anno 21 | numero 40 | 7 ottoBre 2015 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone La vita a colori In un mondo ingrigito dallo straparlare psicologico di “controllo delle emozioni”, finalmente un film che prova a restituire loro il posto che meritano. Tristezza compresa. Inside Out. Al cinema con Claudio Risé EDITORIALE IL vIAggIO AmERIcANO Da colomba e serpente Francesco sfonda il partito del risentimento N el libero e forte pensiero affidato da Angelo Scola al Corriere della Sera (27 settembre), viene stroncata l’immaginetta di un papa sanculotto e patrimonio dell’Unesco. In verità, dice il cardinale, la strumentalizzazione che da destra lo vorrebbe populista eterodosso e da sinistra iscritto al partito #LovIsLove, esce battuta da uno che «parla con autorità», «ha un fortissimo senso del popolo», «un carisma straordinario di coinvolgimento». L’effetto simpatizzante o antipatizzante che fa il primo pontefice argentino, gesuita e Francesco della storia, è irrilevante rispetto al giudizio di ragione che mette al giusto posto umori e sentimenti. Lo si è visto anche nel viaggio americano. Parlando al Congresso e all’Onu da capo di Stato e incitando i cattolici a non stare sulla difensiva, Francesco fa “movimento” «in un momento in cui c’è più che mai bisogno di “mescolare le carte”» (Scola). Prova ne sia l’acutissimo discorso tenuto ai vescovi radunati per l’incontro mondiale delle famiglie. Non è che il Papa non veda «la solitudine radicale» in cui viviamo nell’epoca democratica occidentale nella quale il PARLANDO AL cONgREssO E poeta Milosz (dei tempi sovietici) ri- ALL’ONu DA cAPO DI sTATO E INcITANDO I cATTOLIcI A NON badirebbe «si è convinto l’uomo che sTARE suLLA DIfENsIvA, IL PAPA se vive è solo in grazia dei potenti». INsIsTE NEL fARE “mOvImENTO” Quindi pensi alla palestra e all’aperitivo. «Chi ama la res pubblica avrà la mano mozzata». È così, dice Francesco, «inseguendo un “mi piace”, inseguendo l’aumento del numero dei “followers” in una qualsiasi rete sociale, così le persone seguono – così seguiamo – la proposta offerta da questa società contemporanea. Una solitudine timorosa dell’impegno in una ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti». Verrebbe da dire: questo papa è pasolinianamente avvertito della “rivoluzione antropologica” dettata dal «nuovo fascismo dei consumi». Però, portando al culmine l’intuizione dello stesso Pasolini che coglie nel risentimento la pietra tombale («In questo mondo colpevole/ che solo compra e disprezza/ più colpevole sono io/ inaridito dall’amarezza»), Francesco dice – e sembra esistere come papato provvidenziale – per urgere una riscossa. Infatti, «i giovani di questo tempo sono forse diventati irrimediabilmente tutti pavidi, deboli, inconsistenti?». «Non cadiamo nella trappola». Poiché «usando infinita pazienza, e senza risentimento, verso i solchi storti in cui dobbiamo seminarli (gli affetti di Dio, ndr), anche una donna samaritana con cinque “non-mariti” si scoprirà capace di testimonianza». Chi non capisce che non si tratta di essere lecchini o succursali di Scalfari per riconoscere la verità di un punto di vista che, con semplicità di colomba e astuzia di serpente, sfonda gli schemi di destra e di sinistra del partito del risentimento? Chi non vorrebbe sentirsi dire – non per giustificare la menzogna, ma per affermare l’antica e attuale implorazione di una madre davanti al figlio in balìa del mondo (e «tutto il mondo è posto sotto il potere della menzogna» dice Cristo): «Mandaci o Zeus il miracolo di un cambiamento!» – “coraggio, Dio scrive dritto anche su di te, riga storta”? L’ASCIA NEL CUORE Se l’amicizia è un reato Battista Battaglino, 63 anni, pensionato, è il proprietario di una vigna a Castellinaldo d’Alba (Cuneo). È un piccolo pezzo di terra che gli è stato lasciato in eredità dal padre, con vigne vecchie di settanta-ottant’anni. Lui le coltiva senza usare macchinari, con la sola forza delle sue mani e, una volta l’anno, quando è il tempo della vendemmia, con l’aiuto di quattro amici raccoglie. Così ha fatto anche quest’anno, solo che, come ha raccontato la compagna alla Stampa, questa volta è andata diversamente. «Stavamo raccogliendo l’uva, ridendo e prendendoci in giro perché in quelle vigne è anche difficile stare in piedi. Ad un certo punto siamo stati letteralmente circondati da carabinieri e funzionari dell’ispettorato del lavoro. Ci hanno chiesto i documenti e hanno redatto un verbale di denuncia di lavoro nero». Totale: 19.500 euro di multa. Quasi ventimila euro per essersi fatto aiutare dagli amici a raccogliere l’uva. Non so se ci rendiamo conto. Ora è probabile che le cose si ricompongano, anche perché in zona è noto a tutti che Battista non è né un evasore né uno schiavista e che le poche bottiglie prodotte finiscono tutte sulla sua tavola. Resta l’aspetto grottesco della vicenda in cui uno Stato invadente entra fino in casa per controllare cosa fa l’oscuro cittadino e non vede cosa accade in molte parti d’Italia, alla luce del sole. Quanti altri Battista, ogni giorno, devono sopportare lo strabismo di uno Stato che non sa distinguere tra amicizia e caporalato, tra amicizia e reato? Emanuele Boffi | | 7 ottobre 2015 | 5 SOMMARIO 10 PRIMALINEA PERCHé PUTIN VA ALLA GUERRA | CASADEI NUMERO 40 anno 21 | numero 40 | 7 ottoBre 2015 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone La vita a colori In un mondo ingrigito dallo straparlare psicologico di “controllo delle emozioni”, finalmente un film che prova a restituire loro il posto che meritano. Tristezza compresa. Inside Out. Al cinema con Claudio Risé In un mondo ingrigito dallo straparlare psicologico di “controllo delle emozioni”, un film prova a restituire loro il posto che meritano. Inside Out. Al cinema con Claudio Risé LA SETTIMANA 20 INTERNI MEDICINA DIFENSIVA. LA PAROLA AGLI ESPERTI L’ascia nel cuore Emanuele Boffi ............................5 Foglietto Alfredo Mantovano.......... 9 Consequentia rerum P. G. Ghirardini ......................24 Vostro onore mi oppongo M. Tortorella .............................. 25 Mamma Oca Annalena Valenti ...............41 Sport über alles Fred Perri...........................................42 16 INTERNI LA SANITà DI MAMMA MINISTRO | AMICONE Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano ................. 43 Lettere dalla fine del mondo Aldo Trento ...................................45 Boris Godunov Renato Farina.......................... 46 RUBRICHE 26 CULTURA INSIDE OUT. AL CINEMA CON RISé Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 21 – N. 40 dall’1 al 7 ottobre 2015 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini IN COPERTINA: ©2014 Disney•Pixar 32 CHIESA ASPETTANDO IL SINODO | AGNOLI PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Reggiani spa Via Alighieri, 50 – 21010 Brezzo di Bedero (Va) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Via Confalonieri 38, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it EDITORE: Vita Nuova Società Cooperativa, Via Confalonieri 38, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Via Confalonieri 38 • 20124 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] Abbonamento annuale 60 euro. 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Pur disponendo in Parlamento di una maggioranza largamente favorevole al testo detto delle unioni civili – che in realtà introduce il matrimonio fra persone dello stesso sesso –, il Pd e il suo leader avevano idea di farlo passare senza grandi opposizioni, dentro e fuori il Parlamento; un po’ come era loro riuscito col divorzio breve, col divorzio facile e con la riforma della droga: anche iL ddL scaLfarotto, approvato qualche senatore e defaciLmente aLLa camera, giace da due putato a recitare la paranni in senato grazie a un dissenso te del bastian contrario, manifestatosi in forma diffusa e e tutti gli altri nel gruppone di “W il progresso”. inteLLigente (si pensi aLLe sentineLLe) Invece si sta riproduOttenere questi risultati, nonostancendo una dinamica simile a quella del ddl Scalfarotto: quest’ultimo, approvato te la preponderanza mediatica e la disposenza difficoltà alla Camera, giace da due nibilità di mezzi del fronte libertario e lianni in Commissione Giustizia al Senato berticida (film e fiction inclusi), significa grazie a un dissenso manifestatosi in for- che la battaglia culturale e politica per la ma diffusa e intelligente (si pensi alle cen- tutela della famiglia va oltre la mera tetinaia di veglie delle Sentinelle in piedi). stimonianza. Allo stesso modo il ddl Cirinnà, che appariva destinato a una rapida trattazione Nelle scuole e nelle aule giudiziarie già dall’inizio dell’estate 2014 – ricordate Non deve far confondere una semplice la baldanza col quale il premier Renzi lo tregua – lo ripeto, importante vista la didava per incassato nella direzione Pd di sparità delle forze in campo – con una vitgiugno dello scorso anno? – viaggia a ri- toria, se pur parziale. Deve al contrario lento: dentro il Palazzo, grazie a un grup- far utilizzare la tregua, cioè il breve tempo ristretto di senatori che continuano a po che si è riusciti a recuperare, per intendare battaglia, e che discutono uno per sificare il lavoro su più livelli: uno le migliaia di emendamenti che han1) quello della presenza nelle scuono presentato; fuori dal Palazzo, grazie a le. Dopo un iniziale sbandamento causauna crescente consapevolezza della posta to dalla sorpresa, tanti genitori e tanti doin gioco, che ha trovato il culmine nella centi sanno che dipende anche da loro manifestazione del 20 giugno, in piazza che l’ideologia del gender non entri nelS. Giovanni a Roma. le aule italiane. Si evita a bambini e adole- scenti la propaganda lgbt se ci si interessa di più di quello che accade durante le lezioni e nelle ore extracurriculari; se ci si lamenta di meno e ci si parla di più fra insegnanti, padri e madri; se ci si candida ai consigli di classe e di istituto; se si esige che nulla di tutto questo sia introdotto nella scuola senza il proprio consenso scritto. È una strada più faticosa dell’abbaiare alla luna, ma certamente più produttiva; 2) quello della presenza sui media e negli ambienti nei quali ci si forma un’opinione. Le conferenze e i convegni che in tutta Italia si moltiplicano su questi temi, insieme con le pubblicazioni che – in modo più o meno ampio e approfondito – chiariscono che cos’è l’imposizione del gender, dove nasce, quali sono i suoi obiettivi, e quali danni provoca; 3) quello della sollecitazione di chi ha peso e responsabilità nelle istituzioni a essere vigili, sì che il rappresentante eletto sappia che per una quantità crescente di italiani – come è emerso con evidenza il 20 giugno – la questione non è di poco conto; 4) quello dell’attenzione alle decisioni giurisdizionali. Contrastare il ddl Cirinnà perché da esso deriva la legittimazione dell’utero in affitto non deve far trascurare che in Italia vi è già qualche sentenza che è pervenuta allo stesso risultato. E ciò chiama in causa i non pochi bene orientati che lavorano nelle aule giudiziarie, dai quali ci si attende maggiore impegno e coraggio per approfondire le ragioni giuridiche della famiglia. La tregua va riempita di lavoro. L’ozio nelle pause della guerra non ha mai portato bene. | | 7 ottobre 2015 | 9 LO SCACCHIERE MEDIORIENTALE Invia uomini, armi, stringe alleanze, crea zone sicure. Nell’offensiva contro l’Isis gli interessi della Russia e della Siria coincidono. Mentre Putin lotta per la pace e la sopravvivenza di Damasco Obama dice «mai con Assad» e gioca allo scontro tra sciiti e sunniti | Impetum suum posse sustineri existimabant. Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, atque Romanos non solum itinerum DI RODOLFO CASADEI Il ritorno dell’Orso 10 | 7 ottobre 2015 | | Foto: AP Exchange | | 7 ottobre 2015 | 11 Lo scacchiere MeDiorieNTaLe PRIMALINEA Chi controlla il territorio in Siria (situazione al 27 settembre 2015) Governativi Qamishili Turchia Hezbollah Hasakah Jabhat al-Nusra Nubl/Zahraa Kuweires Altri ribelli Isis Aleppo Fu’ah/Kefraya Idlib 1 Latakia Isis, JN, Altri ribelli Ar Raqqah YPG, (Curdi siriani) Le aree senza colore sono desertiche o disabitate 4 2 7 Tartous 3 Hama Deir ez-Zor n Appostamenti russi Siria 5 Homs Assediato Isolato T4 (Tiyas) Base aerea Libano Sayqal Appostamenti russi noti Damasco 6 Iraq Quineitra As Suwayda 1 2 3 4 5 6 7 Porto di Latakia Aereoporto di Bassel al-Assad Base navale di Tartous Slinafah Homs Aeroporto internazionale di Damasco Ippodoromo di Hama Deraa Giordania Fonte: ISW Institute for the Study of War P russia ha deciso un’escalation della sua cooperazione e presenza militare in Siria a fianco del governo di Bashar el Assad? Che incidenza avrà l’intervento di Mosca sull’evoluzione e sull’esito finale del conflitto? Che effetto avrà sulle fortune dell’Isis e per ricaduta sul futuro di tutti coloro, stati e popoli, che si trovano nel raggio d’azione del califfato? La risposta alla prima domanda deve distinguere fra le ragioni immediate e a breve termine e quelle strategiche, di lungo periodo, molto più interessanti da mettere a fuoco. Il motivo immediato del rafforzamento della presenza militare russa, che è cominciato col trasferimento di una trentina di aerei ed elicotteri da combattimento presso l’aeroporto internazionale di Latakia e che in venti giorni di operazioni ininterrotte ha già portato sul posto blindati, carri armati e circa 2 mila uomi- 12 erché la | 7 ottobre 2015 | | ni, è la necessità di arrestare la ritirata delle forze lealiste, che da sei mesi perdono terreno, e impedire un eventuale tracollo del regime siriano. Quest’ultimo evento comporterebbe una serie di conseguenze per la Russia che Putin intende a tutti i costi evitare: la perdita delle basi militari nel paese (la base navale di Tartus, unico porto in cui possono attraccare le navi militari russe nel Mediterraneo, e il centro ascolto di Latakia); la vittoria da parte di fazioni armate come l’Isis e Jabhat al Nusra (la consociata siriana di Al Qaeda) nelle quali combattono molti estremisti islamici di passaporto russo o di paesi ex sovietici del Caucaso (ceceni, ingusceni, daghestani e tatari) i quali tornerebbero in forze e con abbondanza di mezzi militari e finanziari nelle regioni di provenienza per scatenarvi un jihad anti-russo; l’espansione dell’area di influenza di un paese della Nato come la Turchia e di un paese alleato strategico degli Stati Uniti come l’Arabia Saudita a spese del sistema di alleanze russo. Dopo l’Ucraina che ha svoltato a ovest con la deposizione del presidente Yanukovich nel febbraio 2014, la Siria sarebbe il secondo paese nel giro di un anno e mezzo che scivola