FINESTRA SUL MONDO
A Cura della Redazione
di Lookout News
www.lookoutnews.it
MEDIA BRIEFING
Sintesi analitica dei più importanti avvenimenti nelle aree di crisi
tratta da fonti aperte internazionali
marzo - aprile 2013
Libia
A Tripoli, nella notte fra il 5 e il 6 marzo, la vettura di Mohammed al-Maqariaf, Presidente del Congresso
Nazionale Generale (il Parlamento libico), è stata raggiunta da colpi d’arma da fuoco. L’attentato non
ha provocato vittime né feriti. Poche ore prima numerosi dimostranti armati avevano interrotto una
sessione del Congresso, prendendo temporaneamente in ostaggio alcuni deputati. L’evento segue di
poche ore la liberazione della sede del Parlamento, occupata dal 2 febbraio dai ribelli feriti in guerra.
Il 23 aprile è esplosa un’autobomba di fronte all’edificio dell’ambasciata francese a Tripoli: ferite due
guardie. L’ultimo attentato di questo tipo risale al 12 settembre 2012, quando nell’attacco al consolato
USA di Bengasi fu ucciso l’ambasciatore Chris Stevens.
Egitto
Critico il quadro della sicurezza in molte aree del Paese agli inizi di marzo, dopo la sentenza del 9 marzo
sulla strage di Port Said (febbraio 2012), in occasione dell’incontro di calcio tra la squadra locale dell’Al Masry e quella del Cairo, l’Al Ahly, dove furono uccisi oltre 70 tifosi dell’Al Ahly. Dopo la conferma
della condanna a morte per 21 tifosi dell’Al Masry, gli ultras dell’Al Ahly - giudicando insoddisfacente
la pena inflitta alla squadra avversaria - hanno dato alle fiamme la sede della Federcalcio egiziana al Cairo. Sono tre le persone che hanno perso la vita nei violenti scontri con le forze di polizia. Ulteriori disordini sono avvenuti a Port Said, Alessandria, Mansoura, Mahala e Assuit. Migliaia i poliziotti che hanno
scioperato, rifiutandosi di respingere i dimostranti.
Il 7 aprile la situazione è nuovamente precipitata nel caos in seguito alle fortissime tensioni tra copti e
musulmani. Una persona è rimasta uccisa e almeno 80 ferite negli scontri davanti alla cattedrale di San
Marco, al Cairo, durante i funerali di quattro copti uccisi il giorno precedente nella cittadina di Khusus,
alle porte della capitale egiziana, nel corso di altre violenze religiose. Il Papa copto, Tawadros II, ha attaccato duramente Il Presidente Morsi, accusandolo di negligenza per non aver protetto la cattedrale.
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Mali
Un centinaio di soldati francesi impegnati nell’Operazione Serval sono stati rimpatriati tra l’8 e il 10
aprile. Le altre truppe verranno ritirate progressivamente alla conclusione dell’Operazione Gustav, lanciata dalla Francia il 7 aprile con l’obiettivo di espellere le sacche di resistenza degli islamisti nella regione di Gao. Parigi, tuttavia, manterrà nella sua ex colonia un contingente di circa 1.000 soldati per sostenere un’eventuale missione di pace delle Nazioni Unite.
Repubblica Centrafricana
Il 24 marzo i ribelli della Coalizione Seleka hanno occupato, a Bangui, il palazzo presidenziale, rovesciando il regime di Bozizé, salito al potere con un golpe nel 2003. Michel Djotodia, leader del gruppo,
si è proclamato nuovo Capo dello Stato, sospendendo la Costituzione e sciogliendo il Parlamento. Il
Presidente francese Hollande ha immediatamente annunciato l’invio di truppe per difendere gli oltre
1.000 cittadini francesi e i circa 2.000 europei ivi residenti. Gravemente compromesso il quadro della
sicurezza nella capitale Bangui, dove dilagano saccheggi e sparatorie.
Somalia
Il 17 marzo gli islamisti di Al Shabaab hanno occupato Hudur, capoluogo della regione di Bacol situata
al confine meridionale con l’Etiopia. L’operazione è avvenuta poche ore dopo la partenza delle truppe
etiopi che presidiavano la città dalla fine del 2011. Il 18 marzo un’esplosione nei pressi del palazzo presidenziale di Mogadiscio, in pieno centro, ha causato oltre dieci vittime: si tratta dell’attentato più sanguinoso nella capitale somala dall’inizio di quest’anno.
Turchia
Il 21 marzo Abdullah Ocalan, leader del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) arrestato nel 1999,
ha dato ordine ai suoi combattenti di cessare il fuoco e di ritirarsi nel Kurdistan Iracheno per porre fine
al conflitto con il governo turco.
Siria
Abu Bakr al-Baghdadi, leader di AQI (Al Qaeda in Iraq), ha annunciato in un messaggio audio del 9 aprile
di aver unito le sue forze al gruppo Jabhat al-Nusra, formazione islamista attiva in Siria e già artefice di
numerosi attentati nel Paese. L’unione, se confermata, rafforzerà il ruolo dell’estremismo islamista all’interno dell’opposizione siriana, complicandone ulteriormente il rapporto con le potenze occidentali, tuttora incerte sulle modalità di sostegno all’insurrezione contro il regime di Damasco. Il 10 aprile Abu Mohammed al-Jawani, leader di Jabhat al-Nusra, ha giurato fedeltà ad Al Qaeda e al suo leader al-Zawahiri.
Israele
Il 22 marzo il premier Netanyahu ha espresso il suo rammarico al Primo Ministro turco Erdogan per le nove
vittime causate dal blitz israeliano del maggio 2010 contro la nave di attivisti turca Mavi Marmara diretta a
Gaza. Netanyahu ha definito l’episodio «un errore operativo». I due premier si sono parlati telefonicamente
grazie alla mediazione di Barack Obama, che era in visita in Israele, Cisgiordania e Giordania. Nella conversazione Netanyahu ed Erdogan hanno concordato una normalizzazione dei rapporti tra Israele e Turchia.
Il 2 aprile l’aviazione israeliana ha condotto tre raid nel nord della Striscia di Gaza, in risposta a un lancio
di razzi avvenuto nello stesso giorno dal territorio palestinese. Le incursioni aeree israeliane sono le
prime dall’operazione Pilastro di Difesa del novembre 2012. Il 3 e il 4 aprile altri lanci di razzi da Gaza
hanno colpito le aree in prossimità delle città israeliane di Sderot ed Eshkol, senza tuttavia provocare
feriti. Gli attacchi contro Israele sono stati rivendicati da un movimento salafita legato ad Al Qaeda presente nella Striscia di Gaza e nel Sinai egiziano.
Qatar
La Lega Araba ha definitivamente riconosciuto la Coalizione Nazionale Siriana come unico rappresentante di Damasco, assegnando a essa - in occasione del vertice di Doha del 26 marzo - il seggio della
Siria. Il seggio era rimasto vacante dal novembre 2011, da quando, cioè, la Lega Araba aveva sospeso
la Siria, sei mesi dopo l’inizio delle rivolte contro gli Assad. Il 27 marzo la Coalizione Nazionale Siriana
ha inaugurato la sua prima ambasciata a Doha.
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Institute for Global Studies
SOPRESE E TIMORI NEL PROCESSO
DI SELEZIONE DEI CANDIDATI ALLE ELEZIONI
PRESIDENZIALI IRANIANE
di Nicola Pedde
Le elezioni presidenziali del 2013 avranno un significato particolare per gli iraniani. Si tratta infatti di
eleggere un candidato che possa succedere al discusso e bellicoso doppio mandato del presidente
uscente Mahmood Ahmadinejad, riportando per quanto possibile l’Iran nel solco, se non della normalità, quantomeno di una progressiva stabilità.
