2011/2012
concerti
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Michele Mariotti
Francesco D’Orazio
Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, 2012
A cura dell’Area Comunicazione
Coincidenze e citazioni a cura di Giulia Bassi
Fonti delle citazioni: Enzo Siciliano, Carta per musica, Mondadori, Milano, 2004; Philip Glass,
La mia musica, Socrates, Roma, 2000; Il linguaggio di Cajkovskji in ‘Amadeus’, De Agostini
Rizzoli, 1993.
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti
di riproduzione per le immagini e i testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
7 febbraio 2012 ore 20.30
Teatro Municipale Valli
Robert Schumann
Ouverture da Manfred op.115
Philip Glass
Concerto per violino e orchestra
I
II
III
Pëtr Il’ic Čajkovskij
Sinfonia n.1 in sol minore op. 13 “Sogni d’inverno”
Allegro tranquillo (“Sogni di un viaggio d’inverno”)
Adagio cantabile ma non troppo (“Terra desolata, terra di nebbia”)
Scherzo. Allegro scherzando giocoso
Finale: Andante lugubre. Allegro maestoso
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Michele Mariotti direttore
Francesco D’Orazio violino
Un saggio
di Roberto Favaro
Sono diverse e complesse le questioni importanti che si disvelano all’ascolto dell’Ouverture composta da Robert Schumann tra
il 1848 e il 1851 come introduzione alle musiche di Scena (per
voce recitante, soli, coro e orchestra) del Manfred, poema drammatico in tre parti scritto da Lord G. Byron nel 1817 (la trama,
ambientata nelle Alpi, in un castello gotico, narra dei tormenti
del vecchio Manfred alle prese con un lontano e incancellabile senso di colpa, il rapporto incestuoso con la sorella Astarte,
morta poi suicida dopo l’abbandono). Aggiungiamo che la prima esecuzione dell’Ouverture, indipendentemente dal dramma
e dunque dalle seguenti musiche di scena, avviene a Lipsia il 14
marzo del 1852 con la direzione dello stesso Schumann. Mentre
la prima rappresentazione completa del dramma in musica viene diretta il 13 giugno successivo all’Hofttheater di Weimar da
Franz Liszt.
Questioni diverse e complesse, dicevamo, si disvelano all’ascolto dell’Ouverture. La prima, densa e coinvolgente l’intero arco
creativo schumanniano, riguarda il rapporto del compositore
tedesco con i diversi generi musicali. Le dinamiche evolutive
che segmentano l’intero tracciato artistico in periodi e fasi preferenziali mostrano infatti, di volta in volta, la maggiore dedizione o perfino esclusiva adesione appunto a un genere, o a uno
specifico organico strumentale: il pianoforte innanzitutto, fino
al 1839, interrotto improvvisamente dopo una decennale concentrazione creativa, e poi, cronologicamente, la stagione liederistica, esplosa nel 1840, quella cameristica, nel 1842, infine proprio quella sinfonica, a partire dal 1841, anno di composizione
della Sinfonia n. 1. Superate le fasi miniaturistiche dell’universo
Schumann
Ho, io credo, dell’immaginazione... Non sono un pensatore profondo: non
riesco mai a seguire conseguentemente il filo che ho ordito talvolta con abilità. Sono un poeta? Diventarlo è impossibile! Lo decideranno i posteri.
Che cosa mi succederà ancora? Ho desideri intensissimi e, insieme, un profondo disgusto della vita, così da non capire come possa conciliare tendenze tanto opposte. Mi dica che cosa fa Liszt per Manfred. Uscirà una bella
esecuzione? Non ne dubito, dal momento che il nostro amico ha voluto incaricarsi della mia creatura.
Sogno di passeggiare accanto a delle acque profonde e l’idea che mi attraversa è di gettare l’anello e di precipitarmi in esse.
Schumann
Tra tutti i pezzi musicali, vi raccomando soprattutto l’ouverture. La considero uno dei miei figli più robusti e spero che voi condividiate il mio modo
di vedere.
Schumann a Liszt
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pianistico e le suggestive, raccolte atmosfere del Lied e del camerismo strumentale, Schumann si cimenta con le impegnative
proporzioni formali e le problematiche dimensioni foniche della musica orchestrale generando nel corso dei decenni e ancora
nel corso del XX secolo una serie di (ingiuste) riserve e perplessità stilistiche (presunti difetti di orchestrazione, stranezze armoniche, ossessività di certi temi, deviazione formale da certe
ortodossie classiciste, utilizzo di incisi di derivazione popolare)
ma anche, o proprio volgendo in positivo questi stessi, presunti
limiti, dimostrando una particolarissima originalità di intenti e
di esiti. Tralasciando l’intero arco produttivo sinfonico, e concentrandoci sul solo Manfred (che, diciamo per inciso, è una
delle opere schumanniane più alte) possiamo subito notare delle peculiarità che vanno oggi riconosciute come il segno di una
cifra personalissima e di grande valore estetico: il tematismo
organico all’intera composizione, in primo luogo, inteso come
travaso espressivo e contenutistico di atmosfere che danno carattere unitario all’opera, nell’Ouverture del Manfred realizzato attraverso anticipazioni motiviche che ritorneranno poi nel
corso del lungo poema drammatico; in secondo luogo proprio
quelle infiltrazioni gergali o di registro “altro” che creano efficacissime discrepanze atmosferiche; infine soprattutto, e in conseguenza di ciò, l’ipotesi compositiva pienamente romantica di
poter assumere come compito primario la comunicazione di un
tracciato poetico denso e massimamente drammatico attraverso
i soli mezzi della musica assoluta. È in questa prospettiva che
si rendono allora non solo ammissibili ma perfino qualificanti i
deragliamenti dalle norme formali linguistiche della tradizione.
