VENERDÌ 23 DICEMBRE 2011
LA
CRISI FINANZIARIA
ECONOMIA
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Approvato l’intervento di risanamento
dei conti pubblici di Monti, già firmato
dal presidente Giorgio Napolitano
I calcoli della Cgia di Mestre su
quanto aumenterà la pressione
fiscale su tre famiglie tipo
IL DOSSIER. Le misure del governo
Il fisco
La manovra diventa legge
dall’Imu alle addizionali
tasse il 90% delle misure
La fiducia passa al Senato con 257 sì e 41 no
ROBERTO PETRINI
LA MANOVRA è legge dello Stato, con una correzione da 20 miliardi sulla quale le tasse pesano per
circa il 90%. Il presidente della Repubblica, Napolitano, ha firmato in serata il decreto licenziato nel
pomeriggio dal Senato e votato da una maggioranza schiacciante: 257 sì e 41 no. La pressione fiscale
salirà, secondo il governatore della Banca d’Italia
Visco, verso il 45%. Piatto forte, sia per l’impatto popolare che per il gettito, è l’arrivo della Super Imu,
costituita dal ritorno dell’Ici sulla prima casa e dall’aumento delle basi imponibili (10 miliardi). Circa
5 miliardi vengono dall’aumento della benzina,
mentre 2 arriveranno dall’addizionale Irpef regionale e 3 (se non si taglieranno le agevolazioni, ma
anche in questo caso si tratterebbe di un aumento
della pressione fiscale) dall’incremento dell’Iva.
L’altro pilastro è la riforma delle pensioni con l’abolizione di fatto dell’anzianità e la soglia fissa di
41-42 anni al di sotto della quale non si potrà più
uscire. Peserà il blocco delle indicizzazioni: il prossimo anno dalle pensioni che stanno sopra i 1.400
euro si spremeranno circa 2 miliardi. Intorno al tema delle tasse gira anche la lotta all’evasione e la
mini-patrimoniale (0,1 per 1000 nel 2012). Per la
lotta all’evasione oltre alla misura che impedisce
l’uso del contante sopra i mille euro, c’è la novità
della costituzione della grande banca dati del Fisco
alla quale, con le nuove norme, gli istituti di credito dovranno riversare i movimenti quotidiani di
tutti i correntisti. Restano al palo le liberalizzazioni (taxi, farmacie e servizi pubblici locali) che saranno recuperate nella cosiddetta «fase due», ma
anche l’avvio della spending review della spesa
pubblica e un po’ di ossigeno a famiglie e disoccupati.
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La casa
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Le imposte locali
Arriva il salasso
delle tasse regionali
si paga in primavera
Abitazione principale
tornano le imposte
detrazioni in base ai figli
NECESSARIA, ma di stangata si tratta. Per
la casa torna l’Ici (ora si chiama Imu)
sull’abitazione principale (abolita nel 2008
troppo frettolosamente da Berlusconi).
L’aliquota sarà più bassa della seconda e si
collocherà al 4 per mille: inoltre le famiglie
godranno di uno sconto di 50 euro per
ciascun figlio fino ad un tetto di 400 euro.
Secondo i calcoli della Uil politiche
territoriali ogni famiglia subirà, solo per la
prima casa, un salasso medio di 133 euro.
Anche l’Imu seconda casa aumenta: da una
media del 6,74 per mille ad una aliquota
legale del 7,6 per mille (senza detrazioni,
naturalmente). Ma il vero rincaro sta sotto
l’aliquota, cioè nella base imponibile,
rappresentata dalle rendite catastali che
aumenteranno del 60 per cento per le civili
abitazioni. Da non dimenticare la nuova
tassa Res, su rifiuti e servizi: partirà dal
2013. Per i rifiuti la nuova Tarsu si calcolerà
non solo sui metri quadrati ma anche sul
numero dei componenti della famiglia. In
tutto il governo ricava 10 miliardi.
CON l’addizionale regionale non si scherza.
La troviamo tutti in busta paga ed è già salata
in molte Regioni: ora con la manovra
aumenta dello 0,33%. Attenzione, si tratta
dell’aliquota di base, dunque tutte le Regioni
dovranno aumentarla passando dallo 0,9
all’1,23% colpendo 40 milioni di contribuenti
(si parla di 152 euro medi in un biennio). La
bastonata arriverà tra marzo e maggio del
prossimo anno. Perché l’aumento
dell’addizionale Irpef è retroattivo, scatta
dunque dal 1° gennaio del 2011 e sarà
oggetto di conguaglio in busta paga nel
maggio del 2012. Mentre già a marzo del
prossimo anno si pagherà il 30% di acconto
sull’aumento del 2012. Inutile nascondere
che, grazie al federalismo, le Regioni hanno
già avuto carta bianca per aumentare (a
seconda delle esigenze) l’addizionale dello
0,5% nel 2012. Per chi non lo sapesse
l’addizionale è più dolorosa dell’Irpef normale
perché si calcola sull’imponibile pieno, prima
di dedurre carichi familiari e detrazioni da
lavoro dipendente.Totale: 2 miliardi.
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I carburanti
REPUBBLICA.IT
Sul sito di
Economia
focus su
Edison, Bpm,
Mediaset,
Microsoft,
Oracle
L’Iva
Ritocco dell’accisa
su benzina e diesel
allo Stato 5 miliardi
Dopo il rincaro di agosto
nuova ondata di aumenti
ma forse sarà ridotta
SI CHIAMA accisa e si legge benzina.
