12
Studi e ricerche
Temi&Strumenti
ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE: VERSO LA COSTRUZIONE DI
NUOVI SCENARI E NUOVE COMPETENZE PER GLI OPERATORI DEL SISTEMA
N
el presente volume sono riportati i risultati di una ricerca, svolta recentemente presso l’Area Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi Formativi dell’Isfol,
che prendeva in esame i possibili effetti del futuro passaggio alle regioni delle
competenze relative al sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale,
fornendo una disamina, oltre che del nuovo quadro normativo derivante dalle recenti
innovazioni, dell’entità della filiera dell’istruzione professionale a livello di tutte le regioni interessate, una stima delle prospettive quantitative di questa filiera nell’immediato futuro, ed una valutazione dei possibili scenari inerenti le prospettive contrattuali
del personale interessato. Inoltre, allo scopo di porre in evidenza tutte le problematiche conseguenti al processo di trasferimento di competenze, è stata svolta un’analisi
qualitativa degli scenari futuri del sistema scolastico, utilizzando la metodologia delle
interviste in profondità con alcuni importanti testimoni privilegiati.
Nell’introduzione al volume viene dapprima proposto un inquadramento teorico della
problematica della governance in relazione ai diversi aspetti implicati e successivamente sono delineati i caratteri dell’architettura della governance italiana; il capitolo
si conclude con una riflessione sull’esigenza di individuare e definire i caratteri delle
competenze necessarie per porre in essere politiche di governance.
Il primo capitolo del libro è dedicato ad un’illustrazione del quadro di riferimento normativo; nei capitoli 2, 3, 4, 5, e 6 sono esposti i risultati dell’esame della dimensione
quantitativa del settore dell’istruzione professionale; nel capitolo 7 è riportata un’analisi delle possibili conseguenze a livello contrattuale del futuro passaggio alle regioni
delle competenze di cui si è parlato; nel capitolo finale sono descritti i principali risultati dell’indagine qualitativa; nell’appendice sono illustrati i risultati del caso di studio
preso in esame.
T
&S
12
Temi&Strumenti
Studi e ricerche
E DELLA
Unione europea
Fondo sociale europeo
PREVIDENZA SO C I A L E
Direzione Generale per le Politiche
per l’Orientamento e la Formazione
ISTRUZIONE E FORMAZIONE
PROFESSIONALE: VERSO LA
COSTRUZIONE DI NUOVI SCENARI
E NUOVE COMPETENZE PER GLI
OPERATORI DEL SISTEMA
ISBN 88-543-0295-3
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
CAPITOLO
CAPITOLO
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 de 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre
1999; ha sede in Roma ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero
del Lavoro e della Previdenza sociale. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Consiglio di
Amministrazione n. 12 del 6.10.2004.
Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione,
informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulenza tecnico-scientifica al
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e ad altri Ministeri,
alle Regioni, Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche e private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti
dal Parlamento e fa parte del Sistema Statistico nazionale.
Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni di
sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Nazionale per il programma comunitario Leonardo da Vinci, Agenzia Centro Nazionale
Europass, Struttura nazionale di supporto all’iniziativa comunitaria
Equal.
Presidente
Sergio Trevisanato
Direttore generale
Antonio Capone
La collana Temi&Strumenti – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche
comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui temi di
competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il
dibattito, contribuire all’innovazione e la qualificazione dei sistemi di riferimento.
La collana Temi&Strumenti è curata da Isabella Pitoni, responsabile URPCentro di Documentazione Specializzato Isfol
2006 - ISFOL
Via G.B. Morgagni, 33
00161 Roma
Tel. 06445901
http://www.isfol.it
Unione europea
Fondo sociale europeo
istruzione e formazione
professionale: verso la
costruzione di nuovi scenari
e nuove competenze per gli
operatori del sistema
Nel volume sono riportati i risultati della ricerca “Passaggio alle regioni
delle competenze sugli istituti professionali: effetti sul personale della
scuola”, svolta nell’ambito delle attività dell’Area Risorse Strutturali ed
Umane dei Sistemi Formativi dell’Isfol, diretta da Claudia Montedoro.
La ricerca è stata realizzata in collaborazione con il CRAS, Centro
Ricerche Affari Sociali, di Roma.
Hanno partecipato al gruppo di lavoro:
per l’Isfol: Paolo Botta (coordinatore della ricerca);
per il CRAS: Emanuele Barbieri, Stefano Di Vetta, Aldo Gandiglio,
Paolo Serreri (coordinatore del gruppo di lavoro del CRAS).
Il volume è a cura di Paolo Botta e Claudia Montedoro.
Sono autori del volume:
Paolo Botta (prefazione, introduzione),
Stefano Di Vetta (cap. 1 e 8, appendice),
Emanuele Barbieri (cap. 2, 3, 4, 5 e 6),
Aldo Gandiglio (cap. 7).
Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti:
Piero Buccione e Aurelia Tirelli.
Collaborazione di Paola Piras.
Indice
Prefazione
Introduzione. governance, formazione, risorse umane
1 I caratteri principali della governance
2 I diversi tipi di governance
3 Governance e politica di coesione
4 Innovazione formativa e governance
5 L’architettura della governance nel nostro paese
6 Le competenze degli operatori del sistema:
conclusioni
Riferimenti bibliografici
Capitolo 1 Istruzione e formazione. dalla riforma
del titolo v della costituzione alla legge n.
53 del 2003
1.1 Premessa
1.2
La ripartizione delle funzioni amministrative
1.3
Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V
della Costituzione
1.4
La legge delega n. 53 del 28.3.2003 “Delega al
Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
in materia di istruzione e formazione professionale
1.5 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali”
1.6 Conclusioni
Riferimenti bibliografici
9
11
11
14
16
23
28
36
41
47
47
48
54
62
75
78
82
indice
Capitolo 2 l’istruzione
professionale:
aspetti
istituzionali
2.1
Cenni storici
2.2 Assetti istituzionali
2.2.1 I metodi di insegnamento
2.2.2 Quadro orario settimanale nel triennio di qualifica
2.2.3 L’area di approfondimento nel triennio
2.2.4 Quadro orario nel biennio post-qualifica
2.2.5 Quadro orario settimanale degli insegnamenti
comuni
Riferimenti bibliografici
87
87
89
93
94
95
95
97
98
99
Capitolo 3 I dati sull’istruzione professionale
99
3.1 Introduzione
101
3.2 La scuola secondaria superiore. Dati e tendenze
3.2.1 I dati relativi all’istruzione professionale a livello
111
nazionale e regionale
123
Capitolo 4 Il personale
123
Premessa
4.1
124
4.2
I dirigenti scolastici
128
4.3 I docenti
4.4 Il personale ausiliario tecnico e amministrativo
136
(ATA)
143
Capitolo 5 La spesa
143
5.1 Le fonti di finanziamento e le tendenze
5.2 La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s.
148
2003/2004
151
Riferimenti bibliografici
Capitolo 6 Gli iscritti agli ips nelle regioni italiane: 153
analisi e proiezioni
153
Premessa
6.1
154
6.2 Il modello revisionale
155
6.3 Alcune considerazioni sui risultati complessivi
156
6.4 I dati regionali
159
6.5 Regione Piemonte
164
6.6 Regione Lombardia
170
6.7 Regione Liguria
176
6.8 Regione Veneto
182
6.9 Regione Friuli Venezia Giulia
indice
6.10 6.11 6.12 6.13 6.14 6.15 6.16 6.17 6.18 6.19 6.20 6.21 6.22 Regione Emilia-Romagna
Regione Toscana
Regione Umbria
Regione Marche
Regione Lazio
Regione Abruzzo
Regione Molise
Regione Campania
Regione Puglia
Regione Basilicata
Regione Calabria
Regione Sicilia
Regione Sardegna
Capitolo 7 Istruzione professionale regionale e riforma costituzionale: nuovi scenari per la contrattazione nazionale e per la gestione del personale
7.1 Il peso crescente della contrattazione decentrata
7.2 Ipotesi di riforma e prime intese
7.3 I contratti nel settore pubblico
7.4 Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei
contenuti della contrattazione nazionale
7.5 “Istruzione e formazione professionale,” competenza
esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione
7.6 L’esperienza del modello delle Province autonome,
come esempio di forma di autonomia speciale in
materia di istruzione
7.7 Altri modelli contrattuali riferibili alla istruzione e
formazione professionale
Riferimenti bibliografici
Capitolo 8 Le parti in causa. La parola ai testimoni privilegiati
8.1 Premessa
8.2 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo
V, parte II della Costituzione
8.3 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti”
8.4 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere
all’istruzione
8.5 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e
della formazione professionale
188
194
199
205
211
217
223
229
234
240
245
251
257
264
264
265
267
268
270
273
276
281
283
283
285
292
301
306
indice
8.6 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del
personale docente
318
Riferimenti bibliografici
333
Appendice Uno studio di caso. gli istituti “Aldini Valeriani Sirani”di Bologna
1 Premessa
2 La storia degli Istituti
2.1
La storia degli Istituti Elisabetta Sirani
2.2 Gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani oggi
3 L’offerta formativa degli Istituti Aldini Valeriani e
Sirani
3.1 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto
Professionale Aldini Valeriani e Sirani
3.2 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Tecnico
Industriale “Aldini Valeriani”
3.3
Il Piano dell’Offerta Formativa degli Istituti Serali
Comunali Aggregati Aldini-Valeriani ed E. Sirani
3.4.
L’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri
Elisabetta Sirani
4.
Intervista al Dirigente Scolastico Prof. G. Sedioli Istituto Aldini Valeriani e Sirani di Bologna
337
338
339
341
349
349
354
356
357
359
PREFAZIONE
Nel presente volume sono riportati i risultati di una ricerca svolta recentemente, presso l’Area Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi
Formativi dell’Isfol, dal titolo: “Passaggio alle Regioni delle competenze sugli istituti professionali: effetti sul personale della scuola”.
La ricerca prendeva in esame i possibili effetti del futuro passaggio alle
regioni delle competenze relative al sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale così come previsto dal processo di riforma
del sistema scolastico in atto, fornendo una disamina, oltre che del
nuovo quadro normativo derivante dalle recenti innovazioni, dell’entità della filiera dell’istruzione professionale a livello di tutte le regioni
interessate, ed una stima delle prospettive quantitative di questa filiera
nell’immediato futuro, oltre che una valutazione dei possibili scenari
inerenti le prospettive contrattuali del personale interessato. Inoltre,
allo scopo di porre in evidenza tutte le problematiche conseguenti
al processo di trasferimento di competenze, è stata svolta un’analisi
qualitativa degli scenari futuri del sistema scolastico, utilizzando la metodologia delle interviste in profondità con alcuni importanti testimoni
privilegiati. Infine, la ricerca - attraverso un’indagine svolta con la metodologia dello studio di caso - analizzava l’esperienza emblematica
di un istituto tecnico che, pur essendo dipendente dal comune di appartenenza, appartiene all’ordinamento nazionale e vede applicato il
prefazione
Prefazione
contratto nazionale di categoria per il proprio personale.
Nell’introduzione al presente volume viene dapprima proposto un inquadramento teorico della problematica della governance in relazione
ai diversi aspetti implicati (definizione del concetto di governance, delle sue differenti tipologie, del suo rapporto con la politica di coesione
e con i processi formativi in genere), e successivamente sono delineati i caratteri dell’architettura della governance italiana; il capitolo
si conclude con una riflessione sull’esigenza di individuare e definire,
a livello di modellistica, i caratteri delle competenze necessarie per
porre in essere politiche di governance, che dovranno essere possedute dalle risorse umane del settore: insegnanti, dirigenti scolastici, altri
operatori della scuola, funzionari e dirigenti regionali, ecc.; nell’ambito
di questa analisi sono individuate le competenze più rilevanti alla luce
dei risultati della ricerca e delle acquisizioni più recenti sul tema da
parte della letteratura specialistica.
Il primo capitolo del libro è dedicato ad un’illustrazione del quadro di
riferimento normativo; nei capitoli 2, 3, 4, 5, e 6 sono esposti i risultati dell’esame della dimensione quantitativa del settore dell’istruzione
professionale; nel capitolo 7 è esposta un’analisi delle possibili conseguenze a livello contrattuale del futuro passaggio alle regioni delle
competenze di cui si è parlato; nel capitolo finale sono descritti i principali risultati dell’indagine qualitativa; nell’appendice sono riportati i
risultati del caso di studio preso in esame.
10
introduzione
GOVERNANCE,
FORMAZIONE E
RISORSE UMANE
1. I caratteri principali della governance
Nel presente volume sono prese in esame le possibili conseguenze
derivanti dall’attribuzione alle regioni delle competenze nel sottosistema di istruzione e formazione professionale, pur nel rispetto dei livelli
essenziali di prestazione (Lep) di emanazione statale che garantiranno la necessaria omogeneità su tutto il territorio nazionale. Questo
processo di decentramento istituzionale ha origine negli anni ’90 con
le leggi Bassanini ed è proseguito attraverso alcune tappe importanti
come la riforma del Titolo V della Costituzione e l’emanazione della
legge di riforma del sistema scolastico e del decreto attuativo del secondo ciclo, che definisce le competenze attribuite alle regioni e i Lep
che queste devono garantire. In questo capitolo saranno tentate alcune riflessioni sulle determinanti teoriche e concettuali in cui occorre
inquadrare questo processo ancora in corso e non ancora pienamente concluso. Non può sfuggire, ad un attento osservatore, che anche
nel nostro paese, ed in coerenza con le politiche europee sul tema,
stiamo passando, nell’implementazione delle politiche a tutti i livelli e
in molti settori, dalle tradizionali logiche di government ad una nuova impostazione che ormai da più parti viene comunemente definita
governance. Questa metamorfosi implica una rivoluzione concettuale
11
introduzione
I caratteri
principali della
governance
di ampio raggio, perché denota il passaggio da una metodologia di
governo, appunto il government, fondata sull’accentramento e sulla
dimensione verticistica di tipo top/down, tipica dei sistemi istituzionali
coerenti con modelli di produzione fordisti, ad un approccio fondato sul decentramento e sulla partecipazione dal basso di tutte le comunità locali ai processi di implementazione in un’ottica bottom/up,
che viene appunto definita governance, tipica dei sistemi istituzionali
coerenti con modelli di sviluppo post-fordisti. Questi modelli rispondono alle esigenze della società della conoscenza1, che richiede una
diffusione e un consolidamento dei saperi per innalzare il livello complessivo della qualità delle risorse umane, attraverso nuovi assetti organizzativi che favoriscano la circolazione delle conoscenze, come nel
caso delle attività in team group mirati alla realizzazione di complessi
processi di innovazione oppure alla costruzione di network2 funzionali. Ciò appare oltremodo necessario per affrontare le sfide dell’accresciuta competitività e delle conseguenti esigenze di innovazione a tutti
i livelli, che sono da considerare un obiettivo strategico per garantire
all’economia europea uno spazio sui mercati internazionali sconvolti
dall’incombente globalizzazione e che richiedono la partecipazione
dei soggetti interessati in tutte le realtà territoriali. Ciò nell’assunto, ormai abbastanza acquisito, che nessun attore - sia pubblico sia privato
- possiede da solo le conoscenze e le risorse necessarie per affrontare la complessità del mondo di oggi. Ciò implica un ricorso ad una
nuova strutturazione istituzionale che favorisca lo sviluppo locale ed
una piena valorizzazione di tutte le risorse esistenti nei diversi territori.
La governance risponde a questa esigenza, perchè dà la possibilità a
tutte le comunità locali e a tutti i soggetti interessati di partecipare e
di contribuire alla crescita complessiva dell’intero territorio europeo.
Essa, infatti, si configura come una forma di programmazione e di
gestione delle azioni fondata sulla partecipazione di tutti i sistemi e
di tutti gli attori interessati sia alla conduzione della vita quotidiana (a
livello economico, ma anche sociale e culturale) sia alla realizzazione
di progetti straordinari mirati.
Sulla società della conoscenza, cfr.: Blackler F., Knowledge, Knowledge Work and Organisations.
An Overview and Interpretation, in Organisation Studies, n. 16, 1995; Nonaka I., Takeuchi H.,
The knowledge-creating company, Guerini, Milano 1997; Gagliardi F., Economia della conoscenza e coesione sociale. Gli strumenti di una politica europea, in Professionalità, n. 68, 2002. Si
veda anche: Rullani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti,
Carocci, Roma 2004; Rullani E., La fabbrica immateriale. Produrre valore con la conoscenza,
Carocci, Roma 2004.
2
Sul concetto di network society è da ricordare l’opera di Castells; si veda in particolare: Castells
M., Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2002; Castells M., La nascita della società in rete, Egea,
Milano 2002.
1
12
introduzione
L’interscambio tra sistemi e soggetti sociali è indispensabile per condurre ad un miglioramento e ad una valorizzazione di tutte le risorse
presenti in ogni territorio fisico (una regione o una provincia) o sociale
(un gruppo professionale o una particolare categoria sociale o produttiva), poiché permette l’individuazione dei fabbisogni e delle competenze necessarie per fare innovazione in un determinato periodo e in
relazione a particolari esigenze di sviluppo. Questo processo implica
che le azioni siano realizzate secondo logiche di integrazione e di partenariato che sono da considerare imprescindibili per la realizzazione
di più alti livelli di coesione sociale, economica e territoriale3.
L’integrazione consiste nella riduzione delle differenze tra le diverse
politiche o tra i differenti sistemi, attraverso uno scambio reciproco
di esperienze e di culture indirizzate al raggiungimento di obiettivi
comuni e condivisi, pur nel rispetto dell’autonomia di ogni politica
o di ogni sistema. Essa può riguardare sia politiche (ad esempio, del
lavoro o formative) sia sistemi (ad esempio, le istituzioni scolastiche e
formative e le organizzazioni lavorative).
Il partenariato rappresenta la dimensione politica di questo processo
di dialogo interistituzionale, perché consiste in una collaborazione volontaria tra soggetti che, in maniera paritaria, e non gerarchica come
accadeva nel modello fordista, si mettono d’accordo per raggiungere
obiettivi comuni.
La governance, che è da considerare una modalità di programmazione
e, a un tempo, di gestione degli interventi e delle istituzioni sulla base
di un coinvolgimento tendenzialmente non gerarchico di tutte le istituzioni e di tutti gli attori interessati, si fonda sia sull’integrazione sia
sul partenariato, e in questo modo rende possibile la costruzione di
reti sociali4, al cui interno gli attori e i sistemi interagiscono per realizzare obiettivi condivisi o per gestire processi complessi.
Sono due le condizioni che rendono possibile l’attuazione della governance: 1. l’esistenza di un dialogo civile e sociale che ponga le basi per
uno scambio culturale rivolto all’integrazione tra mondi diversi portatori di differenti, ancorché preziose, culture organizzative; 2. lo sviluppo collegato di un’etica della responsabilità che renda protagonisti i
diversi attori che operano nelle diverse realtà territoriali e sociali.
I processi di integrazione, di partenariato e di costruzione di reti non
potrebbero esistere se non fossero fondati sull’attuazione di differenti
Sul rapporto tra coesione e governance mi permetto di rinviare a: Botta P., Coesione sociale,
qualità del lavoro, flessibilità e governance, in Rivista Giuridica del Mezzogiorno, n.2-3, 2005.
4
Sulle reti organizzative si rinvia a: Jones C., Hesterly W.S., Borgatti S.P., Le reti organizzative, in
Sviluppo & Organizzazione, n. 170, 1998; Signorelli A., Relazioni interorganizzative, Angeli, Milano
1991.
3
13
I caratteri
principali della
governance
introduzione
I caratteri
principali della
governance
forme di dialogo, non solo nella sua accezione di dialogo sociale che
caratterizza la concertazione nell’ambito delle relazioni industriali e
che quindi riguarda interessi, ancorché rilevanti, comunque settoriali, ma anche in relazione a quello “civile”, che interessa la gestione
complessiva della società e che si serve della collaborazione di tutti
gli attori sociali appartenenti alle diverse sfere del sociale (economia,
cultura, associazionismo, volontariato, lavoratori, ecc.), delle imprese
profit come di quelle non profit, delle associazioni culturali e delle
organizzazioni non governative per raggiungere i suoi obiettivi, aldilà
dello Stato e del mercato5.
La distanza, anche fisica, del centro decisionale gerarchicamente sovraordinato (ad esempio: l’Unione europea o gli Stati) dai luoghi di
attuazione, di programmazione e gestione (le comunità locali: regioni,
province, comuni, ecc.) garantisce, da un lato, un’autonomia dagli interessi locali più retrivi e, nello stesso tempo, permette ai poteri locali
di esercitare pienamente le proprie prerogative a contatto diretto con
la popolazione in ultima istanza beneficiaria delle implementazioni.
La partecipazione dei diversi poteri, situati nelle differenti realtà organizzative e istituzionali, avviene attraverso la costituzione delle reti (i
network non gerarchici) che rendono possibile i processi di programmazione e gestione degli interventi nelle logiche paritarie del partenariato di cui si è parlato6.
2. I diversi tipi di governance
Sono diverse le forme che possono assumere i processi di governance7. Quando in questi processi sono coinvolte istituzioni collocate a
vari livelli istituzionali si parla di governance multilivello; se invece
Su questi temi appare di estremo interesse un recente volume di Mascia M. (La società civile
nell’Unione Europea, Marsilio, Venezia 2004), a cui decisamente rinviamo.
6
Non è possibile in questa sede prendere in esame le profonde motivazioni che a livello di sistema politico e istituzionale inducono a ricorrere a forme di governance; in estrema sintesi si può
dire che questo ricorso è da collegare alla ricerca di alternative sia al puro “mercato” sia agli stati
nazionali, in seguito alle difficoltà che questi da tempo stanno affrontando, dovute alla crisi che li
caratterizza negli ultimi anni. Sulla crisi degli stati nazionali la letteratura scientifica è ormai vasta.
Ci limitiamo a segnalare Cassese S., La crisi dello Stato, Laterza, Bari 2002.
7
Sulla governance esiste già una letteratura abbastanza ricca. Per un inquadramento teorico resta
interessante: Mayntz R., La teoria della governance: sfide e prospettive, in Rivista italiana di scienza politica, n. 1, 1999; per ulteriori approfondimenti si veda inoltre: Astrid, Istruzione e formazione
dopo la modifica del titolo V della Costituzione, Roma 2003; Botta P., Il partenariato formativo,
in Professionalità, n.69, maggio-giugno 2002; Botta P., Partenariato e risorse umane, in Il Mulino,
n.4, 2002; Isfol, Gilli D., a cura di, Guida alla progettazione dello sviluppo locale. Dall’analisi del
contesto locale alla costruzione del partenariato: percorsi per piani di sviluppo territoriale, Angeli,
Milano 1999; Fadda S., Governance territoriale e Progettazione Integrata, in Formez, Deidda D.,
5
14
introduzione
sono coinvolti attori o soggetti sociali collocati orizzontalmente nei
diversi territori si parla di governance multiattori. In ogni caso ci troviamo di fronte ad una moltiplicazione e differenziazione dei livelli di
governo, che possono riguardare sia il livello sovranazionale, come
nel caso dell’Unione europea, sia quello subnazionale come nel caso
delle regioni e degli altri enti locali8.
La governance può essere definita anche multiattore, perchè implica il
coinvolgimento di diversi soggetti sociali e individuali collocati sia verticalmente, ossia inseriti in architetture istituzionali gerarchicamente
predefinite, sia orizzontalmente, ossia nei diversi territori fisici e sociali di appartenenza con dei ruoli autonomi e funzionali. I diversi tipi
di governance sono di solito compresenti nelle differenti esperienze
che, ad esempio, possono anche essere contestualmente multilivello
e multiattore.
La governance è sempre multipolare, perché implica l’esistenza di reti
costituite da individui o sistemi collegati funzionalmente tra di loro e
finalizzate alla realizzazione di obiettivi strategici comuni, attraverso la
circolazione delle conoscenze e delle informazioni che esse rendono
possibile, contribuendo al superamento delle asimmetrie informative
esistenti tra diversi soggetti o sistemi, che rendono difficile una piena
integrazione tra culture differenti. Essa è sempre poliarchica, perché
presuppone una distribuzione del potere tra innumerevoli centri e tra
diversi attori, anche se non esclude che il coordinamento complessivo
delle azioni sia prerogativa del livello istituzionale superiore, che si
caratterizza per la definizione degli indirizzi e per un controllo e una
valutazione dell’andamento complessivo dei processi di implementazione, ma non per la gestione concreta delle azioni che è demandata
al livello istituzionale decentrato.
La governance è da considerare temporanea allorquando è costruita
per raggiungere obiettivi mirati, ma circoscritti e limitati nel tempo (è
questo il caso della realizzazione di particolari progetti); ma può esistere anche una governance permanente, che è caratterizzata da stra-
a cura di, Governance e sviluppo territoriale, Roma 2003; Formez, Cersosimo D., a cura di, Il partenariato socioeconomico nei progetti integrati territoriali, Roma, 2003; Gandiglio A., Sviluppo
locale e politiche formative, in Demetrio D. e Alberici A., a cura di, Istituzioni di educazione degli
adulti, Guerini, Milano 2002; Grandori A., a cura di, Organizzazione e governance del capitale
umano nella nuova economia, Egea, Milano 2001.
8
La governance implica eminentemente azioni di coordinamento tra soggetti e tra sistemi. A tale
proposito appare opportuno citare la definizione di governance riportata nel già citato lavoro di
Fadda: “In termini generali, si può intendere per governance la modalità di soluzione dei problemi di coordinamento tra gli agenti economici di un sistema, in funzione del raggiungimento e
della stessa definizione degli obiettivi socioeconomici”.
15
I diversi titpi di
governance
introduzione
I diversi titpi di
governance
tegie di lungo respiro e che viene a configurare un modo di governo
delle istituzioni stabile, duraturo e continuativo.
La governance può essere reale se interessa processi di tipo face to
face, senza la mediazione del mezzo di comunicazione elettronico a
distanza, oppure virtuale quando si serve di tecnologie informatiche e
telematiche e in questo modo facilita le relazioni sociali in ogni territorio, ma anche tra soggetti collocati spazialmente molto lontano. In
quest’ultimo caso possiamo parlare di governance telematica, molto
utile per la costruzione di reti comunicative, anche a grandi distanze e
tra mondi diversi, come ad esempio tra vita lavorativa e tempo libero
o tra lavoro e formazione9, ecc.
La governance può, infine, riguardare il sistema politico in senso lato,
ma anche suoi aspetti specifici: essa può essere utilizzata per realizzare obiettivi di cittadinanza attiva, politiche di welfare o di sviluppo
locale all’interno di specifici settori produttivi o di particolari territori,
ecc. Per le esigenze di integrazione istituzionale che lo caratterizzano,
anche il sistema scolastico e formativo può ricavare notevoli vantaggi
dalla governance per la realizzazione dei suoi obiettivi strategici. Tutte
le attività di raccordo tra scuola e territorio vanno in questa direzione;
inoltre, di estrema importanza per la governance sono le politiche volte a realizzare un rapporto tra scuola e mondo del lavoro, ad esempio
attraverso la costruzione di forme di tirocinio, utili per collegare la cultura teorica tipica della scuola con quella pratica tipica delle imprese.
3. Governance e politica di coesione
Una volta chiarite le aree concettuali al cui interno ci muoviamo, sembra opportuno soffermarci sugli ambiti di intervento della governance,
al cui interno questo approccio può opportunamente essere utilizzato.
La governance è una modalità fondamentale per raggiungere gli
obiettivi della politica di coesione economica e sociale dell’Unione
europea, che è indirizzata alla riduzione degli squilibri all’interno del
territorio europeo per raggiungere traguardi di integrazione, di equità
e di eguaglianza, ma nello stesso tempo per favorire lo sviluppo di
tutte le regioni, presupposto indispensabile per accrescere l’impatto
complessivo dell’economia europea sui mercati internazionali resi in-
Sul rapporto tra formazione e lavoro cfr.: Alessandrini G., Pedagogia sociale, Carocci, Roma
2003.
9
16
introduzione
certi e difficili dai processi di globalizzazione. Questa politica si fonda
sul principio di sussidiarietà10, che regola le relazioni esistenti tra i
diversi livelli delle istituzioni europee: Unione europea, Stati, regioni,
altri enti locali, ecc. Questo principio, che si va ormai ampiamente
affermando anche nel nostro diritto nazionale, si fonda sull’idea che i
livelli istituzionali superiori (ad esempio: l’Unione europea o gli Stati)
debbano intervenire nell’ambito di quelli inferiori (ad esempio: le regioni e gli enti locali) solo quando questi ultimi non sono in grado di
farlo autonomamente con le proprie risorse, nell’assunto che essi siano i principali artefici delle politiche in oggetto. Si tratta di un principio
che vanta antiche tradizioni e che si fonda sul rispetto dell’autonomia
delle comunità locali, nella convinzione che il livello istituzionale superiore debba intervenire a livello di quello inferiore solo nel caso in cui
quest’ultimo non sia nella condizione di poter realizzare gli obiettivi
prefissati e condivisi. Sono quattro i corollari fondamentali in cui si
articola a livello europeo il principio di sussidiarietà: programmazione, partenariato, addizionalità e concentrazione11. Ciò vuol dire che le
azioni devono essere programmate (“programmazione”), ossia devono essere articolate secondo una successione logica degli interventi,
che vanno condivisi da tutti i soggetti interessati, pubblici e privati,
attraverso logiche di “partenariato”, ossia attraverso un coinvolgimento degli attori interessati di tipo paritario, ossia non gerarchico, a tutti
i livelli allo scopo di realizzare progetti comuni. Inoltre, la maggior
quantità di risorse a disposizione della politica di coesione (che si concretizzano nei fondi strutturali) va concentrata sulle realtà territoriali
(“concentrazione”) che sono caratterizzate da maggiori problemi di
sviluppo rispetto alla media europea e che possono configurasi anche
come storici ritardi dell’economia locale. Le risorse, infine, destinate
alla realizzazione della politica di coesione devono essere aggiuntive e
non sostitutive rispetto a quelle già messe a disposizione per gli stessi
scopi nelle diverse regioni attraverso finanziamenti locali (“addizionalità”).
Il principio di sussidiarietà e i suoi corollari formano l’architettura sulla
cui base si definisce la governance europea. Esso regola la relazione
tra diversi livelli istituzionali e pone le basi per la programmazione e
Sul principio di sussidiarietà si segnala: Millon-Delsol C., Il principio di sussidiarietà, Giuffrè,
Milano 2003.
11
Su questi temi si rinvia a: Botta P., Logiche fondamentali, in Isfol, Bencivenga V., Botta P., Callisti
F., Errigo A., a cura di, Aspetti normativi del Fondo Sociale Europeo. Programmazione, gestione,
controllo degli interventi cofinanziati nella legislazione vigente”, I libri del Fondo Sociale Europeo,
Roma 1997.
10
17
Governance
e politica di
coesione
introduzione
Governance
e politica di
coesione
la gestione delle politiche in un modello di democrazia partecipativa,
che si fonda sul così detto “metodo di coordinamento aperto”, le cui
conseguenze sono ancora imprevedibili e suscettibili di correttivi ulteriori nei processi di implementazione futuri. Questo metodo di lavoro,
che è stato introdotto dal Consiglio di Lisbona del 2000, è finalizzato a
rafforzare la cooperazione tra gli stati membri attraverso la definizione
di obiettivi comuni e condivisi e l’individuazione di strumenti comparativi per misurare i risultati e per la verifica della loro validità allo scopo di favorire l’innovazione e la qualità degli interventi e la diffusione
delle migliori pratiche.
Qualche anno fa Commissione ha ritenuto opportuno redigere un
Libro bianco proprio sulla governance12, di cui sono definiti in maniera
puntuale i caratteri sulla base dell’individuazione di cinque principi:
apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza. L’apertura
implica l’esigenza che le istituzioni europee agiscano in modo trasparente; la partecipazione presuppone l’esistenza di un’ampia adesione
alle iniziative; la responsabilità si fonda su ruoli chiari e trasparenti;
l’efficacia su politiche europee appunto efficaci, con obiettivi chiari e
fondate sulla valutazione; la coerenza su politiche coerenti e di facile
comprensione.
Sono molti i documenti europei che sottolineano l’importanza di porre in essere partenariati nel settore dell’istruzione e della formazione
professionale. Mi limito a segnalare una recente Comunicazione della
Commissione europea del 30 novembre 2005 (“Modernizzare l’istruzione e la formazione: un contributo fondamentale alla prosperità e
alla coesione sociale in Europa. Progetto di relazione comune 2006
del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di
lavoro ‘Istruzione e formazione 2010”). Nelle conclusioni di questo documento si afferma testualmente che “le riforme devono prestare attenzione ai temi dell’equità e della governance” e che “bisogna dare la
priorità al miglioramento della governance (gestione) attraverso partenariati incentrati sull’apprendimento, soprattutto a livello regionale
e locale, come mezzo per condividere le responsabilità ed i costi tra i
soggetti interessati (istituzioni, autorità pubbliche, parti sociali, imprese, associazioni, ecc.). Tali partenariati dovrebbero coinvolgere insegnanti ed istruttori, in veste di principali artefici del cambiamento in
seno ai sistemi. Essi dovrebbero favorire un maggiore coinvolgimento
dei datori di lavoro al fine di rafforzare la valenza pratica dell’offerta in
materia di apprendimento continuo.” L’obiettivo di questi partenariati è
12
Commissione europea, Libro bianco su “La governance europea”, del 5 agosto 2001.
18
introduzione
quello di stimolare la responsabilità degli attori istituzionali e i costi dei
processi di implementazione, coinvolgendo anche gli operatori della
scuola e i datori i lavoro nell’ambito dell’apprendimento continuo. Tra
le prese di posizione di maggior rilievo, va, infine, rilevato che anche
il recente rilancio della strategia di Lisbona è all’insegna dell’esigenza
di “costruire un partenariato europeo per la crescita e l’occupazione”,
così come si evince da una recente comunicazione della Commissione
europea del 2 febbraio 2005 (“Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona”).
La governance europea è fondata sull’integrazione tra due competenze distinte: quella programmatica, da un lato, e quella di gestione e di
fornitura di servizi, dall’altra. Essa dovrebbe riguardare, quindi, tutti gli
aspetti decisivi per la definizione e, a un tempo, per la realizzazione
di un progetto valido, da fondare su una comune condivisione degli
obiettivi e sulla centralità del soggetto beneficiario degli interventi, attraverso un processo continuo di negoziazione e di cooperazione tra i
cittadini e gli amministratori e con gli stakeholder locali.
La governance europea interessa eminentemente il livello territoriale
ed è quindi indirizzata innanzi tutto alla coesione territoriale. Ma in
considerazione degli obiettivi strategici della società della conoscenza,
e in coerenza con quanto stabilito nel Consiglio di Lisbona (2000),
non si può raggiungere la coesione territoriale se non si perviene alla
realizzazione di una contemporanea coesione economica e sociale.
Infatti, la coesione tra i territori e dentro i territori si raggiunge soltanto attraverso un’ampia e trasversale coesione economica e sociale.
La coesione economica è causa e conseguenza dello sviluppo locale in ogni realtà13, ma sulla base di logiche che traggono ispirazione
dal contesto globale. Non basta dare attenzione all’aspetto locale, ma
occorre farlo in termini globali secondo il famoso assunto: act local
think global, che caratterizza il concetto di glocal14, che designa un atteggiamento culturale che tende a fondere gli aspetti del “localismo”
con quelli del “globalismo”. La coesione sociale deriva da processi di
riduzione delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale, sulla base di
una piena valorizzazione del capitale sociale15 che può avvenire attraIn ambito economico non può essere sottaciuta anche l’importanza della corporate governance che implica un coinvolgimento di tutti i soggetti che fanno parte di un’impresa, in una logica
di trasparenza e di partecipazione democratica alle scelte strategiche dell’impresa.
14
Sul glocal si rinvia a: Bressi G., Opportunità e sfide per lo sviluppo glocale in Europa ed America
Latina, in Impresa & Stato, n.63-64, 2003.
15
Uno dei concetti più interessanti della recente letteratura sociologica è quello di “capitale sociale”, soprattutto nella versione di Coleman J., Foundations of social theory, Cambridge, Harvard
University Press., 1990; per un esame di questo concetto si veda il numero 3 del 1999 di Stato
13
19
Governance
e politica di
coesione
introduzione
Governance
e politica di
coesione
verso la governance. Il capitale sociale è caratterizzato da risorse che si
esplicano nei meccanismi dell’informazione e normativi, in cui ha un
peso notevole il concetto di fiducia, che è incorporato nelle relazioni
sociali e che rappresenta una fonte di benefici per l’individuo, ma anche per la comunità. Le reti sociali rappresentano il contesto in cui il
capitale sociale può esplicarsi, poiché solo all’interno dei meccanismi
relazionali è possibile realizzare gli obiettivi prefissati. Le relazioni di
fiducia e di autorità presenti nelle diverse comunità sono da considerare forme o generatori di capitale sociale, assieme alle norme che
caratterizzano un determinato contesto istituzionale. La governance
può essere utilizzata per valorizzare il capitale sociale, poiché ne evidenzia e ne rafforza gli aspetti cooperativi, la capacità delle persone
di lavorare insieme, innescando un processo di utilizzazione collettiva
di risorse individuali. Le politiche di governance possono rendere le
relazioni sociali già esistenti durature nel tempo, rafforzando i legami
democratici ma in una veste nuova rispetto al passato, perché possono stimolare relazioni al di fuori del gruppo ristretto di appartenenza;
esse rappresentano, inoltre, uno strumento importante per favorire la
trasmissione di valori, e la loro interiorizzazione, scambi di reciprocità,
solidarietà collettiva e fiducia.
La governance, pur dando importanza alla razionalità delle scelte, che
vengono regolamentate dal dialogo e dalla interazione sociale e comunicativa, può rappresentare uno strumento importante per la qualità e l’innovazione e può stimolare processi di cooperazione fondati
sulla condivisione di un linguaggio comune e facilitare la diffusione
dell’informazione e rapporti fiduciari all’interno delle imprese e tra
aziende diverse.
A livello di coesione sociale appare molto importante la dimensione
lavorativa, che è indispensabile in un momento in cui le esigenze di
innovazione di cui si è parlato richiedono un continuo miglioramento
della qualità del capitale umano. E’ da inquadrare in questa ottica il
dibattito relativo all’esigenza di collegare la flessibilità16 con la sicurezza: la prima favorisce la crescita della produttività e rende possibile
azioni sperimentali; la seconda stabilizza la condizione del lavoratore
e Mercato dal titolo: “Capitale sociale: istruzione per l’uso”. Nell’ottica di Coleman, “capitale
sociale è essenzialmente, lo ricordiamo, un patrimonio di relazioni di cui un attore dispone per i
propri fini, che risultano efficaci perché basate su una specifica cultura, ma anche in dipendenza
di una certa forma della rete, o di altri fattori” (Bagnasco A., Teoria del capitale sociale e political
economy comparata, in Stato e Mercato, n.57, 1999).
16
Su questi temi si veda: Botta P., Valori e flessibilità nell’esperienza lavorativa dei giovani, in Il
Mulino, n.4, 1998; Botta P., Coesione sociale, qualità del lavoro, flessibilità e governance, art. cit.;
Gallino L., Il costo umano della flessibilità, Laterza, Bari 2001.
20
introduzione
e accresce i pur necessari livelli di identificazione e di appartenenza
all’impresa. Per accrescere questo senso di appartenenza, che ha dei
riflessi sull’attaccamento al lavoro e sulle sue potenzialità di attrarre i
lavoratori di tutte le età (e dunque anche gli anziani, per cui si auspica
un innalzamento dei tassi di attività ora troppo bassi), occorre agire a livello di miglioramento della qualità intrinseca del lavoro, ossia
di quelle caratteristiche legate alle condizioni di lavoro in senso lato
(orario, ambiente fisico, igiene, ecc.) ed alle possibilità di espressione e di realizzazione del lavoratore (partecipazione alle decisioni, ad
esperienze formative e di apprendimento, crescita culturale e professionale, ecc.). Ciò si può raggiungere attraverso un’organizzazione del
lavoro non gerarchica, che permetta la circolazione delle conoscenze e
delle competenze necessaria per un miglioramento della qualità delle
risorse umane, la cui centralità nel modello di sviluppo post-fordista e
della società della conoscenza appare indiscutibile. Il necessario elevamento e/o rafforzamento delle competenze può essere raggiunto
attraverso una ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro cui è più
facile pervenire attraverso un’integrazione delle diverse istituzioni interessate ai processi apprendimento: scuola, formazione professionale, mondo del lavoro, senza ignorare anche altri luoghi al di fuori di
quelli preposti alla formazione, quelle realtà in cui noi tutti, facendo
esperienza, impariamo dagli altri e dall’esperienza a prescindere dall’esistenza di processi formativi intenzionali (il learning by doing).
Anche per quanto riguarda l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro, la governance può avere un valore strategico. Nel primo caso si può parlare di una governance per la prima transizione
dalla scuola al lavoro17 per cui appare fondamentale l’integrazione
tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro, soprattutto
(anche se non solo) attraverso esperienze di stage necessarie per le
interconnessioni tra le diverse culture in gioco (scolastica, formativa,
lavorativa, di impresa, ecc.). Nel secondo caso la governance appare
fondamentale per gestire le diverse transizioni che diventeranno sempre più numerose nel corso della vita lavorativa di ciascuno di noi. A
questo livello essa è da collegare all’apprendimento permanente o life
long learning, che è assolutamente necessario per gestire i passaggi
da un lavoro a un altro o dal lavoro alla scuola e viceversa, ma anche
Sulla transizione dalla scuola al lavoro dei giovani italiani, si rinvia a: Botta P., Non lontano
dai padri. Ricerca del posto, solidarietà, adattamento, nell’esperienza dei giovani meridionali,
Edizioni Lavoro, Roma, 1981; Botta P., La lunga attesa. Lavoro, non lavoro e società nell’Italia meridionale, Edizioni Lavoro, Roma 1991; Isfol, Allulli G. e Botta P., Inclusione ed esclusione. Ritratto
di una generazione di giovani alle soglie del 2000, Angeli Milano 2000.
17
21
Governance
e politica di
coesione
introduzione
Governance
e politica di
coesione
per accrescere e rafforzare la cittadinanza attiva a tutte le età.
La governance appare fondamentale anche per migliorare la qualità
del lavoro18 di coloro che già sono occupati, nei suoi diversi aspetti: a livello dell’organizzazione del lavoro, attraverso i mutamenti cui
si è fatto cenno, o nell’ambito della formazione continua, attraverso una diversa impostazione della formazione continua, che abbia al
centro la persona che apprende e le sue esigenze di crescita culturale
e professionale. La governance, infatti, può aiutare a gestire i processi indirizzati ad un miglioramento della qualità intrinseca del lavoro
sia attraverso una concertazione tra le parti sociali (tramite il dialogo
sociale) sia attraverso un collegamento tra i centri di formazione e
altre istituzioni come la scuola, l’università, le associazioni culturali (attraverso partenariati funzionali). Tutto ciò può egregiamente avvalersi
dell’ausilio dell’e-learning19 come modalità di formazione importante
per accrescere i livelli di integrazione tra lavoro e apprendimento e
per espandere le relazioni di scambio culturale, come ad esempio può
avvenire nelle comunità di pratica20 in cui i partecipanti apprendono
reciprocamente dall’esperienza altrui.
La governance può, in conclusione, opportunamente fare da supporto alle differenti transizioni e, nello stesso tempo, può sostenere la
formazione continua ed il life long learning che appaiono fondamentali non solo per accrescere i livelli culturali della popolazione e per
favorire la cittadinanza attiva, ma anche per gestire i passaggi da un
sistema all’altro, in tutte le fasi della vita di ciascuno. Non si tratta solo
di gestire in maniera appropriata la prima transizione dalla scuola al
lavoro, ma anche e soprattutto il reinserimento dopo esperienze di
lavoro giunte a conclusione, a tutte le età, attraverso l’apprendimento
continuo di competenze e nuovi saperi. In questo modo può essere
favorito un sano invecchiamento attivo21, inteso sia come ampia partecipazione al lavoro sia come crescita culturale durante tutta la vita,
18
Su questi temi si rinvia a: Botta P., Società delle reti, governance e qualità intrinseca del lavoro,
in Italianieuropei, n.1, 2006. La Commissione europea ha dedicato molta attenzione al tema della qualità del lavoro; mi limito a segnalare: Commissione europea, Comunicazione: “Migliorare
la qualità del lavoro: un’analisi degli ultimi progressi”, 26 novembre 2003.
19
Sull’e-learning si rinvia a: Isfol, Botta P., a cura di, Capitale umano on line: le potenzialità dell’e-learning nei processi formativi e lavorativi, Angeli, Milano 2003; Botta P., Gli aspetti sociali
dell’e-learning. L’apprendimento individuale, in Professionalità, n.90, 2005; Botta P., Una valenza
sociale per l’e-learning: la formazione in rete, in Professionalità, n.91, 2006.
20
Sul concetto di comunità di pratica si veda: Brown J.S., Le comunità di pratica, in Sviluppo &
Organizzazione, marzo/aprile 2002; Wenger E., Comunità di pratica e sistemi sociali di apprendimento, in Studi organizzativi, n. 1, 2000.
21
Il tema dell’invecchiamento attivo è presente da alcuni anni in diversi documenti europei ed è
da considerare una delle strategie europee più importanti degli ultimi anni, assieme alla qualità
22
introduzione
anche attraverso il coinvolgimento degli anziani in esperienze di formazione e di apprendimento.
4. Innovazione formativa e governance
L’utilizzabilità proficua della governance riguarda anche la messa a
punto di corretti processi formativi innanzi tutto in relazione all’analisi
dei fabbisogni ed alla valutazione. La prima richiede, infatti, una partecipazione degli stakeholder interessati non solo per raggiungere una
maggiore collocabilità (e quindi occupabilità) dei discenti, in seguito
alla partecipazione degli stessi datori di lavoro alla concertazione, ma
anche per fornire anche a questi ultimi occasioni di crescita culturale
e di riflessione sui propri bisogni, su cui non sempre esiste una chiara
consapevolezza da parte di tutti gli attori coinvolti. Anche i processi
di valutazione ricevono un impulso se svolti in condivisione22 con gli
stakeholder per il contributo fondamentale che questi ultimi possono
dare all’approntamento dei meccanismi correttivi derivanti dallo stesso processo di valutazione, che sono più agevoli, tempestivi ed efficaci
se concordati tra i soggetti interessati, gli artefici degli eventuali meccanismi correttivi.
La governance può, infine, migliorare la qualità dei sistemi e le relazioni tra gli attori in gioco attraverso la costruzione di reti sulla base di
logiche di partenariato, la cui esistenza è un presupposto fondamentale per rendere possibili forme di benchmarking o di trasferimento di
buone pratiche tra diverse realtà sulla base di logiche di trasparenza
e sul riconoscimento delle qualifiche e dei crediti tra i diversi settori e
territori. A questo livello, i partenariati possono avere un ruolo decisivo
nel favorire lo scambio di informazioni, l’individuazione di pratiche eccellenti e la possibilità di innescare nel sistema processi imitativi gestiti
dagli operatori delle differenti istituzioni coinvolte.
Un terreno strategico di sviluppo delle politiche in discussione è quello relativo alla realizzazione di processi di mobilità tra sistemi (si pensi
alle passerelle) o all’interno del territorio europeo, perché la governance potrà facilitare la costruzione di sistemi di riconoscimento dei titoli
e delle qualifiche e/o di trasparenza (come avviene nella costruzione
del libretto personale o nella certificazione delle competenze). In quedel lavoro, l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, la dimensione territoriale e i partenariati
locali, l’e-learning.
22
Sulla “valutazione partecipata” si rinvia a: Palumbo M., La valutazione partecipata e i suoi esiti,
in Rassegna Italiana di Valutazione, 25, 2003.
23
Governance
e politica di
coesione
introduzione
Innovazione
formativa e
governance
sto ambito la governance appare essenziale perché favorisce il dialogo
inter-istituzionale che rende possibile i processi di integrazione. Tutto
ciò può stimolare un incremento della mobilità nello spazio europeo,
presupposto indispensabile per garantire l’integrazione tra esperienze
diverse, con effetti positivi sulla qualità dei sistemi e sulla costruzione
delle competenze richieste dai cambiamenti in atto23.
Va, infine, ribadito che la governance è essa stessa da considerare
sempre un’esperienza di apprendimento. Già nelle conclusioni della
Presidenza del Consiglio di Lisbona del 200024 si parlava dell’esigenza
di sviluppare partenariati di apprendimento, nell’assunto che le attività in partnership siano esse stesse formative anche a prescindere dagli obiettivi specifici della singola azione. Infatti, i partenariati,
le esperienze di integrazione e le reti, aldilà della loro utilizzabilità
per la realizzazione di determinati progetti, e quindi della loro funzione strumentale, possono essere considerati essi stessi dei fini in sé,
perchè utili per porre in essere esperienze di scambio culturale ed
interazione. Infatti, la collaborazione inter-istituzionale e tra sistemi
diversi appartenenti alla sfera pubblica e privata, che caratterizza la
governance, è da considerare a un tempo un’esperienza di apprendimento inter-organizzativo utile per accrescere i livelli di integrazione
non solo nella dimensione istituzionale, ma anche a livello culturale
in relazione alle metodologie ed ai diversi know-how posseduti dalle
differenti organizzazioni che, interagendo, accrescono e migliorano i
propri livelli culturali. Ad esempio, un apprendimento inter-organizzativo tra scuole e imprese, da realizzare attraverso esperienze di partenariato, di integrazione e di networking, può favorire un arricchimento
del sapere teorico tipico della scuola attraverso quello pratico tipico
dei luoghi dell’”apprendimento informale”, un concetto introdotto dal
famoso “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente”
della Commissione europea del 30 ottobre 2000, che sta a significare appunto tutto ciò che si apprende tramite l’esperienza pratica,
al di fuori di meccanismi formativi intenzionali. Il Memorandum ribadisce l’importanza dell’integrazione tra politiche e dei partenariati
per raggiungere gli obiettivi strategici individuati nei messaggi chiave,
formulati nel documento, nell’ambito di uno sviluppo dell’istruzione
e della formazione permanente. Ma soprattutto va richiamata la di-
Per un esame delle esperienze concrete di integrazione, si rinvia a: Isfol, Alviti A. e Errigo A., a
cura di, Modelli ed esperienze di integrazione in Italia, Angeli, Milano 2003.
24
Sulle politiche europee sui temi di nostro interesse si rinvia a: Malizia G., L’Europa dell’istruzione e della formazione professionale. Da Lisbona a Maastricht: il bilancio di un quinquennio, in
Rassegna Cnos, n.2, 2005.
23
24
introduzione
stinzione tra apprendimento formale, non formale e informale25 assai
importante per le politiche di governance perché, una volta individuata l’esistenza di differenti forme di apprendimento, riscontrabili anche
la di fuori delle sedi preposte alla formazione, è evidente che appare
decisivo escogitare le modalità concrete in cui è possibile valorizzare
in modo particolare l’apprendimento informale, che avviene in tutti i
luoghi della vita a contatto con le esperienze e le pratiche che caratterizzano ogni dimensione umana (lavoro, tempo libro, associazionismo, vicinato, ecc.), e che si nasconde nel magma indistinto del fare e
dell’agire individuale e collettivo senza assurgere ad elaborazioni chiare e comunicabili in forme codificate. Ma ciò è possibile soltanto se
riusciamo a pervenire a forme di integrazione tra la sfera del formale,
da un lato, e quella dell’informale dall’altro, che renda possibile uno
scambio tra culture e un arricchimento reciproco dei diversi sistemi. La
governance può egregiamente rendere possibile un incontro costruttivo e duraturo tra diverse istituzioni, favorendo un utile interscambio;
ad esempio, l’attivazione di partenariati può permettere alle istituzioni
scolastiche e formative, regno indiscusso dell’apprendimento formale,
di entrare in relazione con altre istituzioni in cui sono dominanti forme di apprendimento informale che occorre valorizzare per rafforzare
i saperi codificati, arricchendo a un tempo quelli fondati esclusivamente sulle pratiche quotidiane di un necessario apporto teorico e
di riflessione. Caso emblematico di questo processo è quello che si
verifica nell’integrazione tra scuola e mondo del lavoro attraverso varie
forme di partenariato che possono riflettersi nell’adozione di modalità
di alternanza scuola-lavoro e, soprattutto, nel ricorso allo stage, che se
ben organizzato può offrire importanti occasioni di utile incontro tra
scuola e mondo del lavoro, con tutti i conseguenti vantaggi a livello
di integrazione tra cultura teorica e scolastica, da un lato, e cultura
pratica, come quella tipica del mondo del lavoro, dall’altro. A questo
riguardo va detto che un settore fondamentale per utilizzare logiche
di governance è quello dell’orientamento, che può ovviamente essere
favorito da uno scambio di esperienze sia tra i diversi sistemi formativi
ed educativi sia tra questi e quelli lavorativi, allo scopo di costruire
percorsi incentrati su una valenza orientativa.
L’integrazione tra diverse culture istituzionali potrebbe preludere alla
L’apprendimento informale è quello che avviene nei diversi luoghi della vita sociale e individuale, come la famiglia, il gruppo dei pari, le organizzazioni del tempo libero, nei musei, a teatro, ecc.
Su questi temi si rinvia a: Botta P., Capitale umano on line: riflessioni conclusive, in Isfol, Botta P.,
a cura di, op. cit. Sulla distinzione tra apprendimento formale, non formale e informale, si rinvia
al citato Memorandum della Commissione europea.
25
25
Innovazione
formativa e
governance
introduzione
Innovazione
formativa e
governance
costituzione dei centri polifunzionali dell’apprendimento di cui si parla
in diversi documenti europei, che potrebbero nascere anche a partire
dalle attuali istituzioni scolastiche e formative o da altre esperienze
che caratterizzano il tempo libero o l’associazionismo giovanile o anziano, ecc., ma anche nella direzione di rafforzare il life long learning e
di porre in essere un auspicabile invecchiamento attivo.
La governance può rappresentare un’importante occasione non solo
per raggiungere obiettivi di apprendimento inter-organizzativo e di democrazia partecipata, utile nei processi di implementazione delle politiche che vengono decise ai vari livelli istituzionali, ma anche per rendere possibili esperienze formative attraverso l’integrazione tra diverse
culture. Ciò può favorire la costruzione delle complesse competenze
richieste in epoca post-fordista, ma anche un opportuno rafforzamento della cultura teorica e libresca attraverso la dimensione pratica e
operativa dell’apprendimento. Notevoli e numerosi sono, dunque, gli
ambiti di applicazione della governance in ambito formativo, un modo
nuovo di gestire i rapporti tra diversi soggetti istituzionali pubblici e
privati che, pur non escludendo ma giustapponendosi ai meccanismi
della democrazia rappresentativa, cerca di andare oltre, favorendo una
crescita dei livelli di partecipazione sui problemi concreti e sulle scelte
decisive per la vita. Tutto ciò può avere delle conseguenze positive a
vari livelli: sul mercato del lavoro può favorire un miglioramento delle
transizioni governate da tutte le istituzioni interessate, sia quelle lavorative sia quelle formative; nei luoghi di lavoro può determinare un
miglioramento della qualità del lavoro attraverso azioni concertate in
partenariato, anche al fine di favorire processi di formazione continua
mirati; nella sfera dell’apprendimento attraverso l’interscambio che si
verifica tra le diverse realtà organizzative, espressione di esperienze
culturali in sé valide aldilà della loro utilizzazione funzionale.
La costituzione, infine, di network resa possibile dai partenariati e dall’integrazione, che caratterizzano la governance, può essere considerata un’occasione importante di apprendimento, nel così detto learning
by networking, favorito dall’interazione di soggetti portatori di diverse
istanze culturali, o semplicemente collocati in luoghi difficilmente raggiungibili quotidianamente nelle normali interazioni face to face, i cui
rapporti sono facilitati non solo dall’esistenza di reti istituzionali, ma
soprattutto di opportune tecnologie telematiche.
Le logiche di partenariato possono condurre certamente ad un miglioramento della qualità dell’offerta formativa, soprattutto per le opportunità che offrono di integrazione e interconnessione preziose sia a
livello istituzionale sia a livello di veri e propri processi formativi nella
loro effettiva erogazione e anche a livello della loro progettazione. Il
26
introduzione
partenariato formativo è uno strumento importante per l’individuazione, assieme ai soggetti interessati, delle competenze richieste in una
certa sfera sociale e in una certa fase storica. Ciò può avvenire anche
con l’ausilio di un’analisi dei fabbisogni che sia realizzata anch’essa
attraverso logiche di governance, ossia attraverso la partecipazione di
diversi soggetti che hanno in questo modo l’opportunità di acquisire
consapevolezza delle proprie esigenze attraverso un dialogo sociale e
inter-istituzionale adeguato. Fondamentale appare la governance per
giungere alla individuazione delle competenze trasversali che, riguardando diversi sistemi o settori, possono più facilmente essere acquisite attraverso un’integrazione sistemica, a tutto vantaggio di una maggiore qualificazione delle risorse umane.
La governance appare importante anche per la realizzazione del life
long learning e della formazione continua, perché offre le risorse intersettoriali che sono necessarie per la gestione delle diverse transizioni
che caratterizzeranno sempre di più la vita lavorativa a differenza di
quanto accadeva nel mondo fordista in cui in genere esisteva una
sola transizione dalla scuola alla lavoro. Essa appare fondamentale
anche per la gestione della formazione continua e dell’apprendimento
permanente perché può aiutare nell’acquisizione di culture diverse
da quella di appartenenza, come avviene nel rapporto tra cultura di
impresa e scuola o università, ecc.
La governance può essere utilizzata, nell’ambito della personalizzazione dei processi formativi, per facilitare la costruzione di percorsi
integrati di tipo inter-sistemico per ottenere i migliori risultati a livello
di valorizzazione delle capacità individuali attraverso la collaborazione
tra i diversi operatori per la costruzione delle competenze richieste dal
mercato. Infine, la governance può indurre ad un uso più generalizzato di tecnologie avanzate e di internet, necessarie per intensificare le
relazioni sociali e per favorire gli scambi culturali; infatti, le tecnologie
telematiche sono da considerare uno strumento fondamentale per
realizzare le politiche di integrazione di cui stiamo parlando. A questo riguardo va osservato che la governance può sviluppare le nuove
forme di apprendimento che sono legate alla rete, come l’e-learning,
una modalità formativa che, per le sue caratteristiche intrinseche, può
favorire mediante il superamento dei vincoli di spazio e di tempo,
tipici della formazione in presenza, l’integrazione tra formazione e lavoro, in maniera quotidiana e a prescindere dalla costruzione di eventi
formativi in aula.
Esistono in conclusione diversi campi al cui interno la governance può
favorire la costruzione di specifiche competenze o la realizzazione di
nuove forme di apprendimento o di formazione. Nei prossimi anni
27
Innovazione
formativa e
governance
introduzione
Innovazione
formativa e
governance
la realizzazione delle governance potrà condurre alla realizzazione di
importanti esperienze di eccellenza nei settori richiamati e anche in
altri in cui essa potrà condurre a risultati utili sia in termini strumentali,
ossia per la realizzazione di obiettivi specifici, sia in termini finalistici
come nel caso dei partenariati di apprendimento.
5. L’architettura della governance nel nostro paese
Nel contesto europeo sensibile a forme di governo fondate sul coinvolgimento, sulla partecipazione e sulla responsabilizzazione, prendono forma le politiche di decentramento e di governance che da circa
un decennio stanno caratterizzando il nostro paese. Non è questa la
sede per richiamare in maniera analitica tutte le fasi di un processo
di implementazione legislativa complesso e articolato. Basterà qui ricordare innanzi tutto la legge 15 marzo 1997 n.59, “Delega al governo
per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali,
per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa”, e in particolare il decreto attuativo della stessa 31
marzo 1998 n.112, “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n.59”, e proseguito fino ad arrivare alla riforma
del Titolo V della Costituzione e successivamente alla legge di riforma
della scuola, e in particolare al recente decreto attuativo relativo al
secondo ciclo, in cui sono definiti i “livelli essenziali delle prestazioni”
(lep) che devono essere garantiti dalle regioni e i compiti delle stesse
nel contesto di un’architettura di governance che si articola in tre poli
istituzionali fondamentali: stato, società civile, scuole.
Lo stato, sulla base delle recenti riforme, ha compiti di indirizzo che
si concretizzano nella formulazione delle norme, dei principi e, per
quanto riguarda il sistema di istruzione e formazione professionale,
dei lep.
La società civile ha l’esigenza di attivarsi attraverso le sue diverse istituzioni, in primis le regioni e gli altri enti locali, ma anche gli altri soggetti
che operano nella dimensione privata e nel terzo settore, per porre in
essere azioni di integrazione, di partenariato e di costruzione di reti
sociali che hanno il compito di favorire lo scambio culturale tra sistemi
e attori necessario per la costruzione delle competenze richieste dai
cambiamenti che caratterizzano il mercato globalizzato.
Infine, l’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative avrà il compito di declinare gli obiettivi strategici a livello di predisposizione della
specifica offerta formativa, ponendo in essere accordi di rete all’inter-
28
introduzione
no del sistema formativo o anche con le altre realtà socio-economiche
del territorio.
Sono questi i poli della nostra governance che andranno contestualmente attivati nei prossimi anni per porre in essere azioni di cambiamento sistemico che vadano nella direzione di realizzare gli obiettivi
strategici di cui si è parlato in precedenza.
La governance si identifica con le politiche che garantiscono un coordinamento tra le tre dimensioni di cui si è parlato: stato, società civile,
scuole dell’autonomia.
Senza entrare nel merito delle complesse questioni giuridiche, di cui
si parla nel primo capitolo di questo libro, semplificando si può affermare che allo stato spetta la definizione degli indirizzi di carattere
generale di cui si è parlato, da formulare sia in riferimento alla politica
di coesione economica e sociale dell’Unione europea, sia in relazione
all’instaurazione di una trasversale politica di governance nei diversi
settori di intervento nel nostro paese.
Attraverso meccanismi di governance multilivello, il coinvolgimento
della società civile avviene innanzi tutto attraverso l’attribuzione di
competenze alle regioni e agli enti locali, a cui spettano compiti di
legislazione esclusiva nel sistema dell’istruzione e della formazione
professionale e di programmazione e allocazione delle risorse sul territorio di riferimento.
La definizione dell’offerta formativa spetta, infine, alle istituzioni scolastiche e formative rese autonome da recenti interventi legislativi,
anche attraverso la costituzione di reti tra scuole ed un rapporto costruttivo con le istituzioni del territorio circostante tramite logiche di
governance multiattore ed un coordinamento tra i diversi soggetti interessati. Il terzo polo strategico della governance, ossia l’autonomia
delle istituzioni scolastiche e formative, ha ricevuto attuazione a livello
legislativo a partire dall’articolo 21 della legge 59/1997 e con il successivo decreto attuativo n. 275 del 1999 (Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, “Regolamento recante norme in
materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21
della legge 15 marzo 1997, n. 59”). L’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative è, inoltre, diventata materia di rango costituzionale
con la riforma del Titolo V della Costituzione, Legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione”.
La governance italiana26 consiste in un’integrazione tra i tre livelli di
Sulla governance italiana si veda in particolare: Benadusi L., Consoli F., La Governance della
Scuola, Il Mulino, Bologna 2004; Agenzia per la Formazione e il Lavoro, Modelli di governance
26
29
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
introduzione
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
cui si è parlato tramite logiche di partenariato e con la costituzione di
reti che permettano uno scambio continuo di esperienze, così come
è del resto previsto esplicitamente dal citato decreto 275. Essa ha bisogno di una regolamentazione legislativa perché possa essere realizzata, che non è da considerare prioritaria solo per le azioni all’interno
della pubblica amministrazione, ma anche nel rapporto tra questa e
il settore privato che sarà alla base dei partenariati pubblico-privato.
Si è già accennato alle principali tappe che hanno caratterizzato questo processo nel nostro paese. Pur non essendo questa la sede per
un’analisi puntuale di tutti i dispositivi legislativi interessati, vale forse
la pena di richiamare alcuni degli aspetti del cambiamento normativo
che hanno una specifica rilevanza soprattutto in relazione alla dimensione “società civile” di cui si è parlato, con particolare riferimento al
ruolo delle regioni.
In una panoramica veloce, ancorché mirata, non è possibile evitare un
accenno al decreto legislativo n.112, del 31 marzo 1998, “Conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.59”;
di questo importante dispositivo legislativo vale la pena riportare la
parte iniziale dell’art. 138, comma 1: “Ai sensi dell’articolo 118, comma secondo, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti
funzioni amministrative:
a)la programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione
e formazione professionale;
b)la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla
base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la
programmazione di cui alla lettera a)”.
Con questo decreto vengono definite le nuove attribuzioni regionali in
tema di programmazione dell’offerta formativa integrata, nella consapevolezza dell’importanza di porre in essere processi di integrazione
tra la scuola e il mondo della formazione professionale nell’ottica di
favorire un interscambio sistemico.
per lo sviluppo del sistema Istruzione-Formazione-Lavoro, Milano 2004; Sugamiele D., Le vicende della formazione professionale dall’ordinamento statutario all’ordinamento repubblicano
e, in particolare, il rapporto con il sistema di istruzione professionale, intervento al Seminario
Dirigenti-Enaip, 3-4 marzo 2005; Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Il processo di decentramento
nelle politiche della formazione, dell’istruzione e dl lavoro, Angeli, Milano 2002; Isfol, Tagliaferro
C., a cura di, Formazione, istruzione e Lavoro. Riflessioni sulla riforma del Titolo V, parte II della
Costituzione, Angeli, Milano 2003; Isfol, Tagliaferro C. a cura di, Analisi dei meccanismi di governance nell’ambito della programmazione regionale FSE 2000-2006, Roma 2005.
30
introduzione
In relazione alla dimensione “autonomia”, vale la pena di riportare il
comma 1 dell’art. 1 del citato decreto 275, “Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”: “Le istituzioni scolastiche sono
espressioni di autonomia funzionale e provvedono alla definizione e
alla realizzazione dell’offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle Regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli Enti locali, ai
sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli Enti locali promuovendo
il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli
obiettivi nazionali del sistema di istruzione.” Nel rispetto delle funzioni
delegate alle regioni, e rafforzate dai dispositivi legislativi successivi, le
scuole hanno l’importante compito di fare da raccordo tra le esigenze
degli individui e quelle del sistema nazionale dell’istruzione. In questo
comma si potrebbe dire che è riassunta tutta la logica della governance italiana in tema di istruzione e formazione professionale, che è
fondata sul principio della chiara distinzione dei ruoli delle diverse istituzioni e della decisiva importanza di tutti i livelli istituzionali e innanzi
tutto di quello più vicino all’utente, ossia la scuola, che ha il compito
di riportare a sistema le microesigenze di ciascun operatore e utente
delle singole realtà territoriali.
Nel comma 8 dell’articolo 7 dello stesso decreto, in cui viene prospettata la possibilità di reti di scuole, che rappresentano il cuore della
governance italiana del sistema scolastico e formativo, si afferma: “Le
scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con Università statali o private, ovvero con istituzioni, enti,
associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro
apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.”
Di estremo interesse per la realizzazione dell’integrazione tra sistemi è
l’art. 8, definizione dei curricoli, dello stesso decreto, che al comma 5
afferma: “Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche
attraverso un’integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi
con le Regioni e gli Enti locali, negli ambiti previsti dagli articoli 138 e
139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 può essere personalizzato in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali”. Viene
qui proclamata la possibilità di formulare curricoli personalizzati, poi
confermata con la legge 28 marzo 2003, n.53, “Delega al Governo per
la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali
delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”,
attraverso accordi con gli enti locali, nell’implicita convinzione che la
stessa offerta formativa possa essere arricchita da un dialogo inter-istituzionale finalizzato alla costruzione di saperi comuni.
In relazione all’istruzione e alla formazione professionale un punto di
31
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
introduzione
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
riferimento obbligato è ovviamente la citata legge 53, che fissa alcuni punti fondamentali per la realizzazione di politiche di governance,
esplicitando le competenze e il ruolo delle regioni non solo nell’architettura del sistema, ma anche in relazione ad alcuni aspetti specifici come la definizione dei “piani di studio personalizzati”. Molto
importante è, inoltre, il decreto legislativo n.77 del 25 aprile 2005
“Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro,
a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n.53”27; all’articolo
1, comma 2 si afferma: “I percorsi in alternanza sono progettati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi
inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per
periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro”. Da questo comma si evince che la
governance formativa interessa più soggetti e sistemi anche nell’ottica
di programmare e valutare anche percorsi educativi in alternanza. Tra
le finalità dell’alternanza elencate all’art.2 dello stesso decreto, di notevole rilievo per il nostro discorso è il comma e), che segnala l’esigenza di “correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed
economico del territorio”; da segnalare è infine l’articolo 7, “Percorsi
integrati”, che appare rilevante per la definizione di un collegamento
stabile tra scuole e regioni per l’attuazione di corsi integrati. Vale la
pena riportare l’intero articolo: “Le istituzioni scolastiche, a domanda
degli interessati e d’intesa con le regioni, nell’ambito dell’alternanza
scuola-lavoro, possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e della
formazione professionale per la frequenza, negli istituti d’istruzione e
formazione professionale, di corsi integrati, attuativi di piani di studio,
progettati d’intesa tra i due sistemi e realizzati con il concorso degli
operatori di ambedue i sistemi.” In questo articolo sono delineate le
modalità di attuazione della governance formativa finalizzata alla costruzione di percorsi integrati da progettare tramite la collaborazione
tra gli “operatori” dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale.
Ma forse gli stimoli più significativi, ai nostri fini, vengono dal decreto
legge 17 ottobre 2005 attuativo del secondo ciclo28: ”Definizione delle
27
Sull’alternanza scuola-lavoro, si rinvia a: AAVV, L’alternanza scuola-lavoro, Annali dell’Istruzione,
n. 5-6/2003 e 1/2004.
28
Sul decreto attuativo del secondo ciclo si rinvia a: Becciu M., Colasanti A.R., Lo schema di
Decreto sul secondo ciclo: Le risposte della riforma per l’adolescente di oggi, in Rassegna Cnos,
32
introduzione
norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni sul secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della
legge 28 marzo 2003, n.53”. Intanto va sottolineato che all’articolo 1,
comma 3 si afferma: “Nel secondo ciclo del sistema educativo si persegue la formazione intellettuale, spirituale e morale, anche ispirata
ai principi della Costituzione, lo sviluppo della coscienza storica e di
appartenenza alla comunità locale, alla collettività nazionale ed alla
civiltà europea”. Si tratta di un comma molto importante perché in
esso viene proclamata in maniera esplicita l’esigenza di dover sviluppare il senso di appartenenza alla “comunità locale”, oltre che a quella
nazionale ed europea, in un’ottica che potremmo definire glocal, ossia
fondata sull’interazione tra coscienza locale e globale.
Al successivo comma 8 dello stesso articolo si afferma: “Le istituzioni
del sistema educativo di istruzione e formazione riconoscono inoltre,
con specifiche certificazioni di competenza, le esercitazioni pratiche,
le esperienze formative, i tirocini di cui all’articolo 18 della legge 24
giugno 1997, n.196 e gli stage realizzati in Italia e all’estero anche con
periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. Ai fini di quanto previsto nel presente comma
sono validi anche i crediti formativi acquisiti e le esperienze maturale
sul lavoro, nell’ambito del contratto di apprendistato (…)”. In questo
comma appare chiara l’esigenza, proclamata nel Memorandum citato, di integrare l’apprendimento formale che si acquisisce nei luoghi
formali delle istituzioni scolastiche con quello informale che avviene
altrove, come appunto nelle “esperienze maturate sul lavoro”, attraverso una certificazione delle competenze comunque acquisite anche
attraverso meccanismi di trasparenza.
A conferma delle competenze attribuite alle regioni, va letto il comma
13 dello stesso articolo, in cui si afferma: “Tutti i titoli e le qualifiche a
carattere professionalizzante sono di competenza delle Regioni e delle Province autonome e vengono rilasciati esclusivamente dalle istituzioni scolastiche e formative del sistema d’istruzione e formazione
professionale. Essi hanno valore nazionale in quanto corrispondenti ai
n.2, 2005; Bertagna G., Il significato della riforma del sistema educativo e le scelte culturali ed
ordinamentali del Decreto sul secondo ciclo. I problemi di un processo complesso, in Rassegna
Cnos, n.2, 2005.; Malizia G., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo tra conservazione e riforma. Un primo commento, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Nanni C., Lo schema di Decreto sul
secondo ciclo: riflessioni pedagogiche, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Nicoli D., Nuovi percorsi
di apprendimento nella società cognitiva. Il sistema di istruzione e formazione professionale, in
Professionalità, n.78, 2003; Nicoli D., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo: aspetti sociologici
della nuova sfida educativa, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Pellerey M., Lo schema di Decreto sul
secondo ciclo: spetti didattici, in Rassegna Cnos, n.2, 2005.
33
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
introduzione
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
livelli essenziali (…)”.
Di estremo interesse per le questioni riguardanti la governance, ed in
particolare il partenariato inter-istituzionale, è il comma 15 in cui si introduce il concetto di campus o polo formativo: “I percorsi del sistema
dei licei e quelli del sistema di istruzione e formazione professionale
possono essere realizzati in un’unica sede, anche sulla base di apposite convenzioni tra le istituzioni scolastiche e formative interessate. (…)
I percorsi dei licei inoltre, (…) possono raccordarsi con i percorsi di
istruzione e formazione professionale costituendo, insieme, un centro
polivalente denominato ‘Campus’ o ‘Polo formativo’. Le convenzioni
predette prevedono modalità di gestione e coordinamento delle attività che assicurino la rappresentanza delle istituzioni scolastiche e formative interessate, delle associazioni imprenditoriali del settore economico e tecnologico di riferimento e degli enti locali”. L’introduzione
del campus ha una valenza teorica e operativa fondamentale, perché
rappresenta il luogo ideale e fisico per la realizzazione della governance formativa e un presupposto fondamentale per la realizzazione dei
futuri centri polifunzionali dell’apprendimento di cui parlano alcuni
documenti europei e che potrebbero essere gli strumenti principali
per la realizzazione futura del life long learning.
Quanto ai “percorsi di istruzione e formazione professionale”, lo stesso
decreto sottolinea il fatto che le regioni hanno il compito di assicurare
i livelli essenziali delle prestazioni nei diversi settori di interesse, che
garantiscono la realizzazione dei diritti di cittadinanza di riferimento
e la dimensione nazionale del sistema. Mentre invece quella locale
è garantita dal rapporto con gli organismi extrascolastici di cui si è
parlato.
Va, infine, considerato quanto si afferma nell’articolo 27, “Norme transitorie e finali”, al comma 3: “L’attuazione del Capo II e del Capo III
avviene nel quadro della programmazione della rete scolastica di cui
all’articolo 138, comma 1 lettera b) del decreto legislativo 31 marzo
1998, n.112, finalizzata a far corrispondere l’offerta formativa complessiva alle esigenze formative del territorio di ciascuna Regione.
L’amministrazione scolastica assicura la propria piena collaborazione, su richiesta della Regione. Al coordinamento dell’attuazione a
livello nazionale si provvede attraverso specifiche intese in sede di
Conferenza unificata (…)”. Anche questo articolo delinea le linee di un
collegamento tra dimensione nazionale (che fornisce l’indirizzo complessivo), da realizzare tramite la Conferenza unificata, dimensione
locale garantita dal ruolo delle regioni (la programmazione della rete
scolastica), e l’offerta formativa che sappiamo essere prerogativa delle
scuole (autonomia delle istituzioni scolastiche e formative).
34
introduzione
Tra i casi di integrazione sistemica posti in essere nel nostro paese
negli ultimi anni, non si può sottacere l’importante esperienza del canale di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore istituito attraverso
la Legge 17 maggio 1999, n. 144, “Misure in materia di investimenti,
delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della
normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino
degli enti previdenziali”, che prevede la realizzazione di percorsi postdiploma secondo logiche di governance; è forse opportuno riportare il
comma 2 dell’articolo 69 (Istruzione e formazione tecnica superiore)
della citata legge 144: “Le regioni programmano l’istituzione dei corsi
dell’IFTS, che sono realizzati con modalità che garantiscono l’integrazione tra sistemi formativi, sulla base di linee guida definite d’intesa tra
i Ministri della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale
e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, la Conferenza
unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e le parti
sociali mediante l’istituzione di un apposito comitato nazionale. Alla
progettazione dei corsi dell’IFTS29 concorrono università, scuole medie superiori, enti pubblici di ricerca, centri e agenzie di formazione
professionale accreditati ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 giugno
1997, n.196, e imprese e associazioni, tra loro associati anche in forma
consortile.” Sulla base del Documento Tecnico allegato all’Accordo della Conferenza Unificata del 25 novembre 2004 sono stati istituiti i così
detti “poli formativi”; data l’importanza dell’innovazione, sembra opportuno riportare il testo dell’accordo che ad essi fa riferimento: “(…)
per favorire il collegamento e lo sviluppo della cooperazione in rete
in ambito nazionale e comunitario, si conviene che i soggetti attuatori
(…) assumano, in questa fase, la denominazione di ‘Poli formativi per
l’istruzione e la formazione tecnica superiore’, con l’indicazione del settore di riferimento, attraverso i quali le Regioni, secondo le indicazioni
della propria programmazione in ambito di alta formazione, attivano
corsi IFTS, con priorità per aree e settori del proprio territorio nelle
quali siano individuate particolari esigenze connesse all’innovazione
tecnologica e alla ricerca, in collaborazione con Università, imprese,
Istituti Superiori, Organismi di formazione e Centri di ricerca”. I poli
formativi hanno una forte valenza di governance poiché prevedono la
realizzazione di esperienze formative attraverso il coinvolgimento di
diversi sistemi e di diversi attori, e già questa è un’esperienza che sta
Sui corsi IFTS i rinvia a Isfol, La filiera IFTS: tra sperimentazione e sistema, Roma, 2004; da
segnalare AAVV, Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) 1998-2003, Quaderni degli
Annali dell’Istruzione, n.103-104, 2003.
29
35
l’architettura
della
governance nel
nostro paese
introduzione
dando i primi frutti concreti nel senso dell’implementazione di logiche
di governance nel sistema30.
6. Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni
I prossimi anni saranno caratterizzati dall’esigenza di sviluppare processi di governance in tutto il sistema politico italiano. In particolare
la complessa architettura della governance della scuola e della formazione professionale richiederà uno sforzo notevole per realizzare gli
ambiziosi obiettivi di integrazione tra sistemi già di per sé assai complessi e caratterizzati da specifiche problematiche. Tutto ciò renderà
inevitabile che gli operatori delle differenti istituzioni, e in genere tutti
gli stakeholder coinvolti, siano nelle condizioni per poter realizzare
modalità di governance dell’intero sistema secondo logiche del tutto
nuove rispetto a quelle tradizionali tipiche del government. La governance è uno strumento per raggiungere obiettivi in tutti i settori di
attività, e quindi anche a livello specificamente formativo; nello stesso
tempo essa stessa può essere considerata un fine per le occasioni che
offre di apprendimento inter-organizzativo di cui si è parlato.
La governance non è un processo che si improvvisa, ma ha bisogno
dell’esistenza di una consapevolezza diffusa dell’esigenza di ricorrere a
forme di collaborazione e di dialogo per raggiungere risultati che, con
l’approccio tradizionale, non possono essere raggiunti, sia in relazione
a settori specifici sia in relazione alla costruzione della cittadinanza
attiva ed europea. Questa consapevolezza dovrà riguardare sia il sistema politico in senso stretto sia quello amministrativo sia quello privato, nell’assunto che tutti debbano partecipare alla realizzazione delle
nuove politiche. Ma allo stato attuale, in moltissimi casi, gli operatori
dei diversi sistemi e i differenti stakeholder sono privi delle competenze necessarie per porre in essere opportune forme di governance, che
andranno sicuramente costruite con il tempo attraverso l’esperienza,
ma su cui già adesso - attraverso analisi e studi di fattibilità che ne
individuino le caratteristiche in relazione ai diversi contesti – sembra
opportuno iniziare a fare delle riflessioni, a proporre dei modelli e a
Non è questa la sede per richiamare tutti gli altri importanti dispositivi legislativi di un processo
di riforma della Pubblica Amministrazione, che introduce elementi di governance nel nostro
paese. Oltre a quelli già citati, sembra necessario accennare, oltre alla così detta “programmazione negoziata”, alla legge 7 agosto 1990 n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che introduce la “conferenza
dei servizi”, su cui si sofferma Cassese nel volume citato.
30
36
introduzione
ipotizzare dei cammini risolutivi. E’, infatti, fuori discussione che con il
tempo occorrerà attrezzarsi in maniera adeguata sia per i partenariati
di apprendimento sia per quelli strumentali. Infatti, gli operatori dei
sistemi hanno bisogno non solo di motivazioni e atti di assunzioni di
responsabilità “politica” per realizzare gli obiettivi prefissati, ma anche
e soprattutto di capacità specifiche, un insieme di competenze trasversali mirate alla realizzazione dei complessi e auspicabili processi
di governance.
Le spinte alla governance non dovranno solo venire dal centro del
sistema, ma anche e forse soprattutto dalle realtà decentrate, sia per
realizzare obiettivi specifici sia per la gestione quotidiana del sistema.
Ad insegnarci quali debbano essere le competenze necessarie per la
governance sarà innanzi tutto l’esperienza concreta dei prossimi anni
di concreta attuazione delle politiche, anche se sarà probabilmente
necessario ricorrere anche all’ausilio di studi di fattibilità finalizzati alla
costruzione di modelli da utilizzare per le future implementazioni. Ciò
nonostante fin da ora è possibile individuare, sia pure in via di prima
approssimazione, alcune competenze che possiamo ritenere saranno
necessarie per le future implementazioni, sia alla luce delle pratiche
già esistenti sia alla luce di quanto possiamo immaginare sulla base
della conoscenza della realtà del mondo della formazione. Ecco le
competenze che possiamo già oggi considerare imprescindibili per
una buona governance:
· competenze politiche: capacità di gestire rapporti con attori differenti, di fare proposte per porre in essere processi di confronto tra realtà diverse, di elaborare alleanze e strategie per convincere i soggetti interessati alla partecipazione e per pervenire a
obiettivi comuni condivisi;
· competenze organizzative: capacità di porre in essere esperienze reali di partenariato e di integrazione, attraverso la predisposizione di incontri, seminari, conferenze, ma soprattutto delle
reti sociali necessarie per la realizzazione di determinate strategie31 di governo comune;
· competenze di analisi: capacità di individuazione del capitale
sociale presente nei diversi contesti sociali, attraverso l’acquisizione di informazioni e di elaborazione di dati e concetti, anche
all’interno di differenti contesti territoriali e sociali di riferimento;
Sul concetto di strategia in ambito formativo si rinvia a: Botta P., La definizione della strategia
formativa, in Osservatorio Isfol, n.6, 2005.
31
37
Le competenze
degli operatori
del sistema:
conclusioni
introduzione
· competenze relazionali: capacità di avere rapporti costruttivi
con soggetti appartenenti a sistemi diversi dal proprio; capacità
di capire realtà istituzionali e organizzative differenti da quella
in cui si vive quotidianamente, sulla base della raccolta di informazioni su di esse e dell’attitudine a saper individuare al loro
interno i soggetti collocati in posizione strategica, le personalità
coinvolte, i soggetti maggiormente interessati al cambiamento,
ecc; capacità di ascolto e di decifrazione di differenti culture (di
impresa, scolastiche, formative, del privato-sociale, ecc.); capacità di gestire gruppi di lavoro costituiti da partecipanti disomogenei sul piano socio-culturale, di far interagire soggetti diversi,
di farli dialogare, anche attraverso l’utilizzazione di tecniche di
gestione di gruppi complessi, ecc.
