1
2
I. PER UN PROFILO BIO-BIBLIOGRAFICO
Marco Vichi è nato nel 1957 a Firenze, ma al traffico cittadino ha preferito
la tranquillità della campagna e oggi vive immerso nel verde dei suoi ulivi,
alle porte del Chianti. Scrivere è sempre stata una passione coltivata in
segreto, al riparo da quegli sguardi rapaci che avrebbero potuto fraintendere e
deprezzare un momento di profonda intimità. L'atmosfera privilegiata per
saggiare il proprio estro è la sera, nel calore della sua sala da pranzo, protetto
dal guscio domestico. In un'intervista pubblicata nel volume Trucchi d'autore,
alla domanda del giornalista Mariano Sabatini3 inerente la capacità innata di
essere scrittore o la possibilità di diventarlo, Vichi risponde:
Credo che si nasca con una certa capacità di scrivere storie, così
come si nasce con i piedi giusti per il calcio. Poi però bisogna
lavorare, così come si allena un calciatore. Insomma bisogna
lavorare sul serio ma non prendersi sul serio.4
Per molti anni Vichi si è “allenato” scrivendo per il proprio piacere, senza
riconoscimenti ufficiali, ma ciò non lo ha persuaso ad astenersi dal farlo,
poiché già sapeva, avrebbe continuato con o senza successo. Comunque la
soddisfazione di vedersi pubblicato è arrivata grazie ad una catena ininterrotta
di lettori, attraverso i quali alcuni suoi dattiloscritti sono giunti all'attenzione di
Luigi Brioschi, presidente della casa editrice Guanda. Un simpatico aneddoto
3 Giornalista e scrittore italiano, lavora per la carta stampata, la televisione e la radio.
Partecipa come opinionista a programmi radio e TV su reti locali, nazionali e satellitari.
In Trucchi d'autore ha analizzato le abitudini, i segreti, le manie di molti scrittori famosi
fra cui Dacia Maraini, Giorgio Faletti, Andrea Camilleri e tanti altri.
4 L'insoddisfazione di Marco Vichi, in M. Sabatini Trucchi d'autore, Roma, Nutrimenti,
2005 pp. 49-54.
3
accompagna la storia di uno dei racconti di Vichi, Il Portafogli5, capitato nelle
mani dell'editore in modo bizzarro. Pare che, dopo varie peripezie, lo scritto
fosse pervenuto a Luigi Spagnol, direttore della casa editrice Salani, il quale
sembra aver mancato la giusta fermata del bus talmente avvinto dalla lettura.
Come ultimo step verso il successo, il racconto è arrivato a Brioschi; prova del
duraturo rapporto di proficua collaborazione fra Vichi e la casa editrice.
L'esordio al romanzo risale al marzo del 1999 con L'Inquilino, per Guanda
Editore, uscito anche in Grecia6 e da cui Vichi ha tratto una sceneggiatura per
il cinema assieme ad Antonio Leotti. Lo stile agile ed immediato, ma
soprattutto la ricchezza dei dialoghi, rendono il romanzo particolarmente
adeguato ad esser arrangiato per il cinema. In un'intervista tenuta dalla Radio
Svizzera Italiana in occasione dell'uscita de L'Inquilino, Vichi afferma:
Io mi diverto molto a scrivere i dialoghi e se potessi scriverei un
romanzo fatto solo di dialoghi.[...] É un modo di far conoscere i
personaggi attraverso le reazioni reciproche durante un dialogo,
invece di spiegarle si fanno capire.7
La vicenda è ambientata nella Firenze dei nostri giorni; il protagonista è
Carlo Vicarelli, traduttore, in un momento lavorativo delicato che lo costringe
a prender la decisione di affittare una stanza della propria casa per arginare le
difficoltà economiche. Vive in un appartamento al quarto piano nella periferia
di Firenze, quella vera, distante dalle immagini patinate che tanto affascinano i
turisti; la vicina del piano inferiore non perde occasione per spettegolare e
metter il naso nelle faccende degli altri, mentre all'ultimo piano vive la dolce
Giovanna con cui Carlo ha un ottimo rapporto d'amicizia. La serenità
5 Il Portafogli, è stato poi inserito nella raccolta Perché dollari?, Parma, Guanda, 2005.
Vichi nelle note d'accompagnamento al volume afferma «Ringrazio una notizia del
telegiornale del tutto diversa dal racconto, che mi ha dato la scintilla per disseppellire questa
storia». Il racconto, di stampo Kafkiano, ha come protagonista un razionale e metodico
personaggio spinto a mettere in discussione le sicurezze di una vita, in seguito al
ritrovamento di un portafoglio smarrito.
6 Atene, Empiria Publications, 2000.
7 L'intervista per la Radio Svizzera Italiana si può ascoltare alla pagina
http://www.marcovichi.it/Libri/linquilino.html del sito ufficiale di Vichi.
4
quotidiana,
minacciata
solo
da
qualche
bega
lavorativa,
s'infrange
irreparabilmente con l'arrivo di Fred, il nuovo inquilino. L'uomo mette subito a
disagio Carlo e la convivenza non risulterà per niente facile; Fred si presenta
maleducato, sporco, pigro e soprattutto abilissimo nel capovolgere la
situazione a proprio vantaggio, assume le vesti della vittima senza badare allo
sconvolgimento che ha causato nella vita del padrone di casa. Carlo appare
profondamente diverso dal bizzarro ed irritante coinquilino che assume le vesti
di coprotagonista: il primo ha la testa sulle spalle, Fred è un irresponsabile;
uno ha abitudini consolidate, l'altro è imprevedibile; all'alta razionalità umana
si contrappone il bieco istinto animale. Carlo arriva a credere che Fred sia
coinvolto nei due omicidi avvenuti nel palazzo dirimpetto al loro, proprio al
quarto piano; anche la polizia li interroga, eppure il padrone di casa non
denuncia i propri sospetti. Fred è indebitato, ha precedenti penali e riceve
strani messaggi in codice da gente poco raccomandabile, tutti gli elementi
sembrano confermare la sua colpevolezza. Per quanto Carlo ripugni il nuovo
inquilino, prova nei confronti del suo stile di vita una forte attrazione; la sua
libertà lo affascina. Totale indipendenza, sicurezza di sé, successo con le
donne sono caratteristiche che rendono Fred profondamente diverso dal
padrone di casa, responsabile e metodico, tuttavia non sempre una persona è
esattamente ciò che appare e Carlo alla fine lo imparerà. «L'uomo non è mai ciò
che sembra»8 è la frase con cui Fred si congeda dal compagno nel biglietto
d'addio. In effetti le loro personalità, a confronto, sembrano due colori
complementari sulla tavolozza di un pittore; due entità separate e distinte che,
inaspettatamente, possono fondersi dando origine ad una nuova sfumatura. La
conclusione del romanzo indirizzerà lo sguardo di Carlo verso un aspetto
sconosciuto di Fred; anche un tipo granitico come lui può celare una vena
gentile e generosa, riesce a commuoversi ed è tormentato da intime angosce
proprio al pari di Carlo che, forse, non lo sentirà più così distante. Questo
primo romanzo è stato scritto da Vichi tutto d'un fiato, in appena una settimana
8 M. Vichi, L'Inquilino, Parma, Guanda, 1999, p. 142.
5
e, per quanto non presenti tratti autobiografici, l'autore ammette di ravvisare in
Carlo e Fred due suoi alter ego; nell'intervista radiofonica sopra citata, afferma
di aver cercato di far dialogare due parti di sé. Scrivendo L'Inquilino, Vichi
non ha progettato di rappresentare un proprio conflitto interiore attraverso lo
scontro dei due personaggi, ma in un secondo momento, ha ravvisato in Carlo
e Fred due parti di sé stesso prendendo coscienza di ciò solo attraverso il
dibattito con altri scrittori e venendo a contatto con l'opinione di alcuni lettori
durante presentazioni ed interviste. Questa è la prova lampante di come un
romanzo non si estingua nella messa nero su bianco di una certa trama, la sua
storia non si conclude con la pubblicazione, ma l'opera vive di vita propria,
crescendo attraverso le interpretazioni e le critiche. Lo scrittore non deve
imporsi un messaggio da comunicare, ma accompagnare il libero fluire della
storia rispettando la distanza che lo separa da essa. Porsi un obbiettivo
specifico, come una morale da divulgare, rischia di frenare la forza dirompente
della storia stessa, che lo scrittore ha sì il compito di originare, ma non
d'indirizzare in modo strettamente calcolato. L'autore non coincide con la sua
opera e l'opera non combacia col creatore, i due sono legati da un rapporto
necessario, ma si mantengono distinti.
Nello stesso 1999 Vichi ha condotto cinque puntate della trasmissione “Le
Cento Lire” per RAI RADIO TRE. Si tratta di un documentario relativo al
tema dell'arte, ma non quella classica dei geni artistici rivolta a ricchi
commissionari, bensì quella del riscatto per chi nella vita ha commesso errori
e, dal carcere, comunica sentimenti ed esperienze attraverso varie forme
artistiche. Vichi ha intervistato i detenuti del penitenziario di San Vittore a
Milano, raccontando la storia del loro personale recupero grazie alle attività di
laboratorio di scrittura, musica, teatro e pittura che hanno alleviato la
pesantezza della reclusione.
Un secondo romanzo, Donne Donne, è uscito nel 2000 per Guanda
6
Editore, tradotto in Grecia9 quattro anni dopo e riedito nel 2008. É un romanzo
piuttosto corposo, ma questo non significa che la trama sia particolarmente
elaborata. Filippo Landini, il protagonista, è un uomo che rincorre le proprie
passioni: la scrittura e le donne. Vichi lo ritiene il personaggio che meglio lo
rappresenti definendolo: «Un caro amico che mi somiglia troppo»10. La storia è
un intreccio di vicende che lo vedono alternarsi fra l'una e l'altra. L'elenco
delle sue relazioni è infinito, come quello dei lavori letterari terminati o
ancora in corso d'opera, il titolo di uno di questi, Reparto macelleria11, è
davvero un racconto di Vichi. Filippo abita a Firenze e conduce una perfetta
vita
da
single;
la
palazzina
appare
piuttosto
squallida
a
partire
dall'appartamento di Porciatti, lo squattrinato dell'ultimo piano, che vive come
un topo nella sua lurida tana. Filippo, fra una telefonata della
mamma
apprensiva e una chiacchierata con Porciatti nel suo buco, conosce in un bar
Marina, siciliana dalla bellezza destabilizzante. Le varie tattiche di
corteggiamento e i tentativi di racimolare un po' di soldi sembrano monitorati
dagli occhi del padre, deceduto, la cui foto però è conservata nel bagno, stanza
più intima e rivelatrice della materialità umana, un perfetto confessionale.
Donne Donne è l'esempio lampante del talento di Vichi nel saper gestire un
intreccio esile senza privare la storia d'interesse; i punti forti, infatti, sono altri:
i ritratti psicologici del personaggio, le elucubrazioni mentali, il modo di
rapportarsi agli altri e al mondo... Un oceano di umanità che trasuda, dalle
opere dello scrittore, indipendentemente dal genere letterario affrontato. Già
nei primi due romanzi pubblicati, si ravvisano le caratteristiche fondamentali
nello stile di Vichi: realismo, concretezza e linearità. Lo scrittore attinge ad un
9 Atene, Empiria Publications, 2004.
10 Come lo stesso autore afferma in numerose interviste e conferma in un incontro
gentilmente concessomi.
11 Nella raccolta Perché dollari?, cit. La storia ricorda gli orrori delle torture nazifasciste, la
brutalità di una guerra combattuta da partigiani italiani contro propri connazionali.
Nonostante le sevizie subite Camillo, personaggio centrale nel racconto, riesce dopo anni
dalla fine del conflitto a vincere quel bisogno di riscatto che lo aveva spinto a rintracciare
il proprio aguzzino. Quell'uomo ormai è un vecchio acciaccato e Camillo decide di non
farsi riconoscere, mantenendo l'ideale di non cedere ad una crudeltà gratuita.
7
ampio bagaglio esperienziale ed emotivo; infatti ogni ricordo o avvenimento,
vissuto in prima persona o raccontato, costituisce materiale potenziale da usare
nella narrazione. Generare emozioni attraverso la propria scrittura, è il
rimborso per il piacere che l'autore ha a sua volta provato leggendo.
Raccontare delle storie, inventare, ma allo stesso tempo parlare della verità;
questo è ciò che Vichi ammira ed emula nei suoi grandi maestri quali Edgar
Allan Poe, Charles Bukovski, Primo Levi, Beppe Fenoglio, e i russi
Dostoevskij, Gogol, Pushkin, Bulgakov e Cechov. Partire da istanze reali per
creare qualcosa di assolutamente originale che, in molti casi, diviene
testimonianza di un'epoca e riveste un valore storico, poiché gli scrittori, più o
meno consapevolmente, si fanno portavoce della realtà attorno a loro.
Attraverso queste armi, e soprattutto grazie all'utilizzo di un linguaggio fresco
e semplice, Vichi è riuscito presto a far breccia nel cuore dei lettori.
Nel gennaio 2002 è uscito il terzo romanzo per Guanda Editore, Il
commissario Bordelli, la prima inchiesta di un personaggio che da subito
affascinerà il pubblico, presentandosi più come amico dell'autore che mera
invenzione letteraria. Edito nel 2003 in Portogallo12 e nel 2004 in Spagna13 e
Germania14. La seconda avventura di Bordelli, Una brutta faccenda, segue a
ruota nel febbraio 2003; questo libro è acquistato, come primo della serie, da
Spagna, Germania e Portogallo.
Sempre nel 2003 Vichi ha curato il libretto di “omaggi” a John Fante, per
Fazi Editore; contributo letterario d'accompagnamento al documentario della
regista Giovanna Di Lello John Fante: Profilo di scrittore, vincitore nel 2003
del Los Angeles Film Awards. Vichi riconosce nel grande scrittore americano
uno dei miti intramontabili per tutta la narrativa del '900 e fin dall'inizio della
propria carriera è intervenuto a favore della diffusione di Fante in Italia. Un
12 Porto, Casa editrice ASA, 2003.
13 Salamanca, Casa editrice Tempora, 2004.
14 Monaco, Casa editrice Bastei Lübbe, 2004.
8
estratto della tesi di laurea di Alessio Romano15, La fortuna di Fante in tre
interviste, viene pubblicato nella rivista letteraria «Quaderni del '900». I tre
personaggi interpellati, Sandro Veronesi, Giovanna Di Lello e Marco Vichi,
sono legati alla riscoperta dello scrittore in Italia. Fante è nato a Denver nel
1909, ma ha origini italiane: suo padre era abruzzese ed anche la mamma era
figlia d'immigrati. Quando Romano chiede a Vichi quanto la mancata rinuncia
alle proprie origini abbia influito sullo scarso successo in America questo
risponde:
Per uno come Fante, che scriveva con le budella, non sarebbe stato
facile rinunciare a qualcosa di così profondo come le proprie
radici.16
Un'infanzia travagliata, un padre violento ed alcolizzato ed una
condizione economica disagiata spingono Fante ad impiegarsi in lavori precari
ed a cercare fortuna nella Los Angeles degli anni '30. Si avvicina alla scrittura,
pubblica alcuni primi racconti e collabora con le riviste American Mercury e
Atlantic Monthly grazie all'aiuto del corrispondente Henry Louis Mencken,
giornalista, saggista e famoso editor noto soprattutto per la pungente satira
rivolta alla mentalità puritana dominante e per quegli studi di linguistica che lo
hanno reso uno dei più influenti scrittori americani della prima metà del XX
secolo. Fante, nelle vesti di sceneggiatore, inizia un'assidua collaborazione con
Hollywood; questo lavoro gli garantisce una discreta sicurezza economica, ma
non rispecchia la sua vera passione, la narrativa. Romanzi come: Aspetta
primavera, Bandini, La strada per Los Angeles, Chiedi alla polvere, Sogni di
Bunker Hill17 danno prova della straordinaria capacità di Fante nel far
15 Giovane scrittore italiano, nato a Pescara nel 1978. Laureatosi in Lettere Moderne con
una tesi su Fante all'Università “La Sapienza” di Roma, ha pubblicato Paradise for All
(Fazi, 2005).
16 A. Romano, La fortuna di fante in tre interviste, in «Quaderni del '900», n. VI, anno
2006, pp. 43-55.
17 Ciclo dedicato all'alter ego di Fante, Arturo Bandini, elencati nell'ordine logico
rispecchiante le tappe della vita del protagonista. In realtà l'ordine di composizione è: La
strada per Los Angeles (terminato nel 1936, ma pubblicato postumo nel 1985 e in Italia,
Milano, Leonardo, 1988); Aspetta primavera, Bandini (1938, tradotto Aspettiamo
9
convivere tragico e divertente; ci presentano un antieroe, sfrontato e superbo,
ma dotato di grande ironia, goffo nel suo perpetuo attacco alle convenzioni
nevralgiche del vivere civile. Irriverenza, materialità, satira pungente sono
caratteristiche che Vichi riconosce ed ammira nel maestro statunitense. A John
Fante è dedicato il festival letterario “Il Dio di mio padre”, di cui Giovanna Di
Lello è dal 2006 direttrice artistica; una manifestazione culturale di livello
internazionale che si tiene ogni estate a Torricella Peligna (Abruzzo), il paese
d’origine di suo padre Nick. Sia questo luogo che la figura dell'autoritario
genitore sono argomenti frequentemente trattati nei racconti e romanzi
dell'autore. Il titolo della rassegna richiama uno degli scritti più emozionanti e
ironici di Fante, Il Dio di mio padre, un racconto in cui la figura del padre è
presentata in tutta la sua superiorità. Ad Antonio Bandini, invece, è intitolata la
Scuola di Narrazioni, fondata nel 2005, dall'associazione Nausika18, con cui
Vichi collabora. Si tratta di un percorso annuale destinato ad incrementare le
competenze narrative in relazione a diverse esigenze professionali, la scuola è
diretta da Federico Batini e coordinata da Simone Giusti. L'obbiettivo è
promuovere la letteratura, la narrazione, la scrittura e la lettura come strumenti
di sviluppo delle persone e delle loro comunità. Vichi è sensibile a questo
argomento: dal 2003, si occupa di laboratori di scrittura in varie città d'Italia e
collabora con l'Università di Firenze nel corso di laurea in Media e
Giornalismo.
Nel marzo 2004 è uscito il terzo romanzo di Bordelli Il nuovo venuto; i
primi tre della serie sono dunque stati pubblicati a distanza di un solo anno
l'uno dall'altro, mentre il quarto si lascerà attendere più a lungo, a
testimonianza del fervido lavoro di stesura di una trama che necessiterà di
primavera, Bandini, Milano, Mondadori, 1948); Chiedi alla polvere (1939, tradotto Il
cammino nella polvere, Milano, Mondadori, 1941); Sogni di Bunker Hill (pubblicato nel
1982 e in Italia, Mondadori, Milano, 1988).
18 Nausika è un'associazione senza fini di lucro che contribuisce allo sviluppo di soggetti e
comunità attraverso la crescita culturale. Opera nel teatro con una scuola di recitazione,
danza, voce ed organizza due festival: Narrazioni-Libera Tutti ed ArezzoFestival ai quali
son legati due premi “Libera i Libri” e “Sergio Manetti-ArezzoPoesia” destinati alle
performance tratte da libri di narrativa e poesia.
10
grande attenzione nella ricerca di fonti relative ad un preciso avvenimento
storico. Nell'aprile 2005 è uscita per Guanda la raccolta Perché dollari? che
prende il nome dall'eponimo racconto dedicato a Bordelli, in essa contenuto;
nel luglio 2006 Vichi ha curato, sempre per Guanda, l'antologia Città in nero
dove è presente un suo racconto, Morto due volte che ha per protagonista il
commissario.
Dell'ottobre 2006 è il romanzo, Il brigante, ambientato nel Granducato di
Toscana
d'inizio
'800
e
raccontato
in
prima
persona
da
un
viandante/cacciatore. In una notte di pioggia, l'uomo vaga nei boschi
dell'Appennino pistoiese alla ricerca di un riparo, intravede una taverna dal
nome non molto invitante: Il Tasso Morto. Entrato, si siede vicino ad altri tre
tipi silenziosi. Come se l'atmosfera lugubre e il fragore dei tuoni non
bastassero, a pochi passi dal loro tavolo dorme, disteso su una panca, il più
famigerato brigante di tutti i tempi, Frate Capestro, chiamato così per la
macabra abitudine d'incidere una croce sulla fronte dei malcapitati che lo
incontrano. I quattro uomini si squadrano: uno sembra giovane, ma ha il volto
segnato; un altro, grande e grosso, difetta di due dita di una mano; il terzo è un
vecchio, ma ancora vigoroso e infine l'ultimo arrivato, il narratore. Tutti uniti
nel pensiero dallo stesso peso, il Frate, un personaggio leggendario che
spaventa ma, inevitabilmente, attrae. Di lui si raccontano tante storie e così
lontane negli anni, da iniziare a credere all'immortalità di questo mito. Il libro
assume le vesti di romanzo a cornice, infatti la storia principale diventa
contenitore per i racconti dei quattro uomini. Il primo a parlare è Dita Mozze,
figlio di una donna e di un uomo sposatisi nonostante fossero fratellastri; il
nonno non aveva accettato l'unione ed aveva maledetto, in punto di morte, la
loro prole. I fratelli di Dita Mozze erano già deceduti in circostanze violente,
ad attendere la sorte nefasta resta solo lui. Segue il racconto del Vecchio,
fabbro triste e solitario, che solo la bella Nina sapeva confortare. La mancanza
di coraggio nel confessarle l'amore al momento giusto e la violenza
11
animalesca provocata dal rifiuto di lei, causarono all'uomo la perdita
inevitabile di Nina. Dopo molti anni si era presentata al Vecchio l'occasione
per riscattare il male compiuto verso la donna, prendendosi cura di una piccola
orfana considerata una nipotina acquisita. É la volta dell'Ultimo Arrivato, un
cacciatore figlio di una bravata adolescenziale, che per tutta la vita aveva
cercato di vendicarsi del nobile che aveva stuprato sua madre, ancora bambina.