L’Ouverture è costruita sull’impianto dell’allegro di sonata, ma
appare evidente come la forma si modelli in funzione delle commoventi e drammatiche atmosfere del contenuto, assecondando
tutte le più articolate sfumature dell’eroe byroniano e della sua
tragica e tormentosa vicenda.
Una seconda, conseguente questione, riguarda il confronto da
un lato con i principali modelli sinfonici classico-romantici ereditati da Schumann, su tutti gli immensi monumenti beethove9
niani e schubertiani, dall’altro con le future vie del linguaggio
sinfonico tardo ottocentesco e primo novecentesco. L’approccio
del compositore tedesco all’impegnativo ambito sinfonico, pur
partendo da quelle premesse altissime, mostra tuttavia, per le
ragioni appena dette, le specificità linguistiche che certamente
derivano dalla sua particolarissima posizione storica, qualificazione estetica, identità caratteriale. Il romanticismo di Schumann, la sua personale adesione alla principale corrente culturale e artistica dell’800, si mostra nel Manfred proprio attraverso la riverberazione e insieme la presa di distanza dall’arte
beethoveniana e schubertiana, indicando i futuri, prossimi esiti
del poema sinfonico lisztiano e straussiano, e un po’ più in avanti nel tempo, perfino le complesse e moderne trasformazioni di
Gustav Mahler.
Infine, una terza prospettiva di riflessione che si apre a partire
dall’Ouverture riguarda l’assimilazione della figura di Manfred
(e in sostanza l’identificazione) da parte di Schumann delle specifiche peculiarità romantiche del dramma. La musica dell’Ouverture, con le sue inquietudini, i due indelebili temi principali,
i ritmi talvolta incalzanti, talvolta mutevoli e imprevedibili, il
dinamismo, le sonorità lugubri che si alternano alle atmosfere
commoventi, i contrasti timbrici, le angoscianti combinazioni
armoniche, restituiscono all’ascoltatore il senso di una piena
identificazione e partecipazione dell’autore a questo concentrato
di complessa romanticità.
Philip Glass, rappresentante di punta, insieme a Terry Riley,
Steve Reich, La Monte Young, John Adams, del cosiddetto movimento minimalista sorto negli Stati Uniti all’inizio degli anni
Sessanta, affronta nel corso della sua lunga carriera diversi generi musicali, con una particolare propensione per la musica applicata ad altri territori testuali o narrativi o scenici. Va aggiunto
che, dopo aver preso le mosse, con ruolo preminente, dal versante più spiccatamente permutativo e formalistico del linguaggio minimale, via via Glass si allarga, in particolare dagli anni
Ottanta, a considerare atteggiamenti meno rigorosi, di più facile
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fruizione, cioè sempre meno riferibili ai paradigmi normativi ed
estetici del minimalismo più autentico. Vi si ritrovano sì i dispositivi iterativi e ripetitivi, o le minime modificazioni di minimi
pattern ritmico-melodici, come è alla base del minimalismo,
ma al tempo stesso si riscontra una sensibile attenzione per le
potenzialità espressive e comunicative della musica tonale, oltre
che una evidente attrazione per le manifestazioni musicali delle culture extra-occidentali. Così, le sue progettazioni musicali
assumono da un certo punto in poi atteggiamenti più flessibili,
disponibili ad accogliere, aggiornandole, le vie della tradizione
sinfonica e strumentale americana.
Tra anni Settanta e Ottanta in particolare, Glass esplora in varie occasioni gli àmbiti della musica applicata alla scena e della musica associata alle immagini, dunque musica per il teatro,
per il balletto, per varie performance, e musica cinematografica.
Nascono così tra anni Settanta e Ottanta lavori teatrali importanti come la trilogia Einstein on the beach (1975), Satyagraha (1980), Akhnaten (1984), o ancora i diversi lavori su testi di
Samuel Beckett, come The Lost Ones (1975), Endgame (1984),
Company (1984). E poi soprattutto, per la notorietà anche presso il grande pubblico, le realizzazioni cinematografiche, su tutte
la celebre trilogia Qatsi in collaborazione con il regista Godfrey
Reggio, iniziata con Koiaanysqatsi (1983) e Powaqqatsi (1988),
e completata nel 2002 con Naqoyqatsi.
