Biblioteca EcletticaE Collana: E-books Marina Pizzi Sconforti di consorte (2004-2005) In copertina: foto di Alessandra Visser, 2005. Gruppo Officinae.net 2003 1 Occhi di sassaiola lapidi già preste (o) 2 1. Ancora le reliquie della sera il diavolo delle persiane la siccità equorea del corpo spodestato di anni. Nessun fratello conchiuso nello stento lo stato stento del freno scarso quando il burrone elude il peso di chi fisso al chiuso in mezzo alla strada in un angolo o dietro la porta di casa. Di lì a poco si scostò i capelli andandosene sereno e per benino il corpo si vibrò provvista di castello un incanto di stamberga. °°°°° °°°°° °°°°° 2. Non sono mai stata iscritta al college né ad un privé di grazie sotto abachi di padre. Consolanze senza scorta offuscano il sorriso ora ospizio il forse del patriota. °°°°° °°°°° °°°°° 3. Mai fulgente di gioia il nato nemmeno se l’erba muraiola della madre confessione di amore. Ormai senza scorta la fune della resistenza indossa una resina senza volerla né sa salpare oltre. Tremenda pena la corda ribaltata … °°°°° °°°°° °°°°° 3 4. In una mansarda di fiammiferi spenti (oltre più di bruciati) guardi le giostre di sentieri ai tetti ben oltre che indifferenti. Sterminio di natura anche il cuore interrogante lo zero. °°°°° °°°°° °°°°° 5. Fino all’anno scorso c’erano i fiori di campo: tornami dal fiato in pene di mare morto finalmente stanco certo del riposo. °°°°° °°°°° °°°°° 6. Vola il corvo sulle lenzuola candide: tutti giocano a svelare abbecedari e cicatrici piatte, guarite. °°°°° °°°°° °°°°° 7. Un aiuto di cometa possa tornare tra le teche di scienze imbalsamate da spiccioli lasciati su banconi di bar tra rattoppi chiusi alla meno peggio e lucertole schiacciate per oltraggio. Le spalle viete per un lavoro tetro tornino nature di costanze vastità di cialde appena di forno. No, non girerà il panorama nelle antirughe delle creme mentori pur per cristalli le ceneri. °°°°° °°°°° °°°°° 4 8. Dormire accanto al lavabo è così triste, zefiretto il singulto quando da giovane vegliavi versioni di lettere, silente nell’urlo del bacio. Il conservante dell’antimorte ti costrinse valente tu valente di soma. °°°°° °°°°° °°°°° 9. Aspetta che il bucato si asciughi nei ghirigori fastosi [del sole] da lì a non parteciparvi: (intendo il sole della gioia). L’io narrante solo briciolo qui a ridire dal farabutto al santo. °°°°° °°°°° °°°°° 10. Con il cardo dell’occaso voglio l’angolo di un’aureola di salto. Alla prima deriva non venga meno la scorreria del polline, giammai la recidiva per la ripetente storia la lite della terra. Ostinata la fionda della prepotenza immette binari né vivi né morti solo stupidi. °°°°° °°°°° °°°°° 5 11. Dove il tempo è l’orto con la voce con l’occhio alle rondini che non tornano, i grani del rosario con la fede egoista. Stammi in senso, ti prego, godi di me la fune della luna senza riso né dolo o fola di gioiello. °°°°° °°°°° °°°°° 12. Fionde di baci per vendetta di non trovare amore. La salsedine del poggio renda l’equilibrio all’aquilone appena intrappolato. Equidistante dal porto all’alto mare lo stortignaccolo albore del cucciolo delfino. °°°°° °°°°° °°°°° 13. I vestitini da nulla, del nulla lo stallo e la vendemmia pari sono. Questa la trama di una vita stipata sotto la zattera marcescente, pari senza pari. Il riso crudetto anche del Grande Chef fu la norma d’angolo, l’apice maligno delle trincee di polsi e caviglie spezzati. Crebbe il cappio con la bilancia peso di cialda di ruggine quasi da subito o ben presto dimenticanza del forno pasquale erranza di errore. °°°°° °°°°° °°°°° 6 14. So di andarmene a piedi, senza rondine sotto sedie che traballano il coma di tutti gli oliveti. In balìa della tempesta, braccata d’asma so l’onta delle darsene la spiaggia di plastica benemerita! di stick di deodoranti. Senza stinchi alati doloro chiodi ingloriosi stimoli di beffa morie e raucedini dì di dì vecchi. °°°°° °°°°° °°°°° 15. Rubato dalla cornucopia questo guardarti finito in