L’aumento è già scattato e il governo stima
di recuperare circa 5 miliardi su 20 della
manovra dall’aumento del pieno di benzina
(o diesel). L’aumento è particolarmente
doloroso perché quando aumenta l’accisa
(cioè la tassa di fabbricazione che si paga al
litro e non in base al valore) sul prezzo si
deve caricare anche l’Iva. Da quando è
entrato in vigore il decreto l'accisa sulla
benzina è salita da 62,21 centesimi di euro al
litro al nuovo livello di 70,42 centesimi al litro.
L’incremento è stato di 8,21 centesimi, sui
quali bisogna calcolare l’Iva del 21 per cento:
l’aumento provocato dal decreto - calcolato
dalla Cgia di Mestre - è stato dunque di 9,93
centesimi al litro. In questi giorni chi partirà
per le vacanze di Natale secondo il
Codacons troverà un aumento del pieno di
circa 13 euro. Comunque sia la benzina il 19
dicembre, secondo i dati del ministero dello
Sviluppo economico, costava 1,67 euro di
cui 70 centesimi di accise e 29 di Iva.
L’IVA l’ha già aumentata Tremonti con la
manovra d’agosto portandola dal 20 al
21 per cento e l’effetto sui prezzi si è già
visto (a novembre l’inflazione è stata del
3,3 per cento). Ora si profila un secondo
aumento: scatterà da ottobre un
ulteriore rincaro di 2 punti per cui si
arriverà al 23 per cento per i beni di
consumo (casalinghi, computer,
elettrodomestici, caffè...) e passerà dal
10 al 12 per cento per la fascia
intermedia (riguarda soprattutto
l’edilizia). Questo doppio aumento - che
darà un gettito di 3,2 miliardi per soli tre
mesi - potrà essere in parte scongiurato.
I governo sta infatti lavorando per evitare
che scatti la cosiddetta clausola di
salvaguardia: l’obiettivo è quello di
sfoltire in modo selettivo le agevolazioni
fiscali (circa 720 nel nostro sistema). Con
le risorse ricavate si potrebbe in parte
attenuare la stretta sull’Iva e in parte
destinare le risorse alla famiglia e ai
sussidi alla disoccupazione.
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La tassa si abbatterà praticamente su
tutte le forme di ricchezza mobiliare
degli italiani. Anche il risparmio postale
PER SAPERNE DI PIÙ
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I Paperoni con 5 milioni verseranno
prima 1.200 euro, poi 7.500. Poche le
eccezioni: fondi pensione e sanitari
IL DOSSIER. Le misure del governo
Il risparmio
Una vera patrimoniale sui più ricchi nel 2013
conti correnti esenti da bollo fino a 5000 euro
VITTORIA PULEDDA
Nel 2012 si pagherà lo 0,1%
sulle attività finanziarie,
ma fino a un massimo di 1.200
euro. Poi, l’anno dopo, si
pagherà lo 0,15 per cento e
sparirà il limite. Sui depositi
34,2 euro all’anno
34,20 €
15 mila €
PICCOLI RISPARMI
GRANDI RISPARMI
Chi ha investito in
attività finanziarie
10 mila euro,
pagherà in ciascuno
dei prossimi due
anni 34,2 euro di
bollo
Chi ha investito in
attività finanziarie
10 milioni di euro
pagherà nel 2012
1.200 euro mentre
nel 2013 verserà
15 mila euro
LA SCURE della “patrimonialina”, così come previsto dall’articolo 19 della manovra appena varata, si abbatterà praticamente
su tutte le forme di ricchezza mobiliare degli italiani. Anche nelle
forme detenute all’estero. Il prelievo prevede un’aliquota fissa,
da applicare sui valori di mercato
dei depositi titoli e su tutte le attività finanziarie, anche non soggette a deposito (come i fondi comuni di investimento). Inoltre, si
pagherà anche il bollo sui conti
correnti: in questo caso l’imposta
è fissa, di 34,20 euro l’anno.
lo. Confermato che non si paga su
fondi pensione e fondi sanitari, il
nuovo testo chiarisce definitivamente invece che l’imposta annuale di 34,2 euro si paga sui conti correnti inviati dalle banche, ma anche
su quelli postali e sui rendiconti dei
libretti di risparmio. Dunque, anche il risparmio postale paga pegno
alla manovra.
meno se la giacenza del conto corrente e del libretto di risparmio è al
di sotto della soglia di 5.000 euro,
ma attenzione: l’esenzione scatta
solo se “complessivamente” non si
hanno più di 5.000 euro su c/c e libretto di risparmio. Dunque, avere
due o più conti con giacenze medie
singolarmente molto basse, non
salva dal pagamento.
LO SCAGLIONE MINIMO
Tuttavia, per chi ha una giacenza
davvero contenuta, entro i 5.000 euro, l’imposta di bollo sui conti correnti non si paga. Non si paga nem-
I BUONI POSTALI
I Buoni postali sono a loro volta
“graziati” se la giacenza media resta
al di sotto dei cinquemila euro. Insomma, questa forma di risparmio,
molto diffusa anche per tagli molto
ridotti, ha ricevuto un trattamento
di favore.
