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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
KERALA VS COCA COLA
La Coca-Cola deve risarcire 2,6 miliardi di rupie (oltre 352
milioni di euro) per i danni ambientali e alla salute provocati presso il suo impianto di
imbottigliamento di Plachimada, nello stato del Kerala (India meridionale). A questa
conclusione è giunta una commissione di inchiesta voluta dal governo dello stato indiano,
presieduta da un autorevole magistrato e composta da esperti indipendenti, che ieri hanno
illustrato il loro rapporto. La notizia è stata ripresa ieri con un certo scalpore dai maggiori
media internazionali - anche perché il governo del Kerala ha accettato e fatto proprie le
conclusioni dell'inchiesta, compresa la richiesta di risarcimenti.
Per la verità quella di Plachimada, località rurale nel distretto di Palakkad,
nello stato del Kerala, è una vecchia storia. Qui la Coca-Cola aveva aperto nel
2000 uno stabilimento per imbottigliare le sue bibite gassate con licenza del
locale Panchayat, il consiglio elettivo di villaggio. Poi però è risultato che
pompava 1,5 milioni di litri al giorno da sei pozzi. In breve, Plachimada e i
villaggi circostanti sono rimasti all'asciutto, i pozzi pubblici di acqua potabile
erano prosciugati, l'acqua per l'agricoltura scomparsa. Nel 2003 dunque il
Panchayat non ha rinnovato la licenza. La Coca-Cola ha fatto ricorso.
E' cominciata così una battaglia popolare finita in un lungo «assedio» di massa allo
stabilimento. Alla fine del 2003 una sentenza della High Court (l'Alta corte statale) del Kerala
ha dato ragione al Panchayat di Plachimada: diceva che lo Stato ha «il dovere legale di
protegge le risorse naturali. Queste risorse intese per l'uso e il beneficio pubblico non possono
essere convertite in proprietà privata». Nel febbraio del 2004 il governo del Kerala ha dunque
chiuso lo stabilimento.
La storia non è finita, però, perché la multinazionale delle bibite e l'ente locale di Plachimata
hanno continuato a combattersi in corsi e ricorsi legali. Ecco che ora arrivano le conclusioni
dell'inchiesta voluta dallo stato del Kerala. La commissione di esperti - legali, ambientali,
esperti in salute pubblica e in gestione idrica - ha disegnato un pesante quadro di «danni
multi-settoriali». La Coca-Cola Company, afferma, «ha causato degrado ambientale con il
sovrasfruttamento della falda idrica e l'irresponsabile pratica di disperdere i reflui». Già: tra il
1999 e il 2004 la compagnia ha sparso i reflui dello stabilimento nei terreni circostanti, spesso
distribuiti agli agricoltori locali come compost.
«Le risorse idriche della zona sono state minate e si è creata scarsità d'acqua», conclude
l'inchiesta. Non solo: «Presentando i reflui come concime, la Compagnia non solo ha ingannato
gli agricoltori ma si è resa responsabile del degrado dei suoli, la contaminazione dell'acqua e le
conseguenti perdite nel settore agricolo». Nota la commissione d'inchiesta che la zona ha
registrato un costante declino della produzione agricola. Che metalli tossici come cadmio,
piombo e cromo sono stati rilevati in quei reflui contrabbandati come «concime», con
conseguenti danni alla salute della popolazione. Acqua e terreni sono risultati contaminati.
L'acqua potabile è diventata scarsa e le donne dei villaggi devono camminare lunghe distanze
per procurarsela, a scapito dei lavori con cui si procuravano un reddito.
La commissione d'inchiesta conclude con una raccomandazione: di non accordare alla
compagnia il permesso di riprendere le operazioni in quella zona ormai in preda alla siccità.
(da Il Manifesto – 20 marzo 2010)
EMERGENZA ACQUA: MUOIONO QUASI 5 MILIONI DI PERSONE
ALL'ANNO, MENTRE IL 12% DELLA POPOLAZIONE USA L'85% DELLE
RISORSE IDRICHE
Sono quasi 4 miliardi le persone a rischio per insufficienza
d’acqua e 5 milioni i morti per malattie legate alla sua
scarsità o per mancanza di servizi igienico-sanitari di base.
Questo, mentre il 12% della popolazione mondiale usa
l’85% delle risorse del Pianeta.
A parlare di quello che viene definito da molti «l’oro blu»,
l’acqua, è il dossier «Acqua 2010» di Solidarietà e
cooperazione Cipsi (Coordinamento di iniziative popolari di
solidarietà internazionale) presentato a Roma anche in
occasione dell’approssimarsi della giornata mondiale
dell’Acqua prevista per il 22 marzo.
Secondo lo studio la Terra ha sete: 1,6 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso
all’acqua potabile, 2,6 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari di base,
5 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie legate all’acqua e 1,8 milioni di bambini
muoiono ogni anno per malattie connesse alla mancanza d’acqua potabile pari a 4.900 bambini
al giorno. Questa la situazione del Pianeta:
America: anche l’America soffre l’assenza d’acqua, manca quella per usi domestici perché
viene utilizzata - al ritmo di 2.000 miliardi di litri - per coltivare cereali per l’allevamento.
