L’allargamento dell’ecumene in alcune opere cartografiche del XVI secolo L’immaginario dell’uomo del Rinascimento con il 1492 e gli anni successivi ricevette una grande spinta che si estrinsecò nella letteratura, nelle arti pittoriche ed in altre branche dell’arte, ma che divenne addirittura prevalente nel campo della cosmografia e della geografia, e ciò è molto evidente soprattutto in Spagna e in Italia, l’una perchè interessata in prima persona all’avventura americana e la seconda in quanto al momento i diversi stati italiani erano ritenuti i maggiori mecenati del mondo moderno e pertanto era in Italia che risiedeva un vasto numero di artisti e scienziati, ed anche perché, essendo le città di Genova, Firenze e Venezia le sedi delle più importanti case bancarie e mercantili mondiali, erano in grado di ricevere sempre notizie di prima mano dai viaggiatori e mercanti che in quei nuovi paesi si recavano. Questa antica ricchezza è oggi ancora riscontrabile nell’amplissima mole di documenti conservati nelle biblioteche pubbliche e private italiane. Con il 1492 ed i successivi viaggi di scoperta e di penetrazione europea nelle terre del Nuovo Mondo, non solo naviganti, governanti, conquistadores, emigranti, evangelizzatori presero atto dell’esistenza di un quarto continente, ma la scoperta rimbombò nel mondo scientifico, come un colpo di cannone di rossiniana memoria, mettendolo completamente a soqquadro e contribuendo a rivoluzionare tutto il sistema sul quale il mondo antico e medievale si erano basati, quel sistema tolemaico che non riteneva possibile la vita al di sotto della linea equinoziale, e per il quale, così come per la Chiesa, esistevano solo tre continenti e che stava per essere messo fuori combattimento dalla rivoluzione copernicana. Ora i viaggi transatlantici di Colombo, Caboto, Vespucci, Juan de la Cosa, Ojeda, Nicuesa, Ocampo, Núñez de Balboa, Ponce de León, Pánfilo de Narváez, Núñez Cabeza de Vaca, Cortés e tanti altri stavano, oltre che sovvertendo un ordine costituito, ingrandendo a dismisura l’orbe terracqueo che, a questo punto abbisognava di un nuovo modo per essere rappresentato, non essendo più attuale il vecchio sistema di raffigurazione tolemaica, e neppure, per la parte marina, la vecchia cartografia nautica mediterranea medievale. 1 Le carte manoscritte Se è vero che le prime raffigurazioni del nuovo mondo sono spagnole a partire dalla prima carta, quella di Juan de la Cosa, vediamo anche che il cartografo doveva piegare la complessa struttura cartografica medievale, di completa ispirazione tolemaica, al servizio dell’esperienza che, contrariamente a tutto ciò che si conosceva aveva fornito l’esistenza di un «impossibile» quarto continente1 e a ciò si era per forza di cose dovuto piegare il cartografo, che si era trovato nella necessità di introdurre nella vecchia ecumene la nuova realtà, senza per il momento essere in grado di modificare il sistema di raffigurazione della proiezione piana a rombi di vento2. Planisfero Juan de la Cosa 1 COLOMBO CRISTOFORO, Relazione del Terzo Viaggio, in Relazioni e Lettere sul Secondo, Terzo e Quarto Viaggio, a cura di TAVIANI P.E., CONTI M., GIL J. e VARELA C.,, IPZS, Roma 1992, vol. II, t. I, pp. 60-97: «Torno a mi propósito de la tierra de Gracia y río y lago que allí fallé, atán grande, que más se le puede llamar mar que lago, porqu’el lago es lugar de agua, y en seyendo grande, se dize mar, como se dixo a la mar de Galilea y al mar Muerto… que Vuestras Altezas tienen acá otro mundo, de adonde sacar tantos provechos…». 2 La carta nautica di Juan de la Cosa è conservata presso il Museo Navale di Madrid, dopo che fu acquistata a Parigi nel 1832 dal Barone di Walkenaer in un negozio di rigattiere. Si tratta di un grande cimelio che misura cm 193 x 96 e formato da due pergamene incollate fra di loro, cfr. CEREZO MARTÍNEZ R., La Carta de Juan de la Cosa y su circunstancia histórica, in «Boletín de la Real Sociedad Geográfica de Madrid», CXXVIII (1992), pp. 125-152. La carta è molto interessante, basti pensare alle scritte che il suo autore ha inserito, sia all’altezza della Nuova Francia che del Brasile. Nel primo caso si legge: mar descubierto por ingleses, con un chiarissimo riferimento alla navigazione di Giovanni Caboto del 1497 con la quale erano state scoperte le terre che entrarono a far parte della corona britannica, mentre nel secondo è detto: este cabo se descubrió en el año de mil y IIII XCIX por castilla, syende descubridor vicentiañs. Chiara è l’allusione di Juan de la Cosa a Vicente Yáñez Pinzón che, oltre ad aver partecipato all’impresa del 1492 al comando della Niña, dopo aver ottenuto nel giugno del 1499, dai Re Cattolici la concessione al viaggio, in novembre, al comando di quattro piccole navi scopriva il capo di Sant’Agostino posto a 8° di lat. sud. Dal momento che l’annotazione di Juan de la Cosa si riferisce a questa impresa dobbiamo supporre che la carta sia stata composta tra l’ottobre e il dicembre del 1500, dal momento che lo stesso Pinzón fece ritorno a Palos il 30 settembre del 1500. La carta di Juan de la Cosa che pure interessa una gran parte dell’America orientale continentale è eloquente soprattutto per ciò che concerne la raffigurazione delle isole caribiche e antillane nel loro insieme. 