CORTE DEI CONTI PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE per la Regione CAMPANIA RELAZIONE Del Procuratore Regionale dott. Arturo Martucci di Scarfizzi in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2007 SOMMARIO PREMESSA INTRODUTTIVA I - LINEE DI TENDENZA DELL’ATTIVITA’ DELLA PROCURA REGIONALE II - ENTI LOCALI E REGIONE CAMPANIA III - SANITA’ REGIONALE IV - AMMINISTRAZIONI STATALI E ENTI PUBBLICI ISTITUZIONALI V - GESTIONI DI TESORERIA E SOCIETA’ DI RISCOSSIONE - GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE GIUDIZI DI CONTO E CONTI GIUDIZIALI PARTE SECONDA I - ILLECITI E FRODI COMUNITARIE – L’EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE E L’ATTIVITA’ IN CORSO II - EMERGENZA RACCOLTA E SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI - SVILUPPI E AGGIORNAMENTI III - SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA E CARTOLARIZZAZIONI PARTE PRIMA IV - ESECUZIONE DELLE SENTENZE DI CONDANNA DELLA CORTE DEI CONTI - DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLA DELLA LITE – PROPOSTE E RIMEDI V - BREVI AGGIORNAMENTI TEMATICI NOTE CONCLUSIVE QUADRI SINOTTICI PREMESSA INTRODUTTIVA Anche quest’anno spetta al Procuratore regionale di svolgere la propria Relazione, segnatamente sull’attività svolta dall’Ufficio Requirente campano, dopo che il Presidente della Sezione ha svolto la sua Relazione sull’andamento dell’attività giurisdizionale del Collegio giudicante e dei giudici monocratici nelle materie di loro rispettiva competenza ed è utile sottolineare come il “taglio” della presente Relazione offra un’analisi relativa alla gestione delle pubbliche finanze nel territorio della Regione Campania, ancora palpitante e non sedimentata nella giurisprudenza della Sezione territoriale. E’ quasi superfluo rammentare che l’attività requirente è circoscritta al contenzioso nelle materie di contabilità pubblica (giudizi di responsabilità e di conto), nonché a quello in materia d’aggio o ad altri rapporti contenziosi tra le società di riscossione e l’Amministrazione finanziaria: si esclude, quindi, dall’esposizione che seguirà ogni dato riguardante il contenzioso pensionistico. La presente Relazione cercherà, in estrema sintesi, di esporre le principali tematiche presenti nel territorio che hanno costituito l’oggetto delle indagini intraprese per il perseguimento del ristoro dei danni alle pubbliche finanze: indagini che si sono concluse con atti di citazione in giudizio, con inviti a controdedurre o che sono tutt’ora in corso di definizione. Volta per volta si segnaleranno anche alcuni casi nei quali la Sezione territoriale ha accolto le tesi accusatorie della Procura, facendo così “giurisprudenza”, anche se di prime cure. E’ doveroso sempre segnalare che le ovvie scanzioni temporali che intercorrono tra l’avvio di un’indagine e la sua conclusione con l’atto di chiamata in giudizio rendono evidente come i fatti presi in esame siano più o meno risalenti nel tempo, di guisa che nel momento in cui è notificato l’invito a dedurre o viene depositato l’atto di citazione i presunti responsabili di danni verificatisi in anni pregressi non coincidono necessariamente (ma, talvolta ciò avviene) con amministratori e agenti pubblici che nel frattempo sono divenuti titolari di quelle cariche che, “pro-tempore”, rivestivano i loro predecessori invitati a dedurre o chiamati in giudizio. E’ ancora appena il caso di ricordare che compito del Requirente, in occasione della presente Relazione, non è quello di “additare” uno o più colpevoli, ma solo di segnalare vicende produttive di lesione alle pubbliche finanze o all’immagine di singole pubbliche Amministrazioni, riferendosi, ove del caso, alle categorie di pubblici agenti (amministratori o dipendenti “pro-tempore”) che si è ritenuto di individuare quali presunti responsabili del danno pubblico, sottolineandosi ulteriormente che l’essere chiamati a rispondere in giudizio (o, ancor più, l’essere destinatari di un invito a dedurre) non comporta alcun anticipato giudizio di colpevolezza che, solo, può intervenire ad opera del Collegio giudicante e, poi, definitivamente, con il formarsi della cosa giudicata. Nel corso del 2006 sono intervenute, oltre a varie normative riguardanti la Corte dei conti, soprattutto importanti affermazioni giurisprudenziali che riguardano l’attività delle Procure: di tali profili evolutivi si darà conto nelle singole parti della Relazione che toccheranno gli aspetti che interessano specificamente il campo operativo di questo Requirente, ma si può sin d’ora anticipare che gli interventi di maggior rilievo hanno riguardato le “aperture” della Suprema Corte di Cassazione in punto di giurisdizione contabile. In varie occasioni, infatti, la S.C. (in due casi, proprio su controricorso di questa Procura regionale) ha sancito il principio secondo cui la giurisdizione contabile si estende anche nei confronti di soggetti per i quali, fino a tempi recenti, si dubitava sussistesse la connotazione pubblica necessaria per incardinare la cognizione della Corte dei conti. Ebbene, la Corte è stata ritenuta fornita di giurisdizione nei confronti di un (ex) componente del Parlamento per il danno all’immagine arrecato all’Istituzione dello Stato e, per altro verso, sono stati attratti nella giurisdizione contabile anche i comportamenti produttivi di danno per ritenuta frode comunitaria posta in essere da soggetti privati sì, ma titolari di funzioni pubbliche nel procedimento di erogazione di contributi anche europei. E’ stato poi confermato l’indirizzo già emerso nel 2004 e nel 2005, secondo cui è sindacabile la condotta di amministratori di società a totale o maggioritaria partecipazione pubblica. Nonostante la importanza del ricordato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte, deve notarsi come la “novità” non deve sorprendere, poiché si innesta in quella tradizionale visione della tutela delle pubbliche finanze e della immagine della Pubblica Amministrazione che troppe volte vengono vulnerate da comportamenti di soggetti che, direttamente o indirettamente, sono preposti a pubbliche funzioni nella gestione di pubblico denaro. Le Procure regionali della Corte dei conti in genere, e quella per la Campania in particolare, vengono sempre più percepite come punto di riferimento di un interesse generale ad un corretto uso dei poteri – specie se discrezionali – inerenti la spendita di pubblico denaro. Se è vero che lo “spreco” o “lo sperpero”, in sè considerati, non sono ancora un illecito contabile perché non ne sono emersi i connotati oggettivi e soggettivi del danno “contra ius” concreto e attuale e della grave volontà colpevole (o dolosa), ne sono però la premessa fattuale, l’antecedente logico giuridico, la vera e propria “anticamera”. Compito del Pubblico Ministero contabile è, quindi, senza debordare dai propri limiti che non consentono attività ispettive, quello di monitorare gli sprechi segnalati, denunciati, emergenti anche da dettagliate notizie desumibili dagli organi di informazione, con la specifica finalità di verificare che non si siano trasfusi in illeciti e di concorrere, per altro verso, con la propria attività istruttoria, alla cessazione o sospensione delle condotte di sperpero o, comunque, a positivi, anche se postumi, ripensamenti o ravvedimenti. In tale difficile compito non è vano sperare che l’affinamento dei concetti, già propri del diritto contabile amministrativo, di trasparenza, efficacia, economicità e imparzialità dell’azione amministrativa, possa portare all’elaborazione di un concetto di sperpero del pubblico denaro come negazione dei suddetti principi che si traduce in disvalore sociale e, poi, giuridico. Su questo punto si tornerà in seguito. Per sempre meglio corrispondere all’attesa della collettività e delle Comunità fruitrici dei pubblici servizi non è di secondaria importanza pensare di implementare anche il numero del personale di Magistratura e amministrativo addetto alle Procure regionali e, in particolare, a quella per la Campania che è regione con un altissimo numero di vertenze e nel cui territorio, purtroppo, si registra una evidente propensione alla cattiva gestione delle risorse da parte di numerosissime Amministrazioni pubbliche locali, statali periferiche, sanitarie, come è reso evidente dalla variegazione degli illeciti riscontrati e di cui si darà conto. Nelle note conclusive ringrazierò particolarmente i colleghi che con me si impegnano al massimo delle loro possibilità, come dimostra la produttività dell’Ufficio; ma, sono pochi, anche per fronteggiare le emergenze che, purtroppo con continuità, si presentano nel territorio regionale e che pur richiedono quel doveroso approfondimento dei fatti e degli atti che è a presidio di ogni amministratore o dipendente pubblico impegnato nel quotidiano destreggiarsi nella applicazione di norme spesso criptiche e stratificate. Non è un caso, infatti, che in varie occasioni (oltre il 10% delle fattispecie) in cui si era proceduto a notificare inviti a dedurre, le audizioni e le controdeduzioni che ne sono seguite hanno evidenziato situazioni di estraneità o di non colpevolezza dei soggetti che si intendeva convenire in giudizio: ciò non sarebbe stato possibile senza i doverosi, necessari approfondimenti che pure tanto impegno e lavoro richiedono. Se a ciò si aggiunge che ogni anno – come in quello che si è appena chiuso – pervengono migliaia di esposti, denunzie, referti, comunicazioni e rapporti, con conseguente aumento complessivo dell’attività di questo Ufficio requirente, ci si può rendere agevolmente conto che per garantire adeguate risposte alla crescente domanda di quella che ormai va delineandosi come “giustizia contabile”, occorrono più risorse umane. In questa direzione sembra muoversi la Legge Finanziaria per il 2007 (Legge n. 296/2006) che, all’art. 1, comma 518, reca l’autorizzazione alla spesa di €. 1.370.000,00 per il 2007 e di €. 5.671.000,00, a decorrere dal 2008, per il reclutamento di Magistrati, anche contabili. Le somme sono per ora modeste e i tempi non saranno brevi, ma quanto è stato disposto è almeno motivo di qualche speranza. PARTE PRIMA I - LINEE DI TENDENZA DELL’ATTIVITA’ DELLA PROCURA REGIONALE Si intende qui offrire una rappresentazione della complessiva attività svolta da questo Requirente, in modo da rendere più agevole la lettura dei dati numerici esposti nei quadri sinottici che corredano la parte finale della presente Relazione. Si cercherà, quindi, di disegnare un “quadro in movimento” dell’operatività dell’Ufficio, premettendo qualche precisazione. Deve, infatti, tenersi conto di vari elementi come, ad esempio, il fatto che le citazioni depositate nello scorso anno si riferiscono, in molti casi e come spesso avviene, a inviti a dedurre dell’anno ancora precedente; che le variazioni percentuali vanno valutate in ordine sia alla importanza o meno delle vertenze che al numero di esposti e denunzie pervenute; che tutti i dati vanno valutati comparativamente rispetto agli anni pregressi. Il quadro che emerge dà contezza di un ulteriore incremento delle attività requirenti, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Gli atti di citazione depositati nel 2006 non soltanto sono aumentati, sfiorando il numero di 100 (in un quadriennio il numero degli atti di citazione è aumentato di circa il 33%), ma, soprattutto, sono notevolmente accresciuti gli importi di danno di cui si è chiesto il risarcimento che, complessivamente, anche a titolo di pregiudizi all’immagine della P.A., ammontano a oltre €. 137.600.000,00, quasi sestuplicandosi gli importi azionati nel 2005. Anche i soggetti convenuti in giudizio sono aumentati di circa il 50% rispetto al 2005, non tenendosi conto di altri atti, che pure sono intervenuti, quali atti integrativi di citazione, controricorsi in Cassazione, gravami, riassunzioni, etc. L’anno 2006 è stato anche caratterizzato da una soddisfacente conferma dell’attività cautelare intrapresa, in particolare nel 2005, da questo Requirente. Il Giudice Designato presso la Sezione territoriale ha proceduto a depositare sette ordinanze di conferma di sequestri conservativi (già autorizzati) per un importo che supera €. 7.500.000,00 ed ha respinto due istanze (di parte) di revoca di sequestro di beni precedentemente autorizzati. Nel corso del 2006 la Sezione giudicante è stata investita da 10 reclami, di cui uno della stessa Procura regionale che è stato anche accolto. Di tali nove reclami, proposti dalle parti sequestrate, soltanto uno è stato integralmente accolto, quattro hanno ricevuto solo parziale accoglimento e quattro sono stati respinti, in tal modo avallandosi sostanzialmente le istanze del Requirente con le quali si era inteso di non far perdere all’Erario pubblico la garanzia su importanti crediti risarcitori. Parte delle intervenute conferme hanno riguardato tre dei quattro sequestri conservativi azionati da questo Requirente nel corso del 2006 per circa €. 2.000.000,00. Quanto alle impugnative proposte avverso sentenze rese dalla Sezione per la Campania, si osserva che le notifiche di appelli di parti private alla Procura regionale sono diminuite rispetto allo scorso anno, così come sono in diminuzione i gravami proposti dal Requirente; è pur vero che i dati sono parziali, che si fa salvezza per eventuali appelli notificati solo alla Procura generale, e che sono pendenti ancora i termini di impugnazione per sentenze rese nel 2006, ma la rilevazione è omogenea a quella del 2005 ove, alla fine dell’anno, risultavano già notificati numerosi appelli di parti private: la tendenza sembra, quindi, essere verso una maggiore stabilità delle pronunce rese in prime cure. Inoltre, in circa la metà dei casi le Sezioni Centrali d’Appello hanno consolidato le impostazioni del Requirente, sia accogliendo, in tutto o in parte, gli appelli della Procura, sia respingendo, sempre totalmente o parzialmente, gli appelli delle parti assolte in prime cure. Va ora più specificamente esaminata la situazione del contenzioso in esame presso questo Ufficio anche in relazione ai provvedimenti adottati. Nel corso del 2006 sono state aperte e assegnate ai magistrati di Procura oltre 3.400 vertenze con un incremento percentuale, rispetto al 2005, di circa il 40%. Tale incremento è dovuto in parte all’aumento di esposti, denunzie e comunicazioni e in parte alla minore incidenza delle archiviazioni in sede preliminare che vengono disposte allo stato degli atti, allorché viene rilevata una insufficienza tale della “notitia damni” da non giustificare l’apertura di una vertenza (mancanza di riferimenti temporali, soggettivi e oggettivi, di documentazione, anonimi generici, etc.). Sono, quindi, state aperte più vertenze, perché maggiori sono risultate le “notitiae damni” meritevoli di approfondimenti istruttori. L’attività istruttoria si è esplicitata in oltre 2.600 atti e, nei casi più complessi, mediante conferimento di deleghe o incarichi al Corpo della Guardia di Finanza: si è trattato di 45 deleghe per accertamenti di varia natura con un incremento di oltre il 40% (rispetto al 2005) di questo particolare strumento istruttorio che è stato affidato al Nucleo di Polizia Tributaria che, sempre nel corso del passato anno, ha espletato altre 47 deleghe, in precedenza conferite. Il predetto Nucleo di Polizia Tributaria è stato oggetto, recentemente, di rimodulazione nel più ampio quadro di una riorganizzazione interna del Corpo della Guardia di Finanza. Ogni Nucleo è inserito nei Comandi Provinciali ed è stato altresì istituito, presso quello di Napoli, un Gruppo Tutela Spesa Pubblica all’interno del quale agiscono due (non più una) Sezioni per Accertamento Danni Erariali (Sezioni ARADE), venendosi così anche incontro ad esigenze di rafforzamento più volte rappresentate da questo Ufficio. Nelle note conclusive si darà atto di quanto sia rilevante la costante e proficua collaborazione di queste Sezioni ai fini della operatività di questo Ufficio Requirente. Si è poi registrata una flessione delle audizioni istruttorie presso questo P.M. di circa il 40% in meno rispetto al 2005, nel quale, invece, si era rilevato un numero notevole di audizioni. Tale flessione è, peraltro, in controdendenza rispetto al sensibile aumento delle persone invitate a dedurre (oltre il 20% in più rispetto al già alto numero relativo al 2005) che hanno superato, nel 2006, i 630 soggetti. La fase pre-dibattimentale innanzi al P.M. contabile conferma la sua utilità, come è dimostrato dal fatto che spesso le controdeduzioni o le audizioni convincono il Requirente della bontà delle ragioni dei soggetti intervenuti, con conseguente esclusione soggettiva degli stessi dalla chiamata in giudizio o, addirittura, con la mancata formulazione della citazione, con relativa archiviazione. Tale fase, però, rivela la sua utilità proprio per la sua natura dinamica e agile e, a tal fine, non appaiono di giovamento i mutevoli atteggiamenti della giurisprudenza sulle modalità di tale procedimento (ad esempio, sulla decorrenza dei termini decadenziali o sulle formalità che comprendono anche la notifica, a tutti gli interessati, delle richieste di proroga) che in passato e, in alcuni casi, anche recentemente, rischiano di influire sulla snellezza di un procedimento che ha un essenziale scopo di ausilio istruttorio al P.M., per chiarire meglio il quadro delle responsabilità che intende perseguire, nonchè alle stesse parti, onde far valere le proprie posizioni di estraneità o di limitata partecipazione ai fatti; ciò, senza nulla togliere alla integrità dei veri e propri diritti di difesa processuale da far valere nella eventuale fase dibattimentale innanzi al Giudice. Per quanto riguarda, infine, le archiviazioni in sede istruttoria – in disparte, quindi, quelle adottate in via preliminare di cui prima si è detto - sono state circa il 30% in più di quelle dello scorso anno. Deve segnalarsi che, nel corso del 2006, con Ordinanza 4/7/2006 n. 261, la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità dell’art. 5 del Decreto Legge 15/11/1993 n. 453, convertito dalla Legge 14/1/1994 n. 19, nel testo sostitutivo dell’art. 1 del Decreto Legge 23/10/1996 n. 543, convertito dalla Legge 20/12/1996 n. 639. Il Giudice delle Leggi ha ritenuto, infatti, conforme a Costituzione la normativa sul potere di archiviazione del P.M. contabile, escludendo la necessarietà di un controllo giurisdizionale su tale potere come invece veniva ipotizzato nella Ordinanza di rimessione. La citata statuizione è importante, sia perché fa chiarezza su un punto che da tempo destava perplessità in alcuni Collegi, sia perché contiene in motivazione rilevanti affermazioni circa il potere dei Collegi giudicanti di chiedere in esibizione, in corso di giudizio, gli atti di archiviazione riguardanti soggetti che in quel giudizio non erano stati convenuti, onde poterne poi inferire l’eventuale intervento in causa. La portata di tali ultime affermazioni impone qualche riflessione sul significato più o meno ampio da attribuirvi, trattandosi pur sempre, anche se in forma incidentale, di enunciati della Corte Costituzionale che devono essere tenuti presenti nella interpretazione delle norme e nella prassi giudiziaria. Secondo una visione estensiva, la Corte potrebbe aver sciolto il dubbio, in termini generali, sulla possibilità dei Collegi giudicanti di integrare il contraddittorio, ordinando l’intervento in causa di altri soggetti, prescindendosi dai limiti soggettivi dell’azione esercitata dal P.M. contabile (ipotesi, quest’ultima, che da parte di molte Sezioni, compresa quella campana, viene, in linea di massima, limitata ai soli casi di litisconsorzio necessario). Può, invece, ritenersi che la Corte Costituzionale abbia voluto limitare i poteri di intervento dei Collegi giudicanti ai soli casi, come quello all’esame del Giudice delle Leggi, in cui si ritiene di chiamare in giudizio soggetti esclusi da precedenti intervenute archiviazioni del P.M., “non formandosi il giudicato con l’archiviazione”. Entrambe le ipotesi ricostruttive sono plausibili, ma, forse, la seconda sembra più aderente al contesto della fattispecie portata all’attenzione della Corte Costituzionale. Conclusivamente, sulle funzioni svolte dalla Procura regionale nell’anno appena concluso, può dirsi che il complesso delle attività requirenti è aumentato, ma è aumentato anche il volume delle vertenze costituenti il contenzioso in atto presso questa Procura (oltre il 30% in più rispetto al 2005). In estrema sintesi, dunque, si è fatto di più e si dovrà cercare di fare ancora di più, ma con le forze di cui si dispone – oggettivamente tali e senza alcuno spirito di doglianza “rivendicatoria”, ben conoscendosi le situazioni carenziali di molte Procure, forse ancora più bisognevoli di personale – è difficile ipotizzare sforzi che al momento non appaiono a portata di mano. II – ENTI LOCALI E REGIONE CAMPANIA Ancora una volta la massa dei debiti fuori bilancio accumulati dagli enti locali campani desta preoccupazione per vari motivi. L’originaria possibilità di ricorrere all’indebitamento per coprire gli importi dei debiti fuori bilancio per tutte le tipologie di spese previste dall’art. 194 D.lgs. n. 267/2000 (e prima ancora dal D.lgs. n. 77/1995, come novellato dal D.lgs. n. 336/1996 e dal D.lgs. n. 342/1997) è stata fortemente limitata dalla successiva normativa di settore. Infatti, per le spese di parte corrente la possibilità di ricorrere all’indebitamento è stata ristretta ai debiti