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LE ORIGINI DELLA FAMIGLIA BORTOLAN
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Molte notizie sulla famiglia di Anna Bortolan, nonna paterna della mia bisnonna Rita Cattaruzzi, sono state
raccolte da Peter Bortolan di South Windsor (CT, USA), discendente di uno dei fratelli di Anna.
Altre preziose informazioni che hanno permesso di ricostruire la genealogia della famiglia sono state fornite
da Monsignor Gino Bortolan di Venezia, contattato da Peter, il quale ha fornito un albero genealogico molto
dettagliato.
Quest’albero, che pone come capostipite di questa famiglia il bisnonno del bisnonno di Anna, Sebastiano
Bortolan (1608 circa-1675), fu minuziosamente realizzato negli anni settanta (del Novecento) da Giuseppe
Mondani Bortolan, discendente di un prozio di Anna.
Quella che segue è una trascrizione non completa di quell’albero, che pone particolare attenzione al ramo da
cui discesero i suoi antenati:
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Sebastiano Bortolan ~1608-1675
sposa Giovanna ~1624-1691
Maddalena 1687-1689
Antonio 1696-1719
Lorenzo †1755
Alvise 1702-1742
Caterina 1709-1732
Giovanni Battista 1685-1759
sposa Caterina †1739
Nicolo’ 1661-1684
sposa Faustina Renaldini
Gaspare †1717
sposa Paolina Silvestrin
Santo
sposa Caterina Felici
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Bernardo 1657-1711
1° moglie: Caterina Renaldini †1694
2° moglie: ignota
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Maria 1665-1682
Giov. Batt. 1659-1681
Anna ~1639
Antonio ~1647
Pietro †1788
sposa Francesca Zampieri
Sebastiano 1679-1740
sposa Prudenza Zambon
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Giovanna 1678†
Gian Maria 1722-1757
sposa Caterina Milani †1793
Antonio 1737-1740
Antonio 1743-1840
Giovanni Battista (Giobatta)
Giovanni
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Giovannetta 1713-1718
Giovanni 1719†
Francesco 1732-1763
Giovanna †1766
Domenico 1728-1777
Giovanni Antonio ~1750
sposa Elisabetta Scatolin 1762
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Bernardo †1779
prima moglie: Santa Albanese
seconda moglie: Elisabetta Schiavinato
Santina 1782
Pietro 1805-1870
Santa 1783† sposa Angela Martignon
Cecilia 1786†
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Giuseppe 1784~1850
sposa Lucia Rossi
Giuseppe 1749-1759
Anna Augusta
Laura †1771
Da questo ramo discese
Giuseppe Mondani Bortolan
Anna 1831-1894
sposa Giovanni Battista Cattaruzzi
Da questo ramo discesero:
Giovanni 1768-1843
NOBILE DELL’IMPERO
D’AUSTRIA
e
Giacomo (Jacopo) 1784-1842
FONDATORE DELLA FONDERIA
DI SANTA MARIA DEL ROVERE
Da questo ramo discese:
Rosa 1817-1892
PITTRICE
Gian Maria 1780
Francesco 1790-1843
Marianna 1782
Regina 1784
Gaetano 1786
Teresa ~1788-1854
Maddalena 1799
Lo stesso Giuseppe Mondani Bortolan, nato nel 1927 e morto a Bologna nel 2011, ha infine fornito le
trascrizioni dei documenti parrocchiali e notarili relativi alla famiglia Bortolan da lui trovati durante le sue
ricerche.
Giuseppe Bortolan, Dottore in
Giurisprudenza, Primo Presidente di
Corte D’Appello, Procuratore Generale
on. Della Corte di Cassazione, Cavaliere
di Gran Croce dell’Ordine della Corona
D’Italia, Grand’Ufficiale dell’Ordine dei
SS. Maurizio e Lazzaro
- nipote di Giuseppe Bortolan (1784 –
1850 circa) cugino di Pietro Bortolan -
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Altre informazioni (non tutte verificate) su questa famiglia sono le seguenti:
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BORTOLAN: a Finale Emilia si chiamavano Bortolani e così a Ferrara, dove passarono nel secolo XVII.
Colà avevano nell’arma della loro casa l’aquila nera in fondo d’oro marcato da tre monti accostati di
verde, caricati da uno scaglione di rosa. I Bortolan compaiono a Montebelluna, a Treviso ed a Vicenza. In
questa città sono stati creati nobili negli inizi del secolo scorso. Nello stemma di questo ramo, tra gli altri
segni araldici, torna a far capolino l’aquila nera.
Nella famiglia del Bortolan uscirono uomini di valore. Tra essi ricordiamo Giacomo possidente e deputato
di Treviso, Giovanni presidente della Camera di Commercio nel 1827, Valentino, magistrato a Palma e a
Feltre, Domenico scrittore nella Curia di Portogruaro nel 1866.
Nel Settecento i Bortolan erano certamente, se non nobili, almeno economicamente benestanti: il capostipite
della famiglia, Sebastiano Bortolan, ed in seguito i suoi discendenti, avevano infatti sviluppato un
commercio piuttosto rilevante di ferro e rame, costruendo tra l’altro, raccontano, campane per la provincia di
Brescia, e lamine per le navi reali di Napoli. Molti documenti conservati negli archivi notarili di Treviso lo
testimoniano.
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SEBASTIAN BORTOLAN ESSENDO DI ANNI 67 IN CIRCA RICEVUTI LI SS.MI SACRAMENTI
ECCETO QUELLO DELL’EUCARESTIA PER IMPEDIMENTO DI CATTARO PASSÒ DA QUESTA A
O
MIGLIOR VITA ET FU SEPOLTO IN QUESTO CEM. .
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Sebastiano Bortolan, di professione “battirame”, proveniva secondo alcune ipotesi da Ferrara. Secondo altre,
invece, era più probabilmente nato nel paese di Montebelluna (TV), dove nel Cinquecento e nel Seicento si
trovano molti altri Bortolan.
Fatto sta, però, che verso la metà del Seicento si era trasferito a Carbonera (TV) e che qui era morto il 17
maggio 1675:
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Alla sua morte la moglie Giovanna si trasferì con i figli a Fontane (TV), poco lontano da Carbonera, dove
morì il 28 giugno 1691. Fu sepolta a Carbonera:
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JOANNA R.TA [relicta N.d.R.] Q.M [quondam N.d.R.] SEBASTIANI PORTULANI, MUNITA SACR.
AETATIS SUE ANNOR. 68, ET EIUS CADAVER TRANSLATUM EST IN CEMET. DE CARBONERIA.
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Sebastiano e Giovanna avevano avuto sei figli maschi e due femmine: i documenti indicano che almeno tre
di questi, Gaspare, Nicolò, e Bernardo (o Bernardino), continuarono l’attività del padre ampliandone i
guadagni. Tra questi, Bernardo Bortolan era il nonno del bisnonno di Anna Bortolan.
Sui discendenti di Gaspare Bortolan, che appartenevano a quello che nell’Ottocento sarebbe stato il ramo più
ricco della famiglia, troviamo per esempio il seguente atto notarile, datato 1790.
Con questo documento, Giuseppe Bortolan (figlio di un pronipote di Gaspare) diede in gestione a due fratelli
di Venezia una fabbrica situata in San Bugole (l’attuale quartiere di Selvana a Treviso).
I due fratelli si impegnavano a pagargli, oltre a 280 ducati all’anno, sei “pani” di zucchero e due prosciutti di
ottima qualità ad ogni rinnovo del contratto1:
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Il S.r Vendremino Princivalli, come procuratore dei N. N. H. H. Ecclem. Nicolò e Gio. Batt.a fratelli
Contarini da Venezia, concede in livello perpetuo, con l’obbligo di pagare ad ogni rinnovazione di
investitura 6 pani di zucchero del peso di etti 2 e due persciutti di ottima qualità al S.r Gius.e Bortolan
q.m Giac.o Maggior in Villa di Carbonera: tre corpi di fabbriche con muri di stroppo, murazzi sopra e
sotto acqua con costivi e terra arativa in Villa di S. Bugole, Colmello alla Parrocchia di S. Tomaso;
né non l’edifizio di Battirame con tutti gli magli, opere, utensili ivi esistenti; e finalmente l’investitura
di detta acqua con l’uso della medesima nelli modi e forme usate e sin’ora praticate per l’andamento
di detto edifizio; il tutto per l’annuo livello di ducati 280.
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Pochi anni dopo2 questo stesso Giuseppe Bortolan e la sua prozia Elena Loschi, in qualità di coproprietari di
un edificio “ad uso di battirame” posto nel comune di Retorgole, istituirono come proprio procuratore
Giovanni Antonio Bortolan di Vicenza, rispettivamente prozio e cognato di Giuseppe ed Elena.
Negli atti notarili di Treviso si trovano informazioni anche sui discendenti degli altri figli del capostipite
Sebastiano: di un figlio di Nicolò Bortolan si legge infatti che, originario di San Bugole, era di professione
“battirame” nel paese di Visnadello (TV), pochi chilometri a Nord di Treviso3.
Per quanto riguarda il mio avo Bernardo Bortolan, tra i libri dei battesimi di Carbonera si trova, in data 8
aprile 1657, il suo atto di battesimo:
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BERNARDINO FIGLIOLO DI SER SEBASTIAN BORTOLAN MAIER ET ZUANA SUA CONSORTE
NATO H. 11. PADRINO SER GIULIAN OLTRA DA PORDENON.
Bernardo, commerciante e fabbro come il padre, sposò il 9 febbraio 1682 Caterina Renaldini di Visnadello,
figlia di Giovanni; due anni dopo, il 27 aprile 1684, suo fratello Nicolò sposò Faustina Renaldini, sorella di
Caterina. Tra gli atti di questa parrocchia si trova:
BERNARDO FIGLIO DEL Q.M SEBASTIAN BORTOLAN, DA CARBONERA, E CATTARINA FIGLIA DI
D.NO ZUANNE RENALDINI DI QUESTA CURA. TESTIMONI GIROLAMO GENOESE E GIROLAMO
BARBISAN.
