Presentazione
Il territorio nel quale viviamo è il frutto del lavoro congiunto della
natura e degli uomini; alcuni dei quali hanno lasciato il loro segno. Come
il professor Augusto Rinaldi Ceroni, preside e botanico, che ha dedicato
tutta la sua vita, che ha coperto la parte centrale e finale del ‘900, alla
salvaguardia e alla valorizzazione del patrimonio storico, monumentale
ed ambientale ed anche umano di Casola Valsenio, dove era nato.
Una missione svolta con sapere ed umanità seguendo, come riferimento, la scuola e il mondo delle piante officinali. Una scuola concepita
e diretta in modo aperto e moderno, con un continuo e stretto rapporto
con la realtà locale dalla quale trarre spinte innovative ed arricchimenti
umani e culturali e alla quale offrire idee e fresche energie giovanili.
Le piante officinali, amate e coltivate da Augusto Rinaldi Ceroni
per offrire agli uomini piacere e salute, hanno rappresentato nel dopoguerra lo strumento con il quale il professore casolano ha tentato di
riconvertire le colture collinari e montante per far fronte al degrado provocato dall’abbandono delle campagne. Per poi destinarle, nell’ultimo
quarto di secolo, ad incrementare il valore paesaggistico e turistico
della media valle del Senio. Un’opera svolta con passione e tenacia,
nella quale Augusto Rinaldi Ceroni ha trovato la collaborazione prima
del Comune di Casola Valsenio, dell’Ispettorato Agrario e del Corpo
Forestale dello Stato e quindi della Regione Emilia Romagna e della
Provincia di Ravenna. Un lavoro congiunto che ha fatto sì che oggi
la valle del Senio si presenti con un bel manto di verde e che ha portato
alla realizzazione del Giardino delle Erbe, della Strada della Lavanda,
della Strada dei Frutti Dimenticati, del Mercatino delle Erbe Officinali e
all’affermarsi di una cucina alle erbe aromatiche. Iniziative e realizzazioni che hanno attirato su Casola Valsenio l’interesse nazionale, sia come
meta turistica che come esempio di valorizzazione del territorio.
Un libro sulla vita di Augusto Rinaldi Ceroni è dunque la storia
della “costruzione” del turismo nella collina ravennate al confine con
la Toscana. Ed è anche la storia dell’erboristeria italiana nella seconda
metà del ‘900 e uno spaccato sul difficile periodo della ricostruzione e
di come uomini di buona volontà hanno saputo affrontarlo e superarlo
al di là delle diverse condizioni sociali e dei diversi orientamenti politici.
Ed è soprattutto il racconto di una vita esemplare, interamente dedicata
al proprio paese.
Giorgio Sagrini
Sindaco di Casola Valsenio
Francesco Giangrandi
Presidente Provincia di Ravenna
Giacomo Giacometti
Assessore al Turismo di Casola V.
Andrea Corsini
Assessore al Turismo Prov. di Ravenna
1
Se Càsola Valsenio è il paese delle erbe officinali;
se molte strade della provincia di Ravenna sono abbellite
da spalliere ornamentali di piante di lavanda;
se la cucina romagnola è stata ravvivata dalle erbe aromatiche,
lo si deve al professor Augusto Rinaldi Ceroni.
Che ha dedicato la sua vita alle piante officinali,
ingentilendo il paesaggio e rendendo più dolce il nostro vivere.
augusto
rinaldi
ceroni
Una vita per le piante officinali
di Beppe Sangiorgi
Comune
di Casola Valsenio
con testimonianze di
Enrico Docci
Paola Lagorio
Maurizio Nati
Michele Melegari
Indice
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Introduzione 9
Il primo orto officinale 13
La scuola 13
La vita politica 17
L’orto officinale 18
Una scuola per il territorio 23
La rappacificazione 27
I molteplici interessi 30
Dal Cardello a Monte Battaglia 33
Alfredo Oriani 33
I raduni cicloturistici 35
Il Cardello 37
Monte Battaglia 40
I problemi della montagna 45
La Festa degli Alberi 49
Le piante officinali 55
La lavanda 59
Meno commercio più turismo 65
Casola Valsenio, il paese delle erbe officinali 71
Il Mességué italiano 77
La rinascenza del Giardino 81
Testimonianze 87
Rinaldi Ceroni, il divulgatore (Enrico Docci) 88
Augusto Rinaldi Ceroni, il preside (Paola Lagorio) 95
Ricordo del Prof (Maurizio Nati) 99
Augusto Rinaldi Ceroni: il “Prof delle Erbe” (Michele Melegari) 102
Note biografiche 107
L’eredità 111
Norme per mantenersi in salute e vivere a lungo 112
Piante simboliche 113
Le piante dell’oroscopo 114
Piante officinali dell’amore nella tradizione popolare 115
I prodotti dell’alveare 117
Le erbe aromatiche 118
Le ricette del Prof 124
7
Introduzione
La ricostruzione delle vicende umane e professionali di Augusto
Rinaldi Ceroni si è profilata inizialmente come un impegno apparentemente facile. Invece si è rivelato sempre più complesso, via via che
prendeva corpo mettendo mano ai documenti, ai suoi appunti ed ai
ricordi dei familiari, degli amici e dei suoi ex scolari.
Semplice perché, secondo il suo costume, tra mille fogli di appunti
ha lasciato anche alcuni cenni autobiografici con annotate le cose
più importanti che hanno segnato la sua vita. In realtà complesso perché gli interessi dispiegati da Augusto Rinaldi Ceroni sono stati di una
profondità ed estensione senza paragoni. Allargandosi dalla scuola e
dallo studio delle piante officinali alla storia del suo paese, al turismo,
alla cucina, alle iniziative culturali, alla salvaguardia del paesaggio, allo
sviluppo dell’agricoltura e dei prodotti tipici, alla valorizzazione e salvaguardia dei monumenti, al recupero delle tradizioni popolari romagnole e così via. E ciascuno di questi aspetti è strettamente intrecciato con
gli altri e tutti insieme concorrono in egual maniera a raccontare la vita
e le passioni di un uomo.
Inoltre l’archivio messo a disposizione dalle figlie si è rivelato
di tale vastità da aprire continuamente, faldone dopo faldone, scenari
entro i quali se ne aprivano altri, e via di seguito, come scatole cinesi.
Scenari che svelavano insospettati rapporti di studio e culturali, insieme a sorprendenti intuizioni e progetti, che
delineavano una figura insieme di grande complessità e di profonda limpidezza umana e
professionale. Presa da mille interessi ed attiva
in tutte le iniziative del paese dietro i quali
correvano percorsi rimasti sconosciuti fino alla
lettura delle carte. Come i rapporti epistolari
con i giovani casolani al fronte o il contributo
fornito alla rappacificazione nel dopoguerra.
Ci ha guidato in questa ricerca e ricostruzione, la bussola della sua vita, che Rinaldi
Ceroni ha sempre tenuto puntata verso il suo
paese, al quale lo legava uno straordinario
amore. Paese che non volle mai abbandonare,
a costo di rinunciare ad importanti sviluppi professionali e di studio
che però lo avrebbero portato lontano da Casola Valsenio.
E rimase anche nel difficile periodo tra la fine della guerra e i primi
anni Settanta, quando si trovò a combattere battaglie solitarie e controcorrente, confortato solo dall’attenzione dell’Amministrazione Comunale
di Casola Valsenio, di qualche altra istituzione e di pochi amici studiosi.
Ma era ben poca cosa di fronte alla società, alla economia e alla cultura
9
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nazionali che in quegli anni giravano in tutt’altra direzione.
Così che Augusto Rinaldi Ceroni si trovò ad affrontare impegni
come la valorizzazione e coltivazione delle piante officinali quando
invece ci stavamo “americanizzando” puntando sulla medicina di sintesi o come la difesa della montagna, mentre la società industriale prendeva il posto di quella agricola. Ed ancora si batté in difesa della cultura popolare, delle tradizioni e della cucina locali mentre la società
nazionale si andava appiattendo ed omologando su standard dettati
dalla pubblicità e dal consumismo. Si impegnò sia nella rivalutazione
della figura e dell’opera di Alfredo Oriani, generalmente considerato
un autore scomodo, che nello studio e nella divulgazione della storia
e dei monumenti di Casola Valsenio, allora solo un piccolissimo punto
sulla carta geografica, sconosciuto e senza attrattive turistiche.
Poi la svolta dei primi anni ‘70, quando la società e la cultura nazionali volgono lo sguardo a ciò che si erano lasciati alle spalle per recuperare quanto di buono e di valore esprimeva comunque il nostro passato.
Recuperando così, anche se solo parzialmente, un modo di vivere naturale, benefico ed appagante, sia dal punto di vista materiale che sociale
e culturale. Casola Valsenio, a differenza di tante altre località, non aveva
tagliato le radici col passato grazie al professor Rinaldi Ceroni.
E per l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco casolane, la
Provincia di Ravenna ed altri enti ed associazioni pubblici e privati
è facile, a questo punto, riprendere in mano il filo della storia che li guiderà nello sviluppo dell’ultimo quarto di secolo. Soprattutto attraverso
la realizzazione dei progetti e delle intuizioni di Augusto Rinaldi Ceroni
che fino allora sembravano sogni. A cominciare dalla creazione del
Giardino Officinale e della Strada della Lavanda e proseguendo con la
trasformazione in museo del Cardello, il restauro della Rocca di Monte
Battaglia, la valorizzazione del Mercatino delle Erbe Officinali, l’affermarsi di una cucina alle erbe aromatiche, col recupero e la valorizzazione dei cosiddetti frutti dimenticati e dei prodotti tipici e la creazione
della Strada delle Piante della Memoria. Realizzazioni che hanno trasformato ed elevato Casola Valsenio in paese turistico e riconosciuta
“capitale” delle erbe officinali, al centro di un’area che appare come
una piccola Provenza italiana.
Augusto Rinaldi Ceroni ha avuto la fortuna e la soddisfazione di
vedere realizzati gran parte dei suoi sogni. A noi, dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1999, resta l’impegno di lavorare per portare a compimento quelli rimasti incompiuti. Un impegno che l’Amministrazione
Comunale e la Pro Loco di Casola Valsenio, la Provincia di Ravenna,
la Cooperativa Montana Valle Senio che gestisce il Giardino Officinale,
oggi Giardino delle Erbe “Augusto Rinaldi Ceroni”, hanno già affrontato.
Avviando la valorizzazione e la promozione dei “fiori officinali” e progettando, con la Fiera di Valsenio, il recupero e la salvaguardia dei
piccoli animali domestici di un tempo, dei quali si occupò nei suoi
primi studi anche Rinaldi Ceroni. E’ anche questo un modo per ricordare
e ringraziare colui che più di ogni altro ha contribuito a valorizzare
il nome e l’immagine di Casola Valsenio e ad arricchire la vita culturale
e sociale dei suoi abitanti.
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Il primo orto officinale
Augusto Rinaldi Ceroni,
giovanissimo, in sella
ad una Guzzi
Augusto Rinaldi Ceroni nasce il 15 dicembre 1913 al Cantone,
una casa padronale poco a monte di Casola Valsenio, da Francesco
e Luigia Fabbri.
Il padre, oltre ad Augusto, gli impone profeticamente il secondo
nome di Silvio, dal latino silva, cioè uomo della selva o del bosco. E per
tutta la vita Augusto Rinaldi Ceroni dedicherà il suo interesse ed il suo
tempo al mondo delle piante. Come, per tutta la vita, seguirà gli insegnamenti morali, sociali e religiosi appresi in seno ad una famiglia di
proprietari discendente da un ceppo dei Ceronesi, la consorteria che
dominò la valle del Senio nella prima metà del XVI secolo. Una famiglia
patriarcale di agricoltori con una fede profondamente vissuta, sensibili
alle istanze sociali che nei primi decenni del ‘900 avevano attecchito
anche negli ambienti cattolici della valle del Senio.
Augusto Rinaldi Ceroni studia alle Scuole Elementari di Casola
Valsenio, poi presso l’Istituto Salesiani di
Faenza e quindi ad Imola dove, nel 1935,
consegue il diploma di Perito Agrario presso
l’istituto “G. Scarabelli”. Due anni dopo inizia
la sua carriera di docente di materie agrarie
presso scuole di Bagnacavallo e Ferrara,
senza per questo abbandonare gli studi che
lo portano a conseguire a Roma, nel gennaio
del 1938, il diploma di Tecnica Agraria.
La scuola
Ma l’amore per il suo paese ed una vocazione che lo porta a svolgere ruoli di coordinatore e dirigente nella scuola lo spingono a chiedere e ad ottenere la nomina a direttore di un Corso Secondario di
Avviamento Professionale di Tipo Agrario con differenziazione industriale femminile da istituire a Casola Valsenio. Un corso biennale che seguiva la scuola elementare ma che era tutto da creare. Rinaldi Ceroni, con
l’attivismo e la perseveranza che lo caratterizzeranno per tutta la vita,
inizia a cercare gli alunni, parlando con i genitori dei giovani, maschi e
femmine, che hanno concluso, anche da qualche anno, il ciclo elementare. E tenta di convincerli dell’utilità di frequentare la nuova scuola
che finalmente offre la possibilità di proseguire gli studi anche a chi
si trova in non facili condizioni economiche. Fino ad allora, infatti, per
i figli delle classi più povere - piccoli artigiani, braccianti e mezzadri l’unica possibilità di frequentare le scuole secondarie era rappresentata
dal seminario.
13
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Le allieve del corso
di Economia Domestica
- 1942
Tanto è l’entusiasmo e la capacità di convinzione che il 16 ottobre 1938
parte il corso con Augusto Rinaldi Ceroni che, oltre a svolgere le funzioni di direttore, insegna anche gran parte delle materie. Il corso costituisce una sorta di prova. Ed infatti nell’anno scolastico seguente
1939/1940 si riparte con la prima classe e con altri docenti che affiancano il direttore. L’anno dopo si prosegue con la seconda classe e con
una nuova prima e così via di anno in anno.
Non contento, Rinaldi Ceroni attiva anche un corso privato per la
terza classe con una quindicina di partecipanti di età diverse che nel
1943 accompagna a Savignano sul Rubicone per sostenere, con successo, l’esame. Fra questi, Clara Zanotti, che poi ha ricordato quei momenti in un mensile locale: “Alla fine del 1941 - scrive - incontrai una mia
conoscente che mi informò dell’apertura a Casola Valsenio di una scuola di avviamento professionale, istituita e diretta dal professor Augusto
Rinaldi Ceroni. Decisi di frequentarla e nessuna ragione valse
a dissuadermi, nemmeno le argomentazioni di vicini ed amici che mi
volevano convincere che a ventun anni era meglio che pensassi a sposarmi, che alla mia età non si imparava più e così via. Quelle parole mi
facevano star male ma mi feci coraggio ed entrai nella scuola anche se
non era facile, sia per l’età che per la mia posizione sociale di contadina.
Fui bene accettata, studiammo tutti insieme e superammo gli esami
a Savignano sul Rubicone, con il professor Augusto che ci assistette
come docente e come padre”.
Sono parole che testimoniano un impegno, anzi una missione,
alla quale Rinaldi Ceroni ha tenuto fede per tutta la vita come docente
e soprattutto come direttore e preside scolastico. Con una costante
attenzione a comprendere ed interpretare le esigenze dei suoi giovani
allievi ai quali - come ha lasciato scritto - voleva dare, nessuno escluso,
Gli allievi del Corso di
Avviamento impegnati
nel tiro alla fune - 1940
Visita didattica
all’azienda agricola
Bigiuno di Casola
Valsenio - 1941
“una formazione fondamentale ed una promozione umana”. Di qui una
programmazione scolastica che, per quanto riguarda il corso biennale,
privilegiava materie come elementi di scienze agrarie, zootecnia e contabilità agraria, rispetto ad altri come cultura fascista.
Materia che viene insegnata dando ampio spazio agli aspetti celebrativi, come è regola comune, ma senza i toni del fanatismo. Così che,
se è vero che in occasione della Festa di Mezzaquaresima del 16 marzo
1939, la Scuola partecipa alla sfilata dei carri allegorici con un carro
ideato da Rinaldi Ceroni che celebra il Duce ed il fascismo, è altrettanto
vero che i suoi allievi di allora non ricordano che nel corso delle lezioni
o di altre attività scolastiche ci fossero interventi o manifestazioni di
esaltazione del fascismo.
La vita politica
a sinistra
Festa di Mezzaquaresima:
il carro del Corso di
Avviamento Agrario
- 16.3.1939
Benito Mussolini in visita
al Cardello. Si riconoscono
il vice podestà Augusto
Rinaldi Ceroni (secondo
da sin.), la signora Luisa
Pifferi, moglie di Ugo
Oriani (al centro)
e il podestà Alessandro
Cenni (secondo da destra)
- 26.6.1939
Adesione sì al fascismo (ma poteva essere diversamente per chi
era nato nel 1913?) ma senza fanatismi. E’ una linea di condotta che
sembra accompagnare Augusto Rinaldi Ceroni anche nella sua attività
politica ed amministrativa. Che lo vede ricoprire dal 1939 al 1942 la carica di vice podestà del Comune di Casola Valsenio, carica che lo porta
ad affiancare il podestà Alessandro Cenni, medico condotto stimato
da tutti. Entrambi si dedicano all’attività amministrativa senza coinvolgimento nelle cariche più alte del locale Partito Nazionale Fascista che,
fin dai primi anni del regime, sono state appannaggio, tra aspri contrasti, di alcune famiglie in vista del paese e della campagna casolana.
Entrambi, dopo il 25 luglio 1943, non aderiscono alla Repubblica Sociale
Italiana, chiudendo un’esperienza politico amministrativa senza macchie, anche per quanto riguarda l’applicazione delle leggi razziali.
Lo testimoniano i riconoscimenti per l’impegno a favore della
comunità locale attribuiti nel dopoguerra ad entrambi
dall’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio caratterizzata da
una maggioranza social comunista. Così avviene il 2 giugno 1976,
quando, in occasione del 30° Anniversario della Resistenza, il Consiglio
Comunale di Casola Valsenio conferisce ad Augusto Rinaldi Ceroni
una medaglia per l’opera svolta con ampio senso civile a favore della
Comunità. Un impegno che lo ha visto attivo, nell’immediato dopoguerra, anche in un prezioso e delicato ruolo di rappacificazione, svolto
con credibilità e fiducia in virtù di una precedente linea di condotta
scevra da faziosità, prevaricazioni o profittamenti personali.
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L’ orto officinale
Augusto Rinaldi Ceroni
nel periodo di preparazione
della tesi di laurea sui
bovini della valle del Senio
L’impegno nella conduzione della scuola e l’attività amministrativa
lasciano comunque spazio ad Augusto Rinaldi Ceroni per soddisfare,
con lo studio e la sperimentazione, la sua passione per le piante officinali. Vale a dire le piante coltivate un tempo negli orti e nei giardini dei
conventi e quindi lavorate nelle annesse officine ed impiegate nella
cucina, nella cosmesi e soprattutto nella medicina.
Quale l’origine di questa passione bruciante che accompagnerà lo
studioso casolano per tutta la vita? Lo rivela lui stesso in un appunto
nascosto tra le mille carte che ha lasciato. “Sono cresciuto in una valle scrive - che aveva già da tempo una vocazione officinale”. Il riferimento
va forse alle abbazie e pievi sorte nella valle del Senio in epoca medievale, complessi religiosi nei quali certamente si coltivavano e lavoravano le piante medicamentose.
Forte e concreta è di sicuro l’influenza esercitata da Ferdinando
Masini, detto Nandino, che verso la fine degli anni ‘20 aveva aperto
a Casola Valsenio la ditta “MASINI & Co - Esportazione Prodotti
Erboristici Italiani”. Ferdinando Masini aveva iniziato a lavorare giovanissimo battendo le campagne di Palazzuolo, nell’alta valle del Senio,
per raccogliere stracci. Poi si era dato al commercio di piccoli articoli
di merceria, continuando il suo girovagare di casa in casa. Quindi si era
trasferito a Casola Valsenio e qui aveva avviato la raccolta, la lavorazio-
ne e l’esportazione di prodotti erboristici, soprattutto verso la Francia,
l’Austria e la Germania.
Sfruttando l’esperienza precedente che l’aveva portato a conoscere
territorio e famiglie contadine, Nandino era riuscito a mettere in piedi
una rete di raccoglitori che, oltre alla valle del Senio, copriva anche
quelle del Santerno, del Sintria e del Lamone. Donne, bambini ed anche
uomini adulti, sia delle campagne che dei paesi, raccoglievano fiori
di tiglio, camomilla, fiori di farfara e di biancospino, bacche di ginepro,
fiori di sambuco e altro, che portavano in grandi sacchi a Casola
Valsenio. Dove una decina di donne li selezionava utilizzando anche
attrezzi e banchi creati per la bisogna dallo stesso Masini. Poi, a seconda della stagione, i prodotti selezionati venivano essiccati artificialmente
o, nei giorni di sole, sistemati su graticci stesi sull’acciottolato di Piazza
dei Ceronesi, sulla quale si affacciavano i locali della ditta Masini.
Era quella l’antica piazza del paese che, chiusa da case sui quattro
lati, appariva come un grande essiccatoio che spandeva per le strade
ed i vicoli dell’abitato, tutto raccolto intorno, intensi profumi di fiori di
tiglio, di camomilla o di biancospino. Profumi che colpivano i visitatori
che giungevano a Casola Valsenio e che sono rimasti nella memoria del
casolani. Influendo anche nella scelta di Augusto Rinaldi Ceroni di dedicare la sua vita alle piante officinali. Nel gennaio del 1939 consegue
infatti il diploma di Erborista presso la Scuola di Farmacia dell’Università di
Bologna. Seguito, il 13 novembre 1942, dalla laurea in Scienze Agrarie,
sempre presso l’Università degli Studi di Bologna con una tesi che si
allarga allo studio sui bovini romagnoli della zona collinare e montana
della valle del Senio.
Intanto Rinaldi Ceroni avvia la coltivazione e la sperimentazione
sulle piante officinali, realizzando nell’autunno del 1938 un primo orto
sperimentale di piante officinali occupando un fazzoletto di terra nel
campo di Palòta. L’anno dopo lo trasferisce nel campo di Buscô, a margine del piccolo campo didattico dove i ragazzi della Scuola di
Avviamento imparano a seminare e coltivare gli ortaggi o piantare gli
alberi da frutto. L’attenzione di Rinaldi Ceroni è concentrata sulle piante
medicinali che inizia a coltivare con la collaborazione ed il contributo
dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura.
Il fascismo era infatti sensibile, secondo i dettami e gli orientamenti della politica autarchica, a coltivazioni e sperimentazioni in grado
di concretizzare tutte le potenzialità delle produzioni arboree ed animali
autoctone. Grazie a tale collaborazione il piccolo orto botanico via via
cresce in superficie ed importanza. Tanto che tra il 1940 ed il 1941 viene
trasferito nel campo della Mingherina. La nuova sede permette ben più
ampie ed importanti coltivazioni, come apprendiamo da una lettera
19
Lavoranti della ditta Masini
selezionano a mano
le bacche di ginepro
indirizzata a Rinaldi Ceroni dell’Ispettorato Agrario provinciale nel febbraio 1941. “Il prof. La Face, Direttore della Stazione Sperimentale per
l’Industria delle Essenze di Reggio Calabria - scrive l’erborista Antonio
Graziani - vi spedirà alcune piantine di Angelica arcangelica, Valeriana
officinale e Issopo”.
La scuola, la sperimentazione, l’attività amministrativa risentono
però in modo sempre più accentuato del negativo andamento del conflitto mondiale. Al quale, dopo essere stato riformato, Augusto Rinaldi
Ceroni aveva chiesto di poter partecipare come sottotenente commissario della Croce Rossa Italiana. Domanda che non viene accolta per
ragioni di servizio in quanto, come comunica il Provveditorato agli Studi
di Ravenna il 31 luglio 1940, il Ministero dell’Educazione Nazionale non
acconsente al suo allontanamento dall’insegnamento.
Riesce, comunque, a dare conforto a chi è in guerra, intrattenendo, a partire dal 1941, una fitta corrispondenza con i giovani soldati
casolani impegnati in tutti i fronti. Da una parte, anche attraverso lettere che fa scrivere alle sue alunne, comunica ai soldati notizie sulla vita
del paese; dall’altra parte si adopera per alleviare, anche economicamente, le difficili condizioni di coloro che hanno figli, fratelli o mariti in
guerra. Come testimoniano decine di lettere e cartoline nelle quali, con
grafia incerta e sintassi approssimata, i militari casolani danno notizie
sulle loro condizioni, chiedono di conoscere cosa succede a Casola e
soprattutto chiedono aiuto per i familiari, spesso analfabeti o incapaci
di far valere i loro diritti. Come scrive, ad esempio, un soldato casolano
nel giugno del 1943: “Signor Augusto, dato il caso che mia madre si
trova con carte e non sa dove e come fare per vedere se a diritto di
avere gli assegni famigliari se fate il favore di darle una parola Voi cioe
dire come deve fare che lei sono certo che non se ne leva”.
La situazione militare ed anche della vita civile si fanno sempre
più difficili e nell’estate del 1944 la guerra arriva anche nella valle del
Senio. Dove provoca sofferenze e lutti, distrugge case, rovina terreni
e cambia il mondo, sconvolgendo gli assetti sociali ed economici che
da secoli reggevano i modi di vita, soprattutto nelle campagne.
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Una scuola per il territorio
Passata la bufera della guerra, Augusto Rinaldi Ceroni riapre
la sua scuola, cercando di nuovo gli alunni con una jeep con la quale
batte la campagna. Ed in locali arredati alla bell’e meglio sopra l’ufficio
postale riesce a portare a termine due anni scolastici, ma nel 1949 deve
interrompere l’attività didattica per mancanza di mezzi e di alunni.
L’anno dopo è di nuovo pronto a partire su basi ben più solide,
dando vita alla Scuola di Avviamento Professionale ad indirizzo agrario
maschile e industriale femminile che trova sede presso la Mingherina.
Una scuola efficacemente disegnata in un ricordo lasciatoci nel 1977
da Giuseppe Pittàno (Pècio), l’illustre latinista e linguista scomparso
nel 1995 che vi aveva insegnato nel dopoguerra, allacciando con
Augusto Rinaldi Ceroni una amicizia che per quarant’anni li vedrà insieme in molte iniziative.
“Era una scuola povera - ha scritto Pittàno - senza locali, senza servizi, con bidella e segretaria a ore: non c’era quasi nulla. Eppure la scuola
funzionava perché c’era Augusto che era sempre lì, giorno e notte a sorvegliare, a lavorare, a supplire, a racimolare uno spillo, una penna, una
matita, a correre qua e là, a battere alle porte del Comune e del
Provveditorato. E col suo esempio ci insegnava ad essere pazienti, ad
accostarci ai singoli ragazzi, a giustificarne le difficoltà, a coglierne i lati
positivi. Imparai lì, nell’Avviamento di Casola, che educare é molto più
difficile e importante che insegnare; imparai che cosa era una scuola
vera, una scuola fatta per tutti, ma soprattutto per i poveri e i diseredati”.