Il traumatico epilogo delle elezioni del 2008, con la contestata vittoria di Ahmadinejad e le violenze che
scoppiarono in quasi tutte le principali città iraniane, rappresentano ancor oggi un incubo per il vertice
della Repubblica Islamica, e soprattutto per la Guida Ali Khamenei, che non intende in alcun modo concedere spazi per una replica degli eventi della precedente tornata.
Candidature eccellenti
Nei cinque giorni messi a disposizione dalle autorità per presentare le candidature per l’ammissibilità
alle elezioni presidenziali (i candidati devono essere preventivamente approvati rispondendo a requisiti di tipo anagrafico, scolastico, morale e religioso), 686 individui hanno sottoposto le proprie credenziali, imponendo un duro lavoro alle commissioni di scrutinio, che hanno infatti annunciato un ritardo di cinque giorni nel comunicare i risultati definitivi e la pubblicazione delle liste.
Poco dopo la chiusura del termine per le candidature, tuttavia, è arrivata una prima, sorprendente, notizia: i candidati di sesso femminile saranno esclusi, in osservanza alla Costituzione. A darne l’annuncio
è stato l’anziano ayatollah Yazdi, spiegando che il Consiglio dei Guardiani - l’organo istituzionale incaricato della verifica delle candidature - ha così interpretato il dettato dalla carta costituzionale iraniana,
contestualmente “squalificando” le candidature di circa 30 donne.
Tra i personaggi che hanno confermato la propria intenzione di candidarsi alle elezioni sono presenti
molti esponenti di spicco della prima e della seconda generazione politica iraniana, ed è quindi con interesse che gli elettori attendono di conoscere il verdetto del Consiglio dei Guardiani, per aprire ufficialmente la campagna politica.
Ha destato scalpore, senza dubbio, l’annuncio di Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, già presidente per due
volte dal 1989 al 1997, ed attualmente presidente del Consiglio per il Discernimento, il potente organo
istituzionale di sostegno alla Guida, incaricato di dirimere le controversie tra Parlamento e Consiglio
dei Guardiani.
Rafsanjani è oggetto di giudizi contrastanti in seno all’opinione pubblica iraniana, spaziando tra accaniti sostenitori del suo liberismo economico e conservatorismo politico, e feroci oppositori che lo considerano al contrario un corrotto e spregiudicato politico interessato al proprio personale tornaconto
istituzionale ed economico. Nelle elezioni del 2005 che videro l’elezione di Mahmood Ahamdinejad al
suo primo mandato, Rafsanjani pagò il prezzo politico della sconfitta proprio sulla base delle pesanti
accuse mosse dall’elettorato all’ex presidente, perdendo di misura le elezioni al ballottaggio.
Un altro candidato di spicco è il popolare sindaco di Tehran, Mohammad Bagher Qalibaf, ex generale
dei Pasdaran, ex capo della Polizia, e stimato amministratore pubblico, soprattutto dagli abitanti di Tehran, che hanno potuto constatare con mano la capacità del sindaco nel rimettere ordine in gran parte
del congestionato, inquinato e caotico centro della metropoli iraniana.
Qalibaf si presenta alle elezioni con la coalizione detta “2+1”, insieme all’ex Ministro degli Esteri Ali Akbar Velayati e Gholam-Ali Haddad Adel, ex presidente del Parlamento. L’alleanza si presenta particolare
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agli occhi degli elettori soprattutto per il fatto di essere composta da tra candidati laici, appartenenti alla
schiera dei conservatori, ma tradizionalmente moderati nelle posizioni espresse in termini politici.
L’alleanza del “2+1”, largamente annunciata, si presenta come una delle correnti conservatrici “lealiste”, fedeli alla Guida e alla linea di continuità della Repubblica Islamica, sebbene attraverso una visione moderatamente modernista e innovatrice, soprattutto in campo economico e sociale. Haddad Adel
è legato alla famiglia stessa della Guida, avendo sua figlia spostato Mojtaba Khamenei, influente secondogenito del rahbar.
Tra gli altri nomi illustri di cui la stampa ha dato notizia con riferimento alla presentazione delle candidature per le elezioni, spiccano poi i nomi di Mohsen Rezai, ex comandante in capo dei Pasdaran, Saeed Jalili, già a capo del team negoziale iraniano per i colloqui relativi al programma nucleare iraniano,
Manouchehr Mottaki, ex Ministro degli Esteri (che secondo le indiscrezioni della stampa rischierebbe
la squalifica non essendo in possesso di una laurea universitaria), Kamran Bagheri Lankarani, e molti
altri ancora.
Ad intimorire i vertici della Repubblica Islamica, tuttavia, è la candidatura di Esfandiar Rahim Mashaie,
cognato e alleato politico dell’uscente presidente Ahmadinejad, e feroce oppositore del vertice teocratico del paese, che ha più volte apertamente attaccato nei suoi discorsi, con il deliberato intento di minarne la credibilità politica e religiosa, e dando avvio ad una crisi politica senza precedenti nella storia
dell’Iran.
La nomina di Mashaie alla vicepresidenza venne bloccata dallo stesso Khamenei nel 2009, con l’esplicita accusa di rappresentare una corrente di “devianza” appoggiata dalle potenze straniere per distruggere la Repubblica Islamica. Ciononostante, Ahmadinejad è sempre riuscito a proteggere Mashaie,
evitandogli un quasi certo arresto e permettendo di svolgere l’importante ruolo di delfino politico, secondo molti funzionale ad un interregnum presidenziale “sicuro”, in attesa della possibilità per Ahmadinejad di ricandidarsi alle prossime elezioni per un terzo mandato (possibile, secondo la Costituzione
iraniana, sebbene non possa essere sequenziale ai primi due).
Sono quindi in molti, oggi, ad attendere il giudizio del Consiglio dei Guardiani, per vedere se la Guida e
l’establishment avranno reputato opportuno e sicuro squalificare Mashaie, aprendo però in questo caso il vaso di Pandora dell’ostilità da parte delle forze più radicali dell’ambito conservatore.
La strategia della Guida
Ali Khamenei ha un’esigenza imperativa: evitare che si ripetano - magari amplificati - i disordini del
2009.
Al tempo stesso, tuttavia, vedrebbe con piacere l’elezione di un presidente “allineato” con la posizione
di continuità dell’establishment della prima generazione politica iraniana, e anche capace di depotenziare il pericoloso clima di crisi innescatosi durante la burrascosa presidenza di Mahmood Ahmadinejad.
Come i toni del vivo e continuo dibattito politico nazionale hanno dimostrato, i temi dell’economia, del
lavoro e della stabilità sono quelli che hanno animato le tribune politiche nazionali, dimostrando con
chiarezza alla Guida ciò che gli elettori domandano e ciò che i candidati dovranno saper offrire in campagna elettorale.
In linea con queste esigenze, quindi, la Guida auspica senza dubbio la vittoria di un candidato tra quelli
della coalizione conservatrice moderata, in modo da poter garantire stabilità al sistema politico nazionale, e moderazione sul piano internazionale.
Un obiettivo, tuttavia, contrastato dalla presenza di un candidato riconducibile in modo diretto ad Ahmadinejad, Mashaei, ma anche - sebbene in modo minore - da Rafsanjani, che è certamente più vicino
alla Guida dell’ex presidente, ma che non rappresenta certo l’ideale di malleabilità che la Guida auspica
in questa particolare fase.
Diventa quindi estremamente difficile non solo anticipare quale sarà il clima della campagna elettorale,
ma anche e soprattutto l’esito di quelle che in ogni caso si preannunciano come elezioni di importanza
storica per il paese, segnando effettivamente l’avvio di una transizione generazionale destinata a mutare radicalmente la fisionomia politica e sociale del paese.