1
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3
Notaio Lorenzo Casellati, Treviso, 1° marzo 1790
Notaio Lorenzo Casellati, Treviso, 13 agosto 1792
Notaio Ferdinando Grosso, Treviso, 6 gennaio 1731
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Faustina Renaldini morì a Treviso il 26 ottobre del 1717, a 67 anni. Sua sorella Caterina Renaldini morì
invece all’età di soli 30 anni il 23 marzo 1694 a Fontane, e fu sepolta a Carbonera:
CATHARINA UXOR BERNARDI PORTULANI ETATIS SUE ANNORUM 30 MUNITA SACR. ECCL.
OBIIT ET EIUS CADAVER SEPULTUM EST IN COEMETERIO DE CARBONARIA APUD MORTUOS
SUOS.
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Da Caterina, Bernardo ebbe due figli, Giovanni Battista e Maddalena (morta a due anni nel 1689).
Risposatisi con una donna della quale per il momento è ignoto il nome, ebbe altri cinque figli: Antonio,
Lorenzo, Alvise, Pietro e Caterina. Quest’ultima morì nel 1741 a soli trentadue anni: il suo atto di morte,
conservato nella parrocchia di San Tommaso, indica che “era scema di giudizio”.
Bernardo visse gli ultimi anni della sua vita nel quartiere di San Bugole a Treviso, e morì il 22 maggio 1711,
lasciando in eredità ai figli, alcuni dei quali ancora molto giovani, un probabilmente cospicuo patrimonio.
Fu sepolto nella parrocchia di San Tommaso di Treviso, dove si trova anche il suo atto di morte:
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BERNARDUS PORTULANUS DE VILLA SAMBUGOLI AETATIS SUE 60 ANNORUM CIRCIBUS
SACR. ROB. HERI MANE OBIIT IN D.NO ET HODIE SUUM CADAVER SEP. FUIT IN HAC MEA
ECCLESIA PERACTO FUNERE A ME SUPRADICTO RECTORE.
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Tutti i suoi cinque figli maschi, pare, continuarono la sua attività e solo due di essi si sposarono.
Il più giovane di questi, Pietro, nato dalla seconda moglie, sposò nel 1734 Francesca Zampieri e visse a
Treviso nella parrocchia di Santa Maria del Rovere.
A quell’epoca i Bortolan, a Santa Maria del Rovere, si erano ritagliati un ruolo e una rispettabile posizione
sociale, non disgiunta dalla sostanziale agiatezza con la loro attività di calderai e di commercio del rame, i
cui profitti trovavano chiara visibilità in beni stabili4:
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Pietro Bortolan, calderaio e mercante nel solco della tradizione familiare, non sembra
profondere soverchie energie in transazioni immobiliari: gli atti notarili che lo riguardano
danno notizia della riscossione di un credito tacitato con un paio di buoi, della concessione
di una campagna a livello a Trevignano, dell’acquisto di due case in città negli anni ottanta.
Non bisogna dimenticare che la gestione finanziaria e la vitalità degli affari condotti nel
corso delle ultime tre generazioni avevano propiziato una certa agiatezza familiare e che in
virtù del matrimonio, Francesca Zampieri nel 1734 gli aveva portato in dote la discreta
somma di 2800 ducati.
Più intraprendenti si riveleranno i figli che da soli o in società incrementeranno la già solida
base economica.
Antonio (1797) rileva da Girolamo Spineda il Palazzo dominicale di Venegazzù e circa 600
campi con fabbriche coloniche in diversi distretti per 145.000 ducati; sempre un’altra
Spineda, Felicita, lo ricorda nei suoi lasciti con 100 oncie di argento lavorato. Il loro
commercio di rami si estendeva al Cadore, naturale riserva di artigiani e calderai, non
certamente di poco conto se una delle parti – i fratelli Mazzoni- gli erano debitori di 2348
ducati in quattro anni.
I miglioramenti promessi da Pietro Bortolan trovano immediata e pratica attuazione,
ristrutturazioni e finiture promuovono l’edificio nel novero dei casini dominicali.
Nel 1791 i figli di Pietro, Giovanni, Antonio e Giobatta, avevano definito con Francesco
Giustiniani Lolin la vendita del casino e barchessa per 2536 ducati ma, l’acclusa
documentazione monca e imprecisa destò le perplessità del nobile Veneto non tutelato nei
suoi interessi. La vana attesa o la conferma dei propri dubbi indussero il Giustinian Lolin
dopo qualche anno a rinunciare definitivamente al complesso dominicale. Nel 1796 nuovi ed
urgenti lavori si imposero per rimettere in sesto la casa che presentava segni evidenti di
decadedenza: il soffitto pericolante ed il terrazzo macchiato dalla pioggia, sopra la sala del
belveder mancava una finestra di lastre, erano da rifare parte degli scuri, i catenacci
mancavano di quasi tutte le chiavi.
4
Cfr. Dattiloscritto sulla Villa Franchi-Lanza di Pino …. 2006.
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Alla definizione del catasto napoleonico la villa al Maglio era intestata a Giovanni Battista
Bortolan, già in possesso di una casa in faccia al Monastero di Santa Maria Nova e di una
casa in Barberia.
Con la frequentazione dei limitrofi fondi Corner fin dal 1807 (beni che Andrea Corner aveva
affittato per un decennio) Giuseppe Berti disponeva di conoscenze dirette della zona facente
capo a S. Maria del Rovere e S. Artemio, meditando a lungo la possibilità di acquisto.
Così, nel 1813, concluse la trattativa per la villa e le relative adiacenze con i fratelli
Bortolan al prezzo di 7613:60 lire.
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Parlando ancora di Antonio Bortolan, figlio di Pietro, sappiamo che morì a Santa Maria del Rovere il 14
febbraio 1840, celibe, pensionato, alla bella età di 96 anni. Su di lui si trovano dati interessanti tra gli atti
notarili della città di Treviso, che danno un’idea delle ottime condizioni economiche della sua famiglia in
quel periodo5:
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30 aprile 1771 – Antonio di Pietro Bortolan, compra di un appartamento in Venezia – N. 112, Atti
Notaio Francesco Viviani L. 5143-5171 – Essendo il Nob. Sr. Federigo Monigo debitore di £. 1387,
verso il S.r Antonio Bortolan del S.r Pietro, entrambi di Treviso, gli cede un appartamento in Venezia
pervenutogli per eredità dalla q.m Nob. S.ra Giulia Millani Monigo di lui Madre. Testimoniano Sig. r
Vincenzo Millani q.m S.r Bortolo.
Descrizione dell’appartamento: in Venezia, contrada S.ta Appolinare; scala scoperta dalla corte,
portico, due camere, tinello e cucina; dalla parte del Rio un pergolo con balconi a volta sopra due
colonne a volta con capitelli; nel Portico fra li balconi un camino alla francese antico, altri camini
nelle camere.
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26 novembre 1797 – Antonio Bortolan compera beni da Giacomo Spineda. Atti Notaio Lorenzo
Casellati – Il citt.o Giac.o Spineda q.m Marc’Antonio vende al Citt.o Antonio Bortolan q.m Pietro di
questa città: il Palazzo Dominicale a Venegazù; possessione di campi 52 a Maserada; possessione di
campi 73 a Rovere; chiesura di campi 8 a Carbonera; casa per osteria a Breda; pezza di Campi 47 a
Musestre; possessione di campi 30 a Selvana; casino dominicale a Selvana, chiesura di campi 8 a S.
Pellaggio; possessione di campi 19 a Martignago; possessione di campi 33 a Martignago; casino
dominicale ex duodo a Martignago; possessione di campi 15 a Martignago; chiesura di campi 6 a
Martignago; due caselle a Volpago; casa per osteria a Giavera; possessione di campi 46 a
Cusignana; possessione di campi 80 a Camalò; possessione di campi 69 a Camalò; possessione di
campi 16 a Volpago; per un totale di campi 592, con i rispettivi fabbricati colonici e pertinenze; per il
prezzo di £. 145.000.
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Giovanni Battista Bortolan, il figlio primogenito di Bernardo e Caterina Renaldini, fratellastro di Pietro,
aveva invece sposato verso il 1710 una donna di nome Caterina, dalla quale ebbe quattro figli maschi, Gian
Maria, Giovanni, Francesco e Domenico, e due femmine, Giovannetta e Giovanna.
In quel periodo e negli anni seguenti i commerci di questo ramo della famiglia Bortolan fiorirono ed il lavoro
aumentò assieme alle preoccupazioni e ai guadagni.
Già negli anni ’40 tra Giovanni Battista e uno dei suoi fratelli, Lorenzo, erano in effetti nate delle
incomprensioni, tanto che nel 1748 Giovanni Battista aveva dovuto nominare un “giudice confidenziale per
sopire le vertenze col fratello”6.
Gian Maria Bortolan, il primo figlio di Giovanni Battista, era quello che più di tutti aveva preso le redini
dell’attività paterna e, nel 1748, aveva sposato una donna appartenente all’alta borghesia trevigiana, Caterina
Milani. Si ritrova il loro atto di matrimonio nell’archivio della chiesa di San Tommaso di Treviso, in data 28
aprile 1748:
FATTE LE TRE SOLITE PUBBLICAZIONI LI 21,25,27 CAD. DE APRILE, COLLA PERMISSIONE DI
MONSIGNOR VICARIO GENERALE, COME DA MANDATO IN FILZA, 2 DE DÌ 17 APRILE, COLLA
DISPENSA ANCOR DEL TRIDUO E NON SCOPERTOSI IMPEDIMENTO ALCUNO HO CONGIUNTO IN
SANTO MATRIMONIO IL SIG. GIO. MARIA BORTOLAN DI GIO. BATTISTA COLLA SIG.RA
CATTERINA DEL SIG.R ISEPPO MILANI AMBIDUE DI QUESTA CURA E CIÒ SEGNI NELLA CHIESA
CAMPESTRE DELL’ILL. SIG.R QUARENGO IN SELVANA ALLA PRESENZA DEL MOLTO R.DO SIG.
5
6
Notaio Francesco Viviani, Treviso, 30 aprile 1771, e Notaio Lorenzo Casellati, Treviso, 26 novembre 1797
Notaio Antonio Morelli, Treviso, 18 aprile 1748
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D. PAULO BEVILACQUA E ANTONIO POLONI Q. DOM.CO NONZOLO ET TESTIMONIS. IO
GIACOMO VIDETTO P.O.