2 Fra le primissime descrizioni delle nuove terre una delle più importanti è senza dubbio quell’immagine dell’isola di Hispaniola, considerata dagli spagnoli non solo un approdo essenziale per i viaggi verso il continente, ma sin dal secondo viaggio colombiano, la sede del Viceré e governatore delle Indie ed infine dichiarata da Filippo II di Spagna: «escala, puerto y clave de todas las Indias». Quest’isola così determinante nel periodo della conquista e non solo, è anche stata la prima terra ad essere cartografata da mano italiana, dal momento che l’unico disegno sicuramente di mano dell’Ammiraglio del Mare Oceano e primo Viceré delle Indie è quello della costa settentrionale dell’isola. Cristoforo Colombo, Isola Hispaniola (Biblioteca Nacional de Madrid) Questo scarno schizzo è indubbiamente tracciato da una mano pratica di disegno nautico, come è dato vedere dalle sue profonde insenature e dai promontori3. Ridotta all’essenziale anche la toponomastica, e due di questi toponimi servono abbastanza bene per determinare i termini ante e post quem. Infatti i caratteristici nomi di Natividad e di Cibao individuano il lasso di tempo in cui la carta può essere stata disegnata. La Navidad fondata nel Natale del 1492 era già distrutta nel settembre dell’anno successivo e Cibao = Cipango era il nome con cui Colombo chiamò all’inizio della sua eccezionale avventura l’isola di Hispaniola, e quindi è evidente che lo schizzo può essere stato eseguito solo tra la fondazione della Navidad e la partenza per il secondo viaggio, dal momento che La Navidad fondata nel Natale del 1492 era già stata distrutta nel settembre dell’anno 3 Questo schizzo fu reso pubblico in occasione del IV Centenario dalla Duchessa di Berwick e Alba, nel cui Archivio era conservato da moltissimi anni insieme con una grande messe di documenti che dettero vita ad alcune raccolte ancor oggi di primissimo interesse per chi si accinga a studiare la scoperta e la conquista dell’America: Documentos escogidos del Archivo de la Casa de Alba; Autógrafos de C. Colón y papeles de América; Nota a los Autógrafos de Colón publicados por la duquesa de Alba; Nuevos autógrafos de Colón y relaciones de ultramar. Sulla triste vicenda della Navidad vedasi: TAVIANI P.E., I viaggi di Colombo. La grande scoperta, IGDA, Novara 1990, vol. I, pp. 68-74, 116122; vol. II, pp. 104-109, 151-155. 3 successivo. Hispaniola era senza dubbio considerata la terra più importante nei primissimi anni di scoperta se oltre allo schizzo colombiano, l’isola è stata cartografata più volte nei primi anni successivi alla conquista. Questa importanza è testimoniata da tutta una serie di carte geografiche tracciate in un ristretto lasso di tempo e da mani esperte, quali quelle dei pilotos mayores della Casa de la Contratación di Siviglia4. Una carta del 1509, disegnata da Andrés de Morales e conservata all’Archivo General de Indias di Siviglia è così descritta da Pietro Martire d’Anghiera: semejante a una hoja de castaño, con su seno al Occidente, mirando a la isla de Cuba. Pero este piloto, Andrés Morales, me la ha traido dibujada de otro modo aunque poco diferente; pues por ambos extremis, el oriental y el occidental, la pone comida de grandes senos, y que extiende muy a lo largo los cabos, y dentro del seno oriental coloca puertos anchos y seguros5. Nell’ Editio Princeps di Pietro Martire d’Anghiera del 1511 è stata inserita una carta del golfo del Messico e di Cuba, e che nel tratto continentale del sud America giunge sino al capo Santa Cruz. Si tratta di uno schizzo molto schematico, probabilmente tratto da un prototipo del Padrón Real eseguito sotto il comando di Vespucci che, come appare in una cedola reale del 1511, doveva essere conservata in una cassaforte chiusa con ben tre chiavi6. Andrés de Morales (?) Carta annessa all’edizione 1511 della I Decade del De Orbe Novo 4 CEREZO MARTÍNEZ R., La Cartografía Náutica Española en los Siglos XIV, XV y XVI, CSIC, Madrid 1994, pp. 146151. 5 Andrés de Morales nacque a Córdoba o a Siviglia forse nel 1477 e morì nel 1517. Fu navigatore e cartografo. Partecipò al terzo viaggio colombiano e a quello di Rodrigo de Bastidas y Juan de la Cosa (1500). Realizzò importanti carte geografiche delle terre del Nuovo Mondo, lavorando per la Casa de la Contratación. 6 Real cédula dada en Se villa el 10 de mayo de 1511. A.G.I., Indif. General, leg. 418. 4 Se effettivamente la carta di Martire d’Anghiera fosse del 1511 bisognerebbe pensare ad una sua preveggenza per ciò che concerne la scoperta della Florida e di Bimini, dal momento che nella medesima carta troviamo il toponimo di Illa de Beimeni attribuito alla punta della penisola di Florida7. C’è invece ovviamente da pensare che la carta sia stata inserita più tardi nella prima edizione delle Decadi, mentre è esatta la localizzazione della Bermuda, scoperta nel 1505 da Juan Bermúdez8. D’altronde al contrario di ciò che succede oggi, gli umanisti non consideravano di agire scorrettamente se si inseriva in un libro edito in un determinato anno, elementi più recenti ma che potevano servire all’intelligibilità dello stesso. Forse la carta annessa all’edizione dell’11 era parte del più grande Padrón Real che lo stesso Re ordinò di ritirare dalla stampa9. Hispaniola 1509 Andrés de Morales Hispaniola 1514 Andrés de Morales Una terza carta, sempre inserita da Pietro Martire nell’edizione del 1516 di Alcalá de Henares, attribuita anche questa a Andrés de Morales, mostra compiutamente come l’isola fosse già stata ampiamente colonizzata ed abitata. All’interno il disegno riporta la configurazione delle sierre centrali e del reticolo fluviale, così come molto dettagliata è la raffigurazione dei centri abitati, di cui se ne contano almeno sedici: Santo Domingo, Salva León, Santa Cruz, Buenaventura, Bonao, Concepción, Santiago, Acua, Sc.s Iõs, Villa nova, Verapax, Salvatierra, Portus Argenti, Isabella, 7 CONTI S., Juan Ponce de León, l’isola di Bimini e la fonte dell’eterna giovinezza, in MASETTI C. (a cura di), Chiare, fresche e dolci acque. Le sorgenti nell’esperienza odeporica e nella storia del territorio. Atti del Convegno di Studi San Gemini (18-20 ottobre 2000), Brigati, Genova 2001, pp. 43-53. 8 Le Decades de Orbe Novo di Pietro Martire d’Anghiera, umanista italiano alla corte dei Re Cattolici, hanno avuto più di un’edizione. La prima fu editata, all’insaputa dell’autore e contenente solo la prima decade, nel 1511 a Siviglia, La seconda edizione, contenente le prime 3 decadi, apparve ad Alcalá de Henares nel 1516, ed infine l’opera, completa di tutte le otto decadi, è del 1530 stampata sempre ad Alcalá de Henares, quattro anni dopo la morte di Pietro Martire. 