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IV
Sipario
UN CAFFÈ CON... Maurizio
Cercivento, Antigone
del mese Pagina 8
• n. 4
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0 • Martedì, 3 marzo 2
Zacchigna Pagina 2 / FILODRAMMATICA Per ridere di noi Pagina 3 / LA RECENSIONE
Stanisci Pagine 6-7 / CARNET PALCOSCENICO Il cartellone
Pagine 4-5 / TEATROMESTIERI Andrea
2 palcoscenico
UN CAFFÈ CON...
Martedì, 3 marzo 2009
Maurizio Zacchigna
di Rossana Poletti
Un periodo di grande lavoro per Maurizio Zacchigna, che sabato ha debuttato
alla 40. Biennale di Venezia in “Capitano
Ulisse” e durante tutto il mese sarà impegnato nelle prove prima e nello spettacolo poi di “Capriole in salita” tratto dall’omonimo romanzo di Pino Roveredo.
Un bel impegno?
Certo, meno male. Di questi tempi…”
Triestino di nascita, romano d’adozione, ma istriano d’origine; da dove?
Da Umago. Sono romano d’adozione
nel senso che ho vissuto gli anni della mia
formazione nella capitale, ma ormai sono
tornato da lungo tempo a Trieste.
Il tuo aspetto e la tua voce, forte e robusta, sono un’immagine riflessa di queste terre altrettanto aspre e dure. Ben si
addicono all’attore, ormai punta di un
teatro come La Contrada, molto radicato
sul territorio.
Tra di noi c’è un rapporto fiduciario
reciproco.
Quel’è stata la molla che ti ha fatto diventare attore?
Fin da bambino ero affascinato da
questo
Sfortunato?
Non direi, nel senso che poi fece un
sacco di altre cose; fu anche pittore, era
il fratello di De Chirico, scrisse, viaggiò
molto. Questo testo fu sfortunato perché
gli promisero di metterlo in scena e invece la cosa andò in cavalleria e rimase nel
cassetto per molti anni. Nel ’38 ci fu un allestimento non particolarmente fortunato.
Oggi noi lo rispolveriamo con questa ambiziosa operazione.
Tu che ruolo hai?
Faccio quattro ruoli diversi. Euriloco,
che era il secondo sulla barca di Ulisse,
il comandante in seconda suo amico dall’infanzia, l’unico che riuscì a non farsi
trasformare in maiale da Circe. Poi faccio il mentore, cioè quello a cui Ulisse
aveva affidato la casa e il figlio, quando
partì per Troia. Poi faccio Alcinoo, re dei
Feaci, quello che diede la barca a Ulisse per consentirgli di ripartire e tornare a
Itaca. In ultimo sono Eumeo, il suo fedele guardiano dei porci, attraverso il quale Ulisse compirà la vendetta sui Proci.
Tutte queste figure sono ovviamente traslate in altre dimensioni. Ci sono salti
temporali, ogni scena è ambientata
FOTO©PASTROVICCHIO
Maurizio Zacchigna
Ho costruito
la carriera
su quello
che potevo
valere. Non
ho cercato
scorciatoie
tra amici e
conoscenze,
che poi
non avrei
nemmeno
avuto. Ho
salito con
le mie forze
un gradino
dopo l’altro
non
Siamo in trincea: Baricco dice se forse enti
sia il caso che lo stato tolga i finanziam i
al teatro. In Europa i contributi pubblic
ra
aumentano, da noi si auspica addirittu
che vengano tolti. Follie, proprio follie
in un contesto diverso. In
una sembra di essere veramente sull’isola di Circe, in un’altra Calipso è calata in
un’atmosfera borghese ottocentesca, per
finire in una dimensione rinascimentale.
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mondo. Con i boy scout facevo le scenette. È stato un approdo naturale; arrivato il momento in cui mi sono chiesto cosa
farò da grande, mi risposi; “farò l’attore”.
E così è stato.
Un percorso facile o travagliato?
Abbastanza lineare direi, una carriera costruita su quello che potevo valere.
Non ho cercato scorciatoie tra amici e conoscenze, che poi non avrei nemmeno avuto. Ho salito con le mie forze un gradino
dopo l’altro.
Ti senti più a tuo agio quando reciti
in lingua italiana o quando sei nel teatro
dialettale.
Non sento una grande differenza in una
lingua o nell’altra, tant’è che ho recitato
anche in inglese. L’unica cosa è che quando recito in dialetto sento una maggior immediatezza nel flusso delle parole, perché
il linguaggio è più istintivo. Però l’italiano
è meraviglioso da usare, non avverto questa dicotomia. Poi a me piacciono tutti i
generi, io non mi do dei limiti, a meno che
non me li diano gli altri, i registi ad esempio. Tra il drammatico, il leggero e il comico mi impegno volentieri in qualunque
avventura.
Con La Contrada sei stato spesso in
tournée in Istria e anche a Fiume.
Sì, una volta si andava anche di più
a dire il vero. Ma è sempre un momento
emozionante l’incontro con le nostre comunità, molto piacevole. Sento che con la
nostra presenza lì, si riscalda la loro nostalgia.
Sabato scorso hai debuttato al Teatro
Goldoni di Venezia in “Capitan Ulisse”;
che cosa ti ha impressionato di più di questo lavoro?
È impressionante la contemporaneità
assoluta del linguaggio di questo testo che
è stato scritto nel ’25. Se Savinio fosse stato conosciuto prima di Pirandello sarebbe
diventato più famoso di lui, probabilmente. Con la sua scrittura ha realizzato una
rottura ancora più forte di quella che portò appunto Pirandello in quegli anni nel
mondo letterario teatrale.
Tutti ruoli da buono. Tempo fa in
un’intervista dicesti di esserlo nella realtà, mentre ti capitava frequentemente di
fare parti da cattivo.
