anno XVIII n. 56 / 2009 Tariffa regime libero - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Napoli un nuovo modello di business Le relazioni pubbliche e la nostra professione vanno assumendo, giorno dopo giorno, un ruolo sempre più vitale, indispensabile, all’interno delle organizzazioni e in tutte le attività di comunicazione. Sono diventate realmente strategiche, come scrive Emanuele Invernizzi, sin dalla prima pagina. Ma questo aspetto emerge, con forza, dalla gran parte dei contributi di questo numero del giornale: quelli sulle Rp 2.0, sulla Public Diplomacy, nelle riflessioni e nelle interviste dello speciale che dedichiamo al Forum della Comunicazione, di cui Ferpi è partner. La nuova centralità delle Rp nelle attività di governance delle organizzazioni complesse, ma in genere di qualsiasi attività o progetto, non solo di comunicazione, la sempre maggiore istituzionalizzazione e il riconoscimento della funzione come manageriale, è l’effetto della nuova modalità conversazionale della società. Se è vero, però, che le relazioni con i pubblici, rappresentano una parte sempre maggiore nelle attività di comunicazione emergono con forza anche due nuove sfide per la professione: la necessità di un reale governo delle relazioni e dei sistemi di relazioni con i pubblici e, ancora di più, la responsabilità sociale, l’etica. In questo scenario l’Associazione professionale gioca un ruolo molto delicato nella costruzione, condivisione e confronto nel nuovo modello di Business. Impreziosiscono questo numero del giornale un’intervista esclusiva a Giorgio Nardone, allievo e stretto collaboratore di Paul Watzlawick, un contributo di Dejan Vercic e un colloquio con Alvise Barison, tra i pioneri delle Rp in Italia, fondatore e primo presidente di Ferpi che a 90anni continua a ripetere il suo consiglio di sempre: “mai drammatizzare”! Giancarlo Panico Vladimiro Vodopivec in questo numero 14 20 24 26 28 29 internazionale Ferpi professione corporate sociale media professione Come cambiano le Rp al tempo di Internet Le Rp si spostano sempre di più sul web (foto GettyImages) Scenari e prospettive della professione nell’era del web 2.0 nelle analisi di Vignoli, Mattina, Massarotto, Grazzini, Biasi, Manganelli (pagg. 2 - 9) Ferpi Accordo con il Ministero degli Esteri per formare diplomatici a pag. 10 Forum della Comunicazione: a Roma per fare network a pag. 16 Sono davvero strategiche le relazion i pubbliche? di Emanuele Invernizzi L’aggettivo “strategiche” viene sem pre più spesso affiancato al termine relazioni pubbliche, ma non sempre a proposito. Sono molti i segnali che indicano che le relazioni pubbliche/comunicaz ione hanno acquistato o stanno acquistando un’im portanza sempre più rilevante nella governo delle imprese. Non ultimo quello della cres cita esponenziale della presenza di una direzione comunicazione nelle grandi imprese . Ma il punto è un altro e consiste nelle finalità che, nel governo delle imp rese, vengono assegnate alle relazioni pubbliche/co municazione. Oggi sono sempre più le imprese nelle quali esse concorrono a reali zzare obiettivi rilevanti, come quelli di business e di mig liorare la loro reputazione. Se è vera tuttavia l’affermazione di James Grunig, secondo la quale “l’unico modo di influenza re la reputazione di un’impresa è quella di influenza re i comportamenti organizzativi che determinano la reputazione stessa”, allora è anche vero che la funzione di relazioni pub bliche/comunicazione non può definirsi strategic a solo perché comunica gli esiti dei comportamenti organizzativi e in particolare delle deci sioni strategiche. In altre parole, le relazioni pubblich e sono davvero strategiche quando utilizzano tutte le relazioni con, e le conoscenze degli, stakeholder non solo e non tanto per indurre questi ultimi ad accettare e condividere le decisioni dell’impresa quanto, e sopr attutto, per intervenire e influenzare i processi in cui le decisioni strategiche vengono pres e. Comunicare le eccellenze DEL MADE IN ITALY di Gianluca Comin L’Italia che comunica è il tema del Forum della Comunicazione in scena a Roma al Palazzo Dei Congressi. Un progetto che, nella sua prima edizione, ha incontrato un significativo successo di giovani e di professionisti, ideato e promosso da Comunicazione Italiana, sulla base di un programma condiviso con Ferpi, Assorel e partner accademici. Nell’ appuntamento dello scorso anno il focus dell’attenzione si concentrava su una prima definizione dello scenario della comunicazione e sui profili professionali che in esso si muovono. Quest’anno la scommessa si fa più precisa ed impegnativa: il ruolo che la comunicazione può giocare contro il declino e per una concreta difesa della qualità italiana e della cultura d’impresa. Non è una novità infatti che il nostro Paese non sia stato sempre capace di difendere le proprie eccellenze e comunicarle. Basti pensare al ritratto che dell’Italia è emerso a Davos negli ultimi anni: il nostro Paese è stato sbrigativamente descritto come Paese da cibo e calcio, definizione piatta e falsificante che dimentica i successi del BelPaese. L’Italia, per ricordarne solo alcuni, è leader mondiale negli yatch di lusso come nella meccatronica. Leader , in campo energetico, nel geotermico e per capacità organizzativa in caso di emergenze, in quello sanitario. Nel campo della tecnologia e dell’innovazione, è prima al mondo per diffusione dei cellulari e di contenuti e servizi per la telefonia mobile, nonché la seconda esportatrice di prodotti creativi su scala mondiale. Otto aziende italiane figurano nella top 100 delle imprese più affidabili al mondo; erano bresciani molti fucili premiati alle Olimpiadi di Pechino, marchigiane le machine elettriche, piemontesi le pavimentazioni degli impianti sportivi e toscani gli scafi del canottaggio. Senza contare che, per FutureBrand, l’Italia è il Paese più noto al mondo e la meta più apprezzata tra le destinazioni europee. Insomma c’è un Italia che vince ma resta muta. E’ ora di cambiare direzione e costruire segue a pag. 2 primo piano comunicare le eccellenze del made in italy segue dalla prima un progetto comune forte imperniato sul sistema Italia, capace di raccontare e difendere i suoi primati. In alter parole c’è bisogno di comunicazione. E proprio la rappresentazione dei soggetti che si muovono sulla scena del Forum, in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, è in grado di restituire un messaggio forte,contrastante con il clima di declino di crisi che incombe sul Paese: le dimensioni del mercato della comunicazione, la spinta all’innovazione che da sempre lo caratterizza e la partecipazione sempre più attiva ai suoi nuovi format da parte della società civile, lanciano un messaggio unitario e positivo: occorre ricostruire la carta della fiducia, piattaforma di ripresa e di nuova energia economica e civile.Tutto questo è leggibile anche nel processo di cambiamento della formazione italiana alla professione e del ruolo della comunicazione assunto oggi nelle organizzazioni complesse: dopo una fase inevitabile di approcci generalisti e di ruoli marginali nelle strutture organizzative, la comunicazione, negli ultimi anni, si è affermata come insieme di campi e di specialisti accomunati da un riconoscimento di specifiche professionalità e dal valore economico e strategico della comunicazione per l’impresa. Di questa legittimazione della professione e dei suoi specialismi, è un esempio la collaborazione tra Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari degli Esteri, che hanno dato il via al primo progetto di formazione sulla scena europea su “Public Diplomacy e Relazioni Pubbliche”. Segno di concreto interesse e apertura più consapevole da parte delle organizzazioni pubbliche alla comunicazione e le sue potenzialità. Saper comunicare in maniera efficace è ormai una priorità strategica condivisa da tutti i soggetti – istituzioni, imprese, università, associazioni - che hanno a cuore il futuro del Paese. La crisi è una sfida che chiede investimenti importanti nei settori più vitali e innovativi per rilanciare l’identità italiana e la sua competitività. La comunicazione è pronta a fare la sua parte. Solo così Eccellenza, Qualità, Responsabilità, Trasparenza e Reputazione cesseranno di essere formule retoriche o vaghi intenti di dibattiti internazionali e si imporranno nello scenario internazionale come vertenze della modernizzazione italiana. Gianluca Comin 2 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Italo Vignoli: il nuovo scenario obbliga a passare dal governo delle relazioni Le relazioni pubbliche nell’era La rapida diffusione e l’utilizzo sempre maggiore dei social media e dei social network impone un ripensamento e un riposizionamento sul Web delle Rp. Italo Vignoli Osservando, dall’interno, le relazioni pubbliche nel corso degli ultimi 25 anni, è evidente come i professionisti - sia nelle aziende che nelle agenzie - siano in netto ritardo nella comprensione del fenomeno dei social media rispetto alle dimensioni del fenomeno stesso e al suo impatto sul loro lavoro. Questo, non solo in Italia ma a livello globale. In realtà, i segnali di un cambiamento - nelle abitudini di accesso alle informazioni e di condivisione dei contenuti sono iniziati alla fine degli anni ‘70, quando il numero dei lettori dei quotidiani statunitensi ha incominciato a scendere sotto il 70% (oggi è sotto al 50%) ed è nato il personal computing, con un “empowerment” dell’individuo nella gestione della conoscenza. Internet ha fatto il resto, ma è stata una conseguenza di quello che era stato già seminato. I social media, quindi, sono il punto di arrivo di un processo avviato da trent’anni, e hanno avuto un impatto dirompente perché i due fattori distintivi - immediatezza e interattività - sono quelli che hanno scardinato paradigmi di comunicazione che duravano immutati da un secolo (il primo comunicato stampa è stato distribuito da Ivy Lee nel 1906). Un impatto prevedibile, visto che il processo è iniziato negli anni ‘80 o all’inizio degli anni ‘90. Forse, una maggiore attenzione per i segnali “deboli” avrebbe consentito di evitare il ritardo attuale, che ha permesso a professionisti di altre discipline - prima fra tutte la pubblicità di appropriarsi dello spazio che avrebbe dovuto essere delle relazioni pubbliche. Analizziamo i modelli di comunicazione teorizzati da Jim Grunig e Todd Hunt in “Managing Public Relations” (1984) con la prospettiva dei social media. La press agentry (1) e la public information (2) sono modelli monodirezionali di tipo push; la two way asymmetric (3) prevede un canale push e un canale per il feedback, ma è sbilanciata verso il primo; la two way symmetric (4) prevede il dialogo, o - se preferite - la conversazione. A prima vista, solo l’ultimo modello è compatibile con i social media, ma come la mettiamo con certi utilizzi - legittimi - di Twitter (alert per i comunicati stampa) o YouTube (tutorial per un software)? In questi casi, non andiamo oltre la public information. E Sun, che usa il blog del CEO Jonathan Schwartz per commentare i risultati (ed è riuscita a far modificare il regolamento della SEC), non va oltre la two way asymmetric. I social media, quindi, possono essere ricondotti a uno dei quattro modelli, ma poi rovesciano il paradigma facendo leva sulle caratteristiche di immediatezza e interattività della piattaforma, per cui un ipotetico lettore del blog di Jonathan Schwartz può decidere liberamente se (1) limitarsi a leggere i commenti all’ultimo comunicato stampa sui risultati, (2) commentare per manifestare la propria opinione, (3) scrivere un post, (4) commentare un articolo che deriva dal comunicato stampa, (5) segnalare l’articolo usando Delicious o StumbleUpon, (6) rilanciare il comunicato stampa o l’articolo usando Twitter, o (7) utilizzare una delle mille altre opzioni a sua disposizione per alimentare una conversazione, fino ad anticipare l’annuncio sulla base delle “voci” che girano in rete. Certo, non era questo il “two way symmetric” teorizzato da Grunig e Hunt, anche se la conversazione è - per definizione la forma di comunicazione più “simmetrica”: la novità sta nel suo utilizzo non solo nelle interazioni tra individui, ma anche in quelle tra individui e aziende, e di conseguenza tra aziende e individui. Il Cluetrain Manifesto, vecchio di dieci anni ma sempre attuale, sosteneva che “i mercati sono conversazioni”. Un’affermazione forte, anche se è proprio nel passaggio dal “governo delle relazioni” a quello della “partecipazione alle conversazioni” che dovrebbe stare il ruolo centrale delle relazioni pubbliche nello scenario dei social media. Un passaggio complesso, perché si scontra con un’impostazione della professione e un’organizzazione delle strutture - sia interne che esterne (agenzie) - ancora di tipo gerarchico, in quanto concepite in un momento in cui anche gli stakeholder e i media erano organizzati in questo modo, e quindi hanno difficoltà ad adattarsi a una realtà di tipo fluido - una realtà “liquida” - in