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Pegno di azioni e quote: presupposti,
modalità costitutive ed effetti
Presupposti ed effetti del pegno sui diritti inerenti
agli strumenti partecipativi societari, con particolare riguardo
al diritto di voto e al diritto di opzione. Modalità operative
per la sua costituzione su azioni di s.p.a. e su quote di s.r.l.
a cura di Luca Amati*
LA QUESTIONE
Una partecipazione sociale può essere oggetto di pegno? Quali sono i presupposti giuridici per poter avvalersi di tale strumento di garanzia? Quali le modalità
per rendere operativo il vincolo? Quali sono gli effetti pratici di tale operazione
in capo al debitore e al creditore pignoratizio? Cosa accade ai diritti patrimoniali e amministrativi inerenti agli strumenti partecipativi vincolati?
INTRODUZIONE
La fattispecie del pegno su strumenti partecipativi (azioni e quote sociali) di società di capitali risulta essere, alla luce della prassi, molto diffusa e di primario rilievo per l’operatore del
diritto. Essa, infatti, costituisce valido strumento di garanzia affinché il titolare delle partecipazioni possa ottenere più agevolmente una linea di credito o affinché il creditore possa tutelare con un adeguato livello di certezza le proprie ragioni nei confronti del socio debitore.
È noto, invero, che ogni qual volta si verifica una situazione di crisi anche solo momentanea
o paventata dell’impresa, i creditori, attuali o potenziali (quali essi siano, privati o istituti di
credito), tendono a tutelarsi attraverso strumenti preventivi e successivi.
I primi consistono (in una fase prodromica alla concessione del finanziamento) in un’analisi economica preventiva (c.d. due diligence) sia del soggetto richiedente il prestito sia della
serietà e affidabilità del progetto industriale al cui perfezionamento il finanziamento è preordinato. I secondi consistono, appunto, nel sottoporre l’erogazione del prestito al rilascio, da
parte del soggetto destinatario del prestito, di idonee garanzie (reali o personali) volte ad as-
*Avvocato del Foro di Milano, Studio legale Goltara & associati.
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sicurare il rientro dall’esposizione debitoria; tra questi rientra il pegno su azioni o quote di
società di capitali.
La notevole eterogeneità di ipotesi e fattispecie cui lo strumento del pegno su strumenti partecipativi si riferisce rende evidente l’interesse che lo stesso riveste, e al tempo stesso ne appalesa le problematiche che, nell’applicazione pratica, tendono inevitabilmente a manifestarsi. In particolare, le maggiori difficoltà risultano essere legate all’esigenza di conciliare
diversi interessi entrambi meritevoli di tutela, e cioè quello alla gestione della società e al suo
sviluppo coerente (di cui è titolare il socio debitore) e quello volto alla conservazione e tutela della garanzia patrimoniale (di cui è titolare il creditore).
Sinteticamente, con riserva di ulteriori e più ampie precisazioni nelle sezioni dedicate, possiamo anticipare che l’orientamento dominante, sia in dottrina sia in giurisprudenza, tende
a considerare preminenti (e conseguentemente a tutelare) le ragioni del creditore, titolare
della garanzia, attraverso il riconoscimento della legittimazione all’esercizio di numerosi diritti amministrativi correlati alla titolarità degli strumenti partecipativi, di cui il debitore è
temporaneamente spogliato a favore, appunto, del titolare del diritto di pegno.
L’essenza del pegno avente a oggetto azioni e quote risiede proprio nel consentire al creditore pignoratizio di potere prendere parte attiva alla vita della società attraverso l’esercizio
dei principali diritti amministrativi correlati alle stesse azioni e quote, e ciò al fine ultimo di
vigilare sull’integrità e la capienza del patrimonio sociale.
LE NORME
Codice civile
Art. 2026 – Pegno
Art. 2352 – Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni
Art. 2784 – Nozione
Art. 2786 – Costituzione
Art. 2787 – Prelazione del creditore pignoratizio
R.D. 29 marzo 1942, n. 239 – Norme interpretative, integrative e complementari del R.D. n. 1148/1941
convertito nella legge n. 96/1942 riguardante la nominatività obbligatoria dei titoli azionari.
Art. 3 – Vincoli reali sulle azioni
D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 – Attuazione della direttiva 2000/35/Ce relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
LA FATTISPECIE
Il pegno su azioni
L’art. 2784 c.c. stabilisce che possono essere concessi in pegno i beni mobili, le universalità
di beni mobili, i crediti e altri diritti aventi per oggetto beni mobili.
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L’azione, intesa come entità rappresentativa e numerica di una determinata partecipazione
sociale è, nella sua materialità, un bene mobile, che può formare oggetto di diritti e che quindi può essere soggetta al diritto di pegno.