In questo quadro di sviluppo estetico e di produzione compositiva, a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, Glass rivolge a un
certo punto la propria attenzione verso forme più tradizionali di
musica da concerto. È in questo scorcio di decennio, nel 1987,
che prende forma il Concerto per violino e orchestra, un’opera
paradigmatica del nuovo corso intrapreso dal musicista statunitense. Emerge, nei tre movimenti di questo lavoro, una particolare propensione a riconcepire antiche forme del passato come
la Ciaccona, o a ricollegarsi con le matrici linguistiche preclassiche, in particolare barocche della tradizione colta occidentale,
senza tuttavia perdere la specifica, caratteristica identità linguistica maturata da Glass nel solco del minimalismo. Si percepisce
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Glass
Quando parlo di minimalismo, più dettagliatamente mi riferisco ad una
strategia di lavoro, ad una tecnica di lavoro, non mi riferisco ad uno stile,
o ad un linguaggio armonico, che non sono poi così importanti, perché io
posso cambiare. Ecco perché penso assolutamente di aver scritto l’ultimo
pezzo minimale nel ‘74.
La funzione del compositore deve essere molto diretta. Questa è la lezione
che ho appreso da Cage: questo è il mio modello e questo è il modello che
offro io alle giovani generazioni, che cerco sempre di incoraggiare. Tornando al quesito “Per chi scriviamo la musica?” o “Chi è il pubblico?” sono domande importanti, che dobbiamo sempre porci. Così come: “In che modo il
pubblico riscontra la qualità di quello che facciamo?”.
Oggi c’è un forte movimento di giovani compositori, le cui inclinazioni sono
molto diverse da quelle della mia generazione. Essi non hanno lo stesso
conflitto ideologico che toccò a noi, non devono combattere per i valori del
linguaggio. Quando noi eravamo giovani dovevamo fronteggiare la forte
chiusura mentale dell’ambiente accademico allora dominante. I giovani
compositori non hanno questo genere di problema, ma ne hanno un altro,
che è quello di trovare da soli un proprio linguaggio, un linguaggio autentico.
Philip Glass
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qui, come in altri lavori strumentali coevi, una nuova sensibilità
poetica e un’inedita vena lirica. Ma benché questo Concerto segni l’avvio in qualche modo di una nuova stagione segnata dalla maggiore attenzione per le forme strumentali non finalizzate
alla scena o alla rappresentazione, un filo lo collega saldamente
alla precedente stagione performativa. Infatti, questo Concerto,
che potremmo definire neo-barocco, affronta la relazione interpersonale tra solista e orchestra secondo le stesse modalità di
interplay viste nel rapporto suono-immagine: non di commento
si tratta lì, infatti, bensì di contrappunto vicendevolmente rispettoso tra ciò che si sente e ciò che si vede. Il Concerto, con
la sua evidente impronta stilistica, rimarca questo principio di
relazione tra una figura e uno sfondo che dialetticamente procedono nel disegnare il tempo secondo le particolari disposizioni
ritmiche e metriche stabilite da Philip Glass.
Con la Prima sinfonia in sol minore op. 13 intitolata “Sogni d’inverno”, Pëtr Il’ič Čajkovskij esordisce nel campo della grande
composizione orchestrale e inaugura tutta una serie di personalissime tematiche estetiche, stilistiche, culturali, nonché caratteriali e psicologiche che accompagneranno l’intero suo arco
creativo. Scritta tra il 1866 e il 1868, dunque nel periodo di conclusione degli studi presso il Conservatorio di Pietroburgo e, a
seguire, di assunzione della cattedra di armonia presso il neonato Conservatorio di Mosca per volere di Nikolaj Rubinstein, la
Prima sinfonia assorbe completamente le energie del musicista,
al punto di procurargli un esaurimento nervoso e un grave affaticamento psicofisico. Ma il lavoro non soddisfa pienamente
Čajkovskij. E nemmeno, come sappiamo, i suoi due principali
riferimenti didattici e formativi al Conservatorio di Pietroburgo,
Nicolai Zaremba e Anton Rubinstein, fratello di Nikolaj. La prima esecuzione, limitatamente allo Scherzo e in via sperimentale,
avviene il 10 dicembre del 1866 sotto la direzione dello stesso
Nikolaj Rubinstein, mentre l’esecuzione definitiva e completa
dell’opera avviene il 3 febbraio 1868, ancora diretta da Rubinstein. Le cronache parlano di un grande successo di pubblico,
13
Čajkovskij
Quanto poi al carattere russo di tutta la mia musica, delle relazioni col folklore, sia nell’ambito melodico sia in quello armonico, sappiate che dalla
mia più tenera infanzia mi sono impregnato della miracolosa bellezza dei
canti popolari in modo tale per cui amo appassionatamente ogni manifestazione dell’anima russa e che io sono russo al cento per cento.
