PAGINE PER LA CITTA’ Coordinamento, impaginazione e cura: Antonio Napoletano Presentazione: Gian Mario Anselmi Intervengono: Pierluigi Cervellati Fausto Anderlini Luigi Parlatore Aldino Monti Francesca Ruocco Paola Furlan Silvano Bertini Gianluigi Bovini Franco Chiarini Brigitta Guerasci Cosimo Braccesi Gian Guido Nobili Giovanni Sacchini Francesco Evangelisti Giovanni Ginocchini Claudio Boniciolli Gabriele Pastrello Francesca Ruocco Marzia Marchi Ida Ceri Manuela Fabbrici Ezio Bincoletto Alberto Spadoni Matilde Callari Galli Massimiliano Geraci Mili Romano Giovanna Gliozzi Giacomo Martini Rodolfo Francesconi Luigi Moressa Comune di Bologna Istituzione Biblioteche Immagini della città che è e che sarà: diffusa , postfordista, metropolitana, multietnica, città di città, dei flussi e delle reti, globale Bibliografia tematica tratta dai cataloghi delle Biblioteche: “Sala Borsa”, “Centro Amilcar Cabral”, “Biblioteca nazionale delle Donne” a cura di: Antonio Napoletano Claudia Zacchi Elena Tripodi, Anna Maria Tagliavini Riprese&Anticipazioni: Aldino Monti Giugno 2009,VI, 14-15 ** anche al bambino africano, a quello russo, a quello rumeno e ai loro genitori in una percentuale piuttosto bassa, ma significativa. Sono i bambini adottati, quasi mai i bambini di cittadini extracomunitari. Solo pochi anni fa io non ascoltavo i problemi del colore della propria pelle, del sentirsi maledettamente diversi, della negazione della diversità, del tacere le origini o di non poterle raccontare ecc. Ora, come professionista, la riflessione s’impone ed è percorsa assieme a quei genitori che hanno fatto la scelta di avere un figlio preso in posti lontani e che ha iscritto nel corpo la diversità. Non ascoltavo i bambini italiani alle prese quotidianamente con bambini extracomunitari, con cui condividono le otto ore di scuola, l’astuccio e la matita e il sapere. 2 Di bambini ne ho conosciuto tantissimi e ho lavorato fianco a fianco con chi i bambini li accudiva, li accoglieva, giocava con loro, organizzava spazi e rifletteva su metodologie pedagogiche e problematiche psicologiche. Bologna e l’Emilia Romagna ha accolto nei suoi nidi e nelle sue Scuole dell’infanzia migliaia e migliaia di bimbi con i loro genitori. Li ha ascoltati, aiutati, e di volta in volta, di periodo storico in periodo storico, li ha raccontati e ha preso in considerazione i loro bisogni sotto aspetti diversi, in un rapporto influenzato dalle spinte sociali e ideologiche del momento. Dapprima i bimbi (e i loro genitori) avevano bisogno e diritto all’assistenza; poi i bimbi necessitavano di socializzazione; poi ai bambini competenti si riconosceva un loro mondo autonomo, una loro specifica creatività e operatività. Forse, da ultimo, influenzati da una ricerca scientifica verso l’infanzia sempre più attenta, si è approdati alla visione di un neonato capace di relazioni precocissime, che per esprimersi senza sofferenza deve essere accolta all’interno di una relazione emotiva significativa e non casuale. La città di Bologna, sede anche dell’Università, ha guardato i suoi bambini con gli occhi della scienza e dell’ideologia, a volte a braccetto, a volte in rotta di collisione. I tanti sguardi degli adulti inquadrano l’infanzia con angolature diverse, assumendo vertici osservativi differenti e che dovrebbero consegnare alla città e a chi la amministra una I bambini e la città di Ida Ceri con l’inserto: La radice e il verso delle galline di Manuela Fabbrici Quando mi è stato chiesto di esprimere le mie idee su un argomento così delicato e importante, sono entrata in uno stato di tensione: argomento molto vasto per me che di bambini me ne occupo per la loro sofferenza psichica, per le loro depressioni spesso mascherate, per le loro difficoltà di crescita. Nella città di Bologna, il mio studio sgarruppato spesso deve reggere gli infiniti insulti rabbiosi di bambini e adolescenti, e quasi sempre accoglie le infinite inibizioni del corpo e della mente di un’infanzia in difficoltà, incapace di giocare, di pensare, coartata dell’angoscia, che rende difficile il poter vivere bene il loro presente e forse anche il loro futuro. Un punto, il mio, nella città, non più grande di uno spillo da cui guardo fuori e in cui entrano i cambiamenti prodotti da eventi sociali ed economici d’enormi dimensioni, che avvengono nel mondo e che vanno sotto il nome di globalizzazione. Nel mio puntino di studio, vetrino per un microscopio, la mia stanza di terapia si apre 2 molteplicità d’occasioni di risposta alle esigenze quotidiane di vita dei piccoli. I bambini della città di Bologna sembrano essere invece quasi invisibili. Il calo demografico non riempie certo le strade e le piazze delle loro grida o pianti o richiami. I tempi frenetici di una città tesa al commercio non si dilata né rallenta per accoglierli. L’adulto è spesso di fretta in una città che non si sa mai a riposare. Il bambino invece, quando non è inquieto, ha uno sguardo sul mondo riflessivo, attento, valutativo, esplorativo. Sembra andar veloce perché ha voglia di correre e di esplorare gli spazi, che gli si offrono, ma in realtà continua ad assimilare e a adattare le informazioni che gli vengono dal mondo esterno rispetto agli impellenti bisogni interni e ai poco procrastinabili desideri. rimozione nella mente d’adulti troppo… adultizzati. 2 La città relega i bambini, li ghettizza: ai giardini, nei parchi, nelle scuole, nelle parrocchie, in qualche festa ad hoc. Più banalmente basta andare poi davanti alle scuole elementari e medie per ritrovarli in massa, chiassosi e pieni di vitalità, coloratissimi nei loro vestitini e tute e zainetti pesantissimi, zeppi di libri e quaderni. Le mie due nipotine, Alice tredicenne e Arianna, otto anni, mi meravigliano sempre per quel meraviglioso disordine metodologico con cui imparano le nozioni e per quella loro capacità straordinaria di fare dei trattati…presi da Internet su qualsiasi argomento. Approdiamo, dunque, nel vasto gruppo dei bambini tecnologici, che passano dal televisore al computer e, non muovendo il corpo, se non leggermente le dita su una tastiera più o meno grande, vivono e giocano con mondi virtuali onnipotenti ed eroici. Il cellulare fa il resto. La città potrebbe proprio scomparire, in quest’ottica e considerata da questo punto di vista. I luoghi fisici dell’incontro annullarsi, a favore di quelli virtuali. Questa è una parte importante del loro mondo, della loro realtà presente e futura. La capacità ad apprendere il nuovo che la tecnologia offre loro è sorprendente, anche se in fondo, a ben guardare, si tratta sempre di pigiare su dei tasti e per far questo occorrono pochi metri quadri. Ma la preistorica nonna sa bene che saranno questi bambini a cambiare il mondo, non tutti certo, ma alcuni di loro useranno il computer come strumento per ricercare e dare risposte alle complesse sfide future del nostro mondo. I bambini hanno già la possibilità di collegarsi a livello globale tra loro, anche se in classe, nella pratica quotidiana, hanno problemi a socializzare tra loro. In fondo, a me viene da pensare come si siano moltiplicate le occasioni per creare una separatezza, o meglio, la scissione tra corpo e mente, tra le mani e il cervello, tra intelletto e sensazioni. Porto l’esempio banale di bambini che a sei anni non si sanno togliere il cappotto perché non sanno fare con i bottoni, ma di contro sanno impostare una partita di calcio come degli allenatori di squadre da serie A; bambini di dieci anni che non portano l’orologio perché non sanno 2 Voglio fare degli esempi banali, più da donna che da psicologa. Dove mai potrebbe essere allattato un bambino, ad esempio, se non correndo a casa? Ogni genitore conosce la fatica dei preparativi per vestire il proprio figlio piccolo per una passeggiata con tanto di carrozzella, e borse e borsine per le cose di prima necessità. C’è mai un bar, un negozio, una piazzetta capace di far posto a questi elementari bisogni? In che modo la città assiste, dunque, i suoi piccoli cittadini? Un modo diverso di rapportarsi al bebè vuol dire innanzitutto capire che i bambini abitano davvero in città, anche nel centro storico, e prenderlo davvero in considerazione vuol dire creare, in quello che già c’è, lo spazio e gli oggetti e i tempi per accogliere l’infanzia. Ma se questo manca nella mente degli amministratori, o diventa solamente elemento una tantum, allora tutta la città soffre di questa carenza. Credo che nessuno voglia una città infantilizzata, o a misura di bambino, è un’utopia che non reggerebbe, ma, piuttosto, una città capace di far posto nelle sue strade, nei suoi negozi, nei suoi punti di ritrovo, nei suoi esercizi commerciali, nei suoi negozi, nei suoi uffici pubblici, nei ristoranti, nelle banche, anche ai bambini, la qual cosa sposta l’ottica dei progetti organizzativi e formativi. Non è di difficile realizzazione, né molto costosa, se non ci fosse quella negazione dei bisogni infantili, quella dimenticanza, quella 3 ancora capire a che mai servano le lancette e il quadrante dell’orologio, abituati come sono agli orologi digitali, che ti dicono anche l’ora. Riuscire a prendere una palla in mano quando uno te la tira, presuppone un coordinamento corporeo e un divertimento ben differente da quello di far gol con un video game, e molti di loro non giocano perché si può perdere o sbagliare, offesa narcisistica insopportabile, che un gioco al computer risparmia con più facilità facevano subito gruppo. I cortili e spesso le strade erano anche dei bambini. Insomma, tutto e i negozi erano raccolti in spazi piuttosto piccoli, accessibili facilmente anche a noi bambini, anche se certamente non erano stati pensati per noi in maniera specifica. L’infanzia, forse, non aveva allora un suo codice identitario riconosciuto: esistevano molti bambini e basta, ma le strade della città offrivano una varietà ricca di sorprese per le nostre menti e per le nostre capacità di fantasticare. Compravamo, ma non in un negozio specializzato in giocattoli, ma un po’ qui e un po’ lì le nostre biglie, le nostre bamboline di celluloide, i nostri tegamini, aspettando anche le Fiere, che ogni tanto, a dicembre e a marzo, dilagavano nelle strade della città, portando una quantità di oggetti introvabili nei negozi di tutti i giorni. 2 La mia agitazione iniziale dipende dal fatto che il mio essere bambina di cinquant’anni fa, aveva a che fare molto di più con una città piena di cortili dove si potevano incontrare altri bambini, di giardini e giardinetti non gran che organizzati, ma a disposizione per imparare ad andare in bici, a scavare buchi per creare tesori, a incontrare bande nemiche tipo Via Pal. Mi rendo conto che la città, con quegli straordinari negozietti di artigiani favorivano uno scenario dove il favoloso poteva trovare posto, poteva agganciarsi: il calzolaio con la fila dei suoi strumenti e le sue suole poteva nascondere tra le scarpe quella perduta e di cristallo di Cenerentola; la mesticheria con i vasi colorati pieni di zucchero filato e caramelle e mentine odorava degli odori della casetta della strega di Hansel e Gretel; i piccoli negozi del sarto, con il gessetto bianco per abbozzare le cuciture e le imbastiture ricordavano la mamma di Arlecchino. Ricordo il negozio degli animali, stipato all’inverosimile di cardellini, usignoli, gatti, merli parlanti, tartarughe: oggi il proprietario sarebbe denunciato per maltrattamento, ma l’odore strano di escrementi e di miglio era buonissimo e particolare. E quello dei colori e delle vernici, quello dei chiodi e dei martelli e delle pialle, ma sì Geppetto in fondo era lì. E l’osteria che vendeva il vino sfuso, sempre piena di strana gente un po’ rubizza e ridanciana. Poi il barbiere, con i suoi calendari profumati con le donnine che i nostri nonni portavano a casa nel taschino della giacca; e il farmacista un poco dottore che faceva con delle polverine di miscugli misteriosi e costosissimi. E ancora il caffè con i giornali stesi sui portariviste di legno che conferiva al luogo un non so che di biblioteca profumata e disimpegnata. E’ vero, la città anche allora non era pensata per accogliere i bambini, ma questi si imponevano perché erano tanti, grappoli di bambini, attorno alle donne che si incontravano e 2 Erri De Luca nel piacevole romanzo Il giorno prima della felicità, descrive la città (Napoli) attraverso lo sguardo di un ragazzino. <<In cortile i bambini giocavano in mezzo al passato remoto dei secoli. La città era vecchissima, scavata, imbottita di grotte e nascondigli. Nei pomeriggi d’estate, quando gli abitanti erano in villeggiatura o scomparivano dietro le persiane, andavo in un secondo cortile dove c’era la bocca di una cisterna coperta da tavole di legno. Mi ci sedevo sopra a sentire i rumori. Dal fondo, chissà quanto più in giù, veniva un fruscio di acqua mossa. C’era una vita rinchiusa là sotto, un prigioniero, un orco, un pesce. Tra le tavole saliva aria fresca e asciugava il sudore. Avevo nell’infanzia la più speciale libertà. I bambini sono esploratori e 1 vogliono conoscere i segreti.>> Io credo che i bimbi di oggi trovino la città piuttosto noiosa, e non a torto. Molte banche, molti grandi magazzini quasi tutti uguali, molte piazze dove perfino i piccioni e i cani sono malvisti, molte strade piene di macchine e autobus, molti supernegozi dove il troppo è disorientate e sfinente. Perfino dove si vendono le patatine fritte ci si avvilisce con quelle sedie in serie di plastica e quei tristi tavolini tutti uguali. Benché l’infanzia oggi sia più di una volta studiata e riconosciuta e addirittura fatta oggetto 1 Erri De Luca, Il giorno prima della felicità, Feltrinelli, 2009. 4 d’attenzione, la città mostra la sua noncuranza, offrendo negozi bellissimi che replicano i giocattoli degli spot televisivi. Nessun mistero, nessuna scoperta, nessuna provocazione intellettuale. Un genitore che va a spasso col suo bimbo non trova un negozio, che sia uno, disposto a mettere a disposizione del bambino un tavolinetto e qualche giocattolo. La città non accoglie il giocare del bambino, che è per lui il suo modo per poter pensare, elaborare, incontrare ciò che è altro dalla casa, dal noto, dal familiare. Invece occorrono spazi e oggetti su cui appoggiare le proprie emozioni e fantasie, che facciano correre l’immaginifico, il desiderio della scoperta e dell’esplorazione, dell’anfratto e della grotta nel contrasto con l’immenso di una piazza; il vicolo, il voltone a fronte di lunghe strade di scorrimento. E qualche bell’albero con un poco di verde, e perché no qualche fontana in più, qualche panchina in più, qualche scivolo in più, qualche altalena , piccole oasi di acrobazie motorie, qualche casetta, qualche castello. E perché su queste strade non si potrebbero aprire luoghi di incontro organizzati dai genitori e bambini, sale in cui ritrovarsi a giocare o a leggere, o a dipingere e disegnare, o a provare a fare teatro e recitare, e travestirsi? Insomma, per incontrarsi, occorrono luoghi che non siano quelli commerciali, che in realtà, nelle periferie, offrono bagni di palline di plastica quasi divertenti in cui tuffarsi. La città respinge i bambini e le loro mamme, i loro papà e i loro nonni, cosicché dopo un’oretta che si è in giro, lo stress è alle stelle, i bambini si lamentano, esigono risarcimenti in giocattoli che poi non li soddisfano, e…non si vede l’ora di tornare a casa a guardare la tele. diverse è già problema difficile in sé e non può essere consegnato solo al senso civile del cittadino, che, lo sappiamo, non è affatto innato. Anzi, al contrario, è innata la diffidenza da ciò che avvertiamo come diverso, straniero, estraneo. Bologna con le sue mura e le sue porte era nata per difendersi dall’estraneo, proteggendo il proprio cittadino dalle minacce reali e immaginarie. Benché ci sia quel sociologo, Zygmunt 2 Bauman , che parla d’identità fluida, vista la globalizzazione e le rapide capacità d’entrare in contatto in tempo reale con la diversità e le veloci contaminazioni di cui siamo oggi capaci, sembra che quest’identità sovradeterminata dagli aspetti tecnologici e da esigenze di mercato, debba fare i conti con l’autentico senso di Sé del cittadino, che arcaicamente si stringe attorno alle sue torri, o alla sua chiesa, o al suo monumento, o alla sua piazza grande. Esiste, insomma, l’inconscio che possiamo far finta d’ignorare, ma fino a un certo punto. Il bambino è molto vicino a questo inconscio: la pelle nera inquieta e da nero si passa subito a negro, dispregiativo e razzista. I bambini si specchiano nel volto della madre ed è razzista anche con lei quando va dalla parrucchiera e si tinge, ad esempio, i capelli di una tinta diversa o improvvisamente se li taglia: non riconoscendola, ha paura di non riconoscersi, di smarrirsi, di ricevere un insulto alla propria identità che sta costruendo che è, dunque, fragile, non ancora organizzata. Capisce, ad esempio, che la madre, che lui vorrebbe sempre uguale e sempre per sé, è invece disposta a cambiare non solo il colore dei propri capelli, ma anche tonalità di affetti, frustrandolo con richieste tese ad accettare sempre più il mondo esterno, con le sue regolamentazioni, i suoi statuti, le sue richieste sociali che lo allontanano dal piacere immediato che la simbiosi materna offre da subito. Perfino il padre è per il bambino il primo estraneo, lo straniero cui dovrà adattarsi e accettare. Ed è bene per il bambino che questo accada, perché sarà elemento di crescita e di sviluppo. 2 2 Se non ci sono i luoghi per i bambini, ma solo per i grandi indaffarati, allora la città non li vuole. E tanto meno vuole integrare razze ed etnie diverse, perché non sa mettere a disposizione lo spazio necessario per l’incontro, oltre che un tempo umanamente giocoso. Sappiamo che i bambini hanno grandi risorse e capacità d’incontrare l’altro diverso da sé: sono curiosi, danno per scontato, e hanno minori pregiudizi. Non ne sono esenti, ma imparano più facilmente perché sono curiosi, vitali, tesi al futuro. Ma non bastano, dunque, i cortili e le aule delle scuole, perché l’integrazione tra razze ed etnie La città non offre autentici luoghi di incontro. La scuola sì. Obbligatoriamente i bambini dei ricchi e dei poveri, dei credenti e non credenti, dei belli e dei 2 Zygmunt Baumann, Intervista sull’identità, Laterza 2003; Zygmunt Baumann, Voglia di comunità, Laterza 2003. 5 brutti, dei capaci e dei meno capaci, di pelle bianca o nera o gialla o olivastra si distribuiscono nelle aule per giocare o per studiare. Ognuno con un nome e con un cognome che stabilisce da subito la propria identità e appartenenza. Faccio un esempio: scuola Don Milani, Quartiere Santo Stefano, classe 2ª.Ecco l’appello: Arianna (Italia), Dareel (Filippine), Giulio (Italia), Rubyat (Bangladesh), Rebecca (Italia), Giulio, (Italia), Hedy (Russia – Algeria), Rita (Italia), ecc Ancora, Scuola Tempesta, classe 2ª Quartiere San Vitale: Moahmed (Marocco) ,Dimitri (Moldavia) Noaila (Marocco), Alessia (Italia), Maya (Angola), Paolo (Italia). ecc Sono i bambini che affrontano da subito il problema della diversità e dell’uguaglianza. In banco con una femmina, il maschio già è messo alla prova, e viceversa. La compagna non è la sorella, cioè non ha nulla di familiare. E poi si è tutti uguali di fronte alle maestre. Si è uno tra i tanti, extracomunitari rispetto alla famiglia di origine, e questo crea a volte veri smarrimenti e crisi, in un mondo di figli quasi unici. Per non dire di quei bambini che vengono dalle Filippine, dal Marocco, dai Paesi Arabi, dalla Romania, dalla Russia, dalla Cina, dall’India. Tutti in classe ad apprendere e a socializzare, provenendo da culture, religioni differenti, tutti uguali e così terribilmente differenti. Lo sforzo richiesto all’infanzia è molto grande, perché siamo noi adulti che speriamo nelle nuove generazioni, nella loro mente aperta, nella loro capacità di dare per scontato le conquiste civili fatte a prezzi , per noi, altissimi: il mondo che oggi esiste è, per loro, così da sempre: se lo ritrovano e partono da lì. Questi bambini stranieri sono i loro compagni di scuola, è un dato di fatto, oggettivo, come i libri e i quaderni, e a questo dato di fatto, che contiene soprattutto la diversità, essi sanno rapportarsi. I genitori, anche quelli più ben disposti, imparano dai figli. I più curiosi si spingono fino a voler conoscere i genitori marocchini, arabi, indiani, russi, eccetera. I più di sinistra sono felici che tante etnie si radunino tra gli stessi banchi di scuola. Risuona l’internazionalismo di vecchia memoria. Ma non è così facile come sembra. Perché ogni bambino ha i suoi problemi personali, i suoi insuccessi, le sue crisi individuali. Ogni etnia che ha lasciato i propri luoghi di origine ha una ferita aperta. Inoltre, alcuni bambini sono particolarmente fragili psicologicamente, alcuni possono presentare problemi di handicap fisico, ecc. La classe, contenitore di così tante diversità, può non farcela. Le insegnanti spesso sono in esaurimento, eroici combattenti in prima linea di tanto cambiamento, con pochi mezzi, qualche breve corso teorico, e tanta buona volontà, sicché sembrano a volte l’esercito italiano mal equipaggiato della seconda guerra mondiale alla conquista di un territorio di cui si sa poco, ma che deve essere colonizzato per la conquista di un posto al sole. Il rischio di fallire nell’impresa è molto alto, nonostante la buonissima volontà del corpo docente, che affina i suoi strumenti nella pratica, veri artigiani della scienza dell’educazione. 2 I progetti d’integrazione non possono essere riversati tutti nella scuola. Ma se nella città non ci si incontra e ai bambini non si danno i luoghi di incontro, le diverse tradizioni, i diversi cibi, i diversi significati, i diversi linguaggi e idiomi, le diverse abitudini, non trovano traduzione in quel linguaggio che è il giocare che accomuna tutti i bambini del mondo, in quale integrazione si potrà contare? Sono per questo interessanti quei progetti di quartiere che offrono luoghi d’incontro per i bambini, come le ludoteche, biblioteche, o le aule didattiche. Basta uno stagno anche tra i grattacieli, come quello di Villa Scandellara, per aprire le porte alle innumerevoli curiosità scientifiche che ogni bambino può soddisfare, terreno d’incontro per bambini di ogni etnia, poiché una rana, un pesce, una libellula, parlano della vita e costituiscono l’incontro con l’ambiente naturale che la città tenta, a volte con successo, di cancellare. 2 La radice e il verso delle galline Manuela Fabbrici, biologa, è la responsabile del Laboratorio di Educazione Ambientale del Quartiere San Vitale, Servizio Educativo del Comune di Bologna. Offre ogni anno percorsi alle scuole e attività didattiche e ricreative gratuite per le famiglie e i loro bambini. Ecco cosa dice di questa sua esperienza: << Esistono varie tipologie di radici. Questo mi ha insegnato la botanica. La radice può presentarsi a fittone, se la radice primaria cresce e si sviluppa di più di quelle secondarie. E’ una 6 radice forte, che si incunea nel terreno ma ha difficoltà nel trapianto. Ramificata, se la radice principale si ramifica subito in un certo numero di radici secondarie di dimensioni più o meno uguali. Ho la fortuna di lavorare sempre a contatto con i bambini. Ne incontro circa ottocento l’anno nelle scuole e una cinquantina nelle attività extrascolastiche. Ogni giorno sono in una classe diversa. Quando arrivo è un momento speciale, non per mie particolari doti, ne sono consapevole, ma perché ho come mia alleata la natura che mi rende subito affascinante agli occhi dei bambini e delle bambine che mi aspettano. Quando arrivo si esce in giardino, si osserva qualche animale , si scava , si fanno interviste ai passanti, si gioca con automobili solari. Ho un passato di bambina in una classe già multietnica. Dawid etiope, Alessandra peruviana e Fabio l’ho capito solo da grande che era algerino. Non me ne ero accorta. Quando ora entro nelle classi la commistione però è molto più evidente. E gli arrivi sono continui. A volte noto dei bambini muti nella parola, perché ancora non sanno la lingua, ma espliciti nei loro sguardi incuriositi quando osserviamo il mimetismo di un insetto stecco o la corteccia di un enorme pioppo del loro giardino. E’ un po’ come se, attraverso la natura, parlassi una lingua universale, un esperanto non di parole ma di desiderio di conoscere, di curiosità e divertimento che facilita la relazione. Quando torno nella stessa classe spesso ritrovo gli stessi bambini muti che già sanno comunicare con i loro compagni, veri maestri alla pari. M’interrogo spesso sul mio ruolo educativo. L’obiettivo dei percorsi offerti alle scuole dal Laboratorio di Educazione Ambientale del Quartiere San Vitale è favorire la conoscenza e il rispetto per l’ambiente e il territorio. Spesso mi accontento anche di far trascorrere loro un’esperienza piacevole a contatto diretto con il loro ambiente. Guardando questi bimbi in azione, silenziosamente mi chiedo: Quale loro ambiente? Il giardino, le vie della città, i prati e i boschi fuori porta? Per chi è qui di passaggio è un incontro veloce, ma molti di loro rimarranno in Italia con le loro famiglie. E allora quell’ambiente sarà il loro e sarà quello più importante, perché è quello della loro infanzia e quindi della loro città. I paesaggi si confondono, o forse si sovrappongono, o forse si integrano. I territori rimangono uniti in diverse diramazioni della radice. E’ stato così anche per me e per moltissimi bolognesi, figli di immigrati studenti di altre regioni. Io così trentina a Bologna e così bolognese fra i trentini, con tradizioni e abitudini così diverse dalla mia famiglia di origine, ma così sempre legata agli affetti e ai paesaggi dei nonni. Radice ramificata, la mia, anche se tutta italiana, che mi permette però di comprendere, identificarmi, ascoltare le narrazioni dei bambini dalle diverse provenienze. E così mi confronto con i racconti. C’è chi mi parla del suo stagno in Albania, chi delle sue caprette in Marocco, chi di alberi dai nomi a me sconosciuti, ma anche del suo gatto a casa, qui a Bologna. Tre bimbe mi spiegano mimando con tutti i gesti: in Iraq le galline fanno Co co co, in Bangladesh fanno Co co co dè e in Moldavia Coco Coco Coco. E in Italia? Non lo sanno, le vedono poco. Si mettono a ridere e io con loro. Conoscono a sei anni almeno tre lingue e hanno viaggiato tanto e io mi sento un po’ indietro rispetto a queste bolognesi di domani. Do loro appuntamento il giovedì, quando possono venire o allo stagno o al Laboratorio assieme ai loro fratelli e ai loro genitori. Qualcuno si ricorda e viene, aggiungendo un nuovo verso di animale al loro vocabolario.>> 2 Sono interessantissimi quei negozi/ librerie per ragazzi che in pieno centro città offrono i loro interni attrezzati per accogliere la loro voglia di lettura che prende le distanze dal linguaggio delle immagini, sperimentando anche al loro interno piccoli laboratori grafici e pittorici e dove anche la narrazione trova spazio e significato. I progetti della città potrebbero tenere in considerazione la relazione madre – bambino, famiglia -bambino e allora si dovranno inventare luoghi di aggregazione dove accogliere e dare risposte ai bisogni congiunti di adulti e bambini impegnati nel difficile compito di crescere e vivere in situazioni davvero complesse. Perché non aprire, lungo una strada della città, tra i tanti negozi, anche un posto e un luogo d’incontro, ben organizzato, osservatorio intelligente di situazioni, coordinato magari da uno psicologo, capace di un attento e non invadente ascolto dei bisogni dei genitori e dei bambini? 2 7 Il gioco è il linguaggio universale di tutti i bambini del mondo. Anche quando il mondo esterno crolla sotto eventi catastrofici, come guerre e terremoti, i bimbi occupano spazi per giocare che è il loro modo di poter pensare, elaborare, spazio transizionale tra illusione e realtà, senza il quale si 3 cade ammalati, coartati. Gli adulti, quando diventano genitori, a contatto con i figli sono disposti un poco a regredire, a diventare tolleranti, curiosi. Ripercorrono la loro infanzia e riparano le offese e le ferite ricevute dai loro genitori. La casa è troppo piccola, la famiglia si è nuclearizzata: rimane la bella città di Bologna, che deve continuare a darsi da fare nell’inventarsi, capace di consegnare i suoi spazi organizzandoli per accogliere la diversità di etnie. Incominciamo dai bambini, ma non per infantilizzare la città, ma per dare accoglienza al bisogno di diversità che ogni adulto è disposto a vivere. Tale conoscenza della diversità, se è autentica, non è esente dal pregiudizio, dalla paura, dalla diffidenza, poiché ciò che i fenomeni sociali costringono alla prova è la propria identità faticosamente conquistata. Cerchiamo di non usare troppo l’ideologia e il dover essere, ma piuttosto proponiamo progetti e luoghi concreti dove i cittadini si possano incontrare con quella parte migliore di loro stessi che sono i loro bambini, i loro figli. 3 Winnicott D.W. , Gioco e Realtà, Armando Armando 1974. 8 benessere per tutti continui per sempre. Perciò l’attuale crisi mondiale nulla pare cambiare nella filosofia esistenziale, ormai acquisita e consolidata da quasi cinquant’anni. Rispetto agli anni Sessanta certamente sono avvenuti altri cambiamenti e su di essi sono state effettuate innumerevoli analisi sociologiche. Tra questi cambiamenti a me paiono di fondamentale importanza, nel determinare le nuove condizioni d’esistenza dei giovani, il fatto dell’enorme sviluppo (come quantità, immediatezza e distanza raggiungibile) delle comunicazioni e quello dell’uso domestico e privato della realtà virtuale. Quindi, benessere diffuso, senso morale del dover godere la vita, comunicazioni facili-rapidediffuse, uso del virtuale, mi sembrano i dati che hanno cambiato realmente, come mai era avvenuto prima nella vita dell’uomo, l’esistenza di tutti, con ciò mutando radicalmente il senso della trasmissione educativa e, quindi, mutando doppiamente -perché agendo su di loro in maniera diretta e indiretta- le condizioni di vita dei giovani. Anche se ciò non ha cambiato ancora, a mio avviso, alcunché di ciò che l’uomo profondamente vuole e di ciò per cui vive. Sono cambiate certamente le espressioni, i fenomeni visibili, a volte anche le condizioni di sicurezza e di rischio (cambiate ma non aumentate, queste ultime, visto per esempio che non si fanno mortifere guerre mondiali da più di sessantanni) di tutti e soprattutto dei giovani. La città attuale-globale, espressione della nuova realtà sociale, relazionale, e personale di ognuno, offre, dunque, ai giovani sia una propria nuova strutturazione fisica e organizzativa, sia nuove indicazioni educative. La vita dei giovani nelle nostre città di Ezio Bincoletto Mi sembra più facile rilevare le differenze tra l’ambiente del mio passato di giovane rispetto a quello che vedo ora -per professione e per attenzione di passante- piuttosto che pensare alla città globale, termine che, come tutti quelli che intendono offrire immagini globali -appuntoevoca una certa idea di suggestione semplificatrice. Dunque, rispetto al passato, le cose sono molto cambiate per la vita dei giovani. Sono cambiate soprattutto a partire dagli anni Sessanta, quando, con l’aumentare continuo, prima del benessere materiale, poi delle autorizzazioni a godere la vita, evitando il più possibile dolore e fatica, tutto l’assetto educativo precedente (fondato sull’incertezza dei beni di sostentamento e sulla preparazione alle fatiche della vita), cedeva il passo al nuovo trend. La nuova tendenza educativa e morale era resa possibile, dunque, dal nuovo fatto strutturale del benessere, ora disponibile per tutti (o quasi), che causava nuove riflessioni sul senso della vita e sul senso, quindi, dell’educazione. Si capì solo molto tempo dopo -e proprio ora, con la crisi economica, ne abbiamo particolare testimonianza- che gran parte della certezza del benessere era sostenuta da meccanismi complessi e non così sicuri perché legati a giochi economici impossibili da controllare. Ma, nonostante l’evidenza attuale, sembrano mantenersi salde, profondamente nelle persone, la speranza e la fiducia che la garanzia di 9 Alcune immagini delle città queste -ahimè- sono possibili solo se si accetta di esercitarsi a soffrire, senza che nessuno ci sostituisca o eviti le nostre sofferenze. Mi spiego: parlo ovviamente delle sofferenze insite nelle normali relazioni ed esperienze di vita, come avere un insuccesso, dover sottostare a una regola, a un rimprovero…dover aspettare il proprio turno, dover accettare qualche rinuncia, vedersi frustrati nelle proprie aspettative di successo, d’amicizia, d’amore… Accettarle senza esserne travolti, devastati nella propria autostima, ma traendone ulteriore stimolo di riflessione per migliorare, o anche semplicemente traendone la mesta considerazione che sono a volte ineluttabili esperienze di vita, richiede, dunque, un esercizio graduale a tutti nella propria crescita (e nella propria vita) che nessuno può evitare, pena la fuga dalle relazioni (e dalla vita stessa). E allora a me pare che i giovani, oggi, abbiano più occasioni e aiuti per evitare la dolorosa esperienza dei contatti umani reali, mentre noi, a nostro tempo, avevamo mediamente minore possibilità di sfuggire a questo dovere. E che la città, l’ambiente di vita rispecchi con le sue forme diverse, ora come allora, queste diverse condizioni esistenziali e di crescita Ma, senza pensare solo -in una visione scontata per la mia età- ai bei tempi passati, (pronunciare il fatidico mala tempora currunt non ci porta molto lontani) dobbiamo considerare come, in fondo, i tentativi dei ragazzi di migliorare la propria immagine tramite vestiti, oggetti che ci ricoprono e mostrano agli altri chi siamo, muscolature ad hoc…fanno pensare a una variante moderna dello sforzo di crescita: pur nell’evidenza, oggi come allora, che la Le nostre città offrono soprattutto più negozi, più occasioni di acquistare qualsiasi cosa, da soli o meglio insieme. I ragazzi hanno più soldi e più autorizzazioni a spendere. Esistono meno luoghi di gioco gratuito e creativo, sempre più sostituiti da luoghi offerti a pagamento, in cambio di giochi già pronti, preparati da imprese private o anche sociali. Per giochi intendo forme generiche di svago, ad esempio il guardare le vetrine, il collezionare capi di abbigliamento o telefonini dotati di particolare simbologia sociale, l’andare con amici a bere aperitivi nelle ore in cui vengono offerti dai baristi a minore prezzo; dove ci sono, andare anche a centri di aggregazione in cui hanno la possibilità di navigare nella rete o dare una mano in attività sociali agli operatori, o provare strumenti musicali… Questo va bene a tutti: i ragazzi non chiedono direttamente (non hanno mai chiesto) aiuto. Tanto più che è aumentata ora l’opportunità d’avere giochi solitari (videogiochi e personal computer, sforzi altrettanto solitari in palestra per rendere non solo l’abbigliamento, ma anche il corpo sottostante più adeguato all’immagine che rende più sicuri di sé…) o relazioni mediate tramite Internet, più facili perché si corrono meno rischi rispetto alle relazioni dirette: queste, infatti, espongono maggiormente alle frustrazioni, che sono naturalmente insite in tutti i rapporti umani. Insomma, i giovani possono non solo non chiedere, come è loro congeniale, ma anche desiderare meno, realmente, quegli spazi e quelle occasioni d’incontro spontaneo e gratuito che erano più frequenti nella città del passato rispetto alla città globale . Questa presenta più offerte e varietà e differenze (etniche, di costumi, d’incontri…Pensiamo alla miriade di spettacoli, riunioni culturali, concerti che vengono organizzati durante tutto l’anno e particolarmente d’estate in ogni città…), ma esse in realtà sono, a mio avviso, solo apparenti: le offerte della città globale diventano spesso passanti, eventi, da osservare, da vedere di sfuggita, ma -perlopiùda tenere lontani, accontentandosi di sapere che esistono; perché ciò che fa avvicinare all’altro e alle cose è la curiosità, quando essa supera la paura del mettersi in gioco con gli altri; ma tale curiosità è possibile solo con la certezza della propria identità e quest’ultima si consolida solo con l’esercizio della creatività e delle relazioni... E competizione per la vita è vinta da chi ha più 10 coraggio e accetta più ferite (nel lavoro come nell’amore e nell’apprezzamento sociale), pare che ora molti giovani possano permettersi di pensare più a lungo a una propria crescita formale e solitaria legata al perfezionamento di ciò che li rende evidenti agli altri, come in un prolungamento dell’attesa, della preparazione del sé… (fortemente desiderato o respinto, ma mai indifferente). I bar al contempo si sono espansi nelle vie e nelle piazze con riscaldatori che permettono l’uso dei tavolini all’esterno anche col freddo e soprattutto l’aggregazione di decine, a volte centinaia di giovani per il rito tardo pomeridiano dell’happy hour, una delle invenzioni più redditizie, che merita particolare attenzione . Premetto che, avendo tuttora l’hobby della musica rock, organizzo da anni, nel mio tempo libero, concerti qui nel Trentino; concerti di gruppi locali, rassegne estive per divertimento e senza altro fine che far suonare dilettanti, anche di buon livello ma non nomi (a parte i Bastard Sons of Dioniso che ora sono diventati famosi). Da anni il rock non ha né migliaia né centinaia di fan, a meno che non si somministri con alimenti e bevande in feste di quartiere. Fanno eccezioni solo i grandi nomi per i quali si spostano, anche pagando molto, moltissimi giovani. Ma è più l’evento che la musica in sé a far accorrere i ragazzi. A Trento mi è capitato in più di una occasione di contare (a occhio) i giovani che bevevano fuori dai bar classici nelle ore con lo sconto (si fa fatica a passare nella piazzetta e sui marciapiedi) e di desiderare che altrettante persone venissero ai concerti… Il quadro urbanistico rende simili le città europee. Si può pensare che simili siano anche le persone che fanno sopravvivere e proliferare questi negozi e bar in tutta l’Europa. E simili sono i giovani e la loro educazione e la tendenza attuale del loro crescere per diventare adulti; tendenza che m’induce da un lato a rimpiangere (anche per loro) i tempi passati quando c’erano meno soldi a disposizione, più richieste di sviluppare il senso del dovere, più naturale abitudine al contatto con gli altri anche per carenza o assenza di alternative private. Dall’altro lato, visto che indietro non si torna, penso che si debbano considerare i ragazzi, al contrario di quanto spesso si sostiene, più delicati e immaturi che nel passato e più bisognosi di essere aiutati ancora, con il nostro stimolo protettivo paterno a sopportare frustrazioni, divieti, evidenza di limiti…. Protettivo perché li consideriamo ancora un po’ piccoli, ed è vero. Stimolo perché senza di esso non si hanno crescite (quando, come ora, è possibile esimersi). Paterno perché non è di madri che hanno maggiore bisogno i figli attuali, cui spesso è stata Anche l’uso in aumento dell’alcool, che in Italia sembra preoccupare (non a torto) le autorità, pare assumere nei giovani la caratteristica di una ricerca d’aiuto per affrontare l’altro (e il proprio desiderio dell’altro) mantenendosi dentro di sé, senza uscire mai del tutto da soli, portandosi dietro sempre qualcosa che attenui e tranquillizzi sulla pericolosità del contatto: l’inebriarsi permette di sentire meno la paura, avvertire maggiormente la propria forza, le proprie potenzialità… L’inebriarsi comune poi permette sia di vincere la vergogna del ricorso alla sostanza, sia di trovare complice risposta nell’altro alle proprie avances. La città attuale, nell’esasperazione della ricerca d’occasioni di lavoro e guadagno (esiste un generale sforzo notevolmente creativo per nuove idee redditizie), prepara, dunque, offerte per tutti, con speciale attenzione ai giovani: vediamo tutti come grandi catene d’abbigliamento a prezzi medio bassi, negozi d’intimo e d’occhiali, negozi d’oggettistica a basso prezzo per la casa e per regali (chissà perché molti negozi di candele…) abbiano sostituito, assieme alle banche, la maggior parte dei negozi autoctoni e caratteristici in ogni città (e non solo in Italia). Accanto a questi invasori persistono soprattutto alcuni negozi icona delle firme che i giovani riconoscono come proprio riferimento ideale 11 risparmiata ogni possibile sofferenza, ma di padri che sappiano limitare, indicare, incoraggiare nella fatica; e anche difendere con forza e decisione dai pericoli veri. avvenire gradatamente, a mano a mano che viene consolidandosi l’armatura portante, in altre parole la fierezza e la capacità d’incominciare a far da sé, sopportando, come Ulisse, senza flettere, il timore della solitudine e le sirene della nostalgia. Sarà molto utile il tifo d’appoggio a distanza della famiglia che, possibilmente, dovrà accompagnare il giovane in modo discreto e non ansioso. Se tutto andrà bene, gli sarà di grande aiuto la scuola. Sugli insegnanti e sui compagni lui trasferirà gran parte dei sentimenti che prima erano destinati ai genitori, ai nonni e ai fratelli, sia quelli positivi che quelli negativi: l’idealizzazione e l’amore, ma anche l’odio e il disprezzo. Già Freud, esattamente un secolo fa’, scriveva: <<...la scuola secondaria...deve creare in loro il piacere di vivere e offrire sostegno in un periodo della loro esistenza in cui sono necessitati dalle condizioni del proprio sviluppo ad allentare i legami con la casa paterna e la famiglia. Mi sembra incontestabile che la scuola non faccia ciò e che per molti aspetti rimanga al di sotto del proprio compito, che è quello di offrire un sostituto della famiglia e di suscitare l’interesse per la vita che si svolge fuori, nel mondo....La scuola non deve mai dimenticare di avere a che fare con individui ancora immaturi, ai quali non è lecito negare il diritto di indugiare in determinate fasi, seppur sgradevoli, dello sviluppo. Essa non si deve assumere la prerogativa di inesorabilità, propria della vita, non deve voler essere più che un gioco di vita>> (Freud Opere, Vol. 6°, Boringhieri, Torino,1974, p.301-302, il grassetto è mio). Da allora molte cose sono cambiate in meglio, a incominciare dalla nascita della fratellanza pacifica tra gli Stati d’Europa, ma per varie ragioni la scuola sembra ancora lontana dal saper svolgere le preziose funzioni auspicate dal fondatore della psicoanalisi. Ad esempio, si ha l’impressione che gli insegnanti e la scuola nel suo insieme, a incominciare dai muri, non riescano a farsi rispettare, quindi siano molli col gruppo degli allievi, ma eccessivamente duri e frustranti coi singoli quando si tratta di valutare il risultato di una verifica. Sarebbe molto più incoraggiante esigere che il compito, la prova vengano rifatti nel caso siano insufficienti, piuttosto che siglare la correzione con un voto inutilmente umiliante. Voti che non vengono mai usati all’Università, neppure quando si tratta di valutare un somarone impenitente. L’allievo viene invitato Ancora sull’adolescenza. di Alberto Spadoni Tutti oggi sanno che l’adolescenza non è un’età di passaggio, ma, al pari dell’infanzia, è una fondamentale stagione della vita, che ha la funzione d’allargare le basi della personalità per consentire un pieno sviluppo dell’individuo in modo tale che non vadano perduti i talenti e le risorse rimaste allo stato embrionale durante gli anni precedenti. L’adolescente, se ha fortuna e se viene opportunamente aiutato, che sono spesso la stessa cosa, costruisce giorno per giorno quel primo tronco dal quale, nella stagione successiva, si svilupperà l’intero albero che costituisce la persona adulta. L’impresa è tutt’altro che semplice anche quando non intervengono incidenti di percorso. Innanzitutto, deve essere abbandonato l’assetto psicologico infantile con l’intera impalcatura di sostegno che legava il ragazzino ai genitori e alle loro cure. Questo movimento di liberazione deve 12 semplicemente a ripetere l’esame senza che venga sporcato il libretto. Lo stesso metodo dovrebbe essere utilizzato alle superiori che sono frequentate da ragazzi meno maturi e quindi suscettibili di reagire con un calo dell’autostima a ogni frustrazione eccessiva, tanto più se inutile, come in questo caso. Ma le difficoltà provengono molto spesso proprio dai giovani che appaiono sfiduciati e inerti, o al contrario aggressivi e addirittura violenti. Pare giunto il momento per una vera trasformazione della scuola che porti a una stabile alleanza fra insegnati e allievi uniti nel comune intento di privilegiare la crescita e la maturazione delle persone -a incominciare dalle capacità linguistiche- rispetto alla pura e semplice erudizione che fino a oggi ha dominato l’intero sistema scolastico italiano, università compresa. Vorrei sbagliarmi, ma penso spesso con dolore che sia ancora vivo nella nostra scuola superiore il clima monastico delle sue origini. Un’aria di chiuso, di conventuale, di completo isolamento dalla realtà esterna e una totale incomprensione dei bisogni basilari dei giovani. Un arrampicarsi sugli specchi delle inutili finezze grammaticali e sintattiche, del tutto avulso dalle necessità della vita professionale e relazionale. I risultati li vediamo ogni giorno. Non c’è ministro, né senatore della Repubblica che per esprimere il suo pensiero non faccia ricorso alla lettura della relazione scritta. Ma che lingua è dunque la nostra che non può essere usata in via diretta, semplice, facilmente comprensibile? Sembra ancora attuale la sfottitura che ne faceva la maschera bolognese del Dottor Balanzone, col suo ridicolo linguaggio ricercato, notarile, con citazioni latine per non essere compreso e destar soltanto muto stupore. Le mie nipoti frequentano, a distanza di settantanni, lo stesso mio liceo che si trova in un ex-convento seicentesco della Bologna papalina, sgomberato e trasformato in scuola laica dopo il plebiscito. Vi si ritrova molta della tetraggine d’un tempo, appena mitigata da un arredamento più consono ai gusti d’oggi. Ma non è tanto un problema edilizio, quanto piuttosto di natura psicologica e pragmatica. Come può una scuola ottocentesca essere d’aiuto alle famiglie nel comune impegno di far crescere psichicamente e intellettualmente dei ragazzi giustamente protesi verso il futuro? Penso sia meglio una scuola che riesca a tenere attivi tutti gli studenti a ogni lezione e non soltanto nei compiti in classe e nelle interrogazioni. Una scuola che funzioni a tempo pieno sino alle 17,30 e che si proponga d’eliminare molta parte dei compiti di casa e delle ripetizioni fino al conseguimento della maturità, come succede nei paesi europei al passo coi tempi. Fra l’altro, rimarrebbe meno tempo per frequentare le mescite di bevande alcooliche. Un modello da discutere e, se è il caso, da imitare potrebbe essere quello che ci ha fornito il film francese La classe. L’intento dell’autore mi pare sia quello di proporre un insegnamento che, invece di rimpinzare gli allievi con nozioni che verranno presto dimenticate, incoraggi la loro attiva collaborazione obbligandoli a leggere a voce alta in classe pagine di letteratura o di poesia e invitandoli a prendere parte alla discussione senza consentire esclusioni. Forse impareranno meno date storiche, ma si faranno un’idea personale (da sostenere in classe) sugli eventi presenti e passati che arricchirà la loro mente e favorirà la loro individuazione. Comunque, impareranno a usare il proprio pensiero per poter parlare in pubblico in qualsiasi occasione e di moltissimi argomenti di vita vissuta e di cultura come sanno fare i francesi e gli inglesi, lasciando noi italiani a bocca aperta. Può capitare di dover impiegare un’intera esistenza per liberarsi della soggezione della lingua, che impone continui vincoli di forma, piuttosto che mettersi al servizio del bisogno urgente di comunicare e di raccontare, come proponeva Primo Levi. Mi scuso di questa incursione in un campo, quello della pedagogia, che conosco solo da utente e torno a parlare dell’adolescenza con gli argomenti della psicologia dinamica e per non dilungarmi procederò per libere associazioni e con brevi riflessioni. 2 La mente dei ragazzi è, come la nostra, affollata da personaggi, sia di origine interna e genetica che di provenienza esterna, empirica. Non sempre l’Io, cioè il regista, l’autore, il presidente del parlamento interno, riuscirà a mantenere l’ordine e a far prevalere lo stile costruttivo. Va detto subito che la mente dei giovani è un po’ più sparpagliata della nostra, anche perché convivono in essa elementi molto violenti, anarchici, poco avvezzi ai costumi democratici, e altri, al contrario, tendenzialmente rinunciatari, pessimisti, a volte addirittura autolesionisti. Non è facile far funzionare un’assemblea siffatta. Per avere un’idea delle difficoltà che incontra l’Io nella sua funzione di coordinatore conviene rivedere il 13 bellissimo film di Fellini Prova d’orchestra, dove, al posto dell’Io c’è il Direttore. Si sente spesso dire che i giovani sono vuoti. E’ un’affermazione senza senso, che non tiene conto del ricordo che ciascuno ha della propria adolescenza. Semmai la loro mente è troppo piena di elementi in contrasto fra loro, a partire dai sentimenti di amore-odio, di umiltà-alterigia, di megalomania o d’impotenza. Esistono anche le menti vuote, ma appartengono a persone gravemente malate, ai limiti con la follia o già folli, nelle quali un evento catastrofico ha disperso ogni ricchezza, ha portato via ogni valore, come fanno le alluvioni col prezioso humus e con gli alberi, lasciando il sottofondo pietroso. Se l’adulto ha raggiunto una soddisfacente compattezza interiore vivrà il proprio corpo come una parte di sé, ben integrata nell’insieme della persona. Non così l’adolescente che per lunghi periodi sentirà il corpo come una parte staccata di sé, anzi come un doppio, un gemello, un’ombra che lo segue ovunque, dalla quale ora trae piacere e vanto, ma più spesso sente solo l’ingombro. Mi capita d’immaginare che i ragazzi trattino il corpo come il fantino tratta il proprio cavallo. Se lo fa vincere, lo mostra con compiacimento e lo riempie di zuccherini. Se rischia di perdere, lo colpisce con gli speroni e colla frusta. Insomma, i ragazzi hanno ben poca cura della parte fisica di se stessi. Si espongono a rischi senza valutare il pericolo, quasi fossero convinti di poter sostituire il corpo danneggiato con uno nuovo fiammante come farebbero col motorino. E noi, nonni sgomenti, non possiamo neppure dire che ci sembra che non vi vogliate bene. Vi sono al contrario periodi di cura ossessiva, dell’acconciatura e dell’abbigliamento, periodi caratterizzati da una vivissima apprensione, basta un capello storto per far crollare l’autostima non solo corporea. Si servono del corpo come di una bandiera sulla quale applicare i segni della somiglianza coi compagni, ma anche quelli della diversità. I tatuaggi marcano i confini personali, come i segni sul muro indicano la zona del loro potere. Tutto serve a nascondere la paura di non contare, di non esistere individualmente fuori di casa come fossero sardine nel branco. Qualcuno, per sentire d’esistere, arriva a bruciarsi la cute con la brace della sigaretta o a inciderla col taglierino. 2 Confondono spesso il fuori col dentro. Quando si battono strenuamente per cambiare il mondo, esprimono la loro ferrea aspirazione a diventare grandi, autonomi, liberi e impavidi. Ma vi sono, alla base di certi loro comportamenti, anche motivazioni più fini e personali. Nell’adolescenza si riattivano i vecchi e mai del tutto sopiti conflitti generazionali, fra figlio e padre, figlia e madre. Se la contrapposizione violenta dei figli non ha trovato in casa, fin dall’infanzia, un’adeguata fermezza, può capitare che lo scontro venga esportato e che il muro venga cercato fuori, ad esempio nelle forze dell’ordine (Galimberti U. ne L’ospite inquietante,2007), o peggio ancora in un palo di cemento o contro il guard-rail. Tutti ormai già sanno quanta confusione generino i genitori che vogliono per puro narcisismo apparire buoni, seduttivi e amici dei figli, falsificando il rapporto in un momento in cui i giovani hanno un gran bisogno di verità e non di favole. E’ bene che i conti in casa vengano regolati con gli avversari naturali, altrimenti i ragazzi scambiano gli uomini politici o i professori per il babbo e se la prendono con loro anziché con lui. Solo per questa via si eviteranno le confusioni, nella speranza che almeno il padre sia una figura valida, visto il pessimo esempio che molti politici nostrani danno alla gioventù. Harold Searles, famoso psicoanalista inglese, ci ricorda come sia importante che il bambino, e ancor più l’adolescente, non siano spaventati e pieni di colpa se provano momentanee disillusioni e persino disprezzo per quegli adulti che prima venivano idealizzati. Nei bambini e nei ragazzi questi sentimenti di delusione e deprezzamento sono necessari per potere incominciare a separarsi e a differenziarsi, valorizzando le risorse che si vanno sviluppando all’interno della loro persona, a incominciare dalle idee nuove, dalle loro appassionate utopie. Allora, se capita che il diverso vociare delle parti in causa, all’interno della mente, o nelle stanze di casa, diventi fastidioso, un rimedio oggi a portata di tutti è quello di stordirsi con la musica, con le parole del telefonino, con il frastuono della discoteca. Viene zittito il mondo interno e consentito l’ingresso in un mondo esterno ancor più rumoroso e scuotente, ma anonimo. Quando poi questi rimedi non fossero sufficienti si può ricorrere a sistemi di marca hitleriana e luciferina, quali sono quelli indotti dalle dosi elevate di alcool o addirittura dalle droghe. C’è tutta una schiera di personaggi che specula sulle velleità, sulle debolezze e sui capricci degli adolescenti con la tacita complicità di molti genitori: dal gestore del bar- che nelle happy hour distribuisce 14 storia d’amore, abbia commesso il gesto col quale ha potuto scatenare una guerra?...