Mi succedeva qualche tempo fa, più facilmente in tv, nella fiction, probabilmente
per la mia faccia. Poi anche lì la situazione è andata cambiando nel tempo.
Il Gran Male arriva con “Capriole in
salita”.
Abbiamo appena cominciato le prove.
Gran Male nel senso che l’alcolismo
è una piaga gravissima, dilagante soprattutto tra i giovanissimi nella società attuale.
”Capriole in salita” è un progetto antico della Contrada che finalmente approda
e siamo molto felici per questo. Vedremo di
farlo al meglio, perché è un testo difficile;
io avrò un bel impegno, sono il protagonista che si chiama Nino, autobiografico,
faccio la parte di Roveredo, appunto.
Ti sei preparato in qualche modo per
fare questo personaggio?
Esprimerò tutta una serie di informazioni e sensazioni raccolte in tutta una
vita, perché abitando a Trieste non è che
poi manchino occasioni di essere a contatto diretto con questo grande tema dell’alcolismo. Sarà un po’ questo il tema, lavorare sulle memorie anche personali. Il
livello di malattia che tocca il protagonista non l’ho mai sperimentato per fortuna,
ma dovrò riuscire a toccare queste corde,
è il nostro lavoro. Il testo è molto poetico,
non è una commedia naturalista, è proprio
pane per i denti del regista Macedonio. Attendevo e desideravo da anni questo ruolo, da quando in Contrada si cominciò a
parlarne. Ho atteso fiducioso che mi fosse assegnato e così è stato e ne sono orgoglioso.
È utile poi uscire dagli schemi a volte un po’ obsoleti del dialettale, per fare
spettacoli come questi che hanno un respiro culturale nazionale, per il tema e
perché lo scrittore è famoso?
All’estero sembra che il dialettale sia
la realtà della Contrada, invece è solo uno
spettacolo in tutto l’anno, con cui si inaugura la stagione. Per tutto il tempo rimanente facciamo tanta attività diversa, la
produzione nazionale che gira poi in tutta Italia, le manifestazioni a Trieste sulla scienza, sul cervello, teatro a leggio; il
Quello economico?
In questi ultimi anni ho fatto anche operetta, mi sono divertito molto.
È un genere brillante.
C’è l’orchestra, il ballo. Rispetto la
prosa, l’impegno è relativo.
Pensi di fare anche la “Vedova allegra”, quest’estate?
Stiamo a vedere, non ci sono molti
ruoli per me, in questa operet-
Non sento una grande differenza in un
a
lingua o nell’altra, l’unica cosa è che
quando recito in dialetto sento una ma
immediatezza nel flusso delle parole, ggior
perché
il linguaggio è più istintivo. Però l’itali
ano è
meraviglioso da usare
dialettale è solo il 10 per cento.
Certo, questo spettacolo sta già adesso avendo un’eco notevole. Sono previste
nove repliche, ma non è detto che non se
ne facciano di più.
Roveredo ha rotto il velo del perbenismo che in qualche modo faceva chiudere
gli occhi su questa agghiacciante realtà.
Lavoreremo con lui, verrà alle prove.
Sarà un lavoro corale.
Hai fatto anche altre cose nel frattempo?
Cinema e televisione, sono importanti
per il bilancio.
ta. E poi speriamo che non ci siano
troppi tagli. Scrivilo che siamo in trincea.
L’altro giorno c’è stato questo articolo
allucinante di Baricco, che diceva se forse non sia il caso che lo stato tolga i finanziamenti al teatro. In Europa i contributi pubblici aumentano, da noi si auspica addirittura che vengano tolti. Follie,
proprio follie.
Razionalizzare, sfrondare sì, ma tagliare…
È assurdo avere produzioni che costano
miliardi. Bisogna trovare la strada del risparmio e della responsabilità, ma tagliare
significa uccidere.
palcoscenico 3
Martedì, 3 marzo 2009
FILODRAMMATICA
Per ridere (un po’) di noi
I
n armonia con lo spirito carnevalesco, la Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago in collaborazione
con l’Università popolare aperta “Ante Babić”, ha organizzato
una serata all’insegna del divertimento e del buon umore con
una mini rassegna di filodrammatiche. Accanto agli attivisti
del sodalizio umaghese, a salire sul palco sono stati gli attori
delle CI di Salvore, San Lorenzo – Babici, Matterada e Castelvenere. A rompere il ghiaccio è
stata la filodrammatica giovani
di Castelvenere che ha presentato lo sketch “Tra marì e moglie”
di Dolores Barnabà, per la regia
di Tamara Tomasich. La moglie,
interpretata da Martina Brčić,
cerca di convincere il marito
(Igor Tomasich) a portarla fuori
ma lui si rifiuta. Ecco allora che,
attraverso uno scambio serrato
di battute esilaranti e di classici “insulti”, la moglie riuscirà a
convincerlo, dimostrando che è
lei a comandare. Ad esaltare la
comicità del testo, basato su stereotipi tradizionali ma sempre
di grande efficacia, la
disinvoltura e l’affiatamento dei due giovani attori.
Ancora più giovani, ma
altrettanto bravi, Gianni Mocibob ed Endi Mikac della CI
di Matterada che hanno portato in scena due pezzi estremamente semplici ma irresistibili, su testi ritoccati e tradotti da Vlado Rota che ne ha
curato anche la regia. Nel primo, intitolato “Farmacia umaghese” troviamo un contadino
buiese (Endi) alle prese con un
farmacista umaghese (Gianni)
che gli vende uno spazzolino,
un dentifricio e infine un’aspirina tutti di dimensioni gigantesche perché, come dice il farmacista stesso “Qua a Umago xe
tuto bel e tuto grande!”. Si capisce così perché il contadino se la
dia a gambe levate al momento di
chiedere una supposta.