Se non trovi motivo di gioia in te stesso, guarda agli altri. Vai tra la gente…
Non dire che tutto è triste nel mondo. Esiste una gioia semplice ma profonda...
Quando vedo gli autoritratti dei pittori italiani, mi domando con quali mezzi noi musicisti potremmo creare un autoritratto. Da se stessi si potrebbe
ricavare un unico tema come da Amleto o da Romeo, ma un unico tema non
è un componimento musicale.
L’arte della strumentazione consiste nel capire una serie di cose: come usare i singoli gruppi strumentali in alternanza; come legarli adeguatamente;
come economizzare gli effetti forti; in altre parole come applicare il timbro,
il colore tonale alle idee musicali.
Čajkovskij
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ma il musicista non ne è ancora completamente soddisfatto: solo
nel 1874, dopo una completa revisione del lavoro perverrà infatti
alla forma definitiva dell’opera.
Per inquadrare adeguatamente questo primo incontro di
Čajkovskij con la sinfonia, può essere utile osservare il
background culturale e musicale che si disegna sullo sfondo di
queste vicende compositive e nel periodo di maturazione dell’op.
13, in particolare con la polarizzazione dell’estetica musicale russa su due fronti antagonisti, da un lato il movimento riconducibile al “Gruppo dei cinque”, capitanato da Musorgskij, RimskijKorsakov, Borodin e orientato a sviluppare un linguaggio nuovo
e insieme radicato nella tradizione russa, dall’altro lato il movimento, pure orientato a sviluppare una nuova musica russa,
innestata però in un contesto più cosmopolita e filo-occidentale
sensibile alle poetiche romantiche tedesche, oltre che alle diverse inflessioni estetiche francesi. Sappiamo naturalmente, benché poi le differenze e i blocchi ideologici siano meno rigidi di
quel che ci appare oggi, dell’appartenenza di Čajkovskij a questo
secondo fronte.
La Prima sinfonia è innanzitutto una fedele testimonianza di
questo nucleo di problematiche vivissime nello spirito culturale del Paese. L’aspirazione nazionalista di Čajkovskij attraversa
l’intera partitura come progetto esplicito di edificazione idiomatica e rappresentativa proprio della tensione e insieme convergenza tra occidente e oriente, tra la posizione musicale classicoromantica del centro Europa e le nuove aspirazioni identitarie
russe. Tutti i movimenti, tranne lo Scherzo, sono attraversati da
materiali o inflessioni popolari derivate dalla pronuncia o dalla
tradizione musicale russa. In stile popolare è la melodia che attraversa principalmente il movimento lento, così anche nel primo movimento viene evocata un’atmosfera russa per mezzo di
elementi tematici riconducibili alla morfologia melodica nazionale, e poi soprattutto nel Finale (Andante lugubre, Allegro moderato, Allegro maestoso, Allegro vivo), si ritrova una citazione
esplicita del canto popolare “Zvelij Zvetiki” (Fiorellini sbocciati)
che compare sia nell’introduzione, sia nella successiva elabora15
zione in forma sonata, come secondo tema. Il tragitto biografico
di Čajkovskij documenta eloquentemente la sua piena, diretta,
direi perfino genetica immersione, fin dalla primissima età, nella
tradizione musicale russa. Eppure, su questa riconoscibilissima
profumazione sonora che esplicita tutta la propria diretta o indiretta “russità”, la Sinfonia mescola e innesta comportamenti musicali occidentali, riconoscibili, manifesti a loro volta, testimoni dell’influsso dei grandi modelli preferiti dal musicista
russo, su tutti, probabilmente, dell’amatissimo Mendelssohn.
Come si ricava in particolare dallo Scherzo, basato peraltro da
Čajkovskij sull’omonimo movimento della propria Sonata per
pianoforte in do diesis minore, dove poi al posto del trio, il musicista russo inserisce uno dei suoi emblematici e fortunatissimi
valzer che qui mostra somiglianze evidenti con il futuro Valse
des Fleurs dello Schiaccianoci.
Ma anche fin dal titolo, questa bellissima e pittorica, o narrativa, Sinfonia, ci parla di una speciale inclinazione raffigurativa
protesa a coinvolgere attraverso i dispositivi sonori un’ampia
gamma di ambiti sensoriali. E anche qui, la matrice, il profumo,
la luce della Russia čajkovskijana si manifesta in tutta la sua intensa potenzialità. “Sogni d’inverno” è un titolo quasi pittorico.
O forse narrativo, romanzesco. Così i primi due movimenti vengono nominati rispettivamente “Sogni di un viaggio d’inverno” e
“Terra di sogno, terra di nebbie”. Non si può dire che quest’opera appartenga in senso diretto all’universo del poema sinfonico.