>>. Per evitare che uno o più giovani esaltati, o adulti mai divenuti responsabili, prendano in mano il volante della storia e ci conducano verso una nuova catastrofe, dobbiamo essere presenti e svegli se vogliamo tentare di salvare loro e noi stessi. Mi sembra di poter dire che gli enormi cambiamenti di vita, di consuetudini e di interessi intervenuti con l’uso dei telefonini e di Internet non abbiano minimamente appianato le difficoltà che si frappongono al raggiungimento di una buona differenziazione personale, all’acquisizione di una soddisfacente identità. Le cose, nella sostanza, sono rimaste le stesse. E’ cambiata solo la facciata, quella che, ad esempio, fonda la propria diversità e specificità sulla marca del motorino o del telefonino. Ma non è la stesso fenomeno che sta cancellando l’identità e la storica specificità delle nostre vecchie strade, delle nostre città? Interessi esclusivamente commerciali hanno sostituito il vecchio tessuto urbano ricco di proposte, spesso differenti da quartiere a quartiere, con un’unica soluzione valida a tutte le latitudini e di una monotonia esasperante. A cosa serve alternare ai bar e ai negozi d’abbigliamento delle vaste librerie dotate di caffè e charcutrie, se coi media si fa di tutto, ogni giorno, per incrementare la forza d’attrazione dei primi? Non resta che sperare proprio nei giovani e nella loro capacità di liberarsi delle reti che imprigionano, preferendo quelle che arricchiscono la mente e consentono relazioni non stereotipate, ma aperte alle gioie e agli inevitabili dolori della nostra comune esistenza. Una proposta stimolante di questi ultimi tempi è quella contenuta negli ultimi film di Ermanno Olmi, un autore capace di parlare ai giovani senza propositi di seduzione o di rapina. Penso a I cento chiodi e a Terra Madre, che è attualmente sugli schermi. Usciamo, dunque, dalle città sempre più omogeneizzate per cercare fuori di esse le nostre radici e nuove occasioni per arricchirci interiormente senza correre il rischio di perdere tempo. superalcolici a basso prezzo- allo spacciatore che corteggia i giovanissimi nell’interesse del mostro mafioso che si arricchisce restando nella sua tana. Questi sono i non pochi casi nei quali la distruttività interna, più o meno naturale, si allea con quella sempre presente e ubiquitaria della criminalità. Gli adulti sani non hanno sempre le chiavi per entrare negli attuali vastissimi spazi dei giovani, mentre chi vende alcool e droghe in quegli spazi è di casa. Per fortuna non tutti gli assaggiatori incauti diventano tossicodipendenti. Non dobbiamo dimenticare che molte crisi degli adolescenti, sia quelle solo scolastiche che quelle che s’accompagnano a comportamenti autolesivi, molte di queste crisi hanno lo scopo inconscio di verificare se i genitori tengono ai ragazzi più di ogni altra cosa, a incominciare dalla propria carriera e dal guadagno. Dopo averci fatto penare per mesi e talvolta per anni, dopo aver messo a dura prova la nostra stessa salute mentale, inaspettatamente tornano in carreggiata, con o senza l’aiuto di un bravo insegnante privato di sostegno, che, finanze permettendo, non dovrebbe mai essere negato, almeno finché perdura la vecchia scuola superiore. Ben diverse sono le crisi che non hanno lo scopo di mettere alla prova i familiari. Sono giovani molto soli e difficilmente raggiungibili, che hanno da tempo tagliato gli ormeggi e le cui dèfaillance riguardano unicamente se stessi. In questi casi drammatici è del tutto ininfluente che vi siano degli amici e dei congiunti disperati. Sono giovani che, come Icaro, hanno perso ogni spinta interiore e che hanno urgente bisogno di un Io vicariante che sappia rimettere insieme i pezzi della loro mente. Questo aiuto richiede una grande competenza tecnica e altrettanta umanità come si possono trovare solo in terapeuti di provata esperienza. 2 Una cosa è certa. Per uscire dall’adolescenza senza correre troppi rischi e senza perdere pezzi preziosi di sé occorre che vi siano persone affezionate, non necessariamente di famiglia, che sappiano incrementare l’autostima dei ragazzi e tifare per la loro riuscita, rimanendo, come si è detto, rigorosamente dietro le quinte, senza mai abbandonare la partita prima del fischio finale, perché gli ultimi minuti sono non di rado i più pericolosi. Nel finale di E la nave va.. Fellini fa dire alla voce narrante: <<...Com’è possibile che un giovane, proprio quando sta vivendo la sua bella 15 educare l’individuo alla sua autonomia personale e allo stesso tempo alla condivisione di quella rete di diritti/doveri che costituisce la base per una gestione comune della vita pubblica. Quest’idea vacilla oggi che le nostre città e le nostre vite più di ieri sono attraversate dalle diversità, che, a livello reale e virtuale, la scena sociale produce in gran numero, a un ritmo così incalzante da poter essere definito frenetico. Gli incontri con le diversità accompagnano l’individuo nell’intero arco della sua vita, avvengono quotidianamente nei suoi percorsi urbani, nei suoi momenti lavorativi, nei suoi svaghi, nel suo girovagare tra le reti televisive e quelle di Internet. D’altro canto, come reazione alle forme di spaesamento, che questa esposizione continua spesso produce e che investono luoghi e persone, appaiono resistenze e chiusure a nuovi contatti, rinascite di tradizioni per lo più desuete, attaccamenti tenaci a schemi e modelli del passato, veri o presunti che siano. Così, la città ci sollecita a seguire gli intrecci tra locale e globale, ad analizzare insieme i processi di globalizzazione e di indigenizzazione, i movimenti transnazionali e contemporaneamente i loro radicamenti. La città è uno scenario plurale e molteplice abitato da culture fluide e differenti nel quale sono agite, insieme, nuove e vecchie pratiche culturali; nel quale sono prodotte e diffuse rappresentazioni sociali contraddittorie. Le città appaiono spazi meticci nei quali sono in atto conflitti e negoziazioni dei contrasti socioeconomici e delle risorse culturali, abitate come sono – le nostre città – da nuove forme di povertà e d’esclusione sociale, dall’insicurezza nei rapporti di vicinato, dalla precarietà del futuro. Nuove mappe urbane e percorsi emotivi di Bologna di Matilde Callari Galli Massimiliano Geraci 2 Dal 2006, a partire da questi convincimenti, si è costituito presso la Fondazione Istituto Gramsci un laboratorio di ricerca sulle nuove geografie degli spazi urbani con un duplice obiettivo: elaborare forme d’interventi che approfondiscano la conoscenza del territorio urbano e promuovere la partecipazione dei diversi gruppi – sociali, etnici, generazionali, sessuali – alla progettazione di nuove identità in grado di cancellare i molti confini – fisici e culturali – che oggi dividono la nostra città. Il laboratorio, che abbiamo chiamato mappe urbane, (http://www.iger.org/mappeurbane-d30.html) è costituito da un gruppo di lavoro, cui La città è oggi al centro del nostro presente e della nostra progettualità. E non solo perché verso le città, in tutti i continenti, accorrono masse crescenti d’individui; non solo perché la città quale luogo fisico si oppone al villaggio, al paese, alla campagna, quanto piuttosto perché la città costituisce il modello di vita che i mezzi di comunicazione di massa dilatano sino a farlo divenire modello per tutti i contesti abitativi. Sino a qualche decennio fa, si riteneva che la città con le sue istituzioni fornisse il modello per 16 partecipano studiosi ed esperti sia dell’analisi culturale della città sia dei meccanismi per attivare la partecipazione alla sua vita e alla gestione dei suoi spazi. E’ un gruppo interdisciplinare, che comprende architetti, urbanisti, antropologi, storici della città, esperti di comunicazione e social network, artisti, amministratori. Questa composizione rispecchia la consapevolezza delle numerose direzioni che oggi deve guidare l’ambizione di disegnare una mappa della città. Seguendo questi presupposti teoricometodologici, il gruppo mappe urbane ha svolto e sta ancora svolgendo numerosi programmi, aprendo ambiti di ricerca e di riflessione diversi: da una ricognizione etnografica dell’esclusione e della marginalità presenti a Bologna, all’analisi dei modelli interpretativi della complessità urbana, dalla funzione che l’estetica esercita sulla percezione dell’abitare urbano, all’individuazione dei diversi linguaggi che descrivono i vissuti quotidiani e le memorie di molti luoghi bolognesi. sociale della città e del proprio quartiere, abbiamo nuove mappe che in modo diverso descrivono questi nuovi ambiti. Troviamo in ambito artistico le prime esperienze che nell’epoca moderna hanno voluto leggere e narrare da un punto di vista emotivo la città: pensiamo a Baudelaire che mentre attraversa “il nuovo Carrousel” chiama Andromaca, e a Benjamin, che esalta il vagabondare da flaneur tra i passages di Parigi, scoprendo quel mondo in piccolo fatto di tarde istituzioni della civiltà: caffè, gabinetti di lettura, bische; spazi intermedi tra la strada e l’interno, in cui Baudelaire amava trascorrere il tempo da attento spettatore dei suoi abitanti (R.Calasso, La folie Baudelaire, p.180). E’ poi il surrealismo che comincia a elaborare una rappresentazione dello spazio in base alle emozioni che esso provoca in chi lo vive e lo attraversa. E, oggi, è sempre più ampia, nell’arte, l’apertura ai grandi temi della nostra epoca mentre continuo è il tentativo di molti artisti a renderli soggettivi e individuali sia nella loro espressività sia nell’accettazione del fruitore. Molta della produzione artistica contemporanea documenta le nuove prospettive identitarie, i difficili rapporti tra le alterità, l’indeterminatezza dei confini, nazionali ma anche sessuali e sociali, le illusioni della decolonizzazione, lo svanire della memoria identitaria, le angosce delle periferie e delle favelas. Aprendosi alle problematiche urbane, l’arte contemporanea ha privilegiato la rappresentazione dei nuovi modelli migratori, degli incessanti nomadismi che percorrono il nostro pianeta, ha cercato di colloquiare con i nuovi spazi aperti dalle configurazioni delle città, ha inteso creare nuove centralità nei tessuti urbani. Venendo alle scienze umane, Kevin Lynch ha elaborato una metodologia per formalizzare alcuni protocolli cognitivi della percezione dello spazio urbano. Le persone, afferma Lynch, costruiscono mappe mentali dei luoghi utilizzando un insieme di elementi di base: percorsi, bordi, distretti, nodi, punti salienti. Il suo scopo era d’individuare, attraverso interviste rivolte ai city user, gli oggetti urbani che producono un’immagine forte e vivida, con la speranza di convincere la pianificazione urbana e l’architettura a scegliere forme che rendessero riconoscibile il proprio ambiente e consentissero di orientarsi facilmente in esso. Un altro riferimento teorico, che contribuisce a individuare gli ambiti delle mappe emotive, ci viene da Michel de Certau che ha messo a confronto due modelli di razionalità: una di tipo strategico e l’altra di tipo tattico. La prima è Mappe emotive Il problema della rappresentazione cartografica, a un’analisi approfondita, si rivela assai complesso: <<le mappe arrivarono sulla scena della storia prima del denaro>>scrive Miles Harvey ne L’isola delle mappe perdute e prosegue affermando che anche bambini molto piccoli sono in grado di decifrare una semplice mappa grazie a una capacità intellettuale probabilmente innata. Oggi sembrerebbe che tutto il globo sia conosciuto così accuratamente da rendere possibile una sua rappresentazione cartografica completa. Se questo può essere considerato pressoché vero da un punto di vista geografico, non lo è se apriamo i molti livelli di conoscenza consentiti dal metodo cartografico. Inoltre, ogni epoca e ogni gruppo esprime le sue tensioni culturali dominanti anche attraverso la scelta dei domini che intende mappare: nell’era in cui le nazioni europee tentarono la conquista militare e commerciale del mondo, scoprendo nuovi territori, ci fu la grande produzione delle mappa geografiche; oggi, quando nell’Occidente la tensione culturale sembra orientarsi verso la conoscenza dei sentimenti e dei comportamenti che guidano l’occupazione degli spazi, verso la percezione che di essi hanno i diversi gruppi che li vivono e li attraversano, verso l’individuazione delle relazioni tra luoghi e partecipazione alla vita 17 esercitata dai pianificatori dello spazio urbano urbanisti, architetti e amministratori - che ne determinano assetti, trasformazioni, regole. La seconda è l’adattamento che della razionalità strategica fanno i fruitori della città, che possono costruire in essa propri percorsi, mappe che appartengono alle soggettività degli individui e dei gruppi. A partire da queste elaborazioni, da queste suggestioni, abbiamo cercato di mettere a punto uno strumento che permettesse alle differenti componenti della nostra vita quotidiana di raccontare come vivono nella loro memoria e nel loro presente i luoghi che abitano e che attraversano. E di raccontarlo partendo dalle emozioni che provocano e stimolano, di raccontarlo con molti linguaggi e molti codici: con la parola scritta, ma anche con la rappresentazione iconografica, con la registrazione audio e con la fotografia, con materiali prodotti da altri o con elaborazioni personali. E’ un metodo, quello che abbiamo messo a punto, che vuole offrire una raccolta di dati differenziati, aperta a tutti, preparata perché in essa e con essa le molte differenze presenti nella nostra città possano confrontarsi e dialogare: e l’ambizione è che su di essa confluiscano molte narrazioni, quelle dei giovani abituati a percorrere gli spazi elettronici, ma anche dei molti che li usano raramente o che ne sono tenuti lontani dall’età, dall’istruzione, dalla provenienza etnica, dal reddito. Vogliamo, in altre parole, che i luoghi della nostra città parlino delle emozioni di cui sono carichi, affinché esse affianchino i dati più tradizionali su cui sono costruite le modalità con cui strade e piazze e giardini sono disegnati, producendo e svelando, accanto a una Bologna reale, una Bologna vissuta, raccontata, ricordata e sognata. A differenza dei blog tradizionali, gestiti da un singolo utente o da ristretti gruppi redazionali, e aperti alla partecipazione nella sola forma del commento, percorsi-emotivi è aperto all’iscrizione e alla partecipazione di chiunque. Inoltre, in un blog tradizionale, i flussi comunicativi (post e commenti) si orientano secondo una logica lineare-sequenziale e diacronica, laddove la modalità rappresentativa che si è scelta per percorsi-emotivi predilige la compresenza e la sincronicità. La visualizzazione e l’inserimento dei post è organizzato attraverso sei categorie ombrello semanticamente aperte (Cosa ricordi, Come siamo, Come vorremmo, Cos’hai scoperto, Cosa ami, Cosa temi) in modo da poter includere in esse una molteplicità di sfumature emotive. A ogni categoria corrisponde un’icona emotivamente connotata (emoticon) che l’utente sceglie di inserire sulla mappa nel luogo specifico a cui si riferisce il suo post. L’idea alla base di percorsi-emotivi è di far dialogare i cittadini di Bologna con la mappa elettronica della loro città. Gli iscritti al sito avranno modo d’inserire, su un punto specifico della mappa (georeferenziazione), un pensiero, una proposta, un ricordo suscitati da quel luogo, concorrendo così a creare una sorta di “digital storytelling urbano, polifonico, i cui protagonisti sono i luoghi e il racconto delle emozioni che essi suscitano. 2 Il paesaggio urbano muta continuamente in base agli affetti, agli stati d’animo e alle pratiche che in esso si svolgono e che su percorsi-emotivi possono essere registrati. In questo senso, il geoblog, può diventare una fonte d’informazioni preziose per aumentare la conoscenza della percezione dei luoghi e di come essi sono vissuti dai loro abitanti e dai city user, attraverso la lettura delle tracce, dei solchi lasciati da questa molteplicità di attraversamenti urbani. Si tratta di una modalità di conoscenza ed esplorazione dell’ambiente urbano che valorizza l’energia delle emozioni e dell’immaginazione, quasi sempre trascurate dalle analisi scientifiche della città e che costituiscono uno strato informativo prezioso, che sovrapposto agli strati di dati ricavati dalle ricerche socio-demografiche tradizionali, contribuisce a restituire in modo più sfaccettato la ricchezza dei fenomeni, delle pratiche, dei vissuti, che coesistono in tutte le grandi città. Percorsi-emotivi Il sito web www.percorsi-emotivi.org nasce a partire dalle riflessioni e dalle proposte elaborate dal laboratorio mappe urbane e gode del contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Percorsi-emotivi è un geoblog multiutente aperto. Dal punto di vista tecnologico, si tratta di una piattaforma innovativa che fa dialogare, interfacciandoli, Wordpress, il software più noto per la creazione e gestione di blog, e il servizio di mappe offerto da Google. 18 Questo geoblog vuole, dunque, fornire un suggestivo punto d’osservazione del territorio urbano, inteso come agglomerazione d’umori e flussi emozionali, in grado d’arricchire il quadro di riferimento di pianificatori e decisori politici accanto e al di là delle usuali procedure di analisi e d’urbanistica partecipata. al forte radicamento territoriale e alla loro esperienza, hanno già creato un canale comunicativo privilegiato con loro. Stabilire dei legami con reti sociali già consolidate, può fungere da stimolo e fornire il supporto necessario a coinvolgere chi è più svantaggiato nella comunicazione e, nondimeno, portatore d’una preziosa diversità d’esperienze, prospettive e, dunque, narrazioni possibili, che è negli intenti del progetto far emergere. La redazione di percorsi-emotivi Il lavoro della redazione si articola essenzialmente in due funzioni. La prima è quella di agire da filtro rispetto agli interventi degli utenti che posteranno i loro contributi su percorsi-emotivi.org. L’unico criterio guida per la selezione dei materiali da pubblicare sarà la loro congruità con le finalità del progetto. Nessun intervento di editing precederà invece la pubblicazione e ciò per non inficiare la genuinità dei contributi che deve necessariamente passare anche attraverso la soggettività stilistica. La seconda funzione della redazione sarà quella di costruire un archivio di materiali, non necessariamente di recente produzione, allo scopo di rendere disponibili espressioni dell’immaginario urbano capaci di sollecitare la fantasia e la riflessione degli utenti. Postazioni pubbliche Una postazione pubblica per la consultazione e la pubblicazione su percorsi-emotivi.org è presente all’interno dell’Urban Center Bologna e altre sono in corso di attivazione. Percorsi-emotivi, sarà inoltre presente alla manifestazione La città dello Zecchino (http://www.cittadellozecchino.it), organizzata dall’Antoniano di Bologna. Sabato 12 settembre 2009 La Città dello Zecchino animerà una via della città di Bologna con una grande festa di strada che diventa metafora della vita di quartiere che ogni bambino vive quotidianamente nella propria città. La zona di via del Pratello e piazza S. Francesco, saranno per un giorno Territorio franco per tutti i bambini, che potranno scoprire la sua storia lunga e particolare, perlustrarla curiosando tra i cortili e i piccoli giardini nascosti, i bar e le osterie, grazie ai giochi e alle attività appositamente organizzate, e naturalmente pubblicare le loro scoperte, i loro pensieri, le loro emozione su www.percorsi-emotivi.org. L’archivio e la voce delle molte diversità urbane L’archivio, inoltre, attraverso la specifica modalità della sua costruzione, avrà uno scopo ancor più rilevante: far fronte, per quanto possibile, all’inevitabile problema dell’autoselezione dei partecipanti Qualsiasi sperimentazione su Internet, infatti, soprattutto quando basata sull’invito agli utenti alla partecipazione e all’autoespressione (in questo caso percezioni e vissuto dei luoghi), si scontra con le selezione implicita dei propri interlocutori di cui si proietta un profilo fortemente dipendente da alcune specifiche variabili sociologiche come il genere, l’etnia, il livello di scolarità e di alfabetizzazione informatica. L’aspettativa di partecipazione di utenti appartenenti alle molte diversità presenti a Bologna, non sempre avvezze all’utilizzo del mezzo, non può essere alta se ci si affida al solo invito diretto (la semplice esistenza del sito e la pubblicità che se ne può fare), ma deve passare dal coinvolgimento di quegli attori (associazioni che lavorano con i migranti, con le donne in situazioni di disagio, con i senza fissa dimora, i centri sociali anziani, le scuole, ecc.) che, grazie 19 Lo sguardo dell’artista si concretizza così in interventi che prevedono le tecniche e i linguaggi più diversi e un lavoro in fieri, rigorosamente contestuale, progettato per il luogo e non altro, non preconfezionato, portatore dell’identità forte dell’artista che lo crea, ma il più possibile aperto, attraverso strumenti di relazione, d’ascolto e coinvolgimento. Da molti anni ormai lavoro, da curatrice e da artista, in progetti d’arte nella città e verso una Public art che nasca da una relazione con lo spazio e le sue memorie, e che si ponga come obiettivo, quando possibile, un riconoscimento identitario da parte del pubblico e che, in qualche maniera, solleciti, criticamente e attraverso lievi e sorprendenti straniamenti, a guardare e a vivere lo spazio pubblico delle nostre città con modi e tempi nuovi. Questo percorso è iniziato nel 1997, quando fui chiamata insieme a Roberto Daolio dall’Associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 a curare una mostra di giovani artisti che rinviasse alla memoria della Strage. La mostra si trasformò sin da subito in un laboratorio in situ per un gruppo di giovani artisti, allievi allora della nostra Accademia di Belle Arti, con il fine di progettare interventi per tutti gli spazi della stazione ferroviaria: binari, sottopassaggi, sale d’aspetto, pensiline, biglietterie. Gli interventi, temporanei o permanenti, dovevano essere tutti site-specific e dovevano tener conto della realtà antropologica della stazione di Bologna e delle sue memorie. E il lavoro si concentrava soprattutto sull’idea di una memoria attiva, fortemente proiettata al presente nel sollecitare a non dimenticare, utilizzando i segni incisivi e fortissimi della leggerezza contro retorica ed enfasi. La manifestazione Accademia in stazione è stata, fino al 2005, uno straordinario rituale, innovativo sul piano nazionale, perché non mi risulta che ci fossero stati prima di allora, in Italia almeno, interventi in stazioni ferroviarie, metropolitane e altri nonluoghi, che avessero quell’impronta metodologica. Ed è stata anche una palestra di formazione per giovani artisti entrati poi con successo nel panorama internazionale: Sissi, Paolo Chiasera, Sandrine Nicoletta, Alessandra Andrini, Paolo Bertocchi e Vanessa Chimera, per non citarne che alcuni che in stazione hanno iniziato. Dopo di allora ho curato e continuo a curare altri progetti di Public art, progetti faticosi e di lunga Sguardi e segni d’artista nello spazio pubblico di Mili Romano E’ dagli anni Novanta che, seguendo un movimento già avviato da qualche decennio all’estero, si è con sempre maggiore convinzione fatta strada anche in Italia la considerazione di un utilizzo dell’arte come opportunità per generare una qualità della vita urbana più alta, contributo prezioso a programmi di riqualificazione e risanamento. L’arte pubblica, nel suo più profondo significato di Public Art, si è progressivamente allontanata dal monumento o decorazione tout court, o almeno da un monumento fine a se stesso e poco dialogante con il contesto. Gli artisti hanno cominciato a porsi come stimolo e filo di relazione con il tessuto urbanistico-sociale-antropologico, contribuendo a farne emergere necessità primarie, contraddizioni, desideri, nuove funzionalità. Nell’intervento artistico così inteso il pubblico non ha più soltanto un ruolo da spettatore, ma diventa portatore di senso e la sua azione e presenza diventano fondamentali per il divenire dell’opera, come fondamentale importanza acquistano il contesto, la storia e le memorie del territorio e dello spazio nel quale s’interviene. L’arte stessa ha cominciato a essere sempre più un possibile catalizzatore di nuove energie e sensibilità atte a indagare il senso di un’identità collettiva, dinamico strumento d’indagine antropologico-sociale per una conoscenza/azione del/nel territorio e dei suoi problemi, capace di stimolare una pratica condivisa, attraverso progetti riconosciuti dalla collettività, proprio perché risultato di una partecipazione attiva e spontanea. 20 durata, progetti sociali che in qualche modo accompagnano la città che cambia. Di alcuni di essi è mia intenzione raccontare qui: Cuore di pietra, Container osservatorio/ laboratorio mobile di arte pubblica, Si-cura nel parco, l’ultimo in ordine temporale. Prima però di addentrarmi nel racconto di metodi e pratiche messe in atto nel corso di queste esperienze vorrei fare una premessa/divagazione. Nella relazione fra l’arte e la vita, nelle pagine della letteratura, da Il capolavoro sconosciuto di Balzac al romanzo L’opera di Zola, fino ad arrivare a Rilke o, ai nostri giorni, ai racconti e romanzi di Paul Auster, la vita sembra sfuggire sempre. Nonostante gli entusiasmi degli artisti - gli impressionisti ad esempio- tesi a cogliere e a rappresentare luci e vita febbrile dello spazio pubblico, la vita appariva come imprendibile e irrimediabilmente distante. Alla sua rappresentazione sembrava mancare sempre qualcosa. Senza sosta la donna mi guidava/ qua e là per la città, quando io dissi: /mi fa male vedere che costruiscono/ un nuovo ponte come quello in qualche mese, / io so che ho bisogno di più tempo/ per scrivere un libro. Loro hanno potere, /questo è tutto, ella mi rispose. E’ questo tutto/ quello che tu vuoi. Se non puoi fare altro/ almeno riconosci che è così./ A te non lo daranno, quel potere. Così William Carlos Williams di fronte a New York sventrata per la costruzione dell’highway che negli anni Cinquanta avrebbe trasformato il Bronx in un ghetto, separandolo con una scure di carne dal resto della città (6). Rispetto ai poeti e agli scrittori, gli artisti, almeno dall’impressionismo in poi, da quando l’obiettivo sembra non essere più il ritrarre la città come paesaggio bensì il corpo a corpo con la vita vera, avevano dalla loro una fiducia diversa rispetto a quell’accordata ai versi e alle parole: la fiducia nel colore e nella luce che davano vita a forme nello spazio, e quella, forse, di memoria Rinascimentale che nasceva dal poter vedere fusi in uno stesso artista il far insieme architettura, pittura, scultura, poesia, ingegneria. E’ con l’avanguardia futurista, la progettazione fantastica surrealista, e oltre, negli anni Cinquanta con l’attraversamento e la deriva metropolitana o lo sberleffo di un’architettura e di un funzionalismo fantasiosi da parte dei situazionisti, che si tenta di appropriarsi dello spazio urbano, mappandolo attraverso percorsi emozionali e sensoriali, stranianti e ironicamente tesi a rovesciare la percezione codificata. Dagli anni Sessanta, attraverso la Pop Art, la Land Art con il suo rifiuto di musei e gallerie, e l’inizio di una Public Art orientata verso gli aspetti relazionali e sociali, si dà avvio a quella riflessione e a quelle pratiche che costituiscono le basi, per quanto molto varie e senza regole, della situazione odierna. 2 Una cosa che mi piace ricordare quando sono invitata a parlare di metodo e a definire l’arte pubblica, soprattutto in Italia e allo stato attuale delle cose, è che, una parte fondamentale della mia formazione culturale, è stata dedicata allo studio delle città della letteratura e dell’arte moderna. Dall’immagine di Parigi nei Fiori del male di Baudelaire, la città che cambia più velocemente del cuore di un mortale, alla città dei centomila romanzi di Balzac, fino ai progetti di interazione fra le arti delle avanguardie futurista e surrealista, che si rimpossessano fisicamente e passionalmente della città, con la passeggiata di gruppo e il ludico e straniato stupore del meraviglioso quotidiano, e la ridisegnano in architetture fantastiche. La città miraggio e la città minaccia, dell’Ottocento, nell’altalenante sentimento di fascinazione e di paura spesso legata proprio alla presenza dell’altro nella sua implicazione culturale ed etnica: gli altri allora erano zingari, poeti squattrinati, mendicanti e manodopera che dalla provincia e dalla campagna si riversava in città, artisti e attori girovaghi, le classi lavoratrici, classi pericolose per citare il titolo di un vecchio classico della sociologia urbana francese (Chevalier) – riferimenti che riportano tristemente alle quotidiane cronache dell’oggi che disegnano le nostre città sotto assedio e in costante emergenza sicurezza. Nelle pagine dei racconti d'artista, quel genere letterario che dall’epoca romantica ai nostri giorni ha come protagonisti personaggi alle prese con il processo creativo, l’attenzione è sempre rivolta al dissidio tra arte e vita, idea e azione, progetto e realizzazione, ai relativi slanci fattivi e alle sensazioni e constatazioni brucianti della distanza e dell’impotenza davanti a un mondo (la città, appunto, nell’epoca moderna, preludio alla nostra problematica contemporaneità) che cambia. 21 hanno molto sofferto dell’orrore del vuoto. I loro abitanti, per vincere l’agorafobia, hanno elevato dappertutto monumenti e statue senza preoccuparsi minimamente di mescolarli alla vita reale, quotidiana dell’uomo. I monumenti sono o deserti, stupidi, inutili, o consacrati alle più infime superstizioni… Sinceri partigiani del meglio, noi abbiamo cercato di abbellire un po’ fisicamente e moralmente la fisionomia di Parigi sulla quale tanti cadaveri hanno lasciato la loro impronta>> (11). Nel 1955 Guy Debord e i Situazionisti, con la convinzione che l’architettura influenzi i comportamenti di chi l’abita, propongono una serie di Migliorie razionali della città di Parigi. Tra le proposte per una nuova funzionalità: aprire i tetti della città al passeggio, creando per questo delle passerelle; munire d’interruttore i lampioni stradali; abolire i musei e sistemare le opere d’arte nei bar; spostare le statue e giocare con i nomi dei monumenti. Ma alle migliorie razionali deve mescolarsi anche una dimensione emotiva: <<Lo sviluppo spaziale deve tener conto degli effetti emozionali… L’architettura libera, nuova… deve progredire prendendo come materiale di lavoro … situazioni emozionalmente toccanti>> (7). Se a queste ipotesi di ricerca/azione affianchiamo anche quella citazione dal Manhattan Transfer di Dos Passos, che tanto mi piace ricordare (1) nella quale un personaggio immagina i muri dei grattacieli di New York ricoperti di colori sgargianti così da rompere la vita <<rigida e sagomata>>, vediamo delinearsi le linee concettuali, di ricerca e di poetica, che appartengono a buona parte dell’Arte Pubblica attuale: -un’arte che possiede una dimensione ludica, di straniante sorpresa, capace d’attivare flussi L’arte pubblica è così, per me, un’occasione di riflessione e di pratica continue, per trovare la misura tra le molte teorie e i passaggi all’azione, fra le letterature sulla città e l’arte che ne può essere una pratica. Essa implica un passaggio dalla rappresentazione o evidenziazione di certe problematiche del sito, all’agire in esso, non più soltanto attraverso l’inconsueto gesto artistico che s’insinua, sorprendente e destabilizzante, fra le maglie della vita quotidiana, ma facendo sì, e non è facile, che questa tattica come la definiva De Certeau, si trasformi progressivamente in pratica quotidiana volta a dar voce, a coinvolgere, a rappresentare, ciò che sta oltre ciò che di incontrollato vi è quotidianamente nella città, i flussi affettivi, istintivi, i desideri, le paure, tutto ciò che da queste nuove relazioni e prossimità può scaturire. E’ su quell’oltre nel suo processo che bisognerebbe focalizzare l’attenzione; è quell’oltre che bisognerebbe accompagnare: ciò che sta prima e viene dopo e ciò che rimane nella città come risultato degli esaltanti tentativi di produrre nuovi modi d’appartenenza attraverso azioni performative, progetti e azioni artistiche, installazioni site-specific. Questo, credo, sia il problema fondamentale: non soltanto il fare e l’investire in arte, ma come fare perché installazioni nello spazio pubblico esterno (o interno), o percorsi museali a cielo aperto non rimangano rigorosamente separati in un dialogo muto con la città e con le discipline che della città si occupano. E attraverso l’arte, interrogarsi e agire nello spazio metropolitano, nello spazio pubblico esterno, oggi investito da uno dei grandi temi della contemporaneità, che è proprio quello della minaccia, della paura, del degrado e della violenza. Nella trasformazione inarrestabile dello spazio urbano e dello spazio pubblico si protegge l’interno dalla minaccia dell’esterno. E questo porta all’arroccamento difensivo, alla paura, all’arretrare spaesati. Nel 1933, nel numero sei de Le Surréalisme au service de la révolution è pubblicato un questionario sulle modifiche fantastiche da apportare ai monumenti di Parigi e alla città intera: ricerche sperimentali su certe possibilità di abbellimento irrazionale d’una città. Le proposte lasciavano andare a ruota libera provocazioni e giochi onirici e pulsionali, ma erano tutte accomunate dall’idea d’un monumento che abbandonasse il piedistallo. Nel testo introduttivo all’inchiesta Paul Eluard scriveva: <<Le città 22 relazionali, lasciando affiorare nella vita urbana ciò che il progetto urbanistico molto spesso ha escluso o non contemplato così che, come scrive De Certeau, le pratiche di chi vive la città acquistano sempre più forza, sviluppandosi e insinuandosi fra le pieghe della vita quotidiana e fra <<le maglie delle reti di sorveglianza>>, aprendo nuovi orizzonti di senso e nuovi modi dell’abitare gli spazi quotidiani; -un’arte con forte valenza etica, capace di sollecitare la qualità della comunicazione, aprendo a una dimensione emotiva; -un’arte che è di stimolo, per l’architettura e l’urbanistica, verso nuove funzionalità e soluzioni nella qualità dell’abitare, più consone ai bisogni e ai desideri degli abitanti e al bisogno di creare nello spazio pubblico nuove prossimità, oltre che capaci di attivarli ed esprimerli. strumento preziosissimo d’attivazione di relazioni durevoli e profonde con lo spazio esterno e con chi lo abita e lo usa, e stimolo per un cambiamento culturale e di qualità della vita nelle nostre città, in sintonia e in continua relazione con altre discipline e altri settori del mondo del lavoro e altre attività creative. Ma perché questo sia veramente così, necessitano risorse e fiducia vere, non demagogiche, fiducia e assunzione di responsabilità - altra parola che a più livelli sembra sparita dalla nostra dimensione etica. Responsabilità, risorse e tempo, fiducia e comprensione. Diciamo, dunque, che la Public Art dovrebbe essere un dispositivo di dialogo continuo, amplificazione e consolidamento dei vari progetti a spot. Il progetto da realizzare bisogna accompagnarlo nelle sue varie fasi, sempre pronti, se esso ha a che fare con una collettività, a mutare qualcosa, se necessario. Sempre pronti, dunque, a una cura e a un’attenzione, nella lunga durata, che normalmente nel lavorare in gallerie, musei o spazi più o meno protetti, non sono richieste. E che, purtroppo, spesso non sono contemplate neanche quando si tratta di manifestazione all’esterno. Siamo in un paese, e lo sappiamo bene, profondamente contraddittorio, che, da una parte, è molto focalizzato sulla conservazione del paesaggio mentre, dall’altro, permette l’orrendo espandersi d’edilizia di bassa qualità, la cementificazione selvaggia e il dilagare di deserti urbani, un paese che conserva i centri storici come cammei senza pensare che a volte anche Verso un nuovo comprendere Sempre più si parla, di questi tempi d’investire sull’immateriale e l’intangibile per una nuova economia della cultura, difficilissima da radicarsi nel nostro paese in cui persiste l’enfasi del Museo e del monumento e la retorica/ossimoro del cambiamento che preservi la memoria. Perché sia produttiva, l’arte dovrebbe veramente produrre valore, e nel nostro caso il valore sarà produttivo soltanto se porterà rinnovamento culturale e solo allora sarà duraturo e penetrato nella pratica e nell’approccio delle amministrazioni. Anche qui si tratta di metodo. L’arte non va intesa solo come intrattenimento, nè come fumo negli occhi, specchietto per le allodole, ma come strumento di sollecitazione, ampliamento e diversificazione degli spazi del mercato culturale. Soltanto così essa, e soprattutto quella Pubblica, così come faticosamente - attraverso aperture e negazioni, costruzione e distruzione che tutto cancella, leggi che sovvenzionano e stimolano e postille alle stesse leggi che rimettono i paletti - si sta configurando negli ultimi anni in alcune città e regioni italiane - senza che naturalmente vi sia in proposito un orientamento nazionale comune e stabile- può essere oltre che strumento di riqualificazione estetica e di coinvolgimento di un pubblico normalmente lontano da musei e gallerie, un metodo per rivitalizzare aree verdi e abitate, centri e periferie, quartieri di grandi metropoli e piccoli paesi. E può affermarsi, quando ben coltivata, come uno un piccolo segno della contemporaneità, non necessariamente dell’architetto o dell’artista star del momento, se fatto con coerenza, se mai da 23 architetti e artisti giovani, può essere un elemento dinamico, di rivitalizzazione e riqualificazione. posta proprio sull’evanescenza della soggettività morale e sull’individuo senza legami. <<La ri-personalizzazione dell’etica – sottolinea Carmen Leccardi nell’introduzione al volume- che passa attraverso la responsabilità ha un nemico dichiarato nella velocità, nell’accelerazione dei ritmi della vita sociale, nella contrazione degli orizzonti temporali, l’egemonia del principio della deadline, il lavoro a scadenza, la tendenza a pensare le relazioni come forme di coinvolgimento sempre revocabili>>. La perdita della durata mette in gioco l’assunzione di responsabilità verso l’altro concreto con cui s’interagisce. Impedisce anche d’assumere concreta responsabilità verso le conseguenze che le nostre azioni producono nel tempo. La corsa all’individualismo e la conseguente tendenza a tutto strumentalizzare e usare in modo personalistico, è in diretta congiunzione con la ridefinizione delle coordinate temporali e con lo svuotamento dell’idea di responsabilità morale. L’enfasi sull’individualità impedisce di guardare ai legami sociali e ai rapporti intersoggettivi della vita pubblica come a una risorsa. La metropoli contemporanea, suggerisce Bauman, spazio d’affettività negate è <<lo spazio tempo in cui sembra venir meno il progetto di vita concepito come cuore della biografia>>. Sul tempo della cura Il sistema dell’arte (ma non soltanto quello) sembra esigere sempre tempi sincopati, frettolosi, che corrispondono a un’organizzazione frettolosa, a una scrittura frettolosa, a un rapporto con gli artisti, fra gli artisti e fra gli artisti e le istituzioni, frettolosissimo. Questo, quando si ha a che fare con lo spazio pubblico esterno, è ancora più negativamente evidente. La fretta per mancanza di fondi con i quali ripagare il tempo impiegato, la frenesia del consumo che fa entrare nel trip del già fatto, già visto, già mostrato una volta, fa sì che i cambiamenti anche là dove s’intravedono non si trasformino mai in qualcosa che si definisce culturalmente, non si sedimentano. L’Italia è il paese dove nessun cambiamento può essere considerato acquisito stabilmente. Nulla, seppur considerato importante, propositivo, vitale, resiste a questa triste consuetudine. Lo spazio pubblico si apre e poi si richiude e tutto è inghiottito e cancellato da un oblio passivo; ogni valore d’affettività, fondamentale per dare un nuovo senso alla geografia alla città e allo spazio perché si trasformi in luogo, è cancellato attraverso l’arte della dimenticanza, quasi si trattasse di una memoria su videotape sempre pronta a essere cancellata per registrarvi nuove immagini. <<Chiudere ogni partita velocemente significa evitare impegni a lungo termine. Rifiutare di sistemarsi in un modo o nell’altro. Non legarsi ad un posto. Non impegnare la propria vita per seguire un’unica vocazione. Non giurare perseveranza e fedeltà a niente e a nessuno. Non controllare il futuro, ma rifiutarsi di ipotecarlo: fare in modo che le conseguenze del gioco non si trascinino oltre il gioco stesso, e rinunciare alla responsabilità per quelle che si trascinano. Impedire al passato di influenzare il presente. In breve, isolare il presente da entrambi i lati, separandolo dalla storia>>. Così scrive Zygmunt Bauman in La società dell’incertezza. Nella riflessione che parte dalla constatazione di quanto poco propensi si sia ad assumersi responsabilità, e di fronte alla pratica costante dello scaricabarile trovo sostegno e conforto anche nelle più recenti analisi di Bauman in Individualmente insieme (5) dove l’attenzione è Su alcuni progetti da me curati, brevemente Cuore di Pietra, a Pianoro, paese dell’area metropolitana bolognese, è un progetto molto articolato nella lunga durata (è iniziato nel 2005 e continuerà presumibilmente fino al 2011) e nei metodi d’approccio e di progettazione e azione, e vede gli artisti lavorare in stretta relazione con gli abitanti del paese. La prima idea è nata in me assistendo alla demolizione di una delle palazzine dell’ex- IACP che sono state, dopo la seconda guerra mondiale, fra i primi edifici del centro del paese: con quella demolizione aveva inizio il PRU, un vasto progetto di ristrutturazione e riqualificazione urbana, destinato a trasformare profondamente la forma e la vita di Pianoro. L’esigenza di documentare, allora, le mutazioni delle città e ciò che si cancella e che scompare nella struttura urbanistica e di conseguenza anche nelle abitudini e nei comportamenti della vita quotidiana, mi ha portato all’elaborazione ironicopoetica in forma fotografica di un manifesto che rappresentasse una sorta di resistenza del cuore di pietra degli edifici, fatto dell’avvicendarsi delle 24 Veniamo adesso al Container. Osservatorio/laboratorio mobile di arte pubblica, progetto sperimentale di ricerca e azione dinamica sul territorio del quartiere San Donato a Bologna attraverso azioni e installazioni artistiche nate per la maggior parte dall’osservazione del contesto urbano e dalle relazioni con gli abitanti. Esso è stato attivo a Bologna dal novembre 2007 e si è concluso alla fine di giugno 2008, con la cura mia e di Gino Gianuizzi della Galleria e associazione culturale Neoncampobase, come uno dei laboratori del progetto più generale : Sposta il tuo centro. San Donato. Città di città, a cura del Quartiere San Donato, e come prima sperimentale tappa all’esterno del laboratorio Mappe urbane a cura di Matilde Callari Galli. Gli artisti in azione, MP5, Cuoghi Corsello, Cinzia Delnevo, Anna Ferraro, Emilio Fantin, Sabrina Muzi, Monika Stemmer, ZimmerFrei e me stessa, con progetti tutti contestuali alle memorie e ai tratti peculiari urbanistico-antropologicosociali, multiculturali e multietnici del quartiere San Donato cercando di coinvolgere le varie comunità e le diverse fasce generazionali, anche attraverso la collaborazione con alcune scuole, centri diurni per anziani, centri culturali, gruppi di aggregazione e associazioni multiculturali. Dispositivo dinamico di comunicazione con la strada e sorta di micropiazza in movimento, il Container, a fronte del fenomeno sempre più evidente di erosione dei tradizionali luoghi di incontro e di socializzazione nella città, di un cambiamento radicale delle relazioni, della diffusione di sempre nuovi contenitori, superluoghi di consumo di massa e d’intrattenimento per l’individuo consumatore sempre più isolato ed egoista, è stato uno spazio di stimolo a una riflessione critica e alle relazioni. Mobile non soltanto perché nel corso dell’anno si è spostato quattro volte, cambiando continuamente il punto d’osservazione sulla città e sulle differenti aree del quartiere, ma anche perché con quella mobilità meglio era predisposto a cogliere i continui ridisegni degli spazi, i rapidi e bruschi mutamenti, le trasformazioni strutturali urbanisticoarchitettoniche, che fanno della città un cantiere in corso, sollecitando l’osserv-azione d’una fluidità e mobilità metropolitane, che continuamente ridefiniscono i confini, spaziali, antropologici e identitari . Molti dei progetti si sono posti qui l’obiettivo etico ed educativo d’una relazione creativa e diffusa con la città e i suoi abitanti, cercando di attivare dei percorsi affettivi, flussi di reciproca generazioni e delle tante storie di umano abitare che le loro pareti ci tramandano, e ai primi contatti con gli abitanti, per lo più anziani, e per molta parte donne, di quelle case, che vivevano con angoscia l’irrompere di quel cambiamento traumatico nelle loro esistenze. Ma, stravolgendo la memoria nostalgica del luogo che inevitabilmente ogni demolizione porta con sé, ho pensato di far sì che quell’immagine circolasse fra la gente, cercando di trasformarla in una sorta di catalizzatore di storie e narrazioni che dal passato giungessero al presente, in memoria proiettata verso il futuro, portatrice d’identità. L’intervento artistico è diventato una sollecitazione e quasi una miccia verso, da una parte, un’indagine antropologico-sociale per una conoscenza più profonda del territorio e dei suoi problemi, ma dall’altra parte, pratica quasi quotidiana, direi condivisa, passo verso una possibile ridefinizione dell’identità del luogo e del rafforzamento del senso d’appartenenza attraverso progetti artistici riconosciuti e frutto della partecipazione collettiva. Il progetto è in fieri, e ogni anno, fino al 2011, quando i lavori di riqualificazione e ricostruzione dovrebbero essere completati, si prevedono strategie d’interventi artistici (temporanei e permanenti) diversi. Fra gli artisti che sono intervenuti finora: Cuoghi Corsello, MP5, Sandrine Nicoletta, Sabrina Torelli, Annalisa Cattani, Paola Binante, ZimmerFrei. La documentazione dei primi due anni di attività si può trovare nel primo “Quaderno” : Cuore di pietra. Un progetto di public art a Pianoro con allegato DVD (12). E’ in corso di pubblicazione il “Quaderno numero due”, sempre con allegato DVD (Editrice Pendragon) che testimonia sinteticamente gli interventi realizzati nel corso degli ultimi due anni e un aggiornamento pressoché in tempo reale sul progetto può trovarsi nel sito www.cuoredipietra.it. Per Cuore di pietra la cura attenta nel tempo e la pressoché quotidiana relazione con gli abitanti sono state fondamentali, non solo per la realizzazione in sé del progetto, ma per sviluppare dinamiche collaborative e partecipative, nell'interazione con gli artisti, con la città, col contesto sociale, ed ha trasformato il pubblico da spettatore passivo a soggetto attivo di creazione. Il lavoro sta proseguendo con un progressivo passaggio dal temporaneo al permanente, con l’obiettivo di lasciare, alla fine, nel nuovo centro, un percorso di arte contemporanea alla cui realizzazione corale avrà partecipato buona parte del paese. 25 comunicazione e di creazione riconosciuta che si adeguassero al contesto, assecondandone le diversità culturali ed etniche e cercando di trasformarsi in uno strumento maieutico per un più forte radicamento identitario capace, secondo noi, di contrastare l’estendersi a macchia d’olio della paura di criminalità e del degrado. Il Container è stato uno spazio di non controllo, ma di forte rispetto reciproco, un no man’s land per sua natura intrinseca interculturale e pacifico, perché crocevia di gesti e di parole in libertà, e di minimi riti quotidiani disegnati da coloro che avevano preso l’abitudine di fermarvisi e di partecipare alle sue quotidiane attività. Il fatto stesso che in aree dove nessun muro esterno sembra resistere alle incursioni di tags e graffiti, quell’ufo di tre metri per sei in tanti mesi non sia mai stato oggetto di vandalismo, dovrebbe già di per sé farci riflettere se sia proprio la linea dura, repressiva e rondista a sortire gli effetti migliori. Fra i progetti più efficaci partiti dal Container che ancora è possibile incontrare fra le strade di San Donato, le sagome-ritratto a grandezza naturale delle vecchie signore abituali frequentatrici di negozi e bar di San Donato, con cui Monika Stemmer ha segnato alcune palazzine d’edilizia popolare o le palizzate dei cantieri; la serie di men at work, omini di carta che si arrampicano dappertutto che Maria Pia Cinque e il gruppo Tolet hanno disseminato un po’ ovunque, nel periodo in cui MP5 ha realizzato, attraverso Polaroid a fumetti la sua mappatura dei commercianti e degli artigiani del quartiere. Riflettendo sui progetti che più di altri, forse, hanno costituito, nel corso dei vari spostamenti, una sorta di rituale aggregante con forza coesiva stimolatrice di narrazioni, partecipazione e maggiore coesione identitaria, vorrei soffermarmi su quelli di Anna Ferraro, Things for Thoughts e Segnali di vita. Things for thoughts è stato un mercatino che ha scambiato cose con pensieri sul quartiere e, totalmente estraneo alla logica monetaria, si è proposto di mettere in crisi uno dei cardini dell’economia di mercato e del consumismo compulsivo, spingendo a riflettere sul valore che si attribuisce agli oggetti. Dopo lo spiazzamento iniziale, soprattutto degli adulti di fronte all’artista che regala oggetti d’affezione in cambio di pensieri, il progetto lasciava delicatamente insinuarsi un’idea che dovrebbe essere sottesa in molti degli interventi di arte pubblica nella città, quella del dono e della reciprocità, rovesciando quell’assunto dilagante che tende sempre più a esaltare, delle persone, il ruolo di consumatori. Il progetto Segnali di vita invece ha visto gruppi d’abitanti e soprattutto gli adolescenti di un gruppo d’aggregazione e i loro educatori progettare insieme una segnaletica stradale improntata ai desideri e che richiama quei piccoli gesti di appaesamento contro lo spaesamento che spesso contraddistingue il rapporto degli abitanti con la città, e che vogliono segnare identitariamente gli spazi delle abitudini quotidiane. La nuova segnaletica, doppio speculare di quella normalmente in uso, ha segnato nelle aree verdi e in alcune aree condominiali un percorso sorprendente e ironico d’affermazione d’identità e riconoscimento. Utilizzando la videocamera come pungolo relazionale, non documentaristico, ho realizzato il video Per San Donato. Appunti visivi, sorta di fil rouge che ha cucito i vari episodi del progetto Container. La videocamera in questo caso è diventata, nel corso dei ripetuti contatti, uno strumento morbido, un elemento familiare per memorie e racconti nei tempi quotidiani che, nei percorsi nella città, lontano dal suscitare un eccitato protagonismo di tipo televisivo, è sembrato addirittura svanire . Concludo, accennando all’ultimo progetto, ancora in corso, che mi vede impegnata, da curatrice e da artista, insieme ad Anna Ferraro (che ha realizzato una segnaletica di genere e Gender gym, un Percorso Cultura che, ironicamente e con levità rovescia, come doppio speculare tagliente e sarcastico, quel Percorso vita presente spesso nei parchi pubblici e sempre indirizzato al potenziamento dei muscoli e della sola fisicità maschile) e Sabrina Torelli, in un percorso d’arte nelle aree verdi d’un altro quartiere di Bologna, il quartiere Savena. La manifestazione Si-cura nel parco in collaborazione con l’associazione di donne Armonie, si propone di contrastare la violenza contro le donne e la paura che porta tutti a vivere gli spazi esterni delle nostre città come fonte di continua minaccia. Questi progetti lunghi e faticosissimi da seguire e accompagnare perché presuppongono una presenza costante e un ruolo da curatore che sia mediatore a tempo pieno, m’impongono di dover fare continuamente i conti con una sorta di balbuzie da fatica, fra entusiasmi e dubbi, esaltazioni e delusioni. 26 Molti i temi di riflessione che in me si agitano e che cercano una soluzione. Una certezza però è l’efficacia, la ricchezza e la profondità d’azione dei vari metodi, che hanno dimostrato, come, ad esempio, nel caso del Container, quanto essi, metodi-pratiche in progress dell’Arte Pubblica contemporanea, senza ricette predefinite, potrebbero divenire pratica fenomenologica di azione sulla città che cambia. Temiamo però che l’interesse per questi interventi nelle strade delle nostre città e nello spazio pubblico continui a essere intermittente, visto l’interesse altalenante delle amministrazioni pubbliche che procedono per episodi più che per progetti e scelte coraggiose e coerenti, così che dopo quei piccoli passi in avanti se ne debbono fare poi il doppio arretrando, a confermare, con il principe di Salina che:<<Tutto cambia perché niente cambi>> (14). Siti di riferimento www.accademiainstazione.com www.cuoredipietra.it www.artepubblica.com Riferimenti bibliografici 1. AA.VV. La città storica contemporanea, a cura di F. Evangelisti, P. Orlandi, M. Piccinini, Urban Center Bologna 2008. 