12 Studi e ricerche Temi&Strumenti ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE: VERSO LA COSTRUZIONE DI NUOVI SCENARI E NUOVE COMPETENZE PER GLI OPERATORI DEL SISTEMA N el presente volume sono riportati i risultati di una ricerca, svolta recentemente presso l’Area Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi Formativi dell’Isfol, che prendeva in esame i possibili effetti del futuro passaggio alle regioni delle competenze relative al sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale, fornendo una disamina, oltre che del nuovo quadro normativo derivante dalle recenti innovazioni, dell’entità della filiera dell’istruzione professionale a livello di tutte le regioni interessate, una stima delle prospettive quantitative di questa filiera nell’immediato futuro, ed una valutazione dei possibili scenari inerenti le prospettive contrattuali del personale interessato. Inoltre, allo scopo di porre in evidenza tutte le problematiche conseguenti al processo di trasferimento di competenze, è stata svolta un’analisi qualitativa degli scenari futuri del sistema scolastico, utilizzando la metodologia delle interviste in profondità con alcuni importanti testimoni privilegiati. Nell’introduzione al volume viene dapprima proposto un inquadramento teorico della problematica della governance in relazione ai diversi aspetti implicati e successivamente sono delineati i caratteri dell’architettura della governance italiana; il capitolo si conclude con una riflessione sull’esigenza di individuare e definire i caratteri delle competenze necessarie per porre in essere politiche di governance. Il primo capitolo del libro è dedicato ad un’illustrazione del quadro di riferimento normativo; nei capitoli 2, 3, 4, 5, e 6 sono esposti i risultati dell’esame della dimensione quantitativa del settore dell’istruzione professionale; nel capitolo 7 è riportata un’analisi delle possibili conseguenze a livello contrattuale del futuro passaggio alle regioni delle competenze di cui si è parlato; nel capitolo finale sono descritti i principali risultati dell’indagine qualitativa; nell’appendice sono illustrati i risultati del caso di studio preso in esame. T &S 12 Temi&Strumenti Studi e ricerche E DELLA Unione europea Fondo sociale europeo PREVIDENZA SO C I A L E Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE: VERSO LA COSTRUZIONE DI NUOVI SCENARI E NUOVE COMPETENZE PER GLI OPERATORI DEL SISTEMA ISBN 88-543-0295-3 Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori CAPITOLO CAPITOLO L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 de 30 giugno 1973, e riconosciuto Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999; ha sede in Roma ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 12 del 6.10.2004. Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulenza tecnico-scientifica al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e ad altri Ministeri, alle Regioni, Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche e private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa parte del Sistema Statistico nazionale. Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Nazionale per il programma comunitario Leonardo da Vinci, Agenzia Centro Nazionale Europass, Struttura nazionale di supporto all’iniziativa comunitaria Equal. Presidente Sergio Trevisanato Direttore generale Antonio Capone La collana Temi&Strumenti – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e la qualificazione dei sistemi di riferimento. La collana Temi&Strumenti è curata da Isabella Pitoni, responsabile URPCentro di Documentazione Specializzato Isfol 2006 - ISFOL Via G.B. Morgagni, 33 00161 Roma Tel. 06445901 http://www.isfol.it Unione europea Fondo sociale europeo istruzione e formazione professionale: verso la costruzione di nuovi scenari e nuove competenze per gli operatori del sistema Nel volume sono riportati i risultati della ricerca “Passaggio alle regioni delle competenze sugli istituti professionali: effetti sul personale della scuola”, svolta nell’ambito delle attività dell’Area Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi Formativi dell’Isfol, diretta da Claudia Montedoro. La ricerca è stata realizzata in collaborazione con il CRAS, Centro Ricerche Affari Sociali, di Roma. Hanno partecipato al gruppo di lavoro: per l’Isfol: Paolo Botta (coordinatore della ricerca); per il CRAS: Emanuele Barbieri, Stefano Di Vetta, Aldo Gandiglio, Paolo Serreri (coordinatore del gruppo di lavoro del CRAS). Il volume è a cura di Paolo Botta e Claudia Montedoro. Sono autori del volume: Paolo Botta (prefazione, introduzione), Stefano Di Vetta (cap. 1 e 8, appendice), Emanuele Barbieri (cap. 2, 3, 4, 5 e 6), Aldo Gandiglio (cap. 7). Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti: Piero Buccione e Aurelia Tirelli. Collaborazione di Paola Piras. Indice Prefazione Introduzione. governance, formazione, risorse umane 1 I caratteri principali della governance 2 I diversi tipi di governance 3 Governance e politica di coesione 4 Innovazione formativa e governance 5 L’architettura della governance nel nostro paese 6 Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni Riferimenti bibliografici Capitolo 1 Istruzione e formazione. dalla riforma del titolo v della costituzione alla legge n. 53 del 2003 1.1 Premessa 1.2 La ripartizione delle funzioni amministrative 1.3 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione 1.4 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale 1.5 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali” 1.6 Conclusioni Riferimenti bibliografici 9 11 11 14 16 23 28 36 41 47 47 48 54 62 75 78 82 indice Capitolo 2 l’istruzione professionale: aspetti istituzionali 2.1 Cenni storici 2.2 Assetti istituzionali 2.2.1 I metodi di insegnamento 2.2.2 Quadro orario settimanale nel triennio di qualifica 2.2.3 L’area di approfondimento nel triennio 2.2.4 Quadro orario nel biennio post-qualifica 2.2.5 Quadro orario settimanale degli insegnamenti comuni Riferimenti bibliografici 87 87 89 93 94 95 95 97 98 99 Capitolo 3 I dati sull’istruzione professionale 99 3.1 Introduzione 101 3.2 La scuola secondaria superiore. Dati e tendenze 3.2.1 I dati relativi all’istruzione professionale a livello 111 nazionale e regionale 123 Capitolo 4 Il personale 123 Premessa 4.1 124 4.2 I dirigenti scolastici 128 4.3 I docenti 4.4 Il personale ausiliario tecnico e amministrativo 136 (ATA) 143 Capitolo 5 La spesa 143 5.1 Le fonti di finanziamento e le tendenze 5.2 La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s. 148 2003/2004 151 Riferimenti bibliografici Capitolo 6 Gli iscritti agli ips nelle regioni italiane: 153 analisi e proiezioni 153 Premessa 6.1 154 6.2 Il modello revisionale 155 6.3 Alcune considerazioni sui risultati complessivi 156 6.4 I dati regionali 159 6.5 Regione Piemonte 164 6.6 Regione Lombardia 170 6.7 Regione Liguria 176 6.8 Regione Veneto 182 6.9 Regione Friuli Venezia Giulia indice 6.10 6.11 6.12 6.13 6.14 6.15 6.16 6.17 6.18 6.19 6.20 6.21 6.22 Regione Emilia-Romagna Regione Toscana Regione Umbria Regione Marche Regione Lazio Regione Abruzzo Regione Molise Regione Campania Regione Puglia Regione Basilicata Regione Calabria Regione Sicilia Regione Sardegna Capitolo 7 Istruzione professionale regionale e riforma costituzionale: nuovi scenari per la contrattazione nazionale e per la gestione del personale 7.1 Il peso crescente della contrattazione decentrata 7.2 Ipotesi di riforma e prime intese 7.3 I contratti nel settore pubblico 7.4 Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei contenuti della contrattazione nazionale 7.5 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione 7.6 L’esperienza del modello delle Province autonome, come esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione 7.7 Altri modelli contrattuali riferibili alla istruzione e formazione professionale Riferimenti bibliografici Capitolo 8 Le parti in causa. La parola ai testimoni privilegiati 8.1 Premessa 8.2 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione 8.3 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” 8.4 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione 8.5 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale 188 194 199 205 211 217 223 229 234 240 245 251 257 264 264 265 267 268 270 273 276 281 283 283 285 292 301 306 indice 8.6 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente 318 Riferimenti bibliografici 333 Appendice Uno studio di caso. gli istituti “Aldini Valeriani Sirani”di Bologna 1 Premessa 2 La storia degli Istituti 2.1 La storia degli Istituti Elisabetta Sirani 2.2 Gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani oggi 3 L’offerta formativa degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani 3.1 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Professionale Aldini Valeriani e Sirani 3.2 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Tecnico Industriale “Aldini Valeriani” 3.3 Il Piano dell’Offerta Formativa degli Istituti Serali Comunali Aggregati Aldini-Valeriani ed E. Sirani 3.4. L’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Elisabetta Sirani 4. Intervista al Dirigente Scolastico Prof. G. Sedioli Istituto Aldini Valeriani e Sirani di Bologna 337 338 339 341 349 349 354 356 357 359 PREFAZIONE Nel presente volume sono riportati i risultati di una ricerca svolta recentemente, presso l’Area Risorse Strutturali ed Umane dei Sistemi Formativi dell’Isfol, dal titolo: “Passaggio alle Regioni delle competenze sugli istituti professionali: effetti sul personale della scuola”. La ricerca prendeva in esame i possibili effetti del futuro passaggio alle regioni delle competenze relative al sottosistema dell’istruzione e della formazione professionale così come previsto dal processo di riforma del sistema scolastico in atto, fornendo una disamina, oltre che del nuovo quadro normativo derivante dalle recenti innovazioni, dell’entità della filiera dell’istruzione professionale a livello di tutte le regioni interessate, ed una stima delle prospettive quantitative di questa filiera nell’immediato futuro, oltre che una valutazione dei possibili scenari inerenti le prospettive contrattuali del personale interessato. Inoltre, allo scopo di porre in evidenza tutte le problematiche conseguenti al processo di trasferimento di competenze, è stata svolta un’analisi qualitativa degli scenari futuri del sistema scolastico, utilizzando la metodologia delle interviste in profondità con alcuni importanti testimoni privilegiati. Infine, la ricerca - attraverso un’indagine svolta con la metodologia dello studio di caso - analizzava l’esperienza emblematica di un istituto tecnico che, pur essendo dipendente dal comune di appartenenza, appartiene all’ordinamento nazionale e vede applicato il prefazione Prefazione contratto nazionale di categoria per il proprio personale. Nell’introduzione al presente volume viene dapprima proposto un inquadramento teorico della problematica della governance in relazione ai diversi aspetti implicati (definizione del concetto di governance, delle sue differenti tipologie, del suo rapporto con la politica di coesione e con i processi formativi in genere), e successivamente sono delineati i caratteri dell’architettura della governance italiana; il capitolo si conclude con una riflessione sull’esigenza di individuare e definire, a livello di modellistica, i caratteri delle competenze necessarie per porre in essere politiche di governance, che dovranno essere possedute dalle risorse umane del settore: insegnanti, dirigenti scolastici, altri operatori della scuola, funzionari e dirigenti regionali, ecc.; nell’ambito di questa analisi sono individuate le competenze più rilevanti alla luce dei risultati della ricerca e delle acquisizioni più recenti sul tema da parte della letteratura specialistica. Il primo capitolo del libro è dedicato ad un’illustrazione del quadro di riferimento normativo; nei capitoli 2, 3, 4, 5, e 6 sono esposti i risultati dell’esame della dimensione quantitativa del settore dell’istruzione professionale; nel capitolo 7 è esposta un’analisi delle possibili conseguenze a livello contrattuale del futuro passaggio alle regioni delle competenze di cui si è parlato; nel capitolo finale sono descritti i principali risultati dell’indagine qualitativa; nell’appendice sono riportati i risultati del caso di studio preso in esame. 10 introduzione GOVERNANCE, FORMAZIONE E RISORSE UMANE 1. I caratteri principali della governance Nel presente volume sono prese in esame le possibili conseguenze derivanti dall’attribuzione alle regioni delle competenze nel sottosistema di istruzione e formazione professionale, pur nel rispetto dei livelli essenziali di prestazione (Lep) di emanazione statale che garantiranno la necessaria omogeneità su tutto il territorio nazionale. Questo processo di decentramento istituzionale ha origine negli anni ’90 con le leggi Bassanini ed è proseguito attraverso alcune tappe importanti come la riforma del Titolo V della Costituzione e l’emanazione della legge di riforma del sistema scolastico e del decreto attuativo del secondo ciclo, che definisce le competenze attribuite alle regioni e i Lep che queste devono garantire. In questo capitolo saranno tentate alcune riflessioni sulle determinanti teoriche e concettuali in cui occorre inquadrare questo processo ancora in corso e non ancora pienamente concluso. Non può sfuggire, ad un attento osservatore, che anche nel nostro paese, ed in coerenza con le politiche europee sul tema, stiamo passando, nell’implementazione delle politiche a tutti i livelli e in molti settori, dalle tradizionali logiche di government ad una nuova impostazione che ormai da più parti viene comunemente definita governance. Questa metamorfosi implica una rivoluzione concettuale 11 introduzione I caratteri principali della governance di ampio raggio, perché denota il passaggio da una metodologia di governo, appunto il government, fondata sull’accentramento e sulla dimensione verticistica di tipo top/down, tipica dei sistemi istituzionali coerenti con modelli di produzione fordisti, ad un approccio fondato sul decentramento e sulla partecipazione dal basso di tutte le comunità locali ai processi di implementazione in un’ottica bottom/up, che viene appunto definita governance, tipica dei sistemi istituzionali coerenti con modelli di sviluppo post-fordisti. Questi modelli rispondono alle esigenze della società della conoscenza1, che richiede una diffusione e un consolidamento dei saperi per innalzare il livello complessivo della qualità delle risorse umane, attraverso nuovi assetti organizzativi che favoriscano la circolazione delle conoscenze, come nel caso delle attività in team group mirati alla realizzazione di complessi processi di innovazione oppure alla costruzione di network2 funzionali. Ciò appare oltremodo necessario per affrontare le sfide dell’accresciuta competitività e delle conseguenti esigenze di innovazione a tutti i livelli, che sono da considerare un obiettivo strategico per garantire all’economia europea uno spazio sui mercati internazionali sconvolti dall’incombente globalizzazione e che richiedono la partecipazione dei soggetti interessati in tutte le realtà territoriali. Ciò nell’assunto, ormai abbastanza acquisito, che nessun attore - sia pubblico sia privato - possiede da solo le conoscenze e le risorse necessarie per affrontare la complessità del mondo di oggi. Ciò implica un ricorso ad una nuova strutturazione istituzionale che favorisca lo sviluppo locale ed una piena valorizzazione di tutte le risorse esistenti nei diversi territori. La governance risponde a questa esigenza, perchè dà la possibilità a tutte le comunità locali e a tutti i soggetti interessati di partecipare e di contribuire alla crescita complessiva dell’intero territorio europeo. Essa, infatti, si configura come una forma di programmazione e di gestione delle azioni fondata sulla partecipazione di tutti i sistemi e di tutti gli attori interessati sia alla conduzione della vita quotidiana (a livello economico, ma anche sociale e culturale) sia alla realizzazione di progetti straordinari mirati. Sulla società della conoscenza, cfr.: Blackler F., Knowledge, Knowledge Work and Organisations. An Overview and Interpretation, in Organisation Studies, n. 16, 1995; Nonaka I., Takeuchi H., The knowledge-creating company, Guerini, Milano 1997; Gagliardi F., Economia della conoscenza e coesione sociale. Gli strumenti di una politica europea, in Professionalità, n. 68, 2002. Si veda anche: Rullani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, Carocci, Roma 2004; Rullani E., La fabbrica immateriale. Produrre valore con la conoscenza, Carocci, Roma 2004. 2 Sul concetto di network society è da ricordare l’opera di Castells; si veda in particolare: Castells M., Galassia Internet, Feltrinelli, Milano 2002; Castells M., La nascita della società in rete, Egea, Milano 2002. 1 12 introduzione L’interscambio tra sistemi e soggetti sociali è indispensabile per condurre ad un miglioramento e ad una valorizzazione di tutte le risorse presenti in ogni territorio fisico (una regione o una provincia) o sociale (un gruppo professionale o una particolare categoria sociale o produttiva), poiché permette l’individuazione dei fabbisogni e delle competenze necessarie per fare innovazione in un determinato periodo e in relazione a particolari esigenze di sviluppo. Questo processo implica che le azioni siano realizzate secondo logiche di integrazione e di partenariato che sono da considerare imprescindibili per la realizzazione di più alti livelli di coesione sociale, economica e territoriale3. L’integrazione consiste nella riduzione delle differenze tra le diverse politiche o tra i differenti sistemi, attraverso uno scambio reciproco di esperienze e di culture indirizzate al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi, pur nel rispetto dell’autonomia di ogni politica o di ogni sistema. Essa può riguardare sia politiche (ad esempio, del lavoro o formative) sia sistemi (ad esempio, le istituzioni scolastiche e formative e le organizzazioni lavorative). Il partenariato rappresenta la dimensione politica di questo processo di dialogo interistituzionale, perché consiste in una collaborazione volontaria tra soggetti che, in maniera paritaria, e non gerarchica come accadeva nel modello fordista, si mettono d’accordo per raggiungere obiettivi comuni. La governance, che è da considerare una modalità di programmazione e, a un tempo, di gestione degli interventi e delle istituzioni sulla base di un coinvolgimento tendenzialmente non gerarchico di tutte le istituzioni e di tutti gli attori interessati, si fonda sia sull’integrazione sia sul partenariato, e in questo modo rende possibile la costruzione di reti sociali4, al cui interno gli attori e i sistemi interagiscono per realizzare obiettivi condivisi o per gestire processi complessi. Sono due le condizioni che rendono possibile l’attuazione della governance: 1. l’esistenza di un dialogo civile e sociale che ponga le basi per uno scambio culturale rivolto all’integrazione tra mondi diversi portatori di differenti, ancorché preziose, culture organizzative; 2. lo sviluppo collegato di un’etica della responsabilità che renda protagonisti i diversi attori che operano nelle diverse realtà territoriali e sociali. I processi di integrazione, di partenariato e di costruzione di reti non potrebbero esistere se non fossero fondati sull’attuazione di differenti Sul rapporto tra coesione e governance mi permetto di rinviare a: Botta P., Coesione sociale, qualità del lavoro, flessibilità e governance, in Rivista Giuridica del Mezzogiorno, n.2-3, 2005. 4 Sulle reti organizzative si rinvia a: Jones C., Hesterly W.S., Borgatti S.P., Le reti organizzative, in Sviluppo & Organizzazione, n. 170, 1998; Signorelli A., Relazioni interorganizzative, Angeli, Milano 1991. 3 13 I caratteri principali della governance introduzione I caratteri principali della governance forme di dialogo, non solo nella sua accezione di dialogo sociale che caratterizza la concertazione nell’ambito delle relazioni industriali e che quindi riguarda interessi, ancorché rilevanti, comunque settoriali, ma anche in relazione a quello “civile”, che interessa la gestione complessiva della società e che si serve della collaborazione di tutti gli attori sociali appartenenti alle diverse sfere del sociale (economia, cultura, associazionismo, volontariato, lavoratori, ecc.), delle imprese profit come di quelle non profit, delle associazioni culturali e delle organizzazioni non governative per raggiungere i suoi obiettivi, aldilà dello Stato e del mercato5. La distanza, anche fisica, del centro decisionale gerarchicamente sovraordinato (ad esempio: l’Unione europea o gli Stati) dai luoghi di attuazione, di programmazione e gestione (le comunità locali: regioni, province, comuni, ecc.) garantisce, da un lato, un’autonomia dagli interessi locali più retrivi e, nello stesso tempo, permette ai poteri locali di esercitare pienamente le proprie prerogative a contatto diretto con la popolazione in ultima istanza beneficiaria delle implementazioni. La partecipazione dei diversi poteri, situati nelle differenti realtà organizzative e istituzionali, avviene attraverso la costituzione delle reti (i network non gerarchici) che rendono possibile i processi di programmazione e gestione degli interventi nelle logiche paritarie del partenariato di cui si è parlato6. 2. I diversi tipi di governance Sono diverse le forme che possono assumere i processi di governance7. Quando in questi processi sono coinvolte istituzioni collocate a vari livelli istituzionali si parla di governance multilivello; se invece Su questi temi appare di estremo interesse un recente volume di Mascia M. (La società civile nell’Unione Europea, Marsilio, Venezia 2004), a cui decisamente rinviamo. 6 Non è possibile in questa sede prendere in esame le profonde motivazioni che a livello di sistema politico e istituzionale inducono a ricorrere a forme di governance; in estrema sintesi si può dire che questo ricorso è da collegare alla ricerca di alternative sia al puro “mercato” sia agli stati nazionali, in seguito alle difficoltà che questi da tempo stanno affrontando, dovute alla crisi che li caratterizza negli ultimi anni. Sulla crisi degli stati nazionali la letteratura scientifica è ormai vasta. Ci limitiamo a segnalare Cassese S., La crisi dello Stato, Laterza, Bari 2002. 7 Sulla governance esiste già una letteratura abbastanza ricca. Per un inquadramento teorico resta interessante: Mayntz R., La teoria della governance: sfide e prospettive, in Rivista italiana di scienza politica, n. 1, 1999; per ulteriori approfondimenti si veda inoltre: Astrid, Istruzione e formazione dopo la modifica del titolo V della Costituzione, Roma 2003; Botta P., Il partenariato formativo, in Professionalità, n.69, maggio-giugno 2002; Botta P., Partenariato e risorse umane, in Il Mulino, n.4, 2002; Isfol, Gilli D., a cura di, Guida alla progettazione dello sviluppo locale. Dall’analisi del contesto locale alla costruzione del partenariato: percorsi per piani di sviluppo territoriale, Angeli, Milano 1999; Fadda S., Governance territoriale e Progettazione Integrata, in Formez, Deidda D., 5 14 introduzione sono coinvolti attori o soggetti sociali collocati orizzontalmente nei diversi territori si parla di governance multiattori. In ogni caso ci troviamo di fronte ad una moltiplicazione e differenziazione dei livelli di governo, che possono riguardare sia il livello sovranazionale, come nel caso dell’Unione europea, sia quello subnazionale come nel caso delle regioni e degli altri enti locali8. La governance può essere definita anche multiattore, perchè implica il coinvolgimento di diversi soggetti sociali e individuali collocati sia verticalmente, ossia inseriti in architetture istituzionali gerarchicamente predefinite, sia orizzontalmente, ossia nei diversi territori fisici e sociali di appartenenza con dei ruoli autonomi e funzionali. I diversi tipi di governance sono di solito compresenti nelle differenti esperienze che, ad esempio, possono anche essere contestualmente multilivello e multiattore. La governance è sempre multipolare, perché implica l’esistenza di reti costituite da individui o sistemi collegati funzionalmente tra di loro e finalizzate alla realizzazione di obiettivi strategici comuni, attraverso la circolazione delle conoscenze e delle informazioni che esse rendono possibile, contribuendo al superamento delle asimmetrie informative esistenti tra diversi soggetti o sistemi, che rendono difficile una piena integrazione tra culture differenti. Essa è sempre poliarchica, perché presuppone una distribuzione del potere tra innumerevoli centri e tra diversi attori, anche se non esclude che il coordinamento complessivo delle azioni sia prerogativa del livello istituzionale superiore, che si caratterizza per la definizione degli indirizzi e per un controllo e una valutazione dell’andamento complessivo dei processi di implementazione, ma non per la gestione concreta delle azioni che è demandata al livello istituzionale decentrato. La governance è da considerare temporanea allorquando è costruita per raggiungere obiettivi mirati, ma circoscritti e limitati nel tempo (è questo il caso della realizzazione di particolari progetti); ma può esistere anche una governance permanente, che è caratterizzata da stra- a cura di, Governance e sviluppo territoriale, Roma 2003; Formez, Cersosimo D., a cura di, Il partenariato socioeconomico nei progetti integrati territoriali, Roma, 2003; Gandiglio A., Sviluppo locale e politiche formative, in Demetrio D. e Alberici A., a cura di, Istituzioni di educazione degli adulti, Guerini, Milano 2002; Grandori A., a cura di, Organizzazione e governance del capitale umano nella nuova economia, Egea, Milano 2001. 8 La governance implica eminentemente azioni di coordinamento tra soggetti e tra sistemi. A tale proposito appare opportuno citare la definizione di governance riportata nel già citato lavoro di Fadda: “In termini generali, si può intendere per governance la modalità di soluzione dei problemi di coordinamento tra gli agenti economici di un sistema, in funzione del raggiungimento e della stessa definizione degli obiettivi socioeconomici”. 15 I diversi titpi di governance introduzione I diversi titpi di governance tegie di lungo respiro e che viene a configurare un modo di governo delle istituzioni stabile, duraturo e continuativo. La governance può essere reale se interessa processi di tipo face to face, senza la mediazione del mezzo di comunicazione elettronico a distanza, oppure virtuale quando si serve di tecnologie informatiche e telematiche e in questo modo facilita le relazioni sociali in ogni territorio, ma anche tra soggetti collocati spazialmente molto lontano. In quest’ultimo caso possiamo parlare di governance telematica, molto utile per la costruzione di reti comunicative, anche a grandi distanze e tra mondi diversi, come ad esempio tra vita lavorativa e tempo libero o tra lavoro e formazione9, ecc. La governance può, infine, riguardare il sistema politico in senso lato, ma anche suoi aspetti specifici: essa può essere utilizzata per realizzare obiettivi di cittadinanza attiva, politiche di welfare o di sviluppo locale all’interno di specifici settori produttivi o di particolari territori, ecc. Per le esigenze di integrazione istituzionale che lo caratterizzano, anche il sistema scolastico e formativo può ricavare notevoli vantaggi dalla governance per la realizzazione dei suoi obiettivi strategici. Tutte le attività di raccordo tra scuola e territorio vanno in questa direzione; inoltre, di estrema importanza per la governance sono le politiche volte a realizzare un rapporto tra scuola e mondo del lavoro, ad esempio attraverso la costruzione di forme di tirocinio, utili per collegare la cultura teorica tipica della scuola con quella pratica tipica delle imprese. 3. Governance e politica di coesione Una volta chiarite le aree concettuali al cui interno ci muoviamo, sembra opportuno soffermarci sugli ambiti di intervento della governance, al cui interno questo approccio può opportunamente essere utilizzato. La governance è una modalità fondamentale per raggiungere gli obiettivi della politica di coesione economica e sociale dell’Unione europea, che è indirizzata alla riduzione degli squilibri all’interno del territorio europeo per raggiungere traguardi di integrazione, di equità e di eguaglianza, ma nello stesso tempo per favorire lo sviluppo di tutte le regioni, presupposto indispensabile per accrescere l’impatto complessivo dell’economia europea sui mercati internazionali resi in- Sul rapporto tra formazione e lavoro cfr.: Alessandrini G., Pedagogia sociale, Carocci, Roma 2003. 9 16 introduzione certi e difficili dai processi di globalizzazione. Questa politica si fonda sul principio di sussidiarietà10, che regola le relazioni esistenti tra i diversi livelli delle istituzioni europee: Unione europea, Stati, regioni, altri enti locali, ecc. Questo principio, che si va ormai ampiamente affermando anche nel nostro diritto nazionale, si fonda sull’idea che i livelli istituzionali superiori (ad esempio: l’Unione europea o gli Stati) debbano intervenire nell’ambito di quelli inferiori (ad esempio: le regioni e gli enti locali) solo quando questi ultimi non sono in grado di farlo autonomamente con le proprie risorse, nell’assunto che essi siano i principali artefici delle politiche in oggetto. Si tratta di un principio che vanta antiche tradizioni e che si fonda sul rispetto dell’autonomia delle comunità locali, nella convinzione che il livello istituzionale superiore debba intervenire a livello di quello inferiore solo nel caso in cui quest’ultimo non sia nella condizione di poter realizzare gli obiettivi prefissati e condivisi. Sono quattro i corollari fondamentali in cui si articola a livello europeo il principio di sussidiarietà: programmazione, partenariato, addizionalità e concentrazione11. Ciò vuol dire che le azioni devono essere programmate (“programmazione”), ossia devono essere articolate secondo una successione logica degli interventi, che vanno condivisi da tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, attraverso logiche di “partenariato”, ossia attraverso un coinvolgimento degli attori interessati di tipo paritario, ossia non gerarchico, a tutti i livelli allo scopo di realizzare progetti comuni. Inoltre, la maggior quantità di risorse a disposizione della politica di coesione (che si concretizzano nei fondi strutturali) va concentrata sulle realtà territoriali (“concentrazione”) che sono caratterizzate da maggiori problemi di sviluppo rispetto alla media europea e che possono configurasi anche come storici ritardi dell’economia locale. Le risorse, infine, destinate alla realizzazione della politica di coesione devono essere aggiuntive e non sostitutive rispetto a quelle già messe a disposizione per gli stessi scopi nelle diverse regioni attraverso finanziamenti locali (“addizionalità”). Il principio di sussidiarietà e i suoi corollari formano l’architettura sulla cui base si definisce la governance europea. Esso regola la relazione tra diversi livelli istituzionali e pone le basi per la programmazione e Sul principio di sussidiarietà si segnala: Millon-Delsol C., Il principio di sussidiarietà, Giuffrè, Milano 2003. 11 Su questi temi si rinvia a: Botta P., Logiche fondamentali, in Isfol, Bencivenga V., Botta P., Callisti F., Errigo A., a cura di, Aspetti normativi del Fondo Sociale Europeo. Programmazione, gestione, controllo degli interventi cofinanziati nella legislazione vigente”, I libri del Fondo Sociale Europeo, Roma 1997. 10 17 Governance e politica di coesione introduzione Governance e politica di coesione la gestione delle politiche in un modello di democrazia partecipativa, che si fonda sul così detto “metodo di coordinamento aperto”, le cui conseguenze sono ancora imprevedibili e suscettibili di correttivi ulteriori nei processi di implementazione futuri. Questo metodo di lavoro, che è stato introdotto dal Consiglio di Lisbona del 2000, è finalizzato a rafforzare la cooperazione tra gli stati membri attraverso la definizione di obiettivi comuni e condivisi e l’individuazione di strumenti comparativi per misurare i risultati e per la verifica della loro validità allo scopo di favorire l’innovazione e la qualità degli interventi e la diffusione delle migliori pratiche. Qualche anno fa Commissione ha ritenuto opportuno redigere un Libro bianco proprio sulla governance12, di cui sono definiti in maniera puntuale i caratteri sulla base dell’individuazione di cinque principi: apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza. L’apertura implica l’esigenza che le istituzioni europee agiscano in modo trasparente; la partecipazione presuppone l’esistenza di un’ampia adesione alle iniziative; la responsabilità si fonda su ruoli chiari e trasparenti; l’efficacia su politiche europee appunto efficaci, con obiettivi chiari e fondate sulla valutazione; la coerenza su politiche coerenti e di facile comprensione. Sono molti i documenti europei che sottolineano l’importanza di porre in essere partenariati nel settore dell’istruzione e della formazione professionale. Mi limito a segnalare una recente Comunicazione della Commissione europea del 30 novembre 2005 (“Modernizzare l’istruzione e la formazione: un contributo fondamentale alla prosperità e alla coesione sociale in Europa. Progetto di relazione comune 2006 del Consiglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro ‘Istruzione e formazione 2010”). Nelle conclusioni di questo documento si afferma testualmente che “le riforme devono prestare attenzione ai temi dell’equità e della governance” e che “bisogna dare la priorità al miglioramento della governance (gestione) attraverso partenariati incentrati sull’apprendimento, soprattutto a livello regionale e locale, come mezzo per condividere le responsabilità ed i costi tra i soggetti interessati (istituzioni, autorità pubbliche, parti sociali, imprese, associazioni, ecc.). Tali partenariati dovrebbero coinvolgere insegnanti ed istruttori, in veste di principali artefici del cambiamento in seno ai sistemi. Essi dovrebbero favorire un maggiore coinvolgimento dei datori di lavoro al fine di rafforzare la valenza pratica dell’offerta in materia di apprendimento continuo.” L’obiettivo di questi partenariati è 12 Commissione europea, Libro bianco su “La governance europea”, del 5 agosto 2001. 18 introduzione quello di stimolare la responsabilità degli attori istituzionali e i costi dei processi di implementazione, coinvolgendo anche gli operatori della scuola e i datori i lavoro nell’ambito dell’apprendimento continuo. Tra le prese di posizione di maggior rilievo, va, infine, rilevato che anche il recente rilancio della strategia di Lisbona è all’insegna dell’esigenza di “costruire un partenariato europeo per la crescita e l’occupazione”, così come si evince da una recente comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2005 (“Lavorare insieme per la crescita e l’occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona”). La governance europea è fondata sull’integrazione tra due competenze distinte: quella programmatica, da un lato, e quella di gestione e di fornitura di servizi, dall’altra. Essa dovrebbe riguardare, quindi, tutti gli aspetti decisivi per la definizione e, a un tempo, per la realizzazione di un progetto valido, da fondare su una comune condivisione degli obiettivi e sulla centralità del soggetto beneficiario degli interventi, attraverso un processo continuo di negoziazione e di cooperazione tra i cittadini e gli amministratori e con gli stakeholder locali. La governance europea interessa eminentemente il livello territoriale ed è quindi indirizzata innanzi tutto alla coesione territoriale. Ma in considerazione degli obiettivi strategici della società della conoscenza, e in coerenza con quanto stabilito nel Consiglio di Lisbona (2000), non si può raggiungere la coesione territoriale se non si perviene alla realizzazione di una contemporanea coesione economica e sociale. Infatti, la coesione tra i territori e dentro i territori si raggiunge soltanto attraverso un’ampia e trasversale coesione economica e sociale. La coesione economica è causa e conseguenza dello sviluppo locale in ogni realtà13, ma sulla base di logiche che traggono ispirazione dal contesto globale. Non basta dare attenzione all’aspetto locale, ma occorre farlo in termini globali secondo il famoso assunto: act local think global, che caratterizza il concetto di glocal14, che designa un atteggiamento culturale che tende a fondere gli aspetti del “localismo” con quelli del “globalismo”. La coesione sociale deriva da processi di riduzione delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale, sulla base di una piena valorizzazione del capitale sociale15 che può avvenire attraIn ambito economico non può essere sottaciuta anche l’importanza della corporate governance che implica un coinvolgimento di tutti i soggetti che fanno parte di un’impresa, in una logica di trasparenza e di partecipazione democratica alle scelte strategiche dell’impresa. 14 Sul glocal si rinvia a: Bressi G., Opportunità e sfide per lo sviluppo glocale in Europa ed America Latina, in Impresa & Stato, n.63-64, 2003. 15 Uno dei concetti più interessanti della recente letteratura sociologica è quello di “capitale sociale”, soprattutto nella versione di Coleman J., Foundations of social theory, Cambridge, Harvard University Press., 1990; per un esame di questo concetto si veda il numero 3 del 1999 di Stato 13 19 Governance e politica di coesione introduzione Governance e politica di coesione verso la governance. Il capitale sociale è caratterizzato da risorse che si esplicano nei meccanismi dell’informazione e normativi, in cui ha un peso notevole il concetto di fiducia, che è incorporato nelle relazioni sociali e che rappresenta una fonte di benefici per l’individuo, ma anche per la comunità. Le reti sociali rappresentano il contesto in cui il capitale sociale può esplicarsi, poiché solo all’interno dei meccanismi relazionali è possibile realizzare gli obiettivi prefissati. Le relazioni di fiducia e di autorità presenti nelle diverse comunità sono da considerare forme o generatori di capitale sociale, assieme alle norme che caratterizzano un determinato contesto istituzionale. La governance può essere utilizzata per valorizzare il capitale sociale, poiché ne evidenzia e ne rafforza gli aspetti cooperativi, la capacità delle persone di lavorare insieme, innescando un processo di utilizzazione collettiva di risorse individuali. Le politiche di governance possono rendere le relazioni sociali già esistenti durature nel tempo, rafforzando i legami democratici ma in una veste nuova rispetto al passato, perché possono stimolare relazioni al di fuori del gruppo ristretto di appartenenza; esse rappresentano, inoltre, uno strumento importante per favorire la trasmissione di valori, e la loro interiorizzazione, scambi di reciprocità, solidarietà collettiva e fiducia. La governance, pur dando importanza alla razionalità delle scelte, che vengono regolamentate dal dialogo e dalla interazione sociale e comunicativa, può rappresentare uno strumento importante per la qualità e l’innovazione e può stimolare processi di cooperazione fondati sulla condivisione di un linguaggio comune e facilitare la diffusione dell’informazione e rapporti fiduciari all’interno delle imprese e tra aziende diverse. A livello di coesione sociale appare molto importante la dimensione lavorativa, che è indispensabile in un momento in cui le esigenze di innovazione di cui si è parlato richiedono un continuo miglioramento della qualità del capitale umano. E’ da inquadrare in questa ottica il dibattito relativo all’esigenza di collegare la flessibilità16 con la sicurezza: la prima favorisce la crescita della produttività e rende possibile azioni sperimentali; la seconda stabilizza la condizione del lavoratore e Mercato dal titolo: “Capitale sociale: istruzione per l’uso”. Nell’ottica di Coleman, “capitale sociale è essenzialmente, lo ricordiamo, un patrimonio di relazioni di cui un attore dispone per i propri fini, che risultano efficaci perché basate su una specifica cultura, ma anche in dipendenza di una certa forma della rete, o di altri fattori” (Bagnasco A., Teoria del capitale sociale e political economy comparata, in Stato e Mercato, n.57, 1999). 16 Su questi temi si veda: Botta P., Valori e flessibilità nell’esperienza lavorativa dei giovani, in Il Mulino, n.4, 1998; Botta P., Coesione sociale, qualità del lavoro, flessibilità e governance, art. cit.; Gallino L., Il costo umano della flessibilità, Laterza, Bari 2001. 20 introduzione e accresce i pur necessari livelli di identificazione e di appartenenza all’impresa. Per accrescere questo senso di appartenenza, che ha dei riflessi sull’attaccamento al lavoro e sulle sue potenzialità di attrarre i lavoratori di tutte le età (e dunque anche gli anziani, per cui si auspica un innalzamento dei tassi di attività ora troppo bassi), occorre agire a livello di miglioramento della qualità intrinseca del lavoro, ossia di quelle caratteristiche legate alle condizioni di lavoro in senso lato (orario, ambiente fisico, igiene, ecc.) ed alle possibilità di espressione e di realizzazione del lavoratore (partecipazione alle decisioni, ad esperienze formative e di apprendimento, crescita culturale e professionale, ecc.). Ciò si può raggiungere attraverso un’organizzazione del lavoro non gerarchica, che permetta la circolazione delle conoscenze e delle competenze necessaria per un miglioramento della qualità delle risorse umane, la cui centralità nel modello di sviluppo post-fordista e della società della conoscenza appare indiscutibile. Il necessario elevamento e/o rafforzamento delle competenze può essere raggiunto attraverso una ristrutturazione dell’organizzazione del lavoro cui è più facile pervenire attraverso un’integrazione delle diverse istituzioni interessate ai processi apprendimento: scuola, formazione professionale, mondo del lavoro, senza ignorare anche altri luoghi al di fuori di quelli preposti alla formazione, quelle realtà in cui noi tutti, facendo esperienza, impariamo dagli altri e dall’esperienza a prescindere dall’esistenza di processi formativi intenzionali (il learning by doing). Anche per quanto riguarda l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro, la governance può avere un valore strategico. Nel primo caso si può parlare di una governance per la prima transizione dalla scuola al lavoro17 per cui appare fondamentale l’integrazione tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro, soprattutto (anche se non solo) attraverso esperienze di stage necessarie per le interconnessioni tra le diverse culture in gioco (scolastica, formativa, lavorativa, di impresa, ecc.). Nel secondo caso la governance appare fondamentale per gestire le diverse transizioni che diventeranno sempre più numerose nel corso della vita lavorativa di ciascuno di noi. A questo livello essa è da collegare all’apprendimento permanente o life long learning, che è assolutamente necessario per gestire i passaggi da un lavoro a un altro o dal lavoro alla scuola e viceversa, ma anche Sulla transizione dalla scuola al lavoro dei giovani italiani, si rinvia a: Botta P., Non lontano dai padri. Ricerca del posto, solidarietà, adattamento, nell’esperienza dei giovani meridionali, Edizioni Lavoro, Roma, 1981; Botta P., La lunga attesa. Lavoro, non lavoro e società nell’Italia meridionale, Edizioni Lavoro, Roma 1991; Isfol, Allulli G. e Botta P., Inclusione ed esclusione. Ritratto di una generazione di giovani alle soglie del 2000, Angeli Milano 2000. 17 21 Governance e politica di coesione introduzione Governance e politica di coesione per accrescere e rafforzare la cittadinanza attiva a tutte le età. La governance appare fondamentale anche per migliorare la qualità del lavoro18 di coloro che già sono occupati, nei suoi diversi aspetti: a livello dell’organizzazione del lavoro, attraverso i mutamenti cui si è fatto cenno, o nell’ambito della formazione continua, attraverso una diversa impostazione della formazione continua, che abbia al centro la persona che apprende e le sue esigenze di crescita culturale e professionale. La governance, infatti, può aiutare a gestire i processi indirizzati ad un miglioramento della qualità intrinseca del lavoro sia attraverso una concertazione tra le parti sociali (tramite il dialogo sociale) sia attraverso un collegamento tra i centri di formazione e altre istituzioni come la scuola, l’università, le associazioni culturali (attraverso partenariati funzionali). Tutto ciò può egregiamente avvalersi dell’ausilio dell’e-learning19 come modalità di formazione importante per accrescere i livelli di integrazione tra lavoro e apprendimento e per espandere le relazioni di scambio culturale, come ad esempio può avvenire nelle comunità di pratica20 in cui i partecipanti apprendono reciprocamente dall’esperienza altrui. La governance può, in conclusione, opportunamente fare da supporto alle differenti transizioni e, nello stesso tempo, può sostenere la formazione continua ed il life long learning che appaiono fondamentali non solo per accrescere i livelli culturali della popolazione e per favorire la cittadinanza attiva, ma anche per gestire i passaggi da un sistema all’altro, in tutte le fasi della vita di ciascuno. Non si tratta solo di gestire in maniera appropriata la prima transizione dalla scuola al lavoro, ma anche e soprattutto il reinserimento dopo esperienze di lavoro giunte a conclusione, a tutte le età, attraverso l’apprendimento continuo di competenze e nuovi saperi. In questo modo può essere favorito un sano invecchiamento attivo21, inteso sia come ampia partecipazione al lavoro sia come crescita culturale durante tutta la vita, 18 Su questi temi si rinvia a: Botta P., Società delle reti, governance e qualità intrinseca del lavoro, in Italianieuropei, n.1, 2006. La Commissione europea ha dedicato molta attenzione al tema della qualità del lavoro; mi limito a segnalare: Commissione europea, Comunicazione: “Migliorare la qualità del lavoro: un’analisi degli ultimi progressi”, 26 novembre 2003. 19 Sull’e-learning si rinvia a: Isfol, Botta P., a cura di, Capitale umano on line: le potenzialità dell’e-learning nei processi formativi e lavorativi, Angeli, Milano 2003; Botta P., Gli aspetti sociali dell’e-learning. L’apprendimento individuale, in Professionalità, n.90, 2005; Botta P., Una valenza sociale per l’e-learning: la formazione in rete, in Professionalità, n.91, 2006. 20 Sul concetto di comunità di pratica si veda: Brown J.S., Le comunità di pratica, in Sviluppo & Organizzazione, marzo/aprile 2002; Wenger E., Comunità di pratica e sistemi sociali di apprendimento, in Studi organizzativi, n. 1, 2000. 21 Il tema dell’invecchiamento attivo è presente da alcuni anni in diversi documenti europei ed è da considerare una delle strategie europee più importanti degli ultimi anni, assieme alla qualità 22 introduzione anche attraverso il coinvolgimento degli anziani in esperienze di formazione e di apprendimento. 4. Innovazione formativa e governance L’utilizzabilità proficua della governance riguarda anche la messa a punto di corretti processi formativi innanzi tutto in relazione all’analisi dei fabbisogni ed alla valutazione. La prima richiede, infatti, una partecipazione degli stakeholder interessati non solo per raggiungere una maggiore collocabilità (e quindi occupabilità) dei discenti, in seguito alla partecipazione degli stessi datori di lavoro alla concertazione, ma anche per fornire anche a questi ultimi occasioni di crescita culturale e di riflessione sui propri bisogni, su cui non sempre esiste una chiara consapevolezza da parte di tutti gli attori coinvolti. Anche i processi di valutazione ricevono un impulso se svolti in condivisione22 con gli stakeholder per il contributo fondamentale che questi ultimi possono dare all’approntamento dei meccanismi correttivi derivanti dallo stesso processo di valutazione, che sono più agevoli, tempestivi ed efficaci se concordati tra i soggetti interessati, gli artefici degli eventuali meccanismi correttivi. La governance può, infine, migliorare la qualità dei sistemi e le relazioni tra gli attori in gioco attraverso la costruzione di reti sulla base di logiche di partenariato, la cui esistenza è un presupposto fondamentale per rendere possibili forme di benchmarking o di trasferimento di buone pratiche tra diverse realtà sulla base di logiche di trasparenza e sul riconoscimento delle qualifiche e dei crediti tra i diversi settori e territori. A questo livello, i partenariati possono avere un ruolo decisivo nel favorire lo scambio di informazioni, l’individuazione di pratiche eccellenti e la possibilità di innescare nel sistema processi imitativi gestiti dagli operatori delle differenti istituzioni coinvolte. Un terreno strategico di sviluppo delle politiche in discussione è quello relativo alla realizzazione di processi di mobilità tra sistemi (si pensi alle passerelle) o all’interno del territorio europeo, perché la governance potrà facilitare la costruzione di sistemi di riconoscimento dei titoli e delle qualifiche e/o di trasparenza (come avviene nella costruzione del libretto personale o nella certificazione delle competenze). In quedel lavoro, l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, la dimensione territoriale e i partenariati locali, l’e-learning. 22 Sulla “valutazione partecipata” si rinvia a: Palumbo M., La valutazione partecipata e i suoi esiti, in Rassegna Italiana di Valutazione, 25, 2003. 23 Governance e politica di coesione introduzione Innovazione formativa e governance sto ambito la governance appare essenziale perché favorisce il dialogo inter-istituzionale che rende possibile i processi di integrazione. Tutto ciò può stimolare un incremento della mobilità nello spazio europeo, presupposto indispensabile per garantire l’integrazione tra esperienze diverse, con effetti positivi sulla qualità dei sistemi e sulla costruzione delle competenze richieste dai cambiamenti in atto23. Va, infine, ribadito che la governance è essa stessa da considerare sempre un’esperienza di apprendimento. Già nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio di Lisbona del 200024 si parlava dell’esigenza di sviluppare partenariati di apprendimento, nell’assunto che le attività in partnership siano esse stesse formative anche a prescindere dagli obiettivi specifici della singola azione. Infatti, i partenariati, le esperienze di integrazione e le reti, aldilà della loro utilizzabilità per la realizzazione di determinati progetti, e quindi della loro funzione strumentale, possono essere considerati essi stessi dei fini in sé, perchè utili per porre in essere esperienze di scambio culturale ed interazione. Infatti, la collaborazione inter-istituzionale e tra sistemi diversi appartenenti alla sfera pubblica e privata, che caratterizza la governance, è da considerare a un tempo un’esperienza di apprendimento inter-organizzativo utile per accrescere i livelli di integrazione non solo nella dimensione istituzionale, ma anche a livello culturale in relazione alle metodologie ed ai diversi know-how posseduti dalle differenti organizzazioni che, interagendo, accrescono e migliorano i propri livelli culturali. Ad esempio, un apprendimento inter-organizzativo tra scuole e imprese, da realizzare attraverso esperienze di partenariato, di integrazione e di networking, può favorire un arricchimento del sapere teorico tipico della scuola attraverso quello pratico tipico dei luoghi dell’”apprendimento informale”, un concetto introdotto dal famoso “Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente” della Commissione europea del 30 ottobre 2000, che sta a significare appunto tutto ciò che si apprende tramite l’esperienza pratica, al di fuori di meccanismi formativi intenzionali. Il Memorandum ribadisce l’importanza dell’integrazione tra politiche e dei partenariati per raggiungere gli obiettivi strategici individuati nei messaggi chiave, formulati nel documento, nell’ambito di uno sviluppo dell’istruzione e della formazione permanente. Ma soprattutto va richiamata la di- Per un esame delle esperienze concrete di integrazione, si rinvia a: Isfol, Alviti A. e Errigo A., a cura di, Modelli ed esperienze di integrazione in Italia, Angeli, Milano 2003. 24 Sulle politiche europee sui temi di nostro interesse si rinvia a: Malizia G., L’Europa dell’istruzione e della formazione professionale. Da Lisbona a Maastricht: il bilancio di un quinquennio, in Rassegna Cnos, n.2, 2005. 23 24 introduzione stinzione tra apprendimento formale, non formale e informale25 assai importante per le politiche di governance perché, una volta individuata l’esistenza di differenti forme di apprendimento, riscontrabili anche la di fuori delle sedi preposte alla formazione, è evidente che appare decisivo escogitare le modalità concrete in cui è possibile valorizzare in modo particolare l’apprendimento informale, che avviene in tutti i luoghi della vita a contatto con le esperienze e le pratiche che caratterizzano ogni dimensione umana (lavoro, tempo libro, associazionismo, vicinato, ecc.), e che si nasconde nel magma indistinto del fare e dell’agire individuale e collettivo senza assurgere ad elaborazioni chiare e comunicabili in forme codificate. Ma ciò è possibile soltanto se riusciamo a pervenire a forme di integrazione tra la sfera del formale, da un lato, e quella dell’informale dall’altro, che renda possibile uno scambio tra culture e un arricchimento reciproco dei diversi sistemi. La governance può egregiamente rendere possibile un incontro costruttivo e duraturo tra diverse istituzioni, favorendo un utile interscambio; ad esempio, l’attivazione di partenariati può permettere alle istituzioni scolastiche e formative, regno indiscusso dell’apprendimento formale, di entrare in relazione con altre istituzioni in cui sono dominanti forme di apprendimento informale che occorre valorizzare per rafforzare i saperi codificati, arricchendo a un tempo quelli fondati esclusivamente sulle pratiche quotidiane di un necessario apporto teorico e di riflessione. Caso emblematico di questo processo è quello che si verifica nell’integrazione tra scuola e mondo del lavoro attraverso varie forme di partenariato che possono riflettersi nell’adozione di modalità di alternanza scuola-lavoro e, soprattutto, nel ricorso allo stage, che se ben organizzato può offrire importanti occasioni di utile incontro tra scuola e mondo del lavoro, con tutti i conseguenti vantaggi a livello di integrazione tra cultura teorica e scolastica, da un lato, e cultura pratica, come quella tipica del mondo del lavoro, dall’altro. A questo riguardo va detto che un settore fondamentale per utilizzare logiche di governance è quello dell’orientamento, che può ovviamente essere favorito da uno scambio di esperienze sia tra i diversi sistemi formativi ed educativi sia tra questi e quelli lavorativi, allo scopo di costruire percorsi incentrati su una valenza orientativa. L’integrazione tra diverse culture istituzionali potrebbe preludere alla L’apprendimento informale è quello che avviene nei diversi luoghi della vita sociale e individuale, come la famiglia, il gruppo dei pari, le organizzazioni del tempo libero, nei musei, a teatro, ecc. Su questi temi si rinvia a: Botta P., Capitale umano on line: riflessioni conclusive, in Isfol, Botta P., a cura di, op. cit. Sulla distinzione tra apprendimento formale, non formale e informale, si rinvia al citato Memorandum della Commissione europea. 25 25 Innovazione formativa e governance introduzione Innovazione formativa e governance costituzione dei centri polifunzionali dell’apprendimento di cui si parla in diversi documenti europei, che potrebbero nascere anche a partire dalle attuali istituzioni scolastiche e formative o da altre esperienze che caratterizzano il tempo libero o l’associazionismo giovanile o anziano, ecc., ma anche nella direzione di rafforzare il life long learning e di porre in essere un auspicabile invecchiamento attivo. La governance può rappresentare un’importante occasione non solo per raggiungere obiettivi di apprendimento inter-organizzativo e di democrazia partecipata, utile nei processi di implementazione delle politiche che vengono decise ai vari livelli istituzionali, ma anche per rendere possibili esperienze formative attraverso l’integrazione tra diverse culture. Ciò può favorire la costruzione delle complesse competenze richieste in epoca post-fordista, ma anche un opportuno rafforzamento della cultura teorica e libresca attraverso la dimensione pratica e operativa dell’apprendimento. Notevoli e numerosi sono, dunque, gli ambiti di applicazione della governance in ambito formativo, un modo nuovo di gestire i rapporti tra diversi soggetti istituzionali pubblici e privati che, pur non escludendo ma giustapponendosi ai meccanismi della democrazia rappresentativa, cerca di andare oltre, favorendo una crescita dei livelli di partecipazione sui problemi concreti e sulle scelte decisive per la vita. Tutto ciò può avere delle conseguenze positive a vari livelli: sul mercato del lavoro può favorire un miglioramento delle transizioni governate da tutte le istituzioni interessate, sia quelle lavorative sia quelle formative; nei luoghi di lavoro può determinare un miglioramento della qualità del lavoro attraverso azioni concertate in partenariato, anche al fine di favorire processi di formazione continua mirati; nella sfera dell’apprendimento attraverso l’interscambio che si verifica tra le diverse realtà organizzative, espressione di esperienze culturali in sé valide aldilà della loro utilizzazione funzionale. La costituzione, infine, di network resa possibile dai partenariati e dall’integrazione, che caratterizzano la governance, può essere considerata un’occasione importante di apprendimento, nel così detto learning by networking, favorito dall’interazione di soggetti portatori di diverse istanze culturali, o semplicemente collocati in luoghi difficilmente raggiungibili quotidianamente nelle normali interazioni face to face, i cui rapporti sono facilitati non solo dall’esistenza di reti istituzionali, ma soprattutto di opportune tecnologie telematiche. Le logiche di partenariato possono condurre certamente ad un miglioramento della qualità dell’offerta formativa, soprattutto per le opportunità che offrono di integrazione e interconnessione preziose sia a livello istituzionale sia a livello di veri e propri processi formativi nella loro effettiva erogazione e anche a livello della loro progettazione. Il 26 introduzione partenariato formativo è uno strumento importante per l’individuazione, assieme ai soggetti interessati, delle competenze richieste in una certa sfera sociale e in una certa fase storica. Ciò può avvenire anche con l’ausilio di un’analisi dei fabbisogni che sia realizzata anch’essa attraverso logiche di governance, ossia attraverso la partecipazione di diversi soggetti che hanno in questo modo l’opportunità di acquisire consapevolezza delle proprie esigenze attraverso un dialogo sociale e inter-istituzionale adeguato. Fondamentale appare la governance per giungere alla individuazione delle competenze trasversali che, riguardando diversi sistemi o settori, possono più facilmente essere acquisite attraverso un’integrazione sistemica, a tutto vantaggio di una maggiore qualificazione delle risorse umane. La governance appare importante anche per la realizzazione del life long learning e della formazione continua, perché offre le risorse intersettoriali che sono necessarie per la gestione delle diverse transizioni che caratterizzeranno sempre di più la vita lavorativa a differenza di quanto accadeva nel mondo fordista in cui in genere esisteva una sola transizione dalla scuola alla lavoro. Essa appare fondamentale anche per la gestione della formazione continua e dell’apprendimento permanente perché può aiutare nell’acquisizione di culture diverse da quella di appartenenza, come avviene nel rapporto tra cultura di impresa e scuola o università, ecc. La governance può essere utilizzata, nell’ambito della personalizzazione dei processi formativi, per facilitare la costruzione di percorsi integrati di tipo inter-sistemico per ottenere i migliori risultati a livello di valorizzazione delle capacità individuali attraverso la collaborazione tra i diversi operatori per la costruzione delle competenze richieste dal mercato. Infine, la governance può indurre ad un uso più generalizzato di tecnologie avanzate e di internet, necessarie per intensificare le relazioni sociali e per favorire gli scambi culturali; infatti, le tecnologie telematiche sono da considerare uno strumento fondamentale per realizzare le politiche di integrazione di cui stiamo parlando. A questo riguardo va osservato che la governance può sviluppare le nuove forme di apprendimento che sono legate alla rete, come l’e-learning, una modalità formativa che, per le sue caratteristiche intrinseche, può favorire mediante il superamento dei vincoli di spazio e di tempo, tipici della formazione in presenza, l’integrazione tra formazione e lavoro, in maniera quotidiana e a prescindere dalla costruzione di eventi formativi in aula. Esistono in conclusione diversi campi al cui interno la governance può favorire la costruzione di specifiche competenze o la realizzazione di nuove forme di apprendimento o di formazione. Nei prossimi anni 27 Innovazione formativa e governance introduzione Innovazione formativa e governance la realizzazione delle governance potrà condurre alla realizzazione di importanti esperienze di eccellenza nei settori richiamati e anche in altri in cui essa potrà condurre a risultati utili sia in termini strumentali, ossia per la realizzazione di obiettivi specifici, sia in termini finalistici come nel caso dei partenariati di apprendimento. 5. L’architettura della governance nel nostro paese Nel contesto europeo sensibile a forme di governo fondate sul coinvolgimento, sulla partecipazione e sulla responsabilizzazione, prendono forma le politiche di decentramento e di governance che da circa un decennio stanno caratterizzando il nostro paese. Non è questa la sede per richiamare in maniera analitica tutte le fasi di un processo di implementazione legislativa complesso e articolato. Basterà qui ricordare innanzi tutto la legge 15 marzo 1997 n.59, “Delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”, e in particolare il decreto attuativo della stessa 31 marzo 1998 n.112, “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.59”, e proseguito fino ad arrivare alla riforma del Titolo V della Costituzione e successivamente alla legge di riforma della scuola, e in particolare al recente decreto attuativo relativo al secondo ciclo, in cui sono definiti i “livelli essenziali delle prestazioni” (lep) che devono essere garantiti dalle regioni e i compiti delle stesse nel contesto di un’architettura di governance che si articola in tre poli istituzionali fondamentali: stato, società civile, scuole. Lo stato, sulla base delle recenti riforme, ha compiti di indirizzo che si concretizzano nella formulazione delle norme, dei principi e, per quanto riguarda il sistema di istruzione e formazione professionale, dei lep. La società civile ha l’esigenza di attivarsi attraverso le sue diverse istituzioni, in primis le regioni e gli altri enti locali, ma anche gli altri soggetti che operano nella dimensione privata e nel terzo settore, per porre in essere azioni di integrazione, di partenariato e di costruzione di reti sociali che hanno il compito di favorire lo scambio culturale tra sistemi e attori necessario per la costruzione delle competenze richieste dai cambiamenti che caratterizzano il mercato globalizzato. Infine, l’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative avrà il compito di declinare gli obiettivi strategici a livello di predisposizione della specifica offerta formativa, ponendo in essere accordi di rete all’inter- 28 introduzione no del sistema formativo o anche con le altre realtà socio-economiche del territorio. Sono questi i poli della nostra governance che andranno contestualmente attivati nei prossimi anni per porre in essere azioni di cambiamento sistemico che vadano nella direzione di realizzare gli obiettivi strategici di cui si è parlato in precedenza. La governance si identifica con le politiche che garantiscono un coordinamento tra le tre dimensioni di cui si è parlato: stato, società civile, scuole dell’autonomia. Senza entrare nel merito delle complesse questioni giuridiche, di cui si parla nel primo capitolo di questo libro, semplificando si può affermare che allo stato spetta la definizione degli indirizzi di carattere generale di cui si è parlato, da formulare sia in riferimento alla politica di coesione economica e sociale dell’Unione europea, sia in relazione all’instaurazione di una trasversale politica di governance nei diversi settori di intervento nel nostro paese. Attraverso meccanismi di governance multilivello, il coinvolgimento della società civile avviene innanzi tutto attraverso l’attribuzione di competenze alle regioni e agli enti locali, a cui spettano compiti di legislazione esclusiva nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale e di programmazione e allocazione delle risorse sul territorio di riferimento. La definizione dell’offerta formativa spetta, infine, alle istituzioni scolastiche e formative rese autonome da recenti interventi legislativi, anche attraverso la costituzione di reti tra scuole ed un rapporto costruttivo con le istituzioni del territorio circostante tramite logiche di governance multiattore ed un coordinamento tra i diversi soggetti interessati. Il terzo polo strategico della governance, ossia l’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, ha ricevuto attuazione a livello legislativo a partire dall’articolo 21 della legge 59/1997 e con il successivo decreto attuativo n. 275 del 1999 (Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59”). L’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative è, inoltre, diventata materia di rango costituzionale con la riforma del Titolo V della Costituzione, Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”. La governance italiana26 consiste in un’integrazione tra i tre livelli di Sulla governance italiana si veda in particolare: Benadusi L., Consoli F., La Governance della Scuola, Il Mulino, Bologna 2004; Agenzia per la Formazione e il Lavoro, Modelli di governance 26 29 l’architettura della governance nel nostro paese introduzione l’architettura della governance nel nostro paese cui si è parlato tramite logiche di partenariato e con la costituzione di reti che permettano uno scambio continuo di esperienze, così come è del resto previsto esplicitamente dal citato decreto 275. Essa ha bisogno di una regolamentazione legislativa perché possa essere realizzata, che non è da considerare prioritaria solo per le azioni all’interno della pubblica amministrazione, ma anche nel rapporto tra questa e il settore privato che sarà alla base dei partenariati pubblico-privato. Si è già accennato alle principali tappe che hanno caratterizzato questo processo nel nostro paese. Pur non essendo questa la sede per un’analisi puntuale di tutti i dispositivi legislativi interessati, vale forse la pena di richiamare alcuni degli aspetti del cambiamento normativo che hanno una specifica rilevanza soprattutto in relazione alla dimensione “società civile” di cui si è parlato, con particolare riferimento al ruolo delle regioni. In una panoramica veloce, ancorché mirata, non è possibile evitare un accenno al decreto legislativo n.112, del 31 marzo 1998, “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n.59”; di questo importante dispositivo legislativo vale la pena riportare la parte iniziale dell’art. 138, comma 1: “Ai sensi dell’articolo 118, comma secondo, della Costituzione, sono delegate alle regioni le seguenti funzioni amministrative: a)la programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; b)la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali, assicurando il coordinamento con la programmazione di cui alla lettera a)”. Con questo decreto vengono definite le nuove attribuzioni regionali in tema di programmazione dell’offerta formativa integrata, nella consapevolezza dell’importanza di porre in essere processi di integrazione tra la scuola e il mondo della formazione professionale nell’ottica di favorire un interscambio sistemico. per lo sviluppo del sistema Istruzione-Formazione-Lavoro, Milano 2004; Sugamiele D., Le vicende della formazione professionale dall’ordinamento statutario all’ordinamento repubblicano e, in particolare, il rapporto con il sistema di istruzione professionale, intervento al Seminario Dirigenti-Enaip, 3-4 marzo 2005; Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Il processo di decentramento nelle politiche della formazione, dell’istruzione e dl lavoro, Angeli, Milano 2002; Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Formazione, istruzione e Lavoro. 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A tal fine interagiscono tra loro e con gli Enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione.” Nel rispetto delle funzioni delegate alle regioni, e rafforzate dai dispositivi legislativi successivi, le scuole hanno l’importante compito di fare da raccordo tra le esigenze degli individui e quelle del sistema nazionale dell’istruzione. In questo comma si potrebbe dire che è riassunta tutta la logica della governance italiana in tema di istruzione e formazione professionale, che è fondata sul principio della chiara distinzione dei ruoli delle diverse istituzioni e della decisiva importanza di tutti i livelli istituzionali e innanzi tutto di quello più vicino all’utente, ossia la scuola, che ha il compito di riportare a sistema le microesigenze di ciascun operatore e utente delle singole realtà territoriali. Nel comma 8 dell’articolo 7 dello stesso decreto, in cui viene prospettata la possibilità di reti di scuole, che rappresentano il cuore della governance italiana del sistema scolastico e formativo, si afferma: “Le scuole, sia singolarmente che collegate in rete, possono stipulare convenzioni con Università statali o private, ovvero con istituzioni, enti, associazioni o agenzie operanti sul territorio che intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici obiettivi.” Di estremo interesse per la realizzazione dell’integrazione tra sistemi è l’art. 8, definizione dei curricoli, dello stesso decreto, che al comma 5 afferma: “Il curricolo della singola istituzione scolastica, definito anche attraverso un’integrazione tra sistemi formativi sulla base di accordi con le Regioni e gli Enti locali, negli ambiti previsti dagli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 può essere personalizzato in relazione ad azioni, progetti o accordi internazionali”. Viene qui proclamata la possibilità di formulare curricoli personalizzati, poi confermata con la legge 28 marzo 2003, n.53, “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, attraverso accordi con gli enti locali, nell’implicita convinzione che la stessa offerta formativa possa essere arricchita da un dialogo inter-istituzionale finalizzato alla costruzione di saperi comuni. In relazione all’istruzione e alla formazione professionale un punto di 31 l’architettura della governance nel nostro paese introduzione l’architettura della governance nel nostro paese riferimento obbligato è ovviamente la citata legge 53, che fissa alcuni punti fondamentali per la realizzazione di politiche di governance, esplicitando le competenze e il ruolo delle regioni non solo nell’architettura del sistema, ma anche in relazione ad alcuni aspetti specifici come la definizione dei “piani di studio personalizzati”. Molto importante è, inoltre, il decreto legislativo n.77 del 25 aprile 2005 “Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n.53”27; all’articolo 1, comma 2 si afferma: “I percorsi in alternanza sono progettati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le rispettive associazioni di rappresentanza, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati, ivi inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa, che non costituiscono rapporto individuale di lavoro”. Da questo comma si evince che la governance formativa interessa più soggetti e sistemi anche nell’ottica di programmare e valutare anche percorsi educativi in alternanza. Tra le finalità dell’alternanza elencate all’art.2 dello stesso decreto, di notevole rilievo per il nostro discorso è il comma e), che segnala l’esigenza di “correlare l’offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio”; da segnalare è infine l’articolo 7, “Percorsi integrati”, che appare rilevante per la definizione di un collegamento stabile tra scuole e regioni per l’attuazione di corsi integrati. Vale la pena riportare l’intero articolo: “Le istituzioni scolastiche, a domanda degli interessati e d’intesa con le regioni, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, possono collegarsi con il sistema dell’istruzione e della formazione professionale per la frequenza, negli istituti d’istruzione e formazione professionale, di corsi integrati, attuativi di piani di studio, progettati d’intesa tra i due sistemi e realizzati con il concorso degli operatori di ambedue i sistemi.” In questo articolo sono delineate le modalità di attuazione della governance formativa finalizzata alla costruzione di percorsi integrati da progettare tramite la collaborazione tra gli “operatori” dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale. Ma forse gli stimoli più significativi, ai nostri fini, vengono dal decreto legge 17 ottobre 2005 attuativo del secondo ciclo28: ”Definizione delle 27 Sull’alternanza scuola-lavoro, si rinvia a: AAVV, L’alternanza scuola-lavoro, Annali dell’Istruzione, n. 5-6/2003 e 1/2004. 28 Sul decreto attuativo del secondo ciclo si rinvia a: Becciu M., Colasanti A.R., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo: Le risposte della riforma per l’adolescente di oggi, in Rassegna Cnos, 32 introduzione norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53”. Intanto va sottolineato che all’articolo 1, comma 3 si afferma: “Nel secondo ciclo del sistema educativo si persegue la formazione intellettuale, spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla collettività nazionale ed alla civiltà europea”. Si tratta di un comma molto importante perché in esso viene proclamata in maniera esplicita l’esigenza di dover sviluppare il senso di appartenenza alla “comunità locale”, oltre che a quella nazionale ed europea, in un’ottica che potremmo definire glocal, ossia fondata sull’interazione tra coscienza locale e globale. Al successivo comma 8 dello stesso articolo si afferma: “Le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione riconoscono inoltre, con specifiche certificazioni di competenza, le esercitazioni pratiche, le esperienze formative, i tirocini di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n.196 e gli stage realizzati in Italia e all’estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi. Ai fini di quanto previsto nel presente comma sono validi anche i crediti formativi acquisiti e le esperienze maturale sul lavoro, nell’ambito del contratto di apprendistato (…)”. In questo comma appare chiara l’esigenza, proclamata nel Memorandum citato, di integrare l’apprendimento formale che si acquisisce nei luoghi formali delle istituzioni scolastiche con quello informale che avviene altrove, come appunto nelle “esperienze maturate sul lavoro”, attraverso una certificazione delle competenze comunque acquisite anche attraverso meccanismi di trasparenza. A conferma delle competenze attribuite alle regioni, va letto il comma 13 dello stesso articolo, in cui si afferma: “Tutti i titoli e le qualifiche a carattere professionalizzante sono di competenza delle Regioni e delle Province autonome e vengono rilasciati esclusivamente dalle istituzioni scolastiche e formative del sistema d’istruzione e formazione professionale. Essi hanno valore nazionale in quanto corrispondenti ai n.2, 2005; Bertagna G., Il significato della riforma del sistema educativo e le scelte culturali ed ordinamentali del Decreto sul secondo ciclo. I problemi di un processo complesso, in Rassegna Cnos, n.2, 2005.; Malizia G., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo tra conservazione e riforma. Un primo commento, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Nanni C., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo: riflessioni pedagogiche, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Nicoli D., Nuovi percorsi di apprendimento nella società cognitiva. Il sistema di istruzione e formazione professionale, in Professionalità, n.78, 2003; Nicoli D., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo: aspetti sociologici della nuova sfida educativa, in Rassegna Cnos, n.2, 2005; Pellerey M., Lo schema di Decreto sul secondo ciclo: spetti didattici, in Rassegna Cnos, n.2, 2005. 33 l’architettura della governance nel nostro paese introduzione l’architettura della governance nel nostro paese livelli essenziali (…)”. Di estremo interesse per le questioni riguardanti la governance, ed in particolare il partenariato inter-istituzionale, è il comma 15 in cui si introduce il concetto di campus o polo formativo: “I percorsi del sistema dei licei e quelli del sistema di istruzione e formazione professionale possono essere realizzati in un’unica sede, anche sulla base di apposite convenzioni tra le istituzioni scolastiche e formative interessate. (…) I percorsi dei licei inoltre, (…) possono raccordarsi con i percorsi di istruzione e formazione professionale costituendo, insieme, un centro polivalente denominato ‘Campus’ o ‘Polo formativo’. Le convenzioni predette prevedono modalità di gestione e coordinamento delle attività che assicurino la rappresentanza delle istituzioni scolastiche e formative interessate, delle associazioni imprenditoriali del settore economico e tecnologico di riferimento e degli enti locali”. L’introduzione del campus ha una valenza teorica e operativa fondamentale, perché rappresenta il luogo ideale e fisico per la realizzazione della governance formativa e un presupposto fondamentale per la realizzazione dei futuri centri polifunzionali dell’apprendimento di cui parlano alcuni documenti europei e che potrebbero essere gli strumenti principali per la realizzazione futura del life long learning. Quanto ai “percorsi di istruzione e formazione professionale”, lo stesso decreto sottolinea il fatto che le regioni hanno il compito di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni nei diversi settori di interesse, che garantiscono la realizzazione dei diritti di cittadinanza di riferimento e la dimensione nazionale del sistema. Mentre invece quella locale è garantita dal rapporto con gli organismi extrascolastici di cui si è parlato. Va, infine, considerato quanto si afferma nell’articolo 27, “Norme transitorie e finali”, al comma 3: “L’attuazione del Capo II e del Capo III avviene nel quadro della programmazione della rete scolastica di cui all’articolo 138, comma 1 lettera b) del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, finalizzata a far corrispondere l’offerta formativa complessiva alle esigenze formative del territorio di ciascuna Regione. L’amministrazione scolastica assicura la propria piena collaborazione, su richiesta della Regione. Al coordinamento dell’attuazione a livello nazionale si provvede attraverso specifiche intese in sede di Conferenza unificata (…)”. Anche questo articolo delinea le linee di un collegamento tra dimensione nazionale (che fornisce l’indirizzo complessivo), da realizzare tramite la Conferenza unificata, dimensione locale garantita dal ruolo delle regioni (la programmazione della rete scolastica), e l’offerta formativa che sappiamo essere prerogativa delle scuole (autonomia delle istituzioni scolastiche e formative). 34 introduzione Tra i casi di integrazione sistemica posti in essere nel nostro paese negli ultimi anni, non si può sottacere l’importante esperienza del canale di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore istituito attraverso la Legge 17 maggio 1999, n. 144, “Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali”, che prevede la realizzazione di percorsi postdiploma secondo logiche di governance; è forse opportuno riportare il comma 2 dell’articolo 69 (Istruzione e formazione tecnica superiore) della citata legge 144: “Le regioni programmano l’istituzione dei corsi dell’IFTS, che sono realizzati con modalità che garantiscono l’integrazione tra sistemi formativi, sulla base di linee guida definite d’intesa tra i Ministri della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale e dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e le parti sociali mediante l’istituzione di un apposito comitato nazionale. Alla progettazione dei corsi dell’IFTS29 concorrono università, scuole medie superiori, enti pubblici di ricerca, centri e agenzie di formazione professionale accreditati ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n.196, e imprese e associazioni, tra loro associati anche in forma consortile.” Sulla base del Documento Tecnico allegato all’Accordo della Conferenza Unificata del 25 novembre 2004 sono stati istituiti i così detti “poli formativi”; data l’importanza dell’innovazione, sembra opportuno riportare il testo dell’accordo che ad essi fa riferimento: “(…) per favorire il collegamento e lo sviluppo della cooperazione in rete in ambito nazionale e comunitario, si conviene che i soggetti attuatori (…) assumano, in questa fase, la denominazione di ‘Poli formativi per l’istruzione e la formazione tecnica superiore’, con l’indicazione del settore di riferimento, attraverso i quali le Regioni, secondo le indicazioni della propria programmazione in ambito di alta formazione, attivano corsi IFTS, con priorità per aree e settori del proprio territorio nelle quali siano individuate particolari esigenze connesse all’innovazione tecnologica e alla ricerca, in collaborazione con Università, imprese, Istituti Superiori, Organismi di formazione e Centri di ricerca”. I poli formativi hanno una forte valenza di governance poiché prevedono la realizzazione di esperienze formative attraverso il coinvolgimento di diversi sistemi e di diversi attori, e già questa è un’esperienza che sta Sui corsi IFTS i rinvia a Isfol, La filiera IFTS: tra sperimentazione e sistema, Roma, 2004; da segnalare AAVV, Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) 1998-2003, Quaderni degli Annali dell’Istruzione, n.103-104, 2003. 29 35 l’architettura della governance nel nostro paese introduzione dando i primi frutti concreti nel senso dell’implementazione di logiche di governance nel sistema30. 6. Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni I prossimi anni saranno caratterizzati dall’esigenza di sviluppare processi di governance in tutto il sistema politico italiano. In particolare la complessa architettura della governance della scuola e della formazione professionale richiederà uno sforzo notevole per realizzare gli ambiziosi obiettivi di integrazione tra sistemi già di per sé assai complessi e caratterizzati da specifiche problematiche. Tutto ciò renderà inevitabile che gli operatori delle differenti istituzioni, e in genere tutti gli stakeholder coinvolti, siano nelle condizioni per poter realizzare modalità di governance dell’intero sistema secondo logiche del tutto nuove rispetto a quelle tradizionali tipiche del government. La governance è uno strumento per raggiungere obiettivi in tutti i settori di attività, e quindi anche a livello specificamente formativo; nello stesso tempo essa stessa può essere considerata un fine per le occasioni che offre di apprendimento inter-organizzativo di cui si è parlato. La governance non è un processo che si improvvisa, ma ha bisogno dell’esistenza di una consapevolezza diffusa dell’esigenza di ricorrere a forme di collaborazione e di dialogo per raggiungere risultati che, con l’approccio tradizionale, non possono essere raggiunti, sia in relazione a settori specifici sia in relazione alla costruzione della cittadinanza attiva ed europea. Questa consapevolezza dovrà riguardare sia il sistema politico in senso stretto sia quello amministrativo sia quello privato, nell’assunto che tutti debbano partecipare alla realizzazione delle nuove politiche. Ma allo stato attuale, in moltissimi casi, gli operatori dei diversi sistemi e i differenti stakeholder sono privi delle competenze necessarie per porre in essere opportune forme di governance, che andranno sicuramente costruite con il tempo attraverso l’esperienza, ma su cui già adesso - attraverso analisi e studi di fattibilità che ne individuino le caratteristiche in relazione ai diversi contesti – sembra opportuno iniziare a fare delle riflessioni, a proporre dei modelli e a Non è questa la sede per richiamare tutti gli altri importanti dispositivi legislativi di un processo di riforma della Pubblica Amministrazione, che introduce elementi di governance nel nostro paese. Oltre a quelli già citati, sembra necessario accennare, oltre alla così detta “programmazione negoziata”, alla legge 7 agosto 1990 n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, che introduce la “conferenza dei servizi”, su cui si sofferma Cassese nel volume citato. 30 36 introduzione ipotizzare dei cammini risolutivi. E’, infatti, fuori discussione che con il tempo occorrerà attrezzarsi in maniera adeguata sia per i partenariati di apprendimento sia per quelli strumentali. Infatti, gli operatori dei sistemi hanno bisogno non solo di motivazioni e atti di assunzioni di responsabilità “politica” per realizzare gli obiettivi prefissati, ma anche e soprattutto di capacità specifiche, un insieme di competenze trasversali mirate alla realizzazione dei complessi e auspicabili processi di governance. Le spinte alla governance non dovranno solo venire dal centro del sistema, ma anche e forse soprattutto dalle realtà decentrate, sia per realizzare obiettivi specifici sia per la gestione quotidiana del sistema. Ad insegnarci quali debbano essere le competenze necessarie per la governance sarà innanzi tutto l’esperienza concreta dei prossimi anni di concreta attuazione delle politiche, anche se sarà probabilmente necessario ricorrere anche all’ausilio di studi di fattibilità finalizzati alla costruzione di modelli da utilizzare per le future implementazioni. Ciò nonostante fin da ora è possibile individuare, sia pure in via di prima approssimazione, alcune competenze che possiamo ritenere saranno necessarie per le future implementazioni, sia alla luce delle pratiche già esistenti sia alla luce di quanto possiamo immaginare sulla base della conoscenza della realtà del mondo della formazione. Ecco le competenze che possiamo già oggi considerare imprescindibili per una buona governance: · competenze politiche: capacità di gestire rapporti con attori differenti, di fare proposte per porre in essere processi di confronto tra realtà diverse, di elaborare alleanze e strategie per convincere i soggetti interessati alla partecipazione e per pervenire a obiettivi comuni condivisi; · competenze organizzative: capacità di porre in essere esperienze reali di partenariato e di integrazione, attraverso la predisposizione di incontri, seminari, conferenze, ma soprattutto delle reti sociali necessarie per la realizzazione di determinate strategie31 di governo comune; · competenze di analisi: capacità di individuazione del capitale sociale presente nei diversi contesti sociali, attraverso l’acquisizione di informazioni e di elaborazione di dati e concetti, anche all’interno di differenti contesti territoriali e sociali di riferimento; Sul concetto di strategia in ambito formativo si rinvia a: Botta P., La definizione della strategia formativa, in Osservatorio Isfol, n.6, 2005. 31 37 Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni introduzione · competenze relazionali: capacità di avere rapporti costruttivi con soggetti appartenenti a sistemi diversi dal proprio; capacità di capire realtà istituzionali e organizzative differenti da quella in cui si vive quotidianamente, sulla base della raccolta di informazioni su di esse e dell’attitudine a saper individuare al loro interno i soggetti collocati in posizione strategica, le personalità coinvolte, i soggetti maggiormente interessati al cambiamento, ecc; capacità di ascolto e di decifrazione di differenti culture (di impresa, scolastiche, formative, del privato-sociale, ecc.); capacità di gestire gruppi di lavoro costituiti da partecipanti disomogenei sul piano socio-culturale, di far interagire soggetti diversi, di farli dialogare, anche attraverso l’utilizzazione di tecniche di gestione di gruppi complessi, ecc. · competenze di networking: capacità di costruire e gestire reti tra soggetti appartenenti a diversi mondi, attraverso la realizzazione di comportamenti cooperativi, anche utilizzando la rete elettronica per la costruzione di politiche di e-governance o di governance telematica32; · competenze per il dialogo: capacità di realizzare il dialogo sociale e civile, ossia di saper gestire non solo relazioni industriali complesse e allargate a diversi soggetti come accade nel caso del dialogo sociale, ma anche i rapporti necessari per porre in essere esperienze di valorizzazione della società nelle sue diverse articolazioni, come ad esempio il terzo settore o le organizzazioni non governative, come accade nel dialogo civile; · competenze di comunicazione: capacità di porre in essere processi comunicativi complessi attraverso l’utilizzazione di strumenti adeguati, come documenti di lavoro, opuscoli, articoli, libri, giornali, televisioni, internet, allo scopo di pervenire alla condivisione di linguaggi; · competenze di integrazione tra culture: capacità di saper enucleare dalle diverse comunità di pratica in gioco i punti di contatto con la propria realtà di appartenenza, ma anche le differenze e gli aspetti culturali e relazionali che è opportuno evidenziare e Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni Le competenze di cui stiamo parlando sono da collocare nell’ambito della famiglia più ampia delle competenze “strategiche”, su cui l’Isfol ha di recente svolto un approfondimento (Isfol, AAVV, Apprendimento di competenze strategiche. L’innovazione dei processi formativi nella società della conoscenza, Angeli, Milano 2004). In particolare si rinvia a: Montedoro C., Competenze strategiche e dimensioni epistemologiche dell’azione formativa (in Isfol, AAVV, Apprendimento di competenze strategiche, op. cit.), soprattutto in relazione a quelle che qui abbiamo definito competenze organizzative, competenze relazionali, competenze, di comunicazione, di networking. 32 38 introduzione mettere in relazione per porre in essere forme di apprendimento inter-organizzativo; · competenze proattive: capacità di stimolare comportamenti coerenti con le decisioni prese nel corso della progettazione integrata e durante il processo gestionale e realizzativo, attraverso forme di empowerment e di corrette attribuzioni di responsabilità; · competenze di progettazione integrata: capacità di costruire progetti assieme ai diversi stakeholder ed agli operatori dei diversi sistemi (insegnanti, dirigenti scolastici, funzionari, ecc.) interessati per la realizzazione di obiettivi comuni, attraverso l’attribuzione di compiti differenziati tra i partecipanti ai processi di governance (partenariati, esperienze di integrazione, costruzione di reti, ecc.); · competenze in campo formativo: capacità di organizzare e gestire workshop mirati alla progettazione integrata in partenariato attraverso procedimenti di facilitazione dell’apprendiemnto inter-organizzativo e del lavoro in gruppo tramite l’utilizzazione di focus group o di metodi specialistici come il così detto GOPP33; · competenze per l’e-learning: capacità di apprendere tramite la rete elettronica come presupposto per porre in essere processi di integrazione inter-sistemica e intra-sistemica, che rendano possibile forme di apprendimento inter-organizzativo attraverso la realizzazione di partenariati e di reti; · competenze legislative: capacità di documentazione legislativa, in relazione alla normativa che regola la governance, come ad esempio quella che caratterizza la così detta “programmazione negoziata” ed in relazione alla costruzione di nuovi dispositivi legislativi per regolare la governance pubblica e privata, ma anche in relazione alle procedure di concertazione e di negoziazione che sono necessarie per la realizzazione dei partenariati; · competenze di governance settoriali: capacità specifiche che caratterizzano i diversi sistemi come scuola, formazione, lavoro, terzo settore, ecc., nella realizzazione di esperienze di partenariato, di integrazione e di networking; · competenze specifiche: capacità specifiche che caratterizzano le diverse figure professionali, come insegnanti, formatori, diri- 33 Sulla metodologia GOPP si rinvia a Bussi F., Progettare in partenariato: guida alla conduzione di gruppi di lavoro con il metodo GOPP, Angeli, Milano 2001. 39 Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni introduzione genti scolastici, funzionari pubblici e privati, operatori culturali, ecc., per far fronte alle esigenze di governance tipiche dei differenti settori di appartenenza34. Le competenze degli operatori del sistema: conclusioni Sono molte le competenze necessarie per la governance, e in particolare anche per la e-governance, che utilizza primieramente la rete elettronica, e quelle appena indicate non rappresentano che una parte di quelle ipotizzabili. Sarà certo anche l’esperienza ad insegnarci quali debbano essere quelle particolarmente utili e necessarie, ma ciò non esclude che occorre fare sin da oggi delle riflessioni su quelle che saranno necessarie per le implementazioni future. E’, quindi, giunto il momento di iniziare a pensare alla necessità di individuare le competenze necessarie per la realizzazione di una buona governance e di una buona e-governance, realizzando indagini e studi finalizzati all’elaborazione di modelli delle competenze che saranno opportunamente utilizzati in futuro in operazioni che sicuramente, oltre a rendere più efficiente il sistema formativo, daranno un contributo all’elevazione dei livelli di democrazia che caratterizzano la nostra società. Per un esame della distinzione tra dialogo sociale e dialogo civile si rinvia al citato libro di Mascia. 34 40 introduzione riferimenti bibliografici Riferimenti bibliografici AAVV, Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) 1998-2003, Quaderni degli Annali dell’Istruzione, n.103-104, 2003. AAVV, L’alternanza scuola-lavoro, Annali dell’Istruzione, n. 5-6/2003 e 1/2004. Alessandrini G., Pedagogia sociale, Carocci, Roma 2003. 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DALLA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE ALLA LEGGE N. 53 DEL 2003 1.1 Premessa La riforma del Titolo V della Costituzione, di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, ha comportato una significativa riorganizzazione dell’ordinamento della Repubblica italiana. E’ stata, infatti, modificata la parte della Costituzione dedicata alla regolamentazione dei rapporti tra Stato e Regioni, Province e Comuni, nonché alla determinazione delle rispettive competenze. Il nuovo dettato costituzionale ha rimodellato il quadro complessivo delle competenze dei diversi soggetti istituzionali, rafforzando i livelli di governo e delineando un nuovo modello di governance; operando una distribuzione di funzioni legislative tra Stato e Regioni ed una nuova attribuzione delle funzioni amministrative e della potestà regolamentare; innovando rispetto al precedente sistema di ripartizione della potestà legislativa e di esercizio delle funzioni amministrative. Il nuovo testo costituzionale, infatti, “determina in via diretta la ripartizione della potestà legislativa, riservando talune materie alla competenza esclusiva dello Stato, individuando le materie di competenza concorrente Stato-Regioni, affermando una competenza generale residua, di tipo pieno o esclusivo, a favore delle Regioni per tutte le materie non ricompresse tra quelle esclusive dello Stato o tra le concorrenti”1. Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre 2003, pag. 30. 1 47 CAPITOLO 1 Premessa istruzione e formazione In particolare, il nuovo art. 117 distingue tra potestà legislativa esclusiva dello Stato e concorrente Stato-Regioni, conferendo alle Regioni, mediante una clausola residuale, una competenza legislativa generale in tutti gli ambiti non espressamente riservati alla potestà legislativa dello Stato. In riferimento, invece, al riparto delle funzioni amministrative, questo viene definito nel nuovo art. 118 Cost. secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, vengano conferite ad altri livelli territoriali (Province, Città metropolitane, Regioni e Stato), “sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 4, c.1). In questa sede, nel quadro di una lettura generale della legge di revisione costituzionale, si analizzano soprattutto quegli articoli che, in quanto correlati alle problematiche connesse alla definizione delle sfere di competenza tra Stato, Regioni ed Enti locali, presentano elementi innovativi sotto il profilo delle competenze legislative nel nuovo assetto dei poteri amministrativi. 1.2 La ripartizione delle funzioni amministrative In primo luogo, nella formulazione del primo comma dell’art. 114, la Repubblica risulta “costituita” da Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, laddove il testo revisionato stabiliva che la Repubblica “si riparte in Regioni, Province e Comuni” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 1, c.2). Cambia così il significato ascritto per tale aspetto alla Repubblica, riconfigurandola come ordinamento generale di cui lo Stato è parte e di cui Regioni ed enti locali sono componenti con pari dignità istituzionale. Nel secondo comma dello stesso articolo, viene infatti riconosciuta ai suddetti soggetti la personalità di “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Alcune conseguenze di questa scelta investono i rapporti fra Stato e Regioni, i soli enti titolari di potestà legislativa. Ci si riferisce al primo comma dell’art. 117 dove si afferma che “ la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Stato e Regioni vengono collocati su un piano di parità. La legislazione statale e quella regionale incontrano gli stessi limiti: la Costituzione e i vincoli comunitari ed internazionali. I successivi commi dell’art. 117 indicano le materie sulle quali lo Stato mantiene 48 CAPITOLO 1 istruzione e formazione competenza esclusiva, le materie rimesse alla legislazione concorrente di Stato e regioni, nonché le materie rimesse alla sfera di potestà legislativa delle regioni. In tal senso, l’articolo 117 attribuisce alcuni ambiti materiali alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in quanto necessariamente espressiva di normazione generale sull’intero territorio nazionale, in riferimento a beni oggetto di protezione costituzionale o comunitaria come la “tutela della concorrenza”, la “perequazione delle risorse finanziarie” (lett. e), la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (lett. m), e le “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (lett. p) (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 3). Il nuovo testo sancisce la fine del criterio del parallelismo tra le funzioni legislative ed amministrative attribuite, rispettivamente, allo Stato e alle Regioni già ampiamente superato, dalla legge delega n. 59 del 1997 e dai conseguenti decreti delegati (in primis il decreto legislativo n. 112 del 1998). Nel nuovo impianto del titolo V, la competenza legislativa regionale incontra garanzie particolarmente intense, anche per effetto della soppressione del controllo governativo preventivo sulle leggi e della scomparsa dell’interesse nazionale come limite di merito, che il vecchio testo dell’articolo 127 assegnava al discrezionale apprezzamento del Parlamento nazionale. Di converso, la riarticolazione territoriale delle funzioni amministrative è improntata ai più flessibili principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, i quali richiedono in ogni caso istanze e congegni di raccordo soprattutto infraregionali2. Il nuovo modello di riparto delle funzioni amministrative viene definito nel nuovo art. 118, dove si legge che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 4, c. 1). In tal senso, la nuova norma costituzionale definisce un percorso di decentramento che sottrae quasi integralmente le funzioni amministrative allo Stato ed alle Regioni riversandole sulle autonomie locali; viene, quindi, messa in risalto la centralità dei comuni e degli enti lo- Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Roma 2002. 2 49 La ripartizione delle funzioni amministrative CAPITOLO 1 La ripartizione delle funzioni amministrative istruzione e formazione cali nell’assunzione e nello svolgimento delle funzioni amministrative. Il criterio base per l’attribuzione delle funzioni amministrative prevede che lo Stato per le materie di propria competenza esclusiva e le Regioni per le materie di competenza esclusiva e concorrente procedano a ridistribuire le funzioni amministrative sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo ai comuni tutte le funzioni amministrative ad eccezione di quelle per le quali occorre assicurare l’unità di esercizio e a fissare modalità e forme di cooperazione con gli enti locali che è questione fondamentale per un corretto rapporto interistituzionale. Il comma secondo dell’art. 118, afferma che “ i comuni (…) sono titolari di funzioni amministrative e di quelle conferite con legge statale o regionale”, secondo le rispettive competenze3. Di seguito nella nuova versione dell’articolo 119 viene espressamente sancita la garanzia dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, come risulta in particolare, al secondo comma dell’articolo citato, attraverso la possibilità di stabilire ed applicare “tributi ed entrate propri”, in armonia con la Costituzione e con i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, e della attribuzione di “compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile ai loro territori” (Legge 18 ottobre 2001, n. 3, art. 5, c. 2). Alla luce di queste prime considerazioni, le recenti norme costituzionali, pongono tuttavia in essere una serie di questioni rilevanti, soprattutto per quanto concerne la definizione degli assetti e delle competenze legislative e amministrative, in seno ai vari soggetti territoriali. Con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, e dun- L’intreccio tra funzioni amministrative attribuite, funzioni conferite e funzioni proprie, in ragione della loro complessità strutturale, è denso e richiede un notevole sforzo di lettura per rintracciare le linee portanti del nuovo disegno. La materia è disciplinata in modo non lineare e rispetto alle tre fattispecie possono essere messi in campo ragionamenti, almeno, ambivalenti. Dalla lettura combinata delle norme in esame si trae il convincimento che non siamo di fronte a tre tipologie di funzioni: fondamentali, proprie e conferite, ma a due perché la linea divisoria tra quelle fondamentali e quelle proprie è assai labile, quasi inesistente. La riduzione a due tipologie delle funzioni amministrative dei comuni si giustifica, tenendo presente che lo Stato una volta esercitato il potere di riserva legislativa attribuisce in senso proprio la funzione amministrativa ai comuni che ne diventano titolari. Ciò avviene non per effetto di una delega che inerisce l’esercizio di una funzione e non la titolarità, ma a seguito di un atto dovuto di legislazione statale. Corre l’obbligo di rilevare il contrasto tra la predetta lettura della norma e la previsione contenuta nell’art.121, quarto comma, secondo cui “il Presidente della Giunta (…) dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica” Il contenuto del comma predetto è stato definito con la legge Costituzionale 22/XI/1999, n.1, pubblicata nella G.U.n.299, del 22 dicembre 1999 (Rubinacci A., Le modifiche Costituzionali e la riforma dei sistema scolastico, in Dossier Tuttoscuola “Speciale Devolution & Scuola”, Roma 2002). 3 50 CAPITOLO 1 istruzione e formazione que con il nuovo testo dell’articolo 117, la potestà legislativa dello Stato è ormai limitata alle materie di cui all’articolo 117, (comma 2), nonché alla determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui all’articolo 117 (comma 3). In sintesi, con l’entrata in vigore del nuovo testo non spetta più allo Stato la competenza legislativa generale. Tuttavia, tale affermazione è in parte corretta dalla constatazione che almeno alcune delle materie dell’articolo 117, (comma 2), come “la determinazione dei livelli essenziali” o la “tutela della concorrenza” o “le funzioni fondamentali degli enti locali”, etc., hanno estensione e contenuti talmente generali ed intersettoriali, da consentire sicuramente allo Stato un’ampiezza di interventi legislativi assai cospicua e di carattere “generale”. Al contrario, il quarto comma dell’art.117, affida la potestà legislativa regionale in tutte le materie di competenza “concorrente” di cui all’articolo 117, (comma 3), non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. In tal senso, si rafforza e conquista una effettiva autonomia, la potestà normativa regionale per effetto della soppressione del controllo governativo sulle leggi regionali, già previsto dall’articolo 127 della Costituzione, e oggi abrogato4. Nelle materie oggetto di normazione comunitaria, le Regioni concorrono direttamente nelle materie di loro competenza, nell’ambito di procedure stabilite da leggi dello Stato, e fermo restando il controllo sostitutivo da parte dello Stato. Sotto questo profilo, leggi statali e regionali diventano fonti del diritto del tutto equiparate, distinte soltanto in termini di competenza e soggette entrambe ai medesimi limiti posti dalla Costituzione, dal diritto europeo e dal diritto internazionale. Appare importante a questo punto, mettere in rilievo come “la nuova disposizione costituzionale dell’art. 117 non sia più rivolta ad individuare e a contenere la competenza regionale, quanto piuttosto a (…) E’ solo la Corte Costituzionale a poter decidere, su ricorso del Governo, e a posteriori, sulla illegittimità costituzionale di una legge regionale; come per converso, essa può decidere sulla illegittimità costituzionale di una legge statale, su ricorso delle regioni. Leggi statali e leggi regionali, anche su questo aspetto vengono parificate come fonti primarie dell’ordinamento. Nelle materie oggetto di normazione comunitaria, l’attuazione “interna” di questa normazione è affidata alle regioni, se riguarda “materie di loro competenza”, nell’ambito di procedure stabilite da leggi dello Stato, e fermo restando il controllo sostitutivo da parte dello Stato. Del resto, per la “via comunitaria” una parte non trascurabile della potestà legislativa statale e regionale (sia esclusiva che concorrente) si traduce in molti casi in atti normativi di esecuzione e attuazione. Anche sotto questo profilo, leggi statali e regionali diventano fonti del diritto del tutto equiparate, distinte soltanto in termini di competenza e soggette entrambe ai medesimi limiti posti dalla Costituzione, dal diritto europeo e dal diritto internazionale (Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Roma 2002). 4 51 La ripartizione delle funzioni amministrative CAPITOLO 1 La ripartizione delle funzioni amministrative istruzione e formazione definire il sistema complessivo dei poteri legislativi della repubblica; sistema governato, per un verso da una definizione degli ambiti materiali dello Stato e delle Regioni, attraverso gli elenchi della competenza esclusiva statale e di quella concorrente Stato-Regioni, nonché dalla clausola residuale a favore della competenza esclusiva regionale e, per altro verso, dalla previsione del solo “limite costituzionale” e di quello derivante dai vincoli comunitari e dagli obblighi internazionali, quali limiti valevoli sia nei confronti dello Stato che delle Regioni”5. Soffermandoci ancora sul tema relativo al nuovo assetto dell’amministrazione, il nuovo testo costituzionale innova profondamente la tradizionale impostazione distinguendo, come abbiamo già accennato, le competenze in materia di amministrazione da quelle in materia di legislazione. Lo Stato è titolare di competenza legislativa piena ed esclusiva nelle materie di cui all’articolo 117, (comma 2); di competenza legislativa concorrente nelle materie di cui all’articolo 117, (comma 3), nonché di altre materie espressamente nominate dalla Costituzione; la regione ha competenza legislativa concorrente ed esclusiva in altre materie, ma ciò non comporta che l’amministrazione nell’ambito di queste materie spetti ai medesimi enti. In questo senso, il riparto delle competenze sia in materia di amministrazione che di legislazione, tra lo Stato, le Regioni e i poteri locali, consolida l’operazione di riallocazione dei compiti e delle funzioni amministrative (e delle connesse funzioni regolamentari di riorganizzazione delle funzioni) effettuata sulla base della legge 59 del 1997 (cosiddetta riforma Bassanini), già impostata, come è noto, in termini di separazione della legislazione dall’amministrazione e di conferimento, in linea di principio, dell’amministrazione alla competenza delle regioni e dei poteri locali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e salva espressa riserva allo Stato (c.d. federalismo amministrativo)6. Il rinnovato testo costituzionale compie un ulteriore e rilevante passo in termini di decentramento e sussidiarietà, privilegiando la dislocazione dell’amministrazione a livello locale. Ciò richiede, per la sua attuazione, il trasferimento di nuove funzioni e compiti amministrativi dal centro alla periferia e il conseguente trasferimento di risorse uma- Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre 2003, pag.30. 6 Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Roma 2002. 5 52 CAPITOLO 1 istruzione e formazione ne, finanziarie e patrimoniali, operazione che tocca in pieno anche gli istituti professionali. In ogni caso, ciò che sembra importante, in particolare, è il problema delle modalità con le quali questo trasferimento debba avvenire7. La questione risulta rilevante anche per quanto concerne la competenza a disciplinare il trasferimento di funzioni e compiti delle relative risorse umane e finanziarie in atto attribuiti alle amministrazioni dello Stato. L’entrata in vigore del novellato Titolo V della Costituzione provoca una situazione nella quale l’Amministrazione statale si trova ad essere titolare di una serie di funzioni (e del personale e delle risorse) che nel nuovo quadro costituzionale spettano alle Regioni o agli enti locali. Attualmente, il vero problema è costituito dall’identificazione dei soggetti destinatari del trasferimento delle funzioni, considerato il testo del nuovo art.118 della Costituzione ed il fatto che l’organizzazione amministrativa delle regioni rientra, in base all’art.117, nella competenza legislativa residuale e dunque esclusiva attribuita alle Regioni stesse. Infatti, il nuovo quadro costituzionale impone di adeguare la propria organizzazione amministrativa (le funzioni, le strutture e il personale) di cui lo Stato si trova ad essere ancora titolare, al nuovo assetto ordinamentale in attuazione della legge costituzionale n.3 del 2001. Come si può notare, quindi, il nuovo riparto dei poteri legislativi delineato nella Legge di riforma del Titolo V della Costituzione pone una serie di questioni ancora aperte. Tra queste ve n’è una, ampiamente dibattuta tra gli addetti ai lavori, relativa alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una norma che appare di strategica importanza per assicurare l’uguaglianza e il necessario contesto unitario, specie per quelle materie di piena competenza regionale ove, i legislatori regionali, hanno margini di disciplina senz’altro maggiori e comunque qualitativamente diversi da quelli determinati per le potestà concorrenti. Da questa prospettiva, visti i principi posti alla base dell’assetto amministrativo dal nuovo impianto costituzionale e il nuovo riparto della potestà legislativa, sono ipotizzabili nuove modalità di relazione tra i diversi livelli di governo Nello specifico, in termini legislativi, occorre tener conto, dei precedenti trasferimenti di funzioni e di risorse finora effettuati, in particolare, quelli relativi ai cinque decreti delegati emanati in attuazione della legge 59 del 1997, i quali, hanno già avviato una discreta parte del trasferimento di risorse e di funzioni, reso necessario dall’attuazione del nuovo testo costituzionale. Nelle altre materie, dovrà essere la regione a decidere circa la dislocazione territoriale delle funzioni nell’ambito della sua competenza legislativa, nel rispetto di alcuni principi costituzionali. 7 53 La ripartizione delle funzioni amministrative CAPITOLO 1 La ripartizione delle funzioni amministrative istruzione e formazione del territorio (Stato, Regioni, Province e Comuni) e nuovi modelli di governance. Peraltro, occorre rilevare che, a livello nazionale, il legislatore ha approvato dei provvedimenti volti a dare concreta attuazione al dettato costituzionale, nonché a promuovere processi di riforma per le politiche formative e del lavoro. In questo contesto, con riferimento alle più recenti novità normative conseguenti all’approvazione della riforma del Titolo V, s’intende fare riferimento alla Legge n. 131 del 5.6.2003 “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3” (cosiddetta Legge La Loggia, dal nome del Ministro proponente). Tale provvedimento si pone la finalità di andare incontro alla duplice esigenza da un lato, di adeguare l’ordinamento della Repubblica alle nuove norme costituzionali immediatamente operative e, dall’altro, di adottare, per la parte di competenza statale, le disposizioni previste o implicate dalla modifica costituzionale per dare concreta attuazione alla riforma (con l’eccezione dell’art. 119 sul federalismo fiscale, oggetto infatti di un Disegno di legge apposito). 1.3 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione Anche il sistema istruzione è stato pienamente coinvolto nelle riforme. Si è, infatti, proceduto a modificarne l’organizzazione nel suo complesso con una nuova distribuzione di competenze nei diversi ambiti di livello di governo e con il riconoscimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche8. La L.59/1997, detta prima legge Bassanini, seguita in materia dal D.lgs.112/98 e dal DPR 275/99, ha indicato tra i compiti dello Stato non trasferibili agli altri livelli di governo locale: - l’istruzione universitaria; - gli ordinamenti scolastici; - i programmi scolastici; - l’organizzazione generale dell’istruzione scolastica; - lo stato giuridico del personale. 8 Su questo punto, è bene ricordare che il trasferimento alle Regioni di competenze legislative, intervenuto con la legge 59/97, si riferisce a materie già previste dall’art. 117 della Costituzione (ad esempio: istruzione professionale e assistenza scolastica). 54 CAPITOLO 1 istruzione e formazione Per la realizzazione della autonomia9 delle istituzioni scolastiche (art.21) la legge ha trasferito alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria le funzioni dell’amministrazione centrale e periferica10 ed ha loro attribuito la personalità giuridica, la autonomia organizzativa, finanziaria e didattica con l’indicazione degli obiettivi e delle metodologie da raggiungere e perseguire. Il d.lgs.112/98 ha provveduto a separare i livelli di competenza attribuendo allo Stato, alle Regioni e agli Enti Locali l’insieme delle funzioni di gestione del servizio e alle istituzioni scolastiche le funzioni di gestione tecnica, quelle cioè che comportano la progettazione della offerta formativa11 e la organizzazione della autonomia didattica12. Art.1 DPR 275/99. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento. 10 Sono i compiti riguardanti: l’amministrazione dei beni e delle risorse, la carriera scolastica, il rapporto con gli alunni, lo stato economico e giuridico del personale.Sono invece esclusi i compiti relativi alla formazione delle graduatorie permanenti, quelli relativi al reclutamento, alla mobilità esterna alle istituzioni scolastiche (articoli 14, 15 DPR 275/99). 11 Art.3 DPR 275/99. “Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il piano dell’offerta formativa.Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche e rende comprensibile la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito dell’autonomia. Il piano dell’offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali e educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi determinati a livello nazionale a norma dell’articolo otto e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità. Il piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche, di fatto, dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il piano è adottato dal consiglio di circolo o d’istituto”. 12 Art.4 DPR 275/99. “Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell’articolo otto concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. Art.5. Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa”. 9 55 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione CAPITOLO 1 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione istruzione e formazione In particolare il decreto prevede per lo Stato: - compiti relativi ai criteri e ai parametri volti all’organizzazione della rete scolastica; - funzioni di valutazione del sistema scolastico; - funzioni concernenti la determinazione e l’assegnazione delle risorse finanziarie13 e del personale incidenti sul bilancio statale. Inoltre rimangono allo Stato: - le funzioni amministrative relative alle scuole militari, ai corsi organizzati con il patrocinio dello Stato nell’ambito delle attività di difesa e di sicurezza pubblica; - i provvedimenti a favore di scuole istituite da soggetti extra comunitari. Alle Regioni competono: - la programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; - la programmazione regionale della rete scolastica; - la suddivisione del territorio regionale al fine di migliorare l’offerta formativa; - la determinazione del calendario scolastico; - i contributi alle scuole non statali. Alle Province viene riconosciuta una generale competenza nel campo dell’istruzione secondaria superiore; sono, infatti, attribuite loro le funzioni relative all’istituzione – aggregazione – fusione -soppressione di scuole, la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche, dei servizi di supporto per alunni in situazioni di svantaggio e dei piani di utilizzazione degli edifici e delle attrezzature, l’attività di vigilanza e di promozione, il trasporto scolastico. Ai Comuni, di intesa con le istituzioni scolastiche e in collaborazione con le Comunità montane e le Province, relativamente ai gradi di scuola inferiori14 sono attribuite le funzioni concernenti l’educazione degli adulti, gli interventi integrati di orientamento scolastico, gli interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute, il trasporto scolastico. Inoltre, in base alla L.23/1996, i Comuni provvedono alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria15 e straordinaria degli Anche se le risorse finanziarie rimangono principalmente di competenza statale viene prevista a favore delle istituzioni scolastiche una integrazione finanziaria a carico delle Regioni e degli Enti Locali. 14 Le scuole di infanzia comunali da scuole private sono ora divenute scuole paritarie. 15 Il trasferimento del personale ATA a carico dello Stato ha chiarito anche la questione dei con13 56 CAPITOLO 1 istruzione e formazione edifici destinati a sede di scuole materne, elementari e medie, mentre le Province provvedono alle sedi d’istituti e scuole d’istruzione secondaria superiore, compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, i conservatori, le accademie, gli istituti superiori per le industrie artistiche, i convitti e le istituzioni educative statali. I Comuni e le Province provvedono anche alle spese varie di ufficio e per l’arredamento e a quelle per le utenze elettriche e telefoniche, per la provvista e gli impianti di acqua, luce e riscaldamento16. In materia di “istruzione e formazione professionale” il decreto legislativo 112/98 ha definito la disciplina come il complesso degli interventi volti al primo inserimento lavorativo, al perfezionamento, alla riqualificazione e all’orientamento professionale e ha trasferito alle Regioni tutti i compiti non mantenuti espressamente dallo Stato17. Il carattere unitario del sistema istruzione è garantito tramite l’integrazione tra le discipline e le attività, e relativo monte ore, definite dal Ministero e le discipline e attività stabilite dalle scuole autonome18; il tratti di pulizia delle sedi scolastiche che sono stati appaltati dal Ministero ad esterni. 16 L’Associazione Nazionale Comuni Italiani e l’Unione Province Italiane lamentano il mancato finanziamento per gli anni 2002 e 2003 della L.23/96 sull’edilizia scolastica e la conseguente impossibilità di mettere a norma, pena sanzioni penali, gli edifici scolastici entro il 2004. Inoltre l’iscrizione anticipata alla scuola materna (voluto dalla riforma Moratti e che comporta maggiori spese per le opere di edilizia scolastica, per la formazione degli insegnanti, per la refezione scolastica, per il trasporto scolastico, per il sostegno ai disabili, per il materiale didattico, ecc.) ha messo in difficoltà i Comuni italiani per le ricadute di carattere organizzativo e finanziario; infatti i necessari costi aggiuntivi sono destinati a incidere sui bilanci aggravando così i già denunciati imbarazzi degli Enti Locali a rispettare il patto di stabilità interno. 17 Vengono trasferiti alle Regioni: la formazione e l’aggiornamento del personale impiegato nelle iniziative di formazione professionale; le funzioni e i compiti che il Ministero della Pubblica Istruzione svolgeva precedentemente nei confronti degli istituti, ora trasferiti sotto la competenza delle Regioni; tutte le attività formative volte al conseguimento di una qualifica o di un diploma di qualifica superiore o di un credito formativo ad esclusione della formazione impartita negli istituti professionali con corsi di studio di durata quinquennale che prevedono il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore. Permangono allo Stato: le funzioni concernenti i rapporti internazionali; le attività strumentali di acquisizione e elaborazione di dati e informazioni; l’individuazione delle qualifiche professionali; la definizione dei requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture che gestiscono la formazione professionale; le funzioni in materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di formazione lavoro; il finanziamento delle attività formative del personale; l’istituzione e il finanziamento delle iniziative di formazione professionale dei lavoratori italiani all’estero; l’analisi dei fabbisogni formativi; la ripartizione e gestione del Fondo per l’occupazione; l’istituzione e l’autorizzazione di attività formative idonee per il conseguimento di un titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitaria o post-universitaria. Lo Stato inoltre viene chiamato a definire e a svolgere: gli obiettivi generali e i criteri e i parametri per la valutazione quantitativa e qualitativa; i programmi multiregionali di formazione professionale; le funzioni nella formazione professionale svolta dalle Forze Armate e dai Corpi dello Stato militarmente organizzati e nella formazione svolta dalle amministrazioni dello Stato a favore dei propri dipendenti. 18 Art.8 DPR 275/99 57 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione CAPITOLO 1 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione istruzione e formazione raccordo con la realtà territoriale è determinato dal ruolo delle Regioni alle quali spetta il compito di programmare a livello regionale l’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professione e la programmazione regionale della rete scolastica. Il sistema istruzione così delineatosi prevede un ruolo ancora preponderante dello Stato; la costituzione di uffici scolastici regionali con compiti e funzioni statali residuali19 ha in parte sminuito il peso che con la L.59/1997 si voleva originariamente attribuire alla autonomia scolastica, alle Regioni e agli Enti Locali. Con la piena attuazione della riforma costituzionale, come anticipato, il sistema è destinato a subire delle importanti modifiche. Vediamone i contenuti più innovativi. Le competenze in materia di istruzione, tradizionalmente attribuite allo Stato, vengono sostanzialmente ridotte alle sole norme generali, mentre il tema “istruzione” entra nel ventaglio delle competenze della legislazione “concorrente” di ogni Regione. In base al nuovo testo costituzionale, la legislazione “concorrente” implica un diritto di iniziativa legislativa della Regione, che non può, tuttavia, invadere la sfera dei “principi fondamentali” (riservati alla potestà dello Stato) e dovrà, in ogni modo, salvaguardare l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche. Le nuove competenze legislative dello Stato e delle Regioni, il superamento del “principio del parallelismo” tra funzioni legislative e amministrative, le equiparazione tra i diversi ambiti territoriali formulata nell’articolo 114 della Costituzione che sottrae Regioni e Enti Locali alla tradizionale subordinazione nei confronti dello Stato, l’attribuzione in via generale delle funzioni amministrative in capo ai Comuni “salvo che per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza” 20,la piena autonomia finanziaria degli Enti Locali, sono solo alcune delle importanti modifiche introdotte con la riforma costituzionale. 19 Attività di supporto alle istituzioni scolastiche autonome; rapporti con le amministrazioni regionali, con gli Enti Locali, con le Università; reclutamento e mobilità del personale scolastico; assegnazione delle risorse finanziarie e del personale alle istituzioni scolastiche. 20 In base al principio di sussidiarietà le funzioni amministrative devono essere attribuite alle autorità territoriali più vicine ai cittadini interessati e affidata a poteri pubblici solo quando soggetti privati (individui e formazioni sociali), che in virtù del principio di sussiadiarietà orizzontale sono i primi destinatari delle funzioni, non ne siano in grado; nella distribuzione delle funzioni si tiene conto delle differenti caratteristiche degli enti (principio di differenziazione) e della loro adeguatezza o meglio idoneità a garantire l’esercizio (principio di adeguatezza). 58 CAPITOLO 1 istruzione e formazione Il nuovo articolo 117 della Costituzione elenca, infatti, una serie di materie da attribuire alla competenza esclusiva dello Stato e alla competenza concorrente o ripartita Stato-Regioni. In materia di “istruzione”21, l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulle norme generali e alle Regioni la legislazione concorrente, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della “istruzione e formazione professionale,” che invece ricade tra le materie di competenza esclusiva della Regione, che ha così la potestà di legiferare senza il limite dei principi generali della materia, stabilito con legge dello Stato o desumibile dall’ordinamento. La riforma costituzionale comporta, confermata l’autonomia scolastica, un ampliamento delle competenze e delle funzioni delle Regioni, delle Province e dei Comuni; contemporaneamente vi è una limitazione dei compiti dello Stato allo scopo di ridurre l’amministrazione centrale ad un ruolo di indirizzo generale. L’istruzione rimane quindi per le norme generali di competenza dello Stato, che è chiamato a dettare le regole basilari dell’autonomia scolastica, dell’ordinamento degli studi, della libertà di insegnamento, dell’istruzione obbligatoria, a fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali, a istituire scuole statali per ogni ordine e grado, come previsto dagli articoli (non modificati dalla riforma) 33 e 34 della Costituzione. Compito dello Stato è, inoltre, quello di determinare con legge i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Prima della riforma tutto ciò che concerneva l’istruzione scolastica era di competenza esclusiva statale; in materia di “istruzione artigiana e professionale” le Regioni erano fornite di una potestà legislativa concorrente, soggetta ai principi fondamentali stabiliti dalle leggi cornice dello Stato, limitata dal divieto di contrasto con l’interesse nazionale e con le altre Regioni. Alle Regioni spetta ora il compito di provvedere all’organizzazione del servizio istruzione sul territorio regionale, nell’ambito delle linee essenziali tracciate dalla normativa statale, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che la riforma provvede a costituzionalizzare, e nei valori delle prestazioni predefiniti con legge statale. Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione inserisce le norme generali sull’istruzione tra le materie per le quali si prevedono, a favore delle Regioni, ulteriori forme e condizioni particolari d’autonomia, da attribuire con legge dello Stato, su iniziativa delle Regioni stesse e sentiti gli Enti Locali. 21 59 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione CAPITOLO 1 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione istruzione e formazione Alla luce di ciò, qualche considerazione di natura problematica, può essere svolta sul nuovo assetto dei poteri legislativi e amministrativi che il nuovo testo costituzionale ridisegna nelle materie dell’istruzione e della formazione professionale. La logica che presiede alla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni porta a differenziare l’ampiezza della rispettiva potestà legislativa a seconda degli oggetti. La materia dell’istruzione e della formazione professionale è esplicitamente riconosciuta alla competenza piena (o esclusiva) della Regione (art.117, comma 3). Per l’istruzione “il ritaglio della materia passa, invece, per la distinzione tra le norme generali sull’istruzione, di competenza esclusiva statale, e l’istruzione, materia invece concorrente. Ancor prima di considerare i pur rilevanti problemi che scaturiscono dalla stessa definizione costituzionale degli ambiti materiali, nonché le possibili varianti che potrebbero essere introdotte nella ripartizione dei poteri legislativi nelle materie concorrenti ed esclusive statali (norme generali sull’istruzione), (…), deve essere rilevato come la considerazione in termini differenziati del riparto di competenze legislative nelle materie considerate ponga almeno un qualche interrogativo di fondo in ordine alla possibilità e, forse ancor più, alle modalità per la realizzazione di politiche legislative che favoriscano appieno l’integrazione tra i diversi interventi. L’integrazione, cioè, non può che essere affidata, almeno per aspetti di ordine generale, al concorso dei due legislatori, competenti a vario titolo nelle materie da coordinare”22. Nella attesa che il processo di adeguamento del nostro ordinamento alla nuova formulazione del Titolo V della Costituzione abbia corso, si può tentare di individuare alcune funzioni amministrative che sembrerebbero destinate a passare dalla competenza dello Stato a quella regionale. Alle Regioni spetterebbero i seguenti ulteriori compiti: - la assegnazione del personale delle istituzioni scolastiche; - le funzioni gestionali relative ai conservatori, le accademie, gli istituti per le industrie artistiche, gli istituti culturali stranieri. Permarrebbero invece di competenza statale: - i criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica; - le funzioni di valutazione del sistema scolastico; - le funzioni concernenti la determinazione e l’assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato. Isfol, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, in Il Sole24Ore-Scuola, ottobre 2003, pag.36. 22 60 CAPITOLO 1 istruzione e formazione Il diritto alla istruzione e alla formazione23 verrà quindi garantito ai cittadini con la partecipazione di tutti i soggetti preposti, Stato, Regioni, Enti Locali, Istituti scolastici, secondo le indicate competenze. La centralità dell’autonomia scolastica e il ruolo dei Comuni finora delineato subisce una limitazione con l’approvazione del Disegno di Legge Costituzionale n.1187 del 13.12.2001, nel quale si introducono ulteriori novità negli assetti costituzionali del Paese. Il testo prevede una competenza legislativa esclusiva delle Regioni in materia di “organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione”. In particolare, nella relazione dei proponenti l’articolato, si menziona la competenza esclusiva delle Regioni nella programmazione in materie di specifico interesse regionale e la funzione dello Stato “nell’assicurare l’omogeneità complessiva degli studi, in maniera da contemperare i saperi Comuni a tutto il territorio con i saperi e le tradizioni locali”. Su quest’ultimo punto, resta da chiarire a chi spetta la competenza o la potestà della quota “locale” del curricolo, visto che il Regolamento dell’autonomia la attribuisce attualmente alle singole scuole. Resta, inoltre, l’incognita della “gestione” del personale della scuola, che secondo alcuni studiosi potrebbe essere attribuita alle Regioni, mentre per altri dovrebbe rimanere una solida prerogativa dello Stato24. 23 Anche in materia di “istruzione e formazione professionale” alcune competenze già distribuite dal D.lg. 112/98 sono destinate a diventare di competenza regionale. Si tratta delle funzioni concernenti in materia i rapporti internazionali con le altre Regioni europee, le attività strumentali di acquisizione e elaborazione di dati e informazioni, la formazione continua e l’analisi del fabbisogno, la formazione professionale svolta dalle forze armate e dalle pubbliche amministrazioni per il personale dipendente, le funzioni in materia di apprendistato, tirocini, formazione continua, contratti di formazione lavoro, obbligo formativo. Permangono invece di competenza statale: i rapporti internazionali dello Stato con l’Unione Europea; l’indirizzo e coordinamento delle informazioni; l’individuazione degli standard delle qualifiche professionali; definizione dei requisiti minimi per l’accreditamento delle strutture che gestiscono la formazione professionale; la gestione del Fondo per l’occupazione; l’istituzione e l’autorizzazione di attività formative idonee per il conseguimento di un titolo di studio o diploma di istruzione secondaria superiore, universitario o postuniversitaria. 24 Disegno di Legge Costituzionale n. 1187 del 13.12.2001: Art. 2 Modifiche all’art. 117 della Costituzione L’art. 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: “La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni: - organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; - definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione; (…) Nei limiti dei principi fissati nella Costituzione, ciascuna Regione può attivare la propria competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie: (…) - organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; - definizione dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione 61 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione CAPITOLO 1 Istruzione e formazione nella riforma del Titolo V della Costituzione istruzione e formazione Il venir meno della generale divisione tra competenze tecniche attribuite agli istituti scolastici e competenze gestionali delle Regioni e degli Enti Locali e la parziale autonomia delle scuole nel definire le discipline e le attività sembra delineare un ridimensionamento della autonomia delle istituzioni scolastiche nella forma prevista dalla L.59/1997. Come si può notare, quindi, il nuovo riparto dei poteri legislativi delineato nella Legge di riforma del Titolo V della Costituzione, con riguardo alle tematiche finora trattate, pone una serie di questioni interpretative ancora aperte. Nell’ambito delle problematiche connesse alle competenze tra Stato e Regioni, sulle tematiche dell’istruzione e della formazione, nel paragrafo successivo tratteremo nello specifico gli elementi caratterizzanti la legge di riforma del sistema scolastico n. 53 del 28 marzo 2003. 1.4 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale“ La legge 53 del 28 marzo 2003 presenta elementi di forte continuità e coerenza con le altre normative precedenti che la anticipano e che ne costituiscono i fondamenti:25 - Legge 24 dicembre 1993, n. 537: Interventi correttivi di finanza pubblica, art.4, comma 1 – Pubblica istruzione. Gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado (…) di cui all’articolo 33 della Costituzione (…) hanno personalità giuridica e sono dotati di autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e sviluppo, nei limiti, con la gradualità e con le procedure previsti dal presente articolo; - Legge delega 59/97: Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa; - D. Lgs. 112/98: Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del La documentazione legislativa e non, riferita al mondo della scuola e della formazione, è acquisibile nei siti dedicati: gazzettaufficiale.it, governo.it, istruzione.it, edscuola.it, tuttoscuola. it, scuolaoggi.it; e dai siti sindacali e delle associazioni di categoria: Cgilscuola.it, Cislscuola.it, Uilscuola.it, Gilda.it, Snals.it, Adi.it, etc.. 25 62 CAPITOLO 1 istruzione e formazione capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59; - il DPR n. 275 dell’8 marzo 1999, che contiene norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche; - l’art. 68 della legge 144/99, che introduce l’obbligo formativo con pari dignità tra istruzione, da un lato, formazione professionale e apprendistato dall’altro; - la legge 10 marzo 2000, n. 62, che riconosce la parità scolastica dal punto di vista giuridico; - Decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234: Regolamento, recante norme in materia di curricoli nell’autonomia delle istituzioni scolastiche; - il nuovo titolo V della Costituzione modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che introduce nuove competenze delle Regioni in materia di sistema educativo; - Decreto Ministeriale 100/02, concernente il Progetto nazionale di sperimentazione riguardante la scuola dell’infanzia e la prima classe della scuola elementare (iscrizioni anticipate e introduzione dell’insegnamento dell’inglese e dell’informatica in 251 scuole selezionate in ambito nazionale); - Legge 131/03, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La legge di riforma del sistema educativo, entrata in vigore, dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il 17 aprile 2003, ha la natura di norma di delega e, in questo senso, ha bisogno di ulteriori interventi normativi per la sua attuazione, oltre alle ordinarie decretazioni amministrative di coordinamento e indirizzo. I citati decreti legislativi di attuazione dovranno essere emanati entro l’aprile del 2005 26. Il comma 2 dell’art. 1 della legge prevede l’iter procedurale da seguire: lo schema di decreto legislativo è adottato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Istruzione, di concerto con il Ministro dell’Economia, con il Ministro della Funzione Pubblica e con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Successivamente, il Consiglio dei Ministri lo sottopone al parere della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie Locali e delle Commissioni scuola di Camera e Senato. Al termine dell’iter procedurale legislativo, i decreti legislativi, approvati definitivamente dal Governo, vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e producono i loro effetti dall’entrata in vigore o da altro termine fissato dalla legge stessa. Tuttavia, i decreti legislativi, da soli, non bastano a dare attuazione operativa alla riforma, avendo infatti bisogno di disposizioni regolamentari, atte a definire in modo più puntuale e operativo le attuazioni di principio e di indirizzo. Ciò è disposto dall’art. 7 della legge 53/2003, che prevede l’emanazione di uno o più regolamenti che definiscano in termini più specifici aspetti attuativi della riforma, come ad esempio: il nucleo essenziale dei piani di studio relativi agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività, agli orari, ai limiti di flessibilità interni nell’organizzazione delle discipline. Dal punto di vista formale, l’iter di approvazione dei regolamenti contempla la partecipazione 26 63 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione Nel settore dell’istruzione, a fronte di una competenza concorrente regionale, che comunque fa salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, è mantenuta una potestà legislativa statale per tre ordini di interventi: norme generali sull’istruzione, livelli essenziali delle prestazioni e principi fondamentali in materia di istruzione. I punti essenziali della legge delega sono così riassunti da Bertagna, uno dei suoi maggiori ispiratori: - “centralità della persona nei processi sia di istruzione scolastica sia di istruzione e formazione professionale; la rivendicazione si giustifica senza dubbio sul piano ideale e filosofico, ma scaturisce anche da una mera constatazione di fatto: solo una persona matura, responsabile, critica nel pensare, nel fare e nell’agire consente, infatti, l’incremento della qualità della convivenza civile e, con questa, l’intensità dello sviluppo economico; il capitale umano, in altri termini, fondamento e condizione prima del capitale sociale e poi di quello economico; - superamento della tradizionale separatezza tra scuola e lavoro, tra studio intellettuale e operatività, tra funzioni cognitive e percettivo-motorie-manuali, tra conoscenze e abilità, tra lezioni, da un lato, e laboratori e tirocini, dall’altro; per dirla col linguaggio ordinamentale della riforma, superamento della tradizionale gerarchizzazione e separazione tra theorìa e tèchne, tra il sistema dell’istruzione liceale (Licei) e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale (Istituti); - rifiuto, allo stesso tempo, della confusione tra theorìa e tèchne, tra Licei e Istituti dell’istruzione e formazione professionale; i due percorsi sono diversi per natura e per scopo: confonderli danneggia gli uni e gli altri e impedisce la reciproca valorizzazione; i Licei mirano ad educare la persona attraverso theorìa, gli Istituti attraverso tèchne; i primi hanno necessariamente bisogno di un successivo perfezionamento universitario e professionale, i secondi danno solo la possibilità di farlo: essendo un percorso graduale e continuo dai 14 ai 21 anni, infatti, autorizzano l’acquisizione di qualifiche professionali, di diplomi professionali e di diplomi professionali superiori; inoltre, con un anno integrativo, consentono anche l’accesso agli esami di degli stessi organi consultivi previsti per l’approvazione dei decreti legislativi. Infine, i regolamenti hanno l’obbligo di acquisire il parere del Consiglio di Stato e al termine, dopo l’approvazione del Regolamento da parte del Consiglio dei Ministri, occorre che esso sia registrato dalla Corte dei Conti. 64 CAPITOLO 1 istruzione e formazione stato liceali e, quindi, il proseguimento in università; non per questo non hanno pari dignità culturale ed educativa con i Licei, visto che ambedue, in modo diverso e peculiare, favoriscono la sistematica e unitaria interconnessione di theorìa e tèchne al servizio dell’educazione di ciascuno; - riscoperta della cultura e delle professioni (alternanza scuolalavoro sia nei Licei sia negli Istituti; coinvolgimento del mondo dell’impresa e delle forze sociali nella determinazione dei percorsi formativi dell’istruzione e formazione professionale); i lavori della società attuale, anche ai livelli più bassi, infatti, incorporano un sapere e un fare specifici ed esigono un essere personale che agisce nel sociale e nel professionale tale che solo un diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per 12 anni, o almeno fino all’ottenimento di una qualifica profondamente rinnovata rispetto alle esistenti, è in grado di enucleare in modo critico e di far maturare in maniera compiuta; proprio per questo, a tutela e garanzia del principio di equità, lo Stato (art.117, punto m della Costituzione) fissa i livelli essenziali di prestazione che l’istruzione e la formazione professionale regionale è tenuta ad assicurare ai cittadini italiani per il godimento del diritto sociale e civile all’istruzione e alla formazione; ciò permette anche di assicurare a tutta la generazione giovanile quell’imparare ad apprendere da cui si inaugura l’educazione per tutto l’arco della vita; - affermazione della priorità dei problemi, dei compiti e dei progetti, piuttosto che degli astratti svolgimenti dei tradizionali programmi, nella costruzione dei piani di studio; il punto di partenza dei piani di studio, da questo punto di vista, non è più l’astratta enciclopedia dei saperi disciplinari, ma la problematicità del reale che occorre illuminare di teorie interpretative ricavate dalle discipline di studio e la naturale propensione dei giovani a confrontarsi con compiti e progetti da risolvere, per loro natura sempre complessi e interdisciplinari”27. 27 Bertagna G., Istruzione e formazione dopo la modifica del Titolo V della Costituzione. Osservazioni al Documento di Astrid, in Nuova Secondaria, n.9, Brescia 2003, pag. 55. 65 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione La legge n. 53/ 2003, propone, dunque, un ordinamento coerente con il nuovo titolo V della Costituzione, sulla base delle seguenti articolazioni 28: - “definizione di un “sistema educativo di istruzione e di formazione” dal carattere fortemente promozionale e basato sulla personalizzazione dei percorsi formativi, avente il fine di “favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione” (art. 1). - riferimento dell’intero percorso a “profili educativi culturali e professionali” ed a “livelli essenziali delle prestazioni” ovvero obiettivi specifici di apprendimento, nonché standard e vincoli. - superamento del concetto di obbligo scolastico e di obbligo formativo e loro assorbimento entro la nozione più valida e moderna di diritto/obbligo formativo fino ai 18 anni. Si assicura infatti a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni ovvero sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. Inoltre, la fruizione dell’offerta di istruzione e formazione costituisce un dovere legislativamente sanzionato. - presenza nel secondo ciclo del percorso dei licei e del percorso degli istituti dell’istruzione e della formazione professionale, quest’ultimo dotato di natura pedagogica, identità curricolare e fisionomia istituzionale, abilitato a rilasciare titoli di studio progressivi corrispondenti a standard concertati in sede nazionale, in grado di offrire un percorso graduale e continuo di pari dignità culturale ed educativa rispetto al percorso liceale. - creazione di un sistema di passaggi tra un percorso e l’altro garantito in ogni momento da strumenti di personalizzazione (tramite Larsa - Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti), per gli studenti che hanno superato il quarto anno dei licei verso il sistema dell’istruzione e della formazione superiore, per chi ha scelto il percorso dell’istruzione e della formazio- Le citazioni sono tratte da: Forma (Associazione Nazionale Enti di Formazione Professionale) a cura di, Dossier per la realizzazione del nuovo percorso dell’istruzione e della formazione professionale, a seguito dell’approvazione della legge 53/2003, maggio 2003, pag.5. 28 66 CAPITOLO 1 istruzione e formazione ne professionale verso l’università attraverso l’anno di riallineamento. - presenza dell’opzione dell’alternanza formativa, a partire dal quindicesimo anno di età, che consente di conseguire qualifiche e diplomi alternando la formazione in aula e l’esperienza in impresa sulla base di un approccio pedagogico ed all’interno degli standard definiti. I momenti in azienda sono vere e proprie occasioni di apprendimento e acquisizione di conoscenze e competenze, progettati e monitorati sulla base di intese ed accordi tra organismo formativo ed azienda, in coerenza col profilo di riferimento. - creazione di un sistema di valutazione complesso: la valutazione degli allievi, con la certificazione delle competenze finali acquisite, è affidata esclusivamente ai docenti delle istituzioni di istruzione e di formazione frequentate. Il Servizio Nazionale per la Qualità del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione predispone verifiche sistematiche sulle conoscenze e sulle abilità linguistiche, scientifico-matematiche e storico-sociali degli allievi richieste dai piani di studio nazionali. La scelta, infine, di operare le verifiche soprattutto all’inizio del ciclo scolastico successivo piuttosto che alla conclusione del precedente, è motivata dal desiderio di attribuire alle verifiche stesse un carattere promozionale, formativo ed ermeneutico piuttosto che sanzionatorio, sommativo e lineare” (Forma, a cura di, 2003, pag.5). Il modello finora delineato porta, dunque, a riconsiderare il tema dell’istruzione e della formazione professionale in un quadro di pluralismo educativo, delle autonomie, dei soggetti, e nello sviluppo dei poteri regolatori dello Stato e delle stesse Regioni, che vede, da un lato, le Regioni titolari di potere legislativo esclusivo sull’istruzione e formazione professionale e, dall’altro, le scuole come vere autonomie funzionali. Da questo punto di vista, alcune materie che rientrano nell’ambito dell’istruzione potrebbero rientrare sicuramente nella competenza legislativa regionale, come l’integrazione tra istruzione e formazione professionale e l’organizzazione territoriale (oggetto addirittura di competenza esclusiva regionale) o la programmazione della rete scolastica e l’offerta di istruzione sul territorio (oggetto di competenza concorrente). Peraltro, “occorre tener presente che, stante l’impianto di fondo del nuovo testo costituzionale, l’eventuale riconduzione alla competenza piena regionale dell’istruzione, che verrebbe ad affiancare la potestà esclusiva regionale nella formazione professionale, sarebbe rimessa all’iniziativa di ciascuna Regione. Il che può far prevedere 67 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione una possibile differenziazione delle competenze legislative rispetto ai diversi sistemi regionali, rendendo forse ancor più problematico il raccordo tra modelli di integrazione delle politiche legislative di tipo verticale-orizzontale (Stato-Regioni) o, invece, di quelle prevalentemente di tipo orizzontale (tra le Regioni stesse)”29. L’elemento peculiare della riforma è dato dalla centralità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative nella predisposizione di un’offerta educativa personalizzata con il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti i soggetti istituzionali e privati interessati, chiamati ad interpretare la domanda dei giovani, delle loro famiglie e del sistema sociale e produttivo e a trasformarla in un’offerta pubblica di istruzione e formazione. La personalizzazione dei percorsi segna, da un lato, l’identità pedagogica dell’istituzione scolastica o formativa e, dall’altro, definisce un’identità più ampia che comprende la libertà di scelta delle famiglie 30. La legge prevede, infatti, che: “ferma restando la competenza regionale in materia di formazione e istruzione professionale, i percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione ” (Legge 28 marzo 2003, n. 53, art. 2, lettera h). In questo senso, la prospettiva è quella di conciliare l’autonomia delle istituzioni scolastiche con il nuovo quadro costituzionale dei poteri in tema di istruzione e formazione professionale per garantire la validità nazionale dei titoli e delle qualifiche professionali. La valenza della legge 53/2003, specie in riferimento al ciclo secondario, risulta nella logica dei riformatori, innovativa, in quanto supera la tradizionale distinzione, presente nell’originario linguaggio della Costituzione, tra “scuola”, da un lato, e “istruzione artigiana e professionale” dall’altro, una forma di classificazione che rifletteva una impostazione culturale elitaria e discriminante dal punto di vista culturale 29 Isfol, Tagliaferro C., a cura di, 2003, Formazione, Istruzione e Lavoro, Riflessioni sulla riforma del Titolo V, parte II della Costituzione, Franco Angeli, Milano 2003, pag. 113. 30 La legge (art. 2, comma 1, lettera l), confermando il rispetto delle prerogative delle istituzioni scolastiche autonome, dispone che i piani di studio personalizzati debbano contenere un nucleo fondamentale omogeneo su base nazionale, in ciò confermando il carattere unitario del sistema anche per quanto riguarda i contenuti dell’insegnamento. La legge precisa altresì che tale nucleo fondamentale deve rispecchiare la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale. 68 CAPITOLO 1 istruzione e formazione e sociale, proponendo di contro una nuova classificazione dell’offerta definita da due entità31: - da un lato la “istruzione” che corrisponde all’istruzione inferiore ed alla componente non professionalizzante dell’istruzione superiore; - dall’altro la “istruzione e formazione professionale” (istituti tecnici, istituti professionali, ma pure i centri di formazione professionale regionale). Si tratta di un cambiamento profondo che consente di delineare un ambito di intervento regionale a carattere esclusivo, che comprende le attività relative al diritto-dovere di istruzione e formazione (per 12 anni di studi) comprendendo pure la formazione superiore. Tale disegno è completato dalla legge 53/03 attraverso la definizione di un “sistema educativo di istruzione e di formazione” dal carattere fortemente promozionale e basato sulla personalizzazione dei percorsi formativi, avente il fine di “favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione” (art. 1). La nuova norma ridisegna il sistema della formazione e dell’istruzione, inserendo l’offerta formativa regionale nell’ambito del nuovo sistema di istruzione e formazione. In questa direzione, la formazione professionale diventa, ora, un percorso autonomo che si sviluppa dai 14 anni in poi e che fornisce titoli, oltre che spendibili nel mercato del lavoro, utili a proseguire nei gradi più alti di istruzione e formazione. Infatti dopo la scuola media, accanto al sistema dei licei, viene introdotto il sistema dell’istruzione e formazione professionale, di competenza delle Regioni. I percorsi iniziali del sistema dell’istruzione e della formazione professionale hanno durata triennale e conducono al conseguimento di una qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondente almeno al secondo livello europeo. Tali percorsi formativi contengono, con equivalente valenza formativa, discipline ed attività attinenti sia alla formazione relativa alla cultura generale sia alle aree professionali specifiche. 31 Astrid, “Progetto buon senso”: oltre i problemi di identità, Roma 2002. 69 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione Il fatto che i percorsi a carattere professionalizzante siano di competenza esclusiva delle Regioni e delle Province autonome si spiega a partire dalla caratterizzazione territoriale del mercato del lavoro e quindi dall’individuazione della Regione come soggetto in grado di programmare l’offerta formativa professionalizzante in modo più puntuale e coerente con le caratteristiche locali. Naturalmente, questa programmazione dovrà essere coerente con il profilo in uscita delineato da documenti nazionali di indirizzo che indichino quali esiti educativi ci si aspetta di ottenere al termine del ciclo di riferimento, e che, relativamente alla formazione secondaria, forniscano misure capaci di garantire: - la coerenza interna e la confrontabilità dei titoli e delle qualifiche professionali di differente livello; - la spendibilità su tutto il territorio nazionale dei titoli professionali conseguiti; - passaggi tra i percorsi della formazione e tra questi e i percorsi della scuola. Dopo la qualifica è possibile proseguire nel percorso, conseguendo titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale (se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale), che permettono di accedere all’istruzione e formazione tecnica superiore; in particolare, titoli e qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale di durata almeno quadriennale consentono di sostenere l’esame di Stato, utile anche ai fini dell’accesso all’università e all’alta formazione artistica e musicale. Si tratta, in altre parole, di realizzare quello che la legge prospetta in termini di sviluppo verticale del sistema dell’istruzione e formazione professionale con la naturale prosecuzione nella formazione tecnica superiore e anche verso l’università. Va letto in questa direzione quanto previsto dopo il quarto anno dei Licei: “l’ammissione al quinto anno dà accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore”. Il riferimento è la nuova concezione del diritto dovere in cui si amplia il concetto di obbligo formativo32. Si tratta di puntare ai dodici anni di istruzione per Nell’immediato, la legge di riforma ha disposto l’abrogazione della legge n. 9/99 (obbligo scolastico e formativo). In tal senso, per l’anno scolastico 2003-2004 il Miur e il Ministero del Lavoro, hanno stipulato con le Regioni e le Autonomie locali un accordo per dare vita in via sperimentale a progetti di anticipazione del diritto-dovere nel sistema di istruzione e formazione professionale per garantire la continuità dei processi fin qui attivati per l’attuazione dell’obbligo scolastico e dell’obbligo formativo. Questi progetti regionali, conseguenti a tale accordo, hanno durata almeno triennale, si concludono con qualifica e si avvarranno del riferimento a standard formativi congiuntamente definiti (nella sede nazionale della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città e 32 70 CAPITOLO 1 istruzione e formazione tutti con l’obiettivo di consentire ai giovani di inserirsi nel mondo del lavoro con un titolo di studio professionale33. L’idea insita nella riforma è quella di realizzare, cioè, un sistema unitario capace di garantire un’offerta diversificata. La volontà di dare unitarietà al sistema è testimoniata dalla possibilità di cambiare indirizzo non solo tra i differenti licei, ma anche tra questi ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, mediante apposite iniziative didattiche, finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta. Inoltre, la frequenza positiva dei diversi segmenti del sistema (nonché la realizzazione di esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage realizzati in Italia o all’estero) comporta l’acquisizio- Autonomie locali) e di spendibilità completa in ambito nazionale. L’attuazione operativa dei percorsi triennali è stata avviata con la sottoscrizione di un Accordo tra MLPS, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e Regioni (19 giugno 2003), cui ha fatto seguito la stipula tra gli stessi Ministeri e le singole Regioni di una serie di protocolli di intesa specifici (la riforma recepisce, infatti, il nuovo contesto istituzionale definito dalla legge costituzionale 3/2001). Oltre all’attivazione dei nuovi percorsi sperimentali, tali protocolli prevedono l’attivazione delle seguenti forme di intervento: - programmazione congiunta di progetti in alternanza scuola-lavoro finalizzati ad un’offerta personalizzata; - individuazione di modalità di accompagnamento, monitoraggio e valutazione della sperimentazione. In questo quadro di riflessioni va fatto riferimento anche alle sperimentazioni in atto, specie al modello prevalente definito tramite il Protocollo di intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca oltre che al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che prevede quattro punti qualificanti: - il riferimento particolare ai giovani che non hanno ancora assolto all’obbligo scolastico e che hanno manifestato un orientamento verso percorsi professionalizzanti, attraverso intese, interazioni e collaborazioni tra le istituzioni scolastiche interessate e i centri di formazione professionale riconosciuti; - l’opzione per un sistema di istruzione e formazione con carattere di organicità e continuità, che prevede quindi percorsi triennali di qualifica e successivamente ulteriori percorsi, collocati in un organico processo di sviluppo nella formazione professionale superiore; - la scelta, in conformità alla normativa vigente, dello strumento dei crediti formativi come modalità di riconoscimento dell’assolvibilità dell’obbligo di istruzione nei percorsi di formazione professionale, assicurando l’acquisizione di crediti corrispondenti a quelli previsti per l’assolvimento dell’obbligo scolastico (non più rilevante giuridicamente dopo l’abrogazione della legge 9/99); - la definizione di un metodo sperimentale che veda coinvolti i soggetti sottoscrittori in un impegno di verifica e monitoraggio dell’ipotesi di fondo, al fine di giungere a proposte utili per il passaggio al nuovo disegno di sistema educativo di istruzione e formazione previsto dalla riforma 53/2003. 33 Il sistema formativo italiano presenta, da questo punto di vista, delle performance poco efficaci in termini istituzionali, soprattutto se comparate con quello dei Paesi con cui ci confrontiamo sul piano sociale ed economico, ed in particolare relativamente al problema dell’ “insuccesso formativo” che porta ad avere oltre il 30% dei giovani diciannovenni senza alcun titolo né qualifica professionale, mentre circa il 55% degli adulti svolge attività lavorative lontane dal percorso di studio completato. 71 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione ne di crediti certificati spendibili anche ai fini del passaggi tra i diversi percorsi. La personalizzazione dei piani di studio dovrà consentire di accompagnare i giovani a correggere scelte sbagliate e a sviluppare un percorso di orientamento “verticale” che aiuti lo studente a conseguire obiettivi formativi (titoli di studio) coerenti con le proprie aspettative, capacità ed attitudini. Ciascuna istituzione, scolastica e formativa, deve essere in grado di prospettare ai ragazzi percorsi di varia durata, dai tre ai sette anni, che portano a qualifiche professionali e diplomi, validi su tutto il territorio nazionale e in ambito europeo. Il successo formativo si potrà concretizzare attraverso la diversificazione dell’offerta, garantita anche dal pluralismo istituzionale, e con lo sviluppo del rapporto scuola/lavoro. L’alternanza scuola/lavoro, in questo senso, rappresenta uno strumento efficace per consentire ai ragazzi di misurarsi con modalità nuove di apprendimento34. La rivisitazione del rapporto scuola/lavoro nella nuova riforma ha portato, inoltre, una ulteriore riflessione comune tra il Miur e il Ministero del Lavoro, che si è concretizzata nella ridefinizione degli obiettivi dell’apprendistato previsti nel decreto legislativo di attuazione della legge 30/03 sul mercato del lavoro (la legge Biagi). Una sinergia che ha portato a distinguere nettamente (la legge 53 è chiara in questo senso) tra l’alternanza come metodologia di apprendimento, sotto la responsabilità della scuola o dell’agenzia formativa, e l’apprendistato che è un contratto di lavoro. La disciplina del contratto di apprendistato viene sostanzialmente riscritta attraverso una diversificazione del contratto stesso in ragione degli obiettivi e delle modalità formative, della sua durata e dei potenziali destinatari; si avranno, pertanto, tre distinti contratti di apprendistato: a) “professionalizzante”; b) “per l’espletamento del diritto/dove- A questo va aggiunto che dal compimento del quindicesimo anno di età i diplomi e le qualifiche si possono conseguire attraverso l’apprendistato o in alternanza scuola-lavoro. Quest’ultimo aspetto merita una sottolineatura: l’art.4 assicura agli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età la possibilità di realizzare i corsi del secondo ciclo in alternanza, come modalità di realizzazione del percorso formativo, progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica e formativa in collaborazione con le imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza e con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Lo strumento dell’alternanza è dunque finalizzato ad offrire ai giovani, attraverso periodi nei quali essi sperimentano sul campo le loro capacità e competenze all’interno di situazioni lavorative reali, concrete possibilità di sviluppare competenze di base, tecniche e trasversali funzionali al percorso formativo in atto ed allo stesso tempo spendibili nel mercato del lavoro. Viene in tal modo rafforzato il legame tra sistema di istruzione, formazione professionale e mondo del lavoro, attraverso la creazione di modalità finalizzate a completare la professionalità del soggetto in formazione con lo sviluppo di competenze di base ed applicative. 