Impianti BioChimici DOCENTE: PROF. ING. MARIA LAURA MASTELLONE FACOLTÀ DI SCIENZE AMBIENTALI SECONDA UNIVERSITÀ DI NAPOLI Programma del corso principi dei processi biologici. cenni introduttivi sugli organismi e le colture cellulari. caratterizzazione dei substrati. stechiometria ed esempi di calcolo cinetica biologica. principi di reattoristica multistadio in serie. biologica: equazioni reattori di ideali progetto. e reattori bioreattori a biomassa sospesa e a biomassa adesa. applicazioni (trattamento delle acque). processi di percolatori, depurazione stagni biologica: biologici, fanghi nitrificazione, attivi, letti denitrificazione, defosfatazione. interventi di salvaguardia degli ambienti naturali impianti biologici (trattamento dei rifiuti solidi). tramite Introduzione L’ingegneria biochimica La differenza tra l’ingegneria biochimica e l’ingegneria chimica non risiede nei principi delle operazioni e dei processi unitari bensì nella natura dei sistemi reagenti. Gli impianti biochimici, infatti, convertono una materia vivente come le cellule o gli enzimi estratti da queste ultime. L’utilizzo di tali sistemi viventi comporta una scelta dei parametri di funzionamento degli impianti biochimici molto ristretta in quanto essi devono coincidere con quelli della biosfera. Parametri quali temperatura, pH, potenziale redox e ambiente (medium) reagente sono quindi ben definiti. Introduzione Definizioni La cellula. Le cellule sono la più piccola unità di vita. Esse possono interagire tra loro (organismi multicellulari) o essere completamente indipendenti (o. unicellulari). Strutturalmente la cellula può contenere il citoplasma (sistema colloidale formato da molecole organiche più piccole e sali inorganici in soluzione circondato da una membrana permeabile) attraverso cui si hanno fenomeni di trasporto in-out. I cromosomi, che trasmettono le informazioni genetiche da una generazione all’altra, sono, nella maggior parte delle cellule, circondati da una membrana a formare un nucleo. Le cellule in cui esiste tale nucleo sono definite eucariote. Vi sono poi altre strutture intracellulari che servono per attività specifiche. Nell’ambito dell’ing. biochimica sono molto importanti tre tipi di microorganismi: batteri, alghe e funghi. Definizioni I batteri. I batteri sono organismi uni-cellulari le cui dimensioni sono in media comprese tra 0.5 e 20 mm. La loro forma dipende da quella delle pareti cellulari e può essere sferica, ovoidale, a spirale o a filamento. Il citoplasma dei batteri spesso contiene materiale di supporto come carboidrati e lipidi. Questi microorganismi si muovono grazie ad uno o più flagelli. In condizioni ambientali avverse molti batteri producono delle spore che possono resistere in condizioni estremamente avverse e che possono germinare una volta ripristinato un ambiente idoneo. Le alghe. Esse sono organismi fotosintetici la cui grandezza può arrivare fino a diverse decine di metri. Sono organismi molto importanti nei processi di depurazione biologica poiché consumano nutrienti e forniscono ossigeno. Definizioni I funghi. Questi organismi non possiedono clorofilla per cui hanno bisogno di molecole organiche complesse come nutrienti. Essi sono parassiti oppure crescono su materiale organico morto. I virus. Questi hanno dimensioni al di sotto della soglia dei microscopi leggari, non possiedono una struttura cellulare e sono composti prevalentemente da acidi nucleici circondati da una guaina proteica. Essi vivono come parassiti all’interno di altri organismi come i batteri. In questo caso essi sono batteriofagi se portano alla morte della cellula ospite. Vi sono casi in cui la cellula ospite vive e si riproduce per generazioni prima che il virus l’attacchi. Principi dei processi biologici. Cenni introduttivi sugli organismi e le colture cellulari. Caratterizzazione dei substrati. Principi dei processi biologici Processi metabolici: Classificazione dei microrganismi Gli esseri viventi microscopici con organizzazione biologica molto semplificata rispetto a piante ed animali vengono raggruppati in un regno proprio, detto dei protisti. Ad esso appartengono tutte le specie monocellulari (ovvero con gli organismi composti da una unica cellula) o pluricellulari ma con gli organismi composti da cellule tutte dello stesso tipo. I microrganismi colonizzano praticamente ogni ambiente naturale e sono inoltre caratterizzati da una intensa attività che si traduce in una elevata velocità di crescita. I microrganismi all’interno del regno dei protisti si differenziano essenzialmente sulla base della morfologia cellulare, del modo di riprodursi e delle esigenze nutrizionali. Una prima classificazione divide, a seconda della struttura della cellula, i protisti in procarioti ed eucarioti La cellula procariote è molto piccola (da 0.5 a 3 mm) e generalmente costituisce da sola un organismo completo. Ha struttura molto semplice, è racchiusa in una parete ed in una membrana cellulare, ma non presenta una membrana intorno al nucleo; ha in genere forma di sfera, di spirale o di bastoncino. Sono procarioti i batteri, i più diffusi tra i microrganismi ed i più utilizzati nelle attività umane, che possiedono caratteristiche di alta attività e adattabilità molto spiccate. La cellula eucariote è molto più grande di quella procariote (da 1.000 a 10.000 volte), ha una struttura interna molto più complessa ed organizzata con il nucleo racchiuso in una membrana porosa. È tipicamente la cellula degli organismi superiori ma può esistere anche come singolo individuo. Tra gli eucarioti molto diffusi sono i funghi, in genere in ambienti ad umidità relativa più bassa che nel caso dei batteri. I funghi possono essere organismi a morfologia complessa, come le muffe, o semplici e piccoli monocellulari, come i lieviti. Altri importanti eucarioti sono i protozoi, strutture altamente organizzate e sofisticate, che giocano un ruolo importante nel trattamento biologico delle acque di scarico. Principi dei processi biologici Processi metabolici: Il metabolismo cellulare La vita nel mondo dei protisti può essere ricondotta al funzionamento della cellula.Una cellula è un sistema aperto capace di ricavare dall’ambiente circostante l’energia e la materia necessari a mantenersi in vita ed a riprodursi. A tal fine la cellula è capace di far avvenire processi quali il trasporto di sostanze al suo interno e la trasformazione di queste nei materiali cellulari necessari al mantenimento in vita ed alla riproduzione. In generale le reazioni chimiche che presiedono a tali processi sono energeticamente sfavorite (endoergoniche) e per guidarne lo svolgimento la cellula è in grado di trasferire l’energia ricavata ed immagazzinata da altre reazioni caratterizzate da diminuzione di energia libera (esoergoniche). L’insieme ordinato delle reazioni chimiche (eso ed endoergoniche) che presiedono alle funzioni di mantenimento e riproduzione della cellula prende il nome di metabolismo e comprende più di 1000 reazioni indipendenti. A tale complesso sistema si applicano le medesime restrizioni di bilancio materiale ed energetico e le regole della termodinamica che definiscono un processo chimico. La biosintesi Una cellula è composta di molti elementi chimici, un piccolo numero dei quali sono in netta predominanza rispetto a tutti gli altri. La composizione elementare tipica di una cellula microbica è riportata in tabella. Oltre agli elementi elencati i microrganismi contengono tracce di molti altri elementi quali manganese, cobalto, rame, zinco, boro, alluminio, vanadio, molibdeno, iodio, silicio, fluoro e stagno. Tutti gli elementi citati giocano un qualche ruolo nel metabolismo cellulare: il primo requisito per sostenere lo sviluppo e la riproduzione di una cellula è che essi possano essere assunti dal mezzo circostante in proporzione stechiometrica rispetto alla composizione del nuovo materiale cellulare. Composizione elementare di E. coli Carbonio Peso secco (%) 50 Azoto 14 Fosforo 3 Potassio 1 Calcio 0.5 Cloro 0.5 Ossigeno 20 Idrogeno 8 Zolfo 1 Sodio 1 Magnesio 0.5 Ferro 0.2 altri 0.3 I quattro elementi principali (carbonio, azoto, ossigeno ed idrogeno) rappresentano più del 90% del peso secco della cellula; insieme con zolfo e fosforo, concorrono alla formazione delle diverse classi di polimeri biologici e sono presenti essenzialmente in questa forma nel materiale cellulare. La maggior parte dei costituenti polimerici della cellula appartiene alla categoria dei polisaccaridi (circa 6%), dei lipidi (circa 15%), delle proteine (circa 60%) e degli acidi nucleici (circa 19%). Queste macromolecole sono prodotte nella cellula a partire da un numero relativamente piccolo di precursori (ovvero circa 15 monosaccaridi, 20 aminoacidi, 20 acidi grassi e precursori dei lipidi e ribonucleotidi e deossiribonucleotidi) per un totale di circa 70 diversi tipi di unità monomeriche. Alcuni di questi monomeri