fuori bilancio maturati “anteriormente” alla data dell’8/11/2001, mentre, per quelli riconosciuti successivamente, il ricorso all’indebitamento è stato vietato per le spese diverse da quelle d’investimento. Tale normativa, racchiusa nell’art. 41, comma 4, della Legge 28/12/2001 n. 448 e, poi, sviluppata nell’art. 30, comma 15, della Legge 27/12/2002 n. 289 e nell’art. 3, commi 16 ss., della Legge n. 350/2003, rispettivamente “Leggi Finanziarie” per il 2002, per il 2003 e per il 2004 ed oggetto di disciplina anche negli anni successivi, trova poi copertura costituzionale nell’art. 119, ultimo comma, della Costituzione, novellato con Legge 18/10/2001 n. 3, espressamente richiamato dal citato art. 30, comma 15. Costituzionale La pecularietà di tale ultima norma sta nella assoluta novità della previsione di una sanzione, (variabile) da irrogarsi dalla Corte dei conti agli amministratori che hanno assunto delibere in violazione dei citati divieti. La “ratio” della ricordata complessiva disciplina è volta a limitare il fenomeno stesso dei debiti fuori bilancio, la cui tipologia è prevista dal citato art. 194, sia perché alterano – specie se rilevanti – ogni previsione di bilancio e, quindi, di programmazione della spesa da parte degli enti locali, sia perché, per farvi fronte, spesso occorre far ricorso all’indebitamento (mutui con la Cassa DD.PP. o emissione di prestiti obbligazionari) con creazione di ulteriore passivo per interessi e oneri aggiuntivi. Di tanto si era già accennato anche in precedenti relazioni, così come questo Requirente aveva provveduto a rammentare agli organi a ciò preposti di comunicare alla Procura regionale le delibere di riconoscimento, ai sensi dell’art. 23, comma 5, della Legge n. 289/2002 (“Legge Finanziaria” per il 2003). Nel corso del 2006, peraltro, sono intervenute anche le prime pronunce di alcune Corti territoriali in ordine alla irrogazione delle sanzioni previste dall’art. 30, comma 15, della Legge n. 289/2002 (cfr. Sezione Giurisdizionale per la Toscana n. 509/2006; Sezione Giurisdizionale per la Sicilia n. 2376/2006 e n. 3198/2006). Dopo alcuni iniziali approcci restrittivi, sia in termini di irrogazione della sanzione, essendosi ritenuta necessaria la effettiva contrazione di un mutuo, sia sulla nozione di “maturazione del debito” (cfr. Sezione Giurisdizionale per il Lazio n. 3001 del 20/12/2005), la giurisprudenza contabile ha fornito, nel 2006, alcune rilevanti precisazioni circa la titolarità dell’azione, la natura della nuova fattispecie sanzionatoria, i presupposti per l’applicabilità della sanzione, nonché per la quantificazione della stessa. L’attenzione, dunque, va posta non solo in punto di valutazione dell’ “utilitas” ricollegabile al debito pregresso, ma anche al modo con cui le Amministrazioni, che a tale riconoscimento provvedono e garantiscono la copertura del debito, in quanto se ciò avviene con il ricorso all’indebitamento, si incontra il divieto che limita quest’ultimo alle sole spese d’investimento, rammentandosi, altresì che il Giudice delle Leggi, (cfr. sentenza n. 425/2004) ha avuto modo di chiarire che la nozione di “spese di investimento” è riservata allo Stato che con le ultime leggi finanziarie (cfr. Legge n. 350/2003) ne ha fatto una elencazione di tipo apparentemente tassativo. Si è proceduto ad un monitoraggio delle comunicazioni pervenute a questa Procura e, anche per l’anno 2006, può offrisene un quadro riepilogativo. Gli enti locali della Regione Campania, anche nel corso del 2006, hanno comunicato un rilevante numero di delibere avente ad oggetto debiti fuori bilancio in ordine ai quali va fatta una precisazione. Premesso che la rilevazione è stata condotta dal novembre 2005 al novembre 2006, come per lo scorso anno, si osserva che nel 2006 sono pervenute comunicazioni (circa 1.000) che riguardano sia i debiti fuori bilancio riconosciuti con delibere di riconoscimento assunte nel 2005, sia debiti fuori bilancio riconosciuti con delibere di riconoscimento assunte nel 2006. Queste ultime comunicazioni espongono un dato complessivo di oltre €. 35.800.000,00 (di cui oltre €. 5.500.000,00 per oneri aggiuntivi) e sommando questi dati a quelli relativi alle comunicazioni per delibere di riconoscimento intervenute nel 2005 per complessivi circa €. 27.000.000,00 (di cui €. 8.000.000,00 per oneri aggiuntivi) si giunge ad un totale di comunicazioni pervenute nel 2006 per importi pari ad oltre €. 62.000.000,00. Se si fa applicazione – come è corretto – della metodologia di rilevazione usata per lo scorso anno, può prevedersi ragionevolmente - la previsione è solo statistica - che nel corso del 2007 perverranno comunicazioni di debiti fuori bilancio pari a circa il 50% degli importi riconosciuti nel 2006, giungendosi così ad un importo presunto di debiti fuori bilancio riconosciuti nel 2006 per oltre €. 53.000.000,00. Tale cifra è sì inferiore a quella registrata per i debiti del 2005 (circa €. 76.000.000,00, anche al di sotto, quindi, delle previsioni, peraltro solo statistiche, formulate lo scorso anno), ma viene in evidenza un dato significativamente preoccupante. L’aliquota percentuale degli oneri aggiuntivi sui debiti comunicati nel 2006 cresce notevolmente in quanto su complessivi €. 62.000.000,00 comunicati, gli oneri aggiuntivi ammontano a oltre €. 13.650.000,00 con una incidenza di oltre il 22% a fronte di un’incidenza del 13,7% relativo alle comunicazioni per i debiti fuori bilancio dell’anno 2005. Ciò significa che se la sorte capitale del debito può rispondere ad una “utilitas” in qualche modo conseguita per l’ente locale, tale valutazione “compensativa” non si attaglia certo agli oneri aggiuntivi (interessi, spese legali e giudiziali) a fronte dei quali nessuna “utilitas” è configurabile. Altri elementi di forte perplessità si aggiungono. La percentuale delle comunicazioni da parte delle Amministrazioni che hanno adempiuto a tale all’obbligo cresce (oltre il 10%), così come anche quello delle stesse comunicazioni (oltre il 10%); ma, si tratta pur sempre di dati verosimilmente molto al di sotto della realtà. Valgano, al riguardo, le seguenti, poche osservazioni. Al 30 novembre 2006, non risultano pervenute comunicazioni di alcuni Capoluoghi provinciali mentre una sola Comunità Montana ha provveduto a tale adempimento afferente i debiti fuori bilancio. Inoltre, desta seri dubbi la situazione del Comune di Napoli. I dati che si evincono da parziali rilevazioni non sono concordanti, poiché, mentre si apprende dal verbale della seduta del Consiglio Comunale del 29/9/2006 che i debiti fuori bilancio nel solo periodo gennaio – settembre 2006 ammontano a €. 5.750.000,00, risultano, invece, pervenute comunicazioni per complessivi €. 547.000,00, tra l’altro relative a mancata corresponsione di premi di produttività a personale della Polizia Municipale e a straordinario al personale, risultando alquanto inverosimile che non sussistono debiti fuori bilancio con altre causali diverse da quelle ora ricordate. A ciò si aggiunge che tra i debiti comunicati nel 2006 dal Comune di Napoli non ne risulta alcuno facente capo a società a partecipazione pubblica dello stesso Comune che ne deve approvare i bilanci. Ora, poiché circa la metà delle società partecipate dal Comune di Napoli presenta variabili passivi di gestione, appare strano che le stesse non abbiano maturato alcun debito fuori bilancio, senza considerare che la stessa ricapitalizzazione di società per servizi pubblici e la copertura di disavanzi di consorzi e aziende speciali costituiscono espresse previsioni di altrettanti debiti fuori bilancio (art. 194 T.U.EE.LL., lettere C e D). D’altronde, l’estrema incertezza sulla entità dei debiti fuori bilancio del Comune di Napoli è comprovata dall’ “Atto di indirizzo” approvato con delibera di Giunta n. 3489 del 25/10/2004 con la quale si disciplina una dettagliata procedura di monitoraggio (Dirigenti, Avvocatura, Servizi) per la rilevazione dei debiti fuori bilancio, evidentemente già ritenuta non soddisfacente. Complessivamente, poi, per l’intera Campania, l’estrema incertezza, per difetto, dei dati comunicati è confermata dalle periodiche rilevazioni degli organi centrali e periferici della stessa Corte dei conti. Per cercare, se non altro, di avere una chiara visione d’insieme della massa dei debiti fuori bilancio e delle loro reali cause, non apparrebbe inutile pensare all’adozione di norme similari a quelle dapprima richiamate per le spese non d’investimento, prevedendo precisi termini e, in caso di mancata comunicazione da parte degli organi a ciò deputati, conseguenze di tipo sanzionatorio. La situazione finanziaria degli enti locali in Campania si presenta in modo seriamente preoccupante. Si dirà in seguito che nessuno dei cinque Capoluoghi provinciali campani ha rispettato il minimo (35%) di raccolta differenziata dei rifiuti: anzi, si è molto al di sotto, non essendo stato raggiunto, fino al 2004, da numerosissimi comuni, neanche il 20% con intuibili negative ricadute economiche sull’intero ciclo integrato di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Inoltre, secondo dati accreditati, dagli anni ‘90 ad oggi, il maggior numero di enti locali dissestati con conseguente massa debitoria determinata da mutui a carico dello Stato, si trova concentrata in due regioni, una delle quali è la Campania. Si è appena detto dell’imponente massa di debiti fuori bilancio che, rispetto alle comunicazioni pervenute nel 2006, è, comunque, molto verosimilmente e significativamente inferiore alla effettiva realtà. Queste rilevazioni di carattere prevalentemente statistico non sono di per sè fonte di illeciti contabili, ma ne costituiscono la cornice di riferimento poiché almeno una delle cause maggiori di tale situazione è rappresentata da un diffuso modo di amministrare, contrario ai principi di legalità, trasparenza, economicità, con conseguente spreco del pubblico denaro che, come si è avuto modo di segnalare, è la premessa per sconfinare nell’illecito contabile che poi costituisce la stretta materia di competenza di questo Ufficio. Il Legislatore ha, in questi ultimi anni, soprattutto con le varie Leggi Finanziarie, introdotto un vasto sistema di “monitoraggio” della gestione degli enti locali che prevede forme diffuse di rilevazione di dati da comunicare poi alla Corte dei conti, da intendersi come titolare della funzione di controllo e, qualche volta, con riferimento allo stesso Ufficio requirente. Anche nel 2006 si è proseguito su questa strada, almeno in alcuni casi che sembravano i più significativi e che si segnalano in questa sede. Con l’art. 30 della Legge 4/8/2006 n. 248 che ha convertito il Decreto Legge 4/7/2006 n. 223, sono stati modificati gli artt. 204 e 204 bis recati dall’art. 1 della Legge 23/12/2005, prevedendosi il divieto di assunzione di personale per le amministrazioni regionali e degli enti locali in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio previsti, istituendosi, altresì, un “Tavolo tecnico” a composizione mista per compiere una serie di verifiche gestionali le cui risultanze devono essere trasmesse con cadenza annuale alla Corte dei conti. Inoltre, con l’art. 1, comma 724, della Legge 27/12/2006 n. 296 (Legge Finanziaria per il 2007) è stata istituita (l’attuazione è demandata a strumenti successivi) una “Unità di monitoraggio” degli enti locali con il compito di accertare la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento delle misure premiali previste dalla legge, nonché di verificare le dimensioni organizzative ottimali e di valutare l’attività svolta in termini di misurazione dei livelli dei servizi e dei risultati conseguiti, anche tenendo conto del patto di stabilità interno. Tale norma è stata formulata “al fine di assicurare un controllo indipendente e continuativo della qualità dell’azione di governo degli enti locali “ e, d’altro canto, vengono tenute ferme le competenze istituzionali della Ragioneria generale dello Stato e della Corte dei conti. Sembra, dunque, trattarsi di un ulteriore strumento conoscitivo dell’attività di gestione degli enti locali e il dichiarato fine di assicurare un”controllo indipendente”, unitamente alla salvezza delle competenze istituzionali della Corte dei conti, sembra deporre non per una sovrapposizione o confliggenza di funzioni, bensì per un più informato esercizio dell’azione di controllo indipendente che è proprio della Corte dei conti, anche per previsione Costituzionale (art. 100 Cost.). Infine, sempre nella Legge Finanziaria per il 2007 è contenuta una norma – l’art. 1, comma 61 - in virtù della quale è previsto che con provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stabilite le modalità per introdurre per tutte le Amministrazioni pubbliche (ivi compresi, quindi, gli enti locali) criteri di contabilità economica e per la trasmissione telematica dei bilanci standard e dei dati di contabilità. Si tratta di una norma, per ora di natura programmatica, ma l’introduzione di una contabilità economica anche per gli enti locali non può che dispiegare effetti positivi, atteso anche il crescente fenomeno delle società partecipate dagli enti locali. Le richiamate norme, che comunque seguono molte altre, tutte intese al monitoraggio della spesa degli enti territoriali, sono quindi il sintomo della preoccupazione, cui prima si è accennato, per le capacità gestionali degli enti locali: preoccupazione che trova anche riscontro nel panorama degli illeciti venuti in emersione e che, anche nel 2006, hanno portato questo Requirente ad azionare il risarcimento di molteplici danni alle finanze degli enti locali campani, come è comprovato dal fatto che oltre il 50% degli atti di citazione per il 2006 riguarda appunto gli enti territoriali. L’attività svolta da questo Requirente, sia con atti di chiamata in giudizio, sia con inviti a controdedurre e con attività istruttoria in genere, ha toccato una vasta gamma di tipologie dell’attività gestoria: dalla spesa per il personale alle mancate entrate, dalle spese per manifestazioni a quella per lavori pubblici, dalla gestione del patrimonio a quella, infine, per far fronte a risarcimenti dovuti a occupazioni illegittime o comunque conseguenti a controversie con la P.A. Del danno provocato dai responsabili di A.S.I.A. per mancati introiti da raccolta differenziata si dirà nell’apposito capitolo dedicato al ciclo integrato dei rifiuti. Un rilevante numero di illeciti riscontrati si colloca nell’area della spesa di parte corrente per il personale: in questo ambito spiccano le erogazioni per i trattamenti retributivi accessori costituiti da premi di produttività collettiva e compensi incentivanti. Il Comune di Salerno, in anni recenti, secondo quanto anche risulta da verifiche ispettive della Ragioneria generale dello Stato, ha erogato, a personale amministrativo in genere e a quello dirigente in particolare, rilevantissimi importi corrisposti per premi di produttività e progetti obiettivo, assegnati senza precisi ancoraggi alla quantità e alla qualità delle prestazioni rese, né effettuando graduazioni tra dipendenti che hanno conseguito valutazioni differenti e, comunque, in modo non selettivo. L’istruttoria intrapresa ha portato alla notifica di numerosi inviti a dedurre, complessivamente, per oltre €. 14.000.000,00, ma si sta procedendo alla verifica, oltre che per la corretta valutazione dei risultati che con tali premi si era inteso remunerare in relazione alla portata degli accordi di settore intervenuti, anche delle posizioni personali di amministratori e dirigenti “pro-tempore”. Altra citazione per premi di produttività collettiva, erogati negli scorsi anni, senza definizione dei progetti è stata depositata, per un importo di oltre €. 900.000,00 ai danni del Comune di Castellammare di Stabia, così come ulteriori premi incentivanti, nel corso del 2001, sono stati indebitamente erogati ai danni del Comune di Nocera Inferiore ed anche in questo caso è stato depositato il relativo atto di citazione, sia pure per importi non rilevanti, ma con modalità del pari illegittime riscontrate nella intervenuta determina, mentre un invito a dedurre ha riguardato la pregressa indebita erogazione di indennità aggiuntiva al segretario comunale “pro-tempore” del Comune di Mercato San Severino. Un caso singolare relativo agli anni 2000, si è presentato in relazione al riconoscimento della qualità di dipendente comunale ad un idraulico privato, che, come tale, svolgeva le proprie prestazioni. La relativa citazione per un danno di €. 120.000,00 subito dal Comune di Mugnano del Cardinale è già stata depositata. Con due diversi atti di citazione sono stati azionati danni complessivi per oltre €. 315.000,00 in favore del Comune di Salerno per gli anni 2000/2005, in quanto si era provveduto ad erogare compensi a professionisti per progettazione di lavori pubblici in violazione dell’art. 18 della Legge n. 109/1994 relativamente ai cosiddetti “oneri riflessi” posti a carico dell’ente locale relativamente nella prevista misura massima dell’1,5% dell’importo posto a base dei lavori. Altro atto di citazione per analoga questione (art. 18 citato) è stato depositato per ritenuto danno, di portata molto inferiore, al Comune di Torre Annunziata. Per la nota vicenda dei cosiddetti “stipendi d’oro” del Comune di Napoli il giudizio contabile, attivato per una prima partita di danno relativa alla elargizione indebita di trattamenti retributivi, è stato sospeso, pendendo quello penale, ma è comunque stato già conseguito l’effetto di indisponibilità dei beni per circa €. 900.000,00. Alla fine del 2006 è anche intervenuto decreto penale che dispone il giudizio per oltre 280 dipendenti del comune per l’indebita percezione di assegni familiari, comportando un danno di circa £. 6.000.000.000 per il Comune di Napoli che, tra l’altro, si è costituito in giudizio quale parte civile. Continua è l’erogazione delle spese legali sostenute per la difesa in giudizio, in procedimenti penali e amministrativi, degli amministratori e dipendenti, poi risultati assolti o comunque non condannati. L’intera materia è regolamentata da varie normative (D.P.R. n. 191/1979; D.P.R. n. 347/1983; D.P.R. n. 268/1987), nonché dal Decreto Legge n. 543/1996 convertito dalla Legge n. 639/1996, per i procedimenti innanzi alla Corte dei conti e, da ultimo, è anche intervenuta una norma di interpretazione autentica recata dall’art. 10, comma 10, del Decreto Legge n. 203/2005, convertito dalla Legge n. 248/2005. In disparte i vari orientamenti intervenuti sulla norma interpretativa ora ricordata, la giurisprudenza va sempre più affinandosi circa il rimborso per spese legali dovute a procedimenti penali, segnatamente per ciò che concerne l’eventuale confliggenza di interessi tra amministratori e Amministrazione, e per le modalità di scelta dei difensori. Due atti di citazione sono stati depositati per tali fattispecie di rimborso, ritenendo essersi prodotto danno per il Comune di Casoria, complessivamente per oltre €. 630.000,00 ed è stato, altresì, azionata tutela cautelare per sequestro conservativo. Un particolare e significativo dettaglio consiste nella singolare coincidenza tra l’amministratore oggetto del procedimento giudiziario e il destinatario del rimborso, in quanto il suddetto legale aveva difeso sé stesso. Quanto alla gestione del patrimonio e delle risorse, sono venute in evidenza vicende pregiudizievoli per le finanze locali, sia sul versante delle mancate entrate, patrimoniali o fiscali, sia sul versante delle spese sostenute per oneri aggiuntivi a seguito di controversie in cui la P.A. è rimasta soccombente. L’episodio più significativo per le dimensioni assunte, relativo a mancate entrate, è quello che ha riguardato il Comune di Giugliano in Campania ove, a seguito di una transazione tra la società che gestiva la concessione del servizio idrico integrato e il Comune, comunque comportante rilevanti esborsi per quest’ultimo, è venuto in emersione un danno riferibile al quinquennio 1992/1997 dovuto alla mancata esazione dei canoni per l’erogazione dell’acqua presso l’utenza e del canone di depurazione e fognatura. E’ stato, quindi, azionato il risarcimento di un pregiudizio patrimoniale di circa €. 27.000.000,00, oltre ad €. 13.000.000,00 per danno all’immagine. L’istruttoria, che era fondata su capillari indagini svolte dalla Guardia di Finanza, continua per importi più che rilevanti anche per anni successivi a quelli prima indicati, mentre diversa ma similare istruttoria è in corso per altro comune. Non può farsi a meno di considerare che l’acqua è un bene primario e che sarebbe apparsa auspicabile una azione amministrativa proiettata alla protezione delle fasce più deboli che non ad un’indifferenziata mancata esazione dei canoni, con la formazione di un cospicuo debito (varie sono le controversie con Eniacqua) per l’approvigionamento dell’acqua che pur deve essere acquistata (il cosiddetto “bilancio idrico” pone in evidenza costi e ricavi nella erogazione dell’acqua), mentre il ricorso all’indebitamento finisce poi per riverberarsi, comunque, sull’utenza sotto forma di cartelle molto più onerose che intervengono a distanza di tempo e, quindi, incidendo anche sulla capacità di programmazione delle spese da parte delle famiglie. Sempre sul versante delle mancate riscossioni, prosegue l’azione di questa Procura per gli omessi introiti da sanzioni per violazioni al Codice della Strada. Dopo i positivi riscontri ottenuti dalla Sezione territoriale (da ultimo, cfr. Sentenza n. 1682/2006), si è provveduto a citare in giudizio i ritenuti responsabili di un danno patrimoniale e all’immagine di €. 