Nel 1954 la scuola va ad occupare un’ala del nuovo edificio delle
Scuole elementari. Da dove trasloca nel 1957 per insediarsi nella ex Casa
del Fascio, dove nasce anche il corso ad indirizzo industriale maschile.
La Scuola di Avviamento assume così una dimensione ed un’importanza che inducono Augusto Rinaldi Ceroni a porre in modo non
a sinistra
Gli allievi della Scuola di
Avviamento Agrario - 1955
a destra
Docenti ed allievi di I, II
e III classe della Scuola
di Avviamento dell’anno
scolastico 1951/52
23
24
La Scuola di Avviamento
Professionale. Cartolina
ricordo edita in occasione
della inaugurazione
del 14.6.1959 (Disegno
di Domenico Dalmonte)
Visita del Provveditore
alla Scuola di Avviamento.
Primo a destra il professore Giuseppe Pittàno
(Pècio) - 1953
più procrastinabile la necessità di una sede adeguata e stabile. E come
sempre riesce nel suo intento: il 14 giugno 1959, nel nuovo ed ampio
edificio affacciato su via Roma, viene inaugurata la sede della scuola
con una cerimonia che vede la presenza di numerose autorità, tra
le quali il Ministro del Lavoro Benigno Zaccagnini.
Lì, negli anni seguenti, Rinaldi Ceroni sarà poi preside della
Scuola Media Statale che assorbe la Scuola Media aperta nell’Istituto
S. Dorotea nel 1949. E così fino al pensionamento, che vede il
Professore o il Prof, come tutti lo chiamano, lasciare la scuola nel 1977,
dopo quasi quarant’anni di attività didattica ed educativa. Avendo sempre presente un motto appuntato in una cartolina celebrativa della
nuova Scuola di Avviamento: “Per affermare la vitalità della scuola
é necessario che questa si dimostri operante nell’ambiente nel quale
esplica la sua alta missione”. Insomma una scuola aperta a tutti per far
conoscere la terra e gli uomini in cui è attiva. E per dimostrarlo concretamente il Professore colloca davanti al nuovo edificio scolastico due
superbi esemplari di pino domestico (tuttora esistenti), quale simbolo
turistico dell’Italia e segno di aperta e continua accoglienza ed ospitalità per tutti nella scuola casolana.
Gita scolastica alla Vena
dei Gessi - 1952
Seguendo il filo di un tale orientamento, Rinaldi Ceroni ha sempre
concepito la scuola, oltre che come luogo di istruzione ed educazione,
anche come centro di valorizzazione di Casola Valsenio, inteso nella
sua componente naturalistica, storica, artistica, culturale ed umana. A
cominciare dalle piante officinali, come rivela in una lettera del 1956,
indirizzata all’amico Casadio Nubbole: “Io mi trovo direttore della
Scuola di Avviamento nel mio paese e per la verità sono contento della
mia professione anche perché in questi ultimi anni ho orientato la mia
scuola verso il settore da me preferito: la coltura delle piante officinali”.
A questo si aggiunge l’interesse per lo scrittore casolano Alfredo Oriani
e per il patrimonio monumentale - il Cardello, Monte Battaglia, l’abbazia di Valsenio - e poi per la storia, la gente e le tradizioni locali, insieme agli eventi e alle manifestazioni folkloristiche e turistiche.
E’ un impegno nel quale mette tutta la sua passione e dinamismo
(ed anche in qualche caso anche parte delle sue finanze) per interessare gli studenti con visite, lezioni e ciclostilati, coinvolgendo i docenti
che via via vengono incaricati presso la scuola casolana. Basti ricordare, fra i tanti, Primo Rubaconti nel settore delle piante officinali e Carlo
Conti per la meccanizzazione sempre nel settore officinale. Ed anche
Enrico Docci e Giuseppe Pittàno, docenti di italiano e preziosi collaboratori nel divulgare e pubblicizzare su giornali, radio e televisione le iniziative del Prof. Ed ancora Domenico Dalmonte, insegnante di educazione artistica, sempre pronto a realizzare uno schizzo, un disegno. Ed
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Inaugurazione scuola di
Avviamento. Il Professore
mostra al ministro Benigno
Zaccagnini l’olio essenziale
di lavanda appena distillato
- 14.6.1959
anche la bella ed impegnativa serie di dieci cartoline dei luoghi monumentali di Casola Valsenio, che poi Augusto Rinaldi Ceroni pubblica in
parte a sue spese.
A tutti i suoi collaboratori il direttore chiede un impegno particolare, che va oltre l’insegnamento, per guardare anche fuori della scuola,
perché i ragazzi imparino a conoscere meglio il mondo nel quale vivono. E lo fa con un entusiasmo ed una passione che coinvolgono tutti i
docenti che “passano” per la scuola di Casola, per molti di loro lontana
e non facile da raggiungere. Come scrive don Italo Drei in un lettera
indirizzata a Rinaldi Ceroni nel 1982: “Il lumicino della montagna, come
si autodefiniva, era una lampada che riscaldava e faceva luce per noi
e per gli alunni”. A sua volta Marta Baruzzi gli rivela in una lettera del
1986: “Lasciai la scuola media nel ‘71, da allora ho conosciuto tanti
capi d’Istituto, ma nessuno come lei. Le sue doti umane mi fecero prendere subito la ‘cotta’, rimasi con lei per sei anni senza chiedere il trasferimento”. E Liliana Rotelli conclude in un ricordo del 1977: “Credo che
non incontrerò più uomini come lui, insegnanti ed educatori che amino
la scuola sinceramente; né posso dimenticare quella piccola scuola profumata alla lavanda dove ho insegnato per la prima volta”.
La rappacificazione
Il carro allegorico
“La vicenda eterna Amore e morte”. Festa
di Mezzaquaresima 1949
Nella frenetica attività per valorizzare il suo paese, dentro e fuori
la scuola, il Professore trova la collaborazione, e a volte anche la complicità, dell’arciprete Elviro Guidani, scomparso nel 1965, e dei sindaci
succedutisi nel dopoguerra. Da Guido Ricciardelli a Gigi Pirazzoli, da
Domenico Fiorentini ad Amleto Rossini, tutti di fede socialista e comunista. E tutti lontani, dal punto di vista politico, da Rinaldi Ceroni che aderisce al Partito Liberale, per il quale nel 1951 si candida, ma senza successo, per le elezioni provinciali. Le diverse idee politiche non fanno
però velo all’amicizia ed alla collaborazione tra il professore, l’arciprete
e i vari sindaci, proponendo un esempio concreto da seguire e favorendo anche direttamente il difficile processo di rappacificazione e di ricostruzione dei rapporti sociali lacerati dalla guerra. Che nel comune di
Casola, oltre ai danni materiali, aveva provocato numerosi lutti, da tutte
le parti. Basti ricordare che su una popolazione di quasi seimila abitanti
si contarono 15 partigiani fucilati o caduti in combattimento, dieci civili
fucilati dai nazifascisti, 11 civili eliminati dai partigiani, 13 fascisti uccisi
dai partigiani o dispersi in Alta Italia, 38 militari morti o dispersi nei vari
fronti, e 94 civili morti per bombardamenti aerei, colpi di artiglieria o
scoppio di mine.
La ricostruzione e la rappacificazione sta a cuore ad Augusto
Rinaldi Ceroni a tal punto da indurlo a rifiutare la nomina a giudice conciliatore che lo avrebbe costretto in qualche
modo a dar ragione a qualcuno e torto a qualcun altro dei suoi compaesani. Per i quali invece, di sua iniziativa o collaborando con altri,
recupera o progetta manifestazioni, raduni,
incontri, studi e convegni che spaziano dal lavoro al folklore, dal divertimento allo sport. Con
in evidenza la difesa della montagna, la Festa
degli Alberi, Alfredo Oriani ed il Cardello,
Monte Battaglia e le piante officinali di cui si
dirà a parte.
A tutto ciò si deve aggiungere, nel 1949,
la ripresa della Festa di Mezzaquaresima, che si
tiene tutt’oggi alla fine di aprile con il nome di
Festa di Primavera. Un giorno di festa che interrompeva il grigiore della Quaresima con un processo e l’inevitabile rogo propiziatorio della
Vecchia, accusata di tutte le malefatte. Dalla
fine dell’800 la festa comprendeva anche una
sfilata di carri allegorici costruiti con legno e
gesso; carri seri, non carnevaleschi, che celebra-
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Sfilata dei mezzi motorizzati lungo la strada principale di Casola Valsenio
in occasione della Festa
di San Cristoforo - 1955
vano l’uomo ed i suoi ideali, indicando la strada
del progresso. La festa era stata interrotta nel
1940, con l’entrata in guerra dell’Italia e non più
ripresa. Fino all’inizio del 1949, quando Augusto
Rinaldi Ceroni ed altri costituiscono un comitato
per ripristinarla, diffondendo un comunicato (nel
quale si avverte la mano di Giuseppe Pittàno)
che recita: “Dopo dieci anni Casola riprende a
festeggiare la ‘Mezza Quaresima’. Il 24 marzo
1949 rivivrà il paese le memorabili giornate degli
antichi tempi, quando circondati da una marea
di persone e preceduti da Corpi Bandistici sfilavano i carri allegorici, espressione d’arte, di pensiero, di consuetudini, di costumi antichi e
moderni. E’ la tradizionale festa che, rinnovata
nello spirito del clima democratico, non è più
vincolata a rappresentazioni di parte, ma libera
di manifestarsi nella ricerca del bello e del vero”.
Il Professore e Pittàno entrano anche in
una società costruttrice dei carri, quella della
Buratta, che realizza il carro “La vicenda eterna: amore e morte”, che si aggiudica il terzo ed ultimo premio. Ma
per i due, soprattutto per Pècio, ci sarà tempo per rifarsi con carri che,
oltre ad aver primeggiato nelle sfilate, hanno fatto la storia della
Mezzaquaresima casolana.
Due mesi dopo, nel maggio 1949, troviamo Rinaldi Ceroni tra gli
organizzatori dei festeggiamenti per la Beata Vergine del Piratello che per
quattro giorni coinvolgono tutto il paese. E come sempre è il Professore
che, come un vulcano, organizza, sistema, consiglia e dispone con una
incredibile meticolosità testimoniata dai programmi e dagli appunti che
gonfiano i tanti fascicoli che ci ha lasciato. Ad esempio, nel volantino dei
festeggiamenti per la Madonna del Piratello troviamo disposto che “per
tutte le processioni si seguirà il seguente ordine: Croce - Bimbe suore Bimbi - Signorine - Signore - Corpo bandistico - Clero - Immagine Giovani e Uomini (Apposito comitato d’ordine sorveglierà)”.
La stessa meticolosità la ritroviamo nel 1954, quando è alla testa di
un comitato promotore sorto per realizzare il quattro luglio una sfilata di
tutti i mezzi motorizzati del comune di Casola Valsenio in occasione della
festa del patrono S. Cristoforo. E di quella giornata ci ha lasciato l’elenco
dei partecipanti, tracciando un quadro dei mezzi che circolavano in quel
periodo: “Ciclomotori 7, micromotori 14, scooters 72, motoleggere 59,
motori 16, sidecars 6, auto 43, jeeps 14, gipponi 9, camioncini 6, camion 8”.
Ed ancora troviamo il Professore nel gruppo che dal 1969 sostiene
la Festa di S. Antonio Abate. Sia collaborando nella programmazione
delle celebrazioni religiose e tradizionali che organizzando un incontro
conviviale. Che, come tutte le altre occasioni di ritrovi “attorno alla
tavola”, va al di là dell’aspetto gastronomico e di festa, mettendo insieme persone di diversa estrazione sociale, fede politica e condizione culturale. Lo conferma la ripresa, nello stesso anno, della Festa della
Bolletta. Festa che risaliva ai primi decenni del ‘900 e consisteva in una
cena ed in un ballo aperti a tutti. Soprattutto a coloro che erano in bolletta (da qui il nome) e che riuscivano a mettere insieme i fondi neces-
Uno dei tanti incontri
conviviali organizzati dal Prof
sari tramite il pagamento di piccole quote settimanali che venivano
riscosse da un collettore. Il quale rilasciava la ricevuta ed una bolletta
da scarpe, cioè un piccolo chiodo corto con larga capocchia che i soci
si mettevano all’occhiello nel giorno della festa che raccoglieva in quattro ristoranti del paese quasi 300 persone tra soci, mogli e fidanzate.
Per tradizione e statuto, i soci potevano essere solo di sesso maschile,
ed allora, per mettere a tacere qualche mugugno e pareggiare i conti,
Rinaldi Ceroni pensa di organizzare anche la Festa della Padrona, in
onore, ovviamente, delle mogli.
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I molteplici interessi
Torre e chiesina del
castello di Ceruno prima
dei restauri (Disegno
di Domenico Dalmonte)
La caveja romagnola
Oltre a ricucire i rapporti sociali, il Professore
rivolge la sua attenzione anche alla salvaguardia del patrimonio storico del paese.
Studiando e ricostruendo, soprattutto all’interno della scuola, le vicende locali e valorizzando
nel contempo, con ricerche e visite delle scolaresche, le testimonianze storiche: rocche, torri,
chiese e borghi. Con un attaccamento particolare per la torre e la chiesina di Ceruno, resti
di una rocca posta su un colle ad oriente del
paese, nella quale era nata e cresciuta la consorteria dei Ceronesi, dalla quale discendeva
la famiglia Rinaldi Ceroni.
L’interesse e le ricerche del professor
Augusto non conoscono limiti, purché si tratti della storia del paese.
Anche di quella lontana, testimoniata dai ritrovamenti archeologici per
i quali si interessa assieme a Pittàno affinché i reperti più rari ed importanti, come quelli etrusco gallici venuti alla luce nell’aprile del 1950 in
località Monteroni, vengano affidati alla Soprintendenza competente.
Alcuni reperti più comuni vengono invece conservati in un armadio
della scuola per scopi didattici.
Non c’è dunque settore che non interessi il Prof il quale si dedica
con passione alla valorizzazione delle acque minerali e medicamentose, delle quali risulta ricco il territorio casolano, proponendo al Comune
lo sfruttamento delle più importanti per i loro poteri quasi miracolosi.
Come quella de’ Bsdalet (dell’Ospitaletto) che si riteneva legasse indissolubilmente a Casola coloro che la bevevano. Oppure l’aqua d’Bacått,
a proposito della quale, nell’agosto del 1974, scrive al Comune per proporre un testo elaborato insieme al professor Pittàno da apporre alla
fonte: “L’acqua dell’eterna giovinezza/ L’acqua che protegge il cuore/
Chi la beve, la ribeve/ L’aqua d’Bacått/ chi ch’la bév ô s’armatt”.
Purtroppo l’entusiasmo del Prof viene raffreddato dalla risposta del
Comune di Casola Valsenio che, a firma del sindaco Amleto Rossini,
chiarisce: “Mentre sentiamo il dovere di ringraziarla per la squisitezza
e l’amore per tutto ciò che interessa la nostra Casola, siamo spiacenti
di doverle comunicare che l’acqua dell’eterna giovinezza, da Lei denominata l’aqua d’Bacått, si è dimostrata poco degna della fiducia ripostale. Infatti le analisi eseguite presso il laboratorio di igiene e profilassi di Ravenna mettono in evidenza la presenza di cobacilli coli fecali
che la rendono inutilizzabile per uso potabile”.
Poi c’è tutto il mondo popolare romagnolo che Rinaldi Ceroni
scandaglia soffermandosi su alcuni aspetti particolari - come la caveja
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Lungoni, rimasto famoso
per la sua straordinaria
statura
o il plaustro - che approfondisce raccogliendo documenti ed immagini,
sia direttamente che attraverso la collaborazione di amici e docenti.
Ma è il piccolo mondo del paese che lo appassiona più di tutto. Un
mondo del quale ci ha lasciato alcune immagini dei personaggi più
caratteristici ed una lunga lista di soprannomi: Lungoni, Patatì, E’ Coc,
Nuvlò, E’ Rézne, Saulle, Mistò, Mazzapeder, Frangiò e così via. Un
mondo oggi scomparso, ma del quale sono rimasti memoria e rispetto
grazie anche al lavoro di ricerca e di conservazione di persone come
Augusto Rinaldi Ceroni.
Dal Cardello a Monte Battaglia
Alfredo Oriani
Ugo Oriani osserva
l’ingrandimento
dell’immagine del padre
Alfredo - 22.8.1952
a sinistra
Alfredo Oriani con la
bicicletta nell’immagine
donata ad Ugo Oriani
Gli allievi della Scuola
di Avviamento in visita
al monumento ad
Alfredo Oriani - 1959
Il Professore ha dimostrato sempre un
grande e particolare attaccamento alla figura
e all’opera di Alfredo Oriani (1852 - 1909),
lo scrittore casolano che il fascismo, forzandone l’interpretazione, aveva individuato come
un precursore, “mettendogli la camicia nera”
ad oltre dieci anni dalla morte. Consacrandolo
poi, nell’aprile del 1924, con la Marcia al
Cardello che vede manipoli fascisti sfilare, con
alla testa Benito Mussolini, da Riolo Bagni al
Cardello, l’antica casa padronale posta in vista
dell’abitato di Casola Valsenio dove Oriani
aveva trascorso gran parte della sua vita. E che
qualche anno dopo viene restaurata e dedicata
al culto dello scrittore, del quale lo stesso
Mussolini promuove poi la pubblicazione
dell’Opera omnia.
Per questo, dopo la caduta del fascismo
ed il passaggio della guerra, Oriani viene
messo da parte. Ma non dai casolani, con in testa il professor Rinaldi
Ceroni. Il quale si fa promotore ed animatore di un comitato che alla
fine del mese di agosto del 1952 celebra il centenario della nascita
dello scrittore. Con una cerimonia che anticipa analoghe celebrazioni
nazionali che, con qualche polemica, riprendono in mano il filo di una
critica letteraria libera da condizionamenti politici. Per i casolani si tratta invece di altro, come chiarisce Tino Dalla Valle nel Giornale dell’Emilia
del 23 agosto 1952: “L’unico luogo nel quale nessuno si sia mai chiesto
se Oriani era ‘fascista’ od ‘antifascista’ è proprio Casola Valsenio. Qui
Oriani è la gloria locale, l’uomo la cui fama è uscita dal piccolo cerchio
del borgo e della vallata. Oriani è il grande del paese e come tale va
onorato”.
Ed è con questo spirito che i casolani celebrano l’anniversario.
Il 22 agosto il comitato per le onoranze viene ricevuto al Cardello da
Ugo Oriani, figlio dello scrittore, al quale offre l’ingrandimento di una
fotografia inedita di Alfredo Oriani del 1908 e depone una corona al
mausoleo dove lo scrittore riposa dal 1924. Il 31 agosto le celebrazioni
si spostano a Casola Valsenio dove, nel Teatro Comunale, parlano
Giuseppe Pittàno, lo scrittore francese Francis Authier e conclude il
poeta Luigi Orsini. Quindi viene deposta una corona nella piazza dedicata allo scrittore del Cardello.
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Una rappresentanza del comitato casolano, della quale fanno parte
anche il sindaco Domenico Fiorentini ed Augusto Rinaldi Ceroni, partecipa poi alle onoranze per il centenario della nascita di Oriani che si
tengono a Roma, in Campidoglio, il 29 ottobre 1952. Coordina il comitato nazionale il senatore antifascista e poeta romagnolo Aldo Spallicci,
che già nel maggio del 1947 aveva reso omaggio alla tomba dello scrittore casolano accompagnato da Pittàno e dal Professore.
Celebrazioni del
centenario della nascita
di Alfredo Oriani.
Deposizione di una corona
nella piazza di Casola
Valsenio dedicata allo
scrittore del Cardello
- 31.8.1952
I raduni cicloturistici
Gino Bartali
ed il Professore
nel parco del Cardello
- 13.10.1957
Inaugurazione del monumento ad Alfredo Oriani,
opera di Angelo Biancini
- 11.10.1959
Quella foto donata ad Ugo Oriani, che raffigura lo scrittore casolano con la bicicletta alla
mano, fa nascere in Rinaldi Ceroni un altro progetto: un pellegrinaggio dei cicloturisti alla
tomba di Alfredo Oriani, il poeta della bicicletta. Così definito perché la utilizzava frequentemente per i suoi viaggi e perché l’aveva cantata
in pagine indimenticabili del volume Bicicletta.
Il Prof scrive allora a Luigi Gazzaniga, vice
presidente dell’Unione Velocipedistica Italiana,
il quale si dice entusiasta dell’idea, che però
si concretizza solo in un articolo su Ciclismo
Illustrato del maggio 1954. Com’è sua abitudine, Rinaldi Ceroni non demorde ed il 13 ottobre
1957 riesce ad organizzare a Casola Valsenio,
con il coordinamento dell’ENAL DACE di
Ravenna e la collaborazione del Comune, il
primo Raduno Nazionale Cicloturistico in onore
di Alfredo Oriani. La manifestazione riscuote
una forte risonanza per la presenza di una moltitudine di cicloturisti e di campioni del pedale
come Gino Bartali, accompagnato dal suo fedele gregario Giovanni
Corrieri. Autorità ed appassionati si recano anche al Cardello per rendere onore ad Alfredo Oriani con parole pronunciate dallo scrittore faentino Piero Zama.
Il raduno cicloturistico verrà poi ripetuto annualmente fino ai primi
anni ‘70, con una rivitalizzazione nel 1967 ad opera del sodalizio sportivo casolano “Club 67”. Fra i tanti raduni assume particolare solennità
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quello dell’11 ottobre 1959, anno nel quale cade il cinquantenario della
morte di Alfredo Oriani. Nell’occasione viene allestita una mostra orianesca al Cardello, mentre la commemorazione ufficiale si tiene nel
Teatro Comunale di Casola Valsenio con interventi di Aldo Spallicci ed
Orio Vergani che parla dell’Oriani ciclista. Quell’Oriani raffigurato in una
statua in bronzo - opera dello scultore Angelo Biancini - che nello stesso giorno viene inaugurata nel parco cittadino. Pur se tormentata dalla
pioggia la giornata si chiude con un successo degli organizzatori, con in
testa il sindaco Amleto Rossini ed il Professore, come riporta Momento
Sera del 16 ottobre 1959. “Ci compiacciamo - scrive il giornale - con il
Inaugurazione del monumento ad Alfredo Oriani.
Si riconosce, al centro,
Benigno Zaccagnini con,
alla sua sinistra, lo scultore Angelo Biancini,
il senatore Aldo Spallicci
e Giuseppe Pittàno con,
alle spalle, Gustavo Selva
sindaco di Casola (un giovane di poche parole e dallo sguardo volitivo)
a cui va il merito di aver dato un carattere aristocratico familiare alla riuscita manifestazione in onore di Alfredo Oriani. Ed un plauso incondizionato vada pure all’onnipresente e dinamico preside Rinaldi Ceroni, un
infaticabile animatore e vero ‘deus ex machina’ di queste celebrazioni
orianesche e di tante belle iniziative che fanno onore a Casola ed alla
Romagna”.
Il Cardello
Rinaldi Ceroni illustra
ai visitatori il Mausoleo
del Cardello
Il monumento ad Alfredo Oriani diventa sempre più meta di cerimonie e di tributi commemorativi, soprattutto da parte degli studenti
della Scuola di Avviamento e poi della Scuola Media Statale di Casola,
scuola che Rinaldi Ceroni ha voluto, ovviamente, dedicare allo scrittore
del Cardello. Le iniziative e i tributi al monumento ad Oriani si intensificano mentre, via via, si restringe la possibilità di accedere al Cardello.
Accessibilità che era già limitata a rare ed importanti occasioni nel
dopoguerra per una forte ed ingiustificata avversione di Ugo Oriani
verso l’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio a causa del diverso orientamento politico. Ed anche perché l’Oriani accusava i casolani
di aver provocato o, quanto meno, di aver permesso che il patrimonio
del Cardello venisse in gran parte distrutto e disperso. Accusa ingiustificata, se è vero che fu proprio un gruppo di casolani che, sotto le
bombe, mise in salvo libri e manoscritti di Alfredo Oriani, rimasti incustoditi al Cardello, abbandonato in seguito all’arrivo del fronte nell’autunno del 1944.
Dopo la morte di Ugo Oriani, avvenuta nel 1953, la vedova Luisa
Pifferi mantiene lo stesso atteggiamento di gelosa cura e riservatezza
del complesso del Cardello, aprendo i cancelli solo per le grandi occasioni. E, dopo la fine degli anni ‘60, neanche più in quelle occasioni a
causa di una serie di furti che priva il Cardello di importanti reperti
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come la lupa in bronzo, dono del comune di Roma, che troneggiava
sul fronte del mausoleo. Una situazione che si aggrava con l’innesco
di un duro contenzioso con l’Amministrazione Provinciale che procede
all’esproprio forzoso di una modestissima frazione della proprietà
del Cardello per realizzare lo svincolo di collegamento tra la statale
Casolana Riolese e la strada provinciale per Fontanelice. Così che, verso
la metà degli anni Settanta, come scrive sconsolato lo scrittore faentino
Piero Zama in una lettera inviata a Rinaldi Ceroni, “il Cardello è muto e
chiuso peggio di un convento di stretta clausura dove tutte le monache
sono fuggite, ed è rimasto soltanto una fiera badessa”.
Per questo, quando nel gennaio del 1979 scompare la vedova
Oriani lasciando erede universale l’Ente Casa di Oriani, Rinaldi Ceroni
sollecita il nuovo sindaco di Casola Valsenio, Gianpaolo Sbarzaglia,
ad intervenire affinché anche il Comune abbia un proprio rappresentante nel consiglio direttivo dell’Ente e vengano riaperti i cancelli del
Cardello, soprattutto per i casolani.
Il Prof ha infatti ben presenti i vari colpi di mano perpetrati ai
danni di Casola e dei suoi abitanti. A cominciare proprio dalla sede
dell’Ente Casa di Oriani - istituito nel 1927 - stabilita ufficialmente a
Casola Valsenio, ma di fatto fissata a Ravenna. Allo stesso modo, nel
1929, la Biblioteca di Storia Contemporanea, che doveva sorgere a
Casola Valsenio in un apposito edificio, viene invece assegnata a
Ravenna in seguito alle pesanti pressioni esercitate dal segretario federale del Fascio ravennate, Renzo Morigi. Altro colpo di mano nel 1950,
quando viene approvato il nuovo statuto dell’Ente Casa di Oriani nel
cui direttivo, probabilmente su indicazione di Ugo Oriani, non compare
più un rappresentante del Comune di Casola Valsenio, come invece prevedeva il precedente statuto.
Il professor Rinaldi Ceroni scrive al sindaco, elencando, a suo modo
di vedere, i primi necessari interventi: dalla fissazione anche a Casola di
una sede dell’Ente Casa di Oriani all’istituzione di un tesserino per ogni
famiglia di Casola per visitare gratuitamente il Cardello; dalla realizzazione di un vialetto pedonale da Casola al Cardello alla realizzazione di
un’area di sosta a fianco della casa colonica del custode. Da parte sua,
come ha sempre fatto, il Professore coglie ogni occasione di visite al
Giardino Officinale o alla sua scuola per accompagnare gli ospiti anche
a visitare il Cardello con il permesso dell’Ente Casa di Oriani.
