L’allargamento dell’ecumene in alcune opere cartografiche del XVI secolo
L’immaginario dell’uomo del Rinascimento con il 1492 e gli anni successivi ricevette una
grande spinta che si estrinsecò nella letteratura, nelle arti pittoriche ed in altre branche dell’arte, ma
che divenne addirittura prevalente nel campo della cosmografia e della geografia, e ciò è molto
evidente soprattutto in Spagna e in Italia, l’una perchè interessata in prima persona all’avventura
americana e la seconda in quanto al momento i diversi stati italiani erano ritenuti i maggiori
mecenati del mondo moderno e pertanto era in Italia che risiedeva un vasto numero di artisti e
scienziati, ed anche perché, essendo le città di Genova, Firenze e Venezia le sedi delle più
importanti case bancarie e mercantili mondiali, erano in grado di ricevere sempre notizie di prima
mano dai viaggiatori e mercanti che in quei nuovi paesi si recavano.
Questa antica ricchezza è oggi ancora riscontrabile nell’amplissima mole di documenti conservati
nelle biblioteche pubbliche e private italiane.
Con il 1492 ed i successivi viaggi di scoperta e di penetrazione europea nelle terre del Nuovo
Mondo, non solo naviganti, governanti, conquistadores, emigranti, evangelizzatori presero atto
dell’esistenza di un quarto continente, ma la scoperta rimbombò nel mondo scientifico, come un
colpo di cannone di rossiniana memoria, mettendolo completamente a soqquadro e contribuendo a
rivoluzionare tutto il sistema sul quale il mondo antico e medievale si erano basati, quel sistema
tolemaico che non riteneva possibile la vita al di sotto della linea equinoziale, e per il quale, così
come per la Chiesa, esistevano solo tre continenti e che stava per essere messo fuori combattimento
dalla rivoluzione copernicana.
Ora i viaggi transatlantici di Colombo, Caboto, Vespucci, Juan de la Cosa, Ojeda, Nicuesa,
Ocampo, Núñez de Balboa, Ponce de León, Pánfilo de Narváez, Núñez Cabeza de Vaca, Cortés e
tanti altri stavano, oltre che sovvertendo un ordine costituito, ingrandendo a dismisura l’orbe
terracqueo che, a questo punto abbisognava di un nuovo modo per essere rappresentato, non
essendo più attuale il vecchio sistema di raffigurazione tolemaica, e neppure, per la parte marina, la
vecchia cartografia nautica mediterranea medievale.
1
Le carte manoscritte
Se è vero che le prime raffigurazioni del nuovo mondo sono spagnole a partire dalla prima carta,
quella di Juan de la Cosa, vediamo anche che il cartografo doveva piegare la complessa struttura
cartografica medievale, di completa ispirazione tolemaica, al servizio dell’esperienza che,
contrariamente a tutto ciò che si conosceva aveva fornito l’esistenza di un «impossibile» quarto
continente1 e a ciò si era per forza di cose dovuto piegare il cartografo, che si era trovato nella
necessità di introdurre nella vecchia ecumene la nuova realtà, senza per il momento essere in grado
di modificare il sistema di raffigurazione della proiezione piana a rombi di vento2.
Planisfero Juan de la Cosa
1
COLOMBO CRISTOFORO, Relazione del Terzo Viaggio, in Relazioni e Lettere sul Secondo, Terzo e Quarto Viaggio, a
cura di TAVIANI P.E., CONTI M., GIL J. e VARELA C.,, IPZS, Roma 1992, vol. II, t. I, pp. 60-97: «Torno a mi propósito
de la tierra de Gracia y río y lago que allí fallé, atán grande, que más se le puede llamar mar que lago, porqu’el lago es
lugar de agua, y en seyendo grande, se dize mar, como se dixo a la mar de Galilea y al mar Muerto… que Vuestras
Altezas tienen acá otro mundo, de adonde sacar tantos provechos…».
2
La carta nautica di Juan de la Cosa è conservata presso il Museo Navale di Madrid, dopo che fu acquistata a Parigi nel
1832 dal Barone di Walkenaer in un negozio di rigattiere. Si tratta di un grande cimelio che misura cm 193 x 96 e
formato da due pergamene incollate fra di loro, cfr. CEREZO MARTÍNEZ R., La Carta de Juan de la Cosa y su
circunstancia histórica, in «Boletín de la Real Sociedad Geográfica de Madrid», CXXVIII (1992), pp. 125-152. La
carta è molto interessante, basti pensare alle scritte che il suo autore ha inserito, sia all’altezza della Nuova Francia che
del Brasile. Nel primo caso si legge: mar descubierto por ingleses, con un chiarissimo riferimento alla navigazione di
Giovanni Caboto del 1497 con la quale erano state scoperte le terre che entrarono a far parte della corona britannica,
mentre nel secondo è detto: este cabo se descubrió en el año de mil y IIII XCIX por castilla, syende descubridor
vicentiañs. Chiara è l’allusione di Juan de la Cosa a Vicente Yáñez Pinzón che, oltre ad aver partecipato all’impresa del
1492 al comando della Niña, dopo aver ottenuto nel giugno del 1499, dai Re Cattolici la concessione al viaggio, in
novembre, al comando di quattro piccole navi scopriva il capo di Sant’Agostino posto a 8° di lat. sud. Dal momento che
l’annotazione di Juan de la Cosa si riferisce a questa impresa dobbiamo supporre che la carta sia stata composta tra
l’ottobre e il dicembre del 1500, dal momento che lo stesso Pinzón fece ritorno a Palos il 30 settembre del 1500. La
carta di Juan de la Cosa che pure interessa una gran parte dell’America orientale continentale è eloquente soprattutto per
ciò che concerne la raffigurazione delle isole caribiche e antillane nel loro insieme.
2
Fra le primissime descrizioni delle nuove terre una delle più importanti è senza dubbio
quell’immagine dell’isola di Hispaniola, considerata dagli spagnoli non solo un approdo essenziale
per i viaggi verso il continente, ma sin dal secondo viaggio colombiano, la sede del Viceré e
governatore delle Indie ed infine dichiarata da Filippo II di Spagna: «escala, puerto y clave de todas
las Indias». Quest’isola così determinante nel periodo della conquista e non solo, è anche stata la
prima terra ad essere cartografata da mano italiana, dal momento che l’unico disegno sicuramente di
mano dell’Ammiraglio del Mare Oceano e primo Viceré delle Indie è quello della costa
settentrionale dell’isola.
