anno 21 | numero 40 | 7 ottoBre 2015 |  2,00
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr
settimanale diretto da luigi amicone
La vita
a colori
In un mondo ingrigito dallo straparlare psicologico
di “controllo delle emozioni”, finalmente un film che prova
a restituire loro il posto che meritano. Tristezza compresa.
Inside Out. Al cinema con Claudio Risé
EDITORIALE
IL vIAggIO AmERIcANO
Da colomba e serpente Francesco
sfonda il partito del risentimento
N
el libero e forte pensiero affidato da Angelo Scola al Corriere della Sera
(27 settembre), viene stroncata l’immaginetta di un papa sanculotto
e patrimonio dell’Unesco. In verità, dice il cardinale, la strumentalizzazione che da destra lo vorrebbe populista eterodosso e da sinistra iscritto
al partito #LovIsLove, esce battuta da uno che «parla con autorità», «ha un
fortissimo senso del popolo», «un carisma straordinario di coinvolgimento».
L’effetto simpatizzante o antipatizzante che fa il primo pontefice argentino, gesuita e Francesco della storia, è irrilevante rispetto al giudizio di ragione che mette al giusto posto umori e sentimenti. Lo si è visto anche nel viaggio americano. Parlando al Congresso e all’Onu da capo di Stato e incitando
i cattolici a non stare sulla difensiva, Francesco fa “movimento” «in un momento in cui c’è più che mai bisogno di “mescolare le carte”» (Scola).
Prova ne sia l’acutissimo discorso tenuto ai vescovi radunati per l’incontro mondiale delle famiglie. Non è che il Papa non veda «la solitudine radicale» in cui viviamo nell’epoca democratica occidentale nella quale il PARLANDO AL cONgREssO E
poeta Milosz (dei tempi sovietici) ri- ALL’ONu DA cAPO DI sTATO E
INcITANDO I cATTOLIcI A NON
badirebbe «si è convinto l’uomo che
sTARE suLLA DIfENsIvA, IL PAPA
se vive è solo in grazia dei potenti».
INsIsTE NEL fARE “mOvImENTO”
Quindi pensi alla palestra e all’aperitivo. «Chi ama la res pubblica avrà la mano mozzata». È così, dice Francesco,
«inseguendo un “mi piace”, inseguendo l’aumento del numero dei “followers” in una qualsiasi rete sociale, così le persone seguono – così seguiamo –
la proposta offerta da questa società contemporanea. Una solitudine timorosa dell’impegno in una ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti».
Verrebbe da dire: questo papa è pasolinianamente avvertito della “rivoluzione antropologica” dettata dal «nuovo fascismo dei consumi». Però,
portando al culmine l’intuizione dello stesso Pasolini che coglie nel risentimento la pietra tombale («In questo mondo colpevole/ che solo compra e disprezza/ più colpevole sono io/ inaridito dall’amarezza»), Francesco dice – e
sembra esistere come papato provvidenziale – per urgere una riscossa. Infatti, «i giovani di questo tempo sono forse diventati irrimediabilmente tutti
pavidi, deboli, inconsistenti?». «Non cadiamo nella trappola». Poiché «usando infinita pazienza, e senza risentimento, verso i solchi storti in cui dobbiamo seminarli (gli affetti di Dio, ndr), anche una donna samaritana con cinque “non-mariti” si scoprirà capace di testimonianza».
Chi non capisce che non si tratta di essere lecchini o succursali di Scalfari
per riconoscere la verità di un punto di vista che, con semplicità di colomba
e astuzia di serpente, sfonda gli schemi di destra e di sinistra del partito del
risentimento? Chi non vorrebbe sentirsi dire – non per giustificare la menzogna, ma per affermare l’antica e attuale implorazione di una madre davanti al figlio in balìa del mondo (e «tutto il mondo è posto sotto il potere
della menzogna» dice Cristo): «Mandaci o Zeus il miracolo di un cambiamento!» – “coraggio, Dio scrive dritto anche su di te, riga storta”?
L’ASCIA NEL CUORE
Se l’amicizia
è un reato
Battista Battaglino, 63 anni, pensionato, è il proprietario di una vigna a Castellinaldo d’Alba (Cuneo). È
un piccolo pezzo di terra che gli è stato lasciato in eredità dal padre, con
vigne vecchie di settanta-ottant’anni.
Lui le coltiva senza usare macchinari, con la sola forza delle sue mani e,
una volta l’anno, quando è il tempo
della vendemmia, con l’aiuto di quattro amici raccoglie. Così ha fatto anche quest’anno, solo che, come ha raccontato la compagna alla Stampa,
questa volta è andata diversamente.
«Stavamo raccogliendo l’uva, ridendo e prendendoci in giro perché in
quelle vigne è anche difficile stare in
piedi. Ad un certo punto siamo stati letteralmente circondati da carabinieri e funzionari dell’ispettorato del
lavoro. Ci hanno chiesto i documenti e hanno redatto un verbale di denuncia di lavoro nero». Totale: 19.500
euro di multa. Quasi ventimila euro
per essersi fatto aiutare dagli amici a
raccogliere l’uva. Non so se ci rendiamo conto. Ora è probabile che le cose
si ricompongano, anche perché in zona è noto a tutti che Battista non è
né un evasore né uno schiavista e che
le poche bottiglie prodotte finiscono
tutte sulla sua tavola. Resta l’aspetto grottesco della vicenda in cui uno
Stato invadente entra fino in casa
per controllare cosa fa l’oscuro cittadino e non vede cosa accade in molte
parti d’Italia, alla luce del sole. Quanti altri Battista, ogni giorno, devono
sopportare lo strabismo di uno Stato
che non sa distinguere tra amicizia e
caporalato, tra amicizia e reato?
Emanuele Boffi
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SOMMARIO
10 PRIMALINEA PERCHé PUTIN VA ALLA GUERRA | CASADEI
NUMERO
40
anno 21 | numero 40 | 7 ottoBre 2015 |  2,00
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La vita
a colori
In un mondo ingrigito dallo straparlare psicologico
di “controllo delle emozioni”, finalmente un film che prova
a restituire loro il posto che meritano. Tristezza compresa.
Inside Out. Al cinema con Claudio Risé
In un mondo ingrigito dallo
straparlare psicologico di
“controllo delle emozioni”,
un film prova a restituire
loro il posto che meritano.
Inside Out. Al cinema
con Claudio Risé
LA SETTIMANA
20 INTERNI MEDICINA DIFENSIVA. LA PAROLA AGLI ESPERTI
L’ascia nel cuore
Emanuele Boffi ............................5
Foglietto
Alfredo Mantovano.......... 9
Consequentia rerum
P. G. Ghirardini ......................24
Vostro onore mi oppongo
M. Tortorella .............................. 25
Mamma Oca
Annalena Valenti ...............41
Sport über alles
Fred Perri...........................................42
16 INTERNI LA SANITà DI MAMMA
MINISTRO | AMICONE
Cartolina dal Paradiso
Pippo Corigliano ................. 43
Lettere dalla fine
del mondo
Aldo Trento ...................................45
Boris Godunov
Renato Farina.......................... 46
RUBRICHE
26 CULTURA INSIDE OUT. AL CINEMA CON RISé
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
settimanale di cronaca, giudizio,
libera circolazione di idee
Anno 21 – N. 40 dall’1 al 7 ottobre 2015
DIRETTORE RESPONSABILE:
LUIGI AMICONE
REDAZIONE: Rodolfo Casadei (inviato speciale),
Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini
IN COPERTINA: ©2014 Disney•Pixar
32 CHIESA ASPETTANDO IL SINODO | AGNOLI
PROGETTO GRAFICO:
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UFFICIO GRAFICO:
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FOTOLITO E STAMPA: Reggiani spa
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fogLietto
dopo Lo sLittamento deL ddL cirinnà a gennaio
La mera testimonianza
non basta. Riempiamo
questa “tregua” di lavoro
|
di aLfredo mantovano
Foto: Ansa/ Ap Exchange
L
o slittamento del ddl Cirinnà a genna-
io costituisce un fatto positivo, insperato fino a qualche mese fa. Pur
disponendo in Parlamento di una maggioranza largamente favorevole al testo
detto delle unioni civili – che in realtà introduce il matrimonio fra persone dello
stesso sesso –, il Pd e il suo leader avevano
idea di farlo passare senza grandi opposizioni, dentro e fuori il Parlamento; un po’
come era loro riuscito col divorzio breve,
col divorzio facile e con
la riforma della droga:
anche iL ddL scaLfarotto, approvato
qualche senatore e defaciLmente aLLa camera, giace da due
putato a recitare la paranni in senato grazie a un dissenso
te del bastian contrario,
manifestatosi in forma diffusa e
e tutti gli altri nel gruppone di “W il progresso”.
inteLLigente (si pensi aLLe sentineLLe)
Invece si sta riproduOttenere questi risultati, nonostancendo una dinamica simile a quella del
ddl Scalfarotto: quest’ultimo, approvato te la preponderanza mediatica e la disposenza difficoltà alla Camera, giace da due nibilità di mezzi del fronte libertario e lianni in Commissione Giustizia al Senato berticida (film e fiction inclusi), significa
grazie a un dissenso manifestatosi in for- che la battaglia culturale e politica per la
ma diffusa e intelligente (si pensi alle cen- tutela della famiglia va oltre la mera tetinaia di veglie delle Sentinelle in piedi). stimonianza.
Allo stesso modo il ddl Cirinnà, che appariva destinato a una rapida trattazione Nelle scuole e nelle aule giudiziarie
già dall’inizio dell’estate 2014 – ricordate Non deve far confondere una semplice
la baldanza col quale il premier Renzi lo tregua – lo ripeto, importante vista la didava per incassato nella direzione Pd di sparità delle forze in campo – con una vitgiugno dello scorso anno? – viaggia a ri- toria, se pur parziale. Deve al contrario
lento: dentro il Palazzo, grazie a un grup- far utilizzare la tregua, cioè il breve tempo ristretto di senatori che continuano a po che si è riusciti a recuperare, per intendare battaglia, e che discutono uno per sificare il lavoro su più livelli:
uno le migliaia di emendamenti che han1) quello della presenza nelle scuono presentato; fuori dal Palazzo, grazie a le. Dopo un iniziale sbandamento causauna crescente consapevolezza della posta to dalla sorpresa, tanti genitori e tanti doin gioco, che ha trovato il culmine nella centi sanno che dipende anche da loro
manifestazione del 20 giugno, in piazza che l’ideologia del gender non entri nelS. Giovanni a Roma.
le aule italiane. Si evita a bambini e adole-
scenti la propaganda lgbt se ci si interessa di più di quello che accade durante le
lezioni e nelle ore extracurriculari; se ci
si lamenta di meno e ci si parla di più fra
insegnanti, padri e madri; se ci si candida
ai consigli di classe e di istituto; se si esige che nulla di tutto questo sia introdotto nella scuola senza il proprio consenso
scritto. È una strada più faticosa dell’abbaiare alla luna, ma certamente più produttiva;
2) quello della presenza sui media
e negli ambienti nei quali ci si forma
un’opinione. Le conferenze e i convegni
che in tutta Italia si moltiplicano su questi temi, insieme con le pubblicazioni
che – in modo più o meno ampio e approfondito – chiariscono che cos’è l’imposizione del gender, dove nasce, quali sono i
suoi obiettivi, e quali danni provoca;
3) quello della sollecitazione di chi ha
peso e responsabilità nelle istituzioni a
essere vigili, sì che il rappresentante eletto sappia che per una quantità crescente
di italiani – come è emerso con evidenza
il 20 giugno – la questione non è di poco conto;
4) quello dell’attenzione alle decisioni giurisdizionali. Contrastare il ddl Cirinnà perché da esso deriva la legittimazione dell’utero in affitto non deve far
trascurare che in Italia vi è già qualche
sentenza che è pervenuta allo stesso risultato. E ciò chiama in causa i non pochi
bene orientati che lavorano nelle aule
giudiziarie, dai quali ci si attende maggiore impegno e coraggio per approfondire le ragioni giuridiche della famiglia.
La tregua va riempita di lavoro. L’ozio
nelle pause della guerra non ha mai portato bene.
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LO SCACCHIERE MEDIORIENTALE
Invia uomini, armi, stringe alleanze, crea zone sicure. Nell’offensiva
contro l’Isis gli interessi della Russia e della Siria coincidono.
Mentre Putin lotta per la pace e la sopravvivenza di Damasco
Obama dice «mai con Assad» e gioca allo scontro tra sciiti e sunniti
|
Impetum suum posse sustineri existimabant.
Accedebat quod suos ab se liberos abstractos obsidum nomine dolebant, atque
Romanos non solum itinerum
DI RODOLFO CASADEI
Il ritorno
dell’Orso
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| Foto: AP Exchange
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Lo scacchiere MeDiorieNTaLe PRIMALINEA
Chi controlla il territorio in Siria
(situazione al 27 settembre 2015)
Governativi
Qamishili
Turchia
Hezbollah
Hasakah
Jabhat al-Nusra
Nubl/Zahraa
Kuweires
Altri ribelli
Isis
Aleppo
Fu’ah/Kefraya
Idlib
1
Latakia
Isis, JN, Altri ribelli
Ar Raqqah
YPG, (Curdi siriani)
Le aree senza colore
sono desertiche o disabitate
4
2
7
Tartous 3
Hama
Deir ez-Zor
n Appostamenti russi
Siria
5
Homs
Assediato
Isolato
T4 (Tiyas)
Base aerea
Libano
Sayqal
Appostamenti russi noti
Damasco
6
Iraq
Quineitra
As Suwayda
1
2
3
4
5
6
7
Porto di Latakia
Aereoporto di Bassel al-Assad
Base navale di Tartous
Slinafah
Homs
Aeroporto internazionale di Damasco
Ippodoromo di Hama
Deraa
Giordania
Fonte: ISW Institute for the Study of War
P
russia ha deciso
un’escalation della sua cooperazione e presenza militare in Siria a fianco del governo di Bashar el Assad? Che
incidenza avrà l’intervento
di Mosca sull’evoluzione e sull’esito finale
del conflitto? Che effetto avrà sulle fortune dell’Isis e per ricaduta sul futuro di tutti coloro, stati e popoli, che si trovano nel
raggio d’azione del califfato?
La risposta alla prima domanda deve
distinguere fra le ragioni immediate e a
breve termine e quelle strategiche, di lungo periodo, molto più interessanti da mettere a fuoco. Il motivo immediato del rafforzamento della presenza militare russa,
che è cominciato col trasferimento di una
trentina di aerei ed elicotteri da combattimento presso l’aeroporto internazionale di Latakia e che in venti giorni di operazioni ininterrotte ha già portato sul posto
blindati, carri armati e circa 2 mila uomi-
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erché la
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ni, è la necessità di arrestare la ritirata delle forze lealiste, che da sei mesi perdono
terreno, e impedire un eventuale tracollo del regime siriano. Quest’ultimo evento comporterebbe una serie di conseguenze per la Russia che Putin intende a tutti
i costi evitare: la perdita delle basi militari nel paese (la base navale di Tartus, unico porto in cui possono attraccare le navi
militari russe nel Mediterraneo, e il centro ascolto di Latakia); la vittoria da parte di fazioni armate come l’Isis e Jabhat
al Nusra (la consociata siriana di Al Qaeda) nelle quali combattono molti estremisti islamici di passaporto russo o di paesi
ex sovietici del Caucaso (ceceni, ingusceni, daghestani e tatari) i quali tornerebbero in forze e con abbondanza di mezzi
militari e finanziari nelle regioni di provenienza per scatenarvi un jihad anti-russo;
l’espansione dell’area di influenza di un
paese della Nato come la Turchia e di un
paese alleato strategico degli Stati Uniti
come l’Arabia Saudita a spese del sistema
di alleanze russo. Dopo l’Ucraina che ha
svoltato a ovest con la deposizione del presidente Yanukovich nel febbraio 2014, la
Siria sarebbe il secondo paese nel giro di
un anno e mezzo che scivola dall’area di
influenza russa a quella americana.