Aveva iniziato a intrufolarsi nelle camere di conti e baroni, sperando sempre di
rintracciare l'ignobile padre per ucciderlo. Giunto però faccia a faccia con lui
non era riuscito a compiere il gesto, abbandonando ogni progetto di vendetta.
Infine la storia del Giovane, ragazzo di umilissimi origini. Il suo rapporto con
la nobiltà aveva alternato un primo momento di profondo odio ed invidia ad
un seguente periodo di convivenza e riconoscenza, mentre si trovava a servizio
presso un marchese. Solo l'incontro con uno dei rivoluzionari della montagna
lo porterà ad abbandonare una vita da servitore per adottare quella del
partigiano avverso ad ogni forma di tirannia.
Nel 2009 una seconda pubblicazione de Il brigante, per la casa editrice
TEA, presenta un finale diverso rispetto a quello originale del 2006, che
comunque viene riportato di seguito al nuovo. Vichi inserisce una Nota
d'autore in cui giustifica l'esistenza di due finali per lo stesso romanzo:
A mia difesa ho un solo argomento: a volte le storie si
sovrappongono quasi del tutto, un po' come certe sinopie che
differiscono dall'affresco in alcuni particolari: una Madonna del
tutto uguale, e un bambin Gesù con la testa voltata da un'altra parte.
Non so se qualcuno crederà alle mie parole, ma quello che posso
dire è che fin dalla prima stesura Il brigante aveva due finali, come
una lucertola a due code.19
Il brigante deve esser letto tenendo conto di entrambi i finali perché,
eliminarne uno, porterebbe ad una lacuna che intaccherebbe la completezza
dell'opera. La prima versione prevedeva il tradimento dei quattro uomini nei
19 M. Vichi, Il brigante, Milano, TEA, 2009, p. 163.
12
confronti del frate. Una voce misteriosa, nel buio della notte, li istiga ad
uccidere il brigante con lo scopo di riscuotere la taglia che grava su di lui.
Nell'oscurità, nessuno riesce a capire chi stia parlando, ma il denaro alletta e
tutti accettano di sorteggiare colui che compirà il delitto. Solo il Vecchio
tenterà di persuadere a non sfidare la sorte. In realtà i tre uomini son vittima di
un inganno che si intuisce ordito dal Frate stesso, proveranno la loro disonestà
e saranno puniti. Il finale, macabro e violento, si pone in linea con la vena
adottata in tutto il romanzo. Infatti i vari racconti, fra stupri e tradimenti,
torture e violenze, sono prove dirette della cattiveria connaturata all'uomo. La
versione pubblicata nella seconda edizione prevede il racconto del Frate di
seguito alle quattro storie appena udite, mentre sembrava assopito. Una sorta
di apologia del male, creato da Dio stesso e necessario all'artefice come la
femmina al maschio. Una giustificazione al proprio bisogno di vendetta sul
Mondo, in quanto tramutato in “mano del demonio” dalla terribile esperienza
della morte dei genitori e le violenze subite in convento, dai frati, prima di
diventare adulto. Questo finale risulta più lineare dal punto di vista strutturale,
in quanto a quattro racconti si succede quello del personaggio che non è mai
scomparso dalla scena, per quanto non vi abbia preso parte direttamente. Un
cerchio, dunque, che parte da Frate Capestro come “fonte d'ispirazione” a
raccontare e si chiude su di lui come oratore. In entrambe le versioni, al
sorgere del giorno, Frate Capestro si allontana dalla taverna assieme al
Vecchio. I due parlano come se si conoscessero da tempo e si salutano con
affetto quando le loro strade si separano; quasi simboleggiassero il Bene e il
Male, con quest'ultimo che procede per la via opposta rispetto a quella
dell'uomo che ha peccato, ma si è redento. Il romanzo costringe a prendere
atto dei propri lati oscuri, presentando l'atavico conflitto fra Bene e Male,
nessuno dei quali avrebbero senso d'esistere in assenza dell'altro.
Nello stesso mese de Il brigante è uscito, per Aliberti Editore, il libro
13
Firenze Nera20 in cui sono contenuti due racconti, uno di Vichi l'altro di
Emiliano Gucci, emergente scrittore fiorentino legato a Vichi da
sincera
amicizia. A novembre 2006 un racconto di Vichi è stato pubblicato
nell'antologia La vita addosso21, edito da Fernandel, nell'ambito di un progetto
legato alla comunità Ceis di Lucca. Il Ceis è un gruppo di volontariato che dal
1976 cerca di opporsi alla crescita della povertà e marginalità sociale, offrendo
servizi altrimenti sottovalutati. La logica che motiva l'operato di questa
associazione ricorda le teorie del commissario Bordelli, il personaggio più
celebre nella narrativa di Vichi. Anche lui infatti, nel ruolo di poliziotto, cerca
di riparare ai torti commessi verso i più umili e spesso il suo intento di
migliorare la società, si scontra o anticipa i tempi delle istituzioni. Nel giugno
2007 Vichi ha curato l'antologia Delitti in provincia22 e nel settembre dello
stesso anno è uscito Nero di luna, entrambi per Guanda. Il protagonista di
questo romanzo è Emilio Bettazzi, giovane scrittore fiorentino, che si ritrova
ad abitare una grande casa nel Chianti che un amico, prima di morire, aveva
preso in affitto. É convinto che la campagna stimoli l'ispirazione, per questo si
dedica a lunghe passeggiate sperando di ottenere spunti per il suo romanzo.
Fin dal principio, però, gli abitanti e l'atmosfera agreste si presentano diversi
da come Emilio li aveva immaginati: le donne in bottega sono diffidenti e lo
guardano con sospetto, i contadini pronunciano allarmanti frasi stoppate
sempre a metà, nelle campagne la notte si compiono inspiegabili stragi di polli
20 Il racconto di Vichi s'intitola Cucina a domicilio. Una storia che rivela quel grigio sostrato
che spesso si nasconde dietro l'apparentemente normale vita quotidiana. Una vendetta
brutale ai danni di un uomo, agli occhi di tutti, innocente, ma nel profondo macchiato da
gravi immoralità.
21 Il racconto s'intitola Io sono Paola, si tratta di un interrogatorio di un giudice ad un
transessuale, ma l'atmosfera non è tesa né ostile. La vita dura e l'esperienze spiacevoli,
passate da Paola, giustificano le sue colpe e l'uso di droghe. Il giudice è forse il primo a
non esprimere giudizi di fronte a Paola e a non farla sentire colpevole, nonostante
l'interrogatorio si svolga in carcere.
22 Una raccolta di nove racconti, scritti da nove autori specializzati nel noir. Storie di
un'Italia non protagonista, quella della provincia meno conosciuta, dove spesso le
moderne smanie di protagonismo e successo sono insistenti come nelle grandi città; il
problema è che di queste, spesso, si assimilano solo i difetti. Vichi ambienta il suo
racconto, Una vita normale, a Massa Carrara, un guazzabuglio di spacciatori e traffici
illegali, droghe e crisi d'astinenza, furti e minacce di morte.
14
e conigli... Tutto sembra tingersi di mistero quando Emilio avverte delle urla
provenire da una villa disabitata e viene a sapere che i Rondanini, proprietari
della casa, erano stati colpiti da una terribile disgrazia tanti anni prima. Fra
storie di fantasmi e lupi mannari, lo scrittore porta avanti le proprie ricerche
accanto alla bella dottoressa Camilla, cercando di trovare il filo conduttore che
spieghi razionalmente ogni stranezza. E se le grida della villa sono da
imputarsi ai giochi sessuali che l'influente vicesindaco si diverte a portare
avanti con una giovane ragazza demente, la tragedia dei Rondanini viene
spiegata in tutta la sua macabra verità. Un romanzo avvincente, quasi una
ghost story, ambientato nel Chianti, tanto caro e vicino all'autore, da dare alla
proprietaria del negozio di alimentari della storia il nome vero della bottegaia
dove Vichi si serve. Nonostante la forte impronta di mistero rischi in molti
punti di fare sconfinare nel territorio dell'irreale, la trama resta ben radicata al
vero; a riprova della diffidenza che Vichi ha nei confronti del fantastico. Le
cene di Emilio e Camilla son così ben descritte nei sapori e nei profumi, da
calare completamente il lettore nella parte, immaginandosi seduti davanti ad
un gustoso piatto di pasta con un bicchiere di buon vino rosso in mano. Se i
sensi sono piacevolmente appagati in Nero di luna, grande importanza hanno
anche in Bloody Mary, romanzo scritto a quattro mani con Leonardo Gori
uscito nel maggio 2008 per la collana Verdenero di Legambiente; infatti la
recensione scelta da Vichi per il proprio sito, a cura di Alfonso d'Agostino 23, è
articolata in cinque punti d'analisi ognuno corrispondente ad uno dei sensi. É
un libro che si osserva, attraverso gli occhi della protagonista Aleya, ragazza
nigeriana bellissima e, per questo, venduta e sfruttata come strumento di
piacere prima in patria e poi in Italia. Si percepisce al tatto, tramite le mani di
Marek, polacco, partito da casa alla ricerca di un futuro migliore; anche lui
sfruttato nei campi pugliesi per la raccolta di pomodori. É un libro che si
assapora, attraverso l'odore delle speranze infrante, della felicità bruciata, del
23 La recensione è stata scoperta da Vichi nel sito di Alfonso d'Agostino:
www.alfonso76.com .
15
sangue versato e della sporcizia sopportata. Si sente grazie agli ordini gridati
dagli sfruttatori in faccia a chi è stremato e i rimproveri urlati contro chi ha
perso la forza di prender parola per ribellarsi. Infine questo libro si gusta,
attraverso l'amarezza che provoca una storia così cruda da lasciare un nodo
alla gola che stringe sempre più nel constatare quanto presente e irrimediabile
sia questa realtà. Un romanzo che palesa i soprusi di una società incline solo al
guadagno, pronta ad abbassarsi ad ogni compromesso pur di arricchirsi; nella
quale i corrotti giocano la loro immorale partita usando, come pedine, i più
deboli. La copertina stessa ed il titolo del libro sottendono un acuto studio. La
prima consiste nell'immagine di un pomodoro schiacciato, rosso vivo come il
sangue, dal quale scende la polpa che va a comporre una chiazza raffigurante
l'Africa: connubio fra il simbolo della schiavitù di Marek e il povero
continente d'origine di Aleya. Il titolo inoltre, ricorda il personaggio storico di
Maria I Tudor, regina d'Inghilterra e d'Irlanda dal 19 luglio 1553 fino alla
morte avvenuta il 17 novembre 1558. La monarca è infatti nota per
l'appellativo Bloody Mary, in italiano Maria la Sanguinaria, a causa
dell'ingente numero di oppositori religiosi fatti giustiziare durante il suo regno,
improntato al ripristino del cattolicesimo in Inghilterra in seguito alla Riforma.
Questo romanzo di denuncia non presenta tratti noir, così come non si può
confinare in questo genere Per nessun motivo uscito nel novembre 2008 per
Rizzoli. Il protagonista è Antonio, vicino ai sessant'anni, sposato, due figli
maschi, dedito al bricolage. Una vita limpida, che non sembra più riservare
sorprese; quando un giorno, direttamente dal passato, salta fuori una lettera. Il
mittente era, infatti, una giovane donna con cui Antonio aveva vissuto una
breve, ma intensa storia d'amore a Parigi e, il messaggio, la richiesta di un
aiuto economico per la figlia nata dalla relazione. Antonio non sapeva d'esser
padre perché sua moglie aveva insabbiato la notizia per salvare il loro
matrimonio. Con diversi anni di ritardo, decide di recarsi a Parigi per cercare
la donna della lettera, morta però qualche anno prima, e Coco, loro figlia. Ha
inizio una vera e propria commedia degli equivoci fatta di parole mal
16
interpretate, scambi di persona, notizie taciute e verità nascoste. Antonio infatti
conosce Coco, giovane e bella studentessa, ma non riuscirà a confessarle di
essere suo padre e nemmeno a dirle il suo vero nome. D'altro canto Coco non
risponderà mai chiaramente alle domande che Antonio le farà sui suoi genitori
e, pian piano, s'invaghirà di quest'uomo tanto più vecchio che la circonda di
attenzioni. Nel momento in cui il rapporto fra i due si fa pericoloso, Antonio
si allontana, per non cedere al sentimento incestuoso e trovare la forza di dire
la verità alla figlia. Quando tornerà sarà troppo tardi, perché lei se ne sarà
andata. Nessuno dei due saprà che, alla base del loro rapporto travagliato,
stava un terribile malinteso: Coco, infatti, non è legata ad Antonio da nessuna
parentela, ma è la coinquilina della vera figlia di lui, terzo personaggio
ingannato, irrimediabilmente, dalla sorte. Non si tratta di un noir, ma il
romanzo rispetta tutte le regole del giallo, come la suspence dell'attesa e il
crescendo di emozioni fino al colpo di scena finale. Il risultato è
appassionante, ma l'intrigo lascia l'inguaribile sensazione di essere vittime
delle beffe del destino che non sempre viene tenuto a bada da decisioni
ponderate. Sempre nel novembre 2008 esce per Barbes la raccolta Buio
d'amore, dal titolo del primo dei nove racconti in essa contenuto. Il libro
assume le vesti di un diario intimo, attraverso nove storie che parlano d'amore
da quello raggiunto a quello perduto, da quello desiderato a quello non
corrisposto24.
Nel settembre 2009 esce, per Guanda, Morte a Firenze, la quarta
avventura del commissario Bordelli. Vincitore di ben tre premi importanti:
Scerbanenco, Rieti e Camaiore; la grande attesa da parte del pubblico è stata
ripagata e la riprova è il gran successo ottenuto grazie anche alla edizione
come Audiolibro per Salani. Nel maggio 2010 esce, per Guanda, Un tipo
tranquillo, storia di un pensionato fiorentino alle prese con la metodicità
quotidiana. Già il nome del personaggio, Mario Rossi, lascia intuire lo stile di
24 Due dei nove racconti sono inediti, Tempesta e Valentina, gli altri erano comparsi su
precedenti pubblicazioni periodiche, come indicato in bibliografia.
17
vita semplice, privo di grandi emozioni, di un uomo che, improvvisamente, si
rende conto di detestare il bagaglio di abitudini che si porta appresso, ma dal
quale non sa allontanarsi. La svolta si ha dopo il pensionamento e la morte
della moglie, una donna buona e gentile, che però Mario reputa di non aver
mai davvero amata. Ha inizio una lunga riflessione su se stesso nella quale
ripercorre quelle tappe che nella vita dovrebbero essere importanti, ma che ora
Mario non riesce a vedere se non ricoperte da una triste patina grigia. Il lavoro,
il matrimonio, i figli, le vacanze, tutto sembra esser avvenuto seguendo le
regole del buon senso, ma senza alcuna passione. La retrospettiva potrebbe
esser valida, o forse Mario, appesantito dall'età, non riesce più ad apprezzare
le gioie semplici di una vita tranquilla; in ogni caso ha inizio un viaggio, non
solo interiore, che lo porterà a vivere emozioni davvero forti. L'epilogo della
vicenda non sarà felice, Mario si perderà nel buio di un tunnel in cui si sarà
calato da solo, secondo la logica imprevedibile di quei “misteriosi atti nostri”25
inspiegabili perfino all'agente diretto.
Nel giugno 2010 esce una raccolta tutta speciale, per Mauro Pagliai
Editore; si tratta di Pellegrinaggio in città, una serie di articoli di Vichi sui
luoghi di culto di Firenze e dintorni. Nel gennaio del 2008 il direttore del
«Corriere Fiorentino», Paolo Ermini, e il vicedirettore Eugenio Tassini
chiesero a Vichi di occuparsi di una rubrica che raccontasse Firenze ai
fiorentini. Lo scopo era infatti promuovere la conoscenza dei luoghi di culto
della città, non per i turisti, ma per gli abitanti stessi che, sicuramente, non
conoscevano la ricca realtà che lo scrittore stesso ha scoperto vivendo un
aspetto della propria città fino ad allora ignorato. Immaginare Vichi percorrere
le ampie navate delle grandi basiliche ed aggirarsi fra le panche delle chiesette
di campagna, ricorda le lunghe passeggiate meditative di Bordelli nei cimiteri.
Un lungo viaggio attraverso collaborazioni giornalistiche, articoli, racconti
usciti su diverse riviste italiane ed esperienze artistiche di ogni genere fanno
25 Nota formula usata dallo scrittore Federigo Tozzi per indicare quelle pulsioni irrefrenabili
e imperscrutabili che scaturiscono dal misterioso animo di ogni uomo.
18
oggi, di Vichi, un autore in ascesa . I suoi interessi sconfinano anche nel
territorio del teatro e della musica. Nel novembre 2008 al teatro Puccini di
Firenze è andata in scena la prima dell'opera da camera Hanno detto con testi
di Vichi e musiche di Massimo Buffetti. Si tratta di uno spettacolo di teatromusica che avvolge cinque musicisti, una voce narrante e una cantante attorno
al ricordo di un attore che racconta come è nato e morto. Ma nell'atmosfera
commemorativa pian piano si inseriscono l'ironia e il divertimento, fino al
raggiungimento dell'equilibrio. Nel gennaio 2009 è andata in scena la prima di
La cena di Oberto nel Saloncino del teatro della Pergola. Questo lavoro
teatrale è tratto dall'opera di Vichi Noi soli. Oberto e Maria, due monologhi
che denunciano due differenti tipi di solitudine: quella di un figlio, schiacciato
da una madre oppressiva, e quella di una donna, non realizzatasi né nel ruolo
di figlia né in quello di madre, disillusa e infelice . L'adattamento teatrale è un
omaggio a Franco di Francescantonio, grande amico di Vichi, che aveva
partorito l'idea di un uomo, solo sul palco, di fronte ad una lunga tavola e alla
sua disperata solitudine. La storia avrebbe dovuto tenere un piglio ironico per
colpire nel vivo lo spettatore. Vichi, in brevissimo tempo, scrisse un testo che,
dopo adeguate modifiche, ha dato vita all'opera teatrale.
Per quello che
concerne la musica a giugno 2009 è uscito, per Magazzini Salani, il cofanetto
(CD+Libro) Nessuna Pietà, un progetto indirizzato a musicare le più grandi
tragedie dell'umanità. I testi delle canzoni, scritti da Marco Vichi, convivono
con le note di Nicola Pecci26 per ricordare il vergognoso sterminio dei
pellirossa, la disumanità dei campi di sterminio nazisti e dei gulag russi, la
bomba su Hiroshima e il dramma dei desaparecidos. Al progetto hanno
collaborato personaggi noti come Piero Pelù, Ginevra Di Marco e Luca
Scarlini, il quale ha curato anche il libro che raccoglie dieci testi
corrispondenti, nell'argomento trattato, alle dieci canzoni. Parole e musica per
26 Attore e musicista diplomato presso la “Bottega teatrale” di Vittorio Gassman. Ha firmato
un contratto discografico con la Major Cgd-East-West Warner Music ed ha vinto il primo
concorso Alice Tim “Area 24”. Si è esibito sui palchi del Pistoia blues e del Play Arezzo
ed è stato in tour con il gruppo Dirotta su Cuba.
19
comunicare rabbia e orrore; sentimenti che ognuno avverte difronte alle
ingiustizie, passate e presenti, comunque radicate nel mondo che viviamo.
L'introduzione al volume è di Carlo Lucarelli, uno dei più autorevoli giallisti
italiani, ideatore e conduttore del programma “Blu Notte” inerente ai casi
d'omicidio e misteri d'Italia mai risolti, autore di serie letterarie tradotte poi in
film e sceneggiati televisivi27.
Vichi, recensito ed intervistato su numerosi quotidiani e riviste letterarie,
ha oggi alle proprie spalle un discreto “esercito” di romanzi e racconti. I titoli
degli articoli a lui dedicati sono spesso farciti di elementi fondamentali per lo
stile dello scrittore: Firenze, noir, delitto, “città in nero”, ma è soprattutto la
figura del commissario Bordelli a destare curiosità. Protagonista di una serie di
polizieschi ormai noti, non si limita alla risoluzione di casi difficili, ma porta
alla luce un coinvolgente carico di umanità che rende la lettura avvincente.
Quattro indagini poliziesche, quattro gialli da risolvere, ma soprattutto un
integro commissario che non cede a compromessi immorali; il suo giovane
braccio destro Piras, un sardo tutto d'un pezzo, acuto come una volpe; un
esperto medico legale, il dottor Diotivede, che ama tanto la professione da
maneggiare viscere umane con la stessa premura con cui una bambina
raccoglie margherite. Ritratti quotidiani, curati nella descrizione intima e
psicologica, attraverso un linguaggio familiare, privo di fronzoli, perché
scrivere è rispondere ad un impulso che l'autore avverte come vitale. Per
quanto la creazione fantastica sia prodotto dell'inventiva dello scrittore, la
materia trattata è sempre legata a doppio filo alla realtà, e Vichi non vuole
comunicare qualcosa di vero mascherandolo dietro orpelli di corredo. Storie
avvincenti costellate di presenze umane cui risulti difficile non affezionarsi...
Questi gli elementi che rendono fortunata la serie.
27 Ad esempio la serie de L'ispettore Coliandro e Il commissario De Luca.
20
II. LA SERIE DEL COMMISSARIO BORDELLI
Quando Vichi ha creato Franco Bordelli non aveva in mente niente di
strutturato, il personaggio è cresciuto nelle sue mani, si è evoluto riga per riga,
assumendo sembianze sempre più concrete. Sembra che l'autore lo abbia
incontrato, più che creato, offrendogli parola e occasione di raccontarsi.
Scrivere è una scoperta continua, anche per l'autore stesso; l'emozione
somiglia a quella che prova l'archeologo quando scava intorno ad un oggetto
che emerge dal terreno, può sembrare un vaso... invece è una statua:
Anche per chi scrive è così: lo scrittore sa che la storia c'è, ne
afferra l'inizio, e magari crede di sapere come continuerà e come
finirà, ma non sa dire precisamente cosa verrà fuori, anzi spesso
vede emergere una storia che lo stupisce, che non sa da dove
viene.28
L'idea di ambientare un poliziesco a Firenze è balenata mentre Vichi si
trovava a casa di un amico e l'impulso a scrivere ha portato alla stesura dei
primi elementi della serie dedicata al commissario Bordelli: nell'arco di poco
più di tre mesi, nel lontano 1995, sono nati i tre romanzi Il commissario
Bordelli, Una brutta faccenda, Il nuovo venuto e il racconto Perché dollari?.