Essa rileva sotto due profili: il primo, oggettivo, che la vede come una quota proporzionale
che va a comporre, assieme alle altre azioni emesse, il capitale sociale, e il secondo, soggettivo, che riguarda la posizione del socio titolare della partecipazione azionaria, partecipazione che lo pone nella titolarità di diritti patrimoniali e amministrativi.
In altre parole, il titolo azionario costituisce la sintesi dei poteri e dei doveri del socio all’interno della compagine sociale.
A livello generale possiamo altresì affermare che i vincoli potranno avere a oggetto tutte le
diverse tipologie di azioni.
Y Modalità costitutive
Il pegno su azioni richiede, affinché la costituzione sia regolare, l’osservanza sia delle disposizioni codicistiche, di cui agli artt. 2024, 2026, 2786 e 2787 c.c., sia dei precetti contenuti nella normativa speciale, avuto particolare riguardo al R.D. n. 239/1942.
Inoltre, a seguito della c.d. dematerializzazione degli strumenti finanziari negoziati sui
mercati regolamentati (D.Lgs. n. 213/1998), il legislatore ha dettato delle disposizioni
specifiche circa le modalità di costituzione dei vincoli sui titoli azionari non rappresentati da un supporto cartaceo.
In considerazione di quanto sopra sintetizzato, è quindi possibile individuare due regimi
diversi di costituzione del pegno su azioni, a seconda che oggetto della garanzia reale siano dei titoli azionari in regime di cartolarizzazione (azioni di società non quotate) oppure in regime di dematerializzazione (azioni di società quotate).
Operativamente, cominceremo a trattare del pegno di azioni in regime di cartolarizzazione: esso può attuarsi secondo due ben distinte procedure, tra di loro alternative, e precisamente:
– la prima prevede la doppia annotazione del vincolo: sul titolo azionario e nel libro soci;
– la seconda prevede la materiale consegna del titolo, girato dal socio al creditore pignoratizio con l’apposizione contestuale della clausola “in garanzia”.
A prescindere dal sistema utilizzato, è di assoluta rilevanza ricordare che, oltre ai predetti
adempimenti, per la validità della costituzione della garanzia reale nonché per l’efficace
esercizio della prelazione da parte del creditore pignoratizio, sarà necessaria la redazione
e sottoscrizione della scrittura con data certa (prevista dal comma 3 dell’art. 2787 c.c.),
non risultando questa fungibile con l’annotazione del vincolo sul titolo e nel libro soci.
Si evidenzia che, affinché il pegno sia opponibile alla società, è requisito essenziale e imprescindibile l’annotazione del vincolo nel libro dei soci.
La costituzione del vincolo (reale) fa sorgere in capo alla società l’obbligatorietà di un ulteriore adempimento, costituito dal deposito per l’iscrizione nel competente Registro delle imprese dell’elenco aggiornato dei soggetti beneficiari dei vincoli che gravano sui titoli.
Per quanto riguarda il pegno su azioni in regime di dematerializzazione, la normativa di
riferimento (art. 34 D.Lgs. n. 213/1998) precisa che la costituzione del diritto richiede la
registrazione del vincolo in uno specifico conto, differente da quello ordinario, detenuto
presso l’intermediario finanziario.
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Il pegno si perfeziona, quindi, con l’iscrizione dei vincoli in detto conto, nel quale deve essere specificata la natura del vincolo, le eventuali indicazioni supplementari, in particolare
quelle concernenti l’attribuzione dei diritti patrimoniali e amministrativi relativi ai titoli concessi in garanzia, la causale dell’operazione e la data dell’operazione da iscrivere.
Non risulta quindi necessaria, a differenza che per il procedimento avente a oggetto le azioni cartolarizzate, l’annotazione nel registro della società emittente ai fini della costituzione
del vincolo, e (secondo parte della dottrina) neanche ai fini della legittimazione all’esercizio
dei diritti sociali a cui il creditore pignoratizio è per legge legittimato, risultando sufficiente
il rilascio di idonea certificazione da parte dell’intermediario autorizzato.
Si dubita che occorra, per la valida costituzione del pegno, la redazione e sottoscrizione di
scrittura privata avente data certa, in quanto la relativa funzione di certezza appare, a tutti
gli effetti, sostituita dall’annotazione che l’intermediario dovrà effettuare ai sensi degli artt.
45-46 reg. Consob n. 11768/1998.
Per quanto concerne, da ultimo, gli effetti che si determinano a seguito della costituzione del
pegno sulle azioni dematerializzate nei confronti della società emittente, questi sono condizionati al tradizionale adempimento dell’annotazione nel libro soci della costituzione del vincolo reale.