dall’area di influenza russa a quella americana. Le probabilità di un collasso improvviso del regime di Bashar el Assad sono basse, quelle di una rapida contrazione del territorio sotto il suo controllo sono decisamente più alte, e quelle di una vera e propria sconfitta per l’azione a tenaglia dei ribelli islamisti guidati dai qaedisti di Jabhat al Nusra (in coordinamento con la quale combattono anche le forze del filo-occidentale Libero Esercito siriano, è il segreto di Pulcinella) e degli uomini dell’Isis, è molto probabile nell’arco di uno-due anni in base alle inerzie attuali. In un discorso del 26 luglio scorso il presidente Assad ha ammesso che la politica della presenza dell’esercito in tutti gli angoli nevralgici del territorio è ormai impossibile da mantenere a causa della “mancanza di risorse umane”, e che dunque è necessario ripiegare su un perimetro più ridotto. Dopo quella data il governo ha ripreso il controllo di una località ai confini col Libano, grazie all’intervento degli hezbollah libanesi e un’opera di mediazione da parte delle Nazioni Unite, ma ha perso altre posizioni nell’est e nel nord del paese. Questi sviluppi hanno reso sempre più probabile la creazione di una “zona cuscinetto” turco-americana nel nord, lungo il confine con la Turchia occupata da militari di Ankara e forse anche, in numero ridotto, americani, oltreché interdetta al volo dei velivoli militari siriani. Presentata come una zona di sicurezza per i civili in fuga dalle brutalità dell’Isis, l’area servirebbe in realtà soprattutto a rifornire i ribelli anti-Assad non affiliati all’Isis e a preparare un intervento militare turcoamericano-ribelle per “salvare” la Siria da DIvERsAMENtE DA WAshINgtoN, MoscA sEMbRA PRoPoRRE AI PAEsI DELLA REgIoNE DI MEttERE LA PARoLA fINE ALL’INstAbILItà E DI coNcLuDERE uNA NuovA YALtA una conquista del potere da parte dell’Isis al momento del collasso finale del regime di Assad. Putin ha anticipato la mossa, dando il via alla creazione di una speculare zona di sicurezza che deve garantire la sopravvivenza in condizioni non troppo precarie del governo di Damasco. A chi giova lo stato di tensione Le prospettive strategiche della mossa di Putin sono molto più interessanti da analizzare. La prima cosa che balza agli occhi è la ripresa dell’iniziativa strategica da parte russa, il ritorno a una politica offensiva e propositiva dopo che Mosca era stata costretta sulla difensiva e a costose politiche reattive nel contesto della crisi ucraina. Una lettura convenzionale vede nell’annessione della Crimea e nel sostegno militare ai ribelli del Donbass iniziative espansionistiche del potere russo, e nell’intervento militare in Siria un’azione dettata da interessi particolaristici, ma anche da un senso di responsabilità verso la comunità internazionale e dalla volontà di collaborare al ritorno della pace e della sicurezza in un Medio Oriente liberato dall’Isis, obiettivi che sono nell’interesse di tutti, anche dei rivali strategici di Mosca. La lettura geopolitica degli avvenimenti è esattamente opposta: in Ucraina la Russia ha reagito in maniera azzardata e senza calcolare bene le conseguenze alla perdita di profondità strategica determinata dall’improvviso passaggio dell’Ucraina dalla sfera di influenza russa a quella americana. Non è stata aggressiva, ma violentemente reattiva. In Siria la Russia sfrutta la questione Isis per riproporsi come attrice protagonista in Medio Oriente, per tornare a svolgere un ruolo negli equilibri mondiali, per attuare una politica che proietta la sua potenza sulla regione come ai tempi dell’Unione Sovietica. E lo fa approfittando della debolezza della posizione americana nella regione. Anche in questo caso, esiste una lettura convenzionale dei punti debo- li e degli errori degli Stati Uniti e una lettura geopolitica che è più profonda. La lettura convenzionale sottolinea che l’America è intervenuta in armi quando non avrebbe dovuto farlo (guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein) e non è intervenuta quando avrebbe dovuto farlo (i primi due anni dell’insurrezione in Siria); che non ha saputo assistere la transizione politica dei paesi dove la Primavera araba ha abbattuto i governi vigenti, consegnando Libia e Yemen alla guerra civile e l’Egitto di nuovo ai militari; che combatte con poca convinzione l’Isis per non rafforzare i governi sciiti filo-iraniani (Damasco e Baghdad) messi alle corde dagli uomini di al-Baghdadi; che è alleata con forze reazionarie e ambigue come l’Arabia Saudita e la Turchia; che non è capace di creare una forza ribelle moderata anti-Isis e anti-regime in Siria. Ma la lettura geopolitica è ben diversa. Gli Stati Uniti sono la potenza egemone mondiale, e il loro interesse strategico è sempre quello di evitare l’ascesa di potenze egemoni regionali. Il collasso istituzionale, l’anarchia diffusa e le fratture settarie dell’Iraq post-Saddam Hussein rappresentano un fallimento dell’azione americana se la chiave di lettura è l’idealismo neo-con che attraverso l’occupazione militare dell’Iraq intendeva ridisegnare le linee di sviluppo del Medio Oriente sulla base dei valori democratici e liberali americani come era stato fatto col Giappone e con la Germania dopo la Seconda Guerra mondiale; ma rappresentano un indubitabile successo se la chiave di lettura è la realpolitik egemonica: l’Iraq non aspirerà mai più all’egemonia nel Medio Oriente, una minaccia per gli interessi americani è definitivamente sventata. Dunque, l’interesse degli Stati Uniti in Medio Oriente è il prevalere di uno stato di tensione e di rivalità fra più attori che renda impossibile l’emergere di una potenza dominante. A causa di ciò, anche la politica di “degradazione e ultimamente distruzione” dell’Isis | | 7 ottobre 2015 | 13 pRIMALINEA Lo scacchiere MeDiorieNTaLe ELEzIoNI IN CAtALogNA Quando l’idolatria identitaria rischia di trasformarsi in una via crucis senza senso una vittoria che assomiglia tantissimo a una sconfitta. si può sintetizzare così il risultato delle elezioni regionali di catalogna che il governatore uscente artur Más ha trasformato in un referendum per l’indipendenza della regione. il voto ha consegnato la maggioranza dei seggi agli indipendentisti, ma non la maggioranza assoluta dei voti espressi (il 53 per cento degli elettori ha votato per partiti ostili alla secessione), né la possibilità di dare vita a una maggioranza di governo coerente. La lista Junts pel sí, che riuniva indipendentisti di centro e sinistra, ha conquistato 62 seggi sui 135 disponibili, e per dare vita a una maggioranza di governo pro-secessione dovrebbe imbarcare l’estrema sinistra del cup (candidatura d’Unitat Popular). La condizione che quest’ultima pone per entrare nel governo regionale è che a presiederlo non sia più Más, bensì l’ex europarlamentare Verde raul romeva, capolista di Junts pel sí. Ma questo è ancora niente rispetto alla difficoltà di negoziare un programma di governo col cup, partito dei centri sociali e delle case occupate, euroscettico e fautore di una trasformazione socialista dell’economia. senza concessioni da parte di Madrid, la roadmap di 18 mesi a partire dalle elezioni regionali ventilata da Más per portare la catalogna all’indipendenza rischia di trasformarsi in una via crucis. il debito catalano resterebbe senza garanzie e l’automatica uscita dalla Ue e dall’euro successivamente all’indipendenza costringerebbe Barcellona a creare una sua valuta in condizioni drammatiche. L’esigenza identitaria è profonda, si dice, e la maggioranza dei catalani è pronta a soffrire problemi materiali per una conquista politica che per loro ha contenuti spirituali. Questo però rischia di innescare una reazione uguale e contraria in casa spagnola: anche gli spagnoli che credono nell’unità hanno un forte senso dell’identità, e sono disposti a soffrire e a far soffrire i catalani per dare soddisfazione a questo loro bisogno intimo. in tempi di secolarizzazione, l’idolatria identitaria prende il posto della religione e impone sacrifici per la salvezza. che però non arriva. [rc] dichiarata da Obama è inevitabilmente ambigua. L’Isis è una forza rivoluzionaria che utilizza il terrore per creare un’entità politica totalitaria che aspira all’egemonia regionale e che minaccia alcuni alleati locali degli Stati Uniti; però è anche un fattore di instabilità e di divisione fra i paesi del Medio Oriente e una spina nel fianco dell’Iran e dei suoi alleati. Finché non diventa troppo forte, è obiettivamente funzionale alla politica di “divide et impera” americana. Non c’è bisogno di teorie del complotto per ammettere questa realtà. Scrive il politologo francese Henri Hude: «Gli Stati Uniti conducono una politica egemonica camuffata da politica liberale universalista. Il gioco sul “grande scacchiere” consiste nel mantenere il loro potere evitando l’emergere di un rivale globale. A questo scopo, l’islamismo è l’alleato a rovescio tanto indispensabile agli Stati Uniti quanto lo erano i turchi per il re di Francia contro l’imperatore d’Asburgo. Questo principio permette di comprendere come gli Stati Uniti mantengano una relazione ambigua con gli islamisti, che ostentano odio per il “Grande Satana”, ma nuocciono esclusivamente agli avversari americani. Il mondo musulmano, lasciato a se stesso, forse non chiederebbe altro che di modernizzarsi e svilupparsi. Ma in questo caso 14 | 7 ottobre 2015 | | gli Stati Uniti e per rilanciare il ruolo e l’influenza della Russia nella regione. La prima è che con la sua politica dell’equilibrio di potenza al ribasso l’America scontenta non soltanto i nemici, com’è normale, ma i loro stessi alleati: Arabia Saudita e Turchia in prima fila. La seconda è che gli Stati Uniti non possono evitare di combattere l’Isis, ma allo stesso tempo non possono evitare di non combatterla fino in fondo. La Russia ha individuato queste due crepe e agisce per allargarle. Diversamente da Washington, Mosca sembra proporre ai paesi della regione di mettere la parola fine all’instabilità e di concludere una nuova Yalta di cui essa stessa sarà parte ma anche garante. I colloqui del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov con l’Arabia Saudita sul futuro della Siria e la creazione di un centro di coordinamento a Baghdad per la lotta contro l’Isis che riunisce ufficiali delle forze armate russe, irachene, iraniane e siriane sono segnali chiari della direzione della politica russa. Mosca sposa la causa dell’asse sciita contro l’ampio ma poco coeso fronte dei paesi sunniti filo-americani; non però in un’ottica di scontro permanente, bensì di spartizione delle sfere d’influenza come avveniva in Europa con la Cortina di ferro ai tempi della Guerra fredda, e come Putin CoN obAMA IL gIoCo sI è fAtto spudoRAto E I tENtAtIvI dI oCCuLtARLo gRottEsChI. NoN è A CAusA dI uN CoMpLotto ChE WAshINgtoN CoMbAttE L’IsIs CoN uN bRACCIo soLo evolverebbe nel senso di paesi indipendenti che penserebbero ai loro interessi e non a fare quelli di Washington. Questi barbuti barbari, impedendo a qualunque regime serio di stabilirsi in queste regioni vitali, garantiscono la continuazione del gioco». Contro i sunniti filo-americani Sotto l’amministrazione Obama il gioco si è fatto spudorato, e i tentativi di occultarlo grotteschi. Vedi la notizia, da nessuno al mondo presa per buona, che la Casa Bianca e il Congresso degli Stati Uniti sarebbero stati ingannati da un pugno di alti ufficiali che per quasi un anno avrebbero modificato i rapporti per far credere che l’America stava vincendo la guerra contro l’Isis e nascondere la modestia dei risultati reali. Non è a causa di un complotto dei generali che Washington combatte l’Isis con un braccio solo… Ma al di là di questo, la strategia dell’instabilità permanente e dell’ambiguità nei confronti dell’Isis ha due ricadute molto problematiche da gestire per gli americani – ed è su quelle che Putin fa leva per mettere in difficoltà avrebbe voluto ripetere in una nuova forma con la creazione dell’Unione Euroasiatica, alternativa ma nello stesso tempo partner dell’Unione Europea. In secondo luogo, la Russia può permettersi di combattere l’Isis e il resto del radicalismo jihadista senza riserve mentali, perché i suoi interessi coincidono con quelli di tutti i paesi della regione, sia quelli sciiti di cui i wahabiti dell’Isis sono nemici teologici, sia quelli sunniti nei quali l’Isis vorrebbe salire al potere deponendo gli attuali governanti, come nel caso di Egitto e Arabia Saudita. Dunque sia sunniti che sciiti hanno ragione di fidarsi della Russia più che degli Stati Uniti sotto questo aspetto. In linea di principio, dunque, il ritorno della Russia in Medio Oriente potrebbe inaugurare un’epoca di maggiore stabilità e di cessazione dei conflitti, con ricadute positive per le popolazioni civili che non sarebbero più costrette a fuggire all’estero per sopravvivere. Molto però dipenderà da come gli altri attori della partita – paesi arabi, Stati Uniti ed Europa – risponderanno alla nuova situazione. n INTERNI EDUCARE È MEGLIO CHE CURARE | DI LUIGI AMICONE La sanità secondo Beatrice Al via la campagna antifumo. Perché «mettere in discussione gli stili di vita è ormai indispensabile». Alt alla medicina difensiva («ci costa 13 miliardi»). E «alle elezioni di primavera Ncd sia coerente alleato di Renzi». Parola di mamma-ministro Lorenzin Foto: Ansa D 16 | 7 ottobre 2015 | | ivani bianchissimi. E collaboratori gentilissimi. Non saprei dire se è il suo ufficio o l’anticamera della baby room. Sta di fatto che Beatrice Lorenzin, ministro della Salute e madre di Francesco e Lavinia, gemellini che la signora ha avuto a 43 anni e che compiranno 4 mesi il 7 ottobre prossimo, ci riceve in uno studio invaso dalla luce. Dove le poltrone rimbalzano l’energia elettrizzante di una giornata splendente e ventosa. Via Ripa 1, affaccio sul Tevere, quasi dirimpetto all’isola Tiberina. Esiste un posto al mondo dove un ministro della Repubblica allatta e lavora, allatta e riceve ospiti, allatta e rilascia interviste? Senza contare che di notte il ministro-mamma dorme pure poco e il tiralatte gli funziona accanitamente. Ci vuole davvero un fisico bestiale per nutrire i gemelli e saziare i giornali. Poppate anche alle quattro del pomeriggio. E qualche minuto di attesa per chiunque sia ospite al ministero. Fatto sta che si avvicina il giorno in cui lo Stato ci servirà un tesserino sanitario a punti. Funzionerà come la patente? Finiti i punti, però, non si rifarà nessun esame. Finiti i punti, si finirà dritti a incontrare ciascuno il proprio Dio. È già un po’ così in certi paesi di cultura liberista e anglosassone. Perché la sanità paga- ta dai contribuenti dovrebbe continuare