La Prevenzione in Medicina di Famiglia: Prima sessione: Determinanti della salute e Prevenzione Primaria malattie infettive Dott. Angelo Cavicchi Medico di Famiglia Voghiera (Ferrara) Quattro aspetti di medicina preventiva _ + Medico Malattia + Disturbo Paziente I I IV II III III I Prevenzione Primaria Azione volta a evitare o rimuovere le cause dei problemi sanitari in un individuo o popolazione prima dell’insorgenza dei problemi stessi. (Educazione Sanitaria e protezione specifica) I IV IV Prevenzione Quaternaria Azione volta a identificare un paziente o una popolazione con rischio di trattamenti sanitari non necessari, proteggerli da interventi invasivi e suggerire ad essi interventi eticamente accettabili II Prevenzione Secondaria Azione volta a individuare i problemi sanitari in uno stadio precoce in un individuo o in una popolazione, per facilitarne il trattamento o prevenirne l’aggravamento o gli effetti tardivi (diagnosi precoce attraverso screening o II case finding) III III Prevenzione Terziaria Azione volta a ridurre gli effetti cronici dei problemi sanitari in un individuo o in una popolazione attraverso la riduzione al minimo dei danni funzionali consegenti ai problemi stessi (es. Prev. di complicanze nel diabete). Incl. riabilitazione N Bentzen (ed) WONCA International Dictionary for General/Family Practice , per concessione M. Jamoulle La salute ► Quando si parla di salute, è opportuno fare riferimento alla Costituzione dell‘ Organizzazione Mondiale della Sanità, che la definisce come "stato di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia", ► Essa viene considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone. La salute Paradossalmente la salute è influenzata più da fattori esterni al settore sanitario, che dal consumo di prestazioni, in particolare: da fattori socio-economici e da stili di vita, che contribuiscono per il 40-50%, dallo stato e le condizioni dell’ambiente per il 20-30%, dall’eredità genetica per un altro 20-30% dalla organizzazione dei servizi sanitari per il 10-15%. Queste condizioni sono chiamate “determinanti della salute” Determinanti della salute: 1a) I fattori socio-economici “...perché le medie son vigliacche, mischiano il più dei ricchi col meno dei poveri, come se ciò facesse pari..” Don Lorenzo Milani, “Esperienze pastorali” (1957) La condizione socio economica Le persone meno abbienti, meno istruite o che esercitano un lavoro più umile hanno una aspettativa di vita peggiore. La condizione socio economica “Quale che sia l’indicatore di posizione sociale impiegato - l’istruzione, la classe sociale, le caratteristiche dell’abitazione - il rischio di mortalità cresce in ragione inversa delle risorse sociali di cui gli individui dispongono.” G. Costa, M. Cardano, M. Demaria, Torino, storie di salute in una grande città. Città di Torino, Ufficio di statistica, Osservatorio Socioeconimico Torinese 1998 Mortalità per classe sociale della famiglia Fonte: G. Costa, M. Cardano, M. Demaria (1998) Mortalità per superficie dell’abitazione Fonte: G. Costa, M. Cardano, M. Demaria (1998) La condizine socio economica La traiettoria “life-course” Le condizioni socio-economiche agiscono sullo stato di salute degli individui anche a distanza di tempo, dimostrata da una correlazione tra condizioni socioeconomiche nell’infanzia e mortalità nell’età adulta. Concetto di Embodiment (“incorporamento”): le persone letteralmente “incorporano”, biologicamente”, il mondo materiale e sociale in cui vivono, dall’utero al momento della morte. Krieger N. (2004) Ruolo del medico di famiglia: 1. Considerare la condizione socio economica ed il livello culturale dell’assistito in modo da inserire il determinante della salute nei fattori di