9 CEREZO MARTÍNEZ R., La Cartografía Náutica Española…cit., pag. 149. 5 Puerto Real, Lares. Ma questa carta è tanto più importante in quanto è il primo documento del Nuovo Mondo che testimonia dell’uso politico della cartografia. Infatti in realtà i toponimi segnati non stanno a indicare solo i centri fondati e dal primo Ammiraglio e da Nicolás de Ovando, ma siamo di fronte alla ripartizione politico-amministrativa di Hispaniola, che servì alla corona nel 1514 per effettuare un censimento necessario alla divisione o repartimiento dell’isola nelle varie Encomiendas. Questo censimento che porta il nome di Albuquerque, da uno dei funzionari che lo eseguirono, servì sia a contare gli spagnoli che risiedevano nell’isola, sia a ripartirsi gli indios rimasti10. La conoscenza di tutte le isole caribiche, grandi e piccole, era già completa e ben documentata già alla fine del secolo XV come si può vedere da due codici anonimi della fine del XV o degli inizi del XVI secolo conservati rispettivamente a Ferrara e a Firenze e che la tradizione vuole siano stati ricavati da appunti e da disegni eseguiti da Bartolomeo Colombo, fratello dell’Ammiraglio, fondatore di Santo Domingo, suo primo Adelantado e, come il fratello, esperto nell’arte cartografica. In questi due codici: Ms.II 10 della Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara e B.Rari 234 (olim Magliabechi XIII,81) della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ambedue dal titolo Miscellanea di cose geografiche, anonimi ma sicuramente ascrivibili alla mano dell’erudito veneziano Alessandro Zorzi, e composti entro i primi dieci anni del secolo XVI, troviamo tutta una serie di disegni che illustrano, con particolare esattezza, per ciò che concerne le loro coordinate geografiche, le numerose isole delle grandi e delle piccole Antille11. Ci si trova quindi di fronte a tutta una schiera di terre che vanno da Cuba, Hispaniola e Giamaica a Matinino (Martinica), Guadalupe e Dominica, Maria Antica, S.Maria Rotonda, Montserrat, Buchina, S.Martino. E sempre 10 RODRÍGUEZ MARTÍNEZ L., Panorámica Colonial de la Isla Hispaniola. Siglos XV-XVI, Colección V Centenario, Santo Domingo, República Dominicana 1989, pp. 135-147. Particolarmente notabile è la ripartizione degli spagnoli che nel 1515 ammontavano solo a 1383: «repartidos en los pueblos de Azua, La Buenaventura, Concepción de la Vega Real, Salvaleón de Higüey, Santiago, San Juan de la Maguana, La Vera Paz, Santa María de la Yaguana, así como en la ciudad de Santo Domingo. Se hace la observación de que, dunque Montecristi figura como pueblo, no lo era, ya que únicamente tenía dos vecinos o habitantes, y que tampoco era pueblo La Isabella, con un sólo abitante. Por otro lado, la población española dispersa en otros sitios era estimada en 223 personas». 11 Vasta è la letteratura geografica su questi due particolarissimi cimeli che interessano sia la Storia delle Esplorazioni che quella della Cartografia e ricordiamo in particolar modo: ALMAGIÀ R., Intorno a quattro codici fiorentini e ad uno ferrarese dell’erudito veneziano Alessandro Zorzi, in «La Bibliofilia», XXXVIII (1936), pp. 313-343; LAURENCICH MINELLI L., Un “giornale” del Cinquecento sulla scoperta dell’America. Il Manoscritto di Ferrara, CisalpinoGoliardica, Milano 1985; CONTI S., Scheda IV.15, in CAVALLO G. (a cura di) Due Mondi a Confronto 1492<1728. Cristoforo Colombo e l’Apertura degli Spazi, IPZS, Roma 1992, vol. II, pp. 667-670; MACCAGNI C., Scheda IV.14, in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 664-667; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta, in Nuova Raccolta Colombiana, IPZS, Roma 1993, pp. 27-42. 6 nella tradizione colombiana di considerare il continente sudamericano facente parte dell’Asia è il disegno d’insieme del Codice Zorzi di Firenze, dove il toponimo Mondo Novo interessa la zona di Paria, con la Boca del Dragón e il Capo S.Croce, mentre tutta l’area che dal Puerto de los Bastimentos e Beragua in Panamá dirige verso nord in direzione dell’odierno Honduras, è ancora chiamata dall’anonimo autore Asia. Quindi se è pur vero che i disegni non sono di mano di Bartolomeo Colombo né tanto meno dell’Ammiraglio, la fonte è da considerarsi senza dubbio di matrice colombiana, in quanto alcune notazioni potevano uscire solo dalle indicazioni nautiche precise dei “cartografi” Colombo. Alessandro Zorzi, Miscellanea di cose geografiche, f. 60v(B.N.Firenze, B.Rari 234) Differente è il discorso che si può fare a proposito delle terre continentali. Data la preminenza spagnola nella scoperta e nell’esplorazione sia nautica che terrestre delle terre americane e dal momento che le rotte e le forme delle terre erano sotto il vincolo del segreto di stato appare evidente che i primi prototipi di queste nuove zone siano iberici, spagnoli e portoghesi, ed è proprio da questi prototipi denominati Padrón Real che derivano tutte le carte manoscritte degli inizi del XVI secolo12. 12 Circa 10 anni dopo la creazione della Casa de la Contratación avvenuta nel 1503 a Siviglia e quattro da quella della carica di Piloto Mayor ricoperta per il primo da Amerigo Vespucci, la Spagna istituì il Padrón Real, ossia una carta nautica che veniva modificata in continuo seguendo le innovazioni delle rotte e le scoperte che venivano mano a mano effettuate. Questi modelli venivano conservati nella Casa de la Contratación ed erano posti sotto il segreto di Stato. LOPEZ PIÑERO J.M., Ciencia y Técnica en la Sociedad Española de los Siglos XVI y XVII, Editorial Labor, Barcelona 1979, pag. 226; STIFFONI G., La Scoperta e la conquista dell’America nelle prime relazioni degli Ambasciatori veneziani (1497-1559), in: L’impatto della Scoperta dell’America nella Cultura Veneziana, Bulzoni ed., Roma 1990, p. 354; CUESTA DOMINGO M., «Tierra Nueva e Cielo Nuevo». Navegación, Geografía y Mundo Nuevo, in «Boletín de la Real Sociedad Geográfica de Madrid», CXXVIII (1992), pp. 13-36. 