Europa: in Europa il 16% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Un problema
che in trent’anni è costato 100 miliardi di euro. In Europa il 44% dell’acqua estratta viene
utilizzata per produrre energia, mentre nell’area Mediterranea, con la domanda che è
raddoppiata negli ultimi 50 anni, si prevede un aumento dei consumi del 25% entro il 2025.
Situazione Italia: le condutture perdono 104 litri d’acqua per abitante al giorno (pari al 27%
dell’acqua prelevata), un terzo degli italiani non ha un accesso regolare all’acqua potabile, ma
ogni italiano consuma 237 litri di acqua al giorno: Salerno la città che ne consuma di più con
una media di 264 litri a testa al giorno, mentre Agrigento quella che ne consuma di meno con
100 litri pro-capite al giorno. Il rubinetto dell’Italia perde il 30% dell’acqua immessa e deve
fare con la gestione delle risorsa soprattutto nelle regioni meridionali e nei mesi estivi quando
per il 15% della popolazione si scende al di sotto della soglia minima di fabbisogno giornaliero
a persona (50 litri al giorno).
Il 30% non ha un accesso sufficiente e 8 milioni non hanno quella potabile mentre 18 milioni la
bevono non depurata. In Italia c’è però anche il business dell’acqua minerale che vale 5,5
miliardi di euro all’anno (al terzo posto al mondo per consumi pro-capite dopo Emirati Arabi e
Messico). Ma, l’acqua del rubinetto costa dalle 500 alle 1000 volte in più rispetto a quella in
bottiglia. Per questo si tenta di riscoprire la bontà di quella che sgorga in casa. In Veneto, Friuli
Venezia-Giulia e Emilia-Romagna si è dato vita «al Manifesto dell’acqua del sindaco, un patto
per bere a chilometro zero».
In Lombardia ci sono le ’case dell’acqua: piccole strutture che erogano l’acqua dell’acquedotto
sia naturale che gassata, mentre in Puglia, la regione «riconosce al servizio idrico un interesse
regionale privo di rilevanza economica». A Roma, continua il dossier, l’acqua è ancora al 51%
municipalizzata mentre a Napoli bere costa «caro».
Nuove guerre: l’acqua, spiega il dossier, è anche «un problema di democrazia» e soprattutto
nelle regioni che già soffrono per mancanza di infrastrutture è «diventata il nuovo petrolio» e
motivo per combattere «nuove guerre»
(da Promiseland News – marzo 2010)
E' ARRIVATA LA PATATA BOLLENTE: NE SENTIVAMO PROPRIO LA
MANCANZA!
Diciamo per una volta no a tutte le mistificazioni. Patate transgeniche solo per
l’industria? E chi ci garantisce? Le incredibili bugie su un fatto molto preoccupante.
Incomincio davvero a pensare che l’Europa sia una mistificazione, con la benedizione
di tantissimi parlamentari e di Paolo De Castro, ex ministro dell’agricoltura PD, oggi presidente
della commissione agricoltura europea e da sempre favorevole, checché ne dicano lui e il suo
partito, agli OGM. Bene, anzi male. La Comunità Europea ha dato il via libera alla patata OGM
della multinazionale BASF. Vuol dire che invece di leggere tale sigla sulle cassette magnetiche
la leggeremo anche sulle cassette di patate e nei nostri piatti. O forse no, perché, pensate, i
semi di tale patata potranno essere venduti solo agli agricoltori che presenteranno un regolare
contratto di fornitura di patate per l’industria della carta o del tessile!
La grande contraddizione: se questa è una patata perche deve
essere destinata solo a fare carta o tessuti? E se invece non lo
è, perché chiamarla patata? Ma chi vuole prendere in giro la
Comunità Europea?
A leggere queste notizie mi vien da ridere e da non crederci. Dopo
tutti i taroccamenti che vengono fatti sui cibi “regolari” pensa un po’
se non si faranno anche su quelli transgenici, tanto più che non è
chiaro chi può controllare l’immensità dei territori dedicati all’agricoltura e la buona fede di
tanti agricoltori che le regole proprio non le rispettano!
Come ho scritto anche nel mio libro “Il consumatore non se lo merita” sono contro gli OGM non
per motivi strani o astratti, ma semplicemente perché, da uomo libero come dovremmo essere
tutti, non accetto l’idea che poco per volta il destino dell’uomo venga consegnato nelle mani di
poche multinazionali, che, oltre a ricavare guadagni incommensurabili, potranno anche
decidere il destino di interi paesi o continenti e far scatenare nuove guerre.
Non è giusto, voglio ribadirlo con forza, in piena assonanza con TERRA MADRE,
negare le biodiversità e rendere sterile e irriproducibile la meraviglia della natura,
con le sue contraddizioni ma anche con la sua immensa grandezza.
BATTIAMOCI CON FORZA CONTRO GLI OGM!