INSTITUTE FOR GLOBAL STUDIES
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OSSERVATORIO STRATEGICO
EUTM,
UN SUCCESSO EUROPEO
Centro Militare Studi Strategici
di Francesco Lombardi
All’inizio dell’anno il Consiglio Europeo ha prorogato la Missione EUTM (European Union Training Mission) di ulteriori due anni.
Il secondo dei due mandati, infatti, era scaduto a fine 2012. Lo scopo della missione è stato ed
è quello di fornire una preparazione militare ai membri delle costruende Forze Armate Somale
(Somali National Armed Force – SNAF) nel quadro del più generale sostegno alle legittime istituzioni incaricate di dare un futuro al martoriato stato africano che sta tentando di riemergere
dall’abisso in cui era sprofondato dopo oltre 20 anni di anarchia e distruzione.
Il conflitto che si è trascinato nel Corno d’Africa, reso più tragico da siccità e carestie, è stato essenzialmente uno scontro tra clan ed ha fatto da innesco ad ulteriori crisi di portata internazionale, dalla pirateria alla proliferazione del banditismo.
L’attività, la prima missione di formazione militare dell’UE, è nata all’inizio del 2010, a seguito
dell’approvazione da parte del Consiglio Europeo di una missione, in Uganda, finalizzata al reclutamento, alla formazione ed all’addestramento dei membri delle Forze Somale, nonché al tutoring delle Forze stesse dopo il loro effettivo insediamento in Somalia.
L’UE decise di realizzare la missione in stretto coordinamento con la missione dell’Unione Africana AMISOM e con gli Stati Uniti d’America.
La missione EUTM, che ha avuto fino ad ora un discreto successo, si è avvalsa di personale proveniente da 15 Paesi dell’Unione, che hanno operato in Uganda (Kampala e Bihanga), oltre che
a Bruxelles (ove è presente una cellula di risposta) e a Nairobi.
È, però, soprattutto in Africa, nel campo di Bihanga, nell’est dell’Uganda, a sette ore di strada
dalla capitale Kamapala, che si è sviluppato il lavoro più impegnativo e pregnante.
Innanzitutto con un importante sforzo logistico, per realizzare strutture basate su standard occidentali.
EUTM ha interessato reclute provenienti da tutta la Somalia; da Mogadiscio, la capitale, ma anche dal nord del paese, dal Puntland e dal Somaliland.
Il personale è stato selezionato sulla base dei criteri stabiliti dalle nazioni europee d’intesa con
il governo di transizione somalo.
Tra questi criteri figurano, come voluto proprio dalla nazione ospite, l’attenzione alle diversità
dei clan, le condizioni fisiche, l’età (maggiore di 18 anni), il livello di attitudine mentale, non aver
commesso violazioni dei diritti dell’uomo.
Il passato di ciascun allievo è stato sottoposto ad attento screening, affinché, come dichiarato
dal Colonnello Elul (già comandante della missione nel primo mandato), venissero immediatamente esclusi i c.d. “cattivi ragazzi”.
La presenza di un tasso di alfabetizzazione, limitato al 20% dei giovani impegnati, ha posto comunque qualche difficoltà nelle primissime fasi degli addestramenti individuali.
Caratteristica innovativa è stata la stretta collaborazione tra forze ugandesi ed europee nell’addestramento delle Forze Somale.
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/2013
Da notare, come elemento organizzativo di rilievo, il fatto che europei ed ugandesi si sono strutturati per realizzare attività formative su livelli diversificati e, allo stesso tempo, i team nazionali
dell’Unione si sono articolati essenzialmente per materia.
Gli europei si sono occupati della formazione degli ufficiali e sottufficiali, come pure degli specialisti.
In parallelo, gli ugandesi si sono occupati della formazione di base delle giovani reclute.
In particolare: la formazione degli ufficiali ai francesi, l’azione anti-esplosivi (IED) e l’evacuazione medica (MEDIVAC) agli italiani, le comunicazioni ai tedeschi, la guerriglia urbana ai portoghesi.
Dall’inizio della missione ad oggi il nostro paese ha inviato 54 militari, dell’Esercito e dei Carabinieri.
Le sfide con cui si sono dovuti confrontare i membri di EUTM non sono state solo di natura tecnica o infrastrutturale.
Ben più impegnativa, e strategica, ai fini della buona riuscita di ogni attività del genere, l’amalgama delle reclute provenienti da vari clan somali, talvolta in contrasto tra loro.
Aspetto reso ancor più difficoltoso dalla varietà degli idiomi utilizzati.
Le reclute parlano fino a quattro dialetti diversi; per tale ragione, i formatori si esprimono in inglese e sono poi tradotti da interpreti locali.
A conclusione del secondo mandato, la missione ha operato con 3000 somali, non limitando
l’addestramento alle sole tecniche squisitamente militari ma impegnandosi anche in una formazione sul diritto internazionale umanitario, sui diritti umani e sulla protezione dei civili.
Ciò per fornire ai futuri responsabili ed operatori della sicurezza somala un bagaglio di capacità
in linea con standard qualitativi accettabili.
E molti di essi hanno già combattuto nelle strade di Mogadiscio, contribuendo alla sconfitta delle milizie Shabaab.
Tanto che l’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri, Catherine Ashton, ha dichiarato al riguardo che “coloro che sono stati addestrati da EUTM hanno fatto la differenza sul campo”.
Valido indicatore del successo ottenuto è anche l’ampliamento del mandato della missione che
ora graviterà sulla formazione dei Comandanti, fino a livello battaglione (mentre in precedenza
il focus si fermava a livello plotone).
Sarà inoltre ampliata la formazione su materie quali la politica militare, la cooperazione civilemilitare, l’intelligence ed il genio.
In linea, evidentemente, con i progressi politici ed istituzionali che si sono registrati a Mogadiscio, e che necessitano di personale direttivo in grado di prendere decisioni competenti e ragionate.
Allo stesso tempo, EUTM sarà chiamata a fornire consulenza politica e strategica in tema di difesa e sicurezza alle nuove legittime istituzioni somale.
E, in relazione alle condizioni di sicurezza che si creeranno, la sede della missione potrebbe progressivamente avvicinarsi al territorio somalo fino, si spera, a concentrare tutte le attività nella capitale.
Anche per dare maggiore concretezza ai programmi (ed alle proposte) del primo ministro, Abdi
Farah Shirdon, che già nel suo discorso di insediamento ha definito quattro priorità, di cui la prima (e certo la principale) è il consolidamento di un sistema di sicurezza, prerequisito indispensabile per avviare quel processo virtuoso di ripresa politica, economica e sociale.
Pare, in definitiva, che gli 11,6 milioni di euro che l’UE impegnerà ancora da qui al 2015 per continuare con EUTM possano essere ben spesi e fare dell’esperienza ugandese terreno cui attingere per future best practices.