Nella scenetta “I due tennisti”
troviamo due amici, appassionati di questo sport, a chiedersi se
nell’al di là si possa giocare. Si
mettono d’accordo che il primo
che passerà a miglior vita, farà ri-
torno sulla terra per comunicare all’altro se il tennis si possa giocare o
meno in paradiso. Una notte l’amico defunto fa ritorno per comunicare a quello rimasto due notizie, una
buona e una cattiva: all’altro mondo ci sono campi da tennis ovunque, il tennis è lo sport nazionale
degli angeli e si fanno sempre tornei; quella cattiva è che ha letto il
nome dell’amico sul tabellone per
la partita del giorno seguente.
Sempre Vlado Rota ha preparato il testo e diretto la commedia
brillante “Duto so’ pare” presentata dalla filodrammatica della CI
di Salvore. Nel pezzo incontriamo
Bice (Irena Scrignar), una moglie e
madre disperata che si confida con
la vicina Carolina (Sara Prodan)
per l’incapacità del marito Piero
(Gabriele Bosdachin) ereditata in
tutto e per tutto dal figlio Carletto
(Daniele Čikada), che ne combinano di cotte e di crude, passando di
danno in danno.
La Comunità di San Lorenzo
– Babici ha presentato “Il primo
amore”, scritto e diretto da Roberta Zugan, nel quale l’adolescente
Elisa (Elisa Kraljević) ha per-
so la testa per un ragazzo
di nome Marco (Marko Šorgo) al
quale, però, non riesce nemmeno a
dichiararsi visto che va in brodo di
giuggiole appena lo vede. Due amiche, Lorena (interpretata di solito
da Lorena Doz, sostituita per malattia dalla Zugan) e Martina (Martina
Delesina), cercando di scoprire il motivo dell’afflizione di Elisa, tirano fuori particolari imbarazzanti della sua vita. Il
lieto fine arriva quando Elisa scopre
che Marco è cugino di una delle due
e può finalmente conoscerlo e dichiarare i suoi sentimenti.
Dulcis in fundo, uno sketch
inedito di Pippo Rota intitola-
to “La casita” interpretato
da due pietre miliari nell’ambito
della filodrammatica del territorio
umaghese: Pino Degrassi e Roberto Grassi. Anche se i due appartengono a sodalizi diversi (Grassi è
della CI di San Lorenzo – Babici)
questo non ha pregiudicato l’esito
dell’esibizione. Anzi! I due attori
hanno dimostrato già nel corso degli anni e soprattutto nell’interpretazione delle commedie di Pippo
Rota, un’eccezionale bravura. La
storia verte intorno al problema di
un contadino di una certa età (Pino
Degrassi) che, dopo aver lavorato i
campi e aver riposato nella sua casita, si sveglia con una certa voglia
che non sa come poter soddisfare.
Dopo diversi suggerimenti dati dal
medico (Roberto Grassi), si deci-
de di provare con un colpo
di fucile: al risveglio, il contadino
tira un colpo in aria che indica alla
moglie di venire da lui e lei vi si
precipita in bicicletta. Il problema
insorge all’arrivo del periodo della caccia…
Condotta da Cristina Sodomaco, la serata si è rivelata un vero
successo a riconferma del bisogno del pubblico di lasciarsi alle
spalle, almeno per qualche ora, i
problemi del quotidiano, e farsi
una sana risata a suon dell’amato dialetto. Da rilevare inoltre la
giovane e giovanissima età degli
interpreti a confermare l’interesse
e garantire la continuità per questa attività.
Marianna Jelicich Buić
4
palcoscenico
Martedì, 3 marzo 2009
Martedì, 3 marzo 2009
5
RECENSIONE Cercivento
«Per la patria mi fucilano e io
non so perché»
di Rossana Poletti
Trieste. Politeama Rossetti.
C’è una cosa che lascia sempre
disorientati, quando si parla di
mafia, la straordinaria naturalezza dell’omertosa quotidianità
di quanti vivono in quel contesto. Paura, abitudine, tutte due
le cose assieme. A noi distanti,
ma non troppo, osservatori televisivi di truffe, rapine, intimidazioni, omicidi e stragi fa sempre
un certo effetto sentire le interviste dei tanti “io non c’ero e se
c’ero non ho visto, non ho sentito
niente, a me sembrava una brava persona”. L’omertà, la connivenza sono un male profondo che
colpisce la società ed alcune parti di essa in particolare. Sconvolge il vedere poi che questi mali si
insinuano sempre più tra di noi,
che apparentemente credevamo
di esserne esenti. Pensavamo che
solo in Sicilia o giù di lì certe cose
potessero accadere. E invece assistiamo sempre più ad un dilagante menefreghismo, alla fine
di quel senso civico profondo che
caratterizzò la nostra società fino
a qualche decennio fa, che fa voltare dall’altra parte per non vedere. E intanto persone vengono
derubate, violentate, uccise sotto i
nostri occhi, senza che noi ci rendiamo conto di quanto sia devastante il “farsi i fatti propri”.
Giuseppe Fava, ucciso il 5
gennaio 1984 davanti al Teatro
Stabile di Catania, era un ottimo
scrittore e un coraggioso giornalista che non temeva di dire le cose
così come stavano e che ha pagato con la vita proprio per aver posto in luce gli accordi e le intese
fra Cosa Nostra e i cavalieri del
lavoro catanesi. Era uno che non
voleva farsi i fatti propri, scriveva,
anzi dirigeva un giornale a Catania di denuncia e fu ucciso dagli
uomini di Santapaola, “per fare
un favore ai siciliani e ai cavalieri”, come ebbe a dire al processo
uno degli esecutori del crimine,
Maurizio Avola, collaboratore di
giustizia, condannato quale esecutore materiale del delitto.