cui c’è un processo continuo di disintermediazione e rimediazione dei contenuti, e i flussi di comunicazione si incrociano e si intrecciano all’interno di una rete che è possibile governare - nel senso di “indirizzare” - solo attraverso la partecipazione. In quest’ambito, il compito delle relazioni pubbliche è quello di costruire una presenza“digitale” dell’organizzazione, operando in modo strategico e integrato sui diversi media - tradizionali e sociali - attraverso l’attivazione dei canali più adatti per una partecipazione consapevole alle conversazioni online con gli stakeholder. Prima di quella delle organizzazioni, però, i relatori pubblici devono costruire una presenza personale sui social media, che va oltre il profilo su Facebook o Linkedin, per partecipare in prima persona alle conversazioni. Solo partecipando, infatti, è possibile comprendere le potenzialità dei media sociali come strumento di comunicazione. E solo partecipando è possibile costruire una professionalità da consulente di comunicazione “esperto” - si fa per dire - di media sociali. Questo è più di un invito, discutiamone online. gli open office favoriscono lo sviluppo del web 2.0 OpenOffice è una suite per ufficio open source, gratuita, alternativa a Microsoft Office. Nel 2004, quando è iniziata la comunicazione verso i media digitali, il software aveva una quota di mercato in Italia vicina allo zero, che rifletteva l’awareness. Nei primi due anni, il target sono stati gli early adopter delle tecnologie, e il numero degli articoli/mese è passato da poche unità a più di 100. Nello stesso periodo, il numero delle ricerche di OpenOffice su Google ha eguagliato quello di MS Office. Nel 2006, il target sono diventati tutti gli appassionati di tecnologie, il numero degli articoli/mese ha superato i 300, e il numero delle ricerche su Google ha superato quello di MS Office. Nel 2007, OpenOffice è stato scaricato 1.780.000 volte da circa 600.000 utenti (stima), e nel 2008 5.360.000 volte da circa 1.800.000 utenti (stima). Oggi, il numero delle copie scaricate in Italia è superiore a quello dei nuovi PC e l’Italia genera il 10% del traffico verso il sito OpenOffice, grazie a una presenza molto ampia sui media digitali (grafico), costruita usando solo strumenti gratuiti. In tutti gli altri Paesi, dove la comunicazione è di tipo tradizionale, i risultati sono largamente inferiori, così come la quota di mercato, che in Italia ha superato il 10%. primo piano a quello della partecipazione alle conversazioni notizie dei social media unA PROPOSTA di legge sulla lobby Nicola Mattina in aula a parlare di social network (Creative Commons) I social network e le modalità di interazione online stanno rivoluzionando il modo di fare Rp One company many voices... Il trend fondamentale che sta caratterizzando il mercato dell’attenzione è il passaggio dall’oligopolio alla concorrenza. L’analisi di Nicola Mattina, consulente di direzione e fondatore di Elastic, società specializzata in gestione della comunicazione sul Web. In Ferpi, coordina il gruppo di lavoro sui media sociali. di Nicola Mattina Se vogliamo capire quali sono gli effetti di lungo periodo dei media sociali sulle relazioni pubbliche dobbiamo considerare come sta cambiando il mercato dell’attenzione e come evolvono le modalità con cui le persone creano e alimentano relazioni. Il trend fondamentale che sta caratterizzando il mercato dell’attenzione è il passaggio dall’oligopolio alla concorrenza. Fin tanto che produrre e distribuire contenuti aveva delle barriere di ingresso molto elevate, sia per i costi che per la scarsità di alcune risorse (come lo spettro radiotelevisivo), solo pochi attori potevano competere in questo merca-to e l’editoria è rimasta per decenni un settore in cui pochi grandi player si dividevano lettori o telespettatori. I media digitali e Internet hanno radicalmente cambiato la capacità del sistema dei me-dia di massa di produrre attenzione e di metterla a disposizione della comunicazione d’im- presa. Molti editori sono già scomparsi, altri sono destinati a scomparire nel pros-simo futuro, soppiantati da piattaforme che, invece di aggregare lettori e telespettatori per farli diventare masse facilmente gestibili, mettono in evidenza la presenza di un nu-mero innumerevole di nicchie: piccoli gruppi di interesse che producono, socializzano e fruiscono informazioni e intrattenimento. Internet, infatti, gioca un ruolo di fondamentale abilitatore delle nicchie e compromette la capacità della comunicazione “above the line” di trasferire messaggi generalisti ai pubblici di un’organizzazione, di creare intenzioni di acquisto o anche solo benevolen-za. Già oggi l’advertising online ha abbandonato l’idea che esistano delle masse e ragio-na sul comportamento del singolo consumatore con l’obiettivo di proporre il messaggio giusto al momento giusto nel posto giusto. Senza provocare il rifiuto della comunicazio-ne, senza alimentare il fastidio che nasce dall’eccesso di stimolazione commerciale. Tuttavia, è una strada senza uscita: è possibile perfezionare un processo fino a un certo punto, poi occorre cambiare paradigma. L’idea che in un futuro prossimo (come accade nel film Minority Report) qualcuno possa leggere la mia retina per identificarmi e ammannirmi un messaggio pubblicitario super-personalizzato mi sembra francamente in-ve- ai propri amici oppure a tutti. Questa semplicità, in realtà, contiene infinite possibilità. Il sito, in-fatti: aiuta a gestire una rete di relazioni; permette di distribuire informazioni; è usato per fare giornalismo; aiuta a costruire brand personali; è una chat asincrona e così di seguito. Tutti gli artefatti tecnologici che potenziano la capacità delle persone di far parte di reti sociali dovranno diventare strumenti nella cassetta degli attrezzi del relatore pubblico. Che dovrà conoscerli per usarli in prima persona e per insegnarne l’uso alle individui all’interno dell’organizzazione: il relatore pubblico di domani, infatti, sarà chiamato in-nanzitutto a coordinare sistemi di relazione cui parteciperanno tutte (o quasi) le persone che fanno parte di un’organizzazione. E’ inevitabile che sia così: è un semplice proble-ma di scala e competenze. In realtà, in alcuni settori questo passaggio sta già avvenendo. Circa 8.300 dipendenti di Microsoft nel mondo, per esempio, mantengono regolarmen-te un blog, non certo per parlare del gatto, ma per relazionarsi con i propri pubblici di riferimento: sviluppatori, sistemisti, early adopert e via dicendo. Le aziende non avranno più una sola voce e un solo interprete, ma tante voci che devo-no essere opportunamente orchestrate affinché tutti cantino lo stesso pezzo. rosimile: non c’è motivo per cui una persona possa accettare una simile intrusione. E’ molto più verosimile immaginare che l’attenzione possa essere canalizzata attraverso una relazione. Possiamo farcene un’idea, guardando alle aziende che presidiano naturalmente gli early market, ossia quei mercati in cui si muovono i consumatori più visio-nari, interessati alle sperimentazioni e alle novità. Molte di queste persone hanno blog, condividono contenuti, partecipano a community, frequentano social network. In que-sto contesto, la pubblicità è sostanzialmente inutile, mentre la capacità di coltivare una relazione è un’attività sempre più preziosa. Basta pensare al fatto che molti servizi onli-ne di successo non usano l’advertising per promuoversi, ma solo attività di comunica-zione “below the line” o il passaparola. Il futuro della comunicazione d’impresa non è nel trasferimento di messaggi con precisione chirurgica, ma nella capacità di creare, alimentare e governare relazioni con individui che frequentano nicchie di interessi. Relazioni che saranno sempre di più mediate da artefatti tecnologici, che a loro volta creeranno nuove pratiche sociali. Prendiamo, per esempio, Twitter. E’ un servizio semplicissimo: permette di scrivere solo 140 caratteri per volta e di fare in modo che questi messaggi vengano mostrati La Senatrice Mariapia Garavaglia il 12 marzo scorso ha presentato una Proposta di legge sulla trasparenza della lobby all’insegna della semplicità e dell’efficienza. La Pdl “Regolamentazione dell’attività dei Consulenti in relazioni istituzionali presso le pubbliche istituzioni” codifica la facoltà per imprese ed enti pubblici di avvalersi di persone e organizzazioni che svolgano l’attività di lobby, anche in forma non esclusiva, purché accreditati con le modalità in esso previste. Il Pdl introduce, inoltre, la definizione di “Consulente in relazioni istituzionali” e i suoi ambiti di attività facendo altresì obbligo a chi li utilizza, anche temporaneamente, di darne trasparenza all’interno dei contratti e di dare comunicazione, ad ogni istituzione interessata che ne faccia richiesta, della natura e degli scopi dell’incarico, nonché delle persone incaricate di darne esecuzione. reputazione: edison al top Edison è la società italiana con la migliore reputazione a livello internazionale. L’azienda si è aggiudicata infatti il primo posto nella classifica “World Most Admired Companies” relativa all’Italia e pubblicata annualmente dalla rivista Fortune. Si posiziona con un punteggio di 7,92, seguita da Eni (5,88), Poste Italiane (5,14), Fimeccanica (4,99), Telecom Italia (4,90), Assicurazioni Generali (4,49), LyondellBasell Industries (4,10) e Fiat (3,56). Per il settore Energy Edison si posiziona inoltre al secondo posto nella classifica mondiale. Il riconoscimento arriva dopo aver visto Edison protagonista nella realizzazione di importanti progetti a livello internazionale nel 2008 come il rigassificatore di Rovigo, primo terminale GNL offshore al mondo e la vittoria nella concessione di Abu Qir in Egitto. relazioni pubbliche - n. 56/2009 3 primo piano Il libro e-mail, consigli per l’uso Emanuele Invernizzi e Alessandro Lucchini firmano un libretto utile e simpatico per riflettere sull’uso della posta elettronica, scrivere e-mail efficaci e saper gestire al meglio quello che è diventato il principale strumento di comunicazione. Se la messaggistica istantanea sembra essere la modalità preferita per interagire sul web attraverso i messegner, i social network, i forum o le chat, la posta elettronica resta, di gran lunga, lo strumento più utilizzato per veicolare messaggi. Il suo uso cresce esponenzialmente in funzione della sua diffusione e, ormai, scriviamo “mail” per qualsiasi tipo di comunicazione. Chi ha un Blackberry o un qualsiasi smartphone “always on”, sempre connesso, poi, quelle mail le riceve, legge e risponde in tempo reale. Ma sono veramente tutte necessarie le mail che riceviamo o inviamo? E quelle che scriviamo, soprattutto per lavoro, rispettano qualche criterio… la pervasività dello strumento e il suo utilizzo sempre più spontaneo ci portano ad una semplificazione del messaggio e conseguentemente della relazione. Da professionisti delle relazioni sarebbe il caso di chiedersi se e come la mail possa essere non solo uno strumento di comunicazione efficace ma anche di relazione e quali conseguenze produce… E’quello che si propone un delizioso libretto, “email ETIQUETTE” di Emanuele Invernizzi e Alessandro Lucchini pubblicato recentemente da Franco Angeli. “Non dimentichiamo mai che alla mail manca sia il paraverbale sia l’analogico – afferma Emanuele Invernizzi - quindi è adatta solo per messaggi che, per essere efficaci e per non creare malintesi, non debbano essere completati da gesti, toni della voce, inflessioni e sfumature che l’email non consente”. Gli autori hanno elaborato una sorta di galateo per la posta elettronica che, però, non si limita alla forma ma si propone di essere una riflessione sull’uso efficace dell’email. Invernizzi e Lucchini propongono sette regole da seguire per gestire al meglio le singole comunicazione e, in genere, la corrispondenza elettronica. Sette consigli sottoforma di domanda da porsi affinchè la posta elettronica sia realmente uno strumento di relazione e non contribuisca, come avviene sempre più frequentemente, ad aumentare solo l’inquinamento informativo. A chi scrivo? Perché dovrebbe leggermi? Quanto posso scrivere? E poi il tono e il modo della mail, la costruzione della risposta e – quello che facciamo sempre meno frequentemente – la necessità di ricontrollare ciò che si è scritto. Si parla tanto di Rp 2.0… una gestione consapevole della posta elettronica è, senza dubbio, uno degli aspetti fondamentali delle relazioni pubbliche nell’era del web. Da leggere e tenere sempre a portata di mano! (gp) 4 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Enrico Grazzini: Il problema è che mai come in questa fase le aziende sono La nuova sfida è preoccuparsi Si parla sempre di più di società ed economia della conoscenza. Enrico Grazzini, uno dei maggiori esperti italiani, autore di un recente saggio sul tema, analizza lo scenario attuale e prospetta quelli futuri. Consulente e ricercatore da anni collabora con il Corriere della Sera. Enrico Grazzini Come saranno le aziende nell’epoca dell’Economia della Conoscenza, del web 2.0, dell’interattività totale, delle conversazioni globali in rete, dell’emergenza della green economy come nuovo settore trainante dell’economia? Come dovranno comunicare le imprese verso gli stakeholder nel nuovo esigente e difficile ambiente digitale, reso ancora più complesso, incerto e competitivo dall’attuale drammatica crisi economica? Le risposte potrebbero essere apparentemente chiare, e anche semplici: sopravviveranno solo le aziende che si apriranno in maniera integra e trasparente al mondo esterno, che si rapporteranno positivamente, con umiltà e creatività, all’ambiente sempre più critico e ipercompetitivo. Cresceranno le aziende che svilupperanno più integrità e meno “immagine”, che sapranno trasferire ai loro clienti del valore reale, unico e innovativo, e che sapranno comunicare alla pari con il mondo esterno, che mostreranno una trasparenza quasi assoluta, che discuteranno apertamente anche dei loro punti di debolezza e dei loro sforzi per superarli, che coinvolgeranno gli stakeholder e le istituzioni nei loro progetti, che intratterranno una conversazione continua e tempestiva con il mondo esterno per difendere, qualificare e sviluppare la loro reputazione. Ma vediamo di approfondire meglio questi punti. Per prima cosa, a titolo di esempio, vorrei sottolineare ciò che cerca di fare la nuova amministrazione Obama con Internet e i social network. Un’operazione di integrità e di trasparenza, di conversazione e di comunicazione costante con i milioni di navigatori Internet. Il tentativo del neo presidente Barack Obama anticipa quelle che diventeranno le nuove modalità di relazione con il pubblico, sia per i governi che per le aziende. L’integrità aziendale diventerà assolutamente necessaria per competere.