La realizzazione di tale adempimento viene garantita attraverso la comunicazione che l’intermediario deve effettuare alla società emittente ai sensi dell’art. 34 (D.Lgs. n.
213/1998).
Esercizio dei diritti amministrativi
I diritti sociali (patrimoniali e amministrativi) consentono al titolare degli stessi, in proporzione agli strumenti partecipativi posseduti, di incidere sulla vita della società e di trarne utilità economiche.
In sintesi, i diritti amministrativi (o corporativi) permettono al socio di incidere (ad esempio attraverso il diritto di voto) sulla politica relativa alle scelte operative della società.
I diritti patrimoniali, invece, rappresentano e costituiscono i vantaggi di natura economica
cui il socio ha diritto quale titolare di un determinato pacchetto azionario; in essi vengono
compresi il diritto a percepire gli utili, di ricevere la quota di liquidazione all’esito della relativa fase, il diritto a ricevere il corrispettivo di cui alla liquidazione della quota in caso di
esercizio del diritto di recesso, il diritto di opzione in caso di aumento di capitale, gratuito o
a pagamento.
Ora, nel caso in cui, sulle azioni, sia costituita la garanzia pignoratizia, si pone la questione
di come, da un punto di vista operativo, si possano conciliare le caratteristiche proprie del
pegno con quelle relative ai diritti spettanti al socio.
Certamente non è di aiuto il solo dato normativo, vista la scarsità di disposizioni al riguardo, essenzialmente riconducibili al disposto di cui all’art. 2352 c.c.
Verranno qui di seguito analizzate le principali fattispecie utilizzate nella prassi negoziale
nell’attribuzione dei diritti amministrativi; di seguito, di quelli patrimoniali.
Y Il diritto di voto
Per quanto riguarda il diritto di voto, il legislatore ha espressamente stabilito che questo
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spetti, salvo diversa pattuizione, al creditore pignoratizio (art. 2352 c.c.).
La giurisprudenza, come si vedrà, è orientata a ritenere che il creditore titolare, salvo patto contrario, del diritto di voto incontri, come unico limite nell’esercizio dello stesso, quello rappresentato dal divieto di votare in odium socii, il che vuole dire che il voto stesso
deve risultare coerente con la ratio della sua attribuzione (tutelare la garanzia patrimoniale del creditore) potendo anche risultare diverso da quello che avrebbe esercitato il socio, purché ciò non sfoci in interessi meramente egoistici o, peggio, in finalità emulatorie
in danno al socio debitore, i quali non inficierebbero la validità della delibera assembleare ma rileverebbero solo a livello di rapporti “interni” tra debitore e creditore, potendo
dar luogo a un’azione per risarcimento dei danni.
Anche al fine di evitare il pericolo appena menzionato, nel contratto costitutivo del vincolo le parti possono, in deroga a quanto previsto dalla norma citata, stabilire che il diritto di voto resti in capo al soggetto debitore, con la previsione di determinati “correttivi” volti a tutelare anche le ragioni del creditore pignoratizio.
Bisognerà porre infine attenzione ai precetti contenuti nello statuto prima di pervenire alla costituzione del pegno stesso, onde evitare di incorrere in una fattispecie vietata dai patti sociali.
Salvo quanto sopra premesso, l’autonomia contrattuale delle parti consente l’inserimento nel contratto di pegno di clausole, di solito anche alquanto articolate, che stabiliscano
e regolino nel dettaglio le modalità dell’esercizio del diritto di voto.
A titolo esemplificativo, si possono rammentare quelle che prevedono un obbligo di consultazione in capo al costituente, che dovrà quindi previamente informare il creditore pignoratizio delle proprie intenzioni di voto e ciò al fine di mantenere una linea comune in
merito alle singole deliberazioni che verranno adottate in assemblea.
Inoltre, non è raro rinvenire nella prassi delle clausole contrattuali che prevedano il trasferimento del diritto di voto in capo al creditore al verificarsi di una situazione di inadempimento contrattuale riguardante il contratto di finanziamento, causa (in senso tecnico-giuridico) della dazione in pegno.
Y Impugnazione delle delibere assembleari
Tra i diritti strettamente correlati al diritto di voto in assemblea, il diritto di impugnazione delle delibere assembleari riveste un ruolo preminente a causa dell’incidenza che lo
stesso può avere sugli assetti societari.
Ne deriva che, in assenza di un dato legislativo univoco (infatti l’ultimo comma del novellato art. 2352 c.c. recita: «i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente
articolo spettano, nel caso di pegno od usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio»), l’attribuzione di tale diritto in capo al socio debitore o al creditore pignoratizio non
è di secondaria importanza.
Partiamo dal dato legislativo: in assenza di una chiara e specifica pattuizione sottoscritta
dalle parti, il diritto di impugnativa spetta a entrambi i soggetti.