E’ un appello ai lettori de “LA CULTURA DEL CIBO”: incominciate a riflettere, nei prossimi
numeri approfondiremo l’argomento OGM e poi in qualche modo cercheremo di attivarci perché
la cultura e la consapevolezza parta dal basso per far sentire la nostra voce di uomini liberi in
difesa della sacralità del cibo e della immensità del cielo.
(da La Cultura del Cibo – marzo 2010)
ETANOLO, QUANDO L'ENERGIA AFFAMA IL PIANETA
Spesso vengono esaltate le caratteristiche ecologiche e sostenibili dell'energia ricavata dai
bio-carburanti, ma si tratta di vantaggi ancora da dimostrare. Con la scusa di voler
combattere i cambiamenti climatici cominciano a decollare questi nuovi business che, col
tempo, potrebbero addirittura peggiorare la situazione, sia a livello economico che
ambientale. È il caso dell'etanolo.
“L'industria americana dell'etanolo, la più importante al mondo, nel 2009 ha consumato grano
sufficiente a sfamare 330 milioni di persone”.
Lo afferma l’Earth Policy Institute con un rapporto intitolato “U.S.
feeds one quarter of its grain to cars while hunger is on the rise (gli
USA destinano un quarto della produzione di grano per produrre carburanti
per auto, mentre la fame sta aumentando)”, in cui risulta che, durante lo
scorso anno, 107 milioni di tonnellate di granaglie - ossia oltre un
quarto della produzione statunitense - siano finite nelle distillerie di
etanolo americane. Proprio nell’anno in cui si è raggiunto il record di
un miliardo di affamati nel mondo.
Un tale quantitativo di cereali sarebbe bastato, secondo i calcoli
dell’Organizzazione presieduta da Lester Brown, a sfamare circa 330
milioni di persone. Vale a dire più della stessa popolazione
statunitense. “Con le 200 distillerie di etanolo nel Paese adibite alla
trasformazione di cibo in carburante”, continua l’EPI, “la quantità di
cereali trasformata è triplicata dal 2004”.
Gli Stati Uniti sono il principale produttore di cereali al mondo, in grado di esportare più di
Argentina, Australia, Canada e Russia messi insieme. Non stupisce quindi il fatto che, in
un’economia globalizzata, l’accresciuta richiesta di cibo necessario a produrre carburanti per i
veicoli americani può creare non indifferenti variazioni dei prezzi alimentari in tutto il resto del
mondo. La crescita della domanda mondiale di agro-combustibili ha ridotto la produzione di
granaglie, riconvertito le coltivazioni di ampie superfici agricole e fatto esplodere i prezzi.
La popolazione mondiale consuma direttamente meno della metà delle granaglie che si
raccolgono. Il resto serve a nutrire il bestiame e i veicoli a motore (Luis Hernandez Navarro).
E considerando il fatto che il quantitativo di cereali necessari a produrre etanolo per il pieno di
un SUV potrebbe sfamare una persona per un anno, viene effettivamente da chiedersi se
etanolo, biodiesel e tutti i cosiddetti “biocarburanti” non siano una cosa immorale.
Soprattutto se si valuta quanto la domanda sia insaziabile, nel Paese della crescita a tutti i
costi, che oltre all’usa e getta ha insegnato al resto del mondo come cercare sempre nuovi
modi per aumentare l’offerta, piuttosto che diminuire la domanda. L’Earth Policy Institute ha
calcolato che, se anche l’intera produzione di granaglie statunitense fosse convertita in etanolo
(non lasciando quindi niente per la produzione di cibo, non solo pane, pasta e riso, ma anche
ciò che serve a nutrire gli animali che forniscono carne, latte e uova), si riuscirebbe a
soddisfare, al massimo, il 18% dei bisogni dell’automotive (autotrazione) americana.
Quindi? A cosa serve, o sarebbe meglio dire a chi serve, questo improvviso boom dei
biocarburanti, quando Jean Ziegler, relatore speciale dell’Onu per il Diritto al cibo, sostiene
addirittura che, per la crisi alimentare esplosa in 37 paesi nel 2008, "questo è un assassinio
di massa silenzioso"? Forse il problema risiede nella crescente concentrazione monopolistica
dell’industria agro-alimentare mondiale. La fame di molti è l’abbondanza per pochi. In momenti
di avversità come la crisi attuale, un piccolo numero di imprese hanno visto crescere i propri
profitti in modo esorbitante……continua la lettura cliccando QUI
(da www.terranauta.it – marzo 2010)
IN 450 AL GIORNO ALLE CUCINE POPOLARI:
BOOM DI MIGRANTI REGOLARI LICENZIATI
Il 30% degli ospiti é straniero in Italia da molti anni, ora
ha perso casa e lavoro
Alle cucine popolari la crisi ha il volto degli immigrati
regolari che si ritrovano sulla strada dopo aver perso il
sogno conquistato di una casa, un lavoro e un futuro
sereno in Italia. Questa la fotografia di Suor Lia, la religiosa
che con piglio deciso e amorevole gestisce la struttura diocesana di via Tommaseo.