34 72 CAPITOLO 1 istruzione e formazione re di istruzione e formazione” e c) “per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione”. Si può cogliere positivamente la previsione di un “apprendistato formativo”, per i giovani che non abbiano compiuto i diciotto anni, finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale per l’espletamento del diritto dovere. Si ampliano ancora le prospettive e le opportunità dei giovani e tutte sono finalizzate al successo formativo e all’innalzamento dei livelli di formazione35. Il panorama che abbiamo di fronte, dunque, è connotato da una complessa fase di transizione. In termini istituzionali, si avverte la necessità di individuare con certezza e completezza le materie di competenza regionale, definire il rapporto tra competenza legislativa e riserve di legge contenute in altri articoli della Costituzione. In proposito riveste sicuramente interesse, inserendosi nel dibattito in corso a livello nazionale in sede di seminari, incontri e studi vari, la questione relativa all’individuazione della competenza regionale concorrente in materia di istruzione e formazione professionale (in particolare per quanto riguarda il futuro dell’istruzione tecnica e professionale alla luce di quanto definito dalla legge di riforma n. 53 del 2003). Una diatriba istituzionale che a parere di Bertagna, probabilmente proseguirà an- Riguardo alle fasi attuative degli aspetti fin qui esaminati e riferiti sia alla legge 53/03 sia alla legge 30/03 (legge Biagi) appare opportuno rilevare la stipula dell’Accordo quadro, unanimemente condiviso, tra Stato, Regioni e Autonomie locali sancito il giorno 19 di giugno scorso in Conferenza Unificata. Si tratta di un primo passo di un rapporto istituzionale che ha visto un proficuo lavoro comune tra il MIUR, il Ministero del lavoro e il Coordinamento delle regioni. L’accordo rappresenta una cornice nazionale per l’attuazione, a partire da questo anno scolastico, di una sperimentazione del sistema di istruzione e formazione professionale, che risolve, nel contempo, il problema del vuoto legislativo determinato dall’abrogazione della legge 9/99 che innalzava l’obbligo scolastico fino a quindici anni. Infatti, in attesa dell’emanazione dei decreti delegati previsti per l’attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione, l’intento è quello di dare una risposta alle famiglie e ai ragazzi quattordicenni, prima soggetti all’obbligo scolastico (giovani, che, non trovando opportunità formative coerenti con le loro aspettative, preferiscono abbandonare la scuola). All’Accordo sono seguite intese bilaterali siglate con ogni regione finalizzate alla definizione delle modalità attuative dell’Accordo quadro in ciascuna regione. Dall’anno scolastico 2003-04 i ragazzi in possesso della licenza media possono iscriversi direttamente a percorsi sperimentali, di durata almeno triennale, di formazione professionale. In particolare è prevista la possibilità di realizzare percorsi di formazione professionale di durata almeno triennale, basati su modelli di innovazione metodologica, didattica e organizzativa che coinvolgono sia le istituzioni scolastiche sia le agenzie formative. Certo, il quadro di riferimento tra le varie regioni si presenta innegabilmente differenziato. Quadro determinato sia da scelte operate negli anni scorsi da ciascuna regione sul proprio sistema di formazione professionale sia dall’utilizzo dei fondi comunitari che ha, nella maggior parte delle situazioni, favorito il disimpegno delle regioni sulla formazione di base, sia da scelte politiche operate da alcune regioni. (Sugamiele D., “L’assetto istituzionale e i percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale”, relazione al convegno: Il sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma. Seminario Europa, Maratea 11-13 settembre 2003. Atti reperibili sul sito internet: www. ciofs-fp.org.) 35 73 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 istruzione e formazione cora a lungo: “Lo dimostra, ad esempio, la legge Bastico dell’Emilia Romagna che, nonostante il Titolo V, continua a parlare senza imbarazzi di ‘formazione professionale’ come si è fatto negli ultimi decenni; oppure le proposte Confindustria che addirittura pretendono di nobilitare l’’istruzione tecnica’ perché opinano di farla transitare tra gli indirizzi ‘aristocratici’ del Liceo tecnologico, confermando così due anacronismi, il primo quello di continuare a parlare di ‘istruzione tecnica’, e non come vorrebbe la Costituzione e l’evoluzione scientifico-pedagogica, di ‘istruzione e formazione professionale’ e il secondo di confermare, contro l’articolo 2, comma 1, punto g della legge Moratti, l’esistenza di una insuperabile gerarchizzazione tra sistema dei licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale. Il problema, però, non è tanto negare l’esistenza di queste tendenze inerziali conservatrici e regressive, impegnate a svuotare l’innovazione che scaturisce dal combinato disposto del Titolo V e della riforma Moratti, quanto di compiere uno sforzo collettivo della cultura e della scuola per combatterle e superarle”36. Da questo punto di vista, la recente riforma del sistema scolastico pone diverse e complesse questioni interpretative e di revisione del quadro normativo che investono le materie dell’istruzione e della formazione professionale, soprattutto per quanto concerne le competenze delle Regioni. Allo stesso tempo il processo innescato dalla riforma del Titolo V ha fatto sì che anche i legislatori regionali iniziassero a dare effettività alla competenza legislativa loro attribuita dall’art. 117 della Costituzione attualmente vigente, tramite l’emanazione di provvedimenti normativi di riordino o riforma del sistema formativo. Alcune interpretazioni ritengono che la legge delega sui nuovi ordinamenti dell’istruzione e della formazione, in termini di competenze amministrative e gestionali, potrebbe configurarsi come anticostituzionale37. Proprio su questa materia, la Regione Emilia Romagna ha pubblicamente dichiarato la volontà della Regione di ri-attribuire alle scuole, con una legge apposita, la gestione della quota locale del curricolo38. 36 Bertagna G., Istruzione e formazione dopo la modifica del Titolo V della Costituzione. Osservazioni al Documento di Astrid, in Nuova Secondaria, n.9, Brescia 2003, pag. 57. 37 Rubinacci A., Riforma Moratti: quando prevale la logica dei numeri, in Tuttoscuola, “Speciale Devolution & Scuola”, Roma 2003. 38 Regione Emilia Romagna, Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro, Delibera legislativa n.107/2003, Bologna. 74 CAPITOLO 1 istruzione e formazione Inoltre, la Regione Emilia Romagna ha presentato ricorso alla Corte costituzionale rispetto alle iniziative del Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie; nello specifico, la Regione ha sollevato, in riferimento agli articoli 117 e 118, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell’art.22 della legge 448 del 2001, i quali dettano disposizione in materia di organizzazione scolastica concernenti la definizione delle dotazioni organiche del personale docente e l’orario di lavoro. Di recente la Corte Costituzionale (con sentenza n. 13 del 2004), ha accolto la questione della legittimità sollevata dalla regione Emilia Romagna, ribadendo che la definizione degli organici dei docenti e degli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola è di competenza delle Regioni39. 1.5 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali Il disegno complessivo che emerge dal quadro delle riforme in corso, evidenzia un salto di qualità rispetto alla realtà esistente, che segnala l’avvio di un processo riformatore vasto e impegnativo, connotato anche da diverse questioni aperte (ad esempio, la questione delle risorse, del personale docente, dei conflitti di competenza tra Stato e Regioni), come si evince da alcune significative prese di posizioni. La Confindustria40 ad esempio, in un suo documento esprime un giudizio sostanzialmente positivo sulla riforma ma, nello stesso tempo, evidenzia alcuni passaggi critici che coinvolgono direttamente il futuro dell’istruzione tecnica e professionale. In particolare, risulta positivo l’obbligo di istruzione e formazione per tutti gli studenti fino a 18 anni, la valorizzazione del canale professionale, la nascita del sistema di alternanza scuola - lavoro che prevede che l’azienda si strutturi come ambito formativo, l’istituzionalizzazione della formazione professionale superiore, la nascita di un “Liceo economico” e di un “Liceo tecnologico” che colma una grave lacuna dei nostri ordinamenti; la nascita di un sistema di valutazione che, accanto agli apprendimenti degli studenti, possa misurare anche la qualità dell’offerta formativa delle La sentenza della Corte Costituzionale definisce che le direzioni scolastiche regionali del Miur non hanno alcuna competenza sugli organici. Ruolo che spetta, invece, ai Governatori. La sentenza, tuttavia, non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di leggi regionali conformi alla nuova competenza”. 40 Confindustria, Documento sulla Delega per la Riforma della Scuola, Audizione al Senato della Repubblica, Commissione Cultura, Roma maggio 2002. 39 75 La legge delega n. 53 del 28.3.2003 CAPITOLO 1 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali. istruzione e formazione singole istituzioni scolastiche e formative. La vera riforma della scuola, si legge nel documento, è il pieno compimento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche fino a consentire loro il reclutamento degli insegnanti e, in secondo luogo, la qualità41 che costituisce il vero must di ogni riforma. La qualità non è perseguibile senza una profonda riforma dei meccanismi di gestione del personale e senza il definitivo abbandono delle perverse pratiche di immissione in ruolo degli insegnanti precari senza selezione. A fronte di questi aspetti positivi e delle relative questioni risolte, sempre a giudizio della Confindustria, restano da sciogliere numerosi nodi. In particolare, la legge delega dovrà avere cura: - che nel primo biennio (14-16 anni) venga assicurata a tutti gli studenti (sia nel sistema dei Licei che nella formazione professionale iniziale) l’acquisizione di quei saperi essenziali (capacità linguistiche, logico – matematiche, ecc. ) che ogni azienda ritiene essenziali per l’accesso alla professionalità; - sia salvaguardata l’identità culturale e la vocazione professionalizzante degli istituti tecnici42; - sia dettagliatamente definito il ruolo delle Regioni a cui il Titolo V della Costituzione nella nuova formulazione della legge costituzionale 18.10.2001 attribuisce una responsabilità decisiva non solo nel campo della formazione, ma anche in quello dell’istruzione; La recente indagine PISA svolta dall’Ocse ha mostrato i deficit dei nostri studenti quindicenni che sono risultati diciannovesimi nelle competenze linguistiche, ventiduesimi nelle competenze scientifiche e ventiseiesimi in quelle matematiche.Risulta urgente definire precisi obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione dei nostri studenti, come ha fatto il nuovo Ministro dell’istruzione della Gran Bretagna Estelle Morris (“Education and skills: a strategy to 2006”) e come ha fatto il Presidente Bush che l’8 gennaio 2002, a meno di un anno dal suo insediamento, ha varato con l’accordo dell’opposizione democratica, la prima riforma complessiva dell’istruzione dal 1965, l’Education Act “No Child left behind”, un insieme di misure tese al miglioramento della qualità dell’istruzione. (Confindustria, Documento sulla Delega per la Riforma della Scuola, Audizione al Senato della Repubblica, Commissione Cultura, Roma, maggio 2002). 42 Gli Istituti tecnici e i professionali, secondo Confindustria, hanno sempre costituito per le imprese un bacino di reperimento di risorse umane qualificate. Negli ultimi quindici anni, si è avviato un processo di “deprofessionalizzazione” degli istituti tecnici attuato mediante la sperimentazione del nuovo biennio. Tale sperimentazione, aumentando a dismisura il numero delle discipline e riducendo allo stesso tempo l’orario delle discipline professionalizzanti e del laboratorio ha condotto ad un sostanziale annacquamento di tali ordini di scuola che costituiscono circa la metà dell’offerta formativa italiana e che hanno subito una consistente contrazione di iscritti. La recente indagine svolta da Confindustria nel sistema associativo ha posto in luce l’insoddisfazione delle imprese per la sempre più scarsa competenza professionale posseduta dai giovani che escono dagli istituti tecnici. Oggi occorre realizzare un processo inverso a quello attualmente in corso: occorre riprofessionalizzare l’istruzione tecnica, potenziarne i collegamenti con le imprese, 41 76 CAPITOLO 1 istruzione e formazione - sia dato adeguato peso al ruolo dell’orientamento, anche mediante la valorizzazione di intese a livello provinciale per la realizzazione di una strategia orientativa che consenta alla scuola di avvalersi della collaborazione del mondo dell’impresa, dell’università e delle agenzie di orientamento nei tre ambiti dell’informazione orientativa, della didattica orientativa e del counseling. Su questi temi specifici, come accennato all’inizio, è in corso un dibattito interessante, volto a sostenere il confronto fra i diversi soggetti istituzionali o sociali, a diverso titolo coinvolti nei processi di riforma, al fine di presentare nell’ambito delle rispettive competenze, i punti di vista sulle prospettive che si possono delineare al riguardo. In questo quadro non può essere ignorato il punto di vista dei soggetti sindacali legati al mondo della scuola.43 Dalle loro numerose prese di posizione al riguardo emerge come la riforma costituzionale e quella scolastica pongano sul tappeto oltre a questioni interpretative legate alla costruzione, secondo le intenzioni dei riformatori, del sistema unitario dell’istruzione e della formazione professionale, anche problemi di carattere sostanziale, circa il futuro dell’istruzione tecnica e professionale, con particolare riguardo ai profili professionali e allo stato giuridico dei docenti. valorizzare le attività di laboratorio e l’apprendimento esperienziale. Ciò è possibile attraverso un consistente snellimento del numero di discipline e dell’orario di insegnamento che in molti casi ha raggiunto le 40 ore settimanali, potenziando modalità di apprendimento basate sul saper fare e su un modo di insegnare e di apprendere che metta in relazione il contenuto delle discipline con le situazioni del mondo reale e motivi gli studenti a collegare le conoscenze e le loro applicazioni. Infine, mediante la valorizzazione dell’autonomia scolastica, occorre rafforzare il raccordo con le imprese e la specificità degli istituti tecnici e del loro patrimonio di risorse umane e di capacità professionali, evitandone sia una meccanica assimilazione ai licei tecnologici che una altrettanto meccanica assimilazione agli istituti professionali. E’ opportuno coinvolgere i rappresentanti delle imprese, e in particolare le singole categorie industriali nelle decisioni relative alle modalità con cui allocare nel nuovo contesto i diversi indirizzi dell’attuale istruzione tecnica. Per quanto riguarda gli istituti professionali di stato occorre evitare una meccanica assimilazione ai corsi regionali, salvaguardando sia la specificità dell’offerta formativa regionale che di norma non supera i corsi di durata biennale che le caratteristiche peculiari, sia sul piano curriculare che su quello organizzativo degli istituti professionali. Il passaggio alle Regioni dovrebbe avvenire in un quadro complessivo che, valorizzando il ruolo delle realtà territoriali mantenga fermo il principio del carattere nazionale degli ordinamenti scolastici. E’ importante che la riforma della scuola garantisca l’articolazione dell’offerta formativa professionalizzante e la pluralità dei percorsi e dei soggetti che ne sono protagonisti. 43 Una più ampia trattazione delle questioni, in questa sede appena accennate, sono riportate nel capitolo relativo alla lettura delle interviste somministrate ai diversi soggetti afferenti al mondo della scuola e della formazione, coinvolti nei vari processi di riforma in corso. 77 Alcune questioni aperte secondo le forze sociali. CAPITOLO 1 istruzione e formazione 1.6 Conclusioni Il futuro sistema dell’istruzione e formazione professionale presenta, dunque, da questo punto di vista, un quadro totalmente inconsueto rispetto all’esistente, tanto da rendere inservibili espressioni come “formazione professionale”, “istruzione professionale” o “istruzione tecnica” che non indicano più oggetti giuridici ed organizzativi ben delineati a fronte, soprattutto, di un quadro normativo radicalmente ridisegnato dal combinato della nuova Costituzione e dalla legge 53/2003. A conclusione del presente capitolo, ci sembra opportuno delineare quelli che sono i principali elementi di discussione rilevati nel corso della trattazione, con riguardo, agli importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento conseguenti alle scelte legislative (rapporti tra Stato e Regioni) e alle tematiche dell’istruzione e della formazione professionale. Gli elementi su cui si è focalizzata l’attenzione e sui quali è opportuno indirizzare le future “piste di lavoro”, verso la ricerca di risposte ai problemi attualmente in fase di definizione, non può prescindere dalle modifiche intervenute sui rapporti tra Stato e Regioni, soprattutto in relazione a diversi piani: - art. 117 del Testo Costituzionale riformato: l’ autonomia delle istituzioni scolastiche e la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Il diritto all’ istruzione è riconosciuto come diritto sociale di tutti i cittadini, spetta alla legislazione esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni rese dal servizio dell’ istruzione. - definizione delle norme generali e dei Lep (livelli essenziali prestazioni): ciò risulta indispensabile per un riconoscimento nazionale dell’istruzione e della formazione professionale, come quadro di riferimento nazionale per i curricola, ferma restando la piena competenza legislativa delle regioni nella disciplina organizzativa della materia; in questa prospettiva va anche sottolineata l’esigenza di una effettiva partecipazione del sistema regionale alla definizione a livello nazionale di programmi ed obiettivi generali; - nuovo compito delle Regioni: alla competenza esclusiva delle Regioni spetteranno tutte le materie delegate dall’ art. 138 del d.lgs 112/98 (es: Programmazione dell’ offerta formativa integrata tra istruzione e formazione, programmazione della rete scolastica, suddivisione del territorio regionale in ambiti funzio- 78 CAPITOLO 1 istruzione e formazione nali al miglioramento dell’ offerta formativa, in sostanza la dislocazione degli indirizzi di studio) e, novità importante, l’istruzione e la formazione professionale; - interpretazione e attuazione degli argomenti individuati come materia di legislazione concorrente tra Stato e Regioni: sulla legislazione regionale incide comunque la competenza “trasversale” derivante dall’attribuzione allo Stato della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e le norme generali in materia d’istruzione; si tratta di raccordare atti di carattere nazionale e di interesse generale con le nuove potestà in termini di legislazione “concorrente” che sono ora conferite alle Regioni, in materia scolastica: le leggi regionali non potranno contraddire i principi generali che stanno alla base del quadro ordinamentale nazionale, tenendo conto del fatto che il confine tra norme generali (attribuite allo Stato) e norme “locali” (attribuite alle Regioni) è assai labile, in continua evoluzione, soggetto a diverse interpretazioni; - trasferimento dell’attuale istruzione professionale in seno alle Regioni: un processo lungo e complesso; di fatto, non è stata ancora identificata la tipologia completa degli attuali istituti tecnici e professionali statali che transiteranno nell’area tecnica e tecnologica (sistema dei licei) oppure verranno ricondotti all’istruzione e formazione professionale regionale; - ruolo del personale docente e non docente nel riordino del sistema formativo: in questo caso, due sono sostanzialmente le possibilità di lettura del riformato art.118. Per la prima, la gestione del personale, appartenendo alla sfera amministrativa, dovrebbe passare alle Regioni (“ Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’ esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”); per la seconda, invece, il personale dovrebbe essere mantenuto allo Stato, che solo può garantire uniformità di reclutamento, di trattamento economico, di mobilità su tutto il territorio nazionale44; - gestione del personale docente degli istituti professionali che passeranno alle Regioni. Di recente, l’Isfol, proprio su queste Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report preliminare, Roma, marzo 2003. 44 79 Conclusioni CAPITOLO 1 istruzione e formazione problematiche, correlate alla riforma del sistema dell’istruzione, ha svolto una ricerca volta a monitorare la condizione professionale e i fabbisogni formativi delle risorse umane che operano nella filiera dell’Istruzione Professionale. L’inchiesta ha coinvolto 1680 docenti di 35 scuole, complessivamente, un campione pari al 42.4% del totale. I risultati dell’indagine, resi noti dall’Isfol, denotano un atteggiamento non del tutto positivo degli insegnanti intervistati rispetto al nuovo sistema della riforma, il cosiddetto “sistema dell’istruzione e della formazione professionale”45; - autonomia scolastica e funzione docente: è questa una delle questioni più rilevanti sul piano dei rapporti tra autonomia scolastica (intesa come autonomia dell’istituto) e libertà della funzione docente, soprattutto per la questione che riguarda il reclutamento, ossia se l’autonomia dell’istituto implichi necessariamente autonomi poteri di scelta del personale docente 46; - formazione dei docenti: le discipline e le attività rientranti nella quota regionale non possono non avere un corpo docente qualificato e specializzato nelle materie di specifico interesse Conclusioni Dai risultati dell’indagine si evince che solo il 48.6% dei docenti intervistati è disposto ad insegnare nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Sembra emergere, tra gli intervistati, un’area presumibilmente critica nei confronti della Riforma e rispetto alle innovazioni prospettate dalla costituzione del nuovo sistema di istruzione e formazione. Molti degli insegnanti perplessi nei confronti di questo sistema, nutrono preoccupazioni circa la possibilità che l’avvio della Riforma possa determinare una riduzione dei posti di lavoro nella scuola. E’ interessante osservare che chi insegna materie umanistico-scientifiche sia più preoccupato rispetto agli insegnanti tecnico-pratici. Come dire che il pericolo di ridimensionamento del corpo insegnante verrebbe attribuito ad un’impostazione meno “generalista” del neo sistema dell’istruzione e della formazione professionale, che comporterebbe un’enfatizzazione dell’offerta formativa tecnica a discapito di quella culturale. Cfr.: Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report preliminare, Roma, marzo 2003. 46 Sul potere di scelta dei docenti si veda la seguente citazione tratta dal libro di Marzuoli C., L’istituto scolastico autonomo, in: C. Marzuoli, Istruzione e servizio pubblico, Il Mulino, Bologna 2003 (pag.110): “Di potere di scelta si può parlare in almeno due significati. Il primo si riferisce alla possibilità di individuare il docente senza alcun vincolo di tipo concorsuale: l’istituto sceglie la persona che ritiene più adatta; un sistema di questo genere è incompatibile con la garanzia della libertà di insegnamento perché comporta l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto assuma docenti affini rispetto a chi in quel certo momento esprime la tendenza prevalente. In questo modo, l’istituto scolastico rinnega la sue funzione, che innanzitutto quella di assicurare in concreto la libertà di insegnamento. (…) Quanto precisato può risolvere un ulteriore problema di grande rilievo anche pratico, posto dal nuovo titolo V. Si tratta dell’identità del datore di lavoro del corpo docente: se debba essere lo Stato, la Regione, altri. Il punto è che deve essere innanzitutto salvaguardata una disciplina che garantisca la libertà della funzione docente: e ciò non è necessariamente garantito solo dalla statualità del datore di lavoro. Dunque il personale è per questo aspetto sicuramente regionalizzabile”. 45 80 CAPITOLO 1 istruzione e formazione regionale. In questo senso il disegno di legge-delega n.1306 (art. 5 “formazione degli insegnanti”), prevede l’emanazione di decreti legislativi recanti norme sulla formazione iniziale dei docenti, che deve avvenire attraverso corsi di laurea specialistica: gli stessi decreti avranno il compito di individuare “le classi dei corsi di laurea specialistica anche interfacoltà o interuniversitari”. Molto probabilmente, da questo punto di vista, occorrerà attendere l’evoluzione normativa per verificare se in tali sintetiche formulazioni può fondarsi la possibilità di comprendere, tra i suddetti corsi, appositi e specifici ambiti di formazione storicoculturale locale. Anche in questo caso sarà importante determinare il ruolo “concorrente” della legislazione regionale. 81 Conclusioni CAPITOLO 1 riferimenti bibliografici Riferimenti bibliografici AAVV, L’istruzione tecnica corre verso un futuro troppo incerto, in Il Sole24Ore-Scuola, n. 10, 9-22 maggio 2003. Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni), Istruzione e formazione dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Roma 2002. Astrid (Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sulla innovazione nelle amministrazioni), “Progetto buon senso”: oltre i problemi di identità, Roma 2002. 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Cidi, Istruzione e formazione professionale: canalizzazione precoce o percorsi integrati?, Atti del seminario nazionale, Potenza 11 marzo 2003. 82 CAPITOLO 1 riferimenti bibliografici CIOFS (Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, Formazione Professionale), Il Sistema dell’istruzione e formazione professionale nel contesto della riforma, Atti convegno, Seminario Europa, Maratea 11-13 settembre 2003. Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, Documento sulla Riforma del Titolo V della Costituzione, Roma, marzo 2001. Conferenza Unificata Accordo 20 giugno 2002, Intesa inter-istituzionale tra Stato, Regioni ed enti locali, ai sensi dell’art. 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (G.U. 9.7.2002, n. 159). Confindustria, Documento sulla Delega per la Riforma della Scuola, Audizione al Senato della Repubblica, Commissione Cultura, Roma maggio 2002. Confindustria, Legge n. 53/2003. 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Atti reperibili sul sito internet: www.ciofs-fp.org. 85 CAPITOLO 1 Sitografia Ministero dell’Istruzione www.istruzione.it Commissione Istruzione dell’Unione Europea www.europa.eu.int/pol/educ/index_it.html www.europa.eu.int/comm/education/index_en.html Sindacati www.cgilscuola.it www.uilscuola.it www.cislscuola.it www.snals.it www.gildains.it www.cobas-scuola.it Per approfondire www.edscuola.com www.retescuole.net www.bdp.it/adi/index.html www.internetscuola.net www.docenti.org www.educare.it www.bdp.it www.invalsi.it www.indire.it www.scuolaeuropa.it www.eurydice.org www.scuolaidea.it www.tuttoscuola.com www.ciofs-fp.org www.proteosapere.it www.cidi.it www.isfol.it www.form-azione.it 86 sitografia CAPITOLO 2 istruzione professionale L’ISTRUZIONE PROFESSIONALE: ASSETTI ISTITUZIONALI 2.1 Cenni storici L’istruzione professionale ha svolto una funzione importante per la crescita complessiva del nostro sistema di istruzione. La nascita e lo sviluppo di questo settore sono dovuti ad interventi successivi derivati dalla esigenza di far fronte ad una domanda di formazione che non trovava risposte né nei tradizionali percorsi di istruzione né in quelli della formazione professionale di competenza regionale. I ripetuti tentativi di inquadrare le problematiche connesse all’istruzione professionale e alla formazione professionale in un disegno complessivo di riforma della scuola secondaria superiore, non sono mai riusciti a tradursi in risultati concreti. Per avere un’idea dell’evoluzione del settore, vale la pena richiamare alcuni passaggi e interventi, realizzati nel secondo dopoguerra e che hanno portato all’attuale assetto dell’istruzione professionale statale. Nel 1951 il Ministro Gonella presenta alla Camera un progetto di riforma generale della scuola in cui gli istituti professionali assumevano il rango di ordine scolastico autonomo di grado superiore. Il progetto complessivo prevedeva che fino ai 14 anni l’istruzione, pur se caratterizzata da una scuola media divisa in indirizzi corrispondenti ai tre ordini di scuola superiore, non avesse carattere professionale. I tre or- 87 CAPITOLO 2 Cenni storici istruzione professionale dini previsti per la secondaria superiore erano quello classico (i licei), quello tecnico e quello professionale. La Riforma Gonella non passa ma, negli anni ’50, il MPI, facendo ricorso ad una norma del 1938 che consentiva l’istituzione, attraverso un decreto, di “scuole aventi finalità e ordinamenti speciali”, istituisce corsi a carattere secondario superiore per i diversi settori di attività (industria e artigianato, agricoltura, turismo, commercio, navigazione, lavori femminili) e ne prevede articolazioni in specializzazioni rispondenti alle caratteristiche e alle esigenze territoriali. Per l’elaborazione dei programmi e dei profili professionali il MPI si avvale di una Consulta didattica nazionale, che tiene conto di una serie di precedenti esperienze (dalle scuole di tirocinio, dipendenti fino al 1928 dal Ministero dell’Economia Nazionale, ai corsi di formazione e perfezionamento dei lavoratori occupati). Nel 1959, con una Circolare del MPI (27/2/59) vengono definiti i quadri orari e le prove d’esame per gli istituti professionali e entrano in vigore le prime qualifiche e i relativi profili professionali. Successivamente viene istituita la Direzione Generale dell’Istruzione Professionale (legge 7/12/1961). L’anno successivo viene approvata la riforma della scuola media (legge n. 1859 del 23/12/1962) Nel 1969, sull’onda delle proteste del movimento che si era sviluppato nelle università e nelle scuole, in assenza di una riforma complessiva, il Ministro Misasi fece approvare una serie di “provvedimenti urgenti” riguardanti, tra l’altro, gli esami di maturità, la liberalizzazione degli accessi universitari, l’istituzione della maturità professionale e del quinto anno integrativo dell’Istituto Magistrale. Dall’inizio degli anni 70 alla metà degli anni 80 si registrano numerosi tentativi dei partiti di approvare una legge riforma complessiva della secondaria, ma nessuno di essi riuscì a completare l’iter parlamentare. L’incapacità di affrontare i problemi per via legislativa spinse il Ministero ad utilizzare gli strumenti amministrativi, senza dover ricorrere a leggi, per introdurre significative innovazioni anche attraverso una progressiva estensione delle “sperimentazioni”. In questo processo di cambiamento senza riforma un particolare ruolo viene assunto dalle “sperimentazioni di ordinamento” (nuovo orari, programmi, discipline) all’interno dei tre ordini della secondaria di secondo grado. La Direzione generale dell’istruzione tecnica promuove, a partire dal 1981, molti “Progetti assistiti” che con il tempo assumono il carattere di ordinamenti “normali” che sostituiscono quelli obsoleti da cui erano nati come sperimentazione. Nel 1987 si perfezionarono i Progetti assistiti per i diversi tipi di istituti professionali, indicati complessivamente come “Progetto ‘92: i tre anni degli Istituti professionali vengo- 88 CAPITOLO 2 istruzione professionale no articolati in un biennio unitario e in un terzo anno più caratterizzato dai contenuti professionali, al termine del quale si ottiene la qualifica. I nuovi piani di studio prevedevano una riduzione degli insegnamenti specialistici e un potenziamento di quelli culturali, umanistici e scientifici. Dopo il triennio, conseguita la qualifica, per raggiungere la maturità professionale, gli studenti possono iscriversi ad una biennio caratterizzato da percorsi innovativi, anche a carattere modulare, predisposti in collaborazione con le Regioni e con il mondo produttivo. Dal 1995 il “Progetto ‘92” diviene obbligatorio per tutti gli Istituti professionali funzionanti sul territorio nazionale. I tentativi di riforma successivi ci portano direttamente alla situazione attuale. Un tentativo di riforma complessivo della scuola secondaria superiore fu ripreso nel 1990 (Disegno di legge Mezzapesa) ed ottenne l’approvazione di un ramo del Parlamento nel 1992, poi la legislatura si interruppe. La legge sul riordino dei cicli approvata su impulso del Ministro Berlinguer nel 2000 (legge 30/2000) è stata abrogata dalla legge 53/2003 (Legge Moratti), che sta trovando concreta attuazione attraverso una serie di decreti delegati, di cui uno riferito appunto al secondo ciclo (attuale scuola secondaria di secondo grado e corsi di formazione professionale). 2.2Assetti istituzionali Nonostante le origini e gli sviluppi un po’ fortunosi sopra richiamati, non è lontano dal vero sostenere che la crescita dei tassi di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore attestatisi intorno al 95% prima dell’approvazione della legge 20.1.99, n. 9 “Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione”, sia da ascrivere in misura significativa all’istruzione professionale di Stato che per certi versi ha svolto una funzione sostitutiva dei corsi di formazione professionale che caratterizzano i sistemi educativi di altri paesi. Le ragioni per cui ciò è avvenuto sono complesse ed articolate e non rientrano nel campo di indagine di questa ricerca. L’attribuzione alle Regioni di competenze su questa materia (istruzione artigiana e professionale) già prevista dall’articolo 117 della Costituzione del ’48 (“La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ........ istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica”) non ha dispiegato appieno le sue potenzialità. 89 Cenni storici CAPITOLO 2 Cenni storici istruzione professionale L’esercizio reale di quanto previsto dalla Costituzione e la normativa derivata hanno finito per circoscrivere le competenze delle Regioni alla “formazione professionale”, intesa spesso come addestramento finalizzato al rilascio di una qualifica, senza nessun riconoscimento dei percorsi formativi al fine di un’eventuale prosecuzione nel canale dell’istruzione. Inoltre, la situazione che si è determinata nelle diverse realtà risulta notevolmente differenziata: in termini di rapporti di lavoro del personale, di diffusione dei corsi e di caratteristiche degli stessi. Fino a dicembre del 2003 non erano stati definiti standard formativi minimi necessari per il riconoscimento, a livello nazionale, dei diversi percorsi formativi, anche al fine del passaggio ai percorsi scolastici. Nella situazione sopra sommariamente descritta si è sviluppato il settore dell’istruzione professionale statale, la cui attuale configurazione è definita dal D.M. 24. 4. 92 “Programmi e orari di insegnamento per i corsi di qualifica degli istituti professionali di Stato”. I connotati caratteristici di questi corsi possono essere così riassunti: • durata triennale dei corsi per il conseguimento della qualifica con la possibilità di proseguire in un biennio post-qualifica finalizzato al conseguimento di un diploma; • articolazione dei piani di studio in tre aree: o area di insegnamento comune a tutti i corsi; o area di insegnamento di indirizzo; o area di approfondimento. I programmi e gli orari dell’area comune e le indicazioni per l’area di approfondimento sono stabiliti da un allegato al D.M. citato, mentre per i programmi e gli orari per l’area di indirizzo è previsto un aggiornamento periodico attraverso appositi provvedimenti. L’articolazione interna dell’Istruzione professionale si caratterizza per settori ed indirizzi, a cui corrispondono le diverse qualifiche dei percorsi triennali e i diplomi che si conseguono dopo la frequenza dei corsi biennali post-qualifica. Oltre alla classificazione appena richiamata, esistono dei corsi non riconducibili ai settori, i così detti corsi atipici, che prevedono il conseguimento della qualifica ma non del diploma. Il quadro sinottico 1 riassume i settori, gli indirizzi, le qualifiche e i diplomi rilasciati dagli Istituti professionali statali, secondo gli ordinamenti vigenti. I paragrafi che seguono, dal 2.2.1 al 2.2.5 - relativi ai metodi di insegnamento, ai quadri orari settimanali del biennio e del triennio e alle indicazioni concernenti l’area di approfondimento - sono ripresi dal sito del MIUR (www. istruzione.it). 90 CAPITOLO 2 istruzione professionale Quadro sinottico 1. Settori, indirizzi e qualifiche professionali SETTORI INDIRIZZI A g r a r i o - Agrario ambientale CORSO TRIENNALE BIENNIO POST QUALIFICA QUALIFICHE DIPLOMA Operatore agro-ambientale AGROTECNICO Operatore agro-industriale AGROTECNICO Operatore stico Industria e Edile Artigianato Elettrico Elettronico agrituri- AGROTECNICO Operatore edile ed Operatore elettrico Operatore nico TECNICO DELL’EDILIZIA TECNICO DELLE INDUSTRIE ELETTRICHE elettro- TECNICO DELLE INDUSTRIE ELETTRICHE Operatore per le te- TECNICO DELLE INDUSTRIE lecomunicazioni ELETTRICHE M e c c a n i c o - Operatore Termico nico mecca- TECNICO DELLE INDUSTRIE MECCANICHE Operatore termico T E C N I C O DEI SISTEMI ENERGETICI Abbigliamento Operatore e moda moda Chimico Servizi Operatore e biologico della TECNICO DELL’ABBIGL. DELLA MODA chimico TECNICO BIOLOGICO CHIMICO E E E c o n o m i c o - Operatore della ge- TECNICO DELLA GESTIONE aziendali e tu- stione aziendale AZIENDALE ristici Operatore dell’im- TECNICO presa turistica TURISTICI Pubblicità Operatore graficopubblicitario DEI TECN. DELLA PUBBLICITARIA SERVIZI GRAFICA Alberghieri e ri- Operatore dei servizi TECNICO DEI storazione di ristorazione (cuci- RISTORAZIONE na) SERVIZI DI Operatore dei servizi TECNICO DEI di ristorazione (sala RISTORAZIONE bar) SERVIZI DI Operatore dei servizi TECNICO DEI di ricevimento TURISTICI SERVIZI DI 91 CAPITOLO 2 istruzione professionale Sociali S a n i t a r i o Ottico ausiliario Atipici Operatore dei servizi TECNICO sociali SOCIALI DEI Operatore meccani- OTTICO co ottico Odontotecnico Operatore meccani- ODONTOTECNICO co odontotecnico Arte bianca* Operatore industria biennio post-qualifica molitoria previsto non Operatore industria biennio post-qualifica dolciaria previsto non Legno Operatore industria biennio post-qualifica del mobile e dell’ar- previsto redamento non Marmo Operatore dell’arti- biennio post-qualifica gianato del marmo previsto non Operatore dell’indu- biennio post-qualifica stria del marmo previsto non Operatore delle in- biennio post-qualifica dustrie ceramiche previsto non Operatore delle la- biennio post-qualifica vorazioni ceramiche previsto non Grafica Operatore per l’in- biennio post-qualifica dustria grafica previsto non Marittimo Operatore del mare biennio post-qualifica previsto non Audiovisivo Operatore della co- biennio post-qualifica municazione audio- previsto visiva non Liuteria Operatore di liuteria biennio post-qualifica previsto non Fotografico Operatore fico fotogra- biennio post-qualifica previsto non Orafo* Operatore orafo biennio post-qualifica previsto non Non vedenti Centralinista telefo- biennio post-qualifica nico previsto non Massofisioterapista non Ceramica biennio post-qualifica previsto * di competenza regionale e gestiti presso Istituti Professionali di Stato Fonte: MIUR 92 SERVIZI CAPITOLO 2 istruzione professionale 2.2.1 I metodi di insegnamento Gli orari delle materie e i programmi di insegnamento sono definiti con decreti ministeriali validi per tutto il territorio nazionale. Mentre discipline ed orari sono obbligatoriamente uguali per tutti gli istituti, i programmi sono indicativi; essi devono essere considerati uno strumento per raggiungere gli obiettivi formativi che il sistema si propone, mediante la programmazione didattica, che è compito fondamentale dei docenti. L’istruzione professionale non si limita a proporre un quadro degli insegnamenti completamente rinnovato per struttura ed articolazione interna; essa vuole dare risposte didattiche differenziate che tengano conto delle specifiche esigenze dei giovani che scelgono i suoi corsi e delle mete che essi si propongono. Tale finalità viene perseguita attraverso: - una nuova definizione dei contenuti disciplinari, tendente ad individuare “l’essenziale” di ogni insegnamento: ciò che è veramente necessario apprendere per avere, in relazione agli obiettivi formativi del corso prescelto, un quadro sufficiente di conoscenze e competenze; - una didattica flessibile, organizzata per “moduli”, cioè per aggregazioni di argomenti, presentati in modo tale che ciascuno di essi rechi un proprio autonomo apporto alla conoscenza degli aspetti essenziali della disciplina studiata; - la ricerca di risposte educative adeguate alle diverse situazioni locali ed ai condizionamenti socio-culturali derivanti dalle diverse provenienze degli allievi, anche attraverso interventi didattici aggiuntivi e personalizzati, effettuabili con l’utilizzazione delle quattro ore di approfondimento previste dall’orario settimanale; - l’inserimento nei programmi delle diverse discipline, in forma di moduli, di argomenti attinenti alla realtà culturale ed economica locale e ad aspetti essenziali della cultura professionale del settore cui il corso si riferisce; - la presenza di ampi spazi orari per esercitazioni intese non come attività di semplice addestramento manuale, ma come momento di aggregazione di tutte le conoscenze acquisite e occasione di sviluppo dell’attitudine a svolgere precisi ruoli professionali. 93 CAPITOLO 2 istruzione professionale 2.2.2 Quadro orario settimanale nel triennio di qualifica Nei primi tre anni si insegnano materie comuni a tutti i corsi e materie differenziate secondo l’indirizzo scelto (quadro sinottico 2). I primi due anni sono caratterizzati da una forte presenza di discipline di formazione generale umanistica e scientifica, perché: - l’età degli studenti richiede che l’istruzione sia volta maggiormente a sostenere lo sviluppo della persona; - una larga quota di insegnamenti comuni e programmi di studio equivalenti rendono le scelte non irreversibili e facilitano l’eventuale passaggio a corsi diversi; - l’area comune del biennio iniziale è la stessa adottata da moltissimi istituti tecnici e licei e corrisponde agli studi fatti per realizzare l’adempimento dell’obbligo scolastico. Nel terzo anno prevalgono le materie di indirizzo finalizzate all’acquisizione di una buona professionalità di base, per consentire ai giovani di espletare l’obbligo formativo o nella scuola o nella formazione professionale o nell’apprendistato. L’area di approfondimento costituisce uno spazio lasciato all’autonoma programmazione di ciascun istituto che ne definisce l’utilizzo con grande flessibilità per: accoglienza e orientamento; riequilibrio culturale; sostegno e recupero; svantaggi; iniziative di raccordo con il territorio; approfondimenti professionali nel terzo anno. Quadro sinottico 2 – quadro orario del triennio Classi/ore I^ II^ III^ AREA COMUNE Materie comuni a tutti i corsi 22 22 12/15 AREA DI INDIRIZZO Materie proprie dell’indirizzo 14 14 24/21 4 4 4 40 40 40 AREA DI APPROFONDIMENTO Ore da programmare in autonomia TOTALE Fonte: MIUR 94 CAPITOLO 2 istruzione professionale 2.2.3 L’area di approfondimento nel triennio Il quadro orario di ciascun corso prevede nel primo triennio uno spazio orario di 4 ore settimanali chiamato “area di approfondimento”. La particolarità di questa area consiste nel fatto che per essa non è prescritto alcuno specifico contenuto di discipline, ma sono solamente definiti gli obiettivi a cui devono tendere gli interventi didattici da realizzare in queste ore. La frequenza è obbligatoria per tutti gli allievi, ma ciascuno di essi conseguirà una personale meta formativa; la classe si spezza e sono costituiti diversi gruppi di allievi, provenienti anche da classi parallele, uniti per seguire percorsi didattici comuni per delimitati periodi di tempo. Ciascun istituto, dunque, programma in autonomia le attività e il tipo di lezioni da svolgere in queste 4 ore, in coerenza con le seguenti finalità: • all’inizio del corso e soprattutto nei primi 2 anni: - accoglienza, conoscenza, orientamento degli allievi - riequilibrio culturale della classe mediante recupero degli svantaggi -consolidamento disciplinare -approfondimenti culturali • successivamente anche: -moduli di conoscenza del territorio negli aspetti culturali, sociali ed economici -moduli mirati ad intensificare l’interazione tra le discipline culturali e quelle professionali -moduli di raccordo con il mondo del lavoro. L’area di approfondimento è lo strumento che consente di personalizzare, per quanto possibile, l’insegnamento, e di sviluppare una precisa identità culturale per ogni istituto in coerenza con il territorio e con il settore produttivo in cui ciascuno opera. 2.2.4 Quadro orario nel biennio post-qualifica La caratteristica di questo curricolo è di integrare l’istruzione nella scuola con la formazione professionale specialistica, che in Italia è di competenza delle Regioni (quadro sinottico 3). A questo fine sono state stipulate convenzioni tra il Ministero e le varie Regioni. L’attività didattica della prima e della seconda area si svolge, di norma, in cinque giorni settimanali. La quota di curricolo relativa all’intervento regionale si svincola dalle 95 CAPITOLO 2 Quadro orario nel biennio post-qualifica istruzione professionale logiche organizzative della scansione settimanale del tempo scuola: ad essa resta riservato un giorno di ciascuna settimana e moduli intensivi da svolgere nei modi e nei tempi definiti in sede progettuale, tenuto anche conto delle scadenze connesse all’effettuazione dell’esame di stato. Le lezioni sono svolte essenzialmente da esperti del mondo del lavoro e una larga quota dell’orario è destinata alle esperienze scuolalavoro (stage). L’intervento di competenza regionale potrà concludersi anche successivamente all’esame di stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore. Data l’unitarietà del curricolo, i risultati, finali o intermedi, conseguiti nell’area di professionalizzazione concorrono alla valutazione degli alunni in sede di scrutinio. Nei casi in cui la regione competente non interviene a gestire l’area di professionalizzazione, queste ore sono svolte direttamente dall’istituto professionale che le programma e le gestisce con le stesse logiche della formazione regionale, rilasciando al termine un attestato di frequenza (ipotesi surrogatoria). Quadro sinottico 3 – quadro orario del biennio post-qualifica Classi/ore IV^ V^ AREA COMUNE Materie comuni a tutti i corsi 15 ore settimanali 15 ore settimanali AREA DI INDIRIZZO Materie caratterizzanti l’indirizzo prescelto 15 ore settimanali 15 ore settimanali AREA DI PROFESSIONALIZZAZIONE Modulo professionalizzante annuo di competenza regionale 300/450 ore annue 300/450 ore annue Fonte: MIUR 96 CAPITOLO 2 istruzione professionale 2.2.5 Quadro orario settimanale degli insegnamenti comuni L’area comune ai diversi indirizzi è caratterizzata dalla presenza di materie finalizzate alla formazione generale, umanistica e scientifica. Le ore destinata a tale area sono 22 nei primi due anni, da 12 a 15 nel terzo anno e 15 nel biennio post-qualifica (quadro sinottico 4). Quadro sinottico 4 – quadro orario settimanale degli insegnamenti comuni Ore/Materie I^ II^ III^ IV^ V^ italiano 5 5 3 4 4 storia 2 2 2 2 2 lingua straniera 3 3 2-3 3 3 diritto ed economia 2 2 - - - matematica ed informatica 4 4 2-4 - - matematica - - - 3 3 scienze della terra e biologia 3 3 - - - educazione fisica 2 2 2 2 2 religione (per coloro che se ne avvalgono) 1 1 1 1 1 22 22 12-15 15 15 TOTALE Fonte: MIUR 97 CAPITOLO 2 istruzione professionale Riferimenti bibliografici Bertagna G., La riforma necessaria, Editrice La Scuola, Brescia 1993. Bertoni Jovine D., La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, Editori Riuniti, Roma 1975. Di Guglielmo A., Mallardi C. - digilander.libero.it/rete_orientamento/ pagine/storia. Gozzer G., L’istruzione professionale in Italia, UCIIM, Roma 1958. ISFOL, La condizione dei docenti dell’istruzione professionale, Il Sole 24 Ore Scuola, Milano 2003. ISFOL, Rapporto Isfol, anni dal 1986 al 2003, Franco Angeli, Milano. Ostenc M., La scuola italiana durante il fascismo, Editrice Laterza, Bari 1980. 98 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale I DATI SULL’ISTRUZIONE PROFESSIONALE 3.1 Introduzione Come già ricordato nel paragrafo 2.1, l’istruzione professionale di Stato rappresenta l’ordine di scuola secondaria superiore di più recente istituzione. Dal punto di vista quantitativo, sulla base dei dati sugli iscritti relativi all’a.s. 2003/2004, raccoglie il 22,3% degli studenti che frequentano gli istituti secondari di secondo grado. I dati complessivi sugli iscritti agli altri settori della scuola secondaria superiore, riferiti allo stesso anno, offrono il seguente quadro: - istruzione classica, scientifica e magistrale 37,1%; - istruzione tecnica 36,7%; - istruzione artistica 3,9% (1,5% licei artistici; 2,4% istituti d’arte). Se si disaggregano i dati relativi all’istruzione classica da quelli dell’istruzione scientifica e magistrale, si evidenzia la seguente ripartizione degli iscritti alla scuola secondaria: - istruzione tecnica 36,7%; - istruzione professionale 22,3%; - licei scientifici 20,1%; - licei classici 9,6%; - ex istituti magistrali 7,4%; 99 CAPITOLO 3 Introduzione i dati sull’istruzione professionale - istituti d’arte 2,4%; - licei artistici1,5%. L’istruzione professionale, dal punto di vista quantitativo, si colloca, quindi, al secondo posto tra le diverse tipologie di istruzione secondaria di secondo grado. L’indagine che segue si pone l’obiettivo di offrire un quadro analitico delle dimensioni quantitative di questo settore, analizzandone gli andamenti negli anni scolastici compresi tra il 1997/98 e il 2003/2004, sia a livello nazionale che a livello regionale. La scelta di questo periodo è motivata almeno da tre considerazioni: nei 7 anni scolastici presi in esame, negli istituti professionali, si sono alternate fasi di contrazione e fasi di crescita, determinando così un campione particolarmente interessante; di questi 7 anni è possibile reperire dati completi ed omogenei sia di carattere nazionale che regionale; è il periodo più vicino alla situazione attuale, di cui si vuole valutare l’evoluzione. L’attuazione della legge 53/2003 prevede, infatti, la costituzione di un sistema dell’istruzione e della formazione professionale di competenza esclusiva delle Regioni: può essere pertanto utile una conoscenza analitica dei dati relativi all’istruzione professionale statale. E’ comunque doveroso segnalare che non è possibile valutare, oggi, quali saranno le dimensioni e i settori dell’istruzione secondaria di secondo grado che non saranno ricompresi nel sistema dei licei e che, quindi, anziché fare riferimento al sistema dell’istruzione di competenza esclusiva dello Stato, afferiranno al sistema dell’istruzione e della formazione professionale di competenza delle Regioni. I decreti relativi al secondo ciclo dovranno, infatti, definire le caratteristiche fondamentali del sistema dei licei e del sistema dell’istruzione e della formazione professionale e solo da un’analisi attenta di questi provvedimenti si potrà capire quali delle attuali tipologie di scuola secondaria superiore sono riconducibili ad uno o all’altro dei due sistemi. Saranno poi le famiglie, le ragazze e i ragazzi, che, alla conclusione del primo ciclo, sceglieranno uno dei possibili percorsi in cui si articolerà il secondo ciclo sulla base dei nuovi ordinamenti. Ogni trasposizione meccanica dei dati rischia, quindi, di essere arbitraria e le possibili conferme o smentite saranno determinate da scelte su cui è difficile oggi fare previsioni. L’analisi della situazione e delle tendenze in atto rappresenta, quindi, uno strumento per conoscere i connotati essenziali dell’istruzione professionale e valutare quale potrebbe esserne l’evoluzione dal punto di vista quantitativo. 100 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale I dati presi in esame sono relativi a 18 Regioni; non figurano i dati riguardanti la Regione Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano che hanno competenze dirette in materia di gestione del personale della scuola e che, pertanto, non vengono più prese in esame dal sistema informativo del Ministero che ha, prevalentemente, compiti di supporto alla gestione del personale alle dirette dipendenze dello Stato. I valori totali presentati non riguardano, quindi, l’intero territorio nazionale ma soltanto quello delle 18 regioni esaminate. Tali dati, elaborati e pubblicati annualmente, ormai con una certa regolarità, tempestività e omogeneità, dal Servizio per l’automazione informatica e l’innovazione tecnologica del MPI (ora MIUR), sono reperibili anche nel sito internet e intranet del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (www.istruzione.it). Il periodo preso in considerazione da questa ricerca comprende, come già detto, gli anni scolastici che vanno dal 1997/1998 al 2003/2004 e sviluppa una simulazione di quelle che potrebbero essere le dimensioni quantitative degli istituti professionali nell’anno scolastico 2008/2009, anno in cui potrebbe andare a regime la riforma prevista dalla legge 53/2003. I dati esaminati riguardano tutta l’istruzione secondaria di secondo grado e sono articolati per regione e per tipologia di istituto (licei classici, licei scientifici, istituti e scuole magistrali, istituti tecnici, istituti professionali, istituti d’arte e licei artistici). L’analisi si sofferma, in particolare, visto il campo specifico dell’indagine, sugli andamenti relativi al numero degli studenti iscritti negli istituti professionali statali (IPS) e al loro rapporto rispetto al numero complessivo dei frequentanti la scuola secondaria di secondo grado. 3. 2 La scuola secondaria superiore. Dati e tendenze Il quadro complessivo nazionale (relativo sempre alle 18 regioni esaminate), dopo un decremento registrato nel passaggio dall’anno scolastico 97/98 all’anno scolastico 98/99, mostra un incremento costante e abbastanza regolare del numero complessivo di alunni iscritti alla scuola secondaria superiore (tab. 3). La ripresa delle iscrizioni è significativamente collocata nell’anno scolastico 1999/2000 (anno di attuazione della legge 20.1.99, n. 9 “Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione”) in cui, a fronte di una riduzione, rispetto all’a.s. precedente, del numero di alunni che concludevano la terza media si è registrato un incre- 101 Introduzione CAPITOLO 3 2 La scuola secondaria: dati e tendenze i dati sull’istruzione istruzione professionale mento di iscritti alla scuola secondaria di secondo grado. I dati evidenziano che, nell’a.s. ‘98/99, gli alunni che frequentavano la terza media (platea dalla quale scaturiscono le iscrizioni al primo anno di scuola secondaria superiore) erano 17.515 in meno rispetto a quelli dell’a.s. ‘97/98, mentre gli iscritti al primo anno di scuola secondaria superiore, nell’a.s. ‘99/00, risultarono 23.052 in più rispetto all’anno precedente. La situazione è riassunta nella tab. 1. Tabella 1. Confronto tra il numero di iscritti in III media e il numero di iscritti alla prima classe della scuola secondaria di secondo grado nell’anno scolastico successivo anno scolastico alunni media iscritti in III anno scolastico alunni iscritti I sec. superiore (compresi i ripetenti) 1997/1998 575.370 1998/1999 562.444 1998/1999 557.855 1999/2000 585.496 variazioni -17.515 variazioni +23.052 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR La conferma di questa inversione di tendenza verificatasi nell’a.s. 1999/2000 la si ha analizzando i dati relativi agli alunni iscritti alla scuola media e alla scuola secondaria superiore nel decennio precedente (tab. 2). 102 2.350.575 2.399.094 2.448.176 2.479.345 2.494.446 2.543.392 2.560.113 2.583.959 2.577.288 Scuola sec. secondo rado 1996/97 1.786.329 1995/96 1.832.912 1994/95 1.867.230 1993/94 1.904.745 1992/93 1.955.683 1991/92 2.038.320 1990/91 2.147.223 1989/90 2.266.471 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR (*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari nell’a.s. 97/98 a 28.102 nella scuola secondaria di I grado e a 32.530 nella scuola secondaria di secondo grado. grado primo sec. Scuola 1997/98 (*) 1.712.253 anni scolastici 1998/99 (*) 1.683.460 iscritti 2.546.774 Alunni Tabella 2. - Scuola secondaria di I e II grado - serie storica alunni 1989 - 1998 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale 103 104 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR (*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari, nell’a.s. 97/98, a 28.102 nella scuola secondaria di I grado CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR (*)I dati non comprendono gli alunni di Trento e Bolzano pari, nell’a.s. 97/98, a 28.102 nella scuola secondaria di I grado CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale 105 CAPITOLO 3 Introduzione i dati sull’istruzione professionale La tabella 2 e i grafici 1 e 2, ricavati dalla pubblicazione MPI del settembre 1998, mostrano con sufficiente chiarezza le tendenze storiche relative agli alunni della scuola media e della scuola secondaria superiore nel periodo precedente a quello preso in esame dalla nostra ricerca. A partire dall’anno scolastico ‘91/92, il numero degli alunni della scuola secondaria superiore comincia a decrescere e l’incremento dei tassi di passaggio dalla media alla superiore non compensa più il calo demografico che, dopo aver propagato i suoi effetti dalla scuola elementare alla scuola media, ora si riflette anche nell’ultimo segmento dell’ordinamento scolastico. Passando all’esame più analitico dei dati relativi al periodo compreso tra l’a.s. ’97/98 e l’a.s. 2003/2004, si riscontra qualche leggera discrepanza nei dati, dovuta, come detto precedentemente, al fatto che i dati presi in considerazione non comprendono più quelli relativi alle province autonome di Trento e Bolzano che esercitano competenze dirette in materia di gestione del personale. L’evoluzione complessiva del numero degli iscritti nella scuola secondaria superiore nel periodo considerato è rappresentato dalla Tab. 3. Nel Graf. 3 e nel Graf. 4 sono rappresentati, rispettivamente, l’andamento complessivo degli iscritti alla scuola superiore e quello relativo ai diverse tipologie di istituti. 106 2.399.094 109.768 classi 1.519 alunni 30.370 classi 2.885 classi alunni 58.028 44.679 alunni 969.892 classi 23.767 classi alunni 483.297 alunni 7.330 classi 19.601 167.276 classi alunni 461.455 9.987 classi alunni 228.776 97/98 alunni Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR Totale scuole sec. superiori Licei artistici Ist. d’arte Ist. Tecnici Ist. Professionali Ist. E scuole magistrali Licei scientifici Licei classici Tipologia di istituti 107.697 2.350.575 1.453 30.417 2.885 56.218 43.356 934.179 22.951 477.964 7.273 165.081 19.740 459.604 10.039 227.112 98/99 108.865 2.360.798 1.525 31.253 2.947 57.073 42.979 920.743 24.123 500.937 7.400 165.313 19.823 459.021 10.068 226.458 99/00 110.059 2.382.154 1.599 32.804 2.929 57.801 42.876 917.869 25.332 525.279 7.384 164.997 19.948 460.205 9.991 223.199 00/01 anno scolastico 112.569 2.421.303 1.659 34.106 3.030 58.462 43.450 925.825 26.615 546.408 7.504 167.168 20.305 467.352 10.006 221.982 01/02 Tabella 3 Alunni e classi della scuola secondaria superiore - dati nazionali per tipologia di istituti - 113.950 2.442.575 1.769 36.142 3.017 58.875 43.379 918.104 26.729 548.202 7.980 176.145 20.855 478.404 10.221 226.703 02/03 113.313 2.506.373 1.791 38.084 2.965 60.612 42.239 919.799 26.240 559.845 8.178 185.153 21.396 502.896 10.504 239.984 03/04 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale 107 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 108 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 109 CAPITOLO 3 Introduzione i dati sull’istruzione professionale Come si evince immediatamente dalle tabelle e dai grafici precedenti, il decennio 89/99 si caratterizza per un andamento negativo del numero degli alunni iscritti alla scuola media, mentre il calo degli alunni della scuola secondaria superiore si registra a partire dall’a.s. 1992/93. A partire dall’anno scolastico 1999/2000, nella scuola superiore si inverte la tendenza e si registra una crescita significativa del numero complessivo degli studenti. Le ragioni di questi andamenti sono molteplici. Nel 1999, come già ricordato, l’anno scolastico conclusivo dell’obbligo scolastico viene portato dalla terza media al primo anno della scuola secondaria superiore. Nell’anno scolastico 2000/2001, si arresta anche il calo degli alunni della scuola media e si registra, dai dati del MIUR, un incremento del numero dei frequentanti questo ordine di scuola (a.s. 1999/20000: 1.682.440; a.s. 2000/20001: 1.684.555) segno di un arresto, a livello nazionale, dei fenomeni connessi al calo demografico. La crescita in valore assoluto del numero di studenti è accompagnata anche da una crescita in percentuale degli iscritti a tutte le tipologie di scuola secondaria superiore - o da una stabilità come negli Istituti d’arte -, compensata dal calo significativo registrato nei tecnici che passano dal 40,4% al 36,7% con un calo del 3,7% (tab. 4). Le spiegazioni di questo ultimo dato, probabilmente, sono molteplici e complesse. Tra queste rientrano lo spostamento di una parte della domanda verso i licei, correlato ad un aumento del titolo di studio dei genitori (i protagonisti del boom della scolarizzazione superiore degli anni 70); una certa capacità di attrazione degli istituti professionali “rinnovati” dal “il progetto 92” ed altre ancora che meriterebbero approfondimenti specifici, come la trasformazione in nuovi tipologie di licei degli ex istituti magistrali. Tabella 4 - Percentuale alunni iscritti alla scuola secondaria superiore – dati nazionali anno scolastico Tipologia di scuola Licei classici alunni 9,5 9,7 9,6 9,4 9,2 9,3 9,6 Licei scientifici alunni 19,2 19,6 19,4 19,3 19,3 19,6 20,1 110 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale Ist. e scuole magistr.li alunni 7,0 7,0 7,0 6,9 6,9 7,2 7,4 Ist. Professionali alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Ist. Tecnici alunni 40,4 39,7 39,0 38,5 38,2 37,6 36,7 Ist. d’arte alunni 2,4 2,4 2,4 2,4 2,4 2,4 2,4 Licei artistici alunni 1,3 1,3 1,3 1,4 1,4 1,5 1,5 Totale scuole superiori alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 3.2.1 I dati relativi all’istruzione professionale a livello nazionale e regionale L’istruzione professionale segue l’andamento generale relativo all’incremento degli studenti della scuola secondaria superiore con un proprio apporto significativo (confronta tab. 3, graf. 3 e graf. 5). Il numero degli studenti che frequentano gli IPS aumenta non solo in valore assoluto (da 477.964 dell’a.s. 1998/1999 passa 559.845 dell’a. s. 2003/2004) ma anche in percentuale. Se, infatti, nell’a.s. 1997/1998 la percentuale di studenti dell’istruzione professionale è pari al 20,1%, nell’a.s. 2003/2004 raggiunge il valore del 22,3%, dopo aver toccato il 22,4% nell’anno precedente (tab. 3 e graf. 6). 111 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 112 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 113 CAPITOLO 3 I dati relativi all’istruzione professionale a livello nazionale e regionale i dati sull’istruzione professionale L’andamento in valore assoluto e percentuale del numero degli studenti degli istituti professionali ha caratteristiche omogenee su tutto il territorio nazionale, anche per quanto riguarda la contrazione percentuale degli iscritti agli istituti professionali che si registra a partire dall’a.s. 2002/2003 (ad eccezione delle regioni Umbria, Abruzzo e Sicilia) e prosegue in quello successivo, accompagnata da un incremento percentuale degli iscritti all’istruzione classica, scientifica e magistrale. Anche per gli iscritti negli IPS, analogamente a quanto detto per gli istituti tecnici, non è possibile individuare una sola ragione in grado di spiegare il perchè delle variazioni dei valori assoluti e percentuali. Dell’incremento, già richiamato, registrato nell’anno scolastico 99/00 in concomitanza dell’innalzamento dell’obbligo scolastico è possibile individuare una motivazione di fondo: una utenza “normale”, anche se non particolarmente motivata (l’obbligo riguardava i 14enni che avevano conseguito la licenza media e quindi che avevano una carriera scolastica senza ripetenze), nel momento che veniva “obbligata” a proseguire è probabile che abbia optato per percorsi scolastici che offrivano la possibilità di conseguire una qualifica dopo 3 anni di corso. Negli anni scolastici immediatamente successivi l’incremento può essere derivato, almeno in parte, da un effetto di trascinamento della crescita degli iscritti nelle classi prime negli anni precedenti. A partire dall’a.s. 2002/2003 si registra un’inversione di tendenza correlata al manifestarsi di alcuni fenomeni, in parte già richiamati: la tendenza alla liceizzazione; l’abolizione dell’obbligo scolastico; l’avvio di una sperimentazione relativa a percorsi integrati gestiti in collaborazione tra Centri di formazione professionale e scuole, con caratteristiche diverse da Regione e Regione. In alcuni casi gli alunni frequentanti questi corsi figurano ancora iscritti agli Istituti professionali di Stato, mentre in altri risultano iscritti solo ai Centri di formazione professionale, anche se i corsi sono, comunque, progettati con un rapporto di partenariato tra Istituti e Centri e prevedono il coinvolgimento sia degli educatori della formazione professionale sia dei docenti dell’istruzione . Il quadro complessivo nazionale (relativo alle 18 regioni esaminate) concernente la composizione della popolazione scolastica della scuola secondaria superiore nell’anno scolastico 2003/2004 è rappresentato dal graf. 7. 114 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 115 CAPITOLO 3 I dati relativi all’istruzione professionale a livello nazionale e regionale i dati sull’istruzione professionale Se gli andamenti delle iscrizioni sono omogenei su tutto il territorio nazionale non altrettanto si può dire sulla percentuale di alunni iscritti agli IPS. La situazione rappresentata nella tab.5 mostra una forbice di un certo rilievo tra il Veneto con la percentuale più alta (22,53) e il Molise con quella più bassa (14,29). Tra le realtà in cui si registra una percentuale più bassa, relativamente al dato nazionale, si annoverano tre regioni del centro (Umbria, Toscana e Lazio), una del Nord (Liguria), due del Sud (Abruzzo e Molise) e la Sardegna. Tutto il Nord (esclusa appunto la Liguria) e le altre regioni non citate si collocano al di sopra della media nazionale. La Puglia con il 24, 37% e la Basilicata con 24,28% figurano tra le regioni con i tassi più alti. Non è facile quindi individuare correlazioni tra caratteristiche socio-economico, livelli di sviluppo e tassi di iscrizione agli IPS. Probabilmente le scelte dell’Amministrazione scolastica e un possibile effetto di imitazione di alcune esperienze positive hanno determinato la distribuzione riportata tab. 5 e evidenziata nel graf. 6. Tabella 5. Alunni iscritti negli Istituti professionali - anno scolastico 2003-2004 - valori percentuali Regione Quota alunni IPS Regione Quota alunni IPS Piemonte 22,53 Lazio 19,07 Lombardia 22,54 Abruzzo 15,70 Liguria 21,70 Molise 14,29 Veneto 24,64 Campania 23,27 Friuli V. Giulia 23,82 Puglia 24,37 Emilia Romagna 24,31 Basilicata 24,28 Toscana 21,63 Calabria 22,78 Umbria 21,71 Sicilia 22,60 23,91 Sardegna 17,99 Marche NAZIONALE 22,34 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 116 i dati sull’istruzione professionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR CAPITOLO 3 117 CAPITOLO 3 Per completare il quadro complessivo relativo ai caratteri quantitativi dell’istruzione professionale è utile riportare una sintesi dei dati relativi alle sedi di erogazione del servizio di istruzione secondaria superiore nelle 18 regioni prese in esame (Tab. 6). Alle sedi centrali corrispondono istituzioni scolastiche autonome. Le sezioni associate, sedi scolastiche non autonome, possono far capo ad istituiti dello stesso ordine oppure ad istituti in cui sono presenti indirizzi afferenti a diversi ordini. In questo ultimo caso l’istituto autonomo prende la denominazione di “istituto di istruzione superiore” o più semplicemente, come nella tabelle 5, “istituti superiori”. A ciascuna istituzione scolastica autonoma è preposto un dirigente scolastico (o un docente incaricato). Tabella 6. Sedi scolastiche di istruzione secondaria superiore – a.s. 2002/2003 – distribuzione regionale sedi centrali totale sedi centrali + sezioni associate Istituti Superiori 85 55 111 31 5 48 84 8 13 54 201 LOMBARDIA 90 147 106 209 62 17 71 150 14 23 97 369 a istituti superiori a sedi centrali Totale istituti autonomi totale sedi centrali + sezioni associate 53 sez. associate PIEMONTE sedi centrali totale sedi centrali + sezioni associate Istruzione artistica sedi centrali Istruzione professionale totale sedi centrali + sezioni associate Istruzione tecnica sedi centrali Istruzione classica sc. e mag.le Regione I dati relativi all’istruzione professionale a livello nazionale e regionale i dati sull’istruzione professionale LIGURIA 25 29 18 41 12 4 16 32 3 4 16 74 VENETO 48 84 74 127 45 13 43 101 10 17 54 231 FRIULI V.GIULIA 15 34 16 41 9 4 20 33 3 4 25 68 EMILIAROMAGNA 40 69 42 99 30 14 57 101 7 12 58 177 TOSCANA 43 92 45 104 23 3 53 79 10 20 66 187 118 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale UMBRIA 16 27 15 31 7 0 21 28 4 6 18 60 MARCHE 23 42 27 48 13 8 25 46 5 11 27 95 106 147 82 157 42 9 44 95 12 22 68 310 27 39 27 47 9 3 17 29 7 11 21 91 8 17 7 16 2 0 6 8 1 3 12 30 117 166 103 149 69 25 39 133 14 23 57 360 69 121 78 135 39 15 61 115 13 17 74 273 LAZIO ABRUZZO MOLISE CAMPANIA PUGLIA BASILICATA 10 33 12 33 7 6 16 29 2 4 23 54 CALABRIA 45 90 48 94 26 16 39 81 9 15 53 181 SICILIA 83 165 75 163 40 14 71 125 15 20 103 316 SARDEGNA Totale 38 63 45 77 18 11 24 53 4 9 29 134 856 1.450 875 1.682 484 167 671 1.322 141 234 855 3.211 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR Come si vede dalla tabella 6, gli istituti professionali autonomi sono 484, mentre il numero complessivo delle sedi in cui è possibile frequentare i corsi degli istituti professionali sono 1.322. Le 842 sedi prive di autonomia sono associate in parte (167, pari a circa il 20%) a Istituti professionali e in misura più rilevante (671) a scuole secondarie superiori di altra tipologia. Ciò è dovuto, in larga misura, al fatto che nel 2000, anno in cui era previsto che le istituzioni scolastiche raggiungessero determinate dimensioni2, molte sedi di istituti professionali furono associate ad istituti superiori di altro indirizzo che, in tal modo, rientrarono nei parametri previsti per l’acquisizione dell’autonomia. Dalla tabella 7 si possono ricavare alcuni dati interessanti: - gli istituti professionali autonomi rappresentano il 20,5% del numero complessivo di scuole secondarie superiori autonome, mentre gli studenti dell’istruzione professionale, nello stesso anno preso in esame per le sedi (2002/2003), costituiscono il 22,4% degli iscritti agli istituti secondari di secondo grado (tab. 4); - le sedi - istituti autonomi o sedi associate – raggiungono il 28,2% del totale, significativamente superiore alla percentuale degli iscritti; - il Molise e l’Abruzzo, che registrano la percentuale più bassa di studenti iscritti all’istruzione professionale, hanno anche la più bassa percentuale di istituti professionali autonomi. 119 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale Tabella 7. Istituti autonomi e sedi dell’istruzione professionale - percentuale sul totale degli istituti superiori a livello nazionale e regionale –a.s. 2002/03 % sedi % istituti Regione % sedi % istituti PIEMONTE 28,7 21,1 LAZIO 22,6 17,4 LOMBARDIA 28,4 22,8 ABRUZZO 23,0 12,9 LIGURIA 30,2 20,7 MOLISE 18,2 11,1 VENETO 30,7 25,4 CAMPANIA 28,2 22,8 FRIULI V.GIULIA 29,5 20,9 PUGLIA 29,6 19,6 EMILIA-ROMAGNA 35,9 25,2 BASILICATA 29,3 22,6 TOSCANA 26,8 19,0 CALABRIA 28,9 20,3 UMBRIA 30,4 16,7 SICILIA 26,4 18,8 MARCHE 31,3 19,1 SARDEGNA 26,2 17,1 28,2 20,5 Media nazionale Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR Le tabelle 8 (articolata in 2 parti per una lettura più agevole) forniscono il quadro della distribuzione regionale dei diversi indirizzi. Alcuni di questi sono molto rari: esiste un solo istituto professionale per l’industria edile e un solo istituto per la cinematografia e la televisione. Altri istituti, come i professionali per l’industria e l’artigianato, sono presenti in tutte le regioni e hanno, sul territorio nazionale, 191 sedi autonome; anche se, in proposito, è opportuno ricordare che a questo tipo di istituti fanno capo diverse qualifiche. 120 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale Tab. 8 - Istruzione professionale. Sedi di erogazione del servizio per tipologia di istituto e regione - a.s. 2002/03 (prima parte) Regione Ist. professionali per l’agricoltura e l’ambiente. Ist. professionali per i servizi commerciali e turistici Ist. professionali per i servizi alberghieri e la ristorazione Ist. professionali industria e artigianato Sezioni associate Sezioni associate Sezioni associate Sedi centrali a sede centrale a istituti superiori Sedi centrali a sede centrale a istituti superiori Sedi centrali a sede centrale a istituti superiori Sedi centrali a sede centrale a istituti superiori Sezioni associate PIEMONTE 2 10 10 1 24 6 1 3 13 3 11 LOMBARDIA 2 2 9 27 5 24 7 3 3 26 7 34 LIGURIA 2 1 1 2 1 6 4 1 2 4 1 7 VENETO 4 5 7 12 1 15 7 1 6 20 5 13 FRIULI V. GIULIA 1 2 9 7 4 10 EM1LIAROMAGNA 1 2 13 7 22 7 1 1 13 10 16 TOSCANA 1 4 9 2 17 4 3 8 1 27 UMBRIA 2 3 7 2 2 12 MARCHE 4 2 7 3 3 6 6 14 LAZIO 2 2 5 15 2 18 8 3 14 5 13 ABRUZZO 1 2 5 3 1 2 3 2 10 MOLISE 2 1 1 1 3 CAMAPANIA 3 8 3 22 5 15 16 5 3 26 6 15 PUGLIA 7 14 5 19 8 1 4 10 8 17 BASILICATA 1 4 1 4 3 2 3 2 8 CALABRIA 2 8 11 6 1 9 5 7 12 7 12 S,ICILIA 3 3 26 9 3 9 9 3 6 17 5 22 SARDEGNA Totale nazionale 2 6 lO 1 3 6 1 3 7 4 8 26 43 117 147 29 211 98 17 49 191 74 252 Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 121 CAPITOLO 3 i dati sull’istruzione professionale del servizio (c= a+b) Sedi centrali Punti di erogazione Sedi centrali Sezioni associate (b) superiori 31 53 84 LOMBARDIA 1 62 88 150 LIGURIA 12 20 32 VENETO 2 1 2 45 56 101 FRIULI V. 9 24 33 2 1 5 30 71 101 TOSCANA 1 2 23 56 79 UMBRIA 7 21 28 MARCHE 1 13 33 46 LAZIO 1 5 1 1 42 53 95 ABRUZZO 9 20 29 MOLISE 2 6 8 CAMAPANIA 1 1 1 1 2 69 64 133 PUGLIA 5 13 2 1 1 39 76 115 BASILICATA 1 7 22 29 CALABRIA 1 26 55 81 S,ICILIA 2 4 4 40 85 125 2 18 35 53 17 2 33 3 2 9 1 1 484 838 1322 a istituti a sede centrale Sedi centrali (a) Totale Ist. prof. Cinem. e televis. Ist. prof. indu-stria edile attività marinare Ist. professionali industria e Sedi centrali PIEMONTE a istituti superiori Sezioni associate a sede centrale Sezioni associate Sedi centrali Regione sociali Ist. professionali per i servizi Tabella 8. Istruzione professionale. Sedi di erogazione del servizio per tipologia di istituto e regione – a.s. 2002/2003 (seconda parte) GIULIA EM1LIAROMAGNA SARDEGNA Totale nazionale Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 122 CAPITOLO 4 il personale IL PERSONALE 4.1 Premessa Il personale degli Istituti Professionali di Stato (IPS), attualmente, nelle 18 regioni prese in esame, è dipendente dello Stato (MIUR) ed ha un rapporto di lavoro con contratto a tempo indeterminato (ex personale di ruolo) o a tempo determinato (incaricati annuali o supplenti temporanei). Il personale che opera negli IPS in relazione ai diversi profili professionali può essere così classificato: - Dirigenti scolastici; - Docenti diplomati e laureati; - Personale ausiliario tecnico amministrativo (ATA). Il personale ATA si articola nelle qualifiche: - Direttore dei servizi generali e amministrativi; - Coordinatore amministrativo o tecnico; - Assistente amministrativo o tecnico; - Cuoco; - Infermiere; - Guardarobiere; - Collaboratore dei servizi; - Addetto alle aziende agrarie; 123 CAPITOLO 4 Premessa il personale - Collaboratore scolastico. Il rapporto di lavoro, per le parti non riservate alla legge, è regolato da due contratti di lavoro: quello del comparto della dirigenza scolastica, per i dirigenti scolastici, e quello del comparto scuola, per i docenti e il personale ausiliario, tecnico e amministrativo. 4.2I dirigenti scolastici I dirigenti scolastici sono ripartiti in organici regionali, articolati al loro interno in 2 contingenti: il primo è relativo ai dirigenti del primo ciclo (scuole elementari e medie e istituti comprensivi) e il secondo riguarda i dirigenti della scuola secondaria superiore. I dirigenti scolastici preposti agli istituti professionali non appartengono, quindi, ad un organico specifico, ma sono parte dei contingenti regionali della scuola secondaria superiore, all’interno dei quali il numero dei posti dei dirigenti impegnati nell’istruzione professionale dovrebbe corrispondere al numero degli IPS funzionanti nelle diverse regioni e riportati nella Tab. 6. Occorre però ricordare che, dopo le richiamate operazioni di dimensionamento previste dal DPR 233/98, concluse prima dell’inizio dell’a. s. 2000/2001, oltre agli istituti riconducibili alle tradizionali articolazioni delle scuola secondaria superiore (istruzione classica, scientifica e magistrale; istruzione tecnica; istruzione professionale e istruzione artistica), proprio per raggiungere le dimensioni quantitative previste per il riconoscimento dell’autonomia, furono costituiti istituti con sezioni appartenenti a più di una delle articolazioni sopra ricordate. Tali istituti hanno assunto la denominazione di Istituti di Istruzione Superiore o, più brevemente, Istituti Superiori (IS). Il numero dei dirigenti preposti agli istituti professionali non è, quindi, deducibile in modo automatico dal numero di IPS presenti nelle diverse regioni. Al momento dell’eventuale passaggio di competenze in materia di istruzione professionale, dalla Stato alle Regioni, sarà necessario valutare le caratteristiche dei diversi istituti superiori e, sulla base di queste valutazioni, stabilire la loro collocazione istituzionale. Complessivamente, gli istituti con la presenza di soli indirizzi professionali risultano 484, mentre gli istituti superiori caratterizzati dalla presenza di più indirizzi risultano 885. Tra questi, in 671 si registra la presenza di indirizzi dell’istruzione professionale. Considerando che un numero analogo è caratterizzato dalla presenza di indirizzi dell’istruzione tecnica, la valutazione del numero di dirigenti scolastici coinvolti in un passaggio dell’istruzione professionale di Stato alle Regioni potrebbe oscillare da un minimo di 484 unità ad un massimo 124 CAPITOLO 4 il personale di 1155 (sedi centrali IPS e sezioni associate a IS, tab. 6). Analogo ragionamento si può fare per ciascuna regione. La tab. 6 può dare un’idea del fabbisogno di dirigenti scolastici nelle diverse regioni sulla base delle sedi in cui sono attive sezioni dei diversi indirizzi dell’istruzione professionale. Da questo esame emerge una situazione estremamente diversificata. Il maggior numero di punti di erogazione del servizio (150 tra sedi centrali e sezioni associate) si trova in Lombardia, mentre il numero più alto di istituti autonomi è in Campania (69 sedi centrali). Il Molise si caratterizza per il numero più basso di sedi centrali (2) e di punti di erogazione del servizio (8). Il quadro riepilogativo relativo alle istituzioni scolastiche autonome dell’istruzione secondaria di secondo grado, cui corrispondono i posti da dirigente scolastico, è rappresentato dalla tab. 9 che descrive la distribuzione regionale delle sedi centrali secondo le diverse tipologie di istituto, evidenziando quelle relative all’istruzione professionale. Tab. 9 – sedi centrali delle scuole secondarie superiori distribuzione per regioni e tipologia di istituti – a.s. 2002/03 Istruzione tecnica Istruzione professionale Istruzione artistica Istituti Superiori totale istituti di secondo grado autonomi 53 55 31 8 54 201 LOMBARDIA 90 106 62 14 97 369 LIGURIA 25 18 12 3 16 74 VENETO 48 74 45 10 54 231 FRIULI V.GIULIA 15 16 9 3 25 68 EMILIAROMAGNA 40 42 30 7 58 177 TOSCANA 43 45 23 10 66 187 UMBRIA 16 15 7 4 18 60 MARCHE 23 27 13 5 27 95 106 82 42 12 68 310 27 27 9 7 21 91 8 7 2 1 12 30 117 103 69 14 57 360 69 78 39 13 74 273 Istruzione classica, sc. e mag.le PIEMONTE Regione LAZIO ABRUZZO MOLISE CAMPANIA PUGLIA 125 I dirigenti scolastici CAPITOLO 4 il personale BASILICATA 10 12 7 2 23 54 CALABRIA 45 48 26 9 53 181 SICILIA 83 75 40 15 103 316 SARDEGNA Totale 38 45 18 4 29 134 856 875 484 141 855 3.211 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR Per quanto concerne le prospettive di un eventuale ricambio del personale dirigente in relazione al turn-over, la situazione nazionale, risultante al sistema informativo del Ministero e riferita all’anno scolastico 2002/2003 una situazione anagrafica del personale da cui si evince che nel 2008 oltre il 40% dei titolari avrà un’età superiore ai 65 anni (tab. 10). Inoltre, il dato relativo ai 2.856 dirigenti scolastici in servizio, se confrontato con le 3.211 scuole superiori autonome (tab. 9), fa risaltare una vacanza di organico pari all’11%. Va comunque detto che la mobilità tra dirigenti da un contingente (scuola elementare e media) all’altro (scuola secondaria di II grado), i concorsi riservati e quelli ordinari in via di espletamento possono modificare in modo significativo il quadro esposto. Rimane, comunque, il dato di fondo di una categoria con una età anagrafica notevolmente più alta della media degli altri lavoratori. Ciò è dovuto, fisiologicamente, al fatto che l’accesso al ruolo di Dirigente scolastico è preceduto da un congruo periodo di servizio come docente. Il fenomeno si accentua quando si accumulano ritardi nell’espletamento dei concorsi, come avvenuto negli ultimi 10 anni. Queste considerazioni spiegano i valori relativi alle cessazioni dal servizio (tab. 11). Nell’a.s. 2002/2003, per motivi diversi, le cessazioni dal servizio, su scala nazionale, hanno raggiunto un valore prossimo al 7%, a fronte di un valore teorico del 2,5% corrispondente ad una vita lavorativa di 40 anni. Tab. 10 – Dirigenti scolastici per età dati nazionali – a.s. 2002/03 Età Scuola secondaria di II grado Età Scuola secondaria di II grado 35 0 51 39 36 0 52 84 37 0 53 139 126 CAPITOLO 4 il personale 38 2 54 179 39 1 55 223 40 4 56 247 41 3 57 234 42 1 58 189 43 6 59 232 44 8 60 183 45 9 61 193 46 12 62 184 47 17 63 172 48 16 64 135 49 26 65 109 50 44 oltre 65 174 2.856 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 11 – Cessazione dal servizio dei Dirigenti scolastici in servizio a.s. 2002/03 Cessazioni a.s. 2002/03 Scuola Regione elemen- Scuola tare e seconda- secon- ria di II daria di I grado Totale Limiti d’età Dimissioni Altro Totale grado 390 173 563 5 25 8 38 LOMBARDIA 741 327 1.068 17 45 17 79 LIGURIA 137 70 207 2 3 3 8 VENETO 441 203 644 11 14 18 43 FRIULI V. 103 54 157 7 3 6 16 308 158 466 6 13 19 38 315 165 480 12 9 17 38 12 PIEMONTE GIULIA EMILIA ROMAGNA TOSCANA UMBRIA 97 53 150 2 5 5 MARCHE 150 83 233 1 4 8 13 LAZIO 535 289 824 28 14 23 65 ABRUZZO 167 78 245 7 5 8 20 127 CAPITOLO 4 il personale MOLISE 52 27 79 4 1 1 6 CAMPANIA 806 352 1.158 41 15 15 71 PUGLIA 542 251 793 17 12 8 37 BASILICATA 105 47 152 10 1 5 16 CALABRIA 379 164 543 18 3 6 27 SICILIA 507 284 791 26 10 11 47 SARDEGNA 111 87 198 9 8 8 25 5.886 2.865 8.751 223 190 186 599 Totale nazionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 4.3 I docenti La Tab. 12 dà un’idea della distribuzione del personale docente dell’istruzione professionale rispetto alle diverse classi di concorso. Il totale delle cattedre e dei posti di insegnamento in organico di fatto nell’a. s 2002/2003 è pari a 54.727 unità. La parte di gran lunga prevalente è rappresentata da docenti laureati che insegnano discipline presenti anche negli altri ordini di scuola. Se si guarda la tabella, ordinata secondo il numero decrescente dei posti corrispondenti alle diverse tipologie di cattedra, ai primi 7 posti troviamo classi di concorso comuni a quasi tutti gli indirizzi della scuola superiore: - Materie letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado; - Matematica; - Lingua e civiltà straniera (inglese); - Discipline economico-aziendali; -Educazione fisica negli istituti e scuole di istruzione secondaria II grado; - Scienze naturali, chimica e geografia, microbiologia; - Discipline giuridiche ed economiche. Solo queste materie impegnano circa il 55% dei docenti degli IPS. E’ utile ricordare che nell’istruzione professionale sono impegnati docenti laureati e docenti diplomati. Questi ultimi sono titolari di attività o discipline caratterizzate dalla operatività e dalle esercitazioni pratiche, sia svolte in autonomia dal solo insegnante diplomato, sia in codocenza e/o in funzione di coadiutore nei laboratori. Nella tab. 12 gli insegnamenti che richiedono solo il diploma di scuola 128 CAPITOLO 4 il personale secondaria superiore sono contraddistinti dalla lettera C nella sigla che identifica la classe di concorso. Oltre a questi insegnamenti il diploma di scuola secondaria superiore (di determinati indirizzi) costituisce titolo di studio sufficiente anche per acquisire l’abilitazione e quindi accedere all’insegnamento di “calcolo, contabilità elettronica ed applicazioni gestionali (A076)”. Il numero complessivo dei docenti impegnati nell’istruzione professionale è sicuramente superiore ai 54.727 indicati nella tabella 12 in quanto, oltre ai posti in organico riportati nella stessa tabella, vanno considerati anche gli insegnanti di sostegno e i supplenti temporanei. Per quanto riguarda gli insegnanti di sostegno, dalla pubblicazione del MIUR del 2003 “l’handicap e l’integrazione nella scuola”, sulla base dei dati relativi all’a.s. 2001/2002, risulta che la percentuale di alunni in situazione di handicap presenti negli istituti professionali statali e non statali è pari al 2,81%. Tale percentuale risulta notevolmente superiore alla media relativa all’insieme delle scuole secondarie di secondo grado pari allo 0,95% (Tab. 13). Se si considera il totale degli alunni in situazione di handicap iscritti nelle scuola secondarie di secondo grado, quelli presenti negli istituti professionali rappresentano il 62% del numero complessivo. Nella stessa pubblicazione risulta che gli insegnanti di sostegno impegnati nella scuola secondaria di secondo grado, nell’anno scolastico 2002/2003, sono complessivamente 14.141. Sulla base dei dati sopra riportati, una stima prudenziale degli insegnanti di sostegno impegnati negli istituti professionale nell’ a.s. 2002/2003 (il 62% di 14.141) porta ad un numero superiore a 8.700 unità che sommate alle 54.727 della tabella 12 danno un totale di 63.470 a cui vanno aggiunti i supplenti temporanei. Tabella 12 - Cattedre e posti negli istituti di istruzione professionale- Organico di fatto a.s. 2002/2003) Totale cattedre Posti uffici tecnici Totale cattedre e posti MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI ISTRUZIONE SECONDARIA DI II GRADO (A050) 10619 0 10619 MATEMATICA (A047) 4927 0 4927 LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (INGLESE) (A346) 4211 0 4211 DISCIPLINE ECONOMICO-AZIENDALI (A017) 2942 0 2942 EDUCAZIONE FISICA NEGLI ISTITUTI E SCUOLE DI ISTRUZIONE SECONDARIA II GRADO (A029) 2762 0 2762 SCIENZE NATURALI, CHIMICA E GEOGRAFIA, MICROBIOLOGIA (A060) 2339 0 2339 129 I docenti CAPITOLO 4 il personale DISCIPLINE (A019) GIURIDICHE ECONOMICHE 2236 0 2236 MECCANICO-TECNOLOGICO 1598 144 1742 (FRANCESE) 1721 0 1721 TECNICA DEI SERVIZI ED ESERCITAZIONI PRATICHE DI CUCINA (C500) 1662 0 1662 DISCIPLINE MECCANICHE E TECNOLOGIA (A020) 1642 0 1642 ELETTRONICA (A034) 1494 0 1494 LABORATORIO DI ELETTROTECNICA (C270) 1264 64 1328 ELETTROTECNICA ED APPLICAZIONI (A035) 1322 0 1322 TECNICA DEI SERVIZI ED ESERCITAZIONI PRATICHE DI SALA BAR (C510) 1259 0 1259 TRATTAMENTO TESTI, CALCOLO, CONTABILITA’ ELETTRONICA ED APPLICAZIONI GESTIONALI (A076) 1257 0 1257 LABORATORIO DI ELETTRONICA (C260) 1161 47 1208 SCIENZE E MEC AGRARIA E TEC DI GESTIONE AZIANDALE,FITOPATOLOGIA ED ENTOMOLOGIA AGRARIA (A058) 1001 0 1001 FISICA (A038) 935 0 935 TECNICA DEI SERVIZI E PRATICA OPERATIVA (C520) 793 0 793 ESERCITAZIONI AGRARIE (C050) 732 25 757 LABORATORIO (C320) LINGUA (A246) E CIVILTA’ ED STRANIERA SCIENZA DEGLI ALIMENTI (A057) 643 0 643 CHIMICA E TECNOLOGIE CHIMICHE (A013) 606 0 606 FILOSOFIA, PSICOLOGIA DELL’EDUCAZIONE (A036) 547 0 547 462 0 462 440 0 440 GEOGRAFIA (A039) 439 0 439 ESERCITAZIONI DI ABBIGLIAMENTO E MODA (C070) 422 0 422 METODOLOGIE OPERATIVE NEI SERVIZI SOCIALI (C450) 388 0 388 LABORATORIO DI CHIMICA INDUSTRIALE (C240) CHIMICA 331 11 342 LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (TEDESCO) (A546) 335 0 335 DISEGNO E STORIA DEL COSTUME (A024) 302 0 302 E SCIENZE STORIA DELL’ARTE (A061) ARTE DELLA FOTOGRAFIA PUBBLICITARIA (A007) 130 E E GRAFICA CAPITOLO 4 il personale IGIENE, ANATOMIA, FISIOLOGIA, PATOLOGIA GENERALE E DELL’APPARATO MASTICATORIO (A040) 277 0 DISEGNO E STORIA DELL’ARTE (A025) 274 0 274 ESERCITAZIONI DI ODONTOTECNICA (C130) 251 5 256 INFORMATICA (A042) 212 0 212 LABORATORIO DI TECNICA MICROBIOLOGICA (C350) 158 0 158 TECNICA FOTOGRAFICA (A065) 73 0 73 DISEGNO E MODELLAZIONE ODONTOTECNICA (A023) 42 0 42 LABORATORIO E REPARTI DI LAVORAZIONE DEL LEGNO (C370) 42 0 42 LABORATORIO E REPARTI DI LAVORAZIONE PER LE ARTI GRAFICHE (C380) 38 0 38 DISEGNO TECNICO ED ARTISTICO (A027) 35 0 35 EDUCAZIONE MUSICALE NEGLI ISTITUTI DI ISTRUZIONE SECONDARIA DI II GRADO (A031) 34 0 34 TECNOLOGIE (A069) GRAFICHE ED IMPIANTI GRAFICI 34 0 34 LINGUA E CIVILTA’ STRANIERA (SPAGNOLO) (A446) 30 0 30 LABORATORIO DI COSTRUZIONE, VERNICIATURA E RESTAURO DI STRUMENTI AD ARCO (C250) 14 0 14 NAVIGAZIONE, ARTE NAVALE ED ELEMENTI DI COSTRUZIONI NAVALI (A056) 13 0 13 REPARTI DI LAVORAZIONE FOTOGRAFICHE (C490) 13 0 13 ESERCITAZIONI NAUTICHE (C180) 10 0 10 TECNOLOGIE TESSILI (A070) PER LE ARTI 277 10 0 10 LABORATORIO DI OREFICERIA (C330) 9 0 9 ANATOMIA, FISIOPATOLOGIA OCULARE E LABORATORIO DI MISURE OFTALMICHE (A002) 7 0 7 LINGUAGGIO PER LA CINEMATOGRAFIA E LA TELEVISIONE (A044) 7 0 7 LABORATORIO DI FISICA E FISICA APPLICATA (C290) 0 5 5 LABORATORIO PER LE INDUSTRIE CERAMICHE (C400) 5 0 5 REPARTI DI LAVORAZIONE PER LA RIPRESA CINEMATOGRAFICA E TELEVISIVA (C480) 5 0 5 COSTRUZIONI, TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI E DISEGNO TECNICO (A016) 4 0 4 131 CAPITOLO 4 ESERCITAZIONI (C160) il personale DI TECNOLOGIA CERAMICA 4 0 4 MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI II GRADO DI LINGUA SLOVENA (A082) 4 0 4 MATERIE LETTERARIE NEGLI ISTITUTI DI II GRADO DI LINGUA SLOVENA (A082) 4 0 4 REPARTI DI LAVORAZIONE PER IL MONTAGGIO CINEMATOGRAFICO E TELEVISIVO (C460) 4 0 4 DISCIPLINE PLASTICHE (A022) 3 0 3 LABORATORIO TECNOLOGICO PER L’EDILIZIA ED ESERCITAZIONI DI TOPOGRAFIA (C430) 3 0 3 LINGUA E LETTERE ITALIANE NEGLI ISTITUTI DI ISTR SECONDARIA DI II GRADO LINGUA SLOVENA (A081) 3 0 3 REPARTI DI LAVORAZIONE PER LA REGISTRAZIONE DEL SUONO (C470) 3 0 3 DISCIPLINE GEOMETRICHE, ARCHITETTONICHE ARREDAMENTO E SCENOTECNICA (A018) 2 0 2 LABORATORIO DI INFORMATICA INDUSTRIALE (C310) 2 0 2 LABORATORIO TECNOLOGICO PER IL MARMOREPARTI SCULTURA,SMODELLATURA,DECORAZIO NE E ORNATO (C420) 2 0 2 ADDETTO ALL’UFFICIO TECNICO (C010) 0 1 1 CONVERSAZIONE (INGLESE) (C032) STRANIERA 1 0 1 ESERCITAZIONI CERAMICHE DI DECORAZIONE (C060) 1 0 1 LABORATORIO DI INFORMATICA GESTIONALE (C300) 1 0 1 ARCHITETTURA, MACCHINE (C410) 1 0 1 TECNICA DELLA REGISTRAZIONE DEL SUONO (A062) 1 0 1 TECNICA DELLA RIPRESA CINEMATOGRAFICA E TELEVISIVA (A063) 1 0 1 TOTALE CATTEDRE ISTRUZIONE PROFESSIONALE 54425 302 54727 IN LINGUA LABORATORIO TECNOLOGICO PER IL MARMOREPARTI Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 132 CAPITOLO 4 il personale Tabella 13 - alunni in situazione di handicap - scuole secondarie di secondo grado statali e non statali - a.s. 2001/2002 tipo di istituto Istruzione Classica, Scientifica e Magistrale Istruzione Tecnica Istruzione Professionale Istruzione Artistica Totale scuola secondaria di II grado alunni in situazione di handicap incidenza sul totale degli alunni Distribuzione percentuale degli alunni in situazione di handicap Distribuzione percentuale degli alunni 2.020 0,24% 9,37% 36,38% 4.081 0,46% 18,93% 38,94% 13.366 2,81% 62,00% 20,90% 2.092 2,43% 9,70% 3,78% 21.559 0,95% 100% 100% Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR Se dalla valutazione degli organici su posti normali o di sostegno si passa all’analisi delle tipologie di rapporto di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) con cui si fa fronte alle esigenze di personale, allora è utile esaminare la Tab. 14, dalla quale risulta che i docenti con contratto a tempo indeterminato sono, nell’a.s. 2002/2003, 50.465. Per gli altri docenti si provvede evidentemente con contratti a termine di durata annuale. Tab. 14 - I docenti laureati e diplomati con contratto a tempo indeterminato in servizio nell’istruzione professionale - a.s. 2002/2003 Regione docenti Regione docenti PIEMONTE 3.075 LAZIO LOMBARDIA 6.241 ABRUZZO 941 LIGURIA 1.070 MOLISE 241 VENETO 3.901 CAMPANIA 6.528 4.725 4.331 FRIULI VENEZIA GIULIA 1.083 PUGLIA EMILIA- ROMAGNA 3.144 BASILICATA TOSCANA 2.660 CALABRIA 2.651 SICILIA 5.251 SARDEGNA 1.578 UMBRIA MARCHE 714 1.525 806 Totale nazionale 50.465 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 133 CAPITOLO 4 I docenti il personale La distribuzione per fasce di età del personale docente della scuola secondaria di secondo grado (tab. 15) dimostra che nel 2010 un numero pari a 15. 