7 Dal 1501 al 1513 esiste tutta una serie di carte, per lo più anonime e non datate che illustrano passo per passo l’esplorazione delle coste americane, per giungere verso la metà del secolo alla raffigurazione di tutto il continente meridionale, di quello centrale e in parte di quello settentrionale, completa anche di alcune linee che illustrano due importanti modi per giungere e per attraversare il continente13. Tra il 1502 ed il 1504 sono state realizzate quattro o cinque grandi carte (almeno sono quelle fino ad oggi pervenute) quasi tutte anonime e ognuna di loro presenta delle particolarità che le rendono indispensabili per la conoscenza dei territori da poco scoperti; sono le carte denominate Cantino, Caverio, King Hamy, Kunstmann II, Reinel, Anonima di Pesaro e Maggiolo di Fano. La peculiarità più importante di queste carte non è nella persona del loro autore, nell’eventualità che se ne conosca l’autore, e neppure sulla data (quando c’è), dal momento che è la prima cosa che viene modificata, ma è il cercare di seguire mediante il disegno delle terre emerse e del loro orientamento, la priorità delle stesse carte. Per la migliore comprensione di questi cimeli è necessario rifarsi alle conoscenze portate in Europa dopo i primi tre viaggi colombiani e quello di Ojeda e Pinzón, per il centro America, quello di Caboto per il nord e quelli effettuati da Cabral e da Vespucci al sud. Questi viaggi avevano ormai reso noto al mondo che la vecchia concezione tolemaica era del tutto errata, e che quindi si andava profilando l’esistenza di nuove terre e che la contiguità con l’Asia, vecchia idea di Colombo, era del tutto tramontata. Queste carte sembrano provenire tutte da un’unica matrice lusitana, che aveva recepito le notizie pervenute dopo gli ultimi viaggi transoceanici sia dei portoghesi che degli spagnoli. La più bella è quella detta “Cantino”, di grandi dimensioni cm 220x105, non datata e anonima14. Alberto Cantino, che era un agente diplomatico di Ercole I d’Este, ebbe dal suo signore l’incarico di acquistare in Portogallo una carta nautica, recapitata al Duca nel 1502. Dalla relazione inviata insieme con la carta si sa che la medesima fu disegnata a Lisbona tra il dicembre 1501 e l’ottobre 13 In tutta la produzione di Battista Agnese, di cui si parlerà più avanti, si può notare nelle tavole centrali raffiguranti sia il Vecchio che il Nuovo Mondo, che vi sono delineate due linee di colore diverso. La prima o in nero o in rosso mostra il percorso della prima circumnavigazione del mondo effettuata da Magellano, mentre la seconda, in argento o in oro, ha i due vertici in Spagna e nel Perù, e indica la strada seguita dai carichi d’oro e d’argento che dal Perù, attraverso il Panamà, recava le ricchezze del Nuovo Mondo a Siviglia. 14 La storia di questo grande planisfero pergamenaceo che reca il nome completo di Carta da navigar per le isole Nuovamente trovate in la parte de l’India, è molto singolare, infatti dopo essere stata conservata sino al 1598 nell’archivio del duca d’Este, rimase nel palazzo ducale di Modena fino al 1859. In quello stesso anno, nel corso di una rivolta popolare, fu trafugata con il suo astuccio di marocchino rosso. Fu ritrovata qualche anno più tardi da Giuseppe Boni, direttore della Biblioteca Estense, nella bottega di un salumiere che l’aveva utilizzata quale paravento. MILANO E., La carta del Cantino e la rappresentazione della Terra nei codici e nei libri a stampa della Biblioteca Estense e Universitaria, Il Bulino, Modena 1991. 8 del 1502. Nel giungere in Italia la Carta si era fermata a Genova da dove era proseguita per Ferrara. La sosta genovese diviene tanto più importante se si tiene presente che la carta del Caverio, fu composta proprio a Genova all’incirca nello stesso periodo. Ambedue i cimeli contengono la medesima parte dell’ecumene geografico fino ad allora conosciuto, tutto il Vecchio Mondo, compreso di Europa, Africa e Asia e di una minima porzione, l’unica conosciuta, del Nuovo. Confrontando il disegno dell’America è estremamente importante notare le diversità fra le due realizzazioni, quella portoghese e quella genovese. La differenza maggiore si riscontra nel profilo costiero dell’America meridionale che nel Cantino è stato modificato dal suo anonimo autore, sicuramente dopo il viaggio di Vespucci. La linea di costa è estremamente vicina alla realtà, e lo si può affermare con sicurezza dal momento che il suo autore ha sostituito un vecchio disegno con quello che possiamo vedere, in quanto un pezzo di pergamena è stata sicuramente aggiunto con una correzione del tracciato. Carta Cantino, 1502 (Biblioteca Estense, Modena) Al largo delle coste del Brasile si legge la seguente scritta: La Vera Croce, così nominata per nome, la quale trovò Pedro Alvares Cabral, gentiluomo della casa del Re di Portogallo, egli la scoprì andando come capitano maggiore di quattordici navi che il detto re mandava a Calicut, e andando nel suo cammino incontrò questa terra, qual terra si crede che sia terraferma e vi è molta gente ragionevole, van nudi uomini e donne come la lor madre li partorì; sono più bianchi che bruni e con capelli molto lisci. Fu scoperta questa terra nell’anno cinquecento. Sotto la grande scritta che denomina le grandi e le piccole Antille: Las antillas del Rey de Castella, è stata posta la seguente legenda: Scoperte da Colombo ammiraglio, quelle dette isole furono scoperte per mandato del molto alto e poderoso principe Re don Fernando Re di Castiglia, mentre al nord si legge: Terra del re di Portogallo. Questa terra fu scoperta per mandato del molto alto eccellentissimo principe re 9 don Manuel re di Portogallo, la quale scoprì Gaspar Corte Real cavaliero della casa del detto re. Il quale quando la scoprì, mandò un naviglio con alcuni uomini e donne che trovò nella detta terra ed egli restò coll’altra nave né giammai tornò; si crede sia perduto; e qui vi è molte legna15. La carta del Caverio è molto simile all’altra se non per la zona costiera del Brasile, che non risente delle