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SIG.R GIA. MA. FIGLIO DI GIO. BATTA BORTOLAN D’ANNI 35 CIRCA DOPPO GIORNI 15 DI
TA
MALE ACCUTO CON DOLORI ACCERBISSIMI NELL’INTESTINI Q. MATTINA VERSO L’ORA
TERZADECIMA MUNITO PERÒ DI TUTTI LI SACRAMENTI, PASSÒ A MIGLIOR VITA, E DOVERÀ
TA
ESSER SEPOLTO IN Q. CHIESA.
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Gian Maria morì molto giovane dopo soli nove anni di matrimonio, nel 1757, forse, come si legge nell’atto
di morte, per una peritonite. Lasciava la moglie Caterina e cinque figli: Bernardo, Giuseppe. Anna Augusta,
Laura e Giovanni Antonio.
Nella parrocchia di San Tommaso si ritrova il suo atto di morte (31 luglio 1757):
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Un’idea delle condizioni economiche della sua famiglia verso la metà del secolo è data dal seguente atto
notarile, rogato in Treviso nel 1769.
Dieci anni dopo la morte di Gian Maria, suo fratello Domenico restituiva alla cognata Caterina Milani £.
3195.5, corrispondenti alla somma che questa aveva portato in dote all’epoca del suo matrimonio, ventuno
anni prima7:
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La Signora Catterina figlia del q.m S.r Iseppo Millani, r.ta del q.m [relicta del quondam N.d.R.] Gio.
M.a Bortolan, creditrice della facoltà tanto dal S.r Dom.co Bortolan di lei cognato quanto dal d.o q.m
[dal detto quondam N.d.R.] Gio. Maria di lei marito di £. 3196,5 di sua dotte apparente dalla stima
fatta nell’anno 1748, 25 ap.le da stimador, e desiderando la stessa essere soddisfatta di detto suo
credito e volendo detto Dom.co Bortolan di lei cognato secondarla e liberarsi nel tempo stesso di detto
debito, le restituisce mobili per £.2205,8 e £.989,12 in contanti.
Inventario - 1769, 11 ap. le, villa di S. Bugole sotto la Parochia di S. Tomaso.
Inventario e stima di efetti mobili che consegna il S.r Dom. co Bortolan in paggamento e restituzione
di dotte alla S.ra Catt.a Millani fu moglie del q.m S.r Gio. Maria Bortolan suo fratello quali tutti
infrascritti mobili saranno stimati da noi qui sot.ti periti eletti dalle parti come segue: Cinque camise
£.19 – sei fonzioli 5 – tre trameze 4,10 – cinque para calze setta [di seta N.d.R.], diversi merli 6,10 –
[?] pesa libre 13,4 – fraceza mezo fazoleto e para calze setta 9,10 – una vesta di setta lattesina 70 –
quattro pessi robba di setta 31 – un paro maniche una pettina e coperta da busto con fiori 24 – una
vesta di rué da finir 22 – una veste di camelotto 31 – altra vesta di panno 36 – vesta di bombasina 12
– gabanela e cotolo di bombasina 9 – una vesta a righe 10 – vesta di saglia verde 24 – una polacha e
cotolo di camelotto 16 – cotolo e polacha di bombasina 12 – cotolo di poresin 14 – cotolo di tramina
e cedra 50 – gabanela e cotola picola di pacco sfusa 5 - gabanela e cotola picola di bombasina 9 –
cotola e certi stracio 4 – tre trameze d’indiana 13 – un busto picolo 14 – una cotola di tel straza un
paro grandi e una maniza 5 – cinque capeli parte di paglia, una maniza di penna quatro fazoleti parte
rosi 10 – un letto con sue tavole, cavaleti, testiera, due stramazi, uno con lana altro con pelume,
capezal, due cuscini, coltre imbotita, 7 lenzuoli, due mei 84 – un armieron, scabelo [sgabello],
comoda, cassa e sei careghe [sedie N.d.R.] tutto noghiera, una caseta [cassetta N.d.R.], un careghin
di bulgaro, una morigna e altra cassetina piccola di noghiera 62 – un scasedello una buscà però da
sei preico d’otton due sechielli d’acqua santa 7 – una tiovera con buzzatelle entrovi una cassetina un
spechio quatordeci quadri grandi e picoli di più sorte, tre piedestalli e crosetta con rimesso 42 – due
cogome da caffé una zuccariera sei chiacare con suoi piatelli quatro taze et altri cui due buone
gracial e portein con suo ferro 13 – una madassa [matassa N.d.R.] di perle da 7 filli pesa con la tarra
[tara N.d.R.] 107, 390 – altra madassa di perle minute di n° 9 filli pesa con la tara 67,88 – un
paro rechini [un paio di orecchini N.d.R.] con perle e diamanti 106 – un paro detti d’oro con perle 66
– un paro manini d’oro con cudon pieni pesa 267 a soldi 25 al caratto [carato N.d.R.] 333,15 – un
paro detti rossi pesa n°138 151,16 – un paso detto pesa K.ti 118 141,12 – un cristetto attaccato a
cordon tutto d’oro 56 – tre para riccetti oro uno de quali con perle pesa K.ti 35 38 – un anello con
diamanti 66 – anello oro con santin 11 – una scatola, paro finbe, reliquiario, cristo, diversi aghi et
altri pezetti tutto arg.to [argento N.d.R.] pesa tutto di battuta da tarra 6 64 – un sechielo de otton
pesa 3 6 – una cadina picola e due candelieri de otton 7 – un cadinetto di rame 2,15 – somma
£2205,8.
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Notaio Francesco Giustinian, Treviso, 17 aprile 1769
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Due anni dopo la morte di Gian Maria morì anche suo padre Giovani Battista e fu sepolto nella stessa
parrocchia (31 marzo 1759):
FACCIO FEDDE GIURATO IO SOTTOSCRITTO QUALMENTE IL SIG.R GIAMBATTA BORTOLAN
D’ANNI 74 IN CIRCA DOPPO GIORNI 5 DI MALE DI PETTO MUNITO DE SS.MI SACRAMENTI
TE
R
QUESTA MATTINA ALL’ORE UNDECI, PASSÒ A MIGLIOR VITTA. IL MEDICO FU L’ECC. SIG.
DR. GEROLIMO ISTRANA, E DOVERÀ ESSER POSTO IN QUESTA NOSTRA CHIESA, ETC.
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Alla morte di Giovanni Battista Bortolan, l’eredità fu spartita tra i suoi eredi: Giovanni Battista lasciava tre
figli maschi viventi, Giovanni, Francesco e Domenico, e tre nipoti maschi, figli di Gian Maria, l’unico dei
figli che si era sposato. Di questi ultimi, però, ne rimasero presto solo due cui affidare l’eredità: Bernardo e
Giovanni Antonio, essendo l’altro figlio Giuseppe morto a vent’anni pochi mesi dopo il nonno Giovanni
Battista.
La Famiglia Bortolan-Mengotti: seduti in centro Giobatta Mengotti ed Angela Bortolan (1810-1879, figlia di Giuseppe
Bortolan e Lucia Rossi e nipote di Bernardo Bortolan) con ai lati due donne sconosciute,
dietro in piedi i figli Leonardo Caterino, Antonio ed una sorella (Lucia o Maria Maddalena).
Una nota: Antonio Mengotti sposò Laura Busato, figlia del pittore vicentino Giovanni Busato.
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GIANNANTONIO BORTOLAN Q.M GIAMMARIA DELLA PARROCCHIA DI S. TOMASO DI TREVISO
ED ORA ABITANTE IN CARBONERA, SPOSA ELISABETTA SCATTOLIN DI GAETANO.
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A quanto pare tuttavia l’industria familiare fu gestita malamente dagli eredi, e gran parte delle fortune della
famiglia andarono perse negli anni che seguirono.
Giovanni Antonio (o Giannantonio) Bortolan, uno dei figli di Gian Maria, sposò a Carbonera, il 30 gennaio
1780, Elisabetta Scattolin, figlia di Gaetano e di Giulia Zanata, e per circa una decina d’anni rimase a
Carbonera per poi trasferirsi a Treviso.
Uno dei suoi figli, Pietro, nato nel 1805, fu il padre di Anna.
Questa è la trascrizione dell’atto di matrimonio di Giovanni Antonio Bortolan e di Elisabetta Scattolin:
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Il 17 novembre 1793 morì Caterina Milani, madre di Giannantonio e moglie di Gian Maria Bortolan, e fu
sepolta nella parrocchia di San Tommaso a Treviso dov’erano sepolti il marito ed il figlio:
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LA SIG.RA CATERINA FU MOGLIE DEL Q.M S.R GIO. MARIA BORTOLAN DI QUESTA
PARROCCHIA IN ETTÀ DI ANNI 64 CIRCA DOPPO OTTO GIORNI DI MALE, CONFESSATA E
COMUNICATA PASSÒ ALL’ALTRA VITA E FU SEPOLTA IN QUESTA CHIESA ALLA PRESENZA DI
ME PARROCO.
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Mentre tutte le ricchezze di questo ramo della famiglia andarono perse verso la fine del XVIII secolo, quelle
appartenenti al ramo che discendeva da Gaspare Bortolan, un’altro dei figli del capostipite Sebastiano,
continuarono invece ad essere ampliate.
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Il “Palazzo Bortolan” a Treviso, un tempo appartenuto a Jacopo o Giacomo Bortolan (1784-1842) oggi sede universitaria
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GIACOMO BORTOLAN
(Carbonera, 22 ottobre 1784 – Treviso, 29 luglio 1842)
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Nella storia di Treviso è rimasta memoria della figura di Giacomo (o Jacopo) Bortolan, che nei primi anni
dell’Ottocento fondò a Santa Maria del Rovere una fonderia meccanica ed altre fortunate attività industriali.
Questo Giacomo era figlio di Giuseppe (1759-1817) Bortolan e di Elisabetta Chilesotti e nipote di Giacomo
Bortolan (1736-1766). Il bisnonno di quest’ultimo Giacomo era Gaspare Bortolan, figlio del capostipite della
famiglia, Sebastiano. Nato a Carbonera, Giacomo fu battezzato il 26 ottobre 1784 da Don Giovanni Battista
Rossi, Cancelliere Vescovile di Treviso (cfr. archivio parrocchiale di Carbonera).