Sarebbe improprio e soprattutto riduttivo sostenerlo. Semmai
colpisce la capacità qui della musica di suscitare, interagendo
con le parole didascaliche, un’ambientazione profondamente
russa e insieme universale. Un’atmosfera, anche, una disposizione emotiva, un profumo, una materializzazione spaziale e visiva
immaginaria, immaginabile. Sembra allora di vedere, ascoltando, gli emozionanti boschi di betulle, o gli struggenti paesaggi
d’inverno del pittore russo Isaac Levitan. O le sospese, fredde
pianure senza fine di certi romanzi di Ivan Turgenev.
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Coincidenze
1849
Schumann Manfred, Ouverture
Schumann, Tre Pezzi Fantastici per pianoforte,clarinetto con violino o
violoncello; Adagio e Allegro per pianoforte e corno.
Muoiono Johann Strauss senior, Chopin e Nicolai.
Meyerbeer, Le Prophète, opera.
Liszt, Héroïde funèbre per orchestra.
Thomas, Le Caïd, opera.
Verdi, Luisa Miller.
Bruckner, Requiem in re minore.
Il 9 febbraio viene proclamata la Repubblica Romana. Papa Pio IX fugge
a Gaeta. Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi sono nominati
triumviri della Repubblica Romana. In seguito il generale francese Oudinot
comincia l’assedio di Roma, mentre il 2 luglio la Repubblica Romana cade.
Il Regno di Sardegna denuncia l’armistizio del 9 agosto 1848 e ricomincia
la guerra contro l’Austria. Le truppe austriache sconfiggono a Novara quelle Sarde. Carlo Alberto abdica a favore del figlio, Vittorio Emanuele, che
firma l’armistizio con Radezky.
Il parlamento di Debrezcen dichiara decaduta la Casa d’Asburgo in Ungheria dichiarando indipendente l’Ungheria rivoluzionaria.
Il generale austriaco d’Aspre, che ha invaso la Toscana, assedia e saccheggia Livorno.
Zachary Taylor entra in carica come 12º Presidente degli Stati Uniti d’America.
Viene firmata la Pace di Milano tra Austria e Regno di Sardegna. I patrioti
italiani Ugo Bassi e Giovanni Livraghi sono fucilati dagli Austriaci a Bologna. Il 24 agosto Venezia si arrende agli Austriaci dopo un assedio di quattro mesi.
1866
Čajkovskij: Sinfonia n.1 in sol minore op. 13 “Sogni d’inverno”
Nascono Satie, Cilea, Busoni.
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Liszt, Deux Légendes, per pianoforte.
Thomas, Mignon, opera.
Offenbach, Barbebleu, operetta; La vie parisienne, operetta.
Bruckner, Sinfonia n. 1; Messa n.2 in mi minore.
Smetana, La sposa venduta, opera.
Saint-Saëns, Suite in re minore per pianoforte e violoncello.
Delibes, La Source, balletto.
Bizet, Trois esquisses musicales, per pianoforte.
Rimskij-Korsakov, Ouverture su temi russi; Sinfonia n.2 (1866-73).
Il 20 giugno l’Italia si allea alla Prussia e dichiara guerra all’Austria, iniziando la Terza guerra d’indipendenza che si concluderà il 12 agosto con l’
armistizio di Cormons e il 3 ottobre con la firma della pace. Il 21-22 ottobre
attraverso un plebiscito, è sancita l’unione del Veneto (compreso il Friuli e
Mantova) al Regno d’Italia.
Il 31 ottobre riapre il Teatro La Fenice a Venezia, chiusa dal 1859 a causa
dell’occupazione austriaca.
Dopo due tentativi falliti, Cyrus Field stende con successo il primo cavo
telegrafico sul fondo dell’Oceano Atlantico.
1987
Philip Glass: Concerto per violino e orchestra
Glass, The Fall of the House of Usher (libretto tratto dal racconto di Edgar
Allan Poe); The Light per orchestra; Pink Noise, installazione acustica,
con Richard Serra; Colonna sonora di Hamburger Hill di John Irvin.
Messiaen, La ville d’en-haut per pianoforte, viola, fiati e percussioni.
Berio, Formazioni.
Sciarrino, Ricorrenze per quintetto a fiati; Tutti i miraggi delle acque per
coro misto.
Ferneyhough, Carceri d’Invenzione IIc per flauto e live electronics.
Nono, Caminantes... Ayacucho (1986-87), per contralto, flauto, ottavino
e grande coro, organo, orchestra a tre cori e live electronics, su testi di
Giordano Bruno; No hay caminos, hay que caminar... Andrei Tarkovski’,
per sette cori o gruppi strumentali.
Xenakis, Kassandra (Oresteïa II) per voce di baritono amplificata, salterio
a 20 corde e percussioni.
Donatoni, Ave per ottavino, glockenspiel e celesta; Flag per 13 strumenti;
O si ride per 12 voci soliste.
Clementi, Prélude (Hommage à Ravel) per 12 strumenti.