possono o devono essere assunti direttamente dall’esterno mentre altri possono essere sintetizzati da altri precursori. In generale i diversi elementi costituenti la cellula entrano al suo interno sotto forma di molecole molto semplici (spesso inorganiche) e subiscono una complessa serie di reazioni chimiche prima di essere trasformati nei materiali cellulari. Ciò è anche dovuto al fatto che solo molecole relativamente semplici e di piccole dimensioni sono in grado di attraversare la membrana cellulare e partecipare quindi alle attività metaboliche interne alla cellula. L’attività biosintetica (anabolismo) è caratterizzata da una fitta rete di reazioni interconnesse. I prodotti finali sono ottenuti in genere con una serie di passaggi intermedi ed esistono spesso diversi percorsi possibili per ottenere lo stesso prodotto. Questa complessa rete di reazioni chimiche viene diretta e controllata dalla cellula attraverso gli enzimi (proteine con attività catalitica altamente specifica). Ciascun passaggio di un percorso metabolico è accelerato dalla catalisi di uno o più enzimi specifici e quindi la presenza, concentrazione ed attività dei diversi enzimi consente ed orienta l’attività anabolica. Poiché gli enzimi stessi sono sintetizzati nell’attività anabolica della cellula, in essi risiede uno dei principali meccanismi di autocontrollo della cellula e di adattamento a modifiche dell’ambiente esterno. Siccome solo molecole semplici e di piccole dimensioni sono in grado di attraversare la membrana cellulare e poiché molto spesso i materiali a disposizione nell’ambiente esterno sono più complessi ed addirittura simili al materiale cellulare stesso (quali polimeri come polisaccaridi, proteine e grassi) e non possono quindi penetrare la membrana cellulare, l’attività metabolica della cellula deve perciò estendersi al suo esterno con il favorire (ancora mediante enzimi esocellulari) una prima degradazione di tali materiali polimerici. Processi metabolici: Il metabolismo energetico La sintesi delle diverse sostanze richiede, oltre agli opportuni precursori, la disponibilità di energia, essendo in generale le reazioni biosintetiche energeticamente sfavorite. Inoltre l’attività biosintetica richiede la disponibilità di un certo “potere riducente”. In entrambi i casi le cellule ricavano tale disponibilità da reazioni chimiche (ossidazione di sostanze) o fotochimiche (assorbimento di energia radiante). In un sistema abiotico però le reazioni chimiche normalmente sfruttate dalla cellula per ricavare energia avverrebbero con modalità molto diverse. Esse sarebbero caratterizzate da meccanismi di reazione con pochi stadi reattivi elementari, cinetica quasi nulla alle basse temperature e dissipazione della differenza di energia tra stadi iniziali e finali sotto forma di calore. Nel metabolismo cellulare il cammino puramente chimico di tali reazioni è modificato mediante una serie di enzimi, che favoriscono cineticamente determinate trasformazioni intermedie dei reagenti. Nel far questo accelerano e dirigono la velocità complessiva della reazione globale in una serie precisa di stadi successivi caratterizzati da minori differenze energetiche. Alcune delle reazioni suddette vengono mediate da composti cellulari che immagazzinano parte del guadagno energetico della reazione mediante la formazione di legami ricchi di energia ma facilmente idrolizzabili (ovvero in grado di restituire facilmente l’energia immagazzinata). Nella stessa serie di reazioni, altri composti cellulari si riducono ed immagazzinano così potere riducente. Tale potere riducente può poi essere utilizzato per produrre altra energia con reazioni di ossidazione oppure per consentire la sintesi del materiale cellulare. Anche se le reazioni coinvolte variano moltissimo a seconda del microrganismo interessato e della sostanza di partenza, questa capacità di trasferire energia e potere riducente da reazioni esoergoniche a reazioni endoergoniche è del tutto generale della vita cellulare e quindi della vita stessa. Il trasferimento di energia da reazioni esoergoniche a reazioni endoergoniche avviene per il tramite dell’alternanza di formazione ed idrolisi di un composto organico contenente fosfato, l’acido adenosintrifosforico ed il suo anione derivato, l’adenosintrifosfato (ATP). L’idrolisi dell’ATP con il distacco di una molecola di fosfato e la formazione di ADP (adenosindifosfato), secondo la: ATP + H2O ↔ ADP + Pi (dove Pi indica fosfato inorganico) è energeticamente favorita. Nel sistema biologico tale energia non è persa come calore ma viene utilizzata, con la mediazione enzimatica, per consentire il contemporaneo svolgimento di reazioni endoergoniche. In modo inverso, nei percorsi catabolici le reazioni esoergoniche vengono guidate dagli enzimi in modo da avvenire in contemporanea con la riformazione di ATP da ADP. La formazione di ATP può derivare sia dal trasferimento di fosfato da composti organici con legami ad ancora più alto contenuto energetico sia per diretta addizione di fosfato inorganico. Il trasferimento di potere riducente è invece mediato da derivati nucleotidici, in particolare dal nicotinamide adenindinucleotide (NAD) e dal fosfato nicotinamide adenindinucleotide (NADP). Se la riduzione di una sostanza organica avviene con la mediazione biologica, in genere, comporta l’addizione di atomi di idrogeno (idrogenazione). All’inverso l’ossidazione corrisponde ad una deidrogenazione. NAD e NADP contengono il gruppo nicotinamide che subisce facilmente in maniera reversibile le reazioni di idrogenazione e deidrogenazione. La reazione di NAD e NADP viene in genere simbolizzata come: NAD++2H↔NADH+H+ e NADP+ + 2H ↔ NADPH + H+ Il potere riducente (ovvero elettroni o atomi di idrogeno) viene perciò accumulato nel corso dei percorsi catabolici nelle forme ridotte NADH e NADPH, pronto ad essere rilasciato tornando alle forme ossidate, ad esempio nei percorsi anabolici. Trasferimento di energia e di potere riducente sono strettamente accoppiati. Parte del potere riducente accumulato può contribuire direttamente all’immagazzinamento di energia: come si vedrà meglio in seguito, nel caso di presenza di un accettore esterno di elettroni, quale l’ossigeno, NADH e NADPH sono direttamente ossidati con formazione di ATP da ADP e fosfato inorganico (fosforilazione ossidativa). Processi metabolici: Classificazioni metaboliche Si è visto che per la vita cellulare è necessaria disponibilità dall’ambiente esterno alla cellula di alcuni materiali e di energia. Una distinzione importante nel tipo di metabolismo riguarda il modo attraverso cui i diversi microrganismi si procurano il carbonio (il principale costituente cellulare) per l’attività anabolica. La fonte di carbonio può essere costituita da carbonio inorganico (anidride carbonica) o carbonio organico (sostanze organiche quali carboidrati, grassi, proteine ed altro). I microrganismi che possono servirsi della sola anidride carbonica quale fonte di carbonio vengono definiti autotrofi mentre nel secondo caso vengono definiti eterotrofi. Per quanto riguarda la fonte di energia, come già detto, esistono microrganismi che derivano l’energia necessaria dalla luce (fototrofi) e microrganismi che la derivano dalla ossidazione di sostanze chimiche ridotte (chemotrofi). Come è riportato in tabella, la combinazione di questi due fattori porta a quattro categorie principali di metabolismo. Classificazione degli organismi sulla base delle fonti di carbonio ed energia Fonte di carbonio Fonte di energia Chimica Luce Composti organici Chemoeterotrofi (animali Fotoeterotrofi (alcuni batteri, alsuperiori, protozoi, funghi e cune alghe eucariote) maggior parte dei batteri) Anidride carbonica Chemoautotrofi (alcuni batteri) Fotoautotrofi (piante superiori, alghe eucariote, alghe blu-verdi ed alcuni batteri) Dal punto di vista dell’utilizzo nei reattori biologici, i gruppi di maggior rilievo sono senz’altro i chemotrofi e, in particolare, i chemoeterotrofi. Tra questi due gruppi e all’interno di essi possono essere individuate altre importanti differenze che riguardano la natura dei composti chimici da cui procurarsi l’energia necessaria alla crescita. I microrganismi chemoautotrofi ricavano l’energia dalla ossidazione di sostanze inorganiche quali idrogeno, ammonio o solfuro (e sono perciò detti anche litotrofi), mentre i microrganismi chemoeterotrofi ricavano l’energia, come pure la fonte di carbonio, dall’ossidazione di sostanza organica. In entrambi i gruppi, con il meccanismo della respirazione i microrganismi accoppiano l’ossidazione della sostanza ridotta alla riduzione di un agente ossidante inorganico esterno. Nel caso questo agente sia l’ossigeno si ha la respirazione aerobica mentre nel caso degli altri agenti, quali nitrato o solfato o anidride carbonica, si ha la respirazione anaerobica. Tra i chemoeterotrofi esistono inoltre organismi in