1 58947 BUONA SERA CON FRANCA RAME – 20 PUNTATE Trascrizione ottobre 2011 – Cristina (inserite le correzioni di Franca fatte a mano sul dattiloscritto; parti in giallo da rivedere, in rosso aggiunte guardando video) • La casellante (7 gennaio 1980) 19’45’’ • I piatti (8 gennaio 1980) 18’ 00’’ • Una donna sola (9 gennaio 1980) 24’00’’ • Black out o senza luce senza riscaldamento (10 gennaio 1980) 22’30’’ • Il problema dei vecchi (11 gennaio 1980) 16’ 00’’ • L’uomo incinto (14 gennaio 1980) 20’ 00’’ • L’onorevole da rieducare (15 gennaio 1980) 15’30’’ • Il marito robot (16 gennaio 1980) 15’24’’ • Il telaio (17 gennaio 1980) 20’00’’ • L’attore politico (18 gennaio 1980) 16’26’’ • La mamma al fronte o mamma alla guerra (21 gennaio 1980) 13’57’’ • La fuga da casa (22 gennaio 1987) 11’30’’ • Elogio dell’aperitivo delle bevande in genere (23 gennaio 1980) 9’54’’ • La condizione della donna o la costola (24 gennaio 1980)18’36’’ • Il risveglio (25 gennaio 1980) 15’41’’ • I chiacchieroni (28 gennaio 1980) 5’13’’ • Pupazzo giapponese o uno scherzo in fabbrica (29 gennaio 1980) 20’30’’ • Lezione di telaio o catena di montaggio (30 gennaio 1980) 7’00’’ • La madre di Michele Lu Lanzone (31 gennaio 1980)16’00’’ • Abbiamo tutte la stessa storia (1 febbraio 1980) 13’55’’ SIGLA INIZIALE: IO CI AVEVO UNA NONNA PAZZA. Io ci avevo una nonna pazza, cha allevava gatti di pezza, e abitava su una terrazza, e dormiva in una tinozza, in una tinozza in riva al mar. 1 2 Si mangiava solo le cozze Coltivate nell’acqua nera E non si beccava mai il colera Né la peste né il mal dimar. Che nonna pazza! Mi raccontava tante favole, favole matte a scarampazzo, faceva tutto un gran papocchio, streghe a cavallo d’un ranocchio, e i diavoli nani in riva al mar. Mangiava solo funghi matti Con la capocchia avvelenata, se li mangiava in insalata e non le veniva da vomitar. Che nonna pazza! C’erano una volta, mi raccontava, sette nani farabutti, spacciatori di sigarette, sigarette di tabacco, senza neanche il filtro. Abitavano in sette villette E non pagavano mai le tasse Né l’affitto “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” E c’era pure, mi raccontava, la piccola Biancaneve, che abitava su una nave, una nave di pirati, era lei che comandava. Era una strega brutta e maligna, era gelosa della regina, la matrigna. “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” La regina era dolce e modesta, 2 3 non si montava mai la testa, Biancaneve ‘sta carogna, le donò una mela cotogna. Quella mela era una bomba Che scoppiava come una mina, ci cascò la bella regina e bom! Saltò. “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” E volò come un aereoplano E cascò in testa ad un nano Che rimase sordomuto; gli altri sei per l’accaduto restarono senza fiato. La regina con le gonne in testa, ogni nano s’innamorò all’istante, che festa! “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” Ma ecco che arriva Biancaneve, arriva sulla sua nave e si butta all’arembaggio: ma i nani si fan coraggio, contrattaccano di botto! Biancaneve viene fatta a pezzi, sette tocchi tutti esatti, peso al netto. “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” Ma ecco che arriva il principino, ad ogni pezzo da un bacino, su ogni pezzo un bacino lieve, spuntano sette Biancaneve. Sette fanciulle perfette, sette graziosissime nanette, con quattordici piccoli seni rotondetti. E si sposarono tutti quanti felici e festanti, i sette nani briganti, spacciatori 3 4 di sigarette con le sette nanette-streghette. La bella regina sposò il bel principino cretino, fecero un bel festino, a base di funghi avvelenati, e creparono tutti scontenti e scornati. “Ma nonna, non è così” “Zitta tu!” “Ma cosa vuoi saperne più di me?” “Basta di favole non ne racconto più!”. PRESENTAZIONE DI “LA CASELLANTE” CON APPARIZIONE FRANCACCIA. FRANCA (recita impacciata) Buonasera… vi devo senz’altro confessare che pur essendo tanti anni che recito… si può dire da quando sono nata… con tutto che mi ritrovo qui, tra tante amiche e tanti amici…non so com’è…stasera, mi sento addosso…una cosa…insomma…come dire…mi sento emozionata…piena d’imbarazzo…come bloccata…Forse perché…per la prima volta sono qui in televisione!, tutta sola a presentare… Appare Francaccia. FR. II Macchè, tutta sola…ci sono qui io…vai tranquilla che ‘sta trasmissione te la salva la sottoscritta. Vai Francuzza…vai! Santa Mabilia terra ballerina taratatà. FRANCA Ehi, ma dico…chi è…chi sei tu col taratatà? FR. II E chi ho da essere?... Francaccia sono! FRANCA Francaccia? FR. II Sì, Francaccia! E che?... non mi riconosci? Sono te!... ci ho la tua faccia! FRANCA Me, la mia faccia? Io, ho quella faccia lì? Io? FR.II Perché? Cosa ci avresti da dire della mia faccia? Gamanaccia amabulè bobò. FRANCA Beh…mi pare un po’ esagerata…una caricatura…è piuttosto ridicola! FR. II E’ bella la tua…da bambolotta, bomboletta, bambolà…Va che naso piccolo che hai…Sarebbe un naso quello? Caricatura io?! E va bene, d’accordo…sarà una facciaccia la mia… ma è sana!... belloccia…sconvolgente scioccante!! Tinabilè Perché io 4 5 sono proprio quello che a te ti piacerebbe di essere, ma non ti riuscirà mai! Io sono il tuo alter ego…il tuo dottor Jekill: spregiudicata, disinibita, aggressiva, beffarda, testarda…quanto tu sei imbranata, insicura, farfugliona e coglionciona! FRANCA Vacci piano con le parole pesanti e volgari…siamo in televisione… FR. II Appunto! È l’unico posto dove finalmente ti capita di sentir dire e di vedere le cose più spinte e più pesanti al mondo! FRANCA Non esageriamo…capita qualche volta…ma insomma, ti prego di andartene…io non ho affatto bisogno…mi sono rinfrancata. FR. II Ma sentila lei…non ha bisogno! Che sei lì che tra poco svieni…Devi presentare un programma striminzito…e non sai neanche da dove cominciare…imbranata e col naso piccolo! FRANCA Insomma si può sapere cosa vuoi? Chi ti ha chiamata a disturbarmi? FR. II Nessuno mi ha chiamata…io sono venuta da me…Io sono libera, indipendente, nullatenente, autonoma…Io SONO MIA!! MIA!!Fatti in là che mi presento. Sipario prego! Musica maestro! (Canta). Chi sono? Chi sono? E che ho da essere, son Francaccia! Una pupazza, di pezza pazza, ma nessuno mi spupazza Nessuno mi manovra o mi strapazza Non son pupo né buratto, sono una linguaccia pronta alla parolaccia…’na boccaccia! Fo’ gran caciara, non sto mai zitta… M’intrometto dappertutto non c’è giudici né dottori Mi fa ridere Trombadori Io mi butto a scarampazzo E che m’importa se non ci azzecco? L’importante è far fracasso e farsi sotto Dico la mia in ogni occasione Dico fregnacce ma non mi blocco Chi grida forte ha più ragione Son Francaccia! Son Francaccia! (Balla). FRANCA Senti Francaccia, adesso basta…mi vuoi far fare ‘sta presentazione in santa pace? FR. II Prego, prego…fai, fai pure…E voglio ridere come te la cavi?... 5 6 FRANCA Bhe, adesso mi hai fatto perdere il filo…ah, ecco: devo parlarvi di uno skec che andò in onda la bellezza di 17 ANNI FA a Canzonissima… FR.II Ah, quella trasmissione dove tu e il tuo Dario avete fatto una gran caciara che poi vi hanno sbattuto fuori… FRANCA No, piano…siamo stati noi ad andarcene, per via che ci censuravano tutto… FR.II Sì, valla a raccontare a un’altra…che censura? Non è mai esistita in televisione la censura! E’ che voi facevate i ragazzi terribili…venivate a sparlare di tutto e di tutti…e poi buttavate ogni cosa in politica…Sai cosa ti dico? “Hanno fatto bene a sbattervi fuori”! Bravo Fanfani! FRANCA Ma che c’entra Fanfani? FR.II C’entra, c’entra…Fanfani c’entra sempre…cavallo di razza! Fanfani è come Furia…tu credi che sia finito…e invece sul più bello: rieccolo…torna sempre…è un’onorevole a puntate!! Fanfani è grande, e Bernabei è il suo profeta! FRANCA Bernabei? FR.II Sì, Bernabei…non era lui il capintesta, il presidente, il responsabilissimo della televisione quando vi hanno stangato? FRANCA Sì, ma lasciamo corree Bernabei… FR. II Sì, lasciamolo correre…che tanto lui è sempre in corsa…dove in fondo alla pista c’è una presidenza da acchiappare, stai tranquilla che lui è lì…che sia la presidenza dell’IRI o delle acque termali, della Slam o della Smac sempre in testa al gruppo è! Forza Bernabei!! E si fa tirare la volata da Andreotti o da Donàcatin a turno.; che ci hanno uno scatto quelli! FRANCA Ma non dire stupidaggini…te lo vedi Giulio Andreotti ciclista? FR. II Me lo vedo sì…e che ciclista! Cosa credi?... perchè secondo te il Giulio ha quel portamento?... a furia di tirare volate ai suoi gregari…tutto inarcto, giù sul manubrio…deformazione professionale…ci ha uno sprint! Mi ricordo quella volta col Sindona…che volata gli ha tirato per la corsa alle Banche! Li ha battuti tutti…anche Carli. FRANCA Allora, hai finito? Posso continuare per carità? FR. II Continua, continua…oh, santo Crociani…se non si può più neanche fiatare…e poi si parla di censura! Gramanaccia tera ballerina…vai avanti…stavi parlando di Canzonissima… di 17 anni fa… racconta, racconta…nonna! FRANCA Villana!... Appunto, 17 anni fa in quella trasmissione, avevamo presentato uno sketch sulle casellanti. (Parlando, si avvicina alla scenografia: un casello ferroviario con accanto 6 7 l’abitazione della casellante) E le casellanti, voi lo sapete, sono quelle donne che stanno ai caselli ferroviari, abitano con la famiglia, nella loro casa, che sarebbe questa qui (Indica la casa sopra alla sbarra del casello) , tiran su le sbarre, giù le sbarre, e se capita qualche incidente:eh! Ci vanno di mezzo loro! Vanno in galera: la liberazione della donna parte dalla schiavitù per passare dalla galera… LA CASELLANTE (trascritta da Cristina da video, non esistevano testi del copione) Personaggi Casellante - Franca Rame Giornalista - Ennio Fantastichini Scenografia Un casello della ferrovia, con accanto la casa della casellante. Una staccionata Una panchina Una bandiera rossa Un secchio GORNALISTA Scusi lei è la sorvegliante del passaggio a livello? CASELLANTE (grida)Ma si tiri in là, cos’è, non vede che sta per arrivare il mostro?! GIORNALISTA Che mostro? CASELLANTE Come che mostro, il merci, ma non lo vede?! Scusi un momento (Cammina fino a sotto la finestra e, rivolta verso l’interno della casa, grida) Aldino!! Aldino!? Chiudi la porta della camera da letto, che se no mi vengon fuori i pulcini! (Si avvicina alla sbarra del casello e urla al treno di passaggio, sventolando la bandiera rossa) Salve, Capo! Salve! Siamo in ritardo di un bel po’, eh?! È ancora al fresco?? Mio marito, povera bestia! GIORNALISTA (prova timidamente ad interromperla) Scusi, io sarei incaricato di… CASELLANTE Indietro, lì! Indietro! Guardi che la ruota non perdona, sono grane poi… GIORNALISTA (la segue con penna e taccuino in mano) Mi scusi signora, se lei mi permette devo farle alcune domande… CASELLANTE Lui sarebbe un signore che è qua per l’inchiesta del fattaccio? 7 8 GIORNALISTA (sorride) Ma quale fattaccio? Io sono un giornalista, vorrei semplicemente intervistarla… CASELLANTE Cosa mi vuol far cus’è, a me?! GIORNALISTA Delle domande! CASELLANTE Ah, le domande, sì subito…Ma, un momento che tiro su la sbarra… (Si sentono dei clacson suonare) …Senta questi mostri qua! (Si china e tira su la sbarra) Con i loro bolidi, lì che fanno rumore…Si diventa matti! Mi dica…(Si allontana di nuovo dal casello,trafelata). GIORNALISTA (la segue con penna e taccuino in mano) Dunque, signora, lei è contenta del mestiere che fa? CASELLANTE (sorride, imbarazzata) Beh, contenta…cosa vuol mai…bisogna che una sia contenta, sa? Perché se no, basta che si guarda indietro e guarda quelli che sono peggio di lei, ed ecco che subito è contenta! Ah! Roba da farsi un sacco di risate, guardi… GIORNALISTA Ottima filosofia…bhe, del resto le Ferrovie dello Stato le danno una casetta tutta per lei,dica la verità, con gli affitti che ci sono oggi… CASELLANTE Aah! Eh sì… GIORNALISTA Lei paga l’affitto? CASELLANTE Bhe, sì, pago l’affitto…poco ma lo pago…Si vuole accomodare un attimo sulla panchina (Lo spinge verso una panchina della stazione) Quello che non pago è la luce elettrica, il gas e i termosifoni… GIORNALISTA Come mai? CASELLANTE Non li pago perché non ce li danno! Le Ferrovie dello Stato sono oneste, sa…mica ti fan pagare quello che non ti danno! Quello che ci danno, come l’impianto ad acetilene, ce lo fanno pagare…poco, ma è giusto che lo paghiamo…(Si toglie uno stivale, sbattendolo come per levarsi un sassolino) Ma io non mi lamento, sa! (Si infila di nuovo lo stivale) Io non mi lamento, io sono contenta, basta che si guardi indietro a veder quelli che stan peggio di lei ed ecco che uno, è subito di colpo contento (Salta in piedi) Ma vuole un bicchiere d’acqua?! GIORNALISTA Sì, grazie… CASELLANTE (balbetta) In casa non posso farla entrare sa, perché non è abituato, e le viene la tosse (Imita il suono della tosse). GIORNALISTA La tosse?! Come mai? CASELLANTE Eh, come mai! Per un quarto d’ora dopo che va sotto il treno, la galleria fa da compressore e mi sputa fuori ‘sta roba nera che mi entra in casa dal vetro rotto della finestra, mi 8 9 va in camera da letto e mi sporca tutte le lenzuola…Poi va in cucina, e dalla cucina, nell’orto! GIORNALISTA Ah, avete l’orto…è molto comodo…(Scrive nel suo taccuino). CASELLANTE Comodo…bhe, sì…comodo! Peccato che non ci vien su niente, niente…L’anno scorso ci ho piantato i pomodori…ne è venuto su uno…Grosso! Ma che razza di pomodoro! Ho fatto il sugo per gli spaghetti è venuto fuori un sugo tutto nero…Pareva sugo di seppiole, seppiole…Nero di fumo! GIORNALISTA Accidenti…questo fatto del fumo è davvero un bel guaio… CASELLANTE Oh, guaio, sono altre le traversie della vita…Batsa guardarsi indietro…A quelli che stan peggio di noialtri…A Seveso, ad esempio, la diossina…Porto Marghera…Ecco che uno subito si accontenta, caro signore! Spiace soltanto per i bambinetti, loro il fumo per fortuna lo respirano soltanto alla notte… (si gira di colpo verso il giornalista e grida) Aah! Aah! Oddio, mi scusi, mi ero dimenticata! (Va di nuovo sotto le finestre e chiama urlando, mentre il giornalista la segue)Aldino! Aldino! Apri la porta della camera da letto, fa venir fuori i pulcini, che se no sofegano! Anche quello nel comodino, quello serrato nel comodino! (Rivolta al giornalista) Era costipato, un pulcino…l’ho messo via, l’ho messo…Aldino è il mio bambino più piccolo, tanto carino…lui non va ancora a scuola, no…gli altri due invece van già a scuola… GIORNALISTA E’ molto lontana la scuola? CASELLANTE Lontana…non si può dire che sia lontana…un dieci chilometri…Il casello è fuori di un dieci chilometri…loro vanno in bicicletta… GIORNALISTA Dieci chilometri ad andare e dieci a tornare, non sono poi molti… CASELLANTE Ma loro non si lamentano, sa? Dicono: Mamma! Tutta salute! Eh, che bravi i miei bambini, loro s’accontentano perché se non s’accontentano, basta che se voltino indietro, a guardare quelli che stanno peggio di loro…Gli orfanotrofi! E subito son contenti…soffrono d’insonnia, poverini… GIORNALISTA D’insonnia’?! Così giovani? CASELLANTE Giovani…Giovani…Ha voglia giovani! Con tutti sti treni che passano alla notte…Certi salti si fan nel letto…Pare che passi il terremoto…Il casello che trema tutto! Guardi che crepe ci son nel muro, guardi, venga a vedere…(Fa strada al giornalista portandolo vicino al muro di casa). 9 10 GIORNALISTA (la segue) Eh sì, qui c’è una crepa…Anche qui c’è una crepa che attraversa tutta la facciata! Dal tetto arriva fino… CASELLANTE (mentre il giornalista guarda le crepe lei urla come se si fosse improvvisamente ricordata qualcosa e scappa in casa, per poi affacciarsi dalla finestra e rispondere al giornalista) Ah, no, lì è stato proprio il terremoto! Abbiamo fatto tante di quelle risate… GIORNALISTA Il terremoto vi ha fatto ridere?? CASELLANTE Ci ha fatto ridere da morire, perché sa, succede così, che noi abbiamo un dodici, quindici, venti treni per notte e ci svegliamo automaticamente senza neanche bisogno della sveglia! C’abbiamo nella testa, nel cervello, la sveglia…Quella notte lì dormivo…come un angioletto…Trema tutto! Oh mamma! Non mi son svegliata prima del treno! Speriamo che non ci sia un disastro ferroviario…Mi affaccio alla finestra, guardo giù: niente! Non passava niente…Ho detto ai bambini: SVEGLIA! Sveglia bambini! Venite a vedere il treno fantasma! E tracchete la crepa nel muro! E tracchete giù il comignolo! Noi ci accontentiamo, sa…non ci lamentiamo..Perchè basta guardarsi indietro! GIORNALISTA (ripete) Basta che uno si volti indietro e… CASELLANTE Conosce anche lei quella massima qua? Che massima…Guardi, io ci penso tante volte…chi è che l’ha inventata, dev’essere una testa…per me come minimo sarà un industriale! GIORNALISTA Signora, mi dica ancora dei suoi bambini… come sono? CASELLANTE (sorride) Eh, i bambini…sa…per una madre son sempre belli…Belli, sì..un po’ pallidini…qualche tic nervoso…Tremano tutti così come il treno (Li imita)… fanno un po’ così con al testa (Imita un altro tic nervoso girando la testa di lato e alzando un braccio), poi ogni tanto fanno TUUTUUU! TUUU! (Imita il suono del treno) …è un suono che c’han nell’orecchio fin dall’infanzia…Ma non si lamentano, non si lamentano.. GIORNALISTA E perché dovrebbero lamentarsi? Piuttosto, mi dica dell’altro bambino… CASELLANTE Aldino! Aldino è la dolcezza personificata…si occupa delle galline e dei pulcini. GIORNALISTA Oh, bene! Questo è un vantaggio …intendo quello di poter accudire alle galline… CASELLANTE Alle galline, allevarle, poter allevarle in campagna…ma la gallina è un animale che non da 10 11 soddisfazione…è distratta, va sempre sotto ai binari…mi tocca sempre mangiare galline tritate! E delicate di cuore! Il fischio della locomotiva: pam! Infarto! Si sente belare una pecora. GIORNALISTA Oh! Vedo che avete anche una pecora! CASELLANTE (allarmata) Che pecora?! Ma che, son mica un pastore io, che allevo le pecore… è il gallo! GIORNALISTA Ma come? Un gallo che fa il belato… CASELLANTE E’ una cosa del tutto normalissima…Mi ha raccontato un signore che passava di qua che i galli, quando sono ammalati…andiamo a sederci, andiamo! (Si spostano di nuovo sulla panchina) Quando il gallo si ammala di stressiti…stressiti, sì! È la malattia dei galli… si ammala di stressite e invece di fare chicchirichì fa BEEE! È del tutto normalissimo! Del resto, anche i galli… GIORNALISTA Belano… CASELLANTE Ma come belano, le galline?! Siamo matti?! Ma nooo…le galline fanno TU-TUUU!TUUU! (Imita il suono del treno) Ma non è questo che ci volevo dire…Lei mi distrae…Le galline, le mie galline, non fanno mica le uova come le altre… col rosso, il bianco e il rosso. Le mie galline fanno le uova tutte bianche! GIORNALISTA Per lo spavento? CASELLANTE Certo, per lo spavento! Mi ha spiegato il mio veterinario che, come alle donne per lo spavento va via il latte, alle mie galline per lo spavento va via il rosso… è del tutto normalissimo…Ma loro non si lamentano, son contente…Anche perché se girano la testa indietro, e guardano le galline d’allevamento! Eeeh! GIORNALISTA Ha ragione, ha ragione…e poi in questa valle di lacrime!... Scommetto che ogni tanto ridono anche loro! CASELLANTE E’ un indovino lei? E’ un indovino? Come fa a saperlo, che le mie galline ridono?! GIORNALISTA (con tono scettico) Ma quando ridono? CASELLANTE Quando fanno le uova! Perché ci fa il solletico, ci fa…Perché le mie galline mica fanno le uova come le altre, no…le mie galline fanno le uova strozzate…Per lo spavento…Come delle collane, tutte grosse come delle noci, così…(Mima con le mani). GIORNALISTA (si sente abbaiare un cane) Adesso magari mi dirà che questo non è un cane, ma è un gatto che abbaia! CASELLANTE (ride) Il gatto..il gatto che abbaia, ma no…è il Dino! Il Dino, il mio bambino più piccolo! GIORNALISTA Suo figlio abbaia?! 11 12 CASELLANTE Non è mica un peccato mortale! Il mio bambino abbaia, abbaia…(Si sente ancora un cane che abbaia). GIORNALISTA Questo è ancora suo figlio? CASELLANTE Non riconosce il suono diverso? E’ il cane, è Boby questo…intelligentissimo! Gli manca solamente la parola! GIORNALISTA Si dice sempre così dei propri cani… CASELLANTE No, io parlavo ad Aldino, il mio bambino…Gli manca la parola ad Aldino…E che vuol mai, è cresciuto col cane… Ha imparato a parlare come lui, povero bambino… MANCA UN PEZZO NELLA REGISTRAZIONE? sì GIORNALISTA No signora, dico…suo marito? CASELLANTE Mio marito…Una vicenda trista, caro signore…E’ in prigione…in attesa di giudizio…della sentenza…C’è stato un disastro ferroviario: un treno merci che s’è scontrato con un carro di peperoni…Peperoni per terra…Ne abbiam mangiati per tre mesi! Per tre mesi la peperonata…anche le galline hanno mangiato peperoni, eran contente, povere galline… GIORNALISTA E come è successo?! CASELLANTE Com’è successo, com’è successo…Noi badiamo a due caselli: questo qui a mano, e un altro là, a due chilometri…Meccanico, un casello che funziona da solo…Ma il tecnico non l’ha verificato, non si è abbassato e così…c’è stato lo scontro tra peperoni e treno…Uno scontro tremendo! Niente morti per fortuna…I peperoni eran tutti vivi! E cosa vuoi mai, far prendere la colpa al tecnico? Ed era sua la colpa…ma andava in pensione dopo sette mesi..che vuoi buttarlo su una strada? Povero tecnico, facci dare la pensione…(Mentre parlano la casellante continua a lavorare, mentre il giornalista la segue in tutti i suoi movimenti). GIORNALISTA Comunque è un atto di generosità incredibile…Per salvare la pensione dell’amico, suo marito ha preso la colpa! Per salvare la pensione! CASELLANTE Ma che pensione! Lui non aveva la pensione! Siamo apprendisti da 25 anni, siamo senza contratto! GIORNALISTA Ma dovrebbe essere proibito… CASELLANTE E’ proibito, è proibito dalla legge…(Si china a raccogliere un secchio) Ma cosa si può fare? Prendersela con le Ferrovie dello Stato, andar lì e fare una scenata incredibile? A gridare…e cosa si può fare, con le Ferrovie dello Stato , con tutto quello che hanno passato nella vita…Se io ci penso, a quello che passano tutt’ora, le Ferrovie dello Stato…(Con il secchio in mano va verso il casello. Il giornalista la segue).Mi 12 13 prende un magone, povere F-F-S-S! (Torna indietro verso la casa e prende la bandiera rossa) No, no, io non faccio scenate: d’accordo, c’avremo il casello tutto rotto, i bambini con tutti i tic nervosi che ballano, soffrono d’insonnia, la gallina che mi fa TU-TUU, e il gallo che mi fa BEE, e ci danno uno stipendio di fame!, ma bisogna che mi accontenti! Perché se non mi accontento, mi sbattono via su due piedi, mi sbattono! Attenzione, attenzione! (Abbassa la sbarra) Che arriva il direttissimo delle 14:21! Indietro, stia indietro! (Suono del casello che si abbassa) Ah! Mi scusi! (Va di nuovo sotto le finestre e urla) Aldino! ALDINO! Chiudi la porta della camera da letto, chiudi! Che vengon fuori tutti i pulcini! Non mi capisce, non mi capisce! Bisogna che ci parli, com’è abituato…Mi scusi signore (Comincia ad abbaiare, sempre rivolta verso la finestra, poi sempre abbaiando va verso la sbarra e sventola la bandiera,urlando anche verso il treno). FRANCA Diceva un certo Cicerone che non c’è cosa che faccia più ridere di un re imperatore che inciampando nel proprio ricco castello, casca a terra battendo il sedere. Se poi nel tonfo si spacca anche la corona, lo scettro e la palla di cristallo che raffigura il suo potere, c’è da crepare dal ridere! È la risata liberatoria, la risata liberatoria degli schiavi…Noi siamo in una civiltà dove in ogni momento si sfascia roba, si rompe tutto, eppure nessuno che rida più: ci siamo abituati. Anche noi abbiamo i nostri imperatori, che ci tengono schiavi: le automobili, i frigoriferi, le lavastoviglie, e i piatti. Vogliamo provare a far cascare, almeno una volta, per gioco, i nostri imperatori? I PIATTI Personaggi: Nonno Madre Padre Figlio Garzoni AMBIENTE: Una casa popolare in un quartiere-dormitorio alla periferia di una grande città. Tutti i personaggi sono vestiti da clown. 13 14 Entra in scena nell’appartamento un vecchio ancora piuttosto arzillo. Porta in spalla una bicicletta completamente scassata, ruota svirgolata, manubrio divelto, carter penzoloni. Il nipote, un ragazzo sui vent’anni, gli viene incontro preoccupato. FIGLIO Cos’è successo? NONNO Mi sono venuti contro! FIGLIO Chi? NONNO Un tram e un pullman. FIGLIO Si sono fatti male?... .Volevo dire, tu, ti sei fatto male? NONNO No, niente; soltanto una sbucciatura qui…ma adesso chissà cosa me ne diranno la mamma e il papà. Vai, nascondila…ma non in casa…portala dal meccanico, anzi dalla a me che ci vado io. Entra la madre trascinando un motorino completamente distrutto: manca della ruota posteriore; il telaio è ripiegato; il motore è squarciato. NONNO E MADRE (all’unisono ) Cosa è successo? Sempre all’unisono nonno e madre raccontano, ognuno per conto suo, una storia di scontri, frenate, capitomboli e terminano esclamando di nuovo all’unisono NONNO E MADRE Deficiente! Ti sei fatto niente? No! Meno male che non ti sei fatto niente! MADRE (scongiurando) Ma non dite niente a mio marito, per carità! Entra il marito. Tiene sottobraccio una portiera della macchina e fa rotolare una ruota con il copertone squarciato. Di nuovo tutti si mettono a parlare all’unisono. Padre: Oh! MADRE, NONNO, FIGLIO (all’unisono) Che ti è successo? (Ricominciano a parlare all’unisono). PADRE Stop! Uno alla volta. Comincio io: mi è venuto addosso con la sua macchina…veniva da sinistra e mi ha ammaccato tutta la portiera. Io scendo calmo, neanche un po’ arrabbiato…sono rassicurato…anche lui è rassicurato. Lui ha sfasciato solo un fanale…sorridiamo, ci dia la mano, poi gli do il 14 15 mio libretto, perché copi i dati, lui mi da il suo…A un certo punto mi fa: “Ma la sua è un’assicurazione bidone!” “Cosa dice?!” “Sì, non vale niente…i proprietari e il direttore di questa assicurazione – c’è stato su tutti i giornali- sono stati arrestati perché non hanno pagato assicurazioni per diciotto miliardi…e mi spiace, se hanno bidonato lei, caro signore…ma non vorrà mica che sia bidonato anch’io!” E lì sono cominciate a volare parole grosse, da “Come si permette?!” fino a “delinquente comune…bandito rapinatore!”. Io mollo un calcio alla sua macchina…lui tira fuori un crick e mi dà un botto sul cofano…io tiro fuori il tubo del giunto che avevo appena fatto saltare e giù anch’io…Arriva sparata un’altra macchina…si incatorcia proprio nel mucchio delle nostre due…altra caciara, spintoni, botti, mazzate e per finire: ecco che cosa mi sono avanzato della macchina. CORO Non ti sei fatto niente? PADRE, CORO: No! Meno male che non mi sono fatto niente! NONNO Beh, l’importante è che siamo tutti qui vivi sani e vegeti. L’importante è la salute, come si dice. FIGLIO Sì, ma che disturbo! MADRE Mettiamoci a tavola e non pensiamoci più. PADRE A proposito di sfasciare, vorrei sapere che cosa gli è successo all’ascensore, che è di nuovo fermo. Oltretutto mi sono dovuto fare tre rampe di scale a piedi. Tutti guardano il ragazzo… MADRE, PADRE, NONNO (guardano il ragazzo e parlano in coro) Sono ‘sta banda di manigoldi qui…te e i tuoi amici del caseggiato, che vi divertite ad andare su e giù. Ma certo, voi ci trovate una tal goduria a sfasciare tutto..siete una generazione di vandali! Spaccano le vetrine, sfasciano i semafori, le cabine telefoniche…(Ammucchiano i resti dell’automobile, del motorino e della bicicletta in un angolo della stanza. Poi preparano la tavola). MADRE (al nonno) Vai piano che è di carta ‘sta tovaglia! Il padre ha un sussulto da allocchito. PADRE La tovaglia di carta? No, per favore, mi fa schifo…lo sapete che mi fa schifo mangiare su quella roba; mi fa venire la pelle d’oca. MADRE Non fare storie. Io la tovaglia di tela non la metto più, perché quando è zozza tocca lavarla a me, capito? 15 16 I due cominciano a discutere animatamente e nell’azzuffarsi urtano il nonno, che ha in mano una zuppiera. Il nonno urta contro il buffet e rompe la zuppiera. Il padre si siede a tavola e scopre di avere davanti un piatto di carta. PADRE (sbraitando) CARTA?! Siamo diventati pazzi in questa casa? Un piatto di carta? Mi fa schifo! Mi rifiuto di mangiare in un piatto di carta! MADRE Ma caro, sono più economici, si buttano dopo averli usati, costano solo 15 lire l’uno… Padre Ma sempre di carta sono! MADRA Già, ma chi li lava, poi, i piatti di maiolica??! Tocca a me lavarli, sempre a me! PADRE No! C’è la lavatrice… MADRE Non funziona. PADRE Come “non funziona”?! Ho fatto gli straordinari per comprarla. Non abbiamo ancora finito di pagare le cambiali… GAGS DA ESEGUIRE PADRE E perché non la fai aggiustare? MADRE Già, ho chiamato il tecnico, appena l’ha vista si è rifiutato perfino di guardarci dentro. Dice che i pezzi di ricambio per quel modello non li fanno neanche più. PADRE Beh, ti dimostro che quel tecnico era un furbastro che ti voleva rifilare un’altra baracca. Adesso ti faccio vedere io cosa ci vuole per farla funzionare. (Prende un paio di attrezzi e dopo averci armeggiato un po’, riempiono la macchina di piatti. La macchina freme come presa dal singhiozzo e comincia a sobbalzare, muovendosi per casa come una trottola, facendo fracasso). MADRE Stupendo! Guarda! Basterebbe metterci un volante e una targa e ci puoi andare in autostrada. Dalla macchina escono dapprima zampilli e fumi di vapore, poi, di scatto, escono i piatti alla maniera dei toast dl tostapane, o meglio come una macchina dal tiro ai piattelli, e si fracassano al suolo. La madre, il padre, il figlio e il vecchio nonno cercano di prenderli al volo. Si tenta di fermare la lavatrice schiacciando i tasti dello stop, ma il ritmo di uscita dei piatti aumenta. Il nonno e il figlio esultano perché sono riusciti ad afferrare al volo qualche piatto. Per liberarsi le mani, però passano al volo i piatti alla madre e al padre, che immancabilmente li lasciano cadere a terra. La madre e il padre decidono di tagliare i fili che portano 16 17 la corrente alla lavatrice, ma si sbagliano e strappano i fili del televisore, della radio, dell’antenna, ala fine tagliano quelli del telefono. MADRE: Fermala! PADRE Non si ferma! E’ impazzita! Taglia i fili, staccali! MADRE Ma no! Non quello! Era quello del televisore!No, fermo…era il cavo del telefono! Pur di fermare la macchina impazzita, il padre afferra una spranga (un tubo residuato dallo sfascio dell’automobile), lo solleva sopra la testa, pronto a colpire la macchina impazzita, ma la lavatrice ha uno scarto e si sottrae al colpo di spranga, colpo che invece va a finire sul tavolo, mandando in frantumi alcuni bicchieri e una brocca. Finalmente la lavatrice è circondata…ognuno ha un’arma in mano. La sollevano per colpirla ma sentono gridare “Pietà! Pietà!”: è il televisore, che è stato acceso dal nonno. Causa delle grida è il solito sceneggiato western, dove una donna chiede aiuto e pietà per se stessa. VOCE DI DONNA Pietà! Pietà! No! Non uccidetemi! Sono disarmata! VOCE DA UOMO No, nessuna pietà! Per te è finita, bastarda! MADRE Ma è la televisione! VOCE DI DONNA No! Non ancora (La donna in tv lancia una bottiglia, che esce dal televisore e va a spaccare un piatto che sta fra le mani del nonno). PADRE Spegni! Spegni! Che quella matta ci sfascia tutto! La lavastoviglie ricomincia a ballare, il padre l’afferra e la butta dalla finestra. PADRE Oh! Finalmente un po’ di pace. E adesso tutti a tavola! Si rimettono tutti a tavola. MADRE Mettiamoci a tavola, e si mangia nei piatti di carta! PADRE (riprende a imprecare contro i piatti di carta) Ho detto di no! Nei piatti di carta io non mangio. (Afferra il suo piatto e lo butta sul pavimento. Il piatto va in frantumi perché era l’unico di coccio rimasto). Ma era di coccio! MADRE Era l’ultimo del servizio! PADRE Beh, se non sbaglio c’è ancora il servizio buono. MADRE Quello non si tocca! Serve per le occasioni importanti! 17 18 PADRE (urlando) L’unica occasione importante è quando io sono a tavola! MADRE (porta in tavola una gran pila di piatti) Tiè! Però poi te li lavi tu! Mica sono la tua serva io! Lavoro anch’io come te! Anch’io ho le mie nevrosi! PADRE Calma, me li lavo io! A cominciare d’adesso, perché sono pieni di ??? MADRE Lava, lava, vediamo come tela cavi, ma attento a te se ne rompi uno! Ricordati che è il servizio buono, e sai cosa costa un piatto di quelli, maiolica speciale, pregiata, tedesca! PADRE E chi se ne frega se è tedesca…già a me la maiolica fa schifo! E poi, anche se li rompo, perdio! Li ho pagati no? Ho fatto fior di straordinari per pagarli… MADRE Anche io li ho pagati, mica solo te… PADRE Beh io rompo i miei, tu rompi i tuoi! MADRE E va bene! PADRE Allora, secondo te, questo qua è mio o tuo? MADRE Per carità, è tuo! PADRE E allora toh! (Rompe il piatto sbattendolo sulla sedia). MADRE Aah, come credi …mica mi fai paura, sai! PADRE No, non hai paura, ma sei lì che diventi smorta dalla rabbia! Perché sei attaccata al tuo servizio buono, per far bella figura quando vengono qua i tuoi parenti. “Oh, ma che bel servizio”. “Roba tedesca”! e tiè! (Rompe un altro piatto sul tavolo). MADRE Non me ne importa niente! PADRE Sì che te ne importa, perché sei imbesuita dalla pubblicità, dal bianco smagliante “Oh che belli, candidi, stralucidi!” L’imbesuimento che ci fanno con quella cassetta da stregoni lì (Indica il televisore). “Che buon profumo, sa di limone…con che cosa l’hai lavato?..E allora (Fa il gesto di spezzare il piatto). MADRE (gli toglie dalle mani il piatto) Fermati! PADRE Ah! Hai visto che ti rode? MADRE No! Questo lo voglio spaccare io…anzi, guarda, ne spacco due! (Afferra un secondo piatto e li sbatte uno contro l’altro come se fossero due piatti da banda musicale. Figlio e nonno applaudono). PADRE Capirai la bravura! Guarda, ti faccio vedere io! (Afferra due piatti, ne butta all’aria un terzo e rompe tutti e tre i piatti come in un gioco di prestigio). FIGLIO Anch’io! Anch’io! (Afferra un piatto, lo butta per aria, il padre lo afferra al volo e gli molla uno schiaffo). 18 19 PADRE Come ti permetti tu, vandalo sfascia-vetrine! Sfasciatore di semafori! Ecco come si comincia! NONNO Anch’io, anch’io! Date un piatto da rompere anche a me! MADRE Va bene, nonno, divertiti anche tu! (Gli danno un piatto ma quando prova a romperlo il piatto non va in pezzi). NONNO E’ di metallo! PADRE Impossibile, fai vedere! Il nonno consegna il piatto al padre, che lo sbatte su un angolo del tavolo. Il piatto va in mille pezzi. NONNO (sbarra gli occhi) E’ impossibile! Per me è di ferro, per te di coccio! E’ un’ingiustizia!Un’altro, ne voglio un altro! (Gli danno un altro piatto, lui lo esamina, lo morde e lo fa suonare). Questo sì che è di porcellana! Il nonno cerca di rompere il piatto sull’angolo del tavolo, che si rompe di netto, mentre il piatto rimane intatto. Allora passa il piatto al padre, che lo rompe con facilità.Il nonno, ormai piangendo isterico, afferra un altro piatto e lo scaraventa contro la parete. Il piatto attraversa la stanza e va a colpire un quadro appeso alla parete:è un ritratto di Garibaldi. Il piatto si conficca nella tela e fuoriesce a metà, proprio in cima alla testa dell’eroe, a mo’ di cappello. Garibaldi rotea gli occhi indignato. Il vecchio butta allora un piatto per aria, ma il piatto non scende. Ne lancia un altro ma nemmeno questo torna. Il nonno si accascia sulla sedia singhiozzando. I due piatti ridiscendono lentissimi, posandosi al suolo come foglie d’autunno. Il nonno afferra un grosso martello, il piatto sfugge. Il padre lo cattura mettendoci sopra un piede. Il nonno vuole colpire il piatto con il martello ma prende il piede del padre, che urla imbestialito, afferra i piatti e li rompe con rabbia. Il nonno, con l’aiuto del nipote, riesce ad afferrare il piatto, lo colpisce con il martello, il martello va in frantumi, il piatto resta intatto. Il nipote afferra il piatto e lo rompe. Il padre gli sferra uno schiaffo. FIGLIO (indignato) Solo tu puoi rompere!? Questa è un’ingiustizia! E poi vi meravigliate se andiamo a vivere fuori di casa! MADRE Non si risponde così al proprio padre (Gli rompe un piatto un testa). NONNO Non si educano così i figli! Non si spaccano i piatti in testa ai ragazzi! 19 20 MADRE Il figlio è mio e gli spacco in testa i piatti che voglio! (Gli spacca in testa un altro piatto). NONNO E allora, siccome tuo marito è mio figlio, gli spacco in testa un piatto anch’io. (Esegue. Stavolta il piatto va in frantumi. Il nonno urla di gioia) S’è rotto! S’è rotto! In testa si rompono! (Afferra un altro piatto e lo rompe in testa al nipote. Stavolta il piatto, staccatosi il fondo, resta incastrato nel cranio del ragazzo, come le teste di un cappello. Cercano di staccarglielo, ma non c’è niente da fare). FIGLIO Come faccio ad andare in giro adesso? PADRE (gli mette sulla nuca una scodella) Ecco, così puoi andare, può passare per un cappello. FIGLIO Un cappello bianco? Mi rifiuto! PADRE E allora resta in casa, per quello che vai a combinar fuori …a far caciara con quella banda di balordi sfascia tutto dei tuoi amici…che siete peggio dei teppisti! FIGLIO Non siamo teppisti. Teppisti se mai sono quelli che spaccano i piatti in testa ai nipoti! MADRE Non ti permettere di rivolgerti così a tuo nonno, rispettalo quando parli con lui togliti il cappello! Maleducato! (Gli spacca in testa un piatto). PADRE Peccato, un cappello nuovo! NONNO Certo che la roba che fanno oggi mom resiste a niente! E’ roba fatta in serie. Se pensi che io un cappello l’ho portato per trent’anni! PADRE Che discorsi, questa è la civiltà dei consumi, è la cultura dello spreco. La roba la fanno apposta in modo che duri poco, che si rompa per niente…(Spacca un piatto) Guarda qua, vuoi mettere con i piatti di una volta. MADRE Certo, mia madre quando s’è sposata ha portato in dote i piatti che erano ancora di sua nonna, piatti che li potevi sbattere così che manco si sbeccavano e guarda questi. (Rompe un altro piatto) . PADRE Siamo noi i fessi che ci caschiamo: compriamo, compriamo…E’ che va tutto in malora. (Spinge un altro piatto pian piano verso l’angolo del tavolo, lo fa inavvertitamente cadere, il nonno lo afferra al volo e poi lo rompe sulla propria testa, ridendo soddisfatto). MADRE Tutto va a rotoli! (Fa rotolare un piatto sul pavimento, il nonno lo schiaccia). PADRE Tutto si sfascia! Come dice la scienza: tutto si crea, e tutto si distrugge! 20 21 MADRE Certo…E’ tutto un cimitero: cimitero di macchine, cimitero di frigoriferi, cimitero di lavatrici, cimitero degli ideali! Si campa alla giornata, senza prospettive, come la va la va. (Butta per aria un piatto). PADRE Hai ragione! E’ come buttare per aria una moneta. (Butta un piatto per aria che ricade sfracellandosi). Testa o croce? Testa! La gente ha in mente soltanto il gioco, le lotterie, i concorsi a premi. (Fa girare un piatto come una trottola) Come se la vita fosse una roulette…Vincerò? Perderò? MADRE (schiaccia il piatto che gira con un altro piatto) Hai perso! PADRE Già! E poi per uno che vince ci sono milioni di fessi che restano fregati. T’hanno ridotto tutto al gioco delle tre carte (Armeggia con i piatti sul tavolo). Il piatto bianco vince, il piatto rotto perde! Indovinare il piatto rotto, puntare, prego! E’ questo! (Afferra un piatto, lo butta per terra) No! E’ questo! (Altro piatto in frantumi) Il Signore ha perso! Chi perde paga e i cocci sono suoi. Prego, continuare, il gioco riprende, puntare prego! (Spacca un piatto) Il piatto piange! MADRE E’ uno schifo! C’è solo egoismo! Ognuno si fa i piatti propri…E intanto la barca affonda. I ricchi pensano solo a fregarsi più piatti che possono e se li portano in Svizzera, non pagano le tasse…voglio dire le tazze e poi pretendono che si paghi tutto noi…poveri cristi. Loro rompono e noi si deve pagare? PADRE Giusto! Noi si deve aggiustare…Eh no! Un po’ di giustizia per la miseria! Un po’ per uno a rompere! (Rompe anche lui un piatto). MADRE E li aggiustino loro i piatti! PADRE No, no…piano…questo è un discorso da luddisti, blanquisti, da estremisti senza prospettiva…del “Tanto peggio, tanto meglio”. E’ la politica del caos, della distruzione, del “Più piatti si rompono, ecc ecc.” Invece è proprio col discernimento, con la difesa del piatto che possiamo venirne fuori da ‘sto disastro. MADRE Hai ragione. Bisogna mettere tutto sul piatto..come si dice “Piatti chiari, ecc.ecc”, prima che lo facciano loro, imponendoci il loro sistema di piatti di ferro o gavette PADRE Cioè battersi noi, per primi, per l’ordine, per la difesa delle istituzioni, contro lo sperpero, per un’amministrazione più oculata, seria, onesta. Andare in giù piatto, come si dice. 21 22 MADRE Oh, questo sì che è un discorso di uno che ragiona. E allora su le maniche, fuori le scope, si fa piazza pulita. Si tira su tutto. E si comincia di bel nuovo! PADRE Ordine,ordine… e facciamo ragionare la testa …un po’ di sacrifici. Più sacrifici e più pulizia morale! Anzi prima si mangia…e poi si pulisce! Distribuisci i piatti. MADRE Ci sono rimasti quelli di carta! PADRE E no! Ho detto che su quelli non ci mangio! MADRE Eccolo lì l’uomo del sacrificio e della pulizia morale! PADRE Possibile che non se ne sia salvato neanche uno? (Va a cercare tra i detriti e spacca con rabbia i cocci rimasti). Entrano due garzoni con due grossi scatoloni con la scritta FRAGILE. PRIMO GARZONE Buongiorno. Casa Mangelli? PADRE Sì. SECONDO GARZONE C’è un collo per voi. MADRE Che cos’è? PRIMO GARZONE Avete vinto un premio: concorso “Casa Linda”. MADRE Aah! Quello delle figurine…E cos’ho vinto? SECONDO GARZONE Ha vinto un servizio per 46 persone. PRIMO GARZONE 46 piatti, 46 fondine! SECONDO GARZONE Complimenti signora! PADRE (prende uno scatolone dalle mani del secondo garzone e lo porta sul tavolo, arrabbiato) Anche tu, anche tu ti sei lasciata beccare, influenzare, imbesuire da questi concorsi maledetti (Apre lo scatolone con foga), questi concorsi che ti portano via il cervello… MADRE Ma che maledetti…46 piatti, 46 fondine…Potrai mangiare nei piatti piatti finchè campi! PADRE No, no, no! Mi rifiuto! Mai, dico, mai!, mangerò in un piatto vinto in un concorso! Piuttosto in quelli di carta! NONNO (distribuendo dei piatti di carta) Sì, certo, molto meglio mangiare nei piatti di carta! MADRE (ride sarcastica) Ah! Contenti voi, contenti tutti! PADRE, NONNO, FIGLIO Sì! Abbasso i concorsi, evviva la dignità! (Lanciano i piatti, prima in aria, poi contro le pareti, distruggendoli). BUIO O DISSOLVENZA.. FRANCA Il brano di questa sera, lo spettacolo che tra poco andrà in onda, è tratto da Tutta casa, letto e chiesa, una 22 23 commedia che abbiamo portato in giro per l’Italia per 22 anni. Trattava della condizione della donna: il brano in questione, che vedremo adesso, è intitolato Una donna sola. A parte che, penso che più o meno, tutte quante noi donne siamo delle donne sole…ma questa nostra donna sola è una casalinga come tante, che a differenza però di molte, ha tutto all’interno della sua famiglia. Non le manca niente in casa, ha veramente di tutto. Le manca la cosa più importante, vale a dire il fatto di essere considerata una persona, rispettata in quanto tale dai maschi di casa e non usata per quello che sa fare: il mangiare, lavare i piatti…E per la sua sessualità. Molte donne, anzi penso tutte le donne, si saranno trovate in determinate situazioni: abbiamo violenze nella vita, violenze carnali, violenze verbali, violenze sul lavoro, per la strada, dovunque! In questo pezzo, anche se sono luoghi comuni, ribadiamo questi concetti perché non fanno parte di una società ormai superata, li viviamo ogni giorno. Io mi ricordo che qualche anno fa ero in un cinema a Genova, con mio marito e mio figlio (di pomeriggio, gli attori vanno al cinema sempre di pomeriggio), cinema vuoto: tre persone là, dieci file vuote, altre tre qua, altre file vuote. Guardavo un film molto interessante: Il crollo dell’impero romano, con Sofia Loren…no, perché ridete? Era veramente d’impatto, anzi c’era lei che era molto simpatica perché mentre Roma crollava si sente la Loren che in perfetto napoletano recita: (Imitando l’accento napoletano) “Livio, fratello mio, l’impero crolla”. Era bello, io ero molto presa…entra un signore, il solito signore che va al cinema di pomeriggio, vede il capello della femmina e mi si mette vicino, nonostante ci fossero decine di posti vuoti intorno a noi. Io, presa com’ero dal film, non mi accorgo di niente e ad un certo punto il signore comincia a farmi il piedino. Io sposto il piedino, lui riavvicina il suo piedone…poi fa polpaccino…poi fa ginocchino…E a quel punto dico “Scusi signore, è sua questa gamba?”. Voi ridete, ma il bello è venuto dopo. Questo con una faccia, una tranquillità, mi risponde: “No.” E non c’era nessuno nel raggio di dieci metri! Quindi, come ho detto prima, in questo brano i luoghi comuni, le cose banali che riconoscerete le ripetiamo, perché vogliamo ribadire il concetto e battere il martello sul chiodo. UNA DONNA SOLA Personaggi 23 24 Una donna Il cognato Elementi scenografici: due porte disposte ai lati del palcoscenico, un’altra porta sul fondo a sinistra. La porta di destra è l’entrata dell’appartamento, quella di sinistra dà nella camera da letto, quella sul fondo in cucina. In proscenio un lungo tavolo, sul quale stanno un telefono, una radio, un ferro da stiro, una bacinella, una spazzola. Davanti al tavolo uno sgabello. Ancora: un mobiletto qualsiasi con sopra un vassoio contenente cerotti, bende, alcool e una pomata. Appeso a una parete un fucile da caccia grossa. Una sedia. Questa scena rappresenta il tinello di una casa di piccola-media borghesia. La radio accesa a tutto volume trasmette musica rock; la luce sale lentamente. Ballando freneticamente entra in scena una donna, che regge una cesta colma di indumenti da stirare. Indossa una vestaglietta scollata, piuttosto pretenziosa. Ballando si avvicina al tavolo, posa la cesta, prende una giacca da uomo e sempre ballando si dirige a un’immaginaria finestra in centro-proscenio. Scuote la giacca per toglierne la polvere, solleva lo sguardo e si blocca, piacevolmente sorpresa nello scoprire la presenza di qualcuno nel palazzo di fronte. (ad alta voce per richiamare l’attenzione) Signora... Signora! Buongiorno!... Ma da quando è venuta ad abitare di fronte a casa mia?... Non mi sono neanche accorta del trasloco... credevo che fosse proprio disabitato. Sono contenta... (Quasi urlando) Dicevo che sono contenta... Non mi sente? Ah sì, ha ragione... la radio... la spengo subito... (Esegue) Mi scusi tanto, ma quando sono in casa sola, se non ho la radio bella sparata mi viene voglia di impiccarmi. In questa stanza (si dirige alla porta di sinistra) ho sempre in funzione il giradischi... (Apre la porta, si sente una musica) Sente? (Richiude) In cucina il mangianastri... (Idem alla porta di cucina) Risente? (Richiude la porta) Così in qualsiasi stanza vado, ho la compagnia. (Si avvicina al tavolo e inizia a lavorare: spazzola la giacca da uomo, attacca bottoni, ecc.) No... in camera da letto no, ci mancherebbe altro! No, lì ho il televisore... sempre in funzione... a tutto volume! Ora stanno trasmettendo una messa. Cantata!... In polacco. Che lingua! Da papi! Non si capisce niente... Sì, mi piacciono anche i non ballabili... purché sia musica... il rumore... mi tiene compagnia. E lei come fa a tenersi compagnia? Ah, ha un figlio! Che fortunata!... Che stupida, anch’io ho un figlio... anzi, ne ho due. Scusi, me ne ero dimenticato uno, per l’emozione di parlare con lei... No, non mi tengono compagnia. La più DONNA 24 25 grande è grande, sa, gli amici, le amichette... Il maschietto invece è sempre con me, ma neanche lui mi tiene compagnia... Eh, dorme! Dorme sempre! Fa la cacca, mangia e russa!.. . Ma io non mi lamento, io sto bene in casa mia... non mi manca niente... mio marito mi tiene come una rosa nella serra!... Ho tutto! Ho... dio, quante cose ho... Ho il frigorifero!... Sì, lo so che il frigorifero ce l’hanno tutti, (Dandosi molta importanza) ma il mio fa il ghiaccio a palline!! Ho la lavabiancheria, 24 cicli! Lava e asciuga... Ma come asciuga!... Certe volte devo ribagnare tutto, per poter stirare... è tutto secco! Ho le pentole a pressione... il frullatore “Girmiii”, la musica in tutte le stanze, cosa devo volere di più dalla vita io... Dopotutto, sono solo una donna... Sì, ce l’avevo, a ore, poi è scappata; poi ne è venuta un’altra, è scappata anche quella. Scappano tutte le donne a casa mia... Come?... No, non per me... (Imbarazzata) per mio cognato... Eh... le toccava! Le toccava tutte! Proprio lì... È ammalato... Morboso? Non so se sia morboso, so solo che pretendeva certe cose da queste ragazze... e loro giustamente si ribellavano. Vorrei vedere lei, cara signora, che è lì che fa i mestieri e tràchete!, le si infila una mano sotto... che strizza... e vedesse che mano che ha mio cognato! Meno male che ne ha una sola!... Ma no, cosa ha capito? Un incidente, un incidente di macchina... pensi, così giovane, trent’anni, si è tutto rotto! È ingessato dalla testa ai piedi; l’hanno ingessato seduto per farlo stare più comodo... è stata una gentilezza del primario... Gli hanno lasciato solo un buchino per respirare e mangiare. Parlare non se ne parla, biascica solo qualcosa... non si capisce niente. Gli occhi sono rimasti sani, qumdi non glieli hanno ingessati... glieli hanno lasciati fuori... poi gli hanno lasciato fuori anche la mano tocacciona... che anche quella è rimasta sana... ed è rimasto sano anche... (Si blocca imbarazzata) Non so come dire... ci conosciamo da così poco tempo, non vorrei che pensasse male di me... Insomma... è rimasto sano... lì. Com’è sano lì, signora! Anche troppo!! Ha sempre voglia di... lei mi capisce... Sì, per quello si distrae. Legge, legge moltissimo... s’informa... Fumetti porno! Ha la stanza piena di riviste schifose, con su tutte le donne nude... in certe posizioni! Scomode! Per me, quelle povere ragazze dopo le foto le ingessano come mio cognato... Con su dei pezzi di carne anatomica, ingrandita, a colori... pare un dépliant di macelleria! Che a me quando me ne capita una in mano, poi, a mezzogiorno, non riesco a cucinare la bistecca... mi viene da vomitare... E così, da quando tutte le donne se ne sono andate, mi occupo io di mio cognato, sa, io lo faccio per mio marito... è suo fratello dopotutto... Ma che dice! (Risentita) A me mi rispetta eccome! Ci mancherebbe altro! A me, prima di allungare la mano, me lo chiede, me lo chiede sempre! (Squilla il telefono) Oh, dev’essere mio marito... mi chiama sempre a quest’ora. Scusi un attimo... (Risponde al telefono) Pronto?... Come? Sì... ma come... Vaffanculo, stronzo! (Posa la cornetta conforza. È furiosa. Guarda la dirimpettaia e le fa un sorriso, quasi per chiederle scusa) Scusi 25 26 la parolaccia... ma quando ci vuole ci vuole! (Riprende a lavorare nervosamente) No, no, non era mio marito, ci mancherebbe altro!... (Fuori dalla grazia di dio) Non so chi sia! È un porcone telefonico! Mi telefona una, due, tre... mila volte al giorno... mi dice delle zozzerie... ma di quelle parole... che non esistono nemmeno sul vocabolario... le ho cercate sullo Zingarelli... non ci sono! Dev’essere un oriundo... Ammalato? Senta, ne ho già uno di ammalato in casa... Non sono l’infermiera di tutti gli sporcaccioni d’Italia, io! (Squilla di nuovo il telefono) Questo è ancora lui! Stia a vedere cosa faccio adesso... Non lo lascio neanche parlare. (Solleva la cornetta) Pronto porco! Ti avverto che il mio telefono è controllato dalla polizia e se... (Cambiando completamente tono) Ciao... (Rivolta alla dirimpettaia, tappando con la mano la cornetta) È mio marito! (Parla al telefono. È molto impacciata) No, non ce l’avevo con te, caro... credevo fosse... insomma c’è un signore che telefona sempre... chiede di te!... Dice delle parolacce tremende... È arrabbiato con te... dice che tu gli devi dei soldi... Così, io, per spaventarlo, gli ho detto “polizia”! (Cambia completamente tono: meravigliata, sempre più meravigliata) Sì, sono in casa... Aldo, ti giuro che sono in casa! Ma scusa, che numero di telefono hai fatto?... E se ti rispondo dove vuoi che sia!... Non sono uscita! Come faccio a uscire se mi chiudi in casa a chiave?! (Rivolta alla dirimpettaia) Signora guardi che mio marito... (Al telefono) Pronto... No, non sto parlando con nessuno... Sì, ho detto signora... ma ogni tanto tra me e me mi chiamo signora... No, in casa non c’è nessuno... Sì, c’è tuo fratello, ma non è qui... Sì, il bambino dorme... Sì, gli ho dato da mangiare... Sì, gli ho fatto fare la pipì... (Seccata) Sì, anche a tuo fratello! (Cerca di controllarsi) Ma chi si arrabbia... dicevo di stare tranquillo che in casa tutti hanno fatto pipì!... Ciao, sì... no, no, sono felice... sono felice, Aldo, sono molto felice. (Sempre più nervosa) Ero qui che stiravo e ridevo... Sì Aldo, sono felice... (Gridando) Sono feliceeee! (Attacca il ricevitore. Lancia un urlo di rabbia contro il telefono. Guarda la dirimpettaia per un attimo, seria e tesa, poi le fa un gran sorriso silenzioso. Ha ripreso il controllo dei suoi nervi) Ha visto? Gli ho dovuto dire una bugia... Eh no, non lo sa del porcone telefonico... se glielo dico va a finire che se la prende con me!... Lo so che io non ho colpa, ma lui dice che se loro insistono è perché sentono che io mi turbo, si eccitano di più e insistono col masturbo! E va a finire che mi fa togliere anche il telefono... Già mi tiene chiusa in casa... Prigioniera! La mattina quando esce mi chiude... Per la spesa? La fa lui... (Riprende a stirare) Beh, se succede qualcosa, lui telefona ogni tanto. Ma cosa vuole che succeda in casa mia... Siamo una famiglia tranquilla... (Di colpo smette di stirare. Punta lo sguardo più in alto. Cerca di coprirsi i seni: il sinistro con un bavaglino, il destro... col ferro da stiro – indicheremo il momento esatto in cui preme il ferro sul seno. Ad altissima voce) Ti vedo, sai! (Alla dirimpettaia) Scusi un attimo. (Al guardone) È inutile che ti 26 27 nascondi, sai... vedo il binocolo che brilla nel sole! (Si mette il ferro sul seno e lo toglie subito lanciando un urlo. Alla dirimpettaia) Oddio, mi sono stirata un seno!! Là, lei non può vederlo... è la finestra sopra la sua... Pure il Guardone mi mancava oggi!... Vede, una povera donna non può starsene un po’ in deshabillé in casa sua a stirare... Per colpa di quello lì devo stirare con su il paltò! (Gridando rivolta al Guardone) Vero?... E il passamontagna!... E gli sci!... Che non so neanche sciare, cado e mi rompo tutta come mio cognato!... (Alla dirimpettaia) La polizia? No, non la chiamo. Sa cosa succede? Arrivano, stendono un bel verbale, vogliono sapere fino a che punto ero nuda o vestita in casa mia... se ho provocato il Guardone con danze erotiche... e per finire io, solo io, mi becco una bella denuncia per atti osceni in luogo privato, ma esposto al pubblico! No, no, me la cavo da me. (Stacca dalla parete il fucile da caccia grossa e lo punta alla volta del Guardone’ gridando) Ti ammazzo porco! (Delusa) t scappato! (Rivolta alla finestra del Guardone) Basta vedere un fucile che scappa! Vigliacco! Vieni fuori, orbo di un binocolaio!... (Posa il fucile sul tavolo. Alla dirimpettaia) L’ho fatta ridere? Sono matta? (Riprende a stirare) Meglio essere matta, piuttosto che fare come facevo prima... ogni due mesi mi ingoiavo un tubetto di Veronal... tutte le pastiglie rotonde che trovavo nel bagno le mandavo giù... persino il vermifugo dei bambini... per la disperazione! O tagliarmi le vene come ho fatto tre mesi fa!... Sì, le vene... guardi qua... ci ho ancora le cicatrici... vede? (Le mostra i polsi) No signora, mi dispiace, ma ’sta storia delle vene non gliela posso raccontare. È riservata e intima. Non mi sento proprio,... ci conosciamo da poco tempo... (Cambia completamente tono) Gliela racconto?... No, no... ho avuto un conato di confidenza col suo palazzo! Forse mi fa bene... può darsi che mi sfogo. È una storia triste! Dunque... è stato per via di un ragazzo... quindici anni più giovane di me... che oltre tutto dimostrava ancora meno della sua età... timido, impacciato... dolce... delicato... roba che farci l’amore insieme sarebbe stato come fare... un incesto! Un incesto!! L’ho fatto!... Come cosa ho fatto? Ho fatto l’incesto. Ho fatto l’amore col ragazzo! E sa la cosa più terribile? Non me ne vergognavo... anzi, ero felice! Cantavo dalla mattina alla sera... La sera no, la sera piangevo: “Sei una depravata”, mi dicevo. (Si sente strombettare fuori scena) Scusi, un attimo... questo è mio cognato che mi chiama con la trombetta... un momento, torno immediatamente. (Affacciandosi alla porta di sinistra) Che c’è, caro? Stai tranquillo un attimo... sto parlando con una signora... (Squilla il telefono. Richiude la porta e corre a rispondere alla chiamata telefonica) Pronto... che c’è Aldo... perché mi chiami così subito?... Se viene chi? Quello dei soldi?... (Quasi tra sé) E chi è quello dei soldi?!... Ah, quello che telefona sempre... Beh, che devo fare... tanto sono chiusa dentro, mica posso farlo passare dalla serratura... Ah, devo far finta di non essere in casa... spegnere la radio, il giradischi, il televisore... d’accordo, come vuoi tu, agli ordini capo! Anzi, 27 28 per te faccio di più! Sai che faccio? Vado in gabinetto, mi tuffo nella tazza e tiro la catena!... E s’incazza pure! Ma va’ a morì ammazzato! (Abbassa la cornetta. È furiosa) Ha detto che quando torna mi riempie la faccia di schiaffi! A me? Mio marito a me?... Me ne dà!! (Riprende a lavorare) Ma dice che lo fa perché mi ama, che mi adora! Che io sono rimasta una bambina, che lui mi deve proteggere... e per proteggermi meglio il primo che mi frega è lui! Mi tiene chiusa in casa come una gallina scema, mi prende a sberle... e poi subito vuol fare l’amore!... Sì, l’amore! E non gliene frega niente se a me non va, se non ne ho voglia! Sempre pronta devo essere io, sempre pronta! Come il Nescafè! Lavata, profumata, depilata, calda, snodata, vogliosa, ma: zitta! Basta che respiri! E faccia un gridolino ogni tanto, per fargli credere che ci sto. E invece io con mio marito non ci sto! Insomma non sento niente... io... non riesco ad arrivare... (È molto imbarazzata, non trova la parola giusta. La vicina gliela suggerisce) Ecco, sì... quella parola lì... Che parola! Che parola!! Non la dico mai! Orgasmo! Mi pare come il nome di una bestiaccia schifosa... un incrocio fra un mandrillo e un orango. Mi pare di leggerlo a grandi titoli sui giornali: “Orgasmo adulto fuggito dal circo americano!”, “Suora aggredita allo zoo da un orgasmo impazzito”. Quando poi dicono: “Ha raggiunto l’orgasmo”, mi pare di vedere un povero tapino che dopo una gran corsa riesce a prendere il tram al volo... (Ride) Ah, fa lo stesso effetto anche a lei?... O-R-GA-SMO!! Che parolaaa!! Con tanti nomi che ci sono... non potevano chiamarlo ad esempio “sedia”?... Sì, sedia... così uno dice: “Ho raggiunto la sedia”, primo, non si fa capire che ha fatto le brutte cose... secondo, se è stanco si riposa! (Ride divertita) Dove ero rimasta?... Ah, sì, mi scusi, ma questo fatto dell’orgasmo mi ha fatto perdere il filo. Con mio marito, non sento niente! Niente! Guardi come faccio l’amore con mio marito... così. (È seduta sullo sgabello e restando seduta si stende rigida mettendosi sull’attenti, come un soldato) E quando ha finito dico: “Riposo!”