Col quale però i rapporti si incrinano in seguito alla diversa visione tra Rinaldi Ceroni, che vorrebbe la massima fruibilità da parte del
pubblico del patrimonio storico, culturale ed ambientale del Cardello e
l’Ente Casa di Oriani. Che - come scrive il presidente Giovanna Bosi sul
Nuovo Ravennate del 23 febbraio 1979 - sente tutto il peso e l’impor-
Il Cardello oggi
tanza di amministrare un complesso di straordinario valore, seguendo
le volontà testamentarie della signora Luisa Pifferi, la quale ne aveva
difeso gelosamente l’integrità e l’unitarietà insieme ad una atmosfera
di sacralità alimentata dalla presenza del mausoleo con i resti dello
scrittore e dei suoi familiari.
I contrasti, che in fondo nascono da un comune amore per Oriani
ed il Cardello, vengono comunque superati e sarà proprio con una cerimonia nella Sala “L. Pifferi” del Cardello che, nel 1991, Augusto Rinaldi
Ceroni verrà cooptato - con l’imposizione della capparella romagnola nella Corte d’Onore del Tribunato di Romagna, composto da personalità
distintesi nella valorizzazione della Romagna. Rinaldi Ceroni avrà anche
la soddisfazione di vedere il Cardello aperto ai visitatori sempre più
numerosi secondo una politica di tutela e valorizzazione del complesso
monumentale e della figura dello scrittore seguita dall’Ente Casa di
Oriani, oggi Fondazione. Politica che ha visto anche instaurarsi rapporti
di collaborazione sempre più stretti con il Comune di Casola Valsenio,
con l’organizzazione al Cardello di iniziative culturali e musicali rispettose dei valori monumentali, culturali, storici ed ambientali del luogo.
Rocca di Monte Battaglia
in un disegno di Romolo
Liverani - 1847
Monte Battaglia
Nei pensieri di Augusto Rinaldi Ceroni uno dei luoghi storici più
importanti è stato Monte Battaglia. L’altura di 715 m. slm, posta lungo
lo spartiacque tra le valli del Senio e del Santerno che conserva i resti
di una rocca medievale del XII secolo. Che è stata punto nodale di ogni
sistema difensivo dell’area appenninica tra Imola, Faenza ed il crinale,
sia in epoca medievale che nel corso della seconda guerra mondiale.
Nell’autunno del 1944 si svolse attorno ed entro i resti delle mura e del
maschio, una delle più cruenti battaglie della campagna d’Italia che vide
affrontarsi in mezzo a fango e pioggia, partigiani, soldati americani ed
inglesi, da una parte, e truppe germaniche dall’altra.
E proprio per ricordare i caduti di Monte Battaglia, nel 1949 il
Professore costituisce un comitato per realizzare un cimitero di guerra
simbolico. Con la collaborazione di Giuseppe Pittàno e l’intervento del
Comune di Casola Valsenio, del quale è sindaco Gigi Pirazzoli, riesce nell’intento di sistemare a gradoni l’area sottostante la torre dal lato nord.
Dove, nella primavera del 1950, viene collocato un gruppo di cipressi a
simboleggiare, come ha lasciato scritto Rinaldi Ceroni, “la perennità, il
contatto fra terra e cielo, il ricordo e la memoria dei tanti caduti di ogni
idea e di varie nazionalità”.
Nel corso degli anni Sessanta l’area monumentale e i resti della
rocca vengono colpiti da un degrado sempre più accentuato. Tanto che
nel 1969 il Prof si fa ancora una volta promotore di un progetto di sistemazione paesistica dell’area di Monte Battaglia. Il progetto raccoglie
numerose adesioni, compresa quella di Antonio Corbara, ispettore onorario della Soprintendenza ai Monumenti, che già dal 1968 aveva puntato
l’attenzione sul grave stato della torre. A proposito della quale scrive sul
Nuovo Diario del 21 febbraio 1970: “La torre è in pieno sfacelo ad onta
della sua robusta struttura, coi cantonali pur ben connessi che, per pochi
conci crollanti ogni giorno di più, stanno per precipitare in blocco. (...) Si
cominci dunque a far qualcosa, prima che ogni intervento resti inutile e
il danno diventi ingente. Da popolo moderno e civile si continui poi, anno
per anno, nella nobile impresa di ricostruzione e di conservazione
Lavori di realizzazione
del cimitero simbolico
- marzo 1950
ambientale della suggestiva zona, nel senso indicato dai cittadini guidati
dal prof. Rinaldi Ceroni”.
Il quale sposa la battaglia per la salvaguardia ed il recupero della
rocca quale punto qualificante di una valorizzazione paesistica dell’intera
area. A poco a poco, l’idea si trasforma nel progetto di una giornata di
studio che il Professore organizza con la collaborazione del sindaco
Amleto Rossini e della Pro Loco di Casola Valsenio.
Come ha sempre fatto, il Prof si mette alla guida della macchina
organizzativa e nei primi mesi del 1973 inizia a prendere contatti e a scrivere a destra e a sinistra, seguendo il filo delle sue conoscenze e di chi
lo affianca, come Giuseppe Pittàno. Agli studiosi, ai rappresentanti delle
istituzioni, ai politici e agli amministratori comunali delle valli del Senio e
del Santerno rivolge un appello per Monte Battaglia, “Nome - scrive nelle
sue lettere - che sintetizza la storia medievale e contemporanea, capace
di rievocare la Resistenza, di valorizzare il turismo nelle due vallate del
Santerno e del Senio, soprattutto di esaltare la funzione delle zone collinari e montane e contribuire al rispetto della natura”.
Il lavoro dà i sui frutti ed il 21 luglio 1973 si svolge a Casola Valsenio
la Giornata di Studi “La Rocca di Monte Battaglia”. Che si apre con una
mostra di documenti allestita presso la Scuola Media dove vengono
esposti libri, stampe, fotografie, mappe, giornali, cartoline, xilografie, atti
notarili ed altri documenti su Monte Battaglia.
In gran parte provengono dall’archivio di
Augusto Rinaldi Ceroni, appassionato raccoglitore di memorie locali che, soprattutto grazie
all’amicizia e alle ricerche del professor Leonida
Costa, ha costituito nel corso della vita la maggiore testimonianza storica su Casola Valsenio.
Tanto più importante se si tiene conto che l’archivio storico comunale è andato perduto insieme al municipio, distrutto dalle mine tedesche
sul finire del mese di novembre del 1944.
Lo stesso Rinaldi Ceroni apre poi il convegno, che nel susseguirsi degli interventi rivela
nuove prospettive, sia dal punto di vista storico
che riguardo al futuro della rocca. La relazione
di Gina Fasoli dell’Università di Bologna, letta
da Pittàno, spazia lungo tutta la storia della
rocca, lanciando la suggestiva ipotesi che l’origine del toponimo sia legata alle grandi battaglie combattute sui valichi dell’Appennino da
giganti come Totila e l’impero bizantino che
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42
Un sottufficiale inglese
osserva Monte Battaglia
dopo i combattimenti ottobre 1944
decidevano con le armi le sorti dell’Italia. Luigi Pavan ed Anna Maria
Iannucci, della Soprintendenza ai Monumenti di Ravenna, impostano
la loro relazione sulla necessità di un recupero della rocca quale bene
culturale inteso come patrimonio della collettività. Seguono gli interventi
di Luciano Bergonzini, storico della Resistenza, che parla dei combattimenti partigiani a Monte Battaglia e dell’incontro con gli alleati; seguito
da Luciano Casali, dell’Università di Bologna, che tratta di Monte
Battaglia nella seconda guerra mondiale. Sanzio Bombardini ricorda il
passaggio di papa Giulio II da Monte Battaglia nell’ottobre del 1506 ed
infine Alfredo Morozzi, attingendo dai ricordi personali, illustra Monte
Battaglia dal punto di vista folkloristico.
La giornata, che vede anche la pubblicazione di una cartolina di
Monte Battaglia con annullo speciale, tratta da un disegno di Domenico
Dalmonte, si conclude con una visita ai resti della rocca.
Che, spentasi l’eco della giornata, continuano a restare esposti al
degrado provocato dagli eventi atmosferici e dall’incuria degli uomini in
quanto, come spiega nel 1976 il soprintendente Luigi Pavan in una lettera indirizzata al Comune di Casola Valsenio, “trattandosi di una proprietà
privata non è possibile l’intervento diretto della Soprintendenza con
finanziamento a totale carico del Ministero per i Beni Culturali”. E lascia
intendere che tale intervento sarebbe certo nel caso di acquisizione
della torre da parte del Comune.
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Veduta dei resti della
rocca di Monte Battaglia
e del cimitero simbolico
- 1960
Monte Battaglia oggi
E su questa strada si muove il sindaco Gianpaolo Sbarzaglia, appena subentrato ad Amleto Rossini, il quale riesce a portare a termine l’acquisizione. E nel 1980 costituisce una Commissione tecnica consultiva
per il recupero della rocca di Monte Battaglia, commissione della quale
fa parte anche Rinaldi Ceroni. Nell’estate del 1983 finalmente inizia l’intervento di recupero della rocca con una campagna di scavi diretta da Sauro
Gelichi della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna che, oltre a
numerosi reperti, porta alla luce l’antico perimetro delle mura. Si prosegue
con lavori di consolidamento e di recupero della torre su progetto degli
architetti Rita Rava e Claudio Piersanti. Lavori ai quali si affianca la collocazione ai piedi della torre di un monumento alla Liberazione, opera in bronzo dello scultore Aldo Rontini. Ed insieme al monumento vengono collocate anche lapidi in ricordo dei caduti partigiani, americani ed inglesi.
Il complesso monumentale di Monte Battaglia viene inaugurato l’8
maggio 1988 con la Giornata Internazionale della Pace. Che trova rispondenza completa una decina di anni dopo quando, ai piedi della torre,
viene collocata una lapide in ricordo dei caduti germanici. Così che Monte
Battaglia diventa uno dei pochi luoghi della memoria italiani dove sono
ricordati i caduti di tutte le parti in guerra.
Oggi, così come auspicava oltre trent’anni fa Augusto Rinaldi
Ceroni, Monte Battaglia è una delle mete turistiche più frequentate e
suggestive dell’Appennino tosco romagnolo. Sia per il suo patrimonio
storico che spazia dal Medioevo alla seconda guerra mondiale, sia come
punto di osservazione dal quale si domina larga parte del paesaggio che
si stende dal crinale alla pianura romagnola ed anche luogo di rilevante
interesse naturalistico per la varietà della flora che lo circonda e per
il misterioso volo nuziale che le formiche compiono ogni anno attorno
alla torre nella seconda metà del mese di settembre.
I problemi della montagna
a sinistra
Un cantiere
di bonifica montana
La campagna casolana
a metà degli anni ‘40
In un foglietto stampato nel giugno 1959, in occasione dell’inaugurazione della nuova Scuola di Avviamento Professionale, Augusto
Rinaldi Ceroni aveva scritto: “La soluzione dei problemi della montagna
é collegata al problema della Scuola”. Ancora una volta, nella visione
del Professore, la scuola si apre al territorio e al problema più importante del dopoguerra nell’Appennino romagnolo: lo spopolamento ed
il degrado dei terreni.
Due fenomeni collegati, che nascevano da molteplici cause: tra
le principali si devono ricordare lo stato miserevole della maggior parte
delle abitazioni rurali delle zone più alte e lontane dai centri abitati;
mancanza di strade e soprattutto la diminuzione del reddito dei terreni
in seguito al passaggio della guerra che aveva interessato il territorio
del comune di Casola Valsenio dal 22 settembre 1944 al 15 aprile 1945.
E che aveva provocato la distruzione o il danneggiamento, tra l’altro, di
circa 250 case coloniche, mentre i terreni lavorativi erano stati sconvolti
dalle granate e dai lavori per creare le postazioni. A questo si aggiunse
l’impossibilità di eseguire per molto tempo i lavori annuali per la presenza del fronte prima e quindi per l’ampia estensione di campi minati
lasciati dai tedeschi in ritirata. Ed anche i castagneti che allora ammontavano a 500 ettari furono in larga parte distrutti, così come avvenne
per i circa 2.500 ettari di bosco.
45
Contadini e partigiani
trebbiano nei pressi
di Monte Battaglia
- estate 1944
Uno degli ultimi carri che
trasporta le masserizie
della famiglia mezzadrile
verso la pianura - 1960
A questo si aggiungono i mutamenti politici e sociali indotti dalla
presenza nell’alta valle del Senio nel corso dell’estate del 1944, di formazioni partigiane di orientamento comunista. Che, in seguito al lavoro
dei commissari politici svolto tra partigiani e contadini, scardinarono
istituzioni, metodi di vita e rapporti sociali ed economici regolati fino
ad allora da istituti e patti secolari. Come il rapporto di mezzadria che
a partire dal basso Medioevo rappresentava il modello più diffuso di
sistema di conduzione dei terreni nell’Appennino tosco romagnolo.
Con la fine della guerra, si innescano di conseguenza forti rivendicazioni di carattere economico e sociale da parte dei mezzadri nei confronti dei proprietari. Rivendicazioni con le quali Augusto Rinaldi Ceroni
si trova a fare i conti ancor prima che le truppe alleate riprendano l’avanzata verso la pianura padana. In un appunto inserito nel libretto dei
conti colonici dell’annata 1944-45 e datato 5 gennaio 1945 troviamo
Un corso per disoccupati
alla Mingherina - 1954
infatti annotato di sua mano: “Trovato da ridire col colono. Ha detto
che il vino se lo tiene tutto lui perché l’uva l’ha raccolta sotto le granate
e che quest’anno non si parla di partire. Io ho detto che avremmo fatto
quello che facevano gli altri”.
Nel senso che, da liberale illuminato, Rinaldi Ceroni si affida a
quanto verrà stabilito dalle leggi e da decisioni concordate fra tutti.
Ma se, per quanto riguarda l’aspetto normativo, la questione troverà
una soluzione, pur non definitiva, nell’accordo del settembre 1946 tra
l’Associazione Agricoltori e la Federterra provinciali sulla base del
“Giudizio De Gasperi”, altrettanto non avviene localmente a causa della
mentalità gretta e conservatrice della maggior parte dei proprietari.
Come del resto riconosce anche il Professore che nella sua tesi di laurea di appena tre anni prima aveva scritto che i proprietari della valle
del Senio “purtroppo vivono pieni di pregiudizi e con la mentalità
ristretta e restia alle innovazioni”.
Il contrasto tra mezzadri e proprietari si concluderà poi, nell’arco
di un ventennio, con lo spopolamento di gran parte della zone più alte
dell’Appennino tosco romagnolo, compresa la fascia superiore del
comune di Casola Valsenio. Un fenomeno di un’ampiezza mai vista che,
per quanto riguarda il territorio casolano, ha visto la popolazione del
comune diminuire dai quasi 6.000 abitanti del 1946 ai circa 3.500 del
47
48
1968. Un fenomeno che ha visto le famiglie mezzadrili “sbassarsi” di
podere in podere con i loro carri tirati dai buoi e con sopra le poche
masserizie. E proprio sul finire degli anni ‘60 Augusto Rinaldi Ceroni fa
fermare, per poterlo fotografare, uno degli ultimi carri che, diretti verso
la pianura, transitano davanti a casa sua. Consapevole che con quel
carro se ne sta andando per sempre un mondo ricco di storia e di cultura materiale e spirituale.
Il rammarico è ancora più forte ripensando alle tante iniziative
intraprese, purtroppo inutilmente, dal Professore per frenare l’esodo
e rivitalizzare il territorio montano. A cominciare dall’immediato dopoguerra, quando ricopre l’incarico di responsabile della sezione casolana
dell’Associazione Agricoltori. In tale veste prepara una relazione sulle
cause dello spopolamento e il degrado dei territori dell’alta valle del
Senio, elencando una serie di richieste per risollevarne le sorti.
Relazione che, grazie all’interessamento di Guido Carli della Banca
d’Italia (col quale, proprietario di terreni a Casola, si era instaurata
un’amicizia) riesce a presentare personalmente ai ministeri delle
Finanze e dell’Agricoltura nei primi mesi del 1947. Relazione che fa
pervenire anche al Capo Provvisorio dello Stato affinché, scrive Rinaldi
Ceroni, “venga attentamente esaminata e studiata, augurandosi che
porti alla formulazione di provvedimenti tali da farne sentire un benefico e sensibile sollievo alle zone con scarsi redditi”.
Si tratta di analisi e richieste come la costruzione di strade ed opere
di bonifica idraulica e forestale, di sussidi per la zootecnia e l’alleggerimento del peso fiscale, che lo stesso Professore espone nel dicembre
dello stesso anno nel corso del Congresso Nazionale degli Agricoltori.
La sua opera si rivolge anche agli aspetti più vicini. Con particolare impegno per l’attivazione ed il potenziamento dei cantieri di rimboschimento cosiddetti “Fanfani”, dal cognome del ministro del Lavoro
che li aveva istituiti nel 1948. Cantieri che oltre ad alleggerire la situazione economica della numerosa categoria dei braccianti, contribuiscono alla salvaguardia e alla ripresa della produttività dei terreni montani.
Con tali obiettivi Rinaldi Ceroni ripristina anche la Festa degli Alberi,
istituita nel 1902 per valorizzare, preservare ed incrementare il patrimonio boschivo sensibilizzando i giovani e le scuole, ma che negli anni ‘30
si era trasformata in un rito puramente simbolico, poi abbandonato con
l’entrata in guerra dell’Italia.
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La Festa degli Alberi
sopra
Il ministro del Lavoro
Amintore Fanfani tra
gli operai del cantiere
di Pagnano - 21.3.1949
Il ministro Fanfani
saluta i partecipanti alla
prima Festa degli Alberi
Il 21 marzo 1949, primo giorno di primavera, è una data importante
per Casola Valsenio perché qui, per iniziativa di Rinaldi Ceroni, coadiuvato da un comitato comunale, viene ripresa la Festa degli Alberi con una
cerimonia che si svolge nel cantiere di rimboschimento aperto nel podere
Soglia, in parrocchia di Pagnano.
Vi partecipano i cento operai impegnati nel cantiere “Fanfani”, i 350
alunni delle scuole casolane, parte della popolazione e numerose autorità. Tra le quali l’onorevole Benigno Zaccagnini, col quale Augusto
Rinaldi Ceroni allaccia una salda amicizia ed il ministro del Lavoro
Amintore Fanfani. Il quale rimane colpito dalla partecipazione della gente,
dalle appassionate parole del Professore. Ed anche dalla coreografia
della cerimonia che vede un carro portare undici fanciulle con cesti pieni
di piantine di pino domestico che vengono
distribuite agli alunni i quali le portano nel
luogo previsto per l’impiantamento da parte
degli operai del cantiere. Nel lasciare Casola
il ministro prende l’impegno di ripristinare in
tutti i comuni italiani la Festa degli Alberi ed
una settimana dopo scrive al Professore per
ringraziarlo dell’accoglienza e della bella cerimonia, con la speranza “che tutte le scuole
italiane sappiano trarne ammaestramento”.
Forte di questa speranza, nei primi mesi
del 1950, Rinaldi Ceroni scrive al ministro della
Pubblica Istruzione chiedendo che la Festa
venga ripristinata in tutte le scuole della
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Repubblica. E così avviene, ma per iniziativa di un altro ministro, cioè di
quello dell’Agricoltura, Amintore Fanfani, il quale tiene fede alla promessa fatta a Casola Valsenio, come annuncia in una intervista pubblicata
dal settimanale Oggi dell’11 ottobre 1951: “Su suggerimento degli alunni e degli insegnanti di Casola Valsenio feci riprendere la Festa degli
Alberi dai cantieri di rimboschimento nel 1949, celebrandosi il 21 marzo.
Giunto al ministero dell’Agricoltura e Foreste, ho deciso che quest’anno
se ne riprenda la solenne celebrazione, facendola cadere al 21 novembre per ragioni tecniche. Si stanno prendendo tutte le disposizioni perché la Festa degli Alberi da quest’anno torni ad essere veramente celebrata in ogni comune e in ogni scuola”.
E già nello stesso anno viene celebrata in ben 6.768 comuni italiani
con la partecipazione di 1.833.000 alunni di ogni tipo di scuole e con
la messa a dimora di 1.200.000 piantine. Una bella soddisfazione per
Festa degli Alberi con
messa a dimora di piantine nella scarpata del
muraglione che sorregge
l’abitato di Casola
Valsenio - 21.11.1955
51
Rimboschimenti effettuati
dal Corpo forestale dello
Stato lungo la Strada
panoramica silvana “Senio
-Santerno” . Cartolina
ricordo pubblicata in occasione della Festa degli
Alberi del 1968
Augusto Rinaldi Ceroni, i cui meriti per la ripresa erano stati riconosciuti e
divulgati anche attraverso il cinegiornale Settimana Incom che aveva proiettato in tutti i cinema d’Italia una sintesi della prima cerimonia del 1949.
Ma, com’è sua abitudine, non si accontenta: vuole rendere ancora
più saldo il legame tra gli scolari e le piante. E già il 21 novembre del
1952 organizza la “Nuova Festa degli Alberi” che, da una parte, conserva
una dimensione pubblica con la collocazione di piante nelle zone di rimboschimento e, dall’altra, rimane in ambito strettamente scolastico. Ad
ogni alunno della Scuola di Avviamento di Casola Valsenio viene consegnato un vasetto con una pianta da collocare nel giardino o in un vaso,
pianta che l’alunno stesso dovrà seguire e curare, riferendone poi all’insegnante.
L’esperimento casolano viene poi dispiegato in ambito provinciale
con una “Cerimonia scolastica della Festa degli Alberi” che si svolge
all’ippodromo del Candiano di Ravenna il 21 novembre 1953 alla presenza di numerose autorità e scolaresche ravennati. Alle quali Augusto
Rinaldi Ceroni illustra il suo progetto che ruota attorno al motto “Una
piantina nel giorno della Festa degli Alberi ad ogni alunno delle scuole
d’Italia”. E spiega che, per instaurare nei giovani un richiamo continuo
al rispetto degli alberi, ogni scuola dovrebbe consegnare ai suoi alunni
un vasetto con una piantina fornita dalle scuole di Avviamento Agrario
della zona. E per dare forza al suo discorso consegna agli scolari ravennati ed alle autorità ben 300 vasetti con piantine coltivate nel campo
didattico della sua scuola di Casola Valsenio.
Di seguito scrive ai vari ministeri, alle autorità scolastiche ed ai
giornali per divulgare il suo progetto. Che però, al di là degli apprezzamenti verbali, non trova molte adesioni. Ma, com’è sua abitudine, il
Professore non si scoraggia ed anzi affina il suo progetto in occasione
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Le autorità ravennati
mostrano il vasetto con
la piantina in occasione
della Festa degli Alberi
del 21.11.1953
della Festa del 1955. Dopo la benedizione e la messa a dimora di
conifere nei giardini pubblici di Casola Valsenio, vengono distribuite
agli alunni ben 500 piantine accompagnate da un biglietto che recita
“È questa, alunno d’Italia, la piantina che la scuola ti affida. Racchiudila
in un vasetto, abbine cura ed osserva il suo lento sviluppo. Ricordati
che la pianta è l’amica dell’uomo e senza di essa la vita non sarebbe
possibile”. Alla consegna si accompagna l’impegno di riportare la piantina a scuola nella primavera successiva per verificarne lo stato e premiare gli alunni più attenti e solerti. E così tra cerimonie pubbliche e
scolastiche, accompagnate ogni anno dalla preziosa collaborazione
del Corpo Forestale dello Stato e dalle puntuali parole di Rinaldi Ceroni
continua a celebrarsi a Casola Valsenio la Festa degli Alberi fino alla
metà degli anni Settanta, quando il Preside lascia la scuola.
Un’iniziativa che ha contribuito a far sì che oggi la media valle del Senio
presenti uno straordinario patrimonio di verde, con una copertura di
gran lunga superiore a quella che si rileva nelle parallele vallate del
Lamone e del Santerno. Proprio come aveva immaginato il Professore
nel discorso pronunciato nel 1949 alla presenza del ministro Fanfani:
“Il rimboschimento sarà causa di abbellimento naturale di questa nostra
zona, di arricchimento individuale ed anche di maggior salubrità dell’aria con evidente sviluppo dell’attività del turismo e del soggiorno”.
Il Professore e le autorità
esaminano e premiano
le piantine curate dagli
allievi - 3.6.1956
Gli allievi della Scuola
di Avviamento ricevono la
loro piantina in occasione
della “Nuova cerimonia
scolastica della Festa
degli Alberi” - 18.4.1958
Le piante officinali
Raccolta delle infiorescenze di lavanda nei gradoni
del Monte dei Pini - 1961
L’istituzione e lo sviluppo della Festa degli Alberi non fa velo
all’impegno di Augusto Rinaldi Ceroni nel sostenere i “cantieri Fanfani”.
Anzi, si fa più incisivo dopo la visita del ministro, al quale il professore
scrive pochi mesi dopo – concordando con il sindaco un analogo appello al prefetto - per segnalare la difficile situazione economica del paese
per la presenza di ben 300 operai disoccupati che troverebbero sollievo
con l’apertura di un nuovo cantiere.
Nell’ottobre è lo stesso ministro del Lavoro Fanfani a comunicare
al Professore l’apertura di un cantiere di sistemazione montana, che come annota Rinaldi Ceroni in calce alla lettera del ministro - per 200
operai significa lavoro per cinque mesi. Ma già dopo tre mesi il professore ritorna alla carica e, su indicazione di Zaccagnini, si reca personalmente a Roma dal ministro, il quale lo riceve il 4 gennaio 1950. E, portandogli i saluti ed i ringraziamenti degli operai del cantiere casolano,
insieme alle fotografie della Festa degli Alberi dell’anno prima, chiede
anche una proroga dei lavori. Che il ministro concede sul momento per
una durata 40 giorni. Rinaldi Ceroni interpella poi l’on. Giacomo Casoni
che nel giugno del 1950 assicura l’apertura di un nuovo cantiere che
darà lavoro a 100 operai per altri 60 giorni.
L’attività del Professore in difesa del territorio montano della valle
del Senio è frenetica e si dispiega in diversi settori. Come la partecipazione all’organizzazione della Festa della Montagna, svoltasi il 6 luglio
1952 nel parco della Villa Ferniani, nei pressi di Casola Valsenio, tra
interventi politici, concerti di bande e gare sportive. O come il sostegno
offerto nel caso del ricorso presentato dall’Amministrazione Comunale
di Casola Valsenio per essere inclusi tra i comuni beneficiari della Legge
sulla Montagna del 1952. Iniziativa nella quale Rinaldi Ceroni riesce a
coinvolgere il ministro Fanfani, l’onorevole Zaccagnini, il senatore
Giuseppe Medici e Guido Carli, che conducono in porto l’operazione.
Come documenta la lettera che il sindaco Fiorentini invia nel febbraio
del 1953 al Professore: “A nome dell’Amministrazione Comunale e della
popolazione di questo comune esprimo viva riconoscenza per l’interessamento interposto dalla S.V. in occasione dell’inclusione di Casola
Valsenio nell’elenco dei comuni montani”.