462.000,00 provocato al Comune di Napoli, dovuto al passaggio in giudicato, nel 2001, di sentenze del Giudice di Pace, con le quali era stata dichiarata la prescrizione dei ruoli o la decadenza per decorso dei termini di notifica provocate dalla situazione di estrema confusione amministrativa dominante negli anni ‘90 nei competenti uffici della Polizia Municipale di Napoli. Un rilevante danno si è anche verificato per le casse del Comune di Teggiano dovuto a irregolarità nella gestione finanziaria e nell’attività di accertamento e riscossione dell’ I.C.I. per anni pregressi. Per tale danno, ammontante ad oltre €. 750.000,00, la relativa citazione è già stata depositata. Esempi significativi di cattiva gestione delle risorse sono stati riscontrati nel Comune di Meta di Sorrento per evidenti irregolarità nella realizzazione della manifestazione denominata “Sbarco dei Saraceni” che, affidata originariamente ad una cooperativa, ha comportato poi oneri rilevanti: infatti, è stato azionato un danno di circa €. 125.000,00 con apposita citazione già depositata. Anche se di modesto rilievo, ma significativo per la vicenda in sè considerata, è l’esborso a carico del Comune di Terzigno (si tratta di un debito fuori bilancio) per fare fronte a pagamenti di confezioni natalizie e pasquali per i dipendenti comunali. Anche in questo caso si è provveduto a depositare il relativo atto di citazione in giudizio. E’ poi stata aperta una vertenza per accertare le cause dei ritardi nei pagamenti delle bollette ENEL che generano cospicui interessi a carico dei Comuni inadempienti. Varie sono poi le fattispecie di danno riferibili a attività illecite, come ad esempio le spese prive di utilità per l’acquisto di arredi o riferibili a indebita erogazione di contributi erogati ai sensi della Legge n. 219/1981 (Comune di San Tammaro, relativamente a danni ammontanti ad €. 86.000,00 e ad €. 63.000,00). Rilevanti esborsi sono poi conseguenti a contenziosi conclusisi con sentenze e lodi in pregiudizio delle Amministrazioni pubbliche. Tra i casi più ricorrenti figurano quelli relativi ad appalti di lavori, nonchè a occupazioni d’urgenza prolungate nel tempo e non seguite da espropri. Tra i primi, si segnalano il caso del contenzioso con il Comune di Santa Maria Capua Vetere per i lavori di realizzazione del Teatro Garibaldi (circa €. 23.000,00); quello del Comune di Cava dei Tirreni – anche con risvolti penali – per i lavori del Trincerone ferroviario (circa €.130.000,00); quello del Comune di Pollica per saldo e revisione prezzi dovuti all’impresa esecutrice di alcuni lavori (circa €. 17.000,00); gli esborsi dovuti ad un lodo in danno del Comune di Castellammare di Stabia. Sempre inerente a lavori pubblici è la vicenda della realizzazione del mattatoio del Comune di Cimitile comportante un danno di oltre € 125.000,00 dovuto a maggiori esborsi conseguiti alla realizzazione di un lotto di lavori. In tutti i casi su citati sono stati depositati i relativi atti di citazione nel corso del 2006 e, per quanto riguarda il ricordato caso del Comune di Cimitile, è anche intervenuta nel 2006 sentenza di condanna, sia pure di importo ridotto, da parte della Corte territoriale. Altro singolare caso di cosiddetto danno “indiretto” riguarda il contenzioso civile con il Comune di Castellabate avente ad oggetto la mancata assunzione di un centralinista non vedente che invece vi aveva chiaramente diritto. L’atto di citazione per oltre €. 72.000,00 è stato depositato. Anche nel corso del 2006 sono state depositate varie citazioni per danni verificatisi in numerosi Comuni della Campania (Montesano sulla Marcellana, Santa Maria Capua Vetere, Cesa, etc.) che hanno sopportato ingenti oneri aggiuntivi per occupazioni illegittime prolungate nel tempo cui poi non è seguito il provvedimento di esproprio (ad esempio, solo per il piccolo Comune di Olevano sul Tusciano sono stati azionati danni per complessivi oltre €. 192.000,00). Si tratta, per lo più, di vicende risalenti nel tempo, ma le sentenze civili di condanna sono intervenute recentemente e i debiti fuori bilancio, assunti per farvi fronte, sono stati comunicati negli ultimi anni. La Corte territoriale, tra l’altro, va consolidando una propria giurisprudenza, in larga parte di accoglimento delle tesi di questo Requirente e, nel corso del 2006, ha depositato varie sentenze di condanna riguardanti i comuni di Campolattaro, Montecorvino, Ariano Irpino, Roccamonfina e Casandrino, riconoscendo responsabilità di varia natura di dipendenti e amministratori. Una citazione particolarmente rilevante depositata nel corso del 2006 ha riguardato il Comune di Maddaloni per una vicenda relativa alla occupazione avvenuta negli anni ‘80/ ’90 per la installazione di “containers”. Scaduti i termini di occupazione e sgombrati i prefabbricati, il Comune non restituiva l’area ai proprietari che, quindi, adivano l’A.G.O., che infliggeva condanna al Comune non solo per oneri aggiuntivi, ma anche per il mancato godimento del bene, liquidando una somma pari ad oltre €. 124.000,00, superiore di gran lunga alla sorte capitale. Può notarsi, in punto di procedure espropriative, che sempre più frequenti sono le pronunce rese dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sui criteri di risarcibilità dei terreni indebitamente occupati o espropriati. E’ stato, in quella alta Istanza, ribadito più volte che, ove non si tratti di necessità connesse alla ricorrenza di un contesto di riforme economiche e sociali, la regola da adottare è quella del ristoro integrale corrispondente al valore venale del bene espropriato. Queste ormai ricorrenti pronunce della Corte Europea hanno indotto la Suprema Corte di Cassazione a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 bis, comma 7 bis, del Decreto Legge n. 333/1992, convertito dalla Legge n. 559/92, per contrasto con gli artt. 111 e 117 novellati della Costituzione, anche alla luce dell’art. 6 e dell’art. 1 del protocollo addizionale della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (cfr. Cass. Ord. 20/5/2006), in quanto tale normativa nazionale è apparsa fortemente limitativa dell’integrale ristoro dei danni da espropriazioni. A ciò si aggiunge che ormai va consolidandosi la giurisprudenza sulle occupazioni “usurpative” (in assenza di dichiarazione di pubblica utilità o quando questa sia stata annullata dal G.A.), sia in punto di irrilevanza delle limitazioni ai criteri di risarcibilità per tale tipo di occupazioni, sia in punto di irrilevanza della realizzazione dell’opera pubblica, in quanto l’art. 43 del D.P.R. 8/6/2001 n. 327, entrato poi in vigore successivamente, prevede che l’acquisizione del bene al patrimonio pubblico avvenga con formale atto amministrativo fondato sulla valutazione degli interessi in conflitto (si veda anche Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 3/2004) e non anche con la semplice realizzazione dell’opera. Le ricordate circostanze portano a ritenere che se i risarcimenti dei danni da esproprio verranno adeguati al valore venale dei beni, anche gli oneri aggiuntivi subiranno notevoli incrementi: motivo in più per curare con particolare attenzione, da parte degli amministratori locali, questa delicata materia così diffusa e che tanto costa alle casse comunali. La gestione dei patrimoni comunali è poi oggetto di numerose istruttorie e di varie azioni riguardanti il penoso stato manutenzione in cui versano le strade pubbliche di molti comuni che riportano condanne per le “insidie o trabocchetti” (buche, marciapiedi, tombini, mancati transennamenti), nonché l’amministrazione del patrimonio immobiliare pubblico che, specie per quanto riguarda il Comune di Napoli, titolare di numerosissime unità, è affidata ad una società privata con notevoli oneri economici. Conclusivamente, per quanto riguarda la gestione degli enti locali in Campania, non può che confermarsi il giudizio non confortante emerso per gli scorsi anni. Continuano a venire in emersione numerose e variegate vicende di cattiva amministrazione del pubblico denaro e del pubblico patrimonio che non sembrano trovare mitigazione nei continui interventi del Legislatore intesi al contenimento di tale spesa complessiva e al controllo, sia pure postumo, della stessa attività di gestione di personale e di mezzi. Se è vero che le autonomie locali non possono subire, anche in virtù della protezione accordata dalla Costituzione, eccessive limitazioni dei mezzi finanziari necessari al soddisfacimento dei bisogni primari dei propri cittadini, è altrettanto vero che si stenta sempre più a comprendere, anche da parte della stessa opinione pubblica che trova diritto di tribuna nei mezzi di comunicazione, come spesso debba ricorrersi all’indebitamento per pagare servizi essenziali da rendersi alla Comunità, mentre si reperiscono con facilità i fondi per spese che si rivelano, a tutto concedere, inutili se non – come si è andato esponendo – palesemente illegittime. Una sana e oculata gestione che sappia discernere il necessario dal superfluo e che non si ostini, come talvolta avviene, a perseverare in liti giudiziarie il cui esito è facilmente intuibile, offrirebbe la risposta giusta a questi interrogativi ed eviterebbe anche il ricorso massiccio a manovre su aliquote, tariffe e addizionali che sempre più rientrano nella disponibilità degli stessi enti locali, finendo con l’incidere notevolmente, spesso in modo generalizzato e, soprattutto, in tempi postumi rispetto agli illeciti, su quelle stesse Comunità organizzate sul territorio e, quindi, in definitiva, proprio sui fruitori dei servizi pubblici che si vedono penalizzati per sprechi, sperperi o elargizioni indebite a vantaggio di pochi. Può riferirsi, ora, circa la regione Campania che, ha approvato, agli inizi del 2007, i due atti finanziari programmatori più significativi: il bilancio preventivo per il 2007 (Legge Regionale 19/1/2007 n. 2) e la Legge Finanziaria regionale (Legge Regionale 19/1/2007 n. 1), entrambe pubblicate nel B.U.R.C. del 22/1/2007. Si riferirà a parte sulle due importanti questioni che riguardano la situazione dei rifiuti in Campania e gli strumenti finanziari messi in campo per tentare la ristrutturazione e il rientro del debito sanitario, segnalandosi, sempre in materia sanitaria, che, con sentenza n. 119 del 20/3 – 24/3/2006, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità di una legge regionale (L.R. n. 28 del 21/12/2003) recante norme per l’accreditamento istituzionale dei soggetti che erogano assistenza specialistica di emodialisi e di riabilitazione ambulatoriale, in quanto trattasi di poteri regolamentari riservati dallo Statuto al Consiglio regionale e non alla Giunta. Nel corso del 2006 sono state depositate le prime tre citazioni (della vicenda, ancora in istruttoria, era stata data notizia lo scorso anno) in materia di forestazione protettiva in violazione della Legge n. 267/1998 (cd. “Legge Sarno”). Dalle indagini effettuate e dai riscontri anche penali su parte della vicenda, è emerso che cospicui fondi che dovevano pervenire alla Regione Campania sono stati invece erogati, in anni pregressi, a soggetti terzi che poi non provvedevano a realizzare, in tutto o in parte, le opere previste. Tale illecita attività, riconducibile anche ad amministratori di enti territoriali vari, compreso il competente assessore regionale “pro-tempore” e alla gestione liquidatoria del Commissario straordinario dell’ex Agensud, ha comportato ingiusti pregiudizi, sia in termini di inutilità della spesa, sia in termini di opere di presidio non realizzate – come avrebbe dovuto avvenire – in favore delle Comunità locali, sia in termini di sottrazione di competenze istituzionali della Regione Campania. Sono stati, quindi, azionati danni, patrimoniali e non, per circa €. 9.000.000,00 riguardanti i Comuni di Sant’Angelo a Scala e Giffoni Sei Casali, nonchè la Comunità Montana di Lambro e Mingardo e sono stati attivati sequestri conservativi per complessivi €. 3.500.000,00, in massima parte confermati nel corso del 2006 dal Giudice Designato, anche con accoglimento di un reclamo della Procura e rigetto di numerosi reclami presentati, invece, dalle parti sequestrate. Sono altresì in corso di avanzata istruttoria ulteriori casi di indebite erogazioni nel più vasto quadro di illeciti ora ricordato. Sul piano delle attività di gestione, è stato depositato un atto di citazione relativo ad illegittimi incarichi dirigenziali conferiti con deliberazioni giuntali nel corso del 2005 a due soggetti di giovane età e privi dei requisiti di legge, con un danno che si è provveduto a contestare pari ad oltre €. 62.000,00. Continuano altresì le indagini riferibili a personale comandato e dirigenziale, sono state aperte istruttorie su recenti episodi di spese per esigenze di rappresentanza del Consiglio Regionale, anche se occorre doverosamente approfondire le diverse sfere di competenza tra Giunta e Consiglio e i limiti di sindacabilità posti nell’ambito dei poteri di autorganizzazione, anche in relazione alle immunità previste. Del pari, proseguono talune indagini sull’A.R.P.A.C. (Agenzia Regionale Protezione Ambientale) la cui istruttoria è stata delegata proprio a funzionari regionali che recentemente hanno concluso i propri lavori. Il complesso dei poteri, sempre più vasti, riservati alle autonomie regionali, ivi compresa la potestà normativa (legislativa e regolamentare) concorrente e ripartita, esige una sempre più attenta gestione delle finanze regionali, sia per consentire il progressivo finanziamento autonomo delle funzioni pubbliche attribuite (art. 119 Cost.), sia per dare attuazione ai principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118 Cost.).. III - SANITA’ REGIONALE Il panorama della sanità regionale in Campania è dominato, oltre che da irrisolti problemi organizzativi di tipo sanitario che esulano – in quanto tali – dall’ottica di questa Relazione, da tematiche relative a questioni finanziarie e da una variegata tipologia di illeciti, via via emergente negli anni, che testimoniano il permanente scostamento da una ordinata gestione amministrativa e finanziaria. Circa il debito sanitario in Campania, può rilevarsi come il suo accumularsi nel tempo determini una serie di riflessi negativi, sia sul riparto delle quote del Fondo Sanitario Nazionale, sia sull’efficienza dei servizi sanitari resi ai cittadini, sia sugli oneri aggiuntivi che inevitabilmente conseguono alle azioni giudiziarie intraprese dai terzi creditori. Non è un caso che nel quinquennio 2001/2005, secondo alcuni rilevamenti statistici, il 23% del disavanzo sanitario nazionale si è formato in Campania, nell’ambito del 60% circa di disavanzo accumulato in tre regioni: Lazio, Sicilia e Campania. E’ questo il motivo per cui in queste regioni sono tenute alte le addizionali IRPEF e IRAP il cui gettito è destinato a finanziare il disavanzo e sono stati individuati percorsi, pur diversi tra loro, per quella che viene definita come “ristrutturazione” dei crediti vantati verso le AA.SS.LL. da terzi privati fornitori di prestazioni. In Campania, l’ambizioso raggiungimento di quest’ultimo obiettivo è stato affidato alla SO.RE.SA. S.p.a., (Società Regionale Sanitaria), con capitale pubblico, inizialmente di €. 500.000,00, interamente della stessa Regione Campania, costituita a seguito della Legge Regionale 21/12/2003 n. 28 e dotata, con la Legge Finanziaria regionale per il 2006 del 29/12/2005 n. 24, di fondi pari ad €. 170.000.000,00, per il 2006 e €. 170.000.000,00, per il 2007, mentre con Legge Finanziaria regionale per il 2007 (art. 34, punto 3) si è disposto che la somma di €. 170.000.000,00 viene iscritta per tutta la durata delle operazioni necessarie al pagamento dei debiti maturati da AA.SS.LL. e AA.OO. fino al 31/12/2005. Alla SO.RE.SA., infatti, sono state attribuite, tra l’altro, rilevanti funzioni in materia di rientro del debito sanitario campano. Con l’art. 2 della ricordata Legge Regionale n. 24/2005 sono stati aggiunti i commi da 6 a 16 all’art. 6 della mentovata Legge Regionale istitutiva n. 28 del 28/12/2003. In sostanza, la SO.RE.SA. dovrà provvedere all’estinzione del debito sanitario campano, accumulato nel tempo da AA.SS.LL. e AA.OO. e maturato fino al 31/12/2005 (stimato in circa €. 5.000.000.000,00 di cui €. 2.723.000.000,00 circa da finanziarsi sul mercato) e potrà avvalersi di strumenti finanziari con durata non superiore a trent’anni, inclusa la cartolarizzazione dei crediti, trattando in nome e per conto delle Aziende Sanitarie con gli operatori finanziari. Risulta pure che la SO.RE.SA. ha espletato una procedura selettiva ad evidenza pubblica, individuando nella offerta presentata da tre banche: Calyon S.A., Credit Suisse Securities (Europe) Limited e Lehman Brothers International (Europe) il progetto idoneo a realizzare l’estinzione programmata del debito. La procedura prevista – secondo anche quanto si apprende dalla Delibera della Giunta Regionale 4/12/2006 n. 2008 - si svilupperebbe attraverso vari passaggi: un transattivo tra ditte accordo creditrici (strutture private che hanno reso le prestazioni, da tempo non pagate) e le AA.SS.LL. e AA. OO. debitrici, con rinuncia a interessi e spese aggiuntive; cessione dei crediti ristrutturati dai centri privati alla SO.RE.SA. previa certificazione degli stessi e, poi, successivamente, ad una società per la cartolarizzazione dei crediti da collocare sul mercato; accettazione da parte della Regione Campania di delegazioni di pagamento relativamente a quanto dovuto a SO.RE.SA. da parte delle AA.SS.LL. e delle AA.OO.; accensione di un mutuo, o linea di credito, con il gruppo di banche prima ricordato a seguito a negoziazione intercorsa tra queste ultime e SO.RE.SA.; tale mutuo, o linea di credito, fino ad un massimo di €. 2.723.000.000,00, avrà durata ventinovennale e prevede la corresponsione di rate annuali di rimborso da €. 170.000.000,00, con un interesse pari all’Euribor, addizionato di una frazione percentuale che sembrerebbe essere intorno allo 0,3%. Le banche pagheranno poi singole “tranche” (plausibilmente, per il tramite della SO.RE.SA. che ne verserà gli importi ai centri privati sottoscrittori delle transazioni e delle cessioni di credito), con una cadenza periodica che dovrebbe esaurirsi entro il 2007, percependo, inoltre, una commessa bancaria dell’1,5% su ogni operazione. Questa, in sintesi, dovrebbe essere la manovra messa in campo e sulla quale esiste incertezza per la frammentarietà degli atti conosciuti e la non ufficialità delle fonti circa l’effettività dei pagamenti erogandi. La incertezza è tale che la stessa Regione Campania, con deliberazione del Consiglio Regionale del 12/12/2006, ha disposto una “Indagine conoscitiva” sulle attività di rientro dal debito sanitario poste in essere dalla SO.RE.SA. S.p.a., attribuendo alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi Consiliari la qualità di organismo di indagine con il compito di verificare: a) le attività poste in essere dalla SO.RE.SA. S.p.a.; b) la rispondenza delle medesime attività alle finalità previste dalle leggi istitutive della citata società. Sembra poi che sia intervenuta una interrogazione parlamentare sul punto e che esposti siano stati consegnati anche alla Procura della Repubblica di Napoli. Tuttavia, agli effetti delle competenze di questo Requirente, che segue già da qualche tempo le relative vicende, devono essere approfonditi eventuali profili di danno per la finanza pubblica che, comunque, dovrebbero essere risentiti dalla Regione Campania in quanto destinata a sopportarne gli effetti, sia perché trattasi pur sempre di finanza di trasferimento, sia perché SO.RE.SA. S.p.a. è totalmente partecipata dalla stessa Regione Campania. Gli aspetti da approfondire sono di carattere finanziario e giuridico. Sotto un profilo finanziario, ad esempio, occorre verificare se gli oneri a cui SO.RE.SA. si è impegnata per la linea di credito con la cordata di banche, oltre l’1,5% per singola operazione, siano congrui o meno rispetto agli interessi cui i centri privati avrebbero transattivamente rinunziato, tenendosi conto che con le banche sarebbe stato negoziato un tasso “variabile” per un lungo periodo di ammortamento e, quindi, estremamente aleatorio. Inoltre, l’operazione di cartolarizzazione per il tramite di una società “veicolo” avrà non solo dei costi, ma i titoli da collocare sul mercato dovranno prevedere un tasso di rendimento e, quindi, di indebitamento, senza considerare l’incertezza sul successo di una tale operazione sui mercati lanciata dalla società “veicolo” (Special purpose vehicle - S.P.V.) verso la quale viene assunta obbligazione di pagamento con impegno pluriennale di spesa (art. 31, comma 17, della Legge Finanziaria regionale per il 2007). La certificazione dei crediti ristrutturati sarebbe poi affidata ad altre società, (la “Carrington e Cross”, e la “F.M.G e Partners”) per un compenso che sembra aggirarsi intorno a €. 