a occuparsi di chi si fa del male liberamente e volentieri? Già. Fumi? Sei obeso? Fai uso di stupefacenti? Passa in coda. Ti cureremo se e quando avremo risorse pubbliche per farlo. Dove non arriva l’ordine morale arriverà il taglio dei servizi? «Spero proprio di no. Prevenire invece di prendere strade che non sono nel nostro dna. Prevenire, però, significa mettere in discussione certi stili di vita. E siccome tra le prime cause di morte in Europa c’è il fumo e le malattie a esso correlate, abbiamo concertato una serie di azioni. Corretta informazione (“Ma che sei scemo?”) che lasciamo fare con semplicità e ironia a Nino Frassica. E, secondo, divieti. Divieti ovunque. Dove ci sono bambini (compreso in automobile), ragazzi (in tutte le pertinenze scolastiche), malati (ospedali). Seguiranno norme europee molto stringenti con immagini e slogan dissuasivi stampati sui pacchetti di sigarette. D’altra parte, a causa del fumo ogni anno muoiono 700 mila persone in Europa. Vale a dire sparisce una città grande come Amburgo…». A Elio e le Storie Tese, autori del video “Alcol snaturato”, il ministro Lorenzin aveva già assegnato la campagna mirata soprattutto ai giovani. Adesso si ripete | | 7 ottobre 2015 | 17 INTERNI EDUCARE È MEGLIO CHE CURARE «Stop alla SigaRetta in auto con minoRi a BoRDo. BiSogna inSiSteRe peR eDucaRe e pReveniRe. infatti, cReScono le malattie pSichiatRiche e SeSSuali che Sono cauSa Di infeRtilità. penSate, negli oSpeDali aRRivano Ragazzi Di SeDici anni con gonoRRea, papilloma e aDDiRittuRa la SifiliDe» con Frassica ed effettivamente sembra funzionare (nei primi tre giorni di diffusione su internet, la clip antifumo ha già registrato circa 6oo mila visualizzazioni). Parola alle statistiche: in Italia i fumatori sono circa 10,3 milioni (19,5 per cento) sui 52,3 milioni di abitanti con età superiore ai 14 anni. La popolazione dei tabagisti si divide in 6,2 milioni di uomini (24,5 per cento) e 4,1 milioni di donne (14,8 per cento). Il 70 per cento dei consumatori inizia a fumare prima dei 18 anni di età e il 94 per cento prima dei 25 anni. Morti attribuibili al fumo di tabacco in Italia? Dalle 70 mila alle 83 mila l’anno. 18 | 7 ottobre 2015 | | beve, fuma, è in sovrappeso, hai statisticamente anche un incremento di malattie cardiovascolari, oncologiche, ictus, cronicizzazione di pazienti. Perché devo pagare con le mie tasse un comportamento negativo e costoso per la collettività? Questo ragionamento iperindividualista non ci appartiene. Ma se non c’è prevenzione e le risorse diminuiscono, prima o poi arriveranno comunque forme di sanzione collettiva del comportamento individuale. Dunque, prevenire ed educare è indispensabile. Prevenire ed educare a stili di vita sani. Non fumare. Non eccedere con l’alcol. Non avere comportamenti sessuali a rischio. Ma anche insegnare a lavare le mani ai bambini. Insomma, l’abc dell’igiene elementare». Le risulta, come sostiene qualcuno, che tra dieci anni le malattie prevalenti non saranno più le cardiovascolari e oncologiche, ma quelle psichiatriche e a trasmissione sessuale? «Non mi risulta. Però, è vero che si registra un significativo aumento delle patologie sessua- li e psichiatriche. Una delle prime cause di infertilità deriva da malattie sessuali contratte in età giovanile. E oggi arrivano nei pronto soccorso italiani ragazzini di sedici anni con la gonorrea, il papilloma virus e addirittura la sifilide. E certamente sono in aumento le patologie psichiatriche soprattutto a livello infantile». Il ministro assicura che in futuro non ci saranno più tagli lineari. «Potenzieremo la medicina territoriale e riconvertiremo gli ospedali troppo piccoli. Dopo 25 miliardi di tagli, non c’è più niente da tagliare. C’è invece la possibilità di recuperare risorse grazie a una maggiore efficienza – le centrali uniche di acquisto – e a una nuova organizzazione – la medicina territoriale». Considerato che l’unico comparto dello Stato che ad oggi ha fatto sul serio la famosa spending review è la sanità, dove pensa di trovare altri soldi? «Ad esempio, come ho detto, sanzionando la spesa per la medicina difensiva che ci costa 13 miliardi l’anno. Nessuno vuole impedire di fare le analisi di cui si ha bisogno. Bisogna evitare di farne quando non servono. E poi c’è il patto della sanità digitale: fare emergere e incrociare i dati per capire non solo quanto spendo, ma come spendo. Vedi il caso delle centrali uniche d’acquisto. Il benchmark fra i prezzi consente di non disperdere risorse in tanti rivoli d’acquisto». Foto: Ansa Contro la medicina difensiva Non è finita. Adesso il ministro dice stop anche alla cosiddetta “medicina difensiva”. Quella del profluvio di tac e analisi concesse pur di non avere noie o querele dai pazienti. Ma non è che il medico che non prescriverà una tac fuori da un’urgenza oncologica rischierà una multa? «Le sanzioni amministrative scatteranno solo dopo un eccesso reiterato di prescrizioni inappropriate e solo dopo un contraddittorio con il medico che dovrà giustificare scientificamente le sue scelte. Se non lo farà, solo allora scatterà la sanzione». La lista dei 208 esami a rischio spreco esclude tagli insensati. «Non è che sono stati tagliati la risonanza magnetica o la tac. Si vuole soltanto che le persone siano indirizzate a fare le diagnosi che servono e non quelle che non servono». Insomma, siamo o no anche in Italia sulla strada di Gordon Brown che qualche anno fa voleva per Londra una «costituzione con diritti e responsabilità» in base alla quale i pazienti, per ricevere le cure a carico dello Stato, dovrebbero partecipare alla prevenzione delle malattie? «A noi italiani fa un po’ orrore, e credo giustamente, la prevenzione per imposizione “perché altrimenti non ti curo”. Però ti educo. Quando tu hai una popolazione che Rosso di bilancio e costi standard Intanto, mentre apprendiamo che solo nella sanità il gasolio per il riscaldamento e la lavanderia costano circa 5 miliardi, da settimana scorsa in Campania risultano cessate le erogazioni non a pagamento di servizi sanitari fondamentali. «È una situazione purtroppo ricorrente nelle regioni in cui è in corso un piano di rientro. Queste solitamente chiudevano le erogazioni a settembre-ottobre e poi andavano a debito fino a dicembre. Adesso con i costi standard, i sistemi di flessibilità e associando criteri di efficienza, quasi tutte le regioni sono in equilibrio di bilancio. Però rimane il problema di come garantire i livelli essenziali di assistenza. Perché non possiamo permettere che i cittadini non abbiano accesso a cure fondamentali». A dire il vero rimane il problema del “rosso di bilancio”, certificato dalla Corte dei Conti e documentato dalle anticipazioni del ministero dell’Economia e finanza (articolo 2 dl 35/2013) alle regioni come la Campania per pagamenti dei debiti sanitari (e non sanitari) ai loro fornitori. «Sì, ma forse fatta eccezione per il Lazio, tutte le regioni commissariate stanno rispettando i piani di rientro e hanno raggiunto l’equilibrio di bilancio». Però la Lombardia è in pareggio dal 2001. Non so se mi spiego. «D’accordo. Ma c’è anche una spiegazione. Rispetto alle altre regioni benchmark la Lombardia è quella che nell’ultimo decennio ha sviluppato in maniera più aggressiva sia la ricerca scientifica sia l’innovazione tecnologica. La sanità lombarda non è solo erogazione di prestazioni, è anche grande ricerca legata alla straordinaria platea di Ircss e all’alta concentrazione di produzione scientifica». Ha avuto modo di farsi un’idea della recente riforma della sanità lombarda? Sembra che, per esempio in tema di “medicina territoriale”, ancora una volta la Lombardia indichi una strada interessante a livello nazionale. «Direi che è una buona legge a cui abbiamo lavorato insieme e a cui credo noi abbiamo contribuito con un lavoro di cesello. D’altra parte io stessa ho presentato una legge di riforma della ricerca biomedica che introduce meccanismi di tipo anglosassone e mi ha molto aiutato anche Mario Melazzini, assessore lombardo e capo della commissione ricerca del ministero. La sanità rappresenta il 12 per cento del nostro Pil e siamo il secondo hub europeo, dietro la Germania, sia nel settore farmaceutico, sia nel medical device. Potremmo tranquillamente diventare i primi, superando i tedeschi». Sui costi standard siamo però ancora alla prima parte della legge Calderoli, alla individuazione delle tre regioni campione e redistribuzione dei fondi sulla base della media di spesa. «La sanità è praticamente l’unico comparto che ha prodotto risparmi enormi. Alla fine del processo, il patto per la sanità digitale permetterà un risparmio di altri sette miliardi. Ma lo sa che non sappiamo quanti sono gli autistici o i diabetici in Italia? Non lo sappiamo, perché non abbiamo una database nazionale. Quanto ai costi standard, li abbiamo applicati nell’ambito più sensibile, quello della vita e della salute delle persone. Dovrebbe essere applicato a tutta la pubblica amministrazione». A cominciare dalla scuola. Renzi e la politica del fare Quanto alla politica, mi pare che lei sia l’unico esponente di Ncd che abbia detto chiaro e tondo che alle prossime elezioni amministrative Ncd deve presentare liste insieme al Pd. «La chiarezza non mi fa difetto, ma c’è una precisazione necessaria: insieme al Pd se si fa a livello locale quello che sta facendo Renzi nel governo nazionale. Cioè una politica delle cose, politica del fare. Vedi Jobs act, bonus bebè, diminuzione delle tasse. Insomma, le cose che servono. Con questo stesso spirito si deve andare alle elezioni per i sindaci. È un problema di coerenza. Secondo: noi stiamo vivendo una fase post ideologica. Piaccia o non piaccia, è così. Perciò, bisogna mettere al centro della propria azione cose concrete ma anche valori molto forti. Valori forti e concretezza nell’azione amministrativa. Questo è il governo Renzi. La gente ha bisogno come il pane di concretezza. C’è un disagio enorme nelle città italiane. Basta con gli amministratori che pensano di fare i premier. Se Renzi riproduce il modello a livello locale, perché no, facciamo liste con il Pd di Renzi». n | | 7 ottobre 2015 | 19 INTERNI LE NOVITÀ IN SANITÀ | DI BENEDETTA FRIGERIO Risparmiare senza toccare l’efficienza base il problema della medicina difensiva, che è più di tipo culturale e giuridico che amministrativo», spiega Stefano Carugo, cardiologo e consigliere regionale di Ncd in Regione Lombardia. D a quando l’elenco delle prestazioni sanitarie soggette a «indicazioni di appropriatezza prescrittiva» si è allungato da 180 a 208, i camici bianchi minacciano scioperi temendo uno svilimento ulteriore della propria professione. La lista, contenuta nella bozza del decreto del ministero della Salute e che attende solo il parere del Consiglio Superiore di Sanità, mira a ridurre le prestazioni sanitarie in eccesso per abbattere gli sprechi. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha spiegato che dando una forte stretta alla cosiddetta “medicina difensiva”, si potrebbero risparmiare fino a 13 miliardi di euro. Il diffondersi della cultura del “diritto alla salute” ha generato un cortocircuito: i medici, per evitare possibili denunce da parte dei pazienti, hanno moltiplicano le prescrizioni diagnostiche e, in alcuni casi, sono arrivati a non prendersi in carico pazienti troppo problematici. Gli ultimi dati snocciolati dal ministero nel marzo scorso attestano che il 77,9 per cento dei medici ha agito in maniera difensiva almeno una volta nell’ultimo mese (il 93,3 per cento è di età compresa fra i 32-42 anni). Il 58 per cento di loro ha deciso di chiedere un consulto ad altri colleghi, 20 | 7 ottobre 2015 | | sebbene non fosse necessario. Il 51,5 ha prescritto farmaci nonostante li ritenesse inutili e il 24,4 ha invece fornito trattamenti non necessari. A escludere alcuni pazienti da determinate cure sono stati il 26,2 per cento dei medici intervistati, mentre il 14 per cento ha evitato procedure rischiose su pazienti che ne avrebbero potuto trarre giovamento. Il paradosso, quindi, è che il “diritto alla salute”, sostituito a quello di “essere curati”, ha danneggiato gli stessi pazienti, producendo l’abbandono terapeutico e moltiplicando i costi farmaceutici e diagnostici. Mario Melazzini, assessore alle Attività produttive di Regione Lombardia e capo della commissione ricerca del ministero della Salute, spiega a Tempi che «gli esami “inutili” costano al nostro paese circa 13 miliardi l’anno: sono oltre 480 milioni le visite, 64 milioni in tutto gli esami diagnostici, con oltre la metà dei medici che ammette di prescriverne troppi». Ma può essere un elenco di 208 prestazioni soggette a «indicazioni di appropriatezza prescrittiva» a risolvere il problema? «Certamente no. Inoltre, tagli così pensati colpiscono l’efficienza del sistema e vanno a discapito dei più deboli, dei più poveri, senza per altro risolvere alla Foto: Ansa I tagli del governo rischiano di «precludere l’accesso alle prestazioni sanitarie. Una strategia che va a discapito dei più deboli. Per abbattere gli sprechi adottiamo i “costi standard”». La voce dei medici Un metodo controproducente Ma andiamo con ordine. Raffele Latocca, direttore dell’unità operativa di medicina del lavoro presso l’ospedale San Gerardo di Monza, riassume i contenuti del decreto precisando che si tratta di «un elenco di prestazioni soggette a restrizione che possono essere attivate solo in presenza di condizioni di erogabilità oggettive e di appropriatezza prescrittiva. Ad esempio, alcune prestazioni odontoiatriche sono erogabili solo a soggetti di età compresa fra gli 0 e i 14 anni o a soggetti in condizioni di vulnerabilità sanitaria e/o sociale. Alcuni esami radiologici – Tomografia assiale computerizza (Tac) e Risonanza magnetica (Rm) della colonna cervicale-dorsale-lombare – potranno essere erogati solo a determinate condizioni, come in patologie oncologiche accertate o sospette, in complicanze post-chirurgiche e post-traumatiche, in patologie del rachide – come le lombalgie – resistenti alla terapia e della durata di almeno quattro settimane. Anche alcuni esami di laboratorio, come il colesterolo ematico, potranno essere erogati pagando esclusivamente il ticket e solo come screening per le persone con età superiore ai 40 anni o con familiarità per dislipidemia o con alto rischio cardiovascolare». Il pericolo di una tale normativa, secondo Federico Perno, direttore primario di virologia molecolare al Policlinico di Tor Vergata a Roma, «non sta tanto nell’obiettivo, ma nel metodo che può rivelarsi controproducente: porre delle condizioni per la prescrizione di analisi ed esami sulla base di princìpi teorici astratti rischia