grado di ossidare la sostanza organica a spese di un altro agente organico prodotto internamente (operando in pratica una disproporzione interna). In questo caso si è ugualmente di fronte ad un metabolismo anaerobio, che prende il nome di fermentazione anaerobica. Stechiometria ed esempi di calcolo Energia (catabolismo) e sintesi (anabolismo) Un microorganismo, nel corso della sua esistenza, cresce e si moltiplica. Per espletare queste due funzioni ha a disposizione due processi: quello energetico e quello sintetico. La sintesi gli permette di costruirsi quelle molecole che sono necessarie per lo sviluppo e la riproduzione; si tratta perciò di un processo che implica una richiesta di materiali ed un certo lavoro e quindi una richiesta di energia. Questa energia viene ottenuta attraverso reazioni di ossidazione biochimica od attraverso fotosintesi. Nei trattamenti biologici degli scarichi vengono sfruttati ambedue i processi che, simultaneamente, ma per vie diverse, utilizzano il materiale organico presente nell’acqua. L’ossidazione di una parte della sostanza organica infatti fornisce l’energia, mentre una seconda parte viene utilizzata come elemento nutritizio. Nella sintesi però i materiali rimossi vanno a costituire materia vivente dei batteri, mentre nel processo energetico si ottengono dei materiali finali stabilizzati che vengono estromessi come cataboliti gassosi, H2O, ecc. Fenomeni di trasporto e reazione biochimica Ogni reazione biochimica che avviene all’interno del batterio, a livello sia di catabolismo che di anabolismo, necessita prima di un sistema di trasporto dei substrati, ioni e gas che si trovano nell’ambiente liquido esterno affinché essi attraversino le membrane che contornano e delimitano il batterio e raggiungano i siti specifici di reazione all’interno di questi. Questo trasporto può avvenire sostanzialmente in tre modi: trasporto passivo, trasporto attivo, trasporto misto. Trasporto passivo: è un fenomeno fisico spontaneo che non richiede un apporto energetico da parte del batterio, con una velocità di trasporto direttamente proporzionale al cosiddetto potenziale di trasferimento, dato dalla differenza di concentrazione della specie chimica da trasferire tra interno ed esterno (conc. esterna maggiore della conc. interna) e inversamente proporzionale alla somma delle resistenze che si oppongono al trasferimento (resistenza alla interfacie liquido/solido, alla superficie batterica o resistenza all’interno dell’aggregato batterico). dc Queste relazioni sono espresse dalla legge di Fick: vp D A dy Trasporto attivo: è un fenomeno di trasferimento di materia che avviene mediante un apporto energetico da parte del batterio in grado di agire anche contro il potenziale naturale di trasferimento. Il fenomeno biologico che interviene è un trasporto catalitico mediato da enzimi (permeasi) trasportatori, in grado di trasportare le molecole interessate fino al sito interno di reazione. Tali reazioni enzimatiche possono essere descritte mediante la espressione di Monod: v a max c va A k sa c va=velocità di trasporto attivo; c=conc. specie chimica all’esterno; vamax=vel. massima per unità di area; ksa=costante di saturazione enzima/specie chimica Trasporto misto: Analogamente al trasporto passivo esso agisce favorito da un potenziale di trasferimento dc/dy in grado di attivare una diffusione fisica attraverso le membrane ma spesso la velocità rilevata è maggiore di quella relativa alla sola diffusione. È stato provato che in questo caso interviene, oltre al fenomeno diffusivo, anche un trasporto enzimatico attivo del tipo già visto. Le forme di trasporto attivo e misto si rilevano generalmente nei riguardi delle molecole più grosse e più complesse stericamente alcune delle quali, prima di potersi legare all’enzima trasportatore devono essere spezzate in molecole più piccole dagli enzimi idrolitici extracellulari che il batterio stesso estromette nelle immediate vicinanze della membrana esterna. Quando la specie chimica che deve reagire è stata trasportata all’interno della cellula, a livello del sito di reazione biochimica vera e propria, la velocità di reazione di scomparsa della suddetta specie è descrivibile in termini di reazione enzimatica con l’espressione di Michaelis Menten: v r max C' vr=velocità di reazione enzimatica; V=volume del sito di vr V reazione; vamax=vel. massima per unità di volume di sito; k sr C' C’=conc. della specie chimica nel sito di reazione Energia La crescita e la sopravvivenza dei microorganismi dipende dalla loro possibilità di ottenere energia e materiali dall’ambiente circostante. Gli organismi viventi hanno a disposizione solo due fonti di energia: l’energia solare e le ossidazioni chimiche; le alghe utilizzano la prima fonte e sono dette autotrofe, mentre la maggior parte dei batteri utilizza la seconda ed ottiene l’energia dal metabolismo dei composti organici ed inorganici; sono perciò chiamati organismi chemiotrofi. Poiché il materiale organico negli scarichi è stabilizzato per ossidazione, questa reazione risulta di grande importanza. Batteri ed altri organismi, nei sisterni di depurazione sia aerobi che anaerobi degli scarichi, non ossidano il materiale attraverso la azione diretta dell’ossigeno, ma piuttosto attraverso uno schema indiretto di rimozione enzimatica dell’idrogeno; questi, attraverso molti passaggi intermedi, reagisce con l’ossidante finale (od accettore di idrogeno) che può essere O2, C, S, N2. Gli organismi litotrofi, che si trovano solo tra i batteri, ottengono la loro energia dall’ossidazione di riducenti inorganici come zolfo o ferro per mezzo di ossidanti (accettori di idrogeno inorganici), come O2 e CO2 mentre gli organismi organotrofi ossidano donatori di idrogeno organici, usando come ossidanti accettori di idrogeno sia organici che inorganici. La fermentazione aerobica è un’ossidazione che produce energia, nella quale l’ossidante finale è un composto inorganico, O2; mentre la fermentazione anaerobica è una ossidazione che produce energia, in cui l’ossidante finale è prevalentemente organico e sia il riducente che l’elemento nutritizio sono prevalentemente organici. Nella tabella seguente è riportato un esempio di riducenti ed ossidanti utilizzati nei vari tipi di fermentazioni batteriche. Riducenti ed ossidanti nelle fermentazioni batteriche Riducente Ossidante Prodotti Organismo H2 H2 Composti organici NH3 NO2Composti organici O2 SO42- H2O H2O + S2- O2 CO2 + H2O O2 O2 NO2-+H2O NO3- + H2O Idrogenobatteri Desulfovibrio Molti batteri, tutte le piante e gli animali Batteri nitrosanti NO3- N2 + CO2 Batteri denitrificanti Fe2+ O2 Fe3+ S2- O2 SO42- + H2O Ferrobacillus Thiobacillus Batteri nitrificanti I batteri anaerobi utilizzano così come ultimo accettore di idrogeno l’ossigeno legato, il carbonio, l’azoto e lo zolfo, che trovano nelle molecole del substrato circostante. A seconda della loro specificità metabolica essi si dividono in: riduttori di composti organici; produttori di metano; riduttori di solfati; riduttori di nitrati e nitriti. I batteri riduttori di composti organici rigenerano i loro coenzimi principalmente per mezzo dell’ossigeno legato, in special modo, dagli zuccheri che ne sono i più ricchi. I prodotti finali di un metabolismo di questo tipo sono costituiti da acidi, aldeidi, chetoni, alcooli. I batteri produttori di metano sono una categoria poco conosciuta del tutto particolare. Essi rigenerano i coenzimi utilizzando unicamente il carbonio come accettore finale di idrogeno. Pare che il metabolismo di questi microorganismi ignori la parte di substrato costituito da zuccheri e proteine e metabolizzi solo gli acidi organici, più o meno prontamente secondo la lunghezza delle catene. Sotto questo aspetto si può riconoscere l’importanza del meccanismo di preparazione attuato dai batteri del primo tipo, cioè dei produttori di acidi. Un tempo si pensava che l’atomo di carbonio che va a formare il metano provenisse dall’anidride carbonica; pare invece che il metano originato per riduzione dell’anidride carbonica sia solo il 30% del totale ed in ogni caso la reazione non avvenga direttamente, ma tramite carbossilazione degli acidi e successive riduzioni degli stessi. Il seguente schema di reazione fondamentale indica comunque che la maggior parte del metano proviene dagli acidi volatili. CH3COOH CH4 +CO2 Un atomo di carbonio è l’accettore finale di idrogeno e produce il metano, mentre l’altro atomo di carbonio va a costituire l’anidride carbonica. In ogni caso questa non è una reazione unica, ma piuttosto il frutto di una catena di trasporto enzimatica dell’idrogeno ancora sconosciuta. I batteri riduttori di solfati (es. desulfovibrio) riducono i solfati con produzione di acido solfidrico che, se presente in sufficienti quantità, si manifesta con la emanazione di uno sgradevole odore di uova marce. La presenza di questi batteri dipende