Reich, Electric Counterpoint per chitarra elettrica e nastro.
Cage, Europeras 1 & 2; Organ²/ASLSP (As SLow aS Possible).
La Cassazione rende definitiva la sentenza che in appello ha assolto tutti gli
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imputati per la Strage di Piazza Fontana per insufficienza di prove.
In Italia entra in vigore il nuovo codice di procedura penale: definite le linee
guida del nuovo processo penale.
Viene condannato a morte l’imperatore centroafricano Jean-Bédel Bokassa.
Klaus Barbie, l’ex ufficiale nazista soprannominato il boia di Lione, viene
condannato all’ergastolo per crimini contro l’umanità.
Alluvione in Valtellina: sono travolti da una frana due paesi della Valtellina,
Morignone e S. Antonio Morignone: 53 morti, 1500 senzatetto.
Rudolf Hess, 93 anni, ex militare nazista viene trovato morto nella sua cella
a Spandau.
Ungheria: creazione del Forum Democratico Ungherese: l’Ungheria è il primo paese controllato dall’URSS ad abbandonare il regime a partito unico.
In Belgio il traghetto Herald of Free Enterprise si capovolge al largo di
Zeebrugge: 193 morti.
Viene inaugurato il sistema operativo Windows 2.03.
Esplode la Supernova 1987a nella Grande Nube di Magellano, la prima visibile ad occhio nudo dal 1604.
Viene pubblicato in tutto il mondo The Joshua Tree degli U2, che diverrà il
loro disco di maggior successo, vendendo oltre 27 milioni di copie.
Sesta e settima enciclica di papa Giovanni Paolo II: Redemptoris Mater e
Sollicitudo Rei Socialis.
Negli Stati Uniti appaiono, per la prima volta, I Simpson, cartone animato
creato da Matt Groening e James L. Brooks, destinato a diventare popolare
negli anni successivi sia negli USA che in Europa.
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996. Dizionario della musica e dei
musicisti, Utet, 1994. www.musicweb-international.com/Classpedia/A-Zindex. htm
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Interpreti
Michele Mariotti
Pesarese, nato nel 1979, dopo aver concluso gli studi umanistici si è diplomato in composizione al conservatorio Rossini di Pesaro, e con il massimo
dei voti e la lode in direzione d’orchestra presso l’Accademia Musicale Pescarese sotto la guida di Donato Renzetti. Nel settembre 2005 ha fatto il
suo debutto operistico dirigendo Il Barbiere di Siviglia di Rossini. Tra il
2006 ed il 2008 ha diretto a Fano (Gianni Schicchi), al Festival di Wexford
(Don Gregorio) al Comunale di Bologna e Comunale di Ferrara (L’Italiana in Algeri), al Regio di Torino (Il Barbiere di Siviglia) ed in concerti
con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra del Maggio Musicale
Formazione, l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, l’Orchestra Toscanini e al
Festival di Santander. In seguito anche al Carlo Felice di Genova, al Comunale di Bologna, al Liceo di Barcelona, al Valli di Reggio Emilia, allo Champs Elysées di Parigi dirigendo Juan Diego Florez e Rolando Villazòn e al
Festival di Perelada. Ha debuttato nel Rigoletto a Lima, ripreso Il Barbiere
di Siviglia a Las Palmas di Gran Canaria, debuttato I Puritani a Minorca e
Nabucco a Reggio Emilia per il Festival Verdi e ripreso Il Barbiere all’Opera Royal de Wallonie.
Nel Novembre 2007 ha ottenuto un particolare successo aprendo la stagione 2007/2008 del Comunale di Bologna dirigendo Simon Boccanegra
replicato anche al Valli di Reggio Emilia. Il successo di questa produzione si
è tradotto nella nomina a Direttore Principale dell’Orchestra del Comunale
di Bologna, dove la sua presenza è prevista nei prossimi anni con diversi
concerti e opere.
Nel 2009 ha diretto, al Comunale di Bologna, sia I Puritani che La Gazza
ladra e un Concerto Sinfonico. Ha anche diretto dei concerti con l’Orchestra
dei Pomeriggi Musicali a Milano, con la Filarmonica Toscanini a Piacenza
e Parma, con la Filarmonica di Bologna e al Maggio Musicale Fiorentino.
Al Regio di Torino è tornato con Don Pasquale, allo Sferisterio di Macerata
ha debuttato in La Traviata, cui ha fatto seguito il debutto americano a
Washington ne Il Barbiere di Siviglia. In seguito ha ripreso il Nabucco al
Festival Verdi di Parma e diretto a Los Angeles Il Barbiere di Siviglia.
