prendere le misure atte ad evitare il pericolo. L’articolo 44 ripropone le previsioni dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 626 del 1994, ribadendo i diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato. In particolare si esclude qualsiasi pregiudizio ove il lavoratore si allontani dal posto di lavoro in presenza di un pericolo grave ed immediato e che non è possibile evitare. L’articolo 45 reca norme in materia di primo soccorso, in linea con le previsioni contenute nelle direttive di riferimento (first aid). Nel sancire l’obbligo del datore di lavoro di organizzare il primo soccorso e l’assistenza medica di emergenza secondo la natura dell’attività e le dimensioni dell’azienda, la disposizione rinvia al decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388, al fine di identificare le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione. L’articolo 46 regolamenta la prevenzione incendi, che è definita come funzione di preminente interesse pubblico e di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente. E’ altresì esplicitamente affermato 373 374 Ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Cfr. in particolare l’articolo 53. 287 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO l’obbligo di adottare nei luoghi di lavoro idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori. I Ministri dell’interno e del lavoro e della previdenza sociale sono chiamati ad adottare uno o più decreti finalizzati a definire, oltre alle caratteristiche del servizio di prevenzione e protezione antincendio, anche i criteri per l’individuazione delle misure antincendio, delle misure precauzionali di esercizio, dei metodi di controllo degli impianti e delle attrezzature e dei provvedimenti di gestione delle emergenze. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio, si demanda ad un decreto del Ministro dell’interno l’istituzione, presso ogni direzione regionale dei vigili del fuoco, di nuclei specialistici per l’effettuazione di attività di assistenza alle aziende. La norma precisa altresì che le maggiori risorse derivanti dall’espletamento delle funzioni di controllo sono riassegnate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per il miglioramento dei livelli di sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro. Infine, si prevede che le funzioni relative alla prevenzione incendi, sia per l’attività di disciplina che di controllo, devono essere riferite agli organi centrali e periferici del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. La Sezione VII (articoli da 47 a 52) riguarda la consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori. In primo luogo, gli articoli 47 e 48 recano rispettivamente disposizioni in merito al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Si consideri che, in attuazione dell’articolo 1, comma 2, lettera g), della L. 123/2007, l’articolo 48 rafforza le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Il successivo articolo 49 istituisce il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale, ai sensi del comma 1 dell’articolo 48, esercita le competenze del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui al successivo articolo 50 con riferimento a tutte le aziende o unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Al fine di favorire la sua attività, il successivo comma 3 prevede che tutte le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza debbano partecipare al Fondo di sostegno ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità, costituito presso l’INAIL ai sensi del successivo articolo 52. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha diritto di accesso ai luoghi di lavoro nei quali esplica la propria attività (comma 4), ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e 288 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA prevenzione dei rischi stessi (comma 7) e non può svolgere altre funzioni sindacali operative (comma 8). La nuova figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del sito produttivo è individuato (articolo 49, comma 1), in specifici contesti produttivi, caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri, e specificamente: a) i porti classificati ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d) della L. 84/1994 (porti, o specifiche aree portuali, rispettivamente, di rilevanza economica internazionale, di rilevanza economica nazionale e di rilevanza economica regionale e interregionale) sedi di autorità portuale nonché quelli sede di autorità marittima da individuare con appositi decreti; b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858; c) impianti siderurgici; d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entità presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione di tutte le opere; e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti mediamente operanti nell’area superiore a 500. In tali contesti, la richiamata figura è individuata su iniziativa dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle aziende che operino nel sito produttivo interessato (comma 2). Le modalità di individuazione richiamate nonché le modalità secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le proprie attribuzioni in tutte le aziende o cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza sono stabilite dalla contrattazione collettiva, la quale altresì realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del medesimo sito (comma 3). L’articolo 51 dispone in materia di compiti e prerogative degli organismi paritetici, il cui ruolo di supporto alle imprese, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, risulta notevolmente