modifiche apportate al Cantino in seguito al viaggio vespucciano16. Il tracciato delle Antille è in realtà dissimile dal prototipo di Juan de la Cosa, il che indica con chiarezza come in Portogallo ancora non fosse giunta la veridicità sulla forma e sull’esatta posizione sia di Cuba che di Hispaniola. Quanto è distante questo disegno dagli schizzi di Colombo! Al contrario del Cantino il Caverio mostra una sia pur minima porzione dell’area continentale del centro America. Si tratta di un accenno neppure molto esatto, ma è comunque una testimonianza di tutto rispetto, rifacentesi quasi esclusivamente al terzo itinerario colombiano. Ma l’elemento più interessante e che persisterà per più di un secolo è dato da un piccolo planisfero inserito all’interno dell’Africa e nel quale il cartografo ha tracciato lo schizzo di tutti i continenti conosciuti17. Carta Caverio, 1502? (Bibliothéque Nationale de France, Paris) Fra le prime raffigurazioni che illustrano tutta l’ecumene conosciuta e che testimoniano dell’allargamento di questa verso occidente, divengono essenziali per alcune loro caratteristiche gli anonimi chiamati Kunstmann II e King-Hamy. 15 FRABETTI P., Illustrazione e vicende del planisfero portogheser detto “del Cantino” dell’a. 1502 conservato presso la biblioteca Estense di Modena, estratto da «Atti della Accademia delle Scienze di Ferrara», voll. 62-63 (1989), pp. 19; MILANO E., La Carta del Cantino, Il Bulino, Modena 1991, pp. 117-119. 16 La carta di Nicolò Caverio è conservata a Parigi presso la Biblioteca Nazionale, nel deposito di Cartes et Plans, alla segnatura S.H. Archives n. 1 e reca la scritta: Nicolay de Caverio januensis. Si tratta di una carta molto estesa che misura cm 115x225. 17 BALDACCI O., Scheda IV.1, in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 637-638; ID., Atlante Colombiano della Grande Scoperta… cit., pp. 59-62. 10 Il primo, conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek (cod. icon. 133), si presenta quasi come un quadrato (misura mm 1100 x 1000). Per alcuni aspetti del vecchio mondo il disegno riporta ad alcuni elementi presenti nel Maggiolo della Federiciana di Fano, così come il Mar Rosso e il golfo Persico, la costa africana dal golfo di Guinea al corno d’Africa e anche quella della penisola indiana. La similitudine con il Maggiolo continua anche nelle terre del nord Europa, ed in particolare nelle isole disegnate a nord della penisola scandinava e nell’Islanda. Planisfero Kunstmann II (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek – Cod. Icon 133) Anche l’America meridionale è molto simile a quella del planisfero di Fano, mentre le uniche differenze si riscontrano nel disegno delle grandi isole caribiche e le terre dell’America del nord, scoperte da Caboto e dai Corte Real. Considerando che la carta di Fano purtroppo è mutila esattamente nell’area delle particolarmente grandi di Antille, Cuba, non e è possibile dire se vi fossero somiglianze con quella di Fano, ma per quel poco che si può vedere, Hispaniola ha un aspetto completamente diverso da quella di Fano e Cuba ha un aspetto molto allungato, totalmente differente dalla Cuba di Juan de la Cosa, del Cantino, del Caverio, e dell’Anonimo di Pesaro. Kunstmann II è stato attribuito ad autore italiano, ma chiunque ne sia l’autore è indubbio che le informazioni che si leggono nelle sue legende derivano da quelle portate nel vecchio mondo dopo i primi tre viaggi colombiani, di Caboto, e di Vespucci18. Tre sono le legenda della carta: la prima in alto a sinistra: Omnes iste infule ac terre invente fuerunt ab uno genuensi nomine Columbo et in istis insulis non sunt animalia alienis naturæ preter serpentes item invenitur aurum in multis locis omnes iste infule nominantur le Antilie19. 18 KUNSTMANN F., Atlas zur Entdeckungsgeschitchte Amerikas, München, 1859; KRETSCHMER K., Die Entdeckung Amerikas in ihrer Bedeutung für die Geschichte des Weltbildes, Berlin, 1892; MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci, Fratelli Treves, Roma 1926, pp. 210-211; BALDACCI O., Atlante Colombiano… cit., pp. 67-68. 19 «Tutte queste isole e terre sono state scoperte da un genovese di nome Colombo e in queste isole non sono animali di altra natura se non serpenti, inoltre si trova oro in molti luoghi, tutte queste isole sono dette le Antilie». 11 La seconda è in basso a sinistra: ista terra quae inventa fuit positum est nomen terra sanctae crucis eo quod in die sanctae crucis inventa est et in ea est maxima copia ligni bresilli etiam invenitur cassia grossa ut brachium hominis aves papagi magni ut falcone set sunt rubri homines vero albi nullam legem habentes se invicem comedunt20. La terza scritta è posizionata in Atlantico, al largo delle coste tra Guinea ed Angola: omnes damnati ad mortem de gratia speciali obtinent a rege portugalie quod toto tempore vite sue possint in hac insula abitare (ubi?) nihil invenitur nisi radices herba… dictus rex ibidem castra construxit21. Nell’evoluzione dei disegni che illustrano l’allargamento dell’ecumene, un posto importante è occupato dalla carta detta King-Hamy, illustrata per la prima volta nel 1866 da Jules Ernest Théodore Hamy, ed oggi conservata alla Huntington Library di San Marino di California. Planisfero King-Hamy, Huntington Library, San Marino di California Questa carta al di là della sua origine, italiana o portoghese, risulta di un’estrema importanza per più di un motivo. È il primo documento che testimonia una netta separazione tra il vecchio mondo e quello nuovo da poco scoperto. 