rischio di importanza primaria 2. Identificare le relative implicazioni sanitarie Capacità dell’utilizzo appropriato dei servizi Capacità di autocontrollo delle patologie Disponibilità a cambiamenti nello stile di vita Comprensione della importanza della “compliance” terapeutica Attenzione alle “cure inverse” Cure inverse: I soggetti che si sottopongono più volentieri a screening o a interventi preventivi, non sono rappresentativi della intera popolazione, ma semplicemente soggetti più “attenti” alla prevenzione, pertanto anche maggiormente portati a comportamenti non a rischio, quindi portatori di un “rischio” minore. I colleghi anglosassoni chiamano questo comportamento: “cure inverse”, cioè fornire più facilmente interventi a chi ne ha meno bisogno Classificazione del grado di istruzione ( Tombesi, 2006) Classificazione delle Classi Sociali ( Tombesi, 2006) I determinanti della salute: 1b) Gli stili di vita individuali Lo stile di vita è integrato nella personalità di ciascun individuo e fa parte di un equilibrio complessivo che dipende: dalla organizzazione e dalla cultura della comunità dal modo con cui ciascuno si adatta al proprio ambiente Non esistono “stili di vita”, ma esistono persone con la loro vita che si integrano in quella della comunità di appartenenza. Gli stili di vita individuali “Modificare lo stile di vita non equivale a cambiare abito: si tratta di un processo difficile che richiede il passaggio attraverso una fase di stress e disagio, per ricostituire un diverso equilibrio, sempre precario all’inizio, e, talvolta, impossibile.” Tombesi 2006 Gli stili di vita individuali Fumo di sigaretta Tombesi 2006 Gli stili di vita individuali Sedentarietà/ alimentazione Tombesi 2006 Ruolo del medico di famiglia Comunicare il rischio, durante la consultazione (scarso risultato) Agire con l’obiettivo di un processo di cambiamento Vuole smettere Fumatore Pensa di smettere Smette Ricade Prochaska, 1983 I determinanti della salute: 2) Le condizioni ambientali L'ambiente fisico fa parte integrante del sistema ambientale con il quale gli esseri umani interagiscono continuamente e a cui è strettamente collegata la stabilità del loro benessere. Determinanti della salute 3) I fattori genetici “Il ruolo della genetica diventerà sempre più ampio perché (man mano che vengono identificati geni del genoma umano) si potrà avere una maggiore precisione nel definire i fattori che interagiscono con i genotipi nel determinare le malattie.” Genomics Toolkit Workgroup (ASTHO) I fattori genetici CONCETTO DI FAMILIARITA' DELLE MALATTIE Nel linguaggio comune i termini: "malattia familiare" "malattia congenita" "malattia ereditaria" "malattia genetica" sono spesso usati in modo interscambiabile; ma in Medicina ciascuno di essi ha un significato preciso e ben distinto da quello degli altri. I fattori genetici Malattia familiare Malattia che tende a manifestarsi tra i membri di una stessa famiglia. L'andamento familiare di una malattia può essere dovuto a cause genetiche, ma anche solo a cause ambientali, se i membri della famiglia condividono lo stesso ambiente di vita. Malattia congenita Malattia clinicamente presente alla nascita. La presenza dei sintomi alla nascita non indica che è stata ereditata: la patologia potrebbe essere stata acquisita in utero, ad es. per infezione o per traumi endouterini occorsi durante la gestazione; viceversa, una malattia ereditaria potrebbe non essere congenita, se si manifesta dopo anni o decenni dalla nascita. I fattori genetici Malattia ereditaria Patologia trasmessa di generazione in generazione secondo le leggi dell'eredità. Le malattie ereditarie sono dovute ad alterazioni del patrimonio ereditario trasmissibili. L'individuo recherà la