In passato, prima della novella del 2003, dottrina e giurisprudenza, in mancanza delle disposizioni (peraltro non univoche, come detto) di cui al novellato art. 2352 c.c., avevano
avuto modo di confrontarsi pervenendo, in estrema sintesi, a tre diverse conclusioni, tutte supportate da congrue motivazioni, che vedevano: a) titolare del diritto di impugnati42
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va il solo socio; b) titolare del diritto di impugnativa il solo creditore pignoratizio; c) titolari disgiunti sia il socio sia il creditore pignoratizio.
In conclusione, a prescindere dalle (pure importanti) questioni dottrinarie, appare chiaro che, visto il dettato codicistico che attribuisce il diritto di impugnativa delle delibere
assembleari sia al socio costituente che al creditore pignoratizio, saranno quanto mai auspicabili, per non dire imprescindibili, specifiche disposizione contenute nel titolo (il contratto di pegno).
Y Il diritto di recesso
Per quanto attiene l’attribuzione del diritto di recesso, pacifica (anche dopo la riforma del
2003) è l’opinione secondo la quale esso spetta in via esclusiva al socio.
Ciò in base a ragioni sia di ordine sistematico (l’art. 2437 c.c., in tema di recesso, parla
esclusivamente del socio), sia di ordine logico: se il legislatore ha espressamente riconosciuto al socio debitore la titolarità del diritto di opzione al fine di tutelare e preservare la
misura della sua partecipazione all’interno della compagine sociale, è evidente come al solo socio possa spettare la decisione di porre fine al rapporto sociale.
Y I diritti amministrativi c.d. “minori”
Per quanto concerne gli altri diritti amministrativi (diritto di intervento, diritto di informazione, diritto di chiedere il rinvio dell’assemblea), ne viene riconosciuta quasi pacificamente l’attribuzione in capo al creditore pignoratizio, in base alla stretta connessione
di tali diritti con quello di voto.
Esercizio dei diritti patrimoniali
Y Il diritto di opzione
Nell’ambito dei diritti patrimoniali spettanti al socio, quello di opzione assume una posizione di notevole rilevanza, in quanto permette allo stesso, in presenza di particolari fattispecie, quali l’aumento del capitale sociale, di potere sottoscrivere, con preferenza rispetto a soggetti terzi non soci, le azioni di nuova emissione.
È evidente l’utilità economica correlata al diritto di opzione, che può essere anche ceduto o rinunziato, a particolari condizioni.
Ebbene, per quanto concerne tale (importante) diritto, il dettato normativo (art. 2352
c.c.) è chiaro nell’attribuire l’esercizio dello stesso in capo al socio.
Prosegue la norma: «Qualora il socio titolare dell’opzione non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l’esercizio del diritto
di opzione, e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto a mezzo banca o intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati».
Di notevole rilevanza, ai fini dell’estensione del pegno alle azioni di nuova emissione, è la
distinzione tra aumento di capitale gratuito o a pagamento.
Nel primo caso, disciplinato dall’art. 2442 c.c., l’aumento di capitale si attua mediante
il passaggio di riserve disponibili a capitale, senza quindi un esborso monetario da parte dei soci. L’attribuzione (gratuita) di nuove azioni ai soci è perciò considerata come
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un’estensione di valore delle azioni preesistenti che non altera i rapporti preesistenti all’interno della compagine sociale. La “neutralità” del passaggio da riserve a capitale viene quindi mantenuta nei rapporti intercorrenti tra il socio e il creditore pignoratizio. Ne
deriva che «nel caso di aumento del capitale sociale ai sensi dell’art. 2442, il pegno, l’usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova emissione» (art. 2352, comma
3, c.c.).
Diversamente, in caso di aumento di capitale c.d. a pagamento, vi è un acceso dibattito
in dottrina avente a oggetto l’estensione automatica o meno del pegno alle azioni di nuova emissione.
Sembra attualmente prevalere la tesi che vede attribuire alle azioni di nuova emissione
(optate) una propria autonomia, basata su una scelta discrezionale del socio debitore,
escludendo per ciò stesso l’estensione automatica del vincolo pignoratizio alle stesse.
Ciò non appare neppure in contrasto con la tutela della posizione del creditore, il quale,
in effetti, ben conosceva fin dall’inizio la consistenza patrimoniale delle azioni offerte in
pegno, e non è perciò pregiudicato dall’operazione di aumento.
Inoltre, la posizione del creditore risulta anche adeguatamente tutelata dal legislatore in
base alla norma contenuta nell’art. 2743 c.c. (“Diminuzione della garanzia”). Infine, consideriamo anche che il legislatore, quando ha voluto attribuire l’estensione automatica del
pegno alle azioni di nuova emissione, lo ha precisato chiaramente (art. 2352, comma 3,
c.c.).