notevolmente dal contenuto in zolfo o solfati dello scarico. I batteri denitrificanti riducono i nitriti ed i nitrati con produzione di azoto gassoso. Finora, si è visto come viene rimosso l’idrogeno e qual è il suo utilizzo, ma non come questo complesso meccanismo di reazioni ossidative riesca a fornire energia al batterio. L’idrogeno legato alle molecole organiche possiede una certa energia, detta energia di legame. Quando esso viene rimosso, si libera l’energia che prima era impegnata a tenerlo unito agli altri atomi della molecola. Contemporaneamente, poiché l’idrogeno non può restare libero, ma viene trasportato dalla catena enzimatica, esso si lega nuovamente con altri atomi, impiegando però solo una parte dell’energia prima liberata, con un netto guadagno da parte del microorganismo. La ripetizione della rottura e della formazione dei legami fornisce continue frazioni di energia. Il batterio può raccogliere e conservare questa energia ritrasformandola in energia chimica di legame solo tramite due importanti coenzimi, l’ADP (adenosindifosfato) e I’ATP (adenosintrifosfato). L’energia liberata durante il trasporto dell’idrogeno viene così a trasformarsi in energia del legame fosfato tramite l’unione di una molecola di fosfato inorganico all’ADP: ADP + PO43- +18 kcal ATP Oltre al meccanismo di trasporto dell’idrogeno esistono altre reazioni metaboliche che forniscono energia ma, in ogni caso, da qualsiasi fonte provenga l’energia chimica che il batterio riesce ad ottenere, essa viene trasformata in ATP. In questo modo i carboidrati, i grassi e le proteine sono solo i combustibili grezzi, usati per generare un combustibile di alta qualità, l’ATP, che è l’unica forma di energia che la cellula batterica è in grado di utilizzare direttamente per mettere in moto tutti i suoi meccanismi vitali. Nella fermentazione aerobica l’ambiente deve essere perciò mantenuto rigorosamente aerobico tramite ossigenazione artificiale, cosicché la sostanza organica contenuta nell’acqua possa subire una parziale ossidazione dovuta alla respirazione batterica; i suoi principali costituenti, carboidrati, grassi e proteine, vengono così sottoposti alla deidrogenazione, prima attraverso le singole vie di degradazione (glicolisi-ossidazione, ecc.) ove si ottengono molte molecole di coenzimi ridotti e poi attraverso il ciclo di Krebs, o via metabolica dell’acido citrico, il quale è un intermedio comune e passaggio d’obbligo di quasi tutte le molecole organiche, ove oltre ai coenzimi ridotti si ha la produzione di CO2. Si noti infine che la resa energetica per mole di sostanza organica è molto più alta per il metabolismo aerobico che non per quello anaerobico: a titolo di confronto si riportano i seguenti esempi per il glucosio. Aerobiosi C6H12O6+6O2 6CO2+6H2O + 686 kcal/mole Anaerobiosi denitrificazione 5C6H12O6+24KNO3 30CO2+18H2O+24KOH+12N2 +570 kcal/mole fermentazione metanica C6H12O6 3CO2 + 3CH4 + 34,4 kcal/mole Sintesi La sintesi è il processo mediante il quale un batterio produce i materiali necessari alla sua crescita e, dal momento che si moltiplica per scissione binaria, anche per la riproduzione. Siccome il materiale protoplasmatico è di tipo organico, in particolare ricco di atomi di carbonio, è necessario che i batteri siano in grado di sintetizzarlo: gli autotrofi, lo possono fare utilizzando molecole inorganiche, principalmente CO2, gli organotrofi, invece, possono utilizzare solo molecole organiche. Per protoplasma batterico si intende tutto l’insieme dei componenti chimici costituenti il batterio: ovvero, per la maggior parte, C, H, O, N, e alcuni elementi quali: P, S, Na, K, Ca, Mg, Fe, Mo, Co, Mn, Zn, Cu. Tutti questi atomi costituiscono i mattoni necessari alla costruzione delle macromolecole biologiche di cui necessita il microorganismo; principalmente grassi, carboidrati, proteine ed acidi nucleici, ma in primo luogo H2O. Tali composti organici macromolecolari vengono prodotti all’interno delle cellule dalle reazioni biochimiche le quali, sfruttando l’energia ottenuta col catabolismo e trasformata in ATP, ne attuano la sintesi a partire da piccole molecole di composti semplici presenti nel mezzo acquoso preventivamente degradati per via enzimatica soprattutto per idrolisi, una reazione che ha la funzione di ridurre grosse molecole polimeriche in monomeri. Mentre le fonti di azoto possono essere varie (NO3, NO2, NH3, N organico) a seconda del tipo di metabolismo batterico, il fosforo è sempre richiesto come fosfato inorganico. Le proporzioni in cui tali elementi sono richiesti variano al variare della velocità di crescita, in particolare sono alte in fase di crescita attiva (N=12% del secco totale) e più basse invece man mano che ci si avvicina ai livelli di respirazione endogena (N=5% del secco totale). Le proporzioni BOD5 : N : P possono valere, per condizioni di intensa velocità di crescita, e perciò alto carico organico: BOD5 : N : P=l00 : 5 : l mentre per condizioni endogene si può porre: BOD5 : N : P=200 : 5 : l Tali rapporti sono in genere largamente soddisfatti nel caso di liquami civili, mentre sono deficienti in alcuni casi di scarichi industriali. Si provvede allora a calcolare tale deficit ed a colmarlo immettendo nello scarico sali di N e di P in genere, come NH4+ e PO43- evitando di usare i nitrati poiché facilmente vanno soggetti a denitrificazione e produzione di N2 gassoso che disturba la fase di sedimentazione. L’azoto può essere alimentato come gas (NH3 anidro), come soluzione ammoniacale, o come sale d’ammonio secco ed il fosforo come fosfato mono o diammonico, monosodico o trisodico. Se confrontiamo l’ATP prodotto per respirazione aerobica con quello prodotto per fermentazione anaerobica da una mole di glucosio, vediamo che la respirazione aerobica produce 5 volte più ATP che non la fermentazione anaerobica. Siccome la quantità di energia usata per formare una certa quantità di protoplasma non dipende da come l’energia viene ottenuta, più ATP viene prodotto da un substrato e più materiale cellulare si forma. Ne deriva che in condizioni anaerobiche il carbonio disponibile nel substrato utilizzato per la sintesi cellulare è minore che non in condizioni aerobiche. Stechiometria I calcoli stechiometrici sono fondamentali per una valutazione teorica dei prodotti di partenza e di risulta di un processo batterico, quali la quantità di substrato reagito, la quantità di cellule prodotte, la quantità di ossigeno, azoto e fosforo necessarie alla crescita batterica, la quantità di prodotti ottenuti nonché la quantità di energia scambiata e il calore sviluppato. Dalle stesse reazioni è possibile inoltre, tramite sempre un bilancio di massa, calcolare l’efficienza delle reazioni. L’unica informazione che non è possibile ottenere è un’indicazione della velocità con la quale si compiranno le reazioni per cui non è possibile sapere se le reazioni andranno a compimento in un secondo, un’ora o un giorno. È inoltre evidente che le reazioni che coinvolgono substrati specifici, ad esempio solo glucosio o glicina ecc., sono di significato unicamente didattico, poiché in realtà i substrati con i quali ci si scontra sono spesso miscugli eterogenei di zuccheri, grassi, proteine di produzione ignota. Di fatto tali miscele verranno indicate con le formule brute Cx, Hy, Oa, Nz, Pb e si intende che siano biodegradabili. Deve essere inoltre chiaro che tali reazioni non descrivono assolutamente la realtà delle reazioni biochimiche che intervengono ma hanno l’unico significato di un bilancio di massa. Per operare calcoli stechiometrici occorre stabilire la formula chimica che identifica sia il substrato che la cellula. Entrambe le formule sono generalmente empirche e si ricavano dall’analisi elementare del substrato/cellula. La tabella seguente riporta esempi di formule cellulari. Ripartizione catabolismo/anabolismo La base per le valutazioni teoriche è l’assunzione che una mole di ATP fornisce l’energia per la sintesi di circa 10 g di cellule. Possiamo ora valutare, a titolo di esempio, i coefficienti di crescita batterica y (g batteri prodotti/g substrato utilizzato) o altri rapporti di significato analogo come ad esempio fs (g carbonio destinati alla sintesi batterica/g carbonio totali utilizzati) per una fermentazione aerobica del glucosio e una fermentazione metanogena anaerobica dello stesso. Fermentazione aerobica Catabolismo (energia) C6H12O6 +6O2 6 CO2 +6 H2O +38 ATP Anabolismo (sintesi) 5 C6H12O6 + 6 NH3 6 C5H7O2N + 18 H2O Peso di cellule producibili da ogni mole di glucosio catabolizzato: Pcell=NATPPATP Dove: Pcell=peso di cellule producibili da ogni mole di glucosio catabolizzato (g cell/mole Gc); NATP=numero di moli di ATP producibili da ogni mole di glucosio catabolizzato; PATP=peso di cellule prodotte da ogni mole di ATP utilizzato. Da cui: Pcell= 38 10 = 380 (g cellule/g mole Gc) La quantità di glucosio necessaria per produrre 