OSSERVATORIO STRATEGICO
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DIFESA ALLA RIBALTA
GIOCARE PER SALVARE VITE:
LE SQUADRE CINOFILI DEL SOCCORSO
DELLA CROCE ROSSA ITALIANA
di Françoise Farano
La Croce Rossa Italiana offre una vasta e variegata gamma di servizi su tutto il territorio nazionale, in considerazione tanto
delle caratteristiche specifiche del luogo dove si trova ad operare, quanto delle disponibilità in termini di risorse umane,
logistiche e finanziarie. In situazioni non comuni e non permissive, dove gli interventi di ricerca e di Primo e Pronto soccorso agli infortunati non sono mai squisitamente sanitari ma richiedono un elevato grado di competenza, organizzazione
e dotazioni, si attivano anche i Soccorsi Speciali. Tra le attività operative di questo genere, oltre al Salvataggio in Acqua,
al Soccorso su Piste da Sci e a quello con mezzi e tecniche speciali (SMTS), vi è il Soccorso con supporto cinofilo, che
può operare effettuando ricerca e soccorso in superficie, su macerie, su valanghe e in acqua, e fornendo il proprio ausilio
in sede di pet therapy, attività assistite con animali rivolte in particolare a bambini traumatizzati, anziani e soggetti portatori
di varie patologie gravi. Le linee guida che regolamentano dal 2009 lo specifico settore dei Soccorsi Speciali stabiliscono
che, a discrezione del singolo Comitato e a seguito di un percorso formativo di una certa durata e consistenza, vengano
costituite le squadre, eventuali nuclei e sezioni, e che ciascun operatore, istruttore e formatore disponga di un libretto attestante le qualifiche e l’iscrizione ad un albo dedicato. In situazioni di emergenza, gli interventi sono coordinati dal Delegato
della Croce Rossa per la Protezione Civile, in collaborazione anche in tempo ordinario con Enti Pubblici, Corpi dello Stato,
Forze Armate, organizzazioni non governative e associazioni che svolgano attività analoghe.
La formazione nell’ambito del Soccorso con supporto cinofilo prevede corsi specifici per i vari componenti della Squadra,
anche nel caso in cui essi abbiano già conseguito i brevetti con altre associazioni: l’Unità cinofila, costituita inscindibilmente
da conduttore e cane di proprietà; il logista-figurante; l’istruttore di questi e il formatore degli istruttori. Il corso per l’Unità
cinofila è quello più impegnativo se non altro in termini di tempo, con 100 ore nell’arco di un anno, di cui 20 di natura teorica
e 80 in addestramento con il cane. Le materie insegnate e apprese vanno dalla Psicologia del disperso e dei cani alle Tecniche
di soccorso cinofilo, oltre ad Elementi di primo soccorso e soccorso veterinario, Logistica, Organizzazione delle ricerche di
persone scomparse (metodologia di ricerca organizzata) e Aspetti legali. Al termine della formazione, l’esito positivo di un esame teorico-pratico - alla presenza di una commissione di
esperti - abilita gli operatori al servizio effettivo. Ogni anno è previsto il retraining, fatti salvi
coloro che abbiano partecipato ad un intervento reale, esonerati per un turno.
Ares è un bell’esemplare di labrador nero: pelo lucido e ben curato, viene chiamato affettuosamente “il muretto”, per la sua corporatura massiccia. Con lui, all’ingresso del Comitato locale della Croce Rossa Italiana di Grosseto, aspettano pazienti anche Issa (altro
labrador color miele), Margot e Zara (pastori tedeschi), Birra (golden retriever) e Aika (pastore tedesco grigio), tutti rigorosamente al guinzaglio dei rispettivi conduttori-proprietari.
Nel furgone dedicato, adibito dal Comitato ai loro spostamenti sul territorio e predisposto
per accogliere i trasportini individuali, il più anziano e brevettato Teo (lagotto di 9 anni), e
la mascotte Chance, 4 mesi, un batuffolo di pastore tedesco. Cani e padroni sono solo alcuni dei componenti della Squadra Cinofili da Soccorso CRI della città, 82 mila abitanti,
capoluogo della provincia meno popolosa ma più estesa della Toscana.
Il Comitato Regionale toscano della Croce Rossa Italiana può attualmente contare sulle
squadre cinofile di Grosseto, Follonica (GR), Bagni di Lucca (LU), Pistoia, Firenze e Montepulciano (SI). L’obiettivo primario di dell’intenso lavoro addestrativo e formativo è come sempre fornire, in caso di bisogno, un servizio efficiente
alla comunità ma, nel rispetto di standard elevati di qualità, i volontari auspicano anche un aumento sostanzioso del numero di Unità cinofile CRI brevettate, dato che in Toscana ad oggi esse sono brevettate soltanto per la ricerca in superficie
e in numero sensibilmente inferiore rispetto ad altre realtà regionali. La Squadra
di Grosseto opera prettamente in scenari in superficie e su macerie, esercitandosi periodicamente presso un terreno addestrativo consono, di proprietà della
Croce Rossa regionale nei pressi di Montepulciano, o in alternativa ospiti di terreni in dotazione ai Vigili del Fuoco o ad altre associazioni.
I volontari spiegano che la durata dell’addestramento dipende anche dal numero
di volontari che si avvicinano a questo tipo di attività e dalla predisposizione e
reazione dei loro cani. Sebbene pastori tedeschi, labrador e golden retriever
siano tendenzialmente più portati per questo genere di attività, in seno alla Croce
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/2013
Rossa Italiana non sono richieste razze specifiche per l’addestramento, in considerazione del fatto che si è tutti volontari,
inclusi i cani. «È chiaro che ogni razza ha caratteristiche proprie in termini caratteriali, comportamentali e fisiche, e a
queste corrisponderà un approccio diverso e adeguato da parte del conduttore e dell’istruttore, sia nella fase addestrativa
sia in quella operativa». Di base, però, tutti devono avere una giusto grado di curiosità, buon temperamento e giocosità,
elemento questo su cui si basa tutto l’addestramento, nonché essere molto socializzati, così da non generare problemi
di relazione tra esemplari dello stesso sesso in sede di intervento.
Gli interventi per cui si richiede il supporto della Squadra cinofili CRI sono
spesso correlati, in tempo ordinario, alla scomparsa involontaria di persone affette da patologie che alterano la loro cognizione spazio-temporale
- come l’Alzheimer o la demenza senile - o sportivi infortunati in zone poco
battute, o ancora bambini in contesto generalmente urbano. «L’ultima attivazione in termini di tempo a Grosseto è avvenuta lo scorso dicembre,
in località Pescina di Seggiano sul Monte Amiata. Si trattava di una persona anziana abituata a camminare nei boschi, ma ormai affetta da demenza senile». La famiglia ha dato l’allarme e la macchina dei soccorsi si
è attivata, coinvolgendo Carabinieri, Vigili del Fuoco, altre associazioni e
volontari della Croce Rossa Italiana, appunto. «Nonostante gli sforzi, purtroppo quella persona non è stata trovata, e dopo qualche giorno le autorità hanno disposto l’interruzione delle ricerche».
È evidente il rammarico di chi parla e si porta ancora addosso il senso di responsabilità di quei giorni, con il pensiero rivolto alla famiglia dello scomparso e la magra consolazione di aver fatto il proprio dovere coscienziosamente e in modo
professionale. «Un intervento molto impegnativo anche per i cani, che hanno battuto singolarmente aree ampie anche
450mx300m, per 40-45 minuti ogni volta: un lavoro enorme di concentrazione e discernimento».
I cani della Croce Rossa Italiana non vengono addestrati a riconoscere un gesto di attivazione, come invece accade per
quelli impiegati ad esempio dall’Esercito Italiano, che associano all’indossare il collare l’entrata in servizio, per così dire.
La ragione di questa scelta è legata alla differenza di scenario in cui essi si trovano ad operare, dato che sia in superficie
- specie nei boschi - sia sulle macerie, rimanere impigliati è tra i rischi maggiori. «Tuttavia - fa notare una volontaria - quando indossiamo la divisa, i nostri cani capiscono perfettamente che ci stiamo preparando per il servizio, per
“giocare”». L’approccio al cane al momento di lavorare insieme è totalmente
personalizzato dal conduttore, così come risponde alla preferenza del singolo
cane l’oggetto sul quale si incentra l’addestramento alla ricerca, per cui alcuni
prediligono un manicotto, altri un giocattolo (adeguato ovviamente), altri ancora una ricompensa commestibile. Come i cani anti-droga o anti-esplosivo
imparano ad associare gli odori di specifiche sostanze all’oggetto con cui preferiscono giocare - arrivando in definitiva a scoprire i traffici illeciti semplicemente in cerca del giocattolo del cuore - così avviene anche per i cani della
Croce Rossa, i quali però non essendo addestrati per il momento ad essere cani “molecolari”, non sono in grado di fare
un discrimine tra tutti gli odori percepiti, alla ricerca di quelli specifici caratteristici della persona scomparsa.