Y Il diritto agli utili (dividendi)
Per quanto riguarda il riconoscimento del diritto alla percezione degli utili relativamente
alle azioni costituite in pegno, questo spetta, salvo patto contrario che dovrà essere specificato nella scrittura costitutiva del vincolo, al creditore pignoratizio, sulla base del disposto di cui all’art. 2791 c.c.
Le somme percepite a titolo di dividendo potranno ben essere scomputate dal credito vantato nei confronti del socio debitore.
Costituisce un’eccezione alla regola il caso in cui il pegno sulle azioni venga a cessare prima della chiusura dell’esercizio sociale e della distribuzione dei dividendi; in questo caso
le utilità economiche non spetteranno più al creditore, mancando il presupposto giuridico per la loro riscossione.
Pegno su quote di s.r.l.
Fino all’entrata in vigore della riforma del diritto societario, com’è noto, la disciplina relativa al funzionamento delle s.r.l. era costituita, in gran parte, da norme di rinvio che richiamavano la normativa prevista in tema di s.p.a.
Non faceva eccezione la problematica relativa al pegno su quote, non direttamente positivizzata nel corpo del codice: la lacuna era stata colmata attraverso il ricorso analogico alla
normativa dettata in tema di s.p.a.
In sintesi, le quote di s.r.l., secondo il prevalente orientamento, erano considerate alla stregua di beni mobili immateriali iscritti in pubblici registri (Registro delle imprese). Di conseguenza, la costituzione del pegno era affidata alla redazione di una scrittura costitutiva del
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vincolo con sottoscrizione autenticata, seguita dal deposito presso l’ufficio del Registro delle imprese competente per territorio nonché dall’annotazione del vincolo sul libro soci.
La riforma del 2003 ha dotato di una disciplina autonoma la s.r.l., non più vista come una
“sorella minore” della s.p.a. ma come un soggetto giuridico ben distinto e definibile, in estrema sintesi, una “società di persone a responsabilità limitata”.
Anche la disciplina in tema di pegno è stata positivizzata, attraverso l’inserimento dell’art.
2471 bis c.c. che ha riconosciuto il contratto di pegno su quote di s.r.l.: «la partecipazione
può formare oggetto di pegno, usufrutto e sequestro. Salvo quanto disposto dal comma 3
dell’art. 2471, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2352 c.c.».
Per quanto riguarda, operativamente, le modalità costitutive, esse non sono sostanzialmente cambiate dal periodo ante riforma e sono affidate alla redazione di un contratto costitutivo di pegno, contenente la descrizione del credito garantito e delle quote concesse in pegno, con sottoscrizione autenticata da notaio. Deve poi seguire il deposito del contratto di
pegno presso l’Ufficio del Registro delle imprese nella cui circoscrizione ha sede la società.
Infine, per rendere conosciuto e opponibile il vincolo alla società, sarà necessaria l’iscrizione del pegno nel libro dei soci.
Per quanto concerne l’esercizio dei diritti patrimoniali e amministrativi relativi alle quote oggetto di pegno, per l’espresso rinvio operato dall’art. 2471 bis, si applicheranno le disposizioni previste dall’art. 2352 c.c. previsto per le s.p.a.
Pertanto, si rinvia a quanto già esposto precedentemente in tema di s.p.a.
LA GIURISPRUDENZA
Qui di seguito si riportano alcune decisioni, sia di legittimità sia di merito, aventi a oggetto
particolari aspetti operativi inerenti il pegno su azioni, avuto particolare riguardo a tematiche di grande rilevanza come l’efficacia dell’atto costitutivo di pegno e l’esercizio dei diritti
patrimoniali e amministrativi.
VALIDITÀ ED EFFICACIA DEL CONTRATTO ISTITUTIVO DI PEGNO
Cassazione civ., Sez. I, 23 luglio 1996, n. 6596
Ai sensi dell’art. 3 R.D. 29 marzo 1942, n. 239, il pegno di titoli azionari non ha effetto, nei confronti della società emittente, se
non in seguito all’annotazione nel libro dei soci: ciò non soltanto per l’esercizio dei diritti sociali, ma per l’effettiva disponibilità del
titolo azionario, comportante l’esercizio del diritto di credito rappresentato dal titolo stesso. (Le Società, 1997, 283, nota di CUPIDO).
Tribunale di Bologna 26 ottobre 1995
L’atto di costituzione in pegno di quote di s.r.l. deve essere depositato ai fini della iscrizione nel registro delle imprese, a norma
dell’art. 2479, comma 4, c.c., aggiunto dall’art. 1 legge 12 agosto 1993, n. 310. (Foro it., 1996, I, col. 3796).