QUALCHE ESEMPIO
Tra il 2012 e il 2013 cambierà l’aliquota sulla ricchezza finanziaria,
ma quello che farà la differenza vera, per i Paperoni, sarà il venir meno
del tetto massimo. Ad esempio chi
ha attività finanziarie pari a 800 mila euro, pagherà 800 euro nel 2012 e
1.200 euro l’anno dopo; chi ha 5 milioni investiti, pagherà subito 1.200
euro ma verserà 7.500 euro nel 2013.
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ALIQUOTE E TETTI
Per il 2012 il prelievo si applicherà
sui valori di mercato, con un minimo di 34,20 euro l’anno e un massimo di 1.200 euro. Per il primo anno
l’aliquota sarà dell’1 per mille, nel
2013 salirà all’1,5 per mille; resterà il
valore minimo di 34,20 euro mentre
nel secondo anno non ci sarà più il
tetto massimo. Su un “tesoretto”
non particolarmente ricco si pagherà percentualmente di più: ad
esempio su 20.000 euro si pagheranno 34,2 euro invece dei 20 euro
previsti dall’aliquota. Al contrario,
per i veri “Paperoni”, dal 2013 scatterà la mannaia vera, con il venir
meno del tetto al prelievo.
LE POCHE ECCEZIONI
Pochissime le esenzioni al balzel-
La manovra prevede nuove imposte sulle attività finanziarie e immobiliari oltre frontiera. Ma ci sono dubbi sulla praticabilità di alcune norme
Nel mirino anche capitali scudati, titoli e case all’estero
ETTORE LIVINI
MILANO — Case, azioni e capitali. Il Salva-Italia non risparmia nemmeno il patrimonio parcheggiato all’estero (ora o
in passato) dagli italiani. Anche se molti
osservatori temono un percorso accidentato – costellato di ricorsi in tribunale – per l’imposta sui 160 miliardi scudati con i condoni dell’era Tremonti-Berlusconi e per l’Ici sul mattone oltrefrontiera.
La voce di gettito più importante, in
teoria, è proprio il giro di vite sui capitali
rientrati nel Belpaese con gli scudi varati
tra il 2000 e il 2009. La manovra prevede
per questo tesoretto un’imposta di bollo
annuale del 4 per mille che nel 2012 e nel
2013 viene invece calcolata in via straordinaria all1% e all’1,3%. Gettito previsto
per il primo anno 1,4 miliardi circa.
Il problema è trovare chi si farà carico
di pagare la tassa su capitali che, almeno
in teoria, sono tuttora secretati. Il sostituto d’imposta dovrebbe essere l’intermediario che all’epoca dello scudo ha effettuato l’operazione. Ma il rischio è che
nel frattempo i soldi siano spariti altrove,
magari gonfiati o ridotti dall’altalena dei
mercati. Se banche, Sim e Sgr non faranno la loro parte, prevede il decreto, lo Stato avrà diritto di chiedere loro l’identità
Gli appartamenti
saranno tassati
con la stessa
aliquota delle
seconde
abitazioni in
Italia: 0,76%
di chi ha rimpatriato i soldi nascosti all’estero.
La mannaia del governo Monti cade
pure sui titoli e le attività finanziarie controllate all’estero. In questo caso l’imposizione sarà pari all’1 per mille nel 2001 e
nel 2012 e dell’1,5 per mille da quella data in poi.
L’ultimo capitolo nel campo delle incursioni oltrefrontiera del Salva-Italia è
quello – pure lui delicatissimo – delle case all’estero. Il trattamento è uguale a
quello riservato a quelle tricolori, vale a
dire una tassazione dello 0,76% sul valore catastale del bene. Gettito previsto:
93,8 milioni di euro l’anno. I problemi sono due: calcolare i valori catastali in paesi dove valute e sistemi di registrazione
sono molto diversi dal nostro e scovare
davvero tutto il mattone tricolore fuori
dal paese. La relazione tecnica di accompagnamento alla manovra parla di case
segnalate nel quadro Rw di Unico per un
valore pari a 19 miliardi circa. Gli operatori di settore però considerando il numero di transazioni effettuate (400mila
acquisti negli ultimi 20 anni) considerano il dato sottostimato di una trentina di
miliardi.
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Età di vecchiaia a partire subito da 62
anni per le donne e da 66 per gli
uomini. Anticipi previsti a 41 e 42anni
Pensioni penalizzate dell’1% l’anno se
si hanno i contributi ma un’età sotto
62 anni. Tutte le stime di Progetica
Il dossier. Le misure del governo
Le pensioni
LUISA GRION
In pensione più tardi, con un
metodo di calcolo che tiene
conto solo dei contributi
versati e con una anzianità di
versamenti richiesta che andrà
gradualmente ad aumentare.
La riforma Fornero passerà
alla storia per aver accelerato
la parificazione dell’età
pensionabile fra uomo e
donna (aggancio che avverrà
nel 2018 a 66 anni) e per aver
fatto sì che gli italiani, in
futuro, siano chiamati a
restare al lavoro fino alla soglia
dei 70 anni (già nel 2021 per
aver diritto alla previdenza
bisognerà averne compiuti
almeno 67).
Si comincia dal prossimo
gennaio: salta il sistema delle
quote d’anzianità, salta
l’assegno garantito a qualsiasi
età pur di aver accumulato
almeno quarant’anni di lavoro
alle spalle, salta il sistema delle
«finestre» in uscita.