elemosina di tempo: promontorio d’urlo. Interno alla marina fu il tuo sguardo abbreviato in sigle di baci quando il valore era lo stupore di spore porta a porta per i fiori. Ammessi al silenzio che sia la gioia scovata al finalmente mai preda al sisma del talamo e del sarcofago. °°°°° °°°°° °°°°° 16. Nelle gerle di silenzi ìmpari gl’indici questi brevetti innocui perituri e sismici nonostante seduta stante io muoia. Schianto marino l’apice del ventre e tribunale l’ombra e bracco la cicala che possa somigliarla in elemosina almeno. Il certosino simbolo del santo non ha potenze nuove né vero senso il qui per poi al dopo un poco di più. °°°°° °°°°° 7 °°°°° 17. Mai più potrò la giuria del fato (sciatteria illogica la pena) quando nelle albe delle ricerche nuove più nuove e molto oltre nuove il mio amore m’inventava. Stava la tana una lanterna magica mille nei giochi le prodezze nell’imbarazzo degli angeli. Ora che perno è solo il fulcro ventoso della cenere il natale del talamo cerca le pertiche i trampoli roventi in passione le aureole all’addio. °°°°° °°°°° °°°°° 18. Venne giù dall’ultima grondaia credendola salvezza. Sull’avviso la pietà della volpe lo raccolse. Pianse ancora la resina del mare come a farsi pozzo. Parente del cipresso avverto l’indice di calamita incudine senza faccenda. °°°°° °°°°° °°°°° 8 19. Nel vuoto del canestro di sale stordisce un calamaio il viottolo ha spia di loculo. Un tempo ti scrivevo con lingua piena quasi di rattoppo al tempio della pochezza per la lontananza. Le stelle di quadrifoglio che non vennero ora spose di altre lotterie benvenute stimmate. °°°°° °°°°° °°°°° 20. Ho cremato mio padre per fingermi eloquente atleta delle scale in salita. °°°°° °°°°° °°°°° 21. Logorio magnifico, invernale perdere la faccia a favore di gelo dove il fico lunatico di amore resti abile, nonostante a te a me il tema di martìre. Ti venni in contro in canone di fato ti guardai morire, ennesimo al morire e nonostante stento di scisso stadio solare. Il numero civico non ebbe brava cadenza, brava, di felicità. °°°°° °°°°° °°°°° 9 22. Mettimi nella tua frangia di vita e finalmente consumami esumami alba senza veleni. °°°°° °°°°° °°°°° 23. Fune di noia ogni cassetto funestato da ciotole di sale, la notte l’ho spezzata nei cipressi insonni verdissimi di beffe, in ordine ai lamenti di dì morituri redini del marcio le vene venute dal ventre presente, venture. °°°°° °°°°° °°°°° 24. Scaturigine in gola l’alba sbandata nel viottolo. A costo di cresime sismiche (mistiche al blasfemo) si tolgano vincitori e vinti, manifesti di prigioni asole contro il freddo ombre brevi al sole. In una scrivania di mattonella ho visto trascorsa la furia alla novella (la stasi del perpetuo al perenne) l’olimpiade in un bicchiere costosissimo, di plastica quotata in borsa. L’aroma del rosmarino nel mezzodì fu il principe azzurro con la gola tagliata non più giunto per mano di nessuno. °°°°° °°°°° °°°°° 10 25. All’incrocio del sale è sparita la rondine sparita l’icona religiosa oggi digitale nell’effimero dell’effimero. Il fiato nel pastrano comprime la povertà del cantico nel poema tutto. Cosette stipate sentenziano cassetti di patibolo bricconi di diavoli bricconi di angeli remoti, stoltezze del tema. A mo’ di corteccia il cipresso è l’ansa governativa del senza del senza più senza paradiso. La telefonata fiscale è la bramosia dell’omicidio, il tedio del ciclo del sospetto. °°°°° °°°°° °°°°° 26. Costato di martirio arranca il cardo bastevole soltanto all’alba nera alla minuscola stele nell’orto per le guerre civili delle rondini cieche. Già nulla si vedrà dalla finestra la più in alto la più in basso o dal comando di un manipolo di stenti o di lusso le feritoie della notte. In petto alla meringa di ogni festa un altro chiodo con la ruggine si vela. °°°°° °°°°° °°°°° 11 27. La sconfitta è l’arsione dell’artista la stella gialla nel sangue di cenere. Plettro di giustizia la rondine sbarazzina anche in caso di apocalissi. Gioia di autunno