mutazione anche nei suoi gameti e la potrà trasmettere alla discendenza, per cui si può anche dire che tutte le malattie ereditarie hanno tendenza alla familiarità. Malattia genetica Patologia riconducibile ad alterazioni del patrimonio genetico. Le malattie genetiche comprendono tutte le malattie ereditarie, ma anche malattie dovute a lesioni del DNA non ereditabili dalla progenie. In questo senso il cancro si può definire una malattia "genetica" perché causato da mutazioni del DNA nelle cellule somatiche, ma nella grande maggioranza dei casi non è ereditario, perché non risultano mutate le cellule germinali, ma solo quelle del tessuto da cui ha preso origine il tumore. I fattori genetici La diagnosi di malattia genetica può essere effettuata in tempi diversi: Periodo preconcezionale: individua genitori portatori di anomalie genetiche trasmissibili (es. Talassemia) Periodo prenatale: individuare malattie genetiche nel feto Periodo neonatale: individuare patologie trattabili precocemente nel neonato (es. Mucoviscidosi) In epoche successive della vita: ► a scopo diagnostico di problemi in corso (es. Celiachia) ► a scopo predittivo per patologie non ancora sviluppate ma che potranno sviluppare con elevata probabilità o certezza (es Chorea di Hungtinton) ►a scopo preventivo, per cogliere predisposizioni contrastabili con provvedimenti opportuni (es. Emocromatosi) ► In altri ambiti di interesse (prognosi e sensibilità a terapie) I fattori genetici Non sempre vi è corrispondenza fra alleli mutati e patologie espresse Es Emocromatosi ereditaria: Mutazione c282y sul gene HFE del crom. 6 3-5% di poplazione è portatore di eterozigosi 0.3-0.5% di omozigosi La prevalenza attesa sarebbe di 1 individuo ogni 250 Però in USA meno di 2 certificati di morte/10000 citano emocromatosi In Italia solo 2.5% delle cirrosi epatiche è attribuibile ad emocromatosi I fattori genetici Il percorso che va dalla singola mutazione alla malattia clinica è ricco di interferenze, e non ancora chiarito. Occorre evitare la identificazione fra “Rischio Genetico” e “Malattia Genetica” La clinica deve sempre identificare la “soglia diagnostica” del problema Ruolo del Medico di famiglia Paradossalmente a fronte dell’alta specializzazione delle indagini genetiche e della raffinatezza delle tecnologie impiegate, l’unico strumento concretamente utile per selezionare i soggetti a rischio è l’anamnesi familiare Rischio connesso alla familiarità in diverse patologie Patologia OR=Odds Ratio RR= Rischio Relativo da Scheuner, 1997 Rischio da Familiarità Cardiovascolare OR=2 OR= 5.4 (un familiare di 1°) (due famil. di 1° età <35) Carcinoma Mammario RR=2.1 RR 5.4 (un familiare di 1°) (tre o più famil. di 1°) Carcinoma Colorettale OR= 1.7 OR= 4.9 (un familiare di 1°) (due o più famil. di 1°) Carcinoma Prostatico RR= 3.2 RR=11.0 (un familiare di 1°) (tre o più famil. di 1°) OR= 2.7-4.3 (uno o più famil. di 1°) Diabete NID RR= 2.4 RR 4.0 (madre) ( più familiari in linea) Fratture osteoporotiche OR= 2.0 in donne con familiare donna di 1° grado Asma OR= 2.0 RR=7.7 (madre) (madre e padre) Melanoma Linee guida per la stratificazione dei rischi basata sull’anamnesi familiare da Scheuner 1997 Rischio Alto Malattia precoce in un familiare di 1° grado Malattia precoce (solo per cardiopatia ischemica) in un familiare di 2° grado Due familiari di 1° grado affetti Un familiare di 1° grado con esordio tardivo o ignoto di malattia + uno di 2° grado della stessa linea materna o paterna) con esordio precoce Due familiari di 2° grado della stessa linea di cui uno con esordio precoce Tre o più familiari della stessa linea Presenza di condizioni di rischio moderato in entrambe le linee familiari Rischio Moderato Un Rischio Normale