380g di cellule è ricavabile dalla reazione dell’anabolismo assumendo che il rapporto tra le moli è uguale al rapporto tra i coefficienti stechiometrici. (Gs/PMG):(Pcell/PMcell)= nG : ncell Gs=(nGPMGPcell)/(ncellPMcell)=(5180380)/(6113) = 504 g Il coefficiente di crescita cellulare y sarà: y=Pcell/(Gs+Gc)=380/(504+180)=0.56 La frazione di glucosio necessaria rispetto al totale è: fs= Gs/(Gs+ Gc)=504/(504+180)=0.74 Fermentazione mista acido metanogena Catabolismo (energia) C6H12O6 3 CH4 +3 CO2 +5.5 ATP Anabolismo (sintesi) 5 C6H12O6 + 6 NH3 6 C5H7O2N + 18 H2O Peso di cellule producibili da ogni mole di glucosio catabolizzato: Pcell=NATP PATP=5.5 10= 55g cellule/mole Gc Gs=5 180 55/(6 113)= 73g glucosio fs=73/(73+180)= 0.29 y=55/(180+73)= 0.22 Si può ora scrivere la formula globale della sintesi e dell’energia sottraendo al catabolismo la quota di substrato destinata all’anabolismo. Cinetica biologica. CINETICA DELLE REAZIONI BIOLOGICHE Il principale obiettivo dei trattamenti biologici di depurazione è la rimozione della sostanza organica contenuta nel substrato da trattare tramite la crescita attiva dei microorganismi presenti, generalmente batteri. L’effetto della depurazione si ottiene così tramite un’associazione tra la crescita batterica e la rimozione del substrato, cosicchè la cinetica di entrambe le reazioni è strettamente collegata. La crescita batterica è definita dall’incremento del numero di organismi vivi nel tempo ma spesso questo parametro è difficilmente misurabile per cui si ricorre si ricorre a stime associate al metabolismo. I vincoli associati al metabolismo si dividono in anabolici e catabolici. Vincoli associati anabolici Vincoli associati catabolici var. del numero di individui nel produzione di cataboliti specifici tempo var. della massa di individui nel tempo var. della massa secca (individui+inerti) nel tempo var. della massa proteica nel tempo var. della massa genetica (DNARNA) nel tempo var. della massa energetica (ATPADP) nel tempo var,. della massa enzimatica nel tempo sintetica nel tempo scomparsa di substrati nel tempo (specifici, COD, BOD, TOC) nel tempo (CO2, O2, CH4, H2S, H2, ecc.) var. della massa enzimatica catabolica nel tempo (NADH2, FADH2, ecc.) consumo di ossigeno respiratorio nel tempo. del numero di individui nel La descrizione cinetica può essere più o meno complicata dipendentemente dalla complessità della situazione fisica in cui la crescita avviene e dall’utilizzo che si vuole fare della cinetica stessa. L’interazione che esiste tra l’ambiente (medium o mezzo) e la tipologia della biomassa cellulare è indicata dallo schema seguente che evidenzia l’interazione tra la popolazione cellulare e il mezzo che è multicomponente e multifase. Esso è multicomponente perché contiene vari nutrienti e, in più, i prodotti del metabolismo cellulare; è multifase poiché composto almeno da una fase liquida e da una gas. Un’ulteriore difficoltà da tenere in conto è relativa alla reologia del mezzo che non è assimilabile a quella di un liquido newtoniano ma, in virtù dell’alta viscosità e della varietà di fasi e componenti, è quella di un liquido nonnewtoniano. Ambiente (medium) Multicomponente Reazioni in soluzione Equilibri acido-base PH, T variabili Proprietà reologiche variabili Multifase (G-L, L-L, G-L-L) Disuniformità spaziale Nutrienti Prodotti Calore Iterazioni meccaniche Popolazione cellulare Multicomponente Eterogeneità cellulare Multireazioni Controlli interni Adattabilità Stocastica Drift genetico In realtà non è spesso possibile utilizzare una modellazione cinetica che tenga in conto tutti gli aspetti fisici, tutti i componenti e le fasi a cui si è accennato, per cui si operano normalmente semplificazioni per giungere ad una descrizione più applicabile. Le diverse possibilità di semplificazione del modello cinetico sono riportate nella figura seguente dove si nota che un modello realistico dovrebbe riferirsi ad una rappresentazione dell’ambiente cellulare multicomponente (ossia strutturato) anziché prendere a riferimento un unico componente la cui concentrazione può essere considerata indipendente rispetto alle variazioni delle altre componenti (nonstrutturato). Inoltre la situazione reale è quella di un mezzo dove diverse fasi sono segregate le une rispetto alle altre (spesso per una precisa volontà del progettista) e non come prevede la massima semplificazione non segregate. Popolazione cellulare trattata come un mono-componente con proprietà medie Strutturato Multicomponente; descrizione della popolazione cellulare come media Componente singola Popolazione cellulare eterogenea “mediata” bilanciata cellula cellula crescita “mediata” Segregato N on segregato N on strutturato Multicomponente; Popolazione cellulare eterogenea crescita bilanciata Reattori ideali per misure cinetiche Le informazioni sulla cinetica di crescita microbica si ottengono utilizzando reattori dove ci sia perfetta miscelazione ossia non si vengano a creare disuniformità spaziali delle concentrazioni. Il primo tipo di reattore utilizzato è quello “Ideal Batch” ossia r. ideale a perfetta miscelazione discontinuo. In questo reattore si aggiunge al tempo t=0 un inoculo di cellule viventi in un mezzo continuo perfettamente miscelato. Le concentrazioni della biomassa, dei nutrienti e dei prodotti metabolici varieranno nel tempo descrivendo le curve di crescita (o consumo). Il bilancio di materia va scritto considerando che il termine di accumulo del generico componente i deve essere uguale, istante per istante, alla quantità generata (o consumata) dello stesso componente i. In formule: d V X V r dt i dove V è il volume del mezzo di coltura. Se niente è aggiunto o sottratto esso è costante e viene eliminato da entrambi i membri dell’equazione. ri è la velocità di crescita per unità di volume di coltura ed è, in questo caso, l’incognita che deve essere ottenuta tramite misure della Xi istante per istante. i Il reattore ideale a perfetta miscelazione continuo (CSTR) è invece caratterizzato da un’alimentazione continua di mezzo di coltura e da una continua miscelazione ottenuta grazie ad agitatori meccanici o a bolle di gas che permeano il mezzo liquido. In questo caso, dopo un certo periodo di tempo iniziale (transitorio), non ci sarà più variazione temporale delle concentrazioni. Il bilancio a regime sarà: FX i0 X i V ri 0 Dove il rapporto F/V è la velocità di diluizione o, all’inverso, il tempo di residenza nel reattore. te” fase di crescita esponenziale or im “d log numero di cellule se Fa La cinetica di crescita di popolazione a cui si farà riferimento sarà quella ottenuta nell’ipotesi di modello non strutturato cioè solo la massa cellulare o la sua concentrazione saranno impiegate per caratterizzare l’intera fase biologica (cinetica di crescita bilanciata). La velocità di crescita cellulare netta, ri, sarà espressa come mX dove m è la velocità di crescita specifica. Ponendo una piccola quantità Fase stazionaria di microrganismi in presenza di un eccesso di substrato, la produzione di nuovo materiale cellulare segue l’andamento qualitativo lag phase riportato in figura dal cui esame è possibile individuare 5 distinte fasi di crescita. tempo 1) fase di induzione e di crescita accelerata. Rappresenta il tempo necessario ai microrganismi per acclimatarsi al nuovo ambiente e per sintetizzare gli enzimi e i coenzimi specifici per i substrati da metabolizzare. Tale periodo è ovviamente funzione delle condizioni ambientali, e può essere praticamente annullato utilizzando, come inoculo, cellule in crescita esponenziale provenienti dallo stesso substrato; 2) fase di crescita esponenziale. Durante questo periodo i substrati sono ancora presenti in eccesso, la singola cellula si riproduce ad una velocità determinata dal suo caratteristico tempo di generazione e quindi la velocità di crescita della biomassa, dX/dt, dipende soltanto dalla concentrazione X dei microrganismi. dX mX dt dove X è la concentrazione della biomassa e m è il suo tasso di crescita. Integrando questa equazione si ottiene: 1 dX m m max X dt X dove mmax indica il massimo tasso di crescita della biomassa. ln m max t X0 Da questa espressione si ottiene: (a t=0 X=X0) da cui: X X0 emmax t Il tempo di generazione (tg) che serve alla popolazione microbica per raddoppiarsi è, pertanto: ln 2 tg m max Il tempo di duplicazione oscilla tra qualche decina di minuti a diverse ore. 3) fase di crescita rallentata. Rappresenta il periodo dello sviluppo della coltura microbica nel quale una delle sostanze nutritive cade in difetto e diventa pertanto limitante per la crescita dei microrganismi; una relazione che lega il tasso di crescita della biomassa alla concentrazione S del substrato limitante è (Monod, 1942): S m m max K S dove S è la concentrazione del substrato e K è la costante di semisaturazione ovvero la concentrazione del substrato in corrispondenza della quale la velocità di crescita è la metà di quella massima. 