Il secondo romanzo si presenta oggi come il risultato della fusione fra due
iniziali versioni, operata da Vichi avvalendosi dell'aiuto di un esperto
giallista, Lucarelli. Per alcuni anni, Vichi conserva questi lavori come
diamanti grezzi, perseverando in una lenta ma continua operazione di
28 M. Vichi, Gli scrittori son tombaroli, prefazione alla raccolta miscellanea di racconti
Crimini etruschi, Pitigliano (Grosseto), Editrice Laurum, 2006, p. 7.
21
limatura fino alla pubblicazione de Il commissario Bordelli (Guanda, 2002).
Successivamente, nel 2003 e 2004, escono per la stessa casa editrice, Una
brutta faccenda e Il nuovo venuto. Perché dollari? viene pubblicato, nella
omonima raccolta (Guanda, 2005); mentre Morto due volte, un secondo
racconto frattanto ideato e composto, viene pubblicato nell'antologia Città in
nero (Guanda, 2006). Tre anni dopo esce il quarto e conclusivo romanzo della
serie, Morte a Firenze (Guanda 2009), in seguito ad un assiduo lavoro per il
recupero di fonti e testimonianze relative al momento dell'alluvione del 1966.
Non esiste un motivo specifico per cui le vicende si ambientino negli anni '60
se non l'aver immaginato il commissario aggirarsi per le vie di Firenze,
certamente meno trafficate, a bordo del suo caro Maggiolino.
Bordelli ha vissuto la guerra e ha combattuto contro i tedeschi, non come
partigiano, ma nelle fila dell'esercito regolare. Attraverso i ricordi che
tormentano il commissario, soprattutto la sera prima di addormentarsi, Vichi
tramanda l'esperienza militare del padre. Ogni incubo, ogni memoria, ogni
momento bellico richiamato nei romanzi è stato vissuto sulla propria pelle da
Franco, padre di Vichi. Gli aneddoti inseriti nelle pagine, come pensieri di un
nostalgico guastatore del San Marco, sono attinti alla memoria dei racconti
paterni che Vichi ascoltava, ammirato, quando era piccolo. Nelle note
conclusive del romanzo Una brutta faccenda, lo scrittore ringrazia il padre
ricordando:
Quando ero bambino, dopo cena, ci raccontava storie di guerra,
alcune divertenti, altre terribili, ma aveva sempre uno scintillio
negli occhi che mi faceva pensare a quanto dovesse essere stato
bello fare la guerra. Ne ero così convinto che da bambino, quando
qualcuno mi faceva la classica domanda “Cosa vuoi fare da
grande?”, io rispondevo convinto “La guerra”.29
Lo strano scintillio che animava gli occhi dell'uomo mentre raccontava
non era dovuto alla bellezza della guerra, come il figlio aveva frainteso, ma
29 M. Vichi, Una brutta faccenda, Parma, Guanda, 2003, p. 245.
22
alla gioia d'esser vivo per tramandare la propria esperienza. Gli avvenimenti
vissuti in prima persona o ricordati da altri, costituiscono un ricco repertorio
cui Vichi attinge spesso, anche nei romanzi “non bordelliani”30. Lo stimolo a
scrivere deriva dalla volontà di non dimenticare e non lasciare svanire storie
potenzialmente costruttive o interessanti, permettendo alla propria memoria di
sopravvivere alla materialità della vita.
Le scelte stilistiche di Vichi s'improntano a tematiche realistiche, per
questo Bordelli è un personaggio studiato a 360°; il suo animo, la sua
psicologia e le sue relazioni, descritti accuratamente, sono i veri protagonisti
sulla scena. In linea con la tradizione del poliziesco, Vichi si avvale della
figura del commissario, il quale viene analizzato ben oltre i limitati confini
professionali e presentato in tutta la sua umanità. Al giallo classico, in cui
prevale la dimensione deduttiva ricca di particolari riguardo gli alibi dei
personaggi e i moventi dei colpevoli, Vichi preferisce coloriture noir,
sottogenere in cui si analizza anche l'altra faccia del reato, attraverso il punto
di vista del criminale, e si concentra l'attenzione sull'atmosfera entro cui si
muovono quei personaggi di cui viene analizzata a fondo la psicologia. Il suo
si potrebbe definire un poliziesco di “costume” dal momento che vengono
rappresentati i comportamenti degli individui che muovono la storia e non le
fini strategie che, solitamente, rendono intricata la trama.
All'elaborazione di un intreccio macchinoso, carico di suspence, Vichi
preferisce il ritratto di quei personaggi che rischierebbero di assolvere
unicamente la funzione di corredo. Il Botta, abile scassinatore con la passione
per la cucina; Totò, cuoco pugliese che ha sempre un aneddoto adatto
all'occasione; Rosa, ex prostituta conosciuta da Bordelli durante una retata...
Figure che non impedirebbero, con la loro assenza, il normale svolgimento
dell'inchiesta, ma che attraverso la loro presenza rendono la storia molto più
30 In Per nessun motivo (Milano, Rizzoli, 2008), Vichi cita una nobildonna, sua nonna, che
alla notizia della morte di un suo ex cameriere è tanto insensibile da pronunciar la frase
“Capitano tutte a me”.
23
interessante e variegata, ricca di episodi non strettamente legati alla
professione di Bordelli, ma relativi alla quotidianità della vita. I personaggi di
Vichi sono dinamici, subiscono cambiamenti nel corso del medesimo romanzo
e ancor di più lungo tutta la serie, vengono analizzati “a tutto tondo”
presentandone un dettagliato profilo psicologico. Anche la caratterizzazione
linguistica è ben studiata e il risultato è un armonico gioco di voci che si
alternano. Bordelli parla in modo molto schietto e diretto, spesso a contatto
con superiori arroganti o colleghi corrotti si concede qualche colorita
volgarità; ciò non accade quasi mai, invece, all'elegante Diotivede un vero
signore sotto ogni aspetto. Piras usa spesso l'espressione “minca”, intercalare
inconfondibile, che lo riconduce alla terra natia; Rosa coi suoi vezzeggiativi e
le sue paroline mielose ha un modo tutto suo per rapportarsi ad un mondo che,
specie nei confronti di una come lei, ha davvero poco di dolce. La materia
plasmata da Vichi è sempre la solita, composta da personaggi conosciuti che in
ogni avventura tornano, si alternano, s'incrociano dando all'opera forme
sempre diverse. L'indagine è come una cornice che inquadra il medesimo
dipinto rendendolo, di volta in volta, più luminoso, più cupo, più ricco; ciò
non esclude, ovviamente, un'attenzione particolare verso quegli aspetti che
meno competono il mestiere dello scrittore. Vichi vuole che le indagini del suo
commissario rispecchino in maniera verosimile le reali inchieste di polizia e si
avvale dell'aiuto della cugina Francesca per le consulenze mediche, necessarie
soprattutto per la credibilità scientifica delle analisi del medico legale
Diotivede. Alla domanda di Mariano Sabatini, inerente le ricerche effettuate a
vantaggio della credibilità del romanzo Il nuovo venuto, Vichi risponde:
Anche per questo romanzo, prima ho scritto, poi sono andato a
verificare date, strade e altre cose per non fare troppi errori legati
agli anni sessanta in cui è ambientato.31
31 In M. Sabatini, Trucchi d'autore, cit., p. 49.
24
II.1 Il commissario Bordelli
Il primo romanzo della serie dedicata al commissario Bordelli, è stato
pubblicato nel 2002 per Guanda ed è stato scritto mentre Vichi si trovava nella
casa dell'amico Franco di Francescantonio, che gliela aveva prestata per tre
mesi. Il protagonismo del titolo, Il commissario Bordelli, rispecchia il carattere
illustrativo di questo primo romanzo, una sorta di presentazione del
personaggio e della realtà a lui circostante. La storia si svolge a Firenze,
ambientazione costante per l'intera serie, nella calda estate del 1963. Bordelli è
un commissario di cinquantatré anni, alle prese con i primi problemi di
sovrappeso; non si è mai sposato e vive da solo in un appartamento nel
quartiere di San Frediano. La sua natura, profondamente meditativa, lo porta
spesso ad immaginare l'incontro con la donna giusta:
Non aveva nessuna idea precisa, ma era sicuro che se l'avesse
avuta davanti avrebbe capito subito che era lei. Sarebbe stata una
grande vittoria. Poi pensò che ormai era tardi. Se la trovava adesso,
a cinquantatré anni, sarebbe stata una sconfitta. Forse aveva
sbagliato tutto. Aveva sempre aspettato qualcosa di speciale, come
una bambina che crede al principe azzurro, consumandosi
stupidamente in quell'illusione.32
A volte la solitudine si fa troppo pesante e Bordelli si abbandona a storie
brevi, con ragazze squallide che inevitabilmente gli lasciano addosso tanta
voglia di stare solo. L'unica davvero in grado di trasmettere un po' di pace al
commissario è Rosa, una donna di mezza età che ha esercitato il mestiere fino
all'entrata in vigore della legge Merlin, che sanciva l'abolizione delle case di
tolleranza; con i propri risparmi ha acquistato un appartamento in Via de Neri
dove spesso il poliziotto la va a trovare. Nonostante sia stata una prostituta,
32 M. Vichi, Il commissario Bordelli, Parma, Guanda, 2002, p. 80.
25
Rosa mantiene una purezza ed un candore speciali; il suo ottimismo non è
scioccamente motivato, ma pienamente cosciente dei mali della vita, per
questo Bordelli ama stare con lei nei momenti più cupi. L'aiuto della donna,
per quanto inconsapevole, risulta spesso determinante nella risoluzione del
caso, proprio come accade nel primo romanzo.
In Il commissario Bordelli l'indagine riguarda il decesso di una ricca e
anziana signora malata d'asma. Rebecca Pedretti Strassen vive in una delle
zone collinari più prestigiose di Firenze; la villa nobiliare deve risalire al
Seicento ed è adornata da un cancello monumentale e da un parco vastissimo.
La donna viene trovata morta nella propria camera e la causa del decesso
sembra imputarsi ad una crisi respiratoria, ma un dettaglio insospettisce: la
boccetta del farmaco contro la malattia, è stata trovata ben avvitata sul
comodino; come se la poveretta non avesse neppure tentato di salvarsi. A
fomentare i sospetti, le aperte accuse d'omicidio dirette dalla dama di
compagnia ai Morozzi, i due meschini nipoti della vittima. In questa prima
inchiesta è chiaro fin dall'inizio il nome dei colpevoli e il giallo si riduce, quasi
unicamente, alla demolizione del loro alibi e alla ricerca del trucco usato dagli
assassini per uccidere la donna. Bordelli riesce a scoprire che i Morozzi
avevano sostituito, al farmaco della zia, una identica boccetta piena d'acqua e
cosparso la schiena del gatto della donna con il polline di una pianta
particolarmente allergizzante; dopodiché si erano recati alla casa al mare,
lontano da Firenze. Conoscendo le abitudini della bestiola, che ogni sera alle
nove in punto si faceva trovare in camera dalla padrona per le consuete
coccole, ed intuendo così l'ora del decesso, i Morozzi non avrebbero avuto
altro da fare se non trovare chi testimoniasse la loro presenza al mare nell'arco
della serata. Poi, durante la notte, uno dei due sarebbe tornato a Firenze per
sostituire la boccetta d'acqua con il vero medicinale, cancellando ogni prova
del delitto. L'errore, che smaschererà il colpevole, sarà di aver lasciato troppo
ordine; infatti la medicina, tappata stretta, desterà i sospetti di Bordelli e Piras.
26
Essere affiancato nell'investigazione dal giovane sardo Pietrino Piras, figlio di
un vecchio compagno del San Marco, aiuta Bordelli a far convivere presente e
passato in un continuo intreccio di attualità e memoria. É proprio questo
complesso rapporto fra presente e passato, uno dei tratti caratterizzanti la
tormentata personalità del commissario. A volte un nome, altre un luogo, in
certi casi un odore sono sufficienti a scatenare, nella mente del nostalgico
poliziotto, un uragano di ricordi che spaziano dalle scene più cruenti di guerra
ai più teneri momenti dell'infanzia. L'esperienza militare, della Resistenza, è
sicuramente il momento che più ha segnato la vita di Bordelli «[...] quegli anni
non riusciva a dimenticarli, erano sempre lì, presenti e concreti come le sue mani .»33.
Sia si tratti di incubi, sia si parli di ricordi razionalmente richiamati, tutto quel
che inerisce la guerra affiora, nitido, alla mente del commissario. Se la
memoria dei compagni di battaglia infiamma il presente di Bordelli, le
reminiscenze dei momenti trascorsi con la propria famiglia acuiscono un
profondo senso di nostalgia. Nel primo romanzo l'odore del mare, riporta ai
lontani giorni passati in villeggiatura con le zie in una casa d'altri tempi: tavoli
di travertino, pergolati di passiflora, biscotti stantii, ma soprattutto le quattro
donne sulla spiaggia vestite ed acconciate come partecipassero ad un
ricevimento. Quegli anni appaiono tanto diversi dai tempi odierni da definirli
«lontani fra loro come un calesse da una Lancia Flaminia.»34.
La trama del primo romanzo, più che colorirsi di mistero, risulta
funzionale alla presentazione del commissario, della sua vita e dei compagni
di viaggio che lo accompagneranno nelle avventure successive. La voce
narrante non è onnisciente, ma una terza persona con punto di vista limitato. In
questo caso Vichi non descrive gli eventi in prima persona, ma mostra al
lettore la vicenda attraverso gli occhi del solo protagonista, usando quindi una
focalizzazione interna. Il lettore osserva la Firenze dove il commissario vive e
lavora, una società malsana entro cui Bordelli cerca di combattere l'ingiustizia,
33 Ivi, p. 99.
34 Ivi, p. 123.
27
per quanto si senta una goccia in mezzo all'oceano. Ha preso parte alla guerra
ed ha ucciso, con l'obbiettivo di liberare l'Italia dall'oppressione nazista e
garantirle nuovi sani principi; il problema è che questo progetto non si è
realizzato. Un'Italia migliore non è stata raggiunta e spesso Bordelli si chiede
per cosa abbia combattuto, se non per chi ancora sta male e continua ad essere
sfruttato, il potere è in mano a pochi e il denaro fa da padrone.
L'Italia si culla in quell'ameno sogno di ricchezza dovuto alle vantaggiose
contingenze del periodo definito “miracolo economico”, che si estende dagli
anni cinquanta ai settanta del XX secolo. L'Italia non poteva uscire dalla
Seconda Guerra Mondiale con la stessa fierezza degli Alleati vincitori; fino
all'otto settembre del 1943, data dell'armistizio proclamato dal Maresciallo
Badoglio, era infatti un paese nemico. Occupata dalle truppe straniere ed
arretrata rispetto ai paesi europei più sviluppati, sembrava versare in una
difficile situazione da cui si sarebbe ripresa solo grazie agli ingenti aiuti
provenienti dal Piano Marshall ed indirizzati all'Italia in merito alla sua
posizione geografica favorevole agli scambi. Più che l'intraprendenza e
l'abilità degli imprenditori, fu l'incremento del commercio internazionale e la
fine del protezionismo italiano a sostenere la crescita. L'aumento della
produzione e lo sviluppo dei settori siderurgici e meccanici non avrebbe avuto
luogo senza il basso costo della manodopera, gli alti livelli di disoccupazione
negli anni cinquanta determinarono un aumento ingente della domanda di
lavoro rispetto all'offerta, che comunque riguardava il settore terziario e
dell'industria a scapito dell'agricoltura. Ne risultò un'imponente moto
migratorio dalle campagne alle città, col relativo ingrossamento delle fila di
disoccupati ai margini della società. Inoltre il modello di vita urbano, attraeva
inevitabilmente i giovani che abbandonarono in blocco il Mezzogiorno. Il
progresso tecnologico e l'aumento della produttività ebbero esiti dirompenti e
imprevisti che, mancando un razionale incanalamento della crescita, portarono
un grave divario sociale. Ad esser privilegiati furono quei beni di lusso spesso
28
dedicati all'uso privato ed individuale, senza un'adeguata corrispondenza nella
crescita dei settori pubblici, scuole, ospedali, trasporti e consumi di prima
necessità.
Questa situazione generale può essere circoscritta alla realtà fiorentina,
dove Bordelli non può fare a meno di constatare pericolosi squilibri sociali.
«La legge è uguale per tutti» è la frase che il questore Inzipone continua a
ripetere al testardo commissario, senza però tenere conto che non tutti sono
uguali. Secondo Bordelli, le norme non possono esser applicate freddamente
nei confronti di chi delinque per fame e si trova, senza possibilità di scelta, di
fronte ad un sistema che lo estromette dalla società “per bene”. Si giustifica
così l'antipatia del commissario verso le retate e comunque, quando è costretto
a farle, chiude un occhio lasciando sfuggire i disgraziati che gli capitano fra le
mani. Gli amici di Bordelli sono prostitute come Rosa e scassinatori come il
Botta, un ladruncolo che ha imparato la cucina di mezzo mondo spostandosi
da un carcere all'altro ed ha insegnato al commissario ad aprire le serrature più
difficili. Contrabbandieri e falsari, un esercito di gente umile che si arrangia
per vivere; non sono loro i veri “cattivi” della società, ma coloro che non
provano rimorso neppure di fronte a torti compiuti ai danni di familiari,
poveracci, innocenti o bambini.
In questa società, che spesso pecca di egoismo ed individualismo, Bordelli
cerca compagnia nel contatto umano coltivando rapporti stravaganti: la
particolare amicizia che lo lega a Rosa, le cene tra pochi intimi organizzate
con l'aiuto dell'ottimo cuoco Botta, gli ordinari pasti consumati nella cucina
della trattoria Da Cesare, viziato dalle leccornie preparate da Totò... Spesso
Bordelli, sospinto dalla propria natura meditativa, si perde:
[...] nell'ipotetica e impossibile famiglia che a volte s'immaginava
di formare in vecchiaia: una cascina in mezzo ai vigneti, sei o sette
amici fidati, passeggiate, cene che non finivano mai e una valanga
di ricordi, storie passate da ascoltare e raccontare d'inverno davanti
29
al camino, oppure d'estate sotto il pergolato coi grilli che ti bucano
le orecchie, E ogni tanto, perché no, una partita a bocce dietro
l'orto. Diotivede quasi centenario avrebbe curato gli animali feriti, il
Botta e Totò fissi in cucina, lo psicoanalista Fabiani per i momenti
di depressione, e Rosa per colorare la clausura con la sua ingenuità
immacolata. Ci avrebbe visto bene anche quel visionario di Dante,
che avrebbe incantato tutti coi suoi congegni […].35
Uno degli amici più vicini a Bordelli è il dottor Diotivede, che incarna
l'antico rapporto che lega la medicina alla legge; il suo paradossale cognome
sembra dare un avvertimento ai criminali: quando la giustizia non basta ad
incastrarli, c'è sempre una legge superiore cui rendere atto. La professione di
Diotivede diventa facile bersaglio per le frecciatine del poliziotto, anche se il
medico non si scompone. Non avverte la particolarità del proprio lavoro e non
comprende come si possa definire “macabro” ciò che fa con grande passione.
Il rapporto col commissario è di sincera stima reciproca anche se, non
riconoscerlo e stuzzicarsi a vicenda, è una delle cose che più diverte entrambi.
Diotivede non è più un ragazzino e, per quanto non sembri, ha passato già i
settanta anni; forse proprio lavorare a stretto contatto con i morti gli ha
insegnato ad apprezzare la vita tanto che, in Morte a Firenze, s'innamora di
Marianna, molto più giovane. Bordelli si chiede spesso se una tale fortuna
capiterà mai anche a lui, alternando frequenti momenti di sconforto a più rari
attimi di ottimismo. Il pensiero si presenta alla mente del commissario già nel
primo romanzo, quando il cugino Rodrigo, innamorandosi, perde la razionalità
che lo ha sempre caratterizzato e vede pian piano crollare quel castello di carte
che sosteneva una vita perfetta da lupo solitario.36 Anche il giovane sardo,
Piras, incontra Sofia durante una delle indagini svolte a fianco del
commissario, esattamente in Una brutta faccenda.
35 Ivi, p. 95.
36 Rodrigo ha solo pochi anni meno del cugino Franco, ma i due sono molti diversi e non si
piacciono. Entrambi single, per motivi differenti, si cercano periodicamente per
confrontarsi e confermare a se stessi le proprie scelte di vita. Rodrigo, quando s'innamora,
cambia totalmente abbandonando la maschera di professore meticoloso e pignolo per
mostrare al cugino l'uomo che c'è in lui.
30
II.2 Una brutta faccenda
Questo secondo romanzo si ambienta a Firenze nell'aprile del 1964, la
primavera si lascia attendere, mentre la pioggia continua a cadere. La storia si
apre con la notizia concitata dell'avvistamento di un cadavere in un oliveto da
parte di Casimiro, un nano amico di Bordelli. Il campo si trova nei pressi di
una villa settecentesca sulle colline di Fiesole; tornati sul posto, non solo è
sparita ogni traccia del morto, ma i due rischiano addirittura di esser attaccati
da un dobermann inferocito che il commissario uccide con un colpo di pistola.
Lo spavento è tanto da giustificare la ritirata, ma la curiosità di Bordelli è più
forte e lo costringe a tornare nell'oliveto dove anche il corpo del cane sembra
svanito. Ad un tratto, un rumore proveniente dalla villa richiama l'attenzione
del commissario sulla ringhiera che si affaccia a strapiombo sull'oliveto;
Bordelli favorito dalla posizione nascosta, riesce a scorgere nel chiarore lunare
il profilo di un uomo con una grande macchia scura sul collo. Quell'uomo e
soprattutto
quel
particolare
inconfondibile
rammentano
qualcosa
al
commissario anche se non riesce a ricordare cosa. Decide di suonare alla villa
per ottenere qualche informazione sul padrone di casa, ma la governante
afferma di esser sola, poiché il barone è sempre in viaggio. Le stranezze
cominciano ad esser troppe e Bordelli decide di far partire una piccola
indagine personale potendo avvalersi anche dell'aiuto “dell'audace” Casimiro.