665 docenti - 6,8% del personale docente in servizio nell’anno scolastico 2002/2003 - avrà superato i 65 anni di età. Entro l’a.s. 2018/20019 (a 10 anni dalla data ipotizzata per l’entrata in vigore della riforma) la quota del personale in servizio nell’a.s. 2002/2003 che avrà superato tale limite di età avrà raggiunto il 47%. Tabella 15. Docenti con contratto a tempo indeterminato per età - a.s. 2002/03 Età Scuola dell’infanzia Scuola elementare Scuola secondaria di I grado fino a 25 257 563 0 4 1 825 26 134 370 2 12 0 518 134 Scuola seconda- Personale ria di II educativo grado Totale 27 142 841 42 82 3 1.110 28 190 1.252 148 277 3 1.870 29 261 1.742 324 460 6 2.793 30 342 2.337 434 606 6 3.725 31 789 3.601 496 811 18 5.715 32 899 3.967 581 925 21 6.393 33 977 4.480 763 1.176 21 7.417 34 1.249 4.937 951 1.398 34 8.569 35 1.682 5.854 1.198 1.757 36 10.527 36 1.924 6.433 1.534 2.552 38 12.481 37 2.182 7.342 1.982 3.733 44 15.283 38 2.470 7.617 2.411 4.987 53 17.538 39 2.521 9.401 2.719 5.976 65 20.682 40 2.434 8.666 3.077 6.755 39 20.971 41 2.539 8.282 3.632 7.788 55 22.296 42 2.843 8.401 4.188 8.926 61 24.419 43 2.800 8.275 4.706 9.716 79 25.576 44 2.878 8.155 5.078 10.368 76 26.555 45 3.386 8.187 5.661 10.781 74 28.089 46 3.645 8.727 6.135 10.851 100 29.458 47 3.881 9.639 7.143 11.011 108 31.782 48 4.067 9.660 8.370 11.196 89 33.382 CAPITOLO 4 il personale 49 4.002 10.142 9.097 10.796 104 34.141 50 3.718 10.333 9.632 10.569 105 34.357 51 3.591 11.336 10.466 10.942 79 36.414 52 3.215 11.021 11.351 11.664 96 37.347 53 2.959 10.450 11.930 12.065 100 37.504 54 2.836 9.418 12.342 12.776 83 37.455 55 2.486 8.635 11.444 12.170 79 34.814 56 2.222 7.294 9.516 10.037 59 29.128 57 1.746 5.541 7.078 7.652 47 22.064 58 1.338 3.843 4.349 4.880 34 14.444 59 1.277 3.516 3.467 4.081 35 12.376 60 1.116 3.121 2.715 3.329 28 10.309 61 788 2.152 1.741 2.346 19 7.046 62 695 1.922 1.369 1.942 21 5.949 63 567 1.462 1.033 1.421 17 4.500 64 452 1.198 733 1.045 8 3.436 65 375 825 477 750 4 2.431 oltre 65 450 783 457 751 9 2.450 Totale 78.325 241.721 170.772 231.364 1.957 724.139 Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR Tale dato non dà però pienamente conto del turn-over prevedibile nei prossimi anni. Se si analizzano, infatti, le cessazioni dal servizio relative all’a.s. 2002/2003 (tab. 15), si vede che le cessazioni per limiti di età rappresentano poco più del 10% del totale. L’altro 90% delle cessazione trae origine da dimissioni o da altri motivi. Questo dato e il fatto che i docenti di scuola secondaria superiore con contratto a tempo indeterminato di età inferiore ai 50 anni, in servizio nell’anno scolastico 2002/2003 (tab. 14), siano circa la metà dell’intero contingente, confermano la previsione che, tra 15 anni, dei 231.364 docenti in servizio nella scuola secondaria di secondo grado nell’a.s. 2002/2003 ne rimarranno meno del 50% . 135 CAPITOLO 4 Premessa il personale Tab. 16 - Docenti della scuola secondaria di II grado - Cessazioni dal servizio - a.s. 2002/03 Regione Limiti d’età Dimissioni Altro Totale PIEMONTE 13 195 69 277 LOMBARDIA 42 307 159 508 LIGURIA 15 81 32 128 VENETO 31 208 109 348 7 52 24 83 EMILIA ROMAGNA 14 215 90 319 TOSCANA 27 195 82 304 UMBRIA 3 66 30 99 MARCHE 13 82 40 135 LAZIO 82 332 160 574 ABRUZZO 17 88 55 160 4 23 10 37 110 425 208 743 53 262 148 463 8 42 19 69 CALABRIA 37 178 70 285 SICILIA 46 355 137 538 8 89 49 146 530 3.195 1.491 5.216 FRIULI VENEZIA GIULIA MOLISE CAMPANIA PUGLIA BASILICATA SARDEGNA Totale nazionale Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 4.4Il personale ausiliario tecnico e amministrativo (ATA) Per il personale ATA i dati disponibili sono meno analitici, anche per il recente passaggio delle competenze sul personale di alcune tipologie di istituzione scolastica dagli Enti Locali alla scuola. Inoltre il contratto di lavoro 2002/2005 ha introdotto una riclassificazione del personale secondo una diversa articolazione delle qualifiche. E’ possibile, pertanto, procedere soltanto ad alcune considerazioni sulla base del numero complessivo delle unità di personale apparte- 136 CAPITOLO 4 il personale nente ai diversi livelli professionali (tab. 17), del numero complessivo di classi e del rapporto medio tra classi e addetti dei diversi profili professionali. I Direttori dei servizi generali e amministrativi sono figure uniche, preposte alle segreterie delle istituzioni scolastiche autonome. Pertanto, per loro, vale quanto già detto per i dirigenti scolastici: i posti in organico corrispondono al numero degli istituti professionali funzionanti nelle diverse regioni. Per dare una rappresentazione complessiva della situazione nella colonna d della tab. 18 sono stati riportati anche i posti corrispondenti agli istituti superiori in cui esistono indirizzi della istruzione professionale. Per quanto riguarda i collaboratori scolastici (ex III livello), gli assistenti amministrativi e tecnici e le altre figure già appartenenti al IV livello non si può che procedere ad una stima sulla base dei seguenti criteri: - numero complessivo delle sezioni di scuola dell’infanzia e delle classi dei diversi ordini e gradi di scuola funzionanti nelle diverse regioni; - rapporto medio tra il numero delle classi o sezioni e i posti in organico previsti per le diverse tipologie di personale; - numero di classi degli IPS funzionanti nelle diverse regioni. La tab. 18 riporta la stima, costruita secondo i criteri sopra indicati, dei posti complessivi di personale ausiliario tecnico e amministrativo impegnato nell’istruzione professionale nell’anno scolastico 2002/2003. Anche per il personale ATA si registra uno scarto significativo tra i 264. 739 posti in organico (tab. 17) e le 187.767 unità di personale con contratto a tempo indeterminato (tab. 19). La differenza viene coperta con contratti a tempo determinato. Non sono invece disponibili i dati relativi alla distribuzione per età di questo personale. E’ possibile, comunque, procedere ad una stima del turn-over sulla base dei rapporti di lavoro cessati a vario titolo (limiti di età, dimissioni e altro), nei diversi anni scolastici (tab. 20). La tabella 20 riporta i dati relativi all’a.s. 2002/2003 riferiti al numero complessivo di personale ATA in servizio nei diversi ordini e gradi di scuola. Confrontando tali dati con quelli relativi agli anni scolastici precedenti si nota una relativa stabilità nel tempo del rapporto tra le risoluzioni del rapporto di lavoro a vario titolo e il numero complessivo di addetti corrispondenti. Tale percentuale risulta pari a circa il 4% del personale con contratto a tempo indeterminato. 137 Il personale ausiliario tecnico e amministrativo (ATA) CAPITOLO 4 il personale Tab. 17 - Posti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario per livello - a.s. 2002/03 Regione III livello IV livello V livello Totale PIEMONTE 11.813 5.048 690 17.551 LOMBARDIA 23.347 10.223 1.311 34.881 LIGURIA 3.959 1.668 240 5.867 VENETO 12.388 5.590 747 18.725 FRIULI VENEZIA GIULIA 3.363 1.506 209 5.078 EMILIA ROMAGNA 9.905 4.318 560 14.783 TOSCANA 9.977 4.150 554 14.681 UMBRIA 2.863 1.248 178 4.289 MARCHE 5.087 2.228 280 7.595 15.337 7.177 956 23.470 4.720 1.908 294 6.922 LAZIO ABRUZZO 1.279 567 92 1.938 CAMPANIA MOLISE 21.228 9.562 1.377 32.167 PUGLIA 13.822 6.543 930 21.295 2.710 1.193 183 4.086 BASILICATA CALABRIA SICILIA SARDEGNA Totale nazionale 9.252 3.861 603 13.716 18.439 8.548 1.189 28.176 6.322 2.770 427 9.519 175.811 78.108 10.820 264.739 Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 138 CAPITOLO 4 il personale Tab. 18 - Posti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario per livello negli Istituti professionali - Stima - a.s. 2002/03 Regione PIEMONTE LOMBARDIA Collaboratore scolastico (stima) Assistenti amministrativi e tecnici (stima) Direttori dei servizi generali e amministrativi (n. IPS) Direttori dei servizi generali e amministrativi (n° IS con sez. prof.) a b c d 944 631 31 48 1.953 1.305 62 71 LIGURIA 324 217 12 16 VENETO 1.191 796 45 43 FRIULI VENEZIA GIULIA 332 222 9 20 EMILIA ROMAGNA 987 660 30 57 TOSCANA 816 545 23 53 UMBRIA 235 157 7 21 MARCHE 460 308 13 25 1.259 842 42 44 272 182 9 17 71 47 2 6 CAMPANIA 1.995 1.333 69 39 PUGLIA 1.432 957 39 61 LAZIO ABRUZZO MOLISE BASILICATA 243 162 7 16 CALABRIA 780 521 26 39 1.622 1.084 40 71 466 311 18 24 15.384 10.280 484 671 SICILIA SARDEGNA Totale nazionale Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 139 CAPITOLO 4 il personale Tabella 19. Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario con contratto a tempo indeterminato per livello - a.s. 2002/03 Regione PIEMONTE III livello IV livello V livello Totale 7.274 3.917 688 11.879 14.940 7.654 1.329 23.923 LIGURIA 2.830 1.347 253 4.430 VENETO 8.116 4.294 769 13.179 FRIULI VENEZIA GIULIA 1.965 1.240 213 3.418 EMILIA ROMAGNA 6.385 3.354 548 10.287 TOSCANA 6.495 3.246 562 10.303 LOMBARDIA UMBRIA 1.672 1.043 177 2.892 MARCHE 3.350 1.780 268 5.398 LAZIO 8.678 5.749 968 15.395 ABRUZZO 2.832 1.524 273 4.629 803 402 91 1.296 MOLISE 14.964 7.261 1.271 23.496 PUGLIA CAMPANIA 8.405 5.136 879 14.420 BASILICATA 1.997 1.022 178 3.197 CALABRIA 6.471 3.376 626 10.473 13.566 6.594 1.129 21.289 5.125 2.339 399 7.863 115.868 61.278 10.621 187.767 SICILIA SARDEGNA Totale nazionale Fonte: Elaborazione ISFOL su dati MIUR 140 CAPITOLO 4 il personale Tabella 20. Cessazioni a.s. 2002/03 - Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in servizio nei diversi ordini e gradi di scuola Regione PIEMONTE Limiti d’età Dimissioni Altro Totale 74 245 115 434 136 454 237 827 LIGURIA 32 93 31 156 VENETO 76 239 123 438 FRIULI VENEZIA GIULIA 19 72 35 126 LOMBARDIA EMILIA ROMAGNA 48 201 105 354 111 211 97 419 UMBRIA 28 47 37 112 MARCHE 53 65 54 172 TOSCANA LAZIO 272 277 153 702 ABRUZZO 80 77 54 211 MOLISE 30 16 17 63 CAMPANIA 567 213 427 1.207 PUGLIA 269 217 198 684 BASILICATA 69 47 26 142 CALABRIA 242 110 84 436 SICILIA 413 261 277 951 94 140 72 306 2.613 2.985 2.142 7.740 SARDEGNA Totale nazionale Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 141 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze LA SPESA 5.1 Le fonti di finanziamento e le tendenze Sviluppare un’analisi dettagliata della spesa pubblica per l’istruzione, e per l’istruzione professionale in particolare, non è facile. Alla spesa complessiva concorrono, infatti, diversi soggetti pubblici: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) - già Ministero della Pubblica Istruzione (MPI) - ; altri Ministeri se pur in forma residuale; Regioni; Province; Comuni e Comunità montane. Le spese di questi diversi livelli dell’Amministrazione generalmente vengono rese pubbliche attraverso aggregati che non consentono di individuare con sufficiente precisione le risorse destinate ai diversi gradi e ordini di scuole. Per avere un’idea degli apporti dei diversi livelli istituzionali, del peso percentuale di tali apporti e del loro andamento nel tempo si può esaminare la Tab. 21 143 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze Tabella 21. SPESA PUBBLICA PER L’ISTRUZIONE SCOLASTICA SECONDO LA FONTE DI FINANZIAMENTO. ANNI 1991-2001 anni Stato 1991 26.915 1992 Regioni Enti locali Totale 325 6.339 33.580 28.364 439 6.500 35.303 1993 28.465 308 6.797 35.570 Milioni di euro 1994 28.897 406 6.659 35.963 1995 29.732 387 6.647 36.766 1996 30.944 441 7.366 38.750 1997 28.614 726 7.969 37.310 1998 31.575 1.010 7.548 40.133 1999 32.514 904 7.830 41.249 2000 34.731 928 6.851 42.510 2001 40.800 1.085 6.906 48.790 1,0 18,9 100,0 Composizione percentuale 1991 80,2 1992 80,3 1,2 18,4 100,0 1993 80,0 0,9 19,1 100,0 1994 80,4 1,1 18,5 100,0 1995 80,9 1,1 18,1 100,0 1996 79,9 1,1 19,0 100,0 1997 76,7 1,9 21,4 100,0 1998 78,7 2,5 18,8 100,0 1999 78,8 2,2 19,0 100,0 2000 81,7 2,2 16,1 100,0 2001 83,6 2,2 14,2 100,0 Fonte: Elaborazione Miur Saiit – Ufficio statistica su dati Miur e Istat L’andamento complessivo dei dati evidenzia, negli anni 90, la tendenza ad un calo dell’incidenza della spesa dello Stato, la sostanziale stabilità degli apporti degli Enti locali ed un incremento del peso degli apporti delle Regioni. A partire dal 2000 si registra una ripresa della quota a carico dello Stato ed un calo di quella degli Enti locali. Questo ultimo andamento dovrebbe avere carattere temporaneo in quanto 144 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze strettamente correlato al passaggio alle dipendenze dello Stato del personale scolastico ausiliario, tecnico e amministrativo già dipendente dagli enti locali. Per avere un’idea della finalizzazione della spesa dei soggetti istituzionali sopra indicati può essere utile riportare i risultati di uno studio effettuato dal CEDE (ora INVALSI), - Istituto con personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa sottoposto alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione -, che ha preso in esame i principali indicatori della spesa pubblica per istruzione e cultura in Italia. Dalla tab. 22 si può avere un’ idea della complessità dei flussi di spesa e dell’apporto percentuale dei diversi soggetti alle diverse attività e funzioni del servizio di istruzione. Tab. 22 - Finanziamento del sistema educativo - Concorso dei diversi soggetti pubblici per voci di competenza e peso percentuale di ciascuna voce di spesa Soggetto pubblico Ministero della Pubblica Istruzione Regioni Anno di riferimento 1999 1998 Regioni - Sezione Istruzione e Cultura Province 1998 Settori di intervento Incidenza (%) Personale direttivo, docente e non docente 97.8 Beni e servizi 1.9 Interventi 0.3 Totale 100 Istruzione e diritto allo studio 27.3 Formazione professionale 61.9 Organizzazione della cultura 9.0 Ricerca scientifica 0.4 Altro 1.3 Totale 100 Istituti di istruzione secondaria 69.2 Formazione professionale e altri servizi inerenti l’istruzione 24.3 Altro Province - Sezione Funzioni di istruzione pubblica Totale 6.5 100 145 Le fonti di finanziamento e le tendenze CAPITOLO 5 Comuni fonti di finanziamento e tendenze 1996 Comuni - Sezione Istruzione Comunità montane 1998 Scuola materna 19.7 Istruzione primaria 26.0 Istruzione secondaria 11.9 Assistenza scolastica 21.3 Altri servizi inerenti l’istruzione 4.4 Musei, monumenti, biblioteche, archivi e pinacoteche 7.8 Giardino zoologico e museo zoologico 0.2 Servizi culturali diversi 8.7 Totale 100 Trasporto, refezione ed assistenza scolastica 13.9 Valorizzazione beni di interesse storico e artistico 2.8 Altri servizi per l’istruzione e la cultura, biblioteche, musei 23.5 Altro non specificato 59.8 Comunità montane- Sezione Totale Funzione di istruzione pubblica, cultura e beni culturali 100 Fonte: ASPIS –INVALSI Ai fini della nostra ricerca sono rilevanti soltanto le risorse provenienti dal Ministero della P.I. (ora MIUR), dal momento che lo scopo è quello di valutare gli effetti di un eventuale passaggio delle competenze in materia di Istruzione professionale dallo Stato alle Regioni. Soffermando, quindi, l’attenzione sulla spesa del Ministero per la scuola secondaria superiore e, in particolare, sulle risorse destinate all’istruzione professionale, può essere utile esaminare i dati della tab. 23. 146 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze Tabella 23. Scuola Secondaria Superiore – Somme impegnate per la scuola secondaria superiore - Consuntivi di competenza (valori in milioni di Eurolire costanti 2001=100) (*) Indirizzi e 1998 1999 2000 2001 ordini di Var.% Var.% Var.% Var.% 98/01 99/01 00/01 98/00 scuola Istruzione 2.782,74 2.856,43 3.091,53 3.509,08 26,1 22,8 13,5 4.367,91 4.398,60 4.639,51 5.432,69 24,4 23,5 17,1 2.648,71 2.741,06 2.816,93 3.298,52 24,5 20,3 17,1 825,77 834,50 829,02 0,4 397,98 10.625,12 10.830,58 11.376,98 12.638,28 18,9 16,8 11,1 classica scientifica e magistrale Istruzione tecnica Istruzione professionale Istruzione artistica Licei artistici e istituti d’arte Totale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR I dati confermano una tendenza alla crescita della spesa per tutta la secondaria superiore e l’istruzione professionale si muove con una tendenza omogenea agli altri ordini di istruzione secondaria superiore. I dati relativi all’istruzione artistica scontano la separazione organizzativa e amministrativa delle Accademie e dei Conservatori dai licei artistici e istituti d’arte. Per ricavare i dati relativi al costo medio per studente sarà sufficiente rapportare i dati della tabella 23 con quelli che si possono ricavare della tab. 3. Il confronto, per evitare distorsioni derivanti da modifiche nei criteri di rilevazione del numero degli alunni (dal 1998 i dati del Miur non prendono più in considerazione gli alunni di Trento e Bolzano), è limitato agli anni scolastici 1998/99, 1999/00 e 2000/01 (tab. 24). Per quanto riguarda l’istruzione artistica, per le ragioni sopra richiamate si può fare riferimento solo ai dati dell’a.s. 200/01. 147 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze Tabella 24 - Scuola secondaria superiore – alunni per ordini e indirizzi di scuola anno scolastico Ordini e indirizzi di scuola 98/99 99/00 00/01 Istruzione classica scientifica e magistrale alunni 851.797 850.792 848.401 Istruzione tecnica alunni 934.179 920.743 917.869 Istruzione professionale alunni 477.964 500.937 525.279 Istruzione artistica alunni 86.635 88.326 90.605 Totale alunni 2.350.575 2.360.798 2.382.154 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 25 - Scuola secondaria superiore – Costo medio per studente (valori in migliaia di Eurolire costanti 2001 = 100) Ordini e indirizzi di scuola anno scolastico 98/99 99/00 00/01 Istruzione classica scientifica e magistrale 3.353 3.634 4.136 Istruzione tecnica 4.709 5.039 5.919 Istruzione professionale 5.735 5.623 6.280 Istruzione artistica Costo medio 4.392 4.415 4.642 5.305 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 5.2La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s. 2003/2004 I dati della tab. 25, dal 2001 al 2004, hanno sicuramente subito variazioni rispetto alle quali è possibile sviluppare qualche considerazione utile a formulare ipotesi sull’andamento della spesa. I fattori che possono aver determinato variazioni nella spesa complessiva e nella spesa media per alunno sono essenzialmente i seguenti: a)il numero degli alunni; b)il rapporto alunni/classi e conseguentemente alunni/docenti e alunni/personale in generale; c)le variazioni reali della retribuzione media del personale. Per quanto riguarda il numero degli alunni i dati sono disponibili fino 148 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze all’anno scolastico 2003/2004 ed è quindi possibile, ad invarianza degli altri parametri sopra richiamati, sulla base della spesa sostenuta nel 2001 (rapportata agli alunni dell’anno scolastico 2000/01), fare una stima della spesa del 2004. La retribuzione media reale del personale docente della scuola secondaria superiore, assumendo come riferimento la retribuzione del personale di ruolo con 15 anni di anzianità, ha avuto, nel periodo 2001/2003, un incremento reale pari al 0,4%, secondo quanto risulta da uno studio della UIL scuola riportato nel sito internet di tale organizzazione (tab. 26). Tabella 26. Indice delle retribuzioni in termini reali - Docenti di scuola secondaria di secondo grado - 1993=100 Anni iniziale a 15 anni Massima 1993 100,00 100,00 100,00 1994 96,25 96,25 96,25 1995 94,60 96,42 94,45 1996 96,03 96,00 91,70 1997 98,55 98,50 94,19 1998 98,48 98,43 94,02 1999 100,84 100,45 97,45 2000 101,60 100,36 95,39 2001 104,85 104,77 99,38 2002 105,97 104,71 100,75 2003 107,26 105,21 101,39 Fonte: Elaborazione Uil Scuola su dati ISTAT, MIUR, CCNL Nel periodo in esame (2001/2004), però, sono stati effettuati una serie di interventi sugli organici che hanno portato ad un incremento del rapporto alunni/classi e del rapporto alunni/insegnanti, con conseguenti effetti sulla riduzione della spesa media per alunno. Va inoltre considerato che il 14/7/2003 è stato sottoscritto il rinnovo del contratto di lavoro degli insegnanti che prevedeva, oltre al riallineamento delle retribuzioni rispetto all’inflazione anche incrementi retributivi reali, equivalenti ai risparmi realizzati in termini di spesa per il personale, proprio in conseguenza degli interventi sugli organici. 149 La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s. 2003/2004 CAPITOLO 5 La spesa per l’istruzione professionale nell’a.s. 2003/2004 fonti di finanziamento e tendenze E’ pertanto plausibile, in prima approssimazione, per effetto di una compensazione tra gli incrementi reali delle retribuzioni del personale e l’incremento del rapporto alunni/docenti, che la spesa media per alunno, in termini reali, risulti sostanzialmente equivalente a quella sostenuta nel 2001. Gli incrementi, in termini monetari, dovrebbero pertanto essere pari all’incremento dell’indice del costo della vita dal 2001 al 2004, pari al 6,94%. Applicando tale incremento al valore del costo medio per studente dell’istruzione professionale riportato nella tabella 25 (6.280 euro) si ottiene una proiezione del costo medio per alunno, nel 2004, pari a € 6.716. Utilizzando tale valore come parametro per la stima della spesa del MIUR per gli alunni dell’istruzione professionale, iscritti nell’a.s. 2003/2004 negli IPS delle diverse regioni, si ottiene una valutazione degli oneri che le regioni dovrebbero assumere per gestire in modo diretto, e ad invarianza di ogni altro parametro di costo, le competenze in materia di istruzione professionale, attualmente esercitate dallo Stato (tab. 27). Tab. 27 – Stima della spesa dello Stato nelle diverse Regioni per l’istruzione professionale - anno scolastico 2003/2004 –( valori in euro 2004 =100) Regione alunni iscritti negli IPS Spesa stimata PIEMONTE 34.285 230.258.060 LOMBARDIA 73.018 490.388.888 LIGURIA 11.448 76.884.768 VENETO 41.980 281.937.680 FRIULI VENEZIA GIULIA 10.232 68.718.112 EMILIA- ROMAGNA 34.252 230.036.432 TOSCANA 28.926 194.267.016 UMBRIA 7.995 53.694.420 MARCHE 15.879 106.643.364 LAZIO 46.176 310.118.016 ABRUZZO 10.039 67.421.924 2.548 17.112.368 CAMPANIA 76.638 514.700.808 PUGLIA 54.012 362.744.592 8.825 59.268.700 MOLISE BASILICATA 150 CAPITOLO 5 fonti di finanziamento e tendenze CALABRIA 27.461 184.428.076 SICILIA 60.613 407.076.908 SARDEGNA 15.518 104.218.888 559.845 3.759.919.020 Totale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 151 Riferimenti bibliografici Bettoni C. e Asquini G., a cura di, La spesa pubblica per istruzione e cultura in Italia: i principali indicatori, CEDE, Roma 2002. Isfol, Rapporto Isfol 2003, Roma 2004. CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips GLI ISCRITTI AGLI IPS NELLE REGIONI ITALIANE: ANALISI E PROIEZIONI 6.1 Premessa Come già detto precedentemente, la presente ricerca si pone l’obbiettivo di analizzare la situazione attuale dell’istruzione professionale, al fine di valutare i possibili effetti derivanti dall’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, secondo quanto previsto dalla legge 53/2003. Questa prospettiva richiede un’analisi attenta e puntuale della diverse realtà regionali, in particolare per quanto riguarda i dati relativi al numero complessivo degli studenti della secondaria superiore, alla loro distribuzione tra i diversi ordini ed indirizzi con una attenzione specifica all’istruzione professionale ed un valutazione delle dinamiche della popolazione scolastica al fine di valutarne la possibile evoluzione. Questo capitolo cerca di raggiungere questo obbiettivo attraverso una riorganizzazione, regione per regione, dei dati e delle dinamiche già esaminati a livello nazionale e proponendo primi elementi di confronto tra i dati nazionale e quelli regionali. Nei paragrafi dedicati alle diverse regioni viene poi sviluppato un modello previsionale in grado di fornire, sulla base dei dati oggi disponibili, una possibile indicazione, relativa al numero d’iscritti all’istruzione professionale nell’a.s. 2008/2009, anno in cui è stata ipotizzata l’entrata a regime del nuovo assetto ordinamentale. 153 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.2Il modello previsionale Per costruire il modello previsionale si è ipotizzato che l’esercizio delle competenze in materia di istruzione e formazione professionale da parte delle Regioni non comporti modificazioni nelle scelte delle famiglie e degli studenti e che, pertanto, negli istituti di istruzione professionale di futura competenza regionale confluiscano gli alunni che, sulla base degli ordinamenti vigenti, frequentano attualmente gli istituti professionali. E’ evidente che questa ipotesi può risultare eccessivamente astratta. La sua maggiore o minore validità dipende dalle decisioni che saranno assunte in materia - e che ancora non sono delineate in modo univoco - e dai successivi comportamenti rispetto alle iscrizioni. Per consentire confronti omogenei sono stati presi in esame i dati relativi ad un percorso quinquennale, assumendo che i tassi di passaggio dagli attuali corsi qualifica (3 anni) al post qualifica (4° e 5° anno) producano effetti comparabili con quelli che si determineranno a seguito dell’attuazione della riforma che prevede, dopo i primi quattro anni di corso nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, la possibilità di accedere ad un quinto anno propedeutico all’ingresso all’università o ai corsi di Formazione tecnica superiore. L’incremento o il decremento dei tassi di iscrizione o di passaggio non sono stimabili con parametri statistico-matematici e vanno ascritti ai costi e ai benefici della riforma. La previsione relativa agli alunni che potrebbero frequentare l’istruzione professionale nell’anno scolastico 2008/2009, anno in cui si è ipotizzato che la riforma del secondo ciclo possa essere entrata in funzione a regime, è stata costruita sulla base dei dati relativi agli alunni iscritti alle diverse classi (dalla prima classe della scuola elementare alla quinta degli istituti professionali) negli anni scolastici compresi tra il 1997/98 e il 2002/03. I tassi di passaggio e gli indici di flusso sono stati determinati non sulla base dell’ultimo anno ma prendendo in considerazione un periodo di 5 anni al fine di ridurre gli errori derivanti da variazioni temporanee e contingenti nell’andamento delle iscrizioni. La scelta del periodo preso in considerazione nasce da due ordini di ragioni: in primo luogo per la disponibilità dei dati analitici relativi agli anni scolastici compresi in tale intervallo; secondariamente perché in tale periodo si sono alternati periodi di flessione e periodi di crescita del tasso di iscrizione agli istituti professionali. E’ evidente che la scelta (soggettiva) del periodo ha conseguenze significative sulle previsioni. Scostamenti rilevanti rispetto alle previsioni potrebbero, inoltre, essere 154 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips determinati dai cambiamenti delle tendenze in atto che si potrebbero manifestare anche come effetto dei provvedimenti di riforma. A conferma di questa considerazione si possono portare due esempi recenti: il prolungamento dell’obbligo scolastico, nell’anno scolastico 1999/2000, ha determinato sia un incremento dei tassi di passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria superiore, sia un incremento della percentuale degli iscritti agli istituti professionali; in concomitanza con la presentazione della legge “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”, si è registrato un incremento dei tassi di iscrizione nei licei e una contrazione di quelli degli istituti professionali. Inoltre, la stretta correlazione esistente tra il titolo di studio dei genitori e la scelta della scuola secondaria superiore frequentata dai figli potrebbe determinare ulteriori cambiamenti nei comportamenti relativamente a questa scelta, dal momento che coloro che completeranno il primo ciclo nei prossimi anni hanno come genitori coloro che sono stati protagonisti dello straordinario incremento della scuola secondaria superiore registrato nel nostro paese negli ultimi 30 anni. Le previsioni sono state sviluppate partendo dai dati relativi agli alunni iscritti nelle diverse classi della scuola elementare e della scuola media. Questa scelta consente di prescindere da altri dati, come quelli relativi all’andamento demografico, ai tassi di scolarizzazione e di insuccesso scolastico, in quanto i dati relativi al numero di iscritti alle diverse classi, i tassi di passaggio da una classe alla successiva e da un grado all’altro tengono già conto anche di quelli sopra richiamati. 6.3 Alcune considerazioni sui risultati complessivi I dati presi a riferimento per sviluppare le proiezioni sono quelli relativi all’a.s. 2002/03 in quanto l’anno più recente del quale si ha a disposizione il numero degli iscritti suddivisi per classi interne ai diversi ordini e gradi. La leva scolastica che in tale anno si trova a frequentare la terza elementare corrisponde a quella che nell’a.s. 2008/09 frequenterà il primo anno della scuola secondaria superiore, mentre gli alunni di terza media del 2003 dovrebbero trovarsi al V anno dei corsi superiori nel 2008. Sulla base degli indici di flusso ricavati, applicati alle leve scolastiche di riferimento, sono stati stimati, per ogni anno di corso e per ogni regione, gli alunni delle diverse classi degli istituti professionali3. A livello nazionale, il dato complessivo è ottenuto dalla somma delle sti- 155 Il modello previsionale CAPITOLO 6 Alcune considerazioni sui risultati complessivi gli iscritti agli ips me relative a ciascuna regione e il calcolo conduce ad una previsione, per l’anno scolastico 1008/09, di un numero di alunni pari a 540.747 unità, valore che si colloca all’interno dell’intervallo dei dati registrati negli ultimi anni scolastici (525.279 nel 2000/2001 e 559.845 nel 2003/2004). Sul piano nazionale questo risultato si giustifica dalla concomitanza di due fenomeni che tendono a compensarsi: l’aumento complessivo degli alunni che si iscrivono alla scuola secondaria superiore e la riduzione della percentuale di coloro che si iscrivono agli istituti professionali, tendenza nazionale già registrata a partire dal 2001 (tab. 28). Tab. 28 - Confronto studenti iscritti al I anno di scuola secondaria superiore - e studenti iscritti al I anno degli IPS anno scolastico iscr. I a. sc. sec. sup. iscr. I a. IPS % iscr. I a. IPS 1998/99 562.444; 129.887 23,1 1999/00 585.496; 149.832 25,6 2000/01 585.351; 155.335 26,5 2001/02 593.010; 153.432 25,8 2002/03 617.309; 153.024 24,8 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 6.4 I dati regionali Il quadro regionale risulta molto più articolato con una connotazione di fondo: un incremento generalizzato degli studenti degli IPS in tutte le regioni del centro nord ed un calo significativo in tutte le regioni del sud e nelle isole (cfr. tab. 29 e graf. 9). Questa differenziazione interna, in larga misura, è motivata dal fatto che nel secondo gruppo di regioni si registreranno, anche nei prossimi anni, gli effetti del calo demografico che si evidenzia nei dati relativi agli iscritti nella scuola elementare e nella scuola media. Questo è un fenomeno che nelle altre realtà si è manifestato prima e, in generale, risulta ormai assorbito: in alcune di queste realtà regionali si registrano significativi segnali di una inversione di tendenza che si è già propagata o sta per propagarsi nella scuola media e nella scuola secondaria superiore. Poiché le stime sono state effettuate a livello regionale, tutti i dati e 156 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips i calcoli relativi agli andamenti degli iscritti nelle diverse classi della scuola elementare, della scuola media e dell’istruzione professionale sono organizzati in 18 paragrafi regionali, corredati di tabelle e grafici, ai quali si rimanda per una lettura puntuale. Per ciascuna delle 18 regioni esaminate, vengono riportati: - gli andamenti degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore, la relativa composizione percentuale, con una particolare attenzione all’istruzione professionale anche in relazione ai corrispondenti dati nazionali; - i tassi di passaggio da una classe a quella successiva e la media relativa ai cinque anni scolastici presi in esame; - la tavola dei flussi da una classe a quella successiva; - una rappresentazione grafica degli andamenti degli iscritti in prima elementare, in terza elementare, in prima media e nel primo anno degli istituti professionali; - la previsione degli studenti degli IPS nell’anno scolastico 2008/2009. Il quadro riepilogativo delle diverse regioni e nazionale è riassunto nella tab. 29 e rappresentato dal graf. 9. In estrema sintesi, si può ritenere che i dati complessivi nazionali, relativi agli iscritti all’istruzione professionale, fatti salvi i possibili mutamenti di comportamento indotti dalla riforma, nel periodo preso in considerazione, dovrebbero rimanere sostanzialmente stabili rispetto ai dati iniziali di questo decennio. Tabella 29. Alunni istituti professionali - stima delle variazioni degli alunni dall’a. s. 2002/03 all’a.s. 2008/09 – dati nazionali stima alunni alunni variazioni variazioni a.s. 2008/2009 02/03 02_08 02_08 PIEMONTE LOMBARDIA cl 1 cl 2 cl 3 cl 4 cl 5 totale totale totale % 9.433 7.539 6.828 5.718 4.720 34.238 32.912 1.326 4,03 20.922 16.740 14.854 11.798 9.758 74.072 71.067 3.005 4,23 LIGURIA 3.252 2.753 2.582 2.016 1.578 12.181 11.150 1.031 9,25 VENETO 11.285 9.670 9.157 7.203 6.319 43.635 41.650 1.985 4,77 2.689 2.387 2.282 1.901 1.623 10.882 10.179 703 6,90 ROMAGNA 9.847 8.443 7.882 6.472 5.371 38.014 33.478 4.536 13,55 TOSCANA 8.067 6.661 6.080 5.024 4.126 29.957 28.701 1.256 4,38 FRIULI V. GIULIA EMILA- 157 I dati regionali CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips UMBRIA 1.841 1.685 1.644 1.365 1.192 7.728 7.675 53 0,69 MARCHE 4.008 3.623 3.357 2.999 2.483 16.471 15.863 608 3,83 11.933 10.236 9.152 7.968 6.585 45.873 45.137 736 1,63 2.317 2.012 1.859 1.611 1.336 9.136 9.822 -686 -6,99 526 498 463 385 318 2.191 2.461 -270 -10,98 LAZIO ABRUZZO MOLISE CAMPANIA 18.799 15.751 13.786 12.106 9.815 70.258 75.809 -5.551 -7,32 PUGLIA 12.544 10.470 9.806 8.564 7.218 48.602 52.845 -4.243 -8,03 BASILICATA 1.835 1.642 1.555 1.363 1.174 7.569 8.858 -1.289 -14,55 CALABRIA 5.484 5.090 4.749 4.390 3.911 23.623 27.517 -3.894 -14,15 14.498 11.683 10.319 8.956 7.410 52.866 57.637 -4.771 -8,28 3.897 3.081 2.844 2.074 1.553 13.451 15.441 -1.990 -12,89 143.179 119.964 109.199 91.914 76.490 540.747 548.202 -7.455 -1,36 SICILIA SARDEGNA TOTALE NAZ. LE Area geografica NORD OVEST 33.607 27.032 24.264 19.533 16.056 120.491 115.129 5.362 4,66 NORD EST 23.821 20.500 19.321 15.576 13.313 92.531 85.307 7.224 8,47 CENTRO 25.850 22.205 20.233 17.356 14.385 100.029 97.376 2.653 2,72 SUD 41.506 35.464 32.218 28.420 23.772 161.379 177.312 -15.933 -8,99 ISOLE 18.395 14.764 13.164 11.030 8.963 66.317 73.078 -6.761 -9,25 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 158 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.5Regione Piemonte Per quanto riguarda la Regione Piemonte, la percentuale (22,53%) degli studenti iscritti all’istruzione professionale si colloca a ridosso del valore medio nazionale, pari al 22,34% (tab. 31 e graf. 10). L’andamento del totale degli iscritti alla scuola secondaria superiore ricalca grosso modo la tendenza nazionale (tab. 3 e tab. 30), mostrando una crescita lenta ma costante, eccezion fatta per il calo registrato tra l’a.s. 1997/98 e l’a.s. 1998/99 che risulta essere ampiamente compensato dal picco d’iscrizioni rilevato nel 2003/04. Per quanto riguarda gli Istituti Professionali, la percentuale degli iscritti subisce, tra l’a.s. 1997/98 e l’a.s. 1998/99, una lieve flessione, cresce con regolarità di un punto percentuale fino al 2001/2002 per poi decrescere ed attestarsi al 22,5 % del totale degli iscritti nell’anno scolastico 2003/2004. Complessivamente gli andamenti dei valori assoluti e percentuali degli alunni iscritti agli IPS (graf. 11 e graf. 12) non si discostano significativamente dai dati nazionali anche se in questa Regione le variazioni percentuali registrate nell’a.s. 98/99 e nell’a.s. 2002/2003, per il loro valore, rappresentano un dato anomalo rispetto al quadro nazionale. Nella regione si contano 31 istituti professionali con 5 sedi associate e 48 sedi sono aggregate ad istituti di istruzione superiore per un totale di 84 punti di erogazione del servizio (tab. 6) . I docenti con contratto a tempo indeterminato impegnati nella regione, nell’a.s. 2002/2003, risultano 3.075 (tab. 14). 159 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 30 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Piemonte - valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola alunni Licei classici anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 9.906 9.834 10.029 9.888 9.923 10.249 11.118 6,9 7,0 7,0 6,8 6,8 7,0 7,3 30.302 30.556 30.415 30.072 30.209 30.961 32.522 21,0 21,7 21,1 20,8 20,8 21,2 21,4 7.434 7.499 7.814 7.925 8.210 8.907 9.675 5,2 5,3 5,4 5,5 5,6 6,1 6,4 31.087 30.200 32.413 33.309 33.597 32.912 34.285 21,6 21,5 22,5 23,1 23,1 22,5 22,5 61.060 58.234 58.560 58.448 58.476 58.103 59.317 42,4 41,4 40,7 40,5 40,2 39,7 39,0 2.007 2.044 2.168 2.025 2.229 2.127 2.046 1,4 1,5 1,5 1,4 1,5 1,5 1,3 2.297 2.387 2.556 2.758 2.804 3.116 3.243 1,6 1,7 1,8 1,9 1,9 2,1 2,1 144.093 140.754 143.955 144.425 145.448 146.375 152.206 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 % alunni Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. professionali alunni % alunni alunni % alunni alunni % alunni alunni Ist. Tecnici % alunni alunni Ist. d’arte % alunni alunni Licei artistici % alunni Totale scuole sec. superiori alunni % alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 31 Iscritti agli IPS in Piemonte e in Italia - Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li Piemonte % alunni 21,6 21,5 22,5 23,1 23,1 22,5 22,5 Ist. Prof.li Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 160 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Grafico 10 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR G raf. 12 - An d amen to d el n u mero d eg li alu nn i d elle scu ole Grafico 11 seco n d arie su p erio ri - R eg io n e Piemo n te 1 5 4 .0 0 0 1 5 2 .0 0 0 1 5 2 .2 0 6 1 5 0 .0 0 0 1 4 8 .0 0 0 1 4 6 .0 0 0 1 4 6 .3 7 5 1 4 4 .0 0 0 1 4 5 .4 4 8 1 4 4 .4 2 5 1 4 4 .0 9 3 1 4 3 .9 5 5 1 4 2 .0 0 0 1 4 0 .0 0 0 1 4 0 .7 5 4 1 3 8 .0 0 0 1 3 6 .0 0 0 1 3 4 .0 0 0 9 7 /9 8 9 8 /9 9 9 9 /0 0 0 0 /0 1 0 1 /0 2 0 2 /0 3 0 3 /0 4 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 161 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 32 - Regione PIEMONTE - tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico anno scolastico 97-98 classi anno scolastico 98-99 alunni tasso di classi 99-2000 alunni passaggio tasso di classi alunni passaggio tasso di passaggio 1e 32426 1e/2e 100,21 1e 32360 1e/2e 100,34 1e 31922 1e/2e 100,68 2e 32415 2e/3e 100,72 2e 32493 2e/3e 100,55 2e 32470 2e/3e 100,43 100,64 3e 31404 3e/4e 100,39 3e 32650 3e/4e 100,30 3e 32673 3e/4e 4e 31995 4e/5e 100,60 4e 31527 4e/5e 100,70 4e 32749 4e/5e 100,78 5e 30797 5e/1m 108,84 5e 32187 5e/1m 108,48 5e 31747 5e/1m 108,83 1m 34244 1m/2m 96,33 1m 33520 1m/2m 97,88 1m 34918 1m/2m 98,02 2m 33822 2m/3m 98,37 2m 32986 2m/3m 99,72 2m 32809 2m/3m 98,40 3m 33402 3m/1p 24,13 3m 33271 3m/1p 29,56 3m 32895 3m/1p 29,71 1p 8621 1p/2p 80,05 1p 8059 1p/2p 86,51 1p 9835 1p/2p 77,22 2p 7033 2p/3p 88,00 2p 6901 2p/3p 91,51 2p 6972 2p/3p 89,16 3p 6066 3p/4p 81,36 3p 6189 3p/4p 84,08 3p 6315 3p/4p 85,92 4p 5073 4p/5p 81,14 4p 4935 4p/5p 82,82 4p 5204 4p/5p 82,61 5p 4294 5p 4116 5p 4087 162 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico anno scolastico 2000-01 2001-02 classi alunni 1e 32210 tasso di classi alunni 1e 32038 passaggio 1e/2e 99,94 anno scolastico 2002-03 tasso di classi alunni 1e 32901 Tavola dei flussi passaggio 1e/2e 100,88 1e 1000 2e 32140 2e/3e 100,62 2e 32192 2e/3e 100,51 2e 32320 2e 1004 3e 32611 3e/4e 100,56 3e 32339 3e/4e 100,77 3e 32357 3e 1010 4e 32882 4e/5e 100,90 4e 32792 4e/5e 101,17 4e 32589 4e 1015 5e 33005 5e/1m 106,95 5e 33179 5e/1m 107,28 5e 33177 5e 1024 1m 34549 1m/2m 97,78 1m 35300 1m/2m 98,23 1m 35594 1m 1106 2m 34225 2m/3m 98,61 2m 33783 2m/3m 99,48 2m 34674 2m 1080 3m 32284 3m/1p 28,19 3m 33748 3m/1p 26,16 3m 33608 3m 1069 1p 9773 1p/2p 77,78 1p 9100 1p/2p 77,32 1p 8830 1p 294 2p 7595 2p/3p 91,80 2p 7601 2p/3p 88,03 2p 7036 2p 235 3p 6216 3p/4p 86,89 3p 6972 3p/4p 83,59 3p 6691 3p 211 4p 5426 4p/5p 83,36 4p 5401 4p/5p 83,82 4p 5828 4p 178 5p 4299 5p 4523 5p 4527 5p 147 (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Grafico 14 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 163 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 33 - Regione Piemonte Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di pas- Stima alunni istituti professiosaggio nali a.s. 2008/2009 3e 32.357 0,292 1p 9.433 4e 32.589 0,231 2p 7.539 5e 33.177 0,206 3p 6.828 1m 35.594 0,161 4p 5.718 2m 34.674 0,136 5p 4.720 Totale 34.238 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 32.912 Incremento alunni istituti professionali 1.326 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Dai dati si evince una crescita degli alunni iscritti in prima media, a partire dall’a.s. 98/99, accompagnata da una sostanziale stabilità dei dati relativi alla scuola elementare, in ripresa nella prima classe nell’a.s. 2003/2004. La tavola dei flussi porta alla previsione di uno sviluppo, a comportamenti invariati, degli iscritti all’istruzione professionale. L’incremento previsto è dell’ordine del 4%. 6.6 Regione Lombardia I dati relativi agli iscritti alle scuole secondarie superiori della Lombardia (tab. 34) mostrano un calo di studenti tra il 97/98 e l’anno successivo. Tale dato negativo tuttavia viene pienamente recuperato negli anni successivi nei quali, anche grazie al boom di iscrizioni registrato nell’a. s. 2003/2004, il numero degli studenti cresce in modo significativo. Il dato riguardante i soli Istituti professionali, dall’a.s. scolastico 97/98 all’a.s. 01/02, mostra una crescita costante in valore assoluto e percentuale che, passa dal 20,1% al 22,8%. A partire dal 2001/2002, però, tale percentuale inizia a decrescere fermandosi al 22,5 % del totale degli iscritti nel 2003/2004 (tab. 35). Confrontato con i valori nazionali, l’andamento del numero totale degli alunni mostra una maggiore flessione nel primo biennio mentre il dato dei professionali si uniforma a quello medio complessivo. La percentuale degli alunni iscritti negli IPS nel 2003/2004 si discosta di poco da quella media nazionale (+0,2%). Le sedi in cui sono presenti corsi di istruzione professionale (dati a.s. 2002/20903) sono 150. Di queste 62 sono sedi centrali con 17 se- 164 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips zione associate mentre 71 sono aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab. 6). I docenti con contratto a tempo indeterminato impegnati nella regione, nell’a.s. 2002/2003, risultano 6.241 (tab.14). Tab. 34 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Lombardia. Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 18.417 17.896 17.636 16.789 17.083 17.450 19.003 % alunni 6,0 6,0 5,8 5,5 5,5 5,6 5,9 alunni 60.021 59.024 58.344 58.095 59.169 60.422 64.070 % alunni 19,7 19,7 19,3 19,0 18,9 19,3 19,8 Ist. e scuole magistrali alunni 18.594 18.542 18.815 19.040 18.938 19.747 21.063 % alunni 6,1 6,2 6,2 6,2 6,1 6,3 6,5 Ist. professionali alunni 61.385 61.511 65.918 68.893 71.288 71.067 73.018 % alunni 20,1 20,6 21,8 22,5 22,8 22,7 22,5 alunni 136.644 132.399 132.099 133.105 135.739 133.800 134.307 % alunni 44,8 44,2 43,6 43,4 43,4 42,6 41,5 % alunni 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,1 alunni 3.192 3.074 3.046 3.085 3.161 3.195 3.430 alunni 6.834 6.761 7.029 7.404 7.618 8.046 9.088 % alunni 2,2 2,3 2,3 2,4 2,4 2,6 2,8 alunni 305.087 299.207 302.887 306.411 312.996 313.727 323.979 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Licei classici Licei scientifici Ist. Tecnici Ist. d’arte Licei artistici Totale scuole sec. superiori Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 165 La regione lombardia CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 35 Iscritti agli IPS in Lombardia e in Italia - valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Lombardia % alunni 20,1 20,6 21,8 22,5 22,8 22,7 22,5 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 166 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 167 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 36 - Regione Lombardia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico anno scolastico anno scolastico 97-98 98-99 99-2000 classi 1e alun- tasso di pas- classi ni saggio 71931 1e/2e 100,63 alun- tasso di pas- classi ni saggio 1e 72477 1e/2e 100,35 1e alun- tasso di pasni saggio 71813 1e/2e 100,70 2e 71907 2e/3e 100,80 2e 72387 2e/3e 100,46 2e 72732 2e/3e 100,69 3e 70969 3e/4e 100,56 3e 72482 3e/4e 100,30 3e 72723 3e/4e 100,33 4e 71751 4e/5e 100,96 4e 71365 4e/5e 100,58 4e 72698 4e/5e 100,88 5e 68843 5e/1m 105,47 5e 72443 5e/1m 105,03 5e 71776 5e/1m 104,51 1m 72611 1m/2m 97,39 1m 72610 1m/2m 97,62 1m 76090 1m/2m 98,06 2m 74153 2m/3m 98,83 2m 70717 2m/3m 99,46 2m 70881 2m/3m 99,39 3m 73816 3m/1p 23,59 3m 73285 3m/1p 29,88 3m 70334 3m/1p 29,74 1p 17618 1p/2p 83,53 1p 17413 1p/2p 81,47 1p 21900 1p/2p 75,93 90,86 2p 13951 2p/3p 87,36 2p 14717 2p/3p 87,20 2p 14186 2p/3p 3p 11979 3p/4p 78,80 3p 12187 3p/4p 78,56 3p 12833 3p/4p 81,38 4p 9547 4p/5p 81,22 4p 9440 4p/5p 78,65 4p 9574 4p/5p 83,73 5p 8290 5p 7754 5p 7425 anno scolastico anno scolastico anno scola- Tavola stico flussi 2000-01 2001-02 2002-03 tasso di passaggio classi alun- tasso di pas- classi ni saggio dei classi alunni alunni 1e 71387 1e/2e 100,90 1e 72057 1e/2e 100,70 1e 74487 1e 1000 2e 72317 2e/3e 100,74 2e 72033 2e/3e 100,78 2e 72564 2e 1007 3e 73234 3e/4e 100,92 3e 72852 3e/4e 100,89 3e 72595 3e 1014 4e 72965 4e/5e 101,30 4e 73907 4e/5e 100,92 4e 73497 4e 1020 5e 73339 5e/1m 104,33 5e 73910 5e/1m 103,89 5e 74584 5e 1029 1m 75010 1m/2m 99,19 1m 76512 1m/2m 98,86 1m 76784 1m 1077 2m 74616 2m/3m 99,65 2m 74403 2m/3m 100,08 2m 75639 2m 1058 3m 70452 3m/1p 28,41 3m 74358 3m/1p 27,18 3m 74465 3m 1052 1p 20915 1p/2p 79,58 1p 20016 1p/2p 76,98 1p 20208 1p 292 2p 16629 2p/3p 89,24 2p 16644 2p/3p 86,61 2p 15409 2p 232 3p 12890 3p/4p 84,48 3p 14839 3p/4p 80,46 3p 14416 3p 205 4p 10443 4p/5p 85,22 4p 10889 4p/5p 83,52 4p 11939 4p 165 5p 8016 5p 8900 5p 9095 5p 136 (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 168 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Grafico 19 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 37 - Regione Lombardia. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 72.595 0,288 1p 20.922 4e 73.497 0,228 2p 16.740 5e 74.584 0,199 3p 14.854 1m 76.784 0,154 4p 11.798 2m 75.639 0,129 5p 9.758 Totale 74.072 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 incremento alunni istituti professionali 71.067 3.005 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Si registra una crescita degli alunni della prima elementare e della prima media (anche se con alcune oscillazioni). Prevedibile, ad invarianza degli orientamenti delle famiglie, un incremento degli iscritti all’istruzione professionale. L’ordine di grandezza dell’incremento, rispetto ai dati dell’a.s. 02/03, è di circa il 4%. 169 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.7 Regione Liguria I dati della Liguria mostrano una crescita del totale iscritti ad eccezione dell’anno scolastico 1998/99, in cui si registra anche una flessione nel valore assoluto degli alunni degli istituti professionali. L’incremento degli studenti degli I.P.S. coincide con la crescita contemporanea del numero totale degli iscritti che si registra nell’a.s. 99/00. A partire dall’a.s. 01/02 i dati sugli iscritti agli IPS si stabilizzano mentre il numero totale degli studenti della scuola secondaria superiore ha un incremento notevole nell’a.s. 03/04 (tab. 38). Il rapporto tra iscritti agli istituti professionali e il totale iscritti, a partire dal 2001/2002 cala in modo più rapido di quanto non avvenga a livello nazionale. Nell’anno scolastico 2003/2004 questo rapporto si attesta al 21,7% del totale. (tab. 39). La Liguria risulta, tra le regioni del nord, l’unica in cui questa percentuale risulta inferiore alla media nazionale (graf. 8). Le sedi in cui si possono frequentare i corsi di istruzione professionale sono 32: 12 sedi centrali e 20 sezioni associate di cui 16 aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab.6). I docenti titolari, nell’anno scolastico 2002/2003, negli istituti professionali della regione, con contratto a tempo indeterminato, risultano 1.070 (tab. 14). Tab. 38 - Alunni e classi della scuola secondaria superiore - Regione Liguria Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 5.390 5.345 5.383 5.723 5.757 5.934 6.273 % alunni 10,7 10,9 11,0 11,6 11,5 11,7 11,9 alunni Licei scienti- % fici alunni 10.627 10.487 10.636 10.278 10.549 10.836 11.428 21,1 21,5 21,7 20,9 21,1 21,4 21,7 Ist. e scuole magistrali alunni 3.422 3.363 3.205 3.226 3.211 3.430 3.804 % alunni 6,8 6,9 6,5 6,5 6,4 6,8 7,2 10.120 9.830 10.531 10.885 11.152 11.150 11.448 20,1 20,1 21,5 22,1 22,0 21,7 Licei classici alunni Ist. profes- % sionali alunni 170 22,3 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips alunni 19.063 18.084 17.536 17.502 17.714 17.324 17.672 % alunni 37,9 37,0 35,8 35,5 35,4 34,2 33,5 alunni 646 663 642 668 639 683 729 % alunni 1,3 1,4 1,3 1,4 1,3 1,3 1,4 alunni Licei artistici % alunni 1.079 1.076 999 993 1.022 1.253 1.395 2,1 2,2 2,0 2,0 2,0 2,5 2,6 Totale scuole sec. superiori 50.347 48.848 48.932 49.275 50.044 50.610 52.749 100,0 100,0 100,0 Ist. Tecnici Ist. d’arte alunni % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 39 Iscritti agli IPS in Liguria e in Italia – Valori percentuali anno scolastico Ist. Prof.li Liguria Ist. prof.li - Italia 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 % alunni 20,1 20,1 21,5 22,1 22,3 22,0 21,7 % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 171 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 172 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 173 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 40. Regione Liguria – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico anno scolastico anno scolastico 97-98 98-99 99-2000 classi alunni tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio 1e 10402 1e/2e 100,37 1e 10529 1e/2e 99,72 1e 10227 1e/2e 100,18 2e 10240 2e/3e 100,67 2e 10440 2e/3e 100,09 2e 10499 2e/3e 101,46 3e 9993 3e/4e 100,91 3e 10309 3e/4e 100,17 3e 10449 3e/4e 101,24 4e 10084 4e/5e 100,96 4e 10084 4e/5e 100,79 4e 10327 4e/5e 101,18 5e/1m 5e/1m 5e/1m 114,25 5e 9685 114,27 5e 10181 114,97 5e 10164 1m 10956 97,27 1m 11067 97,64 1m 11705 2m 10950 98,26 2m 10657 98,21 2m 10806 3m 10862 3m/1p 24,34 3m 10759 3m/1p 27,72 3m 10466 3m/1p 30,99 1p 2721 1p/2p 80,04 1p 2644 1p/2p 88,96 1p 2982 1p/2p 85,35 2p 2230 2p/3p 93,00 2p 2178 2p/3p 97,89 2p 2352 2p/3p 87,80 3p 2103 3p/4p 77,84 3p 2074 3p/4p 83,22 3p 2132 3p/4p 79,36 4p 1665 4p/5p 77,90 4p 1637 4p/5p 81,80 4p 1726 4p/5p 77,64 5p 1401 5p 1297 5p 1339 anno scolastico anno scolastico anno scol. 2000-01 2001-02 å†2002-03 97,47 98,82 Tavola dei flussi classi alunni tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio classi alunni 1e 10231 1e/2e 100,85 1e 10150 1e/2e 100,94 1e 10643 1e 1000 2e 10245 2e/3e 101,84 2e 10318 2e/3e 100,71 2e 10245 2e 1004 3e 10652 3e/4e 101,33 3e 10434 3e/4e 101,72 3e 10391 3e 1014 4e 10579 4e/5e 102,21 4e 10794 4e/5e 101,27 4e 10613 4e 1025 5e 10449 5e/1m 115,77 5e 10813 5e/1m 112,00 5e 10931 5e 1038 1m 11612 1m/2m 99,96 1m 12097 1m/2m 97,11 1m 12111 1m 1186 2m 11409 2m/3m 102,11 2m 11607 2m/3m 98,48 2m 11748 2m 1161 3m 10679 3m/1p 28,40 3m 11650 3m/1p 26,34 3m 11430 3m 1151 1p 3243 1p/2p 82,30 1p 3033 1p/2p 82,33 1p 3069 1p 317 2p 2545 2p/3p 92,26 2p 2669 2p/3p 90,18 2p 2497 2p 266 3p 2065 3p/4p 84,75 3p 2348 3p/4p 77,47 3p 2407 3p 245 4p 1692 4p/5p 79,91 4p 1750 4p/5p 77,60 4p 1819 4p 197 5p 1340 5p 1352 5p 1358 5p 156 (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 174 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 41 - Regione Liguria Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 3e Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 10.391 0,313 1p 3.252 4e 10.613 0,259 2p 2.753 5e 10.931 0,236 3p 2.582 1m 12.111 0,166 4p 2.016 2m 11.748 0,134 5p 1.578 Totale 12.181 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 11.150 incremento alunni istituti professionali 1.031 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Liguria si registra una crescita sia degli iscritti in prima elementare, sia degli iscritti in prima media. I dati portano alla previsione di un incremento significativo degli alunni iscritti all’istruzione professionale. Tale incremento, sulla base dei tassi di flusso, potrebbe raggiungere una percentuale di circa il 9%. 175 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.8 Regione Veneto Nella regione Veneto si registra la più alta percentuale di iscritti agli istituti professionali (24,6%: +2,3% rispetto alla media nazionale) anche se tale percentuale si è ridotta di un punto negli ultimi due anni (tab. 42). L’andamento complessivo degli iscritti è analogo a quello del Piemonte, della Lombardia e della Liguria. Gli alunni totali calano lievemente nei primi due anni presi in esame, crescono negli anni successivi con un picco in corrispondenza dell’a.s. 2003/2004 (tab. 43, graf. 25). Gli iscritti agli Istituti Professionali dall’a.s. 1999/2000 crescono in valore assoluto fino all’a.s. 2003/2004, con una leggera flessione nell’a.s. 2002/2003. Il calo percentuale del numero di studenti iscritti a tali istituti, che si registra dopo il valore massimo raggiunto nell’a.s. 2001/2002, indica una tendenza, da parte delle ultime leve alla scuola secondaria superiore, ad optare per altri indirizzi. Le sedi scolastiche in cui è possibile frequentare corsi dell’istruzione professionale sono 101. Le sedi centrali sono 45 e 56 le sezioni associate, 43 di queste sono associate ad istituti superiori (tab. 6). Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato occupati negli istituti professionali della regione, nell’a.s. 2002/2003, sono 3.901 (tab.14). Tab. 42 - Alunni della scuola secondaria superiore- Regione Veneto valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 14.342 14.047 13.907 13.867 13.858 14.435 15.552 % alunni 8,6 8,7 8,6 8,5 8,4 8,7 9,1 Licei scientifici alunni 25.856 25.644 25.179 25.065 25.319 25.796 27.452 % alunni 15,5 15,8 15,5 15,4 15,4 15,5 16,1 Ist. e scuole magistrali alunni 9.281 9.314 9.303 9.441 9.693 10.484 11.357 % alunni 5,6 5,7 5,7 5,8 5,9 6,3 6,7 Ist. professionali alunni 39.603 38.529 39.560 40.511 41.885 41.650 41.980 % alunni 23,7 23,7 24,4 24,8 25,5 25,0 24,6 Licei classici 176 CAPITOLO 6 Ist. Tecnici Ist. d’arte ci Totale scuole sec. superiori gli iscritti agli ips alunni 70.269 68.019 67.586 67.543 66.919 67.044 67.071 % alunni 42,1 41,9 41,6 41,4 40,7 40,3 39,4 alunni 4.786 4.176 4.161 4.132 4.130 4.002 3.923 % alunni 2,9 2,6 2,6 2,5 2,5 2,4 2,3 alunni 2.816 2.650 2.598 2.709 2.761 2.907 3.018 % alunni 1,7 1,6 1,6 1,7 1,7 1,7 1,8 alunni 166.953 162.379 162.294 163.268 164.565 166.318 170.353 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 % alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 43 Iscritti agli IPS in Veneto e in italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. ofå†.li - eneto % alunni 23,7 23,7 24,4 24,8 25,5 25,0 24,6 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 177 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 178 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips G ra f. 2 7 - A nda m e nto de l num e ro de g li a lunni de lle s c uo le s e c o nda rie s upe rio ri - R e g io ne V e ne to 1 7 2.0 00 1 7 0 .3 5 3 1 7 0.0 00 1 6 8.0 00 1 66 .95 3 1 6 6 .3 1 8 1 6 6.0 00 1 6 4 .5 6 5 1 6 4.0 00 1 6 3 .2 6 8 1 6 2 .3 7 9 1 6 2.0 00 1 6 2.2 94 1 6 0.0 00 1 5 8.0 00 9 7 /9 8 9 8/99 9 9 /0 0 0 0/0 1 0 1 /0 2 0 2 /0 3 03 /04 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 179 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 44 - Regione Veneto – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni tasso di anno scolastico 98-99 classi alunni tasso di passaggio anno scolastico 99-2000 classi alunni tasso di passaggio passaggio 1e 37514 1e/2e 100,43 1e 38375 1e/2e 100,50 1e 37651 1e/2e 100,87 2e 37829 2e/3e 100,59 2e 37675 2e/3e 100,67 2e 38567 2e/3e 100,67 3e 36720 3e/4e 100,85 3e 38054 3e/4e 100,71 3e 37929 3e/4e 100,91 4e 37246 4e/5e 100,94 4e 37033 4e/5e 100,79 4e 38324 4e/5e 101,03 5e 35093 5e/1m 107,37 5e 37597 5e/1m 106,36 5e 37324 5e/1m 106,83 1m 38604 1m/2m 97,39 1m 37678 1m/2m 97,99 1m 39990 1m/2m 98,31 2m 39514 2m/3m 99,17 2m 37598 2m/3m 98,95 2m 36920 2m/3m 99,95 3m 38953 3m/1p 25,52 3m 39187 3m/1p 27,28 3m 37203 3m/1p 29,12 1p 9849 1p/2p 88,07 1p 9941 1p/2p 88,01 1p 10692 1p/2p 87,54 2p 8900 2p/3p 90,58 2p 8674 2p/3p 93,58 2p 8749 2p/3p 94,17 3p 8203 3p/4p 76,40 3p 8062 3p/4p 81,00 3p 8117 3p/4p 80,19 4p 6580 4p/5p 84,88 4p 6267 4p/5p 87,31 4p 6530 4p/5p 85,28 5p 5585 5p 5472 5p classi 6071 anno scolastico anno scolastic 2000-01 2001-02 alunni tasso di classi alunni anno scolastico 2002-03 tasso di passaggio classi alunni Tavola dei flussi passaggio 1e 37721 1e/2e 100,69 1e 37849 1e/2e 101,20 1e 39538 1e 1000 2e 37977 2e/3e 100,79 2e 37980 2e/3e 100,62 2e 38305 2e 1007 3e 38824 3e/4e 100,81 3e 38278 3e/4e 100,83 3e 38216 3e 1014 4e 38274 4e/5e 101,11 4e 39140 4e/5e 101,15 4e 38597 4e 1022 5e 38718 5e/1m 105,54 5e 38699 5e/1m 105,61 5e 39591 5e 1033 1m 39875 1m/2m 98,69 1m 40863 1m/2m 98,77 1m 40870 1m 1098 2m 39316 2m/3m 99,63 2m 39351 2m/3m 100,17 2m 40362 2m 1079 3m 36901 3m/1p 29,89 3m 39170 3m/1p 27,58 3m 39416 3m 1074 1p 10834 1p/2p 84,98 1p 11028 1p/2p 79,10 1p 10803 1p 299 2p 9360 2p/3p 94,67 2p 9207 2p/3p 93,21 2p 8723 2p 256 3p 8239 3p/4p 83,95 3p 8861 3p/4p 83,64 3p 8582 3p 239 4p 6509 4p/5p 90,21 4p 6917 4p/5p 88,64 4p 7411 4p 194 5p 5569 5p 5872 5p 6131 5p 169 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 180 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Grafico 29. Andamento degli alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 45 - Regione Veneto. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/03 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 38.216 0,295 1p 11.285 4e 38.597 0,251 2p 9.670 5e 39.591 0,231 3p 9.157 1m 40.870 0,176 4p 7.203 2m 40.362 0,157 5p 6.319 Totale 43.635 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 incremento alunni istituti professionali 41.650 1.985 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Anche nel Veneto, come nelle altre regioni del nord, si registra una crescita sia del numero di alunni della prima elementare, sia di quello degli alunni della 181 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips prima media. Pur a fronte di una relativa stabilità attuale degli iscritti alla prima classe degli istituti professionali, questi, in prospettiva dovrebbero complessivamente aumentare per effetto dell’incremento della leva scolastica. L’incremento previsto è vicino al 5%. 6.9Regione Friuli Venezia Giulia Nel Friuli Venezia Giulia l’andamento del numero totale degli studenti della scuola secondaria di secondo grado presenta delle anomalie rispetto al quadro nazionale (tab. 3, tab. 46). Il calo degli iscritti registrato nell’a.s. 1998/99 prosegue anche nell’a.s. successivo. Negli anni scolastici 2000/2001, 2001/2002 si registra una sostanziale stabilità. La ripresa significativa si colloca negli anni scolastici 2002/2003 e 2003/2004 (graf. 31, graf. 32, graf. 33). La percentuale degli iscritti agli istituti professionale segue invece l’andamento nazionale anche se la curva mostra una diversa pendenza nella fase di crescita che si inverte con l’a.s. 2002/203. Tale percentuale si colloca sempre su valori superiori a quelli nazionali, raggiungendo nel 2003/2004 una differenza pari a 1,5% che pone la regione al 5° posto come tasso di iscritti negli IPS (tab. 5). Gli Istituti professionali autonomi sono 9 mentre le sezioni associate sono 24, delle quali 20 risultano aggregate a istituti di istruzione superiore (tab. 6). Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato che nell’a.s. 2002/03 risultano in servizio negli IPS della regione sono 1083 (tab. 14). Tabella 46. Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Friuli Venezia Giulia. Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali 182 anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 3.150 2.815 2.698 2.609 2.409 2.465 2.571 % alunni 7,3 6,8 6,5 6,3 5,8 5,8 6,0 alunni 9.498 9.166 9.068 9.035 8.947 9.219 9.640 % alunni 22,0 22,0 21,9 21,7 21,5 21,8 22,4 alunni 2.829 2.667 2.614 2.474 2.436 2.631 2.778 % alunni 6,6 6,4 6,3 5,9 5,8 6,2 6,5 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Ist. Professionali Ist. Tecnici Ist. d’arte Licei artistici Totale scuole sec. superiori alunni 8.937 9.199 9.490 9.667 10.113 10.179 10.232 % alunni 20,7 22,1 22,9 23,2 24,3 24,1 23,8 alunni 16.804 16.134 15.876 16.015 15.807 15.693 15.527 % alunni 39,0 38,8 38,3 38,5 37,9 37,2 36,1 alunni 1.883 1.629 1.713 1.843 1.941 2.055 2.215 % alunni 4,4 3,9 4,1 4,4 4,7 4,9 5,2 alunni 0 0 0 0 0 0 0 % alunni 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 alunni 43.101 41.610 41.459 41.643 41.653 42.242 42.963 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 47 Iscritti agli IPS in Friuli V. Giulia e in Italia – valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li Friuli V. Giulia % alunni 20,7 22,1 22,9 23,2 24,3 24,1 23,8 Ist. Prof.li Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 - Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 183 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 184 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 185 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 48. Regione Friuli Venezia Giulia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni tasso di anno scolastico 97/98 alunni classi passaggio tasso di anno scolastico 98/99 classi alunni tasso di passaggio passaggio 1e 8319 1e/2e 100,93 1e 8636 1e/2e 100,17 1e 8107 1e/2e 100,26 2e 8304 2e/3e 100,77 2e 8396 2e/3e 100,19 2e 8651 2e/3e 99,64 99,48 3e 8311 3e/4e 100,55 3e 8368 3e/4e 100,43 3e 8412 3e/4e 4e 8309 4e/5e 101,00 4e 8357 4e/5e 100,77 4e 8404 4e/5e 99,49 5e 7793 5e/1m 108,55 5e 8392 5e/1m 107,86 5e 8421 5e/1m 109,48 1m 8680 1m/2m 97,19 1m 8459 1m/2m 99,08 1m 9052 1m/2m 97,41 2m 8804 2m/3m 98,65 2m 8436 2m/3m 98,61 2m 8381 2m/3m 99,38 3m 8927 3m/1p 28,07 3m 8685 3m/1p 30,43 3m 8319 3m/1p 29,91 1p 2261 1p/2p 88,37 1p 2506 1p/2p 88,31 1p 2643 1p/2p 86,80 2p 1859 2p/3p 93,87 2p 1998 2p/3p 89,44 2p 2213 2p/3p 89,79 3p 1841 3p/4p 88,43 3p 1745 3p/4p 85,85 3p 1787 3p/4p 90,93 4p 1618 4p/5p 81,71 4p 1628 4p/5p 82,86 4p 1498 4p/5p 84,98 5p 1358 5p 1322 5p 1349 anno scolastico classi alunni anno scolastico tasso di alunni classi passaggio anno scolastico tasso di classi alunni Tavola dei flussi passaggio 1e 8036 1e/2e 102,75 1e 8261 1e/2e 103,17 1e 8845 1e 1000 2e 8128 2e/3e 103,14 2e 8257 2e/3e 102,52 2e 8523 2e 1015 3e 8620 3e/4e 102,84 3e 8383 3e/4e 102,77 3e 8465 3e 1027 4e 8368 4e/5e 103,26 4e 8865 4e/5e 102,80 4e 8615 4e 1040 5e 8361 5e/1m 109,23 5e 8641 5e/1m 106,77 5e 9113 5e 1055 1m 9219 1m/2m 98,23 1m 9133 1m/2m 100,73 1m 9226 1m 1143 2m 8818 2m/3m 99,54 2m 9056 2m/3m 99,38 2m 9200 2m 1127 3m 8329 3m/1p 30,26 3m 8777 3m/1p 27,46 3m 9000 3m 1117 1p 2488 1p/2p 91,44 1p 2520 1p/2p 86,59 1p 2410 1p 326 2p 2294 2p/3p 93,20 2p 2275 2p/3p 92,13 2p 2182 2p 288 3p 1987 3p/4p 90,29 3p 2138 3p/4p 90,36 3p 2096 3p 264 4p 1625 4p/5p 85,29 4p 1794 4p/5p 86,90 4p 1932 4p 236 5p 1273 5p 1386 5p 1559 5p 199 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 186 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Grafico 34 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 49 - Regione Friuli Venezia Giulia. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 8.465 0,318 1p 2.689 4e 8.615 0,277 2p 2.387 5e 9.113 0,250 3p 2.282 1m 9.226 0,206 4p 1.901 2m 9.200 0,176 5p Totale totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 incremento alunni istituti professionali 1.623 10.882 10.179 703 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Friuli Venezia Giulia, la stabilità, dopo un incremento nell’a.s. 99/00 e nell’a. s. 00/01, degli alunni iscritti alla prima media è accompagnata da una significativa 187 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips ripresa delle iscrizione in prima elementare. Il modello previsionale determina una stima di una ulteriore crescita del numero complessivo degli iscritti all’istruzione professionale. L’incremento stimato è vicino al 7% 6.10 Regione Emilia-Romagna In Emilia-Romagna l’andamento complessivo degli iscritti alla scuola secondaria superiore segue la curva nazionale anche se la crescita è più accentuata (tab. 3, tab. 50). L’incremento più significativo avviene nell’anno scolastico 2003/2004, dato anche questo in linea con quello nazionale (graf. 3, graf. 37) Per quanto riguarda la scelta degli istituti professionali essa mostra, negli ultimi due anni scolastici, un calo più accentuato di quello nazionale. La percentuale di iscritti a questi istituti passa dal 25,1 dell’a.s. 2001/2002 al 24,3% dell’a.s. 2003/2004, rimanendo comunque di 2 punti in percentuale al di sopra della media nazionale (tab. 51). La regione risulta al terzo posto dopo Veneto e Puglia come tasso di iscritti agli IPS (graf. 8). Le sedi in cui è possibile frequentare i corsi dell’istruzione professionale sono 57. Di queste 30 sono sedi centrali (istituti autonomi), 14 sezioni associate a tali istituti e 57 a istituti superiori (tab. 6). I docenti a tempo indeterminato, in servizio negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003, risultano 3.144 (tab. 14). Tab. 50 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Emilia-Romagna. Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. professionali 188 anno scolastico alunni % 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 10.236 10.306 11.859 12.122 12.540 13.295 14.463 7,6 7,9 9,0 9,1 9,4 9,8 10,3 25.134 24.846 24.553 24.318 24.139 24.412 25.949 18,8 18,9 18,6 18,3 18,0 17,9 18,4 6.373 5.995 5.219 5.091 5.256 5.568 5.895 4,8 4,6 4,0 3,8 3,9 4,1 4,2 31.978 31.249 31.900 32.908 33.529 33.478 34.252 23,9 23,8 24,2 24,8 25,1 24,6 24,3 alunni alunni % alunni alunni % alunni alunni % alunni CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips alunni Ist. Tecnici % 54.995 53.743 53.184 53.244 53.263 53.477 54.229 41,1 41,0 40,3 40,1 39,8 39,3 38,5 3.884 3.829 3.833 3.734 3.567 4.139 4.358 2,9 2,9 2,9 2,8 2,7 3,0 3,1 1.242 1.243 1.334 1.405 1.499 1.642 1.749 0,9 0,9 1,0 1,1 1,1 1,2 1,2 133.842 131.211 131.882 132.822 133.793 136.011 140.895 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 alunni alunni Ist. d’arte % alunni Licei artistici Totale scuole sec. superiori alunni % alunni alunni % alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 51. Iscritti agli IPS in Emilia-Romagna e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof. li - EmiliaRomagna % alunni 23,9 23,8 24,2 24,8 25,1 24,6 24,3 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 189 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 190 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 191 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 52 – Regione Emilia-Romagna – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni 1e 27993 anno scolastico 98-99 tasso di pas- classi saggio 1e/2e 101,96 anno scolastico 99-2000 alun- tasso di pas- classi ni saggio 1e 28266 1e/2e 100,88 1e alun- tasso di pasni saggio 28053 1e/2e 101,84 2e 27886 2e/3e 101,36 2e 28542 2e/3e 100,67 2e 28516 2e/3e 102,13 3e 26899 3e/4e 101,90 3e 28265 3e/4e 100,93 3e 28733 3e/4e 101,62 4e 26522 4e/5e 101,62 4e 27411 4e/5e 101,04 4e 28529 4e/5e 101,70 5e 25865 5e/1m 108,17 5e 26951 5e/1m 108,60 5e 27696 5e/1m 108,38 1m 28017 1m/2m 99,09 1m 27978 1m/2m 98,81 1m 29270 1m/2m 99,91 100,72 2m 28710 2m/3m 99,40 2m 27762 2m/3m 100,23 2m 27645 2m/3m 3m 28793 3m/1p 26,89 3m 28539 3m/1p 31,21 3m 27825 3m/1p 31,69 1p 7835 1p/2p 89,37 1p 7743 1p/2p 89,51 1p 8907 1p/2p 86,09 2p 7061 2p/3p 92,93 2p 7002 2p/3p 91,56 2p 6931 2p/3p 93,80 3p 6292 3p/4p 81,60 3p 6562 3p/4p 81,00 3p 6411 3p/4p 86,04 4p 5612 4p/5p 85,67 4p 5134 4p/5p 84,46 4p 5315 4p/5p 82,90 5p 5178 5p 4808 5p 4336 anno scolastico 2000-01 anno scolastico 2001-02 tasso di pas- classi saggio anno scolastico 2002-03 alun- tasso di pas- classi ni saggio alunni Tavola dei flussi classi alunni 1e 28443 1e/2e 101,48 1e 28993 1e/2e 101,97 1e 30358 1e 1000 2e 28570 2e/3e 101,39 2e 28864 2e/3e 102,02 2e 29563 2e 1016 3e 29122 3e/4e 101,18 3e 28968 3e/4e 102,21 3e 29447 3e 1032 4e 29199 4e/5e 101,61 4e 29467 4e/5e 102,03 4e 29608 4e 1048 5e 29013 5e/1m 106,87 5e 29668 5e/1m 108,20 5e 30065 5e 1065 1m 30017 1m/2m 100,04 1m 31006 1m/2m 100,64 1m 32100 1m 1150 2m 29243 2m/3m 100,92 2m 30028 2m/3m 100,99 2m 31204 2m 1147 3m 27844 3m/1p 30,66 3m 29513 3m/1p 29,28 3m 30326 3m 1152 1p 8817 1p/2p 83,97 1p 8538 1p/2p 84,12 1p 8642 1p 345 2p 7668 2p/3p 94,35 2p 7404 2p/3p 94,39 2p 7182 2p 299 3p 6501 3p/4p 85,89 3p 7235 3p/4p 80,94 3p 6989 3p 279 4p 5516 4p/5p 86,44 4p 5584 4p/5p 86,12 4p 5856 4p 232 5p 4406 5p 4768 5p 4809 5p 197 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 192 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 53 - Regione Emilia-Romagna. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 29.447 0,334 1p 9.847 4e 29.608 0,285 2p 8.443 5e 30.065 0,262 3p 7.882 1m 32.100 0,202 4p 6.472 2m 31.204 0,172 5p 5.371 Totale 38.014 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 33.478 incremento alunni istituti professionali 4.536 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Emilia-Romagna tutti i dati relativi alla scuola dell’obbligo registrano incrementi significativi. Da questi dati, sulla base della tavola dei flussi, nonostante gli andamenti in corso, si deduce, ad invarianza dei comportamenti statisticamente rilevati, un significativo incremento del numero complessivo di alunni dell’istruzione professionale (13,5%). 193 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.11 Regione Toscana In Toscana, il numero totale degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore è in calo dall’anno scolastico 1997/98 fino all’anno scolastico 2000/01, anno in cui si inverte la tendenza. Nell’a.s. 2003/2004 i valori tornano ad essere comparabili con quelli del 1997/98 (tab. 54). Tale andamento diverge sensibilmente da quello nazionale (tab. 3) che, ricordiamo, registrava una lieve flessione fino all’a.s. 1998/99 e una crescita costante negli anni successivi. L’andamento percentuale degli iscritti negli istituti professionali risulta più omogeneo al dato nazionale. I valori assoluti cominciano a crescere a partire dall’a.s. 2000/2001 e la crescita prosegue fino all’a. s. 2003/2004, mentre la percentuale subisce una flessione a partire dall’a.s. 2002/2003 e si attesta nel 2003/2004 al 21,6 %. Tale dato è inferiore di 7 decimi rispetto al corrispondente valore nazionale (tab. 55). Nella regione, nell’a.s. 2002/2003, sono presenti 23 istituti professionali presenti e 56 sezioni associate, 53 delle quali associate a istituti superiori (tab. 6). I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’a.s. 2002/2003, risultano essere 2.660 (tab. 14). Tabella 54. Alunni e classi della scuola secondaria superiore - Regione Toscana. Valori assoluti e percentuali anno scolastico Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. professionali Ist. Tecnici Ist. d’arte 194 alunni 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 10.550 10.270 9.860 9.455 9.220 9.427 9.831 % alunni 7,9 7,9 7,6 7,4 7,2 7,2 7,4 alunni 27.967 27.846 27.948 28.024 28.216 28.434 29.795 % alunni 20,9 21,4 21,6 21,8 21,9 21,8 22,3 alunni 9.022 8.864 9.099 9.199 9.450 10.359 11.132 % alunni 6,7 6,8 7,0 7,2 7,3 8,0 8,3 alunni 28.398 27.884 28.277 28.430 28.515 28.701 28.926 % alunni 21,2 21,4 21,8 22,2 22,2 22,0 21,6 alunni 50.930 48.440 47.433 46.385 46.536 46.428 46.972 % alunni 38,0 37,2 36,6 36,1 36,2 35,6 35,1 alunni 5.122 4.998 5.050 4.960 4.760 4.850 4.829 % alunni 3,8 3,8 3,9 3,9 3,7 3,7 3,6 CAPITOLO 6 Licei artistici Totale scuole sec. superiori gli iscritti agli ips alunni 1.913 1.772 1.830 1.898 1.935 2.050 2.225 % alunni 1,4 1,4 1,4 1,5 1,5 1,6 1,7 alunni 133.902 130.074 129.497 128.351 128.632 130.249 133.710 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 55 Iscritti agli IPS in Toscana e in Italia – valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Toscana % alunni 21,2 21,4 21,8 22,2 22,2 22,0 21,6 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 195 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 196 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Grafico Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 56 – Regione Toscana – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni tasso di passaggio anno scolastico 98-99 classi alunni tasso di passaggio anno scolastico 99-2000 classi alunni tasso di passaggio 1e 24953 1e/2e 101,39 1e 25648 1e/2e 101,02 1e 24560 1e/2e 101,72 2e 25623 2e/3e 101,40 2e 25301 2e/3e 100,64 2e 25909 2e/3e 101,66 3e 24775 3e/4e 101,48 3e 25983 3e/4e 100,74 3e 25464 3e/4e 101,19 4e 25382 4e/5e 101,72 4e 25142 4e/5e 100,66 4e 26176 4e/5e 101,54 5e 24244 5e/1m 114,28 5e 25818 5e/1m 112,10 5e 25307 5e/1m 112,58 1m 27634 1m/2m 97,73 1m 27705 1m/2m 98,39 1m 28943 1m/2m 98,94 2m 28245 2m/3m 99,57 2m 27006 2m/3m 99,73 2m 27259 2m/3m 99,93 3m 28001 3m/1p 27,35 3m 28124 3m/1p 28,16 3m 26933 3m/1p 29,16 1p 7637 1p/2p 83,16 1p 7658 1p/2p 82,82 1p 7919 1p/2p 85,19 2p 6166 2p/3p 87,46 2p 6351 2p/3p 88,24 2p 6342 2p/3p 88,60 3p 5477 3p/4p 84,22 3p 5393 3p/4p 85,61 3p 5604 3p/4p 82,39 4p 4927 4p/5p 78,53 4p 4613 4p/5p 82,27 4p 4617 4p/5p 77,86 5p 4191 5p 3869 5p 3795 197 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico 2000-01 anno scolastico 2001-02 anno scolastico 2002-03 classi classi classi alunni tasso di pas- alunni saggio tasso di pas- Tavola dei flussi alunni saggio 1e 24912 1e/2e 101,84 1e 25282 1e/2e 101,28 1e 26243 1e 1000 2e 24982 2e/3e 101,97 2e 25370 2e/3e 101,03 2e 25606 2e 1015 3e 26338 3e/4e 101,54 3e 25474 3e/4e 100,99 3e 25631 3e 1028 4e 25766 4e/5e 102,15 4e 26743 4e/5e 100,72 4e 25727 4e 1040 5e 26580 5e/1m 110,31 5e 26321 5e/1m 111,47 5e 26936 5e 1054 1m 28491 1m/2m 99,22 1m 29320 1m/2m 100,46 1m 29339 1m 1183 2m 28635 2m/3m 99,60 2m 28268 2m/3m 100,51 2m 29455 2m 1170 3m 27240 3m/1p 27,53 3m 28521 3m/1p 26,27 3m 28412 3m 1169 1p 7853 1p/2p 81,05 1p 7498 1p/2p 83,94 1p 7493 1p 324 2p 6746 2p/3p 88,22 2p 6365 2p/3p 89,32 2p 6294 2p 269 3p 5619 3p/4p 87,45 3p 5951 3p/4p 85,70 3p 5685 3p 238 4p 4617 4p/5p 82,02 4p 4914 4p/5p 84,03 4p 5100 4p 202 5p 3595 5p 3787 5p 4129 5p 164 (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = istituto professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 198 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 57 - Regione Toscana Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 25.631 0,315 1p 8.067 4e 25.727 0,259 2p 6.661 5e 26.936 0,226 3p 6.080 1m 29.339 0,171 4p 5.024 2m 29.455 0,140 5p 4.126 Totale 29.957 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 28.701 incremento alunni istituti professionali 1.256 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Toscana si registra una ripresa delle iscrizioni in prima elementare nel contesto di una situazione di crescita, anche se rallentata nell’ultimo anno in esame, degli alunni iscritti in prima media. Sulla base degli indici di flusso individuati, si può prevedere un ulteriore incremento del numero complessivo di iscritti all’istruzione professionale. L’incremento stimato è superiore al 4%. 