2. AA.VV. Legge Sedici. Note a margine . Bologna, Compositori 2005. 3. G. Bassanini, Per amore della città. Donne, partecipazione e progetto, Milano, Franco Angeli 2008. 4. Z. Bauman, La società dell’incertezza, Bologna, il Mulino 2006. 5. Z. Bauman, Individualmente insieme, Reggio Emilia, Diabasis 2008. 6. M. Berman, L’esperienza della modernità, Bologna, il Mulino 1985. 7. G. Bruno, Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema, Milano, Bruno Mondadori 2006. 8. M. De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Roma, Edizioni del Lavoro 2001. 9. G. Paba, Luoghi comuni. La città come laboratorio di progetti collettivi, Milano, Franco Angeli, 1998. 10. M. Romano, Città della letteratura. Immagini e percorsi, Bologna, Clueb 1996. 11. M. Romano, aRITMIe. Ultime visioni metropolitane, Bologna, Clueb, 2003. 12. M. Romano, Cuore di pietra, quaderno numero uno, Bologna, Clueb 2007. 13. N. Thrift – A. Amin, Città. Ripensare la dimensione urbana. Bologna, il Mulino 2005. 14. G.Tomasi Di Lampedusa, Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli 1958 27 anni Ottanta, siti in corso d’esplorazione nel 2 distretto di Jiroft, nel sud-est dell’Iran . La foto scattata da Dio è solo l’ultima delle reductio ad unum cui il nostro pianeta è periodicamente sottoposto. Alla fine del XIX secolo, quando da un pezzo 3 <<l’uomo incontrava solo se stesso>> ed era 4 entrato nell’epoca della riproducibilità tecnica , l’ossessione classificatoria nutrita da ideali pacifisti e universalistici spinge Albert Kahn, un Planetopolis. Dagli Archives du planet a Google Earth di Giovanna Gliozzi Sfogliare e riporre il pianeta come un album stinto. Svolgerlo e riavvolgerlo, rewind-forward. Cavalcarlo, infine, come un cosmico tappeto volante: le fauci dello spazio e del tempo terrestri si sono da poco docilmente serrate nella prima notte planetaria, quattrocento scatti satellitari montati dalla NASA come in una foto scattata da 1 Dio . La Terra, distesa in una pratica bidimensione e avvolta da una placida quanto impossibile notte sincrona, appare come un immenso giardino misterioso punteggiato di luci, ora fitte come manciate di diamanti, ora rade e sperdute come i sassolini di Pollicino. Un racconto pieno di suggestione; e falso, come tutti i racconti. Ma non privo di verità, come tutti i racconti. L’impossibile foto scattata da Dio racconta, intanto, la storia vera di un pianeta abitato e trasformato da una specie che ha sconfitto il buio della notte in cui individui, aggregati in polis da millenni, proprio dal 2007, per la prima volta nel corso della loro evoluzione, vivono in maggioranza assoluta proprio nelle polis; ed esse oggi, soprattutto a nord dell’equatore, sono così innervate, con-urbate le une alle altre da apparire, nella notte virtuale, quasi una sola, immensa, sterminata planetopolis. La planetopolis brulica come un formicaio fosforescente perché succhia risorse dai semipopolati, tenebrosi deserti dello stesso pianeta. La foto impossibile racconta anche questa verità. E chiarisce, inoltre, come si è evoluta la capacità della specie di costruire informazioni e, ancor più, la capacità di costruire informazioni e di documentarne l’origine concettuale, il processo, gli effetti, le prospettive. filantropo utopista, a un’impresa senza precedenti: l’Archivio del Pianeta. Albert Kahn (1860-1940) è un banchiere d’origine alsaziana, nato nella piccola comunità ebraica di Maoutier nel Basso Reno. A Parigi, dove appena ventenne s’impiega nella banca di cui in un breve arco di tempo diverrà proprietario, compie gli studi e consegue il bac és lettres e poi il bac és sciences sotto la guida di Henri Bergson, poi suo fraterno amico e autorevolissimo consulente del grandioso progetto cominciato a Boulogne-Billancourt nel 1894. Kahn è convinto che la pace universale sarà possibile grazie alla conoscenza di tutti i luoghi e di tutti i popoli della terra e, pertanto, decise di mettere il proprio patrimonio e la propria casagiardino a disposizione di un’opera demiurgica: visitarli, documentarli, classificarli, conservarne memoria. <<Può sembrare strano usare il termine opera per un uomo che ha lasciato così poche testimonianze scritte. Tuttavia, visitando L’Espace Albert Kahn alla periferia di Parigi, si ha Le potenzialità euristiche Per la specie umana discorso e funzione-formatecnica del discorso sono tra loro inestricabili al punto che, secondo recentissimi studi archeologici, la scrittura sarebbe stata inventata per creare scambi tra Uruk e Aratta, il mitico regno delle leggende sumere, scoperto forse negli 1 2 “Archeologia viva”, n. 122, marzo-aprile 2007. W. Heisemberg, natura e fisica moderna, Garzanti, 1960. 4 W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, 2000. 3 La fotografia è stata pubblicata in Italia il 23 aprile 2009 28 l’impressione di trovarsi di fronte a un’opera, 5 l’opera di un’intera vita>. L’Espace Albert Kahn, oggi museo, è un giardino repertorio a scene multiple e un archivio audiovisivo costituito da settanduemila lastre fotografiche e centosettanduemila metri di pellicola – a disposizione sia degli studiosi sia dei visitatori -, ovvero dai prodotti dei due dispositivi, il cinema e gli autochromes, che i fratelli Lumière avevano messo al centro dell’Esposizione Universale del 1900. 3. geografica economica e sociale (modificazioni legate alla società, alla legislazione, ecc.): 4. geografia politica e geografia della storia – è alla base dei due tipi di documentazione degli Archives: documentazione dell’ambiente e dell’habitat; documentazione economico-sociale, da un lato, e politico-storica, dall’altro. Il rigore scientifico, la prospettiva euristica e la finalità politico-filosofica degli Archives marcano la distanza tra i materiali foto-cinematografici intesi come rappresentazione-attrazione, tipica delle vues pittoresche e aneddotiche che i Lumière realizzano fino al 1905, e la documentazione intesa come produzione << sia in relazione al referente (il paesaggio come risultato dell’interazione tra natura e cultura che caratterizza differenti società), sia in relazione alla tecnica di documentazione (la natura meccanica della riproduzione fotografica e cinematografica da pure attrazione meccanica è diventata il presupposto di una vera e propria produzione 7 discorsiva)>> . Conoscere per cooperare, cooperare per conoscere: l’utopia di Albert Kahn è travolta dalla Storia e muore con lui, ormai poverissimo, in un anno fatidico di un secolo 8 breve che si conclude con la caduta di un Muro. Dèmolition d’un mur s’intitola, bizzarrie della sorte, uno dei primi film dei fratelli Lumière, registi in nuce: alcuni operai con dei picconi e un martinetto fanno crollare un muro. <<Niente di straordinario, ma quel minimo evento, una volta catturato dal cinema, resta fissato per sempre, può essere mostrato di nuovo a ogni proiezione. E se invertiamo la direzione del movimento della pellicola, il muro ritorna in piedi. Prima del cinema, 9 i muri cadevano una sola volta>> .E anche le Torri. Ma non è ancora tutto. Perché l’occhio dei satelliti, più potente, invadente e pervasivo di quello dell’obiettivo foto-cinetico, irretito nella Grande Rete ha trasformato l’Archivio del Pianeta nella mappa di Planetopolis, un gigantesco insediamento di tribù agglomerate in megalopoli (reali e virtuali). Oltre la riproducibilità tecnica e in una dimensione in cui ogni evento è preceduto dalla notizia dell’evento – cioè dal suo racconto, cioè dalla sua manipolazione-, Francesco Conversano e Nene Grignaffini hanno documentato da Occidente a >Oriente le sei maggiori tribù reali: Los Angeles, San Paolo, Il Dall’Esposizione Universale agli Archives du Planete Ma una differenza sostanziale corre tra gli Archives du Planete d’Albert Kahn e le Esposizioni Universali. L’ideologia colonialista scompare e lascia il posto a un ideale internazionalista, che trova la sua rappresentazione in una sintesi originalissima tra le tendenze figurative del XIX secolo e le potenzialità riproduttive del XX. Instancabile 6 viaggiatore e promotore degli Author du Monde , tra il 1908 e il 1909 Albert Kahn mette a punto l’idea di documentare egli stesso un viaggio a percorso circolare, dopo aver sottoposto il suo autista Albert Dutertre a un apprendistato sulle più recenti innovazioni foto-cinematografiche e sonore (i Lumière mettono in commercio gli autochromes nel 1907). Il vero e proprio progetto degli Archives prende tuttavia corpo nel 1912 e Kahn su consiglio di Bergson e del geologo Emmanuel de Mangerie, chiama a dirigerlo Jean Bruhnes iniziatore della geografia umana (la cui cattedra al Collège de France è istituita e finanziata dallo stesso Kahn), il quale fornisce agli oltre trenta operatori inviati in giro per il mondo direttive molto precise circa i fenomeni da documentare e regole altrettanto precise per la classificazione delle foto e delle riprese (data, luogo, soggetto, ecc.). La concezione scientifica di Bruhnes, che articola la geografia umana in: 1. geografia delle necessità vitali (alimentazione, abitazione); 2. geografia dello sfruttamento della terra (dallo sfruttamento delle risorse alla produzione delle risorse); 5 A. Costa, Cinema, architettura e paesaggio, seminario del Dottorato in eccellenza in Storia dell’architettura e della Città, Milano, 2006. 6 E. Hobsbawn, Il secolo breve, BUR, 1997. 7 A. Costa, ibidem. E. Hobsbawn, Il secolo breve, BUR, 1997. 9 B. Fornara, Geografia del cinema. Viaggi nella messinscena, BUR, 2001. 8 29 Cairo, Shenzhen, Karachi, Tokyo. <<Per come Clarke, Asimov, Dick o le città non-luogo 10 come quelle descritte da Marc Augé>> . Riprese in digitale, voce off, forma del discorso, esplicitamente ispirata al paradigma lynchiano di 11 Mulholland Drive. In mezzo, tra lo scientismo utopista di Kahn e l’antropologia visionaria di Conversano e Griffagnini, c’è La Ragion centrale, un film sperimentale che Michael Snow – fotografo, regista, pittore e musicista canadesegira nel 1970 con una macchina da presa montata su un aggeggio speciale che la mette in grado di riprendere immagini in tutte le direzioni e senza interruzioni per l’intera durata della pellicola. Snow colloca la macchina da presa in una zona montagnosa e disabitata del Canada e l’abbandona. Le tre ore di riprese cominciano con una sorta di piano circolare di ambientazione e proseguono con <<una serie di lunghi sguardi della cinepresa senza nessuna determinazione gerarchica di importanza, ora calmi, ora vorticosi, orizzontali o verticali […] la ragione centrale è là. La macchina da presa è qui che guarda, si muove 12 e registra […]un film è una faccenda fisica>>. Dice Godard che << il cinema è in un certo senso 13 la resurrezione del reale>>. E l’occhio di Google Earth che cos’è? rappresentare queste megalopoli del XXI secolo, la loro crescita, le conseguenze concrete che provocano e che cambiano la geografia del mondo e le condizioni di vita di più della metà della popolazione globale, i sei documentari attingono anche alla science fiction, la letteratura della fantascienza che in anticipo sui tempi aveva già prefigurato le città come luogo dello scontro e delle tensioni sociali, le città di paura che avevano alimentato le pagine di scrittori del secolo scorso 10 F. Conversano e N. Grignaffini, Megalopolis, Movie Movie-Rai Tre, 2008. 11 D. Lynch, Mulholland Drive, USA, 2001. 12 B. Fornara, ibidem. 13 B. Fornara, ibidem 30 Il cinema e la città che cambia di Giacomo Martini L’ultimo film di Pupi Avati, dal titolo Gli amici del bar Margherita, voleva essere un’opera dedicata alla memoria e alla cronaca di un gruppo di amici, che erano soliti ritrovarsi in un bar di Bologna, uno dei più noti negli anni Cinquanta e Sessanta; un film che voleva ricostruire, come ha fatto altre volte il regista, il clima, l’atmosfera, il costume, le abitudini, il modo di parlare, attraverso le piccole storie quotidiane di un gruppo di persone, di quegli anni. Per girare le scene, però, Pupi Avati ha scelto la città di Cuneo, in Piemonte, perché- come ha dichiarato lo stesso regista- non ha ritrovato a Bologna quelle condizioni ambientali ed esistenziali del tempo in cui s’intrecciano le storie degli amici del bar. Questa scelta inaspettate e dolorosa impone alcuni elementi di riflessione. Essi vanno al di là del fatto specifico e ne sottolineano gli elementi personali (anche se discutibili) del regista, che nel passato, invece, aveva spesso usato Bologna, la sua città, come set per raccontare le proprie storie. E’ lungo, infatti, l’elenco dei film (e sceneggiati girati a Bologna). Questa fuga dalla sua Bologna vuole essere, soprattutto, un implicito atto d’accusa verso le trasformazioni che, nel frattempo, ha subito la città, in particolare negli ultimi anni. Trasformazioni, ovviamente giudicate da Pupi Avati in negativo. E si tratta di trasformazioni di carattere architettonico, ambientale, di costume ed esistenziale. Per intenderci, con la mancata location nella propria città, il regista ci dice che è cambiato irrimediabilmente il genius locis, la riconoscibilità distintiva, lo spirito singolo e collettivo della città e dei suoi abitanti. A questo punto la riflessione c’impone subito una domanda: quale ruolo svolge il cinema quando racconta (e si svolge in) una città ? E come la macchina da presa ha raccontato Bologna ? E come nel tempo il cinema ha raccontato la città, i suoi abitanti, le sue contraddizioni e aspirazioni, la sua identità, ma anche la sua diversità, la sua tipicità non omologata ? Come tutte le città (poche) con un centro storico conservato, molto bello e curato e con una tradizione storica e artistica importante, Bologna è stata il set per molti film, sceneggiati, fiction, spot pubblicitari, video clip….. e oggi, addirittura, ospita un consorzio di produttori multimediali (Digicittà), che ha voluto con questa scelta valorizzare e sviluppare le potenzialità immaginarie della città. In qualche modo, la città ha testimoniato e continua a testimoniare la sua vocazione cinematografica e audiovisiva che oggi vive, è conservata, studiata e promossa attraverso la Cineteca del Comune di Bologna, una delle più importanti nel mondo. Ma, al contrario, stando alla scelta compiuta da Pupi Avati, oggi si sarebbe come divaricata e definitivamente disgiunta la storia dell’ininterrotta accoglienza che a Bologna ha trovato la cultura cinematografica e dell’immagine, con il seguito di importanti infrastrutture culturali realizzate nel tempo per consolidarla e diffonderla, con quella riguardante il suo assetto, per così dire, più intimo, più tipico, identitario si dovrebbe forse dire, che ne ha fatto per decenni la location più adatta 31 per raccontare, colle immagini, storie e caratteri, con incredibile continuità, quasi che il tempo storico li avesse fissati nei decenni agli ambienti le strade, i portici, i palazzi, gli angoli- della città. E, quindi, sia pure per finzione – come sostiene Pupi Avati – la città così com’è diventata non può più sostenere l’artificio per immagini di una presentificazione, di una storia per immagini di un passato appena remoto. mura di vecchi palazzi, che più si addicevano alla sua storia, un racconto di crisi e depressione. La città come storia, cronaca, cultura ..ma anche mistero e crimine. Raccontata in modo splendido dai libri di Loriano Macchiavelli e passata sul piccolo schermo attraverso le imprese dell’ispettore Sarti, interpretato efficacemente dal bolognese Gianni Cavina. Crimine e delitti tra l’alta borghesia in Fatti di gente per bene di Mauro Bolognini, dedicato al caso Murri; tra il silenzio dei portici, le nebbie delle piazze, le piccole strade, i vicoli e i colori cadenti del tramonto la macchina da presa trova e scopre immagini, suoni ed emozioni che hanno costruito la fama di Bologna come città del cinema e non solo. Ma, credo che pochi come Pupi Avati hanno saputo cogliere le potenzialità narrative, visionarie e cromatiche della città e della sua gente; non potremo mai dimenticare le quattro puntate televisive di Cinema, cinema (1974). Un grande atto d’amore verso il cinema, dove il regista ci fa rivivere, con sensibilità e passione, la sua storia come storia collettiva di una generazione di giovani, che cerca nel cinema il proprio riscatto, una testimonianza inequivocabile della profonda identità tra la città, il cinema e la sua letteratura che si ritrova dentro i sassi, i palazzi, i giardini, le strade, le osterie, le piazze di una città, che ha affidato la sua memoria, la sua storia, la sua architettura, la sua arte agli occhi sapienti di tanti registi per essere raccontata al mondo. Ogni strada ogni sasso sono una storia che cattura anche i giovani registi, come la mitica Via del Pratello, narrata nei suoi momenti di maggiore provocazione in Paris dabar di Piero Angelini; una strada che è ed è stata un mondo, una realtà sempre vissuta nella sua diversità e nella sua ambizione a mantenersi tale, dal fascismo a Cofferati; la strada- un tempo?- degli artisti, dei ladri, delle prostitute, dei piccoli artigiani, delle osterie, del Circolo Pavese, del cineclub Angelo Azzurro…. una strada popolaresca come quelle di San Frediano, a Firenze, raccontate magistralmente da Vasco Pratolini e da Valerio Zurlini, emiliano di Parma, innamorato dell’arte di Morandi; ma anche la strada della rivolta e di radio Alice, che nel 1977 divenne un simbolo della lotta antiautoritaria e rivoluzionaria di un movimento giunto ormai al suo inesorabile declino. 2 L’elenco dei film girati a Bologna è lunghissimo da: Il cardinale Lambertini, di G. Pastina del 1954, alla fiction dell’Ispettore Coliandro del 2008, passando attraverso film come Hanno rubato un tram di Aldo Fabrizi (1954), L’estate violenta di Valerio Zurlini (1959), La banda Casaroli di Florestano Vancini (1962), Una bella grinta di Giuliano Montaldo (1964), Edipo re di Pier Paolo Pasolini (1967), Fatti di gente perbene di Mauro Bolognini (1974) fino a Jazz band di Pupi Avati (1978), Chiedo asilo di Marco Ferreri (1979), Gli occhi la bocca di Marco Bellocchio (1982), Regalo di natale di Pupi Avati (1986), Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enza Negroni (1996), Paris dabar di Piero Angelini (2000), Il cuore altrove di Pupi Avati (2002), Lavorare con lentezza di Guido Chiesa (2003), Il vento di sera di Andrea Adriatico (2004), Il papa’ di Giovanna di Pupi Avati (2007)…solo per citarne alcuni. Un lungo viaggio attraverso la città per raccontarne i fatti di cronaca più allettanti e famosi, la storia, la cultura, il modo di vivere, le abitudini e le tradizioni della sua gente o semplicemente per mere ragioni tecniche, di luce, di colore dei palazzi, d’una architettura per alcuni versi unica (i portici, le piazze, le osterie, i bar…) per i suoni che provengono dalle strade. Pasolini amava il colore che prendevano i mattoni e le pietre dei palazzi al tramonto. Florestano Vancini con La banda Casaroli non solo volle raccontare un episodio che in quegli anni suscitò molto clamore (la rapina della banda con delitto) e che lo aveva molto colpito, ma, anche e soprattutto, le condizioni morali e sociali dei protagonisti in una città, che stava ricostruendo la propria immagine, dopo i disastri e le ferite della guerra. Quell’episodio di cronaca e di sangue era, in qualche modo, un sintomo di una situazione che si stava evolvendo, moralmente ed economicamente… Bellocchio negli Occhi e la bocca aveva trovato a Bologna il clima esistenziale e psicologico tra le 2 32 adottando lo sguardo della microcriminalità e del degrado esistenziale e ambientale. I vari ispettori, Sarti, De Luca, Coliandro indagano e mettono a nudo mondi che bene si nascondono tra le mura, i portici e le strade del centro storico o nelle stanze in affitto agli studenti della più antica università del mondo e una delle più popolose (circa centomila iscritti). Com’è antropologicamente diversa la città di Hanno rubato un tram di Aldo Fabrizi (1954) da quella di Jack Frusciante è uscito dal gruppo (1996) di Enza Negroni, da quella della Banda Casaroli (1962) di Florestano Vancini, da Il vento di sera (2004) di Andrea Adriatico. Un cambiamento che troviamo anche nelle poesie di Roberto Roversi, nelle canzoni di Francesco Guccini e Lucio Dalla, un cambiamento figlio di un processo inesorabile, che il cinema ha testimoniato in tutti i suoi passaggi anche i più traumatici, Per non dimenticare (1992) di M. Martelli. Ma anche nei suoi momenti di consumo giovanile, A domani (1999) di Gianni Zanasi. La difficile condizione giovanile, le esplosive contraddizioni sociali, politiche e di costume di una città che cambia troppo rapidamente trovano immagini e un’eco amara nei film E allora mambo (1999) di Lucio Pellegrini, Fortezza Bastiani (2002 ) di Michele Mellara e Alessandro Rossi, Cavedagne (2003 ) di Bernardo Bolognesi e Francesco Merini… 2 Tanti anni orsono ebbi la fortuna di trascorrere alcune ore a Modena con Cesare Zavattini, in occasione d’una rassegna dedicata agli autori emiliano-romagnoli, che hanno rappresentato e rappresentano un momento alto della storia del cinema italiano e internazionale, da Zurlini a Fellini, da Bellocchio a Antonioni, da Bertolucci a Avati, da Vancini alla Cavani…E gli chiesi come lui, il poeta del cinema italiano, il padre del neorealismo, uno dei grandi sceneggiatori del cinema nazionale, spiegasse questa forte simbiosi, cinema/Emilia-Romagna. La nostra terra, la nostra origine contadina, la nostra sensualità, la nostra socialità, la nostra tradizione culturale, il nostro amore per la musica e per il melodramma, le nostre città d’arte, la bassa, il grande fiume, i pittori naif, il nostro mare piatto, la nostra lingua (dialetto) così musicale, il nostro pragmatismo e la nostra carnalità potrebbero essere le ragioni che stanno alla base di questa sensibilità all’immagine che caratterizza la nostra terra. Così Zavattini cercava di spiegarmi un fenomeno per alcuni aspetti unico e di non facile lettura. Tutto questo lo ritroviamo nel Fellini dei Vitelloni e di Amarcord (con la sceneggiatura di un altro grande poeta, Tonino Guerra), nei film di Bertolucci, di Zurlini, di Mingozzi, di Antonioni, di Vancini…e nei film di Pupi Avati, che più di tutti ha amato Bologna, un amore tanto grande che lo ha portato a tradirla e a scegliere Cuneo per il suo ultimo film bolognese. E in questa difficile scelta ritroviamo, dunque, un altro aspetto del cinema come testimonianza della trasformazione, dello sviluppo, dell’involuzione della città, che in parte ha perduto in questi anni alcuni dei suoi connotati più tipici e significativi. L’occhio del cinema è impietoso, non perdona e ci restituisce le diverse realtà anche le più amare e a nulla vale cercare di truccare il paesaggio. Tranne che, nel caso ci si chiami Federico Fellini, che per sfuggire probabilmente alle stesse angosce provate da Pupi Avati, decise da subito di reinventarsi i luoghi della propria affabulazione, ricostruendoli negli studi di Cinecittà, fino a quell’iperbole, insieme, realista e visionaria realizzata con la Rimini di Amarecord. Se è vero che il centro storico resta un set affascinante e stimolante, l’immediata periferia, oltre che a essere teatro di una pesante attività edilizia, reca i segni di una città trasformata nella sua identità, nei suoi comportamenti, nell’immagine di sé e dei suoi quartieri e niente come le fiction ce lo raccontano meglio, magari E’ vero: Bologna è cambiata e non poteva essere diversamente. Non è riuscita a mantenere la sua diversità, che il cinema ci aveva raccontato. E’ stata anch’essa trascinata nel mondo piccolo e terribile della globalizzazione economica, politica e morale. Anche se, almeno al cinema, riesce ancora a non farci dimenticare la poesia che Pupi Avati ci ha trasmesso con Una gita scolastica (1983), dove la città che era quasi si immerge nei colori, nei suoni e nella natura delle sue colline e delle sue montagne, queste sì ancora quasi del tutto intatte. 33 Film girati su e a Bologna 1915 1917 1917 1918 1918 1922 1934 1936 1948 1954 1954 1959 1962 1963 1964 1967 1968 1969 1969 1974 1975 1976 1976 1976 1977 1977 1977 1978 1978 1979 1979 I bimbi d’Italia son tutti balilla Bianco e nero Come conclude amore Marinella Rebus La prova misteriosa Il cardinale Lambertini Bertoldo, Bertoldino e 1 Cacasenno 2 Totò al giro d’Italia Il cardinale Lambertini Hanno rubato un tram L’estate violenta La banda Casaroli I fuorilegge del matrimonio Una bella grinta 3 Edipo re 1980 1981 1982 Si salvi chi vuole 8 Dancing Paradise Gli occhi e la bocca 1982 1983 Zeder Acapulco, prima spiaggia a…sinistra Una gita scolastica Blu cobalto Impiegati 9 La neve nel bicchiere Regalo di natale Sconcerto Rock Sposi 1983 1985 1985 1986 1986 1986 1987 A. Testoni M. Isma M. Isma R. Scotti M. Isma A. Primitivi P. Bassi G. Simonelli M. Mattioli G. Pastina A. Fabrizi V. Zurlini F. Vancini P. e V. Taviani G. Montaldo P.P. Pasolini P. Avati Il decimo clandestino 1989 1990 Musica per vecchi animali Storia di ragazzi e ragazze Stanno tutti bene 1991 Faccia di lepre 1991 1992 1992 1994 1994 1994 1995 1997 1998 1998 1998 1998 Il trasloco Per non dimenticare Sognando California Dichiarazioni d’amore 11 L’ispettore Sarti 2 La lampada di Wood Strane storie-Racconti di fine millennio Viaggio di Nozze Jack Frusciante è uscito dal gruppo Consigli per gli acquisti La forza dell’amore Incontri proibiti Jolly blu, il film degli 883 Matrimoni 1999 1999 A domani La guerra degli Antò 1989 Balsamus, l’uomo di Satana Plagio S. Capogna Thomas…gli indemoniati P. Avati Fatti di gente perbene M. Bolognini Salò e le 120 giornate di P.P. Sodoma Pasolini L’affittacamere M. Laurenti Al piacere di rivederla M. Leto Decadenza A.M. Magro 4 L’esercito di Scipione G. Berlinguer La polizia è sconfitta D. Paolella Gli ultimi tre giorni G. Mingozzi 5 Disonora il padre S. Bolchi 6 Jazz band P. Avati Chiedo asilo M. Ferreri 7 Cinema!!! P. Avati 1995 1996 7 10 1989 R. Faenza P. Avati M. Bellocchio P. Avati S. Martino P. Avati G.F.Donati P. Avati F. Vancini P. Avati L. Manuzzi P. Avati, Bastelli L. Wertmüller S. Benni, Angelucci P. Avati G. Tornatore L. Gianneschi R. De Maria M. Martelli C. Vanzina P. Avati G. Questi L. Capogna S. Baldoni C. Verdone E. Negroni S. Baldoni V. Verdicchi A. Sordi S. Salvati C. Comencini G. Zanasi 12 R. Milani Film TV in quattro puntate. Film TV. 9 Film TV in due puntate. 10 Film TV. 11 Film TV in sei puntate 12 I dati fin qui riportati sono tratti dalla ricerca: Per conservare la memoria visiva emiliano romagnola, condotta da Manuela Marchesan e Mauro Bonifacino, con la 8 1 Girato nella campagna bolognese. Ambientato nella ricostruzione fatta negli Studi romani. 3 Il film si conclude a Bologna. 4 Film TV in tre puntate. 5 Film TV in tre puntate. 6 Film TV in tre puntate. 2 34 2000 2000 13 Best of Both Worlds La mucca magnetica 2000 2000 2000 2000 2001 2001 2002 2002 2002 Lupo mannaro 14 Via Zanardi 33 Paris dabar Almost Blue 15 Ferrari Paz Il segreto del successo Il cuore altrove Fortezza Bastiani 2003 2003 Echi di sera 17 La felsina pittrice 16 2003 2003 2003 2003 2003 Il giorno del lupo 18 Quanti siamo quelli che 19 siamo 20 L’enigma del sonno Prima dammi un bacio 2003 2003 2003 2003 2003 La storia di Bologna presentata da 21 Hisashi Inoue La rivincita di Natale Amatemi Natale in India Lavorare con lentezza 22 Gli ultimi 2003 2003 Che ne sarà di noi 23 Bologna e Bologna D. Richard D. Sorlini e A. Romagnoli A. Tibaldi Sit-com TV. Film TV. Docu-Fiction. 16 17 Ma quando arrivano le ragazze E se domani Lui e lei…l’amante del prete? Quo vadis baby? 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2005 2006 2006 2006 2006 2007 2007 2007 2007 Cerasuolo A. Lo Giudice H. Inoue 2007 2007 P. Avati R. de Maria N. Parenti G. Chiesa R. Marchesini G. Veronesi Conversano -Griffagnini 2007 2007 2008 2008 Documentario per Rai Educ. 18 Puntata pilota Fiction. Mediometraggio. 20 Documentario. 21 Documentario 22 Mediometraggio. 23 Film-documentario. 19 35 Fratelli Manetti P. Avati G. La Parola Anastasi G. Salvatores S. Strocchi D. Marengo E. Olmi P. Avati Il germe del melograno Notturno bus Cento Chiodi La seconda notte di nozze 25 Une nuite en noir A. Grilli Diario di viaggio a Griffagnini26 Bologna Conversano All’amore assente A. Adriatico 27 Finale di partita E. Deotti 28 Senza voce M. Zaccaria La vita come viaggio P. Muran 29 aziendale 30 Salvemini E. Guzzetti Albakiara S. Salvati 31 Il commissario De Luca Frazzi 32 Quo vadis baby? G. Chiesa 33 L’ispettore Coliandro 2 Fratelli Manetti Il papà di Giovanna P. Avati 34 Bologna dove suona R. Marchesini L’ingegner Levi. Storia di F. Satta 35 un vicino 36 Sfoglia Bologna C. Mazzanti Matrimoni e altri disastri N. Di Majo 37 L’ispettore Coliandro 3 Fiction TV. Cortometraggio. 26 Documentario. 27 Documentario. 28 Documentario. 29 Documentario. 30 Documentario. 31 Fiction TV. 32 Fiction TV. 33 Fiction TV. 34 Documentario. 35 Documentario. 36 Documentario. 37 Fiction TV. 25 supervisione di Renzo Renzi, e promossa dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna. 13 Fiction TV. 15 2004 2004 24 14 L’ispettore Coliandro 2004 2004 Angelini A. Infascelli C. Carlei R. de Maria M. Martelli P. Avati M. MellaraA. Rossi E. Negroni F. Conversano - N. Grignaffini Fratelli Manetti E. Negroni 24 2004 rivelarono poi strategici sia per condizionare lo sviluppo edilizio delle città turistiche sia, in epoche recenti, per l’alto valore di posizione che le aree avevano acquisito. Facciamo ora un passo indietro nel tempo per capire come è avvenuto, nei secoli che ci hanno preceduto, il popolamento delle nostre spiagge. 1 Lucio Gambi è stato uno dei grandi studiosi di questo fenomeno e questo autore annotava come il territorio di Rimini sotto la signoria dei Malatesta nel 1371, (come riportato nella “Descriptio Romandiole” compilata dal Legato Anglic de Grimoard) per ciò che riguardava la sua popolazione presentava le seguenti condizioni: nella fascia collinare al di sopra dei duecento metri di altitudine prevalevano gli insediamenti molto aggruppati che il documento papale chiamava in genere castelli. I castelli con più di duecento abitanti erano in questa zona venticinque: una delle maggiori densità di tale tipo d’insediamento in Romagna. Invece nel fondovalle del Marecchia, dell’Uso e del Conca e soprattutto nella pianura fronteggiante predominava un insediamento sparso in minuscoli nuclei – quelli che il testo chiama ville - corrispondenti a minuscoli villaggi, casali, borghetti. In questo tipo di insediamento fra la zona collinare e la zona di pianura era raccolto l’ottanta per cento della popolazione che viveva nella pianura dell’Uso e il cinquanta per cento della popolazione che viveva fra il Marecchia e il Conca. Ma la divergenza d’insediamento fra la zona collinare e la zona di pianura non era altro che l’eredità di come gli insediamenti si erano disegnati prima, e delle evoluzioni ricevute da quest’impianto: cioè l’effetto della precedente occupazione romana e di quelle precedenti a essa. La costa dell’alto Adriatico è sempre stata oggetto di migrazioni intense: nel IV sec. a.C. le primavere sacre vi portarono umbri, piceni, sabini; nel 268 a. C. si stanziarono nel territorio riminese ben seimila coloni che, tenuto conto dell’ampiezza delle famiglie, corrispondevano a circa venticinquemila persone; per non parlare poi dei Galli, la cui invasione in Italia nel IV sec. a.C. fu stimata in circa trecentomila unità. La stessa strada che i Romani decisero di costruire nel 187 a. C. tra Rimini e Piacenza si rivelerà così importante e così funzionale al tessuto economico e sociale del territorio da L’invenzione della metropoli balneare di Rodolfo Francesconi Un navigatore che avesse bordeggiato lungo la costa romagnola negli anni fra le due guerre, non avrebbe faticato a individuare il paese davanti al quale si fosse trovato. Il portolano veniva in aiuto, illustrando le strutture che senza ombra di dubbio identificavano la posizione; un campanile, le ciminiere di qualche fornace, alcune ville. Ma, a permettere un sicuro riconoscimento, erano soprattutto le colonie marine. Questi edifici, di solito bassi sull’orizzonte, ma isolati in zone non inquinate dalle costruzioni, oltre ad assolvere il compito per il quale erano stati edificati, avevano quello, senz’altro ignoto al progettista, di individuare con precisione un tratto di costa. Gli aggiornamenti dei portolani hanno seguito un ritmo più lento dell’incalzare travolgente dell’edilizia balneare, perciò sono poche le colonie rimaste a difendere il ruolo ora occupato dai grattacieli, da mostruosi alberghi o dalle torri piezometriche degli acquedotti. Anche la funzione originaria delle colonie è scomparsa e un ignaro visitatore che percorresse oggi le strade più vicine al mare, che da Cattolica giungono fino a Marina di Ravenna, s’imbatterebbe in grandi edifici ancora abbandonati, fatiscenti o destinati ad altre attività, e stenterebbe a immaginare che fino a pochi anni fa’ questi stessi edifici costituivano uno dei poli, se non il più importante, di coagulazione della vita balneare. La loro origine risale agli anni fra l’Ottocento e il Novecento quando la cultura dei bagni di mare fu propugnata da numerosi igienisti d’eccezione fra i quali, in Italia, spicca Paolo Mantegazza. Il rifiuto degli aspetti degenerativi della civiltà industriale sono alla base delle città di vacanza dell’Ottocento e gli ospizi marini, assieme agli stabilimenti balneari e ai villini, ne costituiscono uno degli elementi dominanti. In quegli anni si scoprì che la talassoterapia aveva notevole successo nel combattere le forme tubercolari della scrofola e dobbiamo ricordarci che dal 1860 al 1890 in Italia i bambini morti nei primi cinque anni di vita ammontavano al 45% dei morti complessivi. Non fu certamente filantropica la scelta di questa tipologia di balneazione e il fatto che queste costruzioni fossero identificate molto spesso con i cognomi dei proprietari fornisce esaurienti indicazioni sulla natura reddituale dell’investimento. Questi insediamenti si 1 Lucio Gambi, L’analisi storica della formazione di un territorio, in “Duemila incontri”, mensile di Bologna e dell’Emilia Romagna, 1989, fasc. 8/9. 36 estendere – caso unico in Italia – il suo nome all’intera regione: Aemilia, appunto, come attesta già nella seconda metà del I sec. d.C. il poeta Marziale (il termine Romagna – Romania – sarà in uso solo dal VI° sec. d.C.) Addirittura, come sostiene sempre Lucio Gambi <<la Via Emilia fu la vera polis mater, l’unica metropoli, la città madre del nostro territorio>>. Nelle antiche piante delle città che si affacciavano sul mare si nota che esse erano circondate da mura; la cinta muraria isolava, ovviamente, dalla terra e si apriva al mare. Da qui, infatti, giungevano i commerci, le novità, altre culture; il pericolo, allora, veniva più dall’entroterra che dal mare. Ma, con il volgere degli anni, la situazione si modifica e si scopre che i veri semi dell’edificazione balneare, sono innestati, ancor prima, ma molto tempo prima, delle colonie marine, che abbiamo indicato come precorritrici, dalle torri di avvistamento. La descrizione, nelle vecchie mappe topografiche, di molte località della costa come Castello significa che siamo ancora ben lontani dall’avere un abitato e la lontananza delle abitazioni dal litorale era dovuta alla minaccia costituita dagli sbarchi dei pirati; la descrizione di Leonardo Negri del 1581 sottolineava il fatto che la popolazione era obbligata a vivere sulle alture, in maniera da poter avvistare per tempo le loro imbarcazioni e trovare scampo nell’entroterra. <<Dai primi anni del secolo XVI, la nostra costa iniziò ad essere infestata da continui sbarchi, prima da parte dei corsari barbareschi e successivamente dagli uscocchi. I primi, denominati barbareschi, erano i turchi, che avendo conquistato nel periodo della loro massima espansione, l’Africa del Nord detta Barberia, provenivano per lo più dai porti di Tripoli, Tunisi e Algeri. I secondi, gli Uscocchi, termine che deriva dalla parola serba uskok che significa rifugiati o fuga erano nuclei dediti alla pirateria, di una popolazione che cacciata dal Regno di Ungheria dai turchi, si era stanziata a Segna in Dalmazia, in un luogo inaccessibile sia dal mare che dalla terra. Di origine cristiana, avevano fondato due monasteri, ai quali consegnavano periodicamente la decima del bottino, ed è curioso il fatto che gli stessi monaci 2 partecipassero, di tanto in tanto, alle incursioni>> 1563 – In quel periodo era grande la paura per le incursioni dei corsari turchi. Il Consiglio di Rimini delibera che la rata spettante per le fortificazioni, <<a vantaggio sia pei commerci sia per la difesa contro le incursioni turchesche>> era di ducati 3 137 . La costruzione delle torri costiere iniziò nel 1660 e nella zona balneare fra Rimini e Cattolica nel 1672 figuravano già quattro torri di avvistamento. Osserviamo con attenzione questa stampa del 1677 e concentriamo la nostra attenzione sul fatto che nei tempi antichi la spiaggia non aveva, ovviamente, la stessa immagine di oggi. La percezione del mare dei nostri progenitori (fra l’altro solo tredici generazioni ci separano da quei tempi) era diversa dalla nostra; è solo con il secolo appena trascorso che si assiste alla scoperta del mare. La riva era considerata il ricettacolo degli escrementi marini; sulla spiaggia il mare si purgava e vomitava i suoi mostri. Ancora nel 1712 i veneziani ritenevano che la schiuma fosse il sudore del mare e le maree le sue febbri. Spiaggia nefasta, invasioni normanne, saracene, il mare come itinerario della peste nera, la malvagità dei pirati, i predoni dei naufragi, i contrabbandieri, i banditi degli arenili. Questo era il marchio o l’immagine della costa che si trascinò fino al XVII° e XVIII° secolo! Fra il 1690 e il 1760 le coste italiane ispiravano ripugnanza. Perché di quelle adriatiche non si sarebbe dovuto avere la stessa percezione? 2 Luigi Ghirotti, I pirati sulla costa romagnola, tratto da Luigi Ghirotti:una vita per l’archeologia. Raccolta degli scritti nel decennale della scomparsa,(a cura di) Fosco Rocchetta, Comune di Riccione, 2007. 3 Agenda storica di Rimini e provincia,(a cura di) Piero Meldini, Pietroneno Capitani, Piergiorgio Terenzi, Aexterna, 1994. 37 Avevamo, all’inizio, accennato ai portolani; anche quello sopra raffigurato lo è: il Manuel de la navigation dans le mer adriatique del 1855. e non vi è alcuna differenza con la stampa di duecento anni prima! Però proprio in questi anni inizia l’edificazione dei primi ospizi marini ai quali pure avevamo accennato; il primo di essi fu inaugurato a Viareggio nel 1828 e sulla nostra costa, fra i primi, a Riccione, nel 1877. Se si guardano le vecchie immagini di questi edifici si rimane sconcertati dal loro aspetto severo: le linee architettoniche ci rimandano ai vecchi ospedali cittadini (la colonia Murri di Rimini fu progettata dall’ing. Marcovigi, lo stesso dell’ospedale Niguarda di Milano), molti dei quali tuttora esistenti e il carattere dominante era l’isolamento dai centri delle città o dai borghi di appartenenza. Il passaggio dalla dizione ospizio a quello di colonia, avvenuta nel 1918, dimostra una diversa attenzione a queste strutture. Colonie (si chiamavano così allora anche le comunità dei bagnanti che frequentavano le spiagge), nettamente distinte e con pochissimo scambio con gli indigeni. I bambini ivi ospitati erano il contenuto, il contenitore doveva far ricordare la zona di origine: la modenese, la bergamasca, la comasca, la bolognese. C’era un che di familiare e di protettivo in questa dizione, un’affiliazione indiretta da parte dei locali e dei turisti che fatica a discernere, specie dal lato mare, quale fosse l’ingresso principale. Le colonie cominciano invece ad assumere una connotazione più materna, più protettiva: il corpo centrale, non troppo altro, con le due ali laterali, fornisce il senso dell’abbraccio, dell’accoglienza e una sola grande porta capace di accogliere nel suo grembo schiere di bambini e finestre ampie, proprio grandi aperture luminose dalle quali suggere il sole. Dopo gli anni Trenta le colonie diventano virili: il corpo centrale diviene più agile, si rizza fra le ali simile a un becco di uccello. come nella novarese di Rimini (costruita in soli centoventisei giorni su progetto dell’ing. Peverelli nel 1934), oppure diviene orizzontale, un cuneo allungato che si protende nel mare, come nelle navi di Cattolica (progettata nel 1934-36 dall’architetto Clemente Busiri Vici. . Dopo la seconda guerra mondiale le colonie perdono di nuovo le loro connotazioni: divengono case di vacanza e la loro architettura, per lo meno in quelle di nuova costruzione – e ve ne furono parecchie – non si discostano dalla struttura di una comune pensione. Con un’unica importante eccezione: la colonia Enel progettata dall’architetto De Carlo nel 1963 a Riccione. Un'altra osservazione non marginale che spiega, in parte, la struttura dell’edificazione balneare è la costruzione della ferrovia nell’anno 1861: prima la Bologna-Rimini; poi la RiminiAncona e infine la costiera per Ravenna-Ferrara. L’ubicazione della stazione ferroviaria costituì un attestato indiretto delle caratteristiche economiche delle varie zone; la scelta, infatti, di collocare la stazione ferroviaria verso monte o verso mare sottintendeva l’importanza che era data all’economia agricola o a quella marinara. Le stazioni (o i caselli) di Rimini e Riccione furono ubicate verso monte a sottolineare la scarsa importanza dell’apporto dal mare, mentre la statuizione verso mare di quelle di Cattolica e Pesaro (e, più avanti, quando si inaugurerà la Rimini-Ravenna, Cesenatico) sottolineava pesantemente la vocazione marittima di quelle località. 4 A questo proposito ricordiamo che Dante Tosi così si era espresso:<<Ai pionieri che si avventuravano al di sotto della ferrovia per costruire alloggi e villette e per impiantare attività e servizi a favore dei bagnanti si contrapponevano i conservatori legati ai loro mestieri e testimoniava un progressivo avvicinamento fra i due mondi, in contrasto con l’emarginazione che aveva caratterizzato il periodo precedente, quello degli ospizi. Dopo la prima guerra mondiale si assiste, oltre alla modifica della denominazione, a un’ulteriore differenziazione architettonica: il termine ospizio è maschile, colonia è femminile. Questa connotazione sessista si ritrova anche nell’architettura: i primi ospizi erano androgini: porte e finestre si susseguivano, una vicino all’altra, lungo tutto l’edificio; in certi casi si faceva 4 Dante Tosi, La vecchia Riccione prima del Comune in Riccione 70 anni, “Il Resto del Carlino”, 1992. 38 all’agricoltura. (…) Si crearono due fazioni: da una parte si schierarono gli innovatori che volevano la stazione sul lato mare così da agevolare il flusso dei villeggianti, dall’altra si ricompattarono i conservatori, residenti nella vecchia borgata, spalleggiati dagli agricoltori arrivati in soccorso anche da fuori. Il confronto fu serrato e fu sostenuto da opposte petizioni inviate al Comune di Rimini, l’ente che doveva prendere la decisione>>. A Riccione (e forse non solo in questa località) la ferrovia ha agito in passato come fattore di divisione non solo territoriale, ma di cultura; vi era una differente identità e, in fondo di valori, fra chi abitava sopra la ferrovia e sotto la ferrovia nella zona del naufragio (o anche al di là o al di qua del porto) e questa distinzione si rese evidente nella popolazione fin negli anni del dopoguerra. La zona sopra la ferrovia, quella guardata dall’ingresso della stazione, formata da contadini e artigiani, come quella al di là del porto limitata alla scarsa attività peschereccia, si era identificata in una cultura della conoscenza nella quale il raggiungimento di un più alto stato sociale ed economico era endogeno a un mestiere o alla professione: bisognava imparare a studiare e a far bene una cosa per aspirare a migliori condizioni di vita. La cultura della zona sotto la ferrovia, come quella al di qua del porto seppure innescata da coloro che furono identificati come i pionieri del turismo e che erano tutti permeati della loro cultura originaria formatasi a monte, si sarebbe trasformata presto in una cultura del successo, che però era esogena, veniva da fuori, era elargita non dalla professionalità, ma dalla rendita di posizione. Non è questa un’osservazione etica o morale, ma provvederà poi il turismo a far sì che la cultura del successo il cui valore è il denaro ottenuto con lo sfruttamento intensivo della spiaggia (molto spesso da parte di immigrati da altre regioni) divenga vincente, facendo prima soccombere la vecchia cultura marinara e a relegare forse la vecchia cultura nella zona artigianale e a impadronirsi anche delle colline. Per quanto riguarda il popolamento riprendiamo ancora le annotazioni di Lucio Gambi: << (oggi) si passa da un centro con un nome ad un altro con diverso nome, e non ci se ne accorge: o solo lo si sa perché lo dichiarano le scritte burocratiche. Le scritte burocratiche però non servono a capire i processi storici. Questa unica cortina urbana da Gabicce a Cervia si é formata con i medesimi ritmi e nei medesimi anni. Il persistere di un ritaglio comunale vecchissimo, con gli esuli peduncoli (rimasti), ha ritardato solo un poco in rispondenza di queste aree il fenomeno di urbanizzazione. I comuni i cui centri si trovano nella pianura interna avevano meno spinta ad allestire l’urbanizzazione dei loro esigui fronti costieri. Ma dopo il 1955 la grossa speculazione edilizia, consentita da iniziative politiche poco ponderate, ha modificato l’atteggiamento di questi comuni e riempito di forme urbane a volta oscene anche queste aree.>> Queste annotazioni sulla cultura innescano altri interrogativi: quale è la cultura di riferimento dei singoli paesi? Come si genera? Quale è l’importanza dei porti nelle località balneari? E su quale cultura si basa o si è basata l’invenzione della metropoli balneare? Il mare, come cultura del lavoro, così come era vissuta all’epoca dell’apertura delle città verso l’Adriatico, è risultato soccombente alla cultura del non lavoro, a quella delle vacanze alla base dell’edificazione balneare. Lavoro e non lavoro: è una prima dualità fra quelle che incontreremo successivamente, ma ora permettiamoci di osservare come avviene il passeggio nelle città, lo struscio: questo avviene sempre nel centro in modo da toccare anche metaforicamente i centri del potere (e della legalità): il municipio, la chiesa, il palazzo importante, la fontana che una volta elargiva l’acqua potabile, come se la gente volesse impadronirsene, strusciarvisi, appunto, addosso. <<E’ la medesima tecnica usata, - ci avvertono i semiologi,- nelle processioni come rintracciamento dello spazio secondo un percorso che assicura in questo caso una protezione divina. Il rito va rinnovato come se lo spazio potesse scordare, far svanire una definizione che lo assicura ai suoi abitanti come benevolo>>. Lo struscio nelle città balneari diviene invece edonistico toccando solo i nuovi simboli del potere economico, i negozi, i bar, i ristoranti; non sempre questo avviene lungo il mare, ma quasi sempre lungo i peduncoli interni, come viale Ceccarini a Riccione. Molte città di mare non hanno una vera piazza cioè il luogo dove si produceva cultura, oppure quando c’è, questa è collocata nella zona guardata dalla stazione. Questo era il vero centro delle città, la sua struttura centripeta, il cui legante era (o è) la legalità e l’identità, che da essa promana, e che si traduce in valori condivisi, in cultura, necessita sempre di essere rinsaldata come avviene 39 altre località], punto di riferimento sociale, i tre percorsi poderali, successivamente propulsori dello sviluppo della marina proprio perché assi di congiunzione tra la nuova e la vecchia realtà, ed infine il tronco ferroviario, ineluttabile spartiacque tra quelle che diverranno due fasce ben distinte.(…) Contemporaneamente accade una sorta di zoning spontaneo per cui la fascia a mare, trasformandosi si specializza in un ruolo turistico-alberghiero e la parte a monte acquista un carattere prettamente residenziale. Questa zonizzazione crea con l’alternanza delle stagioni una sorta di pendolarismo urbano determinando una fluttuante condizione di periferia assunta alternativamente dalla residenziale, a monte della ferrovia, durante la stagione estiva, e dalla zona alberghiera, al disotto della ferrovia, durante la stagione invernale. (…). Viale Ceccarini, centro del primo modulo di sviluppo della marina, ha sottratto lentamente al borgo il ruolo di centro della città, confermandosi costantemente, nel raddoppio modulare d’espansione della città, centro non solo del suo modulo, ma dei centri di tutti i moduli, tanto ché è palesemente vissuto e riconosciuto nel suo assoluto ruolo polare aldilà dell’alternanza delle stagioni.>> Questa esatta e acuta osservazione sulla fluttuazione o alternanza di centro e periferia ci conduce a una seconda dualità (la prima, ricordiamo, era il lavoro e il non lavoro) in compagnia di altre dualità (come fu affermato nel convegno sopraccitato) che caratterizzano le zone balneari: dualità: marinara/balneare; giorno/notte; turismo estivo/turismo invernale, esodo invernale/pieno estivo, turista/cittadino, turisti nomadi/turisti stanziali. Queste dualità sono presenti in tutte le località balneari e vi è quindi la necessità di rispondere urbanisticamente a molteplici esigenze quindi si chiarisce meglio il tessuto arlecchinesco di molte località di mare. chi attraversa la città, chi vuole la piazza, chi vuole la quiete, chi ricerca il rapporto magmatico della spiaggia, chi vuole sognare guardando il mare. Come si fa a stabilire un centro? Quindi progettare un centro diviene un’operazione retro, inutile e falsa in quanto sono le località balneari a essere loro stesse una grande piazza estiva ove si cerca di toccare non i simboli del potere o l’identificazione storica, ma gli altri segni edonistici. E un confine (a parte quello amministrativo)? Il confine definisce un’identità è una traccia che distingue l’abitare dal non abitare. E’ come se il confine fosse un allargamento del centro, un appunto, come abbiamo già visto, con la passeggiata toccandone i luoghi simbolici. Renzo Piano sosteneva che:<<la piazza è un luogo multifunzionale perché deve essere una miscela di diversi piani di esistenza e di convivenza e deve essere un luogo vivo dalle sei della mattina fino a notte, una torre di Babele incasinata>>. E che altro è la cultura se non un sistema di scambio: di nozioni, di esperienza (si viene ad apprendere), di oggetti (i negozi) dove le differenze del reale (cioè di quello che succede in realtà) che sussistono fra i vari componenti debbono essere mantenuti? Nel 1916 il Consiglio Comunale di Rimini (prima del terremoto) aveva riconosciuto la necessità della costruzione di una piazza nella Borgata di Riccione quindi di un centro, situato però a mare, ammettendo implicitamente che una località che si stava sviluppando necessitava di un luogo come quello descritto da Renzo Piano. Ma le vere città di mare si raggiungono dal mare: i loro centri di potere (o della legalità), le loro vere piazze sono sui porti, anzi il porto stesso è la piazza (sulla nostra costa solo Ancona, Cesenatico e, una volta, Cattolica, mostrano queste caratteristiche); le città balneari si raggiungono invece da terra e i porti sono porti servitori (Rimini, Riccione e tutte le altre località balneari della nostra zona). Lucio Gambi e l’architetto Inardi (quest’ultimo in un convegno sull’Architettura delle città di mare svoltosi a Riccione nel 1995) constatano, ognuno con una differente ottica, che la costa romagnola, edificata come una periferia, ha i caratteri metropolitani di città attraversata, di città che non ha più mura, dove l’individuo diviene illegale e si oppone a tutto poiché è sparito il potere mediatore dell’autorità ubicata al suo centro. Queste osservazioni si scontrano in parte con 5 quelle di Maria Flora Fabbri <<Lo sguardo distratto sull’odierna Riccione, ma in senso generale ciò vale per tutta l’urbanizzazione della costa romagnola da Cesenatico a Cattolica, genera lo scontato e superficiale giudizio di città ordita anarchicamente, senza alcuna logica di utilizzo del territorio ed inevitabilmente ciò rassicura su ogni tipo di intervento di modificazione privo di alcuna salvaguardia. La lettura delle fasi di sviluppo prova esattamente il contrario.(…) Gli elementi in gioco sono il paese [N.d.A. Questo vale per Riccione, ma anche per 5 Maria Flora Fabbri, Ricostruzione storica dell’urbanizzazione del territorio riccionese, Studi Romagnoli, XLII (1991), Stilgraph, 1995. 40 trovarsi di fronte a un lungo paesone o, con un termine più consono ai tempi e alle abitudini, un iperpaese costiero. Un iperpaese che non ha assunto, nonostante l’eccesso d’enfasi di alcuni amministratori e analisti, una vera e propria dimensione metropolitana, in termini di unitarietà e servizi, di cultura e socialità. Un iperpaese che comunque, da una più accorta frequentazione, sembra accomunato da un vivere, almeno potenzialmente, diverso da quello che caratterizza le tante periferie che invadono pianure e valli. Lunga la riva urbana il mare mantiene, pur nell’evolversi delle consuetudini, una sua attrattiva, diversa spesso a seconda delle stagioni. (…) Il mare che è lì, a pochi metri dalle nostre case, capace di regalare emozioni, di sostanziare un rapporto fisico intenso, in estrema sintesi di connaturare il vivere.