di non garantire l’accessibilità alle prestazioni sanitarie anche laddove siano necessarie». È dello stesso parere Carugo, che ricorda le conseguenze sui cittadini meno abbienti: «Nel decreto si legge, ad esempio, che l’esame per il controllo del colesterolo è prescrivibile tramite la mutua solo ogni due anni, anche | | 7 ottobre 2015 | 21 INTERNI LE NOVITÀ IN SANITÀ se sono molti i casi in cui sono necessari accertamenti più frequenti. In tale eventualità il medico ha comunque il dovere di informare il paziente, che potrà curarsi privatamente solo se il suo reddito glielo permetterà». Melazzini ricorda però che «la mancanza di risorse e gli sprechi esistenti sono due dati di fatto». Anche Latocca sottolinea che «il nostro sistema sanitario non regge più i costi, perché tende a garantire tutto a tutti e soprattutto nel passato non è stato fatto un controllo di qualità e appropriatezza sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche erogate. Siamo probabilmente l’ultimo paese occidentale insieme all’Inghilterra ad avere un sistema a “copertura universalistica”, mentre in paesi come Francia, Spagna, Germania e negli Stati Uniti la copertura delle prestazioni ambulatoriali specialistiche è garantita da assicurazioni sociali e/o private attivate e pagate dai singoli individui. E in un periodo di povertà di risorse economiche come quello presente, se non si vuole passare a un sistema a copertura assicurativa, bisogna necessariamente fare uno sforzo di ottimizzazione evitando gli sprechi». Il modello lombardo Una soluzione possibile per ridurre le prestazioni di “medicina difensiva”, secondo Perno, è quella di elaborare «algoritmi diagnostici per ogni patologia, in modo che i criteri di prescrizione siano più precisi» e permettere al medico, «in caso sia necessario, di prescrivere ulteriori esami giustificandoli». Melazzini ricorda poi che Regione Lombardia è stata in grado di ridurre gli sprechi senza colpire l’efficienza del sistema «favorendo lo sviluppo di reti di patologia, ovvero di percorsi diagnostico-terapeutici consolidati, che permettono la messa in rete degli specialisti e il trasferimento di conoscenza e innovazione». Un lavoro, continua l’assessore, «che nel tempo ha dato grandi risulta22 | 7 ottobre 2015 | | ti: pensiamo soltanto, per citare un dato, che in Lombardia si è generata nel tempo una stabilizzazione e una progressiva riduzione del tasso di ospedalizzazione, sceso dal valore di 177 per 1.000 residenti del 1997, al valore di 127 del 2010: un decremento di quasi il 30 per cento». Più in generale, Latocca è convinto che sia «un errore ridurre lo spreco facendo un taglio trasversale della spesa sanitaria delle singole Regioni. In questo modo il governo mette in ginocchio soprattutto sistemi di qualità ed efficienza come quelli di Lombardia, Emilia Romagna e Toscana. Andando avanti così rischiamo di appiattire le eccellenze, gli ambiti di qualità nelle cure ospedaliere e sul territorio». Anche per questo il gover- la prova a carico del medico. Ciò significa che lo specialista deve pagare per dimostrare la sua innocenza, sebbene i dati attestino che il 90 per cento dei casi si concludono con l’assoluzione del medico. Al paziente, invece, il procedimento penale non costa nulla. Motivo per cui interi studi legali si sono specializzati nella difesa gratuita dei pazienti, obbligati a pagare solo in caso di vittoria. Tutto ciò ha eroso la fiducia alla base del rapporto medico-paziente, favorendo scenari come quelli già descritti nel 1980 dai due americani, teorici del diritto, Samuel Warren e Louis Brandeis (quest’ultimo giudice della Corte Suprema), per cui «gradualmente lo scopo dell’espandersi dei diritti legali è SE UN MEDICO VIENE DENUNCIATO DEVE SPENDERE TEMPO E DENARO PER DIMOSTRARSI INNOCENTE. QUESTO È UNO DEI MOTIVI DELLA PRESCRIZIONE DI TANTI ESAMI CLINICI natore del Veneto, Luca Zaia, ha criticato il decreto, spiegando che la soluzione stava nell’introduzione dei “costi standard”, «che avrebbero risolto la questione alla base, lasciando alle Regioni incapaci l’onere di applicare nuove tasse per coprire gli eccessi di spesa». È dello stesso parere Carugo, perché «è solo ricavando un costo unico dalla media dei prezzi pagati per le singole prestazioni in ogni Regione, che si ottiene un risparmio maggiore, costringendo ciascun sistema a pagare i propri sprechi e quindi a migliorarsi». Il rapporto col paziente Ma ancor prima che amministrativa la via per ridurre costi e sprechi consiste nella rimozione delle cause della medicina difensiva che, come ricordava Carugo, sono di natura giuridica e culturale. La cultura della “salute come diritto” ha prodotto e si alimenta di una normativa che prevede, in caso di denuncia, l’onere del- diventato il diritto a essere lasciati soli». Per interrompere questo circolo vizioso, continua Perno, «è necessario che l’onere della prova sia a carico del paziente». Dal punto di vista culturale, prosegue Latocca, serve che i medici «tornino a investire più tempo con i malati in termini di educazione alla salute, evitando l’eccesso di prescrizioni inutili». Mentre «i pazienti devono utilizzare il sistema sanitario in modo corretto, evitando di “medicalizzare” tutti i loro disturbi o problemi, essendo più prudenti nell’effettuare contenziosi con i medici, spesso attivati senza motivi oggettivi di “malpractice”». Altrimenti saranno loro a rimetterci, «sopratutto se poveri – spiega Carugo – o anziani. Di fronte ai tagli e alla riduzione delle prestazioni diagnostiche, i medici saranno costretti a farsi delle domande: a chi devo dare la precedenza? Al paziente più giovane o a quello più anziano? Al più forte o al più debole?». n VOSTRO ONORE MI OPPONGO CONSEQUENTIA RERUM RAgIONIERI E pREMIER ACCUSE GRAVISSIME DALLA PROCURA DI CALTANISSETTA La nostra aspettativa di vita trionfale e la «triste morte» che ci attende A Palermo mancava solo l’associazione a delinquere di stampo antimafioso | L | 7 ottobre 2015 | DI MAURIZIO TORTORELLA dI pIER gIACOMO ghIRARdINI e jeune homme et la mort è un classico della danza moderna. Un crogiuolo di genio artistico: libretto del romanziere e drammaturgo Jean Cocteau, coreografia (probabilmente la migliore) dell’allora ventiduenne Roland Petit, sulla musica (scusate se è poco) della Passacaglia in do minore di Bach (Bwv 582), orchestrata da Ottorino Respighi (l’arte dell’orchestrazione fatta persona, che ha eternato Roma in un’estatica luce impressionistica, bimbi saltellanti al ma-quante-belle-figlie, traffico di birocci e antiche pietre lisciate e sinuose come fianchi di donna sotto i pini dell’Appia). Già alla seconda o alla terza variazione della Passacaglia di Bach, che l’ascoltiate nella compostezza, comunque posseduta e incalzante, dell’originale per organo o nella definitiva epifania orchestrale di Respighi, si capisce quello che, prima o poi, ci tocca di capire. Guardo l’espressione, sempre un po’ grave, di Johann Sebastian, per ottenere smentita, ma der Kantor ci conferma: no, ragazzi, prima o poi dobbiamo morire… E la partitura che tiene immancabilmente in mano sembra la lista con il nostro nome sopra. Passacaglia: letteralmente il passare la calle, il girovagare. Nel “mimodrame” di Cocteau, il giovane uomo, creativo, artista, balla la sua di passacaglia, struggendosi nell’attesa dell’amata, ma quando essa arriverà, bella e fatale, avvinghiandosi a lui in una danza macabra e sensuale, braccia e gambe come vorticanti lancette di orologio impazzito, rivelerà che il tempo dell’attesa ha consumato ormai tutto il tempo: lei è la morte. Se vi capita, andatevi a rivedere l’interpretazione di Zizi Jeanmaire e Rudolf Nureyev o quella di Mikhail Baryshnikov nel film White Nights. Orbene, secondo la più recente tavola di mortalità italiana elaborata SUL CORSERA dall’Istat (riferita al 2013), la speranza di vita di un quarantenne italiano è MIChELE SALvATI, pari a poco meno di 41 anni (40,914 anni per la precisione): in media, che pRESAgENdO LA si tratti di un ragioniere o del presidente del Consiglio, costui ha davanti al«vITTORIA fINALE» trettanta vita di quella che ha vissuto. Naturalmente la tavola non incorpodELLA RIfORMA dEL ra i lenti progressi della sopravvivenza. E poi, ça va sans dire, si tratta di una SENATO, S’è MESSO A media. C’è chi nasce con la camicia e chi no. Giorni fa, sul Corriere della Sera, Michele Salvati, presagendo (facile vapARAgONARE RENzI ticinatore) la «vittoria finale» della riforma del Senato, ha iniziato a tributaA dE gASpERI. re all’attuale inquilino di Palazzo Chigi onori che non furono concessi né a IN QUESTO CLIMA Pompeo Magno né a Cesare, avanzando il paragone con Alcide De Gasperi – dI hUMILITAS, non se la prenda monsignor Galantino! In questo clima di humilitas, figurandomi incatenato al carro del vincipENSO AL COMUNE tore come un prigioniero ligure apuano, penso al comune destino della stirdESTINO dELLA pe degli uomini «che la triste morte attende», come scrive Tolkein, e che doSTIRpE dEgLI UOMINI vrebbe temperarne il giudizio, le parole e le azioni. 24 | | È autunno, e piove disperatamente sull’Ufficio misure di prevenzione antimafia di Palermo, il delicatissimo organismo cui spetta nominare gli amministratori giudiziari che devono gestire beni, patrimoni, società sequestrate a soggetti indagati o in qualche modo sospettati di contiguità con la criminalità organizzata. La Procura di Caltanissetta, competente sui reati attribuiti ai magistrati palerire i loro vitalizi» e criticato apertamente mitani, indaga su quello che, dalle cronache fin qui uscite, pare uno dei peggiori l’operato del Tribunale di Palermo. verminai nella storia della Repubblica. Si legge di magistrati indagati; di incarichi La risposta era stata brutale: la presiaffidati sempre agli stessi professionisti; di stipendi e parcelle ultramilionarie che dente della Commissione antimafia, Rogli amministratori delegati dal Tribunale attribuiscono a se stessi o a consulenti sy Bindi, aveva convocato il prefetto in vicini; di aziende gestite malissimo; di favoritismi e intrecci d’ogni genere. Ovviaun’audizione trasformatasi quasi in promente, si sospettano tangenti. cesso, sottolineando il rischio che Caruso Un vero disastro, insomma: di malagiustizia, d’immagine, e anche economico. avesse potuto «delegittimare i magistrati Perché i beni sequestrati alle organizzazioni criminali messi tutti insieme valgono e l’antimafia stessa». La stessa Associazio30 miliardi di euro, chi dice addirittura 40. Potrebbero e dovrebbero produrre ricne nazionale magistrachezza, da restituire agli enti locali o alti aveva isolato il prefetla giustizia stessa, notoriamente afflitta I bENI SEqUESTRATI AI CLAN CRIMINALI to con un comunicato da penuria: si tratta di ipermercati, cliniVALGONO TUTTI INSIEME 30 MILIARDI che oggi grida vendetta: che, ristoranti, residence, distributori di DI EURO, FORSE 40. POTREbbERO PRODURRE «I magistrati della seziobenzina, villaggi turistici, fabbriche, fatne misure di prevenziotorie, allevamenti… Al contrario, le indaRICChEZZA DA RESTITUIRE AGLI ENTI ne e i loro collaboratori gini raccontano tutt’altro. Si intravvedoLOCALI O ALLA GIUSTIZIA STESSA. operano in difficili conno solo abusi, soprusi, ruberie. MA LE INDAGINI SULL’UFFICIO PREPOSTO dizioni, conseguendo riDICONO IL CONTRARIO: SI IPOTIZZANO Il “premonitore” messo alla sbarra sultati di assoluto rilievo SOLO AbUSI, RUbERIE, CORRUZIONE (…). Chiunque ricopre inI magistrati di Caltanissetta a metà setcarichi istituzionali (cioè tembre hanno iscritto nel registro degli indagati tre colleghi palermitani e in zionale beni confiscati di Reggio Cala- Caruso, ndr), ha il dovere di denunciare particolare il presidente dell’Ufficio mibria, il prefetto Giuseppe Caruso, già eventuali illeciti alla competente autorisure di prevenzione, Silvana Saguto, in segnalava alla Commissione parlamenta- tà giudiziaria e dovrebbe astenersi dal riquell’incarico dal 1994. I reati ipotizzare antimafia che «i beni confiscati sono lasciare dichiarazioni pubbliche non supti sono gravi: corruzione, induzione inserviti, in via quasi esclusiva, ad assicura- portate da elementi di riscontro». Nel giugno 2014, anche per quelle padebita a dare o promettere utilità, abure gli stipendi e gli emolumenti agli amso d’ufficio. Saguto non si è dimessa, ha ministratori giudiziari, perché allo Stato radossali polemiche, Caruso aveva lasciachiesto di essere trasferita ad altro uffcio è arrivato poco o niente». Più di recen- to la guida dell’Agenzia. Oggi dice: «Adesdello stesso Tribunale, e ora si occupa di te, nel marzo 2014, Caruso aveva critica- so c’è qualcuno che si dovrà difendere penale. to «gli amministratori giudiziari intocca- e qualcun altro che si dovrà dimettere». Il 18 gennaio 2012, quasi quattro anbili», professionisti che «hanno ritenuto Per ora non lo ha fatto nessuno. ni fa, l’allora direttore dell’Agenzia nadi disporre dei beni confiscati per costruTwitter @mautortorella | | 7 ottobre 2015 | 25 CULTURA DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA InsIde Out una ragazzina e la sua nuova vita Nei cinema italiani da metà settembre, Inside Out è il nuovo lungometraggio di animazione della Disney Pixar. Il film, diretto e sceneggiato da Pete Docter (nome caro a moltissime famiglie di tutto il mondo per aver firmato capolavori come Up e Monsters & Co.), racconta la storia di Riley, una ragazzina del Midwest statunitense costretta a rinunciare alla vita a cui si è affezionata per trasferirsi a San Francisco, dove il padre ha un nuovo lavoro. Riley cerca di adattarsi a questo grande cambiamento, ma le emozioni dentro di lei sono in agitazione: mentre Gioia cerca di affrontare la nuova casa, la nuova scuola, la nuova città e la nuova vita guardando solo il lato positivo di tutto, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto non sono d’accordo… Che soddisfazione, in un mondo che ha ucciso le emozioni con la mania del “controllo”, guardare la Rabbia che prende a pugni un tavolo, la Gioia impazzita, il Disgusto schifato davanti al broccolo. E soprattutto il contagio della Tristezza. Abbiamo mandato Risé al cinema a vedere Inside Out | 26 DI CLAUDIO RISÉ | 7 ottobre 2015 | | Foto: ©2014 Disney•Pixar. All Rights Reserved. La rivincita dei colori LAVA uku e Lele, l’amore che dura millenni In molte sale la proiezione di Inside Out è preceduta da Lava, cortometraggio musicale prodotto nel 2014 sempre dalla Pixar, che narra la singolare “storia d’amore” millenaria tra due vulcani, il vecchio Uku e la giovane Lele. I due si incontreranno sulle note di una canzone C hissà perché il mio amico Luigi Amicone mi ha chiesto se avevo per caso voglia di venire a vedere questo Inside Out. Certo