Cose di musica Musicoterapia ed età evolutiva di Cecilia Dolcetti I l diritto del bambino di crescere in un clima di benesti di Musicoterapia effettuati nella scuola dell’infanzia e sere e di amorevole attenzione non si limita ad una primaria, fino a luoghi residenziali, come strutture che semplice tutela da parte degli adulti che si occupano accolgono bambini a rischio di devianze o con importandi lui, ma richiede una partecipazione attiva e costante a ti deprivazioni affettive. tutti i suoi bisogni. Per «salute» si intende, infatti, una seNei bambini la capacità di distinguere i suoni è superie di elementi che si intersecano in un sistema multidiriore a quanto si possa supporre. Ma a che cosa è dovusciplinare che considera non solamente gli aspetti legata questa abilità? Sappiamo che, quando le madri parlati al benessere fisico, ma anche quelli riguardanti la psino al figlio, usano un gergo chiamato Motherese che contieche, promuovendo ne i primi elementi un concetto di salulinguistici necessate globale integrato. ri al bambino. QueÈ ormai dimostrasta «lingua» è 4to che un interven5 semitoni più alta to precoce è utile aldel linguaggio norla prevenzione e alla male, quando invecura nelle situazioce le madri cantano ni in cui uno svilupal bambino usano po psicofisico non una voce che è soarmonico potrebbe lo 1 semitono più alcondurre il bambita. Le ninne nanne no verso una patolosono costituite da gia o moltiplicare le sequenze rilassansue difficoltà di inteti, semplici e ripegrazione sociale. titive, con ritmi coOggi la cura del stanti riconoscibibambino «difficili in tutte le culture. le» si avvale di una Nel cantarle, le mamodalità sinergica dri raramente variain cui, ad interventi no di tono. Questa di tipo medico-psistabilità (forse ancologico-riabilitatiche emotiva) pervo, si affiancano almette ai bambini di tri strumenti di nuoacquistare memoria va concezione come sia per i toni e i temla Musicoterapia. pi, sia per la parte Le attitudini mumotoria. Spesso la sicali del bambino madre compie gesti esistono a partire da e rituali che accomepoche precoci quapagnano il suo canle la vita intrauterito. Tocca il bambina, come è stato dino, lo accarezza, lo mostrato da alcuni dondola, stabilendo Giovan Francesco Caroto (Verona, 1480-1555) studi che riportano con lui un contatto Ritratto di bambino con disegno (Verona, Museo di Castelvecchio) la presenza di una preverbale di enortraccia mnemonica me significato emoin presenza di suoni effettuati durante la vita fetale e ritivo. I bambini sono più affascinati dalla madre che canconosciuti poi, nei primi mesi di vita. Questo presuppota che dalla madre che parla. sto è il filo conduttore intorno al quale si articolano tutSecondo alcuni ricercatori l’incanto della voce materte le argomentazioni, le considerazioni ed i metodi applina ha tenuto in vita alcuni bambini esposti a situazioni cativi che illustrerò in questo articolo, rivolti a mettere in tragiche ed estreme come incidenti, prigionie, campi di luce l’efficacia dei risultati ottenuti dalla Musicoterapia in concentramento. età evolutiva. È interessante notare che questo speciale interesse verso Esistono molteplici metodi applicativi che, con le loro la madre si verifica anche quando essa non possiede nesdiversità, possono comunque essere di supporto al bamsuna nozione musicale. Il canto rivolto al bambino è un bino che presenta specifiche patologie. Gli ambienti opelinguaggio privilegiato d’amore, crea una relazione intirativi spaziano da quello della prevenzione, con intervenma ed elettiva e sarà riconosciuto in ogni caso dal figlio. 