· competenze di networking: capacità di costruire e gestire reti
tra soggetti appartenenti a diversi mondi, attraverso la realizzazione di comportamenti cooperativi, anche utilizzando la rete
elettronica per la costruzione di politiche di e-governance o di
governance telematica32;
· competenze per il dialogo: capacità di realizzare il dialogo sociale e civile, ossia di saper gestire non solo relazioni industriali
complesse e allargate a diversi soggetti come accade nel caso
del dialogo sociale, ma anche i rapporti necessari per porre in
essere esperienze di valorizzazione della società nelle sue diverse articolazioni, come ad esempio il terzo settore o le organizzazioni non governative, come accade nel dialogo civile;
· competenze di comunicazione: capacità di porre in essere processi comunicativi complessi attraverso l’utilizzazione di strumenti adeguati, come documenti di lavoro, opuscoli, articoli,
libri, giornali, televisioni, internet, allo scopo di pervenire alla
condivisione di linguaggi;
· competenze di integrazione tra culture: capacità di saper enucleare dalle diverse comunità di pratica in gioco i punti di contatto con la propria realtà di appartenenza, ma anche le differenze
e gli aspetti culturali e relazionali che è opportuno evidenziare e
Le competenze
degli operatori
del sistema:
conclusioni
Le competenze di cui stiamo parlando sono da collocare nell’ambito della famiglia più ampia
delle competenze “strategiche”, su cui l’Isfol ha di recente svolto un approfondimento (Isfol, AAVV,
Apprendimento di competenze strategiche. L’innovazione dei processi formativi nella società della conoscenza, Angeli, Milano 2004). In particolare si rinvia a: Montedoro C., Competenze strategiche e dimensioni epistemologiche dell’azione formativa (in Isfol, AAVV, Apprendimento di
competenze strategiche, op. cit.), soprattutto in relazione a quelle che qui abbiamo definito competenze organizzative, competenze relazionali, competenze, di comunicazione, di networking.
32
38
introduzione
mettere in relazione per porre in essere forme di apprendimento inter-organizzativo;
· competenze proattive: capacità di stimolare comportamenti
coerenti con le decisioni prese nel corso della progettazione
integrata e durante il processo gestionale e realizzativo, attraverso forme di empowerment e di corrette attribuzioni di
responsabilità;
· competenze di progettazione integrata: capacità di costruire
progetti assieme ai diversi stakeholder ed agli operatori dei diversi sistemi (insegnanti, dirigenti scolastici, funzionari, ecc.)
interessati per la realizzazione di obiettivi comuni, attraverso
l’attribuzione di compiti differenziati tra i partecipanti ai processi di governance (partenariati, esperienze di integrazione, costruzione di reti, ecc.);
· competenze in campo formativo: capacità di organizzare e gestire workshop mirati alla progettazione integrata in partenariato attraverso procedimenti di facilitazione dell’apprendiemnto
inter-organizzativo e del lavoro in gruppo tramite l’utilizzazione di focus group o di metodi specialistici come il così detto
GOPP33;
· competenze per l’e-learning: capacità di apprendere tramite la
rete elettronica come presupposto per porre in essere processi
di integrazione inter-sistemica e intra-sistemica, che rendano
possibile forme di apprendimento inter-organizzativo attraverso
la realizzazione di partenariati e di reti;
· competenze legislative: capacità di documentazione legislativa,
in relazione alla normativa che regola la governance, come ad
esempio quella che caratterizza la così detta “programmazione
negoziata” ed in relazione alla costruzione di nuovi dispositivi
legislativi per regolare la governance pubblica e privata, ma anche in relazione alle procedure di concertazione e di negoziazione che sono necessarie per la realizzazione dei partenariati;
· competenze di governance settoriali: capacità specifiche che
caratterizzano i diversi sistemi come scuola, formazione, lavoro,
terzo settore, ecc., nella realizzazione di esperienze di partenariato, di integrazione e di networking;
· competenze specifiche: capacità specifiche che caratterizzano
le diverse figure professionali, come insegnanti, formatori, diri-
33
Sulla metodologia GOPP si rinvia a Bussi F., Progettare in partenariato: guida alla conduzione
di gruppi di lavoro con il metodo GOPP, Angeli, Milano 2001.
39
Le competenze
degli operatori
del sistema:
conclusioni
introduzione
genti scolastici, funzionari pubblici e privati, operatori culturali,
ecc., per far fronte alle esigenze di governance tipiche dei differenti settori di appartenenza34.
Le competenze
degli operatori
del sistema:
conclusioni
Sono molte le competenze necessarie per la governance, e in particolare anche per la e-governance, che utilizza primieramente la rete
elettronica, e quelle appena indicate non rappresentano che una parte di quelle ipotizzabili. Sarà certo anche l’esperienza ad insegnarci
quali debbano essere quelle particolarmente utili e necessarie, ma ciò
non esclude che occorre fare sin da oggi delle riflessioni su quelle che
saranno necessarie per le implementazioni future. E’, quindi, giunto
il momento di iniziare a pensare alla necessità di individuare le competenze necessarie per la realizzazione di una buona governance e di
una buona e-governance, realizzando indagini e studi finalizzati all’elaborazione di modelli delle competenze che saranno opportunamente
utilizzati in futuro in operazioni che sicuramente, oltre a rendere più
efficiente il sistema formativo, daranno un contributo all’elevazione
dei livelli di democrazia che caratterizzano la nostra società.
Per un esame della distinzione tra dialogo sociale e dialogo civile si rinvia al citato libro di
Mascia.
34
40
introduzione
riferimenti bibliografici
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45
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
ISTRUZIONE E FORMAZIONE.
DALLA RIFORMA DEL TITOLO
V DELLA COSTITUZIONE
ALLA LEGGE N. 53 DEL 2003
1.1 Premessa
La riforma del Titolo V della Costituzione, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, ha comportato una significativa riorganizzazione
dell’ordinamento della Repubblica italiana. E’ stata, infatti, modificata
la parte della Costituzione dedicata alla regolamentazione dei rapporti
tra Stato e Regioni, Province e Comuni, nonché alla determinazione
delle rispettive competenze. Il nuovo dettato costituzionale ha rimodellato il quadro complessivo delle competenze dei diversi soggetti
istituzionali, rafforzando i livelli di governo e delineando un nuovo
modello di governance; operando una distribuzione di funzioni legislative tra Stato e Regioni ed una nuova attribuzione delle funzioni
amministrative e della potestà regolamentare; innovando rispetto al
precedente sistema di ripartizione della potestà legislativa e di esercizio delle funzioni amministrative.
Il nuovo testo costituzionale, infatti, “determina in via diretta la ripartizione della potestà legislativa, riservando talune materie alla competenza esclusiva dello Stato, individuando le materie di competenza concorrente Stato-Regioni, affermando una competenza generale
residua, di tipo pieno o esclusivo, a favore delle Regioni per tutte le
materie non ricompresse tra quelle esclusive dello Stato o tra le concorrenti”1.
Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre
2003, pag. 30.
1
47
CAPITOLO 1
Premessa
istruzione e formazione
In particolare, il nuovo art. 117 distingue tra potestà legislativa esclusiva dello Stato e concorrente Stato-Regioni, conferendo alle Regioni,
mediante una clausola residuale, una competenza legislativa generale
in tutti gli ambiti non espressamente riservati alla potestà legislativa
dello Stato.
In riferimento, invece, al riparto delle funzioni amministrative, questo
viene definito nel nuovo art. 118 Cost. secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, vengano conferite ad altri livelli territoriali (Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato), “sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art.
4, c.1).
In questa sede, nel quadro di una lettura generale della legge di revisione costituzionale, si analizzano soprattutto quegli articoli che, in
quanto correlati alle problematiche connesse alla definizione delle
sfere di competenza tra Stato, Regioni ed Enti locali, presentano elementi innovativi sotto il profilo delle competenze legislative nel nuovo
assetto dei poteri amministrativi.
1.2 La ripartizione delle funzioni amministrative
In primo luogo, nella formulazione del primo comma dell’art. 114,
la Repubblica risulta “costituita” da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, laddove il testo revisionato stabiliva che la
Repubblica “si riparte in Regioni, Province e Comuni” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 1, c.2). Cambia così il significato ascritto per tale
aspetto alla Repubblica, riconfigurandola come ordinamento generale
di cui lo Stato è parte e di cui Regioni ed enti locali sono componenti
con pari dignità istituzionale. Nel secondo comma dello stesso articolo, viene infatti riconosciuta ai suddetti soggetti la personalità di “enti
autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati
dalla Costituzione”.
Alcune conseguenze di questa scelta investono i rapporti fra Stato e
Regioni, i soli enti titolari di potestà legislativa. Ci si riferisce al primo comma dell’art. 117 dove si afferma che “ la potestà legislativa è
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Stato e Regioni vengono collocati su un piano di
parità. La legislazione statale e quella regionale incontrano gli stessi limiti: la Costituzione e i vincoli comunitari ed internazionali. I successivi
commi dell’art. 117 indicano le materie sulle quali lo Stato mantiene
48
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
competenza esclusiva, le materie rimesse alla legislazione concorrente di Stato e regioni, nonché le materie rimesse alla sfera di potestà
legislativa delle regioni.
In tal senso, l’articolo 117 attribuisce alcuni ambiti materiali alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto necessariamente
espressiva di normazione generale sull’intero territorio nazionale, in
riferimento a beni oggetto di protezione costituzionale o comunitaria come la “tutela della concorrenza”, la “perequazione delle risorse
finanziarie” (lett. e), la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale” (lett. m), e le “funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Città metropolitane” (lett. p) (Legge 18 ottobre
2001, n. 3, art. 3).
Il nuovo testo sancisce la fine del criterio del parallelismo tra le funzioni legislative ed amministrative attribuite, rispettivamente, allo Stato
e alle Regioni già ampiamente superato, dalla legge delega n. 59 del
1997 e dai conseguenti decreti delegati (in primis il decreto legislativo
n. 112 del 1998). Nel nuovo impianto del titolo V, la competenza legislativa regionale incontra garanzie particolarmente intense, anche per
effetto della soppressione del controllo governativo preventivo sulle
leggi e della scomparsa dell’interesse nazionale come limite di merito,
che il vecchio testo dell’articolo 127 assegnava al discrezionale apprezzamento del Parlamento nazionale. Di converso, la riarticolazione
territoriale delle funzioni amministrative è improntata ai più flessibili
principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, i quali richiedono in ogni caso istanze e congegni di raccordo soprattutto infraregionali2.
Il nuovo modello di riparto delle funzioni amministrative viene definito nel nuovo art. 118, dove si legge che “le funzioni amministrative
sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato,
sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 4, c. 1).
In tal senso, la nuova norma costituzionale definisce un percorso di
decentramento che sottrae quasi integralmente le funzioni amministrative allo Stato ed alle Regioni riversandole sulle autonomie locali;
viene, quindi, messa in risalto la centralità dei comuni e degli enti lo-
Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla
innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione, Roma 2002.
2
49
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
CAPITOLO 1
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
istruzione e formazione
cali nell’assunzione e nello svolgimento delle funzioni amministrative.
Il criterio base per l’attribuzione delle funzioni amministrative prevede che lo Stato per le materie di propria competenza esclusiva e le
Regioni per le materie di competenza esclusiva e concorrente procedano a ridistribuire le funzioni amministrative sulla base dei principi
di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo ai comuni
tutte le funzioni amministrative ad eccezione di quelle per le quali
occorre assicurare l’unità di esercizio e a fissare modalità e forme di
cooperazione con gli enti locali che è questione fondamentale per un
corretto rapporto interistituzionale. Il comma secondo dell’art. 118,
afferma che “ i comuni (…) sono titolari di funzioni amministrative e
di quelle conferite con legge statale o regionale”, secondo le rispettive
competenze3.
Di seguito nella nuova versione dell’articolo 119 viene espressamente sancita la garanzia dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali,
come risulta in particolare, al secondo comma dell’articolo citato, attraverso la possibilità di stabilire ed applicare “tributi ed entrate propri”, in armonia con la Costituzione e con i princìpi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario, e della attribuzione di
“compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile ai loro territori”
(Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 5, c. 2).
Alla luce di queste prime considerazioni, le recenti norme costituzionali, pongono tuttavia in essere una serie di questioni rilevanti, soprattutto per quanto concerne la definizione degli assetti e delle competenze
legislative e amministrative, in seno ai vari soggetti territoriali.
Con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, e dun-
L’intreccio tra funzioni amministrative attribuite, funzioni conferite e funzioni proprie, in ragione
della loro complessità strutturale, è denso e richiede un notevole sforzo di lettura per rintracciare
le linee portanti del nuovo disegno. La materia è disciplinata in modo non lineare e rispetto alle
tre fattispecie possono essere messi in campo ragionamenti, almeno, ambivalenti. Dalla lettura
combinata delle norme in esame si trae il convincimento che non siamo di fronte a tre tipologie
di funzioni: fondamentali, proprie e conferite, ma a due perché la linea divisoria tra quelle fondamentali e quelle proprie è assai labile, quasi inesistente. La riduzione a due tipologie delle funzioni amministrative dei comuni si giustifica, tenendo presente che lo Stato una volta esercitato
il potere di riserva legislativa attribuisce in senso proprio la funzione amministrativa ai comuni
che ne diventano titolari. Ciò avviene non per effetto di una delega che inerisce l’esercizio di una
funzione e non la titolarità, ma a seguito di un atto dovuto di legislazione statale. Corre l’obbligo
di rilevare il contrasto tra la predetta lettura della norma e la previsione contenuta nell’art.121,
quarto comma, secondo cui “il Presidente della Giunta (…) dirige le funzioni amministrative
delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica”
Il contenuto del comma predetto è stato definito con la legge Costituzionale 22/XI/1999, n.1,
pubblicata nella G.U.n.299, del 22 dicembre 1999 (Rubinacci A., Le modifiche Costituzionali e
la riforma dei sistema scolastico, in Dossier Tuttoscuola “Speciale Devolution & Scuola”, Roma
2002).
3
50
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
que con il nuovo testo dell’articolo 117, la potestà legislativa dello
Stato è ormai limitata alle materie di cui all’articolo 117, (comma 2),
nonché alla determinazione dei principi fondamentali nelle materie
di cui all’articolo 117 (comma 3). In sintesi, con l’entrata in vigore del
nuovo testo non spetta più allo Stato la competenza legislativa generale. Tuttavia, tale affermazione è in parte corretta dalla constatazione
che almeno alcune delle materie dell’articolo 117, (comma 2), come
“la determinazione dei livelli essenziali” o la “tutela della concorrenza”
o “le funzioni fondamentali degli enti locali”, etc., hanno estensione
e contenuti talmente generali ed intersettoriali, da consentire sicuramente allo Stato un’ampiezza di interventi legislativi assai cospicua e
di carattere “generale”.
Al contrario, il quarto comma dell’art.117, affida la potestà legislativa
regionale in tutte le materie di competenza “concorrente” di cui all’articolo 117, (comma 3), non espressamente riservata alla legislazione
dello Stato. In tal senso, si rafforza e conquista una effettiva autonomia, la potestà normativa regionale per effetto della soppressione del
controllo governativo sulle leggi regionali, già previsto dall’articolo 127
della Costituzione, e oggi abrogato4.
Nelle materie oggetto di normazione comunitaria, le Regioni concorrono direttamente nelle materie di loro competenza, nell’ambito di
procedure stabilite da leggi dello Stato, e fermo restando il controllo
sostitutivo da parte dello Stato. Sotto questo profilo, leggi statali e regionali diventano fonti del diritto del tutto equiparate, distinte soltanto
in termini di competenza e soggette entrambe ai medesimi limiti posti
dalla Costituzione, dal diritto europeo e dal diritto internazionale.
Appare importante a questo punto, mettere in rilievo come “la nuova
disposizione costituzionale dell’art. 117 non sia più rivolta ad individuare e a contenere la competenza regionale, quanto piuttosto a
(…) E’ solo la Corte Costituzionale a poter decidere, su ricorso del Governo, e a posteriori,
sulla illegittimità costituzionale di una legge regionale; come per converso, essa può decidere
sulla illegittimità costituzionale di una legge statale, su ricorso delle regioni. Leggi statali e leggi
regionali, anche su questo aspetto vengono parificate come fonti primarie dell’ordinamento.
Nelle materie oggetto di normazione comunitaria, l’attuazione “interna” di questa normazione è
affidata alle regioni, se riguarda “materie di loro competenza”, nell’ambito di procedure stabilite
da leggi dello Stato, e fermo restando il controllo sostitutivo da parte dello Stato. Del resto, per
la “via comunitaria” una parte non trascurabile della potestà legislativa statale e regionale (sia
esclusiva che concorrente) si traduce in molti casi in atti normativi di esecuzione e attuazione.
Anche sotto questo profilo, leggi statali e regionali diventano fonti del diritto del tutto equiparate,
distinte soltanto in termini di competenza e soggette entrambe ai medesimi limiti posti dalla
Costituzione, dal diritto europeo e dal diritto internazionale (Astrid (Associazione per gli studi e
le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni),
Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Roma 2002).
4
51
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
CAPITOLO 1
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
istruzione e formazione
definire il sistema complessivo dei poteri legislativi della repubblica;
sistema governato, per un verso da una definizione degli ambiti materiali dello Stato e delle Regioni, attraverso gli elenchi della competenza
esclusiva statale e di quella concorrente Stato-Regioni, nonché dalla
clausola residuale a favore della competenza esclusiva regionale e, per
altro verso, dalla previsione del solo “limite costituzionale” e di quello
derivante dai vincoli comunitari e dagli obblighi internazionali, quali
limiti valevoli sia nei confronti dello Stato che delle Regioni”5.
Soffermandoci ancora sul tema relativo al nuovo assetto dell’amministrazione, il nuovo testo costituzionale innova profondamente la tradizionale impostazione distinguendo, come abbiamo già accennato, le
competenze in materia di amministrazione da quelle in materia di legislazione. Lo Stato è titolare di competenza legislativa piena ed esclusiva nelle materie di cui all’articolo 117, (comma 2); di competenza
legislativa concorrente nelle materie di cui all’articolo 117, (comma 3),
nonché di altre materie espressamente nominate dalla Costituzione;
la regione ha competenza legislativa concorrente ed esclusiva in altre
materie, ma ciò non comporta che l’amministrazione nell’ambito di
queste materie spetti ai medesimi enti.
In questo senso, il riparto delle competenze sia in materia di amministrazione che di legislazione, tra lo Stato, le Regioni e i poteri locali, consolida l’operazione di riallocazione dei compiti e delle funzioni
amministrative (e delle connesse funzioni regolamentari di riorganizzazione delle funzioni) effettuata sulla base della legge 59 del 1997
(cosiddetta riforma Bassanini), già impostata, come è noto, in termini di separazione della legislazione dall’amministrazione e di conferimento, in linea di principio, dell’amministrazione alla competenza
delle regioni e dei poteri locali sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza, e salva espressa riserva allo Stato (c.d.
federalismo amministrativo)6.
Il rinnovato testo costituzionale compie un ulteriore e rilevante passo in termini di decentramento e sussidiarietà, privilegiando la dislocazione dell’amministrazione a livello locale. Ciò richiede, per la sua
attuazione, il trasferimento di nuove funzioni e compiti amministrativi
dal centro alla periferia e il conseguente trasferimento di risorse uma-
Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre
2003, pag.30.
6
Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla
innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione, Roma 2002.
5
52
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
ne, finanziarie e patrimoniali, operazione che tocca in pieno anche gli
istituti professionali. In ogni caso, ciò che sembra importante, in particolare, è il problema delle modalità con le quali questo trasferimento
debba avvenire7.
La questione risulta rilevante anche per quanto concerne la competenza a disciplinare il trasferimento di funzioni e compiti delle relative
risorse umane e finanziarie in atto attribuiti alle amministrazioni dello
Stato. L’entrata in vigore del novellato Titolo V della Costituzione provoca una situazione nella quale l’Amministrazione statale si trova ad
essere titolare di una serie di funzioni (e del personale e delle risorse)
che nel nuovo quadro costituzionale spettano alle Regioni o agli enti
locali. Attualmente, il vero problema è costituito dall’identificazione
dei soggetti destinatari del trasferimento delle funzioni, considerato il
testo del nuovo art.118 della Costituzione ed il fatto che l’organizzazione amministrativa delle regioni rientra, in base all’art.117, nella competenza legislativa residuale e dunque esclusiva attribuita alle Regioni
stesse. Infatti, il nuovo quadro costituzionale impone di adeguare la
propria organizzazione amministrativa (le funzioni, le strutture e il personale) di cui lo Stato si trova ad essere ancora titolare, al nuovo
assetto ordinamentale in attuazione della legge costituzionale n.3 del
2001.
Come si può notare, quindi, il nuovo riparto dei poteri legislativi delineato nella Legge di riforma del Titolo V della Costituzione pone una
serie di questioni ancora aperte. Tra queste ve n’è una, ampiamente
dibattuta tra gli addetti ai lavori, relativa alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una
norma che appare di strategica importanza per assicurare l’uguaglianza e il necessario contesto unitario, specie per quelle materie di piena
competenza regionale ove, i legislatori regionali, hanno margini di disciplina senz’altro maggiori e comunque qualitativamente diversi da
quelli determinati per le potestà concorrenti. Da questa prospettiva,
visti i principi posti alla base dell’assetto amministrativo dal nuovo impianto costituzionale e il nuovo riparto della potestà legislativa, sono
ipotizzabili nuove modalità di relazione tra i diversi livelli di governo
Nello specifico, in termini legislativi, occorre tener conto, dei precedenti trasferimenti di funzioni
e di risorse finora effettuati, in particolare, quelli relativi ai cinque decreti delegati emanati in
attuazione della legge 59 del 1997, i quali, hanno già avviato una discreta parte del trasferimento
di risorse e di funzioni, reso necessario dall’attuazione del nuovo testo costituzionale. Nelle altre
materie, dovrà essere la regione a decidere circa la dislocazione territoriale delle funzioni nell’ambito della sua competenza legislativa, nel rispetto di alcuni principi costituzionali.
7
53
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
CAPITOLO 1
La ripartizione
delle funzioni
amministrative
istruzione e formazione
del territorio (Stato, Regioni, Province e Comuni) e nuovi modelli di
governance.
Peraltro, occorre rilevare che, a livello nazionale, il legislatore ha approvato dei provvedimenti volti a dare concreta attuazione al dettato
costituzionale, nonché a promuovere processi di riforma per le politiche formative e del lavoro. In questo contesto, con riferimento alle più
recenti novità normative conseguenti all’approvazione della riforma
del Titolo V, s’intende fare riferimento alla Legge n. 131 del 5.6.2003
“Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3” (cosiddetta Legge La
Loggia, dal nome del Ministro proponente). Tale provvedimento si
pone la finalità di andare incontro alla duplice esigenza da un lato, di
adeguare l’ordinamento della Repubblica alle nuove norme costituzionali immediatamente operative e, dall’altro, di adottare, per la parte di
competenza statale, le disposizioni previste o implicate dalla modifica
costituzionale per dare concreta attuazione alla riforma (con l’eccezione dell’art. 119 sul federalismo fiscale, oggetto infatti di un Disegno di
legge apposito).
1.3 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della
Costituzione
Anche il sistema istruzione è stato pienamente coinvolto nelle riforme.
Si è, infatti, proceduto a modificarne l’organizzazione nel suo complesso con una nuova distribuzione di competenze nei diversi ambiti di livello di governo e con il riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni
scolastiche8.
La L.59/1997, detta prima legge Bassanini, seguita in materia dal
D.lgs.112/98 e dal DPR 275/99, ha indicato tra i compiti dello Stato
non trasferibili agli altri livelli di governo locale:
- l’istruzione universitaria;
- gli ordinamenti scolastici;
- i programmi scolastici;
- l’organizzazione generale dell’istruzione scolastica;
- lo stato giuridico del personale.
8
Su questo punto, è bene ricordare che il trasferimento alle Regioni di competenze legislative,
intervenuto con la legge 59/97, si riferisce a materie già previste dall’art. 117 della Costituzione
(ad esempio: istruzione professionale e assistenza scolastica).
54
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
Per la realizzazione della autonomia9 delle istituzioni scolastiche
(art.21) la legge ha trasferito alle scuole e agli istituti di istruzione
secondaria le funzioni dell’amministrazione centrale e periferica10 ed
ha loro attribuito la personalità giuridica, la autonomia organizzativa,
finanziaria e didattica con l’indicazione degli obiettivi e delle metodologie da raggiungere e perseguire.
Il d.lgs.112/98 ha provveduto a separare i livelli di competenza attribuendo allo Stato, alle Regioni e agli Enti Locali l’insieme delle funzioni di gestione del servizio e alle istituzioni scolastiche le funzioni di
gestione tecnica, quelle cioè che comportano la progettazione della
offerta formativa11 e la organizzazione della autonomia didattica12.
Art.1 DPR 275/99. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi
di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai
diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi
generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia e gli obiettivi generali
del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento
e di apprendimento.
10
Sono i compiti riguardanti: l’amministrazione dei beni e delle risorse, la carriera scolastica,
il rapporto con gli alunni, lo stato economico e giuridico del personale.Sono invece esclusi i
compiti relativi alla formazione delle graduatorie permanenti, quelli relativi al reclutamento, alla
mobilità esterna alle istituzioni scolastiche (articoli 14, 15 DPR 275/99).
11
Art.3 DPR 275/99. “Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano dell’offerta formativa.Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità
culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e rende comprensibile la progettazione curricolare,
extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito dell’autonomia.
Il piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali e educativi dei diversi tipi
e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell’articolo otto e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della
programmazione territoriale dell’offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità.
Il piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal
consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi
e dalle associazioni anche, di fatto, dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il piano è adottato dal consiglio di circolo o d’istituto”.
12
Art.4 DPR 275/99. “Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà
di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell’articolo otto concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le
potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo.
Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di
studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. Art.5. Le istituzioni scolastiche adottano, anche
per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di
libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di
studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta
formativa”.
9
55
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
CAPITOLO 1
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
istruzione e formazione
In particolare il decreto prevede per lo Stato:
- compiti relativi ai criteri e ai parametri volti all’organizzazione
della rete scolastica;
- funzioni di valutazione del sistema scolastico;
- funzioni concernenti la determinazione e l’assegnazione delle
risorse finanziarie13 e del personale incidenti sul bilancio statale.
Inoltre rimangono allo Stato:
- le funzioni amministrative relative alle scuole militari, ai corsi
organizzati con il patrocinio dello Stato nell’ambito delle attività
di difesa e di sicurezza pubblica;
- i provvedimenti a favore di scuole istituite da soggetti extra comunitari.
Alle Regioni competono:
- la programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione
e formazione professionale;
- la programmazione regionale della rete scolastica;
- la suddivisione del territorio regionale al fine di migliorare l’offerta formativa;
- la determinazione del calendario scolastico;
- i contributi alle scuole non statali.
Alle Province viene riconosciuta una generale competenza nel campo dell’istruzione secondaria superiore; sono, infatti, attribuite loro le
funzioni relative all’istituzione – aggregazione – fusione -soppressione
di scuole, la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche, dei servizi di supporto per alunni in situazioni di
svantaggio e dei piani di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature,
l’attività di vigilanza e di promozione, il trasporto scolastico.
Ai Comuni, di intesa con le istituzioni scolastiche e in collaborazione
con le Comunità montane e le Province, relativamente ai gradi di scuola inferiori14 sono attribuite le funzioni concernenti l’educazione degli
adulti, gli interventi integrati di orientamento scolastico, gli interventi
integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione
alla salute, il trasporto scolastico.
Inoltre, in base alla L.23/1996, i Comuni provvedono alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria15 e straordinaria degli
Anche se le risorse finanziarie rimangono principalmente di competenza statale viene prevista
a favore delle istituzioni scolastiche una integrazione finanziaria a carico delle Regioni e degli
Enti Locali.
14
Le scuole di infanzia comunali da scuole private sono ora divenute scuole paritarie.
15
Il trasferimento del personale ATA a carico dello Stato ha chiarito anche la questione dei con13
56
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
edifici destinati a sede di scuole materne, elementari e medie, mentre
le Province provvedono alle sedi d’istituti e scuole d’istruzione secondaria superiore, compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, i conservatori, le accademie, gli istituti superiori per le industrie artistiche, i convitti
e le istituzioni educative statali. I Comuni e le Province provvedono
anche alle spese varie di ufficio e per l’arredamento e a quelle per le
utenze elettriche e telefoniche, per la provvista e gli impianti di acqua,
luce e riscaldamento16.
In materia di “istruzione e formazione professionale” il decreto legislativo 112/98 ha definito la disciplina come il complesso degli interventi
volti al primo inserimento lavorativo, al perfezionamento, alla riqualificazione e all’orientamento professionale e ha trasferito alle Regioni
tutti i compiti non mantenuti espressamente dallo Stato17.
Il carattere unitario del sistema istruzione è garantito tramite l’integrazione tra le discipline e le attività, e relativo monte ore, definite dal
Ministero e le discipline e attività stabilite dalle scuole autonome18; il
tratti di pulizia delle sedi scolastiche che sono stati appaltati dal Ministero ad esterni.
16
L’Associazione Nazionale Comuni Italiani e l’Unione Province Italiane lamentano il mancato
finanziamento per gli anni 2002 e 2003 della L.23/96 sull’edilizia scolastica e la conseguente
impossibilità di mettere a norma, pena sanzioni penali, gli edifici scolastici entro il 2004. Inoltre
l’iscrizione anticipata alla scuola materna (voluto dalla riforma Moratti e che comporta maggiori
spese per le opere di edilizia scolastica, per la formazione degli insegnanti, per la refezione scolastica, per il trasporto scolastico, per il sostegno ai disabili, per il materiale didattico, ecc.) ha
messo in difficoltà i Comuni italiani per le ricadute di carattere organizzativo e finanziario; infatti
i necessari costi aggiuntivi sono destinati a incidere sui bilanci aggravando così i già denunciati
imbarazzi degli Enti Locali a rispettare il patto di stabilità interno.
17
Vengono trasferiti alle Regioni: la formazione e l’aggiornamento del personale impiegato nelle iniziative di formazione professionale; le funzioni e i compiti che il Ministero
della Pubblica Istruzione svolgeva precedentemente nei confronti degli istituti, ora trasferiti sotto la competenza delle Regioni; tutte le attività formative volte al conseguimento di una qualifica o di un diploma di qualifica superiore o di un credito formativo ad esclusione della formazione impartita negli istituti professionali con corsi di studio di durata
quinquennale che prevedono il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore.
Permangono allo Stato: le funzioni concernenti i rapporti internazionali; le attività strumentali
di acquisizione e elaborazione di dati e informazioni; l’individuazione delle qualifiche professionali; la definizione dei requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture che gestiscono
la formazione professionale; le funzioni in materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di formazione lavoro; il finanziamento delle attività formative del personale;
l’istituzione e il finanziamento delle iniziative di formazione professionale dei lavoratori italiani
all’estero; l’analisi dei fabbisogni formativi; la ripartizione e gestione del Fondo per l’occupazione; l’istituzione e l’autorizzazione di attività formative idonee per il conseguimento di un
titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o post-universitaria.
Lo Stato inoltre viene chiamato a definire e a svolgere: gli obiettivi generali e i criteri e i parametri
per la valutazione quantitativa e qualitativa; i programmi multiregionali di formazione professionale; le funzioni nella formazione professionale svolta dalle Forze Armate e dai Corpi dello Stato
militarmente organizzati e nella formazione svolta dalle amministrazioni dello Stato a favore dei
propri dipendenti.
18
Art.8 DPR 275/99
57
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
CAPITOLO 1
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
istruzione e formazione
raccordo con la realtà territoriale è determinato dal ruolo delle Regioni
alle quali spetta il compito di programmare a livello regionale l’offerta
formativa integrata tra istruzione e formazione professione e la programmazione regionale della rete scolastica.
Il sistema istruzione così delineatosi prevede un ruolo ancora preponderante dello Stato; la costituzione di uffici scolastici regionali con
compiti e funzioni statali residuali19 ha in parte sminuito il peso che
con la L.59/1997 si voleva originariamente attribuire alla autonomia
scolastica, alle Regioni e agli Enti Locali.
Con la piena attuazione della riforma costituzionale, come anticipato,
il sistema è destinato a subire delle importanti modifiche. Vediamone
i contenuti più innovativi.
Le competenze in materia di istruzione, tradizionalmente attribuite
allo Stato, vengono sostanzialmente ridotte alle sole norme generali,
mentre il tema “istruzione” entra nel ventaglio delle competenze della
legislazione “concorrente” di ogni Regione. In base al nuovo testo costituzionale, la legislazione “concorrente” implica un diritto di iniziativa
legislativa della Regione, che non può, tuttavia, invadere la sfera dei
“principi fondamentali” (riservati alla potestà dello Stato) e dovrà, in
ogni modo, salvaguardare l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
Le nuove competenze legislative dello Stato e delle Regioni, il superamento del “principio del parallelismo” tra funzioni legislative e amministrative, le equiparazione tra i diversi ambiti territoriali formulata nell’articolo 114 della Costituzione che sottrae Regioni e Enti Locali alla
tradizionale subordinazione nei confronti dello Stato, l’attribuzione in
via generale delle funzioni amministrative in capo ai Comuni “salvo
che per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città
Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza” 20,la piena autonomia finanziaria degli
Enti Locali, sono solo alcune delle importanti modifiche introdotte con
la riforma costituzionale.
19
Attività di supporto alle istituzioni scolastiche autonome; rapporti con le amministrazioni regionali, con gli Enti Locali, con le Università; reclutamento e mobilità del personale scolastico;
assegnazione delle risorse finanziarie e del personale alle istituzioni scolastiche.
20
In base al principio di sussidiarietà le funzioni amministrative devono essere attribuite alle autorità territoriali più vicine ai cittadini interessati e affidata a poteri pubblici solo quando soggetti
privati (individui e formazioni sociali), che in virtù del principio di sussiadiarietà orizzontale sono
i primi destinatari delle funzioni, non ne siano in grado; nella distribuzione delle funzioni si tiene
conto delle differenti caratteristiche degli enti (principio di differenziazione) e della loro adeguatezza o meglio idoneità a garantire l’esercizio (principio di adeguatezza).
58
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
Il nuovo articolo 117 della Costituzione elenca, infatti, una serie di
materie da attribuire alla competenza esclusiva dello Stato e alla competenza concorrente o ripartita Stato-Regioni.
In materia di “istruzione”21, l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulle norme generali e
alle Regioni la legislazione concorrente, fatta salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione della “istruzione e formazione
professionale,” che invece ricade tra le materie di competenza esclusiva della Regione, che ha così la potestà di legiferare senza il limite
dei principi generali della materia, stabilito con legge dello Stato o
desumibile dall’ordinamento.
La riforma costituzionale comporta, confermata l’autonomia scolastica, un ampliamento delle competenze e delle funzioni delle Regioni,
delle Province e dei Comuni; contemporaneamente vi è una limitazione dei compiti dello Stato allo scopo di ridurre l’amministrazione
centrale ad un ruolo di indirizzo generale.
L’istruzione rimane quindi per le norme generali di competenza dello
Stato, che è chiamato a dettare le regole basilari dell’autonomia scolastica, dell’ordinamento degli studi, della libertà di insegnamento, dell’istruzione obbligatoria, a fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non
statali, a istituire scuole statali per ogni ordine e grado, come previsto
dagli articoli (non modificati dalla riforma) 33 e 34 della Costituzione.
Compito dello Stato è, inoltre, quello di determinare con legge i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
Prima della riforma tutto ciò che concerneva l’istruzione scolastica era
di competenza esclusiva statale; in materia di “istruzione artigiana e
professionale” le Regioni erano fornite di una potestà legislativa concorrente, soggetta ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi cornice
dello Stato, limitata dal divieto di contrasto con l’interesse nazionale e
con le altre Regioni.
Alle Regioni spetta ora il compito di provvedere all’organizzazione del
servizio istruzione sul territorio regionale, nell’ambito delle linee essenziali tracciate dalla normativa statale, nel rispetto dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, che la riforma provvede a costituzionalizzare, e nei valori delle prestazioni predefiniti con legge statale.
Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione inserisce le norme generali sull’istruzione
tra le materie per le quali si prevedono, a favore delle Regioni, ulteriori forme e condizioni particolari d’autonomia, da attribuire con legge dello Stato, su iniziativa delle Regioni stesse e sentiti
gli Enti Locali.
21
59
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
CAPITOLO 1
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
istruzione e formazione
Alla luce di ciò, qualche considerazione di natura problematica, può
essere svolta sul nuovo assetto dei poteri legislativi e amministrativi
che il nuovo testo costituzionale ridisegna nelle materie dell’istruzione
e della formazione professionale.
La logica che presiede alla ripartizione delle competenze legislative tra
Stato e Regioni porta a differenziare l’ampiezza della rispettiva potestà
legislativa a seconda degli oggetti. La materia dell’istruzione e della formazione professionale è esplicitamente riconosciuta alla competenza
piena (o esclusiva) della Regione (art.117, comma 3). Per l’istruzione
“il ritaglio della materia passa, invece, per la distinzione tra le norme
generali sull’istruzione, di competenza esclusiva statale, e l’istruzione,
materia invece concorrente. Ancor prima di considerare i pur rilevanti
problemi che scaturiscono dalla stessa definizione costituzionale degli
ambiti materiali, nonché le possibili varianti che potrebbero essere
introdotte nella ripartizione dei poteri legislativi nelle materie concorrenti ed esclusive statali (norme generali sull’istruzione), (…), deve essere rilevato come la considerazione in termini differenziati del riparto
di competenze legislative nelle materie considerate ponga almeno un
qualche interrogativo di fondo in ordine alla possibilità e, forse ancor
più, alle modalità per la realizzazione di politiche legislative che favoriscano appieno l’integrazione tra i diversi interventi. L’integrazione,
cioè, non può che essere affidata, almeno per aspetti di ordine generale, al concorso dei due legislatori, competenti a vario titolo nelle
materie da coordinare”22.
Nella attesa che il processo di adeguamento del nostro ordinamento
alla nuova formulazione del Titolo V della Costituzione abbia corso, si
può tentare di individuare alcune funzioni amministrative che sembrerebbero destinate a passare dalla competenza dello Stato a quella
regionale.
Alle Regioni spetterebbero i seguenti ulteriori compiti:
- la assegnazione del personale delle istituzioni scolastiche;
- le funzioni gestionali relative ai conservatori, le accademie, gli
istituti per le industrie artistiche, gli istituti culturali stranieri.
Permarrebbero invece di competenza statale:
- i criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica;
- le funzioni di valutazione del sistema scolastico;
- le funzioni concernenti la determinazione e l’assegnazione delle
risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato.
Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre
2003, pag.36.
22
60
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
Il diritto alla istruzione e alla formazione23 verrà quindi garantito ai cittadini con la partecipazione di tutti i soggetti preposti, Stato, Regioni,
Enti Locali, Istituti scolastici, secondo le indicate competenze.
La centralità dell’autonomia scolastica e il ruolo dei Comuni finora
delineato subisce una limitazione con l’approvazione del Disegno di
Legge Costituzionale n.1187 del 13.12.2001, nel quale si introducono
ulteriori novità negli assetti costituzionali del Paese.
Il testo prevede una competenza legislativa esclusiva delle Regioni in
materia di “organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e
di formazione”.
In particolare, nella relazione dei proponenti l’articolato, si menziona la
competenza esclusiva delle Regioni nella programmazione in materie
di specifico interesse regionale e la funzione dello Stato “nell’assicurare l’omogeneità complessiva degli studi, in maniera da contemperare
i saperi Comuni a tutto il territorio con i saperi e le tradizioni locali”.
Su quest’ultimo punto, resta da chiarire a chi spetta la competenza o
la potestà della quota “locale” del curricolo, visto che il Regolamento
dell’autonomia la attribuisce attualmente alle singole scuole. Resta,
inoltre, l’incognita della “gestione” del personale della scuola, che secondo alcuni studiosi potrebbe essere attribuita alle Regioni, mentre
per altri dovrebbe rimanere una solida prerogativa dello Stato24.
23
Anche in materia di “istruzione e formazione professionale” alcune competenze già distribuite
dal D.lg. 112/98 sono destinate a diventare di competenza regionale. Si tratta delle funzioni
concernenti in materia i rapporti internazionali con le altre Regioni europee, le attività strumentali di acquisizione e elaborazione di dati e informazioni, la formazione continua e l’analisi del
fabbisogno, la formazione professionale svolta dalle forze armate e dalle pubbliche amministrazioni per il personale dipendente, le funzioni in materia di apprendistato, tirocini, formazione
continua, contratti di formazione lavoro, obbligo formativo. Permangono invece di competenza
statale: i rapporti internazionali dello Stato con l’Unione Europea; l’indirizzo e coordinamento
delle informazioni; l’individuazione degli standard delle qualifiche professionali; definizione dei
requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture che gestiscono la formazione professionale; la gestione del Fondo per l’occupazione; l’istituzione e l’autorizzazione di attività formative
idonee per il conseguimento di un titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore,
universitario o postuniversitaria.
24
Disegno di Legge Costituzionale n. 1187 del 13.12.2001: Art. 2 Modifiche all’art. 117 della Costituzione
L’art. 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: “La Regione emana per le seguenti materie
norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le
norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:
- organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione;
- definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
(…)
Nei
limiti dei principi fissati nella Costituzione, ciascuna Regione può attivare la propria competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:
(…)
- organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione;
- definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione
61
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
CAPITOLO 1
Istruzione e
formazione
nella riforma del
Titolo V della
Costituzione
istruzione e formazione
Il venir meno della generale divisione tra competenze tecniche attribuite agli istituti scolastici e competenze gestionali delle Regioni e
degli Enti Locali e la parziale autonomia delle scuole nel definire le
discipline e le attività sembra delineare un ridimensionamento della autonomia delle istituzioni scolastiche nella forma prevista dalla
L.59/1997.
Come si può notare, quindi, il nuovo riparto dei poteri legislativi delineato nella Legge di riforma del Titolo V della Costituzione, con riguardo alle tematiche finora trattate, pone una serie di questioni interpretative ancora aperte. Nell’ambito delle problematiche connesse
alle competenze tra Stato e Regioni, sulle tematiche dell’istruzione e
della formazione, nel paragrafo successivo tratteremo nello specifico
gli elementi caratterizzanti la legge di riforma del sistema scolastico n.
53 del 28 marzo 2003.
1.4 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 “Delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale“
La legge 53 del 28 marzo 2003 presenta elementi di forte continuità e
coerenza con le altre normative precedenti che la anticipano e che ne
costituiscono i fondamenti:25
- Legge 24 dicembre 1993, n. 537: Interventi correttivi di finanza
pubblica, art.4, comma 1 – Pubblica istruzione. Gli istituti e le
scuole di ogni ordine e grado (…) di cui all’articolo 33 della
Costituzione (…) hanno personalità giuridica e sono dotati di
autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e sviluppo, nei limiti, con la gradualità e con le procedure previsti dal
presente articolo;
- Legge delega 59/97: Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della
Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
- D. Lgs. 112/98: Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del
La documentazione legislativa e non, riferita al mondo della scuola e della formazione, è
acquisibile nei siti dedicati: gazzettaufficiale.it, governo.it, istruzione.it, edscuola.it, tuttoscuola.
it, scuolaoggi.it; e dai siti sindacali e delle associazioni di categoria: Cgilscuola.it, Cislscuola.it,
Uilscuola.it, Gilda.it, Snals.it, Adi.it, etc..
25
62
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59;
- il DPR n. 275 dell’8 marzo 1999, che contiene norme in materia
di Autonomia delle istituzioni scolastiche;
- l’art. 68 della legge 144/99, che introduce l’obbligo formativo
con pari dignità tra istruzione, da un lato, formazione professionale e apprendistato dall’altro;
- la legge 10 marzo 2000, n. 62, che riconosce la parità scolastica
dal punto di vista giuridico;
- Decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234: Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle istituzioni scolastiche;
- il nuovo titolo V della Costituzione modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che introduce nuove competenze delle Regioni in materia di sistema educativo;
- Decreto Ministeriale 100/02, concernente il Progetto nazionale
di sperimentazione riguardante la scuola dell’infanzia e la prima
classe della scuola elementare (iscrizioni anticipate e introduzione dell’insegnamento dell’inglese e dell’informatica in 251
scuole selezionate in ambito nazionale);
- Legge 131/03, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3.
La legge di riforma del sistema educativo, entrata in vigore, dopo la
sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il 17 aprile 2003, ha la natura di norma di delega e, in questo senso, ha bisogno di ulteriori interventi normativi per la sua attuazione, oltre alle ordinarie decretazioni
amministrative di coordinamento e indirizzo. I citati decreti legislativi
di attuazione dovranno essere emanati entro l’aprile del 2005 26.
Il comma 2 dell’art. 1 della legge prevede l’iter procedurale da seguire: lo schema di decreto
legislativo è adottato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Istruzione, di concerto con il Ministro dell’Economia, con il Ministro della Funzione Pubblica e con il Ministro del
Lavoro e delle politiche sociali. Successivamente, il Consiglio dei Ministri lo sottopone al parere
della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie Locali e delle Commissioni scuola
di Camera e Senato. Al termine dell’iter procedurale legislativo, i decreti legislativi, approvati definitivamente dal Governo, vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e producono i loro effetti
dall’entrata in vigore o da altro termine fissato dalla legge stessa. Tuttavia, i decreti legislativi, da
soli, non bastano a dare attuazione operativa alla riforma, avendo infatti bisogno di disposizioni
regolamentari, atte a definire in modo più puntuale e operativo le attuazioni di principio e di
indirizzo. Ciò è disposto dall’art. 7 della legge 53/2003, che prevede l’emanazione di uno o più
regolamenti che definiscano in termini più specifici aspetti attuativi della riforma, come ad esempio: il nucleo essenziale dei piani di studio relativi agli obiettivi specifici di apprendimento, alle
discipline e alle attività, agli orari, ai limiti di flessibilità interni nell’organizzazione delle discipline.
Dal punto di vista formale, l’iter di approvazione dei regolamenti contempla la partecipazione
26
63
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
istruzione e formazione
Nel settore dell’istruzione, a fronte di una competenza concorrente
regionale, che comunque fa salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, è mantenuta una potestà legislativa statale per tre ordini di
interventi: norme generali sull’istruzione, livelli essenziali delle prestazioni e principi fondamentali in materia di istruzione.
I punti essenziali della legge delega sono così riassunti da Bertagna,
uno dei suoi maggiori ispiratori:
- “centralità della persona nei processi sia di istruzione scolastica
sia di istruzione e formazione professionale; la rivendicazione si
giustifica senza dubbio sul piano ideale e filosofico, ma scaturisce anche da una mera constatazione di fatto: solo una persona
matura, responsabile, critica nel pensare, nel fare e nell’agire
consente, infatti, l’incremento della qualità della convivenza civile e, con questa, l’intensità dello sviluppo economico; il capitale umano, in altri termini, fondamento e condizione prima del
capitale sociale e poi di quello economico;
- superamento della tradizionale separatezza tra scuola e lavoro,
tra studio intellettuale e operatività, tra funzioni cognitive e percettivo-motorie-manuali, tra conoscenze e abilità, tra lezioni, da
un lato, e laboratori e tirocini, dall’altro; per dirla col linguaggio
ordinamentale della riforma, superamento della tradizionale gerarchizzazione e separazione tra theorìa e tèchne, tra il sistema
dell’istruzione liceale (Licei) e il sistema dell’istruzione e della
formazione professionale (Istituti);
- rifiuto, allo stesso tempo, della confusione tra theorìa e tèchne,
tra Licei e Istituti dell’istruzione e formazione professionale; i
due percorsi sono diversi per natura e per scopo: confonderli
danneggia gli uni e gli altri e impedisce la reciproca valorizzazione; i Licei mirano ad educare la persona attraverso theorìa,
gli Istituti attraverso tèchne; i primi hanno necessariamente
bisogno di un successivo perfezionamento universitario e professionale, i secondi danno solo la possibilità di farlo: essendo un percorso graduale e continuo dai 14 ai 21 anni, infatti,
autorizzano l’acquisizione di qualifiche professionali, di diplomi
professionali e di diplomi professionali superiori; inoltre, con
un anno integrativo, consentono anche l’accesso agli esami di
degli stessi organi consultivi previsti per l’approvazione dei decreti legislativi. Infine, i regolamenti
hanno l’obbligo di acquisire il parere del Consiglio di Stato e al termine, dopo l’approvazione
del Regolamento da parte del Consiglio dei Ministri, occorre che esso sia registrato dalla Corte
dei Conti.
64
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
stato liceali e, quindi, il proseguimento in università; non per
questo non hanno pari dignità culturale ed educativa con i Licei,
visto che ambedue, in modo diverso e peculiare, favoriscono la
sistematica e unitaria interconnessione di theorìa e tèchne al
servizio dell’educazione di ciascuno;
- riscoperta della cultura e delle professioni (alternanza scuolalavoro sia nei Licei sia negli Istituti; coinvolgimento del mondo dell’impresa e delle forze sociali nella determinazione dei
percorsi formativi dell’istruzione e formazione professionale);
i lavori della società attuale, anche ai livelli più bassi, infatti,
incorporano un sapere e un fare specifici ed esigono un essere
personale che agisce nel sociale e nel professionale tale che
solo un diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per 12
anni, o almeno fino all’ottenimento di una qualifica profondamente rinnovata rispetto alle esistenti, è in grado di enucleare
in modo critico e di far maturare in maniera compiuta; proprio
per questo, a tutela e garanzia del principio di equità, lo Stato
(art.117, punto m della Costituzione) fissa i livelli essenziali di
prestazione che l’istruzione e la formazione professionale regionale è tenuta ad assicurare ai cittadini italiani per il godimento
del diritto sociale e civile all’istruzione e alla formazione; ciò
permette anche di assicurare a tutta la generazione giovanile
quell’imparare ad apprendere da cui si inaugura l’educazione
per tutto l’arco della vita;
- affermazione della priorità dei problemi, dei compiti e dei progetti, piuttosto che degli astratti svolgimenti dei tradizionali programmi, nella costruzione dei piani di studio; il punto di
partenza dei piani di studio, da questo punto di vista, non è
più l’astratta enciclopedia dei saperi disciplinari, ma la problematicità del reale che occorre illuminare di teorie interpretative
ricavate dalle discipline di studio e la naturale propensione dei
giovani a confrontarsi con compiti e progetti da risolvere, per
loro natura sempre complessi e interdisciplinari”27.
27
Bertagna G., Istruzione e formazione dopo la modifica del Titolo V della Costituzione.
Osservazioni al Documento di Astrid, in Nuova Secondaria, n.9, Brescia 2003, pag. 55.
65
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
istruzione e formazione
La legge n. 53/ 2003, propone, dunque, un ordinamento coerente
con il nuovo titolo V della Costituzione, sulla base delle seguenti articolazioni 28:
- “definizione di un “sistema educativo di istruzione e di formazione” dal carattere fortemente promozionale e basato sulla personalizzazione dei percorsi formativi, avente il fine di “favorire
la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto
dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della
cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio
di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi
sanciti dalla Costituzione” (art. 1).
- riferimento dell’intero percorso a “profili educativi culturali e
professionali” ed a “livelli essenziali delle prestazioni” ovvero
obiettivi specifici di apprendimento, nonché standard e vincoli.
- superamento del concetto di obbligo scolastico e di obbligo formativo e loro assorbimento entro la nozione più valida e moderna di diritto/obbligo formativo fino ai 18 anni. Si assicura
infatti a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno
12 anni ovvero sino al conseguimento di una qualifica entro
il diciottesimo anno di età. Inoltre, la fruizione dell’offerta di
istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente
sanzionato.
- presenza nel secondo ciclo del percorso dei licei e del percorso degli istituti dell’istruzione e della formazione professionale,
quest’ultimo dotato di natura pedagogica, identità curricolare e
fisionomia istituzionale, abilitato a rilasciare titoli di studio progressivi corrispondenti a standard concertati in sede nazionale,
in grado di offrire un percorso graduale e continuo di pari dignità culturale ed educativa rispetto al percorso liceale.
- creazione di un sistema di passaggi tra un percorso e l’altro
garantito in ogni momento da strumenti di personalizzazione
(tramite Larsa - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti), per gli studenti che hanno superato il quarto anno dei
licei verso il sistema dell’istruzione e della formazione superiore, per chi ha scelto il percorso dell’istruzione e della formazio-
Le citazioni sono tratte da: Forma (Associazione Nazionale Enti di Formazione Professionale) a
cura di, Dossier per la realizzazione del nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, a seguito dell’approvazione della legge 53/2003, maggio 2003, pag.5.
28
66
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
ne professionale verso l’università attraverso l’anno di riallineamento.
- presenza dell’opzione dell’alternanza formativa, a partire dal
quindicesimo anno di età, che consente di conseguire qualifiche e diplomi alternando la formazione in aula e l’esperienza
in impresa sulla base di un approccio pedagogico ed all’interno
degli standard definiti. I momenti in azienda sono vere e proprie occasioni di apprendimento e acquisizione di conoscenze e competenze, progettati e monitorati sulla base di intese
ed accordi tra organismo formativo ed azienda, in coerenza col
profilo di riferimento. - creazione di un sistema di valutazione complesso: la valutazione degli allievi, con la certificazione delle competenze finali acquisite, è affidata esclusivamente ai docenti delle istituzioni di
istruzione e di formazione frequentate. Il Servizio Nazionale per
la Qualità del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione
predispone verifiche sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità linguistiche, scientifico-matematiche e storico-sociali degli
allievi richieste dai piani di studio nazionali. La scelta, infine,
di operare le verifiche soprattutto all’inizio del ciclo scolastico
successivo piuttosto che alla conclusione del precedente, è motivata dal desiderio di attribuire alle verifiche stesse un carattere
promozionale, formativo ed ermeneutico piuttosto che sanzionatorio, sommativo e lineare” (Forma, a cura di, 2003, pag.5).
Il modello finora delineato porta, dunque, a riconsiderare il tema dell’istruzione e della formazione professionale in un quadro di pluralismo educativo, delle autonomie, dei soggetti, e nello sviluppo dei
poteri regolatori dello Stato e delle stesse Regioni, che vede, da un
lato, le Regioni titolari di potere legislativo esclusivo sull’istruzione e
formazione professionale e, dall’altro, le scuole come vere autonomie
funzionali. Da questo punto di vista, alcune materie che rientrano nell’ambito dell’istruzione potrebbero rientrare sicuramente nella competenza legislativa regionale, come l’integrazione tra istruzione e formazione professionale e l’organizzazione territoriale (oggetto addirittura
di competenza esclusiva regionale) o la programmazione della rete
scolastica e l’offerta di istruzione sul territorio (oggetto di competenza
concorrente). Peraltro, “occorre tener presente che, stante l’impianto
di fondo del nuovo testo costituzionale, l’eventuale riconduzione alla
competenza piena regionale dell’istruzione, che verrebbe ad affiancare
la potestà esclusiva regionale nella formazione professionale, sarebbe rimessa all’iniziativa di ciascuna Regione. Il che può far prevedere
67
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
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istruzione e formazione
una possibile differenziazione delle competenze legislative rispetto ai
diversi sistemi regionali, rendendo forse ancor più problematico il raccordo tra modelli di integrazione delle politiche legislative di tipo verticale-orizzontale (Stato-Regioni) o, invece, di quelle prevalentemente
di tipo orizzontale (tra le Regioni stesse)”29.
L’elemento peculiare della riforma è dato dalla centralità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative nella predisposizione
di un’offerta educativa personalizzata con il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti i soggetti istituzionali e privati interessati,
chiamati ad interpretare la domanda dei giovani, delle loro famiglie e
del sistema sociale e produttivo e a trasformarla in un’offerta pubblica
di istruzione e formazione. La personalizzazione dei percorsi segna, da
un lato, l’identità pedagogica dell’istituzione scolastica o formativa e,
dall’altro, definisce un’identità più ampia che comprende la libertà di
scelta delle famiglie 30.
La legge prevede, infatti, che: “ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e istruzione professionale, i percorsi
del sistema dell’istruzione e della formazione professionale realizzano
profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e
qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio
nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione ” (Legge 28
marzo 2003, n. 53, art. 2, lettera h). In questo senso, la prospettiva
è quella di conciliare l’autonomia delle istituzioni scolastiche con il
nuovo quadro costituzionale dei poteri in tema di istruzione e formazione professionale per garantire la validità nazionale dei titoli e delle
qualifiche professionali.
La valenza della legge 53/2003, specie in riferimento al ciclo secondario, risulta nella logica dei riformatori, innovativa, in quanto supera la tradizionale distinzione, presente nell’originario linguaggio della
Costituzione, tra “scuola”, da un lato, e “istruzione artigiana e professionale” dall’altro, una forma di classificazione che rifletteva una impostazione culturale elitaria e discriminante dal punto di vista culturale
29
Isfol, Tagliaferro C., a cura di, 2003, Formazione, Istruzione e Lavoro, Riflessioni sulla riforma del
Titolo V, parte II della Costituzione, Franco Angeli, Milano 2003, pag. 113.
30
La legge (art. 2, comma 1, lettera l), confermando il rispetto delle prerogative delle istituzioni
scolastiche autonome, dispone che i piani di studio personalizzati debbano contenere un nucleo
fondamentale omogeneo su base nazionale, in ciò confermando il carattere unitario del sistema
anche per quanto riguarda i contenuti dell’insegnamento. La legge precisa altresì che tale nucleo
fondamentale deve rispecchiare la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale.
68
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
e sociale, proponendo di contro una nuova classificazione dell’offerta
definita da due entità31:
- da un lato la “istruzione” che corrisponde all’istruzione inferiore
ed alla componente non professionalizzante dell’istruzione superiore;
- dall’altro la “istruzione e formazione professionale” (istituti tecnici, istituti professionali, ma pure i centri di formazione professionale regionale).
Si tratta di un cambiamento profondo che consente di delineare un
ambito di intervento regionale a carattere esclusivo, che comprende le
attività relative al diritto-dovere di istruzione e formazione (per 12 anni
di studi) comprendendo pure la formazione superiore. Tale disegno
è completato dalla legge 53/03 attraverso la definizione di un “sistema educativo di istruzione e di formazione” dal carattere fortemente
promozionale e basato sulla personalizzazione dei percorsi formativi,
avente il fine di “favorire la crescita e la valorizzazione della persona
umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro
della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio
di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti
dalla Costituzione” (art. 1).
La nuova norma ridisegna il sistema della formazione e dell’istruzione,
inserendo l’offerta formativa regionale nell’ambito del nuovo sistema
di istruzione e formazione. In questa direzione, la formazione professionale diventa, ora, un percorso autonomo che si sviluppa dai 14 anni
in poi e che fornisce titoli, oltre che spendibili nel mercato del lavoro,
utili a proseguire nei gradi più alti di istruzione e formazione. Infatti
dopo la scuola media, accanto al sistema dei licei, viene introdotto
il sistema dell’istruzione e formazione professionale, di competenza
delle Regioni.
I percorsi iniziali del sistema dell’istruzione e della formazione professionale hanno durata triennale e conducono al conseguimento
di una qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondente almeno al secondo livello europeo. Tali percorsi formativi
contengono, con equivalente valenza formativa, discipline ed attività
attinenti sia alla formazione relativa alla cultura generale sia alle aree
professionali specifiche.
31
Astrid, “Progetto buon senso”: oltre i problemi di identità, Roma 2002.
69
La legge
delega n. 53 del
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CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
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istruzione e formazione
Il fatto che i percorsi a carattere professionalizzante siano di competenza esclusiva delle Regioni e delle Province autonome si spiega
a partire dalla caratterizzazione territoriale del mercato del lavoro e
quindi dall’individuazione della Regione come soggetto in grado di
programmare l’offerta formativa professionalizzante in modo più puntuale e coerente con le caratteristiche locali.
Naturalmente, questa programmazione dovrà essere coerente con il
profilo in uscita delineato da documenti nazionali di indirizzo che indichino quali esiti educativi ci si aspetta di ottenere al termine del ciclo
di riferimento, e che, relativamente alla formazione secondaria, forniscano misure capaci di garantire:
- la coerenza interna e la confrontabilità dei titoli e delle qualifiche professionali di differente livello;
- la spendibilità su tutto il territorio nazionale dei titoli professionali conseguiti;
- passaggi tra i percorsi della formazione e tra questi e i percorsi
della scuola.
Dopo la qualifica è possibile proseguire nel percorso, conseguendo
titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il
territorio nazionale (se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione
definiti su base nazionale), che permettono di accedere all’istruzione
e formazione tecnica superiore; in particolare, titoli e qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale di durata almeno quadriennale consentono di
sostenere l’esame di Stato, utile anche ai fini dell’accesso all’università
e all’alta formazione artistica e musicale.
Si tratta, in altre parole, di realizzare quello che la legge prospetta in
termini di sviluppo verticale del sistema dell’istruzione e formazione
professionale con la naturale prosecuzione nella formazione tecnica
superiore e anche verso l’università. Va letto in questa direzione quanto previsto dopo il quarto anno dei Licei: “l’ammissione al quinto anno
dà accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore”. Il riferimento
è la nuova concezione del diritto dovere in cui si amplia il concetto di
obbligo formativo32. Si tratta di puntare ai dodici anni di istruzione per
Nell’immediato, la legge di riforma ha disposto l’abrogazione della legge n. 9/99 (obbligo scolastico e formativo). In tal senso, per l’anno scolastico 2003-2004 il Miur e il Ministero del Lavoro,
hanno stipulato con le Regioni e le Autonomie locali un accordo per dare vita in via sperimentale
a progetti di anticipazione del diritto-dovere nel sistema di istruzione e formazione professionale
per garantire la continuità dei processi fin qui attivati per l’attuazione dell’obbligo scolastico e
dell’obbligo formativo. Questi progetti regionali, conseguenti a tale accordo, hanno durata almeno triennale, si concludono con qualifica e si avvarranno del riferimento a standard formativi
congiuntamente definiti (nella sede nazionale della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città e
32
70
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
tutti con l’obiettivo di consentire ai giovani di inserirsi nel mondo del
lavoro con un titolo di studio professionale33.
L’idea insita nella riforma è quella di realizzare, cioè, un sistema unitario capace di garantire un’offerta diversificata. La volontà di dare unitarietà al sistema è testimoniata dalla possibilità di cambiare indirizzo
non solo tra i differenti licei, ma anche tra questi ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, mediante apposite iniziative
didattiche, finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata
alla nuova scelta. Inoltre, la frequenza positiva dei diversi segmenti del
sistema (nonché la realizzazione di esercitazioni pratiche, esperienze
formative e stage realizzati in Italia o all’estero) comporta l’acquisizio-
Autonomie locali) e di spendibilità completa in ambito nazionale. L’attuazione operativa dei
percorsi triennali è stata avviata con la sottoscrizione di un Accordo tra MLPS, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e Regioni (19 giugno 2003), cui ha fatto seguito
la stipula tra gli stessi Ministeri e le singole Regioni di una serie di protocolli di intesa specifici
(la riforma recepisce, infatti, il nuovo contesto istituzionale definito dalla legge costituzionale
3/2001). Oltre all’attivazione dei nuovi percorsi sperimentali, tali protocolli prevedono l’attivazione delle seguenti forme di intervento:
-
programmazione congiunta di progetti in alternanza scuola-lavoro finalizzati ad un’offerta
personalizzata;
-
individuazione di modalità di accompagnamento, monitoraggio e valutazione della sperimentazione.
In questo quadro di riflessioni va fatto riferimento anche alle sperimentazioni in atto, specie al
modello prevalente definito tramite il Protocollo di intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca oltre che al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che prevede
quattro punti qualificanti:
-
il riferimento particolare ai giovani che non hanno ancora assolto all’obbligo scolastico e
che hanno manifestato un orientamento verso percorsi professionalizzanti, attraverso intese,
interazioni e collaborazioni tra le istituzioni scolastiche interessate e i centri di formazione professionale riconosciuti;
-
l’opzione per un sistema di istruzione e formazione con carattere di organicità e continuità,
che prevede quindi percorsi triennali di qualifica e successivamente ulteriori percorsi, collocati in
un organico processo di sviluppo nella formazione professionale superiore;
-
la scelta, in conformità alla normativa vigente, dello strumento dei crediti formativi come
modalità di riconoscimento dell’assolvibilità dell’obbligo di istruzione nei percorsi di formazione
professionale, assicurando l’acquisizione di crediti corrispondenti a quelli previsti per l’assolvimento dell’obbligo scolastico (non più rilevante giuridicamente dopo l’abrogazione della legge
9/99);
-
la definizione di un metodo sperimentale che veda coinvolti i soggetti sottoscrittori in un
impegno di verifica e monitoraggio dell’ipotesi di fondo, al fine di giungere a proposte utili per il
passaggio al nuovo disegno di sistema educativo di istruzione e formazione previsto dalla riforma 53/2003.
33
Il sistema formativo italiano presenta, da questo punto di vista, delle performance poco efficaci
in termini istituzionali, soprattutto se comparate con quello dei Paesi con cui ci confrontiamo
sul piano sociale ed economico, ed in particolare relativamente al problema dell’ “insuccesso
formativo” che porta ad avere oltre il 30% dei giovani diciannovenni senza alcun titolo né qualifica professionale, mentre circa il 55% degli adulti svolge attività lavorative lontane dal percorso
di studio completato.
71
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
istruzione e formazione
ne di crediti certificati spendibili anche ai fini del passaggi tra i diversi
percorsi.
La personalizzazione dei piani di studio dovrà consentire di accompagnare i giovani a correggere scelte sbagliate e a sviluppare un percorso
di orientamento “verticale” che aiuti lo studente a conseguire obiettivi
formativi (titoli di studio) coerenti con le proprie aspettative, capacità
ed attitudini. Ciascuna istituzione, scolastica e formativa, deve essere
in grado di prospettare ai ragazzi percorsi di varia durata, dai tre ai
sette anni, che portano a qualifiche professionali e diplomi, validi su
tutto il territorio nazionale e in ambito europeo.
Il successo formativo si potrà concretizzare attraverso la diversificazione dell’offerta, garantita anche dal pluralismo istituzionale, e con
lo sviluppo del rapporto scuola/lavoro. L’alternanza scuola/lavoro, in
questo senso, rappresenta uno strumento efficace per consentire ai
ragazzi di misurarsi con modalità nuove di apprendimento34.
La rivisitazione del rapporto scuola/lavoro nella nuova riforma ha portato, inoltre, una ulteriore riflessione comune tra il Miur e il Ministero
del Lavoro, che si è concretizzata nella ridefinizione degli obiettivi
dell’apprendistato previsti nel decreto legislativo di attuazione della
legge 30/03 sul mercato del lavoro (la legge Biagi). Una sinergia che
ha portato a distinguere nettamente (la legge 53 è chiara in questo
senso) tra l’alternanza come metodologia di apprendimento, sotto la
responsabilità della scuola o dell’agenzia formativa, e l’apprendistato
che è un contratto di lavoro.
La disciplina del contratto di apprendistato viene sostanzialmente riscritta attraverso una diversificazione del contratto stesso in ragione
degli obiettivi e delle modalità formative, della sua durata e dei potenziali destinatari; si avranno, pertanto, tre distinti contratti di apprendistato: a) “professionalizzante”; b) “per l’espletamento del diritto/dove-
A questo va aggiunto che dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche
si possono conseguire attraverso l’apprendistato o in alternanza scuola-lavoro. Quest’ultimo
aspetto merita una sottolineatura: l’art.4 assicura agli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza, come modalità di
realizzazione del percorso formativo, progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica
e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e
con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Lo strumento dell’alternanza è
dunque finalizzato ad offrire ai giovani, attraverso periodi nei quali essi sperimentano sul campo
le loro capacità e competenze all’interno di situazioni lavorative reali, concrete possibilità di
sviluppare competenze di base, tecniche e trasversali funzionali al percorso formativo in atto ed
allo stesso tempo spendibili nel mercato del lavoro. Viene in tal modo rafforzato il legame tra
sistema di istruzione, formazione professionale e mondo del lavoro, attraverso la creazione di
modalità finalizzate a completare la professionalità del soggetto in formazione con lo sviluppo di
competenze di base ed applicative.
34
72
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
re di istruzione e formazione” e c) “per l’acquisizione di un diploma o
per percorsi di alta formazione”. Si può cogliere positivamente la previsione di un “apprendistato formativo”, per i giovani che non abbiano
compiuto i diciotto anni, finalizzato al conseguimento di una qualifica
professionale per l’espletamento del diritto dovere. Si ampliano ancora le prospettive e le opportunità dei giovani e tutte sono finalizzate al
successo formativo e all’innalzamento dei livelli di formazione35.
Il panorama che abbiamo di fronte, dunque, è connotato da una complessa fase di transizione. In termini istituzionali, si avverte la necessità
di individuare con certezza e completezza le materie di competenza
regionale, definire il rapporto tra competenza legislativa e riserve di
legge contenute in altri articoli della Costituzione. In proposito riveste
sicuramente interesse, inserendosi nel dibattito in corso a livello nazionale in sede di seminari, incontri e studi vari, la questione relativa
all’individuazione della competenza regionale concorrente in materia
di istruzione e formazione professionale (in particolare per quanto
riguarda il futuro dell’istruzione tecnica e professionale alla luce di
quanto definito dalla legge di riforma n. 53 del 2003). Una diatriba
istituzionale che a parere di Bertagna, probabilmente proseguirà an-
Riguardo alle fasi attuative degli aspetti fin qui esaminati e riferiti sia alla legge 53/03 sia alla
legge 30/03 (legge Biagi) appare opportuno rilevare la stipula dell’Accordo quadro, unanimemente condiviso, tra Stato, Regioni e Autonomie locali sancito il giorno 19 di giugno scorso in
Conferenza Unificata. Si tratta di un primo passo di un rapporto istituzionale che ha visto un
proficuo lavoro comune tra il MIUR, il Ministero del lavoro e il Coordinamento delle regioni.
L’accordo rappresenta una cornice nazionale per l’attuazione, a partire da questo anno scolastico, di una sperimentazione del sistema di istruzione e formazione professionale, che risolve, nel
contempo, il problema del vuoto legislativo determinato dall’abrogazione della legge 9/99 che
innalzava l’obbligo scolastico fino a quindici anni. Infatti, in attesa dell’emanazione dei decreti
delegati previsti per l’attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione, l’intento è quello
di dare una risposta alle famiglie e ai ragazzi quattordicenni, prima soggetti all’obbligo scolastico
(giovani, che, non trovando opportunità formative coerenti con le loro aspettative, preferiscono
abbandonare la scuola). All’Accordo sono seguite intese bilaterali siglate con ogni regione finalizzate alla definizione delle modalità attuative dell’Accordo quadro in ciascuna regione. Dall’anno
scolastico 2003-04 i ragazzi in possesso della licenza media possono iscriversi direttamente a
percorsi sperimentali, di durata almeno triennale, di formazione professionale. In particolare è
prevista la possibilità di realizzare percorsi di formazione professionale di durata almeno triennale, basati su modelli di innovazione metodologica, didattica e organizzativa che coinvolgono
sia le istituzioni scolastiche sia le agenzie formative. Certo, il quadro di riferimento tra le varie
regioni si presenta innegabilmente differenziato. Quadro determinato sia da scelte operate negli
anni scorsi da ciascuna regione sul proprio sistema di formazione professionale sia dall’utilizzo
dei fondi comunitari che ha, nella maggior parte delle situazioni, favorito il disimpegno delle
regioni sulla formazione di base, sia da scelte politiche operate da alcune regioni. (Sugamiele
D., “L’assetto istituzionale e i percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale”, relazione al convegno: Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della
riforma. Seminario Europa, Maratea 11-13 settembre 2003. Atti reperibili sul sito internet: www.
ciofs-fp.org.)
35
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La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
istruzione e formazione
cora a lungo:
“Lo dimostra, ad esempio, la legge Bastico dell’Emilia Romagna che,
nonostante il Titolo V, continua a parlare senza imbarazzi di ‘formazione professionale’ come si è fatto negli ultimi decenni; oppure le
proposte Confindustria che addirittura pretendono di nobilitare l’’istruzione tecnica’ perché opinano di farla transitare tra gli indirizzi ‘aristocratici’ del Liceo tecnologico, confermando così due anacronismi,
il primo quello di continuare a parlare di ‘istruzione tecnica’, e non
come vorrebbe la Costituzione e l’evoluzione scientifico-pedagogica,
di ‘istruzione e formazione professionale’ e il secondo di confermare,
contro l’articolo 2, comma 1, punto g della legge Moratti, l’esistenza di
una insuperabile gerarchizzazione tra sistema dei licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale. Il problema, però, non è tanto
negare l’esistenza di queste tendenze inerziali conservatrici e regressive, impegnate a svuotare l’innovazione che scaturisce dal combinato
disposto del Titolo V e della riforma Moratti, quanto di compiere uno
sforzo collettivo della cultura e della scuola per combatterle e superarle”36.
Da questo punto di vista, la recente riforma del sistema scolastico
pone diverse e complesse questioni interpretative e di revisione del
quadro normativo che investono le materie dell’istruzione e della formazione professionale, soprattutto per quanto concerne le competenze delle Regioni.
Allo stesso tempo il processo innescato dalla riforma del Titolo V ha
fatto sì che anche i legislatori regionali iniziassero a dare effettività alla
competenza legislativa loro attribuita dall’art. 117 della Costituzione
attualmente vigente, tramite l’emanazione di provvedimenti normativi di riordino o riforma del sistema formativo. Alcune interpretazioni
ritengono che la legge delega sui nuovi ordinamenti dell’istruzione e
della formazione, in termini di competenze amministrative e gestionali, potrebbe configurarsi come anticostituzionale37.
Proprio su questa materia, la Regione Emilia Romagna ha pubblicamente dichiarato la volontà della Regione di ri-attribuire alle scuole,
con una legge apposita, la gestione della quota locale del curricolo38.
36
Bertagna G., Istruzione e formazione dopo la modifica del Titolo V della Costituzione.
Osservazioni al Documento di Astrid, in Nuova Secondaria, n.9, Brescia 2003, pag. 57.
37
Rubinacci A., Riforma Moratti: quando prevale la logica dei numeri, in Tuttoscuola, “Speciale
Devolution & Scuola”, Roma 2003.
38
Regione Emilia Romagna, Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per
ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione
professionale, anche in integrazione tra loro, Delibera legislativa n.107/2003, Bologna.
74
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
Inoltre, la Regione Emilia Romagna ha presentato ricorso alla Corte
costituzionale rispetto alle iniziative del Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie;
nello specifico, la Regione ha sollevato, in riferimento agli articoli 117
e 118, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell’art.22 della legge 448 del 2001, i quali
dettano disposizione in materia di organizzazione scolastica concernenti la definizione delle dotazioni organiche del personale docente e
l’orario di lavoro. Di recente la Corte Costituzionale (con sentenza n.
13 del 2004), ha accolto la questione della legittimità sollevata dalla
regione Emilia Romagna, ribadendo che la definizione degli organici
dei docenti e degli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola
è di competenza delle Regioni39.
1.5 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali
Il disegno complessivo che emerge dal quadro delle riforme in corso,
evidenzia un salto di qualità rispetto alla realtà esistente, che segnala l’avvio di un processo riformatore vasto e impegnativo, connotato
anche da diverse questioni aperte (ad esempio, la questione delle
risorse, del personale docente, dei conflitti di competenza tra Stato e
Regioni), come si evince da alcune significative prese di posizioni.
La Confindustria40 ad esempio, in un suo documento esprime un giudizio sostanzialmente positivo sulla riforma ma, nello stesso tempo,
evidenzia alcuni passaggi critici che coinvolgono direttamente il futuro
dell’istruzione tecnica e professionale. In particolare, risulta positivo
l’obbligo di istruzione e formazione per tutti gli studenti fino a 18 anni,
la valorizzazione del canale professionale, la nascita del sistema di
alternanza scuola - lavoro che prevede che l’azienda si strutturi come
ambito formativo, l’istituzionalizzazione della formazione professionale superiore, la nascita di un “Liceo economico” e di un “Liceo tecnologico” che colma una grave lacuna dei nostri ordinamenti; la nascita
di un sistema di valutazione che, accanto agli apprendimenti degli
studenti, possa misurare anche la qualità dell’offerta formativa delle
La sentenza della Corte Costituzionale definisce che le direzioni scolastiche regionali del Miur
non hanno alcuna competenza sugli organici. Ruolo che spetta, invece, ai Governatori. La sentenza, tuttavia, non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di leggi regionali conformi
alla nuova competenza”.
40
Confindustria, Documento sulla Delega per la Riforma della Scuola, Audizione al Senato della
Repubblica, Commissione Cultura, Roma maggio 2002.
39
75
La legge
delega n. 53 del
28.3.2003
CAPITOLO 1
Alcune questioni
aperte secondo
le forze sociali.
istruzione e formazione
singole istituzioni scolastiche e formative. La vera riforma della scuola,
si legge nel documento, è il pieno compimento dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche fino a consentire loro il reclutamento degli insegnanti e, in secondo luogo, la qualità41 che costituisce il vero must di
ogni riforma. La qualità non è perseguibile senza una profonda riforma
dei meccanismi di gestione del personale e senza il definitivo abbandono delle perverse pratiche di immissione in ruolo degli insegnanti
precari senza selezione.
A fronte di questi aspetti positivi e delle relative questioni risolte, sempre a giudizio della Confindustria, restano da sciogliere numerosi nodi.
In particolare, la legge delega dovrà avere cura:
- che nel primo biennio (14-16 anni) venga assicurata a tutti gli
studenti (sia nel sistema dei Licei che nella formazione professionale iniziale) l’acquisizione di quei saperi essenziali (capacità
linguistiche, logico – matematiche, ecc. ) che ogni azienda ritiene essenziali per l’accesso alla professionalità;
- sia salvaguardata l’identità culturale e la vocazione professionalizzante degli istituti tecnici42;
- sia dettagliatamente definito il ruolo delle Regioni a cui il Titolo
V della Costituzione nella nuova formulazione della legge costituzionale 18.10.2001 attribuisce una responsabilità decisiva
non solo nel campo della formazione, ma anche in quello dell’istruzione;
La recente indagine PISA svolta dall’Ocse ha mostrato i deficit dei nostri studenti quindicenni
che sono risultati diciannovesimi nelle competenze linguistiche, ventiduesimi nelle competenze
scientifiche e ventiseiesimi in quelle matematiche.Risulta urgente definire precisi obiettivi di
innalzamento dei livelli di istruzione dei nostri studenti, come ha fatto il nuovo Ministro dell’istruzione della Gran Bretagna Estelle Morris (“Education and skills: a strategy to 2006”) e come
ha fatto il Presidente Bush che l’8 gennaio 2002, a meno di un anno dal suo insediamento, ha
varato con l’accordo dell’opposizione democratica, la prima riforma complessiva dell’istruzione
dal 1965, l’Education Act “No Child left behind”, un insieme di misure tese al miglioramento
della qualità dell’istruzione. (Confindustria, Documento sulla Delega per la Riforma della Scuola,
Audizione al Senato della Repubblica, Commissione Cultura, Roma, maggio 2002).
42
Gli Istituti tecnici e i professionali, secondo Confindustria, hanno sempre costituito per le imprese un bacino di reperimento di risorse umane qualificate. Negli ultimi quindici anni, si è avviato
un processo di “deprofessionalizzazione” degli istituti tecnici attuato mediante la sperimentazione del nuovo biennio. Tale sperimentazione, aumentando a dismisura il numero delle discipline
e riducendo allo stesso tempo l’orario delle discipline professionalizzanti e del laboratorio ha
condotto ad un sostanziale annacquamento di tali ordini di scuola che costituiscono circa la
metà dell’offerta formativa italiana e che hanno subito una consistente contrazione di iscritti. La
recente indagine svolta da Confindustria nel sistema associativo ha posto in luce l’insoddisfazione delle imprese per la sempre più scarsa competenza professionale posseduta dai giovani che
escono dagli istituti tecnici. Oggi occorre realizzare un processo inverso a quello attualmente in
corso: occorre riprofessionalizzare l’istruzione tecnica, potenziarne i collegamenti con le imprese,
41
76
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
- sia dato adeguato peso al ruolo dell’orientamento, anche mediante la valorizzazione di intese a livello provinciale per la realizzazione di una strategia orientativa che consenta alla scuola
di avvalersi della collaborazione del mondo dell’impresa, dell’università e delle agenzie di orientamento nei tre ambiti dell’informazione orientativa, della didattica orientativa e del counseling.
Su questi temi specifici, come accennato all’inizio, è in corso un dibattito interessante, volto a sostenere il confronto fra i diversi soggetti
istituzionali o sociali, a diverso titolo coinvolti nei processi di riforma,
al fine di presentare nell’ambito delle rispettive competenze, i punti di
vista sulle prospettive che si possono delineare al riguardo. In questo
quadro non può essere ignorato il punto di vista dei soggetti sindacali
legati al mondo della scuola.43 Dalle loro numerose prese di posizione
al riguardo emerge come la riforma costituzionale e quella scolastica
pongano sul tappeto oltre a questioni interpretative legate alla costruzione, secondo le intenzioni dei riformatori, del sistema unitario dell’istruzione e della formazione professionale, anche problemi di carattere sostanziale, circa il futuro dell’istruzione tecnica e professionale,
con particolare riguardo ai profili professionali e allo stato giuridico
dei docenti.
valorizzare le attività di laboratorio e l’apprendimento esperienziale. Ciò è possibile attraverso un
consistente snellimento del numero di discipline e dell’orario di insegnamento che in molti casi
ha raggiunto le 40 ore settimanali, potenziando modalità di apprendimento basate sul saper fare
e su un modo di insegnare e di apprendere che metta in relazione il contenuto delle discipline
con le situazioni del mondo reale e motivi gli studenti a collegare le conoscenze e le loro applicazioni. Infine, mediante la valorizzazione dell’autonomia scolastica, occorre rafforzare il raccordo
con le imprese e la specificità degli istituti tecnici e del loro patrimonio di risorse umane e di
capacità professionali, evitandone sia una meccanica assimilazione ai licei tecnologici che una
altrettanto meccanica assimilazione agli istituti professionali. E’ opportuno coinvolgere i rappresentanti delle imprese, e in particolare le singole categorie industriali nelle decisioni relative alle
modalità con cui allocare nel nuovo contesto i diversi indirizzi dell’attuale istruzione tecnica. Per
quanto riguarda gli istituti professionali di stato occorre evitare una meccanica assimilazione ai
corsi regionali, salvaguardando sia la specificità dell’offerta formativa regionale che di norma non
supera i corsi di durata biennale che le caratteristiche peculiari, sia sul piano curriculare che su
quello organizzativo degli istituti professionali. Il passaggio alle Regioni dovrebbe avvenire in un
quadro complessivo che, valorizzando il ruolo delle realtà territoriali mantenga fermo il principio
del carattere nazionale degli ordinamenti scolastici. E’ importante che la riforma della scuola
garantisca l’articolazione dell’offerta formativa professionalizzante e la pluralità dei percorsi e dei
soggetti che ne sono protagonisti.
43
Una più ampia trattazione delle questioni, in questa sede appena accennate, sono riportate nel
capitolo relativo alla lettura delle interviste somministrate ai diversi soggetti afferenti al mondo
della scuola e della formazione, coinvolti nei vari processi di riforma in corso.
77
Alcune questioni
aperte secondo
le forze sociali.
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
1.6 Conclusioni
Il futuro sistema dell’istruzione e formazione professionale presenta,
dunque, da questo punto di vista, un quadro totalmente inconsueto rispetto all’esistente, tanto da rendere inservibili espressioni come
“formazione professionale”, “istruzione professionale” o “istruzione
tecnica” che non indicano più oggetti giuridici ed organizzativi ben
delineati a fronte, soprattutto, di un quadro normativo radicalmente ridisegnato dal combinato della nuova Costituzione e dalla legge
53/2003.
A conclusione del presente capitolo, ci sembra opportuno delineare
quelli che sono i principali elementi di discussione rilevati nel corso
della trattazione, con riguardo, agli importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento conseguenti alle scelte legislative
(rapporti tra Stato e Regioni) e alle tematiche dell’istruzione e della
formazione professionale. Gli elementi su cui si è focalizzata l’attenzione e sui quali è opportuno indirizzare le future “piste di lavoro”, verso
la ricerca di risposte ai problemi attualmente in fase di definizione,
non può prescindere dalle modifiche intervenute sui rapporti tra Stato
e Regioni, soprattutto in relazione a diversi piani:
- art. 117 del Testo Costituzionale riformato: l’ autonomia delle
istituzioni scolastiche e la “determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Il diritto all’
istruzione è riconosciuto come diritto sociale di tutti i cittadini,
spetta alla legislazione esclusiva dello Stato la determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni rese dal servizio dell’ istruzione.