Nell’antica chiesa di Carbonera si trovano ancora le tracce di alcuni Bortolan appartenenti al suo ramo della
famiglia: nel mezzo del pavimento, la lapide che chiude la loro arca gentilizia porta la sola data, MDCCLXVI
(1766), ma sulla facciata della stessa chiesa, a sinistra della porta maggiore, esistevano le seguenti lapidi,
riferite ad alcuni di loro:
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TERESA ZACCAGNA
SPECCHIO DI CONIUGALE TENEREZZA
DI MATERNO AMORE
DI DOMESTICA DILIGENZA
SOFFERTA CON CRISTIANA RASSEGNAZIONE LUNGA E
PENOSA MALATTIA
PASSO’ A SANTITA’ A XV NOVEMBRE DEL MDCCCXXXIV
DI ANNI XLV
L’INCONSOLABILE MARITO
IACOPO BORTOLAN
QUESTO MONVUMENTO DI LAGRIME
POSE
DOVE STA SEPOLTO IL SUO CUORE
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JOSEPHO·BORTOLANO·JACOBI·F
RELIGIONE·INTEGRITATE
REBUSQUE·IN·ASPERIS·PATIENTIA
PROBATISSIMO
QVI·IN·AERE·CONFLANDO·ET·DVUCENDO·INTENTUS
MACHINIS·INSTITVIS·OPEROSIORIBUS
REM·AVXIT·ARTEM·PERFECIT
FILII·PARENTI·SVAVISSIMO
MOERENTES
P.
OB. IV·MAI· M D CCC XVII
VIX. AN. LVIII·M·II·D·V
A JACOPO
DILETTISSIMO VNICO FIGLIO
DI SVEGLIATO INGEGNO E DI INDOLE EGREGIA
DI COSTVME INTEGERRIMO
RAPITO ALLE PIV’ CARE SPERANZE DELLA FAMIGLIA
DI ANNI XX
NEL SECONDO CORSO DE MATEMATICI STVUDI
FECERO INCONSOLABILI
I GENITORI GASPARE E GIUSEPPINA BORTOLAN
LASCIATI AL CORDOGLIO E ALLE LAGRIME
XI AGOSTO MDCCCLIV
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A JACOPO DI GIUSEPPE BORTOLAN
CITTADINO TREVIGIANO
BENEMERITO
CHE VISSE ANNI LVIII
PER INGEGNO E VIRTU’
PER GRANDI IMPRENDIMENTI E SOVRANI ONORI
CLARISSIMO
CONSACRAVANO QVESTO INFELICE TRIBUTO
DI DESIDERI E DI LAGRIME
I FRATELLI VALENTINO E GASPARE
COLLA FIGLIA ISABELLA
A XXIX LUGLIO MDCCCXLII
VALE IN PACE
La prima di queste lapidi si riferiva al padre di Giacomo Bortolan, Giuseppe. La seconda ricordava invece la
moglie di Giacomo, Teresa Zaccagna, e la terza si riferiva proprio a Giacomo.
La quarta invece è dedicata ad un nipote di Giacomo, figlio di suo fratello Gaspare, che portava il suo stesso
nome ed era morto a soli vent’anni nel 1854.
L’industria fondata da Giacomo Bortolan, “Meccanica Bortolan”, fu attiva a Santa Maria del Rovere dal
1814 ed ebbe massimo sviluppo nel 1842 con cinque stabilimenti (tre ramifici, una fonderia di ghisa ed una
ferriera).
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Scrittura d’appalto della Prefettura del Dipartimento di Tagliamento con gli eredi Gaspare Bortolan.
Nello stabile n° 34 Parrocchia di S. Lorenzo che serve d’ufficio a questa R.a Prefettura, costituiti il
Sig.r K r Giuseppe Casalli Prefetto del Dipartimento di Tagliamento ed il Sig.r Giacomo Bortolan del
S.r Giuseppe per la sua dite Gaspare Bortolan.
In forza dell’autorizzazione avuta da S. E. Il Sig.r Ministro delle Finanze con dispaccio 1 dicembre
1806 (4247/840) e dal Sig.r K r Isimbardi Direttore Generale delle Zecche 12 gennaio 1807 n° 37
viene stipulato quanto segue:
- 1° L’amministrazione Generale del Regno fornisce al Bortolan rame puro franco di ogni spesa.
- 2° Campioni, consegna e verbali relativi;
- 3° Il Bortolan restituisce eguale peso di rame in tondini per le monete;
- 4° Il Bortolan presenterà cauzione per la somma di £. 50.000 di Milano, che sono italiane £.
38.375,93;
- 5° Con il rame saranno fabbricati i tondini per le monete da cinque centesimi, tre centesimi, e
centesimo;
- 6° Campioni delle misure delle tre monete che verranno consegnati al Bortolan saranno
conservati presso l’Amministrazione Generale delle Zecche;
- 7° Peso dei tondini;
- 8° Difetti di fabbricazione;
- 9° Gli scarti saranno considerati come rame nuovo;
- 10° Proporzione di quantitativi fra le varie sorte di monete;
- 11° Quantitativo giornaliero del peso di cinquecento libre da onze 12 milanesi;
- 12° Obbligo di iniziare subito la fabbricazione;
- 13° Somministrazione del rame non vincolata a termini di tempo;
- 14° Trasporto a carico dell’Amministrazione Generale delle Zecche e eccezioni;
- 15° Pagamenti;
- 16° Luquidazione dei conti ad ogni rimessa;
- 17° L’Amministrazione Generale delle Zecche assicura che la manifattura non sarà minore di
800.000 lire della nuova moneta del Regno.
- 18° Validità della convenzione immediatamente dopo la sanzione di S.E. il Sig.r Ministro delle
Finanze, spese dell’atto non escluse quelle di registro a carico del Bortolan;
- 19° Dilazione riguardante la prima consegna.
Firmati: Giac.o Bortolan, G. Casatti Prof., testimoni, notaro.
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All’archivio di Stato di Treviso si trova un interessante atto notarile del 18078:
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Il palazzo in cui abitava Giacomo Bortolan a Treviso, oggi detto Casa Bortolan, è ancora esistente e merita
un approfondimento. Segue pertanto la trascrizione di un articolo di Natalina Botter:
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Serpeggiando lentamente, il fiume Sile abbandona la campagna ed entra in città a far parte dell'arredo urbano.
Non più verdi sponde di giardini e parchi, bensì rive in pietra d'Istria e fondamenta di nobili palazzi che
ostentano la loro bellezza specchiandosi nelle verdi acque di quello che potremmo ben definire il nostro
"Canal Grande". Con la guerra tanti edifici lungo il fiume andarono perduti ma, grazie a sapienti restauri, la
riviera rimane ancora un percorso suggestivo della nostra città.
Il quartiere universitario recentemente instaurato comprende, oltre all'Ospedale dei Battuti e all'ex Distretto
Militare, anche il Palazzo Bortolan. Questo edificio, in origine di struttura cinquecentesca, fu acquistato nel
1806 dall'industriale Jacopo Bortolan, noto tra l'altro perché creò la Fonderia a Santa Maria del Rovere dove
si lavorava soprattutto il rame. In quell'occasione il palazzo fu trasformato radicalmente secondo il gusto
ottocentesco e la facciata fu realizzata, pare, dall'architetto Andrea Bon, o forse dallo Jappelli. Prima dei
recenti restauri voluti dalla Fondazione Cassamarca l'edificio ospitava la Farmacia dell'Ospedale a pianoterra
e ai piani superiori l'Amministrazione Generale dell'Istituto. Durante il Lombardo-Veneto aveva sede l'Ufficio
delle Pubbliche Costruzioni. La lineare facciata bianca neoclassica presenta un poggiolo in pietra d'Istria
accessibile da una trifora e interessanti decorazioni in terracotta dell'artista Zandomeneghi.
All'ingresso dell'edificio si nota subito una ricercatezza nell'armonizzare l'antico con il moderno.
Superato un atrio con il soffitto "alla Sansovino", cioè con travi a vista dipinte ancora nel Cinquecento e
rimesse in opera nel radicale restauro dell'Ottocento, si resta colpiti dalla presenza di una scala modernissima
che unisce tutti i piani: è come un grande albero costruito con lastre di ferro. Dal fascio centrale che sopporta
tutto il peso, si innalzano a ventaglio i rami che sostengono i gradini in marmo rosso di Verona. L'opera
realizzata dall'impresa Carron non si appoggia alle pareti e dà l'idea di estrema leggerezza.
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Notaio Domenico Grigis, Treviso, 16 febbraio 1807
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Al primo piano gli affreschi delle piccole sale si rifanno a scene del repertorio classico e mitologico:
l'uccisione di Cesare e la partenza di Attilio Regolo alle pareti e sul soffitto Venere, Adone e Cupido; sopra le
porte decorazioni monocrome con scene di battaglie. Anche per questi ambienti non è ben definito il nome
degli artisti. Il Coletti accenna a Bernardino Bison mentre durante il recente restauro si è fatto il nome di
Pietro Moro. Eleganti ghirlande a stucco appese a borchie dorate scendono dalle pareti e tra i lisci marmorini
del soffitto si inseriscono gentili decorazioni di faretre, cornucopie, fiaccole. Tre grandi bassorilievi in stucco
danno il nome ad un'altra stanza dalle pareti a finti marmi grigi e bianchi. Il soggetto di "Amore-Morte" di
coppie infelici di innamorati è ripreso dall'antichità classica: Ettore e Andromaca; da Dante con Paolo e
Francesca al cospetto del d'angolo tra la Riviera e vicolo Bortolan spiccano dal muro due spesse cornici in
gesso; una sola però racchiude la decorazione ad olio su intonaco dove Diana si incontra con Pan in un
suggestivo paesaggio romantico con laghetti e salici piangenti.