6.12 Regione Umbria In Umbria l’andamento complessivo degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore presenta un andamento irregolare. Il numero totale degli alunni decresce fino all’a.s. 1999/2000, cresce nei due anni scolastici successivi per poi registrare un ulteriore calo nell’a.s. 2002/2003 e un significativo incremento nell’a.s. 2003/2004 (tab. 58, graf. 47). Nella regione non esistono istituti d’arte Gli iscritti agli istituti professionali, crescono in modo abbastanza omogeneo se si esclude una lieve flessione nell’a.s. 1999/2000. Tale andamento si rivela molto simile a quello nazionale. (tab. 3 e 58). Il rapporto percentuale tra iscritti all’istruzione professionale e totale degli iscritti sale di quasi 3 punti e non registra la flessione che negli anni scolastici 2002/2003 e 2003/2004 caratterizza il dato nazionale. La percentuale del 21,7 di iscritti agli IPS colloca l’Umbria immediatamente al di sotto del valore medio registrato nelle 18 regioni esaminate (tab. 59). Gli istituti professionali funzionanti nella regione, nell’a.s. 2002/2003 199 CAPITOLO 6 Regione Umbria gli iscritti agli ips sono 7 e 21 sono le sezioni associate ad istituti superiori delle regione (tab. 6). I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’istruzione professionale nell’a.s. 2002/2003, risultano 714 (tab. 14). Tab. 58 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Umbria Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici alunni Licei scientifici alunni Ist. e scuole magistrali alunni Ist. alunni % alunni % alunni % alunni % alunni Ist. Tecnici alunni Ist. d’arte alunni % alunni % alunni Licei artistici alunni Totale scuole sec. superiori alunni % alunni % alunni anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 5.015 4.786 4.584 4.418 4.379 4.402 4.687 13,4 13,0 12,8 12,3 12,0 12,2 12,7 7.676 7.414 7.409 7.280 7.313 7.253 7.587 20,5 20,2 20,7 20,3 20,1 20,2 20,6 1.668 1.593 1.482 1.588 1.611 1.657 1.820 4,5 4,3 4,1 4,4 4,4 4,6 4,9 7.069 7.204 7.026 7.343 7.685 7.675 7.995 18,9 19,6 19,6 20,5 21,1 21,4 21,7 14.378 14.159 13.794 13.700 13.563 13.262 13.024 38,4 38,6 38,5 38,2 37,3 36,9 35,4 1.615 1.560 1.539 1.560 1.825 1.687 1.706 4,3 4,2 4,3 4,3 5,0 4,7 4,6 0 0 0 0 0 0 0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 37.421 36.716 35.834 35.889 36.376 35.936 36.819 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 200 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 59 Iscritti agli IPS in Umbria e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li Regione Umbria % alunni 18,9 19,6 19,6 20,5 21,1 21,4 21,7 Ist. Prof.li Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 201 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIU 202 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 60 – Regione Umbria – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 6559 1e/2e 101,57 1e 6729 1e/2e 101,62 1e 6534 1e/2e 101,35 2e 6678 2e/3e 101,23 2e 6662 2e/3e 100,89 2e 6838 2e/3e 101,24 3e 6793 3e/4e 101,09 3e 6760 3e/4e 100,64 3e 6721 3e/4e 100,94 4e 6974 4e/5e 100,83 4e 6867 4e/5e 100,82 4e 6803 4e/5e 100,85 5e 6596 5e/1m 108,04 5e 7032 5e/1m 107,24 5e 6923 5e/1m 106,93 1m 7228 1m/2m 98,81 1m 7126 1m/2m 98,26 1m 7541 1m/2m 99,07 2m 7408 2m/3m 100,03 2m 7142 2m/3m 100,06 2m 7002 2m/3m 100,06 3m 7315 3m/1p 24,40 3m 7410 3m/1p 23,24 3m 7146 3m/1p 26,73 1p 1768 1p/2p 90,10 1p 1785 1p/2p 85,15 1p 1722 1p/2p 90,42 2p 1554 2p/3p 95,05 2p 1593 2p/3p 92,03 2p 1520 2p/3p 99,01 3p 1521 3p/4p 86,85 3p 1477 3p/4p 84,97 3p 1466 3p/4p 90,38 4p 1203 4p/5p 85,45 4p 1321 4p/5p 80,47 4p 1255 4p/5p 83,35 5p 1023 5p 1028 5p 1063 203 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico 2000-01 anno scolastico 2001-02 classi classi alunni tasso di passaggio alunni anno scolastico 2002-03 tasso di passaggio classi Tavola dei flussi alunni 1e 6423 1e/2e 101,73 1e 6573 1e/2e 101,73 1e 6669 1e 1000 2e 6622 2e/3e 102,40 2e 6534 2e/3e 102,13 2e 6687 2e 1016 3e 6923 3e/4e 102,57 3e 6781 3e/4e 101,40 3e 6673 3e 1032 4e 6784 4e/5e 101,50 4e 7101 4e/5e 101,17 4e 6876 4e 1046 1057 5e 6861 5e/1m 107,20 5e 6886 5e/1m 105,59 5e 7184 5e 1m 7403 1m/2m 99,73 1m 7355 1m/2m 100,84 1m 7271 1m 1130 2m 7471 2m/3m 101,53 2m 7383 2m/3m 100,91 2m 7417 2m 1123 3m 7006 3m/1p 26,29 3m 7585 3m/1p 25,48 3m 7450 3m 1129 1p 1910 1p/2p 93,98 1p 1842 1p/2p 90,34 1p 1933 1p 285 2p 1557 2p/3p 96,79 2p 1795 2p/3p 88,86 2p 1664 2p 256 3p 1505 3p/4p 90,63 3p 1507 3p/4p 86,13 3p 1595 3p 242 4p 1325 4p/5p 88,83 4p 1364 4p/5p 86,88 4p 1298 4p 212 5p 1046 5p 1177 5p 1185 5p 180 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 204 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 61 - Regione Umbria. Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 6.673 0,276 1p 1.841 4e 6.876 0,245 2p 1.685 5e 7.184 0,229 3p 1.644 1m 7.271 0,188 4p 1.365 2m 7.417 0,161 5p 1.192 Totale 7.728 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 7.675 incremento alunni istituti professionali 53 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: L’Umbria, tra le regioni del centro-nord, è quella in cui, sulla base dei tassi di flusso, si prevede il più tasso (0,7%) di incremento del numero degli alunni dell’istruzione professionale. Ciò è motivato da un calo degli alunni iscritti in prima media che, in prospettiva, dovrebbe essere compensato da una crescita tendenziale sia degli alunni iscritti in prima elementare, sia di quelli della prima media. 6.13 Regione Marche Nelle Marche il totale degli alunni della scuola secondaria superiore subisce un forte calo negli a.s. 1998/99 e 1999/2000 per poi tornare, nell’a.s. 2003/2004 a valori leggermente superiori a quelli dell’a.s. 1997/98. Tale recupero si realizza essenzialmente negli anni scolastici 2000/2001 e 2003/2004. Pur non discostandosi dall’andamento nazionale è da notare come in questa regione il calo degli iscritti si protrae fino all’a.s. 1999/00, invece di arrestarsi nell’anno scolastico precedente, come nella maggior parte delle regioni(graf. 52). Va inoltre evidenziata la sostanziale stabilità del numero complessivo di studenti della scuola superiore nel triennio 00/01, 01/02, 02/03 (tab. 62) . L’andamento degli iscritti negli istituti professionali è simile a quello nazionale, in crescita fino all’a.s. 2000/2001 e sostanzialmente stabile negli anni scolastici successivi (tab. 3, tab. 62). Conseguentemente, il rapporto percentuale tra studenti dei professionali e totale degli studenti della secondaria superiore cresce in modo significativo fino 205 CAPITOLO 6 Regione Marche gli iscritti agli ips all’a.s. 2001/2002, passando dal 21,7 al 24,6%, poi cala per attestarsi nell’a.s. 2003/2004 al 23,9%, valore superiore dell’1,6% rispetto al valore medio nazionale (tab. 63). La regione risulta al 5° posto come tasso di alunni iscritti agli IPS (graf. 8). Gli istituti professionali presenti nella regione sono 13 e le sezioni associate sono 33, delle quali 25 associate ad istituti superiori (tab. 6). I docenti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nell’istruzione professionale nell’a.s. 2002/2003, risultano 1525 (tab. 14). Tab 62 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Marche Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. Professionali 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 7.825 8.209 7.917 7.807 7.745 7.941 8.413 % alunni 11,9 12,8 12,4 12,0 11,9 12,2 12,7 alunni Ist. d’arte Licei artistici Totale scuole sec. superiori 12.004 11.441 11.358 11.443 11.588 11.837 12.431 % alunni 18,3 17,8 17,8 17,6 17,8 18,2 18,7 alunni 1.471 1.166 1.294 1.216 1.214 1.274 1.092 % alunni 2,2 1,8 2,0 1,9 1,9 2,0 1,6 16.016 15.863 15.879 alunni % alunni alunni Ist. Tecnici anno scolastico 14.219 14.266 14.832 15.805 21,7 22,2 24,3 24,6 24,4 23,9 26.452 25.614 25.104 25.265 25.000 24.611 25.123 % alunni 40,3 39,9 39,2 38,9 38,5 37,9 37,8 alunni 3.499 3.424 3.374 3.352 3.309 3.333 3.380 % alunni 5,3 5,3 5,3 5,2 5,1 5,1 5,1 alunni 109 110 107 88 102 80 93 % alunni 0,2 0,2 0,2 0,1 0,2 0,1 0,1 alunni % alunni 65.579 64.230 63.986 64.976 64.974 64.939 66.411 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 206 23,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 63 Iscritti agli IPS nelle Marche e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Marche % alunni 21,7 22,2 23,2 24,3 24,6 24,4 23,9 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 207 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 208 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 64 – Regione Marche – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 Classi alunni classi alunni classi alunni 1e 12308 1e/2e 101,36 1e 12344 1e/2e 101,38 1e 12120 1e/2e 2e 12566 2e/3e 101,18 2e 12476 2e/3e 100,88 2e 12514 2e/3e 101,17 3e 12073 3e/4e 100,91 3e 12714 3e/4e 101,06 3e 12586 3e/4e 101,29 tasso di passaggio tasso di passaggio tasso di passaggio 101,38 4e 12297 4e/5e 101,21 4e 12183 4e/5e 100,80 4e 12849 4e/5e 101,17 5e 11882 5e/1m 109,37 5e 12446 5e/1m 107,34 5e 12280 5e/1m 107,30 1m 13404 1m/2m 98,63 1m 12995 1m/2m 98,46 1m 13359 1m/2m 99,51 2m 13541 2m/3m 100,00 2m 13221 2m/3m 99,40 2m 12795 2m/3m 99,34 3m 13322 3m/1p 28,25 3m 13541 3m/1p 30,45 3m 13142 3m/1p 30,25 1p 3551 1p/2p 89,13 1p 3764 1p/2p 88,76 1p 4123 1p/2p 90,18 2p 3312 2p/3p 87,89 2p 3165 2p/3p 91,97 2p 3341 2p/3p 94,40 3p 2775 3p/4p 90,49 3p 2911 3p/4p 88,18 3p 2911 3p/4p 92,58 4p 2424 4p/5p 79,00 4p 2511 4p/5p 75,27 4p 2567 4p/5p 88,12 5p 2157 5p 1915 5p 1890 209 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico 2000-01 Classi alunni anno scolastico 2001-02 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico 2002-03 tasso di passaggio classi Tavola dei flussi alunni 1e 11907 1e/2e 101,37 1e 12227 1e/2e 101,97 1e 12290 1e 2e 12287 2e/3e 101,14 2e 12070 2e/3e 101,79 2e 12468 2e 1000 1015 3e 12660 3e/4e 101,25 3e 12427 3e/4e 101,82 3e 12286 3e 1027 4e 12748 4e/5e 101,27 4e 12818 4e/5e 102,15 4e 12653 4e 1040 5e 12999 5e/1m 106,43 5e 12910 5e/1m 107,20 5e 13094 5e 1054 1m 13177 1m/2m 100,33 1m 13835 1m/2m 100,82 1m 13840 1m 1134 2m 13294 2m/3m 100,02 2m 13221 2m/3m 100,87 2m 13948 2m 1128 3m 12710 3m/1p 30,89 3m 13296 3m/1p 28,78 3m 13336 3m 1128 1p 3976 1p/2p 89,59 1p 3926 1p/2p 86,73 1p 3827 1p 335 2p 3718 2p/3p 89,86 2p 3562 2p/3p 89,53 2p 3405 2p 298 3p 3154 3p/4p 92,93 3p 3341 3p/4p 90,24 3p 3189 3p 270 4p 2695 4p/5p 83,71 4p 2931 4p/5p 82,80 4p 3015 4p 246 5p 2262 5p 2256 5p 2427 5p 201 (*) legenda: e = scuola elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 210 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 65 - Regione Marche Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di pas- Stima alunni istituti professiosaggio nali a.s. 2008/2009 3e 12.286 0,326 1p 4.008 4e 12.653 0,286 2p 3.623 5e 13.094 0,256 3p 3.357 1m 13.840 0,217 4p 2.999 2m 13.948 0,178 5p 2.483 Totale totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 15.863 incremento alunni istituti professionali 608 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Nelle Marche gli andamenti relativi agli alunni iscritti alla scuola elementare ed alla scuola media e i tassi di flussi calcolati fanno prevedere una crescita complessiva degli iscritti all’istruzione professionale. L’incremento stimato è di poco inferiore al 4%. 6.14 Regione Lazio L’andamento del totale degli studenti iscritti alla scuola secondaria superiore nella regione Lazio, analogamente al dato nazionale, registra un calo nell’a.s. 1998/1999 e poi cresce con un picco nell’a.s. 2003/ 2004 (tab. 66, graf. 57). Anche i dati relativi agli alunni iscritti dell’istruzione professionale si allineano alla tendenza nazionale con una crescita che caratterizza sostanzialmente tutto il periodo preso in esame. Il rapporto tra il numero degli studenti dei professionali e il totale degli studenti cresce fino all’a.s. 2001/2002, anno in cui raggiunge il valore del 19,2%, flettendo poi leggermente per assestarsi sul 19,1% nell’a.s. 2003/2004 (tab. 67). Questo valore risulta, comunque, inferiore di circa 3 punti rispetto a quello nazionale e la Regione si colloca tra le quattro che registrano i valori più bassi di questa percentuale. Nella regione, nell’anno scolastico 2002/2003, funzionano 42 istituti professionali autonomi e 53 sezioni associate, 44 delle quali associate a istituti superiori (tab. 6) ; il numero degli insegnanti con contratto a tempo indeterminato è pari a 4.331 (tab. 14). 211 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 66 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Lazio Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici alunni % anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 30.765 30.679 30.994 31.462 31.550 32.504 34.897 13,1 13,2 13,4 13,5 13,4 13,7 14,4 51.456 51.555 51.482 51.912 53.024 54.481 56.366 21,9 22,2 22,2 22,3 22,6 23,0 23,3 13.157 13.363 13.926 13.417 13.526 13.952 14.564 5,6 5,8 6,0 5,8 5,8 5,9 6,0 41.347 41.343 42.383 44.071 45.018 45.137 46.176 17,6 17,8 18,3 18,9 19,2 19,0 19,1 89.078 85.805 84.178 82.946 82.716 81.900 80.771 37,9 37,0 36,3 35,6 35,2 34,5 33,4 5.360 5.316 5.276 5.066 5.114 4.982 5.049 2,3 2,3 2,3 2,2 2,2 2,1 2,1 3.756 3.768 3.777 3.887 4.014 4.145 4.286 1,6 1,6 1,6 1,7 1,7 1,7 1,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 alunni Licei scientifici alunni % alunni Ist. e scuole magistrali alunni % alunni Ist. professionali alunni % alunni Ist. Tecnici alunni % alunni Ist. d’arte alunni % alunni Licei artistici alunni % alunni Totale scuole sec. superiori alunni % alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 212 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 67 - Iscritti agli IPS nel Lazio e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Lazio % alunni 17,6 17,8 18,3 18,9 19,2 19,0 19,1 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 213 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 214 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 68 – Regione Lazio – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico97-98 anno scolastico98-99 anno scolastico99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 45110 1e/2e 99,47 1e 45649 1e/2e 99,43 1e 44393 1e/2e 99,82 2e 45204 2e/3e 99,98 2e 44873 2e/3e 101,07 2e 45387 2e/3e 101,38 3e 44147 3e/4e 100,10 3e 45195 3e/4e 100,29 3e 45355 3e/4e 100,74 4e 44424 4e/5e 100,16 4e 44191 4e/5e 100,48 4e 45324 4e/5e 101,13 116,36 5e 43440 5e/1m 117,41 5e 44497 5e/1m 117,46 5e 44404 5e/1m 1m 50872 1m/2m 96,32 1m 51004 1m/2m 96,97 1m 52267 1m/2m 97,41 2m 50661 2m/3m 98,21 2m 49000 2m/3m 98,73 2m 49458 2m/3m 98,59 3m 50825 3m/1p 22,01 3m 49756 3m/1p 23,85 3m 48379 3m/1p 26,27 1p 11092 1p/2p 84,41 1p 11189 1p/2p 86,09 1p 11868 1p/2p 83,32 2p 9135 2p/3p 87,22 2p 9363 2p/3p 86,19 2p 9633 2p/3p 86,90 3p 7797 3p/4p 90,87 3p 7968 3p/4p 89,87 3p 8070 3p/4p 89,63 4p 7176 4p/5p 79,96 4p 7085 4p/5p 79,76 4p 7161 4p/5p 81,97 5p 6147 5p 5738 5p 5651 215 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico 2002-03 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 43845 1e/2e 99,65 1e 43666 1e/2e 100,47 1e 2e 44312 2e/3e 101,15 2e 43692 2e/3e 100,60 3e 46014 3e/4e 100,73 3e 44822 3e/4e 100,87 4e 45690 4e/5e 101,07 4e 46348 4e/5e 100,76 5e 45834 5e/1m 114,78 5e 46180 5e/1m 113,04 1m 51667 1m/2m 98,49 1m 52610 1m/2m 97,78 Tavola dei flussi alunni 43983 1e 1000 2e 43870 2e 998 3e 43953 3e 1006 4e 45214 4e 1012 5e 46700 5e 1019 1m 52203 1m 1180 2m 50912 2m/3m 99,12 2m 50887 2m/3m 99,07 2m 51443 2m 1149 3m 48762 3m/1p 24,65 3m 50464 3m/1p 23,56 3m 50414 3m 1135 1p 12709 1p/2p 81,08 1p 12021 1p/2p 84,31 1p 11889 1p 273 2p 9888 2p/3p 90,87 2p 10304 2p/3p 84,75 2p 10135 2p 229 3p 8371 3p/4p 91,64 3p 8985 3p/4p 88,99 3p 8733 3p 200 4p 7233 4p/5p 83,46 4p 7671 4p/5p 83,22 4p 7996 4p 180 5p 5870 5p 6037 5p 6384 5p 147 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 216 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 69 - Regione Lazio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 43.953 0,271 1p 11.933 4e 45.214 0,226 2p 10.236 5e 46.700 0,196 3p 9.152 1m 52.203 0,153 4p 7.968 2m 51.443 0,128 5p 6.585 Totale 45.873 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 45.137 incremento alunni istituti professionali 736 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: I dati relativi alla popolazione scolastica del Lazio mostrano andamenti disomogenei. Gli alunni iscritti uni iscritti in prima media si stabilizzano, dopo fasi alterne di crescita e calo, mentre si registra una ripresa delle iscrizione in prima elementare e un simmetrico calo di quelli iscritti in terza elementare. La tavola dei flussi correlata ai dati relativi alla popolazione scolastica della scuola media ed elementare fanno prevedere un leggero incremento ((1,6%) degli alunni iscritti all’istruzione professionale. 6.15 Regione Abruzzo In Abruzzo, il numero totale degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore decresce dall’a.s. 1997/1998 fino all’a.s. 2001/2002, salvo una crescita trascurabile registrata nell’a.s. 1999/2000. Un certo recupero si manifesta negli anni scolastici 2002/2003, 2003/2004. ( tab 70, graf. 62). Il calo registrato nei primi 4 anni è superiore alle 2.000 unità, mentre il recupero successivo è di poco superiore a 1.000. Questo risultato è discorde con quanto registrato su piano nazionale, dove la diminuzione degli iscritti avvenuta tra il primo e il secondo anno tra quelli monitorati, viene ampiamente recuperata negli anni successivi (tab. 3). L’andamento degli iscritti agli istituti professionali cresce leggermente, in particolare negli ultimi due anni, con qualche flessione negli anni scolastici 1998/1999, 2001/2002. La percentuale degli studenti degli istituti professionali sul totale degli studenti ha un incremento com- 217 CAPITOLO 6 Regione Abruzzo gli iscritti agli ips plessivo finale di oltre un punto percentuale pur fermandosi al 15,7% (tab. 71). La Regione si colloca al penultimo posto della graduatoria relativa al tasso di iscritti agli IPS, con uno scarto di 6,6 punti rispetto alla media nazionale (graf. 8). Gli istituti professionali presenti nella regione, nell’a.s. 2002/2003, sono 9, mentre le sezioni associate sono 20 di cui 17 associate a istituti superiori (tab. 6); gli insegnanti con incarico a tempo indeterminato negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003 sono 941 (tab. 14) Tab. 70 - Alunni della scuola secondaria superiore - Regione Abruzzo valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Licei classici alunni 6.259 6.203 5.987 5.828 5.682 5.696 5.928 % alunni 9,6 9,7 9,4 9,2 9,0 9,0 9,3 Licei scientifici alunni 12.074 12.113 12.295 12.367 12.510 12.829 13.193 % alunni 18,5 19,0 19,2 19,5 19,9 20,3 20,6 Ist. e scuole magistrali alunni 7.171 7.051 7.198 7.050 6.994 7.043 7.228 % alunni 11,0 11,0 11,3 11,1 11,1 11,2 11,3 Ist. alunni 9.425 9.337 9.581 9.815 9.686 9.822 10.039 % alunni 14,5 14,6 15,0 15,5 15,4 15,6 15,7 alunni 27.052 26.105 25.685 25.193 24.899 24.643 24.358 % alunni 41,5 40,8 40,1 39,7 39,6 39,1 38,1 alunni 2.507 2.386 2.533 2.505 2.462 2.397 2.495 % alunni 3,8 3,7 4,0 4,0 3,9 3,8 3,9 Licei artistici alunni 670 718 695 653 630 668 687 % alunni 1,0 1,1 1,1 1,0 1,0 1,1 1,1 Totale scuole sec. superiori alunni 65.158 63.913 63.974 63.411 62.863 63.098 63.928 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Ist. Tecnici Ist. d’arte Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 218 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 71 Iscritti agli IPS in Abbruzzo e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Abruzzo % alunni 14,5 14,6 15,0 15,5 15,4 15,6 15,7 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati 3 219 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 220 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 72 – Regione Abruzzo – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni anno scolastico 98-99 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico 99-2000 tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio 1e 11990 1e/2e 100,49 1e 11976 1e/2e 100,56 1e 11723 1e/2e 2e 12171 2e/3e 100,77 2e 12049 2e/3e 100,41 2e 12043 2e/3e 100,35 100,81 3e 12225 3e/4e 100,29 3e 12265 3e/4e 100,01 3e 12099 3e/4e 100,37 4e 12300 4e/5e 100,41 4e 12261 4e/5e 100,47 4e 12266 4e/5e 100,59 5e 12065 5e/1m 111,18 5e 12350 5e/1m 110,43 5e 12319 5e/1m 109,53 1m 13813 1m/2m 96,39 1m 13414 1m/2m 97,82 1m 13638 1m/2m 97,90 2m 14108 2m/3m 97,81 2m 13314 2m/3m 98,79 2m 13122 2m/3m 98,29 3m 13984 3m/1p 18,39 3m 13799 3m/1p 19,83 3m 13153 3m/1p 19,48 1p 2536 1p/2p 83,32 1p 2572 1p/2p 83,24 1p 2737 1p/2p 83,74 2p 2173 2p/3p 85,55 2p 2113 2p/3p 91,20 2p 2141 2p/3p 92,20 3p 1682 3p/4p 88,88 3p 1859 3p/4p 83,32 3p 1927 3p/4p 86,46 4p 1668 4p/5p 77,82 4p 1495 4p/5p 82,07 4p 1549 4p/5p 85,28 5p 1366 5p 1298 5p 1227 anno scolastico 2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico2002-03 Tavola dei flussi classi alunni tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio classi alunni 1e 11329 1e/2e 99,94 1e 10965 1e/2e 99,64 1e 10949 1e 1000 2e 11764 2e/3e 100,86 2e 11322 2e/3e 101,32 2e 10925 2e 1002 3e 12141 3e/4e 100,43 3e 11865 3e/4e 99,97 3e 11472 3e 1010 4e 12144 4e/5e 100,64 4e 12193 4e/5e 100,15 4e 11862 4e 1013 5e 12338 5e/1m 107,93 5e 12222 5e/1m 107,89 5e 12211 5e 1017 1m 13493 1m/2m 98,35 1m 13316 1m/2m 99,29 1m 13186 1m 1113 2m 13351 2m/3m 99,00 2m 13270 2m/3m 99,48 2m 13221 2m 1090 3m 12898 3m/1p 18,75 3m 13217 3m/1p 18,43 3m 13201 3m 1075 1p 2562 1p/2p 84,43 1p 2418 1p/2p 86,10 1p 2436 1p 204 2p 2292 2p/3p 88,09 2p 2163 2p/3p 93,71 2p 2082 2p 172 3p 1974 3p/4p 90,48 3p 2019 3p/4p 89,90 3p 2027 3p 155 4p 1666 4p/5p 78,03 4p 1786 4p/5p 81,86 4p 1815 4p 136 5p 1321 5p 1300 5p 1462 5p 110 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 221 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 73 - Regione Abruzzo Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 11.472 0,202 1p 2.317 4e 11.862 0,170 2p 2.012 5e 12.211 0,152 3p 1.859 1m 13.186 0,122 4p 1.611 2m 13.221 0,101 5p 1.336 Totale 9.136 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 9.822 incremento alunni istituti professionali -686 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Abruzzo, si inverte la tendenza alla crescita del numero di alunni iscritti all’istruzione professionale registrata nelle regioni del nord e del centro. Gli andamenti relativi alla popolazione scolastica della scuola elementare e media fanno preve- 222 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips dere un decremento del numero complessivo di alunni dell’istruzione professionale pari a circa il 7%. Va comunque richiamato il dato relativo alla bassa percentuale degli alunni che frequentano questa tipologia di istituti. C’è quindi la possibilità di un cambiamento negli orientamenti delle famiglie e degli studenti. 6.16 Regione Molise Il Molise è la Regione con la più bassa percentuale di studenti iscritti agli istituti professionali (graf. 8). Il numero totale degli alunni della scuola secondaria superiore risulta in calo dall’a.s. 1997/1998 fino all’a.s. 2000/2001 e in successiva ripresa fino all’a.s. 2003/2004 (tab. 74, graf. 67). Il numero degli iscritti agli istituti professionali manifesta un andamento complessivamente in crescita con una leggera flessione negli anni scolastici 1998/99 e 2002/03. Anche la percentuale di studenti dell’istruzione professionale sul totale degli studenti ha un andamento analogo (tab. 75, graf. 67). Nel 2003/04 tale percentuale ha un valore pari al 14,3%, otto punti in meno rispetto alla media nazionale. Gli istituti professionali presenti nella regione, nell’a.s. 2002/2003, sono soltanto 2 e le sezioni associate sono 6, tutte aggregate ad istituti superiori (tab. 6). Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato in servizio negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003 sono 241 (tab. 14). Tabella 74 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Molise valori assoluti e percentuali anno scolastico Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. Professionali 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 1.987 1.884 1.822 1.787 1.740 1.716 1.787 % alunni 11,1 10,9 10,6 10,4 10,0 9,7 10,0 alunni 3.380 3.387 3.357 3.213 3.220 3.198 3.284 % alunni 18,8 19,6 19,5 18,7 18,4 18,1 18,4 alunni 1.947 2.001 2.075 2.177 2.172 2.276 2.306 % alunni 10,9 11,6 12,1 12,7 12,4 12,9 12,9 alunni 2.273 2.121 2.274 2.329 2.547 2.461 2.548 % alunni 12,7 12,3 13,2 13,6 14,6 14,0 14,3 223 CAPITOLO 6 Ist. Tecnici Ist. d’arte Licei artistici Totale scuole sec. superiori gli iscritti agli ips alunni 7.618 7.143 6.898 6.742 6.847 7.012 6.972 % alunni 42,5 41,3 40,1 39,3 39,2 39,8 39,1 alunni 364 386 410 444 458 469 431 % alunni 2,0 2,2 2,4 2,6 2,6 2,7 2,4 alunni 374 373 379 445 473 497 506 % alunni 2,1 2,2 2,2 2,6 2,7 2,8 2,8 alunni 17.943 17.295 17.215 17.137 17.457 17.629 17.834 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 75 Iscritti agli IPS in Molise e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Molise % alunni 12,7 12,3 13,2 13,6 14,6 14,0 14,3 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 224 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 225 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 226 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 76 – Regione Molise – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni anno scolastico 98-99 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico 99-2000 tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio 1e 3208 1e/2e 100,78 1e 3200 1e/2e 101,69 1e 3052 1e/2e 101,47 2e 3271 2e/3e 99,88 2e 3233 2e/3e 100,46 2e 3254 2e/3e 101,26 3e 3333 3e/4e 99,73 3e 3267 3e/4e 99,17 3e 3248 3e/4e 100,68 4e 3414 4e/5e 99,91 4e 3324 4e/5e 100,33 4e 3240 4e/5e 100,31 5e 3401 5e/1m 106,17 5e 3411 5e/1m 105,92 5e 3335 5e/1m 105,49 1m 3607 1m/2m 98,78 1m 3611 1m/2m 98,95 1m 3613 1m/2m 97,90 2m 3695 2m/3m 97,81 2m 3563 2m/3m 99,52 2m 3573 2m/3m 96,95 3m 3687 3m/1p 15,70 3m 3614 3m/1p 17,35 3m 3546 3m/1p 18,22 1p 613 1p/2p 85,15 1p 579 1p/2p 84,28 1p 627 1p/2p 95,85 2p 509 2p/3p 84,48 2p 522 2p/3p 91,95 2p 488 2p/3p 92,62 3p 428 3p/4p 82,01 3p 430 3p/4p 89,07 3p 480 3p/4p 72,92 4p 390 4p/5p 61,28 4p 351 4p/5p 84,33 4p 383 4p/5p 73,11 5p 333 5p 239 5p 296 anno scolastico 2000-01 classi alunni anno scolastico2001-02 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico 2002-03 tasso di passaggio classi Tavola dei flussi alunni 1e 2944 1e/2e 100,37 1e 2854 1e/2e 100,88 1e 2749 1e 1000 2e 3097 2e/3e 101,36 2e 2955 2e/3e 100,17 2e 2879 2e 1010 3e 3295 3e/4e 100,06 3e 3139 3e/4e 100,22 3e 2960 3e 1017 4e 3270 4e/5e 99,85 4e 3297 4e/5e 100,55 4e 3146 4e 1016 1018 5e 3250 5e/1m 103,66 5e 3265 5e/1m 104,26 5e 3315 5e 1m 3518 1m/2m 100,00 1m 3369 1m/2m 101,28 1m 3404 1m 1070 2m 3537 2m/3m 100,68 2m 3518 2m/3m 99,29 2m 3412 2m 1064 3m 3464 3m/1p 18,33 3m 3561 3m/1p 16,34 3m 3493 3m 1051 1p 646 1p/2p 88,24 1p 635 1p/2p 91,81 1p 582 1p 181 2p 601 2p/3p 88,52 2p 570 2p/3p 84,39 2p 583 2p 161 3p 452 3p/4p 96,02 3p 532 3p/4p 85,90 3p 481 3p 142 4p 350 4p/5p 107,43 4p 434 4p/5p 82,49 4p 457 4p 121 5p 280 5p 376 5p 358 5p 99 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 227 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 77 - Regione Molise Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 2.960 0,178 1p 526 4e 3.146 0,158 2p 498 5e 3.315 0,140 3p 463 1m 3.404 0,113 4p 385 2m 3.412 0,093 5p 318 Totale 2.191 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 2.461 incremento alunni istituti professionali -270 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Il Molise si caratterizza come la Regione con il più basso tasso di frequenza degli istituti professionali. Il numero degli alunni che seguono questo tipo di studi, sulla base degli andamenti decrescenti della popolazione scolastica della scuola elementare e media potrebbe ulteriormente diminuire, in valore assoluto, di una percentuale di quasi l’11%. 228 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.17 Regione Campania In Campania l’andamento del totale degli alunni è omogeneo a quello nazionale registrando la solita flessione tra l’a.s. 1997/98 e quello successivo per poi crescere costantemente e significativamente fino all’anno scolastico 2003/2004 (tab. 78, graf. 57). Gli iscritti agli istituti professionali crescono, complessivamente, in modo più consistente del totale degli iscritti e la loro percentuale passa dal 20,5 al 23,3. L’andamento di questa percentuale è molto simile al dato nazionale anche se le variazioni risultano leggermente più alte (tab. 79) Il tasso di iscritti agli IPS registrato nel 2003/04 colloca questa Regione, rispetto a questo parametro, tra le prime sette, nettamente al di sopra della media nazionale (+1%) (tab. 5, graf. 8). Gli istituti professionali autonomi, nell’a.s. 2002/03, risultano 69 e le sezioni associate64, di cui 39 aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab. 6) ; gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato in servizio nell’istruzione professionale, nello stesso anno, sono 6.528 (tab. 14). Tab. 78 - alunni della scuola secondaria superiore – Regione Campania - Valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici Licei scientifici Ist. e scuole magistrali Ist. professionali Ist. Tecnici Ist. d’arte Licei artistici anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 alunni 29.966 29.982 29.344 28.627 28.483 29.019 30.460 % alunni 9,8 10,0 9,7 9,2 9,1 9,1 9,2 alunni 57.944 58.814 60.068 61.141 62.566 64.952 68.955 % alunni 18,9 19,5 19,8 19,7 19,9 20,3 20,9 alunni 31.316 30.830 30.888 31.086 30.176 32.014 33.627 % alunni 10,2 10,2 10,2 10,0 9,6 10,0 10,2 alunni 62.936 61.716 65.744 71.019 74.383 75.809 76.638 % alunni 20,5 20,5 21,6 22,9 23,6 23,7 23,3 alunni 113.478 109.278 107.129 107.176 107.769 107.159 108.204 % alunni 37,0 36,3 35,2 34,6 34,3 33,5 32,8 alunni 7.306 7.063 7.575 7.265 7.653 7.562 8.021 % alunni 2,4 2,3 2,5 2,3 2,4 2,4 2,4 alunni 3.348 3.315 3.226 3.421 3.589 3.687 3.507 % alunni 1,1 1,1 1,1 1,1 1,1 1,2 1,1 229 CAPITOLO 6 Totale scuole sec. superiori gli iscritti agli ips alunni 306.294 300.998 303.974 309.735 314.619 320.202 329.412 % alunni 100,0 100,0 100,0 100 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 79 – Iscritti negli IPS in Campania e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Campania % alunni 20,5 20,5 21,6 22,9 23,6 23,7 23,3 Ist. Prof.li – Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 230 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 231 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 80 – Regione Campania – tassi di passaggio e tavola dei flussi anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 65019 1e/2e 107,37 1e 64845 1e/2e 105,87 1e 62694 1e/2e 104,13 2e 70159 2e/3e 99,92 2e 69809 2e/3e 100,62 2e 68652 2e/3e 100,44 3e 70126 3e/4e 99,40 3e 70101 3e/4e 99,72 3e 70239 3e/4e 99,65 4e 70826 4e/5e 99,83 4e 69705 4e/5e 99,99 4e 69903 4e/5e 100,32 5e 69172 5e/1m 121,86 5e 70707 5e/1m 119,31 5e 69697 5e/1m 117,59 1m 83531 1m/2m 95,17 1m 84291 1m/2m 95,72 1m 84364 1m/2m 95,84 2m 81756 2m/3m 96,35 2m 79496 2m/3m 97,20 2m 80682 2m/3m 95,44 3m 80141 3m/1p 21,24 3m 78768 3m/1p 25,61 3m 77272 3m/1p 28,90 1p 17578 1p/2p 83,73 1p 17023 1p/2p 87,64 1p 20169 1p/2p 82,13 2p 14625 2p/3p 80,94 2p 14718 2p/3p 83,31 2p 14919 2p/3p 85,63 3p 11833 3p/4p 83,58 3p 11837 3p/4p 87,76 3p 12262 3p/4p 88,31 4p 10419 4p/5p 79,16 4p 9890 4p/5p 80,95 4p 10388 4p/5p 82,00 5p 8481 5p 8248 5p 8006 232 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico 2000-01 classi alunni anno scolastico 2001-02 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico2002-03 tasso di passaggio classi Tavola dei flussi alunni 1e 60821 1e/2e 103,62 1e 59548 1e/2e 104,59 1e 59320 1e 1000 2e 65284 2e/3e 100,63 2e 63023 2e/3e 100,43 2e 62284 2e 1051 3e 68954 3e/4e 99,79 3e 65696 3e/4e 100,67 3e 63294 3e 1055 4e 69995 4e/5e 100,05 4e 68810 4e/5e 100,09 4e 66136 4e 1054 5e 70127 5e/1m 116,03 5e 70029 5e/1m 115,94 5e 68873 5e 1054 1m 81956 1m/2m 97,23 1m 81370 1m/2m 97,18 1m 81192 1m 1246 2m 80858 2m/3m 98,13 2m 79685 2m/3m 97,55 2m 79072 2m 1199 3m 77003 3m/1p 30,04 3m 79346 3m/1p 29,10 3m 77730 3m 1162 1p 22333 1p/2p 76,66 1p 23134 1p/2p 70,14 1p 23090 1p 313 2p 16564 2p/3p 84,42 2p 17120 2p/3p 86,17 2p 16227 2p 251 3p 12775 3p/4p 90,65 3p 13984 3p/4p 89,73 3p 14753 3p 211 4p 10829 4p/5p 79,08 4p 11581 4p/5p 79,36 4p 12548 4p 186 5p 8518 5p 8564 5p 9191 5p 149 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 233 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 81 - Regione Campania Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 63.294 0,297 1p 18.799 4e 66.136 0,238 2p 15.751 5e 68.873 0,200 3p 13.786 1m 81.192 0,149 4p 12.106 2m 79.072 0,124 5p 9.815 Totale 70.258 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 75.809 incremento alunni istituti professionali -5.551 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Campania il tasso di alunni che frequentano l’istruzione professionale è più alto della media nazionale, ma il calo di alunni iscritti alla scuola media e, in particolare, alla scuola elementare, fanno prevedere che, nei prossimi anni, ad invarianza dei comportamenti, il numero complessivo degli iscritti ai corsi degli istituti professionali potrebbe ridursi in modo significativo (meno 7%). 6.18 Regione Puglia In Puglia l’andamento del numero totale degli iscritti è sostanzialmente equiparabile a quello nazionale. In altri termini, dopo il calo relativo all’a.s. 1998/99, si registra una crescita abbastanza regolare con una qualche lieve accelerazione nel 2001/2002 e nel 2003/2004 (tab. 82, graf. 77). Per quanto riguarda gli iscritti all’istruzione professionale, si registra complessivamente una crescita sia in valori assoluti che percentuali. L’andamento di questa percentuale è abbastanza simile a quello nazionale anche se, mediamente, sempre più alto di due punti in percentuale. Rispetto al tasso di iscritti agli IPS, la Puglia, con il 24,4%, si colloca al secondo posto, sul piano nazionale, subito dopo il Veneto. (tab. 5, tab. 83). Gli istituti professionali autonomi presenti nella regione, nell’a.s. 2003/2004 sono 39, ma sono presenti anche un numero rilevante di sezioni associate (76) di cui 61 aggregate ad istituti superiori (tab. 6). Nello stesso anno, nella regione, risultano in servizio nell’istruzione professionale, con contratto a tempo indeterminato, 4.725 docenti (tab. 14). 234 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 82 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Puglia Valori assoluti e percentuali anno scolastico Tipologia di scuola 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Licei classici alunni 23.605 24.036 24.221 23.120 22.034 22.329 23.668 % alunni 11,2 11,7 11,7 11,1 10,3 10,3 10,7 Licei scientifici alunni 37.244 36.726 36.070 36.182 36.146 37.197 38.948 % alunni 17,7 17,9 17,5 17,4 16,8 17,2 17,6 Ist. e scuole magistrali alunni 13.195 12.820 12.387 12.733 14.196 14.946 15.561 % alunni 6,3 6,2 6,0 6,1 6,6 6,9 7,0 alunni 46.409 45.385 47.689 49.682 52.625 52.845 54.012 % alunni 22,1 22,1 23,1 23,9 24,5 24,4 24,4 alunni 82.951 80.032 79.310 79.484 82.598 82.044 82.017 % alunni 39,5 39,0 38,5 38,2 38,5 37,9 37,0 alunni 4.877 4.776 4.778 5.002 5.186 5.266 5.451 % alunni 2,3 2,3 2,3 2,4 2,4 2,4 2,5 Licei artistici alunni 1.556 1.631 1.738 1.884 1.900 1.976 1.977 % alunni 0,7 0,8 0,8 0,9 0,9 0,9 0,9 Totale scuole sec. superiori alunni 209.837 205.406 206.193 208.087 214.685 216.603 221.634 % alunni 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Ist. Ist. Tecnici Ist. d’arte Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 83 Iscritti agli IPS in Piemonte e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Puglia % alunni 22,1 22,1 23,1 23,9 24,5 24,4 24,4 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR 235 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 236 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 237 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 84 – Regione Puglia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 classi alunni anno scolastico 98-99 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico 99-2000 tasso di passaggio classi alunni tasso di passaggio 1e 46145 1e/2e 100,96 1e 46398 1e/2e 100,35 1e 44196 1e/2e 2e 47287 2e/3e 100,17 2e 46586 2e/3e 100,49 2e 46562 2e/3e 100,61 100,71 3e 47084 3e/4e 99,73 3e 47369 3e/4e 99,59 3e 46815 3e/4e 100,05 4e 48602 4e/5e 99,80 4e 46959 4e/5e 100,07 4e 47176 4e/5e 100,08 5e 48042 5e/1m 110,48 5e 48503 5e/1m 109,96 5e 46992 5e/1m 109,00 1m 52772 1m/2m 96,97 1m 53075 1m/2m 97,06 1m 53336 1m/2m 97,82 2m 52177 2m/3m 97,11 2m 51173 2m/3m 97,47 2m 51513 2m/3m 97,60 3m 52746 3m/1p 22,19 3m 50668 3m/1p 28,07 3m 49879 3m/1p 29,42 1p 12642 1p/2p 83,52 1p 11702 1p/2p 86,95 1p 14222 1p/2p 79,08 2p 10042 2p/3p 87,56 2p 10559 2p/3p 87,54 2p 10175 2p/3p 91,05 3p 8866 3p/4p 87,73 3p 8793 3p/4p 88,29 3p 9243 3p/4p 87,45 4p 7997 4p/5p 81,94 4p 7778 4p/5p 80,82 4p 7763 4p/5p 82,64 5p 4294 5p 6553 5p 6286 anno scolastico2000-01 classi alunni anno scolastico2001-02 tasso di passaggio classi alunni anno scolastico2002-03 tasso di passaggio classi Tavola dei flussi alunni 1e 42359 1e/2e 100,91 1e 41682 1e/2e 100,73 1e 41485 1e 1000 2e 44466 2e/3e 100,22 2e 42746 2e/3e 100,47 2e 41988 2e 1007 3e 46893 3e/4e 100,27 3e 44566 3e/4e 100,04 3e 42949 3e 1011 4e 46839 4e/5e 100,25 4e 47018 4e/5e 100,07 4e 44585 4e 1011 5e 47213 5e/1m 107,33 5e 46957 5e/1m 107,79 5e 47053 5e 1011 1m 51222 1m/2m 97,92 1m 50676 1m/2m 98,65 1m 50613 1m 1101 2m 52172 2m/3m 97,86 2m 50155 2m/3m 98,42 2m 49994 2m 1076 3m 50275 3m/1p 30,66 3m 51054 3m/1p 30,20 3m 49363 3m 1051 1p 14673 1p/2p 77,79 1p 15413 1p/2p 74,41 1p 15416 1p 295 2p 11247 2p/3p 90,90 2p 11414 2p/3p 86,90 2p 11469 2p 237 3p 9264 3p/4p 92,12 3p 10224 3p/4p 86,56 3p 9919 3p 211 4p 8083 4p/5p 87,10 4p 8534 4p/5p 84,26 4p 8850 4p 186 5p 6415 5p 7040 5p 7191 5p 155 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 238 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 85 - Regione Puglia Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 3e 42.949 4e 5e Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 0,292 1p 12.544 44.585 0,235 2p 10.470 47.053 0,208 3p 9.806 1m 50.613 0,169 4p 8.564 2m 49.994 0,144 5p 7.218 Totale 48.602 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 52.845 incremento alunni istituti professionali -4.243 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Per la Puglia valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per la Campania. Gli alunni iscritti in terza elementare sono circa 6.440 in meno rispetto a quelli iscritti in terza media. Questo dato è destinato ad avere effetti rilevanti sul numero complessivo degli iscritti alla scuola secondaria superiore e, di conseguenza, su quello degli istituti professionali. Il calo stimato del valore assoluto degli iscritti a questo settore è pari a circa l’8%. 239 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips 6.19 Regione Basilicata Nell’arco dei 7 anni scolastici presi in esame il numero totale degli alunni iscritti alla scuola secondaria superiore in Basilicata subisce solo una leggera contrazione (-189), risultato di un calo consistente negli anni scolastici 1998/99, 1999/00 e di un recupero negli anni successivi (tab. 86, graf. 82). Anche l’andamento degli alunni iscritti agli istituti professionali presenta delle anomalie rispetto al dato nazionale. La loro percentuale ha un incremento significativo nell’anno scolastico 1998/99 per poi calare nell’anno scolastico successivo, prima di riprendere a salire. La crescita si interrompe nell’a.s. 2002/03 (un anno dopo rispetto alla media nazionale). La percentuale di iscritti all’istruzione professionale nell’a.s. 2003/04 è pari al 24,3%. Questo valore, di due punti superiore alla media nazionale, colloca questa regione al quarto posto rispetto al tasso di studenti iscritti agli IPS (tab. 87, graf. 8) . Il numero di istituti professionali presenti nella regione, nell’anno scolastico 2002/2003, è pari a 7 e 22 sono le sezioni associate, 19 delle quali aggregate ai istituti superiori (tab. 6). Gli insegnanti con contratto a tempo indeterminato, in servizio nello stesso anno nell’istruzione professionale, sono 2.651 (tab. 14). Tab. 86 - Alunni la scuola secondaria superiore – Regione Basilicata valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola Licei classici alunni % alunni Licei scientifici alunni Ist. e scuole magistrali alunni Ist. Professionali alunni Ist. Tecnici Ist. d’arte 240 % alunni % alunni anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 2.886 2.817 2.814 2.799 2.801 2.895 3.055 7,9 7,8 8,1 7,9 7,9 8,1 8,4 6.584 6.591 6.578 6.612 6.648 6.660 6.939 18,0 18,2 18,9 18,7 18,7 18,6 19,1 2.894 2.925 2.859 2.820 2.853 2.998 3.057 7,9 8,1 8,2 8,0 8,0 8,4 8,4 8.269 8.543 8.112 8.342 8.649 8.858 8.825 22,6 23,6 23,3 23,5 24,3 24,8 24,3 14.992 14.403 13.608 13.955 13.699 13.371 13.404 % alunni 41,0 39,8 39,1 39,4 38,5 37,4 36,9 alunni 538 520 485 502 538 577 599 1,5 1,4 1,4 1,4 1,5 1,6 1,6 % alunni alunni % alunni CAPITOLO 6 Licei artistici Totale scuole sec. superiori gli iscritti agli ips alunni 376 % alunni 370 396 399 387 471 1,0 1,0 1,1 1,1 1,1 1,1 1,3 36.539 36.177 34.826 35.426 35.587 35.746 36.350 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 % alunni alunni 378 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 87 Iscritti agli IPS in basilicata e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Basilicata % alunni 22,6 23,6 23,3 23,5 24,3 24,8 24,3 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 241 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 242 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tabella 88 – Regione Basilicata – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 6634 1e/2e 101,28 1e 6574 1e/2e 101,32 1e 6084 1e/2e 100,46 2e 6990 2e/3e 99,84 2e 6719 2e/3e 100,31 2e 6661 2e/3e 100,44 3e 6975 3e/4e 99,58 3e 6979 3e/4e 99,89 3e 6740 3e/4e 99,97 4e 7006 4e/5e 99,71 4e 6946 4e/5e 100,06 4e 6971 4e/5e 99,81 5e 7106 5e/1m 106,84 5e 6986 5e/1m 108,66 5e 6950 5e/1m 106,17 1m 7626 1m/2m 96,62 1m 7592 1m/2m 97,44 1m 7591 1m/2m 97,83 2m 7787 2m/3m 94,95 2m 7368 2m/3m 101,62 2m 7398 2m/3m 98,35 3m 7809 3m/1p 28,15 3m 7394 3m/1p 31,01 3m 7487 3m/1p 29,16 1p 2226 1p/2p 89,22 1p 2198 1p/2p 81,03 1p 2293 1p/2p 86,26 2p 1951 2p/3p 89,75 2p 1986 2p/3p 78,75 2p 1781 2p/3p 88,94 3p 1652 3p/4p 89,41 3p 1751 3p/4p 81,21 3p 1564 3p/4p 91,11 4p 1320 4p/5p 85,68 4p 1477 4p/5p 71,23 4p 1422 4p/5p 82,42 5p 1120 5p 1131 5p 1052 243 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico2002-03 classi classi classi 1e alunni tasso di passaggio 5929 1e/2e 99,04 1e 2e 6112 3e 6690 2e/3e 101,36 3e/4e 100,24 4e 6738 4e/5e 5e 6958 1m alunni tasso di passaggio 5722 1e/2e 100,38 1e 2e 5872 3e 6195 2e/3e 101,55 3e/4e 100,06 99,47 4e 6706 4e/5e 5e/1m 104,12 5e 6702 7379 1m/2m 99,16 1m Tavola dei flussi alunni 5567 1e 1000 2e 5744 2e 1005 3e 5963 3e 1012 99,19 4e 6199 4e 1011 5e/1m 103,89 5e 6652 5e 1008 7245 1m/2m 99,63 1m 6963 1m 1068 2m 7426 2m/3m 98,80 2m 7317 2m/3m 97,28 2m 7218 2m 1048 3m 7276 3m/1p 30,28 3m 7337 3m/1p 32,75 3m 7118 3m 1029 1p 2183 1p/2p 88,41 1p 2203 1p/2p 85,29 1p 2403 1p 311 2p 1978 2p/3p 91,41 2p 1930 2p/3p 90,62 2p 1879 2p 268 3p 1584 3p/4p 94,44 3p 1808 3p/4p 87,61 3p 1749 3p 236 4p 1425 4p/5p 85,05 4p 1496 4p/5p 83,09 4p 1584 4p 209 5p 1172 5p 1212 5p 1243 5p 170 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 244 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 89 - Regione Basilicata Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 5.963 0,308 1p 1.835 4e 6.199 0,265 2p 1.642 5e 6.652 0,234 3p 1.555 1m 6.963 0,196 4p 1.363 2m 7.218 0,163 5p 1.174 Totale totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 incremento alunni istituti professionali 7.569 8.858 -1.289 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Anche in Basilicata gli andamenti relativi agli alunni iscritti nella scuola media ed elementare fanno prevedere, per i prossimi anni, un calo tra gli iscritti alla scuola secondaria superiore. Sulla base dei flussi di popolazione scolastica ricavati dai dati relativi a questa regione si può stimare che nell’istruzione professionale si potrebbe registrare un calo degli iscritti superiore al 14%. 6.20 Regione Calabria La curva relativa al numero complessivo di iscritti alla scuola secondaria superiore, in Calabria, nel periodo considerato (a.s. 1997/98 – a.s. 2003/04), ha un andamento molto simile a quello nazionale: il numero totale degli studenti, dopo il calo relativo all’a.s. 1998/99, cresce costantemente (tab. 90, graf. 87). Il numero degli studenti dell’istruzione professionale cresce in valore assoluto fino all’anno scolastico 2002/2003 mentre la percentuale di questi studenti, rispetto al totale degli iscritti alla scuola secondaria superiore, a partire da tale anno, comincia a diminuire, così come avviene a livello nazionale. Tale percentuale, nell’anno scolastico 2003/2004, assume il valore del 22,8%, superiore di mezzo punto rispetto alla media nazionale. La Calabria si colloca, quindi, tra le Regioni con una percentuale di istruzione professionale più alta della media nazionale (tab. 91, graf. 8). Il numero di istituti professionali autonomi, nell’a.s. 2002/2003, è pari 245 CAPITOLO 6 Regione Calabria gli iscritti agli ips a 26 e 55 sono le sezioni associate, 39 delle quali aggregate a istituti superiori (tab. 6). Nello stesso anno i docenti dell’istruzione professionale, in servizio con contratto a tempo indeterminato, risultano 2.651 (tab. 14). Tab. 90 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Calabria. valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Licei classici alunni 11.619 11.181 10.788 10.369 10.124 10.097 10.346 % alunni 10,0 9,8 9,4 8,9 8,6 8,4 8,6 Licei scientifici alunni 22.756 22.977 23.144 23.386 23.840 24.851 25.559 % alunni 19,7 20,1 20,1 20,0 20,2 20,7 21,2 Ist. e scuole magistrali alunni 7.985 8.083 7.989 7.795 7.840 8.425 8.932 % alunni 6,9 7,1 6,9 6,7 6,6 7,0 7,4 Ist. alunni 23.840 23.937 24.863 26.357 27.446 27.517 27.461 % alunni 20,6 20,9 21,6 22,5 23,2 23,0 22,8 alunni 46.202 44.966 44.626 44.940 44.674 44.700 43.921 % alunni 39,9 39,2 38,7 38,4 37,8 37,3 36,4 alunni 2.452 2.504 2.865 3.121 3.111 3.059 3.127 % alunni 2,1 2,2 2,5 2,7 2,6 2,6 2,6 Licei artistici alunni 933 938 1.048 1.028 1.141 1.211 1.205 0,8 0,8 0,9 0,9 1,0 1,0 1,0 Totale scuole sec. superiori alunni Ist. Tecnici Ist. d’arte % alunni % alunni 115.787 114.586 115.323 116.996 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur 246 100,0 100,0 118.176 119.860 120.551 100,0 100,0 100,0 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tabella 91 - Iscritti agli IPS in Calabria e in Italia - Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Calabria % alunni 20,6 20,9 21,6 22,5 23,2 23,0 22,8 Ist. Prof.li – Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur 247 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur 248 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati Miur Tab. 92– Tassi di passaggio e tavola dei flussi – Regione Calabria (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 22597 1e/2e 102,19 1e 22257 1e/2e 103,14 1e 21165 1e/2e 103,12 2e 23879 2e/3e 101,03 2e 23092 2e/3e 101,73 2e 22955 2e/3e 101,03 3e 25023 3e/4e 99,36 3e 24126 3e/4e 99,27 3e 23492 3e/4e 99,93 4e 25296 4e/5e 99,94 4e 24864 4e/5e 99,93 4e 23950 4e/5e 100,18 5e 25227 5e/1m 111,86 5e 25282 5e/1m 110,78 5e 24846 5e/1m 107,38 1m 28534 1m/2m 94,52 1m 28218 1m/2m 95,30 1m 28008 1m/2m 95,14 2m 27574 2m/3m 95,63 2m 26971 2m/3m 96,23 2m 26891 2m/3m 95,34 3m 26994 3m/1p 23,59 3m 26370 3m/1p 25,83 3m 25954 3m/1p 27,70 1p 6316 1p/2p 85,80 1p 6368 1p/2p 88,10 1p 6811 1p/2p 86,26 2p 5366 2p/3p 86,00 2p 5419 2p/3p 88,06 2p 5610 2p/3p 91,91 3p 4375 3p/4p 94,58 3p 4615 3p/4p 91,96 3p 4772 3p/4p 92,52 4p 4219 4p/5p 80,52 4p 4138 4p/5p 82,79 4p 4244 4p/5p 87,70 5p 3564 5p 3397 5p 3426 249 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico2002-03 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio Tavola dei flussi alunni 1e 20070 1e/2e 101,76 1e 19860 1e/2e 100,91 1e 19199 1e 1000 2e 21825 2e/3e 101,87 2e 20424 2e/3e 101,16 2e 20041 2e 1022 3e 23191 3e/4e 99,48 3e 22233 3e/4e 99,46 3e 20661 3e 1036 4e 23475 4e/5e 100,03 4e 23071 4e/5e 99,93 4e 22112 4e 1031 5e 23994 5e/1m 107,15 5e 23481 5e/1m 106,85 5e 23054 5e 1031 1m 26679 1m/2m 99,08 1m 25710 1m/2m 98,25 1m 25089 1m 1122 2m 26648 2m/3m 98,81 2m 26433 2m/3m 97,34 2m 25259 2m 1082 3m 25638 3m/1p 27,14 3m 26330 3m/1p 27,21 3m 25729 3m 1046 1p 7189 1p/2p 84,95 1p 6957 1p/2p 86,34 1p 7165 1p 275 2p 5875 2p/3p 93,74 2p 6107 2p/3p 87,80 2p 6007 2p 237 3p 5156 3p/4p 93,74 3p 5507 3p/4p 89,21 3p 5362 3p 212 4p 4415 4p/5p 91,55 4p 4833 4p/5p 84,21 4p 4913 4p 196 5p 3722 5p 4042 5p 4070 5p 168 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 250 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 93 - Regione Calabria Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 20.661 0,265 1p 5.484 4e 22.112 0,230 2p 5.090 5e 23.054 0,206 3p 4.749 1m 25.089 0,175 4p 4.390 2m 25.259 0,155 5p 3.911 Totale 23.623 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 27.517 incremento alunni istituti professionali -3.894 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Per la Calabria valgono considerazioni analoghe a quelle esposte per la Basilicata. Tutti i dati relativi agli iscritti alla scuola elementare e alla scuola media mostrano riduzioni rilevanti. Sulla base della tavola dei flussi, il calo prevedibile per gli alunni iscritti all’istruzione professionale è dell’ordine del 14%. 6.21 Regione Sicilia In Sicilia, il numero complessivo di alunni della scuola secondaria superiore, cresce costantemente, dopo una lieve flessione registrata nell’a.s. 1998/1999, analogamente a quanto avviene sul piano nazionale, anche se la crescita qui è più accentuata: +31.000 alunni in 6 anni (tab. 94, graf. 92). A questo risultato contribuisce in modo rilevante l’istruzione professionale (quasi 20.000 alunni in più nel periodo considerato) con un incremento costante degli iscritti e della loro percentuale rispetto al numero complessivo degli studenti degli istituti secondari superiori (tab. 95, graf. 93). Tale percentuale passa dal 17,2% dell’a.s. 1997/98 (inferiore di quasi quattro punti rispetto alla media nazionale dello stesso anno) al 22,6% dell’a.s. 2003/2004, leggermente superiore alla media nazionale (tab. 95, graf. 8)). Il numero di istituti professionale presenti nella regione nell’a.s. 2002/2003 è pari a 40, ma sono presenti anche 85 sezioni associate, di cui 71 aggregate ad istituti di istruzione superiore (tab. 6). Gli insegnanti dell’istruzione professionale con contratto a tempo indeterminato risultano essere, nello stesso anno, 5.251 (tab. 14). 251 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 94 - Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Sicilia valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Licei classci alunni 28.496 28.701 28.584 28.677 28.732 28.862 29.669 % alunni 12,0 12,2 12,0 11,8 11,3 11,1 11,1 Licei scientifici alunni 43.004 43.464 43.815 44.839 46.878 48.335 51.279 % alunni 18,1 18,5 18,4 18,5 18,4 18,6 19,1 Ist. e scuole magistrali alunni 22.710 22.609 22.491 22.205 22.833 23.950 24.671 % alunni 9,6 9,6 9,5 9,2 8,9 9,2 9,2 Ist. alunni 40.782 41.451 45.516 49.821 56.044 57.637 60.613 % alunni 17,2 17,6 19,2 20,6 22,0 22,2 22,6 Ist. Tecnici alunni 93.962 90.752 88.433 86.950 90.999 90.510 91.383 % alunni 39,6 38,5 37,2 35,9 35,7 34,9 34,1 Ist. d’arte alunni 6.241 6.242 6.276 7.031 6.913 7.069 7.249 % alunni 2,6 2,7 2,6 2,9 2,7 2,7 2,7 alunni 2.104 2.279 2.473 2.537 2.794 3.151 3.360 % alunni 0,9 1,0 1,0 1,0 1,1 1,2 1,3 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Totale alunni scuole sec. su- % periori alunni Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 252 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 95 Iscritti agli IPS in Sicilia e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li Sicilia % alunni 17,2 17,6 19,2 20,6 22,0 22,2 22,6 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 253 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 254 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 96 – Regione Sicilia – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 58883 1e/2e 102,71 1e 58055 1e/2e 102,75 1e 56172 1e/2e 101,44 2e 60919 2e/3e 99,97 2e 60481 2e/3e 99,66 2e 59651 2e/3e 100,53 99,67 3e 60623 3e/4e 99,81 3e 60899 3e/4e 99,35 3e 60274 3e/4e 4e 60885 4e/5e 100,34 4e 60505 4e/5e 99,74 4e 60502 4e/5e 99,77 5e 59811 5e/1m 118,21 5e 61092 5e/1m 115,91 5e 60350 5e/1m 114,45 1m 71028 1m/2m 94,54 1m 70705 1m/2m 94,33 1m 70812 1m/2m 95,50 2m 67680 2m/3m 95,03 2m 67149 2m/3m 95,62 2m 66695 2m/3m 95,54 3m 65741 3m/1p 18,85 3m 64318 3m/1p 24,00 3m 64211 3m/1p 27,23 1p 12130 1p/2p 77,44 1p 12395 1p/2p 80,28 1p 15438 1p/2p 74,31 2p 9601 2p/3p 83,22 2p 9394 2p/3p 85,29 2p 9951 2p/3p 83,54 3p 7548 3p/4p 87,92 3p 7990 3p/4p 86,45 3p 8012 3p/4p 88,57 4p 6458 4p/5p 77,98 4p 6636 4p/5p 78,48 4p 6907 4p/5p 79,01 5p 5045 5p 5036 5p 5208 255 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico2002-03 classi classi classi 1e alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio Tavola dei flussi alunni 53593 1e/2e 101,41 1e 52995 1e/2e 100,63 1e 51942 1e 1000 2e 56980 2e/3e 100,86 2e 54349 2e/3e 100,10 2e 53331 2e 1018 3e 59966 3e/4e 99,57 3e 57472 3e/4e 99,02 3e 54402 3e 1020 4e 60074 4e/5e 100,27 4e 59707 4e/5e 99,69 4e 56910 4e 1015 5e 60364 5e/1m 112,90 5e 60239 5e/1m 111,54 5e 59519 5e 1015 1m 69068 1m/2m 97,47 1m 68153 1m/2m 97,75 1m 67191 1m 1163 2m 67625 2m/3m 97,30 2m 67321 2m/3m 96,65 2m 66620 2m 1115 3m 63720 3m/1p 28,58 3m 65800 3m/1p 28,27 3m 65067 3m 1071 1p 17483 1p/2p 77,86 1p 18212 1p/2p 73,29 1p 18599 1p 272 2p 11472 2p/3p 89,91 2p 13612 2p/3p 80,16 2p 13347 2p 208 3p 8313 3p/4p 93,88 3p 10315 3p/4p 83,70 3p 10911 3p 176 4p 7096 4p/5p 85,98 4p 7804 4p/5p 78,75 4p 8634 4p 155 5p 5457 5p 6101 5p 6146 5p 124 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 256 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 97 - Regione Sicilia Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 54.402 0,266 1p 14.498 4e 56.910 0,205 2p 11.683 5e 59.519 0,173 3p 10.319 1m 67.191 0,133 4p 8.956 2m 66.620 0,111 5p 7.410 Totale 52.866 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 57.637 incremento alunni istituti professionali -4.771 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: In Sicilia, l’incremento, attualmente in atto, degli iscritti al primo anno dell’istruzione professionale sembra destinato ad arrestarsi, nei prossimi anni, per effetto della riduzione rilevante degli alunni iscritti alla scuola media ed elementare. Se non si verificano fenomeni significativi relativamente alla popolazione scolastica e alle scelte rispetto alla scuola secondaria superiore, è prevedibile un calo significativo del numero di iscritti all’istruzione professionale. La riduzione complessiva, nell’a.s. 2008/09, è stimata pari all’8% circa rispetto ai valori dell’a.s. 2002/03. 6.22 Regione Sardegna In Sardegna il quadro relativo all’andamento complessivo del numero degli iscritti risulta notevolmente diverso da quello nazionale. Tale numero, se si eccettua una lieve ripresa nell’a.s. 2000/01, cala costantemente con una riduzione complessiva di oltre 8.700 alunni nel periodo considerato - a.s. 1997/98 - a.s. 2003/2004 - (tab. 98, graf. 97). In questo quadro, l’andamento relativo al numero degli studenti degli istituti professionali mostra alcuni caratteri in controtendenza: dopo una diminuzione di iscritti registrata nell’a.s. 1998/99, si riscontra una crescita nei tre anni scolastici successivi, un calo nell’a.s. 2002/2003 ed un leggero incremento nell’a.s. 2003/2004, con un saldo complessivo, nei 7 anni presi in considerazione, leggermente positivo (tab. 98, graf. 96). Conseguentemente, la percentuale degli iscritti negli IPS sul totale degli iscritti, con un andamento un po’ altalenante, cresce, 257 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips passando dal 16% al 18% (graf. 98). Questo valore rimane comunque al di sotto della media nazionale di oltre 4 punti e colloca la Sardegna tra le regione con il più basso tasso di studenti iscritti all’istruzione professionale (tab. 99, graf. 8). Gli istituti professionali autonomi funzionanti in Sardegna nell’a.s. 2002/2003 sono 18 e 35 le sezioni associate, di cui 24 aggregate ad istituti superiori (tab. 6). Gli insegnanti in servizio negli istituti professionali, nell’a.s. 2002/2003, con contratto a tempo indeterminato sono 1578 (tab. 14). Tab. 98 – Alunni della scuola secondaria superiore – Regione Sardegna valori assoluti e percentuali Tipologia di scuola anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Licei classici alunni 8.362 8.121 8.031 7.852 7.922 7.987 8.263 % alunni 8,8 9,0 9,0 8,8 8,9 9,2 9,6 Licei scientifici alunni 17.928 17.553 17.302 16.943 17.071 16.731 17.499 % alunni 18,9 19,5 19,4 18,9 19,1 19,4 20,3 Ist. e scuole magistrali alunni 6.807 6.396 6.655 6.514 6.559 6.484 6.591 % alunni 7,2 7,1 7,5 7,3 7,3 7,5 7,6 alunni 15.220 14.259 14.828 16.092 16.230 15.441 15.518 % alunni 16,0 18,2 17,9 18,0 Ist. Ist. Tecnici Ist. d’arte Licei artistici Totale scuole sec. superiori alunni 15,9 43.964 40.869 39.704 18,0 39.276 38.607 37.023 35.527 % alunni 46,3 45,5 44,6 43,9 43,2 42,8 41,2 alunni 1.749 1.628 1.349 1.506 1.466 1.423 1.574 % alunni 1,8 1,8 1,5 1,7 1,6 1,6 1,8 alunni 963 1.018 1.094 1.298 1.425 1.326 1.274 1,0 1,1 1,2 1,5 1,6 1,5 1,5 % alunni alunni % alunni 94.993 89.844 88.963 89.481 89.280 100,0 100,0 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 258 16,7 100,0 100,0 100,0 86.415 86.246 100,0 100,0 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 99 Iscritti agli IPS in Sardegna e in Italia – Valori percentuali anno scolastico 97/98 98/99 99/00 00/01 01/02 02/03 03/04 Ist. Prof.li - Sardegna % alunni 16,0 15,9 16,7 18,0 18,2 17,9 18,0 Ist. Prof.li - Italia % alunni 20,1 20,3 21,2 22,1 22,6 22,4 22,3 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 259 CAPITOLO 6 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 260 gli iscritti agli ips CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Tab. 100 - Regione Sardegna – tassi di passaggio e tavola dei flussi (*) anno scolastico 97-98 anno scolastico 98-99 anno scolastico 99-2000 classi classi classi alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio alunni tasso di passaggio 1e 16345 1e/2e 99,42 1e 15739 1e/2e 99,12 1e 15099 1e/2e 99,19 2e 16915 2e/3e 99,88 2e 16251 2e/3e 100,01 2e 15601 2e/3e 100,78 3e 16774 3e/4e 99,63 3e 16894 3e/4e 99,87 3e 16252 3e/4e 99,98 4e 17247 4e/5e 99,80 4e 16712 4e/5e 100,25 4e 16872 4e/5e 100,78 5e 17434 5e/1m 118,62 5e 17212 5e/1m 117,88 5e 16753 5e/1m 114,96 1m 21081 1m/2m 96,62 1m 20680 1m/2m 97,11 1m 20290 1m/2m 96,72 2m 21250 2m/3m 95,61 2m 20368 2m/3m 96,21 2m 20082 2m/3m 96,11 3m 20858 3m/1p 20,85 3m 20317 3m/1p 24,33 3m 19597 3m/1p 29,33 1p 4739 1p/2p 70,35 1p 4348 1p/2p 79,32 1p 4944 1p/2p 74,94 2p 3634 2p/3p 77,05 2p 3334 2p/3p 78,37 2p 3449 2p/3p 80,31 3p 2597 3p/4p 81,79 3p 2800 3p/4p 81,04 3p 2613 3p/4p 83,85 4p 2360 4p/5p 70,04 4p 2124 4p/5p 73,12 4p 2269 4p/5p 73,95 5p 1890 5p 1653 5p 1553 261 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips anno scolastico2000-01 anno scolastico2001-02 anno scolastico2002-03 classi classi classi alunni tasso di passaggio 1e 14513 1e/2e 2e 14976 3e 15722 4e 16249 5e 17004 1m 19259 1m/2m alunni tasso di passaggio 98,05 1e 13918 1e/2e 2e/3e 99,41 3e/4e 98,91 2e 14230 3e 14888 4e/5e 99,06 4e 15551 5e/1m 112,12 5e 16096 98,18 1m 19065 1m/2m Tavola dei flussi alunni 102,02 1e 13500 1e 1000 2e/3e 104,02 2e 13856 2e 996 3e/4e 105,08 3e 14199 3e 1004 4e/5e 117,30 4e 14802 4e 1011 5e/1m 115,39 5e 15645 5e 1045 95,54 1m 18241 1m 1211 1172 2m 19624 2m/3m 97,96 2m 18908 2m/3m 22,37 2m 18573 2m 3m 19300 3m/1p 25,61 3m 19223 3m/1p 19,69 3m 18215 3m 957 1p 5748 1p/2p 71,16 1p 4943 1p/2p 64,19 1p 4229 1p 229 2p 3705 2p/3p 82,97 2p 4090 2p/3p 60,44 2p 3785 2p 165 3p 2770 3p/4p 86,10 3p 3074 3p/4p 57,97 3p 3173 3p 125 4p 2191 4p/5p 79,32 4p 2385 4p/5p 647,42 4p 2472 4p 98 5p 1678 5p 1738 5p 1782 5p 185 (*) legenda: e = elementare; m = scuola media; p = professionale. Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR 262 CAPITOLO 6 gli iscritti agli ips Tab. 101 - Regione Sardegna Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 alunni 2002/2003 Tasso di passaggio Stima alunni istituti professionali a.s. 2008/2009 3e 14.199 0,228 1p 3.244 4e 14.802 0,163 2p 2.418 5e 15.645 0,120 3p 1.874 1m 18.241 0,081 4p 1.474 2m 18.573 0,158 5p 2.927 Totale 11.937 totale alunni istituti professionali - a.s. 2002/2003 15.441 incremento alunni istituti professionali -3.504 Fonte: elaborazione Isfol su dati MIUR Note: Anche la Sardegna si caratterizza per un forte calo della leva scolastica. Nell’a.s. 2002/2003, gli iscritti in terza elementare sono circa 4.000 in meno di quelli iscritti in terza media (-22%). Sulla base degli indici di flusso ricavati dai dati presi in esame, si può prevedere, nell’a.s. 2008/2009, un calo complessivo degli iscritti all’istruzione professionale pari a circa il 13%, rispetto a quelli iscritti nell’a. s. 2002/2003. 263 CAPITOLO 7 istruzione professionale ISTRUZIONE PROFESSIONALE REGIONALE E RIFORMA COSTITUZIONALE: NUOVI SCENARI PER LA CONTRATTAZIONE NAZIONALE E PER LA GESTIONE DEL PERSONALE Il trasferimento dell’attuale istruzione professionale statale alle Regioni e il nuovo disegno costituzionale comportano sicure implicazioni sulla gestione del personale docente e non docente, e ripropongono al centro del dibattito politico e sindacale sia il rapporto tra contrattazione nazionale e contrattazione decentrata, sia il raccordo, a riguardo della disciplina del rapporto di lavoro, tra i livelli di potere normativo, cioè tra la legislazione statale e l’autonomia normativa delle Regioni. 7.1 Il peso crescente della contrattazione decentrata Il rapporto tra i livelli negoziali è uno dei temi ricorrenti del dibattito che accompagna la contrattazione del lavoro nel settore privato ma che, in questi ultimi anni, è all’ordine del giorno anche per la pubblica amministrazione. Il livello in cui avviene la contrattazione ha implicazioni che coinvolgono aspetti macro e micro-economici. Il prevalere di un modello centralizzato della contrattazione (il contratto collettivo nazionale) viene, in genere, interpretato dagli economisti in grado di svolgere un ruo- 264 CAPITOLO 7 istruzione professionale lo positivo nello sviluppare politiche retributive “compatibili” con le performance dei sistemi economici, in termini di contenimento delle dinamiche inflazionistiche e della disoccupazione. E’ rilevante, in questi contesti, la presenza delle grandi organizzazioni sindacali che svolgono non solo un ruolo circoscritto alle politiche contrattuali di settore e di categoria , ma tengono conto, nel determinare le politiche salariali, di compatibilità che vanno oltre la rappresentanza del mondo del lavoro, fino al coinvolgimento nelle politiche fiscali e di contenimento dei deficit pubblici. In Italia, l’Accordo del luglio 1993 offre l’impianto di relazioni sindacali in cui la contrattazione centralizzata viene inserita in un quadro di regole governate rigorosamente attraverso una politica dei redditi nazionale. Nell’accordo viene definita l’articolazione della contrattazione collettiva su due livelli: nazionale di categoria (cadenza quadriennale per la parte normativa, biennale per la parte retributiva), aziendale, o territoriale (cadenza quadriennale). Solitamente, i termini del confronto per la contrattazione decentrata vengono riassunti nell’esigenza di tener conto dei differenziali di produttività fra imprese e aree geografiche, cui si aggiunge la possibilità di trovare una qualche relazione tra il livello dei salari e le condizioni del mercato del lavoro, con salari decrescenti nelle regioni con più alta disoccupazione. Tuttavia, è ormai condivisa l’opinione che l’impianto relativo all’Accordo del luglio 1993, per quanto attiene alla contrattazione decentrata, non abbia fornito risultati efficaci in termini di distribuzione aziendale dei risultati della produttività, e meno ancora della capacità di adeguare le politiche retributive alle differenze locali dei livelli di produttività e dei mercati del lavoro. Tali considerazioni valgono sia per settore privato, sia per il settore pubblico. Anzi, per quest’ultimo, la ricerca di un nuovo equilibrio tra i livelli di contrattazione è accentuato ora dalla riforma costituzionale di impostazione “federalista”, con il nuovo ruolo assegnato alle autonomie locali, che rischia di far apparire incoerente il permanere di un sistema fortemente centralizzato di contrattazione collettiva mentre i soggetti pubblici conquistano sempre più autonomia. 7.2 Ipotesi di riforma e prime intese Gli esiti delle politiche contrattuali nei dieci anni trascorsi vengono valutati in modo, a volte, difforme e contrapposto: sia come richiesta di profonde revisioni, sia di mantenimento della cornice contrattuale complessiva.. E’ indubbio che uno degli obiettivi prioritari, il rientro 265 Il peso crescente della contrattazione decentrata CAPITOLO 7 Ipotesi di riforma e prime intese istruzione professionale dall’inflazione ed il mantenimento di un profilo basso del tasso sotto il 3%, ha permesso la salvaguardia di livelli di competitività internazionale, specialmente dopo i vincoli introdotti da Maastrich. Tuttavia, è proprio il prevalere del criterio della competitività nei confronti della distribuzione della produttività tra i fattori della produzione che viene visto da molti come portatore di esiti non positivi della contrattazione decentrata; ciò sta ponendo al centro del dibattito politico e sindacale il ripensamento o di una qualche revisione dell’impianto contrattuale definito nel 1993. La pubblicazione del Libro Bianco sul Lavoro del governo (2001), inoltre, ha alimentato il dibattito ed il confronto tra posizioni ancora molto differenziate, specialmente tra i sindacati. In tale documento si sollecitano le parti sociali a intervenire sul sistema contrattuale lasciando al CCNL la configurazione di accordo quadro, con la funzione di “salvaguardare il potere di fissare standard minimi comuni”, e rafforzando la contrattazione decentrata, per rendere flessibile la struttura della retribuzione, con forti coerenze con le specificità del territorio. Ma mentre prosegue il confronto, prime esperienze si stanno affacciando, che sicuramente aprono alla sperimentazioni di un nuovo modello contrattuale. E’ il caso del contratto degli artigiani, siglato all’inizio del 2004, che introduce una forma di regionalizzazione del contratto: il contratto nazionale continua a garantire la tutela del potere d’acquisto, mentre alla contrattazione regionale è demandato il recupero dell’eventuale scostamento tra l’inflazione definita dalla concertazione e l’inflazione reale, oltre alla redistribuzione dell’aumento della produttività. Occorre ricordare che anche questa prima esperienza non è stata letta in modo univoco dagli interlocutori sindacali e politici, tesi ad enfatizzare o sminuire gli indubbi elementi di discontinuità con il passato. Pur in contesti diversi, novità rilevanti si stanno affermando nel settore pubblico, in contemporanea con la faticosa ricerca delle linee di applicazione della riforma costituzionale del 2001, di cui tratteremo più ampiamente di seguito: dapprima, l’accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2002 in materia di sanità (che precisa gli elementi distintivi dei due livelli di contrattazione), e poi, via-via, i nuovi contratti del Comparto delle Regioni e delle Autonomie locali e del Comparto Sanità e Scuola per il quadriennio normativo 2002-2005. 266 CAPITOLO 7 istruzione professionale 7.3 I contratti nel settore pubblico Come è stato ricordato poco sopra, la contrattazione portata a livello decentrato tiene conto delle possibilità di adeguare le politiche retributive ai differenziali di produttività fra imprese e aree geografiche, cui si aggiunge il riferimento anche alle condizioni del mercato del lavoro locale che – in qualche modo – potrebbe tenere in qualche relazione il salario e la disoccupazione/occupazione del territorio. Appare evidente, almeno per quanto riguarda il legame con la produttività, della difficoltà di applicare meccanicamente modelli contrattuali dei sistemi produttivi privati al settore pubblico. Basti solo accennare alla difficoltà di definire prodotto e produttività per le diverse tipologie di servizi pubblici (dalla sanità alla scuola, dalla difesa alla giustizia, da un dipartimento di un ministero ad un assessorato regionale, ad un comune)1.Tuttavia, anche la contrattazione del settore pubblico è, faticosamente, segnata dalla ricerca di definire un livello di contrattazione decentrata, in qualche modo ancorato al luogo della prestazione lavorativa. Si ricorda che l’Accordo del luglio 1993 è esteso anche al settore pubblico, con articolazione in comparti, e coinvolge circa 3 milioni di dipendenti il cui rapporto di lavoro è definito tramite contrattazione collettiva, cui si aggiungono circa 500 mila “non contrattualizzati” (gran parte dei quali, come le forze armate e la polizia, sono sottoposti ad un contratto, anche se non rientrano nel c.d. pubblico impiego, regolamentato da una apposita legislazione). Vale la pena di ricordare come le regole dell’Accordo del 1993 siano state determinanti nel permettere il controllo delle dinamiche salariali nel pubblico impiego, contenendo il disavanzo pubblico e il tasso di inflazione. La struttura contrattuale nel settore pubblico prevede, come per il privato, una distinzione delle competenze tra contratto nazionale e contrattazione decentrata, ed ha assunto, anch’essa, risultati ed aspetti discussi e controversi. L’esperienza di questi ultimi anni è stata vista come portatrice di una sorta di bipolarismo distorto, con una sorta di duplice baricentro, caratterizzato da un appesantimento eccessivo del contratto nazionale, accompagnato, spesso, da un appesantimento altrettanto forte della contrattazione integrativa e decentrata. Si sarebbe dovuto tenere ferma la distinzione tra i contenuti di natura Si ricorda il tentativo, sostanzialmente disatteso, di introdurre nel CCNL del 1995 del comparto scuola il potenziamento della contrattazione decentrata a livello di singola istituzione scolastica, con forme di differenziazione retributiva basate sul merito e sulla valutazione di sistema. 1 267 CAPITOLO 7 I contratti nel settore pubblico istruzione professionale economica, di competenza della contrattazione collettiva e materie attinenti all’organizzazione degli uffici e delle amministrazioni, tra trattare nella contrattazione decentrata. Ma non sempre ci si è riusciti; sia per l’ ARAN, sia per i comitati di settore è stato difficile resistere alle forti pressioni sindacali, che non hanno saputo scegliere tra le tendenze a mantenere un contratto nazionale forte e le tendenze a fare della contrattazione decentrata qualche cosa di molto pesante. 7.4 Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei contenuti della contrattazione nazionale Con il nuovo disegno costituzionale si pongono numerosi quesiti relativamente allo spazio esistente per la contrattazione nazionale; quest’ultima, infatti, rischia di essere compressa tra una potestà legislativa statuale ed una rafforzata autonomia normativa delle Regioni e degli altri enti locali. La riforma del titolo V della Costituzione apre interrogativi relativamente a quale delle tre tipologie di competenze previste dal nuovo art. 117 (esclusiva dello Stato, concorrente o esclusiva delle Regioni) rientri la disciplina dei rapporti individuali e collettivi di lavoro. Al riguardo, il dibattito che ha accompagnato e seguito l’approvazione della riforma può portare a letture anche divergenti2, così sintetizzabili: a) i rapporti individuali e collettivi di lavoro, come quelli contrattuali, rientrano tra le materie di legislazione esclusiva statale in quanto riconducibili al concetto di “ordinamento civile”, così come i diritti dei lavoratori rientrano a pieno titolo nei “diritti civili e sociali”. In tal caso, per “tutela e sicurezza del lavoro” si intenderebbe l’attività amministrativa di tutela del lavoro, e la vigilanza sulla corretta applicazione di norme a carattere pubblicistico; b) può esservi coabitazione fra profili che attengono ai livelli essenziali di tutela, rientranti nella competenza statale, e diritti non essenziali, rimessi alla legislazione concorrente; Per tutti, vedi i numerosi interventi e scritti di Antonio Viscomi e Lorenzo Zoppoli (Viscomi A., Zoppoli L., La contrattazione decentrata, in Carinci F. (a cura di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Commentario, Giuffré, Milano 1995; Zoppoli L., a cura di, Contratti collettivi a confronto: impiego pubblico, industria, servizi, Quaderni ARAN, Franco Angeli, Milano 1996.), alle cui posizioni si fa ampio riferimento. 2 268 CAPITOLO 7 istruzione professionale c) si può vedere come l’accostamento tra “tutela e sicurezza del lavoro” e “professioni” possa condurre il lavoro subordinato e autonomo tra le materie di legislazione concorrente. C’è da considerare che non vi sarebbero, comunque, novità per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome (art. 116, comma 1), in quanto non possono risultare diminuite le competenze già in essere, unitamente ad altre forme di autonomia particolari . Ben diverso sarebbe l’esito se la normativa relativa al personale regionale rientrasse nella competenza esclusiva delle Regioni; queste non sarebbero più vincolate al rispetto dei principi fondamentali e di riforma economico-sociale dello Stato, con la conseguenza che si darebbe vita a tanti sistemi regolativi del personale quante sono le Regioni. La soluzione più estensiva presuppone che la disciplina del personale regionale rientri nel concetto di “organizzazione amministrativa”, non più assoggettata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Ma anche nella tipologia intermedia, la riconduzione delle politiche del personale all’ambito della disciplina a competenza concorrente porterebbe, comunque, ad ampliare i poteri delle Regioni a statuto ordinario. In ogni caso, l’attribuzione ad esse operata dalla riforma di maggiori poteri e soprattutto di autonomia di risorse (art. 119, comma 1, cost.) induce a ritenere assai difficile che le Regioni a statuto ordinario possano essere espropriate della competenza a stipulare contratti collettivi con un margine di autonomia ben superiore all’attuale. Infatti, anche se è ampio lo spazio per la contrattazione nazionale, non è pensabile che il circuito contrattuale nazionale operi distintamente dalle Regioni, in quanto queste hanno ormai un ampio spazio di potestà legislativa (e regolamentare) in materia di organizzazione e ordinamento, né rispetto agli enti locali, considerata la loro potestà statutaria e regolamentare (art. 117 e 118 Cost.). L’orientamento più condiviso è che occorra partire dal dato normativo secondo cui le regole della contrattazione nazionale sono affidate alla potestà legislativa statale in materia di rapporti di lavoro, ma che queste non possano più prescindere da alcune radicali modifiche derivanti dal titolo V, tra le quali: a)il riparto della potestà legislativa e regolamentare tra lo Stato e le autonomie locali segue logiche in parte slegate dai canali di finanziamento (poiché la nuova Costituzione riconosce ambiti di potestà legislativa esclusiva alle Regioni non si può comprimere l’autonomia normativa periferica per ragioni di mero contenimento della spesa pubblica, ma, al più, per finalità perequative); 269 Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei contenuti della contrattazione nazionale CAPITOLO 7 istruzione professionale b)la contrattazione nazionale non può incidere sull’autorganizzazione regionale e degli altri enti locali costituzionalmente garantita; c)né può impedire la legislazione regionale migliorativa, almeno nella misura in cui questa rispetti il principio costituzionale della libertà sindacale; d)anche la contrattazione nazionale deve essere informata ai principi di leale collaborazione istituzionale. La contrattazione integrativa appare, quindi, destinata a crescere, come del resto viene già ribadito dallo stesso art. 40, comma 3, del d.lgs. 165/20013. Le novità apportate dalla riforma costituzionale nei contenuti della contrattazione nazionale 7.5 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione In materia di “istruzione,”4 l’articolo 117 della Costituzione attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulle norme generali e alle Regioni la legislazione concorrente, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della “istruzione e formazione professionale,” che invece ricade tra le materie di competenza esclusiva della Regione, che ha così la potestà di legiferare senza il limite dei principi generali della materia, stabilito con legge dello Stato o desumibile dall’ordinamento. L’istruzione rimane quindi per le norme generali di competenza dello Stato, che è chiamato a dettare le regole basilari dell’autonomia scolastica, dell’ordinamento degli studi, della libertà di insegnamento, dell’istruzione obbligatoria, a fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli, le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. 4 Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione inserisce le norme generali sull’istruzione tra le materie per le quali si prevedono, a favore delle Regioni, ulteriori forme e condizioni particolari d’autonomia, da attribuire con legge dello Stato, su iniziativa delle Regioni stesse e sentiti gli Enti Locali. 3 270 CAPITOLO 7 istruzione professionale statali, a istituire scuole statali per ogni ordine e grado, come previsto dagli articoli (non modificati dalla riforma) 33 e 34 della Costituzione. Compito dello Stato è, inoltre, quello di determinare con legge i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Alle Regioni spetta ora il compito di provvedere all’organizzazione del servizio istruzione sul territorio regionale, nell’ambito delle linee essenziali tracciate dalla normativa statale, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che la riforma provvede a costituzionalizzare, e nei valori delle prestazioni predefiniti con legge statale. Alcune materie nell’ambito dell’istruzione potrebbero rientrare sicuramente nella competenza legislativa regionale, come l’integrazione tra istruzione e formazione professionale e l’organizzazione territoriale (oggetto addirittura di competenza esclusiva regionale) o la programmazione della rete scolastica e l’offerta di istruzione sul territorio (oggetto di competenza concorrente). Peraltro, “occorre tener presente che, stante l’impianto di fondo del nuovo testo costituzionale, l’eventuale riconduzione alla competenza piena regionale dell’istruzione, che verrebbe ad affiancare la potestà esclusiva regionale nella formazione professionale, sarebbe rimessa all’iniziativa di ciascuna Regione. Il che può far prevedere una possibile differenziazione delle competenze legislative rispetto ai diversi sistemi regionali, rendendo forse ancor più problematico il raccordo tra modelli di integrazione delle politiche legislative di tipo verticale-orizzontale (Stato-Regioni) o, invece, di quelle prevalentemente di tipo orizzontale (tra le Regioni stesse)”5. Ma il dibattito ed il percorso di adeguamento alla modifiche introdotte dalla riforma non sono affatto conclusi; basti pensare ai contenziosi avanzati in Corte Costituzionale. Le più recenti sentenze appaiono far rimanere centralizzato unicamente il compito di legiferare e di organizzare ciò che concerne lo status giuridico ed economico del personale del personale docente e non della scuola statale. E’ esemplare l’esito del ricorso presentato dalla Regione EmiliaRomagna alla Corte costituzionale a riguardo delle iniziative del Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie. Nello specifico, la Regione ha sollevato, in riferimento agli articoli 117 e 118, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dei commi 3 e 4 dell’art.22 della 5 Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Formazione, Istruzione e Lavoro. Riflessioni sulla riforma del Titolo V, parte II della Costituzione, Angeli, Milano 2003, pag. 113. 271 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione CAPITOLO 7 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione istruzione professionale legge 448 del 2001, i quali dettano disposizione in materia di organizzazione scolastica concernenti la definizione delle dotazioni organiche del personale docente e l’orario di lavoro. La Corte Costituzionale (con sentenza n. 13 del 2004), ha accolto la questione della legittimità sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, ribadendo che la definizione degli organici dei docenti e degli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola è di competenza delle Regioni6. Ora, appare sempre più labile tenere separato la definizione degli organici, dalla dimensione contrattuale e dalla responsabilità finanziaria. Di grande rilievo è però anche la sentenza n. 279 del 2005 della Corte Costituzionale, che può così riassumersi: - la definizione dei compiti e dell’impegno orario del personale docente, in quanto dipendente dello Stato, rientra nella competenza statale esclusiva, trattandosi di materia attinente al rapporto di lavoro del personale statale; - il rispetto del principio di leale collaborazione impone che nell’adozione delle scelte relative all’organico del personale docente (si tratta, in questo caso, di un decreto ministeriale teso ad aumentare gli organici per le attività di tempo pieno e tempo prolungato) vengano coinvolte le Regioni, quanto meno nella forma della consultazione e di competenti organi statali con la Conferenza unificata Stato-Regioni. Ma alle problematiche complessive riferibili a tutto il comparto pubblico, nel settore dell’istruzione emergono e si aggiungono altre specificità legate all’autonomia scolastica, ed in particolare, ad uno degli aspetti più controversi relativo al rapporto con la funzione docente, che riguarda il reclutamento, ossia se l’autonomia dell’istituto implichi necessariamente autonomi poteri di scelta del personale docente 7. Si ricorda che gli istituti scolastici sono dotati di autonomia organiz- La sentenza della Corte Costituzionale definisce che le direzioni scolastiche regionali del Miur non hanno alcuna competenza sugli organici. Ruolo che spetta, invece, ai Governatori. La sentenza, tuttavia, non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di leggi regionali conformi alla nuova competenza”. 7 (…) Di potere di scelta si può parlare in almeno due significati. Il primo si riferisce alla possibilità di individuare il docente senza alcun vincolo di tipo concorsuale: l’istituto sceglie la persona che ritiene più adatta; un sistema di questo genere è incompatibile con la garanzia della libertà di insegnamento perché comporta l’assolutizzazione del rischio che ogni istituto assuma docenti affini rispetto a chi in quel certo momento esprime la tendenza prevalente. In questo modo, l’istituto scolastico rinnega la sua funzione, che è innanzitutto quella di assicurare in concreto la libertà di insegnamento. (…) Quanto precisato può risolvere un ulteriore problema di grande rilievo anche pratico, posto dal nuovo titolo V. Si tratta dell’identità del datore di lavoro del corpo docente: se debba essere lo Stato, la Regione, altri. Il punto è che deve essere innanzitutto salvaguardata una disciplina che garantisca la libertà della funzione docente: e ciò non è neces6 272 CAPITOLO 7 istruzione professionale zativa, gestionale e didattica (art. 21, commi 1 e 7, legge 59/1997), con propria personalità giuridica che permette di sottoscrivere accordi, convenzioni, contratti. Tuttavia, in base alla normativa vigente, l’autonomia istituzionale delle singole scuole nella capacità di determinare programmi didattici, profili organizzativi, reperimento di risorse finanziarie e reclutamento di docenti, può considerarsi circoscritta da norme giuridiche e regole funzionali che presidiano , talvolta, con modalità troppo restrittive, il carattere unitario del sistema pubblico dell’istruzione8. 