COMUNICATO STAMPA Venezia, XX xxxxx 2015 Norma di Vincenzo Bellini Mercoledì 20 maggio 2015 alle ore 19.00 andrà in scena al Teatro La Fenice un nuovo allestimento di Norma di Vincenzo Bellini, tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani tratto dalla tragedia omonima di Alexandre Soumet, andata in scena per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 26 dicembre 1831 e alla Fenice un anno dopo, il 26 dicembre 1832. Assente dal teatro veneziano dal 1993, il capolavoro belliniano sarà proposto in un nuovo allestimento di grande interesse, che farà parte, come progetto speciale, della 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia aperta dal 9 maggio al 22 novembre 2015. Regia, scene e costumi saranno infatti affidati all’artista americana Kara Walker, che si cimenterà con le forti tematiche dell’opera alla luce della sua esperienza artistica, da sempre incentrata sulle contraddizioni insite nelle dinamiche di dominazione e di potere, sulle conseguenze politiche e psicologiche dei pregiudizi razziali e di genere, e sui traumi che accompagnano la formazione dell’identità in contesti di oppressione e violenza. Come sottolinea Fortunato Ortombina, direttore artistico della Fondazione Teatro La Fenice, «centrale in Norma è il concetto di dominazione: il proconsole romano Pollione seduce e ama una sacerdotessa delle Gallie, da Roma conquistate. Questo è un tema molto vicino alla poetica di Kara Walker, scelta anche per la distanza e l’alterità della sua arte rispetto alla nostra tradizione lirica». «Norma costituisce il culmine, se non addirittura l’assoluto del canto nel teatro musicale», prosegue il direttore artistico, «e il paradosso di un’arte che trasforma in qualcosa di ‘bello’ la narrazione di atti di brutalità e sopraffazione è uno dei temi principali del lavoro dell’artista americana. Kara Walker è infatti nota per le sue eleganti e apparentemente tradizionali silhouettes nere su fondo bianco, la cui leggiadria è perturbata dal complesso e provocatorio riutilizzo di questa tecnica artistica per narrare la storia della schiavitù nera negli Stati Uniti del Sud». La lacerazione di Norma, divisa tra il suo ruolo di sacerdotessa e l’amore tradito per il nemico Pollione, la speranza infranta di riuscire a comporre un’identità minata da un ineludibile rapporto di subordinazione, il tentativo di infanticidio e infine il suicidio come sola via d’uscita da un conflitto identitario insostenibile sono i temi principali dell’opera di Bellini, con cui Kara Walker si confronterà da par suo mettendo in rilievo le complesse dinamiche del desiderio che animano i protagonisti, compresa la disperata solidarietà femminile rappresentata dal personaggio di Adalgisa. «L’intento di riaffermare l’attualità della grande stagione melodrammatica italiana misurandosi con nuovi e diversi linguaggi presi dalle più aggiornate espressioni contemporanee» dichiara il sovrintendente della Fondazione Teatro La Fenice Cristiano Chiarot «è alla base del rapporto che la Fenice ha instaurato con il Settore Arti Visive della Biennale. Dopo il fortunato allestimento di Madama Butterfly firmato nel 2013 da Mariko Mori, abbiamo voluto ripetere l’esperienza affidando Norma, opera che può essere definita il culmine di una certa classicità, a Kara Walker. Il lavoro di questa grande artista, alla sua prima messa in scena di un’opera lirica, ha approfondito con passione e vitalità gli incanti e le seduzioni del capolavoro belliniano mettendo in http://www.teatrolafenice.it http://www.facebook.com/LaFeniceufficiale https://twitter.com/TeatroLaFenice risalto tematiche presenti nella struttura narrativa in cui tuttora ci vediamo coinvolti: conflitti razziali e religiosi, condizionamenti e sottomissioni sessuali. Quanto vedremo è fatto per fissarsi nelle nostre impressioni di pubblico della nostra epoca, fino a restituirci la musica del dramma belliniano come un nostro dramma personale». La direzione musicale del capolavoro di Bellini, terzultimo del suo catalogo e culmine della sua produzione lirica, sarà affidata a Gaetano d’Espinosa che dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro La Fenice, quest’ultimo preparato da Claudio Marino Moretti. Di assoluto prestigio sarà il cast, che vedrà impegnati nei ruoli principali il tenore Gregory Kunde nel ruolo del proconsole romano Pollione, il soprano Carmela Remigio (in alternanza con Maria Billeri) in quello della druidessa Norma, il mezzosoprano Veronica