4) fase di crescita stazionaria. In questa fase la popolazione rimane costante (m = 0). Questo fatto può essere interpretato sia considerando che in queste condizioni non c’è più crescita in quanto il substrato è usato dai microrganismi come energia di mantenimento, sia ipotizzando che la crescita dei nuovi microrganismi è compensata dalla morte di altri più “vecchi”; 5) fase di declino. Questa fase è caratterizzata dalla diminuzione della concentrazione dei microrganismi (m<0) e si verifica quando il substrato è esaurito; la variazione di concentrazione dei microrganismi è rappresentata da: m b Dove b è il tasso di respirazione endogena che può essere interpretato sia come costante di mantenimento che come tasso di morte cellulare. I sistemi microbici che operano negli impianti di depurazione si trovano nelle fasi 1) e 2) durante l’avviamento degli impianti e nelle fasi 3) 4) e 5) nelle condizioni di marcia a regime. Pertanto l’equazione cinetica che regola il processo biologico assume l’espressione generale: 1 dX S m m max b X dt K S A queste equazioni va aggiunta l’espressione del bilancio di materia: dX dS dt Y dt bX dove Y è il rendimento di crescita pari alla massa di microrganismi prodotti per unità di substrato consumato. In definitiva si ottiene: m max 1 dS S v X dt Y KS dove v è il tasso di utilizzazione del substrato. S v k KS Quest’ultima espressione è nota come equazione di Michaelis e Menten (dove k=mmax/Y). Le equazioni appena illustrate descrivono il comportamento cinetico di un sistema biomassa-substrato nel caso particolare che tale sistema possa essere considerato omogeneo (cioè costituito da un’unica fase) e quindi con resistenze diffusionali, dovute al trasporto del substrato, praticamente nulle. Tali resistenze, però, possono avere un ruolo molto importante e, pertanto, il processo di degradazione di un substrato ad opera della biomassa, nel caso più generale può essere schematizzato come: 1. il trasporto dei substrati dalla massa del liquido (bulk) all’interfaccia liquido-fiocco biologico; 2. la diffusione dei substrati attraverso la matrice biologica porosa; 3. la reazione biochimica sui siti attivi del fiocco. ILa processi 1 e 2 sono in di serie mentre i processi 2 e 3 sono in figura riporta i profili parallelo concentrazione del substrato nella fase liquida, all’interfaccia e all’interno del biofiocco nel caso di resistenze diffusionali nulle e nei casi di influenza delle resistenze (interne ed esterne) al trasporto di materia. In condizioni stazionarie la quantità di substrato trasportata dal bulk del liquido alla superficie esterna della biomassa è uguale alla quantità di substrato consumato tramite le reazioni biochimiche: v K L a i(SB-SS ) Dove KL è il coefficiente di trasporto di materia in fase liquida e ai la superficie esterna della biomassa per unità di volume di bioreattore. Ricordando l’espressione di v la precedente equazione diviene: m max SS X K L a i (SB SS ) Y K SS Questa relazione è fondata sull’assunzione che in ogni punto all’interno del biofiocco la concentrazione del substrato sia pari al valore SS. Il numero di parametri può essere ridotto da 4 a 2 adimensionalizzando l’equazione ottenuta nel caso precedente nell’ipotesi di controllo del trasferimento di massa esterno. I parametri adimensionali introdotti sono: x=SS/SB; Da=mmax/(KLSB); k=K/SB. Dove Da è il numero di Damköhler che rappresenta il rapporto tra la massima velocità di reazione e la massima velocità di trasferimento di materia. Quindi se Da<<1 la resistenza è unicamente di tipo cinetico. L’equazione di progetto ottenuta nel caso di controllo del trasferimento di massa esterno al 1 substrato x x diventa: Da kx dove 0 x 1 La soluzione analitica di tale equazione è: b 4k x 1 2 1 dove b Da k - 1 2 b dove il segno è + se b>0 e viceversa. Si introduce a questo punto il fattore di efficienza h definito hcome: velocità della reazione effettivamente osservata velocità che sarebbe ottenuta se non ci fosse resistenza al trasferimento di materia (i.e. S B SS ) x /( k x ) h Che diviene, nel nostro caso: 1/( k 1) Quindi se h<1 l’attività catalitica è ridotta dall’incremento della resistenza esterna. Se invece m max S B Da0 si ha: h 1; v K SB Per quanto riguarda la diffusione dei substrati attraverso la matrice biologica porosa (così come attraverso un supporto poroso di enzimi immobilizzati) si deve assumere un sistema di coordinate di riferimento come quello in figura. I simboli Des e v denotano il coefficiente di diffusione effettiva e la velocità locale di utilizzazione del substrato, risp. Si tenga presente che il coefficiente Des è influenzato dalla porosità ep del solido, dalla tortuosità dei pori, t e, nel caso di diametri molto piccoli di questi ultimi (micropori) dal parametro Kp/Kr. Quindi D D = e /t· K /K . Il parametro Kp/Kr è ottenibile dalla: Kp r 1 substrato r poro Kr 4 Dove rsubstrato è il raggio molecolare equivalente del substrato e rporo quello caratteristico del poro. Il bilancio di materia scritto sull’anello sferico e riportato nella figura precedente presuppone di conoscere la forma di v per la quale sarà assunta valida l’equazione di Michaelis-Menten. Il parametro di massima velocità sarà dato da: m max e imm rp q E, imm Dove eimm [mmol/g supporto] rappresenta la concentrazione di enzima, rp [g supporto/unità di volume di supporto] la densità e qE, imm [mmol substrato convertito /( s mmol enzima)] l’attività specifica dell’enzima immobilizzato. Il bilancio materiale ottenuto in precedenza può essere risolto accoppiando ad esso le due condizioni al contorno necessarie (ds/dr=0 per r=0 e sr=R=sS). La portata complessiva di utilizzazione del substrato v0 uguale al flusso che diffonde A p nel (accumulo=0) per cui: ds pellet v0 es Vp dr r R Dove Vp e Ap sono il volume della particella e la sua superficie esterna. Anche in questo caso si definisce in modo analogo il coefficiente di efficienza h. L’equazione che rappresenta il bilancio di materia non può però essere risolta in modo semplice essendo non lineare e, di conseguenza, v0 non è ottenibile in forma algebrica. La soluzione dovrebbe quindi essere numerica ma, essendo quest’ultima difficoltosa, si preferisce Il quadrato del numero di Thiele rappresenta il m / K R s parametri da del tale1° ordine e la max la velocitàderivati di reazione fadimensionalizzare b l’equazione. B rapportoI tra procedura il numero di Thiele, f e il numero b. di b indicano invece 3 sono: K velocità di diffusione. Alti valori es che la reazione diventa di ordine 0. La forma ottenuta di hff, b è però ancora di difficile valutazione perché dipende da parametri quali mmax e K difficile da ottenere. Per questo motivo si prosegue ad un ulteriore manipolazione ottenendo, infine, la seguente: h=f(, b) dove:2 In termini di questi parametri si ottiene v 0 V p es s 0 A p Come si evince dalla figura: Se <0.3 h=1 (controlla la reazione) Se >3 h1 (controlla la diffusione) h=g(, b) rappresentata in forma grafica dalla seguente figura. Nei precedenti due casi si è visto come risolvere il problema del bilancio di massa in due casi: controllo della resistenza esterna o della resistenza interna. Vediamo ora come si opera nel caso in cui entrambe le resistenze devono essere considerate. Si consideri ad esempio una piastra di enzima immobilizzato. Il bilancio allo stazionario si scrive: es d 2s dx 2 ks 0 con le seguenti condizioni al contorno : ds ds 0; -es k s s( L ) s B dx x 0 dx x L Risolvendo tale equazione si ottiene: tanh f hs ; f1 f tanh f/ Bi kL velocità di trasporto nel film dove Bi s es velocità di diffusione intraparticellare 1 1 f2 hs h Bi dove h tanhf/f Il coefficiente h rappresenta il fattore di efficienza in assenza della resistenza al trasporto attraverso il film. Il reciproco del fattore di efficienza può essere visto come una misura della resistenza alla reazione del substrato a causa dei limiti al trasporto del substrato stesso. La seguente equazione consente di individuare la resistenza controllante. Infatti se: h 2 kL 1 Bi Bi k s Allora l’influenza del film esterno è trascurabile. Se, al contrario, è >>1 la resistenza interna può essere ignorata. La grande densità cellulare che si realizza nei bioreattori può portare ad un incremento delle resistenze diffusionali di trasporto di materia con conseguenti valori del modulo di Thiele diversi da 1. In questi casi occorre valutare anche il parametro di saturazione per descrivere completamente il funzionamento dell’enzima. Il caso più ricorrente nei bioreattori è il trasferimento gas-liquido anche se si incontrano anche situazioni di contatto liquido-liquido. In particolare, il contatto dell’ossigeno con un substrato contenuto in fase liquida può essere rappresentato dallo schema accanto. L’assorbimento dell’ossigeno in soluzioni acquose a temperatura e pressione ambiente è dell’ordine di 