sillaba d’inferno il verbale accantonato per finta dimenticanza. °°°°° °°°°° °°°°° 28. L’arciere del mio teschio non vedrà il cielo il diario di un anno le ripide scommesse le doglie delle vergini le voglie delle vertigini. La morgue guardona la coda bidone della cometa entrambe in corone di super miss capitali nel tonfo del funambolo. Dacché la fionda divulgò la ronda nessun dottore della prateria arse panoramica la data infissa. °°°°° °°°°° °°°°° 12 29. Molti amano essiccare i fiori pietà della morte letta crepacuore oltre. Impiccato alla punta della luna il capitano del mio corso non libera la ciurma. Là tra le venie delle forche ossute càpita più che spesso un innocente interno. Il tuo corpo aromatico svolò da me che salva non restai in vita ma da allora mi capitò agonia. °°°°° °°°°° °°°°° 30. Questi gigli di voluttà abbiano il salvacondotto per la vacanza. L’inguine del viottolo svolti all’amore quando dal corso dell’evento il ciottolo componga il pendolo in altro logo. Sterno di atleta dal peso morto se finalmente la madre per sempre con il padre fiorisca rondinella stento giammai, conchiglia. °°°°° °°°°° °°°°° 31. Andammo quando il vento si scioglieva epitaffio di grandine e bestemmia dove? se il collo della vanga non foggiava che crollo l’andirivieni del corpo raffermo al temporale. Il ventre a mantice permetta la darsena solo per le crepe non più in pena di senso confitte negli eroi a perdita di orizzonte. °°°°° °°°°° °°°°° 13 32. Al cinema Astor/Odeon per prova ho perso la vita persa, le storie degli altri hanno sperduto la mia per dissomiglianza delle gocce d’acqua. Un intoppo di glicine pendente per inerzia mi porta al lavoro con ciotole di biasimo vedermi. Gl’indici ritorti degli archivi non includono il mio nome né le ombre scarlatte/bluastre del cadavere incluso nel latte di uno stordimento. °°°°° °°°°° °°°°° 33. Questi dispetti si disfano dell’alba con l’arpione delle arpie e baldacchini di potere. Camminare col cuore ingrossato di nebbia reticolo di precoce invecchiamento. °°°°° °°°°° °°°°° 34. Febbre di aceto solitudine di salita ricòrdati di non santificare le infermità del cielo. Il tepore di non fare niente così per brevetto di allegria. °°°°° °°°°° °°°°° 14 35. Abitare lungo un canale per un petto crepato da elemosine emerse da sinistro, è il sì del passo assennata la rassegnazione di conventi di braci nelle linfe si cipressi che narrano non dismesse le festività. °°°°° °°°°° °°°°° 36. Lo schianto nella caduta è desiderio d’inerme ragazzino farsi. Non permise le nuche ma stanze vuote. Di controvoglia nacqui e fraintesa in margine al veliero e in piedi e senza posto così mancata la rondine finanche. A caccia dell'ultimo intervallo la gara maestra della soccombenza, arpione di squadraccia poter volere beffa la giostra della patria nulla. Venuta a sera la vedova cristiana avrà Francesco in brezza per amico. °°°°° °°°°° °°°°° 15 37. Non ho neanche un seggio tra gli alunni ultimi, dalla finestra si vede un ponte un po’ stamberga senza approdi né passi. Non ho neanche un’asola che possa aprire o serrare la stele del vigliacco nell’eroe. Non ho neanche un filo di ragno ma la febbre del colpo di ghiaccio dal loglio nel grano che l’immenso del campo finga. Ho la notte apolide, elisa nelle gabbie per animali senza male. °°°°° °°°°° °°°°° 38. A casa mia le luminarie di Natale restano accese per l’anno intero. E’ una trasgressione di solitudine un rimbrotto di luce contro il sangue nel cerotto che dà il riso alle aureole di provincia di ogni santo ormai esaurito. Il militante, il credente umiliano l’attesa della mia salma. Le stanze ridottissime del mio stare sismano nelle botole del non amore hanno perso l’apolide, e, il patriota. °°°°° °°°°° °°°°° 16 39. Nel soqquadro di guardarti ho visto l’ebete caligine del perso non aver più tempo né brio di birra per amore. Nel brevetto della rondine la nuvola del dire in gioco. Avvengo alla persiana di resistermi mite al nonostante stia per pozzo l’altezza. °°°°° °°°°° °°°°° 