“Don’t be evil”è il motto del gigante Google: lo diventerà presto per tutte le aziende. Nell’economia della conoscenza il successo del brand dipenderà sempre più dalla reputazione aziendale. Chi cura le relazioni pubbliche dovrà preoccuparsi in prima persona dell’integrità dell’azienda, avvertire immediatamente il top management degli eventuali punti deboli e contribuire a porvi rimedio prima che diventino di dominio pubblico e danneggino irrimediabilmente la reputazione aziendale. L’iniziativa a priori sul terreno cruciale dell’integrità diventerà sempre più importante, mentre il “crisis management” e gli interventi a posteriori diventeranno sempre meno efficaci. Infatti la reputazione sarà sempre più discussa e valutata apertamente on line, generata o negata quasi in tempo reale da milioni di utenti della rete. Il problema è che mai come in questa fase le aziende sono sotto gli occhi di tutti, e che sono sempre più considerate criticamente. La crisi speculativa ha messo sotto gli occhi del pubblico la cupidigia di troppi dirigenti di impresa, l’opacità delle transazioni speculative, l’immoralità e l’illegalità di troppi finanzieri Enrico Grazzini. In basso, nell’altra pagina, Simona e Pietro Battistella la presenza in rete di un’organizzazione e’ sempre Le nuove modalità della comunicazione online, ormai inscindibile da quella “reale”, prospetta nuovi scenari e nuove sfide per le organizzazioni che devono iniziare a fare i conti con una presenza in Rete sempre più diffusa. di Simona e Pietro Battistella* Anything, anywhere, anytime: è questa l’essenza dell’evoluzione subita dalla Rete e il suo impatto sulle forme di comunicazione. Grazie allo sviluppo di nuove tecnologie che consentono lo scambio di qualsiasi contenuto, attraverso qualunque piattaforma e in ogni momento, la Rete entra nell’era della partecipazione e della condivisione di massa, e impone alle organizzazioni un nuovo modo di comunicare: la presenza diffusa in Rete. Una presenza non solo identificabile in un sito o un portale, ma idealmente individuabile in ogni punto della Rete nel quale si raggruppano e comunicano i target di riferimento. Caratterizzata non da una comunicazione unidirezionale, come già avviene nella pubblicità on line, ma da una presenza dialogan- te che si avvale di singoli “portavoce” (che intervengono in blog, forum e comunità), e di veri e propri “avamposti” all’interno dei social media. Una presenza, infine, non caotica né casuale, ma frutto di una coerente strategia di posizionamento dell’immagine nel Web e di un insieme coordinato di linee di azione operative. Dalle innumerevoli discussioni su quali opportunità il Web 2.0 offra alla comunicazione d’impresa, si è oggi passati a un primo utilizzo dei nuovi strumenti web per le PR on line. Quel che manca del tutto è un approccio strategico adeguato e la consapevolezza delle conseguenze e dei rischi delle azioni in Rete. Il risultato, infatti, è spesso inefficace rispetto agli obiettivi, o addirittura dannoso per l’immagine dell’organizzazione, colpita da fastidiosi effetti boomerang: smascheramenti di goffe azioni nascoste, contestazioni e critiche degli utenti amplificate dal passaparola, dibattiti mal orientati, sovrapposizione e confusione nei messaggi veicolati da “portavoce” e “avamposti” non coordinati, e così via. In altre parole, nel passare dagli enunciati ai fatti è mancato il passaggio dalla teoria e i principi alla definizione di tecniche e canali specifici. Molti infatti definiscono le PR on line come “qualsiasi attività venga svolta in Rete e che coinvolga l’azienda o l’organizzazione”, inclusa la progettazione e realizzazione di un sito. Ma se un sito o un portale possono essere considerati come il luogo principale dove un’azienda gestisce processi di marketing (vendita, crm, ecc.) e di comunicazione (istituzionale, di marca o prodotto, interna), la Rete è invece una realtà “esterna” rispetto a tale luogo, in cui è possibile progettare e realizzare attività di PR on line. Dal punto di vista degli obiettivi, le attività di pubbliche relazioni on line possono dunque essere distinte in quattro tipologie: • reputation intelligence, valutare la reputazione on line di un’organizzazione, marca, personaggio o iniziativa; • reputation management, influire e modificare opinioni negative, o rafforzare quelle positive, attraverso la partecipazione alle conversazioni direttamente dove avvengono; • awareness, far conoscere un’organizzazione, marca, personaggio o iniziativa generando traffico verso un sito, portale o evento on line; primo piano sotto gli occhi di tutti, e sono sempre più considerate criticamente. dell’integrità dell’azienda d’assalto. La reputazione di molte imprese – per fortuna soprattutto fuori dall’Italia – è crollata, ma il crollo generalizzato della fiducia sta danneggiando enormemente il sistema economico e le aziende sane. La società chiede un nuovo impegno morale all’economia e della finanza, chiede il rispetto delle regole, una maggiore sensibilità sociale. Chi non saprà crescere in termini di reputazione e di rapporto leale con i clienti e con le istituzioni non avrà la fiducia (e i soldi) del pubblico. La nuova comunicazione dovrà riflettere l’effettiva integrità morale e di business dell’impresa. Inoltre, con lo sviluppo della green economy come nuova frontiera del business hi-tech, le aziende saranno chiamate anche a una nuova responsabilità ambientale; le richieste delle istituzioni diventeranno pressanti e vincolanti e la sensibilità del pubblico su questo fronte crescerà fortemente. Vinceranno le imprese più “pulite”, che dimostreranno di non inquinare, di non sprecare energia, di salvaguardare la salute dei lavora- no essere bocciate o promosse immediatamente, senza i filtri caratteristici dei mass media e della comunicazione unidirezionale. Nell’epoca fordista le imprese potevano nascondere i loro problemi e i loro punti deboli. Le aziende potevano permettersi di essere opache e la trasparenza era solo un’opzione. La sfera pubblica era limitata e alcune imprese potevano addirittura tentare di ignorare o di manipolare gli interessi degli stakeholder. Ma nell’economia della conoscenza la discussione si moltiplica e la sfera pubblica si dilata enormemente. Più crescono Internet e il web 2.0 e meno sarà possibile trascurare gli stakeholder e mantenere i segreti aziendali. Dallo scandalo Lewinsky in poi tutte le informazioni più importanti sono nate e circolate in rete per poi essere amplificate dai mass media. Il problema è che in rete la comunicazione non è più controllabile dalle aziende: perciò queste dovranno per forza aprirsi e “conversare” alla pari con il mondo esterno. Le “relazioni lunghe” e aperte, pubbliche della rete saranno sempre più importanti rispetto alle “relazioni corte”, private e riservate finora caratteristiche delle attività di relazione istituzionale. Non scordiamoci che ormai tutte le battaglie strategiche per la conquista della pubblica opinione vengono combattute soprattutto in rete: pensiamo per esempio alla questione cruciale della network neutrality, che vede aziende come Google, Yahoo e Microsoft apertamente schierate e contrapposte a giganti AT&T, Verizon e Comcast. O consideriamo anche il confronto sulla guerra in Irak, che ha visto gli internauti fin dall’inizio esprimersi contro il conflitto in maniera contrapposta ai media tradizionali, invece generalmente favorevoli: alla fine i primi hanno prevalso nell’opinione pubblica. In questo nuovo contesto le aziende dovranno diventare necessariamente più “democratiche” e aperte. I dirigenti di impresa dovranno aprire i loro blog e rappor- tori e degli abitanti, di contribuire al miglioramento dell’ambiente e del pianeta, e di comunicare efficacemente e con integrità il loro sforzo ecologico. Internet avrà in questo senso un ruolo centrale per le aziende e i brand: infatti è diventata la piattaforma di discussione dei consumatori più attenti e colti, dei cosiddetti “lavoratori della conoscenza” che hanno un livello medio e medio-alto di istruzione e che formano la classe centrale della knowledge economy. Nell’epoca del web 2.0 i knowledge worker, ovvero i clienti più avvertiti e influenti delle imprese, discutono in maniera competente su tutto, si confrontano, comunicano le loro esperienze, affinano enormemente il loro senso critico, trasmettono informazioni negative o positive in pochissimo tempo e in tutto il globo. Centinaia di milioni di persone comunicano grazie ai social network, ai blog, ai forum, alle chat. Un prodotto può essere stroncato o promosso a livello planetario in pochi giorni. Le aziende posso- più diffusa , E’ questa una delle sfide piu’ difficili • media relations, costruire relazioni con addetti stampa, redattori on line, webmaster, moderatori, opinion leader in modo molto più capillare ed esteso delle media relations off line. In termini pratici, una coerente metodologia di azione in Rete consiste nello strutturare tre fasi di lavoro: • definizione del territorio virtuale di riferimento con l’individuazione di tutti i luoghi (siti, portali, comunità, social media) dove fasce di utenti significative rispetto agli obiettivi di comunicazione sono raggiungibili o si raggruppano in comunità di interesse (aziendali, tematiche, di intrattenimento); • ascolto nascosto o esplicito con il monitoraggio dei luoghi nei quali gruppi segmentati di utenti esprimono interessi, gusti, opinioni e con la richiesta di pareri espliciti attraverso sondaggi e questionari su temi di interesse; • azione sistematica in Rete, con la diffusione di informazioni coerenti con la propria comunicazione in generale (invio di comunicati e pubblicazione di contenuti di vario genere nei social media); la partecipazione attiva e continua alle conversazioni per influenzarne la formazione, o la trasformazione, attraverso “por- tavoce” opportunamente addestrati (post e interventi in blog, forum, comunità, social media); la creazione di “avamposti” nei social media (blog tematici, social network dedicati, canali o profili, per esempio su You Tube, Facebook o Flickr). Ma che cosa determina la capacità di diffondersi efficacemente in Rete? Una volta definiti con chiarezza gli obiettivi e i messaggi, tutto dipende dall’abilità nel comporre il mosaico delle micro/ macro azioni quotidiane che andranno a disegnare l’immagine complessiva in Rete: dall’invio di un comunicato stampa al commento anonimo a un post, dalla pubblicazione di una videointervista alla creazione di un canale dedicato su You Tube, dall’apertura di una discussione in un forum al lancio di un blog tematico. Il mosaico di azioni dovrà essere scalabile, coerente, diffuso su tutto il territorio virtuale individuato, e soprattutto, attuato da gente nata e cresciuta a “pane e Web 2.0”. * Amministratori Cultur-e tarsi direttamente non solo con i dipendendenti e i collaboratori, ma con le voci e le richieste della rete. Le attività di relazioni esterne diventeranno di competenza di tutti i responsabili aziendali: tutti in qualche misura dovranno essere responsabili anche di fronte alla rete. Dovranno rispondere alle critiche e agli attacchi, partecipare ai social network e ai forum, ammettere gli sbagli, fornire delle risposte, illustrare