Familiarità familiare di 1° grado con esordio tardivo o ignoto di malattia Due familiari di 2° grado della stessa linea familiare con esordio tardivo o ignoto di malattia assente o ignota Solo un familiare di 2° grado affetto in una o entrambe le linee Rischio di tumori del colon retto associato alla familiarità Fuchs, 1994 Familiarità per tumore del colon retto Rischio Relativo % Intervallo di confidenza (95%) Un familiare colpito 1.72 1.34-2.19 Due o più familiari colpiti 2.75 1.34-5.63 Soggetti < 45 anni 5.37 1.98-14.60 Età media di insorgenza dei tumori del colon retto Lynch, 2003 Tipo di tumore del colon retto Età media Ereditario su poliposi familiare classica 39 anni Ereditario su poliposi familiare a fenotipo attenuato (con polipi in sede prossimale) 55 anni Ereditario non poliposico 45 nni Non ereditario 63 anni Tumori ereditari poliposici del colon ► I tumori ereditari del colon che insorgono su poliposi familiare, sono caratterizzati nell’80% da mutazioni nel gene APC a trasmissione autosomica dominante, con penetranza prossima al 100% ► Nei portatori di difetto genico del gene APC, ma anche nella Sd. di Garner, i polipi si sviluppano nel 50% entro i 15 anni, e ne 95% entro i 35. ► Sorveglianza colonscopica annuale ( 2-3 anni nella poliposi normale) Tumori ereditari non poliposici del colon ► Costituiscono il 5% dei 30.000/anno tumori del colon in Italia ► Sono nel colon dx, precedono di 20 anni le forme non ereditarie ► Le mutazioni che ne sono alla base hanno una penetranza del 7085%, pertanto un 15-30% di portatori non sviluppa la malattia ► Sorveglianza dei portatori della predisposizione attraverso una colonscopia ogni 1-3 anni ► Spesso associati a carcinoma ovarico e endometriale, che risultano più frequenti rispettivamente del 10-12% e del 40-60% entro i 70 anni: nelle donne con familiarità positiva per cancro del colon non poliposico, è stata proposta la sorveglianza dell’endometrio (eco transvaginale) a partire dai 30 anni e sorveglianza ovarica mediante ecografia e dosaggio del Ca 125. Tumori ereditari non poliposici del colon Criteri di Amsterdam II: Diagnosi clinica di carcinoma ereditario non poliposico del colon Vasen 1995 Almeno tre familiari con tumore associato alla sindrome (colorettale, gastrico, ovarico, ureterale o della pelvi renale, cerebrale, del tenue, dell’albero biliare, sebaceo cutaneo) Un familiare deve essere parente di primo grado degli altri due affetti Almeno due generazioni successive colpite Esordio della patologia prima dei 50 anni di età in almeno uno dei familiari La poliposi adenomatosa familiare deve essere stata esclusa nei pazienti con cancro del colon Se possibile le diagnosi di tumore devono essere verificate La familiarità è un dato L’anamnesi familiare è uno strumento per la sua rilevazione Soffre di tutte le imprecisioni legate : ► ► ► ► alla scarsa conoscenza dei problemi da parte del soggetto in esame; a ricordi vaghi di eventi lontani nel tempo; alla eventuale presenza di patologie stigmatizzate socialmente (psicosi, demenze, alcolismo, epilessia, ecc.) alla scarsa propensione dei medici al suo aggiornamento Tombesi: Prevenzione nella pratica clinica, 2006 ALBERO GENEALOGICO Per studiare la trasmissione di una malattia nell'ambito di una famiglia, occorre ricostruirne la struttura, indagando sul numero dei suoi membri noti, sul loro sesso, sulle relazioni di parentela tra loro e sulla presenza o meno del carattere studiato. My Family Health Portrait: materiale per la costruzione dell’albero genealogico I determinanti della salute 4) I servizi sanitari Pubblicazione Ricerca Conoscenza del management Accompagnamento del paziente Referente ultimo del problema Diffusione Out DB In ICPC Incontro