40. Mi guardo accedere al retro della faccia Artide o Antartide ma devo inedita confisca al documento che ne fui. Elegia del pane dimorarti accanto quanto lo sgorbio del bivacco o le mura del murato vivo. In pena con le soglie dello spurio apprendo stelle nere stelle buie catapulte d’attimo i punti cardinali. Spazio di rigo, miserrima coperta quella la madre più spesa la faccia in rughe di chi crepa piano. °°°°° °°°°° °°°°° 41. Un antro per sfinimento rupe di tuffo confinata anagrafe. Torni a sera la giostra di guardarti belletto naturale di farfalla anche mia la ferita del falsario. L’incudine fiscale della campana abbia requie culmini il verdetto sotto l’arringa del garage sceso a saturazione. °°°°° °°°°° °°°°° 17 42. Mica parrà di autunno il restante dispetto dato che l’oasi è la fessura dentro il conseguito abbraccio. Ciò che preme è un medagliere vuoto disposto per immenso nell’illeso del sorriso. Morirò con la fronte da segugio con la sostanza del soffitto con il vetturino analfabeta. Un girotondo di fratelli non contenni pur nel vizio delle preghiere o nell’indice delle bravure degli atleti. Popolarissima la casa dello stallo quando concerti e bestemmie sono identici. °°°°° °°°°° °°°°° 43. Mangiucchiami il silenzio a poco a poco oltre la spranga dei fatti otre d’ombra per il vitellino. Voglio il tuo grembo in braccio alla cometa in terra alla veglia che non sono se non per sonnambula. Burla con me la gioia non avuta il ciclope marino che ci uccise alle grazie del primordio. A mo’ di costo e prezzo e per usure il bavaglio contro la rondine. °°°°° °°°°° °°°°° 44. Il merletto fatto a mano è stato inficiato dall’ossario dell’ultimo appuntamento. Occhi di sassaiola lapidi già presto. °°°°° °°°°° °°°°° 18 45. Sono la rotta a terra e senza pace senza alcun Se ma cruda la vendetta d’una frescura che non serva più. Attesa dal dispetto di mia madre ormai ne nacqui dissipata e quasi da subito rovina subita, distacco dalla venia senza mai felice il giardino nei pressi del carrarmato. Al mare è bello innamorarsi in mano alle conchiglie più sapienti. °°°°° °°°°° °°°°° 46. La faccia del sorriso di chi muore al ballo delle esordienti con la mansione di sciuscià. °°°°° °°°°° °°°°° 47. Guardami all’eccesso voglio morirne, tornata selvatica da tutte le cerimonie negli spergiuri del sasso spezzato. Qui non basta un tranello di eclisse per distrarre l’ombra alla baraccopoli del coma. Stanza di fango il mio diverbio al mondo. °°°°° °°°°° °°°°° 19 48. Dal bar girato l’angolo consunse il belvedere. Da un balcone le girandole strillarono senza scopo. Le acque natalizie non risorsero pasquali. Tra brindisi di altri la sua fu la petulanza della solitudine con il dirimpettaio che tornava soltanto al termine di qualcosa. Le ronde delle lucertole lo persero di vista nel pregio di fessure per sensualità al futuro. Anche la pigrizia della morte lo raccolse con fastidio. °°°°° °°°°° °°°°° 49. Sempre sotto pena il tizio del mio scritto Una casa così avrà la fretta di sopire ventagli senza amore né ampolle votive per i baci né domeniche in addendo di ricordo. Vuota nel colmo pasto delle tegole l’unguento delle rondini al ritorno una casa così in guerra d’ombra il plettro del fantasma per spavento. Una zolla di aiuola appaghi tutto quasi rendita al bivio del dispendio. Sempre sotto pena il tizio del mio scritto °°°°° °°°°° °°°°° 20 50. L’ultima spada divelta avrà da ridere il chiodo nero che le fece darsena sopravvissuta stanza. Intrusioni di baci non ebbe il muro né la poltrona giunonica dell’attesa saputella di zeri in fila in fila. L’ultima spada in palio intera fine con il cancan del caso senza anima senza collo di giraffa il tempo. Spaesami da te con tanti grilli con lucciole vicine in tante gioie! °°°°° °°°°° °°°°° 51. Il fiato lungo della giovinezza quasi una meraviglia di ristagno è darsena oceanica è il chissà novella di gran nicchia è la manovella per aprire il sipario sull’arsione dell’arco di prendere il centro. Ma mica