i loro progetti, coinvolgere positivamente e concretamente i clienti e gli stakeholder nelle loro iniziative. Tutto dovrà essere molto più veloce e trasparente: le barriere tra le aziende e il mondo esterno d i ve n te ranno talmente sottili da diventare invisibili. La funzione specifica deputata alle relazioni esterne avrà il compito difficile e delicato di preparare, dirigere e coordinare le attività molteplici e decentrate dei responsabili aziendali. I rapporti con l’ambiente esterno non saranno più riservati esclusivamente a una sola funzione aziendale ma riguarderanno tutto il top management e forse anche il middle management. Il rapporto tra impresa e interlocutori e stakeholder dovrà diventare collaborativo, aperto, critico, discussivo e non impositivo: altrimenti le aziende per un po’ magari sopravviveranno, ma poi rischieranno di conoscere un crollo improvviso e irreversibile della loro reputazione. Nell’epoca del web 2.0, della crisi economica e dell’affermazione della green economy, la responsabilità sociale dell’impresa non sarà solo una pura questione d’immagine ma verrà richiesta fermamente dal pubblico. Vinceranno le imprese che sapranno contribuire all’arricchimento dell’ecosistema informativo comunicando informazioni utili, veritiere e innovative. relazioni pubbliche - n. 56/2009 5 primo piano Nuovi strumenti Rp: L’importanza di individuare influenti e opinion leader Identificare gli opinion leader da coinvolgere in un progetto di comunicazione è una delle attività strategiche per la buona riuscita di un piano di relazioni pubbliche. Una riflessione di Roberto Portanova, direttore di Spazio-Rp, che da qualche mese ha lanciato l’innovativo servizio RP 2.0, il database dei 100.000 opinion leader del Paese (www.spazio-rp.it). Roberto Portanova Il concetto di opinion leader varia a seconda dello specifico campo di attività: lo stesso termine avrà significati diversi a seconda che stiamo parlando di marketing o di comunicazione politica. Nella teoria delle RP gli opinion leader sono coloro che influenzano o addirittura plasmano le opinioni e i comportamenti dei pubblici che saranno i destinatari finali delle nostre azioni di comunicazione. Gli opinion leader appartengono a categorie diverse a seconda degli obiettivi, dei pubblici di riferimento e delle numerose altre variabili di contesto. Fondamentalmente, però, possiamo distinguerli in due macro categorie: quelli che esercitano la propria influenza attraverso la diffusione delle proprie idee e quelli che influenzano il settore in cui opera l’azienda tramite le decisioni che prendono. I primi sono i giornalisti, i blogger, coloro che hanno accesso alle informazioni e hanno i mezzi per diffonderle. In alcuni casi riescono a modificare le opinioni anche senza il supporto dei media, ma attraverso conttati personali … questi sono gli hub delle reti di relazioni su cui si fonda il principio del word of mouth. I secondi sono i vertici delle istituzioni, le direzioni delle associazioni di categoria e i sindacati, le espressioni dell’amministrazione locale, ecc. Come si individuano nello specifico, come si passa dalle categorie ai nomi e recapiti diretti? L’obiettivo è individuare i più influenti rispetto agli obiettivi di comunicazione del nostro piano: avendo normalmente risorse limitate occorre mirare con precisione gli sforzi verso i target più produttivi. Cosa non sempre facile dal momento che non esiste una regola: la teoria non ci indica parametri obiettivi che possiamo valutare per realizzare una classifica. Neppure possiamo ritenere che tutte le organizzazioni abbiamo le risorse necessarie per fare analisi qualitative complesse sui popri stakeholder al fine di scoprire i meccanismi attraverso cui formano le proprie opinioni su certe questioni. Soprattutto per quanto riguarda gli opinion leader del primo gruppo la scelta dei destinatari dei nostri sforzi di comunicazione si fa sempre più complicata. Prima avevamo pochi media molto influenti in quanto ritenuti mediamente liberi e credibili, mentre i giornalisti più seguiti erano facilmente individuabili. Oggi si assite alla moltiplicazione dei canali di comunicazione di massa, dei fornitori di informazioni che partono dal basso (social media, forum, tv auto-prodotta), fino ai contenitori realizzati da una sola persona come ad esempio i blog. Per i giornalisti vale comunque il prestigio e la diffusione dei media in cui scrivono, i blogger sono più difficili da valutare, sono un fenomeno vasto e sfuggente. Gli strumenti a nostra disposizione per discriminare gli opinion leader di oggi sono le eventuali liste stilate da siti indipendenti, la partecipazione a forum per chiedere e per vedere quali vengono citati maggiormente, girare per i vari blog per valutarne contenuti e aggiornamento e scoprire link a nuovi blog riconosciuti come influenti dagli stessi blogger. Tutto ciò abbiamo fatto a Spazio RP per individuare i 1500 siti e blog più credibili, che si aggiungono ad altri 4.000 organi di informazione tradizionali per realizzare RP 2.0, la più precisa media directory in Italia. Individuare le personalità dell’altro gruppo, quelli che influenzano un certo settore per mezzo delle decisioni che prendono, è molto più semplice. Basta dotarsi di un libro di diritto pubblico aggiornato e di uno di diritto comunitario per scoprire i meccanismi di legislazione e amministrazione pubblica sia a livello nazionale che europeo in modo da individuare gli apparati dello Stato e dell’Unione demandati a ligiferare, vagliare, giudicare sulle tematiche di interesse per il proprio lavoro. Indispensabile è anche la lettura di qualche quotidiano o periodico più o meno specializzato per scoprire quali sono le persone che vengono più spesso citate per commentare o approfondire certe tematiche. Sicuramente potremo costruire un discreto archivio di referenti del mondo istituzionale, associazionistico, politico, imprenditoriale, universitario, ecc. 6 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Marco Massarotto: comprendere le dinamiche della Rete Internet Pr: cambiano Dopo dieci anni trascorsi a New York dove ha lavorato nelle più importanti agenzie di pubblicità internazionali (Publicis, Lowe) è tornato in Italia e ha fondato Hagakure, una società specializzata in Internet PR. E’ autore di Internet P.R. - Il dialogo in rete tra aziende e consumatori, edito nel 2008 da ApogeoFeltrinelli. Dal 2002 al 2006 ho fatto parte del consiglio direttivo dell’Art Directors Club Italiano. Donatella Giglio Qual’è la particolarità delle relazioni pubbliche online? Dire fondamentalmente il fatto che gli interlocutori cambiano e sono direttamente i consumatori o un diverso tipo di intermediari rispetto alle PR tradizionali: blogger, admin di forum o creatori di social network tematici, per citarne solo alcuni. Inoltre Internet sta dando grande spazio anche al mondo associativo, che era meno rappresentato sui media verticali. Cambiando gli interlocutori, cambia tutto: linguaggio, strategie, tecniche. Molte organizzazioni danno ancora poca importanza alla propria presenza sul web. Quali i motivi per cui non è possibile farne più a meno? Credo che qualunque buon comunicatore abbia il dovere di esplorare un territorio nuovo (e prima lo si fa, maggiori sono le possibilità di conquista). Ammesso che Internet si possa definire un territorio ancora da scoprire, poi, è sempre dovere di un buon comunicatore essere pronti a metabolizzare nel proprio Mix un nuovo media. Il telefonino esiste da meno tempo di Internet, eppure è più accettato. In realtà non credo che ci sia un problema di “dare poca importanza a Internet”, quanto a certi aspetti di Internet, quelli più sociali, diversi dai paradigmi abituali, che però in rete sono quelli centrali. Mi spiego meglio. Non credo che nessuna azienda sottovaluti oggi l’importanza di avere un proprio sito, di pianificare banner o abbia difficoltà a capire l’utilità di una DEM o dell’email marketing. Quello che spesso succede è che ci si ferma lì, ai modelli più vicini a quelli noti (spedizione, inserzione, canale...). E su Internet non si fa molta strada con questi modelli. Occorre far comprendere le dinamiche tipiche di una rete: partecipazione, socialità, networking. Questo è quello a cui secondo me si dà ancora troppa poca importanza: il modo corretto di Intendere e approcciare il web. Marco Massarotto Sulle Internet PR ci ha scritto un libro. Qual’è lo scenario italiano? Ho aperto un’agenzia dedicata a questo nel maggio del 2006 (www.hagakure.it), allora in centro a Milano se dicevi la parola “blog” ti guardava- MICHELE FICARA MANGANELLI: le organizzazioni devono Ha fondato una delle prime società per la veicolazione di contenuti online, ImmediaPress. Dopo 11 anni di attività analogica nel mondo della comunicazione e della pubblicità e poi 13 anni di attività in ambito digital media viene considerato oggi uno dei maggiori esperti italiani di internet e comunicazione digitale, è Presidente Di Assodigitale. di Cristina Skarabot Qual è la diffusione attuale dell’utilizzo dei social media e come evolverà in futuro, considerando anche il periodo di crisi che le imprese stanno attraversano? In particolare qual è il rapporto tra i social media e le attività di advertising sui mezzi tradizionali? L’importanza dei social media è in costante crescita e, come osserva l’ultima indagine Nielsen, le aziende italiane stanno tagliando i costi della pubblicità. Questo processo si inserisce perfettamente nell’attuale contesto che vede un consumatore sempre più attento alle proprie scelte ed influenzato più dai consigli dei propri amici e delle persone che conosce piuttosto che dalle campagne pubblicitarie delle aziende. Le aziende sentono quindi sempre più forte l’esigenza di avvicinarsi al potenziale cliente/consumatore e dialogare direttamente con esso. Gli stessi investimenti pubblicitari negli ultimi anni hanno visto un riposizionamento dalla TV, a Internet ed oggi ai Social Network. Bisogna però considerare come i Social Media siano utilizzati per un’attività di promozione dei propri prodotti e servizi o di incremento della notorietà di marca solo dalle grandi imprese e dalle realtà più organizzate, che pianificano regolarmente la propria attività di comunicazione. Di gran lunga inferiore è l’utilizzo del Web 2.0. nelle piccole e medie imprese che utilizzano le fuzioni base di Internet, senza sfruttare del tutto le potenzialità che offre. Il prossimo passo vedrà da un lato un’ulteriore evoluzione della tecnologia e dei social network, dall’altro l’estensione dell’utilizzo di Internet che sarà sempre più indipendente da un mezzo ormai obsoleto come il computer. E’ auspicabile nel prossimo futuro una crescente diffusione di Internet sul cellulare, in modo tale da poter informare e ricevere informazioni dovunque e in qualunque momento, E’ questa la vera “rivoluzione” del futuro: un cambiamento che, grazie ai nuovi Iphone ed alla nuova generazione di telefoni multimediali, è già all’orizzonte. Come si fanno Relazioni Pubbliche efficaci nell’era del Web 2.0 e come si diventa fonti credibili per i consumatori? E’ essenziale non vendere fumo. Le marche devono imparare a conversare con i clienti e non più affidarsi a slogan e parole vuote. Ad esempio, dando consigli utili ai propri potenziali clienti sull’utilizzo di una determinata tipologia di primo piano Il progetto per sviluppare strategie adeguate strumenti e linguaggi no come un marziano. Oggi non si parla d’altro. Se prima eravamo in ritardo, oggi c’è troppa hype sul tema e troppa fretta. I social media sono un investimento strategico per le aziende e l’economia di crescita dei progetti web è lenta o comunque diversa da quella delle “campagne” sui media tradizionali. In sintesi vedo entusiasmo e accettazione delle tecnologie sociali, manca un po’ di pazienza e umiltà a volte. Ci sono un sacco di occasioni di formazione che non sono state colte, quando invece la cultura di rete è il presupposto di base per un progetto di successo sul cosiddetto web 2.0. E’ un difetto tipico di noi italiani: programmare poco le partenze. che ne parla su twitter. Si pone il problema di intercettare le conversazioni (tecnologico) e quello di pesarle e organizzarle in un sistema di valutazione coerente (intelligence). E’ una sfida appassionante che un buon comunicatore non dovrebbe temere, ma vivere come l’opportunità di poter conoscere l’esito del proprio lavoro ancor più in dettaglio. Charlene Li di Forrester Research ha stabilito una tabella del ROI dei blog, ma ogni buon relatore pubblico è in grado di “assemblare” il proprio kit di misurazione in modo semplice, allineandolo agli obiettivi di comunicazione. Noi, nella pratica quotidiana, stendiamo Esistono modalità e strumenti per la valutazione delle PR online. Come se ne può misurare il ritorno? Il problema non è se esistano indicatori, ma che ne esistono troppi. La misurazione delle PR online appartiene alla famiglia delle Relazioni Pubbliche, si basa sulla misurazione delle “occasioni di