18.000.000,00, ma non è chiaro se tale compenso sia compreso, in tutto o in parte, nella commissione dell’1,5% garantita alle banche, né si conoscono i termini dell’affidamento dell’incarico e tanto meno le modalità dell’eventuale rimborso, ma per un ulteriore aggravio finanziario regionale sembra deporre il punto n. 13 della Delibera regionale di Giunta n. 2008 del 4/12/2006 in virtù del quale la previsione di finanziamento regionale della SO.RE.SA. “è incrementata di un contributo regionale in c/esercizio pari all’1,5% del valore nominale dei crediti che SO.RE.SA. S.p.A. cederà eventualmente in più “tranche alla società per la cartolarizzazione dei crediti”. Infine, se nonostante le effettuate cessioni dei crediti, i centri privati non vengono pagati (come sembra, fino al dicembre 2006 non sia avvenuto), sussiste il rischio, per non dire la certezza, che scatti la clausola risolutiva prevista dall’atto di cessione (almeno, secondo lo schema generale acquisito), con conseguente “rientro” dei crediti nella disponibilità del relativo cedente, di guisa che potrebbe tornare applicabile la direttiva 2000/35 C.E. che fissa per i ritardi oltre i 30 giorni per contratti perfezionati dopo il 2002, un interesse pari al 7% sopra il tasso di interesse della Banca Centrale Europea. Sotto un profilo giuridico, poi, le perplessità sono più d’una. L’intera operazione, come su descritta, ha l’effetto di far divenire SO.RE.SA. creditrice delle AA.SS.LL. e AA. OO. che sono enti i cui bilanci (e disavanzi) sono approvati dalla Regione che è, a sua volta, azionista unico della stessa SO.RE.SA, di guisa che sembrerebbe configurarsi una sovrapposizione di crediti e debiti sostanzialmente nello stesso soggetto giuridico, senza tuttavia che sia quest’ultimo, almeno formalmente, a contrattare con le banche, bensì la SO.RE.SA. Quest’ultima, però, dovrebbe avere almeno un ruolo di intermediazione tra creditori originari e aziende sanitarie debitrici attraverso lo strumento della “ristrutturazione” del credito, ma poiché tale operazione passa attraverso la “certificazione” dei crediti stessi e di quest’ultima attività sarebbero incaricate la società “Carrington e Cross” e la “F.M.G. e Partners”, neanche questa funzione viene effettivamente svolta da SO.RE.SA., così come sembra che le operazioni di messa sul mercato dei titoli cartolarizzati siano affidate ad altro soggetto (la società “veicolo”). Resta, dunque, da accertare l’effettiva funzione di SO.RE.SA. S.p.a. che formalmente assume impegni e oneri, che però, sostanzialmente, sono garantiti dalla Regione Campania che approva ogni passaggio procedimentale e che, come è specificamente precisato nel punto n. 9 della Delibera regionale di Giunta n. 2008 del 4/12/2006, “potrà assumere anche ulteriori impegni e rilasciare ulteriori dichiarazioni, anche a beneficio di SO.RE.SA. S.p.A., e della società per la cartolarizzazione dei crediti per ottenere la migliore valutazione dei prodotti finanziari conseguenti all’operazione, qualora ciò fosse richiesto dai soggetti chiamati a tali valutazioni e ciò al fine di ottenere il miglior risultato possibile per estinguere il debito sanitario pregresso”. Sussistono, poi, alcuni interrogativi giuridici che riguardano le suddette operazioni finanziarie condotte da SO.RE.SA. e che si pongono in relazione alla recentissima norma recata dall’art. 1, comma 739, della Legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria per il 2007) in virtù del quale viene integrato l’elenco delle operazioni costituenti indebitamento previsto dall’art. 3, comma 17, della Legge n. 350/2003 (Legge Finanziaria per il 2004), includendosi espressamente “le operazioni di cessione e cartolarizzazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi per i cui pagamenti l’ente assume, ancorché indirettamente, nuove obbligazioni anche mediante la ristrutturazione dei piani di ammortamento. Sono ecluse le operazioni di tale natura per le quali la delibera di Giunta regionale sia stata adottata prima del 4 settembre 2006 purché completate entro e non oltre il 31/3/2007”. Nessun dubbio, quindi, può sussistere sul fatto che, “a regime”, il complesso delle operazioni in questione costituirebbe “indebitamento”. Occorre, però, chiedersi ai fini della disposizione intertemporale su richiamata, se alla delibera di Giunta regionale siano equiparabili le delibere della SO.RE.SA. o debba farsi riferimento alle delibere regionali che le approvano , occorrendo, poi, individuare, tra queste ultime, quella a cui far riferimento ai fini della data del 4/9/2006 e chiarire quali sono le operazioni da completare entro il termine del 31/3/2007 (comunque imminente), senza dire delle cessioni non concluse entro il 31/3/2007 che, se perfezionate in seguito, comporterebbero, per le relative cartolarizzazioni, un indebitamento. Inoltre, per le eventuali operazioni non completate entro il suddetto termine, dovendosi ritenere come sussistente l’”indebitamento”, dovrà accertarsi quanta parte di quest’ultimo sia riferibile a spese non di investimento e quant’altra a spesa di parte corrente. Tale accertamento non è di poco conto poiché l’art. 119, VI comma, della Costituzione, novellato dalla Legge Costituzionale n. 3/2001, pone il divieto di indebitamento per spese diverse da quelle d’investimento per le Regioni, e l’art. 30, comma 15, della Legge n. 289/2002 (Finanziaria per il 2003) prevede per gli enti territoriali, la nullità degli atti e la irrogazione di sanzioni. In disparte il fatto, di per sé signifivativo, che SO.RE.SA. è interamente partecipata dalla Regione Campania, deve notarsi come l’art. 3, comma 16, della Legge n. 350/2003 (Finanziaria per il 2004) precisi che “Le regioni a statuto ordinario possono, con proprie leggi, disciplinare l’indebitamento delle Aziende Sanitarie Locali e degli enti e organismi di cui all’art. 12 del D.lgs. 28/3/2000 n. 76 solo per finanziare spese di investimento”. Le considerevoli dimensioni della debitoria sanitaria campana, gli obblighi assunti e la complessità senza precedenti degli strumenti giuridico – finanziari approntati, rendono doveroso l’approfondimento di tutta la tematica rappresentata. Se è plausibile che l’intera operazione che ha portato alla creazione di SO.RE.SA. risponda ad un fine originario apprezzabile in quanto tendente al rientro del debito sanitario e al soddisfacimento delle ragioni “certificate” dei creditori, d’altra parte occorre verificare se tali fini possano, debbano o siano stati raggiunti e se le pubbliche finanze ne siano potute restare in qualche modo pregiudicate o ne abbiano potuto trarre legittimo giovamento. Si attendono, quindi, i risultati della speciale Commissione d’indagine costituita dal Consiglio Regionale, così come sarà portata ogni attenzione agli sviluppi degli esposti penali, ma anche autonomamente questo Requirente seguirà l’andamento delle operazioni finanziarie annunziate da SO.RE.SA. i cui organi statutari dovranno comunque riferire quanto di loro competenza. Può ora offrirsi uno “spaccato” delle azioni intraprese da questo Ufficio per numerose fattispecie di illecito riscontrate nel settore sanitario. Sul versante della spesa relativa al personale dipendente continuano a venire in evidenza casi di liquidazione di premi di produttività e incentivanti elargiti indebitamente in modo indifferenziato, come è avvenuto in anni recenti nella ASL CE/2 per importi di circa €. 1.900.000,00: il relativo danno è stato azionato con citazione già depositata. Di non minore gravità è il fenomeno di vari tipi di indennità che, per loro specifica natura, possono essere corrisposte solo a determinate categorie di soggetti dipendenti e non elargite senza alcun riferimento all’espletamento delle mansioni che quelle indennità presuppongono. E’ il caso dell’indennità di coordinamento a circa 30 infermieri della ASL CE/1 in mancanza dell’effettività dell’incarico svolto sino al 2001: l’invito a dedurre, per un importo di circa €. 290.000,00 è già stato notificato ai presunti responsabili. Analoghi accertamenti istruttori riguardano altre AA.SS.LL. A seguito di una complessa indagine svolta dalla Guardia di Finanza, è venuto in evidenza un diffuso sistema di elargizione di specifiche indennità per “malattie infettive”, previste dal C.N.L. – Comparto Sanità 1994/1997, erogate dagli anni ‘97/98 fino al 2006. Tale indennità, spettante solo al personale infermieristico operante in reparti e strutture di ricovero per malattie infettive, come tali diagnosticate, è stata invece estesa a numerosissime unità di personale operanti in strutture di altro tipo. Il fenomeno ha riguardato varie AA.SS.LL. e Aziende Ospedaliere e, quindi, grandi strutture sanitarie in alcune delle quali non risultano, allo stato, specifici reparti per malattie infettive (ai fini della suddetta indennità) e in altre lo sono solo in parte. Gli importi complessivamente erogati sono rilevanti, trattandosi di molti milioni di euro e si è già provveduto alle notifiche degli inviti a dedurre ai soggetti ritenuti presunti responsabili “pro-tempore” nei vari periodi di riferimento. Naturalmente, occorrerà accertare i vari livelli di responsabilità soggettive, se è intervenuta contrattazione decentrata e se vi siano altri reparti per malattie infettive oltre quelli già evidenziati. Da tempo si è segnalato il fenomeno degli indebiti rimborsi effettuati dalle AA.SS.LL. campane per prestazioni rese da strutture operanti nel settore della riabilitazione fisioterapica in violazione delle C.O.M. (Capacità Operativa Massima). Dopo una lunga indagine istruttoria e numerosissime audizioni seguite ad altrettanti numerosi inviti a dedurre, è stata depositata una citazione che riguarda gli indebiti rimborsi avvenuti negli anni 2000 e 2001 da parte della ASL NA/1 in favore di varie strutture private, a seguito della mancanza di parametri e criteri, con conseguente erogazione di un numero di prestazioni molto maggiore di quanto non fosse consentito. Il danno azionato con la citazione depositata nel 2006 nei confronti di diverse tipologie di amministratori e dipendenti è stato complessivamente di €. 26.000.000,00, di cui €. 13.000.000,00 per danno all’immagine, in quanto dell’intera vicenda vi è stata vasta eco sulla stampa. Ulteriori inviti a dedurre e istruttorie sono in corso per altre AA.SS.LL. campane per effettivo sforamento delle C.O.M. già determinate e ormai anche la Sezione territoriale inizia a rendere statuizioni, a fissare udienze e a discutere giudizi a seguito delle iniziative intraprese da questo Requirente. Nel corso del 2006, ad esempio, la Sezione territoriale ha sì assolto alcuni convenuti (per mancanza di colpa grave) in un giudizio di responsabilità riguardante danni per sforamento C.O.M. alla ASL SA/2, ma, nel contempo, si è ampiamente diffusa sulla antigiuridicità del danno contestato con riferimento alle norme poste a tutela della corretta preordinazione funzionale dei servizi sanitari agli indirizzi programmati, conseguendone che l’ammontare del danno pubblico non può che essere pari all’intera spesa dovuta allo sforamento (di analogo tenore è un’Ordinanza istruttoria, intervenuta solo per quantificare il danno subito dalla stessa ASL come riferibile alla condotta di altro soggetto). Inoltre, può osservarsi come nella ASL NA/1 (e anche ASL NA/2 e nella ASL SA/2) risultano avviate da qualche tempo varie procedure di recupero di quanto indebitamente corrisposto, anche se la giurisprudenza del TAR è oscillante, allorchè deve pronunciarsi sui ricorsi da parte dei soggetti incisi dai provvedimenti di recupero e si è in attesa di altre pronunce che possano chiarire meglio la complessiva situazione. Si tratta, comunque, di iniziative tese al reintegro delle finanze di tali AA.SS.LL. di cui si prende atto. Proprio in relazione a due Ordinanze del TAR Campania che avevano disposto accertamenti istruttori in merito a prestazioni rese in eccesso nel 2001 e 2002, e per le quali un centro di riabilitazione aveva attivato procedimento ingiuntivo contro la ASL NA/1, l’ufficio legale di quest’ultima, pur sussistendo i dati circa la quantificazione dei rimborsi non dovuti per sforamento della C.O.M. secondo i parametri previsti dalla legge, non riscontrava le Ordinanze del TAR Campania che, pertanto, procedeva alla condanna della ASL NA/1 per rilevanti importi in quanto l’Amministrazione non aveva dato risposta agli incombenti disposti. Ne conseguiva, quindi, un danno ingiusto per le finanze dell’ASL NA/1 condannata al pagamento di prestazioni non dovute in quanto rese in eccesso. Il relativo atto di citazione per oltre €. 600.000,00 è già stato depositato, non mancandosi di segnalare che proprio tale vicenda ha reso palese come la C.O.M. - pur non fissata per la ASL NA/1, come avrebbe dovuto avvenire – era tuttavia determinabile, con possibile quantificazione di ciò che non avrebbe dovuto rimborsarsi per le prestazioni rese in eccesso. Per una questione legata invece al riconoscimento di C.O.M. in assenza dei requisiti di legge da parte della ASL NA/2, si è provveduto a notificare ai presunti responsabili inviti a dedurre per oltre €. 16.600.000,00 relativamente agli indebiti rimborsi erogati ad un locale centro di riabilitazione per gli anni dal 1999 al 2006; la vicenda è anche oggetto di procedimento penale ed è stato formulato anche invito per ristoro dei danni all’immagine di pari importo al danno patrimoniale. Altro comparto toccato da una molteplicità di illeciti è risultato essere quello farmaceutico. Si segnalano solo alcune vicende esemplificative. Sono state depositati ulteriori atti di citazione, complessivamente per oltre €. 450.000,00 a causa della attività di “iperprescrizione” farmaceutica da parte di medici di base appartenenti alla ASL SA/2. La Sezione territoriale, peraltro, ha accolto nel 2006 le pretese (sia pure riducendole) azionate da questa Procura con ben cinque sentenze di condanna per analoghi casi di “iperprescrizione” farmaceutica in danno della stessa ASL SA/2. Inoltre, sono state depositate citazioni per indebito percepimento di rimborsi per farmaci falsamente prescritti a soggetti inesistenti e/o deceduti; il danno azionato supera €. 900.000,00, sia sotto l’aspetto patrimoniale che di lesione all’immagine e sono state intraprese anche azioni cautelari che hanno portato a sequestri conservativi, confermati in massima parte dal Giudice Designato. La Sezione per la Campania ha accolto le impostazioni della Procura confermando la sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti di farmacisti la cui attività si inquadra nello schema delle concessioni di pubblico servizio, con obbligo di controllo delle ricette presentate dagli assistiti, in quanto le farmacie sono in rapporto con il S.S.N. e l’assistenza farmaceutica si pone su di un piano analogo a quello della assistenza medica. In questa occasione la Corte territoriale ha anche ammesso prove su supporto informatico anziché cartaceo. Continuano a verificarsi casi di acquisto di farmaci costosissimi non per il tramite delle farmacie distrettuali, bensì da farmacie pubbliche che, a loro volta, si riforniscono da grossisti che acquistano dalle case farmaceutiche produttrici. Si è così verificato che una unità di farmaco particolarmente costoso che avrebbe potuto essere acquistato a circa €. 680,00 è stato poi acquistato ad oltre €. 1.100,00 ed anche considerandosi lo sconto del 20% si è sempre in presenza di costi notevolmente superiori a quelli che si sarebbero dovuti affrontare; di guisa che per una fornitura relativa a migliaia di unità del farmaco in questione, si è prodotto un rilevante danno per le finanze della ASL NA/5. L’atto di citazione – la cui ipotesi istruttoria era già stata segnalata lo scorso anno – è quindi stato depositato nel 2006 per un importo di circa €. 700.000,00. La Sezione territoriale ha altresì depositato sentenze di condanna per risarcimento danni azionati in favore della ASL NA/5 per irregolarità nella distribuzione dei “tikets” mensa, nonchè della ASL NA/1 per affidamento, incremento e proroghe indebite in favore di alcune ditte di vigilanza operati dal Presidente di una cessata USL in anni pregressi. Varie istruttorie sono in corso per sprechi gestionali, maggiorazioni stipendiali, ristrutturazioni ospedaliere ex art. 20 della Legge n. 67/1988, assunzioni illegittime. A quest’ultimo riguardo, si presta attenzione al fenomeno delle “esternalizzazioni” dei servizi che coinvolge, nel panorama nazionale, alcune Aziende Ospedaliere. Sostanzialmente, si tratta di una “elusione” (non sembrano sussistere precise norme al riguardo) delle limitazioni di spesa per il personale recate da varie norme intese al contenimento dei costi di parte corrente, attraverso l’affidamento di servizi ospedalieri a società, per lo più cooperative, con strumenti contrattuali di vario genere. L’effetto è quello di non far rientrare la “voce” stipendi nella spesa per il personale, peraltro senza garantire le necessarie sinergie di impiego con quello di ruolo e senza un reale controllo della maggior spesa per i relativi contratti. Non può concludersi questo complessivo quadro che emerge, sia pure a distanza, delle patologie presenti nella sanità campana, senza formulare almeno un auspicio: quello che la tutela della salute, prevista anche dalla Carta Costituzionale (art. 32), venga considerata come un fine primario a cui sono solo strumentali l’uso del personale, la provvista dei mezzi finanziari, la presenza di strutture sanitarie sul territorio, evitandosi, quindi, di considerare la salute stessa come un mezzo per alimentare spese, spesso ingiustificate, che finiscono, nel migliore dei casi, per essere fine a sé stesse. Se questo punto di vista fosse tenuto nella dovuta, quotidiana evidenza, forse si eviterebbero quegli sprechi che sono la premessa degli illeciti che poi vengono in evidenza. IV – AMMINISTRAZIONI STATALI E ENTI PUBBLICI ISTITUZIONALI Nel 2006 la Suprema Corte di Cassazione ha depositato due importanti sentenze, in punto di giurisdizione, intervenute su regolamenti preventivi proposti nel corso di due giudizi presso la Sezione campana e a cui questo Requirente aveva resistito con relativi controricorsi che sono stati pienamente accolti dalla Corte Regolatrice, affermandosi, in entrambi i casi, la giurisdizione contabile. Si tratta di vicende diverse, unite soltanto dal fatto che per entrambe era stato azionato un danno all’immagine per perdita di prestigio dello Stato: ragione in più – quest’ultima – per sottolineare come ancora una volta la Suprema Corte abbia confermato la propria giurisprudenza su questo particolare tipo di lesione risarcibile. La prima sentenza (Cass. SS. UU. 2/3/2006 n. 4582/06) ha riguardato una vicenda di illecita percezione di “contributi” per la costruzione della Metropolitana di Napoli (anni ’80 – ’90) nel corso della quale un Parlamentare, anche Presidente della Commissione Bilancio della Camera (nonché Ministro per vari periodi), aveva percepito illecite dazioni di denaro da parte di alcune imprese aggiudicatarie dei lavori. Ebbene, la Suprema Corte ha accolto tutte le prospettazioni della Procura campana, rilevando come anche un Deputato sia in rapporto di servizio speciale e onorario con lo Stato, come il dovere di fedeltà, - che prima di ogni altro fa capo ad un rappresentante eletto dal Popolo Italiano - può venire leso, sia con il comportamento doloso attivo consistente nell’illecita percezione di “contributi”, sia con comportamento quantomeno gravemente colposo consistente nel non aver impedito il fatto (si sarebbe trattato di una autodenuncia) e, infine, come da tali comportamenti può derivare un pregiudizio all’immagine del Parlamento e dello Stato Comunità che il Deputato rappresenta. Dopo l’intervenuta pronuncia della Suprema Corte il giudizio è stato quindi riassunto presso la Sezione campana ove il danno all’immagine allo Stato era stato azionato per oltre €. 2.600.000,00. L’altra vicenda su cui è intervenuta la Suprema Corte riguarda invece un magistrato addetto alle misure di prevenzione, personali e patrimoniali, che nell’esercizio delle proprie funzioni aveva commesso reati (accertati tali) provocando, in anni pregressi, un danno patrimoniale allo Stato, oltre al danno d’immagine per l’Ordine Giudiziario. Ebbene, anche in questo caso, la Corte Regolatrice ha avuto modo di affermare che non v’è alcuna ragione per la quale il magistrato debba godere di un trattamento differenziato e anzi, in caso contrario, si porrebbe un problema di costituzionalità della Legge n. 117/1988. Anche in questo caso, il giudizio di merito proseguirà presso la Corte territoriale. Analoghi casi di danni non patrimoniali all’immagine sono stati azionati da questo Requirente nei confronti di altri magistrati. Due atti di citazione, per complessivi oltre €. 800.000,00, sono stati depositati nei confronti di due magistrati che, in anni pregressi, nelle rispettive qualità di GIP e P.M., avevano commesso gravi reati (uno, peraltro, dichiarato estinto per intervenuta prescrizione). Ancora, in diverso caso, si è trattato di altri due magistrati che, negli anni ’90, avevano commesso reati di concussione in concorso con altri pubblici funzionari; il relativo atto di citazione per danno all’immagine è stato depositato per €. 1.000.000,00. Infine, si sono chiuse alcune rilevanti istruttorie, di cui già era stata data notizia in anni precedenti, riguardanti la notissima, grave situazione di disordine amministrativo contabile che, negli anni ’90 e fino al 2002, si era verificata presso la Procura della Repubblica di Torre Annunziata. L’ipotesi più grave riscontrata, non solo per le relazioni ispettive del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ma anche a seguito dei procedimenti penali (alcuni chiusi con sentenza patteggiata, altri nella fase dibattimentale, a seguito di rinvio a giudizio, presso il Tribunale di Roma), è quella che riguarda un notevolissimo numero di falsi mandati di pagamento per procedimenti inesistenti, emessi per un prolungato periodo di tempo e sempre fondati su semplici fotocopie di richieste di pagamento. Il danno patrimoniale che ne è scaturito e che è stato azionato con citazione già depositata, è rilevantissimo (oltre €. 