L’Associazione italiana della Croce Rossa, ad oggi ente di diritto pubblico non economico con
prerogative di carattere internazionale e associazione di soccorso volontaria senza scopo di
lucro, diverrà nel 2014 - anno del suo centocinquantenario - un’associazione privata di interesse
pubblico, con la denominazione di Associazione della Croce Rossa Italiana. Ad essa rimarrà affiancato per due anni il cosiddetto “Ente strumentale alla Croce Rossa” per la gestione del cambiamento in materia logistica e patrimoniale e per il risanamento dei debiti. Con la soppressione
di tale ente il primo gennaio 2017, la piena attuazione del decreto legislativo di riordino n. 178
del 28 settembre scorso potrà ritenersi conclusa. Alla base di tali cambiamenti, una dovuta cesura con gli ultimi 30 anni di gestione impropria e ripetuti commissariamenti dell’Ente pubblico, nonché un riallineamento
necessario con la natura giuridica delle altre Società nazionali che costituiscono il Movimento internazionale delle Croce
Rossa e Mezzaluna Rossa. Il risultato tuttavia più significativo è un’accresciuta valorizzazione dei quasi 140 mila volontari
che costituiscono il patrimonio più importante dell’Associazione, tornati recentemente alle urne per votare il loro rappresentanti, e cui spetta ora la scrittura del nuovo statuto.
Nonostante di qui in avanti il terreno sia inesplorato, e il riordino non manchi di suscitare perplessità, soprattutto tra i dipendenti dell’ente in liquidazione e tra i membri dei corpi militari ausiliari delle Forze Armate, è diffusa tra i volontari
l’opinione che la riforma possa avere un esito positivo e fruttuoso e che sia l’occasione per contribuire direttamente a
definire la linea della nuova Associazione, nel rispetto di quanto fatto nei quasi 150 anni di storia italiana, ma consapevoli
che le sfide si fanno sempre più complesse, e che servono - assolutamente servono - normative e coordinamenti a livello
quantomeno nazionale, regolamenti univoci e uniformità addestrativa, per poter raggiungere e offrire l’eccellenza.
DIFESA ALLA RIBALTA
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PREMIO
“AMIONE”
La storia del Premio giornalistico letterario “Amione” nasce durante un colloquio con lo staff del Reparto,
sulle possibili iniziative volte a migliorare la qualità della vita del personale all’interno del Reggimento.
La volontà era quella di stimolare il personale, affinché esponesse in un breve racconto, i motivi che erano
alla base della scelta di entrare a far parte delle Forze Armate.
La sfida era ancora più interessante, perché si invitava il personale a parlare del proprio ambito, confrontandosi con altri colleghi su una scelta che, per un motivo o per un altro, aveva cambiato il proprio stile di vita e
avrebbe permesso loro di iniziare un’avventura che, per alcuni, poteva durare tutta la vita.
Fissata l’idea, una volta acquisite le previste autorizzazioni sulla catena gerarchica, si trattava di definirne le
modalità esecutive. La data di realizzazione, veniva individuata nella ricorrenza della fondazione del Reggimento stesso, così come il nome scelto per il Premio, “Amione”, coincide con il nome dell’Ufficiale al quale
è intitolata la Caserma dove risiede il Reggimento.
Era poi opportuno che a giudicare gli articoli, venisse formata una giuria di personalità militari e civili con il
necessario background per valutare con attenzione gli elaborati.
Così si procedeva a interpellare alcuni nomi del giornalismo, sia della carta stampata sia del mondo televisivo, che si dichiaravano subito interessati all’iniziativa, dando la loro adesione.
A questi professionisti, si andavano a unire Ufficiali di spicco del mondo della Pubblica Informazione della
Difesa; anche loro stimolati positivamente dall’idea, si rendevano subito disponibili.
Si procedeva poi a informare tutto il personale del Reggimento sull’iniziativa, sulle modalità e sui tempi di realizzazione.
Alla data convenuta, venivano presentati otto elaborati, da personale maschile e femminile del Reparto: Caporal Maggiore Capo Scelto Francesco DENTALE, Caporal Maggiore Scelto Emanuele FRANCHI, Caporale
Stefano MATTIELLO, Sottocapo Seconda Classe Savino MAZZILLI, Caporale Davide SANNITI, 1^Aviere Enrico RUSSO, Caporal Maggiore Capo Daniele TAMMARO e Caporal Maggiore Elisabetta TURIZIO.
I lavori venivano consegnati alla giuria del Premio, durante un incontro tenutosi all’interno dei saloni del Circolo Unificato del Reparto.
La giuria, dopo aver ricevuto gli articoli, stabiliva di metterli in sistema attraverso una griglia che fissasse dei
parametri di riferimento per la valutazione. La griglia prevedeva i seguenti criteri: costruzione della struttura
dell’articolo, capacità di “coinvolgere” il lettore, efficacia nella trasmissione del messaggio, correttezza
grammaticale, Rispetto del numero delle battute previste. Dopo circa una mese, necessario ai componenti
della giuria per valutare gli scritti, si procedeva a un ulteriore incontro per stabilire la graduatoria di merito e
premiare il vincitore e i redattori degli articoli dichiarati meritevoli di plauso.
La giuria, composta dal: Dott. Pietro BATACCHI (giornalista Direttore di RID); Dott.ssa Tonia CARTOLANO
(giornalista di SKY TG 24), Generale di Brigata Massimo FOGARI (giornalista, Capo Uff. PI di SMD e Direttore
responsabile di “Informazioni della Difesa”), Tenente Colonnello Giovanni GRECO (Responsabile Pubblica
Informazione del Raggruppamento Autonomo del Ministero della Difesa RAMDIFE); Tenente Colonnello Roberto LANNI (giornalista e Comandante 10° Battaglione Trasporti), Colonnello Antonio OLIVIERO (esperto
in comunicazione e Comandante REMADIFE), Prof. Nicola PEDDE (giornalista e direttore Istitute for Global
Studies), Dott. Lao PETRILLI (giornalista, Radio Dimensione Suono e La Stampa), Brigadier Generale Gerardo RESTAINO (esperto in comunicazione e Comandante di RAMDIFE), Tenente Colonnello Pier Vittorio ROMANO (giornalista, Capo Sezione Mezzi di Informazione di SMD - Ufficio Pubblica Informazione), Dott.ssa
Antonella Vicini (giornalista, Free Lance), Tenente Colonnello Antonio ZULIANI (Capo servizio Pubblica Informazione di SGD-DNA), assegnava il premio all’articolo redatto dal CMS Emanuele Franchi.
La targa e il diploma al vincitore, sono stati consegnati dal Vice Segretario Generale della Difesa, Avvocato
dello Stato Pierluigi DI PALMA, che con la sua presenza ha voluto testimoniare il vivo apprezzamento del Segretario Generale della Difesa per un evento teso a stimolare il personale del Reggimento a impegnarsi in attività culturali non strettamente connesse con i compiti istituzionali del Reparto.
Colonnello Antonio OLIVIERO Comandante del Reggimento di Manovra Interforze.
Primo Classificato C.M.S. Emanuele FRANCHI
Sono figlio di un marinaio, sono stato cresciuto a suon di ordini, la mia ninna nanna l’inno di Mameli, l’ora del
pranzo sempre puntuale, il mio “posto letto” sempre in ordine. Rigore, tanto rigore da sembrare triste rispetto ai
miei amici, tanto scalmanati da farmi sentire fuori luogo in molte circostanze. Mai mi sono potuto permettere di
far festa a scuola,di lamentarmi per il menù o rispondere mezza parola storta alle persone più grandi di me.