... No, non ad alta voce, se no me le dà... Di dentro... io parlo sempre di dentro. “Riposo!” e dormo rilassata. Non so perché con mio marito non sento niente. Forse perché mi sento come... bloccata... mi pare di essere come... (Non riesce a trovare la giusta definizione. La dirimpettaia gliela suggerisce. Cambiando completamente tono) Sì! Ma perché lei ha aspettato tanti anni a venire a stare di fronte a casa mia! Ma sa il tempo che ci penso... che è anche una parola facile: “ADOPERATA”! Sì, adoperata, come il rasoio elettrico, il fòn per i capelli... Sarà anche che io non ho avuto molte esperienze di sesso... ne ho avute due... questa del marito che non conta, e un’altra che ero ancora una ragazzina... Dieci anni io... lui dodici. Un imbranato! Speriamo sia migliorato crescendo... Noi non sapevamo niente di quelle cose lì... sapevamo solo che i bambini nascono dalla pancia... No, non ho sentito niente... proprio niente! Solo un gran male qui. (Accenna all’ombelico)... Sì, qui... l’ombelico... e sì, perché noi si credeva che fosse quello, il posto 28 29 dell’amore... e allora lui col suo coso... spingeva, spingeva... Ho avuto l’ombelico infiammato non so per quanti giorni. (Ride) Mia mamma credeva mi fosse tornata la varicella! A mio marito, questo fatto dell’ombelico non glielo ho confidato... E no, perché magari dopo dieci anni fai una lite: “Taci tu! E quella volta dell’ombelico allora! Puttana!” No, no, zitta sono stata. L’ho detto al prete... Mi sono confessata... m’ha detto di non farlo più. Dopo, sono cresciuta... No, non ho più avuto esperienze di sesso... E no, quella lì dell’ombelico non mi era piaciuta. Sono diventata grande, mi sono fidanzata, le mie amiche mi hanno spiegato... Il giorno del matrimonio in chiesa ero così emozionata!... Cantavo a squarciagola... No, non con la voce... di dentro... io faccio tutto di dentro... Cantavo dentro di me: “arriva l’amore, oho ohoo... arriva l’amore...” (Cambia completamente tono: delusa) Invece è arrivato mio marito! Come sono rimasta male la prima notte, signora... “Ma come: è tutto qui?” mi chiedevo... Come sono rimasta male la prima notte! Anche alla centesima!... Informarmi? E da chi? Allora ho incominciato a leggere i giornali delle donne e ho scoperto una cosa! (Dandosi molta importanza) Ho scoperto... che noi donne abbiamo i punti erogeni... che sarebbero quei punti di maggiore sensibilità al tatto del maschio... (Delusa) Ah, lo sa già... Ne sa di cose lei, eh? Ma quanti punti erogeni abbiamo! Su quel giornale c’era il disegno di una donna nuda, tutta divisa in quarti... sa, come quei cartelloni che si vedono nelle macellerie con su la vacca tutta divisa in regioni, come la carta d’Italia. E ogni punto erogeno era pitturato con colori tremendi, a seconda della sensibilità più forte o meno forte. Per esempio, la lombata, rosso fuoco! Poi la parte qui, dietro il collo, quella che i salumieri chiamano “la coppa”, violetto; il filetto della schiena... (Cambia tono) ha visto come è aumentato il filetto!... Ah sì, scusi... (Riprende il tono descrittivo) il filetto, arancione! Poi lo scamone... Lo scamone è una roba!! Il non plus ultra! Speciale! Quasi come farsi toccare il biancostato e la polpa di roast-beaf, che poi sarebbe il muscolo sartorio o anche traverso, come dire interno della coscia o cosciotto! Con mio marito né lombata né filetto né polpa... niente! Non sentivo niente! Ma mi ero rassegnata, perché credevo che per tutte le donne fosse così... finché non ho conosciuto il ragazzo. È andata così: la mia più grande, era grande e io avevo meno da fare, allora ho detto al marito: “senti, sono stanca di fare la casalinga, vorrei fare qualche cosa d’intellettuale, imparare una lingua, l’inglese per esempio, che se andiamo in Inghilterra, lì lo parlano da matti! Lui mi fa: “Brava!” E mi porta a casa un giovane universitario sui ventisei anni che parlava l’inglese benissimo. Passano una ventina di giorni e mi accorgo che il ragazzo dell’inglese si è innamorato pazzamente di me!... Come me ne sono accorta? Se per caso gli sfioravo, nel dire un verbo, una mano, lui tremava tutto... s’intartagliava in inglese che non si capiva niente! Io non ero abituata a quei sentimenti dell’anima, ma solo alle palpate del 29 30 cognato, al porcone telefonico, alle adoperate di mio marito... sentirmi tutte quelle ondate d’amore... vam, vam... che mi venivano nello stomaco... vam, vam! Una gastrite nervosa! Allora mi sono detta: “stai scivolando verso il peccato!” Basta, ho chiuso con l’inglese! Lui, il ragazzo, l’ha presa male... Tutte le mattine scendevo a fare la spesa e lui era lì, sotto il portone, che mi aspettava. Pallido, triste... con su un impermeabile bianco... bello! Com’era bello! Sembrava Yul Brinner giovane! Mi guardava con quel suo occhio blu... No, no, signora, ne ha due di occhi... È un mio modo di dire, l’occhio blu... E io gli dicevo (Parlando a mezza bocca): Vai via... non sono la donna adatta a te... Vai via... potrei essere quasi tua madre! Fatti una ragazza della tua età... (Gridando) Va’ via! (Cambia tono) Si prendeva certi spaventi! Poi un giorno me ne ha fatta una indimenticabile: scendo come tutti gli altri giorni a fare la spesa, e sotto al portone lui non c’è! Come sono rimasta male!! “Non fa nulla, – mi sono detta, – sì sarà rassegnato...” Vado nella nostra piazza, qua sotto, qualche cosa attira la mia attenzione: tutti i muri delle case erano coperti da scritte enormi, con la vernice rossa... c’era scritto: “Ti amo Maria!” Maria sono io... Anzi c’era scritto: “I LOVE YOU!” L’aveva scritto in inglese per non farsi capire! Sono scappata in casa. “Basta, devo dimenticare... devo dimenticare...” e per dimenticare ho incominciato a bere!... Fernet! Amaro! Come è amaro il Fernet! Ma perché lo fanno così amaro! Lo mandavo giù come una medicina... e me ne stavo qui, con tutte le mie amarezze, la radio che cantava, il telefono che squillava, il cognato che strombettava... (Si sente lo strombettio del cognato) Rieccolo! (Va verso la porta di sinistra) Cosa c’è? Stai buono, ora non posso... sto parlando con una mia amica. (Si sente uno strombettio inferocito cbe arriva a coprire le parole della donna) Villano! (Alla dirimpettaia) Sapesse le parolacce che mi dice con quella tromba lì! Un giorno o l’altro lo sbatto giù dalle scale, lui e la sua carrozzina... quattro piani... (Altra strombazzata furiosa. Anche la donna è furiosa) L’ultima tromba, deve essere la sua! Dov’ero rimasta? Ah sì... ero qui ubriaca... no, mica da cascar per terra... allegretta... suona il campanello. Chi era? La madre del ragazzo! Un imbarazzo!! Mi fa: “Signora, non mi giudichi male, ma sono disperata, mio figlio sta morendo d’amore per lei. Non mangia più, non dorme più, non beve più... Lo salvi!! Venga almeno a salutarlo”. Che dovevo fare? Sono una mamma anch’io! Vado. Entro in camera del ragazzo... era a letto... bianco come uno straccio, magro, triste:... senza impermeabile... Come mi vede scoppia a piangere... e anch’io scoppio a piangere... e anche la mamma di lui scoppia a piangere... Poi la mamma di lui se ne va. Restiamo soli. (È molto imbarazzata) Lui mi abbraccia... io lo abbraccio. Lui mi bacia... io... lo bacio. E poi... (Con un gesto della mano allude al ragazzo che tenta di toccarle un seno) “Fermo!” Si è preso uno spavento anche quella volta lì. “Ti devo parlare. Non mi vergogno a dirtelo, anch’io ti voglio bene, anzi 30 31 ti amo. (Alzando sempre più il tono della voce) Ti amo, ti amo, ti amooo!” Come gridavo!!... Il Fernet!! (Sempre gridando) Ti amooo! (Cambiando tono) Tanto che poi mi hanno detto che tutto il palazzo s’è affacciato alle finestre: “Chi è che ama in questo palazzo?” “C’è qualcuno che ama al quarto piano?” “No, da noi non ama nessuno... forse amano al secondo...” Che figura!! Meno male che non mi conoscevano... (Rigrida) “Ti amo! Ma non posso fare l’amore con te: ho due figli, un marito, un cognato!” Lui allora salta giù dal letto, nudo... com’era nudo! Afferra un coltello che c’era lì, se lo punta alla gola e dice: “Se non vuoi fare l’amore con me... io mi uccido!” (Più che mai imbarazzata) Non sono un’assassina io! Sacrificare la vita di un giovane uomo per il mio bieco egoismo? Mai! Mi sono spogliata in otto secondi... e... ho fatto l’amore. (Cambiando tono. Dolcissima) Una cosa, signora... dolce... i baci... le carezze... Doveva esserci, signora! I baci... le parole che mi diceva... le carezze... Benedetto quel coltello! E così ho scoperto che l’amore, l’AMORE, non è quella cosa di mio marito... io sotto e lui sopra: TRAM TRAM TRAM, la macchina schiacciasassi! L’amore è una cosa dolce... ma dolce... Ci sono tornata il giorno dopo. Il giorno dopo ancora. Tutti i giorni dopi dei giorni dopi... Cosa ha capito signora? Era ammalato! E quando tornavo qui a casa ero come stordita... Ma come, perché? Arrivare alla mia età e scoprire che esiste al mondo una roba che credevo fosse solo nel cinema... Mio marito, a vedermi così allocchita, non si era messo in testa che bevessi? Mi ha chiuso a chiave il Fernet! Che pirla!! Poi gli è venuto il sospetto... m’ha fatto pedinare. Un giorno ero lì, in camera del ragazzo... in piedi, nuda... anche lui era lì, in piedi, nudo, che stavamo salutandoci: “Come stai? Bene e tu?” si spalanca la porta e entra mio marito vestito! Tanto che io non sapevo cosa dire e ho detto: “Ah, sei tu?” E, signora... non è mica una cosa di tutti i giorni essere lì, nuda, con un estraneo, nudo, ed il marito con su il paltò! L’avessi mai detto! “Sì, sono iooo! Villana!”... M’ha detto, villana... che non era la parola giusta. Poi si mette a gridare come un matto... voleva strozzare il ragazzo... contemporaneamente voleva strozzare anche me... ma mio marito ha due mani sole e per quanto stringesse, non ci riusciva... con tutto che io collaboravo... agevolavo... spingevo il mio collo contro quello del ragazzo e avevo anche smesso di respirare... tenevo la bocca chiusa. Morirò, per dio! Niente! Improvvisamente il naso mi respirava da solo... Ho il naso indipendente!! Arriva la madre, la sorella, la nonna... io lì nuda come un vermicione col mio naso indipendente. Scappo in bagno, mi chiudo dentro... prendo una lametta che c’era lì, e: zam zam, zim zan... mi taglio tutte le vene che ho! Le cercavo. Eccone un’altra: zam! Un’altra: zam! Ho fatto un tagliamento!! Ma quante vene abbiamo! Le tagliavo per il lungo... Per morire prima, signora!... Mio marito, però, mi voleva ammazzare lui, proprio di persona, ha buttato giù la porta a spallate... e quando mi ha visto lì con tutto quel sangue... rosso... che io ci ho un 31 32 sangue rossissimo... mi fa: “Non ti ammazzo più. Ti porto all’ospedale”. M’ha fatto su in una bella coperta, per non sporcare la macchina... mi ha portata all’ospedale... e poi mi ha perdonata... è stato molto generoso. Però da quel giorno lì, mi tiene chiusa in casa... Certo, sequestro di persona... Lo so che è proibito dalla legge... La polizia? Ah, ma lei ci ha proprio la mania di chiamare la polizia. Ha qualche parente nell’Arma? Non posso chiamare la polizia... Vengono qui, salta fuori la storia del ragazzo... sicuramente si arriva alla separazione legale... sicuramente il marito mi porta via i figli e magari in cambio, sicuramente, mi lascia il cognato tocaccione! No, no, guardi... io... (Squilla il telefono. La donna solleva la cornetta) Pronto. (Con voce bassa, emozionata) Caro... perché mi telefoni? (Gridando alla dirimpettaia) È il ragazzo! (Riprende il tono “intimo”) Ti prego... non devi telefonare più!... Ma come faccio a vederti, se mi tiene chiusa a chiave... Vieni ad aprire tu! E con che cosa?... (Spaventata) Non farmi una cosa così... pronto, pronto... (Alla dirimpettaia) Ha attaccato! È pazzo, è pazzo! Dice che viene lui ad aprire... Con un chiodo storto!... Sì, lo so che non ce la farà ad aprire, ma che figura faccio se passa un inquilino e vede un estraneo a ravanare nella mia porta con un chiodo storto! (Si sente bussare alla porta) Eccolo... è già qui. (Va alla porta d’ingresso, spaventata) Vattene, sta arrivando mio marito... (Cambia tono) Chi è lei?... Soldi? Che soldi? (Alla dirimpettaia) Dio che guaio... è quello dei quattrini, il creditore. (Verso la porta) In casa non c’è nessuno... Sì, io ci sono, ma... sono la cameriera... Sì, ho detto mio marito, perché mio marito fa il cuoco... No, i signori non ci sono. Sono andati a fare una crociera... in automobile... Senta, io ho l’ordine di non aprire, di non parlare, di non accendere la radio né il giradischi... E poi, anche se volessi non potrei aprire, perché non ho la chiave... (A parte) Oddio che ho detto... (Al creditore) Non ho la chiave perché... mi chiudono... la mia padrona è convinta che rubi... e allora... No, non si preoccupi, non muoio di fame, ho qui la scorta di viveri... La polizia? Perché vuole chiamare la polizia? (Tra sè) È un parente di quella signora lì... (Indica la dirimpettaia, poi subito al creditore) Signore... signore... (Venendo alla finestra) Se n’è andato, è andato a chiamare la polizia... Io dico che è un bluff... l’ha fatto solo per spaventarmi... (Ribussano alla porta) Ribussano... chi sarà adesso signora? Il creditore, la polizia, il ragazzo pazzo? Io non rispondo a nessuno... (Ribussano con insistenza) Vuoi vedere che è proprio la polizia? (Si sente gridare a gran voce: Maria, Maria) Mio marito! (Va alla porta) Aldo... cosa bussi... va bene che il campanello è rotto, ma hai la chiave, e aprila ’sta porta!... Hai perso le chiavi?! Oh mamma! E adesso cosa mi capiterà? Mi toccherà morire di fame, sepolta viva, come l’abate Faria... io, il bambino, il manone... Che morte, che morte!! (Al marito) Guarda che è stato qui il tuo amico... sì, quello dei soldi. È andato a chiamare la polizia... No, non ha parlato con me, non sono cretina!... Ha parlato con la cameriera... 32 33 Quale cameriera? Non abbiamo cameriera? Certo che ce l’hai la cameriera! Hai la cameriera, l’infermiera, la baby-sitter, la donna a ore, tuttofare, tuttolavare, tuttopalpare a farsi fottere!... No, non sono né isterica né pazza... e sono contenta che arrivi la polizia, così la faremo finita... Sì, vattene... e non tornare mai più! (È furente. Cerca disperatamente una parolaccia da lanciare al marito) Presbite! (Si rende conto di quello che ha detto. Torna al tavolo avvilita. Alla dirimpettaia) Con tutte le parolacce che so, una volta che me ne serve una: “presbite!!” Che ci vede benissimo! Va’ che figura che ho fatto! Però gliene ho dette! (Si sente un vagito piuttosto disperato) Il bambino... (Spaventata) Signora, mi piange il bambino!! Mi spavento sì! Non si è mai svegliato da quando è nato! (Corre alla porta di sinistra uscendo di scena) Ma che ci fai tu qui nella mia camera... Brutto sporcaccione, mi hai svegliato il bambino per costringermi a venire qui... Ma che fai adesso... fermo, non tirarmi così! Lasciami andare. (Vagito). Buono, stai buono popo. (Trillo del campanello del telefono). Disgraziato! M’ha strappato la mia vestaglia del COIN. Vengo, accidenti... Poi con te faremo i conti quando arriva tuo fratello, vedrai... (Entra in scena; la vestaglia presenta uno strappo all’altezza della spalla) E quando torna più quello... (Risponde al telefono) Pronto... (Furente) Senta, adesso basta! Guardi che se non la smette di dirmi queste sporcaccionate io un giorno o l’altro perdo la testa... le metto... una bomba nel telefono! Le faccio saltare via tutte le gengive!! Sporcaccione... ma non si vergogna! Sono una mamma! Cosa direbbe se qualcuno dicesse le zozzerie che dice a me alla sua vecchia mamma, con i capelli bianchi, che fa l’uncinetto vicino al focolare... Ah tace! Tace lo zozzone... Ho trovato finalmente la parola giusta! La parola che fa battere il cuore all’italiano medio: MAMMA! (Pausa. Posa la cornetta) È orfano! (Lancia invettive contro l’apparecchio telefonico) Porco, sporcaccione, zozzone!! (Alla dirimpettaia) Signora, ha visto cosa m’ha fatto mio cognato, è arrivato a svegliarmi il bambino... (Chiamando) Signora... signora... (Il bambino riprende a piangere. Delusa, dopo aver sbirciato verso la finestra) Se n’è andata... (Alza lo sguardo) In compenso è tornato il Guardone! (Alza la voce verso la porta di sinistra) Buono popo... (Imbraccia il fucile) che adesso la mamma ti fa vedere come si ammazza un Guardone... (Bussano alla porta d’ingresso. In direzione del Guardone, ad alta voce) Stai lì che ti ammazzo tra due minuti... (Posa il fucile e va alla porta) Chi è?... Per carità, vattene... sta per arrivare mio marito, la polizia e anche un creditore... (Si sente armeggiare nella serratura) Non toccare la mia serratura col tuo chiodo... tanto non riuscirai mai ad aprire... (Si sente il rumore di una serratura che scatta) Scatta? Oddio apre... No, non riuscirai ad entrare... ci metto la catena... (Esegue) Aiuto! (Corre al tavolo) Signora, signora... oh, meno male che si è riaffacciata... il ragazzo pazzo è riuscito ad aprire la porta... No, non può entrare perché ho messo la catenella... Sì, adesso 33 34 glielo dico... (Va verso la porta. Si blocca di colpo alla vista della mano del ragazzo che entra in scena attraverso la fessura della porta). Vai subito via dalla mia casa con quella mano... (La mano fa cenno insistentemente di avvicinarsi). Cosa vuoi?... Stringermi la mano? Ma vuoi capire che sta per arrivare mio marito... (Il ragazzo insiste). Che insistente! Va bene, ma facciamo presto... (Gli dà la mano. Il ragazzo cerca di tirare la donna verso di sè). Ma cosa tiri... mica posso passare dalla fessura... (Il bambino strilla). Lasciami, c’è il bambino che piange... devo dargli la pappa, vattene adesso. (Libera la mano dalla stretta del ragazzo e va alla porta della cucina) Vattene e richiudi la porta col tuo chiodo storto, anzi, lascialo in portineria che mio marito ha perso la chiave... (Al bambino) Buono popo che adesso ti porto la pappa... (Entrando in cucina, vede che la mano del ragazzo è sempre in casa sua. Prende un grande cucchiaio di plastica) Vattene! Guarda che perdo la pazienza... Guarda che ti castigo... (Minacciosa) Guarda che ti do una coltellata con questo cucchiaio che ti taglio via tutte le dita... Non ci credi? (Si avvicina al ragazzo e sferra un gran colpo con il cucchiaio sulla mano. Urlo del ragazzo. La donna, spaventata, guarda il cucchiaio poi corre alla finestra) Signora, gli ho dato una coltellata con questo cucchiaio... Che devo fare, signora?... Brevettarlo? Ma che dice?!... Disinfettarlo? Giusto, ha ragione, bisogna disinfettarlo... Sì, ce l’ho, mio marito non mi lascia mancare niente... (Prende l’alcool che sta nel vassoio sopra al mobile e corre dal ragazzo) Stai fermo... No, non brucia, è quello per i bambini... Caro, caro, che taglio t’ho fatto! Sono un’assassina... perdonami! Adesso vattene... Un bacio? (Gli bacia la mano)... Sulla bocca? No, sulla bocca non ti do niente!... No, mi spiace ma la catenella non la tolgo... Ma non ci passa la testa dalla fessura, ho le orecchie!!... Come sei insistente! (Infila la testa nella fessura della porta) Lasciami andare... lasciami... accidenti... la testa! Mi è rimasta incastrata la testa nella porta! Spingi, spingi... ma non con la bocca cretino! Con la mano! (Toglie con fatica la testa dalla fessura) Ahia, che male! (Si allontana di qualche passo. Il ragazzo batte la mano freneticamente sul legno della porta). Basta! (Il ragazzo insiste). Ti sembra questo il momento di fare del jazz a casa mia?! (Il ragazzo cerca di togliere il braccio dalla fessura, senza riuscirci). Vattene!... Che succede?... Che disastro! (Corre alla finestra) Oh, signora, signora... gli è rimasta la mano incastrata nella porta!... Diventerà vecchio col suo braccio in casa mia... mio marito mi impicca! (Disperata) Che devo fare?... Ah sì, l’acqua, col sapone... come per gli anelli... (Urla al Guardone) Vai via! (Alla dirimpettaia) Calda, ce la metto calda che va meglio... (Prende la bacinella che sta sulla tavola. Al Guardone, esasperata) Lesbico! (Girando indaffarata per la stanza) La guardata al Guardone, l’acqua calda per il ragazzo, la pappa al bambino, (Strombettio del cognato) la palpata al palpone... (Squilla il telefono) il porcone telefonico! (Va al telefono) Hallo porco! (Cambia tono: crede sia il marito. Fredda) 34 35 Ciao... Come? Chi è lei?... Scusi, credevo fosse mio marito... No, mio marito non c’è, se vuole dire a me... Sì. Sì... (Ride tra sé) Sa che le dico? Auguri e figli maschi!! Guardi che lei sbaglia numero... Sì, c’è un uomo qui, ma mio marito mette incinta solo me!... No?... Anche sua figlia?! (Interdetta) Non m’ha detto niente... Che porco! Quanti anni ha sua figlia?... Sedici anni!... Però, scusi, lei, sua figlia di sedici anni invece di lasciarla andare in giro a farsi incintare dai mariti delle altre donne, la chiuda in casa! Mio marito mi chiude in casa a me, alla mia età, e lei chiuda... Villano! (Riattacca. Alla dirimpettaia) M’ha detto, puttana! Mio marito gli mette incinta la figlia e lui dice puttana a me! (Il ragazzo, bussando alla porta, cerca di attirare l’attenzione della donna). Lasciami stare! Ho una disgrazia in famiglia... ho il marito incinto! (Entra in cucina da dove esce subito con la bacinella in una mano e la pappa per il bambino nell’altra) Vengo, vengo... Accidenti come scotta questa pappa! (Entra in camera da letto) Eccomi, eccomi qua popo... Stai fermo, stupido... non tirarrni... Attento che ho la pappa bollente! (Si sente un urlo del cognato). Maledizione! (Torna in scena) Signora, che ho fatto!... Gli ho versato tutta la pappa bollente sugli occhi... No, non al bambino, a mio cognato!... Che faccio? (Corre in camera da letto e rientra in scena spingendo una carrozzina sulla quale è seduto il cognato tutto fasciato come una mummia: è un pupazzo, ha una trombetta-claxon in mano, è tutto ingessato. Alla dirimpettaia) Il Foil? Certo, gli metto il Foil, sì, sì, ce l’ho, mio marito non mi fa mancare niente... (Al ragazzo che ribussa) Lasciami stare! Ho bruciato mio cognato! (Prende la pomata dal vassoio. Corre dal cognato e gliela cosparge sulla parte ustionata) Eccomi... ti brucia? Eh, ma anche tu! Ti avevo avvertito che tenevo la pappa in mano... buono con ’sta mano... (Mima di essere afferrata dal cognato-manichino) Lasciami andare, lasciami andare... (Cerca di liberarsi, senza riuscirci. È furente) Guarda che ti verso addosso l’acqua bollente! (Il cognato la lascia). Ah, l’hai capita finalmente! (Corre con la bacinella dal ragazzo) Presto, metti la mano nel catino... Ma no, non è bollente... l’ho detto per spaventare il cognato... (Il ragazzo mette la mano nella bacinella. L’acqua è bollente. Il ragazzo urla e ritira velocemente il braccio) Era bollente?! Però, hai visto, sei riuscito a togliere la mano. Ora vattene... Ti sei bruciato? Beh, fatti un impacco con questa pomata... (Gli passa attraverso la porta la pomata. Si intuisce che il ragazzo le ha afferrato la mano e che cerca di attirarla il più possibile verso di se e farsi masturbare. La donna cerca inutilmente di liberarsi) Ma che fai... lasciami andare... Sei impazzito? Lasciami andare. Guarda che se passa qualcuno ci portano in questura con la porta in mezzo! Lasciami andare!! Mi stai offendendo... mi manchi di rispetto... Guarda che ti castigo... Ti castigo!... Ah, non ci credi? Guarda! (Mima di tirarlo con forza verso di sé e chiude violentemente la porta. Urlo del ragazzo che scappa. La donna è disperata. Toglie la catenella alla porta e la spalanca. Torna 35 36 tristissima alla tavola e riprende a parlare con la dirimpettaia) L’ho castigato!... Perché mi ha deluso... io credevo che lui fosse “l’AMORE”... invece no... è un porco come tutti gli altri... (È disperata) Signora, non ce la faccio più... (Si sente il pianto del bambino). Non ce la faccio più... Il mio bambino... vado dal mio bambino... voglio bene solo a lui... (Fa per dirigersi verso la camera, ma viene bloccata dal suono del telefono. Anche il cognato si mette a strombettare). Zitto! Zitto, cretino!! Smettila! (Pianto del bambino, campanello telefonico, strombettio del cognato salgono di tono, all’unisono. La donna non si controlla più) Basta! Basta! (Prende il fucile e se lo punta alla gola) Mi ammazzo, mi ammazzo... (La donna si blocca di colpo e nel silenzio totale ascolta con molta attenzione quanto la dirimpettaia le sta dicendo) Sì... Sì... (A fatica trattiene le lacrime) Sì! (Depone il fucile sulla tavola) Cosa stavo facendo... dio... dio... grazie signora... Meno male che è venuta a stare di fronte a casa mia... Sì, lo faccio subito... Che bei consigli mi dà... (Strombettio prepotente del cognato). Sì caro, vengo, sono qui, tutta per te! Vieni. (Strombettio felice). Vieni... (Si avvicina al cognato e sospinge la carrozzina verso la porta d’uscita) Andiamo a fare una bella passeggiatina erotica! (Lo scaraventa fuori scena. Gran tonfo, poi una sequenza di tonfi e strombettii). Attento alla vetrata! (Gran frastuono di vetri rotti). E uno!! (Pianto del bambino. La donna si dirige alla camera da letto. Arrivata al centro palcoscenico, si blocca e lancia un’occhiata in direzione del Guardone. Gli sorride languidamente. Lo saluta. Lentamente, con movimenti sexi, si avvicina alla tavola, gli butta baci. Repentinamente imbraccia il fucile e spara contro il Guardone) Il Guardone non guarda più! (Sta per andare dal figlio ma è bloccata dal suono del telefono. Risponde con voce terribile) Pronto!! (Cambia tono) Aldo? (È quasi dolce) Sì, sono calma. Sì, sì, qui è tutto tranquillo... Sì, puoi salire... ti aspetto. (Riattacca. Alla dirimpettaia) No signora, non si preoccupi, (Prende il fucile) sono calma... sono molto calma... (Si appoggia al tavolo puntando il fucile verso la porta d’ingresso) Aspetto... con calma. Presentazione a riscaldamento” “Black out o senza luce senza FRANCA Siamo in un clima di crisi: crisi del’energia…Il gasolio è stato razionato, verrà razionata anche la luce, la corrente elettrica: rischiamo il black out. Due anni fa, a New York, assaltò la centrale che distribuisce la corrente elettrica. Fu una notte terribile: andò via la luce per ben quarantotto ore, quarantotto ore senza luce! Migliaia di ascensori bloccati, le vetture della metropolitana ferme nelle gallerie. Nelle case tutti al buio, tutti come ciechi. Insomma, una tragedia: e se 36 37 succedesse anche da noi? No, calma, è impossibile! Solo in una civiltà altamente tecnicizzata può accadere un disastro simile…Noi per fortuna siamo altamente disorganizzati. Ma, dico così, per gioco: immaginiamo che anche da noi arrivi il grande buio, che anche da noi scoppi il BLACK-OUT. BLACK OUT O SENZA LUCE SENZA RISCALDAMENTO Franca viene avanti nel corridoio della casa con una benda sugli occhi e fa subito cadere il vaso che stava sulla mensola. FRANCA Accidenti…il vaso! Proprio non me lo ricordavo. MARITO Chi è? Cos’è? Cosa sta capitando? FRANCA Niente…è solo il vaso…tanto era già tutto sbeccato… MARITO (accorrendo) Franca, che t’è successo? Sei bendata? Oh dio mio: gli occhi? Sei andata a sbattere? T’è scoppiato qualcosa in faccia? FRANCA Calma, calma…non è successo proprio niente…Sto benissimo. MARITO Come stai benissimo…? E allora quella benda sugli occhi? FRANCA Me la sono messa io…per abituarmi. MARITO Abituarti a che? FRANCA Al buio..no? Per quando succede che va via di colpo al luce…Bisogna che mi alleni a entrare a casa senza vederci…riuscire a muovermi senza incocciare nei mobili e nei vasi…come m’è successo adesso. MARITO Ma dico? Sei impazzita? Mi hai fatto prendere uno spavento! FRANCA Beh, meglio che lo spavento te lo becchi adesso per niente che dopo per qualcosa! Te n’accorgerai quando salterà la luce…senza preavvso: il black-out totale..lì, bloccato, come accecato all’improvviso…senza sapere dove andare…Invece io…guarda…io che mi sono allenata: qui c’è il tavolo…le sedie..il comò… MARITO Attenta alla bottiglia! (Tonfo, rumore di vetri) Ecco, l’hai rotta! FRANCA Ma chi è quell’imbecille che ha tirato fuori ‘sta bottiglia… MARITO Io, io sono l’imbecille…mi stavo bevendo un bicchiere di vino. FRANCA Beh, potevi rimettela a posto…Non vedi che non ci vedo…E quando non ci si vede non si possono lasciare bottiglie fuori posto! 37 38 MARITO Senti: adesso basta fare la matta…togliti ‘sta benda. FRANCA Ma neanche per idea…quando si comincia una cosa…prima regola, è portarla a termine…e tu non ti provare a farmi smettere l’allenamento…anzi…dami retta, fasciati gli occhi anche tu…e abituati al buio. MARITO Eh, piantala con sto buio…sei proprio fissata…a parte che non è ancora venuto il turno per il nostro quartiere…a noi toglieranno la luce solo giovedì! E nono è neanche sicuro… FRANCA Solo giovedì? Chi te l’ha detto? MARITO Ma la televisione…e poi sui giornali…Su quello di oggi ci sono tutte le previsioni. FRANCA Sì, bravo…e tu credi alle previsioni dei giornali e della televisione? Ma se non ci azzeccano mai! Oggi doveva esserci il sole..guarda fuori che tempo fa…Beh,a d ogni modo, invece di startene qui a chiacchierare…fammi il favore di tirare dentro la bombola del gas l’ho lasciata davanti alla porta…Sono distrutta…tre piani a piedi con tutta sta roba. (Posa sul tavolo al borsa stracolma di pacchi e bottiglie). MARITO Hai comperato dell’altra roba? FRANCA Sì, cinquanta scatole di fiammiferi…una lanterna a petrolio due lampade ad acetilene da campeggio…E poi, zucchero, pasta, riso, scatolame… MARITO Che esagerata! Manco fossimo in guerra! Ma è proprio un’ossessione questa tua di far scorte! E sei venuta su per tre rampe di scale con tutto sto po’ po’ di peso? Ma perché non hai preso l’ascensore? FRANCA Bravo! E se staccano la corrente sul più bello? E ci resto dentro prigioniera e disperata…per chissà quanto tempo? MARITO Sei sempre catastrofica: per una volta che t’è successo. FRANCA Intanto è successo a me…E m’è bastata quella sola esperienza! Mi pareva d’impazzire dentro a quella trappola mortale! MARITO Sei impazzita, guardati un po’ con la benda sugli occhi che giochi a moscacieca alla tua età…Accidenti come pesa ‘sta bombola…Dove la metto? FRANCA E dove pensi vada una bombola? In camera da letto, no? MARITO In camera da letto? FRANCA Adesso, stai benissimo…Ma se scoppia il blackout…se succede come a New York…che per appena quarant’ottore senza elettricità è successo il finimondo? Se 38 39 capita una cosa simile da noi…come minimo ci restiamo un mese: un mese sommersi dal ghiaccio e dalle tenebre! MARITO Eh, piantala con sto black-out…Fanatica! FRANCA Vedi? Vedi che t’innervosisci? Non vuoi che se ne aprli…Preferisci non pensarci…Fai come lo struzzo: la testa sotto la sabbia per non vedere la realtà che spaventa…Tira fuori la tetsa dalla sabbia e beviti sto caffè MARITO Ma è pepe puro! Hai fatto il caffè col pepe! FRANCA Eh sì…chi mi sposta sempre i barattoli?! MARITO Senti per favore: togliti quella fascia…e piantala con sto gioco da manicomio. FRANCA Hai ragione..Da manicomio! Infatti anche a Noè quando stava ostruendo l’arca per salvarsi con tutta la famiglia e gli animali c’erano degli imbecilli che gli davano del matto! MARITO Grazie dell’imbecille! FRANCA Beh, siamo pari…tu non dire che sono matta! MARITO Eh, no…invece io lo dico e lo ripeto…sei matta, fanatica…hai visto troppi film di fantascienza…quelli di genere catastrofico…Io non capisco come una donna come te…intelligente e normale come sembri a conoscerti appena…possa lasciarsi suggestionare a sto punto dalla psicosi del black-out? FRANCA Beh, sto in bella e abbondante compagnia visto che c’è tutto il quartiere…donne e uomini che vanno in giro a far scorte: ai grandi magazzini non trovi più una candela…il droghiere qui sotto ho dovuto minacciarlo per farmi dare dieci lumini di quelli per i morti. Domenica in chiesa per la processione del santo c’era un mucchio di gente..mai visti tanti fedeli…dopo dieci minuti sono scappati tutti portandosi via le candele che il parroco aveva distribuito per la funzione! MARITO Impossibile…Ma chi te l’ha raccontato? FRANCA Mia madre…vedessi che bel cero s’è portata a casa: un candelone tutto istoriato…da farci luce per una settimana. A proposito, ne sai qualcosa? MARITO Del candelone? FRANCA No, di mio padre e di mia madre…dovevano essere già qui. MARITO Vengono a trovarci? Come mai? FRANCA Evidentemente te lo sei scordato…ma casualmente oggi è il compleanno di nostra figlia… MARITO Ah sì? E quanti anni compie? FRANCA C’era da immaginarlo…certo se l’avessi partorita tu vant’anni fa nostra figlia…stai tranquillo che te lo ricorderesti…come me lo ricordo io! 39 40 MARITO E invece ti sbagli…me lo ricordo e come…tant’è vero che ho comperato una bella torta…Guarda qua! FRANCA Una torta? Ma sei pazzo? MARITO Perché? FRANCA Andiamo, sei proprio antiquato…retrogrado! Sei rimasto ancora alla torta…magari con le candeline..coi ragazzi d’oggi… MARITO Sì, la torta con le candeline…sono antiquato…e allora? FRANCA Con le candeline? Hai detto con le candeline? MARITO Sì, ho detto con le candeline FRANCA Le hai comperate? MARITO Certo. FRANCA Quante? MARITO Beh, venti…compie vent’anni no? FRANCA Bravo, bravo…venti candeline…e come sono…sono grosse? Fai toccare…dove sono? MARITO Qua sono…ecco il pacchetto…Ma che squinternata…della torta non le importa niente…ma per le candeline guarda che festa! Ah, a proposito ho invitato il suo ragazzo…Sai ho pensato che le può far piacere…Magari lei non lo invitava per timidezza…e siccome l’ho incontrato… FRANCA Chi hai incontrato? MARITO Il suo ragazzo. FRANCA Quale? MARITO Come quale…e quanti ragazzi avrà mai nostra figlia…? Io conosco solo Marco…quello col quale stava giusto tre mesi fa. FRANCA Appunto…e che adesso non è più il suo ragazzo…Adesso sta con Piero… MARITO Accidenti, che guaio… FRANCA Già, che guaio…Se tu t’impicciassi dei fatti tuoi…invece di andare in giro ad invitare ragazzi a casaccio. (Frastuono di tazze cascate a terra). E intanto per il nervoso…mi hai fatto cascare tre tazze del servizio infrangibile…Erano le ultime tre! Mi dici tu cosa succede quando arriva anche Piero? MARITO Beh, speriamo che lei non l’abbia invitato. FRANCA Ma se l’ho invitato io?! MARITO Ma perché? Di che t’impicci tu? Suono di citofono. FRANCA Prima di tutto io sono sua madre…Guarda che suonano al citofono. Senti chi è? 40 41 MARITO Pronto…ah, sei tu mamma..Sì…aspetta che ti apro…Ecco è aperto…vini su…ti aspettiamo. FRANCA Chi era? MARITO Tua madre e tuo padre… FRANCA Oh, finalmente…Le hai chiesto se hanno portato il fornello a petrolio che avevano in solaio? MARITO Pure il fornello a petrolio? No che non gliel’ho chiesto… FRANCA Beh, vagli incontro per favore…chissà come sono carichi…forse hanno portato anche la vecchia stufa a legna… MARITO Oh, no! FRANCA Per carità, avvertili che non prendano l’ascensore! E’ pericoloso! MARITO Ma non dire sciocchezze…Vuoi che vada via la corrente proprio adesso? FRANCA Non si sa mai…Vedi di fermarli col citofono…forse non sono ancora entrati…Sbrigati…dov’è il citofono…passamelo che gli parlo io…aspetta, prima tieni sto bricco per il caffè…(Il bricco cade per terra) Ma santo cielo…ti dico prendi il bricco…e me lo fai cadere! Ma dove ahi gli occhi…non ci vedi? MARITO Eh no, che non ci vedo…E’ andata via la luce…di colpo! FRANCA Oh santo cielo! La luce! Ecco, hai visto…E adesso mia madre e mio padre! Vuoi vedere che sono rimasti in ascensore… bloccati? Presto vai fuori a vedere…sbrigati…tu che non ci vedi… MARITO Eh, sì, mi sbrigo…è buio…non ci vedo! FRANCA Ecco, ti rendi conto adesso…se tu m’avessi dato retta... se ti fossi allenato…adesso ti muoveresti con disinvoltura! (Si sente un tonfo) Che c’è? MARITO Eh, che c’è! La porta era chiusa, sono andato a sbattere…Ohio! Che botta! Ma chi è quel disgraziato che proprio adesso ha spalancato la porta di colpo sulla mia testa? FRANCA (si toglie la benda) Sei tu mamma? MARITO (tastando nel buio) Sei tu, mamma? RAGAZZO No, signora…non sono la mamma. Scusate ma il campanello non funzionava…C’è Lucia? FRANCA Ah, sei il ragazzo di mia figlia. Ma dove sono i fiammiferi? RAGAZZO Sì, sono stato invitato per il suo compleanno. MARITO Ah, bravo! E sei quello che ho invitato io…o quello di mia moglie? RAGAZZO Ma, veramente io sono stato invitato da Lucia. 41 42 FRANCA Ah, allora sei un terzo…Bene, bene…(Accende una candelina) Infatti, non t’avevo mai visto…fatti un po’ vicino…No, mai visto. Beh, piacere! (Al marito) E tu vai a vedere che cos’è successo a mia madre e a mio padre. Toh…prenditi la candelina…Ma non consumarla tutta che poi ci manca per la torta. Sbrigati! MARITO Sì, sì, mi sbrigo! (Un altro tonfo) Aohio! E ridagli con sta porta! FRANCA Che c’è? Chi è?(Al ragazzo) Tu, da bravo…aiutami ad accendere un’altra candelina. Ne ho anche delle più grosse…ma è meglio tenerle per i tempi lunghi… Ti pare? RAGAZZO Ah, sì, certo signora. MARITO E che ne so io…s’è spalancata di colpo la porta d’ingresso! M’ha spaccato la testa…E oltretutto m si è spenta al candelina! VOCE DI RAGAZZO Scusai, ma…non immaginavo… FRANCA Chi è entrato…Rispondi per favore! MARITO Aspetta che glielo chiedo…chi sei? RAGAZZO Sono Marco…mi ha invitato lei. MARITO E’ Marco…il mio invitato… FRANCA Accomodati…prenditi una candelina anche tu…vi conoscete? No? Beh, presentatevi…la vostra ragazza arriverà tra poco..è timida…cin, cin! E speriamo che torni presto ‘sta luce… MARCO Non credo signora…anzi so di certo che l’hanno tolta per tutta la notte, e la ridaranno domani alle undici. FRANCA Ma è impossibile, figurati…quindici ore senza luce…Non è mai successo…e poi avrebbero avvisato, no? RAGAZZO Ma hanno avvisato, signora…Io l’ho sentito dire per radio venendo qui…in macchina…sarà mezz’ora fa. FRANCA Ma come? T’avvertono solo mezz’ora prima? E se uno non è lì che ascolta per caso? MARCO Ma non era previsto…evidentemente. RAGAZZO Sì, c’è stato un caso d’emergenza…Non ho capito bene…è saltato qualcosa alla centrale. FRANCA Ma per la miseria…ma in che paese viviamo?! Salta la centrale così…Manco fossimo in America! (Per la rabbia dà un calcio alla porta). MARITO (rientrando si becca la porta in faccia) Niente, niente…Tutto a posto. MARITO Ahiuo! La botta! FRANCA Eh stai attento, no?! Accidenti che vuaio…Hai saputo la bella notizia? Non ci ridanno la luce fino a domani alle 42 43 undici. E io ho il frizer pieno zeppo di surgelati che rischiano di andarmi a male…Mi marcisce tutto, capisci? MARITO Ma no, non drammatizzare…basta tenerlo ben chiuso…e resiste anche per ventiquattro ore. FRANCA E’ pazzo, è pazzo! Piuttosto…mia madre e mio padre? Cos’è successo? MARITO Niente, niente…Tutto a posto. FRANCA Meno male…allora non sono saliti con l’ascensore? MARITO Sono rimasti al piano terra…Erano appena entrati nell’ascensore che, TRAC…è andata via la corrente. FRANCA A piano terra? Dentro nell’ascensore…intrappolati…E tu mi vieni a dire che non è successo niente? MARITO Ma sì, al piano terreno è facile tirarli fuori…basta andar di sopra dove c’è la cabina del terminale a far scattare il congegno d’emergenza manuale… FRANCA Ah, basta andar di sopra…ma ne sei sicuro? MARITO Come no…me l’ha detto il portiere. FRANCA Ah sì? E dov’è il portiere?E’ già salito? MARITO No, è ancora giù…E non può salire finché non torna la corrente… FRANCA Perché…Ma dico, scherziamo…non può salire a piedi per le scale? Come facciamo tutti noi? S’è spaccato le gambe forse? MARITO Perché è rimasto chiuso nell’ascensore anche lui con tua madre tuo padre e un medico. FRANCA Un medico? Oh, meno male…se non altro saprà lui cosa fare nel caso la mamma si sentisse mancare. MARITO Beh, sì…appena rinviene. FRANCA Come appena rinviene? Vuoi dire che è svenuto? Gli è preso un colpo? Al medico? MARITO Sì, al medico per lo spavento gli è preso un colpo…Soffre di claustrofobia…A proposito, che stupido…mi dimenticavo che bisogna chiamare subito un’autoambulanza e anche i vigili del fuoco. FRANCA I vigili? E perché? MARITO Perché la chiave della cabina del terminale ce l’ha in tasca il portiere…Quindi bisogna fare un buco nella cabina dell’ascensore per infilarci una mano e prendere le chiavi…e poi, infilarci il tubo dell’ossigeno per il medico e per il portiere che soffre d’asma. (Forma il numero servendosi della candelina accesa). FRANCA Oh, che disastro! Mamma e papà nell’ascensore… i surgelati che si squagliano…due ragazzi di mia figlia… RAGAZZO Si può…buonasera signora…sono Piero… 43 44 FRANCA …ecco, appunto, ci mancavi all’appello…Accomodati, ti stavamo giusto aspettando…prenditi la tua candelina…e associati al gruppo dei Mormoni… LUCIA (entra) Mamma, ci sei? FRANCA Oh ecco la Matriarca! LUCIA Ciao mamma…scusa per il ritardo…è arrivato Giulio? FRANCA Sì; Giulio, Marco, Piero…ci sono tutti…stiamo aspettando i pompieri , l’autoambulanza…e poi siamo al completo? LUCIA Ma, per la miseria…chi li ha invitati gli altri due? FRANCA Oh niente, abbiamo voluto farti una sorpresa dal momento che il Revival va tanto di moda… LUCIA Ma siete degli incoscienti…mi avete incastrato in un bel casino! Che disastro! FRANCA Beh, disastro più, disastro meno…a sto punto. MARITO (riabbassando il telefono) Niente da fare…ciao Lucia…buon compleanno, i vigili del fuoco non possono venire… Son fuori tutti quanti…quello del centralino mi ha detto che ci sono più di centomila ascensori bloccati con dentro gente in tutta la città…Ad ogni modo non è affatto grave: non è vero che è saltata la centrale…hanno solo staccato la corrente come misura di prevenzione. FRANCA Ah, beh…è già una buona notizia…Ma per prevenzione a che? MARITO Ma, c’è stata una fuga di gas ai contenitori del generale di distribuzione…E allora per evitare che il gas prenda fuoco hanno staccato la corrente…ce ne sarà almeno fino a domani sera! FRANCA Fino a domani sera? Mia madre e mio padre prigionieri in ascensore con un medico claustrofobico e un portiere asmatico! Per quarantott’ore…mia figlia in casa con tre fidanzati…il frigorifero che si scongela e mi fa marcire tutta la roba…E hanno tolto pure il gas…I frigoriferi sono spenti! MARITO Calma, calma, non perdiamo la testa! FRANCA Sì hai ragione, non perdiamo la testa, calma. Organizziamoci! Avanti, svuotiamo il frigorifero…tiriamo fuori tutta la roba…facciamola scongelare e cuciniamola. Così non andrà a male. Ehi, dico…sto dicendo a tutti voi…sbrigatevi. LUCIA Ma, mamma, se è andato via il gas? Come facciamo a cucinare? FRANCA Ci sono le bombole di scorta…staccate le canne…e infila tele nel bocchettone apposito della bombola…la trovate in camera da letto, via scattare! Tu Piero, Marco o come ti 44 45 chiami…in quello sgabuzzino ci sono due fornelli a petrolio… sono già carichi…tirali fuori. MARITO (svuotando il freezer) Pesce congelato..Carne…verdure…insaccati…Un pollo! Ma quanta roba hai comperato? Saranno venti chili! Non avrai in mente di cuocerla tutta? FRANCA Sì, tutta…prima che vada a male! Ho almeno dieci fornelli…le pentole non mancano… MARITO Ma una volta cotta…mica resiste più di mezza giornata…dal momento che il frigorifero non funziona..Dovremmo mangiarcela tutta? FRANCA Appunto, ce la mangiamo tutta…se è il caso! MARITO Venti chili di roba? Ma vuoi ammazzarci? FRANCA Non ti preoccupare…ci sono i tre ragazzi, e nostra figlia timida che ci daranno una mano…i giovani sono sempre di buon appetito. Sarà il più bel festeggiamento di un compleanno che si sia mai visto! Eccovi le pentole e le padelle…Queste quattro riempi tele d’acqua…avanti al lavoro…chi non lavora non mangia. In una pantomima frenetica tutti i presenti si danno da fare ad accendere fornelli, preparare i soffritti, pelare le patate, sminuzzare verdure. Dappertutto ci sono fornelli con pentole e padelle. MARITO Cos’è sto baccano per le scale? Un momento che vado a vedere. FRANCA Eccolo lui…appena se la può squagliare, ogni pretesto è buono. Continua la pantomima della cucina, rientra il marito. MARITO Ottime notizie, sono arrivati i vigili del fuoco e anche quelli dell’autoambulanza. Stanno sfondando la porta dell’ascensore…fra poco tua madre e tuo padre saranno liberi. FRANCA Bene! E allora sbrighiamoci che appena lo tirano fuori dobbiamo essere pronti col pranzo e festeggiare! E crepi la miseria! Passaggio incrociato sulla pantomima del lavoro frenetico ai fornelli. Cambio di situazione: la tavola è già imbandita, le portate sono già nel bel mezzo riccamente guarnite. Il marito sta stappando bottiglie. In mezzo alla tavola campeggia un candeliere con parecchie candele accese, entra la ragazza. 