Cristoforo Colombo, Isola Hispaniola (Biblioteca Nacional de Madrid)
Questo scarno schizzo è indubbiamente tracciato da una mano pratica di disegno nautico, come è
dato vedere dalle sue profonde insenature e dai promontori3. Ridotta all’essenziale anche la
toponomastica, e due di questi toponimi servono abbastanza bene per determinare i termini ante e
post quem. Infatti i caratteristici nomi di Natividad e di Cibao individuano il lasso di tempo in cui la
carta può essere stata disegnata. La Navidad fondata nel Natale del 1492 era già distrutta nel
settembre dell’anno successivo e Cibao = Cipango era il nome con cui Colombo chiamò all’inizio
della sua eccezionale avventura l’isola di Hispaniola, e quindi è evidente che lo schizzo può essere
stato eseguito solo tra la fondazione della Navidad e la partenza per il secondo viaggio, dal
momento che La Navidad fondata nel Natale del 1492 era già stata distrutta nel settembre dell’anno
3
Questo schizzo fu reso pubblico in occasione del IV Centenario dalla Duchessa di Berwick e Alba, nel cui Archivio
era conservato da moltissimi anni insieme con una grande messe di documenti che dettero vita ad alcune raccolte ancor
oggi di primissimo interesse per chi si accinga a studiare la scoperta e la conquista dell’America: Documentos escogidos
del Archivo de la Casa de Alba; Autógrafos de C. Colón y papeles de América; Nota a los Autógrafos de Colón
publicados por la duquesa de Alba; Nuevos autógrafos de Colón y relaciones de ultramar. Sulla triste vicenda della
Navidad vedasi: TAVIANI P.E., I viaggi di Colombo. La grande scoperta, IGDA, Novara 1990, vol. I, pp. 68-74, 116122; vol. II, pp. 104-109, 151-155.
3
successivo. Hispaniola era senza dubbio considerata la terra più importante nei primissimi anni di
scoperta se oltre allo schizzo colombiano, l’isola è stata cartografata più volte nei primi anni
successivi alla conquista. Questa importanza è testimoniata da tutta una serie di carte geografiche
tracciate in un ristretto lasso di tempo e da mani esperte, quali quelle dei pilotos mayores della Casa
de la Contratación di Siviglia4.
Una carta del 1509, disegnata da Andrés de Morales e conservata all’Archivo General de Indias di
Siviglia è così descritta da Pietro Martire d’Anghiera: semejante a una hoja de castaño, con su seno
al Occidente, mirando a la isla de Cuba. Pero este piloto, Andrés Morales, me la ha traido
dibujada de otro modo aunque poco diferente; pues por ambos extremis, el oriental y el occidental,
la pone comida de grandes senos, y que extiende muy a lo largo los cabos, y dentro del seno
oriental coloca puertos anchos y seguros5. Nell’ Editio Princeps di Pietro Martire d’Anghiera del
1511 è stata inserita una carta del golfo del Messico e di Cuba, e che nel tratto continentale del sud
America giunge sino al capo Santa Cruz. Si tratta di uno schizzo molto schematico, probabilmente
tratto da un prototipo del Padrón Real eseguito sotto il comando di Vespucci che, come appare in
una cedola reale del 1511, doveva essere conservata in una cassaforte chiusa con ben tre chiavi6.
Andrés de Morales (?) Carta annessa all’edizione 1511 della I Decade del De Orbe Novo
4
CEREZO MARTÍNEZ R., La Cartografía Náutica Española en los Siglos XIV, XV y XVI, CSIC, Madrid 1994, pp. 146151.
5
Andrés de Morales nacque a Córdoba o a Siviglia forse nel 1477 e morì nel 1517. Fu navigatore e cartografo.
Partecipò al terzo viaggio colombiano e a quello di Rodrigo de Bastidas y Juan de la Cosa (1500). Realizzò importanti
carte geografiche delle terre del Nuovo Mondo, lavorando per la Casa de la Contratación.
6
Real cédula dada en Se villa el 10 de mayo de 1511. A.G.I., Indif. General, leg. 418.
4
Se effettivamente la carta di Martire d’Anghiera fosse del 1511 bisognerebbe pensare ad una sua
preveggenza per ciò che concerne la scoperta della Florida e di Bimini, dal momento che nella
medesima carta troviamo il toponimo di Illa de Beimeni attribuito alla punta della penisola di
Florida7. C’è invece ovviamente da pensare che la carta sia stata inserita più tardi nella prima
edizione delle Decadi, mentre è esatta la localizzazione della Bermuda, scoperta nel 1505 da Juan
Bermúdez8. D’altronde al contrario di ciò che succede oggi, gli umanisti non consideravano di agire
scorrettamente se si inseriva in un libro edito in un determinato anno, elementi più recenti ma che
potevano servire all’intelligibilità dello stesso. Forse la carta annessa all’edizione dell’11 era parte
del più grande Padrón Real che lo stesso Re ordinò di ritirare dalla stampa9.
Hispaniola 1509 Andrés de Morales
Hispaniola 1514 Andrés de Morales
Una terza carta, sempre inserita da Pietro Martire nell’edizione del 1516 di Alcalá de Henares,
attribuita anche questa a Andrés de Morales, mostra compiutamente come l’isola fosse già stata
ampiamente colonizzata ed abitata. All’interno il disegno riporta la configurazione delle sierre
centrali e del reticolo fluviale, così come molto dettagliata è la raffigurazione dei centri abitati, di
cui se ne contano almeno sedici: Santo Domingo, Salva León, Santa Cruz, Buenaventura, Bonao,
Concepción, Santiago, Acua, Sc.s Iõs, Villa nova, Verapax, Salvatierra, Portus Argenti, Isabella,
7
CONTI S., Juan Ponce de León, l’isola di Bimini e la fonte dell’eterna giovinezza, in MASETTI C. (a cura di), Chiare,
fresche e dolci acque. Le sorgenti nell’esperienza odeporica e nella storia del territorio. Atti del Convegno di Studi San
Gemini (18-20 ottobre 2000), Brigati, Genova 2001, pp. 43-53.
8
Le Decades de Orbe Novo di Pietro Martire d’Anghiera, umanista italiano alla corte dei Re Cattolici, hanno avuto più
di un’edizione. La prima fu editata, all’insaputa dell’autore e contenente solo la prima decade, nel 1511 a Siviglia, La
seconda edizione, contenente le prime 3 decadi, apparve ad Alcalá de Henares nel 1516, ed infine l’opera, completa di
tutte le otto decadi, è del 1530 stampata sempre ad Alcalá de Henares, quattro anni dopo la morte di Pietro Martire.