t’insegnerò mi disse il padre ma mica t’insegnerò mi disse la madre il fiato corto lo porto dalla casa sul porto, sui trampoli convenni le funi marcite le ciotole di croste le stoppie di rantoli. °°°°° °°°°° °°°°° 21 52. Il cortile delle ceneri dacché da un secolo le povertà contorte dallo scarto convalidano le gioie al padrone; ho visto la retata sul far della sera quando i perdenti corrono più rischi o all’alba quando si mura l’obbligo di far giornata, l’alba brusca battente premure di veleno. Salva con te una teca di commiato che porti le melme oltre le olimpiadi o lo spergiuro delle nascite. °°°°° °°°°° °°°°° 53. Con l’ombra al suolo e la cometa in bocca la pasta nulla del senza pane le impennate del sofferto qualità di indice. Aurora di frescura quando, se, con la cometa in bocca la guida virgiliana del senza paradiso prometta più comunque chissà che. Tegole di scarto per questa casupola goduta dall’impostura della rima sul far del materno. In nodo darsena ti vorrò guardare dimesso dalla ruggine del corpo con la cometa in bocca che ci ponga angeli lisi angeli pur sempre. °°°°° °°°°° °°°°° 22 54. Lei ha i libri su tutte le pareti le foglie morte uso di tanto bosco ville per tutti casupole di sterco. Ballino le teche anche se statiche secondo il costo che ci metti dentro le gioie delle sofferenze le asole di unione. E mentre il calo è folto di vertigine sono a scriverne ancora in far di stenti versi. °°°°° °°°°° °°°°° 55. La pietà di occaso che mi proponi tonfo al senso, solido cipresso senza sogno. Giorno di luna libertà mendiche le dune con i gigli della sabbia meraviglia al macero. Un antro per non essere per sfinimento uncino. Con lo scavezzacollo per amico ho concluso il protocollo, ho retto l'atrio che non salpava (né svaligiava banche di cometa) che raggiunse il secolo e non capì se non nulla. °°°°° °°°°° °°°°° 23 56. I muri rosa, celesti quasi a riso i libri sacri, cattivi delle religioni le case uccise da primule e trincee dal basto delle unghie strappate a colpi di aurora a colpi di tramonto dove non volli commettermi donna né falò di dea la madre presunta la santa assunta alla combriccola angelica. Salva non fui né condannata canzone sgolata per anfratto. L’elefante memorabile di sé non volle l’accanto né darsena votiva la luna di spicchietto. °°°°° °°°°° °°°°° 57. Tassidermia Nei capelli la lacca dell’imbalsamazione quando la giara è sfinita da un pezzo anche per il verdetto dell’indifferenza. In giacca e cravatta la valenza stramazzata per il falò del fuoco più cenerino rimato con le protesi che restano beffa grande del prossimo cassetto preparato per lo svuotamento. Fino a corruzione i file archiviati non saranno indagati. Gaiezza del ghiro il sonno romitissimo augusteo. °°°°° °°°°° °°°°° 58. Agio di silenzio il fato al cipresso almeno il baro non può più l'accesso al timbro della cincia che là l'innanzi dia. °°°°° °°°°° °°°°° 24 59. Nei contorni della foce la giostra di ruggine l'aureola pettegola di santi ben più dismessi, silurati. Mitologie di acronimi stupidissimi presi per dittatori fautori di carriere e simili discepoli scesi in far di strage. Nel casco che sconfessa la faccia l'amante di sacco dell'insensato-incensato Prìncipe. °°°°° °°°°° °°°°° 60. Sul finale La forma dell’assiduo dormiveglia la fune in ufficio, la ruota liscia. Quel gran casolare che ci passò è il rottame del sì di quella rondine nonnulla di baci grandini carezze. °°°°° °°°°° °°°°° 61. Quasi all’alba è passata la bisarca di ghigliottina al sonno. Eroina di amarti mi figuravo guida di mani, ernia dell’occhio lo sguardo di toccarti assente. Il sangue in resina ci sperdeva divi di noi, noi folli d’impronte… Solo il patrigno strazio delle fole e sì converse in eremi di forca. °°°°° °°°°° °°°°° 25 62. Si fa intorno vestale il tuo libretto spillo di animula logica di sabbia. In breve è da una vita che lo assaggio girandolo conto malaticcio del ben già troppo sapere e senza bene mai. Non freme più nessuno ormai, ma maturato nero il rantolo