7.6 L’esperienza del modello delle Province autonome, come esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione Ripercorrere l’assegnazione delle competenze per il personale pubblico alle Province autonome offre elementi di grande interesse cui far riferimento per comprendere come potrebbe configurarsi uno dei possibili esiti del processo di devoluzione a seguito della nuova riforma dell’articolo 116 della Costituzione. Potrebbe essere esempi di iniziative condotte da ciascuna Regione, sia di una eventuale riconduzione alla competenza piena regionale dell’istruzione, sia della potestà esclusiva regionale nella istruzione e formazione professionale. Le Province Autonome svolgono tutte le funzioni degli organi periferici dello Stato, comprese le funzioni in materia di stato giuridico ed economico del personale insegnante; per questo sono dotate di un proprio apparato amministrativo. Tuttavia, nei rapporti con l’autonomia scolastica, si nota un forte accentramento a livello provinciale nella utilizzazione delle risorse finanziarie ed umane. In relazione al personale scolastico le Province Autonome di Trento e di Bolzano hanno operato con competenza legislativa secondaria e competenza contrattuale primaria “controllata”. Alla contrattazione collettiva provinciale la competenza a disciplinare “gli istituti e le materie del rapporto di lavoro riservati alla contrattazione collettiva” pone ad essa finalità e soprattutto limiti. Le prime sono individuate, in particolare, nel perseguimento dell’obiettivo della “migliore utilizzazione del personale stesso anche al fine di soddisfare le esigenze di continuità sariamente garantito solo dalla statualità del datore di lavoro. Dunque il personale è per questo aspetto sicuramente regionalizzabile (Marzuoli C., L’istituto scolastico autonomo, in: C. Marzuoli, Istruzione e servizio pubblico, Il Mulino, Bologna 2003, pag. 110). 8 Per una trattazione più approfondita, vedi Isae, Rapporto: L’attuazione del federalismo, Roma, marzo 2006, pagg. 166-179. 273 “Istruzione e formazione professionale,” competenza esclusiva della Regione: risvolti per la contrattazione CAPITOLO 7 L’esperienza del modello delle Province autonome, come esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione. istruzione professionale didattica nonchè per una più efficace organizzazione della scuola”; i secondi nel “rispetto delle norme dei contratti nazionali concernenti il trattamento economico fondamentale, l’inquadramento nei livelli o nelle qualifiche funzionali, il trattamento di previdenza e quiescenza nonchè gli altri aspetti fondamentali degli istituti dello stato giuridico vigenti ... nel restante territorio dello Stato”. Al fine di assicurare l’osservanza di tali principi, “la sottoscrizione del contratto collettivo provinciale ... è subordinata all’acquisizione di apposito parere vincolante del Ministero della pubblica istruzione sulla ipotesi di contratto”. E’ di interesse ripercorrere l’esperienza condotta nel 1997, anno in cui entrambe le Province hanno avviato e concluso una prima tornata contrattuale. Le risorse aggiuntive a disposizione hanno consentito, tra l’altro, la previsione di un’indennità volta a retribuire una serie di prestazioni ulteriori consistenti soprattutto nel caso di Bolzano, in un maggior numero di ore di insegnamento frontale9 e, in quello di Trento, in un’estensione dell’orario destinato ad attività funzionali all’insegnamento, alla partecipazione ad attività collegiali, ai rapporti con le famiglie, nonchè a bloccare la mobilità volontaria per un biennio per favorire una maggiore continuità didattica10. Dopo questa prima esperienza di contrattazione,a seguito delle modifiche apportate alla legge 59/1997 e dalle leggi 127/1997 e 191/1998, e ribadite dalle modifiche derivanti dal titolo V, la contrattazione delle Province Autonome si muove ormai con modello parallelo a quella nazionale, come vedremo, negli istituti, posizioni stipendiali, competenze retributive di base, ma del tutto autonomo nei contenuti normativi e retributivi aggiuntivi. Occorre, sin da ora, portare all’attenzione per operare un confronto coerente tra l’esperienza della Provincia Autonoma di Bolzano (che qui si analizza in profondità) e quella della contrattazione nazionale, che si tratta di realtà territoriali molto diverse, anzitutto per motivi storico-politici, per la forte presenza di minoranze linguistiche, per la dimensione quantitativa: un milione di insegnanti contro poco più di ottomila, dei quali seimila dell’intendenza tedesca (Direzione generale). 9 Nel 1998 è stato firmato il primo contratto provinciale della scuola, con un orario di cattedra passato dalle 18 alle 20 ore. 10 In entrambi i casi il Ministero della Pubblica Istruzione ha inizialmente fornito parere negativo: al riguardo l’obiezione non ha riguardato l’entità delle risorse, quanto, trattandosi di emolumenti corrisposti a tutto il personale, si potesse verificare un’inosservanza del contratto nazionale a riguardo del trattamento economico fondamentale. A tal fine, la soluzione della facoltatività suggerita dal Ministero è stata accolta dalle parti sociali con i contratti nuovamente sottoscritti all’inizio del 1998, che hanno subordinato la concessione dell’indennità all’adesione volontaria del personale interessato. 274 CAPITOLO 7 istruzione professionale Il confronto è stato calcolato relativamente alla retribuzione lorda annua per l’anno 2005 per le figure del Docente diplomato e del Docente laureato di istituto secondario di II grado, che potrebbero essere riconducibile alle tipologie di docente degli istituti professionali statali11. Da una base di partenza analoga, le posizioni stipendiali del CCNL del comparto scuola, si sono ricompresi gli istituti contrattuali aggiuntivi di competenza della contrattazione nazionale o provinciale estesi a tutta la platea dei docenti. A questi si è aggiunta, nel caso del comparto scuola nazionale una stima di aumento medio annuo lordo derivante della contrattazione integrativa nazionale (per i soli istituti che, potenzialmente, possono interessare tutti i docenti12). Per il CCPL della P.A. di Bolzano, la quota di aumento più rilevante è imputabile alla “Indennità provinciale”, finalizzata a compensare le maggiori prestazioni13 (riguardo al CCNL), nonché al miglioramento della produttività e della qualità complessiva del sistema scolastico provinciale (tale indennità, come si è ricordato, è stata introdotta nel precedente CCPL); ad esso sono aggiunte numerose altre indennità, alcune molto specifiche, quali il bilinguismo (non si è considerato il trilinguismo), ed altre legate all’attuazione dell’autonomia unitamente ai premi di produttività, mentre non sono state conteggiate numerose altre indennità con caratteristiche più specifiche (professionalità ed attività). Il risultato della comparazione tra le due articolazioni retributive è riportato nelle tre tavole seguenti: tra il personale insegnante laureato la differenza retributiva lorda giunge a superare il 45% nella posizione stipendiale più elevata (oltre i 35 anni di anzianità), con percentuali del 25-30% nella fascia media (oltre i 15 anni); tra il personale insegnante diplomato, le differenze sono lievemente minori, rispettivamente il 29% e 26% nelle analoghe posizioni stipendiali (più elevata e media). Riguardo ai premi di produttività, merita ricordare il tentativo, sostanzialmente disatteso, di introdurre nel CCNL 1998-2001 (art. 29) del comparto scuola il potenziamento della contrattazione decentrata a livello di singola istituzione scolastica, con forme di differenziazione Viene ripreso, con modifiche ed approfondimenti, il confronto tra il CCNL del comparto scuola e del CCPL della P.A. di Bolzano oggetto dello studio condotto dall’autore e pubblicato in Isae, Rapporto: L’attuazione del federalismo, op. cit. 12 Con l’art. 86 – Indennità e compensi a carico del fondo d’istituto del CCNL , che fa riferimento all’art. 30 del CCNI del 31.8.2999, vengono retribuite: a) flessibilità organizzativa; b) attività aggiuntive di insegnamento, c) attività aggiuntive funzionali all’insegnamento; d) collaborazioni con la Presidenza. 11 275 L’esperienza del modello delle Province autonome, come esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione CAPITOLO 7 L’esperienza del modello delle Province autonome, come esempio di forma di autonomia speciale in materia di istruzione istruzione professionale retributiva (fino a 6 milioni di lire) basate sul merito e sulla valutazione tramite procedure concorsuali selettive per prove e titoli. Rimane, oggi, come unico riferimento l’art. 77 del vigente CCNL – Progressione professionale, in cui si riporta, per il passaggio da una posizione stipendiale all’altra, l’accertamento dell’utile assolvimento di tutti gli obblighi inerenti alla funzione, inteso nel non essere incorso in sanzioni disciplinari. Nel CCPL della P.A. di Bolzano è stato, invece, introdotto un criterio premiante di produttività (art. 27 del CCPL – Testo Unico del 23 aprile 2003), che, nel successivo contratto integrativo per l’anno 2004-2005 viene appositamente così disciplinato: - il 50% del fondo appositamente costituto è reso disponibile per un premio di produttività esteso alla generalità del personale docente, pari a euro 281,72, per il quale è richiesto un “sufficiente rendimento”; - il restante 50% è finalizzato ad una maggiorazione dei premi di produttività, che può essere concessa ad un numero limitato, riferibile a: numero di classi e alunni, impegno richiesto, numero di insegnamenti impartiti, diversità di sedi, disponibilità a svolgere altri compiti ed attività non altrimenti remunerate (tutoraggi, uso computer, ricerca scientifica, ecc.) e può comportare un ulteriore aumento massimo di euro 563,45. Nel CCPL vi sono, inoltre, numerose indennità che premiano l’acquisizione di professionalità: laurea per i docenti diplomati, specializzazioni per il sostegno all’handicap, titoli di specializzazioni a seguito della frequenza di corsi appositamente indicati. 7.7 Altri modelli contrattuali riferibili alla istruzione e formazione professionale Da ultimo, si riportano alcuni approfondimenti relativi a modelli contrattuali pubblici e privati che, anche solo per aspetti particolari, potrebbero offrire spunti e riferimenti per forme “regionalizzate” di contratti collettivi nell’area dell’istruzione professionale. Il primo esempio è offerto dal CCNL 1998-2003 degli “Operatori della formazione professionale” degli enti privati che, come viene definito in premessa, si tratta di un contratto di “transizione e di accompagnamento” che dovrebbe portare alla sottoscrizione del “contratto unico di comparto” per gli operatori della formazione professionale. I livelli stipendiali delle figure professionale che sono state analizzate (livello V - formatore, tutor, orientatore, coordinatore; livello VI - orien- 276 CAPITOLO 7 istruzione professionale tatore senior, coordinatore senior, progettista, valutatore) sono sicuramente distanti da quelli delle figure poste a confronto con il CCNL del comparto scuola: rispettivamente 19.139 e 21.692 euro lordi annui al 1/1/2003. Tuttavia, appare di un certo interesse soffermarsi sui criteri per la gestione della progressione economica orizzontale (art. 39, E2 e F) e sul fondo incentivi (art. 39, G). La progressione economica è messa a disposizione dei dipendenti che “svolgano la propria attività in aree operative previste nello stesso livello di appartenenza e che comportino un aumento di complessità e/o responsabilità”, cui viene riconosciuto un credito ogni 100 ore di attività svolta; ogni 10 crediti maturati, il dipendente acquisisce un incremento salariale che, per le due figure analizzate è di 50 e 30 euro mensili, con un numero massimo di 4 incrementi, quindi pari a 200 è 120 euro mensili. I crediti devono essere certificati dall’Ente e dalla direzione della sede formativa A riguardo del Fondo incentivi, l’obiettivo è di riconoscere in termini economici il maggiore impegno derivante dall’innovazione e dalla complessità del sistema. La contrattazione regionale e/o aziendale fissa gli obiettivi da perseguire e, per la determinazione dell’ammontare del fondo, viene fatto un esplicito riferimento all’incremento del fatturato degli Enti. Infine, in alcuni istituti tecnici comunali, come l’Istituto Aldini Valeriani e Sirani di Bologna, oggetto dell’indagine sul campo, coesistono forme contrattuali miste, quali: - per il Dirigente scolastico: il CCNL del comparto Enti locali, con salario di posizione e di risultato determinato in analogia a quello dei Dirigenti comunali; - per il personale docente: il CCNL del comparto Scuola, con modalità analoghe alla scuola statale a riguardo della determinazione e gestione del Fondo d’istituto, che ha tuttavia comportato modeste integrazioni stipendiali; - per il personale non docente: il CCNL del comparto Enti locali, con una contrattazione integrativa portata a livello del Comune di Bologna, che ha permesso integrazioni salariali per progetti particolari, quali l’assistenza a ragazzi con gravi disabilità. 277 Altri modelli contrattuali riferibili alla istruzione e formazione professionale CAPITOLO 7 istruzione professionale Tab. 1 - CCNL del comparto scuola; anno 2005 anni di anzianità Docente diplomato istituti sec. II grado Docente laureato istituti sec. II grado Posizioni stipendiali compresa IIS (*) Posizioni stipendiali compresa IIS (*) Retribuzione lorda totale annua (**) Retribuzione lorda totale annua (**) da 0 a 2 17.582,23 21.705,26 19.082,50 23.330,55 da 3 a 8 18.057,22 22.219,83 20.163,59 24.501,73 da 9 a 14 19.520,02 23.804,53 21.893,39 26.375,68 da 15 a 20 21.228,70 26.085,56 24.027,25 29.117,32 da 21 a 27 23.701,35 28.764,26 26.745,11 32.061,67 da 28 a 34 25.323,78 31.104,14 28.525,83 34.573,02 da 35 - 26.556,37 32.439,44 29.945,29 36.110,77 (*) dal 1.2.2005 (valori per 12 mensilità); compresa IIS (**) comprende: - posizione stipendiale x 13 mensilità - retribuzione professionale docente (mensile x 12) fascia di anzianitàEuro per mese da 0 a 14154,82 da 15 a 27190,65 da 28-239,17 - Indennità e compensi carico del fondo d’istituto (stima media 800 euro lordi anno) 278 CAPITOLO 7 istruzione professionale Tab. 2 - CCNP del comparto scuola - P.A. di Bolzano; anno 2005 Docente diplomato istituti sec. II grado Docente laureato istituti sec. II grado anni di anzianità Posizioni stipendiali compresa IIS (*) Retribuzione lorda totale annua (**) Posizioni stipendiali compresa IIS (*) Retribuzione lorda totale annua (**) da 0 a 2 10.319,39 23.795,98 11.669,16 28.175,61 da 3 a 8 10.770,64 25.357,23 12.696,22 29.893,67 da 9 a 14 12.160,33 28.003,92 14.339,57 33.297,02 da 15 a 20 13.783,62 32.950,31 16.366,78 38.691,23 da 21 a 27 16.132,69 36.081,38 18.948,81 44.727,26 da 28 a 34 17.674,03 38.975,72 20.640,53 49.747,98 da 35 - 18.845,02 41.856,71 21.989,05 52.827,50 (*) dal 1.1.2005 (valori per 13 mensilità); compresa IIS (**) comprende: Doc. diplomato Ist sec. II grado Doc. laureato Ist sec. II grado IIS (valore per 12 mensilità) 6.384,10 6.459,63 Indennità provinciale (corrisposta per 10 mensilità) da 0 a 2 3.567,00 6.096,00 da 3 a 8 4.677,00 6.787,00 da 9 a 14 5.934,00 8.547,00 da 15 a 20 8.314,00 11.914,00 da 21 a 27 9.096,00 15.368,00 da 28 a 34 10.449,00 18.697,00 da 35 - 12.159,00 20.428,00 Aumento indennità provinciale per 15 anni di servizio 943,10 d) Compenso individuale accessorio per efficace attuazione dell’autonomia 594,96 594,96 Premio di produttività: importo base 281,72 281,72 Indennità di bilinguismo 2.116,80 2.535,84 279 CAPITOLO 7 istruzione professionale Tab. 3 – Confronto tra CCNL scuola e CCPL scuola della P.A. di Bolzano anni di anzianità Docente diplomato istituti sec. II grado Docente laureato istituti sec. II grado CCNL CCPL Bolzano % CCNL CCPL Bolzano % da 0 a 2 21.705,26 23.795,98 9,6 23.330,55 28.175,61 20,8 da 3 a 8 22.219,83 25.357,23 14,1 24.501,73 29.893,67 22,0 da 9 a 14 23.804,53 28.003,92 17,6 26.375,68 33.297,02 26,2 da 15 a 20 26.085,56 32.950,31 26,3 29.117,32 38.691,23 32,9 da 21 a 27 28.764,26 36.081,38 25,4 32.061,67 44.727,26 39,5 da 28 a 34 31.104,14 38.975,72 25,3 34.573,02 49.747,98 43,9 da 35 - 32.439,44 41.856,71 29,0 36.110,77 52.827,50 46,3 280 CAPITOLO 7 istruzione professionale Riferimenti bibliografici Amendola A., Bruno B., Garofalo M.R. (a cura di), Contrattazione salariale e performance del mercato del lavoro. Il dibattito sul neocorporativismo, ESI, Napoli 2000. Biagioli M., Caroleo F. E., Destefanis S. (a cura di), Struttura della contrattazione, differenziali salariali e occupazione in ambiti regionali, ESI, Napoli 1999. Bordogna L., Le relazioni sindacali nel settore pubblico, in CellaTreu,EDS, Roma 1998. 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LA PAROLA AI TESTIMONI PRIVILEGIATI 8.1 Premessa Uno degli obiettivi della presente indagine era quello di valutare gli atteggiamenti degli attori intervistati nei riguardi dei possibili effetti sul personale della scuola (con particolare riferimento al personale docente), dell’esercizio, da parte delle regioni, delle competenze esclusive in materia di Istruzione e di Formazione Professionale, secondo quanto contenuto nella Riforma del Titolo V della Costituzione, e a seguito dell’attuazione della Legge n. 53/2003 – Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale. Il tipo di metodologia adottata, basata su interviste a dirigenti responsabili delle Organizzazioni sindacali e datoriali e ad esponenti del mondo universitario e della formazione, ha consentito di delineare le varie posizioni e i diversi punti di vista sulle materie oggetto del presente lavoro. L’esigenza di attuare un’analisi così complessa e articolata ci ha indotto a operare in due fasi distinte: - la prima è stata dedicata all’esame preliminare dei documenti ufficiali prodotti e diffusi dalle varie organizzazioni coinvolte nell’indagine, a seguito del dibattito emerso nel panorama poli- 283 CAPITOLO 8 Premessa le parti in causa tico – sindacale in ambito nazionale; - la seconda è stata caratterizzata da un certo numero di interviste in profondità sulla base dell’utilizzazione di una griglia di intervista costruita tenendo conto degli elementi di criticità riscontrati nell’esame della documentazione raccolta durante la prima fase. La scelta è caduta su di uno strumento valutativo, una griglia semistrutturata, quanto più flessibile e allo stesso tempo aperta ai contributi dei soggetti coinvolti; tale strumento di intervista, diretto agli “opinions leaders” identificati, si articola in diverse parti: - la prima (domande 1-4), finalizzata a raccogliere informazioni/ giudizi sull’impianto della legge di riforma 53/2003 al fine di interpretare in termini di efficacia e coerenza le strategie adottate nell’attuazione della stessa; - la seconda (domande 5-10), finalizzata a ricostruire il percorso della riforma, in merito alle modalità di organizzazione e gestione (risorse umane, costi, tempi di attuazione…), con riguardo al secondo ciclo (“sistema dell’istruzione e della formazione professionale”) e rispetto agli obiettivi generali e specifici definiti in sede legislativa; - la terza parte (domande 11-16), finalizzata ad analizzare le principali caratteristiche del nuovo modello formativo (concentrando l’attenzione sugli Istituti tecnici e professionali) ed in particolare a mettere in rilievo le ricadute della riforma sul personale della scuola (prevalentemente docente), fino a giungere alla esplicitazione di giudizi di valore (punti di forza e di debolezza) sull’impianto complessivo della legge in merito all’obiettivo di costruire e rafforzare il sistema dell’istruzione e della formazione professionale. La rilevazione è stata effettuata presso gli interlocutori individuati tra i soggetti preposti all’elaborazione e stesura della legge di riforma (Commissione di studio incaricata dal Miur), e alcuni testimoni privilegiati individuati tra le parti sociali (datoriali e sindacali) nei settori oggetto della rilevazione. Gli “attori” presso i quali è stata effettuata la rilevazione sono stati: - Prof. Giuseppe Bertagna, Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003; Direttore del Dipartimento di Scienza della Formazione e della Comunicazione dell’Università degli Studi di Bergamo e Professore Straordinario di Didattica e Storia dell’Educazione; 284 CAPITOLO 8 le parti in causa - Prof. Michele Colasanto, Professore Ordinario di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Presidente della Fondazione L. Pastore di Roma; - Dott.ssa A. Perotti, Confindustria – Settore Scuola Formazione e Lavoro; -Enrico Panini, Segretario Nazionale CGIL Scuola; - Alfonso Rossigni, Segretario Nazionale CISL Scuola; - Massimo Di Menna, Segretario Nazionale UIL Scuola. Le informazioni raccolte sono state elaborate attraverso l’individuazione di aree problematiche per permettere una lettura trasversale delle stesse; in alcuni casi, si è proceduto ad una riclassificazione all’interno delle tematiche esistenti, o si sono create nuove aree o classificazioni in base alle risposte ottenute. In tutte le interviste realizzate, abbiamo eseguito una metodologia comune, basata su fonti informative precedentemente analizzate1. 8.2 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione costituisce la più importante riforma costituzionale finora approvata dall’entrata in vigore della Costituzione. Tale riforma trasforma in senso radicale l’assetto del governo territoriale, modificando i tradizionali rapporti tra centro e periferia. La legge costituzionale n. 3/2001 ha, infatti, rimodellato il quadro complessivo della governance dei diversi soggetti istituzionali, operando una distribuzione delle funzioni legislative e delle competenze tra Stato, Regioni, Province e Comuni, innovando rispetto al precedente sistema di ripartizione della potestà legislativa e di esercizio delle funzioni amministrative. Il nuovo dettato costituzionale ha prodotto, tra l’altro, un immediato impatto sulle materie “dell’istruzione e dell’istruzione e della formazione professionale”, soprattutto, in ordine alle nuove competenze legislative regionali che investono una massa molto consistente di materie nuove, finora disciplinate dallo Stato (Isfol, 2003). Una prima lettura complessiva delle interviste condotte, indica quanto siano diversificate le posizioni degli “opinions leaders” nonostante si Mentre nel presente capitolo è svolta una sintesi ragionata dei risultati delle interviste a testimoni privilegiati che abbiamo svolto per individuare e approfondire le principali problematiche emerse nella realizzazione della ricerca, nel secondo capitolo dell’appendice è riportato il testo completo delle interviste e la traccia utilizzata per la loro realizzazione. 1 285 Premessa CAPITOLO 8 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione le parti in causa registri una comune convergenza sulla consapevolezza del rimodellamento del quadro complessivo di competenze fra Stato e Regioni, rispetto al precedente sistema di ripartizione della funzione legislativa e di esercizio delle funzioni ammnistrative. Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003) Su questo punto, e in particolare, sui riflessi della riforma costituzionale sul tema dell’istruzione, la posizione del Prof. Bertagna, pone l’accento sulla necessità di considerare la ripartizione dei poteri delineata dal testo costituzionale. Nella sua nuova formulazione, il testo della Costituzione dispone che spetti alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Ciò significa che, mentre nelle materie nelle quali lo Stato ha legislazione esclusiva, esso ha anche potestà regolamentare, nelle materie nelle quali sono le Regioni ad avere legislazione esclusiva. In compenso, nelle materie nelle quali le Regioni hanno potestà legislativa concorrente, esse devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Lo Stato ha competenza esclusiva per le norme generali sull’istruzione, in tal senso, con questa espressione si vuole intendere che sottrae alla legislazione non solo esclusiva, ma anche concorrente delle Regioni l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Ciò significa che, per legge costituzionale, l’autonomia delle istituzioni scolastiche va intesa come una norma generale riservata alla legislazione esclusiva dello Stato. Dopo questa legge costituzionale, per norme generali sull’istruzione non si devono intendere soltanto le norme statali che dettano principi generali in materia di istruzione, ma anche le norme relative agli ordinamenti scolastici della nazione e all’organizzazione generale didattica, organizzativa, di ricerca e sviluppo, amministrativo e gestionale delle scuole sparse su tutto il territorio nazionale. Ad identificare la competenza legislativa esclusiva dello Stato concorre un altro elemento decisivo, riguardante la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Più che un dovere, l’obbligo di istruzione/formazione è un diritto dei cittadini. In questa prospettiva, lo Stato ha legislazione esclusiva non solo in fatto di ordinamenti e di piani di studio del sistema educativo di istruzione, ma anche per quelli del sistema di formazione. La funzione di governo generale dei due sottosistemi educativi della nazione resta statale. Lo Stato, quindi, ha legislazione esclusiva anche in tema di standard nazionali di prestazione del servizio relativo a tutti 286 CAPITOLO 8 le parti in causa i diritti civili e sociali, tra cui quello di istruzione e formazione. Alla funzione di governo nazionale del sistema educativo di istruzione e di formazione riservata allo Stato si affianca anche quella di controllo e di valutazione dei servizi e dei risultati dello stesso, attraverso appositi organi che è compito dello Stato istituire. Sono materia di legislazione concorrente due settori molto importanti: il primo è quello definito dell’istruzione, oggi grosso modo corrispondente all’istruzione liceale, artistica e tecnica e il secondo è quello riguardante l’ordinamento e l’esercizio delle professioni. In altri termini, se il governo dell’istruzione e dell’ordinamento e dell’esercizio delle professioni spetta allo Stato, la gestione amministrativa effettiva di questi due settori compete alle Regioni. Enrico Panini (Cgil Scuola) Dalle numerose e contrastanti prese di posizione al riguardo (in prevalenza, organizzazioni sindacali del settore scuola), emerge come il tema dell’istruzione presenti una complessità interpretativa non solo dal punto di vista costituzionale, ma anche dal punto di vista della sua evoluzione storico – politico. Secondo Panini (Cgil Scuola), innanzitutto con la modifica del Titolo V della Costituzione, in relazione all’istruzione sono stati attribuiti due tipi di competenze legislativa: - l’una, esclusiva dello Stato, cui spetta la definizione delle norme generali sull’istruzione; - l’altra, cosiddetta concorrente, tra Stato e Regioni, per cui al primo spetta la definizione dei principi generali e alle seconde la relativa potestà legislativa, ‘’salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”. Ciò significa che in materia scolastica allo Stato compete sia definire le norme vincolanti ed immediatamente applicative sull’ordinamento, sui curricoli, sul personale, sia definire i principi generali in base ai quali le Regioni possono successivamente legiferare in materia. Sulla base di queste norme, il sistema di istruzione rimane fortemente ancorato alle competenze dello Stato e, quindi, unitario e nazionale. Questo nuovo impianto avrebbe avuto bisogno di ulteriori interventi legislativi, coerenti con la lettera e lo spirito delle nuove norme costituzionali. Al contrario la nuova maggioranza parlamentare ha accantonato quell’impostazione e ne ha proposta un’altra del tutto diversa. Il disegno di legge Bossi, costituito da un unico articolo, prevede infatti, che “le regioni attivano la competenza legislativa esclusiva su [omissis}...b) organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione; e) definizione della parte dei programmi scolastici e for- 287 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione CAPITOLO 8 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione le parti in causa mativi di interesse specifico della regione”. In sostanza le Regioni potranno legiferare in totale autonomia sull’istruzione, definendo anche una quota dei programmi, che potrebbe essere prevalente rispetto a quella nazionale. Non essendo stabilito alcun criterio, ogni Regione potrebbe, infatti, legittimamente, decidere quanta parte del totale è di sua competenza. In tal modo, sempre secondo Panini, salta qualunque idea e prospettiva di sistema unitario e nazionale di istruzione, e potremo avere 21 sistemi regionali molto diversi fra loro, nella struttura e contenuti. Non solo, lo stesso personale statale potrebbe passare interamente alle regioni, dal momento che la “gestione” diventerebbe di competenza regionale. Inoltre, l’approvazione in prima lettura, da parte del Parlamento, del Disegno di legge Bossi (“legge sulla devolution”), amplifica tale passaggio di competenze di tutto il personale della scuola dipendente dallo Stato, e non solo quello attualmente utilizzato nei corsi di istruzione tecnica e professionale. Da questo punto di vista forti sono i rischi per la stessa contrattazione nazionale, che si vorrebbe tramutare in contrattazione regionale. Così come con l’eventuale regionalizzazione di tutto il personale il rischio di controllo politico sull’attività docente, potrebbe diventare un’ipotesi non del tutto remota2. Il Disegno di legge del Ministro Bossi è già stato approvato in prima lettura, nella primavera scorsa, dal Parlamento. Trattandosi di una legge di revisione costituzionale, per essere definitivamente approvato deve tornare al Parlamento per la seconda lettura, trascorso un intervallo minimo di tre mesi dalla prima. Nella primavera scorsa ed in contemporanea con la discussione parlamentare sul disegno di legge Bossi, il Consiglio dei ministri ha licenziato un altro disegno di legge di revisione costituzionale. Si tratta del disegno di legge La Loggia-Bossi, che riscrive interamente l’art. 117 della Costituzione (quello modificato due anni fa con la legge cost. n. 3/01). In materia di istruzione questo disegno di legge riprende testualmente i contenuti del Disegno di legge Bossi, nel quale viene sostenuta con forza l’idea che l’istruzione dovrebbe passare interamente di competenza regionale. Massimo Di Menna (Uil Scuola) Secondo Di Menna (Uil Scuola), sarà importante capire l’itinerario di attuazione della modifica del Titolo V della Costituzione, in particolare se effettivamente si manifesti nel concreto il comune obiettivo di 2 Cfr. l’intervista a Panini. 288 CAPITOLO 8 le parti in causa coordinare su tutto il territorio nazionale le condizioni di esercizio del diritto di istruzione e formazione, inteso come diritto sociale e civile, in uno sforzo di integrazione e non di separazione delle diverse competenze dello Stato e delle Regioni. La strategia del decentramento, che domina il panorama politico italiano, deve prevedere l’unicità del sistema scuola. Se è vero che la scuola deve sapersi legare allo sviluppo territoriale è altrettanto vero che deve avere l’ambizione di formare i giovani non in ambito localistico, ma nazionale ed addirittura europeo. Con riferimento a ciò assumeranno importanza strategica le scelte delle Regioni per la definizione della legislazione di loro competenza. Per questo è necessario un forte coordinamento affinchè, pur nell’autonomia di ciascuna, vengano assunti modelli il più possibile omogenei, rispettosi dei principi generali. Attualmente è abbastanza difficile prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo dell’istruzione, dato che tutto è profondamente influenzato dagli esiti, tuttora incerti, delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni, in particolare della cosiddetta legge sulla “devolution”, in discussione al Parlamento. Tuttavia, sarebbe preoccupante che in nome di una esasperata autonomia regionale andasse disperso il patrimonio culturale e professionale, oggi esistente su tutto il territorio nazionale, degli istituti professionali e tecnici, senza garanzie rispetto alle concrete possibilità di realizzare il nuovo modello. Alfonso Rossigni (Cisl Scuola) Sullo stesso tema, anche nella posizione di A. Rossini (Cisl Scuola) emerge la preoccupazione che il nuovo assetto costituzionale dello Stato, affidato a competenze istituzionali diverse (Stato-Regioni), mantenga un connotato unitario nazionale per quanto concerne il diritto all’istruzione ed alla formazione costituzionalmente tutelato, determinante per i profili di cittadinanza civile e sociale che tale formazione dovrebbe favorire. Sempre secondo Rossini, peraltro, la trama dei riferimenti enunciati nella legge delega (livelli essenziali, validità titoli e qualifiche, crediti) è troppo esile per rappresentare una garanzia in tal senso e soprattutto rischia di prendere corpo in un contesto in cui il dibattito istituzionale e politico sull’assetto dello Stato (unità – federalismo - devoluzione) e sul rapporto tra competenze dello Stato e delle Regioni presenta ancora elementi confusamente in divenire, dai tratti comunque inquietanti. Dato il contesto ed i segnali, il rischio di una frantumazione regionalistica del secondo ciclo dell’istruzione è fortissimo. Ciò indebolisce la salvaguardia dell’unità del sistema ri- 289 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione CAPITOLO 8 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione le parti in causa spetto alle indicazioni confermate dalla legge 3/2001 di riforma costituzionale, ovvero la competenza esclusiva dello Stato nella “determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” e delle “norme generali sull’istruzione”. In tal senso, la prospettiva della devoluzione, che segna un passaggio strutturale rispetto alle competenze regionali sull’organizzazione scolastica e formativa nel suo complesso, potrebbe significare la disarticolazione del sistema in chiave regionalistica, decretando la fine dei suoi connotati unitari e nazionali e provocando altresì gravi ripercussioni sulla gestione di tutto il personale3. Antonella Perotti (Confindustria) A parere della Confindustria (A. Perotti, Settore Scuola e Formazione), la discussione sul rapporto fra istruzione e formazione, e su una moderna formazione professionale, sulla realizzazione del diritto all’istruzione, non può più ignorare i cambiamenti intervenuti e in corso nel rapporto fra stato nazionale e regioni così come sono stati definiti dalla riforma costituzionale del 2001 e come sono stati ulteriormente precisati in sede parlamentare dalle recenti modifiche introdotte. Nel nuovo quadro di riferimento si vanno pertanto a collocare i percorsi formativi della scuola secondaria di 2° grado e i percorsi di formazione professionale regionale che, peraltro, presentano svariati obiettivi curricolari e diversi livelli di diffusione nelle Regioni del Paese. Accanto al nuovo dettato costituzionale, la legge di Riforma del sistema scolastico italiano (L.53/2003), finalizza il secondo ciclo alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi. Nel suo complesso, la nuova riforma della scuola, sottolinea la sfida, non tanto e non solo ordinamentale e politica ma soprattutto culturale, epistemologica e pedagogico-didattica, di costruire un sistema educativo di istruzione e formazione che superi la tradizionale separatezza tra scuola e lavoro, tra studio intellettuale e operatività, fra conoscenze e abilità, tra lezioni, da un lato, e laboratori/tirocini dall’altro, che annulli la tradizionale differenziazione tra i Licei e gli Istituti dell’istruzione e della formazione professionale. Il sistema dei Licei e quello dell’istruzione e della formazione professionale si distinguono per natura e per scopo, ma assumono pari dignità educativa e culturale4. 3 4 Cfr. l’intervista a Rossigni. Cfr. l’intervista a Perotti. 290 CAPITOLO 8 le parti in causa Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) Infine, sullo stesso tema, Colasanto (Professore Ordinario di Sociologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), richiama l’attenzione sui problemi che la riforma costituzionale pone sul tappeto in termini di relazioni istituzionali tra Stato ed Enti locali, sui rapporti di forza e sui tempi, probabilmente, molto lunghi, di attuazione della riforma, in particolare sui tempi di gestione ed organizzazione amministrativa di settori chiave, quali l’istruzione e la formazione professionale. Questa legge introduce importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento. Rispetto alla scuola e all’ istruzione, essa può essere considerata, in un certo senso, l’ ultimo tassello del quadro riformistico approvato dalla passata legislatura. In sostanza, vi è il riconoscimento della soggettività originaria delle Regioni e degli enti locali che non costituiscono semplici ripartizioni amministrative del territorio, ma che col loro territorio, con la loro popolazione e le loro tradizioni vanno a costituire lo Stato, unico soggetto unitario. La Riforma del Titolo V individua, infatti, le competenze legislative esclusive dello Stato, prevedendo che spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Queste nuove regole prevedono che nelle materie di legislazione esclusiva lo Stato ha anche potestà regolamentare; che nelle materie di legislazione concorrente le Regioni devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata allo Stato; che nelle altre materie, sulle quali acquistano competenza legislativa esclusiva, le Regioni nel legiferare ( e adottare regolamenti) incontrano solo il limite della Costituzione. Il tema della “legislazione concorrente”, così come esplicitato nel nuovo dettato costituzionale, prosegue Colasanto, ha fatto sorgere diverse criticità da parte di costituzionalisti e studiosi di diritto; l’obiezione prevalente sta nel sottolineare la palese incertezza dell’ambito concorrenziale da parte delle Regioni. Quali sono i limiti della legislazione concorrente? La legge recita che tra le competenze legislative esclusive dello Stato vi sono le “norme generali sull’ istruzione”, espressione identica a quella contenuta nel Titolo II, all’ art. 33 non modificato. Quali sono i contenuti che vengono sottratti alla legislazione concorrente delle Regioni, rimanendo “norma generale”? Sicuramente la regolamentazione dell’ autonomia delle istituzioni scolastiche (art. 117 del Testo Costituzionale riformato), e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (poiché il diritto all’ istruzione è riconosciuto come diritto sociale di 291 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione CAPITOLO 8 Legge Costituzionale n. 3/2001 – Riforma del Titolo V, parte II della Costituzione le parti in causa tutti i cittadini) spettano alla legislazione esclusiva dello Stato, che ha la competenza di determinare il diritto d’ accesso all’istruzione, di libertà d’insegnamento, di individuazione dei requisiti e delle modalità per il reclutamento del personale insegnante; di definizione degli ordinamenti scolastici essenziali, dei diritti delle famiglie e di collegialità della gestione degli istituti, dei diritti e doveri degli alunni, di valutazione del sistema di istruzione5. 8.3 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” L’analisi di carattere generale, fin qui condotta, mette innanzitutto in evidenza la portata e la complessità della riforma costituzionale e la necessità che l’attuazione della stessa si realizzi con un ampio ventaglio di condivisione politico – istituzionale dei soggetti coinvolti (nazionali, regionali e locali), unitamente alla volontà, soprattutto da parte delle rappresentanze sindacali, di dare contenuto e indicazioni alle modalità tecniche di gestione, ai vari livelli di competenza, nel momento in cui occorre dare attuazione al dettato costituzionale. A parere dei nostri intervistati, il quadro appare dunque piuttosto complesso. Se il nuovo dettato costituzionale ha comportato riflessi sulle materie dell’istruzione e dell’istruzione e della formazione professionale, la legge n.53/2003 ridisegna il sistema della formazione e dell’istruzione, inserendo l’offerta formativa regionale nell’ambito del nuovo sistema di istruzione e formazione. Questa legge, come abbiamo analizzato nel primo capitolo supera, infatti, la recente distinzione tra obbligo scolastico e obbligo formativo (riforma ex Ministri Berlinguer – De Mauro), assicurando a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, come recita la riforma, sino al conseguimento del diciottesimo anno di età, con la possibilità di esercitare tale diritto nel sistema dell’istruzione e in quello dell’istruzione e della formazione professionale, secondo livelli essenziali di prestazione definiti su base nazionale. Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003) Il punto di vista istituzionale sulla riforma del sistema scolastico è stato illustrato dal Prof. Bertagna. L’accoppiata delle due norme (legge costituzionale n.3/01 e riforma Moratti), ha sancito il passaggio irreversi- 5 Cfr. intervista a Colasanto. 292 CAPITOLO 8 le parti in causa bile da un sistema educativo di istruzione e di formazione fondato su un modello di gestione e organizzazione di natura statalista e burocratico-centralista, ereditato dal fascismo, ad un sistema educativo di istruzione e di formazione fondato, invece, su un modello di gestione e di organizzazione compiutamente democratico e di natura poliarchica, che, cioè, in modi, ruoli, tempi e responsabilità differenti coinvolge allo stesso tempo lo Stato al centro e gli Enti territoriali, le istituzioni scolastiche, le famiglie e le diverse formazioni sociali e professionali alla periferia. Dalla scuola dello Stato si sta passando a quella della “Repubblica”, definita secondo le precisazioni dell’art.114 co.1 e 118, co.4 della Costituzione. Tale impostazione, prosegue Bertagna, ha azzerato la diatriba cinquantennale sul ruolo della formazione professionale nel nostro Paese. Il vecchio art. 117 della Costituzione parlava di istruzione artigiana e professionale assegnata alle Regioni. Di fatto, nel dopoguerra, sull’onda della tradizione inaugurata dal fascismo, si sviluppò in misura notevole l’istruzione professionale statale che crebbe accanto all’istruzione tecnica e all’istruzione classica. L’istruzione artigiana e professionale non potè crescere anche per la semplice ragione che le Regioni furono istituite nel 1970. Il nuovo art. 117 della Costituzione non parla più di istruzione artigiana e professionale; nemmeno di formazione professionale, ma, abrogando l’una e l’altra espressione, di competenza esclusiva delle Regioni per l’istruzione e la formazione professionale. Il fatto che adoperi una locuzione innovativa vuol significare che si sbaglierebbe ad immaginare l’istruzione e la formazione professionale come il mero accostamento meccanico dell’attuale istruzione professionale statale e dell’attuale formazione professionale regionale. Il nome nuovo indica una realtà nuova che non può certo prescindere dall’altrettanto nuovo scenario istituzionale tracciato dalla riforma costituzionale. Parlando di istruzione, a legislazione concorrente tra Stato e Regioni, salvo che per le norme generali ed i principi che restano alla legislazione esclusiva dello Stato, e di istruzione e formazione professionale, a legislazione esclusiva regionale, salvo che per i Lep (livelli essenziali di prestazione), che competono allo Stato, non è più possibile continuare ad usare espressioni, ad esempio, tipo “istruzione classica e tecnica”, oppure “istruzione liceale” e “magistrale”, “istruzione tecnica”, “istruzione professionale” e “formazione professionale”, come ci ha abituato la lunga tradizione che parte dal 1927 e giunge ai giorni nostri. La riforma Moratti (legge delega n.53/2003), afferma Bertagna, contempla al suo interno tutto questo ripensamento progettuale; essa rappresenta la prima legge delega di riforma che segue una riforma 293 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” CAPITOLO 8 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” le parti in causa della Costituzione6. Anche su questo tema, le maggiori critiche alla riforma provengono dal mondo sindacale, così come esplicitato nei vari documenti e nelle interviste rilasciate nel corso dell’indagine. Massimo Di Menna (Uil Scuola) Per il Segretario nazionale della Uil Scuola, Di Menna, il vero “misuratore” della riforma dell’istruzione, approvata dal Parlamento, sarà la qualità dell’adattamento dell’intero sistema scolastico, che subisce continui cambiamenti, ed il consenso e la valorizzazione di coloro che vi operano. Sui cambiamenti, sicuramente consistenti rispetto alla situazione attuale, bisogna attendere i decreti attuativi. Al momento possiamo soltanto segnalare le novità che sembrano più certe, in un quadro complessivo ancora non definito. Rispetto alla situazione attuale, il “secondo ciclo d’istruzione” è la parte che contiene le maggiori novità, le maggiori complicazioni e le maggiori incertezze: abbiamo il sistema dei licei, affidato allo Stato; il sistema dell’istruzione e della formazione professionale, di competenza delle Regioni, ed in più la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza scuola lavoro o attraverso l’apprendistato. Ciò potrebbe comportare un trasferimento di strutture e sostanziali modifiche di stato giuridico per il personale, che attualmente non è possibile ipotizzare. Nei confronti della legge delega, prosegue Di Menna, si riscontrano elementi di forte criticità. In particolare: - le risorse: su questo aspetto manca da parte del Governo la definizione della destinazione: c’è il rischio che l’incremento delle risorse venga utilizzato per finanziare l’aumento dell’organico; - la scelta precoce tra licei e istruzione-formazione professionale: è una scelta inaccettabile, perché non garantisce a tutti i necessari livelli di istruzione; la stessa alternanza scuola/lavoro, prevedendo un percorso lavorativo o prelavorativo precoce, non rappresenta un’opportunità in quanto non dà le necessarie garanzie sui livelli di istruzione; - la definizione dei piani di studio da parte delle Regioni: ciò può trasformare gli insegnanti in esecutori di decisioni delle diverse giunte regionali, può indebolire il carattere nazionale dell’istruzione e far venir meno uno degli aspetti più positivi dell’autonomia: la quota di piani di studio di competenza delle scuole; Una sintesi per punti della riforma Moratti, elaborata dal Prof. Bertagna, è riportata nell’intervista allegata al presente capitolo. 6 294 CAPITOLO 8 le parti in causa - il passaggio degli attuali Istituti professionali e tecnici (di durata di cinque anni) alle regioni: tali scuole, con le loro numerose sperimentazioni, hanno ricevuto un loro riconoscimento, collocazione e valorizzazione nel sistema nazionale di istruzione; in particolare, per questo particolare settore dell’istruzione, sarebbe inaccettabile il passaggio del personale alle dipendenze delle Regioni. Alfonso Rossini (Cisl Scuola) Non meno critica risulta essere la posizione della Cisl Scuola. A parere di Rossini, la legge mantiene le caratteristiche di un “contenitore”, nel senso che le effettive modifiche all’attuale ordinamento organizzativo e didattico del sistema scolastico e formativo si avranno solo al momento in cui il Governo definirà i contenuti dei vari decreti legislativi. I nuovi Piani di Studio del sistema scolastico verranno emanati dal Miur con appositi Decreti Ministeriali, contestualmente ai Decreti Legislativi di natura regolamentare di attuazione della riforma che il Parlamento, come già detto, ha delegato al Governo. Lo stesso titolo del ddl definisce i limiti della delega: “Norme generali” sull’istruzione e “livelli essenziali” delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, coerenti, cioè, con le materie sulle quali il Parlamento può legittimamente esercitare la potestà legislativa esclusiva. Pur assumendo alcuni valori fondamentali, quali: - sviluppo della persona; - apprendimento lungo tutto l’arco della vita; - formazione spirituale e morale, sviluppo della coscienza storica e appartenenza alla comunità locale, nazionale e alla civiltà europea; - diritto alla formazione e istruzione per almeno 12 anni, il ddl mantiene ancora l’assetto di un “contenitore” che verrà riempito successivamente con i decreti governativi. I “contenuti” veri della riforma, infatti, sono demandati a successivi atti di decretazione secondaria da parte del Governo. Questi i “capitoli” più importanti dei futuri decreti: - definizione del sistema educativo di istruzione e di formazione; - individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni all’organizzazione delle discipline; 295 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” CAPITOLO 8 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” le parti in causa - determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici; - definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti in seguito all’esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici. Enrico Panini (Cgil Scuola) Il punto di vista maggiormente critico sulla riforma è espresso dal Segretario Nazionale della Cgil Scuola, Panini, secondo il quale la legge Moratti costruisce, secondo una formula ricorrente e sintetica, quello che comunemente è definito un “sistema duale” nell’istruzione secondaria superiore. Essa prevede un sistema di licei articolato in otto indirizzi (classico, scientifico, artistico, linguistico, musicale, sociale, economico, tecnologico), e un sistema di istruzione e formazione professionale articolato in dieci aree (agricolo-ambientale, tessile-moda, meccanico, chimico-biologico, grafico-multimediale, elettrico-elettronico-informatico, edilizia e territorio, turistico-alberghiero, aziendaleamministrativo, socio-sanitario). I due sistemi sono fortemente differenziati sia per impostazione che per dignità; il primo è quinquennale e si conclude con un esame di stato; il secondo è quadriennale e si conclude con una qualifica professionale. Fra di loro questi sistemi sono, in base alla legge, diversi per una serie di fattori: - per durata: i licei hanno “durata quinquennale”, i percorsi di istruzione e formazione professionale hanno durata almeno quadriennale; - per accesso a percorsi successivi: dai licei si accede all’Università, dai percorsi di istruzione e formazione ai corsi Ifts. Se si vuole andare all’Università dal sistema di Istruzione e Formazione, occorre frequentare un ulteriore quinto anno; - per finalità: i licei sono finalizzati alla formazione culturale alta, al sapere, i corsi di istruzione e formazione all’acquisizione di qualifiche professionali di “differente livello”; - per competenze istituzionali: dei licei è inequivocabilmente competente lo Stato, dei percorsi di istruzione e formazione saranno competenti le Regioni; - per il valore dei titoli rilasciati: quelli rilasciati dai licei hanno sicuramente e automaticamente valore nazionale, quelli rilasciati dal sistema di istruzione e formazione hanno validità nazionale solo se se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione. Si tratta, prosegue Panini, di due sistemi non solo molto diversi fra 296 CAPITOLO 8 le parti in causa loro, ma anche gerarchicamente ordinati: non vi è dubbio, infatti, che il sistema dei licei abbia un valore formativo di gran lunga superiore al sistema di istruzione e formazione professionale. Inoltre, la decisione sul tipo di percorso sarà presa tra i 12 e i 14 anni di età, quando i ragazzi sono ancora in una fase, peraltro molto delicata, della loro crescita e il momento per scelte così drastiche è prematuro. Sono queste le differenze più macroscopiche con la legge n. 30/00 (firmata dall’allora ministro Berlinguer) sui cicli scolastici, approvata nella legislatura passata e definitivamente cancellata. Non che lì non ci fossero problemi, ma nel sistema dei licei erano ricompresi grosso modo tutti gli attuali indirizzi della scuola secondaria superiore, compresi quelli dell’istruzione professionale. Comunque, per tutti si prevedeva una revisione. Insomma, aggiunge Panini, nessuna separazione e gerarchia tra i saperi, ma il riconoscimento della valenza formativa e culturale tanto della formazione classica, umanistica quanto di quella tecnica e scientifica. Peraltro, la formazione professionale, da sempre di competenza regionale, veniva riconosciuta come un sistema con altre finalità, cui si accedeva dopo un obbligo scolastico elevato e con il quale ci si raccordava alla pari. L’impostazione “duale” della secondaria superiore, ovviamente, non si esaurisce con la separazione e gerarchizzazione fra i due sistemi, ma coinvolge anche le discipline: quelle più tecniche paiono destinate a far parte del percorso più breve. Si legge nel documento ministeriale che “…La scuola cui i licei hanno fatto e fanno riferimento è orientata espressamente alla Teoria, ovvero al conoscere fine a se stesso, in quanto formazione della persona...”. Si ribadisce dunque, “l’intrinseca propedeuticità del liceo ad ulteriori percorsi formativi”. In altre parole se qualcuno pensava che i licei tecnologici sarebbero stati gli istituti tecnici industriali con un altro nome, può tranquillamente ricredersi: tutta l’istruzione tecnica aggettivabile (meccanici, chimici, elettronici, elettrotecnici, per non parlare, a maggior ragione, dei tessili, dei nautici, degli aeronautici, ecc.), molto probabilmente sarà affare del canale dell’istruzione e della formazione professionale. Anche per gli istituti tecnici commerciali non andrà meglio: il liceo economico, tutto tagliato sulla macroeconomia, non avrà nulla a che fare con gli attuali corsi per ragionieri. Con la legge 53/03, prosegue Panini, si torna all’antico, con buona pace di quanti hanno sostenuto e sostengono la necessità di superare le differenze disciplinari, quel deficit di formazione culturale, per il quale la tecnologia è stata sempre considerata un paradigma opposto al sapere vero. Inoltre, conclude il Segretario della Cgil Scuola, se a questa impostazi- 297 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” CAPITOLO 8 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” le parti in causa one si aggiungono le proposte sull’orario curricolare obbligatorio, l’orizzonte che si profila per queste discipline non è certo dei più confortanti. Si prefigura, infatti, in documenti ministeriali, non ufficiali, ma che tendono a costruire opinione, una riduzione dell’orario obbligatorio nazionale a 25 ore medie settimanali, da destinare evidentemente alle materie fondamentali. Il resto può essere organizzato dalle scuole, da sole o in rete, o da agenzie esterne alla scuola, che dovrebbe comunque certificare gli esiti di questa formazione extrascolastica. E’ evidente che, se queste proposte dovessero diventare definitive, la gerarchia disciplinare aumenterebbe, oltre al fatto che si renderebbe ancora più problematica la garanzia del diritto all’istruzione per tutti7. Antonella Perotti (Confindustria) Il parere delle parti sociali si chiude con Confindustria. I caratteri peculiari dell’azione riformatrice appaiono più agevolmente traducibili in realtà ad alcune condizioni, in parte presenti nella legge e da esplicitare nei decreti, ed in parte da integrare nella manovra complessiva. Secondo Confindustria, le proposte potrebbero essere così formalizzate: a) con riferimento al governo coordinato del sistema, occorre salvaguardare: - il carattere nazionale degli ordinamenti generali della scuola e dei livelli essenziali di prestazioni in tutti i processi formativi; - l’identificazione nazionale degli standard cognitivi e professionali in base ai quali attribuire i crediti sia in vista dei passaggi tra indirizzi e tra licei e formazione professionale, sia in uscita verso il mondo del lavoro, sia per il riconoscimento di titoli di studio e qualifiche. b) quanto alla garanzia di un effettivo salto di qualità nella impostazione di tutti i percorsi (liceali e di formazione professionale) che si propongono obiettivi professionalizzanti, si ritiene fondamentale: - il raccordo tra Miur - Regioni - Rappresentanze imprenditoriali - Università e sedi della ricerca nella fase di individuazione degli elementi caratterizzanti gli indirizzi a forte contenuto professionalizzante; - l’impostazione di piani di studio, soprattutto nel primo biennio, che consentano, sia nei Licei, sia nella formazione professionale, adeguati consolidamenti dei saperi di base (lingua e lingue, matematica, scienze della natura, storia) da fare agire in sinergia con l’approccio ai saperi caratterizzanti; 298 CAPITOLO 8 le parti in causa - lo sviluppo diffuso dei laboratori, unico vero antidoto all’overdose di sapere teorico; - una coerente revisione delle classi di concorso dei docenti ed aggiornamenti mirati ad una migliore conoscenza dei contenuti professionali dei singoli titoli di studio c) con riguardo all’effettivo sviluppo dell’autonomia scolastica ed al superamento dell’autoreferenzialità della scuola è necessaria: - la modifica della composizione del Consiglio d’Istituto (da agganciare al disegno di legge di riforma degli organi collegiali in corso di esame alla Camera) con l’obiettivo d’inserire nei Licei tecnologici ed economici rappresentanze degli enti territoriali (Regioni, Province, comuni) ed espressioni qualificate della categoria produttiva collegata alle finalità professionalizzanti dell’indirizzo. Insomma, per Confindustria, è importante che l’attuazione della riforma garantisca l’articolazione dell’offerta formativa professionalizzante e la pluralità dei percorsi e dei soggetti che ne sono protagonisti. In altri termini è auspicabile che ci si muova lungo tre direttrici: valorizzare il filone professionalizzante come novità vera della riforma; evitare di scindere in modo netto nel percorso formativo l’istruzione dalla formazione professionale, garantendo modalità di integrazione e di passaggi; chiarire agli studenti e alle famiglie che il filone professionalizzante è costituito da una molteplicità di offerte formative con caratteristiche specifiche (istituti tecnici, istituti professionali, formazione professionale regionale). Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) A parere di Colasanto, invece, l’architettura del nuovo modello scolastico – formativo, delineato dalla legge n. 53/2003, parte da un limite piuttosto forte: immagina che il sistema scolastico italiano sia all’anno zero. Come se memoria, esperienze, abitudini, mentalità potessero essere radicalmente spazzate via, per far posto ad una tabula rasa dell’istruzione, pronta a rigenerarsi, perché così ha deciso la legge. Invece, così non è. Troppe sono le mutazioni strutturali che hanno bisogno di mediazioni pazienti, di adattamenti mentali, di comportamenti e di verifiche puntuali. L’istituzione troppo rapida di due soli canali e l’attribuzione di uno dei due canali (per obbligo costituzionale) alla legislazione esclusiva delle Regioni determinerebbero una serie di conseguenze assai negative. In particolare, prosegue Colasanto: 299 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” CAPITOLO 8 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” le parti in causa - l’incertezza sulle gestione organizzativa e culturale da parte delle Regioni del secondo canale indurrebbe la maggior parte degli studenti a scegliere il percorso liceale. Non dimentichiamo, infatti, che le Regioni hanno attualmente (e non tutte) esperienze solo nel campo della formazione. E’ realistico pensare che possano in tempi brevi istituire un canale che possa da subito competere con il canale dell’Istruzione, che può vantare molti decenni di validissima esperienza? Non è un caso che, già da ora, Tecnici e Professionali stiano registrando vistosissimi cali di iscrizione. Naturalmente, la scelta per il liceo esulerebbe dalle attitudini effettive per quel tipo di studi; - l’inserimento di allievi non sufficientemente preformati e motivati nel canale dell’istruzione comporterebbe un decadimento generale del livello di preparazione complessivo raggiunto dai futuri Liceali; - gli allievi senza elevata vocazione allo studio, che optassero per il canale dell’Istruzione, si troverebbero poi costretti a dover proseguire all’Università o nella FTS (Formazione Tecnica Superiore). Ma le Università non sono, come succede oggi per le scuole superiori, distribuite capillarmente sul territorio e la frequenza universitaria ha, sia per le famiglie, sia per la collettività, un costo molto più elevato rispetto alla frequenza dell’attuale scuola superiore. Invece la FTS, se si escludono i pionieristici tentativi dei corsi IFTS già attivati, ancora non è decollata; - i due canali organizzati rigidamente, priverebbero il sistema delle imprese e, più in generale l’economia del Paese, di tutte quelle figure professionali intermedie (Geometri, Periti, Ragionieri), che attualmente vengono formate in 13 anni e per avere le quali sarà necessario prevedere un’ulteriore permanenza degli allievi di uno o più anni nel sistema dell’istruzione/formazione. Se poi si aggiunge che quelle figure hanno attualmente, nel mercato del lavoro, una rapida collocazione, diventa piuttosto difficile comprendere scelte che volessero modificare proprio quel tipo di istruzione. In questo, aggiunge Colasanto, la riforma Moratti, distinguendo i due sottosistemi (sistema dei Licei e sistema dell’Istruzione e della Formazione professionale), ha voluto, nelle sue intenzioni, fortificare un sottosistema, per l’appunto quello della istruzione tecnica e della formazione professionale, che tradizionalmente era considerato di serie B. Il rischio che si corre è di riproporre una netta distinzione tra i due sistemi, valorizzando parti di istruzione tecnica e formazione professionale, qualificata, apprezzata dalle imprese, facendola transitare 300 CAPITOLO 8 le parti in causa nel sistema liceale; l’altra formazione, si adeguerà al principio di “pari dignità culturale e civile”, su percorsi di tre o quattro anni, spingendosi a realizzare quello che, nell’intenzione dei riformatori, è definito “diritto dovere dell’istruzione”. Sul tema relativo all’impianto generale della Riforma Moratti, come si evince dalle considerazioni espresse dagli “opinons leaders”, siamo in presenza di posizioni politico - culturali, organizzative e gestionali del sistema scolastico nazionale molto varie. Ciò non impedisce tuttavia, di cogliere alcuni elementi ricorrenti e alcune particolarità che possono risultare significative per interpretare la complessità dei processi in atto. 8.4 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione L’approvazione della riforma Moratti abroga la legge n. 9 del 20 gennaio 1999, che dettava le più recenti norme sull’adempimento dell’obbligo scolastico, da compiersi per almeno un anno esclusivamente nel sistema scolastico. In seguito, con l’introduzione dell’obbligo formativo (Legge n.144, del 17 maggio 1999), il sistema di formazione professionale era stato riconosciuto come uno dei percorsi attraverso i quali si poteva assolvere l’obbligo di istruzione e formazione fino al diciottesimo anno d’età. La legge n. 53/2003, supera la distinzione tra obbligo scolastico e obbligo formativo, assicurando a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età e prevedendo l’attuazione di tale diritto nel sistema di istruzione e in quello di istruzione e formazione professionale, secondo livelli essenziali di prestazioni definiti su base nazionale. Su questo tema il dibattito che ne è scaturito in ambito nazionale, tra soggetti istituzionali, parti sociali e “addetti ai lavori”, si è rilevato molto vivace e ricco di contributi e punti di vista sulle prospettive che il nuovo quadro normativo può delineare al riguardo. Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003) Secondo il Prof. Bertagna, che è stato Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003, il superamento del concetto di obbligo scolastico e formativo appare come una necessaria conseguenza del processo di crescita e innovazione della società attuale. Tra gli ani Settanta e Ottanta, sostiene Bertagna, il di- 301 La legge n. 53/2003 – “Riforma Moratti” CAPITOLO 8 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione le parti in causa battito sul prolungamento a sedici anni dell’obbligo scolastico si apre con l’introduzione del concetto e della pratica dell’obbligo scolastico e formativo fino a diciotto anni o comunque fino all’ottenimento di una qualifica professionale (art.68, legge 44 del 1999). Si comincia, quindi, a interpretare l’istruzione inferiore obbligatoria e gratuita per almeno otto anni di cui parlava la Costituzione del 1948. In quest’ottica, l’obbligo scolastico, tanto più se esteso a diciotto anni, godeva di un’aurea culturale e pedagogica più prestigiosa dell’obbligo formativo a cui erano costretti i quindicenni che intendevano o vi erano costretti (drop-out) a lasciare la scuola per inserirsi nel mondo del lavoro. Il modello era essenzialmente questo: nel primo caso (obbligo scolastico), il principio era al servizio della persona dell’allievo, usava la cultura per promuoverne la formazione completa; il secondo (obbligo formativo), invece, era al servizio del lavoro e dell’occupabilità (strumento per le politiche attive del lavoro), e intendeva adattare la persona a uno dei ruoli professionali disponibili sul mercato del lavoro. Il primo era riferito agli articoli 33 e 34 della Costituzione (Parte I, Titolo II, Rapporti etico-sociali dei cittadini), il secondo agli articoli 35 comma 2 e 38 della Costituzione (Parte I, Titolo III), che riguarda i Rapporti economici. Quindi, prosegue Bertagna, mentre l’obbligo scolastico apriva la possibilità agli studi superiori, quello formativo non la contemplava. Con il combinato del Titolo V della Costituzione e della legge Moratti, non si parla più di gerarchizzazione qualitativa e ordinamentale, di obbligo scolastico e formativo. Queste due espressioni sono riformulate ed ampliate sotto il nuovo concetto di “diritto - dovere all’istruzione e alla formazione” di ogni cittadino italiano per almeno dodici anni, o comunque fino all’acquisizione di una qualifica professionale che obbedisca ai “livelli essenziali di prestazione stabiliti” dallo Stato (art.2, comma 1, punto c della legge 53/2003). Durante questo periodo di dodici anni, nessuna gerarchizzazione culturale ed educativa è possibile. Ogni percorso di istruzione e formazione esistente, statale o non statale, a legislazione concorrente Stato-regioni (sistema dei licei) o legislazione esclusiva regionale (sistema degli istituti dell’istruzione e della formazione professionale) deve avere pari dignità, raggiungere un profilo educativo, culturale e professionale di studente equivalente per tutti e dettato dallo Stato, essere al servizio della persona degli allievi, aprire agli studi superiori e impiegare cultura e lavoro come mezzi per il fine di aumentare al massimo possibile la competenza di 7 8 Cfr. l’intervista a Panini. Cfr. l’intervista a Bertagna. 302 CAPITOLO 8 le parti in causa ogni cittadino nel pensare, giudicare, lavorare, gustare, vivere e collaborare con gli altri in una società complessa, tecnologica e della conoscenza come la nostra8. Antonella Perotti (Confindustria) Sostanzialmente in linea con il modello di diritto – dovere all’istruzione, delineato dalla legge 53/2003, è il punto di vista della Confindustria che individua nella legge di Riforma del sistema scolastico italiano, nel suo complesso, una sfida, non tanto e non solo ordinamentale e politica ma soprattutto culturale, epistemologica e pedagogico-didattica, di costruire un sistema educativo di istruzione e formazione di pari dignità educativa e culturale per tutti, in linea con i parametri educativi e formativi dei Paesi europei. Da questo punto di vista, la discussione sul rapporto fra istruzione e formazione, sulla realizzazione del diritto all’istruzione, non può più ignorare i cambiamenti intervenuti e in corso nel rapporto fra stato nazionale e regioni così come sono stati definiti dalla riforma costituzionale del 2001 e come sono stati ulteriormente precisati in sede parlamentare. Il giudizio complessivo di Confindustria, prosegue Perotti, sul ddl, n.1306, di “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale” è sostanzialmente positivo. In particolare positivo è l’obbligo di istruzione e formazione per tutti gli studenti fino a 18 anni, la valorizzazione del canale professionale, la nascita del sistema di alternanza scuola - lavoro che prevede che l’azienda si strutturi come ambito formativo, l’istituzionalizzazione della formazione professionale superiore, la nascita di un “Liceo economico” e di un “Liceo tecnologico” che colma una grave lacuna dei nostri ordinamenti, la nascita di un sistema di valutazione che, accanto agli apprendimenti degli studenti, possa misurare anche la qualità dell’offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche e formative. In tale ambito una interpretazione sostanzialmente critica è stata esplicitata dalle organizzazioni sindacali. La questione principale sembra essere quella dell’interpretazione del concetto di “diritto – dovere all’istruzione”; una formula, secondo gli intervistati, generica, aleatoria, che non definisce in modo esaustivo il confine tra lo Stato e il reale esercizio del diritto individuale da parte del cittadino. Enrico Panini (Cgil Scuola) A parere di Panini (Cgil Scuola), innanzitutto, la novità immediata- 303 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione CAPITOLO 8 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione le parti in causa mente operativa è l’abrogazione della legge 9/99, quella che aveva elevato di un anno la durata dell’obbligo scolastico. La nuova legge parla di diritto-dovere all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. Sembra quindi che si preveda un aumento e non una diminuzione dell’obbligo. Tuttavia lo scenario delineato dalla legge non prospetta tale situazione. Questo, soprattutto, per alcuni motivi. Dal punto di vista giuridico-formale l’obbligo ha un valore di gran lunga più forte del diritto dovere. Diversi esperti danno interpretazioni molto diverse tra loro sul significato del diritto-dovere, che risulta una formula piuttosto ambigua e generica, che si presta a più letture ed interpretazioni. Anche dal punto di vista sostanziale, prosegue Panini, le due espressioni non hanno lo stesso valore. Quando si usa l’espressione “obbligo” significa non solo che le persone che vi sono soggette devono rispettarlo, altrimenti scattano sanzioni, ma anche che lo Stato deve creare le condizioni perché le persone soggette a quell’obbligo possano e debbano davvero rispettarlo. Nel caso della scuola i ragazzi sono obbligati ad iscriversi e a frequentare la scuola fino al periodo stabilito dalla legge e lo Stato è obbligalo a fornire scuole, personale e tutto ciò che serve perché i ragazzi possano farlo. Se si fosse davvero voluto mantenere o addirittura aumentare la durata dell’obbligo, non si sarebbe cancellata la legge che ne aveva elevato di un anno la durata e, in tutti i casi, si sarebbe usata l’espressione “obbligo”, chiara ed inequivocabile per tutti: legislatore, giudice, cittadino. E’ evidente, quindi, che sostituire l’obbligo con il diritto-dovere nasconde una volontà diversa e, in tutti i casi ci si riferisce a qualcosa di meno vincolante sia per le persone che per lo Stato. Da questo punto di vista con il diritto-dovere lo Stato scarica ogni responsabilità sul singolo, sull’individuo, in qualche modo si ritrae, rinuncia alla sua funzione di soggetto che interviene per rimuovere le cause culturali e/o economiche che limitano nei fatti un reale esercizio dei diritti individuali. C’è alla base del diritto-dovere, sostiene Panini, l’idea di un individuo solo davanti alle sue scelte e di uno Stato che sta a guardare, che prende atto di ciò che accade e non interviene positivamente per migliorare le condizioni delle persone. È la negazione dell’impostazione definita nella Costituzione, che non si limita ad enunciare i diritti ma che fa carico alla Repubblica di garantirne l’effettivo esercizio a tutti, in particolare a chi non ha le condizioni oggettive per farlo. Non a caso la nostra Costituzione ha attribuito alla Repubblica il compito di istituire le scuole statali di ogni ordine e grado, all’interno di una finalità di fondo: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e 304 CAPITOLO 8 le parti in causa sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3, comma 2 Cost.). In questa logica va collocata la questione obbligo scolastico e dirittodovere: sono concetti che rispondono a due diversi, opposti, modi di vedere il ruolo della scuola. Da una parte, quello dell’obbligo, attribuisce alla scuola un ruolo attivo, di promozione di azioni positive per contribuire a migliorare le condizioni iniziali delle persone. Dall’altra, quello del diritto-dovere, che vede nella scuola un soggetto erogatore di un’offerta culturale e formativa che ciascuno si plasma a suo uso e consumo. Inoltre, mentre l’obbligo previsto dalla legge 9/99 era scolastico, andava cioè realizzato nel sistema di istruzione, il dirittodovere riguarda sia l’istruzione sia la formazione professionale, cioè si può realizzare anche fuori dal sistema di istruzione. Alfonso Rossini (Cisl Scuola) Secondo Rossini (Cisl Scuola), la volontà legislativa di trasformare “obbligo scolastico” nel diritto-dovere, legislativamente sanzionato, all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età, sono state fonte non solo di roventi polemiche, ma anche di profonde preoccupazioni rispetto alle scelte di sistema che andavano maturando e all’impatto da esse derivanti sull’organizzazione del lavoro nella scuola. Sul piano dei principi si tratta di una suggestione interessante e ricca di prospettive. Il problema nasce allorché l’esercizio di questo “diritto” si può indifferentemente espletare o nel percorso dei “licei” o in quello dell’istruzione e della formazione professionale, la cui “pari dignità”, nel testo del ddl appare come una mera petizione di principio, non essendo declinati i contenuti curricolari minimi che vanno inderogabilmente garantiti, anche in termini di durata, per l’acquisizione generalizzata e universale dei cosiddetti “diritti di cittadinanza” che consentono al mondo giovanile il consapevole e maturo inserimento nel mondo del lavoro ovvero la prosecuzione degli studi. Oggi il nuovo diritto dovere si sta realizzando senza che sia stato emanato il prescritto decreto legislativo e senza la strutturazione del nuovo assetto ordinamentale dei percorsi dei due sistemi dell’istruzione e della istruzione e formazione professionale. 305 Dall’obbligo scolastico e formativo al diritto - dovere all’istruzione CAPITOLO 8 le parti in causa 8.5 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale Con la riforma, al termine del primo ciclo d’istruzione, il superamento dell’esame di Stato consente di accedere ai successivi sistemi di istruzione o di istruzione e formazione professionale. In pratica, i giovani dovranno scegliere tra la continuazione di un percorso di istruzione nel sistema nazionale dei licei oppure l’ingresso nel sistema regionale dell’istruzione e della formazione professionale. In tal modo, secondo quanto sancito dalla legge di riforma, si assolve al diritto – dovere all’istruzione. Dopo la scelta del percorso formativo, verrà assicurata la possibilità di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale e viceversa, oppure di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei. Al quindicesimo anno di età, i giovani potranno conseguire diplomi e qualifiche, in alternanza scuola-lavoro o attraverso l’apprendistato. Nella formulazione presentata dal Miur, il sistema dei licei comprende otto tipologie: l’artistico, il classico, l’economico, il linguistico, il musicale coreutica, lo scientifico, il tecnologico, quello delle scienze umane. Nell’ambito dei licei artistico, tecnologico ed economico, sono previsti ulteriori indirizzi formativi. Tutti i licei hanno durata quinquennale e si articolano al loro interno in periodi didattici biennali. Al termine dell’intero percorso disciplinare, l’Esame di Stato conclusivo rappresenta il titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Il secondo sottosistema è costituito dall’istruzione e dalla formazione professionale di competenza delle regioni, con le quali vengono definiti gli indirizzi di studi e gli standard nazionali9. Il sistema regionale dell’istruzione e della formazione professionale rilascerà titoli e qualifiche finalizzati anche (per percorsi di durata almeno quadriennale), a sostenere l’esame di stato e utili ai fini dell’accesso all’università e all’alta formazione (artistica, musicale e coreutica), previa frequenza di un apposito corso annuale10. La legge 53/2003 ricompone, quindi, in un’unica realtà i due sistemi, tradizionalmente distinti, dell’istruzione e della formazione profes- I regolamenti per la definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti a conclusione dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici, vengono definiti dal Governo d’intesa con la Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie Locali 10 Una descrizione più approfondita della legge di riforma n. 53/2003 è riportata nel primo capitolo del volume. 9 306 CAPITOLO 8 le parti in causa sionale, che vengono riconosciuti come rispondenti ai medesimi obiettivi di promozione della crescita e di valorizzazione della persona e del cittadino. Nel nuovo sistema, dopo la scuola secondaria inferiore, i giovani possono proseguire gli studi nei licei o nel sistema dell’istruzione e formazione professionale, considerati percorsi paralleli di pari dignità, aventi ciascuno una propria identità e specifiche finalità. L’obiettivo, secondo la riforma, è di assicurare che tutti i giovani conseguano almeno un diploma o una qualifica professionale prima di entrare nel mercato del lavoro. Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003) Su queste linee, afferma il Prof. Bertagna, è stato impostato il d.d.l. Moratti, preposto a fornire l’architettura del sistema di istruzione nel nostro Paese. L’articolo 2, co.1, punto g della legge Moratti recita: “il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito, viene anche curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie; il secondo ciclo è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell’istruzione e della formazione professionale”. Da questo punto di vista, prosegue Bertagna, poiché il secondo ciclo è composto dal sistema dei licei e dal sistema degli istituti di istruzione e formazione professionale si deve concludere che l’uno e l’altro siano di pari dignità e mirino alle medesime finalità educative. Risultati formativi uguali, ma con percorsi, metodi e contenuti diversi. Il sistema comprende otto licei: artistico, Liceo classico, Liceo economico, Liceo linguistico, Liceo musicale e coreutica, Liceo scientifico, Liceo tecnologico, Liceo delle scienze umane. I licei hanno durata quinquennale; l’attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno che completa il percorso formativo e approfondisce le conoscenze e le abilità che caratterizzano il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi, ma che, allo stesso tempo, si collega con la scelta universitaria o dell’istruzione e formazione professionale superiore. I licei artistico, economico e tecnologico potranno essere articolati dalle istituzioni scolastiche in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi territoriali. I licei si concludono con un esame di Stato e permettono di accedere all’Università o all’alta formazione artistica, musicale e all’istruzione e formazione professio- 307 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa nale superiore. Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale è affidato alle Regioni e realizza corsi di studi di durata variabile che terminano con titoli e qualifiche professionali di diverso livello. Tali titoli e qualifiche, se coerenti con i livelli essenziali di prestazione (Lep) definiti su base nazionale, sono validi su tutto il territorio nazionale e spendibili nell’Unione europea. Sono previsti corsi triennali di qualifica professionale, corsi quadriennali di diploma professionale e corsi da cinque a sette anni che rilasciano titoli di istruzione e formazione professionale superiore. Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale opera in un’ottica di formazione lungo tutto l’arco della vita e in stretta relazione con il sistema dei Servizi per il lavoro. Dopo il titolo di diploma quadriennale, è possibile frequentare un corso annuale integrativo e sostenere l’esame di Stato per frequentare l’Università o l’alta formazione artistica, musicale e coreutica. Si tratta di un sistema flessibile e di conseguenza la scelta per l’allievo non è definitiva. Infatti, tutti hanno la possibilità di cambiare indirizzo all’interno dei licei o di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione e della formazione professionale o viceversa. Tali passaggi saranno sostenuti e assistiti da apposite iniziative organizzate sul territorio dai Larsa (Laboratori di recupero e sviluppo degli apprendimenti). La tendenza a continuare a riassorbire, sostiene Bertagna, l’istruzione tecnico-professionale nell’istruzione liceale rischia di continuare a lungo; l’inerzia, non è soltanto un fatto fisico, è anche mentale. Lo dimostra, ad esempio, la legge Bastico dell’Emilia Romagna che, nonostante il Titolo V, continua a parlare di formazione professionale e di istruzione professionale (separate) come si è fatto negli ultimi decenni; oppure le proposte della Confindustria che, volendo collocare opportunatamente l’aristocrazia dell’istruzione tecnica tra gli indirizzi del liceo tecnologico, confermano un anocronismo, una gerarchizzazione classista e un programma conservatore. In questo caso, l’anacronismo è continuare a parlare di istruzione tecnica, e non come vorrebbe la Costituzione e la legge Moratti di istruzione e formazione professionale. Il programma conservatore è di rifutare l’articolo 2, co.1, punto g della legge Moratti e di dare per scontato che, anche in futuro, esisterà sempre una gerarchizzazione tra il sistema dei licei e il sistema degli istituti dell’istruzione e formazione professionale e che la prospettiva della pari dignità resta una pia illusione consolatoria. La maturazione di adeguate competenze professionali dentro un rapporto di collaborazione triangolare tra istituti, imprese, ordini professionali e territoriali non solo consente una maggiore coerenza tra 308 CAPITOLO 8 le parti in causa qualificazione ottenuta e effettivo lavoro svolto, ma permette anche una maggiore realizzazione e soddisfazione personale, posizioni economiche più vantaggiose e un ruolo sociale più costruttivo e riconosciuto. Un sistema dell’istruzione e della formazione professionale qualitativamente e quantitativamente concorrenziale al sistema dei licei sarebbe un modo sicuro per far uscire il Paese dal paradigma culturale che non è stato certo ininfluente sia negli alti tassi di dispersione scolastica di cui soffriamo, sia nella determinazione della crisi sociale ed economica in cui siamo immersi da diversi decenni. L’obiettivo è quello di consolidare un sistema unitario di istituti dell’istruzione e della formazione professionale, ben integrati tra scuola, territorio e imprese/professioni, che rilasciano qualifiche e diplomi secondari e superiori di prestigio, evitando, quindi, l’impressione di un percorso formativo debole, residuale, riservato come in passato, sostanzialmente ai falliti del sistema di istruzione liceale11. Questo appena delineato, conclude Bertagna, è il futuro della scuola italiana; la legge 28 marzo 2003 n.53 prevede infatti fino a due anni per attuare la riforma. Antonella Perotti (Confindustria) L’analisi dell’architettura del modello formativo, relativo al secondo ciclo dell’istruzione delineato dalla riforma, è stata condotta anche dalla Confindustria. Nell’ambito del nuovo quadro normativo che si è realizzato con l’approvazione della Legge 28 marzo 2003, n. 53, le soluzioni prevedibili per il futuro dei diversi indirizzi degli attuali istituti tecnici (venire privati della loro specificità professionalizzante o essere completamente equiparati agli istituti professionali di durata quadriennale) non sembrano soddisfacenti. Sono evidenti in entrambe le soluzioni i rischi di depauperamento di quella che è universalmente considerata una delle “perle” della scuola italiana. In realtà, a ben leggere l’art. 2, comma 1, lettera g, della Legge n. 53 e tutto il dibattito che ha accompagnato la presentazione e l’iter parla- Su questo aspetto, una ipotesi da sviluppare, per il Prof. Bertagna, è in prospettiva l’istituzione del Campus territoriale, inteso come ambiente formativo ad ampio spettro. Si tratta di ridisegnare l’idea di Istituto scolastico, dove all’interno dello stesso plesso scolastico, possono organizzarsi ed essere offerti diversi piani formativi (sistema liceale, formazione professionale, percorsi triennali formativi su diverse annualità, Larsa), esclusivamente a gestione regionale. L’idea che governa il nuovo sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale è quella dell’interconnessione formativa; non più integrazione tra i diversi percorsi formativi, nell’intenzione di rendere gli allievi tutti uguali, bensì mantenimento della propria identità nell’interscambio tra diverse capacità professionali. 