MedicoPaziente M P Ambiente del Paziente Ruolo del Medico di famiglia La prevenzione primaria delle malattie infettive La prevenzione delle malattie infettive Primaria ► Notifica ► Isolamento ► Disinfezione e sterilizzazione ► Vaccinazione Secondaria ► Sieroprofilassi Notifica ► Obbligo e modalità di notifica Non è richiesto il consenso del paziente per la notifica di malattia al Servizio di Igiene pubblica D.L 30 luglio 1999, n° 282 Si fa con apposita scheda (ad hoc per TBC, AIDS, Malaria, Lebbra, Micobacteriosi non tubercolari) notifica Isolamento e Contumacia Isolamento e contumacia Allettamento in camera singola ( se ospedaliero isolamento respiratorio) Disinfezione continua e terminale Controllo dei contatti ► Occasionali ► Stretti Conviventi Frequentatori quotidiani dell’abitazione del malato Compagni di classe Colleghi di lavoro Operatori sanitari Quarantena: isolamento o restrizione dei movimenti per la durata del periodo di incubazione della malattia Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Meningite Meningococcica ICD9 036.6 3-4 giorni, max 10 Fintantochè il meningococco è presente nelle secrezioni nasali e faringee: dopo antibiotico scompare in 24 ore Isolamento per 24 ore dall’inizio della terapia Conviventi e contatti:antibiotico profilassi: Adulti rifampicina 600 mg x2 di, ceftraxone 250 mg unica dose, ciprofloxacina 500 mg unica dose, Bambini: rifampicina 10 mg/kg/di (o 5 mg se < 1 mese) Ceftraxone 125 mg unica dose Meningite da Hemophilus Influenzae B: ICD 9 320.0 Non definito Fintantochè il batterio è frequente nelle secrezioni faringee; l’infettività cessa dopo 48 ore dal trattamento antibiotico Isolamento respiratorio per 24 ore dall’inizio della terapia Conviventi e contatti di ambienti con bambini di età < 6 anni: antibiotico profilassi con rifampicina: 600 mg o 20 mg/kg/die in unica dose die per 4 giorni; vaccinazione in età 0-6 anni, che non esclude il trattamento profilattico; Riammissione dopo profilassi Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Epatite Virale B ICD9 072.2-072.3 60-90 giorni, max 180 L’infettività inizia alcune settimane prima dela manifestazione della sintomatologia e permane per tutta la durata della malattia. Titti i soggetti HBsAg positivi sono da considerarsi potenzialmente infettanti Adozione di precauzioni standard per prevenire esposizione ed il contatto con sangue e fluidi biologici Vaccinazione di conviventi e partner sessuali di portatori cronici di HBsAg; Immunoprofilassi post esposizione a ferite da oggetti, potenzialmente infetti o di partner di soggetti in fase acuta di malattia con somministrazione di immunoglobuline al più presto e comunque entro 72 ore dall’incidente, iniziando quanto prima la vaccinazione. Non si applica se il soggetto è immunizzato con titolo anticorpale >10 mU/ml Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Epatite Virale A ICD9 070—070.1 30 giorni, max 50 giorni Massima nell’ultima parte del periodo di incubazione e si protrae per una settimana dopo la comparsa dell’ittero Precauzioni per malattia a trasmissione orofecale per 15 giorni dalla insorgenza della malattia Sorveglianza sanitaria per individuare soggetti sfuggiti alla diagnosi; Immunoglobuline specifiche entro 15 giorni dalla esposizione (in scuole materne immunoglobuline a tutti i componenti la classe dell’affetto); Vaccinazione per: Viaggiatori diretti in zone ad elevata morbosità; Addetti a raccolta e smaltimento liquami; Soggetti esposti in corso di epidemia; Emofilici; Politrasfusi; Tossicodipendenti; Omosessuali maschi; Ospiti di residenze assistenziali; Lavoratori della sanità esposti ad HAV Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Altre Epatiti Virali Variabile Variabile Per le