9
CEREZO MARTÍNEZ R., La Cartografía Náutica Española…cit., pag. 149.
5
Puerto Real, Lares. Ma questa carta è tanto più importante in quanto è il primo documento del
Nuovo Mondo che testimonia dell’uso politico della cartografia. Infatti in realtà i toponimi segnati
non stanno a indicare solo i centri fondati e dal primo Ammiraglio e da Nicolás de Ovando, ma
siamo di fronte alla ripartizione politico-amministrativa di Hispaniola, che servì alla corona nel
1514 per effettuare un censimento necessario alla divisione o repartimiento dell’isola nelle varie
Encomiendas. Questo censimento che porta il nome di Albuquerque, da uno dei funzionari che lo
eseguirono, servì sia a contare gli spagnoli che risiedevano nell’isola, sia a ripartirsi gli indios
rimasti10.
La conoscenza di tutte le isole caribiche, grandi e piccole, era già completa e ben documentata già
alla fine del secolo XV come si può vedere da due codici anonimi della fine del XV o degli inizi del
XVI secolo conservati rispettivamente a Ferrara e a Firenze e che la tradizione vuole siano stati
ricavati da appunti e da disegni eseguiti da Bartolomeo Colombo, fratello dell’Ammiraglio,
fondatore di Santo Domingo, suo primo Adelantado e, come il fratello, esperto nell’arte
cartografica.
In questi due codici: Ms.II 10 della Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara e B.Rari 234 (olim
Magliabechi XIII,81) della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ambedue dal titolo
Miscellanea di cose geografiche, anonimi ma sicuramente ascrivibili alla mano dell’erudito
veneziano Alessandro Zorzi, e composti entro i primi dieci anni del secolo XVI, troviamo tutta una
serie di disegni che illustrano, con particolare esattezza, per ciò che concerne le loro coordinate
geografiche, le numerose isole delle grandi e delle piccole Antille11. Ci si trova quindi di fronte a
tutta una schiera di terre che vanno da Cuba, Hispaniola e Giamaica a Matinino (Martinica),
Guadalupe e Dominica, Maria Antica, S.Maria Rotonda, Montserrat, Buchina, S.Martino. E sempre
10
RODRÍGUEZ MARTÍNEZ L., Panorámica Colonial de la Isla Hispaniola. Siglos XV-XVI, Colección V Centenario,
Santo Domingo, República Dominicana 1989, pp. 135-147. Particolarmente notabile è la ripartizione degli spagnoli che
nel 1515 ammontavano solo a 1383: «repartidos en los pueblos de Azua, La Buenaventura, Concepción de la Vega
Real, Salvaleón de Higüey, Santiago, San Juan de la Maguana, La Vera Paz, Santa María de la Yaguana, así como en la
ciudad de Santo Domingo. Se hace la observación de que, dunque Montecristi figura como pueblo, no lo era, ya que
únicamente tenía dos vecinos o habitantes, y que tampoco era pueblo La Isabella, con un sólo abitante. Por otro lado, la
población española dispersa en otros sitios era estimada en 223 personas».
11
Vasta è la letteratura geografica su questi due particolarissimi cimeli che interessano sia la Storia delle Esplorazioni
che quella della Cartografia e ricordiamo in particolar modo: ALMAGIÀ R., Intorno a quattro codici fiorentini e ad uno
ferrarese dell’erudito veneziano Alessandro Zorzi, in «La Bibliofilia», XXXVIII (1936), pp. 313-343; LAURENCICH
MINELLI L., Un “giornale” del Cinquecento sulla scoperta dell’America. Il Manoscritto di Ferrara, CisalpinoGoliardica, Milano 1985; CONTI S., Scheda IV.15, in CAVALLO G. (a cura di) Due Mondi a Confronto
1492<1728. Cristoforo Colombo e l’Apertura degli Spazi, IPZS, Roma 1992, vol. II, pp. 667-670; MACCAGNI C.,
Scheda IV.14, in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 664-667; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande
Scoperta, in Nuova Raccolta Colombiana, IPZS, Roma 1993, pp. 27-42.
6
nella tradizione colombiana di considerare il continente sudamericano facente parte dell’Asia è il
disegno d’insieme del Codice Zorzi di Firenze, dove il toponimo Mondo Novo interessa la zona di
Paria, con la Boca del Dragón e il Capo S.Croce, mentre tutta l’area che dal Puerto de los
Bastimentos e Beragua in Panamá dirige verso nord in direzione dell’odierno Honduras, è ancora
chiamata dall’anonimo autore Asia. Quindi se è pur vero che i disegni non sono di mano di
Bartolomeo Colombo né tanto meno dell’Ammiraglio, la fonte è da considerarsi senza dubbio di
matrice colombiana, in quanto alcune notazioni potevano uscire solo dalle indicazioni nautiche
precise dei “cartografi” Colombo.
Alessandro Zorzi, Miscellanea di cose geografiche, f. 60v(B.N.Firenze, B.Rari 234)
Differente è il discorso che si può fare a proposito delle terre continentali. Data la preminenza
spagnola nella scoperta e nell’esplorazione sia nautica che terrestre delle terre americane e dal
momento che le rotte e le forme delle terre erano sotto il vincolo del segreto di stato appare evidente
che i primi prototipi di queste nuove zone siano iberici, spagnoli e portoghesi, ed è proprio da questi
prototipi denominati Padrón Real che derivano tutte le carte manoscritte degli inizi del XVI
secolo12.
12
Circa 10 anni dopo la creazione della Casa de la Contratación avvenuta nel 1503 a Siviglia e quattro da quella della
carica di Piloto Mayor ricoperta per il primo da Amerigo Vespucci, la Spagna istituì il Padrón Real, ossia una carta
nautica che veniva modificata in continuo seguendo le innovazioni delle rotte e le scoperte che venivano mano a mano
effettuate. Questi modelli venivano conservati nella Casa de la Contratación ed erano posti sotto il segreto di Stato.
LOPEZ PIÑERO J.M., Ciencia y Técnica en la Sociedad Española de los Siglos XVI y XVII, Editorial Labor, Barcelona
1979, pag. 226; STIFFONI G., La Scoperta e la conquista dell’America nelle prime relazioni degli Ambasciatori
veneziani (1497-1559), in: L’impatto della Scoperta dell’America nella Cultura Veneziana, Bulzoni ed., Roma 1990, p.