Le probabilità di un collasso improvviso del regime di Bashar el Assad sono basse, quelle di una rapida contrazione del
territorio sotto il suo controllo sono decisamente più alte, e quelle di una vera
e propria sconfitta per l’azione a tenaglia dei ribelli islamisti guidati dai qaedisti di Jabhat al Nusra (in coordinamento con la quale combattono anche le forze del filo-occidentale Libero Esercito siriano, è il segreto di Pulcinella) e degli uomini dell’Isis, è molto probabile nell’arco di
uno-due anni in base alle inerzie attuali. In
un discorso del 26 luglio scorso il presidente Assad ha ammesso che la politica della presenza dell’esercito in tutti gli angoli
nevralgici del territorio è ormai impossibile da mantenere a causa della “mancanza
di risorse umane”, e che dunque è necessario ripiegare su un perimetro più ridotto.
Dopo quella data il governo ha ripreso il
controllo di una località ai confini col Libano, grazie all’intervento degli hezbollah
libanesi e un’opera di mediazione da parte
delle Nazioni Unite, ma ha perso altre posizioni nell’est e nel nord del paese.
Questi sviluppi hanno reso sempre più
probabile la creazione di una “zona cuscinetto” turco-americana nel nord, lungo il
confine con la Turchia occupata da militari di Ankara e forse anche, in numero
ridotto, americani, oltreché interdetta al
volo dei velivoli militari siriani. Presentata come una zona di sicurezza per i civili in fuga dalle brutalità dell’Isis, l’area
servirebbe in realtà soprattutto a rifornire i ribelli anti-Assad non affiliati all’Isis e
a preparare un intervento militare turcoamericano-ribelle per “salvare” la Siria da
DIvERsAMENtE DA WAshINgtoN, MoscA sEMbRA PRoPoRRE
AI PAEsI DELLA REgIoNE DI MEttERE LA PARoLA fINE
ALL’INstAbILItà E DI coNcLuDERE uNA NuovA YALtA
una conquista del potere da parte dell’Isis
al momento del collasso finale del regime di Assad. Putin ha anticipato la mossa,
dando il via alla creazione di una speculare zona di sicurezza che deve garantire la
sopravvivenza in condizioni non troppo
precarie del governo di Damasco.
A chi giova lo stato di tensione
Le prospettive strategiche della mossa di
Putin sono molto più interessanti da analizzare. La prima cosa che balza agli occhi
è la ripresa dell’iniziativa strategica da parte russa, il ritorno a una politica offensiva e propositiva dopo che Mosca era stata costretta sulla difensiva e a costose
politiche reattive nel contesto della crisi
ucraina. Una lettura convenzionale vede
nell’annessione della Crimea e nel sostegno militare ai ribelli del Donbass iniziative espansionistiche del potere russo, e
nell’intervento militare in Siria un’azione dettata da interessi particolaristici, ma
anche da un senso di responsabilità verso
la comunità internazionale e dalla volontà di collaborare al ritorno della pace e della sicurezza in un Medio Oriente liberato
dall’Isis, obiettivi che sono nell’interesse di
tutti, anche dei rivali strategici di Mosca.
La lettura geopolitica degli avvenimenti è esattamente opposta: in Ucraina la Russia ha reagito in maniera azzardata e senza calcolare bene le conseguenze alla perdita di profondità strategica determinata
dall’improvviso passaggio dell’Ucraina dalla sfera di influenza russa a quella americana. Non è stata aggressiva, ma violentemente reattiva. In Siria la Russia sfrutta la
questione Isis per riproporsi come attrice
protagonista in Medio Oriente, per tornare a svolgere un ruolo negli equilibri mondiali, per attuare una politica che proietta
la sua potenza sulla regione come ai tempi
dell’Unione Sovietica. E lo fa approfittando
della debolezza della posizione americana
nella regione. Anche in questo caso, esiste
una lettura convenzionale dei punti debo-
li e degli errori degli Stati Uniti e una lettura geopolitica che è più profonda. La lettura convenzionale sottolinea che l’America è intervenuta in armi quando non
avrebbe dovuto farlo (guerra contro l’Iraq
di Saddam Hussein) e non è intervenuta
quando avrebbe dovuto farlo (i primi due
anni dell’insurrezione in Siria); che non ha
saputo assistere la transizione politica dei
paesi dove la Primavera araba ha abbattuto i governi vigenti, consegnando Libia e
Yemen alla guerra civile e l’Egitto di nuovo
ai militari; che combatte con poca convinzione l’Isis per non rafforzare i governi sciiti filo-iraniani (Damasco e Baghdad) messi alle corde dagli uomini di al-Baghdadi;
che è alleata con forze reazionarie e ambigue come l’Arabia Saudita e la Turchia;
che non è capace di creare una forza ribelle moderata anti-Isis e anti-regime in Siria.
Ma la lettura geopolitica è ben diversa. Gli Stati Uniti sono la potenza egemone mondiale, e il loro interesse strategico è
sempre quello di evitare l’ascesa di potenze egemoni regionali. Il collasso istituzionale, l’anarchia diffusa e le fratture settarie dell’Iraq post-Saddam Hussein rappresentano un fallimento dell’azione americana se la chiave di lettura è l’idealismo neo-con che attraverso l’occupazione
militare dell’Iraq intendeva ridisegnare le
linee di sviluppo del Medio Oriente sulla
base dei valori democratici e liberali americani come era stato fatto col Giappone e
con la Germania dopo la Seconda Guerra
mondiale; ma rappresentano un indubitabile successo se la chiave di lettura è la realpolitik egemonica: l’Iraq non aspirerà mai
più all’egemonia nel Medio Oriente, una
minaccia per gli interessi americani è definitivamente sventata. Dunque, l’interesse
degli Stati Uniti in Medio Oriente è il prevalere di uno stato di tensione e di rivalità
fra più attori che renda impossibile l’emergere di una potenza dominante. A causa di ciò, anche la politica di “degradazione e ultimamente distruzione” dell’Isis
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pRIMALINEA Lo scacchiere MeDiorieNTaLe
ELEzIoNI IN CAtALogNA
Quando l’idolatria identitaria rischia
di trasformarsi in una via crucis senza senso
una vittoria che assomiglia tantissimo a una sconfitta. si può sintetizzare così il
risultato delle elezioni regionali di catalogna che il governatore uscente artur Más ha
trasformato in un referendum per l’indipendenza della regione. il voto ha consegnato
la maggioranza dei seggi agli indipendentisti, ma non la maggioranza assoluta dei voti
espressi (il 53 per cento degli elettori ha votato per partiti ostili alla secessione), né la
possibilità di dare vita a una maggioranza di governo coerente. La lista Junts pel sí, che
riuniva indipendentisti di centro e sinistra, ha conquistato 62 seggi sui 135 disponibili, e
per dare vita a una maggioranza di governo pro-secessione dovrebbe imbarcare l’estrema
sinistra del cup (candidatura d’Unitat Popular). La condizione che quest’ultima pone per
entrare nel governo regionale è che a presiederlo non sia più Más, bensì l’ex europarlamentare Verde raul romeva, capolista di Junts pel sí. Ma questo è ancora niente rispetto
alla difficoltà di negoziare un programma di governo col cup, partito dei centri sociali e
delle case occupate, euroscettico e fautore di una trasformazione socialista dell’economia. senza concessioni da parte di Madrid, la roadmap di 18 mesi a partire dalle elezioni
regionali ventilata da Más per portare la catalogna all’indipendenza rischia di trasformarsi in una via crucis. il debito catalano resterebbe senza garanzie e l’automatica uscita
dalla Ue e dall’euro successivamente all’indipendenza costringerebbe Barcellona a creare
una sua valuta in condizioni drammatiche. L’esigenza identitaria è profonda, si dice, e la
maggioranza dei catalani è pronta a soffrire problemi materiali per una conquista politica
che per loro ha contenuti spirituali. Questo però rischia di innescare una reazione uguale e
contraria in casa spagnola: anche gli spagnoli che credono nell’unità hanno un forte senso
dell’identità, e sono disposti a soffrire e a far soffrire i catalani per dare soddisfazione a
questo loro bisogno intimo. in tempi di secolarizzazione, l’idolatria identitaria prende il
posto della religione e impone sacrifici per la salvezza. che però non arriva.
[rc]
dichiarata da Obama è inevitabilmente
ambigua. L’Isis è una forza rivoluzionaria
che utilizza il terrore per creare un’entità politica totalitaria che aspira all’egemonia regionale e che minaccia alcuni alleati locali degli Stati Uniti; però è anche un
fattore di instabilità e di divisione fra i paesi del Medio Oriente e una spina nel fianco dell’Iran e dei suoi alleati. Finché non
diventa troppo forte, è obiettivamente funzionale alla politica di “divide et impera”
americana. Non c’è bisogno di teorie del
complotto per ammettere questa realtà.
Scrive il politologo francese Henri
Hude: «Gli Stati Uniti conducono una politica egemonica camuffata da politica liberale universalista. Il gioco sul “grande scacchiere” consiste nel mantenere il loro potere evitando l’emergere di un rivale globale. A questo scopo, l’islamismo è l’alleato a
rovescio tanto indispensabile agli Stati Uniti quanto lo erano i turchi per il re di Francia contro l’imperatore d’Asburgo. Questo
principio permette di comprendere come
gli Stati Uniti mantengano una relazione
ambigua con gli islamisti, che ostentano
odio per il “Grande Satana”, ma nuocciono
esclusivamente agli avversari americani. Il
mondo musulmano, lasciato a se stesso,
forse non chiederebbe altro che di modernizzarsi e svilupparsi. Ma in questo caso
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gli Stati Uniti e per rilanciare il ruolo e l’influenza della Russia nella regione. La prima è che con la sua politica dell’equilibrio
di potenza al ribasso l’America scontenta
non soltanto i nemici, com’è normale, ma
i loro stessi alleati: Arabia Saudita e Turchia in prima fila. La seconda è che gli Stati Uniti non possono evitare di combattere l’Isis, ma allo stesso tempo non possono
evitare di non combatterla fino in fondo.
La Russia ha individuato queste due
crepe e agisce per allargarle. Diversamente da Washington, Mosca sembra proporre ai paesi della regione di mettere la parola fine all’instabilità e di concludere una
nuova Yalta di cui essa stessa sarà parte
ma anche garante. I colloqui del ministro
degli Esteri russo Sergej Lavrov con l’Arabia Saudita sul futuro della Siria e la creazione di un centro di coordinamento a
Baghdad per la lotta contro l’Isis che riunisce ufficiali delle forze armate russe,
irachene, iraniane e siriane sono segnali
chiari della direzione della politica russa.
Mosca sposa la causa dell’asse sciita contro l’ampio ma poco coeso fronte dei paesi
sunniti filo-americani; non però in un’ottica di scontro permanente, bensì di spartizione delle sfere d’influenza come avveniva in Europa con la Cortina di ferro ai
tempi della Guerra fredda, e come Putin
CoN obAMA IL gIoCo sI è fAtto spudoRAto E I tENtAtIvI dI
oCCuLtARLo gRottEsChI. NoN è A CAusA dI uN CoMpLotto
ChE WAshINgtoN CoMbAttE L’IsIs CoN uN bRACCIo soLo
evolverebbe nel senso di paesi indipendenti che penserebbero ai loro interessi e non
a fare quelli di Washington. Questi barbuti barbari, impedendo a qualunque regime
serio di stabilirsi in queste regioni vitali,
garantiscono la continuazione del gioco».
Contro i sunniti filo-americani
Sotto l’amministrazione Obama il gioco si
è fatto spudorato, e i tentativi di occultarlo grotteschi. Vedi la notizia, da nessuno al
mondo presa per buona, che la Casa Bianca e il Congresso degli Stati Uniti sarebbero stati ingannati da un pugno di alti
ufficiali che per quasi un anno avrebbero
modificato i rapporti per far credere che
l’America stava vincendo la guerra contro
l’Isis e nascondere la modestia dei risultati reali. Non è a causa di un complotto dei
generali che Washington combatte l’Isis
con un braccio solo… Ma al di là di questo, la strategia dell’instabilità permanente e dell’ambiguità nei confronti dell’Isis
ha due ricadute molto problematiche da
gestire per gli americani – ed è su quelle
che Putin fa leva per mettere in difficoltà
avrebbe voluto ripetere in una nuova forma con la creazione dell’Unione Euroasiatica, alternativa ma nello stesso tempo
partner dell’Unione Europea. In secondo
luogo, la Russia può permettersi di combattere l’Isis e il resto del radicalismo jihadista senza riserve mentali, perché i suoi
interessi coincidono con quelli di tutti i
paesi della regione, sia quelli sciiti di cui
i wahabiti dell’Isis sono nemici teologici, sia quelli sunniti nei quali l’Isis vorrebbe salire al potere deponendo gli attuali
governanti, come nel caso di Egitto e Arabia Saudita. Dunque sia sunniti che sciiti
hanno ragione di fidarsi della Russia più
che degli Stati Uniti sotto questo aspetto.
In linea di principio, dunque, il ritorno della Russia in Medio Oriente potrebbe
inaugurare un’epoca di maggiore stabilità
e di cessazione dei conflitti, con ricadute
positive per le popolazioni civili che non
sarebbero più costrette a fuggire all’estero per sopravvivere. Molto però dipenderà
da come gli altri attori della partita – paesi arabi, Stati Uniti ed Europa – risponderanno alla nuova situazione.
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INTERNI
EDUCARE È MEGLIO CHE CURARE
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DI LUIGI AMICONE
La sanità
secondo
Beatrice
Al via la campagna antifumo. Perché «mettere in
discussione gli stili di vita è ormai indispensabile».
Alt alla medicina difensiva («ci costa 13 miliardi»).
E «alle elezioni di primavera Ncd sia coerente alleato
di Renzi». Parola di mamma-ministro Lorenzin
Foto: Ansa
D
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ivani bianchissimi.
E collaboratori
gentilissimi. Non saprei dire se è il
suo ufficio o l’anticamera della
baby room. Sta di fatto che Beatrice Lorenzin, ministro della Salute e madre di Francesco e Lavinia, gemellini che la signora ha avuto a 43 anni e che compiranno
4 mesi il 7 ottobre prossimo, ci riceve in
uno studio invaso dalla luce. Dove le poltrone rimbalzano l’energia elettrizzante
di una giornata splendente e ventosa. Via
Ripa 1, affaccio sul Tevere, quasi dirimpetto all’isola Tiberina. Esiste un posto
al mondo dove un ministro della Repubblica allatta e lavora, allatta e riceve ospiti, allatta e rilascia interviste? Senza contare che di notte il ministro-mamma dorme pure poco e il tiralatte gli funziona
accanitamente. Ci vuole davvero un fisico bestiale per nutrire i gemelli e saziare
i giornali. Poppate anche alle quattro del
pomeriggio. E qualche minuto di attesa
per chiunque sia ospite al ministero.
Fatto sta che si avvicina il giorno in
cui lo Stato ci servirà un tesserino sanitario a punti. Funzionerà come la patente? Finiti i punti, però, non si rifarà nessun esame. Finiti i punti, si finirà dritti a
incontrare ciascuno il proprio Dio. È già
un po’ così in certi paesi di cultura liberista e anglosassone. Perché la sanità paga-
ta dai contribuenti dovrebbe continuare a occuparsi di chi si fa del male liberamente e volentieri? Già. Fumi? Sei obeso? Fai uso di stupefacenti? Passa in coda.