Una rivoluzione voluta per
motivi di risparmio (garantito
anche da un blocco biennale
delle indicizzazioni per gli
assegni superiori ai 1.404
euro), ma soprattutto per
tentare di rendere più equo un
sistema che favorisce i
«vecchi» e penalizza i
«giovani». Il passaggio al
contributivo per tutti,
l’aumento dell’età anagrafica,
il fatto che siano state
aumentate le aliquote degli
autonomi e che le deroghe
ammesse siano poche
diminuirà in futuro le disparità
di trattamento: ma resta il fatto
che i figli di oggi andranno in
pensione con un assegno del
25 per cento più basso rispetto
ai padri.
Addio anzianità, poche deroghe
sistema contributivo per tutti
e protezione fino a 1.400 euro
Tra i padri e i figli un divario in assegno del 25%
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IL MINISTRO
La responsabile del
Welfare, Elsa Fornero
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PER SAPERNE DI PIÙ
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I dipendenti che avrebbero maturato i
requisiti nel 2012 usciranno a 64 anni
purché abbiano 35 anni di contributi
L’età pensionabile
Le donne
Uscita dal lavoro posticipata
eccezioni per salvare classe 52
E’ LA novità più importante della riforma Fornero: da gennaio
la pensione diventa più lontana. Per gli uomini e le donne del
settore pubblico il diritto all’assegno scatterà al compimento
dei 66 anni, quota che salirà per via degli adeguamenti alle speranze di vita fino a raggiungere un minimo di 67 anni nel 2021.
Ci sono però alcune possibilità di anticipo: la prima riguarda
l’anzianità contributiva che dovrà essere di 42 anni e un mese
per gli uomini (41 e un mese per le donne), parametro che salirà di un mese nel 2013 e di un altro ancora nel 2014. Se l’età
sarà inferiore ai 62 anni l’assegno sarà però tagliato dell’1 per
cento per la parte calcolata con il metodo retributivo. I lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il gennaio 1996 (e che
quindi hanno un regime solo contributivo) potranno andare
in pensione, dopo 20 anni di lavoro, a 63 anni (ma solo se l’assegno sarà 2,8 per cento quello sociale). I lavoratori con almeno 35 anni di contributi alla fine del 2012 potranno ritirarsi dal
lavoro a 64 anni. Si verrà incontro alla cosiddetta classe 52.
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Equiparate agli uomini nel 2018
le dipendenti pubbliche già lo sono
LA pensione delle donne, dal prossimo mese, comincia a percorrere, gradino per gradino, una scaletta che le porterà - nel
2018 - a lasciare il lavoro alla stessa età degli uomini, ovvero a 66
anni (quota richiesta alle lavoratrici pubbliche già dal 2012). Per
le lavoratrici del privato si parte invece con i 62 anni di età richiesti dal prossimo gennaio (se autonome la quota sale a 63 anni e sei mesi), che diventano 63 e sei mesi nel 2014 (64,6 per le autonome) e continua poi a salire in base agli aggiornamenti biennali sulle speranze di vita. Considerata però la difficoltà delle
donne a mantenere una regolarità contributiva è prevista un’eccezione per le lavoratrici che entro la fine del prossimo anno matureranno almeno 20 anni di contributi: potranno andare in
pensione a 64 anni. L’età dell’andata in pensione - una volta raggiunta la parità con gli uomini nel 2018 - continuerà per entrambi i sessi a salire, fino ad arrivare ai 69 anni e 9 mesi nel 2050. Continuerà a salire, con adeguamenti successivi, anche il tetto della
contribuzione minima richiesta per avere diritto agli assegni.
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Contributivo e aliquote
Lo stesso calcolo per tutti
e gli autonomi si avvicinano
agli altri lavoratori
DA GENNAIO il metodo di calcolo contributivo pro-rata sarà esteso anche ai lavoratori che nel 1996 avevano
maturato almeno 18 anni di contributi (e che per questo
erano stati graziati dalla riforma Dini). I loro anni di lavoro fino al 2011 saranno calcolati ancora con il retributivo (metodo più vantaggioso perché basato sugli stipendi degli ultimi anni), ma dal 2012, anche per questa
fascia di lavoratori (e per gli anni di attività che restano)
si terrà conto solo di quanto versato. Oltre all’abolizione del retributivo, la riforma Fornero abolisce anche le
finestre d’uscita (sempre da gennaio: saranno utilizzate solo dai lavoratori che maturano i requisiti dell’attuale sistema entro la fine dell’anno) e il sistema delle quote per le pensioni di anzianità, che di fatto scompaiono.
Oltre a questo, la nuova previdenza cambia anche la
previdenza dei lavoratori autonomi, chiamati a versare
più contributi. Per artigiani, commercianti e coltivatori
diretti ci saranno dei ritocchi (che i sindacati volevano
più alti) fino a raggiungere il 24 per cento nel 2018. I dipendenti del settore privato versano il 33 per cento, ma
i loro assegni sono più alti. Agli autonomi più giovani, di
fatto, è consigliato il ricorso ad una previdenza integrativa.
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Rivalutazioni e pensioni d’oro
Dodici milioni di pensionati
si adeguano all’inflazione
circa quattro restano esclusi
E’ STATO uno dei punti più spinosi dell’intera riforma,
quello sul quale il ministro Fornero ha pianto: il blocco dell’adeguamento degli assegni all’inflazione per i
prossimi due anni (2012 e 2013), misura introdotta per
far presto sul pareggio di bilancio. La norma è stata corretta rispetto alla più rigida impostazione originaria.