45 46 LUCIA Ci siamo, li hanno liberati…stanno salendo! CORO Evviva! FRANCA Oh, povera la mia mamma…e il mio papà…chissà come saranno stravolti. LUCIA Ma no! Ma no! Stanno benissimo…la nonna poi…era lei che faceva coraggio agli altri…ha cantato tutto il tempo…e rideva… FRANCA Cantava e rideva? Voce di donna proveniente dal corridoio…E’ la nonna che canta. NONNA “M’ avevano chiusa dentro un convento dentro una cella per non farmi fare l’amor…” Entrano due vigili del fuoco che sorreggono la vecchietta e cantano in coro. VIGILI “Ma gli amanti suoi l’hanno liberata liberata per fare all’amor!” FRANCA Oh, mamma cara…come sono contenta…sapessi che paura ho avuto! NONNA Io invece, no! VIGILE Lei ha una mamma straordinaria…cara signora…Ha uno spirito… FRANCA Lo so, lo so…E il papà? NONNO Eccomi, tutto benissimo…Classe di ferro! Purtroppo c’è il medico…e anche il portiere che non stanno tanto bene…Mi sono permesso di invitarli su da te. Entrano alcuni lettighieri della Croce Rossa che sorreggono il medico e il portiere. FRANCA Avete fatto benissimo…accomodatevi. MEDICO Non vorremmo disturbare…cinque minuti tanto per riprender fiato e togliamo il disturbo. FRANCA Macché disturbo…accomodatevi…avanti ragazzi, mettete a posto le sedie…si mangia un boccone in compagnia! Festeggiamo la libertà! E tu versa da bere. VIGILE No, grazie…noi siamo in servizio…e non possiamo. Anzi, ce ne dobbiamo andare subito…sa, ci sono molti altri interventi da fare. FRANCA Ma dico…vogliamo scherzare…Mi salvate la mamma e il papà…e io non devo poter ripagarvi con un boccone e un 46 47 bicchiere di vino…Su, anche voi…signori infermieri…accomodatevi…senza complimenti… Tanto c’è roba da buttare…Ho dovuto cucinare tutto se no mi andava a male…siate gentili aiutateci… VIGILE Beh, se è per venirvi in aiuto… ALTRO VIGILE Certo…quando si tratta di emergenza…per aiutare dei cittadini in difficoltà! Siamo qui proprio per questo! BARELLIERE Oltretutto sarebbe un delitto…dover buttare tutto sto ben di dio! FRANCA Bravi…e allora tutti seduti che andiamo a incominciare…Oggi è la festa di mia figlia… CORO Auguri! MARITO Vai col pranzo! Con che cosa cominciamo…col pesce?... il pollo? Lo stracotto?... le costolette d’agnello…? NONNA Accidenti quanta roba! VIGILE Temo proprio che noi non ce la faremo a star qui fino alla fine. FRANCA Beh, vorrà dire che vi farò un sacchetto per uno e il vostro pranzo ve lo porterete via! Tanto dovrei buttarlo…che il frigo s’è spento! (Risata generale). MARITO Sentite… e se cominciassimo col far spegnere le candelina sulla torta della nostra festeggiata? FRANCA Eh, sì…ha ragione…Anche perché se aspettiamo ancora un po’ si consumano del tutto…forza…qui la torta…forza…qui la torta…coraggio Lucia un bel soffio e spegnile tutte d’un botto! Uno due e … Lucia soffia, spegne le candeline ma ecco che all’istante torna la luce. CORO Ohooo! E’ tornata la luce! FRANCA Evviva! MARITO Adesso sì…che si respira! Adesso possiamo cominciare a mangiare con tutta calma. VIGILE Eh, sì…ormai l’emergenza è finita…possiamo star qui fin che ci pare! Evviva! CORO Buon appetito! FRANCA Buon appetito un corno…Fermi tutti: il pranzo è sospeso! MARITO Ma che ti prende? Come sospeso? LUCIA Ma, mamma, sei impazzita? FRANCA Eh no! Siete voi gli impazziti se mai…pazzi e incoscienti! Stai a vedere che adesso sciupiamo tutta sta roba 47 48 con quello che c’è costata! Così…tanto per sbafare in allegria!Bell’esempio che diamo ai giovani! Ma dove ce l’avete il senso dell’austerità! MARITO Ma, cara…li hai invitati tu…sono nostri ospiti! FRANCA Sì, ospiti, ma d’emergenza…invitali per non buttare la roba…ma adesso la luce è tornata, il frigorifero funziona…L’emergenza è terminata! …Scusatemi…Mi spiace ma la festa è finita…vogliate perdonare…voi mi capite…sono tempi duri…c’è la crisi…bisogna risparmiare il cibo e le scorte per i tempi peggiori…Sarà per un’altra volta… (Afferra i piatti aiutata dalla nonna e li va a riporre velocissima nel frigorifero) A una prossima occasione…Al prossimo black-out…siete tutti invitati…vi aspetto! Arrivederci…grazie… (Spinge gli ospiti) Da bravi non fate aspettare i vostri superiori che magari sono in pensiero…Signor dottore…si sente meglio? E lei guardi che non può lasciare la portineria senza nessuno…Arrivederci ragazzi…tenetevi pure una candelina per ricordo della vostra Lucia…addio…grazie…E’ stata proprio una bella serata! Anche tu…mamma…cosa fai ancora in giro a quest’ora…Ma sai come è tardi…ciao papà…mi ha fatto molto piacere. Musica di banda a crescere, finchè tutti sono usciti. Franca si lascia andare sfinita su una sedia. FRANCA Oh, ma che roba tremenda questi black-out! Musica di banda. Il marito e la figlia attoniti guardano allocchite Franca che si fa vento con un tovagliolo. IL PROBLEMA DEI VECCHI Franca sta leggendo un libro VOCE FUORI CAMPO Ehi, Franca…Siamo in trasmissione, che fai? FRANCA Sto leggendo, non vedi? Aspetta che finisco ‘sto racconto. VOCE FUORI CAMPO Ma non c’è tempo, sbrigati! FRANCA Eh no che non mi sbrigo, ma possibile che appena una scopre qualcosa di interessante, subito: «Fai questo, muoviti, scattare!» Tutti che mi comandano…Ma è vita questa? VOCE FUORI CAMPO E che sarà mai di tanto interessante. Cos’è, un giallo? 48 49 FRANCA Macché giallo. È uno sceneggiato di un certo Anton Germano Rossi. VOCE Ah, il famoso scrittore umorista, maestro del surrealismo satirico. FRANCA Ah, lo conosci? Senti, non si potrebbe recitarlo qui in televisione ‘sto pezzo? VOCE FUORI CAMPO Che pezzo è? FRANCA E’ quello che racconta dei vecchi buttati dalla finestra. VOCE FUORI CAMPO I vecchi buttati dalla finestra?Ah sì. È una denuncia terribile del disinteresse di tutti noialtri per il problema degli anziani. FRANCA Ecco, sì. Allora lo facciamo? VOCE FUORI CAMPO Qui in televisione? FRANCA Sì, ci sono solo cinque o sei personaggi, cosa ci vuole? VOCE FUORI CAMPO No, no. È un pezzo troppo brutale; la gente non è abituata a un grottesco così spietato, potrebbe equivocare. FRANCA Eccolo lì, sempre la stessa solfa, la gente non capisce, non è preparata. Il solito disprezzo.Voi dirigenti responsabili, pensate di essere i soli a poter capire? Il pubblico è tardo, infantile e deficiente. Capisce solo le fregnacce dove c’è l’eroe buono e bello, forte e invincibile, non importa se è un cavallo o un can pastore e dall’altra parte i cattivi: brutti, orrendi, stupidi, che alla fine perdono e vengono fatti a pezzi. Dite: «Non bisogna violentare il pubblico», specie quando mangia, e poi gli scaricate addosso centinaia di telefilm con cinque morti al minuto, buchi nella pancia, rivoli di sangue dalla bocca, torce umane. Ma delle violenze vere, quelle quotidiane, che si subiscono in continuazione col cavolo che gliene volete parlare! VOCE FUORI CAMPO Ma che ti succede Franca? Adesso ti metti a fare la suffragetta moralista? FRANCA Non stare a sfottere: burocratico, ipocrita, blablabla. Allora lo facciamo o no ‘sto pezzo sui vecchi? VOCE FUORI CAMPO D’accordo. Ma t’ avverto, io son convinto che gran parte degli spettatori non riuscirà a capire il grottesco che ci sta sotto. Avanti, fai pure l’annuncio. FRANCA Cari amici e amiche, quasi cinquant’anni fa, Anton Germano Rossi, scrisse questo atto unico, molto breve, sul problema dei vecchi. I vecchi, che la nostra civile società tende sempre più ad emarginare, allontanare, nascondere, ghettizzare, ; in poche parole, se non fosse perché proprio non sta tanto bene, questa società, i vecchi li farebbe fuori tutti. 49 50 Tutti, fin da bambini! I vecchi sono bocche inutili…inutili al profitto, allo stato, allo sport, al rinnovamento della moda. Vi proponiamo questo atto unico che ci siamo permessi di allestire in un libero adattamento. Via…e mi raccomando, cercate di capire bene l’allegoria!... e pensiamoci sopra… via! Personaggi: Franca Donna con la borsa della spesa Voce fuori campo Giovanotto Uomo con pacco Uomo con lobbia Altro uomo Uomo con binocolo Vigile urbano Ambulante Una donna Scena: fondo prospettico di una grande strada cittadina. Un gruppo di persone sta guardando per aria verso i piani superiori della casa di fronte. S’avvicina un giovanotto in bicicletta, si ferma. GIOVANOTTO Che sta succedendo? DONNA CON LA BORSA DELLA SPESA Non vede? Buttano giù un vecchio. GIOVANOTTO Un vecchio?! Da dove ? DONNA Da lassù, guardi bene: due, tre, quattro, dal quinto piano. Eccolo! Vede, lo spingono! GIOVANOTTO Ma perché lo vogliono buttare di sotto? Che ha fatto? UOMO CON PACCO SOTTO IL BRACCIO Niente, ha fatto! Che discorsi. Stai a vedere che adesso, per buttare giù un vecchio, bisogna aspettare che abbia fatto qualcosa di illegale. Staremmo freschi! DONNA CON LA BORSA DELLA SPESA Sì, d’accordo. Ma devo dire che non è certo uno spettacolo edificante! Ormai sta diventando uno sconcio! Con tutti questi vecchi buttati giù sulla strada…Almeno avvertissero quelli che passano sotto! GIOVANOTTO Ma dico, lo stanno buttando giù davvero quello?! Ma è ignobile! Incivile! Ma chi sono quegli energumeni che lo spingono? 50 51 UOMO CON UN CAPPELLO A LOBBIA IN TESTA Chi lo sa? Forse inquilini del palazzo o gente del quartiere. Certo, ha ragione lei, è incivile. Dovrebbero pensarci l’amministrazione, mica costringere i cittadini a fare da sé. Ma quelli del comune se ne fregano, figurati!... Buoni solo a farci pagare le tasse! GIOVANOTTO Ma la polizia che fa? Non interviene? DONNA Sì ce n’è uno…un agente, là sotto, sul marciapiede, che tiene lontano i curiosi e i passanti, perché non gli caschi in testa il vecchio. UOMO COL PACCHETTO Non ce la fanno. Guardate come s’è aggrappato alla balaustra, quel vecchietto. Accidenti, com’è arzillo! ALTRO UOMO E’ incredibile come sono attaccati alla vita! UOMO CON LOBBIA E’ naturale. Più sono anziani- decrepiti e più desiderano stare al mondo, amano la vita, hanno il doppio istinto di conservazione! Passa un venditore ambulante. AMBULANTE Cannocchiali, binocoli anche tridimensionali, a colori. Godetevi più da vicino la caduta del vecchio. Approfittate, li diamo anche in affitto. Sconti speciali, ricchi premi. ALTRO UOMO Ne dia uno a me, prego. Quant’è? DONNA Ma guarda come è caparbio quel vecchietto! Non molla proprio. GIOVANOTTO Ma scusate, davvero non capisco! E’ un delitto, un fatto criminale e voi state tutti qui a guardare, non fate niente? UOMO CON LOBBIA E che dovremmo fare se sono d’accordo i suoi? GIOVANOTTO I suoi chi? UOMO CON LOBBIA I suoi parenti, dal momento che hanno firmato la carta di delibera. GIOVANOTTO Delibera a che? DONNA Come a che? Ma dove vive giovanotto? La delibera per il vecchio da buttare. Lei non è di queste parti, vero? UOMO CON IL PACCHETTO Ma che fa quella donna? ALTRO UOMO Quale? UOMO COL PACCHETTO ma come ci ha il binocolo e non la vede? Là, guardi bene. S’è affacciata una donna dalla finestra accanto, ha afferrato il vecchio per le braccia, lo vuole tirare su! 51 52 DONNA Sarà qualche aprente stretto, succede …all’ultimo momento si sarà lasciata prendere dalla pietà. UOMO CON LOBBIA Ma che pietà, questa è incoscienza! DONNA Eh, forse lei non può capire, anch’io quando mi hanno buttato di sotto il mio vecchio ho avuto un momento, come dire…insomma, è sempre uno del tuo sangue, dopotutto! Poi ho ragionato. Ecco! L’hanno portata via, finalmente, povera donna! Guardate il vecchio, s’è aggrappato al cornicione… non ce la fa più! UOMO CON IL PACCHETTO Io scommetto che invece quello ce la fa ancora, quello si salva! UOMO CON LOBBIA Scommette? Quanto scommette? UOMO CON IL PACCHETTO Cinquemila. UOMO CON LOBBIA D’accordo. Ci sto! Ci metto cinquemila che fra due minuti è di sotto. UOMO CON IL PACCHETTO Scommessa andata. DONNA Ma non vi vergognate, voi due? Scommettere su certe tragedie? ALTRO UOMO Però, almeno dovrebbero evitare che i ragazzini se ne stiano ad assistere a certi spettacoli, andiamo! Date un’occhiata laggiù, ce ne saranno una decina e anche piccoli! DONNA Ma che razza di genitori hanno? Ma come fanno a non capire che certi atti, ai minori poi, lasciano uno shock magari per tutta la vita! GIOVANOTTO (grida verso l’alto) Bravo, bravo nonno!Guardate, ce l’ha fatta! E’ riuscito a scivolare lungo la grondaia e s’è calato sul terrazzo di sotto… Forza nonno! DONNA Ah, bravo, e ci fai il tifo pure! Che razza di incosciente! GIOVANOTTO Perché scusi? UOMO CON LOBBIA Ma per favore, se ne vada di qui! ALTRO UOMO Ma che crede, di essere allo stadio!? Crede che noi si sia qui a divertirsi?Si soffre più di lei, sa? GIOVANOTTO Soffrite? Non direi, state qui a guardare e basta! DONNA Noi non guardiamo, assistiamo! Che è ben altra cosa! GIOVANOTTO Sì, ma insomma lasciate fare! DONNA invece lei applaude, da incosciente, lo incita! Ma non capisce che se i vecchi cominciano a ribellarsi, rifiutano di farsi buttare dalla finestra, è la fine, il disordine, l’anarchia! UOMO CON LOBBIA (al giovanotto) Sbaglio o lei è uno di quei fanatici del comitato antinucleare per la difesa della natura e per la difesa dei vecchi da defenestrare? GIOVANOTTO Io non sono di nessun comitato. Io dico che è indegno, i vecchi sono esseri umani! 52 53 DONNA Ecco! Ecco che si è scoperto, il solito sbandieratore patetico dei diritti umani, di quelli che vogliono distribuire l’eroina gratis ai giovani e nello stesso tempo vorrebbero veder ripristinati quegli ignobili ricoveri per vecchi, dove si sbattono a crepare di malinconia i nostri poveri anziani ridotti a larve, mangiati dalla solitudine!, e qualche volta anche dalle formiche… UOMO CON IL PACCHETTO Sa cos’è lei, caro giovanotto? Lei, in verità, è un conservatore ipocrita, un reazionario! ALTRO UOMO Stai a vedere che dopo tutte le battaglie disperate che abbiamo portato avanti, per anni e anni, per arrivare a chiuderle, quelle galere infami, adesso dovremmo sopportare ancora certi discorsi ipocriti-populisti? GIOVANOTTO Ipocriti-populisti? Ma che discorsi, e su che cosa? DONNA Sui vecchi, caro giovanotto. Sui nostri vecchi! Bisogna avere il coraggio delle proprie scelte, non fare i demagogici. Abbiamo deciso che i nostri anziani ci sono di peso? Che non possiamo più né curarli né aiutarli? Se non sono generali con le pensioni non sopravvivono. Che non ci resta più tempo per occuparci di loro? E allora, invece di disfarcene da veri criminali, abbondonandoli in quelle puzzolenti galere, che sono gli ospizi, è meglio, molto più onesto e civile, prenderci la responsabilità di buttarli! UOMO COL BINOCOLO Attenti. Ecco, l’hanno riacciuffato. Lo buttano! CORO L’hanno buttato! DONNA Povero vecchio ha finito di penare. VIGILE Avanti, circolare. Su andate a casa, sgomberare! UOMO CON LA LOBBIA Scusi signore, le mie cinquemila! Ho vinto la scommessa! UOMO CON IL PACCHETTO Ma mi faccia il piacere, lei non ha vinto un bel niente! E’ andata pari e patta! UOMO COL BINOCOLO Attenzione! Ne stanno buttando un altro. DONNA Dove? UOMO COL BINOCOLO Là, da quella parte, quarto piano! La seconda finestra. VIGILE Eh no, adesso esagerano, mica posso continuare a tenere bloccato il traffico per ore e ore! DONNA Certo, dovrebbero mettere degli orari, alla mattina presto e al massimo per due o tre giorni fissi alla settimana…se no, è il caos! Ma scusi signor vigile, non c’era quella proposta dell’Assessore alla viabilità, di radunare tutti i vecchi da 53 54 buttare, e portarli allo stadio la domenica, e fare una cosa di massa prima della partita? VIGILE Sì, ma quelli del totocalcio si sono opposti! Volevano gestirlo in proprio! L’UOMO INCINTO L'impianto scenico è prettamente teatrale. La prima scena rappresenta il soggiorno della casa dell'industriale, la seconda, lo spaccato di uno studio medico. Telefonata della Figlia al suo ragazzo. FIGLIA Sì ti dico, ne sono sicura... sono incinta... sì incinta!... E parla, di qualcosa!... Lo so che mi ami, ma adesso che c'entra? Sì, voglio dire, c'entra, ma cosa risolve... Ma se lo dico a mia madre quella mi ammazza... Abortire? Ma dove? Chi? E mi ci porti tu? Ah, vedi, scantoni... Eccolo qui il tuo amore!... Mi sposi? Ah questa è ancora più bella... Quando? Fra quattro anni? Me lo vedo già tuo padre: «Disgraziato! Ti mando in città, sborso un sacco di quattrini per mandarti all'università per farti prendere una laurea e lui va a farsi incastrare con la prima smorfiosa che incontra ». (Si sente l'aprirsi e chiudersi di una porta). Zitto, ti devo salutare... sta tornando mia madre... sì, dopo... ciao. Entra la Madre piangendo. FIGLIA Che c'è Mamma, perché piangi? MADRE Niente, niente piccola mia... non è niente... piuttosto... anche tu piangi... Perché? FIGLIA Così, perché... piangevi tu... MADRE Oh, mi doveva capitare anche questa! FIGLIA Cosa mamma? MADRE Niente, niente... FIGLIA Ecco vedi, è sempre niente... MADRE Ma cara vorrei poterti dire... confidarmi almeno con te... Ma come dirlo... purtroppo... FIGLIA Già, purtroppo sono una bambina e alle bambine non si parla di cose serie... E se ti dicessi che io... MADRE Lo so, lo so, hai ragione... dovrei avere più... come dire... darti più fiducia... considerarti... 54 55 FIGLIA ... una donnina! Mamma vuoi capire che ho diciotto anni e che tu a diciotto anni... MADRE Certo a diciotto anni aspettavo già un figlio. FIGLIA E anch'io! MADRE Anch'io cosa? FIGLIA Dico anch'io... potrei già aspettarlo... MADRE Certo, certo,... Ma tu non sei ancora sposata cara, e io invece a diciassette anni, capisci... ero così oca sapessi... niente sapevo, niente! FIGLIA E invece io so. MADRE Sì, è vero, tu sei più sveglia... bambina mia. FIGLIA Mamma basta con questa bambina mia. Ma vuoi capire che io voglio che tu mi tratti come una persona par tuo, un'amica con la quale parlare, raccontare i propri problemi. MADRE Hai ragione... parliamo... bisogna sfogarsi, vieni qua bambina... voglio dire... sì insomma... con qualcuno bisogna pure che parli... che con tuo padre, è come stare in una tomba di famiglia. Hai proprio ragione sì, ho sbagliato tutto, ma da questo momento voglio essere un'amica per te. FIGLIA Ed io per te. MADRE Sì... tutte e due... Allora parliamo. FIGLIA Oh mamma... non so come cominciare. MADRE Appunto, non cominciare, comincio io... allora senti, ti devo dire una cosa. FIGLIA No, mamma lasciala dire a me per prima, ti prego. MADRE No, no ti prego io... devi lasciar parlare me per prima... che se no scoppio. FIGLIA Ecco vedi... questa è proprio prepotenza. La prima volta che parliamo, subito lei... MADRE Ma vuoi capire che è una cosa disperata, una tragedia!? FIGLIA Perché la mia allora?... Che sai tu che non sia una tragedia più grande della tua... che i miei problemi... MADRE Ma che problemi vuoi avere tu, cara... problemi innocenti... piccoli drammi che sbocciano... FIGLIA Certo, che sbocciano. MADRE Da neonato... FIGLIA Appunto l'hai detto. MADRE Che ho detto? FIGLIA Niente, niente... cioè anzi... insomma mamma io aspetto... MADRE Ecco brava, aspetta che adesso ti dico tutto... FIGLIA Ma mamma lo so già cosa mi verrai a raccontare. MADRE Lo sai? Chi te lo ha detto? 55 56 FIGLIA Nessuno... voglio dire che lo posso intuire: avrai Scoperto che papà s'è fatta un'altra donna. MADRE No. Mi sono già informata... ha sempre quella di prima, sempre la stessa. È un uomo fondamentalmente fedele... Ha un'amica d'accordo, ma io non me la prendo lo sai, non sono gelosa... per lui è solo un diversivo. A me, non mi lascerà mai! Perché io sono la moglie e lui è un uomo di principi sani... la moglie è sempre la moglie! Non mi ha mai fatto mancare niente... è lui che paga tutto, pensa a tutto lui... e torna sempre da me... anche se il week-end lo fa sempre fuori casa con lei... il lunedì ritorna sempre con un regalino... un piccolo pensiero... (si commuove) Come è delicato! FIGLIA Lo so, lo so... ma allora se non è un'altra donna, perché te la prendi? Perché ti disperi. MADRE Cara, cara non so come dirtelo... Guardami bene negli occhi... Figlia mia, tua madre è madre! FIGLIA Lo so che sei madre... e con questo? MADRE Ma non capisci: di nuovo... sono madre!, sono incinta! FIGLIA Anche tu?! MADRE Come anche tu?! FIGLIA No, voglio dire siccome ho saputo... ieri mi dicevi... che tua sorella aspetta un bambino... io dicevo: « anche tu »? MADRE Sì, ma lei ha 30 anni, io invece ne ho 45 suonati... Capisci, dopo 5 figli che ho avuto, alla mia età, aspettarne un sesto... FIGLIA Beh, ma il papà sarà contento. MADRE Già, lui figurati... non gli sembrerà vero... inviterà tutti i suoi amici... andrà al circolo della caccia a far festa: « Sono potente! Sono ancora un uomo! » Ma io come faccio!? FIGLIA Beh mamma, sei ancora giovane... vedrai che... MADRE Cosa devo vedere? Ma che ne sai tu di cosa voglia dire aspettare un figlio? FIGLIA Lo so, mamma lo so! MADRE Certo, lo sai per sentito dire... FIGLIA No, anche fare... MADRE Sì, lo sai... Fammi ridere, per quelle quattro lezioni sui problemi sessuali che ti sei sorbita a scuola. FIGLIA Beh ti dirò che ho fatto anche qualche corso supplementare... d'aggiornamento... MADRE E non essere volgare ti prego! Questo è proprio spirito fuori luogo... ma lo vuoi capire, sì o no, che è una cosa seria. Che dopo l'operazione ai reni dell'anno scorso mi aspetta una gravidanza da suicidio... per otto mesi mi toccherà stare a letto 56 57 imbalsamata come una mummia... e c'è pure il rischio che ci rimanga. FIGLIA Oh mamma ti prego... MADRE Sì c'è proprio 'sto rischio bambina mia... c'è il rischio che ci crepi... il ginecologo me l'ha detto chiaro e netto più di un'ora fa. FIGLIA In poche parole ti ha consigliato di abortire... MADRE Già... ma te lo immagini tuo padre con i suoi principi, la sua morale... FIGLIA E sì certo, perché tanto non tocca a lui farsi i figli. Il fatto è, che il nostro caro padre e marito se ne frega, lui è il padrone! MADRE Ti prego non parlare così di tuo padre! Ricordati che è tuo padre! FIGLIA Per carità, lo so e melo ricordo: mio padre è la persona più onesta e generosa di questa terra. Paga le tasse... qualche volta. t adorato dai suoi operai... quando non lo vedono... lavora come una bestia per la sua famiglia... MADRE Beh perché, hai qualcosa da dire in merito? FIGLIA Certo che ho da dire, perché non gliene frega niente, pur di salvare la sua « morale », di farti crepare. MADRE Beh, ha la testa fatta così... anche se il ginecologo gli va a dire che c'è pericolo, lui non molla, che ci vuoi fare. « È la natura, – dice, – e chi è contro la natura è una bestia, un'infanticida! » FIGLIA Beh allora sai che ti dico mamma, che se a te va bene così... fatti pure tutti i figli che vuole tuo marito, ma non pretendere che io mi rovini la vita a fare la ragazza madre sfottuta e umiliata. MADRE Ma cosa stai dicendo... Squilla il telefono. FIGLIA Rispondo io. (Corre al telefono). MADRE Forse è tuo padre... FIGLIA Pronto... (Alla madre) No è Aldo un mio compagno di scuola. MADRE Chi, Aldo Bennini il figlio del socio di tuo padre? Chiedigli se sa qualcosa del papà... è una settimana che non si fa vivo, manco ha telefonato una volta... sarà con quella gatta smorfiosa... È un week-end un po' lungo stavolta... Bevo un goccio se no crepo... (Si allontana verso un mobile bar). FIGLIA (abbassa la voce) Si sì... ti ascolto... ma c'era qui mia madre. No, non gliel'ho detto ancora... non ci sono riuscita... A 57 58 chi glielo vai a dire? A mio padre? Tu... Ma fai il piacere! Beh vediamo se davvero ce l'hai 'sto coraggio... No, in ufficio non c'è... non si fa trovare... Sì, è più di una settimana che non lo vediamo... sparito!... E chiedilo a tuo padre... sono così amici... lui lo sa di sicuro... Ma chi sfotte... Che stupido... ha riattaccato... e si offende pure... manco fosse lui incinto. MADRE (torna dalla Figlia con un bicchiere ricolmo di whisky) Sai cosa faccio? Io le telefono. FIGLIA A chi? MADRE Alla sua amica. FIGLIA Per dirle che? Che sei incinta? Capirai che gliene importa a quella. MADRE (con i nervi a fior di pelle) Beh voglio almeno sapere se ha intenzione di tenerselo in casa ancora per molto, mio marito. FIGLIA Ma non fare stupidaggini andiamo... dove è finito tutto il tuo orgoglio, mamma! Squilla un'altra volta il telefono; la Figlia si precipita a rispondere. FIGLIA Pronto? Si, chi parla? MADRE (molto ansiosa) tuo padre? FIGLIA Pronto... buona sera... (Alla madre) è un professo re... (Al telefono) ripeta scusi? Sì sono la figlia... S'illumina lo spaccato dello studio medico. PROFESSORE (dall'altra parte dell'apparecchio) Dicevo che sono il professore Bignardi, c'è sua madre? FIGLIA Sì, è qui, gliela passo. PROFESSORE Buona sera signora... volevo rassicurarla a proposito di suo marito: sta benissimo, è qui da me... nel mio studio... si scusa se non si è fatto vivo in tutti questi giorni ma era come dire frastornato... MADRE Perché frastornato? La ringrazio professore... come si chiama... non ho capito bene il suo nome... PROFESSORE Non ha importanza... importante invece è che lei si tranquillizzi: suo marito è in ottima salute. MADRE Grazie. Ma non le dispiacerebbe passarmelo un attimo? PROFESSORE Attenda. (Rivolto all'Industriale che se ne sta seduto abbioccato su una poltrona dello studio) Non vuole proprio dare nemmeno un saluto? 58 59 INDUSTRIALE No, no, guardi non me la sento... la prego me la saluti lei e basta così. PROFESSORE Come crede. (Al telefono) No signora, mi dispiace ma non è nello stato d'animo adatto... non vuole parlarle. MADRE Come non vuol parlarmi... cosa gli è preso? Professore... sono la moglie, io! PROFESSORE Stia tranquilla signora, va tutto per il meglio... arrivederla a presto. Lo spaccato dell'appartamento dell'Industriale, scompare. INDUSTRIALE Allora professore tagliando corto, cosa dicono 'sti esami? Cos'ho. Sono pronto a tutto. Dica la verità... sono spacciato vero? PROFESSORE Stia calmo, lei sta benissimo, le dirò tutto... ma prima devo farle ancora qualche domanda. INDUSTRIALE E va bene, forza con 'ste domande... sono pronto. PROFESSORE Quando ha iniziato a sentire queste nausee? INDUSTRIALE Beh è stato quasi un mese fa... stavo in consiglio di amministrazione e a un certo punto uno dei miei soci ha acceso un sigaro e io trac, scusi la volgarità, gli ho vomitato addosso. E da quel momento se entro in un posto dove c'è odore di fumo mi si rivolta lo stomaco. PROFESSORE E gli svenimenti, da quando sono cominciati? INDUSTRIALE Nello stesso periodo. Ero in seduta con quelli del sindacato per via di una vertenza, quando uno della commissione interna mi fa: « No dottore, su questi punti noi non molliamo... piuttosto le occupiamo la fabbrica» e io gli sono svenuto in braccio. Capisce svenuto in braccio a uno della commissione interna, che poi l'ha raccontato a tutti gli operai... che figurarsi, credevano fosse stato per lo spavento... tant’é che hanno scritto sui muri: «Occupazione occupazione, che al padrone gli viene il coccolone». PROFESSORE E gli altri sintomi? INDUSTRIALE Beh, una settimana dopo ero dalla mia amica e mi sono svegliato in piena notte con una gran voglia di anguria. PROFESSORE Anguria? INDUSTRIALE Sì, di melone rosso capisce, anguria di novembre! E dove la trovo l'anguria d'inverno? Una voglia che non le dico! Sono pazzo – mi dicevo... e intanto la voglia di anguria cresceva... vedevo fette di anguria dappertutto! Sono uscito e sono andato in piena notte come un matto a girare per la città in cerca di bancarelle d'anguria. 59 60 PROFESSORE Bancarelle d'anguria a novembre? INDUSTRIALE Sì! PROFESSORE E l'ha trovata? INDUSTRIALE No, ma ho trovato una vecchietta che lavorava a maglia... alla stazione centrale, nella sala d'aspetto... Era lì che sferruzzava svolgendo un gran gomitolo di lana rossa... io le ho afferrato il gomitolo di lana... PROFESSORE E se l'è mangiato? INDUSTRIALE No... m'è venuto di colpo una gran voglia di mettermi a lavorare a maglia... PROFESSORE Fantastico! E cosa ha fatto? INDUSTRIALE Ho tirato fuori di tasca due biglietti da diecimila e le ho comprato il gomitolo, gli aghi e il pezzettino di maglia che aveva appena fatto. PROFESSORE E poi? INDUSTRIALE Poi mi sono messo lì seduto sulla poltrona della sala d'aspetto a sferrugliare come un matto tutta la notte... e ho fatto una sciarpetta che se vedesse... un amore... PROFESSORE Non avrei mai pensato che lei, un industriale sapesse lavorare a maglia. INDUSTRIALE Neanch’ io lo sapevo... mi sono così... ma sapesse come mi piace! (Estrae dalla borsa un golf) Guardi, questo golfino, l'ho fatto io... PROFESSORE Bellissimo. INDUSTRIALE Se vuole gliene faccio uno anche per lei professore. PROFESSORE Grazie. IDNUSTRIALE Glielo faccio volentieri. (Nel gesticolare si batte una mano sul petto) Ahi. PROFESSORE Che c'è. INDUSTRIALE Non so... ma mi fa male... sì, qui sul petto... i capezzoli, mi si sono gonfiate le glandole... PROFESSORE Già, le glandole mammarie. INDUSTRIALE Mammarie?! Ma che dice professore... PROFESSORE (prende un flaconcino dalla scrivania) E adesso mi dica un po' da quando prende queste pillole? INDUSTRIALE Quali? PROFESSORE Queste che aveva in tasca. INDUSTRIALE Quando? PROFESSORE La settimana scorsa quando è venuto qui per la prima serie di analisi... sono loro che hanno combinato tutto il guaio. INDUSTRIALE Che guaio? Ad ogni modo professore me le ha ordinate lei. 60 61 PROFESSORE lo le ho ordinato delle pillole antifecondative? INDUSTRIALE Antifecondative?! Faccia un po' vedere... e già mi sono sbagliato... le avevo trovate in un cassetto di mia moglie e gliele avevo portate via perché lei sa... i miei principi... io non posso permettere che mia moglie vada contro natura. PROFESSORE E così contro natura c'è andato lei. INDUSTRIALE Cosa? Come, contro natura? PROFESSORE Lei si è dimenticato di aver sottratto le pillole a sua moglie e siccome i flaconi che le contengono sono pressoché identici, lei ha continuato a inghiottirsi gli antifecondativi, convinto di prendersi un regolatore per il fegato. INDUSTRIALE Eh già, e già, che rimbambito! Sì, va beh, ma che cosa mi avrebbero combinato dopo tutto... tanto io mica sono una donna. PROFESSORE Una trasvicomenzione pletovalicale, le hanno combinato. INDUSTRIALE E cosa sarebbe? PROFESSORE Vede, lei stava già facendo una cura molto pericolosa che io in verità le avevo sconsigliato. INDUSTRIALE Quale, quella dimagrante? Sì beh, ma mi ha fatto benissimo. Guardi qua ho perso dieci chili in un mese... PROFESSORE Già una cura a base di ormoni femminili attivi e con questo, grazie all'aggiunta degli antifecondativi le si è sviluppato un processo ovarico completo. INDUSTRIALE Ovarico?! PROFESSORE Sì, sì ovarico... in parole povere le sono venute le ovaie. INDUSTRIALE Le ovaie a me? Come a una donna... PROFESSORE Sì. INDUSTRIALE Sono diventato una donna... ? PROFESSORE No, si tranquillizzi... è sempre un uomo... ma un uomo incinto. INDUSTRIALE Professore ripeta scusi... PROFESSORE Sì, glielo ripeto... Lei sta aspettando un figlio... INDUSTRIALE Cosa? Ma professore lei è impazzito! PROFESSORE Senta, vorrei davvero poterle dire che sì, sono impazzito... ma è una settimana che le sto facendo esami, analisi, controlli, lastre e controlastre... Ho perfino usato per la prima volta il trascremmilaster... non si ricorda quando l'ho disteso su quella macchina? INDUSTRIALE Si e con questo? 61 62 PROFESSORE Ecco qua... in poche parole le ho fotografato il figlio in gestazione. (Mostra alcune lastre). INDUSTRIALE Il figlio?! PROFESSORE Sì, lo guardi di profilo... di fronte... dal basso. INDUSTRIALE Mio figlio... E chi sarebbe il padre? PROFESSORE Lei stesso... autogenesi naturalmente. Il fatto eccezionale è stato catalizzato da una ripetuta conseminazione femminile coadiuvante. INDUSTRIALE Non capisco... PROFESSORE In poche parole sua moglie o la sua amica... INDUSTRIALE Mi hanno messo incinto... PROFESSORE Beh... quasi... nel senso che hanno favorito, come dire... INDUSTRIALE Basta così professore... Oddio mi sento male!! PROFESSORE Aspetti che le do un calmante. INDUSTRIALE No, no... lasci correre i calmanti... Potrei avere piuttosto una bella coppa di gelato fragola e limone? PROFESSORE Gelato fragola e limone?! INDUSTRIALE Sì, me ne è venuta una voglia! La prego professore... Mi sento morire se non ho la fragola e limone. PROFESSORE Va bene va bene adesso chiamo l'infermiera e glielo mando a prendere. INDUSTRIALE Grazie... (Cambia tono, di colpo spaventato) Per la miseria! PROFESSORE Che c'è, che le prende adesso?! INDUSTRIALE Per nascere 'sto mio figlio... come fa, per nascere? PROFESSORE Beh, è semplicissimo, col parto cesareo. INDUSTRIALE Parto cesareo?... Ah è semplicissimo!! PROFESSORE Beh, mille donne lo fanno. INDUSRTIALE Beh ma io mica sono una donna... io mica son nato per soffrire... e per partorire con dolore! lo non ho rubato la mela, io non ho trescato col demonio... Entra l'Infermiera. Mentre si svolge il dialogo tra il Professore e l'Infermiera, l'Industriale estrae dalla sua borsa, un lavoro a maglia e sferruzza. INFERMIERA Mi ha Chiamato professore? PROFESSORE Sì, per favore mi vada a prendere una coppa di gelato fragola e limone. INFERMIERA Gelato fragola e limone?! INDUSTRIALE Sì, sì... una coppa grande... INFERMIERA Una coppa grande... ma siamo in gennaio! 62 63 PROFESSORE Non stia a discutere signorina... anzi ne porti due, una anche per me che a forza di parlarne me ne è venuta voglia... INFERMIERA Va bene professore. (Esce). PROFESSORE Cosa fa adesso? INDUSTRIALE E non vede faccio un po' di maglia... sono così disperato... e sferrucchiare mi calma un po'... ho deciso che faccio una cuffietta. PROFESSORE Beh, non si disperi... ne sia felice invece... i figli sono la benedizione del cielo... non l'ha sempre detto anche lei? INDUSTRIALE Sì, ma io dicevo i figli fatti dalle donne... non da me che sono un uomo... PROFESSORE Non bestemmi per favore: i figli sono sempre i figli e bisogna accoglierli come il più bel dono del creato, INDUSTRIALE Ma che dono! Questa è una beffa... Ma se lo immagina io che arrivo al consiglio di amministrazione in premaman... e le risate dei miei operai... ai quali dicevo di essere per loro più che un padre... adesso che sono incinto mi chiameranno mamma, mammona, mammana, mammasantissima. No, no, non posso... Professore ho deciso... io abortisco. PROFESSORE Cosa?! Proprio lei... lei che è presidente della lega contro l'aborto! INDUSTRIALE Sì, contro l'aborto... ma delle donne! PROFESSORE Ah ecco... bella coerenza... se la sentisse sua moglie alla quale ha imposto cinque figli, anche quando lei non E voleva! Dovrebbe essere orgoglioso di ritrovarsi ad essere il primo uomo a generare in proprio. INDUSTRIALE Me ne importa a me dell'orgoglio... Professore io non ci sto... io abortisco... e se non mi fa abortire lei vado in Svizzera, in Inghilterra... vado non importa dove... io voglio l'aborto! L’ONOREVOLE SOCIALE. DA RIEDUCARE CON L’ASSISTENTE Onorevole, c’è qui l’assistente sociale, viene apposta per lei. ONOREVOLE S’accomodi, buongiorno... ASSISTENTE SOCIALE Come va... come si sente in libertà vigilata? ONOREVOLE Bene grazie... stavo giusto facendo colazione... se vuole favorire... 63 64 ASSISTENTE No, grazie... ma lei continui, continui pure... intanto che lei mangia io cercherò di rieducarla... tanto per cominciare, tenga giù i gomiti dal tavolo... stia composto... eh,eh... non si metta il coltello in bocca... andiamo... si ricordi che la prima regola per un buon cittadino è il comportamento corretto a tavola... Cosa sta facendo adesso con quel foglio? ONOREVOLE Niente, un giocarello... ASSISTENTE SOCIALE Ma è un aeroplano? ONOREVOLE Sì, mi piacciono molto gli aeroplani... ASSISTENTE SOCIALE Lo sappiamo, lo sappiamo... Ebbene, da questo momento niente più aeroplani... deve dimenticarseli... ONOREVOLE Ma questi sono di carta. ASSISTENTE SOCIALE Appunto, si comincia sempre da quelli di carta, e poi... ho detto basta... Ha già recitato il suo atto di contrizione? ONOREVOLE No, non ancora. ASSISTENTE SOCIALE Male... lei lo sa... tutte le mattine come si alza deve recitarlo... e via le dita dal naso... niente mani in faccia... lei bisogna che si rieduchi sul serio, caro Onorevole... e che fa adesso? ONOREVOLE Niente, mi son messo le mani in tasca... ASSISTENTE SOCIALE Bravo... e non si vergogna... Lei lo sa che non deve più andare a ficcare le mani in certi posti... Nelle tasche ci sono i portafogli... soldi sparsi... ONOREVOLE Ma sono mie... queste tasche... ASSISTENTE SOCIALE Non importa... si comincia sempre con le proprie per finire nelle tasche altrui... Silenzio... recitiamo l’atto di costrizione... avanti, ripeta con me! ONOREVOLE Mi pento... mi pento moltissimo... oh come mi pento! Mi pento d’essere stato malandrino... d’aver truffato lo stato di aver intascato tangenti per milioni che però non ho mai restituito. Chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto... mi son pentito, prometto che non lo farò più! Mi pento di aver passato parte del denaro ricevuto dai padroni ad altri personaggi perchè se ne stessero buoni... prometto che non lo farò più... li terrò tutti per me... AS Ma che dice? ONOREVOLE Mi spiace... m’è scappata... ma per via della rima... ASSISTENTE SOCIALE Ma non dica sciocchezze... che c’entra la rima... L’avverto, caro Onorevole, che se lei non fa più attenzione... se non ci mette più convinzione... qui andiamo male... lei non si riabilita più, resterà quello che è... anzi va a finire che peggiora... ONOREVOLE Peggioro..? Dice davvero? 64 65 ASSISTENTE Eh, sì... rischia di diventare un vero ladraccio... un truffatore incallito... ONOREVOLE Oh, no... ladraccio vero... truffatore incallito... oddio oddio, aiutami tu! ASSISTENTE SOCIALE Su, su... coraggio... adesso non si lasci andare... .vedrà... che se ci mettiamo di buzzo buono... ce la facciamo... Lei è ancora giovane... non ha neanche settant’anni... si può ancora raddrizzare... con una buona terapia di scuola morale... su... andiamo avanti con i pentimenti! ONOREVOLE Sì, mi pento... di ogni intrallazzo perpetrato ai danni dello stato, questo stato pieno di comprensione per me e e per ogni personaggio altolocato, io che ho rubato e con le mani nel sacco sono stato ritrovato. Quel tribunale che il maltolto s’è ben guardato fosse restituito mi ha liberato e del tutto perdonato. Manco un quarto della pena ho scontato... con me è stato generoso per davvero, quel magistrato. Quel magistrato di solito così severo con chi ruba un cocomero o un melone e che sbatte dritto in galera chi per fame nera si frega una pera. Con chi si fa uno spinello d’hashish e marijuana, coi ragazzi drogati, coi piccoli spacciatori condannati ad anni e anni... In diecimila se ne stanno ammucchiati a crepare segregati. E che importa se la legge dice che son malati, che andrebbero curati, aiutati... Per loro la legge non ha comprensione... Non c’è neanche il perdono controllato... nè l’assistente sociale... per poterla ottenere dal tribunale bisogna essere stati almeno ministri o avvocati consulenti... d’un qualche ente importante se no niente... Come diceva un certo Belli Giocchino chi ruba miliardi è un simpatico malandrino, chi ruba un pollo è un povero cretino! Aha Aha che bella la riabilitazione! IL MARITO ROBOT MANCANO SIA IL VIDEO CHE IL COPIONE-CERCARE AD ALCATRAZ IL TELAIO Elenco dei personaggi Operai e operaie La Madre Il Padre La Figlia 65 66 Il Mangiavespe La Committente Il Prete Sul fondo un praticabile alto sessanta centimetri, lungo quanto il palcoscenico con due scalette ad ogni lato. In palcoscenico, un tavolo, un fornello, una pentola, un cucchiaio di legno (lungo), qualche piatto, due sedie. Lo spettacolo incomincia col buio completo. Al salire lento della luce indovineremo tre donne operaie e sei uomini operai dislocati qua e là per il palcoscenico. La luce rimarrà bassa per tutta questa prima scena. Gli attori saranno illuminati da un riflettore solo quando diranno le loro battute. SECONDO OPERAIO La classe operaia sta prendendo coscienza. PRIMO OPERAIO Ci sono zone però dove sono ancora indietro, c'è il terrorismo, hanno paura... Mi sono trovato da solo a scioperare... mi hanno licenziato... nessuno ha fatto una piega. TERZO OPERAIO Anche a me mi hanno licenziato... sono un attivista della CGIL, alla Snia. Tutta la fabbrica, più di mille operai, hanno fatto sciopero per me! Era la prima volta che si scioperava dopo tre anni, e mica è stato il solito sciopero di solidarietà, no! sciopero continuato... finché i padroni non mi hanno riassunto. PRIMO OPERAIO Noi abbiamo occupato la fabbrica, ci avevano licenziati tutti quanti, vogliono smantellarla, perché dicono che non rende più. Nella zona del parmigiano, fra grosse e piccole, ci sono più di venti fabbriche chiuse o condannate a una prossima chiusura: ottomila operai delle Cooperative della nostra provincia ci dànno un'ora del loro lavoro a testa ogni mese. Senza questo aiuto, saremmo già sull'asse dei formaggini, come si dice. QUARTO OPERAIO Anche noi abbiamo occupato la fabbrica per quasi un mese... Alla fine il padrone ha ceduto, ci ha concesso un sacco di cose, compresa l'assemblea, però sul fatto di permettere ai sindacati di entrare in fabbrica no... non li vuole fra i piedi... Li, abbiamo dovuto mollare noi. PRIMO OPERAIO Alla nostra fabbrica il nostro padrone, dopo uno sciopero di venti giorni, ha calato le braghe. Noi volevamo soprattutto che si mettessero degli assorbitori termici per far calare l'umidità bollente che ci fa diventare bronchitici, con 66 67 l'artrosi e i reumi messi d'una maniera che vai al gabinetto peggio di un cane che beve la birra... e poi dei turni alternati. Lui di contro ci ha offerto un aumento fino al 12 per cento come risarcimento danno fisico. C'era uno del sindacato bianco che ci ha detto di accettare, che era conveniente... Gli abbiamo menato. E così adesso da noi non c'è più l'unità sindacale, che a noi così non ce ne frega! QUINTO OPERAIO Noi nel nostro reparto siamo tutti sordi per il fracasso... e quando va giù la pressa, io me ne accorgo più per il fatto che trema il pavimento che per il rumore... e pensate che da ragazzo suonavo il violino! PRIMO OPERAIO È che dovrebbero mettere un accrocchio che assorbe il baccano. Ma costa. Il direttore, siccome noi ci siamo lamentati, ci ha sfottuti, ci ha detto: «E voi, fate l'orecchio da mercante, quando c'è il fracasso ». C'erano lì degli impiegati, hanno riso molto. SEONDO OPERAIO Gli impiegati hanno scioperato con noi. Tutti di loro spontanea volontà. Neanche uno è entrato in fabbrica... C'era un picchetto che faceva paura e l'altra volta ne avevamo picchiati due. QUINTA OPERAIA Da noi c'è tanto di quel fumo che ogni tanto a qualcuno gli vengono le convulsioni... è un fumo tossico, che in certi momenti diventa come un gas asfissiante. Per questo c'è una gabbietta con dentro un canarino. L'hanno appesa nel mezzo del capannone. P- un canarino che canta sempre contento... quando non canta più vuol dire che è morto asfissiato. È il segnale d'allarme: pericolo mortale... e si scappa tutti fuori. QUARTA OPERAIA È già il quarto canarino d'allarme che ci resta secco in due mesi. Ci sono tutti i filtri da cambiare... è venuta a saperlo la moglie dell'avvocato Bozzi che è la patronessa della protezione animali. Ha piantato in piedi un gibileri... ha denunciato il padrone, è andata dal Vescovo « Ma come, si asfissiano i canarini?! » E così adesso non abbiamo più neanche il canarino d'allarme. Dobbiamo stare sempre con un occhio addosso alle ragazze giovani appena assunte, che quelle per fortuna non ci hanno ancora fatto il callo, e quando il gas va su di troppo, loro trolock tirano su anche l'anima, e noi via, si taglia la corda... con loro naturalmente. L'altro giorno non eravamo ancora entrate che una si è messa a vomitare... una ragazzina di sedici anni... via tutte... poi abbiamo scoperto che era incinta... ma siccome era in prova, l'hanno subito lasciata a casa. Tutta colpa dell'amore. 67 68 QUINTA OPERAIA Alle tre e mezza tutti i giorni passa una ragazza della portineria che fa anche da infermiera con un vassoio con su delle pillole varie, per il mal di testa, per chi si sente troppo fiacca e vuole tirarsi su, perché una si sente un po' troppo nervosa e vuole un calmante distensivo... tutto gratis: offerto dalla ditta per il buon rendimento... Il fatto è che tante di noi ci hanno preso l'abitudine... le pastiglie se le prendono già al mattino, per conto loro, due o tre al giorno... sennò non rendono e c'è sempre paura di essere licenziare. SESTA OPERAIA Quello che da noi ti fa impazzire è la monotonia dei gesti che ti tocca fare: tre, quattro movimenti sempre quelli, ripetuti per cento, duecento, mille, duemila fino a quattromila volte al giorno... Ogni tanto si vede qualcuna di noi, andando a casa, sul tram, che, proprio come in quel film di Charlot, fa delle mosse senza senso, come per un brivido, una scossa... e poi ci si guarda intorno... così, con l'imbarazzo che qualcuno ti abbia visto. Tutte hanno visto, ma tutte si fa finta di niente... perfino il tranviere... che anche lui sa. QUINTA OPERAIA Nella nostra zona non ci sono asili nido, con tutto che c'è una legge, ma il padrone se ne frega. I nostri bambini siamo costretti ad affidarli dove e come capita, così che oltre la fatica del lavoro siamo sempre con la testa sul pensiero dei nostri bambini. Una mia vicina di linea, che tra l'altro è della commissione interna, il suo bambino lo teneva chiuso in casa... proprio chiuso a chiave. Un giorno il bambino è scappato dalla finestra, del piano rialzato per andate a giocare e quasi andava a finire sotto una macchina, allora lei, poveraccia, è stata costretta a legarlo alla spalliera del letto con una lunga catena, in modo che potesse almeno girare per casa. Una signora per bene l'ha saputo e le ha fatto la denuncia per maltrattamenti e sevizie, perché teneva il figlio come in Prigione. Il bello è che l'hanno pure arrestata. L'avrete letto, c'è stato anche sui giornali... sull'« Oggi », raccontato come un caso pietoso, per far venire qualche lacrima alle buone signore, che ci fa tanto bene al cuore tenerissimo. PRIMO OPERAIO Al mio paese il 70 per cento delle donne sono lavoranti a domicilio. Cioè gente che lavora a casa con le macchine che il padrone gli ha venduto a rate: telai, cucitrici ecc. ecc. QUINTA OPERAIA Facciamo un sacco di lavori... maglierie, ricami, confezioni, camiceria, stiratura, calzoleria ecc. ecc. PRIMO OPERAIO Ci sono anche parecchi uomini che lavorano a casa, perfino ai telai, ed anche dei bambini. 68 69 TERZO OPERAIO In Italia i lavoranti a domicilio sono più di un milione e mezzo, son fin più dei metalmeccanici. QUINTA OPERAIA La media è quindici, sedici ore al giorno di lavoro; non ci pagano i contributi di nessun genere, non abbiamo assistenza, non abbiamo pensione. Soltanto l'anno scorso a Concordia1i padroni hanno risparmiato più di cinquanta milioni in contributi sociali. Il bello è che in certe zone i padroni e alcuni di quelli che vanno in giro a ritirare il lavoro finito sono iscritti o dirigenti di partiti di sinistra. Escono tutti scende la luce. Sul buio viene portato in scena un tavolo con sopra un fornello a gas, pentole, qualche piatto, un cucchiaio di legno e qualche posata. Si sente sfregare ritmicamente sul classico corno dentellato della samba. Contrappuntato da ticchettii metallici. Ogni tanto un cigolio come un lamento. Quindi uno stop di tre secondi e si riprende principiando con un trillo di campanello. Un occhio di bue illumina il «rumorista» che per tutta la scena con vari strumenti a percussione raganella, trich-trach, barattoli, commenterà i gesti degli attori, dando corpo agli oggetti e alle macchine che essi descriveranno mimicamente. Pian piano s'illumina tutta la scena, s'incomincia ad indovinare due persone che da principio sembrano eseguire una danza sul ritmo di samba. Sono il Padre e la Madre che lavorano all'unisono davanti a due immaginari telai in proscenio. Il proscenio è una delle pareti della casa dove sono sistemati gli immaginari telai. Nel centro palcoscenico una immaginaria finestra. Dopo un silenzio la Madre dice: MADRE Ma guarda che villano quello lì... (Allude al personaggio che dovrebbe trovarsi nella casa di fronte, cioè in platea). PADRE Perché villano? Paese in Emilia. MADRE Eh, ancora un po' ti viene addirittura a guardare in casa... PADRE Beh, mica lo fa apposta... sta lavorando anche lui poveraccio... e mica è sua la colpa se il suo telaio gli finisce proprio davanti alla finestra... 69 70 MADRE Sì finisce... finisce un corno! ce l'ha portato lui davanti alla finestra, il telaio, per avere la scusa di poterci venire a spiare... PADRE Esagerata, spiare... semmai viene a curiosare... MADRE Rieccolo. Fai finta di niente che cerca di attaccar bottone. PADRE Ma no, vuol soltanto salutarci... Buon giorno, signor Luigi... MADRE Bravo, bravo, rispondigli pure... dagli corda... Che tra poco quello ci viene con la macchina in casa... anzi ce la porta nella camera da letto. PADRE Ma si può sapere che cosa ti ha fatto quel povero ragazzo per avercelo tanto in antipatia. MADRE Niente m'ha fatto: soltanto è che non posso soffrire i ficcanaso... questo poi mi fa diventare nevrastenica... alle sei del mattino quando facciamo andare su e giù questo maledetto telaio, lui è già li che ti guarda, con quei suoi occhialoni da miope che pare un binocolo... e fosse uno che ti guarda tranquillo, appoggiato alla finestra... macché, fa capolino... capoccella, resta lì tre secondi e poi pluf... scompare, e dopo un po', cucu baucettete è lì ancora! PADRE Guarda, mi sbaglierò, ma da un po' di giorni sei andata giù di nervi che fa paura... porco cane, non sopporti più neanche la tua ombra! Se quello ti dà tanto fastidio chiudiamo la finestra e non lo vedrai più. MADRE Bravo! per colpa sua devo crepare soffocata io... Ma la chiuda lui la finestra... porca di una... ma non farmi dire degli spropositi va'... PADRE Ecco, vorrei vedere che adesso arrivi anche a bestemmiare. MADRE Perché, cos'è, mica starai diventando cattolico benpensante delle volte? PADRE No, ma è questione di forma... andiamo... poi non ho mai sentito dire che uno è più comunista se tira più moccoli... che anzi, ogni « madonna » che tira gliela mettono sulla tessera come un bollino del buon attivista. MADRE Eh no eh! Te l'ho già detto che sulle questioni del partito tu non vieni a sfottere... PADRE Ma chi sfotte... senti, è meglio che la pianti li, prima che ti dobbiamo portare al neurodeliri. Vai, vai a farti un giretto, vai a trovare qualche tua amica... vai alla casa del popolo... fai un paio di giri a tombola, eh? 70 71 MADRE Sì, e magari vado pure al cinema... e la macchina chi la fa andare? che se non marcia per almeno sedici ore siamo fregati. PADRE Beh sei fissata... non saranno quei venti minuti... MADRE Sicuro che sono quei venti minuti... Hai mai fatto il conto che cosa fanno venti minuti moltiplicati per trenta giorni? E quando lo paghiamo il milione e mezzo di cambiali che ci hanno picchiato sul collo per 'sti telai? È inutile, se non vogliamo che ce le portino via dobbiamo farle lavorare 'ste macchine... non si devono mai fermare, capito? mai! PADRE Ho capito, ho capito... perché, fino adesso che abbiamo fatto? Le abbiamo fatte lavorare da farle diventare roventi... manco la domenica le lasciamo tirare il fiato... tu non vai neanche a fare pipì quando ti scappa, che un giorno o l'altro sentiamo un gran botto ed è la vescica che ti è scoppiata... MADRE Ah ah che ridere... a proposito, che ore sono? PADRE Perché? MADRE Perché mi scappa. PADRE E allora cosa vuol dire... hai regolato i tuoi bisogni con il segnale orario e vuoi verificare se è in anticipo? MADRE Ma piantala... era solo per il fatto che se tua figlia arrivasse tra non molto, io aspetto... così intanto che lei prende il mio posto al telaio, io ci posso andare con un po' di fiato! PADRE Ah, perché invece se non c’è nessuno che prenda il tuo posto, tu non riesci a prender fiato? MADRE Tu scherzi, ma lo sai che se io sono di là e non sento di qua la macchina che si muove, non riesco a far niente! Mi si blocca tutto! PADRE Ah si?... e perché non provi a lasciarti andare dentro di peso alla tazza e poi a tirare la catena... a 'sto punto è l'unica sai! MADRE Poi dice a me che sono pesante... certo a te non ti si può bloccare niente, che tanto tu sei un incosciente... cosa t'importa a te se oggi, quando arriva la committente, il lavoro non è pronto per la consegna... lui si fa una pipata e via... PADRE Beh, meglio essere incosciente che ossessionata come te... perdio, ci sono cinquemila famiglie come noi nella zona, che lavorano al telaio... e io vorrei vedere se fanno le storie e soprattutto la vita che facciamo noi! MADRE Vorresti vedere?... e allora perché non provi a farti un giretto... guarda, vai qui, svoltato l'angolo... lì c'è una sposina con un bambino appena nato che per non perder tempo a ninnarlo, ha impiantato addirittura un aggeggio con dei 71 72 bastoni e degli intracchen che dalla culla vanno al telaio, così che quando la macchina con la staggia va avanti e indietro, la culla si balansa a tempo: oh, oh, oh, oh. E qui c'è una famiglia, davanti alla chiesa, che hanno messo all'opera anche lo zio paralitico, piazzato su di una sedia a rotelle fatta apposta, con un motorino a corsa fissa... tre metri a sinistra, prt prt, dietro front, prt pru, marcia indietro a destra prt prt... e via di nuovo a sinistra prt prt... e lui che lavora con una mano sola, quella buona, con una velocità da non crederci... va più forte di tutti, si ferma giusto per fare il pieno di benzina, cambio dell'olio... e via che riparte a tutta birra! prt prt. L'avessimo noi uno zio paralitico! PADRE Beh, lui ha il vantaggio che non si fa venire le vene varicose come son venute a me a furia di stare in piedi. MADRE E che t'importa? Chi te le vede le tue gambotte? Che, t'è venuto forse il sogno infranto di fare la ballerina sculettona nel varietà del giovedì al supercinema? PADRE Come no, potrei fare anche la mossa... con sto panettoncione tipo famiglia da sei chili che mi son fatto dietro... MADRE Beh, adesso non farti venire il complesso: panettoncione... è un bauletto! (Ride. Il marito ha un gesto di risentimento). È questo movimento di avanti e indietro che ingrossa il muscolo... mica è grasso... basta toccare... PADRE Certo, infatti appena uno mi guarda li col sorriso carogna, subito gli faccio toccare... faccio toccare a tutti io!... Fanno la fila. MADRE Beh, se vuoi sapere succede anche a quelle che ballano la rumba e la conga e tutti quei balli esotici lì, che fanno lavorare molto sul tronco... PADRE Chiamalo tronco... MADRE Del resto anche a me s'è ingrossato, ma non ci faccio una malattia come ci fai tu! Se vai a vedere in Brasile, le donne che hanno più successo sono quelle che hanno il sedete come il nostro... PADRE Come il nostro?... beh questo mi tira molto su di morale... le prossime ferie le voglio proprio andare a fare in Brasile... guarda... olè... ! MADRE Accidenti, non la tengo proprio più... PADRE E cosa aspetti a mollare un momento questa macchina? MADRE Te l'ho detto che non posso... Accidenti a quella cretina, che di sicuro si sarà fermata in giro a fare la stupida... a chiacchierare... e io devo ancora mettere su l'acqua, e fare il ragù e poi la pipì che... oh mamma non la tengo più! 72 73 PADRE Ma come, neanche l'acqua c'è su? E a che ora mangiamo oggi? MADRE Sta tranquillo che non ti faccio crepare di fame... con tutto quello che hai mangiato stamattina... e poi si lamenta se ingrassa lui, il sederotto! PADRE E non chiamarmi sederotto... lo sai che mi fa andare in bestia... e intanto mi hai fatto andare giù due fili... MADRE E poi dice che sono io che ho i nervi, che dovrei andare al neurodeliri... dài, prendi il mio posto svelto che te li tiro su io i fili, pasticcione maledetto. Si scambiano i posti ai telai. PADRE Capirai che disastro... a parte che ero capace anch'io di ritirarmeli su i miei fili da solo... MADRE Sì, ma ci impiegavi dieci minuti come minimo. PADRE E già, e dieci minuti sai, sarebbe stato il disastro! MADRE Ecco fatto... ti dispiace tornate alla tua macchina che io mi trovo meglio con quella... PADRE D'accordo... pronti per il cambio... via! (Si riscambiano i telai)... Oplà! brava, non abbiamo perso neanche un secondo prezioso! MADRE Non fare il cretino, a farmi ridere... se no va a finire che la faccio qui! PADRE Dovremmo organizzarci come gli astronauti che vanno sulla luna... ho letto che quelli hanno una tuta spaziale con tutto incorporato... vasi da notte pneumatici... MADRE Quando l'hai letto? PADRE Giusto, non posso averlo letto... sono tre anni ormai che non leggo né un libro, né un giornale, grazie a ’sti due mostri che ci siamo messi in casa... L'avrò visto alla televisione. lo non capisco perché continuiamo a pagare l'abbonamento a « l'Unità » e a « Vie Nuove », che tanto non riusciamo a dargli neanche un'occhiata. MADRE Che cosa vuol dire? Se uno compera un giornale mica è obbligatorio che deve pure leggerselo dopo... cioè. i giornali mica son fatti solo per leggerli. PADRE Ah no?... e per che cosa allora? Per far su i pacchi?... per non sporcare i pavimenti quando imbianchi la casa? MADRE Ma non fare il cretino... voglio dire che quando uno compera un giornale di sinistra come «l'Unità»... c'è già l'importante che fa una scelta, un gesto politico, capisci?... è come dire: ecco io la penso così... ed è già molto!... che se invece compera « Il resto del Carlino» o il « Corriere della 73 74 Sera» in quel caso li dà i soldi al padrone, e allora non glieli può regalare... deve sfruttarlo il giornale... deve leggerlo tutto... consumarglielo fino all'osso, fino negli annunci mortuari... ! (Si sente suonare il campanello) Chi è?... entrate pure che è aperto... FIGLIA (dal di dentro) Sono io mamma... si era bloccata la serratura... (Entra sul lato destro percorrendo tutta la passerella come fosse un corridoio antistante la stanza). MADRE Oh brava, era ora... vieni a darmi il cambio un momento... FIGLIA No, no, aspetta vado un salto a far pipì e torno... MADRE E no! Tu ti fermi e ci vai dopo! FIGLIA Ma mamma... non ce la faccio più! MADRE E no! sono io che non ce la faccio più... fermati qui o ti tiro una scarpa! FIGLIA Tirami quel che vuoi... ma se ti dico che non ce la faccio... (Esce sulla destra). MADRE Hai visto che carogna... E tu non dici niente? PADRE E che cosa devo dire? MADRE Figurati... tua figlia mi manca di rispetto, mi ruba il posto al gabinetto... va a fare la pipì prima della sua mamma... io, io, che le ho dato il latte... io che le ho fatto fare pipì migliaia di volte... dappertutto, anche addosso... una volta che ho bisogno che le parti s'invertano, lei mi dice di no e tu non sai che cosa dire! PADRE Ma sei tu che l'hai educata così tua figlia... io non riesco mai neanche a parlarci, che son sempre qui legato a sta macchina come un cane alla catena! MADRE Fosse vero che sei un cane alla catena... che almeno di notte ti metteresti ad abbaiare quando tua figlia torna che è l'alba... che un giorno o l'altro la vedremo spuntare con il pancino bello tondo... PADRE Col pancino tondo? Quando è tornata all'alba? Angela... vieni un po' qui... MADRE Zitto lì... cuccia Bobi... Com'è che ti scandalizzi tanto all'idea di tua figlia col pancino tondo... andiamo... che retrogrado! PADRE E piantala tu con 'sto pancino tondo! Allora Angela, ti muovi? MADRE Uou il cagnaccio s'è svegliato! FIGLIA (dal di dentro) Perché?... Cosa c'è papà? PADRE Voglio sapere delle cose... FIGLIA A proposito di che? PADRE Del pancino tondo! 