Ti cureremo se e quando avremo risorse
pubbliche per farlo. Dove non arriva l’ordine morale arriverà il taglio dei servizi?
«Spero proprio di no. Prevenire invece di
prendere strade che non sono nel nostro
dna. Prevenire, però, significa mettere
in discussione certi stili di vita. E siccome tra le prime cause di morte in Europa
c’è il fumo e le malattie a esso correlate,
abbiamo concertato una serie di azioni.
Corretta informazione (“Ma che sei scemo?”) che lasciamo fare con semplicità e
ironia a Nino Frassica. E, secondo, divieti. Divieti ovunque. Dove ci sono bambini
(compreso in automobile), ragazzi (in tutte le pertinenze scolastiche), malati (ospedali). Seguiranno norme europee molto stringenti con immagini e slogan dissuasivi stampati sui pacchetti di sigarette. D’altra parte, a causa del fumo ogni
anno muoiono 700 mila persone in Europa. Vale a dire sparisce una città grande
come Amburgo…».
A Elio e le Storie Tese, autori del video
“Alcol snaturato”, il ministro Lorenzin
aveva già assegnato la campagna mirata
soprattutto ai giovani. Adesso si ripete
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INTERNI EDUCARE È MEGLIO CHE CURARE
«Stop alla SigaRetta in
auto con minoRi a BoRDo.
BiSogna inSiSteRe peR
eDucaRe e pReveniRe.
infatti, cReScono le
malattie pSichiatRiche
e SeSSuali che Sono cauSa
Di infeRtilità. penSate,
negli oSpeDali aRRivano
Ragazzi Di SeDici anni
con gonoRRea, papilloma
e aDDiRittuRa la SifiliDe»
con Frassica ed effettivamente sembra
funzionare (nei primi tre giorni di diffusione su internet, la clip antifumo ha già
registrato circa 6oo mila visualizzazioni).
Parola alle statistiche: in Italia i fumatori sono circa 10,3 milioni (19,5 per cento) sui 52,3 milioni di abitanti con età
superiore ai 14 anni. La popolazione dei
tabagisti si divide in 6,2 milioni di uomini (24,5 per cento) e 4,1 milioni di donne
(14,8 per cento). Il 70 per cento dei consumatori inizia a fumare prima dei 18 anni
di età e il 94 per cento prima dei 25 anni.
Morti attribuibili al fumo di tabacco in
Italia? Dalle 70 mila alle 83 mila l’anno.
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beve, fuma, è in sovrappeso, hai statisticamente anche un incremento di malattie cardiovascolari, oncologiche, ictus,
cronicizzazione di pazienti. Perché devo
pagare con le mie tasse un comportamento negativo e costoso per la collettività?
Questo ragionamento iperindividualista
non ci appartiene. Ma se non c’è prevenzione e le risorse diminuiscono, prima o
poi arriveranno comunque forme di sanzione collettiva del comportamento individuale. Dunque, prevenire ed educare è
indispensabile. Prevenire ed educare a stili di vita sani. Non fumare. Non eccedere
con l’alcol. Non avere comportamenti sessuali a rischio. Ma anche insegnare a lavare le mani ai bambini. Insomma, l’abc
dell’igiene elementare».
Le risulta, come sostiene qualcuno,
che tra dieci anni le malattie prevalenti non saranno più le cardiovascolari e
oncologiche, ma quelle psichiatriche e
a trasmissione sessuale? «Non mi risulta. Però, è vero che si registra un significativo aumento delle patologie sessua-
li e psichiatriche. Una delle prime cause di infertilità deriva da malattie sessuali contratte in età giovanile. E oggi arrivano nei pronto soccorso italiani ragazzini
di sedici anni con la gonorrea, il papilloma virus e addirittura la sifilide. E certamente sono in aumento le patologie psichiatriche soprattutto a livello infantile». Il ministro assicura che in futuro non
ci saranno più tagli lineari. «Potenzieremo la medicina territoriale e riconvertiremo gli ospedali troppo piccoli. Dopo
25 miliardi di tagli, non c’è più niente da
tagliare. C’è invece la possibilità di recuperare risorse grazie a una maggiore efficienza – le centrali uniche di acquisto – e
a una nuova organizzazione – la medicina territoriale». Considerato che l’unico
comparto dello Stato che ad oggi ha fatto
sul serio la famosa spending review è la
sanità, dove pensa di trovare altri soldi?
«Ad esempio, come ho detto, sanzionando la spesa per la medicina difensiva che
ci costa 13 miliardi l’anno. Nessuno vuole impedire di fare le analisi di cui si ha
bisogno. Bisogna evitare di farne quando
non servono. E poi c’è il patto della sanità digitale: fare emergere e incrociare i
dati per capire non solo quanto spendo,
ma come spendo. Vedi il caso delle centrali uniche d’acquisto. Il benchmark fra
i prezzi consente di non disperdere risorse in tanti rivoli d’acquisto».
Foto: Ansa
Contro la medicina difensiva
Non è finita. Adesso il ministro dice stop
anche alla cosiddetta “medicina difensiva”. Quella del profluvio di tac e analisi
concesse pur di non avere noie o querele
dai pazienti. Ma non è che il medico che
non prescriverà una tac fuori da un’urgenza oncologica rischierà una multa?
«Le sanzioni amministrative scatteranno
solo dopo un eccesso reiterato di prescrizioni inappropriate e solo dopo un contraddittorio con il medico che dovrà giustificare scientificamente le sue scelte. Se
non lo farà, solo allora scatterà la sanzione». La lista dei 208 esami a rischio spreco
esclude tagli insensati. «Non è che sono
stati tagliati la risonanza magnetica o la
tac. Si vuole soltanto che le persone siano
indirizzate a fare le diagnosi che servono e non quelle che non servono». Insomma, siamo o no anche in Italia sulla strada di Gordon Brown che qualche anno fa
voleva per Londra una «costituzione con
diritti e responsabilità» in base alla quale i pazienti, per ricevere le cure a carico
dello Stato, dovrebbero partecipare alla
prevenzione delle malattie? «A noi italiani fa un po’ orrore, e credo giustamente, la prevenzione per imposizione “perché altrimenti non ti curo”. Però ti educo. Quando tu hai una popolazione che
Rosso di bilancio e costi standard
Intanto, mentre apprendiamo che solo
nella sanità il gasolio per il riscaldamento e la lavanderia costano circa 5 miliardi, da settimana scorsa in Campania risultano cessate le erogazioni non a pagamento di servizi sanitari fondamentali.
«È una situazione purtroppo ricorrente
nelle regioni in cui è in corso un piano
di rientro. Queste solitamente chiudevano le erogazioni a settembre-ottobre e poi
andavano a debito fino a dicembre. Adesso con i costi standard, i sistemi di flessibilità e associando criteri di efficienza,
quasi tutte le regioni sono in equilibrio
di bilancio. Però rimane il problema di
come garantire i livelli essenziali di assistenza. Perché non possiamo permettere
che i cittadini non abbiano accesso a cure
fondamentali».
A dire il vero rimane il problema del
“rosso di bilancio”, certificato dalla Corte dei Conti e documentato dalle anticipazioni del ministero dell’Economia e
finanza (articolo 2 dl 35/2013) alle regioni come la Campania per pagamenti dei
debiti sanitari (e non sanitari) ai loro fornitori. «Sì, ma forse fatta eccezione per
il Lazio, tutte le regioni commissariate stanno rispettando i piani di rientro
e hanno raggiunto l’equilibrio di bilancio». Però la Lombardia è in pareggio dal
2001. Non so se mi spiego. «D’accordo. Ma
c’è anche una spiegazione. Rispetto alle
altre regioni benchmark la Lombardia è
quella che nell’ultimo decennio ha sviluppato in maniera più aggressiva sia la
ricerca scientifica sia l’innovazione tecnologica. La sanità lombarda non è solo
erogazione di prestazioni, è anche grande ricerca legata alla straordinaria platea
di Ircss e all’alta concentrazione di produzione scientifica». Ha avuto modo di
farsi un’idea della recente riforma della
sanità lombarda? Sembra che, per esempio in tema di “medicina territoriale”,
ancora una volta la Lombardia indichi
una strada interessante a livello nazionale. «Direi che è una buona legge a cui
abbiamo lavorato insieme e a cui credo
noi abbiamo contribuito con un lavoro
di cesello. D’altra parte io stessa ho presentato una legge di riforma della ricerca biomedica che introduce meccanismi
di tipo anglosassone e mi ha molto aiutato anche Mario Melazzini, assessore lombardo e capo della commissione ricerca
del ministero. La sanità rappresenta il 12
per cento del nostro Pil e siamo il secondo hub europeo, dietro la Germania, sia
nel settore farmaceutico, sia nel medical
device. Potremmo tranquillamente diventare i primi, superando i tedeschi».
Sui costi standard siamo però ancora alla prima parte della legge Calderoli,
alla individuazione delle tre regioni campione e redistribuzione dei fondi sulla
base della media di spesa. «La sanità è praticamente l’unico comparto che ha prodotto risparmi enormi. Alla fine del processo, il patto per la sanità digitale permetterà un risparmio di altri sette miliardi. Ma lo sa che non sappiamo quanti
sono gli autistici o i diabetici in Italia?
Non lo sappiamo, perché non abbiamo
una database nazionale. Quanto ai costi
standard, li abbiamo applicati nell’ambito più sensibile, quello della vita e della salute delle persone. Dovrebbe essere
applicato a tutta la pubblica amministrazione». A cominciare dalla scuola.
Renzi e la politica del fare
Quanto alla politica, mi pare che lei sia
l’unico esponente di Ncd che abbia detto
chiaro e tondo che alle prossime elezioni amministrative Ncd deve presentare
liste insieme al Pd. «La chiarezza non mi
fa difetto, ma c’è una precisazione necessaria: insieme al Pd se si fa a livello locale quello che sta facendo Renzi nel governo nazionale. Cioè una politica delle cose,
politica del fare. Vedi Jobs act, bonus
bebè, diminuzione delle tasse. Insomma,
le cose che servono. Con questo stesso spirito si deve andare alle elezioni per i sindaci. È un problema di coerenza. Secondo: noi stiamo vivendo una fase post ideologica. Piaccia o non piaccia, è così. Perciò, bisogna mettere al centro della propria azione cose concrete ma anche valori molto forti. Valori forti e concretezza nell’azione amministrativa. Questo è
il governo Renzi. La gente ha bisogno
come il pane di concretezza. C’è un disagio enorme nelle città italiane. Basta con
gli amministratori che pensano di fare i
premier. Se Renzi riproduce il modello
a livello locale, perché no, facciamo liste
con il Pd di Renzi».
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INTERNI LE NOVITÀ IN SANITÀ
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DI BENEDETTA FRIGERIO
Risparmiare
senza toccare
l’efficienza
base il problema della medicina difensiva, che è più di tipo culturale e giuridico che amministrativo», spiega Stefano
Carugo, cardiologo e consigliere regionale di Ncd in Regione Lombardia.
D
a quando l’elenco delle prestazioni
sanitarie soggette a «indicazioni di
appropriatezza prescrittiva» si è
allungato da 180 a 208, i camici bianchi
minacciano scioperi temendo uno svilimento ulteriore della propria professione. La lista, contenuta nella bozza del
decreto del ministero della Salute e che
attende solo il parere del Consiglio Superiore di Sanità, mira a ridurre le prestazioni sanitarie in eccesso per abbattere
gli sprechi. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha spiegato che dando
una forte stretta alla cosiddetta “medicina difensiva”, si potrebbero risparmiare
fino a 13 miliardi di euro.
Il diffondersi della cultura del “diritto alla salute” ha generato un cortocircuito: i medici, per evitare possibili denunce
da parte dei pazienti, hanno moltiplicano le prescrizioni diagnostiche e, in alcuni casi, sono arrivati a non prendersi in
carico pazienti troppo problematici. Gli
ultimi dati snocciolati dal ministero nel
marzo scorso attestano che il 77,9 per cento dei medici ha agito in maniera difensiva almeno una volta nell’ultimo mese (il
93,3 per cento è di età compresa fra i 32-42
anni). Il 58 per cento di loro ha deciso di
chiedere un consulto ad altri colleghi,
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sebbene non fosse necessario. Il 51,5 ha
prescritto farmaci nonostante li ritenesse inutili e il 24,4 ha invece fornito trattamenti non necessari. A escludere alcuni pazienti da determinate cure sono stati il 26,2 per cento dei medici intervistati, mentre il 14 per cento ha evitato procedure rischiose su pazienti che ne avrebbero potuto trarre giovamento. Il paradosso,
quindi, è che il “diritto alla salute”, sostituito a quello di “essere curati”, ha danneggiato gli stessi pazienti, producendo
l’abbandono terapeutico e moltiplicando
i costi farmaceutici e diagnostici.
Mario Melazzini, assessore alle Attività produttive di Regione Lombardia e
capo della commissione ricerca del ministero della Salute, spiega a Tempi che «gli
esami “inutili” costano al nostro paese
circa 13 miliardi l’anno: sono oltre 480
milioni le visite, 64 milioni in tutto gli
esami diagnostici, con oltre la metà dei
medici che ammette di prescriverne troppi». Ma può essere un elenco di 208 prestazioni soggette a «indicazioni di appropriatezza prescrittiva» a risolvere il problema? «Certamente no. Inoltre, tagli così
pensati colpiscono l’efficienza del sistema e vanno a discapito dei più deboli, dei
più poveri, senza per altro risolvere alla
Foto: Ansa
I tagli del governo rischiano di «precludere l’accesso
alle prestazioni sanitarie. Una strategia che va
a discapito dei più deboli. Per abbattere gli sprechi
adottiamo i “costi standard”». La voce dei medici
Un metodo controproducente
Ma andiamo con ordine. Raffele Latocca,
direttore dell’unità operativa di medicina
del lavoro presso l’ospedale San Gerardo
di Monza, riassume i contenuti del decreto precisando che si tratta di «un elenco
di prestazioni soggette a restrizione che
possono essere attivate solo in presenza
di condizioni di erogabilità oggettive e
di appropriatezza prescrittiva. Ad esempio, alcune prestazioni odontoiatriche
sono erogabili solo a soggetti di età compresa fra gli 0 e i 14 anni o a soggetti in
condizioni di vulnerabilità sanitaria e/o
sociale. Alcuni esami radiologici – Tomografia assiale computerizza (Tac) e Risonanza magnetica (Rm) della colonna cervicale-dorsale-lombare – potranno essere erogati solo a determinate condizioni,
come in patologie oncologiche accertate
o sospette, in complicanze post-chirurgiche e post-traumatiche, in patologie del
rachide – come le lombalgie – resistenti alla terapia e della durata di almeno
quattro settimane. Anche alcuni esami di
laboratorio, come il colesterolo ematico,
potranno essere erogati pagando esclusivamente il ticket e solo come screening
per le persone con età superiore ai 40
anni o con familiarità per dislipidemia o
con alto rischio cardiovascolare».
Il pericolo di una tale normativa,
secondo Federico Perno, direttore primario di virologia molecolare al Policlinico di Tor Vergata a Roma, «non sta tanto nell’obiettivo, ma nel metodo che può
rivelarsi controproducente: porre delle
condizioni per la prescrizione di analisi ed esami sulla base di princìpi teorici
astratti rischia di non garantire l’accessibilità alle prestazioni sanitarie anche laddove siano necessarie». È dello stesso parere Carugo, che ricorda le conseguenze sui
cittadini meno abbienti: «Nel decreto si
legge, ad esempio, che l’esame per il controllo del colesterolo è prescrivibile tramite la mutua solo ogni due anni, anche
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INTERNI LE NOVITÀ IN SANITÀ
se sono molti i casi in cui sono necessari
accertamenti più frequenti. In tale eventualità il medico ha comunque il dovere
di informare il paziente, che potrà curarsi
privatamente solo se il suo reddito glielo
permetterà». Melazzini ricorda però che
«la mancanza di risorse e gli sprechi esistenti sono due dati di fatto». Anche Latocca sottolinea che «il nostro sistema sanitario non regge più i costi, perché tende
a garantire tutto a tutti e soprattutto nel
passato non è stato fatto un controllo di
qualità e appropriatezza sulle prestazioni ambulatoriali specialistiche erogate.