Ha iniziato il 2010 dirigendo l’Orchestra Toscanini di Parma durante il
Concerto di Capodanno ed ha poi registrato per la Decca un cd con l’Orchestra e Coro del Comunale di Bologna, con solista Juan Diego Florez. A
Bologna ha diretto Idomeneo, Carmen e Concerti, al Teatro Real di Madrid
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ha diretto un Concerto ed ha poi debuttato sia alla Scala di Milano con Il
Barbiere di Siviglia, sia al Rossini Opera Festival aprendo la stagione con
Sigismondo e chiudendola con lo Stabat Mater. In seguito ha diretto Il
Barbiere di Siviglia al Teatro Massimo di Palermo, lo Stabat Mater al Comunale di Firenze, Idomeneo a Piacenza con il Comunale di Bologna ed ha
registrato a Bologna un cd con Nino Machaidze per la Sony.
Il 2011 l’ha visto dirigere un concerto con l’Orchestra Rai a Reggio Emilia,
alla presenza del Presidente della Repubblica Napolitano, inizio delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Ha poi diretto a Bilbao
L’Italiana in Algeri, Risorgimento e Il Prigioniero a Modena e Bologna, Il
Requiem di Mozart a Bologna, La gazza ladra a Dresden, La Cenerentola
a Bologna, I Puritani e Carmen a Tokio con il Comunale di Bologna, Il trovatore al Festival Verdi di Parma, La Cenerentola a Valencia.
Tra i prossimi impegni possiamo citare: La Traviata, Le Nozze di Figaro
e alcuni Concerti a Bologna, Concerti con l’Oregon Symphony, Norma a
Torino, Matilde di Shabran al Rossini Opera Festival. Inaugurerà la sta-
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gione 2013/2014 al Liceo di Barcelona con Rigoletto, dirigerà I Puritani
all’Opera di Parigi sarà, al Metropolitan di New York con Carmen, I Puritani, Barbiere, Rigoletto e La Donna del lago, Il Barbiere di Siviglia a
Chicago, La donna del lago al Covent Garden di Londra e tornerà alla Scala
con I Puritani.
Francesco D’orazio
Francesco D’Orazio è stato recentemente insignito del XXIX Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana quale “Miglior Solista” del 2009, primo
violinista italiano a ricevere questo prestigioso riconoscimento dopo Salvatore Accardo nel 1985.
Nato a Bari, Francesco D’Orazio si è diplomato in violino e viola sotto la
guida del padre, perfezionandosi con Carlo Chiarappa, Cristiano Rossi e
poi con Denes Zsigmondy presso il Mozarteum di Salisburgo e Yair Kless
presso l’Accademia Rubin di Tel Aviv. Si è laureato in lettere con una tesi in
Storia della Musica sul compositore Virgilio Mortari.
Ha tenuto concerti in tutta Europa, Nord e Sud America, Messico, Cina
e Giappone ed effettuato registrazioni discografiche per Decca (opera per
violino di Luciano Berio e Sonate per violino e pianoforte di Felix Mendelssohn, Ferruccio Busoni, Maurice Ravel), Opus 111, Hyperion (Concerti per
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violino di Christian Lidarti), Stradivarius (integrale dell’opera per violino e
pianoforte di Alfred Schnittke, Sonate per violino e clavicembalo di Johann
Sebastian Bach) e Amadeus (Concerto per violino e orchestra di Michael
Nyman e “Fire and Blood” di Michael Daugherty, Corale per violino e orchestra di Luciano Berio, Trii di Haydn e l’integrale delle Sonate per violino
e basso continuo di Haendel). Ha inoltre inciso per Stradivarius i lavori
per violino e orchestra di Ivan Fedele (Concerto per violino, Mosaique, En
Archè, Orizzonte di Elettra per violino elettrico a 5 corde) registrati con
l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI.
È stato ospite di prestigiose istituzioni musicali quali l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, New York University, Cadogan Hall a Londra, Cambridge Society for Early Music di Boston, Centre de Musique Baroque de
Versailles, British Columbia University di Vancouver, Compagnia per la
Musica in Roma (September Concert 2008), South Bank Centre di Londra,
Frick Collection di New York e i Festivals Cervantino in Mexico, Breckenridge in Colorado, MiTo Settembre Musica, Lufthansa Festival of Baroque
Music in London, Ravello, Istanbul, Montpellier, Ravenna, Urbino, Postdam, Salzburg, Strasbourg, Stresa e Tanglewood.
Suona un violino di Giuseppe Guarneri “Comte de Cabriac” del 1711.
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna vanta un’illustre tradizione
che risale agli anni del melodramma romantico - sotto l’egida di Gioachino
Rossini, che a Bologna studiò e visse a lungo – e attraversa lo straordinario
periodo, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, in cui brillarono alcuni dei massimi direttori d’orchestra: Luigi Mancinelli, Angelo
Mariani, Giuseppe Martucci e Arturo Toscanini che, oltre alla Scala, predilesse sempre il Comunale di Bologna. Negli anni più recenti si sono avvicendati, nell’incarico di Direttore Stabile o di Direttore Principale dell’Orchestra, Sergiu Celibidache, Zoltán Peskó, Vladimir Delman, Riccardo Chailly
e Daniele Gatti. Dal 2008 il Direttore Principale è Michele Mariotti.Tra i
direttori che in tempi recenti hanno diretto la compagine orchestrale si segnalano Gary Bertini, Rafael Frühbeck de Burgos, Myung-Whun Chung,
James Conlon, Gianluigi Gelmetti, Valerij Gergiev, Eliahu Inbal, Vladimir
Jurowskij, Bruno Bartoletti, Pinchas Steinberg, Daniel Oren, Peter Maag,
Sir Neville Marriner, Kurt Masur, Riccardo Muti, Mstislav Rostropovič,
Esa Pekka Salonen, Sir Georg Solti, Christian Thielemann, Charles Dutoit,
George Prêtre.