Pochi giorni dopo, giunge in questura la terribile notizia di un omicidio ai
danni di una bambina di sette anni. La piccola è stata strangolata e riporta le
tracce di un morso sull'addome, il delitto sembra proprio esser opera di un
maniaco e Bordelli teme nuove vittime. L'orribile presagio si realizza, infatti
ben quattro bambine saranno uccise, con le stesse modalità, prima che Bordelli
scopra l'assassino. Mentre concentrazione ed energie si orientano alla ricerca
31
del killer seriale, un brutto pensiero aleggia nella mente del commissario: che
fine ha fatto Casimiro? L'ultima volta il nano aveva raccontato di voler
appostarsi presso la villa per spiare il barone; nonostante Bordelli avesse
cercato di persuaderlo a non immischiarsi in faccende più grandi di lui,
Casimiro non gli aveva dato ascolto. Il cadavere del nano viene rinvenuto dal
commissario stesso e dall'autopsia di Diotivede, emerge che la morte è stata
indotta per avvelenamento. I sospetti cadono subito sul barone, avvalorati dal
ritrovamento nei pressi della villa del portafortuna da cui Casimiro non si
separava mai, uno scheletrino di plastica.
In questo romanzo Bordelli affronta due difficili casi che procedono di
pari passo: da un lato la catena di bambine vittime del maniaco, le
testimonianze, i sospetti, il graduale avvicinamento al colpevole; dall'altro il
ritrovamento del corpo di Casimiro, l'accertamento delle cause della morte, la
ricerca di informazioni sull'identità dell'uomo dalla macchia scura sul collo.
Bordelli è aiutato in questo ultimo punto dalla Colomba Bianca,
un'organizzazione segreta cui aveva collaborato di persona, che si occupa di
portare a termine le sentenze di Norimberga contro quei nazisti scampati alla
condanna. Individuato il barone, Karl Strüffen eminenza del Terzo Reich,
Bordelli ha finalmente il nome dell'assassino dell'amico Casimiro. Il
commissario vorrebbe assicurare il colpevole alla giustizia, ma la Colomba
Bianca porta avanti un progetto molto più radicale che non le permette di
risparmiare la vita ad ex nazisti. Inaspettatamente anche l'altra inchiesta, quella
relativa agli omicidi seriali delle bambine, è legata all'organizzazione segreta.
Il killer è Davide Rivalta, che Bordelli scoprirà chiamarsi in realtà Rovigo, ex
membro della Colomba Bianca. Rovigo era un ebreo, deportato ad Auschwitz
e qui maltrattato e umiliato fino a privarlo di ogni dignità; nel campo di
sterminio gli avevano strappato un dito della mano, ma soprattutto gli avevano
portato via l'affetto più caro: la figlia Rebecca. Qualcuno aveva addirittura
raccontato a Rovigo che i tedeschi, prima di spedire la bambina alla camera a
32
gas, le avessero aizzato contro un cane lupo; giustificazione dei morsi
sull'addome delle vittime. Tornato a casa, Rovigo non aveva potuto cancellare
l'odio verso i nazisti né saziare la sete di vendetta, tanto forte, da spingerlo ad
uccidere quattro bambine, la cui unica colpa, era esser figlie di tedeschi.
La serie del commissario Bordelli subisce un'evoluzione sotto molti punti
di vista; riguardo alla complessità dell'indagine, certe differenze si possono già
riscontrare fra il primo e il secondo romanzo. I fratelli Morozzi, i “cattivi” de
Il commissario Bordelli, erano personaggi deboli, privi di personalità,
spaventati solo dall'idea di venire scoperti; il loro omicidio non aveva altro
movente se non il desiderio di impossessarsi delle ricchezze della zia. Ad
un'uccisione per motivi ereditari, seguono i due articolati casi presenti in Una
brutta faccenda. É il 1964, la terribile esperienza della guerra e le scelleratezze
dell'olocausto sono ancora questioni fresche e vive nella mente di chi, in un
modo o nell'altro, vi prese parte. In questo romanzo due personaggi,
profondamente distanti, assumono le stesse vesti di assassino. Da un lato Karl
Strüffen, uno spietato criminale nazista, macchiatosi del sangue di vittime
innocenti, soprattutto ebrei, Dopo la caduta del Terzo Reich era stato
condannato ad una vita da fuggiasco, a causa della sentenza deliberata a suo
danno durante il processo di Norimberga. Aver ucciso Casimiro, che
certamente non rappresentava una reale minaccia, è la prova di come Strüffen
vivesse in uno stato d'allerta perenne, non potendosi permettere di lasciare
nulla al caso. Dall'altro lato Rovigo, deportato ebreo oppresso dalle
persecuzioni naziste e, indirettamente, dallo stesso Strüffen. La detenzione nel
campo di concentramento l'ha reso folle, la perdita della figlia Rebecca ha
annientato ogni residuo d'umanità nel padre che, da vittima, si è tramutato in
carnefice. Il programma perseguito dall'organizzazione della Colomba Bianca
ai danni dei diretti responsabili dei crimini di guerra, non appaga il disperato
bisogno di vendetta di Rovigo che arriva ad accanirsi sulle figlie innocenti di
uomini tedeschi.
33
Bordelli è riuscito anche stavolta a smascherare i colpevoli: un tedesco,
incantato dai malati ideali di un movimento politico spietato e crudele ed un
ebreo, reso pazzo dal trauma subito a causa della deportazione. In entrambi i
casi si tratta davvero di una “brutta faccenda” e Bordelli, nella conclusione del
romanzo, non può fare a meno di provare una forte amarezza:
In un modo o nell'altro quei casi di omicidio erano stati risolti. Un
altro nazista era stato giustiziato, il mostro delle bambine era ormai
sottoterra, sepolto insieme alla sua follia. Era tutto finito, tutto
finito... almeno fino a quando l'equilibrio mentale di altri uomini
non si fosse improvvisamente spezzato. Mentre schiacciava la cicca
nel posacenere un moscone mezzo moribondo gli si posò sul polso.
Era grasso e nero, con le zampe pelose. Il commissario tenne ferma
la mano per non farlo volare via, per non sentirsi solo.37
La precarietà dell'animo rende spesso l'uomo vittima di quella
degenerazione morale che lo spinge a commettere le peggiori nefandezze. Il
commissario sa che contro questo male non esiste una cura efficace e si sente
solo di fronte a quel grande mistero che è la psiche umana. Conosce bene i
limiti del proprio lavoro e sa di non poter eliminare ogni iniquità. Il profondo e
personalissimo senso di giustizia spingono Bordelli a lavorare come poliziotto
con lo scopo di ripulire il suo piccolo mondo dai veri pericoli, affrontando
minacce concrete e non accanendosi contro quei delinquenti occasionali che le
istituzioni additano come responsabili di ogni male. A sostenerlo,
nell'operazione di garanzia di giustizia, il suo braccio destro Piras. Serietà,
intuito, solerzia sono caratteristiche che il giovane sardo palesa fin dal
principio, non limitandosi mai al semplice ruolo di spalla, ma contribuendo
attivamente alla risoluzione del caso.
37 M. Vichi, Una brutta faccenda, cit., p. 243.
34
II.3 Il nuovo venuto
Il personaggio di Piras, attraverso i primi due romanzi, si consolida nei
suoi tratti caratterizzanti e si delinea come comprimario di Bordelli. Ne Il
nuovo venuto, conduce una personale indagine mentre si trova a casa, in
Sardegna, per riprendersi da una ferita alle gambe riportata in uno scontro a
fuoco. Due percorsi investigativi si affiancano viaggiando in parallelo, anche
se a distanza; un ponte telefonico collega Bordelli a Piras, Firenze a
Bonarcado, consentendo ai due di aggiornarsi sugli sviluppi del rispettivo
caso. Il commissario indaga sulla morte di un usuraio, calandosi nelle
dinamiche dei suoi loschi traffici; Piras si trova invischiato in un apparente
suicidio collegato a vecchie storie risalenti agli anni della guerra, usuale
dominio di Bordelli. Un altro anno è passato, le vicende si svolgono nel freddo
dicembre del 1965 quando il Natale e l'anno nuovo sono alle porte. Piras non
crede che Benigno, suo conoscente, si sia tolto la vita e sospetta un omicidio in
piena regola di cui, grazie all'aiuto e ai consigli dell'amico fiorentino,
smaschera il colpevole. Badalamenti è un usuraio venuto a Firenze dal Sud
Italia, il decesso è stato provocato da un violento colpo inferto alla base del
collo con un paio di forbici. Le analisi di Diotivede rivelano che l'assassino è
sicuramente mancino, punto di partenza per le indagini. Nonostante Bordelli si
trovi davanti ad un caso di omicidio, non riesce a provare verso il colpevole
l'antipatia che solitamente sente verso chi uccide. In questo caso l'odio per i
soprusi commessi dall'usuraio Badalamenti è molto più forte, come se la
vittima avesse sfidato la sorte con le sue estorsioni e ricatti, meritandosi una
vendetta violenta. Bordelli, in casa dello strozzino, scopre un pacchetto intero
di cambiali, fedi nuziali e gioielli sicuramente impegnati da povera gente che
non sarebbe mai riuscita a pagare gli interessi esosi pretesi dall'aguzzino.
35
Intanto Piras trova il corpo senza vita di un amico di famiglia, Benigno.
L'uomo sembra essersi suicidato con un colpo di pistola nella propria
abitazione, ma l'acuto spirito di osservazione del giovane poliziotto e la
predisposizione a non fidarsi delle apparenze, lo inducono a constatare
l'assenza di un dettaglio fondamentale sulla scena del delitto: il proiettile.
Essendosi Benigno suicidato, non è possibile che nella stanza non si trovi il
bossolo; qualcuno deve averlo portato via inavvertitamente. I sospetti si
rivelano corretti; dopo aver scoperto che Benigno era in contatto con un
avvocato che mediasse la trattativa di vendita di un suo terreno con un
compratore, Piras decide di seguire questa pista. Viene a sapere che al
momento dell'incontro con Pintus, il costruttore interessato a comprare,
Benigno si era comportato in modo davvero strano; sembrava stupito e,
all'improvviso, se n'era andato ritirando l'offerta di vendita. Piras riesce a
scoprire perché Benigno fosse così turbato di fronte al compratore, quel volto
lo conosceva e non ricordava nulla di positivo. Anni prima, quando negli
ultimi mesi di guerra tentava di tornare in Sardegna dopo aver disertato, era
stato catturato assieme ad una famiglia di ebrei da un gruppo di fascisti il capo
dei quali era proprio Pintus. Dopo aver razziato i beni della famiglia ed aver
tormentato i prigionieri, i fascisti avevano aperto il fuoco uccidendoli tutti,
tranne Benigno che se l'era cavata con una ferita alla spalla e un ricordo
terribile che lo aveva accompagnato tutta al vita. Benigno, dopo tanti anni, di
fronte al volto di Pintus non aveva potuto nascondere una reazione di profondo
sconforto; il fascista, accortosi di ciò, aveva deciso di uccidere il pericoloso
testimone. Il procedimento teorico che spiega il delitto è chiaro, ma mancano
le prove. Quando finalmente Piras incontra Pintus, con un incredibile colpo di
scena, intravede incastrato sotto uno dei suoi scarponi il bossolo scomparso
dalla casa di Benigno, riuscendo così ad incastrare l'assassino. Un vero e
proprio coupe du théâtre aiuta il caparbio poliziotto a risolvere il suo primo
caso, dimostrando così l'intenzione di Vichi volta più a presentarci la
personalità e l'intuito del personaggio che a costruire un macchinoso ordito.
36
Intanto, a Firenze, il commissario consegna alle vittime dell'usuraio i loro beni
e le cambiali che finalmente possono stracciare; vuole completare l'operazione
prima di Natale così da fare un gran bel regalo a tutti. Il più fortunato sarà
Odoardo, un ragazzo giovanissimo rimasto orfano, la cui mamma si era trovata
invischiata nella rete di Badalamenti. L'usuraio era in possesso di fotografie
compromettenti che la ritraevano in atteggiamenti provocanti assieme a soldati
americani durante la guerra. Probabilmente la donna era stata costretta ad un
lavoro poco nobilitante dalle difficoltà del periodo, ma al figlio non aveva
voluto raccontare il suo passato. Badalamenti non aveva perso occasione di
ricattare la donna minacciandola di far sapere tutto al figlio. Lei era morta
prima di saldare il suo debito e Odoardo aveva fatto di tutto per farla riposare
in pace, cercando di pagare lo strozzino. Avrebbe voluto vedere le foto, cui
non voleva credere, ma l'aguzzino continuava a tormentarlo, insultandolo fino
allo sfinimento... Odoardo aveva ucciso Badalamenti con un paio di forbici,
ma per lui il 1966 sarà comunque un buon anno, poiché Bordelli ha deciso di
ascoltare la propria coscienza.
Di fronte alla confessione del ragazzo, il commissario non riesce a
considerarlo colpevole; anzi ritiene responsabile dell'accaduto il giudice
Ginzillo che aveva impedito di far luce sui loschi affari di Badalamenti per
tempo. Molti mesi prima dell'omicidio, infatti, Bordelli aveva richiesto al
questore Inzipone un mandato di perquisizione per incastrare lo strozzino;
ovviamente senza denunce né prove concrete il giudice lo aveva negato.
Bordelli aveva di nuovo ottenuto prova della meschinità delle istituzioni.
Ginzillo non voleva osteggiare un personaggio influente come Badalamenti,
amico di politici e famiglie prestigiose. La preoccupazione principale non era
garantire la giustizia, ma rischiare di mancare di rispetto ad un uomo tanto
potente , compromettendo l'immagine del dipartimento. Non aver smascherato
l'usuraio per tempo ha prolungato le sofferenze dei suoi debitori e ha indotto
un ragazzo come Odoardo a cedere alla rabbia compiendo un gesto che la
37
stessa giustizia avrebbe potuto evitare. Bordelli decide di pareggiare i conti: ad
un torto subito corrisponde una grazia ricevuta, Odoardo non sconterà la
negligenza di un giudice non professionale.
Per quanto non manchino umane giustificazioni alla scelta di Bordelli,
l'esito de Il nuovo venuto risulta molto singolare. Il commissario di Vichi è
anomalo rispetto alle figure del poliziesco tradizionale; certi aspetti possono
avvicinarlo a Maigret, personaggio nato dalla fantasia di Georges Simenon.
Entrambi nell'affrontare un'indagine, si affidano al proprio intuito, si calano
nell'atmosfera entro cui è stato compiuto il delitto e cercano di capire la
personalità dei presunti colpevoli e delle vittime. Nelle inchieste di Maigret
l'indagine psicologica assume particolare rilevanza, a volte appare al
commissario più importante dell'effettiva risoluzione del caso. La dignità dei
colpevoli non viene offesa, né con severi giudizi né attraverso spietate
condanne, ma la loro umanità è rispettata. Anche Maigret spesso viene
osteggiato dal giudice istruttore Ernest Comeliau, contrario ai suoi metodi
investigativi, ma che tuttavia rispetta. In diverse inchieste del commissario,
ottenuta la verità, il colpevole viene assicurato alla giustizia, ma a volte viene
rintracciato dopo anni, altre condannato ad una pena leggera. Nei polizieschi
di Maigret non sempre il meccanismo indagine-giustizia sembra funzionare.
In Italia un altro esempio di commissario sui generis è il siciliano Salvo
Montalbano, protagonista dei polizieschi di Andrea Camilleri. Personaggio
introverso e meteoropatico, rigoroso ma soggetto alle umane debolezze;
preferisce condurre le indagini da solo, anche se si avvale dell'aiuto di vari
collaboratori: l'ispettore Fazio, l'agente Catarella e il vice-commissario
Domenico Augello, detto Mimì.
Non si esime da critiche feroci a quei
colleghi di cui non condivide i metodi, dimostrandosi irreprensibile nello
svolgimento delle proprie funzioni. Anche Montalbano, come
Maigret e
Bordelli, possiede un personale concetto di giustizia che lo spinge spesso a
prendere iniziative non esattamente ortodosse. La sorprendente particolarità di
38
Vichi, però, riguarda il comportamento irrituale del protagonista, il suo
sostituirsi alla giustizia, al processo e alla condanna. Odoardo si è macchiato
d'omicidio e, pur tenendo conto di tutte le attenuanti inerenti il caso, non
sarebbe assolto da nessuna giuria. Bordelli decide di seguire il proprio istinto
e, amareggiato da un sistema sociale mal funzionante, si comporta in modo
anarchico. «Un poliziotto deve fare il suo dovere fino in fondo. Ma prima di tutto
deve essere... giusto»38 questo ammonimento, rivolto al commissario dal collega
Oreste nei suoi ultimi giorni di vita, suscita in Bordelli quel moto di coscienza
che gli impedirà di arrestare Odoardo.
Il nuovo venuto, datato 1965, è il primo momento in cui Vichi presenta le
riflessioni di Bordelli sul lento, ma inesorabile approssimarsi della vecchiaia e,
infine, della morte:
Immaginava il suo cuore imprigionato tra i polmoni che si
contraeva e si dilatava, e vedeva un muscolo ripugnante che dopo
decenni di spasmi aveva solo voglia di scoppiare o semplicemente
di fermarsi. […] In fondo non smetteva mai di pensare alla morte.
Ce l'aveva in testa ogni minuto, era diventata un'abitudine. A volte
si ritrovava a immaginare di morire nei modi più diversi. Ci
pensava così, senza un motivo preciso. Anche nei periodi migliori.39
Mentre il commissario si reca alla cascina dove abita Odoardo, attraversa
le campagne limitrofe a Firenze: Galluzzo, Tavarnuzze, Le Rose, Quintole,
paesini lontani dal traffico cittadino, immersi nella pace e nel silenzio. La
tranquillità e il recupero del contatto con la natura incoraggiano i progetti
futuri di Bordelli, che s'immagina trascorrere la vecchiaia fra viti ed olivi,
lontano dalla caotica Firenze. Trasferirsi in campagna durante gli anni del
boom economico, è una scelta controcorrente rispetto all'andamento generale
di quel periodo. Si respira, infatti, un generale clima di cambiamento, dovuto
soprattutto allo straordinario progresso tecnologico e si avvertono già in
38 M. Vichi, Il nuovo venuto, Parma, Guanda, 2004, p. 394.
39 Ivi, pp. 30-31.
39
lontananza i moti rivoluzionari tipici della fine degli anni '60. La TV aumenta i
programmi, i telegiornali riportano notizie da tutto il mondo, gli imperi
coloniali sembrano crollare, da America e Inghilterra arrivano musiche e mode
nuove, le donne scoprono le gambe mentre gli uomini allungano i capelli.
L'Italia cavalca l'onda di un benessere inaspettato, il boom economico ha
portato sulle strade cartelloni pubblicitari più grandi,
macchine ed
elettrodomestici. Lo sviluppo inarrestabile, viene ripagato dalle disuguaglianze
sociali. La gioventù di questi anni è profondamente diversa dalla precedente
generazione, non ha preso parte alla guerra e si dichiara fortemente
intenzionata a cambiare il mondo. I nuovi ragazzi sono forse meno “uomini”
di quei giovani costretti a crescere troppo rapidamente sotto le armi, ma non
per questo mancano di senso di responsabilità. Attorno a sé avvertono i
rimproveri di quei “vecchi” che non sanno capirli e per questo il loro inno al
cambiamento si fa sempre più forte. Bordelli nel corso dell'indagine, deve
interrogare Raffaele, un ventenne sospettato di aver ucciso l'usuraio che aveva
ingannato la sua giovane sorella Marisa. La ragazza aveva ingenuamente
ceduto alle lusinghe di Badalamenti, che voleva farle delle fotografie da
inviare a grandi produttori cinematografici; intuendo tardi le vere intenzioni
Marisa era fuggita dall'appartamento, ma non aveva recuperato le foto.
Bordelli, attraverso Raffaele, viene a contatto con un mondo distante dal suo:
giacche di pelle, Rolling Stones, capelli lunghi...
Non aveva mai pensato di essere vecchio dentro, e cercava di
capire cosa volesse dire di preciso. Ma se guardava Raffaele poteva
cominciare a farsi un'idea. Quel ragazzo era fatto di una materia
che non aveva mai visto così da vicino. Non era arrogante, e
nemmeno offensivo. Era solo un ragazzo pieno di rabbia e di
rancore, come se il mondo gli avesse fatto il gran torto di non
essere come voleva lui.40
Il contrasto generazionale che lo stesso Bordelli aveva vissuto col padre,
lo aveva portato a credere di parlare lingue diverse, ma inerenti la medesima
40 Ivi, p. 160.
40
realtà. Con Raffaele, invece, Bordelli sente di non condividere nulla: non solo
non usano il medesimo codice, ma neppure condividono il mondo circostante.
Il ragazzo sembra provenire da un altro pianeta e quando viene interrogato
lancia accuse sicure che turbano il commissario. Bordelli viene additato come
un “matusa” incapace di conformarsi ai tempi e quando tenta di farsi valere
agli occhi del giovane, giocando la carta dell'uomo vissuto che ha fatto la
guerra, Raffaele lo sminuisce affermando di sapere tutto di quell'esperienza,
anche senza averla vissuta direttamente.
I primi tre romanzi della serie dedicata a Bordelli raccontano le indagini
affrontate dal commissario relative agli anni 1963, 1964 e 1965. Sebbene siano
stati scritti uno dietro l'altro nel 1995, alcuni fattori subiscono modifiche, per
quanto lievi. La figura di Bordelli si evolve negli anni, i suoi compagni di
viaggio crescono assieme a lui, ma soprattutto cambia il rapporto dello
scrittore con la materia letteraria. Vichi sembra acquisire scioltezza e compiere
un percorso di stabilizzazione fra sé e il materiale trattato: il commissario, il
suo mondo, le sue relazioni, sono realtà cui lo stesso autore deve abituarsi,
acquistando dimestichezza nel raccontarle. Le inchieste diventano di volta in
volta più avvincenti, i criminali acquistano carattere e lo studio della loro
persona è sempre più complesso. La collocazione geografica, la città di
Firenze, coesiste con i personaggi che la animano e non si limita ad un ruolo
marginale, soprattutto nel quarto romanzo della serie Morte a Firenze. Vichi è
nato in questa città e dichiara, in molte interviste, di ambientare i suoi romanzi
nei luoghi che conosce proprio per riuscire ad essere più credibile, più vero.