66 Cose di musica Questa «comunicazione di amorosi sensi» non è altro sicoterapia consente l’attivazione di un canale comunicache il fondamento su cui si basa ogni «buona» relaziotivo non verbale. Al bambino maltrattato viene così ofne terapeutica e ciò avviene anche in Musicoterapia nel ferta la possibilità di esprimere le sue angosce, non ricorrapporto «speciale» che si deve instaurare tra paziente e rendo alle parole che, cariche di valenze, potrebbero esmusicoterapeuta. sere vissute come pericolose La Musicoterapia non prepoiché collegate all’idea dello vede un apprendimento di svelamento di un segreto, di abilità musicali, come invece un qualcosa di indicibile peraccade per la musica insegnaché troppo vergognoso. ta come disciplina, ma piutIl non verbale facilita il retosto una corrispondenza di cupero di esperienze nucleisuoni, di ritmi, di movimenche primarie non intermediati che stabiliscono una relate dalla parola quali quelle che zione con il musicoterapeuta la madre viveva con il bambie che ricorda, in qualche mono all’inizio della loro interado, quella prima, privilegiata zione. Tutto ciò permette la relazione simbiotica che si era possibilità di comunicare anstabilita già durante il periodo che in modo alternativo e di fetale. Per tutti questi motivi, poter esprimere emozioni ed in età evolutiva, la Musicoteesperienze ludiche, a volte acrapia trova amplia applicaziocantonate, a cause dell’evine nelle patologie della comudenziarsi della patologia che nicazione o della relazione, focalizza l’attenzione a scapima anche nei disturbi mototo della comunicazione. ri di ritmo e di coordinazione. Un altro elemento imporLa musica praticata è univertante del lavoro musicoterapisale ed è più vicina a quella di co dell’età evolutiva è l’aspetcui parlano gli etnomusicoloto ludico. Il gioco, nello specigi che a quella che insegnano fico quello corporeo-sonorogli educatori. Questo ci ripormusicale, è inteso come spata a un significato di relaziozio creativo e simbolico capane e di contatto che, forse, la ce di incrementare i contenuti nostra musica occidentale ha della comunicazione tra muperduto nel tempo. sicoterapeuta e bambino stesNell’età evolutiva la Musicoso, rendendo la Musicoteraterapia ha una funzione prepia un «luogo sicuro» in cui ventiva quando è possibile resperimentarsi. cuperare o contenere aspetti Tutte le esperienze e gli stupreoccupanti che, altrimendi effettuati sulla Musicoterati, potrebbero dar luogo alpia in età evolutiva hanno evil’instaurarsi di più gravi patodenziato che questi percorlogie. Una funzione curativa, si, queste metodologie, apcoadiuvante ad altre terapie, plicate sia per la prevenzione nella patologie psichiatriche, che per la cura di importannei disturbi d’ansia. In partiti patologie, sono ben accettacolare si è dimostrata particote dai bambini e dagli adolelarmente utile nella cura delscenti proprio per queste cala sindrome autistica grazie ratteristiche ludico-creative, alla capacità che questo mepoiché attivano il coinvolgitodo offre nel far individuare mento e la gratificazione, poal piccolo paziente una nuonendo il bambino e il ragazzo va via di comunicazione che al centro dell’intervento. lo aiuti ad alleggerire quella La Musicoterapia amplifisua «paura di vivere» dovuta ca le esperienze peculiari con a uno sconcertante e negativo cui, in queste età, si entra in Hans Baldung Grien, impatto con il mondo. contatto con la realtà: il gioLe tre età dell’uomo e le Tre Grazie La Musicoterapia è vantagco, la musica e il suono diven(particolare, 1539, Museo del Prado, Madrid) giosamente impiegata anche tano tutte modalità espressinei disturbi dell’attenzione ve attraverso cui il bambino e dell’iperattività così frequenti in questa generazione e e l’adolescente possono manifestare e comunicare liberacausa, in età adolescenziale, di gravi disturbi del compormente i propri stati d’animo e le proprie fantasie per attitamento quali bullismo, dipendenze da alcol e droghe. varsi in un percorso di crescita sano. Nel caso di bambini vittime di abusi, l’utilizzo della Mu- 67 Cose di musica Audience giovanile ai concerti classici di Elena Della Siega A ntefatto: circa tre secoli fa, un giovane di nome Johann Sebastian partiva da Arnstadt per dirigersi a Lubecca, «oltretutto a piedi». Per nulla spaventato dal lungo viaggio, andava ad ascoltare il grande organista Dietrich Buxtehude. Oggi una simile «missione» sarebbe improponibile. La musica classica, si sa, non gode certo della massima popolarità, basti pensare alla presenza sempre più rara dei giovani ai concerti, un atteggiamento per cui non sono interamente responsabili. La natura da animale sociale, per dirla con Aristotele, spinge l’uomo ad aggregarsi ai suoi simili, e un evento musicale è per gli spettatori una forma di comunione di intenti. Se fra loro, come