Siamo probabilmente l’ultimo paese occidentale insieme all’Inghilterra ad avere
un sistema a “copertura universalistica”,
mentre in paesi come Francia, Spagna,
Germania e negli Stati Uniti la copertura delle prestazioni ambulatoriali specialistiche è garantita da assicurazioni sociali e/o private attivate e pagate dai singoli individui. E in un periodo di povertà di
risorse economiche come quello presente, se non si vuole passare a un sistema a
copertura assicurativa, bisogna necessariamente fare uno sforzo di ottimizzazione evitando gli sprechi».
Il modello lombardo
Una soluzione possibile per ridurre le prestazioni di “medicina difensiva”, secondo
Perno, è quella di elaborare «algoritmi
diagnostici per ogni patologia, in modo
che i criteri di prescrizione siano più precisi» e permettere al medico, «in caso sia
necessario, di prescrivere ulteriori esami giustificandoli». Melazzini ricorda poi
che Regione Lombardia è stata in grado
di ridurre gli sprechi senza colpire l’efficienza del sistema «favorendo lo sviluppo
di reti di patologia, ovvero di percorsi diagnostico-terapeutici consolidati, che permettono la messa in rete degli specialisti
e il trasferimento di conoscenza e innovazione». Un lavoro, continua l’assessore, «che nel tempo ha dato grandi risulta22
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ti: pensiamo soltanto, per citare un dato,
che in Lombardia si è generata nel tempo una stabilizzazione e una progressiva riduzione del tasso di ospedalizzazione, sceso dal valore di 177 per 1.000 residenti del 1997, al valore di 127 del 2010:
un decremento di quasi il 30 per cento».
Più in generale, Latocca è convinto
che sia «un errore ridurre lo spreco facendo un taglio trasversale della spesa sanitaria delle singole Regioni. In questo modo
il governo mette in ginocchio soprattutto sistemi di qualità ed efficienza come
quelli di Lombardia, Emilia Romagna
e Toscana. Andando avanti così rischiamo di appiattire le eccellenze, gli ambiti di qualità nelle cure ospedaliere e sul
territorio». Anche per questo il gover-
la prova a carico del medico. Ciò significa
che lo specialista deve pagare per dimostrare la sua innocenza, sebbene i dati
attestino che il 90 per cento dei casi si
concludono con l’assoluzione del medico.
Al paziente, invece, il procedimento penale non costa nulla. Motivo per cui interi
studi legali si sono specializzati nella difesa gratuita dei pazienti, obbligati a pagare solo in caso di vittoria.
Tutto ciò ha eroso la fiducia alla
base del rapporto medico-paziente, favorendo scenari come quelli già descritti nel 1980 dai due americani, teorici del diritto, Samuel Warren e Louis
Brandeis (quest’ultimo giudice della Corte Suprema), per cui «gradualmente lo
scopo dell’espandersi dei diritti legali è
SE UN MEDICO VIENE DENUNCIATO DEVE SPENDERE TEMPO
E DENARO PER DIMOSTRARSI INNOCENTE. QUESTO È UNO
DEI MOTIVI DELLA PRESCRIZIONE DI TANTI ESAMI CLINICI
natore del Veneto, Luca Zaia, ha criticato il decreto, spiegando che la soluzione
stava nell’introduzione dei “costi standard”, «che avrebbero risolto la questione
alla base, lasciando alle Regioni incapaci
l’onere di applicare nuove tasse per coprire gli eccessi di spesa». È dello stesso parere Carugo, perché «è solo ricavando un
costo unico dalla media dei prezzi pagati per le singole prestazioni in ogni Regione, che si ottiene un risparmio maggiore, costringendo ciascun sistema a pagare i propri sprechi e quindi a migliorarsi».
Il rapporto col paziente
Ma ancor prima che amministrativa la
via per ridurre costi e sprechi consiste
nella rimozione delle cause della medicina difensiva che, come ricordava Carugo,
sono di natura giuridica e culturale. La
cultura della “salute come diritto” ha prodotto e si alimenta di una normativa che
prevede, in caso di denuncia, l’onere del-
diventato il diritto a essere lasciati soli».
Per interrompere questo circolo vizioso,
continua Perno, «è necessario che l’onere
della prova sia a carico del paziente». Dal
punto di vista culturale, prosegue Latocca, serve che i medici «tornino a investire più tempo con i malati in termini di
educazione alla salute, evitando l’eccesso
di prescrizioni inutili». Mentre «i pazienti devono utilizzare il sistema sanitario in
modo corretto, evitando di “medicalizzare” tutti i loro disturbi o problemi, essendo più prudenti nell’effettuare contenziosi con i medici, spesso attivati senza motivi oggettivi di “malpractice”». Altrimenti saranno loro a rimetterci, «sopratutto
se poveri – spiega Carugo – o anziani. Di
fronte ai tagli e alla riduzione delle prestazioni diagnostiche, i medici saranno
costretti a farsi delle domande: a chi devo
dare la precedenza? Al paziente più giovane o a quello più anziano? Al più forte o
al più debole?».
n
VOSTRO ONORE
MI OPPONGO
CONSEQUENTIA
RERUM
RAgIONIERI E pREMIER
ACCUSE GRAVISSIME DALLA PROCURA DI CALTANISSETTA
La nostra aspettativa
di vita trionfale
e la «triste morte»
che ci attende
A Palermo mancava solo
l’associazione a delinquere
di stampo antimafioso
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L
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DI MAURIZIO TORTORELLA
dI pIER gIACOMO ghIRARdINI
e jeune homme et la mort è un classico della danza moderna. Un crogiuolo di genio artistico: libretto del romanziere e drammaturgo Jean Cocteau, coreografia (probabilmente la migliore) dell’allora ventiduenne
Roland Petit, sulla musica (scusate se è poco) della Passacaglia in do minore
di Bach (Bwv 582), orchestrata da Ottorino Respighi (l’arte dell’orchestrazione fatta persona, che ha eternato Roma in un’estatica luce impressionistica,
bimbi saltellanti al ma-quante-belle-figlie, traffico di birocci e antiche pietre
lisciate e sinuose come fianchi di donna sotto i pini dell’Appia).
Già alla seconda o alla terza variazione della Passacaglia di Bach, che
l’ascoltiate nella compostezza, comunque posseduta e incalzante, dell’originale per organo o nella definitiva epifania orchestrale di Respighi, si capisce
quello che, prima o poi, ci tocca di capire. Guardo l’espressione, sempre un
po’ grave, di Johann Sebastian, per ottenere smentita, ma der Kantor ci conferma: no, ragazzi, prima o poi dobbiamo morire… E la partitura che tiene
immancabilmente in mano sembra la lista con il nostro nome sopra.
Passacaglia: letteralmente il passare la calle, il girovagare. Nel “mimodrame” di Cocteau, il giovane uomo, creativo, artista, balla la sua di passacaglia,
struggendosi nell’attesa dell’amata, ma quando essa arriverà, bella e fatale,
avvinghiandosi a lui in una danza macabra e sensuale, braccia e gambe come vorticanti lancette di orologio impazzito, rivelerà che il tempo dell’attesa ha consumato ormai tutto il tempo: lei è la morte. Se vi capita, andatevi a
rivedere l’interpretazione di Zizi Jeanmaire e Rudolf Nureyev o quella di Mikhail Baryshnikov nel film White Nights.
Orbene, secondo la più recente tavola di mortalità italiana elaborata
SUL CORSERA
dall’Istat
(riferita al 2013), la speranza di vita di un quarantenne italiano è
MIChELE SALvATI,
pari a poco meno di 41 anni (40,914 anni per la precisione): in media, che
pRESAgENdO LA si tratti di un ragioniere o del presidente del Consiglio, costui ha davanti al«vITTORIA fINALE» trettanta vita di quella che ha vissuto. Naturalmente la tavola non incorpodELLA RIfORMA dEL ra i lenti progressi della sopravvivenza. E poi, ça va sans dire, si tratta di una
SENATO, S’è MESSO A media. C’è chi nasce con la camicia e chi no.
Giorni fa, sul Corriere della Sera, Michele Salvati, presagendo (facile vapARAgONARE RENzI ticinatore) la «vittoria finale» della riforma del Senato, ha iniziato a tributaA dE gASpERI. re all’attuale inquilino di Palazzo Chigi onori che non furono concessi né a
IN QUESTO CLIMA Pompeo Magno né a Cesare, avanzando il paragone con Alcide De Gasperi –
dI hUMILITAS, non se la prenda monsignor Galantino!
In questo clima di humilitas, figurandomi incatenato al carro del vincipENSO AL COMUNE tore come un prigioniero ligure apuano, penso al comune destino della stirdESTINO dELLA pe degli uomini «che la triste morte attende», come scrive Tolkein, e che doSTIRpE dEgLI UOMINI vrebbe temperarne il giudizio, le parole e le azioni.
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È
autunno, e piove disperatamente sull’Ufficio misure di prevenzione antimafia di Palermo, il delicatissimo organismo cui spetta nominare gli amministratori giudiziari che devono gestire beni, patrimoni, società sequestrate
a soggetti indagati o in qualche modo sospettati di contiguità con la criminalità organizzata.
La Procura di Caltanissetta, competente sui reati attribuiti ai magistrati palerire i loro vitalizi» e criticato apertamente
mitani, indaga su quello che, dalle cronache fin qui uscite, pare uno dei peggiori
l’operato del Tribunale di Palermo.
verminai nella storia della Repubblica. Si legge di magistrati indagati; di incarichi
La risposta era stata brutale: la presiaffidati sempre agli stessi professionisti; di stipendi e parcelle ultramilionarie che
dente della Commissione antimafia, Rogli amministratori delegati dal Tribunale attribuiscono a se stessi o a consulenti
sy Bindi, aveva convocato il prefetto in
vicini; di aziende gestite malissimo; di favoritismi e intrecci d’ogni genere. Ovviaun’audizione trasformatasi quasi in promente, si sospettano tangenti.
cesso, sottolineando il rischio che Caruso
Un vero disastro, insomma: di malagiustizia, d’immagine, e anche economico.
avesse potuto «delegittimare i magistrati
Perché i beni sequestrati alle organizzazioni criminali messi tutti insieme valgono
e l’antimafia stessa». La stessa Associazio30 miliardi di euro, chi dice addirittura 40. Potrebbero e dovrebbero produrre ricne nazionale magistrachezza, da restituire agli enti locali o alti aveva isolato il prefetla giustizia stessa, notoriamente afflitta
I bENI SEqUESTRATI AI CLAN CRIMINALI
to con un comunicato
da penuria: si tratta di ipermercati, cliniVALGONO TUTTI INSIEME 30 MILIARDI
che oggi grida vendetta:
che, ristoranti, residence, distributori di
DI EURO, FORSE 40. POTREbbERO PRODURRE «I magistrati della seziobenzina, villaggi turistici, fabbriche, fatne misure di prevenziotorie, allevamenti… Al contrario, le indaRICChEZZA DA RESTITUIRE AGLI ENTI
ne e i loro collaboratori
gini raccontano tutt’altro. Si intravvedoLOCALI O ALLA GIUSTIZIA STESSA.
operano in difficili conno solo abusi, soprusi, ruberie.
MA LE INDAGINI SULL’UFFICIO PREPOSTO
dizioni, conseguendo riDICONO IL CONTRARIO: SI IPOTIZZANO
Il “premonitore” messo alla sbarra
sultati di assoluto rilievo
SOLO AbUSI, RUbERIE, CORRUZIONE
(…). Chiunque ricopre inI magistrati di Caltanissetta a metà setcarichi istituzionali (cioè
tembre hanno iscritto nel registro degli indagati tre colleghi palermitani e in
zionale beni confiscati di Reggio Cala- Caruso, ndr), ha il dovere di denunciare
particolare il presidente dell’Ufficio mibria, il prefetto Giuseppe Caruso, già eventuali illeciti alla competente autorisure di prevenzione, Silvana Saguto, in
segnalava alla Commissione parlamenta- tà giudiziaria e dovrebbe astenersi dal riquell’incarico dal 1994. I reati ipotizzare antimafia che «i beni confiscati sono lasciare dichiarazioni pubbliche non supti sono gravi: corruzione, induzione inserviti, in via quasi esclusiva, ad assicura- portate da elementi di riscontro».
Nel giugno 2014, anche per quelle padebita a dare o promettere utilità, abure gli stipendi e gli emolumenti agli amso d’ufficio. Saguto non si è dimessa, ha
ministratori giudiziari, perché allo Stato radossali polemiche, Caruso aveva lasciachiesto di essere trasferita ad altro uffcio
è arrivato poco o niente». Più di recen- to la guida dell’Agenzia. Oggi dice: «Adesdello stesso Tribunale, e ora si occupa di
te, nel marzo 2014, Caruso aveva critica- so c’è qualcuno che si dovrà difendere
penale.
to «gli amministratori giudiziari intocca- e qualcun altro che si dovrà dimettere».
Il 18 gennaio 2012, quasi quattro anbili», professionisti che «hanno ritenuto Per ora non lo ha fatto nessuno.
ni fa, l’allora direttore dell’Agenzia nadi disporre dei beni confiscati per costruTwitter @mautortorella
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CULTURA
DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA
InsIde Out
una ragazzina
e la sua nuova vita
Nei cinema italiani
da metà settembre,
Inside Out è il nuovo
lungometraggio di
animazione della
Disney Pixar. Il
film, diretto e sceneggiato da Pete
Docter (nome caro a
moltissime famiglie
di tutto il mondo
per aver firmato
capolavori come Up
e Monsters & Co.),
racconta la storia di
Riley, una ragazzina
del Midwest statunitense costretta a
rinunciare alla vita a
cui si è affezionata
per trasferirsi a San
Francisco, dove il
padre ha un nuovo
lavoro. Riley cerca di
adattarsi a questo
grande cambiamento,
ma le emozioni dentro di lei sono in agitazione: mentre Gioia
cerca di affrontare la
nuova casa, la nuova
scuola, la nuova
città e la nuova vita
guardando solo il
lato positivo di tutto,
Tristezza, Rabbia,
Paura e Disgusto non
sono d’accordo…
Che soddisfazione, in un mondo che ha ucciso le emozioni
con la mania del “controllo”, guardare la Rabbia che prende
a pugni un tavolo, la Gioia impazzita, il Disgusto schifato
davanti al broccolo. E soprattutto il contagio della Tristezza.
Abbiamo mandato Risé al cinema a vedere Inside Out
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DI CLAUDIO RISÉ
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Foto: ©2014 Disney•Pixar. All Rights Reserved.
La rivincita
dei colori
LAVA
uku e Lele, l’amore
che dura millenni
In molte sale la
proiezione di Inside
Out è preceduta da
Lava, cortometraggio
musicale prodotto
nel 2014 sempre
dalla Pixar, che narra
la singolare “storia
d’amore” millenaria
tra due vulcani, il
vecchio Uku e la
giovane Lele. I due si
incontreranno sulle
note di una canzone
C
hissà perché il mio amico Luigi Amicone mi ha chiesto se avevo per
caso voglia di venire a vedere questo Inside Out. Certo che ho voglia! Mi serviva solo una scusa decente per scaraventarmi fuori casa dopo una giornata difficile. A renderla tale non era la condivisione del dolore degli altri, sempre un grandissimo dono, ma la fatica a sbrogliare il
gusto dell’intorcinamento mentale, l’idolatria dei concetti astratti (povere approssimazioni, le chiamava Jung), la devozione agli slogan di massa di moda in quel
momento. Quindi benvenuto Inside Out.