che ho voglia! Mi serviva solo una scusa decente per scaraventarmi fuori casa dopo una giornata difficile. A renderla tale non era la condivisione del dolore degli altri, sempre un grandissimo dono, ma la fatica a sbrogliare il gusto dell’intorcinamento mentale, l’idolatria dei concetti astratti (povere approssimazioni, le chiamava Jung), la devozione agli slogan di massa di moda in quel momento. Quindi benvenuto Inside Out. Ed eccomi al “Colosseo”, il vecchio cinema sotto casa dove mi bevevo da ragazzino le visioni del vecchio Walt Disney, le sue primavere con la natura che si risveglia dopo la neve, i coniglietti con le noci, e tutto il resto. Dopo di lui di cartoni animati non ho più voluto vedere niente, ho smesso circa mezzo secolo fa, quando hanno cominciato a metterci uomini e donne vere o quasi, con giacca e cravatta, gonne. Non ho retto la fine dell’Incanto. Vorrei dunque sognare, un po’. Qui, in fondo a paeasaggi molto disneyani, cielo boschi verdissimi e il mare sotto, ecco in mezzo alle acque il Vulcano (scusate, quasi nessuno ne ha detto niente, non fa notizia, ma non per me). Un vecchio vulcano rugosissimo e bonario, dall’aria sognante, che inaspettatamente si mette a cantare: «La cosa che sogno di più/ è che accanto a me/ ci sia anche tu». Perché la vita è andata via senza nemmeno una vulcanina, e lui, prima di sprofondare negli abissi, proprio quella vorrebbe. Capite? In piena fabbrica dei divorzi, singleness, gender e quant’altro, il decrepito vulcano vuole la vulcanina! Che però pare proprio non ci sia. Il vecchio canta tra le rughe, ma non succede niente. O così pare. Invece, in fondo al mare… c’è lei, la Vulcanina (davvero carina, anche se per ora parecchio sommersa). Che ha ascoltato tutto e dopo… Non sto a tediarvi. Ma il vecchio in poltrona, cioè io, è già conquistato. Niente scemenze cervellotiche, c’è quel che conta. L’amore, la | | 7 ottobre 2015 | 27 CULTURA DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA | DI MARTINO CERVO Il magistero dei mentecatti Uno spettacolare, indispensabile viaggio per immagini dentro l’ospedale psichiatrico di Limbiate. Dove la carne diventa catechismo morte, il maschile, il femminile, il bosco, il cielo, il mare. Cinismo zero, sentimenti a mille. La vita presente eccome. E in tempi di provette e brevetti di esseri umani, va già molto bene. Sono a posto. Non è la solita roba americana Arriva Inside Out. Tutti vi hanno già raccontato quanto sia forte l’undicenne Riley, positiva la sua mamma, simpatico il suo svagato papà. Il quale è un vero eroe in confronto al papà medio di qualsiasi produzione americana. Anche se a un certo punto una delle emozioni che cercano di nutrire la vita di Riley guardandolo esploderà: «Oddio, ha di nuovo quell’espressione ebete». Ma è proprio la parte del bravo padre, quella di andare più piano delle emozioni. Effettivamente, però, è vero che i protagonisti del film sono soprattutto loro, le emozioni, che dalla loro consolle/ quartier generale cercano (non mi sembra neppure con gran successo), di “controllare” la vita di Riley. Che, come gran parte delle undicenni davvero forti, fa moltissimo per conto suo. Dunque, le emozioni: Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto, Rabbia. Può sembrare la solita roba americana di consumo, zero sentimento, niente pensiero, comandano le emozioni. E quando un’undici-dodicenne ha fame si fa di McDonald’s e siamo fritti come le sue discutibili patatine. Non direi che siamo da quelle parti. Anch’io a suo tempo (anni ’90 e oltre) mi sono profondamente annoiato per lo straparlare psicologico di “intelligenza emotiva”, finalizzata a “controllare le emozioni” e “sviluppare competenze” (naturalmente sempre emotive), a fine di aumenti di stipendio. Ero anche preoccupato, perché pensavo: se si continua a vederle così, per controllarle e “sviluppare competenze”, va a finire che le emozioni si ammalano, poverette. Infatti. Secondo me – e secondo la maggior parte dei colleghi che con me lavorano – il guaio oggi non è lo 28 | 7 ottobre 2015 | | strapotere delle emozioni, ma il fatto che non ci siano quasi più. Nessuno che prenda a pugni un tavolo come fa Rabbia (rosso, basso e inquartato, grande casinista), o che sia gioiosamente pazzoide come Gioia, radicalmente pessimista come Paura (che a un certo punto esclama: «Ottimo, oggi non siamo morti»), schifato come Disgusto davanti al broccolo, esausto e contagiosamente melanconico come Tristezza (che quando tocca un bel ricordo, lo rompe). Tutti neutri, beneducati, che non si capisce cosa pensino. Un vero guaio, anche per la psiche. Che senza emozioni si spegne. Onore alla Selva Per Riley infatti (e nel film lo si vede benissimo) il guaio è quando rischiano di spegnersi le emozioni. Quando lei, per opportunismo, convenienza, condiscendenza (anche verso papà e mamma), non dice la verità. Cerca di stare al gioco di Gioia e di “pensare positivo” perché è così che si fa, ma poi si sente morire. Solo quando Gioia capisce che non ha più cartucce e deve lasciar fare alla disfattista Tristezza la sua parte (decisiva nell’adolescenza), le cose vanno a posto. Ed è toccante, e molto psicologico (nel senso forte di un sapere con aspetti anche molto deboli), che tutto accada attraverso fatti, eventi, immagini, niente ragionamenti. In compenso molte battute fulminanti più di noti trattati, tipo: «Le emozioni non possono squagliarsela»; oppure: «Il subconscio… dove portano tutti i piantagrane»; o anche: «Addio amicizia, benvenuta solitudine», che naturalmente è un impietoso commento di Tristezza. Il finale, poi, è quello dei miei libri più cari. Non si può mollare il Mondo Selvatico, dove parlano gli istinti e la creazione (qui il Minnesota), per la Civilizzazione di maniera (qui San Francisco, che in realtà è bellissima, tra oceano e boschi di sequoie, ma fa niente). Si onori la selva e anche le emozioni funzioneranno senza fare troppo casino. Ciao Luigi! n Per acquistare Anime prigioniere è possibile rivolgersi direttamente agli sportelli della redazione de il Cittadino, che ha realizzato il volume in collaborazione con l’Asl di Monza e Brianza. La sede del giornale è a Monza in via Longhi, 3. Indirizzo e-mail: [email protected]. È necessario indicare la causale «acquisto n. copie libro corberi anime prigioniere» e allegare copia della ricevuta di versamento. Il prezzo di ogni copia è 25 euro, la spedizione costa 6 euro. Questi i riferimenti bancari: Banca di Credito Cooperativo, Iban IT 98 V 0844032730000000296265 Che senso AVreBBero QuesTe VITe fuorI dA QuI? eCCo, denTro Lo sCAndALo deL CorBerI s’InnesTA un ALTro MIsTero, QueLLo dAnTesCo deLL’AMore Sabato 3 ottobre alle ore 17 sarà presentato nell’ambito della 35esima edizione di Expo Brianza, a Bovisio Masciago, Anime prigioniere. Volti e storie del Corberi. Il libro, un viaggio dentro lo storico “presidio di riabilitazione” di Limbiate dedicato alle persone affette da disturbi psichiatrici, contiene 150 fotografie di Sergio Caminata (una selezione delle quali è riprodotta in queste pagine) e testi di Matteo Rigamon- ti. Pubblichiamo di seguito la prefazione di Martino Cervo, direttore del Cittadino di Monza e Brianza, editore del volume. A Corberi si dovrebbe attaccare un cartello. Lo stesso che Dante aveva messo alle porte dell’Inferno: «Giustizia mosse il mio alto fattore/ fecemi la divina podestate,/ la somma sapïenza e ’l primo amore». Nel gli ospiti del più nero degli abissi senza tempo, all’ingresso del frutto più maturo del male, il Poeta incastrava un crescendo di bellezza: potestà divina, somma sapienza, primo amore. A Limbiate, nascosta nel verde placido di una Brianza tra le meno vicine al suo stereotipo laborioso e produttivo, questa fetta di inferno apparente è bellissima. Non che manchi il dolore: ogni finestra, ogni muro, ogni faccia, piange della fati| | 7 ottobre 2015 | 29 CULTURA DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA QueSTA GenTe vA GuARdATA peR un SempLICe mOTIvO: è uTILe. LA dOmAndA SuL SenSO deLLA LORO vITA è unA dOmAndA SuLLA nOSTRA IL FOTOGRAFO Sergio Caminata Reporter, regista e fotografo di fama mondiale, Caminata ha realizzato campagne per case di moda del calibro di Armani, Valentino e Fendi. Fertile anche la sua passione per l’Africa, dalla quale sono nati due libri (oltre a copertine di romanzi di tre premi Nobel). Per realizzare le foto di Anime prigioniere ha “vissuto” al Corberi per diversi giorni ca di vite – migliaia nei decenni, 118 oggi – che senza particolari cattiverie si potrebbero tranquillamente espungere dal novero delle esistenze “vere e proprie”. Perché la prima cosa da fare è levarsi il finto pudore: al Corberi c’è gente che non parlerà mai, non camminerà mai, non capirà mai, non mangerà mai. Ci sono ex modelle inchiodate da 20 anni a un letto che ne ha distrutto ogni possibilità di bellezza; ci sono persone che guardano senza vedere; signore che viaggiano appese a una specie di sacchettone blu, dove vivono accoccolate come un bimbo nella sporta bianca serrata nel becco dalla cicogna dei fumetti; tizi simili agli egizi delle pergamene, con le braccia innaturalmente tese da una 30 | 7 ottobre 2015 | | parte e le gambe e il profilo dall’altra, senza più neanche l’intenzione della postura che fa dell’uomo un uomo. Quelle domande radicali Via il pudore, dunque: che senso avrebbero queste esistenze fuori da qui? Che senso avrebbero vite sottratte anni fa alla cura delle famiglie d’origine? Sarebbero capaci, adesso, di vivere oltre il Corberi? Ecco, dentro questo scandalo si innesta un altro mistero, quello dantesco dell’amore. Giorgio Gaber la metteva giù così, con l’insistenza cattiva della verità che è l’unica ad andare al fondo delle cose:«Ma in ospedale, dove la perdita è totale/ dove lo schifo che devi superare/ è quello di aiutare un uomo a vomitare,/ dove non c’è più nessuna inibizione/ dal vomito al sudore alla defecazione,/ allora salti il piano, se lo sai saltare,/ ed entri in un altro reparto dell’amore» (Gildo, 1982). Il Corberi pianta nell’anima un bivio: o si salta il piano, oppure si ha il coraggio di dire che le vite dei suoi pazienti, i milioni del contribuente spesi per custodirle, il lavoro di chi timbra il cartellino ogni mattina lì dentro, sono senza senso. Il bivio è in realtà già incastonato nello squallore della nostra sopravvivenza quotidiana, solo che a Limbiate è più difficile fingere che non sia così. Però aiuta a percorrerlo il riconoscere che il salto è umanamente possibile, e che qui l’inferno si tramuta in qualcosa d’altro: il reparto dell’amore c’è, ed è fatto del mistero della cura, della pazienza, dell’incredibile stupore nel sorriso di un paralitico che il genio di Sergio Caminata ha messo in immagini meglio di quanto le parole storpie che leggete possano fare. Questi pazienti sono da guardare per un motivo semplice: è utile. La domanda sul senso della loro vita, dal più allegro dei vecchietti senza denti al più tremendo degli allettati, coi guanti per non graffiarsi, legato al letto, con due tubi infilati nel corpo per buttarci dentro aria e cibo, è una domanda sulla nostra, come ha spiegato il cardinale Scola nell’omelia pronunciata a fianco dei padiglioni. Li vedi lì, e un istante dopo hai l’incombenza ineluttabile di chiederti: ed io, che sono? Chi mi vuole bene? A chi ne voglio? Perché vivo? Cos’ho, cos’ho davvero, più di loro, dentro la stoffa che costituisce il mio essere? E cos’hanno loro meno di me? La sacra corporeità Chi si mettesse a dare risposte definitive sarebbe quasi violento quanto chi negasse le domande a priori. C’è però un fatto: se esiste, nella storia, un avvenimento dopo il quale la corporeità umana, dall’esplo- sione della sua bellezza fino al ribrezzo del suo sfarsi, può essere abbracciata dalla tenerezza anche iconica e fotografica, questo avvenimento è il cristianesimo. Non c’è cultura al mondo dove la carne, poiché abitata da Dio, si sia resa catechismo, cattedra, spettacolo. In fondo sta qui l’origine del rigetto di ogni iconoclastia. Dal primo incurvarsi del ventre di una futura madre all’ultimo refolo in petto a un vecchio che muore, c’è un punto nella vicenda umana a partire dal quale la vita ha preso a rendersi sacra, sempre e per sempre. Il Corberi è uno degli infiniti modi in cui questa esperienza, questa possibilità di concepire l’esistenza, ha preso forma, si è fatta lavoro, opera, cultura: ecco perché i suoi “mentecatti” (non suoni offensivo, è il termine letterale più corretto: persone cui è stata tolta la mente) sono da guardare. Questo posto è, con chi lo abita, una lezione; e queste pagine un piccolo tentativo di invito all’ascolto. n | | 7 ottobre 2015 | 31 CHIESA | ASPETTANDO IL SINODO DI FRANCESCO AGNOLI Sposati e sii sottomessa. Alla ragione Francesco ha aperto una strada ai casi di “nullità”. Ok alla pastorale. Ma nessun dubbio sul sacramento. Così, dall’Africa al Vietnam, la Chiesa viva è pronta a sfidare il pensiero debole del “divorzio cattolico” L a convinzione che molti matrimoni oggi celebrati in chiesa siano nulli, accomuna Marcel Lefebvre (che oltre 40 anni fa metteva in guardia da ciò, e invocava un processo rotale più veloce), a Benedetto XVI e papa Francesco. Su come rendere possibile l’identificazione, spesso non facile, della nullità, attraverso la modifica del processo matrimoniale, forse i tre non si sarebbero trovati d’accordo. Ma perché tanti casi di nullità? Perché il matrimonio in chiesa è un contratto tra due persone, gli sposi, che sono anche i ministri del sacramento. Affinché il contratto sia valido non occorre certo la santità degli sposi e neppure, di per sé, la fede cattolica, ma il pieno consenso dei due contraenti riguardo ai “sì” che andranno a pronunciare. Occorre cioè la volontà originaria di vivere un’unione fedele, indissolubile e aperta alla vita. Tra i vari capi di nullità previsti dal codice di diritto canonico infatti vi sono la simulazione totale («si nega la coniugalità del proprio consenso, da cui non si vuole far derivare alcun obbligo, bensì solo qualche vantaggio estrinseco, per esempio di natura sociale o patrimoniale») e la «simulazione 32 | 7 ottobre 2015 | | parziale, in cui il soggetto vuole il matrimonio, ma lo priva positivamente di un suo elemento o proprietà essenziale», ad esempio escludendo a priori il bonum prolis, cioè la prole, e l’unità e indissolubilità del matrimonio. Questo significa che per la Chiesa, unità, indissolubilità e apertura ai figli sono le condizioni naturali, che ogni uomo, cristiano o meno, può riconoscere previamente come costituenti una nascente unione vera e buona. Dove sta allora il problema? Che ciò che per la Chiesa è di diritto naturale, oggi, per il pensiero comune, è