354; CUESTA DOMINGO M., «Tierra Nueva e Cielo Nuevo». Navegación, Geografía y Mundo Nuevo, in «Boletín de la
Real Sociedad Geográfica de Madrid», CXXVIII (1992), pp. 13-36.
7
Dal 1501 al 1513 esiste tutta una serie di carte, per lo più anonime e non datate che illustrano passo
per passo l’esplorazione delle coste americane, per giungere verso la metà del secolo alla
raffigurazione di tutto il continente meridionale, di quello centrale e in parte di quello settentrionale,
completa anche di alcune linee che illustrano due importanti modi per giungere e per attraversare il
continente13. Tra il 1502 ed il 1504 sono state realizzate quattro o cinque grandi carte (almeno sono
quelle fino ad oggi pervenute) quasi tutte anonime e ognuna di loro presenta delle particolarità che
le rendono indispensabili per la conoscenza dei territori da poco scoperti; sono le carte denominate
Cantino, Caverio, King Hamy, Kunstmann II, Reinel, Anonima di Pesaro e Maggiolo di Fano. La
peculiarità più importante di queste carte non è nella persona del loro autore, nell’eventualità che se
ne conosca l’autore, e neppure sulla data (quando c’è), dal momento che è la prima cosa che viene
modificata, ma è il cercare di seguire mediante il disegno delle terre emerse e del loro orientamento,
la priorità delle stesse carte.
Per la migliore comprensione di questi cimeli è necessario rifarsi alle conoscenze portate in Europa
dopo i primi tre viaggi colombiani e quello di Ojeda e Pinzón, per il centro America, quello di
Caboto per il nord e quelli effettuati da Cabral e da Vespucci al sud. Questi viaggi avevano ormai
reso noto al mondo che la vecchia concezione tolemaica era del tutto errata, e che quindi si andava
profilando l’esistenza di nuove terre e che la contiguità con l’Asia, vecchia idea di Colombo, era del
tutto tramontata.
Queste carte sembrano provenire tutte da un’unica matrice lusitana, che aveva recepito le notizie
pervenute dopo gli ultimi viaggi transoceanici sia dei portoghesi che degli spagnoli.
La più bella è quella detta “Cantino”, di grandi dimensioni cm 220x105, non datata e anonima14.
Alberto Cantino, che era un agente diplomatico di Ercole I d’Este, ebbe dal suo signore l’incarico di
acquistare in Portogallo una carta nautica, recapitata al Duca nel 1502. Dalla relazione inviata
insieme con la carta si sa che la medesima fu disegnata a Lisbona tra il dicembre 1501 e l’ottobre
13
In tutta la produzione di Battista Agnese, di cui si parlerà più avanti, si può notare nelle tavole centrali raffiguranti sia
il Vecchio che il Nuovo Mondo, che vi sono delineate due linee di colore diverso. La prima o in nero o in rosso mostra
il percorso della prima circumnavigazione del mondo effettuata da Magellano, mentre la seconda, in argento o in oro, ha
i due vertici in Spagna e nel Perù, e indica la strada seguita dai carichi d’oro e d’argento che dal Perù, attraverso il
Panamà, recava le ricchezze del Nuovo Mondo a Siviglia.
14
La storia di questo grande planisfero pergamenaceo che reca il nome completo di Carta da navigar per le isole
Nuovamente trovate in la parte de l’India, è molto singolare, infatti dopo essere stata conservata sino al 1598
nell’archivio del duca d’Este, rimase nel palazzo ducale di Modena fino al 1859. In quello stesso anno, nel corso di una
rivolta popolare, fu trafugata con il suo astuccio di marocchino rosso. Fu ritrovata qualche anno più tardi da Giuseppe
Boni, direttore della Biblioteca Estense, nella bottega di un salumiere che l’aveva utilizzata quale paravento. MILANO
E., La carta del Cantino e la rappresentazione della Terra nei codici e nei libri a stampa della Biblioteca Estense e
Universitaria, Il Bulino, Modena 1991.
8
del 1502. Nel giungere in Italia la Carta si era fermata a Genova da dove era proseguita per Ferrara.
La sosta genovese diviene tanto più importante se si tiene presente che la carta del Caverio, fu
composta proprio a Genova all’incirca nello stesso periodo. Ambedue i cimeli contengono la
medesima parte dell’ecumene geografico fino ad allora conosciuto, tutto il Vecchio Mondo,
compreso di Europa, Africa e Asia e di una minima porzione, l’unica conosciuta, del Nuovo.
Confrontando il disegno dell’America è estremamente importante notare le diversità fra le due
realizzazioni, quella portoghese e quella genovese. La differenza maggiore si riscontra nel profilo
costiero dell’America meridionale che nel Cantino è stato modificato dal suo anonimo autore,
sicuramente dopo il viaggio di Vespucci. La linea di costa è estremamente vicina alla realtà, e lo si
può affermare con sicurezza dal momento che il suo autore ha sostituito un vecchio disegno con
quello che possiamo vedere, in quanto un pezzo di pergamena è stata sicuramente aggiunto con una
correzione del tracciato.
Carta Cantino, 1502 (Biblioteca Estense, Modena)
Al largo delle coste del Brasile si legge la seguente scritta: La Vera Croce, così nominata per nome,
la quale trovò Pedro Alvares Cabral, gentiluomo della casa del Re di Portogallo, egli la scoprì
andando come capitano maggiore di quattordici navi che il detto re mandava a Calicut, e andando
nel suo cammino incontrò questa terra, qual terra si crede che sia terraferma e vi è molta gente
ragionevole, van nudi uomini e donne come la lor madre li partorì; sono più bianchi che bruni e
con capelli molto lisci. Fu scoperta questa terra nell’anno cinquecento. Sotto la grande scritta che
denomina le grandi e le piccole Antille: Las antillas del Rey de Castella, è stata posta la seguente
legenda: Scoperte da Colombo ammiraglio, quelle dette isole furono scoperte per mandato del
molto alto e poderoso principe Re don Fernando Re di Castiglia, mentre al nord si legge: Terra del
re di Portogallo. Questa terra fu scoperta per mandato del molto alto eccellentissimo principe re
9
don Manuel re di Portogallo, la quale scoprì Gaspar Corte Real cavaliero della casa del detto re. Il
quale quando la scoprì, mandò un naviglio con alcuni uomini e donne che trovò nella detta terra ed
egli restò coll’altra nave né giammai tornò; si crede sia perduto; e qui vi è molte legna15.