>> Quindi ricordiamoci sempre che siamo sul mare 8 e come diceva Maria Corti : <<Mio mare, mia vera città senza nomi di strade, dove si galleggia obliqui, verticali, orizzontali come angeli sulle nuvole>>. corollario, un’estensione di una centratura avvenuta. 6 Secondo Aldo Bonomi i nuovi confini, quelli che una volta erano le mura della città, sono oggi costituiti dal tempo; ognuno perimetra spazi ove difendere l’opulenza o dove realizzare un’illusione. <<Non esistono più>>continua l’autore citato <<le tre figure idealtipiche dell’operaio, artigiano, albergatore, ove sono centrali la laboriosità, la fatica, lo sforzo. Ora c’è un intreccio profondo fra fabbrica, territorio, luoghi del tempo libero>> e l’importanza del tempo (nel definire i nuovi confini) è fondamentale; vi sono un tempo degli operai e imprenditori: scattante e rapido, il tempo del ceto medio: lineare e calmo, il tempo degli emarginati: intermittente e profondo, il tempo dei contadini: quasi fermo e infine il tempo dei lavoratori della conoscenza: iperveloci. (…) Poiché il divertimento è considerato come momento privilegiato della vita e il popolo della notte è già sconfinato nel giorno con il divertimento, il far festa, la sfida al limite e nello stesso spazio e nello stesso tempo metropolitano convivono il massimo di innovazione e di mediocrità” , allora, sembra concludere l’autore<<non vi è alcuna necessità di un centro, ma piuttosto di più centri ognuno con una sua specifica caratteristica.>> Una prova è fornita dalla proliferazione dei centri commerciali (o degli Outlet costruiti come falsi paesi) come piazze ove non si elaborano valori, ma questi si subiscono e si acquistano quelli offerti, quelli del consumo. La sintesi, in fondo, delle varie interpretazioni dell’invenzione della metropoli balneare è quella 7 formulata da Fabio Fiori che definisce rive urbane la nostra costa: << Rive urbane, perché quelle adriatiche sono diventate da nord a sud una lunga conurbazione costiera a densità variabile. E’ dunque superfluo riportare cifre e dati di un processo di urbanizzazione di dimensioni epocali, che ha investito la costa da Trieste a Brindisi, negli ultimi cinquant’anni. Basterà qui ricordare che si è trattato di una vera e propria migrazione interna, che ha stravolto equilibri già di per se molto precari, come lo sono quelli d’interfaccia fra terra e mare. Oggi, oltre nove milioni di persone vivono nelle province costiere italiane che si affacciano sull’Adriatico, a cui si vanno ad aggiungere i reflui delle ben più ampie aree retrostanti e milioni di turisti. Il risultato è quello di 6 Aldo Bonomi, Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, 2000. 7 Fabio Fiori, Rive urbane (manoscritto), 2009. 8 41 Maria Corti, Il canto delle sirene, Bompiani, 1989. integrato, specchio d’una società dalle classi ben definite. La rivoluzione industriale impose, invece, la netta spartizione tra gli edifici per il lavoro e le dimore residenziali, ampliando una spinta omologante già intuita all’indomani della Rivoluzione francese, quando, con la nascita della borghesia, sorsero le alte e compassate dimore degli austeri corsi cittadini, definiti irrevocabilmente attraverso le facciate chiuse di palazzi che celavano l’ampiezza dei decori e degli scaloni, la profondità di giardini ampi e ben curati, capaci d’intonare il decoro del vivere allo spirito con cui la nobiltà aveva costruito palazzi di città e ville di campagna. Sorta di traccia e di percorso idealmente immaginabile sul tessuto viario cittadino, la linea che congiunge le sezioni dell’abitato urbano nel secolo XXI sembra possedere il compito d’aiutare il viaggiatore a non smarrirsi e l’abitante a identificarsi con un tessuto edilizio, che, se non è ancora lo specchio della sua mente, diviene il riflesso delle funzioni cui il suo pensiero è chiamato a rispondere. L’edilizia in vetro e cemento, i volumi scanditi da ritmi semplificati e monotoni, la forma di edifici squadrati a memoria delle tesi architettoniche d’ispirazione metafisica, che furono interpretate dal Razionalismo europeo già nel primo quarto del Novecento: questa galleria delle ipotesi per le città contemporanee suggerisce la strutturazione di agglomerati periferici, con un tempo quotidiano scandito dall’attesa dell’impegno e dell’assunzione del ruolo a cui il cittadino, giorno dopo giorno, è convocato. Così, la fondazione di nuovi quartieri, con piazze di recente apertura, vie tracciate exnovo, quartieri inventati dal nulla, apre un nuovo La citta’ invisibile di Luigi Moressa “Ogni uomo porta nella mente una città, fatta soltanto di differenze, una città senza figura e senza forma, e le città particolari la riempiono.” (Italo Calvino, Le città invisibili, 1972) Lo spazio per i pensieri Nel secolo scorso, sul principio degli anni Settanta, si è assistito in vari capoluoghi italiani alla nascita delle isole pedonali: zone del centro cittadino, che componevano, se non un’area di privilegio, un luogo di rispetto. E di reale trasformazione si trattò, in quanto la separazione fra lo spazio del traffico automobilistico libero e la zona riservata ai pedoni e al transito delle sole biciclette compose il senso di un tempo diverso e di un ritmo nuovo capace d’accostarsi a quello antico. In questo senso, l’isola pedonale richiamava fin dal nome il senso d’un confine demarcato e d’un accesso non immediato; con suggestiva efficacia, l’idea di una diversa pensabilità per l’ambiente circostante si svelò capace di suggerire un diverso ascolto rivolto alle evocazioni monumentali e urbanistiche stratificate nel corso dei secoli. La spinta contemporanea a riqualificare le aree urbane tende a operare una segmentazione, che talvolta si manifesta come un’opera di frammentazione, tanto distinta all’interno dei luoghi si fa la destinazione di spazi e percorsi (zone verdi, nucleo antico, viali di scorrimento, cittadella della cultura). Viene da pensare a una nuova necessità del pensiero contemporaneo, propenso a dover essere guidato verso percorsi ispirati a una facile riconoscibilità d’ambienti diversi, d’opposte funzioni, d’impieghi distinti dell’energia e del tempo. Di fatto, la città antica si caratterizzava per la giustapposizione delle case ai palazzi, degli edifici privati a quelli del potere e offriva lo spunto per la sinergia e la composizione d’un tessuto urbano 42 capitolo della storia urbana e indica una responsabilità dei progettisti: la maggiore conservazione possibile di quanto della memoria resta insito nei luoghi, l’immissione con misura e discrezione dei segni di un recente progresso, l’evitamento di un anonimo sviluppo per zone omologabili alla non pensabilità e tutte uguali in ogni parte del mondo, capaci infine di sottrarre senso e identità al tempo quotidiano. La creazione di punti d’incontro e di socialità presenti in ogni ambito delle nuove urbanizzazioni pare sollecitare l’idea di un reciproco riconoscimento fra le persone all’interno di uno spazio realmente vissuto, realmente condiviso. palazzi pubblici, l’idea dello stile predefinito, del senso già saturo di significati nel momento in cui la pianta urbica veniva tracciata. Prendiamo il caso di Terra del Sole nella Romagna toscana. Città ideale voluta da Cosimo I de’ Medici, fu destinata a rappresentare il volto del potere fiorentino sul confine che demarcava i territori granducali dallo Stato della Chiesa. Dismessa, dunque, la possanza medioevale e ferrigna della rocca di Castrocaro, Cosimo, che vantava ascendenze romagnole per parte di padre (Giovanni dalle Bande Nere, figlio a sua volta di Caterina Sforza, sovrana forlivese) intese ingentilire a grazia rinascimentale l’immagine di bastioni e palazzo, di castello e piazzaforte per le armi. Nacque, così, fra il 1564 e il 1580, una cittadella dalla singolare avvenenza, che rappresentò per secoli il segno del potere gigliato e il centro di un’amministrazione che si distinse per l’equità e la tolleranza. Affidatone il disegno all’architetto militare Baldassarre Lanci, che scelse come aiuti il Camerini, il Genga e il Buontalenti, il sovrano mediceo vide sorgere nella pianura romagnola il disegno regolare di una delle migliori cittadelle che il Cinquecento abbia annoverato. Quattro bastioni di moderna concezione (dalla pianta in forma di picca), denominati Santa Reparata, Santa Maria, Sant’Andrea, San Martino, alcune casematte, dodici garitte in regolare spaziatura, due ingressi fortificati (Porta Romana e Porta Fiorentina) con due castelli (del Capitano delle Artiglierie e del Capitano della Piazza) a guardia dei varchi: il borgo fortificato prendeva una forma compiuta, destinata ad accogliere anche case d’abitazione per militari e funzionari, fino a dotarsi, nel centro della pianta, di una vasta Piazza d’Armi delimitata La fondazione e l’addizione Italo Cavino ci ricorda ancora che:<<non si deve mai confondere la città col discorso che la descrive>>. Le cosiddette città di fondazione, erette, cioè, con un progetto o uno scopo ben preciso, finiscono, invece, per interpretare spesso il pensiero o il discorso di chi le ha volute. La strutturazione di un nuovo agglomerato urbano sottrae territori al vuoto e impone un nome al nulla che prima si estendeva sullo spazio aperto. Viene alla mente la funzione assunta dalle pievi, le piccole chiese campestri, trovatesi, dopo la caduta dell’Impero Romano, a conservare le unità di peso e di misura, a ospitare le assemblee del popolo nel loro ambiente monoaula, a fornire un toponimo viario a luoghi ormai privi di giurisdizione civile e d’amministrazione definita. La pieve, in latino plebs, cioè popolo, indicò un punto di riferimento alle genti ormai prive di certezze, trovatesi improvvisamente investite dal caos e dalla distruzione portata dalle orde barbariche. Così, la segmentazione concreta degli spazi, sancita dalle piccole strutture ecclesiali, poté conservare all’Italia il segno di una civiltà destinata successivamente a trovare un’espansione compiuta e pensata attraverso la struttura del libero Comune medioevale. Per comprendere lo spirito che innervò lo sviluppo degli antichi Comuni occorre guardare alla spontanea forza d’aggregazione espressa dal popolo, capace di mantenere aperto il discorso creativo e d’imprimere all’espansione urbana il senso creativo universalmente condiviso. Le città di fondazione, volute dal potere e disegnate dagli architetti, presentano, invece, un percorso creativo chiuso, un chiaro riflesso del modello elaborato da una sola mente, tanto da imprimere alle mura e ai bastioni, alle case e ai in ritmica scansione laterale dal Palazzo dei 43 Ben diversa è la storia dell’addizione malatestiana avvenuta a Cesena fin dall’ultimo scorcio del Trecento. La città, descritta dall’Alighieri sui versi della Commedia come seduta tra il piano e il monte, nel 1377 subiva il triste e celebre sacco dei Bretoni. Cesena, oppostasi due anni prima con fierezza al governo di papa Gregorio XI, veniva da questi colpita con violenza; il pontefice opponeva, infatti, al ribelle comune romagnolo l’autorità del legato Roberto da Ginevra, che incaricava Giovanni Acuto di controllare il territorio con i suoi armati. Pare che un banale contrasto sorto fra alcuni soldati e i macellai della città desse origine alla repressione armate e al successivo sacco, che condusse, fra l’1 e il 3 febbraio 1377, alla distruzione di Cesena. Da un annientamento nasce una ricostruzione. Nel 1379 papa Urbano VI concedeva Cesena in signoria vicariale ai Malatesti. Galeotto, il primo signore, dava inizio alla ricostruzione della città. Suoi successori saranno Andrea, Carlo, Pandolfo, Domenico detto Novello. Ampie sono le zone del piano entro cui si sviluppa l’abitato, mentre una rocca moderna viene eretta sul colle Garampo. Nella zona sommitale di questo colle, detta Sterlino, si apre Porta Montanara accanto ai resti della vecchia fortezza. Andrea Malatesti aprirà lo spazio selciato della nuova piazza ai piedi del colle su cui sorgeva la distrutta città medioevale. Un asse viario, ancora oggi disteso come percorso principale del centro cittadino, congiunge la piazza cesenate con la cattedrale, dedicata, come quella antica, a San Giovanni Battista, Maggiorenti e da quello dei Provveditori, mentre il potere religioso e quello civile disponevano, isolati, su due segmenti contrapposti, la chiesa di santa Reparata (costruita solo un secolo più tardi) e il Pretorio (o Palazzo dei Provveditori). L’articolazione dello schema compositivo previde un’esattezza di misure tanto nella distribuzione dei volumi destinati alla chiesa e al Pretorio, concepiti in esatta simmetria, tanto nella cinta bastionata, che misura 560 metri per lato. L’idea di un’amministrazione della giustizia, che fosse il compendio esatto del pensiero armonioso caro al Rinascimento fiorentino, trovava consone proporzioni in Terra del Sole, tanto da richiamarsi al pensiero ideale della filosofia neoplatonica e al computo aritmetico della Grecia antica. Su consimili fondamenti numerici si costituì la cosiddetta addizione erculea, sancita a Ferrara da Ercole I d’Este sul finire del Quattrocento e affidata a Biagio Rossetti. La pianta della nuova Ferrara trova spazio secondo una sequenza che riprende il ritmo della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Tredici i canti del poema, 1:3 la proporzione tra gli edifici in altezza volumetrica e profondità spaziale. Il nome del nuovo quartiere (presente tuttora in un toponimo viario) è quello di Arianuova, a indicare la circolazione di nuova aria e nuove idee nei luoghi del rinnovato potere estense. Scrive Franco Farinelli: <<la città, svincolata da ogni dato materiale e costruita solo in base alla geometria, fonda… il proprio sviluppo in base a un asse prospettico>>. La prospettiva dell’asse Arianuova-Ferrara acquisisce il compendio del Palazzo dei Diamanti, che inserisce lungo uno degli assi viari il senso del calcolo di forme e misure intonate al nuovo senso dell’esistenza che il sovrano intendeva mostrare: un tempo dell’armonia e della certezza sottratto alle angustie del pensiero medioevale. Intento a una politica di mediazione fra gli Stati e le potenze, Ercole I diede prova di una singolare capacità nel destreggiarsi tra la diplomazia e il fasto, riuscendo a conservare il proprio ducato a dispetto delle mire di altre potenze. L’arrivo alla sua corte del musicista picardo Josquin Desprez consentì l’ascolto della Missa “Hercules Dux Ferrariae”, in cui la sequenza delle otto note affiancate a comporre, come sillabando, il nome del sovrano e del suo stato (RE DO RE DO RE FA MI RE), generò un’architettura musicale non lontana dal senso di armonia celeste che anche la Rinascenza padana aveva inteso evocare. mentre un ponte viene gettato sul fiume Savio. La Cesena quattrocentesca che si sta formando non 44 reca i segni di un progetto edilizio steso a priori, né mostra il vanto di una scansione predefinita. Cesena è città che si forma per la volontà e l’affetto dei nuovi principi, capaci di dotarla nel Quattrocento, con Malatesta Novello e Violante del Montefeltro, d’un ospedale e d’un acquedotto. Gioiello finale della città nuova sarà la Biblioteca Malatestiana, la mirabile libreria per l’illustrissima comunità compiuta nel 1454 dall’architetto fanese Matteo Nuti, entro la quale l’intatta aula di lettura, coi banchi fatti del legno tolto alla pineta di Ravenna e le snelle colonnine in sasso di Montecodruzzo, rinvia ai materiali poveri e intimi del luogo nativo, mentre la scansione dello spazio in campate leggere e armoniche illustra un tempo della mente e del sentimento capace di accogliere centinaia di codici miniati commissionati dal signore cesenate ad artigiani del pennello e del colore giunti d’oltralpe. Entro la città nuova, con l’amore e il mecenatismo espressi nell’addizione urbica, che allo spazio civico consegnava intensa vita, l’aula malatestiana rappresentava il motore dei pensieri, il cuore degli affetti, il centro fondante di uno sviluppo capace d’imprimere forme originali al piccolo mondo circostante. compiuta da Napoleone a cavallo fra Settecento e Ottocento. Il lascito principale dei francesi si coglie su Piazza del Popolo e sui Giardini del Pincio. Il progetto iniziale concepito da Luigi Valadier fu ritenuto troppo esiguo, tanto da essere affidato dall’architetto imperiale, Louis-Martin Berthauld, che riusciva a imprimere al disegno della piazza la caratteristica forma ellittica ispirata alla parigina Place de la Concorde. Anche Pio VII, di ritorno dall’esilio di Fontainebleau, avrebbe saputo apprezzare questa nuova sistemazione. La volontà di Napoleone si legava al desiderio di lasciare un segno indelebile sulle principali città italiane; a Milano, per esempio, il progetto del Foro Bonaparte doveva consegnare al capoluogo la più grande piazza d’Europa. A Roma, invece, la replica del modello parigino di capitale andava a insinuarsi dentro i vecchi borghi, col proposito non dissimulato di esaltare il senso di monumentalità, cancellando parti dell’anima popolare che pure appartenevano all’antico capo del mondo. In un istantaneo isomorfismo fra luogo e persona, l’accrescimento dell’imponenza di Roma avrebbe dovuto assegnare uguale importanza al nuovo conquistatore. Accanto a questa specifica volontà del recente padrone dell’Urbe, s’assisteva allo sviluppo d’un processo tipico del tempo neoclassico: quello di modificare l’assetto viario in senso rigorosamente prospettico, attraverso la creazione di giardini e di passeggiate, d’incroci e raccordi viari. d’Italia, in attesa di cedere il titolo alla conquistata Roma di Porta Pia Viene alla mente ciò che su Firenze sarà compiuto circa cinquant’anni dopo, quando la mano degli architetti ne trasformerà radicalmente il volto nel periodo compreso fra il 1865 e il 1870, anni in cui il capoluogo toscano sarà scelto come capitale del Regno. Così l’impianto medioevale dell’antico centro caro al potere mediceo e lorenese assisterà a sventramenti e riassetti in senso moderno, con perdita delle mura e di interi quartieri, fino alla creazione della lunga passeggiata distesa da porta Romana fino al ponte San Niccolò e alle rampe che consentivano l’accesso al Piazzale Michelangelo, grandiosa creazione di Giuseppe Poggi. Il modello urbanistico trasfuso all’Italia sabauda restava pur sempre quello francese, col tracciato dei grandi boulevards destinato a percorrere il lungo segmento del giro murario medioevale ormai abbattuto; allo stesso tempo, l’ultima vittoria della Rivoluzione francese e dell’evo napoleonico in Italia apparve il lascito urbanistico impresso sul L’immagine di Roma Roma ha vissuto e sofferto d’ogni sorta d’irruzioni, di crisi, di rivoluzioni. Vincenzo Cardarelli, viaggiatore insocievole, d’inizio Novecento, con questa massima esprimeva un pensiero che ad altri osservatori era stato comune: l’idea d’una Roma cosmopolita sulla quale la successione delle potenze di governo avevano imposto un tratto della volontà di affermare il loro nome, attraverso trasformazioni destinate a restare eterne, e assumendo un’incongrua presunzione d’eternità dallo stesso destino dell’Urbe. Si trattò, in definitiva, dell’esito d’un singolare tentativo che finì per collocare la sua impronta fra i tratti della creazione e della distruttività, mostrando una sostanziale irriverenza per quanto dai secoli precedenti fosse stato compiuto. Proseguiva Cardarelli:<<Si consideri che il Seicento non esitò a radere al suolo qualche edificio del Bramante; che bene spesso i Papi ricostruirono molte facciate non ad altro scopo che di innalzare il proprio stemma, che, insomma, le vicende di Roma non potevano essere più idilliche della sua formidabile storia>>. Una sostanziale trasformazione dell’assetto urbanistico nella conquistata capitale dei papi fu 45 volto delle città appartenenti alla nuova provincia, dove i lunghi viali e le ariose piazze alberate segnavano il tempo e la giornata della nascente borghesia. Il discorso su Roma consente maggiore profondità. L’Urbe, attraverso il senso millenario della sua vicenda, è divenuta un elemento inconsapevole della storia personale appartenente a ogni individuo, fino a comporre, come annotava Fausto Petrella, una metafora della città sepolta in ciascuno, all’interno di un’espressione della pluristratificata complessità degli affetti e delle immagini profonde. Il Settecento, lungo i percorsi del Grand Tour, compì un’autentica scoperta del ruolo emozionale di Roma, che finiva per assumere, soprattutto nelle pagine di Goethe, la consistenza di un’immagine interiore e della raffigurazione dei desideri profondi di contatto e di conoscenza, destinati a farsi febbrile esaltazione e sofferenza sanabile solo per l’incontro con gli oggetti concreti, con la reale essenza della città. La presenza di Roma fra le tappe del Grand Tour indica il punto nodale di un contatto con lo spirito attraverso cui il viaggio d’istruzione romantica e sentimentale veniva compiuto: la trasposizione dal tempo della storia a quello della crescita interiore, l’incontro con parti di sé legate all’interpretazione romantica dei classici e dello stile di vita. In quegli stessi anni, comparvero le inquietanti incisioni di un altro artista, che di Roma fece il centro del proprio mondo estetico ed emotivo. Si tratta del veneto Giovanni Batista Piranesi, capace, fin dal 1745, di raffigurare Roma in termini puntuali e grandiosi, concentrando lo sguardo soprattutto sui monumenti e sulle rovine. Si formarono in questo modo le celebri vedute in cui l’artista offriva la densità d’una figurazione potente e carica di emozioni. Gli scori piranesiani componevano la quinta di un’Urbe attraversata da forti valori estetici, dove il chiaroscuro incisorio si faceva lo specchio di inquiete vibrazioni. Magnificenza e architettura dei Romani: la serie delle tavole di Piranesi svelava l’ascendenza etrusca del modello costruttivo latino. Capricci e Carceri d’invenzione: da spazio della visione e della raffigurazione esterna, l’incisione diveniva lo specchio sul mondo interno dell’autore, tanto da acquisire i gradienti d’un sentimento profondo e terribile, presente in un mondo irreale e fantastico che scopriva luoghi tetri, enormi scalee, infernali spazi per il tormento. Dalla rappresentazione di Roma all’infinita enunciazione di un ambito emozionale e turbato: l’immagine dell’Urbe coinvolse a tal punto il segno e la mente dell’incisore da consentirgli la creazione di una città invisibile, derivata solo in parte dalle visioni di un’antichità, che Piranesi ben coglieva tanto nell’assetto urbano coevo quanto nella sequenza personale fatta d’intime riflessioni. Durante gli anni del Fascismo, Roma è stata resa oggetto di altre trasformazioni e di concreti cambiamenti. L’Italia del duce risentì d’un intenso progetto di revisione architettonica, che avrebbe spazzato via soprattutto nell’Urbe gli edifici del Rinascimento, con un’intensa propaganda volta a inurbare in nuovi quartieri residenziali le popolazioni rurali. Le direttrici secondo cui si muoveva l’urbanesimo mussoliniano erano rappresentate dal culto di una romanità rediviva e dalla propaganda razionalista. Entrambi i termini parvero coincidere soprattutto nella concezione della semplicità insita nei manufatti architettonici, che, attraverso il moderno svecchiamento degli antichi nuclei storici, spesso modesti e fatiscenti, consegnavano al panorama dell’Italia proletaria e fascista il senso d’un assetto fatto d’igiene e sobrietà, che al mondo fisico e morale della nazione sarebbe dovuto appartenere. L’Italietta giolittiana diveniva il principale bersaglio del piccone risanatore, capace di sventrare interi quartieri per fare risaltare le linee del nuovo impianto ortogonale, intenzionato a riprendere i principi del cardo e del decumanus tracciati sulle 46 città latine. Un processo secolare, capace di comporre a Roma interi agglomerati cittadini, frutto delle apposizioni di un pensiero incessante e dell’edilizia fiorita spontaneamente, lasciava il posto a fredde e solenni volumetrie che, se da un lato generavano il senso d’un distacco infinito, dall’altro compiacevano il progetto mussoliniano di fare giganteggiare i monumenti della Roma imperiale nel loro necessario ed esaltante isolamento. L’immagine della città sventrata era ottenuta dallo spirito con cui la violenza urbanizzatrice del regime interpretava il senso dell’antica Roma, escludendo per sempre dal pensiero contemporaneo la traccia di quella crescita umile e popolare, che proprio alla città dei Cesari era appartenuta, attraverso la composizione d’un tessuto urbano pensato e realizzato secondo la misura d’uno spirito che aveva avvertito la consistenza d’una città invisibile presente nei luoghi. Antonio Cederna nel 1979 descriveva come frenesia sventratoria la concezione dello svecchiamento fascista, intenzionato a cancellare e raschiare via per sempre interi isolati e perfino i celebri scorci paesistici immortalati dagli artisti. Se il pittore di origini boeme Ettore Roesler Franz aveva immortalato nell’ultimo Ottocento la sua Roma sparita, le distruzioni novecentesche intesero rappresentare il senso di un’urbanistica non dissimile dai processi mentali della dittatura: la cancellazione di tutti i pensieri e i progetti concepiti in senso difforme dal nuovo sistema di governo e dalle imposizioni dirette alla vita pubblica e privata del cittadino e dello stato. La Roma di Mussolini avrebbe dovuto eguagliare per fasto e potere la capitale di Augusto, dominatrice del mondo, secondo un’evoluzione quarantennale concepita dagli architetti del duce e, negli intenti, destinata a essere compiuta solo nel 1975. concreto del luogo. Il secolo successivo farà di più, occupandosi della reale raffigurazione dei luoghi, finalmente resi percepibili e distinguibili attraverso le immagini ottenute dalla pittura e dalla fotografia. La visione fisica del mondo cara ad Alexander von Humboldt conduce sotto gli occhi di molti la rappresentazione non più astratta e il meno soggettiva possibile degli spazi lontani. Il mondo diviene l’ambito della rappresentazione e si sottrae all’immaginazione totalizzante, che aveva reso densi di pericolo e di mistero i territori incogniti. Si veda anche il dipinto di Silvestro Lega Motivo dal vero presso Firenze o Orti a Piagentina (1865), nel quale il pittore ritrae la città come di soppiatto, da una prospettiva esterna con i volumi della cupola brunelleschiana e il campanile del duomo visti sorgere al di là delle mura, improvvisi come emersi dalla campagna circostante, senza altre frapposizioni se non quelle di alberi rinsecchiti per il freddo. Pare questa la descrizione di un processo: quello della nascita dell’arte e della civiltà fiorentina dall’humus del contado, dalla terra capace di dare i natali anche a Giotto; il centro del dipinto è formato dagli orti, ove una solitaria figura siede a terra, come a ristorarsi dalle rustiche occupazioni. Tra il 1890 e il 1930, i fratelli Alinari esprimeranno il significato culturale e letterario della loro concezione dello spazio. Le fotografie degli Alinari svelano d’improvviso il volto di un’Italia colta come di sorpresa, percepita nei tratti solitari e monumentali delle sue città, che paiono manifestare il senso di una bellezza schiva e segreta, talvolta aspra e di difficile fruizione, ma destinata a diventare il segno inconfondibile per il riconoscimento nazionale e internazionale del luogo. La mattonella dei fratelli Alinari, cioè il punto esclusivo dal quale trarre il fotogramma di un angolo cittadino o monumentale si rende il modello di una visione fissa, che giova a imprimere nella memoria il marchio distintivo di una visione comune. La costante frequentazione tenuta dagli Alinari col paesaggio urbano di matrice rinascimentale consegna alle fotografie scattate i termini della prospettiva classica. Scriveva Carlo Gentili:<<l’immagine della città si offre… come il risultato di un processo di interiorizzazione tra l’esperienza del soggetto percipiente –nella quale entrano anche i fattori del vissuto- e il dato oggettivo rappresentato dalla presenza storica della città>>. Così, la stessa fotografia s’inserisce nei processi di transizione fra l’interiorità soggettiva e il piano esterno dell’oggettività. Non solo documentazione del Immagine e antropologia dei luoghi: il caso Forlì Se la variazione intervenuta, entro il pensiero e le arti, nel passaggio dal Rinascimento al Neoclassicismo può essere intesa come un mutamento nella concezione antropologica dell’individuo, questa si riscontra anche nel diverso pensiero esercitato sulla concezione della città. Il ‘500 la descrive, infatti, come un raggruppamento di uomini, il ‘700 passa, invece, a indicare il centro abitato come un agglomerato di case; nasce la mappa cartografica perfezionata, capace di rappresentare in astratto il senso 47 mondo destinato a rapidi e turbinosi cambiamenti, gli esordi della fotografia realizzano la reale socializzazione dell’immagine pubblica del luogo, spazio antropologico del mutamento e della conservazione. Lo stesso Gentili annotava come nella Bologna del primo ‘900, la retorica intesa a ripristinare lo spirito caro al Medioevo dei liberi comuni volle ridisegnare in termini neo-medioevali e stilisticamente non aggiornati vasti tratti dell’assetto urbano. Non dimentichiamo la Ravenna dell’espansione industriale, intenta a dotarsi nel medio ‘900 di palazzi enormi distribuiti sul confine tra il centro e la periferia, quasi vedette del progresso messe a vegliare sul sonno dell’antichità, pur nell’insolenza della loro mole sorta a specchio delle industrie petrolchimiche appena fondate per l’estrazione d’idrocarburi da un sottosuolo rivelatosi geologicamente ricco. Il senso sociale della città invisibile tende spesso a estendere la concezione di presentabilità dei luoghi con quello di pensabilità collettiva relativa allo spirito con cui questi dovevano essere concepiti o aggiornati entro il loro volto visibile e negli specifici significati della loro esistenza. Pensiamo a una modesta città di provincia, capoluogo nell’appartata Romagna dell’entroterra. La Forlì medioevale e rinascimentale, nota per il suo ruolo di stato cuscinetto nell’Italia degli equilibri fra le potenze, vede declinare la propria importanza per circa quattro secoli, fino a conoscere l’onore e il gravame di un aggiornamento edilizio in senso monumentale e razionalista, firma impressa da Benito Mussolini sulla sede provinciale delle proprie origini umili e campestri. Un’addizione novecentesca e solenne diviene il biglietto da visita per chi arriva in treno nel capoluogo del duce, con il lungo boulevard disteso dalla stazione (realizzata a partire dal 1925 secondo i canoni di un tardo eclettismo) fino alla lontana prospettiva dell’enorme colonna di marmo che domina il Monumento ai caduti. I desideri di Mussolini toccano altre zone del centro, dove distendono i segni dell’irrompente necessità di svecchiare e di ripristinare, ma soprattutto di segnalare il senso di un potere e di un’autorità che tanto gli anarchici e i socialisti romagnoli quanto i fautori della fede repubblicana non dovevano dimenticare. La pianta della città antica non viene, però, snaturata. Il nucleo racchiuso dalle mura trecentesche (abbattute nel 1901 per lasciare il posto all’anello viario circolare) conserva il senso che il potere degli Ordelaffi e dei Riario-Sforza volle imprimere alla fiera capitale. La città medioevale continua a vivere nel reticolato delle piccole strade, negli slarghi delle piazze e resta ben leggibile e integrata con le apposizioni edilizie successive. Il quadro di Forlì appare subito chiaro, folgorante come una rivelazione improvvisa, ad Antonio Cederna, viaggiatore nell’Italia del medio ‘900: <<Come in altre città italiane, il pregio di Forlì sta nella compattezza della struttura urbanistica, nella raffinatezza della sua rete stradale, nella continuità armoniosa della sua architettura: le strade seguono un corso sinuoso e dolcemente ondulato, con sezione mutevole, gli sbocchi delle radiali sono sempre sfasati, ed è raro un attraversamento che non riprenda, al di là dell’incrocio, su un asse diverso L’immagine d’una città concepita in pieno Medioevo come spazio per il riparo e la difesa consegna al prospetto viario, tuttora conservato, il senso antropologico del limite e del confine da non violare e insieme indica le necessità difensive di chi, all’arrivo del nemico, poteva, grazie al continuo variare dei percorsi, trovare vie di fuga e salvamento. E Forlì, priva di monumenti da manuale di storia dell’arte, proprio da questa assenza trae un valore antropologico e filologico legato al senso unitario dei suoi particolari, destinati nel loro insieme a realizzare un compendio accurato dei pensieri e degli intenti concepiti sulla città attraverso lo scorrere dei secoli. Aggiungeva Cederna:<<pare che questa città tutta distesa nella pianura abbia voluto segregarsi e ripararsi dalla campagna di cui continuamente si avverte la presenza intorno>>. L’acume di questa annotazione consegna a Forlì il senso con cui quasi tutte le città furono fondate: la separazione dall’agro, la segmentazione dello spazio secondo canoni e strutture ben definite, la necessità di raggrupparsi per offrire scambievoli servizi rivolti alla protezione e alla sussistenza, al lavoro e alla cura diretta a sé e agli altri. Ma la composizione della città antica non dimenticava né escludeva la campagna, che poteva restare ben percepibile e talvolta anche visibile dall’interno del contesto urbano, come il luogo delle origini resta chiaro e presente alla mente di ciascuno. L’idea della città non può disgiungersi dall’immagine dell’individuo, destinato a portare dentro di sé il senso di quella città invisibile, composta dalle emozioni e dalle esperienze soggettive, che fin dalla nascita ognuno reca dentro di sé, in attesa di dare forma ai singoli agglomerati urbani visibili e di abitarli, così da rintracciare in essi il significato delle differenze e delle somiglianze individuali. 48 Bibliografia Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972 Vincenzo Cardarelli, Il destino di Roma, ne “Il cielo sulle città”, Bompiani, Milano 1939 Antonio Cederna, Una città trascurata, ne “Il Mondo”, luglio 1957 Antonio Cederna (1979), Mussolini urbanista, Corte del Fontego, Venezia 2006 Franco Farinelli, Il paesaggio tra fotografia e geografia: l’immagine degli Alinari, ne “L’immagine della regione – Fotografie degli archivi Alinari in Emilia e in Romagna”, 13-24, Istituto per i beni artistici culturali naturali della regione Emilia-Romagna, Bologna 1980 Carlo Gentili, Fotografia e percezione urbana, ne “L’immagine della regione – Fotografie degli archivi Alinari in Emilia e n Romagna”, 25-33, Istituto per i beni artistici culturali naturali della regione Emilia-Romagna, Bologna 1980 Pierluigi Moressa, Il centro storico e la città: un’ipotesi per la Forlì del XXI secolo, in “La Voce di Romagna”, 3 dicembre 2006 Pierluigi Moressa, La visita - Idillio e passioni nella pittura di Silvestro Lega, Raffaelli ed., Rimini 2006 Pierluigi Moressa, Firenze: una capitale scomoda, in “Un cuore di rondine – Viaggio nell’Italia di Pellegrino Artusi”, 73-92, Raffaelli ed., Rimini 2007 Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Forlì – L’Aquila e il Capricorno, Foschi ed., Forlì 2007 Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena – Il monte, il ponte, il fonte, Foschi ed. 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A cura di: Antonio Napoletano, Claudia Zacchi, Elena Tripodi, Anna Maria Tagliavini 2 La città com’è e come sarà dal catalogo della Biblioteca Sala Borsa: Abalos, Inaki Albertini, Gabriele Amendola, Giandomenico Anderlini, Fausto Amin, Ash Anholt, Simon Archibugi, Franco Astarita, Rossano Augé, Marc Augé, Marc Augé, Marc Augé, Marc Il buon abitare : pensare le case della modernità / Inaki Abalos. – Milano : Christian Marinotti, c2009. – 236 p. : ill. ; 21 cm. Nella stanza del sindaco : nove anni al governo di una metropoli che cambia / Gabriele Albertini , con Carlo Maria Lomartire. – Milano : Oscar Mondadori, 2006. – 190 p., [6] c. di tav. : ill. ; 20 cm. La città postmoderna : magie e paure della metropoli contemporanea / Giandomenico Amendola. – Roma [etc.] : Laterza, 1997. – 272 p., [10] c. di tav. : ill. ; 21 cm. Dopo l’urbanizzazione : sprawl suburbano e dinamica sociale : Bologna e altre metropoli / Fausto Anderlini ; équipe di ricerca che ha collaborato allo svolgimento delle analisi: Fabio Boccafogli…°e t al.!. – Bologna : CLUEB, °2003!. – XII, 315 p. : ill. ; 24 cm. Città : ripensare la dimensione urbana / Ash Amin, Nigel Thrift. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 243 p. ; 22 cm. L’identità competitiva : il branding di nazioni, città, regioni / Simon Anholt ; prefazione di Lanfranco Senn. – Milano : EGEA, 2007. – XII, 170 p. ; 23 cm. La città ecologica : urbanistica e sostenibilità / Franco Archibugi. – Torino : Bollati Boringhieri, 2002. – 257 p. ; 22 cm. Gli architetti di Olivetti : una storia di committenza industriale / Rossano Astarita ; prefazione di Cesare De Seta. – Milano : F. Angeli, 2000!. – 212 p. : ill. ; 23 cm. Disneyland e altri nonluoghi / Marc Augé. – Torino : Bollati Boringhieri, 1999. – 122 p. ; 18 cm. Un etnologo nel metrò / Marc Augé ; a cura e con un’introduzione di Francesco Maiello. – Milano : Eléuthera, [1992]. – 101 p. ; 19 cm. Nonluoghi : introduzione a una antropologia della surmodernità / Marc Augé. – Milano : Eleuthera, stampa 1999. – 11 p. ; 19 cm. Tra i confini : città, luoghi, integrazioni / Marc Augé. - [Milano] : B. Mondadori, [2007]. – IX, 64 p. ; 17 cm. ((Scritti già pubbl. 50 S 728 ABALI S 351.45211 ALBEG S 307.76 AMENG SL 307.1 ANDEF S 307.76 AMINA S 659.2 ANHOS S 711 ARCHF S 307.76 ASTAR S 306.4 AUGEM S 306.09 AUGEM AAS 306 AUGEM S 307.76 AUGEM Ave, Gastone Aymonino, Carlo Aymonino, Carlo Bairoch, Paul Balbo, Marcello Baldissara, Luca Balducci, Valter Banham, Reyner Barbieri, Giuseppe <1943-> Bauman, Zygmunt Bazzini, Davide Béguot, Bruce Bellicini, Lorenzo Bellucci, Sergio Bernoulli, Hans Benevolo, Leonardo Benjamin, Walter Benjamin, Walter Città e strategie : urbanistica e rigenerazione economica delle città / Gastone Ave. – Santarcangelo di Romagna : Maggioli, [2004]. – 443 p. ; 24 cm. Origini e sviluppo della città moderna / Carlo Aymonino. – Venezia : Marsilio, 2009 Il significato delle città / Carlo Aymonino. – Venezia : Marsilio, 2000. – 269 p. : ill. ; 22 cm. Storia delle città : dalla proto-urbanizzazione all’esplosione urbana del Terzo mondo / Paul Bairoch. – 2. ed. – Milano : Jaca book, 1996. – 93 p. ; 19 cm. L’intreccio urbano : la gestione della città nei paesi in via di sviluppo / Marcello Balbo. – Milano : F. Angeli, 1999. – 175 p. ; 22 cm. Per una città più bella e più grande : il governo municipale di Bologna negli anni della ricostruzione, 1945-1956 / Luca Baldissara. – Bologna : Il mulino, [1994]. – 415 p. ; 22 cm. Banlieue, banlieue : architettura e società nella periferia di Parigi / Valter Balducci e Valentina Orioli. .- Bologna : Clueb, 2007. – 88 p. : ill. ; 30 cm.((In testa al front.: Facoltà di architettura “Aldo Rossi”, Alma Mater Studiorum Università di Bologna sede di Cesena. – Pubblicato in occasione della mostra tenuta a Cesena tra novembre e dicembre 2007. Le tentazioni dell’architettura : megastrutture / Reyner Banham. – Roma \etc.! : Laterza, 1980. – VII, 259 p. : ill. ; 25 cm. Metropoli piccole / Pepe Barbieri. – Roma : Meltemi, °2003!. – 112 p. ; 19 cm. Globalizzazione e glocalizzazione / Zygmunt Bauman ; saggi scelti a cura di Peter Beilharz. – Roma : Armando, ©2005 (stampa 2004). – 415 p. ; 22 cm. Il senso delle periferie : un approccio relazionale alla rigenerazione urbana / Davide Bazzini, Matteo Puttilli. - [Milano] : Elèuthera, [2008]. – 118 p. ; 18 cm. Zeropoli : Las Vegas, città del nulla / Bruce Béguot. – Torino : Bollati Boringhieri, 2002. – 130 p. ; 18 cm. Periferia italiana / Lorenzo Bellicini, Richard Ingersoll. – Roma : Meltemi, 2001!. – 118 p. : ill. ; 19 cm. ((In appendice: Schede sulle principali politiche di intervento realizzate nelle periferie in Italia, a cura di Franco Wilmar. E-work : lavoro, rete, innovazione / Sergio Bellucci ; prefazione di Domenico De Masi ; postfazione di Fausto Bertinotti. – Roma : DeriveApprodi, 2005. – 189 p. ; 23 cm. La città e il suolo urbano / Hans Bernoulli ; prefazione di Edoardo Salzano ; nota biografica di Mirelle Senn. – Venezia : Corte del Fontego, [2006]. – XXXV, 90 p., [28] c. di tav. : ill. ; 25 cm. Le origini dell’urbanistica moderna / Leonardo Benevolo. – 15. ed. – Roma etc.! : Laterza, 1998. – 191 p., 8! c. di tav. : ill. ; 18 cm. Immagini di città / Walter Benjamin ; nuova edizione a cura di Enrico Ganni ; prefazione di Claudio Magris ; con uno scritto di Peter Szondi. – Torino : Einaudi, [2007!. – XIV, 144 p. ; 21 cm. 11 : Parigi, capitale del 19. secolo : i passages di Parigi / Walter Benjamin ; a cura di Rolf Tiedemann. – Torino : G. Einaudi, 1986. – XXII, 1110 p., 14! c. di tav. : ill. ; 22 cm. ((In custodia. 51 S 307.1 AVEG Acquisizione in corso S 711 AYMOC S 307.7609 BAIRP S 307.76 BALBM SL 352.04541 BALDL S 711 BALDV S 720 BANHR S 711 BARBG S 301 BAUMZ S 307.1 BAZZ S 307.76 BEGOB S 711 BELLL S 331.12 BELLS Acquisizione in corso S 711 BENEL S 838 BENJW S 834 BENJW Berdini, Paolo Il giubileo senza città / Paolo Berdini ; prefazione di Vezio De Lucia. – Roma : Editori riuniti, 2000. – 158 p. ; 21 cm. Berman, Marshall L’esperienza della modernità / Marshall Berman. – Bologna : Il mulino, [1985]. – 428 p. ; 22 cm. Bertozzi, Marco L’immaginario urbano nel cinema delle origini : la veduta Lumiere / Marco Bertozzi. – Bologna : CLUEB, 2001!. – 258 p., 8! c. di tav. : ill. ; 24 cm. Bertuglia, Cristoforo Formazione di un’identità urbana : il caso delle villes nuovelles / Sergio Cristoforo Sergio Bertuglia, Silvia Prodam Tich, Andrea Stanghellini. – Milano : F. Angeli, [2004]. – 142 p. : ill. ; 23 cm. 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Bonora, Paola Costellazione Emilia : territorialità e rischi della maturità / Paola Bonora. – Torino : Fondazione Giovanni Agnelli, [1999]. – XII, 170 p. ; 21 cm. ((Segue: Appendice. Botta, Mario Dove abitano le emozioni : la felicità e i luoghi in cui viviamo / Mario Botta e Paolo Crepet ; con Giuseppe Zois. – Torino : Einaudi, 2007. -. VII, 173 p. ; 21 cm. Bottini, Fabrizio I nuovi territori del commercio : società locale, grande distribuzione, urbanistica / di Fabrizio Bottini. – Firenze : Alinea, [2005]. – 171 p. : ill. ; 22 cm. 52 S 711 BERDP S 306.4 BERMM S 791.43 BERTM S 711 BERTCS S 577 BETTV S 307.1 BETTC S 779 BIALP S 711 BIANC S 720 BIANC S 307.76 BIONG S 711 BOATG S 945.2 BOCCG S 711 BOHIO S CLDEP 945.411 BOLOG CL 711.4 COMEC S 330.9454 BONOP S 155.9 BOTTM S 711 BOTTF Branzi, Andrea Brown, Lester Bruno, Giuliana Cagnardi, Augusto Calabi, Donatella Calabi, Donatella Caldiron, Guido Campos Venuti, Giuseppe Campos Venuti, Giuseppe Caritas Italiana Modernità debole e diffusa : il mondo del progetto all’inizio del 21. secolo / Andrea Branzi. – Milano : Skira, °2006!. – 180 p. : ill. ; 21x22 cm. Bilancio terra : gli effetti ambientali dell’economia globalizzata / Lester Brown ; Janet Larsen, Bernie Fischlowitz-Roberts. – Milano : Ambiente, ©2003. – 238 è. ; 23 cm. Atlante delle emozioni : in viaggio tra arte, architettura e cinema / Giuliana Bruno ; edizione italiana a cura di Maria Nadotti. - [Milano] : B. Mondadori, [2006]. – 471 p., [8] c.di tav. : ill. ; 26 cm. Ritorni da Shanghai : cronache di un architetto italiano in Cina / Augusto Cagnardi. – Torino [etc.] : Umberto Allemandi & C., [2008]. – 191 p. : ill. ; 20 cm. Storia della città : l’età contemporanea / Donatella Calabi. – Venezia : Marsilio, 2005. – 397 p. : ill. ; 22 cm. Storia dell’urbanistica europea : questioni, strumenti, casi esemplari / Donatella Calabi. – Milano : Bruno Mondadori, [2004!. – XXIII, 343 p. : ill. ; 22 cm. Banlieue : vita e rivolta nelle periferie della metropoli / Guido Caldiron. – Roma : Manifestolibri, [2005]. – 141 p. ; 21 cm. Territorio / Giuseppe Campos Venuti. – Bologna : CLUEB, 2000!. – 53 p. ; 15 cm. L’urbanistica riformista / Giuseppe Campos Venuti ; antologia di scritti, lezioni e piani a cura di Federico Oliva ; con un profilo biografico dell’Autore a cura di Patrizia Gabellini. – Milano : ETAS libri, 1991. – 414 p. : ill. ; 24 cm.+ 6 c. La città abbandonata : dove sono e come cambiano le periferie italiane / Caritas italiana ; a cura di Mauro Magatti. – Bologna : Il mulino, [2007]. – 523 p. ; 22 cm. + 1 CD-ROM. S 720 BRANA S 333.7 BROWLR S 700.1 BRUNG S 720.951 CAGNA S 711.4 CALAD S 711 CALAD S 3003.6 CALDG S 720 CAMPVG S 7112 CAMPVG S 307.760945 CITTA + CD-ROM Carta, Maurizio Next city : culture city / Maurizio Carta. – Roma : Meltemi, [2004]. – 164 S 711 p. : ill. ; 19 cm. CARTM Castells, Manuel La città delle reti / Manuel Castells. – Venezia : Marsilio, 2004. – 81 p. ; S 303.48 17 cm. CASTM Castells, Manuel Galassia Internet / Manuel Castells. – Milano : Feltrinelli, 2002. – 262 p. S 004.6 ; 22 cm. 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Dozza, Giuseppe Emery, Nicola Emilia Romagna : Assessorato territorio programmazione e ambiente Espuelas, Fernando Farinelli, Franco Favole, Paolo High-rise : percorsi nella stopria dell’architettura e dell’urbanistica del 19. e del 20. secolo attraverso la dimensione verticale / Alessandro De Magistris. – Torino : UTET libreria, [2004]. – X, 106 p., [32] c. di tav. : ill. ; 24 cm. Progetto implicito : il contributo della geografia umana alle scienze del territorio / Giuseppe Dematteis. – Milano : F. Angeli, [1995]. – 124 p. ; 22 cm. Il maiale e il grattacielo : Chicago: una storia del nostro futuro / Marco d’Eramo. – Milano : Feltrinelli, [1995]. – 406 p. ; 22 cm. Grande raccordo anulare : alla ricerca dei confini di Roma / Mario De Quarto ; introduzione di Antonio Pascale ; postfazione di Filippo La Porta. – 2. ed. – Roma : Avagliano, 2008. – 198 p. ; 18 cm. La città di latta : favelas di lusso, autogrill, svincoli stradali e antenne paraboliche / Paolo Desideri. – Genova! : Costa & Nolan ; Ancona etc.! : Editori associati, 2000!. – 93 p. ; 17 cm. Lo spazio nel pensiero economico dal 16. al 18. secolo / Pierre Dockes ; a cura di Mario de Stefanis. – Milano : Feltrinelli, 1971. – 374 p. ; 23 cm. Campagne urbane : una nuova proposta di paesaggio della città / Pierre Donadieu ; edizione italiana a cura di Mariavaleria Mininni ; con venti fotografie di Paolo De Stefano. – Roma : Donzelli, c2006 (stampa 2005). .- XLVIII, 205 p., [16! c. di tav. : ill. ; 22 cm. Margini della mobilità / Giovanna Donini. – Roma : Meltemi, [2008]. – 167 p. : ill. ; 19 cm. Dal riuso alla città post-industriale : riflessioni e proposte per una nuova città / Alberto Donti : premesse, presentazioni ed interventi di Giancarlo De Carlo…[et al.]. – Firenze : Alinea, [1985]. – 135 p. : ill. ; 24 cm. Il Bronx : storia di un quartiere malfamato / Loretta M. 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Fa parte di “Metronomie : ricerche e studi sul sistema urbano bolognese”, 22 (2001), P. 55-58 : ill. Strade urbane : architettura e arredo / Paolo Favole. – Milano : Tecniche nuove, [2007]. – 191 p. : ill. ; 31 cm. 55 S 720 DEMAA S 307.76 DEMAG S 307.7609 DERAM S 307.76 DEQUM S 307.76 DESIP SDEP 330.1 DOCKP S 711 DONAP S 388.4 DONIG S 711 DONTA S 947.7 DORSLM SL 352.045411 DOZZG S 720.1 EMERN S 711 RAPPO S 720.1 ESPUF Metronomie S 711 FAVOP Fazio, Mario Finotto, Francesco Fiorani, Eleonora Florida, Richard Florida, Richard Floris, Fabrizio Foglio, Antonio <1940-> Foot, John Franklin, Stuart Frisby, David Fuligni, Paolo Fuksas, Massimiliano Gabellini, Patrizia Gallingani, Mariangiola Gandini, Leonardo Gandino, Bruno Gasparrini, Carlo Gauzin-Müller, Dominique Passato e futuro delle città : processo all’architettura contemporanea / Mario Fazio. – Torino : Einaudi, 2000! . – XIX, 214 p., 8! c. di tav. : ill. ; 20 cm. La città aperta : storia delle teorie urbanistiche moderne / Francesco Finotto. – Venezia : Marsilio, 2001. – 239 p., [16] c. di tav. : ill. ; 22 cm. I panorami del contemporaneo / Eleonora Fiorani. – Milano : Lupetti, [2005]. – 235 p. : ill. ; 23 cm. L’ascesa della nuova classe creativa : stile di vita, valori e professioni / Richard Florida. – Milano : Mondadori, 2003. – 483 p. ; 22 cm. La classe creativa spicca il volo : la fuga dei cervelli: chi vince e chi perde / Richard Florida. – Milano : Mondadori, 2006. – 330 p. ; 20 cm. Baracche e burattini? : la città-slum di Korogocho in Kenya / Fabrizio Floris : °presentazione di Alex Zanotelli. – Torino : L’harmattan Italia, ©2003. – 169 p. ; 21 cm. Il marketing urbano-territoriale : il marketing per città, aree urbane e metropolitane, organismi territoriali / Antonio Foglio. – Milano : F. Angeli, [2006]. – 383 p. ; 23 cm. Milano dopo il miracolo : biografia di una città / John Foot. – Milano : Feltrinelli, [2003]. – 285 p. ; 23 cm. 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Le occasioni della metropoli : la pianificazione metropolitana a Bologna : disegni compiuti, sentieri interrotti, sogni, suggestioni / Mariangiola Gallingani. – Bologna : CLUEB, [2004]. – XIV, 372 p., [8] c. di tav. : ill. ; 24 cm. L’immagine della città americana nel cinema hollywoodiano, 1927-1932 / Leonardo Gandini. – Bologna : Clueb, [1994]. – 286 p. ; 24 cm. La città possibile / Bruno Gandino, Dario Manuetti. – 3. ed. agg. – Como : Red, 1998. – 174 p. : ill. ; 27 cm. ((Nell’occhietto: Le radici del futuro ; 21. Passeggeri e viaggiatori : paesaggio e progetti delle nuove infrastrutture in Europa / Carlo Gasparrini. – Roma : Meltemi, °20 03!. – 214 p. : ill. ; 19 cm. Architettura sostenibile : [29 esempi europei di edifici e insediamenti ad alta qualità ambientale] / Dominique Gauzin-Müller ; con il contribito di Nicolas Favet e di Pascale Maes ; [edizione italiana a cura di Marco Moro]. – Milano : Edizioni Ambiente, stampa 2003. – 257 p. : ill. ; 27 cm. 56 S 720.94 FAZIM S 711 FINOF S 307.1 FIORE S 303.44 FLORR S 331.12 FLORR S 330.96762 FLORF S 338.9 FOGLA S 945.211092 FOOTJ S 770 FRANS SDEP 306 SIMMG S 307.76 FULIP S 720.9 FUKSM SL711 GABEP SL 711 GALLMA S 791.43 GANDL S 712 GANDB S 711 GASPC S 720 GAUZMD Gauzin-Müller, Dominique Gentile, Emilio Giaconia, Paola Giordano, Valeria Gottmann, Jean Greco, Claudio Greco, Laura Gregotti, Vittorio Griffa, Cesare Guiducci, Roberto Gutkind, Erwin Anton Hardt, Michael Harvey, David <1935-> Hellmann, Claudia Ilardi, Emiliano Ilardi, Massimo Ilardi, Massimo Ilardi, Massimo Ingersoll, Richard Case ecologiche : i principi, le tendenze, gli esempi : 25 proposte nel mondo / Dominique Gauzin-Müller. – Milano : Edizioni Ambiente, [2006!. – 159 p. : ill. ; 29 cm. Fascismo di pietra / Emilio Gentile. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2007. – X, 271 p., [4] c. di tav. : ill. ; 21 cm. S 720 GAUZMD S 720.945632 GENTE Los Angeles : città unica / Paola Giaconia. – Torino : Testo & immagine, S 307.7609 2001. – 93 p. : ill. ; 19 cm. GIACP La metropoli e oltre : percorsi nel tempo e nello spazio della modernità / S 307.76 Valeria Giordano. – Roma : Meltemi, [2005]. – 160 p. ; 19 cm. GIORV Megalopoli : funzioni e relazioni di una pluri-città / Jean Gottmann ; S 307.7 edizione italiana a cura di Lucio Gambi. – Torino : Einaudi, [1970]. – 2 GOTTJ v. : ill. ; 22 cm. Pechino : la città nuova / Claudio Greco, Carlo Santoro. – Milano : S 720.9 Skira, [2008]. – 272 p. : ill. ; 21 cm. GRECC Renzo Piano : dalla macchina urbana alla città dell’informazione / Laura S 720 Greco. – Venezia : Marsilio, 2005. – 95 p. : ill. ; 19 cm. PIANOR La città visibile : frammenti di disegno della città ordinati e catalogati S 711 secondo i principi dell’architettura della modificazione contestuale / GREGV Vittorio Gragotti. – Torino : Einaudi, [1993]. – XV,202 p. : ill. ; 18 cm. La città cibernetica / Cesare Griffa. – Roma : Meltemi, [2008]. – 188 p. : S 720 GRIFC ill. ; 19 cm. L’urbanistica dei cittadini : dalla città ai parchi scientifici e tecnologici / S 711 Roberto Guiducci. – Roma [etc.] : Laterza, 1990. – VII, 277 p. ; 21 cm. GUIDR L’ambiente in espansione : la fine delle città, il sorgere delle comunità / SDEP 711 E. A. Gutkind. – Milano : Edizioni di Comunità, 1955. – 99 p. : ill. ; 26 GUTKEA cm. Impero : il nuovo ordine della globalizzazione / Michael Hardt, Antonio S 325 Negri. – Milano : Rizzoli, 2992. – 451 p. ; 23 cm. HARDM La crisi della modernità / David Harvey. – Milano : Net, 2002. – 426 p. : S 306.09 ill. ; 20 cm. ((Complemento di tit. sulla cop.: Riflessioni sulle origini del HARVD presente. Location : le città del mondo nei film / Claudia Hellmann, Claudine VIAGGI 910 Weber-Hof ; introduzione di Wim Wenders. – Milano : Il viaggiatore, HELLC [2006]. – 192 p. : ill. ; 27 cm. Il senso della posizione : romanzo, media e metropoli da Balzac a S 809.3 Ballard / Emiliano Ilardi. – Roma : Meltemi, [2005] (stampa 2004). – 237 ILARE p. ; 19 cm. In nome della strada : libertà e violenza / Massimo Ilardi. – Roma : S 307.76 Meltemi, [2002]. – 143 p. ; 19 cm. ILARM Il tramonto dei non luoghi : fronti e frontiere dello spazio metropolitano / S 307.76 Massimo Ilardi. – Roma : Meltemi, [2007]. – 117 p. ; 19 cm. ILARM Negli spazi vuoti della metropoli : distruzione, disordine, tradimento S 302.5 dell’ultimo uomo / Massimo Ilardi. – Torino : Bollati Boringhieri, 1999. – ILARM 138 p., [4! c. di tav. : ill. ; 20 cm. Sprawltown : cercando la città in periferia / Richard Ingersoll. – Roma : S 711 Meltemi, [2004]. – 236 p. : ill. ; 19 cm. INGER 57 Irace, Fulvio Jacobs, Jane Jameson, Fredric Jones, Emrys Kern, Stephen Kohr, Leopold Koolhaas, Rem Koolhaas, Rem Koolhaas, Rem Kopp, Anatole Kracauer, Siegfried La Cecla, Franco La Cecla, Franco La Cecla, Franco Lanzani, Arturo Le Corbusier Le Corbusier Legrenzi, Paolo Lenoci, Sabina Leotta, Nicolò Milano moderna : architettura e città nell'epoca della ricostruzione / Fulvio Irace ; fotografie di Gabriele Basiclico e Paolo Rosselli. – Milano : F. Motta, 1996. – 167 p. : ill. ; 29 cm. Vita e morte delle grandi città : saggio sulle metropoli americane / Jane Jacobs. – Torino : G. Einaudi, [1969]. – VIII, 426 p. ; 22 cm. Il postmoderno, o la logica culturale del tardo capitalismo / Fredric Jameson. – Milano : Garzanti, 1989. – 107 p. ; 19 cm. Metropoli : le più grandi città del mondo / Emrys Jones ; introduzione di Cesare de Seta. – Roma : Donzelli, 1993!. – X, 213 p. : ill. ; 22 cm. Il tempo e lo spazio : la percezione del mondo tra Otto e Novecento / Stephen Kern. – Bologna : Il mulino, [2007]. – XXXI, 404 p. ; 22 cm. La città a dimensione umana / Leopold Kohr. – Como : Red, 1992. – 121 p. ; 23 cm.