Ora la rivalutazione totale è assicurata per tutti i trattamenti fino a tre volte il minimo, quindi fino ai 1.404 euro. In realtà anche le pensioni che superano di poco
questo tetto (fino ad un massimo di 1.421 euro) saranno rivalutate, in modo da mantenere l’equità del sistema. Per tutti gli altri trattamenti scatterà un blocco
biennale (gli esclusi dal congelamento dovrebbero essere circa 12 milioni, quelli che ne saranno colpiti sono
invece 4).
Per allargare la base protetta è stato potenziato il
contributo di solidarietà previsto a carico delle «pensioni d’oro»: un balzello che era già stato introdotto con
la manovra dello scorso luglio. Ora vi è stato aggiunto
un terzo scalino: per la quota superiore ai 200 mila euro di pensione si pagherà una mini-tassa del 15 per cento, che va ad aggiungersi a quelle introdotte sui primi
due «scaglioni» (10 per cento per la quota sopra i 150
mila; e 5 per cento per quella che supera i 90 mila).
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Via vincoli su orari e distanze
per i negozi, per il governo
la competizione farà bene al Pil
Le categorie hanno ottenuto
il depotenziamento delle norme
Un braccio di ferro infinito
IL DOSSIER. Le misure del governo
Le liberalizzazioni
Farmacie, taxi e negozi
l’avanzata lenta del mercato
Sulla concorrenza pesa l’intervento delle lobby
VALENTINA CONTE
Farmaci
Trasporti
Nelle parafarmacie una parte
dei medicinali di “fascia C”
Vittoria per le auto bianche
l’esecutivo prepara un altro round
LA MANCATA vendita libera dei farmaci di fascia C (con obbligo di ricetta “bianca”, ma a carico totale del paziente) anche presso le parafarmacie e i corner degli ipermercati è la più clamorosa retromarcia del
pacchetto di liberalizzazioni inserito nella manovra Salva-Italia. La
norma prima entra nel decreto. Poi, con un blitz notturno in commissione Bilancio alla Camera, ne esce. Alla fine, unico compromesso ottenuto, entro 120 giorni l’Aifa (Associazione italiana del farmaco) e il
ministero della Salute decideranno quali di questi farmaci — il cui mercato vale 3,1 miliardi all’anno, il 12% della spesa farmaceutica degli italiani, Viagra e ansiolitici i più redditizi — potranno essere liberalizzati.
I TAXI si sfilano ancora. Come accaduto già con la manovra di agosto,
la lobby dei tassisti costringe il governo Monti a ritornare in fretta sui
propri passi. Prima rientrano nell’articolo 34 (liberalizzazione delle
attività economiche), poi ne sono esclusi con un emendamento. Le
auto bianche hanno fatto muro soprattutto contro i possibili effetti
della liberalizzazione sulle aree geografiche che avrebbe consentito,
ad esempio, a un tassista di andare in trasferta in Comuni con maggiore domanda. Tuttavia la deregulation potrebbe essere solo rimandata e rientrare, come promesso dal ministro Passera, in un secondo
momento. Possibile un riordino del settore nei prossimi sei mesi.
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Edicole
Trattativa avviata a Palazzo Chigi
per frenare i nuovi punti vendita
GLI edicolanti dovranno affrontare una liberalizzazione piena dei
punti vendita di giornali e riviste, per effetto dell’articolo 31 della manovra che al comma 2 disciplina la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali senza contingenti, limitazioni territoriali o di altra
natura. La serrata di tre giorni — annunciata per il 27-28-29 dicembre dai sindacati degli edicolanti sul piede di guerra — è stata revocata in extremis nella tarda serata di ieri, dopo l’incontro tra sindacati e sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Carlo Malinconico. Il governo ha fissato per il 10 gennaio un tavolo tecnico con le parti sociali per affrontare i problemi del settore.
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Ordini professionali
Evitato il rischio di sparizione
autoriforma entro otto mesi
SCONGIURATA anche la rasoiata sugli Ordini professionali.
Resta la data del 13 agosto del 2012 come termine entro il quale gli Albi dovranno recepire i principi varati con la manovra di
agosto. In caso di ritardo, gli Ordini però non spariranno. Decadranno solo le norme vigenti in contrasto. Si accorcia a non
oltre 18 mesi la durata del tirocinio per tutti. Sul fronte previdenziale, le Casse ottengono una proroga di tre mesi — dal 31
marzo al 30 giugno 2012 — per assicurare una sostenibilità di
50 anni, dai 30 attuali (equilibrio tra contributi e pensioni). In
caso contrario, scatta il contributivo pro-rata e un contributo
di solidarietà dell’1% a carico dei pensionati per il biennio
2012-13.
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Il Garante
Benzinai
L’Antitrust chiede più poteri
entro gennaio il piano d’azione
AL TIMONE
Il ministro
Corrado Passera
Aprire il mercato all’ingrosso
e ridurre il potere dei petrolieri
IL PUNGOLO al governo sulle liberalizzazioni (anche quelle mancate) arriva dal neo presidente dell’Antitrust. Giovanni Pitruzzella - al debutto, tre giorni fa, in commissione Industria al Senato ha preannunciato una nuova segnalazione dell’Authority, sulle
«dinamiche dei singoli mercati e le prospettive di intervento per
rafforzare la concorrenza», che entro metà gennaio arriverà in Parlamento, accompagnata dalla richiesta ufficiale di maggiori poteri sanzionatori per la tutela dei consumatori. «Vincere tutte le resistenze di natura corporativa nel nostro Paese non è facile», ha aggiunto Pitruzzella. «Quello che faremo è stimolare governo e Parlamento a intervenire».