La carta del Caverio è molto simile all’altra se non per la zona costiera del Brasile, che non risente
delle modifiche apportate al Cantino in seguito al viaggio vespucciano16. Il tracciato delle Antille è
in realtà dissimile dal prototipo di Juan de la Cosa, il che indica con chiarezza come in Portogallo
ancora non fosse giunta la veridicità sulla forma e sull’esatta posizione sia di Cuba che di
Hispaniola. Quanto è distante questo disegno dagli schizzi di Colombo! Al contrario del Cantino il
Caverio mostra una sia pur minima porzione dell’area continentale del centro America. Si tratta di
un accenno neppure molto esatto, ma è comunque una testimonianza di tutto rispetto, rifacentesi
quasi esclusivamente al terzo itinerario colombiano. Ma l’elemento più interessante e che persisterà
per più di un secolo è dato da un piccolo planisfero inserito all’interno dell’Africa e nel quale il
cartografo ha tracciato lo schizzo di tutti i continenti conosciuti17.
Carta Caverio, 1502? (Bibliothéque Nationale de France, Paris)
Fra le prime raffigurazioni che illustrano tutta l’ecumene conosciuta e che testimoniano
dell’allargamento di questa verso occidente, divengono essenziali per alcune loro caratteristiche gli
anonimi chiamati Kunstmann II e King-Hamy.
15
FRABETTI P., Illustrazione e vicende del planisfero portogheser detto “del Cantino” dell’a. 1502 conservato presso
la biblioteca Estense di Modena, estratto da «Atti della Accademia delle Scienze di Ferrara», voll. 62-63 (1989), pp. 19;
MILANO E., La Carta del Cantino, Il Bulino, Modena 1991, pp. 117-119.
16
La carta di Nicolò Caverio è conservata a Parigi presso la Biblioteca Nazionale, nel deposito di Cartes et Plans, alla
segnatura S.H. Archives n. 1 e reca la scritta: Nicolay de Caverio januensis. Si tratta di una carta molto estesa che
misura cm 115x225.
17
BALDACCI O., Scheda IV.1, in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 637-638; ID., Atlante Colombiano della
Grande Scoperta… cit., pp. 59-62.
10
Il primo, conservato presso la Bayerische Staatsbibliothek (cod. icon. 133), si presenta quasi come
un quadrato (misura mm 1100 x 1000). Per alcuni aspetti del vecchio mondo il disegno riporta ad
alcuni elementi presenti nel Maggiolo della Federiciana di Fano, così come il Mar Rosso e il golfo
Persico, la costa africana dal golfo di Guinea al corno d’Africa e anche quella della penisola
indiana. La similitudine con il Maggiolo continua anche nelle terre del nord Europa, ed in
particolare nelle isole disegnate a nord della penisola scandinava e nell’Islanda.
Planisfero
Kunstmann
II
(Monaco,
Bayerische Staatsbibliothek – Cod. Icon 133)
Anche l’America meridionale è molto
simile a quella del planisfero di Fano,
mentre
le
uniche
differenze
si
riscontrano nel disegno delle grandi
isole caribiche e le terre dell’America
del nord, scoperte da Caboto e dai
Corte Real. Considerando che la carta
di Fano purtroppo è mutila esattamente
nell’area
delle
particolarmente
grandi
di
Antille,
Cuba,
non
e
è
possibile dire se vi fossero somiglianze con quella di Fano, ma per quel poco che si può vedere,
Hispaniola ha un aspetto completamente diverso da quella di Fano e Cuba ha un aspetto molto
allungato, totalmente differente dalla Cuba di Juan de la Cosa, del Cantino, del Caverio, e
dell’Anonimo di Pesaro. Kunstmann II è stato attribuito ad autore italiano, ma chiunque ne sia
l’autore è indubbio che le informazioni che si leggono nelle sue legende derivano da quelle portate
nel vecchio mondo dopo i primi tre viaggi colombiani, di Caboto, e di Vespucci18. Tre sono le
legenda della carta: la prima in alto a sinistra: Omnes iste infule ac terre invente fuerunt ab uno
genuensi nomine Columbo et in istis insulis non sunt animalia alienis naturæ preter serpentes item
invenitur aurum in multis locis omnes iste infule nominantur le Antilie19.
18
KUNSTMANN F., Atlas zur Entdeckungsgeschitchte Amerikas, München, 1859; KRETSCHMER K., Die Entdeckung
Amerikas in ihrer Bedeutung für die Geschichte des Weltbildes, Berlin, 1892; MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci,
Fratelli Treves, Roma 1926, pp. 210-211; BALDACCI O., Atlante Colombiano… cit., pp. 67-68.
19
«Tutte queste isole e terre sono state scoperte da un genovese di nome Colombo e in queste isole non sono animali di
altra natura se non serpenti, inoltre si trova oro in molti luoghi, tutte queste isole sono dette le Antilie».
11
La seconda è in basso a sinistra: ista terra quae inventa fuit positum est nomen terra sanctae crucis
eo quod in die sanctae crucis inventa est et in ea est maxima copia ligni bresilli etiam invenitur
cassia grossa ut brachium hominis aves papagi magni ut falcone set sunt rubri homines vero albi
nullam legem habentes se invicem comedunt20.
La terza scritta è posizionata in Atlantico, al largo delle coste tra Guinea ed Angola: omnes damnati
ad mortem de gratia speciali obtinent a rege portugalie quod toto tempore vite sue possint in hac
insula abitare (ubi?) nihil invenitur nisi radices herba… dictus rex ibidem castra construxit21.
Nell’evoluzione dei disegni che illustrano l’allargamento dell’ecumene, un posto importante è
occupato dalla carta detta King-Hamy, illustrata per la prima volta nel 1866 da Jules Ernest
Théodore Hamy, ed oggi conservata alla Huntington Library di San Marino di California.
Planisfero King-Hamy, Huntington Library, San Marino di California
Questa carta al di là della sua origine, italiana o portoghese, risulta di un’estrema importanza per più
di un motivo. È il primo documento che testimonia una netta separazione tra il vecchio mondo e
quello nuovo da poco scoperto.
20
«Questa terra che è stata scoperta ha avuto per nome Terra di S. Croce perché è stata scoperta nel giorno della Santa
Croce ed in essa è grande abbondanza di legno verzino, anche vi si trova cassia grossa come il braccio di un uomo,
uccelli pappagalli grandi come falconi e di colore rosso; gli uomini sono bianchi, i quali non hanno alcuna legge (e) si
mangiano fra di loro.