Simeoni (in alternanza con Roxana Constantinescu) in quello della giovane sacerdotessa Adalgisa e il basso Dmitry Beloselskiy in quello di Oroveso, capo dei druidi e padre di Norma. Il soprano Anna Bordignon sarà Clotilde, confidente di Norma, e il tenore Emanuele Giannino Flavio, amico di Pollione. La prima di mercoledì 20 maggio (turnoA), trasmessa in differita da Rai Radio3, sarà seguita da tre repliche in maggio, domenica 24 (turno B) alle 15.30, mercoledì 27 (turno D) alle 19.00 e sabato 30 (turno C) alle 15.30, e due repliche in giugno, mercoledì 3 (turno E) e sabato 6 (fuori abbonamento) alle 19.00. L’opera si alternerà sul palcoscenico della Fenice con La traviata e con Madama Butterfly, proposta nell’allestimento di Àlex Rigola (regia) e Mariko Mori (scene e costumi) che fu nel 2013 progetto speciale della precedente Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale. Proposta alla Fenice tre volte nell’ultimo mezzo secolo, nel 1966 (con Elinor Ross, Mario Del Monaco e Fiorenza Cossotto, direttore Ettore Gracis, regia di Alberto Fassini), 1972 (con Cristina Deutekom, Bruno Prevedi e Bianca Maria Casoni, direttore Francesco Molinari Pradelli, regia di Lamberto Puggelli) e 1993 (con Monica Pick-Hieronimi, Dano Raffanti e Luciana D’Intino, direttore Emil Tabakov, regia di Ugo Tessitore), Norma è la terzultima opera di Vincenzo Bellini, nonché la più rappresentata (la celebre aria «Casta diva» è stata banco di prova per le più grandi soprano del mondo). Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani, andata in scena alla Scala il 26 dicembre 1831, riunisce al suo interno una drammatica storia d’amore, quella tra la protagonista e il proconsole Pollione, e un’altrettanto tragica dimensione politica, che vede contrapporsi conquistati (il popolo gallo, di cui Norma è sacerdotessa) e dominatori (l’esercito di occupazione romana). In un susseguirsi di colpi di scena, nella climax finale l’eroina, rea di aver tradito la propria gente per amore, si autocondanna al rogo, seguita dallo stesso Pollione, annientato e ammirato dal suo gesto. KARA WALKER Kara Walker vive e lavora a New York, ed è nota per la sua esplorazione, diretta e senza reticenze, di temi quali razza, genere, sessualità e violenza, condotta attraverso grandi silhouettes di cartoncino nero che sono apparse in numerose mostre ed esposizioni in tutto il mondo. Nata a Stockton in California nel 1969, a partire dall’età di tredici anni è cresciuta ad Atlanta, in Georgia. Ha studiato all’Atlanta College of Art (Bachelor of Fine Arts, 1991) e alla Rhode Island School of Design (Master of Fine Arts, 1994). Ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti, in particolare il MacArthur Foundation Achievement Award nel 1997 e la Eileen Harris Norton Fellowship nel 2008. Nel 2012 è divenuta membro dell’American Academy of Arts and Letters. Le sue opere sono conservate in numerosi musei e collezioni pubbliche, tra cui il Solomon R. Guggenheim Museum, il Museum of Modern Art e il Metropolitan Museum of Art di New York; la Tate Gallery di Londra; il Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo (MAXXI) di Roma; e le collezioni della Deutsche Bank a Francoforte. La sua più importante retrospettiva, Kara Walker: My Complement, My Enemy, My Oppressor, My Love, è stata organizzata dal Walker Art Center di Minneapolis nel febbraio 2007, ed esposta poi all’ARC del Musée d’Art moderne de la Ville de Paris, al Whitney Museum of American Art di New York, all’Hammer Museum di Los Angeles e al Museum of Modern Art di 2 Fort Worth. Sue recenti monografiche sono state presentate all’Art Institute di Chicago, al Camden Arts Centre di Londra e al Metropolitan Arts Center (MAC) di Belfast. Nella primavera del 2014 ha realizzato il suo primo progetto pubblico a grande scala, un’installazione monumentale intitolata A Subtlety: Or… the Marvelous Sugar Baby, an Homage to the unpaid and overworked Artisans who have refined our Sweet tastes from the cane fields to the Kitchens of the New World, on the Occasion of the demolition of the Domino Sugar Refining Plant, che è stata presentata nell’ex zuccherificio della Domino Sugar Refinery a Brooklyn. Commissionato e presentato da Creative Time, il progetto – una gigantesca scultura ricoperta di zucchero in forma di sfinge – si è imposto come una riflessione e una presa di posizione sulla tormentata storia dell’industria dello zucchero, fatta di schiavitù, sfruttamento e colonialismo. 3