«In questi ultimi mesi – racconta - mi sono trovata di fronte a immigrati che avevo visto
passare di qua 10 o 12 anni fa, appena arrivati nel nostro Paese. Persone che nel frattempo
hanno fatto un loro percorso, hanno trovato un lavoro e una casa, e ora, dopo essere state
licenziate, si ritrovano al punto da cui erano partite con una grande carica di rabbia».
Suor Lia spiega che i migranti “di vecchia data” regolari e integrati «rappresentano ormai circa
il 30% dei nostri ospiti». «Un fenomeno nuovo, che ci siamo trovati di fronte in quest'ultimo
periodo e a cui fatichiamo a dare risposte: come dare speranza a una persona che si trova in
questa situazione?», spiega Suor Lia.
I pasti giornalieri dispensati sono arrivati a 450 «e la domanda è in continua crescita mentre le
risorse sono sempre meno». In netto calo anche il numero di persone che riescono a pagare il
prezzo simbolico del pasto quotidiano (2 euro e 50). Per tutti gli altri il servizio è
completamente gratuito, ma per non dire no a nessuno Suor Lia si è trovata costretta a
razionalizzare le dosi: «Ora non riusciamo più a garantire il secondo di carne, serviamo un
primo e un po' di verdura», allarga le braccia la religiosa.
Gli italiani ospiti delle cucine, come negli anni scorsi, sono per la maggior parte persone con
problemi di dipendenze o padri separati. Ma all'ente di via Tommaseo «si affacciano anche
tante mamme che vengono a chiederci del latte per i bambini e che noi indirizziamo al centro
aiuto alla vita». Persone schiacciate dalla crisi, che non hanno il coraggio di partecipare ai
pranzi delle cucine, ma chiedono aiuto in altre forme. All'indirizzo di Suor Lia arrivano poi ogni
mese decine di curriculum di persone che cercano un lavoretto per arrivare a fine mese e
chiedono il suo aiuto. «Se fino all'anno scorso – racconta la religiosa - chi perdeva il lavoro
riusciva a trovare quasi sempre almeno qualche occupazione saltuaria, oggi non è più così».
Da Suor Lia anche una riflessione amara: «Rispetto a un tempo la città è meno disponibile
rispetto al disagio adulto. L'equazione, spesso riproposta, fra criminalità e immigrazione, non
aiuta».
(da Il Padova – 23 marzo 2010)
SIAMO I MIGLIORI DISOCCUPATI D'EUROPA
I telegiornali parlano dei ratti di Parigi e di balli della
scuola vietati a ragazze lesbiche negli Stati Uniti. La Grecia
che ci precede (di poco) nel default è scomparsa dai media.
Assenti dai palinsesti anche le notizie delle fabbriche che
chiudono ogni giorno e di una disoccupazione che aumenta
trimestre dopo trimestre.
Nel 2009 abbiamo perso 380.000 posti di lavoro rispetto al
2008. Nel 2010 la disoccupazione aumenterà ancora. Nel
gruppo Agile, ex Eutelia, stanno chiudendo le attività. 9.000
persone rimarranno senza stipendio dopo i 6.600 di Phonemedia, intanto qualche migliaio di
informatici e ingegneri viene ceduto dalla Telecom Italia di Bernabè per fare efficientamento.
Sacconi e Tremonti però sono soddisfatti, i nostri dati sulla disoccupazione sono i migliori
d'Europa.
W l'Italia dei record!
(clicca sui links per visualizzare i videoclips o leggere gli articoli relativi)
(dal Blog di Beppe Grillo – marzo 2010)
DIPINGERE LE UOVA: UNA TRADIZIONE PASQUALE DA
RILANCIARE PER TUTTI I BIMBI
Riscoprire antiche usanze in un mondo dominato dai videogiochi e dalla
fretta. La tavola di Pasqua è molto più bella se decorata con le uova, che
possono essere i segnaposto oppure accompagnare i singoli piatti.
Una volta era l'occasione per far divertire i bambini e coinvolgerli nei preparativi della festa.
Perché non riprendere questa tradizione ? Ecco alcuni suggerimenti:
P
Peerr cco
ollo
orraarree llee u
uo
ovvaa d
dii rro
osssso
o : Far bollire per 10 minuti in un pentolino con mezzo
litro d'acqua le uova aggiungendo la parte esterna di 600 g di cipolle rosse e un
cucchiaio di aceto;
P
Peerr cco
ollo
orraarree llee u
uo
ovvaa d
dii g
giiaallllo
o:: Far bollire per 10 minuti in un pentolino con mezzo
litro d'acqua le uova aggiungendo tre bustine di zafferano e un cucchiaio di aceto;
P
Peerr cco
ollo
orraarree llee u
uo
ovvaa d
dii rro
ossaa:: Far bollire per 10 minuti in un pentolino con mezzo
litro d'acqua le uova aggiungendo 70 g di barbabietole rosse cotte e un cucchiaio di
aceto.