- definizione delle norme generali e dei Lep (livelli essenziali prestazioni): ciò risulta indispensabile per un riconoscimento nazionale dell’istruzione e della formazione professionale, come
quadro di riferimento nazionale per i curricola, ferma restando
la piena competenza legislativa delle regioni nella disciplina organizzativa della materia; in questa prospettiva va anche sottolineata l’esigenza di una effettiva partecipazione del sistema
regionale alla definizione a livello nazionale di programmi ed
obiettivi generali;
- nuovo compito delle Regioni: alla competenza esclusiva delle
Regioni spetteranno tutte le materie delegate dall’ art. 138 del
d.lgs 112/98 (es: Programmazione dell’ offerta formativa integrata tra istruzione e formazione, programmazione della rete
scolastica, suddivisione del territorio regionale in ambiti funzio-
78
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
nali al miglioramento dell’ offerta formativa, in sostanza la dislocazione degli indirizzi di studio) e, novità importante, l’istruzione e la formazione professionale;
- interpretazione e attuazione degli argomenti individuati come
materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni: sulla legislazione regionale incide comunque la competenza “trasversale” derivante dall’attribuzione allo Stato della determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e le norme generali in materia d’istruzione; si tratta di raccordare atti di carattere nazionale e di interesse generale con le
nuove potestà in termini di legislazione “concorrente” che sono
ora conferite alle Regioni, in materia scolastica: le leggi regionali non potranno contraddire i principi generali che stanno alla
base del quadro ordinamentale nazionale, tenendo conto del
fatto che il confine tra norme generali (attribuite allo Stato) e
norme “locali” (attribuite alle Regioni) è assai labile, in continua
evoluzione, soggetto a diverse interpretazioni;
- trasferimento dell’attuale istruzione professionale in seno alle
Regioni: un processo lungo e complesso; di fatto, non è stata ancora identificata la tipologia completa degli attuali istituti
tecnici e professionali statali che transiteranno nell’area tecnica
e tecnologica (sistema dei licei) oppure verranno ricondotti all’istruzione e formazione professionale regionale;
- ruolo del personale docente e non docente nel riordino del sistema formativo: in questo caso, due sono sostanzialmente le
possibilità di lettura del riformato art.118. Per la prima, la gestione del personale, appartenendo alla sfera amministrativa,
dovrebbe passare alle Regioni (“ Le funzioni amministrative
sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’ esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni
e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione
ed adeguatezza”); per la seconda, invece, il personale dovrebbe
essere mantenuto allo Stato, che solo può garantire uniformità
di reclutamento, di trattamento economico, di mobilità su tutto
il territorio nazionale44;
- gestione del personale docente degli istituti professionali che
passeranno alle Regioni. Di recente, l’Isfol, proprio su queste
Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report preliminare, Roma,
marzo 2003.
44
79
Conclusioni
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
problematiche, correlate alla riforma del sistema dell’istruzione,
ha svolto una ricerca volta a monitorare la condizione professionale e i fabbisogni formativi delle risorse umane che operano
nella filiera dell’Istruzione Professionale. L’inchiesta ha coinvolto 1680 docenti di 35 scuole, complessivamente, un campione
pari al 42.4% del totale. I risultati dell’indagine, resi noti dall’Isfol, denotano un atteggiamento non del tutto positivo degli
insegnanti intervistati rispetto al nuovo sistema della riforma, il
cosiddetto “sistema dell’istruzione e della formazione professionale”45;
- autonomia scolastica e funzione docente: è questa una delle questioni più rilevanti sul piano dei rapporti tra autonomia
scolastica (intesa come autonomia dell’istituto) e libertà della
funzione docente, soprattutto per la questione che riguarda il
reclutamento, ossia se l’autonomia dell’istituto implichi necessariamente autonomi poteri di scelta del personale docente 46;
- formazione dei docenti: le discipline e le attività rientranti nella quota regionale non possono non avere un corpo docente
qualificato e specializzato nelle materie di specifico interesse
Conclusioni
Dai risultati dell’indagine si evince che solo il 48.6% dei docenti intervistati è disposto ad
insegnare nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Sembra emergere, tra gli
intervistati, un’area presumibilmente critica nei confronti della Riforma e rispetto alle innovazioni
prospettate dalla costituzione del nuovo sistema di istruzione e formazione. Molti degli insegnanti perplessi nei confronti di questo sistema, nutrono preoccupazioni circa la possibilità che
l’avvio della Riforma possa determinare una riduzione dei posti di lavoro nella scuola. E’ interessante osservare che chi insegna materie umanistico-scientifiche sia più preoccupato rispetto agli
insegnanti tecnico-pratici. Come dire che il pericolo di ridimensionamento del corpo insegnante
verrebbe attribuito ad un’impostazione meno “generalista” del neo sistema dell’istruzione e della formazione professionale, che comporterebbe un’enfatizzazione dell’offerta formativa tecnica
a discapito di quella culturale. Cfr.: Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report preliminare, Roma, marzo 2003.
46
Sul potere di scelta dei docenti si veda la seguente citazione tratta dal libro di Marzuoli C.,
L’istituto scolastico autonomo, in: C. Marzuoli, Istruzione e servizio pubblico, Il Mulino, Bologna
2003 (pag.110): “Di potere di scelta si può parlare in almeno due significati. Il primo si riferisce
alla possibilità di individuare il docente senza alcun vincolo di tipo concorsuale: l’istituto sceglie
la persona che ritiene più adatta; un sistema di questo genere è incompatibile con la garanzia
della libertà di insegnamento perché comporta l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto
assuma docenti affini rispetto a chi in quel certo momento esprime la tendenza prevalente. In
questo modo, l’istituto scolastico rinnega la sue funzione, che innanzitutto quella di assicurare in
concreto la libertà di insegnamento. (…) Quanto precisato può risolvere un ulteriore problema
di grande rilievo anche pratico, posto dal nuovo titolo V. Si tratta dell’identità del datore di lavoro
del corpo docente: se debba essere lo Stato, la Regione, altri. Il punto è che deve essere innanzitutto salvaguardata una disciplina che garantisca la libertà della funzione docente: e ciò non è
necessariamente garantito solo dalla statualità del datore di lavoro. Dunque il personale è per
questo aspetto sicuramente regionalizzabile”.
45
80
CAPITOLO 1
istruzione e formazione
regionale. In questo senso il disegno di legge-delega n.1306
(art. 5 “formazione degli insegnanti”), prevede l’emanazione di
decreti legislativi recanti norme sulla formazione iniziale dei docenti, che deve avvenire attraverso corsi di laurea specialistica:
gli stessi decreti avranno il compito di individuare “le classi dei
corsi di laurea specialistica anche interfacoltà o interuniversitari”. Molto probabilmente, da questo punto di vista, occorrerà attendere l’evoluzione normativa per verificare se in tali sintetiche
formulazioni può fondarsi la possibilità di comprendere, tra i
suddetti corsi, appositi e specifici ambiti di formazione storicoculturale locale. Anche in questo caso sarà importante determinare il ruolo “concorrente” della legislazione regionale.
81
Conclusioni
CAPITOLO 1
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86
sitografia
CAPITOLO 2
istruzione professionale
L’ISTRUZIONE
PROFESSIONALE:
ASSETTI
ISTITUZIONALI
2.1 Cenni storici
L’istruzione professionale ha svolto una funzione importante per la
crescita complessiva del nostro sistema di istruzione. La nascita e lo
sviluppo di questo settore sono dovuti ad interventi successivi derivati
dalla esigenza di far fronte ad una domanda di formazione che non
trovava risposte né nei tradizionali percorsi di istruzione né in quelli
della formazione professionale di competenza regionale.
I ripetuti tentativi di inquadrare le problematiche connesse all’istruzione professionale e alla formazione professionale in un disegno complessivo di riforma della scuola secondaria superiore, non sono mai
riusciti a tradursi in risultati concreti. Per avere un’idea dell’evoluzione
del settore, vale la pena richiamare alcuni passaggi e interventi, realizzati nel secondo dopoguerra e che hanno portato all’attuale assetto
dell’istruzione professionale statale.
Nel 1951 il Ministro Gonella presenta alla Camera un progetto di riforma generale della scuola in cui gli istituti professionali assumevano
il rango di ordine scolastico autonomo di grado superiore. Il progetto
complessivo prevedeva che fino ai 14 anni l’istruzione, pur se caratterizzata da una scuola media divisa in indirizzi corrispondenti ai tre
ordini di scuola superiore, non avesse carattere professionale. I tre or-
87
CAPITOLO 2
Cenni storici
istruzione professionale
dini previsti per la secondaria superiore erano quello classico (i licei),
quello tecnico e quello professionale.
La Riforma Gonella non passa ma, negli anni ’50, il MPI, facendo
ricorso ad una norma del 1938 che consentiva l’istituzione, attraverso
un decreto, di “scuole aventi finalità e ordinamenti speciali”, istituisce
corsi a carattere secondario superiore per i diversi settori di attività
(industria e artigianato, agricoltura, turismo, commercio, navigazione,
lavori femminili) e ne prevede articolazioni in specializzazioni rispondenti alle caratteristiche e alle esigenze territoriali. Per l’elaborazione dei programmi e dei profili professionali il MPI si avvale di una
Consulta didattica nazionale, che tiene conto di una serie di precedenti esperienze (dalle scuole di tirocinio, dipendenti fino al 1928 dal
Ministero dell’Economia Nazionale, ai corsi di formazione e perfezionamento dei lavoratori occupati).
Nel 1959, con una Circolare del MPI (27/2/59) vengono definiti i quadri
orari e le prove d’esame per gli istituti professionali e entrano in vigore
le prime qualifiche e i relativi profili professionali. Successivamente viene istituita la Direzione Generale dell’Istruzione Professionale (legge
7/12/1961). L’anno successivo viene approvata la riforma della scuola
media (legge n. 1859 del 23/12/1962)
Nel 1969, sull’onda delle proteste del movimento che si era sviluppato
nelle università e nelle scuole, in assenza di una riforma complessiva,
il Ministro Misasi fece approvare una serie di “provvedimenti urgenti”
riguardanti, tra l’altro, gli esami di maturità, la liberalizzazione degli accessi universitari, l’istituzione della maturità professionale e del quinto
anno integrativo dell’Istituto Magistrale. Dall’inizio degli anni 70 alla
metà degli anni 80 si registrano numerosi tentativi dei partiti di approvare una legge riforma complessiva della secondaria, ma nessuno di
essi riuscì a completare l’iter parlamentare. L’incapacità di affrontare i
problemi per via legislativa spinse il Ministero ad utilizzare gli strumenti amministrativi, senza dover ricorrere a leggi, per introdurre significative innovazioni anche attraverso una progressiva estensione delle
“sperimentazioni”. In questo processo di cambiamento senza riforma
un particolare ruolo viene assunto dalle “sperimentazioni di ordinamento” (nuovo orari, programmi, discipline) all’interno dei tre ordini
della secondaria di secondo grado.
La Direzione generale dell’istruzione tecnica promuove, a partire dal
1981, molti “Progetti assistiti” che con il tempo assumono il carattere
di ordinamenti “normali” che sostituiscono quelli obsoleti da cui erano nati come sperimentazione. Nel 1987 si perfezionarono i Progetti
assistiti per i diversi tipi di istituti professionali, indicati complessivamente come “Progetto ‘92: i tre anni degli Istituti professionali vengo-
88
CAPITOLO 2
istruzione professionale
no articolati in un biennio unitario e in un terzo anno più caratterizzato
dai contenuti professionali, al termine del quale si ottiene la qualifica.
I nuovi piani di studio prevedevano una riduzione degli insegnamenti
specialistici e un potenziamento di quelli culturali, umanistici e scientifici.
Dopo il triennio, conseguita la qualifica, per raggiungere la maturità
professionale, gli studenti possono iscriversi ad una biennio caratterizzato da percorsi innovativi, anche a carattere modulare, predisposti
in collaborazione con le Regioni e con il mondo produttivo. Dal 1995
il “Progetto ‘92” diviene obbligatorio per tutti gli Istituti professionali
funzionanti sul territorio nazionale.
I tentativi di riforma successivi ci portano direttamente alla situazione
attuale. Un tentativo di riforma complessivo della scuola secondaria superiore fu ripreso nel 1990 (Disegno di legge Mezzapesa) ed ottenne
l’approvazione di un ramo del Parlamento nel 1992, poi la legislatura
si interruppe. La legge sul riordino dei cicli approvata su impulso del
Ministro Berlinguer nel 2000 (legge 30/2000) è stata abrogata dalla
legge 53/2003 (Legge Moratti), che sta trovando concreta attuazione
attraverso una serie di decreti delegati, di cui uno riferito appunto al
secondo ciclo (attuale scuola secondaria di secondo grado e corsi di
formazione professionale).
2.2Assetti istituzionali
Nonostante le origini e gli sviluppi un po’ fortunosi sopra richiamati,
non è lontano dal vero sostenere che la crescita dei tassi di passaggio
dalla scuola media alla scuola secondaria superiore attestatisi intorno
al 95% prima dell’approvazione della legge 20.1.99, n. 9 “Disposizioni
urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione”, sia da ascrivere in
misura significativa all’istruzione professionale di Stato che per certi
versi ha svolto una funzione sostitutiva dei corsi di formazione professionale che caratterizzano i sistemi educativi di altri paesi.
Le ragioni per cui ciò è avvenuto sono complesse ed articolate e non
rientrano nel campo di indagine di questa ricerca. L’attribuzione alle
Regioni di competenze su questa materia (istruzione artigiana e professionale) già prevista dall’articolo 117 della Costituzione del ’48 (“La
Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti
dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le
norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con
quello di altre Regioni: ........ istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica”) non ha dispiegato appieno le sue potenzialità.
89
Cenni storici
CAPITOLO 2
Cenni storici
istruzione professionale
L’esercizio reale di quanto previsto dalla Costituzione e la normativa
derivata hanno finito per circoscrivere le competenze delle Regioni
alla “formazione professionale”, intesa spesso come addestramento
finalizzato al rilascio di una qualifica, senza nessun riconoscimento
dei percorsi formativi al fine di un’eventuale prosecuzione nel canale
dell’istruzione. Inoltre, la situazione che si è determinata nelle diverse
realtà risulta notevolmente differenziata: in termini di rapporti di lavoro del personale, di diffusione dei corsi e di caratteristiche degli stessi.
Fino a dicembre del 2003 non erano stati definiti standard formativi
minimi necessari per il riconoscimento, a livello nazionale, dei diversi
percorsi formativi, anche al fine del passaggio ai percorsi scolastici.
Nella situazione sopra sommariamente descritta si è sviluppato il settore dell’istruzione professionale statale, la cui attuale configurazione
è definita dal D.M. 24. 4. 92 “Programmi e orari di insegnamento per i
corsi di qualifica degli istituti professionali di Stato”.
I connotati caratteristici di questi corsi possono essere così riassunti:
• durata triennale dei corsi per il conseguimento della qualifica con
la possibilità di proseguire in un biennio post-qualifica finalizzato al
conseguimento di un diploma;
• articolazione dei piani di studio in tre aree:
o area di insegnamento comune a tutti i corsi;
o area di insegnamento di indirizzo;
o area di approfondimento.
I programmi e gli orari dell’area comune e le indicazioni per l’area di
approfondimento sono stabiliti da un allegato al D.M. citato, mentre
per i programmi e gli orari per l’area di indirizzo è previsto un aggiornamento periodico attraverso appositi provvedimenti.
L’articolazione interna dell’Istruzione professionale si caratterizza per
settori ed indirizzi, a cui corrispondono le diverse qualifiche dei percorsi triennali e i diplomi che si conseguono dopo la frequenza dei corsi
biennali post-qualifica. Oltre alla classificazione appena richiamata,
esistono dei corsi non riconducibili ai settori, i così detti corsi atipici,
che prevedono il conseguimento della qualifica ma non del diploma.
Il quadro sinottico 1 riassume i settori, gli indirizzi, le qualifiche e i
diplomi rilasciati dagli Istituti professionali statali, secondo gli ordinamenti vigenti. I paragrafi che seguono, dal 2.2.1 al 2.2.5 - relativi ai
metodi di insegnamento, ai quadri orari settimanali del biennio e
del triennio e alle indicazioni concernenti l’area di approfondimento
- sono ripresi dal sito del MIUR (www. istruzione.it).
90
CAPITOLO 2
istruzione professionale
Quadro sinottico 1. Settori, indirizzi e qualifiche professionali
SETTORI
INDIRIZZI
A g r a r i o - Agrario
ambientale
CORSO TRIENNALE
BIENNIO POST QUALIFICA
QUALIFICHE
DIPLOMA
Operatore
agro-ambientale
AGROTECNICO
Operatore
agro-industriale
AGROTECNICO
Operatore
stico
Industria e Edile
Artigianato
Elettrico
Elettronico
agrituri- AGROTECNICO
Operatore edile
ed Operatore elettrico
Operatore
nico
TECNICO DELL’EDILIZIA
TECNICO DELLE INDUSTRIE
ELETTRICHE
elettro- TECNICO DELLE INDUSTRIE
ELETTRICHE
Operatore per le te- TECNICO DELLE INDUSTRIE
lecomunicazioni
ELETTRICHE
M e c c a n i c o - Operatore
Termico
nico
mecca- TECNICO DELLE INDUSTRIE
MECCANICHE
Operatore termico
T E C N I C O
DEI
SISTEMI
ENERGETICI
Abbigliamento Operatore
e moda
moda
Chimico
Servizi
Operatore
e
biologico
della TECNICO DELL’ABBIGL.
DELLA MODA
chimico TECNICO
BIOLOGICO
CHIMICO
E
E
E c o n o m i c o - Operatore della ge- TECNICO DELLA GESTIONE
aziendali e tu- stione aziendale
AZIENDALE
ristici
Operatore dell’im- TECNICO
presa turistica
TURISTICI
Pubblicità
Operatore graficopubblicitario
DEI
TECN.
DELLA
PUBBLICITARIA
SERVIZI
GRAFICA
Alberghieri e ri- Operatore dei servizi TECNICO DEI
storazione
di ristorazione (cuci- RISTORAZIONE
na)
SERVIZI
DI
Operatore dei servizi TECNICO DEI
di ristorazione (sala RISTORAZIONE
bar)
SERVIZI
DI
Operatore dei servizi TECNICO DEI
di ricevimento
TURISTICI
SERVIZI
DI
91
CAPITOLO 2
istruzione professionale
Sociali
S a n i t a r i o Ottico
ausiliario
Atipici
Operatore dei servizi TECNICO
sociali
SOCIALI
DEI
Operatore meccani- OTTICO
co ottico
Odontotecnico
Operatore meccani- ODONTOTECNICO
co odontotecnico
Arte bianca*
Operatore industria biennio post-qualifica
molitoria
previsto
non
Operatore industria biennio post-qualifica
dolciaria
previsto
non
Legno
Operatore industria biennio post-qualifica
del mobile e dell’ar- previsto
redamento
non
Marmo
Operatore dell’arti- biennio post-qualifica
gianato del marmo previsto
non
Operatore dell’indu- biennio post-qualifica
stria del marmo
previsto
non
Operatore delle in- biennio post-qualifica
dustrie ceramiche
previsto
non
Operatore delle la- biennio post-qualifica
vorazioni ceramiche previsto
non
Grafica
Operatore per l’in- biennio post-qualifica
dustria grafica
previsto
non
Marittimo
Operatore del mare
biennio post-qualifica
previsto
non
Audiovisivo
Operatore della co- biennio post-qualifica
municazione audio- previsto
visiva
non
Liuteria
Operatore di liuteria
biennio post-qualifica
previsto
non
Fotografico
Operatore
fico
fotogra- biennio post-qualifica
previsto
non
Orafo*
Operatore orafo
biennio post-qualifica
previsto
non
Non vedenti
Centralinista telefo- biennio post-qualifica
nico
previsto
non
Massofisioterapista
non
Ceramica
biennio post-qualifica
previsto
* di competenza regionale e gestiti presso Istituti Professionali di Stato
Fonte: MIUR
92
SERVIZI
CAPITOLO 2
istruzione professionale
2.2.1 I metodi di insegnamento
Gli orari delle materie e i programmi di insegnamento sono definiti
con decreti ministeriali validi per tutto il territorio nazionale. Mentre
discipline ed orari sono obbligatoriamente uguali per tutti gli istituti,
i programmi sono indicativi; essi devono essere considerati uno strumento per raggiungere gli obiettivi formativi che il sistema si propone,
mediante la programmazione didattica, che è compito fondamentale
dei docenti.
L’istruzione professionale non si limita a proporre un quadro degli insegnamenti completamente rinnovato per struttura ed articolazione
interna; essa vuole dare risposte didattiche differenziate che tengano
conto delle specifiche esigenze dei giovani che scelgono i suoi corsi e
delle mete che essi si propongono.
Tale finalità viene perseguita attraverso:
- una nuova definizione dei contenuti disciplinari, tendente ad
individuare “l’essenziale” di ogni insegnamento: ciò che è veramente necessario apprendere per avere, in relazione agli obiettivi formativi del corso prescelto, un quadro sufficiente di conoscenze e competenze;
- una didattica flessibile, organizzata per “moduli”, cioè per aggregazioni di argomenti, presentati in modo tale che ciascuno di
essi rechi un proprio autonomo apporto alla conoscenza degli
aspetti essenziali della disciplina studiata;
- la ricerca di risposte educative adeguate alle diverse situazioni
locali ed ai condizionamenti socio-culturali derivanti dalle diverse provenienze degli allievi, anche attraverso interventi didattici
aggiuntivi e personalizzati, effettuabili con l’utilizzazione delle
quattro ore di approfondimento previste dall’orario settimanale;
- l’inserimento nei programmi delle diverse discipline, in forma di
moduli, di argomenti attinenti alla realtà culturale ed economica locale e ad aspetti essenziali della cultura professionale del
settore cui il corso si riferisce;
- la presenza di ampi spazi orari per esercitazioni intese non come
attività di semplice addestramento manuale, ma come momento di aggregazione di tutte le conoscenze acquisite e occasione
di sviluppo dell’attitudine a svolgere precisi ruoli professionali.
93
CAPITOLO 2
istruzione professionale
2.2.2 Quadro orario settimanale nel triennio di qualifica
Nei primi tre anni si insegnano materie comuni a tutti i corsi e materie
differenziate secondo l’indirizzo scelto (quadro sinottico 2).
I primi due anni sono caratterizzati da una forte presenza di discipline
di formazione generale umanistica e scientifica, perché:
- l’età degli studenti richiede che l’istruzione sia volta maggiormente a sostenere lo sviluppo della persona;
- una larga quota di insegnamenti comuni e programmi di studio
equivalenti rendono le scelte non irreversibili e facilitano l’eventuale passaggio a corsi diversi;
- l’area comune del biennio iniziale è la stessa adottata da moltissimi istituti tecnici e licei e corrisponde agli studi fatti per
realizzare l’adempimento dell’obbligo scolastico.
Nel terzo anno prevalgono le materie di indirizzo finalizzate all’acquisizione di una buona professionalità di base, per consentire ai giovani di
espletare l’obbligo formativo o nella scuola o nella formazione professionale o nell’apprendistato. L’area di approfondimento costituisce uno
spazio lasciato all’autonoma programmazione di ciascun istituto che ne
definisce l’utilizzo con grande flessibilità per: accoglienza e orientamento; riequilibrio culturale; sostegno e recupero; svantaggi; iniziative di
raccordo con il territorio; approfondimenti professionali nel terzo anno.
Quadro sinottico 2 – quadro orario del triennio
Classi/ore
I^
II^
III^
AREA COMUNE
Materie comuni a tutti i corsi
22
22
12/15
AREA DI INDIRIZZO
Materie proprie dell’indirizzo
14
14
24/21
4
4
4
40
40
40
AREA DI APPROFONDIMENTO
Ore da programmare in
autonomia
TOTALE
Fonte: MIUR
94
CAPITOLO 2
istruzione professionale
2.2.3 L’area di approfondimento nel triennio
Il quadro orario di ciascun corso prevede nel primo triennio uno spazio orario di 4 ore settimanali chiamato “area di approfondimento”.
La particolarità di questa area consiste nel fatto che per essa non è
prescritto alcuno specifico contenuto di discipline, ma sono solamente definiti gli obiettivi a cui devono tendere gli interventi didattici da
realizzare in queste ore.
La frequenza è obbligatoria per tutti gli allievi, ma ciascuno di essi conseguirà una personale meta formativa; la classe si spezza e sono costituiti diversi gruppi di allievi, provenienti anche da classi parallele, uniti
per seguire percorsi didattici comuni per delimitati periodi di tempo.
Ciascun istituto, dunque, programma in autonomia le attività e il tipo
di lezioni da svolgere in queste 4 ore, in coerenza con le seguenti
finalità:
• all’inizio del corso e soprattutto nei primi 2 anni:
- accoglienza, conoscenza, orientamento degli allievi
- riequilibrio culturale della classe mediante recupero degli svantaggi
-consolidamento disciplinare
-approfondimenti culturali
• successivamente anche:
-moduli di conoscenza del territorio negli aspetti culturali, sociali ed economici
-moduli mirati ad intensificare l’interazione tra le discipline culturali e quelle professionali
-moduli di raccordo con il mondo del lavoro.
L’area di approfondimento è lo strumento che consente di personalizzare, per quanto possibile, l’insegnamento, e di sviluppare una precisa
identità culturale per ogni istituto in coerenza con il territorio e con il
settore produttivo in cui ciascuno opera.
2.2.4 Quadro orario nel biennio post-qualifica
La caratteristica di questo curricolo è di integrare l’istruzione nella
scuola con la formazione professionale specialistica, che in Italia è di
competenza delle Regioni (quadro sinottico 3).
A questo fine sono state stipulate convenzioni tra il Ministero e le
varie Regioni. L’attività didattica della prima e della seconda area si
svolge, di norma, in cinque giorni settimanali.
La quota di curricolo relativa all’intervento regionale si svincola dalle
95
CAPITOLO 2
Quadro orario
nel biennio
post-qualifica
istruzione professionale
logiche organizzative della scansione settimanale del tempo scuola: ad
essa resta riservato un giorno di ciascuna settimana e moduli intensivi
da svolgere nei modi e nei tempi definiti in sede progettuale, tenuto
anche conto delle scadenze connesse all’effettuazione dell’esame di
stato. Le lezioni sono svolte essenzialmente da esperti del mondo del
lavoro e una larga quota dell’orario è destinata alle esperienze scuolalavoro (stage).
L’intervento di competenza regionale potrà concludersi anche successivamente all’esame di stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione
secondaria superiore.
Data l’unitarietà del curricolo, i risultati, finali o intermedi, conseguiti nell’area di professionalizzazione concorrono alla valutazione degli
alunni in sede di scrutinio.
Nei casi in cui la regione competente non interviene a gestire l’area di
professionalizzazione, queste ore sono svolte direttamente dall’istituto
professionale che le programma e le gestisce con le stesse logiche
della formazione regionale, rilasciando al termine un attestato di frequenza (ipotesi surrogatoria).
Quadro sinottico 3 – quadro orario del biennio post-qualifica
Classi/ore
IV^
V^
AREA COMUNE
Materie comuni a tutti i corsi
15 ore settimanali
15 ore settimanali
AREA DI INDIRIZZO
Materie caratterizzanti l’indirizzo
prescelto
15 ore settimanali
15 ore settimanali
AREA DI PROFESSIONALIZZAZIONE
Modulo professionalizzante annuo
di competenza regionale
300/450 ore annue 300/450 ore annue
Fonte: MIUR
96
CAPITOLO 2
istruzione professionale
2.2.5 Quadro orario settimanale degli insegnamenti comuni L’area comune ai diversi indirizzi è caratterizzata dalla presenza di materie finalizzate alla formazione generale, umanistica e scientifica. Le
ore destinata a tale area sono 22 nei primi due anni, da 12 a 15 nel
terzo anno e 15 nel biennio post-qualifica (quadro sinottico 4).
Quadro sinottico 4 – quadro orario settimanale degli insegnamenti comuni
Ore/Materie
I^
II^
III^
IV^
V^
italiano
5
5
3
4
4
storia
2
2
2
2
2
lingua straniera
3
3
2-3
3
3
diritto ed economia
2
2
-
-
-
matematica ed informatica
4
4
2-4
-
-
matematica
-
-
-
3
3
scienze della terra e biologia
3
3
-
-
-
educazione fisica
2
2
2
2
2
religione (per coloro che se ne
avvalgono)
1
1
1
1
1
22
22
12-15
15
15
TOTALE
Fonte: MIUR
97
CAPITOLO 2
istruzione professionale
Riferimenti bibliografici
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Bertoni Jovine D., La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, Editori
Riuniti, Roma 1975.
Di Guglielmo A., Mallardi C. - digilander.libero.it/rete_orientamento/
pagine/storia.
Gozzer G., L’istruzione professionale in Italia, UCIIM, Roma 1958.
ISFOL, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, Il Sole
24 Ore Scuola, Milano 2003.
ISFOL, Rapporto Isfol, anni dal 1986 al 2003, Franco Angeli, Milano.
Ostenc M., La scuola italiana durante il fascismo, Editrice Laterza,
Bari 1980.
98
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
I DATI
SULL’ISTRUZIONE
PROFESSIONALE
3.1 Introduzione
Come già ricordato nel paragrafo 2.1, l’istruzione professionale di
Stato rappresenta l’ordine di scuola secondaria superiore di più recente istituzione. Dal punto di vista quantitativo, sulla base dei dati sugli
iscritti relativi all’a.s. 2003/2004, raccoglie il 22,3% degli studenti che
frequentano gli istituti secondari di secondo grado. I dati complessivi
sugli iscritti agli altri settori della scuola secondaria superiore, riferiti
allo stesso anno, offrono il seguente quadro:
- istruzione classica, scientifica e magistrale
37,1%;
- istruzione tecnica
36,7%;
- istruzione artistica 3,9%
(1,5% licei artistici; 2,4% istituti d’arte).
Se si disaggregano i dati relativi all’istruzione classica da quelli dell’istruzione scientifica e magistrale, si evidenzia la seguente ripartizione degli iscritti alla scuola secondaria:
- istruzione tecnica
36,7%;
- istruzione professionale
22,3%;
- licei scientifici
20,1%;
- licei classici
9,6%;
- ex istituti magistrali
7,4%;
99
CAPITOLO 3
Introduzione
i dati sull’istruzione professionale
- istituti d’arte
2,4%;
- licei artistici1,5%.
L’istruzione professionale, dal punto di vista quantitativo, si colloca,
quindi, al secondo posto tra le diverse tipologie di istruzione secondaria di secondo grado.
L’indagine che segue si pone l’obiettivo di offrire un quadro analitico
delle dimensioni quantitative di questo settore, analizzandone gli andamenti negli anni scolastici compresi tra il 1997/98 e il 2003/2004,
sia a livello nazionale che a livello regionale.
La scelta di questo periodo è motivata almeno da tre considerazioni:
nei 7 anni scolastici presi in esame, negli istituti professionali, si sono
alternate fasi di contrazione e fasi di crescita, determinando così un
campione particolarmente interessante; di questi 7 anni è possibile
reperire dati completi ed omogenei sia di carattere nazionale che regionale; è il periodo più vicino alla situazione attuale, di cui si vuole
valutare l’evoluzione.
L’attuazione della legge 53/2003 prevede, infatti, la costituzione di un
sistema dell’istruzione e della formazione professionale di competenza esclusiva delle Regioni: può essere pertanto utile una conoscenza
analitica dei dati relativi all’istruzione professionale statale. E’ comunque doveroso segnalare che non è possibile valutare, oggi, quali saranno le dimensioni e i settori dell’istruzione secondaria di secondo
grado che non saranno ricompresi nel sistema dei licei e che, quindi, anziché fare riferimento al sistema dell’istruzione di competenza
esclusiva dello Stato, afferiranno al sistema dell’istruzione e della formazione professionale di competenza delle Regioni.
I decreti relativi al secondo ciclo dovranno, infatti, definire le caratteristiche fondamentali del sistema dei licei e del sistema dell’istruzione
e della formazione professionale e solo da un’analisi attenta di questi
provvedimenti si potrà capire quali delle attuali tipologie di scuola
secondaria superiore sono riconducibili ad uno o all’altro dei due
sistemi.
Saranno poi le famiglie, le ragazze e i ragazzi, che, alla conclusione del
primo ciclo, sceglieranno uno dei possibili percorsi in cui si articolerà
il secondo ciclo sulla base dei nuovi ordinamenti.
Ogni trasposizione meccanica dei dati rischia, quindi, di essere arbitraria e le possibili conferme o smentite saranno determinate da scelte
su cui è difficile oggi fare previsioni.
L’analisi della situazione e delle tendenze in atto rappresenta, quindi,
uno strumento per conoscere i connotati essenziali dell’istruzione professionale e valutare quale potrebbe esserne l’evoluzione dal punto di
vista quantitativo.
100
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
I dati presi in esame sono relativi a 18 Regioni; non figurano i dati
riguardanti la Regione Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento
e Bolzano che hanno competenze dirette in materia di gestione del
personale della scuola e che, pertanto, non vengono più prese in esame dal sistema informativo del Ministero che ha, prevalentemente,
compiti di supporto alla gestione del personale alle dirette dipendenze dello Stato.
I valori totali presentati non riguardano, quindi, l’intero territorio nazionale ma soltanto quello delle 18 regioni esaminate. Tali dati, elaborati
e pubblicati annualmente, ormai con una certa regolarità, tempestività
e omogeneità, dal Servizio per l’automazione informatica e l’innovazione tecnologica del MPI (ora MIUR), sono reperibili anche nel sito
internet e intranet del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca (www.istruzione.it).
Il periodo preso in considerazione da questa ricerca comprende, come
già detto, gli anni scolastici che vanno dal 1997/1998 al 2003/2004
e sviluppa una simulazione di quelle che potrebbero essere le dimensioni quantitative degli istituti professionali nell’anno scolastico
2008/2009, anno in cui potrebbe andare a regime la riforma prevista
dalla legge 53/2003.
I dati esaminati riguardano tutta l’istruzione secondaria di secondo
grado e sono articolati per regione e per tipologia di istituto (licei
classici, licei scientifici, istituti e scuole magistrali, istituti tecnici, istituti
professionali, istituti d’arte e licei artistici).
L’analisi si sofferma, in particolare, visto il campo specifico dell’indagine, sugli andamenti relativi al numero degli studenti iscritti negli istituti professionali statali (IPS) e al loro rapporto rispetto al numero
complessivo dei frequentanti la scuola secondaria di secondo grado.
3. 2 La scuola secondaria superiore. Dati e tendenze
Il quadro complessivo nazionale (relativo sempre alle 18 regioni esaminate), dopo un decremento registrato nel passaggio dall’anno scolastico 97/98 all’anno scolastico 98/99, mostra un incremento costante e abbastanza regolare del numero complessivo di alunni iscritti
alla scuola secondaria superiore (tab. 3).
La ripresa delle iscrizioni è significativamente collocata nell’anno
scolastico 1999/2000 (anno di attuazione della legge 20.1.99, n. 9
“Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione”) in
cui, a fronte di una riduzione, rispetto all’a.s. precedente, del numero
di alunni che concludevano la terza media si è registrato un incre-
101
Introduzione
CAPITOLO 3
2
La scuola
secondaria: dati
e tendenze
i dati sull’istruzione
istruzione professionale
mento di iscritti alla scuola secondaria di secondo grado. I dati evidenziano che, nell’a.s. ‘98/99, gli alunni che frequentavano la terza
media (platea dalla quale scaturiscono le iscrizioni al primo anno di
scuola secondaria superiore) erano 17.515 in meno rispetto a quelli
dell’a.s. ‘97/98, mentre gli iscritti al primo anno di scuola secondaria
superiore, nell’a.s. ‘99/00, risultarono 23.052 in più rispetto all’anno
precedente.
La situazione è riassunta nella tab. 1.
Tabella 1. Confronto tra il numero di iscritti in III media e il numero di iscritti
alla prima classe della scuola secondaria di secondo grado nell’anno scolastico
successivo
anno
scolastico
alunni
media
iscritti
in
III
anno scolastico
alunni iscritti I
sec. superiore
(compresi
i
ripetenti)
1997/1998
575.370
1998/1999
562.444
1998/1999
557.855
1999/2000
585.496
variazioni
-17.515
variazioni
+23.052
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
La conferma di questa inversione di tendenza verificatasi nell’a.s.
1999/2000 la si ha analizzando i dati relativi agli alunni iscritti alla
scuola media e alla scuola secondaria superiore nel decennio precedente (tab. 2).
102
2.350.575
2.399.094
2.448.176
2.479.345
2.494.446
2.543.392
2.560.113
2.583.959
2.577.288
Scuola sec. secondo rado
1996/97
1.786.329
1995/96
1.832.912
1994/95
1.867.230
1993/94
1.904.745
1992/93
1.955.683
1991/92
2.038.320
1990/91
2.147.223
1989/90
2.266.471
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
(*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari nell’a.s. 97/98 a 28.102 nella scuola secondaria di I grado e a 32.530 nella
scuola secondaria di secondo grado.
grado
primo
sec.
Scuola
1997/98 (*)
1.712.253
anni scolastici
1998/99 (*)
1.683.460
iscritti
2.546.774
Alunni
Tabella 2. - Scuola secondaria di I e II grado - serie storica alunni 1989 - 1998
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
103
104
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
(*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari, nell’a.s. 97/98, a 28.102 nella scuola secondaria di I grado
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
(*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari, nell’a.s. 97/98, a 28.102 nella scuola secondaria di I grado
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
105
CAPITOLO 3
Introduzione
i dati sull’istruzione professionale
La tabella 2 e i grafici 1 e 2, ricavati dalla pubblicazione MPI del settembre 1998, mostrano con sufficiente chiarezza le tendenze storiche
relative agli alunni della scuola media e della scuola secondaria superiore nel periodo precedente a quello preso in esame dalla nostra
ricerca.
A partire dall’anno scolastico ‘91/92, il numero degli alunni della scuola secondaria superiore comincia a decrescere e l’incremento dei tassi di passaggio dalla media alla superiore non compensa più il calo
demografico che, dopo aver propagato i suoi effetti dalla scuola elementare alla scuola media, ora si riflette anche nell’ultimo segmento
dell’ordinamento scolastico.
Passando all’esame più analitico dei dati relativi al periodo compreso
tra l’a.s. ’97/98 e l’a.s. 2003/2004, si riscontra qualche leggera discrepanza nei dati, dovuta, come detto precedentemente, al fatto che i
dati presi in considerazione non comprendono più quelli relativi alle
province autonome di Trento e Bolzano che esercitano competenze
dirette in materia di gestione del personale.
L’evoluzione complessiva del numero degli iscritti nella scuola secondaria superiore nel periodo considerato è rappresentato dalla Tab. 3.
Nel Graf. 3 e nel Graf. 4 sono rappresentati, rispettivamente, l’andamento complessivo degli iscritti alla scuola superiore e quello relativo
ai diverse tipologie di istituti.
106
2.399.094
109.768
classi
1.519
alunni
30.370
classi
2.885
classi
alunni
58.028
44.679
alunni
969.892
classi
23.767
classi
alunni
483.297
alunni
7.330
classi
19.601
167.276
classi
alunni
461.455
9.987
classi
alunni
228.776
97/98
alunni
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
Totale scuole sec.
superiori
Licei artistici
Ist. d’arte
Ist. Tecnici
Ist. Professionali
Ist. E scuole magistrali
Licei scientifici
Licei classici
Tipologia di istituti
107.697
2.350.575
1.453
30.417
2.885
56.218
43.356
934.179
22.951
477.964
7.273
165.081
19.740
459.604
10.039
227.112
98/99
108.865
2.360.798
1.525
31.253
2.947
57.073
42.979
920.743
24.123
500.937
7.400
165.313
19.823
459.021
10.068
226.458
99/00
110.059
2.382.154
1.599
32.804
2.929
57.801
42.876
917.869
25.332
525.279
7.384
164.997
19.948
460.205
9.991
223.199
00/01
anno scolastico
112.569
2.421.303
1.659
34.106
3.030
58.462
43.450
925.825
26.615
546.408
7.504
167.168
20.305
467.352
10.006
221.982
01/02
Tabella 3 Alunni e classi della scuola secondaria superiore - dati nazionali per tipologia di istituti -
113.950
2.442.575
1.769
36.142
3.017
58.875
43.379
918.104
26.729
548.202
7.980
176.145
20.855
478.404
10.221
226.703
02/03
113.313
2.506.373
1.791
38.084
2.965
60.612
42.239
919.799
26.240
559.845
8.178
185.153
21.396
502.896
10.504
239.984
03/04
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
107
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
108
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
109
CAPITOLO 3
Introduzione
i dati sull’istruzione professionale
Come si evince immediatamente dalle tabelle e dai grafici precedenti,
il decennio 89/99 si caratterizza per un andamento negativo del numero degli alunni iscritti alla scuola media, mentre il calo degli alunni
della scuola secondaria superiore si registra a partire dall’a.s. 1992/93.
A partire dall’anno scolastico 1999/2000, nella scuola superiore si inverte la tendenza e si registra una crescita significativa del numero
complessivo degli studenti.
Le ragioni di questi andamenti sono molteplici. Nel 1999, come già ricordato, l’anno scolastico conclusivo dell’obbligo scolastico viene portato dalla terza media al primo anno della scuola secondaria superiore. Nell’anno scolastico 2000/2001, si arresta anche il calo degli alunni
della scuola media e si registra, dai dati del MIUR, un incremento del
numero dei frequentanti questo ordine di scuola (a.s. 1999/20000:
1.682.440; a.s. 2000/20001: 1.684.555) segno di un arresto, a livello
nazionale, dei fenomeni connessi al calo demografico.
La crescita in valore assoluto del numero di studenti è accompagnata
anche da una crescita in percentuale degli iscritti a tutte le tipologie di scuola secondaria superiore - o da una stabilità come negli
Istituti d’arte -, compensata dal calo significativo registrato nei tecnici
che passano dal 40,4% al 36,7% con un calo del 3,7% (tab. 4). Le
spiegazioni di questo ultimo dato, probabilmente, sono molteplici e
complesse. Tra queste rientrano lo spostamento di una parte della
domanda verso i licei, correlato ad un aumento del titolo di studio dei
genitori (i protagonisti del boom della scolarizzazione superiore degli
anni 70); una certa capacità di attrazione degli istituti professionali
“rinnovati” dal “il progetto 92” ed altre ancora che meriterebbero approfondimenti specifici, come la trasformazione in nuovi tipologie di
licei degli ex istituti magistrali.
Tabella 4 - Percentuale alunni iscritti alla scuola secondaria superiore – dati
nazionali anno scolastico
Tipologia
di scuola
Licei classici
alunni
9,5
9,7
9,6
9,4
9,2
9,3
9,6
Licei
scientifici
alunni
19,2
19,6
19,4
19,3
19,3
19,6
20,1
110
97/98 98/99 99/00 00/01
01/02 02/03 03/04
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
Ist. e scuole
magistr.li
alunni
7,0
7,0
7,0
6,9
6,9
7,2
7,4
Ist.
Professionali
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Ist. Tecnici
alunni
40,4
39,7
39,0
38,5
38,2
37,6
36,7
Ist. d’arte
alunni
2,4
2,4
2,4
2,4
2,4
2,4
2,4
Licei artistici
alunni
1,3
1,3
1,3
1,4
1,4
1,5
1,5
Totale scuole
superiori
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
3.2.1 I dati relativi all’istruzione professionale a livello nazionale
e regionale
L’istruzione professionale segue l’andamento generale relativo all’incremento degli studenti della scuola secondaria superiore con un
proprio apporto significativo (confronta tab. 3, graf. 3 e graf. 5). Il
numero degli studenti che frequentano gli IPS aumenta non solo in
valore assoluto (da 477.964 dell’a.s. 1998/1999 passa 559.845 dell’a.
s. 2003/2004) ma anche in percentuale. Se, infatti, nell’a.s. 1997/1998
la percentuale di studenti dell’istruzione professionale è pari al 20,1%,
nell’a.s. 2003/2004 raggiunge il valore del 22,3%, dopo aver toccato il
22,4% nell’anno precedente (tab. 3 e graf. 6).
111
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
112
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
113
CAPITOLO 3
I dati relativi
all’istruzione
professionale a
livello nazionale
e regionale
i dati sull’istruzione professionale
L’andamento in valore assoluto e percentuale del numero degli studenti degli istituti professionali ha caratteristiche omogenee su tutto il
territorio nazionale, anche per quanto riguarda la contrazione percentuale degli iscritti agli istituti professionali che si registra a partire dall’a.s. 2002/2003 (ad eccezione delle regioni Umbria, Abruzzo e Sicilia)
e prosegue in quello successivo, accompagnata da un incremento
percentuale degli iscritti all’istruzione classica, scientifica e magistrale.
Anche per gli iscritti negli IPS, analogamente a quanto detto per gli
istituti tecnici, non è possibile individuare una sola ragione in grado
di spiegare il perchè delle variazioni dei valori assoluti e percentuali.
Dell’incremento, già richiamato, registrato nell’anno scolastico 99/00
in concomitanza dell’innalzamento dell’obbligo scolastico è possibile
individuare una motivazione di fondo: una utenza “normale”, anche
se non particolarmente motivata (l’obbligo riguardava i 14enni che
avevano conseguito la licenza media e quindi che avevano una carriera scolastica senza ripetenze), nel momento che veniva “obbligata” a
proseguire è probabile che abbia optato per percorsi scolastici che offrivano la possibilità di conseguire una qualifica dopo 3 anni di corso.
Negli anni scolastici immediatamente successivi l’incremento può essere derivato, almeno in parte, da un effetto di trascinamento della
crescita degli iscritti nelle classi prime negli anni precedenti. A partire
dall’a.s. 2002/2003 si registra un’inversione di tendenza correlata al
manifestarsi di alcuni fenomeni, in parte già richiamati: la tendenza
alla liceizzazione; l’abolizione dell’obbligo scolastico; l’avvio di una
sperimentazione relativa a percorsi integrati gestiti in collaborazione tra
Centri di formazione professionale e scuole, con caratteristiche diverse
da Regione e Regione. In alcuni casi gli alunni frequentanti questi corsi
figurano ancora iscritti agli Istituti professionali di Stato, mentre in altri
risultano iscritti solo ai Centri di formazione professionale, anche se i
corsi sono, comunque, progettati con un rapporto di partenariato tra
Istituti e Centri e prevedono il coinvolgimento sia degli educatori della
formazione professionale sia dei docenti dell’istruzione .
Il quadro complessivo nazionale (relativo alle 18 regioni esaminate)
concernente la composizione della popolazione scolastica della scuola secondaria superiore nell’anno scolastico 2003/2004 è rappresentato dal graf. 7.
114
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
115
CAPITOLO 3
I dati relativi
all’istruzione
professionale a
livello nazionale
e regionale
i dati sull’istruzione professionale
Se gli andamenti delle iscrizioni sono omogenei su tutto il territorio
nazionale non altrettanto si può dire sulla percentuale di alunni iscritti
agli IPS.
La situazione rappresentata nella tab.5 mostra una forbice di un certo
rilievo tra il Veneto con la percentuale più alta (22,53) e il Molise con
quella più bassa (14,29).
Tra le realtà in cui si registra una percentuale più bassa, relativamente al
dato nazionale, si annoverano tre regioni del centro (Umbria, Toscana
e Lazio), una del Nord (Liguria), due del Sud (Abruzzo e Molise) e la
Sardegna. Tutto il Nord (esclusa appunto la Liguria) e le altre regioni
non citate si collocano al di sopra della media nazionale. La Puglia
con il 24, 37% e la Basilicata con 24,28% figurano tra le regioni con i
tassi più alti. Non è facile quindi individuare correlazioni tra caratteristiche socio-economico, livelli di sviluppo e tassi di iscrizione agli IPS.
Probabilmente le scelte dell’Amministrazione scolastica e un possibile
effetto di imitazione di alcune esperienze positive hanno determinato
la distribuzione riportata tab. 5 e evidenziata nel graf. 6.
Tabella 5. Alunni iscritti negli Istituti professionali - anno scolastico 2003-2004
- valori percentuali
Regione
Quota alunni IPS
Regione
Quota alunni IPS
Piemonte
22,53
Lazio
19,07
Lombardia
22,54
Abruzzo
15,70
Liguria
21,70
Molise
14,29
Veneto
24,64
Campania
23,27
Friuli V. Giulia
23,82
Puglia
24,37
Emilia Romagna
24,31
Basilicata
24,28
Toscana
21,63
Calabria
22,78
Umbria
21,71
Sicilia
22,60
23,91
Sardegna
17,99
Marche
NAZIONALE 22,34 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
116
i dati sull’istruzione professionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
CAPITOLO 3
117
CAPITOLO 3
Per completare il quadro complessivo relativo ai caratteri quantitativi
dell’istruzione professionale è utile riportare una sintesi dei dati relativi
alle sedi di erogazione del servizio di istruzione secondaria superiore
nelle 18 regioni prese in esame (Tab. 6).
Alle sedi centrali corrispondono istituzioni scolastiche autonome. Le
sezioni associate, sedi scolastiche non autonome, possono far capo
ad istituiti dello stesso ordine oppure ad istituti in cui sono presenti
indirizzi afferenti a diversi ordini. In questo ultimo caso l’istituto autonomo prende la denominazione di “istituto di istruzione superiore” o
più semplicemente, come nella tabelle 5, “istituti superiori”.
A ciascuna istituzione scolastica autonoma è preposto un dirigente
scolastico (o un docente incaricato).
Tabella 6. Sedi scolastiche di istruzione secondaria superiore – a.s. 2002/2003
– distribuzione regionale
sedi centrali
totale sedi centrali + sezioni associate
Istituti Superiori
85
55
111
31
5
48
84
8
13
54
201
LOMBARDIA
90
147
106
209
62
17
71
150
14
23
97
369
a istituti
superiori
a sedi
centrali
Totale istituti autonomi
totale sedi centrali + sezioni associate
53
sez. associate
PIEMONTE
sedi centrali
totale sedi centrali + sezioni associate
Istruzione
artistica
sedi centrali
Istruzione professionale
totale sedi centrali + sezioni associate
Istruzione
tecnica
sedi centrali
Istruzione
classica
sc.
e
mag.le
Regione
I dati relativi
all’istruzione
professionale a
livello nazionale
e regionale
i dati sull’istruzione professionale
LIGURIA
25
29
18
41
12
4
16
32
3
4
16
74
VENETO
48
84
74
127
45
13
43
101
10
17
54
231
FRIULI
V.GIULIA
15
34
16
41
9
4
20
33
3
4
25
68
EMILIAROMAGNA
40
69
42
99
30
14
57
101
7
12
58
177
TOSCANA
43
92
45
104
23
3
53
79
10
20
66
187
118
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
UMBRIA
16
27
15
31
7
0
21
28
4
6
18
60
MARCHE
23
42
27
48
13
8
25
46
5
11
27
95
106
147
82
157
42
9
44
95
12
22
68
310
27
39
27
47
9
3
17
29
7
11
21
91
8
17
7
16
2
0
6
8
1
3
12
30
117
166
103
149
69
25
39
133
14
23
57
360
69
121
78
135
39
15
61
115
13
17
74
273
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
BASILICATA
10
33
12
33
7
6
16
29
2
4
23
54
CALABRIA
45
90
48
94
26
16
39
81
9
15
53
181
SICILIA
83
165
75
163
40
14
71
125
15
20
103
316
SARDEGNA
Totale
38
63
45
77
18
11
24
53
4
9
29
134
856
1.450
875
1.682
484
167
671
1.322
141
234
855
3.211
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
Come si vede dalla tabella 6, gli istituti professionali autonomi sono
484, mentre il numero complessivo delle sedi in cui è possibile frequentare i corsi degli istituti professionali sono 1.322. Le 842 sedi
prive di autonomia sono associate in parte (167, pari a circa il 20%)
a Istituti professionali e in misura più rilevante (671) a scuole secondarie superiori di altra tipologia. Ciò è dovuto, in larga misura, al fatto
che nel 2000, anno in cui era previsto che le istituzioni scolastiche
raggiungessero determinate dimensioni2, molte sedi di istituti professionali furono associate ad istituti superiori di altro indirizzo che, in tal
modo, rientrarono nei parametri previsti per l’acquisizione dell’autonomia.
Dalla tabella 7 si possono ricavare alcuni dati interessanti:
- gli istituti professionali autonomi rappresentano il 20,5% del numero complessivo di scuole secondarie superiori autonome, mentre
gli studenti dell’istruzione professionale, nello stesso anno preso in
esame per le sedi (2002/2003), costituiscono il 22,4% degli iscritti
agli istituti secondari di secondo grado (tab. 4);
- le sedi - istituti autonomi o sedi associate – raggiungono il 28,2%
del totale, significativamente superiore alla percentuale degli iscritti;
- il Molise e l’Abruzzo, che registrano la percentuale più bassa di
studenti iscritti all’istruzione professionale, hanno anche la più bassa
percentuale di istituti professionali autonomi.
119
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
Tabella 7. Istituti autonomi e sedi dell’istruzione professionale - percentuale sul
totale degli istituti superiori a livello nazionale e regionale –a.s. 2002/03
% sedi
% istituti
Regione
% sedi
% istituti
PIEMONTE
28,7
21,1
LAZIO
22,6
17,4
LOMBARDIA
28,4
22,8
ABRUZZO
23,0
12,9
LIGURIA
30,2
20,7
MOLISE
18,2
11,1
VENETO
30,7
25,4
CAMPANIA
28,2
22,8
FRIULI V.GIULIA
29,5
20,9
PUGLIA
29,6
19,6
EMILIA-ROMAGNA
35,9
25,2
BASILICATA
29,3
22,6
TOSCANA
26,8
19,0
CALABRIA
28,9
20,3
UMBRIA
30,4
16,7
SICILIA
26,4
18,8
MARCHE
31,3
19,1
SARDEGNA
26,2
17,1
28,2
20,5
Media nazionale
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
Le tabelle 8 (articolata in 2 parti per una lettura più agevole) forniscono il quadro della distribuzione regionale dei diversi indirizzi. Alcuni
di questi sono molto rari: esiste un solo istituto professionale per l’industria edile e un solo istituto per la cinematografia e la televisione.
Altri istituti, come i professionali per l’industria e l’artigianato, sono
presenti in tutte le regioni e hanno, sul territorio nazionale, 191 sedi
autonome; anche se, in proposito, è opportuno ricordare che a questo tipo di istituti fanno capo diverse qualifiche.
120
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
Tab. 8 - Istruzione professionale. Sedi di erogazione del servizio per tipologia di istituto e
regione - a.s. 2002/03 (prima parte)
Regione
Ist. professionali
per l’agricoltura e
l’ambiente.
Ist. professionali per i servizi
commerciali e
turistici
Ist. professionali per i servizi
alberghieri e la
ristorazione
Ist. professionali industria e
artigianato
Sezioni
associate
Sezioni
associate
Sezioni
associate
Sedi centrali
a sede centrale
a istituti superiori
Sedi centrali
a sede centrale
a istituti superiori
Sedi centrali
a sede centrale
a istituti superiori
Sedi centrali
a sede centrale
a istituti superiori
Sezioni
associate
PIEMONTE
2
10
10
1
24
6
1
3
13
3
11
LOMBARDIA
2
2
9
27
5
24
7
3
3
26
7
34
LIGURIA
2
1
1
2
1
6
4
1
2
4
1
7
VENETO
4
5
7
12
1
15
7
1
6
20
5
13
FRIULI V.
GIULIA
1
2
9
7
4
10
EM1LIAROMAGNA
1
2
13
7
22
7
1
1
13
10
16
TOSCANA
1
4
9
2
17
4
3
8
1
27
UMBRIA
2
3
7
2
2
12
MARCHE
4
2
7
3
3
6
6
14
LAZIO
2
2
5
15
2
18
8
3
14
5
13
ABRUZZO
1
2
5
3
1
2
3
2
10
MOLISE
2
1
1
1
3
CAMAPANIA
3
8
3
22
5
15
16
5
3
26
6
15
PUGLIA
7
14
5
19
8
1
4
10
8
17
BASILICATA
1
4
1
4
3
2
3
2
8
CALABRIA
2
8
11
6
1
9
5
7
12
7
12
S,ICILIA
3
3
26
9
3
9
9
3
6
17
5
22
SARDEGNA
Totale
nazionale
2
6
lO
1
3
6
1
3
7
4
8
26
43
117
147
29
211
98
17
49
191
74
252
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
121
CAPITOLO 3
i dati sull’istruzione professionale
del servizio (c= a+b)
Sedi centrali
Punti di erogazione
Sedi centrali
Sezioni associate (b)
superiori
31
53
84
LOMBARDIA
1
62
88
150
LIGURIA
12
20
32
VENETO
2
1
2
45
56
101
FRIULI V.
9
24
33
2
1
5
30
71
101
TOSCANA
1
2
23
56
79
UMBRIA
7
21
28
MARCHE
1
13
33
46
LAZIO
1
5
1
1
42
53
95
ABRUZZO
9
20
29
MOLISE
2
6
8
CAMAPANIA
1
1
1
1
2
69
64
133
PUGLIA
5
13
2
1
1
39
76
115
BASILICATA
1
7
22
29
CALABRIA
1
26
55
81
S,ICILIA
2
4
4
40
85
125
2
18
35
53
17
2
33
3
2
9
1
1
484
838
1322
a istituti
a sede centrale
Sedi centrali (a)
Totale
Ist. prof. Cinem. e televis.
Ist. prof. indu-stria edile
attività marinare
Ist. professionali industria e
Sedi centrali
PIEMONTE
a istituti
superiori
Sezioni
associate
a sede centrale
Sezioni
associate
Sedi centrali
Regione
sociali
Ist. professionali per i servizi
Tabella 8. Istruzione professionale. Sedi di erogazione del servizio per tipologia di istituto
e regione – a.s. 2002/2003 (seconda parte)
GIULIA
EM1LIAROMAGNA
SARDEGNA
Totale
nazionale
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
122
CAPITOLO 4
il personale
IL PERSONALE
4.1 Premessa
Il personale degli Istituti Professionali di Stato (IPS), attualmente, nelle
18 regioni prese in esame, è dipendente dello Stato (MIUR) ed ha un
rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato (ex personale
di ruolo) o a tempo determinato (incaricati annuali o supplenti temporanei).
Il personale che opera negli IPS in relazione ai diversi profili professionali può essere così classificato:
- Dirigenti scolastici;
- Docenti diplomati e laureati;
- Personale ausiliario tecnico amministrativo (ATA).
Il personale ATA si articola nelle qualifiche:
- Direttore dei servizi generali e amministrativi;
- Coordinatore amministrativo o tecnico;
- Assistente amministrativo o tecnico;
- Cuoco;
- Infermiere;
- Guardarobiere;
- Collaboratore dei servizi;
- Addetto alle aziende agrarie;
123
CAPITOLO 4
Premessa
il personale
- Collaboratore scolastico.
Il rapporto di lavoro, per le parti non riservate alla legge, è regolato da
due contratti di lavoro: quello del comparto della dirigenza scolastica,
per i dirigenti scolastici, e quello del comparto scuola, per i docenti e
il personale ausiliario, tecnico e amministrativo.
4.2I dirigenti scolastici
I dirigenti scolastici sono ripartiti in organici regionali, articolati al loro
interno in 2 contingenti: il primo è relativo ai dirigenti del primo ciclo
(scuole elementari e medie e istituti comprensivi) e il secondo riguarda i dirigenti della scuola secondaria superiore.
I dirigenti scolastici preposti agli istituti professionali non appartengono, quindi, ad un organico specifico, ma sono parte dei contingenti regionali della scuola secondaria superiore, all’interno dei quali il
numero dei posti dei dirigenti impegnati nell’istruzione professionale
dovrebbe corrispondere al numero degli IPS funzionanti nelle diverse
regioni e riportati nella Tab. 6.
Occorre però ricordare che, dopo le richiamate operazioni di dimensionamento previste dal DPR 233/98, concluse prima dell’inizio dell’a.
s. 2000/2001, oltre agli istituti riconducibili alle tradizionali articolazioni delle scuola secondaria superiore (istruzione classica, scientifica e
magistrale; istruzione tecnica; istruzione professionale e istruzione artistica), proprio per raggiungere le dimensioni quantitative previste per
il riconoscimento dell’autonomia, furono costituiti istituti con sezioni
appartenenti a più di una delle articolazioni sopra ricordate. Tali istituti
hanno assunto la denominazione di Istituti di Istruzione Superiore o,
più brevemente, Istituti Superiori (IS).
Il numero dei dirigenti preposti agli istituti professionali non è, quindi, deducibile in modo automatico dal numero di IPS presenti nelle
diverse regioni. Al momento dell’eventuale passaggio di competenze
in materia di istruzione professionale, dalla Stato alle Regioni, sarà necessario valutare le caratteristiche dei diversi istituti superiori e, sulla
base di queste valutazioni, stabilire la loro collocazione istituzionale.
Complessivamente, gli istituti con la presenza di soli indirizzi professionali risultano 484, mentre gli istituti superiori caratterizzati dalla
presenza di più indirizzi risultano 885. Tra questi, in 671 si registra la
presenza di indirizzi dell’istruzione professionale. Considerando che
un numero analogo è caratterizzato dalla presenza di indirizzi dell’istruzione tecnica, la valutazione del numero di dirigenti scolastici
coinvolti in un passaggio dell’istruzione professionale di Stato alle
Regioni potrebbe oscillare da un minimo di 484 unità ad un massimo
124
CAPITOLO 4
il personale
di 1155 (sedi centrali IPS e sezioni associate a IS, tab. 6). Analogo ragionamento si può fare per ciascuna regione.
La tab. 6 può dare un’idea del fabbisogno di dirigenti scolastici nelle
diverse regioni sulla base delle sedi in cui sono attive sezioni dei diversi indirizzi dell’istruzione professionale. Da questo esame emerge una
situazione estremamente diversificata. Il maggior numero di punti di
erogazione del servizio (150 tra sedi centrali e sezioni associate) si
trova in Lombardia, mentre il numero più alto di istituti autonomi è in
Campania (69 sedi centrali). Il Molise si caratterizza per il numero
più basso di sedi centrali (2) e di punti di erogazione del servizio (8).
Il quadro riepilogativo relativo alle istituzioni scolastiche autonome
dell’istruzione secondaria di secondo grado, cui corrispondono i posti
da dirigente scolastico, è rappresentato dalla tab. 9 che descrive la
distribuzione regionale delle sedi centrali secondo le diverse tipologie
di istituto, evidenziando quelle relative all’istruzione professionale.
Tab. 9 – sedi centrali delle scuole secondarie superiori distribuzione per regioni e tipologia di istituti – a.s. 2002/03
Istruzione
tecnica
Istruzione
professionale
Istruzione
artistica
Istituti
Superiori
totale
istituti di
secondo
grado
autonomi
53
55
31
8
54
201
LOMBARDIA
90
106
62
14
97
369
LIGURIA
25
18
12
3
16
74
VENETO
48
74
45
10
54
231
FRIULI
V.GIULIA
15
16
9
3
25
68
EMILIAROMAGNA
40
42
30
7
58
177
TOSCANA
43
45
23
10
66
187
UMBRIA
16
15
7
4
18
60
MARCHE
23
27
13
5
27
95
106
82
42
12
68
310
27
27
9
7
21
91
8
7
2
1
12
30
117
103
69
14
57
360
69
78
39
13
74
273
Istruzione
classica,
sc. e mag.le
PIEMONTE
Regione
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
125
I dirigenti
scolastici
CAPITOLO 4
il personale
BASILICATA
10
12
7
2
23
54
CALABRIA
45
48
26
9
53
181
SICILIA
83
75
40
15
103
316
SARDEGNA
Totale
38
45
18
4
29
134
856
875
484
141
855
3.211
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
Per quanto concerne le prospettive di un eventuale ricambio del personale dirigente in relazione al turn-over, la situazione nazionale, risultante al sistema informativo del Ministero e riferita all’anno scolastico
2002/2003 una situazione anagrafica del personale da cui si evince
che nel 2008 oltre il 40% dei titolari avrà un’età superiore ai 65 anni
(tab. 10). Inoltre, il dato relativo ai 2.856 dirigenti scolastici in servizio,
se confrontato con le 3.211 scuole superiori autonome (tab. 9), fa
risaltare una vacanza di organico pari all’11%.
Va comunque detto che la mobilità tra dirigenti da un contingente
(scuola elementare e media) all’altro (scuola secondaria di II grado),
i concorsi riservati e quelli ordinari in via di espletamento possono
modificare in modo significativo il quadro esposto.
Rimane, comunque, il dato di fondo di una categoria con una età
anagrafica notevolmente più alta della media degli altri lavoratori. Ciò
è dovuto, fisiologicamente, al fatto che l’accesso al ruolo di Dirigente
scolastico è preceduto da un congruo periodo di servizio come docente. Il fenomeno si accentua quando si accumulano ritardi nell’espletamento dei concorsi, come avvenuto negli ultimi 10 anni. Queste considerazioni spiegano i valori relativi alle cessazioni dal servizio (tab. 11).
Nell’a.s. 2002/2003, per motivi diversi, le cessazioni dal servizio, su
scala nazionale, hanno raggiunto un valore prossimo al 7%, a fronte
di un valore teorico del 2,5% corrispondente ad una vita lavorativa di
40 anni.
Tab. 10 – Dirigenti scolastici per età dati nazionali – a.s. 2002/03
Età
Scuola secondaria di II
grado
Età
Scuola secondaria di II
grado
35
0
51
39
36
0
52
84
37
0
53
139
126
CAPITOLO 4
il personale
38
2
54
179
39
1
55
223
40
4
56
247
41
3
57
234
42
1
58
189
43
6
59
232
44
8
60
183
45
9
61
193
46
12
62
184
47
17
63
172
48
16
64
135
49
26
65
109
50
44
oltre 65
174
2.856
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 11 – Cessazione dal servizio dei Dirigenti scolastici
in servizio a.s. 2002/03
Cessazioni a.s. 2002/03
Scuola
Regione
elemen-
Scuola
tare e
seconda-
secon-
ria di II
daria di I
grado
Totale
Limiti
d’età
Dimissioni
Altro
Totale
grado
390
173
563
5
25
8
38
LOMBARDIA
741
327
1.068
17
45
17
79
LIGURIA
137
70
207
2
3
3
8
VENETO
441
203
644
11
14
18
43
FRIULI V.
103
54
157
7
3
6
16
308
158
466
6
13
19
38
315
165
480
12
9
17
38
12
PIEMONTE
GIULIA
EMILIA
ROMAGNA
TOSCANA
UMBRIA
97
53
150
2
5
5
MARCHE
150
83
233
1
4
8
13
LAZIO
535
289
824
28
14
23
65
ABRUZZO
167
78
245
7
5
8
20
127
CAPITOLO 4
il personale
MOLISE
52
27
79
4
1
1
6
CAMPANIA
806
352
1.158
41
15
15
71
PUGLIA
542
251
793
17
12
8
37
BASILICATA
105
47
152
10
1
5
16
CALABRIA
379
164
543
18
3
6
27
SICILIA
507
284
791
26
10
11
47
SARDEGNA
111
87
198
9
8
8
25
5.886
2.865
8.751
223
190
186
599
Totale
nazionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
4.3 I docenti
La Tab. 12 dà un’idea della distribuzione del personale docente dell’istruzione professionale rispetto alle diverse classi di concorso. Il totale delle cattedre e dei posti di insegnamento in organico di fatto nell’a.
s 2002/2003 è pari a 54.727 unità. La parte di gran lunga prevalente
è rappresentata da docenti laureati che insegnano discipline presenti
anche negli altri ordini di scuola.
Se si guarda la tabella, ordinata secondo il numero decrescente dei
posti corrispondenti alle diverse tipologie di cattedra, ai primi 7 posti troviamo classi di concorso comuni a quasi tutti gli indirizzi della
scuola superiore:
- Materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado;
- Matematica;
- Lingua e civiltà straniera (inglese);
- Discipline economico-aziendali;
-Educazione fisica negli istituti e scuole di istruzione secondaria
II grado;
- Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia;
- Discipline giuridiche ed economiche.
Solo queste materie impegnano circa il 55% dei docenti degli IPS.
E’ utile ricordare che nell’istruzione professionale sono impegnati docenti laureati e docenti diplomati. Questi ultimi sono titolari di attività
o discipline caratterizzate dalla operatività e dalle esercitazioni pratiche, sia svolte in autonomia dal solo insegnante diplomato, sia in
codocenza e/o in funzione di coadiutore nei laboratori.
Nella tab. 12 gli insegnamenti che richiedono solo il diploma di scuola
128
CAPITOLO 4
il personale
secondaria superiore sono contraddistinti dalla lettera C nella sigla che
identifica la classe di concorso. Oltre a questi insegnamenti il diploma di scuola secondaria superiore (di determinati indirizzi) costituisce
titolo di studio sufficiente anche per acquisire l’abilitazione e quindi
accedere all’insegnamento di “calcolo, contabilità elettronica ed applicazioni gestionali (A076)”.
Il numero complessivo dei docenti impegnati nell’istruzione professionale è sicuramente superiore ai 54.727 indicati nella tabella 12 in
quanto, oltre ai posti in organico riportati nella stessa tabella, vanno
considerati anche gli insegnanti di sostegno e i supplenti temporanei.
Per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno, dalla pubblicazione del
MIUR del 2003 “l’handicap e l’integrazione nella scuola”, sulla base dei
dati relativi all’a.s. 2001/2002, risulta che la percentuale di alunni in
situazione di handicap presenti negli istituti professionali statali e non
statali è pari al 2,81%. Tale percentuale risulta notevolmente superiore alla media relativa all’insieme delle scuole secondarie di secondo
grado pari allo 0,95% (Tab. 13). Se si considera il totale degli alunni
in situazione di handicap iscritti nelle scuola secondarie di secondo
grado, quelli presenti negli istituti professionali rappresentano il 62%
del numero complessivo.
Nella stessa pubblicazione risulta che gli insegnanti di sostegno impegnati nella scuola secondaria di secondo grado, nell’anno scolastico
2002/2003, sono complessivamente 14.141.
Sulla base dei dati sopra riportati, una stima prudenziale degli insegnanti di sostegno impegnati negli istituti professionale nell’ a.s.
2002/2003 (il 62% di 14.141) porta ad un numero superiore a 8.700
unità che sommate alle 54.727 della tabella 12 danno un totale di
63.470 a cui vanno aggiunti i supplenti temporanei.
Tabella 12 - Cattedre e posti negli istituti di
istruzione professionale- Organico di fatto a.s.
2002/2003)
Totale
cattedre
Posti
uffici
tecnici
Totale
cattedre
e posti
MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI
ISTRUZIONE SECONDARIA DI II GRADO (A050)
10619
0
10619
MATEMATICA (A047)
4927
0
4927
LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (INGLESE) (A346)
4211
0
4211
DISCIPLINE ECONOMICO-AZIENDALI (A017)
2942
0
2942
EDUCAZIONE FISICA NEGLI ISTITUTI E SCUOLE DI
ISTRUZIONE SECONDARIA II GRADO (A029)
2762
0
2762
SCIENZE NATURALI, CHIMICA E GEOGRAFIA,
MICROBIOLOGIA (A060)
2339
0
2339
129
I docenti
CAPITOLO 4
il personale
DISCIPLINE
(A019)
GIURIDICHE
ECONOMICHE
2236
0
2236
MECCANICO-TECNOLOGICO
1598
144
1742
(FRANCESE)
1721
0
1721
TECNICA DEI SERVIZI ED ESERCITAZIONI PRATICHE
DI CUCINA (C500)
1662
0
1662
DISCIPLINE MECCANICHE E TECNOLOGIA (A020)
1642
0
1642
ELETTRONICA (A034)
1494
0
1494
LABORATORIO DI ELETTROTECNICA (C270)
1264
64
1328
ELETTROTECNICA ED APPLICAZIONI (A035)
1322
0
1322
TECNICA DEI SERVIZI ED ESERCITAZIONI PRATICHE
DI SALA BAR (C510)
1259
0
1259
TRATTAMENTO TESTI, CALCOLO, CONTABILITA’
ELETTRONICA ED APPLICAZIONI GESTIONALI
(A076)
1257
0
1257
LABORATORIO DI ELETTRONICA (C260)
1161
47
1208
SCIENZE E MEC AGRARIA E TEC DI GESTIONE
AZIANDALE,FITOPATOLOGIA ED ENTOMOLOGIA
AGRARIA (A058)
1001
0
1001
FISICA (A038)
935
0
935
TECNICA DEI SERVIZI E PRATICA OPERATIVA
(C520)
793
0
793
ESERCITAZIONI AGRARIE (C050)
732
25
757
LABORATORIO
(C320)
LINGUA
(A246)
E
CIVILTA’
ED
STRANIERA
SCIENZA DEGLI ALIMENTI (A057)
643
0
643
CHIMICA E TECNOLOGIE CHIMICHE (A013)
606
0
606
FILOSOFIA,
PSICOLOGIA
DELL’EDUCAZIONE (A036)
547
0
547
462
0
462
440
0
440
GEOGRAFIA (A039)
439
0
439
ESERCITAZIONI DI ABBIGLIAMENTO E MODA
(C070)
422
0
422
METODOLOGIE OPERATIVE NEI SERVIZI SOCIALI
(C450)
388
0
388
LABORATORIO DI CHIMICA
INDUSTRIALE (C240)
CHIMICA
331
11
342
LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (TEDESCO) (A546)
335
0
335
DISEGNO E STORIA DEL COSTUME (A024)
302
0
302
E
SCIENZE
STORIA DELL’ARTE (A061)
ARTE
DELLA
FOTOGRAFIA
PUBBLICITARIA (A007)
130
E
E
GRAFICA
CAPITOLO 4
il personale
IGIENE, ANATOMIA, FISIOLOGIA, PATOLOGIA
GENERALE E DELL’APPARATO MASTICATORIO
(A040)
277
0
DISEGNO E STORIA DELL’ARTE (A025)
274
0
274
ESERCITAZIONI DI ODONTOTECNICA (C130)
251
5
256
INFORMATICA (A042)
212
0
212
LABORATORIO DI TECNICA MICROBIOLOGICA
(C350)
158
0
158
TECNICA FOTOGRAFICA (A065)
73
0
73
DISEGNO E MODELLAZIONE ODONTOTECNICA
(A023)
42
0
42
LABORATORIO E REPARTI DI LAVORAZIONE DEL
LEGNO (C370)
42
0
42
LABORATORIO E REPARTI DI LAVORAZIONE PER
LE ARTI GRAFICHE (C380)
38
0
38
DISEGNO TECNICO ED ARTISTICO (A027)
35
0
35
EDUCAZIONE MUSICALE NEGLI ISTITUTI DI
ISTRUZIONE SECONDARIA DI II GRADO (A031)
34
0
34
TECNOLOGIE
(A069)
GRAFICHE ED IMPIANTI GRAFICI
34
0
34
LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (SPAGNOLO)
(A446)
30
0
30
LABORATORIO DI COSTRUZIONE, VERNICIATURA
E RESTAURO DI STRUMENTI AD ARCO (C250)
14
0
14
NAVIGAZIONE, ARTE NAVALE ED ELEMENTI DI
COSTRUZIONI NAVALI (A056)
13
0
13
REPARTI DI LAVORAZIONE
FOTOGRAFICHE (C490)
13
0
13
ESERCITAZIONI NAUTICHE (C180)
10
0
10
TECNOLOGIE TESSILI (A070)
PER
LE
ARTI
277
10
0
10
LABORATORIO DI OREFICERIA (C330)
9
0
9
ANATOMIA,
FISIOPATOLOGIA
OCULARE
E
LABORATORIO DI MISURE OFTALMICHE (A002)
7
0
7
LINGUAGGIO PER LA CINEMATOGRAFIA E LA
TELEVISIONE (A044)
7
0
7
LABORATORIO DI FISICA E FISICA APPLICATA
(C290)
0
5
5
LABORATORIO PER LE INDUSTRIE CERAMICHE
(C400)
5
0
5
REPARTI DI LAVORAZIONE PER LA RIPRESA
CINEMATOGRAFICA E TELEVISIVA (C480)
5
0
5
COSTRUZIONI, TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI
E DISEGNO TECNICO (A016)
4
0
4
131
CAPITOLO 4
ESERCITAZIONI
(C160)
il personale
DI
TECNOLOGIA
CERAMICA
4
0
4
MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI II GRADO
DI LINGUA SLOVENA (A082)
4
0
4
MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI II GRADO
DI LINGUA SLOVENA (A082)
4
0
4
REPARTI DI LAVORAZIONE PER IL MONTAGGIO
CINEMATOGRAFICO E TELEVISIVO (C460)
4
0
4
DISCIPLINE PLASTICHE (A022)
3
0
3
LABORATORIO TECNOLOGICO PER L’EDILIZIA ED
ESERCITAZIONI DI TOPOGRAFIA (C430)
3
0
3
LINGUA E LETTERE ITALIANE NEGLI ISTITUTI DI
ISTR SECONDARIA DI II GRADO LINGUA SLOVENA
(A081)
3
0
3
REPARTI DI LAVORAZIONE PER LA REGISTRAZIONE
DEL SUONO (C470)
3
0
3
DISCIPLINE GEOMETRICHE, ARCHITETTONICHE
ARREDAMENTO E SCENOTECNICA (A018)
2
0
2
LABORATORIO DI INFORMATICA INDUSTRIALE
(C310)
2
0
2
LABORATORIO TECNOLOGICO PER IL MARMOREPARTI SCULTURA,SMODELLATURA,DECORAZIO
NE E ORNATO (C420)
2
0
2
ADDETTO ALL’UFFICIO TECNICO (C010)
0
1
1
CONVERSAZIONE
(INGLESE) (C032)
STRANIERA
1
0
1
ESERCITAZIONI CERAMICHE DI DECORAZIONE
(C060)
1
0
1
LABORATORIO DI INFORMATICA GESTIONALE
(C300)
1
0
1
ARCHITETTURA, MACCHINE (C410)
1
0
1
TECNICA DELLA REGISTRAZIONE DEL SUONO
(A062)
1
0
1
TECNICA DELLA RIPRESA CINEMATOGRAFICA E
TELEVISIVA (A063)
1
0
1
TOTALE CATTEDRE ISTRUZIONE PROFESSIONALE
54425
302
54727
IN
LINGUA
LABORATORIO TECNOLOGICO PER IL MARMOREPARTI
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
132
CAPITOLO 4
il personale
Tabella 13 - alunni in situazione di handicap - scuole secondarie di secondo grado
statali e non statali - a.s. 2001/2002
tipo di istituto
Istruzione Classica,
Scientifica e Magistrale
Istruzione Tecnica
Istruzione Professionale
Istruzione Artistica
Totale scuola
secondaria di II grado
alunni in
situazione di
handicap
incidenza sul
totale degli
alunni
Distribuzione
percentuale
degli alunni in
situazione di
handicap
Distribuzione
percentuale
degli alunni
2.020
0,24%
9,37%
36,38%
4.081
0,46%
18,93%
38,94%
13.366
2,81%
62,00%
20,90%
2.092
2,43%
9,70%
3,78%
21.559
0,95%
100%
100%
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
Se dalla valutazione degli organici su posti normali o di sostegno si
passa all’analisi delle tipologie di rapporto di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) con cui si fa fronte alle esigenze di personale,
allora è utile esaminare la Tab. 14, dalla quale risulta che i docenti con
contratto a tempo indeterminato sono, nell’a.s. 2002/2003, 50.465.
Per gli altri docenti si provvede evidentemente con contratti a termine
di durata annuale.
Tab. 14 - I docenti laureati e diplomati con contratto a tempo indeterminato in
servizio nell’istruzione professionale - a.s. 2002/2003
Regione
docenti
Regione
docenti
PIEMONTE
3.075
LAZIO
LOMBARDIA
6.241
ABRUZZO
941
LIGURIA
1.070
MOLISE
241
VENETO
3.901
CAMPANIA
6.528
4.725
4.331
FRIULI VENEZIA GIULIA
1.083
PUGLIA
EMILIA- ROMAGNA
3.144
BASILICATA
TOSCANA
2.660
CALABRIA
2.651
SICILIA
5.251
SARDEGNA
1.578
UMBRIA
MARCHE
714
1.525
806
Totale nazionale 50.465
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
133
CAPITOLO 4
I docenti
il personale
La distribuzione per fasce di età del personale docente della scuola
secondaria di secondo grado (tab. 15) dimostra che nel 2010 un numero pari a 15. 665 docenti - 6,8% del personale docente in servizio
nell’anno scolastico 2002/2003 - avrà superato i 65 anni di età. Entro
l’a.s. 2018/20019 (a 10 anni dalla data ipotizzata per l’entrata in vigore
della riforma) la quota del personale in servizio nell’a.s. 2002/2003
che avrà superato tale limite di età avrà raggiunto il 47%.
Tabella 15. Docenti con contratto a tempo indeterminato per età - a.s. 2002/03
Età
Scuola
dell’infanzia
Scuola
elementare
Scuola
secondaria di I
grado
fino a 25
257
563
0
4
1
825
26
134
370
2
12
0
518
134
Scuola
seconda- Personale
ria di II educativo
grado
Totale
27
142
841
42
82
3
1.110
28
190
1.252
148
277
3
1.870
29
261
1.742
324
460
6
2.793
30
342
2.337
434
606
6
3.725
31
789
3.601
496
811
18
5.715
32
899
3.967
581
925
21
6.393
33
977
4.480
763
1.176
21
7.417
34
1.249
4.937
951
1.398
34
8.569
35
1.682
5.854
1.198
1.757
36
10.527
36
1.924
6.433
1.534
2.552
38
12.481
37
2.182
7.342
1.982
3.733
44
15.283
38
2.470
7.617
2.411
4.987
53
17.538
39
2.521
9.401
2.719
5.976
65
20.682
40
2.434
8.666
3.077
6.755
39
20.971
41
2.539
8.282
3.632
7.788
55
22.296
42
2.843
8.401
4.188
8.926
61
24.419
43
2.800
8.275
4.706
9.716
79
25.576
44
2.878
8.155
5.078
10.368
76
26.555
45
3.386
8.187
5.661
10.781
74
28.089
46
3.645
8.727
6.135
10.851
100
29.458
47
3.881
9.639
7.143
11.011
108
31.782
48
4.067
9.660
8.370
11.196
89
33.382
CAPITOLO 4
il personale
49
4.002
10.142
9.097
10.796
104
34.141
50
3.718
10.333
9.632
10.569
105
34.357
51
3.591
11.336
10.466
10.942
79
36.414
52
3.215
11.021
11.351
11.664
96
37.347
53
2.959
10.450
11.930
12.065
100
37.504
54
2.836
9.418
12.342
12.776
83
37.455
55
2.486
8.635
11.444
12.170
79
34.814
56
2.222
7.294
9.516
10.037
59
29.128
57
1.746
5.541
7.078
7.652
47
22.064
58
1.338
3.843
4.349
4.880
34
14.444
59
1.277
3.516
3.467
4.081
35
12.376
60
1.116
3.121
2.715
3.329
28
10.309
61
788
2.152
1.741
2.346
19
7.046
62
695
1.922
1.369
1.942
21
5.949
63
567
1.462
1.033
1.421
17
4.500
64
452
1.198
733
1.045
8
3.436
65
375
825
477
750
4
2.431
oltre 65
450
783
457
751
9
2.450
Totale
78.325
241.721
170.772
231.364
1.957
724.139
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
Tale dato non dà però pienamente conto del turn-over prevedibile nei
prossimi anni. Se si analizzano, infatti, le cessazioni dal servizio relative
all’a.s. 2002/2003 (tab. 15), si vede che le cessazioni per limiti di età
rappresentano poco più del 10% del totale. L’altro 90% delle cessazione trae origine da dimissioni o da altri motivi. Questo dato e il fatto
che i docenti di scuola secondaria superiore con contratto a tempo
indeterminato di età inferiore ai 50 anni, in servizio nell’anno scolastico 2002/2003 (tab. 14), siano circa la metà dell’intero contingente,
confermano la previsione che, tra 15 anni, dei 231.364 docenti in servizio nella scuola secondaria di secondo grado nell’a.s. 2002/2003 ne
rimarranno meno del 50% .