tedia l’ultimo tassello. °°°°° °°°°° °°°°° 63. Avevo una veranda con l’altana avevo un’altana con veranda venerande età di primo amore la resina dell’arcobaleno talmente felice il cielo. Venne il lesinare venne lo stonìo nel garbo della rondine nel dire balordo nel dotto fendente del termine più morto il coro del requiem. °°°°° °°°°° °°°°° 64. Lo spasmo del senza aureola solo la fronte il palmo vuoto l’onda ripetente promossa nel medesimo spasmo. °°°°° °°°°° °°°°° 26 65. La povertà della ricchezza intriso stabbiolo inguine vanesio comunque stallatico il giudice. °°°°° °°°°° °°°°° 66. Dovrò sparire ghiaccio, darmi retta oltre la fronda che non conserva i passeri né di vedetta li festeggia. Giara di alamaro sarò le ceneri del gesso che scrive ancora alla lavagna di un’ulteriore scuola. Là dappresso svolerò ancora la schiava del veliero non mai leggero approdo di spoglie, sposo. °°°°° °°°°° °°°°° 67. Arpia di tale scialo Arnese di altri termini volare il mio sterminio penzoloni al vuoto nessun compagno di scuola per sempre per il ricordo da poter badare. Germe di eclisse il seno liso al temporale del basto; calici al verdetto vidi le rondini non ammesse all’asilo di cimasa. Arpia di tale scialo il compleanno di maggiore età. °°°°° °°°°° °°°°° 27 68. Resina di resti la gola rotaia panica, panica lapide. Una ingerenza del fosso uccide in anteprima alle persiane il sonno carezzevole mai démodé l’ossario della fronte. °°°°° °°°°° °°°°° 69. Davanti la casa sparì la cicala del senso l’erba, il pallore dell’alba deridente, a te le foto del concertino di bambini. Valore di cresima l’aquilone in fiamme. Il gioco del lotto la falcidia del maggio nell’irriverente roseto dintorno intorno al cimitero non più monumentale. °°°°° °°°°° °°°°° 70. Il gerundio del vuoto Gli uccellini a petto rovesciato gli occhi nudi. Maree di accatto, attese di perdente intarsio. Il sì del vuoto nel petto rovistato dallo stato di non amante nessuno il generante il remante emisfero del bacio. Disamato badante dell’angolo lo stato di trottola: il sigillo. °°°°° °°°°° °°°°° 28 71. Da questi intonaci ammalorati dove va in malora la casa senza via, quasi ti rivedo augusto sotto l’iride del sale: sono morta nell’acqua più salata senza la presa equorea del fu tuo abbraccio. °°°°° °°°°° °°°°° 72. Dismisure di chi resta bambino nello spionaggio del vento per distacchi di fratelli giostrai dentro stoffe di nodi marini salini consorti dell’angelo tarpato da alunno. °°°°° °°°°° °°°°° 73. Non dare credito alle maree che pulsano amanti, al pendolo castellano con il verso dell’uccello sempre scampato. Ben saldo è ben altro il salvo, salvato ritornello. La casa che ti rannicchia è solo cena senza atomici baci danteschi. Rassettare il cantone è solo norma alla chiosa del corpo che muore appena. °°°°° °°°°° °°°°° 29 74. Regga l’inganno, la quercia, senza malore aceto di pazienze per pollini bambini i pani senza scempio, finalmente. °°°°° °°°°° °°°°° 75. Chiusa dal verdetto della folla un attimo d’alba la bara… questo dispendio dello stretto questo scavezzare di soqquadro. °°°°° °°°°° °°°°° 76. Sono morta nell’acqua più salata nei crolli delle voci sulle fionde tale qualunque un neo nido qualunque ucciso dal vento. °°°°° °°°°° °°°°° 77. Le cose senza cosa del salario, il plettro che simula la rondine, arrivato a capire, si ammalò. Storie di artisti con o senza soldi, cani legati al palo in attesa o in perdita di padrone. La farsa del mappamondo quando il dispendio le terre a vanvera di addio. °°°°° °°°°° °°°°° 30 78. Ultima voluttà ripararti il viso dal latifondo del buio. Salva che ti risalva non si salva nessuno dal corpo ospedaliero dall’apice di cenere. Con la mole del santo non so che farci né scodellare aromi per le tempie scorticate dal basto delle sveglie d’alba il sicario. Con le vene storpiate dalle flebo cerco l’esempio di non scampo l’arco delfino di ben oltre, oltre. °°°°° °°°°° °°°°° 79. Con l’ombra nella voce, la stoviglia in grembo muore il fardello. Da