Corte d’Appello di Milano 19 luglio 1988
Perché il pegno su azioni possa avere effetto nei confronti dei terzi non è sufficiente la costituzione nei modi ordinari (consegna
del titolo e stipulazione della scrittura di cui all’art. 2787, comma 3, c.c.), ma è necessaria anche la certificazione documentale
del vincolo mediante annotazione sul titolo e nel registro dell’emittente. (Riv. notariato, 1990, 190)
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DIRITTO DI VOTO E IMPUGNATIVA DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI
Cassazione civ., Sez. I, 10 marzo 1999, n. 2053
Ai fini del raggiungimento del quorum costitutivo dell’assemblea di una società per azioni, sono legittimamente computabili le
azioni del socio datore di pegno, quand’anche questi risulti titolare di gran parte del capitale sociale, considerato che, a differenza di quanto sancito in tema di esercizio del diritto di voto da parte del socio in conflitto di interessi con la società, l’art. 2352
c.c. prevede espressamente la possibilità di stabilire, con apposita convenzione, che il diritto di voto sia esercitato dal socio datore di pegno, anziché dal creditore pignoratizio. (Le Società, 1999, 947, nota di FABRIZIO, e Riv. notariato, 1999, 1548, nota di
CASU).
La partecipazione all’assemblea di una società di capitali da parte di soci titolari della maggioranza del capitale sociale, ma privi
del diritto di voto per aver costituito in pegno le proprie azioni, non inficia la validità della costituzione dell’organo societario, e non
impedisce che la delibera adottata sia, pur sempre, imputabile all’ente tutte le volte in cui alla stessa assemblea abbiano, altresì,
partecipato soci legittimati, benché detentori della minoranza del capitale sociale, con la conseguenza che la delibera adottata con
il voto (eventualmente) determinante dei soci non legittimati è annullabile, ma non inesistente, diversamente dalla ipotesi in cui,
all’assemblea, abbiano partecipato, esercitando il diritto di voto, esclusivamente i soci non legittimati; il vizio derivante dall’esercizio del diritto di voto da parte del socio datore di pegno attiene, difatti, al rapporto tra il socio stesso ed il creditore pignoratizio,
e non riguarda, per converso, l’organo assembleare, essendo in facoltà del creditore pignoratizio di azioni manifestare tacitamente
la volontà di ratificare quel voto astenendosi dall’impugnare la delibera adottata con il voto del titolare delle azioni date in pegno.
(Nuova giur. civ. comm., 2002, I, 431, nota di CASALE).
Tribunale di Milano 11 luglio 1994
Qualora il creditore pignoratizio eserciti il diritto di voto a lui spettante ai sensi dell’art. 2352 in violazione del dovere di conservare il valore delle azioni avute in pegno, ciò non si riflette sulla validità della delibera, ma incide unicamente sul piano dei rapporti
interni tra debitore e creditore, legittimando una richiesta di risarcimento dei danni che ne siano eventualmente derivati. (Giur. it.,
1995, I, 2, col. 830)
Tribunale di Messina 28 dicembre 1985
In ipotesi di pegno e usufrutto di azioni, legittimato all’impugnativa delle delibere assembleari annullabili non è il socio, bensì,
esclusivamente, il creditore pignoratizio o l’usufruttuario. (Foro it., 1987, I, col. 602)
RECESSO
Cassazione civ., Sez. I, 12 luglio 2002, n. 10144
Nel caso di pegno di azioni l’esercizio del diritto di recesso spetta al proprietario delle azioni stesse quand’anche il diritto di voto
competa al creditore pignoratizio. (Giur. it., 2003, col. 110, nota di LUONI).
DIRITTO DI OPZIONE
Tribunale di Monza 10 luglio 2000
In ipotesi di aumento del capitale sociale a pagamento, il pegno eventualmente gravante sulle azioni si estende ai titoli optati ovvero al ricavato della vendita dell’opzione. (Giur. comm., 2002, II, 410, nota di GRANATIERO).
LA DOTTRINA
Impugnazione delle delibere assembleari
Il testo dell’art. 2352 c.c., all’ultimo comma, dispone che «salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi spettano, nel caso di pegno
o usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio».
È perciò evidente che, in caso di assenza di una specifica scelta operata dalle parti (o imposta da un Giudice), a mente della norma citata, il diritto di impugnazione delle delibere assembleari possa essere esercitato sia dal socio debitore che dal creditore pignoratizio.
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La dottrina ha approfondito tale questione: ne sono sorti tre differenti orientamenti.