135
CAPITOLO 4
Premessa
il personale
Tab. 16 - Docenti della scuola secondaria di II grado - Cessazioni dal servizio
- a.s. 2002/03 Regione
Limiti d’età
Dimissioni
Altro
Totale
PIEMONTE
13
195
69
277
LOMBARDIA
42
307
159
508
LIGURIA
15
81
32
128
VENETO
31
208
109
348
7
52
24
83
EMILIA ROMAGNA
14
215
90
319
TOSCANA
27
195
82
304
UMBRIA
3
66
30
99
MARCHE
13
82
40
135
LAZIO
82
332
160
574
ABRUZZO
17
88
55
160
4
23
10
37
110
425
208
743
53
262
148
463
8
42
19
69
CALABRIA
37
178
70
285
SICILIA
46
355
137
538
8
89
49
146
530
3.195
1.491
5.216
FRIULI VENEZIA GIULIA
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
BASILICATA
SARDEGNA
Totale nazionale
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
4.4Il personale ausiliario tecnico e amministrativo (ATA)
Per il personale ATA i dati disponibili sono meno analitici, anche per il
recente passaggio delle competenze sul personale di alcune tipologie
di istituzione scolastica dagli Enti Locali alla scuola.
Inoltre il contratto di lavoro 2002/2005 ha introdotto una riclassificazione del personale secondo una diversa articolazione delle qualifiche.
E’ possibile, pertanto, procedere soltanto ad alcune considerazioni
sulla base del numero complessivo delle unità di personale apparte-
136
CAPITOLO 4
il personale
nente ai diversi livelli professionali (tab. 17), del numero complessivo
di classi e del rapporto medio tra classi e addetti dei diversi profili
professionali.
I Direttori dei servizi generali e amministrativi sono figure uniche, preposte alle segreterie delle istituzioni scolastiche autonome. Pertanto,
per loro, vale quanto già detto per i dirigenti scolastici: i posti in organico corrispondono al numero degli istituti professionali funzionanti
nelle diverse regioni. Per dare una rappresentazione complessiva della
situazione nella colonna d della tab. 18 sono stati riportati anche i
posti corrispondenti agli istituti superiori in cui esistono indirizzi della
istruzione professionale.
Per quanto riguarda i collaboratori scolastici (ex III livello), gli assistenti amministrativi e tecnici e le altre figure già appartenenti al IV
livello non si può che procedere ad una stima sulla base dei seguenti
criteri:
- numero complessivo delle sezioni di scuola dell’infanzia e delle
classi dei diversi ordini e gradi di scuola funzionanti nelle diverse regioni;
- rapporto medio tra il numero delle classi o sezioni e i posti in
organico previsti per le diverse tipologie di personale;
- numero di classi degli IPS funzionanti nelle diverse regioni.
La tab. 18 riporta la stima, costruita secondo i criteri sopra indicati, dei
posti complessivi di personale ausiliario tecnico e amministrativo impegnato nell’istruzione professionale nell’anno scolastico 2002/2003.
Anche per il personale ATA si registra uno scarto significativo tra i 264.
739 posti in organico (tab. 17) e le 187.767 unità di personale con
contratto a tempo indeterminato (tab. 19). La differenza viene coperta
con contratti a tempo determinato.
Non sono invece disponibili i dati relativi alla distribuzione per età di
questo personale. E’ possibile, comunque, procedere ad una stima del
turn-over sulla base dei rapporti di lavoro cessati a vario titolo (limiti di
età, dimissioni e altro), nei diversi anni scolastici (tab. 20).
La tabella 20 riporta i dati relativi all’a.s. 2002/2003 riferiti al numero complessivo di personale ATA in servizio nei diversi ordini e gradi
di scuola. Confrontando tali dati con quelli relativi agli anni scolastici
precedenti si nota una relativa stabilità nel tempo del rapporto tra le
risoluzioni del rapporto di lavoro a vario titolo e il numero complessivo
di addetti corrispondenti. Tale percentuale risulta pari a circa il 4% del
personale con contratto a tempo indeterminato.
137
Il personale ausiliario tecnico e
amministrativo
(ATA)
CAPITOLO 4
il personale
Tab. 17 - Posti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario per livello - a.s.
2002/03
Regione
III livello
IV livello
V livello
Totale
PIEMONTE
11.813
5.048
690
17.551
LOMBARDIA
23.347
10.223
1.311
34.881
LIGURIA
3.959
1.668
240
5.867
VENETO
12.388
5.590
747
18.725
FRIULI
VENEZIA
GIULIA
3.363
1.506
209
5.078
EMILIA ROMAGNA
9.905
4.318
560
14.783
TOSCANA
9.977
4.150
554
14.681
UMBRIA
2.863
1.248
178
4.289
MARCHE
5.087
2.228
280
7.595
15.337
7.177
956
23.470
4.720
1.908
294
6.922
LAZIO
ABRUZZO
1.279
567
92
1.938
CAMPANIA
MOLISE
21.228
9.562
1.377
32.167
PUGLIA
13.822
6.543
930
21.295
2.710
1.193
183
4.086
BASILICATA
CALABRIA
SICILIA
SARDEGNA
Totale nazionale
9.252
3.861
603
13.716
18.439
8.548
1.189
28.176
6.322
2.770
427
9.519
175.811
78.108
10.820
264.739
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
138
CAPITOLO 4
il personale
Tab. 18 - Posti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario per livello negli
Istituti professionali - Stima - a.s. 2002/03
Regione
PIEMONTE
LOMBARDIA
Collaboratore
scolastico
(stima)
Assistenti amministrativi e
tecnici (stima)
Direttori dei
servizi generali
e amministrativi (n. IPS)
Direttori dei
servizi generali
e amministrativi (n° IS con
sez. prof.)
a
b
c
d
944
631
31
48
1.953
1.305
62
71
LIGURIA
324
217
12
16
VENETO
1.191
796
45
43
FRIULI
VENEZIA
GIULIA
332
222
9
20
EMILIA ROMAGNA
987
660
30
57
TOSCANA
816
545
23
53
UMBRIA
235
157
7
21
MARCHE
460
308
13
25
1.259
842
42
44
272
182
9
17
71
47
2
6
CAMPANIA
1.995
1.333
69
39
PUGLIA
1.432
957
39
61
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
BASILICATA
243
162
7
16
CALABRIA
780
521
26
39
1.622
1.084
40
71
466
311
18
24
15.384
10.280
484
671
SICILIA
SARDEGNA
Totale nazionale
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
139
CAPITOLO 4
il personale
Tabella 19. Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario con contratto a tempo
indeterminato per livello - a.s. 2002/03
Regione
PIEMONTE
III livello
IV livello
V livello
Totale
7.274
3.917
688
11.879
14.940
7.654
1.329
23.923
LIGURIA
2.830
1.347
253
4.430
VENETO
8.116
4.294
769
13.179
FRIULI VENEZIA
GIULIA
1.965
1.240
213
3.418
EMILIA
ROMAGNA
6.385
3.354
548
10.287
TOSCANA
6.495
3.246
562
10.303
LOMBARDIA
UMBRIA
1.672
1.043
177
2.892
MARCHE
3.350
1.780
268
5.398
LAZIO
8.678
5.749
968
15.395
ABRUZZO
2.832
1.524
273
4.629
803
402
91
1.296
MOLISE
14.964
7.261
1.271
23.496
PUGLIA
CAMPANIA
8.405
5.136
879
14.420
BASILICATA
1.997
1.022
178
3.197
CALABRIA
6.471
3.376
626
10.473
13.566
6.594
1.129
21.289
5.125
2.339
399
7.863
115.868
61.278
10.621
187.767
SICILIA
SARDEGNA
Totale nazionale
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR
140
CAPITOLO 4
il personale
Tabella 20. Cessazioni a.s. 2002/03 - Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in servizio nei diversi ordini e gradi di scuola
Regione
PIEMONTE
Limiti d’età
Dimissioni
Altro
Totale
74
245
115
434
136
454
237
827
LIGURIA
32
93
31
156
VENETO
76
239
123
438
FRIULI VENEZIA GIULIA
19
72
35
126
LOMBARDIA
EMILIA ROMAGNA
48
201
105
354
111
211
97
419
UMBRIA
28
47
37
112
MARCHE
53
65
54
172
TOSCANA
LAZIO
272
277
153
702
ABRUZZO
80
77
54
211
MOLISE
30
16
17
63
CAMPANIA
567
213
427
1.207
PUGLIA
269
217
198
684
BASILICATA
69
47
26
142
CALABRIA
242
110
84
436
SICILIA
413
261
277
951
94
140
72
306
2.613
2.985
2.142
7.740
SARDEGNA
Totale nazionale
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
141
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
LA SPESA
5.1 Le fonti di finanziamento e le tendenze
Sviluppare un’analisi dettagliata della spesa pubblica per l’istruzione, e
per l’istruzione professionale in particolare, non è facile.
Alla spesa complessiva concorrono, infatti, diversi soggetti pubblici:
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) - già
Ministero della Pubblica Istruzione (MPI) - ; altri Ministeri se pur in
forma residuale; Regioni; Province; Comuni e Comunità montane.
Le spese di questi diversi livelli dell’Amministrazione generalmente
vengono rese pubbliche attraverso aggregati che non consentono di
individuare con sufficiente precisione le risorse destinate ai diversi gradi e ordini di scuole.
Per avere un’idea degli apporti dei diversi livelli istituzionali, del peso
percentuale di tali apporti e del loro andamento nel tempo si può
esaminare la Tab. 21
143
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
Tabella 21. SPESA PUBBLICA PER L’ISTRUZIONE SCOLASTICA SECONDO LA FONTE
DI FINANZIAMENTO. ANNI 1991-2001
anni
Stato
1991
26.915
1992
Regioni
Enti locali
Totale
325
6.339
33.580
28.364
439
6.500
35.303
1993
28.465
308
6.797
35.570
Milioni di euro
1994
28.897
406
6.659
35.963
1995
29.732
387
6.647
36.766
1996
30.944
441
7.366
38.750
1997
28.614
726
7.969
37.310
1998
31.575
1.010
7.548
40.133
1999
32.514
904
7.830
41.249
2000
34.731
928
6.851
42.510
2001
40.800
1.085
6.906
48.790
1,0
18,9
100,0
Composizione percentuale
1991
80,2
1992
80,3
1,2
18,4
100,0
1993
80,0
0,9
19,1
100,0
1994
80,4
1,1
18,5
100,0
1995
80,9
1,1
18,1
100,0
1996
79,9
1,1
19,0
100,0
1997
76,7
1,9
21,4
100,0
1998
78,7
2,5
18,8
100,0
1999
78,8
2,2
19,0
100,0
2000
81,7
2,2
16,1
100,0
2001
83,6
2,2
14,2
100,0
Fonte: Elaborazione Miur Saiit – Ufficio statistica su dati Miur e Istat
L’andamento complessivo dei dati evidenzia, negli anni 90, la tendenza ad un calo dell’incidenza della spesa dello Stato, la sostanziale stabilità degli apporti degli Enti locali ed un incremento del peso degli
apporti delle Regioni. A partire dal 2000 si registra una ripresa della
quota a carico dello Stato ed un calo di quella degli Enti locali. Questo
ultimo andamento dovrebbe avere carattere temporaneo in quanto
144
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
strettamente correlato al passaggio alle dipendenze dello Stato del
personale scolastico ausiliario, tecnico e amministrativo già dipendente dagli enti locali.
Per avere un’idea della finalizzazione della spesa dei soggetti istituzionali sopra indicati può essere utile riportare i risultati di uno studio
effettuato dal CEDE (ora INVALSI), - Istituto con personalità giuridica
di diritto pubblico ed autonomia amministrativa sottoposto alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione -, che ha preso in esame
i principali indicatori della spesa pubblica per istruzione e cultura in
Italia. Dalla tab. 22 si può avere un’ idea della complessità dei flussi di
spesa e dell’apporto percentuale dei diversi soggetti alle diverse attività e funzioni del servizio di istruzione.
Tab. 22 - Finanziamento del sistema educativo - Concorso dei diversi soggetti
pubblici per voci di competenza e peso percentuale di ciascuna voce di spesa
Soggetto pubblico
Ministero
della Pubblica
Istruzione
Regioni
Anno di
riferimento
1999
1998
Regioni - Sezione Istruzione e
Cultura
Province
1998
Settori di intervento
Incidenza
(%)
Personale direttivo, docente e
non docente
97.8
Beni e servizi
1.9
Interventi
0.3
Totale
100
Istruzione e diritto allo studio
27.3
Formazione professionale
61.9
Organizzazione della cultura
9.0
Ricerca scientifica
0.4
Altro
1.3
Totale
100
Istituti di istruzione secondaria
69.2
Formazione professionale e altri
servizi inerenti l’istruzione
24.3
Altro
Province - Sezione Funzioni di
istruzione pubblica
Totale
6.5
100
145
Le fonti di
finanziamento e
le tendenze
CAPITOLO 5
Comuni
fonti di finanziamento e tendenze
1996
Comuni - Sezione Istruzione
Comunità
montane
1998
Scuola materna
19.7
Istruzione primaria
26.0
Istruzione secondaria
11.9
Assistenza scolastica
21.3
Altri servizi inerenti l’istruzione
4.4
Musei, monumenti, biblioteche,
archivi e pinacoteche
7.8
Giardino zoologico e museo
zoologico
0.2
Servizi culturali diversi
8.7
Totale
100
Trasporto, refezione ed assistenza scolastica
13.9
Valorizzazione beni di interesse
storico e artistico
2.8
Altri servizi per l’istruzione e la
cultura, biblioteche, musei
23.5
Altro non specificato
59.8
Comunità montane- Sezione
Totale
Funzione di istruzione pubblica,
cultura e beni culturali
100
Fonte: ASPIS –INVALSI
Ai fini della nostra ricerca sono rilevanti soltanto le risorse provenienti
dal Ministero della P.I. (ora MIUR), dal momento che lo scopo è quello
di valutare gli effetti di un eventuale passaggio delle competenze in
materia di Istruzione professionale dallo Stato alle Regioni.
Soffermando, quindi, l’attenzione sulla spesa del Ministero per la
scuola secondaria superiore e, in particolare, sulle risorse destinate
all’istruzione professionale, può essere utile esaminare i dati della tab.
23.
146
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
Tabella 23. Scuola Secondaria Superiore – Somme impegnate per la scuola
secondaria superiore - Consuntivi di competenza (valori in milioni di Eurolire
costanti 2001=100) (*)
Indirizzi e
1998
1999
2000
2001
ordini di
Var.%
Var.%
Var.%
Var.%
98/01
99/01
00/01
98/00
scuola
Istruzione
2.782,74
2.856,43
3.091,53
3.509,08
26,1
22,8
13,5
4.367,91
4.398,60
4.639,51
5.432,69
24,4
23,5
17,1
2.648,71
2.741,06
2.816,93
3.298,52
24,5
20,3
17,1
825,77
834,50
829,02
0,4
397,98
10.625,12
10.830,58
11.376,98
12.638,28
18,9
16,8
11,1
classica
scientifica e
magistrale
Istruzione
tecnica
Istruzione
professionale
Istruzione
artistica
Licei artistici
e istituti
d’arte
Totale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
I dati confermano una tendenza alla crescita della spesa per tutta la
secondaria superiore e l’istruzione professionale si muove con una
tendenza omogenea agli altri ordini di istruzione secondaria superiore.
I dati relativi all’istruzione artistica scontano la separazione organizzativa e amministrativa delle Accademie e dei Conservatori dai licei
artistici e istituti d’arte.
Per ricavare i dati relativi al costo medio per studente sarà sufficiente
rapportare i dati della tabella 23 con quelli che si possono ricavare della tab. 3. Il confronto, per evitare distorsioni derivanti da modifiche nei
criteri di rilevazione del numero degli alunni (dal 1998 i dati del Miur
non prendono più in considerazione gli alunni di Trento e Bolzano), è
limitato agli anni scolastici 1998/99, 1999/00 e 2000/01 (tab. 24). Per
quanto riguarda l’istruzione artistica, per le ragioni sopra richiamate si
può fare riferimento solo ai dati dell’a.s. 200/01.
147
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
Tabella 24 - Scuola secondaria superiore – alunni per ordini e indirizzi di scuola
anno scolastico
Ordini e indirizzi di scuola
98/99
99/00
00/01
Istruzione classica
scientifica e magistrale
alunni
851.797
850.792
848.401
Istruzione tecnica
alunni
934.179
920.743
917.869
Istruzione professionale
alunni
477.964
500.937
525.279
Istruzione artistica
alunni
86.635
88.326
90.605
Totale
alunni
2.350.575
2.360.798
2.382.154
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 25 - Scuola secondaria superiore – Costo medio per studente
(valori in migliaia di Eurolire costanti 2001 = 100)
Ordini e indirizzi di scuola
anno scolastico
98/99
99/00
00/01
Istruzione classica scientifica
e magistrale
3.353
3.634
4.136
Istruzione tecnica
4.709
5.039
5.919
Istruzione professionale
5.735
5.623
6.280
Istruzione artistica
Costo medio
4.392
4.415
4.642
5.305
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
5.2La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s. 2003/2004
I dati della tab. 25, dal 2001 al 2004, hanno sicuramente subito variazioni rispetto alle quali è possibile sviluppare qualche considerazione
utile a formulare ipotesi sull’andamento della spesa.
I fattori che possono aver determinato variazioni nella spesa complessiva e nella spesa media per alunno sono essenzialmente i seguenti:
a)il numero degli alunni;
b)il rapporto alunni/classi e conseguentemente alunni/docenti e
alunni/personale in generale;
c)le variazioni reali della retribuzione media del personale.
Per quanto riguarda il numero degli alunni i dati sono disponibili fino
148
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
all’anno scolastico 2003/2004 ed è quindi possibile, ad invarianza degli altri parametri sopra richiamati, sulla base della spesa sostenuta nel
2001 (rapportata agli alunni dell’anno scolastico 2000/01), fare una
stima della spesa del 2004.
La retribuzione media reale del personale docente della scuola secondaria superiore, assumendo come riferimento la retribuzione del
personale di ruolo con 15 anni di anzianità, ha avuto, nel periodo
2001/2003, un incremento reale pari al 0,4%, secondo quanto risulta
da uno studio della UIL scuola riportato nel sito internet di tale organizzazione (tab. 26).
Tabella 26. Indice delle retribuzioni in termini reali - Docenti di scuola secondaria
di secondo grado - 1993=100
Anni
iniziale
a 15 anni
Massima
1993
100,00
100,00
100,00
1994
96,25
96,25
96,25
1995
94,60
96,42
94,45
1996
96,03
96,00
91,70
1997
98,55
98,50
94,19
1998
98,48
98,43
94,02
1999
100,84
100,45
97,45
2000
101,60
100,36
95,39
2001
104,85
104,77
99,38
2002
105,97
104,71
100,75
2003
107,26
105,21
101,39
Fonte: Elaborazione Uil Scuola su dati ISTAT, MIUR, CCNL
Nel periodo in esame (2001/2004), però, sono stati effettuati una
serie di interventi sugli organici che hanno portato ad un incremento
del rapporto alunni/classi e del rapporto alunni/insegnanti, con conseguenti effetti sulla riduzione della spesa media per alunno.
Va inoltre considerato che il 14/7/2003 è stato sottoscritto il rinnovo
del contratto di lavoro degli insegnanti che prevedeva, oltre al riallineamento delle retribuzioni rispetto all’inflazione anche incrementi
retributivi reali, equivalenti ai risparmi realizzati in termini di spesa per
il personale, proprio in conseguenza degli interventi sugli organici.
149
La spesa per
l’istruzione
professionale nell’a.s.
2003/2004
CAPITOLO 5
La spesa per
l’istruzione
professionale nell’a.s.
2003/2004
fonti di finanziamento e tendenze
E’ pertanto plausibile, in prima approssimazione, per effetto di una
compensazione tra gli incrementi reali delle retribuzioni del personale
e l’incremento del rapporto alunni/docenti, che la spesa media per
alunno, in termini reali, risulti sostanzialmente equivalente a quella
sostenuta nel 2001. Gli incrementi, in termini monetari, dovrebbero
pertanto essere pari all’incremento dell’indice del costo della vita dal
2001 al 2004, pari al 6,94%.
Applicando tale incremento al valore del costo medio per studente
dell’istruzione professionale riportato nella tabella 25 (6.280 euro) si
ottiene una proiezione del costo medio per alunno, nel 2004, pari a
€ 6.716.
Utilizzando tale valore come parametro per la stima della spesa
del MIUR per gli alunni dell’istruzione professionale, iscritti nell’a.s.
2003/2004 negli IPS delle diverse regioni, si ottiene una valutazione
degli oneri che le regioni dovrebbero assumere per gestire in modo
diretto, e ad invarianza di ogni altro parametro di costo, le competenze in materia di istruzione professionale, attualmente esercitate dallo
Stato (tab. 27).
Tab. 27 – Stima della spesa dello Stato nelle diverse Regioni per l’istruzione professionale - anno scolastico 2003/2004 –( valori in euro 2004 =100)
Regione
alunni iscritti negli IPS
Spesa stimata
PIEMONTE
34.285
230.258.060
LOMBARDIA
73.018
490.388.888
LIGURIA
11.448
76.884.768
VENETO
41.980
281.937.680
FRIULI VENEZIA GIULIA
10.232
68.718.112
EMILIA- ROMAGNA
34.252
230.036.432
TOSCANA
28.926
194.267.016
UMBRIA
7.995
53.694.420
MARCHE
15.879
106.643.364
LAZIO
46.176
310.118.016
ABRUZZO
10.039
67.421.924
2.548
17.112.368
CAMPANIA
76.638
514.700.808
PUGLIA
54.012
362.744.592
8.825
59.268.700
MOLISE
BASILICATA
150
CAPITOLO 5
fonti di finanziamento e tendenze
CALABRIA
27.461
184.428.076
SICILIA
60.613
407.076.908
SARDEGNA
15.518
104.218.888
559.845
3.759.919.020
Totale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
151
Riferimenti bibliografici
Bettoni C. e Asquini G., a cura di, La spesa pubblica per istruzione e
cultura in Italia: i principali indicatori, CEDE, Roma 2002.
Isfol, Rapporto Isfol 2003, Roma 2004.
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
GLI ISCRITTI AGLI
IPS NELLE REGIONI
ITALIANE: ANALISI
E PROIEZIONI
6.1 Premessa
Come già detto precedentemente, la presente ricerca si pone l’obbiettivo di analizzare la situazione attuale dell’istruzione professionale,
al fine di valutare i possibili effetti derivanti dall’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, secondo quanto previsto dalla legge
53/2003.
Questa prospettiva richiede un’analisi attenta e puntuale della diverse
realtà regionali, in particolare per quanto riguarda i dati relativi al numero complessivo degli studenti della secondaria superiore, alla loro
distribuzione tra i diversi ordini ed indirizzi con una attenzione specifica
all’istruzione professionale ed un valutazione delle dinamiche della popolazione scolastica al fine di valutarne la possibile evoluzione. Questo
capitolo cerca di raggiungere questo obbiettivo attraverso una riorganizzazione, regione per regione, dei dati e delle dinamiche già esaminati a
livello nazionale e proponendo primi elementi di confronto tra i dati nazionale e quelli regionali. Nei paragrafi dedicati alle diverse regioni viene poi sviluppato un modello previsionale in grado di fornire, sulla base
dei dati oggi disponibili, una possibile indicazione, relativa al numero
d’iscritti all’istruzione professionale nell’a.s. 2008/2009, anno in cui è
stata ipotizzata l’entrata a regime del nuovo assetto ordinamentale.
153
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.2Il modello previsionale Per costruire il modello previsionale si è ipotizzato che l’esercizio delle competenze in materia di istruzione e formazione professionale
da parte delle Regioni non comporti modificazioni nelle scelte delle famiglie e degli studenti e che, pertanto, negli istituti di istruzione
professionale di futura competenza regionale confluiscano gli alunni
che, sulla base degli ordinamenti vigenti, frequentano attualmente gli
istituti professionali.
E’ evidente che questa ipotesi può risultare eccessivamente astratta.
La sua maggiore o minore validità dipende dalle decisioni che saranno
assunte in materia - e che ancora non sono delineate in modo univoco
- e dai successivi comportamenti rispetto alle iscrizioni.
Per consentire confronti omogenei sono stati presi in esame i dati
relativi ad un percorso quinquennale, assumendo che i tassi di passaggio dagli attuali corsi qualifica (3 anni) al post qualifica (4° e 5°
anno) producano effetti comparabili con quelli che si determineranno
a seguito dell’attuazione della riforma che prevede, dopo i primi quattro anni di corso nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, la possibilità di accedere ad un quinto anno propedeutico
all’ingresso all’università o ai corsi di Formazione tecnica superiore.
L’incremento o il decremento dei tassi di iscrizione o di passaggio non
sono stimabili con parametri statistico-matematici e vanno ascritti ai
costi e ai benefici della riforma.
La previsione relativa agli alunni che potrebbero frequentare l’istruzione professionale nell’anno scolastico 2008/2009, anno in cui si è
ipotizzato che la riforma del secondo ciclo possa essere entrata in funzione a regime, è stata costruita sulla base dei dati relativi agli alunni
iscritti alle diverse classi (dalla prima classe della scuola elementare
alla quinta degli istituti professionali) negli anni scolastici compresi tra
il 1997/98 e il 2002/03.
I tassi di passaggio e gli indici di flusso sono stati determinati non sulla base dell’ultimo anno ma prendendo in considerazione un periodo
di 5 anni al fine di ridurre gli errori derivanti da variazioni temporanee
e contingenti nell’andamento delle iscrizioni.
La scelta del periodo preso in considerazione nasce da due ordini di
ragioni: in primo luogo per la disponibilità dei dati analitici relativi agli
anni scolastici compresi in tale intervallo; secondariamente perché in
tale periodo si sono alternati periodi di flessione e periodi di crescita
del tasso di iscrizione agli istituti professionali. E’ evidente che la scelta
(soggettiva) del periodo ha conseguenze significative sulle previsioni.
Scostamenti rilevanti rispetto alle previsioni potrebbero, inoltre, essere
154
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
determinati dai cambiamenti delle tendenze in atto che si potrebbero manifestare anche come effetto dei provvedimenti di riforma. A
conferma di questa considerazione si possono portare due esempi
recenti: il prolungamento dell’obbligo scolastico, nell’anno scolastico
1999/2000, ha determinato sia un incremento dei tassi di passaggio
dalla scuola media alla scuola secondaria superiore, sia un incremento della percentuale degli iscritti agli istituti professionali; in concomitanza con la presentazione della legge “Delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali
delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”,
si è registrato un incremento dei tassi di iscrizione nei licei e una
contrazione di quelli degli istituti professionali. Inoltre, la stretta correlazione esistente tra il titolo di studio dei genitori e la scelta della
scuola secondaria superiore frequentata dai figli potrebbe determinare ulteriori cambiamenti nei comportamenti relativamente a questa
scelta, dal momento che coloro che completeranno il primo ciclo nei
prossimi anni hanno come genitori coloro che sono stati protagonisti
dello straordinario incremento della scuola secondaria superiore registrato nel nostro paese negli ultimi 30 anni.
Le previsioni sono state sviluppate partendo dai dati relativi agli alunni
iscritti nelle diverse classi della scuola elementare e della scuola media. Questa scelta consente di prescindere da altri dati, come quelli
relativi all’andamento demografico, ai tassi di scolarizzazione e di insuccesso scolastico, in quanto i dati relativi al numero di iscritti alle
diverse classi, i tassi di passaggio da una classe alla successiva e da un
grado all’altro tengono già conto anche di quelli sopra richiamati.
6.3 Alcune considerazioni sui risultati complessivi
I dati presi a riferimento per sviluppare le proiezioni sono quelli relativi
all’a.s. 2002/03 in quanto l’anno più recente del quale si ha a disposizione il numero degli iscritti suddivisi per classi interne ai diversi ordini
e gradi. La leva scolastica che in tale anno si trova a frequentare la terza elementare corrisponde a quella che nell’a.s. 2008/09 frequenterà
il primo anno della scuola secondaria superiore, mentre gli alunni di
terza media del 2003 dovrebbero trovarsi al V anno dei corsi superiori
nel 2008.
Sulla base degli indici di flusso ricavati, applicati alle leve scolastiche
di riferimento, sono stati stimati, per ogni anno di corso e per ogni
regione, gli alunni delle diverse classi degli istituti professionali3. A
livello nazionale, il dato complessivo è ottenuto dalla somma delle sti-
155
Il modello
previsionale
CAPITOLO 6
Alcune
considerazioni
sui risultati
complessivi
gli iscritti agli ips
me relative a ciascuna regione e il calcolo conduce ad una previsione,
per l’anno scolastico 1008/09, di un numero di alunni pari a 540.747
unità, valore che si colloca all’interno dell’intervallo dei dati registrati negli ultimi anni scolastici (525.279 nel 2000/2001 e 559.845 nel
2003/2004).
Sul piano nazionale questo risultato si giustifica dalla concomitanza
di due fenomeni che tendono a compensarsi: l’aumento complessivo
degli alunni che si iscrivono alla scuola secondaria superiore e la riduzione della percentuale di coloro che si iscrivono agli istituti professionali, tendenza nazionale già registrata a partire dal 2001 (tab. 28).
Tab. 28 - Confronto studenti iscritti al I anno di scuola secondaria superiore - e
studenti iscritti al I anno degli IPS
anno scolastico
iscr. I a. sc. sec.
sup.
iscr. I a. IPS
% iscr. I a. IPS
1998/99
562.444;
129.887
23,1
1999/00
585.496;
149.832
25,6
2000/01
585.351;
155.335
26,5
2001/02
593.010;
153.432
25,8
2002/03
617.309;
153.024
24,8
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
6.4 I dati regionali
Il quadro regionale risulta molto più articolato con una connotazione
di fondo: un incremento generalizzato degli studenti degli IPS in tutte
le regioni del centro nord ed un calo significativo in tutte le regioni del
sud e nelle isole (cfr. tab. 29 e graf. 9).
Questa differenziazione interna, in larga misura, è motivata dal fatto
che nel secondo gruppo di regioni si registreranno, anche nei prossimi
anni, gli effetti del calo demografico che si evidenzia nei dati relativi
agli iscritti nella scuola elementare e nella scuola media. Questo è
un fenomeno che nelle altre realtà si è manifestato prima e, in generale, risulta ormai assorbito: in alcune di queste realtà regionali si
registrano significativi segnali di una inversione di tendenza che si è
già propagata o sta per propagarsi nella scuola media e nella scuola
secondaria superiore.
Poiché le stime sono state effettuate a livello regionale, tutti i dati e
156
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
i calcoli relativi agli andamenti degli iscritti nelle diverse classi della
scuola elementare, della scuola media e dell’istruzione professionale
sono organizzati in 18 paragrafi regionali, corredati di tabelle e grafici,
ai quali si rimanda per una lettura puntuale.
Per ciascuna delle 18 regioni esaminate, vengono riportati:
- gli andamenti degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore, la relativa composizione percentuale, con una particolare
attenzione all’istruzione professionale anche in relazione ai corrispondenti dati nazionali;
- i tassi di passaggio da una classe a quella successiva e la media
relativa ai cinque anni scolastici presi in esame;
- la tavola dei flussi da una classe a quella successiva;
- una rappresentazione grafica degli andamenti degli iscritti in
prima elementare, in terza elementare, in prima media e nel
primo anno degli istituti professionali;
- la previsione degli studenti degli IPS nell’anno scolastico
2008/2009.
Il quadro riepilogativo delle diverse regioni e nazionale è riassunto
nella tab. 29 e rappresentato dal graf. 9. In estrema sintesi, si può
ritenere che i dati complessivi nazionali, relativi agli iscritti all’istruzione professionale, fatti salvi i possibili mutamenti di comportamento
indotti dalla riforma, nel periodo preso in considerazione, dovrebbero
rimanere sostanzialmente stabili rispetto ai dati iniziali di questo decennio.
Tabella 29. Alunni istituti professionali - stima delle variazioni degli alunni dall’a.
s. 2002/03 all’a.s. 2008/09 – dati nazionali
stima alunni
alunni
variazioni
variazioni
a.s. 2008/2009
02/03
02_08
02_08
PIEMONTE
LOMBARDIA
cl 1
cl 2
cl 3
cl 4
cl 5
totale
totale
totale
%
9.433
7.539
6.828
5.718
4.720
34.238
32.912
1.326
4,03
20.922
16.740
14.854
11.798
9.758
74.072
71.067
3.005
4,23
LIGURIA
3.252
2.753
2.582
2.016
1.578
12.181
11.150
1.031
9,25
VENETO
11.285
9.670
9.157
7.203
6.319
43.635
41.650
1.985
4,77
2.689
2.387
2.282
1.901
1.623
10.882
10.179
703
6,90
ROMAGNA
9.847
8.443
7.882
6.472
5.371
38.014
33.478
4.536
13,55
TOSCANA
8.067
6.661
6.080
5.024
4.126
29.957
28.701
1.256
4,38
FRIULI V.
GIULIA
EMILA-
157
I dati regionali
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
UMBRIA
1.841
1.685
1.644
1.365
1.192
7.728
7.675
53
0,69
MARCHE
4.008
3.623
3.357
2.999
2.483
16.471
15.863
608
3,83
11.933
10.236
9.152
7.968
6.585
45.873
45.137
736
1,63
2.317
2.012
1.859
1.611
1.336
9.136
9.822
-686
-6,99
526
498
463
385
318
2.191
2.461
-270
-10,98
LAZIO
ABRUZZO
MOLISE
CAMPANIA
18.799
15.751
13.786
12.106
9.815
70.258
75.809
-5.551
-7,32
PUGLIA
12.544
10.470
9.806
8.564
7.218
48.602
52.845
-4.243
-8,03
BASILICATA
1.835
1.642
1.555
1.363
1.174
7.569
8.858
-1.289
-14,55
CALABRIA
5.484
5.090
4.749
4.390
3.911
23.623
27.517
-3.894
-14,15
14.498
11.683
10.319
8.956
7.410
52.866
57.637
-4.771
-8,28
3.897
3.081
2.844
2.074
1.553
13.451
15.441
-1.990
-12,89
143.179
119.964
109.199
91.914
76.490
540.747
548.202
-7.455
-1,36
SICILIA
SARDEGNA
TOTALE
NAZ. LE
Area geografica
NORD
OVEST
33.607
27.032
24.264
19.533
16.056
120.491
115.129
5.362
4,66
NORD EST
23.821
20.500
19.321
15.576
13.313
92.531
85.307
7.224
8,47
CENTRO
25.850
22.205
20.233
17.356
14.385
100.029
97.376
2.653
2,72
SUD
41.506
35.464
32.218
28.420
23.772
161.379
177.312
-15.933
-8,99
ISOLE
18.395
14.764
13.164
11.030
8.963
66.317
73.078
-6.761
-9,25
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
158
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.5Regione Piemonte
Per quanto riguarda la Regione Piemonte, la percentuale (22,53%)
degli studenti iscritti all’istruzione professionale si colloca a ridosso del valore medio nazionale, pari al 22,34% (tab. 31 e graf. 10).
L’andamento del totale degli iscritti alla scuola secondaria superiore
ricalca grosso modo la tendenza nazionale (tab. 3 e tab. 30), mostrando una crescita lenta ma costante, eccezion fatta per il calo registrato
tra l’a.s. 1997/98 e l’a.s. 1998/99 che risulta essere ampiamente compensato dal picco d’iscrizioni rilevato nel 2003/04.
Per quanto riguarda gli Istituti Professionali, la percentuale degli iscritti
subisce, tra l’a.s. 1997/98 e l’a.s. 1998/99, una lieve flessione, cresce
con regolarità di un punto percentuale fino al 2001/2002 per poi decrescere ed attestarsi al 22,5 % del totale degli iscritti nell’anno scolastico 2003/2004. Complessivamente gli andamenti dei valori assoluti
e percentuali degli alunni iscritti agli IPS (graf. 11 e graf. 12) non si
discostano significativamente dai dati nazionali anche se in questa
Regione le variazioni percentuali registrate nell’a.s. 98/99 e nell’a.s.
2002/2003, per il loro valore, rappresentano un dato anomalo rispetto al quadro nazionale.
Nella regione si contano 31 istituti professionali con 5 sedi associate e
48 sedi sono aggregate ad istituti di istruzione superiore per un totale
di 84 punti di erogazione del servizio (tab. 6) .
I docenti con contratto a tempo indeterminato impegnati nella regione, nell’a.s. 2002/2003, risultano 3.075 (tab. 14).
159
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 30 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Piemonte - valori
assoluti e percentuali
Tipologia di scuola
alunni
Licei classici
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
9.906
9.834
10.029
9.888
9.923
10.249
11.118
6,9
7,0
7,0
6,8
6,8
7,0
7,3
30.302
30.556
30.415
30.072
30.209
30.961
32.522
21,0
21,7
21,1
20,8
20,8
21,2
21,4
7.434
7.499
7.814
7.925
8.210
8.907
9.675
5,2
5,3
5,4
5,5
5,6
6,1
6,4
31.087
30.200
32.413
33.309
33.597
32.912
34.285
21,6
21,5
22,5
23,1
23,1
22,5
22,5
61.060
58.234
58.560
58.448
58.476
58.103
59.317
42,4
41,4
40,7
40,5
40,2
39,7
39,0
2.007
2.044
2.168
2.025
2.229
2.127
2.046
1,4
1,5
1,5
1,4
1,5
1,5
1,3
2.297
2.387
2.556
2.758
2.804
3.116
3.243
1,6
1,7
1,8
1,9
1,9
2,1
2,1
144.093
140.754
143.955
144.425
145.448
146.375
152.206
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
%
alunni
Licei scientifici
Ist. e scuole
magistrali
Ist.
professionali
alunni
%
alunni
alunni
%
alunni
alunni
%
alunni
alunni
Ist. Tecnici
%
alunni
alunni
Ist. d’arte
%
alunni
alunni
Licei artistici
%
alunni
Totale
scuole sec.
superiori
alunni
%
alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 31 Iscritti agli IPS in Piemonte e in Italia - Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li Piemonte
%
alunni
21,6
21,5
22,5
23,1
23,1
22,5
22,5
Ist. Prof.li Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
160
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Grafico 10
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
G raf. 12 - An d amen to d el n u mero d eg li alu nn i d elle scu ole
Grafico 11
seco n d arie su p erio ri - R eg io n e Piemo n te
1 5 4 .0 0 0
1 5 2 .0 0 0
1 5 2 .2 0 6
1 5 0 .0 0 0
1 4 8 .0 0 0
1 4 6 .0 0 0
1 4 6 .3 7 5
1 4 4 .0 0 0
1 4 5 .4 4 8
1 4 4 .4 2 5
1 4 4 .0 9 3
1 4 3 .9 5 5
1 4 2 .0 0 0
1 4 0 .0 0 0
1 4 0 .7 5 4
1 3 8 .0 0 0
1 3 6 .0 0 0
1 3 4 .0 0 0
9 7 /9 8
9 8 /9 9
9 9 /0 0
0 0 /0 1
0 1 /0 2
0 2 /0 3
0 3 /0 4
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
161
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 32 - Regione PIEMONTE - tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
anno scolastico
97-98
classi
anno scolastico
98-99
alunni
tasso di
classi
99-2000
alunni
passaggio
tasso di
classi
alunni
passaggio
tasso di
passaggio
1e
32426
1e/2e
100,21
1e
32360
1e/2e
100,34
1e
31922
1e/2e
100,68
2e
32415
2e/3e
100,72
2e
32493
2e/3e
100,55
2e
32470
2e/3e
100,43
100,64
3e
31404
3e/4e
100,39
3e
32650
3e/4e
100,30
3e
32673
3e/4e
4e
31995
4e/5e
100,60
4e
31527
4e/5e
100,70
4e
32749
4e/5e
100,78
5e
30797
5e/1m
108,84
5e
32187
5e/1m
108,48
5e
31747
5e/1m
108,83
1m
34244
1m/2m
96,33
1m
33520
1m/2m
97,88
1m
34918
1m/2m
98,02
2m
33822
2m/3m
98,37
2m
32986
2m/3m
99,72
2m
32809
2m/3m
98,40
3m
33402
3m/1p
24,13
3m
33271
3m/1p
29,56
3m
32895
3m/1p
29,71
1p
8621
1p/2p
80,05
1p
8059
1p/2p
86,51
1p
9835
1p/2p
77,22
2p
7033
2p/3p
88,00
2p
6901
2p/3p
91,51
2p
6972
2p/3p
89,16
3p
6066
3p/4p
81,36
3p
6189
3p/4p
84,08
3p
6315
3p/4p
85,92
4p
5073
4p/5p
81,14
4p
4935
4p/5p
82,82
4p
5204
4p/5p
82,61
5p
4294
5p
4116
5p
4087
162
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico
anno scolastico
2000-01
2001-02
classi
alunni
1e
32210
tasso di
classi
alunni
1e
32038
passaggio
1e/2e
99,94
anno
scolastico
2002-03
tasso di
classi
alunni
1e
32901
Tavola dei
flussi
passaggio
1e/2e
100,88
1e
1000
2e
32140
2e/3e
100,62
2e
32192
2e/3e
100,51
2e
32320
2e
1004
3e
32611
3e/4e
100,56
3e
32339
3e/4e
100,77
3e
32357
3e
1010
4e
32882
4e/5e
100,90
4e
32792
4e/5e
101,17
4e
32589
4e
1015
5e
33005
5e/1m
106,95
5e
33179
5e/1m
107,28
5e
33177
5e
1024
1m
34549
1m/2m
97,78
1m
35300
1m/2m
98,23
1m
35594
1m
1106
2m
34225
2m/3m
98,61
2m
33783
2m/3m
99,48
2m
34674
2m
1080
3m
32284
3m/1p
28,19
3m
33748
3m/1p
26,16
3m
33608
3m
1069
1p
9773
1p/2p
77,78
1p
9100
1p/2p
77,32
1p
8830
1p
294
2p
7595
2p/3p
91,80
2p
7601
2p/3p
88,03
2p
7036
2p
235
3p
6216
3p/4p
86,89
3p
6972
3p/4p
83,59
3p
6691
3p
211
4p
5426
4p/5p
83,36
4p
5401
4p/5p
83,82
4p
5828
4p
178
5p
4299
5p
4523
5p
4527
5p
147
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Grafico 14
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
163
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 33 - Regione Piemonte Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di pas- Stima alunni istituti professiosaggio
nali a.s. 2008/2009
3e
32.357
0,292
1p
9.433
4e
32.589
0,231
2p
7.539
5e
33.177
0,206
3p
6.828
1m
35.594
0,161
4p
5.718
2m
34.674
0,136
5p
4.720
Totale
34.238
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
32.912
Incremento alunni istituti professionali
1.326
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Dai dati si evince una crescita degli alunni iscritti in prima media, a partire
dall’a.s. 98/99, accompagnata da una sostanziale stabilità dei dati relativi alla scuola
elementare, in ripresa nella prima classe nell’a.s. 2003/2004. La tavola dei flussi
porta alla previsione di uno sviluppo, a comportamenti invariati, degli iscritti all’istruzione professionale. L’incremento previsto è dell’ordine del 4%.
6.6 Regione Lombardia
I dati relativi agli iscritti alle scuole secondarie superiori della Lombardia
(tab. 34) mostrano un calo di studenti tra il 97/98 e l’anno successivo.
Tale dato negativo tuttavia viene pienamente recuperato negli anni
successivi nei quali, anche grazie al boom di iscrizioni registrato nell’a.
s. 2003/2004, il numero degli studenti cresce in modo significativo. Il
dato riguardante i soli Istituti professionali, dall’a.s. scolastico 97/98
all’a.s. 01/02, mostra una crescita costante in valore assoluto e percentuale che, passa dal 20,1% al 22,8%. A partire dal 2001/2002,
però, tale percentuale inizia a decrescere fermandosi al 22,5 % del
totale degli iscritti nel 2003/2004 (tab. 35). Confrontato con i valori
nazionali, l’andamento del numero totale degli alunni mostra una
maggiore flessione nel primo biennio mentre il dato dei professionali
si uniforma a quello medio complessivo. La percentuale degli alunni
iscritti negli IPS nel 2003/2004 si discosta di poco da quella media
nazionale (+0,2%).
Le sedi in cui sono presenti corsi di istruzione professionale (dati a.s.
2002/20903) sono 150. Di queste 62 sono sedi centrali con 17 se-
164
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
zione associate mentre 71 sono aggregate ad istituti di istruzione
superiore (tab. 6).
I docenti con contratto a tempo indeterminato impegnati nella regione, nell’a.s. 2002/2003, risultano 6.241 (tab.14).
Tab. 34 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Lombardia. Valori
assoluti e percentuali
Tipologia di scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
18.417
17.896
17.636
16.789
17.083
17.450
19.003
%
alunni
6,0
6,0
5,8
5,5
5,5
5,6
5,9
alunni
60.021
59.024
58.344
58.095
59.169
60.422
64.070
%
alunni
19,7
19,7
19,3
19,0
18,9
19,3
19,8
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
18.594
18.542
18.815
19.040
18.938
19.747
21.063
%
alunni
6,1
6,2
6,2
6,2
6,1
6,3
6,5
Ist.
professionali
alunni
61.385
61.511
65.918
68.893
71.288
71.067
73.018
%
alunni
20,1
20,6
21,8
22,5
22,8
22,7
22,5
alunni
136.644
132.399
132.099
133.105
135.739
133.800
134.307
%
alunni
44,8
44,2
43,6
43,4
43,4
42,6
41,5
%
alunni
1,0
1,0
1,0
1,0
1,0
1,0
1,1
alunni
3.192
3.074
3.046
3.085
3.161
3.195
3.430
alunni
6.834
6.761
7.029
7.404
7.618
8.046
9.088
%
alunni
2,2
2,3
2,3
2,4
2,4
2,6
2,8
alunni
305.087
299.207
302.887
306.411
312.996
313.727
323.979
%
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Licei
classici
Licei
scientifici
Ist.
Tecnici
Ist. d’arte
Licei
artistici
Totale
scuole
sec. superiori
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
165
La regione
lombardia
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 35 Iscritti agli IPS in
Lombardia e in Italia - valori
percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li - Lombardia
%
alunni
20,1
20,6
21,8
22,5
22,8
22,7
22,5
Ist. Prof.li - Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
166
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
167
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 36 - Regione Lombardia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
anno scolastico
anno scolastico
97-98
98-99
99-2000
classi
1e
alun- tasso di pas- classi
ni
saggio
71931
1e/2e
100,63
alun- tasso di pas- classi
ni
saggio
1e
72477
1e/2e
100,35
1e
alun- tasso di pasni
saggio
71813
1e/2e
100,70
2e
71907
2e/3e
100,80
2e
72387
2e/3e
100,46
2e
72732
2e/3e
100,69
3e
70969
3e/4e
100,56
3e
72482
3e/4e
100,30
3e
72723
3e/4e
100,33
4e
71751
4e/5e
100,96
4e
71365
4e/5e
100,58
4e
72698
4e/5e
100,88
5e
68843
5e/1m
105,47
5e
72443
5e/1m
105,03
5e
71776
5e/1m
104,51
1m
72611
1m/2m
97,39
1m
72610
1m/2m
97,62
1m
76090
1m/2m
98,06
2m
74153
2m/3m
98,83
2m
70717
2m/3m
99,46
2m
70881
2m/3m
99,39
3m
73816
3m/1p
23,59
3m
73285
3m/1p
29,88
3m
70334
3m/1p
29,74
1p
17618
1p/2p
83,53
1p
17413
1p/2p
81,47
1p
21900
1p/2p
75,93
90,86
2p
13951
2p/3p
87,36
2p
14717
2p/3p
87,20
2p
14186
2p/3p
3p
11979
3p/4p
78,80
3p
12187
3p/4p
78,56
3p
12833
3p/4p
81,38
4p
9547
4p/5p
81,22
4p
9440
4p/5p
78,65
4p
9574
4p/5p
83,73
5p
8290
5p
7754
5p
7425
anno scolastico
anno scolastico
anno scola- Tavola
stico
flussi
2000-01
2001-02
2002-03
tasso di passaggio
classi
alun- tasso di pas- classi
ni
saggio
dei
classi
alunni
alunni
1e
71387
1e/2e
100,90
1e
72057
1e/2e
100,70
1e
74487
1e
1000
2e
72317
2e/3e
100,74
2e
72033
2e/3e
100,78
2e
72564
2e
1007
3e
73234
3e/4e
100,92
3e
72852
3e/4e
100,89
3e
72595
3e
1014
4e
72965
4e/5e
101,30
4e
73907
4e/5e
100,92
4e
73497
4e
1020
5e
73339
5e/1m
104,33
5e
73910
5e/1m
103,89
5e
74584
5e
1029
1m
75010
1m/2m
99,19
1m
76512
1m/2m
98,86
1m
76784
1m
1077
2m
74616
2m/3m
99,65
2m
74403
2m/3m
100,08
2m
75639
2m
1058
3m
70452
3m/1p
28,41
3m
74358
3m/1p
27,18
3m
74465
3m
1052
1p
20915
1p/2p
79,58
1p
20016
1p/2p
76,98
1p
20208
1p
292
2p
16629
2p/3p
89,24
2p
16644
2p/3p
86,61
2p
15409
2p
232
3p
12890
3p/4p
84,48
3p
14839
3p/4p
80,46
3p
14416
3p
205
4p
10443
4p/5p
85,22
4p
10889
4p/5p
83,52
4p
11939
4p
165
5p
8016
5p
8900
5p
9095
5p
136
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
168
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Grafico 19
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 37 - Regione Lombardia. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di
passaggio Stima alunni istituti professionali
a.s. 2008/2009
3e
72.595
0,288
1p
20.922
4e
73.497
0,228
2p
16.740
5e
74.584
0,199
3p
14.854
1m
76.784
0,154
4p
11.798
2m
75.639
0,129
5p
9.758
Totale
74.072
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
incremento alunni istituti professionali
71.067
3.005
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Si registra una crescita degli alunni della prima elementare e della prima media (anche se con alcune oscillazioni). Prevedibile, ad invarianza degli orientamenti delle famiglie, un incremento degli iscritti all’istruzione professionale. L’ordine di
grandezza dell’incremento, rispetto ai dati dell’a.s. 02/03, è di circa il 4%.
169
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.7 Regione Liguria
I dati della Liguria mostrano una crescita del totale iscritti ad eccezione
dell’anno scolastico 1998/99, in cui si registra anche una flessione nel
valore assoluto degli alunni degli istituti professionali. L’incremento
degli studenti degli I.P.S. coincide con la crescita contemporanea
del numero totale degli iscritti che si registra nell’a.s. 99/00. A partire dall’a.s. 01/02 i dati sugli iscritti agli IPS si stabilizzano mentre il
numero totale degli studenti della scuola secondaria superiore ha un
incremento notevole nell’a.s. 03/04 (tab. 38).
Il rapporto tra iscritti agli istituti professionali e il totale iscritti, a partire dal 2001/2002 cala in modo più rapido di quanto non avvenga a
livello nazionale. Nell’anno scolastico 2003/2004 questo rapporto si
attesta al 21,7% del totale. (tab. 39). La Liguria risulta, tra le regioni
del nord, l’unica in cui questa percentuale risulta inferiore alla media
nazionale (graf. 8).
Le sedi in cui si possono frequentare i corsi di istruzione professionale
sono 32: 12 sedi centrali e 20 sezioni associate di cui 16 aggregate ad
istituti di istruzione superiore (tab.6).
I docenti titolari, nell’anno scolastico 2002/2003, negli istituti professionali della regione, con contratto a tempo indeterminato, risultano
1.070 (tab. 14).
Tab. 38 - Alunni e classi della scuola secondaria superiore - Regione Liguria Valori
assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
5.390
5.345
5.383
5.723
5.757
5.934
6.273
%
alunni
10,7
10,9
11,0
11,6
11,5
11,7
11,9
alunni
Licei
scienti- %
fici
alunni
10.627
10.487
10.636
10.278
10.549
10.836
11.428
21,1
21,5
21,7
20,9
21,1
21,4
21,7
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
3.422
3.363
3.205
3.226
3.211
3.430
3.804
%
alunni
6,8
6,9
6,5
6,5
6,4
6,8
7,2
10.120
9.830
10.531
10.885 11.152
11.150
11.448
20,1
20,1
21,5
22,1
22,0
21,7
Licei
classici
alunni
Ist.
profes- %
sionali alunni
170
22,3
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
alunni
19.063
18.084 17.536
17.502
17.714
17.324
17.672
%
alunni
37,9
37,0
35,8
35,5
35,4
34,2
33,5
alunni
646
663
642
668
639
683
729
%
alunni
1,3
1,4
1,3
1,4
1,3
1,3
1,4
alunni
Licei
artistici %
alunni
1.079
1.076
999
993
1.022
1.253
1.395
2,1
2,2
2,0
2,0
2,0
2,5
2,6
Totale
scuole
sec.
superiori
50.347 48.848 48.932 49.275
50.044 50.610
52.749
100,0
100,0
100,0
Ist.
Tecnici
Ist.
d’arte
alunni
%
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 39 Iscritti agli IPS in Liguria e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
Ist.
Prof.li Liguria
Ist.
prof.li
- Italia
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
%
alunni
20,1
20,1
21,5
22,1
22,3
22,0
21,7
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
171
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
172
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
173
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 40. Regione Liguria – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
anno scolastico
anno scolastico
97-98
98-99
99-2000
classi
alunni
tasso di
passaggio
classi
alunni
tasso di
passaggio
classi
alunni
tasso di
passaggio
1e
10402
1e/2e
100,37
1e
10529
1e/2e
99,72
1e
10227
1e/2e
100,18
2e
10240
2e/3e
100,67
2e
10440
2e/3e
100,09
2e
10499
2e/3e
101,46
3e
9993
3e/4e
100,91
3e
10309
3e/4e
100,17
3e
10449
3e/4e
101,24
4e
10084
4e/5e
100,96
4e
10084
4e/5e
100,79
4e
10327
4e/5e
101,18
5e/1m
5e/1m
5e/1m
114,25
5e
9685
114,27
5e
10181
114,97
5e
10164
1m
10956
97,27
1m
11067
97,64
1m
11705
2m
10950
98,26
2m
10657
98,21
2m
10806
3m
10862
3m/1p
24,34
3m
10759
3m/1p
27,72
3m
10466
3m/1p
30,99
1p
2721
1p/2p
80,04
1p
2644
1p/2p
88,96
1p
2982
1p/2p
85,35
2p
2230
2p/3p
93,00
2p
2178
2p/3p
97,89
2p
2352
2p/3p
87,80
3p
2103
3p/4p
77,84
3p
2074
3p/4p
83,22
3p
2132
3p/4p
79,36
4p
1665
4p/5p
77,90
4p
1637
4p/5p
81,80
4p
1726
4p/5p
77,64
5p
1401
5p
1297
5p
1339
anno scolastico
anno scolastico
anno scol.
2000-01
2001-02
å†2002-03
97,47
98,82
Tavola dei
flussi
classi
alunni
tasso di
passaggio
classi
alunni
tasso di
passaggio
classi
alunni
1e
10231
1e/2e
100,85
1e
10150
1e/2e
100,94
1e
10643
1e
1000
2e
10245
2e/3e
101,84
2e
10318
2e/3e
100,71
2e
10245
2e
1004
3e
10652
3e/4e
101,33
3e
10434
3e/4e
101,72
3e
10391
3e
1014
4e
10579
4e/5e
102,21
4e
10794
4e/5e
101,27
4e
10613
4e
1025
5e
10449
5e/1m
115,77
5e
10813
5e/1m
112,00
5e
10931
5e
1038
1m
11612
1m/2m
99,96
1m
12097
1m/2m
97,11
1m
12111
1m
1186
2m
11409
2m/3m
102,11
2m
11607
2m/3m
98,48
2m
11748
2m
1161
3m
10679
3m/1p
28,40
3m
11650
3m/1p
26,34
3m
11430
3m
1151
1p
3243
1p/2p
82,30
1p
3033
1p/2p
82,33
1p
3069
1p
317
2p
2545
2p/3p
92,26
2p
2669
2p/3p
90,18
2p
2497
2p
266
3p
2065
3p/4p
84,75
3p
2348
3p/4p
77,47
3p
2407
3p
245
4p
1692
4p/5p
79,91
4p
1750
4p/5p
77,60
4p
1819
4p
197
5p
1340
5p
1352
5p
1358
5p
156
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
174
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 41 - Regione Liguria Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003 3e
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
10.391
0,313
1p
3.252
4e
10.613
0,259
2p
2.753
5e
10.931
0,236
3p
2.582
1m
12.111
0,166
4p
2.016
2m
11.748
0,134
5p
1.578
Totale
12.181
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
11.150
incremento alunni istituti professionali
1.031
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Liguria si registra una crescita sia degli iscritti in prima elementare, sia degli
iscritti in prima media. I dati portano alla previsione di un incremento significativo
degli alunni iscritti all’istruzione professionale. Tale incremento, sulla base dei tassi di
flusso, potrebbe raggiungere una percentuale di circa il 9%.
175
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.8 Regione Veneto
Nella regione Veneto si registra la più alta percentuale di iscritti agli
istituti professionali (24,6%: +2,3% rispetto alla media nazionale)
anche se tale percentuale si è ridotta di un punto negli ultimi due anni
(tab. 42).
L’andamento complessivo degli iscritti è analogo a quello del Piemonte,
della Lombardia e della Liguria. Gli alunni totali calano lievemente
nei primi due anni presi in esame, crescono negli anni successivi con
un picco in corrispondenza dell’a.s. 2003/2004 (tab. 43, graf. 25).
Gli iscritti agli Istituti Professionali dall’a.s. 1999/2000 crescono in valore assoluto fino all’a.s. 2003/2004, con una leggera flessione nell’a.s. 2002/2003. Il calo percentuale del numero di studenti iscritti a
tali istituti, che si registra dopo il valore massimo raggiunto nell’a.s.
2001/2002, indica una tendenza, da parte delle ultime leve alla scuola
secondaria superiore, ad optare per altri indirizzi.
Le sedi scolastiche in cui è possibile frequentare corsi dell’istruzione
professionale sono 101. Le sedi centrali sono 45 e 56 le sezioni associate, 43 di queste sono associate ad istituti superiori (tab. 6).
Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato occupati negli
istituti professionali della regione, nell’a.s. 2002/2003, sono 3.901
(tab.14).
Tab. 42 - Alunni della scuola secondaria superiore- Regione Veneto valori assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
14.342
14.047
13.907
13.867
13.858
14.435
15.552
%
alunni
8,6
8,7
8,6
8,5
8,4
8,7
9,1
Licei
scientifici
alunni
25.856
25.644
25.179
25.065
25.319
25.796
27.452
%
alunni
15,5
15,8
15,5
15,4
15,4
15,5
16,1
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
9.281
9.314
9.303
9.441
9.693
10.484
11.357
%
alunni
5,6
5,7
5,7
5,8
5,9
6,3
6,7
Ist.
professionali
alunni
39.603
38.529
39.560
40.511
41.885
41.650
41.980
%
alunni
23,7
23,7
24,4
24,8
25,5
25,0
24,6
Licei
classici
176
CAPITOLO 6
Ist.
Tecnici
Ist.
d’arte
ci
Totale
scuole
sec. superiori
gli iscritti agli ips
alunni
70.269
68.019
67.586
67.543
66.919
67.044
67.071
%
alunni
42,1
41,9
41,6
41,4
40,7
40,3
39,4
alunni
4.786
4.176
4.161
4.132
4.130
4.002
3.923
%
alunni
2,9
2,6
2,6
2,5
2,5
2,4
2,3
alunni
2.816
2.650
2.598
2.709
2.761
2.907
3.018
%
alunni
1,7
1,6
1,6
1,7
1,7
1,7
1,8
alunni
166.953
162.379
162.294
163.268
164.565
166.318
170.353
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
%
alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 43 Iscritti agli IPS in Veneto e in italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99 99/00 00/01
01/02
02/03 03/04
Ist. ofå†.li
- eneto
%
alunni
23,7
23,7
24,4
24,8
25,5
25,0
24,6
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
177
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
178
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
G ra f. 2 7 - A nda m e nto de l num e ro de g li a lunni de lle s c uo le s e c o nda rie
s upe rio ri - R e g io ne V e ne to
1 7 2.0 00
1 7 0 .3 5 3
1 7 0.0 00
1 6 8.0 00
1 66 .95 3
1 6 6 .3 1 8
1 6 6.0 00
1 6 4 .5 6 5
1 6 4.0 00
1 6 3 .2 6 8
1 6 2 .3 7 9
1 6 2.0 00
1 6 2.2 94
1 6 0.0 00
1 5 8.0 00
9 7 /9 8
9 8/99
9 9 /0 0
0 0/0 1
0 1 /0 2
0 2 /0 3
03 /04
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
179
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 44 - Regione Veneto – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
tasso di
anno scolastico 98-99
classi
alunni
tasso di
passaggio
anno scolastico 99-2000
classi
alunni
tasso di
passaggio
passaggio
1e
37514
1e/2e
100,43
1e
38375
1e/2e
100,50
1e
37651
1e/2e
100,87
2e
37829
2e/3e
100,59
2e
37675
2e/3e
100,67
2e
38567
2e/3e
100,67
3e
36720
3e/4e
100,85
3e
38054
3e/4e
100,71
3e
37929
3e/4e
100,91
4e
37246
4e/5e
100,94
4e
37033
4e/5e
100,79
4e
38324
4e/5e
101,03
5e
35093
5e/1m
107,37
5e
37597
5e/1m
106,36
5e
37324
5e/1m
106,83
1m
38604
1m/2m
97,39
1m
37678
1m/2m
97,99
1m
39990
1m/2m
98,31
2m
39514
2m/3m
99,17
2m
37598
2m/3m
98,95
2m
36920
2m/3m
99,95
3m
38953
3m/1p
25,52
3m
39187
3m/1p
27,28
3m
37203
3m/1p
29,12
1p
9849
1p/2p
88,07
1p
9941
1p/2p
88,01
1p
10692
1p/2p
87,54
2p
8900
2p/3p
90,58
2p
8674
2p/3p
93,58
2p
8749
2p/3p
94,17
3p
8203
3p/4p
76,40
3p
8062
3p/4p
81,00
3p
8117
3p/4p
80,19
4p
6580
4p/5p
84,88
4p
6267
4p/5p
87,31
4p
6530
4p/5p
85,28
5p
5585
5p
5472
5p
classi
6071
anno scolastico
anno scolastic
2000-01
2001-02
alunni
tasso di
classi
alunni
anno scolastico
2002-03
tasso di
passaggio
classi
alunni
Tavola dei
flussi
passaggio
1e
37721
1e/2e
100,69
1e
37849
1e/2e
101,20
1e
39538
1e
1000
2e
37977
2e/3e
100,79
2e
37980
2e/3e
100,62
2e
38305
2e
1007
3e
38824
3e/4e
100,81
3e
38278
3e/4e
100,83
3e
38216
3e
1014
4e
38274
4e/5e
101,11
4e
39140
4e/5e
101,15
4e
38597
4e
1022
5e
38718
5e/1m
105,54
5e
38699
5e/1m
105,61
5e
39591
5e
1033
1m
39875
1m/2m
98,69
1m
40863
1m/2m
98,77
1m
40870
1m
1098
2m
39316
2m/3m
99,63
2m
39351
2m/3m
100,17
2m
40362
2m
1079
3m
36901
3m/1p
29,89
3m
39170
3m/1p
27,58
3m
39416
3m
1074
1p
10834
1p/2p
84,98
1p
11028
1p/2p
79,10
1p
10803
1p
299
2p
9360
2p/3p
94,67
2p
9207
2p/3p
93,21
2p
8723
2p
256
3p
8239
3p/4p
83,95
3p
8861
3p/4p
83,64
3p
8582
3p
239
4p
6509
4p/5p
90,21
4p
6917
4p/5p
88,64
4p
7411
4p
194
5p
5569
5p
5872
5p
6131
5p
169
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
180
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Grafico 29. Andamento degli alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 45 - Regione Veneto. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/03
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
38.216
0,295
1p
11.285
4e
38.597
0,251
2p
9.670
5e
39.591
0,231
3p
9.157
1m
40.870
0,176
4p
7.203
2m
40.362
0,157
5p
6.319
Totale
43.635
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
incremento alunni istituti professionali
41.650
1.985
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Anche nel Veneto, come nelle altre regioni del nord, si registra una crescita
sia del numero di alunni della prima elementare, sia di quello degli alunni della
181
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
prima media. Pur a fronte di una relativa stabilità attuale degli iscritti alla prima
classe degli istituti professionali, questi, in prospettiva dovrebbero complessivamente
aumentare per effetto dell’incremento della leva scolastica. L’incremento previsto è
vicino al 5%.
6.9Regione Friuli Venezia Giulia
Nel Friuli Venezia Giulia l’andamento del numero totale degli studenti della scuola secondaria di secondo grado presenta delle anomalie
rispetto al quadro nazionale (tab. 3, tab. 46). Il calo degli iscritti registrato nell’a.s. 1998/99 prosegue anche nell’a.s. successivo. Negli anni
scolastici 2000/2001, 2001/2002 si registra una sostanziale stabilità.
La ripresa significativa si colloca negli anni scolastici 2002/2003 e
2003/2004 (graf. 31, graf. 32, graf. 33).
La percentuale degli iscritti agli istituti professionale segue invece l’andamento nazionale anche se la curva mostra una diversa pendenza
nella fase di crescita che si inverte con l’a.s. 2002/203. Tale percentuale si colloca sempre su valori superiori a quelli nazionali, raggiungendo nel 2003/2004 una differenza pari a 1,5% che pone la regione al
5° posto come tasso di iscritti negli IPS (tab. 5).
Gli Istituti professionali autonomi sono 9 mentre le sezioni associate
sono 24, delle quali 20 risultano aggregate a istituti di istruzione superiore (tab. 6).
Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato che nell’a.s.
2002/03 risultano in servizio negli IPS della regione sono 1083 (tab.
14).
Tabella 46. Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Friuli Venezia
Giulia. Valori assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
Licei classici
Licei scientifici
Ist. e scuole
magistrali
182
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
3.150
2.815
2.698
2.609
2.409
2.465
2.571
%
alunni
7,3
6,8
6,5
6,3
5,8
5,8
6,0
alunni
9.498
9.166
9.068
9.035
8.947
9.219
9.640
%
alunni
22,0
22,0
21,9
21,7
21,5
21,8
22,4
alunni
2.829
2.667
2.614
2.474
2.436
2.631
2.778
%
alunni
6,6
6,4
6,3
5,9
5,8
6,2
6,5
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Ist.
Professionali
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Licei artistici
Totale scuole
sec. superiori
alunni
8.937
9.199
9.490
9.667
10.113
10.179
10.232
%
alunni
20,7
22,1
22,9
23,2
24,3
24,1
23,8
alunni 16.804
16.134
15.876
16.015
15.807
15.693
15.527
%
alunni
39,0
38,8
38,3
38,5
37,9
37,2
36,1
alunni
1.883
1.629
1.713
1.843
1.941
2.055
2.215
%
alunni
4,4
3,9
4,1
4,4
4,7
4,9
5,2
alunni
0
0
0
0
0
0
0
%
alunni
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
alunni
43.101
41.610
41.459
41.643
41.653
42.242
42.963
%
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 47 Iscritti agli IPS in Friuli V. Giulia e in Italia – valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li Friuli V. Giulia
% alunni
20,7
22,1
22,9
23,2
24,3
24,1
23,8
Ist. Prof.li
Italia
% alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
-
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
183
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
184
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
185
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 48. Regione Friuli Venezia Giulia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
tasso di
anno scolastico 97/98
alunni
classi
passaggio
tasso di
anno scolastico 98/99
classi
alunni
tasso di
passaggio
passaggio
1e
8319
1e/2e
100,93
1e
8636
1e/2e
100,17
1e
8107
1e/2e
100,26
2e
8304
2e/3e
100,77
2e
8396
2e/3e
100,19
2e
8651
2e/3e
99,64
99,48
3e
8311
3e/4e
100,55
3e
8368
3e/4e
100,43
3e
8412
3e/4e
4e
8309
4e/5e
101,00
4e
8357
4e/5e
100,77
4e
8404
4e/5e
99,49
5e
7793
5e/1m
108,55
5e
8392
5e/1m
107,86
5e
8421
5e/1m
109,48
1m
8680
1m/2m
97,19
1m
8459
1m/2m
99,08
1m
9052
1m/2m
97,41
2m
8804
2m/3m
98,65
2m
8436
2m/3m
98,61
2m
8381
2m/3m
99,38
3m
8927
3m/1p
28,07
3m
8685
3m/1p
30,43
3m
8319
3m/1p
29,91
1p
2261
1p/2p
88,37
1p
2506
1p/2p
88,31
1p
2643
1p/2p
86,80
2p
1859
2p/3p
93,87
2p
1998
2p/3p
89,44
2p
2213
2p/3p
89,79
3p
1841
3p/4p
88,43
3p
1745
3p/4p
85,85
3p
1787
3p/4p
90,93
4p
1618
4p/5p
81,71
4p
1628
4p/5p
82,86
4p
1498
4p/5p
84,98
5p
1358
5p
1322
5p
1349
anno scolastico
classi
alunni
anno scolastico
tasso di
alunni
classi
passaggio
anno
scolastico
tasso di
classi
alunni
Tavola dei
flussi
passaggio
1e
8036
1e/2e
102,75
1e
8261
1e/2e
103,17
1e
8845
1e
1000
2e
8128
2e/3e
103,14
2e
8257
2e/3e
102,52
2e
8523
2e
1015
3e
8620
3e/4e
102,84
3e
8383
3e/4e
102,77
3e
8465
3e
1027
4e
8368
4e/5e
103,26
4e
8865
4e/5e
102,80
4e
8615
4e
1040
5e
8361
5e/1m
109,23
5e
8641
5e/1m
106,77
5e
9113
5e
1055
1m
9219
1m/2m
98,23
1m
9133
1m/2m
100,73
1m
9226
1m
1143
2m
8818
2m/3m
99,54
2m
9056
2m/3m
99,38
2m
9200
2m
1127
3m
8329
3m/1p
30,26
3m
8777
3m/1p
27,46
3m
9000
3m
1117
1p
2488
1p/2p
91,44
1p
2520
1p/2p
86,59
1p
2410
1p
326
2p
2294
2p/3p
93,20
2p
2275
2p/3p
92,13
2p
2182
2p
288
3p
1987
3p/4p
90,29
3p
2138
3p/4p
90,36
3p
2096
3p
264
4p
1625
4p/5p
85,29
4p
1794
4p/5p
86,90
4p
1932
4p
236
5p
1273
5p
1386
5p
1559
5p
199
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
186
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Grafico 34
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 49 - Regione Friuli Venezia Giulia. Stima alunni istituti professionali a.s.
2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di
passaggio
Stima alunni istituti
professionali
a.s. 2008/2009
3e
8.465
0,318
1p
2.689
4e
8.615
0,277
2p
2.387
5e
9.113
0,250
3p
2.282
1m
9.226
0,206
4p
1.901
2m
9.200
0,176
5p
Totale
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
incremento alunni istituti professionali
1.623
10.882
10.179
703
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Friuli Venezia Giulia, la stabilità, dopo un incremento nell’a.s. 99/00 e nell’a.
s. 00/01, degli alunni iscritti alla prima media è accompagnata da una significativa
187
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
ripresa delle iscrizione in prima elementare. Il modello previsionale determina una
stima di una ulteriore crescita del numero complessivo degli iscritti all’istruzione
professionale. L’incremento stimato è vicino al 7%
6.10 Regione Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna l’andamento complessivo degli iscritti alla scuola
secondaria superiore segue la curva nazionale anche se la crescita è
più accentuata (tab. 3, tab. 50). L’incremento più significativo avviene
nell’anno scolastico 2003/2004, dato anche questo in linea con quello nazionale (graf. 3, graf. 37)
Per quanto riguarda la scelta degli istituti professionali essa mostra,
negli ultimi due anni scolastici, un calo più accentuato di quello nazionale. La percentuale di iscritti a questi istituti passa dal 25,1 dell’a.s.
2001/2002 al 24,3% dell’a.s. 2003/2004, rimanendo comunque di 2
punti in percentuale al di sopra della media nazionale (tab. 51).
La regione risulta al terzo posto dopo Veneto e Puglia come tasso di
iscritti agli IPS (graf. 8).
Le sedi in cui è possibile frequentare i corsi dell’istruzione professionale sono 57. Di queste 30 sono sedi centrali (istituti autonomi), 14
sezioni associate a tali istituti e 57 a istituti superiori (tab. 6).
I docenti a tempo indeterminato, in servizio negli istituti professionali,
nell’a.s. 2002/2003, risultano 3.144 (tab. 14).
Tab. 50 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Emilia-Romagna.
Valori assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
Licei classici
Licei scientifici
Ist. e
scuole
magistrali
Ist. professionali
188
anno scolastico
alunni
%
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
10.236
10.306
11.859
12.122
12.540
13.295
14.463
7,6
7,9
9,0
9,1
9,4
9,8
10,3
25.134
24.846
24.553
24.318
24.139
24.412
25.949
18,8
18,9
18,6
18,3
18,0
17,9
18,4
6.373
5.995
5.219
5.091
5.256
5.568
5.895
4,8
4,6
4,0
3,8
3,9
4,1
4,2
31.978
31.249
31.900
32.908
33.529
33.478
34.252
23,9
23,8
24,2
24,8
25,1
24,6
24,3
alunni
alunni
%
alunni
alunni
%
alunni
alunni
%
alunni
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
alunni
Ist. Tecnici
%
54.995
53.743
53.184
53.244
53.263
53.477
54.229
41,1
41,0
40,3
40,1
39,8
39,3
38,5
3.884
3.829
3.833
3.734
3.567
4.139
4.358
2,9
2,9
2,9
2,8
2,7
3,0
3,1
1.242
1.243
1.334
1.405
1.499
1.642
1.749
0,9
0,9
1,0
1,1
1,1
1,2
1,2
133.842
131.211
131.882
132.822
133.793
136.011
140.895
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
alunni
alunni
Ist. d’arte
%
alunni
Licei artistici
Totale
scuole sec.
superiori
alunni
%
alunni
alunni
%
alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 51. Iscritti agli IPS in Emilia-Romagna e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.
li - EmiliaRomagna
%
alunni
23,9
23,8
24,2
24,8
25,1
24,6
24,3
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
189
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
190
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
191
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 52 – Regione Emilia-Romagna – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
1e
27993
anno scolastico 98-99
tasso di pas- classi
saggio
1e/2e
101,96
anno scolastico 99-2000
alun- tasso di pas- classi
ni
saggio
1e
28266
1e/2e
100,88
1e
alun- tasso di pasni
saggio
28053
1e/2e
101,84
2e
27886
2e/3e
101,36
2e
28542
2e/3e
100,67
2e
28516
2e/3e
102,13
3e
26899
3e/4e
101,90
3e
28265
3e/4e
100,93
3e
28733
3e/4e
101,62
4e
26522
4e/5e
101,62
4e
27411
4e/5e
101,04
4e
28529
4e/5e
101,70
5e
25865
5e/1m
108,17
5e
26951
5e/1m
108,60
5e
27696
5e/1m
108,38
1m
28017
1m/2m
99,09
1m
27978
1m/2m
98,81
1m
29270
1m/2m
99,91
100,72
2m
28710
2m/3m
99,40
2m
27762
2m/3m
100,23
2m
27645
2m/3m
3m
28793
3m/1p
26,89
3m
28539
3m/1p
31,21
3m
27825
3m/1p
31,69
1p
7835
1p/2p
89,37
1p
7743
1p/2p
89,51
1p
8907
1p/2p
86,09
2p
7061
2p/3p
92,93
2p
7002
2p/3p
91,56
2p
6931
2p/3p
93,80
3p
6292
3p/4p
81,60
3p
6562
3p/4p
81,00
3p
6411
3p/4p
86,04
4p
5612
4p/5p
85,67
4p
5134
4p/5p
84,46
4p
5315
4p/5p
82,90
5p
5178
5p
4808
5p
4336
anno scolastico 2000-01
anno scolastico 2001-02
tasso di pas- classi
saggio
anno
scolastico
2002-03
alun- tasso di pas- classi
ni
saggio
alunni
Tavola dei
flussi
classi
alunni
1e
28443
1e/2e
101,48
1e
28993
1e/2e
101,97
1e
30358
1e
1000
2e
28570
2e/3e
101,39
2e
28864
2e/3e
102,02
2e
29563
2e
1016
3e
29122
3e/4e
101,18
3e
28968
3e/4e
102,21
3e
29447
3e
1032
4e
29199
4e/5e
101,61
4e
29467
4e/5e
102,03
4e
29608
4e
1048
5e
29013
5e/1m
106,87
5e
29668
5e/1m
108,20
5e
30065
5e
1065
1m
30017
1m/2m
100,04
1m
31006
1m/2m
100,64
1m
32100
1m
1150
2m
29243
2m/3m
100,92
2m
30028
2m/3m
100,99
2m
31204
2m
1147
3m
27844
3m/1p
30,66
3m
29513
3m/1p
29,28
3m
30326
3m
1152
1p
8817
1p/2p
83,97
1p
8538
1p/2p
84,12
1p
8642
1p
345
2p
7668
2p/3p
94,35
2p
7404
2p/3p
94,39
2p
7182
2p
299
3p
6501
3p/4p
85,89
3p
7235
3p/4p
80,94
3p
6989
3p
279
4p
5516
4p/5p
86,44
4p
5584
4p/5p
86,12
4p
5856
4p
232
5p
4406
5p
4768
5p
4809
5p
197
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
192
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 53 - Regione Emilia-Romagna. Stima alunni istituti professionali a.s.
2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di
passaggio
Stima alunni istituti
professionali a.s. 2008/2009
3e
29.447
0,334
1p
9.847
4e
29.608
0,285
2p
8.443
5e
30.065
0,262
3p
7.882
1m
32.100
0,202
4p
6.472
2m
31.204
0,172
5p
5.371
Totale
38.014
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
33.478
incremento alunni istituti professionali
4.536
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Emilia-Romagna tutti i dati relativi alla scuola dell’obbligo registrano incrementi significativi. Da questi dati, sulla base della tavola dei flussi, nonostante
gli andamenti in corso, si deduce, ad invarianza dei comportamenti statisticamente
rilevati, un significativo incremento del numero complessivo di alunni dell’istruzione professionale (13,5%).
193
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.11 Regione Toscana
In Toscana, il numero totale degli alunni iscritti alla scuola secondaria
superiore è in calo dall’anno scolastico 1997/98 fino all’anno scolastico 2000/01, anno in cui si inverte la tendenza. Nell’a.s. 2003/2004 i
valori tornano ad essere comparabili con quelli del 1997/98 (tab. 54).
Tale andamento diverge sensibilmente da quello nazionale (tab. 3)
che, ricordiamo, registrava una lieve flessione fino all’a.s. 1998/99 e
una crescita costante negli anni successivi.
L’andamento percentuale degli iscritti negli istituti professionali risulta
più omogeneo al dato nazionale. I valori assoluti cominciano a crescere a partire dall’a.s. 2000/2001 e la crescita prosegue fino all’a.
s. 2003/2004, mentre la percentuale subisce una flessione a partire
dall’a.s. 2002/2003 e si attesta nel 2003/2004 al 21,6 %. Tale dato è
inferiore di 7 decimi rispetto al corrispondente valore nazionale (tab.
55).
Nella regione, nell’a.s. 2002/2003, sono presenti 23 istituti professionali presenti e 56 sezioni associate, 53 delle quali associate a istituti
superiori (tab. 6).
I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’a.s.
2002/2003, risultano essere 2.660 (tab. 14).
Tabella 54. Alunni e classi della scuola secondaria superiore - Regione Toscana.
Valori assoluti e percentuali
anno scolastico
Tipologia
di scuola
Licei
classici
Licei
scientifici
Ist. e
scuole
magistrali
Ist. professionali
Ist.
Tecnici
Ist. d’arte
194
alunni
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
10.550
10.270
9.860
9.455
9.220
9.427
9.831
% alunni
7,9
7,9
7,6
7,4
7,2
7,2
7,4
alunni
27.967
27.846
27.948
28.024
28.216
28.434
29.795
% alunni
20,9
21,4
21,6
21,8
21,9
21,8
22,3
alunni
9.022
8.864
9.099
9.199
9.450
10.359
11.132
% alunni
6,7
6,8
7,0
7,2
7,3
8,0
8,3
alunni
28.398
27.884
28.277
28.430
28.515
28.701
28.926
% alunni
21,2
21,4
21,8
22,2
22,2
22,0
21,6
alunni
50.930
48.440
47.433
46.385
46.536
46.428
46.972
% alunni
38,0
37,2
36,6
36,1
36,2
35,6
35,1
alunni
5.122
4.998
5.050
4.960
4.760
4.850
4.829
% alunni
3,8
3,8
3,9
3,9
3,7
3,7
3,6
CAPITOLO 6
Licei
artistici
Totale
scuole
sec. superiori
gli iscritti agli ips
alunni
1.913
1.772
1.830
1.898
1.935
2.050
2.225
% alunni
1,4
1,4
1,4
1,5
1,5
1,6
1,7
alunni
133.902
130.074
129.497
128.351
128.632
130.249
133.710
% alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 55 Iscritti agli IPS in Toscana e in Italia – valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Toscana
%
alunni
21,2
21,4
21,8
22,2
22,2
22,0
21,6
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
195
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
196
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Grafico
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 56 – Regione Toscana – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
tasso di
passaggio
anno scolastico 98-99
classi
alunni
tasso di
passaggio
anno scolastico 99-2000
classi
alunni
tasso di
passaggio
1e
24953
1e/2e
101,39
1e
25648
1e/2e
101,02
1e
24560
1e/2e
101,72
2e
25623
2e/3e
101,40
2e
25301
2e/3e
100,64
2e
25909
2e/3e
101,66
3e
24775
3e/4e
101,48
3e
25983
3e/4e
100,74
3e
25464
3e/4e
101,19
4e
25382
4e/5e
101,72
4e
25142
4e/5e
100,66
4e
26176
4e/5e
101,54
5e
24244
5e/1m
114,28
5e
25818
5e/1m
112,10
5e
25307
5e/1m
112,58
1m
27634
1m/2m
97,73
1m
27705
1m/2m
98,39
1m
28943
1m/2m
98,94
2m
28245
2m/3m
99,57
2m
27006
2m/3m
99,73
2m
27259
2m/3m
99,93
3m
28001
3m/1p
27,35
3m
28124
3m/1p
28,16
3m
26933
3m/1p
29,16
1p
7637
1p/2p
83,16
1p
7658
1p/2p
82,82
1p
7919
1p/2p
85,19
2p
6166
2p/3p
87,46
2p
6351
2p/3p
88,24
2p
6342
2p/3p
88,60
3p
5477
3p/4p
84,22
3p
5393
3p/4p
85,61
3p
5604
3p/4p
82,39
4p
4927
4p/5p
78,53
4p
4613
4p/5p
82,27
4p
4617
4p/5p
77,86
5p
4191
5p
3869
5p
3795
197
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico
2000-01
anno scolastico
2001-02
anno
scolastico
2002-03
classi
classi
classi
alunni
tasso di pas-
alunni
saggio
tasso di pas-
Tavola dei
flussi
alunni
saggio
1e
24912
1e/2e
101,84
1e
25282
1e/2e
101,28
1e
26243
1e
1000
2e
24982
2e/3e
101,97
2e
25370
2e/3e
101,03
2e
25606
2e
1015
3e
26338
3e/4e
101,54
3e
25474
3e/4e
100,99
3e
25631
3e
1028
4e
25766
4e/5e
102,15
4e
26743
4e/5e
100,72
4e
25727
4e
1040
5e
26580
5e/1m
110,31
5e
26321
5e/1m
111,47
5e
26936
5e
1054
1m
28491
1m/2m
99,22
1m
29320
1m/2m
100,46
1m
29339
1m
1183
2m
28635
2m/3m
99,60
2m
28268
2m/3m
100,51
2m
29455
2m
1170
3m
27240
3m/1p
27,53
3m
28521
3m/1p
26,27
3m
28412
3m
1169
1p
7853
1p/2p
81,05
1p
7498
1p/2p
83,94
1p
7493
1p
324
2p
6746
2p/3p
88,22
2p
6365
2p/3p
89,32
2p
6294
2p
269
3p
5619
3p/4p
87,45
3p
5951
3p/4p
85,70
3p
5685
3p
238
4p
4617
4p/5p
82,02
4p
4914
4p/5p
84,03
4p
5100
4p
202
5p
3595
5p
3787
5p
4129
5p
164
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
198
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 57 - Regione Toscana Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
25.631
0,315
1p
8.067
4e
25.727
0,259
2p
6.661
5e
26.936
0,226
3p
6.080
1m
29.339
0,171
4p
5.024
2m
29.455
0,140
5p
4.126
Totale
29.957
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
28.701
incremento alunni istituti professionali
1.256
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Toscana si registra una ripresa delle iscrizioni in prima elementare nel contesto di una situazione di crescita, anche se rallentata nell’ultimo anno in esame,
degli alunni iscritti in prima media. Sulla base degli indici di flusso individuati, si può
prevedere un ulteriore incremento del numero complessivo di iscritti all’istruzione
professionale. L’incremento stimato è superiore al 4%.