11 309 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa mentare della legge stessa nella sua interezza appare possibile e doverosa una interpretazione che punta con decisione a ricomprendere nel secondo ciclo di istruzione anche percorsi che abbiano carattere liceale quanto a spessore culturale ed attitudine a sviluppare autonome capacità di giudizio ed esercizio della responsabilità, ancorché riferiti ad assi portanti di tipo non generalista, quali l’artistico, il tecnologico, l’economico. La Legge 53, infatti, prosegue Perotti, a proposito di tutti i licei, parla in senso generale di finalità correlate alla “crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire e la riflessione critica su di essi”. E, nel definire più avanti l’articolazione per assi culturali portanti del sistema dei licei, sottolinea che ciascuno di essi comporta “l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo educativo, culturale e professionale del corso di studi”. Da questa logica definitoria comune discende inevitabilmente che è soprattutto l’asse culturale di ciascun liceo ad accentuarne o attenuarne le valenze professionalizzanti: oggettivamente deboli nei licei generalisti (classico e scientifico soprattutto) che fanno riferimento ad ambiti di ricerca non immediatamente traducibili, al termine della scuola, in posizioni di lavoro, ben più forti invece nei licei riferiti ad ambiti - anch’essi culturalmente significativi - in cui gli aspetti operativi sono parte imprescindibile della cultura assunta come asse portante. In questo caso, sostiene Confindustria, il generico “saper fare” che è proprio di tutti i licei può e deve diventare “professionalità”, immediatamente spendibile al termine della scuola secondaria superiore. Ciò può avvenire attraverso la impostazione di piani di studio, programmi e pratiche didattiche che sappiano intrecciare aspetti teorici ed approcci operativi, così come avviene effettivamente nella produzione di beni e servizi e nelle figure professionali che vi operano. I licei tecnologici, ancorati concettualmente alla cultura tecnologica, in senso lato, ma da articolare in rapporto alle caratteristiche delle tecnologie in uso nei singoli settori produttivi, potrebbero dunque a buon diritto ereditare le attuali filiere dell’istruzione tecnica industriale ed agraria, intrecciando elevati livelli di formazione scientifica, tecnica e tecnologica in modo da dare luogo a profili professionalizzanti. Tale soluzione consentirebbe di ottenere due importanti risultati: da un lato, la salvaguardia di una collaudata tipologia di formazione da una rischiosa operazione di omogeneizzazione (ai licei tradizionali o alla formazione regionale), dall’altro la riflessione critica sulle cause dei processi di deprofessionalizzazione dell’istruzione tecnica. Cause riconducibili in parte ad un’insufficiente consapevolezza degli effettivi contenuti delle professionalità di settore, e quindi ad un’approssimativa impostazione 310 CAPITOLO 8 le parti in causa dei piani di studio ed in parte alla calante attitudine dei docenti, sempre meno esperti del mondo del lavoro, ad adottare didattiche operative, e sempre più identificati in saperi prettamente teorici. Gli indirizzi del Liceo Tecnologico, secondo Confindustria, possono trovare riferimento nei settori operativi che caratterizzano le realtà produttive e dei servizi tecnologici, in particolare: - area elettronica e meccanica (meccatronica); - area informatica (informazione e comunicazione); - area chimica e chimico - ambientale; - area tessile - sistema moda; - area delle produzioni biologiche e delle risorse naturali. Con riferimento all’ambito della cultura economica e dei suoi rapporti con l’operatività, l’asse portante (la scienza economica) ha sicuramente una dignità culturale e scientifica tale da giustificarne l’inclusione nel sistema dei Licei. In tal senso l’economia nella sua complessità metodologica può costituire di per sé un’ottima base per l’accesso all’università, preferibilmente in corsi di laurea coerenti. È però altrettanto vero che l’intreccio tra “sapere, fare e agire e la riflessione critica su di essi” porta inevitabilmente all’uso didattico di casistiche operative concretamente desunte dal mondo del lavoro e delle professioni. Ne consegue che, nel futuro Liceo economico possono confluire gli attuali istituti tecnici commerciali, con le loro molteplici articolazioni, ovviamente ripensati alla luce del nuovo ordinamento. È perciò proponibile l’istituzione di indirizzi di Liceo economico che propongano percorsi didattici ispirati ai criteri del sapere, del fare, dell’agire, del riflettere criticamente con riferimento ad attività di tipo economico in modo da dare luogo a saperi e figure professionali secondo diversi indirizzi, tra cui: amministrativo, commerciale, marketing, internazionalizzazione, gestionale, economia del turismo e dei beni culturali, ambiente e territorio. Il raccordo tra Licei tecnologici ed economici, alternanza scuola-lavoro, formazione professionale, conclude Confindustria, potrebbe convergere verso la costituzione di Poli di eccellenza. Combinando le nuove tipologie del Liceo Tecnologico e del Liceo Economico con i percorsi di alternanza scuola - lavoro, si potrebbe aprire una nuova frontiera educativa che attui l’obiettivo di continuità tra i livelli scolastici, eviti separazioni brusche tra Licei e formazione professionale e consenta allo studente percorsi personalizzati e recuperi di scelte fatte in momenti in cui non si disponeva di tutte le informazioni utili per decidere della propria vita professionale. Questa soluzione avrebbe un ulteriore 12 Su questi temi il settore Scuola e Formazione della Confindustria, attraverso riflessioni e docu- 311 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa vantaggio: essa costituirebbe una vera risposta a quanti in Italia continuano a paventare una scuola classista, fatta più di esclusioni che di inclusioni. Al tempo stesso essa risponderebbe alle esigenze di quelle famiglie che temono di far percorrere ai propri figli strade educative di seconda qualità quando non si sceglie la via dei Licei tradizionali12. Michele Colasanto (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) Sul tema specifico del futuro dell’istruzione tecnica e professionale sollevato da Confindustria, il Prof. Colasanto, ritiene che la corrente di pensiero sostenuta dal mondo imprenditoriale con riferimento alla riforma Moratti, è chiara e ben definita. Essa individua in uno degli otto licei, quello tecnologico, un percorso che, garantendo un certo menti resi noti a mezzo stampa o in occasione di seminari e convegni di studio, ha ribadito l’idea che il futuro dell’istruzione tecnica professionalizzante sta nel costituire una sorta di aristocrazia della “filiera professionale” del sistema educativo italiano. In questo senso Licei tecnologici a indirizzo fortemente professionalizzante da un lato rassicurerebbero giovani e famiglie sulla qualità del percorso formativo scelto, dall’altro, potrebbero costituire un fattore di crescita economica e culturale locale e un fattore di attrazione di studenti che verrebbero ad apprendere una cultura e una tecnologia prettamente italiana e riconosciuta a livello internazionale. Basti pensare ad esempio all’istituzione di Licei tecnologici del tessile e della moda nelle province a vocazione tessile (Prato, Vicenza, Biella...) o di Licei Economici ad indirizzo turistico nelle zone del Mezzogiorno a maggiore vocazione turistica. Questo tipo di Istituti potrebbe essere direttamente collegato ad un’offerta formativa più ampia e modulare che preveda nella stessa sede: corsi brevi di formazione professionale; corsi di formazione professionale triennali per la qualifica; corsi di istruzione professionale quadriennali per il conseguimento del diploma professionale; corsi di formazione professionale superiore annuali o biennali. L’idea è quella di costruire un Polo tecnologico, che sviluppi al suo interno una filiera tecnica, attraverso una offerta formativa articolata sui diversi livelli formativi previsti dalla Riforma; un polo tecnologico, quindi, in grado di offrire al territorio: formazione, ricerca, formazione professionale, alternanza scuola – lavoro, formazione continua per occupati. Una filiera tecnica in grado di superare soprattutto, in termini critici, la potenziale dicotomia tra sistema dell’istruzione e della formazione professionale. L’insieme di questa offerta formativa da realizzarsi nell’ambito delle competenze delle Regioni potrebbe favorire la percezione che il sistema di istruzione e formazione professionale è “plurale” e assicura ai giovani una varietà di offerte corrispondenti a diverse tipologie e a diverse domande. La stabilizzazione all’interno di una stessa sede di offerte che vanno dai corsi brevi di formazione ai Licei Tecnologici potrebbe tra l’altro assicurare agli studenti una effettiva possibilità di “passerelle” assistita dai docenti in un ambiente formativo dove istruzione e formazione professionale comunicano e dove è valorizzata la collaborazione con l’industria per stage e forme di alternanza. Istituti d’eccellenza di questa natura ci consentirebbero di essere esportatori di saperi, invertendo una tendenza che vede i nostri giovani costretti a recarsi all’estero per avere gli strumenti di conoscenza necessari per lo sviluppo professionale. E questo costituirebbe il miglior coronamento di una riforma educativa che punti agli obiettivi del miglioramento della qualità dell’offerta, dell’inclusione sociale e della competitività delle imprese. (Confindustria, Legge n. 53/2003. Istruzione e Formazione Professionale e Licei Tecnologici: il punto di vista delle imprese, Roma aprile 2003; Confindustria, Forum: Impresa, Cultura e Professionalità: le novità della Riforma Moratti”, Area Impresa – Nucleo Formazione e Scuola, Roma maggio 2003.). 312 CAPITOLO 8 le parti in causa grado di “conclusività”, sia organizzato per indirizzi e sia assimilabile, con i necessari correttivi e miglioramenti, agli attuali Istituti Tecnici Industriali. Tale punto di vista può essere così sintetizzato: - è indispensabile che nel primo biennio (14-16 anni) venga assicurata a tutti gli studenti (sia nel sistema dei Licei che nella formazione professionale iniziale) l’acquisizione di quei saperi essenziali (capacità linguistiche, logico – matematiche, ecc.) che ogni azienda ritiene essenziali per l’accesso alla professionalità; - è essenziale salvaguardare l’identità culturale e la vocazione professionalizzante degli istituti tecnici; - è fondamentale definire il ruolo delle Regioni a cui il Titolo V della Costituzione nella nuova formulazione della legge costituzionale (18.10.2001), attribuisce una responsabilità decisiva non solo nel campo della formazione, ma anche in quello dell’istruzione. Sostanzialmente, quindi, prosegue Colasanto, la Confindustria, all’interno del canale dell’istruzione, auspica un percorso parallelo a quello dei licei ma professionalizzante e che sia caratterizzato da un certo grado di conclusività nel percorso iniziato. Essa è particolarmente interessata al futuro dell’Istruzione Tecnica Professionale, anche perché gli Istituti tecnici e i professionali hanno sempre costituito per le imprese un bacino di reperimento di risorse umane qualificate. Negli ultimi quindici anni, si è avviato un processo di “deprofessionalizzazione” degli istituti tecnici attuato mediante la sperimentazione del nuovo biennio. Tale sperimentazione, aumentando a dismisura il numero delle discipline e riducendo allo stesso tempo l’orario delle discipline professionalizzanti e del laboratorio ha condotto ad un sostanziale annacquamento di tali ordini di scuola che costituiscono circa la metà dell’offerta formativa italiana e che hanno subito una consistente contrazione di iscritti. D’altra parte, conclude Colasanto, anche le proposte della Confindustria vanno in questa direzione. Recenti indagini svolte in alcuni settori del sistema associativo imprenditoriale, hanno posto in luce l’insoddisfazione delle imprese per la sempre più scarsa competenza professionale posseduta dai giovani che escono dagli istituti tecnici. L’idea è quella di realizzare un processo inverso a quello attualmente in corso: occorre riprofessionalizzare l’istruzione tecnica, potenziarne i collegamenti con le imprese, valorizzare le attività di laboratorio e l’apprendimento esperienziale. La proposta consiste nello snellimento del numero di discipline e dell’orario di insegnamento che in molti casi ha raggiunto le 40 ore settimanali, potenziando modalità di apprendimento basate sul saper fare e su 313 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa un modo di insegnare e di apprendere che metta in relazione il contenuto delle discipline con le situazioni del mondo reale e motivi gli studenti a collegare le conoscenze e le loro applicazioni. Massimo Di Menna (Uil Scuola) Sul versante sindacale, la posizione della Uil Scuola sostiene che nella situazione attuale, il “secondo ciclo d’istruzione” è la parte che contiene le maggiori novità, le maggiori complicazioni e le maggiori incertezze: il sistema dei licei, affidato allo Stato; il sistema della istruzione e della formazione professionale, di competenza delle Regioni, ed in più la possibilità di conseguire diplomi e qualifiche in alternanza scuola lavoro o attraverso l’apprendistato. L’elemento di maggiore criticità è rappresentato dalla netta separazione tra istruzione e formazione e dall’aggravata precocità della scelta, da parte di ragazzi e ragazze, se continuare nel sistema dei licei o indirizzarsi verso il sistema regionale della formazione professionale. Sarebbe opportuno, invece, un modello integrato in modo da garantire i livelli di cultura di base anche a chi sceglie una formazione professionale specifica. Tuttavia, prosegue Di Menna, attualmente è abbastanza difficile prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo, dato che tutto è profondamente influenzato dagli esiti, tuttora incerti, delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni. Inoltre, sono ancora in corso di studio, da parte della Commissione ministeriale, le future articolazioni del sistema liceale ed i confini tra questo e il sistema dell’istruzione e formazione professionale. I risultati dei lavori in corso consentiranno di comprendere, ad esempio, quali istituti tecnici e professionali diventeranno licei e quali entreranno nel sistema regionale. Ciò vale soprattutto per quanto riguarda l’offerta di formazione degli istituti professionali che raccolgono il 25% degli studenti dell’attuale scuola superiore. La legge delega nella sua formulazione, conclude Di Menna, assicura la possibilità di cambiare indirizzi all’interno del sistema dei licei e tra questo ed il canale di istruzione e formazione; ciò richiede pertanto che vengano create le condizioni per i passaggi tra le diverse filiere del sistema. Questo obbiettivo non deve restare lettera morta nel testo legislativo, ma deve trovare le condizioni per la sua reale attuazione, si deve concretizzare in azioni didattiche con conseguenze e riflessi sul modello di autonomia scolastica che le istituzioni coinvolte dovranno realizzare: flessibilità, modularità, personalizzazione degli interventi dovranno essere garantiti e accessibili. 314 CAPITOLO 8 le parti in causa Alfonso Rossini (Cisl Scuola) A parere di Rossini (Cisl Scuola), il secondo ciclo dell’istruzione, articolato in due sistemi (dei licei e della istruzione e formazione professionale) ed in una pluralità di percorsi al loro interno, rappresenta il segmento più nuovo, complesso e problematico del nuovo sistema di educazione e di formazione. Nuovo per l’articolazione dei percorsi che configurano un sistema binario/duale; problematico e complesso perché su di esso si esercitano competenze diverse delle istituzioni della Repubblica: ora in forma esclusiva (delle Regioni per quanto riguarda istruzione e formazione professionale, dello Stato per le norme generali sull’istruzione e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni), ora in forma concorrente Stato-Regioni (istruzione) salvo la determinazione da parte dello Stato di principi fondamentali. Il sistema così disegnato, presenta un impianto asimmetrico quanto a struttura, durata e terminalità (5 anni i percorsi liceali, fino a 4 anni i percorsi di istruzione e formazione professionale); mentre si prevedono da subito articolazioni riconoscibili del sistema liceale (8 grandi tipologie, tre delle quali - artistico - economico - tecnologico - articolate in indirizzi da individuare), è indefinito il sistema della istruzione e formazione professionale che appare genericamente costituito dalla somma dei diversi percorsi degli istituti di istruzione professionale (anche se non è ancora chiaro quali), dei corsi di formazione professionale accreditata, dei corsi di formazione professionale regionale. L’asimmetria si riscontra anche negli sbocchi successivi. Il ciclo quinquennale dei licei si conclude con un esame di stato che è titolo per l’accesso all’università ed all’alta formazione artistica e musicale. Titoli e qualifiche di differente livello dell’istruzione e formazione professionale (valevoli su tutto il territorio nazionale tanto quanto saranno rispondenti ai livelli essenziali di prestazione) danno accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), titoli e qualifiche conseguiti in percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale, uniti alla frequenza di un apposito corso annuale successivo, danno titolo a sostenere l’esame di stato per l’accesso all’università ed all’alta formazione artistica e musicale. L’unico elemento di parziale simmetria appare laddove è previsto che il superamento del quarto anno dei licei costituisca titolo di accesso ai corsi di IFTS. E’ assicurata la possibilità di cambiare indirizzi all’interno del sistema dei licei e di passare da un sistema all’altro, previa acquisizione di preparazione adeguata alla nuova scelta; la frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo dà luogo a crediti certificati da utilizzare 315 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa per gli eventuali passaggi, anche ai fini della ripresa di studi interrotti; certificazioni di competenza sono previste per esperienze, esercitazioni, stage realizzati in Italia ed all’estero. Nonostante questi elementi, prosegue Rossini, è difficile oggi prefigurare il futuro assetto del secondo ciclo, dato che tutto è rimesso ad una vasta normazione secondaria, al momento non ancora abbozzata, i cui tratti saranno profondamente influenzati dagli esiti, tuttora incerti, delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni. Per il momento duecentocinquanta esperti stanno lavorando al profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del secondo ciclo di istruzione e sulla determinazione dei livelli essenziali di prestazioni per gli istituti dell’istruzione e della formazione professionale. Gli esiti di questi lavori dovranno essere la base per la definizione del nuovo modello. Dovranno dunque essere definite le mission delle diverse articolazioni del sistema liceale ed i confini tra questo (in particolare il liceo tecnologico) e il sistema dell’istruzione e formazione regionale. Da queste scelte si comprenderà, ad esempio, quali istituti tecnici e professionali diventeranno licei e quali entreranno nel sistema regionale. Sarebbe preoccupante che in nome di un’esasperata autonomia regionale andasse disperso il patrimonio culturale e professionale, oggi realtà diffusa su tutto il territorio nazionale, degli istituti professionali che hanno sovente dovuto sostenere azioni di supplenza rispetto all’assenza dell’intervento regionale. Altrettanto pericolosa sarebbe la deriva di cancellare la ricchezza esperenziale oggi esistente, senza garanzie rispetto alle concrete possibilità di realizzare il nuovo modello. In relazione a ciò assumeranno importanza strategica le scelte delle Regioni per la definizione della legislazione di loro competenza. Per questo è necessario un forte coordinamento affinchè, pur nell’autonomia di ciascuna, vengano assunti modelli il più possibile omogenei, rispettosi dei principi generali. Anche l’assetto del modello liceale, che a prima vista può apparire uguale all’attuale, è in realtà destinato a subire profonde e radicali trasformazioni: - si prevede una scansione in due bienni e un quinto anno, finalizzato al completamento del percorso attraverso approfondimenti delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo d’uscita, al cui termine, previo esame di stato, è consentito l’accesso all’università o agli istituti di alta cultura; - al superamento del quarto anno è consentito l’accesso ai corsi di istruzione e formazione tecnica superiore. Ciò comporterà una sorta di “terminalità interna” alla fine del quarto 316 CAPITOLO 8 le parti in causa anno per garantire a chi decide di uscire una compiutezza dell’itinerario percorso. E’ evidente che si profila una configurazione ben diversa dall’attuale modello 2 + 3 di licei e tecnici e 3 + 2 dei professionali. Per quanto affidato a competenze istituzionali diverse (Stato-Regioni), sostiene Rossini, è necessario che il secondo ciclo mantenga un connotato unitario nazionale in quanto in esso si realizza la parte conclusiva di un diritto all’istruzione e formazione costituzionalmente tutelato, determinante per i profili di cittadinanza civile e sociale che tale formazione deve favorire, per il conseguimento di titoli di studio e qualifiche spendibili su tutto il territorio nazionale e dell’UE, per l’accesso a percorsi universitari e ai percorsi IFTS. La pari dignità di tutti i percorsi scolastici e formativi del secondo ciclo in termini di equivalenza, comparabilità educativa, culturale e formativa è l’elemento indispensabile per evitare il rischio che la struttura binaria/duale del secondo ciclo si traduca in un’inaccettabile gerarchizzazione culturale e sociale dei due sistemi dei licei e della formazione rispetto al sapere, al mercato del lavoro e delle professioni. Enrico Panini (Cgil Scuola) Il punto di vista del mondo sindacale è rappresentato anche dalla posizione della Cgil Scuola. La legge 53/2003, sostiene Panini, costruisce quello che comunemente è definito un “sistema duale” nell’istruzione secondaria superiore: un sistema di licei e un sistema di istruzione e formazione professionale. I due sistemi sono fortemente differenziati sia per impostazione che per dignità; il primo è quinquennale e si conclude con un esame di stato; il secondo è quadriennale e si conclude con una qualifica professionale. Si tratta di due sistemi non solo molto diversi fra loro, ma anche gerarchicamente ordinati: infatti, il sistema dei licei avrà un valore formativo di gran lunga superiore al sistema di istruzione e formazione professionale. Occorre tener conto che, mentre sul fronte costituzionale il quadro è quello delineato di grande incertezza, sul versante della legge ordinaria il Miur ha scelto di mantenere la competenza statale sul sistema dei licei. Il problema, al momento insoluto, riguarda la definizione chiara di quali degli attuali indirizzi di scuola secondaria superiore faranno parte di questo sistema e quali ne saranno esclusi. Inoltre, per quanto riguarda il futuro degli Istituti Tecnici e Professionali, la prospettiva sembra essere quella di un passaggio di competenze in seno alle regioni, anche se, almeno nell’immediato, tale passaggio, sia per ostacoli di natura logistica sia per l’incertezza delle scelte politiche, risulta ancora complesso. All’interno della stessa 317 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale CAPITOLO 8 Il sistema dell’istruzione e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale le parti in causa Confindustria, prosegue Panini, c’è un acceso dibattito riguardo alla prospettiva di una formazione regionale dei tecnici e dei quadri, perno dell’attuale organizzazione del lavoro. Il carattere più addestrativo dei percorsi regionali metterebbe in discussione proprio quel patrimonio di formazione tecnica professionale, di cui il sistema industriale italiano ha bisogno. In tal senso, lo scenario delineato da parte sindacale prevede che l’attuale ripartizione degli indirizzi della scuola secondaria superiore vada profondamente ripensata e che vada costruita un’area tecnico-professionale, forte ed autorevole, che assommi, trasformandolo e semplificandolo, ciò che oggi è ripartito tra istruzione tecnica e istruzione professionale. Un’area cui va riconosciuta la stessa dignità formativa dell’area umanistica, quella valenza culturale che fa pensare a menti formate al pensiero, filosofico o tecnologico, senza per questo pensare ad un pensiero critico nel primo caso e ad un pensiero subalterno nel secondo. La variabile costante in questo scenario, sostiene Panini, è che tutto ciò dovrebbe realizzarsi all’interno di un sistema di istruzione, che mantenga un modello nazionale e unitario, in quanto la dimensione professionale non sia un settore, ma una funzione rilevante del sistema di istruzione. In tal senso, è ritenuta del tutto negativa la prospettiva della regionalizzazione dell’attuale istruzione professionale e tecnica, e del personale impegnato in tali indirizzi; l’istruzione tecnica e professionale appartiene e deve continuare a far parte del sistema statale dell’istruzione. 8.6 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente La recente riforma costituzionale introduce, come abbiamo visto, importanti cambiamenti in direzione di un marcato decentramento e pone numerose e complesse questioni interpretative e di revisione del quadro normativo esistente che investono anche, e soprattutto, il secondo ciclo dell’istruzione delineato dalla riforma Moratti. La legge delega di riforma del 28 marzo 2003, n. 53, si innesta in un processo di profondo cambiamento dei poteri e delle competenze istituzionali che vede, da un lato, le Regioni titolari di potere legislativo esclusivo su istruzione e formazione professionale e, dall’altro, le scuole come vere autonomie funzionali. Questo modello, determinato dal nuovo Titolo V della Costituzione, porta a riconsiderare il tema dell’istruzione e della formazione professionale in un quadro di pluralismo educativo, delle autonomie, dei soggetti, e nello sviluppo dei poteri regolatori dello Stato e delle stesse Regioni. Su questi aspetti, molti sono 318 CAPITOLO 8 le parti in causa i problemi ancora aperti che il nuovo quadro delineato dalla Riforma del Titolo V della Costituzione presenta, e per i quali anche gli stessi costituzionalisti individuano molte complessità interpretative e attuative. Per quanto riguarda le risultanze dell’indagine, due sembrano essere le problematiche più urgenti: la competenza delle regioni per quanto concerne l’istruzione e la formazione professionale e la gestione del personale docente degli istituti tecnici e professionali. Relativamente al primo punto, il discusso passaggio della filiera dell’istruzione professionale alle Regioni, probabilmente, si inquadra in un processo che non sarà rapido né univoco, per diversi motivi. In primis, non è stata ancora identificata, da parte del Miur, la tipologia completa degli istituti professionali interessati: in particolare, gli attuali istituti tecnici e professionali statali transiteranno nell’area tecnica e tecnologica o alcuni verranno ricondotti all’ istruzione e formazione professionale regionale? Inoltre, va osservato che diverse Regioni non sono impazienti di accollarsi il problema della gestione diretta delle scuole. Tuttavia, tali problematiche possono avere diverse soluzioni: il mantenimento degli attuali istituti professionali come istituti tecnici statali e tecnologici; o il trasferimento di una parte alle Regioni; oppure, si può prevedere che le Regioni, in linea con l’ art. 33 della Costituzione (che non ha subito modifiche e che prevede che la Repubblica istituisca scuole statali per tutti gli ordini e gradi), possano istituire vere e proprie scuole di istruzione professionale, realizzando così il secondo canale formativo in campo nazionale. Infatti, alla luce di quanto indicato nel riformato Titolo V della Costituzione, le autonomie locali fanno ora parte a tutti gli effetti della Repubblica. Se da una parte, come si legge nel testo costituzionale, è escluso che le Regioni e gli Enti locali abbiano competenza diretta in materia di ordinamenti scolastici, che possano imporre lo studio di alcune materie piuttosto che altre, è previsto che le Regioni possano determinare la qualità e quantità dell’offerta formativa e possano influenzare le scelte didattiche, usando come leva la distribuzione delle risorse o altri sistemi di induzione. Relativamente al secondo punto, in prospettiva futura la gestione del personale docente degli istituti professionali e tecnici che passeranno di competenza delle Regioni rappresenta un problema di gestione e organizzazione di notevole portata. Di recente, l’Isfol, proprio su queste problematiche, correlate alla riforma del sistema dell’istruzione, ha svolto una ricerca volta a monitorare la condizione professionale e i fabbisogni formativi delle risorse umane che operano nella filiera dell’Istruzione Professionale. L’inchiesta ha coinvolto 1680 docenti 319 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa di 35 scuole, complessivamente, un campione pari al 42.4% del totale. I risultati dell’indagine, denotano un atteggiamento non del tutto positivo degli insegnanti intervistati rispetto al secondo canale della riforma, il cosiddetto “sistema dell’istruzione e della formazione professionale”.13 Due sono sostanzialmente le possibilità di lettura del novellato art.118 della Costituzione. Per la prima, la gestione del personale, appartenendo alla sfera amministrativa, dovrebbe passare alle Regioni (“Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurare l’ esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”). Per la seconda, invece, il personale dovrebbe essere mantenuto allo Stato, che solo può garantire uniformità di reclutamento, di trattamento economico, di mobilità su tutto il territorio nazionale. Al momento sembra alquanto difficile ipotizzare quale interpretazione prevarrà, in ogni caso, anche in questo settore, non sembrano esservi urgenze di intervento da parte delle Regioni. Un importante punto della legge 53/2003 riguarda la formazione dei docenti. Le discipline e attività rientranti nella quota regionale non possono non avere un corpo docente qualificato e specializzato nelle materie di specifico interesse regionale. In questo senso la nuova legge (art.5 “formazione degli insegnanti”) prevede l’emanazione di decreti legislativi recanti norme sulla formazione iniziale dei docenti, che dovrebbe avvenire attraverso corsi di laurea specialistica: gli stessi decreti avranno il compito di individuare “le classi dei corsi di laurea specialistica anche interfacoltà o interuniversitari”. Molto probabilmente, da questo punto di vista, occorrerà attendere l’evoluzione normativa per verificare se in tali sintetiche formulazioni può fondarsi la possibilità di comprendere, tra i suddetti corsi, appositi e specifici ambiti di formazione storico-culturale locale. Dai risultati dell’indagine si evince che solo il 48.6% dei docenti intervistati è disposto ad insegnare nel secondo canale della riforma, per l’appunto quello del sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Sembra emergere, tra gli intervistati, un’area presumibilmente critica nei confronti della Riforma e rispetto alle innovazioni prospettate dalla costituzione del “secondo canale”. Molti degli insegnanti perplessi nei confronti del “secondo canale”, nutrono preoccupazioni circa la possibilità che l’avvio della Riforma possa determinare una riduzione dei posti di lavoro nella scuola. E’ interessante osservare che chi insegna materie umanistico-scientifiche sia più preoccupato rispetto agli insegnanti tecnico-pratici. Come dire che il pericolo di ridimensionamento del corpo insegnante verrebbe attribuito ad un’impostazione meno “generalista” del secondo canale, che comporterebbe un’enfatizzazione dell’offerta formativa tecnica a discapito di quella culturale. (Isfol, La condizione degli insegnanti dell’istruzione professionale, Report preliminare, Roma marzo 2003). 13 320 CAPITOLO 8 le parti in causa Il panorama che abbiamo di fronte è quello di una complessa fase di transizione. Non sarà certamente agevole individuare con certezza e completezza le materie di competenza regionale, definire il rapporto tra competenza legislativa e riserve di legge contenute in altri articoli della Costituzione. A titolo indicativo si può ritenere che la tutela della libertà d’insegnamento, l’articolazione degli ordinamenti, la durata dell’obbligo scolastico, i piani di studio, gli standard per la spendibilità nazionale dei titoli di studio conseguiti al termine dei percorsi formativi, il sistema di certificazione e la valutazione di sistema rientrano nella competenza dello Stato a garanzia di conformità di trattamento su tutto il territorio nazionale. Appare necessario anche che rientri nella competenza esclusiva dello Stato assicurare il diritto ai capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi14. Sulla base di queste interpretazioni, alcuni costituzionalisti ritengono che la legge delega sui nuovi ordinamenti, che sottrae alle scuole la gestione locale del curricolo per assegnarla alle Regioni, potrebbe configurarsi come anticostituzionale. L’ assessore alla Scuola, Formazione professionale, Università, Lavoro e Pari opportunità dell’Emilia Romagna, Maria Angela Bastico, ha pubblicamente dichiarato la volontà della Regione di riattribuire alle scuole, con una legge apposita, la gestione della quota locale del curricolo15. La Regione Emilia Romagna ha presentato ricorso alla Corte costituzionale rispetto alle iniziative del Governo che non avrebbe rispettato il principio della legislazione concorrente su alcune materie. Di recente, la sentenza n.13/2004 del 13 gennaio ha accolto la questione di legittimità sollevata dalla Regione Emilia Romagna, accelerando, quindi, il processo di decentralizzazione dell’istruzione. La definizione degli organici dei docenti e degli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola è di competenza delle Regioni; queste ultime, possono legiferare e assumersi le relative responsabilità in materia di distribuzione del personale e formazione degli organici16. Su questi temi specifici le recenti norme costituzionali pongono dunque una serie di questioni rilevanti, in ordine a quelle che sono Rubinacci A., Le modifiche Costituzionali e la riforma dei sistema scolastico, in Dossier Tuttoscuola “Speciale Devolution & Scuola”, Roma 2002. 15 Regione Emilia Romagna, Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro, Delibera legislativa n.107, Bologna 2003. 16 Nella sentenza, i Giudici della Consulta affermano che le Direzioni Scolastiche Regionali del Miur non hanno alcuna competenza sugli organici; ruolo che spetta, invece, alle Regioni. Tuttavia, si legge nella sentenza, tale decisione non avrà effetti concreti immediati “fino all’adozione di leggi regionali conformi alla nuova competenza”. 14 321 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa le competenze legislative e amministrative a valere sul secondo ciclo dell’istruzione (in particolare con riguardo al sistema dell’istruzione e della formazione professionale), la gestione del personale docente degli istituti tecnici e professionali e sulla modalità di formazione e reclutamento degli insegnanti. Enrico Panini (Cgil Scuola) Sostiene Panini (Cgil Scuola) che qualunque riforma ha, per un verso o per l’altro, ricadute sul personale; nello specifico la legge 53/03, che si caratterizza per la radicale suddivisione dei percorsi, espone il personale anche a rischi gravi, difficili però da valutare compiutamente da subito. Attualmente, l’istruzione tecnica e quella professionale soddisfano circa i due terzi dell’utenza e occupano i due terzi del personale della scuola secondaria e, all’interno di questo, circa 120.000 docenti di tecnica professionale sia teorica che pratica. La costruzione di un sistema inevitabilmente gerarchizzato, dove il settore professionale assume sempre più il carattere di scuola di seconda scelta, con articolazioni e differenziazioni, modificherà l’orientamento delle iscrizioni e interromperà il processo di integrazione, omogeneizzazione scolastica e di emancipazione sociale che dal dopoguerra ha caratterizzato la storia della scuola secondaria italiana, soprattutto nei suoi tronconi più popolari, il tecnico e il professionale. La cosa avrà ricadute anche sull’occupazione del personale, non solo in termini di redistribuzione tra i due sistemi, ma persino in termini di soprannumero e di possibilità occupazionali. Il rapporto di lavoro del personale docente impegnato nelle discipline “non obbligatorie” (che è più probabile siano quelle tecniche, sia teoriche sia pratiche) potrebbe a quel punto cambiare a favore di rapporti più precari. Non è casuale, da questo punto di vista, la possibilità prevista negli ultimi documenti di programmazione economica e finanziaria (Dpef) di ricorrere a contratti di collaborazione per la realizzazione di alcune attività formative. Sempre secondo Panini, potrebbe accadere che proprio l’applicazione della logica duale, basata sulla separazione e sulla gerarchia dei percorsi e delle discipline, metta in discussione l’attuale distribuzione delle iscrizioni, con un loro significativo spostamento verso il sistema liceale (da questo punto di vista, si registra, su base nazionale una sensibile diminuizione di iscrizioni negli istituti tecnici e professionali, probabilmente come conseguenza dell’effetto annuncio della Riforma). In tutti i casi, prosegue Panini, anche la eventuale regionalizzazione degli attuali indirizzi tecnici e professionali non può significare dividere l’attuale personale statale, regionalizzandone una parte, che oltre 322 CAPITOLO 8 le parti in causa tutto sarebbe quella numericamente più consistente. Anche la messa in discussione delle norme generali statali sull’insegnamento risulta del tutto inadeguata. Ciò significa, riaffermare: - la permanenza dei lavoratori nel contratto collettivo nazionale della scuola; - la conservazione del reclutamento nazionale, che immediatamente vuole dire non mettere in discussione le norme esistenti; - la conferma della mobilità nazionale, che costituisce un beneficio contrattuale indiretto. Dietro questa affermazione c’è innanzitutto un principio didattico, oltre che di tutela del personale: quello che rifiuta la separazione tra il sapere e il saper fare, tra l’insegnante generale e l’insegnante professionale, in particolare per gli insegnanti dell’istruzione professionale. Da tutto ciò discendono alcune domande sul ruolo del docente, sul significato profondo di una professionalità complessa, che non può essere ridotta ad una semplice funzione trasmissiva. La professionalità docente è frutto di una molteplicità di fattori, di cui indubbiamente la conoscenza disciplinare è fondamentale, ma non sufficiente. Determinante per l’apprendimento è anche il rapporto che si instaura tra il docente e la classe, tra il docente e il singolo alunno, ma anche il rapporto con i colleghi, con le altre professionalità presenti nella scuola, con la realtà fuori dalla scuola. E’ importante, quindi, la componente relazionale, così come quella tecnico-professionale, legata alla conoscenza e all’uso di tecniche didattiche anche sofisticate, per favorire l’apprendimento degli alunni. Così come rilevante è l’attività di ricerca, di sperimentazione che porta ad innovare sulla base dell’esperienza maturata e delle riflessioni conseguenti. Il contesto, interno ed esterno alla scuola, nel quale si esercita la professione docente è determinante per gli esiti stessi dell’insegnamento. Molto si può fare anche sul versante professionale, nell’esercizio dell’attività didattica. Per fare ciò sono da mettere in campo volontà, determinazione, utilizzo di tutte le soluzioni di natura didattica disponibili, la ricerca di metodologie innovative, il rigore di chi è consapevole dell’alto ruolo svolto dalla scuola e della rilevanza dell’esercizio di una professione difficile, delicata e complessa, quale quella docente. Si può organizzare il proprio lavoro, sentendosi parte della comunità scolastica, facendo una chiara scelta per il team, per il lavoro di progettazione collegiale che si rapporta con una determinata classe e con determinati alunni sulla base di un progetto pensato e costruito appositamente insieme ai colleghi. Si può sviluppare e curare il rapporto con il territorio, inteso in senso ampio: genitori, associazioni, istituzi- 323 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa oni, sociali ed economiche. L’attività progettuale in questo senso va realizzata ricercando l’equilibrio tra gli obiettivi di carattere generale definiti nei curricoli e la specifica realtà nella quale essa si sviluppa. Il territorio è un referente importante, non già per piegare ai suoi interessi gli obiettivi della scuola, ma per rendere effettivi, realmente raggiungibili quegli obiettivi di carattere generale che vanno calati nella realtà in cui la scuola è inserita. Da questo punto di vista c’è reciprocità nel rapporto tra scuola e territorio: la scuola chiede al territorio, domanda anche risorse, ma al tempo stesso dà al territorio, contribuisce a determinarne le caratteristiche. Del resto questo è il senso vero dell’autonomia scolastica: solo una scuola autonoma è in grado di garantire alla società e al paese il raggiungimento delle finalità istituzionali, perché è in grado di leggere ed interpretare le esigenze di quella realtà su cui costruire il progetto didattico che meglio ne tiene conto. Alfonso Rossini (Cisl Scuola) A parere di Rossini (Cisl Scuola), la prospettiva della “devoluzione”, oltre a prefigurare un’evidente disarticolazione del sistema scolastico in chiave regionalistica, decretando la fine dei suoi connotati unitari e nazionali, provoca, altresì, gravi ripercussioni sulla gestione di tutto il personale. Per quanto riguarda il futuro dei docenti degli IPS e degli Istituti tecnici, tali scenari meritano alcune considerazioni che si possono riassumere come segue: a.il passaggio di competenze amministrative alle regioni, in materia di istruzione e formazione, rischia di provocare una forte frammentazione del sistema scolastico nazionale, con un ulteriore approfondimento del divario già esistente tra le varie regioni, soprattutto in termini di risorse economiche e struttura dell’offerta formativa; b.l’effetto annuncio della riforma Moratti, e il relativo disegno del nuovo modello di sistema scolastico, inteso prevalentemente come sistema “duale” (sistema dell’istruzione e dell’istruzione e della formazione professionale), ha avuto come effetto immediato un forte ridimensionamento in termini di iscritti, negli attuali istituti tecnici e professionali e, da parte dei docenti, un incremento delle domande di trasferimento da un sistema all’altro; c.la competenza amministrativa delle regioni a valere sul per- 324 CAPITOLO 8 le parti in causa sonale docente, attualmente in ruolo con contratto nazionale, comporta una fase transitoria di “allineamento contrattuale” su materie (quali ad esempio: organizzazione del lavoro, orario di servizio, mobilità, competenze, profili professionali) che sono oggi strettamente regolate e condivise dalla contrattazione sindacale; d.l’eventuale passaggio di personale docente da un sistema all’altro (ad esempio: dalla formazione professionale al sistema dell’istruzione), attraverso percorsi di riconversione professionale, comporta la programmazione di una fase transitoria del personale da condividere con le rappresentanze sindacali e, comunque, al di fuori di modalità applicative decise con provvedimenti legislativi; e.la legge di riforma, nei suoi “Principi generali”, deve mantenere le modalità di reclutamento di competenza nazionale (Ccnl della scuola), formazione, mobilità del personale docente; l’idea di una regionalizzazione dei contratti è al momento un’ipotesi tutta da verificare in sede di contrattazione sindacale; f. l’idea di una riduzione delle classi di concorso, conseguente ad una rimodulazione oraria dei percorsi formativi (riduzione dell’orario scolastico nei vari indirizzi professionali, flessibilità oraria del curriculum scolastico e dei programmi disciplinari), comporta la necessità di verificare le conseguenze che tali decisioni comporterebbero sul personale docente e sulla qualità dell’offerta formativa; g.il sistema dell’istruzione e della formazione professionale dovrebbe essere rivisto alla luce di una significativa razionalizzazione degli attuali indirizzi professionali presenti negli Istituti tecnici e professionali, con l’intento di sistematizzare l’offerta formativa sul territorio e dare avvio ad una filiera tecnica fortemente professionalizzante, attraverso, soprattutto, le intese dei soggetti sociali ed economici che operano nei vari comparti produttivi presenti sul territorio. L’attuazione della legge 53/2003, prosegue Rossini, comporta, inoltre, un profondo ripensamento nella stessa impostazione della formazione del docente, per troppo tempo centrata quasi esclusivamente sulle discipline. L’art.5 della legge di riforma della scuola, entra nel merito della formazione degli insegnanti, prevedendo che siano i decreti legislativi adottati dal Governo e previsti dall’art. 1 a disciplinarne i contenuti. Tale formazione dovrà realizzarsi nelle università presso corsi di laurea specialistica, il cui accesso è programmato in base ai 325 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa posti effettivamente disponibili in ogni Regione e nei ruoli organici. Le classi dei corsi di laurea sono individuate attraverso i decreti adottati ai sensi dell’art. 17 della legge 127 del 15 maggio 1997; il conseguimento della laurea specialistica viene determinato da un esame di laurea avente valore abilitante di uno o più insegnamenti. I docenti laureati che intendano immettersi nei ruoli dovranno svolgere un periodo di tirocinio con appropriati contratti di formazionelavoro. In questo senso le università dovranno definire l’istituzione e il funzionamento di apposite strutture di formazione atte a gestire i rapporti, mediante convenzioni, con le istituzioni scolastiche. Inoltre, le università avranno il compito della formazione in servizio dei docenti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutoraggio, di coordinamento delle attività didattiche e gestionali delle istituzioni scolastiche e formative. Da questo punto di vista, sostiene ancora Rossini, è senza dubbio positivo che il nuovo modello preveda per tutti i docenti una formazione universitaria di pari dignità, superando la diversità attuale dei percorsi. Ma la nuova tipologia di formazione universitaria pone anche una serie di problemi rispetto ai quali sono state avanzate una serie di critiche ed obiezioni. Non appare convincente una laurea specialistica costruita su un curriculum avente “preminenti finalità di approfondimento disciplinare”, quando, invece, occorre caratterizzare il percorso formativo specialistico degli insegnanti particolarmente sul piano delle competenze nelle scienze dell’educazione e delle competenze metodologiche e didattiche. Il tirocinio risulta essere successivo alla formazione specialistica e non integrato nei percorsi formativi. In questo modo si sottovaluta il valore del sapere professionale, di una sua necessaria relazione con il sapere disciplinare come parte integrante di un curricolo formativo universitario finalizzato alla formazione specialistica dei futuri insegnanti. Il tirocinio successivo, attraverso un contratto di formazione – lavoro, rischia di configurarsi come un praticantato. Alla luce di ciò, appare chiaro che il nuovo modello di formazione iniziale e di accesso ai ruoli è destinato a superare l’attuale sistema di reclutamento, quanto meno del concorso ordinario così come oggi lo conosciamo. Inoltre, la strategia di una formazione specialistica con accesso programmato non può prescindere dall’analisi delle realtà del precariato. Nel corso di recenti dibattiti parlamentari, è stata presentato, da parte del Governo, un ordine del giorno mirato a definire le caratteristiche generali attraverso cui si esplica la funzione docente, a diversificare ed articolare la funzione docente, a individuare specifiche modalità di verifica e valutazione delle prestazioni collegate alla valorizzazione 326 CAPITOLO 8 le parti in causa professionale. L’eventuale passaggio di questo ordine del giorno legittimerebbe il Governo ad intervenire sullo stato giuridico dei docenti, disciplinando così anche specifici aspetti del rapporto di lavoro, quali l’articolazione delle funzioni professionali e la verifica e la valutazione delle prestazioni connesse allo sviluppo di carriera, che appartengono invece alla contrattazione sindacale. L’iniziativa, in questo senso, conclude Rossini, è in evidente contrasto con l’attuale sistema delle relazioni sindacali; la previsione di un eventuale sviluppo differenziato della carriera, basato anche su una possibile articolazione dei compiti legati alla piena attuazione dell’autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche, esige, in primis, la disponibilità di risorse economiche e la condivisione di un efficace e riconosciuto sistema nazionale di valutazione che, attualmente, il Ministero, non è riuscito a far decollare. Massimo Di Menna (Uil Scuola) L’analisi sul futuro del personale docente dell’Istruzione tecnica e professionale è stata condotta anche da Di Menna (Uil Scuola), il quale ha posto in evidenza come a partire dagli anni ’80 gli Istituti tecnici e professionali sono stati protagonisti di un processo di profondo rinnovamento, che ha loro permesso di conquistare sul campo il titolo di segmento attivo ed originale del sistema scolastico italiano. L’indispensabile attività di educazione e formazione alla cittadinanza attiva, la preparazione culturale di base hanno trovato in essi luogo privilegiato di integrazione con le istanze di qualificazione e moderna competenza professionale, costantemente fondandosi sul confronto con il mondo del lavoro. Da questo punto di vista, fin dalle fasi di discussione sulla ridefinizione dell’istruzione professionale a partire dagli anni ’80, sostiene Di Menna, sono stati sostenuti i processi di valorizzazione professionale dei docenti del settore, quale strumento di qualificazione culturale dell’intero sistema scolastico. Proprio per questo, la prospettiva di un passaggio degli istituti professionali al sistema dell’istruzione e della formazione professionale, con la scelta della localizzazione dei curricola e delle scuole, il cui funzionamento sarebbe condizionato dalla situazione economica e finanziaria delle diverse realtà territoriali, con gravi effetti sulla pari opportunità di accesso all’istruzione da parte dei giovani, il prevedibile passaggio del personale docente dai ruoli nazionali a quelli regionali, così come è disegnata nell’ambito delle recenti riforme (riforma costituzionale e legge Moratti), lasciano parecchi dubbi e perplessità sul futuro assetto dell’Istruzione tecnico – professionale nell’ambito del sistema scolas- 327 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa tico nazionale. Tale prospettiva ha provocato, già da alcuni anni, un consistente ridimensionamento (soprattutto in termini di iscritti), degli attuali Istituti professionali e tecnici, con uno spostamento dell’utenza verso il sistema dei licei; un fenomeno che ha coinvolto anche diversi docenti nel passaggio da un sistema all’altro. Il modello di istruzione e formazione disegnato dalla riforma Moratti, rischia di provocare una forte frammentazione del sistema scolastico nazionale, con un passaggio dei cosiddetti “istituti di eccellenza” nel sistema liceale (liceo tecnologico), con un ulteriore approfondimento del divario già esistente tra le varie regioni, soprattutto in termini di risorse economiche e struttura dell’offerta formativa. Su questa materia, la posizione sindacale risulta ben definita; infatti, l’ipotesi di un eventuale passaggio di personale docente, attualmente in ruolo sulla base di un contratto nazionale, alle competenze amministrative delle regioni, è al momento poco percorribile, in quanto tale materia, rimane oggetto di contrattazione sindacale e, difficilmente, può essere modificata da provvedimenti legislativi. L’eventuale passaggio di personale docente da un sistema all’altro (dalla formazione professionale al sistema dell’istruzione o viceversa), con modalità di riconversione professionale per i docenti, rimane materia di contrattazione sindacale; inoltre, ciò comporterebbe la necessità di un allineamento contrattuale (organizzazione, orario di servizio, competenze, profili professionali, mobilità), da regolare d’intesa con le organizzazioni sindacali e, comunque, al di fuori di provvedimenti presi in sede legislativa. Le condizioni nazionali contrattuali dovranno mantenersi tali anche nella prospettiva di un eventuale passaggio di personale docente da un sistema all’altro; l’idea di una regionalizzazione dei contratti è al momento un’ipotesi tutta da verificare in sede di contrattazione sindacale. Una proposta sindacale in tale senso, sostiene Di Menna, può essere sintetizzata come segue: far confluire tutti gli Istituti tecnici e professionali nel sistema liceale, mantenendo il carattere nazionale dei piani di studio e valorizzando le quote delle scuole, esaltando l’autonomia e la libertà di insegnamento dei docenti, al fine di evitare il pasticcio di tre sedi di definizione di programmi (Stato, Regioni, Scuole). Antonella Perotti (Confindustria) Anche per la Confindustria, nel nuovo quadro normativo delineato dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, un tipico caso di problema amministrativo, nel sistema educativo di istruzione e di formazione è, per esempio, la gestione del personale docente. I principi fonda- 328 CAPITOLO 8 le parti in causa mentali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale privilegiano l’uniformità a livello nazionale: da ciò ne discende che la competenza amministrativa non può che rimanere statale. Con riguardo, invece, alle modalità di formazione e reclutamento del personale docente, la Confindustria condivide quanto emendato nella legge di riforma del sistema scolastico: la formazione degli insegnanti è regolata da quanto riportato dall’art.5 della legge di riforma n.53 del 2003 (“Formazione degli insegnanti”). Le procedure per il reclutamento del personale docente si svolgeranno nel modo seguente: - individuazione del fabbisogno territoriale dei docenti; - messa a bando delle cattedre disponibili; - accesso degli aspiranti docenti alla laurea specialistica (per tipologia di insegnamento); - biennio di laurea specialistica per accedere al sistema dell’istruzione e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale; - al termine del biennio specialistico, accesso al biennio di praticantato in cui il docente è assistito da un tutor scolastico e da un tutor universitario; - periodo di tirocinio da realizzare presso le scuole; - valutazione del servizio prestato ed immissione in ruolo. Ciò non toglie che, prosegue Confindustria, se si considera strategica l’autonomia delle istituzioni scolastiche, tra i principi generali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale, e si introducono principi finalizzati ad assicurare la stabilità del personale nelle istituzioni scolastiche (il potenziamento dei rapporti tra scuola e mondo produttivo nel proprio territorio, la possibilità di chiamata del personale da albi professionali), la nuova norma costituzionale più che escludere impone progressivamente il passaggio della gestione amministrativa del personale docente dal Miur alle Regioni e, in prospettiva, tramite loro, alle scuole. Tuttavia, i tempi per l’entrata a regime del nuovo assetto amministrativo delle Regioni, sul tema delle competenze del personale docente e non docente della scuola, potrebbero richiedere tempi molto lunghi. Nell’immediato è molto difficile invertire relazioni sindacali e contrattuali che sono il risultato di politiche e accordi ispirati al principio della concertazione. 329 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa Giuseppe Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003 Sul tema fin qui in discussione, il Prof. Bertagna (Coordinatore della Commissione di studio del Miur, preparatoria alla Legge 53/2003), ha nuovamente sostenuto che a partire dalla nuova riforma costituzionale, in relazione alle competenze esclusive delle Regioni, la nuova legge costituzionale chiarisce che l’istruzione e la formazione professionale, ovvero tutti gli attuali Istituti Professionali di Stato, non solo nella parte di offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, appartengono alla normativa esclusiva regionale, e, in questo, si accoppiano alla formazione professionale dei Cfp già di riserva regionale dal 197817. Nel nuovo quadro normativo, spetta comunque alle Regioni la gestione amministrativa del sistema di istruzione non esplicitamente riservata alle scuole; ciò è confermato anche dall’art. 4 della legge costituzionale che riscrive l’art. 118 del Titolo V della Costituzione. L’articolo in questione, infatti, recita che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidarietà, differenziazione ed adeguatezza. Da questo punto di vista, prosegue Bertagna, nel sottosistema educativo di istruzione e di formazione, un problema amministrativo potrebbe rilevarsi la gestione del personale docente e non docente. Se i principi fondamentali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale privilegiano l’uniformità a livello nazionale, la competenza amministrativa non può che rimanere statale. Se, però, come sembra ragionevole, si considera strategica l’autonomia delle istituzioni scolastiche, tra i principi generali stabiliti dallo Stato a proposito di reclutamento, trattamento economico e mobilità del personale si introducessero riferimenti alle prospettive di assicurare la stabilità del personale nelle istituzioni scolastiche, di radicare le istituzioni scolastiche nel proprio territorio per costruire una vera e propria tradizione locale, di potenziare in modo sistematico i rapporti tra scuola ed extrascuola, autorizzare la chiamata di personale da albi professionali, la nuova norma costituzionale più che escludere, in un periodo più o meno lungo che non potrà che essere concordato dallo Stato e dalle Regioni, impone progressivamente il passaggio della gestione amministrativa del personale del Ministero dell’Istruzione alle Regioni e, si spera, tramite loro, alle scuole. Ciò, del 17 Legge n.845 del 21 dicembre 1978. 330 CAPITOLO 8 le parti in causa resto, appare una scelta obbligata anche da altri punti di vista. Si pensi, ad esempio, alla riforma dei cicli. Poniamo per ipotesi che il personale dei licei e degli istituti tecnici resti amministrativamente statale. Quello degli istituti professionali, però, diventerebbe di sicuro regionale. La separazione, tuttavia, ostacolerebbe la mobilità tra i comparti statali e regionali e non consentirebbe ad un soprannumerario statale di trasferirsi in un istituto professionale regionale, e viceversa. La conclusione porta a ritenere ragionevole e conveniente, quindi, l’affidamento della gestione amministrativa unitaria di tutto il personale del sistema sia di istruzione sia di formazione, senza distinzione, in prospettiva, tra istituti tecnici e professionali, alle Regioni. Anche sul tema della futura formazione degli insegnanti, per il prof. Bertagna non emergono assolutamente dubbi interpretativi. Questa è regolata da quanto riportato dall’art.5 della legge di riforma n.53 del 2003 (“Formazione degli insegnanti”). Le classi di concorso non saranno diverse da quelle attuali, anche se potrebbe esserci una razionalizzazione delle stesse. Le procedure per il reclutamento del personale si esplicheranno nel modo seguente: - censimento dei posti disponibili a livello territoriale; - messa a bando delle cattedre disponibili; - modalità di accesso degli aspiranti insegnanti alla laurea specialistica (per tipologia di insegnamento); - biennio di laurea specialistica per accedere al sistema dell’istruzione ed al sistema dell’istruzione e della formazione professionale; - al termine del biennio specialistico, accesso al biennio di praticantato in cui il docente è assistito da un tutor scolastico e da un tutor universitario; - al termine del periodo di praticantato, inquadramento del docente nel personale di ruolo della scuola. Per quanto riguarda la mobilità del personale, la normativa in vigore continuerà ad avere valenza su tutto il territorio nazionale; sarà data priorità ai trasferimenti in ambito regionale e, una volta soddisfatti i posti disponibili, sarà possibile realizzare la mobilità su scala nazionale. La legge di riforma prevede che la competenza programmatoria organizzativa sia a titolarità regionale, mentre lo stato giuridico del personale docente rimane allo Stato centrale. Quindi, gli insegnanti degli IPS rimangono statali, la competenza amministrativa spetta alle Regioni e la materia contrattualistica allo Stato. Tuttavia, i tempi per l’entrata a regime del nuovo assetto amministrativo delle Regioni, sul tema delle competenze del personale docente e non docente della scuola, potrebbero richiedere tempi molto lunghi. Peraltro, conclude 331 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente CAPITOLO 8 L’istruzione tecnica professionale e il futuro del personale docente le parti in causa Bertagna, è molto difficile invertire relazioni sindacali e contrattuali che sono il risultato di politiche e accordi ispirati al principio della concertazione. 332 CAPITOLO 8 le parti in causa Riferimenti bibliografici Bertagna G., Istruzione e formazione dopo la modifica del Titolo V della Costituzione.Osservazioni al Documento di Astrid, in Nuova Secondaria, n.9, 2003. Bertagna G., Istruzione, formazione, Costituzione, in: Italianieuropei, n.3/03, 2003. Cnel, Commissione per la gestione nazionale e territoriale della politica dei redditi e l’attuazione decentrata della concertazione, Schema di osservazioni e proposte sulla riforma del Titolo V della Costituzione: considerazioni generali, Roma 2002. 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Isfol, a cura di Gaudio F. e Montedoro C., I formatori della formazione professionale. Come (e perché) cambia una professione, Roma 2005. Isfol, Tagliaferro C., a cura di, Il processo di decentramento nelle politiche della formazione, dell’istruzione e del lavoro. Assetti istituzionali, organizzativi e amministrativi delle Regioni e delle Province, Angeli, Milano 2002. Monaco F.R., La Riforma del Titolo V della Costituzione: la nuova autonomia delle regioni nel campo della scuola in Confronti, n.1, 2002. Poggi, A., Istruzione, formazione professionale e titolo V: alla ricerca di un (indispensabile) equilibrio fra cittadinanza sociale, decentramento regionale e autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche, in Le Regioni, n.4, 2002. 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Un livello di approfondimento importante è stato realizzato attraverso l’analisi condotta presso un Istituto comunale (Istituti Tecnici Aldini Valeriani e Sirani1 di Bologna), al fine di valutare i possibili effetti delle scelte da compiere e delle criticità riscontrabili nella gestione di una struttura contemplata all’interno dell’ordinamento scolastico nazionale, che offre un arricchimento dei percorsi e dell’offerta formativa e dove il personale aderisce al Contratto collettivo nazionale della scuola pur con alcuni elementi di integrazione. L’obiettivo è stato quello Si ringrazia l’Istituto e in particolare il Dirigente Scolastico, Prof. G. Sedioli, per la collaborazione e il materiale messo a disposizione per la realizzazione dello studio di caso. Per un maggiore approfondimento si veda il sito dell’Istituto: www.iav.it. 1 337 appendice uno studio di caso di completare il quadro conoscitivo di riferimento delle soluzioni adottate nella gestione di un Istituto Tecnico Professionale, consentendo di ricavare suggerimenti utili per la raffigurazione dei possibili scenari contrattuali futuri. La scelta è stata effettuata in base a criteri di seguito indicati, allo scopo di osservare e mettere a confronto: - il grado e il tipo di integrazione formativa presente nell’ambito dell’oggetto dell’indagine; - l’articolazione e la denominazione dell’offerta formativa, con particolare riferimento alle diverse tipologie formative presenti negli Istituti Aldini Valeriani e Sirani; - il modello di gestione e organizzazione del personale scolastico, interno ed esterno, e i livelli contrattuali attribuiti sul piano lavorativo tra i diversi profili professionali. Per la realizzazione dello studio di caso, è stato, inoltre, messo a punto un incontro con il Dirigente scolastico dell’Istituto Aldini Valeriani e Sirani al fine di rilevare gli aspetti organizzativi e gestionali della struttura oggetto dell’indagine. Le principali questioni sottoposte all’attenzione del dirigente scolastico hanno riguardato: - principali problematiche ed evoluzioni degli Istituti tecnici e professionali a seguito della riforma del Titolo V parte II della Costituzione e dell’attuazione della legge di riforma n.53/2003; - analisi della struttura e dell’offerta formativa sul piano territoriale; - articolazione dei servizi e delle funzioni del personale scolastico inquadrato nei livelli contrattuali nazionali – comparto scuola (per profili professionali); - scelte adottate nella soluzione di problemi che coinvolgono, sul piano dell’offerta formativa, soggetti esterni, territorio, in una logica di integrazione; - definizione e presentazione di specifici modelli organizzativi, adottati in seno alla struttura scolastica. 2. La storia degli Istituti Gli attuali Istituti “Aldini-Valeriani “ sono il prodotto di un processo di trasformazione e modificazioni successive, che ha attraversato le storiche Scuole Tecniche Bolognesi, istituite nel 1844 dal Comune di Bologna a seguito dei lasciti testamentari di Giovanni Aldini e Luigi 338 appendice uno studio di caso Valeriani2. Nella prima metà dell’ottocento, mentre in Europa si stava consolidando la Rivoluzione Industriale, Bologna attraversava una grave crisi e registrava un progressivo impoverimento della popolazione per il crollo della tradizionale economia legata alla produzione e alla lavorazione della seta ed all’artigianato. In questo contesto diventava necessario rilanciare su nuove basi lo sviluppo produttivo della città, la ricerca di adeguati modelli didattici di istruzione tecnica parve la migliore strategia per perseguire questo obiettivo. Le scuole istituite nel 1844, e prevalentemente rivolte agli artigiani, sopravvissero fino al 1869. Alla loro chiusura il notevole patrimonio di attrezzature andò a costituire un museo che funzionò anche come centro di consulenza tecnica per l’economia del territorio. Nel 1878 fu istituito l’“Istituto Aldini-Valeriani per Arti e Mestieri”, rivolto alla formazione dei giovani. La buona preparazione tecnica era favorita dalle caratteristiche stesse della scuola in grado di associare alle lezioni teoriche quelle pratiche nell’annessa “scuola-officina”. A partire da questo periodo ebbe inizio la forte interazione fra le Scuole e il tessuto economico bolognese. L’Istituto era collocato nei locali dell’ex Convento di S. Lucia in Via Castiglione (attuale sede dell’Aula Magna dell’Università di Bologna) e lì rimase fino al trasferimento, nel 1971, nell’attuale sede di via Bassanelli. I tecnici formati dall’Istituto supportarono lo sviluppo della città e andarono a costituire, almeno in parte, la componente imprenditoriale di una industria, centrata sulla piccola e media impresa, che registrò, a partire dalla fine dell’ottocento, una continua crescita. Particolare rilevanza assunse fin da allora il settore meccanico (ancora oggi l’industria bolognese è leader mondiale nel settore delle macchine automatiche). 2.1 La storia degli Istituti Elisabetta Sirani Nel 1912 il vecchio Istituto Aldini – Valeriani per Arti e Mestieri si incanala nelle forme nazionali della formazione tecnica nel settore indu- Luigi Valeriani, professore di Economia all’Università di Bologna, morì nel 1828 lasciando al Comune di Bologna una parte del patrimonio per la fondazione di una scuola per l’insegnamento del disegno. Giovanni Aldini era un valente fisico sperimentale, nipote di Luigi Galvani, di cui continuò gli studi, e in collegamento con gli ambienti accademici di Bologna e di Milano. Morì nel 1834 lasciando al Comune di Bologna parte del suo cospicuo patrimonio e tutto il suo gabinetto scientifico con l’impegno della fondazione di una scuola per l’insegnamento delle scienze e delle tecniche. 2 339 appendice uno studio di caso striale. La riorganizzazione del 1936 (Avviamento, Istituto Industriale, Scuola Tecnica) porta al riconoscimento legale nel 1939. Nel 1959 è istituito l’Istituto Tecnico Industriale Serale. Dal 1962 l’Istituto Professionale sostituisce la Scuola Tecnica. Gli attuali Istituti Sirani derivano, attraverso modificazioni successive, dalla “Scuola provinciale femminile di arti e mestieri” fondata nel 1895 per iniziativa della Società Operaia di Bologna3. Nel 1897 la scuola ottenne il patronato della regina e assunse il nome di “Istituto Femminile di arti e mestieri Regina Margherita”. Le difficoltà incontrate dalla scuola nell’autosostenersi finanziariamente con i soli proventi delle attività artigianali svolte nei laboratori, portarono, nel 1903, al trasferimento dell’istituto alla gestione comunale, caratterizzandosi stabilmente come scuola che prepara manodopera ad alta specializzazione per l’artigianato e la piccola industria del tessile e dell’abbigliamento. Nel 1913 l’ordinamento dell’Istituto Regina Margherita fu adeguato a quello delle Scuole Regie, così da renderlo una scuola industriale di 2° grado; contemporaneamente fu istituita una scuola operaia di 1° grado gratuita, che consentiva l’assolvimento dell’obbligo scolastico dopo la quarta elementare, per i giovani in condizione di svantaggio sociale ed economico. La scuola fu riorganizzata nel 1933 su tre ordini di studi omogenei all’ordinamento statale (Avviamento, Scuola Professionale, Magistero Professionale) oltre ad un Corso di Lavoro destinato alla formazione professionale. Nel 1938 la scuola fu dichiarata pareggiata per tutti e tre gli ordini di studi. Nel dopoguerra (1947) assume il nome definitivo di “Elisabetta Sirani” per ricordare la pittrice bolognese che operò artisticamente nel Seicento. Per adeguare la scuola ad una nuova società e ad un mercato del lavoro in continua evoluzione, nel 1956 la Scuola Professionale e il Magistero si trasformano in Istituto Tecnico Femminile (confluito negli anni ’60 nell’Istituto Tecnico Industriale Aldini precedentemente solo maschile) cui subito si affiancò un Istituto Professionale. Negli anni successivi i due Istituti aprirono (e chiusero) nuovi indirizzi che facevano riferimento a sempre nuovi profili professionali: ad esempio negli anni ’60 nascono l’Istituto Professionale per l’Abbigliamento e i Corsi di Assistenti per l’Infanzia; negli anni ’80 vengono avviate le L’idea di istituire una scuola professionale femminile si dibatteva in Bologna da più di vent’anni, nel fervore di idee e di esperienze che caratterizzava, negli anni post-unitari, società, comitati e leghe (in particolare le Società operaie di mutuo soccorso, la Società degli insegnanti, il Comitato di istruzione della società operaia, il Comitato di propaganda per il miglioramento della condizione della donna, la Lega per l’Istruzione del popolo). 3 340 appendice uno studio di caso sperimentazioni di un Indirizzo Biologico-sanitario e di Scienze umane psicopedagogiche e sociali. Sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” furono infine istituite due Scuole serali per lavoratori: nel 1965 l’Istituto Tecnico Commerciale e dal 1971 al 2001 l’Istituto Tecnico per Geometri. A partire dall’anno scolastico 1993-94 i vecchi indirizzi si trasformano in quelli attualmente esistenti volti a preparare figure professionali nei settori del terziario avanzato (nell’area dei Servizi alla persona e nell’area della Comunicazione visiva e di massa). Nell’Istituto Serale Sirani sono presenti l’indirizzo per Ragionieri e l’indirizzo per i Servizi Sociali, anche questi legalmente riconosciuti. Attraverso una serie di modifiche avvenute in oltre 150 anni si giunge ad Istituti paritari che sono organizzati secondo il modello di scuola nazionale. Resta comunque la gestione del Comune di Bologna (proprietario degli istituti e datore di lavoro del personale), che favorisce il permanere di vincoli molto stretti con la realtà economica del territorio (imprese, associazioni, organizzazioni sociali). 2.2 Gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani oggi Attualmente, l’edificio che ospita gli Istituti Aldini Valeriani-Sirani, si sviluppa su 36000 metri quadrati coperti (di cui 1400 costituita da capannoni di tipo industriale) e anche l’area esterna ha più o meno la stessa ampiezza. Questo ampio spazio ospita circa 1700 studenti divisi tra: - Istituto Tecnico Industriale, circa 1100 studenti, articolato su 7 specializzazioni; - Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato, circa 250 studenti, con 3 specializzazioni formative; - Istituto Tecnico Industriale serale, circa 170 studenti, che consta di 2 specializzazioni. La scuola è caratterizzata dalla presenza di circa 70 laboratori diversificati ed aggiornati per ogni tipo di specializzazione; forte l’investimento su automazione e informatizzazione (circa 400 personal collegati in rete locale e ad internet). Le ricerche compiute da storici ed economisti hanno mostrato come i tecnici usciti dalla scuola abbiano costituito l’elemento base per lo sviluppo industriale, coprendo, grazie alla loro polivalenza, i ruoli decisivi di progettazione, capo officina, tecnico di produzione all’interno delle aziende. Molte di queste figure sono evolute verso ruoli imprenditoriali, il che ha dato luogo alla formazione della stragrande mag- 341 appendice uno studio di caso gioranza delle imprese presenti nel territorio bolognese. Il fenomeno è macroscopico nella meccanica avanzata (macchine automatiche e motoristica), competitivo a livello internazionale, e sviluppato dai tecnici-imprenditori diplomati all’Aldini. Nel 1995 è stato costituito lo “Sportello Aldini-lavoro” in accordo col Settore Economia del Comune di Bologna; si tratta di un ufficio che collabora con la scuola su attività (orientamento, aggiornamento, consulenza e avviamento al lavoro), in collaborazione fra vari soggetti afferenti al tessuto socio-economico locale. Nel 1998 è stata istituita la “Fondazione Aldini Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica” che ha come fondatori il Comune di Bologna, la Camera di Commercio della Provincia di Bologna, l’Associazione degli Industriali della provincia di Bologna. Sia la Fondazione che lo Sportello operano nello stesso edificio in cui funziona la scuola. Si può considerare affine al “Sistema Aldini” il “Museo del patrimonio industriale”, nel quale sono conservati e valorizzati materiali storici dell’Istituto, fruibili attraverso una mostra di tipo permanente. La situazione delle attività svolte complessivamente per la formazione tecnica nel territorio bolognese, e in particolare dal”sistema Aldini” (Istituto Tecnico e Professionale, Fondazione, Sportello lavoro, Museo) possono essere così schematizzate: a) Avviamento al lavoro, formazione di primi livelli di professionalità. La Scuola e lo Sportello Aldini Lavoro organizzano corsi di breve durata (100-140 ore) di avviamento al lavoro industriale (macchine utensili, saldatura) per disoccupati; tali corsi sono frequentati quasi esclusivamente da extracomunitari che, anche con l’integrazione di corsi di lingua italiana, raggiungono il primo livello di professionalità; alla fine dei corsi i frequentanti trovano un’agevole collocazione nelle imprese. Attività similari sono svolte, per periodi più lunghi (300 ore) nell’ambito della Formazione professionale anche dalla Fondazione Aldini, che accanto al percorso formativo prevedono anche stage aziendali. Appartiene a questo tipo di attività quanto svolto dalla FP in ambito Obbligo Formativo, con corsi di durata compresa fra le 900 e le 1800 ore, rivolti per lo più, a giovani espulsi dalla scuola; in questa tipo di corsi è presente una consistente fase di stage aziendale (circa 40%). La finalità del corso è prevalentemente addestrativa, pur comprendendo attività di aula per discipline di tipo tecnico-teorico. Proprio per le specifiche operative dei profili professionali in uscita, gli stage vengono realizzati, anche in imprese di tipo artigianale, ove è possibile condurre esperienze che bene si integrano con le attività dei corsi. b) La situazione degli istituti professionali. Nel settore industriale tali istituti formano figure di livello medio, nei 342 appendice uno studio di caso primi tre anni vengono insegnate tecnologie di base e aspetti operativi legati alle macchine utensili ed al disegno, si mira alla formazione di un tecnico, le cui caratteristiche di media capacità operativa consentono, al terzo anno, una breve fase di stage (due settimane) con buona correlazione fra competenze apprese a scuola ed impiego in azienda. La possibilità di formare tecnici adeguatamente preparati è legata alla forte dotazione strumentale degli istituti che riescono a proporre tematiche tecniche all’altezza della tipologia industriale del territorio. Il biennio post qualifica consente di affrontare tematiche assimilabili a quelle degli istituti tecnici, l’articolazione interna percorso scolastico-percorso surrogatorio, che applica o simula a seconda dei casi, il rapporto con la FP, rappresenta certamente un momento di flessibilizzazione rispetto alla costruzione di professionalità tecniche. Rimane il problema del superamento delle difficoltà insite in un curriculum che appare disarmonico, nel rapporto teoria e pratica, fra triennio e post qualifica. c) Le figure medio alte: gli istituti Tecnici Le figure in esame sono quelle che, tradizionalmente, sono risultate, nella storia dell’industrializzazione bolognese, fondamentali per lo sviluppo, per la loro polivalenza e per la loro capacità di adattarsi all’innovazione e di promuoverla. In questo senso, le scelte fatte dall’Istituto, a fronte della rapidità dei cambiamenti tecnologici ed organizzativi hanno indotto una diversa declinazione del saper fare e una sottolineatura dei dati di adattabilità alla riconversione. L’obiettivo è quello di garantire una buona conoscenza e possesso dei linguaggi generali e specifici, delle tecnologie della comunicazione, delle metodologie delle scienze. Per la parte legata più strettamente alle discipline tecniche si individuano quegli elementi che possono essere considerati fondanti, di maggiore stabilità, integrando le questioni che l’innovazione pone, ad esempio si dà grande spazio alla tematica dell’automazione, alle caratteristiche ed alla lavorabilità dei materiali, alla progettazione assistita. Si perde, con queste scelte, qualche elemento di specializzazione, rafforzando la caratteristica di riconvertibilità ed di aggiornamento continuo delle professionalità. Al fine di garantire un “saper fare” inteso come capacità di raggiungere un risultato a partire da conoscenze teoriche e pratiche è decisivo l’uso intenso dei laboratori, la scuola mantiene l’aspetto classico di “scuola officina”, pur in un ambito di tecnologie fortemente aggiornate ed all’altezza delle problematiche dell’innovazione. Il rinnovo delle attrezzature è gestito anche in rapporto alle relazioni usuali e stabili che si tengono stabilmente con le aziende. Al fine di migliorare i comportamenti nella direzione detta sono praticate esperienze di integrazione con la FP, di carattere 343 appendice uno studio di caso curricolare, su tematiche specifiche (motoristica, automazione …). Il tema dello stage è particolarmente delicato; per un verso, data la complessità della figura professionale che si intende costruire, sarebbe necessario uno stage che “sviluppasse una parte del curriculum”, uscendo da una logica di mero contatto con l’impresa, prolungato nel tempo e con assistenza specifica di tutor aziendale; per l’altro, la struttura prevalente di piccola e media impresa non consente una pratica diffusa del tipo di quella accennata. Si sono realizzate esperienze importanti e risolutive del problema, di “stage” interno alla scuola. Si sono definiti, in accordo con aziende di settore, progetti di approfondimento di tematiche tecniche che gli studenti si sono impegnati a realizzare entro l’anno scolastico, la gestione del progetto ha avuto aspetti di tipo curricolare, e quindi integrati nella didattica ordinaria e aspetti di tipo extracurricolare, gestiti da gruppi di studenti al di fuori dell’orario di lezioni. In tal senso si è sviluppata una proficua interazione con tecnici aziendali finalizzati a chiarimenti tecnici, integrazione di conoscenze, consigli di comportamento, il tutto preceduto da una visita in azienda che inquadrava le problematiche. In tal modo si sono raggiunti risultati interessanti, particolarmente per l’abitudine al lavoro in gruppo e per il confronto con “la scadenza della commessa”. La impiegabilità dei diplomati è altissima, (circa il 30% di loro prosegue gli studi all’università) e trova il suo punto massimo nella meccanica avanzata ( si tenga conto che l’86% trova impiego entro 90 giorni dall’inizio della ricerca ). I settori più “gettonati” sono: Macchine automatiche, motoristica, componentistica.. Le attività di impiego sono prevalentemente nella produzione e nella ricerca - progettazione, in continua espansione l’impiego nel commerciale. Il tipo di inquadramento più diffuso, a tre anni dal diploma, è quello di impiegato tecnico. d) La specializzazione delle conoscenze e delle competenze. Si tratta di iniziative di “rinforzo e manutenzione” delle professionalità acquisite. Tale tema è affrontato con corsi Post Diploma e IFTS, la progettazione coinvolge FP, scuola, imprese e, per gli IFTS, l’università. In questa fase si associano elementi di tecniche gestionali e di logistica. e) La Formazione Permanente, la riconversione e l’aggiornamento. Questa delicata parte della formazione è gestita sia autonomamente dall’Istituto, che oltre ai corsi serali per lavoratori per il conseguimento del titolo di studio, gestisce brevi corsi di aggiornamento pomeridiani e serali per diplomati, anche frequentanti l’università (soprattutto su problematiche legate all’automazione ed ai linguaggi della comunicazione e dell’informatica). La formazione Professionale, in rapporto con le imprese, cura a sua volta fasi di aggiornamento e riconversione, la 344 appendice uno studio di caso strumentazione utilizzata per le pratiche di laboratorio è normalmente quella interna all’Istituto. Sono, su questi aspetti, purtroppo carenti le risorse finanziarie rispetto ad una politica estesa di tali iniziative. Nell’ambito della formazione permanente potrebbero essere ascritti i master post laurea, gestiti congiuntamente da università e FP. Le esperienze svolte hanno carattere prevalentemente gestionale. Per favorire una maggior efficacia nel percorso scolastico degli studenti, gli Istituti Aldini Valeriani e Sirani, già da alcuni anni hanno operato alcune scelte, in particolare: - l’introduzione della flessibilità oraria (cioè di una struttura modulare dei piani annuali di studio). La Flessibilità oraria, attuata dall’anno scolastico 1998 - 99 utilizzando la normativa relativa all’Autonomia Didattica e Organizzativa (C.M.766 e D.M.765 ), prevede una diversa scansione temporale nell’insegnamento di alcune. Il progetto è nato dall’esigenza di introdurre nell’organizzazione scolastica elementi di flessibilità per favorire l’apprendimento. - Programmazione di Aree di Progetto: l’Area di Progetto rappresenta un modello di articolazione culturale che può coinvolgere tutte le discipline, a cui è destinato un numero di ore del 10% del monte ore annuo delle singole discipline coinvolte. Alla base sta una stretta collaborazione fra i docenti nella ricerca di nuclei comuni fra le diverse discipline. - Organizzazione di attività di recupero e di approfondimento: Gli interventi di recupero e approfondimento sono previsti e progettati dai consigli di classe utilizzando anche la presenza di più insegnanti contemporaneamente, utilizzando l’introduzione di una didattica di livelli diversi. Le modalità più utilizzate in quanto già ampiamente testate sono: a) l’utilizzo della presenza di due docenti nella stessa ora e per la stessa disciplina, da sfruttare sempre più spesso come contemporaneità su 2 gruppi diversi che hanno bisogni diversi ( es. recupero l’uno, approfondimento l’altro; b) l’attivazione di gruppi di livello trasversali a diverse classi; c) l’utilizzo di insegnamento modulare e di ausili multimediali, in particolare di quelli che consentono l’individualizzazione dell’insegnamento; - Attivazione di “passerelle”: Per agevolare il passaggio degli studenti da un indirizzo all’altro, anche di ordine diverso (D.M.9 agosto 99 n° 323 art. 5), il nostro Istituto progetta e realizza - nel corso del 1° e/o del 2° anno- interventi didattici integrativi che si concludono con una certificazione attestante l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie al passaggio. 