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/2013
Mio padre, abituato a dare ordini ne impartiva anche a me, i miei giorni di consegna erano senza tv e cioccolato! Che uomo mio padre, un metro e settanta o poco
più, nato con la barba e lo sguardo accigliato, lo vedevo poco, ci parlavo ancora
meno, un uomo tutto di un pezzo, comunicava senza parlare, sempre serio e poco
affettuoso. Era spesso fuori casa, anche
per mesi delle volte, imbarcato chissà dove, impegnato a difendere gli altri, come
pensava la mia mente di bambino. Non
era semplice capire il perché della sua assenza, tante volte il perché della sua freddezza durante il suo essere presente. Non
ho mai avuto un “bravo” da lui, solo rimproveri, seguiti magari da una sberla. Credevo fosse incapace di provare sentimenti, il suo lavoro, quello lo faceva sentire bene e sorridere, emozionato e
felice quando a tavola raccontava delle sue missioni. Mia madre lo definiva “un militare vecchio stampo”, una
donna forte forse più di lui, che ha cresciuto me e mio fratello compensando anche la figura paterna, conciliando
lavoro, casa e l’essere donna. Vederla sola mi faceva star male e di sicuro non mi aiutava a capire bene quale fosse il mestiere di quell’uomo, tante volte in divisa blu. Odiavo vederlo vestito così, significava che stava andando
via. Quante volte avrei voluto fermarlo, chiedergli di rimanere, domandargli perché quella divisa fosse più importante di me. Non lo feci mai, non mi avrebbe mai perdonato una mancanza di forza, ma tante volte avrei pianto
volentieri davanti a lui, non di nascosto come facevo sempre. Così mi ritrovavo a porre queste domande a mio
nonno, puntualmente la stessa risposta: “è un militare”….. Ho odiato i militari! Ci fu un episodio che mi fece
guardare in modo diverso mio padre per la prima volta. Al porto di Ancona, anni fa lo vidi scendere dalla nave,
nella sua divisa bianca, barba curata e sorriso tirato, come sempre, sembrava così piccolo, più di quello che era,
minuscolo rispetto alla maestosa Nave Garibaldi alle sue spalle. Ma mio padre era così grande per i suoi marinai,
un po’ magari per il grado che rivestiva un po’ per l’uomo che era, lo salutavano affannosamente con rispetto e
ammirazione. “Capo Franchi” chiamavano il mio papà, non credo di averlo mai visto così. Abbracciò forte me e
mio fratello quel giorno, ci presentò a tanti giovani in bianco come lui, ci mostrò il suo posto in nave e ci fece vedere quale fosse il suo compito; con il sorriso! Sentii il calore, la dedizione, lo spirito che arieggiava in quel luogo,
mi sentii un marinaio. Papà, lo avevo condannato tante volte per le sue assenze, in quel momento ho capito che
la sua forza e determinazione servivano più a quegli uomini che a me. Credo che sia uscita fuori in quel momento,
la passione che ho per questa vita, ho cercato per tempo di riprovare l’orgoglio e l’ammirazione provata per mio
padre li, ho rincorso quel sentimento per sentirlo mio, per essere orgoglioso di me stesso e forse per farmi ammirare anche da lui, pensando che così sarebbe stato fiero di me.
Fu così che il 18 settembre del 2002, sul mio diario, di ragazzo qualunque, scrissi: “ultimo giorno da civile”.
Quanti anni sono trascorsi, quante cose successe, eppure ricordo ancora bene quel momento, lo rammento come il più bello, quello fu l’inizio di tutto.
Davanti quel cancello, in attesa, eravamo in tanti, ventenni o poco meno, portati li da motivazioni diverse, ognuno con il suo accento e la propria realtà. Non so se altri avessero le mie stesse aspettative, non sono sicuro che
fossimo tutti li spinti dalla stessa passione, ma di sicuro avevamo sogni ed ambizioni, quelli che è normale avere in giovane età, tutti speranzosi di una vita diversa.
Molti non ce l’avrebbero fatta, avrebbero rinunciato e sarebbero tornati alle loro vite comuni, molti altri avrebbero condiviso con me la passione, il sacrificio e la dedizione che questa vita richiede, sentendosi un po’ speciali ogni giorno.
Scene madri davanti ai miei occhi, chi non era molto convinto di volersi trovare li non lo nascondeva di certo e
imprecava in lingua per me incomprensibile contro coloro che li avevano condotti in quel posto, davanti quelle
alte mura grigie con il filo spinato in vetta. Devo ammettere che sembrava una prigione se non peggio, era inquietante e la paura cominciava a farsi sentire anche dentro me … Paura, era normale averne, a prescindere dal
luogo austero, era per me l’inizio di una nuova vita, un cambiamento netto. Ebbi la sensazione, il dubbio di non
essere adeguato, mi sentii insicuro. Sul viso di mio padre, invece, la sicurezza di chi quell’esperienza l’aveva già
vissuta, ritrovai il suo sguardo, quello di chi, da tempo ormai, aveva già fatto di quella divisa la sua seconda pelle. Mi trasmise la forza che tutt’ora mi accompagna.
Entrai ed iniziò così la mia “vita da militare”.
Dentro, la caserma, era ancora peggio di quello che sembrava da fuori, persino il prato sembrava grigio!!! Vietato ridere, assolutamente vietato ridere, semplice, tanto non riuscivo a trovare nulla che mi facesse ridere.
DIFESA ALLA RIBALTA
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“Automezzi al passo, allievi di corsa”, non ebbi il tempo di riflettere su quel cartello all’entrata del piazzale … Ricordo di aver corso per mesi, per mangiare, per andare in bagno, per adunarmi. Ho corso senza motivo attorno
la caserma tante volte, tante altre per non aver gridato adeguatamente il mio nome. La sveglia era alle 06.30 con
le minacce dell’istruttore, le adunate erano quasi sempre sotto la neve, senza muoversi assolutamente, immobili per ordine, ghiacciati per il freddo. Le marce sono state interminabili, spesso con il fucile addosso, quasi più
pesante rispetto a molti di noi, l’attività fisica, il percorso di guerra con quel terribile muro del pianto; i contrappelli sempre infiniti dopo lunghe giornate di addestramento, le ispezioni erano, senza riuscire a spiegarmi il motivo, sempre attorno alle 03.00 di notte dove puntualmente veniva fuori qualcosa che in realtà non c’era! Tutto
e dico tutto rigorosamente in tempo zero. Quel tempo “ridicolo” era la prima regola dei nostri comandamenti,
non credevo si potesse fare così tanto in così poco tempo.
Furono mesi difficili e pesanti, facile scoraggiarsi ed arrendersi, ma chi lo avrebbe detto a mio padre? Mi sono
fatto forza e sono andato avanti, io in un certo qual modo al rigore ero abituato. Giorni brutti ed infiniti che ricordo con il sorriso oggi,e non solo perché sono lontani. Ho capito molto da quell’esperienza, è stato un passo
necessario per diventare quello che sono oggi. Ringrazio il mio perfido istruttore per quello che mi ha insegnato
e spero di poter fare altrettanto io per altri giovani dopo di me. Sono stati giorni in cui ho imparato a credere nelle mie capacità e in quelle dei miei compagni, amici, confidenti, quelli che sono diventati la mia squadra, il mio
punto fermo e la mia priorità per tante avventure. Sono entrato a far parte di un gruppo, ho scelto di appartenere
ad esso perché credo che insieme si possa tutto. Ho accettato di sottostare alle gerarchie, di obbedire a degli ordini. Ho trovato la capacità di controllare me stesso, la mia impulsività, il mio caratteraccio; ho mantenuto il silenzio davanti ai miei superiori, conscio di avere più da imparare da loro che da insegnargli. Mi sono impegnato
a rischiare la vita all’estero e su territorio nazionale perché la mia Patria me lo ha chiesto. Ho capito che ora da
me ci si aspetta tanto, perché ho inteso che indossare questa divisa comporta più oneri che onori, più dolore
che gioia, impegno, tanto impegno. Mi sono annullato come civile e dato vita come soldato perché ciò che mi
ha reso fiero allora e mi rende fiero ed orgoglioso adesso, ogni mattina. Ad ogni rito dell’alzabandiera, in ogni
luogo e in ogni circostanza, accompagno con lo sguardo il tricolore in cielo, ringraziando di essere italiano, di
far parte del suo esercito, confermando ogni volta la scelta fatta.