6.12 Regione Umbria
In Umbria l’andamento complessivo degli alunni iscritti alla scuola
secondaria superiore presenta un andamento irregolare. Il numero
totale degli alunni decresce fino all’a.s. 1999/2000, cresce nei due
anni scolastici successivi per poi registrare un ulteriore calo nell’a.s.
2002/2003 e un significativo incremento nell’a.s. 2003/2004 (tab. 58,
graf. 47). Nella regione non esistono istituti d’arte
Gli iscritti agli istituti professionali, crescono in modo abbastanza
omogeneo se si esclude una lieve flessione nell’a.s. 1999/2000. Tale
andamento si rivela molto simile a quello nazionale. (tab. 3 e 58). Il
rapporto percentuale tra iscritti all’istruzione professionale e totale
degli iscritti sale di quasi 3 punti e non registra la flessione che negli
anni scolastici 2002/2003 e 2003/2004 caratterizza il dato nazionale.
La percentuale del 21,7 di iscritti agli IPS colloca l’Umbria immediatamente al di sotto del valore medio registrato nelle 18 regioni esaminate (tab. 59).
Gli istituti professionali funzionanti nella regione, nell’a.s. 2002/2003
199
CAPITOLO 6
Regione Umbria
gli iscritti agli ips
sono 7 e 21 sono le sezioni associate ad istituti superiori delle regione
(tab. 6).
I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’istruzione professionale nell’a.s. 2002/2003, risultano 714 (tab. 14).
Tab. 58 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Umbria Valori assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
Licei
classici
alunni
Licei
scientifici
alunni
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
Ist.
alunni
% alunni
% alunni
% alunni
% alunni
Ist.
Tecnici
alunni
Ist. d’arte
alunni
% alunni
% alunni
Licei
artistici
alunni
Totale
scuole
sec. superiori
alunni
% alunni
% alunni
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
5.015
4.786
4.584
4.418
4.379
4.402
4.687
13,4
13,0
12,8
12,3
12,0
12,2
12,7
7.676
7.414
7.409
7.280
7.313
7.253
7.587
20,5
20,2
20,7
20,3
20,1
20,2
20,6
1.668
1.593
1.482
1.588
1.611
1.657
1.820
4,5
4,3
4,1
4,4
4,4
4,6
4,9
7.069
7.204
7.026
7.343
7.685
7.675
7.995
18,9
19,6
19,6
20,5
21,1
21,4
21,7
14.378
14.159
13.794
13.700
13.563
13.262
13.024
38,4
38,6
38,5
38,2
37,3
36,9
35,4
1.615
1.560
1.539
1.560
1.825
1.687
1.706
4,3
4,2
4,3
4,3
5,0
4,7
4,6
0
0
0
0
0
0
0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
37.421
36.716
35.834
35.889
36.376
35.936
36.819
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
200
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 59 Iscritti agli IPS in Umbria e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98 98/99 99/00
00/01
01/02 02/03 03/04
Ist. Prof.li
Regione
Umbria
%
alunni
18,9
19,6
19,6
20,5
21,1
21,4
21,7
Ist. Prof.li
Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
201
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIU
202
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 60 – Regione Umbria – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
anno scolastico 98-99
anno scolastico 99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
6559
1e/2e
101,57
1e
6729
1e/2e
101,62
1e
6534
1e/2e
101,35
2e
6678
2e/3e
101,23
2e
6662
2e/3e
100,89
2e
6838
2e/3e
101,24
3e
6793
3e/4e
101,09
3e
6760
3e/4e
100,64
3e
6721
3e/4e
100,94
4e
6974
4e/5e
100,83
4e
6867
4e/5e
100,82
4e
6803
4e/5e
100,85
5e
6596
5e/1m
108,04
5e
7032
5e/1m
107,24
5e
6923
5e/1m
106,93
1m
7228
1m/2m
98,81
1m
7126
1m/2m
98,26
1m
7541
1m/2m
99,07
2m
7408
2m/3m
100,03
2m
7142
2m/3m
100,06
2m
7002
2m/3m
100,06
3m
7315
3m/1p
24,40
3m
7410
3m/1p
23,24
3m
7146
3m/1p
26,73
1p
1768
1p/2p
90,10
1p
1785
1p/2p
85,15
1p
1722
1p/2p
90,42
2p
1554
2p/3p
95,05
2p
1593
2p/3p
92,03
2p
1520
2p/3p
99,01
3p
1521
3p/4p
86,85
3p
1477
3p/4p
84,97
3p
1466
3p/4p
90,38
4p
1203
4p/5p
85,45
4p
1321
4p/5p
80,47
4p
1255
4p/5p
83,35
5p
1023
5p
1028
5p
1063
203
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico 2000-01
anno scolastico
2001-02
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
anno scolastico 2002-03
tasso di passaggio
classi
Tavola dei
flussi
alunni
1e
6423
1e/2e
101,73
1e
6573
1e/2e
101,73
1e
6669
1e
1000
2e
6622
2e/3e
102,40
2e
6534
2e/3e
102,13
2e
6687
2e
1016
3e
6923
3e/4e
102,57
3e
6781
3e/4e
101,40
3e
6673
3e
1032
4e
6784
4e/5e
101,50
4e
7101
4e/5e
101,17
4e
6876
4e
1046
1057
5e
6861
5e/1m
107,20
5e
6886
5e/1m
105,59
5e
7184
5e
1m
7403
1m/2m
99,73
1m
7355
1m/2m
100,84
1m
7271
1m
1130
2m
7471
2m/3m
101,53
2m
7383
2m/3m
100,91
2m
7417
2m
1123
3m
7006
3m/1p
26,29
3m
7585
3m/1p
25,48
3m
7450
3m
1129
1p
1910
1p/2p
93,98
1p
1842
1p/2p
90,34
1p
1933
1p
285
2p
1557
2p/3p
96,79
2p
1795
2p/3p
88,86
2p
1664
2p
256
3p
1505
3p/4p
90,63
3p
1507
3p/4p
86,13
3p
1595
3p
242
4p
1325
4p/5p
88,83
4p
1364
4p/5p
86,88
4p
1298
4p
212
5p
1046
5p
1177
5p
1185
5p
180
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
204
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 61 - Regione Umbria. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
6.673
0,276
1p
1.841
4e
6.876
0,245
2p
1.685
5e
7.184
0,229
3p
1.644
1m
7.271
0,188
4p
1.365
2m
7.417
0,161
5p
1.192
Totale
7.728
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
7.675
incremento alunni istituti professionali
53
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: L’Umbria, tra le regioni del centro-nord, è quella in cui, sulla
base dei tassi di flusso, si prevede il più tasso (0,7%) di incremento
del numero degli alunni dell’istruzione professionale. Ciò è motivato
da un calo degli alunni iscritti in prima media che, in prospettiva, dovrebbe essere compensato da una crescita tendenziale sia degli alunni
iscritti in prima elementare, sia di quelli della prima media.
6.13 Regione Marche
Nelle Marche il totale degli alunni della scuola secondaria superiore
subisce un forte calo negli a.s. 1998/99 e 1999/2000 per poi tornare, nell’a.s. 2003/2004 a valori leggermente superiori a quelli dell’a.s.
1997/98. Tale recupero si realizza essenzialmente negli anni scolastici
2000/2001 e 2003/2004. Pur non discostandosi dall’andamento nazionale è da notare come in questa regione il calo degli iscritti si protrae fino all’a.s. 1999/00, invece di arrestarsi nell’anno scolastico precedente, come nella maggior parte delle regioni(graf. 52). Va inoltre
evidenziata la sostanziale stabilità del numero complessivo di studenti
della scuola superiore nel triennio 00/01, 01/02, 02/03 (tab. 62) .
L’andamento degli iscritti negli istituti professionali è simile a quello
nazionale, in crescita fino all’a.s. 2000/2001 e sostanzialmente stabile
negli anni scolastici successivi (tab. 3, tab. 62). Conseguentemente,
il rapporto percentuale tra studenti dei professionali e totale degli
studenti della secondaria superiore cresce in modo significativo fino
205
CAPITOLO 6
Regione Marche
gli iscritti agli ips
all’a.s. 2001/2002, passando dal 21,7 al 24,6%, poi cala per attestarsi
nell’a.s. 2003/2004 al 23,9%, valore superiore dell’1,6% rispetto al
valore medio nazionale (tab. 63). La regione risulta al 5° posto come
tasso di alunni iscritti agli IPS (graf. 8). Gli istituti professionali presenti
nella regione sono 13 e le sezioni associate sono 33, delle quali 25
associate ad istituti superiori (tab. 6).
I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’istruzione professionale nell’a.s. 2002/2003, risultano 1525 (tab. 14).
Tab 62 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Marche Valori assoluti e percentuali
Tipologia di scuola
Licei classici
Licei scientifici
Ist. e scuole
magistrali
Ist.
Professionali
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
7.825
8.209
7.917
7.807
7.745
7.941
8.413
%
alunni
11,9
12,8
12,4
12,0
11,9
12,2
12,7
alunni
Ist. d’arte
Licei artistici
Totale scuole
sec. superiori
12.004 11.441 11.358 11.443 11.588 11.837 12.431
%
alunni
18,3
17,8
17,8
17,6
17,8
18,2
18,7
alunni
1.471
1.166
1.294
1.216
1.214
1.274
1.092
%
alunni
2,2
1,8
2,0
1,9
1,9
2,0
1,6
16.016 15.863
15.879
alunni
%
alunni
alunni
Ist. Tecnici
anno scolastico
14.219 14.266 14.832 15.805
21,7
22,2
24,3
24,6
24,4
23,9
26.452 25.614 25.104 25.265 25.000 24.611 25.123
%
alunni
40,3
39,9
39,2
38,9
38,5
37,9
37,8
alunni
3.499
3.424
3.374
3.352
3.309
3.333
3.380
%
alunni
5,3
5,3
5,3
5,2
5,1
5,1
5,1
alunni
109
110
107
88
102
80
93
%
alunni
0,2
0,2
0,2
0,1
0,2
0,1
0,1
alunni
%
alunni
65.579 64.230 63.986 64.976 64.974 64.939 66.411
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
206
23,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 63 Iscritti agli IPS nelle Marche e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Marche
%
alunni
21,7
22,2
23,2
24,3
24,6
24,4
23,9
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
207
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
208
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 64 – Regione Marche – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
anno scolastico 98-99
anno scolastico 99-2000
Classi
alunni
classi
alunni
classi
alunni
1e
12308
1e/2e
101,36
1e
12344
1e/2e
101,38
1e
12120
1e/2e
2e
12566
2e/3e
101,18
2e
12476
2e/3e
100,88
2e
12514
2e/3e
101,17
3e
12073
3e/4e
100,91
3e
12714
3e/4e
101,06
3e
12586
3e/4e
101,29
tasso di
passaggio
tasso di
passaggio
tasso di
passaggio
101,38
4e
12297
4e/5e
101,21
4e
12183
4e/5e
100,80
4e
12849
4e/5e
101,17
5e
11882
5e/1m
109,37
5e
12446
5e/1m
107,34
5e
12280
5e/1m
107,30
1m
13404
1m/2m
98,63
1m
12995
1m/2m
98,46
1m
13359
1m/2m
99,51
2m
13541
2m/3m
100,00
2m
13221
2m/3m
99,40
2m
12795
2m/3m
99,34
3m
13322
3m/1p
28,25
3m
13541
3m/1p
30,45
3m
13142
3m/1p
30,25
1p
3551
1p/2p
89,13
1p
3764
1p/2p
88,76
1p
4123
1p/2p
90,18
2p
3312
2p/3p
87,89
2p
3165
2p/3p
91,97
2p
3341
2p/3p
94,40
3p
2775
3p/4p
90,49
3p
2911
3p/4p
88,18
3p
2911
3p/4p
92,58
4p
2424
4p/5p
79,00
4p
2511
4p/5p
75,27
4p
2567
4p/5p
88,12
5p
2157
5p
1915
5p
1890
209
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico
2000-01
Classi
alunni
anno scolastico
2001-02
tasso di
passaggio
classi
alunni
anno
scolastico
2002-03
tasso di
passaggio
classi
Tavola dei
flussi
alunni
1e
11907
1e/2e
101,37
1e
12227
1e/2e
101,97
1e
12290
1e
2e
12287
2e/3e
101,14
2e
12070
2e/3e
101,79
2e
12468
2e
1000
1015
3e
12660
3e/4e
101,25
3e
12427
3e/4e
101,82
3e
12286
3e
1027
4e
12748
4e/5e
101,27
4e
12818
4e/5e
102,15
4e
12653
4e
1040
5e
12999
5e/1m
106,43
5e
12910
5e/1m
107,20
5e
13094
5e
1054
1m
13177
1m/2m
100,33
1m
13835
1m/2m
100,82
1m
13840
1m
1134
2m
13294
2m/3m
100,02
2m
13221
2m/3m
100,87
2m
13948
2m
1128
3m
12710
3m/1p
30,89
3m
13296
3m/1p
28,78
3m
13336
3m
1128
1p
3976
1p/2p
89,59
1p
3926
1p/2p
86,73
1p
3827
1p
335
2p
3718
2p/3p
89,86
2p
3562
2p/3p
89,53
2p
3405
2p
298
3p
3154
3p/4p
92,93
3p
3341
3p/4p
90,24
3p
3189
3p
270
4p
2695
4p/5p
83,71
4p
2931
4p/5p
82,80
4p
3015
4p
246
5p
2262
5p
2256
5p
2427
5p
201
(*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
210
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 65 - Regione Marche Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di pas- Stima alunni istituti professiosaggio nali
a.s. 2008/2009
3e
12.286
0,326
1p
4.008
4e
12.653
0,286
2p
3.623
5e
13.094
0,256
3p
3.357
1m
13.840
0,217
4p
2.999
2m
13.948
0,178
5p
2.483
Totale
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
15.863
incremento alunni istituti professionali
608
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Nelle Marche gli andamenti relativi agli alunni iscritti alla scuola elementare ed alla scuola media e i tassi di flussi calcolati fanno prevedere una crescita
complessiva degli iscritti all’istruzione professionale. L’incremento stimato è di poco
inferiore al 4%.
6.14 Regione Lazio
L’andamento del totale degli studenti iscritti alla scuola secondaria superiore nella regione Lazio, analogamente al dato nazionale, registra
un calo nell’a.s. 1998/1999 e poi cresce con un picco nell’a.s. 2003/
2004 (tab. 66, graf. 57).
Anche i dati relativi agli alunni iscritti dell’istruzione professionale si
allineano alla tendenza nazionale con una crescita che caratterizza sostanzialmente tutto il periodo preso in esame. Il rapporto tra il numero degli studenti dei professionali e il totale degli studenti cresce fino
all’a.s. 2001/2002, anno in cui raggiunge il valore del 19,2%, flettendo poi leggermente per assestarsi sul 19,1% nell’a.s. 2003/2004 (tab.
67). Questo valore risulta, comunque, inferiore di circa 3 punti rispetto
a quello nazionale e la Regione si colloca tra le quattro che registrano
i valori più bassi di questa percentuale.
Nella regione, nell’anno scolastico 2002/2003, funzionano 42 istituti
professionali autonomi e 53 sezioni associate, 44 delle quali associate
a istituti superiori (tab. 6) ; il numero degli insegnanti con contratto a
tempo indeterminato è pari a 4.331 (tab. 14).
211
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 66 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Lazio Valori assoluti
e percentuali
Tipologia di scuola
Licei classici
alunni
%
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
30.765
30.679
30.994
31.462
31.550
32.504
34.897
13,1
13,2
13,4
13,5
13,4
13,7
14,4
51.456
51.555
51.482
51.912
53.024
54.481
56.366
21,9
22,2
22,2
22,3
22,6
23,0
23,3
13.157
13.363
13.926
13.417
13.526
13.952
14.564
5,6
5,8
6,0
5,8
5,8
5,9
6,0
41.347
41.343
42.383
44.071
45.018
45.137
46.176
17,6
17,8
18,3
18,9
19,2
19,0
19,1
89.078
85.805
84.178
82.946
82.716
81.900
80.771
37,9
37,0
36,3
35,6
35,2
34,5
33,4
5.360
5.316
5.276
5.066
5.114
4.982
5.049
2,3
2,3
2,3
2,2
2,2
2,1
2,1
3.756
3.768
3.777
3.887
4.014
4.145
4.286
1,6
1,6
1,6
1,7
1,7
1,7
1,8
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
alunni
Licei scientifici
alunni
%
alunni
Ist. e scuole
magistrali
alunni
%
alunni
Ist. professionali
alunni
%
alunni
Ist. Tecnici
alunni
%
alunni
Ist. d’arte
alunni
%
alunni
Licei artistici
alunni
%
alunni
Totale scuole sec. superiori
alunni
%
alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
212
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 67 - Iscritti agli IPS nel Lazio e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Lazio
%
alunni
17,6
17,8
18,3
18,9
19,2
19,0
19,1
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
213
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
214
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 68 – Regione Lazio – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico97-98
anno scolastico98-99
anno scolastico99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di
passaggio
alunni
tasso di
passaggio
alunni
tasso di
passaggio
1e
45110
1e/2e
99,47
1e
45649
1e/2e
99,43
1e
44393
1e/2e
99,82
2e
45204
2e/3e
99,98
2e
44873
2e/3e
101,07
2e
45387
2e/3e
101,38
3e
44147
3e/4e
100,10
3e
45195
3e/4e
100,29
3e
45355
3e/4e
100,74
4e
44424
4e/5e
100,16
4e
44191
4e/5e
100,48
4e
45324
4e/5e
101,13
116,36
5e
43440
5e/1m
117,41
5e
44497
5e/1m
117,46
5e
44404
5e/1m
1m
50872
1m/2m
96,32
1m
51004
1m/2m
96,97
1m
52267
1m/2m
97,41
2m
50661
2m/3m
98,21
2m
49000
2m/3m
98,73
2m
49458
2m/3m
98,59
3m
50825
3m/1p
22,01
3m
49756
3m/1p
23,85
3m
48379
3m/1p
26,27
1p
11092
1p/2p
84,41
1p
11189
1p/2p
86,09
1p
11868
1p/2p
83,32
2p
9135
2p/3p
87,22
2p
9363
2p/3p
86,19
2p
9633
2p/3p
86,90
3p
7797
3p/4p
90,87
3p
7968
3p/4p
89,87
3p
8070
3p/4p
89,63
4p
7176
4p/5p
79,96
4p
7085
4p/5p
79,76
4p
7161
4p/5p
81,97
5p
6147
5p
5738
5p
5651
215
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico2000-01
anno scolastico2001-02
anno
scolastico
2002-03
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
43845
1e/2e
99,65
1e
43666
1e/2e
100,47
1e
2e
44312
2e/3e
101,15
2e
43692
2e/3e
100,60
3e
46014
3e/4e
100,73
3e
44822
3e/4e
100,87
4e
45690
4e/5e
101,07
4e
46348
4e/5e
100,76
5e
45834
5e/1m
114,78
5e
46180
5e/1m
113,04
1m
51667
1m/2m
98,49
1m
52610
1m/2m
97,78
Tavola dei
flussi
alunni
43983
1e
1000
2e
43870
2e
998
3e
43953
3e
1006
4e
45214
4e
1012
5e
46700
5e
1019
1m
52203
1m
1180
2m
50912
2m/3m
99,12
2m
50887
2m/3m
99,07
2m
51443
2m
1149
3m
48762
3m/1p
24,65
3m
50464
3m/1p
23,56
3m
50414
3m
1135
1p
12709
1p/2p
81,08
1p
12021
1p/2p
84,31
1p
11889
1p
273
2p
9888
2p/3p
90,87
2p
10304
2p/3p
84,75
2p
10135
2p
229
3p
8371
3p/4p
91,64
3p
8985
3p/4p
88,99
3p
8733
3p
200
4p
7233
4p/5p
83,46
4p
7671
4p/5p
83,22
4p
7996
4p
180
5p
5870
5p
6037
5p
6384
5p
147
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
216
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 69 - Regione Lazio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
43.953
0,271
1p
11.933
4e
45.214
0,226
2p
10.236
5e
46.700
0,196
3p
9.152
1m
52.203
0,153
4p
7.968
2m
51.443
0,128
5p
6.585
Totale
45.873
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
45.137
incremento alunni istituti professionali
736
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: I dati relativi alla popolazione scolastica del Lazio mostrano andamenti disomogenei. Gli alunni iscritti uni iscritti in prima media si stabilizzano, dopo fasi
alterne di crescita e calo, mentre si registra una ripresa delle iscrizione in prima
elementare e un simmetrico calo di quelli iscritti in terza elementare. La tavola
dei flussi correlata ai dati relativi alla popolazione scolastica della scuola media
ed elementare fanno prevedere un leggero incremento ((1,6%) degli alunni iscritti
all’istruzione professionale.
6.15 Regione Abruzzo
In Abruzzo, il numero totale degli alunni iscritti alla scuola secondaria
superiore decresce dall’a.s. 1997/1998 fino all’a.s. 2001/2002, salvo
una crescita trascurabile registrata nell’a.s. 1999/2000. Un certo recupero si manifesta negli anni scolastici 2002/2003, 2003/2004. ( tab
70, graf. 62). Il calo registrato nei primi 4 anni è superiore alle 2.000
unità, mentre il recupero successivo è di poco superiore a 1.000.
Questo risultato è discorde con quanto registrato su piano nazionale,
dove la diminuzione degli iscritti avvenuta tra il primo e il secondo
anno tra quelli monitorati, viene ampiamente recuperata negli anni
successivi (tab. 3).
L’andamento degli iscritti agli istituti professionali cresce leggermente,
in particolare negli ultimi due anni, con qualche flessione negli anni
scolastici 1998/1999, 2001/2002. La percentuale degli studenti degli
istituti professionali sul totale degli studenti ha un incremento com-
217
CAPITOLO 6
Regione
Abruzzo
gli iscritti agli ips
plessivo finale di oltre un punto percentuale pur fermandosi al 15,7%
(tab. 71). La Regione si colloca al penultimo posto della graduatoria
relativa al tasso di iscritti agli IPS, con uno scarto di 6,6 punti rispetto
alla media nazionale (graf. 8).
Gli istituti professionali presenti nella regione, nell’a.s. 2002/2003,
sono 9, mentre le sezioni associate sono 20 di cui 17 associate a istituti superiori (tab. 6); gli insegnanti con incarico a tempo indeterminato
negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003 sono 941 (tab. 14)
Tab. 70 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Abruzzo valori assoluti e percentuali
Tipologia
di scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Licei classici
alunni
6.259
6.203
5.987
5.828
5.682
5.696
5.928
%
alunni
9,6
9,7
9,4
9,2
9,0
9,0
9,3
Licei scientifici
alunni
12.074
12.113
12.295
12.367
12.510
12.829
13.193
%
alunni
18,5
19,0
19,2
19,5
19,9
20,3
20,6
Ist. e scuole magistrali
alunni
7.171
7.051
7.198
7.050
6.994
7.043
7.228
%
alunni
11,0
11,0
11,3
11,1
11,1
11,2
11,3
Ist.
alunni
9.425
9.337
9.581
9.815
9.686
9.822
10.039
%
alunni
14,5
14,6
15,0
15,5
15,4
15,6
15,7
alunni
27.052
26.105
25.685
25.193
24.899
24.643
24.358
%
alunni
41,5
40,8
40,1
39,7
39,6
39,1
38,1
alunni
2.507
2.386
2.533
2.505
2.462
2.397
2.495
%
alunni
3,8
3,7
4,0
4,0
3,9
3,8
3,9
Licei artistici
alunni
670
718
695
653
630
668
687
%
alunni
1,0
1,1
1,1
1,0
1,0
1,1
1,1
Totale
scuole sec.
superiori
alunni
65.158
63.913
63.974
63.411
62.863
63.098
63.928
%
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
218
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 71 Iscritti agli IPS in Abbruzzo e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Abruzzo
%
alunni
14,5
14,6
15,0
15,5
15,4
15,6
15,7
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati 3
219
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
220
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 72 – Regione Abruzzo – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
anno scolastico 98-99
tasso di passaggio
classi
alunni
anno scolastico 99-2000
tasso di passaggio
classi
alunni
tasso di passaggio
1e
11990
1e/2e
100,49
1e
11976
1e/2e
100,56
1e
11723
1e/2e
2e
12171
2e/3e
100,77
2e
12049
2e/3e
100,41
2e
12043
2e/3e
100,35
100,81
3e
12225
3e/4e
100,29
3e
12265
3e/4e
100,01
3e
12099
3e/4e
100,37
4e
12300
4e/5e
100,41
4e
12261
4e/5e
100,47
4e
12266
4e/5e
100,59
5e
12065
5e/1m
111,18
5e
12350
5e/1m
110,43
5e
12319
5e/1m
109,53
1m
13813
1m/2m
96,39
1m
13414
1m/2m
97,82
1m
13638
1m/2m
97,90
2m
14108
2m/3m
97,81
2m
13314
2m/3m
98,79
2m
13122
2m/3m
98,29
3m
13984
3m/1p
18,39
3m
13799
3m/1p
19,83
3m
13153
3m/1p
19,48
1p
2536
1p/2p
83,32
1p
2572
1p/2p
83,24
1p
2737
1p/2p
83,74
2p
2173
2p/3p
85,55
2p
2113
2p/3p
91,20
2p
2141
2p/3p
92,20
3p
1682
3p/4p
88,88
3p
1859
3p/4p
83,32
3p
1927
3p/4p
86,46
4p
1668
4p/5p
77,82
4p
1495
4p/5p
82,07
4p
1549
4p/5p
85,28
5p
1366
5p
1298
5p
1227
anno scolastico
2000-01
anno scolastico2001-02
anno scolastico2002-03
Tavola dei
flussi
classi
alunni
tasso di passaggio
classi
alunni
tasso di passaggio
classi
alunni
1e
11329
1e/2e
99,94
1e
10965
1e/2e
99,64
1e
10949
1e
1000
2e
11764
2e/3e
100,86
2e
11322
2e/3e
101,32
2e
10925
2e
1002
3e
12141
3e/4e
100,43
3e
11865
3e/4e
99,97
3e
11472
3e
1010
4e
12144
4e/5e
100,64
4e
12193
4e/5e
100,15
4e
11862
4e
1013
5e
12338
5e/1m
107,93
5e
12222
5e/1m
107,89
5e
12211
5e
1017
1m
13493
1m/2m
98,35
1m
13316
1m/2m
99,29
1m
13186
1m
1113
2m
13351
2m/3m
99,00
2m
13270
2m/3m
99,48
2m
13221
2m
1090
3m
12898
3m/1p
18,75
3m
13217
3m/1p
18,43
3m
13201
3m
1075
1p
2562
1p/2p
84,43
1p
2418
1p/2p
86,10
1p
2436
1p
204
2p
2292
2p/3p
88,09
2p
2163
2p/3p
93,71
2p
2082
2p
172
3p
1974
3p/4p
90,48
3p
2019
3p/4p
89,90
3p
2027
3p
155
4p
1666
4p/5p
78,03
4p
1786
4p/5p
81,86
4p
1815
4p
136
5p
1321
5p
1300
5p
1462
5p
110
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
221
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 73 - Regione Abruzzo Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti
professionali a.s. 2008/2009
3e
11.472
0,202
1p
2.317
4e
11.862
0,170
2p
2.012
5e
12.211
0,152
3p
1.859
1m
13.186
0,122
4p
1.611
2m
13.221
0,101
5p
1.336
Totale
9.136
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
9.822
incremento alunni istituti professionali
-686
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Abruzzo, si inverte la tendenza alla crescita del numero di alunni iscritti all’istruzione professionale registrata nelle regioni del nord e del centro. Gli andamenti relativi alla popolazione scolastica della scuola elementare e media fanno preve-
222
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
dere un decremento del numero complessivo di alunni dell’istruzione professionale
pari a circa il 7%. Va comunque richiamato il dato relativo alla bassa percentuale
degli alunni che frequentano questa tipologia di istituti. C’è quindi la possibilità di
un cambiamento negli orientamenti delle famiglie e degli studenti.
6.16 Regione Molise
Il Molise è la Regione con la più bassa percentuale di studenti iscritti
agli istituti professionali (graf. 8). Il numero totale degli alunni della
scuola secondaria superiore risulta in calo dall’a.s. 1997/1998 fino all’a.s. 2000/2001 e in successiva ripresa fino all’a.s. 2003/2004 (tab.
74, graf. 67).
Il numero degli iscritti agli istituti professionali manifesta un andamento complessivamente in crescita con una leggera flessione negli
anni scolastici 1998/99 e 2002/03. Anche la percentuale di studenti
dell’istruzione professionale sul totale degli studenti ha un andamento
analogo (tab. 75, graf. 67). Nel 2003/04 tale percentuale ha un valore
pari al 14,3%, otto punti in meno rispetto alla media nazionale.
Gli istituti professionali presenti nella regione, nell’a.s. 2002/2003,
sono soltanto 2 e le sezioni associate sono 6, tutte aggregate ad istituti
superiori (tab. 6). Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato in servizio negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003 sono 241
(tab. 14).
Tabella 74 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Molise valori
assoluti e percentuali
anno scolastico
Tipologia
di scuola
Licei classici
Licei scientifici
Ist. e scuole
magistrali
Ist.
Professionali
97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04
alunni
1.987
1.884
1.822
1.787
1.740
1.716
1.787
%
alunni
11,1
10,9
10,6
10,4
10,0
9,7
10,0
alunni
3.380
3.387
3.357
3.213
3.220
3.198
3.284
%
alunni
18,8
19,6
19,5
18,7
18,4
18,1
18,4
alunni
1.947
2.001
2.075
2.177
2.172
2.276
2.306
%
alunni
10,9
11,6
12,1
12,7
12,4
12,9
12,9
alunni
2.273
2.121
2.274
2.329
2.547
2.461
2.548
%
alunni
12,7
12,3
13,2
13,6
14,6
14,0
14,3
223
CAPITOLO 6
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Licei artistici
Totale scuole
sec. superiori
gli iscritti agli ips
alunni
7.618
7.143
6.898
6.742
6.847
7.012
6.972
%
alunni
42,5
41,3
40,1
39,3
39,2
39,8
39,1
alunni
364
386
410
444
458
469
431
%
alunni
2,0
2,2
2,4
2,6
2,6
2,7
2,4
alunni
374
373
379
445
473
497
506
%
alunni
2,1
2,2
2,2
2,6
2,7
2,8
2,8
alunni
17.943
17.295
17.215
17.137
17.457
17.629
17.834
%
alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 75 Iscritti agli IPS in Molise e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Molise
%
alunni
12,7
12,3
13,2
13,6
14,6
14,0
14,3
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
224
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
225
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
226
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 76 – Regione Molise – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
classi
alunni
anno scolastico 98-99
tasso di passaggio
classi
alunni
anno scolastico 99-2000
tasso di passaggio
classi
alunni
tasso di passaggio
1e
3208
1e/2e
100,78
1e
3200
1e/2e
101,69
1e
3052
1e/2e
101,47
2e
3271
2e/3e
99,88
2e
3233
2e/3e
100,46
2e
3254
2e/3e
101,26
3e
3333
3e/4e
99,73
3e
3267
3e/4e
99,17
3e
3248
3e/4e
100,68
4e
3414
4e/5e
99,91
4e
3324
4e/5e
100,33
4e
3240
4e/5e
100,31
5e
3401
5e/1m
106,17
5e
3411
5e/1m
105,92
5e
3335
5e/1m
105,49
1m
3607
1m/2m
98,78
1m
3611
1m/2m
98,95
1m
3613
1m/2m
97,90
2m
3695
2m/3m
97,81
2m
3563
2m/3m
99,52
2m
3573
2m/3m
96,95
3m
3687
3m/1p
15,70
3m
3614
3m/1p
17,35
3m
3546
3m/1p
18,22
1p
613
1p/2p
85,15
1p
579
1p/2p
84,28
1p
627
1p/2p
95,85
2p
509
2p/3p
84,48
2p
522
2p/3p
91,95
2p
488
2p/3p
92,62
3p
428
3p/4p
82,01
3p
430
3p/4p
89,07
3p
480
3p/4p
72,92
4p
390
4p/5p
61,28
4p
351
4p/5p
84,33
4p
383
4p/5p
73,11
5p
333
5p
239
5p
296
anno scolastico 2000-01
classi
alunni
anno scolastico2001-02
tasso di passaggio
classi
alunni
anno
scolastico
2002-03
tasso di passaggio
classi
Tavola dei
flussi
alunni
1e
2944
1e/2e
100,37
1e
2854
1e/2e
100,88
1e
2749
1e
1000
2e
3097
2e/3e
101,36
2e
2955
2e/3e
100,17
2e
2879
2e
1010
3e
3295
3e/4e
100,06
3e
3139
3e/4e
100,22
3e
2960
3e
1017
4e
3270
4e/5e
99,85
4e
3297
4e/5e
100,55
4e
3146
4e
1016
1018
5e
3250
5e/1m
103,66
5e
3265
5e/1m
104,26
5e
3315
5e
1m
3518
1m/2m
100,00
1m
3369
1m/2m
101,28
1m
3404
1m
1070
2m
3537
2m/3m
100,68
2m
3518
2m/3m
99,29
2m
3412
2m
1064
3m
3464
3m/1p
18,33
3m
3561
3m/1p
16,34
3m
3493
3m
1051
1p
646
1p/2p
88,24
1p
635
1p/2p
91,81
1p
582
1p
181
2p
601
2p/3p
88,52
2p
570
2p/3p
84,39
2p
583
2p
161
3p
452
3p/4p
96,02
3p
532
3p/4p
85,90
3p
481
3p
142
4p
350
4p/5p
107,43
4p
434
4p/5p
82,49
4p
457
4p
121
5p
280
5p
376
5p
358
5p
99
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
227
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 77 - Regione Molise Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
2.960
0,178
1p
526
4e
3.146
0,158
2p
498
5e
3.315
0,140
3p
463
1m
3.404
0,113
4p
385
2m
3.412
0,093
5p
318
Totale
2.191
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
2.461
incremento alunni istituti professionali
-270
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Il Molise si caratterizza come la Regione con il più basso tasso di frequenza
degli istituti professionali. Il numero degli alunni che seguono questo tipo di studi,
sulla base degli andamenti decrescenti della popolazione scolastica della scuola
elementare e media potrebbe ulteriormente diminuire, in valore assoluto, di una
percentuale di quasi l’11%.
228
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.17 Regione Campania
In Campania l’andamento del totale degli alunni è omogeneo a quello nazionale registrando la solita flessione tra l’a.s. 1997/98 e quello
successivo per poi crescere costantemente e significativamente fino
all’anno scolastico 2003/2004 (tab. 78, graf. 57).
Gli iscritti agli istituti professionali crescono, complessivamente, in
modo più consistente del totale degli iscritti e la loro percentuale passa dal 20,5 al 23,3. L’andamento di questa percentuale è molto simile
al dato nazionale anche se le variazioni risultano leggermente più alte
(tab. 79)
Il tasso di iscritti agli IPS registrato nel 2003/04 colloca questa Regione,
rispetto a questo parametro, tra le prime sette, nettamente al di sopra
della media nazionale (+1%) (tab. 5, graf. 8).
Gli istituti professionali autonomi, nell’a.s. 2002/03, risultano 69 e le
sezioni associate64, di cui 39 aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab. 6) ; gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato in
servizio nell’istruzione professionale, nello stesso anno, sono 6.528
(tab. 14).
Tab. 78 - alunni della scuola secondaria superiore – Regione Campania - Valori
assoluti e percentuali
Tipologia
di scuola
Licei classici
Licei scientifici
Ist. e scuole
magistrali
Ist. professionali
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Licei artistici
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
alunni
29.966
29.982
29.344
28.627
28.483
29.019
30.460
% alunni
9,8
10,0
9,7
9,2
9,1
9,1
9,2
alunni
57.944
58.814
60.068
61.141
62.566
64.952
68.955
% alunni
18,9
19,5
19,8
19,7
19,9
20,3
20,9
alunni
31.316
30.830
30.888
31.086
30.176
32.014
33.627
% alunni
10,2
10,2
10,2
10,0
9,6
10,0
10,2
alunni
62.936
61.716
65.744
71.019
74.383
75.809
76.638
% alunni
20,5
20,5
21,6
22,9
23,6
23,7
23,3
alunni
113.478
109.278
107.129
107.176
107.769
107.159
108.204
% alunni
37,0
36,3
35,2
34,6
34,3
33,5
32,8
alunni
7.306
7.063
7.575
7.265
7.653
7.562
8.021
% alunni
2,4
2,3
2,5
2,3
2,4
2,4
2,4
alunni
3.348
3.315
3.226
3.421
3.589
3.687
3.507
% alunni
1,1
1,1
1,1
1,1
1,1
1,2
1,1
229
CAPITOLO 6
Totale
scuole sec.
superiori
gli iscritti agli ips
alunni
306.294
300.998
303.974
309.735
314.619
320.202
329.412
% alunni
100,0
100,0
100,0
100
100,0
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 79 – Iscritti negli IPS in Campania e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Campania
%
alunni
20,5
20,5
21,6
22,9
23,6
23,7
23,3
Ist. Prof.li
– Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
230
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
231
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 80 – Regione Campania – tassi di passaggio e tavola dei flussi
anno scolastico 97-98
anno scolastico 98-99
anno scolastico 99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
65019
1e/2e
107,37
1e
64845
1e/2e
105,87
1e
62694
1e/2e
104,13
2e
70159
2e/3e
99,92
2e
69809
2e/3e
100,62
2e
68652
2e/3e
100,44
3e
70126
3e/4e
99,40
3e
70101
3e/4e
99,72
3e
70239
3e/4e
99,65
4e
70826
4e/5e
99,83
4e
69705
4e/5e
99,99
4e
69903
4e/5e
100,32
5e
69172
5e/1m
121,86
5e
70707
5e/1m
119,31
5e
69697
5e/1m
117,59
1m
83531
1m/2m
95,17
1m
84291
1m/2m
95,72
1m
84364
1m/2m
95,84
2m
81756
2m/3m
96,35
2m
79496
2m/3m
97,20
2m
80682
2m/3m
95,44
3m
80141
3m/1p
21,24
3m
78768
3m/1p
25,61
3m
77272
3m/1p
28,90
1p
17578
1p/2p
83,73
1p
17023
1p/2p
87,64
1p
20169
1p/2p
82,13
2p
14625
2p/3p
80,94
2p
14718
2p/3p
83,31
2p
14919
2p/3p
85,63
3p
11833
3p/4p
83,58
3p
11837
3p/4p
87,76
3p
12262
3p/4p
88,31
4p
10419
4p/5p
79,16
4p
9890
4p/5p
80,95
4p
10388
4p/5p
82,00
5p
8481
5p
8248
5p
8006
232
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico
2000-01
classi
alunni
anno scolastico
2001-02
tasso di passaggio
classi
alunni
anno scolastico2002-03
tasso di passaggio
classi
Tavola dei
flussi alunni
1e
60821
1e/2e
103,62
1e
59548
1e/2e
104,59
1e
59320
1e
1000
2e
65284
2e/3e
100,63
2e
63023
2e/3e
100,43
2e
62284
2e
1051
3e
68954
3e/4e
99,79
3e
65696
3e/4e
100,67
3e
63294
3e
1055
4e
69995
4e/5e
100,05
4e
68810
4e/5e
100,09
4e
66136
4e
1054
5e
70127
5e/1m
116,03
5e
70029
5e/1m
115,94
5e
68873
5e
1054
1m
81956
1m/2m
97,23
1m
81370
1m/2m
97,18
1m
81192
1m
1246
2m
80858
2m/3m
98,13
2m
79685
2m/3m
97,55
2m
79072
2m
1199
3m
77003
3m/1p
30,04
3m
79346
3m/1p
29,10
3m
77730
3m
1162
1p
22333
1p/2p
76,66
1p
23134
1p/2p
70,14
1p
23090
1p
313
2p
16564
2p/3p
84,42
2p
17120
2p/3p
86,17
2p
16227
2p
251
3p
12775
3p/4p
90,65
3p
13984
3p/4p
89,73
3p
14753
3p
211
4p
10829
4p/5p
79,08
4p
11581
4p/5p
79,36
4p
12548
4p
186
5p
8518
5p
8564
5p
9191
5p
149
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
233
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 81 - Regione Campania Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
63.294
0,297
1p
18.799
4e
66.136
0,238
2p
15.751
5e
68.873
0,200
3p
13.786
1m
81.192
0,149
4p
12.106
2m
79.072
0,124
5p
9.815
Totale
70.258
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
75.809
incremento alunni istituti professionali
-5.551
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Campania il tasso di alunni che frequentano l’istruzione professionale è
più alto della media nazionale, ma il calo di alunni iscritti alla scuola media e, in
particolare, alla scuola elementare, fanno prevedere che, nei prossimi anni, ad invarianza dei comportamenti, il numero complessivo degli iscritti ai corsi degli istituti
professionali potrebbe ridursi in modo significativo (meno 7%).
6.18 Regione Puglia
In Puglia l’andamento del numero totale degli iscritti è sostanzialmente equiparabile a quello nazionale. In altri termini, dopo il calo relativo
all’a.s. 1998/99, si registra una crescita abbastanza regolare con una
qualche lieve accelerazione nel 2001/2002 e nel 2003/2004 (tab. 82,
graf. 77).
Per quanto riguarda gli iscritti all’istruzione professionale, si registra
complessivamente una crescita sia in valori assoluti che percentuali.
L’andamento di questa percentuale è abbastanza simile a quello nazionale anche se, mediamente, sempre più alto di due punti in percentuale. Rispetto al tasso di iscritti agli IPS, la Puglia, con il 24,4%, si
colloca al secondo posto, sul piano nazionale, subito dopo il Veneto.
(tab. 5, tab. 83).
Gli istituti professionali autonomi presenti nella regione, nell’a.s.
2003/2004 sono 39, ma sono presenti anche un numero rilevante di
sezioni associate (76) di cui 61 aggregate ad istituti superiori (tab. 6).
Nello stesso anno, nella regione, risultano in servizio nell’istruzione
professionale, con contratto a tempo indeterminato, 4.725 docenti
(tab. 14).
234
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 82 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Puglia Valori assoluti
e percentuali
anno scolastico
Tipologia
di scuola
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Licei classici
alunni
23.605
24.036
24.221
23.120
22.034
22.329
23.668
% alunni
11,2
11,7
11,7
11,1
10,3
10,3
10,7
Licei scientifici
alunni
37.244
36.726
36.070
36.182
36.146
37.197
38.948
% alunni
17,7
17,9
17,5
17,4
16,8
17,2
17,6
Ist. e scuole
magistrali
alunni
13.195
12.820
12.387
12.733
14.196
14.946
15.561
% alunni
6,3
6,2
6,0
6,1
6,6
6,9
7,0
alunni
46.409
45.385
47.689
49.682
52.625
52.845
54.012
% alunni
22,1
22,1
23,1
23,9
24,5
24,4
24,4
alunni
82.951
80.032
79.310
79.484
82.598
82.044
82.017
% alunni
39,5
39,0
38,5
38,2
38,5
37,9
37,0
alunni
4.877
4.776
4.778
5.002
5.186
5.266
5.451
% alunni
2,3
2,3
2,3
2,4
2,4
2,4
2,5
Licei artistici
alunni
1.556
1.631
1.738
1.884
1.900
1.976
1.977
% alunni
0,7
0,8
0,8
0,9
0,9
0,9
0,9
Totale
scuole sec.
superiori
alunni
209.837
205.406
206.193
208.087
214.685
216.603
221.634
% alunni
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Ist.
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 83 Iscritti agli IPS in Piemonte e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Puglia
%
alunni
22,1
22,1
23,1
23,9
24,5
24,4
24,4
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR
235
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
236
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
237
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 84 – Regione Puglia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
97-98
classi
alunni
anno scolastico
98-99
tasso di passaggio
classi
alunni
anno scolastico
99-2000
tasso di passaggio
classi
alunni
tasso di passaggio
1e
46145
1e/2e
100,96
1e
46398
1e/2e
100,35
1e
44196
1e/2e
2e
47287
2e/3e
100,17
2e
46586
2e/3e
100,49
2e
46562
2e/3e
100,61
100,71
3e
47084
3e/4e
99,73
3e
47369
3e/4e
99,59
3e
46815
3e/4e
100,05
4e
48602
4e/5e
99,80
4e
46959
4e/5e
100,07
4e
47176
4e/5e
100,08
5e
48042
5e/1m
110,48
5e
48503
5e/1m
109,96
5e
46992
5e/1m
109,00
1m
52772
1m/2m
96,97
1m
53075
1m/2m
97,06
1m
53336
1m/2m
97,82
2m
52177
2m/3m
97,11
2m
51173
2m/3m
97,47
2m
51513
2m/3m
97,60
3m
52746
3m/1p
22,19
3m
50668
3m/1p
28,07
3m
49879
3m/1p
29,42
1p
12642
1p/2p
83,52
1p
11702
1p/2p
86,95
1p
14222
1p/2p
79,08
2p
10042
2p/3p
87,56
2p
10559
2p/3p
87,54
2p
10175
2p/3p
91,05
3p
8866
3p/4p
87,73
3p
8793
3p/4p
88,29
3p
9243
3p/4p
87,45
4p
7997
4p/5p
81,94
4p
7778
4p/5p
80,82
4p
7763
4p/5p
82,64
5p
4294
5p
6553
5p
6286
anno scolastico2000-01
classi
alunni
anno scolastico2001-02
tasso di passaggio
classi
alunni
anno scolastico2002-03
tasso di passaggio
classi
Tavola dei
flussi
alunni
1e
42359
1e/2e
100,91
1e
41682
1e/2e
100,73
1e
41485
1e
1000
2e
44466
2e/3e
100,22
2e
42746
2e/3e
100,47
2e
41988
2e
1007
3e
46893
3e/4e
100,27
3e
44566
3e/4e
100,04
3e
42949
3e
1011
4e
46839
4e/5e
100,25
4e
47018
4e/5e
100,07
4e
44585
4e
1011
5e
47213
5e/1m
107,33
5e
46957
5e/1m
107,79
5e
47053
5e
1011
1m
51222
1m/2m
97,92
1m
50676
1m/2m
98,65
1m
50613
1m
1101
2m
52172
2m/3m
97,86
2m
50155
2m/3m
98,42
2m
49994
2m
1076
3m
50275
3m/1p
30,66
3m
51054
3m/1p
30,20
3m
49363
3m
1051
1p
14673
1p/2p
77,79
1p
15413
1p/2p
74,41
1p
15416
1p
295
2p
11247
2p/3p
90,90
2p
11414
2p/3p
86,90
2p
11469
2p
237
3p
9264
3p/4p
92,12
3p
10224
3p/4p
86,56
3p
9919
3p
211
4p
8083
4p/5p
87,10
4p
8534
4p/5p
84,26
4p
8850
4p
186
5p
6415
5p
7040
5p
7191
5p
155
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
238
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 85 - Regione Puglia Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
3e
42.949
4e
5e
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
0,292
1p
12.544
44.585
0,235
2p
10.470
47.053
0,208
3p
9.806
1m
50.613
0,169
4p
8.564
2m
49.994
0,144
5p
7.218
Totale
48.602
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
52.845
incremento alunni istituti professionali
-4.243
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Per la Puglia valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per la Campania.
Gli alunni iscritti in terza elementare sono circa 6.440 in meno rispetto a quelli
iscritti in terza media. Questo dato è destinato ad avere effetti rilevanti sul numero
complessivo degli iscritti alla scuola secondaria superiore e, di conseguenza, su
quello degli istituti professionali. Il calo stimato del valore assoluto degli iscritti a
questo settore è pari a circa l’8%.
239
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
6.19 Regione Basilicata
Nell’arco dei 7 anni scolastici presi in esame il numero totale degli
alunni iscritti alla scuola secondaria superiore in Basilicata subisce
solo una leggera contrazione (-189), risultato di un calo consistente
negli anni scolastici 1998/99, 1999/00 e di un recupero negli anni
successivi (tab. 86, graf. 82).
Anche l’andamento degli alunni iscritti agli istituti professionali presenta delle anomalie rispetto al dato nazionale. La loro percentuale
ha un incremento significativo nell’anno scolastico 1998/99 per poi
calare nell’anno scolastico successivo, prima di riprendere a salire. La
crescita si interrompe nell’a.s. 2002/03 (un anno dopo rispetto alla
media nazionale). La percentuale di iscritti all’istruzione professionale
nell’a.s. 2003/04 è pari al 24,3%. Questo valore, di due punti superiore alla media nazionale, colloca questa regione al quarto posto rispetto al tasso di studenti iscritti agli IPS (tab. 87, graf. 8) .
Il numero di istituti professionali presenti nella regione, nell’anno scolastico 2002/2003, è pari a 7 e 22 sono le sezioni associate, 19 delle
quali aggregate ai istituti superiori (tab. 6).
Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nello
stesso anno nell’istruzione professionale, sono 2.651 (tab. 14).
Tab. 86 - Alunni la scuola secondaria superiore – Regione Basilicata
valori assoluti e percentuali
Tipologia di scuola
Licei classici
alunni
% alunni
Licei scientifici
alunni
Ist. e scuole
magistrali
alunni
Ist.
Professionali
alunni
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
240
% alunni
% alunni
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
2.886
2.817
2.814
2.799
2.801
2.895
3.055
7,9
7,8
8,1
7,9
7,9
8,1
8,4
6.584
6.591
6.578
6.612
6.648
6.660
6.939
18,0
18,2
18,9
18,7
18,7
18,6
19,1
2.894
2.925
2.859
2.820
2.853
2.998
3.057
7,9
8,1
8,2
8,0
8,0
8,4
8,4
8.269
8.543
8.112
8.342
8.649
8.858
8.825
22,6
23,6
23,3
23,5
24,3
24,8
24,3
14.992
14.403
13.608
13.955
13.699
13.371
13.404
% alunni
41,0
39,8
39,1
39,4
38,5
37,4
36,9
alunni
538
520
485
502
538
577
599
1,5
1,4
1,4
1,4
1,5
1,6
1,6
% alunni
alunni
% alunni
CAPITOLO 6
Licei artistici
Totale
scuole sec.
superiori
gli iscritti agli ips
alunni
376
% alunni
370
396
399
387
471
1,0
1,0
1,1
1,1
1,1
1,1
1,3
36.539
36.177
34.826
35.426
35.587
35.746
36.350
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
% alunni
alunni
378
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 87 Iscritti agli IPS in basilicata e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Basilicata
%
alunni
22,6
23,6
23,3
23,5
24,3
24,8
24,3
Ist. Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
241
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
242
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tabella 88 – Regione Basilicata – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico 97-98
anno scolastico 98-99
anno scolastico 99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
6634
1e/2e
101,28
1e
6574
1e/2e
101,32
1e
6084
1e/2e
100,46
2e
6990
2e/3e
99,84
2e
6719
2e/3e
100,31
2e
6661
2e/3e
100,44
3e
6975
3e/4e
99,58
3e
6979
3e/4e
99,89
3e
6740
3e/4e
99,97
4e
7006
4e/5e
99,71
4e
6946
4e/5e
100,06
4e
6971
4e/5e
99,81
5e
7106
5e/1m
106,84
5e
6986
5e/1m
108,66
5e
6950
5e/1m
106,17
1m
7626
1m/2m
96,62
1m
7592
1m/2m
97,44
1m
7591
1m/2m
97,83
2m
7787
2m/3m
94,95
2m
7368
2m/3m
101,62
2m
7398
2m/3m
98,35
3m
7809
3m/1p
28,15
3m
7394
3m/1p
31,01
3m
7487
3m/1p
29,16
1p
2226
1p/2p
89,22
1p
2198
1p/2p
81,03
1p
2293
1p/2p
86,26
2p
1951
2p/3p
89,75
2p
1986
2p/3p
78,75
2p
1781
2p/3p
88,94
3p
1652
3p/4p
89,41
3p
1751
3p/4p
81,21
3p
1564
3p/4p
91,11
4p
1320
4p/5p
85,68
4p
1477
4p/5p
71,23
4p
1422
4p/5p
82,42
5p
1120
5p
1131
5p
1052
243
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico2000-01
anno scolastico2001-02
anno scolastico2002-03
classi
classi
classi
1e
alunni
tasso di
passaggio
5929
1e/2e
99,04
1e
2e
6112
3e
6690
2e/3e
101,36
3e/4e
100,24
4e
6738
4e/5e
5e
6958
1m
alunni
tasso di
passaggio
5722
1e/2e
100,38
1e
2e
5872
3e
6195
2e/3e
101,55
3e/4e
100,06
99,47
4e
6706
4e/5e
5e/1m
104,12
5e
6702
7379
1m/2m
99,16
1m
Tavola dei
flussi
alunni
5567
1e
1000
2e
5744
2e
1005
3e
5963
3e
1012
99,19
4e
6199
4e
1011
5e/1m
103,89
5e
6652
5e
1008
7245
1m/2m
99,63
1m
6963
1m
1068
2m
7426
2m/3m
98,80
2m
7317
2m/3m
97,28
2m
7218
2m
1048
3m
7276
3m/1p
30,28
3m
7337
3m/1p
32,75
3m
7118
3m
1029
1p
2183
1p/2p
88,41
1p
2203
1p/2p
85,29
1p
2403
1p
311
2p
1978
2p/3p
91,41
2p
1930
2p/3p
90,62
2p
1879
2p
268
3p
1584
3p/4p
94,44
3p
1808
3p/4p
87,61
3p
1749
3p
236
4p
1425
4p/5p
85,05
4p
1496
4p/5p
83,09
4p
1584
4p
209
5p
1172
5p
1212
5p
1243
5p
170
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
244
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 89 - Regione Basilicata Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali
a.s. 2008/2009
3e
5.963
0,308
1p
1.835
4e
6.199
0,265
2p
1.642
5e
6.652
0,234
3p
1.555
1m
6.963
0,196
4p
1.363
2m
7.218
0,163
5p
1.174
Totale
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
incremento alunni istituti professionali
7.569
8.858
-1.289
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Anche in Basilicata gli andamenti relativi agli alunni iscritti nella scuola media
ed elementare fanno prevedere, per i prossimi anni, un calo tra gli iscritti alla scuola
secondaria superiore. Sulla base dei flussi di popolazione scolastica ricavati dai dati
relativi a questa regione si può stimare che nell’istruzione professionale si potrebbe
registrare un calo degli iscritti superiore al 14%.
6.20 Regione Calabria
La curva relativa al numero complessivo di iscritti alla scuola secondaria superiore, in Calabria, nel periodo considerato (a.s. 1997/98 – a.s.
2003/04), ha un andamento molto simile a quello nazionale: il numero totale degli studenti, dopo il calo relativo all’a.s. 1998/99, cresce
costantemente (tab. 90, graf. 87).
Il numero degli studenti dell’istruzione professionale cresce in valore
assoluto fino all’anno scolastico 2002/2003 mentre la percentuale di
questi studenti, rispetto al totale degli iscritti alla scuola secondaria superiore, a partire da tale anno, comincia a diminuire, così come avviene
a livello nazionale. Tale percentuale, nell’anno scolastico 2003/2004,
assume il valore del 22,8%, superiore di mezzo punto rispetto alla
media nazionale. La Calabria si colloca, quindi, tra le Regioni con una
percentuale di istruzione professionale più alta della media nazionale
(tab. 91, graf. 8).
Il numero di istituti professionali autonomi, nell’a.s. 2002/2003, è pari
245
CAPITOLO 6
Regione
Calabria
gli iscritti agli ips
a 26 e 55 sono le sezioni associate, 39 delle quali aggregate a istituti
superiori (tab. 6).
Nello stesso anno i docenti dell’istruzione professionale, in servizio
con contratto a tempo indeterminato, risultano 2.651 (tab. 14).
Tab. 90 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Calabria. valori assoluti e percentuali
Tipologia
di scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Licei
classici
alunni
11.619
11.181
10.788
10.369
10.124
10.097
10.346
%
alunni
10,0
9,8
9,4
8,9
8,6
8,4
8,6
Licei
scientifici
alunni
22.756
22.977
23.144
23.386
23.840
24.851
25.559
%
alunni
19,7
20,1
20,1
20,0
20,2
20,7
21,2
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
7.985
8.083
7.989
7.795
7.840
8.425
8.932
%
alunni
6,9
7,1
6,9
6,7
6,6
7,0
7,4
Ist.
alunni
23.840
23.937
24.863
26.357
27.446
27.517
27.461
%
alunni
20,6
20,9
21,6
22,5
23,2
23,0
22,8
alunni
46.202
44.966
44.626
44.940
44.674
44.700
43.921
%
alunni
39,9
39,2
38,7
38,4
37,8
37,3
36,4
alunni
2.452
2.504
2.865
3.121
3.111
3.059
3.127
%
alunni
2,1
2,2
2,5
2,7
2,6
2,6
2,6
Licei
artistici
alunni
933
938
1.048
1.028
1.141
1.211
1.205
0,8
0,8
0,9
0,9
1,0
1,0
1,0
Totale
scuole
sec. superiori
alunni
Ist.
Tecnici
Ist. d’arte
%
alunni
%
alunni
115.787 114.586 115.323 116.996
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
246
100,0
100,0
118.176 119.860 120.551
100,0
100,0
100,0
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tabella 91 - Iscritti agli IPS in Calabria e in Italia - Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist. Prof.li
- Calabria
%
alunni
20,6
20,9
21,6
22,5
23,2
23,0
22,8
Ist. Prof.li
– Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
247
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
248
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur
Tab. 92– Tassi di passaggio e tavola dei flussi – Regione Calabria (*)
anno scolastico
97-98
anno scolastico
98-99
anno scolastico
99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
22597
1e/2e
102,19
1e
22257
1e/2e
103,14
1e
21165
1e/2e
103,12
2e
23879
2e/3e
101,03
2e
23092
2e/3e
101,73
2e
22955
2e/3e
101,03
3e
25023
3e/4e
99,36
3e
24126
3e/4e
99,27
3e
23492
3e/4e
99,93
4e
25296
4e/5e
99,94
4e
24864
4e/5e
99,93
4e
23950
4e/5e
100,18
5e
25227
5e/1m
111,86
5e
25282
5e/1m
110,78
5e
24846
5e/1m
107,38
1m
28534
1m/2m
94,52
1m
28218
1m/2m
95,30
1m
28008
1m/2m
95,14
2m
27574
2m/3m
95,63
2m
26971
2m/3m
96,23
2m
26891
2m/3m
95,34
3m
26994
3m/1p
23,59
3m
26370
3m/1p
25,83
3m
25954
3m/1p
27,70
1p
6316
1p/2p
85,80
1p
6368
1p/2p
88,10
1p
6811
1p/2p
86,26
2p
5366
2p/3p
86,00
2p
5419
2p/3p
88,06
2p
5610
2p/3p
91,91
3p
4375
3p/4p
94,58
3p
4615
3p/4p
91,96
3p
4772
3p/4p
92,52
4p
4219
4p/5p
80,52
4p
4138
4p/5p
82,79
4p
4244
4p/5p
87,70
5p
3564
5p
3397
5p
3426
249
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico2000-01
anno scolastico2001-02
anno scolastico2002-03
classi
classi
classi
alunni
tasso di
passaggio
alunni
tasso di
passaggio
Tavola dei
flussi
alunni
1e
20070
1e/2e
101,76
1e
19860
1e/2e
100,91
1e
19199
1e
1000
2e
21825
2e/3e
101,87
2e
20424
2e/3e
101,16
2e
20041
2e
1022
3e
23191
3e/4e
99,48
3e
22233
3e/4e
99,46
3e
20661
3e
1036
4e
23475
4e/5e
100,03
4e
23071
4e/5e
99,93
4e
22112
4e
1031
5e
23994
5e/1m
107,15
5e
23481
5e/1m
106,85
5e
23054
5e
1031
1m
26679
1m/2m
99,08
1m
25710
1m/2m
98,25
1m
25089
1m
1122
2m
26648
2m/3m
98,81
2m
26433
2m/3m
97,34
2m
25259
2m
1082
3m
25638
3m/1p
27,14
3m
26330
3m/1p
27,21
3m
25729
3m
1046
1p
7189
1p/2p
84,95
1p
6957
1p/2p
86,34
1p
7165
1p
275
2p
5875
2p/3p
93,74
2p
6107
2p/3p
87,80
2p
6007
2p
237
3p
5156
3p/4p
93,74
3p
5507
3p/4p
89,21
3p
5362
3p
212
4p
4415
4p/5p
91,55
4p
4833
4p/5p
84,21
4p
4913
4p
196
5p
3722
5p
4042
5p
4070
5p
168
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
250
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 93 - Regione Calabria Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
20.661
0,265
1p
5.484
4e
22.112
0,230
2p
5.090
5e
23.054
0,206
3p
4.749
1m
25.089
0,175
4p
4.390
2m
25.259
0,155
5p
3.911
Totale
23.623
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
27.517
incremento alunni istituti professionali
-3.894
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Per la Calabria valgono considerazioni analoghe a quelle esposte per la
Basilicata. Tutti i dati relativi agli iscritti alla scuola elementare e alla scuola media
mostrano riduzioni rilevanti. Sulla base della tavola dei flussi, il calo prevedibile per
gli alunni iscritti all’istruzione professionale è dell’ordine del 14%.
6.21 Regione Sicilia
In Sicilia, il numero complessivo di alunni della scuola secondaria superiore, cresce costantemente, dopo una lieve flessione registrata nell’a.s. 1998/1999, analogamente a quanto avviene sul piano nazionale,
anche se la crescita qui è più accentuata: +31.000 alunni in 6 anni
(tab. 94, graf. 92).
A questo risultato contribuisce in modo rilevante l’istruzione professionale (quasi 20.000 alunni in più nel periodo considerato) con un
incremento costante degli iscritti e della loro percentuale rispetto al
numero complessivo degli studenti degli istituti secondari superiori
(tab. 95, graf. 93). Tale percentuale passa dal 17,2% dell’a.s. 1997/98
(inferiore di quasi quattro punti rispetto alla media nazionale dello
stesso anno) al 22,6% dell’a.s. 2003/2004, leggermente superiore alla
media nazionale (tab. 95, graf. 8)).
Il numero di istituti professionale presenti nella regione nell’a.s.
2002/2003 è pari a 40, ma sono presenti anche 85 sezioni associate,
di cui 71 aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab. 6).
Gli insegnanti dell’istruzione professionale con contratto a tempo indeterminato risultano essere, nello stesso anno, 5.251 (tab. 14).
251
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 94 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Sicilia valori assoluti
e percentuali
Tipologia di
scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Licei
classci
alunni
28.496
28.701
28.584
28.677
28.732
28.862
29.669
%
alunni
12,0
12,2
12,0
11,8
11,3
11,1
11,1
Licei
scientifici
alunni
43.004
43.464
43.815
44.839
46.878
48.335
51.279
%
alunni
18,1
18,5
18,4
18,5
18,4
18,6
19,1
Ist. e
scuole
magistrali
alunni
22.710
22.609
22.491
22.205
22.833
23.950
24.671
%
alunni
9,6
9,6
9,5
9,2
8,9
9,2
9,2
Ist.
alunni
40.782
41.451
45.516
49.821
56.044
57.637
60.613
%
alunni
17,2
17,6
19,2
20,6
22,0
22,2
22,6
Ist.
Tecnici
alunni
93.962
90.752
88.433
86.950
90.999
90.510
91.383
%
alunni
39,6
38,5
37,2
35,9
35,7
34,9
34,1
Ist.
d’arte
alunni
6.241
6.242
6.276
7.031
6.913
7.069
7.249
%
alunni
2,6
2,7
2,6
2,9
2,7
2,7
2,7
alunni
2.104
2.279
2.473
2.537
2.794
3.151
3.360
%
alunni
0,9
1,0
1,0
1,0
1,1
1,2
1,3
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Totale
alunni
scuole
sec. su- %
periori alunni
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
252
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 95 Iscritti agli IPS in Sicilia e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Ist.
Prof.li Sicilia
%
alunni
17,2
17,6
19,2
20,6
22,0
22,2
22,6
Ist.
Prof.li
- Italia
%
alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
253
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
254
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 96 – Regione Sicilia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
97-98
anno scolastico
98-99
anno scolastico
99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
58883
1e/2e
102,71
1e
58055
1e/2e
102,75
1e
56172
1e/2e
101,44
2e
60919
2e/3e
99,97
2e
60481
2e/3e
99,66
2e
59651
2e/3e
100,53
99,67
3e
60623
3e/4e
99,81
3e
60899
3e/4e
99,35
3e
60274
3e/4e
4e
60885
4e/5e
100,34
4e
60505
4e/5e
99,74
4e
60502
4e/5e
99,77
5e
59811
5e/1m
118,21
5e
61092
5e/1m
115,91
5e
60350
5e/1m
114,45
1m
71028
1m/2m
94,54
1m
70705
1m/2m
94,33
1m
70812
1m/2m
95,50
2m
67680
2m/3m
95,03
2m
67149
2m/3m
95,62
2m
66695
2m/3m
95,54
3m
65741
3m/1p
18,85
3m
64318
3m/1p
24,00
3m
64211
3m/1p
27,23
1p
12130
1p/2p
77,44
1p
12395
1p/2p
80,28
1p
15438
1p/2p
74,31
2p
9601
2p/3p
83,22
2p
9394
2p/3p
85,29
2p
9951
2p/3p
83,54
3p
7548
3p/4p
87,92
3p
7990
3p/4p
86,45
3p
8012
3p/4p
88,57
4p
6458
4p/5p
77,98
4p
6636
4p/5p
78,48
4p
6907
4p/5p
79,01
5p
5045
5p
5036
5p
5208
255
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico2000-01
anno scolastico2001-02
anno scolastico2002-03
classi
classi
classi
1e
alunni
tasso di
passaggio
alunni
tasso di
passaggio
Tavola dei
flussi
alunni
53593
1e/2e
101,41
1e
52995
1e/2e
100,63
1e
51942
1e
1000
2e
56980
2e/3e
100,86
2e
54349
2e/3e
100,10
2e
53331
2e
1018
3e
59966
3e/4e
99,57
3e
57472
3e/4e
99,02
3e
54402
3e
1020
4e
60074
4e/5e
100,27
4e
59707
4e/5e
99,69
4e
56910
4e
1015
5e
60364
5e/1m
112,90
5e
60239
5e/1m
111,54
5e
59519
5e
1015
1m
69068
1m/2m
97,47
1m
68153
1m/2m
97,75
1m
67191
1m
1163
2m
67625
2m/3m
97,30
2m
67321
2m/3m
96,65
2m
66620
2m
1115
3m
63720
3m/1p
28,58
3m
65800
3m/1p
28,27
3m
65067
3m
1071
1p
17483
1p/2p
77,86
1p
18212
1p/2p
73,29
1p
18599
1p
272
2p
11472
2p/3p
89,91
2p
13612
2p/3p
80,16
2p
13347
2p
208
3p
8313
3p/4p
93,88
3p
10315
3p/4p
83,70
3p
10911
3p
176
4p
7096
4p/5p
85,98
4p
7804
4p/5p
78,75
4p
8634
4p
155
5p
5457
5p
6101
5p
6146
5p
124
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
256
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 97 - Regione Sicilia Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
54.402
0,266
1p
14.498
4e
56.910
0,205
2p
11.683
5e
59.519
0,173
3p
10.319
1m
67.191
0,133
4p
8.956
2m
66.620
0,111
5p
7.410
Totale
52.866
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
57.637
incremento alunni istituti professionali
-4.771
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: In Sicilia, l’incremento, attualmente in atto, degli iscritti al primo anno dell’istruzione professionale sembra destinato ad arrestarsi, nei prossimi anni, per effetto della riduzione rilevante degli alunni iscritti alla scuola media ed elementare.
Se non si verificano fenomeni significativi relativamente alla popolazione scolastica
e alle scelte rispetto alla scuola secondaria superiore, è prevedibile un calo significativo del numero di iscritti all’istruzione professionale. La riduzione complessiva,
nell’a.s. 2008/09, è stimata pari all’8% circa rispetto ai valori dell’a.s. 2002/03.
6.22 Regione Sardegna
In Sardegna il quadro relativo all’andamento complessivo del numero degli iscritti risulta notevolmente diverso da quello nazionale. Tale
numero, se si eccettua una lieve ripresa nell’a.s. 2000/01, cala costantemente con una riduzione complessiva di oltre 8.700 alunni nel periodo considerato - a.s. 1997/98 - a.s. 2003/2004 - (tab. 98, graf. 97).
In questo quadro, l’andamento relativo al numero degli studenti degli
istituti professionali mostra alcuni caratteri in controtendenza: dopo
una diminuzione di iscritti registrata nell’a.s. 1998/99, si riscontra una
crescita nei tre anni scolastici successivi, un calo nell’a.s. 2002/2003
ed un leggero incremento nell’a.s. 2003/2004, con un saldo complessivo, nei 7 anni presi in considerazione, leggermente positivo (tab.
98, graf. 96). Conseguentemente, la percentuale degli iscritti negli IPS
sul totale degli iscritti, con un andamento un po’ altalenante, cresce,
257
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
passando dal 16% al 18% (graf. 98). Questo valore rimane comunque
al di sotto della media nazionale di oltre 4 punti e colloca la Sardegna
tra le regione con il più basso tasso di studenti iscritti all’istruzione
professionale (tab. 99, graf. 8).
Gli istituti professionali autonomi funzionanti in Sardegna nell’a.s.
2002/2003 sono 18 e 35 le sezioni associate, di cui 24 aggregate ad
istituti superiori (tab. 6). Gli insegnanti in servizio negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003, con contratto a tempo indeterminato
sono 1578 (tab. 14).
Tab. 98 – Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Sardegna valori
assoluti e percentuali
Tipologia di
scuola
anno scolastico
97/98
98/99
99/00
00/01
01/02
02/03
03/04
Licei classici
alunni
8.362
8.121
8.031
7.852
7.922
7.987
8.263
%
alunni
8,8
9,0
9,0
8,8
8,9
9,2
9,6
Licei scientifici
alunni
17.928
17.553
17.302 16.943
17.071
16.731
17.499
%
alunni
18,9
19,5
19,4
18,9
19,1
19,4
20,3
Ist. e scuole
magistrali
alunni
6.807
6.396
6.655
6.514
6.559
6.484
6.591
%
alunni
7,2
7,1
7,5
7,3
7,3
7,5
7,6
alunni
15.220
14.259 14.828 16.092
16.230
15.441
15.518
%
alunni
16,0
18,2
17,9
18,0
Ist.
Ist. Tecnici
Ist. d’arte
Licei artistici
Totale
scuole sec.
superiori
alunni
15,9
43.964 40.869 39.704
18,0
39.276 38.607
37.023 35.527
%
alunni
46,3
45,5
44,6
43,9
43,2
42,8
41,2
alunni
1.749
1.628
1.349
1.506
1.466
1.423
1.574
%
alunni
1,8
1,8
1,5
1,7
1,6
1,6
1,8
alunni
963
1.018
1.094
1.298
1.425
1.326
1.274
1,0
1,1
1,2
1,5
1,6
1,5
1,5
%
alunni
alunni
%
alunni
94.993 89.844 88.963 89.481 89.280
100,0
100,0
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
258
16,7
100,0
100,0
100,0
86.415 86.246
100,0
100,0
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 99 Iscritti agli IPS in Sardegna e in Italia – Valori percentuali
anno scolastico
97/98
98/99 99/00 00/01
01/02
02/03 03/04
Ist. Prof.li
- Sardegna
% alunni
16,0
15,9
16,7
18,0
18,2
17,9
18,0
Ist. Prof.li
- Italia
% alunni
20,1
20,3
21,2
22,1
22,6
22,4
22,3
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
259
CAPITOLO 6
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
260
gli iscritti agli ips
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Tab. 100 - Regione Sardegna – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*)
anno scolastico
97-98
anno scolastico
98-99
anno scolastico
99-2000
classi
classi
classi
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
alunni
tasso di passaggio
1e
16345
1e/2e
99,42
1e
15739
1e/2e
99,12
1e
15099
1e/2e
99,19
2e
16915
2e/3e
99,88
2e
16251
2e/3e
100,01
2e
15601
2e/3e
100,78
3e
16774
3e/4e
99,63
3e
16894
3e/4e
99,87
3e
16252
3e/4e
99,98
4e
17247
4e/5e
99,80
4e
16712
4e/5e
100,25
4e
16872
4e/5e
100,78
5e
17434
5e/1m
118,62
5e
17212
5e/1m
117,88
5e
16753
5e/1m
114,96
1m
21081
1m/2m
96,62
1m
20680
1m/2m
97,11
1m
20290
1m/2m
96,72
2m
21250
2m/3m
95,61
2m
20368
2m/3m
96,21
2m
20082
2m/3m
96,11
3m
20858
3m/1p
20,85
3m
20317
3m/1p
24,33
3m
19597
3m/1p
29,33
1p
4739
1p/2p
70,35
1p
4348
1p/2p
79,32
1p
4944
1p/2p
74,94
2p
3634
2p/3p
77,05
2p
3334
2p/3p
78,37
2p
3449
2p/3p
80,31
3p
2597
3p/4p
81,79
3p
2800
3p/4p
81,04
3p
2613
3p/4p
83,85
4p
2360
4p/5p
70,04
4p
2124
4p/5p
73,12
4p
2269
4p/5p
73,95
5p
1890
5p
1653
5p
1553
261
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
anno scolastico2000-01
anno scolastico2001-02
anno scolastico2002-03
classi
classi
classi
alunni
tasso di
passaggio
1e
14513
1e/2e
2e
14976
3e
15722
4e
16249
5e
17004
1m
19259
1m/2m
alunni
tasso di
passaggio
98,05
1e
13918
1e/2e
2e/3e
99,41
3e/4e
98,91
2e
14230
3e
14888
4e/5e
99,06
4e
15551
5e/1m
112,12
5e
16096
98,18
1m
19065
1m/2m
Tavola dei
flussi
alunni
102,02
1e
13500
1e
1000
2e/3e
104,02
2e
13856
2e
996
3e/4e
105,08
3e
14199
3e
1004
4e/5e
117,30
4e
14802
4e
1011
5e/1m
115,39
5e
15645
5e
1045
95,54
1m
18241
1m
1211
1172
2m
19624
2m/3m
97,96
2m
18908
2m/3m
22,37
2m
18573
2m
3m
19300
3m/1p
25,61
3m
19223
3m/1p
19,69
3m
18215
3m
957
1p
5748
1p/2p
71,16
1p
4943
1p/2p
64,19
1p
4229
1p
229
2p
3705
2p/3p
82,97
2p
4090
2p/3p
60,44
2p
3785
2p
165
3p
2770
3p/4p
86,10
3p
3074
3p/4p
57,97
3p
3173
3p
125
4p
2191
4p/5p
79,32
4p
2385
4p/5p
647,42
4p
2472
4p
98
5p
1678
5p
1738
5p
1782
5p
185
(*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale.
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
262
CAPITOLO 6
gli iscritti agli ips
Tab. 101 - Regione Sardegna Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
alunni 2002/2003
Tasso di passaggio
Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009
3e
14.199
0,228
1p
3.244
4e
14.802
0,163
2p
2.418
5e
15.645
0,120
3p
1.874
1m
18.241
0,081
4p
1.474
2m
18.573
0,158
5p
2.927
Totale
11.937
totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003
15.441
incremento alunni istituti professionali
-3.504
Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR
Note: Anche la Sardegna si caratterizza per un forte calo della leva scolastica.
Nell’a.s. 2002/2003, gli iscritti in terza elementare sono circa 4.000 in meno di
quelli iscritti in terza media (-22%). Sulla base degli indici di flusso ricavati dai dati
presi in esame, si può prevedere, nell’a.s. 2008/2009, un calo complessivo degli
iscritti all’istruzione professionale pari a circa il 13%, rispetto a quelli iscritti nell’a.
s. 2002/2003.
263
CAPITOLO 7
istruzione professionale
ISTRUZIONE PROFESSIONALE
REGIONALE E RIFORMA
COSTITUZIONALE:
NUOVI SCENARI PER
LA CONTRATTAZIONE
NAZIONALE E PER LA
GESTIONE DEL PERSONALE
Il trasferimento dell’attuale istruzione professionale statale alle Regioni
e il nuovo disegno costituzionale comportano sicure implicazioni sulla
gestione del personale docente e non docente, e ripropongono al centro del dibattito politico e sindacale sia il rapporto tra contrattazione
nazionale e contrattazione decentrata, sia il raccordo, a riguardo della
disciplina del rapporto di lavoro, tra i livelli di potere normativo, cioè
tra la legislazione statale e l’autonomia normativa delle Regioni.
7.1 Il peso crescente della contrattazione decentrata
Il rapporto tra i livelli negoziali è uno dei temi ricorrenti del dibattito
che accompagna la contrattazione del lavoro nel settore privato ma
che, in questi ultimi anni, è all’ordine del giorno anche per la pubblica
amministrazione.
Il livello in cui avviene la contrattazione ha implicazioni che coinvolgono aspetti macro e micro-economici. Il prevalere di un modello centralizzato della contrattazione (il contratto collettivo nazionale) viene,
in genere, interpretato dagli economisti in grado di svolgere un ruo-
264
CAPITOLO 7
istruzione professionale
lo positivo nello sviluppare politiche retributive “compatibili” con le
performance dei sistemi economici, in termini di contenimento delle
dinamiche inflazionistiche e della disoccupazione.
E’ rilevante, in questi contesti, la presenza delle grandi organizzazioni
sindacali che svolgono non solo un ruolo circoscritto alle politiche contrattuali di settore e di categoria , ma tengono conto, nel determinare
le politiche salariali, di compatibilità che vanno oltre la rappresentanza
del mondo del lavoro, fino al coinvolgimento nelle politiche fiscali e di
contenimento dei deficit pubblici.
In Italia, l’Accordo del luglio 1993 offre l’impianto di relazioni sindacali
in cui la contrattazione centralizzata viene inserita in un quadro di
regole governate rigorosamente attraverso una politica dei redditi nazionale. Nell’accordo viene definita l’articolazione della contrattazione
collettiva su due livelli: nazionale di categoria (cadenza quadriennale
per la parte normativa, biennale per la parte retributiva), aziendale, o
territoriale (cadenza quadriennale).
Solitamente, i termini del confronto per la contrattazione decentrata
vengono riassunti nell’esigenza di tener conto dei differenziali di produttività fra imprese e aree geografiche, cui si aggiunge la possibilità
di trovare una qualche relazione tra il livello dei salari e le condizioni
del mercato del lavoro, con salari decrescenti nelle regioni con più alta
disoccupazione. Tuttavia, è ormai condivisa l’opinione che l’impianto
relativo all’Accordo del luglio 1993, per quanto attiene alla contrattazione decentrata, non abbia fornito risultati efficaci in termini di distribuzione aziendale dei risultati della produttività, e meno ancora della
capacità di adeguare le politiche retributive alle differenze locali dei
livelli di produttività e dei mercati del lavoro.
Tali considerazioni valgono sia per settore privato, sia per il settore
pubblico. Anzi, per quest’ultimo, la ricerca di un nuovo equilibrio tra
i livelli di contrattazione è accentuato ora dalla riforma costituzionale
di impostazione “federalista”, con il nuovo ruolo assegnato alle autonomie locali, che rischia di far apparire incoerente il permanere di un
sistema fortemente centralizzato di contrattazione collettiva mentre i
soggetti pubblici conquistano sempre più autonomia.
7.2 Ipotesi di riforma e prime intese
Gli esiti delle politiche contrattuali nei dieci anni trascorsi vengono
valutati in modo, a volte, difforme e contrapposto: sia come richiesta
di profonde revisioni, sia di mantenimento della cornice contrattuale
complessiva.. E’ indubbio che uno degli obiettivi prioritari, il rientro
265
Il peso crescente
della contrattazione decentrata
CAPITOLO 7
Ipotesi di
riforma e prime
intese
istruzione professionale
dall’inflazione ed il mantenimento di un profilo basso del tasso sotto
il 3%, ha permesso la salvaguardia di livelli di competitività internazionale, specialmente dopo i vincoli introdotti da Maastrich. Tuttavia,
è proprio il prevalere del criterio della competitività nei confronti della
distribuzione della produttività tra i fattori della produzione che viene
visto da molti come portatore di esiti non positivi della contrattazione
decentrata; ciò sta ponendo al centro del dibattito politico e sindacale
il ripensamento o di una qualche revisione dell’impianto contrattuale
definito nel 1993.
La pubblicazione del Libro Bianco sul Lavoro del governo (2001), inoltre, ha alimentato il dibattito ed il confronto tra posizioni ancora molto
differenziate, specialmente tra i sindacati. In tale documento si sollecitano le parti sociali a intervenire sul sistema contrattuale lasciando
al CCNL la configurazione di accordo quadro, con la funzione di “salvaguardare il potere di fissare standard minimi comuni”, e rafforzando
la contrattazione decentrata, per rendere flessibile la struttura della
retribuzione, con forti coerenze con le specificità del territorio.
Ma mentre prosegue il confronto, prime esperienze si stanno affacciando, che sicuramente aprono alla sperimentazioni di un nuovo modello
contrattuale. E’ il caso del contratto degli artigiani, siglato all’inizio del
2004, che introduce una forma di regionalizzazione del contratto: il
contratto nazionale continua a garantire la tutela del potere d’acquisto, mentre alla contrattazione regionale è demandato il recupero
dell’eventuale scostamento tra l’inflazione definita dalla concertazione
e l’inflazione reale, oltre alla redistribuzione dell’aumento della produttività. Occorre ricordare che anche questa prima esperienza non è
stata letta in modo univoco dagli interlocutori sindacali e politici, tesi
ad enfatizzare o sminuire gli indubbi elementi di discontinuità con il
passato.
Pur in contesti diversi, novità rilevanti si stanno affermando nel settore
pubblico, in contemporanea con la faticosa ricerca delle linee di applicazione della riforma costituzionale del 2001, di cui tratteremo più
ampiamente di seguito: dapprima, l’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2002 in materia di sanità (che precisa gli elementi distintivi dei due
livelli di contrattazione), e poi, via-via, i nuovi contratti del Comparto
delle Regioni e delle Autonomie locali e del Comparto Sanità e Scuola
per il quadriennio normativo 2002-2005.
266
CAPITOLO 7
istruzione professionale
7.3 I contratti nel settore pubblico
Come è stato ricordato poco sopra, la contrattazione portata a livello
decentrato tiene conto delle possibilità di adeguare le politiche retributive ai differenziali di produttività fra imprese e aree geografiche, cui
si aggiunge il riferimento anche alle condizioni del mercato del lavoro
locale che – in qualche modo – potrebbe tenere in qualche relazione
il salario e la disoccupazione/occupazione del territorio.
Appare evidente, almeno per quanto riguarda il legame con la produttività, della difficoltà di applicare meccanicamente modelli contrattuali
dei sistemi produttivi privati al settore pubblico. Basti solo accennare
alla difficoltà di definire prodotto e produttività per le diverse tipologie
di servizi pubblici (dalla sanità alla scuola, dalla difesa alla giustizia,
da un dipartimento di un ministero ad un assessorato regionale, ad
un comune)1.Tuttavia, anche la contrattazione del settore pubblico è,
faticosamente, segnata dalla ricerca di definire un livello di contrattazione decentrata, in qualche modo ancorato al luogo della prestazione
lavorativa.
Si ricorda che l’Accordo del luglio 1993 è esteso anche al settore pubblico, con articolazione in comparti, e coinvolge circa 3 milioni di dipendenti il cui rapporto di lavoro è definito tramite contrattazione collettiva, cui si aggiungono circa 500 mila “non contrattualizzati” (gran
parte dei quali, come le forze armate e la polizia, sono sottoposti ad
un contratto, anche se non rientrano nel c.d. pubblico impiego, regolamentato da una apposita legislazione). Vale la pena di ricordare come le regole dell’Accordo del 1993 siano state determinanti nel
permettere il controllo delle dinamiche salariali nel pubblico impiego,
contenendo il disavanzo pubblico e il tasso di inflazione.