16.000.000,00) ed a ciò si è aggiunto un pregiudizio all’immagine dell’Amministrazione della Giustizia che pure è stato azionato per un equivalente importo di altri €. 16.000.000,00. Ulteriori due fattispecie di danno si sono verificate sempre nel più vasto ambito dei fatti emersi in quegli anni presso la Procura della Repubblica di Torre Annunziata ed hanno riguardato l’illecita corresponsione di rilevanti importi per missioni risultate sfornite di ogni documentazione, completamente al di fuori di ogni parametro indennitario previsto dalla legge e che, comunque, venivano autorizzate con semplici “visti” su generiche richieste. Gli importi di danno per complessivi circa €. 260.000,00 sono stati azionati con citazioni già depositate. Un primo riscontro, sia pure di modesta entità, ma rilevante per i principi affermati, in punto di procedimento di spesa per indebite indennità di P.M. ad agenti di Polizia Giudiziaria, sempre presso la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, si è ottenuto con una sentenza di condanna recentemente depositata dalla Sezione Campania in accoglimento delle pretese azionate da questo Requirente. Degna di segnalazione, nel contesto sul quale si è ora riferito, è la Ordinanza della Corte Costituzionale 6/7/2006 n. 273 con la quale il Giudice delle Leggi ha escluso la illegittimità dell’art. 172 del D.lgs. 30/5/2002 n. 113, poi trasfuso nell’art. 172 del T.U. n. 115/2002 sulle spese di giustizia, in virtù del quale i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall’Erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa. Altri casi di danni allo Stato sono stati azionati con citazioni già depositate e riguardanti il danno indiretto subito dal Ministero della Giustizia per lesioni derivate a terzi per effetto di attività sanitaria e quello diretto per illegittime spese telefoniche da parte di militari di leva. Diffuse sono poi le fattispecie di danno a carico di enti pubblici operanti in Campania. A seguito di una gravissima attività delittuosa che ha coinvolto vari dipendenti dello I.A.C.P. di Benevento, quest’ultimo ente ha subito un rilevantissimo danno patrimoniale per la indebita gestione dei lavori di somma urgenza sugli immobili di proprietà, con illeciti pagamenti non solo superiori ai lavori effettivamente svolti, ma anche erogati a fronte di interventi inesistenti. L’atto di citazione, preceduto anche da sequestro conservativo, in gran parte confermato dalla Sezione, è già stato depositato con una richiesta di risarcimento di danno pari a oltre €. 1.590.000,00. Altro rilevante danno è stato subito dal Consorzio di Bonifica Valle Telesina per illegittimo affidamento a trattativa privata di alcuni lotti di lavori di completamento e ristrutturazione dell’impianto idrico consortile. La citazione in giudizio operata da questa Procura per un importo di €. 1.770.000,00 ha tratto origine da una segnalazione del Servizio Ispettivo dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici e va notato che nel corso dell’istruttoria ci si è avvalsi della apprezzata collaborazione del servizio di Polizia Scientifica (Gabinetto interregionale per la Campania della Direzione Centrale Anticrimine della P.S.) per l’accertamento della paternità di una sigla con il metodo della comparazione. Ancora un rilevante danno di oltre €. 2.000.000,00 si è profilato per vicende riguardanti in anni pregressi l’I.P.A.B. “Fondazione Banco di Napoli” per l’assistenza all’infanzia e si è provveduto a notificare i relativi inviti a dedurre. L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Portici ha poi subito un danno patrimoniale di €. 36.000,00 per non consentiti incarichi di consulenza legale e si è già provveduto a notificare l’atto di citazione ai presunti responsabili. Da ultimo, va segnalato, per la sua particolarità un caso abnorme che è in corso di istruttoria. Si è verificato che per una causa di scarsissimo valore l’Agenzia delle Entrate è stata condannata da parte del Tribunale di Napoli al pagamento di spese legali ammontanti a oltre €. 1.500.000,00 per evidente errore materiale; tuttavia, la sentenza, che non risulta impugnata, determina il fondato timore che possa essere messa in esecuzione per tale ultimo rilevantissimo importo: è sentito l’auspicio che il timore resti tale. Le fattispecie di danno allo Stato e agli enti pubblici istituzionali sono spesso collegate a fatti di rilevanza penale e, comunque, nella maggioranza dei casi, trovano origine in fatti puntuali e non in comportamenti gestionali di risorse. Naturalmente, quest’ultimo non è un motivo sufficiente per seguire con minore interesse le fattispecie di danno all’erario statale, segnatamente nei casi anche penalmente rilevanti; si vuole soltanto notare che i fatti presentano, per lo più, una minore capacità espansiva degli effetti dannosi, come invece ad esempio avviene se si tratta di indebito uso delle risorse nella gestione Amministrazioni territoriali. finanziaria, soprattutto del personale, da parte delle V - GESTIONI DI TESORERIA E SOCIETA’ DI RISCOSSIONE – GIUDIZI AD ISTANZA DI PARTE E GIUDIZI DI CONTO. E’ già trascorso il primo anno di sperimentazione della riforma sulle società di riscossione, che ha anche previsto l’istituzione di “Riscossione S.p.a.”, avviata con l’art. 3 del Decreto Legge 30/9/2005, convertito dalla Legge n. 248/2005 (“Collegato” alla Legge Finanziaria per il 2006). Da rilevamenti parziali compiuti a livello nazionale nel corso del 2006, sembra che la previsione normativa inerente il complesso sistema di acquisti delle quote di capitale sociale abbia trovato attuazione, in quanto un alto numero di società di riscossione ha comunicato l’intenzione di cedere le proprie partecipazioni, o anche i soli rami d’azienda, alla “Riscossione S.p.a.”. Per ciò che specificamente concerne l’attività delle Procure regionali – e quindi anche della Procura campana – relativamente a ritenute ipotesi di responsabilità amministrativa risalenti a irregolarità nell’attività di riscossione dei Concessionari dalla quale era derivato un danno erariale, si segnala che nel 2006 sembra essere giunto a conclusione un “iter” Legislativo, principiato dal 2005, disciplinante la sanatoria di tali irregolarità e del quale si era già data notizia nella Relazione dello scorso anno. Infatti, con la Legge n. 311/2004 (Legge Finanziaria per il 2005) era già stata prevista, all’art. 1, comma 426, la facoltà dei Concessionari di sanare le irregolarità commesse fino al 20/11/2004 mediante il pagamento della somma di 3 euro per ogni abitante residente nei rispettivi ambiti territoriali. Con un successivo comma 426 bis, introdotto con la Legge n. 80/2005, si è precisato che le irregolarità si riferiscono anche alle responsabilità amministrative, (quindi, sanabili) e che, se sanate, non determinano il diniego del diritto al rimborso, mentre con ulteriori norme il termine è stato spostato al 30/6/2005 e sono state previste modalità attuative e procedimentali con Decreto Ministeriale n. 112 del 7/2/2006 recante alcune precisazioni, però, per le responsabilità amministrative derivanti da falsità in atti. Il Legislatore ha avvertito, pertanto, il bisogno di intervenire per chiarire la portata dei suddetti commi 426 e 426 bis e vi ha provveduto con norma di interpretazione autentica. Infatti, con l’art. 35, comma 26 quater, del Decreto Legge 4/7/2006, convertito dalla Legge 4/8/2006 n. 248, è stato precisato che i citati artt. 426 e 426 bis si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista non produce effetti sulle responsabilità amministrative delle società concessionarie relativamente: a) ai provvedimenti sanzionatori e di diniego del diritto al rimborso o al discarico per inesigibilità per i quali alla data del 30/6/2005 non era pendente un ricorso amministrativo o giurisdizionale; b) alle irregolarità consistenti in falsità in atti redatti dai dipendenti, se definitivamente dichiarata in sede penale prima dell’entrata in vigore della Legge n. 311/2004. Si tratta, come è evidente, di una chiara “limitazione” dei casi in cui sono perseguibili le responsabilità amministrative, ma trattandosi di interpretazione autentica che conclude un ciclo normativo ispirato da una chiara “voluntas Legislatoris”, occorre prenderne doverosamente atto. Per alcuni giudizi attualmente pendenti presso la Sezione Campania che hanno ad oggetto citazioni di questo Requirente per intervenute irregolarità di gestione da parte delle società di riscossione, occorrerà verificare la sussistenza delle condizioni di legge e la esattezza delle modalità di versamento di quanto dovuto per la sanatoria (se intervenuta) al fine di poter valutare se è cessata la materia del contendere. Per quanto riguarda, invece, i giudizi ad istanza di parte azionati dai concessionari della riscossione per ottenere il riconoscimento di diritti al rimborso per quote inesigibili, occorrerà verificare, anche in questo caso, i presupposti delle intervenute sanatorie prima di procedere ad eventuali accoglimenti. E’ lecito, tuttavia, nutrire qualche perplessità sulla applicabilità della sanatoria di cui si è detto allorchè l’attività di riscossione riguarda i tributi diversi da quelli statali, poiché la normativa prevede che i versamenti relativi alla sanatoria vanno effettuati con pagamento in favore della Agenzia delle Entrate, mentre, ad esempio, nel caso di irregolarità compiute in danno di enti locali che avevano dato in concessione il servizio di riscossione, non è previsto alcun versamento in favore di questi ultimi enti che, peraltro, hanno sopportato gli effetti del mancato incasso. Questa Procura ha in corso di definizione inviti a dedurre (per circa €. 20.000,00) per alcune banche titolari del servizio di riscossione nel Beneventano in quanto si era proceduto a indebiti discarichi o rimborsi che non erano invece dovuti a causa di falsi verbali di pignoramento negativi o per irreperibilità. Sussistono, in quest’ultimo caso, dunque, “prima facie”, anche se sono da verificarsi i soggetti responsabili e la definitività degli accertamenti delle responsabilità penali, i presupposti impeditivi per non potersi far luogo ad eventuali sanatorie, oltre a considerarsi che, trattandosi di imposte locali, restano i dubbi prima esplicitati sul punto. Altre istruttorie sono tutt’ora in corso. Sul piano dei giudizi esattoriali e ad istanza di parte, questa Procura conclude per iscritto su quelle pretese che interessano direttamente lo Stato. Si tratta, per lo più, di domande giudiziali attinenti a rimborsi di quote inesigibili (in un caso si è trattato di rilevanti importi pari ad oltre €. 14.000.000,00), segnatamente per quanto riguarda questioni in materia di interessi e rivalutazione monetaria per ritardato rimborso anche in rapporto a colpevoli ritardi. Dal proprio canto, la Sezione Campania ha, per lo più, respinto nei giudizi trattati nel 2006, i ricorsi presentati per quote inesigibili e ne ha dichiarato altri inammissibili in materia di riscossione di canoni di pubblicità e di compensi per servizi di Tesoreria. Anche il settore dei conti giudiziali, sia pure, come è noto, limitato ai conti dei Tesorieri e non anche ai bilanci (su questo punto si tornerà in seguito per un aggiornamento) è stato interessato dalla attività della Procura. Oltre a rendere i prescritti pareri ai fini dei discarichi e delle estinzioni per decreto della Sezione, si è proseguito nella produzione di atti integrativi di istanze di resa di conto inerenti la gestione della Legge n. 219/1981 e sono state avviate numerose istruttorie sui conti degli agenti contabili delle AA.SS.LL. trasmessi dalla Corte territoriale allorché – in giudizi attivati su impulso del Magistrato relatore sui conti – ne ha dichiarato la irregolarità. Tali istruttorie sono per lo più finalizzate all’accertamento di eventuali danni prodotti da ritardati versamenti delle somme riscosse a titolo di “tickets” e di controlli sulle autocertificazioni prodotte dagli utenti per esenzione dagli stessi “tickets”. A seguito di tali istruttorie, molte delle quali sono in corso, si è proceduto a notificare un invito a dedurre ed anche a varie archiviazioni per motivi connessi alla stessa economia processuale, attesa la estrema modestia degli interessi calcolati sui verificati ritardi (talvolta trattasi di somme inferiori anche a €. 10,00). Da un esame complessivo delle sentenze rese dalla Sezione su giudizi di conto emerge una percentuale di irregolarità dei conti stessi che supera il 55% del totale esaminato, mentre quella dei conti dichiarati regolari sfiora solo il 31% e il resto è addebitabile a motivi di rito (improcedibilità, inammissibilità) o di cessazione della materia del contendere. Resta confermato, pertanto, anche per il 2006, che oltre la metà dei conti esaminati hanno presentato situazioni di disordine nelle gestioni di cassa. A quest’ultimo riguardo, si reputa utile segnalare una questione di costituzionalità sollevata dalla Sezione Giurisdizionale per l’Umbria. Con Ordinanza di rimessione n. 36 del 1/6/2006 la Sezione per l’Umbria ha sollevato, d’ufficio, questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 2° comma, 226 e 274 del T.U.EE.L.L. n. 267/2000 nella parte in cui, tali norme, variamente disponendo, limitano l’esame giurisdizionale della Corte dei conti alla sola gestione dei Tesorieri, mentre le abrogate norme del T.U. n. 383/1934 ne estendevano molto la portata; il contrasto è stato ritenuto con gli artt. 3, 1° comma, 11, 2° comma, 103, 2° comma, e 119 della Costituzione. Se le apprezzabilissime ragioni poste a fondamento dell’Ordinanza di rimessione dovessero trovare accoglimento, verrebbe ristabilito un importante strumento di verifica della gestione contabile degli enti locali, pur se è innegabile che Sezioni e Procure regionali si troverebbero ad affrontare uno sforzo operativo ancora maggiore di quello attuale e che dovrebbe trovare compenso in adeguate misure di provvista del personale. PARTE SECONDA I - ILLECITI E FRODI COMUNITARIE – L’EVOLUZIONE GIURISPRUDENZIALE E L’ATTIVITA’ IN CORSO L’anno 2006 segna, sotto vari profili, uno snodo temporale di rilievo per quanto concerne il fenomeno degli illeciti comunitari sulla cui estensione e ambito operativo si era già riferito lo scorso anno, meritando quindi un aggiornamento. E’ noto come con la Convenzione del 26/7/1995, ratificata dall’Italia con Legge n. 300/2000 e soprattutto ad opera del Trattato sulla Costituzione Europea del 29/10/2004, siano stati precisati i concetti di “frode comunitaria” e di “lotta contro la frode”, introducendosi l’obbligo per gli Stati membri di esercitare un’efficace azione repressiva delle frodi, perseguendo anche il “recupero” delle indebite erogazioni. Numerosi sono ormai i “fondi comunitari” per le politiche di sostegno, soprattutto in agricoltura, così come sempre più numerose sono le fattispecie di frode e di illeciti che, via via, vengono in emersione allorché si tratti di risorse nazionali (statali e regionali) unitamente a risorse comunitarie. La Suprema Corte di Cassazione, con la nota Ordinanza 12/10/2004 n. 20132, aveva già affermato importanti principi in punto di ritenuta giurisdizione contabile, soffermandosi, oltre che sul rapporto di servizio con soggetti amministratori di associazioni, soprattutto sulla stessa individuazione del danno erariale che si concretizza non solo allorché vi sia un illecito penale o una frode comunitaria in senso stretto, ma anche quando vi sia una irregolarità che comporti una indebita destinazione delle risorse a finalità diverse da quelle previste dai regolamenti comunitari in modo da vanificare lo scopo della stessa erogazione e ponendosi in evidenza, quindi, sia le possibili conseguenze che lo Stato membro dovrà sopportare per proprie carenze di controllo, sia lo spreco di risorse nel perseguimento dei fini di sostegno alle singole economie nazionali cui sono finalizzati i finanziamenti invece sviati. E’ importante notare come al concetto di “frode” si affianchi quello di “irregolarità” che il Regolamento CE 2035/2005 della Commissione definisce come qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante dall’azione o dall’omissione di un operatore economico che ha, o avrebbe avuto, l’effetto di arrecare un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità Europee attraverso l’imputazione al bilancio comunitario di una spesa indebita. Recentemente, poi, la stessa Suprema Corte (sentenza SS.UU. n. 4511/2006) ha confermato il proprio orientamento, affermandosi che il punto di discrimine tra la giurisdizione ordinaria e quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno in relazione agli scopi perseguiti, conseguendone la giurisdizione della Corte dei conti sul privato (società) percettore di finanziamenti comunitari, allorché quest’ultimo abbia negativamente inciso, con la propria condotta (ad esempio mediante false autocertificazioni), sul procedimento di erogazione del contributo, distraendolo dai fini propri e determinando così un danno erariale. Tale indirizzo è stato ulteriormente confermato dalla recentissima sentenza 2/10/2006 n. 22513 con la quale le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ribadito la giurisdizione contabile per danno erariale in relazione a fatti commessi da un soggetto giuridico privato destinatario di contributi vincolati, distratti irregolarmente dal proprio fine pubblico, osservandosi inoltre, a conferma di precedente orientamento, che l’inserimento di fatto del funzionario nel procedimento illegittimo di deliberazione della spesa è produttivo di danno erariale del quale deve rispondere tale soggetto come persona fisica. Se, ormai, va ben delineandosi una precisa tipologia di danno pubblico di cui è chiamata a conoscere la Corte dei conti e qualificabile come spreco di risorse sviate ad altri fini, va evidenziandosi, ora, anche un ulteriore aspetto di lesione patrimoniale ingiusta: quella derivante dal mancato recupero di somme erogate a titolo di contributo, evidentemente collegata alla inadeguatezza dei procedimenti sanzionatori e di controllo con conseguente imputazione degli effetti finanziari sullo Stato inadempiente. Infatti, la Commissione U.E. ha aperto, proprio nel 2006, una procedura di contestazione nei confronti dello Stato Italiano per mancato recupero di fondi comunitari F.E.O.G.A. indebitamente percepiti ed è stata imposta una rettifica all’Italia di 317,3 milioni di euro (si noti che nei confronti di altri Stati, quali Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, le rettifiche non superano singolarmente - a quanto risulta - pochi milioni di euro). La Procura generale della Corte dei conti ha trasmesso a tutte le Procure regionali, compresa quella per la Campania, un elenco di ditte che hanno percepito indebitamente tali contributi. Se una simile attività di recupero sembra spettare all’A.G.E.A., la cui sede legale non è in Campania, tuttavia, la giurisprudenza ora ricordata sugli indebiti percettori, ancorchè soggetti privati, potrebbe determinare concorsi di competenza anche di questo Requirente in ordine alle condotte tenute dal percettore finale, di guisa che si è posta l’attenzione alle segnalate vicende anche sotto tale ultimo profilo. L’attività di questo Ufficio di Procura, peraltro, nel corso del 2006, è stata piuttosto intensa, sia sotto il profilo delle istruttorie aperte, sia sotto quello degli inviti a dedurre e, quindi, delle citazioni, nonchè anche sotto il profilo cautelare, non mancandosi di segnalare che una citazione depositata nel 2005 per oltre €. 1.740.000,00 è esitata in un giudizio poi sospeso dalla Sezione in attesa dell’esito di quello penale. Infatti, varie citazioni per centinaia di migliaia di euro sono state depositate per fattispecie di indebita erogazione di contributi ai sensi della Legge n. 488/1992 finanziati anche con fondi comunitari, ritenendosi presuntivamente responsabili sia i soggetti percipienti, compresi i singoli amministratori, in via solidale con le società, nonché, in un caso, anche la banca concessionaria (sia pure parzialmente e a titolo di grave colpa) per omessa escussione della polizza fideiussoria rilasciata a garanzia del contributo concesso. Anche un invito a dedurre per circa €. 1.000.000,00 è stato notificato relativamente a una vicenda di contributi percepiti in anni pregressi da una società operante nel Casertano. Due casi si ritiene utile segnalare: quello relativo a un sequestro conservativo azionato per €. 65.000,00, confermato dal Giudice Designato nel marzo 2006, su un libretto di deposito a risparmio intestato all’amministratore di una società di persone indebitamente percipiente contributi comunitari, in ragione del mancato acquisto delle attrezzature informatiche da pagarsi con il contributo ricevuto; quello relativo ad una intentata azione revocatoria di atti di alienazione fraudolentemente posti in essere in pregiudizio delle ragioni dell’Erario in una vicenda connessa all’indebito percepimento di fondi comunitari da parte degli amministratori di una società di persone (€. 