epatiti a trasmissione orofecale valgono gli stessi provvedimenti della epatite A; Per le epatiti a trasmissione parenterale valgono gli stessi provvedimenti delle epatiti B Per le epatiti a trasmissione orofecale, stessi provvedimenti di epatite A; Per le epatiti a trasmissione parenterale non essendo disponibili provvedimenti specifici…………. Rabbia ICD 9 071 3-8 settimane, eccezionalmente anni Qualche giorno prima della morte dell’animale Isolamento stretto per tutta la durata della malattia, e precauzioni standard, con disinfezione di tutti gli oggetti contaminati da saliva, liquor e tessuto cerebrale (autopsia) Trattamento post esposizione di tutti coloro che abbiano avuto esposizione di ferite aperte o mucose a secrezioni di saliva o liquor o tessuto cerebrale. Ricerca attiva dell’animale rabido e di altre persone o animali morsicati Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il Provvedimenti per i malato conviventi/contatti Difterite ICD9 032-032.9 2-6 giorni Da 2 a 4 settimane (da presenza dei bacilli nelle lesioni) Isolamento stretto in difterite laringea, isolamento da contatto in difterite cutanea per 14 giorni dopo l’inizio della terapia Sorveglianza stretta di conviventi e contatti: ricerca di portatori; Valutazione dello stato vaccinale con somministrazione di dose di vaccino se trascorsi 12 mesi dall’ultima dose; Ciclo vaccinale completo se non determinabile Antibiotico profilassi senza attendere i referti colturali: Adulti: 1200000 U di benzilpenicillina in unica dose, o 1 gr die di eritromicina per 10 gg; Bambini 600000 U di benzilpenicillina in unica dose, o 40 mg/kg di eritromicina per 10 gg Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Febbre Tifoide ICD 9 002.0 1-3 settimane, max 3 mesi Fintantochè la salmonella Typhi è presente nelle feci: dalla prima settimana di malattia e per tutta la convalescenza negli adeguatamente trattati; nel 10% dei casi non trattati l’eliminazione può continuare anche per mesi; il 2.5% può diventare portatore asintomatico Precauzioni enteriche fino alla negativizzazione di tre coprocolture consecutive a non meno di 24 ore di distanza l’una dall’altra e non meno di 48 ore dopo la fine della terapia antibiotica. Se solo una è positiva, ripetere tutta la procedura dopo un mese Sorveglianza sanitaria per la ricerca di portatori asintomatici. Allontanamento dalle attività di produzioni di cibo fino alla negativizzazione di tre coprocoltura. Vaccinazione obbligatoria per alcune categorie a rischio. Vaccinazione consigliata per viaggiatori in zone ad elevata morbosità per febbre tifoide; Addetti a raccolta e smaltimento liquami; Soggetti esposti in comunità in corso di epidemia; Personale sanitario in corso di epidemia Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Salmomellosi non tifoidee ICD 9 003-003.9 12-36 ore, max 72 Da alcuni giorni prima a diverse settimane dopo la comparsa della sintomatologia. La comparsa di stato di portatore asintomatico è favorita dalla terapia antibiotica Allontanamento dei soggetti dalle attività che comportano la manipolazioe o distribuzione di alimenti. Riammissione dopo 2 coprocolture negative Ricerca di altri casi di malattia o dei portatori asintomatici (coprocoltura a tutti i familiari/conviventi) Varicella ICD9 052 2-3 settimane Da 5 giorni prima a 5 giorni dopo la prima gittata vescicolare Isolamento domiciliare per 7 giorni dalla comparsa della gittata vescicolare, con restrizione dei contatti di soggetti suscettibili (donne gravide e neonati) Nessuna restrizione nei contatti. Se ricoverati per altra causa, separazione per 12 giorni (o 28 se hanno ricevuto immunoglobuline specifiche). Vaccinazione nei casi ad alto rischio di