((In cop.: Pianificazione,bellezza,convivialità nella città policentrica. Delirious New York : un manifesto retroattivo per Manhattan / Rem Koolhaas ; edizione italiana a cura di Marco Biraghi . – Milano : Electa, 2001!. – 305 p. : ill. ; 24 cm. Junkspace : per un ripensamento radicale dello spazio urbano / Rem Koolhaas ; a cura di Gabriele Mastrigli. – Macerata : Quodlibet, [2006]. – 123 p. ; 19 cm. Rem Koolhaas : verso un’architettura estrema / a cura di Sandor Kwinter e Marco Rainò. – Milano : Postmedia, 2002!. – 95 p. ill. ; 21 cm. Città e rivoluzione : architettura e urbanistica sovietiche degli anni Venti / Anatole Kopp ; a cura di Emilio Battisti. – Milano : Feltrinelli, 1987. – 308 p., 24! c. di tav. : ill. ; 23 cm. Strade di Berlino e altrove / Siegfried Kracauer ; a cura di Daniele Pisani. – Bologna : Pendragon, [2004]. – 182 p. ; 21 cm. Contro l’architettura / Franco La Cecla. – Torino : Bollati Boringhieri, 2008. – 117 p. ; 20 cm. Mente locale : per un’antropologia dell’abitare / Franco La Cecla. – Milano : Eléuthera, [1993]. – 127 p. ; 19 cm. Perdersi : l’uomo senza ambiente / Franco La Cecla ; prefazione di Gianni Vattimo. – Roma [etc.] : Laterza, 1988. XV, 141 p. ; 18 cm. I paesaggi italiani / Arturo Lanzani. – Roma : Meltemi, °2003!. – 479 p. : ill. ; 19 cm. Maniera di pensare l’urbanistica / Le Corbusier. – 7. ed. – Roma ; Bari : Laterza, 1981. – 205 p. : ill. ; 18 cm. Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica : con un prologo, un corollario brasiliano, seguiti da una temperatura parigina e da una atmosfera moscovita / Le Corbusier ; a cura di Francesco Tentori. – Roma ; Bari : Laterza, stampa 1979. – XXV, 313 p. : ill. ; 22 cm. Creatività e innovazione / Paolo Legrenzi. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 129 p. ; 20 cm. Tra arte, ecologia e urbanistica : il progetto dello spazio collettivo / Sabina Lenoci. – Roma : Meltemi, [2005]. – 115 p. : ill. ; 19 cm. Approcci visuali di turismo urbano : il tempo del viaggio, il tempo dello sguardo / Nicolò Leotta. – Milano : Hoepli, ©2005. – 246 p. ; 21 cm. + 1 DVD video. 58 S 720.945211 IRACF S 711 JACOJ S 111 JAMEF S 307.76 JONEE S 306.4 KERNS S 711 KOHRL S 711 KOOLR S 711 KOOLR S 720.9 KOOLR S 720.947 KOPPA S 306.09 KRACS S 720 LACEF S 155.9 LACEF S 304.2 LACEF S 712 LANZA S 771 LECO S 711 LECO S 153.3 LEGRP S 720 LENOS S 338.4 LEOTN S 338.4 LEOTN DVD Li, Lillian M. Pechino : storia di una città / Lillian M. Li, Dray.Novey, Haili Kong. – Torino : Einaudi, [2008]. – XVII, 423 p., [16! c. di tav. : ill. ; 22 cm. Lorenzo, Raymond La città sostenibile : partecipazione, luogo, comunità / Raymond Lorenzo. – Milano : Elèuthera, 1998!. – 126 p. : ill. ; 19 cm. 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Orientarsi nella metropoli : Walter Benjamin e il compito dell’artista / Pino Menzio. – Bergamo : Moretti & Vitali, \2002!. – 230 p. ; 21 cm. Percorsi di cambiamento : logistica, infrastrutture, management, economia, geopolitica, città / Massimo Merlino ; [prefazione di Stefano Paleari]. – Milano : Guerrini e Associati, 2006. – 332 p. : ill. ; 23 cm. Maximum City : Bombay città degli eccessi / Seketu Metha. – Torino : Einaudi, c2006. – 544 p. : 1 c. topogr. ; 22 cm. Perequazione urbanistica : pubblico e privato per la trasformazione della città / Ezio Micelli. – Venezia : Marsilio, 2004. – 172 p. ; 22 cm. Città e legami sociali : introduzione alla psicologia degli ambienti urbani / Laura Migliorini, Lucia Venini. – Roma : Carocci, 2001. – 161 p. ; 22 cm. Le città di fondazione nel Novecento / Dunia Mittner. – Torino : Testo & Immagine, 2003. – 91 p. : ill. ; 19 cm. 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L’ideologia delle reti / Pierre Musso. – Milano : Apogeo, [2007]. – XVI, 239 p. ; 21 cm. 60 S 153.3 MELUA S 700.1 BENJW S 658.5 MERLM SN MEHETS MAX S 711 MICEE S 155.9 MIGLL S 711 MITTD Acquisizione in corso S 388.4 MONTL S 711 MORAC S 711 MORAM S 711 MORBG S 307.76 MORIM S 363.73 MORIG S 711 MUMFL S 307.76 MUMFL S 720.97471 MUMFL S 362.82 MUSAT S 306.4 MUSSP Natalicchio, Savino Grandi aree e stazioni ferroviarie : attori, strategie, pratiche di trasformazione urbana / Savino Natalicchio, Luca Tamini ; presentazione di Pier Luigi Bersani. – Milano : EGEA, °2003!. – XI, 209 p., °8! c, di tav. : ill. ; 24 cm. Neuwirth, Robert Città ombra : viaggio nelle periferie del mondo / Robert Neuwirth. – [Roma! : Fusi orari, 2007. – 284 p. ; 21 cm. Nicoloso, Paolo Gli architetti di Mussolini : scuole e sindacato, architetti e massoni, professori e politici negli anni del regime / Paolo Nicoloso. – Milano : F. Angeli, c1999. – 239 p. ; 22 cm. 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Pavia, Rosario Le paure dell’urbanistica : disagio e incertezza nel progetto della città contemporanea / Rosario Pavia. – Roma : Meltemi, [2005]. – 214 p. : ill. ; 19 cm. 61 S 711 NATAS S 307.3 NEUWR S 720.945 NICOP S 720.9 NICOP S 307.76 NORBSC S720.951 NOVEL S 307.76 NUVOG S 307 OLIVA S 720.9 OSWAP S 720.945 PAGAG S 711 PALEPC S 307.76 PAONS S 724 PAOLA UC 304.2 PARIS S 307.76 PARKRE S 301 PASQG S 711 PAVIR Pedditzi, Rita Rifiutopoli : Napoli, da Regno delle due Sicilie a capitale della monnezza / Rita Pedditzi. – Reggio Emilia : Alberti, [2008]. – 141 p. ; 21 cm.((Segue: Appendice. Pennacchi, Antonio Fascio e martello : viaggio per le città del duce / Antonio Pennacchi. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, [2006]. – XIX,341p. : ill. ; 21 cm. ((Ed. riscritta e ampliata di: Viaggio per le città del Duce. Perelli, Lorenza Public art : arte, interazione e progetto urbano / Lorenza Perelli ; prefazione di Vittorio Fagone. – Milano : F. Angeli, [2006]. – 123 p.: ill. ; 23 cm. 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Pizzi, Donata Città nuove : innovazione e idealità nelle città di fondazione / foto di Donata Pizzi. – Milano : Skira, °2004!. – 153 p. : il gran parte ill. ; 31 cm. ((Catalogo. Puglisi, Gianni La città di carta / Gianni Puglisi, Paolo Proietti. – Palermo : Sellerio, [2002]. – 128 p. ; 20 cm. Pulselli, Riccardo Città fuori dal caos : la sostenibilità dei sistemi urbani / Riccardo M. M. Pulselli, Enzo Tiezzi ; Prefazione di Paolo Portoghesi. – Roma : Donzelli, [2008]. – XII, 161 p. : ill. ; 22 cm. 62 S 363.72 PEDDR S 720.945 PENNA S 700.9 PEREL S 307.76 PERUP S 352 PERUP S 307.76 PERUP S 7111 PERUP S 711.4 PURIF S 307.76 PETRA S 307.76 PETRA S 711 PETTA S 363.738 PIANG S 307.76 PICCG S 779 PIZZD S 720.945 PIZZD S 307.76 PUGLG S 7111 PULSRM Purini, Franco Città e luoghi : materiali per la Città rimossa / Franco Purini, Roberta Albiero, Valter Tronchin. – Roma : Cangemi, 2004. – 159 p. : ill. ; 24 cm. 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Romano, Mili Città della letteratura : immagini e percorsi / Mili Romano. – Bologna : CLUEB, [1996]. – 215 p., [8] c. di tav. : ill. ; 22 cm. Romano, Mili Cuore di pietra : un progetto di Public Art a Pianoro / Mili Romano. – Bologna : CLUEB, 2007. – 155 p. : ill. ; 24 cm. + 1 DVD. ((Sul front.: Quaderno n. 1. S 711 PURIF S 306 REMOF S 330.9 RAMPF S 330.954 RAMPF S 320.01 NIETF S 943.155 RICHA S 711 RICOP S 711 RIGAP CL 711 RIGUG S 711.4 ROMAM S 711 ROMAM S 700.1 ROMAM S 809 ROMAM SL 701 ROMAM SL 701 ROMAM DVD Roncayolo, Marcel La città : storia e problemi della dimensione urbana / Marcel Roncayolo. S 711 – Torino : G. Einaudi, [1988]. – VIII, 150 p. ; 18 cm. ((Già pubbl. in: RONCM Enciclopedia Einaudi, 3., 1978. – Segue: Aggiornamento tematico e biblioghrafico 1988. Rosso, Beppe La città fragile / Beppe Rosso e Filippo Taricco ; postfazione di Marco S 858 Revelli. – Torino : Bollati Boringhieri, 2008. – 92 p. ; 22 cm. ROSSB Ruggiero, Vincenzo Movimenti nella città : gruppi in conflitto nella metropoli europea / S 307.76 <1950-> Vincenzo Ruggiero. – Torino : Bollati Boringhieri, ©2000. – 211 p. ; 20 RUGGV cm. Rykwert, Joseph L’idea di città : antropologia della forma urbana nel mondo antico / S 711 Joseph Rykwert ; a cura di Giuseppe Scattone. – Milano : Adelphi, RYKWJ c2002. – XXVIII, 306 p. : ill. ; 24 cm. 63 Rykwert, Joseph La seduzione del luogo : storia e futuro della città / Joseph Rykwert. – Torino : Einaudi, 2003!. – VIII, 366 p., 8! c. di tav. : ill. ; 21 cm. Sacchi, Livio Tokyo-to : architettura e città / Livio Sacchi ; introduzione di Franco Purini ; iconografia di Franco Mercuri. – Milano : Skira, [2004]. – 249 p. : ill. ; 21 cm. Salzano, Edoardo Fondamenti di urbanistica : la storia e la norma / Edoardo Salzano. – Nuova ed. accresciuta. – Roma °etc.! : GLF editori Laterza, 2003. – XII, 326 p. : ill. ; 24 cm. Salzano, Edoardo Ma dove vivi? : la città raccontata / Edoardo Salzano. – Venezia : Corte del Fontego, [2007]. – XVI, 118 p. : ill. ; 24 cm. Sandercock, Leonie Verso cosmopolis : città multiculturali e pianificazioni urbana / Leonie Sandetrcock ; postfazione di Valeria Monno. – Bari : Dedalo, °2004!. – 386 p. : ill. ; 22 cm. Sampieri, Angelo Nel paesaggio : il progetto per la città negli ultimi venti anni / Angelo Sampieri. – Roma : Donzelli, [2008]. – 159 p. ; 21 cm. Sassen, Saskia Città globali : New York, Londra, Tokyo / Saskia Sassen ; prefazione di Guido Martinotti. – Torino : UTET libreria ; [Roma] : tyelecon Italia, 1997. – XXIV, 456 p. ; 23 cm. Sassen, Saskia Le città nell’economia globale / Saskia Sassen. – Bologna : Il mulino, [1997]. – 206 p. ; 21 cm. Sassen, Saskia Una sociologia della globalizzazione / Saskia Sassen, - Torino : Einaudi, [2008]. – XII, 304 p. ; 20 cm. Scandurra, Enzo La città che non c’è : pianificazione al tramonto / Enzo Scandurra. – Bari : Dedalo, 1999. – 198 p. ; 21 cm. Scandurra, Enzo Città morenti e città viventi : pianificare stanca / Enzo Scandurra. – Roma : Meltemi, °2003!. – 143 p. ; 19 cm. Scandurra, Enzo Gli storni e l’urbanista : progettare nella contemporaneità / Enzo Scandurra. – Roma : Meltemi, 2001!.- 215 p. ; 19 cm. Scannavini, La nascita della città post-unitaria, 1889-1930: la formazione della Roberto prima periferia storica di Bologna / di Roberto Scannavini e Raffaella Palmieri, Michele Marchesini. – Bologna : Nuova Alfa, [1988]. – 365 p. : ill. ; 28 cm. Schiavi, Flavia Parigi, Barcellona, Firenze: forme e racconto : dalla città ottocentesca a quella contremporanea / Flavia Schiavo ; note introduttive di Francesco Indovina e Giuseppe O. Longo. – Palermo : Sellerio, [2004]. – 250 p. ; 21 cm. Scott, Allen J. 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Weber, Max La città / Max Weber ; introduzione di Livio Schirollo ; prefazione di Enzo Paci. – Milano : Bompiani, 1979. – XL, 188 p. ; 20 cm. 66 S 155.4 TONUF S 711 TORRIC S 331 TRENB S 809 TRIAE S 302.5 TRIVE S 712 TURRE S 307.76 S 307.1 URBAP SL 720.9 VACCG S 306.09 VENTZ S 711 VERCV S 307.76 VEROJ S 363.72 VIALG S 388.3 VIALG S 307.7609 VICAHAS S 720 VITTM S 363.738 VULPC S 333.72 WACKM S 321 WALLIM S 155.4 WARDC S 307.76 WEBEM White, Edmund Il flaneur / Edmund White. – Parma : Guanda, c2005. – 169 p. ; 20 cm. Worldwatch Institute State of the world 2007 : il nostro futuro urbanizzato : rapporto sullo stato del pianeta / Worldwatch Institute ; ed. italiana a cura di Gianfranco Bologna. – Milano : Edizioni Ambiente, [2007]. – 431 p.: ill. ; 19 cm. Wright, Frank Lloyd La città vivente / Frank Lloyd Wright ; introduzione di Bruno Zevi. [Nuova ed.]. – Torino : Einaudi, [1991]. – XXXIV, 234 p., [18] c. di tav. : ill. ; 19 cm. Zanfi, Federico Città latenti : un progetto per l’Italia abusiva / Federico Zanfi ; con saggi fotografici di Paolo De Stefano…[et al.]. – Milano : Bruno Mondadori, [2008]. – XVI, 287 p. : ill. ; 21 cm. Zimmermann, L’era delle metropoli : urbanizzazione e sviluppo delle grandi città / Clemens Clemens Zimmermann. – Bologna : Il mulino, [2004]. – 222 p. ill. ; 21 cm. Zucconi, Vittorio La città del sogno : viaggio nelle metropoli americane / Vittorio Zucconi. – Torino : La stampa, [1995]. – XIII, 180 p. : ill. ; 21 cm. (a) : Asfalto: il carattere della città / a cura di Mirko Zardini ; con Giovanna Borasi, Isabella Inti, Ludovica Molo. – Milano : Electa, °2003!. – 3 00 p. : ill. ; 24 cm.((Catalogo della Mostra tenuta a Milano nel 2003. L’abbattimento delle mura : un dibattito nella Bologna d’inizio ‘900 / Ideazione e coordinamento Angelo Varni ; ricerca e testi Alberto Malfitano, Elena Musiani ; montaggio, realizzazione modelli e computer grafica Giovanni Bacci…[et al.]. - [Bologna] : Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, c2004. – 1 CD-ROM ; 12 cm. ((Requisiti del sistema: PCWindows, CPU: Pentium 300 Mhz, RAM 128 MB consigliati, video: SVGA 1024X768 64.000 colori, Sistema operativo: Windows 98, NT/2000/XP, scheda audio; Apple Macintosh: CPU: Power PC (300 Mhz), Video: 1024x768 pixel, migliaia colori, Sistema operativo MacOS versione 9.2 o Mac OS X. – Descrizione basata sul contenitore. Abitare in città : questioni architettoniche sociali ambientali / a cura di Marta Calzolaretti. – Roma : Cangemi, stampa 2006. – 271 p. : ill. ; 21 cm. Accordo per la città metropolitana di Bologna : un anno dopo: 14 febbraio 1994-14 febbraio 1995. - [S.l. : s. n., 1995?] (Bologna : Tip. Moderna). – 413 p. : ill. ; 30 cm. Aeroporti e territorio : conflitti e opportunità di sviluppo / a cura di Roberto Zucchetti e Oliviero Baccelli. – Milano : EGEA, 2001. – VIII, 215 p. ; 24 cm. L’altra architettura : città, abitazione e patrimonio / a cura di Ramon Gutierrez. – Milano : Jaca Book, 2000. – 278 p. : ill. ; 33 cm. ((Opera realizzata con la collaborazione del Centro de documentation de la arquitectura latinoamericana. Un’altra idea di città : atti del Forum tenuto il 22 febbraio 2003 / presentazione della Segreteria della Camera del lavoro. – Roma : Ediesse, [2004]. – 120 p. ; 21 cm. ((In appendice: Un’altra idea di città: una prima proposta della Camera del lavoro metropolitana di Bologna. – In testa al front.: CGIL-CdLM di Bologna. Antologia dell’architettura moderna / [a cura di] Mara De Benedetti, Attilio Pracchi. – Bologna : Zanichelli, 1988. – XVII, 840 p. : ill. ; 25 cm. Architetture e città del Mediterraneo tra Oriente ed Occidente / saggi di: R. Berardi…et al.! ; a cura di Alireza Naser Estami. – Genova : De Ferrari, 2002!. – 283 p. : ill. ; 24 cm. Le aree metropolitane in Europa. – Bologna : Il mulino, [1994]. – 263 p. ; 22 cm. 67 SN WHITE FLA CDEP 333.7 STAOTW 2007 S 711 WRIGF S 711ZANFF S 307.76 ZIMMC VIAGGI 917.3 ZUCCV S 666.5 A CL 725 ABBAT S 720 ABITA CLDEP 307.1 ACCOR S 387.709 AEROP S 724 ALTRA S 330.9441 ALTRA S 724 ANTOL S 711 ARCHI S 307.1 AREEM Avventure urbane : progettare la città con gli abitanti / Marianella Sclavi…et al.!.- Milano : Eleuthera, 2002. – 246 p. ; 19 cm. Bologna centrale : città e ferrovia tra metà Ottocentio e oggi / a cura di Riccardo Dirindin, Elena Pirazzoli ; con un saggio di Emanuela Ascari. – Bologna : CLUEB, [2008]. – 211 p., [8] c. di tav. : ill. ; 22 cm. Bologna 2002 : primo rapporto sulla città / a cura di Michele La Rosa ; scritti di Vando Borghi…et al.!. – Milano : F. Angeli, 2002. – 335 p. ; 23 cm.((In testa al front:: C.I.Do.S.Pe.L. Centro internazionale di documentazione e studi sociologici sui problemi del lavoro. – In appendice dati statistici e strutturali. Bologna 2007 per un progetto di città / prefazione di Valdo Spini ; introduzione Vasco Errani ; saggi di F. Bottino…[et al.]. – Firenze : Alinea, 2006. – 256 p. ; 23 cm. Bologna : una città per gli anni ’90 : il progetto del nuovo piano regolatore generale / a cura di Giancarlo Mattioli…[et al.]. – Venezia : Marsilio, 1985. – 207 p. : ill. ; 22x22 cm. Bologna : la metropoli rimossa. – Roma : Meltemi, stampa 2004. – 130 p. : ill. ; 24 cm. Bologna oltre il benessere : accompagnare la città nelle sue trasformazioni : rapporto finale. – Roma : [s.n.], 2002. – 185 p. ; 30 cm. ((In cop.: Con il patrocinio del Comune di Bologna. – In testa alla cop.: Fondazione Censisi, Fondazione cassa di risparmio in Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Caratteri delle recenti trasformazioni urbane : osservatorio città / a cura di Ada Becchi e Francesco Indovina ; scritti di Michele Altieri…et al.!. – Milano : F. Angeli, 1999!. – 287 p. ; 22 cm. La Carta di Cracovia 2000: principi per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito / a cura di Giuseppe Cristinelli. – Venezia : Marsilio, 2002. – 258 p. ; 22 cm. ((Relazioni presentate alla Conferenza internazionale tenuta a Cracovia nel 2000. Casa per tutti: abitare la città globale / a cura di Fulvio Irace. – Milano : Triennale Electa, [2008]. – 207 p. : ill. ; 28 cm.((Catalogo della Mostra tenuta a Milano nel 2008. Ciao, Bologna! / a cura di Archivio di studi urbani e regionali ; scritti di P. Bianchi…°et al. !. – Milano : F. Angeli, °2004!. – 216 p. ; 23 cm. Cinquant’anni di urbanistica in Italia, 1942-1992 / a cura di Giuseppe Campos Venuti e Federico Oliva. – Roma [etc.] : Laterza, 1993. – 484 p. , [16] c. di tav. : ill. ; 25 cm. Cities in a globalizing world : global report on human settlements 2001 / United Nations Centre for Human Settlements (Habitat). – London ; Sterling : Earthscan, 2001. – XXXVIII, 344 p. ; 30 cm. La città di domani : strategie, programmi, progetti di riqualificazione urbana, forum 2000 : atti del convegno internazionale, Bologna 24-25 gennaio 2000 / a cura di Gianfranco Franz. - [S. l. : s.n., 2000?] (Ferrara : TLA). – 202 p. : ill. ; 24 cm. ((In cop.: Regione EmiliaRomagna, Facoltà di Architettura di Ferrara. Le città di fondazione : atti del 2. Convegno internazionale di storia urbanistica : Lucca, 711 settembre 1977 / a cura di Roberta Martinelli e Lucia Nuti. – Lucca : CISCU ; Venezia : Marsilio, 1978. – 327 p. : ill. ; 21x23 cm. Città e parchi : idee e percorsi critici nella riqualificazione urbana e ambientale / a cura di Luciano Fonti ; presentazione Stefano Garano ; prefazione Calogero Muscara ; saggi di Luciano Fonti…\et al.!.- Roma : Cangemi, stampa 2003. – 175 p. : ill. ; 31 cm. Città e progetto : pre-testi di urbanistica riflessiva / a cura di Gianni Villanti. – Bologna : Compositori, [2006]. – 350 p. : ill. ; 24 cm. Città e proprietà immobiliare in Italia negli ultimi due secoli / di G. Bazzocchi…[et al.] ; a cura di Carlo Carozzi e Lucio Gambi. - Milano : Franco Angeli, c1981. – 533 p. : ill. ; 22 cm. 68 S 307.1 SCLAM SL 725 BOLOG Sl 330.945411 BOLOG SL 945.411 BOLOG CL 711 BOLOG SL 711 BOLOG CLDEP 3003.4 BOLOG S 307.7609 CARAT S 720.28 CARTA S 728.7 CASAP SL 711 CIAOB S 711 CINQU CEDP 307.1 CITIES S 711 CITTA S 711 COIDSU S 333.78 CITTA S 711 CITTA S 333.3 CITTA Città e scienze umane : sociologie del territorio, geografia, storia, urbanistica, antropologia, semiotica, informatica / scritti di S. Aureli…°et a l.! ; a cura di Franco Martinelli. – Napoli : Liguori, 2004. – IX,322p. ; 24 cm. La città europea del 21. secolo : lezioni di storia urbana / Bernardo Secchi…[et al.! ; a cura di Catia Mazzeri. – Milano : Skira, [2002!. – 127 p. : ill. ; 21 cm. Le città filosofiche : per una geografia della cultura filosofica italiana del Novecento / a cura di Pietro Rossi e Caro Augusto Viano. – Bologna : Il mulino, [2004]. – 396 p. ; 22 cm. ((Scritti già pubbl. in: Rivista di filosofia, 2000-2003. Città giardino : cento anni di teorie, modelli, esperienze / a cura di Gabriele Tagliaventi. – Roma : Gangemi, stampa 1994. – 352 p. : ill. ; 30 cm. ((Pubblicato in occasione della mostra “Città classica,città giardino”, Bologna, 1994. Tit. e testo anche in inglese. La città infinita / a cura di Aldo Bonomi e Alberto Abruzzese. – Milano : B. Mondadori, ©2004. – 319 p. : ill. ; 22 cm. ((Pubbl. in occasione della mostra tenuta a Milano nel 2004. Città metropoli tecnologie : le politiche di pianificazione territoriale regionale in EmiliaRomagna / di G. Campos Venuti…[et al.] ; a cura di G. Campos Venuti. – Milano : Angeli, c1983. – 282 p. ; 22 cm. Città nude : iconografia dei campi profughi / a cura di Camillo Boano e Fabrizio Floris. – Milano : F. Angeli, [2005]. – 115 p. ; 23 cm. Le città perdute : le grandi metropoli del mondo antico / [testi di Marco Ceresa…[et al.] ; a cura di Maria Teresa Guaitoli e Simone Rambaldi]. – Vercelli : White Star, 2002. – 324 p. : ill. ; 37 cm. La città plurale : trasformazioni urbane e servizi interculturali / a cura di Lorenzo Luatti. – Bologna : EMI, [2006]. – 380 p. ; 21 cm. La città possibile : territorialità e comunicazione nel progetto urbano / Giovanni Maciocco, Silvano Tagliagambe. – Bari : Dedalo, 1997!. – 304 p. ; 21 cm. La città prossima ventura / C. Carozzi…[et al.] ; a cura di Jean Gottmann e Calogero Muscarà. – Roma [etc.] : Laterza, 1991. – XXIII, 350 p. ; 22 cm. Città satellite? : Le Laives d’Europa : quale sviluppo attraverso la cultura / a cura di Giorgio Tavano Blessi. – Roma : Meltemi, [2006]. – 143 p. ; 21 cm. ((Seguono gli atti di un convegno tenuto a Laives nel 2004. La città senza confini : studi sull’immaginario urbano nelle letterature di lingua inglese / a cura di Carlo Pagetti. – Roma : Bulzoni, [1995]. – 311 p. ; 21 cm. La città : utopie e realtà / a cura di! Françoise Choay. – Torino : G. Einaudi, 2000!. – XIII, 457 p. ; 20 cm. Le città visibili : spazi urbani in Italia, culture e trasformazioni dal dopoguerra a oggi / a cura di Robert Lumley e John Foot. – Milano : Il saggiatore, [2007]. – 300 p. : ill. ; 22 cm. Civiltà dell’abitare: l’evoluzione degli interni domestici europei / a cura di Roberto Rizzi. – Milano : Lybra, °2003!. – 263 p. : ill. ; 24 cm. (( Catalogo della mostra tenuta a Milano nel 2003. La civiltà dei superluoghi : notizie dalla metropoli quotidiana : outlet, aeroporti, stazioni, centri commerciali / con contributi di Massimiliano Fuskas…[et al.]. – Bologna : Damiani, [2007]. – 203 p. : ill. ; 20x20 cm. La cognizione del paesaggio : scritti di Lucio Gambi sull’Emilia Romagna e dintorni / a cura di Maria Pia Guermandi e Giuseppina Tonet. – Bologna : Bononia University Press, 2008. – 341 p. : ill., ritr. ; 21 cm.((In testa al front.: Regione Emilia-Romagna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali. Cohousing e condomini solidali : guida pratica alle nuove forme di vicinato e vita in comune con allegato il documentario “Vivere in cohousing” / a cura di Matthieu Lietaert. – Firenze : Aam Terra Nuova, 2007. – 192 p. ; 21 cm. + 1 DVD. 69 S 711 CITTA A 711 CITTA S 195 CITTA S 711 CITTA S 307.76 CITTA S 711 CITTA S 325 CITTA S 711 CITTA S 307.1 CITTA S 307.1 MACIG S 307.76 CITTAS 307.1 CITTA S 823 CITTA S 711 CITTA S 711 CITTA S 729 CIVIL S 711 CIVIL S 914.54 GAMBL S 307.77 COHOU S 307.77 COHOU DVD Comitati di cittadini e democrazia urbana / a cura di Donatella della Porta. – Soveria Mannelli : Rubbettino, [2004]. – 268 p. ; 23 cm. Conferenza metropolitana : Bologna 28 giugno 1995 : documenti. - [Bologna] : [s.n.], [1995]. – 1v. : ill. ; 30 cm. S 302 COMIT CLDEP 352.04541 CONFE I confini della globalizzazione : lavoro, culture, cittadinanza / a cura di Sandro Mezzadra e S 337 Agostino Petrillo. – Roma : Manifestolibri, 2000!. – 265 p. ; 21 cm. CONFI Conoscenza e coscienza della città: una politica per il centro storico di Bologna : Bologna, CLDEP 711 Palazzo Re Enzo, ottobre-dicembre 1974 / [catalogo a cura di Giovanni M. Accame!. - [S. l. CONOS : s.n.!, stampa 1974 (Bologna : Grafis industrie grafiche). – 161 p. : ill. ; 20x20 cm. Convenzione europea del paesaggio e governo del territorio / a cura di Gian Franco Cartei. S 346.4 – Bologna : Il mulino, 2007. – 264 p. ; 22 cm. CONVE Cronofagia : la contrazione del tempo e dello spazio nell’era della globalizzazione / a cura S 304.2 di Gabriella Paolucci ; con un contributo di Agnes Heller. – Milano : Guerini studio, 2003. – CRONO 191 p. ; 21 cm. ((Relazioni presentate a un convegno tenuto a San Domenico di Fiesole nel 2002. Costruire la città dell’uomo : Adriano Olivetti e l’urbanistica / a cura di Carlo Olmo ; S 711 presentazione di Laura Olivetti. – Torno : Edizioni di Comunità, 2001!. – XVI, 281 p. : ill. ; OLIVA 27 cm. ((Pubbl. in occasione di una mostra tenuta a Ivrea nel 2001. Dal Piano regolatore al piano regalatore : una discussione sulle recenti trasformazioni SLDEP 711 urbane a Bologna : atti del seminario di Monte Sole, novembre 2001 / [testi e interventi a DALPI cura di: Alessandro Delpiano…et al.]. - [Bologna : s. n.], 2002. – 64 p. : ill. ; 26 cm. ((In testa al front. : La Compagnia dei celestini per pensare e costruire una città migliore. Dalla città preindustriale alla città del capitalismo / saggi di M. Berengo…[et al.] ; a cura di S 307.7609 Alberto Caracciolo. – Bologna : Il Mulino, [1975]. – 321 p. : ill. ; 21 cm. DALLA Democratizzare la democrazia : i percorsi della democrazia partecipativa / a cura di S 321.8 Bonaventura de Sousa Santos ; introduzione di Giovanni Allegretti. – Troina : Città aperta, DEMOC °2003!. – XXXIII,548 p. ; 23 cm. La diffusione urbana : tendenze attuali, scenari futuri / a cura di Cristoforo Sergio Bertuglia, S 307.7609 Andrea Stanghellini, Luca Staricco ; scritti di C.S. Bertuglia…°et al.!. – Milano : F. Angeli, DIFFU °2003!. – 287 p. ; 23 cm. La dimensione metropolitana : sviluppo e governo della nuova città / a cura di Guido S 307.76 Martinotti. – Bologna : Il mulino, 1999!. – 358 p. ; 22 cm. DIMEN Dinamiche della crisi mondiale / Giovanni Arrighi…[et al.] ; a cura di Riccardo Parboni. – SDEP 338.5 Roma : Editori riuniti, 1988. – 268 p. ; 22 cm. ((Scritti in parte già pubbl. DINAM Edilizia per l’ambiente : spazi della mobilità urbana, giardini, parchi e verde urbano, S 721 PRO progettazione e inserimento nell’ambiente, architettura delle aree naturali / a cura di Carlo 7 Socco, Enrico Rivella, Alberto Maffiotti. – Torino : UTET Scienze Tecniche, [2006]. – XV, 347 p . : ill. ; 31 cm. Enrico Pasquali fotografo : Bologna negli anni della ricostruzione, 1951-1960 / a cura di SL779 Franco Bonilauri. – Casalecchio di Reno : Grafis,[1985]. – 166 p. : ill. ; 23 cm. ((Catalogo PASQE della mostra tenuta a Bologna nel 1985. Esperienze di progettazione partecipata negli USA : appunti di un viaggio di studio in North S 711 Carolina e nella Bay Area / a cura di Donatella Venti…[et al.]. – Imola : La Mandragora, ESPER [2003]. – 141 p. : ill. ; 24 cm. ((In testa al front.: Regione Emilia-Romagna, Assessorato alle politiche sociali, Immigrazione, Progetto giovani, Cooperazione internazionale. 70 L’esplosione della città : Barcellona, Bologna, Donosti-Bayonne, Genova, Lisbona, Madrid, Marsiglia, Milano, Montpellier, Napoli, Porto, Valencia, Veneto centrale / comitato scientifico: Antonio Font, Francesco Indovina, Nuno Portas ; a cura di Francesco Indovina, Laura Fregolent, Michelangelo Savino. – Bologna : Compositori, [2005]. – 239 p. : ill. ; 23x33 cm. ((Catalogo della Mostra tenuta a Bologna nel 2005. In testa al front.: Fondazione Cassa di risparmio in Bologna; Provincia di Bologna; Università IUAV di Venezia, Dipartimento di Pianificazione. Eterotopia : luoghi e non-luoghi metropolitani / Michel Foucault…[et al!. – Milano : Mimesis, 1994. – 184 p. : ill. ; 25 cm. Eurometropoli : atti del convegno, Milano, 21-22 gennaio 1999 : analisi e studi di settore per il progetto di Piano territoriale di coordinamento provinciale / a cura di Cristina Ricci. – Milano : F. Angeli, 1999!. – 141 p. : ill. ; 29 cm. Fermenti urbani e frammenti spaziali : Bologna città europea / a cura di Giorgio Praderio ; scritti di Alessio Erioli, Giorgio Praderio, Gianfranco Tedeschi ; redazione di Roberta Ferroni. – Bologna : CLUEB, [2003]. – 141 p. : ill. ; 21x27 cm. Il ferro fa bene ai bambini : la mobilità a Bologna ieri, oggi e domani : atti del seminario di Monte Sole, 23-24 novembre 2002. - [S. l. : s. n., 2002?]. – 79 p. ill. ; 26 cm. ((In testa al front.: la Compagnia dei Celestini, per pensare e costruire una città migliore. Forma: la città moderna e il suo passato / a cura di Adriano La Regina, Massimiliano Fuksas, Doriana O. Mandrelli. – Milano : Electa, [2004]. – 154 p. : ill. ; 29 cm. ((Mostra tenuta a Roma nel 2004-2005. Forme e tracce dell’abitare : una risposta sociale per la qualità urbana in Emilia-Romagna / a cura di Luisella Gelsomino e Piero Orlandi ; saggi di Giandomenico Amendola…°et al.!.Bologna : Compositori, °2003!. – 239 p. : ill. ; 28 cm. Il futuro fuori porta : storia del Centro fieristico direzionale di Bologna / [a cura della] Finanziaria Fiere di Bologna S.p.A. – Bologna : Finanziaria Fiere di Bologna S.p.A., [1986?]. – 93 p. : in gran parte ill. ; 35 cm. Futuro metropolitano : un progetto per il territorio bolognese. – Firenze : Alinea, [2005]. – 55 p. : ill. ; 21x20 cm. ((In testa al front.: Provincia di Bologna, Piano territoriale di coordinamento provinciale, PTCP. Giuseppe Vaccaro : architetture per Bologna / a cura di Maristella Casciato, Giuliano Gresleri. – Bologna : Compositori, [2006]. – 238 p. : ill. ; 24 cm. Governance metropolitana : esperienze europee e metodologie di valutazione dell’efficacia / a cura di Claudio Tolomelli e Silvia Grassi ; prefazione di Bruno Solaroli. – Bologna : Regione Emilia-Romagna, stampa 2008. – 238 p. : ill. ; 24 cm. La grande ricostruzione : il piano INA-casa e l’Italia degli anni Cinquanta / a cura di Paola Di Biagi. – Roma : Donzelli, 2001!. – XXVI, 502 p. : ill. ; 22 cm. Gruppo architetti urbanisti “Città Nuova” : progetti e architetture 1961-1991 / a cura di Raffaello Scatasta ; scritti di Pier Luigi Cervellati…\et al.! ; con un saggio di Giuseppe Gresleri. – Milano : Electa, c1992. – 207 p. : ill. ; 24 cm. ((Catalogo della mostra tenuta a Bologna nel 1992. – Nell’occhietto: Gruppo Architetti Urbanisti “Città Nuova” : Umberto Maccaferri, Gian Paolo Mazzuccato. Un’idea di città : radici, storia ed opere per il futuro metropolitano di Bologna. – Bologna : Finanziaria Bologna Metropolitana, stampa 2004. – 122 p. : ill. ; 30 cm. Idee per la città : seminario di studi sulla città di Léon Krier / a cura di Ivo Tagliaventi. – Casalecchio di Reno : Grafis, [1989]. – 141 p. : ill. ; 24 cm. ((Tenuto a Bologna nel 1988. Informal city : Caracas case / edited by Alfredo Brillembourg, Kristin Feireiss, Hubert Klumpner. – Münich [etc.] : Prestel, 2005. – 360 p. ; 24 cm. 71 S 711 ESPLO S 307.76 ETERO S 711 EUROM SL 720.9 FERME SLDEP 388 FERRO S711 FORMA S 728 FORME SLDEP 711 FUTUR SLDEP 711 FUTUR SL 720.9 VACCG S 307.1 GOVER S 363.5 GRAND SL 720.9 GRUPP CL 711 IDEAD SL 711 IDEEP S 711 INFOR Io arte noi città: natura e cultura dello spazio urbano / a cura di Patrizia Ferri, Daniela Fonti, Manuela Crescentini. – Roma : Gangemi, stampa 2006. – 304 p. : ill. ; 24 cm. ((Atti del convegno tenuto a Roma nel 2004. Iperurbs/Roma : visioni di conflitto e di mutamenti urbani / a cura di Roberto De Angelis. – Roma : DeriveApprodi, 2005. – 252 p. ; 24 cm. L’Italia cerca casa : [Venezia, Tese delle Vergini all’Arsenale, 14 settembre-23 novembre 2008] / a cura di / edited by Francesco Garofalo. – Milano : Electa, [2008]. – 199 p. : ill. ; 28 cm. ((Catalogo della Mostra organizzata nell’ambito della 11. Mostra internazionale di architettura. Legge sedici : note a margine : architettura, arte pubblica, paesaggio / a cura di Luisella Gelsomino e Piero Orlandi. – Bologna : Compositori, [2005]. – 154 p. : ill. 21x24 cm. Mappe urbane : per un’etnografia della città / a cura di Matilde Callari Galli. – Rimini : Guaraldi, 2007. – 277 p. ; 21 cm. Martorell Bohigas Mackay MBM: fiaschi. – Firenze : Alinea ; Bologna! : Bologna 2000, Città europea della cultura, 2001. – 83 p. : ill. ; 23x24 cm. ((Catalogo della Mostra tenuta a Bologna nel 2000-2001. – Testo anche in inglese. – In testa al front.: Centro studi dell’abitare, OIKOS. Il Mercato: una storia di rigenerazione urbana a Bologna / a cura di Giovanni Ginocchini e Cristina Tartari. - [Ferrara] : Edisai, c2007. – 149 p. : ill. ; 24 cm. Le metodologie partecipative per lo sviluppo del territorio / a cura di Alfredo Agustoni e Mara Maretti. – Roma : Carocci, 2008. – 128 p. : ill. ; 22 cm. La metropoli del 2010 : idees, escenaris, projectes i il-lusions. - [S.l.] : Generalitat de Catalunya : Departament de politica territorial i obres publiques, 2001. – 144 p. : ill. ; 31 cm.(Suppl. a Espais monografic, n,47. La metropoli dopo / a cura di Pippo Ciorra e Gabriele Mastrigli. – Roma : Meltemi, 2002!. – 167 p. : ill. ; 19 cm. Metropoli, sostenibilità e governo dell’ambiente / a cura di Aurelio Angelini ; presentazione di Emanuele Sgroi. – Roma : Carocci, 2004. – 197 p. ; 22 cm. Milano : cronache dell’abitare / [a cura di] Multiplicity.lab. - [Milano] : B. Mondadori, [2007]. – 369 p. : ill. ; 25 cm. Milano, la fabbrica del futuro: il rinnovamento di una metropoli del Novecento. – Milano : Skira : Provincia, [2004!. – 223 p. : in gran parte ill. ; 28 cm. ((catalogo della Mostra tenuta a Milano nel 2004. Mobility management : strategie di gestione della mobilità urbana / a cura di Lanfranco Senn e Mauro Ravasio. – Milano : EGEA, 2002. – VII, 213 p. ; 24 cm. Modelli di città : strutture e funzioni politiche / a cura di Pietro Rossi. – Torino : G. Einaudi, 1987. – XXI, 581 p., [8] c. di tav. : ill. ; 22 cm. Neomedievalismi : recuperi, evocazioni, invenzioni nelle città dell’Emilia.Romagna / a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli. – Bologna : Clueb, [2007]. – 296 p. : ill. ; 24 cm. Neoregionalismo : l’economia-arcipelago / a cura di Paolo Perulli. – Torino : Bollati Boringhieri, 1998. – 186 p. ; 20 cm. I nodi della città : proposte per scioglierli. - [S. l. : s.n.], stampa 1996 (Bologna : Compositori). – 112 p. ; 21 cm. ((Atti del Convegno tenuto a Bologna nel 1996. Nomare : nascita e sviluppo della metropoliriviera / a cura di Mirko Zardini ; con Valeria Alebbi [e] Laura Pigozzi. – Bologna : Editrice Compositori, [2006]. – 173 p. : in gran parte ill. ; 25x25 cm. I nonluoghi in letteratura : globalizzazione e immaginario territoriale / a cura di Stefano Calabrese e Maria Amalia D’Aronco. – Roma : Carocci, 2005. – 149 p., 2 c. di tav. : ill. ; 22 cm. 72 S 724 IOART S 791.43 IPERU S 720 ITALI S 344.45 LEGGE S 307.76 MAPPE S 720.9 MARTO SL 711 MERCA S 338.9 METOD S 711 METRO S 711 METRO S 711 METRO S 307.76 MILAN S. 945.2 MILAN S 388.4 MOBIL S 307.7609 MODEL SL 720.9454 NEOME S 330 NEORE SL 351.4 NODID S 711 NOMAR S 808.3 NONIN Norma e arbitrio: architetti e ingegneri a Bologna 1850-1950 / a cura di Giuliano Gresleri, Pier Giorgio Massaretti. – Venezia : Marsilio, stampa 2001. – 476 p. : ill. ; 29 cm. ((Catalogo della mostra tenuta a Bologna nel 2001. La nuova carta di Atene : i principi del Consiglio europeo degli urbanisti per la pianificazione delle città / Consiglio europeo degli urbanisti ; Associazione nazionale urbanisti; Istituto nazionale di urbanistica. – Firenze : Alinea, 2000!. – 79 p. ; 22 cm. Nuovi committenti ; un programma di produzione di opere d’arte per lo spazio pubblico : Torino Mirafiori Nord / a cura di a.titolo (Giorgina Bertolino, Francesca Cisso, Nicoletta Leonardi, Lisa Parola, Luisa Perlo). – Roma : L. Sossella, 2004!. – 47 p., [32] p. di tav. : ill. ; 16x25 cm. Oltre il degrado : il coraggio di cambiare Bologna / a cura di Raffaello Bolognesi. – Bologna : Compositori, 2008. Paesaggi e identità dell’Appennino : valorizzazione e sviluppo sostenibile lungo la Porrettana / a cura di Felicia Bottino ; saggi di Paolo Ceccarelli…[et al.]. – Bologna : Editrice Compositori, [2006]. – 271 p. : ill. ; 29 cm. Le parole dell’architettura : un’antologia di testi teorici e critici: 1945-2000 / a cura di Marco Biraghi e Giovanni Damiani. – Torino : Einaudi,[2009]. – XVIII, 487 p. ; 20 cm. Periferie e nuove urbanità / a cura di Federico Bucci. – Milano : Electa, °2003!. – 223 p. : ill. ; 28 cm. Periferie : viaggio ai margini della città / Silvio Bernelli…[et al.] ; a cura di Stefania Scateni. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2006. – VIII, 117 p. : ill. ; 18 cm. La persistenza degli aggregati : cittadini e welfare locale in un’area periferica di Bologna / a cura di Giovanni Pieretti. – Milano : F. Angeli, 2000. – 325 p. ; 23 cm. Persone e progetti per la città. - [S.l.] : SIGEM, stampa 2001. – 208 p. ; 21 cm. I piani della città : trasformazione urbana, identità politiche e sociali tra fascismo, guerra e ricostruzione in Emilia.Romagna / a cura di Roberto Parisini ; saggi di Paolo Bolzani…°et al.! – Bologna : Compositori, °2003!. – 310 p. : il l. ; 25 cm. La pianificazione sostenibile delle aree periurbane / a cura di Roberto Camagni. – Bologna : Il mulino, 1999!. – 331 p., 6! c. di tav. : ill. ; 22 cm. Politiche per lo sviluppo territoriale : teorie, strumenti, valutazione / a cura di Enrico Ciciotti e Paolo Rizzi. – Roma : Carocci, 2005. – 366 p. ; 22 cm. Politiche urbane e ricostruzione in Emilia-Romagna / a cura di Roberto Parisini. – Bologna : Bononia university press, 2006. – 186 p. ; 24 cm. ((Atti del Convegno tenuto a Bologna nel 2003. – In testa al front.: Laboratorio sulla storia dei centri storici urbani, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Il postfordismo : idee per il capitalismo prossimo venturo / a cura di Enzo Rullani e Luca Romano. – Milano : ETAS libri, 1998. – X, 236 p. ; 23 cm. Pratiche complesse, innovazione e formazione avanzata per una pianificazione sostenibile / a cura di Gianfranco Franz. – Firenze : Alinea, [2005]. – 181 p. : ill. ; 28 cm. Progetto per una città: Bologna anni ’80 / a cura di Gian Paolo Mazzucato. – Venezia : Marsilio, 1983. – 120 p.: Ill. ; 22 cm. ((Atti del Convegno tenuto a Bologna nel 1981. SCH 1190 Un quartiere alla moda : immagini e racconti del Ticinese a Milano / a cura di Laura Bovone. – Milano : F. Angeli, 1999!. – 289 p. : ill. ; 22 cm.((Segue: Appendice. La ricostruzione in Emilia-Romagna / a cura di Pier Paolo D’Attorre ; [saggi di L. Gambi…et al.]. – Parma : Pratiche, [1980]. – 350 p. ; 21 cm.((In testa al front.: Istituto Gramsci, Sezione dell’Emilia Romagna.Contiene parte delle relazioni presentate al seminario promosso dalla sezione emiliana dell’Istituto Gramsci nel 1977. 73 SL 720 NORMA S711 NUOVA S 709.45121 NUOVI SL 330.945411 OLTRE SL 914.541 PAESA S 720.1 PAROL S 307.76 PERIF S 307.7409 PERIF S 307.7609 PERSI S 307.1 PERSO S 711 PIANI S 307.74 PIANI S 338.9 POLIT S 711 POLIT S 331 POSTF CLDEP 711 PRATI SL 350 PROGE S307.3 QUART S 330.945 RICOS Rifiuto: riduco e riciclo per vivere meglio : guida alle buone pratiche / a cura di Stefano Montanari. – Bologna : Arianna, 2009. – 153 p. ; 21 cm. Riflessioni sull’urbanistica per la città contemporanea / a cura di Francesca Moraci ; presentazione di Alessandro Bianchi ; scritti di Francesco Alessandria…[et al.]. – Roma : Gangemi, stampa 2003. – 255 p. ; 24 cm. Il ritorno alla città : seminario di studi sulla città di Bologna con Maurice Culot / a cura di Anna Barozzi e Gabriele Tagliaventi. – Modena : Franco Cosimo Panini, [1990]. – 301 p. : ill. ; 24 cm. ((Tenuto a Bologna nel 1989. Riqualificare la città con gli abitanti / a cura di Andrea De Eccher, Elena Marchigiani, Alessandra Marin. – Monfalcone : EdicomEdizioni, 2005. – 206 p. : ill. ; 24 cm. La rivolta delle periferie : precarietà urbana e protesta giovanile: il caso francese / a cura di Hugues Lagrange e Marco Oberti. - [Milano] : B. Mondadori, [2006]. – 261 p. ; 17 cm. Scenari della città nel futuro prossimo venturo / a cura di Giandomenico Amendola. – Roma etc.! : GLF editori Laterza, stampa 2000. – 173 p. ; 21 cm. Senso e metropoli : per una semiotica posturbana / a cura di Gianfranco Marrone e Isabella Pezzini. – Roma : Meltemi, [2006]. – 223 p. : ill. ; 24 cm. I servizi flessibili di trasporto per una mobilità sostenibile / a cura di G. Ambrosino, M. Romanazzo. – Roma : ENEA, 2002. – 284 p. : ill. ; 24 cm. Shanghai : architecture & urbanism for modern China / edited by Seng Kuan and Peter G. Rowe. – Münich [etc.] : Prestel, c2004. – 184 p. : ill. ; 29 cm. Il sistema delle città europee / N. Cattan…[et al.] ; edizione e traduzione a cura di Silvia Gaddoni. – Bologna : Patron, 1997. – 215 p. ; 22 cm. Il sistema urbano italiano nello spazio unificato europeo / a cura di Giuseppe Dematteis e Piero Bonavero. - Bologna : Il mulino, [1997]. – 440 p. ; 21 cm. Le società di trasformazione urbana : contesto legislativo, caratteri giuridici, problematiche applicative : le modalità di attuazione nell’esperienza di 11 comuni / a cura di Giancarlo Storto. – Milano : Il sole 24-ore, 2004. – X, 365 p. ; 24 cm. Sostenibilità e cambiamenti climatici : il protocollo di Kyoto e i suoi strumenti / a cura di Federica Rangheri ; postfazione di Corrado Clini. – Milano : Guerini studio, 2005. – 236 p. ; 24 cm. Spazi comuni : reinventare la città / a cura di Pino Brugellis, Francesco Pezzulli. – Milano : Bevivino, c2006. – 285 p. : ill. ; 23 cm. State of the world 2007 : il nostro futuro urbanizzato : rapporto sullo stato del pianeta / Worldwatch Institute ; ed. italiana a cura di Gianfranco Bologna. – Milano : Edizioni Ambiente, [2007]. – 431 p. : ill. ; 19 cm. La stazione del 21. secolo : dalle stazioni Alta Velocità alle ultime ristrutturazioni, i progetti e la visione delle Ferrovie dello Stato / a cura di / edited by Alessia Ferrarini. – Milano : Electa, [2007]. – 157 p. : ill. ; 25x31cm. Stazioni ferroviarie e riqualificazione urbana / a cura di Daniele Pini e Filippo Boschi ; presentazione di Alfredo Peri ; saggi di Daniele Pini…[et al.]. – Bologna : Compositori, 2004. – 223 p.: ill. ; 28 cm. ((In cop.: OIKOS Centro Studi. Stazioni : luoghi per le città. – Milano : Electa, °2004!. – 125 è.: ill. ; 29 cm. Territori d’Europa : l’ampliamento dell’UE: prospettive e limiti per le politiche della città, del territorio e dello sviluppo locale / a cura di Giovanni Caudo e Giorgio Picinato. – Firenze : Alinea, °2004!. – 265 p. : ill. ; 24 cm. Tra città e campagna : periurbanizzazione e politiche territoriali / a cura di Flavio Boscacci, Roberto Camagni. - [Bologna] : Il mulino, [1994]. – 467 p., [8] p. di tav. : ill. ; 22 cm. Transurbanism / [Joke Brouwer, Arjen Mulder, Laura Martz]. – Rotterdam : V2_Publishers, c2002. – 240 p. : ill. ; 23 cm. 74 S 363.72 RIFI S 711 RIFLE SL 711 RITOR S 711.4 RIQUA S 303.6 RIVOL S 307.76 SCENA S 307.76 SENSO S 388.4 SERVI S 720.95 SHANG S 711 SISTE S 307.7609 SISTE S 711 SOCIE S 33.7 SOSTE S 307.76 SPA CDEP 333.7 STAOTW 2007 S 725 STAZI S 725 STAZI S 725 STAZI S 337.1 TERRI S 307.1 TRACI S 307.76 TRANS Trasporto urbano / a cura di / edited by Elisabetta Venezia. – Milano : F. Angeli, [2005]. – 308 p. ; 23 cm. L’ultima città possibile : recupero del patrimonio architettonico a fini sociali e culturali nei centri storici dell’Emilia Romagna / a cura di Marina Foschi, Andrea Malacarne, Piero Orlandi. – Bologna : A.G.E., [1991]. – XII, 266 p., [8] c. di tav. : ill. ; 26 cm. ((In testa al front.: Regione Emilia Romagna, Istituto beni culturali. L’uomo e la città : verso uno sviluppo umano e sostenibile / Luigi Fusco Girard…°et al.!. – Milano : F. Angeli, ©2003. – 688 p. : ill. ; 23 cm. Urban imaginaries from Latin America : documenta 11 / edited by Armando Silva. Ostfildern-Ruit :_ Hatje Cantz, ©2003. – 319 p. : ill. ; 23 cm. Urban renewal partecipation experiments : heralds of a new local democracy? / reporter N.J. M. Nelissen. - [S.l.] : Council of European municipalities-Dutch section, c1982. – 268 p. : ill. ; 31 cm. Urbanisti italiani : Piccinato, Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo, Astengo, Campos Venuti / a cura di Paola Di Biagi e Patrizia Gabellini ; postfazione di Bernardo Secchi. – Roma [etc.] : Laterza, 1992. – XI, 593 p. : ill. ; 25 cm. Urbanistica fascista : ricerche e saggi sulle città e il territorio e sulle politiche urbane in Italia tra le due guerre / a cura di Alberto Mioni. – Milano : Angeli, c1980. – 344 p. : ill. ; 22 cm. Urbanistica in Emilia-Romagna : esperienze e analisi / a cura di Patrizia Gabellini, Mario Piccinini e Stefano Stanghellini. – Milano : Angeli, c1983. – 405 p. : ill. ; 22 cm. Ventuno parole per l’urbanistica / a cura di Claudia Mattogno. – Roma : Carocci, 2008. – 339 p. : ill. ; 24 cm. A vision of Europe : 3. Triennale internazionale di architettura e urbanistica di Bologna : Centro San Giorgio in Poggiale, Bologna, 9 marzo-14 maggio 2000 : una manifestazione di Bologna 2000, città europea della cultura : Convegno internazionale ed esposizione L’altra modernità : atti del Convegno : Costruire e abitare la nuova architettura della città : Bologna, 9-10-11 marzo 2000. – Bologna : A vision of Europe, stampa 2000. – 431 p. : ill. ; 30 cm. Written city : scrivere la città : Gea Casolaro…Roma : Cangemi, [2006]. – 63 p. : ill. color. ; 24 ((Catalogo della Mostra tenuta a Frascati nel 2006. S 388.4 TRSP S 720.9454 ULTIM S 307.76 UOMOE S 307.76 URBAT CLDEP 711 URBAN S 711 URBAN S 711 MIONA S 711 URBAN S 711 VENTU S 720.94 VISIO S 709.05 WRITT 2 Migranti, Identità, Sicurezza, Convivenza, Sviluppo dal catalogo di Sala Borsa Abruzzese, Alberto Dal romanzo alle reti : soggetti e territori della grande narrazione moderna / Alberto Abruzzese, Isabella Pezzini. – Torino : Testo & immagine, 2004. – XXVIII, 232 p. ; 19 cm. Addams, Jane Donne, immigrati, governo della città : scritti sull’etica sociale / Jane Addams ; a cura e con introduzione di Bruna Bianchi. – Santa Maria Capua Vetere : Spartaco, 2004. – 297 p. ; 17 cm. Agamben, Giorgio La comunità che viene / Giorgio Agamben. – Torino : Bollati Boringhieri, 2001. – 93 p. ; 20 cm. Aime, Marco Eccessi di culture / Marco Aime. – Torino : G. Einaudi, °2004!. – 136 p. ; 18 cm. Allam, Khaled La città multiculturale : identità, diversità, pluralità / Khaled Fouad Allam, Fouad Marco Martinello, Aluisi Tosolini ; a cura di Tiziano Ruffilli e Aluisi Tosolini. – Bologna : EMI, [2004]. – 187 p. ; 21 cm. 75 S 808.3 ABRUA S 301 ADDAJ S 302.5 AGAMG S 306 AIMEM S 305.8 ALLAKF Ambrosini, Maurizio Un’altra globalizzazione : la sfida delle migrazioni transnazionali / Maurizio Ambrosini. – Bologna : Il mulino, [2008]. – 247 p. ; 22 cm. Anderlini, Fausto Identità e spazio locale : formazioni territoriali intermedie e reti istituzionali in Italia ed in Emilia-Romagna / Fausto Anderlini, Maurizio Zani ; presentazione di Giuseppe Petruzzelli ; Provincia di Bologna, Settore programmazione. – Bologna : CLUEB, 1993. – IX, 215 p. : ill. ; 22 cm. Anderson, Benedict Comunità immaginate : origini e fortuna dei nazionalismi / Benedict Anderson ; prefazione di Marco D’Eramo. – Roma : Manifestolibri, 2000. – 259 p. ; 18 cm. Appadurai, Arjun Sicuri da morire : la violenza nell’epoca della globalizzazione / Arjun Appadurai ; a cura di Piero Vereni. – Roma : Meltemi, [2005!. – 189 p. ; 19 cm. Bagnasco, Arnaldo Tracce di comunità : temi derivati da un concetto ingombrante / Arnaldo Bagnasco. – Bologna : Il mulino, c1999. – 179 p. ; 21 cm. Balbo, Laura In che razza di società vivremo? : l’Europa, i razzismi, il futuro / Laura Balbo. - [Milano! : B. Mondadori, [2006!. – 149 p. ; 19 cm. ((Segue: Appendice. Bibliogr.: p. 143-149. Balbo, Laura I razzismi reali / Laura Balbo, Luigi Manconi. – Milano : Feltrinelli, 1992. – 143 p. ; 20 cm. Balbo, Paola Rifugiati e asilo : il diritto reale soffocato: excursus tra direttive europee e leggi nazionali / Paola Balbo. – Matelica : Halley, stampa 2007. – 242 p. ; 24 cm. + 1 cd-rom. Baldoni, Emiliana Balibar, Etienne Balsamo, Franca Barbagli, Marzio Barbieri, Luca Bartholini, Ignazia Baumann, Gerd <1953-> Bauman, Zygmunt Bauman, Zygmunt Bauman, Zygmunt Racconti di trafficking : una ricerca sulla tratta delle donne straniere a scopo di sfruttamento sessuale / Emiliana Baldoni. – Milano : F. Angeli, 2007. – 288 p. ; 23 cm. Razza, nazione, classe : le identità ambigue / Etienne Balibar, Immanuel Wallerstein ; nota introduttiva di Giorgio Baratta. – Roma : Edizioni associate, 1991. – 240 p. ; 23 cm. Famiglie di migranti : trasformazioni dei ruoli e mediazione culturale / Franca Balsamo. – Roma : Carocci, 2003. – 190 p. ; 22 cm. Immigrazione e sicurezza in Italia / Marzio Barbagli. – Nuova ed.Bologna : Il mulino, 2008. – 236 p. ; 21 cm. Amore negato : società multietnica e mutilazioni genitali femminili / Luca Barbieri. – Torino : Ananke, [2005!. – 141 p. ; 21 cm. Uno e nessuno : identità negata nella società globale / Ignazia Bartholini ; prefazione di Vincenzo Cesareo. – Milano : F. Angeli, [2003]. – 287 p. ; 23 cm. L’enigma multiculturale : stati, etnie, religioni / Gerd Baumann. – Bologna : Il mulino, [2003!. – 181 p. ; 21 cm. Dentro la globalizzazione : le conseguenze sulle persone / Zygmunt Bauman. – Roma [etc.] : Laterza, 2001. – 152 p. ; 21 cm. Fiducia e paura nella città / Zygmunt Bauman. - [Milano] : B. Mondadori, [2005]. – XV, 79 p. ; 17 cm. ((Relazione introduttiva presentata al Convegno tenuto a Milano nel 2004. Intervista sull’identità / Zygmunt Bauman ; a cura di Benedetto Vecchi. – Roma °etc.] : GLF editori Laterza, 2003. – X, 126 p. ; 18 cm. 76 S 304.8 AMBRM CL 320.8 ANDEF S 320.5 ANDEBR S 303.62 APPAA S 307 BAGNA S 303.4 BALBL S 320.5 BALBL S 342.08 BALBP S 342.08 BALBP CD ROM S 306.74 BALDE S 305.8 BALIE S 325.45 BALSF S 364.9 BARBM S 392 BARBL S 305.42 BARTI S 306 BAUMG S 303.4 BAUMZ S 307.76 BAUMZ S 306 BAUMZ Bauman, Zygmunt Modernità liquida / Zygmunt Bauman. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2002. – XXII, 272 p. ; 21 cm. Bauman, Zygmunt Paura liquida / Zygmunt Bauman. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2008. – 233 p. ; 21 cm. Bauman, Zygmunt Voglia di comunità / Zygmunt Bauman. – Roma °etc.! : GLF editori laterza, 2003. – IX, 145 p. ; 21 cm. Bazzicalupo, Laura Il governo delle vite : biopolitica ed economia / Laura Bazzicalupo ; prefazione di Roberto Esposito. – Roma [etc.] : GLF Laterza, 2006. – XI, 166 p. ; 21 cm. Beccucci, Stefano Criminalità multietnica : i mercati illegali in Italia / Stefano Beccucci. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2006. – XV, 145 p. ; 21 cm. Beck, Ulrich L’Europa cosmopolita : società e politica nella seconda modernità / Ulrich Beck, Edgar Grande. – Roma : Carocci, 2006. – 371 p. ; 22 cm. Beck, Ulrich Lo sguardo cosmopolita / Ulrich Beck. – Roma : Carocci, 2005. – 261 p. ; 22 cm. Bedogni, Sonia Minori stranieri tra disagio e integrazione nell’Italia multietnica : uno sguardo antropologico / Sonia Bedogni. – Torino : L’harmattan Italia, ©2004. – 182 p. ; 21 cm. Benigni, Rita L’identità religiosa nel rapporto di lavoro : la rilevanza giuridica della fede del prestatore e del percettore d’opera / Rita Benigni. – Napoli : Jovene, 2008. – VI, 290 p. ; 24 cm. Bertuglia, Cristoforo Formazione di un’identità urbana : il caso delle villes nuovelles / Sergio Cristoforo Sergio Bertuglia, Silvia Prodam Tich, Andrea Stanghellini. – Milano : F. Angeli, [2004]. – 142 p. : ill. ; 23 cm. Bonora, Paola I centri interculturali in Emilia-Romagna: un progetto di ricerca-azione per una territorialità attiva : rapporto finale della ricerca: spazi dell’appartenenza, segni dell’identità, riterritorializzazione multietnica del territorio / di Paola Bonora e Angela Giardini. - [S.l. : s. n.], stampa 2004 (Bologna : Industrie grafiche Nanni e Labanti). – 192 p. ; 21 cm. ((In cop.: Regione Emilia-Romagna, Assessorato politiche sociali, progetto giovani, cooperazione interculturale; E-miliaromagna innovazione culturale. Borracchini, Niccolò Banche e immigrati : credito, rimesse e finanza islamica / Niccolò Borracchini. – Ospedaletto, Pisa : Pacini, [2007]. – V, 146 p. : ill. ; 20 cm. Branca, Paolo Yalla Italia! : le vere sfide dell’integrazione di arabi e mussulmani nel <1957-> nostro paese / Paolo Branca ; presentazione di Gad Lerner. – Roma : Edizioni Lavoro, [2007]. – 190 p. ; 19 cm. Branca, Silvia Lingua italiana per migranti : uno strumento fondamentale per il legame sociale e lo scambio interculturale / Silvia Branca, Denise Calabresi, Daniela Rocca ; introduzione di Giuseppe Guarnieri ; illustrazioni e copertina di Flavia Branca. -–Bologna : Martina, 2006. – XII, 132 p. : ill. ; 22 cm. Bregola, Davide Da qui verso casa / Davide Bregola. – Roma : Edizioni interculturali, [2002]. – 157 p. ; 21 cm. Brunori, Luisa Stranieri fuori, stranieri dentro : una riflessione sullo spazio interetnico / Luisa Brunori, Francesca Tombolini ; presentazione di Franco Del Corno. – Milano : F. Angeli, 2001. – 142 p. ; 23 cm. 77 S 303.4 BAUMZ S 302 BAUMZ S 303.4 VOGLI S 361.2 BAZZL S 364.3 BECUS S 320.94 BECKU S 303.48 BECKU S 362.7 BEDOS S 342.4 BENIR 711 BERTCS C 370.11 BONOP S 332.7 BORRN S 325 BRANP S 458 BRANS S 809.3 BREGD S 155.8 BRUNL Burgio, Alberto Butler, Judith Cacciari, Massimo L’invenzione delle razze : studi su razzismo e revisionismo storico / Alberto Burgio. – Roma : Manifestolibri, [1998]. – 210 p. ; 21 cm. La vita psichica del potere : teorie della soggettivazione e dell’assoggettamento / Judith Butler ; a cura di Carla Weber. – Roma : Meltemi, [2005]. – 204 p. ; 21 cm. Geo-filosofia dell’Europa / Massimo Cacciari. – 2. ed. – Milano : Adelphi, c1994. – 170 p. ; 22 cm. Callari Galli, Matilde Callari Galli, Matilde Antropologia senza confini : percorsi nella contemporaneità / Matilde Callari Galli. – Palermo : Sellerio, [2005]. – 316 p. ; 21 cm. Formare alla complessità : prospettive dell’educazione nelle società globali / Matilde Callari Galli, Franco Cambi, Mauro Ceruti. – Roma : Carocci, 2003. – 181 p. ; 22 cm. Callari Galli, Pensare la diversità : idee per un’educazione alla complessità umana / Matilde Matilde Callari Galli, Mauro Ceruti, Telmo Pievani. – Roma : Meltemi, [1998]. – 237 p. ; 19 cm. Camarca, Claudio Migranti : verso una terra chiamata Italia / Claudio Camarca. – Milano : Rizzoli, 2003. – 346 p. ; 23 cm. Campomori, Immigrazione e cittadinanza locale : la governance dell’integrazione in Francesca Italia / Francesca Campomori. – Roma : Carocci, 2008. – II,255 p. ; 22 cm. Canevacci, Culture extreme : mutazioni giovanili tra i corpi delle metropoli / Massimo Massimo Canevacci. – Roma : Meltemi, 1999!. – 212 p. : ill. ; 19 cm. Codeluppi, Vanni Il biocapitalismo : verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni / Vanni Codeluppi. – Torino : Bollati Boringhieri, 2008. – 116 p. ; 20 cm. Caponio, Tiziana Città italiane e immigrazione : discorso pubblico e politiche a Milano, Bologna e Napoli / Tiziana Caponio. – Bologna : Il Mulino, [2006!. – 304 p. ; 22 cm. Capriotti, Maria Fenomeno immigrazione : il punto di vista delle famiglie e delle donne Cristina extracomunitarie / rapporto di ricerca di Maria Cristina Capriotti ; supervisione scientifica; Bruna Zani. – Cesena : Il ponte vecchio, 2001. – 95 p. ; 24 cm. Carchedi, Piccoli schiavi senza frontiere : il traffico dei minori stranieri in Italia / Francesco Francesco Carchedi ; prefazione di Giovanni Mottura. – Roma : Ediesse, [2004]. – 294 p . ; 21 cm. Castells, Manuel Il potere delle identità / Manuel Castells. – Milano : Università Bocconi, [2003]. – X, 464 p. ; 23 cm. Castellett. Marco Marketing per il territorio : strategie e politiche per lo sviluppo locale nell’economia globalizzata / Marco Castellett, Marco D’Acunto. – Milano : F. Angeli, [2006]. – 108 p. ; 23 cm. Casti, Lidia Chi ha paura dei cinesi? / Lidia Casti, Mario Portanova. – Milano : BUR, 2008. – 233 p. ; 20 cm. ((Segue: Appendice. Castrignano, Marco La città degli individui : tra crisi ed evoluzione del legame sociale / Marco Castrignano. -–Milano : F. Angeli, [2004]. – 127 p. ; 23 cm. Cavalletti, Andrea La città biopolitica : mitologie della sicurezza / Andrea Cavalletti. [Milano! : B. Mondadori, c2005. – 275 p. ; 17 cm. 78 S 305.8 BURGA S 126 BUTJ SDEP 320.01 CACCM S 301 CALLG S 306 CALLG S 306 CALLG S 304.8 CAMAC S 325.45 CAMPF S 306 CANEM S 361.2 CODEV S 325.45 CAPOT S 304.8 CAPRMC S 362.7 CARCF S 303.48 CASTM S 338.9 CASTM S 305.895 CASTL S 307.76 CASTM S 307.76 CAVAA Ciconte, Enzo Le nuove schiavitù : il traffico degli esseri umani nell’Italia del 21. secolo / Enzo Ciconte, Pierpaolo Romani. – Roma : Editori riuniti, 2002. – 199 p. : ill. ; 21 cm. Cigognetti, Luisa Migranti in celluloide : storici, cinema ed emigrazione / Luisa Cigognetti e Lorenza Servetti. – Foligno : Editoriale umbra, [2003]. – 94 p : ill. ; 21 cm. Cima, Rosanna Abitare la diversità : pratiche di mediazione culturale: un percorso fra territorio e istituzioni / Rosanna Cima. – Roma : Carocci, 2005. – 143 p. ; 22 cm. Cingolani, Pietro Romeni d’Italia : migrazioni, vita quotidiana e legami transnazionali / Pietro Cingolani. – Bologna : Il mulino, [2009]. – 305 p., [16] p. di tav. : ill. ; 22 cm. Colombo, Asher Gli immigrati in Italia / Asher Colombo, Giuseppe Sciortino. – Bologna : Il mulino, [2004]. – 132 p. ; 2 cm. Coppo, Piero Tra psiche e culture : elementi di entnopsichiatria / Piero Coppo. – Torino : Bollati Boringhieri, 2003. – 274 p. ; 22 cm. Cotesta, Vittorio Lo straniero : pluralismo culturale e immagini dell’altro nella società globale / Vittorio Cotesta. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza. 2002. – VII, 139 p. ; 21 cm. Dal Fiume, Giorgio Un’altra storia è possibile : scontro di civiltà, consenso sociale, globalizzazione / Giorgio Dal Fiume. – Torino : Bollati Boringhieri, 2005. – 231 p. ; 20 cm. Dal Lago, Non-persone : l’esclusione dei migranti in una società globale / Alessandro Alessandro Dal Lago. – Nuova ed.- Milano : Feltrinelli, 2004. – 279 p. ; 20 cm. Davico, Luca Le società urbane / Luca Davico, Alfredo Mela. – Roma : Carocci, 2002. – 127 p. ; 20 cm. Davis, Mike Geografie della paura : Los Angeles : l’immaginario collettivo del <1946-> disastro / Mike Davis. – Milano : Feltrinelli, 1999!. – 459 p. : ill. ; 22 cm. Davis, Mike Il pianeta degli slum / Mike Davis. – Milano : Feltrinelli, 2006. – 213 p. ; <1946-> 22 cm. Deaglio, Mario La globalizzazione dimezzata : [nono rapporto sull’economia globale e l’Italia] Mario Deaglio, Pier Giuseppe Montanari, Anna Caffarena. – Milano : Guerini e Associati, 2004. – XII, 218 p. ; 23 cm. ((Nell’occh.: Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi; Lazard. Decimo, Francesca Quando emigrano le donne : percorsi e reti femminili della mobilità transnazionale / Francesca Decimo. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 236p. ; 22 cm. De Robert, Daniela Frontiere nascoste : storie ai confini dell’esclusione sociale / Daniela de Robert. – Torino : Bollati Boringhieri, 2009. – 140 p. ; 22 cm. Del Pistoia, David Globalizzazione, neorazzismo e scontri culturali : quando la cultura divide / David Del Pistoia. – Roma : Armando, [2007]. – 319 p. ; 22 cm. Delle Donne, Un cimitero chiamato Mediterraneo : per una storia del diritto d’asilo Marcella nell’Unione europea / Marcella Delle Donne. – Roma : DeriveApprodi, 2004. – 200 p. ; 23 cm. Delle Donne, Convivenza civile e xenofobia / Marcella Delle Donne. – Milano : Marcella Feltrinelli, 2000. 154 p. ; 20 cm. Demetrio, Duccio Agenda interculturale : quotidianità e immigrazione a scuola : idee per chi inizia / Duccio Demetrio. – Roma : Meltemi, 1997!. – 131 p. ; 19 cm. 79 S 325.45 CICOE S 791.43 CIGOL S 370.117 CIMAR S 305.8 CINGP S 305.8 COLOA S 155.8 COPPP S 305.8 COTEV S 303.4 DALFG S 305.8 DALLA S 307.76 DAVIL S 363.3 DAVIM S 307.76 DAVIM S 337.09 DEAGM S 325 DECIF S 305.8 DEROD S 303 DELPD S 325.4 DELLM S 305.8 DELLM S 370.19 DEMED De Rita, Giuseppe De Robert, Daniela Detienne, Marcel Di Marco, Lella Dioguardi, Gianfranco Edallo, Edoardo Esposito, Roberto <1950-> Esposito, Roberto <1950-> Fabietti, Ugo Fenaroli, Patrizia Fanon, Frantz Ferrari Bravo, Luciano Fistetti, Francesco Floriani, Sonia Foglio, Antonio Fontana, Toni Forni, Elisabetta Foschi, Manuela Foucault, Michel Frabboni, Franco Manifesto per lo sviluppo locale : dall’azione di comunità ai Patti territoriali / Giuseppe De Rita e Aldo Bonomi. – Torino : Bollati Boringhieri, 1998. – 223 p. ; 20 cm. Frontiere nascoste : storie ai confini dell’esclusione sociale / Daniela de Robert. – Torino : Bollati Boringhieri, 2009. – 140 p. ; 22 cm. Essere autoctoni : come denazionalizzare le storie nazionali / Marcel Detienne. - °Firenze! : Sansoni, 2004. – 117 p. ; 2 0 cm. I saperi delle donne : il patrimonio culturale delle donne migranti nella cura della persona e la gestione del quotidiano / [testi scritti di Lella Di Marco, Paola Lo Tuso]. – Bologna : Martina, [2008]. – XI, 127 p. : ill. ; 21 cm. Le imprese rete / Gianfranco Dioguardi. – Torino : Bollati Boringhieri, 2007. – 153 p. ; 20 cm. Gli spazi del vivere : architettura e antropologia / Edoardo Edallo ; introduzione di Gianni Ottolini. – Sotto il Monte BG : Servitium, 1999. – 141 p. ; 22 cm. Communitas : origine e destino della comunità / Roberto Esposito. – Torino : Einaudi, [1998]. – XXXVI, 157 p. ; 20 cm. Immunitas : protezione e negazione della vita / Roberto Esposito. – Torino : Einaudi, 2002!. – 212 p. ; 21 cm. L’identità etnica : storia e critica di un concetto equivoco / Ugo Fabietti. – Nuova ed. – Roma : Carocci, 1998. – 181 p. ; 22 cm. Famiglie miste e identità culturali / Patrizia Fenaroli, Chiara Panari. – Roma : Carocci, 2006. – 127 p. ; 20 cm. Pelle nera, maschere bianche : il nero e l’altro / Frantz Fanon. – Milano : M. Tropea, [1996]. – 204 p. ; 19 cm. Dal fordismo alla globalizzazione : cristalli di tempo politico / Luciano Ferrari Bravo ; prefazione di Sergio Bologna. – Roma : Manifestolibri, °2001!. – 365 p. ; 21 cm. Comunità / Francesco Fistetti. – Bologna : Il mulino, 2003. – 190 p. ; 21 cm. Identità di frontiera : migrazione, biografie, vita quotidiana / Sonia Floriani ; presentazione di Paolo Jedlowski. – Soveria Mannelli : Rubbettino, [2004]. – 140 p. ; 21 cm. Il marketing urbano-territoriale : il marketing per città, aree urbane e metropolitane, organismi territoriali / Antonio Foglio. – Milano : F: Angeli, [2006]. – 383 p. ; 23 cm. ((In cop.: Più allegato on line. L’apartheid : viaggio nel regime di segregazione che sta nascendo nel nord-est / Toni Fontana. – Roma : Nutrimenti, 2008. – 107 p. ; 21 cm. La città di Batman : bambini, conflitti, sicurezza urbana / Elisabetta Forni. – Torino : Bollati Boringhieri, 2002. – 220 p., °12 c. di tav. : ill. ; 22 cm. Vite senza permesso : interviste ad ambulanti immigrati / Manuela Foschi. – Bologna : Emi, [2009]. – 157 p. ; 21 cm. Spazi altri : luoghi delle eterotopie / Michel Foucault ; a cura di Salvo Vaccaro. – Milano : Mimesis, 2001!. – 100 p. ; 17 cm. Educare in città / Franco Frabboni. – Roma : Editori Riuniti, 2006. – 191 p. : ill. ; 21 cm. 80 S 320. 8 DERIG S 305.8 DEROD S 306.09 DETIM S S 305.9 DIMAL S 338.8 DIOGG S 720 EDALE S 307 ESPOR S 195 ESPOR S 305.8 FABIU S 306.84 FENAP S 305.896 FANOF S 306.3 FERRABL S 320.01 FISTF S 305.8 FLORS S 338.9 FOGLA S 305.8 FONTT S 305.23 FORNE S 331.6 FOSCM S 114 FOUCM S370.1 FRABF Francescato, Donata Fondamenti di psicologia di comunità : principi, strumenti, ambiti di applicazione / Donata Francescato, Manuela Tomai, Guido Ghirelli. – Roma : Carocci, 2002. – 431 p. ; 24 cm. Fusaro, Maria Reti commerciali e traffici globali in età moderna / Maria Fusaro. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, [2008]. – XV, 168 p. : c. geogr. ; 18 cm. Gallissot, René L’imbroglio etnico : in quattordici parole-chiave / René Gallissot, Mondher Kilani, Annamaria Rivera. – Nuova ed. ampliata e aggiornata. – Bari : Dedalo, 2001!. – 383 p. 21 cm. Garavini, Roberto Verso quale città? : economia ed urbanesimo del capitale maturo / Roberto Garavini. – Roma : Officina, 1970. – 363 p. ; 24 cm. Geertz, Clifford Mondo globale, mondi locali : cultura e politica alla fine del ventesimo secolo / Clifford Geertz. – Bologna : Il mulino, 1999!. – 127 p. ; 21 cm. Giaconia, Paola Los Angeles : città unica / Paola Giaconia. – Torino : Testo & immagine, 2001. – 93 p. : ill. ; 19 cm. Giovannetti, Monia L’accoglienza incompiuta : le politiche dei comuni italiani verso un sistema di protezione nazionale per i minori stranieri non accompagnati / Monia Giovannetti. – Bologna : Il mulino, [2008]. – 375 p. : ill. ; 22 cm. Giudici, Cristina L’Italia di Allah : storie di mussulmani fra autoesclusione e desiderio di integrazione / Cristina Giudici. – Milano : Bruno Mondadori, c2005. – 138 p. ; 19 cm. Giustiniani, Corrado Fratellastri d’Italia : vite di stranieri tra noi / Corrado Giustiniani. – Roma °etc.! : GLF editori Laterza, 2003. – IX, 197 p. ; 21 cm.((In appendice: Numeri che contano, dello stesso A. Godono, Elvira La città nella letteratura postmoderma / Elvira Godono. – Napoli : Liguori, 2001. – VIII, 178 p. ; 24 cm. Gozzoli, Caterina Migrazioni e famiglie : percorsi, legami e interventi psicosociali / Caterina Gozzoli, Camillo Regalia. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 283 p. : ill. ; 22 cm. Grassivaro, Economia dell’impresa : multinazionali, transnazionali, reti / Francesco Francesco Grassivaro. – Padova : CEDAM, 2002. – VIII, 265 p. ; 24 cm. Greco, Pietro La città della scienza : storia di un sogno a Bagnoli / Pietro Greco ; con la collaborazione di Alfonso Fraia ; prefazione di Romano Prodi ; introduzione di Tullio Regge. – Torino : Bollati Boringhiri, 2006. – 254 p., [16] c. di tav. : ill. ; 20 cm. Grinberg, Léon Psicoanalisi dell’emigrazione e dell’esilio / Léon Grinberg, Rebeca Grinberg ; prefazione di Mauro Mancia. – Milano : F. Angeli, [1990]. – 232 p. ; 22 cm. Halilovich, Davide Tema sulla mia vita : il diario di un ragazzo rom / Davide Halilovich ; fotografie di Marco Delogu. – Roma : DeriveApprodi, 1999. – 91 p., 11! c. di tav. : ill. ; 20 cm. Hall, Stuart Politiche del quotidiano : culture, identità e senso comune / Stuart Hall ; introduzione e cura di Giovanni Leghissa ; prefazione di Giorgio Baratta. – Milano : Il saggiatore, [2006]. – 348 p. ; 22 cm. Hammad, Manar Leggere lo spazio, comprendere l’architettura / Manar Hammad. – Roma : Meltemi, [2003!. – 335 p. ; 19 cm. Hannerz, Ulf La diversità culturale / Ulf Hannerz. – Bologna : Il Mulino, ©2001. – 161 p. ; 21 cm. Hannerz, Ulf Esplorare la città : antropologia della vita urbana / Ulf Hannerz. – Bologna : Il mulino, [1992]. – 554 p. ; 22 cm. 81 S 155.9 FRAND S 382 FUSAM S 305.8 GALLR UC 307.76 GARAR S 306.09 GEERC S. 307.7609 GIACP S 362.7086 GIOVM S 297 GIUDC S 362.85 GIUSC S 809 GODOE S 325 GOZZC S 338.8 GRASF S 507 GRECP S 155.9 GRINL S 305.8 HAL S 306.4 HALLS S 7201 HAMMM S 303.48 HANNU S 307.76 HANNU Huntington, Samuel P. Huntington, Samuel P. Innerarity, Daniel Koser, Khalid Leogrande, Alessandro Liotta, Elena Lombardi Satriani, Luigi M. Lyon, David Lyon, David Lyon, David Maalouf, Amin Maffi, Mario Magnaghi, Alberto <1941-> Mance, Euclides André Mandich, Giuliana Mantovani, Giuseppe Manzini, Ezio Marchetti, Chiara Marchi, Pino Marramao, Giacomo La nuova America : le sfide della società multiculturale / Samuel P. Huntington. – Milano : Garzanti, 2005. – 511 p. ; 22 cm. Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale / Samuel P. Huntington. - [Milano] : Garzanti, 1997. – 499 p. : ill. ; 21 cm. Il nuovo spazio pubblico / Daniel Innerarity. – Roma : Meltemi, [2008!. – 287 p. ; 19 cm. Le migrazioni internazionali / Khalid Koser. – Bologna : Il Mulino, [2009]. – 148 p. ; 21 cm. Uomini e caporali : viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud / Alessandro Leogrande. – Milano : Mondadori, 2008. – 252 p. ; 21 cm. Su anima e terra : il valore psichico del luogo / Elena Liotta ; con i contributi di Elena Angelini…[et al.]. – Roma : Magi, [2005]. – 422 p. : ill. ; 25 cm. Il sogno di uno spazio : itinerari ideali e traiettorie simboliche nella società contemporanea / Luigi M. Lombardi Satriani. – Soveria Mannelli : Rubbettino, ©2004 (stampa 2005). – XIV, 219 p. ; 21 cm.((Scritti già pubbl. Massima sicurezza : sorveglianza e guerra al terrorismo / David Lyon. – Milano : Cortina, 2005. – XXIII, 194 p. ; 23 cm. L’occhio elettronico : privacy e filosofia della sorveglianza / David Lyon. – Milano : Feltrinelli, [1997]. – 327 p. ; 22 cm. La società sorvegliata : tecnologie di controllo della vita quotidiana / David Lyon ; prefazione di Stefano Rodotà. – Milano : Feltrinelli, 2002. – XIX, 250 p. ; 22 cm. L’identità / Amin Maalouf ; nuova introduzione dell’autore a cura di Anna Maria Lorusso ; postfazione di Egi Volterrani. – Milano : Tascabili Bompiani, 2005. – 159 p. ; 20 cm. Nel mosaico della città : differenze etniche e nuove culture in un quartiere di New York / Mario Maffi. – Milano : Feltrinelli, 1992. 333p., [8] c. di tav. : ill. ; 23 cm. Il progetto locale / Alberto Magnaghi. – Torino : Bollati Boringhieri, 2000. – 256 p. ; 20 cm. La rivoluzione delle reti : l’economia solidale per un’altra globalizzazione / Euclides André Mance. – Bologna : EMI, °2003!. – 222 p. ; 21 cm. Abitare lo spazio sociale : giovani, reti di relazioe e costruzione dell’identità / Giuliana Mandich. – Milano : Guerini studio, 2003. – 173 p. ; 21 cm. L’elefante invisibile : tra negazione e affermazione delle diversità : scontri e incontri multiculturali / Giuseppe Mantovani. – Firenze : Giunti, [1998]. – 231 p. ; 23 cm. Quotidiano sostenibile : scenari di vita urbana / Ezioo Manzini, Francois Jegou. – Milano : Edizioni Ambiente, [2003]. – 270 p. : ill. ; 23 cm. + 1 fasc. Un mondo di rifugiati : migrazioni forzate e campi profughi / Chiara Marchetti. – Bologna : EMI, [2006]. – 287 p. ; 21 cm. Italia spray : graffiti e dintorni / Pino Marchi ; presentazione di Omar Calabrese. – Siena : Protagon, [2007]. – 310 p. : ill. ; 22 cm. Dopo il Leviatano : individuo e comunità / Giacomo Marramao. – 2. ed.!. – Torino : Bollati Boringhieri, 2000. – 443 p. ; 22 cm. 82 S 305.8 HUNTSP SW 327.1 HUNTSP S 307.76 INNED S 304.8 KOSEK S 331.5 LEOGA S 155.9 LIOTE S 720.1 LOMBSL S 303.3 LYOND S 303.48 LYOND S 303. 48 LYOND S 305.8 MAALA S 305.8 MAFFM S 307.1 MAGNA S 337.1 MANCEA S 305.23 MANDG S 305.8 MANTG S 307.76 MANZE S 325 MARCC S 390.09 MARCP S 320.101 MARRG Marramao, Giacomo Mazzara, Bruno M. Melucci, Alberto Merini, Alberto Micelli, Stefano Migliorini, Laura Mori, Marco Musso, Pierre Mutti, Antonio Napoleoni, Loretta Oliva, Fiorenzo Olivares, Manuel Ong, Aihwa Oriani, Raffaele Paci, Francesca Palidda, Salvatore Palumbo, Raffaele <1971-> Pani, Roberto Parsons, Talcott Minima temporalia : tempo, spazio, esperienza / Giacomo Marramao. – Milano : Il saggiatore, 1990. – 153 p. ; 21 cm. Appartenenza e pregiudizio : psicologia sociale delle relazioni interetniche / Bruno M. Mazzara. – 3. rist. – Roma : Carocci, 1998. – 206 p. ; 22 cm. Culture in gioco : differenze per convivere / Alberto Melucci. – Milano : Il saggiatore, [2000]. – 159 p. ; 22 cm. Il viso nero stellato : racconti di migranti / Alberto Merini. – Bologna : Clueb, 2005. – 92 p. ; 22 cm. Imprese, reti e comunità virtuali / Stefano Micelli ; presentazione di Enzo Rullani. – Milano : Etas libri, 2000. – XIV, 224 p. : ill. ; 22 cm. Città e legami sociali : introduzione alla psicologia degli ambienti urbani / Laura Migliorini, Lucia Venini. – Roma : Carocci, 2001. – 151 p. ; 22 cm. Giovani e luoghi / Marco Mori. – Gussago : Vannini editrice, [2008]. – 419 p. ; 24 cm. L’ideologia delle reti / Pierre Musso. – Milano : Apogeo, [2007]. – XVI, 239 p. ; 21 cm. Il buon vicino : rapporti di vicinato nella metropoli / Antonio Mutti. – Bologna : Il mulino, [1992]. – 132 p. ; 222 cm. Economia canaglia : il lato oscuro del nuovo ordine mondiale / Loretta Napoleoni. – Milano : Il saggiatore, c2008. – 310 p. ; 22 cm. Il mondo in una piazza / Fiorenzo Oliva. – Viterbo : Stampa alternativa/Nuovi equilibri, [2009!. – 197 p. ; 17 cm.((In cop.: Diario di un anno tra 55 etnie. Comuni comunità ed ecovillaggi in Italia / Manuel Olivares. – Roma : Malatempora, 2003. – 131 p. : ill. ; 21 cm. Da rifugiati a cittadini : pratiche di governo nella nuova America / Aihwa Ong ; edizione italiana a cura di Davide Zoletto. – Milano : R. Cortina, 2005. – XX, 369 p. : ill. ; 23 cm. I cinesi non muoiono mai : [lavorano, guadagnano, cambiano l’Italia e per questo ci fanno paura] / Raffaele Oriani, Riccardo Stagliano. – Milano : Chiarelettere, 2008. – 236 p. ; 21 cm. L’islam sotto casa : l’integrazione silenziosa / Francesca Paci ; prefazione di Khaled Fouad Allam. – Venezia : Marsilio, 2004. – 134 p. ; 21 cm. Mobilità umane : introduzione alla sociologia delle migrazioni / Salvatore Palidda. – Milano : R. Cortina, 2008. – IX, 211 p. ; 23 cm. La tua città sulla strada : cronache di ordinarie prostituzioni / Raffaele Palumbo. – San Domenico, Fiesole : ECP, 1997!. – 134 p. ; 21 cm.((Segue: Un libro sgradevole, di Valentina Piattelli. Il sé insipido negli adolescenti : compulsioni autolesionistiche, suicidarie, sessuali, disturbi alimentari. Abusi, piromania, spray murali / Roberto Pani, Rita Ferrarese. – Bologna : CLUEB, [2007]. – 188 p. ; 24 cm. Comunità societaria e pluralismo : le differenze etniche e religiose nel complesso della cittadinanza / Talcott Parsons ; a cura di Giuseppe Sciortino ; prefazione di Achille Ardigò. – Milano : F. Angeli, 1994!. – 270 p. ; 22 cm. ((In appendice: Talcott Parsons: riflessioni sullo studioso e sul suo interesse per lo studio dell’etnicità, di Victor Lidz. 83 S 115 MARRG S 305.8 MAZZBM S 306.09 MELUA S 325 MERIA S 658 MICES S 155.9 MIGLL S307.76 MORIM S 306.4 MUSSP S 302.5 MUTTA S 364.16 NAPOL S 305.800945 OLIVF S 306.0945 OLIVM S 305.895 ONG A S 305.895 ORIAR S 305.6 PACIF S 304.8 PALIS S 306.74 PALUR S 155.5 PANIR S 305.8 PARST Pazé, Valentina Il comunitarismo / Valentina Pazé. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2004. – 135 p. ; 18 cm. Pazé, Valentina Il concetto di comunità nella filosofia politica contemporanea / Valentina Pazé ; prefazione di Michelangelo Bovero. – Roma etc.! : GLF editori ++Laterza, 2002. – XVII, 187 p. ; 21 cm. Perrone, Luigi Da straniero a clandestino : lo straniero nel pensiero sociologico <1942-> occidentale / Luigi Perrone. – Napoli : Liguori, 2005. – VIII, 273 p. ; 24 cm. Plessner, Helmuth I limiti della comunità : per una critica del radicalismo sociale / Helmuth Plessner ; a cura di Bruno Accarino. – Roma etc.! : GLF editori Laterza, 2001. – 176 p. ; 21 cm. Podestà, Filippo Campioni senza dimora : la favolosa storia di Multietnica, la squadra di immigrati campione del mondo / Filippo Podestà. – Milano : Terre di mezzo, [2005!. – 149 p. : ill. ; 20 cm. Possenti, Ilaria L’apolide e il paria : lo straniero nella filosofia di Hannah Arendt / Ilaria Possenti. – Roma : Carocci, 2002. – 199 p. ; 22 cm. Pugliese, Enrico L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne / Enrico Pugliese. – Bologna : Il mulino, 2002. – 145 p. ; 21 cm. Putnam, Robert D. Capitale sociale e individualismo : crisi e rinascita della cultura civica in America / Robert D. Putnam ; edizione italiana a cura di Roberto Cartocci. – Bologna : Il mulino, [2004]. – XI, 495 p. ; 22 cm. Putnam, Robert D. La tradizione civica nelle regioni italiane / Robert D. 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S 306 ANTRO S 304.8 APPAR A 717 ARTEP In corso di trattamento S 305.8 BIOPO 87 S 370.19 ALTRA S 307.76 ALTRI S 364.4 AMMIN S 362.84 CENTR C 370.11 BONOP S 658.4 CHANG S 339.5 CINAC S 305.895 CINAS S 325 CITTA S 322.6 CITTA S 323.6 CITTA S 361.6 CITTA CL 305.8009 CITTA Classi meticce : giovani, studenti, insegnanti nelle scuole delle migrazioni / a cura di Enrico Fravega e Luca Queirolo Palmas. – Roma : Carocci, 2003. – 119 p. ; 22 cm. Come cambia Bologna : le principali trasformazioni della città nella seconda metà del 20. Secolo analizzate attraverso i dati dei censimenti dal 1951 al 2001 / a cura del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna. – [S. l., s. n.], 2007 (Bologna : Clivis). 1 CD-ROM ; 12 cm. ((Requisiti del sistema: Cd-rom utilizzabile tramite browser Html. – Tit. dell’etichetta. Comunicare le identità : percorsi della soggettività nell’età contemporanea / a cura di Laura Bovone e Paolo Volonté. – Milano : F. Angeli, [2006]. – 285 p. ; 23 cm. 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((Titolo dalla cop. – In testa alla cop.: Provincia di Bologna, Assessorato Sanità e Servizi Sociali : Istituzione Gian Franco Minguzzi. – Contributi vari delle cinque giornate di studio e dei quattro seminari di approfondimento organizzati nel 2006. 88 S 371.8 CLAM CL 945.411 COMEC S 303.48 COMUN S 307 COMUN S 809 DIASP CDEP 341.242 DILEM S 325 DIZIO SL 305.4 DONNE S 325 DONNE S 331.4 DONNE S 321.8 DOPOL S 306.3 ECONO SL 364.94 EGREG S 330.9 ERADE C305.9 FAMIG S 362.84 FAMIG Fuori luogo : l’immigrazione e i media italiani : rapporto di ricerca dell’Osservatorio Terza.com su informazione, pratiche giornalistiche e opinione pubblica / a cura di Marco Binotto e Valentina Martino, direz. del progetto e pref. di Mario Morcellini, saggi di M. Binotto…et al. – Roma : Luigi Pellegrini ed. ; Rai Eri, 2004. – 366 p. ; 24 cm. Il futuro del lavoro : trasformazioni dell’occupazione e prospettive della regolazione del lavoro in Europa : rapporto redatto per la Commissione europea in collaborazione con l’Università Carlos 3. di Madrid / a cura di Alain Supiot ; edizione italiana a cura di Paolo Barbieri ed Enzo Mingione. – Roma : Carocci, 2003. – 221 p. ; 22 cm. Globalizzazione, politica e identità / a cura di Arianna Montanari e Daniele Ungaro. – Soveria Mannelli : Rubbettino, [2004]. – XVI, 273 p. ; 23 cm. Glocal : sul presente a venire / [a cura di Francisco Sedda ; Roland Robertson et al.]. – Roma : L. Sossella, [2004]. – 255 p. ; 23 cm. Governo e governance : reti e modalità di cooperazione nel territorio regionale : secondo rapporto annuale dell’Istituto per il lavoro / Istituto per il lavoro. – Milano : F. Angeli, [2003].- 648 p. ; 23 cm. Identità e appartenenza nella società della globalizzazione : consumi, lavoro, territorio / a cura di Egeria Di Nallo, Paolo Guidicini e Michele La Rosa ; scritti di M. Castrignano…°et al.!. – Milano : F. Angeli, °2004!. – 160 p. ; 23 c m. Identità e movimenti sociali in una società planetaria : °in ricordo di Alberto Melucci! / a cura di Luisa Leonini. – Milano : Guerini studio, 2003. – 382 p. ; 23 cm.((Relazioni presentate al Seminario tenuto a Milano nel 2002. Immagini migranti : forme intermediali del cinema nell’era digitale / a cura di Luciano De Giusti. – Venezia : Marsilio, 2008. – 270 p. : ill. ; 22 cm. L’immigrazione che nessuno racconta : l’esperienza di Ghanacoop e l’immigrazione che crea sviluppo / Enrico Bellavia…[et al.! ; prefazione di Jean.Leonard Touadi ; postfazione di Fulco Pratesi. – Milano : Baldini Castoldi Dalai, [2008!. – 221 p. ; 21 cm. Immigrazione e metropoli : un confronto europeo / a cura di Maurizio Ambrosini, Emanuela Abbatecola. – Milano : F. Angeli, [2004]. – 395 p. ; 23 cm. Immigrazione e nuove identità urbane : la città come luogo di incontro e scambio culturale / Asher Colombo, Antonio Genovese e Andrea Canevaro (a cura di). – Gardolo, Trento : Erickson, [2006]. – 160 p. ; 24 cm. Un’immigrazione normale / a cura di Giuseppe Sciortino, Asher Colombo. – Bologna : Il mulino, [2003]. – 382 p. ; 22 cm. L’immigrazione straniera : indicatori e misure di integrazione / a cura di Antonio Golini. – Bologna : Il mulino, [2006]. – 181 p. ; 22 cm. L’immigrazione straniera in Emilia Romagna : dati al 2005 / a cura dell’Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio (art. 3, L. R. n.5, 24 marzo 2004) : introduzione di Anna Maria Dapporto. – Bologna : CLUEB, [2007]. – 162 p. ; 24 cm. L’invenzione dell’etnia / a cura di Jean Loup Amselle, Elikia M’Bokolo. – Roma : Meltemi, [2008]. – 282 p. : ill. ; 20 cm. 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La lingua strappata : testimonianze e letteratura migranti / Kossi Komla-Ebri…[et al.! ; a cura di Alberto Ibba, Raffaele Taddeo. – Milano : Leoncavallo libri, 1999. – 207 p. ; 19 cm. 89 S 325.45 FUORI S 306.3 FUTUR S 303.4 GLOBA S 303.48 GLOCA CDEP 338. 945 GOVER S 302.5 IDEN S 305.42 IDENT S 791.43 IMMAG S 331.6 IMMIG S 304.8 IMMIG S 325 IMMIG S 304.8 IMMIG S 305.9 IMMIG CDEP 305.9 IMMIG S 305.896 INVEN S 362.7 INVIS S 325.45 LAVOR S 305.8 LETTE SN LINGU LIN Luoghi, culture e globalizzazione / a cura di Doreen Massey e Pat Jess ; edizione italiana a cura di Elena Dell’Agnese. – Torino : UTET libreria, 2001. – XX, 230 p. : ill. ; 24 cm. La migrazione come evento familiare / a cura di Eugenia Scabini e Giovanna Rossi. – Milano : BV&P, 2008. – 325 p. ; 22 cm. Migrazioni globali, integrazioni locali / a cura di Tiziana Caponio, Asher Colombo. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 329 p. ; 22 cm. Minori in città : diritti e servizi nel nuovo welfare locale / a cura di Carla Landuzzi e Manuela Corazza. – Milano : F. Angeli, [2005]. – 228 p. ; 23 cm. Minori migranti : diritti e devianza : ricerche socio-giuridiche sui minori non accompagnati / Alvise Sbraccia e Chiara Scivoletto (a cura di) ; prefazione di Giuseppe Mosconi. – Torino : L’harmattan Italia, ©2004. – 270 p. ; 21 cm. Nel nome della razza: il razzismo nella storia d’Italia 1870-1945 / a cura di Alberto Burgio. – 2. ed. – Bologna : Il mulino, 2000. – 565 p. ; 22 cm. ((Atti del Convegno tenuto a Bologna nel 1997. Non solo nero : immigrazione straniera e trasformazioni dell’economia italiana. – Roma : Agra, 2008. – 125 p. ; 19 cm. Nomadismi contemporanei : rapporti tra comunità locali, stati-nazione e flussi culturali globali / Matilde Callari Galli (a cura di) : con contributi di M. Callari Galli…[et al.]. – 2. ed. – Rimini : Guaraldi, 2004. – 171 p. ; 21 cm. Patrie elettive : i segni dell’appartenenza / a cura di Clara Gallini. – Torino : Bollati Boringhieri, 2003. – 217 p. ; 23 cm. Paure in città : strategie ed illusioni delle politiche per la sicurezza urbana / a cura di Giandomenico Amendola. – Napoli : Liguori, 2003. – 193 p. ; 21 cm. Periferie dell’impero : poteri globali e controllo sociale / a cura di Silvio Ciappi ; interventi di Gregg Barak…[et al. ! – Roma : DeriveApprodi, 2003. – 217 p. ; 23 cm. Povertà e politiche sociali in Emilia-Romagna : primo dossier regionale sulla povertà : i dati dei Centri d’ascolto delle Caritas diocesane / a cura della Delegazione regionale Caritas dell’Emilia-Romagna. – Roma : Carocci Faber, 2007. – 142 p. ; 22 cm. 1. Primo rapporto: e-governement e infrastruttura a banda larga in Regione EmiliaRomagna. – Bologna : Regione Emilia-Romagna, [2003?]. – 196 p. ; 21 cm.(( Fa parte di <Benchmarking della società dell’informazione in Emilia-Romagna,1> La protezione negata : primo rapporto sul diritto di asilo in Italia / ICS, Consorzio italiano di solidarietà ; prefazione di Andrea Camilleri. – Milano : Feltrinelli, [2005]. – 218 p. ; 21 cm. Ragazze e ragazzi nella migrazione : adolescenti stranieri: identità, racconti, progetti / a cura di Graziella Favaro, Monica Napoli. – Milano : Guerini studio, 2004. – 250 p. : ill. ; 24 cm. Reti migranti / a cura di Francesca Decimo, Giuseppe Sciortino. – Bologna : Il mulino, [2006]. – 345 p. ; 22 cm. Le reti per lo sviluppo, lo sviluppo delle reti : rapporto Nomisma sulla politica industriale / a cura di Nomisma. – Roma : Carocci, 2003. – 204 p. ; 22 cm. Ripartire dai poveri : rapporto 2008 su povertà ed esclusione sociale in Italia / Caritas Italiana, Fondazione E. Zancan. – Bologna : Il mulino, 2008. – 256 p. : ill. ; 21 cm. Il ritorno dell’etnocentrismo : purificazione etnica versus universalismo cannibale / a cura di Serge Latousche. – Torino : Bollati Boringhieri, 2003. – X,. 217 p. ; 22 cm. Scenari demografici nell’area bolognese 2003-2018 / Comune di Bologna, Settore programmazione, controlli e statistica ; [a cura di Gianluigi Bovini]. - [Bologna] : Comune di Bologna, [2003?]. – 106 p. : grafici e tab. ; 30 cm. La scuola dell’accoglienza : gli alunni stranieri e il successo scolastico / a cura di Otto Filtzinger e Miriam Traversi. – Roma : Carocci Faber, 2006. – 158 p. : ill. ; 25 cm. 90 S 304.2 LUOGH S 304.8 MIGRA S 325.45 MIGRA S 362.7 MINOR S 362.7 MINOR SDEP 305.8 NELNO S 325.45 NONSO S 305. 8 NOMAD S 306 PATRI S 307.76 PAUIC S 303.3 PERIF C 361. 6 POVER C 303.48 BENCH 1 S 323.6 PROTE S 362.7 RAGAZ S 304.8 CDEP 384.3 RETIP C 361.9 RIPAR S 305.8 RITOR SL 304.6 S 370.117 SCUOL Sentirsi in/sicuri in città / a cura di Bruna Zani. – Bologna : Il mulino, [2003]. – 269 p. ; 21 cm. Silenziose storie : percorsi con i richiedenti asilo e vittime di tortura / Franca Moiraghi (a cura). – Torino : L’harmattan Italia, [2004]. – 192 p. ; 21 cm. Sogni e conflitti : mediazione sociale e sicurezza urbana partecipata per una città (che) si-cura / a cura di Leonardo Carocci, Antonio Antolini ; prefazione di Walter Veltroni. – Torino : EGA, 2007. – 188 p. ; 21 cm. I sommersi e i sanati : le regolarizzazioni degli immigrati in Italia / a cura di Marzio Barbagli, Asher Colombo e Giuseppe Sciortino. – Bologna : Il mulino, [2004]. – 276 p. ; 22 cm. Spazi comuni : reinventare la città / a cura di Pino Brugellis, Francesco Pezzulli. – Milano : Bevivino, c2006. – 285 p. : ill. ; 23 cm. Trent’anni dopo / a cura di Asher Colombo, Giuseppe Sciortino. – Bologna : Il mulino, [2008]. – 300 p. ; 22 cm. La tua libertà : libro bianco sulla convivenza metropolitana / a cura di Gian Luigi Falabrino e Maria Grazia Mazzocchi ; fotografie: Roby Bettolini…et al.! ; impaginazione grafica: Marta Giussani, Mario Trimarchi ; segretaria di redazione: Veronica Carminati. – Genova : Marietti, 2000. – XI, 333 p. : ill. ; 24 cm. Uscendo dall’ombra : il processo di regolarizzazione degli immigrati e i suoi limiti / a cura di Maurizio Ambrosini e Meri Salati. – Milano : F. Angeli, [2004]. – 142 p. ; 23 cm.((In testa al front.: Caritas ambrosiana. Verso quale casa : storie di ragazze migranti / a cura di Maria Chiara Patuelli. – Bologna : Giraldi, [2005]. – 187 p. ; 21 cm. S 307.7609 S 362.87 SILEN S 361 SOGNI S 342.45 S 307.76 SPA S 304.8 TRENT S 307.76 TUALI S 342.45 USCEN S 304. 8 VERSO 2 La città delle donne/ Violenza dal catalogo della Biblioteca Nazionale delle Donne Boggio, Maricla Ragazza madre : storie di donne e dei loro bambini / Maricla Boggio. BIBLIO 853 BOG – Padova : Marsilio, 1975. – 379 p. ; 20 cm. Danna, Daniela Ginocidio : la violenza contro le donne nell’era globale / Daniela BIBLIO 362.8292 Danna. – Milano : Elèuthera, [2007]. – 154 p. ; 19 cm. DAN Gruppo di lavoro Comecitrovi : guida ai luoghi di Donne contro la violenza in Italia / BIBLIO e ricerca sulla Gruppo di lavoro e ricerca sulla violenza alle donne. - [S.l. : s. n.], 362.830945 COM violenza alle stampa 1996. – II, 78 p. ; 21 cm. donne Pitch, Tamara Che genere di sicurezza : donne e uomini in città / Tamara Pitch, BIBLIO 364.4 PIT Carmine Ventimiglia. – Milano : F. Angeli, 2001. – 239 p. ; 23 cm. ((Segue: Allegati. Romito, Patrizia Un silenzio assordante : la violenza occulta su donne e minori / BIBLIO 362.76 Patrizia Romito. – Milano : F. Angeli, [2005]. – 207 p. ; 23 cm. ROM Spinelli, Barbara Femminicidio : dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico BIBLIO internazionale / Barbara Spinelli. – Milano : Franco Angeli, [2008]. – 362.88082 SPI 199 p. ; 23 cm. Comecitrovi : i luoghi delle donne contro la violenza in Italia. – Bologna : Associazione BIBLIO casa delle donne per non subire violenza, stampa 2001. – VI, 112 p. ; 21 cm.362.830945 COM Deve essere stata colpa mia : normalità della violenza all’infanzia nella famiglia / a BIBLIO cura del Gruppo sulla violenza ai minori. – Bologna : Casa delle donne per non subire 364.15554 DEV violenza, stampa 1999. – 99 p. ; 21 cm. ((In testa al front.: Gruppo di lavoro e ricerca sulla violenza alle donne. 91 Il diritto e il rovescio : sguardi di donne sui conflitti: nei nostri cuori, nelle città, nel mondo / testi di: Laura Barbieri…[et al.! – Modena : Celloni, stampa 2004. – 132 p. : 24 cm. ((Sul front.: Regione Emilia Romagna, Comune di Bologna, Quartiere S. Vitale, Provincia di Bologna, Gruppo di lettura S. Vitale, Tavola delle donne contro la violenza e sulla sicurezza nelle città. Diritto e rovescio : studi sulle donne e il controllo sociale / a cura di Tamara Pitch. – Napoli : Edizioni scientifiche italiane, [1987]. – 298 p. ; 22 cm. I centri si raccontano : il lavoro e le esperienze delle Case delle donne nei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna / a cura di Elena de Concini. – Rimini : [s.n.], 2007. – 150 p. ; 21 cm. I colori della notte : migrazioni, sfruttamento sessuale, esperienze di intervento sociale / a cura di Francesco Carchedi…[et al.]. – Milano : Franco Angeli, [2000]. – 409 p. ; 23 cm. Il comportamento violento sulla donna e sul minore : norma giuridica, contesto psicosociale, strategie di intervento / a cura di Giovanni battista Traverso. – Milano : Giuffrè, stampa 1988. – 138 p. 24 cm. Discriminazione e violenza contro le donne : conoscenza e prevenzione / a cura di Fiorenza Deriu e Giovanni B. Sgritta ; presentazione di Maria Grazia Passuello. – Milano : F. Angeli ; Roma : Solidea, istituzione di genere femminile e solidarietà, Provincia, [2007]. – 151 p. ; 23 cm. ((In testa al front.: Osservatorio sulle donne in difficoltà, vittime di violenza e i loro bambini. Gener-ando la violenza : forme locali di rappresentazione del fenomeno / Progetto Urban Rete Antiviolenza. - [Catania] : Arti grafiche Le Ciminiere, stampa 2004. – IV, 201 p. ; 24 cm. Libertà femminile e violenza sulle donne : strumenti per interventi con orientamenti di genere / a cura di Cristina Adami…et. al.!. – Milano : F. Angeli, ©2000. – 256 p. ; 23 cm. Pupe e bulli : la violenza percepita in alcune scuole medie della città. - \Venezia : \Comune!, 2002. – 96 p. ; 21 cm. (( Fa parte di “Violenza contro le donne, i bambini e le bambine: fino a quando? : piano d’azione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (L.285/97)” Vol. 2 Scegliere la libertà: affrontare la violenza : indagini ed esperienze dei Centri antiviolenza in Emilia-Romagna / a cura di Giuditta Creazzo. – Milano : Franco Angeli, [2008]. – 265 p. ; 22 cm. S.O.S violenza : punto di ascolto per donne e minori negli ospedali della città. – Venezia : \Comune!, 2002. – 112 p. ; 21 cm. ((Fa parte di “ Violenza contro le donne, i bambini e le bambine: fino a quando? : piano d’azione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (L. 285/97)”, Vol. 1 Violenza sulle donne : parliamo di femminicidio : spunti di riflessione per affrontare a livello globale il problema della violenza sulle donne con una prospettiva di genere. [S.l. : s. n., 2006]. – 83 p. ; 21 cm. ((Tit. dalla cop. – In testa alla cop::Giuristi democratici. BIBLIO 341.5 DIR BIBLIO 303.33082 DIR BIBLIO 362.8309454 CEN BIBLIO 363.44 COL BIBLIO 362.76 COM BIBLIO 362.83094563 DIS BIBLIO 362.8292 GEN BIBLIO 362.830945 LIB BIBLIO 362.8292 VIO 2/ BIBLIO 362.8309454 SCE BIBLIO 362.8292 VIO 1/ BIBLIO 362.88082 VIO 2 La città delle donne/Donne migranti dal catalogo della Biblioteca nazionale delle Donne Balbo, Laura I razzismi reali / laura Balbo, Luigi Manconi. – Milano : Feltrinelli, BIBLIO 320.56 1992. – 143 p. ; 20 cm. BAL Cambi, Franco Donne migranti : verso nuovi percorsi formativi / Franco Cambi, BIBLIO 362.83 <1940-> Giovanna Campani, Simonetta Ulivieri. – Pisa : ETS, °2003!. – 556 DON p. ; 22 cm. 92 Decimo, Francesca Quando emigrano le donne : percorsi e reti femminili della mobilità transnazionale / Francesca Decimo. – Bologna : Il mulino, [2005]. – 236 p. ; 22 cm. 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Salvatore Palidda. – Roma : DeriveApprodi, 2001. – 164 p. ; 21 cm. 4208693 MOR 2 La città delle donne/Servizi dal catalogo della Biblioteca Nazionale delle Donne Desiderare un figlio, adottare un bambino : l’integrazione come risorsa BIBLIO 362.734 metodologica / Simonetta Cavalli, Maria Cristina Aglietti ; prefazione di DES Marisa Pittaluga. – Roma : Armando, °2004!. – 159 p . : ill. ; 22 cm. Istituto regionale Famiglia e servizi per l’infanzia / IreR ; ricerca condotta da Adina Ciorli BIBLIO 362.7 CIO di ricerca della e Antonio Tosi. - Milano : Angeli, copyr. 1982. – 140 p. ; 22 cm. Lombardia Melucci, Alberto I luoghi dell’ascolto : adolescenti e servizi di consultazione / Alberto BIBLIO 362.7083 Melucci, Anna fabbrini. – Milano : Guerini studio, 1991. – 226 p. ; 21 MEL cm. Nove Le donne nella città: tempi, bisogni e servizi / Cooperativa LeNove. – BIBLIO 380.06 <cooperative di S.l. : s.n.!, 1990. – 2v. ; 25 cm. ((In testa al front.: Comune di Modena. 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Che fare? : il fenomeno della prostituzione e della tratta BIBLIO 306.742 degli esseri umani / a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa, Leopoldo Grosso. – Torino : PRO EGEA, 2001. – 200 p. ; 21 cm. 2 La città delle donne/Welfare dal catalogo della Biblioteca Nazionale delle Donne Emarginazione e invisibilità delle donne senza fissa dimora / Paola BIBLIO Donadi. – Urbino : Montefeltro, [1998]. – 198 p. : ill. ; 21 cm. 305.569082 DON Città globale e città degli esclusi : una esperienza di welfare mix nel settore delle BIBLIO emarginazioni gravi / a cura di Paolo Guidicini, Giovanni Pieretti. – Milano : F. 362.58094541 Angeli, [1998]. – 371p. ; 22 cm. GUI Differenze e diseguaglianze : prospettive per gli studi di genere in Italia / a cura di BIBLIO 305.42 Franca Bimbi. – Bologna : Il mulino, °2003!. – 501 p. ; 22 cm. 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Genitori a Bologna : realtà, sfide e programmi / a cura di Annalisa De Pasquale ; BIBLIO 362.82 direzione e presentazione di Pierpaolo Donati. - [Bologna : Comune di Bologna], GEN stampa 2002. – 199 p. ; 24 cm. ((In testa al front.: Comune di Bologna, Centro studi e documentazione sulla famiglia. Madri sole e nuove famiglie : declinazioni inattese della genitorialità / a cura di BIBLIO 306.856 Franca Bimbi e Rossana Trifiletti. – Roma : Lavoro, [2006]. – 366 p. ; 21 cm. MAD Legami familiari e immigrazione : i matrimoni misti / a cura di Mara Tognetti BIBLIO Bordogna ; contributi di S. Allievi [et al.]. – Torino : L’harmattan Italia, [1996]. – 158 306.8450945 LEG p. ; 22 cm. 95 Mille modi di crescere : bambini immigrati e modi di cura / Elena Balsamo…et al.!.Milano : F. Angeli, 2002. – 223 p. : ill. ; 23 cm. Sposare l’altro: matrimoni e matrimoni misti nell’ordinamento italiano e nel diritto islamico / a cura di Ida Zilio-Grandi. – Venezia : Marsilio, 2006. – IX, 155 p. ; 22 cm. ((Atti del Convegno tenuto a Savona nel 2006. BIBLIO 362.830945 MIL BIBLIO 306. 8450945 SPO 2 La città delle donne/ Idee di città dal catalogo della Biblioteca nazionale delle Donne Bassanini, Gisella Tracce silenziose dell’abitare : la donna e la casa / Gisella Bassanini BIBLIO 728 BAS ; prefazione di Ida Farè. – Milano : Dipartimento di programmazione progettazione e produzione edilizia, Politecnico : F. Angeli, ©1990. – 184 p. : ill. ; 23 cm. Barbarossa, La città delle donne / Imma Barbarossa, Rosina Basso Lobello ; BIBLIO 323.34 Imma prefazione di Antonella Masi. – Bari : Centro documentazione e BAR cultura delle donne, 1999. – VI, 35 p. ; 20 cm. Bonfiglioli, Sandra L’architettura del tempo : la città multimediale / Sandra Bonfiglioli. – BIBLIO 307.76 Napoli : Liguori, 1990. – 410 p. ; 21 cm. BON Comitato per La casa e la struttura urbana per la liberazione della donna / BIBLIO 307.76 l’affermazione dei Comitato per l’affermazione dei diritti della donna. – S.l. : s. n.!, 1971 COM diritti della donna (Bologna : Tipografia Moderna). – 111p ; 24 cm. Coppola I luoghi dell’abitare : note di progettazione / Paola Coppola Pignatelli BIBLIO 728 COP Pignatelli, Paola ; saggi di Aldo Carotenuto…[et al.]. – Roma : OfficinaEdizioni, [1985]. – 317 p. : ill. ; 24 cm. Coppola Spazio e immaginario : maschile e femminile in architettura / Paola BIBLIO 720.1 Pignatelli, Paola Coppola Pignatelli. – Roma : Officina, 1982. – 231 p. : ill. ; 24 cm. COP Ginatempo, Nella Donne al confine : identità e corsi di vita femminili nella città del Sud BIBLIO / Nella Ginatempo. – Milano : F. Angeli, 1994!. – 367 è. ; 22 cm. 305.40945 GIN Guidicini, Paolo Migrantes : ovvero: la città che ci dobbiamo aspettare / Paolo BIBLIO 307.76 Guidicini. – Milano : F. Angeli, [2008]. – 172 p. ; 23 cm. GUI Isnenghi, Marta Donne di fiori : paesaggi al femminile / Marta Isnenghi, Flaminia BIBLIO 712.092 Palminteri, Ines Romitti ; prefazione di Dacia Maraini. – Milano : FIO Electa, [2005]. – 191 p. : ill. ; 24x29 cm. Sebastiani, La politica delle città / Chiara Sebastiani. – Bologna : Il mulino, BIBLIO Chiara c2007. – 266 p. ; 21 cm. 307.760945 SEB Buongoverno della città : strategie di genere / a cura di Associazione orlando. – BIBLIO Bologna : Pitagora, 2005. – VIII, 154 p. : ill. ; 24 cm. 305.42094541 BUO La città delle donne : un approccio di genere alla geografia urbana / a cura di Gisella BIBLIO 307.76 Cortesi, Flavia Cristaldi, Joos Droogleever Fortuijn. – Bologna : Pàtron, 2006. – 294 LAC p. ; 22 cm. Dalla cucina alla città : Margarete Schutte-Lihotzky / a cxura di lorenza Minoli. – BIBLIO 724 SCH Milano, [1999] Nuove specie di spazi / a cura di Ida Fare e Silvia Piardi. – Napoli : Liguori, 2003. – BIBLIO 720.1 XVI, 168 p. ; 24 cm. NUO L’oro delle vicine di casa : una pratica che rende umana la città. – Milano : Libreria BIBLIO delle donne, stampa 1998. – 77 p. ; 21 cm. 305.40945 ORO Periferie : viaggio ai margini delle città / Silvio Bernelli…[et al.] ; a cura di Stefania BIBLIO Scateni. – Roma [etc.] : GLF editori Laterza, 2006. – VIII, 117 p. : ill. ; 18 cm. 307.74092 PER Roma : la città delle donne : come, dove, quando / [ideato e curato da Carla Sepe]. – BIBLIO 324.082 Roma : Comune di Roma, Ufficio progetti donna, 1997. – 174 p. ; 21 cm. ROM 96 2 Aree urbane nei Paesi in via di sviluppo dal catalogo della Biblioteca Centro “A. Cabral” Bairoch, Paul Il fenomeno urbano nel Terzo mondo / Paul pairoch. – Torino : L’harmattan Italia, [1997]. – 95 p. ¸22 cm. Balbo, Marcello Povera grande città : l’urbanizzazione nel Terzo mondo / Marcello Balbo. – Milano : F. Angeli, ©1992. – 215 p. ; 22 cm. Floris, Fabrizio Eccessi di città : baraccopoli, campi profughi e periferie psichedeliche / Fabrizio Floris ; prefazione di Marco Aime ; introduzione di Enzo Nucci. – Milano : Paoline, 2007. – 180 p. ; 20 cm. Petti, Alessandro Arcipelaghi e enclave : architettura dell’ordinamento spaziale contemporaneo / Alessandro Petti ; a cura di Maria Nadotti ; prefazione di Bernardo Sacchi. – Milano : B. Mondadori, [2007. – XIII, 190 p. : [8] c. di tav. : ill. ; 19 cm. Tiepolo, Maurizio Mercato e politiche dei suoli nelle città del Terzo mondo / Maurizio Tiepolo. – Torino : L’harmattan Italia, ©1997. – 160 p. ; 22 cm. Managing urban futures : sustainability and urban growth in developing countries / edited by Marco keiner, Martina Koll-Schretzenmayr, Willy A. Schmid. – London : Ashgate, 2005. – XV, 277 p. : ill. ; 25 cm. Senso e metropoli : per una semiotica posturbana / a cura di Gianfranco Marrone e Isabella Pezzini. – Roma : Meltemi, [2006]. – XV, 277 p. ; 22 cm. Le metropoli marginali: città e mondo urbano del sottosviluppo alla ricerca di un possibile futuro / scritti di G. P. Catelli…et al.! ; a cura di P. Guidicini e G. Scidà. – Milano : F. Angeli, ©1986. – 347 p. ; 22 cm. World cities beyond the West : globalization, development, and inequality / edited by Josef Gugier. – Cambridge : Cambridge University Press, 2004. – XV, 396 p. : ill. ; 23 cm. II F.a BAIR II.I h. BALB III.37 F. FLOR II. I. h.PETT II. F. d. TIEP II. F. MANA II. F. SENS II. F. a. METR II. F. d. WORL 2 Aree urbane in Africa dal catalogo della Biblioteca Centro ”A. Cabral” Abitare in Africa : architetture, villaggi e città nell’Africa subsahariana dal passato al presente / Alberto Arecchi. – Milano : Mimesis ; [S.l.] : Liutprand, ©1998. – 216 p. : ill. ; 21 cm. Coquery-Vidrovith, Histoire des villes d’Afrique noire : des origines à la colonisation / Catherine Catherine Coquery-Vidrovitch. – Paris : A. Michel, 1993. – 412 p. : ill. ; 23 cm. Davidson, Basil The lost cities of Africa / Basil Davidson. – Rev. ed. – Boston : James Currey, c1996. – XXIII, 216 p. : ill. ; 22 cm. Denison, Edward Asmara : Africa’s secret modernist city / Edward Denison, Guang Yu Ren, Naigzy Gebremedhin. – London [etc.] : Merrell, 2003. – 240 p. : ill. ; 29 cm. Floris, Fabrizio Baracche e burattini? : la città-slum di Krogocho in Kenya / Fabrizio Floris ; presebntazione di Alex Zanotelli!. – Torino : L’harmattan Italia, ©- 169 p. ; 21 cm. Freund, Bill The African city : a history / Bill Freund. – Cambridge : Cam,bridge University Press, 2007. – X, 213 p. : ill. ; 23 cm. Arecchi, Alberto 97 III. I. h. AREC III. N. COQU III. N. DAVI III.59 I. h. DENI III. 37 F.a. FLOR III. O.c. MARC Marchi, Marzia Moschetti, Daniele Piermay, Jean-Luc Simone, Abou Maliq Yoka, Lye M. Indagini geo-storiche sulla città in Africa occidentale / Marzia Marchi. – Bologna : CLUEB, [2005]. – 240 p. : ill. ; 24 cm. Città o baraccopoli? : gli insediamenti informali in Africa : il caso di Nairobi (Kenya) / Daniele Moschetti…et al.!. – Torino : L’harmattan Italia, 1998. – 110 p. ; 22 cm. Cittadini e suoli urbani in Africa centrale / Jean-Luc Piermay. – Torino : L’harmattan Italia For the city yet to come : changing African life in four cities / AbdouMaliq Simone. - Durham ; London : Duke University Press, c2004. - X, 297 p. : ill. ; 24 cm. III. O. c. MARC Kinshasa, signes de vie / Lye M. Yoka. - Paris : L'Harmattan, 1999. - 168 p. ; 24 cm. III.30 F.a. YOKA III. 37 F. a. CITT III O. c PIER III.F. SIMO African urban economies : viability, vitality, or vitiation? / edited by Deborah Fahy III IF.d. AFRI Briceson and Deborah Potts. - New York : Palgrave Macmillan, 2006. - 352 p. : ill. ; 23 cm. Africas urban past / edited by David M. Anderson & Richard Rathbone. - Oxford : J. Currey ; Portsmouth, NH : Heinemann, 2000. - X, 310 p. : ill. ; 24 cm. III F.a. AFRI Bissau, Louga, Niamey, Praia : gestione urbana a rischio in Africa saheliana / Maurizio Tiepolo (a cura di). - Torino : L'harmattan Italia, 2005. - 192 p. ; 21 cm. Islam e città nell'Africa a Sud del Sahara : tra sufismo e fondamentalismo / a cura di III.E. ISLA Adriana Piga. - Napoli : Liguori, 2001. - IX, 329 p. ; 24 cm. Nairobi contemporain : les paradoxes d'une ville fragmentee / sous la direction de Helene Charton-Bigot et Deyssi Rodriguez-Torres. - Paris : Khartala ; Nairobi : IFRA, [2006. - 527p. ; [16] p. di tav.; ill.; 24 cm. III.37 F.a. NAIR Urban Africa : changing contours of survival in the city / Abdoumaliq Simone & Abdelghani Abouhani, editors. - Dakar : Codesria in association with Zed books, London [etc.] University of South Africa press, Pretoria, 2005. - 305 p. ; 22 cm. III F SIMO Vilas et cidades, bourgs et villes en Afrique lusophone / preface de Caterine Couquery-Vidrovitch ; introdution et organisation de Michel Cahen. - Paris : l'Harmattan, c1989. - 299 p. : ill. ; 24 cm. III I.h BOUR 2 Castro, Ruy Aree urbane in America Latina dal catalogo della Biblioteca Centro “A. Cabral” Rio de Janeiro : cronaca di una città troppo eccitante / Ruy V.36 O.d.CAST * Castro. - Parma : Guanda, [2007. - 213 p. : ill. ; 21 cm. Chavez, Juan Manuel Goirand, Camille Lightfoot, Claudia Lima : un camaleonte tra due specchi / Juan Manuel Chavez ; con uno scritto di Mario Vargas Llosa.- Roma : Donzelli, [2006]. 95 p. ; 17 cm. La politique des favelas / Camille Goirand. - Paris : Karthala, 2000. - 373 p. : ill. ; 22 cm. L'Avana / Claudia Lightfoot; prefazione di Danilo Manera. [Milano] : B. Mondadori, [2008. - XVII, 283 p. ; 21 cm. 98 V.34 F. CHAV V.36 F.c. GOIR V.8 O.d. LIGH Riva, Alberto Ventura, Zuenir Wilson, Jason Seguire i pappagalli fino alla fine : voci di Rio de Janeiro / Alberto V.36 F.a. RIVA * Riva. - Milano : Il saggiatore, [2008]. - 332 p. : c. geogr. ; 22 cm. Viva Rio : reportage da una città divisa / Zuenir Ventura ; V.36 F. VENT * traduzione di Adelina Aletti. - Milano : Feltrinelli, 1997. - 179 p. ; 20 cm. Buenos Aires / Jason Wilson. - Milano : Bruno Mondadori, [2005. V.40 O.d. WILS * - XV, 267 p. ; 21 cm. The urban poor in Latin America / Marianne Fay, editor. - Washington D.C. : The World Bank, c2005. - XIII, 266 p. : ill. ; 23 cm. Citizens of fear : urban violence in Latin America / edited by Susan Rotker in collaboration with Katherine Goldman, with an introduction by Jorge Balan. - New Brunswick, New Jersey ; London : Rutgers university press, 2002. - 265 p. ; 23 cm. V.F. URBA V.F.c. CITI 2 Aree urbane in Asia dal catalogo della Biblioteca Centro “A. Cabral” Pechino : biografia di una capitale / Vilma Costantini. - Roma : Editori Riuniti, 2008. - 294 p. ; 23 cm. Delisle, Guy Shenzhen / Guy Delisle. - Roma : Fusi Orari, 2007. - [152] p. : ill. ; 24 cm. Dutta, Krishna Calcutta : a cultural and literary history / Krishna Dutta. - Oxford : Signal, 2003. - XVI, 255 p. : ill. ; 21 cm. Friedmann, John Chinas urban transition / John Friedmann. - Minneapolis ; London : University of Minnesota, 2005. - XXV, 168 p. : ill. ; 24 cm. Hutnyk, John The rumour of Calcutta : tourism, charity and the poverty of representation / John Hutnyk. - London ; New Jersey : Zed books, 1996. - X, 246 p. ; 22 cm. Jici, Wang Sustaining urban growth through innovative capacity : Beijing and Shanghai in comparison / by Wang Jici, Tong Xin. - [Washington, D.C. : World Bank, 2005. - 52 p. ; 58 cm. Li, Lillian M. Pechino : storia di una citta / Lillian M. Li, Alison J. Dray-Novey, Haili Kong. - Torino : Einaudi, [2008. - XVII, 423 p. : [16] c. di tav., ill. ; 22 cm. Metha, Suketu Maximum City : Bombay citta degli eccessi / Suketu Mehta. Torino : Einaudi, c2006. - XII, 542 p. ; 25 cm. Onnis, Barbara Shanghai : da concessione occidentale a metropoli asiatica del terzo millennio / Barbara Onnis. - Milano : F. Angeli, [2005]. - 217 p. ; 23 cm. Stefani, Giorgio Le città del Sudest asiatico : bisogni essenziali, squilibri e interventi pubblici / Giorgio Stefani. - Padova : CEDAM, 1984. XV, 218 p. ; 24 cm. Globalization and the Chinese city / edited by Fulong Wu. - London : New York : Routledge, 2006. - XVII, 315 p. ; 24 cm. Urbanization and governance in India / edited by Evelin Hust, Michael Mann. - New Delhi : Manohar, 2005. - 345 p. ; 25 cm. Costantini, Vilma 2 99 VIII.1 N.c. COST VIII.1 F DELI* VII.3. N.c. DUTT VIII.1 F. FRIE VII.3 F: HUTN VIII.1 I.g. WANG VIII.1 N.c. LILI * VII.3 O.d. METH * VIII.1 N.c. ONNI VII F.d. STEF VIII.1 F.c. GLOB VIII.3 F.c. URBA Aree urbane del Mondo Arabo dal catalogo della biblioteca Centro “A. Cabral” Beattie, Andrew Cairo : a cultural and literary history / Andrew Beattie. - Oxford : III.7 N. BEAT Signal, 2005. - X, 234 p. : ill. ; 21 cm. Barthel, PierreTunis en projet(s) : la fabrique d'une metropole au bord de l'eau / III.5 F BART Arnaud Pierre-Arnaud Barthel. - Rennes : Presses Universitaire de Rennes, 2006. - 206 p. : ill. ; 24 cm. Pellitteri, Antonino Damasco dal profumo soave : seduzione e poesia di una grande VI.2 N. PELL * citta musulmana / Antonino Pellitteri. - Palermo : Sellerio, [2004. 