74 75 MADRE Bumpeta! La delicatezza del bisonte nero! FIGLIA Del pancino tondo?... che pancino? MADRE Niente niente belee... è il tuo papà che non sta tanto bene... continua tranquilla a fare la tua pipì santa, che tanto a me fra un po' mi esce dal naso! MANGIAVESPE DALL’ESTERNO Permesso si può?... MADRE Chi è? MANGIAVESPE (dall’esterno) Sono io... il Pietro Mangiavespe... se ci avete qualche cosa da darmi, cinquanta lire... MADRE Aspetta aspetta lì... PADRE Ah è il matto... MADRE Per carità non farlo entrare... è quello che parla che s'intacca... tartaglia, è pieno di tic! Angela... muoviti vai tu alla porta! PADRE Ma che fastidio ti dà poveraccio... MADRE Si poveraccio... se lo ascolto per dieci minuti, per una settimana continuo a tartagliare che (S'intacca) faccio schifo... Hai visto, comincio adesso! PADRE Si, si sei proprio da ritirare... ma al cottolengo. (Rivolto verso la quinta) Vieni vieni avanti Pietro, cosa hai bisogno? MANGIAVESPE (entra. Questo personaggio è il classico «idiota del villaggio» vestito con indumenti smessi e fuori moda: pantaloni larghi, camicia senza collo, panciotto scolorito, cappello) Tutto! PADRE Come tutto? MANGIAVESPE Dico che tutto ci avrei di bisogno, ma per il momento mi accontento anche di cinquanta lire... anche in moneta... (Il Mangiavespe ogni tanto parla inspirando)... un paio di scarpe anche vecchie... un bicchiere anche di vino... una bicicletta anche a pedali o col motorino. (Batte con il tallone per terra come per una scossa). MADRE Di' per caso Pietro, non è che sei capace (Contagiata dal Mangiavespe, s'intacca) porco cane... di manovrare il telaio? Tu tutu... MANGIAVESPE Beh, insomma mi arrangio... (Altro tic). MADRE Bravo, allora vieni qui per dieci minuti al mio posto che poi ti do le cinquanta lire e anche il vino... guarda che sono due punti a crescere ogni tre righe... MANGIAVESPE Sì Sì ho visto... MADRE Bravo... (Al padre) dacci un occhio tu... (Esce di corsa. Da fuori)... Dài Angela... esci... se no sbatto giù la porta... FIGLIA Eccomi... mamma, ma che esagerata! MADRE Vai a mettere su l'acqua sbrigati. (La figlia entra in scena e mima su di un lato l'affaccendarsi intorno ai fornelli, la 75 76 bombola del gas, accende i fiammiferi... ecc... ) Poi quand'hai finito dai il cambio a tuo padre... Il Mangiavespe ha preso il posto della Madre al telaio. Lavora con una velocità incredibile. PADRE Accidenti Pietro, ma sei un campione... chi l'avrebbe mai detto ma dove hai imparato, dì? MANGIAVESPE Un po' qui, un po' là! PADRE Come un po' qui un po' là? MANGIAVESPE Eh sì, io vado intorno per le case a vedere se mi dànno qualche cosa... e tutt'intorno per quaranta chilometri in ogni casa, dove prima ci avevano la vacca da mungere, adesso ci hanno la macchina da far andare. E appena arrivo io, dappertutto mi fanno un sacco di feste... oh, bravo Mangiavespe... tieni un po' qui, dammi il cambio per un dieci minuti che devo metter su da mangiare... che devo dare la ciuccia al bambino... che devo andare a far su il letto... dar da mangiare ai conigli, dar da bere alla vecchia che è ammalata, tirare il collo alla gallina... suonare le campane a morto... e confessare un paio di suore. PADRE Chi ha le campane da suonare o le suore da confessare? MANGIAVESPE Il sacrestano e il prete, che anche loro hanno comprato la macchina tessitrice... FIGLIA E dove la tengono, in sacrestia? MANGIAVESPE Certo... ma non c'è mica da meravigliarsi... ormai i telai li trovi anche nelle tombe dei cimiteri... Mi sembra un cinema che ho visto una volta che c'erano dei mostri che si moltiplicavano come le uova delle rane... spuntavano dappertutto... trvvii!! che impressione! PADRE Hai ragione adite che sono mostri 'ste macchine... beato te Pietro che forse sei rimasto l'unico uomo libero in tutta la regione, guarda! MANGIAVESPE Macché libero! Se voglio tirar su mille lire per mangiare devo andare per case da mattina a sera... e in ogni casa mi mettono alla macchina venti minuti, mezz'ora di norma e qualche volta anche un'ora! Mi dànno l'un per l'altro cinquanta lire a testa... per far su mille lire devo passare almeno in venticinque case... quindi come media sono almeno dieci-dodici ore al giorno di lavoro più la strada... qualche decina di chilometri a piedi... e altri dieci per tornare a casa! Stracco morto... e tu dici che sono libero! Ma è meglio andare in miniera!! 76 77 PADRE Forse hai ragione tu... ti converrebbe tornare in manicomio... MANGIAVESPE Infatti ad un certo punto mi sono scocciato... ci sono tornato in manicomio, dove ho scoperto che per i matti hanno adottato una nuova terapia... PADRE Quale? MANGIAVESPE Li fanno lavorare ai telai... proprio come matti! tutto il giorno e li pagano trenta lire all'ora... altro che l'elettroshock!... e via che sono scappato come una saetta! Ma tanto è lo stesso... là o qui... non so dove sbattere la testa... se va avanti così va a finire che divento matto, ma sul serio dico, nel senso che divento come voi! MADRE (entrando) Cos'è che siamo diventati noi? Tieni Pietro, qui ci sono le tue cinquanta lire... e qua c'è il vino... e tante grazie... (Al marito) Hai visto?... siamo diventati datori di lavoro anche noi! (Al Mangiavespe) Torna pure quando vuoi che ci fai sempre piacere... MANGIAVESPE E lo so che faccio piacere... MADRE Ci vediamo... (Riprende il suo posto al telaio). MANGIAVESPE È difficile che ci vediamo, perché adesso vado a sputare in un occhio al signor Pretore... MADRE Al Pretore? Perché... cosa ti ha fatto? MANGIAVESPE Niente! Ma io ho bisogno di riposarmi... MADRE E sputandogli in un occhio ti riposi? MANGIAVESPE No, ma lui si arrabbia... MADRE E ci credo... MANGIAVESPE E così io vado in ferie... perché lui si pulisce l'occhio e chiama il maresciallo che mi sbatte al fresco; mi faccio un bel riposo come se fossi alla clinica San Giuseppe che è quella degli industriali con l'infarto... e lì mi dànno due pasti al giorno... tutto gratis e tranquillo... che in galera i telai meccanici non ce li hanno ancora messi che per fortuna è ancora amministrazione borbonica! (Esce). MADRE È proprio Matto... PADRE Ho i miei dubbi che sia proprio matto... FIGLIA Lascia a me papà, tira un po' il fiato anche tu... (Prende il posto del Padre al telaio). Il Padre sfinito sta per sedersi. MADRE Intanto che tiri il fiato, ti dispiace buttare giù il riso e girare il risotto che non attacchi... svelto che sennò brucia il soffritto! 77 78 PADRE (va al fornello) Ehi, giro, giro... prima tiro... adesso butto e giro... un giorno o l'altro farò come il Marigiavespe... vado anch'io a sputare in un occhio al Pretore... così lo tiro davvero il fiato! FIGLIA Ma cosa ti prende papà... con chi ce l'hai adesso!? MADRE Chi lo sa?... forse con qualcuno che gli è andato a spifferare che la sua bambina ogni tanto fa il turno di notte... FIGLIA Chi è quella carogna? MADRE Tua madre... FIGLIA Tu? MADRE Sì, sono io la carogna! lo e tuo padre siamo qui a farci venire la scoliosi, l'artrosi a sgobbare come dannati per sedici ore al giorno anche alla festa Che se ci mettessero delle catene e ci legassero alla macchina, manco ce ne accorgeremmo... e tutto perché? per farti fare la signora a te, per farti lavorare in fabbrica, la carina, soltanto otto ore al giorno... sabato mezza giornata domenica riposo! FIGLIA Ma mamma... stai a sfottere? La signora in fabbrica?! MADRE Non sfotto! se tu lavorassi al telaio, come noi, non ci avresti poi la forza alla sera di andartene per tetti col moroso a smicionare: crolleresti a pera cotta come noi! FIGLIA Infatti mi viene da crollare... stai tranquilla... è solo perché gli voglio un gran bene che... PADRE Allora è vero che ce l'hai il moroso! FIGLIA Sì, non l'ho mai negato... PADRE Ma neanche ce l'hai mai detto! FIGLIA La mamma lo sapeva... PADRE Ah beh, allora se lo sapeva la mamma basta! E dove andate a far tardi tu e il tuo moroso? FIGLIA Un po' qui e un po' là... PADRE Un po' qui e un po' là? MADRE Forse è un parente del Mangiavespe, s'è fatta un moroso senza fissa dimora... Vanno sotto i ponti dell'autostrada e ne cambiano uno ogni sera! PADRE Teresa piantala di fare la spiritosa... (Alla figlia) Allora si può sapere dove andate? FIGLIA A casa sua... PADRE Tutta la notte? FIGLIA Sì, tutta la notte... perché? PADRE Ma la vigliacca boia... mia figlia che va a letto, in casa del moroso... FIGLIA Perché, se invece andavamo a spendere tremila lire in un albergo, saresti stato più contento? 78 79 PADRE (si avvicina minaccioso alla figlia) Ma... ma io ti spacco la faccia... 'sta vergognosa!... ti riempio la faccia di sberle! MADRE (si intromette tra i due con tono autoritario) Calma... uei calma!... Torna a girare il tuo risotto tu... e tu «amorosa» sta attenta a non spaccarmi il filo, se no le sberle te le do io! a tutti e due le do! La Figlia torna alla macchina. Il Padre guarda sbalordito la Madre come volesse reagire, ma poi ci ripensa e torna al fornello. Anche la Madre riprende a lavorare. PADRE Hai capito... mia figlia si scopre che così... insomma... fa l'amore in letto privato e chissà da quanto tempo... ed è come se niente fosse... tutto normale... quello che importa è che non si rompano i fili e non attacchi il risotto. E chi è 'sto moroso? FIGLIA Anche se te lo dico, non lo conosci... PADRE (alla madre) E tu lo conosci? MADRE No, neanch'io... PADRE Ah si... ma scusa tu, sei la sua mamma, o una che passa di qui per caso? MADRE Sì, Sono la donna che viene qui a fare i mestieri a ore... Ma di'... come faccio a conoscerlo 'sto ragazzo che sono sempre qui che non sono mai uscita manco per andare a vedere in piazza il Festival dell'Unità che cantava Dorelli e poi parlava Pajetta che è proprio l'accoppiata che mi piace di più! PADRE E non potevi farlo venire qui lui? MADRE Chi Pajetta? PADRE (alla Madre) Piantala! No, il ragazzo... FIGLIA Non può... perché lui lavora al telaio in casa sua, sedici ore al giorno di fila e guai se smette... che sono in ritardo più di noi con le cambiali... MADRE L'unica sarebbe prendere un camion e trasportarlo qui, lui il suo telaio la sua mamma... così si può continuare a lavorare... come va? allora le lenzuola le mettiamo noi, o voi? PADRE E i Suoi genitori come la prendono? FIGLIA Male... non mi possono vedere... hanno paura che gli porti via il figlio prima che abbiano finito di pagare i telai... MADRE Beli hanno ragione... farei anch'io così... PADRE No, tu faresti peggio... FIGLIA Peggio di quello che ha fatto sua madre non credo di sicuro... MADRE Cos'ha fatto? 79 80 FIGLIA M'ha detto che se io resto... sì insomma... nel caso che... salta fuori che aspetto un bambino, che dopo lui mi deve sposare, lei mi ammazza! PADRE Ma ti ammazzo anch'io se mi fai una cosa del genere... MADRE Cuccia lì e gira... e non dire cretinate... (Cambiando tono) l'ammazzo io!... Un giorno o l'altro pianto qui ’sta macchina e vado a dirgliene quattro a quella megera. FIGLIA Intanto m'ha fatto giurare che avrei preso la pillola tutte le mattine... ! MADRE E tu cos'hai fatto? FIGLIA E io la prendo. MADRE Anche tu? FIGLIA Perché la prendi anche tu? MADRE No, io la do a te. FIGLIA Quando? MADRE Tutte le mattine! FIGLIA Ma quando che non me ne sono mai accorta? MADRE Per forza, te la metto nel Caffelatte con lo zucchero! FIGLIA Tutte le mattine? MADRE E sì... mi spiace, ma da quando ho capito che c'era del « baci baci amore amore » io ho detto: «quella è tanto oca che magari ci resta, non voglio saper leggere né scrivere, io la ingesso! » FIGLIA Ma sei sicura che anche nel latte faccia lo stesso effetto? MADRE Come no... tu ne avanzi sempre un goccio per la gatta no? E infatti è più di un anno che lei non fa gattini. FIGLIA Mamma guarda... oddìo, il papà si sente male... (Infatti l'uomo barcolla, si affloscia rantolando). Presto tiriamolo su... ! MADRE Torna alla macchina! Continua a lavorare tu... ci penso io... su Michele... su che non è niente... vieni qui. (Lo aiuta ad alzarsi e lo trascina davanti al telaio) Su da bravo... prendi la staggia... (Standogli dietro gli muove le braccia come fosse un pupazzo, facendogli fare i movimenti del lavoro). FIGLIA Ma mamma cosa fai? MADRE Respirazione artificiale... il movimento del telaio è quello che c'è di meglio per queste crisi! (Verso la finestra di fronte) Ehi giovanotto... . (Fischia) chi... signor Luigi... binoccolo!... Guarda quel boia... quando c'è bisogno di lui fa apposta a non affacciarsi... oh eccolo finalmente... Sì sono io che ho chiamato... c'è mio marito che sta male... se può chiamarmi il dottore o qualcuno... lei che ha il telefono... ma che venga subito... si grazie... (Il Padre si è ripreso, ora il telaio lo fa andare senza l'aiuto della Madre). Vedi, vedi ha già ripreso 80 81 a lavorare... bravo!... su... su Michele... ma cosa t'è venuto?... son quelle sigarette che fumi... PADRE Piantala te e le sigarette... Che vergogna, che schifo... la figlia battona, e la madre che le tiene mano... MADRE Ma dico Michele... sei diventato matto?... Cosa straparli? PADRE No, non sono matto... io vi ammazzo tutte e due... e poi mi sparo... che mi avete infangato il mio nome... il mio onore... Che ho una figlia che sta fuori a dormire e poi prende pure la pillola... anzi due... che una gliela dà anche la madre... per sicurezza... che non si sa mai. MADRE Beh, li hai ragione... è stato un po' uno spreco inutile! (Va al fornello e si occupa del riso che sta cuocendo). PADRE E ci sfotti pure! Ma che razza di madre sei? MADRE Ma certo che ci sfotto... e io chiedo a te che razza di padre e di uomo sei tu... di rivoluzionario e marxista e di ex combattente per la libertà... che perché scopre che la figlia fa l'amore senza essere ancora sposata e poi prende la pillola... gli viene la crisi... il coccolone che momenti ci crepa... Ma allora 'sto fatto dell'amore libero che cos'è? Una battuta che il Lenin buttava lì tanto per far ridere gli amici? E 'sta pillola cos'è... una schifosata dei capitalisti borghesi per corrompere il sano proletariato?! O è solo perché tu sei un buon cattolico e allora sei d'accordo col papa che si fa peccato mortale e si va all'inferno a voler limitare le nascite, che quella è una pensata da cinesi del Mao! PADRE Ah, sei brava... porco cane se sei brava a voltare la frittata... in quattro e quattrotto mi hai sbattuto là che mi sento peggio di un sacrestano reazionario... che invece di essere orgoglioso d'avere una figlia così spregiudicata... e una moglie così moderna tutta casa e telaio... anzi solo telaio che quei due catorci sono l'unica cosa che ti interessa al mondo... E porco giuda boia maledetto il giorno che mi son fatto incastrare a darti retta: «Dài lasciati licenziare... facciamo come tutti gli altri: col mezzo milione di liquidazione che ci dà il padrone ci tiriamo in casa le macchine, il resto in cambiali... vuoi mettere, in casa nostra lavoriamo meglio, più liberi... più comodi... più contenti... Sì, più contenti: siamo qui a farci tirare il collo come degli imbecilli dal padrone che adesso guadagna il triplo, risparmia i soldi delle macchine e dei Capannoni... non ha più da pagarci né la mutua né la tredicesima, né il fondo pensioni: gli straordinari glieli facciamo gratis! la maggior parte delle famiglie fanno lavorare anche i bambini di otto anni... tanto che a scuola dopo la terza 81 82 non ci va quasi più nessuno... Siamo qui peggio che in galera a farci strozzare anche da quei bastardi dei procaccia, dei committenti... se cerchi di fare uno sciopero... ti tagliano fuori; ci lasciano senza lavoro e i lavoranti li vanno a cercare nel Polesine... nelle Marche... che li hanno più fame che qui e li pagano meno! Durante la battuta del Padre, la Madre perde l'atteggiamento provocatorio e la sua rabbia si trasforma in dolorosa coscienza. MADRE Sì, d’accordo, ci hanno fregati... e allora? che ci possiamo fare io e tua figlia... perché te la prendi con noi? PADRE Ma io me la prendo con tutti... con tutto 1 sto mondo bastardo... che mi domando per che cosa Sono stato in montagna... Per che cosa ci siamo fatti scannare in tanti... e sbattere al muro... che è peggio di prima... che adesso abbiamo pure la beffa della deformazione professionale del sedere ripieno alla baiadera. Ah, ma io mica voglio crepare come un verme imbesuito... io mi devo far accoppare giorno per giorno da questa macchina schifa porca... ? Ma io la spacco... spacco tutto io... (Ha afferrato un grosso bastone e si mette a menare fendenti terribili sulla macchina, che naturalmente non esiste, ma il fracasso «doppiato» dal rumorista dà l'idea del danno prodotto). MADRE No, matto... fermo Michele, no... oh no, la macchina no! FIGLIA Papà... smettila... Papà... ti prego... PADRE Via... se no vi spacco anche a voi!... La Madre cerca di fermare il Padre nella sua opera di distruzione delle macchine. Il Padre è come se non la vedesse e nel suo forsennato agitarsi dà una bastonata alla Madre. FIGLIA Mamma... che hai fatto? L'hai ammazzata... disgraziato!... Sulla testa l'hai presa!! Mamma... rispondi... La Madre accusa il dolore alla testa, ma il dolore più grande è la distruzione delle sue macchine. Si avvicina ad esse. MADRE I telai, i miei telai, gli aghi... rotti... tanti sacrifici... le cambiali... tre milioni di cambiali... (Si avvicina disperata al 82 83 marito) Michele... perché... Michele... (Si porta la mano al cuore per un improvviso dolore) Sto male... (Cade in ginocchio). FIGLIA Papà... aiuto! la mamma sta male... straparla... è fredda gelata. Come impazzito il marito è rimasto bloccato allucinato. PADRE Macchina schifa... la rompo... lei e il suo sederotto alla baiadera... FIGLIA Papà... Non state lì impalato... aiutami! PADRE Io vado in tutte le case... dove ci hanno le Macchine... e gliele rompo... spacco tutto! E poi gli sputo in un occhio! MANGIAVESPE (dall’esterno) È permesso? FIGLIA Avanti... chi è? PRETE (entrando) Sono il parroco, mi hanno telefonato che c'è qualcuno che sta male... PADRE Sì, è mia moglie... le ho spaccato la testa... a lei e alla sua macchina con tutto che io le voglio bene a mia moglie... tant'è vero che abbiamo tutti e due il sedere che va di moda in Brasile... piace... sapesse come piace! La mossa! Questa invece è mia figlia che fa l'amore con due pillole per volta finché la madre del suo moroso non ha pagato le cambiali! FIGLIA Papà... ti prego... (Al prete) mi spiace che l'abbiano disturbata reverendo... noi avevamo chiesto che ci mandassero un medico... MADRE (rinvenendo, vede il Prete di spalle) Angela... chi è questa donna in lutto!? PRETE (si volta verso la madre) Sono il parroco. MADRE Cos'è già Pasqua... che è venuto a benedirci le macchine? PADRE No, è venuto per te Teresa per darti l'olio santo! PRETE Non esageriamo... io son qui... soltanto... MADRE Guardi signor curato... che io l'avverto... al mio funerale io voglio la bandiera rossa in testa a tutti! Non transigo! E voglio che cantino sparato « Il padrone fa il suo mestiere... se lui ci strozza è perché noi glielo permettiamo. Il padrone in paradiso andrà perché i poveri di spirito non meritano pietà». Non la conosce... beh... dopo gliela insegno... Ad ogni modo se poi ci vuol venire dietro anche lei al funerale, tanto per far numero... s'accomodi: noi siamo per il dialogo. FIGLIA Non ci faccia caso signor curato... è per la gran botta che straparla. PRETE Accidenti che livido... ma perché non ci mette un po' di ghiaccio? 83 84 FIGLIA Ha ragione... vado subito a prenderlo. MADRE No, tu non vai a prendere un bel niente, tu torni alla macchina... sbrigati! chi ti ha detto di piantare li il telaio fermo? (Automaticamente la Figlia va verso i telai, ma si rende conto che non si possono usare). Sono rotti... oh già! Signor curato... faccia il bravo... mi aiuti... magari lei è bravo ad aggiustarmeli... me li faccia andare che non si può lasciarli lì così fermi che devono lavorare sedici ore minimo al giorno... che se lei me le aggiusta io poi le faccio un bel regalo. FIGLIA Le dica di sì... così si mette l'anima in pace. PRETE Beh, vedrò di arrangiarmi per quello che ne so... (Si avvicina al telaio) sono proprio dello stesso modello della mia. Forse qui si può raddrizzare... Mi dia una mano signor Michele. Cerchi di far leva con quel paletto... che io riavvito 'sti bulloni... (Leva dalla tasca una busta contenente cacciaviti, pinze ecc.). PADRE Sì sì, l'aggiustiamo... e poi io la spacco, la sfascio un'altra volta! tutta la rompo! MADRE No tu la pianti, non spacchi un bel corno! PADRE Io spacco tutto, anche il corno... e poi sputo in un occhio al Pretore! E anche a te sputo in un occhio reverendo... perché hai la faccia da prete! FIGLIA Non ci faccia caso signor curato... è andato un po' giù di rigolo anche lui! PRETE Vedo, vedo... ma io non faccio più caso a niente ormai! MADRE Angela, prendi la catena, quella con il lucchetto che serviva per il pollame e lega tuo padre! FIGLIA Ma mamma adesso basta: che mi sembra di essere in una gabbia di matti! MADRE Ho detto di legarlo! PADRE Sì, legami pure che tanto io poi spacco tutto lo stesso... guarda qua: mi lego anche da solo: toh! (Esegue). MADRE Svelta, chiudigli il lucchetto! Brava! Adesso togli la chiave e dammela. Grazie! Mi fai un piacere Angiolina? FIGLIA Ma certo, di' pure. MADRE Mi porti un bicchiere d'acqua? Ho la gola che è un fuoco! FIGLIA È la febbre... Ci vuoi dentro un po' di limone? MADRE No, preferisco senza. Entra la Committente, carica di pacchi e festosa. COMMITTENTE Permesso... allegri gente! C'è qui la befana santa: siamo pronti con le consegne?... forza scattare che devo passare a ritirarne ancora quindici prima di sera! Qui ci sono le 84 85 matasse nuove... qui la busta paga... Oh, buon giorno reverendo... cosa fa di bello da queste parti? PRETE (sta sempre lavorando intorno ai telai) Faccio il meccanico... a tempo perso... COMMITTENTE Ah prete operaio allora? che bello... e la Teresa... cosa le è successo? FIGLIA Sta male... Tieni mamma... bevi... MADRE Tirami su... se no non ce la faccio... ecco basta... è andata giù! FIGLIA Cosa? MADRE La chiavetta. FIGLIA Hai mandato giù la chiavetta del lucchetto? MADRE Sì, adesso non potrà più rompermi le macchine! FIGLIA Oh mamma! Reverendo la mamma ha ingoiato una chiave! PRETE Le avete dato da bere una chiave? Ma che cura è? COMMITTENTE Povera donna è qui che scotta... ma come le è successo? PADRE Sono Stato io... una bastonata! COMMITTENTE Michele... Ma cosa fai così legato? PADRE È perché non vogliono che spacchi le macchine e poi che prenda a legnate anche te! Bastarda! COMMITTENTE Ehi, Ma dico... spero che scherzerai... PADRE Sì sì, scherzo... non è a legnate che ti voglio prendere strozzina ma a pedate... e poi ti sputo in un occhio... (La afferra per le braccia e come Un prestigiatore si scioglie velocissimo dalle catene e incatena la donna). FIGLIA No papà, lasciala stare! COMMITTENTE Aiuto... Teresa! Tuo marito è impazzito... Guarda se mi tocchi... ti faccio sbattere fuori dal partito... MADRE Fermati Michele... no... non devi farlo! Aiutami Angela... lo devo fare io... io devo prenderla a calci e poi sputarle almeno in un occhio... prima di morire... l'ho sempre sognato! PADRE Si Teresa... te la tengo... te la tengo ferma io! PRETE Ma che fate, andiamo! MADRE Tu prete operaio interessati della mia macchina! Che è già tanto! Aiutami Angela... porca d'una miseria... la gamba... non riesco ad alzarla... FIGLIA Forza mamma te la sollevo io. La Committente tenuta dal padre, viene presa a calci nel sedere dalla madre. 85 86 COMMITTENTE Adesso basta, lasciatemi andare! Nella colluttazione alla Committente cade una busta. PADRE Che cos'è questa busta? (La raccoglie). COMMITTENTE Dammeli qua sono i miei bollini... i bollini per le tessere nuove... ci sono anche i vostri! MADRE Ah sì? Bene... dammeli qua, li compro tutti io... dammeli qua che te li incollo tutti sulla faccia! COMMITTENTE No, per dio! Ve la faccio pagare... vi faccio sbattere fuori tutti e tre! MADRE Angela... Michele... tenetemi su... che sto cadendo... non ci vedo più... ho freddo! Il Padre e la Figlia sostenendo la Madre la fanno stendere sul praticabile a destra palcoscenico. Si abbassa la luce. Entra il Mangiavespe nei panni del commissario politico: giaccone di pelle berretto con visiera del tipo dei commissari politici al tempo della rivoluzione russa. Questa scena è il sogno della Madre che sta morendo. MANGIAVESPE Fermi tutti! Ognuno al suo posto... cominciamo il processo. FIGLIA Senti Mangiavespe, vattene perché questo non è proprio il momento di fare il matto! MANGIAVESPE Non sono matto e non mi chiamo Mangiavespe... Sale lentamente la luce che però rimarrà bassa per tutta questa scena. FIGLIA Va' beh, Pietro vattene! MANGIAVESPE Neanche Pietro, sono il commissario politico Ivan Compatti! MADRE Commissario politico? MANGIAVESPE Certo, non vedi che ci ho il giaccone di pelle e il berretto con visiera come da regolamento? MADRE Eh già... proprio come nei film russi nel '21! Oh, ma tu guarda! COMMITTENTE Mi volete sciogliere da 'ste catene... chi parlo con voi! Nessuno le bada. 86 87 MANGIAVESPE Silenzio: seduti! e rispondete per ordine alle mie domande. Tutti si siedono. MADRE Chi l'avrebbe mai detto: il Mangiavespe... avete notato che non balbetta quasi più.. MANGIAVESPE Non ho mai balbettato, facevo finta... MADRE Allora facevi finta anche di chiedere la carità? MANGIAVESPE No, la carità, quella la chiedevo sul serio: a noi commissari politici ci dànno uno stipendio da fame, che se non arrotondiamo... Ma intanto ho approfittato per andare in giro e fare la mia brava inchiesta. PADRE Che inchiesta? MANGIAVESPE Sul comportamento degli iscritti e dei dirigenti... ci sarà una purga! PADRE Una purga? Come con Stalin? Oh era ora... (Fa il gesto di sparare con un mitra) ta-ta-ta... MANGIAVESPE No, niente ta-ta-ta... PADRE Peccato. MADRE Peccato. MANGIAVESPE Il partito ha deciso di sbattersi via dai piedi tutte le taccole, i pidocchi e le camole che gli stanno addosso... non vuole gente furba, né i politicanti né gli addormentati... via tutti! a costo di restare in quattro gatti! COMMITTENTE Beh, allora tanto per cominciare io avrei da denunciare questi tre iscritti... che oltre avermi insultato... MAGNIAVESPE Piano, piano, andiamo per ordine: chi sei tu? COMMITTENTE Sono dirigente di sezione... attivista... iscritta dal '55... MANGIAVESPE Brava... e che mestiere fai? COMMITTENTE MANGIAVESPE Che cosa vuol dire? COMMITTENTE Beh, vado dal padrone, ritiro le matasse e le distribuisco nelle varie case dove ci hanno le macchine, nello stesso tempo ritiro la merce finita e la porto al padrone, che mi paga. MANGIAVESPE Quanto ti paga? COMMITTENTE (imbarazzata) Beh, lo sanno tutti... MANGIAVESPE (autoritario) Quanto ti paga? MADRE Il doppio di quello che dà a noi... MANGIAVESPE Silenzio! COMMITTENTE Beh, se è per quello anche lui, il padrone guadagna il doppio di quello che guadagno io! 87 88 MANGIAVESPE Allora, per capirci, se un capo finito viene pagato da te duecento lire, il padrone te ne dà quattrocento e lui lo vende a ottocento... è così? COMMITTENTE Sì, più o meno. MANGIAVESPE Bene! allora ti dichiaro espulsa dal partito per tradimento della classe. COMMITTENTE Che tradimento: non ho mai tradito io... ho fatto cinquanta tessere soltanto quest'anno! MANGIAVESPE A chi hai fatto le tessere? agli stessi che sfrutti ogni giorno, che strozzi magari! COMMITTENTE No, io non li sfrutto, è il mercato che decide così... MADRE 'Sta figlia di buona donna guadagna venticinquemila lire al giorno di media sul lavoro di venti famiglie che tutte insieme non guadagnano la stessa cifra e viene a cacciare che non sfrutta! COMMITTENTE Ma è il mercato che decide così. D'altra parte se io solo mi azzardassi a pagarvi qualche soldo in più gli altri incettatori mi farebbero la pelle... tanto per cominciate andrebbero dal padrone a dire che io gli rovino la piazza e quello mi toglie subito il lavoro. PRETE Certo, è la legge del profitto... non puoi farci niente! E poi se non lo facesse lei di strozzarvi, lo farebbe subito un altro... e non cambierebbe... tanto vale allora lasciare che continui lei... che è dello stesso partito, se non altro! MANGIAVESPE Ma questo è un discorso da preti! MADRE Infatti l'ha fatto il reverendo che per caso è pure prete. MANGIAVESPE Ma davvero non ti rendi conto che sei nel «mazzo» degli sfruttatori... che sei un piccolo padrone anche tu? COMMITTENTE Ma il partito non ha mai detto che i piccoli padroni bisogna combatterli, anzi, ci han sempre spiegato che il nostro nemico è solo il grande capitale, e che il piccolo e medio capitale dobbiamo farcelo alleato... l'ho letto un sacco di volte. MANGIAVESPE Farcelo alleato, non vuol dire eleggerlo a dirigente... COMMITTENTE Come no, se vuoi ti dico i nomi di un sacco di piccoli proprietari, piccoli industriali, grossi albergatori, grossi commercianti, che sono stati eletti sindaci, segretari e compagnia bella! PRETE Non accetto queste basse insinuazioni... qui si generalizza. Si prende un caso limite e si cerca di farlo passare. 88 89 per consuetudine come se tutta la direzione del partito fosse nelle mani del piccolo e medio capitale. COMMITTENTE Ma io ho fatto un esempio, non ho generalizzato. PRETE Gli esempi non si fanno mai... in politica... denunciare un caso equivale denunciare tutto un sistema... quindi niente critiche... le critiche avvantaggiano solo il nemico! MANGIAVESPE Ma Lenin diceva che la critica è la forza di un partito veramente rivoluzionario. PRETE La critica costruttiva però... MANGIAVESPE Certo! PRETE E la critica costruttiva è soltanto quella Che si fa contro un altro partito! Non contro il proprio! PADRE Oeu! Ma questo è un discorso da gesuita! PRETE Non sono gesuita! MADRE Beh, insomma è da prete! PRETE Non sono nemmeno un prete! MADRE Ah no? e allora perché è vestito da prete? PRETE Vedi, vedi... ti fai suggestionare dalle apparenze, non sei una vera marxista, poiché ti fermi all'esteriore... non vai in profondità nelle questioni... non sei un politico. MANGIAVESPE Zitto politico! Allora concludiamo... come dirigente dovevi dirigere i tuoi compagni nella lotta... incitarli e organizzarli negli scioperi... MADRE Già, invece l'ultima volta che ci abbiamo provato lei ci ha consigliato di non fare fesserie... che noi eravamo piccoli artigiani... e non potevamo scioperare. COMMITTENTE Non diciamo frottole... voi non avevate nessuna voglia di farlo 'sto sciopero... e non sapevate che scusa prendere... allora mi avete fatto pena e vi ho dato l'alibi io per farvi stare in pace! MADRE Toh, chi l'avrebbe mai detto che l'incettatrice era parente del prete politico! MANGIAVESPE Silenzio e poche storie: sei espulsa... riconsegna la tua tessera e fuori dai piedi. MADRE Bene! Bravo! Mi sento già meglio! MANGIAVESPE E anche voi siete espulsi... tutti e tre... forza indietro le tessere! PADRE Come? Cosa c'entriamo noi... noi siamo gli sfruttati! MADRE Appunto! MANGIAVESPE Non basta essere sfruttati per essere dentro il partito... bisogna anche dimostrate che si ha volontà di lottare... di rischiare... se dormi e accetti le cose come stanno... è meglio che te ne stai di fuori! Questo non è un partito 89 90 d'opinione... che uno prende la tessera per farla vedere agli amici, come se fosse quella del calcio... non è un partito buono per tutti... per i cani e i porci... è solo per i proletari che ce la mettono tutta... sempre! non solo nelle feste comandate e alla messa grande! No, niente, non è una chiesa... è un partito rivoluzionario questo! PADRE Ma io ho fatto la guerra di liberazione... MANGIAVESPE Sì, ma adesso hai disertato!! Chi t'ha detto che la guerra era finita... ? chi t'ha detto rompete le righe, e di metterti a tirare a campà? PRETE E tu, credi di essere il revisore, un revisore infallibile... te la prendi con loro perché non sono degli eroi... come se il padrone non contasse niente... il padrone che li può schiacciare come e quando gli pare? Che li ricatta, li terrorizza! MANGIAVESPE Il padrone fa il suo mestiere, è giusto, ha ragione di cercare di tenerli sotto... ma la più grossa carognata che si possa fare verso lo sfruttato è quella di compiangerlo, di dirgli di non fare colpi di testa; non è il momento, restiamo nella legge... ci vuole pazienza... bisogna aspettare, stare uniti, avere fede nel partito: e chi è il partito? Il partito sono loro, la loro dignità, il loro coraggio, la loro disperazione... caro il mio pretaccio politico! E abbiamo bisogno di gente che si metta in testa a tirarli... non dietro a fare i frenatori... a farli sbollire. Pian piano scende la luce. MADRE Bravo Mangiavespe... si voglio dire commissario politico! Hai ragione... guarda anche se ci hai sbattuti fuori pure noi... Hai ragione! Bisogna davvero che sia un premio, una roba da meritarsi entrare nel partito. Mica una roba tipo: buon giorno, buona sera, ci sta? s'accomodi, benvenuto, faccia la sua offerta! (S'è fatto buio completo, la donna continua a parlare) Commissario politico... Ehi! Ivan, come si chiama! Dove sei?! Sul buio totale il Mangiavespe scompare. Al lento risalire della luce ritroviamo tutti nella stessa posizione di prima che entrasse il Mangiavespe. FIGLIA Mamma, svegliati mamma! MADRE Eh, chi è? dove siamo? Angela... dove sei? FIGLIA Sono qui. MADRE Dov'è il Mangiavespe? 90 91 FIGLIA Che Mangiavespe? Hai avuto un incubo mamma. MADRE Un incubo?... peccato... era così bello quell'incubo! (Vede la Committente) Ma no, che non è un incubo... c'è lei... che c'era anche prima che era sotto processo! COMMITTENTE Che cosa dice poverina... straparla ancora... MADRE Porco cane... ma allora a te non t'hanno buttato fuori dai piedi!? COMMITTENTE Fuori dai piedi... ? chi doveva... Oh povera Teresa... ma cosa dici? MADRE Eh inutile... il piccolo capitale resiste sempre... eh, ringraziate dio... PRETE Sempre sia lodato... MADRE (al prete) Nel senso di Stalin ringraziate dio, che quello era un sogno, se no... FIGLIA Che sogno mamma? MADRE Che scalogna... i sogni così belli dovrebbero essere sempre veri... se no, non vale! PRETE Signora Teresa, c'è una bella sorpresa per lei: guardi sono riuscito ad aggiustarle tutti e due i telai... vede? FIGLIA Forza papà: vieni qua che facciamo vedere alla mamma come vanno bene... Guarda, ti promettiamo che non li faremo fermare mai... per nessun motivo... sei contenta?! MADRE Sì, sì sono contenta... ma ero più contenta prima... era così bello quel sogno; orco cane era meglio se non mi svegliavo... se morivo addirittura... che bello (Ripete le parole del Mangiavespe) «Fuori, fuori dai piedi i furbi, i politicanti e gli addormentati... questo non è un partito per tutti i gusti: per cani e porci... Non basta essere sfruttati... bisogna mettercela tutta, sempre... mica solo alla messa grande!! E bisogna avere il coraggio di criticare e farsi criticare! La critica è la vera forza del partito... solo la chiesa non si critica... è un partito rivoluzionario questo, non una chiesa!... via via le taccole, le camole, i pidocchi, e i pretacci politici! via... » (Muore). COMMITTENTE Teresa... Teresa... Povera donna... è morta! FIGLIA Mamma mamma... (Piange disperatamente). Entrano due Chierici con turibolo. PRETE Bravi arrivate giusto in tempo. Requiem eternam dona eis domine... Lux perpetua luce. PADRE (in centro proscenio, come parlasse al dirimpettaio) Sì, è morta... beh... capisco che non possa venire al funerale... già il telaio... grazie lo stesso. (Ai due Chierici) A proposito chierici, vi dispiace prendere il nostro posto alle macchine per un po'... 91 92 che non si possono fermare, se no è la fine, loro devono andare sempre... sempre! I due Chierici si dispongono davanti ai telai iniziano a lavorare ritmicamente cantando il Dies Irae, mentre la luce si abbassa lentamente. L’ATTORE POLITICO – manca il video! Scenografia PRESONAGGI VOCE Pronti, siamo in trasmissione. Forza Francaccia, tocca a te. Si avvicina al teatrino FRANCACCIA Sono qua nel retropalco, che mi preparo. VOCE Forza, sbrigati, che devi fare la presentazione. FRANCACCIA Fatevela voi ‘sta tiritambola sbadigliante piagnosa taratatà. Io non ho tempo. Ho altro da fare. VOCE Come hai altro? Ma come ti sei conciata, dì? FRANCACCIA Beh? Che c’è di strano? E la mia acconciatura normale: maglione nero, foulard al collo, occhiali scuri, coppola con visiera. VOCE Mi pari la caricatura di un regista d’avanguardia. FRANCACCIA Vacci piano a sfottere. Buttafuori da strapazzo più che buffo. Io sono una regista d’avanguardia. Attrice e maestra dell’Off e anche più in là. Ma scusa, sai, non ho tempo con le tue tarambiccole smataciiose del bla bla, anzi fatti in là…Fatti più in là aaa’ e lasciami lavorare. Viaaaa! VOCE Lavorare a che cosa? FRANCACCIA Sto aspettando un politico belligeroso, come dire un deputato ex ministro, per fargli la lezione. VOCE Che lezione? Non mi dirai che insegni politica, adesso? FRANCACCIA No, molto di più. (Sul teatrino Francaccia sta armeggiando con un podio da comizio. Assesta un microfono.) Insegno recitazione e gestualità teatrale ai politici. VOCE Teatro ai politici? FRANCACCIA Sì, o rintronato, stupefatto, anacronistico bla bla bla…Insegno ai politici disadattati la nuova tecnica dell’oratoria comizi esca tragicomica. Ho messo su una scola apposita. VOCE Una scuola? E perchè? A che scopo? FRANCACCIA Ma dico, dove vivi? 92 93 Rintronato alocchito disadattato e fuori dal mondo? Ma li vedi mai i politici, gli onorevoli, i governativi alla televisione quando parlano? E non vai mai ai comizi? VOCE Beh, sì, qualche volta. FRANCACCIA E ti piacciono? Riescono a interessarti? VOCE Beh, a dire la verità, no. Anzi, mi annoiano. FRANCACCIA Bravo. Infatti l’indice di ascolto televisivo, quando trasmettono le tavole rotonde elettorali è un disastro, no?Alla gente ci viene il male della nonna e cambia subito canale. Tant’è vero che Trmobadori, l’onorevole testafina, che testa quel Trombadori! Ha subito proposto di trasmettere i dibattiti politici in contemporanea su tutti e due i canali: primo e secondo. E perfino alla radio. Così gli spettatori ribelli, anche se cambiano canale, restano sempre fregati, obbligati a vedersi quel programma interpartitico comiziante ad ogni costo. O mangi ‘sta minestra o salti ‘sta finestra! Che democratico quel Trombadori bla bla bla. Sai che se non lo fermavano in tempo, stava proponendo che anche le televisioni private dovesero fare lo stesso. Un unico circuito e via! Tutti a trasmettere lo stesso programma politicante. E se poi, disperato, il teleutente insubordinato piantava lì e andava al cinema, track! Olè! Anche al cinema gli proiettavano la stessa tavola rotonda sfaraggiata, malenzosa, statica, che pappata! Ah ah: come ti muovi ti fulmino. La vera libertà di informazione Trombadoriana! VOCE Senti, basta con quel TROMBADORI. Cerca di restare in argomento.Allora d’accordo. I politici hanno difficoltà ad attirare l’attenzione della gente. E allora? FRANCACCIA E allora vanno in crisi, no? Sono tutti in crisi. Fanno cose da pazzi: FANFANI si fa tirare le orecchie in chiesa. BIASINI cade dalla bicicletta. Hanno perso al testa, non riescono a capire come mai la gente non si appassioni iù come una volta. VOCE D’accordo, e allora? FRANCACCIA E allora io, che modestamente ho capito cosa c’è sotto al conquibus, glielo insegno. VOCE Cosa insegni? FRANCACCIA L’arte del comiziante retorico moderno, che appassiona, trascina, che il carismatico spettacolare, l’allucinogeno gratificante. VOCE Va bene va bene, ma vieni al dunque. FRANCACCIA Appunto, il dunque è proprio qui che arriva. Ciak! Azione! Si accomodi, onorevole. La stavamo giusto aspettando. 93 94 ONOREVOLE Buongiorno. È lei la maestra della scuola di oratoria moderna? FRANCACCIA Sì, sono io. Si accomodi, si metta a suo agio. Vediamo cosa sa fare. Salga su quella specie di podio e mi faccia un bel comizio. ONOREVOLE Volentieri, mi scusi, non c’è nessuno che mi presenti al pubblico? FRANCACCIA Presenti come? ONOREVOLE Beh, come al solito. “Ecco a voi l’onorevole Santi Serrati responsabile della Segreteria Centrale del Partito”. FRANCACCIA Ecco…ecco…sacrabislanga sbirulenta zazazà! Primo errore. Ma perché non facciamo suonare, già che ci siamo, anche le trombe? Pereppeppè…rullare i tamburi truluntrulun…vibrare l’organo wuwuooouwo e cantare il coro dei trampulè majorette e propopò? Ma dove siamo? Ma questa è roba da prime crociate, svacchiazzo rancidoso purulento gnagna. No! No!Niente presentazioni. Vada liscio e tutto solo. ONOREVOLE Eh, ma se io comincio a parlare senza che la gente sappia chi sono , poi è facile che non mi stia neanche ad ascoltare. FRANCACCIA No, tutt’al contrario. Perché se arriva il presentatore ufficiale e sbragozza altisonante “Ed ora a voi l’Onorevole Segretario Responsabile” al gente comincia ad andargli già di traverso lo carambolo del “Vammoriammazzato” “Ma chi ti credi di essere” “Macchesaràmai” e gli stai già antipatico. Invece se non ti fai annunciare per niente, vai sua a parlare così alla brutta, al gente si domanda “Machi sarà” “Chissarà?” “Forse è nessuno” “Forse è tutto” “Se non l’hanno presentato vuol dire che è sconosciuto” “Zitti, zitti, che voglio scoprite chi è e come la pensa” e sei già in vantaggio. ONOREVOLE Beh, sì, forse ha ragione. FRANCACCIA Bavo, ma piuttosto cosa fa con quella pipa? ONOREVOLE Come, cosa faccio? E’ la mia pipa. Io porto sempre la pipa quando parlo in pubblico. FRANCACCIA E perché? Chi credi di essere? Il Presidente Pertini della Repubblica? ONOREVOLE E’ che tenere la pipa in mano nei comizi mi dà sicurezza, mi fa sentire a mio agio. FRANCACCIA A suo agio con la pipa? Come Linus, quello dei fumetti, che si tiene abbrancato a una coperta di lana per sicrezza. Invece Lei con la pipa?! ONOREVOLE Sì, più o meno… FRANCACCIA Anche quando mangia? 94 95 ONOREVOLE Come? FRANCACCIA Dico: mangia con la pipa in una mano, la forchetta nell’altra mano e il coltello in bocca? E quando balla il liscio, quando fa all’amore…sempre con la pipa? ONOREVOLE Ma no, che c’entra? FRANCACCIA Ah, non c’entra? Quando è con la sua amorosa che ama non deve sentirsi a suo agio? Non ha bisogno di sicurezza? ONOREVOLE Sì, ma ecco…vede… FRANCACCIA No, no onorevole…mi spiace ma qui non ci siamo, qui caramboliamo tutto tra-tra, ma lei come politico non ha capito uno starni pazzo di un bel fico secco di politica, del rapporto col pubblico astante presente che lo ascolta. Oh, onorevole orante: quando Lei parla comiziante non è Lei che deve sentirsi a suo agio, ma quelli che lo stanno ad ascoltare. Loro, è di loro che si deve preoccupare che stiano bene. Ma dico, onorevole politico, ma se quando mangi con gli amici, quando fai l’amore con la tua amorosa,quando ci balli citucit te ne strafreghi della pipa pipazza pipù. Ma perché gliela devi sbattere in faccia al pubblico comizievole, sti pipazza schifa e puzzolosa. Eh np, onorevole, tu ci devi avere rispetto per quel pubblico affollato, ci devi far sentire l’amicizia come ai tuoi amici; l’amore come alla tua amorosa; ci devi ballar,e cantare, mangiare insieme e farci come l’amore, se no sei sbalzerato. Loro ti sbironzolano, ti mandano a vammoriammazzato e ci hanno ragione! Capito? ONOREVOLE Sì, sì ho capito. E allora che devo fare? FRANCACCIA Sbatti via sta pipa e fatti una pupa. ONOREVOLE Come? Una pupa? FRANCACCIA Puppa poppa pazza. No, non una pupa bambola…come dire donna oggetto. Non facciamo il machista, il fallocrate, pupa femminile di pupo, pupazzo, scaragnozzo…mammozzo. ONOREVOLE: Non capisco. FRANCACCIA Sì,devi toglierti di dosso tutta la prosopopea vanagloriante dello arrivato uomo del Potere costituente, che scoccia! Rifarti al faccia e la testaccia, caro onorevole. Diventare un semplice, disarmante. E cosa c’è di più semplice di una pupa pupazzo. Più indifeso, più umile e più umano, quasi umanoide di un bambolotto di stracci? ONOREVOLE Come? Come? Dovrei trasformarmi in un pupazzo di stracci? FRANCACCIA Sì, in qualcosa che fa tenerezza. Come tutto di pezza, che ogni bambino vorrebbe tenere tra le braccia, che 95 96 ogni ragazza se lo spupazza e la vecchietta diventa pazza e ti riveste di pizzi. ONOREVOLE Ah, ho capito. Allegoricamente parlando…Insomma qualcosa che dà fiducia e spinge all’affetto? FRANCACCIA Ecco. Bravo onorevole. Perfetto. E adesso passiamo alla pratica. Vai col discorso! ONOREVOLE Sì, va bene, comincio: carissimi cittadini e cittadine… FRANCACCIA Cosa fa? Cosa fa con quel microfono? Perché lo abbranca in questa maniera?Cos’ha paura che glielo rubino? Ma non si rende conto della cattiva impressione che fa subito alla gente uno che si aggrappa con tutte e due le mani all’asta microfonica, in quella maniera da possessivo arraffa tutto…”E’ mio! E’ mio!”? ONOREVOLE Ma non pensavo desse un’impressione tanto deleteria. E’ solo che non so dove mettere le mani. FRANCACCIA Se le metta dove le pare: in tasca, nel naso; se le ficchi sotto le ascelle, nelle orecchie, ma mai sull’asta del microfono. Il microfono è un oggetto pubblico e un onorevole che fa il politico è meglio che non si faccia mai beccare a mettere le mani sulla roba pubblica. ONOREVOLE Sì, sì, d’accordo… FRANCACCIA Bravo. Speriamo, vada avanti. ONOREVOLE Sì. Carissimi cittadini e cittadine. Elettori ed elettrici è con grande piacere e commozione che mi ritrovo qui con voi a trattare di un grande e, nello stesso tempo, drammatico problema che è quello della crisi: crisi di governo, crisi delle istituzioni, crisi dei valori, crisi del lavoro, dell’economia e soprattutto morale, specie tra i giovani. FRANCACCIA Ma che fa? Gioca alla morra, onorevole? ONOREVOLE Come gioco alla morra? FRANCACCIA E sì, continua ad andare su e giù con sto braccio. Gli manca solo che sberceri. Tri, sett, quatar, tutta! ONOREVOLE Sì, ma per sostenere l’importanza degli argomenti col gesto, per scandire. FRANCACCIA Ma quello non è mica un gesto, ma un gesticolare. Peggio è roba da direttore di banda strapaesana. Lei si autodirige come fosse una tromba, anzi un trombone: propò-po-potropò. E stia fermo con le manacce. ONOREVOLE E come faccio. Mica posso starmene impalato, anche i miei colleghi, del resto, quando intervengono, specie in televisione… 96 97 FRANCACCIA Ecco: l’ha detto, onorevole. Proprio i suoi colleghi. Belle figure che fanno. Bell’esempio che danno ai ragazzini. ONOREVOLE Che c’entrano i ragazzini? FRANCACCIA C’entrano e come! Perché non mi dirà che sia altamente educativo vedere un deputato o magari un ministro che, intanto che un suo collega parla, lui fa i pupazzetti e scarabocchia con la biro sul foglio che gli sta davanti; un altro che sta lì con la mano sulla fronte, che pare stia per vomitare, schifato com’è dia discorsi che fanno i vari oratori; un altro che si gratta la cucuzza; quell’altro che fa le palline di carta; e il suo vicino che quasi si addormenta. Dico, se voi addormentate e vi scocciate, figurati gli spettatori e tutto perché oltre ce parlare lagnosi, fate dei gesti ovvii, banali, senza fantasia. Ecco: ci vuole fantasia. Bisogna saper stupire, shockare la gente. Per esempio, si ricorda lei di Nikita Krusciov, il capo dei sovietici, di quando ha preso al parola all’ONU? Ecco, lui, sto bel pacioccone grassoccio di un russo, sul più bello, si sfila una scarpa da un piede e giù a sbatterla sul tavolo: “Streminski partafna niet bielzia carasciò katiuscia sverenska!” Che forza! Quello era un oratore! ONOREVOLE E che dovrei fare per essere shockante? Togliermi una scarpa anch’io? FRANCACCIA Per carità, mica ci si può ripetere in certe cose. Ognuno deve inventarsi un proprio modo d’essere spregiudicato, spiritoso, divertente. Il problema è proprio quello di inventarsi lo spettacolo. ONOREVOLE Spettacolo? Ma che c’entra lo spettacolo con la politica? La politica è una cosa seria. FRANCACCIA Eccoli lì il barbogio seriante torvo bro-brò! La politica è una cosa seria! Ehi, dico, onorevole, cosa crede che serio voglia dire musone accigliato, come il Breznev coi sopracciglioni boscosi a spazzola che si azzarda a tirar su le gote per un sorriso gli capita una disgrazia Plaff! Gli cascano giù i sopracciglioni che non ci vede più, orbo, come cieco. Serietà vuol dire non fare carambole, paciughi, schifanti, vuol dire non tromboneggiare melenso col vuoto a perdere, All’incontrario uno può essere spiritoso e serissimo far ridere a crepapelle per come sa dire le cose con intelligenza cranica, mica far ridere allo sghignazzo per quello che fa magari penoso! ONOREVOLE Va bene, cercherò di essere spiritoso e spregiudicato. Mi faccia vedere lei come devo fare. Io sono pronto a imparare. 