La struttura contrattuale nel settore pubblico prevede, come per il privato, una distinzione delle competenze tra contratto nazionale e contrattazione decentrata, ed ha assunto, anch’essa, risultati ed aspetti
discussi e controversi. L’esperienza di questi ultimi anni è stata vista
come portatrice di una sorta di bipolarismo distorto, con una sorta di
duplice baricentro, caratterizzato da un appesantimento eccessivo del
contratto nazionale, accompagnato, spesso, da un appesantimento altrettanto forte della contrattazione integrativa e decentrata.
Si sarebbe dovuto tenere ferma la distinzione tra i contenuti di natura
Si ricorda il tentativo, sostanzialmente disatteso, di introdurre nel CCNL del 1995 del comparto
scuola il potenziamento della contrattazione decentrata a livello di singola istituzione scolastica,
con forme di differenziazione retributiva basate sul merito e sulla valutazione di sistema.
1
267
CAPITOLO 7
I contratti nel
settore pubblico
istruzione professionale
economica, di competenza della contrattazione collettiva e materie
attinenti all’organizzazione degli uffici e delle amministrazioni, tra trattare nella contrattazione decentrata. Ma non sempre ci si è riusciti; sia
per l’ ARAN, sia per i comitati di settore è stato difficile resistere alle
forti pressioni sindacali, che non hanno saputo scegliere tra le tendenze a mantenere un contratto nazionale forte e le tendenze a fare della
contrattazione decentrata qualche cosa di molto pesante.
7.4 Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei contenuti
della contrattazione nazionale
Con il nuovo disegno costituzionale si pongono numerosi quesiti relativamente allo spazio esistente per la contrattazione nazionale; quest’ultima, infatti, rischia di essere compressa tra una potestà legislativa
statuale ed una rafforzata autonomia normativa delle Regioni e degli
altri enti locali.
La riforma del titolo V della Costituzione apre interrogativi relativamente a quale delle tre tipologie di competenze previste dal nuovo
art. 117 (esclusiva dello Stato, concorrente o esclusiva delle Regioni)
rientri la disciplina dei rapporti individuali e collettivi di lavoro.
Al riguardo, il dibattito che ha accompagnato e seguito l’approvazione
della riforma può portare a letture anche divergenti2, così sintetizzabili:
a) i rapporti individuali e collettivi di lavoro, come quelli contrattuali, rientrano tra le materie di legislazione esclusiva statale
in quanto riconducibili al concetto di “ordinamento civile”, così
come i diritti dei lavoratori rientrano a pieno titolo nei “diritti
civili e sociali”. In tal caso, per “tutela e sicurezza del lavoro” si
intenderebbe l’attività amministrativa di tutela del lavoro, e la
vigilanza sulla corretta applicazione di norme a carattere pubblicistico;
b) può esservi coabitazione fra profili che attengono ai livelli essenziali di tutela, rientranti nella competenza statale, e diritti
non essenziali, rimessi alla legislazione concorrente;
Per tutti, vedi i numerosi interventi e scritti di Antonio Viscomi e Lorenzo Zoppoli (Viscomi A.,
Zoppoli L., La contrattazione decentrata, in Carinci F. (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche. Commentario, Giuffré, Milano 1995; Zoppoli L., a cura di, Contratti
collettivi a confronto: impiego pubblico, industria, servizi, Quaderni ARAN, Franco Angeli, Milano
1996.), alle cui posizioni si fa ampio riferimento.
2
268
CAPITOLO 7
istruzione professionale
c) si può vedere come l’accostamento tra “tutela e sicurezza del
lavoro” e “professioni” possa condurre il lavoro subordinato e
autonomo tra le materie di legislazione concorrente.
C’è da considerare che non vi sarebbero, comunque, novità per le
Regioni a statuto speciale e per le Province autonome (art. 116, comma 1), in quanto non possono risultare diminuite le competenze già
in essere, unitamente ad altre forme di autonomia particolari .
Ben diverso sarebbe l’esito se la normativa relativa al personale regionale rientrasse nella competenza esclusiva delle Regioni; queste non
sarebbero più vincolate al rispetto dei principi fondamentali e di riforma economico-sociale dello Stato, con la conseguenza che si darebbe
vita a tanti sistemi regolativi del personale quante sono le Regioni. La
soluzione più estensiva presuppone che la disciplina del personale
regionale rientri nel concetto di “organizzazione amministrativa”, non
più assoggettata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.
Ma anche nella tipologia intermedia, la riconduzione delle politiche
del personale all’ambito della disciplina a competenza concorrente
porterebbe, comunque, ad ampliare i poteri delle Regioni a statuto
ordinario. In ogni caso, l’attribuzione ad esse operata dalla riforma di
maggiori poteri e soprattutto di autonomia di risorse (art. 119, comma
1, cost.) induce a ritenere assai difficile che le Regioni a statuto ordinario possano essere espropriate della competenza a stipulare contratti
collettivi con un margine di autonomia ben superiore all’attuale.
Infatti, anche se è ampio lo spazio per la contrattazione nazionale,
non è pensabile che il circuito contrattuale nazionale operi distintamente dalle Regioni, in quanto queste hanno ormai un ampio spazio
di potestà legislativa (e regolamentare) in materia di organizzazione
e ordinamento, né rispetto agli enti locali, considerata la loro potestà
statutaria e regolamentare (art. 117 e 118 Cost.).
L’orientamento più condiviso è che occorra partire dal dato normativo secondo cui le regole della contrattazione nazionale sono affidate
alla potestà legislativa statale in materia di rapporti di lavoro, ma che
queste non possano più prescindere da alcune radicali modifiche derivanti dal titolo V, tra le quali:
a)il riparto della potestà legislativa e regolamentare tra lo Stato e
le autonomie locali segue logiche in parte slegate dai canali di
finanziamento (poiché la nuova Costituzione riconosce ambiti
di potestà legislativa esclusiva alle Regioni non si può comprimere l’autonomia normativa periferica per ragioni di mero contenimento della spesa pubblica, ma, al più, per finalità perequative);
269
Le novità
apportate dalla
riforma costituzionale nei
contenuti della
contrattazione
nazionale
CAPITOLO 7
istruzione professionale
b)la contrattazione nazionale non può incidere sull’autorganizzazione regionale e degli altri enti locali costituzionalmente garantita;
c)né può impedire la legislazione regionale migliorativa, almeno
nella misura in cui questa rispetti il principio costituzionale della
libertà sindacale;
d)anche la contrattazione nazionale deve essere informata ai principi di leale collaborazione istituzionale.
La contrattazione integrativa appare, quindi, destinata a crescere,
come del resto viene già ribadito dallo stesso art. 40, comma 3,
del d.lgs. 165/20013.
Le novità
apportate dalla
riforma costituzionale nei
contenuti della
contrattazione
nazionale
7.5 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione
In materia di “istruzione,”4 l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulle norme generali e
alle Regioni la legislazione concorrente, fatta salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche e con esclusione della “istruzione e formazione
professionale,” che invece ricade tra le materie di competenza esclusiva della Regione, che ha così la potestà di legiferare senza il limite
dei principi generali della materia, stabilito con legge dello Stato o
desumibile dall’ordinamento.
L’istruzione rimane quindi per le norme generali di competenza dello
Stato, che è chiamato a dettare le regole basilari dell’autonomia scolastica, dell’ordinamento degli studi, della libertà di insegnamento, dell’istruzione obbligatoria, a fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non
La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti
collettivi nazionali e integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli, le pubbliche
amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei
vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna
amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi
prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche
amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in
contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
4
Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione inserisce le norme generali sull’istruzione
tra le materie per le quali si prevedono, a favore delle Regioni, ulteriori forme e condizioni particolari d’autonomia, da attribuire con legge dello Stato, su iniziativa delle Regioni stesse e sentiti
gli Enti Locali.
3
270
CAPITOLO 7
istruzione professionale
statali, a istituire scuole statali per ogni ordine e grado, come previsto
dagli articoli (non modificati dalla riforma) 33 e 34 della Costituzione.
Compito dello Stato è, inoltre, quello di determinare con legge i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
Alle Regioni spetta ora il compito di provvedere all’organizzazione del
servizio istruzione sul territorio regionale, nell’ambito delle linee essenziali tracciate dalla normativa statale, nel rispetto dell’autonomia
delle istituzioni scolastiche, che la riforma provvede a costituzionalizzare, e nei valori delle prestazioni predefiniti con legge statale.
Alcune materie nell’ambito dell’istruzione potrebbero rientrare sicuramente nella competenza legislativa regionale, come l’integrazione
tra istruzione e formazione professionale e l’organizzazione territoriale
(oggetto addirittura di competenza esclusiva regionale) o la programmazione della rete scolastica e l’offerta di istruzione sul territorio (oggetto di competenza concorrente). Peraltro, “occorre tener presente
che, stante l’impianto di fondo del nuovo testo costituzionale, l’eventuale riconduzione alla competenza piena regionale dell’istruzione, che
verrebbe ad affiancare la potestà esclusiva regionale nella formazione
professionale, sarebbe rimessa all’iniziativa di ciascuna Regione. Il che
può far prevedere una possibile differenziazione delle competenze
legislative rispetto ai diversi sistemi regionali, rendendo forse ancor
più problematico il raccordo tra modelli di integrazione delle politiche legislative di tipo verticale-orizzontale (Stato-Regioni) o, invece,
di quelle prevalentemente di tipo orizzontale (tra le Regioni stesse)”5.
Ma il dibattito ed il percorso di adeguamento alla modifiche introdotte
dalla riforma non sono affatto conclusi; basti pensare ai contenziosi
avanzati in Corte Costituzionale. Le più recenti sentenze appaiono far
rimanere centralizzato unicamente il compito di legiferare e di organizzare ciò che concerne lo status giuridico ed economico del personale del personale docente e non della scuola statale.
E’ esemplare l’esito del ricorso presentato dalla Regione EmiliaRomagna alla Corte costituzionale a riguardo delle iniziative del
Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie. Nello specifico, la Regione ha sollevato, in
riferimento agli articoli 117 e 118, primo comma, della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell’art.22 della
5
Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Formazione, Istruzione e Lavoro. Riflessioni sulla riforma del Titolo
V, parte II della Costituzione, Angeli, Milano 2003, pag. 113.
271
“Istruzione e
formazione
professionale,”
competenza
esclusiva della
Regione: risvolti
per la contrattazione
CAPITOLO 7
“Istruzione e
formazione
professionale,”
competenza
esclusiva della
Regione: risvolti
per la contrattazione
istruzione professionale
legge 448 del 2001, i quali dettano disposizione in materia di organizzazione scolastica concernenti la definizione delle dotazioni organiche
del personale docente e l’orario di lavoro. La Corte Costituzionale (con
sentenza n. 13 del 2004), ha accolto la questione della legittimità sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, ribadendo che la definizione
degli organici dei docenti e degli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari)
della scuola è di competenza delle Regioni6. Ora, appare sempre più
labile tenere separato la definizione degli organici, dalla dimensione
contrattuale e dalla responsabilità finanziaria.
Di grande rilievo è però anche la sentenza n. 279 del 2005 della Corte
Costituzionale, che può così riassumersi:
- la definizione dei compiti e dell’impegno orario del personale
docente, in quanto dipendente dello Stato, rientra nella competenza statale esclusiva, trattandosi di materia attinente al rapporto di lavoro del personale statale;
- il rispetto del principio di leale collaborazione impone che nell’adozione delle scelte relative all’organico del personale docente (si tratta, in questo caso, di un decreto ministeriale teso ad
aumentare gli organici per le attività di tempo pieno e tempo
prolungato) vengano coinvolte le Regioni, quanto meno nella
forma della consultazione e di competenti organi statali con la
Conferenza unificata Stato-Regioni.
Ma alle problematiche complessive riferibili a tutto il comparto pubblico, nel settore dell’istruzione emergono e si aggiungono altre specificità legate all’autonomia scolastica, ed in particolare, ad uno degli
aspetti più controversi relativo al rapporto con la funzione docente,
che riguarda il reclutamento, ossia se l’autonomia dell’istituto implichi
necessariamente autonomi poteri di scelta del personale docente 7.
Si ricorda che gli istituti scolastici sono dotati di autonomia organiz-
La sentenza della Corte Costituzionale definisce che le direzioni scolastiche regionali del Miur
non hanno alcuna competenza sugli organici. Ruolo che spetta, invece, ai Governatori. La sentenza, tuttavia, non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di leggi regionali conformi
alla nuova competenza”.
7
(…) Di potere di scelta si può parlare in almeno due significati. Il primo si riferisce alla possibilità di individuare il docente senza alcun vincolo di tipo concorsuale: l’istituto sceglie la persona
che ritiene più adatta; un sistema di questo genere è incompatibile con la garanzia della libertà
di insegnamento perché comporta l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto assuma docenti
affini rispetto a chi in quel certo momento esprime la tendenza prevalente. In questo modo,
l’istituto scolastico rinnega la sua funzione, che è innanzitutto quella di assicurare in concreto la
libertà di insegnamento. (…) Quanto precisato può risolvere un ulteriore problema di grande
rilievo anche pratico, posto dal nuovo titolo V. Si tratta dell’identità del datore di lavoro del corpo docente: se debba essere lo Stato, la Regione, altri. Il punto è che deve essere innanzitutto
salvaguardata una disciplina che garantisca la libertà della funzione docente: e ciò non è neces6
272
CAPITOLO 7
istruzione professionale
zativa, gestionale e didattica (art. 21, commi 1 e 7, legge 59/1997),
con propria personalità giuridica che permette di sottoscrivere accordi,
convenzioni, contratti. Tuttavia, in base alla normativa vigente, l’autonomia istituzionale delle singole scuole nella capacità di determinare programmi didattici, profili organizzativi, reperimento di risorse
finanziarie e reclutamento di docenti, può considerarsi circoscritta da
norme giuridiche e regole funzionali che presidiano , talvolta, con modalità troppo restrittive, il carattere unitario del sistema pubblico dell’istruzione8.
7.6 L’esperienza del modello delle Province autonome, come
esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione
Ripercorrere l’assegnazione delle competenze per il personale pubblico alle Province autonome offre elementi di grande interesse cui
far riferimento per comprendere come potrebbe configurarsi uno dei
possibili esiti del processo di devoluzione a seguito della nuova riforma dell’articolo 116 della Costituzione. Potrebbe essere esempi di iniziative condotte da ciascuna Regione, sia di una eventuale riconduzione alla competenza piena regionale dell’istruzione, sia della potestà
esclusiva regionale nella istruzione e formazione professionale.
Le Province Autonome svolgono tutte le funzioni degli organi periferici
dello Stato, comprese le funzioni in materia di stato giuridico ed economico del personale insegnante; per questo sono dotate di un proprio apparato amministrativo. Tuttavia, nei rapporti con l’autonomia
scolastica, si nota un forte accentramento a livello provinciale nella
utilizzazione delle risorse finanziarie ed umane.
In relazione al personale scolastico le Province Autonome di Trento e
di Bolzano hanno operato con competenza legislativa secondaria e
competenza contrattuale primaria “controllata”. Alla contrattazione collettiva provinciale la competenza a disciplinare “gli istituti e le materie
del rapporto di lavoro riservati alla contrattazione collettiva” pone ad
essa finalità e soprattutto limiti. Le prime sono individuate, in particolare, nel perseguimento dell’obiettivo della “migliore utilizzazione del
personale stesso anche al fine di soddisfare le esigenze di continuità
sariamente garantito solo dalla statualità del datore di lavoro. Dunque il personale è per questo
aspetto sicuramente regionalizzabile (Marzuoli C., L’istituto scolastico autonomo, in: C. Marzuoli,
Istruzione e servizio pubblico, Il Mulino, Bologna 2003, pag. 110).
8
Per una trattazione più approfondita, vedi Isae, Rapporto: L’attuazione del federalismo, Roma,
marzo 2006, pagg. 166-179.
273
“Istruzione e
formazione
professionale,”
competenza
esclusiva
della Regione:
risvolti per la
contrattazione
CAPITOLO 7
L’esperienza
del modello
delle Province
autonome,
come esempio
di forma di
autonomia
speciale in
materia di
istruzione.
istruzione professionale
didattica nonchè per una più efficace organizzazione della scuola”; i
secondi nel “rispetto delle norme dei contratti nazionali concernenti
il trattamento economico fondamentale, l’inquadramento nei livelli o
nelle qualifiche funzionali, il trattamento di previdenza e quiescenza
nonchè gli altri aspetti fondamentali degli istituti dello stato giuridico
vigenti ... nel restante territorio dello Stato”. Al fine di assicurare l’osservanza di tali principi, “la sottoscrizione del contratto collettivo provinciale ... è subordinata all’acquisizione di apposito parere vincolante del
Ministero della pubblica istruzione sulla ipotesi di contratto”.
E’ di interesse ripercorrere l’esperienza condotta nel 1997, anno in
cui entrambe le Province hanno avviato e concluso una prima tornata contrattuale. Le risorse aggiuntive a disposizione hanno consentito, tra l’altro, la previsione di un’indennità volta a retribuire una serie
di prestazioni ulteriori consistenti soprattutto nel caso di Bolzano, in
un maggior numero di ore di insegnamento frontale9 e, in quello di
Trento, in un’estensione dell’orario destinato ad attività funzionali all’insegnamento, alla partecipazione ad attività collegiali, ai rapporti
con le famiglie, nonchè a bloccare la mobilità volontaria per un biennio per favorire una maggiore continuità didattica10.
Dopo questa prima esperienza di contrattazione,a seguito delle modifiche apportate alla legge 59/1997 e dalle leggi 127/1997 e 191/1998,
e ribadite dalle modifiche derivanti dal titolo V, la contrattazione delle
Province Autonome si muove ormai con modello parallelo a quella
nazionale, come vedremo, negli istituti, posizioni stipendiali, competenze retributive di base, ma del tutto autonomo nei contenuti normativi e retributivi aggiuntivi.
Occorre, sin da ora, portare all’attenzione per operare un confronto
coerente tra l’esperienza della Provincia Autonoma di Bolzano (che qui
si analizza in profondità) e quella della contrattazione nazionale, che si
tratta di realtà territoriali molto diverse, anzitutto per motivi storico-politici, per la forte presenza di minoranze linguistiche, per la dimensione
quantitativa: un milione di insegnanti contro poco più di ottomila, dei
quali seimila dell’intendenza tedesca (Direzione generale).
9
Nel 1998 è stato firmato il primo contratto provinciale della scuola, con un orario di cattedra
passato dalle 18 alle 20 ore.
10
In entrambi i casi il Ministero della Pubblica Istruzione ha inizialmente fornito parere negativo:
al riguardo l’obiezione non ha riguardato l’entità delle risorse, quanto, trattandosi di emolumenti
corrisposti a tutto il personale, si potesse verificare un’inosservanza del contratto nazionale a
riguardo del trattamento economico fondamentale. A tal fine, la soluzione della facoltatività
suggerita dal Ministero è stata accolta dalle parti sociali con i contratti nuovamente sottoscritti
all’inizio del 1998, che hanno subordinato la concessione dell’indennità all’adesione volontaria
del personale interessato.
274
CAPITOLO 7
istruzione professionale
Il confronto è stato calcolato relativamente alla retribuzione lorda annua per l’anno 2005 per le figure del Docente diplomato e del Docente
laureato di istituto secondario di II grado, che potrebbero essere riconducibile alle tipologie di docente degli istituti professionali statali11.
Da una base di partenza analoga, le posizioni stipendiali del CCNL del
comparto scuola, si sono ricompresi gli istituti contrattuali aggiuntivi di
competenza della contrattazione nazionale o provinciale estesi a tutta
la platea dei docenti. A questi si è aggiunta, nel caso del comparto
scuola nazionale una stima di aumento medio annuo lordo derivante
della contrattazione integrativa nazionale (per i soli istituti che, potenzialmente, possono interessare tutti i docenti12).
Per il CCPL della P.A. di Bolzano, la quota di aumento più rilevante
è imputabile alla “Indennità provinciale”, finalizzata a compensare le
maggiori prestazioni13 (riguardo al CCNL), nonché al miglioramento
della produttività e della qualità complessiva del sistema scolastico
provinciale (tale indennità, come si è ricordato, è stata introdotta nel
precedente CCPL); ad esso sono aggiunte numerose altre indennità,
alcune molto specifiche, quali il bilinguismo (non si è considerato il
trilinguismo), ed altre legate all’attuazione dell’autonomia unitamente
ai premi di produttività, mentre non sono state conteggiate numerose
altre indennità con caratteristiche più specifiche (professionalità ed
attività).
Il risultato della comparazione tra le due articolazioni retributive è riportato nelle tre tavole seguenti: tra il personale insegnante laureato
la differenza retributiva lorda giunge a superare il 45% nella posizione
stipendiale più elevata (oltre i 35 anni di anzianità), con percentuali
del 25-30% nella fascia media (oltre i 15 anni); tra il personale insegnante diplomato, le differenze sono lievemente minori, rispettivamente il 29% e 26% nelle analoghe posizioni stipendiali (più elevata
e media).
Riguardo ai premi di produttività, merita ricordare il tentativo, sostanzialmente disatteso, di introdurre nel CCNL 1998-2001 (art. 29) del
comparto scuola il potenziamento della contrattazione decentrata a
livello di singola istituzione scolastica, con forme di differenziazione
Viene ripreso, con modifiche ed approfondimenti, il confronto tra il CCNL del comparto scuola
e del CCPL della P.A. di Bolzano oggetto dello studio condotto dall’autore e pubblicato in Isae,
Rapporto: L’attuazione del federalismo, op. cit.
12
Con l’art. 86 – Indennità e compensi a carico del fondo d’istituto del CCNL , che fa riferimento
all’art. 30 del CCNI del 31.8.2999, vengono retribuite: a) flessibilità organizzativa; b) attività
aggiuntive di insegnamento, c) attività aggiuntive funzionali all’insegnamento; d) collaborazioni
con la Presidenza.
11
275
L’esperienza
del modello
delle Province
autonome,
come esempio
di forma di
autonomia
speciale in
materia di
istruzione
CAPITOLO 7
L’esperienza
del modello
delle Province
autonome,
come esempio
di forma di
autonomia
speciale in
materia di
istruzione
istruzione professionale
retributiva (fino a 6 milioni di lire) basate sul merito e sulla valutazione tramite procedure concorsuali selettive per prove e titoli. Rimane,
oggi, come unico riferimento l’art. 77 del vigente CCNL – Progressione
professionale, in cui si riporta, per il passaggio da una posizione stipendiale all’altra, l’accertamento dell’utile assolvimento di tutti gli obblighi inerenti alla funzione, inteso nel non essere incorso in sanzioni
disciplinari.
Nel CCPL della P.A. di Bolzano è stato, invece, introdotto un criterio
premiante di produttività (art. 27 del CCPL – Testo Unico del 23 aprile
2003), che, nel successivo contratto integrativo per l’anno 2004-2005
viene appositamente così disciplinato:
- il 50% del fondo appositamente costituto è reso disponibile per
un premio di produttività esteso alla generalità del personale
docente, pari a euro 281,72, per il quale è richiesto un “sufficiente rendimento”;
- il restante 50% è finalizzato ad una maggiorazione dei premi di
produttività, che può essere concessa ad un numero limitato, riferibile a: numero di classi e alunni, impegno richiesto, numero
di insegnamenti impartiti, diversità di sedi, disponibilità a svolgere altri compiti ed attività non altrimenti remunerate (tutoraggi, uso computer, ricerca scientifica, ecc.) e può comportare un
ulteriore aumento massimo di euro 563,45.
Nel CCPL vi sono, inoltre, numerose indennità che premiano l’acquisizione di professionalità: laurea per i docenti diplomati, specializzazioni
per il sostegno all’handicap, titoli di specializzazioni a seguito della
frequenza di corsi appositamente indicati.
7.7 Altri modelli contrattuali riferibili alla istruzione e formazione
professionale
Da ultimo, si riportano alcuni approfondimenti relativi a modelli contrattuali pubblici e privati che, anche solo per aspetti particolari, potrebbero offrire spunti e riferimenti per forme “regionalizzate” di contratti collettivi nell’area dell’istruzione professionale.
Il primo esempio è offerto dal CCNL 1998-2003 degli “Operatori della
formazione professionale” degli enti privati che, come viene definito
in premessa, si tratta di un contratto di “transizione e di accompagnamento” che dovrebbe portare alla sottoscrizione del “contratto unico
di comparto” per gli operatori della formazione professionale.
I livelli stipendiali delle figure professionale che sono state analizzate
(livello V - formatore, tutor, orientatore, coordinatore; livello VI - orien-
276
CAPITOLO 7
istruzione professionale
tatore senior, coordinatore senior, progettista, valutatore) sono sicuramente distanti da quelli delle figure poste a confronto con il CCNL del
comparto scuola: rispettivamente 19.139 e 21.692 euro lordi annui al
1/1/2003. Tuttavia, appare di un certo interesse soffermarsi sui criteri
per la gestione della progressione economica orizzontale (art. 39, E2
e F) e sul fondo incentivi (art. 39, G).
La progressione economica è messa a disposizione dei dipendenti
che “svolgano la propria attività in aree operative previste nello stesso
livello di appartenenza e che comportino un aumento di complessità
e/o responsabilità”, cui viene riconosciuto un credito ogni 100 ore di
attività svolta; ogni 10 crediti maturati, il dipendente acquisisce un
incremento salariale che, per le due figure analizzate è di 50 e 30 euro
mensili, con un numero massimo di 4 incrementi, quindi pari a 200
è 120 euro mensili. I crediti devono essere certificati dall’Ente e dalla
direzione della sede formativa
A riguardo del Fondo incentivi, l’obiettivo è di riconoscere in termini
economici il maggiore impegno derivante dall’innovazione e dalla
complessità del sistema. La contrattazione regionale e/o aziendale fissa gli obiettivi da perseguire e, per la determinazione dell’ammontare
del fondo, viene fatto un esplicito riferimento all’incremento del fatturato degli Enti.
Infine, in alcuni istituti tecnici comunali, come l’Istituto Aldini Valeriani
e Sirani di Bologna, oggetto dell’indagine sul campo, coesistono forme
contrattuali miste, quali:
- per il Dirigente scolastico: il CCNL del comparto Enti locali, con
salario di posizione e di risultato determinato in analogia a quello dei Dirigenti comunali;
- per il personale docente: il CCNL del comparto Scuola, con modalità analoghe alla scuola statale a riguardo della determinazione e gestione del Fondo d’istituto, che ha tuttavia comportato modeste integrazioni stipendiali;
- per il personale non docente: il CCNL del comparto Enti locali,
con una contrattazione integrativa portata a livello del Comune
di Bologna, che ha permesso integrazioni salariali per progetti
particolari, quali l’assistenza a ragazzi con gravi disabilità.
277
Altri modelli
contrattuali
riferibili alla
istruzione e
formazione
professionale
CAPITOLO 7
istruzione professionale
Tab. 1 - CCNL del comparto scuola; anno 2005
anni di anzianità
Docente diplomato istituti sec.
II grado
Docente laureato istituti sec. II
grado
Posizioni
stipendiali
compresa IIS
(*)
Posizioni
stipendiali
compresa IIS
(*)
Retribuzione
lorda totale
annua (**)
Retribuzione
lorda totale
annua (**)
da 0 a 2
17.582,23
21.705,26
19.082,50
23.330,55
da 3 a 8
18.057,22
22.219,83
20.163,59
24.501,73
da 9 a 14
19.520,02
23.804,53
21.893,39
26.375,68
da 15 a 20
21.228,70
26.085,56
24.027,25
29.117,32
da 21 a 27
23.701,35
28.764,26
26.745,11
32.061,67
da 28 a 34
25.323,78
31.104,14
28.525,83
34.573,02
da 35 -
26.556,37
32.439,44
29.945,29
36.110,77
(*) dal 1.2.2005 (valori per 12 mensilità); compresa IIS
(**) comprende: - posizione stipendiale x 13 mensilità
- retribuzione professionale docente (mensile x 12)
fascia di anzianitàEuro per mese
da 0 a 14154,82
da 15 a 27190,65
da 28-239,17
- Indennità e compensi carico del fondo d’istituto (stima media 800 euro lordi anno)
278
CAPITOLO 7
istruzione professionale
Tab. 2 - CCNP del comparto scuola - P.A. di Bolzano; anno 2005
Docente diplomato istituti sec.
II grado
Docente laureato istituti sec. II
grado
anni di anzianità
Posizioni
stipendiali
compresa IIS
(*)
Retribuzione
lorda totale
annua (**)
Posizioni
stipendiali
compresa IIS
(*)
Retribuzione
lorda totale
annua (**)
da 0 a 2
10.319,39
23.795,98
11.669,16
28.175,61
da 3 a 8
10.770,64
25.357,23
12.696,22
29.893,67
da 9 a 14
12.160,33
28.003,92
14.339,57
33.297,02
da 15 a 20
13.783,62
32.950,31
16.366,78
38.691,23
da 21 a 27
16.132,69
36.081,38
18.948,81
44.727,26
da 28 a 34
17.674,03
38.975,72
20.640,53
49.747,98
da 35 -
18.845,02
41.856,71
21.989,05
52.827,50
(*) dal 1.1.2005 (valori per 13 mensilità); compresa IIS
(**) comprende: Doc. diplomato Ist sec. II grado
Doc. laureato Ist sec. II grado
IIS (valore per 12 mensilità)
6.384,10 6.459,63 Indennità provinciale (corrisposta per 10 mensilità)
da 0 a 2
3.567,00 6.096,00
da 3 a 8
4.677,00 6.787,00
da 9 a 14
5.934,00 8.547,00
da 15 a 20
8.314,00 11.914,00
da 21 a 27
9.096,00 15.368,00
da 28 a 34
10.449,00 18.697,00
da 35 -
12.159,00 20.428,00
Aumento
indennità provinciale per 15 anni di servizio
943,10 d)
Compenso
individuale
accessorio
per
efficace attuazione dell’autonomia
594,96 594,96 Premio
di
produttività: importo base
281,72 281,72 Indennità di bilinguismo
2.116,80 2.535,84 279
CAPITOLO 7
istruzione professionale
Tab. 3 – Confronto tra CCNL scuola e CCPL scuola della P.A. di Bolzano
anni di
anzianità
Docente diplomato istituti sec. II
grado
Docente laureato istituti sec. II
grado
CCNL
CCPL
Bolzano
%
CCNL
CCPL
Bolzano
%
da 0 a 2
21.705,26
23.795,98
9,6
23.330,55
28.175,61
20,8
da 3 a 8
22.219,83
25.357,23
14,1
24.501,73
29.893,67
22,0
da 9 a 14
23.804,53
28.003,92
17,6
26.375,68
33.297,02
26,2
da 15 a 20
26.085,56
32.950,31
26,3
29.117,32
38.691,23
32,9
da 21 a 27
28.764,26
36.081,38
25,4
32.061,67
44.727,26
39,5
da 28 a 34
31.104,14
38.975,72
25,3
34.573,02
49.747,98
43,9
da 35 -
32.439,44
41.856,71
29,0
36.110,77
52.827,50
46,3
280
CAPITOLO 7
istruzione professionale
Riferimenti bibliografici
Amendola A., Bruno B., Garofalo M.R. (a cura di), Contrattazione
salariale e performance del mercato del lavoro. Il dibattito sul
neocorporativismo, ESI, Napoli 2000.
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Zoppoli L., a cura di, Contratti collettivi a confronto: impiego pubblico,
industria, servizi, Quaderni ARAN, Franco Angeli, Milano 1996.
281
CAPITOLO 8
le parti in causa
LE PARTI IN CAUSA.
LA PAROLA
AI TESTIMONI
PRIVILEGIATI
8.1 Premessa
Uno degli obiettivi della presente indagine era quello di valutare gli
atteggiamenti degli attori intervistati nei riguardi dei possibili effetti sul
personale della scuola (con particolare riferimento al personale docente), dell’esercizio, da parte delle regioni, delle competenze esclusive in materia di Istruzione e di Formazione Professionale, secondo
quanto contenuto nella Riforma del Titolo V della Costituzione, e a
seguito dell’attuazione della Legge n. 53/2003 – Delega al Governo
per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale.
Il tipo di metodologia adottata, basata su interviste a dirigenti responsabili delle Organizzazioni sindacali e datoriali e ad esponenti del mondo universitario e della formazione, ha consentito di delineare le varie
posizioni e i diversi punti di vista sulle materie oggetto del presente
lavoro. L’esigenza di attuare un’analisi così complessa e articolata ci ha
indotto a operare in due fasi distinte:
- la prima è stata dedicata all’esame preliminare dei documenti ufficiali prodotti e diffusi dalle varie organizzazioni coinvolte
nell’indagine, a seguito del dibattito emerso nel panorama poli-
283
CAPITOLO 8
Premessa
le parti in causa
tico – sindacale in ambito nazionale;
- la seconda è stata caratterizzata da un certo numero di interviste in profondità sulla base dell’utilizzazione di una griglia di
intervista costruita tenendo conto degli elementi di criticità riscontrati nell’esame della documentazione raccolta durante la
prima fase.
La scelta è caduta su di uno strumento valutativo, una griglia semistrutturata, quanto più flessibile e allo stesso tempo aperta ai contributi dei soggetti coinvolti; tale strumento di intervista, diretto agli
“opinions leaders” identificati, si articola in diverse parti:
- la prima (domande 1-4), finalizzata a raccogliere informazioni/
giudizi sull’impianto della legge di riforma 53/2003 al fine di interpretare in termini di efficacia e coerenza le strategie adottate
nell’attuazione della stessa;
- la seconda (domande 5-10), finalizzata a ricostruire il percorso
della riforma, in merito alle modalità di organizzazione e gestione (risorse umane, costi, tempi di attuazione…), con riguardo al
secondo ciclo (“sistema dell’istruzione e della formazione professionale”) e rispetto agli obiettivi generali e specifici definiti in
sede legislativa;
- la terza parte (domande 11-16), finalizzata ad analizzare le principali caratteristiche del nuovo modello formativo (concentrando l’attenzione sugli Istituti tecnici e professionali) ed in particolare a mettere in rilievo le ricadute della riforma sul personale
della scuola (prevalentemente docente), fino a giungere alla
esplicitazione di giudizi di valore (punti di forza e di debolezza)
sull’impianto complessivo della legge in merito all’obiettivo di
costruire e rafforzare il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
La rilevazione è stata effettuata presso gli interlocutori individuati tra
i soggetti preposti all’elaborazione e stesura della legge di riforma
(Commissione di studio incaricata dal Miur), e alcuni testimoni privilegiati individuati tra le parti sociali (datoriali e sindacali) nei settori
oggetto della rilevazione. Gli “attori” presso i quali è stata effettuata la
rilevazione sono stati:
- Prof. Giuseppe Bertagna, Coordinatore della Commissione di
studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003; Direttore del
Dipartimento di Scienza della Formazione e della Comunicazione
dell’Università degli Studi di Bergamo e Professore Straordinario
di Didattica e Storia dell’Educazione;
284
CAPITOLO 8
le parti in causa
- Prof. Michele Colasanto, Professore Ordinario di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Presidente
della Fondazione L. Pastore di Roma;
- Dott.ssa A. Perotti, Confindustria – Settore Scuola Formazione e
Lavoro;
-Enrico Panini, Segretario Nazionale CGIL Scuola;
- Alfonso Rossigni, Segretario Nazionale CISL Scuola;
- Massimo Di Menna, Segretario Nazionale UIL Scuola.
Le informazioni raccolte sono state elaborate attraverso l’individuazione di aree problematiche per permettere una lettura trasversale delle
stesse; in alcuni casi, si è proceduto ad una riclassificazione all’interno
delle tematiche esistenti, o si sono create nuove aree o classificazioni
in base alle risposte ottenute. In tutte le interviste realizzate, abbiamo
eseguito una metodologia comune, basata su fonti informative precedentemente analizzate1.
8.2 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte
II della Costituzione
La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione costituisce la più
importante riforma costituzionale finora approvata dall’entrata in vigore della Costituzione. Tale riforma trasforma in senso radicale l’assetto
del governo territoriale, modificando i tradizionali rapporti tra centro
e periferia. La legge costituzionale n. 3/2001 ha, infatti, rimodellato il
quadro complessivo della governance dei diversi soggetti istituzionali,
operando una distribuzione delle funzioni legislative e delle competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni, innovando rispetto al precedente sistema di ripartizione della potestà legislativa e di esercizio
delle funzioni amministrative. Il nuovo dettato costituzionale ha prodotto, tra l’altro, un immediato impatto sulle materie “dell’istruzione e
dell’istruzione e della formazione professionale”, soprattutto, in ordine
alle nuove competenze legislative regionali che investono una massa molto consistente di materie nuove, finora disciplinate dallo Stato
(Isfol, 2003).
Una prima lettura complessiva delle interviste condotte, indica quanto
siano diversificate le posizioni degli “opinions leaders” nonostante si
Mentre nel presente capitolo è svolta una sintesi ragionata dei risultati delle interviste a testimoni privilegiati che abbiamo svolto per individuare e approfondire le principali problematiche
emerse nella realizzazione della ricerca, nel secondo capitolo dell’appendice è riportato il testo
completo delle interviste e la traccia utilizzata per la loro realizzazione.
1
285
Premessa
CAPITOLO 8
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
le parti in causa
registri una comune convergenza sulla consapevolezza del rimodellamento del quadro complessivo di competenze fra Stato e Regioni,
rispetto al precedente sistema di ripartizione della funzione legislativa
e di esercizio delle funzioni ammnistrative.
Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del
Miur, preparatoria alla Legge 53/2003)
Su questo punto, e in particolare, sui riflessi della riforma costituzionale sul tema dell’istruzione, la posizione del Prof. Bertagna, pone l’accento sulla necessità di considerare la ripartizione dei poteri delineata
dal testo costituzionale. Nella sua nuova formulazione, il testo della
Costituzione dispone che spetti alle Regioni la potestà legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Ciò significa che, mentre nelle materie nelle quali lo
Stato ha legislazione esclusiva, esso ha anche potestà regolamentare,
nelle materie nelle quali sono le Regioni ad avere legislazione esclusiva. In compenso, nelle materie nelle quali le Regioni hanno potestà
legislativa concorrente, esse devono legiferare nel rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Lo Stato ha competenza
esclusiva per le norme generali sull’istruzione, in tal senso, con questa espressione si vuole intendere che sottrae alla legislazione non
solo esclusiva, ma anche concorrente delle Regioni l’autonomia delle
istituzioni scolastiche. Ciò significa che, per legge costituzionale, l’autonomia delle istituzioni scolastiche va intesa come una norma generale riservata alla legislazione esclusiva dello Stato. Dopo questa legge
costituzionale, per norme generali sull’istruzione non si devono intendere soltanto le norme statali che dettano principi generali in materia
di istruzione, ma anche le norme relative agli ordinamenti scolastici
della nazione e all’organizzazione generale didattica, organizzativa, di
ricerca e sviluppo, amministrativo e gestionale delle scuole sparse su
tutto il territorio nazionale. Ad identificare la competenza legislativa
esclusiva dello Stato concorre un altro elemento decisivo, riguardante
la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Più che un dovere, l’obbligo di istruzione/formazione è un diritto dei cittadini. In questa prospettiva, lo Stato ha legislazione esclusiva non solo in fatto di ordinamenti e di piani di studio del sistema
educativo di istruzione, ma anche per quelli del sistema di formazione.
La funzione di governo generale dei due sottosistemi educativi della
nazione resta statale. Lo Stato, quindi, ha legislazione esclusiva anche
in tema di standard nazionali di prestazione del servizio relativo a tutti
286
CAPITOLO 8
le parti in causa
i diritti civili e sociali, tra cui quello di istruzione e formazione. Alla
funzione di governo nazionale del sistema educativo di istruzione e di
formazione riservata allo Stato si affianca anche quella di controllo e
di valutazione dei servizi e dei risultati dello stesso, attraverso appositi
organi che è compito dello Stato istituire.
Sono materia di legislazione concorrente due settori molto importanti:
il primo è quello definito dell’istruzione, oggi grosso modo corrispondente all’istruzione liceale, artistica e tecnica e il secondo è quello
riguardante l’ordinamento e l’esercizio delle professioni. In altri termini, se il governo dell’istruzione e dell’ordinamento e dell’esercizio
delle professioni spetta allo Stato, la gestione amministrativa effettiva
di questi due settori compete alle Regioni.
Enrico Panini (Cgil Scuola)
Dalle numerose e contrastanti prese di posizione al riguardo (in prevalenza, organizzazioni sindacali del settore scuola), emerge come il
tema dell’istruzione presenti una complessità interpretativa non solo
dal punto di vista costituzionale, ma anche dal punto di vista della
sua evoluzione storico – politico. Secondo Panini (Cgil Scuola), innanzitutto con la modifica del Titolo V della Costituzione, in relazione
all’istruzione sono stati attribuiti due tipi di competenze legislativa:
- l’una, esclusiva dello Stato, cui spetta la definizione delle norme
generali sull’istruzione;
- l’altra, cosiddetta concorrente, tra Stato e Regioni, per cui al primo
spetta la definizione dei principi generali e alle seconde la relativa potestà legislativa, ‘’salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale”.
Ciò significa che in materia scolastica allo Stato compete sia definire
le norme vincolanti ed immediatamente applicative sull’ordinamento,
sui curricoli, sul personale, sia definire i principi generali in base ai
quali le Regioni possono successivamente legiferare in materia. Sulla
base di queste norme, il sistema di istruzione rimane fortemente ancorato alle competenze dello Stato e, quindi, unitario e nazionale.
Questo nuovo impianto avrebbe avuto bisogno di ulteriori interventi
legislativi, coerenti con la lettera e lo spirito delle nuove norme costituzionali. Al contrario la nuova maggioranza parlamentare ha accantonato quell’impostazione e ne ha proposta un’altra del tutto diversa. Il
disegno di legge Bossi, costituito da un unico articolo, prevede infatti,
che “le regioni attivano la competenza legislativa esclusiva su [omissis}...b) organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di
formazione; e) definizione della parte dei programmi scolastici e for-
287
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
CAPITOLO 8
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
le parti in causa
mativi di interesse specifico della regione”. In sostanza le Regioni potranno legiferare in totale autonomia sull’istruzione, definendo anche
una quota dei programmi, che potrebbe essere prevalente rispetto a
quella nazionale. Non essendo stabilito alcun criterio, ogni Regione
potrebbe, infatti, legittimamente, decidere quanta parte del totale è di
sua competenza. In tal modo, sempre secondo Panini, salta qualunque idea e prospettiva di sistema unitario e nazionale di istruzione, e
potremo avere 21 sistemi regionali molto diversi fra loro, nella struttura e contenuti.
Non solo, lo stesso personale statale potrebbe passare interamente
alle regioni, dal momento che la “gestione” diventerebbe di competenza regionale. Inoltre, l’approvazione in prima lettura, da parte del
Parlamento, del Disegno di legge Bossi (“legge sulla devolution”), amplifica tale passaggio di competenze di tutto il personale della scuola
dipendente dallo Stato, e non solo quello attualmente utilizzato nei
corsi di istruzione tecnica e professionale. Da questo punto di vista
forti sono i rischi per la stessa contrattazione nazionale, che si vorrebbe
tramutare in contrattazione regionale. Così come con l’eventuale regionalizzazione di tutto il personale il rischio di controllo politico sull’attività docente, potrebbe diventare un’ipotesi non del tutto remota2.
Il Disegno di legge del Ministro Bossi è già stato approvato in prima
lettura, nella primavera scorsa, dal Parlamento. Trattandosi di una legge di revisione costituzionale, per essere definitivamente approvato
deve tornare al Parlamento per la seconda lettura, trascorso un intervallo minimo di tre mesi dalla prima. Nella primavera scorsa ed in
contemporanea con la discussione parlamentare sul disegno di legge
Bossi, il Consiglio dei ministri ha licenziato un altro disegno di legge di
revisione costituzionale. Si tratta del disegno di legge La Loggia-Bossi,
che riscrive interamente l’art. 117 della Costituzione (quello modificato due anni fa con la legge cost. n. 3/01). In materia di istruzione questo disegno di legge riprende testualmente i contenuti del Disegno di
legge Bossi, nel quale viene sostenuta con forza l’idea che l’istruzione
dovrebbe passare interamente di competenza regionale.
Massimo Di Menna (Uil Scuola)
Secondo Di Menna (Uil Scuola), sarà importante capire l’itinerario di
attuazione della modifica del Titolo V della Costituzione, in particolare se effettivamente si manifesti nel concreto il comune obiettivo di
2
Cfr. l’intervista a Panini.
288
CAPITOLO 8
le parti in causa
coordinare su tutto il territorio nazionale le condizioni di esercizio del
diritto di istruzione e formazione, inteso come diritto sociale e civile,
in uno sforzo di integrazione e non di separazione delle diverse competenze dello Stato e delle Regioni. La strategia del decentramento,
che domina il panorama politico italiano, deve prevedere l’unicità del
sistema scuola. Se è vero che la scuola deve sapersi legare allo sviluppo territoriale è altrettanto vero che deve avere l’ambizione di formare i giovani non in ambito localistico, ma nazionale ed addirittura
europeo. Con riferimento a ciò assumeranno importanza strategica le
scelte delle Regioni per la definizione della legislazione di loro competenza. Per questo è necessario un forte coordinamento affinchè, pur
nell’autonomia di ciascuna, vengano assunti modelli il più possibile
omogenei, rispettosi dei principi generali. Attualmente è abbastanza
difficile prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo dell’istruzione,
dato che tutto è profondamente influenzato dagli esiti, tuttora incerti,
delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni, in particolare della cosiddetta legge sulla “devolution”, in discussione al Parlamento. Tuttavia,
sarebbe preoccupante che in nome di una esasperata autonomia regionale andasse disperso il patrimonio culturale e professionale, oggi
esistente su tutto il territorio nazionale, degli istituti professionali e
tecnici, senza garanzie rispetto alle concrete possibilità di realizzare il
nuovo modello.
Alfonso Rossigni (Cisl Scuola)
Sullo stesso tema, anche nella posizione di A. Rossini (Cisl Scuola)
emerge la preoccupazione che il nuovo assetto costituzionale dello
Stato, affidato a competenze istituzionali diverse (Stato-Regioni), mantenga un connotato unitario nazionale per quanto concerne il diritto
all’istruzione ed alla formazione costituzionalmente tutelato, determinante per i profili di cittadinanza civile e sociale che tale formazione
dovrebbe favorire. Sempre secondo Rossini, peraltro, la trama dei riferimenti enunciati nella legge delega (livelli essenziali, validità titoli
e qualifiche, crediti) è troppo esile per rappresentare una garanzia in
tal senso e soprattutto rischia di prendere corpo in un contesto in cui
il dibattito istituzionale e politico sull’assetto dello Stato (unità – federalismo - devoluzione) e sul rapporto tra competenze dello Stato
e delle Regioni presenta ancora elementi confusamente in divenire,
dai tratti comunque inquietanti. Dato il contesto ed i segnali, il rischio
di una frantumazione regionalistica del secondo ciclo dell’istruzione
è fortissimo. Ciò indebolisce la salvaguardia dell’unità del sistema ri-
289
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
CAPITOLO 8
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
le parti in causa
spetto alle indicazioni confermate dalla legge 3/2001 di riforma costituzionale, ovvero la competenza esclusiva dello Stato nella “determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” e delle “norme
generali sull’istruzione”. In tal senso, la prospettiva della devoluzione,
che segna un passaggio strutturale rispetto alle competenze regionali
sull’organizzazione scolastica e formativa nel suo complesso, potrebbe significare la disarticolazione del sistema in chiave regionalistica,
decretando la fine dei suoi connotati unitari e nazionali e provocando
altresì gravi ripercussioni sulla gestione di tutto il personale3.
Antonella Perotti (Confindustria)
A parere della Confindustria (A. Perotti, Settore Scuola e Formazione),
la discussione sul rapporto fra istruzione e formazione, e su una moderna formazione professionale, sulla realizzazione del diritto all’istruzione, non può più ignorare i cambiamenti intervenuti e in corso nel
rapporto fra stato nazionale e regioni così come sono stati definiti
dalla riforma costituzionale del 2001 e come sono stati ulteriormente
precisati in sede parlamentare dalle recenti modifiche introdotte. Nel
nuovo quadro di riferimento si vanno pertanto a collocare i percorsi
formativi della scuola secondaria di 2° grado e i percorsi di formazione
professionale regionale che, peraltro, presentano svariati obiettivi curricolari e diversi livelli di diffusione nelle Regioni del Paese. Accanto al
nuovo dettato costituzionale, la legge di Riforma del sistema scolastico
italiano (L.53/2003), finalizza il secondo ciclo alla crescita educativa,
culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire,
e la riflessione critica su di essi. Nel suo complesso, la nuova riforma
della scuola, sottolinea la sfida, non tanto e non solo ordinamentale e
politica ma soprattutto culturale, epistemologica e pedagogico-didattica, di costruire un sistema educativo di istruzione e formazione che
superi la tradizionale separatezza tra scuola e lavoro, tra studio intellettuale e operatività, fra conoscenze e abilità, tra lezioni, da un lato, e
laboratori/tirocini dall’altro, che annulli la tradizionale differenziazione
tra i Licei e gli Istituti dell’istruzione e della formazione professionale. Il
sistema dei Licei e quello dell’istruzione e della formazione professionale si distinguono per natura e per scopo, ma assumono pari dignità
educativa e culturale4.
3
4
Cfr. l’intervista a Rossigni.
Cfr. l’intervista a Perotti.
290
CAPITOLO 8
le parti in causa
Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Infine, sullo stesso tema, Colasanto (Professore Ordinario di Sociologia
presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), richiama l’attenzione sui problemi che la riforma costituzionale pone sul tappeto
in termini di relazioni istituzionali tra Stato ed Enti locali, sui rapporti
di forza e sui tempi, probabilmente, molto lunghi, di attuazione della
riforma, in particolare sui tempi di gestione ed organizzazione amministrativa di settori chiave, quali l’istruzione e la formazione professionale. Questa legge introduce importanti cambiamenti in direzione di
un marcato decentramento. Rispetto alla scuola e all’ istruzione, essa
può essere considerata, in un certo senso, l’ ultimo tassello del quadro
riformistico approvato dalla passata legislatura.
In sostanza, vi è il riconoscimento della soggettività originaria delle
Regioni e degli enti locali che non costituiscono semplici ripartizioni amministrative del territorio, ma che col loro territorio, con la loro
popolazione e le loro tradizioni vanno a costituire lo Stato, unico soggetto unitario. La Riforma del Titolo V individua, infatti, le competenze
legislative esclusive dello Stato, prevedendo che spetta alle Regioni la
potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato. Queste nuove regole prevedono
che nelle materie di legislazione esclusiva lo Stato ha anche potestà regolamentare; che nelle materie di legislazione concorrente le Regioni
devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata allo Stato; che nelle altre materie, sulle quali
acquistano competenza legislativa esclusiva, le Regioni nel legiferare (
e adottare regolamenti) incontrano solo il limite della Costituzione.
Il tema della “legislazione concorrente”, così come esplicitato nel nuovo dettato costituzionale, prosegue Colasanto, ha fatto sorgere diverse
criticità da parte di costituzionalisti e studiosi di diritto; l’obiezione
prevalente sta nel sottolineare la palese incertezza dell’ambito concorrenziale da parte delle Regioni. Quali sono i limiti della legislazione
concorrente? La legge recita che tra le competenze legislative esclusive dello Stato vi sono le “norme generali sull’ istruzione”, espressione
identica a quella contenuta nel Titolo II, all’ art. 33 non modificato.
Quali sono i contenuti che vengono sottratti alla legislazione concorrente delle Regioni, rimanendo “norma generale”?
Sicuramente la regolamentazione dell’ autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 117 del Testo Costituzionale riformato), e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
(poiché il diritto all’ istruzione è riconosciuto come diritto sociale di
291
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
CAPITOLO 8
Legge
Costituzionale
n. 3/2001
– Riforma
del Titolo V,
parte II della
Costituzione
le parti in causa
tutti i cittadini) spettano alla legislazione esclusiva dello Stato, che
ha la competenza di determinare il diritto d’ accesso all’istruzione, di
libertà d’insegnamento, di individuazione dei requisiti e delle modalità
per il reclutamento del personale insegnante; di definizione degli ordinamenti scolastici essenziali, dei diritti delle famiglie e di collegialità
della gestione degli istituti, dei diritti e doveri degli alunni, di valutazione del sistema di istruzione5.
8.3 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti”
L’analisi di carattere generale, fin qui condotta, mette innanzitutto in
evidenza la portata e la complessità della riforma costituzionale e la
necessità che l’attuazione della stessa si realizzi con un ampio ventaglio di condivisione politico – istituzionale dei soggetti coinvolti (nazionali, regionali e locali), unitamente alla volontà, soprattutto da parte
delle rappresentanze sindacali, di dare contenuto e indicazioni alle
modalità tecniche di gestione, ai vari livelli di competenza, nel momento in cui occorre dare attuazione al dettato costituzionale.
A parere dei nostri intervistati, il quadro appare dunque piuttosto
complesso. Se il nuovo dettato costituzionale ha comportato riflessi
sulle materie dell’istruzione e dell’istruzione e della formazione professionale, la legge n.53/2003 ridisegna il sistema della formazione
e dell’istruzione, inserendo l’offerta formativa regionale nell’ambito
del nuovo sistema di istruzione e formazione. Questa legge, come
abbiamo analizzato nel primo capitolo supera, infatti, la recente distinzione tra obbligo scolastico e obbligo formativo (riforma ex Ministri
Berlinguer – De Mauro), assicurando a tutti il diritto all’istruzione e alla
formazione per almeno dodici anni o, come recita la riforma, sino al
conseguimento del diciottesimo anno di età, con la possibilità di esercitare tale diritto nel sistema dell’istruzione e in quello dell’istruzione
e della formazione professionale, secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale.
Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del
Miur, preparatoria alla Legge 53/2003)
Il punto di vista istituzionale sulla riforma del sistema scolastico è stato
illustrato dal Prof. Bertagna. L’accoppiata delle due norme (legge costituzionale n.3/01 e riforma Moratti), ha sancito il passaggio irreversi-
5
Cfr. intervista a Colasanto.
292
CAPITOLO 8
le parti in causa
bile da un sistema educativo di istruzione e di formazione fondato su
un modello di gestione e organizzazione di natura statalista e burocratico-centralista, ereditato dal fascismo, ad un sistema educativo di
istruzione e di formazione fondato, invece, su un modello di gestione
e di organizzazione compiutamente democratico e di natura poliarchica, che, cioè, in modi, ruoli, tempi e responsabilità differenti coinvolge
allo stesso tempo lo Stato al centro e gli Enti territoriali, le istituzioni
scolastiche, le famiglie e le diverse formazioni sociali e professionali
alla periferia. Dalla scuola dello Stato si sta passando a quella della
“Repubblica”, definita secondo le precisazioni dell’art.114 co.1 e 118,
co.4 della Costituzione.
Tale impostazione, prosegue Bertagna, ha azzerato la diatriba cinquantennale sul ruolo della formazione professionale nel nostro Paese. Il
vecchio art. 117 della Costituzione parlava di istruzione artigiana e professionale assegnata alle Regioni. Di fatto, nel dopoguerra, sull’onda
della tradizione inaugurata dal fascismo, si sviluppò in misura notevole l’istruzione professionale statale che crebbe accanto all’istruzione
tecnica e all’istruzione classica. L’istruzione artigiana e professionale
non potè crescere anche per la semplice ragione che le Regioni furono
istituite nel 1970. Il nuovo art. 117 della Costituzione non parla più
di istruzione artigiana e professionale; nemmeno di formazione professionale, ma, abrogando l’una e l’altra espressione, di competenza
esclusiva delle Regioni per l’istruzione e la formazione professionale.
Il fatto che adoperi una locuzione innovativa vuol significare che si
sbaglierebbe ad immaginare l’istruzione e la formazione professionale
come il mero accostamento meccanico dell’attuale istruzione professionale statale e dell’attuale formazione professionale regionale. Il
nome nuovo indica una realtà nuova che non può certo prescindere dall’altrettanto nuovo scenario istituzionale tracciato dalla riforma
costituzionale.
Parlando di istruzione, a legislazione concorrente tra Stato e Regioni,
salvo che per le norme generali ed i principi che restano alla legislazione esclusiva dello Stato, e di istruzione e formazione professionale,
a legislazione esclusiva regionale, salvo che per i Lep (livelli essenziali di prestazione), che competono allo Stato, non è più possibile
continuare ad usare espressioni, ad esempio, tipo “istruzione classica
e tecnica”, oppure “istruzione liceale” e “magistrale”, “istruzione tecnica”, “istruzione professionale” e “formazione professionale”, come ci
ha abituato la lunga tradizione che parte dal 1927 e giunge ai giorni
nostri. La riforma Moratti (legge delega n.53/2003), afferma Bertagna,
contempla al suo interno tutto questo ripensamento progettuale; essa
rappresenta la prima legge delega di riforma che segue una riforma
293
La legge
n. 53/2003
– “Riforma
Moratti”
CAPITOLO 8
La legge
n. 53/2003
– “Riforma
Moratti”
le parti in causa
della Costituzione6.
Anche su questo tema, le maggiori critiche alla riforma provengono
dal mondo sindacale, così come esplicitato nei vari documenti e nelle
interviste rilasciate nel corso dell’indagine.
Massimo Di Menna (Uil Scuola)
Per il Segretario nazionale della Uil Scuola, Di Menna, il vero “misuratore” della riforma dell’istruzione, approvata dal Parlamento, sarà
la qualità dell’adattamento dell’intero sistema scolastico, che subisce
continui cambiamenti, ed il consenso e la valorizzazione di coloro che
vi operano. Sui cambiamenti, sicuramente consistenti rispetto alla
situazione attuale, bisogna attendere i decreti attuativi. Al momento
possiamo soltanto segnalare le novità che sembrano più certe, in un
quadro complessivo ancora non definito. Rispetto alla situazione attuale, il “secondo ciclo d’istruzione” è la parte che contiene le maggiori novità, le maggiori complicazioni e le maggiori incertezze: abbiamo il sistema dei licei, affidato allo Stato; il sistema dell’istruzione
e della formazione professionale, di competenza delle Regioni, ed
in più la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza
scuola lavoro o attraverso l’apprendistato. Ciò potrebbe comportare
un trasferimento di strutture e sostanziali modifiche di stato giuridico
per il personale, che attualmente non è possibile ipotizzare. Nei confronti della legge delega, prosegue Di Menna, si riscontrano elementi
di forte criticità. In particolare:
- le risorse: su questo aspetto manca da parte del Governo la definizione della destinazione: c’è il rischio che l’incremento delle
risorse venga utilizzato per finanziare l’aumento dell’organico;
- la scelta precoce tra licei e istruzione-formazione professionale:
è una scelta inaccettabile, perché non garantisce a tutti i necessari livelli di istruzione; la stessa alternanza scuola/lavoro,
prevedendo un percorso lavorativo o prelavorativo precoce, non
rappresenta un’opportunità in quanto non dà le necessarie garanzie sui livelli di istruzione;
- la definizione dei piani di studio da parte delle Regioni: ciò può
trasformare gli insegnanti in esecutori di decisioni delle diverse
giunte regionali, può indebolire il carattere nazionale dell’istruzione e far venir meno uno degli aspetti più positivi dell’autonomia: la quota di piani di studio di competenza delle scuole;
Una sintesi per punti della riforma Moratti, elaborata dal Prof. Bertagna, è riportata nell’intervista
allegata al presente capitolo.
6
294
CAPITOLO 8
le parti in causa
- il passaggio degli attuali Istituti professionali e tecnici (di durata
di cinque anni) alle regioni: tali scuole, con le loro numerose
sperimentazioni, hanno ricevuto un loro riconoscimento, collocazione e valorizzazione nel sistema nazionale di istruzione;
in particolare, per questo particolare settore dell’istruzione, sarebbe inaccettabile il passaggio del personale alle dipendenze
delle Regioni.
Alfonso Rossini (Cisl Scuola)
Non meno critica risulta essere la posizione della Cisl Scuola. A parere
di Rossini, la legge mantiene le caratteristiche di un “contenitore”, nel
senso che le effettive modifiche all’attuale ordinamento organizzativo
e didattico del sistema scolastico e formativo si avranno solo al momento in cui il Governo definirà i contenuti dei vari decreti legislativi. I
nuovi Piani di Studio del sistema scolastico verranno emanati dal Miur
con appositi Decreti Ministeriali, contestualmente ai Decreti Legislativi
di natura regolamentare di attuazione della riforma che il Parlamento,
come già detto, ha delegato al Governo. Lo stesso titolo del ddl
definisce i limiti della delega: “Norme generali” sull’istruzione e “livelli essenziali” delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale, coerenti, cioè, con le materie sulle quali il Parlamento
può legittimamente esercitare la potestà legislativa esclusiva. Pur assumendo alcuni valori fondamentali, quali:
- sviluppo della persona;
- apprendimento lungo tutto l’arco della vita;
- formazione spirituale e morale, sviluppo della coscienza storica
e appartenenza alla comunità locale, nazionale e alla civiltà europea;
- diritto alla formazione e istruzione per almeno 12 anni,
il ddl mantiene ancora l’assetto di un “contenitore” che verrà riempito successivamente con i decreti governativi. I “contenuti” veri
della riforma, infatti, sono demandati a successivi atti di decretazione secondaria da parte del Governo. Questi i “capitoli” più
importanti dei futuri decreti:
- definizione del sistema educativo di istruzione e di formazione;
- individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di
apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota
nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni all’organizzazione delle discipline;
295
La legge
n. 53/2003
– “Riforma
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CAPITOLO 8
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– “Riforma
Moratti”
le parti in causa
- determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici;
- definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti in seguito all’esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi
formativi ai percorsi scolastici.
Enrico Panini (Cgil Scuola)
Il punto di vista maggiormente critico sulla riforma è espresso dal
Segretario Nazionale della Cgil Scuola, Panini, secondo il quale la legge
Moratti costruisce, secondo una formula ricorrente e sintetica, quello
che comunemente è definito un “sistema duale” nell’istruzione secondaria superiore. Essa prevede un sistema di licei articolato in otto
indirizzi (classico, scientifico, artistico, linguistico, musicale, sociale,
economico, tecnologico), e un sistema di istruzione e formazione professionale articolato in dieci aree (agricolo-ambientale, tessile-moda,
meccanico, chimico-biologico, grafico-multimediale, elettrico-elettronico-informatico, edilizia e territorio, turistico-alberghiero, aziendaleamministrativo, socio-sanitario). I due sistemi sono fortemente differenziati sia per impostazione che per dignità; il primo è quinquennale
e si conclude con un esame di stato; il secondo è quadriennale e si
conclude con una qualifica professionale. Fra di loro questi sistemi
sono, in base alla legge, diversi per una serie di fattori:
- per durata: i licei hanno “durata quinquennale”, i percorsi di
istruzione e formazione professionale hanno durata almeno
quadriennale;
- per accesso a percorsi successivi: dai licei si accede all’Università, dai percorsi di istruzione e formazione ai corsi Ifts. Se si vuole andare all’Università dal sistema di Istruzione e Formazione,
occorre frequentare un ulteriore quinto anno;
- per finalità: i licei sono finalizzati alla formazione culturale alta,
al sapere, i corsi di istruzione e formazione all’acquisizione di
qualifiche professionali di “differente livello”;
- per competenze istituzionali: dei licei è inequivocabilmente
competente lo Stato, dei percorsi di istruzione e formazione saranno competenti le Regioni;
- per il valore dei titoli rilasciati: quelli rilasciati dai licei hanno sicuramente e automaticamente valore nazionale, quelli rilasciati
dal sistema di istruzione e formazione hanno validità nazionale
solo se se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione.
Si tratta, prosegue Panini, di due sistemi non solo molto diversi fra
296
CAPITOLO 8
le parti in causa
loro, ma anche gerarchicamente ordinati: non vi è dubbio, infatti,
che il sistema dei licei abbia un valore formativo di gran lunga superiore al sistema di istruzione e formazione professionale. Inoltre,
la decisione sul tipo di percorso sarà presa tra i 12 e i 14 anni di età,
quando i ragazzi sono ancora in una fase, peraltro molto delicata, della
loro crescita e il momento per scelte così drastiche è prematuro. Sono
queste le differenze più macroscopiche con la legge n. 30/00 (firmata
dall’allora ministro Berlinguer) sui cicli scolastici, approvata nella legislatura passata e definitivamente cancellata. Non che lì non ci fossero
problemi, ma nel sistema dei licei erano ricompresi grosso modo tutti
gli attuali indirizzi della scuola secondaria superiore, compresi quelli
dell’istruzione professionale. Comunque, per tutti si prevedeva una
revisione. Insomma, aggiunge Panini, nessuna separazione e gerarchia
tra i saperi, ma il riconoscimento della valenza formativa e culturale
tanto della formazione classica, umanistica quanto di quella tecnica e
scientifica. Peraltro, la formazione professionale, da sempre di competenza regionale, veniva riconosciuta come un sistema con altre finalità,
cui si accedeva dopo un obbligo scolastico elevato e con il quale ci si
raccordava alla pari.
L’impostazione “duale” della secondaria superiore, ovviamente, non si
esaurisce con la separazione e gerarchizzazione fra i due sistemi, ma
coinvolge anche le discipline: quelle più tecniche paiono destinate a
far parte del percorso più breve. Si legge nel documento ministeriale
che “…La scuola cui i licei hanno fatto e fanno riferimento è orientata
espressamente alla Teoria, ovvero al conoscere fine a se stesso, in
quanto formazione della persona...”. Si ribadisce dunque, “l’intrinseca
propedeuticità del liceo ad ulteriori percorsi formativi”. In altre parole
se qualcuno pensava che i licei tecnologici sarebbero stati gli istituti
tecnici industriali con un altro nome, può tranquillamente ricredersi:
tutta l’istruzione tecnica aggettivabile (meccanici, chimici, elettronici,
elettrotecnici, per non parlare, a maggior ragione, dei tessili, dei nautici, degli aeronautici, ecc.), molto probabilmente sarà affare del canale dell’istruzione e della formazione professionale. Anche per gli
istituti tecnici commerciali non andrà meglio: il liceo economico, tutto
tagliato sulla macroeconomia, non avrà nulla a che fare con gli attuali
corsi per ragionieri.
Con la legge 53/03, prosegue Panini, si torna all’antico, con buona
pace di quanti hanno sostenuto e sostengono la necessità di superare le differenze disciplinari, quel deficit di formazione culturale, per il
quale la tecnologia è stata sempre considerata un paradigma opposto
al sapere vero.
Inoltre, conclude il Segretario della Cgil Scuola, se a questa impostazi-
297
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– “Riforma
Moratti”
CAPITOLO 8
La legge
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– “Riforma
Moratti”
le parti in causa
one si aggiungono le proposte sull’orario curricolare obbligatorio,
l’orizzonte che si profila per queste discipline non è certo dei più confortanti. Si prefigura, infatti, in documenti ministeriali, non ufficiali, ma
che tendono a costruire opinione, una riduzione dell’orario obbligatorio nazionale a 25 ore medie settimanali, da destinare evidentemente
alle materie fondamentali. Il resto può essere organizzato dalle scuole,
da sole o in rete, o da agenzie esterne alla scuola, che dovrebbe comunque certificare gli esiti di questa formazione extrascolastica. E’
evidente che, se queste proposte dovessero diventare definitive, la
gerarchia disciplinare aumenterebbe, oltre al fatto che si renderebbe
ancora più problematica la garanzia del diritto all’istruzione per tutti7.
Antonella Perotti (Confindustria)
Il parere delle parti sociali si chiude con Confindustria. I caratteri peculiari dell’azione riformatrice appaiono più agevolmente traducibili in
realtà ad alcune condizioni, in parte presenti nella legge e da esplicitare nei decreti, ed in parte da integrare nella manovra complessiva.
Secondo Confindustria, le proposte potrebbero essere così formalizzate:
a) con riferimento al governo coordinato del sistema, occorre salvaguardare:
- il carattere nazionale degli ordinamenti generali della scuola e
dei livelli essenziali di prestazioni in tutti i processi formativi;
- l’identificazione nazionale degli standard cognitivi e professionali in base ai quali attribuire i crediti sia in vista dei passaggi tra indirizzi e tra licei e formazione professionale, sia in
uscita verso il mondo del lavoro, sia per il riconoscimento di
titoli di studio e qualifiche.
b) quanto alla garanzia di un effettivo salto di qualità nella impostazione di tutti i percorsi (liceali e di formazione professionale)
che si propongono obiettivi professionalizzanti, si ritiene fondamentale:
- il raccordo tra Miur - Regioni - Rappresentanze imprenditoriali
- Università e sedi della ricerca nella fase di individuazione
degli elementi caratterizzanti gli indirizzi a forte contenuto professionalizzante;
- l’impostazione di piani di studio, soprattutto nel primo biennio, che consentano, sia nei Licei, sia nella formazione professionale, adeguati consolidamenti dei saperi di base (lingua e
lingue, matematica, scienze della natura, storia) da fare agire
in sinergia con l’approccio ai saperi caratterizzanti;
298
CAPITOLO 8
le parti in causa
- lo sviluppo diffuso dei laboratori, unico vero antidoto all’overdose di sapere teorico;
- una coerente revisione delle classi di concorso dei docenti ed
aggiornamenti mirati ad una migliore conoscenza dei contenuti professionali dei singoli titoli di studio
c) con riguardo all’effettivo sviluppo dell’autonomia scolastica ed
al superamento dell’autoreferenzialità della scuola è necessaria:
- la modifica della composizione del Consiglio d’Istituto (da agganciare al disegno di legge di riforma degli organi collegiali
in corso di esame alla Camera) con l’obiettivo d’inserire nei
Licei tecnologici ed economici rappresentanze degli enti territoriali (Regioni, Province, comuni) ed espressioni qualificate
della categoria produttiva collegata alle finalità professionalizzanti dell’indirizzo.
Insomma, per Confindustria, è importante che l’attuazione della riforma garantisca l’articolazione dell’offerta formativa professionalizzante
e la pluralità dei percorsi e dei soggetti che ne sono protagonisti. In
altri termini è auspicabile che ci si muova lungo tre direttrici: valorizzare il filone professionalizzante come novità vera della riforma; evitare di scindere in modo netto nel percorso formativo l’istruzione dalla
formazione professionale, garantendo modalità di integrazione e di
passaggi; chiarire agli studenti e alle famiglie che il filone professionalizzante è costituito da una molteplicità di offerte formative con caratteristiche specifiche (istituti tecnici, istituti professionali, formazione
professionale regionale).
Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
A parere di Colasanto, invece, l’architettura del nuovo modello scolastico – formativo, delineato dalla legge n. 53/2003, parte da un limite
piuttosto forte: immagina che il sistema scolastico italiano sia all’anno
zero. Come se memoria, esperienze, abitudini, mentalità potessero
essere radicalmente spazzate via, per far posto ad una tabula rasa
dell’istruzione, pronta a rigenerarsi, perché così ha deciso la legge.
Invece, così non è. Troppe sono le mutazioni strutturali che hanno
bisogno di mediazioni pazienti, di adattamenti mentali, di comportamenti e di verifiche puntuali.
L’istituzione troppo rapida di due soli canali e l’attribuzione di uno dei
due canali (per obbligo costituzionale) alla legislazione esclusiva delle
Regioni determinerebbero una serie di conseguenze assai negative. In
particolare, prosegue Colasanto:
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n. 53/2003
– “Riforma
Moratti”
CAPITOLO 8
La legge
n. 53/2003
– “Riforma
Moratti”
le parti in causa
- l’incertezza sulle gestione organizzativa e culturale da parte delle Regioni del secondo canale indurrebbe la maggior parte degli
studenti a scegliere il percorso liceale. Non dimentichiamo, infatti, che le Regioni hanno attualmente (e non tutte) esperienze solo nel campo della formazione. E’ realistico pensare che
possano in tempi brevi istituire un canale che possa da subito
competere con il canale dell’Istruzione, che può vantare molti
decenni di validissima esperienza? Non è un caso che, già da
ora, Tecnici e Professionali stiano registrando vistosissimi cali di
iscrizione. Naturalmente, la scelta per il liceo esulerebbe dalle
attitudini effettive per quel tipo di studi;
- l’inserimento di allievi non sufficientemente preformati e motivati nel canale dell’istruzione comporterebbe un decadimento
generale del livello di preparazione complessivo raggiunto dai
futuri Liceali;
- gli allievi senza elevata vocazione allo studio, che optassero
per il canale dell’Istruzione, si troverebbero poi costretti a dover proseguire all’Università o nella FTS (Formazione Tecnica
Superiore). Ma le Università non sono, come succede oggi per
le scuole superiori, distribuite capillarmente sul territorio e la
frequenza universitaria ha, sia per le famiglie, sia per la collettività, un costo molto più elevato rispetto alla frequenza dell’attuale scuola superiore. Invece la FTS, se si escludono i pionieristici tentativi dei corsi IFTS già attivati, ancora non è decollata;
- i due canali organizzati rigidamente, priverebbero il sistema delle imprese e, più in generale l’economia del Paese, di tutte quelle figure professionali intermedie (Geometri, Periti, Ragionieri),
che attualmente vengono formate in 13 anni e per avere le quali
sarà necessario prevedere un’ulteriore permanenza degli allievi
di uno o più anni nel sistema dell’istruzione/formazione. Se poi
si aggiunge che quelle figure hanno attualmente, nel mercato
del lavoro, una rapida collocazione, diventa piuttosto difficile
comprendere scelte che volessero modificare proprio quel tipo
di istruzione.
In questo, aggiunge Colasanto, la riforma Moratti, distinguendo i
due sottosistemi (sistema dei Licei e sistema dell’Istruzione e della
Formazione professionale), ha voluto, nelle sue intenzioni, fortificare
un sottosistema, per l’appunto quello della istruzione tecnica e della
formazione professionale, che tradizionalmente era considerato di serie B. Il rischio che si corre è di riproporre una netta distinzione tra i
due sistemi, valorizzando parti di istruzione tecnica e formazione professionale, qualificata, apprezzata dalle imprese, facendola transitare
300
CAPITOLO 8
le parti in causa
nel sistema liceale; l’altra formazione, si adeguerà al principio di “pari
dignità culturale e civile”, su percorsi di tre o quattro anni, spingendosi a realizzare quello che, nell’intenzione dei riformatori, è definito
“diritto dovere dell’istruzione”.
Sul tema relativo all’impianto generale della Riforma Moratti, come si
evince dalle considerazioni espresse dagli “opinons leaders”, siamo in
presenza di posizioni politico - culturali, organizzative e gestionali del
sistema scolastico nazionale molto varie. Ciò non impedisce tuttavia,
di cogliere alcuni elementi ricorrenti e alcune particolarità che possono risultare significative per interpretare la complessità dei processi
in atto.
8.4 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione
L’approvazione della riforma Moratti abroga la legge n. 9 del 20 gennaio
1999, che dettava le più recenti norme sull’adempimento dell’obbligo
scolastico, da compiersi per almeno un anno esclusivamente nel
sistema scolastico. In seguito, con l’introduzione dell’obbligo formativo (Legge n.144, del 17 maggio 1999), il sistema di formazione professionale era stato riconosciuto come uno dei percorsi attraverso i
quali si poteva assolvere l’obbligo di istruzione e formazione fino al
diciottesimo anno d’età. La legge n. 53/2003, supera la distinzione
tra obbligo scolastico e obbligo formativo, assicurando a tutti il diritto
all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque,
sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di
età e prevedendo l’attuazione di tale diritto nel sistema di istruzione e
in quello di istruzione e formazione professionale, secondo livelli essenziali di prestazioni definiti su base nazionale.
Su questo tema il dibattito che ne è scaturito in ambito nazionale,
tra soggetti istituzionali, parti sociali e “addetti ai lavori”, si è rilevato
molto vivace e ricco di contributi e punti di vista sulle prospettive che
il nuovo quadro normativo può delineare al riguardo.
Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del
Miur, preparatoria alla Legge 53/2003)
Secondo il Prof. Bertagna, che è stato Coordinatore della Commissione
di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003, il superamento del concetto di obbligo scolastico e formativo appare come una
necessaria conseguenza del processo di crescita e innovazione della
società attuale. Tra gli ani Settanta e Ottanta, sostiene Bertagna, il di-
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La legge
n. 53/2003
– “Riforma
Moratti”
CAPITOLO 8
Dall’obbligo
scolastico e
formativo al
diritto - dovere
all’istruzione
le parti in causa
battito sul prolungamento a sedici anni dell’obbligo scolastico si apre
con l’introduzione del concetto e della pratica dell’obbligo scolastico e
formativo fino a diciotto anni o comunque fino all’ottenimento di una
qualifica professionale (art.68, legge 44 del 1999). Si comincia, quindi,
a interpretare l’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno otto anni di cui parlava la Costituzione del 1948. In quest’ottica,
l’obbligo scolastico, tanto più se esteso a diciotto anni, godeva di
un’aurea culturale e pedagogica più prestigiosa dell’obbligo formativo
a cui erano costretti i quindicenni che intendevano o vi erano costretti
(drop-out) a lasciare la scuola per inserirsi nel mondo del lavoro. Il
modello era essenzialmente questo: nel primo caso (obbligo scolastico), il principio era al servizio della persona dell’allievo, usava la cultura
per promuoverne la formazione completa; il secondo (obbligo formativo), invece, era al servizio del lavoro e dell’occupabilità (strumento
per le politiche attive del lavoro), e intendeva adattare la persona a
uno dei ruoli professionali disponibili sul mercato del lavoro. Il primo
era riferito agli articoli 33 e 34 della Costituzione (Parte I, Titolo II,
Rapporti etico-sociali dei cittadini), il secondo agli articoli 35 comma 2
e 38 della Costituzione (Parte I, Titolo III), che riguarda i Rapporti economici. Quindi, prosegue Bertagna, mentre l’obbligo scolastico apriva
la possibilità agli studi superiori, quello formativo non la contemplava.
Con il combinato del Titolo V della Costituzione e della legge Moratti,
non si parla più di gerarchizzazione qualitativa e ordinamentale, di obbligo scolastico e formativo. Queste due espressioni sono riformulate
ed ampliate sotto il nuovo concetto di “diritto - dovere all’istruzione
e alla formazione” di ogni cittadino italiano per almeno dodici anni,
o comunque fino all’acquisizione di una qualifica professionale che
obbedisca ai “livelli essenziali di prestazione stabiliti” dallo Stato (art.2,
comma 1, punto c della legge 53/2003). Durante questo periodo di
dodici anni, nessuna gerarchizzazione culturale ed educativa è possibile. Ogni percorso di istruzione e formazione esistente, statale o non
statale, a legislazione concorrente Stato-regioni (sistema dei licei) o
legislazione esclusiva regionale (sistema degli istituti dell’istruzione e
della formazione professionale) deve avere pari dignità, raggiungere
un profilo educativo, culturale e professionale di studente equivalente
per tutti e dettato dallo Stato, essere al servizio della persona degli
allievi, aprire agli studi superiori e impiegare cultura e lavoro come
mezzi per il fine di aumentare al massimo possibile la competenza di
7
8
Cfr. l’intervista a Panini.
Cfr. l’intervista a Bertagna.
302
CAPITOLO 8
le parti in causa
ogni cittadino nel pensare, giudicare, lavorare, gustare, vivere e collaborare con gli altri in una società complessa, tecnologica e della
conoscenza come la nostra8.
Antonella Perotti (Confindustria)
Sostanzialmente in linea con il modello di diritto – dovere all’istruzione,
delineato dalla legge 53/2003, è il punto di vista della Confindustria
che individua nella legge di Riforma del sistema scolastico italiano, nel
suo complesso, una sfida, non tanto e non solo ordinamentale e politica ma soprattutto culturale, epistemologica e pedagogico-didattica,
di costruire un sistema educativo di istruzione e formazione di pari
dignità educativa e culturale per tutti, in linea con i parametri educativi e formativi dei Paesi europei. Da questo punto di vista, la discussione sul rapporto fra istruzione e formazione, sulla realizzazione del
diritto all’istruzione, non può più ignorare i cambiamenti intervenuti
e in corso nel rapporto fra stato nazionale e regioni così come sono
stati definiti dalla riforma costituzionale del 2001 e come sono stati
ulteriormente precisati in sede parlamentare.
Il giudizio complessivo di Confindustria, prosegue Perotti, sul ddl,
n.1306, di “Delega al Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale” è sostanzialmente positivo.
In particolare positivo è l’obbligo di istruzione e formazione per tutti
gli studenti fino a 18 anni, la valorizzazione del canale professionale,
la nascita del sistema di alternanza scuola - lavoro che prevede che
l’azienda si strutturi come ambito formativo, l’istituzionalizzazione
della formazione professionale superiore, la nascita di un “Liceo economico” e di un “Liceo tecnologico” che colma una grave lacuna dei
nostri ordinamenti, la nascita di un sistema di valutazione che, accanto agli apprendimenti degli studenti, possa misurare anche la qualità
dell’offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche e formative.
In tale ambito una interpretazione sostanzialmente critica è stata esplicitata dalle organizzazioni sindacali. La questione principale sembra essere quella dell’interpretazione del concetto di “diritto – dovere
all’istruzione”; una formula, secondo gli intervistati, generica, aleatoria,
che non definisce in modo esaustivo il confine tra lo Stato e il reale
esercizio del diritto individuale da parte del cittadino.
Enrico Panini (Cgil Scuola)
A parere di Panini (Cgil Scuola), innanzitutto, la novità immediata-
303
Dall’obbligo
scolastico e
formativo al
diritto - dovere
all’istruzione
CAPITOLO 8
Dall’obbligo
scolastico e
formativo al
diritto - dovere
all’istruzione
le parti in causa
mente operativa è l’abrogazione della legge 9/99, quella che aveva
elevato di un anno la durata dell’obbligo scolastico. La nuova legge
parla di diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il
diciottesimo anno di età. Sembra quindi che si preveda un aumento e
non una diminuzione dell’obbligo. Tuttavia lo scenario delineato dalla
legge non prospetta tale situazione. Questo, soprattutto, per alcuni
motivi. Dal punto di vista giuridico-formale l’obbligo ha un valore di
gran lunga più forte del diritto dovere. Diversi esperti danno interpretazioni molto diverse tra loro sul significato del diritto-dovere, che risulta una formula piuttosto ambigua e generica, che si presta a più letture ed interpretazioni. Anche dal punto di vista sostanziale, prosegue
Panini, le due espressioni non hanno lo stesso valore. Quando si usa
l’espressione “obbligo” significa non solo che le persone che vi sono
soggette devono rispettarlo, altrimenti scattano sanzioni, ma anche
che lo Stato deve creare le condizioni perché le persone soggette a
quell’obbligo possano e debbano davvero rispettarlo. Nel caso della
scuola i ragazzi sono obbligati ad iscriversi e a frequentare la scuola
fino al periodo stabilito dalla legge e lo Stato è obbligalo a fornire
scuole, personale e tutto ciò che serve perché i ragazzi possano farlo.
Se si fosse davvero voluto mantenere o addirittura aumentare la durata dell’obbligo, non si sarebbe cancellata la legge che ne aveva elevato
di un anno la durata e, in tutti i casi, si sarebbe usata l’espressione
“obbligo”, chiara ed inequivocabile per tutti: legislatore, giudice, cittadino. E’ evidente, quindi, che sostituire l’obbligo con il diritto-dovere
nasconde una volontà diversa e, in tutti i casi ci si riferisce a qualcosa
di meno vincolante sia per le persone che per lo Stato. Da questo
punto di vista con il diritto-dovere lo Stato scarica ogni responsabilità
sul singolo, sull’individuo, in qualche modo si ritrae, rinuncia alla sua
funzione di soggetto che interviene per rimuovere le cause culturali
e/o economiche che limitano nei fatti un reale esercizio dei diritti individuali.
C’è alla base del diritto-dovere, sostiene Panini, l’idea di un individuo
solo davanti alle sue scelte e di uno Stato che sta a guardare, che
prende atto di ciò che accade e non interviene positivamente per migliorare le condizioni delle persone. È la negazione dell’impostazione
definita nella Costituzione, che non si limita ad enunciare i diritti ma
che fa carico alla Repubblica di garantirne l’effettivo esercizio a tutti, in
particolare a chi non ha le condizioni oggettive per farlo.