Per quanto riguarda la collocazione temporale invece, non esiste nessun
particolare motivo che giustifichi la scelta degli anni '60; Vichi per descrivere
vicende ambientate nel passato, per quanto prossimo, ha dovuto calarsi in un
clima ed una mentalità diversi da quelli odierni. In seguito a Il commissario
Bordelli, Una brutta faccenda e Il nuovo venuto, sono stati pubblicati i
41
racconti Perché dollari?41 e Morto due volte42, due nuove avventure del
commissario, rispettivamente ambientati nel 1957 e '58.
«Io credo che i miei gialli siano dei romanzi con qualcosa di giallo dentro»43, è
questa la migliore definizione, frequentemente usata da Vichi, per i suoi
polizieschi. Ultimo tassello nella composizione di quel mosaico che ha per
soggetto il commissario Bordelli, è Morte a Firenze (Guanda, 2009). Il titolo
già preannuncia il tetro scenario che farà da sfondo al romanzo: un terribile
caso di cronaca nera affrontato durante i drammatici giorni dell'alluvione di
Firenze nel 1966.
41 Nell'omonima raccolta, Parma, Guanda, 2005.
42 Nell'antologia AA.VV., Città in nero, Parma, Guanda, 2006.
43 L'intervista da cui è tratta la citazione è stata tenuta da Vichi per Fahrenheit , in onda su
Rai
Radio
Tre
e
si
può
ascoltare
alla
pagina
http://www.marcovichi.it/Libri/ilnuovovenuto.html del suo sito ufficiale.
42
II.4 Morte a Firenze
“E Cristo?”disse mia madre. “Ci ha salvati dal marciume.”
“È morto per niente” dissi, “il suo sacrificio non è servito a
nulla. I buoni si salvano, ma i cattivi, nulla da fare. E gli
uomini sono cattivi.”
MALAPARTE
Questa citazione, tratta da Mamma Marcia44 di Curzio Malaparte, è posta
in apertura di Morte a Firenze, ultimo dei quattro romanzi della serie del
commissario Bordelli. Lo stile di Vichi è concreto, totalmente attinente al reale
ed è questo ciò che lo lega profondamente ad uno scrittore “del vero” come
Malaparte. Il ricorso ad un'epigrafe tanto tetra è giustificato dalla drammaticità
della trama di Morte a Firenze: il lettore non deve essere ingannato con rosee
speranze, quando l'illusione svanisce si rivela un retroscena scoraggiante.
Mamma Marcia è una profonda analisi delle gioie e dei dolori caratterizzanti
la vita dello scrittore, affrontata al capezzale della madre morente; si tratta di
un romanzo-confessione, uscito postumo. Il clima, di sincera intimità, che
s'instaura fra madre e figlio, consente a questo di aprire pienamente il proprio
animo alla donna che lo ha generato, la quale svolge il ruolo di testimone di un
racconto che mai si ripeterà. Il figlio parla della guerra, dei soprusi e del
sangue di cui si è macchiato; il male tocca amici e nemici e, in battaglia, è
l'intera umanità a venire dilaniata, senza vittime né vincitori. I reduci
convivono con i propri incubi e, perfino chi non riporta danni fisici
permanenti, è costretto a fare i conti per il resto della vita, con un proprio lato
oscuro inevitabilmente emerso per via della guerra, cancro di cui l'uomo mai si
libererà. Dio, artefice del genere umano e delle sue pecche, diventa bersaglio
dello scrittore che orienta la sua rabbia a Cristo, morto inutilmente; l'uomo non
si redime e non vincerà mai quella violenza che gli è connaturata. L'Europa è
44 C. Malaparte, Mamma Marcia, Firenze, Vallecchi, 1959, p. 65.
43
ormai una mamma marcia, dice Malaparte; se è la stessa origine ad essere
infetta, come potrà il figlio salvarsi? Al buon soldato è stata insegnata la prassi
di uccidere in guerra, farlo è doveroso, tuttavia è impossibile imparare a
dimenticare.
Esempio eclatante di questa difficoltà è Bordelli. La notte, prima che
sopraggiunga il sonno, la sua mente si affolla di immagini dal passato: volti di
vecchi compagni dilaniati dalle mine, esplosioni, donne violentate e bambini
seviziati, nemici crudeli, ma anche giovani tedeschi innamorati che ripudiano
la guerra45. Anche Bordelli ha vissuto sotto le armi, ha ucciso ed è incappato in
quelle mostruosità di cui l'uomo è capace. In alcuni casi però, ha optato per la
vita, come ricorda ne Il nuovo venuto. Inglesi, Americani, Tedeschi, nemici o
no, uccidere un uomo indifeso, disarmato, non è facile; in questo episodio,
Bordelli e i compagni, avrebbero potuto sterminare, senza correr il rischio di
un contrattacco, un intero plotone nazista... Se non averlo fatto lascerà la
coscienza più leggera, per aver risparmiato delle vite, parimenti graverà
l'animo col peso di aver, forse, permesso ulteriori violenze e carneficine;
poiché l'uomo, troppo spesso, è cattivo.
Come Malaparte anche Vichi tratta il rapporto del suo personaggio con la
madre. In Una brutta faccenda Bordelli ritrova una propria lettera inviata ai
genitori nel '43, quando infuriava la guerra. Il tono era calmo e rassicurante,
ma dietro le parole serene si nascondeva la profonda angoscia di un uomo
ancora in balia del destino. Il conflitto sarebbe finito molto tempo dopo e
Bordelli non avrebbe più scritto a casa. Quando era riuscito a tornare a
Firenze, qualche settimana dopo la Liberazione, sbirciando dalla finestra di
casa aveva visto sua madre in ginocchio davanti ad un tavolo pieno di candele.
Pregava per il figlio, che tutti ormai credevano disperso e avrebbe continuato a
farlo fino all'ultimo respiro, come Bordelli ricorda in Morte a Firenze. La
45 Episodio vissuto realmente dal padre di Vichi e riportato in Il commissario Bordelli. Il
tedesco ucciso aveva diciassette anni, sull'elmetto la croce uncinata era stata cancellata
con della vernice rossa e in alto campeggiava il nome Anna, accanto ad un cuore.
44
donna implora il suo Franco di pentirsi per gli uomini uccisi, lui la
tranquillizza rinunciando a giustificare le proprie azioni di fronte alla madre
che non avrebbe mai potuto comprendere la complessa gravità della guerra.
Viverla in prima persona è l'unico modo per capire, davvero, l'irreversibilità
del cambiamento necessario in chi abbia tenuto in mano le armi. Solo nel
momento in cui la mamma non potrà più udirlo, Bordelli, dirà tutto quello che
ha sempre celato dentro di sé, ciò che ha rischiato più volte di raccontare,
trattenendosi, per non gravare su chi ha tanto pregato per lui. La crudeltà
dell'uomo comunque, si palesa in tutta la sua crudezza anche nella quotidianità
della vita, non occorrono necessariamente conflitti su scala mondiale.
II.4.1 Il caso
L'inchiesta che Bordelli conduce in Morte a Firenze è davvero delicata:
un caso di pedofilia e violenza degenerato in omicidio. Spesso le prime
impressioni ingannano e dietro un'apparente facies elegante e dabbene si
nasconde una insospettabile malvagità. Giacomo Pellissari è un ragazzetto di
tredici anni scomparso da casa da qualche giorno; Bordelli e Piras, col passare
del tempo, vedono sempre più svanire la possibilità di ritrovare il bambino
vivo. Una mattina giunge in questura la telefonata tanto temuta, Giacomo
viene ritrovato in un bosco da un cacciatore, la vittima doveva esser stata
sotterrata qualche giorno prima. Il bambino è stato strangolato e l'immagine
terribile del suo corpicino, in stato già avanzato di putrefazione, sconvolge gli
stessi agenti; per di più Diotivede, dopo le accurate analisi rivela una verità
ancora più sconcertante: il bambino è stato violentato da almeno tre uomini
prima di morire. La risoluzione del caso si presenta agli occhi del commissario
davvero difficile: non ci sono indizi né testimoni ad aprire un varco nel buio
dell'indagine.
Bordelli
rischierà
di
perdere
ogni
speranza
quando
subentreranno le difficoltà dovute alla piena dell'Arno e all'allagamento di
45
Firenze, triste evento che si rivelerà però fondamentale nell'individuazione del
colpevole. Nonostante le avversità e le preoccupazioni per risollevare la città
dalla tragedia, Bordelli riuscirà a far chiarezza sull'omicidio aiutato un po'
dalla fortuna. Passeggiando nella zona del ritrovamento del corpo di Giacomo
alla ricerca d'indizi, il commissario viene attirato dal miagolio di una gattina;
cercando di recuperarla da un cespuglio di sterpi, trova una bolletta della SIP
indirizzata alla Macelleria Panerai. Le speranze del poliziotto sono subito
alimentate da questo dettaglio che, però, non può garantire niente più che
un'effimera pista da seguire. Livio Panerai viene spiato e pedinato giorno e
notte e, proprio nel momento in cui Bordelli sta per arrendersi di fronte alla
sua apparente innocenza, l'ombra dei sospetti si allarga a due loschi individui a
lui collegati. I tre uomini si conoscono da tempo, nostalgici degli anni del
Duce e del fascismo, fedeli ai principi di una società “di fatto” che li unisce
anche nei perversi giochi sessuali. A Beccaroni, un avvocato claudicante, e
all'alto prelato monsignor Sercambi, amici del macellaio dai tempi delle
scuole, si aggiunge il nome di un ragazzo molto più giovane, Signorini, nella
villa del quale si consumano spesso i festini dell'allegra brigata. Sarà proprio
quest'ultimo l'anello debole della catena; pressato dall'insistenza di Bordelli, il
ragazzo confesserà la triste verità su Giacomo Pellissari, raccontando con cura
la storia dei suoi personali rapporti coi tre uomini. Suo padre, quando lui era
ancora bambino, aveva conosciuto i tre durante un'estate al mare; l'amicizia
immediatamente sbocciata e il clima di sintonia, avevano portato il padre a
fidarsi ciecamente dei nuovi compagni tanto da lasciarli il figlio in custodia.
Panerai, Beccaroni e Sercambi erano in realtà molto diversi da ciò che le
apparenze potevano far credere, Signorini lo aveva sperimentato sulla propria
pelle; irretito dai loro giochi perversi, aveva iniziato a vivere in uno stato di
dipendenza sempre più forte nei confronti di chi lo usava solo come oggetto di
piacere, arrivando a fornire nuove prede all'insaziabile concupiscenza dei tre.
Giacomo era stato solo l'ennesima vittima di un losco traffico. Signorini lo
aveva visto correre verso casa sotto la pioggia, l'idea era balenata in un
46
momento: il bambino era stato attirato in macchina, drogato e portato
addormentato in un appartamento usato dai quattro per le loro orge. Quella
stessa sera erano arrivati anche gli altri, tutti pienamente coscienti della
situazione e spaventati poiché coinvolti in un rapimento in piena regola, ma
non tanto da rinunciare alla depravata idea. Nessuna preoccupazione aveva
impedito ai tre mostri di consumare la violenza, mentre Signorini si sentiva
schiacciare dai sensi di colpa percependo la paura di Giacomo. L'esito
drammatico della vicenda era stato causato da un eccesso d'impeto da parte di
Panerai che, non dosando la propria forza, aveva strangolato il bambino;
partendo da una semplice bolletta dispersa nel bosco, Bordelli viene
finalmente a conoscere ogni terribile dettaglio del retroscena del delitto.
Nonostante il caso sia stato chiarito, la piena risoluzione e la condanna dei
colpevoli è ancora lontana: Signorini in seguito alla confessione si era
suicidato, approfittando di una distrazione del commissario; Beccaroni per
quanto intimidito, non cede a pericolose dichiarazioni; monsignor Sercambi,
dall'alto della sua posizione, appare intoccabile; Panerai, forse per i sensi di
colpa o più probabilmente per le minacce di Bordelli, si spara un colpo in
bocca vicino alle zone del ritrovamento del cadavere di Giacomo.
Le colline dell'orrore. Suicidio nel bosco. Macellaio fiorentino di
44 anni si spara in bocca nel bosco di Cintoia Alta. La moglie e la
figlia distrutte dal dolore.46
La notizia riportata da un articolo del giornale La Nazione datato lunedì
20 febbraio 1967, chiude il romanzo in modo provvisorio; il capitolo inerente
la morte di Giacomo non è ancora concluso. Bordelli ha individuato i
colpevoli dell'omicidio, ma non può fare nulla per incastrarli, mancano le
prove e Signorini, unico testimone reo confesso, si è ucciso. Un profondo
senso di amarezza domina la trama e l'atteggiamento del commissario,
sconfitto. Ad acuire il senso d'impotenza del commissario la vendetta, ordinata
46 M. Vichi, Morte a Firenze, Parma, Guanda, 2009, p. 344.
47
da Sercambi contro di lui, perpetrata ai danni di Eleonora. Pochi giorni prima
dell'alluvione, Bordelli aveva scorto in un negozio una bellissima ragazza,
Eleonora; non potendo frenare il desiderio di parlarle era entrato per comprare
un articolo a caso, mascherando l'intenzione di conoscerla. Poi Firenze era
stata sconvolta dalla piena dell'Arno; l'acqua aveva devastato case e negozi,
trascinando via ogni cosa... comprese le speranze di rivedere la ragazza. Solo
la fatalità aveva fatto rincontrare i due nella zona di S. Niccolò dove, fra la
ripulitura di un sotterraneo e la distribuzione di viveri e medicinali, era
sbocciato l'amore. Un tenero commissario di cinquantasei anni, alle prese con
una giovanissima ragazza spontanea e sicura di sé... Una coppia strana,
soprattutto per quegli anni, quando a vent'anni si era uomini e a quaranta
praticamente vecchi. La storia era comunque iniziata nel migliore dei modi,
per quanto l'atmosfera tutt'intorno non fosse delle più romantiche. Quando
Bordelli inizia a fare pressione sui colpevoli coinvolti nell'omicidio di
Giacomo, non ha idea di stare mettendo a repentaglio la sicurezza delle
persone che ama. Monsignor Sercambi, sfruttando le sue conoscenze e il
proprio prestigio, stila una lista degli affetti di Bordelli e, come avvertimento,
manda due scagnozzi a picchiare e violentare Eleonora. Il commissario ha
perso la cosa più bella che gli fosse mai capitata, esattamente come aveva
predetto Amelia, un'amica di Rosa che gli aveva letto i tarocchi tempo prima,
non solo pronosticando la breve e triste storia con Eleonora, ma anche il
ritrovamento di Giacomo. Il libro si conclude con la presentazione, al questore
Inzipone, delle dimissioni di un commissario che, dopo vent'anni di Pubblica
Sicurezza, si sente schiacciato dalla sconfitta.
Il quarto romanzo di Vichi tratta un tema molto delicato, articolato in
problematiche forti, anche e soprattutto per l'attualità: la pedofilia,
l'omosessualità, il sopruso. L'indagine è ancora agli albori quando Bordelli
incontra per strada un vecchio compagno di scuola, Poggiali, preso di mira da
un gruppo di ragazzi che lo deridono e lo malmenano. L'uomo è tacciato, con
48
parole oscene, per la sua omosessualità e accusato di preferire i bambini, come
se un gay fosse automaticamente pedofilo; Poggiali parla dell'accaduto con
Bordelli affermando che il disprezzo verso quelli come lui non si limita
all'opinione di vecchio stampo, ma si registrerà sempre. Per quanto
l'omosessualità sia sempre esistita, è e sarà considerata una malattia, una
perversione e, di conseguenza, affiancata a depravazioni come la pedofilia.
Bordelli è un uomo moderno, di larghe vedute, ma di fronte ai gusti sessuali
dell'amico mostra un certo imbarazzo nel chiedergli informazioni utili per
rintracciare gli assassini di Giacomo. Poggiali darà un avvertimento al
poliziotto:
Be', non ti aspettare che siano orribili a vedersi come gli orchi
delle fiabe. Chi fa queste cose è malato nella testa, ma può essere
tranquillamente il tuo simpatico dentista o il fornaio sotto casa.
Insomma, uno che fa una vita normalissima. I peggiori pervertiti
che ho conosciuto erano ricchi borghesi con la reputazione di
uomini specchiati.47
Accanto alla tragedia dell'omicidio del bambino, si consuma un secondo
dramma su scala ben più vasta: l'alluvione di Firenze del 1966. Si tratta di uno
dei momenti più neri nella storia della città, alla vigilia dell'anniversario della
Festa della Vittoria, il quattro novembre. l'Arno straripa inondando strade ed
edifici, in alcuni tratti le spallette degli argini vengono distrutte, il fango
sommerge tutto. I danni sono incalcolabili e si possono addirittura paragonare
alle conseguenze di un bombardamento.
Era stufo di stare a letto, e decise di alzarsi. […] Si avvicinò alla
finestra per aprire gli scuri. Gettò un'occhiata dalle stecche delle
persiane... e rimase a bocca aperta. Al posto della strada c'era un
fiume di acqua fangosa che correva veloce verso piazza Tasso.
Spalancò i vetri e le persiane, e vide decine di persone affacciate
alle finestre, strette nei cappotti. Occhi increduli come i suoi
spiavano la strada inondata. La pioggia cadeva con la stessa
violenza della sera prima, L'acqua arrivava quasi a coprire i portoni,
47 Ivi, pp. 86-87.
49
e correva veloce trascinando automobili, alberi, armadi sfasciati...48
Questo il panorama che si propone agli occhi ancora assonnati di Bordelli.
Tutti dovranno darsi da fare perché Firenze torni come prima, sempre che un
recupero totale sia possibile. Nulla ha potuto, contro l'irruenza dei flutti, il
passato glorioso di Firenze; il sontuoso Ponte Vecchio non ha sbarrato
l'esondazione dell'Arno; i tesori antichi del ricco Rinascimento non hanno
intimidito il fango. La città è stravolta, i primi soccorsi giungono con
difficoltà, si attendono i rinforzi e l'intervento dell'esercito; nelle strade le
persone si rimboccano le maniche, laboriose, per aiutarsi l'un l'altro. Non
mancano i profittatori pronti a sfruttare il momento di debolezza; in questura
piovono segnalazioni di furti e prevaricazioni. Il commissario stesso affronta
un negoziante che, nella sua merceria lontana dalla zona colpita dalla piena,
vende a prezzi esorbitanti stivali, scope, secchi e altri oggetti necessari agli
sfollati. In Borgo Allegri la folla aveva quasi linciato uno sciacallo scoperto a
frugare in una casa alluvionata, alle Cure un gruppo di persone aveva assaltato
e derubato una salumeria... In una tale condizione d'allarme Bordelli non
sopporta il mancato mutuo soccorso, le situazioni d'emergenza dovrebbero
stimolare la generosità e non, come troppo spesso, farsi teatrino di privati
egoismi. Non mancano comunque gesti d'aiuto: da Siena giunge un camion di
pane pagato da un privato e un italiano, che aveva aperto una pizzeria in
Finlandia, porta di persona agli alluvionati un intero container di stivali di
gomma. La tragedia fiorentina mobilitò numerosi giovani, molti dei quali
stranieri, accorsi nel capoluogo toscano per contribuire al recupero
dell'inestimabile patrimonio artistico e del copioso materiale cartaceo
appartenente alla Biblioteca Nazionale, colpita duramente a causa della
posizione attigua al fiume. I volontari, armati di secchi, scope e tanta buona
volontà, sono ragazzi dai capelli lunghi, pronti ad intonare con le loro chitarre
l'inno pacifista Blowin' in the Wind49, esempio di una gioventù disillusa e di
48 Ivi, p. 164.
49 Composta da Bob Dylan nel 1962, la canzone Blowin' in the Wind diventa il manifesto
50
stampo anti-istituzionale, ma propositiva e capace di tirar fuori qualcosa di
buono dal mare di melma in cui affondano le mani meritando così l'appellativo
“angeli del fango”.
Vichi aveva nove anni nel 1966, ma la memoria di quei drammatici giorni
è nitida: «Ricordo mia madre pregare a lume di candela, le auto accatastate in Piazza
Beccaria, i militari che non facevano entrare in centro»50. Durante la stesura di
Morte a Firenze le difficoltà maggiori si sono presentate proprio nei momenti
dedicati all'alluvione; l'autore racconta di esser riuscito a ritenersi soddisfatto
solo dopo molti mesi di lavoro e ciò capita di rado, a chi come lui, è abituato a
scrivere di getto. Importantissimo è stato l'aiuto dell'amico Leonardo Gori, che
già aveva affrontato la difficile materia in L'angelo del fango (Milano, Rizzoli,
2005), i filmati delle Teche Rai, gli archivi fotografici e le carte dell'Istituto
Geografico Militare con le indicazioni dei livelli di altezza raggiunti dall'acqua
nelle varie zone di Firenze. Vichi cita il nome della prima vera vittima della
furia dell'Arno, Carlo Maggiorelli addetto alla sorveglianza dell'acquedotto
dell'Anconella; descrive la perdita dei cavalli nelle scuderie del parco delle
Cascine; ricorda la fuga di circa ottanta detenuti del carcere delle Murate, uno
dei quali morì travolto dall'acqua; elenca i movimenti del sindaco Bargellini
dal momento in cui gli era stato telefonato lo stato d'allarme... Dettagliato
recupero di fonti e notizie.
II.4.2 Firenze
Bordelli guarda Firenze, dove è nato e cresciuto, la città per cui ha
combattuto e che non può non amare nonostante una certa amarezza:
della generazione di giovani statunitensi disillusi ed avversi alle pericolose scelte
politiche americane degli anni cinquanta/sessanta del secolo scorso.