97 98 FRANCACCIA OK! Dunque, lei ci ha in mente come si muovono i cantautori, i big del rock del pung del popop? ONOREVOLE Sì, vagamente, ma che c’entra con il comizio? FRANCACCIA Senta,onorevole, parliamoci chiaro. Se volete riavvicinare i giovani dovete imparare a muovervi come loro. Non ha tanto importanza quello che dite, ma come vi comportate. Avanti, lei dica il suo discorso e per i gesti e le mosse faccia come dico io. Mi venga appresso. Via!Prima ancora di parlare lei deve cominciare a disfarsi il nodo della cravatta..ecco, bravo, così…gesti ampi…vada col discorso. ONOREVOLE E’ con grande commozione che mi ritrovo oggi qui con voi… FRANCACCIA Bravo! Adesso se la sfili dal colletto…piano piano. Continui a parlare. ONOREVOLE …Qui con voi a trattare di un grande e nello stesso tempo drammatico problema. FRANCACCIA Si slacci i bottoni della giacca e cominci a sfilarsela. ONOREVOLE Crisi di governo, crisi delle istituzioni, crisi dei valori, crisi del lavoro e soprattutto crisi morale, specie tra i giovani. FRANCACCIA Perfetto! Adesso rotei la giacca per aria. ONOREVOLE C’è chi dice che stiamo andando verso un vero naufragio…all’ultima spiaggia. FRANCACCIA Forza, giri più forte quella giacca sopra la testa. ONOREVOLE A chi chiediamo aiuto, chi ci verrà a salvare? I prezzi aumentano, la busta paga vale sempre meno. C’è la crisi del carburante e che facciamo? Molliamo tutto? FRANCACCIA Butti la giacca ONOREVOLE (esegue) No! E’ inutile chiedere aiuto. FRANCACCIA Monti sul podio! ONOREVOLE (esegue) Agli altri, alle multinazionali, ai governi amici? E’ a noi, a noi tutti che dobbiamo cheidere aiuto, cominciare a fare sacrifici. FRANCACCIA Slacci le bretelle. ONOREVOLE Tutti dobbiamo sacrificarci. A cominciare da chi ha di più. Smetterla con gli inutili consumi. Con i beni aleatori. FRANCACCIA Ma che fa, si fermi, onorevole, i calzoni no!! ONOREVOLE Ah no? Meglio così. FRANCACCIA Salti giù dal podio e rifaccia i miei gesti. ONOREVOLE Basta con lo spreco! A cominciare da chi sta in alto, bisogna dare il buon esempio, specie ai giovani. (Solleva il braccio e dà un colpo d’anca) Ai disoccupati e alle donne. Alle donne soprattutto chiediamo il massimo apporto. 98 99 (S’accovaccia e ondeggia) A loro che sempre hanno sofferto più di tutti, ai giovani, giustamente disorientati ed increduli, dobbiamo ridare fiducia e speranza. Ridoniamo a loro la gioia di vivere. (Scatta in piedi e accenna un passo di rock) Ai vecchi,a i disoccupati, ai diversi, agli esclusi, ridiamo il sorriso con la solidarietà. (Agita le braccia, si dimena, salta e piomba a terra). FRANCACCIA Bravo! Perfetto! Questo sì, che è un comizio. Onorevole Lei vincerà le elezioni! LA MAMMA AL FRONTE O MAMMA ALLA GUERRA (tratto da “La signora è da buttare” ma manca il filmato) Una donna incinta sta attraversando la scena, viene fermata da due clowns in tuta d’argento, vagamente spaziale. CLOWN DARIO SPAZIALE Signora, scusi, sbaglio o lei è in stato interessante? FRANCA INCINTA Sí, perché, è proibito? CLOWN DARIO SPAZIALE No, tutt' altro, piuttosto ha fatto regolare denuncia? FRANCA INCINTA Denuncia? Denuncia di che? CLOWN DARIO SPAZIALE Dell’avvenuto amplesso concezionale: ora, giorno, luogo, nome, cognome e condizioni psicogeneratorie del maschio presunto... e se l’amplesso suddetto è stato effettuato lontano dai pasti, come da norme vigenti. FRANCA INCINTA Tutta ’sta roba, e perché? CLOWN DARIO SPAZIALE Per la programmazione preventiva del servizio di leva. FRANCA INCINTA Ma che servizio di leva, se non è ancor nato! CLOWN DARIO SPAZIALE Non ha importanza, grazie alle nuove leggi, suo figlio è già arruolato fin dal quinto mese di vita nel grembo materno! FRANCA INCINTA Esagerati! E se poi fosse una femmina? Entra in scena, spinto su carrelli, un marchingegno fantascientifico a base di apparecchi radiovideoscopici. Questo lo vedremo subito: s’accomodi qui. (La sistemano dietro ad un pannello radioscopico. Accendono le luci). In piedi! (Rivolto al clown assistente) Accendi! (Indicando lo schermo luminoso) Si incomincia a delineare l’immagine del nascituro. Pronto. Sí ecco che arriva! Arriva... arriva... CLOWN ARTURO ASSISTENTE Stop! Inserto pubblicitario. CLOWN DARIO SPAZIALE 99 100 CLOWN EZIO SPAZIALE Per il vostro bambino usate i prodotti Aristex! CLOWN DARIO SPAZIALE Eh, no, se cominciamo a trasmettere la pubblicità anche attraverso lo schermo delle radiografie non si lavora piú, io faccio un disastro! Chiaro? CLOWN ARTURO ASSISTENTE Sí professore. CLOWN DARIO SPAZIALE Immagine! CLOWN ARTURO ASSISTENTE Eccola. CLOWN DARIO SPAZIALE Ecco, ecco. Ma come è carino questo bambino. Grazioso, con i suoi piccoli occhi, le sue piccole manine, le orecchiette! FRANCA INCINTA Professore... CLOWN DARIO SPAZIALE (agitando le dita contro lo schermo) Guri guri guri... FRANCA INCINTA Professore... CLOWN DARIO SPAZIALE Bacino, bacini, guri guri guri... FRANCA INCINTA Professore, è un bambino o una bambina? CLOWN DARIO SPAZIALE Un maschietto signora, un bel maschietto di mezzo chilo scarso, complimenti! FRANCA INCINTA Un maschio, voglio vederlo. (Accenna ad uscire da dietro lo schermo) Voglio vedere il mio bambino... CLOWN DARIO SPAZIALE No dico, vuole che io prenda il suo posto e lei fa guri guri? CLOWN ARTURO ASSISTENTE Si sporga un po’, e guardi qui nello specchio (solleva in faccia allo schermo un grande specchio). FRANCA INCINTA Ah come è carino, il mio bambino, che bel nasino! CLOWN DARIO SPAZIALE Vorrei farvi notare, signora, che sta guardando alla rovescia a causa della riflessione... FRANCA INCINTA (sospira e cambia subito tono) -Quindi il mio bambino è già arruolato? CLOWN DARIO SPAZIALE Eh, no, prima dovrà passare la visita! FRANCA INCINTA Ah, fra vent’ anni, allora! CLOWN DARIO SPAZIALE No, subito. CLOWN ARTURO ASSISTENTE Permette? (Applica una ventosa al ventre della donna, la ventosa comunica, attraverso un filo, con il telefono). FRANCA INCINTA Ma che fate? CLOWN DARIO SPAZIALE Niente di straordinario, parliamo con suo figlio! FRANCA INCINTA Per telefono? Ma come può rispondervi, se non sa ancora parlare? CLOWN DARIO SPAZIALE Non si preoccupi, per mezzo di questo apparecchio a impulsi «stayner» si riesce a comunicare perfino con una gallina. Stia a vedere! Come si chiama suo figlio? FRANCA INCINTA Non so, non ci ho pensato ancora. 100 101 CLOWN DARIO SPAZIALE padre! Ma, dico, almeno il cognome... il cognome del FRANCA INCINTA Bungh! CLOWN ARTURO ASSISTENTE Bungh? CLOWN DARIO SPAZIALE Allo, Bungh junior? Qui è l’ufficio arruolamento che parla, lei sta per passare la visita di leva. Mi capisce... se si, sia cosí gentile di farmi un segno qualsiasi. (Osserva sullo schermo) Come è intelligente. FRANCA INCINTA Cosa ha fatto? CLOWN DARIO SPAZIALE Ha mosso le orecchie. Si alzi in piedi signor Bungh (la madre ha un sussulto), non cosí di scatto, si rilassi... riposo... ecco, adesso prendiamo le misure. (Con un metro da falegname prende le misure sullo schermo e le detta all’assistente) Altezza trentadue centimetri. Larghezza del torace: quattordici, profondità... è un po’ difficile misurare la profondità... aspetti... dunque determinando il diametro piú corto dell’ellisse... (Parlando all’unisono con l’assistente) Basta trovare la sezione perfetta dello sviluppo per concomitanza, facendo una proiezione tangenziale, che ci darà il parallasse di base... CLOWN ARTURO ASSISTENTE (parlando all'unisono col clown Dario spaziale) Stabiliamo come ordinata il coefficiente beta prima della proiezione perpendicolare, che ci permetterà di determinare la bisettrice equilaterale. E come ordinata.. . CLOWN DARIO SPAZIALE Basta! Chi è il professore? Facciamo ad occhio. Vediamo, diciamo trentadue, trentadue centimetri di torace. FRANCA INCINTA Trentadue di lunghezza e trentadue di larghezza. Ma allora, che cos’è? CLOWN DARIO SPAZIALE Un cubo! FRANCA INCINTA Mio Dio! CLOWN DARIO SPAZIALE È un cubo! Controlla a pagina 28, per l’arruolamento delle figure geometriche. Ma cosa mi fate dire! 32 è la circonferenza, la larghezza è 14. Suo figlio non è un cubo, signora, al massimo un parallelepipedo. FRANCA INCINTA Un parallele... CLOWN DARIO SPAZIALE Volendo... Signor Bungh, faccia bene attenzione a questo ultimo esame e mi dica quante dita vede di questa mano? VOCINA DL EZIO (a imitare quella del feto) Trentaquattro. FRANCA INCINTA Come, vista perfetta? Trentaquattro? CLOWN DARIO SPAZIALE Andiamo, signora, lei pretende troppo, al quinto mese non sa ancora contare! (Osservando le cartelle compilate) Bene, signora, tutti i nostri complimenti: suo figlio 101 102 risulta: abile-arruolato... arruolato in marina. Naturalmente potrà fare domanda per reparti speciali. FRANCA INCINTA Grazie. CLOWNS SPAZIALI (all’unisono) Arrivederci! FRANCA INCINTA Ah, fra vent’ anni, allora! CLOWN DARIO SPAZIALE No, fra un mese! FRANCA INCINTA Fra un mese? CLOWN DARIO SPAZIALE Per le esercitazioni del premilitare! Vede quelle mamme? (In fila, su un carrello, entrano in scena alcune gestanti sedute su panche. Hanno ventose applicate al ventre come quelle che già conosciamo; i cavi raggiungono un’unica cornetta del telefono attraverso la quale un sergente comunica ordini). Sono al sesto mese e vengono ogni giorno per le esercitazioni. Le mamme lavorano a maglia. CLOWN EZIO SERGENTE Scattare, per Dio, che il nemico incombe. CLOWNS DARIO, FRANCA, ARTURO Incombe, incombe! Oh come incombe! Escono. (le donne, senza distrarsi dallo sferruzzare a maglia, hanno sussulti vari in conformità agli esercizi che i nascituri vanno ad eseguire nel loro grembo) Marciare sul posto: uno, due, uno, due, diiii... corsa! Uno, due, uno, due, passo, cadenza, attenti a dest. (Alcune madri si voltano di profilo sulla destra, una sola sulla sinistra). Ho detto: a dest, non, a sinist! Burbe maledette, possibile che al quinto mese non sappiate ancora distinguere la sinistra dalla destra? Addormentati! Ma vi sveglio io! Avanti, marciare: uno, due, uno, due... CLOWN EZIO SERGENTE Il carrello esce a sinistra mentre sulla destra entra il grande tamburo dal quale spunta il clown Valerio nelle vesti di Giudice. GIUDICE (battendo la mazzuola) Silenzio! Silenzio! Signori!... È aperta l’inchiesta contro il giustiziere dell’assassino della signora. Cancelliere: fate entrare il colpevole. CLOWN ARTURO CANCELLIERE Avanti il colpevole! CLOWN DARIO Obiezione, vostro onore, il vero colpevole non sono io. Se ho sparato all’assassino della signora, è solo perché me ne avevano dato l’ordine. Ho i testimoni... CLOWN VALERIO 102 103 CLOWN VALERIO GIUDICE Fate entrare il primo testimone. CLOWN DARIO Il primo testimone si rifiuta di entrare, vostro onore. CLOWN VALERIO GIUDICE Voglio sentirlo lo stesso. CLOWN DARIO Si rifiuta di parlare, vostro onore. CLOWN VALERIO GIUDICE Portatelo qui con la forza. CLOWN DARIO È muto, vostro onore, muto come una tomba. Viene introdotta una cassa da morto dentro la quale è disteso il testimone. CLOWN VALERIO GIUDICE Come è successo? CLOWN DARIO Non posso parlare. Segreto militare. CLOWN VALERIO GIUDICE Non insisto. Continuiamo. Fate entrare il secondo testimone. CLOWN SECONDO, TESTIMONE Eccomi! Io ho visto tutto. CLOWN BOB TESTIMONE Bugiardo! Come puoi aver visto se sei cieco? CLOWN SECONDO, TESTIMONE No, non è vero, non sono cieco! CLOWN BOB TESTIMONE Sí che sei cieco... guarda! (Estrae una bombola spray e gli spruzza in viso con forza). CLOWN SECONDO, TESTIMONE Ohio! Non ci vedo piú! Cosa mi hai buttato in faccia? CLOWN BOB TESTIMONE Vetriolo! (Mostra al pubblico la bombola) Oggi anche nella confezione spray! CLOWNS (in coro) Cin, cin! (Sollevano un bicchiere, brindano e bevono). CLOWN VALERIO GIUDICE Silenzio. Ci sono altri testimoni? CLOWN ARTURO CANCELLIERE Sissignore, ancora quindici. CLOWN VALERIO GIUDICE Bene, li faremo fuori piú tardi! Proseguiamo: il colpevole ha asserito di aver sparato su commissione. Indicare il committente, prego! CLOWN DARIO (indicando uno dei clowns presenti) Il committente è lui! CLOWN ARTURO CANCELLIERE (sferra una martellata sul dito del clown Dario; dito che resta schiacciato fra il piano del frigorifero e il martello) Maleducato, non si indica la gente con il dito! CLOWN DARIO Ahia! Me l’ha schiacciato. (Mostra il dito ridotto ad una cotoletta) Era il preferito dal mio orecchio! Ahia! Cos’è? Il clown Secondo ha fatto una iniezione al clown Dario. CLOWN SECONDO INFERMIERE Buono, è una iniezione antirabbica, non si sa mai. CLOWN DARIO Oh, grazie! 103 104 Ben fatto, apri un po’ la bocca, fai un po’ vedere la lingua?! Oh, che strano: ha la lebbra. CLOWN DARIO La lebbra? Io? CLOWN BOB PROFESSORE (all’infermiere) Ma si può sapere che razza di iniezione gli avete fatto? CLOWN SECONDO INFERMIERE Be’, una normale... (Controlla la scritta su di un flacone) Oh, che sbadato! Eh sí, ho proprio sbagliato, c’è scritto «per la lebbra» e avevo letto «per la rabbia»! Sa, succede! Tutti possono sbagliare. CLOWNS (in coro) Cin, cin! CLOWN BOB PROFESSORE Eh no, eh no, bisogna stare piú attenti! Be’, mi dispiace, cascherai a pezzi! CLOWN DARIO Grazie, professore. (Rivolto agli altri) Che organizzazione! (Cambiando tono all’istante) Ad ogni modo, se credevate, con questo, di riuscire ad eliminarmi, toglietevelo dalla testa: per vostra disgrazia ho qui con me una pillola antilebbra. (Entra Romano con una paletta e una scopa, Dario infila la mano in tasca, la sfila, la mano cade a terra, Dario la osserva) Toh, di chi è questa mano, chi ha perduto la mano? (Si accorge del suo moncherino) È la mia... !! (Romano la raccoglie con la paletta). Permettetemi di stringerla un’ultima volta. (Afferra la propria mano e la scuote in un calorosissimo saluto, quindi la posa sulla paletta delle immondizie) Addio piccola! CLOWN VALERIO GIUDICE (sporgendosi dalla sommità del grande tamburo) Certo ci sono dei giorni in cui uno come te non dovrebbe uscire di casa! (Brindando) Cin, cin. Beh, oramai non ti rimangono che pochi secondi di vita. Quindi non resta che sospendere il processo. CLOWN DARIO Sospendere un corno!... pochi secondi sono piú che sufficienti per denunciare chi ha organizzato tutto quanto: comincio dal primo:... (ma non riesce a farsi sentire). CLOWN BOB PROFESSORE I clowns scandiscono a tutta voce il trascorrere dei secondi. (in coro) Meno sette, meno sei, cinque, quattro, tre, due, uno, zero! (Un clown batte con violenza sul gong e un altro con il martello in testa a Dario) Sei morto! Cin, cin. CLOWN BOB PROFESSORE Sí, è proprio morto. CLOWN VALERIO GIUDICE Il referto legale, per favore? CLOWN BOB PROFESSORE Embolia cerebrale, signore. CLOWN VALERIO GIUDICE Un’altra embolia? Ma è la malattia del secolo! Beh, non facciamoci cattivo sangue, è la vita!... CLOWNS (in coro) Cin, cin. CLOWNS 104 105 Si sente sparare fuori scena. Entra un clown rincorso da una donna, c’è un clown giovane che tenta di trattenerla, di toglierle di mano un grosso fucile. CLOWN EZIO INSEGUITO Aiuto, polizia, aiuto! Alle sue spalle c’è Franca armata di fucile. Il clown Arturo è il giovane figlio. CLOWN ARTURO FIGLIO No, mamma, no. CLOWN VALERIO GIUDICE Che succede? CLOWN EZIO INSEGUITO Signor Giudice, la faccia arrestare... mia moglie mi vuole ammazzare! FRANCA MADRE È vero, ma se lo ammazzo è per un nobile motivo... ti prego, caro, fallo per tuo figlio, lasciati sparare! CLOWN VALERIO GIUDICE È un testimone, lei? In questo caso la soppressione del coniuge è del tutto legale. Si accomodi, signora. CLOWN EZIO INSEGUITO No, signor Giudice, mi vuole ammazzare per nostro figlio, non vuol fargli fare il servizio militare! CLOWN VALERIO GIUDICE Si spieghi meglio. CLOWN EZIO INSEGUITO Se io muoio, il ragazzo diventa all’istante figlio unico di madre vedova, e quindi dispensato da ogni obbligo di leva. CLOWN VALERIO GIUDICE Ah, è cosí? FRANCA MADRE Sí, signor Giudice. CLOWN ARTURO FIGLIO Ma, mamma, ci vanno tutti a soldato, perché non ci dovrei andare anch’io? FRANCA MADRE Zitto, cretino, non lo stia neanche ad ascoltare sa, signor Giudice, è un povero esaltato. Vede i film di guerra, legge i fumetti di guerra... CLOWN VALERIO GIUDICE Sbaglio signora, o lei è una pacifista di quelle che vanno in marcia! FRANCA MADRE Macché marcia, per me possono fare tutte le guerre di ’sto mondo, ma senza mio figlio, però. Mio figlio lo voglio tenere sempre con me! CLOWN VALERIO GIUDICE E non sarebbe lo stesso se fosse suo figlio a tenerla con lui? FRANCA MADRE Con lui a fare il soldato? CLOWN VALERIO GIUDICE Certo, potrebbe richiedere di seguirlo. FRANCA MADRE Anche al fronte? CLOWN VALERIO GIUDICE Sicuro. I nostri ragazzi oggi hanno tutti i conforts: spettacoli, nights, campi da baseball, fidanzate da campo, ed è giusto quindi che abbiano anche la mamma da 105 106 campo. C’è appunto una nuova legge in proposito che le permette di arruolarsi come «mamma appresso». FRANCA MADRE Mamma appresso? CLOWN VALERIO GIUDICE Guardi, se vuole qui c è il modulo da compilare. (Le consegna un foglio). FRANCA MADRE Una penna, una penna, per favore: lo compilo subito! CLOWN EZIO INSEGUITO Sí, sí compila! Evviva l’esercito, evviva la guerra! CLOWNS (in coro) Cin, cin. Entra un sergente. CLOWN BOB SERGENTE Attenzione, (indica alcuni clowns) tu, tu, tu, tu, e tu, con me. Siete richiamati. (Distribuisce fucili). FRANCA MADRE Anch' io? CLOWN BOB SERGENTE Che cos’è (dà un occhiata al foglio che la madre gli ha consegnato) mamma appresso? In coda! Pronti, in marcia! I soldati si dispongono su due file ed escono seguiti dalla madre, accompagnati da un ritmo di marcia. Marciano con passi lunghi e brevi alternati e con scatti in controtempo. CLOWNS RICHIAMATI (cantano) Perché solo i figli da sempre se ne devono andare da soli a farsi ammazzare, proviamo a mandare le madri alla guerra le madri al posto dei figli e sentiremo la rabbia dal ventre, tremenda salire vedendo le madri morire. E non vedremo no, non vedremo i figli in gramaglie né petti con croci e medaglie ma urla da farci tremare. Vedremo tremare e fuggire chi le ha mandate a morire. Le madri a morire, le spose a morire al posto dei figli a morire. Mentre i soldati escono, sulle ultime note della canzone, riprende il processo. 106 107 GIUDICE Silenzio, silenzio, signori: un nuovo testimone si presenta contro il vendicatore dell’assassino della signora. Chiede di fare una deposizione. CLOWN SECONDO Dirò tutto, signor Giudice, io facevo parte del complotto. CLOWN CHARLIE Bugiardo, non è vero! L’hanno pagato! CLOWN SECONDO No, no, non m’ha pagato nessuno! CLOWN CHARLIE Come? Non ti ricordi? Sono io che ti ho dato i soldi! CLOWN VALERIO GIUDICE Beh, poche discussioni. Fategli il siero della verità. CLOWN ARTURO Subito! CLOWN SECONDO No, il siero no. (Si dibatte trattenuto dal clown Arturo e da un clown-infermiere che è già pronto con la siringa). CLOWN EZIO DROGATO (entra di corsa e si intromette fra il testimone e l’infermiere) A me, fatelo a me il siero! CLOWN VALERIO GIUDICE Fuori, cacciatelo fuori! (È sceso dal tamburo e si dispone ad aiutare il poliziotto. Si inserisce a sua volta fra il drogato e l’infermiere, riceve l’iniezione ad altri destinata). CLOWN DARIO Cosa hai combinato, cretino, hai fatto il siero della verità al Giudice, cosa succederà adesso? CLOWN VALERIO GIUDICE Ah, ah! – cancelliere, presto, scrivi – voglio fare una dichiarazione: dirò la verità: basta con ’sta buffonata!... CLOWNS (in coro) No, la verità no! CLOWN VALERIO GIUDICE Sí, la verità, sí! CLOWNS (in coro terrorizzati) No, la verità no! CLOWN VALERIO Entra in scena di corsa un clown – Alberto – con una grossa bomba in mano. La miccia è accesa. La bomba! (Getta la bomba all’ interno del tamburo che esplode con grande fragore). CLOWN ALBERTO Il Giudice vola letteralmente in cielo, sparendo in soffitta. Naturalmente si tratta di un manichino con tanto di parrucca e abito da Giudice. Buio. Torna la luce, tutti gli elementi scenici usati fino a questo momento sono ammucchiati con intenzionale disordine nel centro della pista: la cassa da morto, il bidone per l’immondizia, la lavagna nera, il tamburo, il complesso ripostigliolavastoviglie sul quale c’è il televisore, un grande frigorifero e una grande lavatrice sulla destra verso il proscenio, un lettino da campo. Il tutto dà un’idea di un fortino. Franca, la madre, 107 108 Arturo il figlio, arrivano strisciando da destra. Franca ha un tascapane e un ombrello. Arturo un fucile. (scavalca gli oggetti con circospezione. È vestito con tuta mimetica molto vistosa che lo fa assomigliare ad una salamandra ed è armato fino ai denti. Lo segue la madre, anch’essa in tenuta militare) Forza mamma che ci siamo. Salta dentro! FRANCA MAMMA È qui che dovresti fare la guardia? CLOWN ARTURO FIGLIO Sí, è qui. FRANCA MAMMA Ma che schifezza di postazione! (Controlla gli elettrodomestici) Centottanta litri! Solo quattordici litri di risciacquo e il televisore soli cinque canali... Ah no... mi spiace ma in un buco simile tu non ci dormi... (Va verso la cassa da morto che delimita il semicerchio della trincea e vi depone lo zaino e l’ombrello). CLOWN ARTURO FIGLIO Non ci dormo di sicuro, se devo fare la guardia! (Afferra il mitra). FRANCA MAMMA Niente affatto... (gli strappa l’arma di mano) la guardia la faccio io! Tu ti metti a letto! CLOWN ARTURO FIGLIO Ma mamma... FRANCA MAMMA Niente ma... Avanti, spogliati. (Il figlio si toglie la tuta e gliela consegna). Guarda, guarda come l’hai ridotta. C’era bisogno di strisciare per terra a quel modo? Già, tanto c’è la lavatrice della mamma che lava eh? (Infila la tuta nella lavatrice; si alza in piedi e guarda a destra con il binocolo). CLOWN ARTURO FIGLIO Ma mamma, siamo in guerra! FRANCA MAMMA E allora? Cosa vuol dire? Che in guerra si ha il diritto di diventare degli zozzoni? Ti sei lavato i denti? CLOWN ARTURO FIGLIO Sí mamma. FRANCA MAMMA Fai vedere. (Controlla col binocolo) Hai masticato il chewing-gum? CLOWN ARTURO FIGLIO Ma mamma... non mi piace! FRANCA MAMMA Avanti, masticalo dieci minuti che ti fa diventare intelligente! Poche storie e subito a letto. Un momento: hai letto la rivista con le donne nude? Vediamo, ieri eri arrivato a pagina 12, dove l’eroina dice: Amore, ti amo, prendimi tutta calda e palpitante fra le tue braccia e mordimi... Ecco qua... CLOWN ARTURO FIGLIO Mamma, il cappellano m ha detto... FRANCA MAMMA Il cappellano! Stai a sentire il cappellano tu... cosa vuoi diventare? Un anormale? Un complessato, asociale? Avanti, leggi con attenzione che domani ti interrogo. (Estrae alcune bottiglie di coca-cola dal tascapane e le va a infilare nel frigorifero). CLOWN ARTURO FIGLIO 108 109 CLOWN ARTURO FIGLIO Va bene mamma. FRANCA MAMMA Ma dico, vai a letto con le scarpe? CLOWN ARTURO FIGLIO Ma è per l’emergenza... nel nemico! FRANCA MAMMA Non ci pensare... caso arrivasse il per il nemico c’è qui la tua mamma! (Accende il televisore) Ora zitto, guarda la televisione e cerca di dormire. VALERIO SPEAKER (appare con la testa affacciata nel riquadro dello schermo)... Il nostro cuore è con voi. Non ti abbiamo lasciato solo, ragazzo, siamo sempre vicino a te! Appare un inserto pubblicitario. Stop! Anche al fronte preferite le bionde... le sigarette bionde... la birra bionda. Salve ragazzi, siamo sempre con voi e con le bionde! EZIO ALTRO SPEAKER Il figlio si addormenta. La madre spegne il televisore. Guarda come dorme. (Avvertendo un rumore) Chi va là? (Nella foga imbraccia l’ombrello. Si avvede del l’errore e lo scambia con il fucile) Chi va là? Sei il nemico? Ti ho visto, non fare il furbo. Rispondi! (Si ode uno sparo) ... Ma come... hanno i fucili anche loro? (Dà un’occhiata verso gli elettrodomestici) Disgraziato! M’ha bucato la lavatrice! CLOWN SECONDO, NEMICO (voce, da fuori scena) Venite fuori di lí... siete prigionieri. E mani in alto. FRANCA MAMMA (rivolta al nemico) Parla piano che c’è mio figlio che dorme. FRANCA MAMMA Un trapezista con casco e tuta d’argento passa sulle loro teste mentre si ode il rombo del motore di un aviogetto. CLOWN ARTURO FIGLIO mamma? (svegliandosi di soprassalto) Chi è, che c’è Niente. Dormi caro, dormi. (Urlando al di là del fortino) Attento: c’è un caccia; stai giú, vuoi farti accoppare? CLOWN ARTURO FIGLIO Ma mamma, cosa fai?... Ti metti a proteggere anche il nemico adesso? FRANCA MAMMA Cretino: se quello del nostro caccia lo vedeva buttava una bomba da duecento chilogrammi, che di piú piccole non ne hanno, lo sai, e, vicini come siamo, saltavamo per aria pure noi. FRANCA MAMMA 109 110 Hai ragione mamma! (Si alza dalla branda e si avvicina alla madre) Dov’è? Dov’è? Fammelo vedere. In quanti sono? FRANCA MAMMA È uno solo, giovane, magrolino, un nemichetto. Vai, torna a dormire. CLOWN ARTURO FIGLIO Non ho piú sonno. FRANCA MAMMA Ecco, non ha piú sonno! Tutta colpa di quello là! (Al nemico) Hai visto cos’hai combinato tu? Maleducato d’un ignorante! Con la mania che avete tutti d’andare in giro a quest’ora di notte a fare prigionieri e a svegliare la gente che dorme. CLOWN ARTURO FIGLIO Stai giú mamma che ritorna il nostro caccia! CLOWN ARTURO FIGLIO Il trapezista con tuta e casco d’argento riattraversa il cielo della scena preceduto da un gran rombo. FRANCA MAMMA Stai giú anche tu... che fai? CLOWN ARTURO FIGLIO Cerco di ammazzare il nemichetto! (Spara) L’ho preso. L’ho preso, mamma... È il mio primo nemico. FRANCA MAMMA Oh caro! Sono cosí contenta! Emozionata, ho voglia di ridere e piangere. Se lo sapesse la zia Anna. Bisogna subito che le faccia un telegramma. (Va al frigorifero). CLOWN ARTURO FIGLIO Cos’è? FRANCA MAMMA Una sorpresina... (Toglie dal frigorifero una torta con candeline) Tanti auguri... cento di questi nemici... Soffia! Si ode uno sparo: la torta vola in frantumi. CLOWN ARTURO FIGLIO Un altro nemico! FRANCA MAMMA (guarda fuori scena col binocolo) No... è ancora quello di prima... l’avevi mancato. Ecco perché i nostri conti non tornano mai, ammazziamo, ammazziamo e quelli si moltiplicano. CLOWN ARTURO FIGLIO (si dispera) Sono proprio un disgraziato... un buono a nulla, un fallito... FRANCA MAMMA Su caro, non prendertela, non piangere. È che sono piccoli, è cosí difficile prenderli ’sti morti di fame. Lo fanno apposta a saltare i pasti per non diventare grandi. Non è leale. Adesso c’è qui la tua mamma che te lo ammazza lei il nemico. Stai a vedere come si fa... l’ho visto fare da Gary Cooper nel Sergente York. (Imbraccia l’ombrello a mo’ di fucile). CLOWN ARTURO FIGLIO Ma mamma... è l’ombrello! FRANCA MAMMA Stai zitto, cretino! Loro non lo sanno. (Inumidisce la punta dell’ombrello col pollice, prende la mira) Glu, glu, glu 110 111 (imita il verso del tacchino. Spara. Si ode un grido fuori scena). L’ho beccato proprio qui (indica la fronte). In fronte, oh caro, dirò che sei stato tu, cosí prenderai la medaglia. CLOWN ARTURO FIGLIO Brava mamma, l’hai proprio centrato! Attenta mamma che ritorna il nostro caccia! Riappare il clown in argento che passa velocissimo sul trapezio. (affacciandosi nel televisore) Forza ragazzi che siamo sempre con voi. VALERIO SPEAKER Grande esplosione; la luce sale come in un gran bagliore, sia la madre che il figlio sono presi da una terribile scarica. La madre crolla fra gli elettrodomestici, il figlio salta letteralmente in aria, quindi ricade eseguendo un mezzo salto mortale. TESCHIO (si affaccia nello schermo del televisore) Il nostro cuore è con voi. Non vi abbiamo lasciati soli, ragazzi! Siamo sempre vicini a voi. Buio. Al ritorno della luce l’orchestra riprende il tema della «partenza delle madri alla guerra». CLOWNS (in coro) Basta! Basta con i bombardamenti! Vanno incontro al clown presidente travestito da donna. RAGAZZA IN TUTU Date l’ordine di smetterla, signora. Noi vogliamo la pace. CLOWNS (in coro) Basta con i bombardamenti. CLOWN VALERIO PRESIDENTE Basta... sta a me decidere e voglio dirvi una cosa: voi cominciate a rompermi le scatole. A partire da adesso non si bombarda piú. CLOWNS (in coro) Ooooh. CLOWN VALERIO PRESIDENTE Eccetto una piccola zona, larga trecento chilometri a nord della frontiera. CLOWNS (in coro) Come è buona, signora! CLOWN DARIO È troppo buona. CLOWNS (in coro) Non invierete piú armi? Piú soldati? CLOWN VALERIO PRESIDENTE Solo un piccolo contingente di tredicimila uomini. CLOWN DARIO Tredicimila? Perché il 13 porta fortuna. CLOWNS (in coro) È troppo buona. 111 112 Poi quando i nostri amici protetti saranno autosufficienti, e riusciranno ad ammazzare, senza il nostro aiuto, noi ce ne torneremo a casa! Ma da questo momento sta a loro dimostrare la loro buona volontà. Noi andremo a Parigi o a Ginevra. CLOWNS (in coro) Sí, sí, a Parigi o a Ginevra. CLOWN VALERIO PRESIDENTE Ma sta a loro a questi rossi stendere la mano e fare il primo passo. CLOWN VALERIO PRESIDENTE Entra Alberto vietnamita calzando un lungo paio di scarpe. CLOWN ALBERTO VIETNAMITA Io ne faccio anche tre di passi. CLOWN DARIO Eh no, non vale! CLOWN ALBERTO VIETNAMITA Ma cosa fate? No! No! Romano e Secondo gli inchiodano rapidamente le scarpe al suolo. Muoviti!... Avvicinati. Io sono qui che aspetto. Vedete, a parole dicono di essere disposti a venirci incontro, ma quando si arriva ai fatti restano bloccati sulle loro posizioni... (Il clown Alberto vietnamita si protende in avanti inclinandosi a trenta gradi). CLOWN DARIO Diciamo pure... inchiodati! CLOWN VALERIO PRESIDENTE Ecco, inchiodati... e non tendono neanche la mano. CLOWN DARIO Come la tendono poco, che schifo. CLOWN ALBERTO VIETNAMITA È uno scandalo! Un sopruso. Voi siete un ipocrita, signora. (Tende la mano inclinandosi al massimo). CLOWN VALERIO PRESIDENTE Valerio indietreggia. CLOWN DARIO Un ipocrita? Esagerato! Il braccio di Alberto si allunga a dismisura, due clowns glielo segano all’istante. CLOWNS (in coro) È vero, ha ragione, è un ipocrita. CLOWN VALERIO PRESIDENTE Io? Ipocrita? Se è cosí, io ritiro la mia candidatura alle prossime elezioni. Cosí imparerete. CLOWNS (in coro) Nooo?!?!?!? CLOWN VALERIO PRESIDENTE Ah! Ah! Adesso dite no. Adesso, non volete piú che me ne vada. Volete che io rimanga. 112 113 (urlando in coro) No! Vai, vai... (Iniziano a sollevare a ritmo le gambe tese. Il clown presidente indietreggia sgomento). Non ritornare, vai! Vattene via, vai! Non ti girare, vai! (Saltano sempre piú’ minacciosi) Vai, vai... Non ritornare piú, vai... ! Non ritornare piú, vai! CLOWNS Valerio viene cacciato fuori a calci da tutta la troupe, che esegue una danza grottesca. Tutti i clowns escono, Dario in testa suona il trombone. Si ferma al limite del proscenio. Torna sui suoi passi. Con l’aiuto dei suoni e con qualche gesto, racconta una storia: «Alcuni aerei in cielo, un piccolo uomo passeggia tranquillo. Gli aerei lanciano bombe. L’omino viene ucciso. Ripete il gioco una seconda volta. La terza volta, un terzo omino passeggia. Arrivano gli aerei. Nel momento che stanno per lanciare le bombe, l’omino risponde sparando con una mitragliatrice. Un aereo viene colpito, vira, scende a spirale disegnando cerchi sempre piú stretti, si avvicina al suolo dove si schianta». Dario lo schiaccia con il tallone, come si fa con un insetto schifoso. Poi con un calcio spedisce i resti in quinta. Omini velocissimi escono da ogni dove ed invadono il palcoscenico. Altri aerei cadono, cadono anche addosso a Dario, cadono dentro al trombone, come insetti fulminati. Uno di questi insetti attraverso al trombone finisce in gola a Dario, che tossisce sempre suonando una marcia funebre. Quindi soddisfatto si rivolge al pubblico con un sorriso e un sospiro. Come è difficile farsi capire. (Un tempo, e poi come un imbonitore) Lo spettacolo è finito... È una storia pazza, ma attenti che può succedere! CLOWN DARIO Danza finale. Con grandi piroette, capriole e salti mortali, Dario dà inizio al corteo accompagnato dall’orchestra. KE C è TRA UN BRANO E LALTRO? Mancano i video! FUGA DA CASA FRANCACCIA (seduta sui gradini sta piangendo disperata: morde un fazzoletto, lo strappa) Maledetta vita grama e scalognata!Ah, ah! VOCE Che c’è Francaccia, che ti prende? 113 114 FRANCACCIA Eh, che mi prende…sono disperata, no? Non si vede? Gramanaccia amabulé spampabulé! Bo-bo! VOCE Che hai detto? Spantagabule po-po? FRANCACCIA Macché po-po. Ho detto “gramanaccia amabulé spampabulé bo-bo”, che è un’espressione come angosciata del gruppo, ghenga… VOCE Che ghenga? Cos’è sta ghenga? FRANCACCIA Uffa! Ma dove vivi? Non sai proprio niente! Ghenga: gruppo come dire ganga, banda giovanile, gruppi di balordi…senza casa, patria, senza legge ribelle: pantamabila tera belarina taratà. VOCE Cos’è? Pantamabila… FRANCACCIA Tera balerina taratà: grido di libertà! VOCE E va bene la libertà. Ma perché piangi allora? FRANCACCIA E chi piange. E’ il lamento tragico del vuoto esistenziale, del come dire “ma che vita è questa?” pantamabile tera balerina taratatà!? VOCE Eh dai co ‘sto taratatà! Insomma cosa ti è successo? FRANCACCIA Tutto mi è successo! Oppure niente, che fa lo stesso. Ho rotto, capisci…ho rotto con tutto e tutti. Con la vita, con mio padre, mia madre, i miei fratelli e sorelle. VOCE Sei venuta via di casa? FRANCACCIA Sì, per semrpe. Santacarampa pistillo povero voltetindré! Ah, ah! Ho ovtato pagina, ho girato le spalle al mondo. Basta con al famiglia. Non ho più né padre né madre né nonno. Una sbandata sono! VOCE Ho capito è la solita storia. Non andavi più d’accordo, i tuoi erano repressivi, conservatori, moralisti e allora… FRANCACCIA Ma cosa dici? Cosa cianci a fare? Starapù blarapà cantabulè. Cos avai a tirare fuori le solite bambanate stereotipe. I miei sono stati sempre i genitori più permissivi, accondiscendenti, comprensivi da far schifo. VOCE E allora? Non capisco: perché te ne sei andato? FRANCACCIA Ma proprio per questo. Perché un genitore deve fare il genitore, ci ha un ruolo barantù cantabulè, e deve rispettarlo. Non che si mette a invadere il tuo campo del rompigabole. Ci vuole ordine nel disordine, bantù, se non è il bordellone, è il rapampampazzo! Uno non capisce più dove stare, che va a finire che si spara tutto un tubo di dentifricio nell’orecchio, per la sfaragiata pazza del cervello che va in carambola! Capisci? VOCE No, non molto, a parte il tubo di dentifricio spremuto nell’orecchio, insomma, vuoi raccontarmi chiaro cosa è successo? 114 115 FRANCACCIA Eh, va beh, ti racconto chiaro: dunque, io arrivo a casa, sono stata fuori tutto il giorno, con i miei amici della banda a farmi i fatti miei. Entro e la mamma è lì beata che si ascolta un nastro dei Moow Rocher e balla. VOCE I Moow Rocher e balla? Tua madre? FRANCACCIA Ma sì, balla tutta scalmanata eccitata badibadibù-tra-tra. Ma dico, si può? Una donna di cinquant’anni passati che sculotta, strapellata pazza! E poi fa “oh, ciao carina, scusa non t’aspettavo neanche più baradibàtra-tra” Ad ogni modo la cena è già lì pronta sul tavolo, sarà tutto freddo ormai! Bradaparanza bestia! Sono diventata una belva: “Ah, siamo alle solite? Adesso so già che mi farai una scenata per via che sono stata fuori tutto il giorno e che la cena si è raffreddata. Sai cosa ti dico? Che io ne ho piene le carambole di questa schiavitù bestiale della famiglia: con questo vostro andazzo autoritario, imperialista piccolo borghese, taratatè, che mi mortifica, e mi atrofizza ogni creatività, mi strozza il personale-politico e la mia autonomia vitale! VOCE Beh, sei andata giù un po’ pesante…immagino l areazione di tua madre… FRANCACCIA Ma che reazione! Manco una piega ha fatto, sta materna atavica sbilenca ha continuato tranquilla a scarampare balleronzola taratatà e poi mi fa “E ci hai ragione, cara la mia Francaccia strampalazza mababulè, la famiglia va abolita, dissolta, spapanzata. Io sono sazia fin nei cavicoli della sopportanza. VOCE Ma come, parla anche lei come te? FRANCACCIA Certo, dal ’68, è da lei che ho imparato a parlare così, da sfaragiata, ma non interrompermi…Cosa stavo dicendo? Ah sì, mia madre continua a ballonzolare e mi fa: “Basta, non si può andare avanti così con ‘sta solfa, con ‘sto solito tran-tran pataplon-pampin. Io voglio la mia libertà! Basta con la schiavitù della madre materna, regina del focolare, imbesuita, che si sacrifica, gongolante per i figli e il amrito pantofolante e va a far la spesa, fa da mangiare e poi sta qui a far la comprensiva, la tenera sposa, che lecca le ferite dello stesso socio-economico. No! Basta! Io sono ancora giovane, mica decrepita. Io c’ho la gran voglia di vivere che mi si spande euforica dappertutto. Mica voglio star qui a intristire avvizzita come una vongola secca sul bagnasciuga”. Ma che fai mamma perché hai fatto su le valigie? Dove vai mamma? 115 116 “ Vado in Umbria, terra ridente, in una comunità di tutte donne madri, ad allevare conigli, a raccogliere fragole selvatiche, fare le marmellate, giocare a topafalsa, cantare tutto il giorno canzoni inventate, e a sbronzarmi di succo di bacche diuretiche! Addio, Francaccia, sei libera!” E via che se ne va! VOCE Incredibile! Ma allora è lei, tua madre che se ne è andata di casa? FRANCACCIA Sì, ma aspetta che non è finita. Arriva mio padre e come è in casa, sbotta a smoccolare tutto cianciante: “Ma cos’è ‘sta storia bufala che io, in quanto maschio paterno devo preoccuparmi della vostra educazione, allevare voi figli e figlie del primo letto nella giusta morale, e che deve darvi il buon esempio e i sani principi? Ma chi me lo fa fare? Ma che legge è…strambola e spanazzuta che in quanto capofamiglia dovrei sacrificare l’impeto godereccio e farfuglione che ci ho dentro, che mi sbotta festante per dedicarmi all’allevamento consapevole di voi figlianza genitura, sangue del mio sangue?! Eh no, eh no, ce ne ho stracolmi gli scarabezzoli! Non ce la faccio più. Io voglio vivere! Sono giovane, se pur anziano! Mi sento giovanile e vitale, voglio tornare ragazo: irrazionale, ribelle, sfaraggiato, irriverente, irragionevole, insofferente, esuberante, rompiscatole e frustrato! Rivoglio le mie belle crisi, l’angoscia, rivoglio elmie insicurezze, le mie crisi d’identità! Abbasso, abbasso la saggezza, la sicurezza, al vecchiezza. Evviva la giovinezza, la sfaraggianza e il carampazzo pazzo olè!” Ma dove vai papà, parti anche tu? “Sì, parto. Vado in India, mi vestirò di arancione, mi faccio le treccine, gli anelli e gli orecchini, imparo lo yoga, e a suonare il sciamulè, mi lavo nel fiume Gange. Mi faccio i gargarismi con latte delle vacche sacre. Poi vado nel Tibet, mi cambio nome. Asciù-talè mi faccio chiamare, che vuol dire papavero spampinato. Mi faccio incidere la fronte così mi psunta il terzo occhio. Faccio la meditazione jacatoca, imparo la levitazione e poi volo, volo come una irone felice e incosciente! Sazio di niente”. Ma papà sei ammattito pure! Mi sbaracchi qui da sola? “No, non da sola, ti lascio tutto: la casa è tua, è tua la macchina, il box-garage, l’ascensore. Pensaci tu, il terrazzino coi gerani e le peonie, ricordati d’innaffiarle tutte le sere. Ci hai il gas da pagare, la luce, l’affitto, le rate dell’enciclopedia, il canone della televisione. I soldi sono nel cassetto. C’è anche un libretto al portatore. Ricordati di rinnovare l’assicurazione antifurto e quella per gli incendi. Di far passeggiare il cane, vai a pagare il 116 117 telefono, vai a trovare la nonna e scrivi gli auguri a tutti i parenti. Addio, addio! Sii felice figlia mia! Io ti saluto. Libertà, libertà! Collane di fiori fra i capelli inanellati, incenso e profumo di sandalo, acque limpide, senza problemi”. E via che se ne va! VOCE Ma di che ti lamenti? Finalmente ti sei liberata anche tu, indipendente… FRANCACCIA Ma che liberata, che indipendente! Io voglio una famiglia, capisci? Una famiglia vera: un padre severo che mi fa le scenate, che mi reprime che alla sera non mi lascia uscire da sola! Che mi lesina i soldi, che non capisce i miei problemi. Voglio una madre bieca, tutta casa e fornelli, che mi fa la morale. Voglio una madre e un padre da contestare, una famiglia con cui berciare, litigare, fare sbarapozzo trombilero tratapà! Voglio potermi ribellare. Voglio una famiglia, una famiglia normale! (Scoppia a piangere) Mamma, papà, tornate al casolare! ELOGIO DEGLI APERITIVI E DELLE BEVANDE IN GENERE Un giorno di quest’ultima estate stavo al bar, fuori faceva un gran caldo…sono entrati dei ragazzi e delle ragazze…camminavano e si muovevano pigramente…piuttosto abbacchiati fra il sonnolente e l’affaticato…qualcuno s’è seduto stracco, qualcun altro, specie le ragazze, si era appoggiato alla parete che pareva si stesse per addormentare. In quel mentre è sopraggiunto un ragazzo con la faccia tutta un efelide e ha urlato festante: “Ehi, ma siamo impazziti? Ma che è sto mortorio! Via scattare…facciamoci una bella aranciata!... Sì, sì; allegriamoci! Hanno risposto entusiasti tutti gli altri…una ragazzina aveva gli occhi che le brillavano dalla gioia…Il barista sorridente e complice ha versato le aranciate frizzanti in lunghi bicchieri…due o tre di quei giovani si sono impossessati con avidità delle bottigliette e andavano bevendo a canna con gran voluttà…All’istante nel bar è scoppiata una grande allegria: …ragazzi che saltavano zompando frenetici qua e là prendendo in braccio le ragazze…grida, risate…il juke box s’è messo a suonare all’impazzata…ballavano tutti anche il barista che stappava aranciate come un ossesso…io mi sono sentita come esclusa da tanta festa…ho afferato a mia volta una bottiglietta di aranciata rimasta sul bancone…l’ho trangugiata…e non so cos’è…sarà stata la suggestione…mi sono sentita travolta dall’euforia generale…e dimenticandomi tutt’a un tratto d’essere una mamma mi sono scatenata a mia 117 118 volta…ho cominciato a ballare…poi ho seguito i ragazzi che uscivano sulla strada montavano su motorini e biciclette e via per boschi, in riva al mare…a pedalare…spernacchiare volteggiando, cantando…fin dentro le onde… Ma cos’era successo?Che cosa c’era in quell’aranciata? Forse una droga? Ebbene…preoccupata ho fatto un’indagine. Ho un amico chimico gli ho portato ad analizzare il contenuto di quelle bottigliette…risultato delle analisi: una parte di succo di arancio, zucchero, colorante, anidride carbonica e basta così! Ma allora? Quell’esplosione festosa dei ragazzi appena ingoiata quella bevanda è solo suggestione…sono stati allocchiti condizionati dalla pubblicità televisiva. Sono plagiati drogati dai così detti mass media. Ma nient’affatto…i ragazzi sanno tutto…non hanno mai creduto per un solo istante all’imbecillità di aperitivi digestivi e dissetanti che danno allegria e ed euforia festosa…e allora perché si eccitano tanto…perché ripetono quasi a scimmiottare l’impazzata delle pubblicità televisive e radiofoniche? Ebbene, lo fanno per noi…noi della generazione adulta…per non amareggiarci…Siamo noi: madri, padri; maestri, professori, dirigenti…che li colpevolizziamo in continuità…:questi ragazzi non hanno fiducia nell’avvenire, non hanno spinte, ideali, non credono più nella politica, nei partiti, nelle istituzioni…nelle promesse dei governi, nei loro programmi, nelle riforme promesse insomma…noi li accusiamo i giovani non credono più a nulla…non hanno fede…così loro vogliono dimostrarci che al contrario credono ancora in qualche cosa…credono nell’aranciata…nel rabarbaro…nell’aperitivo tonico, giovane, svelto amaro in un modo pazzesco…fantastico, energetico, corroborante…che è vita! Non credono nel futuro…ma nel digestivo del futuribile oh, sì…ci credono…del resto perché non crederci…gliel’abbiamo detto noi:. noi che siamo saggi, che abbiamo esperienza, che alla loro età…Che abbiamo fatto l’Italia il Belice e il Vaiont…le petroliere il mare inquinato…l’economia sommersa e il lavoro nero…le bancarotte…e le fughe di capitale…la crisi…E allora…Aranciata! Che ti da la carica…acqua minerale…che ti fa giovane…sei senza casa, senza lavoro…un digestivo…e via coll’allegria…Emigrante…non t’accasciare…fatti un bagno di schiuma…ti sentirai diverso…Anche Sindona, Freda, Ventura…barone..Crociani…hanno dovuto emigrare…ma loro ogni mattina si fanno uno Sciampo con il Caobab delle antille…e fanno faville…Pensionato lavati col detersivo che fa 118 119 le bolle…che importa se non hai casa…fregatene dello sblocco dei fitti…ci hai il risciaquo a sessanta gradi…(buttati! Buttati nella lavatrice a dodici cicli…Gira gira…rigenerati…incentivati, oh, che splendidezza…Candeggiati! LA CONDIZIONE DELLA DONNA O LA COSTOLA. FRANCA: Carini! Fuori, fuori… Cos’andate a raccontare voi? “Nate da una costola”, “infide fin da vergini”… Ma sentili, quelli! D’altro canto, poveracci, è una vita che si sentono ripetere le medesime cose. Pensate che fino a un certo tempo era persino dubbio che la donna avesse un’anima. Senza anima, povere donne! In un famoso concilio dei teologi si sono presi addirittura a bastonate sulla testa, un male si sono fatti!, su questo argomento, su questo problema. “La donna ha l’anima?” “No, la donna non ha l’anima” e poi sono arrivati a un compromesso: “E va bene, anche la donna ha l’anima, anche la femmina, seppur profana, ha la sua anima. Però, a differenza del maschio, nel maschio entra subito, appena è formato, nel grembo materno diciamo al quarto mese, nella femmina entra molto ma molto più tardi, poco prima del parto”. E anche lì sono rogne, perché non ne vuol sapere ‘sta anima, macché! “Io devo entrare in quella lì, in una donna?” “Ma dai anima, va’ dentro, su, è pur anche lei una creatura del creato, va’ dentro, anima benedetta, su su su!”. Certo che come creatura secondaria sono veramente fortunata a essere nata in questa epoca, in questo periodo. Posso parlare! Pubblicamente! Non dico qui in televisione, che si sa, è da poco che c’è la riforma, ma su di un palcoscenico: parlare! nel periodo di Shakespeare, per esempio, le donne mica potevano salire su un palcoscenico, era proibito. Tutti i ruoli femminili venivano recitati da ragazzi e da uomini. La Giulietta, per esempio, la famosa... quella del Romeo, la faceva un ragazzo... (Entra in scena un attore travestito da Giulietta, che camminando inciampa nel lungo abito rischiando di cadere e perde la parrucca) eccolo qua travestito da donna ma è un ragazzo, senza i baffi che ha il mio amico Flavio. E anche l’Ofelia, matta com’era, anche lei (Entra in scena un attore travestito da Ofelia, che camminando inciampa pure lui, nel lungo abito rischiando di cadere a sua volta)… inciampa, anche lei era un ragazzo... che non perdeva la parrucca. 119 120 E la Desdemona, detta anche “la disordinata”... (Entra in scena un attore travestito da Desdemona, che lancia fazzoletti qua e là). A quel tempo si diceva: “Proibito alle donne parlare su un palcoscenico, proibito alle donne cantare.” Potevano cantare al fosso, potevano cantare in casa mentre… Entra in scena Dario FRANCA: Cosa c’è Dario? DARIO: Volevo dirti una cosa, scusami se ti interrompo e grazie di avermi permesso di stare sul palcoscenico con te in questo momento. Lo spettacolo è femminile ed è giusto che parlino le donne. Io volevo soltanto, a questo punto… FRANCA: (gelida) Eh, ma cosa vuoi caro? DARIO: Darti un consiglio: cioè cercare… FRANCA: Ah, mi pareva… dimmi, dimmi... DARIO: È un consiglio da uomo, d’accordo, scusa, non ne posso fare a meno. Voglio dire che… FRANCA: (interrompendolo) Parla... pure, parla Dario! DARIO: A questo punto sarebbe importante… FRANCA: (interrompendolo) Parla, parla, parla pure, parla Dario! DARIO: Se mi lasci parlare… FRANCA: Parla Dario, parla pure... dicevi: il consiglio… DARIO: (Al pubblico accattivante) È il tormentone che normalmente uso faccio io con lei... FRANCA: Parla, ti ascoltiamo tutti, parla Dario! DARIO: Almeno oggi che è il mio compleanno, sii gentile, lasciami parlare. FRANCA: Vabbè, parla, Dario, coraggio! DARIO: Dicevo che sarebbe importante e opportuno in questo momento cominciare con una canzone, cioè dovresti… FRANCA: Scritta da te? DARIO: No, non da un uomo… da una donna! Una donna ha scritto una canzone stupenda sul corpo, sull’appropriazione che l’uomo fa del corpo femminile e sulla liberazione da questa egemonia… FRANCA: Sì, giusto... è un problema molto serio. DARIO: Questa canzone è molto importante soprattutto perché arriva veramente… FRANCA: Sì però Dario sii cortese, fammi finire, stavo parlando con loro (indica il pubblico)... DARIO: Però la canzone te la consiglio! 120 121 FRANCA: Sì, sì, poi la cantiamo! (lo spinge fuori scena). DARIO: Non buttarmi così! FRANCA: Ma se non ti ho... (ride) Non ti ho… DARIO: Mi butti in basso! (esce) FRANCA: (riprende il discorso con il pubblico) Come stavo dicendo… Ancora nel Settecento i ruoli femminili delle voci da soprano chi le faceva? Gli uomini! Magari castrati, ma maschi, devo dire sempre i maschi... Rientra Dario con un vaso dal quale spunta un gran mazzo di fiori. Ancora Dario?! (ride)…Con i fiori? DARIO: Questo per evitare tutto quello che la polemica normale della lite finta eccetera eccetera, non solo, ma oltre... (Franca rischia di far cadere i fiori) ... Aattenzione, non farlo cadere! (Franca riprende il vaso) Ecco, grazie. C’è questa canzone che è stupenda, (Indicando il vaso) mettilo giù, mettilo giù, invece di tenerlo, altrimenti cade, c’è anche l’acqua… FRANCA Sì, giusto… (Prende il vaso con i fiori e lo appoggia a terra). DARIO Stai attenta, è delicatissimo quel vaso…Dunque, dicevo, questa canzone è una, come si dice? VOCE FUORI CAMPO Fast Blues! farti capire che maschi e femmine non devono essere nemici… voglio che tu capisca che ti rispetto e ti voglio bene… FRANCA: Oh grazie! (prende il vaso con i fiori e lo posa a terra) Ma ora vorrei… DARIO: Scusa cara se ti interrompo, ma io insisto che tu canti questa canzone… è un fast blues, cioè “rapido blues”… FRANCA: Rapido blues... DARIO: È una canzone scritta e cantata per la prima volta da una donna di colore, Glyden Styden… è un nome da uomo ma si sono sbagliati. Leggi, guarda…Leggila, sono parole bellissime… (Le passa un foglio). FRANCA: Vediamo un po’ cosa dice (Legge): “No amore, non sono tua”… Bene! L’inizio è buono. Mi pare importante, TUA! “Non è tua l’anima mia, non sono tua anima e corpo. No no no no io io sono mia, io sono tutta mia, io sono tutta mia, sono mia, anima e corpo sono mia, mia, miaaaa!”. Perfetta, corretta… politicamente corretta. DARIO: Bella canzone… davvero rivoluzionaria. Ecco… adesso devi cantarla. 121 122 FRANCA: Adesso? Ma stavo… DARIO: (l’interrompe deciso) Sì, adesso! E’ un giro di blues è semplicissimo, (Le passa il microfono mentre entra in scena il chitarrista eseguendo qualche accordo). Ti faccio sentire soltanto il giro armonico… il resto lo improvvisi… più o meno fa così: [canta]. Forza, inizia… canta! FRANCA: Sei sicuro che questa sia la mia tonalità? DARIO: Sì, prova. (Franca accenna il canto). DARIO: Ti dispiace se è un uomo che ti accompagna? FRANCA: Non dire sciocchezze! Ma figurati! Vai, vai…suona! DARIO: Scusa se t’interrompo ancora… ma vorrei aiutarti in un particolare: siccome qui ci sono degli appoggi musicali, cioè degli interventi soltanto di appoggio, ma manca il sassofono, manca il contrabbasso, soprattutto manca la tromba… FRANCA: Ma non fa niente, si improvvisa, no? DARIO: Se mi permetti soltanto un’indicazione, la faccio da dietro, alle tue spalle… accenno io l’appoggio di contrappunto… restando alle tue spalle. FRANCA: Non disturbarmi, Dario eh! DARIO: Non preoccuparti, è solo un apporto di collaborazione… mi ringrazierai… ricordatelo eh! FRANCA: Parto Allora, blues… (Canta) “No amore…” DARIO: Aspetta, comincio io. (Esegue un vero e proprio movimento di blues, all’inizio quasi sottotono, ma quando Franca cerca di inserirsi, esegue un’altra variante, ogni volta in modo sempre più esteso e prepotente. Alla fine si impossessa del microfono impedendole qualsiasi inserto canoro. A questo punto Franca raccoglie il vaso di fiori da terra e lo scaraventa con forza sulla testa di Dario, che barcolla e finalmente smette di cantare). DARIO: Voi donne non avete ancora capito la musica. (Esce). FRANCA: Vi abbiamo presentato l’Uomo! Eccolo qua, che arriva, parla, interrompe, disturba… E noi zitte? Nossignore! Parlare, donne! Non facciamoci interrompere con qualsiasi mezzo: parlare! Siamo rimaste zitte per tanto di quel tempo… Che poi non è neanche vero, abbiamo sempre parlato, anche nei momenti più duri: quando ci mettevano le museruole, i cinti, quando addirittura ci mettevano al rogo. E non abbiamo neanche mai creduto alla storia della costola. No, la costola! Ci raccontano gli uomini che il Padreterno per creare la donna avrebbe preso un pezzo qualsiasi, un osso di scarto, una costola appunto: “fluttuante”… come a dire che se c’è o non c’è è la stessa cosa, non è importante: non un bel pezzo di cervello, macché: l’ossicino, buttato lì. 122 123 Non ha perso neanche tempo a sagomare il pupazzo, come per l’Adamo. Aveva altro da fare, il Padreterno: doveva ancora costruire il cavallo, che il primo gli era riuscito così male, con quella gobba lì di dietro, l’ha nascosto subito nel deserto, che poi l’han chiamato cammello. Questa storia della prima donna, Eva, che nasce dalla costola ve la facciamo ascoltare cantata in antico veneto. Godetevela! Entrano quattro donne e cantano accompagnate dal chitarrista. La creazione della donna Si sa che in de la dona è nato il gran pecàto lo dise i santi padri gh’è scrìto nei sacri testi. I raconta che l’Eva la dona de l’Adamo col diavolo serpente faséa combùta, lu g’ha dà la mela rossa e le, ’sta dòna stròlega dentro la poma la g’ha sgagnà. La g’ha magnà la poma così l’ha fa pecà. E po ’sta dòna stròlega a l’Adamo ghe l’ha dì: «Magna anca ti la poma, un ànzelo ti diventerà». Lu sto cojon d’Adamo come un merlo ghe g’ha cascà. Dio padre ghe s’è inrabì, così sempre danàti i òmeni i se resta. Danà colpa de le dòne, le dòne che i ha fa pecà. ’Sta storia manco a dirlo I so i omeni che l’ha inventà, i òmeni raconta ’e favole e le dòne ’e favole e le dòne ’e sta ascoltà! TRADUZIONE Si sa che nella donna È nato il gran peccato 123 124 Lo dicono i santi padri È scritto nei sacri testi. Raccontano che l’Eva La donna dell’Adamo col diavolo serpente combutta faceva, lui le ha dato la mela rossa e lei, ’sta donna strega la mela ha morsicato. Ha mangiato la mela così ha fatto peccato e poi ’sta donna strega all’Adamo ha detto: «Mangia anche tu la mela, un angelo diventerai». Lui ’sto coglione d’Adamo Come un merlo c’è cascato. Dio padre si è arrabbiato Così sempre dannati Gli uomini sono restati. Dannati per colpa delle donne, le donne che li fanno peccare: Questa storia, manco a dirlo, sono gli uomini che l’hanno inventata, gli uomini raccontano le favole e le donne le stanno ad ascoltare. IL RISVEGLIO Nello spazio scenico, un monolocale, sono posti un letto matrimoniale, un comodino con sveglia e abat-jour, un attaccapanni, un armadio, una credenza sulla quale sono posati vari barattoli, un tavolo, una cucina a gas, un frigorifero, una lavatrice, un lavello. Appeso bene in evidenza un calendario. C’è anche un lettino con dentro un bambino (bambolotto), ecc. Sul letto dormono un uomo e una donna. L’uomo, dal momento che non ha battute, può essere sostituito con un pupazzo. Nella luce bassa la donna sogna come in un incubo. Questo brano viene attualmente recitato da Franca Rame con un unico elemento di scena, una sedia o una panca, a indicare il letto. 