10ppm. Assumendo che la respirazione cellulare richieda 0.3gO2/h·gdry cell, che la densità cellulare sia di 109cellule/ml e che una cellula abbia un volume di 1010ml si ottiene un consumo orario specifico di ossigeno pari a: 0.3·109·10-10 ·(1-0.8)=6 ·10-3g/(ml ·h)=6gO2/(l ·h) Ottenuto considerando che la cellula ha un contenuto di acqua pari al 80%. Ciò significa che l’ossigeno occorrente è circa 750volte maggiore di quello di saturazione e che quindi occorre aumentarne la solubilità e fornirlo con elevata efficienza. Di seguito sono riportate varie soluzioni impiantistiche adottate per incrementare tale valore. Espressioni di progetto per CSTR e PFR nel caso di diverse reazioni enzimatiche Processi di depurazione biologica in BIOREATTORI Dal punto di vista tecnico i processi di depurazione biologica sono sistemi biologici controllati e pilotati tecnologicamente al fine di ottenere determinati obiettivi. Tali obiettivi sono, per i liquami organici, la rimozione di alcune forme di inquinanti definibili in termini di sostanza organica, solidi sospesi, e disciolti, azoto, fosforo, parte dei metalli, enterobatteri e virus. Le sostanze inquinanti rimosse dalla linea liquami vanno a concentrarsi nella biomassa batterica e nei fanghi che si vanno producendo i quali possono a loro volta essere sottoposti a processi biologici per risolvere alcuni problemi da essi posti come la riduzione del loro volume, della putrescibilità, del contenuto di enterobatteri e virus. I principi di base della depurazione biologica (detta anche biotecnologia ambientale) si fondano sia su un fenomeno fisicobiologico (bioflocculazione o bioassorbimento) e su un La bioflocculazione è un’aggregazione di particelle finemente sospese nel mezzo liquido originario a formare fiocchi o pellicole di dimensioni e peso specifico sufficienti per poter essere separate per decantazione. Questo fenomeno rende quindi sedimentabili particelle sospese che originariamente non lo sono senza cambiarne la struttura chimica. Ciò accade grazie a un non ben definito effetto di flocculazione favorito dai prodotti metabolici che popolano i fiocchi stessi. Si ritiene che ciò sia dovuto all’azione di sostanze polisaccaridiche estromesse dai batteri che si comportano come un polielettrolita cationico. Il fenomeno è particolarmente evidente nella formazione di fiocchi delle colonie sospese aerobiche (fanghi attivi) o anaerobiche. Nel caso di processi a biomassa adesa ad un supporto solido si tratta di un processo di adsorbimento del tutto analoga al Il metabolismo batterico è un insieme di reazioni biochimiche operate dai batteri sia per ottenere energia utilizzando l’inquinamento come combustibile (catabolismo) sia per produrre biomassa (anabolismo). Il catabolismo può avvenire CO2+H2O+NO3- -+SO4- sia in ambiente aerobico che anaerobico. CxHyOzNaPb CO2+CH4+H2S+NH3+H2O L’anabolismo è l’insieme di reazioni chimiche di trasformazione di substrati inquinanti solubili prevalentemente organici in biomassa batteriche viventi che colonizzano i fiocchi e le le pellicole adese. In conclusione si sfruttano la bioflocculazione per rimuovere le sostanze sospese e il metabolismo batterico per l’eliminazione delle sostanze solubili. Equazioni di progetto: reattori senza ricircolo della biomassa La figura riporta lo schema di un sistema biologico costituito da un reattore a mescolamento totale senza ricircolo della biomassa. Essendo completo il grado di mescolamento, la concentrazione del substrato è uguale in ogni punto del reattore ed è pari al valore SU riferito alla corrente effluente, pertanto il tasso di crescita della biomassa m assume lo stesso valore in tutti i punti del reattore e l’equazione di bilancio della biomassa riferitaVdx al tempo infinitesimo vVXdt QXdtdt è data dalla relazione: dove V è il volume del bioreattore, t il tempo e Q la portata volumetrica che attraversa il reattore. In condizioni stazionarie l’accumulo è nullo e quindi: v Q/ V D dove D, fattore di diluizione, è uguale all’inverso del tempo di residenza idraulico, q= V/Q. Per questi reattori il tempo di residenza idraulico, q, coincide con l’età della biomassa qc=VX/(QX). Ricordando l’espressione per v, si ottiene: D m max SU K SU b Dalla equazione ottenuta, nella ipotesi semplificativa di trascurare la respirazione endogena, risulta che in condizioni stazionarie: DK SU m max D In condizioni stazionarie l’equazione di bilancio della biomassa può anche essere scritta nella forma: Q(S0— SU)Y= QX dove S0 è la concentrazione di substrato nella corrente entrante nel reattore e Y il rendimento di crescita. Dalle due equazioni precedenti si ottiene: DK X Y S 0 m D max La quantità di biomassa prodotta nell’unità di tempo e per unità di volume di reattore, cioè la produttività P è data da: QX P DX V Le suddette equazioni esprimono l’andamento di S0, X e P in funzione del parametro operativo D. Risulta che X è massimo (pari a YS0) per D = 0 e diminuisce al crescere di D; si ha lo svuotamento del reattore (cioè X diventa nullo) quando D raggiunge il valore critico (Dc) in corrispondenza al quale SU=S0 (cioè cessa la biodegradazione del S 0 reattore): D csubstrato m max nel K S0 La concentrazione di substrato è nulla per D=0 e raggiunge il suo massimo valore (S0) per D maggiore o uguale a Dc. La produttività della biomassa è nulla per D=0 e per D=Dc; la produttività K è massima in corrispondenza del valore D* che D* m max rende nulla derivata dP/dD: K Sla 0 Da cui risulta che attraverso il controllo del rapporto di ricircolo R si può modificare la concentrazione di biomassa X dentro al bioreattore (per R che tende ad infinito, X tende a XR). Se si fa un bilancio confine più esterno: mVX R' Qsul F X R (1 R ' )Q F X U dove R’QF=QW è la portata di spurgo. Se la concentrazione di biomassa VX è costante si ha che l’età del fango è (per def.):qc Q X (1 R ' )Q X W R F U 1 (dalla 1a eq.) si ha: Quindi m qc ovvero (per S=SU): SU 1 m max b qc K SU 1 K b qc SU 1 m max b qc In molti casi S0>>K e, pertanto, risulta D* = Dc =mmax cioè la produttività massima viene ottenuta in corrispondenza di un valore del fattore di diluizione molto vicino alle condizioni di svuotamento del reattore. In queste condizioni di elevata instabilità è sufficiente una modesta variazione dalle condizioni stazionarie per determinare lo svuotamento del reattore. Nel caso più generale di considerare anche la respirazione endogena, accanto al rendimento mY Y“termodinamico” di crescita della biomassa Y N m b coesiste il rendimento “netto” di crescita della DY Y dato dalla relazione: biomassa N YN Db (per b→0, YN→Y), ovvero: Equazioni di progetto: Reattori con ricircolo della biomassa Di maggiore interesse nei trattamenti depurativi è uno schema di processo in cui è previsto un sedimentatore a valle del bioreattore. Nel sedimentatore avviene la separazione del liquido depurato dalla biomassa ispessita che viene ricircolata nel bioreattore. L’equazione di bilancio di biomassa riferita al reattore, assumendo che l’alimentazione sia priva di biomassa (X0=0), assume SU l’espressione: RQ F X R m max b XV 1 R Q F X K SU dove RQF=QR è la portata volumetrica del ricircolo. R Trascurando in prima approssimazione X la X Rproduzione di biomassa R che: 1 rispetto agli altri termini del bilancio, si ha Quindi la concentrazione di substrato nell’effluente è funzione della sola età dei fanghi una volta fissati i parametri caratteristici. L’età minima della biomassa per cui si ha lo svuotamento del bioreattore con conseguente perdita S 0 di 1 mdepurativa capacità è b max (ponendo K ):S 0 c min SU=S 0 SU m max S >>K allora: VX YQ F ( S 0 S U ) Quando 0 K S U Lo svuotamento del reattore non è più legato al tempo di residenza idraulico bensì all’età dei fanghi: si ha svuotamento quando qc=qc min. La quantità di substrato consumato nel bioreattore è correlata alla quantità totale di biomassa prodotta 1tramite il Srendimento di U m max b crescita Y: qc K SU Inserendo equazione nella S 0precedente SU ) 1 YQ F (la b si ha: q VX c q c YQ F ( S 0 S U ) da cui: VX 1 bq c Note le caratteristiche dello scarico (QF, S0) e fissato un valore di qc adeguatamente superiore, tramite un fattore di sicurezza, al valore minimo qcmin e, di conseguenza, determinato il valore di SU resta univocamente determinata la quantità di biomassa, VX, presente nel reattore biologico; fissato X sulla base delle caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi si risale alla valutazione di V cioè al Nel caso in cui il bioreattore sia del tipo con flusso a pistone (cioè a mescolamento assiale nullo), lo schema di calcolo è lo stesso di quello applicabile a un reattore a mescolamento totale, con l’eccezione che la concentrazione del substrato all’uscita dal reattore viene valutata tramite una espressione diversa. Infatti assumendo l’ipotesi semplificativa che la concentrazione della S lungo il reattore rimanga