21
«Tutti i condannati a morte, in seguito ad una grazia speciale, ottengono dal re del Portogallo di poter abitare per il
tempo della loro vita in questa isola… non vi si trova nulla se non radici, erba… lo stesso re vi ha fatto costruire
dimore»
12
Sulla destra della pergamena, per la prima volta nella cartografia il continente asiatico è disegnato
come un’entità conclusa, senza nessuna contiguità con le terre
da poco scoperte, quindi senza
indulgere in quello che era stato il pensiero di Colombo e forse anche degli altri primi scopritori. Le
terre del vecchio mondo mantengono ancora in parte il loro profilo tolemaico, in particolare per
l’estremo oriente, mentre l’Africa ha ormai un aspetto completamente moderno.
La novità più sorprendente si legge però nella fascia di sinistra della carta. In alto a nord si possono
scorgere, sotto forma di isole, le “recenti ” scoperte della TERRA LABORATORIS e della TERRA
CORTEREAL, nessuna traccia di terre continentali, e sono presenti due delle grandi Antille,
Hispaniola e Cuba. Quest’ultima manca della sua parte occidentale più estrema, probabilmente per
un taglio della pergamena, ma quel che è visibile non l’avvicina minimamente ai disegni precedenti
(de la Cosa, Cantino, Caverio) e neppure ai contemporanei (Fano, Pesaro).
Anche in questa pergamena, come in altre coeve, il disegno costiero dell’America del Sud appare
spezzato, quasi mancasse la conoscenza di parte delle scoperte appena effettuate, ma in realtà come
ha indicato Magnaghi: «Nella carta dell’Hamy le isole e le coste settentrionali dell’America del S.
figurano pure spostate considerevolmente verso N., ma l’interruzione dei 10° gradi di costa a N.
dell’Equatore (che non avrebbe nessuna ragione di essere, perché la costa era stata tutta esplorata
dal Vespucci stesso, da Pinzón e da Lepe) deve stare precisamente a indicare nelle intenzioni del
cartografo, ancora a servizio del Portogallo, il numero dei gradi di cui tutte codeste terre vanno
riportate al SE., in modo che le due estremità delle coste vengono a combaciare: in altri termini
siamo qui in presenza del primo tipo di quelle carte a due graduazioni, che furono anche in seguito
frequentemente adottate per tener conto di dati nuovi senza esporsi al lavoro immane di correggere
interamente le carte ufficiali»22. Il tracciato delle latitudini che, in teoria, avrebbe dovuto segnalare
il nord geografico, in realtà, messo insieme alla direzione del nord indicato dall’ago magnetico della
bussola, dava il nord magnetico e non quello geografico. Ciò portava di conseguenza a tracciare
delle rotte fortemente deviate soprattutto in vicinanza di Terranova, come del Labrador e delle
nuove terre che si volevano esplorare. Dal momento che le carte venivano disegnate seguendo le
latitudini stimate, il profilo delle coste risultava totalmente errato, soprattutto come direzione23.
22
MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci…cit., pag. 215.
CONTI S., Le geocarte nautiche a «doppia graduazione», in CONTI S. e ARCA M. (a cura di) Giovanni Caboto e le vie
dell’Atlantico settentrionale. Atti del Convegno Internazionale di Studi – Roma 1997, Brigati, Genova 1999, pp. 281301.
23
13
Ancora due peculiarità la distinguono dalle altre carte coeve. La prima riguarda la scala delle
latitudini posta verso l’estremità sinistra della pergamena, ed è il primo caso di carta “nautica”,
insieme con il Pedro Reinel del 1504, dove è stata disegnata una scala che indichi le latitudini, e la
seconda, ancora più particolare è la presenza nella carta di due equatori: «È notevole che nella carta
sono disegnati due Equatori: il primo che va dall’estremità orientale al Golfo di Biafra è tolemaico;
l’altro, che è il giusto, delineato a circa 4° più a S. va da un punto della costa orientale dell’Africa,
passando per l’isola di S. Tomaso, sino all’estremità occidentale del foglio… è assai probabile che
il cartografo li abbia tracciati tutti e due per additare la differenza fra la latitudine errata di Tolomeo
e quella esatta risultante dalle osservazioni compiute nei viaggi a W. La dichiarazione di
Walseemüller24 di aver trovato l’Equatore collocato diversamente che da Tolomeo sulle carte
marine, ha forse origine da una esibizione siffatta»25.
Altri due planisferi, all’incirca databili ambedue intorno al 1504 e conservati rispettivamente a
Pesaro ed a Fano, presentano molti aspetti di similitudine e ci aiutano a capire come i cartografi
procedessero nel disegnare le nuove terre. Quello di Fano è a firma di Vesconte Maggiolo che nella
legenda così scrive: Ego Vesconte de Maiollo composuy anc cartam de anno dnj 1.5…4. die VIII
Juni in civitatem Janua.... Essendo la scritta non integra e con lacune, vari studiosi hanno desunto
che la carta sia stata redatta nel 150426, anche se alcune sue particolarità porterebbero a posporre la
sua datazione.
L’interessante di questa carta è costituito dalla mancanza di una porzione di costa nella zona nord
est del sud America. Ciò è probabilmente dovuto, da parte del Maggiolo, al fatto di non voler
disegnare di fantasia una zona che non aveva conosciuto personalmente da fonti sicure. Anche
perché non vi sono prove che abbia seguito il medesimo procedimento della carta King-Hamy.
24
Nella prefazione della Cosmographiae Introductio si legge: Nos in depingendis tabulis typi generalis non omnimodo
sequutos esse Ptolomeum, praesertim circa novas terras ubi in cartis marinis aliter animadvertimus aequatorem constitui
quam Ptolomeus fecerit. Et proinde non debent nos statim cullare qui illud ipsum notaverint, consulto enim fecimus
quod hic Ptolomeum alibi cartas marinas sequuti sumus».
25
MAGNAGHI A., Amerigo Vespucci… cit., pp. 215-216.
26
La diatriba più vasta che ha riguardato questo cimelio concerne proprio la sua datazione. La mancanza infatti della
terza cifra ha proposto diverse soluzioni che hanno scatenato le ipotesi più svariate. Si va dal 1524 al 1534 al 1514 ed
infine a quella che appare più logica: 1504. Su questo tema vedasi: CRINÒ S., Notizia sopra una Carta da Navigare di
Visconte Maggiolo che si conserva nella Biblioteca Federiciana di Fano, in «Boll. Soc. Geogr. Ital.» s. IV, 1907, pp.