(da La Cultura del Cibo – marzo 2010)
SETTE ECOIDEE DI "SAPER FARE"
DAL SUD-OVEST DELLA SARDEGNA PER UN MODELLO
ECONOMICO ALTERNATIVO, RILOCALIZZATO,
SOSTENIBILE, E UN CONCORSO NAZIONALE
Il Centro sperimentazione autosviluppo (CSA) è un'associazione di donne
che opera nel sud-ovest della Sardegna per un modello economico
alternativo, rilocalizzato, sostenibile: fra le loro numerose iniziative:
progetti di filiere corte con artigiani e produttori agricoli, ospitalità nelle
case (le "domus amigas"), recupero di antiche conoscenze, educazione ambientale, ecologia
del quotidiano.
La Sardegna oltretutto è una regione le cui donne sembrano più di altre mantenere tradizioni
di cura e saper fare. Così un soggiorno presso di loro, anche di breve durata e in qualunque
stagione, permette di venire a contatto con tante idee e pratiche da portare a casa. Ecco
alcune autoproduzioni colà apprese; le destiniamo a chi non può andare sul posto:
1. Facciamo le conserve in casa? E' cosa buona ed ecologicamente giusta ma c'è chi ne è
trattenuto dalla paura del botulino, spora mortale che si sviluppa in ambiente anaerobico,
come i vasetti di conserve. Ecco che l'apicoltore Roberto Piras suggerisce il rimedio dei rimedi:
l'alcol da liquori, che inibisce la formazione del botulino. Basta far passare un po' su tutta la
superficie interna dei vasetti lavati e dei coperchi (da cambiare ogni volta a differenza dei
vasetti); lo stesso alcol potrà passare da un vasetto all'altro. Una volta invasato il prodotto,
dolce o salato, aggiungervi un cucchiaio di alcol. Il gusto non cambia e la conserva è protetta.
2. Laura, ex insegnante elementare, riscoprendo i giocattoli delle nonne, costruiva con
i bambini delle bambole bellissime con stracci, in modo ultrasemplice. Per il corpo, si piega in
due nel senso della lunghezza un pezzo di tessuto spesso; poi lo si piega a metà nel senso
opposto. Nella piega che ne deriva si inseriranno dei fili di lana nera o gialla trattenuti da un
nodo, per fare i capelli, e un altro straccio più piccolo, piegato in due, per fare le braccia. Poi
alcuni punti scuri per gli occhi e rossi la bocca, e con altri pochi punti si cuciono addosso a
questa "croce" i vestitini, operazione resa più facile da un nastro che tratterrà in vita il tutto.
3. Volete cucire qualcosina di semplice (magari uno shopper per la spesa di stoffa riusata)
ma a) non vi piace usare l'elettricità della macchina da cucire moderna, b) trovate troppo
difficile e anche ingombrante la macchina a pedali? Anna, che a Villamassargia coltiva ed
essicca erbe aromatiche, le confeziona anche in bustine di tela autoprodotte con una
bellissima, antica, minuta e facilissima da usare macchina da cucire a manovella. Su ebay se
ne trovano tante; assicurarsi che siano funzionanti.
4. Utilizzare anche le scorze di agrumi? Ecco qua come realizzare ottimi canditi per torte.
Sbucciare due arance prelevando solo la scorza……..continua l‟articolo cliccando QUI
(da Promiseland News – marzo 2010)
PAR CONDICIO
Molte sono state, di recente, le polemiche sul concetto di par condicio, fra chi lo ritiene un
requisito non necessario e chi invece lo trova non sufficiente a garantire il corretto, equo e
fecondo svolgimento delle campagne elettorali, e della comunicazione politica in generale.
La prima fazione è certamente quella che ha usato i toni più accesi, chiedendo a gran voce
l'abolizione della norma e arrivando a definirla "liberticida e assurda" - salvo poi applicarla,
con rigore degno di miglior causa, per abolire i pochi programmi televisivi non ancora scritti nel
proprio libro paga.
La posizione della seconda è invece più ragionata e meno aggressiva: a che serve, ci si
domanda, rispettare un criterio di parità solo entro certe sedi quando, in tutto il mondo al di
fuori di esse, vige oggettivamente una legge del più forte che funziona a senso unico?
Se questa controversia esaurisse il problema, non potremmo che schierarci su quest'ultima
linea, se non altro nel ricordo di anni (circa 20) in cui era l'impar condicio ad essere garantita
per legge: se qualcosa bisogna fare di questa norma, non è certo indebolirla o addirittura
abolirla ma, semmai, rafforzarla. Il nostro argomento va però un passo più in là, analizzando la
natura intima della norma: essa garantisce, infatti, solo che i contendenti accreditati in una
competizione elettorale abbiano pari opportunità di illustrare, nella comunicazione, le proprie
posizioni e le proprie proposte, ma non dice nulla sul loro contenuto e sulla loro aderenza ad
una realtà fattuale che è (e rimane) extrapolitica.