“L’istruttoria” è il lavoro teatrale che Claudio Fava, figlio
del giornalista ucciso, ha scritto. Una delle cose migliori che
abbia saputo fare per onorare la
memoria del padre e per far conoscere il drammatico contesto
della società siciliana. Si basa su
alcune significative deposizioni
al processo di un commissario di
polizia, di un giornalista collega
e di un potente editore, di un politico e dell’amica di un mafioso.
Emerge una società farsesca, in
cui tutti sanno e tutti fanno finta
di niente o ancor peggio si adoperano per dare una mano, coprire, sviare. Giganteggia l’immagine di un mondo grottesco senza
morale, senza dignità, una realtà
schifosa, che fa vomitare. Il testo
è conciso e comunque completo,
l’allestimento di Ninni Bruschetta è perfetto, i due attori Claudio
Gioè e Donatella Finocchiaro,
che ovviamente fanno più parti in scena, sono semplicemente bravi. Sono accompagnati da
un gruppo di musicisti Giovanni
Arena (contrabbasso), Vincenzo
Gangi (chitarra), Riccardo Gerbino (percussioni) e dalla voce
di Faisal Taher, che riproduce
una nenia, la quale richiama ad
un profondo dolore arcaico e tribale. Un’interessante pagina di
teatro contemporaneo d’impegno civile proposta tra gli “Altripercorsi” dal Teatro Stabile del
Friuli Venezia Giulia. “Ogni processo è un palcoscenico irripetibile” spiega l’autore. “Un luogo
che incrocia destini, parole, follie. Che ricostruisce la storia dei
fatti e quella dei pensieri che li
precedettero. Che mescola menzogne a verità. In questo senso,
il processo in morte di Giuseppe
Fava è già teatro: per la storia
civile che rivela, per l’umanità
malata di certi suoi personaggi, i
testimoni imbelli, i mafiosi arroganti, gli investigatori ignavi. Ma
anche per coloro che non si piegarono, che conservarono intatta
la memoria delle cose accadute e
del loro perché”. Il regista Ninni
Bruschetta rincara con partecipazione: “Dopo aver letto questo
testo mi sono chiesto a cosa serva un processo per omicidio. Là
dove il peggio è fatto si continua
a celebrare il male, aggiungendo
al dolore l’oscenità: il racconto
dell’omicida, la difesa immorale
dei colpevoli, e fazioni di innocentisti e colpevolisti, che fanno
riecheggiare, come in un effetto
domino, la tragedia già consumata, ma non ancora finita”.
RECENSIONE Antigone
Variazioni sul mito
Antigone di Jean Anouilh il primo sforzo produttivo della Casa, al Teatro Popolare
Istriano. L’opera che è rivisitazione moderna della tragedia di Sofocle, è all’oggi, il capolavoro di Anouilh.
Scritta nel 1942, venne messa in scena
nel 1944 a Parigi al teatro dell’Atelier. Momento poco adatto: erano gli ultimi gior-
ni dell’occupazione, quelli più tragici: per
qualcuno fu un successo, per altri una catastrofe. Sta di fatto che il pubblico reagì
con molta cautela se non addirittura freddezza. Anouilh, come nella tragedia di Sofocle, ha messo di fronte Creonte e Antigone
delineando il contrasto tra i bisogni di chi è
al potere e le esigenze di una donna che non
accetta compromesso alcuno fino a rinunciare alla vita.
Siamo sempre negli intricati rapporti e
legami tracciati da Sofocle, solo che questa Antigone parla anche di sigarette, shopping, quotidianità odierne. È una giovane
scontrosa, chiusa in sè stessa, una piccola
donna in rivolta; contrariamente alla sorella Ismene, alta, bionda, appariscente, con
notevoli doti seduttive.
Creonte è re di Tebe, padre di Emone,
marito di Euridice, fratelli di Edipo, padre
di Antigone e Ismene. A complicare faccende già complicate, il fidanzamento di Emone con Antigone. Di tanti intrecci non ne
può uscire niente di buono.
Nelle guerre e duelli per il potere, muore Polinice, fratello di Antigone e Creonte
ne vieta la sepoltura ritenendolo traditore di
Tebe e reo di averne messo in pericolo la sicurezza.
Il sipario si alza sulla Nutrice che sgrida Antigone per un rientro a casa a notte
fonda. La ragazza non è stata in discoteca:
ha sepolto il fratello contravvenendo alle disposizioni del re. Ismene litiga con Antigone perchè ritiene inutile seppellire Polinice,
il fratello morto nello scontro fratricida con
Eteocle. Saputo della sepoltura, con Antigone ammanettata scortata da una guardia,
Creonte vorrebbe mettere tutto a tacere per
evitare uno scandalo ma anche perché Anti-
gone è un po’ sangue suo ed è quasi nuora;
vorrebbe salvarla a tutti i costi: minimizza,
porta il gesto a livello di capriccioesto come
fosse un capriccio infantile, giunge a mettere in dubbio le leggi divine e le svela la
terribile vicenda del duello fra i due fratelli
Eteocle e Polinice, assetati di potere. Antigone non cede, non si pente ed allora segna
il suo destino. Condannata a morte terribile, riesce ad impiccarsi in cella evitando di
venir sotterrata viva. Emone piange accanto a lei e quando Creonte si avvicina, si uccide gettandosi sulla propria spada. Creonte
ritorna a Palazzo per subire un altro shock
ancora: anche la moglie Euridice si è tolta
la vita. Adesso Creonte è un uomo solo che
altro non può fare se non contare i morti.