Secondo alcuni autori, il diritto di impugnazione spetterebbe al creditore pignoratizio. Le argomentazioni a suffragio di questa tesi si basano su due ordini di considerazioni. La prima
si fonda sul principio della unicità delle facoltà correlate all’azione, corroborato dalla circostanza che, in caso di comproprietà di azioni, la legge espressamente richiede, per l’esercizio dei relativi diritti sociali, la nomina di un rappresentante comune. La seconda argomentazione si basa sul presupposto che il diritto di impugnazione è conseguente, correlato al diritto di voto, ragion per cui la legittimazione a impugnare le delibere assembleari non potrebbe essere disgiunta, soggettivamente e oggettivamente, da quella attinente l’esercizio del
diritto di voto.
Altra parte della dottrina ha invece riconosciuto la facoltà di impugnativa in via disgiunta
sia al creditore pignoratizio sia al socio, ciò in base, oltre che alla dizione letterale dell’art.
2352, ultimo comma, c.c., alla considerazione dei (diversi) interessi sottostanti in capo al
socio e al creditore stesso. In altri termini, il creditore pignoratizio avrà interesse a impugnare la delibera se la stessa (secondo i propri calcoli) potrà essere foriera di conseguenza
negative sulla consistenza patrimoniale della garanzia; il socio, diversamente, potrà impugnare quelle delibere che, a suo avviso, potrebbero arrecargli un danno, al di là del profilo
strettamente patrimoniale.
Vi è, infine, chi sostiene (tesi del tutto minoritaria) che titolare del diritto di impugnativa sarebbe il solo socio. Tale opinione risiederebbe nel fatto che, per effetto dell’art. 2352 c.c., il
creditore pignoratizio acquisterebbe la legittimazione all’esercizio del diritto di voto nei confronti della società, ma non acquisterebbe, per ciò stesso, tutti i diritti e i poteri “collegati”
attinenti alle azioni, tra i quali quello che ci occupa.
Limitazioni all’esercizio del diritto di voto
L’esercizio del diritto di voto da parte del creditore pignoratizio non è esente da vincoli ma
va valutato anche alla luce degli interessi del socio debitore e (indirettamente) della società.
L’argomento riveste un notevole interesse pratico ed è stato affrontato dalla più attenta dottrina.
Secondo alcuni Autori (tesi minoritaria), sarebbe soltanto l’interesse del socio ad avere rilevanza, per cui il diritto di voto dovrebbe essere utilizzato a fini “conservativi”. Questa interpretazione, restrittiva, è stata criticata in quanto non tiene conto degli interessi del creditore pignoratizio.
Infatti, la dottrina prevalente, in ciò avallata anche dalla giurisprudenza, riconosce un interesse autonomo in capo al creditore che potrebbe anche avere finalità diverse da quelle proprie del debitore.
L’unico limite a detti interessi viene determinato nell’impossibilità, in capo al creditore, di
votare per meri fini egoistici, non coincidenti né con l’interesse della società, né con quelli
del debitore.
In caso di violazione di detti limiti, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare
che ciò non si riverberi negativamente sulla validità della delibera assembleare, rimanendo
una questione interna ai rapporti socio-creditore. Il socio potrà fare valere le proprie ragioni attraverso un’azione volta al risarcimento del danno.
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Aumento di capitale a pagamento e diritto di opzione
Ulteriore argomento di cui si è occupata la dottrina è quello relativo all’estensione automatica del diritto di pegno alle azioni optate in sede di aumento di capitale a pagamento.
Secondo un orientamento più risalente il pegno doveva intendersi esteso anche alla nuove
azioni sottoscritte dal socio debitore.
A sostegno di detta teoria si è argomentato che l’opzione rappresenta comunque una utilitas connessa alle azioni possedute (e date in pegno), per cui i diritti reali di garanzia si estenderebbero in via automatica anche alle nuove azioni (o alle somme ricavate in caso di alienazione del diritto di opzione).
Una diversa interpretazione ha attribuito alle azioni di nuova emissione una propria rilevanza autonoma, di fatto escludendo l’estensione automatica del pegno alle stesse. Tale autonomia deriverebbe dalla scelta discrezionale del costituente in ordine all’operazione di conferimento; l’autonomia di tale scelta, operabile solo dal socio si rifletterebbe, simmetricamente, sulle azioni optate.
Vero è che, apparentemente, abbracciando questa teoria si potrebbe intravedere un elemento peggiorativo riguardo alla posizione del creditore. Per questa ragione, l’estensione del vincolo alle azioni optate (in caso di aumento a pagamento) potrebbe essere inserita come una
clausola pattizia all’atto di costituzione del pegno, sì da vedere contemperate e altrettanto
tutelate le ragioni del socio debitore e del creditore pignoratizio.