capita, prevalgono gli ultracinquantenni, i giovani si sentiranno esclusi da quello che potrebbe sembrare loro un noioso intrattenimento per «vecchi». In altre parole, il pubblico tende a essere formato solo da gente di mezza età, oppure solo dai giovani, quando invece dovrebbe essere l’incontro fra generazioni ed esperienze diverse, una audience mista per età, razza e religione, come in una grande piazza. Sempre sul potere aggregante della musica, è preferibile presenziare a un evento con larga partecipazione popolare, piuttosto che a un incontro che si prevede andrà deserto. In mezzo alla gente ci si sente più protetti; per qualcuno la partecipazione a una audience ha anche una valenza in termini di visibilità mondana… Considerato che attualmente il pubblico ai concerti classici è formato da ultracinquantenni, la prospettiva futura parrebbe desolante. Scomparsi gli ultimi melomani, estinti gli ultimi abbonati a questa o quella stagione concertistica, che ne sarà del pubblico fra trent’anni? Avendo ben capito la tendenza dei giovani a muoversi in massa, i direttori artistici corrono ai ripari e qualche volta aprono le prove generali alle scolaresche. In gruppo, si sa, è più facile vincere la sindrome del pesce fuor d’acqua. I motivi della scarsa presenza giovanile sono diversi. Ridimensioniamo il problema dell’élite: la musica classica non costa molto più di altre offerte culturali, ma i giovani la considerano meno divertente rispetto ad altri svaghi. Nella prospettiva moderna la musica è ridotta a fonte di distrazione, più che divertimento, istruzione o gratificazione spirituale. Certo, una sinfonia ha una complessità tale da richiedere un certo spessore culturale, prima ancora di una istruzione musicale. Ci sono poi alcuni giovani privilegiati, che detta istruzione hanno ben ricevuto, magari sono essi stessi musicisti o aspiranti tali, ma ai concerti dei colleghi vanno di rado, o non vanno affatto. Azzardo un paio di ipotesi. La prima è blanda: non si va ai concerti per rifuggire dall’eccesso di emozione in cui, da addetti ai lavori, ci si sentirebbe indirettamente coinvolti. La seconda ipotesi è malevola: forse, nell’ambizione di calcare il palcoscenico, si vorrebbe essere sempre protagonisti e mai spettatori? I musicisti frequentatori delle sale da concerto sono consapevoli di un aspetto non marginale: con l’ascolto, apprenderanno spesso di più che non passando le giornate a studiare sul proprio strumento, specie quando chi suona o canta è di gran lunga più esperto. Dietrich Buxtehude (1637 - 1707), particolare da Scena di musica domestica di Johannes Voorhout (1647 -1723) Se gli spettacoli serali rappresentano un problema per i giovanissimi a causa dell’orario, un altro motivo della scarsa affluenza è il contenuto stesso dei concerti. La musica classica è datata, storicamente parlando, ed è difficile spiegare ai giovani quanto Mozart, Beethoven, Verdi siano, benché defunti, immortali. Concorre alla diserzione giovanile anche lo stile di vita odierno, dove l’istruzione musicale è carente nelle scuole, e la cultura relegata ai margini rispetto ad altri interessi. Personalmente ho avuto modo di constatarlo nel corso di una lezione presso una scuola media. Alla domanda: «Avete mai assistito ad un concerto?», sottolineando l’ampiezza del genere, gli studenti di terza media hanno unanimemente risposto di non aver mai fatto una esperienza simile, cioè ascoltato musica dal vivo. Il quesito a questo punto andrebbe girato a genitori/insegnanti: «Avete mai pensato di spegnere la televisione e portare i vostri figli/studenti a teatro?» Fretta, impazienza, desiderio di stimoli forti, inducono a preferire il cinema degli effetti speciali a un ascolto fatto anche di tempi lenti. E poi l’inquinamento acustico: l’orecchio moderno (ancor più quello dei giovani) si è abituato a un certo volume, nei cinema, nelle discoteche, nella vita caotica di tutti i giorni. Dagli auricolari la musica viene sparata al massimo, con la conseguenza della diminuita sensibilità ai suoni. Come si possono percepire le sonorità di un piccolo complesso da camera dopo questo bombardamento acustico? La situazione sembrerebbe senza via d’uscita. Estinzione della musica colta, dunque? La salvezza della musica classica sta nella motivazione di chi la fa e di chi la ascolta. Tutt’altro che passivo infatti, lo spettatore abituale deve comunque organizzarsi per tempo prima di prendere posto fra il pubblico. La sua fatica non sarà pari a quella di Bach, in viaggio a piedi verso Lubecca e verso Buxtehude, ma se egli investe volentieri le sue energie, è perché fortemente motivato dalla passione. Una volta acceso l’interesse, l’amore per l’arte può indurre anche un giovane d’oggi a fare più sacrifici, e apprezzare il concerto dal vivo come un’esperienza umana fondamentale. 