76.000,00). Entrambe le ora indicate azioni, (cautelare e revocatoria) si segnalano, la prima, per la applicazione dei principi tratti dalla recente giurisprudenza della Suprema Corte sui percettori privati; la seconda, perché si è fatta applicazione dell’art. 1, comma 174, della Legge n. 266/2005 che ha introdotto la cosiddetta “revocatoria contabile” di cui si è innanzi detto; in quest’ultimo caso il relativo giudizio è stato sospeso in attesa che la S.C. di Cassazione si pronunci sul regolamento preventivo di giurisdizione sollevato per analoga questione innanzi alla Sezione per l’Emilia Romagna. Nel giugno del 2006 è altresì intervenuto un altro atto rilevante: il protocollo di collaborazione tra Procura generale della Corte dei conti e l’O.L.A.F. (Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode della Commissione Europea). L’accordo, che è il primo stipulato tra l’O.L.A.F. e la Procura contabile di un paese membro, è finalizzato alla efficace collaborazione per la prevenzione e il contrasto delle frodi che spesso coinvolgono soggetti operanti in più paesi dell’U.E. e introduce la possibilità di una reciproca assistenza investigativa e scambi di informazioni tra Uffici requirenti e O.L.A.F., anche sulla base di quanto previsto dal Regolamento C.E. n. 1073/1999. La Procura regionale campana partecipa regolarmente ai gruppi di lavoro istituiti in questo contesto. Il quadro sin ora tracciato sugli illeciti sempre più diffusi nella percezione di contributi comunitari, mette in evidenza due aspetti di spiccato interesse. Si va affermando, proprio ad opera della giurisprudenza, una figura di danno pubblico inteso come distrazione o sviamento dai fini previsti dal finanziamento e quindi, in definitiva, come “spreco di risorse”; ebbene, può trattarsi di una interessante “anticipazione” di quello che potrebbe divenire una nuova figura di danno, o di “pericolo di danno”, da spreco, elaborabile anche indipendentemente dal piano comunitario, poiché, comunque, ogni risorsa sprecata si traduce in un sviamento dalle finalità che presiedono alla erogazione di spese, ma occorrerebbe in tal caso privilegiare il momento della violazione di norme cogenti poste a tutela di contributi con destinazione di scopo. Il diritto comunitario non è più oggi una lontana e quasi algida branca specialistica del diritto, ma va visto invece in una duplice, attualissima prospettiva: esso integra tutti i settori del diritto tradizionale (commerciale, valutario, penale, del lavoro e, infine, quello amministrativo e contabile); inoltre, il diritto comunitario è fonte autonoma di diritto alla cui osservanza sono tenuti i Paesi membri e le sentenze della Corte di Giustizia Europea, come i responsi della Corte dei conti europea, producono giurisprudenza e determinano prassi: occorre prenderne doverosamente atto. II - EMERGENZA RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI SOLIDI URBANI – SVILUPPI E AGGIORNAMENTI Si tratta di un aggiornamento che ci si augurava di non dover fare, ma la realtà operativa e gli atti normativi intervenuti mostrano che non si è fuori dall’emergenza rifiuti e che si stenta oltremodo a tenere sotto controllo una situazione sempre meno gestibile. Di tale situazione sono testimonianza: l’ulteriore proroga dello stato di emergenza al 31/12/2007; la nomina di un nuovo Commissario Delegato, nella stessa persona del Capo del Dipartimento della Protezione civile, coadiuvato da tre sub Commissari, di cui uno vicario; la ricostituzione, nella nuova Legislatura, della Commissione Bicamerale di inchiesta sul ciclo integrato dei rifiuti (che subentra a quella che terminò i propri lavori con la Relazione del 2006, pervenuta a questa Procura regionale); il mancato completamento anche di uno solo dei due termovalorizzatori previsti; la risoluzione “ex lege” (D.L. n. 245/2005, convertito dalla Legge n. 21/2006) del contratto con le affidatarie del servizio di smaltimento FIBE S.p.a. e FIBE Campania S.p.a., mentre la FISIA impianti, secondo quanto risulta, continua a gestire la costruzione del termovalorizzatore di Acerra. I provvedimenti normativi si sovrappongono continuamente nell’intento di fronteggiare la perdurante emergenza: anzi, quella che è stata definita in sede di Commissione Bicamerale, relativamente agli anni 2001/2003, come “l’emergenza nell’emergenza”, quasi fosse possibile sottolineare ancor più la situazione di estrema difficoltà della gestione dei rifiuti in Campania, con una spendita, solo in tale limitato periodo, di oltre €. 160.000.000,00. Si pensi che dal 2004 al 2006 sono intervenute, per disciplinare l’”emergenza” rifiuti, decine di Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, decine di Ordinanze e di Decreti di Protezione civile nell’arco di un decennio, vari Decreti Legge, poi convertiti in legge, solo nel periodo 2005/2006, innumerevoli Ordinanze Commissariali. E’ stata poi istituita la Consulta Regionale dei rifiuti; sono state maggiorate le tariffe di conferimento per i comuni che non raggiungono la percentuale massima di raccolta differenziata con incentivi per i comuni che la praticano; sono stati previsti nuovi siti di stoccaggio; sono state autorizzate nuove discariche e la messa in sicurezza di quelle già presenti per lo smaltimento dei rifiuti non particolari provenienti dalle attività di selezione, trattamento e raccolta; in particolare, sono stati conferiti nuovi, ampi poteri straordinari, anche di natura sostitutiva, al Commissario Delegato. Sembra ormai acclarato – e i provvedimenti normativi intervenuti ne prendono atto – che il nodo centrale, o almeno uno dei principali nodi da sciogliere, è quello della raccolta differenziata, come del resto già in precedenza questo stesso Requirente aveva esposto. La “differenziata”, infatti, risponde a varie finalità e, se effettuata, innesca un ciclo virtuoso, mentre, se inattuata, determina conseguenze negative a catena. Gli effetti benefici consistono non solo nei ricavi economici provenienti dalle cosiddette frazioni nobili (carta, legno, alluminio, plastica, vetro, etc.), ma, soprattutto, nella possibilità di far confluire agli impianti di C.D.R. materiale idoneo al confezionamento delle “ecoballe” (ormai stoccate per vari milioni di tonnellate in siti “provvisori”), che dovranno poi essere bruciate dai realizzandi termovalorizzatori. La mancata, o del tutto insufficiente, raccolta differenziata la cui incidenza determina quindi, per converso, non solo mancati introiti, ma, soprattutto, maggiore produzione di C.D.R. e di residui della lavorazione anche non conformi a legge (spesso gli impianti – che lavorano oltre i propri stessi limiti – sono stati oggetto di sequestro da parte della Magistratura); per non dire dell’interrogativo che si pone sulla stessa capacità di combustione di tali “ecoballe” e sul tipo di energia che se ne potrà ricavare, atteso che proprio la produzione di energia riconvertita rappresentava lo scopo finale del ciclo integrato dei rifiuti. Nel corso del 2006 non solo è stata resa pubblica la Relazione della Commissione Bicamerale d’inchiesta che ha operato nella scorsa Legislatura, ma è anche pervenuta la Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha eseguito i suoi lavori dal maggio 2004 al marzo 2005, mentre, con Relazione del passato Commissario delegato, è stato riferito sulla situazione debitoria maturata a carico dello stesso Commissariato. Ovviamente, i “tagli” delle citate relazioni sono diversi poiché quella parlamentare evidenzia soprattutto (ma non solo) le responsabilità di ordine gestionale e di alta amministrazione,(impostazione iniziale del contratto di affidamento; il nuovo accordo con la FIBE, la sofferenza nei crediti verso i Comuni, le problematiche legate agli impianti di C.D.R. e ai siti di stoccaggio, etc.); quella ispettiva pone in evidenza, per lo più, episodi vari di cattiva gestione del denaro pubblico affluito durante il lungo periodo dell’emergenza al Commissariato; quella del Commissario delegato espone, sostanzialmente “fotografandola”, la situazione debitoria del Commissariato stesso, evidenziando i continui ritardi nei pagamenti, la carenza di giustificazioni contabili, i notevoli contenziosi con varie ditte, etc.. Il quadro d’insieme che ne emerge è piuttosto desolante, non solo per gli episodi puntuali – ovviamente tutti da verificare attentamente per inferirne poi le singole responsabilità – ma, soprattutto, perché il complessivo “modus operandi” ha generato una situazione foriera di possibili rilevantissimi danni patrimoniali che ancora per lo più non si sono conclamati, ma i cui elementi e presupposti sono tuttavia presenti. Si pensi, soltanto esemplificativamente, ai contenziosi con le società che operano a tutti i livelli in piena emergenza a fronte di una provvista finanziaria spesso insufficiente, alle difficoltà di reperimento dei siti di stoccaggio, alla situazione di estrema difficoltà di rientro nella debenza dei tributi di conferimento dovuti dai Comuni e che dovrebbero almeno in parte alimentare le finanze del Commissariato, alle intuibili difficoltà manutentorie e di funzionamento dell’impiantistica (C.D.R. e, poi, dei realizzandi termovalorizzatori) a causa della composizione del “surplus” di materiale non differenziato che vi affluisce. Inoltre, vi sono le ingenti spese di personale distribuito tra consorzi, comuni, società e aziende affidatarie dei servizi di raccolta che spesso non viene utilizzato, o non viene utilizzato al meglio, né con modalità sinergiche. Appare, dunque, ultroneo e anche alquanto fuorviante disquisire se le responsabilità attengano al momento della “raccolta” dei rifiuti o a quello dello “smaltimento”, in quanto trattasi di due fasi integrate, ma è plausibile, per ragioni logiche, pensare che la cattiva gestione della raccolta differenziata determini, poi, anche un insufficiente ciclo di smaltimento, senza, peraltro, sottovalutare i problemi propri di quest’ultima fase, come è dimostrato dal fatto che slitta continuamente l’entrata in funzione del termovalorizzatore di Acerra, la cui attivazione “sperimentale”dovrebbe avvenire nel 2007, mentre i lavori per il termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa segnano il passo. Questo Requirente, che da qualche tempo aveva iniziato a seguire l’andamento di un quadro che già appariva fortemente preoccupante e che via via si è andato conclamando con le risultanze delle citate Relazioni, ha intrapreso anche varie iniziative, da un canto, enucleando puntuali fattispecie di responsabilità amministrativa e, dall’altro, aprendo varie vertenze e istruttorie nei settori più macroscopicamente indiziari della mancata o insufficiente raccolta differenziata. Nel corso del 2006 è stata depositata una citazione per danno patrimoniale e non patrimoniale nei confronti di amministratori e membri del Consiglio di amministrazione “protempore” di ASIA S.P.A., per non aver conseguito, negli anni 2002/2004, i livelli minimi di raccolta differenziata (35%) previsti dal Decreto “Ronchi”. Il profilo di danno per ora evidenziato è costituito dai mancati introiti per la vendita dei materiali che avrebbero dovuto essere differenziati e, pur tenendo conto di ogni possibile elemento di difficoltà o di cause di parziale giustificazione, il pregiudizio complessivo è stato stimato in non meno di €. 5.700.000,00. Altra vicenda di un certo rilievo, collocabile temporalmente negli anni 2001 – 2002, venuta all’attenzione di questo Requirente, è quella relativa alla Società PAN (Società Protezione Ambiente e Natura S.p.a.), nata per diffondere informazione nel settore ambientale, collegata ad un consorzio, con quote poi confluite nella Regione Campania e nel Commissariato ai rifiuti. Lo strumento operativo era un “Call Center” rimasto per lo più inattivo e costituito, secondo quanto allo stato degli atti risulta, al di fuori delle funzioni commissariali che erano di diversa natura. E’ stata quindi depositata una citazione per danni pari a oltre €.3.900.000,00. E’ stato, poi, depositato atto di citazione (della cui istruttoria si era data notizia lo scorso anno) per l’impianto di tritovagliatura dei rifiuti in Palomonte, autorizzato nel 2002 e mai entrato in funzione perché ritenuto non più rientrante nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale; neanche una seconda destinazione del sito per un impianto selettivo di valorizzazione delle frazioni secche separabili dalla raccolta differenziata ha poi trovato attuazione, mentre è accertata la successiva vandalizzazione dei luoghi. Dalla vicenda ora enunciata è scaturito un danno di complessivi €. 861.000,00 imputabile sia ad opere edili e di impiantistica, sia ad indennità di occupazione del suolo. Altra ipotesi di danno che ha costituito oggetto di invito a dedurre riguarda, poi, illegittimi rimborsi di spese ad un sub Commissario per circa €. 35.000,00. Indagini sono in corso anche per verificare la congruità dei compensi corrisposti da pregresse gestioni commissariali a Commissioni e consulenti esterni, per i quali, peraltro, allorchè trattasi di pareri legali, occorre tenere conto delle tariffe professionali vigenti. Molte delle evidenziate problematiche hanno origine, come si è anticipato, direttamente o indirettamente, nella mancata o insufficiente raccolta differenziata. In base ai dati rappresentati nell’adeguamento del Piano regionale dei rifiuti approvato dal Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, con Ordinanza n. 77 del 10/3/2006 (in G.U. del 24/3/2006), risulta che la stragrande maggioranza dei Comuni della Campania, nell’anno 2004, non ha raggiunto la percentuale minima di raccolta differenziata e tra questi spiccano tutti i Capoluoghi provinciali. E’ stato, pertanto, costituito, nel 2006, un gruppo di indagine con il compito di appurare le cause di tali inadempimenti, individuandosi inizialmente 36 comuni con maggiore produzione di rifiuti e che risultano non aver dimostrato neanche una tendenziale propensione al progressivo raggiungimento della soglia minima di raccolta differenziata, restando anche al di sotto della percentuale del 20% (la “minima” sarebbe del 35%). E’ apparso utile, infatti, acquisire una serie di elementi conoscitivi di valutazione relativi alle modalità di gestione del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani con particolare riguardo alla raccolta differenziata quali, ad esempio, la disciplina regolamentare adottata, le deliberazioni o determinazioni assunte, i rapporti con il Commissariato ai rifiuti e con i Consorzi di Bacino, gli eventuali finanziamenti o le sovvenzioni ricevute, i dati relativi al totale dei rifiuti e di quelli conferiti agli impianti di C.D.R., nonché ai costi del servizio. Tali indagini riguardano due Comuni per ognuno dei diciotto Consorzi operanti nella Regione, ivi compresi tutti e cinque i Capoluoghi di provincia, ma, poiché la percentuale di legge (35% di “differenziata”) è stata raggiunta solo da pochi comuni, non si esclude di estendere tale iniziali indagini istruttorie se gli accertamenti disposti ponessero in chiara evidenza una generalizzata e gravemente ingiustificata inadempienza. Nell’ambito delle attività per la raccolta differenziata un ruolo di rilievo è (o dovrebbe essere) svolto dai Consorzi di Bacino istituiti con Legge Regionale n. 10/93, ciascuno comprendente un numero variabile di Comuni. Tali Consorzi, strutturati come aziende private e, quindi, per lo più retti da disciplina civilistica, interagiscono con i comuni facenti parte del relativo Bacino per la selezione della “differenziata”, gli eventuali impianti di trasferenza, le “isole ecologiche” e quant’altro si riferisce alla organizzazione ed esecuzione dei servizi di igiene urbana. Generalmente, i Consorzi dispongono di personale (assunto a tempo determinato e indeterminato), gestiscono appalti e contratti, pagano spesso noli di trasporto e operano in regime di notevole autonomia attraverso i propri organi societari e, talvolta, a causa della esposizione debitoria sovradimensionata rispetto ai crediti (per lo più vantati nei confronti dei comuni inadempienti), se ne è provveduto al relativo commissariamento. Conclusivamente,da tutto quanto sopra esposto sullo stato del ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani in Campania emerge un quadro pregiudizievole per le pubbliche finanze collegabile anche a originarie scelte discrezionali di natura tecnica che non sono sindacabili in questa sede se non per (accertabile) abnormità, ma viene in rilievo anche una molteplicità di singole erogazioni spesso confliggenti con le norme di settore che, come si è innanzi detto, sono numerosissime, spesso formulate in modo non coordinato e che, comunque, appaiono volte più a vietare che a sanzionare condotte, di guisa che, se può apparire chiara l’esistenza di un danno pubblico, non è agevole individuare singoli, puntuali comportamenti gravemente antidoverosi nella catena delle responsabilità amministrative. Un dato appare, comunque, abbastanza evidente. A causa delle scelte operate, spesso incongrue rispetto ai risultati raggiunti, dei rimedi tentati spesso dispendiosi oltre misura, dell’intreccio di competenze che comporta quantomeno tempi lunghi rispetto alla necessaria rapidità delle soluzioni attese, della pletoricità degli apparati preposti in cui prevale la spesa per il personale o, comunque, di parte corrente rispetto agli investimenti, degli sprechi diffusi che, se anche non ancora illeciti, ne sono però il sintomo, la Campania in genere, e Napoli in particolare, ricevono quotidianamente un “vulnus” di discredito collegato ad una crisi di fiducia, sia sotto il profilo delle istituzioni pubbliche coinvolte, sia sotto il profilo delle comunità di cittadini organizzate nel territorio e di cui le suddette istituzioni sono enti esponenziali. Se tale “vulnus” possa rivestire i caratteri di un autonomo danno all’immagine ingiusto e risarcibile e in quale misura un tal tipo di danno possa ritenersi ricollegabile a singole e specifiche condotte gravemente colpevoli non è facile per ora ipotizzare; ma è certo che di un tale presumibile danno sussistono almeno alcune premesse: quel “clamor fori”, dovuto alla vasta eco che, in più sedi, il fenomeno ha avuto, ed ha tuttora, sui mezzi di comunicazione, e quel “clamor iudicii” che comincia ad innalzarsi dalle aule di giustizia e che la giurisprudenza contabile prende ormai in considerazione ogni qual volta un tal tipo di danno all’immagine viene prefigurato. III - SOCIETA’ A PARTECIPAZIONE PUBBLICA E CARTOLARIZZAZIONI Si tratta di tematiche degne di una qualche notazione unitaria poiché, sia pure riguardando due fenomeni giuridici (partecipazioni pubbliche e cartolarizzazioni) diversamente regolati, gli effetti che ne derivano finiscono, talvolta, per intrecciarsi in modo strumentale l’uno con l’altro. Infatti, da un canto, è sempre più frequente il ricorso alla costituzione di società totalmente o parzialmente (ma in modo maggioritario) a capitale pubblico, con azionariato diffuso tra enti locali, Regione Campania, o altri enti operanti sul territorio e, dall’altro, si presenta l’esigenza di ricorrere al finanziamento esterno, anche con operazioni di cartolarizzazione. Sempre più spesso, la cura dell’interesse pubblico viene perseguita, anche a livello normativo, facoltizzando le pubbliche Amministrazioni ad istituire enti con struttura societaria. Norme in tal senso si rinvengono negli artt. 113 ss. T.U.EE.LL. relativamente alle società a capitale misto, pubblico e privato, o società a capitale pubblico, controllate interamente dagli enti pubblici titolari del capitale che Comuni, Province, Comunità Montane e Città Metropolitane possono costituire per la gestione di servizi pubblici locali. Del pari, altra norma del T.U.EE.LL (art. 120) prevede la creazione in ambito locale delle cosiddette S.T.U. (Società di Trasformazione Urbana) a cui possono partecipare Regioni e Province per la progettazione e realizzazione di interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. Anche per il trasporto locale, il D.lgs. n. 422/1997 prevede analogo ricorso allo strumento privatistico, senza dire che nella legislazione regionale si incontrano spesso norme che istituiscono società a capitale pubblico con specifiche finalità, come è avvenuto, ad esempio, nel settore sanitario. I problemi posti dal fenomeno ora segnalato si pongono su vari piani: quello giurisdizionale, quello dei parametri per valutare le condotte, quello delle procedure da adottare, allorché alle società partecipate vengano affidati servirzi pubblici. Sulla provvista di giurisdizione, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione si va ulteriormente consolidando dopo la nota Ordinanza SS.UU. Ord. n. 19667/03 che riconobbe la competenza del Giudice contabile nei confronti di amministratori e dipendenti di enti pubblici economici per fatti commessi dopo il 1994. Sulla scorta di questa prima esplicita statuizione, fondata soprattutto sulla qualità pubblica dei soggetti e sulla natura pubblica delle risorse impiegate, sono poi intervenute ulteriori pronunce di approfondimento del tema. Infatti, con sentenza delle SS.UU. n. 3899/2004, la Suprema Corte ha posto l’accento sulla relazione funzionale tra l’ente pubblico e il soggetto privato controllato inserito nell’organizzazione funzionale dello stesso ente pubblico, mentre con sentenza delle stesse Sezioni Unite n. 9096/05 è stata rilevata la strumentalità di un ente per la gestione di un servizio pubblico di competenza