Al secondo piano si apre la luminosa stanza dei paesaggi che si intravedono attraverso un baldacchino
"trompe l'oeil" sostenuto da esili colonnine di gusto pompeiano. Si tratta di vedute campestri con pastori,
pescatori, cascate e torri di carattere bucolico. Ancora un ultimo ambiente ricorda il fasto dell'ottocentesca
casa Bortolan: il salone delle feste che non si affaccia sul Sile, ma si allunga parallelo alla facciata all'interno
del palazzo. È una giostra di colori sul vasto soffitto tra comici in rilievo, cerchi, ottagoni, quadrati che
racchiudono affreschi con putti in piedi, seduti o distesi e con la grande rappresentazione di Giunone, Venere
e le tre Grazie.
Il Palazzo è oggi adibito a Centro Internazionale di Alti Studi Universitari e ad Iniziative Culturali con la
nuova denominazione di Palazzo dell'Umanesimo Latino.
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Nel 1853 la "Meccanica Bortolan" divenne una società per azioni presieduta da Angelo Giacomelli, e nel
1857 la proprietà passò alla famiglia di quest’ultimo.
Nel 1856 ricevette la medaglia d'oro come rilevasi da "Atti dell'Imp. Reg. Istituto veneto di scienze, lettere
ed arti dal novembre 1855 all'ottobre 1856" edito in Venezia presso la segreteria dell'Istituto nel Palazzo
Ducale, 1855-1856, nel priv. Stabil. Antonelli Ed., pag. 661 e 662:
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Negli anni sessanta dell’Ottocento gli stabilimenti si ridussero a due e nel 1870 gli operai da 350 divennero
109.
Nel 1871 fu rilevata dalla Società Veneta Costruzioni Meccaniche (SVCM) e divenne la più grossa fabbrica
di Treviso. Fu il primo stabilimento in Italia nel quale si costruissero macchine a vapore con distribuzione a
scatto tipo Corliss.
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Questo ramo della famiglia, che mantenne più degli
altri la sua condizione benestante, poteva vantare
anche un titolo nobiliare, dato dalle autorità austriache
che a quel tempo dominavano il Lombardo-Veneto a
Giovanni Bortolan (1768-1843), cugino del nonno di
Giacomo.
Un passo riferito a Giovanni Bortolan si trova nel
libro di Adriano Navarotto (Vicenza 1865-1946)
“Ottocento Vicentino - Memorie di un protagonista”9.
In questo passo, Vincenzo Gonzati, “il più diligente
raccoglitore degli scrittori vicentini e delle patrie
memorie che sia mai nato a Vicenza” come scrisse il
Magrini, commenta con una certa invidia il titolo
concesso a Giovanni Bortolan.
Le sue parole furono certo espressione del livore di
aver visto dato a Giovanni Bortolan, che tra l’altro non
aveva avanzato alcuna richiesta, quanto a lui era stato
negato.
Vincenzo Gonzati non era infatti nobile né Marchese,
come qualcuno ha scritto, nonostante avesse chiesto a
Vienna conferma di queste qualità, che gli furono
negate:
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Stemma della famiglia di Giovanni Bortolan
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“…Quando Giovanni Bortolan, acquistato e
ristaurato il palazzo Palladiano che fu dei Caldogno al Pozzo Rosso, e messo a gran treno si
beccò anche la nobiltà, il nostro marchese [Vincenzo Gonzati N.d.R.] si domandò in che
mondo vivesse: un Bortolan, arricchitosi col vil commercio delle ferramenta, nobile!
E nel segreto dei suoi quaderni così si sfoga: “replicherò qui…. Vanitas vanitatum et omnia
vanitas, ed il signor Bortolan, ridotto ormai all’età settuagenaria, senza posterità masculina,
piuttosto che prender pensieri di nobiltà, meglio avrebbe potuto repplicare con Giobbe:
solum mihi superest sepulcrum”.
Ma il Bortolan aveva in Cecilia la posterità…. Femminina, e questa venne adocchiata
horribile dictu da Andrea Piovene - un conte autentico! - che nel settembre 1847 celebra le
sue nozze colla neo-nobile.
Il nostro diarista si affretta a registrare che sul portone di casa Piovene si iscrisse questo
verso: «genius et species regina pecunia donat».”
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C’è da dire poi che non tutti i Bortolan di Vicenza risultano appartenere al nostro albero genealogico, ma che
anzi, molti di essi discendano da un ramo omonimo separato dal nostro, e forse originario, a quanto dicono,
di Lisiera (VI).
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Vol. 1, pag. 56, ristampa: Stocchiero Editrice, Vicenza
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PIETRO BORTOLAN
(Santa Maria del Rovere, 1° agosto 1805 – Treviso,7 aprile 1870)
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Pietro Bortolan, padre di Anna Bortolan e bisnonno della mia bisnonna Rita Cattaruzzi, era l’ultimo figlio di
Giovanni Antonio Bortolan e di Elisabetta Scattolin (o Scatolin).
I suoi genitori ebbero tra il 1780 ed il 1805 otto figli, in parte nati a Carbonera ed in parte a Treviso, dove la
famiglia si era trasferita verso il 1788. Questo è il loro albero genealogico discendente:
Francesco 1790-1843
sposa Caterina Bortolan
Pietro 1805-1870
sposa Angela Martignon 1811
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Gaetano 1814
Regina 1818
Antonio 1823
Maria 1826
Marianna 1782
Regina 1784
Gaetano 1786
Teresa ~1788-1854
Maddalena 1799
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TREVISO
Antonio 1802
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Gian Maria 1780
sposa Anna Berti
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Giovanni Antonio Bortolan ~1750
sposa Elisabetta Scattolin 1762
Napoleone 1853
sposa Avalina
Bariani
MONDOVI’
MESTRE
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S. MARIA DEL ROVERE (TV)
Giuseppe 1847
"fonditore in ghisa"
sposa nel 1872 Regina Visentin
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Luigi 1830
sposa Vincenza
Cadorin
Giovanni
Bortolo
Isidoro
Pietro 1879
Angela 1882
Giuseppina
Andrea 1888
Pietro 1875
Andrea 1875†
Celestina 1885
POZZUOLI
Pietro 1878-1952
sposa Silvia Auletta
STATI UNITI
Antonio 1840
"fonditore in ghisa"
sposa Domenica Vallino
e Orsola Maria Fittabile
TORINO / MONDOVI’
Filomena 1836†
Domenico 1838
Bortolo †1842
Silvestro 1844
Santa 1845†
Maria Luigia1 1834
Elisabetta2 1850
Giovanni 1872
Sebastiano Fortunato 1874
Giovanna Angela 1877
Lidia 1894†
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Vincenzo Alessandro Pietro 1853
Giovanni Eugenio 1854
Alessandro Luigi Pietro 1856
Pietro 1858†
Domenico Pietro 1859
Rosa
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Anna 1831-1894
sposa Giovanni Battista
Cattaruzzi
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(1) Sposa Sante Povezzano di Capozzolo e si trasferisce a Paderno di Ponzano Veneto (TV).
(2) Sposa Francesco Brunetta e si trasferisce a Villorba (TV) nel 1872.
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Dei figli di Giovanni Antonio Bortolan ed Elisabetta Scattolin si hanno queste informazioni: Gian Maria, il
primogenito, che portava il nome del nonno paterno, nacque a Carbonera il 19 dicembre 1780 e sposò Anna
Berti. Sia lui che sua moglie morirono giovani, prima del 1823, lasciando un figlio di nome Antonio come il
nonno, nato nel 1802.
Il 30 dicembre 1782 a Carbonera nacque la seconda figlia di Giovanni Antonio Bortolan ed Elisabetta
Scattolin, Marianna Teresa. Il 9 agosto 1784 nacque Regina, ed il 22 luglio 1786 Gaetano, che portava il
nome del nonno materno.
Dopo la nascita di Gaetano la famiglia si trasferì a Treviso, dove la famiglia si allargò con l’arrivo di altri
quattro figli.
La prima di questi fu Teresa, nata verso il 1788, che sposò poi un tal Albanese e morì a Fontane all’età di 66
anni il 22 aprile 1854 di tisi. Il 2 agosto 1790 nacque poi Francesco, che si sposò con un’altra Bortolan di
nome Caterina e morì a Santa Maria del Rovere a 53 anni di bronchite l’8 aprile 1843.
Il 21 aprile 1799 nacque Maddalena, che si sposò a Santa Maria del Rovere il 2 dicembre 1818 con un tal
Antonio Battaglia. Il 1° agosto 1805 nacque infine l’ultimo figlio di Giovanni Antonio Bortolan e di
Elisabetta Scattolin, Pietro.
Il fatto che nei primi dell’Ottocento la sua famiglia non fosse ricca (lui stesso, per esempio era analfabeta) ci
dimostra che alla sua nascita i soldi dell’industria familiare dovevano essere già andati persi.
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In effetti verso l’inizio degli anni ’20 dell’Ottocento, morto sia il marito Giovanni Antonio Bortolan che il
primo figlio Gian Maria, Elisabetta Scattolin si trasferì con il figlio più piccolo Pietro ed il nipote Antonio,
figlio di Gian Maria, a casa del figlio Francesco al numero 185 del quartiere di Selvana.
Quello che segue è l’albero genealogico discendente di Francesco Bortolan, fratello di Pietro, i cui
discendenti vivono ancora oggi a Treviso:
Maria 1826
Gaetano 1814-1885
sposa Maria Brunello
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Antonio 1823
Antonia 1869
Domenico 1845
Luigia 1848
Filomena 1852
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Giovanni Francesco 1842-1885
sposa Rosa Renaldin
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Anna Rosa 1836
Giovanni Francesco 1840†
Regina 1850†
Giovanni Pietro†
Adamo Gaetano 1871
Regina Maria 1875
Luigi Niccolo’ 1878
Giuseppe Matteo 1880
sposa Elisabetta Cattarin
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Francesco, che faceva il magliere di
professione, era l’unico della casa a lavorare
ed era un fabbro, o comunque lavorava il
ferro come avevano fatto suo padre e suo
nonno, e come facevano ancora anche quasi
tutti gli altri Bortolan, che in quegli anni
vivevano a Santa Maria del Rovere o a San
Bugole (l’attuale quartiere di Selvana in
Treviso).
Qualche anno più tardi la sua famiglia si era
allargata con la nascita di quattro figli e
Pietro ed Antonio si erano trasferiti, mentre
Elisabetta Scattolin era rimasta con loro.