68 Cose di musica La metafisica della musica e la musica rivelata «La lezione di piano» e «La lezione di musica» di Henri Matisse L di Luisa Turchi a metafisica della musica, e il proprio istinto» , dichiarerà infatla musica rivelata: due sono ti il pittore1. Ad una prima lettura, le «visioni musicali» suggeLa lezione di musica della Collezione rite nelle opere di Henri Matisse, Barnes mostra un maggior natuLa lezione di piano (New York, Muralismo e colori più accesi, persino seum of Modern Art, 1916), e La lenella figura della donna seduta sulzione di musica (Merion, PA, Barnes lo sgabello, che acquista più consiFoundation Collection, 1917), che stenza rientrando in un vero e procostituiscono per dimensioni quaprio quadro. Pierre non è più solo al si un pendant. In questi due dipinti piano: Marguerite, la figlia maggioemerge al completo l’anima del pitre del pittore, siede con lui. Se netore fauve, vero edonista del cologli occhi aperti e attenti del primo re utilizzato come mezzo espressisi legge tutta la concentrazione che vo per sovvertire i criteri di verosirichiede l’esecuzione dello spartito miglianza, in nome di un espressiomusicale, nelle sopracciglia alzate nismo dalle tinte squillanti, che pur e nelle palpebre chiuse della seconsfociando in un decorativismo asda vi è l’abbandono alla musica, che Henri Matisse, La lezione di musica soluto, produce una nuova perceaspira a rasserenare anche la menzione della realtà, istintuale e sogte ormai lontana di Jean, secondogettiva. Una percezione filtrata dalgenito del pittore – la sigaretta fra la memoria dell’artista, che regile labbra e il libro in mano – appeHenri Matisse, La lezione di piano stra dapprima le sensazioni scaturina chiamato alle armi a causa delte dall’osservazione di ciò che si apla Prima Guerra Mondiale. Le note presta a dipingere, per poi rielabodisperse nell’aria sembrano persino rarle in un tempo più lungo, riconoraggiungere la malinconica Madascendo nell’essenza del dipinto una me Amélie Matisse, intenta a cucirappresentazione del suo spirito. La re in giardino. E questa volta il pitlezione di piano esprime una visione tore, la cui presenza implicita è sotmentale e quasi rarefatta della mutolineata nel quadro dalla custodia sica – concepita come un’entità maaperta con il violino – uno strumentematica. Lo è per Pierre, il bambito che ama suonare – non intende no al piano, figlio minore del pittocelebrare l’idea universale della mure, che esegue pedissequamente le sica, ma sceglie di rivelarci che la note dello spartito – volutamenmusica suonata è quella particolare te anonimo, in quanto rappresenta e unica di Haydn. Il nome del nonon uno spartito particolare bensì to compositore austriaco è infatti lo spartito in genere – esplorando scritto sul libretto appoggiato sul rila perfezione degli accordi scandipiano del pianoforte. ti dal metronomo sul pianoforte, la Nella sua produzione pianistica, cui forma piramidale si riflette nelJoseph Haydn sviluppa la forma l’ombra scura e triangolare dell’occhio destro, a significadella Sonata in sé, muovendosi da un’estetica neo-barocca re che il tempo della musica è stato da lui interiorizzato, fia quella classica, con uno sguardo rivolto anche al Romantinendo con il dilatarsi all’esterno nel verde triangolo della ficismo. Ed è quel tipo di musica che per Matisse apre l’internestra, che assolve sia alle funzioni di «tenda» sia di paesagno borghese alla «giungla» del giardino, dalla vegetazione gio astratto. Una estrema sintesi si nota anche nella figura lussureggiante, ove ricompare la sensualità della scultura di di donna seduta sullo