visibilità” offerte alla marca. Solo che su Internet sono tantissime: un video su youtube, quante foto ha generato su flickr il tuo evento, i post dei blogger, thread di discussione sui forum, gente Ferpinet: le relazioni pubbliche italiane fanno Rete Il social netwrok dei soci Ferpi, tra i primi progetti del genere a livello internazionale, è una vetrina professionale irrinunciabile per chi lavora nell’ambito delle RP dei report molto dettagliati che integrano dati “hard” (visitatori, blog reactions, views di contenuti multimediali, citazioni sui Social Network...) con dati “soft”, qualitativi, spiegando ai clienti perché quella twittata vale più di quell’altro post... Una realtà satura, dove per emergere è necessario distinguersi: è quella dei social network che hanno invaso la quotidianità degli utenti, prima appagando e poi amplificando la necessità di comunicare, conoscere, incontrare (e soprattutto di ritrovare volti e voci del passato). Ma se dal piano della spontanea curiosità si passa a quello dell’utilità professionale, si scopre che il social network tradizional-generalista non offre vantaggi pratici, anzi. Le regole che guidano il mondo del lavoro, e dei professionisti che in esso si muovono, si ispirano ai concetti di ottimizzazione dei tempi, organizzazione dei contatti e condivisione del sapere. Non risulta dunque utile poter essere rintracciato da chiunque in qualsiasi momento, né essere informato su quello che fanno tutti: da qui la necessità di creare e usare solo social network che sappiano offrire un vantaggio concreto nel proprio settore professionale. Lo sanno i responsabili di alto livello: dirigenti, liberi professionisti e futuri manager che usano la piattaforma internazionale Xing Neurona, per ricercare partner professionali, instaurare contatti lavorativi, aprire nuovi mercati, reperire opportunità di partnership e gestire al meglio relazioni professionali già in corso. Risultano di grande interesse, per gli oltre cinque milioni di iscritti a questo SN diffuso in 16 paesi, i forum internazionali e specialistici che garantiscono un interessante scambio di idee e di prospettive. In Italia, si distinguono Linkedin e nel mondo della comunicazione Link2me, che si rivolge a esperti del web, marketing e grafica che possono pubblicare richieste e bandi di gara o candidarsi per le diverse opportunità lavorative o condividere competenze e inaugurare progetti collaborativi. Appare chiaro, dunque, che sono finiti i tempi in cui i dipendenti di un’azienda dovevano riunirsi intorno a un tavolo per scambiarsi opinioni e aggiornarsi sui propri lavori. Persino le intranet aziendali, utilizzate a volte con fatica per i pesanti applicativi informatici, sembrano destinate a lasciare il posto ad altri strumenti innovativi. Complice il concetto di “condivisione”, che in Rete sta dettando regole e creando nuovi abitudini, cambiano anche la comunicazione interna, aziendale o associativa. Ferpi ha ben capito le potenzialità di questo nuovo approccio e dato vita a Ferpinet, uno dei primi esempi al mondo di social network tra gli iscritti a un’associazione professionale. On line da luglio, è composto da sezioni pubbliche e sezioni riservate ai soci che possono produrre contenuti di vario tipo (informazioni, opinioni, conoscenze), consultare le schede degli altri soci, presentare al pubblico della Rete le proprie attività e una selezione di lavori. Per queste enormi potenzialità, Ferpinet si presta a tante definizioni: un network di soci, perché solo loro creano i contenuti; un network professionale perché costituito da persone che appartengono allo stesso mondo lavorativo e condividono esigenze e interessi; un network etico, perché realizzato da soggetti che si ispirano a regole e principi di comportamento professionale condivisi. Infine, un network pubblico, con una selezione di informazioni e pagine visibili anche all’esterno, per far conosce a tutti chi sono i professionisti di Ferpi e invogliare nuovi utenti ad associarsi per entrare nel network. Una vetrina professionale irrinunciabile, per chi lavora nell’ambito delle Pubbliche Relazioni. Ferpinet ha già generato una forte identità associativa, creando un’immagine di Ferpi aperta e moderna, un’associazione che comunica utilizzando il linguaggio del Web 2.0. All’interno, contribuisce a realizzare una cultura condivisa, che favorisce l’integrazione e permette alle tante personalità di emergere. L’invito a tutti i soci è pertanto quello di iscriversi a Ferpinet e contribuire attivamente alla creazione di un luogo virtuale dove è possibile intrecciare qualificate relazioni umane e collaborazioni professionali. Marta Bartolozzi - Cultur-e Secondo la sua esperienza, ci sono casi d’eccellenza italiani o prassi interessanti Desmoblog di Ducati (dal 2006), Quelli che Bravo di FIAT (dal 2006), ma anche un sacco di altri progetti della casa torinese, Claudio Velardi l’assessore-blogger. Penso anche a Poggio Argentiera e Zonin con “Wine is Love” nel mondo del vino. Recentemente Telecom Italia sta avviando molte iniziative estremamente interessanti sui media sociali: Venice Sessions, “A voi comunicare” e altri progetti, dando dei segnali di innovazione molto forti. Infine mi piace molto come si sta muovendo Nokia, stranamente vedo fermi al palo gli altri produttori di cellulari e navigatori. Mi piacerebbe anche vedere il Quirinale più aperto alla Rete, come fa la regina di Inghilterra su YouTube o Obama. imparare a conversare con i pubblici prodotto e sulle sue caratteristiche fondamentali, l’azienda assumerà il ruolo di fonte credibile ed anche i prodotti da essa proposti saranno più apprezzati. La conversazione con il cliente può seguire de vie: una diretta ed una indiretta. La via diretta prevede che l’azienda comunichi direttamente il prodotto al proprio target. La via indiretta si basa invece su fatto di generare traffico sul proprio sito web relativamente al prodotto, rivolgendosi al consumatore medio. Se prima al comunicatore era sufficiente alzare la voce ed inviare comunicati stampa per informare i propri pubblici, oggi la figura del relatore pubblico si fa più complessa. Egli diventa l’ambasciatore dell’azienda nei confronti dell’esterno. Si assiste quindi ad un cambio di paradigma nel rapporto aziendaconsumatore: l’azienda non deve più comunicare ma conversare con i propri pubblici e l’oggetto dell’attività di comunicazione non è più un messaggio ma una relazione. Oggi Relazioni Pubbliche e Pubbli- cità devono unire i propri sforzi ed unirsi in un’unica disciplina, il cui obiettivo finale è quello di costruire e successivamente mantenere un’immagine aziendale positiva. Ma comunicare veramente con il pubblico significa prima di tutto non irretire i giornalisti con notizie false o abbellite, in quanto se l’azienda sbaglia nel contesto attuale viene “impallinata” dai propri clienti. Basti pensare al caso Carrefour, che ha fatto scuola (in negativo) per quanto riguarda la gestione della comunicazione nel Web 2.0. Cos’è allora una notizia in Rete, dove ognuno può creare informazione? Bisogna innanzitutto dire che la notizia nel Web 2.0. diventa tale da sola: è sufficiente spingerla sugli aggregatori di news e fare un’attività di passaparola. Oggi le bufale giornalistiche sono bloccate, quando non addirittura scoperte, tramite i Social Network, si veda ad esempio il caso Calipari. Anche il ruolo delle agenzie di stampa è cambiato: Ansa e Adn Kronos non danno più la notizia ma si limitano a verificare la veridicità di notizie che provengono dall’esterno. Un esempio di giornalismo Web 2.0. è poi Facebook, utilizzato dai principali opinionisti italiani per ricercare le mode e gli argomenti più discussi dagli utenti del social network e poi riproporli nelle riviste e quotidiani cartacei ed online. Tutti i soci Ferpi che non hanno ricevuto i dati di accesso a Ferpinet o necessitano di informazioni e assistenza scrivano una mail a [email protected] Michele Ficara Manganelli relazioni pubbliche - n. 56/2009 7 primo piano L’analisi La societa’ liquida produce incertezza. La si contrasta con il knowledge management Anita Fabbretti* Le organizzazioni più attente ai richiami esterni e interni, immerse nella “realtà liquida” che le plasma e le rende a loro volta “liquide”, dai confini sempre più confusi, dovranno attrezzarsi con una struttura e strumenti adeguati al fine di affrontare il mondo dell’incertezza che ne deriva, per garantire la flessibilità necessaria a mantenersi vive e competitive e accrescere la capacità innovativa. Non solo, ma, perseguendo una strategia di human resources development volta a valorizzare le competenze individuali, che trascini lo sviluppo dell’organizzazione stessa e che metta le persone in condizione di essere proattive e creative, riusciranno a promuovere una spinta evolutiva della comunità di appartenenza. Nell’Economia della conoscenza, la conoscenza è considerata elemento cardine del tessuto economico sia del macroambiente che del microambiente “impresa” ed è, quindi, necessario prevedere strutture in grado di riconoscerne la valenza e di accoglierla, oltre a dotarsi di strumenti per “trattarla”. La gestione della conoscenza è diventato uno degli elementi più importanti per la creazione del valore, la competitività e la longevità di ogni impresa e implica la costruzione di un assetto organizzativo che rappresenti il territorio delle relazioni che questa tesse nel suo agire: l’ “azienda estesa”, non rappresentabile in un organigramma e non definibile a priori, ma in continua evoluzione e ridefinizione. Il knowledge management è strettamente legato alle competenze individuali, ai principi e ai processi organizzativi, all’infrastruttura tecnologica, alla quantità e alla qualità delle relazioni che caratterizzano l’azienda, veicolo primario di diffusione del “sapere aziendale”. Gli strumenti tecnologici e organizzativi adottati dall’organizzazione devono avere la funzione di facilitatori di questo processo, si devono plasmare secondo i fini aziendali, devono essere al servizio dell’azienda estesa, delle relazioni e dei relativi flussi comunicativi e procedurali che la caratterizzano. Il web 2.0 è un nuovo modo di vivere il web: nuovi strumenti, comunicazione bidirezionale sincrona e asincrona, interazione, feedback immediato, partecipazione (user-generated content). Grazie a queste caratteristiche realizza quella che si può definire una socialità virtuale tra gli utilizzatori della rete, che in ambito organizzativo, se opportunamente gestita, rappresenta una notevole opportunità in termini di abbattimento delle barriere spazio-temporali e dei relativi costi di gestione. Offre tecnologie che agevolano la creazione della Learning Organization, organizzazione che “impara ad apprendere” e facilitano il successivo passaggio alla Knowledge Organization, un’organizzazione che “impara a conoscere”. Tale trasformazione si realizza anche attraverso un intervento di tipo culturale che preveda il coinvolgimento di tutti gli stakeholders dell’impresa a partire da quelli interni, che in qualità di knowledge workers saranno i primi destinatari, ma anche i “motori propulsori” di questo cambiamento, poiché detentori, utilizzatori e produttori della conoscenza aziendale. Le tecnologie web 2.0 consentono la creazione di forme di comunicazione partecipative di forte impatto, che aprono scenari su nuove modalità operative e organizzative, in parte sperimentati nelle grandi organizzazioni multinazionali. Le nuove tendenze sono legate alla creazione di virtual workspaces luoghi di lavoro per team work o communities of practices. Gli strumenti web 2.0, inoltre, possono essere ottimi veicoli per la promozione dell’immagine aziendale e per essere utilizzati in un ottica di viral marketing. Le organizzazioni che vogliono adottarli, dovranno agire su più fronti, prevedendo un intervento di tipo “strutturale/organizzativo” che deleghi precise responsabilità secondo i fini individuati, un intervento di tipo “educativo” che lavori sulla cultura aziendale affinché il nuovo modus operandi possa entrare nel DNA dell’organizzazione e uno di tipo “formativo” sull’utilizzo corretto degli strumenti scelti. Tale approccio, attento alle esigenze organizzative di ottimizzazione dei processi e di facilitazione e promozione di un ambiente collaborativo, nel quale la tecnologia avrà un ruolo fondamentale e ne sarà al servizio, sarà mirato a creare la Virtual Organization, un luogo di lavoro che offra alle persone un supporto completo alle esigenze operative, di comunicazione, servizio, gestione, produzione e scambio della conoscenza (Business Knowledge Management). * Marketing & Communication Manager Quattroemme SpA 8 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Cosenza, Digital PR: per lavorare in Rete bisogna “farsi rete” Blog, forum, social media: l’opinione di forma online Nel corso di un secolo l’attività del relatore pubblico si è affinata, specializzata, estesa, ma la sua missione di fondo è rimasta quella di “creare, sviluppare e