Per l’Orchestra del Teatro Comunale, numerose sono state le occasioni per
tournée all’estero (Giappone, Olanda, Romania, Spagna, Francia e Svizzera) e per la partecipazione a prestigiosi Festival come il Festival d’Olanda
di Amsterdam (1987), il Festival Verdi di Parma (1990), l’ Internationale
Maifestspiele di Wiesbaden (1994), il Festival Internazionale di Santander
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in Spagna (2004 e 2008), il Festival Internazionale di Aix en Provence in
Francia (2005), il Savonlinna Opera Festival, in Finlandia (2006).
Un rapporto privilegiato con il Giappone ha prodotto quattro fortunate
tournée nel 1993, 1998, 2002 e nel 2006. Una ulteriore tournée è prevista
nel settembre 2011 con la rappresentazione de I Puritani, Carmen ed Ernani a Tokyo ed Otsu.
Dal 1988 partecipa regolarmente al Rossini Opera Festival di Pesaro.
L’Orchestra è attiva con regolarità anche nei principali centri dell’Emilia
Romagna. L’Orchestra ha al suo attivo numerose significative produzioni
discografiche, tra le quali si segnalano La Favorita di Donizetti diretta da
Richard Bonynge, Oberto Conte di San Bonifacio di Verdi diretta da Zoltán
Peskó, Il Barbiere di Siviglia di Rossini diretta da Giuseppe Patané, La
figlia del reggimento di Donizetti diretta da Bruno Campanella, Le Maschere di Mascagni e La Bohème di Puccini dirette da Gianluigi Gelmetti,
La scala di seta di Rossini in una produzione pesarese diretta da Gabriele Ferro, nonché alcune realizzazioni antologiche con Luciano Pavarotti e
June Anderson. Sotto la direzione di Riccardo Chailly, l’Orchestra ha inciso
Macbeth di Verdi, Manon Lescaut di Puccini, Rigoletto di Verdi, La Cenerentola e Messa Solenne di Rossini e le produzioni videografiche dei Vespri
siciliani e di Giovanna d’Arco di Verdi e una produzione RAI di Werther di
Massenet. Nel 1993, sempre in un’edizione del Rossini Opera Festival, ha
inciso l’Armida di Rossini con la direzione di Daniele Gatti.
Nel 2003 l’Orchestra ha inciso per la Decca l’opera Werther di Jules Massenet con Andrea Bocelli e la direzione di Yves Abel e per la Deutsche Grammophon l’opera Le Comte Ory di Gioachino Rossini, registrata dal vivo a
Pesaro in occasione del Rossini Opera Festival 2003, protagonista Juan
Diego Florez, direttore Jésus López-Cobos.
Ancora per la Decca e con protagonista Juan Diego Florez, ha inciso un
CD di Arie Sacre. In uscita, sempre con il grande tenore peruviano, un CD
di arie del repertorio francese. Per la Deutsche Grammophon ha inciso La
Nuit de Mai, un CD di arie d’opera e canzoni di R. Leoncavallo con la partecipazione di Placido Domingo e la direzione di A. Veronesi. Di recente uscita, per la Sony, l’album di arie d’opera di autori vari eseguite dal soprano
Nino Machaidze e dirette da Michele Mariotti.
GRUPPO BPER
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono
realizzate con il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
Vanna Belfiore, Deanna Ferretti Veroni, Primo Montanari, Corrado Spaggiari,
Gianni Toschi, Vando Veroni
Annalisa Pellini
Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Bluezone Piscine, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella
Catellani Lusetti, Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Mirella Gualerzi, Insieme per il
Teatro, Paola Scaltriti, Gigliola Zecchi Balsamo
Francesca Azzali, Nicola Azzali, Gianni Borghi, Andrea Capelli, Classic Hotel, Francesca Codeluppi, Andrea
Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari, Giovanni Fracasso, Alessandro Gherpelli, Alice Gherpelli, Marica
Gherpelli, Silvia Grandi, Hotel Saint Lorenz, Claudio Iemmi, Luigi Lanzi, Franca Manenti Valli, Graziano Mazza,
Ramona Perrone, Francesca Procaccia, Teresa Salvino, Viviana Sassi, Paola Torelli Azzali, Alberto Vaccari
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