Sono stato lontano da casa per dieci anni, sono stato lontano dai miei cari, dai miei affetti, sentendomi solo delle
volte, e magari rendendo sole le persone che mi vogliono bene, proprio come fece un tempo “Capo Franchi”. Ci
sono stati Natali che ho trascorso di servizio, anche a controllare che altri non si facessero male durante i festeggiamenti. Ho visto la mia ragazza solo due giorni al mese o neanche quelli, perché diciamolo pure, lo stipendio è
quello che è e i chilometri erano tanti. Ho fatto della caserma la mia casa, cominciando a ritenere comodo quel letto
cigolante, ho fatto dei miei colleghi la mia famiglia, creando un modo tutto mio per riuscire a prendere sempre il
meglio anche dalle situazioni brutte. Ho fatto delle rinunce, dei sacrifici, e a distanza di tempo ne continuo a fare.
Magari oggi come oggi i chilometri sono meno e per questo mi permetto di percorrerli tutti i giorni, così come
ai vecchi tempi, la sveglia suona presto, alle 4:00 per essere preciso, mi vesto al buio cercando di non svegliare
quella Santa donna che mi dorme affianco, che sopporta tanto e non mi fa pesare nulla, forse perché ha indossato anche lei questa mimetica e può ben capire. Esco di casa e alle 5:00 prendo il pullman che dopo un’ora e
mezzo mi conduce a lavoro, o quasi. Non rincaso mai prima delle 19:00 e mi perdo gran parte di tutto della mia
piccolina di pochi mesi che all’inizio non voleva neanche stare con me, non mi riconosceva.
Il mio amico di sempre, che di mestiere fa tutt’altro, mi chiede di continuo cosa me lo faccia fare, per che cosa
sacrificarmi ad una vita così? Come spiegare a lui e a tanta altra gente che critica ciò che faccio, quello che mi
spinge a farlo? Cosa rispondere a tutte quelle persone che pensano che il mio non sia un lavoro? A chi ritiene
che in missione si vada solo per soldi, cosa dire?
Io ho accettato di vivere così perche ritengo che non tutti possano farlo, ho scelto di sacrificarmi sempre, perché
credo che sacrificare se stessi per gli altri sia una giusta causa. Ho accettato di sottostare a degli ordini, perché sono dettati dalla mia patria. Ho imparato a mie spese che essere un militare non è soltanto un lavoro, è per me uno
stile di vita, una predisposizione naturale che si ha oppure no. Ho visto partire colleghi in missione di pace, equipaggiati come per andare in guerra, ho conosciuto le loro famiglie in ansia per essi, ho provato a dare conforto al
momento dei saluti, mi sono sentito fiero ed orgoglioso nel guardare la fermezza del mio collega e la convinzione
nel difendere ciò in cui crede anche al momento della partenza. Ho assistito a funerali di ragazzi come me, soldati,
rimanendo impressionato dal rigoroso silenzio del momento. Eroi, che non hanno neanche potuto salutare i loro figli. Non credo ci si cifra sufficiente per questo. Continuo a fare questa vita per quei ragazzi, per quei soldati, lo faccio per la mia compagna, per la figlia che porta in grembo e per la piccola che già mi aspetta a casa, lo faccio per
il mio amico elettricista, per tutta quella gente che parla a sproposito. Lo faccio per il nome di mio padre e per la mia
nazione, ma soprattutto lo faccio per me. Vivo ogni giorno a testa alta sotto il mio basco e mi sento speciale.
Non dico che il mio stile di vita sia giusto, non pretendo che tutti lo accettino, confermo che sia una vita di sacrifici ed impegno ma vorrei tanto che le mie figlie intraprendessero questa carriera.
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/2013
RASSEGNA STAMPA ESTERA
di Pier Vittorio Romano
Il Segretario Generale della NATO commenta i progressi sulla transizione nella provincia di Helmand (Afghanistan)
Martedì 5 marzoil Segretario Generale della NATO Anders Fogh Rasmussen ha visitato la provincia di Helmand per vedere i progressi
compiuti nel processo di transizione alla responsabilità delle forze di sicurezza Afghane. “Due anni fa, da oggi, incominciò il processo
di transizione e in meno di due anni le forze afghane saranno totalmente responsabili della sicurezza dell’Afghanistan. Ogni provincia. Ogni distretto. Ogni villaggio. Ed ogni valle”, ha detto il Segretario Generale. “Questa è una grande responsabilità, ma le forze afghane hanno dimostrato di poter svolgere tale compito, e sanno che continueranno ad avere il nostro pieno sostegno”.
La NATO impegna in Afghanistan giovani donne e uomini
L’Ambasciatore Kolinda Grabar, Segretario generale aggiunto per la Public Diplomacy, ha indirizzato la propria attenzione, in videoconferenza, alle Università di Kunduz, Kandahar e Baghlan Università in occasione della Giornata internazionale delle donne.
Il direttore delle pari opportunità del Ministero dell’Istruzione Superiore in Afghanistan, Ms Sohaila Hofyani ha preso parte all’evento per parlare delle politiche sulle questioni femminili che il sio ministero deve perseguire. Il pubblico era composto da docenti, studenti e membri di associazioni sportive e culturali.
Le forze della NATO interagiscono con nave militare cinese durante le operazioni anti-pirateria
Nell’ambito dello spirito di collaborazione, il 14 aprile, nel Golfo di Aden, la nave italiana San Marco, sotto egida NATO, ha svolto una
dimostrazione relativa ad una immissione veloce con corda sul ponte del CNS Harbin, ammiraglia del gruppo navale cinese, tipica
delle operazioni anti pirateria. Nave San Marco e Harbin sono entrambi coinvolti in missioni anti-pirateria nel settore operativo joint.
di Paola Allori
Libro bianco 2013 : tagli al personale e conferma delle ambizioni
Lunedì 29 aprile François Hollande ha ricevuto ufficialmente il “Libro Bianco sulla Difesa e la sicurezza nazionale 2013”, documento programmatico che fissa gli orientamenti strategici per i prossimi quindici anni e le linee
direttrici per la legge di programmazione militare per il biennio 2014-2015.
Il documento, frutto di 9 mesi di aspre discussioni, sottolinea l’esigenza di “fare di più con meno denaro”, evidenziando la contraddizione esistente tra il livello, costantemente elevato, di rischi e minacce e risorse finanziarie sempre più limitate. Da un canto, quindi, prevede tagli agli organici per un totale di 24.000 posti entro il 2019, pari a circa il 10% del personale; dall’altro, riafferma le ambizioni della Francia “potenza europea di statura internazionale”. Le riduzioni di personale si tradurranno, inevitabilmente, nella soppressione di unità o di basi militari su tutto il territorio nazionale, di fatto proseguendo sulla stessa strada tracciata nel 2008 da Sarkozy (taglio di 54.000 posti per il periodo 2008-2015).