Interessante la messinscena all’Istriano, conq ualche modifica; il Coro sostituito da una voce fuori campo che annuncia l’azione in scene piuttosto statiche. La
messinscena è tutta della Casa: dagli interpreti (Sara Poljak, Nikola Ivošević, Lukas
Jovanović, Iva Kevra, Mirjana Sinožić,
Saša Stepanović, Marko Braić, Helena
Vodopija, Božidar Smiljanić), alla regia
(Božidar Smiljanić), ai vari assistenti (Manuel Kaučić, Goran Šaponja)...(Ro)
6 palcoscenico
Martedì, 3 marzo 2009
TEATROMESTIERI Il dietro-le-quinte
Andrea Stanisci, scenografo
“D
a ragazzo avrei voluto
fare l’attore e mi sono
ritrovato poi a fare le
scene e i costumi degli spettacoli
teatrali. La mia paura del palcoscenico e del pubblico era così forte che ho preferito dedicarmi alla
mia prima passione giovanile: disegnare il teatro. Da bambino mio
padre e mia madre mi portavano
a vedere gli spettacoli e quando
tornavo a casa mettevo subito con
precisione sulla carta tutto quello
che avevo visto. Sono un privilegiato, ho potuto fare quello che
veramente mi piaceva”
Scenografo: questione di ingredienti
Andrea Stanisci inizia infatti
l’attività di scenografo e costumista nel 1985 a Roma con l’allestimento di uno spazio per spettacoli e talk-show nell’ambito di Live
Love. Da allora ha ideato scene e
costumi per più di 40 spettacoli dedicandosi principalmente al teatro di prosa. Ha lavorato inoltre
per il cinema, per la danza contemporanea e per la televisione.
Svolge attività d’insegnamento di
scenografia e costume, sia presso l’Accademia Nazionale d’Arte
Drammatica “Silvio D’Amico” di
Roma, che presso altri Enti, tra i
quali il Centro Universitario Teatrale dell’Università di Trieste. All’attività professionale specifica,
affianca quella di scrittore di romanzi per ragazzi e di autore teatrale e televisivo.
Hai scoperto molto presto
quindi il tuo talento?
Talento non so. Sicuramente
una passione, colti-
il problema più difficile da risolvere. Oggi con la crisi che
c’è, non ci si può più permettere di fare una scena, costruirla,
montarla, dire “è sbagliata” e
buttare via tutto.
Anche se le scenografie di
adesso sono più complesse di
quelle di una volta, bisogna
quindi fare in modo che siano
perfette da subito!
Adesso bisogna prevedere moltissimo quello che sarà
il risultato finale. Io sono uno
scenografo bozzettista, il che
vuol dire che devo lavorare a
stretto contatto con i tecnici
che poi realizzeranno le mie
idee, anche nella fase di preparazione del lavoro. Una volta
ideata una scenografia…
Come nasce una
scenografia
Come nasce l’ideazione di
una scenografia?
Da una parte c’è il testo e
a mio avviso ogni testo chiede
alcune cose, che non sono necessariamente quelle che vengono scritte dall’autore nella
didascalia: salotto borghese,
una porta a destra e una a sinistra, per esempio. Da un salotto borghese si può passare ad
un piano inclinato senza che
la realizzazione dello spettacolo ne abbia a risentire. Si
deve leggere il testo dal punto di vista della drammaturgia
della scenografia. Ci sono testi come Feydeau o Strindberg
che riportano le didascalie e
Per la scenografia, da una parte
c’è il testo che chiede alcune
cose, poi c’è il regista che ha la
sua visione del testo e propone
una sua rivisitazione dello stesso
vata nel tempo perché andavo a teatro e con i gruppi dialettali triestini già da giovanissimo
mi cimentavo in quello che sarebbe diventato il mio mestiere.
Ma contemporaneamente ho
fatto il liceo classico, ho approfondito tutte quelle materie fondamentali per questo tipo di creatività. Sono convinto che il lavoro
dello scenografo non si basi solo
sull’estetica e sul buongusto. Una
preparazione culturale e un’impostazione mentale è indispensabile.
Per cui dopo il liceo classico ho
fatto l’Accademia di Belle Arti a
Roma e per una serie di coincidenze fortunate ho cominciato subito
dopo a firmare le mie prime scenografie teatrali. Non ho dovuto fare
“l’assistente di”.
La gavetta l’avevi già fatta
prima con il teatro dialettale.
Si, è vero. Quello che voglio dire
però è che da subito, avevo appena
23 anni, mi sono trovato ad essere
responsabile di fronte ad un regista,
ma anche di fronte ad una produzione, responsabile quindi di denaro.
Per favore, perfette
da subito
Le scenografie costano molto?
Si, costano. Adesso devono
costare sempre meno e questo è
chiedono alcune cose riguardo
alle dinamiche dei personaggi,
che non sono necessariamente
il salotto borghese. Shakespeare invece non scrive nessuna
didascalia nei suoi drammi, in
compenso il testo è totalmente didascalico: è previsto ad
esempio che il personaggio arrivi davanti al castello di Macbeth e lo dica “oh, ecco il castello di Macbeth”. Questo per
quanto riguarda il testo nelle
parti in cui non può essere disatteso. Poi c’è il regista che ha
la sua visione del testo e propone una sua rivisitazione dello stesso.
Chi decide una traslazione
delle ambientazioni da un salotto borghese della fine ’800,
per esempio, ad una situazione da seconda guerra mondiale? Esperimento che andava
di gran moda negli anni Settanta e che per fortuna oggi è
meno frequente.
Generalmente il regista, poi
il tutto matura in un lavoro di collaborazione tra scenografo e regista. Non sempre le indicazioni del
regista sono rigide, dopo un approccio fra le due figure lo scenografo produce una serie di proposte tra le quali il regista sceglie
quella che è più vicina alle sue
esigenze e su quella si lavora, per
Credo che la
scenografia sia
un lavoro di
stratificazioni, il
testo, il regista,
lo scenografo,
con la sua cultura
e il suo gusto,
indicazioni
pittoriche,
ad esempio
d’ambiente,
d’epoca, da
tutto questo e
tanto altro viene
fuori l’idea che
darà vita alla
scenografia vera
e propria
Dopo il liceo classico ho fatto l’Accademia di Belle
Arti a Roma e per una serie di coincidenze fortunate
ho cominciato subito dopo a firmare le mie prime
scenografie teatrali. Non ho dovuto fare “l’assistente di”
palcoscenico 7
Martedì, 3 marzo 2009
arrivare al prodotto finale.