In altre parole, non tiene conto di un fenomeno caratteristico dell'Italia di inizio millennio, ossia
dello scollamento dell'agenda politica in generale rispetto ai bisogni, alle aspettative e ai
progetti dei rappresentati - che qui valgono unicamente come elettori.
Come tale, la regola della parità formale conduce paradossalmente ad una pratica di disparità
sostanziale, quella che, fra i temi ammissibili della discussione pubblica, privilegia
esclusivamente quelli a cui - per volontà o per caso - sono sensibili i politicanti di professione;
introduce così al livello normativo una disuguaglianza, un'asimmetria, uno iato, che
rispecchiano quelli di carattere strutturale già esistenti fra politica professionale e società civile
quanto ai contenuti delle politiche.
La nostra posizione, decisamente terza rispetto alle altre due sebbene imparentata con la
seconda, è dunque quella di richiedere un rafforzamento tematico della par condicio, che
quanto meno metta politici di professione da una parte, e cittadini dall'altra, in condizione di
esprimere o vedere trattati paritariamente i propri temi d'elezione: che so, per ogni cinque
minuti spesi a parlare delle beghe giudiziarie di Berlusconi (e della conseguentemente urgente
riforma della giustizia), altrettanti dedicati al diritto del lavoro, al lavoro e sul lavoro, per ogni
cinque sulle veline della politica cinque sulla intollerabile persistenza delle esclusioni sessiste, e
così via.
Non ci illudiamo, naturalmente, che esistano modi per far rispettare una simile norma, o anche
solo per scriverla, ma sappiamo per certo che esiste - ed è estremamente semplice - il modo di
verificare se qualcuno la applica o no; ed è a questo elementare criterio di buon senso che
esortiamo i cittadini a far riferimento quando fra breve, trasformati in puri elettori, dovranno
scegliere chi considerare un interlocutore plausibile fra tutti i concorrenti in lizza - operanti,
naturalmente, in perfetto regime di par condicio.
(dalla Newsletter di Nuovi Municipi – marzo 2010)
LA MOBILITÀ SOSTENIBILE ASSENTE
DAI BILANCI DELLA REGIONE
Sono oltre 2milioni e 630 mila i cittadini che ogni giorno prendono i treni per motivi di lavoro e
studio sulle linee regionali. Tra il 2007 e il 2009 i passeggeri che viaggiano su queste linee
sono cresciuti dell’8,2% in un rapporto di 9 a 1 rispetto ai passeggeri trasportati ogni giorno
sulle linee a lunga percorrenza (2milioni630mila contro 300mila).
Il Veneto è la sesta Regione italiana per numero di pendolari al giorno (135.000). Ma i disagi
sono continui, prova ne sia il sorgere di numerosi comitati spontanei o delle multe che spesso
la Regione ha comminato a Trenitalia. Ma ad una lettura più attenta del fenomeno (partendo
dai dati di bilancio) è la Regione Veneto che dovrebbe multare se stessa. Infatti la spesa per il
settore ferroviario si ferma allo 0,04 del bilancio.
La Regione Veneto merita la maglia nera per l’attenzione ai pendolari del servizio ferroviario,
non solo per le misere risorse stanziate per migliorare il servizio in una delle Regioni più ricche
d’Europa ma soprattutto perché in questi anni ha distribuito risorse a pioggia a strade e
autostrade: 114milioni per la Pedemontana Veneta, 108 alle opere complementari al Passante
di Mestre.
In conclusione se il Veneto è la sesta regione italiana per numero di pendolari è la tredicesima
per percentuale di stanziamenti messi a bilancio. (Clicca qui per il confronto fra regioni) E’
difficile fare diversamente? Non sembrerebbe. La Lombardia ad esempio è la Regione che di
più ha investito in questi anni per il servizio e per il materiale rotabile, anche perché
rappresenta il più grande bacino di domanda pendolare in Italia con 560mila viaggiatori ogni
giorno. Nel 2009 gli investimenti per il servizio e il materiale rotabile hanno rappresentato lo
0,54 del bilancio; La Toscana con 5 milioni di Euro erogati per l’acquisto di nuove elettromotrici
e 37,7 milioni per avere un numero maggiore di treni/km arriva allo 0,44% del bilancio.
Così la domanda che è passata da 165mila passeggeri trasportati nel 2000 a 260mila nel 2009.
In Piemonte si arriva allo 0,43% del bilancio, i finanziamenti per i servizi aggiuntivi sono stati
destinati all’integrazione del contratto di servizio……continua questo articolo cliccando
QUI, e leggi anche “TAGLIATI I FONDI PER IL SFMR DEL VENETO”
(da Ecopolis Newsletter – marzo 2010)
Care socie, cari soci,
siamo felici e orgogliosi di presentarvi un lavoro in cui Bio Rekk,
con il sostegno di Banca Etica e della Cooperativa El Tamiso, si è
impegnata negli ultimi mesi: il cortometraggio "Verso il prezzo giusto".