consolidare sistemi di relazione con i pubblici influenti sul raggiungimento degli obiettivi perseguiti da singoli, da imprese, da enti, da associazioni, da amministrazioni pubbliche e da altre organizzazioni”. Il punto di Vincenzo Cosenza, tra i più attenti osservatori della comunicazione online. Vincenzo Cosenza* Con l’affermarsi della società in rete e il successivo, inevitabile, dissolvimento della rete dentro la società, le relazioni pubbliche sono destinate a cambiare o, in alternativa, a rassegnarsi ad occupare un ruolo di secondo piano. Secondo il sociologo Manuel Castells, la società in rete comunica e consuma mediante la Rete, in base a processi che diffondono istantaneamente simboli e conoscenze, modificando in profondità le espressioni culturali e cambiando radicalmente le forme del potere e della mobilitazione sociale. E’ naturale che tali profondi mutamenti sociali incidano anche sull’attività del relatore pubblico, rendendola più complessa, ma anche più stimolante, sotto molteplici aspetti. Eccone alcuni che mi sembra interessante condividere senza pretesa di esaustività: - la struttura reticolare che mette in relazione in tempo reale individui dislocati territorialmente, determina una diffusione delle notizie rapida e spesso imprevedibile; sempre più spesso la notizia non segue il rigido percorso disegnato dall’alto, ma origina dall’esperienza di un reporter non professionista o di un cliente insoddisfatto; - il ciclo di vita dell’informazione si allunga tanto da renderla persistente e facilmente rinvenibile grazie ai sempre più potenti motori di ricerca; ciò richiede una più lungimirante e attenta gestione della reputazione e dei mezzi a ciò utili (ad esempio curando le voci di Wikipedia rilevanti per la nostra organizzazione); - la rilevanza di inediti spazi di relazione (community e social network) e di nuovi strumenti di comunicazione (instant messenger e microblog) danno al comunicatore professionale la possibilità di interloquire direttamente con i destinatari finali del messaggio, bypassando i filtri tradizionali - agli stakeholder tradizionali si affiancano nuovi influencer che, mossi dalla passione e supportati da strumenti immediati di pubblicazione delle informazioni in rete, come i blog e i microblog, dialogano con voce nuova e cristallina con gli utenti della rete, stabilendo un rapporto di fiducia che può influire sulle decisioni di acquisto e sulla reputazione aziendale. A riprova di ciò l’ultima ricerca di Digital PR e Millward Brown mostra che alla domanda “quanto spesso un opinione trovata su forum o newsgroup ha influenzato la tua decisione d’acquisto?”, il 67% degli italiani, che frequentano questi luoghi, risponde “molto” o “abbastanza”. Per i blog la percentuale scende al 51%. In tale scenario, in cui risulta evidente che le aziende italiane non possono più continuare a considerare la rete soltanto uno spazio da tappezzare con i propri banner, la figura del relatore pubblico può ritrovare un ruolo di primo piano. E’ necessario premettere che un percorso di avvicinamento consapevole e corretto ai media sociali non si improvvisa, ma richiede apertura al nuovo e tempo dedicato a “vivere la rete” al fine di assorbirne le logiche di relazione e la grammatica dei nuovi strumenti; insomma per lavorare in rete bisogna “farsi rete”. Ma quali sono le attività precipue del relatore pubblico al tempo di Internet? Esemplificando le due principali e complementari sono quella dell’ascolto delle conversazioni e quella della successiva costruzione di una relazione con i nuovi opinion leader della rete. Ascoltare le opinioni spontanee dei propri pubblici di riferimento è il primo passo per iniziare a comprendere come l’organizzazione viene giudicata, ma anche per individuare quali sono gli utenti più ascoltati, gli snodi informativi più rilevanti e le reti di relazioni significative. Tale attività, qualora supportata da software di monitoraggio professionali, permette di sistematizzare e riordinare i flussi frammentari e caotici delle conversazioni. Il quadro risultante dalla fase di ascolto permetterà di delineare un piano di relazioni di lungo periodo con gli stakeholder della rete individuati. Ampio lo spettro di azioni che in esso potranno trovare posto: dalla digital media news release alla creazione di un corporate blog per dialogare senza filtri, dagli incontri informali del management con gli opinion leader della rete al coinvolgimento degli stessi in community di co-generazione di idee, dalle risposte ai malumori in rete ad una strategia di digital crisis management. In definitiva l’attività del relatore pubblico al tempo della rete, qui soltanto tratteggiata, presenta talmente tanti elementi di novità e problematicità per il futuro della professione, da richiedere l’avvio di una riflessione profonda e condivisa. *Responsabile della sede romana di Digital PR Vincenzo Cosenza primo piano La novità Il comunicato stampa è morto, viva la smart release Le relazioni con i media rappresentano, da sempre, una delle funzioni specialistiche più importanti delle Rp. Con Internet l’attività di media relations deve spostarsi sul web, in spazi appositi dove i giornalisti possano sempre trovare informazioni e materiale sull’azienda. Da questa esigenza nasce il progetto “smart room” di Business Press. Diego Biasi, presidente di Business Press Biasi, Business Press: consiglio di buttarsi nella mischia, immergersi nelle conversazioni, partecipare alla vita La vera novità? Le persone al centro Chi si occupa di relazioni pubbliche in questo periodo è bombardato da richieste di aziende e organizzazioni di ogni tipo che vogliono sapere tutto sui social media: cosa sono, quali opportunità offrono, come si affrontano professionalmente. I consigli di Diego Biasi, presidente di Business Press. di Diego Biasi* Al di là del fenomeno mediatico, a volte collegato a logiche imperscrutabili (ve lo ricordate Second Life, dalle stelle alle stalle in pochi mesi?), l’attenzione per i social media nasce in una congiunzione astrale interessante: al calo degli investimenti pubblicitari tradizionali, dovuto in parte alla crisi economica e in parte alla sempre minore efficacia dell’advertising classico, fa riscontro un grande interesse per quelle applicazioni del Web 2.0, della “nuova Internet”, che permettono alle persone di entrare in contatto con altre persone, dialogare, esprimere creatività e autorappresentarsi. Il vero successo del Web 2.0 è proprio questo: aver spinto il mondo Internet ad abbandonare il modello basato sulla pubblicazione di pagine di contenuti per adottare il modello che mette le persone al centro, che le rende “contenuto” (come sarebbero le pagine di Facebook senza di noi e i nostri amici?) sufficientemente interessante da spingere milioni di navigatori a interagire e comunicare mettendo l’accento su aspetti chiave come la fiducia reciproca, la ricerca di informazioni e consigli, l’auto-aiuto. Va considerato anche che l’uso di Internet è ormai abbastanza diffuso, sebbene l’Italia continui a essere arretrata rispetto al resto d’Europa. Nel dicembre 2008 oltre 22 milioni di Italiani si sono collegati a Internet con una certa frequenza: ben cinque milioni l’hanno utilizzato per cose utili come gestire il conto corrente online, per esempio (dati Nielsen Online - Panel Casa e Ufficio 12/2008) e addirittura 16 milioni hanno frequentato costantemente social media come YouTube (condivisione di video), Flickr (condivisione di foto), Facebook (contatti con la cerchia di amici). Alla gente dunque i social media piacciono parecchio, e vi dedicano una quota crescente di tempo a spese di altri media, prima fra tutti la televisione, tanto da richiedere un ripensamento approfondito delle strategie media e del marketing mix. Il tempo è senz’altro il fattore critico più rilevante, anche se gli stili di vita e il rapporto con la tecnologia sono altrettanto importanti. Per esempio nella generazione dei “Digital Natives”, i quindi- cenni di oggi nati in un ecosistema iper-tecnologico fatto di PC-cellulare-playstation, un mezzo di comunicazione ‘moderno’ come la posta elettronica è considerato obsoleto, una cosa ‘da adulti’, buona per mandare una lettera di ringraziamento alla mamma del compagno di scuola dopo un weekend insieme al mare, ma non certo per tenere i contatti con la cerchia di amici. Le comunicazioni all’interno della ‘tribù’ si gestiscono via sms, via instant messenger e tramite i vari social network come Facebook (175 milioni di utenti nel mondo di cui sette in Italia), Netlog (target 13-24, con 40 milioni di utenti di cui tre milioni in Italia), MySpace (250 milioni di pagine di cui tre milioni in italiano), Bebo e altri ancora. La spinta dei social media ha toccato pesantemente anche il mondo dei media che si va sempre più polarizzando: i grandi media ‘mainstream’ come i quotidiani, i settimanali, i network tv soffrono per la crisi economica che asciuga le fonti di reddito pubblicitario ma vedono il loro brand rafforzarsi sempre più. Dal basso cresce la spinta dei nuovi infomediari come i blog, le webzines, le community online, che nascono per aggregare persone che condividono interessi e passioni, caratterizzati spesso da una minore qualità del contenuto ma dove prevalgono aspetti come la fiducia, la trasparenza, l’autenticità, tutti valori che le persone mostrano di tenere in alta considerazione in rete. In questo scenario così ‘liquido’ che cosa deve fare chi si occupa di RP per cogliere le opportunità dei social media? Il consiglio è buttarsi nella mischia, immergersi nelle conversazioni, partecipare alla vita della parte popolata della rete e cominciare a capire le nuove regole del gioco. Ci si accorge subito che è un mondo fatto di molteplici ‘nicchie’, dove si svolgono conversazioni molto intense e dove il controllo dei messaggi è impossibile. Ma è anche un mondo dove l’interazione è il fattore chiave e dove le aziende più propense all’innovazione stanno sviluppando strategie per partecipare alle conversazioni, per entrare in una relazione nuova con i consumatori e per utilizzare le opportunità di dialogo per migliorare il servizio, inventare nuove forme di interazione, catturare trend emergenti, identificare i nuovi opinion maker e i nuovi stakeholder. Non è un lavoro tagliato su misura per i professionisti di RP? * Presidente di Business Press “Il comunicato stampa, lo strumento principe delle media relations, non è mai cambiato dai tempi della macchina da scrivere e in un mondo Web 2.0 sembra quasi obsoleto”, spiega Diego Biasi di Business Press. “Nel distribuire una notizia bisogna pensare anche ai redattori online e ai blogger, che vivono immersi nella rete e che prediligono le notizie corredate di link per raggiungere i siti di approfondimento e arricchite di contenuti multimediali di ogni tipo.” In questa ottica Business Press ha creato un nuovo tipo di comunicato stampa, la “smart release” che si legge su un sito dedicato a ciascun cliente dell’agenzia, la SmartRoom. “Abbiamo ripensato in chiave Web 2.0 la classica press room, trasformata in uno strumento interattivo che offre al giornalista un contesto ricco di fonti, di materiali e di spunti che servono a facilitare il lavoro di reperimento delle informazioni. Nella SmartRoom sono stati aggregati tutti gli strumenti utili ad un’informazione completa, compresa la possibilità di accesso ai responsabili della comunicazione in azienda, che sono contattabili direttamente via Skype”. Per la piattaforma www.smartroom.it, Business Press ha vinto il Premio Assorel 2008 nellla categoria Digital PR e Social Media. relazioni pubbliche - n. 56/2009 9 public diplomacy L’analisi Il ruolo della comunicazione nelle politiche internazionali delle organizzazioni di Fabio Ventoruzzo Era il 1965 quando Edmund Gullion, diplomatico di carriera, etichettò come public diplomacy l’influenza (spesso manipolativa) esercitata sulle attitudini del pubblico nella progettazione e attuazione delle politiche estere di una organizzazione, soprattutto Governi nazionali. Non che prima questa non esistesse - basti pensare al ruolo della propaganda nei due conflitti mondiali - ma da lì in poi si è avviata anche una intensa e costante discussione teorica (soprattutto di matrice anglo-americana) per interpretarla e definirla. … mentre fioccavano - e sono tuttora in effervescenza - iniziative di public diplomacy nelle politiche internazionali degli Stati-Nazionali e cresceva la loro attuazione anche da parte di quelle organizzazioni private e sociali che nel raggiungimento dei propri obiettivi organizzativi si trovano in contatto con cittadini di altri Paesi (il caso dell’Eni-Libia, recentemente raccontato dai media è emblematico, come il ruolo del Cesvi nella cooperazione internazionale). Public diplomacy, quindi, non nel senso di diplomazia ‘pubblica’, agita esclusivamente dai Governi (da contrapporre ad una corporate diplomacy) ma – in una accezione simile alla traduzione italiana delle nostre Public Relations – come diplomazia nella, con e per