complicanze Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Scarlattina ICD9 034.1 1-3 gg 24-48 ore dopo l’inizio della terapia antibiotica; 10-20 giorni in caso di malattia non trattata Isolamento domiciliare per 48 ore dall’inizio della terapia antibiotica. Precauzioni per secrezioni e liquidi biologici per 24 ore dall’inizio della terapia. Sorveglianza sanitaria di conviventi e contatti (compagni di classe ed insegnanti) per 7 giorni dall’ultimo contatto con il malato. Il tampone faringeo è indicato in caso di epidemia o in situazioni ad alto rischio (più casi di febbre reumatica nella famiglia) Tubercolosi ICD9 9010-/018 4-12 settimane dalla infezione alla comparsa di una lesione primaria. La infezione può rimanere latente per tutta la vita. Il rischio di evoluzione verso malattia conclamata è massimo nei primi due anni dopo la prima infezione Fintantochè i bacilli tubercolari sono presenti nell’escreato o in altri fluidi biologici. La terapia antibiotica determina la cessazione della contagiosità entro 4-8 settimane Isolamento respiratorio in stanze separate con ventilazione a pressione negativa in soggetti affetti da TBC polmonare fino a negativizzazione dei bacilli in escreato Sorveglianza sanitaria dei conviventi e contatti stretti. Esecuzione di Mantoux e radiografia del torace nei casi positivi, e in caso di negatività, ripetizione dopo 2-3 mesi. Chemioprofilassi dei contatti stretti positivi o negativi ad alto rischio Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Pediculosi ICD9 132-132.9 6-10 giorni Fintantochè uova, forme larvali o adulte sono presenti nelle persone infestate P. corporis: isolamento per 24 ore dall’inizio di trattamento. Gli indumenti vanno soggetti a disinfestazione o bollitura. P capitis: restrizione alla frequenza della collettività fino all’avvio di un trattamento disinfestante, certificato dal medico curante. Il trattamento dei capelli deve essere ripetuto ogni 7-10 giorni per almeno un mese. Pettini e spazzole vanno immersi in acqua calda per 10 min o lavati con shampoo antiparassitario. P.pubis: stesso trattamento preceduto da rasatura, ripetuto dopo 7-10 gg per 1 mese Sorveglianza dei contatti per l’individuazione di altri casi. Familiari di affetti da p. capitis, e partner o compagni di letto di affetti da p. pubis vanno trattati. Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Dermatofitosi ICD 9 110-110.9 4-10 giorni per la Tinea Cruris e Corporis; 10-14 per la Tinea Capitis Fintantochè sono presenti lesioni e che miceti vitali siano sui materiali contaminati T. capitis: nesuna restrizione, a patto di seguire il trattamento prescritto; T. corporis, cruris e pedis: esclusione da palestre o piscine per tutta la durata del trattamento Ricerca di altri casi di infezione nei conviventi e nei contatti, e ricerca della fonte di infezione oltre che nei contatti umani, anche negli animali domestici, spesso portatori inapparenti Scabbia ICD9 133 2-6 settimane, se persone non esposte in precedenza; 1-4 giorni se reinfezione Fintantochè acari e uova non sono stati distrutti da un adeguato trattamento. Possono essere necessari due o più cicli di trattamento eseguiti a distanza di una settimana Allontanamento dal lavoro o dalla scuola fino al giorno successivo a quello di inizio trattamento Sorveglianza clinica per la ricerca di altri casi di infestazione; indicato il trattamento profilattico simultaneo per i familiari e per i soggetti che abbiano avuto contatti cutanei con il malato. Indumenti e lenzuola vanno lavati con acqua 60°C; se non possibile vanno tenuti da parte e non usati per una settimana Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Rosolia ICD9 056-056.9 16-18 gg, max 21 Da una settimana prima a 4 giorni dopo la comparsa dell’esantema