20 «Questa terra che è stata scoperta ha avuto per nome Terra di S. Croce perché è stata scoperta nel giorno della Santa Croce ed in essa è grande abbondanza di legno verzino, anche vi si trova cassia grossa come il braccio di un uomo, uccelli pappagalli grandi come falconi e di colore rosso; gli uomini sono bianchi, i quali non hanno alcuna legge (e) si mangiano fra di loro. 21 «Tutti i condannati a morte, in seguito ad una grazia speciale, ottengono dal re del Portogallo di poter abitare per il tempo della loro vita in questa isola… non vi si trova nulla se non radici, erba… lo stesso re vi ha fatto costruire dimore» 12 Sulla destra della pergamena, per la prima volta nella cartografia il continente asiatico è disegnato come un’entità conclusa, senza nessuna contiguità con le terre da poco scoperte, quindi senza indulgere in quello che era stato il pensiero di Colombo e forse anche degli altri primi scopritori. Le terre del vecchio mondo mantengono ancora in parte il loro profilo tolemaico, in particolare per l’estremo oriente, mentre l’Africa ha ormai un aspetto completamente moderno. La novità più sorprendente si legge però nella fascia di sinistra della carta. In alto a nord si possono scorgere, sotto forma di isole, le “recenti ” scoperte della TERRA LABORATORIS e della TERRA CORTEREAL, nessuna traccia di terre continentali, e sono presenti due delle grandi Antille, Hispaniola e Cuba. Quest’ultima manca della sua parte occidentale più estrema, probabilmente per un taglio della pergamena, ma quel che è visibile non l’avvicina minimamente ai disegni precedenti (de la Cosa, Cantino, Caverio) e neppure ai contemporanei (Fano, Pesaro). Anche in questa pergamena, come in altre coeve, il disegno costiero dell’America del Sud appare spezzato, quasi mancasse la conoscenza di parte delle scoperte appena effettuate, ma in realtà come ha indicato Magnaghi: «Nella carta dell’Hamy le isole e le coste settentrionali dell’America del S. figurano pure spostate considerevolmente verso N., ma l’interruzione dei 10° gradi di costa a N. dell’Equatore (che non avrebbe nessuna ragione di essere, perché la costa era stata tutta esplorata dal Vespucci stesso, da Pinzón e da Lepe) deve stare precisamente a indicare nelle intenzioni del cartografo, ancora a servizio del Portogallo, il numero dei gradi di cui tutte codeste terre vanno riportate al SE., in modo che le due estremità delle coste vengono a combaciare: in altri termini siamo qui in presenza del primo tipo di quelle carte a due graduazioni, che furono anche in seguito frequentemente adottate per tener conto di dati nuovi senza esporsi al lavoro immane di correggere interamente le carte ufficiali»22. Il tracciato delle latitudini che, in teoria, avrebbe dovuto segnalare il nord geografico, in realtà, messo insieme alla direzione del nord indicato dall’ago magnetico della bussola, dava il nord magnetico e non quello geografico. Ciò portava di conseguenza a tracciare delle rotte fortemente deviate soprattutto in vicinanza di Terranova, come del Labrador e delle nuove terre che si volevano esplorare. Dal momento che le carte venivano disegnate seguendo le latitudini stimate, il profilo delle coste risultava totalmente errato, soprattutto come direzione23. 22 MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci…cit., pag. 215. CONTI S., Le geocarte nautiche a «doppia graduazione», in CONTI S. e ARCA M. (a cura di) Giovanni Caboto e le vie dell’Atlantico settentrionale. Atti del Convegno Internazionale di Studi – Roma 1997, Brigati, Genova 1999, pp. 281301. 23 13 Ancora due peculiarità la distinguono dalle altre carte coeve. La prima riguarda la scala delle latitudini posta verso l’estremità sinistra della pergamena, ed è il primo caso di carta “nautica”, insieme con il Pedro Reinel del 1504, dove è stata disegnata una scala che indichi le latitudini, e la seconda, ancora più particolare è la presenza nella carta di due equatori: «È notevole che nella carta sono disegnati due Equatori: il primo che va dall’estremità orientale al Golfo di Biafra è tolemaico; l’altro, che è il giusto, delineato a circa 4° più a S. va da un punto della costa orientale dell’Africa, passando per l’isola di S. Tomaso, sino all’estremità occidentale del foglio… è assai probabile che il cartografo li abbia tracciati tutti e due per additare la differenza fra la latitudine errata di Tolomeo e quella esatta risultante dalle osservazioni compiute nei viaggi a W. La dichiarazione di Walseemüller24 di aver trovato l’Equatore collocato diversamente che da Tolomeo sulle carte marine, ha forse origine da una esibizione siffatta»25. Altri due planisferi, all’incirca databili ambedue intorno al 1504 e conservati rispettivamente a Pesaro ed a Fano, presentano molti aspetti di similitudine e ci aiutano a capire come i cartografi procedessero nel disegnare le nuove terre. Quello di Fano è a firma di Vesconte Maggiolo che nella legenda così scrive: Ego Vesconte de Maiollo composuy anc cartam de anno dnj 1.5…4. die VIII Juni in civitatem Janua.... Essendo la scritta non integra e con lacune, vari studiosi hanno desunto che la carta sia stata redatta nel 150426, anche se alcune sue particolarità porterebbero a posporre la sua datazione. L’interessante di questa carta è costituito dalla mancanza di una porzione di costa nella zona nord est del sud America. Ciò è probabilmente dovuto, da parte del Maggiolo, al fatto di non voler disegnare di fantasia una zona che non aveva conosciuto personalmente da fonti sicure. Anche perché non vi sono prove che abbia seguito il medesimo procedimento della carta King-Hamy. 24 Nella prefazione della Cosmographiae Introductio si legge: Nos in depingendis tabulis typi generalis non omnimodo sequutos esse Ptolomeum, praesertim circa novas terras ubi in cartis marinis aliter animadvertimus aequatorem constitui quam Ptolomeus fecerit. Et proinde non debent nos statim cullare qui illud ipsum notaverint, consulto enim fecimus quod hic Ptolomeum alibi cartas marinas sequuti sumus». 25 MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci… cit., pp. 215-216. 