345 appendice uno studio di caso L’Organizzazione del Personale L’organizzazione delle risorse umane all’interno degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani, per le sue caratteristiche, rappresenta un tipico esempio di struttura integrata, in quanto presenta una regolamentazione contrattuale su due livelli: una parte del personale (docente) aderisce al contratto nazionale della scuola e, l’altra (personale non docente), è vincolata al contratto collettivo nazionale degli enti locali. In questo senso la normativa e le esperienze diffuse sul territorio nazionale (Provincia Autonoma di Bolzano)4 e in altri settori (sanità), dimostrano la praticabilità di tali esperienze caratterizzata da una pluralità di gestori, diversamente articolati sul piano territoriale. Come è noto, infatti, la riforma del Titolo V (avvenuta con legge costituzionale n.3 del 2001), oltre ad aver dato ai Comuni, alle Province, alle Regioni e alle città metropolitane una soggettività ordinaria, ha modificato il quadro di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni. Nella “nuova” Costituzione, in particolare alle Regioni, spetta una legislazione esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale ed una legislazione concorrente in materia di istruzione, nell’ambito dei principi stabiliti dalla legge dello Stato. Oltre questo aspetto, occorre precisare che alle Regioni si attribuisce una competenza esclusiva in materia di organizzazione e di gestione degli istituti scolastici; ciò lascia prevedere la volontà di intervenire, un volta che il quadro normativo sarà completato, anche sugli aspetti più delicati dell’organizzazione scolastica, come la predisposizione dei dirigenti alle singole istituzioni scolastiche e il reclutamento dei docenti. Il delinearsi di tali questioni rivela scenari abbastanza complessi. La gestione del personale richiederebbe una riorganizzazione sia delle competenze che dell’orario di servizio. Il trasferimento della gestione di tutto il personale docente a livello regionale faciliterebbe l’utilizzo del personale su funzioni ripartite fra scuola e formazione a seconda delle necessità e delle competenze. In questa prospettiva anche l’orario di servizio dovrebbe tendenzialmente diventare più lungo integrando Nel 1996 la Provincia Autonoma di Bolzano in base a legge provinciale, ha ridisciplinato l’organizzazione dell’insegnamento e lo stato giuridico dei docenti. Il personale docente, i presidi e gli ispettori delle scuole elementari e secondarie altoatesine, anche dopo l’entrata in vigore della norma di attuazione del settembre 1996, rimangono dipendenti statali, vengono però amministrati dalla Provincia Autonoma di Bolzano. Il personale non docente è, invece, come prima, alle dipendenze della Provincia. Dal 1998 è stata avviata una specifica modalità contrattuale che prevede un apposito contratto collettivo provinciale per il personale docente, i presidi e gli ispettori; la contrattazione avviene a livello locale fra rappresentanti dell’amministrazione provinciale e sindacati (cfr. www.provincia.bz.it). 4 346 appendice uno studio di caso orari di lezione con attività di progettazione, tutoring, aggiornamento, gestione e coordinamento. Alla luce di ciò, un primo elemento di criticità è senz’altro rappresentato dall’inquadramento contrattuale del personale che dovrebbe aprirsi a forme contrattuali flessibili a fronte di estese iniziativa svolte in autonomia dalle scuole5. In particolare, due aspetti complementari ed entrambi problematici, sembrano accompagnare la questione docente: - la definizione di quali siano i lineamenti della professionalità insegnante nella scuola autonoma, con le conseguenze che questo comporta per la formazione iniziale e in servizio; - gli aspetti strutturali ad essa collegati: tipologie di docenti, modalità di carriera e di reclutamento, mobilità, retribuzione, numero e distribuzione sul territorio. Certamente, i due aspetti non sono affrontabili separatamente, è necessario, in tal senso, potenziare una funzione di governo del sistema che includa una seria e finora mai realizzata politica del personale. Il personale degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani è così organizzato: - Dirigente Scolastico: dal 1 gennaio 2003 è sottoposto al contratto degli “Enti Locali”, il salario di posizione e di risultato sono determinati con la contrattazione specifica per i Dirigenti comunali ed a seguito delle valutazioni del Direttore Generale. Personale non docente: -1 responsabile amministrativo (Dirigente amministrativo), cui è delegata, dal dirigente scolastico, la responsabilità organizzativa, disciplinare, di relazioni sindacali del personale non docente, gli sono delegate altresì le funzioni di predisposizione e controllo dei bilanci e le procedure per gli acquisti; -17 amministrativi (di cui due con funzioni di coordinamento) suddivisi in quattro uffici (protocollo, personale, didattica, amministrazione); -12 tecnici per la custodia e manutenzione del materiale didattico con competenze diversificate; - 42 collaboratori scolastici con compiti di sorveglianza e, parzialmente, di pulizia (la pulizia generale è appaltata ad un ditta esterna); - 2 addetti alla biblioteca. Su queste tematiche, ulteriori approfondimenti sono contenuti nel Cap. VI, attraverso la lettura delle interviste realizzate a esponenti del mondo sindacale della scuola, delle associazioni imprenditoriali ed esperti del settore educativo e formativo. 5 347 appendice uno studio di caso Tutto il personale non docente è giuridicamente vincolato al contratto collettivo nazionale degli “Enti Locali”, in termini di competenze e profili professionali; all’Istituto è assegnato un budget di ore straordinarie, con la contrattazione a livello del Comune sono attribuibili integrazioni di salario a fronte di particolari progetti (ad esempio, assistenza a ragazzi con gravi disabilità) Personale docente: Il corpo docente presente in Istituto consta di circa 260 persone, che operano attraverso il “Contratto Collettivo Nazionale della Scuola” nonostante prestino la loro attività professionale presso un Istituto Comunale. In termini contrattuali le differenze più evidenti rispetto all’inquadramento contrattuale nazionale, sono rinvenibili su due aspetti: il trattamento pensionistico, in quanto i contributi sono versati alla cassa enti locali, e per le procedure disciplinari. I contratti del personale precario vengono firmati dal Dirigente Scolastico sulla base di graduatorie costruite con criteri mutuati da quelli usati per le scuole di Stato. Il “Fondo di Istituto”6 è determinato, nella sua entità complessiva, coi criteri utilizzati per le scuole di Stato, la sua gestione prevede le modalità determinate nel contratto scuola (trattativa in sede di RSU, parere del collegio dei docenti sulle funzioni previste dal POF, deliberazione del Consiglio di Istituto). Le attività che danno accesso al fondo sono quelle riferite ad aspetti gestionali generali e particolari della scuola (collaborazioni con la presidenza, coordinamento di gruppi, coordinamento di laboratori), Il Fondo di Istituto è finalizzato a retribuire le attività aggiuntive rese dal personale docente ed ATA per sostenere la realizzazione del POF. Il nuovo ccnl non prevede più una rigida finalizzazione delle risorse ( l’art. 15 del CCNL 15/03/2001 non è stato ripristinato e l’art.14 è vigente solo ai fini della determinazione delle risorse destinate al Fondo) ma l’art. 86, comma 1 indica alla contrattazione di scuola i seguenti orientamenti di cui tener conto nella ripartizione delle risorse: - Consistenza organica delle diverse aree, docenti ed ATA; - Presenza di diversi ordini e gradi di scuola presenti nell’istituzione scolastica; - Diverse tipologie di attività. L’art. 86, comma 2 elenca tutte le attività retribuite con il Fondo e le modalità per la relativa retribuzione: Flessibilità organizzativa e didattica: Turnazione; Orari spezzati; Intensificazione connessa alla diversa scansione dell’ora di lezione, intensificazione delle prestazioni ecc.; Attività aggiuntive di insegnamento (escluse le ore eccedenti) fino a un massimo di sei ore settimanali; Attività aggiuntive funzionali all’insegnamento eccedenti le 40 ore annue. Prestazioni aggiuntive oltre l’orario d’obbligo del personale ATA: Intensificazione delle prestazioni lavorative del personale ATA; Indennità di lavoro festivo, notturno, notturno-festivo; Indennità di bilinguismo e trilinguismo; Indennità di amministrazione spettante al sostituto del Direttore SGA; Quota variabile dell’indennità di amministrazione spettante al Direttore SGA; Compenso per i collaboratori del dirigente scolastico (non più di 2 unità); Compensi per ogni altra attività deliberata dal Consiglio di Circolo/Istituto nell’ambito del POF. 6 348 appendice uno studio di caso attività didattiche aggiuntive valutate a ore (corsi di recupero, sportelli, attività sportiva..), attività di formazione relative alla gestione di progetti valutate a budget (gruppi teatrali, partecipazioni a concorsi che prevedono lavoro al di fuori dell’orario, alternanza studio lavoro, ricerche con gruppi di studenti, …) attività di supporto (tutoraggio, rapporti col mondo del lavoro..), attività di progettazione didattica (corsi integrati, nuovi modelli organizzativi, sperimentazioni…). 3 L’offerta formativa degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani. Il P. O. F. è il Piano di Offerta Formativa, cioè il “contratto formativo” con il quale ogni istituzione scolastica si presenta agli studenti, alle famiglie, al territorio. Nel POF vengono esplicitate le priorità che orientano le scelte che ogni scuola, in regime di autonomia, compie a livello progettuale e operativo. In quanto “contratto” contiene una descrizione degli impegni reciproci fra l’istituzione scolastica (nelle sue diverse componenti) e gli studenti. Da un lato presenta l’offerta della scuola (in termini di obiettivi che persegue, di profili in uscita, di percorsi culturali e didattici che propone, di servizi che fornisce); dall’altro precisa, assieme ai diritti degli studenti, le richieste che la scuola rivolge loro e le caratteristiche dell’impegno previsto al fine di garantire un reale godimento dell’offerta. 3.1 Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Professionale Aldini Valeriani e Sirani L’istruzione professionale in generale, e gli Istituti Aldini e Sirani in particolare, hanno avuto un ruolo storico fondamentale nella preparazione di tecnici per i servizi sociali, la pubblicità, la grafica, la meccanica e l’elettrotecnica. La specializzazione e la competenza acquisibile si sono integrate con un progetto culturale generale che rende più ricca la figura del tecnico e dell’operatore all’interno di un sistema produttivo e sociale a forte complessità in cui sono fondamentali requisiti quali la flessibilità, la specializzazione, l’astrazione, la capacità di utilizzare i diversi linguaggi e di gestire l’innovazione. L’anno scolastico 2000/2001 ha rappresentato un momento particolare per le Aldini e le Sirani, in quanto è stata realizzata l’unione dei due istituti professionali aventi storie e tradizioni diverse ma comunque fortemente integrate con il tessuto economico culturale della città. Ciò 349 appendice uno studio di caso è avvenuto confrontando e mettendo in comune le metodologie didattiche e considerando le varie anime culturali e professionali come una ricchezza. I ragazzi che si iscrivono all’Istituto Professionale possono avvalersi sia di un percorso breve ( la qualifica dura tre anni) che può immetterli abbastanza rapidamente nel mondo del lavoro, sia, per quasi tutte le specializzazioni, di un percorso lungo che con i due anni di postqualifica perfezioni competenze acquisite nella qualifica. Le risorse interne sono costituite dall’alto livello di professionalità dei docenti sia per quanto riguarda l’ambito culturale che quello tecnico. In ambito tecnico/professionale esiste da anni un consolidato collegamento con la struttura produttiva e con la rete dei servizi sociali, fonte di un continuo aggiornamento e scambio di conoscenze sulle tecnologie soprattutto per la fase di applicazione alla produzione e sull’organizzazione ed evoluzione dei servizi sociali. Le risorse materiali sono costituite, oltre che da una serie di servizi, anche da una consistente rete di laboratori informatici e tecnologici. Il loro uso è parte integrante dell’attività didattica e costituisce il momento di congiunzione fra attività didattica teorica ed attività pratica che soprattutto negli anni terminali dei corsi di qualifica e postqualifica precorre le metodologie caratterizzanti il mondo del lavoro. La costruzione del profilo professionale si basa da un lato sul potenziamento degli aspetti sistematici e scientifici delle discipline dall’altro sulla capacità culturale di essere flessibile. Il contesto di intervento dell’Istituto Professionale Il riferimento per le scelte a livello curriculare sono la struttura sia produttiva (settori : tipografia, meccanica, .......) che dei servizi e la dinamica occupazionale a livello provinciale. Il comune di Bologna e l’Emilia Romagna sono tra le prime realtà nazionali ed europee per quanto attiene la quantità di prodotto lordo per ogni cittadino; il tasso medio di disoccupazione è attestato da anni attorno al 5%. L’industria mantiene un notevole peso ma accanto ad essa si sta però sviluppando il settore terziario che risulta più dinamico da un punto di vista occupazionale. In particolare i settori della comunicazione e dei servizi sociali sono attualmente in forte espansione e destinati a crescere sia negli ambiti ritenuti tradizionali che in quelle più avanzate della multimedialità e della mediazione sociale. Per questo motivo le specializzazioni in uscita dall’Istituto sono orientate verso: - le strutture produttive (tipografica, meccanica, impiantistica elettrica); - servizi ( prima infanzia, handicap, terza età) facendo riferimento ad una realtà locale che da tempo si è imposta all’attenzione 350 appendice uno studio di caso nazionale ed internazionale per la qualità dei servizi alla persona; - la pubblicità e la comunicazione. L’Istituto si avvale nell’elaborazione e nella realizzazione dei propri progetti di un ricco tessuto sociale ed istituzionale che contribuisce in modo rilevante al raggiungimento degli obiettivi educativi e formativi che essa si pone. Il livello curricolare L’Istituto Professionale ha due livelli di professionalità: l’ Operatore ed il Tecnico. Gli Operatori Gli operatori sono quadri tecnici esecutivi che debbono essere in grado sia di capire i veloci cambiamenti della tecnologia ( per l’Operatore Sociale anche i bisogni che maturano nell’ambito dei servizi sociali) sia di orientarsi nelle offerte formative per continuare a costruire la propria professionalità. Le specializzazioni presenti sono: Operatore Elettrico, Operatore Grafico, Operatore Grafico Pubblicitario, Operatore Meccanico, Operatore Sociale. I Tecnici (postqualifica) Le specializzazioni presenti sono: Tecnico delle Industrie Elettriche, Tecnico della Grafica Pubblicitaria, Tecnico delle Industrie Grafiche, Tecnico dei Servizi Sociali. I tecnici sono in grado di svolgere un ruolo attivo e responsabile nella progettazione e nella esecuzione di compiti, nella organizzazione delle risorse e nella gestione di unità produttive. L’obiettivo della postqualifica è fornire un approfondimento sistematico delle conoscenze teoriche relative al settore, la capacità di partecipare ad un processo di ideazione e di realizzazione di un progetto, la capacità di interagire e di lavorare all’interno di un gruppo, un atteggiamento nei confronti del modo del lavoro volto a sviluppare anche capacità di tipo imprenditoriale. I Corsi Integrati della “ Terza Area” L’ordinamento dell’Istituto professionale prevede, per la postqualifica, la realizzazione di corsi integrati professionalizzanti, il cui scopo è arricchire, a livello professionale, conoscenze e competenze il profilo del Tecnico. Alla fine dei due anni gli allievi, oltre ovviamente il diploma dopo il superamento dell’esame di stato, ottengono un certificato di competenze relativo alla specializzazione professionale, rilasciato dalla Regione Emilia Romagna o dalla scuola. La progettazione (definizione della specializzazione del profilo) e le modalità di realizzazione dei corsi tengono conto: del tipo di figure professionali richieste dal settore produttivo/servizi di riferimento, 351 appendice uno studio di caso con l’obiettivo di facilitare una pronta occupazione degli allievi; una costante integrazione soprattutto a livello disciplinare con il percorso curricolare scolastico. L’attività di orientamento nei confronti degli allievi ha due poli di riferimento: l’orientamento scolastico, l’orientamento al lavoro. L’ orientamento scolastico coinvolge le classi prime ed ha l’obiettivo di “.. combattere la dispersione, garantire il diritto all’istruzione e alla formazione, consentendo agli allievi scelte più confacenti alla propria personalità ed la proprio progetto di vita ...”( Legge n° 9 20/1/99 art. 1) il riferimento legislativo è la legge sull’innalzamento dell’obbligo scolastico (NOS). L’orientamento al lavoro coinvolge le classi finali della qualifica/post-qualifica ed ha l’obiettivo di fornire allo studente elementi utili per attivare un processo decisionale sui propri successivi percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego). L’intervento viene attuato tramite una collaborazione con lo Sportello Lavoro Aldini Sirani ed insegnanti dell’Istituto soprattutto del settore tecnico. Ampliamento dell’Offerta Formativa L’offerta formativa è arricchita da una serie di attività curricolari ed extracurricolari che riguardano tutti gli studenti e che hanno la duplice funzione di aiutare a superare eventuali difficoltà, ed esaltare le capacità di ciascuno. L’impostazione di tali attività tiene conto di un tempo scuola che è pari a 40 ore. Le iniziative già attive sono di seguito descritte. Progetto Lavoro: viene attuato in collaborazione con la Fondazione Aldini-Valeriani e lo Sportello Lavoro Aldini Sirani tramite interventi che avvicinano il mondo della scuola a quello del lavoro, sia utilizzandone il valore formativo sia introducendo elementi di ulteriore specializzazione professionale. Strumenti attuativi in tal senso sono: stage, laboratori aperti, conferenze tenute da tecnici esterni, visite aziendali, tirocini sia durante l’anno scolastico che durante i mesi estivi. Il collegamento con il mondo del lavoro è assicurato dalle collaborazioni con lo Sportello Aldini Lavoro e la Fondazione Aldini Sportello Aldini Lavoro Lo Sportello Aldini-Lavoro, istituito dal Settore Economia del Comune di Bologna in collaborazione con l’Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani nel 1995, ha l’obiettivo di favorire e consolidare i rapporti già esistenti tra gli Istituto aggregati Aldini-Sirani e il mondo del lavoro. Significa mettere a disposizione degli ex diplomati dell’Istituto, di giovani ed adulti disoccupati, di aziende del settore industriale la 352 appendice uno studio di caso risorsa Istituto con i suoi laboratori, il corpo docente e le sua complessiva capacità di intervenire relazionandosi agli attuali processi di innovazione tecnologica ed organizzativa. Lo Sportello Aldini – Lavoro si rivolge: agli ex allievi degli Istituti Aldini-Sirani alla ricerca del primo impiego o di un nuovo lavoro per migliorare le possibilità di incontro con il mondo del lavoro, con la formazione (universitaria, professionale, permanente), agli ex allievi degli Istituti Aldini-Sirani, che lavorano per aggiornarsi, tenersi al passo con l’innovazione tecnologica ed organizzativa, per valutare ed incontrare nuove occasioni di lavoro, alle imprese del settore industriale per migliorare la ricerca di personale tecnico qualificato, per contribuire ai processi di divulgazione della cultura tecnica, a giovani ed adulti disoccupati, a fasce deboli del mercato del lavoro per informarsi, orientarsi, prepararsi all’avviamento su mestieri richiesti dal comparto industriale, per facilitare il contatto con il mondo del lavoro dell’industria. Lo Sportello Aldini – Lavoro svolge le seguenti attività di servizio: informazione, orientamento, inserimento lavorativo, mobilità nel lavoro; aggiornamento tecnico, avviamento al lavoro; attività per le Imprese Industriali. Fondazione Aldini La ”Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica” ha tratto origine da una serie di riflessioni e di proposte avanzate sia dal Comune di Bologna (gestore degli Istituti tecnico Industriale e Professionale Aldini-Valeriani) che dalle associazioni imprenditoriali bolognesi. L’idea si è concretizzata con la presentazione di un progetto da parte di Assindustria. L’evoluzione ed il perfezionamento di tale progetto ha portato alla costituzione della Fondazione. Gli scopi indicati per la Fondazione sono: valorizzare la cultura tecnica e riaccreditarla come strumento di valore formativo generale. Gli strumenti sono: forme di orientamento per le scelte dei giovani e focalizzazione/illustrazione delle potenzialità delle professionalità tecniche; progettare e gestire corsi di formazione professionale di livello medio alto rivolti sia ai neodiplomati, sia a tecnici già inseriti nel mondo del lavoro. Le modalità di realizzazione e le tecnologie didattiche utilizzate sono differenziate rispetto alle diverse tipologie di utenza. L’obiettivo non è solo quello di utilizzare finanziamenti pubblici, ma anche di coinvolgere economicamente le imprese offrendo loro un servizio di just in time; erogare servizi tecnologici quali prove di materiali, costruzione di prototipi, ricerche applicate. E’ previsto che singoli soggetti possano utilizzare, per tempi definiti, spazi attrezzati della Fondazione sia per ricerche che per presentazione dei propri prodotti; costituire un 353 appendice uno studio di caso centro di documentazione sulle nuove tecnologie e sulla innovazione dei processi industriali. 3.2Il Piano dell’Offerta Formativa dell’Istituto Tecnico Industriale “Aldini Valeriani” La situazione presente nel territorio bolognese relativa alla reperibilità di figure professionali di tipo tecnico ad ogni livello di competenza ed il processo in atto di “onda lunga” di allontanamento dei giovani dalle carriere di studio di tipo tecnico, influisce inevitabilmente anche sull’organizzazione e sulle scelte del sistema scolastico e formativo; ad esempio i tentativi di approfondimento di conoscenze legate al post diploma, IFTS compresi, trovano limiti di applicabilità in quanto i diplomati sono totalmente assorbiti dalle imprese e non esistono di conseguenza vaste manifestazioni di interesse a proseguire gli studi, se non quelli universitari. L’istruzione tecnica in generale e l’Istituto Tecnico Industriale in particolare, hanno avuto storicamente un ruolo di formazione dei tecnici e di preparazione alle professioni. Il successo del tecnico nel mondo della produzione, anche in ruoli imprenditoriali, e la sua presenza fondamentale in larghi fenomeni di dinamica sociale, mostrano come il saper fare, inteso come capacità di risolvere problemi complessi e mutevoli nel tempo, sia un dato di cultura a valenza generale, e come la tecnica sia uno dei percorsi attraverso cui la cultura si determina e si afferma. Il territorio e le risorse E’ il caso di ricordare quanto il territorio bolognese sia attento al come le figure tecniche vengono costruite; l’industria si caratterizza per grande capacità di innovazione e personalizzazione dei prodotti; la predominanza di imprese di dimensione medio piccola, sviluppatasi sulla competenza dei tecnici intermedi, rende strategica per l’economia del territorio la presenza di competenze di settore flessibili e volte alla innovazione. In questo contesto l’Istituto Tecnico Industriale AldiniValeriani è impegnato da anni in un rapporto di forte collaborazione con il mondo del lavoro. La scuola, in tal senso, pur mantenendo la sua funzione educativa e formativa si confronta con le richieste del territorio anche nella definizione comune dei profili professionali richiesti, realizzando interventi sperimentali scuola/lavoro coerenti con le finalità didattiche indicate dall’Autonomia Scolastica, che hanno negli stage aziendali e nella esecuzione di progetti in collaborazione con le imprese, la loro massima espressione. 354 appendice uno studio di caso Vanno evidenziate alcune “risorse” particolari, che si presentano come peculiarità dell’Istituto, quali lo Sportello Aldini-Lavoro e la Fondazione Aldini- Valeriani con le quali attraverso diversi momenti di collaborazione (orientamento al lavoro e all’università, corsi integrati e integrativi, formazione professionale, formazione ricorrente e post diploma, stage e collaborazioni con le aziende del territorio), permettono non solo di migliorare l’offerta formativa, ma di proiettarla verso la formazione permanente, rendendo possibile la preparazione di tecnici in grado non solo di rispondere alle esigenze attuali delle imprese ma anche di confrontarsi con le prospettive di sviluppo. Il Progetto Formativo dell’Istituto è caratterizzato da percorsi costruiti in vista di specifici Profili Formativi in Uscita (PFU), che sono la somma delle conoscenze, competenze e abilità perseguite nel biennio unitario e nei tre anni relativi all’indirizzo scelto, compresi eventuali progetti curricolari ed extra curricolari messi in atto dall’istituto. Va messa in evidenza, infatti, una importante caratteristica di questo tipo di scuola: quella che non solo prevede l’inserimento nel mondo del lavoro, ma anche il proseguire gli studi per raggiungere un titolo più elevato (l’aumento delle iscrizioni all’Università di questi ultimi anni ne è una conferma ). Finalità primaria dell’ istituto è esercitare una pratica educativa all’altezza delle trasformazioni sociali e tecnologiche in atto nella società. La scelta dei percorsi formativi tiene conto delle evoluzioni culturali e tecnologiche, favorendo l’adozione di approcci didattici, linguaggi di comunicazione e forme di apprendimento originali, pur salvaguardando l’identità culturale dell’Istituto, che si è sviluppata attraverso una consolidata esperienza di formazione tecnica e di educazione dei giovani. La specificità dei diversi percorsi del triennio comporta l’esigenza di sviluppare tematiche tipiche e specialistiche, ancorate alle innovazioni tecnologiche ed alle richieste delle imprese del territorio e per questo sono favoriti interventi congiunti scuola/ lavoro, attingendo esperienza da quanto viene elaborato nelle realtà produttive del territorio e riorganizzandolo all’interno della programmazione didattica. Questo viene realizzato introducendo elementi di flessibilità sia nell’orario che nella organizzazione didattica in generale e può comportare anche scelte in termini di selezione dei programmi, sviluppando con l’utilizzo delle attività di laboratorio i temi ritenuti particolarmente rilevanti, in sinergia con soggetti esterni alla scuola quali, università, centri di ricerca, istituzioni, altre scuole, formazione professionale. Attualmente, l’Istituto Tecnico Industriale Aldini-Valeriani presenta una struttura scolastica con un Biennio comune ed un Triennio in cui sono attualmente presenti 7 diverse specializzazioni: Chimica; Edilizia; 355 appendice uno studio di caso Informatica; Elettronica e Telecomunicazioni; Elettrotecnica ed Automazione; Meccanica; Termotecnica. Diverse sono le attività e i progetti avviati in seno all’istituto, per lo più finalizzate a fornire un bagaglio di conoscenze e competenze non generiche ma spendibili anche al di fuori dell’ambito professionale specifico. In questo senso sono sviluppati interventi quali: Collegamento con il mondo del Lavoro: rientrano in quest’ambito le attività di collaborazione progettuale (orientamento, consulenza, inserimento lavorativo, informazione) con lo Sportello Aldini Sirani Lavoro e la Fondazione Aldini Valeriani, per lo sviluppo della cultura tecnica, attraverso la collaborazione con il Comune di Bologna e le Associazioni imprenditoriali bolognesi. Progetto Lavoro: in collaborazione con la Fondazione Aldini- Valeriani e lo Sportello Aldini-Lavoro vengono realizzati interventi particolarmente significativi dal punto di vista formativo, utilizzando: Stage, Laboratori aperti, Conferenze di tecnici, Visite aziendali, Tirocini aziendali, Esperienze di lavoro estivo. L’ orientamento al lavoro coinvolge le quinte classi e ha l’obiettivo di fornire allo studente elementi utili per attivare un processo decisionale sui propri successivi percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego). Progetti integrati: riguardano i diversi corsi del triennio e hanno i seguenti obiettivi generali: approfondire e consolidare il processo di integrazione tra scuola , mondo del lavoro, formazione professionale; arricchire il piano di studi dei diversi corsi coerentemente ai cambiamenti del mondo del lavoro. 3.3 Il Piano dell’Offerta Formativa degli Istituti Serali Comunali Aggregati Aldini-Valeriani ed E. Sirani Gli Istituti Comunali Serali assolvono al compito di riallacciare i fili interrotti fra l’ex-studente e l’istituzione scolastica, stimolando un bisogno di nuova cultura e di educazione permanente, fornendo anche strumenti per un inserimento lavorativo qualificato, permettendo loro di cambiare luogo e tipologia di lavoro. L’Istituto Tecnico Industriale Serale venne costituito nel 1959. All’epoca, per ovviare al minor numero di ore di lezione giornaliero, l’Istituto Tecnico Serale aveva durata sessennale anziché quinquennale e le lezioni si svolgevano per sette giorni la settimana, cioè la domenica compresa. Oggi l’Istituto Tecnico Serale offre, col Progetto sperimentale Sirio, percorsi flessibili e personalizzati, soprattutto per chi ha già 356 appendice uno studio di caso maturato esperienze scolastiche in altri indirizzi, ma anche per chi presenta personali esperienze professionali o lavorative. Anche l’Istituto Tecnico Serale, al pari degli Istituti omologhi, è legalmente riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione. 3.4 L’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Elisabetta Sirani Le Scuole comunali che attualmente sono riunite sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” derivano da una Scuola Femminile di Arti e Mestieri istituita a Bologna nel 1890 dalla Società Operaia Femminile. Era una scuola professionale con insegnamento post-elementare indirizzato a mestieri tipicamente femminili (sartoria, modisteria, ricamo, cucina…) e si autososteneva finanziariamente con i proventi delle attività artigianali svolte nei laboratori. Nel 1903 attraverso l’intervento del Comune di Bologna fu creato l’Istituto Femminile di Arti e Mestieri “Regina Margherita”; nel 1913 l’ordinamento dell’Istituto Regina Margherita fu adeguato a quello delle Scuole Regie, così da renderlo una scuola industriale di 2° grado; contemporaneamente fu istituita una scuola operaia di 1° grado gratuita, che consentiva alle giovani in condizioni di disagio economico l’assolvimento dell’obbligo scolastico dopo la quarta elementare. Nel 1928 l’Istituto Regina Margherita assunse un assetto che sarebbe rimasto inalterato fino al 1956: - una Scuola femminile di avviamento al lavoro; - una Scuola professionale di tirocinio, alimentata dalle allieve provenienti dalla scuola di avviamento; - una Scuola successiva di Magistero Professionale (unico sbocco possibile della scuola di tirocinio), che abilitava all’insegnamento delle discipline previste nell’ordinamento della scuola professionale e della scuola di avviamento. Nel dicembre 1947 il Consiglio Comunale di Bologna intitolò la scuola femminile alla pittrice bolognese Elisabetta Sirani; il cambio di nome preludeva ad un ammodernamento non più rinviabile, per adeguare la scuola ad una nuova società e ad un mercato del lavoro in continua evoluzione. Nel 1956 la scuola professionale e la scuola di magistero furono trasformate in Istituto Tecnico Femminile, cui subito si affiancò un Istituto Professionale: i due Istituti aprirono progressivamente nuovi corsi di indirizzo. Sotto la denominazione “Elisabetta Sirani” furono infine istituite due Scuole serali per lavoratori: nel 1965 l’Istituto Tecnico Commerciale e dal 1971 al 2001 l’Istituto Tecnico per Geometri. Attualmente tutti gli Istituti comunali, diurni e serali, sono riuniti sotto la stessa presidenza in un’unica sede, e sono aperti all’iscrizione 357 appendice uno studio di caso di maschi e femmine, senza alcuna distinzione tra scuole maschili e scuole femminili. Anche all’Istituto Serale Elisabetta Sirani si applicano il Progetto Sperimentale Sirio ed il Progetto Biennio. Il Progetto formativo Gli Istituti Serali Aggregati Aldini-Valeriani e Sirani hanno avviato una sperimentazione formativa, studiata per le scuole serali, attraverso il progetto Sirio, il quale permette agli studenti di approssimare un percorso scolastico flessibile, su misura rispetto alle loro esigenze personali, lavorative e scolastiche. Sono state introdotte importanti novità rispetto al corso tradizionale: - la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni (25 ore per il biennio e per il triennio ragionieri, 28 ore per il triennio geometri ed industriale); - il riconoscimento dei crediti formali (studi già compiuti e certificati da titoli di studio) e crediti non formali (competenze acquisite in ambito lavorativo o non), a cui si accompagna un sistema di debiti formativi; - l’introduzione della figura del tutor; - la distribuzione dell’orario delle lezioni su cinque giorni in diversi anni scolastici; - la possibilità di modularizzare le discipline. Gli Istituti conferiscono al termine del ciclo di studi di 5 anni i diplomi di ragioniere, di geometra, di perito meccanico e perito in elettronica e telecomunicazioni, validi per l’accesso a tutti i corsi di laurea o di diploma universitario e, secondo i propri regolamenti, ai concorsi della pubblica amministrazione, agli albi professionali, agli impieghi nelle aziende private. L’obiettivo del triennio è quello di costruire un livello di professionalità, che sebbene non sia completa, abbia una spendibilità nel mondo del lavoro, secondo i profili in uscita dei diversi indirizzi di studio. In questo senso sono stati sviluppati interventi di orientamento al lavoro utili per attivare, nei confronti dello studente, un processo decisionale sui successivi percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego). Il collegamento con il mondo del lavoro è assicurato attraverso le collaborazioni con lo Sportello Aldini lavoro e la Fondazione Aldini Valeriani. 358 appendice uno studio di caso 4 Intervista al Dirigente Scolastico Prof. G. Sedioli - Istituto Aldini Valeriani e Sirani di Bologna7 La legge di riforma sul sistema scolastico italiano (L.53/2003) La Riforma Moratti ( Legge 53/2003), introduce quello che, secondo una formula sintetica, è definito “sistema duale”. L’affermazione del modello formativo basato sull’idea di un sistema duale configura una rigidità sostanziale, dal lato dell’offerta, particolarmente rilevante in un contesto dell’economia italiana e del mondo imprenditoriale che si muove verso una logica di flessibilità nella formazione delle professionalità. I due sistemi (sistema dell’istruzione e sistema dell’istruzione e della formazione professionale), presentano diversità dovute ad una serie di fattori quali durata del percorso formativo, possibilità di accesso a percorsi successivi, finalità formativa che non appaiono semplicemente superabili dalla previsione di “passerelle” e accrediti reciproci. Vi è poi il rischio che i due sistemi appaiano anche gerarchicamente ordinati sul piano culturale, non vi è dubbio infatti, nella lettura corrente, che il sistema liceale abbia un valore formativo di gran lunga superiore al sistema di istruzione e della formazione professionale. La collocazione sistemica dell’Istruzione tecnica e professionale La collocazione dei due sistemi, data la necessità di raccordare legislazione concorrente e competenze esclusive di stato e regioni, rappresenta una questione aperta. Quanto previsto dalla legge n.53 del 2003 e dal Titolo V della Costituzione, recentemente riformato, pone il problema di chi gestirà, e come, istituti tecnici e professionali, anche alla luce delle competenze, esclusivamente regionali, sul sistema della Formazione professionale. Si tratta cioè, di concentrarsi sulla qualità dell’offerta formativa e sulle professionalità più idonee a progettarla, sulla sua coerenza rispetto ai principi generali, anche questi da definire alla luce del nuovo assetto costituzionale. La questione, da questo punto di vista, presenta diversi problemi e/o elementi di complicazione, anche in considerazione del fatto che la maggior parte delle regioni non appare, allo stato attuale, attrezzata per gestire tale passaggio in termini di qualità. Le incertezze sono amplificate dalla mancanza di precise indicazioni della legge 53, 7 L’intervista è stata riveduta e corretta dal Dirigente Scolastico dell’Istituto, Prof. G. Sedioli 359 appendice uno studio di caso dalla contraddittorietà delle prese di posizione su di essa anche da parte di personaggi di rilievo (gli stessi documenti di accompagnamento, i cosiddetti “Bertagna” ad esempio non sono lineari), da alcuni dati organizzativi (strutture, gestione dei docenti) di difficile collocazione, dalla posizione spesso incerta dell’associazionismo imprenditoriale che esprime un consenso politico di massima sulla legge e una contemporanea preoccupazione sulla sorte della formazione tecnica di livello medio-alto. Dal riformato costituzionale e in attuazione della legge di riforma 53/2003 potrebbe derivare automaticamente che un “secondo canale”, costituito in prevalenza dall’attuale istruzione professionale e tecnica, opportunamente riformata, è di esclusiva competenza delle Regioni. Tale scenario, presenta, però, fattori ancora non del tutto definiti dal legislatore: - articolazione e confronto tra le competenze esclusive dello Stato con quelle esclusive delle Regioni; - collocazione sistemica dell’attuale Istruzione tecnica professionale; - collocazione sistemica dell’attuale Formazione professionale Il problema, al momento insoluto, riguarda la definizione chiara di quali degli attuali indirizzi di scuola secondaria superiore e soprattutto di quali obiettivi formativi saranno demandati al sistema dell’istruzione e della formazione professionale e quali ne saranno esclusi. Per definire meglio tali aspetti, occorre, esaminare, come la scuola italiana ha declinato la istruzione. I licei hanno istituzionalmente rappresentato una scuola di natura propedeutica al ciclo universitario, con obiettivi formativi legati al controllo dei linguaggi e della logica, senza finalizzazione specifica dal punto di vista professionalizzante. Il lavoro a casa, lo svolgimento di esercizi di applicazione, di traduzione, di espressione e verifica delle conoscenze attengono appunto ad una rielaborazione delle conoscenze teoriche e delle stesse “nozioni”. Negli istituti tecnici, le pratiche didattiche rimandano più direttamente al “saper fare”. Senza negare il valore dei linguaggi, tramite il lavoro di laboratorio a scuola e le esperienze svolte con l’area di progetto (o esperienze assimilabili) si è puntato alla formazione di capacità operative negli ambiti dei settori professionali di riferimento. A questi due differenti modi e specificità, corrispondono tempi scuola diversi, accresciuti negli istituti tecnici rispetto ai licei. Se nel passaggio al nuovo ordinamento la licealizzazione della formazione tecnica ed economica dovesse portare ad una uniformità del tempo-scuola, a prescindere dalla natura delle discipline portanti, ciò rischierebbe di andare a discapito di una seria attività di 360 appendice uno studio di caso laboratorio svolta nella scuola italiana. Si perderebbe così, un valore formativo essenziale nella costruzione del profilo culturale e professionale dello studente, con contraccolpi non secondari sulla reperibilità di figure professionali adeguate da parte delle aziende. Occorre qui rimarcare che nella scuola italiana l’attività di laboratorio, che in tutti gli anni di scuola dovrebbe essere specifica dell’apprendimento dei saperi scientifici, è in realtà spesso assente, soprattutto nei percorsi liceali tradizionali, con la conseguenza che prevale in genere un impianto umanistico che privilegia la parola come universo comunicativo e formativo anche in ambito scientifico. In realtà, per gli alunni, la cultura della sperimentazione è assente ed anche il metodo scientifico sperimentale è illustrato oralmente, piuttosto che praticato. E’ un’assurdità che rischia di riproporsi anche nella formazione dei profili tecnico-professionali alti, che molti giovani desiderano acquisire e di cui il mondo produttivo ha bisogno. Peraltro gli istituti tecnici industriali e commerciali dispongono di attrezzature di laboratorio con un buono e spesso ottimo livello periodico di aggiornamento, a cui fanno riscontro le competenze dei tecnici di laboratorio, integrate con quelle più concettuali dei docenti teorici della singola materia. In conclusione, occorre conoscere se, in prospettiva, il patrimonio di attività, di docenti, di strutture di laboratorio farà parte anche dei licei tecnologici e economici, con quali finalità e per quali ordini di grandezza. Fino ad oggi, la filiera dell’istruzione tecnica, ha operato con un modello formativo complessivo: le scuole hanno realizzato la parte culturale, la parte tecnologica e la parte operativa, hanno funzionato come modello di “scuola officina”. Un tipo di scuola in cui il saper fare teneva conto del linguaggio, delle conoscenze scientifiche di base, delle fasi operative. L’obiettivo era quello di adattare la professionalità ad una polivalenza di ruoli aziendali; attualmente, l’obiettivo, tenuto conto della rapidità dei cambiamenti tecnologici e strutturali, è quello di creare adattabilità a futuri ruoli, attraverso la formazione permanente. La scuola, in questa fase, non può rinunciare al suo ruolo fondamentale di costruire un saper fare, cioè, di dotare la persona di strumenti finalizzati a risolvere problemi. Il saper fare necessita di un continuo confronto con la fase operativa, una continua interazione con il mondo dell’impresa, inteso come luogo in cui le idee diventano progetti e oggetti. Una delle scommesse della Riforma sta proprio nell’esplicitazione di questo ponte: la formazione operativa dello studente, va svolta nella scuola o la dobbiamo delegare all’azienda? Una prima risposta potrebbe prevedere 361 appendice uno studio di caso un tipo di percorso formativo che assicuri la presenza dello studente in azienda, per un’attività collegata al monte ore scolastico, che garantisca la copertura di una parte del curricolo formativo. Purtroppo, non tutte le aziende sono in grado di ospitare studenti per periodi molto lunghi, la loro disponibilità è sempre molto limitata. Nella realtà emiliana, inoltre, la presenza di piccole e medie imprese, non agevola la realizzazione di stage e di periodi di alternanza scuola lavoro, in una logica curricolare. Il futuro dell’istruzione tecnica professionale e della formazione professionale I percorsi formativi sono sempre di più in balia della contrattazione sociale, non esiste più una delega in bianco alla scuola, sempre più precocemente si devono compiere scelte impegnative per il proprio futuro; la forte centratura sul “piano di studi personalizzato” conferiscono sempre maggiori poteri all’utenza, giovani e famiglie, facendo aumentare certamente l’offerta, ma mettendo in competizione le scuole tra di loro e con la formazione professionale. Soprattutto in questa fase di transizione non è certo produttivo per la qualità dell’intero sistema decretare la supremazia dell’uno rispetto all’altro dei segmenti, entrambi devono migliorare costantemente la propria progettualità. Non serve a nessuno, l’omologazione dei modelli culturali e pedagogici, anche perché per quanto ci si guardi intorno non è facile scoprire ricette efficaci da generalizzare. La tenuta del sistema formativo nel suo complesso richiede, probabilmente, un incremento della flessibilità dell’offerta formativa, che riguarda tutte le scuole superiori ed è prioritaria nello stabilire efficaci rapporti tra istituti ad indirizzo professionalizzante e centri di formazione. Da questo punto di vista è necessario uscire da una logica di “quanti sono i canali?” per pensare ad un percorso formativo che può essere efficace solo se saprà proporre una nuova idea di complementarietà tra formazione generale e professionale. Una tale sfida non si vince semplicemente accreditando gli istituti professionali attuali, ma modificando profondamente l’impianto pedagogico-didattico, a partire dall’incontro e dalla collaborazione delle culture professionali che operano sul territorio. Non servono due modelli scolatici, uno di serie A e l’altro inevitabilmente di serie B, quello che conta è la garanzia della specificità dei modelli, qualunque ne sia la prospettiva gestionale, che insieme possano sviluppare un’offerta complementare e più efficace rispetto agli obiettivi, per sostenere il ruolo di “presidi formativi” territoriali in una visione policentrica. Da questo punto di vista, parlare di integrazione 362 appendice uno studio di caso come occasione di ampliamento dell’offerta formativa, alla luce delle migliori pratiche realizzate nei due sistemi, della scuola e della formazione professionale, rappresenta una modalità per incentivare un maggior contatto con la realtà e con i saperi professionali, senza privare lo studente e la stessa prospettiva lavorativa delle necessarie competenze di base, che più che da una semplificazione di quelle accademiche, sono prodotte da una profonda rivisitazione delle metodologie didattiche. Il rapporto tra scuola e mondo del lavoro In tutto il disegno della riforma, in particolare del secondo ciclo, il tema riguardante la formazione tecnologica e economica si presenta come asse portante del cambiamento, attraverso i diversi percorsi del sistema dei licei, dell’istruzione e della formazione professionale, unitamente all’innovazione dell’alternanza scuola-lavoro. L’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendimento in impresa, compaiono nelle riflessioni sul modo di essere della scuola italiana con un posizionamento non lineare. Di fatto queste esperienze, quasi sempre invocate come strumento di presa di contatto col mondo del lavoro, solo saltuariamente hanno trovato una collocazione di continuità con l’intervento formativo della scuola; in alcuni casi, quelli più sfortunati, sono addirittura viste con sospetto per la loro appartenenza ad un mondo, quello delle tecnologie e del lavoro che non sempre viene valorizzato sul piano culturale e formativo. Sicuramente le scuole che hanno alla loro base la cultura tecnica, hanno tradizionalmente inserito, seppure in modo variegato, il rapporto con il mondo dell’impresa nei percorsi della costruzione del saper fare; la costruzione di tale competenza, che mescola componenti di tipo teorico e di tipo operativo, richiede il contatto con luoghi dove la sintesi dei saperi trovi la propria collocazione. Non a caso nella tradizione gli istituti tecnici ad indirizzo industriale si sono organizzati come “scuolaofficina”, ad emulazione delle strutture tipiche dell’industria; da questo punto di vista il rapporto diretto con l’esperienza dell’impresa è stato strutturalmente collegato alla didattica, la contaminazione delle culture avveniva comunque nella scuola. La possibilità di valorizzare ed estendere il rapporto fra scuola ed impresa in termini di alternanza pone alcuni temi di riflessione che riguardano le condizioni di esistenza e di fattibilità, oltre che l’individuazione del risultato atteso. La prima condizione è quella di una struttura scolastica intrinsecamente volta alla valorizzazione della cultura tecnica, e strutturalmente organizzata per svolgere questo compito. Questo 363 appendice uno studio di caso per almeno due motivi: il primo di natura specificamente culturale, non si può pensare che il saper fare sia considerato un accessorio di un sistema scolastico volto al generico ed alla sottovalutazione della capacità operativa, il secondo di natura sostanzialmente contrattuale. Il rapporto fra scuola ed impresa deve essere alla pari, fra soggetti che rappresentano “un potere autonomo che si confronta con l’altro”, ciò è possibile solo se la scuola è capace di interpretare e declinare in proprio i linguaggi della tecnologia e dell’impresa. I livelli di collaborazione richiesta, nei rapporti di alternanza, impongono credibilità della scuola nello svolgere il suo compito formativo in campo tecnico. La seconda condizione è che la scuola possa esprimere forti livelli di autonomia nelle proprie scelte organizzative e didattiche; i percorsi da definire in collaborazione con l’impresa necessitano di una capacità di “regolazione fine”, in funzione della qualità degli obiettivi che ci si propone e della disponibilità dell’interlocutore, che non può fare a meno di ampi spazi di flessibilità. La terza è quella relativa all’individuazione dell’obiettivo di riferimento per quanto riguarda i profili professionali. Si può schematizzare, forzando, una situazione in cui si punti a professionalità dedite ad attività di tipo ripetitivo e a forte delimitazione rispetto alle abilità, o ad altre “più alte” con conoscenze scientifiche, linguistiche, relazionali, più elevate e capaci di progettare, coordinare l’attività di altri, interpretare i cambiamenti delle tecnologie e delle necessità aziendali, costituire base di rigenerazione imprenditoriale. Il punto centrale dell’intervento anche per l’alternanza, è quindi questo, per altro sono proprio le figure professionali di questo tipo che tradizionalmente hanno supportato lo sviluppo economico, soprattutto in presenza di piccola e media impresa. Non sono pensabili interventi “per somma di livello” (dal ripetitivo al progettuale) per produrre un risultato alto, va costruito un percorso specifico di collaborazione fra scuola ed impresa finalizzato al risultato programmato. A questo consegue un’ulteriore condizione di esercizio: l’individuazione delle “aree di collaborazione”. L’esperienza programmata con un’impresa deve intervenire sui temi dei linguaggi tecnici, delle tecniche imprenditoriali, delle relazioni fra soggetti, dell’organizzazione di sistema. Si deve mirare a determinare la consapevolezza di come principi scientifici e tecnologici diventano prodotti e servizi, generando sedimentazione di competenze, non trascurando il tema fondamentale del come ci si pone il problema del superamento delle tecnologie esistenti. Il risultato atteso è alto e complesso, la fase preparatoria non può essere semplice. Quanto descritto prima deve prefigurare una situazione in cui i comportamenti formativi di scuola ed impresa convergano su un risultato 364 appendice uno studio di caso che deve fare uscire l’alternanza da una fase, quale quella attuale, di “testimonianza” di esperienza di lavoro. Vanno affidate all’esperienza compiti di esaurimento di parti della formazione degli studenti, che possono essere sia contenutistici sia comportamentali (ad esempio il tema del miglioramento del prodotto, della consapevolezza della rilevanza della logistica, della vendibilità del prodotto...). Questo può essere raggiunto solo con fasi di alternanza temporalmente significative, con un’analisi preliminare attenta del rapporto fra esperienza scolastica e presenza in impresa, con un’accurata preparazione dei docenti e dei tutor di azienda. Insomma si chiede alla scuola di ripensare ai propri atteggiamenti ed all’impresa di essere disponibile ad un investimento nella formazione di importanti risorse sia umane sia materiali. Comunque alla scuola spetta il ruolo prevalente di regolatore delle attività di alternanza, come responsabile istituzionale delle politiche di formazione. Resta da verifìcare il tema dei luoghi in cui si sviluppa l’alternanza. Credo che per attivare una diffusa politica nel settore vi siano due problemi principali: il primo è legato allo specifico della tradizione italiana che, per usare un eufemismo, ha visto una ridotta presenza dell’impresa su questo settore, essendo quasi tutta la formazione tecnica delegata alla scuola, il secondo è legato alla dimensione media delle imprese. Difficilmente imprese dì piccole dimensioni possono governare fasi di tutoraggio aziendale che richiedono tempo e qualità di intervento, in molti territori nasce il problema della generalizzabilità delle esperienze di alternanza del tipo prima auspicato. Si apre insomma un consistente problema di “quante esperienze” possano essere attivate in presenza di qualità di risultato. Vale forse la pena esaminare alcune situazioni intermedie di rapporto fra scuola ed impresa, che, almeno per un transitorio che non so immaginare breve, possano costituire un’alternativa al “modello stage”. Ad esempio presso il mio Istituto abbiamo praticato alcune esperienze significative in cui si è raggiunto l’obiettivo di integrazione formativa fra scuola ed impresa in questo modo: ad inizio d’anno scolastico si è individuato un tema di interesse di un’impresa (ad esempio un particolare di macchina automatica, problemi costruttivi di gruppi di continuità...), si è individuato un obiettivo da raggiungere su quei temi ed un gruppoclasse (o un sottogruppo) ha realizzato l’obiettivo stando a scuola, lavorando molto al di fuori dell’orario ordinario; i tecnici dell’impresa sono intervenuti in fase di definizione del progetto, “a chiamata” quando si è verifìcata la necessità, in fase di verifica della realizzazione finale. In questo modo, pur avendo governato un problema sostanzialmente esterno alla scuola, con una logica di commessa da realizzare, 365 appendice uno studio di caso si è ottenuta un’ottimale integrazione coi programmi scolastici e si è gravato limitatamente su risorse aziendali. Vorrei ricordare da ultimo che il tema del rapporto fra scuola e impresa nella formazione non si esaurisce in quella che costituisce la fase iniziale della camera formativa-lavorativa; la rapida evoluzione delle tecnologie, dei prodotti, dell’organizzazione aziendale richiedono che le fasi di alternanza si estendano a tutta la vita lavorativa di un tecnico, si tratta di ricalibrare di volta in volta i baricentri delle iniziative da svolgere, ma la logica va sicuramente programmata verso un’integrazione permanente fra l’esperienza formativa e quella lavorativa. L’ipotesi percorribile potrebbe essere una scuola molto più leggera, a livello di orario scolastico, sul piano nazionale, al cui interno si fanno linguaggi di base (con materie fondamentali), linguaggi specialistici, unitamente ad un monte ore che la scuola dovrebbe gestire in piena autonomia, nelle quali si fanno “aree di progetto”, in accordo con il mondo della formazione professionale, e con le Regioni. Da questo punto di vista, un primo nodo problematico, riguarda proprio le regioni; attualmente, non tutte sono in grado di gestire quello che la riforma indica come il sistema dell’istruzione e dell’istruzione e della formazione professionale. La questione docente Tale questione rappresenta senza dubbio un tema molto delicato. La gestione del personale richiederebbe una riorganizzazione sia delle competenze che dell’orario di servizio. Il trasferimento della gestione di tutto il personale docente a livello regionale faciliterebbe l’utilizzo del personale su funzioni ripartite fra scuola e formazione a seconda delle necessità e delle competenze. L’orario di servizio dovrebbe tendenzialmente diventare più lungo integrando orari di lezione, progettazione, tutoring, aggiornamento, gestione e coordinamento. La stessa ipotesi dell’anno di formazione periodicamente usata dai docenti può essere sperimentata su un complesso di funzioni che i docenti dovranno svolgere in prospettiva. Resta aperto il tema di forme contrattuali flessibili a fronte di estese iniziativa svolte in autonomia dalle scuole. Negli ultimi decenni, due avvenimenti hanno cambiato in profondità la funzione (e anche la natura) degli insegnanti: l’introduzione dell’autonomia scolastica e l’innovazione tecnologica, che ha coinvolto anche le forme della didattica (ad esempio la formazione a distanza, l’utilizzo delle banche dati, la gestione delle forme di scrittura, i software dedicati ..). Su ognuna di queste innovazioni c’è molto da discutere a cominciare dalle implicazioni che la questione dell’organizzazione del 366 appendice uno studio di caso lavoro ha rispetto all’uso delle tecnologie. In particolare, due aspetti complementari ed entrambi problematici, sembrano accompagnare la questione docente: a) la definizione di quali siano i lineamenti della professionalità insegnante nella scuola autonoma, con le conseguenze che questo comporta per la formazione iniziale e in servizio; b) gli aspetti strutturali ad essa collegati: tipologie di docenti, modalità di carriera e di reclutamento, mobilità, retribuzione, numero e distribuzione sul territorio. Certamente, i due aspetti non sono affrontabili separatamente, è necessario, in tal senso, potenziare una funzione di governo del sistema che includa una seria e finora mai realizzata politica del personale. Infatti, da tempo ormai la trasformazione della domanda di formazione, personale e sociale, l’accento sui nuovi metodi di insegnamento e apprendimento rimettono in causa i ruoli tradizionali e le responsabilità degli insegnanti, e si insiste sulla necessità che gli insegnanti dispongano di una integrazione fra competenze disciplinari e competenze didattiche, intese non come sola tecnica ma come sviluppo di attitudini specifiche che siano in grado di individualizzare i percorsi degli allievi facendo divenire il loro curriculum fluido e interattivo. In ogni caso l’avanzamento delle misure di innovazione dovrà andare di pari passo con percorsi di prima formazione e di aggiornamento degli insegnanti che siano realmente corrispondenti alla nuova e diversa dimensione dello spazio europeo dell’apprendimento permanente. In quest’ottica, è indispensabile ottenere una partecipazione effettiva su questo tema dei sindacati e delle associazioni professionali. La condizione da cui partire per immaginare delle soluzioni è l’individuazione di un percorso graduale, di cui si indichino per sommi capi le tappe e i tempi. All’interno di tale percorso si potrebbe ipotizzare: - una formazione specialistica , per rispondere ad obiettivi in costante evoluzione che sollecitano ed esigono elevate competenze professionali; - contesti e scenari operativi, caratterizzati da aperture e collaborazioni con altre istituzioni e realtà professionali e lavorative complesse ed in costante evoluzione, che sollecitano competenze specialistiche come fattore caratterizzante della professionalità di un docente; - creazione di un corpo docente altamente specializzato, in grado di gestire la progressiva adozione di metodologie didattiche che prevedano la scomposizione frequente del tradizionale gruppo classe, a fronte di scelte da parte delle scuole autonome di curricoli opzionali e legati alle vocazioni del territorio; - mantenimento di una uniformità complessiva del ruolo docente 367 appendice uno studio di caso (profilo professionale) a livello contrattuale a livello nazionale, - costituzione e contrattazione di un “salario” accessorio per i docenti in base alla funzione che svolgono all’interno dell’Istituto; - in termini di reclutamento: la riorganizzazione delle classi di concorso, riorganizzazione del monte ore settimanale (insegnamenti curricolari fondamentali, altri insegnamenti, attività di coordinamento e di tutoraggio, etc.), - infine, per i dirigenti scolastici, a fronte di contesti e di scenari operativi in cui si attivano reti e consorzi di scuole, realtà professionali e lavorative complesse ed in costante evoluzione, sono richieste elevate competenze decisionali, per le quali la valutazione del rischio e la gestione dei conflitti costituiscono fattori caratterizzanti della loro professionalità. Si tratta certamente di un problema difficile e dibattuto, che in virtù del processo riformatore, attualmente avviato, ha insite in sé caratteristiche di processualità e di verifica collettiva sia a livello di opinione pubblica sia nelle scuole, ed è sulla serietà di questi processi che bisogna puntare. L’Istituto Aldini Valeriani e Sirani Attualmente, l’Istituto nel suo complesso, ospita, 1980 studenti. Tuttavia, nell’ultimo biennio, si registra una notevole diminuzione nelle iscrizioni: l’Istituto Professionale è passato da 11 prime a cinque; anche l’Istituto tecnico, registra nel complesso una notevole riduzione di iscritti in linea con le tendenze registrate su base regionale Già da alcuni anni sono state operate alcune scelte per favorire una maggior efficacia nel percorso scolastico degli studenti: Introduzione della flessibilità oraria (cioè di una struttura modulare dei piani annuali di studio). La Flessibilità oraria, attuata dall’anno scolastico 1998 - 99 utilizzando la normativa relativa all’Autonomia Didattica e Organizzativa (C.M.766 e D.M.765 ), prevede una diversa scansione temporale nell’insegnamento di alcune discipline. Il progetto è nato dall’esigenza di introdurre nell’organizzazione scolastica elementi di flessibilità per favorire l’apprendimento. Vengono raggruppate in un unico quadrimestre le ore di insegnamento di alcune discipline con piccolo orario settimanale. Questo permette di realizzare un rapporto più approfondito con il docente e con la disciplina stessa evidenziandone meglio la valenza educativa e la propedeuticità. Il progetto prevede anche moduli di sostegno o recupero da attuarsi in tempi ben definiti per permettere agli studenti di colmare le eventuali lacune. Programmazione di Aree di Progetto: L’Area di Progetto rappresenta 368 appendice uno studio di caso un modello di articolazione culturale che può coinvolgere tutte le discipline, a cui è destinato un numero di ore del 10% del monte ore annuo delle singole discipline coinvolte. E’ uno strumento che può servire a rendere esplicita per gli studenti un’idea di unitarietà del sapere. Alla base sta una stretta collaborazione fra i docenti nella ricerca di nuclei comuni fra le diverse discipline. L’importanza che riveste nel processo educativo-formativo una concezione non settoriale di sapere e cultura consiglia un lavoro per aree di progetto fino dai primi anni del biennio; Organizzazione di attività di recupero e di approfondimento: Gli interventi di recupero e approfondimento sono previsti e progettati dai consigli di classe utilizzando anche la presenza di più insegnanti contemporaneamente, utilizzando l’introduzione di una didattica di livelli diversi, che mentre da un lato tende al recupero delle carenze, dall’altro permette di consolidare ed approfondire la preparazione degli studenti che presentano buoni risultati. E’ importante, infatti, non solo attivare ogni possibile iniziativa volta al recupero delle difficoltà, ma anche continuare a stimolare gli studenti di buon livello per evitare fenomeni di demotivazione e disinteresse. Il cospicuo carico orario settimanale spinge a sfruttare al massimo il tempo scuola, inserendo attività sia di recupero che di approfondimento sempre più diffusamente all’interno del regolare orario scolastico, utilizzando strategie e strumenti diversi a seconda dei casi e a giudizio dei consigli di classe. Le modalità più utilizzate in quanto già ampiamente testate sono: a) l’utilizzo della presenza di due docenti nella stessa ora e per la stessa disciplina, da sfruttare sempre più spesso come contemporaneità su 2 gruppi diversi che hanno bisogni diversi ( es. recupero l’uno, approfondimento l’altro); b) l’attivazione di gruppi di livello trasversali a diverse classi; c) l’utilizzo di insegnamento modulare e di ausili multimediali, in particolare di quelli che consentono l’individualizzazione dell’insegnamento. Attivazione di “passerelle”: Per agevolare il passaggio degli studenti da un indirizzo all’altro, anche di ordine diverso (D.M.9 agosto 99 n° 323 art. 5), l’ Istituto progetta e realizza - nel corso del 1° e/o del 2° annointerventi didattici integrativi che si concludono con una certificazione attestante l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze necessarie al passaggio. La mission dell’Istituto si caratterizza per una offerta formativa così articolata: Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani: agli inizi del ‘900 insieme alla Scuola di Applicazione degli Ingegneri, l’Istituto, realizzò una profonda riorganizzazione dell’insegnamento tecnico-meccanico, diven- 369 appendice uno studio di caso tando una “scuola-officina”, dove le lezioni teoriche accompagnavano le attività di laboratorio. Questa attenzione al “sapere” e al “saper fare” è diventata una peculiarità dell’istituto che nel corso degli anni ha dedicato energie e risorse per realizzare interventi didattici in diversi indirizzi specialistici in sintonia con l’avanzare delle tecnologie e con le richieste del territorio. L’attenzione a queste ultime è anche testimoniata dalla forte collaborazione che l’istituto intrattiene con lo Sportello Aldini Lavoro e la Fondazione Aldini-Valeriani. Il corso di studio dell’Istituto Tecnico Industriale ha durata cinque anni, al termine del quale si consegue un diploma di Perito Industriale che consente l’accesso alle attività professionali. E’ costituito da un Bienni comune al termine del quale è possibile iscriversi ad una delle sette specializzazioni: Chimica, Edilizia, Elettronica e Telecomunicazioni, Elettrotecnica e Automazione, Informatica, Meccanica, Termotecnica. Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato: rilascia al termine del primo triennio di studi un diploma di qualifica. Il corso è finalizzato alla formazione di operatori professionali con buone capacità tecnicomanuali nei settori di specializzazione; successivamente al conseguimento della Qualifica è possibile proseguire direttamente in un biennio post qualifica con cui si consegue il diploma di scuola secondaria superiore di tecnico nel settore scelto. Gli indirizzi sono: operatore elettrico, operatore grafico, operatore meccanico, Tecnico delle industrie grafiche, Tecnico delle industrie elettriche. Istituto Professionale per i Servizi Sociali e della Pubblicità Elisabetta Sirani: nel 1903 l’Istituto passa alla gestione comunale e si caratterizza stabilmente come scuola che prepara manodopera ad alta specializzazione per l’artigianato e la piccola industria del tessile e dell’abbigliamento. Nel dopoguerra, l’Istituto cambia il proprio assetto, si rinnovano i profili professionali e si rivolge anche all’utenza maschile. Attualmente, presso l’Istituto si tengono corsi di studio della durata di tre anni al termine dei quali si consegue un diploma di qualifica: operatore per i servizi sociali, operatore grafico-pubblicitario. Il IV e V anno post-qualifica di ciascun corso sono facoltativi e terminano con l’esame per Tecnico dei Servizi sociali o per Tecnico della grafica pubblicitaria. Durante i due anni del biennio post qualifica parte dell’orario scolastico viene utilizzato nelle strutture di formazione professionale regionale per conseguire una specializzazione di settore riconosciuta da apposito attestato. Istituti serali Aldini-Valeriani e Sirani: dall’anno scoalstico 1996-97 aderiscono alla sperimentazione ministeriale “Sirio” studiata per le scuole serali. Tale progetto permette agli studenti di approssimare un percorso scolastico flessibile, su misura rispetto alle loro esigenze per- 370 appendice uno studio di caso sonali, lavorative e scolastiche. Sono state introdotte novità rispetto al corso tradizionale: la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni, il riconoscimento dei crediti formali e crediti non formali (competenze acquisite in ambito lavorativo), a cui si accompagna un sistema di debiti formativi, l’introduzione della figura del tutor, la distribuzione dell’orario delle lezioni su cinque giorni, la possibilità di modularizzare le discipline. L’Istituto conferisce al termine del ciclo di studi di cinque anni il diploma di Ragioniere, di Perito Meccanico e Perito in Elettronica e Telecomunicazioni. Ciascun Istituto è articolato in un biennio e un triennio di specializzazione. La scuola ha una forte relazione con la “Fondazione Aldini Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica”, istituzione autonoma, fondata da Comune di Bologna, Assindustria e Camera di commercio, che opera nell’ambito della Formazione professionale e dei servizi tecnologici alle imprese, in grado di stabilire contatti con il mondo del lavoro. Per ciò che concerne il post-diploma, la scuola ha da tempo sviluppato dei rapporti con gli IFTS (Istruzione e Formazione Tecnica Superiore), con valenza professionalizzante; sono stati promossi corsi di tecnici delle reti industriali e tecnici dell’organizzazione dei trasporti. In collaborazione con i CFP, sono stati avviati corsi post diploma miranti alla riconversione e all’aggiornamento di personale tecnico. Sul versante lavoro, è attivo lo “Sportello Aldini Lavoro” che ha il compito di facilitare l’ingresso dei diplomati nel lavoro attraverso fasi di orientamento pre e post diploma, allo stesso tempo facilita le imprese nel lavoro di ricerca del personale. E’ stata recentemente condotta un’Indagine sugli sbocchi occupazionali e formativi dei giovani che si sono diplomati presso l’Istituto Aldini nell’anno scolastico 1998-99. L’indagine è stata realizzata dalla Sportello Orientamento & Lavoro Aldini Sirani finalizzata a monitorare bisogni, esigenze, sbocchi occupazionali e mercato del lavoro locale (la rilevazione è stata condotta nel primo semestre 2002). L’analisi dei dati raccolti presenta risultati più che soddisfacenti per quanto riguarda gli sbocchi occupazionali e formativi dei giovani ex allievi degli Istituti Aldini Valeriani e Sirani: l’86% degli aspiranti lavoratori in capo a tre mesi si trova in una situazione lavorativa. Il mercato del lavoro locale, infatti, caratterizzato dalla presenza di Pmi, presenta una forte domanda di manodopera professionale di tipo tecnico che si notevolmente incrementata negli ultimi anni, soprattutto in conseguenza di un turn over generazionale all’interno delle aziende. L’autonomia organizzativa permette di individuare strumenti di gestione, che, accanto agli organismi previsti dalla legge (Consiglio di Istituto, il Collegio dei Docenti, il Consiglio di Classe), risultano funzionali alla realizzazione del lavoro scolastico ed al buon funzionamento 371 appendice uno studio di caso della scuola. Tali strumenti si configurano come gruppi di lavoro che vengono coordinati dalla Presidenza. Essi sono: Gruppi Disciplinari, Commissione Integrazione per l’Handicap, Coordinamento Tutor. Quest’ultimo, è composto da tutti i docenti tutor delle classi. Il tutor è il riferimento per gli altri insegnanti, per gli studenti e per le famiglie per tutto ciò che concerne le notizie riguardanti la personalità, l’atteggiamento e la preparazione dello studente, e per ogni problema nasca all’interno della classe. È quindi anche il referente del Preside per i problemi didattici e/o disciplinari della classe. In particolare sono compiti del “Tutor”: favorire l’inserimento dei singoli allievi nel sistema scolastico, raccogliere sistematicamente informazioni relative all’andamento scolastico e disciplinare ed ai problemi di relazione e/ o socializzazione, mantenere i rapporti con le famiglie comunicando tempestivamente eventuali disagi e difficoltà, mantenere i rapporti con esperti esterni quando se ne ravvisi la necessità, curare la gestione dei crediti e dei debiti scolastici. Il Coordinamento dei Tutor definisce le linee comuni di intervento, si occupa di azioni per la prevenzione della dispersione scolastica e di orientamento. L’offerta formativa integrata sviluppata dagli Istituti Aldini Valeriani e Sirani, si concretizza attraverso due significativi progetti: Progetto Lavoro: In collaborazione con la Fondazione Aldini- Valeriani e lo Sportello Aldini-Lavoro vengono realizzati interventi particolarmente significativi dal punto di vista formativo, utilizzando: Stage, Laboratori aperti, Conferenze di tecnici, Visite aziendali, Tirocini aziendali, Esperienze di lavoro estivo. L’orientamento al lavoro coinvolge le quinte classi e ha l’obiettivo di fornire allo studente elementi utili per attivare un processo decisionale sui propri successivi percorsi sia di formazione sia di lavoro (opportunità formative, dinamiche del mercato del lavoro e sbocchi occupazionali, modalità di accesso al mondo del lavoro, strumenti e tecniche di ricerca d’impiego); Progetti integrati: Riguardano i diversi corsi del triennio e hanno i seguenti obiettivi generali: approfondire e consolidare il processo di integrazione tra scuola , mondo del lavoro, formazione professionale; arricchire il piano di studi dei diversi corsi coerentemente ai cambiamenti del mondo del lavoro. La durata e le modalità di realizzazione dei progetti sono diverse nelle singole specializzazioni, comunque hanno tutti alla base moduli didattici conformi alla normativa prevista che interessano le seguenti aree: comunicazione, lingua straniera tecnica, tecnologie informatiche, Unione Europea, sistema economico, diritto italiano e comunitario, sicurezza e ambiente di lavoro, sistema qualità, tecniche di ricerca attiva 372 appendice uno studio di caso del lavoro, approfondimenti specifici, stage aziendali, tirocini estivi. Nello specifico, alcuni progetti finanziati dalla Provincia già in atto o approvati per l’anno scolastico in corso, riguardano: IPLE: Progetto di integrazione pluridisciplinare nell’area delle competenze professionali del settore Edile (FSE 2000 moduli integrati con la SMS); FAV Motori ed automazione per professionalità integrate con le esigenze del territorio ( FSE 2000 moduli integrati con la SMS), Studenti di Meccanica; FAV Progetto integrato in elettronica ad indirizzo EMC ( FES 2000 moduli integrati con la SMS), Elettronica e Telecomunicazioni. Negli ultimi anni, il diffondersi delle politiche di integrazione regionali per fascie deboli, hanno indotto l’Istituto ad avviare corsi di avviamento al lavoro - attività di integrazione - per immigrati, volti all’acquisizione di competenze tecnico specialistiche finalizzate all’inserimento nel tessuto produttivo locale. Il collegamento con il mondo del lavoro, da parte dell’Istituto, è assicurato e organizzato dall’attività di due organismi presenti all’interno della scuola: Lo Sportello Aldini - Lavoro: istituito dal Settore Economia del Comune di Bologna in collaborazione con l’Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani dal 1995, ha l’obiettivo di favorire e consolidare i rapporti già esistenti tra gli Istituti aggregati e il mondo del lavoro. Svolge attività di servizio, quali: informazione, orientamento, inserimento lavorativo, mobilità nel lavoro; informazione per ex allievi e segnalazione alle aziende del comparto industriale tramite la gestione di opportune banche dati; consulenza individuale, incontri personalizzati, materiali, informazioni su: scelta universitaria, formazione professionale, contratti di lavoro, praticantato, servizio civile, servizi per il lavoro presenti sul territorio; consulenza (individuale o brevi sessioni collettive) sulle tecniche e strategie di ricerca del lavoro e sul mercato del lavoro locale; occasioni di tirocini in azienda per diplomati; interventi di sostegno alla transizione e alla scelta post-diploma e orientamento universitario per studenti dell’Istituto Tecnico e Professionale Aldini (in collaborazione con gli Istituti). Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica: La ” Fondazione Aldini-Valeriani per lo sviluppo della cultura tecnica” è sorta dopo una serie di riflessioni e di proposte avanzate sia dal Comune di Bologna (gestore degli Istituti Tecnico Industriale e Professionale Aldini-Valeriani) che dalle associazioni imprenditoriali bolognesi. Da ultimo Assindustria ha presentato un progetto la cui evoluzione e perfezionamento ha portato alla costituzione della Fondazione. Gli scopi indicati per la Fondazione sono: 1) Valorizzazione della cultura tecnica e suo riaccredito come stru- 373 appendice uno studio di caso mento di valore formativo generale. Ciò potrà avvenire anche attraverso forme di orientamento per le scelte dei giovani e attraverso la illustrazione delle potenzialità delle professioni tecniche; 2) Gestione di corsi di formazione professionale di livello medio alto rivolti sia ai neo-diplomati, sia a tecnici con esperienza di lavoro; data la caratteristica di ricorrenza di tale formazione sono previste modalità di realizzazione molto differenziate. Va evidenziato come l’obiettivo non sia solo quello di utilizzare finanziamenti pubblici, ma anche di coinvolgere economicamente le imprese; 3) Erogazione di servizi tecnologici consistenti in prove di materiali, costruzione di prototipi, ricerche applicate. E’ previsto che singoli soggetti possano utilizzare, per tempi definiti, spazi attrezzati della Fondazione sia per ricerche che per presentazione dei propri prodotti; 4) Costituzione di un centro di documentazione sulle nuove tecnologie e sulla innovazione dei processi industriali. L’organizzazione scolastica La gestione e l’organizzazione dell’Istituto è di competenza degli organi istituzionali: Dirigente scolastico, Collegio dei Docenti, Comitato studenti, Consigli di classe, Consiglio d’Istituto, Direttore servizi generali e amministrativi coadiuvati nelle funzioni di gestione da Commissioni (formate da docenti, genitori, alunni), che si occupano di tematiche legate allo sviluppo delle attività didattico-formative in seno all’Istituto. La gestione amministrativa della scuola è di competenza del Comune di Bologna, il Dirigente scolastico, che ha la responsabilità complessiva dell’Istituto, dal 1 gennaio 2003 è sottoposto contrattualmente al Ccnl dei Dirigenti degli Enti Locali, anche per quanto riguarda le funzioni aggiuntive esplicate nell’ambito delle proprie competenze. Il personale docente, invece, svolge le proprie funzioni in base al Ccnl del personale scolastico; mentre, il personale non docente, assunto come dipendente comunale è sottoposto al Ccnl degli Enti locali. Tale modello di gestione delle risorse umane non presenta problemi dal punto di vista organizzativo né tantomeno in termini conflittuali; la contrattazione decentrata all’interno dell’Istituto si realizza su due piani diversi: una politica del personale afferente al corpo docente ed una parallela riguardante il personale non docente con rappresentanza sindacale su base comunale. Per le attività accessorie, i docenti fanno riferimento al Fondo d’Istituto, mentre, il personale non docente, è regolato dalle politiche comunali in termini di incentivi. 374 “Temi & Strumenti” Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle regioni dell’obiettivo 1, Roma, Isfol, 2004 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche;1) Isfol, Le politiche comunitarie per la mobilità giovanile: un panorama comunitario, nazionale e locale, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Politiche Comunitarie; 1) Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza Europass Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 2) Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000-2006. Quadro Comunitario di sostegno Ob. 3. Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 3) Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 4) Isfol, Tra orientamento e auto-orientamento, tra formazione e auto-formazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 5) Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 6) Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 7) Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale. Compendium progetti legge 383/2000 triennio 2002-2004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 8) Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 9) Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 10) Isfol, Consulenza alla persona e counseling: ambiti di intervento, approcci, ruolo e competenze del counselor, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 11) 375 I.G.E.R. srl viale C.T. Odescalchi, 67/A 00147 Roma Finito di stampare Ottobre 2006