Si tratta di un video in cui abbiamo approfondito alcune
tematiche legate alle varie forme di agricoltura, convenzionale e
biologica, in particolare nel nostro territorio e alle implicazioni
ambientali ed economiche che possono avere i nostri comportamenti come
consumatori. L'intento è quello di continuare il nostro percorso culturale "verso il
prezzo giusto".
Il video è visibile cliccando Q U I; Il regista del video è Giuseppe
Aliprandi (www.giuseppealiprandi.it). a cui va un ringraziamento
speciale per il video prodotto e soprattutto per l'interesse e la
passione con cui ha svolto il lavoro.
Siamo inoltre molto lieti di annunciarvi che il nostro cortometraggio è stato
selezionato per partecipare al 7° Festival Internazionale Audiovisivo della
Biodiversità, nella sezione Cortometraggi. Il festival si terrà all'Auditorium Parco
della Musica di Roma, dal 19 al 23 maggio (vi daremo informazioni più dettagliate a
riguardo). Vi chiediamo anche di farci avere le vostre impressioni e di divulgarlo
presso chi potesse essere interessato. Il video è a disposizione di chiunque lo voglia
utilizzare (Associazioni, Scuole, Cittadini, ...) per proiezioni e approfondimenti sul
tema.
Grazie e un caro saluto
Associazione Bio Rekk -- www.biorekk.org
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IL PIOPPO STRATEGICO NELLA SALVAGUARDIA AMBIENTALE
“Il nostro Paese deve riprendere a piantare alberi, 350.000 ettari di terreni demaniali che
possono essere virtuosamente destinati a questa importantissima funzione di salvaguardia
ambientale sono invece abbandonati”.
Così il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, ha esordito al convegno organizzato
dalla Commissione Nazionale Pioppo che darà una panoramica completa sulla pioppicoltura e
sulle prospettive in campo energetico ed ecologico ambientale di questa coltura, annunciando
un piano di riforestazione allo studio della confederazione degli imprenditori agricoli.
Durante il dibattito, nell’ambito della rassegna “Vegetalia AgroEnergie”, alla Fiera di Cremona,
è stato ricordato come il protocollo di Kyoto, trattato internazionale per la riduzione della CO 2
atmosferica, riconosca esplicitamente il ruolo positivo delle foreste e dei prodotti legnosi nel
ciclo del carbonio. Le stime dicono infatti che gli attuali ecosistemi forestali esistenti
contribuiscono a ridurre del 25% le emissioni di gas serra nell’atmosfera.
In Italia un ruolo importante nell’abbattimento di questi gas è svolto dalla
coltura del pioppo, che si sta rilanciando in tutta Europa, anche grazie al
recente progetto europeo Euroface, coordinato dall’Università della Tuscia
e dal CNR. Simulando le condizioni ambientali che si prevedono per l’anno
2050, gli studiosi hanno stimato un aumento di circa il 20-25% della
capacità produttiva di biomassa e di sequestro del carbonio da parte delle
piantagioni forestali a rapido accrescimento come, appunto, il pioppo.
Una coltura che presenta sempre un bilancio positivo tra carbonio
assorbito dalle piante (circa 5,7 tonnellate per ettaro in un anno) e
carbonio emesso nel corso degli interventi colturali di gestione. Per
questo – osserva Vecchioni - il pioppo sta assumendo una sempre
maggiore importanza, anche in considerazione del suo utilizzo a fini energetici: costituisce
infatti la principale specie usata nelle piantagioni da bioenergia (la cosiddetta SRF – Short
Rotation Forestry/forestazione a rotazione breve) sia per i suoi vantaggi colturali (rapidità di
crescita, facilità di propagazione e di miglioramento genetico, facilità di espianto), sia per
quanto riguarda le ottime caratteristiche della gestione e del prodotto finito.
(Fonte dei dati: CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche)
(da Asterisco Informazioni – marzo 2010)
IL GOVERNO SPEGNE LA LUCE SI TORNA AL NERO
“A fronte di un dl incentivi assolutamente minimale nei confronti di energia e eco-edilizia
assistiamo a una scelta incomprensibile da parte del Governo che rischia di mettere in pericolo
il parco edilizio italiano, già di per sé esposto a gravi problemi statici e sismici”.
E’ questo il commento di Legambiente al dl incentivi approvato oggi dal Consiglio dei Ministri.
“Come segnale per il settore, sarebbe stato meglio impegnarsi nel prorogare gli incentivi del
55% per il risparmio energetico e il solare termico, che scadono nel 2010. Uno sconto di
qualche migliaio di Euro per acquistare una casa – come quello approvato oggi dal Governo ha, infatti, pochissimo senso, soprattutto se si considera che gli edifici con queste
caratteristiche sono rarissimi”.