26 La diatriba più vasta che ha riguardato questo cimelio concerne proprio la sua datazione. La mancanza infatti della terza cifra ha proposto diverse soluzioni che hanno scatenato le ipotesi più svariate. Si va dal 1524 al 1534 al 1514 ed infine a quella che appare più logica: 1504. Su questo tema vedasi: CRINÒ S., Notizia sopra una Carta da Navigare di Visconte Maggiolo che si conserva nella Biblioteca Federiciana di Fano, in «Boll. Soc. Geogr. Ital.» s. IV, 1907, pp. 1114-1121; CARACI G., Sulla data del Planisfero di Visconte Maggiolo conservato a Fano, in «Memorie Geografiche dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma», VI (1960), pp. 89-126; LUZZANA CARACI I., Scheda IV.5 in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 643-647; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta… cit., pp. 63-66. 14 Vesconte Maggiolo, 15…4 (Biblioteca Federiciana, Fano). Al contrario è molto ben individuata l’isola di Hispaniola, così come Puerto Rico e tutte le piccole Antille. Proprio Vesconte Maggiolo è sicuramente uno dei cartografi che nel resto della sua produzione, ad iniziare dall’ atlante del 1511, ha sempre dato una grande importanza alla raffigurazione dell’America. Si tratta di un atlante di 10 tavole, alcune doppie, altre singole27. E’ sicuramente una delle opere più importanti della sua età giovanile, dopo il Planisfero conservato a Fano, e quello che colpisce è la modernità del disegno, rispetto alle produzioni di cartografi precedenti e l’attenzione va posta soprattutto sulla sesta tavola. Questa contiene infatti un planisfero del tutto particolare a cominciare dalla proiezione con la quale è stato costruito. In primis è sicuramente una delle prime volte che un planisfero viene inserito in un atlante di carte nautiche a rombi di vento; ma la cosa che più colpisce è che sia stata usata, in un insieme di carte piane, una proiezione che era apparsa per la prima volta solo pochi anni prima del 1511 e in carte a stampa, ed esattamente una proiezione conica modificata, tratta anch’essa dalla modificazione della conica tolemaica. Infatti le prime due opere italiane che si conoscono realizzate con proiezione 27 CARACI G., La produzione cartografica di Vesconte Maggiolo (1511-1549) ed il Nuovo Mondo, in «Memorie Geografiche» dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma, IV, s. II (1958), pp. 223289; ID., Di un atlante poco noto di Vesconte Maggiolo, in «La Bibliofilia», XXXIX (1937), pp. 1-29; ID., Sulla data del Planisfero di Vesconte Maggiolo… cit., pp. 111-128; ID., Ancora sulla data del Planisfero di Fano, in «Memorie Geografiche» dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma, VI (1960), pp. 89-126. 15 conica modificata sono il planisfero Contarini-Roselli del 1506, realizzato a Firenze e quello inserito da Joannes Ruysch nel Tolomeo di Roma del 1508, e in Germania il planisfero del Waldseemüller del 1507. Vesconte Maggiolo 1511, tav. VI (Huntington Library, San Marino di California) Se, come asserito da Caraci in due suoi articoli del 1937 e del 1958, il planisfero Maggiolo del 1511 è un derivato, seppure modificato, dei planisferi Contarini-Rosselli e Ruysch-Beneventano, è evidente il lavoro di conoscenza che è dietro all’opera di Maggiolo. Tutto ciò prelude forse ad una conoscenza diretta o del Contarini medesimo o forse di un prototipo italiano, come suggerito da Caraci, servito di base sia al Contarini che al Ruysch. Nel planisfero Maggiolo la proiezione usata in realtà non è propriamente una conica, come nel caso dei due planisferi precedenti, bensì una polare. La presenza di un planisfero inserito in un atlante nautico, o disegnato come tavola a sé stante rimane un punto fermo nell’opera di Vesconte Maggiolo, così come pure una grande importanza ha nei suoi atlanti la visione del Nuovo Mondo appena scoperto. Anche due altri cimeli della sua produzione napoletana si pongono con autorevolezza all’attenzione degli studiosi, e l’area dei lavori di Vesconte che risulta particolarmente interessante è quasi sempre incentrata sulla raffigurazione del Nuovo Mondo. Nell’atlante del 1512, in quattro tavole, una di queste, quella delle coste del Brasile ha fatto discutere sull’eventualità che il suo autore l’avesse ritoccata in un secondo momento; mentre nel planisfero del 1516, sembra di ripercorrere lo stesso impianto di quello di Fano. 16 La seconda carta, conservata presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro, anch’essa anonima e non datata, ha posto numerosi problemi d’interpretazione, soprattutto per questa sua seconda peculiarità, piuttosto che per l’anonimato. Anche in questo caso sono state proposte diverse date, ma la più attendibile è quella del 150428. Anonimo, (Pesaro Biblioteca Oliveriana, Perg. 1940) La costa sudamericana appare completa dall’attuale Colombia al Brasile, individuato da catene montuose ricoperte di vegetazione, e più a sud si legge l’iscrizione Mundus Novus, che ci riporta alle navigazioni vespucciane e all’apocrifo libretto al Soderini attribuito allo stesso navigatore. Proprio la scritta Mundus Novus ha fatto pensare che fosse coevo con il planisfero di Ruysch, stampato a Roma nel 1508, ma il disegno dell’America settentrionale è quasi uguale a quello del Cantino, con i tre blocchi in cui è divisa la costa, mentre la scritta di ispirazione vespucciana, può benissimo essere attribuita alla conoscenza del Vespucci medesimo. Se l’America meridionale e quella settentrionale si ispirano alla carta del Cantino, le isole delle Antille riconducono al 28 Già Vittore Bellio l’aveva, probabilmente a ragione, citata e descritta come una delle carte più antiche raffiguranti il nuovo continente, mentre per Skelton costituisce uno dei prototipi del Padrón Real iberico, ma ha anche delle peculiarità di disegno che l’apparentano al planisfero di Fano. BELLIO V., Notizie sulle più antiche carte geografiche che si trovano in Italia riguardanti l’America, in Raccolta di Documenti e Studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana pel Quarto Centenario della Scoperta dell’America, Roma 1892, p, IV, vol. II, pp. 112-116; SKELTON R.A., The European Image and Mapping of America (A.D. 1000-1600), Minneapolis 1964, pp. 65-66; ID., The Discovery of North America, London 1971, p. 63. 