124 125 L’arredamento scenico è stato soppresso, per motivi pratici, lungo il corso delle recite tenute durante gli scioperi e le occupazioni delle fabbriche. Ne è nata una versione, quella attuale, completamente mimata, in cui gli oggetti sono sostituiti dai gesti che li indicano Il risveglio Nello spazio scenico, un monolocale, sono posti un letto matrimoniale, un comodino con sveglia e abat-jour, un attaccapanni, un armadio, una credenza sulla quale sono posati vari barattoli, un tavolo, una cucina a gas, un frigorifero, una lavatrice, un lavello. Appeso bene in evidenza un calendario. C’è anche un lettino con dentro un bambino (bambolotto), ecc. Sul letto dormono un uomo e una donna. L’uomo, dal momento che non ha battute, può essere sostituito con un pupazzo. Nella luce bassa la donna sogna come in un incubo. Questo brano viene attualmente recitato da Franca Rame con un unico elemento di scena, una sedia o una panca, a indicare il letto. L’arredamento scenico è stato soppresso, per motivi pratici, lungo il corso delle recite tenute durante gli scioperi e le occupazioni delle fabbriche. Ne è nata una versione, quella attuale, completamente mimata, in cui gli oggetti sono sostituiti dai gesti che li indicano. :Tre pezzi, una saldatura, un colpo di trapano... due bulloni, una saldatura, un colpo di trancia... (Urlo). Oddio! Mi sono tranciata le dita! Le mie dita... fammele tirare su... il padrone non vuole... fanno disordine! (Si sveglia di soprassalto: è ancora sotto l’incubo del sogno) Le mie dita... non potrò più metterle nel naso... (Si guarda la mano) Ce le ho!!... Ho sognato!... Porca miseria, adesso mi sogno di lavorare anche quando dormo, non basta in fabbrica? Che ore sono? (Guarda la sveglia) Le sei e mezza?! (Si alza dal letto infilandosi velocemente pantofole e vestaglia) Non ha suonato ’sta bastarda! Oh mamma, come è tardi! (Corre al lettino e prende tra le braccia il bambino) Forza bambino, forza! Che comincia la nostra giornata. (Si dirige verso il tavolo che sta vicino al lavello) Sveglia! Sveglia, bel topolino della tua mamma, andiamo! La pipì, ti sei fatto la pipì addosso... saranno tre ore che ti ho cambiato! Pisone di un pisone... con la premura che ho! Dobbiamo correre all’asilo-nido, che se arriviamo dopo le sette la suorina ci rimanda a casina! (Spoglia il bambolotto) Adesso la tua mamma ti lava il culascino... (Apre il rubinetto dell’acqua) L’acqua calda... macché, non c’è acqua calda... Vuoi vedere che quel rintronato del Luigi ieri sera ha spento il boiler? No, non è rintronato, ecco l’acqua calda... (Prende il bimbo in braccio e va al lavello) Laviamoci il faccettino, zitto, non piangere che se no svegli il papà... DONNA 125 126 lasciamolo dormire per una mezz’oretta ancora, beato lui! Che poi deve scattare alla Sandokan: aaaaaaaaahhaahh! (Si rende conto di aver urlato, ripete l’urlo sottovoce) Aaahhh... correre a prendere il tram, il treno, e poi in fabbrica, (Depone il bimbo sul tavolo e con un asciugamano lo asciuga) e via a far ginnastica come una scimmia ammaestrata, alla catena di montaggio (Esegue i movimenti della catena di montaggio): un due tre... (Ride) Ah, ah come ride il mio bambino... ti piace la tua mamma che fa la scimmia ammaestrata. Ora ti asciugo bene... (Prende un barattolo di borotalco e ne versa abbondantemente sul culetto del bambino) Una bella spolveratina di... (Si blocca allibita) formaggio grattugiato!! Chi mi ha messo il formaggio grattugiato al posto del borotalco?! Mamma mia che disordine! Aspetta che lo tiro su... con quello che costa!! (Mima di raccogliere dal sedere del bambolotto il formaggio versato) Tanto il sedere del mio bambino è bello pulito! (Veste velocemente il bambino) Presto, presto, pisottone mio! Eccolo pronto! Che ore sono? Oddio com’è tardi! Stai tranquillo un attimo che anche la tua mamma si dà una lavatina. (Va al lavello e apre il rubinetto; mimando d’insaponarsi mani e viso, canta) Camaj, sapone delle stelle. Camaj, sapone... (S’interrompe) L’acqua, non c’è più acqua! Maledizione! Una famiglia come questa, che sta in una casa come questa, con trecento famiglie come questa... con tutti che hanno la mania di lavarsi alla stessa ora!! Con che cosa mi sciacquo adesso!? Accidentaccio... come brucia il Camaj, nell’occhio... questo la pubblicità non lo dice. (Afferra un asciugamano e si libera del sapone) Beh, mi laverò un’altra volta, tanto a me chi mi guarda... (Si dà una pettinata veloce) Non mi guardano ma mi annusano... Mi darò un po’ di spray... (Prende un barattolo di spray) Che bella invenzione lo spray! Mettiamoci un po’ di spray. (Esegue) Come brucia!! Che ho messo? (Legge sul barattolo) Vernice per termosifoni!! Ho l’ascella d’argento?! Come me la tolgo? Me la toglierò in fabbrica col solvente. (Indossa velocemente gli abiti. Raccoglie il figlio, lo avvolge in una coperta e si avvia alla porta) Presto, via in fretta, correre! Le sei e quaranta... ce l’abbiamo fatta. Prendiamo la borsetta della mamma... la giacchetta della mamma... (Si dirige verso la porta. Si blocca) La chiave? La chiave? Dove ho messo la chiave? Tutte le mattine il dramma della chiave! Devo passare il tempo a cercar la chiave... coi minuti contati che ho... (Rovista freneticamente nelle tasche, si guarda intorno) Calma, stiamo calme, cerchiamo di ricostruire tutto quello che ho fatto ieri sera. Dunque, sono arrivata a casa, il Luigi non c’era. Ho aperto io la porta. Il bambino era nel braccio destro della mamma, la borsetta e la chiave nella sinistra della mamma. La borsetta e la giacchetta le metto qui (Indica l’attaccapanni), il bambino lo metto nella culla. Torno fuori. Prendo le borse della spesa, la chiave sempre in mano... il pacchetto del latte sotto l’ascella... entro in casa... la borsa la metto qua... il latte lo metto nel frigorifero... Vuoi vedere che nel frigorifero ci ho messo pure 126 127 la chiave? (Va al frigorifero e lo apre) No, non c’è... neanche nel portauovo, nel portaburro... ma non c’è nemmeno il latte... in compenso ci ho messo il detersivo al limone per la lavastoviglie... È giusto: il limone si mette sempre nel frigorifero, altrimenti “va a male”! Sono pazza! Sono pazza!! Se ho messo il detersivo nel frigorifero, il latte l’avrò messo nella lavastoviglie... (Guarda nella lavastoviglie) Non c’è... meno male... Dove ho messo il latte? Sul gas... sì, per la pappa del bambino... tant’è vero che per avere libere le mani, per poter aprire il cartone, mi sono messa la chiave tra i denti e mai saprò perché ho messo la chiave tra i denti e non sul tavolo. Prendo il pentolino... verso il latte nel pentolino per la pappa del bambino... accendo il pentolino... accendo il bambino, voglio dire, accendo il latte... accendo il gas! Lascio il latte lì a bollire e, sempre con la chiave tra i denti, vado a sfasciare il bambino... nel senso che gli tolgo le fasce. (Va verso la culla, mima quanto dice) Prendo il bambino, lo metto sul tavolo... anzi no, col bambino in braccio vado all’armadio e prendo la vaschetta per fare il bagno, la chiave sempre tra i denti... metto la vaschetta qui, cerco il bambino... non c’è più il bambino! Ho perso il bambino! Dove ho messo il bambino? (Corre verso i vari mobili che nomina, apre e chiude velocemente gli sportelli) Nel frigorifero... nella lavastoviglie... nell’armadio! Avevo messo il bambino nell’armadio!! Per fortuna si è messo a piangere, altrimenti chissà quando l’avrei trovato! Povero il mio bambino! Ho preso uno spavento tale, che mi sono precipitata a bere un bicchier d’acqua... (Si blocca di colpo, deglutisce spaventata) Ho ingoiato la chiave! E già... se ce l’avevo tra i denti... No, non posso averla inghiottita... la mia chiave ha il buco, avrei fischiato tutta la notte e il Luigi chissà che scenata mi avrebbe fatto... Dove ho messo la chiave... Calma, stiamo calme. (C.s.) Prendo la bacinella, vado a riempirla d’acqua calda, prendo il bicarbonato (Prende un barattolo), che io ci metto sempre due cucchiai di bicarbonato per il bagno del mio bambino... Fosse caduta qua dentro? (Guarda il contenuto del barattolo con attenzione) Zucchero!! Chi ha messo lo zucchero nel barattolo del bicarbonato... (Controlla in un altro barattolo) e il bicarbonato in quello dello zucchero? Quanti giorni sono che faccio il bagno al bambino con lo zucchero? Ecco perché la suora all’asilo mi ha detto: “Devo tenere il suo bambino sempre chiuso, come lo metto all’aperto api, calabroni e mosche gli volano adosso...” Povero bambino... E il Luigi, la scenata che mi ha fatto per il caffè... ci aveva messo il bicarbonato! Certi rutti! E la chiave, dove ho messo la chiave? Ma che scema... no, sbagliato, tutto sbagliato. Non ho mai tirato la chiave fuori dalla toppa... eh sììì, perché quando stavo facendo il bagno al bambino ho sentito il Luigi ravanare nella serratura, perché io quando sono entrata avevo richiuso la porta, lasciando la chiave nella toppa... così lui non poteva aprire... ravanava ravanava e cominciava a tirare santi. 127 128 Ho tolto la chiave dalla porta... lui è entrato... gridava come un pazzo, io la chiave l’avevo in mano, sono sicura... gli sono andata sotto il naso e gliela ho messa tra gli occhi... che quasi volevo levargliene uno... e ho detto: “Ho dimenticato la chiave nella serratura... e allora? Uccidimi moglicida!!!” “Lasciami stare, – mi fa lui, – non è per la chiave che sono arrabbiato... è che ’sto maledetto treno dei pendolari m’ha fatto un ritardo di un’ora... un’ora e mezza per fare 20 chilometri! Tutto tempo che il padrone mica mi paga... né mi paga il viaggio d’andata, né quello di ritorno, né mi paga il tram. Tutti viaggi che io faccio per lui, mica per villeggiatura!” “E te la vieni a prendere con me? – gli faccio io, sempre con la chiave in mano. – A parte che il padrone non si chiama più “padrone”, si chiama “multinazionale!” Oggi il padrone ce l’hanno soltanto i cani! Noi siamo esseri liberi, oggi! Il padrone multinazionale ti frega le ore che viaggi e te la prendi... ma non te la prendi per le ore che frega a me... a me, che oltre a lavorare per otto ore come una bestia per lui, ti faccio anche la serva gratis! Per lui, per il multinazionale!” E intanto ho dato il latte al bambino. (Va alla culla) L’ho preso in braccio... (Prende il bambino in braccio e cerca nella culla) Mi fosse caduta qui... No, non c’è... (Nel riporre il bimbo nella culla gli tasta il sedere) Oh mamma, l’ha fatta! L’ha fatta, l’ha fatta un’altra volta! Cagone di un cagone... (Tenendo il bimbo tra le braccia va al tavolo vicino al lavello) Quante volte ti devo dire che tu la cacca devi farla all’asilo! Alle sette e due minuti devi farla, così ti cambia la suorina! (Così dicendo spoglia velocemente il bambino e lo lava) Che ore sono?... Oddio com’è tardi... non ce la faccio, non ce la faccio... perdo la giornata... Cagone di un cagone... io poi non capisco come si faccia con un sedere così piccolo a fare una cacca così grossa!! (Riprende, mentre lava il bambino, la sua tirata polemica col marito) “La famiglia, la sacra famiglia... l’hanno inventata apposta perché tutti quelli come te, sballati dalla nevrosi dei ritmi bestiali di lavoro, ritrovino in noi mogli tuttofare, il materasso su cui sfogarsi! (Ha finito di lavare il bambolotto, l’asciuga e lo riveste) Noi, vi rigeneriamo... per lui, gratis! Per essere pronti all’indomani a tornare belli e scaricati a produrre meglio per lui, il multinazionale! Lui è il padreterno! È lui che fa boom, poi fa il contro-boom! Poi la deflessione, poi l’inflazione, la crisi galoppante, la crisi strisciante... la caduta della lira, il dollaro, l’eurodollaro, il petrodollaro... poi spalanca le braccia e grida: “Che ci posso fare? È fatalità! È fatalità!”” Il Luigi si mette a ridere: “Ehi, ci ho una moglie femminista-estremista e non lo sapevo... Da quando è che vai a scuola dalle femministe?” “Senti deficiente, – gli faccio io, – mica ho bisogno di andare a scuola dalle femministe per capire che la vita che facciamo è una vita di merda! Lavoriamo come due cani e mai un attimo per scambiarci due parole, mai un attimo per noi. Mi chiedi mai: “Sei stanca? Vuoi una mano?” Chi fa il mangiare? Io. Chi lava i piatti? Io. Chi fa la 128 129 spesa? Io. Chi fa i salti mortali per arrivare a fine mese? Io, io, io! Eppure lavoro anch’io! Le calze che sporchi tu, chi le lava? Io! Quante volte hai lavato le mie calze? È questo qui il matrimonio? Io voglio poter parlare con te. Io voglio “VIVERE” con te... non ABITARE con te! Ti viene mai in mente che anch’io possa avere dei problemi? Mi va bene che i “tuoi” problemi siano i miei, ma vorrei che anche i “miei” problemi fossero i “tuoi” e non soltanto i “tuoi” i miei, e i miei sempre i miei!! Io voglio poter parlare, parlare con te... ma quando torni dal lavoro ti butti a dormire. La sera: TELEVISIONE! Alla domenica PARTITA!, a vederti ventidue cretini in mutande, che si dànno scarpate intorno a un pallone, con in mezzo un altro ritardato dell’oratorio, anche lui in mutande, ma con la giacca e il fischietto!” Lui, il Luigi, paonazzo, offeso come se gli avessi parlato male della sua mamma, mi fa: “Ma cosa vuoi capire tu di sport!” Che non era proprio la risposta giusta! Non ci ho visto più! Gridavo come una matta! Ho tirato fuori tutto! Gridavo io, gridava lui... io pesante, lui più pesante, più pesante io... ancora più pesante lui... finché ho detto: “Se questo è il matrimonio, vuol dire che ho commesso un errore...” Ho tirato su il mio errore... (Prende in braccio il bambino e si avvia decisa alla porta) e via che me ne sono andata. A questo punto la chiave, sono sicura, ce l’avevo io, perché ho aperto la porta. Il Luigi viene lì... ci aveva una faccia, povero Luigi, era bianco, col magone... Mai avevo fatto una scenata così e mica scherzavo... e lui l’aveva capito. Mi tira dentro in casa: “Su, non fare così, aspetta...” “Lasciami stare!” “Parliamo, prima parliamo, se poi te ne vuoi andare va bene... ma prima parliamo! C’è la dialettica no? C’è la dialettica, per dio!”... e mi spingeva verso il (Si siede sul letto) “dialettico”... e mi dice che sì, avevo ragione... ma che lui era abituato con la sua MAMMA... che credeva che fossi anch’io come la sua MAMMA... che aveva sbagliato, che doveva cambiare... insomma, si è fatto la... cosiddetta “AUTOCRITICA”. Ma così bene, così bene... che io piangevo... E più si autocriticava e più io piangevo, e più piangevo e più si autocriticava... come era bello piangere ieri sera! E la chiave? (Guarda per l’ennesima volta l’orologio) Non ce la faccio... (Di colpo si ricorda) Sicuro... me l’ha presa lui sono sicura... nella tasca della giacca... se l’è messa in tasca... (Scorge la giacca appesa all’attaccapanni, fruga nelle tasche) Eccola, la mia e la sua! Che ore sono? Sette meno dieci, forse ce la facciamo ancora... Forza patanino che ce la facciamo! (Prende il bambino in braccio, si muove freneticamente) Il bambino della mamma, la giacchetta della mamma, la borsetta della mamma, (sta per uscire, si blocca di colpo) il tesserino del tram... Aspetta bambino, fammi cercare il tesserino, che se poi il tram è pieno mi tocca metterti per terra e ti schiacciano tutto... (Fruga in borsetta) Eccolo... Bello, il mio bel tesserino! (Lo guarda distrattamente) Sei buchi? Sei buchi di andata e sei buchi di ritorno! (È allibita) Sei buchi di andata sei buchi di ritorno?! Chi m’ha bucato così il mio tesserino? Sei buchi... Ma che giorno è oggi... 129 130 (Guarda il calendario appeso alla parete, non apre bocca... è stravolta, avvilita. Quasi senza voce dice) Domenica!? (Gridando) Domenica!! (Al bambino) E tu non mi dici niente! È domenica! Roba da pazzi, volevo andare a lavorare anche di domenica! Sono pazza!! (Cantando) Di domenica non si lavora e fino a tarda ora si sta a dormire! A letto, bambino, a letto! Dormire!! (Depone il bambino nel letto matrimoniale, corre in proscenio e si rivolge direttamente al pubblico) Voglio fare un sogno dove c’è un mondo che tutti i giorni è domenica! Tutta una vita di domeniche! È la fine del mondo... È scoppiata la domenica eterna! Non cì sono più gli altri giorni della settimana... Il lunedì l’hanno impiccato, il giovedì fucilato, il venerdì affettato!... Tutti i giorni sono domenica... (Corre al letto, s’infila sotto le coperte) Dormire bambino! Dormire! E se mi sogno un’altra volta di lavorare, mi strozzo da sola! Dormire! (Sulle ultime parole, con il lenzuolo si copre tutta, testa compresa). Buio. Stacco musicale. Canzone: IL SOGNO L’altra notte mi sono sognata che ero in fabbrica a lavorare e vicino al mio telaio lavorava anche l’ingegnere e io gli insegnavo come si fa andare il pettinile, e lui perfino mi ringraziava, lui perfino era gentile. Non c’era quel gran baccano e non c’era il puzzo di tintoria, i tempi li dava una mia zia, si andava comodi, si andava piano. Senza neanche domandare sono andata perfino in gabinetto e seduta comoda ho perfino letto un gran giornale dove c’era un titolo fenomenale: “Lavorare poco, vivere molto”. Poi sono andata a farmi un giretto in un gran parco pieno di bambini 130 131 e dentro un giardino c’era che giocava il mio bambino; il mio bambino mi ha preso per mano e mi ha portato nella nostra casa, al primo piano, che però non era nel casermone dove stiamo adesso, come in prigione. Mio marito era già tornato, era di festa e faceva il bucato faceva il bucato e non era arrabbiato m’ha portato al cinema come da fidanzato e c’era il cinema, ma nella pellicola non recitavano degli artisti, eravamo noi i protagonisti. Recitava tutta la gente che sta nel mio quartiere: uno s’alzava e ci chiedeva quello di cui aveva bisogno; tutti si discuteva, e poi ogni cosa, tranquillamente si risolveva. Non c’era nessuno che faceva il prepotente, nessuno con l’aria di comandare, ognuno era sorridente. E c’era un gran cartello da guardare con su scritto: “proibito proibire” e ho notato così che la gente parlava perfino diverso nessuno diceva: “questo è mio e quest’altro è tuo” non c’era più né mio né tuo era tutto nostro, nostro di tutti, perfino l’amore era diverso non era pìù una roba fra me e te contro gli altri era con gli altri, amore per stare più insieme all’amore degli altri... non c’era più l’egoismo, c’era proprio il comunismo. Non c’era più l’egoismo, c’era proprio il comunismo. 131 132 I CHIACCHIERONI. I chiacchieroni: siamo un popolo calunniato DI noi si dice in giro che siamo chiacchieroni Italiani maccheroni e gran ciarloni gazzettieri Ci sfottono certi imbecilli stranieri. Ma chi l’ha detto che parliamo troppo E che ci impicciamo di ciò che non ci riguarda affatto. Non è vero: abbiamo la gente, o meglio gli agenti più schivi e discreti Veri agenti segreti dei corpi separati Che fingono addirittura di essere cecati, sordi e rintronati. KAPPLER se ne scappa dal Celio con la moglie Proprio sotto il naso e loro non ci fanno manco caso. Scappano FREDA e VENTURA e loro non se ne sono manco accorti. A GIANNETTINI e POZZAN gli han procurato perfino i passaporti. Servizio completo del servizio segreto. Poi qualcuno viene ritrovato ma nessuno parlerà ami, per farci sapere chi l’ha aiutato, sovvenzionato, chi ha organizzato i viaggi di FREDA e VENTURA no, non per omertà o paura è solo che all’italiota verace nonpiace chiacchierare ha il culto del silenzio per non turbar la pace. Spara perfino col silenziatore A chi è troppo curioso e non rispetta il privato Lo si lascia senza fiato sparandogli addosso, buttandolo dentro un fosso con un sasso in bocca che sia un giudice, un avvocato, un mafioso di mezza tacca. Tocca a chi tocca! Chi fa inchieste su cose proibite: intrallazzi, giri di droga, riciclaggio di denaro sporco dei sequestri, vite vendute; lo si fa sparire come per incanto: un colpo secco alla nuca. Zitti! Silenzio! Sordo l’orecchio e la lingua muta. Siamo un paese di gente silente, dove il potente non ricorda niente confuso di mente Tacciono i testimoni se chiamati a deporre in tribunale, tacciono smemorati il Ministro in carica, il Presidente del Consiglio, il Generale; svanisce ogni memoria per incanto. 132 133 Il Ministo con lo sguardo spento. L’Ammiraglio biascica come un deficiente. Sonnecchia il Presidente. La gente dice che è una cosa vergognosa Indegna, disgstosa, ma a quelli non gliene frega niente. Siamo un popolo di gente silente, di poche parole, direi quasi niente: i nostri capi son gente discreta, razza antica latino-fenicia,a lla mafia devota la razza italiota. IL PUPAZZO GIAPPONESE CONTROLLARE PRESENTAZIOE SE DIVERSA IN PARLIAM DI DONNE FRANCA Qualche spettatore o spettatrice sono certa che a questo punto obietterà: «Ma perché ti limiti a raccontarci storie di operaie e contadine e di donne oppresse in genere? Ci sono state anche regine che hanno avuto potere sugli uomini, scienziati, poetesse... ». È vero, avete ragione. Io di quelle splendide donne non mi sento di parlare, ne hanno già parlato tanto poeti e scrittori maschi, a cominciare dall'«ode ornata di viole, divina e ridente Saffo», fino alla ballata del trovatore provenzale alla regina di Navarra che le diceva: «E tanta luce dagli occhi vostri ecce e tale festa, e donna amorosissima, che par bagliore di lampo d'estate che non fa tuono, ma pallore dà a chi guardate e il cuore arresta. E se parole dite, o donna, di senno fine son di tal bellezza immaginata, che rozzo ogni ascoltatore sta all’istante». Elogio stupendo, senz'altro, ma noi preferiamo far l'elogio a chi l'elogio non ha mai ricevuto: alle donne della Comune di Parigi, per esempio, che durante la rivoluzione proletaria del 1871, armi alla mano, si costituirono addirittura in reggimento e affrontarono con incredibile coraggio la cavalleria dei prussiani e si fecero massacrare pur di non cedere di un passo alla carica dei più terribili corazzieri del mondo. Questa canzone stupenda che ora vi facciamo ascoltare l'hanno inventata loro, quelle donne. A qualcuno di certo farà venire la pelle d'oca, a qualche conservatore farà solo ribrezzo, ma il ribrezzo in tanto conformismo è già qualcosa di meglio dell’indifferenza. 133 134 Però adesso non dobbiamo neanche esagerare con il trionfalismo, non esageriamo a buttarci proprio alla maniera dei maschi-padroni, a vedere cose stupende; coraggiose, esaltanti, a nostra volta in quello che facciano e diciamo noi donne. Dico, perché le allocche felici, beote e beate della propria condizione che si dicono adorate dal marito: «... che sapesse è così caro, così dolce ... sapesse le delicatezze che mi fai, mi tratta come una bambina... mi sento così protetta e, dico la verità, mi piace quando mi sgrida, fa il prepotente... Io poi piango e lui mi coccola, una volta mi ha anche picchiato, ma dopo è stato così bello... abbiamo fatto l'amore, che guardi, mi farei picchiare tutti i giorni!» Poi ci sono quelle che: “mio marito non mi lascia mancare niente. Sì è vero, mi lascia un po’ sola... anche questa fine settimana lui è andato via... aveva da fare, perché lui per il lavoro non si stanca mai. Forse ha un'altra donna... ma a me non mi lascia mancare niente... Anzi, ogni volta che torna dopo essere stato con quell'altra, mi porta sempre un regalino ... Sciocchezze, ma si sa, è il pensiero che conta! D'altra parte, mica si può sfasciare una famiglia per ’ste cose... la famiglia è una cosa seria: c’è il figlio... Mia madre, poi, se mi dividessi ci morirebbe... No, no, guardi, io preferisco mandar già qualche magone... Poi, si sa, il matrimonio è anche sacrificio... Se l'uomo è così, se vuole la sua libertà... io mi prendo un bel tranquillante e aspetto... Tanto poi torna sempre da me. Io sono la MOGLIE non dimentichiamolo... D'altro canto io gli voglio bene, anche se ormai l'amore è finito... sì, sì, proprio finito. Non lo facciamo quasi più, a me certe volte mi viene un magone, ma un magone... Ma se lui mi vuol bene, mi tratta bene: «Sei la mia migliore amica, cosa vuoi di più?!" mi dice. Pazienza se non gli interesso più come donna... che cosa ci posso fare? Ho cominciato anche a bere... Non mi piace, ma mi fa sentire bene... L'altro mese ho dovuto andare in clinica... mi hanno fatto la cura del sonno... M'è spiaciuto perché gli ho fatto spendere un sacco di soldi... ma lui non si lamenta... è tanto buono... oh come è buono!... E poi, se mi dovessi dividere, alla mia età dove lo trovo un lavoro? Come vivo?» Ma la condizione più tragica ce l'hanno le donne che lavorano in fabbrica dove vivono il massimo della frustrazione... che si aggiunge a quella già accumulata a casa, in famiglia. I ritmi sono spesso insopportabili. Non è una novità per nessuno che esistono fabbriche dove, ad una certa ora del 134 135 pomeriggio, ti vengono offerte «certe pastigliette che ti tengono su!» «È roba che non fa male... toglie la stanchezza, ti fa sentire rilassata e ti dà energia... Non fare complimenti, prendila... è gratis... paga il padrone. Gentilmente offerta dalla ditta!» C'è poi a chi una pastiglia ogni tanto non basta più, nemmeno una al giorno... i ritmi sono sempre più stretti... il posto di lavoro non lo puoi perdere... e allora giù pastiglie... tanto sono gratis. Ho conosciuto una ragazza un po' tontolona ma anche molto spiritosa che è finita in manicomio a forza di ingoiar pillole per stare vispa. Poi l'hanno rilasciata e a 'sto punto le è successo un fatto davvero divertente... Ce l'ha raccontata lei, questa sua storia farsesca, e noi vogliamo riproporvela con le sue stesse parole. La ragazza in questione si chiama Armida, è brianzola, pettoruta e bonona, come dicono gli uomini. La fabbrica dove lavorava è dalle parti di Cesano Boscone provincia di Milano. È una storia vera. Dissolvenza: da presentatrice Franca diventa interprete del personaggio di Armida, l'operaia. ARMIDA Sì, è vero, sono finita nei matti... ma roba che per forza con 'ste pillole bastarde che mi hanno insegnato a mandare giù per star su. È stato il direttore che me l'ha fatto imparare... veniva li vicino al telaio dove lavoravo tutta sudata... e mi dava le tastate sul posteriore e io mi arrabbiavo. Mica per la manata... cosa mi interessa a me della manata... ma era la maniera che ci aveva di mollarmela... proprio da padrone... come se io fossi una manza! Mi veniva un fottone! E io gli rispondevo duro e lui con quella faccia da tacchino appena bollito mi faceva: «Ohi Ricciotta», Ricciotta è il mio soprannome, «se sei un po' su di nervi eh... vai piano a rispondere che io sono l'ingegnere». M'interessa a me se sei l'ingegnere... «Lei è ingegnere ma il mio sedere mica è ancora della ditta... già mi avete fregato due dita con la trancia», e gli ho fatto vedere qui la mano che ci mancano due dita... ma basta li... «Va beh, lasciamo correre, – mi fa lui, – ma dammi retta prenditi due pastiglie di calmante. Oh, se non stai neanche più agli scherzi, vuol dire che sei proprio giù di nervi». Che poi non è neanche vero che io non ci sto agli scherzi... dipende da chi me li fa! Che per esempio i miei compagni di lavoro delle volte me ne fanno certi di scherzi... e io ci casco sempre... ma non m'arrabbio neanche... . interessa a me... anzi 135 136 ci rido sopra io per prima... e guarda che certe volte vanno giù un po' pesante... Come quella volta che ero appena venuta fuori dal manicomio... che lì proprio non era neanche il caso... Sì, devo dire che certe volte non ci hanno un 'fiat', di delicatezza, ecco... ma interessa a me... peggio per loro... che poi li, si vede che non son mica tanto compagni... Beh, quella volta si stava mangiando lì in cortile, all'ora di mensa, e sento uno che fa: Dissolvenza con cambio d'elementi scenici o con proiezione scenografica d'ambiente: siamo nel cortile di una fabbrica durante l'ora di mensa. Un gruppo di operai, e operarie sta mangiando. PRIMO OPERAIO È che bisognerebbe cominciare con spaccargli la faccia al direttore, altro che sciopero! È lui la vera carogna! Guarda qua, è firmato: il direttore! (Mostra una lettera). ARMIDA Cos'è? QUARTO OPERAIO È una lettera di licenziamento per due del magazzino, le ha licenziate perché gli hanno risposto male. TERZO OPERAIO E scommetto che lui il padrone, non ne sa niente! SECONDO OPERAIO Certo, succede sempre così! Se penso com'era tutto abbioccato 'sta «serva schifa» il giorno che la Michelina ci ha lasciato dentro la mano nella pressa... la testa bassa, tutto mortificato che pareva un cane bastonato: «Mi raccomando ragazzi, – magonava – siamo nelle vostre mani, non ci mollate... Lo so, avete ragione, la colpa è tutta nostra. Stavolta non ci sono scuse, ma non rovinateci!» ARMIDA 'Sto boia! Orco come gliele darei sul muso! Mi sentirei così bene che se dopo anche mi licenzia... interessa a me... SECONDO OPERAIO Dovrebbero fare come in Giappone che in due o tre grandi industrie hanno messo il direttore di gomma... PRIMO OPERAIO Cos'è che hanno messo in Giappone? Non cacciar balle! SECONDO OPERAIO Che balle, c'è stato su tutti i giornali... ARMIDA Ma va?! TERZO OPERAIO Come no, c'era anche sul «Corriere»: in due o tre fabbriche modernissime, così come che c'è il gabinetto e la doccia, c'è anche un ufficio apposta con dentro un fantoccio di gomma, uguale al direttore... un ritratto sputato... così, che quando a un operaio o a un'operaia ci vengono i giramenti di scatole, come noi adesso... pianta lì, va in quell'ufficio dove c'è 136 137 il pupazzo che sta dietro alla scrivania come se fosse vivo... e giù!, comincia a dirgli tutti i suoi morti... e span!, lo prende a sberle. Gli può anche sputare... e perfino romperlo... che in quel caso, paga giusto quattro soldi... che la ditta è contenta lo stesso di rimetterci, perché poi l'operaio o l'operaia viene fuori tutta scaricata, soddisfatta e torna a lavorare e rende di più... ma molto di più. ARMIDA Orco come sono fortunati in Giappone... mi piacerebbe prendere a pattoni un direttore carogna come il nostro, anche se è di gomma... che ci avrei un gusto! SECONDO OPERAIO Beh, non c'è bisogno di andare in Giappone, che tanto fra qualche giorno lo mettono anche qui! ARMIDA Qui da noi? Ma va... TERZO OPERAIO C'è poco da volere o non... c'è di mezzo la circolare ministeriale e lì, non si scherza: l'ho letta poco fa di straforo e dice: «Ogni fabbrica con più di trecento lavoranti, è obbligata a termini di legge... ecc. ecc... a tenere un ufficio o stanza apposita con relativo pupazzo o doppione perfetto del direttore. Il tutto a disposizione del personale acciocché... dice proprio così , “acciocché" questi ultimi, gli operai e le operaie, possano sfogare la loro rabbia e il loro rancore represso». SECONDO OPERAIO Che se appunto a uno invece gli rimane il rancore represso si ammala di fegato o di nervi e finisce come te in manicomio e, alla ditta, tocca rimetterci. ARMIDA Ah, beh, se mi dici che è per non rimetterci allora sì, che ci credo... con tutto che dare una sberla a un pigottone di gomma... che neanche fa ahi!, che gusto ci sarà poi! SECONDO OPERAIO Come non fa ahi! Vuoi che oggi, che andiamo sulla luna, facciano un pupazzo da prendere a sberle e calcioni che non fa manco ahi? ARMIDA Ah, lo fa ahi! E com'è il trucco? Ho capito è come quello delle bambole che dicono mamma e papà appena le giri; e invece qui se gli dai un pattone, trach, dicono: mamma che pacca!, o giù di lì? Ci ho azzeccato? SECONDO OPERAIO Beh, quasi... il fatto è che ci hanno un magnetofono incorporato nello stomaco... ARMIDA Oh, guarda che pensata... eh, già, con dentro già tutto inciso sul nastro. SECONDO OPERAIO «Ahia! Ma come si permette?! Guardi come parla se no glielo dico al padrone!» TERZO OPERAIO Bravo, proprio così. Già appena tu apri la porta per entrare nell'ufficio, zach scatta una levetta, parte il nastro... e il pupazzo dice: «Prego, si accomodi, abbia la compiacenza di attendere». 137 138 Tu saluti e lui manco ti vede, aspetti e lui è lì che fa finta leggere un foglio... apposta, per farti sentire una pezza da piedi, così che poi tu ci hai più soddisfazione a brancarlo per il cravattino e dirgli: «E guardami un po' in faccia balordo!» Ma ecco... che dove lo tocchi non ha importanza, scatta un altro relè, e il nastro che riattacca e dice: «Ma come si permette... esca subito di qui... io la faccio licenziare!» ARMIDA ... e sban una sberla sul faccione! SECONDO OPERAIO Perfetto! ARMIDA E poi un pugno, un'altra sberla e una pestata sul piedone... TERZO OPERAIO Brava! ARMIDA È bello, è bello! Quando lo mettono 'sto pupazzone del padrone che io mi prenoto subito? SECONDO OPERAIO Ma... presto, forse anche oggi stesso. ARMIDA Ma va'... e dove lo piazzano? SECONDO OPERAIO In quello stanzone lì e non c'è neanche bisogno di prenotarsi, il primo che arriva si accomoda... infila la sua moneta da cento... ARMIDA La moneta da cento? Infila? Come nel jukebox? TERZO OPERAIO Esatto... difatti tu puoi sfogarti con lui soltanto per quanto dura un disco... dopo non reagisce più e non c'è manco soddisfazione. ARMIDA E già, è come un flipper spento che non fa vum vum din, dong, toch, tin. (Preoccupata) Piuttosto... fa tilt? SECONDO OPERAIO Cosa? ARMIDA Dico, se lo sbatti un po' troppo s'incanta?, fa tilt? SECONDO OPERAIO Certo, proprio come un flipper... ma tu basta che gli tiri l'orecchio, rimetti un'altra moneta da cento lire... ARMIDA Un'altra? Dove? TERZO OPERAIO In bocca... gli schiacci il naso come fosse un campanello... la moneta va giù, e ricomincia la partita... ARMIDA Che bello... Ecco, io so già che ci giocherò tutta la paga lì dentro... se appena appena ci assomiglia al direttore... Suono della fine pausa mensa. QUARTO OPERAIO È finita la pausa, andiamo... ARMIDA (notando i due operai presi dalla ridarella) Di' un po', ma perché ridete voialtri? SECONDO OPERAIO Niente, niente... ARMIDA Come niente niente... Cosa credete che io ci ho scritto oca giuliva qui in sul fronte battesimale? È che mi avete 138 139 raccontato una balla col fatto del fantoccio giappose e speravate che io ci bevevo come la pampaluga... se, sta fresco... interessa me... TERZO OPERAIO Beh se non ci credi, peggio per te. SECONDO OPERAIO Arriva il direttore, muoviamoci che se no ci rogna... Escono tutti. Altro cambio di scena: appaiata di accumulatori e, appresso, una turbina di generatore elettrico piuttosto vetusto. Entra il direttore seguito da tre operai che chiameremo quinto, sesto, settimo. DIRETTORE Ma fatemi il favore, adesso salta fuori che dobbiamo buttarli fuori tutti... Tutti e quattro 'sti accumulatori, hanno neanche vent'anni... le guarnizioni sono nuove... SETTIMO OPERAIO Eppure, signor direttore, dànno certe sberle... io momenti ci resto secco... DIRETTORE Ma cosa vuoi restarci... saranno quattro volt al massimo... farà un po' di massa, ecco tutto. Il fatto è che per voi ogni scusa è buona per tirare tardi... QUINTO OPERAIO Ma no, guardi ingegnere, è il trasformatore che è imballato... è vecchio... DIRETTORE Sei tu vecchio... dammi i tuoi guanti e passami la cassetta dei ferri, imbranato! SETTIMO OPERAIO Eccola. DIRETTORE Bene, ti faccio vedere io se non funziona, fra dieci minuti. (Dalla cassetta dei ferri, estrae una chiave inglese e si avvicina al generatore). SESTO OPERAIO Se fossi al suo posto ingegnere, io toglierei la corrente... DIRETTORE Già, io blocco tutta la fabbrica, fermo la produzione per una cretinata del genere... QUINTO OPERAIO (tra i denti) Ti beccasse almeno una botta come dico io... SESTO OPERAIO Aspetti signor direttore, gli vado a prendere gli scarponi col feltro... DIRETTORE Non mi serve, ho la suola di para. Come l'ingegnere inserisce la chiave inglese nel generatore viene investito da una gran vampata, e si ritrova proiettato come un pupazzo lontano dal generatore. 139 140 SESTO OPERAIO (sgomento) Per la miseria c'è rimasto! stacca la corrente... orco cane che sberla... SETTIMO OPERAIO (trascinando in proscenio il direttore) C'è rimasto secco! lo gliel'avevo detto... altro che guantoni... SESTO OPERAIO No, no... forse non è ancora andato del tutto, aiutami a portarlo su quella sedia... (Al quinto operaio) tu, vai a dire che telefonino ad un dottore... (Il quinto operaio esce di scena). Pare ingessato... guarda, gli sono rimaste le gambe piegate... mica si spaccherà se lo raddrizziamo... SETTIMO OPERAIO E che bisogno c'è di raddrizzarlo? Lo mettiamo su 'sta sedia, pare piegato proprio su misura. (Parlando al direttore paralizzato) Ecco, se ci fosse qui almeno l'infermiere... come ti abbiamo chiesto un sacco di volte... ma nossignori, per risparmiare la fai venire solo la mattina... e adesso beccatelo... che è pomeriggio! SESTO OPERAIO Uhei, ma sei matto, cosa credi che non ti senta? E ingessato ma capisce... SETTIMO OPERAIO Meglio, se capisce... (Al Direttore) Ti piacerebbe se ci fosse qui il dottore bello sempre pronto come da regolamento... «Ma no, ma a cosa serve... sono soldi buttati via ... » e allora tiè son proprio contento! SESTO OPERAIO Ah, le belle statuine. Entra Armida e vede i due che sollevano la sedia e trasportano il direttore nell'adiacente ufficio-infermeria, ora adibito a ripostiglio. In scena una scrivania, con timbri, calamai, libri, registri, una poltrona girevole, telefono; un armadio con tanto di croce rossa su un'anta, contenente detersivi vari, spazzola, strofinacci, ecc. In un angolo, a terra una bombola antincendio. ARMIDA Oh tu, guarda! è già qui! Che meraviglia... fa vedere... Ma roba da non crederci... è proprio vero!... E io che pensavo che fosse uno scherzo... SESTO OPERAIO Chiamalo scherzo... stai tranquilla che lui non ci ride di sicuro... ARMIDA Eh già, a lui gli farà mica piacere che noi ci sfoghiamo sul suo faccione. Lo portate in quella stanza li? SETTIMO OPERAIO Sì, tieni la porta aperta, brava. ARMIDA Ehi, io mi prenoto... interessa a me prenotarmi, tanto si fa al primo che arriva no? Facciamo una cosa... non diciamolo in giro a nessuno che è già qui; prima ci sfoghiamo un po' noi, ti pare? Se no, c'è la fila. SETTIMO OPERAIO Ci sfoghiamo?! 140 141 ARMIDA Beh, due o tre partite, così, d'assaggio... io so già come funziona... e voi? SESTO OPERAIO Due o tre partite? (Al Settimo operaio) Passa la poltrona. (Il direttore viene sistemato sulla poltrona girevole). ARMIDA Beh, cento lire l'una non è mica caro... Piuttosto, ce l'avete la moneta? SETTIMO OPERAIO La moneta? Che moneta? ARMIDA Ah, ma allora non sapete niente di come funziona... che è come il flipper-jukebox... dopo vi insegno... (Osserva compiaciuta il direttore) Ma come è venuto bene! Ci ha un po' gli occhi spalancati... ma insomma... adesso intanto che voi lo piazzate io faccio finta di niente, vado di là che il capo magari mi cerca... e gli altri mangiano la foglia... poi prendo la moneta... SETTIMO OPERAIO Sì, sì, mangia la foglia e prendi la moneta... ARMIDA Non ditelo a nessuno... SESTO OPERAIO Per carità... e chi parla... Armida esce facendo gesti che indicano silenzio. SETTIMO OPERAIO Poveraccia era già suonata prima... adesso da quando s'è avvelenata coi calmanti, straparla addirittura. SESTO OPERAIO Altro che straparlare... il flipper, cento Ere... ci sfoghiamo... e quei disgraziati l'hanno lasciata venir via dal manicomio così... Piuttosto adesso come la mettiamo? Guarda un po' se per caso nell'armadio del pronto soccorso c'è qualcosa da dargli... SETTIMO OPERAIO (va all'armadio) Qui c'è solo roba di detersivi... È diventato il ripostiglio di quella delle pulizie, Vetrobrill,... Spalm... Creosol... Ah, toh, guarda c'è anche un termoforo... però. SESTO OPERAIO Dai qua, forse gli fa bene per lo stomaco. Mentre gli infilano il termoforo sotto il panciotto entra l'operaio che era uscito per telefonare. QUINTO OPERAIO Ma chi vi ha detto di portarlo fin qui, non dovevate muoverlo... SETTIMO OPERAIO Mica potevamo lasciarlo là in quel casino in mezzo agli accumulatori. QUINTO OPERAIO Certo... è come quando uno resta sotto a una macchina... che fin quando non arriva il dottore non bisogna muoverlo... guai a toccarlo. 141 142 SESTO OPERAIO Ma non dire cretinate, cosa c'entra lui con l'incidente stradale... questo ha preso una sberla d'alta corrente che è mezzo fulminato. QUINTO OPERAIO Appunto... che poi sarebbe come quando uno ha l'infarto... l'ho visto anche alla televisione in quella trasmissione «Sapere» mi pare, dove facevano vedere uno come lui, beccato dalla scossa, che lo tenevano fermo, guai a muoverlo... SESTO OPERAIO Ma sei sicuro? QUINTO OPERAIO Sicurissimo. Porco cane, com'è ingessato... pare paralitico... signor direttore mi sente? Macché non fa una piega. SESTO OPERAIO Ma ti sente di sicuro, stai tranquillo, guarda li che muove gli occhi... SETTIMO OPERAIO Che puzza di bruciato... cos'è... La miseria... il termoforo... va in corto... tiralo fuori ... Staccala spina! Lo so anch'io che muoveva gli occhi ... Proprio sfortunato questo qui con l'elettricità. Quando ha detto che arriva il dottore? QUINTO OPERAIO Ah, non so, su agli uffici non c'era nessuno... tutto chiuso a chiave... SESTO OPERAIO Eh, già oggi è sabato... e qui c'è il telefono... ma di sicuro non c'è la linea... Oheu ma come è sfortunato 'sto direttore! SETTIMO OPERAIO No... no... funziona... spetta che ho qui il numero di quello della mutua... (Estrae un libriccino e lo sfoglia veloce. Quindi forma il numero). QUINTO OPERAIO Già ma a quest'ora alla mutua non ci sarà nessuno... SETTIMO OPERAIO Ma questo è quello di casa... SESTO OPERAIO Figurati se un medico sta a casa di sabato; saranno tutti in villeggiatura... Spaccato di un ambiente signorile. Una donna seduta in poltrona, risponde al telefono. SETTIMO OPERAIO Pronto chi parla? Buona sera signora... (Rivolto al sesto operaio) T'è andata male. (Di nuovo al telefono) C'è il dottore? MOGLIE MEDICO No, mi spiace, mio marito è dovuto uscire d'urgenza per un bambino che ha ingoiato un'automobilina, pensi che roba! SETTIMO OPERAIO Ha ingoiato un'automobilina?! MOGLIE MEDICO Ma quelle piene di caramelline... da corsa... 142 143 SETTIMO OPERAIO Caramelline da corsa? MOGLIE MEDICO No, non le caramelline da corsa... le caramelline sono di menta. L'involucro è da corsa, con le ruote pure... io dico che bisognerebbe denunciare questi incoscienti che fanno simili confezioni, le pare? Cosa vuole che sappia un bambino piccolo, che non si deve mangiare l'involucro, specie se ha le ruote? SETTIMO OPERAIO Certo, non può sapere. E scusi quando torna? MOGLIE MEDICO Mio marito non so... forse per l'ora di cena... spero... che mi fa diventare tutto freddo. SETTIMO OPERAIO È per il direttore che ha preso una gran scossa... è come paralizzato MOGLIE MEDICO Oh, poverino! SETTIMO OPERAIO E non sappiamo cosa fare... Lei ne sa qualche cosa? MOGLIE MEDICO No, mio marito non mi dice mai niente. Ma perché non telefonate all'ospedale che lo vengano a prendere? SETTIMO OPERAIO Ha ragione, grazie. MOGLIE MEDICO Si figuri. Arrivederla. QUINTO OPERAIO Aspetta, fatti dare il numero... SETTIMO OPERAIO Di che... QUINTO OPERAIO Dell'ospedale no? Lo spaccato della casa del medico, scompare SETTIMO OPERAIO Ha già riattaccato... ad ogni modo lo troviamo sulla guida... SESTO OPERAIO Già, quale guida? Senti l'unica è telefonare al padrone, ci ho qui il numero. (Esegue). SETTIMO OPERAIO Guarda che quello si arrabbia a telefonargli a casa. SESTO OPERAIO Ci ha poco da arrabbiarsi... QUINTO OPERAIO Potevate fare il numero dell'informazione e chiedergli del pronto soccorso... SESTO OPERAIO Beh, ormai è qui. Buon giorno signor dottore... Spaccato di altro ambiente: la casa del padrone della fabbrica, che seduto in poltrona risponde al telefono. PADRONE FABBRICAPronto? Chi è che parla? 143 144 SESTO OPERAIO Qui è l’Ambrosini Giulio... parlo dalla fabbrica... PADRONE FABBRICA Beh, spero che sia per una roba seria che mi venite a rompere in casa... SESTO OPERAIO Sì, è per un incidente, fulminato grave... PADRONE FABBRICA E morto? SESTO OPERAIO No, solo paralizzato... come ingessato ... PADRONE FABBRICA Porca d'una miseria! Come è successo? SESTO OPERAIO Era dietro a vedere di aggiustare il trasformatore... e zam!, è partita una sberla... PADRONE FABBRICA E già perché si lavora senza testa... e senza guanti magari... SESTO OPERAIO No, no, i guanti ce li aveva, e anche la testa... ma è stata una tale sberla! PADRONE FABBRICA E non poteva tirar giù la corrente? Ma già, tutto per farmi carognate... per farmi avere delle rogne! Si viene a lavorare ubriachi, disattenti... e dire che c'è tanto di cartello... «per certi lavori staccate la corrente, fare attenzione, bevete il latte, non sputate per terra, non bestemmiate... » SESTO OPERAIO Ma noi glielo abbiamo detto distaccare la corrente ma lui non ha voluto. PADRONE FABBRICA Chi non ha voluto? SESTO OPERAIO Lui, il signor direttore. PADRONE FABBRICA Beh, avrà avuto le sue ragioni... magari era una stupidata e uno ferma tutta la produzione... Ha senz'altro fatto bene! Piuttosto avete chiamato A medico? SESTO OPERAIO Sì, gli abbiamo telefonato, ma non c'è... è fuori per un altro incidente... un incidente di macchina... uno che ha ingoiato una piccola auto da corsa con le ruote e tutto... PADRONE FABBRICA Un'auto da corsa? SESTO OPERAIO Sì, ma con le caramelle... PADRONE FABBRICA Ma dico... sbaglio o sei tu quello che ha preso la scossa? SESTO OPERAIO Come? PADRONE FABBRICA Niente, niente, chiamate l'ospedale... e poi c'è il direttore, no, diteglielo a lui di sbrigarsela. SESTO OPERAIO Lui non può... PADRONE FABBRICA Come non può? Cos'avrà mai da fare che non può. Mandamelo a chiamare e passamelo al telefono... SESTO OPERAIO Ma guardi che credo che non ce la faccia per via... PADRONE FABBRICA Per via e per strada... Piantala! Dov'è? SESTO OPERAIO È qui... PADRONE FABBRICA Allora muoviti, passamelo... 144 145 SESTO OPERAIO Subito (al direttore): provi a parlare signor direttore... (mette la cornetta davanti alla bocca del direttore)... è il padrone. PADRONE FABBRICA Pronto? DIRETTORE (con gran fatica) Pron - to... (Poi biascica qualcosa e finisce con un gran pernacchio) Pretteprprpr! PADRONE FABBRICAEhi, chi mi ha fatto un pernacchio?! Pronto, chi pernacchia? SESTO OPERAIO No, non è un pernacchio... signor dottore, è che non riesce a muovere bene la bocca... PADRONE FABBRICA Chi non riesce? SESTO OPERAIO Il signor direttore, senta... (Accosta la cornetta alla bocca del direttore) forza signor direttore... (Poi di nuovo al padrone) Signor dottore gli dica pronto. PADRONE FABBRICA Pronto? DIRETTORE Pr-prr pretrtrtr (Pernacchione sonoro). SESTO OPERAIO Ha visto? PADRONE FABBRICA Non ho visto, ma ho sentito: è un pemacchio e come! SESTO OPERAIO Beh, è l'unico verso che riesce a fare... sa è l'effetto della scossa. PADRONE FABBRICA Ma chi l'ha presa 'sta scossa? SESTO OPERAIO Il direttore, lui in persona... non glielo avevo detto? PADRONE FABBRICA E no, che non me l'avevi detto, imbecille! Durante la battuta seguente lo spaccato dell'abitazione del padrone, scompare. SESTO OPERAIO Ma signor dottore, se gli avevo parlato perfino di lui che non voleva staccare la corrente e lei ha detto che ha fatto bene e che aveva senz'altro le sue buone ragioni... a restare fulminato. Pronto, pronto... ha attaccato. SETTIMO OPERAIO Starà senz'altro venendo qui di volata... QUINTO OPERAIO Andiamo, andiamo... che se arriva che non stiamo lavorando, ci multa tutti... SESTO OPERAIO Ma il direttore lo piantiamo qui da solo? SESTO OPERAIO Ah, mi spiace ma io mica ne voglio sapere... Sto qui a curarlo... e poi per ringraziamento mi dicono: chi te l'aveva ordinato?, e mi fanno una trattenuta per mancata produzione. QUINTO OPERAIO Giusto, e poi è meglio che resti qui tranquillo da solo. L'ha detto anche la televisione... 