dello stesso comune, con riconducibilità ad una nozione allargata di Pubblica Amministrazione. Da ultimo, va evidenziata una recentissima pronuncia della Corte Regolatrice (cfr. Cass. SS.UU. 27/9/2006 n. 20886) che ha ribadito l’orientamento espresso con le sentenze delle stesse Sezioni Unite n. 715/2002 e n. 3899/2004, escludendosi che possano avere alcuna rilevanza la natura privatistica dell’ente stesso, né lo strumento contrattuale con il quale si sia costituito e attuato il rapporto, ritenendosi tra l’altro anche venuto meno, rispetto agli amministratori degli enti locali, la necessità di distinguere tra responsabilità formale e generica responsabilità amministrativa, già diversamente disciplinate, ai fini del riparto di giurisdizione tra A.G.O. e Corte dei conti, dagli artt. 260 ss. TU. n. 383/1934, abrogati poi in forza dell’art. 64 della Legge n. 142/1990. Anche la giurisprudenza delle Sezioni Giurisdizionali della Corte dei conti si va ormai consolidando nel senso ora mentovato e, al riguardo, può ricordarsi che ad alcune pronunce del 2005 (Sezione per le Marche n. 492/05 e Sezione per l’Abruzzo n. 32/05) si aggiungono nel 2006 anche le recenti statuizioni della Sezione per l’Umbria (cfr. sentenza n. 354/2006), riguardante amministratori e collegio dei revisori dei conti di un consorzio e della Sezione Lombardia (cfr. sentenza n. 114/2006), per un caso di danno derivante da tangenti su appalti e forniture concernenti dipendenti di S.p.A. partecipate da enti pubblici. Da ultimo, su azione di questa Procura, la Sezione Campania (cfr. sentenza n. 722/2006) è pervenuta a statuizione di condanna per un danno arrecato alla società partecipata del Comune di Napoli (Napoli – Park), costituita per la gestione delle zone adibite a parcheggi, a causa della mancata esazione dei proventi per sosta sulle cosiddette “strisce blu”. In particolare, in quest’ultima sentenza è stata posta in risalto la marcata connotazione pubblicistica degli interessi e delle attività in questione che supera ogni problema di giurisdizione in relazione alla struttura societaria della “partecipata” del comune. Un ulteriore questione che viene in rilievo è costituita dai criteri cui ancorare il sindacato del Giudice contabile sull’attività di gestione compiuta dalle società, o da chi le amministra, in danno delle società stesse o dell’ente partecipante al capitale sociale. Soccorrono al riguardo soprattutto alcuni principi elaborati ormai dalla giurisprudenza e sui quali va parametrata l’attività amministrativa: l’efficacia, l’efficienza, la economicità – in breve, le tre “E” previste ormai da varie norme di legge – oltre ai principi di logicità, proporzionalità e razionalità cui devono ispirarsi i comportamenti degli agenti pubblici e vieppiù quelli degli amministratori di società pubbliche ai quali non è consentito mai agire in piena libertà, ma ai quali è invece richiesto di assicurare la rispondenza tra strumenti messi in campo e i fini propri dell’ente amministrato. Inoltre, si può agevolmente fare ricorso ad alcune norme del T.U.EE.LL. quale, ad esempio, l’art. 117 inteso ad assicurare l’equilibrio economico finanziario, in punto di tariffe dei servizi pubblici, tra investimento e gestione, nonché alle norme civilistiche (artt. 2392 ss.c.c.) sulla rilevanza del grado di diligenza in relazione al tipo di incarico affidato, per valutare le condotte adottate, atteso che, trattandosi per lo più di società per azioni (spesso sotto forma consortile), trova applicazione anche la disciplina codicistica. Infine, non va tralasciato di considerarsi che spesso le società partecipate ottengono l’affidamento diretto di forniture e servizi, verificandosi così il fenomeno del cosiddetto “in house providing”, con il chiaro effetto di una gestione che finisce per ricondursi alla stessa P.A. che costituisce le società, ne sottoscrive il capitale sociale e provvede all’affidamento di appalti e servizi per i fini da perseguire, dotandole, più o meno sufficientemente, di una provvista finanziaria, almeno iniziale. La giurisprudenza comunitaria (tra le altre, cfr. sentenze “Teckal” del 18/11/1999 e “Brixen Parking” del 13/10/2005) ha avallato tale sistema, escludendo la necessità che a tali affidamenti sia propedeutica una procedura ad evidenza pubblica. Tuttavia, non può non sottolinearsi che, in tal modo operando, i servizi pubblici affidati ad una società partecipata possono rivelarsi molto più costosi di quanto non lo sarebbero stati in un regime di libera concorrenza tra più offerenti, non tralasciandosi anche di considerare come spesso si provvede a continue cessioni delle partecipazioni azionarie pubbliche, con il fondato timore che, in caso (molto frequente) di disavanzo, non è più chiaro a quale dei bilanci delle società debba farsi riferimento, rendendosi altresì molto arduo l’accertamento delle relative responsabilità. Non è un caso che le società partecipate di servizi, vengano amministrate con criteri discutibili, accumulando ingenti debiti come, ad esempio, nel caso della “Alba Nuova” S.p.A. di Battipaglia deputata al servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che non è in grado di assicurare la copertura integrale del costo del servizio, rendendo necessario il ricorso a deliberazioni di aumento del capitale sociale con conseguente impegno di risorse pubbliche destinabili, invece, ad altri fini istituzionali dell’ente comunale. Il problema dei disavanzi accumulati dalle società partecipate è di chiara evidenza poiché, ad esempio, risulta (dati riferibili al 2004) che delle oltre 20 aziende partecipate del solo Comune di Napoli, la maggioranza sono in disavanzo per un complessivo passivo di gestione stimato in decine di milioni di euro, anche se i dati in prospettiva sembrano destinati ad un tendenziale miglioramento. Nel corso della presente relazione si è dato conto di istruttorie o citazioni che hanno riguardato l’attività di varie società partecipate dai Comuni, come l’ASIA, o dalla Regione, come la P.A.N. (Società di Protezione Ambientale) o la SO.RE.SA. (Società Regionale Sanità) e si è detto del ruolo affidato ai Consorzi di Bacino. Rilevanti compiti sono stati affidati a società a partecipazione mista come, ad esempio, la “Bagnoli Futura S.p.a.” (è una S.T.U., di cui prima si è accennato), il cui capitale sociale di varie decine milioni di euro è detenuto per lo più dal Comune di Napoli, nonché dalla Regione Campania e dalla Provincia di Napoli Città Metropolitana e a cui è demandato statutariamente il compito di svolgere, direttamente o indirettamente, la promozione dello sviluppo sociale dell’intera area occidentale di Napoli mediante la progettazione e la realizzazione di interventi di trasformazione urbana che, peraltro, appaiono in oggettivo ritardo. Per converso, di altre società miste, come ad esempio l’Azienda per il Marketing Territoriale (ne sono soci la Regione Campania e l’Union Camere), non sono ben comprensibili le condizioni di operatività (sembra occorra un regolamento approvato dalla Regione) rispetto all’ambiziosità dei fini (promozione del territorio campano). L’esperienza mostra che poichè sono i mezzi finanziari a difettare, talvolta si tenta il ricorso allo strumento della cartolarizzazione. Si tratta di un istituto sorto nell’ambito della disciplina civilistica con la Legge n. 130/1999 e che poi ha trovato applicazione in campo pubblicistico soprattutto nell’ambito delle vendite del patrimonio pubblico, ma non solo. Sostanzialmente, per quanto ne occupa, si tratta di un mezzo di copertura finanziaria (“securitization”) che prevede la cessione di crediti da parte di un soggetto ad un soggetto terzo che potrà poi servirsi di una “special purpose vehicle” per porre sul mercato titoli rappresentativi dei crediti stessi. E’ noto – si è dapprima ricordato – che l’art. 119, VI comma, della Costituzione, come novellato dalla Legge Costituzionale n. 3/2001, consente alle Regioni di ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Successivamente, tutte le leggi finanziarie intervenute hanno, sia pure con diverse modalità, vietato il ricorso all’indebitamento se non per spese di investimento, precisandosi variamente le tipologie di queste ultime. Ancora più specificatamente, la Legge n. 350/2003 (Legge Finanziaria per il 2004) precisa all’art. 3, comma 17, cosa debba intendersi per indebitamento e vi include varie operazioni come l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cessioni di crediti e, infine, le cartolarizzazioni che entrano, quindi, a pieno titolo nella categoria degli indebitamenti. La norma distingue vari tipi di cartolarizzazioni: quella per i flussi futuri di entrate non collegati ad una attività patrimoniale preesistente; quelle con corrispettivo iniziale inferiore all’85% del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione; le cartolarizzazioni accompagnate da garanzie fornite da Amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni di crediti vantati verso altre Amministrazioni pubbliche. Quest’opera di selezione è proseguita con la Legge n. 296/2006 (Legge Finanziaria per il 2007) ove all’art. 1, comma 739, si precisa che costituiscono indebitamento anche le operazioni di cessione e cartolarizzazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi per i cui pagamenti l’ente assume, ancorché indirettamente, nuove obbligazioni anche mediante la ristrutturazione dei piani di ammortamento. Tale ultima normativa, che sembra “prima facie” attagliarsi alla ristrutturazione dei debiti sanitari, reca poi alcune disposizioni con precisi discrimini temporali di applicabilità di cui si è innanzi detto nel capitolo sulla sanità regionale. Dal complesso delle norme ora citate emergono con sufficiente chiarezza sia un profilo oggettivo che soggettivo. Può notarsi, infatti, sotto l’aspetto oggettivo, che le tipologie delle cartolarizzazioni vengono tenute distinte da altre forme di indebitamento (mutui, prestiti obbligazionari), conferendosi autonoma dimensione giuridica di “indebitamento” al fenomeno della “cartolarizzazione dei crediti” mentre, sotto l’aspetto soggettivo, il divieto di indebitamento per spese non d’investimento (comprendente, quindi le cartolarizzazioni dei crediti) viene riferito alle Regioni a statuto ordinario, agli enti locali (con connesse aziende e organismi, ad eccezione delle “partecipate” per i servizi pubblici) ed esteso anche alle AA.SS.LL., sia pure attraverso lo strumento della legislazione regionale per disciplinarne l’indebitamento. Resta, dunque, da chiarire, una volta definita la operazione di cartolarizzazione come un indebitamento, se quest’ultimo avvenga per finanziare spese d’investimento o diverse da quelle d’investimento poiché da questo discrimine dipende la validità dei contratti e la possibilità di irrogazione della sanzione pecuniaria secondo quanto previsto dall’art. 30, comma 15, della Legge n. 289/2002 (Legge Finanziaria per il 2003). Qualche considerazione conclusiva può trarsi ora, sia pure in termini generali, sul crescente fenomeno della creazione e gestione delle aziende pubbliche partecipate e degli strumenti finanziari ad esse collegati. Si assiste ad uno spostamento sempre più marcato verso l’utilizzo di strumenti civilistici, ma in evidente disarmonia con i principi propri del diritto civile quali la libera concorrenza del mercato e la sopportazione del rischio d’impresa. Infatti, mentre la gestione amministrativa tende a restare svincolata dai limiti normativi posti al potere di spesa, resta invece il fatto che i generalizzati disavanzi e le forme di indebitamento, più o meno velate, finiscono con l’incidere, in definitiva, direttamente o indirettamente, sulle finanze pubbliche. Non è un caso, infatti, che i debiti delle società partecipate devono essere rilevati ai fini del rispetto del patto di stabilità, come è stato recentemente riconosciuto anche dalla stessa Corte dei conti (cfr. Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, delibera n. 17 del 30 ottobre 2006), ponendosi in risalto la possibilità di situazioni occulte di debito. Sussistono, è vero, una pluralità di organi e enti deputati al controllo di tali attività (Collegi dei Revisori dei conti, Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia, Sezioni di Controllo della Corte dei conti) ed ora la Legge Finanziaria 2007 aggiunge anche una Unità di monitoraggio sull’attività degli enti locali (anche quelli che detengono le partecipazioni pubbliche), ma resta l’impressione che a causa delle ampie possibilità operative delle società partecipate, l’esercizio di tali controlli, tesi ad evidenziare anomalie, a rilevare risultati e, eventualmente, a proporre rimedi, possa risultare del tutto intempestivo e inadeguato rispetto a scelte di gestione incongrue relativamente ai fini perseguiti e spesso neanche in linea con la normativa di riferimento. IV- ESECUZIONE DELLE SENTENZE DI CONDANNA DELLA CORTE DEI CONTI – DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLA LITE – PROPOSTE E RIMEDI. La Sezione giurisdizionale ha depositato, nel corso del 2006, 50 sentenze di condanna, per responsabilità amministrativa e contabile, in totale o parziale accoglimento delle azioni risarcitorie intentate da questo Ufficio, per un complessivo importo che sfiora €. 2.000.000,00, a cui va aggiunto quello di circa €. 27.000,00 per spese di giudizio, mentre, in virtù della recente normativa sulle spese legali, in caso di proscioglimento nel merito, la Sezione ha anche liquidato, a questo titolo, complessivamente circa €. 7.000,00, compensando le spese in altri casi. Risulta che le Amministrazioni destinatarie delle sentenze di condanna, rese anche per anni pregressi, hanno proceduto nel 2006 al recupero di oltre €. 335.000,00 con un incremento di circa il 30% in più rispetto allo scorso anno, oltre al recupero di ulteriori €. 150.000,00 dovuto al pagamento di ratei la cui dilazione era stata concessa, ma quest’ultimo dato è risultato inferiore all’introito realizzato lo scorso anno per la stessa causale. A seguito della attività di monitoraggio e delle sollecitazioni rivolte da questo Requirente, si è ottenuto, fin dal 2004, un più che notevole incremento, rispetto ad anni precedenti, dei recuperi effettuati dalle Amministrazioni interessate, ma si tratta, comunque, di risultati del tutto modesti. Si è più volte segnalato come la normativa recata dal D.P.R. 24/6/1998 n. 260 sulla esecuzione delle sentenze di condanna sia insoddisfacente poiché risulta priva di precise indicazioni temporali entro cui il debito con le Amministrazioni pubbliche, da parte degli accertati responsabili, deve essere saldato. Il rimedio normativo tentato per garantire un introito certo e di pronto realizzo (anche se inferiore alla condanna), consistente nell’articolato approntato dalla Legge 23/12/2005 n.266 (art. 1, commi 231, 232 e 233) si è rivelato non solo di dubbia aderenza ai canoni costituzionali, ma anche di efficacia alquanto discutibile. Infatti, con Ordinanza n. 19/2006/A dell’aprile 2006 la Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Sicilia ha sollevato questione di costituzionalità della normativa innanzi citata – subito nota come “condono contabile” -recata dalla citata Legge Finanziaria per il 2006, per contrasto con gli artt. 3, 97, 101 e 103 della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto della tutela del buon andamento e della (indebita) interferenza con l’esercizio della funzione giurisdizionale, atteso che la definizione avviene prima (procedimento incidentale in appello, in seguito una sentenza di primo grado) del definitivo accertamento delle responsabilità. Inoltre, da rilevamenti effettuati – non definitivi, ma, comunque, tendenzialmente indicativi – sembra che nel corso del 2006 non siano intervenute moltissime “definizioni agevolate” (anche se le relative istanze erano in maggior numero), con un gettito stimato inferiore alle attese. Resta, quindi, da chiedersi se la limitazione, (ancorché “sub iudice”) che ne è derivata alla integrità della funzione giurisdizionale e la intuibile minor fiducia nella effettività della tutela nei confronti di agenti pubblici infedeli, abbia poi trovato almeno parziale giustificazione in esigenze di “pronta cassa”; ma, ciò non sembra sia del tutto avvenuto. Del pari, non sembra che risposte valide possano intervenire da “patteggiamenti” o “accordi transattivi” tra Amministrazioni e debitori, con percentuali variabili di sconto, sia a seguito di giudizi definiti che in corso, con semplice comunicazione alle Procure regionali. Un tale articolato, oggetto di una Proposta di legge d’iniziativa di un singolo Deputato, che si è avuto occasione di leggere scorrendo gli Atti Parlamentari della Camera pubblicati nel novembre del 2006, rischierebbe di aggiungere ulteriori commistioni tra attività amministrativa e funzione giurisdizionale e di affievolire la fiducia pubblica in quest’ultima e nelle azioni intraprese a tutela del pubblico Erario. La strada più proficua sembra, invece, essere quella intrapresa con il recente Disegno di Legge n. 702 (Atti del Senato della Repubblica) recante norme per la delega al Governo per la redazione del “Codice di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”, di cui si riferirà anche in prosieguo. Infatti, all’art. 3, lettera P, di tale DD.LL. di delega si legge: “disciplina della fase dell’esecuzione della sentenza soggetta alla vigilanza della Procura regionale competente al fine di garantire l’effettività del giudicato, con facoltà di promuovere, in caso di inerzia, avanti al Giudice collegiale, idonei provvedimenti sostitutivi, con previsione anche di confisca contabile a favore del soggetto danneggiato”. Purtroppo, non si intravedono tempi brevi, né un percorso semplice e resta, quindi, da chiedersi “medio tempore” quale tipo di iniziativa possa intraprendersi, atteso che, in caso di inerzia prolungata da parte delle Amministrazioni tenute all’esecuzione delle sentenze di condanna, opera la prescrizione decennale del credito. E’ noto, infatti, che la prescrizione non è rilevabile d’ufficio ex art. 2938 c.c., di guisa che, in assenza di atti esecutivi e di procedimenti giurisdizionali, nel corso dei quali dovrebbe, poi, pure essere sollevata “ex adverso” l’eccezione di prescrizione (che, se accolta, dovrebbe, inoltre, essere oggetto di sentenza passata in giudicato), difetterebbe la certezza del nocumento patrimoniale da mancato incameramento di una entrata e, quindi, la attualità del danno erariale da azionare. Possono, quindi, prospettarsi – trascorso il decennio con inerzia – alcune soluzioni operative sulle quali questo Requirente va svolgendo le proprie riflessioni: sollecitare ulteriormente le Amministrazioni interessate a procedere con gli strumenti a disposizione (iscrizione a ruolo, ritenute sugli emolumenti, etc.), attendendo l’eventuale opposizione con relativa eccezione di prescrizione da parte del condannato debitore in tal modo escusso; procedere direttamente “in executivis” nei confronti del condannato debitore, come sembra consentire l’art. 1, comma 174, della Legge n. 266/2005, ponendosi le relative azioni nella disponibilità delle Procure regionali, ma tacendosi sulla Autorità Giudiziaria competente a decidere (A.G.O. o Corte dei conti); perseguire i responsabili dell’inerzia o del ritardo, individuando, però, il nocumento patrimoniale arrecato alle pubbliche finanze solo nella diversa e minore somma derivante dalla mancata remunerazione del capitale non tempestivamente riscosso, applicandosi il tasso di interesse legale o di rendimento medio dei titoli del debito pubblico. Ognuna delle prospettate soluzioni presta il fianco a qualche difficoltà. Le prime due soluzioni comportano, rispettivamente, tempi molto lunghi (la prima) e notevoli incertezze interpretative sul tipo di competenza giurisdizionale (la seconda); resterebbe la terza soluzione, ma ne va verificata la percorribilità procedimentale e, comunque, se è vero che si supererebbe ogni problema sull’attualità del danno azionato, è sin d’ora certo che non sarebbe assicurato il recupero della sorta capitale. In disparte le considerazioni svolte in punto di eseguibilità delle sentenze, è, invece, di un certo conforto riscontrare che in vari casi che sono stati istruiti da questo Requirente, giungendosi anche alla notifica di atti di citazione, è poi seguita una spontanea restituzione degli indebiti oppure una sorta di autotutela delle ragioni erariali da parte delle stesse Amministrazioni. Quest’ultimo fenomeno è avvenuto sotto varie forme, sia con la sospensione delle attività ritenute produttive di danno, sia con recuperi di quanto indebitamente corrisposto, anche se deve notarsi che spesso i soggetti sottoposti a tali recuperi impugnano, poi, tali provvedimenti innanzi al competente Giudice e la giurisprudenza che interviene non è uniforme; solo incidentalmente, si osserva che i recuperi mediante trattenute, specie se si tratta di appartenenti a corpi militari, si realizzano con minor contenzioso di quanto non si verifichi per recuperi che presuppongono una attività provvedimentale, segnatamente se i soggetti escussi non sono dipendenti statali o pubblici in genere, bensì terzi destinatari di indebite erogazioni pubbliche. V - BREVI AGGIORNAMENTI TEMATICI Qualche marginale notazione si ritiene utile di formulare in ordine a problematiche di carattere generale che interessano l’attività requirente nel suo insieme considerata. Recentemente, sono