talvolta innaturale, illogico, assurdo. Quanti tra coloro che si sposano in chiesa, per fare un favore alla mamma, alla sposa, allo sposo, oppure persino perché si ritengono cattolici, escludono a priori l’apertura ai figli, e considerano l’indissolubilità assurda e impraticabile? Ricordava alcuni anni fa Benedetto XVI che l’«accentuato soggettivismo e relativismo etico e religioso» della cultura contemporanea ritiene che «legame che duri per tutta la vita (…) non corrisponda alla natura dell’uomo e sia piuttosto in contrasto con la sua libertà e autorealizzazione». Analogamente, nel 2013, il cardinal Müller affermava: «La mentalità contemporanea si pone piuttosto in contrasto con la comprensione cristiana del matrimonio, specialmente rispetto alla sua indissolubilità e all’apertura alla vita. Poiché molti cristiani sono influenzati da tale contesto culturale, i matrimoni sono probabilmente più spesso invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato». Cerchiamo di esemplificare: un matrimonio in cui lo sposo fosse intenzionato a non avere figli e imponesse alla moglie, in vario modo, la rinuncia a essi, sarebbe per la Chiesa del tutto nullo; così come un matrimonio in cui si scoprisse che la moglie, mentre si sposava, aveva un amante: impossibile ipotizzare che credesse nell’unicità del matrimonio chi, mentre pronunciava i suoi sì, viveva in modo del tutto opposto alle sue dichiarazioni. Se siamo rigorosi nel seguire questo ragionamento, due cattolici che si sposano in chiesa credendo che il divorzio sia un’opzione praticabile, giurano il falso e celebrano un matrimonio nullo. Il che succede, forse non di rado. Rifiutare di dare il sacramento? Se tutto questo è vero, per la Chiesa non basta riconoscere in linea generale che i matrimoni nulli sono effettivamente molti; occorre capire come poterlo dimostrare, nei singoli casi. Qui si apre appunto il dibattito su quale sia il giusto processo matrimoniale. Ma, dopo il Motu proprio del Papa, qualunque cosa uno possa pensare, una strada si è intrapresa. Il Sinodo sulla famiglia dovrà partire da qui: i matrimoni nulli oggi sono molti; riconoscerlo nei singoli casi, previa onesta indagine, non è tanto un problema di misericordia, ma di giustizia. Risolvere i problemi dei matrimoni già contratti, però, per quanto doveroso, non è sufficiente: intasare i tribunali, perché la nullità è diffusa, rischia di creare l’idea di un “divorzio cattolico” e ampliare ancora maggiormente il fenomeno. È qui, appunto, che il Sinodo può dire qualcosa di interessante: proprio la nullità di molti matrimoni passati deve spingere a tornare anzitutto a spiegare ai cattoli| | 7 ottobre 2015 | 33 SCHIESA ASPETTANDO IL SINODO .IT Scola: «Il matrimonio è “per sempre”, non si fonda sulla sabbia della volontà» ci cosa è davvero il matrimonio. Occorre cioè che la Chiesa faccia una pastorale dei fidanzati seria, attenta, premurosa. Cosa sia il matrimonio, lo ha già detto Cristo, e lo ha ribadito la Chiesa per duemila anni. Come annunciarlo ai giovani, come aiutarli a comprenderlo, a prepararlo, a viverlo è compito, appunto, della Chiesa, della sua dimensione educativa e pastorale. Non tanto a parole, quanto con i fatti. Ad esempio, al fine di evitare il ricorso ai tribunali come qualcosa di ordinario, e per tutelare la sacralità del matrimonio, sarebbe opportuno rifiutare, come spiegavano i vecchi manuali di teologia morale, il sacramento quando non vi sia negli sposi una motivazione, per quanto umanamente rilevabile, vera. Non ha infatti alcun senso continuare a sposare in chiesa chi al matrimonio non crede. Accanto a una seria pastorale per i fidanzati – questa è l’opinione di chi scrive – la Chiesa dovrebbe poi impegnarsi ad aiutare maggiormente le coppie in difficoltà: ad esempio istituendo punti di ascolto in ogni parrocchia, visto che spesso, per Intervistato dal Corriere della Sera, l’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, a proposito del recente provvedimento sulla nullità matrimoniale e la questione della riammissione alla comunione dei divorziati risposati, a una precisa domanda, ha affermato: «Resta una differenza qualitativa tra i due problemi. Un conto è snellire la verifica di nullità, cosa che il Santo Padre ha già fatto con il Motu proprio, un conto è riammettere alla comunione sacramentale i divorziati risposati, perché la verifica della nullità non ha mai un esito scontato. Se si appura che il matrimonio c’era, c’è. Il rapporto tra Cristo e la Chiesa, entro il quale i due sposi esprimono davanti alla comunità cristiana il loro consenso, non è un modello esteriore da imitare. È il fondamento del matrimonio che nasce. Io, sposo, non potrei mai fondare il “per sempre”, l’indissolubilità, sulle sabbie mobili della mia volontà. E come posso fidarmi in maniera definitiva che mia moglie mi sarà fedele sempre? Cosa succede nel consenso reciproco espresso all’interno dell’atto eucaristico? Che io voglio il dovere del “per sempre” e decido non sulla base della mia fragile volontà, ma radicandomi nel rapporto nuziale tra Cristo e la Chiesa. È questo che, attraverso il sacramento, fonda il matrimonio». E sulle unioni omosessuali, Scola spiega: «Ho già detto che nel riconoscimento pieno della dignità personale di quanti provano attrazione per lo stesso sesso anche noi cristiani siamo stati un po’ lenti. Ma la famiglia è qualcosa di unico, con una fisionomia molto specifica, legata al rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo e una donna. Non reputo conveniente una legislazione che, nei princìpi o anche solo nei fatti, possa produrre confusione a questo livello. Tra l’altro non sono molto convinto che lo Stato debba occuparsi direttamente di queste cose e sono anche un po’ seccato di fronte a questo Parlamento europeo, perché non ha il diritto di premere sui singoli Stati in favore di una normativa in campo etico». Per questo, conclude l’arcivescovo, i cattolici dovrebbero far sentire di più la propria voce «attraverso la testimonianza, anche pubblica, del bell’amore. Bisogna distinguere bene la questione delle unioni omosessuali dalla famiglia, essendo però estremamente attenti al percorso che le persone con questa attrazione compiono». SArEbbE opportuno rIfIutArE IL SACrAmEnto quAndo non vI SIA nEgLI SpoSI unA motIvAzIonE vErA. non HA SEnSo SpoSArE In CHIESA CHI non CrEdE AL mAtrImonIo salvare un legame coniugale (e i figli che vi sono coinvolti), bastano un po’ di ascolto e di sostegno. Rimane una domanda: quale pastorale per i divorziati risposati? Riconosciuti con serietà i casi di nullità, proprio per rispetto al Vangelo, alla ragione, alla coerenza, tale pastorale non può divenire semplicemente un altro modo per annullare de facto matrimoni non nulli, rendendo quindi la nullità universale, e stravolgendo così, senza dirlo, la dottrina. La pastorale dei divorziati risposati deve essere dunque il modo di accompagnare e stare vicini alle persone che, pur in quella situazione, vogliono ugualmente partecipare in qualche modo alla vita della Chiesa, magari anche per i loro figli. Senza dire che il bianco è nero e il nero è bianco, in nome di una malintesa misericordia di cui gli stessi interessati potrebbero, 34 | 7 ottobre 2015 | | se coscienziosi, scandalizzarsi. Anche perché una “pastorale” di questo tipo annullerebbe in un sol colpo sia la necessità dei processi per annullamento (a cosa servono, se risposarsi è di per sé lecito?), sia la necessità di impegnarsi con i fidanzati e con le coppie in difficoltà (perché farlo, se ogni scelta è di per sé buona?). La strada dell’impegno La strada del disimpegno pastorale, indicata da alcuni (pochi) padri sinodali, è molto meno affascinante di quella dell’impegno, di cui sono portatori credibili tanti pastori che hanno a cuore la famiglia, in particolare quelli che vengono dalle periferie. Monsignor Paul Bui Van Doc, arcivescovo di Hô Chi Minh, durante il sinodo sulla famiglia del 2014 ha ricordato che in Vietnam si praticano 1.600.000 aborti all’anno, dei quali 300 mila da parte di giovani fra i quindici e i diciannove anni: solo la ricostruzione di famiglie cristiane può rendere meno disumana una simile civiltà. Dal canto suo, il cardinal Robert Sarah – esponente di spicco dell’episcopato africano, chiamato da papa Benedetto XVI a occuparsi dei poveri e a dirigere il Pontificio Consiglio Cor Unum, e da papa Francesco a guidare la ancor più prestigiosa Congregazione per il Culto divino –, nel suo bellissimo Dio o niente (Cantagalli) ricorda come gli attacchi alla famiglia siano oggi fortissimi, sia attraverso la diffusione dell’ideologia gender sia attraverso ricatti da parte di alcuni grandi poteri ai danni dei paesi in via di sviluppo. Ma è nella famiglia come la vuole Dio, ricorda Sarah, che l’Africa può trovare la forza per un vero progresso, attraverso il superamento di mali atavici come la poligamia, l’abbandono dei figli, una certa concezione della donna. Perché è anzitutto nella famiglia cristiana che si possono sperimentare e imparare l’amore fedele di Dio e la carità verso il prossimo. n sanità Capofila dell’Ati che si è aggiudicata la concessione per i lavori, Manutencoop Facility Management ha ultimato la prima fase dell’intervento di ampliamento e ristrutturazione dell’Ao San Gerardo di Monza. In queste pagine, interni ed esterni del nuovo avancorpo IL NUOVO OspedaLe saN GeRaRdO dI MONZa spazio al nuovo welfare. l’impresa che genera valore per tutti È tutto pronto. I collaudi sono stati ultimati e il nuovo avancorpo che costituisce la prima e più importante fase dei lavori di ristrutturazione e ampliamento dell’azienda ospedaliera San Gerardo di Monza attende ora solo di aprire al pubblico. Avviata a settembre 2013 da Infrastrutture lombarde, che ha affidato la concessione al raggruppamento di imprese Synchron guidato da Manutencoop Facility Management, in meno di due anni la nuovissima palazzina di sette piani è sorta innanzi all’avancorpo esistente – a sua volta ristrutturato senza interferire con le attività di cura e il lavoro dei medici, mantenendo cioè in efficienza attività ospedaliere e funzioni sanitarie del quarto ospedale pubblico, per dimensioni, della Lombardia le cui attività di assistenza si integrano con le attività di formazione e di ricerca della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Milano Bicocca – per dividere e trasferire gli utenti negli spazi riorganizzati dell’ospedale: i degenti nel moil progetto racconta una sfida ambiziosa: competere noblocco, le visite ambulatoriali, le prenotazioni e il ritiro recon i più alti standard di qualità ed efficienza senza ferti invece nell’avancorpo: in distruggere l’esistente. rinnovarsi per rappresentare corrispondenza dell’ingresso è uno dei migliori biglietti da visita della lombardia infatti posizionato il Cup (Centro unico prenotazioni) e le sue 25 postazioni. Cinque piani in superficie dunque, 28 ambulatori ti standard di qualità ed efficienza senza distruggere l’esistente. per piano e quattro sale operatorie da ambulatorio e due interra- Anzi. I progetti dei lavori di costruzione e ristrutturazione (del ti per impianti, auditorium e aule, presto potranno accogliere i valore di circa 174 milioni di euro) che dureranno fino alla fine pazienti e le loro famiglie nei grandi corridoi, costellati di nego- del 2019, raccontano una sfida ambiziosa: conseguire tali obiettivi senza tuttavia venir meno alle ragioni che portarono negli zi e da un ristorante posto al piano rialzato. La grande impresa di Manutencoop, principale operatore ita- anni Sessanta alla realizzazione di un ospedale che sapesse accoliano del settore dell’Integrated Facility Management (ovvero gliere e proseguire una tradizione di cura iniziata fin dalla fine l’erogazione e la gestione di servizi integrati, alla clientela pub- dell’anno Mille. Quando cioè San Gerardo dei Tintori (1134-1207) blica e privata, rivolti agli immobili, al territorio e a supporto stipulò una convenzione con la Chiesa e il Comune sancendo la dell’attività sanitaria) e delle imprese di Synchron (oltre a Manu- nascita di una struttura assistenziale “laica” sulla riva sinistra tencoop, Eureca Consorzio Stabile, CIR Food, Servizi Italia, Pri- del Lambro, vicino al ponte di san Gerardino. Da allora il San Gema Vera e CEIF) per allineare la struttura ospedaliera ai rilevan- rardo non ha mai smesso di ripensarsi e rinnovarsi per competi cambiamenti organizzativi assistenziali e tecnologici che negli tere e rappresentare uno dei migliori biglietti da visita della saultimi anni hanno profondamente modificato il modo non solo nità lombarda. In una Regione che costa ai suoi cittadini meno di tutte le aldi curare, ma anche di prendersi cura dei pazienti, non può che raccontarsi così, attraverso i numeri e le immagini del nuovo che tre, ma che sa offrire migliori servizi e maggiori opportunità, la sorge per valorizzare un patrimonio e competere con i più eleva- sanità lombarda è infatti un modello capace di generare valore 36 | a cura di etd per tutti. Qui dove i conti sono in ordine e i cittadini di tutta Italia scelgono di farsi curare, sono venuti a prestare la propria opera intellettuale e professionale cervelli scientifici tra i migliori al mondo. Qui, dove si sconta da sempre un sottodimensionamento del finanziamento pro capite rispetto alla media nazionale, è stato possibile garantire un rapporto costi/benefici tra i più bassi al mondo. E qui, a 18 anni dalla buona legge 31, si è accettata la sfida di pensare a una legge ancora migliore, al passo con i tempi e con i profondi cambiamenti dei bisogni della persona e la differente strutturazione sociale della famiglia. Non una rivoluzione dunque, ma una evoluzione di un sistema sociosanitario già eccellente. All’interno del quale il “nuovo” San Gerardo promette di ritagliarsi un posto al sole. Un luogo di “best practices” Forte della spinta propulsiva alla riqualificazione ed implementazione delle reti ospedaliere vissuta negli ultimi 15 anni in Regione Lombardia, che bene ha preparato il terreno ad ogni riforma, il progetto proposto ha il merito di anticipare alcuni grandi temi dell’organizzazione ospedaliera, oggi attuali ed indicati nei consessi accademici, programmatori come “best practices” cui far riferimento. In primo luogo la localizzazione urbana e l’accessibilità, poi l’articolazione per volumi differenziati per livelli di assistenza: l’avancorpo esistente, appunto, destinato | 37 sanità l’intervento punta ad elevare tutti Gli standard strutturali, impiantistici e di comfort alberGhiero dell’intera struttura. venGono rinforzati i pilastri dell’edificio, sostituite le facciate, rinnovati i layout interni, ampliate le