145 146 IN CORO E se l'ha detto la televisone... Tutti escono dalla stanza e quasi simultaneamente sul lato opposto si sente bussare. Si apre la porta, appare Armida. ARMIDA Si può? (Ha un attimo di perplessità) Scusi sa... (Apre e richiude la porta dietro di sé) ma mi son permessa per via che... (Tra sé) Sarà mica vero per caso... Mi perdoni ma lei è proprio un pupazzo? (Il direttore non si muove. Gli passa una mano davanti agli occhi) Porca miseria... m'avevano fatto quasi venire un dubbio. Ma com'è che non ha parlato prima quando ho aperto... (Vede la spina del termoforo staccata) Eh, eccola lì... c'è la spina staccata... sfido io... avevo voglia di aprire e chiudere le porte! (InfiIa la spina nella presa) Chissà se è acceso adesso... ci fosse almeno qualche lucetta... (Posa una mano sullo stomaco del direttore) No, no... è acceso di sicuro... senti qua... si sta scaldando... Benon ... adesso ci mettiamo la nostra brava monetina da cento ... eccola qua... (Infila la moneta nella bocca del direttore) Sganassa un po' la boccuccia... e opplà! Uhei... non va giù... è sempre li sulla lingua... Ah, già che bisogna girargli il naso... (Esegue) No, che stupida, è l'orecchio che si gira... Il naso bisogna schiacciarglielo... Beh, io glieli faccio tutti e due (Esegue). Schiaccionasotirorecchio... (Il direttore emette come un grugnito poi tossisce) Va! va! La moneta è andata giù. Bello, bello! Va il motorino! Eccolo lì, ha mosso anche un braccio! Ha girato gli occhi. Che cannonata, pare vero! Ha proprio la stessa faccia da sberle! Tiè! (Gli molla un gran ceffone). DIRETTORE Aug! Ahiau! ARMIDA (tra sé) Ah, ah, fa proprio come la bambola! (Al direttore) Guardami in faccia... tu, cosa sei andato a licenziare quelle due del magazzino... (Tra sé) Ah, ah... che bella sfogata mi faccio adesso... (Al direttore) Boia schifoso... servo leccapiedi! Assassino, boia, servo! (Tra sé) Non me ne ricordo più! Aspetta che ne avevo trovate di così belle su quel giornalino dei cinesi: ah eccole (Estrae dalla tasca del grembiule un brandello di giornale e lo legge al direttore) lacché! Servo del capitale! Traditore del proletariato in lotta, servo degli USA, lacché dei lacché... (Lo scuote tenendolo per il bavero) Ohei! Come scalda qui... deve essere il punto dove ci ha tutti i relè e il macchinario del magnetofono e compagnia... (Al direttore-manichino) Ehi, direttore... flipper!, dico sarà mica tutto qui il divertimento... tu devi rispondermi delle 146 147 parole vigliacche che mi fanno andar fuori di brutto, se no, mi dài indietro le mie cento lire... capito? (Gli sferra un gran pugno sulla testa). DIRETTORE (biascicando) Disgraziata... me la paghi... ARMIDA Ah, ah, comincia a funzionare bene! (Al direttore) A chi disgraziata? A chi la fai pagare. Ripeti! Non ripeti? Allora beccati 'sta librata sul capoccione! Ma quando mi tastavi il sedere... ripetevi eh! DIRETTORE Maledetta... bastarda... prrrrrrttt! ARMIDA Bellissima, pure il pernacchio!... Che fenomeno! Adesso ti sbatto 'sto calamaio... No! Tutti fermissimi: ti faccio i baffi invece... Abbiamo il pennello per la colla che è ottimissimo! Vali, che baffi... No, uno solo... e un neo. Aspetta che ti faccio i pomelli rossi che ci ho qui il rossetto... e poi ti faccio anche i labbruzzi d'amore! (Esegue). DIRETTORE Carogna, me la paghi per dio! ARMIDA A chi la pago? Tu, mi paghi anche le due dita... e la mano della Michelina! Oh, guarda che bel timbro... (Legge sul timbro) Pagato... (Timbra la fronte del direttore) Sei venduto eccoti pagato! Orco cane adesso non ci assomiglia più! Bisogna pulirlo, se no chissà che cosa mi tengono giù dalla settimana! (Dalla tasca prende un fazzoletino, ci sputa sopra, e lo strofina sul viso del direttore). DIRETTORE Carogna, me la paghi per dio! ARMIDA Ancora! Ehi, mica ti si sarà incantato il nastro? Macché... adesso sembra un negro! Possibile che non ci sia uno straccio? Ah ecco, questo per i pavimenti è ottimissimo! L'acqua... prendiamo questa. (Inzuppa lo strofinaccio in un secchio) Benon, abbiamo la calda e la fredda! Via con la bella ramassata! (Gli sbatte letteralmente lo strofinaccio in faccia) Sgnaf, sgnaf: servizio accurato. Orco cane, ma cosa c'era dentro a 'sto secchio? Che puzza! Ah è quello per disinfettare i gabinetti... Ah, ah, proprio il profumo di classe per l'uomo di classe... Tiè! (Si guarda in giro poi curiosa nell'armadio). E qui cosa c'è? Oh, questo è ottimo Splaf il detersivo per pavimenti che fa la schiuma bianca e frenata! (Versa via via, tutto quello che trova sulla testa del direttore) Sciampo! Ah, la bella rosumada! La bella schiuma frenata! E per finire vram, antitarme corretto al Vetrorill il detersivo per capelli delicati: scaccia la forfora e distrugge A cuoio capelluto! Sciam! Sciam! Meno male che sei di gomma altrimenti restavi p lato me una palla da biliardo. (Il direttore guaisce). Ah, ha, che lamenti da stupido ti hanno inciso! Ah, peccato che non sei davvero il direttore in carne e ossa, così ti farei pagare la fine della 147 148 Michelina e quella dell'Antonio... e tutte le mani e i piedi e le dita. Oehi, ma qui mi rimangono in mano tutti i capelli... bisognerà fare un reclamo alla direzione... qui ci mollano dei pupazzi di scarto! (Ha afferrato una spazzola di saggina e striglia il direttore come farebbe ad un cavallo. Il direttore scalpita, si agita, mugola: quasi un nitrito). Ieu! Buono moro! Poggia! (Gli butta addosso uno straccio asciutto) Ecco finito il bagnetto santo! Adesso ti faccio la riga... (Sempre a colpi di spazzola) Le belle onde... (Afferra un altro barattolo) borotalco... beh, borotalco... è giusto della polvere per le formiche e parassiti vari... ma si sa ' non si può avere tutto dalla vita! (Lo incipria) Canta Pierrot, della vita le dolci lusinghe! (Il direttore tossisce, muove di scatto un braccio, la mano finisce nel sedere della ragazza... ) Ah, brutto sporcaccione! Come si permette certe confidenze, sul sedere!? (Lo schiaffeggia con lo straccio bagnato). Entra il padrone seguito da un operaio. PADRONE FABBRICA Ma che stai facendo, disgraziata! ARMIDA Niente, faccio una partita, signor dottore. PADRONE FABBRICA Una partita?! ARMIDA L'ho inaugurato io... cento lire,.. ma è roba che ne pagherei mille! Guardi, mi son proprio levata il gusto... Complimenti, perché è proprio una trovata. Gliene ho fatte! PADRONE FABBRICA Cosa gli hai fatto? ARMIDA Tutto!, servizio completo, pacche, pattoni, sberlazze, pappine, smanazzoni. Poi gli ho fatto anche i baffi, il neo e il rossetto bacio d'amore! PADRONE FABBRICA I baffi? Per la miseria, questa è andata fuori di matto un'altra volta! ARMIDA Sì, ma un baffo solo però! Lo so che è fuori dal programma... ma insomma, deve capire, non si vive di sole sberle... Ad ogni modo se vuol provare anche lei... guardi è uno scaricanervi che uno non ci crede! Tenga... se permette, le cento lire ce le metto io. Vede si fa così... pluff (Esegue). PADRONE FABBRICA Gliel'hai messe in bocca? ARMIDA Sì, è per la messa in funzione! t proprio come un flipper... infatti poi gli si gira un orecchio... si schiaccia il naso... così... è glupp: il centone è nel pancino! DIRETTORE (tossisce) Basta maledetta! PADRONE FABBRICA Ma che ti salta in testa? 148 149 ARMIDA Non si preoccupi è tutto registrato... in principio fa impressione, ma poi... guardi me... lo sberlotto che manco ci faccio caso. (Sferra al direttore un gran sganassone). PADRONE FABBRICA E piantala, matta disgraziata! Entra trafelato il medico. MEDICO No, no, la lasci fare, per carità! Il massaggio è l'unica cosa che può risolvere, in casi del genere. PADRONE FABBRICA Macché massaggio dottore, questa mena sberle. MEDICO Certo, dev'essere un massaggio sostenuto, se no non risolve! ARMIDA Eh, già e non c'è neanche gusto! MEDICO Ma com'è che è tutto bagnato? ARMIDA È per via che gli ho fatto una frizioncina! MEDICO L'ha frizionato? Brava signorina. (Al padrone) Se questo suo direttore non ha tirato le cuoia, deve dir grazie a questa sua lavorante; e poi non mi venga a dire che gli operai non amano i padroni. Guardi che riattivazione della circolazione ha combinato... guardi com'è tutto bello rosso... brava! ARMIDA Beh, sa mi sono arrangiata! PADRONE FABBRICA (ad Armida) Scusa semi sono lasciato scappare qualche modo un po' brusco... ma sai, io non lo sapevo... non me ne intendo. ARMIDA Oh, neanch'io. È la prima volta,... sa sono andata così un po' alla sanfasàn come capita, capita... roba di fantasia. Ad un certo punto ho adoperato perfino il creosoto. PADRONE FABBRICA Il creosoto?! ARMIDA Sì, questo disinfettante per i gabinetti... senta la puzza! MEDICO Eh, già è un ottimo vescicante... un po’ forte, magari. (Pratica una iniezione al direttore). ARMIDA Altro che forte... gli si staccavano i capelli a mazzetti, meno male che tanto è un parrucchino... MEDICO E con questo è senz'altro fuori pericolo. Ma cos'è 'sto odore di bruciato? PADRONE FABBRICA (indica il panciotto del direttore dal quale sta uscendo del fumo) Lì, lì, sta andando a fuoco! DIRETTORE Ahiauuuu! (Il direttore manda ululati e sgambetta). ARMIDA È un corto circuito... stacchi la spina! PADRONE FABBRICA Quale spina? 149 150 ARMIDA Ma questa, del flipper no? (Afferra una bombola di schiuma antincendio). MEDICO (strappa da sotto il panciotto del direttore, il termoforo fumante) Un termoforo? Ma chi gliel'ha messo? Lei? ARMIDA Io, quel coso lì? E per farci cosa poi? MEDICO (mentre il padrone calpesta il termoforo per spegnere la combustione il dottore spalanca la camicia al direttore) Guarda qua, è andato mezzo arrosto! ARMIDA Ah, ma io l'avevo capito subito che era una mezza fregatura 'sto flipper... MEDICO Flipper?! ARMIDA Sì, lui, questo. MEDICO Presto, portiamolo via di qui... ARMIDA Ah, sì... certo, certo... bisogna portarlo via subito. Ecco dateglielo indietro... è l'unica... (Così dicendo scarica addosso al direttore un gran getto di schiuma che lo ricopre completamente) Tanto è una schifezza... Un direttore di gomma, col parrucchino... interessa a me! LA MAESTRA DI BALLO: CATENA DI MONTAGGIO. Da “Grande pantomima per pupazzi piccoli, grandi e medi” Personaggi Maestra di ballo, Alcune operaie, Voce fuori campo di uno speaker. (voce fuori scena) Oggi il ritmo e l’armonia sono alla base della produzione specie nelle aziende moderne. Anche da noi, come già da tempo avviene in Giappone, ad allenare e ad ammaestrare le aspiranti operaie sono state chiamate delle provette insegnanti di danza. SPEAKER Nello spazio scenico completamente vuoto entra la maestra di ballo. (verso la quinta) Avanti quelle tre che abbiamo scelto ieri... (Entrano alcune ragazze un po’ impacciate che si disporranno in proscenio a lato della maestra di ballo, ed eseguiranno via via i movimenti da lei indicati). Accomodatevi carine, prego. È inutile che vi facciamo provare direttamente sulla catena di montaggio vera e propria, se prima non avrete acquisito, perfettamente, ogni singolo movimento dei ventiquattro diversi che dovrete eseguire, con armonia e MAESTRA 150 151 tempo esatto. È semplice, non è faticoso, è perfino elegante e divertente... ma dovrete prestare molta attenzione! Il nostro motto è: “Lavorare con gioia!” Immaginiamo che qui, a questa altezza, passi il nastro superiore della catena di montaggio e a questa, il nastro inferiore. Sul nastro superiore a dieci centimetri una dall’altra sono sistemate delle viti; ognuna di voi, con ambo le mani, deve afferrarne due e infilarle con gesto alternato nei fori del pezzo struttura che passa sul nastro sottostante. Provate... ecco, così, piano... non affrettatevi... lentamente... Brave! Non è difficile, vero?... Un due... un due... Attente adesso: sempre sul nastro superiore passa una nespola... una specie di sigaro metallico, che dovrete afferrare con i vostri dentini... così... ahmm... Attenzione che arriva... Ahmm... brave! Adesso, senza smettere il lavoro con le mani, infilate la spoletta in un foro situato in un altro spezzone meccanico che in questo istante vi passerà sulla sinistra. Saranno due di seguito le spolette da infilare... Ahmm uno infilare, ahmm due infilare... quindi con due colpetti della fronte dovete premere le spolette di scatto... ohpp! Oohpp!... Si riprende con il gesto base... Uno due... calma... non dovete stancarvi... Divertente, no? Semplice e divertente... Ora, terzo movimento: acchiappare con le narici del vostro nasino due piccoli gommini che troverete di passaggio sul nastro inferiore... inspirare, via... infilate veloci... via!... Brave! A questi gommini sono attaccati dei fili sottili di rame... date due begli strappi per stenderli... e poi di scatto andate ad avvolgerli sugli appositi rocchetti del tronco di sezione montaggio sulla sinistra. Tre giri bastano. Via... uno, due, tre... basta così. Ora soffiate forte col naso per fare uscire i gommini... snariggiate forte... brave!... Staccare per un attimo la mano destra e accompagnare il filo sul rocchetto del nastro sottostante... via con morbidezza... avvolgerlo così... con grazia... brave tesorini miei... due strusciate di palmo per l’avvitamento delle rotelle a vite con la sinistra... Lento... lungo... uno due! Basta così... Attenzione... vicino il piede destro c’è il pedale che comunica con la trancia... attenzione a ritirare le manine altrimenti zac... un bel colpo secco... e trac, tutte le dita via, per terra... il padrone non vuole! Fa disordine! Via... Brave... perfetto! Col fianco bloccate il rotatorio... un colpo d’anca sul pistone di sinistra... brave... e adesso due colpi d’anca sul pistone di destra... come quando si fa la mossa! Un altro sulla sinistra... zam! Piegare le gambe... portare avanti il bacino... il ventre... fino a far premere l’ombelico contro la ventosa applicata sul manubrio della 151 152 manovella del trapano... premere... là!... Oscillare rotando il bacino... sì, proprio come nella danza del ventre... splendido... ancora!... Retrocedere di scatto col bacino... e battere i glutei... (Aria interrogativa delle operaie)... sì, insomma, una sederata sulla sbarra timone che vi sta proprio di dietro e che provoca la chiusura del ciclo e l’inizio di quello nuovo. Forza con ’sta sederata!!!... Ohpp! Avete visto com’è semplice? In più ha il vantaggio di rassodare i muscoli dei pettorali ed eliminare la cellulite. Chissà quante signore pagherebbero per essere al vostro posto! Allora da capo: ripassiamo con calma. Afferrate le viti sopra e avvitate le viti sotto... uno due, uno due... arrivano le nespole... attenti con i dentini... ahmm!... Subito infilate sulla sinistra... ohpp! Altra spoletta... uno... op... due colpetti con la fronte... vai... vai... perfetto!... Pronti con le narici del naso, infilare i due gommini.. op, op... strappi numero due... stendere... avvolgere sul rocchetto alla sinistra... tre giri... op vai... stop! Snariggiata... due sniff-sniff... accompagnare i fili con la destra... dolcezza... unooo! Avvolgere... dueeee... treeee! Via con il palmo della sinistra... strusciare lungo sulla rotella, opp! Pronti per il colpo secco al pedale della trancia... via... zan! Bloccare col fianco due volte sul pistone di destra, uno sinistra... la mossa!... Uno... la mossa! Due... trimossa! Sinistra! Braaaave! Avanti col bacino... preciso con l’ombelico santo, sulla manopola ventosa... Gira gira... (Canta) la-la-la laìlaìlalalala... oriente misterioso e sensuale. Pronti per la sederata all’indietro arrestaciclo... vai! Bravee!... No, non vi fermate: riprendiamo da capo... Uno, due... forza che se non sbagliate siete assunte! Uno due, uno due con le mani alle viti... afferrate le spolette con i dentini... uno due a sinistra... uno due a sinistra... infila... colpetto con la fronte... due... op op... pronto il nasino prensile... prendi i gommini due... due strattoni tendifilo, op op... avvolgere a sinistra sul rocchetto... vrr vrr... oh che meraviglia! Snariggiata sgniff sgniff... vai con la destra... dolce... uuunooo duuueeee... avvolgere... duuueee treeee. Palmo a struscio con la sinistra sulla rotella... op, pedale trancia secco zamm!... la mossa!... Due destra... mossa trapani... mossa trapam... sinistra tratapram! Magnifico!... Via col pancino ombelico e pancino... gira la danza... vai orientalemorbosa-sensuale-vai... gluteo veloce pronti... fuori uno... perfetto! 152 153 Riprendono con ritmi ormai ossessivi mentre la voce dello speaker dice: In una fabbrìca di Milano, la Siemens, le operaie della catena di montaggio compiono quarantamilacinquecento movimenti in una sola giornata, di cui tremila con il pedale e colpo d’anca relativo, per la trancia. Tutte le operaie sono ammalate alle ovaie per il contraccolpo che scuote violentemente il bacino nello scatto al pedale. Quasi tutte soffrono di disturbi all’apparato genitale: infiammazione, uretriti, ecc. Alcune di loro hanno dovuto sottoporsi a interventi chirurgici che le hanno private definitivamente della possibilità di avere figli. VOCE SPEAKER Buio. Stacco musicale. LA MADRE DI MICHELE LU LANZONE Personaggi La Madre Prima infermiera Seconda infermiera Ragazzo cantore con chitarra. Al centro dello spazio scenico, un praticabile e uno sgabello. Un attore viene in proscenio a introdurre il brano. Luce piena. ATTORE Michele lu Lanzone è il nome di un famoso sindacalista siciliano ucciso dalla mafia negli anni ’50. La storia è raccontata dalla madre di Michele. L’azione drammatica si svolge dentro un manicomio dove la donna è stata ricoverata, rinchiusa per evitare che rechi danno a «sé e agli altri». Un ragazzo cantore introduce, con una filastrocca, il monologo. L’unico elemento scenografico sarà questo praticabile che vedete nel mezzo del palcoscenico. (Esce). Contemporaneamente entra in scena il Ragazzo cantore che si sistema a lato, in proscenio e accompagnandosi con una chitarra canta quasi sommesso, con pudore. 153 154 RAGAZZO Rosa la pazza la nanna faceva a ’nu pupazzo la ninna cantava ninna oh ninna oh. A questo punto della canzone entra in scena, percorrendo lentamente il praticabile, una donna senza età: la Madre. Indossa una lunga camicia di tela grossa; tiene tra le braccia un pupazzo di stracci, «una pigotta». Ogni tanto lo pettina e lo culla. Anche la donna canta, sussurando appena le parole della ballata. RAGAZZO Michele lu Lanzone fatti furbo lascia che corra l’acqua dove deve non t’impicciare tu di ’sto disturbo se per la valle l’acqua non si vede il contadino già s’è rassegnato tu statti bono o sei già sotterrato. MADRE (sedendosi si rivolge al pupazzo con grande debolezza, quasi sussurrando) Ti piace Cenzino ’sta canzoncina? Bella eh! È per tuo padre che l’hanno inventata... tutta per lui. Era importante tuo padre... accidenti se lo era! Quando passava lui si toglievano tutti il cappello i contadini... mica per soggezione... no, per rispetto, per considerazione... perché era il più bravo, il più coraggioso sindacalista di tutta la vallata! (Alzandosi in piedi; all’unisono con il chitarrista, a tono spiegato) Michele statti in salute e mantieniti vivo. Da questo momento la Madre, raccontando la sua storia, reciterà i vari personaggi (il figlio, i contadini, le donne), cambiando toni e atteggiamenti – sempre epica – mai naturalista. MADRE Lascia correre Michele... hanno già ammazzato più di settanta sindacalisti prima di te... tutti sotto terra sono finiti, perché si davano troppo da fare, Michele... si mettevano troppo in vista coi contadini! (Tono autoritario) No, i tempi sono cambiati... adesso la mafia deve star buona, che c’è la commissione apposita che li tiene sotto torchio! (Come parlasse ai contadini) Avete visto... già li abbiamo costretti a mollarci le terre del latifondo! (Altro tono) Già, ma 154 155 che ce ne facciamo senza l’acqua... manco i cocomeri ci resistono... brucia tutto! Se ci distribuivano il deserto della Libia era lo stesso! (Altro tono deciso, in risposta) L’acqua ci sarà! Basta che si faccia la diga... il progetto è già stato approvato. La regione ha già ordinato lo stanziamento... è questione di qualche mese: ora vado a Palermo... ci vado con tutti i sindaci della valle... se occorre verrete anche voi con le vostre donne e ci faremo sentire! RAGAZZO (grida e canta coprendo il ruolo di un contadino) Michele lu sindacalista!! Michele lu Lanzone ci stai facendo fare lu ballu del caprone! MADRE (come fosse uno dei contadini) Facciamo, faremo, è già fatto! Quanti anni sono che si aspetta!? Manco una pietra han messo per ’sta diga. Facciamo, faremo, è già fatto! Ci pare la storia di Mosè: abbiate pazienza... pazienza! E intanto noi si deve andare a fare il lavoro a giornata fino alla piana dei greci... sotto i proprietari... e anche le nostre donne... che la nostra terra ci serve solo per seppellirci i morti... e i figli nostri ci tocca mandarli alla miniera del sale e allo zolfo... che ci diventano rachitici, gobbi!... (Cambiando tono: altro contadino) Michele, qualcuno mette in giro la voce che ti hanno mandato qui i padroni... Sì, che sei pagato da loro... per tenerci tranquilli... con la speranza... le promesse... (Venendo in proscenio furente. Cambia tono) Chi dice questo? Fuori! Me lo deve venire a dire in faccia! In faccia! Sennò è un cornuto bastardo, figlio di cornuti! (Cambia tono: con dolcezza e preoccupazione) Non te la prendere Michele... lascia correre, ’sto mestiere non è per te... per fare il sindacalista bisogna esserci nati... è un mestiere difficile... bisogna saperci fare... esserci navigati... (All’unisono con il Ragazzo) Il governo ha distribuito tre sacchi di farina per ogni famiglia... siamo sotto le elezioni... per un po’ staranno quieti... (Scatta di tono come stesse tenendo un comizio) No! E proprio adesso che dobbiamo muoverci! Dobbiamo andare a pestare i pugni, adesso! (Implorante) Michele, lascia correre... Michele, ti vuoi rovinare... (Riprende con tono esasperato) Non capite che la diga sono i padroni a non volervela dare? Sono loro che bloccano tutto! Perché con ’sta diga tutta la vallata diventerebbe fertilissima... Potremmo adoperare l’acqua anche per lavarci i piedi... e potremmo far fontane come in piazza a Palermo! Ma allora vi trovereste a coltivare tranquilli tutti quanti le vostre terre, che vi rendono, a vivere del vostro! E a ’sto punto, dove li trovano loro... i padroni, i braccianti da 155 156 pagare una miseria come han fatto finora? E alla miniera di zolfo e a quella del sale chi ci andrebbe più a crepare con le piaghe dappertutto come lebbrosi? La chiudono! Ecco perché ’sta diga non ve la vogliono dare... a costo di far saltare in aria tutta la Sicilia... ad ogni costo!! Perché voi dovete restare straccioni morti di fame! (Cambia tono: spaventata) Michele statti zitto... non ti esporre... (Riprende la concione) No, la Sicilia saremo noi a farla saltare... Noi! Piantiamola di essere degli spaventati... Siamo capaci di ammazzare per il disonore... ma non è disonore essere dei pezzenti, degli sfruttati... crepar di fame? Andiamo tutti a Palermo... andiamo a prenderli per il collo ’sti padreterni bastardi! MADRE E RAGAZZO (all’unisono cantano) Palermu, Palermu, Jemmu, jemmu... MADRE (dolcissima e orgogliosa) Dovevi vederlo tuo padre, Cenzino, in testa a tutti scalmanato che pareva Rinaldo con le due spade! E tutti i contadini sui loro muli, sui ciucci, coi loro cartelli, che gridavano, scendevano verso Palermo che sembravano la lava del vulcano. MADRE E RAGAZZO (all’unisono cantano) Palermu, Palermu, Jemmu, emmu... . MADRE Ma non ce l’hanno fatta... è arrivata la polizia con le camionette. Dalle ville, i padroni, guardavano con i cannocchiali... Li hanno picchiati con i calci dei moschetti... erano più di mille. Tuo padre con un braccio rotto l’hanno portato in prigione... un anno gli hanno dato. (Accorata) Michele, chi te lo fa fare... Michele lascia correre... Tu ti butti troppo... e a che serve? I contadini, da sempre stanno sotto padrone... ci si sono rassegnati... non stargli a montare la testa... che poi lo vedi, te la fanno pagare a te, i padroni! La Madre va a rannicchiarsi sul fondo del palcoscenico. RAGAZZO E MADRE (in calando) Michele lu Lanzone fatti furbo lascia che corra l’acqua dove deve non t’impicciare tu di ’sto disturbo... Entrano due Infermiere. Portano un grande cesto, pieno di lenzuola. Ne prendono uno e lo tendono per piegarlo. 156 157 PRIMA INFERMIERA Ma che, mettiamo via i lenzuoli bagnati? SECONDA INFERMIERA E chi li mette via? Servono per la strozzina. PRIMA INFERMIERA La strozzina? Cos’è? SECONDA INFERMIERA Ma da dove vieni tu? Possibile che al manicomio di Messina non la adoperiate? PRIMA INFERMIERA Ehi! Non sarà mica quel sistema di avvolgerci i matti come salami, quando hanno la crisi... così che restano come soffocati? SECONDA INFERMIERA Certo, attraverso il lenzuolo bagnato non passa l’aria e track; è il sistema più spiccio per farli ritornare subito tranquilli... PRIMA INFERMIERA Chiamali tranquilli: svengono! Da noi, laggiù è proibito... SECONDA INFERMIERA Anche da noi... ma, insomma, si chiude un occhio... (Si sente un grido di donna provenire da fuori scena). Eccone una che è partita... vieni che ti metto subito in allenamento. Le due Infermiere escono correndo, portandosi appresso cesto e lenzuola. MADRE Sicuro che è uscito di prigione il tuo papà... Ma mica s’è rassegnato ’sto testardo... Macché, adesso stava tutto il giorno a studiare le carte al catasto. E una sera arriva a casa che cantava e gridava felice: «Guardate, ho trovato una mappa antica di chissà quanti anni... di prima dei Borboni... forse del tempo degli arabi. Qui, guardate, c’è segnato un fontanile... in cima alla nostra piana, sotto il Ronco dello Zoppo dove adesso è sotterrato da una frana... forse è una vena grande... forse c’è ancora... basta sgomberare... liberare il foro». (Cambia tono: implorante) Lascia correre Michele... non t’illudere... non t’immischiare! Se nessuno l’ha riscoperta quella vena d’acqua, ci sarà pure una ragione... Lascia perdere Michele. (Altro tono: all’istante eccitata e felice) Due giorni dopo era domenica e c’erano tutti i contadini con le zappe e le vanghe, e anche quelli della miniera, e le donne che trasportavano terra con i cesti sul capo e i vecchi. Anzi, c’erano due vecchi che suonavano la fisarmonica e la chitarra in continuazione e noi si lavorava quasi ballando... RAGAZZO E MADRE (cantano) Verrà lu tempu de li lampuni tutte le vocche rosse mi vo’ baciare... 157 158 MADRE Non era ancora mezzogiorno e ci fu un urlo! C’era!... Il foro c’era! Era otturato con dei mattoni crudi, proprio di quelli del sistema antico... Avessi visto, Cenzino, come si buttarono tutti quanti a scavare... uno dietro l’altro a turno, che il buco era stretto e solo un uomo per volta ci poteva stare. (S’inginocchia e mima di scavare con le mani, togliere mattoni e passarli ad altri) Vai vai! Si cantava intanto che si faceva il passamano coi mattoni. RAGAZZO (a voce spiegata) Vai vai! Buttami un bacio e vai verrà lu tempu de li lampuni tutte le vocche rosse mi vo’ rubare MADRE (esaltata) L’acqua! L’acqua esce... esce... Avessi visto, Cenzino, un getto incredibile... come trenta fontane. E tutti, uomini e donne, come impazziti sotto a prenderci la doccia... fradici a saltare, a ridere... a piangere... «L’acqua, l’acqua! Ah che bella cosa l’acqua!» RAGAZZO Verrà lu tempu de li lampuni... tutte le vocche rosse mi vo’ baciare! MADRE Ubriachi d’acqua eravamo. (Altro tono, urlato) «Non c’importa più la diga adesso! Se la tengano pure. Questa vena ci basta per tutta la valle... per tutte le coltivazioni, per i campi... non ci brucerà più il frumento... E chi andrà più in miniera adesso, a crepare come topi! La chiuderanno!» (Riprende per un attimo in sottofondo il «canto dei lamponi» scemando in malinconico). Ma il giorno appresso c’erano delle donne che piangevano per la strada. «Il fontanile non butta più acqua... la vena s’è già asciugata». Andarono correndo i contadini a vedere. «No, qualcuno ha otturato il buco». (Si inginocchia e mima di scavare freneticamente) Scavarono... scavarono... tirarono fuori qualcosa che otturava... (Parla a fatica, straziata) era Michele... il padre tuo: l’avevano ammazzato... e ce l’avevano ficcato dentro... come tappo. (Disperata) Michele, statti accorto, Michele. Chi te lo fa fare. I contadini già si sono rassegnati... da sempre sono rassegnati. (Intensa) Giustizia!! Sì, voglio giustizia! Sì, c’è perdio, la giustizia. Li hanno presi... li hanno ammanettati quelli che me l’hanno ammazzato... li hanno processati... due volte! E due volte li han lasciati uscire... tutti! E quelli che hanno testimoniato, che sapevano, anche loro li hanno trovati morti... senza la lingua... Michele... ti devi rassegnare Michele... noi dobbiamo avere pazienza... pazienza! (Con rabbia terribile, senza urlare) Pazienza! Finché 158 159 non scenderà la lava... la lava del vulcano, rossa a bruciare tutto: i padroni, chi li difende, chi li protegge... tutto, tutto bisogna bruciare... bisogna bruciare... (Come la vedesse) La lava... ecco scende... è rossa! Brucia... Scappate... no, non potete... Porci, massa di porci... chiamate l’ordine che vi protegga... chiamate i giudici che vi difendano, porci... tutti brucerete... ! Michele, abbiamo vinto, Michele... Michele... Entrano correndo le due Infermiere, dispiegano il lenzuolo, lo buttano addosso alla Madre coprendola completamente. Torcono i due capi del lenzuolo e mettono in atto la «strozzina». SECONDA INFERMIERA Forza, qua ce n’è un’altra... dài, butta! Gira... ecco: torci, torci. È in trappola. MADRE (continua a urlare e ad agitare le braccia sempre più lentamente) Non c’è più speranza... (La voce si fa scura e tenue fino a cessare) ti devi rassegnare Michele... Michele... Michele... La donna cade lentamente quindi si accascia di schianto a terra. SECONDA INFERMIERA Ecco fatto. Le due Infermiere sciolgono dalla stretta la Madre, liberandola dal lenzuolo; lenzuolo che tendono davanti al corpo inerte della donna a mo’ di sipario. La ballata del cantore si conclude, mentre cala lentamente la luce. RAGAZZO Michele lu Lanzone fatti furbo lascia correre l’acqua dove deve... ecc. ecc. ABBIAMO TUTTE LA STESSA STORIA. Nel centro della scena vuota un praticabile scosceso delle dimensioni di un grande letto sul quale è distesa, profilo al pubblico, una giovane donna che mima un rapporto sessuale facendo immaginare un appassionato amplesso col partner. Luce bassa. 159 160 RAGAZZA No, no, per favore... per favore... stai fermo... non così, non mi fai respirare. Aspetta... Sì che mi piace far l’amore, ma vorrei... ecco, un po’ più di, come dire? Mi strizzi dappertutto! Tirati su... Piantala! Mi bausci tutta la faccia... No! Nell’orecchio no! Sì, mi piace, ma mi pari un frullatore con quella lingua lì! Ma quante mani hai?! Fammi respirare. Mamma mia, come pesi... Cos’hai mangiato oggi?!... Tirati su, ho detto! (Si leva lentamente come se si liberasse dal peso del corpo dell’uomo, ponendosi a sedere di fronte al pubblico) Oh, finalmente! Sono tutta sudata! Ti sembra il modo di fare all’amore?... Sì, mi piace, mi piace fare l’amore, ma vorrei farlo anche con un po’ di sentimento... Ma che c’entra il sentimentalismo? Ecco, lo sapevo che saltavi fuori a dire che sono stronza romantica e fumettara!... Ma certo che mi va di fare l’amore, ma lo vuoi capire che non sono un flipper, che basta metterci dentro le cento lire si accendono tutte le lampadine e tun trin toch toch... den den den... din!, e lo puoi sbattere come ti pare! Non sono un flipper! A me se mi sbatti, vado in tilt! Possibile che se una di noi non si mette subito in posizione comoda, su la sottana e giù le mutande, gambe divaricate e ben distese, è subito una stronza-complessata, con le pruderie dell’onore e del pudore inculcate da una educazione reazionaria - imperialista - capitalistica -massonica - conformista - astroungarica-cattolica repressa?... Sono saccente eh? E la donna saccente rompe i colions! Meglio la cretinotta con la risata erotica... (Ride basso, eroticosgangherato) Va’ via... Lasciami perdere... (Canterella nervosa, poi lancia un piccolo grido) Cosa mi tocchi?... Lo sai che non voglio... (Arrendevole) No, non sono offesa... E va bene, facciamolo, questo amore! (Si ridistende di profilo al pubblico; dal cambio di tono, s’intuisce che ha ripreso il rapporto sessuale) Pensare che quando vuoi, sai essere così dolce... quasi umano! Proprio un compagno! (Diventa languida, parla con voce trasognata) Con te mi riesce di parlare di cose che normalmente non riesco neanche a dire... cose perfino... intelligenti. Ecco, tu mi fai sentire intelligente! Con te mi realizzo... E poi tu non vieni con me solo perché ti piace come faccio all’amore... ma anche dopo, resti con me... e io parlo e tu mi ascolti... (Sempre più languida) Tu parli e io ti ascolto... parli... parli e io... (Languidissima) e io... (Si capisce che sta per raggiungere il cosiddetto «orgasmo»... ovviamente solo dal tono di voce!!) e io... e io... (Cambia completamente tono. Di colpo è realista e terrorizzata) Resto incinta!! (Implorante) Fermati... 160 161 fermati... (Perentoria) Fermati!! Ti hanno caricato con la chiavetta? (L’uomo s’è finalmente bloccato). Devo dirti una cosa importante... Non ho preso la pillola... No, non la prendo più... mi fa male, mi fa venire due seni che sembrano le cupole di San Pietro. Sì, va bene, continuiamo... ma ti prego, fai attenzione... Non ti dimenticare cos’è successo quella volta là... come sono stata male! (Cambia tono) Sì, lo so, anche tu sei stato male, ma io di più se non ti spiace! Sì, continuiamo, ma stai attento... (Hanno ripreso a fare l’amore. La ragazza resta qualche secondo immobile in silenzio a occhi spalancati poi nervosamente batte il piede per terra. Guarda il suo immaginario partner e gli bisbiglia con voce piena d’apprensione) Stai attento! (Si estrania ancora, poi gli ripete con altro tono di voce) Stai attento!!! (Seccata) No, non riesco! Non riesco! Questo fatto dell’incintamento m’ha ghiacciato il sangue nelle vene!!... Il diaframma? Sì, lo uso, ma tu non mi avevi detto che oggi... e poi quel coso di gomma nella pancia non mi piace... mi fa impressione... mi pare di avere dentro un chewing gum... (S’intuisce che l’uomo si è staccato dalla donna. Lei ritorna a sedere, dispiaciuta, di fronte al pubblico) Ti sei spoetizzato? Be’, mi dispiace! Però è perlomeno buffo: io non voglio restare incinta e lui si spoetizza! (Via via, con più rabbia) E tu saresti un compagno? Sai che compagno sei tu? Sei un compagno del cazzo. O yes! È con quello che ragioni. È lui, il tuo compagno! È lui che è rimasto cattolico-imperialista-plutocrate-massonico-represso. Se lo guardi bene ha in testa la papalina da cardinale... con i gradi da generale, e il fiocco da fascista!! Sì, fascista!! (Indignata) Villano! (Le viene da piangere) Una cosa così, a me, non la dovevi dire... (Piange) Dirmi che ragiono con l’utero... Certo che piango, mi hai offesa, mi hai! (Si distende come se l’uomo l’avesse spinta con forza) Ma come, io piango e tu ti ecciti?! Ma, ma... sì, sì... facciamo all’amore... (Piena d’amore) Anch’io, anch’io ti voglio bene... la colpa non è tua... la colpa è della società... dell’egoismo... (Diventa via via più languida) dell’imperialismo... delle multinazionali... dell’energia nucleare. Fermati! Ma perché la parola «energia nucleare» ti eccita tanto! (Cambia tono) Fermati... fermati!! (Si lascia andare come senza vita. Senza tono, con voce piatta) Non ti sei fermato! (Disperata) Sono incinta! (Lo spinge via) Sono incinta... (Gridando) Sono incinta!!! (Cambio di luce: da tenue a violenta. La ragazza si mette a sedere girata dalla parte opposta rispetto al luogo dove stava il fidanzato. Ora è come se si 161 162 trovasse in uno studio medico. La sua interlocutrice è una levatrice) Sì signora, sono incinta... quasi tre mesi... Sì signora, ho fatto le analisi... Sì signora, mi stendo... (Si stende, profilo al pubblico) La prego, faccia piano... Sì lo so che non fa male, che è solo una visita, ma sono nervosa... da noi non c’è questo tipo di educazione... Sì, ho già fatto un aborto, tempo fa... senza anestesia né parziale né totale, come dire «da sveglia»... È stato tremendo... un dolore! La cosa peggiore però è come mi trattavano... come fossi una puttana! E non potevo nemmeno gridare: «Taci, – mi dicevano, – hai sbagliato, paga!!» (Cambia tono. Fa cenno con le dita, che intende di aver pagato oltre che col dolore anche col denaro) E ho pagato! Adesso il mio aborto (Si rimette a sedere) lo voglio fare bene... non voglio sentire male, anestesia totale! Mi voglio fare una dormita! Non voglio sentire niente di niente... non voglio sapere niente... nemmeno il giorno che mi fate l’aborto... voi mi addormentate una settimana prima, poi con calma, quando avete tempo... (Cambia tono. Seria) Un milione? Un milione?! Sono aumentati i prezzi eh!?... Sì, sì, mi rendo conto: l’anestesista, il rischio... (Cambia tono) Un milione?!... Lo so, signora, che c’è la Legge! È proprio dalla 194 che vengo... Non le dico come sono impazzita per trovare un medico che mi facesse il certificato d’aborto, l’ospedale che mi mettesse in lista... Finalmente mi mandano a chiamare, entro: obiettavano tutti! Un solo medico faceva aborti... stanco morto... tutti gli altri obiettavano. Obiettavano le infermiere, quelli delle analisi, il cuoco... Che obiettore il cuoco! Roba che se non ci fossero state quelle ragazze che occupavano il reparto, saremmo morte di fame. Poi è arrivata la polizia, ha caricato le ragazze, le ha sbattute fuori. Io mi sono spaventata e mi sono detta: «Con questa Legge, va a finire che mio figlio mi nasce di ventiquattro anni... col militare già fatto, bell’e che disoccupato, pronto per emigrare in Germania! Vado a farlo clandestino... » (Cambia tono) Un milione! Adesso capisco perché obiettano i ginecologi... chiamali fessi! Un milione a ogni obiezione e diventano miliardari sulla nostra pelle! Altro che cucchiai d’oro! (Si alza decisa) No, signora, non lo faccio... No, non è per i soldi, me li potrei far prestare... È che non accetto il ricatto... c’è una Legge, rispettatela! (Cambia tono. Riflessiva)... E poi, prima o poi, un figlio bisogna farlo... già che ci sono... me lo tengo... (Ha finalmente deciso) Mi realizzo... Sì, mi realizzo! (Esaltandosi, a squarciagola) Mi realizzo!!! (Sale, spalle al pubblico, sul praticabile. Felice grida) Maternità! Maternità!! Maternitàaa!! Terzo mese, quarto mese, quinto mese. (Si volta 162 163 verso il pubblico) Il seno cresce, il ventre cresce... Via con gli esercizi ginnici preparatori a una buona gestazione! Uno, due, tre, quattro! Flessione: uno, due, tre, quattro! (Esegue) Respiro del cane (Come sopra) aha, aha, ahah... Distendersi (Esegue): uno, due, tre, quattro. Respiro del cane (Come sopra) aha aha aha... più forte... (Respira più velocemente) Mi gira la testa... Svenimenti... (Si lascia andare come svenuta per qualche secondo) Oh, nausea... Ooh, si muove! (Scivola a sedere faccia al pubblico, ispirata) La creatura si muove! Come un frullio d’ali! (Come in estasi) Che cosa dolce, dolce... (Cambia tono) Dolce! Gelato... gelato... che voglia di gelato, alla panna con spaghetti, acciughe, melone e salame!! (Tono professionale come fosse una levatrice che parla a lei) Grido acuto con l’addome. (Esegue) Aaah. Più fondo (Come sopra): aah. (Incalzante) Più fondo... (Si blocca di colpo. Lentamente si distende al centro del praticabile, testa al pubblico) Ci sono, ci sono... Sì, signora, mi stendo... Sì signora sono calma... Sì signora, respiro del cane... ah, ah... Sì, spingo... oddio come sto male, sto male. Ahia... ahi! (Urla di dolore) Non ce la faccio più... fate qualche cosa... Ahia... Ahi... Dov’è lui? Dov’è lui?... Fuori?... Cosa fa?... (Cambia tono) Fuma nervoso! (Si mette a sedere roteando verso il pubblico) Poverino!! È nervoso!... È teso!! Non poteva essere più teso prima, quando mi ha messo incinta?! (Si rivolge direttamente alle donne presenti in platea) Io non so voi, ma a me, ’sto fatto dell’incintamento della donna sempre e del maschio mai, non mi va giù! Contesto! Ce l’ho fisso nel cervello... me lo sogno perfino alla notte. Mi sono sognata che il mio lui aveva i seni! Belli! Grossi! Rotondi!! Io volevo toccaccionarglieli un po’ e lui: «Non toccare i miei senini! La mia mamma non vuole!» Chissà cosa credeva d’avere lì! E mi ha spiegato che lui è un fémino, un uomo fémino, che è una razza speciale di uomini... che, se hanno un rapporto sessuale con una femmina e non hanno preso l’anticoncezionale, restano incinti! (Si gira verso destra come se seduto al suo fianco ci fosse il fidanzato. Mima di toccargli il seno) Pot, pot! Come sei bello... dài, stenditi... (Si stende come se l’uomo fosse sotto di lei) Su, spogliati che ti devo parlare... Che c’è?... Ti sento nervoso... teso... Non hai preso la pillola?... Non importa! Ti amo lo stesso! Non fa nulla se non hai preso la pillola... se resti incinto c’è la 194 che ti protegge... Sennò, te lo faccio fare clandestino, anestesia totale, pago tutto io... se invece vuoi farlo il tuo bambino, ti sposo... (Incalzante) Dài, facciamo l’amore, facciamo l’amore, non fa nulla se resti incinto: l’uomo si realizza solo se diventa madre! (Grida) Madre! Madreee! (Dalla posizione precedente si ribalta 163 164 mettendosi supina) È nato! È nato !! (Si mette a sedere guardando verso centro platea. Piena di speranza) È un maschio?... (Tesa delusione) No?... (Allibita) Cos’è?!! SIGLA FINALE: I SUPEREROI. Un tempo c’erano i cow-boys, giustizieri senza paura, velocissimi ad estrarre la Colt; non li vedevi manco alla moviola. Erano semplici eroi Quei mandriani deii cow-boys, e sempre timidi con le ragazze sopra i cavalli facevan cose pazze. La giustizia ed il coraggio Eran legge di frontiera. Difendevan l’innocente Accoppando il delinquente. Erano semplici eroi, smascheravano trafficanti e giudici corrotti e possidenti per non parlare dei politicanti. Ma, sia detto fra di noi, eran proprio dei sempliciotti quei cow-boys, ma poi, ma poi finalmente arriviamo noi. Finalmente arriviamo noi Arriviamo noi I Supereroi! E c’è una bella differenza Giudicate voi: non andiamo sui cavalli, viaggiamo più veloci di un mandato di cattura, più efficienti di un supergenerale del Servizio Speciale. Noi siamo esseri soprannaturali, noi solleviamo montagne e palazzi, come fossero semplici pacchetti. Viaggiamo senza bollo e non ci tocca Far la fila al distributore. 164 165 Siamo dispensati da ogni tassazione Sulla circolazione. E non paghiamo l’assicurazione. Perché noi, perché noi Siamo I Supereroi. Mica fessi come voi, mica fessi come voi! Voi pagate le tasse dirette e indirette, e fate il servizio militare con le stellette. A voi può capitare d’esser licenziati, messi in Cassa Integrazione, o disoccupati. Voi pagate le multe, o finite in prigione per solo indizio; per anni in attesa di giudizio. Per tutto il tempo a contare i vostri passi, a meno che non vi chiamiate Tanassi. Perché voi, perché voi Siete più fessi dei cow-boys Mentre noi, mentre noi Siamo i diritti Superman. Sì ma a dir la verità Questi nostri non esistono E un fiume di grana sicura E niente grane con la Censura. Ci rivolgiamo a gente innocente, che vuol restare nulla pensante. Perché noi, perché noi Siamo I Supereroi. Mica fessi come voi, mica fessi come voi! FINE 165 166 FR.II Casellanti?... chi sono ste casellanti? FRANCA Sono delle donne che stanno ai passaggi a livello a controllare… FR.II Ah, quelle che abbassano le sbarre…dlin, dlin…che porca di una miseriaccia arrivi con la macchina e resti bloccata proprio all’ultimo secondo e ti tocca spettare un casino di tempo che il treno è in ritardo e non passa mai! Che rompiscatole ‘ste casellanti… FRANCA Ah, rompiscatole? E se non ci fossero loro, ‘ste povere donne, che se ne stanno sempre attente a tirare giù le sbarre che se se ne dimenticano una succede un disastro e loro finiscono in galera! FR.II In galera? Giusto, “l’emancipazione della donna, parte dalla schiavitù…per poi passare dalla galera!” FRANCA Piantala! Dunque, questa donna casellante, vive con la famiglia in un casello ferroviario…i treni vanno e vengono di notte…e lei racconta ad un giornalista che la sta intervistando … FR. II Piantala di chiacchierare, faccelo vedere sto sckec, sono proprio curiosa di vedere com’eri 15 anni fa… FRANCA Non c’è quello di 15 anni fa…lo dobbiamo recitare adesso… dobbiamo rifarlo…quello registrato come tutti i testi recitati da me e Dario sono stati distrutti. Dopo la rottura con la televisione hanno cancellato tutto. FR.II Ma va?... beh, hanno fatto bene…Bisogna dimenticare il passato, se si vuole andare avanti!! Bisogna guardare verso il futuro!! Vai, con il nuovo, vai!! 166 167 DONNA (ad alta voce per richiamare l’attenzione) Signora... Signora! Buongiorno!... Ma da quando è venuta ad abitare di fronte a casa mia?... Non mi sono neanche accorta del trasloco... credevo fosse proprio disabitato. Sono contenta... (Quasi urlando) Dicevo che sono contenta... Non mi sente? Ah sì, ha ragione... la radio... la spengo subito... (Esegue) Mi scusi tanto, ma quando sono in casa sola, se non ho la radio bella sparata mi viene voglia di impiccarmi. In questa stanza (Si dirige alla porta di sinistra) ho sempre in funzione il giradischi... (Apre la porta, si sente una musica) Sente? (Richiude) In cucina il mangianastri... (Idem alla porta di cucina: ne esce una musica struggente). Che languore! (Richiude la porta) Così in qualsiasi stanza vado, ho la compagnia. (Si avvicina al tavolo e inizia a lavorare: spazzola la giacca da uomo, attacca bottoni, ecc.) No... in camera da letto no, ci mancherebbe altro! No, lì ho il televisore... sempre in funzione... a tutto volume! Ora stanno trasmettendo una messa. Cantata!... In polacco. Che lingua! Da Papi! Tribuna Politica Non si capisce niente... Sì, mi piacciono anche i non ballabili... purché sia musica... il rumore... mi tiene compagnia. E lei come fa a tenersi compagnia? Ah, ha un figlio! Che fortunata!... Che stupida, anch’io ho un figlio... anzi, ne ho due. Scusi, me ne ero dimenticato uno, per l’emozione di parlare con lei... No, non mi tengono compagnia. La più grande è grande, sa, gli amici, le amichette... Il maschietto invece è sempre con me, ma neanche lui mi tiene compagnia... Eh, dorme! Dorme sempre! Mangia, dorme e fa la cacca! È un cagone! Ma io non mi lamento, io sto bene in casa mia... non mi manca niente... mio marito mi tiene come una rosa nella serra!... Ho tutto! Ho... Dio, quante cose ho... Ho il frigorifero!... Sì, lo so che il frigorifero ce l’hanno tutti... (Dandosi molta importanza) ma il mio... fa il ghiaccio a palline!! Elettronico, signora! Ho la lavabiancheria, 24 cicli! Lava e asciuga... Ma come asciuga!... Certe volte devo ribagnare tutto per poter stirare... è tutto secco! Ho le pentole a pressione... il frullatore «Girmiii», la musica in tutte le stanze, cosa devo volere di più dalla vita io... Dopotutto, sono solo una donna... Sì, ce l’avevo, a ore, poi è scappata; poi ne è venuta un’altra, è scappata anche quella. Scappano tutte le donne a casa mia... Come?... No, non per me... (Imbarazzata) per mio cognato... Eh... le toccava! Le toccava tutte! Proprio lì... È ammalato... Morboso? Non so se sia morboso, so solo che pretendeva certe cose da queste ragazze... e loro giustamente si ribellavano. Vorrei vedere lei, cara signora, che è lì che fa i mestieri e tràchete!, 167 168 manata sul sedere …le si infila una mano sotto... che strizza... e vedesse che mano che ha mio cognato! Meno male che ne ha una sola!... Ma no, cosa ha capito? Un incidente, un incidente di macchina... pensi, così giovane, trent’anni, si è tutto rotto! È ingessato dalla testa ai piedi; l’hanno ingessato seduto per farlo stare più comodo... è stata una gentilezza del primario... Gli hanno lasciato solo un buchino per respirare e mangiare. Parlare non se ne parla, biascica solo qualcosa... non si capisce niente. Gli occhi sono rimasti sani, quindi non glieli hanno ingessati... glieli hanno lasciati fuori... poi gli hanno lasciato fuori anche la mano tocacciona... che anche quella è rimasta sana... ed è rimasto sano anche... (Si blocca imbarazzata) Non so come dire... ci conosciamo da così poco tempo, non vorrei che pensasse male di me... Insomma... è rimasto sano... lì. Com’è sano lì, signora! Anche troppo!! Ha sempre voglia di... lei mi capisce... Sì, per quello si distrae. Legge, legge moltissimo... s’informa... Fumetti porno! Ha la stanza piena di riviste schifose, con su tutte le donne nude... in certe posizioni! Scomode! Per me, quelle povere ragazze dopo le foto le ingessano come mio cognato... Con su dei pezzi di carne anatomica, ingrandita, a colori... pare un dépliant di macelleria! Che a me, quando me ne capita una in mano la giro, la rigiro e dico: «Ma cos’è? cos’è?!!» Poi quando capisco cos’è (Lancia un urlo): «Ahaahaa!... » e non riesco più a cucinare la bistecca! E così, da quando tutte le donne se ne sono andate, mi occupo io di mio cognato, sa, io lo faccio per mio marito... è suo fratello dopotutto... Ma che dice mio cognato?! Mio cognato... a me? (Risentita) A me mi rispetta eccome! Ci mancherebbe altro! A me, prima di allungare la mano... me lo chiede, me lo chiede sempre! (Squilla il telefono). Oh, dev’essere mio marito... mi chiama sempre a quest’ora. Scusi un attimo... (Risponde al telefono, tutta miele) Pronto?... Come? Sì... ma come... Vaffanculo, stronzo Vammoriammazzato, porco! (Posa la cornetta con forza. È furiosa. Guarda la dirimpettaia e le fa un sorriso, quasi a chiedere scusa) Scusi la parolaccia... ma quando ci vuole ci vuole! (Riprende a lavorare nervosamente) No, no, non era mio marito, ci mancherebbe altro!... (Fuori dalla grazia di Dio) Non so chi sia! È un porcone telefonico! Mi telefona una, due, tre... mila volte al giorno! Mi dice delle zozzerie... ma di quelle parole... che non esistono nemmeno sul vocabolario... le ho cercate sullo Zingarelli... non ci sono! Dev’essere un oriundo... Ammalato? Senta, ne ho già uno di ammalato in casa... Non sono l’infermiera di tutti gli sporcaccioni d’Italia, io! (Squilla di nuovo il telefono) Questo è 168 169 ancora lui! Stia a vedere cosa faccio adesso... Non lo lascio neanche parlare. (Solleva la cornetta) Pronto porco! Ti avverto che il mio telefono è controllato dalla polizia e se... (Cambiando completamente tono) Ciao... (Rivolta alla dirimpettaia, tappando con la mano la cornetta) È mio marito! (Parla al telefono. È molto impacciata) No, non ce l’avevo con te, caro... credevo fosse... insomma c’è un signore che telefona sempre... chiede di te!... Dice delle parolacce tremende... È arrabbiato con te... dice che tu gli devi dei soldi... Così, io, per spaventarlo, gli ho detto «polizia»! (Cambia completamente tono: meravigliata, sempre più meravigliata) Sì, sono in casa... Aldo, ti giuro che sono in casa! Ma scusa, che numero di telefono hai fatto?... E se ti rispondo dove vuoi che sia!... Non sono uscita! Come faccio a uscire se mi chiudi in casa a chiave?! (Rivolta alla dirimpettaia) Signora guardi che mio marito... (Al telefono) Pronto... No, non sto parlando con nessuno... Sì, ho detto «signora»... ma ogni tanto tra me e me mi chiamo signora... No, in casa non c’è nessuno... Sì, c’è tuo fratello, ma non è qui... è in camera sua, sì sì sta vedendo il filmino... Sì, il bambino dorme... Sì, gli ho dato da mangiare... Sì il bambino s’è svagliato…Sì, gli ho fatto fare la pipì... (Seccata) Sì, anche a tuo fratello! (Cerca di controllarsi) Ma chi si arrabbia... dicevo di stare tranquillo che in casa tutti hanno fatto pipì…Senti…Ma…Ma va al diavolo va!!... Ciao, sì... no, no, sono felice... sono felice, Aldo, sono molto felice. (Sempre più nervosa) Ero qui che stiravo e ridevo... Sì Aldo, sono felice... (Gridando) Sono feliceeee! (Attacca il ricevitore. Lancia un urlo di rabbia contro il telefono. Guarda la dirimpettaia per un attimo, seria e tesa, poi le fa un gran sorriso silenzioso. Ha ripreso il controllo dei suoi nervi) Ha detto così, che quando viene a casa mi riempie la faccia di sberle…Mio marito?? A me?? Me ne da, signora… Ma dice che lo fa perché mi vuol bene…perchè mi adora…che mi deve proteggere, e il primo che mi frega è lui..Per proteggermi meglio mi tiene chiusa in casa come una gallina deficiente, me le da quando gli gira, e subito vuole far l’amore, cara signora! E non fa niente se io non ne ho voglia…Sempre pronta devo essere io! Come il Nescafè…Lavata, profumata, depilata, snodata…Vogliosa…Ma zitta! Basta che respiri… E faccio un gridolino (Gorgheggiando in falsetto con la voce) …Ogni tanto…per fargli credere che ci sto…Invece no, cara signora, io con mio marito non ci sto, non sento niente… Non riesco proprio a..a…(Si ferma, composta) Sì. Quella parola lì. Che parola! …(Con fare schizzinoso) Non la dico mai io sa, non mi piace… Orgasmo! Che parola…Mi pare 169 170 come il nome di una bestiaccia schifosa…Ha visto? Gli ho dovuto dire una bugia... Eh no, non lo sa del porcone telefonico... se glielo dico va a finire che se la prende con me!... Lo so che io non ho colpa, ma lui dice che se loro insistono è perché sentono che io mi turbo, si eccitano di più e insistono col masturbo! E va a finire che mi fa togliere anche il telefono... Già mi tiene chiusa in casa... Prigioniera! La mattina quando esce mi chiude... Per la spesa? La fa lui... (Riprende a stirare) Be’, se succede qualcosa, lui telefona ogni tanto... Ma cosa vuole che succeda in casa mia... Siamo una famiglia tranquilla... (Di colpo smette di stirare. Punta lo sguardo più in alto. Cerca di coprirsi i seni: il sinistro con un bavaglino, il destro... col ferro da stiro – indicheremo il momento esatto in cui preme il ferro sul seno. Ad altissima voce) Ti vedo, sai! (Alla dirimpettaia) Scusi un attimo. (Al guardone) È inutile che ti nascondi, sai... vedo il binocolo che brilla nel sole! (Si mette il ferro sul seno e lo toglie subito lanciando un urlo. Alla dirimpettaia) Oddio, mi sono stirata un seno!! Là, lei non può vederlo... è la finestra sopra la sua... Pure il guardone mi mancava oggi!... Vede, una povera donna non può starsene un po’ in deshabillé in casa sua a stirare... Per colpa di quello lì devo stirare con su il paltò! (Gridando rivolta al Guardone) Vero?... E il passamontagna!... E gli sci!... Che non so neanche sciare, cado e mi rompo tutta come mio cognato!... (Alla dirimpettaia) La polizia? No, non la chiamo. Sa cosa succede? Arrivano, stendono un bel verbale, vogliono sapere fino a che punto ero nuda o vestita in casa mia... se ho provocato il guardone con danze erotiche... e per finire io, solo io, mi becco una bella denuncia per atti osceni in luogo privato, ma esposto al pubblico! No, no, me la cavo da me. (Stacca dalla parete il fucile da caccia grossa e lo punta alla volta del Guardone gridando) Ti ammazzo, porco! (Delusa) È scappato! (Rivolta alla finestra del Guardone) Basta vedere un fucile che scappa! Vigliacco! Vieni fuori, orbo di un binocolaio!... (Posa il fucile sul tavolo. Alla dirimpettaia) L’ho fatta ridere? Sono matta? (Riprende a stirare) Meglio essere matta, piuttosto che fare come facevo prima... ogni due mesi mi ingoiavo un tubetto di Veronal... tutte le pastiglie rotonde che trovavo nel bagno le mandavo giù... persino il vermifugo dei bambini... per la disperazione! O tagliarmi le vene come ho fatto tre mesi fa!... Sì, le vene... guardi qua... ci ho ancora le cicatrici... vede? (Le mostra i polsi) No signora, mi dispiace, ma ’sta storia delle vene non gliela posso raccontare. È riservata e intima. Non mi sento proprio... ci conosciamo da poco tempo... (Cambia completamente tono) Gliela racconto?... No, no... ho 170 171 avuto un conato di confidenza col suo palazzo! Forse mi fa bene... può darsi che mi sfoghi. È una storia triste! Dunque... è stato per via di un ragazzo... quindici anni più giovane di me... che oltre tutto dimostrava ancora meno della sua età... timido, impacciato... dolce... delicato... roba che farci l’amore insieme sarebbe stato come fare... un incesto! Un incesto!! L’ho fatto!... Come, cosa ho fatto? Ho fatto l’incesto. Ho fatto l’amore col ragazzo! E sa la cosa più terribile? Non me ne vergognavo... anzi, ero felice! Cantavo dalla mattina alla sera... La sera no, la sera piangevo: «Sei una depravata», mi dicevo. (Si sente strombettare fuori scena). Scusi un attimo... questo è mio cognato che mi chiama con la trombetta... un momento, torno immediatamente. (Affacciandosi alla porta di sinistra) Che c’è, caro? Stai tranquillo un attimo... sto parlando con una signora... (Squilla il telefono. Richiude la porta e corre a rispondere alla chiamata telefonica) Pronto... che c’è Aldo... perché mi chiami così subito?... Se viene chi? Quello dei soldi?... (Quasi tra sé) E chi è quello dei soldi?!... Ah, quello che telefona sempre... Be’, che devo fare... tanto sono chiusa dentro, mica posso farlo passare dalla serratura... Ah, devo far finta di non essere in casa... spegnere la radio, il giradischi, il televisore... d’accordo, come vuoi tu, agli ordini capo! Anzi, per te faccio di più! Sai che faccio Aldo? Vado in gabinetto, mi tuffo nella tazza e tiro la catena!... E s’incazza pure! Ma va’ a morì ammazzato! (Abbassa la cornetta. È furiosa) Ha detto che quando torna mi riempie la faccia di schiaffi! A me? Mio marito a me?... Me ne dà!! (Riprende a lavorare) Ma dice che lo fa perché mi ama, che mi adora! Che io sono rimasta una bambina, che lui mi deve proteggere... e per proteggermi meglio il primo che mi frega è lui! Mi tiene chiusa in casa come una gallina scema, mi prende a sberle... e poi subito vuol fare l’amore!... Sì, l’amore! E non gliene frega niente se a me non va, se non ne ho voglia! Sempre pronta devo essere io, sempre pronta! Come il Nescafè! Lavata, profumata, depilata, calda, snodata, vogliosa, ma: zitta! Basta che respiri! E faccia un gridolino ogni tanto, per fargli credere che ci sto. E invece io con mio marito non ci sto! Insomma non sento niente... io... non riesco ad arrivare... (È molto imbarazzata, non trova la parola giusta. La vicina gliela suggerisce) Ecco, sì... quella parola lì... Che parola! (Si va a sedere sullo sgabello) Che parola!! Non la dico mai! Orgasmo! Mi pare come il nome di una bestiaccia schifosa... un incrocio fra un mandrillo e un orango. 