bisacce con rondini in viaggio crebbe la voluttà del lutto sulla luce. L’impero del sale scorticò le ghiande in meno di un dissenso vortica finire. Il focolare dell’orizzonte Fontana di Trevi senza minima fortuna, massima la ruggine del giogo il non-luogo del panico. A turno le rovine le visite di stoppie che non terminano. °°°°° °°°°° °°°°° 31 80. Paese di cornacchie di cipressi atipici, foce d’infamia. Con la voce al muro della diga chiamai il tuo petto romano che moriva. Padre di alunno mi fosti padre piccolo genio senza costrutto. Nessun coma ti prese in pietà, di notte l’urlo scontava transenne il senno in vita degli altri perpetui senza pietà. Sta sul davanzale ermo di più il gatto badante al cibo che per morte in sigillo si getta. °°°°° °°°°° °°°°° 81. Di notte ti uso alla fronte una baracca di vento …. quasi ti conservo. Insieme all’abbondanza della notte nacqui da madre, mi mise un collare da anfratto selciato da condannato. In meno di un gigante di fiaba mi sbarazzò la vita. Tutto un azzardo m’imperò. °°°°° °°°°° °°°°° 32 82. Acqua di valle nera questo soppiatto squadrone di esecuzione. Di nessun tempo la trecciona di Giulietta (questo collare ad uso di poeti) allo spasmo di onde. Nei colori pastello dell’estate l’eremo del tronco. L’ultima straducola di dispetto spodesta l’orizzonte. °°°°° °°°°° °°°°° 83. Le rondini sfiorano la mia finestra strana cosa la chela dell’ala per la gioia, la volpe di città riposa sullo zerbino, le lumache che presidiano la casa tremolano ma creano la scia. La giungla del sale che il cipresso sulla mia vita ottiene, sa l’arsura precoce per verdetto, le maniglie spezzate appena al tocco. Il minuto trascorso nell’oasi minuta fu la posa del bacio l’io concluso sulle stimmate del sorriso. °°°°° °°°°° °°°°° 33 84. Eremo vissuto blasfemia del sale asole di tombe, la leccornìa del vuoto la vertigine del senso. La casa cantonale della sfinge non finga resistenza giacché le gare non torneranno tirannie d’alba in corte di sudario. Non mai elementare la tara dello scisma forse simula che sì la cenere dismetta. °°°°° °°°°° °°°°° 85. Ho visto stralunare le cicale perdite di caso e le lucciole letargie di dee senza proscenio, scalinate e scalinate senza mancare una sola buca pur se vestita di una sola canottiera da bambini. La crestina delle cameriere sappia arrendere la fame con uno stratagemma per martiri comunque. Gerarchie di gabbie il torsolo di ogni ed ogni lato dal sasso roso al sogno della gemma. °°°°° °°°°° °°°°° 34 86. La sintassi del tempo dove sbaglia l'abbecedario. Diario di ombre il sudario tra manciate di rondini veleni di cialde le ciabatte. °°°°° °°°°° °°°°° 87. Perché mi scarti dal bene dell’eclissi? Non basterò a me stessa mai più mai nemmeno alla teca vestale della cenerentola tonta del guizzo della lucertola che sa non fidarsi dell’estasi. Salute di conchiglia l’arreso. Arsi gemella all’albero il distacco tana di germoglio avessi avuto l’orizzonte il tremulo scompiglio di badante d’acqua. °°°°° °°°°° °°°°° 88. Pertinenze del buio, stati affranti queste esequie. La fossa della trincea sa l’insonne movenza dello sguardo privo di àncora. Il portone del filosofo fa ridere, moltissimo. Persino il santuario disdice le rondini. Quale cimelio la pertica dell’aurora senza stasi alcuna. Il cuneo del seno spartì una madre randagia parentela del covo cieco. °°°°° °°°°° °°°°° 35 89. Vissi appena un eremo di stasi una conchiglia stranamente ribelle rivolta in rivolta al suo stesso mare, l’occhio da cucciolo, l’albedine dell’inganno della prima comunione. Nel lutto del panico la giungla per noi comune. Spenta la play station invincibile, lo scalino del treno abbia pietà del ritardo. °°°°° °°°°° °°°°° 90. Il gabbiano sull’obelisco in cima alla punta della croce livrea di vedetta veronica nebbia di condanna. °°°°° °°°°° °°°°° 91. Il silenzio della ringhiera Propizia aurora a meno di rondini dementi non tornerà la gimcana delle nozze perpetue, giacché le alture spianate da ordini di pece, la