costante, dalla biomassa Uk K S risulta cheSla velocità di utilizzazione del substrato può essere così dS k X espressa: dt KS SI XV (S I S U ) K ln k SU Q F (1 R ) che integrata fornisce: dove: SI RS U S 0 1 R 1 YQ F (S 0 S U ) b qc VX Yk ( S 0 S U ) 1 Combinandole precedenti dueequazioni conela 1 R ln ( RS U S 0 ) b q c ( S 0 S U ) eK ( 1 R ) S U dove: L’equazione: Yk ( S 0 S U ) 1 b q c ( S 0 S U ) eK fornisce SU nel caso di bioreattore con flusso a pistone ed è importante sottolineare come, a differenza del reattore a mescolamento totale, in questo caso la concentrazione del substrato in uscita dal bioreattore è funzione anche della concentrazione di substrato in ingresso. Sono disponibili in letteratura procedure di dimensionamento più recenti che tengono conto del fatto che, in un impianto a fanghi attivi, applicato alla depurazione di liquami di tipo civile, il substrato carbonioso è presente nel liquame sotto varie forme. Questo fatto ha delle ripercussioni anche sulla natura della biomassa presente nel reattore biologico che è costituita anche da una frazione non attiva. In particolare, il substrato carbonioso è differenziato in una componente biodegradabile e in una non biodegradabile, ognuna ulteriormente suddivisa in una frazione solubile e in una particellare. La frazione solubile biodegradabile, viene prontamente utilizzata dalla biomassa mentre la frazione biodegradabile solida viene istantaneamente adsorbita dalla biomassa e poi lentamente trasformata da enzimi extracellulari che ne permettono il trasferimento all’interno della cellula e quindi la sua successiva utilizzazione. La frazione solubile non biodegradabile esce inalterata con l’effluente, mentre quella solida si accumula BIOREATTORI A BIOMASSA ADESA Nei reattori a biomassa adesa i microrganismi responsabili della depurazione sono presenti in massima parte sotto forma di biofilm aderente ad un supporto, fisso o mobile, caratterizzato da elevate superfici specifiche. E così possibile ottenere concentrazioni di biomassa nei reattori particolarmente elevate. Rispetto ai reattori con biomassa dispersa quelli a film biologico presentano il vantaggio di non richiedere il ricircolo della biomassa che, invece, i reattori con biomassa in fase dispersa devono adottare al fine di mantenere sufficientemente elevata la concentrazione di biomassa nell’ambiente di reazione; pertanto nei reattori a film biologico l’efficienza del processo non è vincolata dalle caratteristiche Modello del biofilm Fondamentale per la comprensione dei processi che hanno luogo in un reattore a film biologico è la messa a punto di un modello che descriva il comportamento cinetico del biofilm; al riguardo un valido approccio è rappresentato dal modello di Williamson e Mc Carty (1976). Assunzioni a base del modello sono: le condizioni sono stazionarie; il biofilm è adeso su una superficie piana il biofilm è omogeneo e di spessore uniforme i parametri biocinetici e la diffusività si mantengono costanti dentro al biofilm la cinetica intrinseca della reazione biologica è del tipo Monod (o Michaelis e Menten) il biofilm è parzialmente penetrato, cioè soltanto una parte del biofilm di spessore Le, è attiva la stessa specie chimica è limitante dal punto di vista sia biocinetico che diffusjonale. La relazione fra concentrazione S del substrato limitante dentro al biofilm e coordinata geometrica z (con origine in corrispondenza dell’interfaccia liquido-biofilm) deriva dalla combinazione della legge di Fick con l’equazione di Michaelis e Menten; L’equazione di Fick descrive infatti il trasporto di materia dentro al biofilm: dS J D f dz z dove J è il flusso diffusionale dentro al biofilm e Df il corrispondente coefficiente di diffusione. Scrivendo il bilancio di materia sul film di dz si ottiene: a) substrato entrante tramite il flusso dS J z A S A S D f dz z dove Jz è il flusso diffusionale in corrispondenza della generica coordinata geometrica z, AS la superficie dell’interfaccia liquidobiofilm, (dS/dz)z è il gradiente di concentrazione in corrispondenza del generico valore z della coordinata geometrica. b) substrato uscente tramite il flusso diffusionale: dS d 2 S dS J z dz A S A S D f A S D f 2 dz z dz dz z dz dz dove il flusso e il gradiente di concentrazione sono riferiti al valore z+dz della coordinata geometrica; c) substrato consumato dalla reazione biologica: m max S Xc A S dz Y S K dove Xc è la concentrazione della biomassa nel biofilm. Di conseguenza, l’equazione di bilancio del substrato riferita all’elemento infinitesimo di biofilm di spessore dz è: m max S dS dS ASDf A S D f Xc A S dz Y S K dz z dz dz z dz ovvero: m max X C S d 2S 2 YD f ( K S) dz Le condizioni al contorno sono: per z=0 S = SS; per z=Le dS/dz = 0 e S = Si dove SS è la concentrazione di substrato in corrispondenza dell’interfaccia liquido-biofilm e Si è la concentrazione di substrato in corrispondenza della quale si annulla l’attività metabolica. L’equazione è differenziale ordinaria del 2° ordine non lineare e non è risolvibile analiticamente. La soluzione può essere ottenuta tramite la seguente procedura iterativa: a) sono noti i parametri S0 (=SB), KL, mmax, Y, K, Xc, Df; b) viene fissato arbitrariamente un valore di SS c) si calcola il flusso materiale attraverso il film liquido aderente al biofilm tramite la relazione: J L K L S 0 SS d) partendo dalle condizioni al contorno in corrispondenza di z=Le (dS/dz=0 e S=Si, essendo Si un valore molto basso) si procede all’integrazione numerica usando un metodo di Runge-Kutta alle differenze finite; ad ogni step si ottiene il gradiente di concentrazione del substrato e la corrispondente concentrazione del substrato; il calcolo termina quando S uguaglia il prefissato valore di SS (in corrispondenza cioè del raggiungimento b) determinato così il gradiente di concentrazione di substrato all’interfaccia liquido-biofilm, si calcola il corrispondente flusso diffusionale tramite dS la relazione: J z(1) D 0 f dz z 0 J L K L S 0 SS b) si confrontano i valori dei due flussi, JL dato dalla e Jz=0 dato dalla (1); il processo è ripetuto (cambiando il valore di SS) fino alla verifica della uguaglianza dei due flussi; la profondità di biofilm percorsa nell’ultima iterazione della procedura corrisponde all’effettivo spessore attivo Le.. Ottenuto così il profilo di concentrazione del substrato limitante dentro al biofilm, la quantità di substrato rimossa da parte della biomassa Wcomplessiva A S J L adesa sul supporto piano nell’unità di tempo data da: Il fattore di efficienza h, definito come il rapporto fra l’effettiva velocità di rimozione del substrato da parte della biomassa e la velocità ottenibile nel W trascurabili le resistenze sia interne che esterne al caso in cui siano h trasporto di substrato, è dato da: S 0 m max YX C A S L T K S0 Procedura di dimensionamento Con riferimento alla schematizzazione del reattore riportata nella figura seguente, la procedura di dimensionamento si basa su un procedimento di calcolo articolato in più fasi: 1.Valutazione del flusso di substrato dalla soluzione all’interno del biofilm in corrispondenza della sezione di fondo del reattore (Jn). Il calcolo di Jn richiede la determinazione del profilo di substrato 2 m max X C Sricavare integrando la : S è possibile all’interno del biofilm, profilodche 2 YD f ( K S) dz 2.Nell’ipotesi semplificativa di considerare il reattore come un unico stadio a mescolamento completo è possibile il calcolo del volume da un semplice bilancio di materia: ( S S n )Q F V F Jna dove SF è la concentrazione del substrato in ingresso al reattore; Sn è la concentrazione del substrato in uscita al reattore; QF è la portata in ingresso al reattore; Jn è il flusso di substrato e a è la superficie specifica per unità di volume del reattore. 3. Suddivisione del volume totale così ottenuto in una serie di n volumi a mescolamento completo assumendo, in prima approssimazione, il volume di ogni segmento (V) pari al 3% del volume totale. aV J 4. Partendo dal fondo del reattore l’equazione di bilancio del subS n 1 S n i n strato riferito all’ n-esimo stadio fornisce il valore di Sn-1; Q F 5. Noto Sn-1 è possibile, applicando la procedura di integrazioneaV i J n 1 S n 2 S n 1 Sn-2 presentata al punto 1, calcolare Jn-1 e Sn-1, successivamente, QF dalla: 6. Si procede nel calcolo valutando coppieVsuccessive n Vi di J e S sino ad T ottenere un valore di SSF. A questo punto il calcolo si arresta ed è possibile valutare il volume totale del reattore dalla: 7. È necessario effettuare una ulteriore verifica al fine di escludere la dipendenza di VT dal numero di segmenti considerato; a partire dal punto 3 si effettua una diversa suddivisione del volume totale VT, diminuendo il volume Vi del singolo stadio e ripetendo la procedura presentata. Il calcolo si arresta quando due valori dei volumi totali ottenuti per due valori diversi di n non differiscano