Ed eccomi al “Colosseo”, il vecchio cinema sotto casa dove mi bevevo da ragazzino le visioni del vecchio Walt Disney, le
sue primavere con la natura che si risveglia dopo la neve, i coniglietti con le noci,
e tutto il resto. Dopo di lui di cartoni animati non ho più voluto vedere niente, ho
smesso circa mezzo secolo fa, quando hanno cominciato a metterci uomini e donne
vere o quasi, con giacca e cravatta, gonne.
Non ho retto la fine dell’Incanto.
Vorrei dunque sognare, un po’. Qui, in
fondo a paeasaggi molto disneyani, cielo
boschi verdissimi e il mare sotto, ecco in
mezzo alle acque il Vulcano (scusate, quasi
nessuno ne ha detto niente, non fa notizia,
ma non per me). Un vecchio vulcano rugosissimo e bonario, dall’aria sognante, che
inaspettatamente si mette a cantare: «La
cosa che sogno di più/ è che accanto a me/
ci sia anche tu». Perché la vita è andata via
senza nemmeno una vulcanina, e lui, prima di sprofondare negli abissi, proprio
quella vorrebbe. Capite? In piena fabbrica
dei divorzi, singleness, gender e quant’altro, il decrepito vulcano vuole la vulcanina! Che però pare proprio non ci sia. Il
vecchio canta tra le rughe, ma non succede niente. O così pare. Invece, in fondo al
mare… c’è lei, la Vulcanina (davvero carina, anche se per ora parecchio sommersa).
Che ha ascoltato tutto e dopo… Non sto a
tediarvi. Ma il vecchio in poltrona, cioè io,
è già conquistato. Niente scemenze cervellotiche, c’è quel che conta. L’amore, la
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CULTURA DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA
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DI MARTINO CERVO
Il magistero
dei mentecatti
Uno spettacolare, indispensabile viaggio
per immagini dentro l’ospedale psichiatrico
di Limbiate. Dove la carne diventa catechismo
morte, il maschile, il femminile, il bosco,
il cielo, il mare. Cinismo zero, sentimenti
a mille. La vita presente eccome. E in tempi di provette e brevetti di esseri umani, va
già molto bene. Sono a posto.
Non è la solita roba americana
Arriva Inside Out. Tutti vi hanno già raccontato quanto sia forte l’undicenne Riley,
positiva la sua mamma, simpatico il suo
svagato papà. Il quale è un vero eroe in
confronto al papà medio di qualsiasi produzione americana. Anche se a un certo
punto una delle emozioni che cercano di
nutrire la vita di Riley guardandolo esploderà: «Oddio, ha di nuovo quell’espressione ebete». Ma è proprio la parte del bravo padre, quella di andare più piano delle
emozioni. Effettivamente, però, è vero che
i protagonisti del film sono soprattutto
loro, le emozioni, che dalla loro consolle/
quartier generale cercano (non mi sembra
neppure con gran successo), di “controllare” la vita di Riley. Che, come gran parte delle undicenni davvero forti, fa moltissimo per conto suo. Dunque, le emozioni: Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto, Rabbia. Può sembrare la solita roba americana di consumo, zero sentimento, niente pensiero, comandano le emozioni. E
quando un’undici-dodicenne ha fame si
fa di McDonald’s e siamo fritti come le sue
discutibili patatine.
Non direi che siamo da quelle parti.
Anch’io a suo tempo (anni ’90 e oltre) mi
sono profondamente annoiato per lo straparlare psicologico di “intelligenza emotiva”, finalizzata a “controllare le emozioni” e “sviluppare competenze” (naturalmente sempre emotive), a fine di aumenti
di stipendio. Ero anche preoccupato, perché pensavo: se si continua a vederle così,
per controllarle e “sviluppare competenze”, va a finire che le emozioni si ammalano, poverette. Infatti. Secondo me – e
secondo la maggior parte dei colleghi che
con me lavorano – il guaio oggi non è lo
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strapotere delle emozioni, ma il fatto che
non ci siano quasi più. Nessuno che prenda a pugni un tavolo come fa Rabbia (rosso, basso e inquartato, grande casinista), o
che sia gioiosamente pazzoide come Gioia,
radicalmente pessimista come Paura (che
a un certo punto esclama: «Ottimo, oggi
non siamo morti»), schifato come Disgusto davanti al broccolo, esausto e contagiosamente melanconico come Tristezza (che
quando tocca un bel ricordo, lo rompe).
Tutti neutri, beneducati, che non si capisce cosa pensino. Un vero guaio, anche per
la psiche. Che senza emozioni si spegne.
Onore alla Selva
Per Riley infatti (e nel film lo si vede benissimo) il guaio è quando rischiano di spegnersi le emozioni. Quando lei, per opportunismo, convenienza, condiscendenza
(anche verso papà e mamma), non dice la
verità. Cerca di stare al gioco di Gioia e di
“pensare positivo” perché è così che si fa,
ma poi si sente morire. Solo quando Gioia capisce che non ha più cartucce e deve
lasciar fare alla disfattista Tristezza la sua
parte (decisiva nell’adolescenza), le cose
vanno a posto. Ed è toccante, e molto psicologico (nel senso forte di un sapere con
aspetti anche molto deboli), che tutto accada attraverso fatti, eventi, immagini, niente ragionamenti. In compenso molte battute fulminanti più di noti trattati, tipo:
«Le emozioni non possono squagliarsela»;
oppure: «Il subconscio… dove portano tutti i piantagrane»; o anche: «Addio amicizia,
benvenuta solitudine», che naturalmente è
un impietoso commento di Tristezza.
Il finale, poi, è quello dei miei libri più
cari. Non si può mollare il Mondo Selvatico, dove parlano gli istinti e la creazione
(qui il Minnesota), per la Civilizzazione di
maniera (qui San Francisco, che in realtà è
bellissima, tra oceano e boschi di sequoie,
ma fa niente). Si onori la selva e anche le
emozioni funzioneranno senza fare troppo casino. Ciao Luigi!
n
Per acquistare Anime prigioniere è possibile
rivolgersi direttamente agli sportelli della
redazione de il Cittadino, che ha realizzato il
volume in collaborazione con l’Asl di Monza
e Brianza. La sede del giornale è a Monza
in via Longhi, 3. Indirizzo e-mail: [email protected]. È necessario indicare la
causale «acquisto n. copie libro corberi anime
prigioniere» e allegare copia della ricevuta di
versamento. Il prezzo di ogni copia è 25 euro,
la spedizione costa 6 euro. Questi i riferimenti
bancari: Banca di Credito Cooperativo,
Iban IT 98 V 0844032730000000296265
Che senso AVreBBero
QuesTe VITe fuorI dA
QuI? eCCo, denTro Lo
sCAndALo deL CorBerI
s’InnesTA un ALTro
MIsTero, QueLLo
dAnTesCo deLL’AMore
Sabato 3 ottobre alle ore 17 sarà presentato nell’ambito della 35esima edizione di
Expo Brianza, a Bovisio Masciago, Anime
prigioniere. Volti e storie del Corberi. Il
libro, un viaggio dentro lo storico “presidio di riabilitazione” di Limbiate dedicato
alle persone affette da disturbi psichiatrici,
contiene 150 fotografie di Sergio Caminata (una selezione delle quali è riprodotta in
queste pagine) e testi di Matteo Rigamon-
ti. Pubblichiamo di seguito la prefazione
di Martino Cervo, direttore del Cittadino
di Monza e Brianza, editore del volume.
A
Corberi si dovrebbe
attaccare un cartello. Lo stesso che
Dante aveva messo alle porte
dell’Inferno: «Giustizia mosse il mio alto
fattore/ fecemi la divina podestate,/ la
somma sapïenza e ’l primo amore». Nel
gli ospiti del
più nero degli abissi senza tempo, all’ingresso del frutto più maturo del male, il
Poeta incastrava un crescendo di bellezza:
potestà divina, somma sapienza, primo
amore. A Limbiate, nascosta nel verde placido di una Brianza tra le meno vicine al
suo stereotipo laborioso e produttivo, questa fetta di inferno apparente è bellissima.
Non che manchi il dolore: ogni finestra,
ogni muro, ogni faccia, piange della fati|
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CULTURA DIETRO LE QUINTE DELL’ANIMA
QueSTA GenTe vA GuARdATA peR un SempLICe
mOTIvO: è uTILe. LA dOmAndA SuL SenSO deLLA
LORO vITA è unA dOmAndA SuLLA nOSTRA
IL FOTOGRAFO
Sergio Caminata
Reporter, regista e
fotografo di fama
mondiale, Caminata
ha realizzato campagne per case di moda
del calibro di Armani,
Valentino e Fendi.
Fertile anche la sua
passione per l’Africa,
dalla quale sono
nati due libri (oltre a
copertine di romanzi
di tre premi Nobel).
Per realizzare le foto
di Anime prigioniere
ha “vissuto” al Corberi
per diversi giorni
ca di vite – migliaia nei decenni, 118 oggi
– che senza particolari cattiverie si potrebbero tranquillamente espungere dal novero delle esistenze “vere e proprie”. Perché la prima cosa da fare è levarsi il finto
pudore: al Corberi c’è gente che non parlerà mai, non camminerà mai, non capirà
mai, non mangerà mai. Ci sono ex modelle inchiodate da 20 anni a un letto che ne
ha distrutto ogni possibilità di bellezza; ci
sono persone che guardano senza vedere;
signore che viaggiano appese a una specie di sacchettone blu, dove vivono accoccolate come un bimbo nella sporta bianca
serrata nel becco dalla cicogna dei fumetti; tizi simili agli egizi delle pergamene,
con le braccia innaturalmente tese da una
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parte e le gambe e il profilo dall’altra, senza più neanche l’intenzione della postura
che fa dell’uomo un uomo.
Quelle domande radicali
Via il pudore, dunque: che senso avrebbero queste esistenze fuori da qui? Che senso avrebbero vite sottratte anni fa alla cura
delle famiglie d’origine? Sarebbero capaci, adesso, di vivere oltre il Corberi? Ecco,
dentro questo scandalo si innesta un altro
mistero, quello dantesco dell’amore. Giorgio Gaber la metteva giù così, con l’insistenza cattiva della verità che è l’unica ad
andare al fondo delle cose:«Ma in ospedale, dove la perdita è totale/ dove lo schifo che devi superare/ è quello di aiutare
un uomo a vomitare,/ dove non c’è più
nessuna inibizione/ dal vomito al sudore
alla defecazione,/ allora salti il piano, se
lo sai saltare,/ ed entri in un altro reparto
dell’amore» (Gildo, 1982). Il Corberi pianta nell’anima un bivio: o si salta il piano,
oppure si ha il coraggio di dire che le vite
dei suoi pazienti, i milioni del contribuente spesi per custodirle, il lavoro di chi timbra il cartellino ogni mattina lì dentro,
sono senza senso. Il bivio è in realtà già
incastonato nello squallore della nostra
sopravvivenza quotidiana, solo che a Limbiate è più difficile fingere che non sia
così. Però aiuta a percorrerlo il riconoscere
che il salto è umanamente possibile, e che
qui l’inferno si tramuta in qualcosa d’altro: il reparto dell’amore c’è, ed è fatto del
mistero della cura, della pazienza, dell’incredibile stupore nel sorriso di un paralitico che il genio di Sergio Caminata ha messo in immagini meglio di quanto le parole
storpie che leggete possano fare.
Questi pazienti sono da guardare per
un motivo semplice: è utile. La domanda
sul senso della loro vita, dal più allegro
dei vecchietti senza denti al più tremendo degli allettati, coi guanti per non graffiarsi, legato al letto, con due tubi infilati
nel corpo per buttarci dentro aria e cibo, è
una domanda sulla nostra, come ha spiegato il cardinale Scola nell’omelia pronunciata a fianco dei padiglioni. Li vedi lì,
e un istante dopo hai l’incombenza ineluttabile di chiederti: ed io, che sono? Chi mi
vuole bene? A chi ne voglio? Perché vivo?
Cos’ho, cos’ho davvero, più di loro, dentro la stoffa che costituisce il mio essere?
E cos’hanno loro meno di me?
La sacra corporeità
Chi si mettesse a dare risposte definitive
sarebbe quasi violento quanto chi negasse
le domande a priori. C’è però un fatto: se
esiste, nella storia, un avvenimento dopo
il quale la corporeità umana, dall’esplo-
sione della sua bellezza fino al ribrezzo
del suo sfarsi, può essere abbracciata dalla
tenerezza anche iconica e fotografica, questo avvenimento è il cristianesimo. Non c’è
cultura al mondo dove la carne, poiché
abitata da Dio, si sia resa catechismo, cattedra, spettacolo. In fondo sta qui l’origine
del rigetto di ogni iconoclastia. Dal primo
incurvarsi del ventre di una futura madre
all’ultimo refolo in petto a un vecchio che
muore, c’è un punto nella vicenda umana
a partire dal quale la vita ha preso a rendersi sacra, sempre e per sempre.
Il Corberi è uno degli infiniti modi in
cui questa esperienza, questa possibilità
di concepire l’esistenza, ha preso forma, si
è fatta lavoro, opera, cultura: ecco perché
i suoi “mentecatti” (non suoni offensivo,
è il termine letterale più corretto: persone cui è stata tolta la mente) sono da guardare. Questo posto è, con chi lo abita, una
lezione; e queste pagine un piccolo tentativo di invito all’ascolto.
n
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CHIESA
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ASPETTANDO IL SINODO
DI FRANCESCO AGNOLI
Sposati e sii
sottomessa.
Alla ragione
Francesco ha aperto una strada ai casi di “nullità”.
Ok alla pastorale. Ma nessun dubbio sul sacramento.
Così, dall’Africa al Vietnam, la Chiesa viva è pronta
a sfidare il pensiero debole del “divorzio cattolico”
L
a convinzione che molti matrimoni oggi
celebrati in chiesa siano nulli, accomuna Marcel Lefebvre (che oltre 40
anni fa metteva in guardia da ciò, e invocava un processo rotale più veloce), a
Benedetto XVI e papa Francesco. Su come
rendere possibile l’identificazione, spesso non facile, della nullità, attraverso la
modifica del processo matrimoniale, forse i tre non si sarebbero trovati d’accordo.
Ma perché tanti casi di nullità? Perché il
matrimonio in chiesa è un contratto tra
due persone, gli sposi, che sono anche i
ministri del sacramento. Affinché il contratto sia valido non occorre certo la santità degli sposi e neppure, di per sé, la fede
cattolica, ma il pieno consenso dei due
contraenti riguardo ai “sì” che andranno a pronunciare. Occorre cioè la volontà originaria di vivere un’unione fedele,
indissolubile e aperta alla vita. Tra i vari
capi di nullità previsti dal codice di diritto canonico infatti vi sono la simulazione
totale («si nega la coniugalità del proprio
consenso, da cui non si vuole far derivare alcun obbligo, bensì solo qualche vantaggio estrinseco, per esempio di natura
sociale o patrimoniale») e la «simulazione
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parziale, in cui il soggetto vuole il matrimonio, ma lo priva positivamente di un
suo elemento o proprietà essenziale», ad
esempio escludendo a priori il bonum
prolis, cioè la prole, e l’unità e indissolubilità del matrimonio. Questo significa
che per la Chiesa, unità, indissolubilità e
apertura ai figli sono le condizioni naturali, che ogni uomo, cristiano o meno, può
riconoscere previamente come costituenti
una nascente unione vera e buona.