Ma Legambiente concentra la propria attenzione soprattutto sulla norma “casa” entrata fuori
sacco, ritenendo assurdo permettere a chiunque di iniziare lavori di manutenzione ordinaria e
straordinaria nella propria casa senza un progetto, senza informare il Comune, senza
un’impresa che si assuma la responsabilità dei lavori. “Questa indicazione avrà come unico
effetto di incrementare il lavoro nero e aumentare i contenziosi condominiali – ha aggiunto
Edoardo Zanchini, responsabile energia e urbanistica di Legambiente - ma non solo: chi abita
in un palazzo, infatti, non potrà sapere nulla dei lavori che si stanno facendo al piano di sotto o
nell’appartamento accanto, né avere alcuna certezza che veramente non si stiano toccando
parti strutturali dell’edificio, visto che a garantire sarà semplicemente il proprietario di casa”.
“In pratica verranno licenziati architetti e ingegneri e messe fuori mercato le imprese in regola
- ha proseguito Zanchini - é incredibile quanto in fretta si dimentichino le tragedie italiane, gli
edifici crollati per colpa di lavori interni, mai comunicati agli altri condomini, le tragedie dei
terremoti e del dissesto idrogeologico. Invece di introdurre finalmente il libretto del fabbricato
per avere certezza della statica e manutenzione dell’edificio, invece di spingere sulla
riqualificazione statica e energetica, invece di coinvolgere in questa direzione architetti,
ingegneri, imprese, con questo provvedimento si introduce una deregulation dannosa per il
settore e pericolosissima per la sicurezza degli edifici”.
Legambiente chiede alle Regioni di impedire l’attuazione di questo provvedimento nei propri
territori, lasciando l’obbligo della DIA per gli interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria, e favorire il recupero edilizio con semplificazioni vere per tutti gli interventi di
messa in sicurezza e miglioramento energetico, intervenendo sui regolamenti edilizi e sulle
certificazioni energetiche: a titolo di esempio dei 76 comuni italiani che hanno introdotto
l'obbligo del fotovoltaico nelle nuove costruzione, solo una manciata sono comuni veneti, e il
Veneto, la regione che vanta il numero più alto di PMI d'Italia è anche
quella che non ha uno schema di certificazione proprio. Con queste
premesse difficile pensare ad una svolta seria nel mondo dell'edizia
sostenibile nella nostra regione senza un cambio radicale di rotta.
Sintesi a cura di Davide Sabbadin – Responsabile Energia Legambiente Veneto
(da Ecopolis Newsletter – marzo 2010)
La Cooperativa El Tamiso sostiene la Lista IDEA (www.listaidea.it) per le
elezioni regionali nel Veneto (clicca QUI per scaricare il volantino completo)
ed invita tutti ad andare a votare, ed a votare IDEA, per opporsi a questa
drammatica deriva di populismo, di svuotamento e svilimento delle nostre
Istituzioni, nate dalla Resistenza per la Democrazia, per vivere ogni giorno
con coscienza ed onestà!
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E desso basta co‟ „e paroe, anca se serie, ve demo „na riceta che ve metarà el
core – e anca el stomego – in paze, co‟ un prodoto de stajon: el fenocio
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Tempi di preparazione: 40'
Tempi di cottura: 30'
Difficoltà: *
vegetariano
Va preparato in anticipo
Per 4 persone: 3 finocchi, 175 g di farina 00, 100 g di semola di grano duro, 200 g di
spinaci, 100 g di fontina, 25 g di mandorle in scaglie, 2 tuorli d'uovo, 1 porro, mezzo
bicchiere di latte, olio, sale, curcuma.
1. Mondate gli spinaci, metteteli in una casseruola con la sola acqua del lavaggio e
lessateli per 5 minuti. Scolateli e una volta tiepidi strizzateli bene e frullateli o passateli
al setaccio riducendoli in crema;
2. Sistemate a fontana la farina e la semola, salate e aggiungete nel mezzo la crema di
spinaci e i tuorli, impastate raccogliendo man mano la farina dai bordi e lavorate
l'impasto per almeno 10 minuti. Formate una palla liscia e omogenea, copritela con un
panno umido e fatela riposare per un'ora;
3. Affettate finemente la parte centrale dei finocchi, conservando in una ciotola le restanti
foglie. In una padella dal fondo pesante rosolate i finocchi tagliati insieme al porro
affettato fine per 10 minuti con 4 cucchiai d’olio;
4. Lessate le foglie di finocchio rimaste in abbondante acqua salata per una decina di
minuti, scolatele conservando l'acqua al caldo e frullatele con la fontina tagliata a
dadini, la curcuma e il latte che serve per ricavare una crema piuttosto fluida, alla fine
controllate il sale e conservate la crema al caldo;
5. Stendete la pasta riposata e ricavate le tagliatelle; lessatele al dente nell'acqua dei
finocchi riportata a bollore, scolatele non troppo asciutte e saltatele a calore vivace per
mezzo minuto nella padella insieme agli ortaggi;
6. Distribuitele nei piatti, conditele con la crema di finocchi, decorate con le scaglie di
mandorle già tostate per 5 minuti a calore basso e servite subito.
Bon apetito a tuti!!!!!
(toì nota che ea riseta xe trata da “Il
Mangiabio” de marso domiedieze)
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newsletter 12-2010