RIFORMA rinviata anche per i carburanti e la loro rete di distribuzione. La misura, presente nelle prime bozze di manovra ma poi stralciata, prevedeva che i gestori al dettaglio potessero rifornirsi da qualunque produttore o rivenditore. E
che le eventuali clausole contrattuali di esclusiva nell’approvvigionamento sarebbero state nulle, dal 2012, per la parte eccedente il 50% della fornitura complessivamente pattuita e comunque per la parte eccedente il 50% di quanto erogato nel precedente anno dal singolo punto vendita. Il capitolo
benzina, modificato rispetto a questa ipotesi, potrebbe tuttavia rientrare in gioco in uno dei prossimi provvedimenti.
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Le misure per la crescita contenute
nella manovra non escludono
una seconda fase di interventi
Concessioni più lunghe per i privati
che investono nelle infrastrutture
Per le piccole imprese 400 milioni
Lo sviluppo
Tagli Irap e incentivi alle grandi opere
bonus a chi assume donne e giovani
ROMA — Sgravi Irap, bonus
per chi assume giovani e donne, agevolazioni alle imprese
che ricapitalizzano, sostegni
all’innovazione, semplificazioni per accelerare le infrastrutture, garanzia pubblica
per le passività delle banche. Il
capitolo “sviluppo” della prima manovra Monti, per ora, è
questo, visto il flop delle liberalizzazioni. Se “fase 2” ci sarà,
dovrà ripartire da qui per definire «un disegno complessivo,
organico, chiaro e credibile»
nel quale inserire gli interventi, rilanciare la crescita, «migliorare la fiducia sulle prospettive della nostra economia» e così attirare nuovi investimenti, come auspicato dal
governatore della banca d’Italia Ignazio Visco.
Il piatto forte delle misure
per lo sviluppo inserite nel Salva-Italia è in due sigle: Irap e
Ace. Le imprese potranno dedurre integralmente dalle imposte dirette (Ires e Irpef), l’Irap (Imposta regionale sulle
attività produttive) pagata sul
costo del lavoro. Non solo. La
deduzione Irap per donne e
giovani sotto i 35 anni assunti
a tempo indeterminato sale di
6 mila euro, a 10.600 euro complessivi (15 mila al Sud) e pesa
per 1,6 miliardi. Auspicio e stimolo a nuovi posti di lavoro.
L’introduzione dell’Ace (Aiuto
alla crescita economica) aiuterà le imprese che vogliono finanziarsi con capitale proprio
a dedurre una parte dell’aumento. Una misura che vale
un miliardo il prossimo anno,
sale a 1,4 nel 2013 e poi a 2,9 nel
2014. E che dovrebbe favorire
la crescita dimensionale delle
micro-imprese italiane.
Lo sviluppo industriale viene favorito dall’inclusione anche dei progetti di innovazione industriale tra quelli agevolati dal Fondo di rotazione. E il
Fondo di garanzia per le Pmi si
alimenta di risorse fresche
(400 milioni in più all’anno nel
triennio 2012-14). Semplificati e razionalizzati, poi, i criteri
per identificare le opere di interesse strategico, snellito l’iter di approvazione, introdotti poteri di verifica dell’avanzamento lavori. La durata minima delle concessioni per
grandi opere superiori al miliardo viene portata a 50 anni.
Previsti sgravi Ires e Irap per i
concessionari che realizzano
nuove autostrade con il sistema della finanza di progetto
(project financing).
Il bonus energia (gli sconti
fiscali del 55 per cento sugli interventi di riqualificazione
energetica degli immobili)
viene prorogato al 31 dicembre 2012. Mentre la detrazione
del 36 per cento dall’Irpef delle spese di recupero e ristrutturazione edilizia diventa permanente dal 2013. L’accelera-
zione della concorrenza, ora
bloccata dai veti delle lobby,
passerà anche attraverso il potenziamento dell’Antitrust
che ora potrà agire anche nei
confronti di atti, regolamenti,
provvedimenti emanati dalla
Pubblica amministrazione. Le
banche italiane, infine, assetate di credito, beneficeranno di
una garanzia pubblica fino al
giugno 2012 per le proprie pas-
sività con scadenza da 3 mesi
fino a 5 anni o a 7 anni per le obbligazioni garantite. «L’intervento del governo — ha commentato al riguardo il governatore di Bankitalia — è neces-
sario per consentire alle banche di raccogliere i fondi indispensabili a finanziare i prestiti alle imprese e alle famiglie».
(v. co.)