50 G. Ametrano, Una alluvione nera con delitto e castigo, in «Corriere Fiorentino», 25
Agosto 2009.
51
Davanti al Lungarno franato aveva sentito addirittura una punta di
piacere, come se finalmente si fosse compiuta una vendetta. Fosse
almeno crollato Ponte Vecchio, e magari anche il Duomo, Palazzo
Vecchio e tutti i filistei... Firenze credeva di essere salva in nome
del suo passato glorioso […]. Guardatevi intorno e sbalordite, tutte
le cose belle che vedete le abbiamo fatte noi... noi fiorentini. Da qui
è partita la scintilla del rinnovamento del mondo, tutti devono
inchinarsi di fronte al nostro genio. Venite a spendere i vostri soldi
nella culla del Rinascimento, comprate i nostri ninnoli, le nostre
cartoline artistiche, le statuette del David […]. Che ce ne importa di
creare altre opere immortali, quando possiamo vendere quelle che
già abbiamo? La nostra vera anima è sempre stata il commercio, il
dio che ci protegge è lo stesso dio dei ladri... E adesso Firenze
tremava, perché il suo tesoro era stato inzaccherato dal fango.
Ricchi o poveri non faceva alcuna differenza.51
Così appare Firenze agli occhi del commissario. Il diluvio netterà le colpe
fiorentine? «L'oro innanzitutto»52 borbotta Bordelli quando una guardia, su
Ponte Vecchio, lo ferma per garantire il recupero, dalla melma, di gioielli e
preziosi. Il velo di Maia è lacero, l'idillio rinascimentale spezzato, spazzato via
dal fango che, i fiorentini hanno imparato, macchia i poveri come i ricchi.
Un alternarsi di amore e odio caratterizza il rapporto di Bordelli con la
propria città, che Vichi mantiene viva sullo sfondo di ogni romanzo per darle
maggior risalto in Morte a Firenze. L'autore, per quanto non ami essere
imbrigliato in un genere letterario specifico, viene spesso considerato affine al
sottogenere del “noir metropolitano”; in questo caso la città svolge un ruolo
importante all'interno della vicenda, spesso emerge in primo piano, come
protagonista, risultando funzionale alla trama attraverso tematiche correlate
come il degrado e la criminalità locale. La Firenze di Vichi spesso si
sovrappone a quella del commissario, in un connubio di autobiografia e
immaginazione, che non può che affascinare il lettore soprattutto se fiorentino.
Non sono descritti tesori artistici universalmente conosciuti, ma piuttosto
quelli trascurati quali i vicoli del centro, le taverne e le osterie, le vivaci case
51 M. Vichi, Morte a Firenze, cit., p. 177.
52 Ivi, p. 178.
52
popolari. Firenze svolge il suo ruolo di personaggio integrato nella vicenda
non solo nel ciclo dedicato a Bordelli, ma anche in altri romanzi come
L'Inquilino, Donne Donne, Un tipo tranquillo dove vengono citate piazze, vie
e realtà effettive del centro urbano e della vicina periferia. Ancora più
familiari, allo stesso Vichi, le zone descritte in Nero di luna, ambientato nelle
vicinanze dell'abitazione dello scrittore: le colline del Chianti. Paesini e
piccole frazioni quali il Galluzzo, Tavarnuzze, Impruneta, Le Rose e Baruffi
costellano il romanzo Il nuovo venuto costituendo lo scenario delle passeggiate
di un nostalgico commissario proiettato già verso la pensione, periodo che
ambirebbe trascorrere in un posticino tranquillo in mezzo al verde. Dante, caro
amico del protagonista conosciuto in Il commissario Bordelli, vive in località
Mezzomonte in una grande cascina, oasi serena dove spesso il poliziotto si
reca per riordinare le idee e dimenticare le noie del lavoro. Dante era fratello
della signora Pedretti Strassen, la vittima della prima indagine del
commissario, che abitava la Firenze nobile, alto borghese delle ville
monumentali e dei giardini sontuosi. Accanto a queste ricche residenze Vichi
mostra dimore ben più modeste. Rosa, con i risparmi accumulati durante il
periodo di svolgimento del mestiere, è riuscita a comprare un appartamento in
Via Dei Neri; in questo nido accogliente Bordelli si rifugia spesso per farsi
coccolare dalla cara amica. La casa non è certo una reggia, ma per la
collocazione in alto, al quinto piano, può godere di uno splendido panorama di
Firenze. Tutt'altra storia per il Botta che nel suo seminterrato in Via del
Campuccio convive con l'umidità e la muffa delle pareti. Per quanto Bordelli
paragoni Firenze ad «una merda di mucca con delle candeline sopra»53 e non
risparmi ampie critiche, soprattutto ai suoi abitanti, vive con la propria città
momenti d'intensa emozione. L'immagine edulcorata conosciuta in tutto il
mondo attraverso fotografie sui libri di storia dell'arte e cartoline colorate ,
non rispecchia il cuore di Firenze. I quartieri popolari, l'allegria delle botteghe,
le grida dei bambini che giocano a pallone nel cortile, è questa la forza vitale
53 M. Vichi, Una brutta faccenda, cit., p. 12.
53
che anima la città. Gli squilibri sociali e i disagi della povera gente che abita
nelle Case Minime sono problemi concreti che Firenze dovrebbe affrontare
con coraggio e non fingere di non vedere. Bordelli non è immune
all'indifferenza fiorentina e ciò prova il forte legame che, in fondo, lo lega alla
propria città.
II.4.3 La Morte e l'Angelo
La stessa Firenze, calata nel clima di disagio e malumore dell'alluvione, fa
da cornice al giallo di Leonardo Gori L'angelo del fango (Milano, Rizzoli,
2005). Lo scrittore è coetaneo di Vichi, come lui abita a Firenze e nel 2000 ha
esordito nel giallo con Nero di maggio, dopo essersi interessato per anni al
fumetto e al disegno animato. In questo suo primo romanzo compare la figura
del capitano dei carabinieri Bruno Arcieri, che si ripresenterà in molte delle
opere dello scrittore fra cui L'angelo del fango, vincitore nel 2005 del Premio
Scerbanenco e Fedeli.
Il romanzo di Gori ricostruisce i difficili giorni dell'alluvione nel
capoluogo toscano e in tutte le terre limitrofe al fiume Arno, straripato in più
punti. Il momento è critico per tutti: dalle autorità alla gente del borgo, dai
redattori de «La Nazione», che vedono la sede del giornale invasa dall'acqua,
ai frati di Santa Croce, intenti a salvare il patrimonio artistico della chiesa.
L'autore riesce perfettamente a far convivere realtà storica e invenzione
romanzesca, il presidente Saragat con il colonnello Arcieri. Il clima che si
respira nel suo libro ricorda il Lucarelli di romanzi come Il commissario De
Luca. De Luca è una figura a metà fra personaggio storico ed invenzione
letteraria; è un poliziotto fedele allo Stato, vissuto in un'era di continui
cambiamenti di potere: prima il Regime per cui i nemici erano comunisti ed
antifascisti, poi la polizia partigiana contro gli ex fascisti, infine quella
democristiana avversa ai partigiani. Un perenne passaggio di testimone, da chi
54
comandava a chi poco prima rappresentava il nemico; una danza che De Luca
rispetta, senza però conformarsi mai pienamente all'uno o all'altro modello di
potere. Per questi autori risulta fruttuoso attingere al repertorio dei tanti misteri
italiani mai risolti, soprattutto durante il periodo di fine e immediato
dopoguerra. De Luca si muove proprio in quegli anni; Arcieri si trova, invece,
ad indagare su un attentato organizzato da ex fascisti ed apparentemente
diretto al presidente Saragat in visita agli alluvionati. La trama del giallo di
Gori, ben studiata e articolata, segue contemporaneamente più filoni che
convergeranno, scoprendo i reciproci nessi, solo nel finale.
Il colonnello Bruno Arcieri vive a Roma da anni, ma a Firenze ha lasciato
il cuore e la casa dove ha vissuto con la ex fidanzata Elena, mai del tutto
dimenticata. Capitano dei carabinieri prima, poi cooptato agente del servizio di
informazioni militari (conosciuto come SIM, poi SIFAR, infine SID) è stato
spedito a Firenze per garantire la sicurezza del presidente Saragat, in visita alla
città, con la collaborazione di una squadra di funzionari fra cui il dottor
Lorenzo Graziosi, del Ministero dell'Interno. Qui conosce Anna, dall'oscuro
passato, la quale lo avvicina col pretesto di rendergli noto ciò che sa di Elena,
da tanti anni fuggita in Israele. Anna racconta di averla conosciuta attraverso il
lavoro di bibliotecaria, ma in realtà il fine della donna è ottenere la protezione
del colonnello, che ritiene esserle dovuta, dal momento che era stato proprio
Arcieri a dare l'ordine d'esecuzione nei confronti di Eugenio Gianfalco, suo
giovane fratello, spia delle Brigate Nere. Prima di morire Eugenio era riuscito
a lasciarle dei documenti importanti che si erano poi trasformati nella sua
condanna; per tutta la vita Anna era stata perseguitata da chi voleva
impossessarsi di tali carte, che provvidenzialmente aveva nascosto
nell'immensa Biblioteca Nazionale dove lavorava, salvaguardandosi in quanto
unica conoscitrice della collocazione. Con l'alluvione e la totale perdita dei
fascicoli cartacei, custoditi nei sotterranei, la sua vita è in pericolo. Arcieri
stenta a credere alla storia e pensa che Anna soffra di manie di persecuzione,
55
ma vuole comunque verificare il racconto. Lei gli ha confessato di essersi
recata nella Biblioteca poco prima dell'esondazione del fiume per salvare i
documenti, accortasi però d'esser stata seguita, era riuscita a chiudere a chiave
il sicario in uno dei sotterranei, dove lo aveva sorpreso la piena. Arcieri indaga
su questa morte che, nella confusione del momento, era stata archiviata come
una delle tante da imputarsi all'alluvione senza tener conto che la porta dello
scantinato era stata trovata chiusa a chiave dall'esterno. É così confermata la
storia di Anna, con la quale nel frattempo Arcieri ha intrapreso una relazione.
All'indagine personale, il colonnello, deve affiancare quella ufficiale volta a
scoprire gli artefici dell'attentato fallito al presidente. Emergono dal passato
orditi complessi che mettono in relazione un gruppo di ex fascisti, legati alla
Repubblica di Salò, Lorenzo Graziosi, bersaglio effettivo degli attentatori, la
stessa Anna Gianfalco e addirittura Elena, la ex fidanzata di Arcieri: una lunga
scia di ricatti e minacce, rapimenti e messaggi in codice destinata a
concludersi nel sangue.
Morte a Firenze di Vichi e L'angelo del fango di Gori, per quanto
accostabili sotto molti punti di vista, testimoniano stili letterari diversi e si
distinguono per loro specifiche peculiarità. Il ricorso ai personaggi del
commissario di polizia Bordelli e del colonnello dei carabinieri Arcieri, figure
caratteristiche della letteratura poliziesca, risultano funzionali ai due autori per
trattare tematiche tipiche del giallo. Vichi e Gori attingono a vari modelli e
indirizzi di un genere dove s'inseriscono, ma in cui non vogliono essere
ingabbiati. Molti pregiudizi, di lettori, scrittori ed editori, hanno gravato sul
giallo che, per molto tempo, ha rappresentato una forma narrativa che spesso
si è evitato di inquadrare come vera “letteratura”, valutandolo un prodotto di
serie B, indirizzato esclusivamente all'evasione. Oggi la situazione è diversa, i
confini dei generi letterari sono molto più labili e l'evoluzione e
sovrapposizione di tematiche ha portato a classificazioni molto meno marcate.
56
Loris Rambelli54 in Riflessioni sulla scrittura afferma che «gli autori non
amano presentarsi come “giallisti”, ma come scrittori che affrontano tematiche
tradizionalmente legate al giallo»55. Nello stesso articolo Vichi manifesta la
propria sfiducia nei confronti del tipico schema del giallo, che solitamente
predilige la trama ben congegnata a discapito dell'emozione e dell'analisi dei
personaggi. La distinzione che l'autore opera fra libro e libro non riguarda il
genere,
ma
la
natura
dell'opera
che
può
essere
bella
o
brutta
indipendentemente dal contenitore entro cui si tenta di relegare. Un capolavoro
universalmente riconosciuto, quale Delitto e castigo, presenta tutti gli elementi
tipici del poliziesco, ma nessuno ha osato mai classificarlo come giallo perché
il pregiudizio ha sempre condannato questo genere. Con gli stessi ingredienti
si possono scrivere un buon romanzo o un brutto giallo, Vichi non prende
dunque aprioristicamente le distanze dal genere, ma ribadisce che per lui
l'intreccio macchinoso del poliziesco è solo uno schema sterile se non viene
associato ad un contenuto umano ed emotivo forte. Altro pregiudizio contro
cui Vichi si è schierato, è quello avverso alla forma narrativa del racconto,
spesso giudicato inferiore al romanzo a causa della minore estensione e
dell'erronea convinzione circa un contenuto tematico effimero. Lo scrittore
opera una vera e propria apologia del racconto, con cui si è misurato spesso
attraverso antologie da lui stesso curate o alle quali ha collaborato, dando vita
a piccole perle letterarie che nulla hanno da invidiare nella costruzione, nello
stile e nella sostanza al “collega” romanzo.
L'attenzione di Vichi e di Gori si concentra molto sull'uomo, l'animo di
Bordelli e di Arcieri viene analizzato profondamente, conferendo ai due
romanzi caratteristiche antitetiche rispetto al giallo classico. La personalità
tormentata, il contrasto interiore, la vecchiaia che incombe, l'incompatibilità
54 Autore di Storia del “giallo” italiano, Milano, Garzanti, 1979; curatore con Renzo
Cremante di La trama del delitto. Teoria e analisi del racconto poliziesco, Parma,
Pratiche editrice, 1980; e con Elisabetta Camerlo di Delitto per iscritto. Il racconto giallo
italiano, Firenze, Palumbo, 1997.
55 L. Rambelli-M. Vichi, Riflessioni sulla scrittura, in «Delitti di carta», anno X, n.7/8,
Pistoia, Libreria dell'Orso, novembre 2006-maggio 2007, p. 101.
57
con le nuove generazioni e il confronto con la propria coscienza sono solo
alcuni di quegli elementi che avvicinano fra loro i due personaggi, arricchendo
entrambi i polizieschi di una carica psicologica che li apre ad una
classificazione letteraria meno selettiva. Arcieri e Bordelli presentano
connotati comuni ai commissari “italiani” Antonio Sarti56, di Loriano
Macchiavelli e Salvo Montalbano, di Andrea Camilleri. Dedizione alla
professione e amore per la giustizia non sono gli unici fattori condivisi;
rilevante risulta la semplicità dei quattro personaggi che, alle prese con la
realtà quotidiana, non hanno nulla dell'eroe. Sono uomini malinconici, spesso
provati dai dolori della vita e soggetti a piccoli vizi e passatempi: Bordelli non
riesce a fare a meno delle sue sigarette, Montalbano non sa resistere ai peccati
di gola, Sarti impazzisce per il baseball, Arcieri si culla sulle nostalgiche note
del jazz. Lo stress legato al lavoro, ha provocato in Sarti un'inguaribile colite
nervosa, Arcieri accusa una vecchia ferita al ginocchio, Bordelli soffre di
acidità di stomaco, Montalbano è fortemente meteoropatico... Nessun
malessere è tanto grave da compromettere il rendimento lavorativo; solo il
pensiero della vecchiaia, sempre più vicina, allerta e preoccupa i quattro
personaggi. Firenze svolge un ruolo di coprotagonista nel romanzo di Bordelli;
Bologna, città immorale e sordida, interagisce attivamente con Sarti; la Sicilia
irrompe nei dialoghi di Montalbano, ricchi di espressioni dialettali. Arcieri ha
un rapporto più complicato con la propria città d'origine: Firenze gli sta a
cuore, ma richiama un dolore profondo, quello per la perdita di Elena, amore
irraggiungibile. La solitudine e la precarietà dei rapporti sono realtà ben
conosciute da ognuno di questi “commissari”, i quali affrontano i mali di una
società immorale con piena coscienza dei limiti del proprio operato.
Sebbene troppo spesso l'avanzamento di grado viaggi di pari passo con
56 Loriano Macchiavelli (Vergato 1934 - ). Scrittore italiano, autore di pièces teatrali,
racconti e romanzi polizieschi con protagonista il commissario Antonio Sarti. Le indagini
della bizzarra coppia, composta dall'onesto e tenace Antonio Sarti e
dall'extraparlamentare di sinistra Rosas, verranno tradotte in una miniserie televisiva e in
fumetto.
58
l'oblio dei sani principi del mestiere e con la tolleranza del compromesso,
Arcieri e Bordelli si distinguono per la loro integrità morale. Retti e giusti, si
trovano spesso ostacolati dallo stesso sistema per cui lavorano, constatandone
i mali interni. Il concetto di giustizia del commissario si scontra più volte con
le idee del giudice Ginzillo o del questore Inzipone, solitamente attenti a
salvaguardare le apparenze e la reputazione di fronte a personaggi influenti più
che a combattere l'illegalità e l'ingiustizia. In Morte a Firenze Bordelli
reagisce alla violenza dei metodi d'interrogatorio di un collega, che sta
torchiando un giovane anarchico colpevole unicamente di volantinaggio,
colpendolo con un cazzotto. Arcieri, dal canto suo, scoprirà troppo tardi il
coinvolgimento di Graziosi in entrambe le questioni trattate, le minacce di
morte ad Anna e l'attentato al presidente; quando il funzionario del Ministero
dell'Interno confesserà al colonnello di lavorare fin dai tempi della guerra per i
servizi segreti britannici, Anna avrà ormai perso la vita.
Diverso è però, in Vichi e Gori, l'approccio all'intreccio. La trama di
Morte a Firenze mantiene toni intimistici e personali che si discostano dalla
politicità de L'angelo del fango, decisamente calato in un concreto contesto
storico attraverso il frequente ricorso alla citazione di strutture segrete di
partito, movimenti clandestini post bellici, scontri a fuoco e tristi episodi
realmente accaduti57. Vichi non manca di collegamenti con la storia,
soprattutto relativa agli anni della seconda Guerra Mondiale, ma il suo
personaggio, più che date e sigle, ricorda volti, corpi, voci e tutto quello che lo
ha toccato nell'animo. L'intrico di Gori è palesemente studiato affinché alla
fine tutte le maglie della complessa rete d'indagine combacino, mentre Vichi
ha sempre decantato il suo minimo intervento sulla trama, lasciando che fosse
lei stessa a guidare le redini della stesura dell'opera.
57 La Brigata Nera “R. Manganiello” unità costituita fra il 1944-45 da fascisti fiorentini in
onore del federale ucciso dai partigiani e poi riconosciuta ufficialmente da Pavolini,
segretario del PFR (Partito Fascista Repubblicano). Il Movimento dei Giovani Italiani
Repubblicani , nato nel '41 e volto a rigenerare il Fascismo attraverso il ripristino
dell'ideologia originaria al partito. Il PDM una struttura segreta del PFR volta alla
ricostituzione del Fascismo dopo l'inevitabile sconfitta.
59
Arcieri e Bordelli hanno combattuto la stessa guerra: il primo come
ufficiale di collegamento con gli inglesi, il secondo come capitano della San
Marco badogliana; il pensiero guida è comune ad entrambi e consiste nel
garantire al paese libertà e giustizia. Nonostante i rapporti fra polizia e
carabinieri siano spesso complicati, il nesso temperamentale fra i due
personaggi viene suggellato da una serie d'incontri avvenuti in diverse
circostanze. In ordine di tempo, Arcieri si presenta alla questura di Firenze in
Perché dollari? (1957) chiedendo la discreta collaborazione del commissario
per il recupero di un fascicolo riguardante un fascista che era stato intimo di
Pavolini. Il momento di presentazione sancisce l'inizio di un'intesa fra i due,
che non mancheranno di cercarsi in seguenti difficoltà, confidando l'uno nella
professionalità dell'altro. Arcieri, a conclusione di questo stesso racconto,
ricambierà il favore accettando di non far sottoporre al controllo dei posti di
blocco dei carabinieri un furgoncino segnalato da Bordelli. Acconsentirà solo
con la garanzia del commissario di non star commettendo un'operazione che
vada contro i più alti principi umani, dimostrando fiducia nei confronti del
compagno. Il secondo contatto avviene per telefono in Morto due volte
(Firenze 1958). Bordelli chiama il colonnello a Roma per avere, grazie agli
archivi del SIFAR, tutte le informazioni disponibili su Antonio Samsa, l'uomo
che apparentemente si trova sepolto in due cimiteri. In Musica nera (Hobby &
Work, 2008), romanzo di Gori ambientato nella Versilia del '67, Arcieri
contatta telefonicamente Bordelli per avere notizie sul proprietario di un
immobile a Firenze. Durante l'episodio il colonnello non risparmia
complimenti all'amico poliziotto, l'unico che abbia mai conosciuto davvero
valido
nel
proprio
mestiere.
Infine
Arcieri
e
Bordelli
sono
contemporaneamente presenti nella Firenze alluvionata. Una notte il
colonnello si presenta nell'appartamento in San Frediano del commissario per
chiedergli di far visita ad un fascista, legato ad una sua indagine, aiutandolo
così nel preparare il terreno all'interrogatorio. Arcieri sa che Bordelli ha in
antipatia i fascisti tanto quanto lui e i rispettivi metodi, per metter sotto
60
pressione e persuadere alla collaborazione, non sono immemori della rivalità
bellica. Anche stavolta la collaborazione non sarà unilaterale: Bordelli,
indagando sul fascista e le sue frequentazioni, si avvicinerà agli assassini di
Giacomo.