Non a caso la nostra Costituzione ha attribuito alla Repubblica il compito di istituire le scuole statali di ogni ordine e grado, all’interno di
una finalità di fondo: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
304
CAPITOLO 8
le parti in causa
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese” (art. 3, comma 2 Cost.).
In questa logica va collocata la questione obbligo scolastico e dirittodovere: sono concetti che rispondono a due diversi, opposti, modi di
vedere il ruolo della scuola. Da una parte, quello dell’obbligo, attribuisce alla scuola un ruolo attivo, di promozione di azioni positive per
contribuire a migliorare le condizioni iniziali delle persone. Dall’altra,
quello del diritto-dovere, che vede nella scuola un soggetto erogatore di un’offerta culturale e formativa che ciascuno si plasma a suo
uso e consumo. Inoltre, mentre l’obbligo previsto dalla legge 9/99 era
scolastico, andava cioè realizzato nel sistema di istruzione, il dirittodovere riguarda sia l’istruzione sia la formazione professionale, cioè si
può realizzare anche fuori dal sistema di istruzione.
Alfonso Rossini (Cisl Scuola)
Secondo Rossini (Cisl Scuola), la volontà legislativa di trasformare
“obbligo scolastico” nel diritto-dovere, legislativamente sanzionato,
all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino
al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età,
sono state fonte non solo di roventi polemiche, ma anche di profonde
preoccupazioni rispetto alle scelte di sistema che andavano maturando e all’impatto da esse derivanti sull’organizzazione del lavoro nella
scuola. Sul piano dei principi si tratta di una suggestione interessante
e ricca di prospettive. Il problema nasce allorché l’esercizio di questo
“diritto” si può indifferentemente espletare o nel percorso dei “licei”
o in quello dell’istruzione e della formazione professionale, la cui “pari
dignità”, nel testo del ddl appare come una mera petizione di principio,
non essendo declinati i contenuti curricolari minimi che vanno inderogabilmente garantiti, anche in termini di durata, per l’acquisizione
generalizzata e universale dei cosiddetti “diritti di cittadinanza” che
consentono al mondo giovanile il consapevole e maturo inserimento nel mondo del lavoro ovvero la prosecuzione degli studi. Oggi il
nuovo diritto dovere si sta realizzando senza che sia stato emanato il
prescritto decreto legislativo e senza la strutturazione del nuovo assetto ordinamentale dei percorsi dei due sistemi dell’istruzione e della
istruzione e formazione professionale.
305
Dall’obbligo
scolastico e
formativo al
diritto - dovere
all’istruzione
CAPITOLO 8
le parti in causa
8.5 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della
formazione professionale
Con la riforma, al termine del primo ciclo d’istruzione, il superamento
dell’esame di Stato consente di accedere ai successivi sistemi di istruzione o di istruzione e formazione professionale. In pratica, i giovani
dovranno scegliere tra la continuazione di un percorso di istruzione
nel sistema nazionale dei licei oppure l’ingresso nel sistema regionale
dell’istruzione e della formazione professionale. In tal modo, secondo
quanto sancito dalla legge di riforma, si assolve al diritto – dovere
all’istruzione.
Dopo la scelta del percorso formativo, verrà assicurata la possibilità di
passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale e viceversa, oppure di cambiare indirizzo all’interno
del sistema dei licei. Al quindicesimo anno di età, i giovani potranno
conseguire diplomi e qualifiche, in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato.
Nella formulazione presentata dal Miur, il sistema dei licei comprende
otto tipologie: l’artistico, il classico, l’economico, il linguistico, il musicale coreutica, lo scientifico, il tecnologico, quello delle scienze umane.
Nell’ambito dei licei artistico, tecnologico ed economico, sono previsti
ulteriori indirizzi formativi. Tutti i licei hanno durata quinquennale e
si articolano al loro interno in periodi didattici biennali. Al termine
dell’intero percorso disciplinare, l’Esame di Stato conclusivo rappresenta il titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Il secondo sottosistema è costituito
dall’istruzione e dalla formazione professionale di competenza delle
regioni, con le quali vengono definiti gli indirizzi di studi e gli standard
nazionali9. Il sistema regionale dell’istruzione e della formazione professionale rilascerà titoli e qualifiche finalizzati anche (per percorsi di
durata almeno quadriennale), a sostenere l’esame di stato e utili ai
fini dell’accesso all’università e all’alta formazione (artistica, musicale
e coreutica), previa frequenza di un apposito corso annuale10.
La legge 53/2003 ricompone, quindi, in un’unica realtà i due sistemi,
tradizionalmente distinti, dell’istruzione e della formazione profes-
I regolamenti per la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità
nazionale dei titoli professionali conseguiti a conclusione dei percorsi formativi, nonché per i
passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici, vengono definiti dal Governo d’intesa con la
Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie Locali
10
Una descrizione più approfondita della legge di riforma n. 53/2003 è riportata nel primo capitolo del volume.
9
306
CAPITOLO 8
le parti in causa
sionale, che vengono riconosciuti come rispondenti ai medesimi obiettivi di promozione della crescita e di valorizzazione della persona
e del cittadino. Nel nuovo sistema, dopo la scuola secondaria inferiore, i giovani possono proseguire gli studi nei licei o nel sistema
dell’istruzione e formazione professionale, considerati percorsi paralleli di pari dignità, aventi ciascuno una propria identità e specifiche finalità. L’obiettivo, secondo la riforma, è di assicurare che tutti i giovani
conseguano almeno un diploma o una qualifica professionale prima
di entrare nel mercato del lavoro.
Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del
Miur, preparatoria alla Legge 53/2003)
Su queste linee, afferma il Prof. Bertagna, è stato impostato il d.d.l.
Moratti, preposto a fornire l’architettura del sistema di istruzione nel
nostro Paese.
L’articolo 2, co.1, punto g della legge Moratti recita: “il secondo ciclo,
finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani
attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi, è
finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio
della responsabilità personale e sociale; in tale ambito, viene anche
curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie; il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e dal sistema
dell’istruzione e della formazione professionale”. Da questo punto di
vista, prosegue Bertagna, poiché il secondo ciclo è composto dal sistema dei licei e dal sistema degli istituti di istruzione e formazione professionale si deve concludere che l’uno e l’altro siano di pari dignità e
mirino alle medesime finalità educative. Risultati formativi uguali, ma
con percorsi, metodi e contenuti diversi.
Il sistema comprende otto licei: artistico, Liceo classico, Liceo economico, Liceo linguistico, Liceo musicale e coreutica, Liceo scientifico, Liceo tecnologico, Liceo delle scienze umane. I licei hanno durata
quinquennale; l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e
in un quinto anno che completa il percorso formativo e approfondisce
le conoscenze e le abilità che caratterizzano il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi, ma che, allo stesso tempo, si
collega con la scelta universitaria o dell’istruzione e formazione professionale superiore. I licei artistico, economico e tecnologico potranno
essere articolati dalle istituzioni scolastiche in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi territoriali. I licei si concludono con
un esame di Stato e permettono di accedere all’Università o all’alta
formazione artistica, musicale e all’istruzione e formazione professio-
307
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
nale superiore.
Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale è affidato
alle Regioni e realizza corsi di studi di durata variabile che terminano
con titoli e qualifiche professionali di diverso livello. Tali titoli e qualifiche, se coerenti con i livelli essenziali di prestazione (Lep) definiti su
base nazionale, sono validi su tutto il territorio nazionale e spendibili
nell’Unione europea. Sono previsti corsi triennali di qualifica professionale, corsi quadriennali di diploma professionale e corsi da cinque
a sette anni che rilasciano titoli di istruzione e formazione professionale superiore. Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale opera in un’ottica di formazione lungo tutto l’arco della vita e in
stretta relazione con il sistema dei Servizi per il lavoro. Dopo il titolo
di diploma quadriennale, è possibile frequentare un corso annuale
integrativo e sostenere l’esame di Stato per frequentare l’Università o
l’alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Si tratta di un sistema flessibile e di conseguenza la scelta per l’allievo
non è definitiva. Infatti, tutti hanno la possibilità di cambiare indirizzo all’interno dei licei o di passare dal sistema dei licei al sistema
dell’istruzione e della formazione professionale o viceversa. Tali passaggi saranno sostenuti e assistiti da apposite iniziative organizzate sul
territorio dai Larsa (Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti).
La tendenza a continuare a riassorbire, sostiene Bertagna, l’istruzione
tecnico-professionale nell’istruzione liceale rischia di continuare a
lungo; l’inerzia, non è soltanto un fatto fisico, è anche mentale. Lo
dimostra, ad esempio, la legge Bastico dell’Emilia Romagna che, nonostante il Titolo V, continua a parlare di formazione professionale e di
istruzione professionale (separate) come si è fatto negli ultimi decenni; oppure le proposte della Confindustria che, volendo collocare opportunatamente l’aristocrazia dell’istruzione tecnica tra gli indirizzi del
liceo tecnologico, confermano un anocronismo, una gerarchizzazione
classista e un programma conservatore. In questo caso, l’anacronismo
è continuare a parlare di istruzione tecnica, e non come vorrebbe la
Costituzione e la legge Moratti di istruzione e formazione professionale. Il programma conservatore è di rifutare l’articolo 2, co.1, punto g
della legge Moratti e di dare per scontato che, anche in futuro, esisterà
sempre una gerarchizzazione tra il sistema dei licei e il sistema degli
istituti dell’istruzione e formazione professionale e che la prospettiva
della pari dignità resta una pia illusione consolatoria.
La maturazione di adeguate competenze professionali dentro un rapporto di collaborazione triangolare tra istituti, imprese, ordini professionali e territoriali non solo consente una maggiore coerenza tra
308
CAPITOLO 8
le parti in causa
qualificazione ottenuta e effettivo lavoro svolto, ma permette anche
una maggiore realizzazione e soddisfazione personale, posizioni economiche più vantaggiose e un ruolo sociale più costruttivo e riconosciuto. Un sistema dell’istruzione e della formazione professionale
qualitativamente e quantitativamente concorrenziale al sistema dei
licei sarebbe un modo sicuro per far uscire il Paese dal paradigma culturale che non è stato certo ininfluente sia negli alti tassi di dispersione
scolastica di cui soffriamo, sia nella determinazione della crisi sociale
ed economica in cui siamo immersi da diversi decenni. L’obiettivo è
quello di consolidare un sistema unitario di istituti dell’istruzione e
della formazione professionale, ben integrati tra scuola, territorio e imprese/professioni, che rilasciano qualifiche e diplomi secondari e superiori di prestigio, evitando, quindi, l’impressione di un percorso formativo debole, residuale, riservato come in passato, sostanzialmente
ai falliti del sistema di istruzione liceale11. Questo appena delineato,
conclude Bertagna, è il futuro della scuola italiana; la legge 28 marzo
2003 n.53 prevede infatti fino a due anni per attuare la riforma.
Antonella Perotti (Confindustria)
L’analisi dell’architettura del modello formativo, relativo al secondo
ciclo dell’istruzione delineato dalla riforma, è stata condotta anche
dalla Confindustria. Nell’ambito del nuovo quadro normativo che si
è realizzato con l’approvazione della Legge 28 marzo 2003, n. 53, le
soluzioni prevedibili per il futuro dei diversi indirizzi degli attuali istituti
tecnici (venire privati della loro specificità professionalizzante o essere
completamente equiparati agli istituti professionali di durata quadriennale) non sembrano soddisfacenti. Sono evidenti in entrambe le
soluzioni i rischi di depauperamento di quella che è universalmente
considerata una delle “perle” della scuola italiana.
In realtà, a ben leggere l’art. 2, comma 1, lettera g, della Legge n. 53 e
tutto il dibattito che ha accompagnato la presentazione e l’iter parla-
Su questo aspetto, una ipotesi da sviluppare, per il Prof. Bertagna, è in prospettiva l’istituzione del Campus territoriale, inteso come ambiente formativo ad ampio spettro. Si tratta di
ridisegnare l’idea di Istituto scolastico, dove all’interno dello stesso plesso scolastico, possono
organizzarsi ed essere offerti diversi piani formativi (sistema liceale, formazione professionale,
percorsi triennali formativi su diverse annualità, Larsa), esclusivamente a gestione regionale.
L’idea che governa il nuovo sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale è quella dell’interconnessione formativa; non più integrazione tra i diversi percorsi
formativi, nell’intenzione di rendere gli allievi tutti uguali, bensì mantenimento della propria
identità nell’interscambio tra diverse capacità professionali.
11
309
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
mentare della legge stessa nella sua interezza appare possibile e doverosa una interpretazione che punta con decisione a ricomprendere
nel secondo ciclo di istruzione anche percorsi che abbiano carattere
liceale quanto a spessore culturale ed attitudine a sviluppare autonome capacità di giudizio ed esercizio della responsabilità, ancorché
riferiti ad assi portanti di tipo non generalista, quali l’artistico, il tecnologico, l’economico. La Legge 53, infatti, prosegue Perotti, a proposito
di tutti i licei, parla in senso generale di finalità correlate alla “crescita
educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il
fare e l’agire e la riflessione critica su di essi”. E, nel definire più avanti
l’articolazione per assi culturali portanti del sistema dei licei, sottolinea
che ciascuno di essi comporta “l’approfondimento delle conoscenze
e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi”.
Da questa logica definitoria comune discende inevitabilmente che è
soprattutto l’asse culturale di ciascun liceo ad accentuarne o attenuarne le valenze professionalizzanti: oggettivamente deboli nei licei
generalisti (classico e scientifico soprattutto) che fanno riferimento
ad ambiti di ricerca non immediatamente traducibili, al termine della
scuola, in posizioni di lavoro, ben più forti invece nei licei riferiti ad
ambiti - anch’essi culturalmente significativi - in cui gli aspetti operativi
sono parte imprescindibile della cultura assunta come asse portante.
In questo caso, sostiene Confindustria, il generico “saper fare” che è
proprio di tutti i licei può e deve diventare “professionalità”, immediatamente spendibile al termine della scuola secondaria superiore. Ciò
può avvenire attraverso la impostazione di piani di studio, programmi
e pratiche didattiche che sappiano intrecciare aspetti teorici ed approcci operativi, così come avviene effettivamente nella produzione
di beni e servizi e nelle figure professionali che vi operano. I licei tecnologici, ancorati concettualmente alla cultura tecnologica, in senso
lato, ma da articolare in rapporto alle caratteristiche delle tecnologie
in uso nei singoli settori produttivi, potrebbero dunque a buon diritto
ereditare le attuali filiere dell’istruzione tecnica industriale ed agraria,
intrecciando elevati livelli di formazione scientifica, tecnica e tecnologica in modo da dare luogo a profili professionalizzanti. Tale soluzione
consentirebbe di ottenere due importanti risultati: da un lato, la salvaguardia di una collaudata tipologia di formazione da una rischiosa
operazione di omogeneizzazione (ai licei tradizionali o alla formazione
regionale), dall’altro la riflessione critica sulle cause dei processi di
deprofessionalizzazione dell’istruzione tecnica. Cause riconducibili in
parte ad un’insufficiente consapevolezza degli effettivi contenuti delle
professionalità di settore, e quindi ad un’approssimativa impostazione
310
CAPITOLO 8
le parti in causa
dei piani di studio ed in parte alla calante attitudine dei docenti, sempre meno esperti del mondo del lavoro, ad adottare didattiche operative, e sempre più identificati in saperi prettamente teorici.
Gli indirizzi del Liceo Tecnologico, secondo Confindustria, possono
trovare riferimento nei settori operativi che caratterizzano le realtà
produttive e dei servizi tecnologici, in particolare:
- area elettronica e meccanica (meccatronica);
- area informatica (informazione e comunicazione);
- area chimica e chimico - ambientale;
- area tessile - sistema moda;
- area delle produzioni biologiche e delle risorse naturali.
Con riferimento all’ambito della cultura economica e dei suoi rapporti con l’operatività, l’asse portante (la scienza economica) ha sicuramente una dignità culturale e scientifica tale da giustificarne
l’inclusione nel sistema dei Licei. In tal senso l’economia nella sua
complessità metodologica può costituire di per sé un’ottima base per
l’accesso all’università, preferibilmente in corsi di laurea coerenti. È
però altrettanto vero che l’intreccio tra “sapere, fare e agire e la riflessione critica su di essi” porta inevitabilmente all’uso didattico di casistiche operative concretamente desunte dal mondo del lavoro e delle
professioni. Ne consegue che, nel futuro Liceo economico possono
confluire gli attuali istituti tecnici commerciali, con le loro molteplici
articolazioni, ovviamente ripensati alla luce del nuovo ordinamento.
È perciò proponibile l’istituzione di indirizzi di Liceo economico che
propongano percorsi didattici ispirati ai criteri del sapere, del fare,
dell’agire, del riflettere criticamente con riferimento ad attività di tipo
economico in modo da dare luogo a saperi e figure professionali secondo diversi indirizzi, tra cui: amministrativo, commerciale, marketing,
internazionalizzazione, gestionale, economia del turismo e dei beni
culturali, ambiente e territorio.
Il raccordo tra Licei tecnologici ed economici, alternanza scuola-lavoro,
formazione professionale, conclude Confindustria, potrebbe convergere verso la costituzione di Poli di eccellenza. Combinando le nuove
tipologie del Liceo Tecnologico e del Liceo Economico con i percorsi
di alternanza scuola - lavoro, si potrebbe aprire una nuova frontiera
educativa che attui l’obiettivo di continuità tra i livelli scolastici, eviti
separazioni brusche tra Licei e formazione professionale e consenta
allo studente percorsi personalizzati e recuperi di scelte fatte in momenti in cui non si disponeva di tutte le informazioni utili per decidere
della propria vita professionale. Questa soluzione avrebbe un ulteriore
12
Su questi temi il settore Scuola e Formazione della Confindustria, attraverso riflessioni e docu-
311
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
vantaggio: essa costituirebbe una vera risposta a quanti in Italia continuano a paventare una scuola classista, fatta più di esclusioni che di
inclusioni. Al tempo stesso essa risponderebbe alle esigenze di quelle
famiglie che temono di far percorrere ai propri figli strade educative di
seconda qualità quando non si sceglie la via dei Licei tradizionali12.
Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Sul tema specifico del futuro dell’istruzione tecnica e professionale
sollevato da Confindustria, il Prof. Colasanto, ritiene che la corrente
di pensiero sostenuta dal mondo imprenditoriale con riferimento alla
riforma Moratti, è chiara e ben definita. Essa individua in uno degli
otto licei, quello tecnologico, un percorso che, garantendo un certo
menti resi noti a mezzo stampa o in occasione di seminari e convegni di studio, ha ribadito l’idea
che il futuro dell’istruzione tecnica professionalizzante sta nel costituire una sorta di aristocrazia della “filiera professionale” del sistema educativo italiano. In questo senso Licei tecnologici
a indirizzo fortemente professionalizzante da un lato rassicurerebbero giovani e famiglie sulla
qualità del percorso formativo scelto, dall’altro, potrebbero costituire un fattore di crescita economica e culturale locale e un fattore di attrazione di studenti che verrebbero ad apprendere
una cultura e una tecnologia prettamente italiana e riconosciuta a livello internazionale. Basti
pensare ad esempio all’istituzione di Licei tecnologici del tessile e della moda nelle province a
vocazione tessile (Prato, Vicenza, Biella...) o di Licei Economici ad indirizzo turistico nelle zone
del Mezzogiorno a maggiore vocazione turistica. Questo tipo di Istituti potrebbe essere direttamente collegato ad un’offerta formativa più ampia e modulare che preveda nella stessa sede:
corsi brevi di formazione professionale;
corsi di formazione professionale triennali per la qualifica;
corsi di istruzione professionale quadriennali per il conseguimento del diploma professionale;
corsi di formazione professionale superiore annuali o biennali.
L’idea è quella di costruire un Polo tecnologico, che sviluppi al suo interno una filiera tecnica,
attraverso una offerta formativa articolata sui diversi livelli formativi previsti dalla Riforma; un
polo tecnologico, quindi, in grado di offrire al territorio: formazione, ricerca, formazione professionale, alternanza scuola – lavoro, formazione continua per occupati. Una filiera tecnica in grado
di superare soprattutto, in termini critici, la potenziale dicotomia tra sistema dell’istruzione e
della formazione professionale. L’insieme di questa offerta formativa da realizzarsi nell’ambito
delle competenze delle Regioni potrebbe favorire la percezione che il sistema di istruzione e
formazione professionale è “plurale” e assicura ai giovani una varietà di offerte corrispondenti a
diverse tipologie e a diverse domande. La stabilizzazione all’interno di una stessa sede di offerte
che vanno dai corsi brevi di formazione ai Licei Tecnologici potrebbe tra l’altro assicurare agli
studenti una effettiva possibilità di “passerelle” assistita dai docenti in un ambiente formativo
dove istruzione e formazione professionale comunicano e dove è valorizzata la collaborazione
con l’industria per stage e forme di alternanza. Istituti d’eccellenza di questa natura ci consentirebbero di essere esportatori di saperi, invertendo una tendenza che vede i nostri giovani
costretti a recarsi all’estero per avere gli strumenti di conoscenza necessari per lo sviluppo professionale. E questo costituirebbe il miglior coronamento di una riforma educativa che punti agli
obiettivi del miglioramento della qualità dell’offerta, dell’inclusione sociale e della competitività
delle imprese. (Confindustria, Legge n. 53/2003. Istruzione e Formazione Professionale e Licei
Tecnologici: il punto di vista delle imprese, Roma aprile 2003; Confindustria, Forum: Impresa,
Cultura e Professionalità: le novità della Riforma Moratti”, Area Impresa – Nucleo Formazione e
Scuola, Roma maggio 2003.).
312
CAPITOLO 8
le parti in causa
grado di “conclusività”, sia organizzato per indirizzi e sia assimilabile,
con i necessari correttivi e miglioramenti, agli attuali Istituti Tecnici
Industriali. Tale punto di vista può essere così sintetizzato:
- è indispensabile che nel primo biennio (14-16 anni) venga assicurata a tutti gli studenti (sia nel sistema dei Licei che nella
formazione professionale iniziale) l’acquisizione di quei saperi essenziali (capacità linguistiche, logico – matematiche, ecc.)
che ogni azienda ritiene essenziali per l’accesso alla professionalità;
- è essenziale salvaguardare l’identità culturale e la vocazione
professionalizzante degli istituti tecnici;
- è fondamentale definire il ruolo delle Regioni a cui il Titolo V
della Costituzione nella nuova formulazione della legge costituzionale (18.10.2001), attribuisce una responsabilità decisiva
non solo nel campo della formazione, ma anche in quello dell’istruzione.
Sostanzialmente, quindi,
prosegue Colasanto, la Confindustria,
all’interno del canale dell’istruzione, auspica un percorso parallelo
a quello dei licei ma professionalizzante e che sia caratterizzato da
un certo grado di conclusività nel percorso iniziato. Essa è particolarmente interessata al futuro dell’Istruzione Tecnica Professionale, anche perché gli Istituti tecnici e i professionali hanno sempre costituito
per le imprese un bacino di reperimento di risorse umane qualificate.
Negli ultimi quindici anni, si è avviato un processo di “deprofessionalizzazione” degli istituti tecnici attuato mediante la sperimentazione
del nuovo biennio. Tale sperimentazione, aumentando a dismisura il
numero delle discipline e riducendo allo stesso tempo l’orario delle
discipline professionalizzanti e del laboratorio ha condotto ad un sostanziale annacquamento di tali ordini di scuola che costituiscono circa
la metà dell’offerta formativa italiana e che hanno subito una consistente contrazione di iscritti. D’altra parte, conclude Colasanto, anche
le proposte della Confindustria vanno in questa direzione. Recenti
indagini svolte in alcuni settori del sistema associativo imprenditoriale,
hanno posto in luce l’insoddisfazione delle imprese per la sempre più
scarsa competenza professionale posseduta dai giovani che escono
dagli istituti tecnici. L’idea è quella di realizzare un processo inverso a
quello attualmente in corso: occorre riprofessionalizzare l’istruzione
tecnica, potenziarne i collegamenti con le imprese, valorizzare le attività di laboratorio e l’apprendimento esperienziale. La proposta
consiste nello snellimento del numero di discipline e dell’orario di
insegnamento che in molti casi ha raggiunto le 40 ore settimanali,
potenziando modalità di apprendimento basate sul saper fare e su
313
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
un modo di insegnare e di apprendere che metta in relazione il contenuto delle discipline con le situazioni del mondo reale e motivi gli
studenti a collegare le conoscenze e le loro applicazioni.
Massimo Di Menna (Uil Scuola)
Sul versante sindacale, la posizione della Uil Scuola sostiene che nella
situazione attuale, il “secondo ciclo d’istruzione” è la parte che contiene
le maggiori novità, le maggiori complicazioni e le maggiori incertezze:
il sistema dei licei, affidato allo Stato; il sistema della istruzione e della formazione professionale, di competenza delle Regioni, ed in più
la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza scuola
lavoro o attraverso l’apprendistato. L’elemento di maggiore criticità è
rappresentato dalla netta separazione tra istruzione e formazione e
dall’aggravata precocità della scelta, da parte di ragazzi e ragazze, se
continuare nel sistema dei licei o indirizzarsi verso il sistema regionale
della formazione professionale. Sarebbe opportuno, invece, un modello integrato in modo da garantire i livelli di cultura di base anche a
chi sceglie una formazione professionale specifica. Tuttavia, prosegue
Di Menna, attualmente è abbastanza difficile prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo, dato che tutto è profondamente influenzato
dagli esiti, tuttora incerti, delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni.
Inoltre, sono ancora in corso di studio, da parte della Commissione
ministeriale, le future articolazioni del sistema liceale ed i confini tra
questo e il sistema dell’istruzione e formazione professionale. I risultati dei lavori in corso consentiranno di comprendere, ad esempio, quali
istituti tecnici e professionali diventeranno licei e quali entreranno nel
sistema regionale. Ciò vale soprattutto per quanto riguarda l’offerta
di formazione degli istituti professionali che raccolgono il 25% degli
studenti dell’attuale scuola superiore. La legge delega nella sua formulazione, conclude Di Menna, assicura la possibilità di cambiare indirizzi
all’interno del sistema dei licei e tra questo ed il canale di istruzione e
formazione; ciò richiede pertanto che vengano create le condizioni per
i passaggi tra le diverse filiere del sistema. Questo obbiettivo non deve
restare lettera morta nel testo legislativo, ma deve trovare le condizioni per la sua reale attuazione, si deve concretizzare in azioni didattiche
con conseguenze e riflessi sul modello di autonomia scolastica che le
istituzioni coinvolte dovranno realizzare: flessibilità, modularità, personalizzazione degli interventi dovranno essere garantiti e accessibili.
314
CAPITOLO 8
le parti in causa
Alfonso Rossini (Cisl Scuola)
A parere di Rossini (Cisl Scuola), il secondo ciclo dell’istruzione, articolato in due sistemi (dei licei e della istruzione e formazione professionale) ed in una pluralità di percorsi al loro interno, rappresenta il
segmento più nuovo, complesso e problematico del nuovo sistema
di educazione e di formazione. Nuovo per l’articolazione dei percorsi
che configurano un sistema binario/duale; problematico e complesso
perché su di esso si esercitano competenze diverse delle istituzioni
della Repubblica: ora in forma esclusiva (delle Regioni per quanto riguarda istruzione e formazione professionale, dello Stato per le norme
generali sull’istruzione e per la determinazione dei livelli essenziali
delle prestazioni), ora in forma concorrente Stato-Regioni (istruzione)
salvo la determinazione da parte dello Stato di principi fondamentali.
Il sistema così disegnato, presenta un impianto asimmetrico quanto
a struttura, durata e terminalità (5 anni i percorsi liceali, fino a 4 anni
i percorsi di istruzione e formazione professionale); mentre si prevedono da subito articolazioni riconoscibili del sistema liceale (8 grandi
tipologie, tre delle quali - artistico - economico - tecnologico - articolate in indirizzi da individuare), è indefinito il sistema della istruzione
e formazione professionale che appare genericamente costituito
dalla somma dei diversi percorsi degli istituti di istruzione professionale (anche se non è ancora chiaro quali), dei corsi di formazione
professionale accreditata, dei corsi di formazione professionale regionale.
L’asimmetria si riscontra anche negli sbocchi successivi. Il ciclo quinquennale dei licei si conclude con un esame di stato che è titolo per
l’accesso all’università ed all’alta formazione artistica e musicale. Titoli
e qualifiche di differente livello dell’istruzione e formazione professionale (valevoli su tutto il territorio nazionale tanto quanto saranno rispondenti ai livelli essenziali di prestazione) danno accesso
all’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), titoli e qualifiche
conseguiti in percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale, uniti alla frequenza di un apposito corso annuale successivo,
danno titolo a sostenere l’esame di stato per l’accesso all’università ed
all’alta formazione artistica e musicale. L’unico elemento di parziale
simmetria appare laddove è previsto che il superamento del quarto
anno dei licei costituisca titolo di accesso ai corsi di IFTS.
E’ assicurata la possibilità di cambiare indirizzi all’interno del sistema
dei licei e di passare da un sistema all’altro, previa acquisizione di preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi
segmento del secondo ciclo dà luogo a crediti certificati da utilizzare
315
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
per gli eventuali passaggi, anche ai fini della ripresa di studi interrotti;
certificazioni di competenza sono previste per esperienze, esercitazioni, stage realizzati in Italia ed all’estero.
Nonostante questi elementi, prosegue Rossini, è difficile oggi prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo, dato che tutto è rimesso ad
una vasta normazione secondaria, al momento non ancora abbozzata,
i cui tratti saranno profondamente influenzati dagli esiti, tuttora incerti,
delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni. Per il momento duecentocinquanta esperti stanno lavorando al profilo educativo, culturale e
professionale dello studente alla fine del secondo ciclo di istruzione e
sulla determinazione dei livelli essenziali di prestazioni per gli istituti
dell’istruzione e della formazione professionale.
Gli esiti di questi lavori dovranno essere la base per la definizione
del nuovo modello. Dovranno dunque essere definite le mission delle
diverse articolazioni del sistema liceale ed i confini tra questo (in particolare il liceo tecnologico) e il sistema dell’istruzione e formazione
regionale. Da queste scelte si comprenderà, ad esempio, quali istituti tecnici e professionali diventeranno licei e quali entreranno nel
sistema regionale.
Sarebbe preoccupante che in nome di un’esasperata autonomia regionale andasse disperso il patrimonio culturale e professionale, oggi
realtà diffusa su tutto il territorio nazionale, degli istituti professionali che hanno sovente dovuto sostenere azioni di supplenza rispetto
all’assenza dell’intervento regionale. Altrettanto pericolosa sarebbe
la deriva di cancellare la ricchezza esperenziale oggi esistente, senza
garanzie rispetto alle concrete possibilità di realizzare il nuovo modello. In relazione a ciò assumeranno importanza strategica le scelte
delle Regioni per la definizione della legislazione di loro competenza.
Per questo è necessario un forte coordinamento affinchè, pur
nell’autonomia di ciascuna, vengano assunti modelli il più possibile
omogenei, rispettosi dei principi generali.
Anche l’assetto del modello liceale, che a prima vista può apparire
uguale all’attuale, è in realtà destinato a subire profonde e radicali
trasformazioni:
- si prevede una scansione in due bienni e un quinto anno, finalizzato al completamento del percorso attraverso approfondimenti delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo
d’uscita, al cui termine, previo esame di stato, è consentito l’accesso all’università o agli istituti di alta cultura;
- al superamento del quarto anno è consentito l’accesso ai corsi
di istruzione e formazione tecnica superiore.
Ciò comporterà una sorta di “terminalità interna” alla fine del quarto
316
CAPITOLO 8
le parti in causa
anno per garantire a chi decide di uscire una compiutezza dell’itinerario
percorso. E’ evidente che si profila una configurazione ben diversa
dall’attuale modello 2 + 3 di licei e tecnici e 3 + 2 dei professionali.
Per quanto affidato a competenze istituzionali diverse (Stato-Regioni),
sostiene Rossini, è necessario che il secondo ciclo mantenga un connotato unitario nazionale in quanto in esso si realizza la parte conclusiva di un diritto all’istruzione e formazione costituzionalmente tutelato, determinante per i profili di cittadinanza civile e sociale che
tale formazione deve favorire, per il conseguimento di titoli di studio e qualifiche spendibili su tutto il territorio nazionale e dell’UE, per
l’accesso a percorsi universitari e ai percorsi IFTS.
La pari dignità di tutti i percorsi scolastici e formativi del secondo ciclo
in termini di equivalenza, comparabilità educativa, culturale e formativa è l’elemento indispensabile per evitare il rischio che la struttura binaria/duale del secondo ciclo si traduca in un’inaccettabile gerarchizzazione culturale e sociale dei due sistemi dei licei e della formazione
rispetto al sapere, al mercato del lavoro e delle professioni.
Enrico Panini (Cgil Scuola)
Il punto di vista del mondo sindacale è rappresentato anche dalla posizione della Cgil Scuola.
La legge 53/2003, sostiene Panini, costruisce quello che comunemente
è definito un “sistema duale” nell’istruzione secondaria superiore: un
sistema di licei e un sistema di istruzione e formazione professionale.
I due sistemi sono fortemente differenziati sia per impostazione che
per dignità; il primo è quinquennale e si conclude con un esame
di stato; il secondo è quadriennale e si conclude con una qualifica
professionale. Si tratta di due sistemi non solo molto diversi fra loro,
ma anche gerarchicamente ordinati: infatti, il sistema dei licei avrà
un valore formativo di gran lunga superiore al sistema di istruzione e
formazione professionale. Occorre tener conto che, mentre sul fronte
costituzionale il quadro è quello delineato di grande incertezza, sul
versante della legge ordinaria il Miur ha scelto di mantenere la competenza statale sul sistema dei licei. Il problema, al momento insoluto,
riguarda la definizione chiara di quali degli attuali indirizzi di scuola
secondaria superiore faranno parte di questo sistema e quali ne saranno esclusi. Inoltre, per quanto riguarda il futuro degli Istituti Tecnici
e Professionali, la prospettiva sembra essere quella di un passaggio
di competenze in seno alle regioni, anche se, almeno nell’immediato,
tale passaggio, sia per ostacoli di natura logistica sia per l’incertezza
delle scelte politiche, risulta ancora complesso. All’interno della stessa
317
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
CAPITOLO 8
Il sistema
dell’istruzione
e il sistema
dell’istruzione
e della
formazione
professionale
le parti in causa
Confindustria, prosegue Panini, c’è un acceso dibattito riguardo alla
prospettiva di una formazione regionale dei tecnici e dei quadri, perno
dell’attuale organizzazione del lavoro. Il carattere più addestrativo dei
percorsi regionali metterebbe in discussione proprio quel patrimonio
di formazione tecnica professionale, di cui il sistema industriale italiano ha bisogno. In tal senso, lo scenario delineato da parte sindacale
prevede che l’attuale ripartizione degli indirizzi della scuola secondaria
superiore vada profondamente ripensata e che vada costruita un’area
tecnico-professionale, forte ed autorevole, che assommi, trasformandolo e semplificandolo, ciò che oggi è ripartito tra istruzione tecnica e
istruzione professionale. Un’area cui va riconosciuta la stessa dignità
formativa dell’area umanistica, quella valenza culturale che fa pensare
a menti formate al pensiero, filosofico o tecnologico, senza per questo
pensare ad un pensiero critico nel primo caso e ad un pensiero subalterno nel secondo. La variabile costante in questo scenario, sostiene
Panini, è che tutto ciò dovrebbe realizzarsi all’interno di un sistema di
istruzione, che mantenga un modello nazionale e unitario, in quanto la dimensione professionale non sia un settore, ma una funzione
rilevante del sistema di istruzione. In tal senso, è ritenuta del tutto
negativa la prospettiva della regionalizzazione dell’attuale istruzione
professionale e tecnica, e del personale impegnato in tali indirizzi;
l’istruzione tecnica e professionale appartiene e deve continuare a far
parte del sistema statale dell’istruzione.
8.6 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale
docente
La recente riforma costituzionale introduce, come abbiamo visto, importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento e
pone numerose e complesse questioni interpretative e di revisione
del quadro normativo esistente che investono anche, e soprattutto, il
secondo ciclo dell’istruzione delineato dalla riforma Moratti. La legge
delega di riforma del 28 marzo 2003, n. 53, si innesta in un processo
di profondo cambiamento dei poteri e delle competenze istituzionali
che vede, da un lato, le Regioni titolari di potere legislativo esclusivo
su istruzione e formazione professionale e, dall’altro, le scuole come
vere autonomie funzionali. Questo modello, determinato dal nuovo
Titolo V della Costituzione, porta a riconsiderare il tema dell’istruzione
e della formazione professionale in un quadro di pluralismo educativo, delle autonomie, dei soggetti, e nello sviluppo dei poteri regolatori dello Stato e delle stesse Regioni. Su questi aspetti, molti sono
318
CAPITOLO 8
le parti in causa
i problemi ancora aperti che il nuovo quadro delineato dalla Riforma
del Titolo V della Costituzione presenta, e per i quali anche gli stessi
costituzionalisti individuano molte complessità interpretative e attuative.
Per quanto riguarda le risultanze dell’indagine, due sembrano essere
le problematiche più urgenti: la competenza delle regioni per quanto
concerne l’istruzione e la formazione professionale e la gestione del
personale docente degli istituti tecnici e professionali.
Relativamente al primo punto, il discusso passaggio della filiera
dell’istruzione professionale alle Regioni, probabilmente, si inquadra
in un processo che non sarà rapido né univoco, per diversi motivi. In
primis, non è stata ancora identificata, da parte del Miur, la tipologia
completa degli istituti professionali interessati: in particolare, gli attuali
istituti tecnici e professionali statali transiteranno nell’area tecnica e
tecnologica o alcuni verranno ricondotti all’ istruzione e formazione
professionale regionale? Inoltre, va osservato che diverse Regioni non
sono impazienti di accollarsi il problema della gestione diretta delle
scuole. Tuttavia, tali problematiche possono avere diverse soluzioni:
il mantenimento degli attuali istituti professionali come istituti tecnici statali e tecnologici; o il trasferimento di una parte alle Regioni;
oppure, si può prevedere che le Regioni, in linea con l’ art. 33 della Costituzione (che non ha subito modifiche e che prevede che la
Repubblica istituisca scuole statali per tutti gli ordini e gradi), possano
istituire vere e proprie scuole di istruzione professionale, realizzando
così il secondo canale formativo in campo nazionale. Infatti, alla luce
di quanto indicato nel riformato Titolo V della Costituzione, le autonomie locali fanno ora parte a tutti gli effetti della Repubblica. Se da una
parte, come si legge nel testo costituzionale, è escluso che le Regioni
e gli Enti locali abbiano competenza diretta in materia di ordinamenti
scolastici, che possano imporre lo studio di alcune materie piuttosto
che altre, è previsto che le Regioni possano determinare la qualità e
quantità dell’offerta formativa e possano influenzare le scelte didattiche, usando come leva la distribuzione delle risorse o altri sistemi di
induzione.
Relativamente al secondo punto, in prospettiva futura la gestione del
personale docente degli istituti professionali e tecnici che passeranno
di competenza delle Regioni rappresenta un problema di gestione e
organizzazione di notevole portata. Di recente, l’Isfol, proprio su queste
problematiche, correlate alla riforma del sistema dell’istruzione, ha
svolto una ricerca volta a monitorare la condizione professionale e
i fabbisogni formativi delle risorse umane che operano nella filiera
dell’Istruzione Professionale. L’inchiesta ha coinvolto 1680 docenti
319
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
di 35 scuole, complessivamente, un campione pari al 42.4% del totale. I risultati dell’indagine, denotano un atteggiamento non del tutto
positivo degli insegnanti intervistati rispetto al secondo canale della
riforma, il cosiddetto “sistema dell’istruzione e della formazione professionale”.13
Due sono sostanzialmente le possibilità di lettura del novellato art.118
della Costituzione. Per la prima, la gestione del personale, appartenendo alla sfera amministrativa, dovrebbe passare alle Regioni (“Le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’ esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”). Per la seconda, invece, il personale
dovrebbe essere mantenuto allo Stato, che solo può garantire uniformità di reclutamento, di trattamento economico, di mobilità su tutto
il territorio nazionale. Al momento sembra alquanto difficile ipotizzare
quale interpretazione prevarrà, in ogni caso, anche in questo settore,
non sembrano esservi urgenze di intervento da parte delle Regioni.
Un importante punto della legge 53/2003 riguarda la formazione dei
docenti. Le discipline e attività rientranti nella quota regionale non
possono non avere un corpo docente qualificato e specializzato nelle
materie di specifico interesse regionale. In questo senso la nuova
legge (art.5 “formazione degli insegnanti”) prevede l’emanazione di
decreti legislativi recanti norme sulla formazione iniziale dei docenti,
che dovrebbe avvenire attraverso corsi di laurea specialistica: gli stessi
decreti avranno il compito di individuare “le classi dei corsi di laurea specialistica anche interfacoltà o interuniversitari”. Molto probabilmente, da questo punto di vista, occorrerà attendere l’evoluzione
normativa per verificare se in tali sintetiche formulazioni può fondarsi
la possibilità di comprendere, tra i suddetti corsi, appositi e specifici
ambiti di formazione storico-culturale locale.
Dai risultati dell’indagine si evince che solo il 48.6% dei docenti intervistati è disposto ad insegnare nel secondo canale della riforma, per l’appunto quello del sistema dell’istruzione e della
formazione professionale. Sembra emergere, tra gli intervistati, un’area presumibilmente critica
nei confronti della Riforma e rispetto alle innovazioni prospettate dalla costituzione del “secondo
canale”. Molti degli insegnanti perplessi nei confronti del “secondo canale”, nutrono preoccupazioni circa la possibilità che l’avvio della Riforma possa determinare una riduzione dei posti di
lavoro nella scuola. E’ interessante osservare che chi insegna materie umanistico-scientifiche sia
più preoccupato rispetto agli insegnanti tecnico-pratici. Come dire che il pericolo di ridimensionamento del corpo insegnante verrebbe attribuito ad un’impostazione meno “generalista” del
secondo canale, che comporterebbe un’enfatizzazione dell’offerta formativa tecnica a discapito
di quella culturale. (Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report
preliminare, Roma marzo 2003).
13
320
CAPITOLO 8
le parti in causa
Il panorama che abbiamo di fronte è quello di una complessa fase di
transizione. Non sarà certamente agevole individuare con certezza e
completezza le materie di competenza regionale, definire il rapporto
tra competenza legislativa e riserve di legge contenute in altri articoli
della Costituzione. A titolo indicativo si può ritenere che la tutela della
libertà d’insegnamento, l’articolazione degli ordinamenti, la durata
dell’obbligo scolastico, i piani di studio, gli standard per la spendibilità
nazionale dei titoli di studio conseguiti al termine dei percorsi formativi, il sistema di certificazione e la valutazione di sistema rientrano
nella competenza dello Stato a garanzia di conformità di trattamento
su tutto il territorio nazionale. Appare necessario anche che rientri
nella competenza esclusiva dello Stato assicurare il diritto ai capaci e
meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi14.
Sulla base di queste interpretazioni, alcuni costituzionalisti ritengono
che la legge delega sui nuovi ordinamenti, che sottrae alle scuole la gestione locale del curricolo per assegnarla alle Regioni, potrebbe configurarsi come anticostituzionale. L’ assessore alla Scuola, Formazione professionale, Università, Lavoro e Pari opportunità dell’Emilia Romagna,
Maria Angela Bastico, ha pubblicamente dichiarato la volontà della
Regione di riattribuire alle scuole, con una legge apposita, la gestione della quota locale del curricolo15. La Regione Emilia Romagna ha
presentato ricorso alla Corte costituzionale rispetto alle iniziative del
Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie. Di recente, la sentenza n.13/2004 del 13
gennaio ha accolto la questione di legittimità sollevata dalla Regione
Emilia Romagna, accelerando, quindi, il processo di decentralizzazione dell’istruzione. La definizione degli organici dei docenti e degli
Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola è di competenza
delle Regioni; queste ultime, possono legiferare e assumersi le relative
responsabilità in materia di distribuzione del personale e formazione
degli organici16.
Su questi temi specifici le recenti norme costituzionali pongono
dunque una serie di questioni rilevanti, in ordine a quelle che sono
Rubinacci A., Le modifiche Costituzionali e la riforma dei sistema scolastico, in Dossier
Tuttoscuola “Speciale Devolution & Scuola”, Roma 2002.
15
Regione Emilia Romagna, Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per
ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione
professionale, anche in integrazione tra loro, Delibera legislativa n.107, Bologna 2003.
16
Nella sentenza, i Giudici della Consulta affermano che le Direzioni Scolastiche Regionali del
Miur non hanno alcuna competenza sugli organici; ruolo che spetta, invece, alle Regioni. Tuttavia,
si legge nella sentenza, tale decisione non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di
leggi regionali conformi alla nuova competenza”.
14
321
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
le competenze legislative e amministrative a valere sul secondo ciclo
dell’istruzione (in particolare con riguardo al sistema dell’istruzione
e della formazione professionale), la gestione del personale docente
degli istituti tecnici e professionali e sulla modalità di formazione e
reclutamento degli insegnanti.
Enrico Panini (Cgil Scuola)
Sostiene Panini (Cgil Scuola) che qualunque riforma ha, per un verso
o per l’altro, ricadute sul personale; nello specifico la legge 53/03, che
si caratterizza per la radicale suddivisione dei percorsi, espone il personale anche a rischi gravi, difficili però da valutare compiutamente da
subito. Attualmente, l’istruzione tecnica e quella professionale soddisfano circa i due terzi dell’utenza e occupano i due terzi del personale
della scuola secondaria e, all’interno di questo, circa 120.000 docenti
di tecnica professionale sia teorica che pratica. La costruzione di un
sistema inevitabilmente gerarchizzato, dove il settore professionale
assume sempre più il carattere di scuola di seconda scelta, con articolazioni e differenziazioni, modificherà l’orientamento delle iscrizioni e
interromperà il processo di integrazione, omogeneizzazione scolastica
e di emancipazione sociale che dal dopoguerra ha caratterizzato la
storia della scuola secondaria italiana, soprattutto nei suoi tronconi
più popolari, il tecnico e il professionale. La cosa avrà ricadute anche
sull’occupazione del personale, non solo in termini di redistribuzione
tra i due sistemi, ma persino in termini di soprannumero e di possibilità
occupazionali. Il rapporto di lavoro del personale docente impegnato
nelle discipline “non obbligatorie” (che è più probabile siano quelle
tecniche, sia teoriche sia pratiche) potrebbe a quel punto cambiare a
favore di rapporti più precari. Non è casuale, da questo punto di vista,
la possibilità prevista negli ultimi documenti di programmazione economica e finanziaria (Dpef) di ricorrere a contratti di collaborazione
per la realizzazione di alcune attività formative.
Sempre secondo Panini, potrebbe accadere che proprio l’applicazione
della logica duale, basata sulla separazione e sulla gerarchia dei percorsi e delle discipline, metta in discussione l’attuale distribuzione delle
iscrizioni, con un loro significativo spostamento verso il sistema liceale
(da questo punto di vista, si registra, su base nazionale una sensibile
diminuizione di iscrizioni negli istituti tecnici e professionali, probabilmente come conseguenza dell’effetto annuncio della Riforma).
In tutti i casi, prosegue Panini, anche la eventuale regionalizzazione
degli attuali indirizzi tecnici e professionali non può significare dividere l’attuale personale statale, regionalizzandone una parte, che oltre
322
CAPITOLO 8
le parti in causa
tutto sarebbe quella numericamente più consistente. Anche la messa
in discussione delle norme generali statali sull’insegnamento risulta
del tutto inadeguata. Ciò significa, riaffermare:
- la permanenza dei lavoratori nel contratto collettivo nazionale
della scuola;
- la conservazione del reclutamento nazionale, che immediatamente vuole dire non mettere in discussione le norme esistenti;
- la conferma della mobilità nazionale, che costituisce un beneficio contrattuale indiretto.
Dietro questa affermazione c’è innanzitutto un principio didattico, oltre che di tutela del personale: quello che rifiuta la separazione tra il
sapere e il saper fare, tra l’insegnante generale e l’insegnante professionale, in particolare per gli insegnanti dell’istruzione professionale.
Da tutto ciò discendono alcune domande sul ruolo del docente, sul
significato profondo di una professionalità complessa, che non può
essere ridotta ad una semplice funzione trasmissiva.
La professionalità docente è frutto di una molteplicità di fattori, di cui
indubbiamente la conoscenza disciplinare è fondamentale, ma non
sufficiente. Determinante per l’apprendimento è anche il rapporto che
si instaura tra il docente e la classe, tra il docente e il singolo alunno, ma anche il rapporto con i colleghi, con le altre professionalità
presenti nella scuola, con la realtà fuori dalla scuola. E’ importante,
quindi, la componente relazionale, così come quella tecnico-professionale, legata alla conoscenza e all’uso di tecniche didattiche anche
sofisticate, per favorire l’apprendimento degli alunni. Così come rilevante è l’attività di ricerca, di sperimentazione che porta ad innovare
sulla base dell’esperienza maturata e delle riflessioni conseguenti. Il
contesto, interno ed esterno alla scuola, nel quale si esercita la professione docente è determinante per gli esiti stessi dell’insegnamento.
Molto si può fare anche sul versante professionale, nell’esercizio
dell’attività didattica. Per fare ciò sono da mettere in campo volontà,
determinazione, utilizzo di tutte le soluzioni di natura didattica disponibili, la ricerca di metodologie innovative, il rigore di chi è consapevole dell’alto ruolo svolto dalla scuola e della rilevanza dell’esercizio di
una professione difficile, delicata e complessa, quale quella docente.
Si può organizzare il proprio lavoro, sentendosi parte della comunità
scolastica, facendo una chiara scelta per il team, per il lavoro di progettazione collegiale che si rapporta con una determinata classe e con
determinati alunni sulla base di un progetto pensato e costruito appositamente insieme ai colleghi. Si può sviluppare e curare il rapporto
con il territorio, inteso in senso ampio: genitori, associazioni, istituzi-
323
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
oni, sociali ed economiche. L’attività progettuale in questo senso va
realizzata ricercando l’equilibrio tra gli obiettivi di carattere generale
definiti nei curricoli e la specifica realtà nella quale essa si sviluppa. Il
territorio è un referente importante, non già per piegare ai suoi interessi gli obiettivi della scuola, ma per rendere effettivi, realmente raggiungibili quegli obiettivi di carattere generale che vanno calati nella
realtà in cui la scuola è inserita.
Da questo punto di vista c’è reciprocità nel rapporto tra scuola e territorio: la scuola chiede al territorio, domanda anche risorse, ma al
tempo stesso dà al territorio, contribuisce a determinarne le caratteristiche. Del resto questo è il senso vero dell’autonomia scolastica: solo
una scuola autonoma è in grado di garantire alla società e al paese il
raggiungimento delle finalità istituzionali, perché è in grado di leggere
ed interpretare le esigenze di quella realtà su cui costruire il progetto
didattico che meglio ne tiene conto.
Alfonso Rossini (Cisl Scuola)
A parere di Rossini (Cisl Scuola), la prospettiva della “devoluzione”,
oltre a prefigurare un’evidente disarticolazione del sistema scolastico
in chiave regionalistica, decretando la fine dei suoi connotati unitari e
nazionali, provoca, altresì, gravi ripercussioni sulla gestione di tutto il
personale.
Per quanto riguarda il futuro dei docenti degli IPS e degli Istituti tecnici, tali scenari meritano alcune considerazioni che si possono riassumere come segue:
a.il passaggio di competenze amministrative alle regioni, in materia di istruzione e formazione, rischia di provocare una forte
frammentazione del sistema scolastico nazionale, con un ulteriore approfondimento del divario già esistente tra le varie regioni, soprattutto in termini di risorse economiche e struttura
dell’offerta formativa;
b.l’effetto annuncio della riforma Moratti, e il relativo disegno del
nuovo modello di sistema scolastico, inteso prevalentemente
come sistema “duale” (sistema dell’istruzione e dell’istruzione
e della formazione professionale), ha avuto come effetto immediato un forte ridimensionamento in termini di iscritti, negli
attuali istituti tecnici e professionali e, da parte dei docenti, un
incremento delle domande di trasferimento da un sistema all’altro;
c.la competenza amministrativa delle regioni a valere sul per-
324
CAPITOLO 8
le parti in causa
sonale docente, attualmente in ruolo con contratto nazionale,
comporta una fase transitoria di “allineamento contrattuale” su
materie (quali ad esempio: organizzazione del lavoro, orario di
servizio, mobilità, competenze, profili professionali) che sono
oggi strettamente regolate e condivise dalla contrattazione sindacale;
d.l’eventuale passaggio di personale docente da un sistema all’altro (ad esempio: dalla formazione professionale al sistema dell’istruzione), attraverso percorsi di riconversione professionale,
comporta la programmazione di una fase transitoria del personale da condividere con le rappresentanze sindacali e, comunque, al di fuori di modalità applicative decise con provvedimenti
legislativi;
e.la legge di riforma, nei suoi “Principi generali”, deve mantenere
le modalità di reclutamento di competenza nazionale (Ccnl della scuola), formazione, mobilità del personale docente; l’idea
di una regionalizzazione dei contratti è al momento un’ipotesi
tutta da verificare in sede di contrattazione sindacale;
f. l’idea di una riduzione delle classi di concorso, conseguente
ad una rimodulazione oraria dei percorsi formativi (riduzione
dell’orario scolastico nei vari indirizzi professionali, flessibilità
oraria del curriculum scolastico e dei programmi disciplinari),
comporta la necessità di verificare le conseguenze che tali decisioni comporterebbero sul personale docente e sulla qualità
dell’offerta formativa;
g.il sistema dell’istruzione e della formazione professionale dovrebbe essere rivisto alla luce di una significativa razionalizzazione degli attuali indirizzi professionali presenti negli Istituti
tecnici e professionali, con l’intento di sistematizzare l’offerta
formativa sul territorio e dare avvio ad una filiera tecnica fortemente professionalizzante, attraverso, soprattutto, le intese
dei soggetti sociali ed economici che operano nei vari comparti
produttivi presenti sul territorio.
L’attuazione della legge 53/2003, prosegue Rossini, comporta, inoltre,
un profondo ripensamento nella stessa impostazione della formazione del docente, per troppo tempo centrata quasi esclusivamente
sulle discipline. L’art.5 della legge di riforma della scuola, entra nel
merito della formazione degli insegnanti, prevedendo che siano i decreti legislativi adottati dal Governo e previsti dall’art. 1 a disciplinarne
i contenuti. Tale formazione dovrà realizzarsi nelle università presso
corsi di laurea specialistica, il cui accesso è programmato in base ai
325
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
posti effettivamente disponibili in ogni Regione e nei ruoli organici. Le
classi dei corsi di laurea sono individuate attraverso i decreti adottati
ai sensi dell’art. 17 della legge 127 del 15 maggio 1997; il conseguimento della laurea specialistica viene determinato da un esame di
laurea avente valore abilitante di uno o più insegnamenti.
I docenti laureati che intendano immettersi nei ruoli dovranno svolgere un periodo di tirocinio con appropriati contratti di formazionelavoro. In questo senso le università dovranno definire l’istituzione e
il funzionamento di apposite strutture di formazione atte a gestire i
rapporti, mediante convenzioni, con le istituzioni scolastiche. Inoltre,
le università avranno il compito della formazione in servizio dei docenti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutoraggio, di
coordinamento delle attività didattiche e gestionali delle istituzioni
scolastiche e formative.
Da questo punto di vista, sostiene ancora Rossini, è senza dubbio positivo che il nuovo modello preveda per tutti i docenti una formazione
universitaria di pari dignità, superando la diversità attuale dei percorsi.
Ma la nuova tipologia di formazione universitaria pone anche una serie di problemi rispetto ai quali sono state avanzate una serie di critiche ed obiezioni.
Non appare convincente una laurea specialistica costruita su un curriculum avente “preminenti finalità di approfondimento disciplinare”,
quando, invece, occorre caratterizzare il percorso formativo specialistico degli insegnanti particolarmente sul piano delle competenze nelle
scienze dell’educazione e delle competenze metodologiche e didattiche. Il tirocinio risulta essere successivo alla formazione specialistica
e non integrato nei percorsi formativi. In questo modo si sottovaluta
il valore del sapere professionale, di una sua necessaria relazione con
il sapere disciplinare come parte integrante di un curricolo formativo
universitario finalizzato alla formazione specialistica dei futuri insegnanti. Il tirocinio successivo, attraverso un contratto di formazione –
lavoro, rischia di configurarsi come un praticantato. Alla luce di ciò, appare chiaro che il nuovo modello di formazione iniziale e di accesso ai
ruoli è destinato a superare l’attuale sistema di reclutamento, quanto
meno del concorso ordinario così come oggi lo conosciamo. Inoltre,
la strategia di una formazione specialistica con accesso programmato
non può prescindere dall’analisi delle realtà del precariato.
Nel corso di recenti dibattiti parlamentari, è stata presentato, da parte
del Governo, un ordine del giorno mirato a definire le caratteristiche
generali attraverso cui si esplica la funzione docente, a diversificare
ed articolare la funzione docente, a individuare specifiche modalità
di verifica e valutazione delle prestazioni collegate alla valorizzazione
326
CAPITOLO 8
le parti in causa
professionale. L’eventuale passaggio di questo ordine del giorno legittimerebbe il Governo ad intervenire sullo stato giuridico dei docenti,
disciplinando così anche specifici aspetti del rapporto di lavoro, quali
l’articolazione delle funzioni professionali e la verifica e la valutazione
delle prestazioni connesse allo sviluppo di carriera, che appartengono invece alla contrattazione sindacale. L’iniziativa, in questo senso,
conclude Rossini, è in evidente contrasto con l’attuale sistema delle
relazioni sindacali; la previsione di un eventuale sviluppo differenziato
della carriera, basato anche su una possibile articolazione dei compiti
legati alla piena attuazione dell’autonomia organizzativa e didattica
delle istituzioni scolastiche, esige, in primis, la disponibilità di risorse
economiche e la condivisione di un efficace e riconosciuto sistema
nazionale di valutazione che, attualmente, il Ministero, non è riuscito
a far decollare.
Massimo Di Menna (Uil Scuola)
L’analisi sul futuro del personale docente dell’Istruzione tecnica e professionale è stata condotta anche da Di Menna (Uil Scuola), il quale
ha posto in evidenza come a partire dagli anni ’80 gli Istituti tecnici e professionali sono stati protagonisti di un processo di profondo
rinnovamento, che ha loro permesso di conquistare sul campo il titolo di segmento attivo ed originale del sistema scolastico italiano.
L’indispensabile attività di educazione e formazione alla cittadinanza
attiva, la preparazione culturale di base hanno trovato in essi luogo
privilegiato di integrazione con le istanze di qualificazione e moderna
competenza professionale, costantemente fondandosi sul confronto
con il mondo del lavoro. Da questo punto di vista, fin dalle fasi di
discussione sulla ridefinizione dell’istruzione professionale a partire
dagli anni ’80, sostiene Di Menna, sono stati sostenuti i processi di
valorizzazione professionale dei docenti del settore, quale strumento
di qualificazione culturale dell’intero sistema scolastico. Proprio per
questo, la prospettiva di un passaggio degli istituti professionali al
sistema dell’istruzione e della formazione professionale, con la scelta
della localizzazione dei curricola e delle scuole, il cui funzionamento
sarebbe condizionato dalla situazione economica e finanziaria delle
diverse realtà territoriali, con gravi effetti sulla pari opportunità di accesso all’istruzione da parte dei giovani, il prevedibile passaggio del
personale docente dai ruoli nazionali a quelli regionali, così come è
disegnata nell’ambito delle recenti riforme (riforma costituzionale e
legge Moratti), lasciano parecchi dubbi e perplessità sul futuro assetto
dell’Istruzione tecnico – professionale nell’ambito del sistema scolas-
327
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
tico nazionale.
Tale prospettiva ha provocato, già da alcuni anni, un consistente ridimensionamento (soprattutto in termini di iscritti), degli attuali Istituti
professionali e tecnici, con uno spostamento dell’utenza verso il sistema dei licei; un fenomeno che ha coinvolto anche diversi docenti nel
passaggio da un sistema all’altro. Il modello di istruzione e formazione
disegnato dalla riforma Moratti, rischia di provocare una forte frammentazione del sistema scolastico nazionale, con un passaggio dei
cosiddetti “istituti di eccellenza” nel sistema liceale (liceo tecnologico), con un ulteriore approfondimento del divario già esistente tra le
varie regioni, soprattutto in termini di risorse economiche e struttura
dell’offerta formativa. Su questa materia, la posizione sindacale risulta
ben definita; infatti, l’ipotesi di un eventuale passaggio di personale
docente, attualmente in ruolo sulla base di un contratto nazionale, alle
competenze amministrative delle regioni, è al momento poco percorribile, in quanto tale materia, rimane oggetto di contrattazione sindacale e, difficilmente, può essere modificata da provvedimenti legislativi. L’eventuale passaggio di personale docente da un sistema all’altro
(dalla formazione professionale al sistema dell’istruzione o viceversa),
con modalità di riconversione professionale per i docenti, rimane materia di contrattazione sindacale; inoltre, ciò comporterebbe la necessità di un allineamento contrattuale (organizzazione, orario di servizio,
competenze, profili professionali, mobilità), da regolare d’intesa con
le organizzazioni sindacali e, comunque, al di fuori di provvedimenti
presi in sede legislativa. Le condizioni nazionali contrattuali dovranno
mantenersi tali anche nella prospettiva di un eventuale passaggio di
personale docente da un sistema all’altro; l’idea di una regionalizzazione dei contratti è al momento un’ipotesi tutta da verificare in sede di
contrattazione sindacale.
Una proposta sindacale in tale senso, sostiene Di Menna, può essere
sintetizzata come segue: far confluire tutti gli Istituti tecnici e professionali nel sistema liceale, mantenendo il carattere nazionale dei piani
di studio e valorizzando le quote delle scuole, esaltando l’autonomia
e la libertà di insegnamento dei docenti, al fine di evitare il pasticcio di
tre sedi di definizione di programmi (Stato, Regioni, Scuole).
Antonella Perotti (Confindustria)
Anche per la Confindustria, nel nuovo quadro normativo delineato dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, un tipico caso di problema
amministrativo, nel sistema educativo di istruzione e di formazione
è, per esempio, la gestione del personale docente. I principi fonda-
328
CAPITOLO 8
le parti in causa
mentali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento
economico e mobilità del personale privilegiano l’uniformità a livello nazionale: da ciò ne discende che la competenza amministrativa
non può che rimanere statale. Con riguardo, invece, alle modalità di
formazione e reclutamento del personale docente, la Confindustria
condivide quanto emendato nella legge di riforma del sistema scolastico: la formazione degli insegnanti è regolata da quanto riportato
dall’art.5 della legge di riforma n.53 del 2003 (“Formazione degli insegnanti”).
Le procedure per il reclutamento del personale docente si svolgeranno
nel modo seguente:
- individuazione del fabbisogno territoriale dei docenti;
- messa a bando delle cattedre disponibili;
- accesso degli aspiranti docenti alla laurea specialistica (per tipologia di insegnamento);
- biennio di laurea specialistica per accedere al sistema dell’istruzione e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
- al termine del biennio specialistico, accesso al biennio di praticantato in cui il docente è assistito da un tutor scolastico e da
un tutor universitario;
- periodo di tirocinio da realizzare presso le scuole;
- valutazione del servizio prestato ed immissione in ruolo.
Ciò non toglie che, prosegue Confindustria, se si considera strategica
l’autonomia delle istituzioni scolastiche, tra i principi generali stabiliti
dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale, e si introducono principi finalizzati ad assicurare la
stabilità del personale nelle istituzioni scolastiche (il potenziamento dei
rapporti tra scuola e mondo produttivo nel proprio territorio, la possibilità di chiamata del personale da albi professionali), la nuova norma
costituzionale più che escludere impone progressivamente il passaggio della gestione amministrativa del personale docente dal Miur alle
Regioni e, in prospettiva, tramite loro, alle scuole. Tuttavia, i tempi per
l’entrata a regime del nuovo assetto amministrativo delle Regioni, sul
tema delle competenze del personale docente e non docente della
scuola, potrebbero richiedere tempi molto lunghi. Nell’immediato è
molto difficile invertire relazioni sindacali e contrattuali che sono il
risultato di politiche e accordi ispirati al principio della concertazione.
329
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del
Miur, preparatoria alla Legge 53/2003
Sul tema fin qui in discussione, il Prof. Bertagna (Coordinatore della
Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003),
ha nuovamente sostenuto che a partire dalla nuova riforma costituzionale, in relazione alle competenze esclusive delle Regioni, la nuova
legge costituzionale chiarisce che l’istruzione e la formazione professionale, ovvero tutti gli attuali Istituti Professionali di Stato, non solo
nella parte di offerta formativa integrata tra istruzione e formazione
professionale, appartengono alla normativa esclusiva regionale, e,
in questo, si accoppiano alla formazione professionale dei Cfp già di
riserva regionale dal 197817.
Nel nuovo quadro normativo, spetta comunque alle Regioni la gestione amministrativa del sistema di istruzione non esplicitamente riservata alle scuole; ciò è confermato anche dall’art. 4 della legge costituzionale che riscrive l’art. 118 del Titolo V della Costituzione. L’articolo in
questione, infatti, recita che le funzioni amministrative sono attribuite
ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei
principi di sussidarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Da questo punto di vista, prosegue Bertagna, nel sottosistema educativo di istruzione e di formazione, un problema amministrativo
potrebbe rilevarsi la gestione del personale docente e non docente.
Se i principi fondamentali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale privilegiano
l’uniformità a livello nazionale, la competenza amministrativa non
può che rimanere statale. Se, però, come sembra ragionevole, si considera strategica l’autonomia delle istituzioni scolastiche, tra i principi
generali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento
economico e mobilità del personale si introducessero riferimenti alle
prospettive di assicurare la stabilità del personale nelle istituzioni scolastiche, di radicare le istituzioni scolastiche nel proprio territorio per
costruire una vera e propria tradizione locale, di potenziare in modo
sistematico i rapporti tra scuola ed extrascuola, autorizzare la chiamata
di personale da albi professionali, la nuova norma costituzionale più
che escludere, in un periodo più o meno lungo che non potrà che essere concordato dallo Stato e dalle Regioni, impone progressivamente
il passaggio della gestione amministrativa del personale del Ministero
dell’Istruzione alle Regioni e, si spera, tramite loro, alle scuole. Ciò, del
17
Legge n.845 del 21 dicembre 1978.
330
CAPITOLO 8
le parti in causa
resto, appare una scelta obbligata anche da altri punti di vista. Si pensi,
ad esempio, alla riforma dei cicli. Poniamo per ipotesi che il personale
dei licei e degli istituti tecnici resti amministrativamente statale. Quello
degli istituti professionali, però, diventerebbe di sicuro regionale. La
separazione, tuttavia, ostacolerebbe la mobilità tra i comparti statali
e regionali e non consentirebbe ad un soprannumerario statale di
trasferirsi in un istituto professionale regionale, e viceversa. La conclusione porta a ritenere ragionevole e conveniente, quindi, l’affidamento
della gestione amministrativa unitaria di tutto il personale del sistema
sia di istruzione sia di formazione, senza distinzione, in prospettiva, tra
istituti tecnici e professionali, alle Regioni.
Anche sul tema della futura formazione degli insegnanti, per il prof.
Bertagna non emergono assolutamente dubbi interpretativi. Questa è
regolata da quanto riportato dall’art.5 della legge di riforma n.53 del
2003 (“Formazione degli insegnanti”). Le classi di concorso non saranno diverse da quelle attuali, anche se potrebbe esserci una razionalizzazione delle stesse. Le procedure per il reclutamento del personale si
esplicheranno nel modo seguente:
- censimento dei posti disponibili a livello territoriale;
- messa a bando delle cattedre disponibili;
- modalità di accesso degli aspiranti insegnanti alla laurea specialistica (per tipologia di insegnamento);
- biennio di laurea specialistica per accedere al sistema dell’istruzione ed al sistema dell’istruzione e della formazione professionale;
- al termine del biennio specialistico, accesso al biennio di praticantato in cui il docente è assistito da un tutor scolastico e da
un tutor universitario;
- al termine del periodo di praticantato, inquadramento del docente nel personale di ruolo della scuola.
Per quanto riguarda la mobilità del personale, la normativa in vigore
continuerà ad avere valenza su tutto il territorio nazionale; sarà data
priorità ai trasferimenti in ambito regionale e, una volta soddisfatti i
posti disponibili, sarà possibile realizzare la mobilità su scala nazionale. La legge di riforma prevede che la competenza programmatoria
organizzativa sia a titolarità regionale, mentre lo stato giuridico del
personale docente rimane allo Stato centrale. Quindi, gli insegnanti
degli IPS rimangono statali, la competenza amministrativa spetta alle
Regioni e la materia contrattualistica allo Stato. Tuttavia, i tempi per
l’entrata a regime del nuovo assetto amministrativo delle Regioni, sul
tema delle competenze del personale docente e non docente della
scuola, potrebbero richiedere tempi molto lunghi. Peraltro, conclude
331
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
CAPITOLO 8
L’istruzione
tecnica
professionale
e il futuro del
personale
docente
le parti in causa
Bertagna, è molto difficile invertire relazioni sindacali e contrattuali
che sono il risultato di politiche e accordi ispirati al principio della
concertazione.
332
CAPITOLO 8
le parti in causa
Riferimenti bibliografici
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Secondaria, n.9, 2003.
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333
CAPITOLO 8
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Poggi, A., Istruzione, formazione professionale e titolo V: alla
ricerca di un (indispensabile) equilibrio fra cittadinanza sociale,
decentramento regionale e autonomia funzionale delle istituzioni
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Regione Emilia Romagna, Norme per l’uguaglianza delle opportunità
di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita,
attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione
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Rubinacci A., Le modifiche Costituzionali e la riforma dei sistema
scolastico, in Dossier Tuttoscuola “Speciale Devolution & Scuola”,
Roma 2002.
334
Appendice
appendice
uno studio di caso
UNO STUDIO
DI CASO: GLI
ISTITUTI “ALDINI
VALERIANI SIRANI”
DI BOLOGNA
1. Premessa
Lo studio di caso presentato in questo capitolo rappresenta un punto
di osservazione, sia formale che sostanziale, delle diverse modalità di
attuazione di un processo di trasferimento di funzioni e compiti tra i
diversi livelli amministrativi, a seguito della riforma del Titolo V della
Costituzione e in attuazione della legge n.53/2003 sul sistema scolastico italiano.
Un livello di approfondimento importante è stato realizzato attraverso
l’analisi condotta presso un Istituto comunale (Istituti Tecnici Aldini
Valeriani e Sirani1 di Bologna), al fine di valutare i possibili effetti delle
scelte da compiere e delle criticità riscontrabili nella gestione di una
struttura contemplata all’interno dell’ordinamento scolastico nazionale, che offre un arricchimento dei percorsi e dell’offerta formativa e
dove il personale aderisce al Contratto collettivo nazionale della scuola pur con alcuni elementi di integrazione. L’obiettivo è stato quello
Si ringrazia l’Istituto e in particolare il Dirigente Scolastico, Prof. G. Sedioli, per la collaborazione
e il materiale messo a disposizione per la realizzazione dello studio di caso. Per un maggiore
approfondimento si veda il sito dell’Istituto: www.iav.it.
1
337
appendice
uno studio di caso
di completare il quadro conoscitivo di riferimento delle soluzioni adottate nella gestione di un Istituto Tecnico Professionale, consentendo
di ricavare suggerimenti utili per la raffigurazione dei possibili scenari
contrattuali futuri.
La scelta è stata effettuata in base a criteri di seguito indicati, allo
scopo di osservare e mettere a confronto:
- il grado e il tipo di integrazione formativa presente nell’ambito
dell’oggetto dell’indagine;
- l’articolazione e la denominazione dell’offerta formativa, con
particolare riferimento alle diverse tipologie formative presenti
negli Istituti Aldini Valeriani e Sirani;
- il modello di gestione e organizzazione del personale scolastico,
interno ed esterno, e i livelli contrattuali attribuiti sul piano lavorativo tra i diversi profili professionali.
Per la realizzazione dello studio di caso, è stato, inoltre, messo a
punto un incontro con il Dirigente scolastico dell’Istituto Aldini
Valeriani e Sirani al fine di rilevare gli aspetti organizzativi e gestionali della struttura oggetto dell’indagine.
Le principali questioni sottoposte all’attenzione del dirigente scolastico hanno riguardato:
- principali problematiche ed evoluzioni degli Istituti tecnici e professionali a seguito della riforma del Titolo V parte
II della Costituzione e dell’attuazione della legge di riforma
n.53/2003;
- analisi della struttura e dell’offerta formativa sul piano territoriale;
- articolazione dei servizi e delle funzioni del personale scolastico
inquadrato nei livelli contrattuali nazionali – comparto scuola
(per profili professionali);
- scelte adottate nella soluzione di problemi che coinvolgono, sul
piano dell’offerta formativa, soggetti esterni, territorio, in una
logica di integrazione;
- definizione e presentazione di specifici modelli organizzativi,
adottati in seno alla struttura scolastica.
2. La storia degli Istituti
Gli attuali Istituti “Aldini-Valeriani “ sono il prodotto di un processo
di trasformazione e modificazioni successive, che ha attraversato le
storiche Scuole Tecniche Bolognesi, istituite nel 1844 dal Comune di
Bologna a seguito dei lasciti testamentari di Giovanni Aldini e Luigi
338
appendice
uno studio di caso
Valeriani2. Nella prima metà dell’ottocento, mentre in Europa si stava
consolidando la Rivoluzione Industriale, Bologna attraversava una grave crisi e registrava un progressivo impoverimento della popolazione
per il crollo della tradizionale economia legata alla produzione e alla
lavorazione della seta ed all’artigianato. In questo contesto diventava
necessario rilanciare su nuove basi lo sviluppo produttivo della città,
la ricerca di adeguati modelli didattici di istruzione tecnica parve la
migliore strategia per perseguire questo obiettivo.
Le scuole istituite nel 1844, e prevalentemente rivolte agli artigiani,
sopravvissero fino al 1869. Alla loro chiusura il notevole patrimonio
di attrezzature andò a costituire un museo che funzionò anche come
centro di consulenza tecnica per l’economia del territorio.
Nel 1878 fu istituito l’“Istituto Aldini-Valeriani per Arti e Mestieri”, rivolto alla formazione dei giovani. La buona preparazione tecnica era
favorita dalle caratteristiche stesse della scuola in grado di associare
alle lezioni teoriche quelle pratiche nell’annessa “scuola-officina”. A
partire da questo periodo ebbe inizio la forte interazione fra le Scuole
e il tessuto economico bolognese. L’Istituto era collocato nei locali
dell’ex Convento di S. Lucia in Via Castiglione (attuale sede dell’Aula
Magna dell’Università di Bologna) e lì rimase fino al trasferimento, nel
1971, nell’attuale sede di via Bassanelli.
I tecnici formati dall’Istituto supportarono lo sviluppo della città e andarono a costituire, almeno in parte, la componente imprenditoriale di
una industria, centrata sulla piccola e media impresa, che registrò, a
partire dalla fine dell’ottocento, una continua crescita. Particolare rilevanza assunse fin da allora il settore meccanico (ancora oggi l’industria
bolognese è leader mondiale nel settore delle macchine automatiche).
2.1 La storia degli Istituti Elisabetta Sirani
Nel 1912 il vecchio Istituto Aldini – Valeriani per Arti e Mestieri si incanala nelle forme nazionali della formazione tecnica nel settore indu-
Luigi Valeriani, professore di Economia all’Università di Bologna, morì nel 1828 lasciando al
Comune di Bologna una parte del patrimonio per la fondazione di una scuola per l’insegnamento del disegno. Giovanni Aldini era un valente fisico sperimentale, nipote di Luigi Galvani,
di cui continuò gli studi, e in collegamento con gli ambienti accademici di Bologna e di Milano.
Morì nel 1834 lasciando al Comune di Bologna parte del suo cospicuo patrimonio e tutto il suo
gabinetto scientifico con l’impegno della fondazione di una scuola per l’insegnamento delle
scienze e delle tecniche.
2
339
appendice
uno studio di caso
striale. La riorganizzazione del 1936 (Avviamento, Istituto Industriale,
Scuola Tecnica) porta al riconoscimento legale nel 1939. Nel 1959
è istituito l’Istituto Tecnico Industriale Serale. Dal 1962 l’Istituto
Professionale sostituisce la Scuola Tecnica.
Gli attuali Istituti Sirani derivano, attraverso modificazioni successive,
dalla “Scuola provinciale femminile di arti e mestieri” fondata nel 1895
per iniziativa della Società Operaia di Bologna3.
Nel 1897 la scuola ottenne il patronato della regina e assunse il nome
di “Istituto Femminile di arti e mestieri Regina Margherita”. Le difficoltà incontrate dalla scuola nell’autosostenersi finanziariamente con
i soli proventi delle attività artigianali svolte nei laboratori, portarono,
nel 1903, al trasferimento dell’istituto alla gestione comunale, caratterizzandosi stabilmente come scuola che prepara manodopera ad
alta specializzazione per l’artigianato e la piccola industria del tessile e dell’abbigliamento. Nel 1913 l’ordinamento dell’Istituto Regina
Margherita fu adeguato a quello delle Scuole Regie, così da renderlo
una scuola industriale di 2° grado; contemporaneamente fu istituita
una scuola operaia di 1° grado gratuita, che consentiva l’assolvimento
dell’obbligo scolastico dopo la quarta elementare, per i giovani in condizione di svantaggio sociale ed economico.
La scuola fu riorganizzata nel 1933 su tre ordini di studi omogenei
all’ordinamento statale (Avviamento, Scuola Professionale, Magistero
Professionale) oltre ad un Corso di Lavoro destinato alla formazione
professionale. Nel 1938 la scuola fu dichiarata pareggiata per tutti e
tre gli ordini di studi.
Nel dopoguerra (1947) assume il nome definitivo di “Elisabetta
Sirani” per ricordare la pittrice bolognese che operò artisticamente nel
Seicento. Per adeguare la scuola ad una nuova società e ad un mercato del lavoro in continua evoluzione, nel 1956 la Scuola Professionale
e il Magistero si trasformano in Istituto Tecnico Femminile (confluito
negli anni ’60 nell’Istituto Tecnico Industriale Aldini precedentemente
solo maschile) cui subito si affiancò un Istituto Professionale.
Negli anni successivi i due Istituti aprirono (e chiusero) nuovi indirizzi
che facevano riferimento a sempre nuovi profili professionali: ad esempio negli anni ’60 nascono l’Istituto Professionale per l’Abbigliamento
e i Corsi di Assistenti per l’Infanzia; negli anni ’80 vengono avviate le
L’idea di istituire una scuola professionale femminile si dibatteva in Bologna da più di vent’anni,
nel fervore di idee e di esperienze che caratterizzava, negli anni post-unitari, società, comitati e
leghe (in particolare le Società operaie di mutuo soccorso, la Società degli insegnanti, il Comitato
di istruzione della società operaia, il Comitato di propaganda per il miglioramento della condizione della donna, la Lega per l’Istruzione del popolo).
3
340
appendice
uno studio di caso
sperimentazioni di un Indirizzo Biologico-sanitario e di Scienze umane
psicopedagogiche e sociali.
Sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” furono infine istituite due
Scuole serali per lavoratori: nel 1965 l’Istituto Tecnico Commerciale e
dal 1971 al 2001 l’Istituto Tecnico per Geometri.
A partire dall’anno scolastico 1993-94 i vecchi indirizzi si trasformano
in quelli attualmente esistenti volti a preparare figure professionali
nei settori del terziario avanzato (nell’area dei Servizi alla persona e
nell’area della Comunicazione visiva e di massa). Nell’Istituto Serale
Sirani sono presenti l’indirizzo per Ragionieri e l’indirizzo per i Servizi
Sociali, anche questi legalmente riconosciuti.
Attraverso una serie di modifiche avvenute in oltre 150 anni si giunge
ad Istituti paritari che sono organizzati secondo il modello di scuola
nazionale. Resta comunque la gestione del Comune di Bologna (proprietario degli istituti e datore di lavoro del personale), che favorisce
il permanere di vincoli molto stretti con la realtà economica del territorio (imprese, associazioni, organizzazioni sociali).
2.2 Gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani oggi
Attualmente, l’edificio che ospita gli Istituti Aldini Valeriani-Sirani, si
sviluppa su 36000 metri quadrati coperti (di cui 1400 costituita da
capannoni di tipo industriale) e anche l’area esterna ha più o meno
la stessa ampiezza. Questo ampio spazio ospita circa 1700 studenti
divisi tra:
- Istituto Tecnico Industriale, circa 1100 studenti, articolato su 7
specializzazioni;
- Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato, circa 250
studenti, con 3 specializzazioni formative;
- Istituto Tecnico Industriale serale, circa 170 studenti, che consta
di 2 specializzazioni.
La scuola è caratterizzata dalla presenza di circa 70 laboratori diversificati ed aggiornati per ogni tipo di specializzazione; forte l’investimento
su automazione e informatizzazione (circa 400 personal collegati in
rete locale e ad internet).
Le ricerche compiute da storici ed economisti hanno mostrato come
i tecnici usciti dalla scuola abbiano costituito l’elemento base per lo
sviluppo industriale, coprendo, grazie alla loro polivalenza, i ruoli decisivi di progettazione, capo officina, tecnico di produzione all’interno
delle aziende. Molte di queste figure sono evolute verso ruoli imprenditoriali, il che ha dato luogo alla formazione della stragrande mag-
341
appendice
uno studio di caso
gioranza delle imprese presenti nel territorio bolognese. Il fenomeno
è macroscopico nella meccanica avanzata (macchine automatiche e
motoristica), competitivo a livello internazionale, e sviluppato dai tecnici-imprenditori diplomati all’Aldini.
Nel 1995 è stato costituito lo “Sportello Aldini-lavoro” in accordo col
Settore Economia del Comune di Bologna; si tratta di un ufficio che
collabora con la scuola su attività (orientamento, aggiornamento, consulenza e avviamento al lavoro), in collaborazione fra vari soggetti afferenti al tessuto socio-economico locale.
Nel 1998 è stata istituita la “Fondazione Aldini Valeriani per lo sviluppo
della cultura tecnica” che ha come fondatori il Comune di Bologna,
la Camera di Commercio della Provincia di Bologna, l’Associazione
degli Industriali della provincia di Bologna. Sia la Fondazione che lo
Sportello operano nello stesso edificio in cui funziona la scuola. Si
può considerare affine al “Sistema Aldini” il “Museo del patrimonio
industriale”, nel quale sono conservati e valorizzati materiali storici dell’Istituto, fruibili attraverso una mostra di tipo permanente.
La situazione delle attività svolte complessivamente per la formazione
tecnica nel territorio bolognese, e in particolare dal”sistema Aldini”
(Istituto Tecnico e Professionale, Fondazione, Sportello lavoro, Museo)
possono essere così schematizzate:
a) Avviamento al lavoro, formazione di primi livelli di professionalità.
La Scuola e lo Sportello Aldini Lavoro organizzano corsi di breve durata
(100-140 ore) di avviamento al lavoro industriale (macchine utensili,
saldatura) per disoccupati; tali corsi sono frequentati quasi esclusivamente da extracomunitari che, anche con l’integrazione di corsi di
lingua italiana, raggiungono il primo livello di professionalità; alla fine
dei corsi i frequentanti trovano un’agevole collocazione nelle imprese.
Attività similari sono svolte, per periodi più lunghi (300 ore) nell’ambito della Formazione professionale anche dalla Fondazione Aldini,
che accanto al percorso formativo prevedono anche stage aziendali.
Appartiene a questo tipo di attività quanto svolto dalla FP in ambito
Obbligo Formativo, con corsi di durata compresa fra le 900 e le 1800
ore, rivolti per lo più, a giovani espulsi dalla scuola; in questa tipo di
corsi è presente una consistente fase di stage aziendale (circa 40%).
La finalità del corso è prevalentemente addestrativa, pur comprendendo attività di aula per discipline di tipo tecnico-teorico. Proprio
per le specifiche operative dei profili professionali in uscita, gli stage
vengono realizzati, anche in imprese di tipo artigianale, ove è possibile
condurre esperienze che bene si integrano con le attività dei corsi.
b) La situazione degli istituti professionali.