sgabello, in alto a destra (ricordo del bronzo Nudo disteso I (Maryland, Baltimore Museum of Art, Ritratto di Germaine Raynal, New York, Museum of Modern Collezione Cone, 1907). Si tratterebbe quindi di una proieArt, 1914) e nella statuetta di terracotta di nudo femminile zione interiore dei protagonisti – evocata dall’intensità delin basso a sinistra. Ci troviamo di fronte ad un dipinto esle note musicali – una fuga dal sapore esotico dalla routine senziale, in cui la ricerca della sintesi geometrica delle fordomestica che la quotidianità comporta, condivisa e rappreme è quasi un imperativo. Forse per questo motivo, Matissentata dal pittore in un cromatismo dai toni forti. se decide di cambiare direzione, per non diventare un manierista, e realizza così un secondo dipinto, completamente differente dal precedente. «Bisogna sempre preservare la 1. Matisse intervistato nel 1919 da Ragnar Hoppe, in Pa Visit Hos Matisse, freschezza dello sguardo e dei sentimenti; bisogna seguire Städer och Konstmärer Resebrev och Essäer om Konst , 1931; trad. Flam 1988, 171. 69 Cose di musica Pitagora aveva ragione? di Francesco Rizzoli* Un’antica e consolidata traNon fu certamente facile per dizione vuole che Pitagora sia gli studiosi del nostro Rinascistato autore di una meraviglioLa Musica è una scienza che deve avere delle mento, immersi nella cultura sa scoperta: la relazione tra conregole precise: queste regole debbono essere greca classica, accettare una tasonanza musicale ed il rapporto di dedotte da principi evidenti; e questi principi le soluzione di compromesso, agnumeri interi. Consonanza è chianon possono realmente essere compresi da noi gravata poi dal fatto che il sistema mato l’effetto che generano due suotemperato equabile costruisce le sue senza l’aiuto della Matematica. ni quando arrivano assieme alle nostre Jean Philippe Rameau note impiegando una costante, la radiorecchie dando l’impressione che si fonce dodicesima di 2 , che è un numero irdano tra loro in modo armonico e piacerazionale, un vero affronto per la tradiziovole, secondo una graduazione che vuole gli intervalli ne pitagorica. musicali di unisono, ottava, quinta e quarta via via meNella valutazione della cultura della nascente rivoluziono consonanti. ne scientifica, la musica era passata da Scientia ad Ars in Nella dissonanza l’effetto è opposto ed i due suoni delun apparente paradosso. Per comprendere la portata di l’intervallo danno la sgradevole impressione di non fonuna simile trasformazione bisogna tener presente che il dersi assieme. Le dissonanze più aspre sono gli intervalpitagorismo musicale aveva immediatamente trovato (Tili di settima e seconda. Galileo Galilei nel Dialogo intorno a meo, Platone) e manteneva ancora, in piena rivoluzione due nuove scienze (1638) scrive : «Alcuni suoni sono ascoltati copernicana e galileiana, applicazione nella rappresentacon grande piacere mentre altri sono offensivi all’udito». zione del cosmo. Dal moto ordinato dei pianeti e delle Pitagora utilizzò un semplicissimo strumento per le sue stelle si generava la Musica Mondana, dei mondi, ovvero ricerche, il monocordo: una corda tesa, divisa in due da nel modello cosmologico di Claudio Tolomeo, delle Sfeun ponticello mobile. Si è scoperto cosi che quando le re Celesti. lunghezze dei due tratti della corda divisa stavano tra loL’astronomo e matematico Johannes Kepler ne avero come 1/1 si otteneva l’unisono, mentre il rapporto 1/2 va calcolato le melodie facendole derivare dalle legdava l’intervallo di ottava e 2/3 quello di quinta. Quegi sul moto dei pianeti che aveva scoperto ( Harmonices sta fu una straordinaria applicazione della matematica ad Mundi- 1617). una definizione estetica del piacere e quindi, per il pensieLa regola pitagorica dei rapporti di numeri interi a regoro greco, del bello e del valore etico della musica. Pitagola del piacevole e del bello, fu anche estesa all’architettura ra inoltre utilizzò l’intervallo di quinta per formare la scae gli architetti rinascimentali, tra i quali Andrea Palladio, la musicale che porta il suo nome. La scala pitagorica, così usarono i rapporti armonici per il calcolo delle dimensiocostruita, presenta però delle ni dei loro edifici. Renè