E poi ci sono i numerosissimi convegni, conferenze, lezioni ed articoli sui giornali, nei quali Rinaldi Ceroni rinnova le sue proposte per
la salvaguardia ed il recupero dei territori montani. Fino alla svolta del
1954, quando inizia ad affidare la rinascita della montagna alle piante
officinali, fino ad allora “amate, studiate e coltivate con l’intento - come
ha lasciato scritto - di donare salute, benessere e felicità agli uomini
attraverso prodotti medicinali, profumi, liquori e dolci”. L’occasione
è rappresentata dal convegno sui problemi dell’agricoltura collinare
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Il direttore, i docenti
e gli allievi della Scuola
di Avviamento preparano
i campioni di piante
officinali - novembre 1955
e montana che il Partito Liberale organizza a Riolo Bagni il 12 settembre. Convegno al quale Augusto Rinaldi Ceroni partecipa con una relazione che individua nelle piante officinali il mezzo per riconvertire i terreni montani e frenare lo spopolamento. E ciò sulla base di una sperimentazione avviata due anni prima nella media valle del Senio su una
ventina di varietà di piante e ristretta poi alle sette più adatte alle tre
diverse condizioni del terreno: menta piperita, camomilla romana e
maggiorana nel fondo valle; salvia sclarea e lavanda nell’alta collina
e nella montagna ed anice e liquirizia nelle argille.
“Il valore di queste piante - afferma il Professore - é immenso e
perché trascurarle, quando l’ambiente naturale delle nostre zone collinari e montane é quello adatto alla coltura o alla crescita spontanea!”
Ed indica i provvedimenti necessari. Che vanno dalla creazione
nei centri montani di una mano d’opera qualificata per la raccolta
delle piante officinali coltivate e spontanee alla creazione di piccole
industrie capaci di lavorare e commercializzare i prodotti erboristici,
passando attraverso la diffusione di una cultura delle piante
officinali quali piante capaci di dare redditi superiori alle comuni
coltivazioni.
E per dare forza al suo progetto, da una parte incentiva lo studio
e la sperimentazione, rivolgendosi, tra l’altro, agli Orti Botanici delle
Università di Bologna, Napoli e Palermo e, dall’altra parte, diffonde
il suo progetto con articoli, convegni e lezioni. E, come sempre, coinvolge la scuola, mettendo a punto un progetto che prevede l’inserimento
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I partecipanti alla
Giornata delle piante
officinali, aromatiche
ed essenziere visitano
il campo didattico della
Mingherina - 20.6.1956
dello studio delle piante officinali nel programma scolastico di
Economia Domestica, utilizzando come sussidio didattico un apposito
campionario che nei primi mesi del 1956 presenta alle scuole di
Bologna e di Ravenna. Si tratta di una collezione di 78 erbe officinali e
spezie preparate dalla Scuola di Avviamento di Casola Valsenio e sistemate in scatoline trasparenti disposte in due cassette ed accompagnate
dalla guida Flora salutare, curata sempre da Rinaldi Ceroni. “Il sussidio
- ricorda Gaspare Rivola, incaricato di promuoverlo in tutta la regione
Emilia Romagna - fu accolto molto favorevolmente dai docenti ma poi
furono purtroppo pochi i direttori che decisero di acquistarlo”.
Il Prof, com’è ovvio, non si scoraggia ed il 20 giugno 1956 mette
in campo un’altra iniziativa, organizzando la “Giornata delle piante officinali, aromatiche ed essenziere”, con la collaborazione di Igor Ricci,
erborista dell’Ispettorato Agrario di Ravenna, ente che fin dall’inizio
affianca il Professore nelle sperimentazioni, offrendo anche in seguito
un prezioso ed autorevole aiuto.
La giornata si svolge tra Riolo Bagni, dove si tiene il convegno e
Casola Valsenio, dove le autorità ed i numerosi studiosi di fama visitano
le cinque parcelle sperimentali e il campo didattico della Mingherina,
che viene illustrato dal Professore sotto lo sguardo curioso e sorpreso
dei giornalisti. Tra i quali Dario Zanasi del Resto del Carlino che sul suo
giornale pochi giorni dopo e più tardi nel volume Viaggio in Romagna,
scrive: “Stamane, a Riolo Bagni e sui colli di Casola Valsenio, ho potuto
legarmi d’amicizia coi promotori di questo convegno. Conoscendoli,
vedendoli all’opera, prendendo atto di ciò che cresce sulla terra con
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Si apre a Mezzomondo
il primo cantiere per le
piante officinali - 5.1.1957
l’aiuto della loro intelligenza e delle loro cure assidue, ogni superstite
idea di empirismo popolare é scomparsa. Gente valorosa, sapiente e,
nello stesso tempo, straordinariamente modesta. Non si trattava più,
ho visto, di raccoglitori isolati e poco provveduti, a zonzo per le campagne e per le montagne al fine di creare decotti taumaturgici, bensì di
gente di scienza che in virtù dei loro studi e dei loro esperimenti promettono la nascita e lo sviluppo, anche in Italia, della preziosa flora
officinale, aromatica ed essenziera”.
Il convegno riolese si chiude con l’auspicio che, tra l’altro, le colture
passino dalla fase sperimentale alla coltivazione in pieno campo. Un
progetto che trova quasi immediata realizzazione: il 5 gennaio 1957, a
Mezzomondo, poco a monte di Casola Valsenio, si apre il primo cantiere
in Italia destinato alle piante officinali. In sei mesi di lavoro, 20 operai
sistemano un terreno abbandonato, ricavandone gradoni e piazzole
impiantate a lavanda, la pianta che svolgerà un ruolo importante nella
vita di Augusto Rinaldi Ceroni e nella costruzione del paesaggio della
valle del Senio.
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La lavanda
Immagine della cartolina
ricordo per la Festa degli
Alberi del 21.11.1957
“Un giorno, sarà stato il 1947, il Professore entrò in classe con
una pianta strana, che non avevamo mai visto. Ci spiegò che era lavanda, dalla quale si estraeva un profumo”. Così Maria Antonietta Conti,
ricorda il suo primo incontro con la lavanda, una pianta che nel dopoguerra era pressoché sconosciuta alla maggior parte dei casolani. Che
nei primi mesi del 1957 seguivano incuriositi e un poco scettici la realizzazione del primo lavandeto che, gradone dopo gradone, saliva il
lato sud del Monte dei Pini. Una coltivazione innovativa che attira l’attenzione anche del giornalista Silvio Negro del Corriere della Sera, il
quale, in un articolo del 7.4.1957 sullo spopolamento dell’Appennino
emiliano romagnolo, scrive con un leggera vena di scetticismo: “Il prof.
Rinaldi Ceroni, seleziona da anni piante officinali, sostenendo con gran
fervore che la salvezza verrà di là, ed ha coperto le pendici di una collina di piante officinali”.
Il Professore é sicuro - sulla base delle sue ricerche - dell’adattabilità della lavanda al clima ed al terreno dell’area collinare romagnola.
Lo conforta, se non altro, quanto aveva scritto, a proposito della vicina
valle del Lamone, il brisighellese Francesco Maria Saletti (1596-1674)
nel suo Comentario di Val d’Amone: “...mi è parso dover qualche cosa
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Arrivano le prime talee di
lavanda per gli impianti
in pieno campo - 9.3.1957
soggiongere della spica, o lavanda, della quale a guisa d’alcuni in
Aragona, et in Spagna, vediamo sino al dì d’hoggi nella scola nostra,
detta di Boesimo carico tutto un monte, che Monte della Lavanda communemente s’appella”.
E così, tre secoli dopo, Augusto Rinaldi Ceroni ricopre di lavanda
un altro colle, utilizzando quella che un tempo cresceva spontaneamente in Romagna - la lavandula officinalis o spica - poi impiantando ibridi,
detti lavandini, provenienti da Valdieri (Cuneo) e Pieve di Teco (Imperia).
Si tratta però di varietà che non reggono il confronto con la qualità e la
resa in olio essenziale delle varietà coltivate da tempo in Francia. Così
che nel 1958 il Professore e Igor Ricci effettuano un viaggio in Francia,
preparato dal ministero dell’Agricoltura e Foreste.
“I francesi non ci dissero grandi cose - ha lasciato scritto Rinaldi
Ceroni tra le sue carte - ma noi rientrammo in patria con una visione
nuova e con importantissime conoscenze che riuscimmo a mettere
in pratica. Grazie anche ad un certo numero di piante di lavanda che
riuscii a farmi spedire in modo avventuroso. Una volta impiantate,
costituirono il nucleo sul quale, con la preziosa collaborazione del
professor Primo Rubaconti, che insegnava nella mia scuola, si svilupparono studi e sperimentazioni con l’isolamento di esemplari e l’ibridazione
di specie diverse”.
E’ un lavoro che porta anche alla selezione di un ibrido denominato Lavandula hybrida RC (cioé Rinaldi Ceroni) capace di una elevatissima resa in essenza, come risulta dalle prove di distillazione che dal
1959 accompagnano studi e sperimentazioni. Il cui esito positivo favorisce il moltiplicarsi dei lavandeti, sia nel territorio del comune di Casola
Valsenio che di Brisighella e Riolo Terme, che ha nel 1957 ha cambiato
nome. La lavanda trova posto spesso in alternanza alle tradizionali colture romagnole, come la piantata che sposa la vite agli alberi vivi, per
iniziativa di alcuni agricoltori che credono nella sua potenzialità quale
fonte di reddito, grazie ad una rilevante utilizzazione nella profumeria,
nella cosmesi e nella produzione del miele.
E’ uno sviluppo che pone la valle del Senio all’attenzione nazionale nel campo dell’erboristeria. Come scrive il periodico Natura Viva
dell’11 maggio 1961: “La lavanda é attualmente molto coltivata in
Francia ed in Italia; qui con maggiore intensità lungo lo spartiacque
Prime prove di distillazione
ligure-piemontese e più recentemente con esito favorevole, la sua coltidella lavanda nel cortile
vazione è stata intrapresa pure sui contrafforti dell’Appennino toscodella scuola.
romagnolo ed in particolare nell’Alta valle del Senio, ove pure si stanno
A destra si riconosce il
selezionando cultivar più redditizie e più rustiche nello stesso tempo
professor Primo Rubaconti
- 22.4.1959
e perciò con relativa semplicità di coltivazione”.
61
62
La coltivazione della
lavanda si alterna alla
piantata romagnola
in località Piandeppio
(Casola Valsenio) - 1961
L’impegno profuso a favore della lavanda lascia comunque spazio
a Rinaldi Ceroni per lo studio e la sperimentazione anche su altre piante officinali, sia nel campo didattico della Mingherina, sia in pieno
campo. In particolare l’attenzione è rivolta alle piante aromatiche,
alla camomilla comune e quella romana, alla soja, alla salvia sclarea
e all’allevamento a spalliera dei tigli per la produzione dei fiori. E con
ottimi risultati anche con queste piante, se è vero che oggi in un sito
web spagnolo, specializzato in agricoltura, si può leggere a proposito
della salvia officinalis: “La ultima técnica propuesta es la adopciòn
de la plantación en prada ideada por el profesor Augusto Rinaldi
Ceroni...”:
Ma la pianta trainante di tutte le attività del professore rimane
la lavanda. Che promuove in tutti i modi, facendo soprattutto leva sulla
sua scuola. Come la partecipazione della Scuola di Avviamento casolana alla IX Fiera di Forlì nel maggio 1959 ed un anno dopo alla XXIV Fiera
di Bologna con il padiglione della lavanda e delle piante officinali.
A novembre del 1960 il Professore scrive all’imperatrice di Persia, Farah
Diba Pahlevi: “Altezza Imperiale, ho appreso che la stanza che accoglie
lei ed il suo Augusto piccolo, il principe Reza Ciro Alì, viene continuamente profumata di lavanda. Poiché la mia é la prima Scuola Agraria
Statale d’Italia che coltivi nei suoi campi sperimentali la Lavanda,
63
Prove di laboratorio
per estrarre le essenze
dalle piante officinali
- marzo 1956
diffondendola un po’ in tutto il mondo con il nome di Lavanda Val del
Senio, sono quindi ben lieto di inviarle a parte, un piccolo omaggio di
estratto di lavanda d’Italia, con sacchettini di infiorescenze, quale simbolico attestato di simpatia e di deferenza mio personale, degli insegnanti e degli alunni della mia scuola, i quali hanno personalmente coltivato, raccolto e confezionato i campioni di lavanda spediti”. E nel gennaio successivo il ministro di Corte comunica a Rinaldi Ceroni il gradimento dell’imperatrice per il dono ricevuto.
Il Professore non fa differenze di censo e pochi mesi dopo, alle
porte del paese, le allieve della scuola casolana in costume folkloristico
offrono essenza di lavanda ai turisti richiamati dalla Festa di
Mezzaquaresima. Un’iniziativa molto apprezzata, come scrive l’Avvenire
d’Italia del 14.3.1961: “E’ stato un graditissimo omaggio del Paese della
lavanda”. E se Casola Valsenio è oramai il “Paese della lavanda”,
Augusto Rinaldi Ceroni è per tutti il “Padre della lavanda”. Anzi Italian
Lavender’s Father, come lo definisce nello stesso periodo un giornalista
americano in visita ai lavandeti casolani. Che costituiscono una meta
sempre più frequentata, da studiosi, autorità, docenti, erboristi, scolaresche, amministratori pubblici e giornalisti. Compresi i grandi maestri
dell’erboristeria italiana come Giuseppe Lodi dell’Università di Bologna,
erborista di fama mondiale o come Paolo Rovesti, presidente del Centro
Italiano per l’Erboristeria e Pietro Zangheri, famoso botanico romagnolo,
dei quali Rinaldi Ceroni si dichiara allievo, ma che partecipano alle sue
iniziative o gli fanno visita ammirati di quanto è riuscito a fare nel campo
delle piante officinali ed in particolare della lavanda.
Si tratta di visite che il Professore incentiva con iniziative specifiche. Come la “Visita ai lavandeti dell’Alta valle del Senio” che organizza
il 3 giugno 1961 per divulgare, come scrive nell’invito, “queste nuove
64
Il campo officinale creato
nell’area retrostante la
Scuola di Avviamento
colture quali incoraggiante esempio di riconversione produttiva dei terreni collinari soggetti al preoccupante esodo delle popolazioni rurali”.
Casola Valsenio è oramai un riconosciuto ed apprezzato punto di riferimento per ogni iniziativa ed attività nel campo della coltivazione della
lavanda. Come testimoniano i circa 400 quesiti su questa pianta pervenuti dall’Italia e dall’estero all’ufficio della Scuola di Avviamento casolana a cui fa capo tutta l’organizzazione tecnico scientifica dei lavandeti. E come testimonia anche l’intensa attività di consulenza, progettazione e direzione che viene richiesta al professor Rinaldi Ceroni. Il
quale, nel 1962, per conto della Naarden-Leepen realizza nella zona
di Pietramala, in comune di Firenzuola, il più vasto lavandeto d’Europa.
Seguito da un altro imponente impianto presso l’azienda Piana di
Castel San Pietro, tra Imola e Bologna, destinato alla produzione
di miele ed un altro ancora a Pitigliano, nella Maremma grossetana.
L’incremento per numero ed estensione dei lavandeti, insieme
all’aumento del costo della mano d’opera, impone una sempre più
accentuata meccanizzazione anche nella coltivazione delle piante offici-
nali ed in particolare della lavanda. Un’esigenza alla quale il Professore
dà risposta il 31 luglio 1964 nel lavandeto Poggi di Borgo Rivola, presentando a tecnici, giornalisti, erboristi ed agricoltori la prima mietilega
per lavanda. Una macchina frutto di applicazioni speciali su una normale mietilega realizzate dal professor Carlo Conti, insegnante di applicazioni tecniche presso la scuola diretta da Rinaldi Ceroni. Il quale,
nel 1959, crea dietro la Scuola di Avviamento un Giardino Officinale
che prende il posto del campo didattico della Mingherina con uno spiegamento di coltivazioni di piante medicinali, aromatiche ed essenziere
molto più ampio e quindi con possibilità di sperimentazioni più
approfondite e a più largo raggio.
Meno commercio più turismo
Anche le tre figlie del
Professore, Gabriella,
Tiziana e Paola, si dedicano
alla raccolta della lavanda
Fino all’inizio degli anni Sessanta la lavanda incontra un mercato
sufficientemente remunerativo, come afferma nel 1961 Luigi Einaudi sul
Corriere della Sera: “Qualche anno fa, andando per l’alta Langa mi
accorsi di una coltura mai vista. Chiesto di che cosa si trattasse, dissero
trattarsi di Lavanda. Oggi dicesi che, con l’estendersi della coltura della
Lavanda taluni abbiano inteso la convenienza di trar partito anche dall’inconsueto prodotto e sta creandosi un mercato della Lavanda con
prezzi noti e regolari”.
Ma chi conosce bene il mercato dei prodotti officinali, come il
commerciante casolano Nandino Masini, che anche dopo la guerra
aveva continuato ad esportare i prodotti erboristici sotto il marchio “Val
del Senio”, non si fa illusioni. E a chi gli chiede come andrà il mercato
è solito rispondere: “Burdel, la bubâna l’è finida; adës u j è armëst
sól i brisel”.(Ragazzi, l’abbondanza è finita; adesso sono rimaste solo
le briciole). Frase che avrà udito anche Augusto Rinaldi Ceroni, legato
da grande amicizia a Nandino, il quale affettuosamente accusava il
Professore di avere un’immagine troppo romantica e poco remunerativa
della produzione e commercializzazione dei prodotti officinali.
Fermo sulla sua posizione, Rinaldi Ceroni continua a credere nelle
potenzialità della lavanda, come rivela in una lettera inviata nell’aprile
del 1963 al vivaista Arturo Ansaloni; lettera che chiude con un lapidario:
“Nella assoluta certezza che la Lavanda e i Lavandini trionfino, distintamente ossequio”. Ma verso la metà degli anni Sessanta anche lui deve
66
Il lavandeto a gradoni
del Monte dei Pini - 1961
prendere atto che il mercato dei prodotti officinali non tira a causa del
boom economico. Che sta cambiando condizioni economiche, mentalità
e modi di vita degli italiani che, nel passaggio da una società agricola
ad una industriale, abbandonano tutto ciò che caratterizzava il mondo
contadino tradizionale. Compresi i rimedi naturali, sostituiti dai prodotti
frutto della chimica. Come, qualche anno dopo, spiega lo stesso Rinaldi
Ceroni in occasione di una conferenza presso il Rotary di Faenza:
“L’evolversi ed il progredire della chimica hanno parzialmente ridotto
la richiesta dei prodotti naturali essenzieri, così come l’incentivazione
dell’industrializzazione e delle attività terziarie ha assorbito quasi totalmente quella mano d’opera che nei nostri colli era dedita, anche se
saltuariamente, alla raccolta delle piante officinali”.
Ma ci vuol ben altro per piegare e far cambiare idea al Prof, che
prosegue, quasi in solitudine, la sua battaglia controcorrente in difesa
delle piante officinali, con in testa la lavanda, che considera e ama
come una quarta figlia. E’ una battaglia resa più difficile ed amara da
alcune critiche che rinfacciano un infruttuoso dispendio di capitali e
mano d’opera nelle sperimentazioni e nelle coltivazioni della lavanda.
Critiche alle quali risponde in un’intervista rilasciata al mensile locale
Lo Specchio: “La sperimentazione prima, fatta con varietà e specie
diverse sul colle di Mezzomondo e nella zona del Monte dei Pini, ha
messo a nostra disposizione dei dati importantissimi e delle valutazioni
che hanno guidato negli anni successivi e nelle nuove piantagioni. Ecco
quindi messa a tacere quella voce critica delle bocche facili e pronte
a dir solo male. Perciò nessun capitale andato a vuoto! Nessun lavoro
inutile! Ed è falso dire che l’esperimento fatto su quel monte sia da giudicarsi un fallimento. Guai se non ci fossero stati quei cinque o sei ettari
investiti e sistemati a gradoni, in quanto saremmo stati privi di ele-
L’abbazia di Valsenio
in un disegno
di Domenico Dalmonte
menti così importanti per il futuro di questa cultura. E poi chiunque
salga su quel colle non può non restare colpito dal profumo e da una
visione stupenda che lo porta a dire: ‘Che bello!’. E questo spero che
sarà giudicato un piccolo contributo turistico alla nostra valle”.
Un contributo, del resto già ampiamente riconosciuto dai visitatori; tra i quali la giornalista Jolanda d’Annibale che nel mensile Le quattro stagioni dell’aprile 1962, aveva scritto: “Il direttore della scuola ci
accolse cordialmente e ci accompagnò nelle diverse colture in collina e
a valle. La collina era come ricoperta da un manto lilla a balze ricamate
sapientemente e le piante di spigo si rovesciavano sui bordi come grandi cesti ricolmi di fiori. Dappertutto un profumo inebriante che ricordava vecchie cassapanche colme di biancheria”.
E così, verso la metà degli anni Sessanta, il lavoro di Augusto
Rinaldi, che fa leva soprattutto sul Giardino Officinale annesso alla
scuola, si dirama dal tronco principale dello studio e della sperimentazione e grazie anche alla collaborazione del professor Enrico Docci,
imbocca il solco antico della tradizione e la nuova strada del turismo.
In questa ottica il 24 giugno 1966 il Professore istituisce la
Benedizione dello Spigo che si rifà alla tradizione romagnola della raccolta dello spigo, cioè della lavanda, nella giornata del 24 giugno, festa
di San Giovanni. Lo spigo, che si riteneva ricco di virtù apportate dalla
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68
Le tradizionali
rocche di lavanda
guazza notturna, veniva legato a mo’ di fiaschetto, detto rocca, con
i fiori chiusi entro i propri steli e quindi riposto nei cassettoni o negli
armadi per profumare la biancheria e preservarla dalle tarme. Per oltre
un ventennio la cerimonia, che si conclude con la distribuzione della
lavanda accompagnata da un rinfresco alla romagnola con ciambella
ed Albana dolce, si svolge nell’abbazia di Valsenio dedicata a San
Giovanni, poi verrà spostata in paese, nella Chiesa di San Francesco,
detta dei Frati. Dove continua tuttora a svolgersi per iniziativa del
Comune e della Pro Loco di Casola Valsenio per ricordare ed onorare
la figura e l’opera di Augusto Rinaldi Ceroni.
Il quale, sempre nel 1966, abbozza l’idea di una Strada della
Lavanda, un percorso che si dovrebbe snodare lungo la valle del Senio,
dal Passo della Sambuca a Palazzuolo, proseguendo poi per Casola
Valsenio e Riolo Terme, fino a raggiungere Castel Bolognese tra ali di
piante di lavanda. E’ un’idea che troverà applicazione un paio di decenni dopo, andando a sovrapporsi al progetto di una strada panoramica
silvana di collegamento tra le valli del Senio e del Santerno che viene
presentata da Rinaldi Ceroni a tecnici ed autorità alla fine del 1967.
Convinto del pregio ornamentale della lavanda, il Professore allarga
il suo raggio di azione e nel 1969 convince l’assessore al Turismo Sport
e Giardini del Comune di Firenze a sperimentare l’impiantamento nei
giardini della città di aiuole di lavanda delle varietà Turistica Maime ed
Elegante Abrialis. Contemporaneamente anche la Società Italiana Amici
dei Fiori si rende disponibile, su proposta di Rinaldi Ceroni, a sperimentare impianti delle stesse varietà di lavanda ai margini e nella corsia
spartitraffico della Superstrada dei Fiori Firenze-Siena. Sono iniziative
che stanno all’origine di quanto si può vedere oggi in molti giardini
pubblici abbelliti con piante di lavanda e lungo alcune strade della pro-
vincia di Ravenna bordate con la stessa pianta.
Il lavoro di divulgazione del Professore spazia in ogni settore e
alla fine degli anni Sessanta, con una ampia campagna di stampa, propone anche l’utilizzazione della lavanda nei matrimoni. “Un cesto di
lavanda elegantemente presentato - spiega Vincenzo Bonini sul mensile
Il Giardino Fiorito del dicembre 1969 - può far onore all’invitato e piacere alla giovane sposa”.
Sono progetti ed iniziative che comunque non distolgono Rinaldi
Ceroni dall’attività di studio, sperimentazione e divulgazione nel campo
delle piante officinali, soprattutto della lavanda. Lo testimonia la pubblicazione nel 1966 per la Universale Edagricole del volumetto La lavanda e il lavandino, considerato da alcuni studiosi la “Bibbia della lavanda”. La sapienza e l’esperienza del Professore accompagnano anche gli
studi e le sperimentazioni messe in campo a Casola Valsenio e a Faenza
da Francesco Rinaldi Ceroni – parente del Prof per sangue e per passione per le piante officinali – il quale condensa le sue esperienze nella
tesi di laurea Il lavandino: coltivazione e risultati di un biennio di ricerche sulla concimazione e su alcuni fattori che ne influenzano la resa,
discussa nel 1971 presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna,
prima tesi del genere in Italia.
Il lavoro di Augusto Rinaldi Ceroni si allarga anche all’estero,
attraverso canali scientifici o rapporti di amicizia e conoscenza nati
dalla lunga attività di rilievo pubblico. Come lo scambio di ricordi e
di informazioni scientifiche con il casolano mons. Angelo Poli, vescovo
di Allahabad, in India, il quale, con presumibile soddisfazione del
Professore, gli rivela che fu lui, nel 1901, ad introdurre il rosmarino in
India, portando con sé sei piantine prelevate in un orto di Casola
Valsenio. Attraverso l’Università di Bologna, Rinaldi Ceroni riesce anche
ad ottenere semi di ginseng che, come annota nei suoi registri, interra
il 3 giugno 1968, seguendone poi con attenzione lo sviluppo. E dandone poi conto, insieme ai risultati di tanti e tanti altri esperimenti attuati
nel Giardino Officinale, nel corso della “Giornata dell’Erboristeria”,
organizzata a Casola Valsenio il 3 luglio 1972, insieme all’Ispettorato
Provinciale dell’Agricoltura di Ravenna. Convinto più che mai che, prima
o poi, le piante officinali avrebbero trovato nell’opinione pubblica e
soprattutto tra i consumatori la considerazione che meritano.
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Casola Valsenio,
il paese delle erbe officinali
a sinistra
Le infiorescenze
di lavanda sono molto
frequentate dalle api
Veduta generale
del Giardino Officinale
La tanto sperata rivalutazione dei prodotti erboristici avviene
verso la metà degli anni Settanta. Favorita dal mutamento di mentalità
e di abitudini della società italiana in conseguenza della crisi energetica
del 1973. Che porta, tra l’altro, a riconsiderare il passato al fine di recuperare modi di vita di un tempo, più semplici e naturali. Come l’uso
delle erbe officinali per scopi curativi e alimentari.
Il nuovo corso coincide con la necessità di ampliare l’edificio
della Scuola Media Statale, utilizzando l’area occupata dal Giardino
Officinale. Grazie all’interessamento del sindaco Rossini e alla disponibilità del presidente dell’Azienda Regionale delle Foreste, il Giardino
trova spazio in due gradoni di un terreno annesso al fondo Casaccia,
lungo la strada che da Casola Valsenio porta a Fontanelice, scelto dalla
Regione con lo scopo di creare un vivaio di piante da consolidamento
delle scarpate.