171 172 Mi pare di leggerlo a grandi titoli sui giornali: «Orgasmo adulto fuggito dal circo americano!», «Suora aggredita allo zoo da un orgasmo impazzito». Quando poi dicono: «Ha raggiunto l’orgasmo», mi pare di vedere un povero disgraziato tapino che dopo una gran corsa riesce a prendere il tram al volo... (Ride) Ah, fa lo stesso effetto anche a lei?... (Con voce gutturale) o-r-ga-smo!! (Si siede sullo sgabello) Che parolaaa!! Pare il nome dell’orco: «Fai il bravo bambino mangia la pappa, altrimenti ti chiamo l’orgasmo!» Con tanti nomi che ci sono... non potevano chiamarlo ad esempio «sedia»?... Sì, sedia... così uno dice: «Ho raggiunto la sedia», primo, non si fa capire che ha fatto le brutte cose... secondo, se è stanco si riposa! (Ride divertita) Dove ero rimasta?... Ah, sì, mi scusi, ma questo fatto dell’orgasmo mi ha fatto perdere il filo. Con mio marito, non sento niente! Niente! Guardi come faccio l’amore con mio marito... così. (Restando seduta si stende rigida mettendosi sull’attenti, come un soldato) E quando ha finito dico: «Riposo!»... No, non ad alta voce, sennò me le dà... Di dentro... io parlo sempre di dentro. «Riposo!» e dormo rilassata. Non so perché con mio marito non sento niente. Forse perché mi sento come... bloccata... mi pare di essere come... (Non riesce a trovare la giusta definizione. La dirimpettaia gliela suggerisce. Cambiando completamente tono) Sì! Ma perché lei ha aspettato tanti anni a venire a stare di fronte a casa mia! Ma sa il tempo che ci penso... che è anche una parola facile: «adoperata»! Sì, adoperata, come il rasoio elettrico, il fon per i capelli... Sarà anche che io non ho avuto molte esperienze di sesso... ne ho avute due... questa del marito che non conta, e un’altra che ero ancora una ragazzina... Dieci anni io... lui dodici. Un imbranato! Speriamo sia migliorato crescendo... Noi non sapevamo niente di quelle cose lì... sapevamo solo che i bambini nascono dalla pancia... No, non ho sentito niente... proprio niente! Solo un gran male qui. (Accenna all’ombelico)... Sì, qui... l’ombelico... eh sì, perché noi si credeva che fosse quello, il posto dell’amore... e allora lui col suo coso... spingeva, spingeva... Ho avuto l’ombelico infiammato non so per quanti giorni. (Ride) Mia mamma credeva mi fosse tornata la varicella! A mio marito, questo fatto dell’ombelico non glielo ho confidato... Eh no, perché magari dopo dieci anni fai una lite: «Taci tu! E quella volta dell’ombelico allora! Puttana!» No, no, zitta sono stata. L’ho detto al prete... Mi sono confessata... m’ha detto di non farlo più. Dopo, sono cresciuta... No, non ho più avuto esperienze di sesso... Eh no, quella lì dell’ombelico non mi era piaciuta. Sono diventata grande, mi sono fidanzata, 172 173 le mie amiche mi hanno spiegato... Il giorno del matrimonio in chiesa ero così emozionata!... Cantavo a squarciagola... No, non con la voce... di dentro... io faccio tutto di dentro... Cantavo dentro di me: «arriva l’amore, oho ohoo... arriva l’amore... » (Cambia completamente tono: delusa) Invece è arrivato mio marito! Come sono rimasta male la prima notte, signora... «Ma come: è tutto qui?» mi chiedevo... Come sono rimasta male la prima notte! Anche alla centesima!... Informarmi? E da chi? Allora ho incominciato a leggere i giornali delle donne e ho scoperto una cosa! (Dandosi molta importanza) Ho scoperto... che noi donne abbiamo i punti erogeni... che sarebbero quei punti di maggiore sensibilità al tatto del maschio... (Delusa) Ah, lo sa già... Ne sa di cose lei, eh? Ma quanti punti erogeni abbiamo! Su quel giornale c’era il disegno di una donna nuda, tutta divisa in quarti... sa, come quei cartelloni che si vedono nelle macellerie con su la vacca tutta divisa in regioni, come la carta d’Italia. E ogni punto erogeno era pitturato con colori tremendi, a seconda della sensibilità più forte o meno forte. Per esempio, la lombata, rosso fuoco! Poi la parte qui, dietro il collo, quella che i salumieri chiamano «la coppa», violetto; il filetto della schiena... (Cambia tono) ha visto com’è aumentato il filetto!... Ah sì, scusi... (Riprende il tono descrittivo) il filetto, arancione! Poi lo scamone... Lo scamone è una roba!! Il non plus ultra! Speciale! Quasi come farsi toccare il biancostato e la polpa di roast-beaf, che poi sarebbe il muscolo sartorio o anche traverso, come dire interno della coscia o cosciotto! Con mio marito né lombata né filetto né polpa... niente! Non sentivo niente! Ma mi ero rassegnata, perché credevo che per tutte le donne fosse così... finché non ho conosciuto il ragazzo. È andata così: la mia più grande, era grande e io avevo meno da fare, allora ho detto al marito: «senti, sono stanca di fare la casalinga, vorrei fare qualche cosa d’intellettuale, imparare una lingua, l’inglese per esempio, che se andiamo in Inghilterra lo parlano da matti!» Lui mi fa: «Brava!» E mi porta a casa un giovane universitario sui ventisei anni che parlava l’inglese benissimo. Passano una ventina di giorni e mi accorgo che il ragazzo dell’inglese si è innamorato pazzamente di me!... Come me ne sono accorta? Se per caso gli sfioravo, nel dire un verbo, una mano, lui tremava tutto... s’intartagliava in inglese che non si capiva niente! Io non ero abituata a quei sentimenti dell’anima, ma solo alle palpate del cognato, al porcone telefonico, alle adoperate di mio marito... sentirmi tutte quelle ondate d’amore... vam, vam... che mi venivano nello stomaco... 173 174 vam, vam! Una gastrite nervosa! Allora mi sono detta: «stai scivolando verso il peccato!» Basta, ho chiuso con l’inglese! Lui, il ragazzo, l’ha presa male... Tutte le mattine scendevo a fare la spesa e lui era lì, sotto il portone, che mi aspettava. Pallido, triste... con su un impermeabile bianco... bello! Com’era bello! Sembrava Yul Brinner giovane! Mi guardava conquegli occhi azzurri... No, no, signora, ne ha due di occhi... È un mio modo di dire, l’occhio blu... E io gli dicevo (Parlando a mezza bocca): Vai via... non sono la donna adatta a te... Vai via... potrei essere quasi tua madre! Fatti una ragazza della tua età... (Gridando) Va’ via! (Cambia tono) Si prendeva certi spaventi! Poi un giorno me ne ha fatta una indimenticabile: scendo come tutti gli altri giorni a fare la spesa, e sotto al portone lui non c’è! Come sono rimasta male!! «Non fa nulla, – mi sono detta, – si sarà rassegnato... » Vado nella nostra piazza, qua sotto, qualche cosa attira la mia attenzione: tutti i muri delle case erano coperti da scritte enormi, con la vernice rossa... c’era scritto: «Ti amo Maria!» Maria sono io... Anzi, c’era scritto: «i love you!» L’aveva scritto in inglese per non farsi capire! Sono scappata in casa. «Basta, devo dimenticare... devo dimenticare!» E per dimenticare ho incominciato a bere!... Fernet! Amaro! Come è amaro il Fernet! Ma perché lo fanno così amaro?! Lo mandavo giù come una medicina... e me ne stavo qui, con tutte le mie amarezze, la radio che cantava, il telefono che squillava, il cognato che strombettava... (Si sente lo strombettio del cognato). Rieccolo! (Va verso la porta di sinistra) Cosa c’è? Stai buono, ora non posso... sto parlando con una mia amica. (Si sente uno strombettio inferocito cbe arriva a coprire le parole della donna). Villano! (Alla dirimpettaia) Sapesse le parolacce che mi dice con quella tromba lì! Un giorno o l’altro lo sbatto giù dalle scale, lui e la sua carrozzina... quattro piani... (Altra strombazzata furiosa. Anche la donna è furiosa) L’ultima tromba, deve essere sempre la sua! (Riprende il discorso) Dov’ero rimasta? Ah sì... ero qui ubriaca... no, mica da cascar per terra... allegrotta... suona il campanello. Chi era? La madre del ragazzo! Un imbarazzo!! Mi fa: «Signora, non mi giudichi male, ma sono disperata, mio figlio sta morendo d’amore per lei. Non mangia più, non dorme più, non beve più... Lo salvi!! Venga almeno a salutarlo». Che dovevo fare? Sono una mamma anch’io! Vado. Entro in camera del ragazzo... era a letto... bianco come uno straccio, magro, triste... senza impermeabile... Come mi vede... scoppia a piangere... e anch’io scoppio a piangere... e anche la mamma 174 175 di lui scoppia a piangere... Poi la mamma di lui se ne va. Restiamo soli. (È molto imbarazzata) Lui mi abbraccia... io lo abbraccio. Lui mi bacia... io... l’ho baciato…E poi... (Con un gesto della mano allude al ragazzo che tenta di toccarle un seno) «Fermo!» Si è preso uno spavento anche quella volta lì. «Ti devo parlare. Non mi vergogno a dirtelo, anch’io ti voglio bene, anzi ti amo. (Alzando sempre più il tono della voce) Ti amo, ti amo, ti amooo!» Come gridavo!!... (A giustificarsi) Il Fernet!! (Sempre gridando) Ti amooo! (Cambiando tono) Tanto che poi mi hanno detto che tutto il palazzo s’è affacciato alle finestre: «Chi è che ama in questo palazzo?» «C’è qualcuno che ama al quarto piano?» «No, da noi non ama nessuno... forse amano al secondo... » Che figura!! Meno male che non mi conoscevano... (Rigrida) «Ti amo! Ma non posso fare l’amore con te: ho due figli, un marito, un cognato!» Lui allora salta giù dal letto, nudo... Com’era nudo, signora! Afferra un coltello che c’era lì, se lo punta alla gola e dice: «Se non vuoi fare l’amore con me... io mi uccido!» (Più che mai imbarazzata) Non sono un’assassina io! Sacrificare la vita di un giovane uomo per il mio bieco egoismo? Mai! Mi sono spogliata in otto secondi... e... ho fatto l’amore. (Cambiando tono. Dolcissima) Una cosa, signora... dolce... i baci... le carezze... Doveva esserci, signora! I baci... le parole che mi diceva... le carezze... Benedetto quel coltello! E così ho scoperto che l’amore, l’amore, non è quella cosa di mio marito... io sotto e lui sopra: tram tram tram, la macchina schiacciasassi! L’amore è una cosa dolce... ma dolce... Ci sono tornata il giorno dopo. Il giorno dopo ancora. Tutti i giorni dopi dei giorni dopi... (Risentita) Cosa ha capito signora? Era ammalato! E quando tornavo qui a casa ero come stordita... Ma come, perché? Arrivare alla mia età e scoprire che esiste al mondo una roba che credevo fosse solo nel cinema... Mio marito, a vedermi così allocchita, non si era messo in testa che bevessi? Mi ha chiuso a chiave il Fernet! Che pirla!! Poi gli è venuto il sospetto... m’ha fatto pedinare. Un giorno ero lì, in camera del ragazzo... in piedi, nuda... anche lui era lì, in piedi, nudo, che stavamo salutandoci: «Come stai? Bene e tu?» si spalanca la porta ed entra mio marito , vestito… con su il paltó! Tanto che io non sapevo cosa dire e ho detto: «Ah, sei tu?» L’avessi mai detto! «Sì, sono iooo! Villana!»... M’ha detto, villana... che non era la parola giusta. Poi si mette a gridare come un matto... voleva strozzare il ragazzo... contemporaneamente voleva strozzare anche me... ma mio marito... lei non lo conosce sa come son fatti gli uomini... han 175 176 due mani sole e per quanto stringesse, non ci riusciva... con tutto che io collaboravo... agevolavo... spingevo il mio collo contro quello del ragazzo e avevo anche smesso di respirare... tenevo la bocca chiusa. Morirò, perdio! Niente! Improvvisamente il naso mi respirava da solo... Ho il naso indipendente!! Arriva la madre, la sorella, la nonna... io lì nuda come un vermicione col mio naso indipendente. Scappo in bagno, mi chiudo dentro... prendo una lametta nuova che c’era lì, e: zam zam, zim zan... mi taglio tutte le vene che ho! Le cercavo. Eccone un’altra: zam! Un’altra: zam! Ho fatto un tagliamento!! Ma quante vene abbiamo! Le tagliavo per il lungo... (A spiegazione) Per morire prima, signora!... Mio marito, però, mi voleva ammazzare lui, proprio di persona, ha buttato giù la porta a spallate... e quando mi ha visto lì con tutto quel sangue... rosso... che io ci ho un sangue rossissimo... mi fa: «Non ti ammazzo più. Ti porto all’ospedale». M’ha fatto su in una bella coperta... per non sporcare la macchina... mi ha portata all’ospedale... mi han dato una ricucita signora…(Ride) Sembro una tovaglia matrimoniale…e poi mi ha perdonata... è stato molto generoso. Però da quel giorno lì, mi tiene chiusa in casa... Proibito? Lo so che è proibito dalla legge... Sequestro di persona, e nessuno che chiede il riscatto…La polizia? No, no, non la chiamo…Ah, ma lei ci ha proprio la mania di chiamare la polizia. Ha qualche parente nell’Arma? Non posso chiamare la polizia... Vengono qui, salta fuori la storia del ragazzo... Sto qua, nella mia casa, pagato l’affitto, c’ho tutto signora…mangiare, il telefono, ch’ho tutti i miei elettrodomestici…Son tutta un bottone!... Ho la musica in tutte le stanze (Apre una porta e comincia a suonare la musica) Senta! Si balla qua…(Comincia a ballare allegra in giro per la stanza, aprendo tutte le porte) Si è allegri in questa casa! Senta! Io sto bene così…(Va verso la sedia) Io sono contenta di stare così…Non mi manca niente signora..Io sono.. proprio…(Si siede lentamente, mentre diventa triste)…contenta…di stare così…(l’espressione sempre più triste, si alscia andare sulla sedia e piange, appoggiandosi allo schienale e nascondendo il viso). Sono felice…(Singhiozza)…Sono felice così… sicuramente si arriva alla separazione legale... sicuramente il marito mi porta via i figli e magari in cambio, sicuramente, mi lascia il cognato tocaccione! No, no, guardi... io... (Squilla il telefono. La donna solleva la cornetta) Pronto. (Con voce bassa, emozionata) 176 177 Caro... perché mi telefoni? (Grida eccitata alla dirimpettaia) È il ragazzo! (Riprende il tono «intimo») Ti prego... non devi telefonare più!... Ma come faccio a vederti, se mi tiene chiusa a chiave... (Meravigliata) Vieni ad aprire tu?! E con che cosa?... (Spaventata) Non farmi una cosa così... pronto, pronto... (Alla dirimpettaia) Ha attaccato! È pazzo, è pazzo! Dice che viene lui ad aprire... Con un chiodo storto!... Sì, lo so che non ce la farà ad aprire, ma che figura faccio se passa un inquilino e vede un estraneo a ravanare nella mia porta con un chiodo storto! (Si sente bussare alla porta) Eccolo... è già qui. (Va alla porta d’ingresso, spaventata) Vattene, sta arrivando mio marito... (Cambia tono) Chi è lei?... Soldi? Che soldi? (Alla dirimpettaia) Dio che guaio... è quello dei quattrini, il creditore. (Verso la porta) In casa non c’è nessuno... Sì, io ci sono, ma... sono la cameriera... Sì, ho detto «mio marito», perché mio marito fa il cuoco... No, i signori non ci sono. Sono andati a fare una crociera... in automobile... Senta, io ho l’ordine di non aprire, di non parlare, di non accendere la radio né il giradischi... E poi, anche se volessi non potrei aprire, perché non ho la chiave... (A parte) Oddio, che ho detto... (Al creditore) Non ho la chiave perché... mi chiudono... la mia padrona è convinta che rubi... e allora... No, non si preoccupi, non muoio di fame, ho qui la scorta di viveri... La polizia? Perché vuole chiamare la polizia? (Tra sé) È un parente di quella signora lì... (Indica la dirimpettaia, poi subito al creditore) Signore... signore... (Venendo alla finestra) Se n’è andato, è andato a chiamare la polizia... Io dico che è un bluff... l’ha fatto solo per spaventarmi... (Ribussano alla porta) Ribussano... chi sarà adesso signora? Il creditore, la polizia, il ragazzo pazzo? Io non rispondo a nessuno... (Ribussano con insistenza) Vuoi vedere che è proprio la polizia? (Si sente gridare a gran voce: Maria, Maria) Mio marito! (Va alla porta) Aldo... cosa bussi... va bene che il campanello è rotto, ma hai la chiave, e aprila ’sta porta!... Hai perso le chiavi?! Oh mamma! E adesso cosa mi capiterà? Mi toccherà morire di fame, sepolta viva, come l’abate Faria... io, il bambino, il manone... Che morte, che morte!! (Al marito) Guarda che è stato qui il tuo amico... sì, quello dei soldi. È andato a chiamare la polizia... No, non ha parlato con me, non sono cretina!... Ha parlato con la cameriera... Quale cameriera? Non abbiamo cameriera? Certo che ce l’hai la cameriera! Hai la cameriera, l’infermiera, la baby-sitter, la donna a ore, tuttofare, tuttolavare, tuttopalpare e farsi fottere!... No, non sono né isterica né pazza... e sono contenta che arrivi la polizia, così la faremo finita... Sì, vattene... e non 177 178 tornare mai più! (È furente. Cerca disperatamente una parolaccia da lanciare al marito) Presbite! (Si rende conto di quello che ha detto. Torna al tavolo avvilita. Alla dirimpettaia) Con tutte le parolacce che so, una volta che me ne serve una: «presbite!!» Che ci vede benissimo! Va’ che figura che ho fatto! Però gliene ho dette! (Si sente un vagito piuttosto disperato). Il bambino... (Spaventata) Signora, mi piange il bambino!! Mi spavento sì! Non si è mai svegliato da quando è nato! (Corre alla porta di sinistra uscendo di scena) Ma che ci fai tu qui nella mia camera... Brutto sporcaccione, mi hai svegliato il bambino per costringermi a venire qui... Ma che fai adesso... fermo, non tirarmi così! Lasciami andare. (Vagito). Buono, stai buono popo. (Trillo del campanello del telefono). Disgraziato! M’ha strappato la mia vestaglia del Coin. Vengo, accidenti... Poi con te faremo i conti quando arriva tuo fratello, vedrai... (Entra in scena; la vestaglia presenta uno strappo all’altezza della spalla). E quando torna più quello... (Risponde al telefono) Pronto... (Furente) Senta, adesso basta! Guardi che se non la smette di dirmi queste sporcaccionate io un giorno o l’altro perdo la testa... le metto... una bomba nel telefono! Le faccio saltare via tutte le gengive!! Sporcaccione... ma non si vergogna! Sono una mamma! Cosa direbbe se qualcuno dicesse le zozzerie che dice a me alla sua vecchia mamma, con i capelli bianchi, che fa l’uncinetto vicino al focolare... Ah, tace! Tace lo zozzone... Ho trovato finalmente la parola giusta! La parola che fa battere il cuore all’italiano medio: mamma! (Pausa. Posa la cornetta) È orfano! (Lancia invettive contro l’apparecchio telefonico) Porco, sporcaccione, zozzone!! (Alla dirimpettaia) Signora, ha visto cosa m’ha fatto mio cognato, è arrivato a svegliarmi il bambino... (Chiamando) Signora... signora... (Il bambino riprende a piangere. Delusa, dopo aver sbirciato verso la finestra) Se n’è andata... (Alza lo sguardo) In compenso è tornato il guardone! (Alza la voce verso la porta di sinistra) Buono popo... (imbraccia il fucile) che adesso la mamma ti fa vedere come si ammazza un guardone... (Bussano alla porta d’ingresso. In direzione del guardone, ad alta voce) Stai lì che ti ammazzo tra due minuti... (Posa il fucile e va alla porta) Chi è?... Per carità, vattene... sta per arrivare mio marito, la polizia e anche un creditore... (Si sente armeggiare nella serratura). Non toccare la mia serratura col tuo chiodo... tanto non riuscirai mai ad aprire... (Si sente il rumore di una serratura che scatta). Scatta? Oddio apre... No, non riuscirai a entrare... ci metto la catena... (Esegue) Aiuto! (Corre al tavolo) Signora, signora... oh, meno male che si è 178 179 riaffacciata... il ragazzo pazzo è riuscito ad aprire la porta... No, non può entrare perché ho messo la catenella... Sì, adesso glielo dico... (Va verso la porta. Si blocca di colpo alla vista della mano del ragazzo che entra in scena attraverso la fessura della porta). Vai subito via dalla mia casa con quella mano... (La mano fa cenno insistentemente di avvicinarsi). Cosa vuoi?... Stringermi la mano? Ma vuoi capire che sta per arrivare mio marito... (Il ragazzo insiste). Che insistente! Va bene, ma facciamo presto... (Gli dà la mano. Il ragazzo cerca di tirare la donna verso di sé). Ma cosa tiri... mica posso passare dalla fessura... (Il bambino strilla). Lasciami, c’è il bambino che piange... devo dargli la pappa, vattene adesso. (Libera la mano dalla stretta del ragazzo e va alla porta della cucina) Vattene e richiudi la porta col tuo chiodo storto, anzi, lascialo in portineria che mio marito ha perso la chiave... (Al bambino) Buono popo che adesso ti porto la pappa... (Entrando in cucina, vede che la mano del ragazzo è sempre in casa sua. Prende un grande cucchiaio di plastica) Vattene! Guarda che perdo la pazienza... Guarda che ti castigo... (Minacciosa) Guarda che ti do una coltellata con questo cucchiaio che ti taglio via tutte le dita... Non ci credi? (Si avvicina al ragazzo e sferra un gran colpo con il cucchiaio sulla mano. Urlo del ragazzo. La donna, spaventata, guarda il cucchiaio poi corre alla finestra. Rivolgendosi alla dirimpettaia che nel frattempo si è riaffacciata) Signora, gli ho dato una coltellata con questo cucchiaio... Che devo fare, signora?... Brevettarlo? Ma che dice?!... Disinfettarlo? Giusto, ha ragione, bisogna disinfettarlo... Sì, ce l’ho, mio marito non mi lascia mancare niente... (Prende l’alcool che sta nel vassoio sopra al mobile e corre dal ragazzo) Stai fermo... No, non brucia, è quello per i bambini... Caro, caro, che taglio t’ho fatto! Sono un’assassina... perdonami! Adesso vattene... Un bacio? (Gli bacia la mano)... Sulla bocca? No, sulla bocca non ti do niente!... No, mi spiace ma la catenella non la tolgo... Ma non ci passa la testa dalla fessura, ho le orecchie!!... Come sei insistente! (Infila la testa nella fessura della porta) Lasciami andare... lasciami... accidenti... la testa! Mi è rimasta incastrata la testa nella porta! Spingi, spingi... ma non con la bocca cretino! Con la mano! (Toglie con fatica la testa dalla fessura) Ahia, che male! (Si allontana di qualche passo. Il ragazzo batte la mano freneticamente sul legno della porta). Basta! (Il ragazzo insiste). Ti sembra questo il momento di fare del jazz a casa mia?! (Il ragazzo cerca di togliere il braccio dalla fessura, senza riuscirci). Vattene!... Che succede?... Che disastro! (Corre alla 179 180 finestra) Oh, signora, signora... gli è rimasta la mano incastrata nella porta!... Diventerà vecchio col suo braccio in casa mia... mio marito mi impicca! (Disperata) Che devo fare?... Ah sì, l’acqua, col sapone... come per gli anelli... (Urla al Guardone) Vai via! (Alla dirimpettaia) Calda, ce la metto calda che va meglio... (Prende la bacinella che sta sulla tavola. Al Guardone, esasperata) Lesbico! (Girando indaffarata per la stanza) La guardata al guardone, l’acqua calda per il ragazzo, la pappa al bambino (strombettio del cognato), la palpata al palpone... (squilla il telefono) il porcone telefonico! (Va al telefono) Hallo porco! (Cambia tono: crede sia il marito. Fredda) Ciao... Come? Chi è lei?... Scusi, credevo fosse mio marito... No, mio marito non c’è, se vuole dire a me... Sì. Sì... (Ride tra sé) Sa che le dico? Auguri e figli maschi!! Guardi che lei sbaglia numero... Sì, c’è un uomo qui, ma mio marito mette incinta solo me!... No?... Anche sua figlia?! (Interdetta) Non m’ha detto niente... Che porco! Quanti anni ha sua figlia?... Sedici anni!... Però, scusi, lei, sua figlia di sedici anni invece di lasciarla andare in giro a farsi incintare dai mariti delle altre donne, la chiuda in casa! Mio marito mi chiude in casa a me, alla mia età, e lei chiuda... Villano! (Riattacca. Alla dirimpettaia) M’ha detto puttana! Mio marito gli mette incinta la figlia e lui dice puttana a me! (Il ragazzo, bussando alla porta, cerca di attirare l’attenzione della donna). Lasciami stare! Ho una disgrazia in famiglia... ho il marito incinto! (Entra in cucina da dove esce subito con la bacinella in una mano e la pappa per il bambino nell’altra) Vengo, vengo... Accidenti come scotta questa pappa! (Entra in camera da letto) Eccomi, eccomi qua popo... Stai fermo, stupido... non tirarmi... Attento che ho la pappa bollente! (Si sente un urlo del Cognato). Maledizione! (Torna in scena) Signora, che ho fatto!... Gli ho versato tutta la pappa bollente sugli occhi... No, non al bambino, a mio cognato!... Che faccio? (Corre in camera da letto e rientra in scena spingendo una carrozzina sulla quale è seduto il Cognato ingessato, tutto fasciato come una mummia: ha una trombetta-claxon in mano. Alla dirimpettaia) Il Foil? Certo, gli metto il Foil, sì, sì, ce l’ho, mio marito non mi fa mancare niente... (Al ragazzo che ribussa) Lasciami stare! Ho bruciato il cognato! (Prende la pomata dal vassoio. Corre dal Cognato e gliela cosparge sulla parte ustionata) Eccomi... ti brucia? Eh, ma anche tu! Ti avevo avvertito che tenevo la pappa in mano... buono con ’sta mano... (Il Cognato l’afferra alla vita). Lasciami andare, lasciami andare... (Cerca di liberarsi, senza riuscirci. È furente) Guarda che ti verso addosso l’acqua bollente! (Il Cognato la lascia). Ah, 180 181 l’hai capita finalmente! (Corre con la bacinella dal ragazzo) Presto, metti la mano nel catino... Ma no, non è bollente... l’ho detto per spaventare il cognato... (Il ragazzo mette la mano nella bacinella. L’acqua è bollente. Il ragazzo urla e ritira velocemente il braccio) Era bollente?! Però, hai visto, sei riuscito a togliere la mano. Ora vattene... Ti sei bruciato? Be’, fatti un impacco con questa pomata... (Gli passa attraverso la porta la pomata. Si intuisce che il ragazzo le ha afferrato la mano e che cerca di attirarla il più possibile verso di sé e farsi masturbare. La donna cerca inutilmente di liberarsi) Ma che fai... lasciami andare... Sei impazzito? Lasciami andare. Guarda che se passa qualcuno ci portano in questura con la porta in mezzo! Lasciami andare!! (Ha il groppo in gola) Mi stai offendendo... mi manchi di rispetto... Guarda che ti castigo... Ti castigo!... Ah, non ci credi? Guarda! (Mima di tirarlo con forza verso di sé e chiude violentemente la porta. Urlo del ragazzo che scappa. La donna è disperata. Toglie la catenella alla porta e la spalanca. Torna tristissima alla tavola e riprende a parlare con la dirimpettaia) L’ho castigato!... Perché mi ha deluso... io credevo che lui fosse «l’amore»... invece no... è un porco come tutti gli altri... (È disperata) Signora, non ce la faccio più... (Si sente il pianto del bambino). Non ce la faccio più... Il mio bambino... vado dal mio bambino... voglio bene solo a lui... (Fa per dirigersi verso la camera, ma viene bloccata dal suono del telefono. Anche il Cognato si mette a strombettare). Zitto! Zitto, cretino!! Smettila! (Pianto del bambino, campanello telefonico, strombettio del Cognato salgono di tono, all’unisono. La donna non si controlla più) Basta! Basta! (Prende il fucile e se lo punta alla gola) Mi ammazzo, mi ammazzo... (Si blocca di colpo e nel silenzio totale ascolta con molta attenzione quanto la dirimpettaia le sta dicendo) Sì... Sì... (A fatica trattiene le lacrime) Sì! (Depone il fucile sul tavolo) Cosa stavo facendo... Dio... Dio... grazie signora... Meno male che è venuta a stare di fronte a casa mia... Sì, lo faccio subito... Che bei consigli mi dà... (Strombettio prepotente del Cognato). Sì caro, vengo, sono qui, tutta per te! Vieni. (Strombettio felice). Vieni... (Si avvicina al Cognato e sospinge la carrozzina verso la porta d’uscita) Andiamo a fare una bella passeggiatina erotica! (Lo scaraventa fuori scena. Gran tonfo, poi una sequenza di tonfi e strombettii). Attento alla vetrata! (Gran frastuono di vetri rotti). E uno!! (Pianto del bambino. La donna si dirige alla camera da letto. Arrivata al centro palcoscenico, si blocca e lancia un’occhiata in direzione del Guardone. Gli sorride languidamente. Lo saluta. 181 182 Lentamente, con movimenti sexi, si avvicina alla tavola, gli butta baci. Repentinamente imbraccia il fucile e gli spara contro) Il guardone non guarda più! (Sta per andare dal figlio ma è bloccata dal suono del telefono. Risponde con voce terribile) Pronto!! (Cambia tono) Aldo? (Quasi dolce) Sì, sono calma. Sì, sì, qui è tutto tranquillo... Sì, puoi salire... ti aspetto. (Riattacca. Alla dirimpettaia) No signora, non si preoccupi, (prende il fucile) sono calma... sono molto calma... (Si appoggia al tavolo puntando il fucile verso la porta d’ingresso) Aspetto... aspetto con calma. Tre pezzi Un pezzo, una saldatura, un colpo di trapano... due bulloni, una saldatura, un colpo di trancia... Un colpo di trancia, un pezzo, una saldatura…Un colpo di trapano, un pezzo…(Si sveglia di soprassalto parlando) (Urlo). Oddio! Mi sono tranciata le dita! Le mie dita... fammele tirare su... il padrone non vuole... fanno disordine! (Si sveglia di soprassalto: è ancora sotto l’incubo del sogno) Le mie dita... non potrò più metterle nel naso... (Si guarda la mano) Ce le ho!!... Ho sognato!... Un colpo di trapano?! Ma roba da pazzi…Porca miseria, adesso mi sogno di lavorare anche quando dormo sto dormendo, già non basta in fabbrica? Maledizione…Ma che ore sono? (Guarda la sveglia) Le sei e mezza?! Oh, mamma sono le sei…(Si alza dal letto infilandosi velocemente pantofole e vestaglia) Non ha suonato ’sta bastarda disgraziata! Oh mamma, come è tardi! Arriverò in ritardo! Non ce la farò a portare il bambino, non ce la farò, le suore se sono in ritardo soltanto di dieci minuti non me lo prendono più! Oh, mamma, mamma, mamma…Perché on suona?! La devo buttare via, la devo buttare via… (Corre al lettino e prende tra le braccia il bambino) Forza bambino, forza! Che comincia la nostra giornata. (Si dirige verso il tavolo che sta vicino al lavello) Sveglia! Sveglia, bel topolino della tua mamma, andiamo! La pipì Tanto per cambiare, ti sei fatto la pipì addosso... saranno tre ore che ti ho cambiato! Pisone di un pisone... Eccolo qua, patelli dietro patelli… con la premura che ho! Dobbiamo correre all’asilo-nido, che se arriviamo dopo le sette la suorina ci rimanda a casina! (Spoglia il bambolotto) Adesso la tua mamma ti lava il culascino... (Apre il rubinetto dell’acqua) L’acqua calda... macché, non c’è acqua calda... Vuoi vedere che quel disgraziato rintronato del Luigi ieri sera ha spento il boiler? No, non è rintronato, ecco l’acqua calda... (Prende il bimbo in braccio e va al lavello) Coraggio, coraggio!... DONNA 182 183 Laviamoci il faccettino, laviamoci il culascino…Caro il mio bel pisone…Eccolo qua! Zitto, non piangere che se no svegli il papà... lasciamolo dormire per una mezz’oretta ancora, beato lui! Che poi deve scattare alla Sandokan: aaaaaaaaahhaahh! MARITO (si sveglia di soprassalto) Ah!! Chi è?! Sandokan?! DONNA (si rende conto di aver urlato) No, no, dormi caro che non è niente. Scusami eh… che il papà deve scattare alla Sandokan, (ripete l’urlo sottovoce) Aaahhh... correre a per andare alla fabbrica, e prendere il tram, e poi prendere il treno, e poi in fabbrica, (depone il bimbo sul tavolo e con un asciugamano lo asciuga) e via a far ginnastica come una scimmia ammaestrata, alla catena di montaggio (esegue i movimenti della catena di montaggio): un due tre... (Ride) Ah, ah come ride il mio bambino... ti piace la tua mamma che fa la scimmia ammaestrata. Ora ti asciugo bene Una bella asciugatina al mio bambino... (Prende un barattolo di borotalco e ne versa abbondantemente sul culetto del bambino) E una bella spolveratina di... (si blocca allibita) formaggio grattugiato!! Chi mi ha messo il formaggio grattugiato al posto del borotalco con quello che costa?! Via, via, tiriamolo su, tiriamolo su… Mamma mia che disordine! Aspetta che lo tiro su... con quello che costa!! (Mima di raccogliere dal sedere del bambolotto il formaggio versato) Tanto il sedere culetto del mio bambino è bello pulito! Forza, in fretta! Prepararsi, e via andare… Il patello, eccolo qua, stai bello tranquillo… (Veste velocemente il bambino) Presto, presto, Oh com’è bello lui, bello! Che ridi dalla mattina presto, beato te…beato te…pisottone mio! Eccolo pronto! Che ore sono? Oddio com’è tardi! Stai tranquillo un attimo che anche la tua mamma si dà una lavatina…Apriamo un po’ di acqua calda…meglio fredda che ringiovanisce la pelle, e via che si insapona… (Va al lavello e apre il rubinetto; mimando d’insaponarsi mani e viso, canta) Camaj, sapone delle stelle. Camaj, sapone... (S’interrompe) L’acqua, non c’è più acqua! Aah, maledizione! Ma qui acqua non ne viene più, con cosa mi asciugo adesso?! Aaaccidenti! (Afferra un asciugamano e si libera del sapone) Una famiglia come questa, che sta in una casa come questa, con trecento famiglie come questa... con tutti che hanno la mania di lavarsi alla stessa ora!! E non c’è mai l’acqua! Fammi chiudere, fammi chiudere… Con che cosa mi sciacquo adesso!? Accidentaccio... come brucia il Camaj, nell’occhio... questo la pubblicità non lo dice. Beh, mi laverò un’altra volta, tanto a me chi mi guarda... (Si dà una pettinata veloce e comincia a parlare canticchiando) Non mi guardano però mi annusano... E se mi annusano, è 183 184 meglio mettere un po’ di deodorante…Mi darò un po’ di spray... (Prende un barattolo di spray) Che bella invenzione lo spray! Mettiamoci un po’ di spray. (Esegue) Come brucia!! Che ho messo? (Legge sul barattolo) Disgraziata! Ho messo la vernice per termosifoni!! La vernice per i termosifoni!! L’ascella d’argento!! Ho l’ascella d’argento?! (Cammina avanti e indietro, presa dal panico) Con cosa me la tolgo? Con cosa me la tolgo? Me la toglierò in fabbrica col solvente. (Indossa velocemente gli abiti dietro la tenda dello spogliatoio) Presto, di corsa! Sono già le sei e cinque,via in fretta, correre!... MARITO (si sveglia, parlando ancora nel sonno) Chi è?! D’argento…Che ore sono? (Si alza a sedere sul letto e guarda la sveglia). Sono le sei! Le sei! Ahahah! Ho ancora un quarto d’ora! (si sdraia di nuovo). In un quarto d’ora mi faccio un sonno… DONNA (esce dallo spogliatoio trafelata) Ce l’abbiamo fatta. (Raccoglie il figlio, lo avvolge in una coperta e raccoglie le sue cose canticchiando) Prendiamo la borsetta della mamma... prendiamo la giacchetta della mamma... E comincia la giornata… (Si dirige verso la porta. Si blocca) La chiave… La chiave…La chiave!! (Rovista freneticamente nelle tasche, si guarda intorno) Dove metto la chiave?! Tutte le mattine il dramma della chiave! Ma perché?!, non mi faccio un coso qua, un ciotone, con una chiave messa qua?! Nooo! (Indica il muro di fianco alla porta) Sempre in giro per la casa, devo passare il tempo a cercar la chiave... coi minuti contati che ho... La chiave! (Si ferma, cercando di calmarsi: chiude gli occhi) Calma, stiamo calme, ricordiamo. cerchiamo di ricostruire tutto quello che ho fatto ieri sera. Dunque, sono arrivata a casa ieri sera, il Luigi non c’era. (Mima i movimenti della sera prima, elencandoli) Ho aperto io la porta. Il bambino era nel braccio destro della madre, la borsetta e la chiave nella sinistra della mano della madre. Metto giù la borsetta, la chiave l’avevo in mano, il bambino nella culla e la giacchetta le metto qui (indica l’attaccapanni), il bambino lo metto nella culla. Torno fuori. Prendo le borse della spesa, la chiave sempre in nella mano... il pacchetto del latte sotto l’ascella... entro in casa... la borsa la metto quametto giù la borsa della spesa... il latte lo metto nel frigorifero... Vuoi vedere che nel frigorifero ci ho messo pure la chiave? (Va al frigorifero e lo apre) No, non c’è... neanche nel portauovo, nel portaburro... la chiave non c’è, però in compenso nel frigorifero non c’ho messo neanche il latte…ma non c’è nemmeno il latte... in compenso ma ci ho messo il detersivo al limone per la lavastoviglielavatrice... È giusto: il 184 185 limone si mette sempre nel frigorifero, e il latte l’avrò messo nella lavatrice… altrimenti “va a male” ! Sono pazza! Sono pazza!! Se ho messo il detersivo nel frigorifero, il latte l’avrò messo nella lavastoviglie... (Guarda nella lavastoviglie lavatrice) Non c’è... meno male... Dove ho messo il latte? Sul gas Nel pentolino... sì per la pappa del bambino... tant’è vero che per avere libere le mani, per mettere il latte nel pentolino, poter aprire il cartone, mi sono messa la chiave tra i denti e mai saprò perché ho messo la chiave tra i denti e non sul tavolo. Allora il latte è qua nel pentolino (Indica il pentolino), e lo lascio lì che bolle…Vado là e sfascio il bambino, nel senso che gli tolgo le fasce… Poi, sfascio il bambino, no…il bambino non l’ho messo giù… Prendo il bambino, lo metto sul tavolo... anzi no, col bambino in braccio ho preso la vaschetta per fare il bagno al bambino (Sempre ricostruendo i suoi movimenti, prende un catino e lo appoggia sul tavolo)… Prendo il pentolino... verso il latte nel pentolino per la pappa del bambino... accendo il pentolino... accendo il bambino, voglio dire, accendo il latte... accendo il gas! Lascio il latte lì a bollire e, sempre con la chiave tra i denti, vado a sfasciare il banbino... nel senso che gli tolgo le fasce. vado all’armadio e prendo la vaschetta per fare il bagno, la chiave sempre tra i denti... metto la vaschetta qui, cerco il bambino... non c’è più il bambino! Ho perso il bambino! Dove ho messo il bambino? (Corre verso i vari mobili che nomina, apre e chiude velocemente gli sportelli) Nel frigorifero... nella lavastoviglie lavatrice... nell’armadio! Avevo messo il bambino nell’armadio!! Sono pazza! Per fortuna si è messo a piangere, altrimenti chissà quando l’avrei trovato! Povero il mio bambino! Ho preso uno spavento tale, che mi sono precipitata a bere un bicchier d’acqua... (Si blocca di colpo, deglutisce spaventata) Vuoi vedere che ho ingoiato la chiave! Ce l’avevo in bocca…E già... se ce l’avevo tra i denti... No, non posso averla inghiottita... Altrimenti non avrei dormito… la mia chiave ha il buco, avrei fischiato tutta la notte e il Luigi chissà che scenata mi avrebbe fatto... Dove ho messo la chiave... Calma, stiamo calme. (C.s.) Prendo la bacinella, vado a riempirla d’acqua calda, prendo il bicarbonato (Prende un barattolo), che io ci metto sempre due cucchiai di bicarbonato per il bagno del mio bambino... Fosse caduta qua dentro? (Guarda il contenuto del barattolo con attenzione) Zucchero!! Chi ha messo lo zucchero nel barattolo del bicarbonato... (Controlla in un altro barattolo) e il bicarbonato in quello dello zucchero? Quanti giorni sono che faccio il bagno al bambino con lo zucchero? Ecco perché la suora all’asilo mi 185 186 ha detto: “Devo tenere il suo bambino sempre chiuso, come lo metto all’aperto api, calabroni e mosche gli volano adosso... ” Povero bambino... Giorni e giorni senza vedere l’aria, senza sentirla! E il Luigi, la scenata che mi ha fatto per il caffè ieri sera... ci aveva messo il bicarbonato! Certi rutti! E io mi son messa anche a gridare: “Non ti piace il caffè?! Vai al bar!” E lui mi ha detto: “Vado al bar!” E io mi sono offesa… E la chiave, dove ho messo la chiave in quel momento del bar? No, sbagliato, tutto sbagliato. Non ho mai tirato la chiave fuori dalla toppa... eh sììì, perché quando ho messo il bambino nella vaschetta, che ero lì che stavo per lavarlo…ho sentito il Luigi ravanare nella serratura, perché io avevo aperto la porta, poi ci avevo rinfilato la chiave e mi ero chiusa dentro…quando sono entrata avevo richiuso la porta, lasciando la chiave nella toppa... così lui non poteva aprire... e il poverino ravanava ravanava e cominciava a tirare santi. Ho tolto la chiave dalla porta... lui è entrato... gridava come un pazzo, io la chiave l’avevo in mano, sono sicura... gli sono andata sotto il naso e gliela ho messa tra gli occhi... che quasi volevo levargliene uno... e ho detto: “Perché non mi uccidi?! Ho dimenticato la chiave nella serratura... e allora? Uccidi la moglie, uxoricida!!! moglicida!!!” A momenti gli tiro fuori gli occhi, al povero Luigi, dalla rabbia che m’è presa… E cos’ho fatto a questo punto qua…Non mi ricordo…Non mi ricordo… MARITO (ricomincia a parlare nel sonno) Aah, ‘sto treno dei pendolari, che arriva sempre dopo due ore e mezza, la miseria! E qui il viaggio chi se lo paga, lo paghiamo noi, e il padrone che se ne frega… DONNA (sentendo le parole del marito ha un’illuminazione) Ah! Ecco! Ha detto proprio così “Lasciami stare, – mi fa lui, – non è per la chiave che sono arrabbiato... è che ’sto maledetto “Ma non è con te che ce l’ho, è per questo viaggio treno dei pendolari, e il tempo a me chi me lo ripaga!?”m’ha fatto un ritardo di un’ora... un’ora e mezza per fare 20 chilometri! Tutto tempo che il padrone mica mi paga... né mi paga il viaggio d’andata, né quello di ritorno, né mi paga il tram. Tutti viaggi che io faccio per lui, mica per villeggiatura!” “E te la vieni a prendere con me? Perché il padrone ti frega le ore del viaggio? Cosa c’entro io?– gli faccio io, sempre con la chiave in mano. – A parte che il padrone non si chiama più “padrone”, Luigino… si chiama “multinazionale!” Oggi il padrone ce l’hanno soltanto i cani! Noi siamo esseri liberi, Il padrone multinazionale ti frega le ore che viaggi e te la prendi... ma non te la prendi per le ore che frega a me... a me, 186 187 che oltre a lavorare per otto ore come una bestia per lui, ti faccio anche la serva gratis! Luigino, noi operai oggi!” Gli ho detto…Sì, sì, sì, proprio così gli ho detto… E sno andata avanti, perché ormai mi si era accesa la radio..E parlavo… E ho cominciato a dire “Perché è ora di finirla! Sempre con questo tono! E lo sfogo che ti vieni a fare su di me! Sì signore! Vieni a farti lo sfogo su di me, perché sono il materassone, io!” E lui, Luigi, che neanche mi stava a guardare…Ad un certo punto… MARITO (dal letto, ancora assonnato) Hai lasciato la televisione accesa, spegnila per favore! DONNA (ricomincia a muoversi avanti e indietro, mimando i suoi gesti della sera precedente) A questo punto, io ho preso il latte, la pappa era pronta, ho dato la pappa al bambino, me lo ricordo benissimo! Ho dato la pappa al bambino e l’ho preso in braccio così (Prende in braccio il bambino)…Oh, madre! L’ha fatta! L’ha fatta un’altra volta… Lo spaevo… (Tenendo il bimbo tra le braccia va al tavolo vicino al lavello) Ma perché hai fatto la cacca adesso…Ma non potevi aspettare tra un’ora?! Ti cambiava la suora, non io che c’ho premura… Madre di Dio, questo qui è il bene che vuoi alla tua mamma… Per lui, per il multinazionale!” E intanto ho dato il latte al bambino. (Va alla culla) L’ho preso in braccio... (Prende il bambino in braccio e cerca nella culla) Mi fosse caduta qui... No, non c’è... (Nel riporre il bimbo nella culla gli tasta il sedere) Oh mamma, l’ha fatta! L’ha fatta, l’ha fatta un’altra volta! Cagone di un cagone di un bambino…Ma io non lo so, vieni qua che ti lavo, roba da pazzi… (Così dicendo spoglia velocemente il bambino e lo lava) Sempre a lavar il sedere, dalla mattina alla sera…Certo che se portasse fortuna, io il tuo papà e te saremmo la famiglia più fortunata della zona, eh, devo dire… (Riprende a raccontare, mentre lava il bambino) “La famiglia!” gli ho fatto al Luigi “la Sacra Famiglia! L’hanno inventata loro, i multinazionali…Perché quelli come te, gli operai, Quante volte ti devo dire che tu la cacca devi farla all’asilo! Alle sette e due minuti devi farla, così ti cambia la suorina! Che ore sono?... Oddio com’è tardi... non ce la faccio, non ce la faccio... perdo la giornata... Cagone di un cagone... io poi non capisco come si faccia con un sedere così piccolo a fare una cacca così grossa!! (Riprende, mentre lava il bambino, la sua tirata polemica col marito) “La famiglia, la sacra famiglia... l’hanno inventata apposta perché tutti quelli come te, sballati schiacciati dalla nevrosi, rimbecilliti, dei ritmi bestiali di lavoro, ritrovino possono trovare in noi mogli tuttofare, il materasso su cui sfogarsi! (Ha finito di lavare il bambolotto, l’asciuga e lo riveste) 187 188 Noi siamo qui pronte, e nessuno si preoccupa delle nostre ore che perdiamo. E a lavorare in fabbrica, e a casa a far da mangiare, a fare le pappe, a lavare i letti, e mettere in ordine… MARITO (dal letto, mentre si rigira) Aaaah, baastaa… DONNA A questo punto la chiave dov’è che ce l’avevo, non me lo ricordo… Il padrone! Noi, vi rigeneriamo... per lui, gratis! Per essere pronti all’indomani a tornare belli e scaricati a produrre meglio per lui, il multinazionale! Lui è il padreterno! È lui che fa boom, poi fa il contro-boom! Poi la deflessione, poi l’inflazione, e la crisi strisciante, e quella galoppante... la caduta della lira, il dollaro, l’eurodollaro, il petrodollaro... poi spalanca le braccia e grida: “Che ci posso fare? È fatalità! È fatalità!”” Il Luigi si mette a ridere: “Ehi, ci ho una moglie femminista-estremista e non lo sapevo... Da quando è che vai alle riunioni a scuola dalle femministe?” “Senti tu, pampaluga – gli faccio io, – mica ho bisogno di andare a scuola alle riunioni dalle femministe per scoprire queste cose! Quando sono qui in casa, che lavoro, quando tu non ci sei, che t’aspetto, penso! Penso e ripenso e mi rendo conto di quante cose ingiuste ci siano… come il matrimonio! Ma il matrimonio è questo qua? Noo caro, io non ci sto! Quando ti voglio parlare delle mie cose, dei miei problemi, vieni a casa dal lavoro e vai a letto a dormire perché sei stanco! per capire che la vita che facciamo è una vita di merda! Lavoriamo come due cani e mai un attimo per scambiarci due parole, mai un attimo per noi. Mi chiedi mai: “Sei stanca? Vuoi una mano?” Chi fa il mangiare? Io. Chi lava i piatti? Io. Chi fa la spesa? Io. Chi fa i salti mortali per arrivare a fine mese? Io, io, io! Eppure lavoro anch’io! Le calze che sporchi tu, chi le lava? Io! Quante volte hai lavato le mie calze? È questo qui il matrimonio? Io voglio poter parlare con te. Io voglio “VIVERE” con te... non ABITARE con te! Ti viene mai in mente che anch’io possa avere dei problemi? Mi va bene che i “tuoi” problemi siano i miei, ma vorrei che anche i “miei” problemi fossero i “tuoi” e non soltanto i “tuoi” i miei, e i miei sempre i miei!! Io voglio poter parlare, parlare con te... ma quando torni dal lavoro ti butti a dormire. La sera: TELEVISIONE! Alla domenica PARTITA!, a vederti ventidue cretini in mutande, che si dànno scarpate intorno a un pallone, con in mezzo un altro ritardato dell’oratorio, anche lui in mutande, ma con la giacca e il fischietto!” Lui, il Luigi, paonazzo, offeso come se gli avessi parlato male della sua mamma, mi fa: “Ma cosa vuoi capire tu di sport!” Che non era proprio la risposta giusta! “Ah, ceerto…Io devo sapere soltanto di pannolini, minestroni e cacca, eh! No bello, così non si va avanti, caro Luigi!” poi mi 188 189 sono veramente arrabbiata, e una parola tira l’altra, pesante, e più pesante lui, più pesante ancora io… Finchè ho deto “Basta!”, prendo su il mio bambino, la mia giacchetta, e me ne vado… Non ci ho visto più! Gridavo come una matta! Ho tirato fuori tutto! Gridavo io, gridava lui... io pesante, lui più pesante, più pesante io... ancora più pesante lui... finché ho detto: “Se questo è il matrimonio, vuol dire che ho commesso un errore... ” Ho tirato su il mio errore... (prende in braccio il bambino e si avvia decisa alla porta) e via che me ne sono andata. E l’ho fatto per davvero, eh…Me ne sono andata, ho fatto per uscire di casa… E allora il Luigi è venuto lì…con una faccia… era bianco, col magone... Mai avevo fatto una scenata così, mai l’avevo fatta! A questo punto la chiave, sono sicura, ce l’avevo io, perché ho aperto la porta. Il Luigi viene lì... ci aveva una faccia, povero Luigi, e mica scherzavo... e lui l’aveva capito. Mi tira dentro in casa…la chiave l’ha presa, eh…ce l’avevo in mano, me l’ha presa lui, io stavo piangendo, mi ha messo sul letto, ha cominciato ad abbracciarmi…a dire che sì, che c’avevo ragione, che era tutto sbagliato, che doveva cambiare…Che si è fatto insomma la cosiddetta autocritica…e mi stringeva…e mi stringeva…e più mi stringeva, più io piangevo…Com’era bello piangere ieri sera!! Come m’è piaciuto! “Su, non fare così, aspetta... ” “Lasciami stare!” “Parliamo, prima parliamo, se poi te ne vuoi andare va bene... ma prima parliamo! C’è la dialettica no? C’è la dialettica, per dio!”... e mi spingeva verso il (si siede sul letto) “dialettico”... e mi dice che sì, avevo ragione... ma che lui era abituato con la sua MAMMA... che credeva che fossi anch’io come la sua MAMMA... che aveva sbagliato, che doveva cambiare... insomma, si è fatto la... cosiddetta “AUTOCRITICA”. Ma così bene, così bene... che io piangevo... E più si autocriticava e più io piangevo, e più piangevo e più si autocriticava... come era bello piangere ieri sera! E la chiave? (Guarda per l’ennesima volta l’orologio) Non ce la faccio... (Di colpo si ricorda) Sicuro... me l’ha presa lui sono sicura di mano... nella tasca della giacca... se l’è messa in tasca... (Scorge la giacca appesa all’attaccapanni, fruga nelle tasche) Eccola, la mia e la sua! Che ore sono? Sette meno dieci Sei e venti, forse ce la facciamo ancora... Eccola qua, tutte e due! Due chiavi! Forza patanino che ce la facciamo! (Prende il bambino in braccio, si muove freneticamente) Il golf, il bambino, la borsetta, il tesserino del tram… tesserino del tram… (Fruga nella borsa e tira fori il biglietto del tram, lo guarda) Sei buchi! Sei buc Il bambino della mamma, la giacchetta della mamma, la borsetta della mamma, (sta per uscire, si blocca di colpo) il 189 190 tesserino del tram... Aspetta bambino, fammi cercare il tesserino, che se poi il tram è pieno mi tocca metterti per terra e ti schiacciano tutto... (Fruga in borsetta) Eccolo... Bello, il mio bel tesserino! (Lo guarda distrattamente) Sei buchi? Sei buchi di andata e sei buchi di ritorno! (È allibita) Sei buchi di andata sei buchi di ritorno?! Chi m’ha bucato così il mio tesserino? Sei buchi... Ma che giorno è oggi... (Guarda il calendario appeso alla parete, non apre bocca... è stravolta, avvilita. Quasi senza voce dice) Domenica!? (Gridando) Domenica!! (Al bambino) E tu non mi dici niente! È domenica! Roba da pazzi, volevo andare a lavorare anche di domenica! Sono pazza!! (Cantando) Di domenica non si lavora e fino a tarda ora si sta a dormire! A letto, bambino, a letto! Dormire!! (Depone il bambino nel letto matrimoniale, corre in proscenio e si rivolge direttamente al pubblico) Ti faccio un sogno, che non finisce più! MARITO Chi è?! DONNA Niente caro, dormi! Che è domenica! MARITO Avevo fatto un sogno, che avevi perduto la chiave… Voglio fare un sogno dove c’è un mondo che tutti i giorni è domenica! Tutta una vita di domeniche! È la fine del mondo... È scoppiata la domenica eterna! Non cì sono più gli altri giorni della settimana... Il lunedì l’hanno impiccato, il giovedì fucilato, il venerdì affettato!... Tutti i giorni sono domenica... (Corre al letto, s’infila sotto le coperte) Dormire bambino! Dormire! E se mi sogno un’altra volta di lavorare, mi strozzo da sola! Dormire! (Sulle ultime parole, con il lenzuolo si copre tutta, testa compresa). 190