Allontanamento dalla frequenza scolastica o dall’attività lavorativa per 7 giorni dalla comparsa dell’esantema Sorveglianza sanitaria per individuazione di contatti suscettibili (gravide), che dovranno sottoporsi ad esame per la determinazione dello stato immunitario. Vaccinazione dei contatti non immuni, ad esclusione delle gravide Pertosse ICD 9 033-033.9 Da 6 a 20 gg Dall’inizio del periodo catarrale fino a tre settimane dall’inizio del periodo parossistico. In pazienti trattati con Eritromicina, si estingue 5 giorni dopo l’inizio della terapia Isolamento domiciliare per i casi accertati laboratoristicamente. Per i sospetti, restrizione dei contatti con soggetti suscettibili (specie bimbi < 1 anno) per almeno 5 giorni dall’inizio della terapia antibiotica (Eritromicina per 14 giorni) Sorveglianza sanitaria per l’individuazione di soggetti suscettibili; somministrazione, a prescindere dello stato vaccinale, di Eritromicina ai conviventi e contatti di età < 7 anni; no frequenza scolastica di contatti non vaccinati per 14 giorni, o per 5 se trattati con antibiotico; se < 7 anni dose di DTP Incubazione Contagiosità Provvedimenti per il malato Provvedimenti per i conviventi/contatti Parotite ICD 9 072-072.9 12-15 gg Da 7 giorni prima fino a 9 giorni dopo la comparsa della tumefazione ghiandolare parotidea. E’ massima nelle 48 ore precedenti la comparsa della tumefazione ghiandolare Isolamento domiciliare ( o respiratorio se ricoverato) per 9 giorni dalla comparsa della tumefazione ghiandolare Ricerca dei soggetti suscettibili in ambito familiare o della comunità infantile dal 12° al 25° giorno successivo alla esposizione; la vaccinazione antiparotitica è utile ma non garantisce la prevenzione dalla malattia Morbillo ICD 9 055-055.9 10 – 14 gg, max 18 Poco prima del periodo prodromico fino a 4 giorni dopo la comparsa dell’esantema Isolamento domiciliare fino a 5 giorni dalla comparsa dell’esantema Sorveglianza sanitaria per la ricerca di soggetti suscettibili, a cui viene proposta la vaccinazione (utile se fatta entro 72 ore dalla esposizione); immunoglobiline specifiche entro 6 gg dalla esposizione; vaccinazione di conviventi e contatti Disinfezione e sterilizzazione ► Disinfettanti Fisici Chimici Gassosi ( non impiegati in Medicina di famiglia) Disinfettanto Fisici Calore secco 1. Un’ora a 100°C per morte di sporigeni Un’ora a 150-160°C per morte delle spore Calore umido 2. Bollitura per 20 minuti: morte delle spore Vapore • a pressione atmosferica (fluente: 100 °C per 20 min) • sotto pressione (autoclave):(vantaggi: maggior penetrazione, tanto più è elevata la temperatura; assorbito da materiale igroscopico e poroso) • + 0.5 atm evaporazione a 117.7 °C • + 1 atm evaporazione a 120.6 °C Radiazioni 3. Ionizzanti: (gamma) presidi a perdere, già nell’imballo Ultravioletti: (monocromatica 2500-2650 A) solo superfici lisce, o ambienti grandi e vuoti, o flussi di aria laminare Sterilizzatrici a secco Autoclavi Indicatori di temperatura Sterilizzatrici a raggi UV Disinfettanti Chimici 1. 2. 3. 4. Alcali : 8. Alcoli: alcool etilico (puro al 95% o denaturato al 90%) Composti organici di mercurio Mercurocromo (dibromossimercuriofluoresceina) Mertiolato o Thiomersal (eltmercuriotiosalicilato sodico) Acqua ossigenata : ottimo disinfettante se presente catalasi. Sporicida 5. 6. 7. idrato di calcio, idrato di sodio, carbonato di sodio Derivati guanidiníci (Clorexidina) Cloro e derivati: Ipoclorito di sodio (Varechina) Cloramina ed Amuchina : per contatto di 4-5 ore Iodio e derivati: Tintura di iodio : microbicida ma irritante Iodofori (Betadine): ottimo su cute integra, irritante su ferita Composti di ammonio quaternario Benzalconio cloruro: (Citrosil), blando. Non irrita