La terza componente che incide sulla realizzazione di una scenografia è il fatto economico, non
irrilevante. La produzione deve
dire quale è il tetto di spesa, quale è la condizione economica nella
quale posso operare.
E costi aggiunti
Ci sono i materiali da scegliere…
Materiali da scegliere, tempi di
lavorazione, se lo spettacolo va in
tournée o no.
Spieghiamo come incide questa cosa sui costi.
La scena ha il debutto in un
teatro e viene quindi costruita per
quel teatro, però poi deve andare
durante la tournée in altri teatri,
molto più piccoli o più grandi. E
quindi bisogna pensare ad una serie di modifiche strutturali, le cosiddette ridotte. La scena deve essere modificabile a seconda delle
esigenze dello spazio aggiungendo o togliendo pezzi senza che la
sua funzionalità venga intaccata.
Ci sono poi i trasporti che costano.
Le scene devono essere tra-
cazioni, il testo, il regista, lo scenografo, con la sua cultura e il
suo gusto, indicazioni pittoriche,
ad esempio d’ambiente, d’epoca,
da tutto questo e tanto altro viene
fuori l’idea che darà vita alla scenografia vera e propria.
Ci sono attori protagonisti che
hanno incidenza sulle scene?
Vorrebbero averla! Gli attori
arrivano però quando la scena è
già fatta e salvo alcune agevolazioni necessarie, togliere qualche gradino per un attore troppo anziano ad esempio, altre variazioni non si possono più fare.
Capita più spesso che gli attori
chiedano modifiche sui costumi. Tutti ci vestiamo nella vita
di ogni giorno e quindi ognuno
si crede in grado di disputare
sull’argomento. Invece dietro il
lavoro del costume c’è lo stesso
lavoro che c’è dietro la scenografia. Un colore, una foggia, un
taglio, uno strascico hanno sempre un perché.
Magari c’è una richiesta di
comodità…
Invece spesso c’è la pretesa
che il costume stia bene o meno,
dimenticando che
Oggi con la crisi che c’è, non ci
si può più permettere di fare una
scena, costruirla, montarla, dire
“è sbagliata” e buttare via tutto
sportabili agilmente, possibilmente con un solo camion, per evitare costi esagerati
di trasporto e carico scarico. Solo
grandi produzioni possono permettersi scene faraoniche, otto camion, due giorni di montaggio e
smontaggio…
La scintilla che
illumina la scena
Torniamo alla scintilla che illumina la scena.
Non credo esista una musa che
ti tocca e appare come per miracolo una idea. Credo che la scenografia sia un lavoro di stratifi-
dietro una scelta di realizzare una
giacca ad esempio molto larga c’è
l’esigenza di dare l’immagine di
un determinato personaggio.
I realizzatori del prodotto, poi,
sono artigiani specializzati.
Il teatro è un meccanismo in
cui tutte le rotelle si devono incastrare. Gli artigiani, falegnami o
sarti, hanno una preparazione assolutamente specifica. I costumi
devono poter resistere ad un’usura molto forte, l’attore mette il costume ogni giorno per parecchie
ore, ci suda dentro moltissimo, se
lo mette e se lo toglie a volte molto velocemente, è facile quindi
comprendere che la costruzione di
quel costume è particolare.
L’impegno di oggi
Su cosa stai lavorando attualmente?
Ho appena finito le scene e
i costumi di “Capitano Ulisse”
che la Contrada ha allestito per
la Biennale di Venezia, in coproduzione con Il Teatro Fondamenta Nuove. Lo spettacolo è tratto da
nell’azione del Savinio pittore e
scenografo. Con il regista siamo
stati subito d’accordo nell’avere presente il mondo figurativo
di Savinio, pur reinventando e
non riproducendo le sue opere.
Ci sono sette cambi di scena, il
tutto è molto complesso. Savinio
chiede un teatro nel teatro e, attraverso le proiezioni delle foto
Il teatro è un meccanismo in
cui tutte le rotelle si devono
incastrare. Gli artigiani,
falegnami o sarti, hanno una
preparazione assolutamente
specifica
un testo di Alberto Savinio per la
regia di Giuseppe Emiliani. Ho da
poco invece cominciato a lavorare per la realizzazione delle scene di “Capriole in salita”, testo di
Pino Roveredo e regia di Francesco Macedonio, che andrà in scena alla Contrada di Trieste al 27 di
questo mese. A maggio a Milano
realizzerò i costumi per l’Elettra di
Hofmannsthal. Con la Contrada e
con il Dramma di Fiume qualche
anno fa, qualcuno ricorderà, avevo
fatto le scene di “Zente refada” di
Giacinto Gallina.
Che cosa ci dici di Capitano
Ulisse, che forse vedremo a Trieste e in Istria nella prossima stagione?
È interessantissima la figura di Alberto Savinio, il fratello
meno famoso di De Chirico: autore teatrale, pittore, musicista e
scenografo, personaggio poliedrico, probabilmente, qua lo dico e
qua lo nego, più interessante di De
Chirico, come personalità artistica. La storia è una reinterpretazione dell’Ulisse, attraverso l’incontro con tre donne, Circe, Calipso e
Penelope. Un Ulisse dominato da
un desiderio frustrante e disatteso.
Molto diverso dall’Ulisse
omerico.