Dove sta allora il problema? Che ciò
che per la Chiesa è di diritto naturale,
oggi, per il pensiero comune, è talvolta
innaturale, illogico, assurdo. Quanti tra
coloro che si sposano in chiesa, per fare
un favore alla mamma, alla sposa, allo
sposo, oppure persino perché si ritengono cattolici, escludono a priori l’apertura ai figli, e considerano l’indissolubilità
assurda e impraticabile? Ricordava alcuni anni fa Benedetto XVI che l’«accentuato soggettivismo e relativismo etico e religioso» della cultura contemporanea ritiene che «legame che duri per tutta la vita
(…) non corrisponda alla natura dell’uomo e sia piuttosto in contrasto con la sua
libertà e autorealizzazione».
Analogamente, nel 2013, il cardinal
Müller affermava: «La mentalità contemporanea si pone piuttosto in contrasto
con la comprensione cristiana del matrimonio, specialmente rispetto alla sua
indissolubilità e all’apertura alla vita.
Poiché molti cristiani sono influenzati da tale contesto culturale, i matrimoni sono probabilmente più spesso invalidi ai nostri giorni di quanto non lo fossero in passato». Cerchiamo di esemplificare: un matrimonio in cui lo sposo fosse
intenzionato a non avere figli e imponesse alla moglie, in vario modo, la rinuncia a essi, sarebbe per la Chiesa del tutto
nullo; così come un matrimonio in cui si
scoprisse che la moglie, mentre si sposava, aveva un amante: impossibile ipotizzare che credesse nell’unicità del matrimonio chi, mentre pronunciava i suoi sì,
viveva in modo del tutto opposto alle sue
dichiarazioni. Se siamo rigorosi nel seguire questo ragionamento, due cattolici che
si sposano in chiesa credendo che il divorzio sia un’opzione praticabile, giurano il
falso e celebrano un matrimonio nullo. Il
che succede, forse non di rado.
Rifiutare di dare il sacramento?
Se tutto questo è vero, per la Chiesa non
basta riconoscere in linea generale che
i matrimoni nulli sono effettivamente
molti; occorre capire come poterlo dimostrare, nei singoli casi. Qui si apre appunto il dibattito su quale sia il giusto processo matrimoniale. Ma, dopo il Motu proprio del Papa, qualunque cosa uno possa
pensare, una strada si è intrapresa.
Il Sinodo sulla famiglia dovrà partire
da qui: i matrimoni nulli oggi sono molti;
riconoscerlo nei singoli casi, previa onesta indagine, non è tanto un problema
di misericordia, ma di giustizia. Risolvere i problemi dei matrimoni già contratti, però, per quanto doveroso, non è sufficiente: intasare i tribunali, perché la nullità è diffusa, rischia di creare l’idea di
un “divorzio cattolico” e ampliare ancora maggiormente il fenomeno. È qui,
appunto, che il Sinodo può dire qualcosa di interessante: proprio la nullità di
molti matrimoni passati deve spingere a
tornare anzitutto a spiegare ai cattoli|
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SCHIESA ASPETTANDO IL SINODO
.IT
Scola: «Il matrimonio è “per sempre”,
non si fonda sulla sabbia della volontà»
ci cosa è davvero il matrimonio. Occorre cioè che la Chiesa faccia una pastorale dei fidanzati seria, attenta, premurosa.
Cosa sia il matrimonio, lo ha già detto Cristo, e lo ha ribadito la Chiesa per duemila
anni. Come annunciarlo ai giovani, come
aiutarli a comprenderlo, a prepararlo, a
viverlo è compito, appunto, della Chiesa,
della sua dimensione educativa e pastorale. Non tanto a parole, quanto con i fatti. Ad esempio, al fine di evitare il ricorso
ai tribunali come qualcosa di ordinario, e
per tutelare la sacralità del matrimonio,
sarebbe opportuno rifiutare, come spiegavano i vecchi manuali di teologia morale, il sacramento quando non vi sia negli
sposi una motivazione, per quanto umanamente rilevabile, vera. Non ha infatti
alcun senso continuare a sposare in chiesa chi al matrimonio non crede.
Accanto a una seria pastorale per i
fidanzati – questa è l’opinione di chi scrive – la Chiesa dovrebbe poi impegnarsi ad
aiutare maggiormente le coppie in difficoltà: ad esempio istituendo punti di ascolto in ogni parrocchia, visto che spesso, per
Intervistato dal Corriere della Sera, l’arcivescovo di Milano, il cardinale
Angelo Scola, a proposito del recente provvedimento sulla nullità matrimoniale e
la questione della riammissione alla comunione dei divorziati risposati, a una precisa domanda, ha affermato: «Resta una differenza qualitativa tra i due problemi.
Un conto è snellire la verifica di nullità, cosa che il Santo Padre ha già fatto con
il Motu proprio, un conto è riammettere alla comunione sacramentale i divorziati risposati, perché la verifica della nullità non ha mai un esito scontato. Se si
appura che il matrimonio c’era, c’è. Il rapporto tra Cristo e la Chiesa, entro il quale
i due sposi esprimono davanti alla comunità cristiana il loro consenso, non è un
modello esteriore da imitare. È il fondamento del matrimonio che nasce. Io, sposo,
non potrei mai fondare il “per sempre”, l’indissolubilità, sulle sabbie mobili della
mia volontà. E come posso fidarmi in maniera definitiva che mia moglie mi sarà
fedele sempre? Cosa succede nel consenso reciproco espresso all’interno dell’atto
eucaristico? Che io voglio il dovere del “per sempre” e decido non sulla base della
mia fragile volontà, ma radicandomi nel rapporto nuziale tra Cristo e la Chiesa. È
questo che, attraverso il sacramento, fonda il matrimonio».
E sulle unioni omosessuali, Scola spiega: «Ho già detto che nel riconoscimento pieno della dignità personale di quanti provano attrazione per lo stesso sesso anche
noi cristiani siamo stati un po’ lenti. Ma la famiglia è qualcosa di unico, con una
fisionomia molto specifica, legata al rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo
e una donna. Non reputo conveniente una legislazione che, nei princìpi o anche
solo nei fatti, possa produrre confusione a questo livello. Tra l’altro non sono molto
convinto che lo Stato debba occuparsi direttamente di queste cose e sono anche
un po’ seccato di fronte a questo Parlamento europeo, perché non ha il diritto di
premere sui singoli Stati in favore di una normativa in campo etico».
Per questo, conclude l’arcivescovo, i cattolici dovrebbero far sentire di più la
propria voce «attraverso la testimonianza, anche pubblica, del bell’amore. Bisogna
distinguere bene la questione delle unioni omosessuali dalla famiglia, essendo però
estremamente attenti al percorso che le persone con questa attrazione compiono».
SArEbbE opportuno rIfIutArE IL SACrAmEnto quAndo
non vI SIA nEgLI SpoSI unA motIvAzIonE vErA. non HA
SEnSo SpoSArE In CHIESA CHI non CrEdE AL mAtrImonIo
salvare un legame coniugale (e i figli che
vi sono coinvolti), bastano un po’ di ascolto e di sostegno.
Rimane una domanda: quale pastorale per i divorziati risposati? Riconosciuti con serietà i casi di nullità, proprio per
rispetto al Vangelo, alla ragione, alla coerenza, tale pastorale non può divenire
semplicemente un altro modo per annullare de facto matrimoni non nulli, rendendo quindi la nullità universale, e stravolgendo così, senza dirlo, la dottrina.
La pastorale dei divorziati risposati deve
essere dunque il modo di accompagnare e
stare vicini alle persone che, pur in quella
situazione, vogliono ugualmente partecipare in qualche modo alla vita della Chiesa, magari anche per i loro figli. Senza
dire che il bianco è nero e il nero è bianco, in nome di una malintesa misericordia di cui gli stessi interessati potrebbero,
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se coscienziosi, scandalizzarsi. Anche perché una “pastorale” di questo tipo annullerebbe in un sol colpo sia la necessità dei
processi per annullamento (a cosa servono, se risposarsi è di per sé lecito?), sia la
necessità di impegnarsi con i fidanzati e
con le coppie in difficoltà (perché farlo, se
ogni scelta è di per sé buona?).
La strada dell’impegno
La strada del disimpegno pastorale, indicata da alcuni (pochi) padri sinodali, è molto meno affascinante di quella
dell’impegno, di cui sono portatori credibili tanti pastori che hanno a cuore la
famiglia, in particolare quelli che vengono dalle periferie. Monsignor Paul Bui
Van Doc, arcivescovo di Hô Chi Minh,
durante il sinodo sulla famiglia del 2014
ha ricordato che in Vietnam si praticano
1.600.000 aborti all’anno, dei quali 300
mila da parte di giovani fra i quindici e i
diciannove anni: solo la ricostruzione di
famiglie cristiane può rendere meno disumana una simile civiltà.
Dal canto suo, il cardinal Robert Sarah
– esponente di spicco dell’episcopato africano, chiamato da papa Benedetto XVI a
occuparsi dei poveri e a dirigere il Pontificio Consiglio Cor Unum, e da papa Francesco a guidare la ancor più prestigiosa
Congregazione per il Culto divino –, nel
suo bellissimo Dio o niente (Cantagalli)
ricorda come gli attacchi alla famiglia
siano oggi fortissimi, sia attraverso la diffusione dell’ideologia gender sia attraverso ricatti da parte di alcuni grandi poteri
ai danni dei paesi in via di sviluppo. Ma è
nella famiglia come la vuole Dio, ricorda
Sarah, che l’Africa può trovare la forza per
un vero progresso, attraverso il superamento di mali atavici come la poligamia,
l’abbandono dei figli, una certa concezione della donna. Perché è anzitutto nella famiglia cristiana che si possono sperimentare e imparare l’amore fedele di Dio
e la carità verso il prossimo.
n
sanità
Capofila dell’Ati che si è aggiudicata la concessione per i lavori, Manutencoop Facility
Management ha ultimato la prima fase dell’intervento di ampliamento e ristrutturazione
dell’Ao San Gerardo di Monza. In queste pagine, interni ed esterni del nuovo avancorpo
IL NUOVO OspedaLe saN GeRaRdO dI MONZa
spazio al nuovo welfare.
l’impresa che genera
valore per tutti
È
tutto pronto.
I collaudi sono stati ultimati e il nuovo avancorpo che costituisce la
prima e più importante fase dei lavori di
ristrutturazione e ampliamento dell’azienda
ospedaliera San Gerardo di Monza attende ora
solo di aprire al pubblico. Avviata a settembre
2013 da Infrastrutture lombarde, che ha affidato la concessione al raggruppamento di imprese
Synchron guidato da Manutencoop Facility Management, in meno di due anni la nuovissima
palazzina di sette piani è sorta innanzi all’avancorpo esistente – a sua volta ristrutturato senza interferire con le attività di cura e il lavoro
dei medici, mantenendo cioè in efficienza attività ospedaliere e funzioni sanitarie del quarto
ospedale pubblico, per dimensioni, della Lombardia le cui attività di assistenza si integrano
con le attività di formazione e di ricerca della
facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Milano Bicocca – per dividere e trasferire gli
utenti negli spazi riorganizzati
dell’ospedale: i degenti nel moil progetto racconta una sfida ambiziosa: competere
noblocco, le visite ambulatoriali, le prenotazioni e il ritiro recon i più alti standard di qualità ed efficienza senza
ferti invece nell’avancorpo: in
distruggere l’esistente. rinnovarsi per rappresentare
corrispondenza dell’ingresso è
uno dei migliori biglietti da visita della lombardia
infatti posizionato il Cup (Centro unico prenotazioni) e le sue
25 postazioni. Cinque piani in superficie dunque, 28 ambulatori ti standard di qualità ed efficienza senza distruggere l’esistente.
per piano e quattro sale operatorie da ambulatorio e due interra- Anzi. I progetti dei lavori di costruzione e ristrutturazione (del
ti per impianti, auditorium e aule, presto potranno accogliere i valore di circa 174 milioni di euro) che dureranno fino alla fine
pazienti e le loro famiglie nei grandi corridoi, costellati di nego- del 2019, raccontano una sfida ambiziosa: conseguire tali obiettivi senza tuttavia venir meno alle ragioni che portarono negli
zi e da un ristorante posto al piano rialzato.
La grande impresa di Manutencoop, principale operatore ita- anni Sessanta alla realizzazione di un ospedale che sapesse accoliano del settore dell’Integrated Facility Management (ovvero gliere e proseguire una tradizione di cura iniziata fin dalla fine
l’erogazione e la gestione di servizi integrati, alla clientela pub- dell’anno Mille. Quando cioè San Gerardo dei Tintori (1134-1207)
blica e privata, rivolti agli immobili, al territorio e a supporto stipulò una convenzione con la Chiesa e il Comune sancendo la
dell’attività sanitaria) e delle imprese di Synchron (oltre a Manu- nascita di una struttura assistenziale “laica” sulla riva sinistra
tencoop, Eureca Consorzio Stabile, CIR Food, Servizi Italia, Pri- del Lambro, vicino al ponte di san Gerardino. Da allora il San Gema Vera e CEIF) per allineare la struttura ospedaliera ai rilevan- rardo non ha mai smesso di ripensarsi e rinnovarsi per competi cambiamenti organizzativi assistenziali e tecnologici che negli tere e rappresentare uno dei migliori biglietti da visita della saultimi anni hanno profondamente modificato il modo non solo nità lombarda.
In una Regione che costa ai suoi cittadini meno di tutte le aldi curare, ma anche di prendersi cura dei pazienti, non può che
raccontarsi così, attraverso i numeri e le immagini del nuovo che tre, ma che sa offrire migliori servizi e maggiori opportunità, la
sorge per valorizzare un patrimonio e competere con i più eleva- sanità lombarda è infatti un modello capace di generare valore
36 | a cura di etd
per tutti. Qui dove i conti sono in ordine e i cittadini di tutta Italia scelgono di farsi curare, sono venuti a prestare la propria opera intellettuale e professionale cervelli scientifici tra i migliori al
mondo. Qui, dove si sconta da sempre un sottodimensionamento del finanziamento pro capite rispetto alla media nazionale, è
stato possibile garantire un rapporto costi/benefici tra i più bassi
al mondo. E qui, a 18 anni dalla buona legge 31, si è accettata la
sfida di pensare a una legge ancora migliore, al passo con i tempi
e con i profondi cambiamenti dei bisogni della persona e la differente strutturazione sociale della famiglia. Non una rivoluzione dunque, ma una evoluzione di un sistema sociosanitario già
eccellente. All’interno del quale il “nuovo” San Gerardo promette di ritagliarsi un posto al sole.
Un luogo di “best practices”
Forte della spinta propulsiva alla riqualificazione ed implementazione delle reti ospedaliere vissuta negli ultimi 15 anni in Regione Lombardia, che bene ha preparato il terreno ad ogni riforma, il progetto proposto ha il merito di anticipare alcuni grandi
temi dell’organizzazione ospedaliera, oggi attuali ed indicati
nei consessi accademici, programmatori come “best practices”
cui far riferimento. In primo luogo la localizzazione urbana e
l’accessibilità, poi l’articolazione per volumi differenziati per livelli di assistenza: l’avancorpo esistente, appunto, destinato
| 37
sanità
l’intervento punta ad elevare tutti Gli standard strutturali,
impiantistici e di comfort alberGhiero dell’intera struttura.
venGono rinforzati i pilastri dell’edificio, sostituite le facciate,
rinnovati i layout interni, ampliate le camere di deGenza
alle funzioni “out-patients” (i pazienti esterni), il monoblocco
destinato alle funzioni di ricovero “in-patients”, i retro-corpi destinati alle funzioni di diagnosi e cura e alla gestione dell’emergenza-urgenza. Nel dettaglio, l’avancorpo destinato alla differenziazione dei flussi è dotato di spazi dedicati alla Diagnostica
per immagini, di un centro prelievi, di un’area ambulatoriale
destinata alla gestione dei pre-ricoveri, di ambulatori generali,
specialistici e chirurgici, e, come già accennato, del Cup, configurato come un grande spazio collettivo, una piazza di attesa.