Nel 1829 Pietro, che prese a lavorare come
magliere come il fratello Francesco e come
gli altri Bortolan, sposò a Santa Maria del
Rovere una lavandaia di nome Angela, figlia
di un altro magliere, Domenico Martignon,
che probabilmente lavorava con lui, e si
trasferì presto al numero 247 di quel
quartiere, nella stessa casa in cui aveva
vissuto (e forse viveva ancora) la famiglia di
Angela.
Pietro e Angela Martignon ebbero almeno
tredici figli, dei quali tre morirono in tenera
età: Filomena Bortolan morì nel 1837 all’età
di un anno, Santa Elisabetta Bortolan, morì
nel 1849 a quattro anni per un’orticaria, e
Bortolo morì di vaiolo nel 1842.
Anna sposò nel 1852 Giovanni Battista
Cattaruzzi, originario di Udine e rimase per
alcuni anni a Treviso per trasferirsi poi a
Santa Maria del Rovere verso la fine degli
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Anna Rosa 1866†
Giovanni 1867†
Regina 1818
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Antonio 1812†
Regina 1813†
Gian Maria 1820†
Elisabetta 1821†
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Francesco Bortolan 1790
sposa Caterina Bortolan 1791
La famiglia di Giuseppe Bortolan (figlio di Giovanni e Rosa Renaldin).
Da sinistra in piedi: Pierina, Elda, Linda, Luigi e Pietro Bortolan
Seduti Elisabetta Cattarin, Giuseppina Bortolan e Giuseppe Bortolan
Treviso, 1925 circa
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anni sessanta, a Villorba nel 1875, e, qualche anno più tardi, di nuovo a Santa Maria del Rovere, dove morì
nel 189410.
A differenza di Anna, quasi tutti gli altri figli e figlie di Pietro e Angela Martignon si trasferirono fuori da
Treviso, verso Padova, Mestre, Cuneo, Napoli e addirittura verso il Brasile.
Un particolare nei ricordi di mio nonno Mario era di un anziano Bortolan che nei primi anni Trenta viveva
con la moglie e due figlie, maestre di professione, al lido di Venezia, e che doveva essere, forse, uno dei figli
di Luigi Bortolan, fratello della nostra Anna.
Luigi era nato a Santa Maria del Rovere il 26 febbraio 1830 e, sposatosi il 7 novembre 1852 nella chiesa di
S. Andrea a Treviso con Vincenza figlia di Alessandro Cadorin, si trasferì a Mestre11.
I documenti della Parrocchia di Santa Maria del Rovere indicano che Luigi e Vincenza ebbero almeno
cinque figli, tutti nati e battezzati a Treviso: Vincenzo Alessandro (n. 1853), Giovanni Eugenio (n. 1854),
Alessandro Luigi Pietro (n. 1856), Pietro (n. 1858, morto lo stesso anno) e Domenico (n. 1859).
Nei ricordi di mio nonno Mario, l’anziano Bortolan ormai in pensione era solito giocare alle bocce, e proprio
su una pista da bocce, insieme a lui, mio nonno conobbe ed ebbe modo di parlare con un marconista di nome
Biagi, che fu una delle persone che, pochi anni prima, avevano partecipato alla famosa e sfortunata
spedizione scientifica per raggiungere l’Artide a bordo del dirigibile “Italia”, al comando di Umberto Nobile.
Sempre a proposito di Luigi Bortolan si trovano altri particolari tracciando la genealogia di una attuale
famiglia Bortolan a partire da un altro Luigi, nato a Venezia il 20 settembre 1904, emigrato a Milano
nell’aprile 1931 e morto nel 1976.
Questo Luigi Bortolan era figlio di Federico Bortolan (nato a Venezia il 20 dicembre 1866 e morto di
spagnola l’11 giugno 1918) e di Stella Gallo (Marano, 9 aprile 1870 – 20 novembre 1968).
Un pronipote di quest’ultimo racconta che, in famiglia, Federico era detto essere figlio illegittimo di una
contessa Vendramin e di un qualche “principe austriaco” (discutendo della paternità ma con buone
presunzioni per l'ascendenza Vendramin). Si narra in particolare che Federico fu affidato ad un Bortolan di
Mestre, “direttore dell'Arsenale di Venezia”, da cui prese il cognome, e che da bambino non gli fosse mai
mancato niente perché qualcuno forniva regolarmente vestiti e soldi ai Bortolan affinché lui ricevesse
un'istruzione privata.
Un censimento del 1870 (Registri del Comune di Venezia - Archivio storico della Celestia – Venezia) indica
come suo padre proprio Luigi Bortolan, molto probabilmente il fratello di Anna.
Si racconta che, da ragazzo, Federico frequentava il Conservatorio di Venezia, ma che forse abitasse ancora
coi genitori a Mestre. Conobbe verso il 1887 Stella, allora diciassettenne, che lavorava come inserviente in
casa Bortolan e scappò insieme a lei. La prima figlia, Ada, nata nel 1890, morì in tenera età. In quei primi
anni 1890 Federico e Stella partirono per il Sud America, dove nacque Margherita (Tina) il 15 maggio 1892.
Già nel 1894, però, quando nacque Luigia, i due erano tornati a Venezia, dove nacquero anche Angelina
(1897), Vito (1898, morto due anni dopo), la seconda Ada (1900), Antonio (1902), Luigi (1904), Amedeo
(1906), Maria (1908), e Domenico (1910).
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Di un altro fratello di Anna, di nome Giuseppe, nato il 22 giugno 1847 a Treviso, sappiamo che sposò a
Santa Maria del Rovere nel 1872 Regina Visentin (Archivio della Parrocchia di Santa Maria del Rovere ed
Anagrafe di Treviso), e che emigrò a Mondovì (Cuneo) nel 1874 (cfr. Stato di Famiglia di suo padre Pietro
Bortolan). Un’ipotesi indica che si trasferì in Brasile, dove morì e dove ancora vivono alcuni dei suoi
discendenti.
Altri interessanti documenti rinvenuti all’Ufficio Anagrafe del Comune di Treviso indicano che Angela
Martignon, rimasta vedova nel 1870, all'epoca del matrimonio del figlio Giuseppe nel 1872 vivesse con lui, e
che si trasferì insieme a lui a Cuneo dove visse dal 1874 al 1875. Poi tornò in Veneto per andare a vivere con
la figlia Anna a Villorba dal 1875, ed infine a Pozzuoli con il figlio Napoleone a partire dal 1896.
Tra gli atti dell’Archivio Municipale di Montebelluna, nella sezione “Polizia”, si trova un riferimento ad una Anna Bortolan: “Bortolan Anna il 12
aprile 1848 sopra il Mercato venne offesa nel proprio onore da Callegher Francesco detto Tasan coi nomi di porca,vacca etc. più e più volte
proferiti”. Non è noto se si tratti della nostra Anna o di una sua omonima. In ogni caso era certamente una parente dei nostri Bortolan.
11
Cfr. il documento “situazione di famiglia” di Pietro Bortolan avuto dall’Ufficio Anagrafe del Comune di Treviso
10
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Atto di battesimo di Giuseppe Romualdo Bortolan, padre dell’industriale Jacopo Bortolan
- Carbonera, 7 febbraio 1759 -
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Atto di battesimo di Giammaria Antonio Bortolan, zio di Anna Bortolan
- Carbonera, 19 dicembre 1780 -
Certificato di lavoro di
Napoleone Bortolan,
fratello di Anna:
“Certifichiamo noi sottoscritti che
Bortolan Napoleone prestò l’opera
sua in questo stabilimento in
qualità di fabbro tornitore dal 29
aprile 1872 al 17 aprile a.c. dando
saggi di capacità ed attività e che
abbandonò spontaneamente lo
stabilimento. Treviso, 10 giugno
1873.
Società Veneta di Costruzioni
Miccheniche e Fonderia in Treviso.
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ROSA BORTOLAN
(Carbonera, 29 settembre 1817 - Treviso, 15 gennaio 1892)
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Una Bortolan rimasta nella memoria
storica della città di Treviso si
chiamava Rosa ed era poco più
giovane di Pietro Bortolan, col quale
era imparentata alla lontana: il
bisnonno di Rosa era un fratello di
Giovanni
Battista
Bortolan,
bisnonno di Pietro.
Rosa Bortolan, nata a Carbonera nel
1817,
si
rivelò
un’artista
indiscutibilmente dotata e molto
apprezzata dai suoi contemporanei.
Il padre Luigi Bortolan (1789-1877)
fu segretario municipale presso il
Comune di Treviso. Di lui sappiamo
che in vecchiaia diventò cieco e che
nel 1866, rimasto fedele al governo
austriaco, lasciò l’ufficio comunale.
La madre Elisabetta Zuccareda
(1793-1857) apparteneva invece a
una nobile e ricca famiglia
trevigiana.
A fianco è riportato parte dell’albero
genealogico discendente di Luigi
Bortolan, padre di Rosa (la quale si
trova sulla seconda riga dall’alto a
sinistra).
Rosa frequentò a Venezia l’Accademia delle Belle Arti, dal 1842 al 1846, e sempre a Venezia aprì un suo
studio di pittura.
Nel 1847 iniziò la sua produzione di grandi tele a olio, per massima parte a carattere religioso, destinate a
località del trevigiano. Nella pinacoteca di Treviso sono conservati pale e quadri che le assegnano un posto
rimarchevole nella storia dell'arte contemporanea.
Nel libro “Rosa Bortolan – Pittrice Trevigiana (1817-1892)” di Caterina Limentani Virdis, troviamo queste
informazioni:
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Il Barrera così tratteggia la figuretta della giovane Rosa: “era bello il vedere questa signorina
trevisana, sempre con semplice eleganza a nero vestita, aggirarsi per le scuole e le sale dell’accademia,
tra i professori e la vivace schiera degli allievi con “baldanza umile ed innocenza accorta”.