Si, però è un personaggio che
alla fine trova una sua via d’uscita. La chiave per realizzare le
scene di questo spettacolo sta
tridimensionali
dei modellini, che ho realizzato
delle scene, abbiamo realizzato
questa richiesta e risolto il problema. Per i costumi c’era il fatto che abbiamo sette personaggi
Un altro mondo. Una delle cose belle del mio lavoro è di
passare continuamente attraverso
cose tanto diverse tra di loro.
Mi piace l’idea di fare un lavoro socialmente utile, perché
credo fermamente che il teatro
sia una cosa utile, socialmente e
culturalmente. Il tema dell’alcolismo trattato in questo testo è
drammaticamente attuale e presente nella nostra realtà. Pertanto
questo allestimento è importante
perché parla della possibilità di
uscire dall’alcolismo e del dramma di restarne dentro, senza pudori. La scrittura di Roveredo è
peraltro bellissima, il regista Macedonio è capace poi di trasfigurazioni poetiche. Le scene saranno necessariamente di una semplicità Zen. Un continuo fluire tra
realtà presente, ricordo, immagine mentale, sogno, delirio, bisogna andare avanti più per cenni e
segni che per raffigurazione della realtà.
Una scena semplice favorisce
l’emergere di una reci-
Mi piace l’idea di fare un lavo
socialmente utile, perché credro
fermamente che il teatro sia o
una cosa utile, socialmente e
culturalmente
in scena con circa trenta cambi
di costume, i problemi da risolvere non erano pochi. Anche in
questo caso mi sono ispirato alla
pittura dell’autore, alla sua trasformazione della realtà, metafisico, ma non così cerebrale e
angosciante come De Chirico.
Savinio chiede che Ulisse (interpretato da Antonio Salines) sia
in divisa da capitano, non c’è un
peplo in tutto lo spettacolo. C’è
invece una fusione di mondi ed
epoche. Calipso è una signora
altoborghese di fine ‘800. Circe
è una decadente dannunziana.
Non sono scelte nostre, queste,
ma dell’autore.
D’altronde Ulisse è un personaggio universale, senza tempo.
E “Capriole in salita”?
tazione forte, emotiva.
Assolutamente sì.
Palcoscenico
troppo spigoloso
Raccontaci in chiusura qualche fatto divertente che ti è capitato durante il tuo lavoro.
Non farò il nome dell’attrice
neanche sotto tortura. Dopo un
mese di prove si monta la scena,
che era tutta una serie di pedane,
di rettangoloni a vari livelli. Vengo convocato durante una pausa e
la signora mi dice: “Andrea la tua
scena è piena di angoli”. Morale
della storia, abbiamo trascorso il
giorno dopo a smussare tutti gli
spigoli della scena.
Poscari
8 palcoscenico
Martedì, 3 marzo 2009
CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Carla Rotta
TEATRO Il cartellone del mese
IN CROAZIA
... IN ITALIA
Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume Politeama Rossetti - Trieste
3 marzo ore 19,30
Nunsense di Dan Goggin.
Regia Mojca Horvat. Interpreti Olivera Baljak /Andreja
Blagojević, Vivien Galletta / Leonora Surian, Andreja
Blagojević / Elena Brumini, Antonela Malis / Leonora Surian,
Anastazija Balaž Lečić / Kristina Kaplan
/ Cristina Lukanec / Sabina
Voinea, Andrei Köteles / Leonid Antontsev, Staša Zurovac,
Tomaš Danielis, Roberto Pereira Barbosa Junior / Ashatbek
Yusupzhanov, Alen Nezirević,
Dmitri Andrejčuk, Valeri Rasskazov, Ashatbek Yusupzhanov, Leonid Antontsev, Vitali Klok
12, 13, 14 e 21 marzo ore
19,30
La Traviata di Giuseppe
Verdi. Regia Janusz Kica.
24, 25, 28, 30 e 31 marzo
ore 19,30; 26 e 27 marzo ore 12
ZAJC OFF
Amy’s view/Differenti opinioni di David Hare. Regia
Neva Rošić.
17, 18 e 19 marzo ore 19,30
Romeo e Giulietta balletto
di Prokofjev. Regia Staša Zurovac. Interpreti Laura Popa
28, 30 e 31 marzo ore 19,30
Crnac
Ciclo: Altri percorsi
10, 11, 12, 13 e 14 marzo ore 21; 15 marzo
ore 16
L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello.
Regia Marco Rampoldi. Interpreti Corrado Tedeschi, Maurizio Dosi, Roberta Petrozzi
17 e 18 marzo ore 20,30
Romolo il Grande di Friedrich Dürrenmatt,
traduzione di Aloisio Rendi. Regia Roberto Guicciardini. Interpreti Mariano Rigillo, Anna Teresa
Rossini, Luciano D’Amico, Pietro Faiella, Norma
Martelli, Liliana Massari, Francesco Sala, Francesco Cutrupi, Davide D’Antonio, Francesco Frangipane, Roberto Pappalardo, Lorenzo Praticò, Alfredo Troiano
Teatro cittadino - Pola
7 marzo ore 20
Jackie di Elfriede Jelinek.
Regia Ivica Buljan. Interpreti
Senka Bulić, Matija Ferlin
11 marzo ore 20
Rogonje / Cornuti di Miro
Gavran. Regia Zoran Mužić. Interpreti Siniša Popović, Žarko
Savić, Vlasta Ramljak
18 e 19 marzo ore 20
Tomizziana da Fulvio Tomizza. regia Damir Zlatar Frey.
Interpreti Helena Minić, Robert
Kurbaša, Rosanna Bubola
Davor Svedružić, Roberta
Razzi
18, 19, 20 e 21 marzo ore 21; 21 e 22 marzo
ore 17
Il sentiero dei passi pericolosi di Michail Marc
Bouchard. Regia Tommaso Tuzzoli. Interpreti Andrea Capaldi, Andrea Manzalini, Silvio Laviano
Chiara Vecchi, Giacomo Angelini, Andrea Centi,
Tiziano Edini, Ginamarco Gallo, Jonathan Re David, Pierluigi Gallo, Igor Montalto
Pierluigi Gallo, Clelia Piscitello
28 marzo ore
20,30; 29 marzo
ore 16
To be or not to
be di Maria Letizia Compatangelo
dal soggetto
di Melchior Lengyel. Regia Antonio Calenda.