musica sfinita da uno squarciagola. Cialda di foschia curva mortale fu l’amarti al nonostante del buonsenso di qualunque prontuario il diniego e il diniego. °°°°° °°°°° °°°°° 36 92. Non ho amicizie di dadi né rampolli perenni nello sguardo trucidato. La caraffa del mattino della sera è la medesima. Le volpi urbane non hanno più il controllo della cattedra, si lasciano intimidire oltre ogni migliore stato di natura. Così la stazza della bara in stanza, aculeo di uno schiavo senza forza né la libertà di una pagliuzza in faro. °°°°° °°°°° °°°°° 93. Dove l’ombra accudisce chi non siamo accordi senza remore di stato, quasi ritorni una veduta d’indice la cerbottana del primo bacio cieco. E non servì farsi alieni nel tratto di tregenda, fisionomia d’eroe almeno dentro il sogno. Il congegnaccio d’inizio di gennaio di fine di dicembre smarrente si siglò medesimo. °°°°° °°°°° °°°°° 94. Giulebbe si credeva anche la trincea quando la chiama votiva di rondini viveva giochi di ordini chimerici. °°°°° °°°°° °°°°° 37 95. Il dispendio in corsa aggrumo. Alla testa del raduno il tuo profumo nonostante assente l’istante di vederti. °°°°° °°°°° °°°°° 96. La dedica avversata dallo svolgimento E’ finito in uno stato vuoto il congresso del nostro amore addirittura internazionale. Senza darsene ci disperdiamo nei calzoni furtivi dell’estate cortissimi nel meno di ogni amore frammenti di conforto. La dedica avversata dallo svolgimento non creda all’eccellenza né dia pace al boia fede alle traversie delle stazioni modello. °°°°° °°°°° °°°°° 97. Le burrasche della sera le gioventù commesse a tu per tu con le timidezze. Se i bivacchi aciduli di vecchi consumano rimbrotti di non senso, sotto lampioni schiavi il letamaio è vita. °°°°° °°°°° °°°°° 38 98. Il dispendio Appena in termine l’origine del giorno (dispendio pur comunque darsena) sfatte le musiche in credo di santità. Da appena un giorno ti conosce l’antro eppure solo ieri eri nel calesse immune del sogno. L’ecumene della perdita in altro nòcciolo avveri chissà. °°°°° °°°°° °°°°° 99. Nessun male nel chiosco della sera quando prendi equilibrio con la brezza con la pendenza del fato e la vacanza. Includi in te un apice di cielo quando il sorvegliante dorme diamante per te la libertà. Il sale che restringe i tuoi stracci (morsa al gerundio la povertà di chiedere) abbandoni i segni dell’esilio per un bestione di orso ben più paterno. °°°°° °°°°° °°°°° 100. Nei mulini a vento di tutti gli orologi essiccata. Quasi un marsupio le lapidi finalmente l'ascolto di poeti che in amore tornano contro il tempo di tutte le metropoli. Nel gergo dell'estate nello stato nudo il cardo furbacchione di ogni gorgo che per sopravvivere rallenti la lente del vero. Meno di un rantolo la cerchia del seme deporrà fendenti. *********** 39 Marina Pizzi Marina Pizzi è nata a Roma, dove vive, il 5-5-55. Ha pubblicato i libri di versi Il giornale dell'esule (Crocetti 1986), Gli angioli patrioti (ivi 1988), Acquerugiole (ivi 1990), Darsene il respiro (Fondazione Corrente 1993), La devozione di stare (Anterem 1994), Le arsure (LietoColle 2004); [raccolte inedite in carta, complete e incomplete, rintracciabili sul Web: La passione della fine, Intimità delle lontananze, Dissesti per il tramonto, Una camera di conforto, Sconforti di consorte, Brindisi e cipressi; il poemetto L'alba del penitenziario. Il penitenziario dell'alba]; e le plaquette L'impresario reo (Tam Tam 1985) e Un cartone per la notte (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); Le giostre del delta (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004). Suoi versi sono presenti in riviste, antologie e in alcuni siti web di poesia e letteratura. Si sono interessati al suo lavoro, tra gli altri, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Canali, Giuliano Gramigna. Nel 2004 la rivista di poesia on line “Vico Acitillo 124 – Poetry Wave” l’ha nominata poeta dell’anno. Marina Pizzi fa parte del comitato di redazione della rivista "Poesia". 40