1114-1121; CARACI G., Sulla data del Planisfero di Visconte Maggiolo conservato a Fano, in «Memorie Geografiche
dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma», VI (1960), pp. 89-126; LUZZANA CARACI
I., Scheda IV.5 in Due Mondi a Confronto… cit., vol. II, pp. 643-647; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande
Scoperta… cit., pp. 63-66.
14
Vesconte Maggiolo, 15…4 (Biblioteca Federiciana, Fano).
Al contrario è molto ben individuata l’isola di Hispaniola, così come Puerto Rico e tutte le piccole
Antille. Proprio Vesconte Maggiolo è sicuramente uno dei cartografi che nel resto della sua
produzione, ad iniziare dall’ atlante del 1511, ha sempre dato una grande importanza alla
raffigurazione dell’America. Si tratta di un atlante di 10 tavole, alcune doppie, altre singole27. E’
sicuramente una delle opere più importanti della sua età giovanile, dopo il Planisfero conservato a
Fano, e quello che colpisce è la modernità del disegno, rispetto alle produzioni di cartografi
precedenti e l’attenzione va posta soprattutto sulla sesta tavola. Questa contiene infatti un planisfero
del tutto particolare a cominciare dalla proiezione con la quale è stato costruito.
In primis è sicuramente una delle prime volte che un planisfero viene inserito in un atlante di carte
nautiche a rombi di vento; ma la cosa che più colpisce è che sia stata usata, in un insieme di carte
piane, una proiezione che era apparsa per la prima volta solo pochi anni prima del 1511 e in carte a
stampa, ed esattamente una proiezione conica modificata, tratta anch’essa dalla modificazione della
conica tolemaica. Infatti le prime due opere italiane che si conoscono realizzate con proiezione
27
CARACI G., La produzione cartografica di Vesconte Maggiolo (1511-1549) ed il Nuovo Mondo, in «Memorie
Geografiche» dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma, IV, s. II (1958), pp. 223289; ID., Di un atlante poco noto di Vesconte Maggiolo, in «La Bibliofilia», XXXIX (1937), pp. 1-29; ID., Sulla data
del Planisfero di Vesconte Maggiolo… cit., pp. 111-128; ID., Ancora sulla data del Planisfero di Fano, in «Memorie
Geografiche» dell’Istituto di Scienze Geografiche e Cartografiche dell’Università di Roma, VI (1960), pp. 89-126.
15
conica modificata sono il planisfero Contarini-Roselli del 1506, realizzato a Firenze e quello
inserito da Joannes Ruysch nel Tolomeo di Roma del 1508, e in Germania il planisfero del
Waldseemüller del 1507.
Vesconte Maggiolo 1511, tav. VI (Huntington Library, San Marino di California)
Se, come asserito da Caraci in due suoi articoli del 1937 e del 1958, il planisfero Maggiolo del
1511 è un derivato, seppure modificato, dei planisferi Contarini-Rosselli e Ruysch-Beneventano, è
evidente il lavoro di conoscenza che è dietro all’opera di Maggiolo. Tutto ciò prelude forse ad una
conoscenza diretta o del Contarini medesimo o forse di un prototipo italiano, come suggerito da
Caraci, servito di base sia al Contarini che al Ruysch. Nel planisfero Maggiolo la proiezione usata
in realtà non è propriamente una conica, come nel caso dei due planisferi precedenti, bensì una
polare. La presenza di un planisfero inserito in un atlante nautico, o disegnato come tavola a sé
stante rimane un punto fermo nell’opera di Vesconte Maggiolo, così come pure una grande
importanza ha nei suoi atlanti la visione del Nuovo Mondo appena scoperto. Anche due altri
cimeli della sua produzione napoletana si pongono con autorevolezza all’attenzione degli studiosi,
e l’area dei lavori di Vesconte che risulta particolarmente interessante è quasi sempre incentrata
sulla raffigurazione del Nuovo Mondo. Nell’atlante del 1512, in quattro tavole, una di queste,
quella delle coste del Brasile ha fatto discutere sull’eventualità che il suo autore l’avesse ritoccata
in un secondo momento; mentre nel planisfero del 1516, sembra di ripercorrere lo stesso impianto
di quello di Fano.
16
La seconda carta, conservata presso la Biblioteca Oliveriana di Pesaro, anch’essa anonima e non
datata, ha posto numerosi problemi d’interpretazione, soprattutto per questa sua seconda
peculiarità, piuttosto che per l’anonimato. Anche in questo caso sono state proposte diverse date,
ma la più attendibile è quella del 150428.
Anonimo, (Pesaro Biblioteca Oliveriana, Perg. 1940)
La costa sudamericana appare completa dall’attuale Colombia al Brasile, individuato da catene
montuose ricoperte di vegetazione, e più a sud si legge l’iscrizione Mundus Novus, che ci riporta
alle navigazioni vespucciane e all’apocrifo libretto al Soderini attribuito allo stesso navigatore.
Proprio la scritta Mundus Novus ha fatto pensare che fosse coevo con il planisfero di Ruysch,
stampato a Roma nel 1508, ma il disegno dell’America settentrionale è quasi uguale a quello del
Cantino, con i tre blocchi in cui è divisa la costa, mentre la scritta di ispirazione vespucciana, può
benissimo essere attribuita alla conoscenza del Vespucci medesimo. Se l’America meridionale e
quella settentrionale si ispirano alla carta del Cantino, le isole delle Antille riconducono al
28
Già Vittore Bellio l’aveva, probabilmente a ragione, citata e descritta come una delle carte più antiche raffiguranti il
nuovo continente, mentre per Skelton costituisce uno dei prototipi del Padrón Real iberico, ma ha anche delle
peculiarità di disegno che l’apparentano al planisfero di Fano. BELLIO V., Notizie sulle più antiche carte geografiche
che si trovano in Italia riguardanti l’America, in Raccolta di Documenti e Studi pubblicati dalla R. Commissione
Colombiana pel Quarto Centenario della Scoperta dell’America, Roma 1892, p, IV, vol. II, pp. 112-116; SKELTON
R.A., The European Image and Mapping of America (A.D. 1000-1600), Minneapolis 1964, pp. 65-66; ID., The
Discovery of North America, London 1971, p. 63.