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Repubblica Nazionale
VENERDÌ 23 DICEMBRE 2011
LA
CRISI FINANZIARIA
POLITICA
INTERNA
■ 14
Un elenco depositato in Prefettura
censisce il patrimonio della Capitale
riconducibile a istituzioni religiose
Circa la metà dei beni sono sedi
di parrocchie. Poi tanti appartamenti,
case generalizie, ospizi e seminari
IL DOSSIER. La mappa dei privilegi
L’Ici
Scuole e conventi-albergo
ecco le proprietà della Chiesa
libere dall’imposta immobili
A Roma 1500 edifici. Il nodo della “zona grigia”
ANNA MARIA LIGUORI
GIOVANNA VITALE
Un patrimonio immenso,
quasi tutto tax free: fu il
governo Amato nel ’92 a
prevedere una lunga lista
di esenzioni. Il governo
Berlusconi confermò la
misura e quello di Prodi
stabilì il mancato
pagamento per gli edifici
adibiti ad attività “non
esclusivamente
commerciali”,
aumentando così
le zone grigie
Ora si attende la
pronuncia di Bruxelles
per capire se si tratta di
un aiuto di Stato e come
tale contrario alle regole
europee. Secondo l’Anci
la cifra che manca
è di 700 milioni
SONO millecinquecento gli
immobili della chiesa cattolica che, solo a Roma, non pagano l’Ici. Un elenco registrato al catasto e depositato in
prefettura, che contiene sia gli
edifici esentati per legge, come le 722 parrocchie, sia quelle centinaia di fabbricati intestati ad altrettanti enti, istituti,
congregazioni, confraternite,
società e opere pie che, pur
svolgendo al loro interno attività commerciali, hanno presentato una autocertificazione che li mette al riparo dalla
tassazione. Numeri tuttavia
sottostimati rispetto al vasto
patrimonio del Vaticano: la
Santa Sede, in quanto Stato
estero, non è infatti tenuto a
comunicare le sue proprietà
alle autorità italiane. Ragion
per cui nessuno conosce con
certezza quanti palazzi pos-
sieda e quali attività ospitano.
Un patrimonio immenso,
quasi tutto tax-free, che secondo una stima dell’Anci risalente al 2005, avrebbe impedito ai comuni di incassare un
gettito Ici compreso tra i 400 e
700 milioni, 20 dei quali soltanto nella capitale. Se ne discute ormai da vent’anni: dal
L’autocertificazione
evita il prelievo
quando la finalità
commerciale
non è “prevalente”
lontano dicembre ’92, quando il primo governo Amato introdusse l’imposta comunale
sugli immobili prevedendo
una lunga lista di esenzioni,
fra cui i fabbricati del Vaticano
contemplati dai Patti Lateranensi nonché le attività, laiche
e religiose, destinate a sanità,
assistenza, istruzione, sport e
culto. Norma che scatenò subito una ridda di contenziosi
fino al 2004, allorché una sentenza della Corte di Cassazione stabilì che le attività «oggettivamente commerciali» dovessero essere soggetti all’Ici.
Nel 2005, però, il governo di
Silvio Berlusconi ribaltò il verdetto, estendo l’esenzione a
tutti gli immobili della Chiesa.
Fino al 2006, quando anche
l’esecutivo guidato da Romano Prodi ci mise lo zampino,
decidendo che dovessere essere tassati solo gli edifici adibiti ad attività «non esclusivamente commerciali». Una
formula che ha contribuito a
ingarbugliare la situazione,
alimentando le zone grigie.
Per richiedere l’esenzione Ici,
infatti, basta che all’interno di
un immobile trasformato magari in albergo ci sia una cappella. Un caso più diffuso di
quanto si immagini, che ha
moltiplicato le cause tributarie tra l’amministrazione cittadina e gli enti ecclesiastici
Il fenomeno delle
“case per ferie”:
sono circa 800,
nate in gran parte
per il Giubileo
CASE PER FERIE
A Roma, secondo le stime,
sono almeno un’ottantina.
Gestite da frati, suore, ancelle
della carità, missionarie, che
spesso hanno trasformato interi palazzi, o anche solo un
parte di essi, in alberghi e
ostelli. «Un fenomeno», spiega Marco Causi, ex assessore
al Bilancio del Campidoglio e
ora deputato del Pd, «esploso
in occasione del Giubileo del
2000 quando molti istituti religiosi si sono attrezzati per
dare ospitalità ai pellegrini».
Nell’elenco della prefettura
romana ci sono svariati esempi. C’è la Casa per ferie delle
Ancelle di Maria Immacolata,
ai Parioli, che offre camera
con bagno e pensione completa a prezzi modici: da 54 a
62 euro. C’è l’Hotel Santa Brigida, nella centralissima piazza Farnese, pubblicizzata anche sul sito di viaggi tripadvisor, e l’Istituto di Suore benedettine di Torre Argentina. A
Il caso
Le fondazioni guidate dai politici
“Sedi in affitto, estranei all’esenzione
non facciamo da paravento a nessuno”
ROMA — «La Fondazione Italianieuropei non è proprietaria di alcun immobile e non può pertanto godere dell’esenzione Ici. Non si può quindi imputare a Italianieuropei di essere un “paravento per lucrare uno
speciale regime fiscale”». Lo afferma in una nota Andrea Peruzy, segretario generale della fondazione presieduta da Massimo D’Alema. Walter
Veltroni, promotore di Democratica Scuola di
Politica, dice da parte sua: «Non siamo proprietari di immobili, l’Ici non ci compete». Precisazioni di identico tenore da Rocco Buttiglione
(Fondazione Fede e Scienza) e Claudio Scajola (Fondazione Cristoforo Colombo). Le fondazioni promosse da politici fanno riferimento a un passaggio
dell’articolo in cui ieri Repubblica ha dato conto dell’elenco di immobili che a Roma risultano esentati
dall’Ici.