Il Giardino Officinale, svincolato dalla scuola, incontra un maggior
interesse e frequentazione da parte di enti, comunità, consorzi, privati,
scuole ed università che inducono a spostare il vivaio altrove e a destinare alle piante officinali tutto il terreno sistemato a gradoni. Nasce
così, per conto della Regione Emilia Romagna, il progetto del nuovo
Giardino, nel quale Rinaldi Ceroni riversa oltre trent’anni di studio
e di esperienze, insieme ad una chiara visione sul futuro sviluppo del-
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Prime visite
al Giardino Officinale
l’erboristeria. I primi due gradoni vengono destinati alla divulgazione
e conoscenza delle piante officinali, costituendo una sorta di museo
vivente, mentre il terzo gradone viene occupato dalle colture a pieno
campo, alle quali si interessano cooperative, comunità montane ed
agricoltori. Il quarto accoglie le piante per l’apicoltura; il quinto le piante aromatiche per l’alimentazione, il sesto le piante per la floricoltura
ed il settimo le piante per l’allevamento delle lumache.
A margine dell’impianto principale vengono realizzati gruppi di
piante tipiche; alcuni dei quali organizzati su basi scientifiche ed altri
più sensibili ad aspetti originali e curiosi. E quindi capaci di divulgare
la conoscenza delle piante officinali anche tra un pubblico non specializzato. Ciò secondo una chiara e costante visione di Rinaldi Ceroni che,
pur di raggiungere l’obiettivo della divulgazione, concede spazio agli
aspetti della magia, del mistero, del sogno che comunque appartengono al mondo delle erbe. Così che a fianco dei gruppi delle piante della
fitoterapia, della cosmesi, delle zone argillose e calanchive, velenose,
frangivento, mellifere, del litorale e da pastura degli uccelli, troviamo
73
Il Professore illustra
le coltivazioni ai visitatori
del Giardino Officinale
i gruppi delle piante piangenti, delle piante delle festività natalizie,
della giovinezza e le piante simboliche e dell’oroscopo.
Tra il 1977 ed il 1978, con la collaborazione del vivaista Diego Poli,
il professore completa e realizza il suo progetto che dalla stampa viene
definito “uno dei più bei giardini d’Italia”. Un impianto con finalità
didattiche, scientifiche e divulgative che riesce a dispiegare in breve
tempo. Grazie anche alla frenetica attività del suo direttore, il quale,
dopo aver lasciato la scuola, dedica gran parte del suo tempo a guidare
gruppi di visitatori con la voce che, pur deformata dall’immancabile
megafono, rivela sapienza e passione.
E’ un impegno testimoniato dalle tante lettere di ringraziamento
conservate tra le carte del Professore. Scrive, ad esempio, nel luglio del
1978 il senatore Paolo Berlanda di Trento: “La sua illustrazione è stata
esauriente e convincente, soprattutto perché, oltre all’esperienza, vi si
sente tutto l’amore per la natura”. Alberto Cerini di Ferrara scrive qualche mese dopo: “Domenica scorsa abbiamo avuta la grande fortuna
di poter udire la sua dotta lezione impartita con altissima competenza
scientifica ed avvincente calore umano agli studenti dell’Università di
Camerino. Il Giardino ha assunto un’interessantissima dimensione,
suscitando così, per chi udiva la sua illustrazione, un complesso di interessi culturali che creava fra l’Uomo e la Pianta un rapporto a noi in
gran parte nuovo”. L’impegno del Professore viene profuso senza differenze anche nei confronti dei più giovani. Come documenta una lettera
della preside della Scuola Media “G. Novello” di Ravenna, inviata alla
Regione nell’aprile del 1980: “Grazie alla piena disponibilità del prof.
Rinaldi Ceroni, che ha guidato il gruppo con la sua calda parola e abbondanza di notizie, esperienze e curiosità, e con un linguaggio accessibile
all’età e alla preparazione dei ragazzi, si ritiene che nei giovani
si sia rafforzato l’amore e il rispetto per le piante”.
Il professore riesce ad attirare visitatori e a creare interesse attorno al Giardino grazie anche alla disponibilità a fornire consigli, semi
e piantine gratuitamente. Gli scrive infatti nel novembre del 1978,
Giambattista Milesi Ferretti, presidente della Cooperativa Produttori
Piante Aromatiche e Medicinali di Appignano (Macerata): “Caro
Professore, in una riunione di alcuni giorni fa alcuni soci della
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Coltivazione della lavanda
in pieno campo in località
Trario - 1981
Cooperativa che ho fondato, avendola sentita a Recanati, hanno deciso
che io debba scriverle per avere da Lei qualche consiglio circa il collocamento sul mercato di alcune essenze per cui trovano difficoltà. Io ho
fatto presente che Lei è uno studioso e non un commerciante di essenze
e che quindi di queste cose non si interessa, ma non c’è stato niente da
fare. Le debbo scrivere! Questi sono gli inconvenienti della notorietà”.
E com’è sua abitudine Rinaldi Ceroni gli risponde puntuale, cortese e
prodigo di consigli ed informazioni.
Altrettanto prodigo è, ad esempio, nella fornitura di piantine di
lavanda e lavandino al Consorzio delle Comunalie Parmensi che nell’alte valli del Taro e dell’Enza intendono avviare nel 1979 un’azione di
ricerca e sperimentazione in pieno campo di piante officinali adatte alle
aree marginali di collina e montagna. Per questo “Il Consorzio - come
si legge nel suo sito web - prese contatto con il maggior esperto di coltivazione delle piante officinali, il Professor Augusto Rinaldi Ceroni,
il quale disponeva di una vasta collezione di piante aromatiche e officinali”. Il Professore è ben contento di soddisfare la richiesta perché
quell’idea originaria di riconvertire i terreni collinari e montani con le
piante officinali non l’ha mai abbandonata ed, anzi, continua a perseguirla con immutata tenacia. Tanto che nel 1977 realizza due vasti
lavandeti a Trario e Budrio, due parrocchie poste attorno ai 500 metri
slm nell’alta valle del Cestina, “onde vedere - annota in una memoria il comportamento e le rese di quelle piante ritenute ottime per sostituire le tradizionali colture della collina e montagna”.
Ma anche se è esploso il boom dell’erboristeria, la produzione italiana stenta a trovare acquirenti a causa di un commercio che ha convenienza a rifornirsi all’estero da dove, sul finire degli anni Settanta, vengono importate erbe officinali ed essenze per 135 miliardi di lire. Una
situazione contro la quale si batte Rinaldi Ceroni, cogliendo l’occasione
dell’edizione del 1979 di Herbora, la maggiore manifestazione sull’erboristeria e le piante officinali nata 1976 a Verona con l’apporto prezioso
del Giardino e del suo direttore. Nel corso di Herbora presenta infatti la
relazione “Produrre è facile, collocare con tornaconto é difficile: orientamento, programmazione, sperimentazione e nuove tecniche colturali
per le piante officinali”. E’ un intervento ricco di proposte ed anche di
spunti vivacemente polemici che spaziano dalle carenze legislative alla
mancanza di dati sulla importazione dei prodotti officinali. Un intervento insolito ed appassionato che, del resto, aveva preannunciato in una
lettera inviata poco tempo prima a Nerino Ferrari, direttore del Centro
Ricerche Erboristiche di Verona: “Io in quella occasione - scrive - farò
faville e sbraiterò, se conta”.
E coerentemente passa dalla parola all’azione. Con l’obiettivo di
abbassare il costo della mano d’opera, che rappresenta uno dei motivi
per cui i commercianti si rivolgono all’estero, avvia al Giardino Officinale
tecniche colturali del tutto nuove per l’Italia. Come la coltivazione a prato
della salvia e della santoreggia e la produzione in pieno campo della
camomilla comune e della soja, una pianta che compariva già nel primo
orto officinale, creato nel 1938, per le sue grandi virtù e le potenzialità
economiche che il professore le aveva attribuito fin dai suoi primi studi.
Ed inoltre asseconda le sperimentazioni che le Università di
Bologna e di Modena avviano al Giardino, soprattutto nel settore dell’estrazione degli oli essenziali che, secondo Rinaldi Ceroni, costituiscono
il mezzo per conquistare il mercato. Tutte attività che portano il
Giardino di Casola all’attenzione nazionale, come scrive il settimanale
Famiglia Cristiana del 3.10.1982 in un articolo rivolto a chi vuole intraprendere la coltivazione delle erbe officinali: “Un punto di appoggio
prezioso sono i vivai delle Aziende Regionali delle Foreste che forniscono semi e piantine per prove vegetazionali di acclimatazione. Tra questi, il primo, autore di ricerche avanzate, è quello di Casola Valsenio”.
Dal quale nascono infatti alcuni giardini officinali grazie alla consulenza
di Rinaldi Ceroni, il quale, nel giugno del 1984, inaugura il Giardino
Officinale di Marzana (Verona), unanimemente riconosciuto ed esaltato
come “figlio” di quello casolano.
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Il Professore raccoglie anche riconoscimenti personali. Come
l’attribuzione, nel corso di Herbora 1982, del titolo di Pioniere
dell’Erboristeria Italiana accompagnato dalla consegna del Seminatore
d’Argento. E’ un riconoscimento che l’anno prima era stato assegnato a
Giuseppe Penso, Giuseppe Lodi, Pietro Zangheri, Pietro Pomini e Paolo
Rovesti. Così che anche Rinaldi Ceroni entra nella ristretta cerchia dei
“grandi vecchi” dell’erboristeria italiana; di coloro cioè che con il loro
sapere e la loro tenacia radicate nel campo dell’erboristeria dell’Italia
pre-industriale erano stati tra i protagonisti della rinascita dalla metà
degli anni Settanta nella quale avevano riversato la loro saggezza.
Si tratta di considerazioni confermate dal presidente dell’Azienda
Regionale delle Foreste dell’Emilia Romagna, Sergio Rossi, il quale,
nel maggio del 1981, al momento di lasciare l’ARF, scrive al Professore:
“Quanta passione, quanta saggezza e quanto amore ho sentito e visto
in lei nel conoscere, nello studiare, nel voler seguire e proteggere
le erbe officinali e nel trasfondere ad altri, disinteressatamente, con
immensa partecipazione, il suo sapere in questa materia così speciale,
nonostante la moda odierna. (...) Lei deve battersi come sempre anche
in avvenire - non si deve arrendere - nel presentare, sostenere e illustrare le sue dinamiche ed intelligenti idee, riccamente presenti in lei e così
preziose in questa oceanica e difficile materia”.
Ma Rinaldi Ceroni ha quasi settant’anni e la direzione del Giardino
si fa pesante, sia per le attività scientifiche che per quelle divulgative,
con un numero di visitatori in continua crescita, che supera le 12.000
unità nel corso del 1982. Così che, nei primi mesi del 1983, lascia la
guida del Giardino Officinale, compilando, a beneficio dell’ARF, un’imponente relazione sul lavoro svolto e sui risultati ottenuti.
Augusto Rinaldi Ceroni
inaugura il Giardino
Officinale di Marzana
(Verona), “figlio” del
Giardino di Casola
Valsenio - 23.6.1984
Il Mességué italiano
L’Amministrazione
Comunale di Casola
Valsenio consegna
la medaglia d’oro al
professor Rinaldi Ceroni
- 16.7.1984
Dopo il tempo del lavoro giunge, per il Professore, il
tempo dei riconoscimenti. Sia da parte della Regione
Emilia Romagna che dell’Amministrazione Comunale di
Casola Valsenio che gli consegnano rispettivamente una
targa d’argento ed una medaglia d’oro. Se il riconoscimento della Regione riguarda l’attività nell’ambito del Giardino
Officinale, quello del Comune si allarga a tutte le iniziative
e meriti accumulati in oltre quarant’anni.
Il 16 luglio 1984, nella sala consiliare del municipio di
Casola Valsenio, gremita di pubblico e di autorità, tra le
quali i sindaci delle valli del Senio, Santerno e Lamone, il
sindaco Gianpaolo Sbarzaglia motiva l’attribuzione della
medaglia d’oro citando i meriti acquisiti dal Professore
nella formazione culturale dei giovani casolani, nella divulgazione del patrimonio artistico e naturalistico della valle
del Senio e nel campo dello studio delle piante officinali.
Insieme alla creazione del Giardino Officinale che, oltre ad
aver dato notorietà a Casola Valsenio, costituisce uno
straordinario strumento di promozione turistica. Ed
aggiunge: “Al di là di tutto questo e di molti altri attestati
e meriti che hanno gratificato il prof. Rinaldi, tutti noi,
comunità casolana, vogliamo esprimere la riconoscenza ad un carissimo
amico, ad un cittadino esemplare che ama profondamente la sua terra e
la sua gente e che, coerente con questo forte sentimento ha agito e lottato, con quella tenacia, quella passione e quell’entusiasmo che sempre
lo distinguono”. Parole che fanno scrivere al Professore sul retro di una
fotografia della cerimonia: “E’ stato il giorno più bello della mia vita”.
A sua volta, poco tempo dopo, la Rubiconia Accademia dei
Filopatridi di Savignano sul Rubicone gli attribuisce il riconoscimento
della caveja per il prestigio col quale ha coltivato gli studi naturalistici,
in particolare sulle piante officinali. Ma ciò che più colpisce Rinaldi
Ceroni ed in un certo modo lo imbarazza è l’assimilazione da parte
della stampa con il famoso naturalista francese Maurice Mességué.
“In questi giorni - scrive ad un amico - mi hanno citato come il
Mességué italiano... io dico veramente che danno i numeri”.
In realtà l’accostamento da una parte lo gratifica, riconoscendogli
sapere e saggezza, dispensati a piene mani per il benessere degli uomini e per valorizzare il patrimonio naturalistico. Dall’altra parte l’accostamento appare invece ingeneroso perché, mentre lo studioso francese
ha legato il suo nome a molte iniziative di carattere commerciale, l’attività del professore casolano non è mai stata condizionata da qualsiasi
tornaconto economico. Come dimostra l’intensa attività di consulenza
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Il Mercatino delle erbe
officinali e dei prodotti
dell’erboristeria
di Casola Valsenio
disinteressata che continua a svolgere per amicizia a favore dei titolari
di aziende come l’Istituto Bioterapico Internazionale di Genova o il
Laboratorio Sperimentale di Fitofarmacia di Caserta, dopo aver lasciato
la direzione del Giardino. Che, ovviamente, continua a frequentare, sia
per i suoi studi che per accompagnare i visitatori più autorevoli.
Impegno e nuove idee continuano ad essere messi in campo da Rinaldi
Ceroni soprattutto a favore del suo paese. A cominciare dal “Mercatino
delle erbe officinali e dei prodotti dell’erboristeria”, ideato nel 1981 da
Fabio Piolanti, assessore comunale al Turismo. Siamo però negli anni
del trionfo dell’effimero estivo e per ciò il Professore guarda inizialmente al Mercatino con una certa diffidenza. Verificatene invece la concretezza, la specializzazione, l’originalità e la straordinaria potenzialità
divulgativa per quanto riguarda la conoscenza delle piante officinali da
parte del grande pubblico, offre una piena collaborazione, contribuendo a consolidare la manifestazione che in poco tempo si impone all’attenzione generale.
Lo testimonia Claudio Visani che sull’Unità del 10 agosto 1984 scrive: “Il profumo intenso della lavanda vi prende ben prima di entrare in
piazza Sasdelli. La presenza della lavanda - spiega il prof. Rinaldi Ceroni
- dà all’aria che la circonda un alto tasso di distensione e porta anche
fortuna. E delle proprietà di questa e di altre piante officinali (rosmarino, salvia, dragoncello, prezzemolo, menta, timo e maggiorana) il professore parla ogni venerdì sera, prima dello spettacolo folkloristico di
turno, di fronte ad una platea folta ed interessata. Ai margini di piazza
Sasdelli intanto, gli operai del Giardino
Officinale di Casola (uno dei più attrezzati
d’Italia) azionano un efficientissimo distillatore
per poi distribuire ai presenti le essenze, profumatissime, dei loro prodotti. Tutt’intorno le
bancarelle degli erboristi sono letteralmente
prese d’assalto da centinaia di visitatori che se
ne vanno, dopo aver ascoltato le tante virtù
delle erbe, con vistosi pacchi pieni di prodotti”.
E’ una formula che viene proposta ancor
oggi con i mercatini del venerdì sera di luglio
ed agosto. Anche se con aggiustamenti continui, molti dei quali si devono proprio al professore che ad ogni edizione, fino alla metà degli
anni Novanta, consegnava al presidente della
Pro Loco di turno i suoi appunti che cominciavano sempre così: “Alcuni suggerimenti e consigli relativi al futuro del Mercatino delle Erbe”.
Ed ogni anno “tirava fuori” idee originali e curiose; come il cuscino
imbottito di fiori di lavanda essiccati o il mazzetto di erbe adatte ad
abbassare il tasso alcolico degli automobilisti o uno stampato con l’elenco delle erbe dell’amore o con l’abbinamento tra piante e segno
zodiacale. Molti suoi suggerimenti riguardano la conoscenza delle erbe
aromatiche ed il loro uso in cucina. Come troviamo nelle quattro pagine
compilate alla vigilia dell’edizione 1991 nella quali, tra l’altro, si può
leggere: “Potenziare e favorire al massimo la ristorazione a base di
erbe, questa è la condizione basilare e fondamentale per far conoscere
la nostra Casola, che vede nel ‘mangiare alle erbe’ una qualifica massima di distinzione e differenziazione dagli altri paesi”.
Quella del mangiare alle erbe era un’idea che Rinaldi Ceroni
coltivava già dai primi anni Cinquanta e che mette in pratica la prima
volta nel 1956, al ristorante Paradiso di Riolo Bagni, in occasione della
Giornata delle piante officinali, aromatiche ed essenziere. “Perfino
l’ottimo pranzo - commenta qualche giorno dopo Dario Zanasi sul Resto
del Carlino - é stato insaporito dalle piante aromatiche: antipasto
al coriandolo e al cappero; giardinetto di minestre al timo; filetti di
sogliole al basilico; pollo alla griglia con salvia, maggiorana e rosmarino; dolce Paradiso all’aneto; fragole al cumino e caffè all’anice.
Il prefetto, il provveditore agli studi e le altre autorità di Ravenna,
quando si sono alzati da tavola, odoravano come un orto al tempo
della piena estate”.
Ci sono altre occasioni - convegni e ritrovi - nelle quali il
Professore propone piatti a base di erbe aromatiche, ma è solo all’inizio
degli anni Ottanta che, grazie alla collaborazione di Catia Fava del ristorante Fava e di Giacomo Carubelli del Parco, mette a punto una “carta”
di piatti alle erbe. Che, senza dimenticare il passato, si muovono al
passo con l’uomo, seguendo i mutamenti di cultura e di costume,
dando corpo ad una cucina più sana e leggera; ricca di inventiva, di
umori e sapori.
“Il mangiare alle erbe - spiega Rinaldi Ceroni a chi gli chiede informazioni su questa nuova cucina - costituisce un passo importante per
riavvicinarci al mondo genuino e spontaneo della natura. Non ci si
deve aspettare un effetto miracoloso, ma riportare il livello nutrizionale
il più possibile vicino a quello naturale non può che fare bene; senza
contare il piacere di sperimentare nuovi sapori e variare menù spesso
di desolante monotonia”. E sfruttando anche l’alone di mistero e magia
che continua a circondare le erbe, elabora una mistura aromatizzante
di sette erbe - numero magico in Romagna - che tuttora viene offerta in
bustine ai visitatori del Giardino. E fa ancora di più: nel 1989 fonda,
insieme a Giuseppe Pittàno, l’Accademia della Tavola Verde per pro-
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80
Casola Valsenio, paese
delle erbe officinali
muovere la conoscenza e l’utilizzazione delle piante aromatiche. Sia
organizzando conferenze ed incontri conviviali, sia con iniziative pratiche. Come l’invenzione (che però avrà poca fortuna) dell’aromatichiere.
Si tratta di una colonna – ideata dal Prof e battezzata da Pittàno - alta
circa un metro e mezzo, piena di terriccio, con aperture a beccuccio a
diverse altezze, dalle quali escono una decina di piante aromatiche.
In poco tempo il mangiare alle erbe aromatiche si afferma in molti ristoranti locali ed anche nell’ambito dei Mercatini delle Erbe, consolidando
l’immagine di Casola Valsenio quale “Paese delle erbe officinali” o,
come dice qualcuno, di “Piccola Provenza italiana”. Si tratta di una
nuova identità turistica, riconosciuta anche dalla Regione Emilia
Romagna che sul finire degli anni Ottanta, include Casola Valsenio tra
i paesi turistici ufficialmente riconosciuti.
Ma se Casola vive una bella stagione nel nome delle erbe, altrettanto non si può dire del Giardino Officinale che dalla metà degli anni Ottanta
inizia ad accusare segni di stanchezza. Aggravati, nel 1989, dal sequestro
giudiziario, poi finito in nulla, di migliaia di piante di canapa, utilizzate nei
campi sperimentali di Budrio per separare ed isolare le parcelle.
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La rinascenza del Giardino
Il giovane direttore
del Giardino, Sauro Biffi,
ascolta i consigli
del “vecchio maestro”
Augusto Rinaldi Ceroni
Nel 1990 la direzione del Giardino viene affidata a Sauro Biffi, un
giovane diplomato in Agraria nel quale Augusto Rinaldi Ceroni ripone
immediata fiducia. “Erano passati pochi giorni dalla mia assunzione ricorda Biffi - quando il Prof mi chiamò per la prima volta a casa sua per
spiegarmi come organizzare le semine ed i trapianti e squadrare le parcelle. Poi mi diede gli elenchi delle piante da seminare, insieme a tabelle e schede che aveva preparato per aiutarmi nell’organizzazione delle
attività del Giardino. Ed ogni quindici giorni ci vedevamo; spesso al
Giardino, per verificare l’applicazione pratica di quanto mi diceva a
casa sua”.
La collaborazione tra il vecchio maestro ed il giovane erborista dà i
primi, ottimi, frutti con la realizzazione, nel 1991, di un ampio gradone
per le piante da utilizzare in cucina. Vi vengono collocate una cinquantina di specie aromatiche, con in bella evidenza - secondo la volontà del
professore – l’erba cipollina, simbolo della ristorazione; l’estragone o
dragoncello, simbolo della salute e la pimpinella, simbolo del buon
umore. La realizzazione del nuovo gradone viene accompagnata e valorizzata dalla pubblicazione de Il giardino aromatico, a cura di Massimo
Rinaldi Ceroni, altro parente del Professore per sangue e per la passio-
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Augusto Rinaldi Ceroni
inaugura la Strada della
Lavanda - luglio 1991
ne per le piante officinali; pubblicazione seguita due anni dopo da Il giardino per la cosmesi.
Il 1991 è un anno importante, anche perché nel
mese di luglio viene inaugurata la Strada della
Lavanda, frutto del lavoro congiunto di
Augusto Rinaldi Ceroni insieme a Sauro Biffi,
al Corpo Forestale dello Stato, al sindaco di
Casola, Franco Tronconi, che è subentrato a
Sbarzaglia, e alla Provincia di Ravenna attraverso l’impegno dell’ingegnere capo Giuseppe
Sangiorgi. Il percorso, che dalla Statale 306 nei
pressi di Casola Valsenio risale il versante sinistro toccando il Giardino e raggiungendo il crinale, è fiancheggiato da circa tremila piante di
diverse varietà di lavanda sistemate in aiuole o allineate in piccoli filari. La Provincia punta molto - soprattutto per iniziativa dell’assessore
al Turismo, Vittorio Ciocca e del dirigente del servizio Valter Verlicchi sulla valorizzazione turistica della collina attraverso le piante officinali.
E l’anno seguente la Strada della Lavanda si allunga, includendo, da
una parte, il tratto che risale il versante opposto della vallata e scende
poi fino a Zattaglia. Mentre, dall’altra parte, la Provincia di Bologna
borda di lavanda il tratto di strada che dal crinale tra il Senio ed il
Santerno, scende a Fontanelice. L’esperienza accumulata dalle amministrazioni provinciali nella realizzazione della Strada della Lavanda viene
poi dispiegata in ambiti più vasti. Ed oggi, per quanto riguarda la provincia di Ravenna, molte strade del Faentino e del Lughese sono abbellite con bordure di piante di lavanda.
Nella primavera del 1993, sempre su progetto di Augusto Rinaldi
Ceroni, viene realizzata la “Strada delle Piante della Memoria” da parte
della Provincia di Ravenna, del Corpo Forestale dello Stato e del
Comune di Casola Valsenio. Si tratta di un percorso di poco più di tre
chilometri che, dal Passo del Corso fino a Monte Battaglia, segue la
linea di crinale tra la valle del Senio e quella del Santerno, fiancheggiato da otto oasi. Ognuna delle quali ospita gruppi di piante da frutto tipiche dell’Appennino romagnolo. Piante presenti un tempo nelle vicinanze delle case coloniche, nei campi o ai margini del bosco e quindi
abbandonate e dimenticate negli anni del boom economico.
La realizzazione della Strada delle Piante della Memoria si collega alla
Festa dei Frutti Dimenticati che il Comune e la Pro loco di Casola
Valsenio organizzano dal 1992, nel terzo fine settimana di ottobre. Con
gli agricoltori locali che, come avviene tuttora, espongono e vendono
azzeruole, corbezzole, corniole, sorbe, nespole, mele rosa, pere volpi-
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Un tornante della
Strada della Lavanda
Imbocco della Strada
della Lavanda
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Scorcio della Festa
dei Frutti Dimenticati
di Casola Valsenio
ne, cotogne, giuggiole, prugnole e tanti altri piccoli frutti su bancarelle
che grazie a caratteristici addobbi e decori ricompongono le atmosfere
autunnali di un tempo. L’iniziativa piace ad Augusto Rinaldi Ceroni il
quale, pur non condividendo il nome, fornisce tutto l’appoggio del suo
sapere e della sua esperienza. Con tanti consigli e con il progetto del
nuovo percorso turistico, che però viene indicato come Strada delle
Piante della Memoria e non dei Frutti Dimenticati. Ed ancora, con un
intervento nel corso del seminario su “Erbe e sviluppo” che si svolge
a Riolo Terme nel dicembre del 1994, punta l’attenzione sulle “piante
ritrovate o d’altri tempi”, nella speranza che tornino nei pressi delle abitazioni, negli orti, nei giardini e nei campi. “E’ perciò necessario - afferma - farle conoscere, moltiplicarle, prepararle e diffonderle nell’interesse della nostra gente. Il Giardino Officinale deve preparare queste
nuove piante, ottenendole da seme, da talee, da polloni e da innesti.”
Ma il Giardino Officinale sta attraversando una crisi gestionale
in seguito allo scioglimento, nel 1993, dell’Azienda Regionale delle
Foreste. Crisi che si risolve nel 1996, con l’assunzione della gestione
da parte della Società d’Area dei Comuni di Brisighella, Casola Valsenio
e Riolo Terme, che ne modifica la denominazione in Giardino delle Erbe
ed avvia interventi di ammodernamento strutturale con la creazione di
aule didattiche, di una olfattoteca, della biblioteca e di un punto vendita.