Nel settore industriale tali istituti formano figure di livello medio, nei
342
appendice
uno studio di caso
primi tre anni vengono insegnate tecnologie di base e aspetti operativi
legati alle macchine utensili ed al disegno, si mira alla formazione di
un tecnico, le cui caratteristiche di media capacità operativa consentono, al terzo anno, una breve fase di stage (due settimane) con buona
correlazione fra competenze apprese a scuola ed impiego in azienda.
La possibilità di formare tecnici adeguatamente preparati è legata alla
forte dotazione strumentale degli istituti che riescono a proporre tematiche tecniche all’altezza della tipologia industriale del territorio.
Il biennio post qualifica consente di affrontare tematiche assimilabili
a quelle degli istituti tecnici, l’articolazione interna percorso scolastico-percorso surrogatorio, che applica o simula a seconda dei casi, il
rapporto con la FP, rappresenta certamente un momento di flessibilizzazione rispetto alla costruzione di professionalità tecniche. Rimane il
problema del superamento delle difficoltà insite in un curriculum che
appare disarmonico, nel rapporto teoria e pratica, fra triennio e post
qualifica.
c) Le figure medio alte: gli istituti Tecnici
Le figure in esame sono quelle che, tradizionalmente, sono risultate, nella storia dell’industrializzazione bolognese, fondamentali per
lo sviluppo, per la loro polivalenza e per la loro capacità di adattarsi
all’innovazione e di promuoverla. In questo senso, le scelte fatte dall’Istituto, a fronte della rapidità dei cambiamenti tecnologici ed organizzativi hanno indotto una diversa declinazione del saper fare e una
sottolineatura dei dati di adattabilità alla riconversione. L’obiettivo è
quello di garantire una buona conoscenza e possesso dei linguaggi
generali e specifici, delle tecnologie della comunicazione, delle metodologie delle scienze. Per la parte legata più strettamente alle discipline tecniche si individuano quegli elementi che possono essere
considerati fondanti, di maggiore stabilità, integrando le questioni che
l’innovazione pone, ad esempio si dà grande spazio alla tematica dell’automazione, alle caratteristiche ed alla lavorabilità dei materiali, alla
progettazione assistita. Si perde, con queste scelte, qualche elemento
di specializzazione, rafforzando la caratteristica di riconvertibilità ed di
aggiornamento continuo delle professionalità. Al fine di garantire un
“saper fare” inteso come capacità di raggiungere un risultato a partire
da conoscenze teoriche e pratiche è decisivo l’uso intenso dei laboratori, la scuola mantiene l’aspetto classico di “scuola officina”, pur in un
ambito di tecnologie fortemente aggiornate ed all’altezza delle problematiche dell’innovazione. Il rinnovo delle attrezzature è gestito anche
in rapporto alle relazioni usuali e stabili che si tengono stabilmente
con le aziende. Al fine di migliorare i comportamenti nella direzione
detta sono praticate esperienze di integrazione con la FP, di carattere
343
appendice
uno studio di caso
curricolare, su tematiche specifiche (motoristica, automazione …).
Il tema dello stage è particolarmente delicato; per un verso, data la
complessità della figura professionale che si intende costruire, sarebbe necessario uno stage che “sviluppasse una parte del curriculum”,
uscendo da una logica di mero contatto con l’impresa, prolungato
nel tempo e con assistenza specifica di tutor aziendale; per l’altro, la
struttura prevalente di piccola e media impresa non consente una pratica diffusa del tipo di quella accennata. Si sono realizzate esperienze
importanti e risolutive del problema, di “stage” interno alla scuola.
Si sono definiti, in accordo con aziende di settore, progetti di approfondimento di tematiche tecniche che gli studenti si sono impegnati
a realizzare entro l’anno scolastico, la gestione del progetto ha avuto
aspetti di tipo curricolare, e quindi integrati nella didattica ordinaria e
aspetti di tipo extracurricolare, gestiti da gruppi di studenti al di fuori
dell’orario di lezioni. In tal senso si è sviluppata una proficua interazione con tecnici aziendali finalizzati a chiarimenti tecnici, integrazione
di conoscenze, consigli di comportamento, il tutto preceduto da una
visita in azienda che inquadrava le problematiche. In tal modo si sono
raggiunti risultati interessanti, particolarmente per l’abitudine al lavoro
in gruppo e per il confronto con “la scadenza della commessa”.
La impiegabilità dei diplomati è altissima, (circa il 30% di loro prosegue gli studi all’università) e trova il suo punto massimo nella meccanica avanzata ( si tenga conto che l’86% trova impiego entro 90 giorni
dall’inizio della ricerca ). I settori più “gettonati” sono: Macchine automatiche, motoristica, componentistica.. Le attività di impiego sono
prevalentemente nella produzione e nella ricerca - progettazione, in
continua espansione l’impiego nel commerciale. Il tipo di inquadramento più diffuso, a tre anni dal diploma, è quello di impiegato tecnico.
d) La specializzazione delle conoscenze e delle competenze.
Si tratta di iniziative di “rinforzo e manutenzione” delle professionalità
acquisite. Tale tema è affrontato con corsi Post Diploma e IFTS, la progettazione coinvolge FP, scuola, imprese e, per gli IFTS, l’università. In
questa fase si associano elementi di tecniche gestionali e di logistica.
e) La Formazione Permanente, la riconversione e l’aggiornamento.
Questa delicata parte della formazione è gestita sia autonomamente
dall’Istituto, che oltre ai corsi serali per lavoratori per il conseguimento
del titolo di studio, gestisce brevi corsi di aggiornamento pomeridiani
e serali per diplomati, anche frequentanti l’università (soprattutto su
problematiche legate all’automazione ed ai linguaggi della comunicazione e dell’informatica). La formazione Professionale, in rapporto con
le imprese, cura a sua volta fasi di aggiornamento e riconversione, la
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appendice
uno studio di caso
strumentazione utilizzata per le pratiche di laboratorio è normalmente
quella interna all’Istituto. Sono, su questi aspetti, purtroppo carenti
le risorse finanziarie rispetto ad una politica estesa di tali iniziative.
Nell’ambito della formazione permanente potrebbero essere ascritti i
master post laurea, gestiti congiuntamente da università e FP. Le esperienze svolte hanno carattere prevalentemente gestionale.
Per favorire una maggior efficacia nel percorso scolastico degli studenti, gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani, già da alcuni anni hanno operato
alcune scelte, in particolare:
- l’introduzione della flessibilità oraria (cioè di una struttura modulare dei piani annuali di studio). La Flessibilità oraria, attuata
dall’anno scolastico 1998 - 99 utilizzando la normativa relativa
all’Autonomia Didattica e Organizzativa (C.M.766 e D.M.765 ),
prevede una diversa scansione temporale nell’insegnamento
di alcune. Il progetto è nato dall’esigenza di introdurre nell’organizzazione scolastica elementi di flessibilità per favorire
l’apprendimento.
- Programmazione di Aree di Progetto: l’Area di Progetto rappresenta un modello di articolazione culturale che può coinvolgere
tutte le discipline, a cui è destinato un numero di ore del 10%
del monte ore annuo delle singole discipline coinvolte. Alla base
sta una stretta collaborazione fra i docenti nella ricerca di nuclei
comuni fra le diverse discipline.
- Organizzazione di attività di recupero e di approfondimento:
Gli interventi di recupero e approfondimento sono previsti e
progettati dai consigli di classe utilizzando anche la presenza di
più insegnanti contemporaneamente, utilizzando l’introduzione
di una didattica di livelli diversi. Le modalità più utilizzate in
quanto già ampiamente testate sono: a) l’utilizzo della presenza
di due docenti nella stessa ora e per la stessa disciplina, da
sfruttare sempre più spesso come contemporaneità su 2 gruppi
diversi che hanno bisogni diversi ( es. recupero l’uno, approfondimento l’altro; b) l’attivazione di gruppi di livello trasversali a diverse classi; c) l’utilizzo di insegnamento modulare e
di ausili multimediali, in particolare di quelli che consentono
l’individualizzazione dell’insegnamento;
- Attivazione di “passerelle”: Per agevolare il passaggio degli studenti da un indirizzo all’altro, anche di ordine diverso (D.M.9
agosto 99 n° 323 art. 5), il nostro Istituto progetta e realizza - nel
corso del 1° e/o del 2° anno- interventi didattici integrativi che
si concludono con una certificazione attestante l’acquisizione
delle conoscenze e delle competenze necessarie al passaggio.
345
appendice
uno studio di caso
L’Organizzazione del Personale
L’organizzazione delle risorse umane all’interno degli Istituti Aldini
Valeriani e Sirani, per le sue caratteristiche, rappresenta un tipico esempio di struttura integrata, in quanto presenta una regolamentazione contrattuale su due livelli: una parte del personale (docente)
aderisce al contratto nazionale della scuola e, l’altra (personale non
docente), è vincolata al contratto collettivo nazionale degli enti locali.
In questo senso la normativa e le esperienze diffuse sul territorio nazionale (Provincia Autonoma di Bolzano)4 e in altri settori (sanità),
dimostrano la praticabilità di tali esperienze caratterizzata da una pluralità di gestori, diversamente articolati sul piano territoriale. Come è
noto, infatti, la riforma del Titolo V (avvenuta con legge costituzionale
n.3 del 2001), oltre ad aver dato ai Comuni, alle Province, alle Regioni
e alle città metropolitane una soggettività ordinaria, ha modificato il
quadro di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni. Nella
“nuova” Costituzione, in particolare alle Regioni, spetta una legislazione esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale ed
una legislazione concorrente in materia di istruzione, nell’ambito dei
principi stabiliti dalla legge dello Stato. Oltre questo aspetto, occorre
precisare che alle Regioni si attribuisce una competenza esclusiva in
materia di organizzazione e di gestione degli istituti scolastici; ciò lascia prevedere la volontà di intervenire, un volta che il quadro normativo sarà completato, anche sugli aspetti più delicati dell’organizzazione
scolastica, come la predisposizione dei dirigenti alle singole istituzioni
scolastiche e il reclutamento dei docenti.
Il delinearsi di tali questioni rivela scenari abbastanza complessi. La
gestione del personale richiederebbe una riorganizzazione sia delle
competenze che dell’orario di servizio. Il trasferimento della gestione
di tutto il personale docente a livello regionale faciliterebbe l’utilizzo
del personale su funzioni ripartite fra scuola e formazione a seconda
delle necessità e delle competenze. In questa prospettiva anche l’orario
di servizio dovrebbe tendenzialmente diventare più lungo integrando
Nel 1996 la Provincia Autonoma di Bolzano in base a legge provinciale, ha ridisciplinato l’organizzazione dell’insegnamento e lo stato giuridico dei docenti. Il personale docente, i presidi
e gli ispettori delle scuole elementari e secondarie altoatesine, anche dopo l’entrata in vigore
della norma di attuazione del settembre 1996, rimangono dipendenti statali, vengono però amministrati dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Il personale non docente è, invece, come prima,
alle dipendenze della Provincia. Dal 1998 è stata avviata una specifica modalità contrattuale che
prevede un apposito contratto collettivo provinciale per il personale docente, i presidi e gli ispettori; la contrattazione avviene a livello locale fra rappresentanti dell’amministrazione provinciale
e sindacati (cfr. www.provincia.bz.it).
4
346
appendice
uno studio di caso
orari di lezione con attività di progettazione, tutoring, aggiornamento,
gestione e coordinamento. Alla luce di ciò, un primo elemento di criticità è senz’altro rappresentato dall’inquadramento contrattuale del
personale che dovrebbe aprirsi a forme contrattuali flessibili a fronte
di estese iniziativa svolte in autonomia dalle scuole5.
In particolare, due aspetti complementari ed entrambi problematici,
sembrano accompagnare la questione docente:
- la definizione di quali siano i lineamenti della professionalità insegnante nella scuola autonoma, con le conseguenze che questo comporta per la formazione iniziale e in servizio;
- gli aspetti strutturali ad essa collegati: tipologie di docenti, modalità di carriera e di reclutamento, mobilità, retribuzione, numero e distribuzione sul territorio. Certamente, i due aspetti
non sono affrontabili separatamente, è necessario, in tal senso,
potenziare una funzione di governo del sistema che includa una
seria e finora mai realizzata politica del personale.
Il personale degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani è così organizzato:
- Dirigente Scolastico: dal 1 gennaio 2003 è sottoposto al contratto degli “Enti Locali”, il salario di posizione e di risultato sono
determinati con la contrattazione specifica per i Dirigenti comunali ed a seguito delle valutazioni del Direttore Generale.
Personale non docente:
-1 responsabile amministrativo (Dirigente amministrativo), cui è
delegata, dal dirigente scolastico, la responsabilità organizzativa, disciplinare, di relazioni sindacali del personale non docente,
gli sono delegate altresì le funzioni di predisposizione e controllo dei bilanci e le procedure per gli acquisti;
-17 amministrativi (di cui due con funzioni di coordinamento)
suddivisi in quattro uffici (protocollo, personale, didattica, amministrazione);
-12 tecnici per la custodia e manutenzione del materiale didattico con competenze diversificate;
- 42 collaboratori scolastici con compiti di sorveglianza e, parzialmente, di pulizia (la pulizia generale è appaltata ad un ditta
esterna);
- 2 addetti alla biblioteca.
Su queste tematiche, ulteriori approfondimenti sono contenuti nel Cap. VI, attraverso la lettura
delle interviste realizzate a esponenti del mondo sindacale della scuola, delle associazioni imprenditoriali ed esperti del settore educativo e formativo.
5
347
appendice
uno studio di caso
Tutto il personale non docente è giuridicamente vincolato al contratto
collettivo nazionale degli “Enti Locali”, in termini di competenze e profili professionali; all’Istituto è assegnato un budget di ore straordinarie,
con la contrattazione a livello del Comune sono attribuibili integrazioni di salario a fronte di particolari progetti (ad esempio, assistenza a
ragazzi con gravi disabilità)
Personale docente:
Il corpo docente presente in Istituto consta di circa 260 persone, che
operano attraverso il “Contratto Collettivo Nazionale della Scuola”
nonostante prestino la loro attività professionale presso un Istituto
Comunale. In termini contrattuali le differenze più evidenti rispetto
all’inquadramento contrattuale nazionale, sono rinvenibili su due aspetti: il trattamento pensionistico, in quanto i contributi sono versati
alla cassa enti locali, e per le procedure disciplinari. I contratti del personale precario vengono firmati dal Dirigente Scolastico sulla base di
graduatorie costruite con criteri mutuati da quelli usati per le scuole
di Stato.
Il “Fondo di Istituto”6 è determinato, nella sua entità complessiva,
coi criteri utilizzati per le scuole di Stato, la sua gestione prevede le
modalità determinate nel contratto scuola (trattativa in sede di RSU,
parere del collegio dei docenti sulle funzioni previste dal POF, deliberazione del Consiglio di Istituto).
Le attività che danno accesso al fondo sono quelle riferite ad aspetti gestionali generali e particolari della scuola (collaborazioni con la
presidenza, coordinamento di gruppi, coordinamento di laboratori),
Il Fondo di Istituto è finalizzato a retribuire le attività aggiuntive rese dal personale docente ed
ATA per sostenere la realizzazione del POF. Il nuovo ccnl non prevede più una rigida finalizzazione
delle risorse ( l’art. 15 del CCNL 15/03/2001 non è stato ripristinato e l’art.14 è vigente solo ai fini
della determinazione delle risorse destinate al Fondo) ma l’art. 86, comma 1 indica alla contrattazione di scuola i seguenti orientamenti di cui tener conto nella ripartizione delle risorse:
-
Consistenza organica delle diverse aree, docenti ed ATA;
-
Presenza di diversi ordini e gradi di scuola presenti nell’istituzione scolastica;
-
Diverse tipologie di attività.
L’art. 86, comma 2 elenca tutte le attività retribuite con il Fondo e le modalità per la relativa
retribuzione:
Flessibilità organizzativa e didattica: Turnazione; Orari spezzati; Intensificazione connessa alla
diversa scansione dell’ora di lezione, intensificazione delle prestazioni ecc.; Attività aggiuntive
di insegnamento (escluse le ore eccedenti) fino a un massimo di sei ore settimanali; Attività
aggiuntive funzionali all’insegnamento eccedenti le 40 ore annue.
Prestazioni aggiuntive oltre l’orario d’obbligo del personale ATA: Intensificazione delle prestazioni lavorative del personale ATA; Indennità di lavoro festivo, notturno, notturno-festivo; Indennità
di bilinguismo e trilinguismo; Indennità di amministrazione spettante al sostituto del Direttore
SGA; Quota variabile dell’indennità di amministrazione spettante al Direttore SGA; Compenso
per i collaboratori del dirigente scolastico (non più di 2 unità); Compensi per ogni altra attività
deliberata dal Consiglio di Circolo/Istituto nell’ambito del POF.
6
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uno studio di caso
attività didattiche aggiuntive valutate a ore (corsi di recupero, sportelli,
attività sportiva..), attività di formazione relative alla gestione di progetti valutate a budget (gruppi teatrali, partecipazioni a concorsi che
prevedono lavoro al di fuori dell’orario, alternanza studio lavoro, ricerche con gruppi di studenti, …) attività di supporto (tutoraggio, rapporti col mondo del lavoro..), attività di progettazione didattica (corsi
integrati, nuovi modelli organizzativi, sperimentazioni…).
3 L’offerta formativa degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani.
Il P. O. F. è il Piano di Offerta Formativa, cioè il “contratto formativo”
con il quale ogni istituzione scolastica si presenta agli studenti, alle
famiglie, al territorio.
Nel POF vengono esplicitate le priorità che orientano le scelte che ogni
scuola, in regime di autonomia, compie a livello progettuale e operativo. In quanto “contratto” contiene una descrizione degli impegni
reciproci fra l’istituzione scolastica (nelle sue diverse componenti) e
gli studenti. Da un lato presenta l’offerta della scuola (in termini di
obiettivi che persegue, di profili in uscita, di percorsi culturali e didattici che propone, di servizi che fornisce); dall’altro precisa, assieme ai
diritti degli studenti, le richieste che la scuola rivolge loro e le caratteristiche dell’impegno previsto al fine di garantire un reale godimento
dell’offerta.
3.1 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Professionale
Aldini Valeriani e Sirani
L’istruzione professionale in generale, e gli Istituti Aldini e Sirani in particolare, hanno avuto un ruolo storico fondamentale nella preparazione di tecnici per i servizi sociali, la pubblicità, la grafica, la meccanica
e l’elettrotecnica. La specializzazione e la competenza acquisibile si
sono integrate con un progetto culturale generale che rende più ricca
la figura del tecnico e dell’operatore all’interno di un sistema produttivo e sociale a forte complessità in cui sono fondamentali requisiti
quali la flessibilità, la specializzazione, l’astrazione, la capacità di utilizzare i diversi linguaggi e di gestire l’innovazione.
L’anno scolastico 2000/2001 ha rappresentato un momento particolare per le Aldini e le Sirani, in quanto è stata realizzata l’unione dei due
istituti professionali aventi storie e tradizioni diverse ma comunque
fortemente integrate con il tessuto economico culturale della città. Ciò
349
appendice
uno studio di caso
è avvenuto confrontando e mettendo in comune le metodologie didattiche e considerando le varie anime culturali e professionali come
una ricchezza.
I ragazzi che si iscrivono all’Istituto Professionale possono avvalersi sia
di un percorso breve ( la qualifica dura tre anni) che può immetterli
abbastanza rapidamente nel mondo del lavoro, sia, per quasi tutte le
specializzazioni, di un percorso lungo che con i due anni di postqualifica perfezioni competenze acquisite nella qualifica.
Le risorse interne sono costituite dall’alto livello di professionalità dei
docenti sia per quanto riguarda l’ambito culturale che quello tecnico.
In ambito tecnico/professionale esiste da anni un consolidato collegamento con la struttura produttiva e con la rete dei servizi sociali,
fonte di un continuo aggiornamento e scambio di conoscenze sulle
tecnologie soprattutto per la fase di applicazione alla produzione e
sull’organizzazione ed evoluzione dei servizi sociali.
Le risorse materiali sono costituite, oltre che da una serie di servizi,
anche da una consistente rete di laboratori informatici e tecnologici.
Il loro uso è parte integrante dell’attività didattica e costituisce il momento di congiunzione fra attività didattica teorica ed attività pratica
che soprattutto negli anni terminali dei corsi di qualifica e postqualifica precorre le metodologie caratterizzanti il mondo del lavoro. La
costruzione del profilo professionale si basa da un lato sul potenziamento degli aspetti sistematici e scientifici delle discipline dall’altro
sulla capacità culturale di essere flessibile.
Il contesto di intervento dell’Istituto Professionale
Il riferimento per le scelte a livello curriculare sono la struttura sia
produttiva (settori : tipografia, meccanica, .......) che dei servizi e la
dinamica occupazionale a livello provinciale. Il comune di Bologna e
l’Emilia Romagna sono tra le prime realtà nazionali ed europee per
quanto attiene la quantità di prodotto lordo per ogni cittadino; il tasso
medio di disoccupazione è attestato da anni attorno al 5%. L’industria
mantiene un notevole peso ma accanto ad essa si sta però sviluppando il settore terziario che risulta più dinamico da un punto di vista
occupazionale. In particolare i settori della comunicazione e dei servizi
sociali sono attualmente in forte espansione e destinati a crescere sia
negli ambiti ritenuti tradizionali che in quelle più avanzate della multimedialità e della mediazione sociale. Per questo motivo le specializzazioni in uscita dall’Istituto sono orientate verso:
- le strutture produttive (tipografica, meccanica, impiantistica
elettrica);
- servizi ( prima infanzia, handicap, terza età) facendo riferimento
ad una realtà locale che da tempo si è imposta all’attenzione
350
appendice
uno studio di caso
nazionale ed internazionale per la qualità dei servizi alla persona;
- la pubblicità e la comunicazione.
L’Istituto si avvale nell’elaborazione e nella realizzazione dei propri
progetti di un ricco tessuto sociale ed istituzionale che contribuisce in
modo rilevante al raggiungimento degli obiettivi educativi e formativi
che essa si pone.
Il livello curricolare
L’Istituto Professionale ha due livelli di professionalità: l’ Operatore ed
il Tecnico.
Gli Operatori
Gli operatori sono quadri tecnici esecutivi che debbono essere in grado sia di capire i veloci cambiamenti della tecnologia ( per l’Operatore
Sociale anche i bisogni che maturano nell’ambito dei servizi sociali)
sia di orientarsi nelle offerte formative per continuare a costruire la
propria professionalità. Le specializzazioni presenti sono: Operatore
Elettrico, Operatore Grafico, Operatore Grafico Pubblicitario, Operatore
Meccanico, Operatore Sociale.
I Tecnici (postqualifica)
Le specializzazioni presenti sono: Tecnico delle Industrie Elettriche,
Tecnico della Grafica Pubblicitaria, Tecnico delle Industrie Grafiche,
Tecnico dei Servizi Sociali.
I tecnici sono in grado di svolgere un ruolo attivo e responsabile nella
progettazione e nella esecuzione di compiti, nella organizzazione delle
risorse e nella gestione di unità produttive. L’obiettivo della postqualifica è fornire un approfondimento sistematico delle conoscenze teoriche relative al settore, la capacità di partecipare ad un processo di
ideazione e di realizzazione di un progetto, la capacità di interagire e
di lavorare all’interno di un gruppo, un atteggiamento nei confronti
del modo del lavoro volto a sviluppare anche capacità di tipo imprenditoriale.
I Corsi Integrati della “ Terza Area”
L’ordinamento dell’Istituto professionale prevede, per la postqualifica,
la realizzazione di corsi integrati professionalizzanti, il cui scopo è arricchire, a livello professionale, conoscenze e competenze il profilo del
Tecnico. Alla fine dei due anni gli allievi, oltre ovviamente il diploma
dopo il superamento dell’esame di stato, ottengono un certificato di
competenze relativo alla specializzazione professionale, rilasciato dalla
Regione Emilia Romagna o dalla scuola.
La progettazione (definizione della specializzazione del profilo) e le
modalità di realizzazione dei corsi tengono conto: del tipo di figure professionali richieste dal settore produttivo/servizi di riferimento,
351
appendice
uno studio di caso
con l’obiettivo di facilitare una pronta occupazione degli allievi; una
costante integrazione soprattutto a livello disciplinare con il percorso
curricolare scolastico.
L’attività di orientamento nei confronti degli allievi ha due poli di
riferimento: l’orientamento scolastico, l’orientamento al lavoro. L’
orientamento scolastico coinvolge le classi prime ed ha l’obiettivo di
“.. combattere la dispersione, garantire il diritto all’istruzione e alla
formazione, consentendo agli allievi scelte più confacenti alla propria
personalità ed la proprio progetto di vita ...”( Legge n° 9 20/1/99 art.
1) il riferimento legislativo è la legge sull’innalzamento dell’obbligo
scolastico (NOS). L’orientamento al lavoro coinvolge le classi finali
della qualifica/post-qualifica ed ha l’obiettivo di fornire allo studente
elementi utili per attivare un processo decisionale sui propri successivi
percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego).
L’intervento viene attuato tramite una collaborazione con lo Sportello
Lavoro Aldini Sirani ed insegnanti dell’Istituto soprattutto del settore
tecnico.
Ampliamento dell’Offerta Formativa
L’offerta formativa è arricchita da una serie di attività curricolari ed
extracurricolari che riguardano tutti gli studenti e che hanno la duplice
funzione di aiutare a superare eventuali difficoltà, ed esaltare le capacità di ciascuno. L’impostazione di tali attività tiene conto di un tempo
scuola che è pari a 40 ore. Le iniziative già attive sono di seguito descritte.
Progetto Lavoro: viene attuato in collaborazione con la Fondazione
Aldini-Valeriani e lo Sportello Lavoro Aldini Sirani tramite interventi
che avvicinano il mondo della scuola a quello del lavoro, sia utilizzandone il valore formativo sia introducendo elementi di ulteriore specializzazione professionale. Strumenti attuativi in tal senso sono: stage,
laboratori aperti, conferenze tenute da tecnici esterni, visite aziendali,
tirocini sia durante l’anno scolastico che durante i mesi estivi. Il collegamento con il mondo del lavoro è assicurato dalle collaborazioni con
lo Sportello Aldini Lavoro e la Fondazione Aldini
Sportello Aldini Lavoro
Lo Sportello Aldini-Lavoro, istituito dal Settore Economia del Comune
di Bologna in collaborazione con l’Istituto Tecnico Industriale Aldini
Valeriani nel 1995, ha l’obiettivo di favorire e consolidare i rapporti già esistenti tra gli Istituto aggregati Aldini-Sirani e il mondo del
lavoro. Significa mettere a disposizione degli ex diplomati dell’Istituto,
di giovani ed adulti disoccupati, di aziende del settore industriale la
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appendice
uno studio di caso
risorsa Istituto con i suoi laboratori, il corpo docente e le sua complessiva capacità di intervenire relazionandosi agli attuali processi di innovazione tecnologica ed organizzativa.
Lo Sportello Aldini – Lavoro si rivolge: agli ex allievi degli Istituti
Aldini-Sirani alla ricerca del primo impiego o di un nuovo lavoro per
migliorare le possibilità di incontro con il mondo del lavoro, con la
formazione (universitaria, professionale, permanente), agli ex allievi degli Istituti Aldini-Sirani, che lavorano per aggiornarsi, tenersi
al passo con l’innovazione tecnologica ed organizzativa, per valutare
ed incontrare nuove occasioni di lavoro, alle imprese del settore industriale per migliorare la ricerca di personale tecnico qualificato, per
contribuire ai processi di divulgazione della cultura tecnica, a giovani
ed adulti disoccupati, a fasce deboli del mercato del lavoro per informarsi, orientarsi, prepararsi all’avviamento su mestieri richiesti dal
comparto industriale, per facilitare il contatto con il mondo del lavoro
dell’industria.
Lo Sportello Aldini – Lavoro svolge le seguenti attività di servizio: informazione, orientamento, inserimento lavorativo, mobilità nel lavoro;
aggiornamento tecnico, avviamento al lavoro; attività per le Imprese
Industriali.
Fondazione Aldini
La ”Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica”
ha tratto origine da una serie di riflessioni e di proposte avanzate sia
dal Comune di Bologna (gestore degli Istituti tecnico Industriale e
Professionale Aldini-Valeriani) che dalle associazioni imprenditoriali
bolognesi. L’idea si è concretizzata con la presentazione di un progetto
da parte di Assindustria. L’evoluzione ed il perfezionamento di tale
progetto ha portato alla costituzione della Fondazione.
Gli scopi indicati per la Fondazione sono: valorizzare la cultura tecnica
e riaccreditarla come strumento di valore formativo generale. Gli strumenti sono: forme di orientamento per le scelte dei giovani e focalizzazione/illustrazione delle potenzialità delle professionalità tecniche;
progettare e gestire corsi di formazione professionale di livello medio
alto rivolti sia ai neodiplomati, sia a tecnici già inseriti nel mondo del
lavoro. Le modalità di realizzazione e le tecnologie didattiche utilizzate
sono differenziate rispetto alle diverse tipologie di utenza. L’obiettivo
non è solo quello di utilizzare finanziamenti pubblici, ma anche di coinvolgere economicamente le imprese offrendo loro un servizio di just
in time; erogare servizi tecnologici quali prove di materiali, costruzione di prototipi, ricerche applicate. E’ previsto che singoli soggetti possano utilizzare, per tempi definiti, spazi attrezzati della Fondazione sia
per ricerche che per presentazione dei propri prodotti; costituire un
353
appendice
uno studio di caso
centro di documentazione sulle nuove tecnologie e sulla innovazione
dei processi industriali.
3.2Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Tecnico Industriale
“Aldini Valeriani”
La situazione presente nel territorio bolognese relativa alla reperibilità
di figure professionali di tipo tecnico ad ogni livello di competenza
ed il processo in atto di “onda lunga” di allontanamento dei giovani
dalle carriere di studio di tipo tecnico, influisce inevitabilmente anche
sull’organizzazione e sulle scelte del sistema scolastico e formativo;
ad esempio i tentativi di approfondimento di conoscenze legate al
post diploma, IFTS compresi, trovano limiti di applicabilità in quanto
i diplomati sono totalmente assorbiti dalle imprese e non esistono di
conseguenza vaste manifestazioni di interesse a proseguire gli studi,
se non quelli universitari.
L’istruzione tecnica in generale e l’Istituto Tecnico Industriale in particolare, hanno avuto storicamente un ruolo di formazione dei tecnici
e di preparazione alle professioni. Il successo del tecnico nel mondo
della produzione, anche in ruoli imprenditoriali, e la sua presenza fondamentale in larghi fenomeni di dinamica sociale, mostrano come
il saper fare, inteso come capacità di risolvere problemi complessi e
mutevoli nel tempo, sia un dato di cultura a valenza generale, e come
la tecnica sia uno dei percorsi attraverso cui la cultura si determina e
si afferma.
Il territorio e le risorse
E’ il caso di ricordare quanto il territorio bolognese sia attento al come
le figure tecniche vengono costruite; l’industria si caratterizza per
grande capacità di innovazione e personalizzazione dei prodotti; la
predominanza di imprese di dimensione medio piccola, sviluppatasi
sulla competenza dei tecnici intermedi, rende strategica per l’economia
del territorio la presenza di competenze di settore flessibili e volte alla
innovazione. In questo contesto l’Istituto Tecnico Industriale AldiniValeriani è impegnato da anni in un rapporto di forte collaborazione
con il mondo del lavoro. La scuola, in tal senso, pur mantenendo la
sua funzione educativa e formativa si confronta con le richieste del
territorio anche nella definizione comune dei profili professionali richiesti, realizzando interventi sperimentali scuola/lavoro coerenti con le
finalità didattiche indicate dall’Autonomia Scolastica, che hanno negli
stage aziendali e nella esecuzione di progetti in collaborazione con le
imprese, la loro massima espressione.
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appendice
uno studio di caso
Vanno evidenziate alcune “risorse” particolari, che si presentano come
peculiarità dell’Istituto, quali lo Sportello Aldini-Lavoro e la Fondazione
Aldini- Valeriani con le quali attraverso diversi momenti di collaborazione (orientamento al lavoro e all’università, corsi integrati e integrativi, formazione professionale, formazione ricorrente e post diploma, stage e collaborazioni con le aziende del territorio), permettono
non solo di migliorare l’offerta formativa, ma di proiettarla verso la
formazione permanente, rendendo possibile la preparazione di tecnici
in grado non solo di rispondere alle esigenze attuali delle imprese ma
anche di confrontarsi con le prospettive di sviluppo.
Il Progetto Formativo dell’Istituto è caratterizzato da percorsi costruiti in vista di specifici Profili Formativi in Uscita (PFU), che sono la
somma delle conoscenze, competenze e abilità perseguite nel biennio
unitario e nei tre anni relativi all’indirizzo scelto, compresi eventuali
progetti curricolari ed extra curricolari messi in atto dall’istituto. Va
messa in evidenza, infatti, una importante caratteristica di questo tipo
di scuola: quella che non solo prevede l’inserimento nel mondo del
lavoro, ma anche il proseguire gli studi per raggiungere un titolo più
elevato (l’aumento delle iscrizioni all’Università di questi ultimi anni
ne è una conferma ). Finalità primaria dell’ istituto è esercitare una
pratica educativa all’altezza delle trasformazioni sociali e tecnologiche
in atto nella società. La scelta dei percorsi formativi tiene conto delle
evoluzioni culturali e tecnologiche, favorendo l’adozione di approcci
didattici, linguaggi di comunicazione e forme di apprendimento originali, pur salvaguardando l’identità culturale dell’Istituto, che si è sviluppata attraverso una consolidata esperienza di formazione tecnica e di
educazione dei giovani. La specificità dei diversi percorsi del triennio
comporta l’esigenza di sviluppare tematiche tipiche e specialistiche,
ancorate alle innovazioni tecnologiche ed alle richieste delle imprese
del territorio e per questo sono favoriti interventi congiunti scuola/
lavoro, attingendo esperienza da quanto viene elaborato nelle realtà
produttive del territorio e riorganizzandolo all’interno della programmazione didattica. Questo viene realizzato introducendo elementi di
flessibilità sia nell’orario che nella organizzazione didattica in generale
e può comportare anche scelte in termini di selezione dei programmi,
sviluppando con l’utilizzo delle attività di laboratorio i temi ritenuti
particolarmente rilevanti, in sinergia con soggetti esterni alla scuola
quali, università, centri di ricerca, istituzioni, altre scuole, formazione
professionale.
Attualmente, l’Istituto Tecnico Industriale Aldini-Valeriani presenta una
struttura scolastica con un Biennio comune ed un Triennio in cui sono
attualmente presenti 7 diverse specializzazioni: Chimica; Edilizia;
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appendice
uno studio di caso
Informatica; Elettronica e Telecomunicazioni; Elettrotecnica ed
Automazione; Meccanica; Termotecnica.
Diverse sono le attività e i progetti avviati in seno all’istituto, per lo
più finalizzate a fornire un bagaglio di conoscenze e competenze non
generiche ma spendibili anche al di fuori dell’ambito professionale
specifico. In questo senso sono sviluppati interventi quali:
Collegamento con il mondo del Lavoro: rientrano in quest’ambito
le attività di collaborazione progettuale (orientamento, consulenza,
inserimento lavorativo, informazione) con lo Sportello Aldini Sirani
Lavoro e la Fondazione Aldini Valeriani, per lo sviluppo della cultura
tecnica, attraverso la collaborazione con il Comune di Bologna e le
Associazioni imprenditoriali bolognesi.
Progetto Lavoro: in collaborazione con la Fondazione Aldini- Valeriani
e lo Sportello Aldini-Lavoro vengono realizzati interventi particolarmente significativi dal punto di vista formativo, utilizzando: Stage,
Laboratori aperti, Conferenze di tecnici, Visite aziendali, Tirocini aziendali, Esperienze di lavoro estivo. L’ orientamento al lavoro coinvolge le
quinte classi e ha l’obiettivo di fornire allo studente elementi utili per
attivare un processo decisionale sui propri successivi percorsi sia di
formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo
del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego).
Progetti integrati: riguardano i diversi corsi del triennio e hanno i seguenti obiettivi generali: approfondire e consolidare il processo di integrazione tra scuola , mondo del lavoro, formazione professionale;
arricchire il piano di studi dei diversi corsi coerentemente ai cambiamenti del mondo del lavoro.
3.3 Il Piano dell’Offerta Formativa degli Istituti Serali Comunali
Aggregati Aldini-Valeriani ed E. Sirani
Gli Istituti Comunali Serali assolvono al compito di riallacciare i fili
interrotti fra l’ex-studente e l’istituzione scolastica, stimolando un bisogno di nuova cultura e di educazione permanente, fornendo anche
strumenti per un inserimento lavorativo qualificato, permettendo loro
di cambiare luogo e tipologia di lavoro.
L’Istituto Tecnico Industriale Serale venne costituito nel 1959. All’epoca,
per ovviare al minor numero di ore di lezione giornaliero, l’Istituto
Tecnico Serale aveva durata sessennale anziché quinquennale e le
lezioni si svolgevano per sette giorni la settimana, cioè la domenica
compresa. Oggi l’Istituto Tecnico Serale offre, col Progetto sperimentale Sirio, percorsi flessibili e personalizzati, soprattutto per chi ha già
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uno studio di caso
maturato esperienze scolastiche in altri indirizzi, ma anche per chi presenta personali esperienze professionali o lavorative. Anche l’Istituto
Tecnico Serale, al pari degli Istituti omologhi, è legalmente riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione.
3.4 L’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Elisabetta
Sirani
Le Scuole comunali che attualmente sono riunite sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” derivano da una Scuola Femminile di Arti e
Mestieri istituita a Bologna nel 1890 dalla Società Operaia Femminile.
Era una scuola professionale con insegnamento post-elementare indirizzato a mestieri tipicamente femminili (sartoria, modisteria, ricamo,
cucina…) e si autososteneva finanziariamente con i proventi delle attività artigianali svolte nei laboratori. Nel 1903 attraverso l’intervento
del Comune di Bologna fu creato l’Istituto Femminile di Arti e Mestieri
“Regina Margherita”; nel 1913 l’ordinamento dell’Istituto Regina
Margherita fu adeguato a quello delle Scuole Regie, così da renderlo
una scuola industriale di 2° grado; contemporaneamente fu istituita
una scuola operaia di 1° grado gratuita, che consentiva alle giovani in
condizioni di disagio economico l’assolvimento dell’obbligo scolastico
dopo la quarta elementare. Nel 1928 l’Istituto Regina Margherita assunse un assetto che sarebbe rimasto inalterato fino al 1956:
- una Scuola femminile di avviamento al lavoro;
- una Scuola professionale di tirocinio, alimentata dalle allieve
provenienti dalla scuola di avviamento;
- una Scuola successiva di Magistero Professionale (unico sbocco
possibile della scuola di tirocinio), che abilitava all’insegnamento delle discipline previste nell’ordinamento della scuola professionale e della scuola di avviamento.
Nel dicembre 1947 il Consiglio Comunale di Bologna intitolò la scuola
femminile alla pittrice bolognese Elisabetta Sirani; il cambio di nome
preludeva ad un ammodernamento non più rinviabile, per adeguare
la scuola ad una nuova società e ad un mercato del lavoro in continua
evoluzione. Nel 1956 la scuola professionale e la scuola di magistero
furono trasformate in Istituto Tecnico Femminile, cui subito si affiancò
un Istituto Professionale: i due Istituti aprirono progressivamente nuovi
corsi di indirizzo. Sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” furono infine istituite due Scuole serali per lavoratori: nel 1965 l’Istituto Tecnico
Commerciale e dal 1971 al 2001 l’Istituto Tecnico per Geometri.
Attualmente tutti gli Istituti comunali, diurni e serali, sono riuniti sotto la stessa presidenza in un’unica sede, e sono aperti all’iscrizione
357
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uno studio di caso
di maschi e femmine, senza alcuna distinzione tra scuole maschili e
scuole femminili. Anche all’Istituto Serale Elisabetta Sirani si applicano
il Progetto Sperimentale Sirio ed il Progetto Biennio.
Il Progetto formativo
Gli Istituti Serali Aggregati Aldini-Valeriani e Sirani hanno avviato una
sperimentazione formativa, studiata per le scuole serali, attraverso il
progetto Sirio, il quale permette agli studenti di approssimare un percorso scolastico flessibile, su misura rispetto alle loro esigenze personali, lavorative e scolastiche. Sono state introdotte importanti novità
rispetto al corso tradizionale:
- la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni (25 ore per il
biennio e per il triennio ragionieri, 28 ore per il triennio geometri ed industriale);
- il riconoscimento dei crediti formali (studi già compiuti e certificati da titoli di studio) e crediti non formali (competenze acquisite in ambito lavorativo o non), a cui si accompagna un sistema
di debiti formativi;
- l’introduzione della figura del tutor;
- la distribuzione dell’orario delle lezioni su cinque giorni in diversi anni scolastici;
- la possibilità di modularizzare le discipline.
Gli Istituti conferiscono al termine del ciclo di studi di 5 anni i diplomi
di ragioniere, di geometra, di perito meccanico e perito in elettronica
e telecomunicazioni, validi per l’accesso a tutti i corsi di laurea o di
diploma universitario e, secondo i propri regolamenti, ai concorsi della
pubblica amministrazione, agli albi professionali, agli impieghi nelle
aziende private. L’obiettivo del triennio è quello di costruire un livello
di professionalità, che sebbene non sia completa, abbia una spendibilità nel mondo del lavoro, secondo i profili in uscita dei diversi indirizzi
di studio.
In questo senso sono stati sviluppati interventi di orientamento al
lavoro utili per attivare, nei confronti dello studente, un processo decisionale sui successivi percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche
di ricerca d’impiego). Il collegamento con il mondo del lavoro è assicurato attraverso le collaborazioni con lo Sportello Aldini lavoro e la
Fondazione Aldini Valeriani.
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uno studio di caso
4 Intervista al Dirigente Scolastico Prof. G. Sedioli - Istituto
Aldini Valeriani e Sirani di Bologna7
La legge di riforma sul sistema scolastico italiano (L.53/2003)
La Riforma Moratti ( Legge 53/2003), introduce quello che, secondo
una formula sintetica, è definito “sistema duale”. L’affermazione del
modello formativo basato sull’idea di un sistema duale configura una
rigidità sostanziale, dal lato dell’offerta, particolarmente rilevante in
un contesto dell’economia italiana e del mondo imprenditoriale che
si muove verso una logica di flessibilità nella formazione delle professionalità.
I due sistemi (sistema dell’istruzione e sistema dell’istruzione e della
formazione professionale), presentano diversità dovute ad una serie di
fattori quali durata del percorso formativo, possibilità di accesso a percorsi successivi, finalità formativa che non appaiono semplicemente
superabili dalla previsione di “passerelle” e accrediti reciproci. Vi è poi
il rischio che i due sistemi appaiano anche gerarchicamente ordinati
sul piano culturale, non vi è dubbio infatti, nella lettura corrente, che
il sistema liceale abbia un valore formativo di gran lunga superiore al
sistema di istruzione e della formazione professionale.
La collocazione sistemica dell’Istruzione tecnica e professionale
La collocazione dei due sistemi, data la necessità di raccordare legislazione concorrente e competenze esclusive di stato e regioni, rappresenta una questione aperta. Quanto previsto dalla legge n.53 del
2003 e dal Titolo V della Costituzione, recentemente riformato, pone
il problema di chi gestirà, e come, istituti tecnici e professionali, anche
alla luce delle competenze, esclusivamente regionali, sul sistema della
Formazione professionale.
Si tratta cioè, di concentrarsi sulla qualità dell’offerta formativa e sulle
professionalità più idonee a progettarla, sulla sua coerenza rispetto ai
principi generali, anche questi da definire alla luce del nuovo assetto
costituzionale. La questione, da questo punto di vista, presenta diversi
problemi e/o elementi di complicazione, anche in considerazione del
fatto che la maggior parte delle regioni non appare, allo stato attuale,
attrezzata per gestire tale passaggio in termini di qualità. Le incertezze
sono amplificate dalla mancanza di precise indicazioni della legge 53,
7
L’intervista è stata riveduta e corretta dal Dirigente Scolastico dell’Istituto, Prof. G. Sedioli
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appendice
uno studio di caso
dalla contraddittorietà delle prese di posizione su di essa anche da
parte di personaggi di rilievo (gli stessi documenti di accompagnamento, i cosiddetti “Bertagna” ad esempio non sono lineari), da alcuni
dati organizzativi (strutture, gestione dei docenti) di difficile collocazione, dalla posizione spesso incerta dell’associazionismo imprenditoriale che esprime un consenso politico di massima sulla legge e una
contemporanea preoccupazione sulla sorte della formazione tecnica
di livello medio-alto. Dal riformato costituzionale e in attuazione della
legge di riforma 53/2003 potrebbe derivare automaticamente che un
“secondo canale”, costituito in prevalenza dall’attuale istruzione professionale e tecnica, opportunamente riformata, è di esclusiva competenza delle Regioni. Tale scenario, presenta, però, fattori ancora non
del tutto definiti dal legislatore:
- articolazione e confronto tra le competenze esclusive dello Stato
con quelle esclusive delle Regioni;
- collocazione sistemica dell’attuale Istruzione tecnica professionale;
- collocazione sistemica dell’attuale Formazione professionale
Il problema, al momento insoluto, riguarda la definizione chiara di
quali degli attuali indirizzi di scuola secondaria superiore e soprattutto
di quali obiettivi formativi saranno demandati al sistema dell’istruzione
e della formazione professionale e quali ne saranno esclusi.
Per definire meglio tali aspetti, occorre, esaminare, come la scuola
italiana ha declinato la istruzione.
I licei hanno istituzionalmente rappresentato una scuola di natura propedeutica al ciclo universitario, con obiettivi formativi legati al controllo
dei linguaggi e della logica, senza finalizzazione specifica dal punto di
vista professionalizzante. Il lavoro a casa, lo svolgimento di esercizi di
applicazione, di traduzione, di espressione e verifica delle conoscenze
attengono appunto ad una rielaborazione delle conoscenze teoriche
e delle stesse “nozioni”.
Negli istituti tecnici, le pratiche didattiche rimandano più direttamente
al “saper fare”. Senza negare il valore dei linguaggi, tramite il lavoro
di laboratorio a scuola e le esperienze svolte con l’area di progetto (o
esperienze assimilabili) si è puntato alla formazione di capacità operative negli ambiti dei settori professionali di riferimento. A questi due
differenti modi e specificità, corrispondono tempi scuola diversi, accresciuti negli istituti tecnici rispetto ai licei. Se nel passaggio al nuovo
ordinamento la licealizzazione della formazione tecnica ed economica
dovesse portare ad una uniformità del tempo-scuola, a prescindere
dalla natura delle discipline
portanti, ciò rischierebbe di andare a discapito di una seria attività di
360
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uno studio di caso
laboratorio svolta nella scuola italiana. Si perderebbe così, un valore
formativo essenziale nella costruzione del profilo culturale e professionale dello studente, con contraccolpi non secondari sulla reperibilità
di figure professionali adeguate da parte delle aziende.
Occorre qui rimarcare che nella scuola italiana l’attività di laboratorio, che
in tutti gli anni di scuola dovrebbe essere specifica dell’apprendimento
dei saperi scientifici, è in realtà spesso assente, soprattutto nei percorsi liceali tradizionali, con la conseguenza che prevale in genere un
impianto umanistico che privilegia la parola come universo comunicativo e formativo anche in ambito scientifico. In realtà, per gli alunni,
la cultura della sperimentazione è assente ed anche il metodo scientifico sperimentale è illustrato oralmente, piuttosto che praticato. E’
un’assurdità che rischia di riproporsi anche nella formazione dei profili
tecnico-professionali alti, che molti giovani desiderano acquisire e di
cui il mondo produttivo ha bisogno.
Peraltro gli istituti tecnici industriali e commerciali dispongono di attrezzature di laboratorio con un buono e spesso ottimo livello periodico di aggiornamento, a cui fanno riscontro le competenze dei tecnici
di laboratorio, integrate con quelle più concettuali dei docenti teorici
della singola materia.
In conclusione, occorre conoscere se, in prospettiva, il patrimonio di
attività, di docenti, di strutture di laboratorio farà parte anche dei licei
tecnologici e economici, con quali finalità e per quali ordini di grandezza.
Fino ad oggi, la filiera dell’istruzione tecnica, ha operato con un modello formativo complessivo: le scuole hanno realizzato la parte culturale, la parte tecnologica e la parte operativa, hanno funzionato come
modello di “scuola officina”. Un tipo di scuola in cui il saper fare teneva conto del linguaggio, delle conoscenze scientifiche di base, delle
fasi operative. L’obiettivo era quello di adattare la professionalità ad
una polivalenza di ruoli aziendali; attualmente, l’obiettivo, tenuto conto della rapidità dei cambiamenti tecnologici e strutturali, è quello di
creare adattabilità a futuri ruoli, attraverso la formazione permanente.
La scuola, in questa fase, non può rinunciare al suo ruolo fondamentale di costruire un saper fare, cioè, di dotare la persona di strumenti
finalizzati a risolvere problemi.
Il saper fare necessita di un continuo confronto con la fase operativa, una continua interazione con il mondo dell’impresa, inteso come
luogo in cui le idee diventano progetti e oggetti. Una delle scommesse della Riforma sta proprio nell’esplicitazione di questo ponte: la
formazione operativa dello studente, va svolta nella scuola o la dobbiamo delegare all’azienda? Una prima risposta potrebbe prevedere
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uno studio di caso
un tipo di percorso formativo che assicuri la presenza dello studente
in azienda, per un’attività collegata al monte ore scolastico, che garantisca la copertura di una parte del curricolo formativo. Purtroppo, non
tutte le aziende sono in grado di ospitare studenti per periodi molto
lunghi, la loro disponibilità è sempre molto limitata. Nella realtà emiliana, inoltre, la presenza di piccole e medie imprese, non agevola la
realizzazione di stage e di periodi di alternanza scuola lavoro, in una
logica curricolare.
Il futuro dell’istruzione tecnica professionale e della formazione professionale
I percorsi formativi sono sempre di più in balia della contrattazione sociale, non esiste più una delega in bianco alla scuola, sempre più precocemente si devono compiere scelte impegnative per il proprio futuro; la forte centratura sul “piano di studi personalizzato” conferiscono
sempre maggiori poteri all’utenza, giovani e famiglie, facendo aumentare certamente l’offerta, ma mettendo in competizione le scuole tra
di loro e con la formazione professionale. Soprattutto in questa fase di
transizione non è certo produttivo per la qualità dell’intero sistema decretare la supremazia dell’uno rispetto all’altro dei segmenti, entrambi
devono migliorare costantemente la propria progettualità. Non serve a
nessuno, l’omologazione dei modelli culturali e pedagogici, anche perché per quanto ci si guardi intorno non è facile scoprire ricette efficaci
da generalizzare. La tenuta del sistema formativo nel suo complesso
richiede, probabilmente, un incremento della flessibilità dell’offerta
formativa, che riguarda tutte le scuole superiori ed è prioritaria nello
stabilire efficaci rapporti tra istituti ad indirizzo professionalizzante e
centri di formazione. Da questo punto di vista è necessario uscire da
una logica di “quanti sono i canali?” per pensare ad un percorso formativo che può essere efficace solo se saprà proporre una nuova idea
di complementarietà tra formazione generale e professionale. Una tale
sfida non si vince semplicemente accreditando gli istituti professionali
attuali, ma modificando profondamente l’impianto pedagogico-didattico, a partire dall’incontro e dalla collaborazione delle culture professionali che operano sul territorio.
Non servono due modelli scolatici, uno di serie A e l’altro inevitabilmente di serie B, quello che conta è la garanzia della specificità dei
modelli, qualunque ne sia la prospettiva gestionale, che insieme possano sviluppare un’offerta complementare e più efficace rispetto agli
obiettivi, per sostenere il ruolo di “presidi formativi” territoriali in una
visione policentrica. Da questo punto di vista, parlare di integrazione
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uno studio di caso
come occasione di ampliamento dell’offerta formativa, alla luce delle migliori pratiche realizzate nei due sistemi, della scuola e della
formazione professionale, rappresenta una modalità per incentivare
un maggior contatto con la realtà e con i saperi professionali, senza
privare lo studente e la stessa prospettiva lavorativa delle necessarie
competenze di base, che più che da una semplificazione di quelle
accademiche, sono prodotte da una profonda rivisitazione delle metodologie didattiche.
Il rapporto tra scuola e mondo del lavoro
In tutto il disegno della riforma, in particolare del secondo ciclo, il
tema riguardante la formazione tecnologica e economica si presenta
come asse portante del cambiamento, attraverso i diversi percorsi del
sistema dei licei, dell’istruzione e della formazione professionale, unitamente all’innovazione dell’alternanza scuola-lavoro.
L’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendimento in
impresa, compaiono nelle riflessioni sul modo di essere della scuola
italiana con un posizionamento non lineare. Di fatto queste esperienze, quasi sempre invocate come strumento di presa di contatto col
mondo del lavoro, solo saltuariamente hanno trovato una collocazione di continuità con l’intervento formativo della scuola; in alcuni casi,
quelli più sfortunati, sono addirittura viste con sospetto per la loro appartenenza ad un mondo, quello delle tecnologie e del lavoro che non
sempre viene valorizzato sul piano culturale e formativo.
Sicuramente le scuole che hanno alla loro base la cultura tecnica, hanno
tradizionalmente inserito, seppure in modo variegato, il rapporto con
il mondo dell’impresa nei percorsi della costruzione del saper fare; la
costruzione di tale competenza, che mescola componenti di tipo teorico e di tipo operativo, richiede il contatto con luoghi dove la sintesi dei
saperi trovi la propria collocazione. Non a caso nella tradizione gli istituti tecnici ad indirizzo industriale si sono organizzati come “scuolaofficina”, ad emulazione delle strutture tipiche dell’industria; da questo
punto di vista il rapporto diretto con l’esperienza dell’impresa è stato
strutturalmente collegato alla didattica, la contaminazione delle culture avveniva comunque nella scuola.
La possibilità di valorizzare ed estendere il rapporto fra scuola ed impresa in termini di alternanza pone alcuni temi di riflessione che riguardano le condizioni di esistenza e di fattibilità, oltre che l’individuazione
del risultato atteso. La prima condizione è quella di una struttura scolastica intrinsecamente volta alla valorizzazione della cultura tecnica,
e strutturalmente organizzata per svolgere questo compito. Questo
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uno studio di caso
per almeno due motivi: il primo di natura specificamente culturale,
non si può pensare che il saper fare sia considerato un accessorio di
un sistema scolastico volto al generico ed alla sottovalutazione della
capacità operativa, il secondo di natura sostanzialmente contrattuale.
Il rapporto fra scuola ed impresa deve essere alla pari, fra soggetti
che rappresentano “un potere autonomo che si confronta con l’altro”,
ciò è possibile solo se la scuola è capace di interpretare e declinare
in proprio i linguaggi della tecnologia e dell’impresa. I livelli di collaborazione richiesta, nei rapporti di alternanza, impongono credibilità
della scuola nello svolgere il suo compito formativo in campo tecnico.
La seconda condizione è che la scuola possa esprimere forti livelli di
autonomia nelle proprie scelte organizzative e didattiche; i percorsi da
definire in collaborazione con l’impresa necessitano di una capacità di
“regolazione fine”, in funzione della qualità degli obiettivi che ci si propone e della disponibilità dell’interlocutore, che non può fare a meno
di ampi spazi di flessibilità. La terza è quella relativa all’individuazione
dell’obiettivo di riferimento per quanto riguarda i profili professionali.
Si può schematizzare, forzando, una situazione in cui si punti a professionalità dedite ad attività di tipo ripetitivo e a forte delimitazione
rispetto alle abilità, o ad altre “più alte” con conoscenze scientifiche,
linguistiche, relazionali, più elevate e capaci di progettare, coordinare
l’attività di altri, interpretare i cambiamenti delle tecnologie e delle
necessità aziendali, costituire base di rigenerazione imprenditoriale. Il
punto centrale dell’intervento anche per l’alternanza, è quindi questo,
per altro sono proprio le figure professionali di questo tipo che tradizionalmente hanno supportato lo sviluppo economico, soprattutto
in presenza di piccola e media impresa. Non sono pensabili interventi
“per somma di livello” (dal ripetitivo al progettuale) per produrre un
risultato alto, va costruito un percorso specifico di collaborazione fra
scuola ed impresa finalizzato al risultato programmato.
A questo consegue un’ulteriore condizione di esercizio: l’individuazione
delle “aree di collaborazione”. L’esperienza programmata con
un’impresa deve intervenire sui temi dei linguaggi tecnici, delle tecniche imprenditoriali, delle relazioni fra soggetti, dell’organizzazione
di sistema. Si deve mirare a determinare la consapevolezza di come
principi scientifici e tecnologici diventano prodotti e servizi, generando
sedimentazione di competenze, non trascurando il tema fondamentale del come ci si pone il problema del superamento delle tecnologie
esistenti. Il risultato atteso è alto e complesso, la fase preparatoria non
può essere semplice.
Quanto descritto prima deve prefigurare una situazione in cui i comportamenti formativi di scuola ed impresa convergano su un risultato
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uno studio di caso
che deve fare uscire l’alternanza da una fase, quale quella attuale, di
“testimonianza” di esperienza di lavoro. Vanno affidate all’esperienza
compiti di esaurimento di parti della formazione degli studenti, che
possono essere sia contenutistici sia comportamentali (ad esempio
il tema del miglioramento del prodotto, della consapevolezza della
rilevanza della logistica, della vendibilità del prodotto...). Questo può
essere raggiunto solo con fasi di alternanza temporalmente significative, con un’analisi preliminare attenta del rapporto fra esperienza
scolastica e presenza in impresa, con un’accurata preparazione dei
docenti e dei tutor di azienda. Insomma si chiede alla scuola di ripensare ai propri atteggiamenti ed all’impresa di essere disponibile ad
un investimento nella formazione di importanti risorse sia umane sia
materiali.
Comunque alla scuola spetta il ruolo prevalente di regolatore delle
attività di alternanza, come responsabile istituzionale delle politiche
di formazione. Resta da verifìcare il tema dei luoghi in cui si sviluppa
l’alternanza. Credo che per attivare una diffusa politica nel settore vi
siano due problemi principali: il primo è legato allo specifico della tradizione italiana che, per usare un eufemismo, ha visto una ridotta presenza dell’impresa su questo settore, essendo quasi tutta la formazione tecnica delegata alla scuola, il secondo è legato alla dimensione
media delle imprese. Difficilmente imprese dì piccole dimensioni possono governare fasi di tutoraggio aziendale che richiedono tempo e
qualità di intervento, in molti territori nasce il problema della generalizzabilità delle esperienze di alternanza del tipo prima auspicato. Si
apre insomma un consistente problema di “quante esperienze” possano essere attivate in presenza di qualità di risultato. Vale forse la
pena esaminare alcune situazioni intermedie di rapporto fra scuola ed
impresa, che, almeno per un transitorio che non so immaginare breve,
possano costituire un’alternativa al “modello stage”. Ad esempio presso il mio Istituto abbiamo praticato alcune esperienze significative in
cui si è raggiunto l’obiettivo di integrazione formativa fra scuola ed
impresa in questo modo: ad inizio d’anno scolastico si è individuato
un tema di interesse di un’impresa (ad esempio un particolare di
macchina automatica, problemi costruttivi di gruppi di continuità...), si
è individuato un obiettivo da raggiungere su quei temi ed un gruppoclasse (o un sottogruppo) ha realizzato l’obiettivo stando a scuola,
lavorando molto al di fuori dell’orario ordinario; i tecnici dell’impresa
sono intervenuti in fase di definizione del progetto, “a chiamata”
quando si è verifìcata la necessità, in fase di verifica della realizzazione
finale. In questo modo, pur avendo governato un problema sostanzialmente esterno alla scuola, con una logica di commessa da realizzare,
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uno studio di caso
si è ottenuta un’ottimale integrazione coi programmi scolastici e si è
gravato limitatamente su risorse aziendali. Vorrei ricordare da ultimo
che il tema del rapporto fra scuola e impresa nella formazione non
si esaurisce in quella che costituisce la fase iniziale della camera formativa-lavorativa; la rapida evoluzione delle tecnologie, dei prodotti,
dell’organizzazione aziendale richiedono che le fasi di alternanza si
estendano a tutta la vita lavorativa di un tecnico, si tratta di ricalibrare
di volta in volta i baricentri delle iniziative da svolgere, ma la logica
va sicuramente programmata verso un’integrazione permanente fra
l’esperienza formativa e quella lavorativa.
L’ipotesi percorribile potrebbe essere una scuola molto più leggera, a
livello di orario scolastico, sul piano nazionale, al cui interno si fanno
linguaggi di base (con materie fondamentali), linguaggi specialistici,
unitamente ad un monte ore che la scuola dovrebbe gestire in piena
autonomia, nelle quali si fanno “aree di progetto”, in accordo con il
mondo della formazione professionale, e con le Regioni. Da questo
punto di vista, un primo nodo problematico, riguarda proprio le regioni; attualmente, non tutte sono in grado di gestire quello che la
riforma indica come il sistema dell’istruzione e dell’istruzione e della
formazione professionale.
La questione docente
Tale questione rappresenta senza dubbio un tema molto delicato. La
gestione del personale richiederebbe una riorganizzazione sia delle
competenze che dell’orario di servizio. Il trasferimento della gestione
di tutto il personale docente a livello regionale faciliterebbe l’utilizzo
del personale su funzioni ripartite fra scuola e formazione a seconda
delle necessità e delle competenze. L’orario di servizio dovrebbe tendenzialmente diventare più lungo integrando orari di lezione, progettazione, tutoring, aggiornamento, gestione e coordinamento. La stessa
ipotesi dell’anno di formazione periodicamente usata dai docenti può
essere sperimentata su un complesso di funzioni che i docenti dovranno svolgere in prospettiva. Resta aperto il tema di forme contrattuali
flessibili a fronte di estese iniziativa svolte in autonomia dalle scuole.
Negli ultimi decenni, due avvenimenti hanno cambiato in profondità la funzione (e anche la natura) degli insegnanti: l’introduzione
dell’autonomia scolastica e l’innovazione tecnologica, che ha coinvolto
anche le forme della didattica (ad esempio la formazione a distanza,
l’utilizzo delle banche dati, la gestione delle forme di scrittura, i software
dedicati ..). Su ognuna di queste innovazioni c’è molto da discutere a
cominciare dalle implicazioni che la questione dell’organizzazione del
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uno studio di caso
lavoro ha rispetto all’uso delle tecnologie. In particolare, due aspetti
complementari ed entrambi problematici, sembrano accompagnare la
questione docente: a) la definizione di quali siano i lineamenti della
professionalità insegnante nella scuola autonoma, con le conseguenze
che questo comporta per la formazione iniziale e in servizio; b) gli aspetti strutturali ad essa collegati: tipologie di docenti, modalità di carriera e di reclutamento, mobilità, retribuzione, numero e distribuzione
sul territorio. Certamente, i due aspetti non sono affrontabili separatamente, è necessario, in tal senso, potenziare una funzione di governo
del sistema che includa una seria e finora mai realizzata politica del
personale.
Infatti, da tempo ormai la trasformazione della domanda di formazione, personale e sociale, l’accento sui nuovi metodi di insegnamento
e apprendimento rimettono in causa i ruoli tradizionali e le responsabilità degli insegnanti, e si insiste sulla necessità che gli insegnanti
dispongano di una integrazione fra competenze disciplinari e competenze didattiche, intese non come sola tecnica ma come sviluppo di
attitudini specifiche che siano in grado di individualizzare i percorsi
degli allievi facendo divenire il loro curriculum fluido e interattivo. In
ogni caso l’avanzamento delle misure di innovazione dovrà andare di
pari passo con percorsi di prima formazione e di aggiornamento degli
insegnanti che siano realmente corrispondenti alla nuova e diversa
dimensione dello spazio europeo dell’apprendimento permanente. In
quest’ottica, è indispensabile ottenere una partecipazione effettiva su
questo tema dei sindacati e delle associazioni professionali. La condizione da cui partire per immaginare delle soluzioni è l’individuazione
di un percorso graduale, di cui si indichino per sommi capi le tappe e
i tempi. All’interno di tale percorso si potrebbe ipotizzare:
- una formazione specialistica , per rispondere ad obiettivi in costante evoluzione che sollecitano ed esigono elevate competenze professionali;
- contesti e scenari operativi, caratterizzati da aperture e collaborazioni con altre istituzioni e realtà professionali e lavorative
complesse ed in costante evoluzione, che sollecitano competenze specialistiche come fattore caratterizzante della professionalità di un docente;
- creazione di un corpo docente altamente specializzato, in grado
di gestire la progressiva adozione di metodologie didattiche che
prevedano la scomposizione frequente del tradizionale gruppo
classe, a fronte di scelte da parte delle scuole autonome di curricoli opzionali e legati alle vocazioni del territorio;
- mantenimento di una uniformità complessiva del ruolo docente
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uno studio di caso
(profilo professionale) a livello contrattuale a livello nazionale,
- costituzione e contrattazione di un “salario” accessorio per i docenti in base alla funzione che svolgono all’interno dell’Istituto;
- in termini di reclutamento: la riorganizzazione delle classi di
concorso, riorganizzazione del monte ore settimanale (insegnamenti curricolari fondamentali, altri insegnamenti, attività di
coordinamento e di tutoraggio, etc.),
- infine, per i dirigenti scolastici, a fronte di contesti e di scenari
operativi in cui si attivano reti e consorzi di scuole, realtà professionali e lavorative complesse ed in costante evoluzione, sono
richieste elevate competenze decisionali, per le quali la valutazione del rischio e la gestione dei conflitti costituiscono fattori
caratterizzanti della loro professionalità.
Si tratta certamente di un problema difficile e dibattuto, che in virtù
del processo riformatore, attualmente avviato, ha insite in sé caratteristiche di processualità e di verifica collettiva sia a livello di opinione
pubblica sia nelle scuole, ed è sulla serietà di questi processi che bisogna puntare.
L’Istituto Aldini Valeriani e Sirani
Attualmente, l’Istituto nel suo complesso, ospita, 1980 studenti.
Tuttavia, nell’ultimo biennio, si registra una notevole diminuzione
nelle iscrizioni: l’Istituto Professionale è passato da 11 prime a cinque;
anche l’Istituto tecnico, registra nel complesso una notevole riduzione
di iscritti in linea con le tendenze registrate su base regionale
Già da alcuni anni sono state operate alcune scelte per favorire una
maggior efficacia nel percorso scolastico degli studenti:
Introduzione della flessibilità oraria (cioè di una struttura modulare dei
piani annuali di studio). La Flessibilità oraria, attuata dall’anno scolastico 1998 - 99 utilizzando la normativa relativa all’Autonomia Didattica
e Organizzativa (C.M.766 e D.M.765 ), prevede una diversa scansione
temporale nell’insegnamento di alcune discipline. Il progetto è nato
dall’esigenza di introdurre nell’organizzazione scolastica elementi di
flessibilità per favorire l’apprendimento. Vengono raggruppate in un
unico quadrimestre le ore di insegnamento di alcune discipline con
piccolo orario settimanale. Questo permette di realizzare un rapporto
più approfondito con il docente e con la disciplina stessa evidenziandone meglio la valenza educativa e la propedeuticità. Il progetto
prevede anche moduli di sostegno o recupero da attuarsi in tempi ben
definiti per permettere agli studenti di colmare le eventuali lacune.
Programmazione di Aree di Progetto: L’Area di Progetto rappresenta
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uno studio di caso
un modello di articolazione culturale che può coinvolgere tutte le discipline, a cui è destinato un numero di ore del 10% del monte ore
annuo delle singole discipline coinvolte. E’ uno strumento che può
servire a rendere esplicita per gli studenti un’idea di unitarietà del sapere. Alla base sta una stretta collaborazione fra i docenti nella ricerca
di nuclei comuni fra le diverse discipline. L’importanza che riveste nel
processo educativo-formativo una concezione non settoriale di sapere
e cultura consiglia un lavoro per aree di progetto fino dai primi anni
del biennio;
Organizzazione di attività di recupero e di approfondimento: Gli interventi di recupero e approfondimento sono previsti e progettati dai
consigli di classe utilizzando anche la presenza di più insegnanti contemporaneamente, utilizzando l’introduzione di una didattica di livelli diversi, che mentre da un lato tende al recupero delle carenze,
dall’altro permette di consolidare ed approfondire la preparazione degli studenti che presentano buoni risultati. E’ importante, infatti, non
solo attivare ogni possibile iniziativa volta al recupero delle difficoltà,
ma anche continuare a stimolare gli studenti di buon livello per evitare
fenomeni di demotivazione e disinteresse. Il cospicuo carico orario
settimanale spinge a sfruttare al massimo il tempo scuola, inserendo
attività sia di recupero che di approfondimento sempre più diffusamente all’interno del regolare orario scolastico, utilizzando strategie e
strumenti diversi a seconda dei casi e a giudizio dei consigli di classe.
Le modalità più utilizzate in quanto già ampiamente testate sono: a)
l’utilizzo della presenza di due docenti nella stessa ora e per la stessa
disciplina, da sfruttare sempre più spesso come contemporaneità su
2 gruppi diversi che hanno bisogni diversi ( es. recupero l’uno, approfondimento l’altro); b) l’attivazione di gruppi di livello trasversali a
diverse classi; c) l’utilizzo di insegnamento modulare e di ausili multimediali, in particolare di quelli che consentono l’individualizzazione
dell’insegnamento.
Attivazione di “passerelle”: Per agevolare il passaggio degli studenti da
un indirizzo all’altro, anche di ordine diverso (D.M.9 agosto 99 n° 323
art. 5), l’ Istituto progetta e realizza - nel corso del 1° e/o del 2° annointerventi didattici integrativi che si concludono con una certificazione
attestante l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie al passaggio.
La mission dell’Istituto si caratterizza per una offerta formativa così
articolata:
Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani: agli inizi del ‘900 insieme
alla Scuola di Applicazione degli Ingegneri, l’Istituto, realizzò una profonda riorganizzazione dell’insegnamento tecnico-meccanico, diven-
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uno studio di caso
tando una “scuola-officina”, dove le lezioni teoriche accompagnavano
le attività di laboratorio. Questa attenzione al “sapere” e al “saper fare”
è diventata una peculiarità dell’istituto che nel corso degli anni ha
dedicato energie e risorse per realizzare interventi didattici in diversi indirizzi specialistici in sintonia con l’avanzare delle tecnologie e
con le richieste del territorio. L’attenzione a queste ultime è anche
testimoniata dalla forte collaborazione che l’istituto intrattiene con lo
Sportello Aldini Lavoro e la Fondazione Aldini-Valeriani. Il corso di studio dell’Istituto Tecnico Industriale ha durata cinque anni, al termine
del quale si consegue un diploma di Perito Industriale che consente
l’accesso alle attività professionali. E’ costituito da un Bienni comune
al termine del quale è possibile iscriversi ad una delle sette specializzazioni: Chimica, Edilizia, Elettronica e Telecomunicazioni, Elettrotecnica
e Automazione, Informatica, Meccanica, Termotecnica.
Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato: rilascia al termine
del primo triennio di studi un diploma di qualifica. Il corso è finalizzato
alla formazione di operatori professionali con buone capacità tecnicomanuali nei settori di specializzazione; successivamente al conseguimento della Qualifica è possibile proseguire direttamente in un biennio post qualifica con cui si consegue il diploma di scuola secondaria
superiore di tecnico nel settore scelto. Gli indirizzi sono: operatore
elettrico, operatore grafico, operatore meccanico, Tecnico delle industrie grafiche, Tecnico delle industrie elettriche.
Istituto Professionale per i Servizi Sociali e della Pubblicità Elisabetta
Sirani: nel 1903 l’Istituto passa alla gestione comunale e si caratterizza stabilmente come scuola che prepara manodopera ad alta
specializzazione per l’artigianato e la piccola industria del tessile e
dell’abbigliamento. Nel dopoguerra, l’Istituto cambia il proprio assetto,
si rinnovano i profili professionali e si rivolge anche all’utenza maschile.
Attualmente, presso l’Istituto si tengono corsi di studio della durata
di tre anni al termine dei quali si consegue un diploma di qualifica:
operatore per i servizi sociali, operatore grafico-pubblicitario. Il IV e V
anno post-qualifica di ciascun corso sono facoltativi e terminano con
l’esame per Tecnico dei Servizi sociali o per Tecnico della grafica pubblicitaria. Durante i due anni del biennio post qualifica parte dell’orario
scolastico viene utilizzato nelle strutture di formazione professionale
regionale per conseguire una specializzazione di settore riconosciuta
da apposito attestato.
Istituti serali Aldini-Valeriani e Sirani: dall’anno scoalstico 1996-97
aderiscono alla sperimentazione ministeriale “Sirio” studiata per le
scuole serali. Tale progetto permette agli studenti di approssimare un
percorso scolastico flessibile, su misura rispetto alle loro esigenze per-
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uno studio di caso
sonali, lavorative e scolastiche. Sono state introdotte novità rispetto al
corso tradizionale: la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni, il
riconoscimento dei crediti formali e crediti non formali (competenze
acquisite in ambito lavorativo), a cui si accompagna un sistema di
debiti formativi, l’introduzione della figura del tutor, la distribuzione
dell’orario delle lezioni su cinque giorni, la possibilità di modularizzare le discipline. L’Istituto conferisce al termine del ciclo di studi di
cinque anni il diploma di Ragioniere, di Perito Meccanico e Perito in
Elettronica e Telecomunicazioni. Ciascun Istituto è articolato in un biennio e un triennio di specializzazione.
La scuola ha una forte relazione con la “Fondazione Aldini Valeriani
per lo sviluppo della cultura tecnica”, istituzione autonoma, fondata da
Comune di Bologna, Assindustria e Camera di commercio, che opera
nell’ambito della Formazione professionale e dei servizi tecnologici
alle imprese, in grado di stabilire contatti con il mondo del lavoro. Per
ciò che concerne il post-diploma, la scuola ha da tempo sviluppato
dei rapporti con gli IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore),
con valenza professionalizzante; sono stati promossi corsi di tecnici
delle reti industriali e tecnici dell’organizzazione dei trasporti. In collaborazione con i CFP, sono stati avviati corsi post diploma miranti alla
riconversione e all’aggiornamento di personale tecnico. Sul versante
lavoro, è attivo lo “Sportello Aldini Lavoro” che ha il compito di facilitare l’ingresso dei diplomati nel lavoro attraverso fasi di orientamento
pre e post diploma, allo stesso tempo facilita le imprese nel lavoro di
ricerca del personale. E’ stata recentemente condotta un’Indagine sugli sbocchi occupazionali e formativi dei giovani che si sono diplomati
presso l’Istituto Aldini nell’anno scolastico 1998-99. L’indagine è stata
realizzata dalla Sportello Orientamento & Lavoro Aldini Sirani finalizzata a monitorare bisogni, esigenze, sbocchi occupazionali e mercato
del lavoro locale (la rilevazione è stata condotta nel primo semestre
2002). L’analisi dei dati raccolti presenta risultati più che soddisfacenti
per quanto riguarda gli sbocchi occupazionali e formativi dei giovani
ex allievi degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani: l’86% degli aspiranti
lavoratori in capo a tre mesi si trova in una situazione lavorativa. Il
mercato del lavoro locale, infatti, caratterizzato dalla presenza di Pmi,
presenta una forte domanda di manodopera professionale di tipo tecnico che si notevolmente incrementata negli ultimi anni, soprattutto in
conseguenza di un turn over generazionale all’interno delle aziende.
L’autonomia organizzativa permette di individuare strumenti di gestione, che, accanto agli organismi previsti dalla legge (Consiglio di
Istituto, il Collegio dei Docenti, il Consiglio di Classe), risultano funzionali alla realizzazione del lavoro scolastico ed al buon funzionamento
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uno studio di caso
della scuola. Tali strumenti si configurano come gruppi di lavoro che
vengono coordinati dalla Presidenza. Essi sono: Gruppi Disciplinari,
Commissione Integrazione per l’Handicap, Coordinamento Tutor.
Quest’ultimo, è composto da tutti i docenti tutor delle classi. Il tutor
è il riferimento per gli altri insegnanti, per gli studenti e per le famiglie per tutto ciò che concerne le notizie riguardanti la personalità,
l’atteggiamento e la preparazione dello studente, e per ogni problema
nasca all’interno della classe. È quindi anche il referente del Preside
per i problemi didattici e/o disciplinari della classe. In particolare
sono compiti del “Tutor”: favorire l’inserimento dei singoli allievi nel
sistema scolastico, raccogliere sistematicamente informazioni relative
all’andamento scolastico e disciplinare ed ai problemi di relazione e/
o socializzazione, mantenere i rapporti con le famiglie comunicando
tempestivamente eventuali disagi e difficoltà, mantenere i rapporti
con esperti esterni quando se ne ravvisi la necessità, curare la gestione
dei crediti e dei debiti scolastici. Il Coordinamento dei Tutor definisce
le linee comuni di intervento, si occupa di azioni per la prevenzione
della dispersione scolastica e di orientamento.
L’offerta formativa integrata sviluppata dagli Istituti Aldini Valeriani e
Sirani, si concretizza attraverso due significativi progetti:
Progetto Lavoro: In collaborazione con la Fondazione Aldini- Valeriani
e lo Sportello Aldini-Lavoro vengono realizzati interventi particolarmente significativi dal punto di vista formativo, utilizzando: Stage,
Laboratori aperti, Conferenze di tecnici, Visite aziendali, Tirocini aziendali, Esperienze di lavoro estivo. L’orientamento al lavoro coinvolge le
quinte classi e ha l’obiettivo di fornire allo studente elementi utili per
attivare un processo decisionale sui propri successivi percorsi sia di
formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo
del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego);
Progetti integrati: Riguardano i diversi corsi del triennio e hanno i seguenti obiettivi generali: approfondire e consolidare il processo di integrazione tra scuola , mondo del lavoro, formazione professionale;
arricchire il piano di studi dei diversi corsi coerentemente ai cambiamenti del mondo del lavoro.
La durata e le modalità di realizzazione dei progetti sono diverse nelle
singole specializzazioni, comunque hanno tutti alla base moduli didattici conformi alla normativa prevista che interessano le seguenti
aree: comunicazione, lingua straniera tecnica, tecnologie informatiche,
Unione Europea, sistema economico, diritto italiano e comunitario, sicurezza e ambiente di lavoro, sistema qualità, tecniche di ricerca attiva
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uno studio di caso
del lavoro, approfondimenti specifici, stage aziendali, tirocini estivi.
Nello specifico, alcuni progetti finanziati dalla Provincia già in atto o
approvati per l’anno scolastico in corso, riguardano: IPLE: Progetto di
integrazione pluridisciplinare nell’area delle competenze professionali
del settore Edile (FSE 2000 moduli integrati con la SMS); FAV Motori
ed automazione per professionalità integrate con le esigenze del territorio ( FSE 2000 moduli integrati con la SMS), Studenti di Meccanica;
FAV Progetto integrato in elettronica ad indirizzo EMC ( FES 2000 moduli integrati con la SMS), Elettronica e Telecomunicazioni.
Negli ultimi anni, il diffondersi delle politiche di integrazione regionali
per fascie deboli, hanno indotto l’Istituto ad avviare corsi di avviamento
al lavoro - attività di integrazione - per immigrati, volti all’acquisizione
di competenze tecnico specialistiche finalizzate all’inserimento nel
tessuto produttivo locale.
Il collegamento con il mondo del lavoro, da parte dell’Istituto, è assicurato e organizzato dall’attività di due organismi presenti all’interno
della scuola:
Lo Sportello Aldini - Lavoro:
istituito dal Settore Economia del
Comune di Bologna in collaborazione con l’Istituto Tecnico Industriale
Aldini Valeriani dal 1995, ha l’obiettivo di favorire e consolidare i rapporti già esistenti tra gli Istituti aggregati e il mondo del lavoro. Svolge
attività di servizio, quali: informazione, orientamento, inserimento
lavorativo, mobilità nel lavoro; informazione per ex allievi e segnalazione alle aziende del comparto industriale tramite la gestione di opportune banche dati; consulenza individuale, incontri personalizzati,
materiali, informazioni su: scelta universitaria, formazione professionale, contratti di lavoro, praticantato, servizio civile, servizi per il lavoro
presenti sul territorio; consulenza (individuale o brevi sessioni collettive) sulle tecniche e strategie di ricerca del lavoro e sul mercato del
lavoro locale; occasioni di tirocini in azienda per diplomati; interventi
di sostegno alla transizione e alla scelta post-diploma e orientamento
universitario per studenti dell’Istituto Tecnico e Professionale Aldini (in
collaborazione con gli Istituti).
Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica: La ”
Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica” è sorta dopo una serie di riflessioni e di proposte avanzate sia dal Comune
di Bologna (gestore degli Istituti Tecnico Industriale e Professionale
Aldini-Valeriani) che dalle associazioni imprenditoriali bolognesi. Da
ultimo Assindustria ha presentato un progetto la cui evoluzione e perfezionamento ha portato alla costituzione della Fondazione. Gli scopi
indicati per la Fondazione sono:
1) Valorizzazione della cultura tecnica e suo riaccredito come stru-
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uno studio di caso
mento di valore formativo generale. Ciò potrà avvenire anche attraverso forme di orientamento per le scelte dei giovani e attraverso la illustrazione delle potenzialità delle professioni tecniche;
2) Gestione di corsi di formazione professionale di livello medio
alto rivolti sia ai neo-diplomati, sia a tecnici con esperienza di
lavoro; data la caratteristica di ricorrenza di tale formazione
sono previste modalità di realizzazione molto differenziate. Va
evidenziato come l’obiettivo non sia solo quello di utilizzare finanziamenti pubblici, ma anche di coinvolgere economicamente le imprese;
3) Erogazione di servizi tecnologici consistenti in prove di materiali, costruzione di prototipi, ricerche applicate. E’ previsto che
singoli soggetti possano utilizzare, per tempi definiti, spazi attrezzati della Fondazione sia per ricerche che per presentazione
dei propri prodotti;
4) Costituzione di un centro di documentazione sulle nuove tecnologie e sulla innovazione dei processi industriali.
L’organizzazione scolastica
La gestione e l’organizzazione dell’Istituto è di competenza degli organi
istituzionali: Dirigente scolastico, Collegio dei Docenti, Comitato studenti, Consigli di classe, Consiglio d’Istituto, Direttore servizi generali
e amministrativi coadiuvati nelle funzioni di gestione da Commissioni
(formate da docenti, genitori, alunni), che si occupano di tematiche
legate allo sviluppo delle attività didattico-formative in seno all’Istituto.
La gestione amministrativa della scuola è di competenza del Comune
di Bologna, il Dirigente scolastico, che ha la responsabilità complessiva
dell’Istituto, dal 1 gennaio 2003 è sottoposto contrattualmente al Ccnl
dei Dirigenti degli Enti Locali, anche per quanto riguarda le funzioni
aggiuntive esplicate nell’ambito delle proprie competenze. Il personale docente, invece, svolge le proprie funzioni in base al Ccnl del personale scolastico; mentre, il personale non docente, assunto come dipendente comunale è sottoposto al Ccnl degli Enti locali. Tale modello
di gestione delle risorse umane non presenta problemi dal punto di
vista organizzativo né tantomeno in termini conflittuali; la contrattazione decentrata all’interno dell’Istituto si realizza su due piani diversi:
una politica del personale afferente al corpo docente ed una parallela
riguardante il personale non docente con rappresentanza sindacale su
base comunale. Per le attività accessorie, i docenti fanno riferimento
al Fondo d’Istituto, mentre, il personale non docente, è regolato dalle
politiche comunali in termini di incentivi.
374
“Temi & Strumenti”
Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle regioni
dell’obiettivo 1, Roma, Isfol, 2004 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche;1)
Isfol, Le politiche comunitarie per la mobilità giovanile: un panorama comunitario,
nazionale e locale, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Politiche Comunitarie; 1)
Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza Europass
Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 2)
Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob. 3.
Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e
ricerche; 3)
Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma, Isfol,
2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4)
Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma,
Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5)
Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6)
Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol, 2005
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 7)
Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale.
Compendium progetti legge 383/2000 triennio 2002-2004, Roma, Isfol, 2006
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 8)
Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005
(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9)
Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma, Isfol,
2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10)
Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e
competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 11)
375
I.G.E.R. srl
viale C.T. Odescalchi, 67/A
00147 Roma
Finito di stampare Ottobre 2006
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