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prototipo di Juan de la Cosa e, avvenimento quanto mai raro, all’altezza di San Salvador nelle
Bahamas leggiamo: «Antilhas del rei de Castella descoverta per Collumbo armirante», non solo
ma l’anonimo autore della carta di Pesaro mostra di conoscere molto bene anche la toponomastica
dei viaggi colombiani, se troviamo, caso abbastanza raro, il nome di San Salvador, dato all’isola di
Guanahaní, primo sbarco degli europei nel Nuovo Mondo. Quest’ottima conoscenza da parte del
suo autore, della prima toponomastica americana ha fatto supporre ad alcuni studiosi che la carta
fosse stata redatta non per uso di biblioteca, ma effettivamente per la navigazione29.
L’allargamento dell’ecumene e le navigazioni in Atlantico, a sud e a nord, dimostrarono che i
vecchi strumenti in uso per la navigazione non erano più sufficienti, ma soprattutto i naviganti
avevano bisogno di strumenti più adeguati, e come già visto nella carta King-Hamy, il problema
era stato messo in evidenza dalla separazione della costa sudamericana e anche con la
segnalazione dei due equatori, ma il primo cartografo che cercherà di adattare le vecchie carte alla
nuova situazione sarà Pedro Reinel con la sua carta del 1504.
Il cartografo portoghese disegna una scala delle latitudini all’altezza del meridiano situato presso
l’isola di Corvo nelle Azzorre e le graduazioni della fascia costiera iberica, risultano vicine alla
realtà, mentre se si osservano quelle delle località di Terranova e della penisola del Labrador, oltre
ad essere disegnate con direzione nord-sud, invece che nord nord est, presentano uno scarto di
circa due quarte, rispetto alla realtà, dovuto alla declinazione magnetica.
Il primo ad essersi accorto del fenomeno, fu Cristoforo Colombo nel primo viaggio transoceanico
del 1492. Nel giornale di bordo, così è scritto dall’ammiraglio: « Las agujas noruestavan y a la
mañana nordestavan algún tanto» il 13 di settembre; oppure il 17: «tomaron los pilotos el norte,
marcándolo y hallaron que las agujas noruestavan una gran quarta… la causa fue porque la estrella
que parece haze un movimento y no las agujas»; ed infine il 30: «… las estrellas que se llaman las
guardas, quando anocheçe están junto al braço de la parte del ponente, y quando amaneçe están en
29
BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta…cit., pp. 73-76. Baldacci pone una giusta e sensata
critica alla teoria secondo la quale la carta di Pesaro era effettivamente servita per la navigazione: «Penso che un
pilota del primo decennio del Cinquecento che navigava in Oriente non ricavasse utilità alcuna tenendo in plancia –
direi meglio nel cassero – una geocarta estesa al Ponente… Non mi sembra poi, che fra beccheggio e rollio del
veliero, una geocarta delle dimensioni della “oliveriana” fosse molto maneggevole e quindi fra le più comode da
consultarsi!
Il vistoso disegno di cornice (specie quando era intero), insieme con le dimensioni, conferiscono alla oliveriana tutti
quei pregi che erano riservati alla geocarta destinata al Principe».
18
la línea debaxo del braço al Nordeste, que parece que en toda la noche non andan salvo tres líneas,
que son 9 oras y esto cada noche»30.
Pedro Reinel, 1504 (Monaco, Bayerische Staatsbibliothek)
Come si vede dalla carta, il cartografo portoghese ha tracciato al largo delle terre nord americane,
una scala delle latitudini posta in direzione obliqua rispetto alla principale e che misura un angolo
inclinato di circa 22°5’ (due quarte di vento) in direzione nord est, e questa nuova scala aggiuntiva
pone le località di Terra Nova e del Labrador, alle giuste latitudini31.
L’America era stata scoperta dagli europei e quindi era normale che le sue prime raffigurazioni
fossero dovute a spagnoli e ad italiani o altri, ma tutti di matrice europea, eppure ben presto,
seppure in maniera forse fortuita, la sua conoscenza giunse al mondo islamico, e a uno dei suoi più
valenti cartografi del secolo XVI. È infatti all’ammiraglio della flotta ottomana Piri Reis che
dobbiamo la prima visione delle nuove terre, da poco scoperte, da parte musulmana, con la carta
datata 1513, realizzata anche in base alle informazioni avute da uno schiavo cristiano che serviva
sulle galere turche e che, dalle legenda inserite nella carta medesima, ci viene detto che aveva
30
COLOMBO C., Il Giornale di Bordo. Libro della prima navigazione e scoperta delle Indie. Introduzione, Note e
Schede di TAVIANI P.E., VARELA C., in Nuova Raccolta Colombiana, Roma, IPZS, 1988, t.I, pp. 18; 20-22; 32.
31
CEREZO MARTÍNEZ R., En busca de una solución al problema de las latitudes: las cartas planas de doble
graduación, in «Quaderni Stefaniani», IV (1985), pp. 177-195; ID., Cartografía Náutica Española… cit., pp. 59-60.
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compiuto ben tre viaggi al nuovo mondo insieme con l’ammiraglio Colombo. La pergamena in
effetti si discosta alquanto dalla consueta iconografia islamica in quanto la carta è piena di
raffigurazioni di animali e di uomini, elementi che non si riscontrano nel successivo atlante di Piri
Reis. Dettagliata, anche se in qualche caso leggermente anomala, appare la dislocazione delle
Antille e di tutte le isole caribiche. C’è però da dire che nella carta di Piri Reis cominciano a
vedersi non solo le coste continentali del centro America, ma anche la segnalazione di città
recentemente fondate32.
32
Sulla carta di Piri Reis vedasi: KAHLE P., Piri Reis, und seine Bahriye, in «Beiträge zur Hist. G. Kulturg. Und
Kartogr. Vornehmlich des Orient», Leipzig und Wien 1929, pp. 60-76; ID., Impronte colombiane in una carta turca del
1513, in «La Cultura Moderna», Roma-Milano 1931, pp. 775-785; ID., Die verschollene Columbus Karte von 1498 in
einer Türkischen Weltkarte von 1513, Berlin-Leipzig, W. de Gryter, 1933, p. 61; ALMAGIÀ R., Il mappamondo di Piri
Reis e la carta di Colombo del 1498, in Actas del XXVI Congr. Internacional de Americanistas (Madrid, 1948), Madrid
1950, II, pp. 32-41; BALDACCI O., Atlante Colombiano della Grande Scoperta… cit., pp. 103-106.
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L`allargamento dell`ecumene - Dipartimento di Lettere e Beni Culturali