Sono però interventi che Rinaldi Ceroni segue oramai con un certo
distacco, preso da altri pensieri. E dire che poco tempo prima, nel
dicembre del 1993, in occasione dei festeggiamenti per il suo ottantesimo compleanno, svoltisi in municipio con interventi del sindaco Franco
Tronconi e del presidente della Provincia, Gabriele Albonetti; Giuseppe
Pittàno aveva salutato il professore esclamando: “Non siamo andati
indietro, rispetto al passato, perché il mondo è pieno ancora di ottimi-
Il Professore con
la moglie Vittorina
I frutti dimenticati:
pere volpine, sorbe
e pera cotogna
sti, che hanno il coraggio di sognare”.
Ma l’ottimismo di Augusto Rinaldi Ceroni
deve subire il contraccolpo della scomparsa,
proprio in quei giorni, della moglie Vittorina,
la quale, con la sua presenza sempre discreta
aveva creato le condizioni perché il Prof potesse seguire le sue idee ed i suoi sogni. Due anni
dopo, nel 1995, se ne va anche Giuseppe
Pittàno, Pécio, l’amico di sempre ed il compagno di tante iniziative che era appena entrato
a far parte del consiglio comunale di Casola
Valsenio, retto dal nuovo sindaco Marino
Fiorentini, proprio per continuare a dare il suo
apporto allo sviluppo del paese.
Ma il Professore non smette di sognare, anzi allarga il suo orizzonte, guardando lontano, sia al passato che al futuro. Da una parte lavora
al progetto della Strada dei Ceronesi che prevede l’impiantamento di
cerri lungo la strada che da Renzuno porta alla rocca di Ceruno - nido
dei Ceronesi - toponimo che secondo mons. Giancarlo Menetti che ha
studiato la genealogia dei Rinaldi Ceroni, deriva da esemplari di cerro
che caratterizzavano la località. Dall’altra parte, riesce a convincere
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Alessandro Righini, offrendo un primo contributo, a costituire un comitato per innalzare
una croce sul colle di Albignano in occasione
dell’entrata del nuovo millennio. Croce che
purtroppo non riesce a vedere perché muore
il 14 dicembre 1999. In un pomeriggio freddissimo lo accompagna al cimitero tutto il paese
insieme a tanta gente venuta da fuori. È un
corteo che, secondo le volontà del Professore,
si ferma davanti alla Scuola Media per un ultimo breve saluto a quella scuola che aveva
diretto in modo moderno ed aperto, perno e
volano di tante iniziative che si erano susseguite in quasi quarant’anni.
Nel giugno del 2000, sindaco Giorgio Sagrini, il Giardino delle Erbe
viene intitolato ad Augusto Rinaldi Ceroni da parte dell’Amministrazione
Comunale di Casola Valsenio che ne assume la gestione, affidandone
la conduzione alla Cooperativa Montana “Valle del Senio”. Che mette
mano ad ampliamenti strutturali ed alla sistemazione degli spazi,
potenziando inoltre la produzione e la commercializzazione di piante
officinali, dei prodotti erboristici ed anche delle piante di un tempo,
come le chiamava il professore. Mentre nelle aree di sperimentazione
si svolge una intensa attività scientifica da parte delle Università di
Bologna, Modena, Parma, Torino, Milano e Vienna. I gradoni che ospitano oltre 450 varietà di piante sono meta di numerosi visitatori, soprattutto scolaresche ed appassionati, che superano il numero di diecimila
all’anno, grazie ad una intensa attività promozionale e ad iniziative di
largo interesse sulle quali punta l’Amministrazione comunale per incentivare il turismo. Come dimostra il successo di “Erbeinfiore”, festa dedicata all’uso dei fiori in cucina e nella medicina, che si svolge l’ultima
domenica di maggio. Il Giardino, con la gestione del Comune di Casola
Valsenio, la conduzione della Cooperativa Montana e sotto la direzione
di Sauro Biffi, sembra dunque tornato alla stagione d’oro a cavallo del
1980. Si è insomma ricreata la condizione giusta per riprendere il filo
lasciato da Rinaldi Ceroni e completare il suo progetto annotato in un
foglietto ritrovato tra mille carte: “Il Sogno del Professore era all’inizio
questo: trasformare la valle tutta a vocazione lavanda, turisticamente
insuperabile e incantevole, economicamente valida per una riconversione agricola produttiva dei terreni di colle e di monte e creare un centro
e una zona di produzione tipica di un’essenza di lavanda qualificata”.
Testimonianze
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enio nel 19
Casola Vals
Rinaldi Ceroni, il divulgatore
di Enrico Docci
docente di Italiano e Storia presso la Scuola di Avviamento Professionale
ad indirizzo Agrario “A. Oriani” di Casola Valsenio dal 1958 al 1961
Enrico Docci, a destra,
con Augusto Rinaldi
Ceroni e, di spalle, il professor Primo Rubaconti
A metà degli anni ’50, in un pomeriggio d’incipiente autunno,
il prof. Augusto Rinaldi Ceroni scese a Faenza a conferirmi personalmente l’incarico di insegnante di Italiano nella Scuola d’Avviamento
a indirizzo Agrario di Casola Valsenio di cui era Direttore.
Io non ero a casa e lui si intrattenne a lungo a parlare con mia
mamma a cui raccontò e chiese un mucchio di cose: le disse che era
stato alunno di mio babbo, che aveva due o tre fratelli missionari, che
la sua scuola era una grande famiglia ecc. D’altro canto a mia mamma
non parve vero raccontargli che io ero stato ufficiale degli Alpini meritando elogi ed encomi e che al momento ero collaboratore fisso della
Rai di Bologna dove curavo, nel Gazzettino, il notiziario della Romagna
e la rubrica domenicale “Romagna mia”. Alla fine dell’incontro i due
combinarono che all’inizio dell’anno scolastico io avrei preso regolarmente servizio nella scuola di Casola. E così fu. Da quel giorno tra mia
mamma e il professore nacque una reciproca simpatia fatta di cordiali
confidenze e di premurose attenzioni. Mia mamma, donna di poche lettere ma di grande buonsenso si sentì ognora gratificata dalla stima e
dalla considerazione che il Prof (con questa emblematica abbreviazione
il prof. Augusto Rinaldi Ceroni era affettuosamente chiamato da tutti
i casolani) non mancò di manifestarle per tutta la vita.
Il Prof, anche quando io non ero più insegnante a Casola, se
aveva bisogno di qualsiasi cosa, se desiderava che qualche notizia
apparisse sui giornali o fosse trasmessa alla radio o in tv, si rivolgeva
a mia mamma e lei, con quella dolce insistenza di cui sono capaci solo
le mamme a rammentarmi di accontentare il mio vecchio superiore,
di fare quel pezzo, di correggere quelle bozze, di fare quell’intervista,
di partecipare a quel pranzo di lavoro ecc.
E così come stabilito da mia mamma e dal Prof, mi trovai ad insegnare nella scuola di Casola ed ebbe inizio per me quella irripetibile
e in un certo senso anomala avventura scolastica nella valle del Senio
che durerà per circa quattro anni per rimanere poi indelebilmente incisa
nei ricordi più vivi della mia vita.
Quella di Casola era una scuola che in ogni dove profumava di
lavanda, appena entravi ti sentivi tutto preso da questa fragrante accoglienza che era un benvenuto accattivante, ricco di fascino e di miste-
Il vecchio distillatore
utilizzato dalla scuola
riose aspettative. Dietro l’edificio scolastico, il cortile con un vecchio
distillatore appoggiato al muro, tutto circondato da piccole biche di
lavanda in attesa della distillazione e più in alto, oltre il muro di cinta,
a mo’ di giardino pensile, lussureggiava l’orto botanico con le famose
erbe officinali, aromatiche ed essenziere e le varie specie di lavanda in
bella mostra. Ma soprattutto c’era lui, il grande capo, il padre padrone
ad accoglierti con quella paterna benevolenza che non riusciva a celare
un carattere aduso al comando e alle decisioni repentine. “Ogni desiderio del capo è un ordine” stava scritto su di un piatto di ceramica in
bella vista nella sala degli insegnanti. Un motto assai gradito al capo
che ben si addiceva ad un istituto che era una grande famiglia dove tutti
si lavorava con l’entusiasmo dei neofiti e la consapevolezza dei veterani.
Capii subito che questa scuola era davvero il vero centro di
Casola, il punto di riferimento del sindaco (comunista) e dell’arciprete
(insegnante di religione) che trovavano appunto nel nostro preside
(liberale) quell’ago della bilancia capace di smussare e risolvere tutte
le più svariate problematiche del paese. Peppone e don Camillo avevano trovato nella nostra scuola un punto di incontro certamente più funzionale e discreto e soprattutto meno compromettente della chiesa o
del comune. Quindi tutto era buono perché il sindaco venisse a scuola;
dalla distribuzione delle pagelle agli auguri di Natale, dalla distillazione
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Il sindaco Amleto Rossini
a destra
Il Prof con, alle spalle,
don Elviro Guidani
della lavanda, all’acquisizione di nuovi libri per la biblioteca, dalla
messa in sito di nuove piante nel giardino ai saluti al provveditore ecc.
con l’insegnante di religione sempre ovviamente presente a formare
col sindaco una coppia di sapore guareschiano ma anche di grande
umanità. Per un verso o per l’altro tutti e tre amavano Casola e ci tenevano a dar lustro al paese.
Il sindaco e l’arciprete erano della bassa, l’unico del posto da antiche generazioni era il preside ed anche questo contribuiva non poco ad
accrescerne il prestigio. Il Sindaco Rossini, già partigiano e sindacalista
era stato messo a fare il primo cittadino di Casola dal suo partito come
premio alla sua fedele militanza politica, l’arciprete don Guidani, collega di studi ed amico personale dal card. Staffa e del vescovo mons.
Proni, era giunto a Casola forse in attesa di una sede più prestigiosa
che comunque gli fu preclusa dalla morte che improvvisa e prematura
lo ghermì, seguito dall’altrettanto improvvisa dipartita della sua cara
mamma, che cessò di vivere appena resasi conto della morte del figlio.
Una duplice morte tanto simile all’epilogo di una tragedia greca di fronte alla quale tutta Casola pianse compreso il pragmatico sindaco che
per lui ebbe parole di spontaneo affetto e di commossa rimembranza,
da avversario leale ma soprattutto da amico vero.
Nelle ore a disposizione il preside mi aveva autorizzato a stare in
Il nocino del Prof
presidenza a fare il cronista e così non passava giorno che non trasmettessi alla Rai una notizia da Casola. Le fonti ovviamente tutte di prima
mano. Nel Gazzettino dell’Emilia Romagna, Casola, dopo le città capoluogo di provincia, diventò così il paese più ricordato della regione e per
così dire, più conosciuto. Gli argomenti: i più disparati, dalle sagre agli
aneddoti, ai fatti di più diversa natura e umanità, alcuni davvero memorabili come la maxi bomba d’aereo portata a scuola da un alunno con un
trattore, il vitello dalle due teste, il jet militare che faceva picchiate acrobatiche sopra la chiesa di Renzuno dove era parroco il fratello del pilota,
gli Americani che pensavano di avere avuto in dono Monte Battaglia…..
I fatti più importanti venivano ulteriormente sviluppati anche in
televisione, allora alle prime armi. In Cronache Italiane i principali titoli
riguardanti Casola furono il monumento di Oriani realizzato da Biancini
e presentato da Orio Vergani che pronunciò un memorabile discorso,
il formidabile scoop della necropoli etrusca con il presunto guerriero
sepolto assieme al suo cavallo sul cui argomento sono stato interpellato anche recentemente da un giudice del tribunale europeo dell’Aia,
tuttora in cerca di prove e di indizi sull’argomento e la notizia del rinvenimento di reperti neolitici con la ripresa di diverse selci preistoriche
di varia foggia, venute alla luce in occasione di alcuni scavi effettuati
da archeologi di ventura, la riconsegna anonima di un manoscritto di
un libro d’Oriani trafugato durante il passaggio del fronte, il cortiletto
dell’Abbazia di Valsenio già ripreso come soggetto di scena da
Zandonai nella sua Francesca da Rimini, la vita notturna del riccio (por-
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Una classe della
Scuola di Avviamento
cospino) con scene di grande interesse scientifico ecc.
Alla Rai gli operatori mi chiedevano con insistenza di proporre i
più svariati servizi da Casola perché la scaletta era sempre pronta e ben
fatta e non mancava mai un lauto pranzo di lavoro come al solito offerto generosamente dal Prof con gli immancabili omaggi di bottigliette di
nocino, di mazzetti ed estratti di lavanda sempre accompagnati dai più
diversi souvenir di circostanza.
Ma a Casola non c’era soltanto da fare l’insegnante e il cronista perché bisognava essere anche degli organizzatori e dei divulgatori di razza.
Talora il Preside mi chiedeva “Che cosa possiamo fare? Cerchi di inventare
qualcosa di interessante per Casola. Me ne parli domani”. E fu così che il
preside diede via libera a diverse mie proposte che trovarono in lui il grande patrocinatore e il convinto assertore, così quando gli disse che la Fiera
di Bologna, dopo aver visto i servizi televisivi, era ben lieta di offrire alla
nostra scuola uno stand per esporre e presentare la coltura della lavanda
e delle varie piante aromatiche ed essenziere, accettò la proposta con
grande entusiasmo certo di un sicuro successo, come del resto avvenne.
La nostra fu l’unica scuola della regione ad essere presente in Fiera. Il
Provveditore ebbe parole d’elogio, le autorità più diverse espressero il
loro più vivo compiacimento, mentre gli alunni, a turno presenti in Fiera
con i loro professori, diedero prova di grande maturità e in seguito si sentirono particolarmente orgogliosi di questa esperienza.
Quindi la scuola era in un certo senso la sede ideale a quella
realtà casolana da divulgare e raccontare con ogni mezzo anche oltre la
vallata. Successivamente il Preside mi pregò di scrivere anche delle
poesie sulla lavanda, pubblicate poi non so in quale rivista. Ricordo che
un sonetto finiva: “Così avvien che per Casola s’espanda/giù giù dai
colli nell’estive sere/un sottile profumo di lavanda/e d’altr’erbe aromati-
Il Prof sorridente
e rilassato
che essenziere/che il vento vesperal porta lunghesso/la strada di
Valsenio verso i piani,/sfiorando lieve l’ombra d’un cipresso/ e l’urn’ove
riposa Alfredo Oriani.”
Oggi spero solo che il solitario del Cardello non se ne sia troppo
offeso. Nel dicembre del ’59, in occasione della sagra del paese organizzammo la 1a Giornata della Lavanda con le alunne della nostra scuola a
percorrere le vie di Casola per offrire alla gente sacchettini e mazzetti di
lavanda assieme a fialette di essenza. Per l’occasione mi fu commissionata un’altra poesia che terminava così: “…Ora canto in onor delle bambine/che in un giorno piovoso ed invernale/con fiori di Lavanda e bottigline/fecero propaganda officinale/profumando le strade casolane/mentre a festa suonavan le campane”. Spesso io e il preside andavamo poi
in trasferta insieme a parlare con qualche personaggio, ad illustrare
qualche iniziativa, ad invitare a Casola qualche notabile. Il Prof, sempre
con il suo aplomb signorile, il suo immancabile farfallino e, ben piantato
in testa, il suo Borsalino di feltro purissimo che, quando doveva affrontare qualche situazione difficile, con un piccolo tocco scaramantico della
mani, alzava impercettibilmente sopra la fronte. “Cappello da bufera”
lo definivo io, mutuando tale espressione dal gergo alpino, ma sta di
fatto che col copricapo messo in tal modo il Prof era talmente caricato
che superava qualsiasi ostacolo e le imbroccava davvero tutte.
Quando, un giorno venimmo poi a sapere che era imminente la
nascita dell’erede al trono della Persia, non ci parve vero
scrivere all’Ambasciata di quel paese per far sapere che
nell’antichità i figli delle dinastie dei vari re persiani
nascevano, come buon auspicio, in luoghi irrorati e profumati dalla lavanda. Si trattava unicamente di una semplice
notizia di carattere storico e niente di più. E invece inaspettata giunse a scuola una lettera direttamente
dall’Ufficio personale della Imperatrice di Persia che chiedeva dettagli sulla nostra segnalazione pregando di metterci subito in contatto con l’Ambasciata di Roma per illustrare meglio quanto scritto e accordarsi eventualmente
sul da farsi. Per avvallare quanto scritto citammo brani di
Pausania, Senofonte e di altri storici greci. Poi iniziò la
grande preparazione dell’invio della benaugurante e propiziatrice lavanda con il Prof trasformatosi per qualche
tempo in diplomatico intento a telefonare e a scrivere ad
ambasciate ed uffici consolari. E così quando nacque il
piccolo Ciro la sua noursery odorava di Lavanda del Senio.
L’imperatrice Farah Diba, grata ringraziò inviandoci un suo
bellissimo ritratto a colori con dedica, tenuto in bella
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Il Prof con il
“cappello da bufera”
mostra all’ingresso della scuola fino all’avvento di Komeini. I giornali
diedero un gran risalto all’avvenimento, l’United Press chiese un pezzo
sull’avvenimento e sul Daily Mirror apparve uno stelloncino con il prof.
Rinaldi Ceroni definito “The lavender’s father”. Davvero un grande successo internazionale per una piccola scuola come quella di Casola.
Ma penso sia venuto il momento di rendere noto anche alcuni memorabili blitz organizzati e realizzati assieme al Prof, con una consumata abilità da 007, per venire in possesso di alcune specie di piante protette
come la lavanda pura francese (originale), coltivata in alcuni campi
recintati e proibiti, in quel di Grasse (Francia) o le rose da profumo bulgare considerate una ricchezza nazionale e perciò difese con torrette
di guardia sorgenti in mezzo alle immense distese di roseti di Russe
(Bulgaria). Per non dire della prima soia americana (Ferruzzi) giunta
in Italia e depositata a Porto Corsini in grandi silos recintati e sigillati
dalla Guardia di Finanza. Qualche anno fa, prima che un lento declino
fisico lo inchiodasse in casa a vivere di affetti certi e di silenti ricordi,
il prof. Rinaldi Ceroni mi cercò pregandomi di dare una sintetica veste
poetica al suo famoso nocino. – Mi raccomando al massimo un paio di
versi perchè il Nocino del Prof è contenuto in una bottiglietta assai piccola- mi disse. E così venne fuori il distico “E’ un licor pien di virtù/che
ti tira sempre su”. Un modesto slogan pubblicitario che il Prof apprezzò
assai e divulgò ovunque con il solito entusiasmo.
Un uomo politropos il nostro Prof, generoso e quanto mai schietto
che fino all’ultimo mi onorò della sua grande amicizia fatta di cordialità
accattivante e di innata gentilezza; un vero gentiluomo di provincia d’altri tempi, innamorato della sua gente e della sua terra e come pochi
capace di coinvolgere ed esaltare il suo prossimo con le iniziative più
belle ed originali, sempre in nome delle sue piante, del suo paese, della
sua amata Romagna.
Augusto Rinaldi Ceroni, il preside
di Paola Lagorio
docente di Matematica e Scienze dal 1970 al 1975
presso la Scuola Media Statale di Casola Valsenio
Paola Lagorio con il
Prefetto di Ravenna
in occasione della festa
organizzata dal preside
Rinaldi Ceroni alle Cupole
di Castel Bolognese per
salutare colleghi, docenti
ed ex allievi al termine
di quasi quarant’anni di
lavoro nella scuola
Quando ho saputo dell’idea di ricordare
il preside Rinaldi Ceroni, il nostro Prof, e della
proposta di affidare a me la stesura di alcune
pagine di questo volume, ho provato una sensazione immediata di gioia. Potevo ancora
una volta parlare di lui, raccontare i miei innumerevoli ricordi e quelli di tanti insegnanti
che hanno avuto l’avventura di passare dalla
scuola media di Casola Valsenio, quando “al
comando” c’era il Prof.
Ritorno con la mente al millenovecentosettanta: per la prima volta guidai la mia utilitaria
verso Casola, con destinazione la scuola
media. Era la mia prima esperienza di insegnante e il trovarmi” a stretto contatto” con un
preside mi faceva sentire insicura ed impreparata, e ancora di più con il Prof.
Tornando in famiglia mi lamentavo per le sue irruzioni in classe e
per la sua pignoleria nel confronto degli aspetti burocratici. Non capivo
che, come preside, si preoccupava del mio presente e, come padre, si
preoccupava del mio futuro, della mia carriera e mi metteva al sicuro da
errori e da dimenticanze che avrebbero potuto avere ripercussioni sulla
mia vita, anche dal punto di vista economico.
Una collega racconta: “Quando l’incontrai per la prima volta rimasi terrorizzata! Lui mi accolse presentandosi così – sono il preside più terribile della zona…- e io gli credetti… ma fui poi costretta ad accettare tutti i
dolcetti che sbucavano quotidianamente dalle sue tasche, a confidargli
le mie avventure e disavventure…”.
Rinaldi era esplosivo, determinato e otteneva sempre quello che
voleva da tutti; la sua grande capacità consisteva nel riuscire a capire
gli altri, per arrivare al cuore, al “buono”che ognuno nasconde dentro
di sé e a farlo emergere. Dopo le prime battute di sgomento, per i nuovi
arrivati alla scuola, il Prof compariva in tutta la sua umanità e disponibilità, mostrava i molteplici aspetti della sua funzione di preside e chiedeva ai suoi collaboratori di dare sempre il massimo, ma non tralascia-
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va mai di ”farti sentire a casa,” tanto che nessuno voleva chiedere il
trasferimento e quando lo faceva era sempre per esigenze familiari.
“La scienza dice che siamo tutti pezzi unici…….ma il Prof non era
unico, bensì atipico”e anche eccezionale. Questo è quello che molti
insegnanti pensano di Rinaldi. Ognuno ha incontrato numerosi presidi
nella sua carriera scolastica, ma soltanto lui è rimasto nella mente e nel
cuore di tutti. Quando vivi a contatto con una persona, che ogni giorno ti
dà prova del suo valore, ti offre aiuto e comprensione e anche nel
comando sa dare il giusto valore alle cose e non dimentica mai di farti
sentire una “persona”, pretende ma è sempre al tuo fianco, ti incoraggia, ti sprona ma se cadi si piega e ti sorregge, allora capisci che è con
lui che vuoi stare e i chilometri che ogni mattina devi fare per raggiungere la scuola sono poca cosa in confronto a ciò che trovi al tuo arrivo e
che lui ti dà.
Nell’atrio della scuola, nella pancia del busto di Alfredo Oriani, il
Prof teneva sempre qualcosa per scaldarci nelle fredde giornate invernali o per farci riprendere dalle grandi fatiche: il vov al caffè o il famosissimo nocino del Prof, che lui stesso faceva ogni anno, seguendo una
ricetta personale. Ancora oggi, dopo tanti anni che il Prof ha lasciato la
scuola e i suoi insegnanti, vedere una pianta di lavanda, un’erba officinale, un papillon, un fischietto……….è per molti di noi motivo di struggente malinconia. Chi ha lavorato fianco a fianco con il Prof, sa che il
papillon è stato uno dei suoi elementi caratterizzanti, lo distingueva da
tutti, era come il suo biglietto da visita.
Quando tutta la scuola andava in uscita scolastica o assisteva a
qualche manifestazione, il Prof riusciva a tenere ogni cosa sotto controllo con il suo fischietto; nulla sfuggiva alla sua presenza vigile ed
attenta. Anche per noi insegnanti, nel collegio docenti o nei consigli di
classe, il fischietto trillava ogni volta che il Prof voleva richiamare la
nostra attenzione o ristabilire l’ordine.
Sono tanti i ricordi che si rincorrono nella mia mente, mentre sto
“fissando” sulla carta emozioni vissute ma sempre presenti, sepolte nel
passato ma sempre vive; mi riesce difficile dare precedenza all’uno o
all’altro, chi ha conosciuto il Prof e leggerà queste righe, capirà. La
scuola, tornando agli anni settanta, non era strutturata come oggi, non
esistevano ancora i Decreti Delegati. Il Prof convocava il collegio alla
fine delle lezioni mattutine e subito dopo organizzava la “colazione prolungata di lavoro”, dove attorno ad una tavola e davanti a piatti fumanti, ci sentivamo una unica grande famiglia e si instaurava tra tutti noi un
legame profondo che ci faceva rispondere sempre: ”Presente”, tutte le
volte che il Prof chiamava.
Anche negli anni dopo il pensionamento del preside aspettavamo
Il Professore in gita
scolastica alla tomba
di Dante a Ravenna
con ansia un suo cenno per risalire la valle e
ricreare quella dolce atmosfera che ci faceva
sentire bene, paghi di vederlo e di ascoltare le
sue parole cariche di entusiasmo. Spesso alla
buona tavola si associava il suono della fisarmonica e della chitarra, compagne e amiche
di tanti momenti di vita. Ogni attimo della sua
giornata era speciale: la mattina era solito
prendere la sua dose di energia quotidiana
dal polline e iniziava ad affrontare le problematiche della vita scolastica con determinazione
ed efficienza, ma sempre con infinita umanità
e con la ferma intenzione di aiutare gli alunni
nel loro cammino verso la vita.
Durante il corso della mattinata, se un
insegnante aveva un’ora libera, veniva “ingaggiato” dal Preside per raccogliere lo zafferano
o scrivere i cartellini per catalogare le piante, che erano coltivate
in modo ordinato e sistematico nel giardino dietro la scuola media.
Nessuno all’interno della scuola poteva oziare, c’era lavoro per tutti,
ma ognuno era felice di “lavorare“ per lui, perché solo lui sapeva chiedere le cose in un certo modo e solo a lui nessuno sapeva dire di no.
Durante gli scrutini, capitava che gli insegnanti non sempre fossero d’accordo con il Preside sulle valutazioni e nascessero accese discussioni. Prima del termine delle lezioni, a giugno, il Preside raccoglieva in
un prospetto le valutazioni finali degli allievi, in ogni disciplina. Si usavano ancora i voti (quattro, cinque, sei…), e per gli alunni con rendimento incerto, venivano assegnate valutazioni intermedie quali cinque più,
cinque e mezzo, tra il cinque e il sei…. Il Prof cominciava allora le sue
“manovre”: interveniva sui singoli docenti, riuscendo a fare arrotondare, logicamente per eccesso, le valutazioni più incerte e più prossime
alla sufficienza. Restavano così solo le insufficienze gravi; nei consigli
di classe finali il Preside completava le sue manovre a favore della promozione degli alunni e tali erano le sue motivazioni che spesso raggiungeva l’obiettivo.
Rinaldi usava sempre la stessa tattica: ci lasciava sfogare dicendo
tutto quello che volevamo e pazientemente riusciva a portarci a fare
come voleva lui, senza peraltro darci la sensazione di essere forzati a
fare nulla. Il corpo docente era prevalentemente femminile e spesso
capitava che nella foga della discussione comparissero alcune lacrime,
allora il Preside interveniva dicendo che le donne dopo aver pianto
hanno gli occhi più belli e tutto riprendeva nella giusta dimensione;
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sapeva come condurre il gruppo e sapeva fare prevalere l’interesse
dell’alunno su tutto.