camere di deGenza alle funzioni “out-patients” (i pazienti esterni), il monoblocco destinato alle funzioni di ricovero “in-patients”, i retro-corpi destinati alle funzioni di diagnosi e cura e alla gestione dell’emergenza-urgenza. Nel dettaglio, l’avancorpo destinato alla differenziazione dei flussi è dotato di spazi dedicati alla Diagnostica per immagini, di un centro prelievi, di un’area ambulatoriale destinata alla gestione dei pre-ricoveri, di ambulatori generali, specialistici e chirurgici, e, come già accennato, del Cup, configurato come un grande spazio collettivo, una piazza di attesa. Parallelamente ai lavori della prima fase sono proceduti anche quelli nell’edificio denominato Tenaglia, collocato a nord del monoblocco e composto da 2 piani interrati e 3 piani fuori terra: si tratta per lo più di opere di riqualificazione architettonica ed impiantistica del primo piano per ospitare il reparto di angiografia/emodinamica. Guardando le montagne Il “nuovo” complesso ospedaliero punta infatti sulla suddivisione in diversi edifici, dotati di autonomia organizzativa e gestionale, ma ben collegati fra loro, ciascuno destinato ad accogliere, senza interferenze, le diverse attività assistenziali. Tre collegamenti partono dalla piazza principale dell’avancorpo verso i corpi scala e di distribuzione del monoblocco, i cui lavori di ristrutturazione sono stati divisi in tre fasi: partiti lo scorso maggio, cesseranno a 38 | a cura di etd ottobre 2016 per poi riprendere a gennaio (consegna a febbraio 2018) e ancora a giugno 2018, fino alla fine dell’intervento complessivo che è prevista per giugno 2019. La ristrutturazione, va da sé, punta ad elevare in modo significativo gli standard strutturali, impiantistici e di comfort alberghiero dell’intera struttura, con importanti ricadute positive sulla salute e sul benessere dei pazienti e degli operatori sanitari. I pilastri dell’edificio vengono rinforzati, le facciate sostituite, i layout interni rinnovati. Le camere di degenza sono ampliate così come i locali a vista, i soggiorni e le attese sono illuminati. E tutti gli elementi delle facciate vengono sostituiti integralmente in modo da conseguire un radicale miglioramento delle prestazioni di isolamento termico ed acustico, accrescere il comfort della degenza e contenere i consumi energetici portando l’edificio alla Classe Energetica “A”. Non manca al progetto la cura e l’attenzione alla valorizzazione degli aspetti estetici e cromatici: la riqualificazione punta infatti a restituire un linguaggio compositivo architettonico e paesaggistico unitario ai vari elementi edilizi del complesso. Le facciate continue sono quindi proposte in tre diverse gradazioni di colore e tonalità per rappresentare lo sky line delle montagne lariane poste all’orizzonte nord della città. L’impresa di continuare a dare storia a una struttura di valore, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche dell’accoglienza e della centralità della persona, si racconta anche così. STILI DI VITA Pizze davvero stratosferiche Taxi Teheran, di Jafar Panahi IN BOCCA ALL’ESPERTO di Tommaso Farina P in cui tanti ristoranti chiudono, capita di registrare messaggi di crescita, attività, coraggio. Ricordate Marco Locatelli e Giulia Battafarano? Li abbiamo conosciuti parlando del Paradiso della Pizza a Vimercate, in Brianza. Pizze stupende, impasti calibrati al millesimo, risultato splendido. Eppure, queste magnifiche credenziali si scontravano con l’handicap di un contesto ambientale non affascinante. Marco e Giulia, dunque, mesi fa hanno deciso: mantenendo il Paradiso come forno da pizza d’asporto, hanno creato un ristorante “vero”: il Rise Live Bistrot. Una saletta piccola, con un alto soppalco, senza comunque un’esagerazione di coperti: sullo sfondo, i forni, stavolta elettrici ma assai ben padroneggiati. Qui troverete anzitutto una lista dei vini non grande ma per nulla banale, e soprattutto una scelta di birre di qualità, ben difficili da rinvenire nelle normali pizzerie. Quella che vi raccontiamo è la proposta del menù serale, a pranzo non ci siamo mai stati. Si può partire con alcune tapas, ad esempio un giro di farinata ligure in tre varianti: normale, col pesto (quello di Rossi, stratosferico) e con crema di caprino brianzolo. Poi le pizze. Ci sono quelle “a spicchi” e quelle “intere”, ma la diversità è che quelle a spicchi sono alchimie di sapori che conviene non alterare con variazioni. Ad esempio, ne abbiamo una che si chiama “Zucca croccante”: zucca, pancetta, fiordilatte pugliese, crema di caprino. Tutto di produttori selezionati. Una goduria. Tra le “intere”, citiamo la “Strano abbinamento”: fiordilatte, pomodoro corbarino, salame calabro, pesto e olive taggiasche. Comunque, è presente anche la classica margherita, senza problemi. I dolci sono singolarmente golosi: la torta cioccovaniglia, per dire, oppure l’impasto della pizza servito con crema di cioccolato e nocciole. Servizio sportivo, ben gestito dall’amico Mattia e da altri giovani. Le pizze hanno un prezzo tra i 7 e i 15 euro, le tapas tra i 5 e gli 8, i taglieri di salumi e formaggi tra gli 8 e i 15. erfino in questi anni di crisi, AMICI MIEI LIBRI/1 Quattro assassini “Visti da dentro” Un vecchio contadino fratricida, uno straniero che ha ucciso per gelosia, un agente segreto e un camorrista. Sono loro i protagonisti delle quattro storie che Paolo Bellotti ha raccontato nel libro Visti da dentro (Itaca, 155 pagine, 13 euro). L’autore, educatore penitenziario, le ha raccolte dentro le mura del car| 7 ottobre 2015 | La libertà per un regista con le palle Un regista si improvvisa tassista e incontra umanità di vario genere. Ci sono certi film che vanno difesi a spada tratta. E non solo perché sono fat- ti con intelligenza (lungi da noi prendere le difese dei lavoretti amatoriali ricchi di buone intenzioni e di sciatteria), ma perché sono fatti da gente con gli attributi. Panahi è uno con le palle ed è uno che ama la libertà più della propria vita. Sembra retorica, diventa pura commozione seguendo la vicenda del film. Lui, il più gran- de regista iraniano a cui il regime da anni impedisce di lavorare, si inventa un modo di girare un film senza farsi vedere. Prende un taxi, lo fa diventare un vero e proprio set, piazza un iPhone spacciandolo per navigatore e ospita in macchina una quantità di persone, alcuni attori navigati, altri veri clienti. Ne viene fuori un racconto neorealista in cui, sottilmente ma con forza, si denunciano i barbuti barbari al potere e si racconta, con ironia, il bene e il bello se non di un paese normale almeno di un abitacolo libero e felice. visti da Simone Fortunato Auguri, figlia coraggiosa Il regista Jafar Panahi | cere di Alessandria. In coda al libro Bellotti ha voluto riportare questo proverbio indiano che un po’ spiega il senso di questi racconti: «Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle sue scarpe». Prima di giudicare un uomo, anche il peggior assassino, occorre conoscerlo bene e mettersi pure nei suoi panni per capire quello che è successo. Così, Visti da dentro, con gli occhi di chi scrive, i carcerati sono restituiti alla loro dignità di persone e costringono tutti, oltre ogni facile giustizialismo, a riflettere sul dramma della libertà e della condizione umana, davanti HOME VIDEO Il segreto del suo volto, di Christian Petzold Melodramma intenso Scampata dai campi di sterminio nazisti, un donna ebrea torna a Berlino per ritrovare suo marito. all’eterna e quotidiana scelta tra bene e male. Sono «racconti di grande efficacia narrativa», scrive il critico letterario Elio Gioanola nella prefazione. «Tutto è vivo e palpitante, di una verità scorticante. Un esemplare quadro di umanità che trova modo di esprimere le più profonde e dolenti note umane». TRADIZIoNI e CULTURA Il Festival d’Autunno Dalla Calabria arrivano solo un certo tipo di notizie. Eppure da 13 anni una bella e brava catanzarese, Antonietta Santacroce, organizza un festival che non ha nulla da invidiare ad altre manifestazioni. Il Festival d’Autunno quest’anno sarà un omaggio alle tradizioni e alla cultura del Sud Italia. La scelta è caduta su artisti che sono apprezzati in tutto il mondo. Il Festival ha vissuto una originale “apertura” con Antonio Castrignanò, re della Notte della Taranta di Melpignano, che il 26 settembre in piazza Prefettura ha radunato il popolo della taranta in un clima di esaltazione e gioia. Altri suoni e atmosfere sono previsti il 24 ottobre, al Teatro Politeama di Catanzaro con Franco Battiato. L’eclettico mu- sicista siciliano, conosciuto per le sperimentazioni e i manierismi musicali ma anche per le raffinate scritture pop, proporrà le più belle pagine del suo songbook. La sezione “L’anima del Sud” si concluderà il 7 novembre con un doppio concerto-evento per gli appassionati del rock meridionale, in particolar modo di quel sound napoletano che negli anni Settanta è stato un laboratorio stilistico. James Senese & Napoli Centrale e gli Osanna si esibiranno sul palco del Teatro Politeama in quello che può essere considerato un concerto unico nel suo genere. Due set diversi per le MAMMA OCA di Annalena Valenti M emo. Far Fare alla Figlia ultima prova dell’abito da sposa, comprensiva di salire e scendere una scala, data l’abitudine della stessa a indossare solo jeans e All Star: fatto. Pagare il suddetto abito da sposa: fatto. Costringere il padre della sposa a non usare il “bellissimo vestito” degli anni Ottanta: fatto. Far pregare tutti gli invitati per un tempo clemente, diciamo sole e 4 gradi in più, dato che la serie di femmine della famiglia della sposa si sente più valorizzata da abiti estivi e gambe nude, «piccolo gesto miracoloso» che eviterebbe polmoniti o, peggio, paurose crisi adolescenziali per l’aggiunta di giacche e soprabiti, che sarebbero «da vecchie come te»: fatto. Preparare di nascosto calze e stole: fatto. Scegliere per figlia e quasi genero, come incoraggiamento «a far parte del sogno di Dio», una delle frasi pronunciate dal Papa all’incontro mondiale delle famiglie: fatto. Decidere per: «Noi cristiani ammiriamo la bellezza e ogni momento familiare come il luogo dove, in modo graduale, impariamo il significato e il valore delle relazioni umane. Impariamo che amare qualcuno non è soltanto un sentimento potente, è una decisione, un giudizio, una promessa. Impariamo a spenderci per qualcuno e che ne vale la pena»: fatto. Auguri a Lucilla, Antonio e a tutti i giovani che hanno il coraggio di costruire la loro famiglia, «uno dei misteri più belli del cristianesimo». mammaoca.com Melodramma dolorosissimo interpretato dall’ottima Nina Hoss che recita con il volto sfregiato. È un’ebrea, massacrata dai nazisti eppure ancora viva, nonostante le ferite sul volto. Torna, in una Berlino distrutta, dal marito che forse l’ha tradita e cerca, disperatamente, di farsi riconoscere. Film intenso sulla memoria e sulle ferite che non si rimarginano mai. Per informazioni Rise Live Bistrot www.riselivebistrot.it Via Daniele Manin, 2 Vimercate (MB) Tel. 0399191881 Chiuso domenica a pranzo 40 CONVOLARE A NOZZE CINEMA RISe LIVe BISTRoT, VIMeRCATe (MB) due band che hanno saputo dare un’immagine nuova alla musica italiana nel momento in cui il beat stava scomparendo e il rock assumeva grande importanza tra i giovani. Jazz-rock e prog sono i generi musicali che caratterizzano il sound di una Napoli che ha dato una nuova identità all’Italia musicale. Incontri che si concluderanno con una produzione originale del Festival: C’era una volta. Le fiabe calabresi di Letterio Di Francia, un momento pensato per valorizzare la produzione letteraria del grande umanista calabrese del secolo scorso e, contemporaneamente, i promettenti attori catanzaresi del Teatro Incanto, fedele alla mission di valorizzare gli artisti di quella terra. Per ulteriori info: www.festivaldautunno.com. Pippo Corigliano LIBRI/2 Svegliate il mondo «I religiosi devono svegliare il mondo». Dalle parole del Papa prende le mosse Svegliate il mondo! (Paoline). Alessandra Buzzetti e Cristiana Caricato ci regalano una dozzina di ritratti di uomini e donne che, con la concretezza e la profondità della loro vita, testimoniano il Vangelo. «Non sognatori o persone in cerca di riparo dal mondo – scrive Spadaro nella prefazione –, ma uomini e donne immersi nella realtà come profeti e testimoni della consolazione di Dio». | | 7 ottobre 2015 | 41 LETTERE AL DIRETTORE [email protected] Gentile presidente Rai, gli spot alla Cirinnà non sarebbero a gennaio? C mentalità permissiva e offensiva del comune sentire, quale «in amore tutto è possibile» (frase apparsa nella striscia sotto il video per tutto il tempo della trasmissione). Le complesse problematiche legate alla condizione del bambino figlio di due mamme sono state minimizzate e banalizzate; basti, come esempio, la frase pronunciata da una delle due donne:«I bambini la vivono come un gioco» (riferita alla suddetta condizione). Non si è parlato minimamente delle problematiche educative per sottolineare, invece, ripetutamente la posizione retrograda del nostro paese, rispetto al resto dell’Europa, a causa della mancanza di una legislazione in tale materia. Trovo grave e profondamente diseducativo che la Rai faccia così aperta pubblicità per le unioni gay; sostenga la assoluta legittimità di crescere figli in tale ambito; equipari l’unione di persone dello stesso sesso alla famiglia come nucleo formato da un uomo e una donna; snobbi e tratti con leggerezza e superficialità valori morali e princìpi culturali radicati nella società. Confidando nella sua sensibilità, nel suo buon senso, nel suo spessore morale, ma soprattutto nella necessità, da lei indubbiamente condivisa, di salvaguardare l’essere umano e la sua dignità, come sancito dalla nostra Costituzione, mi auguro che episodi così gravi non si ripetano. La saluto cordialmente. Maria Laura Fraternali Urbino ari amici, leggo Tempi per la prima volTa, nonostan- te la mia matura età sono ancora alla ricerca “sulle tracce di Gesù”. I libri di don Giussani e oggi di don Carron non possono provocare che ricerca del Mistero. Sono convinto che Formigoni abbia lavorato egregiamente su tutto e lo dimostra quanto dice Amicone. Il problema non è questo, cioè non si mette in discussione il suo operato (amico della dottrina sociale). Faccio notare all’amico Formigoni che per ragioni stupide è stato messo alla berlina, lui non capisce e prosegue a vestire giacche sgargianti dicendo che tutto va bene. Mi faccia scrivere dal Celeste. Con amicizia. Bruno Nunziati via internet Dopo la sua prosa sgargiante cose vuole che le dica. Passerò al senatore il suo notevole indirizzo mail. 2 Caro Amicone, Enzo Bianchi non è mai stato cattolico. Sono anni che lo grido nella diocesi di Brescia. Ma sai, sono un crociato quasi lefebvriano, quindi intoccabile. Mauro Mazzoldi via internet Rinunci a gridarlo e faccia come noi, un’allegra e grassottella vita da paria. 