Interpreti Giuseppe
Pambieri, Daniela Mazzucato, Umberto
Bortolani, Fulvio
Falzarano, Stefano Bembi, Francesco Benedetto, Giulia Beraldo,
Gianfranco Candia, Paolo Cartago, Daniela Di Bitonto, Carlo Ferreri, Francesco Gusmitta, Luciano
Pasini, Raffaele Sinkovic, Jacopo Venturiero, Jacopo Zucca
Ciclo: Musical & Grandi Eventi
4, 5, 6 e 7 marzo ore 20,30; 7 e 8 marzo ore 16
Slava’s snowshow di Slava. Regia Viktor Kramer.
Interpreti Scott Derek, Artem Zhimolokhov, Jef
Johnson, Vanya Polunin, Yury Musatov, Tatiana
Karamysheva, Francesco Bifano
19, 20 e 21 marzo ore 21; 21 e 22 marzo ore 16
A Chorus Line Ideato e originariamente diretto
e coreografato da Michael Bennett. Regia Baayork
Lee e Saverio Marconi. Interpreti Christian Amadori, Lucia Blanco, Federica Capra, Andrea Cerchia, Paola Ciccarelli, Roberto Colombo, Simone
Di Bucci, Aldo Esposito, Antonio Franco, Giuseppe Galizia, Lynn Jamieson, Floriana Monici, Fabio
Monti, Fiorella Nolis, Paola Quilli, Laura Safina,
Annamaria Schiattarella, Luca Spadaro, Gianluca
Spatti, Maria Grazia Valentino, Guy Van Damme,
Nicola Zamperetti, Manuela Zero
25, 26, 27 e 28 marzo ore 21; 29 marzo ore 17
India di Mara Baronti. Regia Alfonso Santagata. Interpreti Mara Baronti, Cristina Alioto, Patrizia Belardi
27 e 28 marzo ore 20
Neboder
/
Grattacielo di Lana Šarić. Regia Edvin
Liverić. Interpreti Filip Lugarić,
Vedran Živolić, Lana Gojak,
Luka Juričić, Mirjana Sinožić
IN SLOVENIA
Teatro cittadino - Capodistria
Spettacoli fuori sede
IN ITALIA
Teatro lirico Giuseppe Verdi - Trieste
11, 12, 13 e 14 marzo ore 20,30; 13
e 14 marzo ore 15; 14 marzo ore 16
Coppélia (ou la Fille aux Yeux
d’Email) Balletto in tre atti su libretto
di Charles Nuitter e Arthur Saint-Léon.
Musica di
Leo Delibes. Interpreti: Corpo di
Ballo del Teatro alla Scala
27 marzo e 31 marzo ore 20,30;
28 marzo ore 17; 29 marzo ore 16
Evgenij Onegin Opera su libretto
di Pëtr Il’ič Čajkovskij con la collaborazione di K. Šilovskij. Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Regia Aleksandr Titel. Interpreti Natal’ja Muradymova, Natal’ja Petrožickaja, Larisa Andreeva, Elena Maksimova, Il’ja Pavlov, Dmitrij Zuev, Aleksej Dolgov, Sergej Balašov, Roman Ulybin, Dimitrij Ulyanov (28, 29/III - 1/IV)
31 marzo ore 21
Alè Calais di Osvaldo Guerrieri. Regia Emanuela Giordano. Interpreti Marianella Bargilli, Ermanno Dodaro, Giovanna Famulari, Massimo De
Lorenzi
Ciclo: Fuori abbonamento
24 marzo ore 21
Disney High School Musical Regia Saverio
Marconi - Regia associata Federico Bellone. Interpreti Jacopo Sarno, Denise Faro, Raffaele Cutolo,
Valentina Gullace, Maria Dolores Diaz, Salvo Vinci, Eleonora Lana, Giulia Marangoni, Marco De
Gaudio, Giuseppe Verzicco, Laura Bagnato, Annamaria De Matteo, Sara Pamploni, Arianna Sala,
Ciclo: Danza & Dintorni
10, 11, 12, 13 e 14 marzo ore 20,30; 14 e 15
marzo ore 16
Momix “Bothanica” uno spettacolo di Moses
Pendleton.
Regia Moses Pendleton. Interpreti Tsarra Bequette, Jennifer Chicheportiche, Simona Di Tucci,
Sarah Nachbauer, Cassandra Taylor, Joshua Christopher, Jon Eden, Donatello Iacobellis, Robert
Laqui, Steven Marshall
La Contrada - Trieste
6, 7, 11, 12, 13, 14 marzo alle ore 20,30; 8 e 15 marzo ore 16,30
Michelina di Edoardo Erba. Regia Alessandro Benvenuti. Interpreti Giampiero Ingrassia, Maria Amelia Monti
27 e 28 marzo ore 20,30; 29 e 31 marzo ore 16,30
Capriole in salita di Pino Roveredo. Regia Francesco
Macedonio. Interpreti Ariella Reggio, Massimiliano Borghesi, Maria Grazia Plos, Maurizio Zacchigna, Marzia
Postogna, Giorgio Monte
Anno IV / n. 40 del 3 marzo 2009
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
Edizione: PALCOSCENICO
Redattore esecutivo: Carla Rotta
Impaginazione: Željka Kovačić
Collaboratori: Marianna Jelicich Buić, Rossana Poletti
La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall’Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano
con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N° 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N° 2724 del 24 novembre 2004
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3.3.2009 - EDIT Edizioni italiane