Quando con le scolaresche uscivamo per andare a fare un viaggio
di istruzione, il ”capo” si metteva alla testa del gruppo e con l’immancabile fischietto aveva sempre il controllo della situazione e nulla sfuggiva
al suo occhio vigile; i ragazzi lo rispettavano, avevano fiducia in lui e gli
insegnanti sapevano che potevano godere del piacere di essere in visita,
perché nulla, nell’organizzazione del Prof, era lasciato al caso.
Quando pensi ad una persona a cui ti legano tanti ricordi, mentre scrivi,
questi ti riaffiorano alla mente uno dopo l’altro e ti impediscono di mettere ordine logico. E’ talmente dolce lasciarsi trasportare dalle emozioni,
che non opponi nessuna resistenza. La sua scuola era “diversa” da tutte
le altre, perché la costante e infaticabile dedizione con cui operava era il
risultato di una idea di “missione” e non di normale professione. E’ riuscito a dare a tutti, giovani e meno giovani, un grande esempio di saggezza ed umiltà. Questo esempio è rimasto vivissimo nella mente di chi
ha collaborato con lui, ha accompagnato e accompagna gesti, pensieri e
azioni di molti; le persone scompaiono, ma ciò che lasciano, che creano,
vive per sempre.
La sua esuberanza era così forte che ti trascinava in ogni tipo di
lavoro, ti faceva sentire importante ed indispensabile, riuscendo a creare un valore di gruppo, di equipe che ha rappresentato sempre una
delle carte vincenti del Prof.
Quando nel millenovecentosettantasette il Preside andò in pensione, la scuola perse il suo creatore, colui che l’aveva forgiata con obiettivi profondi, avendo sempre come centralità il benessere degli alunni
e delle loro famiglie; in seguito non disdegnò mai di offrire la sua collaborazione e di mettere a disposizione di altri la sua esperienza. Per noi
insegnanti continuò ad essere il fulcro di idee e di incontri su svariati
temi, primo fra tutti quello del buon mangiare, perché attorno ad una
tavola i valori si esaltano e ognuno trova la sua giusta dimensione. Fino
a che è stato possibile, tutti correvamo per essergli vicini e per sentirlo
vicino, poi lo abbiamo ritrovato nel cuore di ciascuno di noi, dove sempre vivrà.
Ricordo del Prof
di Maurizio Nati
presidente della Società d’Area dal 1992 al 1995
e della Pro Loco di Casola Valsenio dal 1985 al 1994
Maurizio Nati con,
alla sua destra,
Augusto Rinaldi Ceroni
e Giuseppe Pittàno
Ho conosciuto il prof. Rinaldi Ceroni Augusto
prima come preside della scuola media negli
anni dal 1964 al 1966. Mi ricordo di quegli anni
i raduni al mattino presso la palestra della scuola media prima di raggiungere le aule per iniziare le lezioni; il preside ci chiamava soffiando
nell’immancabile fischietto, e ci etichettava
molto spesso con la parola soci.
Negli anni che ho frequentato la scuola media
lo ricordo come insegnante di applicazioni tecniche, certamente rivolte alle piante officinali
che lui amava tanto tali da diventare parte della
sua vita. Ore passate ad imbustare sacchetti di
sgranato di lavanda, da omaggiare a chi era in
visita alla scuola o al giardino officinale. Quando al mattino entravamo
a scuola l’olfatto veniva pervaso dai tanti profumi delle varie essenze
officinali, ma fra tutte quella della lavanda era la più intensa. Costruimmo
anche una cassetta all’interno della quale erano raccolte alcune scatole
più piccole contenenti frutti o parte di piante officinali essiccate.
Persona distinta, portava sempre al collo il fiocco (farfalla),
i capelli cosparsi di brillantina pettinati all’indietro, per lui importante
era la disciplina, il rispetto, dentro di sé un grande animo, sempre
disponibile per noi allora giovani ragazzi, un grandissimo attaccamento
al Paese, attento ai suoi avvenimenti, alle sue gioie ai suoi dolori. Un
archivista metodico e puntuale, raccoglieva articoli e testimonianze
dalla stampa che rappresentavano per lui seguire l’evolversi del tempo.
Altra dote molto importante era quella di forgiare nuove iniziative
che portassero lustro al Paese. Attento agli avvenimenti della vita
sociale casolana, la sua mente un vulcano in perenne eruzione. La cosa
più bella della sua persona era la grande capacità di coinvolgere nei
suoi progetti persone di qualunque rango, nessuno mai si tirava indietro, animati da un fluido magnetico le persone lo seguivano anche su
strade apparentemente difficili, ma la sua energia e caparbietà davano
sicurezza, una forza inarrestabile fino alla meta.
In altri momenti della mia vita a servizio della comunità locale
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ho avuto occasione di apprezzare i suoi suggerimenti, alcuni molto
importanti, altri semplici, ma sempre intrisi di un profondo attaccamento al paese, attento alle sue esigenze, pronto a sapere cogliere tutte
le opportunità per un suo sviluppo conoscitivo e turistico.
Il Giardino Officinale “la sua quarta figlia”, che ha sempre seguito
ed amato con grande passione. Ancora oggi sento il suo monito “non
fate morire il giardino”, seguiva con molta passione e a volte con trepidazione gli avvenimenti che lo riguardavano.
Alla fine degli anni ottanta, la Regione Emilia Romagna dimostrava
scarso interesse allo sviluppo di questa struttura, la nascita della
Società d’Area tra i comuni di Riolo, Casola e Brisighella nel 1992, mi
vide primo presidente dell’Ente, fui subito ammonito da una lettera e
da diversi incontri con il Prof: “cerca di salvare il Giardino, la Regione
lo sta abbandonando”, credo che questo pensiero non lo facesse dormire la notte tanto lo preoccupava, un incubo. In quegli anni ricordo il
suo andare e vieni da e per il giardino con la macchina piena di sementi
ed arbusti, un’energia instancabile, pronto ad accompagnare scolaresche o singoli gruppi in visita, con il megafono in mano e il fischietto
per richiamare l’attenzione alla sua accorata spiegazione.
Le continue sue sollecitazioni mi portarono insieme con l’amico
sindaco di Casola, Franco Tronconi, a promuovere un incontro in
Regione con l’allora assessore all’agricoltura Mini, che si assunse l’impegno di intraprendere un’azione affinché il Giardino di Casola dalla
ormai deludente gestione regionale passasse in gestione alla Società
d’Area, assicurando per qualche anno un finanziamento per la gestione.
Certo avevamo piantato un piccolo seme, passò qualche anno
prima di poter disporre della gestione, dovetti affrontare non pochi problemi per ottenere il consenso degli altri membri del cda della Società
d’Area, che vedevano la gestione del Giardino come un elemento di
assorbimento delle esigue risorse del già povero bilancio della società.
Il Prof mi aveva talmente convinto sulla importanza del giardino per
la nostra realtà locale che non mi mancò la grinta e la determinazione
necessaria per capovolgere il parere dei colleghi del cda della Soc. d’Area.
Oggi il Giardino Officinale a Lui giustamente intitolato, rappresenta
una struttura importante per la nostra realtà locale, Casola deve la sua
notorietà turistica a questa geniale iniziativa, il Mercatino delle Erbe
prima, la Festa dei Frutti Dimenticati poi, anche se il Prof voleva si chiamasse dei frutti della memoria, sono gli avvenimenti che da lui sono
nati, facendo crescere l’interesse turistico verso la nostra realtà locale.
Certo il Giardino, le erbe officinali, i frutti dimenticati, la loro conoscenza e continua divulgazione non hanno mai fine, il ricercare nuove
opportunità per l’utilizzo di queste piante o dei loro frutti in gastrono-
I frutti dimenticati
mia, nella cosmesi e nella fitoterapia; devono essere finalmente realizzate coltivazioni estensive, rimangono questi i principali obiettivi che
il Prof ci ha lasciato come eredità a noi suoi estimatori, per la continuità
di quell’azione nata nel lontano 1938, e che oggi dopo oltre 60 anni
è apprezzata da un utenza sempre più vasta, rappresentando sempre
di più la sua valenza per l’evoluzione turistica del nostro paese e
dell’Unione dei comuni collinari dell’Appennino Faentino.
Ho lavorato con il Prof a molte suo estemporanee iniziative e realizzazioni, che successivamente si sono dimostrate originali intuizioni,
la Strada della Lavanda e quella dei frutti dimenticati, la prima definita
dall’amico prof. “il mare nel verde della collina”, la seconda un po’ trascurata deve sicuramente essere ripensata in tempi brevi.
Tanti suggerimenti ho attinto da Lui nei quindici anni d’organizzazione del Mercatino delle Erbe, mi ricordo il suo attento vigilare tra le
bancarelle per controllare la qualità dei prodotti esposti, le visite insieme all’Azienda dell’erborista Minardi di Bagnacavallo, all’apicoltura
Piana di Castel San Pietro, per ottenere adesione da parte degli stessi
al mercatino delle erbe, per richiedere qualche campioncino dei loro prodotti da distribuire in omaggio ai turisti del venerdì sera. Per lui regalare
qualcosa ai turisti aveva il significato di portarsi a casa un ricordo di
Casola, per non dimenticare un legame affettivo con il nostro Paese.
Ricordo l’idea dei cuscini ripieni di lavanda, le continue pressioni
affinché non mancasse mai al mercatino delle erbe del venerdì il mazzetto di lavanda da “omaggiare alle signore”, l’immancabile serata
dedicata alla lavanda, la serata delle piante dell’amore con relatore il
grande amico prof. Pittano (detto Pecio). Di questa ultima serata ricordo il grande eco del quotidiano nazionale la Repubblica che all’avvenimento dedicò un intera pagina stuzzicando molto la curiosità della
gente che accorse numerosa alla conferenza.
Per togliere il naturale profumo di suino che si spandeva per
le vie del paese nelle calde serate estive del mercatino, il Prof propose
l’utilizzo di un antidoto altrettanto naturale: l’olio di lavanda diluito in
acqua. Ogni sera un incaricato della Pro loco percorreva le vie del paese
spruzzando questo liquido con un’apposita pompa ed in questo modo
la lavanda rendeva il mercatino profumato.
Ancora ricordo la frenesia nell’organizzazione e preparazione
della gita a Roma, ospiti della trasmissione Linea Verde sulla terrazza
dell’Hotel Hilton. Ricordo la meticolosa preparazione del materiale da
presentare perché l’opportunità doveva essere sfruttata al massimo,
affinché Casola potesse trarne notorietà e lustro.
Grazie amico Prof, per quello che hai saputo insegnare a tutti noi e
per il grande amore e la dedizione riservati per lo sviluppo del nostro paese.
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Augusto Rinaldi Ceroni:
il “Prof delle Erbe”
di Michele Melegari
presidente del Corso di Laurea in Tecniche Erboristiche
dell’Università di Modena e Reggio Emilia
Da sinistra: Michele
Melegari, il Professore,
l’assessore provinciale
al Turismo Vittorio Ciocca
ed il presidente della
Società d’Area Mauro
Salvatori.
Rammento che, nella triste circostanza
della scomparsa del prof. Augusto Rinaldi
Ceroni, in un breve scritto precisavo che “...le
citazioni e i ricordi sarebbero innumerevoli,
tutti importanti, e speriamo che trovino presto
un biografo che possa scrivere un “libro bianco” sul Prof!...”: è molto bello che tale auspicio trovi ora realizzazione.
Con il presente contributo desidero mettere in rilievo due aspetti peculiari della personalità del “Prof ”, o “Il Professore” (così come
veniva chiamato, sic et simpliciter, da tutti gli addetti ai lavori!), caratteristiche che ho avuto la fortuna di apprezzare in questi decenni: da
un lato la sua inesauribile tensione di studioso-sperimentatore,
e dall’altro il costante impegno per favorire l’informazione corretta
e la formazione professionale nel settore erboristico.
I miei rapporti personali risalgono a oltre 25 anni fa, periodo in cui
il nostro Gruppo di Ricerca, operante nell’Ateneo modenese, iniziava gli
studi sulle piante officinali. La prima occasione di incontro ha coinciso
con un momento significativo per lo sviluppo in Italia del settore delle
piante officinali, di cui il Prof è stato indubbiamente uno dei principali
fautori e artefici: l’inaugurazione ufficiale, nell’estate del 1976 (se ben
ricordo), da parte dell’Azienda Regionale delle Foreste (Regione EmiliaRomagna) del Giardino officinale di Casola Valsenio, creato dal Prof e
passato poi all’Ente Regionale. Fra le varie autorità presenti mi ha colpito in particolare quella figura di gentiluomo di antico stampo, il cui
nome mi era naturalmente già noto ma che non avevo mai avuto l’occasione di conoscere: inconfondibile quella cravatta a farfalla, che da
allora per me ha costituito uno dei simboli del suo stile, insieme alla
cartella e ai corposi fascicoli (vedasi oltre)! Ho subito verificato come la
innata eleganza e cortesia non gli impedissero di manifestare con franca chiarezza le sue idee e di contagiare con il suo entusiasmo tutti gli
interlocutori.
Dopo quella giornata, sono incominciate le visite guidate al Giardino
con gli studenti della Facoltà di Farmacia di Modena, accompagnati
anche dal prof. Alberto Bianchi, allora docente presso il nostro Ateneo;
questa iniziativa, mai da noi interrotta, continua tutt’ora ed è molto
apprezzata dagli studenti universitari di vari corsi. Tali incontri hanno
favorito la convergenza di comuni interessi e obbiettivi; infatti, dietro
sollecitazione e forte impegno del Prof presso i Responsabili regionali,
si è presto arrivati alle Convenzioni di ricerca, stipulate fra il nostro
“Gruppo” e l’A.R.F-Emilia Romagna, rivolte allo studio delle piante aromatiche del Giardino, di cui ovviamente era rimasto Direttore scientifico, oltre che animatore infaticabile. Tali rapporti fra noi e l’A.R.F. sono
proseguiti per diversi anni, e hanno portato a risultati interessanti su
diverse specie officinali e loro derivati, con particolare riguard agli oli
essenziali. Le ricerche erano condotte sempre in stretto rapporto con il
Prof, che con la sua personalità vulcanica stimolava il nostro interesse,
con il fine comune di caratterizzare e valorizzare le “sue” piante: alcune
lo erano nel vero senso della parola, come la già allora nota cv. R.C. di
Lavandula hybrida. Oltre agli studi sul genere Lavandula, vanno ricordati quelli su Anthemis nobilis, Matricaria chamomilla, Artemisia dracunculus, Origanum vulgare, Salvia officinalis e varietà, Salvia sclarea,
Thymus vulgaris, Thymus citriodorus, Thymus serpillus, e altre specie.
Accanto al fervore di instancabile ricercatore, il Prof ha sempre
messo in atto e favorito innumerevoli iniziative di divulgazione e di
formazione professionale, fra le quali ne ricordo alcune di particolare
rilievo, in cui sono stato coinvolto direttamente.
Grazie al prestigio di cui il Prof godeva presso la Direzione dell’Ente
Fiera di Verona, che annualmente organizzava “Herbora” (la prima e a
quei tempi più importante manifestazione italiana del settore), ha ottenuto che venissero inserite nel programma fieristico, con il mio coordinamento, le “Giornate di studio sulle piante officinali”; in tali incontri,
svoltisi per sette anni consecutivi (dal 1987 al 1993), sono state affrontate diverse tematiche, sempre dietro sua ispirazione e con la sua partecipazione diretta, salvo rare eccezioni per motivi di salute.
Le “Giornate di studio”, che hanno sempre ottenuto il patrocinio scientifico del nostro Ateneo, hanno visto la partecipazione di tanti operatori,
e la autorevole presenza di personalità di rilievo, quali il Rettore
dell’Università e il Preside della Facoltà di Farmacia, ciò a dimostrazione
della validità delle “Giornate” promosse dietro sua spinta.
Naturalmente ho spesso approfittato della sua disponibilità e
competenza, invitandolo a tenere conferenze e seminari a Modena,
in diverse circostanze: serate di aggiornamento organizzate dall’Ordine
dei Farmacisti, lezioni e seminari presso il Corso di Erboristeria,
promosso dalla Regione e attuato dalla nostra Facoltà di Farmacia
nell’a.a. 1985-86, e altri incontri.
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Augusto Rinaldi Ceroni
osserva la sua creatura:
la lavanda RC
Un’ altra opportunità di collaborazione con il Prof, nell’ambito
delle attività formative, si è venuta a creare dopo la costituzione della
“Società di Area fra i Comuni di Brisighella, Casola Valsenio e Riolo
Terme”, alla quale la Regione aveva trasferito per un certo periodo la
gestione del “Giardino delle Erbe di Casola Valsenio”; la principale iniziativa, caldamente appoggiata dal Prof, si è concretizzata nel ciclo
denominato “Le Giornate di Fitoterapia”, svolte dal 1993 al 1998, dapprima nella sala del “Cardello” e poi nella nuova aula del Giardino delle
Erbe. Le “Giornate” hanno costituito una utile forma di aggiornamento
professionale e di scambio di esperienze per laureati in Medicina,
Farmacia e C.T.F.: sosteneva sempre il Prof che “...devono conoscere
meglio e sfruttare in terapia le virtù delle piante ...e non basarsi soltanto sui farmaci chimici!!...” (e su questo tasto talora le nostre opinioni
non collimavano…).
Fra le ultime apparizioni del Prof in un Convegno ufficiale, va ricordata la sua presenza all’incontro tenutosi il 24 maggio del 1997 nella
Sala riunioni del Giardino sul tema “Il Giardino delle Erbe di Casola
Valsenio e il nuovo D.U. in Tecniche Erboristiche”, al quale partecipavano, fra gli altri, il Magnifico Rettore dell’Ateneo
modenese, vari Presidi di Facoltà, docenti,
ricercatori, studenti e operatori, provenienti
da ogni parte d’Italia; abbiamo tutti notato
la soddisfazione del Prof., unita ad una certa
commozione, per questo ulteriore riconoscimento da parte del mondo universitario nei
confronti dell’erboristeria (“…finalmente un
corso per una adeguata formazione degli erboristi!…..) e per la presenza di tante personalità
all’interno della sua creatura prediletta: il
“Giardino delle Erbe”.
E come non ricordare la sua carica di
umana simpatia? Ha sempre caratterizzato
i nostri incontri, sia quelli più propriamente di
lavoro, sia quelli conviviali: in ogni occasione
non mancava mai di estrarre dal fascicolo che
teneva in tasca, sempre aggiornato e rinnovato, qualche appunto, o fotocopia, o pro-memoria, per segnalare un evento o un impegno, o
per raccomandarci la necessità di studiare la
tal pianta officinale, o l’opportunità di organizzare qualche convegno. Come gran finale, ecco
che immancabilmente dalla sua capace cartella
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Il Giardino Officinale
compariva il mitico “Nocino del Prof ”, che concludeva nel modo migliore l’incontro, e stemperava i toni talora accesi delle discussioni avviate
sui problemi dell’erboristeria, senza uscire peraltro dal settore: infatti,
anche sul nocino si apriva spesso un dibattito tecnico-scientifico-organolettico, in quanto a noi non era sempre chiaro il ruolo di vari (quali?)
ingredienti vegetali che il Prof inseriva (forse...) nella sua personale
ricetta! Uno di questi potrebbe essere il coriandolo?!? “…può darsi
…anzi, varrebbe la pena che gli Universitari - qui il termine assumeva un
senso non del tutto elogiativo, seppure scherzoso! - approfondissero
le conoscenze scientifiche anche….sulle piante dell’amore!” E di nuovo,
richiamava l’importanza dello studio serio sulle piante e della crescita
culturale degli operatori: proprio questo binomio mi è sembrato opportuno mettere in rilievo, avendovi partecipato personalmente grazie ai
rapporti che ho avuto la fortuna di stringere con “Il Professore delle
Erbe Augusto Rinaldi Ceroni”.
Note biografiche
Augusto Rinaldi Ceroni
15 dicembre 1913 - nasce a Casola Valsenio da Francesco e Luigia Fabbri
30 settembre 1935 - consegue il Diploma di Perito Agrario
2 gennaio 1938 - consegue il Diploma di Tecnica Agraria
16 ottobre 1938 - avvia a Casola Valsenio, in qualità di direttore,
il Corso secondario biennale di Avviamento Professionale a Tipo Agrario
e quindi dirigerà la Scuola di Avviamento di tipo Agrario ed infine,
come preside, la Scuola Media Statale fino al 19 settembre 1977
29 dicembre 1938 - si sposa con Vittorina Vivoli che gli darà tre figlie:
Gabriella, Paola e Tiziana
15 gennaio 1939 - consegue il Diploma di Erborista presso la Scuola
di Farmacia dell’Università di Bologna
15 aprile 1939 - il prefetto di Ravenna lo nomina vice podestà del
Comune di Casola Valsenio
13 novembre 1942 - consegue la laurea in Scienze Agrarie presso
l’Università di Bologna discutendo la tesi “I bovini romagnoli della
zona collinare e montana della vallata del Senio”
1947 - entra a far parte della Consulta Economica Agricola Forestale
della Camera di Commercio, Industria ed Agricoltura di Ravenna
21 marzo 1949 - riprende e rilancia in tutta Italia la Festa degli Alberi
17 gennaio 1950 - gli viene attribuita l’onorificenza di Commendatore
dell’Ordre Militaire de la Liberté del Liechtenstein
10 luglio 1950 - consegue il diploma di Abilitazione all’insegnamento
della Zootecnia
1950 - pubblica: Anatomia e fisiologia degli animali domestici (Patron,
Bologna, 1950) che sarà poi seguito da Flora Salutare - Piante
Officinali (Bagnacavallo, 1956); La lavanda e il lavandino (Universale
Edagricole, Bologna, 1966); Lo zafferano (Bologna, 1969)
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21 novembre 1951 - il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste
gli conferisce la Medaglia di Bronzo al Merito Silvano
1952 - organizza in collaborazione con il Comune di Casola Valsenio
le manifestazioni in onore di Alfredo Oriani in occasione del centenario
della nascita
20 giugno 1956 - organizza a Riolo Bagni e Casola Valsenio
la Giornata delle piante officinali, aromatiche ed essenziere
gennaio 1957 - impianta il primo lavandeto della Valle del Senio
13 ottobre 1957 - promuove il I Raduno Nazionale Cicloturistico a
Casola Valsenio in onore di Alfredo Oriani
1959 - è tra i promotori delle manifestazioni per il 50° Anniversario
della morte di Alfredo Oriani che comprendono anche l’inaugurazione
di un monumento allo scrittore
1960 circa - crea un ibrido di lavanda particolarmente adatto alla distillazione che prende il suo nome: R.C.
1960 - è socio della Protezione Natura “Montibus et Silvis”
1962 - su incarico del Provveditorato agli Studi di Ravenna cura l’apertura dell’Istituto Professionale di Stato per la Provincia di Ravenna con
sede a Faenza (Persolino) e scuola coordinata in Bagnacavallo
1963 - entra nella Società di Studi Romagnoli
2 giugno 1965 - è insignito della onorificenza di Ufficiale al Merito
della Repubblica
21 luglio 1973 - organizza la Giornata di Studi su Monte Battaglia
1974 - per conto della Regione Emilia Romagna progetta e realizza
il Giardino Officinale di Casola Valsenio
2 giugno 1976 - in occasione del 30° Anniversario della Resistenza,
il Consiglio Comunale di Casola Valsenio gli conferisce una medaglia
per l’opera svolta con ampio senso civile a favore della Comunità
1977 - è Socio onorario del Centro Italiano per l’Erboristeria
giugno 1977 - il Ministero della Pubblica Istruzione gli attribuisce il
riconoscimento di Benemerito della Scuola, della Cultura e dell’Arte
13 luglio 1978 - su proposta del presidente del Consiglio, il Presidente
della Repubblica gli conferisce la onorificenza di Grande Ufficiale della
Repubblica Italiana
21 ottobre 1979 - l’Istituto Agrario d’Imola gli conferisce la Medaglia
d’Oro per l’esemplare opera svolta nel campo dell’insegnamento agrario, nella presidenza delle scuole medie, nella divulgazione e valorizzazione della flora officinale
10 maggio 1982 - l’Ente Fiere di Verona - Herbora lo onora del titolo di
Pioniere dell’Erboristeria Italiana e gli attribuisce il riconoscimento del
“Seminatore d’argento”
16 luglio 1984 - l’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio
gli conferisce la Medaglia d’Oro per la quarantennale attività di formazione culturale dei giovani casolani e per la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturalistico della valle del Senio
12 ottobre 1986 - la Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano
sul Rubicone gli attribuisce il premio della Caveja per gli studi naturalistici
17 giugno 1989 - fonda l’Accademia della Tavola Verde per la valorizzazione delle erbe aromatiche
1991 - viene cooptato nella Corte d’Onore del Tribunato di Romagna
1991 - progetta e realizza la Strada della Lavanda in collaborazione con
la Provincia di Ravenna
1993 - progetta la Strada delle Piante della Memoria
1999 - muore a Casola Valsenio il 14 dicembre
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L’eredità
Nell’aula consiliare
l’autore di questo libro,
affiancato da Gabriella
e Paola Rinaldi Ceroni,
estrae dalla “valigetta
del Prof ” i preziosi
documenti donati
al Comune di Casola
Valsenio
Anche dopo la sua scomparsa, Augusto Rinaldi Ceroni ha continuato a gratificare il suo paese. Lasciando, attraverso le figlie Gabriella,
Paola e Tiziana, la sua biblioteca scientifica al Giardino delle Erbe mentre i volumi sulla storia locale, l’Opera Omnia di Alfredo Oriani e numerosi saggi, opuscoli e articoli sullo scrittore del Cardello sono stati
donati alla Biblioteca Comunale di Casola Valsenio. All’archivio storico
comunale sono stati consegnati, nel corso di una cerimonia svoltasi
nella sala consiliare nel dicembre 2000, manifesti, bandi e documenti
che, in parte, hanno coperto il vuoto lasciato dalla scomparsa dell’archivio comunale, cioè della memoria pubblica locale, in seguito alla
distruzione del municipio nel corso della guerra.
Particolarmente importante è stata la donazione di un volume
manoscritto della storia di Casola Valsenio, risalente ai primi anni
dell’800. Una donazione che il Professore aveva previsto con questa
motivazione, lasciata appuntata, com’era sua abitudine, sul retro di
un manifesto: “Il famoso e prezioso manoscritto della vera storia di
Casola io lo donerei al Comune di Casola come dovere di cittadino
casolano, con l’obbligo della conservazione in eterno nella sede municipale in apposito armadio di vetro a disposizione per future consultazioni. La chiave dell’armadio che racchiuderà l’originale deve essere
consegnata al Sindaco e passata agli altri sindaci in futuro. E’ un patrimonio e gioiello storico. Non lo darei – come mi avevano suggerito –
alla Biblioteca di Imola perché non facile per la consultazione e perché
servirà conservarlo a Casola. Questo vuol essere il segno tangibile della
mia riconoscenza al mio paese natale essendo stato giudicato da tanti
e definito Benemerito di Casola e perché sono
stato premiato con la Medaglia d’Oro dalla
Comunità di Casola presenti i rappresentanti
dei comuni limitrofi”.