intervenute due Ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale da parte della Sezione Giurisdizionale per la Regione Sicilia e della Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia. Con la prima di tali Ordinanze, depositata il 30/3/2006, è stata sollevata d’ufficio, per ritenuto contrasto con l’art. 103, II comma, della Costituzione, questione sulla legittimità dell’art. 75, comma 3, c.p.p., nella parte in cui, così come interpretato dalla Suprema Corte di Cassazione, comporta la sospensione del processo contabile instaurato per i medesimi fatti e nei confronti delle medesime persone dopo l’emanazione della sentenza penale di primo grado che abbia pronunciato sulla domanda civile risarcitoria proposta in quella sede. La Sezione per la Lombardia ha dubitato della legittimità dell’art. 75, comma 3, c.p.p., affrontando “funditus” un tema molto dibattuto negli ultimi tempi: quello della possibilità di una concorrenza di giurisdizioni tra Corte dei conti ed A.G.O., a seconda che ad azionare il relativo diritto al risarcimento del danno sia il P.M. contabile o la Pubblica Amministrazione; la situazione non è diversa se l’azione civile viene esercitata in sede penale con la costituzione in giudizio della Amministrazione danneggiata. La Corte Costituzionale, con la propria giurisprudenza, ha sempre insistito sulla tendenziale espansività (previa una “interpositio Legislatoris”) della giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di contabilità pubblica (art. 103, II comma, della Costituzione), quale limite alla generale giurisdizione dell’A.G.O., con ciò escludendosi ogni concorrenza o alternatività tra giurisdizioni e, d’altro canto, è ben vero che la Suprema Corte di Cassazione ha più volte precisato come i rapporti intercorrano non tra giurisdizioni, indipendenti tra loro, bensì tra giudizi, conseguendone dichiarazione di inammissibilità dell’azione contabile nel caso la P.A. abbia chiesto e ottenuto sentenza definitiva di condanna al risarcimento dei soggetti responsabili. Accadrebbe, però, – secondo la Sezione per la Lombardia remittente – che la sospensione ex art. 75 c.p.p., se la P.A. è costituita parte civile, finirebbe con il riflettersi sulla stessa giurisdizione contabile. In tal senso, sarà di grande interesse, anche per l’Ufficio Requirente, riflettere sull’esito che la Corte Costituzionale vorrà far seguire alla Ordinanza di rimessione suddetta, poiché i principi che verranno enunciati, in ogni caso, chiariranno sempre meglio quale sia l’ambito di concorrenza o di alternatività tra giudizi (e azioni) e i rapporti tra le reciproche sfere di giurisdizione, con intuibili riflessi anche sul principio di obbligatorietà dell’azione risarcitoria contabile. Sul finire del 2005, poi, la Sezione siciliana (Ordinanza n. 22 dell’11/11/2005) ha investito la Corte Costituzionale del giudizio di legittimità sull’art. 1, comma 2, della Legge n. 20/1994, come interpretato dalla prevalente giurisprudenza della Corte dei conti, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Si tratta della nota questione sulla decorrenza del termine quinquennale di prescrizione in ipotesi di più erogazioni riconducibili ad un atto autorizzatorio, facendosene discendere – da parte della giurisprudenza ricordata dalla Sezione remittente - la fissazione del “dies a quo” prescrizionale da quest’ultimo atto (o dal primo dei pagamenti intervenuti). Per converso, la Ordinanza di rimessione citata tratteggia la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione sul fatto illecito permanente che perdura nel tempo, rinnovandosi così anche l’insorgenza del corrispondente diritto al risarcimento del danno. Anche in questo caso, la pronuncia del Giudice delle Leggi è attesa con estremo interesse poiché moltissime sono le fattispecie contabili riconducibili ad illeciti permanenti: basti pensare alle indebite erogazioni stipendiali, alle non consentite assunzioni, agli inquadramenti “contra ius” con conseguente attribuzione di livelli retributivi, chiarendosi però subito che la questione non riguarda la corresponsione di quegli emolumenti che non sono erogati con carattere di automaticità, ma abbisognano di attività certative e ricognitive, se non anche propriamente provvedimentali, da compiersi di volta in volta e, quindi, con riflessi anche sulle singole decorrenze dei termini prescrizionali collegate alle successive erogazioni. Sul piano delle possibili innovazioni legislative si segnala che è stato presentato un Disegno di Legge di iniziativa parlamentare per una Delega al Governo inerente un “Codice di Procedura Civile per i giudizi innanzi alla Corte dei conti” (Atti del Senato, n. 702). Tale Disegno di Legge tocca tutti i settori della giurisdizione contabile e, per quanto qui ne occupa, i giudizi di responsabilità e di conto. Tra i punti salienti si notano una limitazione del rinvio alle norme di procedura civile, il riordino delle competenze territoriali, dell’istruzione probatoria, dell’archiviazione, dei poteri istruttori del P.M. contabile; la disciplina dei requisiti della citazione, con riferimento esplicito alla “specificità” del giudizio di responsabilità amministrativa, della partecipazione dei terzi al processo, del potere riduttivo dell’addebito, della esecuzione delle sentenze di condanna della Corte dei conti (di cui si è detto in precedenza). Si tratterebbe, quindi, di una disciplina organica di cui da tempo si avverte l’esigenza, sia per la ormai datata regolamentazione del giudizio contabile, sia per la frammentarietà degli interventi legislativi che sono seguiti. Norme attuali di legge sono, invece, quelle contenute nell’art. 313 e nell’art. 318, comma 1, lettera A, del recente D.lgs. 3/4/2006 n. 152 (Norme in materia ambientale) in virtù delle quali, da un canto, resta abrogato l’art. 18 della Legge n. 349/1986 (che aveva attributo la giurisdizione per danno ambientale all’A.G.O.) e, dall’altro, si prevede che “nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia il rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio”. In disparte la imprecisa tecnica legislativa usata (“pagamento del risarcimento”) e la inusuale, prevista “concorrenza” tra ingiunzione amministrativa e rapporto alla competente Procura, appare introdotta (“melius”, anche presupposta) la competenza del Giudice contabile per tale tipo di danno ambientale (quella sui riflessi patrimoniali collegati agli esborsi ingiustificati sostenuti dai vari enti pubblici era già ritenuta sussistente), conseguendone che sembra aperta la strada anche a segnalazioni o denunzie provenienti da soggetti diversi dal Ministro dell’Ambiente che potranno (o dovranno) investire le Procure regionali dell’accertamento di presunti danni ambientali. La giurisprudenza della Suprema Corte è variamente intervenuta nel corso del 2006 sulla giurisdizione contabile e se ne è riferito nelle singole parti della Relazione, ma non si possono sottacere alcune interessanti statuizioni relativamente alla sindacabilità dei poteri discrezionali della P.A. e in punto di notificazioni. Con sentenza 25/1/2006 n. 1378, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato, consolidando un indirizzo già seguito, che il limite alla cognizione contabile risiede nella cosiddetta “riserva di amministrazione” (articolazione concreta e minuta delle iniziative rimesse alla P.A.), mentre la Corte dei conti (e il P.M. agente nell’ambito delle proprie competenze) potrà valutare la non adeguatezza dei mezzi prescelti nell’ipotesi di assoluta estraneità dei mezzi stessi rispetto ai fini. Affermazione, quest’ultima, di notevole rilievo ai fini di quella “arbitrarietà” delle scelte discrezionali che ne rende possibile il sindacato giurisdizionale da parte della Corte dei conti. La Suprema Corte ha poi proseguito nella propria rigorosa giurisprudenza in tema di notificazioni (già con la sentenza 13/1/2005 n. 458 era stata ritenuta necessaria, ai fini del perfezionamento delle notifiche ex art. 140 c.p.c., l’allegazione dell’avviso di ricevimento all’atto notificato), affermandosi che è illegittima la notifica eseguita, laddove nella relativa relazione non sia stata indicata con precisione la causa della irreperibilità, né il luogo specifico in cui siano state compiute le ricerche del destinatario (cfr. Cass. 1/2/2006 n. 2207 in materia di notifiche tributarie al contribuente; ma il principio appare di carattere generale). Si può concludere questo breve “excursus” tematico, segnalando che è intervenuto nel 2006 un accordo di servizio tra Corte dei conti e Agenzia delle Entrate con cui, per quanto qui ne occupa, viene consentito alla Corte dei conti l’accesso e l’utilizzo dei dati contenuti nell’Anagrafe Tributaria finalizzato alla verifica di dati anagrafici, reddituali e di natura patrimoniale di presunti responsabili in procedimenti di responsabilità amministrativocontabile,comprese le istanze di sequestro conservativo. Si tratta di un passo in avanti che rende più agevole il gravoso lavoro del P.M. contabile nella ricerca delle situazioni patrimoniali dei convenibili (si pensi, ad esempio, alla indebita locupletazione degli eredi, alle azioni revocatorie, ora possibili, agli accertamenti dei cespiti sequestrabili) NOTE CONCLUSIVE Dal quadro complessivo che si è tracciato emergono alcune osservazioni. Da un canto, il Legislatore, preoccupato del modo di gestione delle pubbliche finanze, interviene continuamente con norme intese a istituire organi o sistemi di verifica, di controllo dei risultati e di monitoraggio, in quanto la tentata via di porre limiti, “tetti” o divieti per singole “voci” di spesa ha incontrato talvolta resistenza nel riflesso della tutela delle autonomie locali. Sono stati così previsti un Tavolo tecnico e una Unità di monitoraggio che vanno ad aggiungersi a una vasta tipologia di “comunicazioni” alla Corte dei conti. Si tratta, però, di norme che generalmente non prevedono sanzioni, limitandosi sostanzialmente a porre il futuro Legislatore nella condizione di poter intervenire se i monitoraggi condotti evidenzieranno situazioni di cattiva o inefficiente gestione. In alcuni casi, peraltro, sanzioni sono state previste, come nell’ipotesi di ricorso all’indebitamento per coprire pregresse spese diverse da quelle d’investimento, disciplinata dall’art. 30, comma 15, della Legge 27/12/2002 n. 289 (sanzione pecuniaria variabile da un minimo di cinque volte ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione della violazione), nonché nell’ipotesi prevista dall’art. 248, 5° comma, del T.U.EE.LL. che riguarda però sanzioni non di tipo pecuniario, bensì incidenti sullo “status” personale e che possono accedere ad un giudizio di responsabilità amministrativa, restandone comunque autonoma l’irrogazione. Non a caso, specificamente per quanto riguarda la sanzione prevista dal citato art. 30, comma 15, della Legge n. 268/2002, la giurisprudenza più sensibile ha ritenuto trattarsi di illecito “da pericolo” poiché è sufficiente, per la relativa irrogazione, una semplice condotta pericolosa come, ad esempio, l’adozione della delibera di mutuo. Tali forme sanzionatorie non esauriscono, o sostituiscono, né lo potrebbero, la responsabilità amministrativa vera e propria che è, e resta, allo stato della legislazione, di natura risarcitoria e non sanzionatoria, poiché è il diritto al ristoro di un verificato danno pubblico, ingiusto e attuale, che fonda l’azione del Requirente e che è posto alla base delle sentenze di condanna della Corte, atteso che la stessa obbligazione risarcitoria del danno deriva dalla originaria violazione di obblighi di servizio. Tuttavia, la possibilità di irrogare una sanzione, (pecuniaria o di natura personale), se affiancata alla ordinaria responsabilità amministrativa di natura risarcitoria, costituirebbe nel suo complesso un sistema di reazione dell’Ordinamento agli illeciti, con una portata non solo più estesa, ma rafforzata. Se è vero che la responsabilità amministrativa, di natura risarcitoria, si connota con elementi propri sia della responsabilità contrattuale che di quella aquiliana e che quest’ultima è fondata sul principio desumibile dall’art. 2043 c.c. (cosiddetta “norma in bianco”), che non prevede una tipizzazione degli illeciti, è, per converso, vero che la sanzione, in quanto tale, è collegata a condotte tipizzate. In questo senso può essere oggetto di riflessione, “de iure condendo”, in analogia a quanto già è disciplinato dalle norme prima ricordate, la configurazione di altri comportamenti tipici sanzionabili e, tra questi, potrebbe trovare spazio proprio una nozione di condotta produttiva di ingiustificati “sprechi” che, come si è visto,costituiscono l’antecedente, il “sintomo di pericolo” di un possibile danno che, però, non si è conclamato ancora come tale. Una strada – quest’ultima – ben diversa da quella recentemente tentata, e fortunatamente subito chiusa, riguardante lo spostamento del termine prescrizionale al momento della condotta, che peraltro avrebbe potuto trovare una qualche eventuale ragion d’essere solo attribuendosi alla responsabilità amministrativa una natura esclusivamente sanzionatoria: ciò che non è, allo stato della legislazione e della giurisprudenza, nonostante l’impropria terminologia (“reati contabili”), forse non avvertitamente usata dai mezzi di comunicazione, abbia favorito una confusione di concetti che già presentano un notevole tasso di tecnicità. Il Decreto Legge 27/12/2006 n. 299, in via di conversione, con l’unico articolo di cui si compone, ha posto fine - si ha fiducia - a questa vicenda oggettivamente disorientante, al di là di presunte intenzioni sulle quali non è il caso in questa sede di soffermarsi oltre. Nella prospettiva evolutiva prima accennata potrebbe essere utile porre in luce un aspetto che sempre più viene all’esame di questo Requirente, ed anche, quindi, della Sezione giudicante: quella di riguardare le condotte produttive di danno, non isolatamente, in relazione a puntuali atti o a singole mancanze, bensì nel quadro di un “rapporto” che si sviluppa nel tempo: in estrema sintesi, segnatamente nelle fattispecie caratterizzate da discrezionalità amministrativa o da sequenze procedimentali, sempre più frequenti nelle previsioni legislative, si può guardare più all’azione amministrativa (e, per converso, all’inerzia) che non ai singoli atti per trarne una valutazione più verosimilmente attendibile dell’intero “modus operandi” dei singoli agenti pubblici in relazione a quei fondamentali canoni di efficienza, efficacia e economicità che costituiscono le linee guida del retto operare nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Giova da ultimo riflettere su di un triplice, aureo imperativo: “Honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere” che appartiene, per il suo portato etico prima ancora che giuridico, sia al pensiero classico del mondo antico, sia al razionalismo laico, sia, infine, al canone religioso e cristiano in particolare, sia pure con i diversi accenti propri di ogni cultura. In tali dettami sono sinteticamente racchiusi valori essenziali e condivisi quanto perenni; se è lecito coltivare l’ambizione di trasfondere tali precetti nell’attività di gestione delle pubbliche risorse al servizio della Comunità, ci si avvede come essi si riassumono nella necessità, per tutti i pubblici agenti, di compiere il proprio dovere e di ricevere ciò che è legittimo poiché non è un caso che l’intera teoria della responsabilità amministrativa si fonda sul rispetto dei doveri e degli obblighi che la legge impone, primo tra tutti quello di fedeltà verso le Istituzioni e le leggi. Ebbene, sarebbe incoraggiante assistere ad un corale anelito all’adempimento dei propri doveri – piccoli o grandi che siano – poiché si amplierebbe progressivamente la platea dei già tanti operatori pubblici che quotidianamente vi adempiono, pur tra evidenti difficoltà legate sovente a norme sempre più elaborate, talvolta criptiche, spesso di difficile, corretta applicazione. Non si può concludere senza esprimere un sincero sentimento di gratitudine che, innanzitutto, è volto ai colleghi di Procura che non hanno risparmiato energie per concorrere ai risultati che si sono conseguiti, nonostante la esiguità del numero; a tale grazie va subito aggiunto quello al personale amministrativo, ottimamente diretto, che ad ogni livello opera in concorde e proficua collaborazione con i magistrati. Sento, poi, la continua vicinanza della Magistratura Ordinaria in ogni sua espressione e stimo molto anche l’alto contributo offerto dal libero Foro nel comune percorso volto al raggiungimento della verità giudiziale. Uno speciale apprezzamento, come sempre, desidero formulare al Corpo della Guardia di Finanza e alla Benemerita Arma dei Carabinieri poiché entrambe queste secolari istituzioni dello Stato adiuvano notevolmente lo svolgimento dei compiti di questa Procura: la Guardia di Finanza, in ragione della sua specifica vocazione, svolge una preziosa e proficua opera nell’espletamento delle numerose indagini istruttorie di cui viene incaricata da questo Requirente; l’Arma dei Carabinieri corrisponde con particolare sollecitudine ad ogni richiesta di intervento e garantisce il sicuro svolgimento della vita quotidiana negli uffici e nelle aule di questa Sede giudiziaria. Esprimo, pertanto, il mio sincero grazie ai Comandanti, agli Ufficiali e a tutto il personale di queste due Istituzioni da sempre molto vicine alla Corte dei conti e alla Procura in particolare. Analogo ringraziamento rivolgo agli organi ispettivi dei Ministeri per la ottima collaborazione, sempre molto professionale, nonchè ai rappresentanti degli organi di informazione che non mancano di seguire con attenzione ed equilibrio l’attività di questo Ufficio. Infine, esprimo alta considerazione per tutti i colleghi del Collegio giudicante e, in particolare, al Signor Presidente della Sezione. Desidero terminare con un auspicio che sento profondamente. Si avverte una diffusa consapevolezza del momento particolarmente travagliato che si vive in Campania, e a Napoli in particolare, a causa di problemi – per quel che qui interessa – legati ad una certa concezione del modo di amministrare la cosa pubblica che viene sempre più percepito come distorto e lontano dai bisogni dei cittadini, ma non può essere abbandonata la speranza che le enormi risorse morali costituenti il secolare patrimonio comune di cittadini e amministratori, consentiranno di superare, prima o poi, anche questo momento. La Campania e Napoli possono riuscirvi. Prego, ora, il Signor Presidente della Sezione, dott. Salvatore Staro, che ringrazio per avermi dato la parola, di voler dichiarare formalmente aperto l’anno giudiziario 2007 della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Campania. Arturo Martucci di Scarfizzi DATI RIGUARDANTI LA PROCURA REGIONALE NELL’ANNO 2006 RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVO-CONTABILE E CONTI GIUDIZIALI E GIUDIZI AD ISTANZA DI PARTE QUADRO A ATTI DI CITAZIONE Tot. 99 Enti territoriali 55 Amministrazioni statali ed enti istituzionali Aziende sanitarie 33 Altri enti 1 ATTI INTEGRATIVI DI CITAZIONE 11 22 SOGGETTI CITATI IN GIUDIZIO 361 INVITI A DEDURRE EX ART 5 L. 19/94 E RELATIVI ATTI INTEGRATIVI 128 SOGGETTI INVITATI A DEDURRE (in corso di istruttoria – esitati in giudizio – archiviati) ATTI DI RIASSUNZIONE DI GIUDIZI 637 ATTI E RICORSI PER RESA DI CONTO RICORSI PER SEQUESTRI CONSERVATIVI RECLAMI AL COLLEGIO, DI PARTE E DEL P.R., RELATIVAMENTE A PROVVEDIMENTI CAUTELARI DI CONFERMA DEL GIUDICE DESIGNATO PARTECIPAZIONE INDIVIDUALI AD UDIENZE PUBBLICHE, CAMERALI E CAUTELARI CONCLUSIONI SCRITTE PER GIUDIZI AD ISTANZA DI PARTE 5 10 4 10 63 6 DATI RIGUARDANTI LA PROCURA REGIONALE NELL’ANNO 2006 RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVO-CONTABILE E CONTI GIUDIZIALI QUADRO B CONTRORICORSI IN CASSAZIONE PER REGOLAMENTO PREVENTIVO DI GIURISDIZIONE APPELLI DEL P.R. AVVERSO SENTENZE DELLA SEZIONE APPELLI DEL P.G. AVVERSO SENTENZE DELLA SEZIONE APPELLI DI PARTE PRIVATA NOTIFICATI ALLA PROCURA REGIONALE, AVVERSO SENTENZE DELLA SEZIONE SENTENZE DI II GRADO DEPOSITATE NEL 2006, GIA’ APPELLATE DAL P.R. O DAL P.G. SENTENZE DI II GRADO DEPOSITATE NEL 2006, GIA’ APPELLATE DA PARTI PRIVATE IMPORTI RICHIESTI CON ATTI DI CITAZIONE 2 PUBBLICATE NEL 2005 PUBBLICATE NEL 2006 PUBBLICATE NEL 2005 PUBBLICATE NEL 2006 PUBBLICATE NEL 2005 -11 2004 - 1 PUBBLICATE NEL 2006 ACCOGLIMENTO / 1 / 1 12 2 4 RIGETTO TOT. O PARZ. ACCOGLIMENTO 0 RIGETTO TOT. O PARZ. ALTRO Danno patrimoniale Danno non patrimoniale 8 6 2 € 90.418.070,19 € 47.222.339,55 IMPORTI ACCORDATI CON SENTENZE € 1.915.769,32 IMPORTI RICHIESTI CON ISTANZE DI SEQUESTRO CONSERVATIVO € 2.025.268,71 DATI RIGUARDANTI LA PROCURA REGIONALE NELL’ ANNO 2006 RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVO-CONTABILE E CONTI GIUDIZIALI QUADRO C VERTENZE PENDENTI PRESSO LA PROCURA REGIONALE AL 31/12/2005 6514 VERTENZE APERTE ED ASSEGNATE NEL 2006 3408 ATTI ISTRUTTORI 2633 AUDIZIONI PERSONALI EX ART 5 L. 19/94 135 ARCHIVIAZIONI A SEGUITO DI ISTRUTTORIE 1346 VERTENZE PENDENTI PRESSO LA PROCURA REGIONALE AL 31/12/2006 ( al netto degli atti di citazione depositati nel corso del 2006) ESPOSTI, DENUNCE E COMUNICAZIONI CONTI IN SEDE DI TRATTAZIONE PRELIMINARE ARCHIVIAZIONI IN SEDE PRELIMINARE 8477 ISTANZE DI PROROGHE EX ART 5 L.19/94 PARERI AI FINI DEI DECRETI PRESIDENZIALI DI DISCARICO E DI ESTINZIONE RIGUARDANTI CONTI GIUDIZIALI 2656 864 12 1314