Gli autori hanno elaborato assieme un dialogo plausibile usato poi in
entrambi i romanzi, Morte a Firenze e L'angelo del fango. La cooperazione dei
personaggi di Vichi e Gori rispecchia, così, quella degli stessi scrittori,
entrambi fiorentini e coetanei, non solo legati dai romanzi d'indagine
poliziesca, ma anche da altri progetti. Bloody Mary, uscito nel 2008 per la
collana Verdenero di Edizioni Ambiente ed edito nuovamente nel 2010 per
Einaudi, è un romanzo di ecomafia che denuncia i mali dei giorni nostri e i
soprusi ai danni dei più sfortunati. L'obbiettivo comune è mostrare
all'individuo, nero su bianco, la drammaticità che lo circonda, invitandolo a
non cedere all'abitudine che troppo spesso porta ad assuefarsi all'indifferenza.
La storia è stata ideata di getto, in appena un pomeriggio, il lavoro di stesura
ha richiesto l'impegno individuale di entrambi, ma soprattutto un'operazione di
fusione di due linguaggi e stili; Gori si è cimentato per la prima volta in
un'ambientazione attuale, infatti i suoi romanzi sono sempre collocati negli
anni '60, cari a lui e all'amico Vichi.
61
II.5 Bordelli in breve
Alla serie composta dai quattro romanzi: Il commissario Bordelli, Una
brutta faccenda, Il nuovo venuto e Morte a Firenze, si devono aggiungere i
racconti Perché dollari?58 e Morto due volte59. Il primo è ambientato nel
novembre del 1957, il secondo nell'aprile del 1958; le vicende sono dunque
cronologicamente anteriori rispetto a quelle descritte nei romanzi. Diotivede e
Rosa, ormai presenze fisse, affiancano Bordelli anche in queste due avventure;
Piras, invece, non si trova ancora a Firenze; inoltre manca l'altro amico fidato
del commissario, il Maggiolino, auto da cui difficilmente si separa nel corso
dei romanzi. Spesso i lettori vengono a conoscenza dei due racconti in seguito
alla lettura dei primi romanzi, proprio perché son stati pubblicati dopo, lo
stesso Vichi suggerisce di seguire questo ordine di lettura, posticipando i
racconti. L'inizio di Perché dollari? apparirà dunque strano all'occhio esperto
del lettore: il narratore parla sempre in terza persona, ma il punto di vista
usuale, Bordelli, viene abbandonato per presentare la scena attraverso gli occhi
di Diotivede. Il medico si trova nel suo laboratorio, quando il commissario lo
interrompe chiedendogli a cosa pensi sentendo la parola “Il Pavone”; sono
infatti giunte in questura due lettere anonime, con questa scritta composta da
lettere ritagliate dal giornale. Grazie all'aiuto dell'amico, Bordelli ricorda una
villa settecentesca che porta proprio il nome dell'animale e decide di recarvisi.
Per entrare nell'abitazione sarà fondamentale l'aiuto del Botta che, proprio in
questo racconto, insegnerà al commissario la fine arte dello scasso, rendendolo
capace di aprire i primi due tipi di serrature della sua personale scala di
difficoltà: da nulla, rognose, da bestemmia. Il lettore già conosceva il Botta e
dava per scontato l'insegnamento impartito al commissario, questo racconto
58 Inserito nell'omonima raccolta, Parma, Guanda, 2005.
59 Inserito nell'antologia AA.VV., Città in nero, Parma, Guanda, 2006.
62
recupera il momento esatto descrivendolo; allo stesso modo presenta Rosa,
sempre in attività, dato che la legge Merlin non è ancora entrata in vigore.
Bordelli, entrato nella villa, viene accolto da un vecchio che inizia a raccontare
una storia; il commissario chiede se finirà bene, ma il vecchio risponde che
l'esito dipenderà solo da lui... «Non le conviene, i miei romanzi finiscono tutti
male»60. La frase, pronunciata da Bordelli, sembra adattarsi molto allo stesso
Vichi che spesso conclude i suoi scritti con una nota amara, lasciando i lettori
liberi di reagire attivamente all'elaborazione di un messaggio negativo o
scoraggiarsi per la mancanza di un lieto fine. Il vecchio racconta di far parte di
un'agenzia di servizi molto particolare la quale dirotta denaro, destinato al
commercio d'armi e contrabbando, verso paesi sottosviluppati di Africa e
America Meridionale per sostenerne la rivolta armata contro i dittatori. L'aiuto
del commissario è necessario per uno spostamento aereo del gruppo, che dovrà
avvenire senza controlli né difficoltà. Bordelli conosce in questa circostanza il
nome di battesimo di Diotivede, Peppino; è stato proprio il medico a
consigliarlo all'organizzazione per la spiccata capacità di discernere le
situazioni in cui una legge vada applicata da quelle in cui sia profondamente
ingiusto il suo utilizzo. Il vecchio si addentra in un discorso sul futuro, più o
meno prossimo, in cui l'uomo dovrà affrontare la carenza d'acqua,
l'inquinamento e addirittura arriverà a manipolare embrioni... Una panoramica
sul mondo d'oggi, analizzato in ogni sua difficoltà, con occhio critico. Bordelli
decide di aiutare questo strano gruppo escogitando un sistema bizzarro:
commissiona ad un ladruncolo suo amico otto sai da frate, noleggia presso un
convento di suore un pulmino e compra sette biglietti per Casablanca. Dopo
una serie di imprevisti il gruppo di falsi frati, tra cui Bordelli, raggiunge
l'aeroporto di Roma; i membri dell'associazione partono mentre il commissario
torna a Firenze dove, dopo del tempo, arriva il lauto compenso per il buon
esito della missione. Bordelli non vuole tenere per sé tutto il denaro e decide
di portarlo come offerta alla Basilica di San Miniato, il racconto si conclude
60 M. Vichi, Perché dollari?, TEA, 2007, p. 44.
63
con l'apertura della busta da parte di uno dei frati e la relativa aspettata
domanda “Perché dollari?”.
Questo primo racconto non affronta una vera e propria indagine, ma il
bizzarro incontro di Bordelli con un'organizzazione misteriosa coinvolta in
traffici mondiali e, appunto per questo, priva di un'effettiva collocazione
temporale e spaziale. I suoi membri sono a Firenze “di passaggio” e
contribuiscono a regalarci un divertente spaccato di vita del commissario.
Morto due volte, dal canto suo, affronta esplicitamente il problema della
corruzione politica. Spesso la società si macchia da sola, attraverso
l'immoralità dei magistrati ed una serie di ingiustizie “legali” mascherate e
taciute. A rimetterci sono gli umili che Bordelli cerca di aiutare come può:
prestando loro soldi, impiegandoli in compiti non strettamente necessari,
trovando loro lavoretti di fortuna. Quando però il danno è irreparabile, tenta
almeno di fare chiarezza, come accade nel caso di Antonio Samsa.
Bordelli, uomo nostalgico e riflessivo, trova conforto alle ansie che lo
tormentano passeggiando nei cimiteri della sua città. Li conosce tutti, ha
percorso quei vialetti molte volte, navigando in un mare di pensieri riguardanti
il lavoro, l'amore, la solitudine e, ovviamente, il corso della vita. Bordelli non
teme la morte, con la quale si è spesso confrontato durante la guerra;
passeggiare nei cimiteri aiuta a ristabilire le giuste priorità. Sorride davanti
agli eccessivi elogi incisi sulle lapidi, a memoria di uomini e donne che spesso
tanto impeccabili non erano e immagina la sua tomba con su scritto «Qui giace
Franco Bordelli, il quale vorrebbe essere ancora vivo.»61. Durante una di queste
camminate Bordelli si trova difronte alla tomba di un uomo il cui cognome,
Samsa, richiama un personaggio di Kafka62 e il giorno di nascita, il 2 aprile, il
suo stesso compleanno. Bordelli ricorda di aver già avuto quel pensiero, ma
non nello stesso cimitero; seguendo la memoria si reca in un altro camposanto
61 M. Vichi, Morto due volte, in AA.VV.,Città in nero, cit., p. 258.
62 Il protagonista del celebre racconto, La metamorfosi, dello scrittore boemo Franz Kafka si
chiama Gregor Samsa.
64
dove effettivamente trova una seconda lapide intestata ad Antonio Samsa:
stessa data di nascita, ma differente anno di morte. Indubbiamente si tratta di
una stranezza, forse un banale caso di omonimia, ma per quanto semplice sia
la spiegazione, il maniacale amore per la verità spinge Bordelli ad investigare.
Smentita l'esistenza di due Antonio Samsa, l'indagine inizia con l'incontro di
Bordelli con la vedova del defunto. La donna racconta che il marito si era
suicidato nel '54, anno corrispondente ad una delle due lapidi, dopo lunghe
angosce provocate dall'esperienza della deportazione. Samsa era uno degli
ebrei sopravvissuti alla fame, alle torture e alle umiliazioni inferte dai nazisti,
ma la vita dopo quel momento non era più stata la stessa. Quando la vedova
racconta che il marito avrebbe dovuto raggiungere la Svizzera dopo aver
sistemato delle faccende, Bordelli immagina volesse mettere in salvo un po'
delle sue ricchezze. Qualcosa, però, era andato storto e Samsa era stato
catturato. La moglie continua a parlare accennando a Maggini, un amico di
famiglia, e allo strano incontro col marito, poco prima del suicidio. Bordelli
conosce il nome di Maggini dai manifesti elettorali della DC che tappezzano la
città e vorrebbe evitare contatti diretti con la classe politica, che lo ripugna;
interrogarlo sembra però l'unica via per risolvere il mistero delle due tombe.
Giocando d'astuzia, il commissario ottiene dal politico una confessione che
non si sarebbe aspettato. Maggini era figlio di un caro amico di Antonio
Samsa, questo lo aveva contattato per farsi aiutare a nascondere una cassa da
morto carica di oggetti personali, prima di fuggire dall'Italia. Maggini,
convinto che la bara contenesse ben più che lettere e cari ricordi, non aveva
resistito al desiderio di arricchirsi facilmente ed aveva denunciato l'ebreo ai
fascisti. Per pura vigliaccheria, non aveva voluto far sospettare a Samsa il
tradimento e si era fatto arrestare e picchiare assieme a lui. Sbarazzatosi del
legittimo proprietario, avrebbe potuto serenamente nascondere la bara per poi
attingere all'oro in tempi meno burrascosi. Ecco spiegata l'esistenza di una
seconda tomba datata 1943 e recante il nome Samsa: nemmeno l'ideatore del
piano originale l'avrebbe mai cercata sotto il proprio nome.
65
Maggini è il personaggio negativo di questo racconto, è un uomo avido,
bugiardo, ma soprattutto tanto vigliacco da non sostenere il peso delle proprie
azioni. Deve apparire gentile e accomodante agli occhi di tutti: abbassandosi al
ruolo di spia coi fascisti che non apprezzano il doppio gioco, fingendo di
aiutare l'amico che in realtà sta tradendo ed ingannando la vedova e le figlie
della vittima che solo lui avrebbe potuto salvare. Le menzogne sono dirette a
tutti, prima e dopo l'arresto di Samsa, poiché Maggini non aveva avuto il
coraggio di ammettere le proprie colpe neppure in seguito al ritorno dell'amico
dal lager. Bordelli sa che quest'uomo è un politico, probabilmente l'emblema
di una cerchia entro cui tutti sono macchiati di corruzione e immoralità...
Sapere che nelle mani di questa classe sta il potere di governare il paese è una
panoramica desolante.
66
III. QUANDO IL LIBRO NON BASTA
Vichi intrattiene con le proprie opere un rapporto dinamico: la trama
cresce nelle sue mani, ma arricchisce di contro la personalità dello scrittore; i
romanzi e i racconti editi non sono considerati un capitolo chiuso, spesso
mantengono agli occhi dell'autore una forza tale da giustificare una
rielaborazione attraverso nuovi linguaggi, dal teatro alla musica, dal film al
disegno. Vichi è un artista eclettico, collabora alla stesura di sceneggiature,
scrive articoli per vari quotidiani e riviste su scala nazionale; ultimamente ha
partecipato al progetto L'ingenuo creativo, destinato a ragazzi diversamente
abili. Insieme ad alcuni scrittori fra cui Valerio Aiolli, Emiliano Gucci, Valeria
Parrella e Rino Gallo ha svolto la funzione di capocantiere nei confronti di una
squadra composta da ragazzi pronti a dar prova della propria fantasia in base
alle capacità e i mezzi di ciascuno. A loro volta, gli scrittori si sono calati in un
gioco tutto nuovo, hanno imparato a stimolare la creatività e la curiosità del
team ed hanno sperimentato la forza coinvolgente del lavoro di squadra. Le
storie nate grazie a questo progetto, impreziosite poi da illustrazioni fatte dai
ragazzi stessi, sono confluite nel libro Arancione -one -one uscito nel 2010 per
Sarnus.
In calce ad un proprio racconto Vichi annota: «Ho […] capito che scrivere
poteva servire a farmi vedere un po' meglio quello che avevo dentro.»63, una simile
affermazione denuncia il potere chiarificatore dell'opera nei confronti
dell'autore stesso. Esiste uno scambio reciproco fra Vichi e la materia letteraria
63 M. Vichi, Buio d'amore, in AA.VV., Almanacco del Giallo Toscano 2004, a cura di
Graziano Braschi e Luca Conti, San Miniato (Pisa), FM Edizioni, 2003, pp. 61-74.
67
e ciò spiega il rapporto che lo lega al proprio personaggio. Bordelli diventa un
vero e proprio amico che lo scrittore immagina vivere quotidianamente anche
fuori dalle pagine dei romanzi. Nel numero ottobre/novembre 2004 della
rivista bimestrale «Il Vitellozzo», nata nello stesso anno per iniziativa di
Filippo Bologna e Antonio Leotti, Vichi presenta una brevissima avventura
dell'ormai pensionato commissario. La storia si svolge nel novembre del 1970
e si ambienta nelle campagne senesi; Bordelli si è perso e vaga con la sua auto
alla ricerca della strada per Firenze. Nel frattempo la sua mente ripercorre gli
ultimi tre anni di lavoro, carichi di difficoltà: i primi scontri fra studenti e
polizia, il precario equilibrio politico, il potere sempre più forte del partito
della DC... La guerra combattuta in prima persona, non era servita a garantire
all'Italia giustizia ed equità e il destino appare sempre meno roseo. Vichi
regala un brevissimo spaccato di vita del pensionato Bordelli, forse solo un
anticipo di un progetto futuro...
Recentemente un progetto originale ha impegnato Vichi: la trasformazione
in graphic novel del racconto Morto due volte64. Il commissario Bordelli
assume le sembianze del fumetto, acquista un proprio volto, in un'avventura
riadattata alla forma della “striscia”, pur mantenendo il contenuto della storia.
Il disegnatore è Werther Dell'Edera nato a Bari nel 1975; ha dato vita a diverse
storie come quelle della serie di culto John Doe e dell'horror-western Garrett:
Ucciderò ancora Billy The Kid. Ha inoltre collaborato con numerose case
editrici di fumetti americane come Marvel e DC Comics e ha realizzato il
graphic novel Dark Entries su testi di Ian Rankin. Esiste un vero e proprio
genere che raccoglie i fumetti di stampo poliziesco, spesso le strisce sono
ispirate da opere letterarie, filmiche o serie TV che trattano il giallo. Un
esempio italiano è Lucarelli che ha visto i romanzi dedicati all'ispettore
Coliandro assumere non solo la forma di serie TV, ma anche quella del
fumetto. Inoltre il racconto Il delitto di Natale, dove il commissario si
64 Uscito a settembre 2010 per il marchio Guanda Graphic, di Ugo Guanda Editore.
68
chiamava Leonardi, si è poi trasformato in storia a fumetti col protagonista
ribattezzato in De Luca.
La trama del graphic novel, Morto due volte viene suddivisa in tre parti: il
prologo, la prima parte dedicata ad Antonio Samsa e la seconda ad Enzo
Maggini. Nel prologo, Bordelli passeggia fra le tombe del cimitero delle Porte
Sante, che abbraccia la basilica di San Miniato, la preferita del commissario.
Soffermandosi su l'iscrizione di una lapide, ricorda di aver già letto quel nome
e quella data di morte, ma non nello stesso cimitero. Effettivamente il nome
del defunto, Antonio Samsa, ebreo, è riportato anche su un'altra tomba, ma con
differente data di morte, la prima nel '43 la seconda nel '54. Lo strano caso
dell'uomo morto due volte incuriosisce il commissario che si lancia in una
personalissima indagine senza partire da una denuncia o dalla scoperta di un
reato e senza seguire le classiche vie burocratiche, unicamente facendo capo al
proprio istinto. Ha inizio la prima parte: Bordelli, dopo gli adeguati controlli
all'anagrafe e l'esclusione di un caso di omonimia, interroga la vedova Samsa
che conferma la morte del marito per suicidio, in seguito all'orribile esperienza
della deportazione, in data '54. Dal racconto emerge un nome: Enzo Maggini,
vecchio amico di famiglia, che il commissario sospetta coinvolto nelle
stranezze che ancora necessitano di chiarimenti. Nella seconda parte Bordelli
incontra Maggini, deputato della Democrazia Cristiana, sebbene ripugni l'idea
di aver a che fare con un politico. Interrogarlo sembra davvero l'unico modo
per risolvere l'intera vicenda; infatti Maggini, pressato dalle domande del
commissario, confesserà un retroscena di violenze e tradimenti difficilmente
sospettabili.
Per quanto la trama del racconto corrisponda a quella del graphic novel,
l'approfondimento dei meccanismi psicologici si adatta molto meglio ad un
testo più elaborato rispetto alla nuvoletta del fumetto. A volte la sintesi,
necessaria per l'adattamento dalla forma originale a quella illustrata, snatura
un po' lo stile di Vichi, che si sofferma moltissimo sulle sensazioni, intuizioni
69
ed elucubrazioni mentali dei personaggi. D'altra parte il potere evocativo del
fumetto riesce a rendere l'indagine davvero avvincente. Entrambe le forme
presentano dei punti di forza mostrando la stessa storia attraverso l'uso di filtri
diversi. L'idea estrosa di affiancare un racconto ad una forma grafica,
costituisce un modo simpatico per seguire le avventure di un eroe che non usa
super poteri.
Fare quel che piace non può che divertire; questo accade a Vichi quando si
appresta a fare ciò che più lo aggrada, cioè scrivere:
Scrivendo si gioca, è inevitabile. Piccoli giochi riservati a una
cerchia ristretta di persone. Si usano nomi di amici per farli
sobbalzare quando leggeranno, o magari si usano nomi di persone
antipatiche per personaggi odiosi e spregevoli. Ma ci sono anche
altri piccoli giochi ancora più riservati, direi quasi intimi, scaturiti
da coincidenze che si prestano ad essere alimentate. Il racconto con
il commissario Bordelli perché dollari? Non solo si svolge nel 1957
ma è anche uscito nel 2005. Sono nato nel '57 e nel 2005 avevo 47
anni... la stessa età di Bordelli nel '57 (classe 1910). Ma con le
storie del commissario è nato anche un altro gioco, all'inizio per
caso e poi volontario: nel primo romanzo non si sapeva il nome di
battesimo di Bordelli, che è apparso nel secondo romanzo. Nel
terzo romanzo è arrivato il nome di battesimo di Piras, il suo
giovane aiutante sardo, e nel racconto Perché dollari? (la quarta
storia) si trova il nome di Diotivede, il medico legale. Ci sono altri
giochi ovviamente, che non possono essere rivelati. I romanzi sono
un piccolo mondo di cui lo scrittore è il dio che riesce, in mezzo al
libero arbitrio dei personaggi, a piazzare qualche elemento
personale, per gioco o magari per avere la sensazione che non vada
perso.65
Nonostante ciò, Vichi non permette mai che le sue storie perdano
naturalezza e spontaneità; se a Bordelli è stato sufficiente l'aiuto della mano
dell'autore per raccontarsi e Vichi si è lasciato trasportare dal flusso della
storia del commissario, così accade con tutti gli altri personaggi. Rosa, Piras,
Diotivede, il Botta, Totò non svolgono il ruolo di comparse nei romanzi, ma si
65 L. Rambelli-M. Vichi, Riflessioni sulla scrittura, cit., p. 105.
70
trasformano in compagni di viaggio per Bordelli e per il pubblico, che si
sentirà avvolgere da un'atmosfera reale e familiare.
Coinvolgere il lettore nella vicenda, tanto da riuscire a fargli dimenticare
di avere in mano un libro, è lo scopo postosi da Vichi, ma in generale da ogni
autore. Comunicare emozioni, esser in grado di infondere sensazioni forti e
durature, questo è proprio del bravo scrittore. Condividere col lettore la gioia e
i sentimenti del momento creativo, la messa nero su bianco di una storia, è
come invitarlo ad entrare nel proprio mondo. Apprezzare un libro e definirlo
buono non significa, solo, ricordarne la trama esatta dopo anni dalla prima
lettura, ma associare ad esso un turbamento. Leggere e non venir
minimamente toccati dalla materia trattata, può sì denunciare un forte
disinteresse verso l'argomento, ma anche render conto dell'incapacità dello
scrittore a coinvolgere e appassionare. Percepire le ansie di Rascolnikov,
osservare l'orizzonte con la dignitosa rassegnazione dell'ufficiale Giovanni
Drogo, vivere la solitudine angosciante del barone Cosimo Piovasco di Rondò;
provare queste sensazioni e serbarle vive nel proprio animo, costituisce la
conferma del successo di un'opera. Vichi aspira a questo: trattare in modo
verosimile della realtà affrontando la vita nei suoi aspetti più crudi e concreti,
appassionare alla verità senza promuovere false speranze. Spesso la critica
accusa i suoi finali, decisamente non lieti, di mancare di costruttività, ma Vichi
non vuole inserire nei romanzi una morale classicamente istruttiva; l'intento è
provocare una reazione, di qualunque genere si tratti, attraverso l'attestazione
della natura umana, molto più spesso cattiva che rosea. Facendo “arrabbiare” il
lettore, Vichi, spera di aiutarlo a prender coscienza delle ingiustizie che si
compiono ogni giorno e di generare in lui lo stimolo
indirizzato al
cambiamento e miglioramento della situazione. L'affermazione di Massimo
Siviero «il romanzo d'evasione diventa allora romanzo d'invasione delle coscienze
addormentate: deve scuotere più che divertire»66, rispecchia perfettamente il
66 M. Siviero, Come scrivere un giallo napoletano - con elementi di sceneggiatura, Napoli,
Graus, 2003.