Depiccole differenze negli interscartes (nel suo Compendium valli tra le sue note e rispetto musicae, redatto nel 1618 e pubai loro valori frazionari. blicato nel 1650) aggiunse tra I teorici del ‘500, tra i quai requisiti che hanno il poteli Gioseffo Zarlino, Niccolò re di dare godimento all’orecVicentino e Vincenzo Galilei, chio umano, oltre alla perfetsi impegnarono a cercare delta proporzione matematica, le divisioni dell’ottava che ridegli elementi imponderabispettassero la purezza degli inli come il gusto e la consuetutervalli secondo la definizione dine. Tuttavia è sempre ancodatane da Pitagora. Così, oltre ra presente Pitagora nella faalla scala pitagorica, nacque mosa definizione della musiquella «zarliniana», del tono ca data da Leibnitz: Exercitium medio, ecc. Si affermò «l’intoaritmeticae occultum nescientes se nazione temperata equabile», propri calcoli. oggi in uso, nella quale paraIn opposizione ai pitagorici dossalmente tutti gli intervalAristòsseno (Taranto, ca.375li che si ricavano tra le sue no360 a.C.), un allievo di Aristote sono leggermente sbagliati tele, aveva sostenuto (Elementi rispetto ai valori puri pitagoArmonici) che doveva essere la rici, tranne quello di ottava. sensazione auditiva a determiL’esattezza matematica pasnare le note di una scala musisava in secondo piano rispetcale e non dei rapporti mateto alla pratica d’uso, come ben matici fissati precedentemencomprese Vincenzo Galilei te, dando più rilievo all’aspetnel dialogo Della Musica Antica to acustico e sonoro della mue della Moderna (1581). sica che ai suoi fondamenti 70 Cose di musica razionali. Per questi invece, la pratica musicale era trascurabile rispetto alla teoria, una occupazione meccanica o peggio,se dobbiamo ascoltare quello che scrive Guido d’Arezzo ( 1050 d.C.) nel suo Micrologos: «Musicorum et cantorum magna est distantia, isti dicunt, illi sciunt quae componit musica. Nam qui facit, quod non sapit, diffinitur bestia» («È immensa la distanza tra il cantore ed il musico; i primi cantano, i secondi sanno le cose che costituiscono la musica. Colui che fa ciò che non sa, si può definire una bestia»). di presente spontaneamente in ogni suono. Jean Philippe Rameau, nel suo Trattato di Armonia (1722) e nella Generation Harmonique (1737), sostenne, partendo da questa constatazione, che l’armonia, ossia l’arte di disporre verticalmente i suoni e la loro concatenazione, era una realtà presente nella natura, analizzabile scientificamente. Tuttavia gli enciclopedisti, in opposizione a Rameau, ritenevano la musica una semplice imitation de la nature, atta ad esprimere più il sentimento in sé, la sua dinamica. J. J. Rousseau in particolare indicava come modello la spontanea ed espressiva cantabilità della musica italiana che aveva apprezzato quando a Venezia, nel 1741, era stato segretario dell’ambasciatore francese. Dopo gli studi di Rameau e di Giuseppe Tartini, il leggendario violinista autore del Trillo del Diavolo nonché del Trattato di Musica secondo la vera scienza dell’Armonia (1754), studi miranti a trovare una ragione «naturale» e razionale dell’armonia, vi furono ricerche di acustica fisica sulla natura oscillatoria del suono da parte di Ernst Chladni ( 1756-1824) e d i T ho mas Seebek (1770-1831). Gustav Fechner(18011887) ed Ern st Web e r (1795 -1878) iniziarono importanti ricerche nel settore della psicoacustica, studiando la connessione tra lo stimolo di un suono inteso fisicamente (frequenza, potenza, timbro ecc.) e la sensazione auditiva da esso indotta (volume, altezza, sensibilità, ecc.). Ma fu Hermann von Helmholtz (1821-1893) lo scienziato che, nella seconda metà dell’Ottocento, affrontò in termini nuovi il problema della consonanza e in generale dell’estetica musicale. La domanda alla quale si propose di rispondere fu: per quale motivo quando gli intervalli musicali sono espressi da rapporti di numeri interi piccoli abbiamo una consonanza mentre altrimenti si verifica una dissonanza? Helmholtz riuniva in sé delle straordinarie competenze: medico, anatomista, fisico (con notevolissime capacità matematiche) e, dulcis in fundo, ottimo musicista e pianista. Possedeva inoltre grandi abilità di sperimentatore. Dopo aver contribuito in