Dunque la semplice eleganza dell’abito nero da scolara e la buona educazione provinciale avrebbero
dovuto porre la fanciulla al riparo dai rischi di un ambiente che solo da poco tempo si era aperto alla
frequenza delle fanciulle, come dimostra il caso della padovana Elisa Benato, iscritta dieci anni prima
grazie ad una pubblica sottoscrizione. Le stesse autorità austriache che le concedevano l’accesso,
infatti, indicarono in quel caso che l’evento doveva essere guardato “come semplice eccezione e d non
citarsi in esempio”.
In dieci anni le cose erano certamente cambiate, le presenze femminili in Accademia erano divenute
più frequenti, ma chi sa quali ricadute poteva avere sul buon nome di una fanciulla trevigiana un
periodo di studio affrontato da sola in una città grande e decisamente internazionale quale da sempre
era Venezia.
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Un comportamento schivo ed assennato, un regime
di rinunce e di obbedienza potevano forse in qualche
modo riscattare la reputazione di Rosa Bortolan
dalle piccole ombre che potevano averla oscurata.
Fu forse così che venne costruita pazientemente una
figura irreprensibile di figlia, la quale, per
cominciare, secondo le fonti coeve, alla morte della
madre abbandonò il suo studio veneziano per non
lasciare solo suo padre. Tale decisione avrebbe
avuto una sua logica se Rosa fosse stata figlia unica,
o la sola in età adulta, ma le cose non stavano così.
Un rapido sguardo all’albero genealogico della
famiglia, ci informa dell’esistenza di tre fratelli, tutti
residenti a Treviso: Giuseppe, morto nel 1877,
Giovanni, morto nel 1886, e Margherita, morta nel
1891.
Non sfugge il fatto che Rosa a quell’epoca è l’unica
della famiglia che si trova per motivi di lavoro fuori
di Treviso, dunque in apparenza la meno indicata ad
La casa di Rosa Bortolan
occuparsi del padre vedovo.
in via Carlo Alberto a Treviso
E Gentilomo Fortis Pavia, nel suo ritratto poetico del
1862, ci informa del fatto che nello stesso momento
in cui Rosa riparava a Treviso “in gramo del padre... a temprargli la cura acerba”, proprio allora,
guarda caso, “festivo al nuzial tripudio amor guidava la sorella”.
Era la seconda metà dell’anno 1857, perché il 21 maggio era morta Elisabetta Zuccareda, madre
dell’artista.
La nostra, nata nel 1817, aveva a quel tempo ormai quarant’anni e non poteva essere certo definita una
fanciulla, se mai, per la mentalità del tempo, una matura zitella, destinata, oltre tutto, a rimanere tale.
Se veramente si era trovata a Venezia fino a quella data, non è chiaro che cosa avesse fatto la pittrice
nel suo studio di rio Marin.
Luigia Codemo ci fa sapere che Rosa non navigava dell’oro: “si teneva indietro di tutto e campava
assai di magro” anche perché “rifiutava commissioni di signori stranieri quando la patria sotto di essi
sanguinava”. Certo, non è nota alcuna commissione nel capoluogo, né si sa di dipinti ivi eseguiti.
[...] A riprova della sua collocazione all’interno della cultura ufficiale del suo tempo sta il fatto che la
voce Bortolan Rosa compare già “nell’Albo degli artisti viventi, edito in Roma nel 1883”, un testo per
gran parte predisposto da Luigia Codemo, la quale non manca più tardi di lamentarsi di essere stata
fraintesa in qualche passo. Altra sortita ufficiale è sul “Dizionario Artistico” stampato a Roma nel
1882, su notizie fornite da Mosé Tonelli.
Anche altre personalità
cittadine di tutto risalto
culturale dedicarono più
volte la loro attenzione a
Rosa Bortolan. Spicca tra
gli altri Luigi Bailo, i cui
scritti, usciti sul Bollettino
del
Museo
Civico
Trevigiano e assai meno
encomiastici, sono ricci di
informazioni
documentarie e pertanto
forniscono
importanti
notizie, come la presenza
di alcune opere dell’artista
all’Esposizione
Storica
Trevigiana
del
Dipinto di Rosa Bortolan – L’incontro tra Napoleone ed Angelo Giustinian
Risorgimento Nazionale,
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tenutasi a Treviso nel 1898. Altri
estimatori furono Carlo Barrera Pazzi,
Mosé Tonelli, e Tito Garzioni.
Il nome dell’artista compare inoltre
frequentemente su riviste e periodici
dell’epoca come il trevigiano “Archivio
Domestico”, fondato e diretto da Luigi
Bailo, o su “Coltura e Lavoro”, diretto
da Tito Garzioni, che fu anche
corrispondente della “Gazzetta di
Treviso”. Ma soprattutto gran parte della
notorietà della pittrice era affidata al
continuo riconoscimento dei suoi meriti
che correva, su può dire di bocca in
bocca, tant’è che ogni sua opera, appena
terminata
ed
esposta,
veniva
puntualmente commentata, sulla stampa
e sulle riviste.
La Bortolan riceve incessantemente lodi
incondizionate per la sua produzione.
Dunque in genere i commentatori non
sembrano in genere fare troppa
distinzione fra opere di grande qualità,
come il dipinto storico rappresentante
l’incontro di Angelo Giustininan con
Napoleone Bonaparte, o il ritratto
Amore Dormiente di Rosa Bortolan
dell’amica Luigia, o ancora il ritratto del
podestà Giacomelli e quadri devozionali
un po’ freddi e manierati a dispetto dell’esagerata esaltazione della loro generosità calda e sincera che
si legge negli scritti a loro dedicati.
Un esempio di questo atteggiamento è fornito dal frammento di un articolo di Mosé Tonelli scritto per
l’Archivio Domestico del 22 giugno 1873 a proposito del Transito di San Giuseppe dipinto da Rosa
Bortolan per la chiesa di Carpenedo di Mestre. L’autore tronca con queste parole il del resto
stucchevole commento dell’opera: “Non azzardiamo a farne la descrizione. La nostra povera penna
non varrebbe l’impressione mestamente gradevole che provasi nel contemplarla”.
Pochi giorni dopo la morte di Rosa Bortolan, avvenuta a Treviso il 15 gennaio 1892, su “Coltura e
Lavoro” compare un lungo articolo di Luigia Codemo tutto pervaso dalla pena per la perdita del suo
“buon angelo... madre d’amore, consiglio, aiuto” e nel quale, non di meno, quasi a volerne perpetuare
coerentemente la memoria, sono riassunte e riordinate numerose informazione riguardanti la vita e
l’arte dell’amica. Un mese dopo compare il necrologio di Carlo Barrera Pezzi.
A distanza di poco tempo, già nei primi decenni del Novecento soltanto qualche trevigiano continua a
scrivere su Rosa Bortolan; le notizie sono vaghe, frammentarie e con il passare del tempo sempre più
rare. Comanducci dedica nel 1934 qualche riga alla voce Bortolan rosa nel suo Dizionario dei pittori
italiani dell’Ottocento e più tardi, nel 1945, nel Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori ed incisori
italiani moderni e contemporanei.
In seguito alcune opere sono accolte positivamente dalla critica in occasione della loro comparsa in
esposizioni dedicate alla pittura veneta dell’Ottocento: nel 1923 il Ritratto di Madame Goujon viene
esposto a Venezia alla mostra sul Ritratto Veneziano dell’Ottocento e nel 1983 il dipinto storico oggi
alla Cassamarca è tra le opere della Mostra sull’Arte dell’Ottocento a Venezia.
Soltanto nel nostro decennio l’interesse nei confronti di questa artista sembra rinascere, accompagnato
dal tentativo di ricostruirne il percorso vi si dedicano Anna Lanaro, autrice della scheda su Rosa
Bortolan per il volume relativo all’Ottocento di “La Pittura in Italia” e soprattutto Eugenio Manzato,
che nello stesso studio inserisce il profilo della pittrice nella trattazione su Treviso ed analizza
accuratamente alcune sue opere. Infine nel 1996 compare nel volume “Tele Svelate” un intero capitolo
dedicato a Rosa Bortolan, scritto da Anna Lanaro e una scheda sul suo dipinto storico ora alla
Cassamarca è accolta dalla recente mostra Venezia: Immagini e Mito.
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QUELL’ARTE CHE MI INNAMORAVA FINO DAI PRIMI MIEI ANNI
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Nella biblioteca civica di Padova è custodita una lettera autografa che Rosa Bortolan scrisse il 1°
settembre 1842 all’abate Antonio Meneghelli, brillante professore di diritto dell’Università di Padova,
collezionista di opere d’arte, mecenate, promotore dell’attività artistica della sua città ed oltre. In essa
la giovane donna ringrazia l’abate Meneghelli per l’invio di un “librettino”; certamente si tratta di
“Ancora due parole sulle mie stanze”, viaggio guidato tra le opere d’arte di proprietà dell’Abate,
pubblicato nel 1842.
Ma perché Rosa riceveva quel dono? Perché l’abate, nella sua affettuosa benevolenza, fra le note di
quella preziosa operetta menzionava un disegno eseguito dalla nostra pittrice, raffigurante un “Amore
Dormiente” che è fedele copia di un’incisione di Mauro Gandolfi, pure appartenente al collezionista.
Tra gli artisti che il Meneghelli proteggeva vi erano due donne, Marianna Angeli Pascoli ed Elisa
Benato Beltrami, alla quale ultima l’Abate fu legato da affetto paterno. Anche la nostra pittrice, che
probabilmente lo conobbe tramite il cugino Jacopo (o Giacomo) Bortolan, corrispondente dell’abate,
come testimonia una lettera a lui indirizzata il 14 luglio 1831, ebbe il privilegio dell’attenzione di
questo importante personaggio.
Ma cerchiamo di ricostruire l’episodio. A dire il vero, nella lettera di Jacopo, Rosa non è minimamente
menzionata e anzi il gentiluomo è assai preoccupato di ringraziare Meneghelli dell’attenzione prestata,
su sua segnalazione, al giovane pittore bellunese Pietro Paoletti, autore di “una nuova cosa” posseduta
dall’abate. Di Paoletti tesse convinte lodi, giustificando persino “alcune scorrezioni innocue
all’insieme” perché “causate dall’impazienza dell’età” ed annunciando una sua visita per l’autunno
venturo.