71
pensiero di Vichi. Non vuole deprimere né annientare la speranza di un futuro
migliore, ma mostrare quella componente oscura ed a tratti animale, che è
connaturata ad ogni essere umano, con la quale tutti devono imparare a
convivere. Vichi descrive l'incontro più temibile che l'uomo debba affrontare,
quello con sé stesso e lo fa in diverse occasioni. Nel romanzo d'esordio,
L'Inquilino, Carlo si scontra con Fred, sregolato e pronto a sacrificare al
proprio tornaconto chiunque; la logica sembra suggerire di prender le distanze
da un tipo così, ma in realtà Fred non è altro che l'altra faccia di Carlo. Il
brigante raccoglie le testimonianze di quattro assassini, radunati attorno a
Frate Capestro, autentico simbolo del Male. Gli uomini sono istigati a testare
la loro vera natura da una voce misteriosa, durante la notte; le prime luci
dell'alba non saranno sufficienti a diradare le ombre, la meschinità dell'uomo
si è manifestata in tutta la sua brutalità e nessuno può sfuggire a sé stesso. La
semplicità di Mario Rossi sembra davvero confermare il titolo del romanzo di
cui è protagonista, Un tipo tranquillo, ma anche in questo caso il conflitto
interiore porterà allo scoperto quel volto mostruoso che, spesso, si cela dietro
una calma apparente. La presenza in noi di una forte componente violenta non
viene taciuta, riconoscere il forte fascino che il male esercita può rappresentare
il modo migliore per incanalare e controllare questo istinto primordiale.
72
Marco Vichi, Morto due volte, graphic novel, pp. 90-91
73
BIBLIOGRAFIA
OPERE DI MARCO VICHI
Romanzi
L'Inquilino, Parma, Guanda, 1999, poi, ivi, 2009, con diversa copertina.
Donne Donne, Parma, Guanda, 2000, poi, ivi, 2008, con diversa copertina e
separazione dal testo della sezione “Le donne di Filippo Landini”.
Il commissario Bordelli, Parma, Guanda, 2002, poi, Milano, edizione speciale
“Grandi detective TEA”, 2005, poi, Milano, Superpocket, 2007.
Una brutta faccenda, Parma, Guanda, 2003, poi, Milano, TEA, 2005.
Il nuovo venuto, Parma, Guanda, 2004, poi, Milano, TEA, 2006.
Il brigante, Parma, Guanda, 2006, poi, Milano, TEA, 2009.
Nero di luna, Parma, Guanda, 2007, poi, ivi, edizione tascabile, 2009.
Per nessun motivo, Milano, Rizzoli, 2008.
Bloody Mary con L. Gori, Milano, Verdenero, 2008, poi, Torino, Einaudi, 2010.
Morte a Firenze, Parma, Guanda, 2009, poi, Audiolibro, Milano, Salani, 2010.
Un tipo tranquillo, Parma, Guanda, 2010.
74
Racconti
Corpo Mondo, in «Il Paradiso degli Orchi» n.22, Roma, 1998, poi, in Riviste anni
'90, Ravenna, Fernandel, 1999.
Tu sei mia, in AA.VV. Raccontare Trieste (a cura di V. Fiandra; P. Spirito), Trieste,
Comune di Trieste, 2000, poi, in AA.VV Ho diritto ai diritti, Milano, Noreply, 2004,
poi, in «La Battana» anno XLI luglio-dicembre 2004 n. 153/154, EDIT, 2004.
Siamo un grande paese, in AA.VV. Poeti e scrittori contro la pena di morte, Firenze,
Le Lettere, 2001.
Buio d'amore, in AA.VV. Almanacco del giallo toscano 2004, San Miniato (PI), FM
edizioni, 2003.
Quella casa, in «TusciaElecta 2002/2003», Firenze, Artout-Maschietto Editore, 2003
Araba, in «Agenda Smemoranda», Milano, GUT, 2004.
Bambini, in AA.VV. Misteri di Natale, Milano, San Paolo, 2004, poi, in AA.VV. La
città che narra, Lecce, Pensa editore, 2006.
La strada per Firenze, in «Il Vitellozzo», Cetona (SI), Associazione Culturale Il
Crognolo, ottobre/novembre 2004.
L'appuntamento, in AA.VV. Giallo Natale, Milano, Mondolibri, 2004, poi, ivi,
Milano, Cairo Editore, 2006.
Scala reale, in «Delitti di carta» anno VII n.3, Pistoia, Libreria dell'Orso, 2004.
Una, in «Experience» n.1/04, Parma, Mattioli, 2004.
Burro e parmigiano, in AA.VV. Pasta Killer, Verona, Morganti, 2005.
Il certificato, in «La luna di traverso» anno 5 n.11, Parma, MUP, 2005.
Io e James, in AA.VV. Mai dire mai a un Martini Dry, Reggio Emilia, Aliberti, 2005.
La torre, in AA.VV. Giallo Wave, Milano, Noreply, 2005, poi, in Parma Noir n.II,
Parma, Gazzetta di Parma, 2005.
Mezza casa, in AA.VV. Giallo Sole, Milano, Mondolibri, 2005.
75
Trappola per ubriachi, in AA.VV. Strettamente personale, Bologna, Pendragon,
2005.
Tutina bianca, in «Experience» n.5/05, Parma, Mattioli, 2005.
Amen, in AA.VV. Pistoia gialla e noir, Massarosa, M. Del Bucchia editore, 2006.
Bocciato, in AA.VV. Apprendere è un diritto, Pisa, ETS, 2006, poi, in AA.VV. Il
gusto delle parole, Firenze, Romano Editore, 2010.
Cucina a domicilio, in M. Vichi-E. Gucci, Firenze nera, Reggio Emilia, Aliberti,
2006.
Il bisticcio, in AA.VV. Giallo uovo, Milano, Mondolibri, 2006.
Il polpettone, in «Left» n.31-32, 11 agosto 2006.
Io sono Paola, in AA.VV. La vita addosso, Ravenna, Fernandel, 2006.
La cabina, in AA.VV. Toscana in giallo, San Giuliano Terme, Felici editore, 2006.
Morto due volte, in AA.VV. Città in nero (a cura di M. Vichi), Parma, Guanda, 2006,
poi, ivi, Milano, TEA, 2008.
Quando uno ama, in AA.VV. Giallo fiamma, Milano, Mondolibri, 2006.
Il palazzo a tre piani, in AA.VV. Toscana tra crimini e misteri, Ghezzano (Pisa),
Felici editore, 2007.
Ma chi è?, in AA.VV. Raccontare è (R)esistere (a cura di F. Batini- M. Vichi),
Arezzo, Edizioni Zona, 2007.
Sono tornato, in AA.VV. Giallo oro, Milano, Mondolibri, 2007.
Una vita normale, in AA.VV. Delitti in provincia (a cura di M. Vichi), Parma,
Guanda, 2007, poi, ivi, Milano, TEA, 2009.
Un uomo chiamato Molecola, in «Stilos», 28 agosto 2007.
In articulo mortis, in AA. VV. I confini della realtà, Milano, Mondolibri, 2008.
Mio figlio no, in AA.VV. Family day, Milano, Sperling&Kupfer, 2008.
Puttana, in AA.VV. History&Mistery, Milano, Piemme, 2008.
76
La gita, in «I love museums», Poggibonsi (Siena), Carlo Cambi Editore, 2009.
Raccolte di racconti
Perché dollari?, Parma, Guanda, 2005, poi, Milano, TEA, 2007.
Buio d'amore, Firenze, Barbes, 2008.
Articoli
Ferdinando Vichi scultore e fotografo, in «AFT» anno V n.10, Prato, dicembre 1989.
Il giornalismo dei superlativi sommerso da bombe e pestilenze, in «Doc» anno 3 n.8,
Firenze, Le Lettere, luglio-settembre 2003.
Da Rossini ai Rolling Stones, in La musica che abbiamo attraversato, collana
«Almanacco Guanda», Parma, Guanda, 2005.
Il Sancho Panza di se stesso, in «Diario» anno V n.3, Milano, 5 agosto 2005.
Quella pazza voglia di scrivere, in «Doc» anno 5 n.16, Firenze, Le Lettere, lugliosettembre 2005.
La campagna nascosta, in «Meridiani Chianti» anno XVIII n.142, Editoriale Domus,
ottobre 2005.
Se da una pagina noir salta fuori Sandro Veronesi, in «Liberazione», 2 aprile 2006.
Bionde, legionari, contrabbandieri: la mia Versilia, in «Corriere della Sera», Firenze,
1 marzo 2007.
La poesia è nuda, in «Left» n.35, 31 agosto 2007.
La Shoah e l'infanzia tradita, in «Left» n.46, 16 novembre 2007.
Provare tre colpi e fallirli tutti. La giornata nera del rapinatore, in «Il Giornale»
anno XXXV n.41, 17 febbraio 2008.
I nuovi turisti del mal di denti, in «Il Giornale» anno XXVIII n.10, 10 marzo 2008.
Detenuto modello evade dopo l'udienza dal Papa, in «Il Giornale» anno XXXV n.67,
19 marzo 2008.
77
Sepolcro in esilio, in «Corriere Fiorentino» anno I n.31, 28 marzo 2008.
“Sto per uccidermi” L'sms arriva per errore al collega che lo salva, in «Il Giornale»
anno XXXV n.88, 12 aprile 2008.
Alla ricerca del padre. Lo ritrova dopo 41 anni nel braccio della morte, in «Il
Giornale» anno XXXV n. 106, 4 maggio 2008.
La maledizione del paese che ha ingoiato Ciccio e Tore, in «Il Giornale» anno
XXXV n.110, 9 maggio 2008.
Il mistero di Vancouver. Nella baia affiorano quattro piedi mozzati, in «Il Giornale»
anno XXXV n.125, 27 maggio 2008.
Le frasi rimaste a metà per dire addio a Marco, in «Corriere Fiorentino» anno I
n.102, 24 giugno 2008.
Io e lui, ma Moravia non lo sopporto, in «Corriere Fiorentino» anno I n.140, 1 agosto
2008.
Don Chisciotte e i panni stesi, in «Corriere Fiorentino» anno I n.167, 27 agosto 2008.
S. Niccolò in Oltrarno: il ritorno di Gentile, in «Corriere Fiorentino» anno I n.232,
31 ottobre 2008.
L'uomo che collezionava certezze che non c'erano, in «Il Giornale» anno XXXV
n.280, 22 novembre 2008.
Cultura in Io parlo da cittadino. Viaggio tra le parole della Costituzione italiana. I
principi fondamentali, (a cura di M. Bossi- N. Maraschio), Firenze, Regione
Toscana, Consiglio Regionale, 2008.
Ricatti, proclami e diktat. Anche la politica può uccidere, in «Doc» anno 8 n.25,
Firenze, Le Lettere, ottobre-dicembre 2008.
Manica, in «Il Giornale» anno XXXVI n.306, 20 dicembre 2009.
Finanza e lavori pubblici. Sono affari di famiglia in Malaitalia dalla mafia alla
cricca, collana «Almanacco Guanda» , Parma, Guanda, 2010.
Raccolte di articoli
Pellegrinaggio in città, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010.
78
Altro
Da Rossini ai Rolling Stones, prefazione in Anni di musica, itinerari di musica in
Toscana vol. 2 (a cura di B. Casini-E, De Pascali), Firenze, Regione Toscana, 2004.
Gli scrittori son tombaroli, prefazione in AA.VV. Crimini etruschi, Pitigliano,
Laurum, 2006.
I muscoli della scrittura, presentazione a Incontro di inchiostri, corso realizzato con
la collaborazione della Scuola di Narrazioni Arturo Bandini di Nausika per Liceo
Scientifico e Classico Benedetto Varchi, Montevarchi, 2006.
Nessuna pietà, Magazzini Salani, 2009
(cofanetto libro+CD).
Amore e guerra, Arancione one one, Poesia libera, in AA.VV. Arancione-one-one,
Firenze, Sarnus, 2010
(poesie scritte con ragazzi disabili).
Hanno detto (CD a cura di Massimo Buffetti), Spring Art Development, 2010
(opera da camera, testi di M. Vichi).
Morto due volte, Parma, Guanda Graphic, 2010
(fumetto).
Noi soli Oberto e Maria, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2010
teatrali).
(due monologhi
Traduzioni delle opere di Marco Vichi
L'Inquilino, Atene, Empiria Publications, 2000.
Tu es meva in AA.VV. Estas Crepusculars, Girona, CCG, 2002.
Il commissario Bordelli, Porto, ASA, 2003, poi, Salamanca, Tempora, 2004, poi,
Monaco, Bastei Lübbe, 2004.
Donne Donne, Atene, Empiria Publications, 2004.
Una brutta faccenda, Monaco, Bastei Lübbe, 2004, poi, Salamanca, Tempora, 2005.
Il nuovo venuto, Salamanca, Tempora, 2005, poi, Monaco, Bastei Lübbe, 2006.
Nero di luna, Monaco, Bastei Lübbe, 2009.
79
BIBLIOGRAFIA CRITICA DI MARCO VICHI
Pellegrini Paolo, Il giallo? Un pretesto per raccontare le città, in «La Nazione.it»
Prato, 18 gennaio 2002.
Pacchiano Giovanni, Il commissario che amava troppo i ricordi, in «Il Sole 24 ore»,
27 gennaio 2002.
Bordelli, commissario ai margini, in «Il Secolo XIX», rubrica Cultura e spettacolo,
venerdì 15 febbraio 2002.
Belpoliti Marco, Piccoli Camilleri annoiano, in «L'Espresso.it», 28 febbraio 2002.
Mancuso Mariarosa, Tra una pagina e l'altra lavo una montagna di piatti, in
«Corriere della Sera on line», martedì 26 marzo 2002.
Zandel Diego, Due poliziotti per due città in giallo, in «La Gazzetta del
Mezzogiorno», rubrica Libri, domenica 31 marzo 2002.
Paloscia Fulvio, Crimini anni sessanta e il poliziotto solitario San Frediano, una
ricca trovata morta, delinquenti umanissimi: lo scrittore fiorentino parla del suo
ultimo romanzo il caso MARCO VICHI, in «Firenze.Repubblica.it», 4 aprile 2002.
Spiriti Pietro, Un romanzo di Vichi. Tranquilli: il giallo lo risolve Bordelli, in «Il
Piccolo on line», domenica 21 aprile 2002.
Pent Sergio, L’usuraio del commissario, in «La Stampa», rubrica Letteratura Italiana,
sabato 31 luglio 2004.
Bucci Stefano, Non c'è pace per Firenze. Anche nei romanzi la vita è noir, in
«Corriere della Sera», 3 maggio 2005.
Sabatini Mariano, L'insoddisfazione di Marco Vichi, in Trucchi d'autore, Roma,
Nutrimenti, 2005.
Ottaviani Fabrizio, Delitti d'Italia. Una geografia del male, in «Il Giornale», 11
agosto 2006.
Panzeri Fulvio, Le “città in nero” e le ragioni del male, in «Avvenire», rubrica Libri
e Paesi, 11 agosto 2006.
Ricciardi Alessandra, In Libreria, in «ItaliaOggi», 19 settembre 2006.
80
Gigli Silvia, Briganti e Brontoli con Vichi e Bollani, in «L'Unità Firenze», 19 ottobre
2006.
Turetta Andrea, Firenze nera-Marco Vichi ed Emiliano Gucci, in «Free Art&News»,
24 ottobre 2006.
Fiechter Geraldina, Marco Vichi, il Camilleri fiorentino, vorrebbe essere come Robin
Hood, in «La Nazione», Firenze, 29 ottobre 2006.
Ottaviani Fabrizio, Tutti pendono dalle labbra di Frate Capestro, in «Il Giornale»,
14 novembre 2006.
Serino Gian Paolo, La notte è fatta per narrare, in «Stilos», 21 novembre 2006.
Piazzesi Simone, Firenze nera, in «Web Magazin», martedì 23 novembre 2006.
De Rienzo Giorgio, Il Brigante Feroce e gli altri, cinque pezzi disperati, in «Corriere
della Sera», 31 dicembre 2006.
Brena Silvia, Dialogo con Marco Vichi, in Abbracciami ancora, Milano, Salani,
2007.
Zandel Diego, Il riscatto dalle vite dannate, in «La Gazzetta del Mezzogiorno»,
rubrica Libri, domenica 14 gennaio 2007.
Fiesoli David, Delitti di provincia. Storie feroci dalla cronaca al libro giallo, in «Il
Tirreno», 22 luglio 2007.
Roversi Paolo, Il lato nero della provincia, in «Stilos», 24 luglio 2007.
Petralia Giuseppe, Delitti in provincia-Marco Vichi, in «Kult Underground» n.145,
rubrica Letteratura, 27 agosto 2007.
Quadranti Fabrizio, Si muore anche in provincia, in «Cooperazione» n.37, rubrica
Tempo libero e Cultura, 11 settembre 2007.
Chimenti Tommaso, Storie di segreti e delitti nella provincia italiana, in «Corriere di
Firenze», 17 settembre 2007.
Mirani Enrico, Fra satanisti e magnaccia: nove storie di ordinari delitti in provincia,
in «Giornale di Brescia», 22 settembre 2007.
Moisé Caterina, Nove scrittori per nove racconti e nove città: “Delitti in provincia”,
in «Gazzetta di Parma», 26 settembre 2007.
81
Gigli Silvia, Il noir secondo Marco Vichi, in «L'Unità Firenze», 29 settembre 2007.
Crovi Luca, Vichi, un romanzo che fa ululare le colline toscane, in «Il Giornale», 3
ottobre 2007.
“Nero di luna” un noir ricco di sfumature chiaroscure, in «Il Giornale dell'Umbria»,
5 ottobre 2007.
Schiesaro Sabrina, I misteri della collina, in «L'Unione Sarda», 6 ottobre 2007.
Serino Gian Paolo, Firenze Hard Boiled, in «La Repubblica delle Donne», 22 agosto
2009.
Soffici Caterina, Nella Firenze della alluvione viene a galla anche un delitto, in «Il
Giornale», 23 agosto 2009.
Il commissario ora indaga tra il fango, in «Il Tirreno», 24 agosto 2009.
Strano Laura, Ritorna Bordelli, il più amato da Camilleri, in «Il Piccolo», 24 agosto
2009.
Ametrano Gabriele, Una alluvione nera con delitto e castigo, in «Corriere
fiorentino», 25 agosto 2009.
Dolfo Nino, Vichi e Hilton due stili diversi per risolvere il delitto, in «Bresciaoggi»,
rubrica Scaffale Giallo, 1 ottobre 2009.
De Rienzo Giorgio, Il commissario di Vichi verso la pensione, in «Corriere della
Sera», 4 ottobre 2009.
Fiechter Geraldina, “Sarei stato vigliacco a saltare l'alluvione e anche La Nazione
mi ha aiutato”, in «La Nazione», lunedì 21 dicembre 2009.
Crovi Luca, Un giorno di straordinaria follia omicida, in «Il Giornale», 26 maggio
2010.
Fiesoli David, Anche per i tipi tranquilli c'è l'orrore dietro la porta, in «Il Tirreno»,
12 giugno 2010.
Parrella Valeria, Mario Rossi non è più quello di una volta, in «Grazia», 14 giugno
2010.
Ametrano Gabriele, Vichi: il mio signor Rossi pensando a Totò nel sottopasso delle
Cure, in «Corriere Fiorentino», 2 luglio 2010.
82
BIBLIOGRAFIA GENERALE
Del Monte Alberto, Breve storia del romanzo poliziesco, Bari, Laterza, 1962.
Benvenuti Stefano e Rizzoni Gianni, Il romanzo giallo, Mondadori, Milano, 1979.
Rambelli Loris, Storia del “giallo” italiano, Garzanti, 1979.
La trama del delitto. Teoria e analisi del racconto poliziesco, a cura di Loris
Rambelli e Renzo Cremante, Pratiche edizioni, 1980.
Kracauer Siegfried, Il romanzo poliziesco, Roma, Editori Riuniti, 1984.
Il punto su: il romanzo poliziesco di AA.VV., a cura di G. Petronio, Laterza, Bari,
1985.
Delitto per iscritto. Il racconto giallo italiano, a cura di Loris Rambelli e Elisabetta
Camerlo, Palumbo, 1997.
Siviero Massimo, Come scrivere un giallo napoletano- con elementi di
sceneggiatura, Napoli, Graus, 2003.
Romano Alessio, La fortuna di Fante in tre interviste, in «Quaderni del '900» n. VI,
Pisa-Roma, Fabrizio Serra editore, 2006.
Storia del '900 e giallisti nel festival per John Fante in «Il Centro Aquilone»,
Torricella Peligna, 25 agosto 2007.
Sitografia
http://www.marcovichi.it/
sito ufficiale di M. Vichi
http://www.carlolucarelli.net/
sito ufficiale di C. Lucarelli
http://www.leonardogori.com/
sito ufficiale di L. Gori
http://it.wikipedia.org/wiki/John_Fante
John Fante, Wikipedia
83
http://www.johnfante.org/home
sito del festival letterario Il Dio di mio padre
http://www.massimo-siviero.com/
sito ufficiale di M. Siviero
http://www.alfonso76.com/dblog/
blog letterario di Alfonso D'Agostino
http://it.wikipedia.org/wiki/Loriano_Macchiavelli
Loriano Macchiavelli, Wikipedia
http://www.andreacamilleri.net/
sito ufficiale di A. Camilleri
Altri autori
Fante John, Sogni di Bunker Hill, Torino, Einaudi, 2004.
Gori Leonardo, L'angelo del fango, Milano, Rizzoli, 2005.
Gori Leonardo, Musica nera, Milano, Hobby & Work, 2008.
Lucarelli Carlo, Carta Bianca, Palermo, Sellerio, 1990.
Lucarelli Carlo, Nikita, Bologna, Metrolibri, 1991.
Lucarelli Carlo, L'estate torbida, Palermo, Sellerio, 1991.
Lucarelli Carlo, Via delle Oche,Palermo, Sellerio, 1996.
Malaparte Curzio, Mamma Marcia, Firenze, Vallecchi, 1959.
84
Scarica

i. per un profilo bio-bibliografico