modo determinante alla definizione del meccanismo della visione (è sua l’invenzione dell’oftalmoscopio) egli decise nel 1855 di compiere ricerche in ambito acustico. Solo due anni dopo, in una celebre conferenza a Bonn, città natale di I teorici musicali del ‘600 furono interessati allo studio della natura fisica del suono e le finalità della musica barocca presto vennero definite e riassunte nella famosa terna: docere, movere, delectare. Ravvisando un vero e proprio linguaggio musicale fu conseguente la necessità di costruire una sua retorica ossia un’arte del discorso e della persuasione attraverso la musica. La prima formulazione intenzionale di questa dottrina si trova nell’opera del gesuita tedesco Athanasius Kircher, Musurgia Universalis sive ars ma gna c on soni et dissoni (1650). In essa Kircher sottolinea il potere della musica nei confronti dello stato d’animo dell’uomo e come questi possa essere influenzato in vario modo dai diversi stili musicali. Gli intervalli sono ora elementi di comunicazione emotiva più che espressione sonora di rapporti di numeri interi: celebre quello di quarta discendente, espressione della malinconia, usato dal liutista John Dowland ( 1564-1626) nelle sue Lacrimae Antiquae. Il Settecento inizia con una grande scoperta da parte del fisico francese Joseph Sauveur (Principes d’Acoustique et de Musique 1700-1701). Egli infatti presenta per la prima volta evidenza sperimentale sulla presenza degli ipertoni armonici in ogni suono. Quando una corda vibra con una certa frequenza ed emette quindi una nota (ad esempio un La di 440 Hz) contemporaneamente alla vibrazione più ampia che identifica la nota e ad essa sovrapposta, sono presenti tutta una serie di vibrazioni (e quindi note) le cui frequenze sono multiple intere di quella fondamentale (vale a dire, nel nostro esempio, 2x440-3x440 ecc.). Questa scoperta contiene un’altra formidabile conseguenza: ogni nota contiene in sé il suo accordo maggiore (formato dagli armonici 4-5-6 della nota) che è quin- 71 Cose di musica Beethoven, «gigante tra gli eroi della musica» ( Helmholtz), stupefatti ascoltatori potevano udire un resoconto dettagliato delle sue scoperte. Nel 1862 Helmholtz terminò il monumentale trattato Sulla sensazione di tono per una teoria fisiologica della Musica (Die Lehre von den Tonempfindunghen als physiologische Grundlage fur die Teorie der Musik). Egli unì in una formidabile sintesi, fisica, acustica fisiologica, teoria musicale ed estetica. Fondamentali, per le conclusioni a cui arrivò, furono i concetti di «battimento» e «risonanza». Il «battimento» è quel fenomeno per il quale quando due suoni hanno frequenze diverse ma non troppo distanti, udiamo un Hermann von Helmholtz unico suono di intensità (volume) oscillante con una frequenza pari alla differenza delle frequenze. Quando la differenza è alta (20-30Hz) il suono risulta «ruvido» all’ascolto, con delle minuscole interruzioni simili a quelle che sentiamo quando vogliamo emettere la consonante R per un certo tempo. Abbiamo invece un fenomeno di «risonanza» quando un sistema si mette in vibrazione in presenza di una frequenza simile alla propria. Su questo principio lo scienziato costruì i suoi famosi «risonatori» (delle sfere di vetro o metallo con due aperture) con i quali effettuò storiche analisi delle armoniche del suono di diversi strumenti musicali. Helmholtz scoprì che gli intervalli dissonanti presentano battimenti tra gli armonici con differenze appunto sui 20/30 Hz e quindi all’ascolto presentano delle minuscole interruzioni. Egli ritenne questo fenomeno causa della dissonanza. Studiando poi «l’organo del Corti» presente nell’orecchio interno, pensò che una sua particolare formazione, i «pilastri del Corti», fossero in grado di vibrare selettivamente per risonanza alle frequenze che ricevevano, venendo così a formare una specie di tastiera sensoriale. Oggi sappiamo che sono le cellule cigliate appoggiate ai pilastri del Corti a svolgere la funzione di ricettori delle vibrazioni sonore, generando potenziali elettrici che poi vengono trasmessi alle fibre nervose acustiche e di qui al cervello. Hermann von Helmholtz alla fine si trovò in una sorta di lacerazione spirituale: rispettoso