valorizzato. Il successivo articolo 52 prevede, come accennato in precedenza, l’istituzione, presso l’INAIL, del Fondo di sostegno alla piccola e media impresa cui partecipano finanziariamente le aziende prive di rappresentanti per la sicurezza (comma 1). Il Fondo opera a favore delle realtà in cui non sono previsti sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticità migliorativi o, almeno, di pari livello. Tra gli obiettivi del Fondo rientrano: 289 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO il sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al 50% delle disponibilità del Fondo, delle attività delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con riferimento alla formazione; il finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei lavoratori autonomi; il sostegno delle attività degli organismi paritetici. Il Fondo è finanziato (comma 2): da un contributo delle aziende nel cui ambito non è stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, in misura pari a due ore lavorative annue per lavoratore; dalle entrate derivanti dall’irrogazione delle sanzioni previste dal provvedimento in esame per la parte eccedente quanto riscosso a seguito dell’irrogazione delle sanzioni previste dalla vigente normativa, successivamente abrogata dal medesimo provvedimento, nel corso dell’anno 2007, incrementato del 10%; con una quota parte delle risorse relative alle attività di consulenza di cui al precedente articolo 9, comma 3; relativamente all’attività formative per le piccole e medie imprese richiamate in precedenza, anche dalle risorse di cui all’articolo 11, comma 2. Il comma 3 demanda ad un decreto interministeriale la individuazione delle regole di funzionamento del fondo nonché quelle di elezione o designazione dei rappresentanti della sicurezza territoriali, nell’ipotesi in cui tale regole non vengano individuate tramite la contrattazione collettiva, mentre il comma 4 prevede l’obbligo, per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di informare il Fondo, tramite una relazione annuale, sulle attività svolte. Gli articoli 53 e 54 concernono la documentazione tecnico-aministrativa e le statistiche inerenti gli infortuni e le malattie professionali. In particolare, l’articolo 53 prevede espressamente che ogni documentazione rilevante in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere tenuta tramite sistemi di elaborazione automatica di dati, mentre l’articolo 54 prevede che ogni trasmissione di documentazione o comunicazione a enti o amministrazioni pubbliche possa avvenire tramite sistemi informatizzati, secondo le procedure di volta in volta individuate dalla strutture riceventi. 290 ATTUAZIONE DELLE DELEGA PER LA RIFORMA Discipline specifiche I Titoli da II a XI sono dedicati invece all’attuazione di specifiche direttive “particolari” in materia di salute e sicurezza sul lavoro rispetto alla direttiva “madre” 89/391/CEE375. Per la specifica disciplina recata da tali Titoli, si rinvia al testo del decreto legislativo. L’apparato sanzionatorio Infine, per quanto riguarda l’apparato sanzionatorio, si consideri che, in base ai criteri direttivi indicati dalla legge delega (vedi scheda Salute e sicurezza sul lavoro – La legge n. 123/2007 recante delega per la riforma, pag. 269), il sistema sanzionatorio delineato dal D.Lgs. 81/2008 è basato sulla contravvenzione. Il decreto rivisita l’attuale apparato sanzionatorio in materia di salute e sicurezza sul lavoro rimodulando gli obblighi (e le conseguenti sanzioni in caso di violazione) del datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e degli altri soggetti del sistema aziendale, sulla base dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti. In via generale ed in estrema sintesi, si rileva che il decreto prevede la pena dell’arresto da sei a diciotto mesi per il datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei rischi cui possono essere esposti i lavoratori in aziende che svolgano attività con elevata pericolosità. Nella maggior parte dei casi, però, il decreto legislativo prevede che al datore di lavoro si applichi la sanzione dell’arresto alternativo all’ammenda o la sola ammenda, con un’attenta graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Per favorire l’adeguamento alle disposizioni indicate dal decreto legislativo, al datore di lavoro che si metta in regola non è applicata la sanzione penale ma una sanzione pecuniaria. Nella stessa logica, il datore di lavoro che si adoperi concretamente per eliminare le conseguenze della violazione o che adempia, pur tardivamente, all’obbligo violato ottiene, nel primo caso, una riduzione della pena, nel secondo caso (su richiesta) la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8.000 euro a un massimo di 24.000. Ovviamente tale possibilità è esclusa quando il datore di lavoro sia recidivo o si siano determinati, in conseguenza della violazione, infortuni sul lavoro con danni alla salute del lavoratore. 375 Nella relazione illustrativa si fa presente che in tutti i su menzionati Titoli le direttive applicabili hanno costituito il parametro indefettibile di riferimento per individuare quale parte di normativa nazionale mantenere intatta nella sua formulazione, quale modificare o integrare, quale invece trasformare in buona tecnica oppure abrogare. 