Chi dirige una fondazione, in effetti, può non sapere che il proprietario dell’immobile si avvale dell’esenzione, come previsto dalla legge. Quest’ultima recita che sono tax free «gli immobili totalmente adibiti
a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi (...), di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni”. Al Comune va presentata una dichiarazione Ici in cui si comunica che si è “acquistata” l’agevolazione. Precisazioni sono state fatte anche da Cisl,
Confindustria e Telecom: «Noi l’Ici la paghiamo».
Repubblica Nazionale
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VENERDÌ 23 DICEMBRE 2011
PER SAPERNE DI PIÙ
www.repubblica.it
www.chiesacattolica.it
■ 15
Il Campidoglio ha recuperato 11
milioni di arretrati. Tra gli altri tassato
il complesso della Società San Paolo
La polemica
E Alemanno apre il contenzioso
“Pagate, svolgete attività commerciali”
ROMA — Ha chiesto la collaborazione del
Vicariato, il sindaco Gianni Alemanno, prima di far partire gli accertamenti sugli immobili degli enti ecclesiastici che non pagano l’Ici pur svolgendo attività commerciali. Si tratta di decine di alberghi, case di
cura, persino l’editrice San Paolo, che non
versano un solo euro pur fatturando importi milionari.
In base ai dati forniti dall’assessorato al
Bilancio, il Campidoglio in quasi quattro
anni ha già recuperato 11 milioni di arretrati. Ma diversi contenziosi sono ancora in
corso. Come quello da 60mila euro con la
Provincia religiosa dei S.S. Apostoli Pietro e
Monteverde, con vista su Villa
Pamhili, la brouchure di Villa
Maria della Suore salvadoriane si autodefinisce hotel de
charme.
SCUOLE
Sono 217 gli istituti religiosi
destinati all’istruzione. Dalle
materne alle superiori, sono
esentati dall’Ici come tutte le
scuole pubbliche italiane. Pur
chiedendo, spesso, rette piuttosto alte. Alcuni licei superano anche i 7mila euro l’anno e
sono gestiti da una costellazione di congregazioni. Si va
dagli Highlands Institute dei
Legionari di Cristo all’Istituto
di Villa Flaminia dei Fratelli
delle Scuole cristiane, nato nel
’56 da una sede distaccata del
famoso San Giuseppe de Merode, l’istituto della Roma bene affacciato su Trinità dei
Paolo dell’opera di don Orione, proprietario di un gigantesco complesso su via della
Camilluccia che oltre alle attività religiose
ospita anche una casa per ferie e una struttura di riabilitazione a pagamento. Simile il
caso degli «immobili a reddito» posseduti
dalla Provincia italiana Suore Mercedarie
che vanta «un volume d’affari che fa registrare circa 7,1 milioni». Spiega il Campidoglio: «In particolare è stato assoggettato a
tassazione l’immobile utilizzato per lo svolgimento di attività sanitaria non convenzionata», ossia una clinica nel cuore della
città. L’Istituto Ancelle Riparatrici del Sacro
Cuore di Gesù ha invece subito accerta-
menti sul «complesso affittato a studentesse che produce, peraltro, un volume d’affari superiore a 600mila euro, che fa escludere che tale attività non abbia natura commerciale». Ed è in lite con il Comune pure la
Provincia dei Fratelli Maristi e delle Scuole
per un complesso sportivo comprensivo di
palestra e due piscine. Infine, «riguardo la
Società San Paolo», precisa l’assessorato al
Bilancio», «è stato tassato tra gli altri l’immobile dove svolgono l’attività commerciale. Evidente il dato del volume d’affari
che ammonta a circa 7,3 milioni di euro».
(gio.vi.)
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I numeri
172
I COLLEGI
Collegi, case di studio e
congregazioni sono le sedi
dell’istruzione religiosa nella
Capitale. I centri di accoglienza
sono invece quasi sempre
nelle parrocchie
I casi del Santa
Brigida in piazza
Farnese e di Villa
Maria autodefinito
“hotel de charme”
Monti. C’è l’Istituto Massimiliano Massimo all’Eur, retto
dai gesuiti all’Eur, dove hanno
studiato Mario Draghi e Luca
Cordero di Montezemolo,
Luigi Abete e Gianni De Gennaro.
CASE DI CURA
Oltre agli ospedali religiosi
accreditati dal Servizio Sanitario Nazionale, dal Fatebenefratelli al Campus Biomedico, esenti dall’Ici come i nosocomi pubblici, ci sono svariati
edifici gestiti da religiosi che
ospitano attività sanitarie,
che non avrebbero diritto all’esenzione. La Provincia delle Suore Mercenarie, ad esempio, ha una casa di cura in centro a Roma e ora sta in causa
con il Campidoglio. Come pure la Provincia religiosa dei
santi apostoli Pietro e Paolo
dell’opera di Don Orione, nel
cui elegante complesso su via
della Camilluccia ha ricavato
anche una struttura di riabilitazione a pagamento.
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356
LE CASE
Le case della congregazione
sono generalmente quelle di
suore e preti. E sovente
gli edifici di pregio vengono
trasformati in hotel
di charme della Capitale
700
MANCATO INCASSO
Secondo l’Anci l’esenzione Ici
sugli immobili della Chiesa
avrebbe impedito ai Comuni
d’incassare tra i 400 e i 700
milioni di euro, 20 milioni nella
sola Roma
Repubblica Nazionale
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