Nel contempo, la Francia non abbandona nessuna delle proprie ambizioni strategiche e capacitive, riaffermando la volontà di sostenere la propria industria di Difesa e riaffermando la necessità di garantire la protezione del territorio nazionale, dei cittadini
francesi, la sicurezza dell’Europa e dell’Atlantico del Nord -al fianco degli alleati della NATO e dell’UE - e di contribuire alla pace e
alla sicurezza internazionale. Particolare importanza viene accordata allo spazio mediterraneo e all’Africa.
La Francia intende inoltre dotarsi dei mezzi atti a rispondere ad eventuali attacchi cibernetici e particolare rilevanza viene accordata ai droni, il cui ruolo preminente è stato evidenziato durante l’operazione in Mali. (P.A.)
di Sebastiano Russo
Morenés: “L’Afghanistan è pronto a garantire la propria sicurezza”
Il ministro della Difesa, Pedro Merenes, ha assicurato che la Spagna non abbandonerà il popolo afghano nel 2014 ma valuta di
mantenere una certa presenza nel territorio.
Il ministro della Difesa Peter Morenes, ha inaugurato la settima edizione del Corso di Difesa per Ufficiali superiori afghani: il Centro Superiore Nazionale per gli Studi della Difesa (CESEDEN).
Nel suo discorso, il ministro ha sottolineato che l’Afghanistan “è pronto ad assumersi la responsabilità della propria sicurezza e
a costruire il suo futuro all’interno della comunità delle nazioni”, un obiettivo che dà senso alla presenza spagnola nel paese asiatico da oltre un decennio.
“ Dopo anni di dedizione e duro lavoro da entrambe le parti, raccogliamo i frutti di tanti sforzi. Oggi le Forze Afghane prendono
l’iniziativa, pianificano e realizzano le attività militari, sono in grado di agire in maniera quasi autonoma e le forze spagnole e
l’ISAF svolgono solo attività di consulenza o si limitano a fornire alcuni mezzi di cui ancora le forze afghane non dispongono “,
ha detto Peter Morenes.
La provincia di Badghis, ha ricordato il ministro, è stato un punto di riferimento per le Forze Armate spagnole, dove il nostro Paese
sostiene le istituzioni. Lì, gli investimenti spagnoli hanno permesso lo sviluppo delle infrastrutture, della sanità e dell’istruzione.
Il ministro ha riferito che “la Spagna è in Afghanistan per aiutare gli afgani a costruire il loro futuro. Un futuro di pace, stabilità e
prosperità”.
Infine, Peter Morenes ha assicurato che il nostro paese “non abbandonerà il nobile popolo dell’Afghanistan” nel 2014, ma che,
“oltre agli aiuti finanziari già promessi, stiamo studiando le diverse opzioni al fine di mantenere una certa presenza.”
RASSEGNA STAMPA ESTERA
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RECENSIONI
NUNZIANTE MASTROLIA
Dalla società aperta alla società chiusa: della grandezza e rovina della civiltà antica e rinascimentale e forse anche della nostra
Rubbettino, 2012, pp. 237, euro 18.00
Questo libro è il tentativo di individuare nel passato (anche remoto) delle costanti, dei fattori ricorrenti, che siano in grado di spiegare le cause dell’ascesa e del declino delle grandi potenze.
I casi presi in esame sono due: Roma antica e l’Italia rinascimentale (Firenze in particolare).
La tesi è la seguente: finché Roma e i comuni italiani seppero reggersi a foggia di repubbliche essi prosperarono in ricchezza e crebbero in potenza. Generalizzando, la società aperta
(nomocrazia, democrazia, separazione dei poteri etc.) è la sorgente dello sviluppo economico. Quando questo impianto istituzionale crolla tutto avvizzisce e muore: dall’economia
alle arti, dalle lettere alla potenza militare.
Questa risposta, tuttavia, rimanda ad una ulteriore domanda: perché un popolo che ha scoperto la fonte della prosperità, in una parola la società aperta, ad un certo punto della sua
storia decide di imboccare la via del sottosviluppo, della società chiusa?
La risposta che Mastrolia fornisce, analizzando i mutamenti che si ebbero a Roma dopo la
seconda guerra annibalica e nei comuni italiani tra l’XI e il XIII secolo, è la seguente: la società aperta genera naturalmente sviluppo economico e progresso (una grande trasformazione, per dirla con Karl Polanyi). Ma altrettanto naturalmente questa
grande trasformazione, trainata dal mercato, produce una sempre più marcata polarizzazione economica e causa lo sfaldamento dei ceti medi, che si proletarizzano. In una parola, il mercato produce naturalmente una questione sociale.
A Roma (con i Gracchi) e a Firenze (con i Ciompi) i tentativi di risolvere questa questione sociale furono stoppati con la forza.
Le repubbliche si trasformano allora in delle arene dove lottano le oligarchie per la conquista del potere assoluto manovrando
schiere di diseredati, che prestano il loro braccio per ottenere con la violenza ciò che non ebbero con le riforme: giustizia sociale.
La lotta si conclude quando una sola fazione vince sulle altre (Ottaviano a Roma, i Medici a Firenze). Conquistato il potere assoluto, la fazione vincitrice, per consolidare il proprio primato, inizia ad abbattere ogni istituto della società aperta. Così sia Firenze
che Roma si incammineranno lungo la strada del declino e del sottosviluppo.
In conclusione, sia a Roma che a Firenze, la mancata risoluzione della questione sociale prodotta dal mercato apre le porte al
dispotismo assoluto, che fu la causa principale del loro declino.
di Francesco Lombardi
GIOVANNI SOLLI
Giuseppe Miraglia e gli amici della squadriglia idrovolanti dell’Isola di S. Andrea-Venezia (14 Marzo 1914 - 21 Dicembre 1915)
Walberti edizioni, 2009, pag. 205, € 18,00
Il Tenente di Vascello della Regia Marina Giuseppe Miraglia nasce a San Potito, frazione di Lugo di Romagna (RA), il 21 giugno
del 1883. Nel corso dei primi anni del Novecento fu tra i primi a conseguire il brevetto di pilota d’aereo e nel tempo è stato ricordato anche per l’amicizia e le prodezze aviatorie compiute con Gabriele D’Annunzio, durante la Prima Guerra Mondiale. La sua
vita e quella di alcuni giovani Ufficiali di Marina che lo affiancarono durante il comando alla Stazione Idrovolanti dell’isola S. Andrea a Venezia viene descritta da un altro lughese, Giovanni Solli, che in anni più recenti ha
condiviso la stessa passione per la Marina dove si è arruolato come volontario. Gli anni di Miraglia hanno coinciso con gli albori dell’Aviazione Navale. La folgorante carriera del giovane
Tenente di Vascello e la sua vita vengono improvvisamente spezzate nel 1915 da un incidente
di volo mentre si accinge a provare un nuovo tipo di idrovolante. Il suo nome, a ricordo del coraggio e delle prodezze, viene offerto ad un nave appoggio idrovolanti operativa tra gli anni
‘20 e i ‘50 con alterne fortune. Rispetto ad altri libri in cui viene trattata la vita di Miraglia, questo volume offre al lettore una importante novità, le biografie dei suoi “colleghi” - Giovanni
Roberti di Castelvero, Giuseppe Garrassini Garbarino, Carlo della Rocca, Manfredi Gravina,
Luigi Bologna, Luigi Bresciani e Silvio Montanarella, che operarono al suo fianco tra il 14 marzo 1914 e il 21 dicembre 1915. Il paziente lavoro di Solli viene corredato dalla miriade di stupende e rare foto presenti che danno un’idea di aviazione di Marina di quel tempo, del coraggio ma anche dei momenti di convivialità di questi eroi di mare e di aria. Tra le fotografie presenti nel libro quelle dei rari idrovolanti Albatros WDD, Borel, Curtiss A-1 Triad.
di Monia Savioli
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INFORMAZIONI DELLA DIFESA • 2/2013
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