291 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO Disposizioni finali Il Titolo XIII (articoli 304-306), recante “Norme transitorie e finali”, dispone all’articolo 304 in merito alle abrogazioni conseguenti all’entrata in vigore del decreto in esame, mentre all’articolo 305 stabilisce che, salvo quanto previsto dall’articolo 11 in materia di attività volte a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, dal decreto in esame non devono discendere nuovi oneri per la finanza pubblica. Infine l’articolo 306 reca disposizioni finali che intervengono su svariati profili, tra cui l’entrata in vigore di specifiche parti del decreto che viene differita rispetto all’entrata in vigore del complesso del medesimo decreto. 292 IL TESTO UNICO DI CUI AL D.LGS. 151/2001 TUTELA DELLA MATERNITÀ E PATERNITÀ IL TESTO UNICO DI CUI AL D.LGS. 151/2001 Il D.Lgs. 151/2001376, adottato sulla base della delega di cui alla L. 53/2000, reca il testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. La disciplina sulla tutela della maternità e paternità si applica a tutti i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti e i soci di cooperative. La tutela legale si applica anche ai dirigenti. Un regime particolare si ha per specifiche categorie, quali i lavoratori domestici, i lavoratori a domicilio, i lavoratori autonomi e i lavoratori subordinati. Il trattamento economico è disciplinato dalla contrattazione collettiva. La gravidanza e la nascita del bambino sono, in primo luogo, tutelate attraverso la previsione di periodi di astensione dal lavoro e di permessi. Le assenze previste dalla disciplina in esame sono: l’astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice (o congedo di maternità), in base alla il quale, di norma, la lavoratrice ha l’obbligo di astenersi dal lavoro e conseguentemente al datore di lavoro è vietato adibirla ad attività lavorative tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi al parto. Ferma restando la durata complessiva dell’astensione obbligatoria, la lavoratrice ha facoltà di posticipare il periodo, assentandosi dal mese precedente la data presunta del parto ai quattro mesi successivi (cd. istituto della flessibilità, ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. 151/2001). Inoltre il periodo di astensione può essere anticipato previo accertamento medico e per il periodo fissato dalla Direzione Provinciale del Lavoro (ai sensi dell’articolo 18 del D.P.R. 1026/1976 e degli articoli 17 e 87, comma 1, del D.Lgs. 151/2001). Durante l’astensione obbligatoria la lavoratrice ha diritto ad un’indennità a carico dell’INPS, pari all’80 % della retribuzione media giornaliera; il congedo di paternità. Con esso, il diritto all’astensione obbligatoria, di cui è naturale destinataria la madre, si estende al padre lavoratore, che ne beneficia in alternativa alla madre, per tutta la durata spettante a quest’ultima o per la parte residua che le sarebbe spettata, solamente in ipotesi tassativamente determinate (morte o grave infermità della madre, abbandono del bambino da parte della madre, affidamento del bambino al padre in via esclusiva). Anche in caso di congedo di paternità il lavoratore ha diritto ad un’indennità a carico dell’INPS, pari all’80% della retribuzione media giornaliera; 376 D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53”. 293 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO l’astensione facoltativa dal lavoro (congedi parentali). Oltre al periodo di astensione obbligatoria, i genitori hanno la facoltà di assentarsi dal lavoro per un ulteriore periodo (articolo 32, commi 1, 2 e 4 del D.Lgs. n. 151/2001) che in alcuni casi viene retribuito in misura sostanzialmente ridotta, mentre in altri si configura come assenza non retribuita. In particolare, il congedo parentale complessivo dei genitori, nei primi 8 anni di vita di ogni figlio, non può eccedere il limite di 10 mesi (11 se il padre si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi). Tale astensione è riconosciuta, quindi, a ciascun genitore, anche se l’altro non ne ha diritto. In altre parole, anche i padri lavoratori dipendenti posseggono tale diritto, riconosciuto indipendentemente dal diritto della madre, che può anche non essere lavoratrice. Durante l’astensione facoltativa l’interessato ha diritto a percepire un’indennità a carico dell’INPS pari al 30% della retribuzione media globale giornaliera; i permessi per controlli prenatali della lavoratrice gestante. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti dal datore di lavoro per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro; i riposi giornalieri ( o riposi per allattamento). Durante il primo anno di vita del bambino la lavoratrice madre ha diritto a periodi di riposo giornalieri retribuiti con la possibilità di uscire dall’azienda. Le ore di permesso sono considerate lavorative a tutti gli effetti; i congedi per malattia del figlio. Entrambi i genitori, in alternativa tra loro e indipendentemente dal fatto che l’altro ne abbia un suo autonomo diritto, possono fruire di permessi non retribuiti per le malattie di ciascun figlio. Il D.Lgs. 151/2001 contiene inoltre: alcune disposizioni di carattere generale, relative al divieto di discriminazione, alla sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, all’anticipazione del trattamento di fine rapporto; disposizioni poste a tutela della salute delle lavoratrici con contratto di lavoro subordinato (lavori vietati, esposizione a radiazioni, valutazione dei rischi, controlli prenatali, disposizioni speciali per il personale militare femminile); disposizioni sul lavoro notturno; norme in materia di divieto di licenziamento, di modalità delle dimissioni, di diritto al rientro delle lavoratrici in stato di gravidanza; disposizioni specifiche relative alle lavoratrici autonome e alle libere professioniste; disposizioni relative agli assegni di maternità istituiti dall'articolo 66 della L. 448/1998 e dall'articolo 49 della L. 488/1999. 294