2 Gentile direttore, leggo sempre con grande interesse il suo giornale, incisivo e diretto anche su argomenti delicati e complessi. Le mando per conoscenza la lettera inviata al presidente della Rai sulla trasmissione “La vita in diretta” del 24 settembre, che ho trovato assolutamente sconcertante. Gentile Presidente, vorrei esprimere il mio profondo sconcerto per la trasmissione “La vita in diretta” del 24 settembre 2015. Sono state invitate due donne lesbiche conviventi in attesa di un figlio, a seguito del ricorso alla fecondazione eterologa. La trasmissione, andata in onda in fascia non protetta e immediatamente prima del collegamento con il discorso del Papa al Congresso degli Stati Uniti (quindi probabilmente seguita da un vasto uditorio e da persone di tutte le età), condotta dalla signora Parodi con grande convinzione e compiacimento, è risultata una chiara esaltazione dell’unione gay e una evidente legittimazione della maternità in tale ambito. L’unione gay è stata equiparata alla famiglia formata da un uomo e una donna e sono state pronunciate affermazioni riconducibili a una Cara Presidente Monica Maggioni, ci conosciamo e ci vogliamo tanta reciproca simpatia, possiamo dire che questa signora ha ragioni da vendere, espresse così garbatamente che certamente faranno sorride- AFFIDIAMO IL SINODO SULLA FAMIGLIA ALLA VERGINE Guardare a Maria per imparare a guardarci con il suo amore CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano L’ amore è una cosa meravigliosa, recitava una nota canzone: ma dir così è poco. Noi viviamo d’amore, siamo nati dall’amore, siamo cresciuti nell’amore: ci ha dato forza l’amore. Diceva Gesù a santa Caterina: «Non siete fatti d’altro che d’amore». Mi piacciono i quadri della Madonna che mi guarda. Così come guarda me guarda chi si ferma davanti a lei, ed è giusto che sia così. Per lei siamo tutti figli unici. Lo sguardo racconta l’animo: «La lampada del corpo è l’occhio», dice Gesù (Mt 6,22). Nello sguardo che i grandi pittori hanno attribuito alla Vergine vedo l’amore che ha per noi. Scelgo sempre le immagini della Madonna che mi guarda, anche se sono belle quelle in cui è pensosa. Le cose che più valgono sono riconducibili agli sguardi. Lo sguardo dell’amico del cuore, lo sguardo della donna innamorata è esplosivo. Nel Paradiso non ci stuferemo di guardare Dio, come capita agli innamorati. Il mese di ottobre è un mese di particolare devozione alla Madonna. A lei affidiamo il Sinodo sulla famiglia che tratterà dell’ambiente in cui s’impara ad amare, dove tutto è gratuito: l’ambiente prezioso in cui nasce il bene. Non vale la pena ascoltare chi racconta solo le inadempienze e le problematiche della famiglia: anche quelle insegnano a comprenderci fra noi, che siamo tutti limitati. Chi non ricorda con affetto i difetti del proprio padre e della propria madre? Anche quelli sono serviti per educarci. Non ci preoccupiamo più di tanto. Guardiamo Maria e i suoi dolci occhi recitando il Rosario. re il piazzista collettivo che talora dimora pure in mamma Rai? Però, anch’io sono stato invitato a “Uno Mattina” per benedire un “ricongiungimento familiare” esotico (due argentini), puoi immaginare come sia andata a finire e così, per consolarsi, come se stesse lisciando il pelo a due micini, a un certo punto la conduttrice fa: «Figli?». Non credi, cara Maggioni, che la micina Rai faccia ultimamente un po’ troppe fusa alla nota lobby e poca, purtroppo, della buona, antica, sana informazione in cui Ella solleva intrattenerci finché non divenne regina Rai? La porti un bacione a Firenze. 2 Scusi direttore, ma secondo lei questo Papa è cattolico? Emidio Remuzzi via internet Secondo lei io cosa sono, licantropo? SPORT ÜBER ALLES di Fred Perri VOI CI GODETE AD ANNUNCIARE IL DISASTRO V con il solito aplomb anglosassone di chi ha pescato a piene mani dai sacri testi di Lord Brummel: questo progressismo scotto, questo ambientalismo iettatorio, questa goduria nell’annunciare l’Apocalisse, questa allegria per il disastro, tutto questo mi ha rotto i coglioni. Gli ogm sono contro natura, sia maledetto chi li usa; la santa 42 e lo dico chiaro, | 7 ottobre 2015 | | madre terra è sofferente; l’acqua è avvelenata; le mozzarelle di bufala sono a rischio perché chissà cosa ci mettono dentro; il foie gras viene prodotto infliggendo orribili sofferenze alle oche; un mare di plastica soffocherà l’oceano; la Juventus quest’anno è in crisi; il buco nell’ozono si allarga e tra un po’ bisognerà girare con l’ombrello anche d’estate; l’Inter è inaffidabi- Foto: Ansa Dal buco nell’ozono alla fine della Juve ogni giorno un’apocalisse (e mo’ basta) le come sempre, sembra quella giusta e la Fiorentina l’annichilisce; non mettete il pollo nel forno a microonde perché le suddette sono pericolose; la carne fa male, ancor di più quella grigliata, mangiate il tofu (belin neanche il correttore automatico lo riconosce); papa Francesco, tra una telefonata e l’altra a Scalfari, sta cambiando la Chiesa cattolica; con la riforma elettorale renziana la democrazia è in pericolo; il capodoglio trinariciuto, meschino, è a rischio estinzione. Ogni giorno ce n’è una, compagni e amici, ma sul diesel non vi seguo. Crollasse il mondo, ma io un’auto tedesca, anche con la marmitta sputazzante, me la compro sempre. | | 7 ottobre 2015 | 43 LETTERE DALLA FINE DEL MONDO DA vENTIsEI ANNI IN pARAguAy Ciò che esiste alle mie spalle è l’evidenza di un amore che ha scelto me | DI ALDO TRENTO O gni mese dobbiamo trovare quasi centomila euro per portare avanti le due fondazioni, San Rafael e SS. Gioacchino ed Anna, che si occupano dei poveri: neonati, bambini, ragazze violentate, anziani soli, vagabondi, malati terminali. Oltre a questi, vengono accolti in una scuola primaria bambini dai 3 anni fino alla terza media; c’è poi la possibilità di iscriversi alla scuola politecnica, che offre vari indirizzi: tecnico in infermeria, elettricista, informatico, taglio e cucito, turistico e alberghiero. I ragazzi possono quindi inserirsi nel mondo del lavoro o accedere all’università. La maggior parte di loro proviene dalle favelas che circondano Asunción. Sono quasi sempre figli di ragazze madri, così come sono ragazze madri anche alcune delle ragazze che ospitiamo. Sono 26 anni che don Giussani mi ha inviato in Paraguay. Se avessi conosciuto prima il disegno di Dio su di me, non so se avrei detto «eccomi!». Lo dico per coloro che ripetono da anni «le opere di Padre Aldo»: mi chiedo, da prete ignorante e con la sola licenza elementare, come è possibile non rendersi conto che un uomo, con le sue forze, non può essere l’artefice di un’opera così grande. Una settimana dopo la sua elezione, il presidente Horacio Cartes è venuto trovarci. Prima di andarsene commosso ci ha detto: «Quello che ho visto voglio che diventi programma del mio governo, voglio che in ogni regione esista una struttura come questa per i poveri». Sono trascorsi due anni ma non è riuscito a realizzare il progetto. Mancanza di denaro? No. Mancanza di professionisti? No. E allora? Guardando ciò che Dio ha fatto con me risulta evidente che si tratta di un’asta, il fondatore di Cl mi inviò «ALbERTO, DIO MI hA FREgATO, senza totale di fede nella divina Provvidenza in Paraguay, consegnandomi sTO pAgANDO I MIEI pEccATI», da parte di chi collabora col presidente. Un caa padre Alberto. Quante volpo di Stato può avere una grande volontà di te gli dicevo: «Alberto, Dio mi «NO, TI hA scELTO pER uNA cOsA realizzare opere a favore dei poveri, ma «inha fregato, mi sta facendo gRANDE E TI sTA TRITuRANDO cON vano si affannano i costruttori se Dio non copagare i miei peccati» e lui struisce la città». È la Provvidenza ad indicare sempre a ripetermi: «Dio ti TANTA sOFFERENzA pER quEsTO» all’uomo il cammino e il progetto su di lui. Giusha scelto per una cosa gransani, nel Senso religioso, parla di «realtà provto sacerdote. Erano gli anni Settanta. Travolto de e per questo ti sta triturando con tanta sofvidenziale»: riconoscere questa verità appartiedalla contestazione, ho vissuto momenti in cui ferenza». Il cammino che Dio sceglie per ognune alla libertà dell’uomo. Se io avessi detto “no” il fascino dell’ideologia sembrava avere la meno è come quello che ha scelto per suo figlio. al Mistero, certamente Dio non avrebbe potuto glio sulla mia vocazione. La croce non è il punto di arrivo, non è la meta, realizzare ciò che esiste in questo pezzo di terè solo la condizione per la resurrezione. I rosari di mia madre ra. Ognuno nasce con uno zainetto sulle spalle, Sono passati 26 anni dal mio arrivo in ParaA distanza di anni mi è chiaro che, se oggi sono che contiene il disegno di Dio su di lui. guay e ciò che esiste alle mie spalle è l’evidenza ancora nel cammino di Gesù, è stato grazie alUn’evidenza che si impone a questo punto deldi quanto Dio mi ami e quanto ami i poveri. Il le lacrime e preghiere di mia mamma, che conla mia vita. Nato in un piccolo paese di montaregalo inaspettato della visita del Papa è l’evifidava totalmente nella Provvidenza. Quanti gna, ero il primo di cinque figli. Mio padre ha denza più bella di come agisce la Provvidenza. rosari ha recitato perché questo suo primo fivissuto per anni come emigrante in Svizzera L’incontro mi ha rincuorato ad andare avanglio non tradisse la chiamata divina! L’incontro per garantirci il necessario per vivere. A scuola ti finché, come dicono i miei malati, Dio non dicon don Giussani è stato il frutto della sua fifacevo parte del gruppo degli asinelli e una volca «basta». Il “poi” è un affare della Provvidenducia adamantina. Lei non ha mai dubitato che ta entrato in seminario, a 11 anni, i superiori mi za e del sì degli amici che camminano con me e Colui che aveva iniziato in me un’opera buona sconsigliarono di sostenere gli esami di maturisuor Sonia, cuore e mente dell’opera oggi come l’avrebbe portata a compimento. Così, mentre tà. Non per questo però Dio ritirò la sua predidomani, quando Dio vorrà prendermi con sé. [email protected] la depressione sembrava stravolgere la mia vilezione per me: a 24 anni infatti venni ordina- | | 7 ottobre 2015 | 45 boris godunov il pensiero forte del cardinale di milano Scola mostra la cosa più indecente e meno detta di Francesco, la fede in Cristo | di renato farina È Parlo del cardinale di Milano, Angelo Scola (lo ha intervistato, sulla prima pagina del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo). Perché c’è nel suo dire la luce di una ragione calma e profonda. Si vede che ha incontrato non una teoria su Gesù, ma Cristo stesso. Il quale dona a chi lo frequenta anche “un pensiero forte”, che non è affatto il contrario della tenerezza. La misericordia non è svenevolezza da “animulae blandulae”, è la solidità del padre che ti accarezza. Non ho mai letto una apologia di Bergoglio-persona e del suo ministero petrino più profonda e meno lecchina di questa. Scopre la cosa più indecente e meno detta di Francesco, quasi fosse un ammennicolo civettuolo: la sua fede in Gesù Cristo. «È un grande uomo di fede», ha il «carisma del popolo» (e il carisma è cosa che viene dallo Spirito, vuol dire grazia). Insomma: la Provvidenza ha voluto questo Papa, non il potere mondano o un’interferenza, discorso chiuso, anzi magnificamente aperto. Si tratta di immedesimarsi con il suo insegnamento, di «uno che parla con autorità», come Gesù. Non ha paura di questo paragone “audace”, Scola. Con intelligenza e senza alcuna teatralità, ma con la logica disarmante della sincerità, scopre gli altarini demoniaci dell’ideologia che pretende di ingabbiare Papa Francesco come un canarino rosso. Non adopera mezze frasi: il cardinale, dalla cattedra dei santi Ambrogio e Carlo, e dei beati Ferrari, Schuster e Montini, a questo punto denuncia «l’uso che si fa di questo papato». Sia da parte di laudatores che di scomunicatores. L’uso – e qui è tutta farina di Boris, Scola non c’entra – è di due tipi, opposti e in fondo uguali. Il primo è quello più evidente: ed è appunto il trasformare il magistero bergogliano in una decalcomania devota al progressismo dei nuovi diritti, per cui il sentimento amoroso è la sola sostanza della vita e delle cose. Il secondo uso è apparentemente il suo contrario, ma in realtà accetta questa deformazione, e ne cava il pretesto per dichiararlo anti-Papa e proclamare che il cattolicesimo non è più utile neppure come cemento di valori morali. Questa idea coinvolge anche teste nobili, ma tragicamente convinte di una sorta di primato intellettuale persino nei confronti dello Spirito Santo. La posizione giusta non sta nel mezzo, cioè in un terzo schema, in una ideologia mediana. Ma nel primato della persona. Tu 46 bello avere un vescovo così. | 7 ottobre 2015 | | «È un grande uomo di fede», ha il «carisma del popolo». insomma: la provvidenza ha voluto questo papa, non il potere mondano o una interferenza. il cardinale non adopera mezze frasi: dalla cattedra dei santi ambrogio e carlo denuncia a questo punto «l’uso che si fa di questo papato» e Boris. Noi non siamo – afferma Scola – categorie, ma persone. Non siamo omosessuali con certi diritti da riconoscere più o meno, oppure appartenenti alla corporazione degli eterosessuali. O magari nella casta degli sposati felici, con certe pretese e certi doveri, oppure in quella dei divorziati risposati a cui si deve studiare se passare l’eucarestia come diritto. Ogni persona, ogni rapporto è un unicum. Persino il dramma non è mai identico. Lo scriveva, a proposito delle famiglie infelici, già Tolstoj nell’incipit di Anna Karenina. E Scola attacca il pelagianesimo di chi ritiene che l’indissolubilità del matrimonio cristiano sia legata alla buona volontà. Ma no. Essa è possibile, e c’è, perché costruita sacramentalmente da Cristo. E non si tratta allora di rendere facile lo sciogliere il vincolo con il consenso del vescovo. Ma di vedere se esso c’era in origine. Perché se c’era, c’è. E se non c’era, meglio non ingarbugliare le trafile. E le unioni omosessuali? Scopro con Scola che trasformarle in una categoria sociale disperde persino il tesoro di un amore tra due persone dello stesso sesso, banalizzandolo, riducendolo a problematica sociale. E invece anche lì. Ogni storia è unica. E perché non proporre di vivere un cammino difficile di castità, un sacrificio d’amore. È così bella la strada dell’obbedienza alla sorgente. Con questo pensiero forte in testa, Boris si sente pieno di tenerezza, disposto ad andare in giro disarmato. La bella ragione.