Per ulteriori approfondimenti dottrinali
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ANGELICI, «Pegno ed usufrutto di azioni», in Commentario al codice civile, (diretto da) SCHLESINGER, Giuffrè, 1992, 220 ss.;
BAGGIO-REBECCA, Il pegno di strumenti finanziari, di azioni e quote, Giuffrè, 2005;
CAMPOBASSO, Diritto commerciale, II, Utet, 1998;
DI SABATO, Manuale delle società, Utet, 1994;
PARTESOTTI, «Le operazioni sulle azioni. Usufrutto e pegno di azioni», in Trattato delle società per azioni, (diretto da) COLOMBO-PORTALE, Utet, 1991;
– POLI, Il pegno di azioni, Giuffrè, 2000.
LE CONCLUSIONI
Il presente lavoro ha voluto offrire uno sguardo d’insieme sulla tematica, attuale e ricorrente nella prassi, del pegno su strumenti partecipativi di società di capitali.
Si è voluto conferire un taglio pratico alla trattazione, offrendo spunti per l’operatore del
diritto che dovesse trovarsi di fronte alla problematica della redazione di un contratto di
pegno (su azioni o su quote), o alla semplice necessità di usufruire di una visione sintetica delle principali problematiche emergenti a seguito della costituzione del pegno nei
rapporti societari, che vedono protagonisti due soggetti le cui posizioni, pur opposte sul
lato del rapporto obbligatorio, devono per forza trovare, per altri versi, un assetto convergente all’interno dei delicati meccanismi di funzionamento delle società di capitali.
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LA PRATICA
Fac-simile di atto costitutivo di pegno su azioni
ATTO COSTITUTIVO DI PEGNO SU AZIONI
Fra le sottoscritte Parti:
A, nato a <…>, il <…>, residente a <…>, in via <…>, cod. fisc. <…>,
e
B, nato a <…>, il <…>, residente a <…>, in via <…>, cod. fisc. <…>
premesso che
– B, in data <…> ha contratto verso A, a fronte di un contratto di mutuo, un debito pari ad euro <…> (euro <…>);
– la predetta somma dovrà essere restituita, maggiorata degli interessi legali, entro il <…>;
– B è titolare di n. <…> azioni ordinarie, del valore nominale pari ad euro <…>, corrispondenti al <…> % del capitale
sociale della società Alfa s.p.a., con sede legale nel Comune di <…>, cod. fisc. <…>, iscritta presso il Registro delle imprese di <…>, al n. <…>;
– le Parti hanno concordato di garantire il pagamento attraverso la costituzione di garanzia pignoratizia sulle azioni sopra
menzionate, tutto ciò premesso, e costituente parte integrante e sostanziale della presente scrittura,
si conviene e si stipula quanto segue
1) B costituisce in pegno in favore di A, che accetta a garanzia del puntuale adempimento del debito menzionato in premessa, n. <…> azioni del valore nominale pari ad euro <…> (euro <…>), corrispondenti al <…> % del capitale
sociale della Alfa s.p.a.
2) Le parti convengono che il diritto di voto, in ossequio al disposto di cui all’art. 2352 c.c., spetti al creditore pignoratizio
(in alternativa, si può prevedere che il diritto di voto, in deroga alla norma, resti in capo al debitore, magari prevedendo
dei correttivi, tipo l’obbligo di informazione preventiva in capo al socio sulle proprie intenzioni di voto).
3) L’esercizio dei diritti amministrativi diversi dal voto spettano <…> (tre possibilità: o in capo al socio, o in capo al creditore pignoratizio, o in capo a entrambi i soggetti).
4) L’esercizio del diritto di recesso spetta al socio.
5) Il diritto di opzione spetta al socio, al quale sono altresì attribuite le azioni sottoscritte in base a esso. Si conviene che il
pegno <…> (pattuire se il pegno si estenderà o meno alle azioni di nuova emissione). In caso di aumento gratuito del
capitale sociale, il pegno, in aderenza a quanto disposto dall’art. 2352, comma 2, c.c., si estenderà alla azioni di nuova
emissione.
6) Le Parti convengono che A, quale creditore pignoratizio, avrà l’onere di provvedere, a mezzo dell’organo amministrativo,
all’annotazione sul libro dei soci, nonché alla relativa annotazione sul titolo.
7) B assicura e garantisce la piena proprietà e assoluta libertà delle azioni oggi costituite in pegno e che le stesse sono interamente liberate.
8) Spese, imposte e tasse del presente atto, annesse e dipendenti tutte, sono a carico di B che se le assume.
Luogo e data
<…>
Sottoscrizione delle parti
<…>
Segue autentica notarile delle sottoscrizioni
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Pegno di azioni e quote: presupposti, modalità costitutive ed effetti