Non essendo Rosa nominata, possiamo dedurne che Jacopo Bortolan non avesse alcuna intenzione di
introdurre presso l’abate la ragazzina di quattordici anni che era totalmente presa da “quell’arte che mi
innamorava fino da’ miei primi anni”, come lei stessa ebbe a dichiarare. Però in qualche momento tra
quel 1831 e il 1842, data della pubblicazione del libretto in cui il disegno di Rosa è menzionato, il
Bortolan, durante un visita al Meneghelli, forse cedendo alle insistenze della cuginetta, dovette
condurla con sé.
E fu questa per Rosa, non solo l’occasione di
conoscere l’abate, non solo di essere richiesta da
lui dell’esecuzione di un disegno, ma anche di
accedere all’importante collezione, alla quale lei
stessa accenna nella lettera.
Forse addirittura proprio quella volta o in un altro
momento successivo, Rosa poté conoscere la
pittrice Elisa Benato Beltrami, che era, come
abbiamo detto, una delle protette del religioso, con
le importanti conseguenze di cui diremo in seguito.
Jacopo Bortolan (1784-1842) era cugino di Rosa
da parte di padre, ed apparteneva al ramo più ricco
della famiglia. Proprio lui era stato il primo a
intraprendere una fortunata attività industriale nel
settore del ferro, aprendo a Santa Maria del Rovere
un fonderia meccanica che produceva macchinari
di ogni genere. Giacomo Bortolan era inoltre
proprietario di una grande casa in Riviera
Garibaldi, vicino all’ospedale. Personaggio di
spicco, dunque, sembrava avere tutte le carte in
regola per potere raccomandare a Meneghelli la
giovane pittrice esordiente.
La famiglia di Rosa, del resto, originaria di
Carbonera, a pochi chilometri da Treviso, già dal
XVII secolo stabilita in città con Sebastiano
Ritratto di Luigia Codemo
di Rosa Bortolan
Bortolan (1608-1675), ricopre nel primo Ottocento
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un discreto ruolo sociale ed economico, come
dimostra l’acquisto di alcune proprietà. Dal “Registro
dei proprietari ed inquilini, degli esercenti arti e
mestieri, distribuiti nelle contrade e parrocchie del 30
agosto 1811 nella città di Treviso”, Giovanni
Bortolan, nonno della pittrice, risulta proprietario di
alcuni immobili situati in Contrada San Giovanni del
Tempio (nei pressi della chiesa di S. Maria Maggiore)
dove dopo il 1857 Rosa Bortolan aprirà il suo studio
al numero civico 225, a Piazza dei Signori, in
Contrada San Michele al numero civico 52 e in
contrada Barbaria al numero civico 1477.
Curiosamente Luigi Bortolan, padre della pittrice,
appare di condizioni più modeste e viene ricordato
solo come un onesto segretario municipale.
Nel 1816 sposa Elisabetta Zuccareda, proveniente da
una nobile e ricca famiglia trevigiana e proprietaria di
alcune tenute a Trebaseleghe, in provincia di Padova,
e Sant’Ambrogio di Grion.
La famiglia viveva nella casa situata accanto alla
Dipinto di Rosa Bortolan
chiesa di Santa Maria Maggiore, oggi via Carlo
Alberto, perché in quella parrocchia sono registrate le
nascite di Rosa, il 28 settembre 1817 e degli altri fratelli: Giovanni, il 18 agosto 1819, Giuseppe e
Margherita, il 25 maggio 1821.
Giovanni Bortolan è tra i fratelli della pittrice quelle che lascia di sé il maggior numero di notizie, in
relazione alle importanti cariche cittadine che ricoprì.
Dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova, intraprese a Treviso la
carriera di magistrato, diventando Presidente del Tribunale cittadino e membro della Giunta
Municipale.
Fu personaggio rispettato e onorato e, come dimostra un documento dell’Archivio di Stato di Treviso
datato 16 gennaio 1886, il Municipio si fece carico delle spese del suo funerale.
Nel 1861 sposò Teresa Fontolan e da questa unione nacquero Luigia (1864) ed Elisabetta Bortolan.
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GIOVANNI E LUIGIA BORTOLAN
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In “A ricordo di un centenario” di Angelo Campagner (capitolo XIV) si trovano maggiori informazioni a
proposito di Giovanni Bortolan, fratello di Rosa, e di sua figlia Luigia.
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“Il fratello Giovanni nacque a Treviso il 18 agosto 1819
e fu battezzato a Santa Maria Maggiore il giorno
seguente. Negli anni 1837-1840 frequentò il corso di
politica legale nell’Università di Padova, laureandosi in
giurisprudenza. Occupò importanti cariche nel foro
trevigliano, prima come giudice inquirente, nel 1868, in
seguito come presidente del Tribunale provinciale di
Treviso e consigliere della Corte d’Appello di Casale nel
1885.
Oltre che nella magistratura, prese parte attiva nella
Giunta Municipale cittadina, quale consigliere, per vari
anni. Che l’opera sua sia stata apprezzata, ne rende
testimonianza una mozione dell’8 maggio 1885, in cui gli
assessori del Municipio, all’unanimità, gli chiedono di
ritirare la rinuncia alla sua carica che aveva presentato,
ed abbia a continuare a dare il suo valido contributo in
quella amministrazione. Con decreto reale del 1°
Dipinto di Rosa Bortolan
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febbraio 1874, Vittorio Emanuele II lo aveva nominato “Cavaliere della Corona d’Italia” per le sue
benemerenze civili12.
Nel 1861 sposò la signorina Teresa Fontolan, nata il 10
ottobre 1833 ed ebbe due figlie: Elisabetta, nata il 27
settembre 1861 che morì a 73 anni il 18 gennaio 1935, e
Luigia di cui stiamo narrando.
Giovanni Bortolan morì il 10 gennaio 1886; la sua sposa
morì il 1° maggio 1903.
Luigia nacque a Thiene (provincia e diocesi di Vicenza),
dove si erano portati i genitori, l’8 giugno 1864.
“E’ l’ultima di quella piccola schiera di creature le quali,
per un eminente spirito di carità, resero illustre Treviso
con invidiate opere, specie in favore della gioventù; don
Quirico Turazza, Carolina Polacco, don Iginio
Mazzarolo…”
Sembra che per essere nata a Thiene, Luigia Bortolan
abbia ereditato dal grande concittadino, San Gaetano
Thiene, “quel geniale spirito di carità per il quale
attraverso i secoli viene denominato il Santo della
Provvidenza”.13
Della sua infanzia e giovinezza molto poco sappiamo: non
amava parlarne e meno ancora desiderava apparire in
pubblico o in gruppi fotografici. Di comune accordo le
due sorelle, fin dalla loro prima gioventù, cominciarono a
frequentare il Patronato Polacco, anche se più di vent’anni
le separava dalla Carolina, e offrirono la loro opera di
aiuto e carità.
Luigia non si pose mai in primo piano se non quando fu
costretta a farlo per lo svolgersi degli eventi. Partita
profuga con la sorella, confusa fra le ragazze dell’Istituto,
fu a Siena il braccio destro e l’anima, umile e silenziosa,
Chiesa di Santa Maria Maggiore
dell’anziana e ammalata fondatrice e il consenso unanime
San Giuseppe di Rosa Bortolan
la
designò
continuatrice
dell’opera sua, come risulta dalle lettere che abbiamo
riprodotto e da molti altri documenti giacenti nell’archivio
del Patronato, come si è visto in precedenza.
Di fatto era la più preparata a raccogliere questa eredità e
assumersi la responsabilità delle maestre e ragazze, che
conosceva da molti anni. Prese la direzione del Patronato,
possiamo dire, fin da quando la signora Polacco, per le
ragioni addotte, non potè svolgere alcuna attività e dimostrò
la sua intraprendenza subito dopo la sua morte, creando un
piccolo “calzaturificio”, oltre a dirigere la sartoria che già
funzionava.
Da una lettera del ricordato Don Antonio Poloni, del 4
marzo 1918 da Roma, veniamo a sapere qualcosa al
riguardo. Dice:
“…Come Le avevo promesso, ieri prima di partire, oggi
stesso ho scritto a Sua Eccellenza il nostro Vescovo per
Luigia Bortolan (1864-1950)
l’affare che Le sta così a cuore. Ho visto l’amico Corazzin,
nipote di Rosa Bortolan
al quale ho rivolto la domanda che Ella mi incaricava di
fargli e sono lieto di poterLa assicurare che l’industria delle scarpe offre un utile… Se per qualche
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Archivio Patronato Polacco, “Cenni biografici della famiglia Bortolan”
Raccolta Antonio Campagner: cartella “Luigia Bortolan”, notizie biografiche
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altra incombenza potessi esserLe utile, durante la mia permanenza a Roma, che non si protrarrà, a
quanto credo, oltre il giovedì prossimo, mi scriva pure con tutta libertà: così sarò ben lieto di poter
essere in qualsiasi modo utile a Lei e al Suo Patronato14.
Del “calzaturificio” troviamo notizie pure nelle “Memorie della Compagnia di Sant’Angela Merici di
Siena”: “Sospinta dagli eventi bellici, la Signorina Bortolan, direttrice del calzaturificio Polacco di
Treviso, insieme con le giovani alunne, si era rifugiata a Siena. Il calzaturificio trovò sistemazione in
una delle sale del palazzo Piccolomini (Via Ricasoli, 34)15”
Non ci risulta se tra Carolina Polacco e Luigia Bortolan ci sia stata in qualche momento l’intenzione di
affidare l’istituto a una Congregazione religiosa, o che ambedue, di comune accordo, avessero pensato
alle Figlie di Sant’Angela Merici. Il pensiero della Polacco al riguardo già lo conosciamo e lo abbiamo
esposto in un capitolo precedente, avendolo desunto dal suo “Giornale”: le avevamo suggerito di
istituire o di affidare alla Compagnia di Sant’Angela Merici a Treviso la sua opera caritativa perché
avesse maggior garanzia di continuità. Ciò avvenne nel lontano 1883.
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Archivio Patronato Polacco, busta numero 1, cartella “Profugato dell’Istituto”
“Storia della Compagnia Senese di Sant’Angela Merici” capitolo “Gioia ed angoscia”, 1918-1919, a cura della stessa Compagnia, Siena, 1957
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