Parallelamente ai lavori della prima fase sono proceduti anche
quelli nell’edificio denominato Tenaglia, collocato a nord del
monoblocco e composto da 2 piani interrati e 3 piani fuori terra: si tratta per lo più di opere di riqualificazione architettonica ed impiantistica del primo piano per ospitare il reparto di angiografia/emodinamica.
Guardando le montagne
Il “nuovo” complesso ospedaliero punta infatti sulla suddivisione
in diversi edifici, dotati di autonomia organizzativa e gestionale,
ma ben collegati fra loro, ciascuno destinato ad accogliere, senza interferenze, le diverse attività assistenziali. Tre collegamenti
partono dalla piazza principale dell’avancorpo verso i corpi scala
e di distribuzione del monoblocco, i cui lavori di ristrutturazione
sono stati divisi in tre fasi: partiti lo scorso maggio, cesseranno a
38 | a cura di etd
ottobre 2016 per poi riprendere a gennaio (consegna a febbraio
2018) e ancora a giugno 2018, fino alla fine dell’intervento complessivo che è prevista per giugno 2019. La ristrutturazione, va
da sé, punta ad elevare in modo significativo gli standard strutturali, impiantistici e di comfort alberghiero dell’intera struttura,
con importanti ricadute positive sulla salute e sul benessere dei
pazienti e degli operatori sanitari. I pilastri dell’edificio vengono rinforzati, le facciate sostituite, i layout interni rinnovati. Le
camere di degenza sono ampliate così come i locali a vista, i soggiorni e le attese sono illuminati. E tutti gli elementi delle facciate vengono sostituiti integralmente in modo da conseguire un radicale miglioramento delle prestazioni di isolamento termico ed
acustico, accrescere il comfort della degenza e contenere i consumi energetici portando l’edificio alla Classe Energetica “A”.
Non manca al progetto la cura e l’attenzione alla valorizzazione degli aspetti estetici e cromatici: la riqualificazione punta
infatti a restituire un linguaggio compositivo architettonico e
paesaggistico unitario ai vari elementi edilizi del complesso. Le
facciate continue sono quindi proposte in tre diverse gradazioni di colore e tonalità per rappresentare lo sky line delle montagne lariane poste all’orizzonte nord della città. L’impresa di
continuare a dare storia a una struttura di valore, non solo dal
punto di vista sanitario, ma anche dell’accoglienza e della centralità della persona, si racconta anche così.
STILI DI VITA
Pizze davvero stratosferiche
Taxi Teheran,
di Jafar Panahi
IN BOCCA ALL’ESPERTO
di Tommaso Farina
P
in cui tanti ristoranti chiudono, capita di registrare messaggi di crescita, attività, coraggio. Ricordate Marco Locatelli e
Giulia Battafarano? Li abbiamo conosciuti parlando del Paradiso della Pizza a Vimercate, in Brianza. Pizze stupende, impasti calibrati al millesimo, risultato splendido. Eppure, queste magnifiche credenziali si scontravano con l’handicap di un contesto ambientale non affascinante. Marco e Giulia, dunque, mesi
fa hanno deciso: mantenendo il Paradiso come forno da pizza d’asporto, hanno
creato un ristorante “vero”: il Rise Live Bistrot. Una saletta piccola, con un alto
soppalco, senza comunque un’esagerazione di coperti: sullo sfondo, i forni, stavolta elettrici ma assai ben padroneggiati.
Qui troverete anzitutto una lista dei vini non grande ma per nulla banale, e
soprattutto una scelta di birre di qualità, ben difficili da rinvenire nelle normali pizzerie.
Quella che vi raccontiamo è la proposta del menù serale, a pranzo non ci siamo mai stati. Si può partire con alcune tapas, ad esempio un giro di farinata ligure in tre varianti: normale, col pesto (quello di Rossi, stratosferico) e con crema di
caprino brianzolo.
Poi le pizze. Ci sono quelle “a spicchi” e quelle “intere”, ma la diversità è che
quelle a spicchi sono alchimie di sapori che conviene non alterare con variazioni.
Ad esempio, ne abbiamo una che si chiama “Zucca croccante”: zucca, pancetta,
fiordilatte pugliese, crema di caprino. Tutto di produttori selezionati. Una goduria. Tra le “intere”, citiamo la “Strano abbinamento”: fiordilatte, pomodoro corbarino, salame calabro, pesto e olive taggiasche. Comunque, è presente anche la
classica margherita, senza problemi.
I dolci sono singolarmente golosi: la torta cioccovaniglia, per dire, oppure
l’impasto della pizza servito con crema di cioccolato e nocciole. Servizio sportivo, ben gestito dall’amico Mattia e da altri giovani. Le pizze hanno un prezzo tra
i 7 e i 15 euro, le tapas tra i 5 e gli 8, i taglieri di salumi e formaggi tra gli 8 e i 15.
erfino in questi anni di crisi,
AMICI MIEI
LIBRI/1
Quattro assassini
“Visti da dentro”
Un vecchio contadino fratricida, uno straniero che ha ucciso per gelosia, un agente segreto e un camorrista. Sono loro i
protagonisti delle quattro storie
che Paolo Bellotti ha raccontato nel libro Visti da dentro (Itaca, 155 pagine, 13 euro). L’autore, educatore penitenziario, le ha
raccolte dentro le mura del car| 7 ottobre 2015 |
La libertà per un
regista con le palle
Un regista si improvvisa
tassista e incontra umanità di vario genere.
Ci sono certi film che vanno difesi a spada tratta. E
non solo perché sono fat-
ti con intelligenza (lungi da
noi prendere le difese dei
lavoretti amatoriali ricchi di
buone intenzioni e di sciatteria), ma perché sono fatti da gente con gli attributi.
Panahi è uno con le palle ed
è uno che ama la libertà più
della propria vita. Sembra
retorica, diventa pura commozione seguendo la vicenda del film. Lui, il più gran-
de regista iraniano a cui il
regime da anni impedisce di
lavorare, si inventa un modo di girare un film senza
farsi vedere. Prende un taxi, lo fa diventare un vero e
proprio set, piazza un iPhone spacciandolo per navigatore e ospita in macchina
una quantità di persone, alcuni attori navigati, altri veri clienti. Ne viene fuori un
racconto neorealista in cui,
sottilmente ma con forza, si
denunciano i barbuti barbari al potere e si racconta, con
ironia, il bene e il bello se non
di un paese normale almeno
di un abitacolo libero e felice.
visti da Simone Fortunato
Auguri, figlia
coraggiosa
Il regista
Jafar Panahi
|
cere di Alessandria. In coda al libro Bellotti ha voluto riportare
questo proverbio indiano che un
po’ spiega il senso di questi racconti: «Prima di giudicare un uomo cammina per tre lune nelle
sue scarpe». Prima di giudicare un uomo, anche il peggior assassino, occorre conoscerlo bene e mettersi pure nei suoi panni
per capire quello che è successo.
Così, Visti da dentro, con gli occhi di chi scrive, i carcerati sono
restituiti alla loro dignità di persone e costringono tutti, oltre
ogni facile giustizialismo, a riflettere sul dramma della libertà e
della condizione umana, davanti
HOME VIDEO
Il segreto del suo volto,
di Christian Petzold
Melodramma intenso
Scampata dai campi di sterminio nazisti, un donna ebrea torna a Berlino per ritrovare suo
marito.
all’eterna e quotidiana scelta tra
bene e male. Sono «racconti di
grande efficacia narrativa», scrive il critico letterario Elio Gioanola nella prefazione. «Tutto è
vivo e palpitante, di una verità
scorticante. Un esemplare quadro di umanità che trova modo di esprimere le più profonde e
dolenti note umane».
TRADIZIoNI e CULTURA
Il Festival d’Autunno
Dalla Calabria arrivano solo un
certo tipo di notizie. Eppure da
13 anni una bella e brava catanzarese, Antonietta Santacroce,
organizza un festival che non ha
nulla da invidiare ad altre manifestazioni. Il Festival d’Autunno
quest’anno sarà un omaggio alle
tradizioni e alla cultura del Sud
Italia. La scelta è caduta su artisti che sono apprezzati in tutto il
mondo. Il Festival ha vissuto una
originale “apertura” con Antonio
Castrignanò, re della Notte della Taranta di Melpignano, che il
26 settembre in piazza Prefettura ha radunato il popolo della taranta in un clima di esaltazione e
gioia. Altri suoni e atmosfere sono previsti il 24 ottobre, al Teatro Politeama di Catanzaro con
Franco Battiato. L’eclettico mu-
sicista siciliano, conosciuto per
le sperimentazioni e i manierismi
musicali ma anche per le raffinate scritture pop, proporrà le più
belle pagine del suo songbook.
La sezione “L’anima del Sud” si
concluderà il 7 novembre con un
doppio concerto-evento per gli
appassionati del rock meridionale, in particolar modo di quel
sound napoletano che negli anni
Settanta è stato un laboratorio
stilistico. James Senese & Napoli
Centrale e gli Osanna si esibiranno sul palco del Teatro Politeama in quello che può essere considerato un concerto unico nel
suo genere. Due set diversi per le
MAMMA OCA
di Annalena Valenti
M
emo. Far Fare alla Figlia ultima prova dell’abito da sposa,
comprensiva di salire e scendere una scala, data l’abitudine della
stessa a indossare solo jeans e All Star:
fatto. Pagare il suddetto abito da sposa:
fatto. Costringere il padre della sposa
a non usare il “bellissimo vestito” degli anni Ottanta: fatto. Far pregare tutti gli invitati per un tempo clemente,
diciamo sole e 4 gradi in più, dato che
la serie di femmine della famiglia della sposa si sente più valorizzata da abiti estivi e gambe nude, «piccolo gesto
miracoloso» che eviterebbe polmoniti
o, peggio, paurose crisi adolescenziali per l’aggiunta di giacche e soprabiti, che sarebbero «da vecchie come te»:
fatto. Preparare di nascosto calze e stole: fatto. Scegliere per figlia e quasi genero, come incoraggiamento «a far
parte del sogno di Dio», una delle frasi pronunciate dal Papa all’incontro
mondiale delle famiglie: fatto. Decidere per: «Noi cristiani ammiriamo la bellezza e ogni momento familiare come
il luogo dove, in modo graduale, impariamo il significato e il valore delle relazioni umane. Impariamo che amare
qualcuno non è soltanto un sentimento potente, è una decisione, un giudizio, una promessa. Impariamo a spenderci per qualcuno e che ne vale la
pena»: fatto. Auguri a Lucilla, Antonio
e a tutti i giovani che hanno il coraggio di costruire la loro famiglia, «uno
dei misteri più belli del cristianesimo».
mammaoca.com
Melodramma dolorosissimo interpretato dall’ottima Nina Hoss
che recita con il volto sfregiato.
È un’ebrea, massacrata dai nazisti eppure ancora viva, nonostante le ferite sul volto. Torna,
in una Berlino distrutta, dal marito che forse l’ha tradita e cerca, disperatamente, di farsi riconoscere. Film intenso sulla
memoria e sulle ferite che non si
rimarginano mai.
Per informazioni
Rise Live Bistrot
www.riselivebistrot.it
Via Daniele Manin, 2
Vimercate (MB)
Tel. 0399191881
Chiuso domenica
a pranzo
40
CONVOLARE A NOZZE
CINEMA
RISe LIVe BISTRoT, VIMeRCATe (MB)
due band che hanno saputo dare
un’immagine nuova alla musica
italiana nel momento in cui il beat stava scomparendo e il rock
assumeva grande importanza
tra i giovani. Jazz-rock e prog
sono i generi musicali che caratterizzano il sound di una Napoli che ha dato una nuova identità
all’Italia musicale. Incontri che
si concluderanno con una produzione originale del Festival: C’era
una volta. Le fiabe calabresi di
Letterio Di Francia, un momento
pensato per valorizzare la produzione letteraria del grande umanista calabrese del secolo scorso
e, contemporaneamente, i promettenti attori catanzaresi del
Teatro Incanto, fedele alla mission di valorizzare gli artisti di
quella terra. Per ulteriori info:
www.festivaldautunno.com.
Pippo Corigliano
LIBRI/2
Svegliate il mondo
«I religiosi devono svegliare il
mondo». Dalle parole del Papa prende le mosse Svegliate il mondo! (Paoline). Alessandra Buzzetti e Cristiana Caricato
ci regalano una dozzina di ritratti di uomini e donne che, con la
concretezza e la profondità della
loro vita, testimoniano il Vangelo. «Non sognatori o persone in
cerca di riparo dal mondo – scrive Spadaro nella prefazione –,
ma uomini e donne immersi nella realtà come profeti e testimoni della consolazione di Dio».
|
| 7 ottobre 2015 |
41
LETTERE
AL DIRETTORE
[email protected]
Gentile presidente Rai,
gli spot alla Cirinnà non
sarebbero a gennaio?
C
mentalità permissiva e offensiva del
comune sentire, quale «in amore tutto è possibile» (frase apparsa nella striscia sotto il video per tutto il tempo
della trasmissione). Le complesse problematiche legate alla condizione del
bambino figlio di due mamme sono state minimizzate e banalizzate; basti, come esempio, la frase pronunciata da
una delle due donne:«I bambini la vivono come un gioco» (riferita alla suddetta condizione). Non si è parlato minimamente delle problematiche educative
per sottolineare, invece, ripetutamente
la posizione retrograda del nostro paese, rispetto al resto dell’Europa, a causa della mancanza di una legislazione
in tale materia. Trovo grave e profondamente diseducativo che la Rai faccia così aperta pubblicità per le unioni gay; sostenga la assoluta legittimità
di crescere figli in tale ambito; equipari
l’unione di persone dello stesso sesso alla famiglia come nucleo formato da un
uomo e una donna; snobbi e tratti con
leggerezza e superficialità valori morali e princìpi culturali radicati nella società. Confidando nella sua sensibilità, nel
suo buon senso, nel suo spessore morale, ma soprattutto nella necessità, da lei
indubbiamente condivisa, di salvaguardare l’essere umano e la sua dignità, come sancito dalla nostra Costituzione,
mi auguro che episodi così gravi non si
ripetano. La saluto cordialmente.
Maria Laura Fraternali Urbino
ari amici, leggo Tempi per la prima volTa, nonostan-
te la mia matura età sono ancora alla ricerca “sulle tracce di Gesù”. I libri di don Giussani e oggi di don
Carron non possono provocare che ricerca del Mistero. Sono
convinto che Formigoni abbia lavorato egregiamente su tutto e lo dimostra quanto dice Amicone. Il problema non è questo, cioè non si mette in discussione il suo operato (amico della dottrina sociale). Faccio notare all’amico Formigoni che
per ragioni stupide è stato messo alla berlina, lui non capisce
e prosegue a vestire giacche sgargianti dicendo che tutto va bene. Mi faccia
scrivere dal Celeste. Con amicizia.
Bruno Nunziati via internet
Dopo la sua prosa sgargiante cose
vuole che le dica. Passerò al senatore il suo notevole indirizzo mail.
2
Caro Amicone, Enzo Bianchi non è mai
stato cattolico. Sono anni che lo grido nella diocesi di Brescia. Ma sai, sono un crociato quasi lefebvriano, quindi intoccabile.
Mauro Mazzoldi via internet
Rinunci a gridarlo e faccia come
noi, un’allegra e grassottella vita
da paria.