264 p. : ill. ; 21 cm. Ricca, Simone Reinventing Jerusalem : Israels reconstruction of the jewish VI.5 I.h RICC quarter after 1967 / Simone Ricca. - London : I. B. Tauris, 2007. XIII, 258 p. : [4] c. di tav., ill. ; 24 cm. Sebag, Paul Tunis : histoire d'une ville / Paul Sebag. - Paris etc.! : III.5 N.c. SEBA L'Harmattan, c1998. - 685 p. : ill.; 24 cm. Città e società nel mondo arabo contemporaneo : dinamiche urbane e cambiamento VI I.h CITT sociale. - Torino : Fondazione Giovanni Agnelli, 1997. - XIV, 320 p. ; 21 cm. Present et avenir des Medinas : (de Marrakech a Alep). - Tours : E.R.A. 706, Institut BS SOUR PRES de geographie, 1982. - 281 p. : ill .; 30 cm. 2 Immigrazioni e spazi urbani dal catalogo della Biblioteca Centro “A. Cabral” Caponio, Tiziana Città italiane e immigrazione : discorso pubblico e politiche a I IMM Cap* Milano, Bologna e Napoli / Tiziana Caponio. - Bologna : Il Mulino, [2006. - 304 p. ; 22 cm. Colombo, Asher Immigrazione e nuove identita urbane : la citta come luogo di I IMM Imm* incontro e scambio culturale / Asher Colombo, Antonio Genovese e Andrea Canevaro (a cura di). - Gardolo, Trento : Erickson, [2006. - 160 p. ; 24 cm. Queirolo Palmas, Prove di seconde generazioni : giovani di origine immigrata tra E EDU Que* Luca scuole e spazi urbani / Luca Queirolo Palmas. - Milano : F. Angeli, [2006]. - 203 p. ; 23 cm. Riccio, Bruno Politiche, associazioni e interazioni urbane : percorsi di ricerca I SOC Ric antropologica sulle migrazioni contemporanee / Bruno Riccio. – Rimini : Guaraldi, 2008. – 175 p. ; 21 cm. La città eventuale : pratiche sociali e spazio urbano dell'immigrazione a Roma : 4 I SOC Cit percorsi fotografici : 5 studi di caso. - Macerata : Quodlibet, 2005. - 163 p. ; ill. ; 23 cm. La città meticcia : riflessioni teoriche e analisi di alcuni casi europei per il governo E IMM Cit locale delle migrazioni / a cura di Francesco Grandi e Emilio Tanzi ; scritti di A. Arjona Garrido ... [et al.]. - Milano : Angeli, [2007]. - 282 p. : ill. ; 23 cm. Città nude : iconografia dei campi profughi / a cura di Camillo Boano e Fabrizio Floris. - Milano : F. Angeli, [2005. - 115 p. ; 23 cm. La città plurale : trasformazioni urbane e servizi interculturali / a cura di Lorenzo Luatti. I SOC Cit* - Bologna : EMI, [2006]. - 380 p. ; 21 cm. I rom in una metropoli e noi / a cura di Massimiliano Cossi e Marzia Ravazzini ; I NOM Rom introduzione di don Virginio Colmegna. - Milano : Jaca Book, 2008. - 159 p. ; 23 cm. 2 Il caso francese dal catalogo della Biblioteca Centro “A. Cabral” 100 Collectiv Qui fait la France? Cronache di una società annunciata : [racconti dalle banlieue! / E STO Col Collettivo Qui fait la France? (chi fa la Francia?). - Viterbo : Stampa alternativa/nuovi equilibri, c2008 (stampa 2009). - 158 p. ; 21 cm. Daniel, Jean Ribelli in cerca di una causa : sommosse nelle periferie francesi / Jean Daniel. - Milano : Baldini Castoldi Dalai, [2006. - 127 p. ; 21 cm. Les banlieues : immigrazione e conflitti urbani in Europa / a cura di Umberto Melotti. Roma : Meltemi, [2007!. - 118 p; 19 cm. Banlieues : trente ans d'histoire et de revoltes / [numero coordonne par Dominique Vidal]. - Paris : Le Monde Diplomatique, 2006. - 98 p. ; 29 cm. La rivolta delle periferie : precarietà urbana e protesta giovanile: il caso francese / a cura di Hugues Lagrange e Marco Oberti. - [Milano] : B. Mondadori, [2006]. - 261 p. ; 17 cm. 2 101 E CUL Dan* E SOC Ban E IMM Man IX.3 F. RIVO* Scrittori migranti Bibliografia tratta dal catalogo della Biblioteca “Sala Borsa” La produzione degli scrittori migranti ha subito in questi ultimi anni una profonda trasformazione: da narrazione autobiografica, spesso scritta a quattro mani per superare la scarsa conoscenza della seconda lingua, si è passati a una produzione non più, o non soltanto, autobiografica, scritta direttamente nella lingua del paese ospitante. Proprio per evidenziare questo fenomeno le citazioni bibliografiche sono proposte in ordine cronologico. Per ogni libro vengono riportate le notizie relative a: pubblicazione, collocazione nella biblioteca, citazione delle prime parole, breve nota biografica sull'autore Antonio Campobasso, Nero di Puglia, Milano, Feltrinelli, 1980 << Era una monaca barbuta, piena di denti cavallini, bassa e tozza, forse una contadina strappata alle sue campagne>> Antonio Campobasso è nato in terra di Puglia da un nero americano e da una pugliese. Ha studiato alla scuola di arti sceniche ed è stato assistente alla regia. Vive a Roma. SNDEP CAMPA NER Buchi Emecheta, Cittadina di seconda classe, Firenze, Giunti, 1987 <<Tutto era iniziato come un sogno>> Buchi Emecheta è nata in Nigeria nel 1944. Dagli anni '60 a Londra, ha pubblicato articoli, romanzi e libri per ragazzi. Vive tra Londra e la Nigeria. SN EMECB CIT Pap Khouma, Io venditore di elefanti. Una vita per forza fra Dakar, Parigi e Milano, Milano, Garzanti, 1990 << Vengo dal Senegal>> Pap Khouma è nato a Dakar. Vive e lavora a Milano dove è il principale animatore della Comunità dei senegalesi. Dirige "El Ghibli", rivista on line di letteratura della migrazione. S 305.896 KHOUP Tahar Ben Jelloun (con la collaborazione di Egi Volterrani), Dove lo Stato non c'è: racconti italiani, Torino, Einaudi, 1991 <<Gli hanno detto: "Tu che ami tanto le donne, che ne parli sempre e ne celebri la bellezza nei tuoi romanzi, dovresti andare in Cilento">> Tahar Ben Jelloun è nato a Fes nel 1944. Dopo gli studi a Rabat, nel 1971 si è trasferito a Parigi per un dottorato in psichiatria. Divenuto romanziere, vive attualmente in Francia. SN BEN JT DOV 102 Erminia Dell'Oro, L'abbandono: una storia eritrea, Torino, Einaudi, 1991 << L'universo, accendendo i suoi soli e le stelle negli spazi infiniti, vibrò per l'incanto che gli era toccato, ma capì che era solo, e per sempre >> Erminia dell'Oro è nata all'Asmara e vive a Milano. SN DELLE ABB Itab Hassan, La tana della iena, curato da Renato Curcio, Roma, Sensibili alle foglie, 1991 << L'aereo era appena decollato da Beirut quando tra i miei pensieri si fece strada Habebe, la mia nonna materna>> Itab Hassab è nato a Chatila nel 1969. La sua famiglia viveva in quel campo profughi dal 1948, quando gli israeliani li cacciarono dalla loro terra. Appena quindicenne arrivò in Europa per compiere un attentato ad un ufficio delle linee aeree britanniche. Subito dopo fu arrestato. Da allora è stato recluso prima in un carcere minorile, poi a Rebibbia. S 956.9405 HASSI In casa d'altri. Sedici immigrate filippine si raccontano, a cura di Ivana Matteucci, Roma, Datanews, 1991 << Permettetemi di esprimere liberamente alcune delle ragioni per le quali sono diventata una lavoratrice emigrata>> Le donne che parlano lavorano a Roma. Nella quasi totalità sono domestiche. Tutte hanno titoli di studio elevati; l'obiettivo di tutte è aiutare la famiglia rimasta nelle Filippine. SDEP 331.6 INCAS Thea Laitef, Lontano da Baghdad, Roma, Sensibili alle foglie, 1994 << Per me, quella era una mattina del tutto diversa dalle altre, quando uscii dallo sbocco del vicolo, diretto verso il Caffè della Gioventù >> Thea Laitef è nato a Samarra. Poeta e scrittore, esule iracheno, da anni vive a Roma, dopo varie peregrinazioni per motivi politici. SN LAITT LON Malika Mokeddem, Gente in cammino, Firenze, Giunti, 1994 << Era una donna dalla pelle olivastra e tatuata>> Discendente dai nomadi Tuareg, Malika Mokeddem è nata in un villaggio algerino. Opponendosi alla mentalità conservatrice dei genitori, è riuscita a studiare, fino ad approdare all'università di Orano. In seguito alla comparsa dell'integralismo islamico ha deciso di trasferirsi in Francia, dove si è laureata in medicina. Attualmente esercita la professione medica. SN MOKEM GEN 103 Shirin Ramzanali Fazel, Lontano da Mogadiscio, Roma, Datanews, 1994 << Il mio paese un tempo era il paese delle favole >> Shirin Ramzanali Fazel è nata a Mogadiscio. Dopo aver studiato in scuole italiane in Somalia, agli inizi degli anni '70 si è trasferita con la famiglia in Italia. Collabora con diverse associazioni di aiuto e solidarietà alle donne immigrate. SN RAMZFS LON Mohsen Melliti, I bambini delle rose, Roma, Edizioni Lavoro, 1995 << Fuori piove>> Mohsen Melitti, giovane scrittore tunisino, vive da anni a Roma. Per la prima volta scrive direttamente in italiano. SN MELLM BAM Saidou Moussa Ba, Alessandro Micheletti, La memoria di A., Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1995 << Sul teleschermo sfilavano le immagini di un aeroporto brulicante di viaggiatori, con una voce metallica che ripeteva in tutte le lingue l'annuncio di un volo imminente>> Saidou Moussa Ba, nato a Dakar, è in Italia dal 1988. Lavora e vive a Milano intercultura. come animatore per l'educazione alla SN MICHA MEM Jarmila Ockayovà, Verrà la vita e avrà i tuoi occhi, Milano, Baldini & Castoldi, 1995 << E' pieno di pratoline selvatiche, qui da te >> Jarmila Ockayovà è nata in Slovacchia e dal 1974 si è trasferita in Italia. Dopo essersi laureata a Bologna, vive e lavora a Reggio Emilia. Ha pubblicato, giovanissima, racconti e poesie su diverse riviste e volumi antologici della nuova narrativa e poesia della ex Cecoslovacchia. Dopo dieci anni di silenzio narrativo, impostole dal cambiamento della lingua, ha ripreso a scrivere in italiano. SN OCKAJ VER Rafik Schami, L'albero volante, Lecce, Argo, 1995 << Sul conte Dracula sono state scritte molte storie dell'orrore>> Rafik Schami è nato a Damasco nel 1946. Si è laureato in chimica in Germania, dove vive dal 1971. E' stato curatore di antologie sul tema dell'emigrazione. Scrive in tedesco favole, racconti fantastici e romanzi. SN SCHAR ALB Tahar Ben Jelloun, Le pareti della solitudine, Torino, Einaudi, 1997 << Il sole ha cacciato le dita nella cenere di una nuvola che mi separa dalla vita>> Lo spunto della narrazione nasce dall'attività di psicologo presso un centro di accoglienza per immigrati svolta a Parigi da Ben Jelloun, anch'egli arrivato da poco dal Marocco, negli anni '70. SN BEN JT PAR 104 Jarmila Ockayová, L'essenziale è invisibile agli occhi, Milano, Baldini & Castoldi, 1997 << Prima di uscire di casa, mi fermai dirimpetto alla porta d'ingresso, davanti allo specchio appeso alla parete: il leggero tailleur bianco aderiva perfettamente al mio corpo e la collana a doppio giro di piccole perle inframmezzate da palline di corallo rosso sembrava una bocca aperta in una risata; l'insieme mi parve avvincente >> Jarmila Ockayovà è nata in Slovacchia e dal 1974 si è trasferita in Italia. Dopo essersi laureata a Bologna, vive e lavora a Reggio Emilia. Ha pubblicato, giovanissima, racconti e poesie su diverse riviste e volumi antologici della nuova narrativa e poesia della ex Cecoslovacchia. Dopo dieci anni di silenzio narrativo, impostole dal cambiamento della lingua, ha ripreso a scrivere in italiano. SN OCKAJ ESS Mohamed Ghonim, La foglia di fico e altri racconti, Santarcangelo di Romagna, Fara, 1998 << Il mondo è vasto>> Mohamed Ghonim, egiziano, da diversi anni risiede in Lombardia. E' stato selezionato fra gli autori pubblicati nelle antologie del premio Eks&Tra. Ha pubblicato poesie e racconti. SN GHONM FOG Ribka Sibhatu, Aulò: canto-poesia dall'Eritrea, illustrazioni di Marco Petrella e Ribka Sibhatu, Roma, Sinnos, 1998 (Testo originale a fronte) << Gli europei mi chiamano Ribka, Rebka, Rebecca>> Ribka Sibhatu è nata ad Asmara, in Eritrea. In Italia dal 1987, è laureata in Lingue e Letterature straniere all'Università La Sapienza di Roma. S 398.2096 SIBHR Le voci dell'arcobaleno, a cura di Alessandro Ramberti, Roberta Sangiorgi, Santarcangelo di Romagna, Fara, 1998 << Cielo sereno, giornata serena, una passeggiata nelle profondità della tristezza>> S 850 VOCID Davide Halilovich, Tema sulla mia vita, Roma, DeriveApprodi, 1999 <<Mi chiamo Davide Halilovich, sono nato a Firenze, ho 18 anni>> Davide Halilovich è nato a Firenze in una famiglia rom di origine jugoslava in Italia da circa trent'anni. SN HALID TEM 105 La lingua strappata: testimonianze e letteratura migranti, a cura di Alberto Ibba, Raffaele Taddeo, Milano, Leoncavallo libri, 1999 << Da circa un anno a questa parte un nuovo termine è entrato nel gergo e nell'immaginario collettivo: "clandestino">> Hossein Hosseinzadek è nato in Iran nel 1957. Sfuggito alle repressioni khomeiniste vive, esule politico, da anni a Milano. Kossi Komla-Ebri è nato in Togo. In Italia dal 1974, si è laureato nel nostro paese in medicina. Saidou Moussa Ba, nato a Dakar, in Italia dal 1988. Vive e lavora a Milano come animatore per l'educazione alla intercultura. Abdel Malek Smari è nato in Algeria. In Italia dal 1992, collabora con il Centro Culturale Multietnico "La tenda". Marcelo Vega, nato in Ecuador, ha lasciato il suo paese all'inizio degli anni novanta. Dopo una collaborazione con Amnesty International si è stabilito in Italia, dove lavora come pony express. Said Sahm, nato in Marocco, vive in Italia dal 1990. SN LINGU LIN Muin Madih Masri, Il sole d'inverno, Milano, Lupetti, L'Aquila, Fabiani, 1999 << Erano già passati tre giorni di sole preghiere da quando Miriam si era chiusa, per sua scelta, nel Walli All' Amudi senza acqua né cibo>> Muin Madih Masri è nato a Nablus. Da molti anni vive in Italia dove si occupa di informatica. SN MASRMM SOL Feridun Zaimoglu, Schiuma, Torino, Einaudi, 1999 << E' morto Farouk, un amico>> Feridun Zaimoglu è nato in Turchia nel 1964 e vive in Germania. SN ZAIMF SCH Mbacke Gadji, Pap, Ngagne, Yatt, e gli altri, Milano, Edizioni dell'arco, 2000 << "Pronto", fece la voce stanca di Yatt>> Mbacke Gadji, senegalese, ha lasciato l'Africa nel 1986. Dopo aver abitato in Francia vive dal '94 in Italia. S 853 GADJM Moses Isegawa, Cronache africane, Milano, Frassinelli, 2000 << Mentre spariva tra le mascelle del colossale coccodrillo tre immagini balenarono nella mente di Serenity: un bufalo in putrefazione brulicante di larve e mosche, la sua amante di un tempo, la zia della moglie scomparsa, e la misteriosa donna che quand'era bambino l'aveva guarito dalla sua ossessione delle donne alte>> Moses Isegawa è nato nel 1963 a Kampala in Uganda. Dopo aver studiato in seminario e aver insegnato storia, ha lasciato il suo paese per trasferirsi ad Amsterdam, dove ha preso la cittadinanza. CRO SN ISEGM 106 Ron Kubati, Va e non torna, Nardò, Besa, 2000 << Il mio primo amore è Keti>> Ron Kubati è nato a Tirana nel 1971. Arrivato in Italia nel 1991, vive attualmente a Bari, dove lavora come traduttore. SN KUBAR VAE Smari Abdel Malek, Fiamme in paradiso, Milano, il Saggiatore, 2000 << Pioggia a scrosci, a cateratte>> Smari Abdel Malek è nato nel 1958 a Costantina, in Algeria. Dopo essersi laureato in psicologia si è trasferito in Italia. Insegna arabo e italiano a Milano. SN SMARAM FIA Julio Monteiro Martins, Racconti italiani, Nardò, Besa, 2000 << Sai, mi era venuto da ridere allora, ma non potevo ridere per non complicare ancora di più la mia vita>> Julio Monteiro Martins è nato in Brasile nel 1955. Ha pubblicato numerosi romanzi e racconti. Attualmente vive in Toscana. SN MONTMJ RAC Martins Agbonlahor, La ragazza perduta, romanzo nigeriano, Torino, L'Harmattan, 2001 << La piccola venne chiamata "Onaiwu", nome liberamente scelto per il suo significato di "basta con la morte">> Martins Agbonlahor è nato a Port-Harcourt (Nigeria meridionale) nel 1963 ed è arrivato in Italia nel 1996. E' corrispondente del giornale statunitense "Fate magazine" ed è membro dell'associazione degli scrittori nigeriani di Lagos. Vive a Torino, dove collabora con il Servizio Migranti della Caritas. SN AGBOM RAG Anime in viaggio: la nuova mappa dei popoli, Roma, Adnkronos libri, 2001 << Il cane di stamane è un cane con la coda a ferro da calza>> (Contiene i testi partecipanti alla sesta edizione del Concorso Letterario Eks&Tra per Scrittori Migranti) S 808.8 ANIME Jadelin Mabiala Gangbo, Rometta e Giulieo, Milano, Feltrinelli, 2001 << I giorni d'artista, Sire>> Jadelin Mabiala Gangbo è nato in Congo nel 1976 e vive a Bologna. SN GANGJM ROM 107 Fawzi Mellah, Clandestino nel Mediterraneo, Trieste, Asterios editore, 2001 << Quei volti tesi verso le persiane chiuse del consolato, quasi a elemosinare verso una mano avara, erano stati sul punto di togliermi la voglia di intraprendere il viaggio>> Fawzi Mellah, nato in Tunisia nel 1946, è docente universitario, giornalista e scrittore. S 304.8 MELLF Younis Tawfik, La straniera, Milano, Bompiani, 2001 << Ero andato ad aspettarla all'uscita dal lavoro>> Younis Tawfik è nato nel 1957 a Mosul, in Iraq. Laureato in lettere a Torino, attualmente è docente di lingua e letteratura araba all'Università di Genova e presiede il centro culturale italo-arabo "Dar Al Hikma" a Torino. SN TAWFY STR Diaspore europee e lettere migranti: primo festival europeo degli scrittori migranti, Roma, giugno 2002, a cura di Armando Gnisci, Nora Moll, Roma, Edizioni interculturali, 2002 << cammino stupita nei prati verdeggianti del tuo sguardo >> L'antologia, nata dal 1° festival Europeo delle Let tere Migranti, tenuto a Roma nel 2002, raduna le voci, le storie, le poetiche degli scrittori migranti. S 809 DIASP Rania Hammad, Palestina nel cuore, illustrazioni di Rachele Lo Piano, Roma, Sinnos, 2002 (testo originale a fronte) << Washington, 13 settembre 1993: alla Casa Bianca, dopo lunghi anni di occupazione militare e profonda sofferenza per il nostro popolo, il Presidente palestinese Yasser Arafat, sottoscrive con il Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, un documento>> Rania Hammad è figlia dell'ambasciatore palestinese in Italia. Nata a Damasco nel 1970, in Italia dal 1974, si è laureata in scienze politiche a Roma. S 956.9405 HAMMR Kossi Komla-Ebri, Imbarazzismi: quotidiani imbarazzi in bianco e nero, Milano, Edizioni dell'Arco Barzago, Marna, 2002 << Un giorno uscivo dal supermercato con mia moglie, che è un'italiana>> Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954. In Italia dal 1974, si è laureato a Bologna in medicina e chirurgia. Autore di diversi racconti, articoli e saggi, lavora presso l'ospedale Fatebenefratelli di Erba, occupa il suo tempo libero come mediatore interculturale nel mondo della scuola e della sanità. S 305.8 KOMLEK 108 Kossi Komla-Ebri, Neyla, Milano, Edizioni dell'Arco Barzago, Marna, 2002. << Era estate e io partivo dall'Europa, per le vacanze>> SN KOMLEK NEY Monica Ali, Sette mari tredici fiumi, Milano, Tropea, 2003 << Un'ora e quarantacinque minuti prima che cominciasse a vivere - e per qualche tempo la sua vita sarebbe proseguita nello stesso modo, ossia nell'incertezza - la madre di Nazneen, Rupban, si sentì strizzare il ventre da un pugno di ferro.>> Monica Ali è nata a Dacca, in Bangladesh ed è cresciuta in Inghilterra. SN ALI M SET Tania Costa, Questa notte solo i pesci sono felici, Roma, Edizioni interculturali, 2003 << L'Africa, un continente immensamente ricco di risorse naturali, oggi si riprende a fatica in seguito alla cosiddetta democrazia che gli occidentali ci hanno imposto insieme a guerre, torture, violenze, persecuzioni e una serie di minacce che hanno fatto sprofondare questo continente in un ciclo di violazioni massicce>> Tania Costa è nata in Brasile. Vive a Roma. Fondatrice della Associazione EST, si è dedicata alla clinica per le vittime di tortura. S 869 QUEST Dhondy Farrukh, Vieni alla Mecca, Quodlibet, 2003 << Ogni volta che Sahid si arrabbiava, pareva che i capelli cortissimi gli si rizzassero in testa, come le piume sul collo di un gallo da combattimento>> Farruk Dhondy è nato a Poona nel 1944. Immigrato dall'India in Gran Bretagna è autore di testi teatrali, di sceneggiature e di vari programmi per la televisione inglese. SN DHONF VIE Mbacke Gadji, Kelefa: la prova del pozzo, Milano, Edizioni dell'arco; Barzago, Marna, 2003 << "Ehi, signore, cerchi qualche cosa?" mi chiede perentorio un ragazzino>> Mbacke Gadji, senegalese, vive dal 1994 a Milano. Pubblicista, collabora col Gruppo Solidarietà Come. SN GADJM KEL Samuel Ayotunde Kalejaiye, La mia prima mamma, Santarcangelo di Romagna, Fara, 2003 << Alle ore 2:20 del 4 ottobre, 2002, mi sono fatto accompagnare con molto anticipo alla stazione di Rimini per prendere il treno per Bologna>> Samuel Ayotunde Kalejaiye è nato in Nigeria nel 1955 e si è laureato in Italia, dove ora svolge la professione di agente di commercio S 305.42 KALEAS 109 Kossi Komla-Ebri, All'incrocio dei sentieri: i racconti dell'incontro, Bologna, EMI, 2003 << Di tutti gli anni trascorsi in Italia, non saprei quale incolpare per quello che mi succede ora>> Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954. In Italia dal 1974, si è laureato a Bologna in medicina e chirurgia. Autore di diversi racconti, articoli e saggi, lavora presso l'ospedale Fatebenefratelli di Erba e occupa il suo tempo libero come mediatore interculturale nel mondo della scuola e della sanità. SN KOMLEK ALL Julio Monteiro Martins, Passione del vuoto, Nardò, Besa, 2003 << La pesante pioggia tropicale si fermò all'improvviso e un attimo dopo già cinguettava nuovamente accanto alla mia finestra, tra i rami dell'albero della guaiava, quello strano uccello marrone dal petto giallo, che i nativi chiamano Ben Tivì>> Julio Monteiro Martins è nato in Brasile nel 1955. Ha pubblicato numerosi romanzi e racconti. Attualmente vive in Toscana. SN MONTMJ PAS Pace in parole migranti, Nardò, Besa, 2003 << Non so perché ti ho pensato Compagno di banco del Liceo>> Antologia di opere partecipanti all'edizione 2002 del concorso letterario per immigrati "Eks&Tra". SN PACET PAC Helene Paraskeva, Il tragediometro e altri racconti, Santarcangelo di Romagna, Fara Editore, 2003 << Quello era un anno di grandi aspettative>> Helene Paraskeva è nata ad Atene. Ha studiato in Grecia, in Italia e nel Regno Unito. Vive e lavora a Roma. Oltre all'insegnamento organizza e coordina progetti interculturali nell'Istituto Superiore "G. Caetani". SN PARAH TRA Artur Spanjolli, Cronaca di una vita in silenzio, Nardò, Besa, 2003 << E' una qualsiasi domenica pomeriggio di aprile>> Artur Spanjolli è nato a Durazzo nel 1970. Vive in Italia dal 1992. SN SPANA CRO Younis Tawfik, L'Iraq di Saddam, Milano, Bompiani, 2003 << Vi scongiuro di non farlo!.. >> Younis Tawfik è nato nel 1957 a Mosul, in Iraq. Laureato in lettere a Torino, attualmente è docente di lingua e letteratura araba all'Università di Genova e presiede il centro culturale italo-arabo "Dar Al Hikma" a Torino. SN TAWFY IRA 110 Valentina Acava Mmaka, Io? donna? immigrata: Volere Dire Scrivere, Bologna, EMI, 2004 << Si deve appartenere a un luogo per essere una persona?>> Valentina Acava Mmaka è giornalista, scrittrice, poeta e autrice di teatro. Mediatrice culturale, coordina laboratori di scrittura creativa. Vive tra l'Africa e l'Italia. S 852 ACAVMV Fatou Diome, Sognando Maldini, Roma, Edizioni Lavoro, 2004 << Corre, contrasta, dribbla, tira, cade, si rialza e corre ancora>> Fatou Diome è nata nel 1968 in Senegal. Residente in Francia dal 1994, vi sta conseguendo il dottorato di Lettere. SN DIOMF SOG Gezim Hajdari, Spine nere, Nardò, Besa, 2004 << "Sta andando via professore la sua finestra mi illuminava mi faceva compagnia nelle notti insonni mentre lei scriveva e non mi sentivo sola ora è tutto spento chiuso">> Gezim Hajdari è nato in Albania nel 1957. Si è laureato in Lettere Moderne a Roma presso "La Sapienza". E' autore di numerosi volumi di poesia S 891 HAJDG Allattati dalla lupa: scritture migranti, a cura di Armando Gnisci, Roma, Sinnos, 2005 << Hanno ucciso sorella Dorothy Stang che con il suo corpo, la sua fede e la sua anima difendeva il respiro del mondo, l'Amazzonia.>> (La raccolta nasce dal ciclo di colloqui "Scritture migranti", svoltosi a Roma tra novembre 2004 e giugno 2005.Raccoglie racconti di Marcia Theophilo, Christiana de Caldas Brito, Ron Kubati, Igiaba Scego, Ubax Cristina Ali Farah, Ingy Mubiayi Kakese.) S 809 ALLAT Calixthe Beyala, A bruciarmi è stato il sole, Milano, Epochè, 2005 << Jean Zepp si scapicolla giù per le scale della segheria>> Originaria del Camerun, Calixthe Beyala vive e lavora a Parigi. SN BEYAC ABR Garane Garane, Il latte è buono, Isernia, Iannone, 2005 << Il latte è buono in tempo di pace.>> Discendente di una stirpe reale, Garane Garane è nato in Somalia. Compiuti gli studi universitari a Firenze, attualmente vive negli Stati Uniti. SN GARAG LAT 111 Gezim Hajdari, Poema dell'esilio / Poema e mergimit, Santarcangelo di Romagna, Fara editore, 2005 << Ho contribuito al crollo della dittatura albanese>> Gezim Hajdari vive esule in Italia dal 1992. E' poeta, saggista, traduttore. S 891 HAIDG Italiani per vocazione, Fiesole, Cadmo, 2005 << La vita di un pomodoro comincia nell'attimo esatto in cui viene colto>> (L'antologia raccoglie le voci di 11 narratori, tra i quali anche Jadelin Mabiala Gangbo, che vive a Bologna e qui ha ambientato il suo racconto "Com'è se giù vuol dire ko?") SN ITALI ITA Pap Khouma, Nonno Dio e gli spiriti danzanti, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2005 << "Signore e signori, fra qualche minuto">> Pap Khouma è nato a Dakar. Vive e lavora a Milano dove è il principale animatore della Comunità dei senegalesi. Dirige El Ghibli, rivista on line di letteratura della migrazione SN KHOUP NON Kossi Komla-Ebri, Nuovi imbarazzismi: quotidiani imbarazzi in bianco e nero... e a colori, Bologna, Editrice dell'arco, Barzago, Marna, 2004 << Quando mi fu concessa la cittadinanza italiana, il maresciallo della locale stazione dei carabinieri, nel complimentarsi con me, puntualizzò>> Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954. In Italia dal 1974, si è laureato a Bologna in medicina e chirurgia. Autore di diversi racconti, articoli e saggi, lavora presso l'ospedale Fatebenefratelli di Erba e occupa il suo tempo libero come mediatore interculturale nel mondo della scuola e della sanità. S 305.8 KOMLEK Kossi Komla-Ebri, La sposa degli dei: nell'Africa degli antichi riti, Bologna, Edizioni dell'arco, Barzago, Marna, 2005 << Lasciando la statale asfaltata, la strada che porta al villaggio di Dugà si srotola come un serpente rosso che scivola pian piano in mezzo al verde fitto e brillante della foresta, curvandosi per arrampicarsi sui monti>> SN KOMLEK SPO Pecore nere: racconti, Roma, GLF editori Laterza, 2005 << A Roma la gente corre sempre, a Mogadiscio la gente non corre mai>> (Raccolta di racconti scritti da figli di immigrati. Nati o cresciuti in Italia raccontano la propria identità divisa) SN PECOR PEC 112 Alberto Merini, Il viso nero stellato: racconti di migranti, Bologna, Clueb, 2005 (Il libro raccoglie tre storie di migranti raccolte da Alberto Merini, terapeuta presso il Centro di psichiatria multietnica Georges Devereux, da lui fondato dieci anni fa) S 325 MERIA Amara Lakhous, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, Roma, E/O, 2006 SN LAKHA SCO Félicité Mbezele, Kantheros: un'africana a Roma: atto unico, Roma, Armando, 2006 << Un rumore di traffico forte e di clacson tipici del centro >> Félicité Mbezele è nata in Camerun e si è trasferita a Roma per proseguire gli studi. E' attrice, il suo impegno sociale si traduce in numerosi interventi nelle scuole italiane e come mediatrice esperta di cultura africana. S 390.09 MBEZF S 390.09 MBEZF CD-ROM Duska Kovacevic, L'orecchino di Zora, San Giovanni in Persiceto, Eks&Tra, 2007 << Le notti insonni hanno lasciato marcate tracce sul viso di Zora.>> Duska Kovacevic è nata a Fiume (Croazia) nel 1976 e risiede in Italia dal 1995. Nel 2007 ha vinto il concorso letterario Eks&Tra per la narrativa. SN KOVAD ORE Tahar Ben Jelloun, Partire, Milano, Bompiani, 2007 << A Tangeri, d’inverno, il Caffè Hafa si trasforma in un osservatorio dei sogni e delle loro conseguenze.>> SN BEN JT PAR Tahar Ben Jelloun, L'ha ucciso lei, Torino, Einaudi, 2008 SN BEN JT LHA Karim Metref, Tagliato per l'esilio, Napoli, Mangrovie, 2008 <<Sono nato in esilio sulla terra dei miei avi.>> Karim Metref è nato in Algeria nel 1967, dopo studi di scienze sociali ha lavorato come insegnante per dieci anni. In Italia dal 1998 è scrittore, giornalista, redattore del sito ASAKA-Italia. SN METRK TAG Amori bicolori : racconti, Roma, GLF editori Laterza, 2008 << Non è stato un grande affare per me nascere in Italia.>> Raccolta di racconti di quattro scrittori immigrati (Muin Masri, Ingy Mubiayi, Zhu Qifeng, Igiaba Scego) SN AMORI AMO 113 Inoltre, sugli scrittori migranti: Alì e altre storie: letteratura e immigrazione, Roma, RAI-ERI, 1998 A cura della redazione della trasmissione "Permesso di soggiorno" in occasione del convegno "Letteratura e immigrazione" svoltosi a Perugia nel 1997. S 809 ALIEA Altri lati del mondo, a cura di Maria Antonietta Saracino, Roma, Sensibili alle foglie, 1994 Raccolta di saggi per la conoscenza di culture "altre". S 809 ALTRI Diaspore europee e lettere migranti: primo festival europeo degli scrittori migranti: Roma, giugno 2002 a cura di Armando Gnisci, Nora Moll, Roma, Edizioni interculturali, 2002 Antologia di scrittori partecipanti al 1° Festival europeo delle Lettere Migranti, tenuto a Roma nel 2002. S 809 DIASP Armando Gnisci, Creolizzare l'Europa: letteratura e migrazione, Meltemi, 2003 Armando Gnisci è insegnante di letteratura comparata presso l'Università "La Sapienza" di Roma. In questa raccolta di saggi traccia lo scenario di un'Europa avviata ad una nuova creolizzazione, di cui gli scrittori e gli artisti migranti sono l'annuncio. S 809 GNISA Parole di Babele: percorsi didattici sulla letteratura dell'immigrazione, a cura di Davide Rigallo, Donatella Sasso, Torino, Loescher, 2002 Strumento didattico per favorire il dialogo tra culture e popoli diversi. S 370.1 RIGAD + CD-ROM Scrivere = incontrare: migrazione, multiculturalità, scrittura in dialogo con Anthony Phelps, Peter Carey, Driss Chraïbi, Vikram Chandra, a cura di Matteo Baraldi e Maria Chiara Gnocchi, Macerata, Quodlibet, 2001 Alcuni scrittori extra-europei confrontano le loro esperienze di migrazione e multiculturalità. S 809 SCRIV 114 Vivere una sola vita in una sola città in un solo Paese in un solo universo Vivere in un solo mondo è prigione. Amare un solo amico, un solo padre, una sola madre, una sola famiglia Amare una sola persona è prigione. Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà Conoscere una sola logica è prigione. Avere un solo corpo, un solo pensiero, una sola conoscenza, una sola essenza Avere un solo essere è prigione. Mok Prigione, Yogo Ndjock Ngana, in Nhindo Nero, Roma, Anterem, 1994. 115 La memoria storica associa nel meccanismo del ricordo due fondamentali motivazioni: un radicato senso dell’appartenenza identitaria e una forte e partecipata soggettivizzazione del processo di ricostruzione della memoria, sia nel senso positivo della foscoliana esortazione alla storia e alle memorie dei grandi esempi paradigmatici del passato, che in quello negativo delle tragedie subite e memorie condivise e tanto meno storie condivise – queste ultime nemmeno augurabili – se non dentro il campo delle scelte fondamentali di valori indisponibili, quali la dignità dell’uomo, la democrazia, l’orrore dello sterminio di massa e del genocidio, ecc., ma, dentro questo campo dai confini invalicabili, la pluralità delle esperienze politiche e dei valori porta memoria e storiografia a dividersi e a ricomporsi solo nel riconoscimento dei principi e delle procedure negoziali che presiedono nei regimi democratici alla coesistenza attiva e competitiva di verità e valori che, nelle declinazioni personali di ciascuno di noi, si presentano spesso e impropriamente come non delle ingiustizie patite; è il nesso, secondo Walter Benjamin, tra Erfahrung, ossia la memoria trasmessa, ed Erlebniss, cioè la memoria vissuta. Il passaggio dalla memoria alla storia – è cosa notoria -si è sempre dimostrata storiograficamente complessa, non essendo indenni da roventi polemiche anche i più sofisticati strumenti e criteri metodologici adottati dagli storici. Non sono possibili, a parere di chi scrive, negoziabili. Il problema dell’appartenenza identitaria si è istituzionalizzato in un paradigma della rappresentazione storica, collettiva e personale, dell’età moderna e contemporanea che fin dalla metà del ‘600 – al termine delle guerre di religione- un grande pensatore come Spinoza aveva così formulato nella Prop.XLVI della III Parte dell’Etica:<<Se uno sia stato affetto da Gioia o Tristezza da qualcuno di una Riprese&Anticipazioni Memorie sovrapposte: il ’19 -‘22 nel ’43 -’45 nell’immediato dopoguerra a Bologna e in Emilia-Romagna di Aldino Monti 116 certa classe o nazione diversa dalla sua, in concomitanza dell’idea di lui, sotto il nome universale di classe o nazione, come causa: egli amerà o avrà in odio non soltanto lui, ma tutti quelli che appartengono alla 1 stessa classe o nazione>> . E’ un paradigma che attraversa le lotte tra ordini e ranghi della età monarchico-assolutistica, tra élite e classi della Rivoluzione francese e dei processi di industrializzazione in Inghilterra e in Europa, matura e sfocia nelle grandi costruzioni ideologiche e filosofiche dell’800 - idealismo, marxismo e positivismo, – e nella loro socializzazione e massificazione nella società di massa del Novecento. L’altro problema che si affaccia sulla soglia del giudizio storico – il secondo tema della soggettivazione della memoria - è il rapporto tra esistenza personale e l’universo complessivo della storia cui si è partecipato: il vissuto nella propria carne, nel suo dato di irreversibile e irrisarcibile ferita nel tessuto della propria memoria, non è razionalizzabile nel processo di elaborazione, integrazione e negoziazione delle ragioni con cui si elabora normalmente il giudizio storico; esso rimane una perdita secca nel bilancio di un’epoca, e lo storico ne deve prendere atto. Questa presa d’atto dovrebbe, nella formulazione del giudizio, consentirgli un certo distacco dalle sue stesse categorie d’indagine (che sono necessariamente il prodotto 1 B.Spinoza, Etica, a cura di E.Giancotti, Editori Riuniti, Roma 1988, Parte III, Prop.XLVI, p.205 e la relativa dimostrazione alla Prop.XVI, p.184. delle sue preferenze filosofiche , ideologiche, ecc.) ed evitargli l’esercizio di quello storicismo sanguinoso, proprio soprattutto dell’approccio olistico della tradizione idealistica e marxista in cui molta parte della mia generazione è cresciuta, allorché cerca disperatamente la ratio dei sovrumani e disumani eventi del nostro Novecento, secolo in cui il conflitto delle appartenenze raggiunse, come sappiamo, per intensità ideologica contrappositiva e numero di vittime, dimensioni assolutamente inedite nella storia del mondo. Nell’articolare queste note sul sovrapporsi delle memorie tra il primo e secondo dopoguerra emiliano, è ormai d’obbligo il riferimento all’antecedente della Iª guerra mondiale, che – a partire dalla metà degli anni ’80 – è diventato nella storiografia contemporaneistica il grande spartiacque, il termine ineludibile di ogni periodizzazione sul corpo del Novecento, il crogiuolo, ovvero quell’officina di ogni modernità definita negli studi degli ultimi quattro decenni. L’officina della guerra A partire dagli anni ’60 del secondo dopoguerra iniziò, con gli studi di Forcella e Monticane e di Mario Isnenghi, la revisione del mito della Grande Guerra come guerra patriottica, documentando i fenomeni di dissenso e di rifiuto di massa da parte di fanti contadini e operai, portati alla guerrasecondo già un lucido e celebre giudizio di Angelo Tasca – forzatamente, violentati e ingannati. I contributi successivi sulla memoria della guerra di Paul Fussel, di Eric Leed e di 2 Antonio Gibelli – da cui ho tratto il titolo di questo piccolo paragrafo – hanno rappresentato l’irruzione di categorie analitiche nuove, 2 Cfr. E.Forcella, A.Monticone, Plotone d’esecuzion :i processi della prima guerra mondiale, Laterza, Bari 1968; M.Isnenghi, I vinti di Caporetto nella letteratura di guerra, Marsilio, Padova 1967; P.Fussel, La Grande Guerra e la memoria moderna, il Mulino, Bologna 1984 (ediz.inglese 1975); E.J. Leed, Terra di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale (ediz.inglese 1979); A.Gibelli, L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino 2007, III ediz. (I ediz.1991),p.224, da cui ho tratto la distinzione di Benjamin. 117 letterarie, antropologiche, mediche, sulla memoria della guerra, indagata decisamente sul fronte della Erlebniss vissuta, secondo una pratica storiografica intesa: << a riportare le soggettività . i corpi e le menti, le percezioni e i sentimenti, dentro il cuore della storia>> a identificare nel trauma epocale della Grande Guerra la fucina della modernità industriale del Novecento, in cui milioni di persone, contadini e operai in gran parte, subiscono e consumano, irreggimentati in una disciplina durissima e a contatto delle macchine e delle tecniche di una guerra moderna, un rito sanguinoso di passaggio alla moderna società industriale di massa. La guerra mondiale: << sfonda i confini che rendono riconoscibile la realtà secondo un ordine che è quello ottocentesco: borghesia e proletariato, mondo esteriore e mondo interiore, scrittori e popolo, spazio e tempo>> e si costituisce come l’evento genetico di ciò che siamo soliti definire da tempo la società di massa, <<che indica non un inserimento delle masse nel vecchio ordine ma semplicemente la rottura di quell’ordine, la perdita di significato delle vecchie gerarchie e rilevanze…>> 3 ecc. Dalla fucina della guerra interessa in questa sede trarre - ai fini del presente articolo – solo la componente genetica dei miti della politica di massa del Novecento - ancorché precedenti a essa, ma da essa dilatati nel loro ruolo e nel loro significato nel corso del secolo 3 A.Gibelli, op.cit. pp.222, 225. in una dimensione abnorme e totalitaria – in particolare la genesi di quei processi di brutalizzazione della politica, di cui George Mosse è stato uno dei più acuti studiosi. Lo studioso americano ha mostrato come nel far fronte alla trauma della guerra – l’incontro per la prima volta con la morte organizzata su scala tecnologica e industriale - gli europei ricorsero a varie modalità di elaborazione del lutto, uno dei quali, di gran lunga il prevalente e diventato vittorioso con la dittatura fascista e nazista, fu l’invenzione d’una religione civica del nazionalismo ad opera della destra politica, volta a conferire alla guerra, al sacrificio dei caduti la dignità di un evento positivo, sacro, che ne giustificasse il costo sanguinoso e irreparabile. <<Il Mito dell’Esperienza della Guerra – scrive Mosse - era volto ad occultare la guerra e a legittimare l’esperienza della guerra; esso mirava a rimuovere la realtà della guerra>>. Volontari e reduci ne furono gli artefici e ne fecero il supporto ideologico della rigenerazione della Nazione e dei suoi assetti comunitari; il culto del cameratismo e della virilità aggressiva, nato nella comunità di squadra delle trincee, divenne uno degli ingredienti principali del Mito e si tradusse in una forza politica effettiva con i corpi franchi tedeschi e con lo squadrismo fascista. Il cameratismo del tempo di guerra in particolare – osserva Mosse – <<conteneva la promessa di un assetto sociale che, se trasferito alle condizioni di pace, avrebbe liquidato una repubblica corrotta basata sulla lotta di classe e su partiti politici faziosi>>. La guerra sembrò continuare per molti anche durante la pace effimera tra le due guerre: la brutalizzazione dei rapporti sociali e politici, l’indifferenza verso la morte di massa e dei singoli -che ebbero nel crogiuolo della guerra un addestramento primordiale a contatto con la crudezza della morte di massa, e con l’asprezza delle gerarchie militari e dei sistemi disciplinari - travolsero la sottile pellicola del processo secolare di civilizzazione europea; si aggiunga che l’odio e la volontà di annientamento del nemico, la sua disumanizzazione tesero a penetrare nella vita pubblica, a permeare i rapporti sociali, e non trovarono negli apparati statali sufficienti barriere giuridiche e morali. La guerra, in conclusione, <<non creò le forze che scatenò. Essa diede loro un mordente nuovo e una nuova energia, e 4 le aiutò a vincere>> . Il primo dopoguerra in Italia vide il precipitare di condizioni, umori e atteggiamenti politici che si erano già definiti prima e durante la guerra. La vittoria militare – in un paese che in maggioranza era rimasto duramente ostile alla guerra e alle élite che l’avevano voluta – non rappresentò l’occasione, se non di una riconciliazione di classi, almeno di una nuova disposizione degli animi e delle culture politiche; negli anni che seguirono, il 1919 e il 1920 – il cosiddetto biennio rosso – e 1921 e 1922 – la reazione squadrista - i diversi problemi del paese, di politica interna e di politica estera, si fusero in 4 G.L.Mosse, Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Laterza, Bari 1990 , pp. 7,184,198. 118 una miscela esplosiva e la razionalità della politica tese a bruciare nei miti che la politica di massa aveva già nel frattempo apprestato: il mito classista della rivoluzione socialista, esaltato dall’avvento della rivoluzione bolscevica del 1917 e quello nazionalpatriottico di una solidale comunità nazionale di produttori, non dilaniata dalla lotta tra le classi, capace di fronteggiare la guerra tra le nazioni. Non è qui la sede per ricostruire le sequenze storiche e politiche che nella congiuntura del 1919-1922 portarono allo scontro dei due principali massimalismi ideologico-politici, o per indugiare sulle articolazioni della struttura di classe su cui tante volte la storiografia neomarxiana italiana si è diffusa; più importante, a mio avviso, è sottolineare come la partita decisiva che condusse alla vittoria del fascismo, pur presupponendo un blocco articolato di classe – che rimane sempre indispensabile per capire le basi dei processi storici – si giocasse più sul terreno dell’agire comunicativo, delle reciproche rappresentazioni e percezioni, in cui, anche in Italia, al pari della Germania weimariana studiata da Mosse, “<<i metodi e gli atteggiamenti politici della destra erano tagliati su misura per l’epoca della politica di massa…le cui esigenze la destra comprese meglio della 5 sinistra>> . Quale era, dunque, la panoplia di simboli e di miti in cui la borghesia italiana, in tutte le sue sezioni socioprofessionali, come nelle sue 5 Ivi. p.198. frantumazioni localistiche e corporative, riuscì a riconoscersi e a ricomporsi, a trascinare, infine, l’intero paese sotto la dittatura del fascismo? Fin dall’età risorgimentale e postunitaria, i dibattiti politici e sociali testimoniano d’una borghesia che entra in dissidio con se stessa, con la propria vocazione a costruire una società moderna, nel timore di subirne il contraccolpo nell’insorgere dei moderni conflitti sociali a opera delle classi subordinate. A differenza delle proprie consorelle europee, la classe dirigente italiana esita di fronte all’avventura della modernità, non riesce a comprendere e ad assimilare la natura impersonale e oggettiva del moderno conflitto sociale, ma lo percepisce come affronto e insubordinazione rispetto al proprio ruolo dirigente. Come ha osservato un grande storico del liberalismo, Guido De Ruggiero, manca ai liberali italiani dell’Ottocento, l’idea della vitalità e della legittimità del conflitto sociale, come fonte di progresso comune di una società. D’altra parte la stessa nozione di borghese e di borghesia è rifiutata come lessico di autoidentificazione sociale; essa evoca una dimensione d’affarismo e materialismo, che ripugna a una classe dirigente che non crede alla moralità del denaro e della concorrenza come veicoli di sviluppo e che teme il confronto col proletariato, che, per antagonismo, la parola borghesia evoca specularmente. Essa si riconosce, infatti, in quei valori etici e politici che la tradizione culturale e letteraria italiana aveva elaborato e sistematizzato in alcune formule tipo, che finiranno per avere un grande destino con l’avvento del fascismo: il primato classico-italiano delle lettere, il retaggio della Roma dei Cesari e dei Papi, il mito della missione civilizzatrice dell’Italia nel mondo, il culto della nazione e della necessaria armonia delle classi che la devono sorreggere; inutile osservare quanto queste formule potessero suonare come irrisione e offesa nelle campagne italiane dei braccianti e dei contadini! Solo fra l’inizio del Novecento e l’avvento del fascismo si alzano voci dalla stampa e dalla pubblicistica nazionalista che incitano – anche per sfida al linguaggio delle organizzazioni operaie e socialiste - la borghesia produttiva, agraria e industriale, ad assorbire il lessico dell’autoidenticazione borghese, e ad accettare consapevolmente il proprio ruolo di borghesia egemone all’insegna di una ideologia del produttivismo, che associava imprenditori e operai entro il mito di un’Italia produttiva contrapposta a un‘Italia burocratica e parassitaria della pubblica amministrazione e delle oligarchie politicoamministrative; contro queste si scagliava con una durissima polemica antiparlamentare – il Parlamento come santuario dei politicanti e dei burocrati - e si parlò ancora, con scarsi esiti pratici, di un partito nazionale agrario e di un partito industriale. Ma, in sostanza, non fu il mito del produttivismo, ma il codice nazionalpatriottico, d’impronta fortemente retorico-letteraria, a costituire, in ultima istanza, il 119 collante ideologico comunicativo che, nell’emergenza della congiuntura bellica e postbellica, riuscì a collegare in una comunità d’azione, prima ancora che nella durevole costruzione di un blocco sociale, le diverse stratificazioni, corporative e localistiche, produttive e burocratiche, della borghesia italiana: dalle avanguardie imprenditrici, dai tecnici e dai gruppi di competenza all’interno del partito fascista, alle masse nazionalfasciste degli studenti e degli ufficiali smobilitati a caccia di un impiego e di una rivalsa sociale contro contadini, operai e 6 braccianti organizzati . Certo, vi era un abisso tra l’enfasi retorico-comunicativa del mito dello Stato nuovo, corporativo e industrialista, e l’inconsistenza o comunque la fragilità delle sue basi socioeconomiche, ma occorre al riguardo evitare due estremi interpretativi: reiterare il vecchio leit-motiv della debolezza originaria della borghesia italiana, che dalla pubblicistica di Oriani, Gobetti e Gramsci è poi passata alla storiografia economica italiana del secondo dopoguerra; dissolvere le classi nell’insieme dei valori, delle credenze, dei simboli che costruirono il blocco politico-ideologico alla base della vittoria politica del 6 Si vedano:G.De Ruggiero,Storia del liberalismo europeo, Laterza, Bari 1995, p.322; G.Bollati, L’Italiano.Il carattere nazionale come storia e come invenzione, Einaudi, Torino 1983; A.M.Banti, Storia della borghesia italiana.L’età liberale, capp. 8 e 12. 7 fascismo . Nell’avvento della dittatura noi possiamo correttamente vedere sia le strozzature di una fragilità e immaturità di fondo della struttura economica sociale del paese - un fondale che percorre tutta la storia contemporanea e costituisce il perimetro oggettivo, la lunga durata che circoscrive qualsiasi spazio a disposizione della manovra politica – sia l’efficienza di un’operazione politica, che ebbe la capacità, anziché il ruolo di schiuma della storia, nell’accezione di Braudel, di produrre a sua volta strutture di lungo periodo (istituzioni e apparati economici, culture e sensibilità politiche, centri di potere che costituirono una configurazione sociale di lungo destino commista di burocrazia, industria di stato, corporazioni sindacali, mass media ecc., perduranti sotto la I Repubblica e ancor oggi operanti). L’avvento del fascismo, al pari di altri grandi eventi politici del Novecento, ripropone allo storico un ripensamento radicale, valido anche per l’attualità politica, del rapporto tra evento e struttura, tra storia politica e storia economica e sociale del paese. Gramsci ha lucidamente visto nella congiuntura 1919 -1922 una situazione di crisi organica, in cui forze sociali della media e piccola borghesia, organizzate e armate nelle associazioni varie dei reduci, degli ex combattenti e delle squadre, 7 La dissoluzione delle classi nelle percezioni dei suoi membri e nella inventività delle classificazioni economiche e sociali è il limite, a mio parere, del modello interpretativo, per altro molto intelligente, di A.M.Banti, op.cit. senza esporre il ruolo e il prestigio dell’esercito e dello Stato, si posero- a guisa dei cosacchi zaristi che si scaglionavano lungo i confini di nazionalità – agli interstizi dei gruppi sociali intermedi, ne captarono la paura, ne unificarono i luoghi comuni politici e le passioni con una retorica a essi familiare fin dal Risorgimento e dall’unificazione, e la trasformarono nel mito nazional patriottico della Nazione contro l’Antinazione del tradimento, che aveva rifiutato la guerra, che dilaniava la patria con i conflitti di classe e le impediva di gareggiare nella guerra 8 imperiale tra le nazioni. Il fascismo, si può concludere, ha, dunque, storicamente costituito il primo moderno partito di massa in cui la borghesia italiana, in tutte le sue sezioni, si è politicamente riconosciuta, almeno limitatamente alla dinamica della presa del potere nella congiuntura ’19 -‘22. Si potrebbe approfondire questo spunto di sociologia politica offerto dal Gramsci dei Quaderni, grandiosa riflessione sulle cause di una rivoluzione 8 A.Gramsci, Quaderni del carcere,III, Einaudi, Torino 1975,p.1608. 120 socialista fallita in Occidente. Mi limito a osservare che su tre punti il fascismo, nella presa del potere, ebbe un’indiscutibile superiorità sull’opposizione antifascista, da quella liberale a quella socialista: la centralizzazione politica del movimento – ancora prima della fondazione del Partito Nazionale fascista nel novembre 1921 – rafforzata dalla leadership carismatica del suo Capo, Mussolini; il ruolo dinamico di una cultura moderna o modernizzatrice, tra futurismo e idealismo volontaristico, che funse da collante ideologico e comunicativo per le disparate sezioni delle élite intellettuali della piccola e media borghesia italiana; una strategia politicomilitare di conquista del territorio, fondata sull’estrema mobilità delle sue squadre, attuata tramite l’uso degli autocarri per il trasporto delle medesime, strumento logistico cruciale introdotto dalla guerra. Tutto il contrario per i socialisti: non avevano una direzione politica unitaria – ogni istanza dirigente andava per conto suo, la direzione nazionale, il gruppo parlamentare, i sindacati, il giornale l’Avanti! possedevano un contesto culturale tardo positivistico e di marxismo elementare, radicato nelle vecchie generazioni e non certo capace d’affascinare quelle giovani, e infine praticavano una conflittualità sociale prevalentemente localistica, capace di creare per l’appunto delle enclave locali – come Molinella – battezzate rapidamente come baronie rosse dalla stampa agraria, caratterizzate dall’arbitrio politico e amministrativo, ma incapace di porsi il problema del potere in una prospettiva strategica nazionale. Queste tre fondamentali carenze del movimento socialista, furono poi alla base della scissione comunista del gennaio 1921. Ma, a parte le considerazioni storiche generali, ciò che si deve sottolineare è la compresenza, nella congiuntura politica postbellica 1919 –1922, di tre dimensioni del conflitto che preannunciano la classica distinzione, ormai diventata canonica nella storiografia contemporaneistica, operata da 9 Claudio Pavone : un conflitto politico e ideologico tra fascisti e antifascisti sulle ragioni della patria nella sua costituzione interna e nel suo ruolo internazionale ovvero una guerra patriottica tra patrioti e antipatrioti; una strisciante guerra civile tra italiani; una guerra di classe tra padroni da una parte e operai e contadini dall’altra. in maggioranza all’apertura delle ostilità, inducendolo a votare per la dichiarazione di guerra; infine, la marcia su Roma e l’incarico di governo a 10 Mussolini il 28 ottobre 1922 .Il processo di elaborazioni dei materiali ideologici nazionalisti, antisocialisti e antiliberali, ebbe inizio contestualmente all’aprirsi dell’età giolittiana e alla fine della reazione illiberale di fine secolo e si accentuò con l’impresa di Libia: la rottura giolittiana coi socialisti preparò la svolta liberale verso lo sbocco conservatore salandrino e predispose il blocco politico e sociale favorevole alla guerra. Questa fu vissuta dalla maggioranza degli italiani – non solo masse operaie e bracciantili socialiste, ma anche dalle masse contadine cattoliche e da vasti ceti medi produttivi di orientamento radicale e repubblicano – come una decisione imposta al Paese da una minoranza prevaricatrice e Dal biennio rosso 1919 – 20 alla controffensiva nazionalfascista del 1921-22 Secondo la celebre tesi di Luigi Salvatorelli, tre date, tre colpi di stato in successione storica, articolarono la crisi e la scomparsa dello Stato liberale: la crisi di fine secolo con la strage di Milano del gen. Bava Beccarsi del maggio 1898 e le successive leggi Pelloux; il maggio radioso del 1915 dove una minoranza nazionalista rumorosa, con l’appoggio della classe monarchico-militare e dell’industria di guerra, riuscì a forzare la mano di un parlamento intimidito, contrario come il tentativo di una classe, la borghesia, di consolidare con la guerra il suo potere sulle altre classi, in primo luogo la classe lavoratrice rappresentata dal partito 11 10 9 C.Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991. socialista, raggiungere, insomma, con la guerra esterna anche un obiettivo di 11 stabilizzazione interna . La guerra civile era già predisposta negli animi, nelle intenzioni, nelle strategie politiche. La fine vittoriosa del conflitto non poté diventare un’occasione di riconciliazione nazionale, perché la nazione era già spaccata, nel ‘14 sulla guerra, nel ‘18 sulla gestione della vittoria; negli anni che seguirono i diversi problemi del paese, di politica interna e di politica estera si fusero in una miscela esplosiva, dove la ratio dei programmi bruciò nell’accecamento massimalistico del mito nazional patriottico della destra, e in quello rivoluzionario esaltato dalla recente rivoluzione bolscevica del ’17 dei socialisti. Si deve dire infatti che il Psi non aiutò certamente un’uscita dalla crisi di tipo liberaldemocratico: il congresso di Bologna del 5-8 ottobre 1919 opta per una strategia modellata sulla rivoluzione russa e delibera, tra l’altro:<< di promuovere accordi con le organizzazioni sindacali che sono sul terreno della lotta di classe, perché informino la loro azione per la più profonda realizzazione dei su esposti 12 principii>> . Il massimalismo ideologico e politico diventava anche un programma sindacale. La radicalizzazione politica e sociale ebbe, a questo punto, ad articolarsi seccamente intorno a un classico dilemma da crisi organica e da guerra civile: chi Si veda L.Salvatorelli, Nazionalfascismo, Piero Gobetti Editore, Torino 1923 ,cit. da C.Pavone,op.cit., p.266. 121 Roberto Vivarelli, Storia delle origini del fascismo.L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, il Mulino, Bologna 1991, vol.I, cap.I . 12 R.Vivarelli, op.cit., vol.II, p.211. gestisce la vittoria ? Quale nuovo Stato costruire, dopo l’estinzione di quello vecchio, liberale-oligarchico, incapace di creare la Nazione? Vennero a scontrasi allora due opposte Italie; quella nazional patriottica di quel blocco sociale e di azione di cui abbiamo parlatoproprietari, imprenditori, impiegati , militari, studenti, magistrati, ecc. e l’Italia socialista, laico radicale e repubblicana e cattolica , profondamente divisa sul piano ideologico e politico, incapace di dare uno sbocco di centrosinistra alla crisi in atto. Un quarto di secolo dopo, durante e dopo la guerra fascista perduta del 1940-43, le due Italie riproposero il medesimo dilemma, nel gestire non una vittoria, ma una sconfitta epocale e al bivio della costruzione di un altro Stato nuovo, questa volta quello democratico e per il quale era importante rispondere, ai fini della sua nuova identità nazionale e statuale, alla seguente domanda posta da Pavone: <<Chi era stato sconfitto nella guerra fascista… Soltanto il fascismo? o lo stato italiano con il quale il fascismo si era identificato? o ancora di più l’Italia stessa, come entità nazionale storicamente 13 definita?>> . La domanda di Pavone ha poi innescato negli anni novanta del secolo scorso quella problematica della morte della patria all’indomani dell’8 settembre, che tante polemiche ebbe a suscitare sul piano politico-storiografico – cioè sul piano dell’uso politico della storia – in cui si tentò, in ambito revisionista, di smantellare i materiali etico-politici e ideologici della mitologia civile della Resistenza e della sua pretesa fondativa della Nazione italiana e del suo Stato 14 democratico . Mi limito, al riguardo, solo a poche osservazioni. E’ un fatto che l’8 settembre ’43 lo stato si disfece, la classe dirigente – la monarchia, l’esercito, gli ufficiali, la burocrazia, ecc.- non ebbe senso dello stato, non ebbe il sentimento dell’appartenenza e della solidarietà nazionale, diciamo pure il senso dell’italianità: la popolazione si smarrì e si disperse nei mille rivoli della lotta per l’esistenza quotidiana, con tutti i suoi egoismi e le sue viltà. Come in altre situazioni cruciali dell’Italia contemporanea – il 1860-61, il 1915, il 1919-22, anche nel 1943-45 una minoranza di italiani, di tutti gruppi sociali, con prevalenza evidente dei ceti popolari operai e contadini, si costituì forza costituente nazionale e dopo due mesi circa di attesa – settembre e ottobre – salì risolutamente in montagna costituendosi in Resistenza e come tale rappresentante virtuale della nazione italiana e del rinnovato stato democratico, decisa a riscattare quelli che erano e sono gli ingredienti fondamentali dell’identità nazionale, il sentimento dell’onore, della libertà e della virtù militare; e fu subito guerra civile contro l’Antinazione dei militanti della RSI, gli ex titolari del monopolio forzoso dell’identità nazionale. Certo, la minoranza era solo una parte dell’Italia, minoranza peraltro 14 13 C.Pavone, op.cit., p.169. E.Galli della Loggia, La morte della patria, Laterza, Bari 1996. 122 articolata e divisa in tanti partiti, ideologie, con diverse prospettive di ricostruzione del paese in ordine ai caratteri economici, alle basi sociali, alle forma delle istituzioni, alla collocazione internazionale del nuovo stato, ecc.; su di essa incombeva, infine, il ricordo cocente della sconfitta dell’antifascismo nel 1919-22. Una serie, insomma, di fattori e di vincoli storici e politici fissavano il perimetro entro cui poteva operare la Resistenza non ultima l’essere subordinata agli Alleati, che esercitavano la vera, reale e non virtuale sovranità nazionale – per cui la sua capacità a nazionalizzare gli italiani secondo un unico parametro nazional-statale, durante e dopo la guerra, fu assai scarsa, tanto è vero che una guerra fredda civile, ideologica e politica condotta dalla pluralità dei partiti che avevano fatto la Resistenza, ha continuato a dividere il Paese fino a oggi. Ma, il deficit di statualità della Resistenza italiana, rispetto a quella francese o scandinava, non annulla il valore di legittimazione fondativo della Repubblica da parte della Resistenza e dell’antifascismo, non solo per i suoi valori di testimonianza ideale, ma per il peso militare non indifferente sul quale essi si appoggiavano e per il notevole valore combattentistico da essa 15 dimostrato . 15 Tra il 9 settembre 1943 e la fine di aprile 1945 caddero - compresi i civili – 72500 italiani, si aggiungono 39167 mutilati e invalidi compresi sempre i civili. Dopo la Liberazione fu riconosciuta la qualifica di partigiano combattente a 232841 persone, di “patriota”, cioè di collaboratore costante e attivo della resistenza a 125714 persone. Nell’ottobre del 1944 i partigiani italiani tennero impegnate da 6 a 8 divisioni tedesche, delle 26 che si trovavano in Italia per fronteggiare gli eserciti alleati. All’esercito alleato si deve aggiungere l’esercito regolare italiano del Corpo italiano di liberazione composto di cinque divisioni che risalì la penisola con gli Alleati con gravi perdite. Cfr.F.Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948).Lezioni alla Sorbona, Einaudi, Torino 1961, pp.127-128. Per avere un’idea del peso storico-militare dell’esercito partigiano e di quello regolare in Italia, si faccia un paragone con le forze guidate dal generale De Gaulle della Francia libera. Secondo un rapporto per il generale :<< nell’ottobre 1943 esistevano 250000 uomini sulle liste dell’’armata segreta’(quasi tutti comunisti e gollisti) dei quali 70000 organizzati per l’azione immediata, ma solo 16000 di questi erano armati. Le armi erano in gran parte fornite dagli angloamericani con lanci dagli aerei>>. Mentre sulle Prealpi e sull’Appennino tosco –emiliano combatteva nell’estate-autunno del 1944 contro Tedeschi e fascisti un esercito partigiano di 100.000 uomini. In sintesi:<<la resistenza italiana rappresentò un contributo non trascurabile allo sforzo di guerra di guerra alleato ma ebbe anche un alto valore morale>> e ciò:<<fa giustizia di ogni considerazione relativa a un’ipotetica neutralità degli italiani di fronte a un conflitto, che non avrebbe dovuto interessarli più. La libertà ha un prezzo, che andava pagato e che fu pagato, non verso i nuovi alleati o contro i vecchi, ma per ricostituirsi la propria anima. Questa fu la molla segreta, che indusse molti alla lotta contro i tedeschi e i loro alleati fascisti”. Cfr. M.Silvestri, La decadenza dell’Europa occidentale,IV, La catastrofe 1939-1945, Einaudi, Torino 1982, p.455-458. A mio parere, la continuità della patria nel ‘43-‘45 può dirsi assicurata in base a elementi storici di fatto di natura militarstatuale e morali - la volontà di riscatto nazionale -; altra questione, che deve essere distinta dalla prima, è il processo di partitizzazione della medesima a opera dei partiti del blocco antifascista, che ripetevano una prassi tipica della nostra storia unitaria dal 1860-61 al 1914-22, fino al 1943- Nel momento in cui alcune migliaia poi centinaia di migliaia di persone rispondevano positivamente all’appello delle cose e dalla parte giusta con sentimento di responsabilità verso il paese - comunque configurabile dalla coscienza di ognuno come Nazione e/o Stato – consapevoli della incertezza della guerra e del proprio anomalo stato giuridico che non gli avrebbe consentito di fruire delle garanzie del 16 diritto di guerra , questi, al pari dei patrioti del 1859-60, diventavano di fatto i padri fondatori del nuovo Stato. Si aggiunga il supplemento di legittimazione – al di là della lotta contro l’anticristo nazifascista – che proveniva dalla macerie del vecchio stato monarchico autoritario, incapace di fornire un capo in grado di condurre la resistenza in nome di una idea nazionalstatale dentro cui coalizzare e assorbire le diverse forze politiche del Paese: invece di un re norvegese, belga o olandese, a capo del suo esercito e dei suoi partigiani, avemmo il fuggiasco Vittorio Emanuele III, al posto di un De Gaulle, avemmo un Badoglio. 48, prassi cui accenna anche Silvestri, per il quale, a livello di partiti:<<scontata la vittoria sul nazifascismo, la guerra partigiana fu diretta avendo in mente i vantaggi che essa avrebbe portato a ciascuna delle forze momentaneamente coalizzate, nella lotta politica del dopoguerra>>. Ivi, p.458. Per la tesi sulla morte della patria, cfr. E. Galli Della Loggia, op.cit.,p.40 ss. 16 I partigiani furono equiparati all’esercito regolare con il decreto luogotenenziale n.73 del 28 febbraio 1945.Cfr. N.Sauro Onofri, Il triangolo rosso.La guerra di liberazione e la sconfitta del fascismo (1943-1947), Sapere 2000, Roma 2007,p.88. 123 Tra i tanti fattori che impedivano e avrebbero impedito alla Resistenza antifascista di dispiegare per intero la sua azione di unificazione e penetrazione dell’intera compagine nazionale, vi è la memoria della sconfitta della guerra civile del 1919-22 , costata al paese 3000-4000 morti, di cui – in un rapporto ineguale e sfavorevole agli antifascisti – 2000-3000 caduti socialisti , legalitari e più impreparati allo scontro militare come è noto, e 647 morti da 17 parte dei fascisti . Ma oltre alla contrapposizione sulla ragioni della patria e sull’esercizio della sua rappresentazione e del suo ruolo nazionale e internazionale, un fattore specificamente italiano, radicato soprattutto nella storia delle campagne italiane, in particolare nelle contrade dell’Emilia Romagna, conferì alla Resistenza una peculiare valenza ideologica, che la distinse dalla consorelle Resistenze europee: la guerra di classe contro i padroni, industriali e agrari, identificati spesso e volentieri, a opera della terribile semplicità degli oppressi e delle astrazioni teoreticiste degli intellettuali, tout-court coi fascisti e coi nazisti. Vediamone un rapido profilo per i venti mesi di guerra partigiana e per la sua sanguinosa deriva del 45–46, deriva inevitabile di ogni guerra civile, occorre sottolineare, contro tutte le strumentalizzazioni politiche che si sono consumate dalla fine della guerra a oggi e su cui 17 Si vedano i dati in E.Gentile, Storia del Partito Fascista,19191922.Movimento e milizia, Laterza, Roma-Bari 1989,pp.493-494. verrò nella parte finale di queste note. Dalla svolta di Salerno nella primavera del ’44 in poi, il PCI sotto la direzione di Palmiro Togliatti intese rassicurare, non intimidire e meno che mai terrorizzare, sottomettere, dunque, il lascito classista del marxismo rivoluzionario al filtro di una politica di unità nazionale antifascista prima, di riconciliazione nazionale poi (amnistia del ’46 concessa dallo stesso Togliatti ministro della Giustizia). Tale politica suscitò, com’è noto, forti perplessità e anche opposizioni nella base sociale operaia, contadina e dei quadri dirigenti, oltre che nelle file stesse del PSI e del Partito d’Azione; ciò costituì un problema politico e sociale complesso. Si deve osservare, infine, che il PCI nel radicare le formazioni garibaldine nelle campagne emiliane, ereditava non solo la splendida tradizione del riformismo solidarista e del movimento cooperativo e associazionista, ma anche quella del massimalismo agrario socialista, non in contraddizione ma organicamente connesso alla 18 prima . Inoltre, ereditava la resa dei conti per la sconfitta politica e militare del ‘19-‘22, con la memoria ancora sanguinante dei crimini, delle uccisioni e delle umiliazioni subite da una generazione di quadri operai e contadini, ancora ben viva e operante durante la guerra partigiana antifascista. La guerra civile tra fascisti e antifascisti del ‘43-‘45 , scrive Pavone, può essere vista come:<<la ricapitolazione e lo svolgimento finale, sotto la cappa dell’occupazione tedesca, di un conflitto apertosi nel 1919-22>>. Ancora di recente, anziani operai e contadini, intervistati per una ricerca di storia orale:<<assimilano nel ricordo il 1919-21, il periodo cioè del biennio rosso e dello squadrismo, con quello del 19 1943-45>> . D’altra parte, una evidente componente classista, specificamente antioperaia e non soltanto antisocialista, era nella mentalità e nei valori ideologici della gioventù squadrista. Un esponente fra i più rappresentativi della componente popolana del fascismo fiorentino, Umberto Bacchelli, si dichiarava infastidito dalla violenza scatenata per motivazioni classiste dai figli di papà entrati nel fascismo per: << esercitare la giustizia di classe ,cioè punire non come fascisti, ma come figli dell’avvocato, del dottore, del fornitore, ecc.>>. Bastava che costoro:<< incontrassero gente vestita da operaio, perché i giustizieri picchiassero di santa ragione. Avevano anch’essi una concezione eguale a quella dei comunisti che avevano picchiato e assassinato gente perché decentemente vestita>>.Certo, il classismo era mediato dal velo dell’ideologia antiegualitaria e gerarchica del nazionalismo, che nascondeva agli occhi di quei giovani la oggettiva natura classista delle violenze 18 19 La memoria dello squadrismo agrario e la guerra di classe partigiana 43 -45 C.Pavone, op.cit. p.383 Ivi, p.256. 124 contro braccianti e contadini, facendole apparire come una legittima rivendicazione di valori morali sviliti dal sovversivismo. Ma esso era l’espressione di un’autentica, per così dire, questione sociale e politica: l’interventismo del 1914 aveva sottratto al movimento operaio una parte cospicua degli studenti – circa il 40% degli effettivi delle squadre – delusi nelle loro aspirazioni sociali da uno stato liberale percepito come debole e corrotto, che favoriva i pescecani della grande borghesia e le aristocrazie operaie sindacalizzate a scapito dei ceti di piccola borghesia che aveva fatto la guerra; la vita di squadra restituiva ad essi, in qualche modo, un ruolo protagonistico, nato nel cameratismo delle trincee, e premessa di un futuro ruolo dirigente nello stato nuovo che si voleva 20 rivendicare . Nell’ambito di questo contesto sociale e politico, il ruolo dello squadrismo agrario, preponderante in Emilia e Romagna, fu trainante, senza il quale – a giudizio di Renzo De 20 M.Franzinelli, Squadristi.Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919 –1922, Mondadori,Milano 2003, pp.39-40. Felice – Mussolini non avrebbe:<<potuto portare avanti il suo gioco politico e non sarebbe potuto arrivare al potere>>. Il giudizio era già formulato e condiviso dai contemporanei, in particolari da autorità di polizia dotati di spirito critico e di senso dello stato: per il direttore generale della PS Giacomo Vigliani, ad es., l’Emilia era la:<<vera culla del fascismo>> in cui i proprietari terrieri lo avevano finanziato: << come reazione alle numerose imposizioni dei leghisti nelle loro vertenze economiche con gli agricoltori>> e nelle province di Bologna, Ferrara e Modena:<< è tra gli ultimi del 1920 ed ai primi dell’anno in corso del che si è cominciato a verificare questa guerra 21 civile>> . Certo, la somma di prevaricazioni consumate dai capilega a danno dei proprietari nel ventennio precedente – boicottaggi, taglie, multe ed estorsioni, incendi dolosi, sabotaggi alla produzione, imponibile di manodopera, ecc. - aveva predisposto una larga parte dell’opinione pubblica a simpatizzare per lo squadrismo: i processi di brutalizzazione sociale e politica sia a destra che a sinistra che avevano avuto larga applicazione nell’Europa centro-orientale e in Russia con la guerra civile seguita alla 22 Rivoluzione , avevano avuto anche in Italia una loro espressione già prima della guerra, ma non reggono il 21 Ivi, p.59, dove è riportato anche il giudizio di De Felice. 22 Si vedano le osservazioni di E.Traverso, A ferro e fuoco.La guerra civile europea 1914-1945, il Mulino, Bologna 2007. confronto con la violenza sistematica e pianificata dello squadrismo agrario. In sostanza, sembra equanime e condivisibile il giudizio formulato alla metà degli anni Trenta da Gaetano Salvemini, esule negli USA, nelle lezioni tenute alla Harvard University:<<Nel corso dei due anni della loro ‘tirannia’ i ‘bolscevichi’ non devastarono neppure una volta l’ufficio di un’associazione degli industriali, degli agrari o dei commercianti; non obbligarono mai con la forza alle dimissioni nessuna amministrazione controllata dai partiti conservatori; non bruciarono neppure una tipografia di un giornale; non saccheggiarono mai una sola casa di un avversario e politico. Tali atti di ‘eroismo’ furono introdotti nella vita italiana dagli ‘antibolscevichi’. Inoltre va notato che mentre i delitti commessi dai ‘bolscevichi’ negli anni 1919-20 furono quasi sempre commessi da folle eccitate, le ‘eroiche imprese’ degli ‘antibolscevichi’ troppo spesso furono preparate e condotte a sangue freddo da appartenenti a quei ceti benestanti che hanno la pretesa di essere i custodi 23 della civiltà>> . Le memoria di tutto questo fu bruciante durante e dopo la resistenza, soprattutto in partigiani di estrazione operaia e contadina e non solo; i nemici della patria ritrovata e rifondata con la resistenza e i nemici di classe tendevano a coincidere. Per queste generazioni di partigiani, anziani del ‘20 –‘21 ma anche per giovani 23 Il giudizio di Salvemini è cit. da M.Franzinelli, op.cit., p.64. 125 ventenni:<<il nemico ideale scrive Pavone- la figura più chiara e riassuntiva di nemico, sarebbe stata quella di un padrone che fosse anche fascista e sfacciatamente servo dei tedeschi, e come tale non più vero italiano (secondo il processo di annichilamento dell’identità nazionale dei rinnegati già sottolineato a proposito della guerra civile).I fucilati che morirono gridando ‘viva il comunismo, viva l’Italia, viva la libertà’ oppure ‘viva l’Italia, viva Stalin, viva il comunismo’ sintetizzarono in questo estremo messaggio le ragioni plurime della loro scelta>>. Pavone ha documentato e chiarito come non si possa schematizzare contrapponendo una Resistenza rossa a una Resistenza tricolore, ma come gli elementi di classe si presentassero, a vari livelli e nelle varie situazioni, ora isolati e ora strettamente intrecciati con <<spinte e motivazioni puramente antifasciste e patriottiche>> e che nella stessa politica di unità nazionale del PCI non esisteva solo una doppiezza del vertice nei confronti della base classista, ma:<<esistevano una ‘doppia anima’ di vertice e una ‘ doppia anima’ di base, e la seconda in parte era indotta dalla prima e veniva con essa a coincidere, in parte aveva una sua propria fisionomia, chiamata in genere dal vertice incomprensione, ritardo, deviazione. L’impegno posto dai dirigenti nel reprimere questi atteggiamenti costituisce una delle non molte fonti disponibili per avvicinarsi agli 24 atteggiamenti stessi>> . L’identificazione del regime fascista col regime dei padroni, trasmessa dagli anziani del ’21 ai giovani, portava credere che fosse arrivata l’ora di una resa dei conti non solo politica , ma anche sociale, che già nella resistenza fosse in atto una guerra rivoluzionaria, che il dopoguerra si sarebbe incaricato di concludere. Si aggiunga, infine, nella genesi delle attese rivoluzionarie nella Resistenza l’impatto della ripresa, sotto l’occupazione tedesca e del regime di Salò dopo un ventennio di dittatura, delle lotte agrarie di braccianti e mezzadri per il rinnovo di contratti e riparti; anche sotto questo profilo riemergeva il filo rosso delle lotte del I° dopoguerra e dell’annullamento delle conquiste sindacali del biennio rosso a opera del regime fascista a favore degli 25 agrari . Ma l’eredità delle memorie politiche, sociali e ideologiche del ‘19 –‘22 non avrebbe potuto fermentare al grado di odio e di violenza propri di una guerra civile – è esistita anche la violenza e la cultura della violenza entro le fila della Resistenza, cui Pavone ha dedicato un capitolo sostanzioso del suo libro senza le stragi naziste lungo le linee della ritirata dell’esercito tedesco dal Sud al Nord a partire dalla fine del ’43, e senza i crimini, le uccisioni di partigiani e di civili da parte dei militi della RSI, desiderosi di dimostrare ai loro padroni tedeschi un’autonoma ma 24 C.Pavone, op.cit., pp.314-315, 319320. 25 G.Crainz, Padania.Il mondo dei braccianti dall’Ottocento alla fuga dalle campagne, Donzelli, Roma 1994 pp.217-231; N.Sauro Onofri, op.cit., cap.V. infondata capacità di gestire in termini efficienti la sopravvivenza della Repubblica fantoccio di Salò. Due ragioni lo provano in termini ,a mio parere, abbastanza persuasivi: il fatto che nei 45 giorni tra il 25 luglio e l’8 settembre e anche oltre – l’attendismo caratterizzò entrambe le parti fino alla fine di ottobre - non ci sia stata nel paese alcuna resa dei conti, a parte qualche sporadico incidente; infine il fatto che nella serie di uccisioni che seguirono il 25 aprile e nei mesi immediatamente successivi a opera di singoli e di gruppi partigiani di orientamento classista e comunista le vittime furono scelte con logica ancora combattente. Si uccide il nemico sconfitto, si vendicano i caduti e gli eccidi. Si anticipa il corso di una giustizia che ritarda troppo la sua azione…La tipologia delle vittime conferma questa logica di vendetta messa in atto nei giorni della Liberazione e nelle settimane seguenti: oltre i due terzi degli uccisi sono appartenenti a reparti militari di Salò (GNR e Brigata nera), mentre numerosi sono gli iscritti al PFR e persone già segnalate nel corso della lotta per il loro collaborazionismo. Dove, infatti, dove più forte aveva infierito la repressione nazifascista, più forte colpisce la vendetta del postliberazione. In molti casi questa memoria ‘recente’ si salda con quella più ‘antica’”, chiudendo così il ciclo iniziato nel 1920-22 e proseguito << in alcuni casi anche negli anni Trenta e terminato nei venti mesi di lotta 26 partigiana>> . 26 M.Storchi, Il sangue dei vincitori.Saggio sui crimini fascisti e i processi del dopoguerra (194546),Aliberti, Reggio Emilia 2008, 126 Negli atti di giustizia sommaria che seguirono il 25 aprile, occorre certo annoverare anche altre tipologie di uccisioni: delitti a sfondo politico e ideologico, di carattere sociale - uccisioni di possidenti e di professionisti, in quanto semplicemente ricchi, magari anziani liberali afascisti e di epoca prefascista – fu il caso del padre, ingegnere e possidente, del politologo Nicola Matteucci - e delitti di delinquenza comune che approfittava della maglia larga e sfilacciata di uno Stato necessariamente in fase di transizione all’indomani della Liberazione. Ma non è sostenibile, alla luce della più seria ricerca storica, che il PCI avesse un occulto interesse a sostenere gli atti di giustizia sommaria per indebolire i ranghi dirigenti della borghesia italiana, come sembra pensare Giampaolo Pansa nel suo volume Il sangue dei vinti. Su questi eventi il PCI e la sinistra in generale portano la responsabilità di una troppo lunga rimozione e di una reticenza sistematica – per evidenti ragioni di ragion di stato o di partito - mentre la destra porta la responsabilità di un uso politico-propagandistico smoderato, a partire dalla quantificazione stessa delle vittime, e di una incapacità sostanziale a schierare un’alternativa storiografica scientificamente seria alla sinistra. E’ necessario, dunque, offrire qui al lettore alcuni numeri e valutazioni che sono pp.27,29. Sulle stragi tedesche in Emilia-Romagna cfr.ora L.Casali – D.Gagliani (a cura di), La politica del terrore. Stragi e violenze naziste e fasciste in Emilia Romagna, l’ancora, Napoli 2008. stati dati negli ultimi quindici anni da una seria storiografia che possiamo definire nell’ambito di un antifascismo e patriottismo costituzionale: intendo riferirmi alle ricerche e sintesi complessive di Claudio Pavone, di Nazario Sauro Onofri, di Massimo Storchi, di Mirco Dondi, mi limito a citare gli autori da cui ho tratto le informazioni per la stesura delle presenti note. Contro le iperboliche valutazioni di decine o addirittura di centinaia di migliaia di vittime del terrore rosso accreditate dalla pubblicistica di destra, Onofri, sulla base di fonti del ministero degli Interni del governo De Gasperi del 1946, valuta a 8197 i fascisti uccisi a livello nazionale dopo la Liberazione, cui si aggiungono altre 1167 persone di cui non è certa la motivazione politica, in totale 9364 morti che, secondo uno studio di Mirco Dondi, salirebbero a 9911.Per quanto riguarda l’Emilia Romagna le persone giustiziate perché sicuramente fasciste sono 1535, cui si aggiunge il contingente di quelle la cui appartenenza politica non è certa, cioè 423, in totale 1958, così ripartite per ogni città della regione (tra parentesi il numero delle appartenenze non certe): Bologna 349 (191);Piacenza 259 (0);Ferrara 211 (60);Parma 206 (3); Modena 192 (59);Ravenna 150 (20),Forlì 127 (20);Reggio Emlia 50 (70). Totale 1535 (423).Totale complessivo 1958.Onofri sottolinea comunque che si tratta ancora di totali non definitivi, suscettibili di ridefinizione ove si autorizzi l’apertura di nuovi documenti del Ministero dell’Interno e di altre istituzioni. Può essere, infine, di qualche curiosità sapere che il primato dei morti spetta, in questa triste gerarchia regionale, al Piemonte e non all’Emilia Romagna – definita anche il Messico d’Italia- come si è sempre scritto e propagandato per mezzo secolo:2363 vittime, di cui 2216 con certezza fascisti e 147 di incerta definizione. Segue seconda la regione rossa per 27 eccellenza .Ma la correzione storiografica dell’errore non può essere solo quantitativa, anche se i numeri nella ricerca hanno pur sempre un peso essenziale; occorre anche una riconsiderazione storica del ruolo dell’Emilia Romagna nella recente storia nazionale, a partire proprio da quel processo di stabilizzazione politica che il PCI riuscì a imporre in una regione nevralgica per gli equilibri politici del movimento operaio e del Paese intero e dove la tradizione classista della lotta politica e del conflitto sociale era radicatissima a partire dalla fine dell’Ottocento. Per comprendere la brillante riuscita di questo processo di stabilizzazione bisogna fare riferimento a quella sorta di Bibbia del movimento operaio italiano ed emiliano che è stato il discorso di Togliatti Ceto medio ed Emilia rossa, pronunciato il 24 settembre 1946 al Teatro Municipale di Reggio Emilia , in cui il 27 N.Sauro Onofri, op.cit, pp.74,78. Sui giudizi di G.Pansa, Il sangue dei vinti,Sperling e Kupfer,Milano 2003 e sulla sua valutazione di 20.000 vittime dopo la Liberazione, cfr.G.Crainz, L’ombra della guerra.Il 1945,l’Italia,Donzelli, Roma 2007, pp.79 ss. 127 segretario comunista poneva le premesse per il conseguimento di due grandi obiettivi: il primo relativo alla congiuntura politica sanguinosa in cui ex partigiani e militanti esponevano il prestigio e l’autorità del partito con i gravi fatti criminosi di giustizia sommaria di cui si è detto, avviando quella lotta politica contro una componente di partito armato dentro il Partito – partito occulto, sfuggente, poco documentabile storicamente perché non ebbe mai la possibilità o la volontà di emergere alla luce del sole, privo di un leader e di una proposta concreta – che durò alcuni anni e si concluse alla metà degli anni Cinquanta con la sua piena sconfitta; il secondo fu obiettivo strategico di lungo periodo, volto a costruire una prospettiva di sviluppo fondato sulla nozione di democrazia progressiva nella prospettiva di una via italiana al socialismo, anche se di quest’ultima, nei mesi successivi alla svolta di Salerno dell’aprile 1944 – mentre in Grecia le truppe inglesi reprimevano l’insurrezione dei partigiani comunisti contro il progetto di restaurazione della monarchia – Togliatti non fece 28 mai cenno . Formula essenzialmente politica, di cui erano indeterminati nel ‘44 i termini concreti, presero contorni più ravvicinati proprio 28 A.Agosti, Palmiro Togliatti, Utet,Torino 1996,pp.282ss. Il discorso di Togliatti fu ripubblicato in Id.,Politica nazionale e Emilia rossa, a cura di L.Arbizzani, Editori Riuniti,Roma 1974,pp.21-51. Si veda anche G.Bocca, Palmiro Togliatti,vol I, ed.L’Unità, Roma 1992,p.337, in cui sottolinea come per Togliatti non si ponesse assolutamente in quella congiuntura storica la questione del socialismo. in un discorso in cui erano poste le basi di quel modello emiliano di prossimo e sicuro avvenire nei decenni seguenti, modello fondato sulla proposta di una politica di riforme, entro il sistema dell’economia di mercato e della democrazia parlamentare irrobustita dalla presenza di un grande partito moderno di massa di carattere nazionale, capace di trascinare i ceti intermedi dell’impresa, delle professioni e dell’intelligenza sulla via di una modernizzazione economica e sociale di interesse generale e nazionale. Togliatti ebbe, dunque, ad assimilare la lezione del I° dopoguerra, allorché i socialisti furono incapaci di fare del socialismo una forza nazionale in grado di sbarrare la strada al fascismo. Nel concludere queste note mi sembra di potere sottolineare la singolarità storica e politica di una regione come l’Emilia-Romagna, storicamente caratterizzata da profondi conflitti di classe e altrettanti radicate turbolenze politiche, in cui, tra l’altro,come nelle altre regioni rosseil PCI si era dovuto trincerare in qualche misura durante la durissima prima guerra fredda fino al disgelo della fine degli anni ’50 , ma in cui la politica del PCI fu in grado di operare una stabilizzazione politica di valore nazionale e internazionale: nella mappa politica del comunismo mondiale, le regioni rosse furono l’unico luogo nel quale l’utopia comunista – intrinsecamente, cioè dottrinariamente totalitaria - sia stata capace di piegarsi a quella dialettica di utopia e riforma, che è un contrassegno storico specifico del liberalismo 29 illuministico . Per questa inedita configurazione congiurarono, agli inizi, vari fattori: innanzi tutto una lezione di realismo politico, essendo l’Italia dopo Yalta rimasta in zona di occupazione angloamericana e preoccupazione primaria fu, dunque, la sopravvivenza, evitando la cosiddetta soluzione greca; l’eredità della tradizione socialista, solidaristica e cooperativistica; infine, una profonda e autentica conoscenza della storia italiana , filtrata dalla lezione dei Quaderni di Gramsci. Si deve riconoscere al PCI di aver operato a favore - anziché complottato a sfavore - della democrazia italiana con l’inventività politica propria della sua tradizione rivoluzionaria, pur all’interno degli stretti margini delle sue alleanze internazionali, che finirono drammaticamente per erodere, nei decenni del dopoguerra, anche la sua credibilità nazionale. Ma questa è un’altra storia. 29 Cfr. F.Venturi, Utopia e riforma nell’Illuminismo, Einaudi, Torino 1970. 128 Hanno collaborato a “Pagine per” LUCA ALESSANDRINI, Direttore Istituto Storico Parri EmiliaRomagna FAUSTO ANDERLINI, Direttore Settore Programmazione e del Centro Demoscopico Metropolitano della Provincia di Bologna, Direttore di “Metronomie” GIAN MARIO ANSELMI, Università di Bologna, Presidente Consiglio d’Amministrazione dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna EZIO ANTONIONI, Presidente ANPPIA di Bologna SIMONA ARGENTIERI, Psicoanalista e Didatta della A.I.P., Full Member dell’International Psychoanalytical Association REMIGIO BARBIERI, Giornalista ANGELO BATTISTINI, Psicoanalista SILVANO BERTINI, Responsabile del Servizio sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna ETTORE BIANCIARDI, Ingegnere elettronico. Editore e Fotoartista EZIO BINCOLETTO, Psichiatra e Psicoterapeuta MARIANNA BOLKO, Psichiatra e Psicoanalista, fondatrice e condirettrice di “Psicoterapia e Scienze Umane” PIERO BONA, Docente CLAUDIO BONICIOLLI, Presidente dell’Autorità Portuale di Trieste VANDO BORGHI, Università di Bologna GIANLUIGI BOVINI, Direttore del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna COSIMO BRACCESI, Esperto e Consulente per la sicurezza PATRIZIA BRUNORI, Psicologa e Psicoterapeuta GIUSEPPE CAMPOS VENUTI, Urbanista, Presidente Onorario dell’INU MATILDE CALLARI GALLI, Università di Bologna GIANNA CANDOLO, Psicologa e Psicoterapeuta VITTORIO CAPECCHI, Università di Bologna Luciano CASALI, Università di Bologna, Università di Barcellona GIUSEPPE CASARRUBEA, Docente e Storico della Sicilia ALESSIO CECCHERELLI, Università Carlo Bo di Urbino IDA CERI, Psicologa e Psicoterapeuta, Supervisore e docente presso la Scuola di specializzazione in Psicologia, Università di Bologna PIER LUIGI CERVELLATI, Urbanista, Istituto Universitario di Architettura di Venezia FRANCESCA CESARI, Docente e Ricercatrice Università di Genova OULDELUL CHELATI DIRAR, Università di Macerata FRANCO CHIARINI, Dirigente del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna OTELLO CIAVATTI, Comitato Piazza Verdi.-Zona universitaria CATERINA COSSETTO, Documentalista ANNA COTUGNO, Università La Sapienza Roma ANTONIO DALLA LIBERA, di “Africa e Mediterraneo” 129 CRISTINA DAL MARE, Gallerista e Viaggiatrice SUSANNA DAL PORTO, Bibliotecaria Università di Pisa DAVIDE DAZZI, Ricercatore VINCENZO DE CAPRIO, Università della Tuscia Viterbo MASSIMO DESSÌ, CISL regionale COSTANTINO DI SANTE, Storico GIOVANNI DORE, Università Ca’ Foscari Venezia FRANCESCO EVANGELISTI, Responsabile Programmi Urbani Complessi del Settore Territorio e Urbanistica del Comune di Bologna FEDERICA FABBIANI, Giornalista, responsabile comunicazione del portale women.it MANUELA FABBRICI, Biologa, responsabile del Laboratorio di educazione ambientale del Quartiere S. Vitale FERRUCCIO FARINA,Ideatore e Direttore del ‘Balnea Museo’ e Storico del turismo SAMUELA FELICIONI, Ricercatrice ANDREA FERRARI, Ricercatore DAVIDE FERRARI, della “Casa dei Pensieri” FABRIZIO FOCARDI, Università di Padova RODOLFO FRANCESCONI, Dirigente d’azienda e cultore di storia locale MIMMO FRANZINELLI, Storico PAOLA FURLAN, Archivio Storico Comunale di Bologna DIANELLA GAGLIANI, Università di Bologna PIER FRANCESCO GALLI, Psichiatra e Psicoanalista, fondatore e direttore di “Psicoterapia e Scienze Umane” MARIA ANGIOLA GALLINGANI, Responsabile Studi e ricerche del Settore Programmazione della Provincia di Bologna, condirettrice di “Metronomie” LUCIANO GALLINO, Università di Torino FRANCESCO GARIBALDO, Consulente e Ricercatore, del direttivo della Rete Regional and Local Development for Work and Labour; vicepresidente del Research Committee and Partecipation. Organizational Democracy dell’Associazione Internazionale di Sociologia MASSIMILIANO GERACI,Ricercatore GIOVANNI GINOCCHINI, Architetto, Consulente Urban Center Bologna GIOVANNA GLIOZZI, Docente della Scuola Superiore per l’Insegnamento secondario BRIGITTA GUARASCI, Responsabile Statistiche Demografiche e Sociali del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna PIERO LEONI, Coordinatore scientifico della consulta dei Comuni Turistici dell’ANCI, Università di Bologna sede di Rimini GIACOMO LOPERFIDO, CERCOUniversità di Bergamo; IRISEHESS, Paris LAMBERTO MAGGIOLI, Antiquario MARZIA MARCHI, Università di Bologna LUIGI MARIUCCI, Università Ca’ Foscari Venezia PAOLA MAROTTA, Assegnista dell’Università di Palermo FABIO MARTELLI, Università di Bologna sede di Ravenna GIACOMO MARTINI, Critico e storico del cinema VITTORIO MARTONE, di “Tabard” GIORGIO MEREU, Psicologo clinico CESARE MINGHINI, Direttore IRES-Cgil dell’Emilia-Romagna FRANCESCA MOLFINO, Psicoanalista ALDINO MONTI,Università di Bologna LUIGI MONTUSCHI, Università di Bologna PIERLUIGI MORESSA, Psichiatra e Pubblicista PAOLO NANNETTI, Ricercatore GIAN GUIDO NOBILI, Responsabile area ricerca e progettazione del Servizio Politiche per la sicurezza e della Polizia Locale della Regione Emilia-Romagna NAZARIO SAURO ONOFRI, Giornalista, Storico della Resistenza bolognese LUCIO PARDO, della Comunità Israelitica di Bologna PAUL PARIN, Psicoanalista e Antropologo LUIGI PARLATORE, Dirigente Industriale, già Rappresentante dell’IRI a Mosca e Pechino GABRIELE PASTRELLO, Università di Trieste, Opinionista de “Il Piccolo” ANDREA PEZZOLI, Direttore dell’Ufficio Agroalimentare e Trasporti dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato OLGA PIGNATELLI, Bibliotecaria Biblioteca Italiana delle Donne ANTONIO PRETE, Università di Siena FLORINDA RINALDINI, Ricercatrice IRES-Cgil dell’Emilia- Romagna MILI ROMANO, Artista e docente dell‘Accademia di Belle Arti di Bologna ROSSELLA ROPA, Docente e Ricercatrice a contratto Università di Bologna FRANCESCA RUOCCO, Assegnista dell’Università di Bologna GIOVANNI SACCHINI, del Servizio Politiche per la sicurezza e della Polizia Locale della Regione Emilia-Romagna CHIARA SANTINI, Borsista Università di Bologna RENATO SASDELLI, Senior member dell’IEEE, già 130 dell‘Università di Bologna GIANNI SCALIA, Fondatore e direttore di “In Forma di Parole”, già dell’Università di Siena ROBERTO SCARDOVA, Giornalista Rai-TV ALESSANDRA SERVIDORI, Editorialista, Componente del Collegio Istruttorio del Ministero del Lavoro ANDREA SEVERI, Assegnista Università di Bologna, “Il Domani” ALBERTO SPADONI, Psichiatra e Psicoanalista MASSIMO STORCHI, Storico, Responsabile Archivio storico comunale di Reggio Emilia ANNAMARIA TAGLIAVINI, Direttrice della Biblioteca Italiana delle Donne ELENA TRIPODI, Bibliotecaria responsabile della Biblioteca e Centro di Documentazione “Amilcar Cabral” ILDO TUMSCITZ, Psicologo e Psicoterapeuta SILVIA VEGETTI FINZI, Università di Pavia CINZIA VENTUROLI, Direttore del Centro di Documentazione storico-politica sullo stragismo MARCO VEGLIA, Università di Bologna STEPHEN VIZIENCZEY, Scrittore e saggista MAURIZIO ZAMBONI, già Assessore del Comune di Bologna CLAUDIA ZACCHI, Bibliotecaria “Sala Borsa ” ANTONIO ZAVOLI, Avvocato GINO ZUCCHINI, Psichiatra e Psicoanalista SILVIO ZUCCONI, Psicoanalista PAOLO ZURLA, Università di Bologna La città considerata come principio ideale delle istorie italiane (1858) IIª parte di Carlo Cattaneo Ma la rimanente Italia soggiacque ad altra più profonda sovversione dell'ordine municipale e a più intenso grado di barbarie, quand'ebbe a stabili abitatori suoi gli stessi barbari. Per volgo degli scrittori, l'invasione gotica e longobarda è l'ultimo esito d'un'inveterata guerra tra Roma dominatrice e le nazioni vergini e libere del settentrione. Non è cosi. Goti e Longobardi non avevano mai avuto a difendere i patrii deserti dalla conquista romana; non combattevano pei loro diritti; ma erano in uno od altro modo mercenari o vassalli o profugi nelle terre bizantine; e fattisi ribelli, venivano riversati per ripiego dei governanti verso l'Italia, ch'era divenuta per questi una frontiera al di là dai mari e dai monti. [...]. Intanto erano isolate nel secolo quinto e sesto le città, perché vi si era introdotto di recente l'uso rituale della lingua latina, o conservato forse in alcune il primiero uso della greca, ma nelle campagne, presso la casta militare, dominava la fede ariana e la lingua gotica, e presso le genti rustiche il culto degli antichi Dei. Ebbene, in tanta confusione, la forza dei municipii comunque prostrati e conculcati, fu tanta, che il rituale latino poté uscirne ad occupare insensibilmente tutta la superficie dell'Italia. E a misura che il paganesimo spariva dalle campagne, i confini tra l'una e l'altra diocesi vennero a coincidere all'incirca con quelli delle antiche giurisdizioni municipali, che rappresentavano altri più vetusti termini di popoli e religioni. Era come una selva atterrata che ripullula da sepolte radici. La stessa casta longobarda, opponendo un vescovo ariano ad ogni vescovo latino, accettò e sancí quelle prische circoscrizioni. Il municipio fu più forte della conquista. [...]. Il dominio dei Longobardi fu men vasto di quello dei Visigoti, degli Eruli, degli Ostrogoti e molto più lontano dal raggiungere l'unità, ed ebbe più poderosi nemici dentro e fuori; eppure durò due secoli, quando quello degli Ostrogoti che abbracciò tutta l'Italia durò solo sessant'anni; e quelli degli Eruli e dei Visigoti assai meno. Tutti questi regni, ed altri, caddero non perché fosse loro troppo angusta la terra e poca la gente, sicché non potessero affrontarsi con qualsiasi altra potenza dei tempi loro; ma perché non avevano radice nei popoli, perché si erano grettamente appresi alle glebe dei feudi e alle chiuse delle Alpi, e non all'antica forza municipale, al comizio, al tribunato, al foro; non si erano assimilate le città come i Romani; non le avevano fraternamente ascritte alle tribù e alle legioni. Avevano bensí i loro malli e arringhi, i loro parlamenti armati, ma in disparte dei popoli. E non erano più che i consigli di guerra di una casta militare; non erano più che lo stato maggiore d'un esercito disseminato per una terra, sulla quale da più generazioni esso nacque e rinacque come pianta parassita, senza prendere innesto sul tronco nativo, né appropriarsi la legge della sua vita.[...]. Nei quattro secoli incirca del dominio gotico e longobardo, la barbarie andò crescendo; poiché nessuno poteva inalzarsi se non seguendo ed imitando i barbari. Le città non erano apprezzate se non come fortezze; i cittadini, come tali, non avevano parte nelle cose del regno; né avevano potere alcuno sulle proprie sorti; il municipio era quasi disciolto e abolito. Le buone tradizioni si andavano sempre più spegnendo di generazione in generazione. II male non è il bene; barbarie, ruina, distruzione non è progresso. Milizia, agricoltura, commercio, scienze, lettere, l'alfabeto stesso, andavano in oblio. La gente più non aveva valore né virtù. I barbari si andavano spegnendo, insieme alle città che avevano desolate. [...]. Non più favorevole alle città italiche fu l'éra settima, o vogliam dire la dominazione di Carlomagno e de' suoi posteri e pretendenti, per l'indole sua feudale e rusticana. Ma giovò ad esse l'odio suo contro i Longobardi, e più ancora la debolezza e caducità delle sue istituzioni. Già si sa che Carlo medesimo non sapeva scrivere; né alcuno darà colpa a lui dell'ignoranza del secolo in cui crebbe. Ma gli scrittori sinceri non possono negare che le sue istituzioni fecero le città d'Italia più barbare che non le avessero lasciate i Goti. Da Carlomagno il secolo del ferro. [...]. Al tramonto di quella abbagliante meteora di Carlomagno, l'imperio suo, accerchiato da cinque nazioni nemiche, non aveva già più difensori. [...]. Il flusso e riflusso della conquista nell'inerme retaggio di Carlomagno si sarebbe ripetuto senza fine con altri barbari, come da tempo immemorabile nella imbelle Mesopotamia. [...]. Da quel tempo non fu più fatto ostacolo a qualsiasi signore di provvedere a sé ed a' suoi. In poche generazioni, sull'intera superficie dell'imperio si venne tessendo con nuovi elementi una feudalità locale, che ridusse a torri e castella le case, murò i villaggi, armò 131 i servi più gagliardi; ospitò profughi, tollerò asili, e anziché far traffico della propria gente da' Greci e Musulmani, come al tempo di Carlomagno, ne comperò dalle terre germaniche, e più dalle slave, per ripopolare i deserti. [...]. Disperse per entro alla selva delle castella, le città non ebbero nemmeno più il privilegio d'essere il rifugio dei potenti fra le incursioni dei barbari; rimasero tanto più disarmante e avvilite. [...]. E così mentre oltralpe i feudi sopraffacevano le deboli città, in Italia si poterono alzare, una a fronte dell'altra, due milizie. L'una urbana composta di liberi artefici, mercanti, scribi e altri superstiti delle famiglie degli antichi giureconsulti e sacerdoti, divisa per arti o per porte, pronta ad accorrere sulle mura, ricordava le tribù civiche della prisca Italia; celava in sé il principio d'un risorgimento integrale. L'altra sparsa per le foreste del contado, composta di castellani e torrigiani e di loro bastardi e bravi, si attruppava intorno alle romite muraglie di Biandrate, di Castel Seprio, di Castel Marte, ove una gotica strategia aveva posto il ricapito delle cavalcate feudali. La diversità delle giurisdizioni e delle leggi, ch'erano romane nella città e confidate a giudici elettivi, mentre nelle campagne erano più sovente longobarde o saliche, e confuse colla disciplina militare e coll'arbitrio feudale, fecero si, che il servo della gleba potesse anch'egli farsi franco, purché solo riuscisse a fuggire e a lucrarsi colle braccia il pane nella prossima città o nella sua giurisdizione. Quindi crescente ogni giorno il popolo urbano; e per forza di ciò, maggiore ogni anno nel contado la necessità d'armare altri gagliardi, e interessarli con franchigie e feudi e livelli alla difesa delle castella. Le città, non appena riscosse dal letargo dei secoli gotici, espandevano dunque in circuito un'influenza avvivatrice che rigenerava anche il patto feudale; ed era più possente, ov'esse erano mercati e officine di più largo contado, mentre le città piccole e povere della montagna o delle terre basse e impaludate, e quelle che (Segue in quarta di copertina) avevano più patito per le ultime invasioni, dovevano rimaner più ligie alla feudalità. Pertanto esse dovettero recare fino a più tarda età, non l'impronta longobarda, ma l'impronta dell'età dei Longobardi, non perché fossero in origine più barbare, ma perché trovarono intorno a sé minori sussidi a uscir dalla barbarie. Il fatto supremo si è che per tutte le dominazioni gotiche, longobarde e franche si era trasmesso nella ierarchia episcopale quell'ordine di preminenza in cui le città stavano fra loro nei tempi in cui quella erasi instituita. Sempre Roma era stata nell'ordine sacro la prima città d'Italia; sempre Milano era stata la seconda Roma; il primato ambrosiano comprendeva Torino e Genova, si dilatava oltremonti fino a Coira e Ratisbona. Le città non emergevano dunque come dal fiume dell'oblio, ma come da lungo sonno, con tutti gli orgogli dell'antico stato. [...]. Nel primo secolo dopo il mille, che si può chiamare l'éra ottava delle città, le guerre tra i primati e le diocesi suffraganee, tra la chiesa ambrosiana e la romana, tra i pontefici e la dinastia salica a cagione delle investiture; e infine la prima crociata, ebbero tutte un'indole teocratica. [...]. Ma già nel principio del secolo seguente, ossia nell'éra nona delle città, le guerre si fecero secolari e mondane, benché fossero in parte effetto e continuazione delle rivalità episcopali. Dapprima le città contesero in cerchio colle città finitime, come già l'antica Roma con Sabini e Latini. Esse dovevano ristabilire le giurisdizioni e i confini che la geografia militare dei barbari aveva trasandati e manomessi. Poscia in cospetto del possente Barbarossa le inimicizie vicinali si atteggiarono in due grandi leghe. E finalmente, dopo trent'anni di guerra, la pace di Costanza introdusse nella legge imperiale le città libere. [...]. Ebbene, qui vediamo fin da quei remoti tempi le nostre città dare il primo esempio di quella grande innovazione sociale che ora soltanto vediamo iniziarsi in Russia e in Polonia, quale imperiosa necessità di tardo secolo. Tra i molti fatti che Giuseppe Ferrari trasse dalle tenebre delle croniche municipali, e ordinò e chiarì ne' suoi studi su i Guelfi e Ghibellini, nessuno è più degno d'essere ricordato ai posteri e additato alla malevola Europa di quello ch'ei raccolse in una cronica bolognese: "Nel 1236 furono liberati tutti i contadini; e il popolo di Bologna li comperò a denari contanti; e si decretò sotto pena della vita che non si avesse a tener più alcuno per fedele (cioè schiavo); e il comune riscattò i servi e le serve del contado; e i signori conservarono i loro beni" (V. II, 231). Chi faccia ragione di sei secoli d'intervallo, dovrà dire che questo fatto supera al paragone anche quel glorioso decreto, col quale il parlamento britannico consacrò cinquecento milioni di franchi a redimere tutti i Negri delle sue colonie. Liberato a questo o ad altro patto o anche a forza il contado, si trovarono con ciò risuscitati i comuni rurali. Le selve e montagne, su cui la caccia feudale aveva steso le sue gotiche interdizioni, o furono rese all'aratro, o partecipate in possesso a tutto il popolo, come già nella lontana éra celtica. I servi affrancati, coscritti dalla città in cerne, riebbero anche il virile diritto di portare le armi private che la legge feudale aveva loro interdetto sotto pena di mutilazione o di morte. Tutte le popolazioni vennero unificate sotto il nome della loro città, la cui legge si stese su tutta l'antica sua terra.[...]. Nel tempo medesimo, dalle consuetudini dei naviganti e degli artefici si svolse il nuovo diritto commerciale e marittimo, che parve un'esenzione e un privilegio concesso ai mercanti, e ch'era la più pura formula dell'eguaglianza, tra gli individui non solo, ma tra le nazioni che il commercio conduceva a incontrarsi. E così usciva dalle città un nuovo diritto delle genti.[...]. La terra sgombra di servi, libera dalle sbarre e chiuse feudali, non più stabilmente assediata dalle masnade castellane, percorsa da vie la cui custodia, tolta ai vescovadi, fu data alle corporazioni stesse dei mercanti, venduta, comprata, divisa, suddivisa per progressivo influsso del diritto romano in liberi patrimoni, vide diradarsi le foreste, sfogarsi le paludi, ristaurarsi le grandi arginature dei fiumi già intraprese dalle antichissime città etrusche. Ma il dono più magnifico delle città alle campagne fu quello delle generose irrigazioni ch'esse con pensiero provvido e con braccio possente e irresistibile condussero, ad onta di tutte le barbare immunità, per vasti territori intorno a Milano, a Novara, a Pavia, a Lodi, a Cremona, a Brescia. Fa stupore, veramente stupore, che siffatte imprese potessero aver principio e compimento in quegli anni medesimi in cui le travagliate città combattevano fra le stragi e le ruine. Perocché il canale del Ticino si crede intrapreso (1179) tre anni dopo la battaglia di Legnano su le pianure medesime ove fu combattuta. E la Muzza, il più grande dei canali irrigatorii, fu aperto dopo la battaglia di Casorate contro Federico II e i suoi 132 Arabi (1239). Allora gli statuti diedero alle acque irrigatrici il diritto di libero passo, diritto che alcune delle più civili nazioni non sanno ancora oggidi conciliare colla nuda idea d'un'assoluta proprietà. Epperciò un ingegnere scozzese la chiamò con frase del suo paese la Magna Charta dell'irrigazione (Baird Smith, Italian irrigation, V. I.). Con altro pensiero affatto nuovo in Europa, le città condussero le acque con tale proposito, da servire anche alla navigazione (1257). E così si poterono tanto più facilmente diradar le selve su le pianure, in quanto si poté allora supplire con quelle di lontane alpi ai bisogni delle città; e si ebbe dovizia di materie a riedificarle. Il cronista di Bologna scrisse: "Il Comune riscattò i servi e le serve del contado e i signori conservarono i loro beni". Ma egli non s'avvide, e non s'avvidero allora i popoli, che i signori, oltre al conservare i loro beni, li avevano, per quel riscatto dei servi e delle serve, immensamente accresciuti. Quando la foresta feudale, sparsa qua e là di rari campi e popolata di pochi schiavi e da frotte di porci e cignali, si tramutò in poderi coltivati da livellaria e mezzadri, che potevano alimentare l'agricoltura coi frutti delle loro fatiche o con prestiti di denaro altrui; quando le vie libere e i liberi fiumi ed i canali condussero i viveri alle città; e queste crebbero per nuove industrie a cui la rude Europa pagava allora tributo, è chiaro che un feudatario, il quale, sullo spazio ove gli avi suoi tenevano cento capi di schiavi, poté dar lavoro a mille liberi agricoltori, e vide ricercarsi le sue derrate a prezzo inudito, si trovò, per influenza delle città, sollevato a favolosa opulenza. [...]. Carlo Cattaneo Testo a cura di Edoardo Salzano scaricato da: http://eddyburg.it/article/articlevi ew/11293/0/44/