la sfera pubblica, quello spazio di dialogo, cioè, in cui interagiscono e si formano le opinioni dei diversi pubblici stranieri. Il termine ‘public’, infatti, non fa riferimento al soggetto che la pone in essere, ma all’interlocutore di un altro Paese cui una organizzazione tout court si rivolge per attivare e sviluppare una relazione che sostenga il raggiungimento dei suoi obiettivi… palesando, se ancora non lo fosse, la stretta connessione tra le nostre relazioni pubbliche e la public diplomacy! Negli ultimi anni tutto ciò ha fatto fiorire un corpo di conoscenze e di pratiche operative, in forte e fremente crescita, pur nella doverosa consapevolezza di essere in presenza di un terreno estremamente fragile in cui la discontinuità attuale (economica ma anche sociale e culturale) responsabilmente impone di porre maggiore attenzione nel ricercare le giuste domande più che le giuste risposte, tanto la disciplina è ancora embrionale, controversa e influenzata dalle leadership globali. Due i presupposti di un possibile nuovo approccio globale alla public diplomacy da integrare con i paradigmi operativi delle relazioni pubbliche: da un lato, lo sviluppo dell’ICT che ha enfatizzato il ruolo delle reti sociali e orizzontali di relazione tra gli stakeholder, rispetto ai classici modelli di informazione e comunicazione verticale; dall’altro, la migrazione delle politiche internazionali degli Stati-Nazionali verso l’abilità di attrarre (soft power) piuttosto che sulla capacità di imporre in maniera autoritaria (hard power) la propria identità e cultura. I modelli finora identificati nella letteratura internazionale facevano riferimento, principalmente, ad una public diplomacy ‘realista’ (influenzare in maniera unidirezionale l’opinione di cittadini di altri Paesi per influenzare il Governo di quel Paese) e ‘liberalista’ (attirare con modalità bidirezionali l’attenzione di cittadini e Governi di un altro Paese per facilitare persuasione e marketing su determinate issue sociali, economiche, culturali, …). Lo tsunami migratorio che ha avuto conseguenze drammatiche nelle politiche nazionali e internazionali dei Paesi ha spostato, tuttavia, l’attenzione verso un terzo filone di pensiero, legato allo sviluppo del ‘globalismo sociologico’, un approccio teorico-operativo, per ora solo abbozzato, che enfatizza il ruolo comunicativo e di cittadinanza attiva delle sempre più dinamiche comunità di migranti in uno specifico territorio. Appare evidente, quindi, che sempre più la Public Diplomacy - ancorchè essere un ‘altro’ approccio alla comunicazione internazionale - sta assumendo un ruolo sempre più strategico nel contribuire a migliorare la qualità dei processi decisionali di una organizzazione che opera in contesti globali, attraverso una sempre più spinta segmentazione dei pubblici influenti e un ascolto preventivo delle aspettative di quegli stakeholder che influenzano/sono influenzati dalle finalità e dagli obiettivi organizzativi, migrando da una ‘comunicazione-a’ ad una ‘comunicazione-con’ i pubblici. È proprio dall’integrazione di questo processo di stakeholder relationship governance con il paradigma globale dei principi generici e delle applicazioni specifiche che si prefigura una sempre più netta convergenza (e non solo teorica) tra relazioni pubbliche e public diplomacy intesa, ora, come attività sistematica e integrata (attivata da organizzazioni pubbliche, private e sociali) per governare e monitorare la qualità delle relazioni attivate con le comunità di stakeholder di altri Paesi. Un cambiamento di prospettiva che impone alle organizzazioni di analizzare i cambiamenti in atto (nei sistemi socio-culturali, politico-istituzionali, economici, della cittadinanza attiva e dei media) e interpretare le aspettative degli stakeholder, anche diffondendo le competenze comunicative in grado di supportare le altre funzioni organizzative per migliorare la qualità delle relazioni con gli stakeholder di altri Paesi. 10 relazioni pubbliche - n. 56/2009 L’accordo tra Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Public Diplomacy e Successo e consensi per il primo corso su Public diplomacy e relazioni pubbliche previsto dalla convenzione sottoscritta tra Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri che si è tenuto a Roma dal 3 al 6 marzo presso villa Madama. Un primo bilancio di Toni Muzi Falconi, che l’ha organizzato assieme a Fabio Ventoruzzo e con i contributi autorevoli di Dejan Vercic, Mindi Kasiga, Sriramesh Krishnamurty e Roger Hayes. Toni Muzi Falconi Sono nato 68 anni fa… figlio di papà -si- ma anche figlio di mamma. Lui diplomatico di carriera e di famiglia nobile; lei, angloirlandese, figlia, a sua volta, di un diplomatico britannico di forte peso e di ferrei principi. Insomma: sono nato bene, cresciuto bene ed educato un po’ così e così, in giro per il mondo. Il terzo di tre maschi. Il primo ha intrapreso la strada della pubblicità a Londra e poi delle relazioni pubbliche in Italia, attivista della protezione dell’ambiente ed è scomparso un anno fa; il secondo ha seguito le orme del padre e da poco è collocato in pensione; il terzo (chi scrive) aveva sempre detto a se stesso in gioventù che mai avrebbe fatto il mestiere del padre e… quando arrivò il momento di decidere, che ha fatto? Ovvio, si è messo nelle relazioni pubbliche. A quei tempi un figlio bene come me, privo di particolare vocazione (per me era forte la curiosità culturale e politica, ma nulla ancora a che vedere con qualcosa di serio), faceva il concorso diplomatico, se lo falliva andava in Alitalia, oppure nelle relazioni pubbliche o nel cinema. Così erano, per quelli come me, i primi anni sessanta del secolo scorso a Roma. Ricordo questi frammenti a me stesso e a voi solo, per esprimere un po’ l’emozione che provo nell’attuazione di questo progetto Ferpi sulla Public Diplomacy col Ministero degli Esteri. Per me, è un po’ come un ritorno all’ovile… Ma ora bando ai ricordi personali e provo a spiegarvi il ‘senso’ di questa iniziativa: non condivido e non apprezzo l’arroganza e l’incoscienza con cui tanti operatori della comunicazione e delle relazioni pubbliche si aggirano oggi intorno all’agonia del nostro Uno dei seminari sulla Public Diplomacy Paese, e in particolare del nostro turismo e della nostra economia della cultura, che rappresentano le due prime voci di entrate nette. Confidando nelle protezioni tipiche della nostra società familistica, nel vuoto di cultura e di modernità dei nostri decisori pubblici, sociali e privati, contribuiamo –nella migliore delle ipotesi- a drenare le casse pubbliche, e nella peggiore, ad accelerare, con iniziative sciagurate, il declino economico del Paese e il degrado della nostra cultura. A questo proposito, è possibile sommessamente ipotizzare che -nella più consapevole e qualificata comunità professionale internazionale della domanda turistica- abbia prodotto più danni la vicenda delle decine di milioni di euro buttate dalle casse pubbliche nel pozzo nero del famigerato ‘portale Italia’ che non quella della ’monnezza’ napoletana? E’ certo vero che entrambe hanno confermato quel che già era ben noto in quello specifico segmento della domanda, ed è altresì vero che la seconda ha sicuramente prodotto grande devastazione sull’attrattività turistica dell’Italia fra i potenziali consumatori finali. Ma mentre la prima aveva al suo annuncio saputo suscitare attese e speranze andate poi miseramente deluse (al punto che perfino noi di Ferpi ne avevamo parlato bene…), la seconda ha invece solo agito da conferma. Chiunque conosca solo l’abc della comunicazione ben ne intuisce la differenza. L’industria dell’immagine di un Paese In questi ultimi 50 anni si è sviluppata una industria dell’immagine e della reputazione-Paese che ha prodotto molti più danni che benefici al posizionamento internazionale dell’Italia. Naturalmente ci sono anche eccezioni, ma sono davvero pochissime. Una industria che si è avviluppata intorno a due punti fermi, vincenti e ricorrenti: • una scarsa o nulla segmentazione dei pubblici per la realizzazione -da parte di una offerta improvvisata- di una miriade scoordinata e confusa di iniziative unilaterali, push e asimmetriche che, per il loro consolidamento, ha saggiamente puntato sulla disattenzione, sulla inesistente cultura dell’attuazione e sul fatto che da noi non si è ancora trovato un termine per descrivere il concetto di accountability (responsabilità e rendicontazione); • molteplici soggetti della domanda -in larga parte pubblica e stimolata da noi (da pusher, nel senso più autentico del termine)interessati soprattutto a soddisfare i nostri appetiti in cambio di contropartite a stretto giro: chessò…una consulenza gratuita di comunicazione per le successive elezioni; oppure l’apporto economico di qualche nostro cliente public diplomacy Esteri è il primo del genere a livello internazionale sulle Rp La best practice relazioni pubbliche forte, a sua volta interessato ad ulteriori contropartite…. Il senso di questo progetto Lo spirito con cui Fabio Ventoruzzo ed io abbiamo sviluppato questo programma con l’Istituto Diplomatico, non è diverso da quello con il quale abbiamo realizzato la ‘cassetta degli attrezzi’ nell’opera ‘In che senso: cosa sono le relazioni pubbliche’ edito da Luca Sossella e ancora nelle librerie e a vostra disposizione: ed è lo spirito di provare a rendere consapevoli i nostri stakeholder del senso, dei contenuti e dell’utilità anche sociale della nostra attività, quando pensata ed esercitata con consapevolezza e responsabilità. Dunque la scelta del tema della Public Diplomacy. Due anni fa ero casualmente inciampato in un saggio della studiosa Elizabeth Toth, direttore della scuola di comunicazione dell’Università del Maryland, e di Seong-Hun Yun, Ph.D. della Kansas State University, nel quale si tracciava brillantemente il profilo delle diverse accezioni della Public Diplomacy e se ne avanzava uno nuovo legato alla recente nascita di un nuovo influente soggetto delle politiche pubbliche, quello dei migranti oggi in continuo e costante contatto con le comunità del proprio Paese di origine. Un modello che è stato definito del globalismo sociologico, che è andato ad affiancarsi agli altri due del realismo e del liberalismo in- ternazionale. Sapevo anche e mi ero interessato da tempo alle attività diplomatiche dirette (e solo talvolta concordate con i rispettivi Stati Nazionali) di grandi imprese e di organizzazioni non governative. In Italia, e da 50 anni, è esemplare il caso dell’ENI, al punto che molti anni fa avevo chiesto a un amico entrato nel Consiglio di Amministrazione di quell’impresa di mettere a disposizione di qualche studioso di Public Diplomacy gli archivi interni dell’Ente per il periodo subito prima e subito dopo la morte di Enrico Mattei, cosa poi effettivamente avvenuta. Da quando, nel 1994, si è avviata la seconda repubblica, non è passato mese che il Premier, diverse volta anche ad interim Ministro degli Esteri, non tirasse la giacca ai diplomatici della Farnesina affinché contribuissero più attivamente a promuovere anche l’identità e il prodotto del Made in Italy, verso i cittadini dei Paesi in cui rappresentavano. Concetto elementare e un anche po’ superato, ma indubitabilmente razionale. Milioni e milioni di euro sono stati investiti, e non tutti con modalità adeguate, per questa attività. Ma perché questi sforzi possano davvero avere successo è necessario abilitare (nel senso pieno del termine empower) la cultura e le competenze dei diplomatici affinché governino con sagacia, abilità, senso di concretezza e di urgenza quei flussi relazionali e comuni- Come la repubblica della tanzania dialoga con i cittaDIni La Repubblica della Tanzania già da diversi anni ha previsto nel suo organico un apposito ufficio Comunicazione tra i cui compiti anche quello di ascoltare le reali esigenze dei propri i cittadini al fine di ottimizzare il dialogo con loro e con i diversi stakeholder individuati dal governo centrale. Ne abbiamo parlato con Mindi Kasiga, relatrice al corso sulla Public Diplomacy. cativi che oggi vanno ben oltre il semplice seppur fondamentale rapporto fra rappresentanza del proprio Governo e altri Governi nazionali; per focalizzarsi anche, consapevolmente e professionalmente sui rapporti fra specifici pubblici del Paese rappresentato con specifici pubblici del Paese in cui è rappresentante dello Stato Italiano e non soltanto del suo Governo. Non vorrei ricorrere ad un metafora abusata, ma è assai più produttiva la canna da pesca (consapevolezza e azione diretta) che non il pesce (risorse economiche e consulenze dall’esterno che non lasciano traccia). Intendiamoci, non tutto quel che si fa oggi va buttato, ma di certo non si sbaglia abilitando i nostri stakeholder (in questo caso i diplomatici) a capire ed interagire meglio con le società che li circondano. Un discorso che ovviamente vale altrettanto per tutti gli altri segmenti di stakeholder dei relatori pubblici (imprese, non profit, amministrazione