2
Gentile direttore, leggo sempre con
grande interesse il suo giornale, incisivo e diretto anche su argomenti delicati
e complessi. Le mando per conoscenza
la lettera inviata al presidente della Rai
sulla trasmissione “La vita in diretta”
del 24 settembre, che ho trovato assolutamente sconcertante.
Gentile Presidente, vorrei esprimere il
mio profondo sconcerto per la trasmissione “La vita in diretta” del 24 settembre 2015. Sono state invitate due donne lesbiche conviventi in attesa di un
figlio, a seguito del ricorso alla fecondazione eterologa. La trasmissione, andata in onda in fascia non protetta e immediatamente prima del collegamento
con il discorso del Papa al Congresso
degli Stati Uniti (quindi probabilmente
seguita da un vasto uditorio e da persone di tutte le età), condotta dalla signora Parodi con grande convinzione
e compiacimento, è risultata una chiara esaltazione dell’unione gay e una evidente legittimazione della maternità in
tale ambito. L’unione gay è stata equiparata alla famiglia formata da un uomo e una donna e sono state pronunciate affermazioni riconducibili a una
Cara Presidente Monica Maggioni, ci conosciamo e ci vogliamo tanta reciproca simpatia, possiamo dire che questa signora ha ragioni da
vendere, espresse così garbatamente che certamente faranno sorride-
AFFIDIAMO IL SINODO SULLA FAMIGLIA ALLA VERGINE
Guardare a Maria per imparare
a guardarci con il suo amore
CARTOLINA DAL PARADISO
di Pippo Corigliano
L’
amore è una cosa meravigliosa, recitava una nota canzone: ma dir così è poco. Noi
viviamo d’amore, siamo nati dall’amore, siamo cresciuti nell’amore: ci ha dato
forza l’amore. Diceva Gesù a santa Caterina: «Non siete fatti d’altro che d’amore». Mi piacciono i quadri della Madonna che mi guarda. Così come guarda me guarda chi si ferma davanti a lei, ed è giusto che sia così. Per lei siamo tutti figli unici. Lo
sguardo racconta l’animo: «La lampada del corpo è l’occhio», dice Gesù (Mt 6,22). Nello
sguardo che i grandi pittori hanno attribuito alla Vergine vedo l’amore che ha per noi.
Scelgo sempre le immagini della Madonna che mi guarda, anche se sono belle quelle
in cui è pensosa. Le cose che più valgono sono riconducibili agli sguardi. Lo sguardo
dell’amico del cuore, lo sguardo della donna innamorata è esplosivo. Nel Paradiso non
ci stuferemo di guardare Dio, come capita agli innamorati.
Il mese di ottobre è un mese di particolare devozione alla Madonna. A lei affidiamo
il Sinodo sulla famiglia che tratterà dell’ambiente in cui s’impara ad amare, dove tutto è gratuito: l’ambiente prezioso in cui nasce il bene. Non vale la pena ascoltare chi
racconta solo le inadempienze e le problematiche della famiglia: anche quelle insegnano a comprenderci fra noi, che siamo tutti limitati. Chi non ricorda con affetto i difetti
del proprio padre e della propria madre? Anche quelli sono serviti per educarci. Non ci
preoccupiamo più di tanto. Guardiamo Maria e i suoi dolci occhi recitando il Rosario.
re il piazzista collettivo che talora
dimora pure in mamma Rai? Però,
anch’io sono stato invitato a “Uno
Mattina” per benedire un “ricongiungimento familiare” esotico (due
argentini), puoi immaginare come
sia andata a finire e così, per consolarsi, come se stesse lisciando il pelo a due micini, a un certo punto la
conduttrice fa: «Figli?». Non credi, cara Maggioni, che la micina Rai
faccia ultimamente un po’ troppe
fusa alla nota lobby e poca, purtroppo, della buona, antica, sana informazione in cui Ella solleva intrattenerci finché non divenne regina Rai?
La porti un bacione a Firenze.
2
Scusi direttore, ma secondo lei questo
Papa è cattolico?
Emidio Remuzzi via internet
Secondo lei io cosa sono, licantropo?
SPORT ÜBER ALLES
di Fred Perri
VOI CI GODETE AD ANNUNCIARE IL DISASTRO
V
con il solito aplomb anglosassone di chi ha pescato a piene mani dai sacri
testi di Lord Brummel: questo progressismo
scotto, questo ambientalismo iettatorio, questa goduria nell’annunciare l’Apocalisse, questa allegria per il
disastro, tutto questo mi ha rotto i coglioni. Gli ogm
sono contro natura, sia maledetto chi li usa; la santa
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e lo dico chiaro,
| 7 ottobre 2015 |
|
madre terra è sofferente; l’acqua è avvelenata; le mozzarelle di bufala sono a rischio perché chissà cosa ci
mettono dentro; il foie gras viene prodotto infliggendo orribili sofferenze alle oche; un mare di plastica soffocherà l’oceano; la Juventus quest’anno è in crisi; il
buco nell’ozono si allarga e tra un po’ bisognerà girare con l’ombrello anche d’estate; l’Inter è inaffidabi-
Foto: Ansa
Dal buco nell’ozono alla fine della Juve
ogni giorno un’apocalisse (e mo’ basta)
le come sempre, sembra quella giusta e la Fiorentina
l’annichilisce; non mettete il pollo nel forno a microonde perché le suddette sono pericolose; la carne fa
male, ancor di più quella grigliata, mangiate il tofu
(belin neanche il correttore automatico lo riconosce);
papa Francesco, tra una telefonata e l’altra a Scalfari,
sta cambiando la Chiesa cattolica; con la riforma elettorale renziana la democrazia è in pericolo; il capodoglio trinariciuto, meschino, è a rischio estinzione.
Ogni giorno ce n’è una, compagni e amici, ma sul
diesel non vi seguo. Crollasse il mondo, ma io un’auto tedesca, anche con la marmitta sputazzante, me la
compro sempre.
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| 7 ottobre 2015 |
43
LETTERE DALLA
FINE DEL MONDO
DA vENTIsEI ANNI IN pARAguAy
Ciò che esiste alle mie
spalle è l’evidenza di un
amore che ha scelto me
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DI ALDO TRENTO
O
gni mese dobbiamo trovare quasi centomila euro per portare avanti le due fondazioni, San
Rafael e SS. Gioacchino ed Anna, che si occupano dei poveri: neonati, bambini, ragazze
violentate, anziani soli, vagabondi, malati terminali. Oltre a questi, vengono accolti in una
scuola primaria bambini dai 3 anni fino alla terza media; c’è poi la possibilità di iscriversi alla scuola politecnica, che offre vari indirizzi: tecnico in infermeria, elettricista, informatico, taglio e cucito,
turistico e alberghiero. I ragazzi possono quindi inserirsi nel mondo del lavoro o accedere all’università. La maggior parte di loro proviene dalle favelas che circondano Asunción. Sono quasi sempre figli di ragazze madri, così come sono ragazze madri anche alcune delle ragazze che ospitiamo.
Sono 26 anni che don Giussani mi ha inviato in Paraguay. Se avessi conosciuto prima il disegno di
Dio su di me, non so se avrei detto «eccomi!». Lo dico per coloro che ripetono da anni «le opere di
Padre Aldo»: mi chiedo, da prete ignorante e con la sola licenza elementare, come è possibile non
rendersi conto che un uomo, con le sue forze, non può essere l’artefice di un’opera così grande.
Una settimana dopo la sua elezione, il presidente Horacio Cartes è venuto trovarci. Prima di andarsene commosso ci ha detto: «Quello che ho visto voglio che diventi programma del mio governo,
voglio che in ogni regione esista una struttura come questa per i poveri». Sono trascorsi due anni ma non è riuscito a realizzare il progetto. Mancanza di denaro? No. Mancanza di professionisti?
No. E allora? Guardando ciò che Dio ha fatto
con me risulta evidente che si tratta di un’asta, il fondatore di Cl mi inviò
«ALbERTO, DIO MI hA FREgATO,
senza totale di fede nella divina Provvidenza
in Paraguay, consegnandomi
sTO pAgANDO I MIEI pEccATI»,
da parte di chi collabora col presidente. Un caa padre Alberto. Quante volpo di Stato può avere una grande volontà di
te gli dicevo: «Alberto, Dio mi
«NO, TI hA scELTO pER uNA cOsA
realizzare opere a favore dei poveri, ma «inha fregato, mi sta facendo
gRANDE E TI sTA TRITuRANDO cON
vano si affannano i costruttori se Dio non copagare i miei peccati» e lui
struisce la città». È la Provvidenza ad indicare
sempre a ripetermi: «Dio ti
TANTA sOFFERENzA pER quEsTO»
all’uomo il cammino e il progetto su di lui. Giusha scelto per una cosa gransani, nel Senso religioso, parla di «realtà provto sacerdote. Erano gli anni Settanta. Travolto
de e per questo ti sta triturando con tanta sofvidenziale»: riconoscere questa verità appartiedalla contestazione, ho vissuto momenti in cui
ferenza». Il cammino che Dio sceglie per ognune alla libertà dell’uomo. Se io avessi detto “no”
il fascino dell’ideologia sembrava avere la meno è come quello che ha scelto per suo figlio.
al Mistero, certamente Dio non avrebbe potuto
glio sulla mia vocazione.
La croce non è il punto di arrivo, non è la meta,
realizzare ciò che esiste in questo pezzo di terè solo la condizione per la resurrezione.
I rosari di mia madre
ra. Ognuno nasce con uno zainetto sulle spalle,
Sono passati 26 anni dal mio arrivo in ParaA distanza di anni mi è chiaro che, se oggi sono
che contiene il disegno di Dio su di lui.
guay e ciò che esiste alle mie spalle è l’evidenza
ancora nel cammino di Gesù, è stato grazie alUn’evidenza che si impone a questo punto deldi quanto Dio mi ami e quanto ami i poveri. Il
le lacrime e preghiere di mia mamma, che conla mia vita. Nato in un piccolo paese di montaregalo inaspettato della visita del Papa è l’evifidava totalmente nella Provvidenza. Quanti
gna, ero il primo di cinque figli. Mio padre ha
denza più bella di come agisce la Provvidenza.
rosari ha recitato perché questo suo primo fivissuto per anni come emigrante in Svizzera
L’incontro mi ha rincuorato ad andare avanglio non tradisse la chiamata divina! L’incontro
per garantirci il necessario per vivere. A scuola
ti finché, come dicono i miei malati, Dio non dicon don Giussani è stato il frutto della sua fifacevo parte del gruppo degli asinelli e una volca «basta». Il “poi” è un affare della Provvidenducia adamantina. Lei non ha mai dubitato che
ta entrato in seminario, a 11 anni, i superiori mi
za e del sì degli amici che camminano con me e
Colui che aveva iniziato in me un’opera buona
sconsigliarono di sostenere gli esami di maturisuor Sonia, cuore e mente dell’opera oggi come
l’avrebbe portata a compimento. Così, mentre
tà. Non per questo però Dio ritirò la sua predidomani, quando Dio vorrà prendermi con sé.
[email protected]
la depressione sembrava stravolgere la mia vilezione per me: a 24 anni infatti venni ordina-
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45
boris
godunov
il pensiero forte del cardinale di milano
Scola mostra la cosa più
indecente e meno detta di
Francesco, la fede in Cristo
|
di renato farina
È
Parlo del cardinale di Milano,
Angelo Scola (lo ha intervistato, sulla prima pagina del
Corriere della Sera, Aldo Cazzullo). Perché c’è nel suo dire
la luce di una ragione calma e profonda. Si vede che ha incontrato non una teoria su Gesù, ma Cristo stesso. Il quale dona a chi lo
frequenta anche “un pensiero forte”, che non è affatto il contrario della tenerezza. La misericordia non è svenevolezza da “animulae blandulae”, è la solidità del padre che ti accarezza. Non
ho mai letto una apologia di Bergoglio-persona e del suo ministero petrino più profonda e meno lecchina di questa. Scopre la cosa
più indecente e meno detta di Francesco, quasi fosse un ammennicolo civettuolo: la sua fede in Gesù Cristo. «È un grande uomo
di fede», ha il «carisma del popolo» (e il carisma è cosa che viene
dallo Spirito, vuol dire grazia). Insomma: la Provvidenza ha voluto questo Papa, non il potere mondano o un’interferenza, discorso chiuso, anzi magnificamente aperto. Si tratta di immedesimarsi con il suo insegnamento, di «uno che parla con autorità», come
Gesù. Non ha paura di questo paragone “audace”, Scola.
Con intelligenza e senza alcuna teatralità, ma con la logica
disarmante della sincerità, scopre gli altarini demoniaci dell’ideologia che pretende di ingabbiare Papa Francesco come un canarino rosso. Non adopera mezze frasi: il cardinale, dalla cattedra
dei santi Ambrogio e Carlo, e dei beati Ferrari, Schuster e Montini, a questo punto denuncia «l’uso che si fa di questo papato». Sia
da parte di laudatores che di scomunicatores. L’uso – e qui è tutta farina di Boris, Scola non c’entra – è di due tipi, opposti e in
fondo uguali. Il primo è quello più evidente: ed è appunto il trasformare il magistero bergogliano in una decalcomania devota
al progressismo dei nuovi diritti, per cui il sentimento amoroso
è la sola sostanza della vita e delle cose. Il secondo uso è apparentemente il suo contrario, ma in realtà accetta questa deformazione, e ne cava il pretesto per dichiararlo anti-Papa e proclamare
che il cattolicesimo non è più utile neppure come cemento di valori morali. Questa idea coinvolge anche teste nobili, ma tragicamente convinte di una sorta di primato intellettuale persino nei
confronti dello Spirito Santo.
La posizione giusta non sta nel mezzo, cioè in un terzo schema, in una ideologia mediana. Ma nel primato della persona. Tu
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bello avere un vescovo così.
| 7 ottobre 2015 |
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«È un grande uomo di fede»,
ha il «carisma del popolo».
insomma: la provvidenza
ha voluto questo papa, non
il potere mondano o una
interferenza. il cardinale
non adopera mezze frasi:
dalla cattedra dei santi
ambrogio e carlo denuncia
a questo punto «l’uso che
si fa di questo papato»
e Boris. Noi non siamo – afferma Scola – categorie, ma persone.
Non siamo omosessuali con certi diritti da riconoscere più o meno, oppure appartenenti alla corporazione degli eterosessuali. O
magari nella casta degli sposati felici, con certe pretese e certi doveri, oppure in quella dei divorziati risposati a cui si deve studiare se passare l’eucarestia come diritto. Ogni persona, ogni rapporto è un unicum. Persino il dramma non è mai identico. Lo
scriveva, a proposito delle famiglie infelici, già Tolstoj nell’incipit di Anna Karenina. E Scola attacca il pelagianesimo di chi ritiene che l’indissolubilità del matrimonio cristiano sia legata alla
buona volontà. Ma no. Essa è possibile, e c’è, perché costruita sacramentalmente da Cristo. E non si tratta allora di rendere facile
lo sciogliere il vincolo con il consenso del vescovo. Ma di vedere
se esso c’era in origine. Perché se c’era, c’è. E se non c’era, meglio
non ingarbugliare le trafile.
E le unioni omosessuali? Scopro con Scola che trasformarle
in una categoria sociale disperde persino il tesoro di un amore
tra due persone dello stesso sesso, banalizzandolo, riducendolo
a problematica sociale. E invece anche lì. Ogni storia è unica. E
perché non proporre di vivere un cammino difficile di castità, un
sacrificio d’amore. È così bella la strada dell’obbedienza alla sorgente. Con questo pensiero forte in testa, Boris si sente pieno di
tenerezza, disposto ad andare in giro disarmato. La bella ragione.
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