Augusto Rinaldi Ceroni ha poi lasciato
a noi tutti una messe di consigli, di motti, di
intuizioni, di ricette e di suggerimenti, in parte
riportati nelle pagine che seguono, capaci di
addolcirci la vita, anche solo leggendoli.
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Norme per mantenersi
in salute e vivere a lungo
> Mangiare cipolle almeno due volte la settimana perché sono
aromatiche, ricche di vitamina, antibiotiche, diuretiche, antidiabetiche
ed inoltre abbassano la pressione e ammorbidiscono le arterie.
> Bere vino fa sprizzare salute e allegria dai pori, soprattutto il frizzante tipo Trebbiano.
> Mangiare soja almeno una volta la settimana perché abbassa
il colesterolo e controlla i trigliceridi. Si può mangiare cotta bene
e passata oppure in insalata.
> Mangiare tarassaco o piscialletto almeno due o tre volte la settimana sia in insalata che cotto, oppure come decotto preparato con
le radici. E’ diuretico, antireumatico, antiartritico, antidepressivo ed
inoltre cura il fegato, favorisce la circolazione dei capillari ed è molto
adatto per le cure primaverili essendo un ottimo depuratore.
> Aromatizzare le insalate con sedano, rucola ed un po’ di zafferano.
> Consigliabile nutrirsi di quando in quando con dragoncello o
estragone perché è antidegenerativo e dà forza ed impulsi di vita
alle cellule umane.
> Non odorare la canfora.
> Mangiare qualche seme di coriandolo e marmellata di mirtilli
contro la gotta, il diabete, la vista debole e i dolori reumatici.
> Odorare il timo per combattere il raffreddore e la tosse.
> E’ sconsigliabile mangiare la lattuga virosa ed è opportuno
limitare l’uso della ruta, della valeriana e della menta.
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Piante simboliche
Abete > della perpetuità felice
Alcanto > delle arti belle
Albero di Giuda > dell’amore
divino e del perdono
Alloro o lauro > del trionfo
e della gloria
Biancospino > della speranza
Caprifoglio > dei vincoli d’amore
Celidonia > della felicità
Ciliegio > della eloquenza e
serenità familiare
Cipresso > della immortalità,
tristezza, resurrezione
Digitale > dell’amore ardente
Edera > della fedeltà perenne
e dell’amicizia
Erica > della fortuna
e della solitudine
Fico > della fecondità
Garofano > del primo incontro
amoroso
Gelsomino > dell’amore
e dell’amabilità
Giglio > della purezza
Glicine > della veggenza
Giunchiglia > del desiderio
Iris > di potere e di lieto
messaggio
Issopo > della purificazione
Lavanda > del silenzio
e della scienza
Malva > della maternità
e della dolcezza
Mirto > della nobiltà e dell’amore
Mughetto > della felicità
ritornata
Olivo > della pace
Olmo > dell’amicizia
e dell’unione coniugale
Orniello-Frassino > della manna
Ortica > della lussuria e dell’immortalità
Palma > della fortuna
Papavero > del sonno
Pervinca > della verginità
Pino > della accoglienza
e del turismo
Pioppo > del vigore
Quercia > della forza
Rosa > della bellezza
Rosmarino > di un amore
senza fine e del conforto
Ruta > della bontà
Salice > della malinconia
e del pianto
Salvia > della vita
Santoreggia > dello stimolo
Sedano > pianta degli innamorati
Sirena > della seduzione
e del primo amore
Tasso > della morte
Timo > della sacralità
Tiglio > dell’amore coniugale
Tuja occidentale > della vita:
“albero della vita”
Verbena > dell’incantesimo
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Le piante dell’oroscopo
Acquario: alkekengi, farfara, ninfea, ortica, oleandro, girasole, violaciocca, luppolo, alloro, garofano, menta, violetta, bocca di leone, margherita.
Pesci: viola odorosa, abete rosso, crescione, menta, gelsomino,
ortensia, anice, melissa, tarassaco, geranio, fucsia.
Ariete: rosmarino, verbena, alloro, giunchiglia, erica, camomilla romana,
borragine, pervinca, carciofo, tulipano.
Toro: rosa, salvia, pisello odoroso, gelsomino, lilla, mirto, fragola
selvatica, dragoncello e estragone, sambuco, cartamo, papavero.
Gemelli: olivo, insalata, mimosa, serpillo, mughetto, sedano, giglio,
celidonia, digitale, giaggiolo, pimpinella, santoreggia, ippocastano.
Cancro: acacia, caprifoglio, insalata, noce, ciclamino, ruta, glicine,
menta, rosa, tulipano, tiglio, ginepro, eligriso, timo, cappero, cicoria.
Leone: ginepro, mimosa, garofano, pesco, geranio, zafferano, speronella,
veccia, iperico, borragine, genziana.
Vergine: caprifoglio, liquirizia, rosa, gladiolo, grano, belladonna, lino,
ruta, santoreggia, calendula, ortensia, melissa, rovo.
Bilancia: menta, mughetto, geranio, edera, rosa, ginepro, sedano, astro,
malva, galega, biancospino, crescione, zafferano.
Scorpione: salice, salvia, basilico, pino, origano, soja, tasso, cumino,
quercia, ciclamino, rosa canina.
Sagittario: viola comune, primula, felce, fico, crisantemo, ginestra, lavanda, mughetto, pero, castagno, agrifoglio, camomilla.
Capricorno: erica, alloro, cipresso, echinacea purpurea, coriandolo,
anice, vischio, pungitopo, calicanto, gelsomino giallo, ciliegia.
Piante officinali dell’amore
nella tradizione popolare
Piante nostrane:
Santoreggia (Santureja hortensis, Santureja montana)
Stimolante erotico: risveglia al dovere i mariti lenti.
Coriandolo (Coriandrum sativum)
Apportatore di idee voluttuose
Rucola (Diplotaxis tenuifolia)
Considerata una dei paradisi vegetali
Zafferano (Crocus sativus)
Per le anime felici
Melagrana (Punica granatum)
Tipico antinvecchiamento fa gustare i piaceri proibiti
Sedano (Apium graveolens)
Apporta entusiasmo e giovinezza
Fieno greco (Trigonella foneum-graecum)
Consigliato al gentil sesso
Finocchio (Foeniculum vulgare)
Contro la frigidità
Origano (Origanum vulgare)
Provocante, afrodisiaco
Verbena (Verbena officinalis)
Pianta dell’incantesimo
Maggiorana (Origanum majorana)
Stimolante, tonico
Aglio (Allium sativum)
Cura l’impotenza
Cipolla (Allium cepa)
Stimolante, indicato per gli anziani
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Salvia (Salvia officinalis)
Simbolo della venalità
Scalogno (Allium ascalonicum)
Apportatore di vitalità
Ortica (Urtica dioica)
Sollecitante
Menta piperita (Mentha piperita)
Eccitante, stuzzicante
Nepetella (Calamintha nepeta)
Seducente
Rosmarino (Rosmarino officinalis)
Stimolante, tonico
Piante esotiche:
Ginseng (Panax ginseng)
Zenzero (Amomum zingiber)
Damiana (Turnera aphrodisiaca)
Noce vomica (Strychnos nux-vomica)
Yohimbe (Corynanthe yohimbe)
Ginko biloba (Ginko Bilobae)
Ambretta (Abelmuschus moschatus)
Chiodi di garofano (Caryphyllos aromaticus)
Echinacea (Echinacea augustifolia)
Canella (Cinnamomum zeylanicum)
I prodotti dell’alveare
Miele: noto come “Nettare degli dei”: favoloso prodotto delle api
conosciuto fin dai più antichi tempi e formato dalla elaborazione degli
elementi naturali bottinati sui fiori delle piante.
Alimento complesso, ricco di proprietà nutrizionali e dietoterapeutiche.
Dà grande energia all’uomo e pertanto merita il primo posto nell’alimentazione degli sportivi; è utile al fegato e potenzia la difesa dell’organismo contro le malattie infettive per l’azione protettiva e disintossicante; è di facile digeribilità e attenua l’ostinata stitichezza, contiene
glucosio e fruttosio, pochissimo saccarosio; è permesso, in dosi moderate, ai diabetici (miele di acacia e di castagno); agisce positivamente
sul sistema nervoso e sull’attività mentale; ricco di sali minerali e di
vitamine, ha una buona azione antianemica.
Polline: noto come “il tesoro dell’alveare”, è un prodotto capace
di mantenere un perfetto equilibrio biologico all’organismo umano;
è un ottimo rivitalizzante e stimolante generale e naturale; è giudicato
un grande dispensatore di energie e di salute.
Cura la carenza di minerali e le vene varicose, rallenta e ferma la diarrea, aumenta i globuli rossi e l’emoglobina nel sangue; curatore dell’anemia è consigliato nei periodi di convalescenza.
Migliora la vista, contiene le vitamine del complesso B, riduce gli effetti
nocivi dovuti all’uso degli antibiotici. Dà tono, benessere e giovialità
e aiuta a vivere più a lungo.
Pappa reale: nota come “gelatina”, è pregiato prodotto e costituisce l’alimento basilare dell’ape regina. Ha una composizione molto
ricca e complessa. Vince l’anemia, accresce l’appetito, attenua gli effetti dell’arteriosclerosi, è efficace nelle malattie cardiovascolari e negli
esaurimenti nervosi. Modera gli attacchi di asma, dà una carica di vitamine e ha poteri antibatterici.
Propoli: noto come “balsamo delle api”, costituisce per l’alveare
una materia cementante e di difesa contro le infezioni.
Questo prodotto possiede elevate attività battericide, antivirali, antinfiammatorie e cicatrizzanti. Consigliabile il suo uso nei periodi influenzali e in tutte le affezioni orofaringee. Le soluzioni di propoli sono disinfettanti; valido è da ritenersi l’uso associato dei propoli con il miele
e la pappa reale.
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Le erbe aromatiche
Gruppo di piante officinali aromatiche-odorose usate nella gastronomia
e nella ristorazione, capaci di dare la gioia del vivere, l’allegria, l’armonia, il benessere e la giovialità. Esse ci invitano ad assaporare le vivande con voluttà ed a scoprire sempre più il piacere della tavola con vantaggio della salute dell’uomo e garanzia di un vivere sano e naturale.
Sono nuovi aromi, sapori, gusti, fragranze e profumi che rendono i cibi
più desiderabili, stuzzicanti, appetibili, digeribili e assimilabili.
1. Acetosa: sapore fortemente acidulo, effetti depurativi
del sangue e stimolante dell’appetito.
2. Aneto: sapore gradevole e forte, effetto rinfrescante,
consigliasi un uso moderato.
3. Anice: sapore aromatico dolce, effetto digestivo e corroborante.
4. Artemisia: sapore aromatico amarognolo, favorisce
il flusso dei succhi della digestione.
5. Assenzio: sapore fortemente amaro, stimolante
dell’appetito e favorisce la digestione.
6. Balsamita: aroma e sapore amarognolo, buon condimento
per le insalate miste, aromatizzante della birra.
7. Basilico: trova impiego nelle minestre, salse, insalate, ripieni
ed antipasti. È stimolante dello stomaco, combatte le emicranie
e l’insonnia. Ha poteri antisettici. Sapore aromatico salato,
rinfrescante, odore stimolante dello stomaco e della digestione,
carminativo; erba fine.
8. Borragine: nota come la pianta del buon umore, combatte l’insonnia
e l’angoscia, dà limpidezza alla memoria, favorisce la circolazione
ed è rinfrescante. Utilizzata in minestre, antipasti, ripieni, verdure
cotte, ect. Sapore delicato dolciastro e rinfrescante (simile al
cetriolo), favorisce il sonno e la circolazione sanguigna, toglie
l’ansia e genera buon umore.
9. Carvi o Comino: sapore e profumo aromatico, corroborante
dello stomaco, favorisce la digestione, carminativo.
10. Cartamo o Zafferanone: utilizzato nelle minestre, antipasti, ect.
Sapore debole e un poco salato, surrogato dello zafferano.
11. Cereia o Santoreggia annuale: sapore fortemente aromatico,
effetto riscaldante su stomaco e intestino.
12. Cerfoglio: erba fine con profumo sottile somigliante all’anice,
serve per cure primaverili.
13. Cipolla: odore forte e penetrante, favorisce la digestione,
calmante, carminativo.
14. Coriandolo: i suoi semi piccoli e globosi hanno un sapore delizioso
se maturi e schiacciati. Considerato stimolante ed eccitante,
dà armonia e benessere, capace di dare una carica di vitalità.
Ha proprietà digestive, utilizzato per aromatizzare carni, stufati,
selvaggine, antipasti, dolci, vin brulé, marmellate.
15. Crescione: sapore forte ed amaro, ricco di iodio e vitamine,
disintossicante del fumo.
16. Dragoncello o Estragone: è considerato un’erba fine, capace di dare
vigore e togliere la malinconia. Le sue foglie sono uno stimolante
generale e digestivo, se masticate fermano il singhiozzo. Utilizzato
nelle insalate, verdure, minestre, pesci, antipasti e carni. Sapore
aromatico fine, gradevole e delicato simile all’anice, rinfrescante,
insapora gli alimenti insipidi, dà vitalità e forza, ha proprietà
antidegenerative e antireumatiche, facilita la digestione.
17. Erba cipollina: erba fine con sapore delicato e aroma ineguagliabile,
ha poteri digestivi e diuretici, utilizzato in salse, insalate,
minestre, uova, formaggi, carni e pesce. Pianta perenne con
possibilità di coltivazione in vaso. Sapore piacevole e fresco,
effetto stimolante dell’appetito, dà armonia e benessere.
18. Finocchio: i suoi semi hanno proprietà toniche e digestive.
Utilizzato in pasticceria, carni, bolliti, cinghiale e maiale, pesci
e piatti in forno. Profumo e sapore forte aromatico-dolciastro,
favorisce la digestione, carminativo.
19. Ginepro: pianta che interessa l’industria dolciaria, liquoristica,
farmaceutica, erboristeria, cosmesi e cucina. Ha proprietà
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tecniche antireumatiche, digerenti e diuretiche. È utile alle vie
respiratorie e a ridare la sensibilità agli arti e alla muscolatura.
Sapore aromatico dolciastro, stimolante dell’appetito e diuretico,
aumenta la sensibilità agli arti e ai muscoli.
20. Issopo: buon odore aromatico, sapore amarognolo, vivificante
e corroborante.
21. Lepidio o Crescione terrestre: profumo e sapore piccante, ricco
di vitamina c, disintossicante del fumo.
22. Levistico o Sedano di montagna: sapore aromatico amaro,
effetto diuretico.
23. Maggiorana: considerata la regina degli aromatici per il soave
profumo e per il delicato sapore, ha proprietà antispasmodiche,
toniche, ipotensive, digestive ed espettoranti. Toglie l’ansia. Serve
ad insaporire salse, carni, verdure cotte e crude, minestre, pesce,
pizze, ripieni. Capace di dare una carica.
24. Malva: usata molto dai romani per farne minestroni e zuppe.
Effetto rinfrescante, disinfiammante dello stomaco e dell’intestino,
carminativa, consigliata nella cistite, considerata pianta lassativa.
25. Melissa: profumo piacevole di limone, sapore amarognolo,
favorisce la digestione, toglie i fumi dell’alcool.
26. Menta: ha effetto stimolante e digestivo. Viene utilizzata nelle
minestre, verdure, antipasti, stufati, selvaggine, salse, confetture,
bevande, industrie dolciaria, farmaceutica e liquoristica. Purifica
l’alito, fa riacquistare la voce. Profumo penetrante, sapore
aromatico, odore piacevole, effetto diuretico, dà un senso di
vivacità e freschezza.
27. Nepitella o Calaminta: erba fine e perenne, profumo soave,
proprietà digestive e stimolanti. Aromatizzante specifico dei
funghi, facilita la digestione, carminativa, stimolante, abbassa
il tasso alcolico del sangue; erba fine. Serve a preparare un thè
aromatico, attenua il singhiozzo. Sono note due nepitelle:
la piccola che si trova sulle scarpate e nel piano con fiorellini
roseo-viola (nepeta), la grande dei luoghi freschi e montani nota
come mentuccia o calaminta.
28. Origano: profumo persistente e piccante, capace di rendere forti
le carni, usato negli antipasti, pizze, minestre, marinate,
selvaggina, stufati, pesci, verdure e salse. Si consiglia un uso
moderato. Ha proprietà antireumatiche, stomachiche e
antispasmodiche. Il suo uso dà felicità e salute. Stimolante
dell’appetito e della digestione. Profumo persistente, dà tranquillità.
29. Ortica: pianta con proprietà rinfrescanti, depurative, diuretiche,
antianemiche, antireumatiche, favorisce la digestione ed è
corroborante, toglie l’ansia e attenua l’angoscia. Viene utilizzata
nell’industria farmaceutica e nella cosmetica. Pianta ipotensiva.
30. Papavero o Rosolaccio: petali e semi con particolari sapori
ed aromi. Effetto sedativo, ha proprietà decongestionanti.
31. Peperoncino: odore aromatico, sapore piccante e bruciante, molto
vitaminico, capace di stimolare la formazione del succo gastrico,
effetti diuretici.
32. Pimpinella: erba fine nota come pianta del buon umore, ipotensiva,
si trova anche in inverno e non dovrebbe mai mancare nelle
insalate, sapore salino, fresco e gradevole, capace di aumentare
l’appetito.
33. Portulaca: sapore fresco, salato e rinfrescante, effetto lenitivo
nei bruciori di stomaco.
34. Porro: sapore aromatico e dolcino, simile alla cipolla, stimola
l’appetito, ha effetto diuretico.
35. Prezzemolo: erba fine dall’odore fortemente aromatico e sapore
amarognolo, diuretico e depurativo del sangue.
36. Radicchio o Cicoria: potente depurativo del sangue con virtù
aperitive, sapore amarognolo e prelibato.
37. Rafano o Cren: la radice si utilizza per farne salse o insalate.
È considerata pianta altamente digestiva, stimolante dell’appetito,
ha sapore piccante e mordente, agisce in senso benefico sulla
circolazione sanguigna.
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38. Rosmarino: sapore acre e amarognolo, corroborante dello stomaco
e stimolante dei nervi.
39. Rucola: nota come ruchetta o verdura dei buongustai, accresce
l’appetito, è considerata pianta altamente digestiva, stimolante
e capace di attenuare l’effetto di alcool e mantenere sano
l’organismo. Rende le carni più digeribili, considerata pianta
salutare, dà sapidità e insapora, è stimolante, accelera
il metabolismo.
40. Salvia: considerata la prima donna delle piante aromatiche
ha azione salutare nota fin dall’antichità, consigliata agli emotivi
e negli stati depressivi. Capace di attenuare la stanchezza
e la malinconia. Cura l’alito, equilibra la pressione, attiva
la circolazione e attenua la sudorazione. Ha azione balsamica,
stimola le funzioni del fegato e della digestione. Impiegata nella
gastronomia per carni, legumi, ripieni, verdure, fritti. Le foglie
masticate tonificano le gengive e imbiancano i denti. Odore
aromatico, sapore forte ed astringente.
41. Santoreggia: ha sapore caldo e bruciante, profumo gradevole,
odore penetrante, è considerata stimolante ed eccitante, capace
di dare una carica, effetti riscaldanti su stomaco ed intestino.
Proprietà antisettiche, ferma l’alterazione delle carni, si utilizza
fresca o secca, nelle insalate, legumi, vivande, salse, antipasti.
Pianta ipertensiva, trova impiego nella liquoristica o nella cosmetica.
42. Sedano: sapore forte ed aromatico, corroborante dello stomaco.
Diuretico e stimolante.
43. Senape: sapore bruciante, corroborante della digestione
e stimolante dell’appetito.
44. Silene o Strigoli: gusto piccante, serve per condimenti saporiti,
effetto rinfrescante, privi di ferro, aroma simile agli asparagi.
Ottimi per minestre e condimenti.
45. Soja: trattasi di un alimento rimedio. Dà salute, ringiovanimento
organico, vigore e potenza. Nota come la spazzola delle arterie.
Attenua l’arterio-sclerosi, abbassa il colesterolo e i trigliceridi.
46. Tarassaco: é un potente depurativo del sangue, indicatissimo
nelle cure primaverili, utilissimo al fegato: il suo uso sarebbe
consigliabile per tutta l’annata consumando foglie insalata
o cotte, abbassa la pressione.
47. Timo: proprietà balsamiche, stimolanti e antispasmodiche capace
di facilitare l’assimilazione e la digestione. Odore e sapore
piacevole. Profumo fresco, aromatico. L’uso, allo stato fresco
o secco, serve per insaporire le carni, il pesce, salse, minestre.
Serve per ottenere un fine aceto aromatico. Alza leggermente
la pressione. Ottimo per i brodi è il timo cedrino. Consigliabile
sempre aggiungerlo a fine cottura nelle vivande.
48. Topinambur: sapore delicato e dolciastro simile al carciofo. Cura
il diabete, si consuma lessato o in pinzinomio.
49. Valerianella o gallinella: detta anche radicchiella ha un sapore
delicatissimo e foglia tenera. Si lega bene a tutte le insalate.
50. Zafferano: viene usato come condimento e come colorante.
Ha sapore amarognolo e delicato, funzioni toniche e digestive,
agisce favorevolmente sul sistema nervoso. È antispasmodico.
Utilizzato nelle minestre in particolare nei risotti e nelle zuppe,
salse e nel pesce.
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Le Ricette del Prof
(a cura di Catia Fava del ristorante Fava di Casola Valsenio)
Tagliolini agli strigoli
Ingredienti:
400 g. di farina 00
4 uova
100 g. di strigoli
50 g. di burro
Preparazione:
impastare la farina con le uova, tirare una sfoglia sottile e tagliare
i tagliolini, cuocerli in abbondante acqua salata, scolarli al dente
e saltarli in padella con il burro e gli strigoli appassiti .
Stricchetti alla rucola
Ingredienti:
400 g. di farina 00
4 uova
100 g. di rucola
50 g. di burro
Preparazione:
impastare la farina con le uova, tirare una sfoglia sottile e tagliarla
a quadretti, stingerli al centro con una leggera pressione delle dita
formando delle piccole farfalle, cuocerle in abbondante acqua salata,
scolarle al dente e saltarle in padella con il burro e la rucola.
Cotoletta alla Rinaldi Ceroni
Ingredienti:
4 fettine di vitello
1 uovo
pane grattugiato
il trito di 7 erbe ideato dal Prof. (timo comune e cedrino,
salvia, rosmarino, origano, maggiorana e santoreggia)
Strutto
Sale
Preparazione:
sbattere l’uovo con il sale passarvi la carne da entrambe le parti,
passare le fettine nel pane grattugiato dove è stato aggiunto il trito
di erbe, batterle bene, friggerle nello strutto, da entrambe le parti,
asciugarle bene e servirle ben calde.
Arista al nocino
Ingredienti:
500 g. di arista
1 trito di aglio, rosmarino, salvia, timo, santoreggia
1 bicchiere di nocino
sale pepe
Preparazione:
bagnare la carne con 1/2 del nocino, condire con il trito di erbe,
salare pepare ed infornare per circa 15 minuti, girare la carne, unire
il rimanente nocino e rimettere in forno per altri 15 minuti circa;
servire le fettine di carne con il sugo ristretto di cottura
Torta di pinoli alla cedrina
Ingredienti:
per la pasta
500 g. di farina 00
1 bustina di lievito
200 g. zucchero
200 g. burro
4 uova
1 pizzico di sale
la scorza di 1/2 limone
12 foglie di cedrina tritate
100 g. di pinoli sgusciati
3 cucchiai di zucchero a velo
per la crema
5 rossi d’uovo
4 cucchiai di farina
8 cucchiai di zucchero
1 l. di latte
7 foglie di cedrina
Preparazione:
unire la farina con il lievito,lo zucchero, il burro morbido, la scorza
del limone, 1/2 dei pinoli pestati, le foglie di cedrina tritate e le uova,
impastare bene, stendere l’impasto e ricoprire uno stampo per torte
precedentemente imburrato e infarinato, far bollire per pochi minuti
il latte con le foglie intere di cedrina e fare una crema pasticcera con
la quale riempire la torta, ricoprire con l’impasto rimasto cuocere
in forno caldo a 175 gradi per circa 25 minuti togliere dal forno lasciar
raffreddare e spolverizzare con i pinoli rimasti e lo zucchero a velo
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Nocino del Prof
Ingredienti:
33 noci verdi
750g. di zucchero
1/2 l. di acqua
1 l. e 1/2 di alcool da liquori
10 chiodi di garofano
7 g. di cannella
5 g. coriandolo schiacciato
Preparazione:
il 24 giugno (giorno di S. Giovanni) si raccolgono 33 noci ancora
verdi si forano con la forchetta e si tagliano in 4 spicchi, si pongono
in un contenitore di vetro che possa contenere il doppio,si aggiunge
poi l’acqua, la cannella, i chiodi di garofano,lo zucchero, l’alcool,
la buccia del limone e il coriandolo. Si chiude il recipiente e si lascia
esposto al sole per 60 giorni, agitandolo ogni 4/5 giorni. A fine agosto
lo si filtra ed il nocino è pronto
Nociato
Ingredienti:
le noci usate per il nocino
1 l. di vino bianco secco o di vermut
Preparazione:
nello stesso contenitore dove è stato preparato il nocino, dopo aver
tolto l’alcool, ricoprire le noci con il vino o il vermut, lasciare riposare
per1 settimana filtrare, conservare in luogo fresco e servire come aperitivo
Aceto dei 4 ladri
Ingredienti:
1 l. di aceto di vino bianco
1 manciatina di fiori di gelsomino
1 manciatina ai petali di rosa profumata
1 manciatina di fiori di zagara
1 manciatina di fiori di lavanda
Preparazione:
mettere in infusione i fiori nell’aceto, lasciare riposare per tre settimane
in un posto fresco al buio, filtrare e utilizzare per condire insalate.
Liquore di lavanda
Ingredienti:
3 mazzetti di boccioli di lavanda non canforata non ancora fioriti
1 cucchiaio di semi di coriandolo schiacciati
1 l. di alcool a 95°
1 l. di acqua bidistillata
700 g. di zucchero
la scorza di un limone non trattato
Preparazione:
mettere in infusione per 3 settimane nell’alcool la lavanda con
i semi di coriandolo, la buccia del limone e lo zucchero rimescolando
di tanto in tanto fino al completo scioglimento dello zucchero;
trascorso questo periodo filtrare e unire l’acqua bidistillata sigillare
e far maturare in cantina per 3 mesi.
Biscottini al coriandolo
Ingredienti:
400g. di farina 00
200 g. di zucchero
220 g. di burro
2 uova
1 cucchiaio di semi di coriandolo tritati
la buccia grattugiata di un limone
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
Preparazione:
impastare insieme la farina con il lievito, la zucchero, il sale,
la buccia del limone, le uova, il burro ammorbidito, il coriandolo far
riposare in frigorifero per 1/2 ora, stendere la pasta con il matterello,
ritagliare delle formine. Ungere e infarinare una teglia disporvi
i biscotti e far cuocere in forno caldo a 175° per 15/20 minuti
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Una vita per le piante officinali