17 prototipo di Juan de la Cosa e, avvenimento quanto mai raro, all’altezza di San Salvador nelle Bahamas leggiamo: «Antilhas del rei de Castella descoverta per Collumbo armirante», non solo ma l’anonimo autore della carta di Pesaro mostra di conoscere molto bene anche la toponomastica dei viaggi colombiani, se troviamo, caso abbastanza raro, il nome di San Salvador, dato all’isola di Guanahaní, primo sbarco degli europei nel Nuovo Mondo. Quest’ottima conoscenza da parte del suo autore, della prima toponomastica americana ha fatto supporre ad alcuni studiosi che la carta fosse stata redatta non per uso di biblioteca, ma effettivamente per la navigazione29. L’allargamento dell’ecumene e le navigazioni in Atlantico, a sud e a nord, dimostrarono che i vecchi strumenti in uso per la navigazione non erano più sufficienti, ma soprattutto i naviganti avevano bisogno di strumenti più adeguati, e come già visto nella carta King-Hamy, il problema era stato messo in evidenza dalla separazione della costa sudamericana e anche con la segnalazione dei due equatori, ma il primo cartografo che cercherà di adattare le vecchie carte alla nuova situazione sarà Pedro Reinel con la sua carta del 1504. Il cartografo portoghese disegna una scala delle latitudini all’altezza del meridiano situato presso l’isola di Corvo nelle Azzorre e le graduazioni della fascia costiera iberica, risultano vicine alla realtà, mentre se si osservano quelle delle località di Terranova e della penisola del Labrador, oltre ad essere disegnate con direzione nord-sud, invece che nord nord est, presentano uno scarto di circa due quarte, rispetto alla realtà, dovuto alla declinazione magnetica. Il primo ad essersi accorto del fenomeno, fu Cristoforo Colombo nel primo viaggio transoceanico del 1492. Nel giornale di bordo, così è scritto dall’ammiraglio: « Las agujas noruestavan y a la mañana nordestavan algún tanto» il 13 di settembre; oppure il 17: «tomaron los pilotos el norte, marcándolo y hallaron que las agujas noruestavan una gran quarta… la causa fue porque la estrella que parece haze un movimento y no las agujas»; ed infine il 30: «… las estrellas que se llaman las guardas, quando anocheçe están junto al braço de la parte del ponente, y quando amaneçe están en 29 BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta…cit., pp. 73-76. Baldacci pone una giusta e sensata critica alla teoria secondo la quale la carta di Pesaro era effettivamente servita per la navigazione: «Penso che un pilota del primo decennio del Cinquecento che navigava in Oriente non ricavasse utilità alcuna tenendo in plancia – direi meglio nel cassero – una geocarta estesa al Ponente… Non mi sembra poi, che fra beccheggio e rollio del veliero, una geocarta delle dimensioni della “oliveriana” fosse molto maneggevole e quindi fra le più comode da consultarsi! Il vistoso disegno di cornice (specie quando era intero), insieme con le dimensioni, conferiscono alla oliveriana tutti quei pregi che erano riservati alla geocarta destinata al Principe». 18 la línea debaxo del braço al Nordeste, que parece que en toda la noche non andan salvo tres líneas, que son 9 oras y esto cada noche»30. Pedro Reinel, 1504 (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek) Come si vede dalla carta, il cartografo portoghese ha tracciato al largo delle terre nord americane, una scala delle latitudini posta in direzione obliqua rispetto alla principale e che misura un angolo inclinato di circa 22°5’ (due quarte di vento) in direzione nord est, e questa nuova scala aggiuntiva pone le località di Terra Nova e del Labrador, alle giuste latitudini31. L’America era stata scoperta dagli europei e quindi era normale che le sue prime raffigurazioni fossero dovute a spagnoli e ad italiani o altri, ma tutti di matrice europea, eppure ben presto, seppure in maniera forse fortuita, la sua conoscenza giunse al mondo islamico, e a uno dei suoi più valenti cartografi del secolo XVI. È infatti all’ammiraglio della flotta ottomana Piri Reis che dobbiamo la prima visione delle nuove terre, da poco scoperte, da parte musulmana, con la carta datata 1513, realizzata anche in base alle informazioni avute da uno schiavo cristiano che serviva sulle galere turche e che, dalle legenda inserite nella carta medesima, ci viene detto che aveva 30 COLOMBO C., Il Giornale di Bordo. Libro della prima navigazione e scoperta delle Indie. Introduzione, Note e Schede di TAVIANI P.E., VARELA C., in Nuova Raccolta Colombiana, Roma, IPZS, 1988, t.I, pp. 18; 20-22; 32. 31 CEREZO MARTÍNEZ R., En busca de una solución al problema de las latitudes: las cartas planas de doble graduación, in «Quaderni Stefaniani», IV (1985), pp. 177-195; ID., Cartografía Náutica Española… cit., pp. 59-60. 19 compiuto ben tre viaggi al nuovo mondo insieme con l’ammiraglio Colombo. La pergamena in effetti si discosta alquanto dalla consueta iconografia islamica in quanto la carta è piena di raffigurazioni di animali e di uomini, elementi che non si riscontrano nel successivo atlante di Piri Reis. Dettagliata, anche se in qualche caso leggermente anomala, appare la dislocazione delle Antille e di tutte le isole caribiche. C’è però da dire che nella carta di Piri Reis cominciano a vedersi non solo le coste continentali del centro America, ma anche la segnalazione di città recentemente fondate32. 32 Sulla carta di Piri Reis vedasi: KAHLE P., Piri Reis, und seine Bahriye, in «Beiträge zur Hist. G. Kulturg. Und Kartogr. Vornehmlich des Orient», Leipzig und Wien 1929, pp. 60-76; ID., Impronte colombiane in una carta turca del 1513, in «La Cultura Moderna», Roma-Milano 1931, pp. 775-785; ID., Die verschollene Columbus Karte von 1498 in einer Türkischen Weltkarte von 1513, Berlin-Leipzig, W. de Gryter, 1933, p. 61; ALMAGIÀ R., Il mappamondo di Piri Reis e la carta di Colombo del 1498, in Actas del XXVI Congr. Internacional de Americanistas (Madrid, 1948), Madrid 1950, II, pp. 32-41; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta… cit., pp. 103-106. 20