della condizione del genio romantico (era amico di Wagner) ritenuto quasi in contatto con il divino, non poteva tuttavia non provare un attaccamento verso una concezione meccanicistica della musica che conciliava fisica ed estetica e alla quale aveva dedicato tanto delle sue energie intellettuali. Queste sue parole ne esprimono chiaramente il pensiero:«In molte composizioni recenti gli accordi dissonanti sono la regola e i consonanti l’eccezione e nessuno dubita che questo sia l’inverso di ciò che dovrebbe avvenire. L’impiego prolungato di modulazioni (cambiamento di tonalità) ardite e contrastanti minaccia di far scomparire il senso della tonalità. Sono questi, sintomi preoccupanti per lo sviluppo ulteriore dell’arte.» Quando Helmholtz morì nel 1894, Claude Debussy componeva il Prelude à l’après midi d’un faune, Gustav Mahler la sua II Sinfonia e Arnold Schoenberg compiva 20 anni. Nella Vienna della secessione Schoenberg, dopo le esperienze musicali legate all’esasperazione cromatica wagneriana, dove vengono esplorati i limiti ultimi della tonalità, con opere di grande impatto emotivo come i Gurre Lie- 72 Cose di musica der e Verklarte Nacht, elaborerà tra il 1908 ed il 1923 il suo metodo di composizione con dodici note. Il primo lavoro nel quale viene integralmente impiegata la tecnica seriale sono i Cinque pezzi per pianoforte Op. 23 e, successivamente, la Serenata per 7 strumenti Op. 26. Base del metodo dodecafonico è una serie di 12 note del totale cromatico ed i suoi tre «trattamenti», retrogrado (partendo dall’ultima nota e andando verso la prima), inversione (rovesciando a specchio gli intervalli tra le note) e retrogrado dell’inversione. Arnold Schoenberg Il compositore non può ripetere la stessa nota prima di aver impiegato tutte le altre della serie e deve ricominciare dalla prima una volta che sia esaurita. Sparisce così completamente e volutamente il legame gerarchico tra nota e nota, implicito nel sistema tonale, e il compositore acquista una straordinaria libertà (parole del maestro Camillo Togni allo scrivente), una dimensione musicale affatto nuova. La serialità suscitò immediato interesse e fu l’innovazione più profonda e fertile nella musica del ‘900 (Alberto Basso). Ma la «dodecafonia» richiese al pubblico una disposizione di ascolto completamente nuova. Scomparsa la melodia e gli accordi della tradizione tonale, svanivano anche le sensazioni di piacevolezza, di attesa e di conseguente risoluzione. Il misterioso «climax» che concludeva il pulsante percorso emotivo in tanta musica romantica lasciava posto ad una specie di sospensione, di stacco di questa particolare comunicazione legata alla fisiologia dell’orecchio e alla formazione di aree nel nostro cervello de- putate alla decodificazione di segnali sensoriali percepiti come gradevoli. Se da un lato questa musica apriva nuove dimensioni estetiche e proponeva un grande contenuto intellettuale, dall’altro la perdita della sensazione di piacevolezza, che per tanti secoli abbiamo sperimentato nella nostra musica occidentale, richiedeva un notevole sacrificio di ascolto. Molte musiche del ‘900, al di fuori della «dodecafonia», hanno perseguito queste finalità, determinando alla fine un innegabile scollamento tra pubblico e compositori. Q uest a mu s ica però è nata da una appassionata ricerca di rendere l’ascolto libero dai vincoli fisiologici e nel segno della conquista lenta ma reale di altri spazi sonori. Ci piace perciò leggere le parole che il grande Helmholtz scrisse in favore di una definizione metafisica del bello vincendo la tentazione di un’estetica meccanicistica: «Sorge in noi il sentimento di una razionalità dell’opera d’arte che va ben al di là di ciò che comprendiamo lì per lì e della quale non intravediamo limiti e confini. Ricordando le parole del Faust, “allo spirito somigli che tu stesso concepisci”, abbiamo il sentimento delle forze spirituali che hanno operato nell’artista e che si lasciano indietro il nostro pensiero cosciente.» A sinistra e nelle pagine precedenti, xilografie tratte dall’opera Theoricum opus musice discipline di Franchino Gaffurio (1480) *Ordinario di Storia ed Estetica della Musica al Conservatorio «B. Marcello» di Venezia 73