pubblica, media…). Quando ci lamentiamo (e, ahimè, quanto lo facciamo….!!) del pessimo stato della reputazione della nostra professione, dobbiamo guardarci prima di tutto dentro… e prendere atto che quella reputazione è in larghissima parte meritata. Poi, constatato ciò, dobbiamo lavorare con i nostri stakeholder e ingaggiarli. Non per persuaderli che hanno torto attivando campagne unilaterali, push e asimmetriche, ma con un paziente lavoro di con-vincimento (da vincere cum) che siamo portatori anche di competenze e di prospettive utili a loro e all’interesse pubblico, oltre che a noi. Nel caso specifico, abbiamo scelto di iniziare un percorso, che mi auguro continui anche su altre tematiche, dalla Public Diplomacy: quella pratica professionale che, più di altre, integra le caratteristiche delle due professioni del diplomatico e del relatore pubblico, così diverse fra loro ma pur così contigue. E non nella stereotipata versione dei pranzi e ricevimenti (che pur, se correttamente interpretata, ha un suo indubitabile valore), ma in quella, invero assai più rilevante, del contributo comune allo sviluppo, alla crescita e al consolidamento delle relazioni con i tanti e cangianti pubblici dei Paesi con i quali intratteniamo rapporti diplomatici e che tante conseguenze dirette e indirette producono o potrebbero produrre sul nostro benessere presente e futuro. di Amanda Jane Succi Come ritiene che la comunicazione influenzi la public diplomacy oggi? La comunicazione gioca un ruolo importante in qualsiasi mandato pubblico, incluso nella public diplomacy. È attraverso la comunicazione che è possibile conoscere concretamente i propri stakeholders, attrarli e renderli partecipi portandoli ad impegnarsi positivamente, per i benefici dell’Istituzione. Non ha importanza se questo processo viene stimolato dal governo, piuttosto che dai ministeri o da un dipartimento del governo. Dalla mia esperienza posso affermare che la migliore applicazione della funzione public diplomacy dipende dal sapere riconoscere e comprendere gli stakeholder di riferimento e attraverso una corretta strategia di comunicazione costruire e gestire concretamente una buona relazione con loro. Questo ci consente di predisporre un sistema operativo e decisionale coerente con i nostri obiettivi e tale da poter interagire correttamente con i nostri pubblici e cittadini. Partendo da questo, ritengo che le relazioni pubbliche e la public diplomacy abbiamo molto in comune e siano, nel nostro caso, assolutamente integrate fra loro. La Repubblica della Tanzania sta portando avanti un ottimo lavoro in termini di relazioni pubbliche e di comunicazione. Come ritiene che esse abbiano cambiato il rapporto del governo con i propri cittadini negli ultimi anni? Sin dal momento in cui è stata introdotta la funzione comunicazione nel governo, il rapporto con i cittadini è senz’altro cambiato, migliorandolo. Abbiamo iniziato a curare diversamente il rapporto con i nostri stakeholder, passando da un periodo in cui fornivamo solo informazioni ai cittadini, presupponendo che il pubblico le accettasse e le consumasse così come erano, ad una fase in cui abbiamo attivato un sistematico processo di ascolto dei nostri stakeholder. Attraverso il dialogo siamo riusciti ad agganciarli, se così si può dire, e ad impegnarli positivamente, ricevendo da loro un costante feedback relativo al modo in cui essi percepiscono le politiche implementate dal governo. Da questo punto di vista siamo riusciti a realizzare ciò che era ritenuto necessario dagli stakeholder stessi, e non quello che credevamo che i nostri stakeholder volessero sentirsi dire o imporre. Questo nuovo approccio ha aiutato moltissimo a migliorare anche il nostro sistema di comunicazione interna, le nostre relazioni interne, oltre a ridefinire allo stesso tempo le relazioni con pubblici esterni. Adesso siamo abituati a svolgere ricerche e sondaggi per identificare aree di interesse per i nostri specifici target audience, con lo scopo di dare informazioni specifiche proprio ai targeted audiences individuati. Questo ci ha aiutato molto in termini di comprensione dei nostri stakeholders e a dare loro quello di cui hanno bisogno. La misurazione dei risultati, dunque, è una parte fondamentale del vostro progetto? Assolutamente si. Misurare i risultati è una delle funzioni fondamentali del nostro lavoro giornaliero. Facciamo in modo che ogni singolo ministero implementi la propria attività di comunicazione a seconda del tipo di pianificazione strategica del singolo ministro. Compresa nella strategia di comunicazione vi è anche l’aspetto dell’analisi dei risultati di tutte le attività di comunicazione che vengono realizzate e sviluppate. Periodicamente svolgiamo sondaggi e surveys per verificare se la nostra strategia di comunicazione ha raggiunto con successo gli obiettivi stabiliti. Non solo, ma ogni ministro svolge con il proprio ministero un sondaggio per verificare l’efficacia dei programmi posti in essere. Inoltre, una volta l’anno svolgiamo una ricerca globale all’interno del governo, per conoscere e stimare quanto e come esso abbia svolto nel suo complesso le azioni proposte, soprattutto in riferimento agli impegni presi nei confronti del proprio elettorato. La comunicazione nel governo e per il governo diventa sempre più importante nella strategia politica e decisionale. Come contribuisce il governo alla formazione e all’addestramento in comunicazione. La formazione è molto importante. Il Governo della Tanzania sta lavorando con istituzioni di formazione interne per la predisposizione di curricula professionali adatti per i comunicatori governativi. Riteniamo che la comunicazione governativa è diversa dalla comunicazione aziendale. Stiamo, dunque, cercando di istituzionalizzare un tipo di formazione specifica per tutti i professionisti in comunicazione presenti all’interno della nostra struttura. Si tratta, quindi, di costruire concretamente un nuovo modo di pensare, un “new thinking process” che includa la gestione e la formazione sia di nuovi comunicatori che di portavoce relazioni pubbliche - n. 56/2009 11 public diplomacy L’iniziativa accordo tra ferpi e ministero degli esteri per la formazione Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri hanno recentemente raggiunto un’intesa per l’attivazione di corsi di formazione integrata orientata al corpo diplomatico italiano. Nell’attuale contesto internazionale, infatti, la diffusione presso i cittadini di altri Stati della conoscenza dei valori, dell’identità e delle politiche del nostro Paese è ormai un obiettivo primario, che può essere più efficacemente perseguito mediante l’interazione tra Governo e imprese, tra settore pubblico e settore privato. Il primo frutto della collaborazione è stato un corso – il primo del suo genere in europa - di formazione dedicato alla Public Diplomacy, quell’insieme di attività, talvolta inconsapevoli, di relazione e comunicazione attuate dalle organizzazioni pubbliche, private e sociali per dialogare con i cittadini di altri Paesi, sia all’esterno dei propri confini ma anche all’interno (come accade, ad esempio, con le sempre più numerose comunità migranti). Il corso, interamente in inglese, si è svolto dal 3 al 6 marzo scorsi, nell’incantevole cornice di Villa Madama e ha visto la partecipazione di 25 Consiglieri di Legazione guidati da Toni Muzi Falconi e Fabio Ventoruzzo che, per l’occasione, sono stati accompagnati da alcuni tra i più autorevoli esperti internazionali del tema: lo sloveno Dejan Vercic (autore di un recente saggio proprio sulla Public Diplomacy), Mindi Kasiga (co-responsabile della comunicazione della Presidenza della Tanzania), l’indiano Sriramesh Krishnamurty (co-autore del Global Public Relations Handbook) e l’inglese Roger Hayes (esperto di comunicazione strategica internazionale). L’intero corso è stato interamente ripreso in video grazie alla convenzione che la Farnesina ha recentemente concluso con la Rai e la società Rai NewCo. La collaborazione con Rai New Co ed i suoi prodotti di t-learning porterà alla realizzazione di un DVD con le parti salienti del corso, disponibile poi per ulteriori occasioni formative dell’Istituto Diplomatico, in Italia e all’estero. 12 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Massolo, Segretario Generale della Farnesina: la funzione strategica della comunicazione L’importanza della politica estera I risultati della politica estera di un Paese come l’Italia si misurano oggi in buona parte sul terreno della competitività. E’ quanto sostiene il Segretario Generale del Ministero degli Esteri, Ambasciatore Giampiero Massolo. Giancarlo Panico Quale è oggi e quale potrebbe essere domani il contributo della comunicazione al sostegno delle politiche internazionali di un Paese? In un mondo nel quale l’informazione è istantanea e si espande con una capillarità senza precedenti, la comunicazione ha assunto anche in politica estera nuove funzioni e nuove modalità. Non è soltanto la comunicazione tra Governi ad avvenire sempre più spesso in forma pubblica. Vi è una comunicazione rivolta alle opinioni pubbliche non solo nel proprio Paese ma anche al di là delle frontiere nazionali, a all’insieme di organizzazioni impegnate socialmente e politicamente che compongono la società civile, che riveste una rilevanza crescente. Mi riferisco per esempio alla funzione che svolge l’interazione con le ONG nell’ambito del G8, di cui quest’anno l’Italia esercita la Presidenza. E’ poi sotto gli occhi di tutti il ruolo ed il valore che ha assunto, con la crisi economica e finanziaria di questi mesi, la comunicazione dei Governi con i mercati internazionali. Ma vi è un altro aspetto per noi rilevante. Nell’odierna vastità del panorama informativo, la Farnesina, nella sua attività di comunicazione esterna, si adopera affinché il pubblico sia sempre più cosciente che la politica estera del Paese non è una coda del dibattito interno ma, piuttosto, una componente essenziale dell’ indirizzo politico nazionale, che si ripercuote ogni giorno in maniera molto concreta sulla vita di ciascuno. L’obiettivo è far comprendere come i problemi internazionali abbiano oggi conseguenze dirette sul livello di benessere e sulla sicurezza dei cittadini, le cui sorti si difendono fuori dai confini nazionali, nelle aree più remote dove sono si sviluppano il terrorismo, il traffico di droga, la criminalità organizzata transnazionale, i flussi migratori. Per far comprendere il valore aggiunto della funzione del Ministero degli Esteri al servizio del cittadino e dunque accrescere, anche in termini di consenso consapevole, l’ efficacia delle scelte fondamentali di politica internazionale. Come giudica lo stato di avanzamento nel nostro Paese della integrazione tra la diplomazia dello Stato e quella delle ONG e delle imprese che sono presenti in un altro Paese? I risultati della politica estera di un Paese come l’Italia si misurano oggi in buona parte sul terreno della competitività. La rapida e profonda trasformazione del contesto internazionale, sempre più caratterizzato da sfide globali, e le dimensioni dei mercati richiedono però, per competere con efficacia, un approccio integrato, di sistema, nel quale tutti i soggetti, istituzionali e non, giocano in squadra. L’ economia italiana ha infatti vissuto trasformazioni molto profonde nell’ ultimo quarto di secolo. Con il superamento delle partecipazioni statali, in parallelo ad un processo di ristrutturazione e concentrazione del sistema creditizio, il nostro apparato produttivo si è molto frastagliato ed al contempo si è “ri-articolato” lungo le nuove direttrici dell’economia mondiale, che trovano il loro baricentro naturale non più nello spazio euro-atlantico ma fra l’ Atlantico ed il Pacifico. Abbiamo sviluppato uno schema di capitalismo peculiare che, in questa congiuntura, presenta non poche virtù di reattività anticiclica. Si è inevitabilmente accresciuto - ed è un bene - anche il ruolo degli attori delle relazioni internazionali diversi dagli Stati. Penso ad esempio alle ONG, con le quali la Farnesina collabora efficacemente non solo nell’ attuazione dei programmi di cooperazione allo sviluppo, ma anche nei teatri di crisi, cioè nei fronti più avanzati del nostro spazio di sicurezza. Non c’è dubbio, però, che l’integrazione fra la proiezione dello Stato sullo scenario internazionale e quella degli altri soggetti non è più scontata come lo era un tempo. Va ridefinita e ricostruita giorno per giorno. Diviene così indispensabile un’efficace azione di raccordo ed indirizzo delle attività di promozione degli interessi italiani fuori dai confini. In questo contesto, il Ministero degli Esteri utilizza il suo “asset” qua- lificante, cioè la propria rete all’ estero, per promuovere la coerenza e l’ unitarietà dell’ azione dei soggetti, sia istituzionali che del mondo produttivo, che a vario titolo si occupano della promozione del nostro Paese. Per esercitare al meglio tale funzione, sulla scorta di un costante impulso politico in tal senso - al quale il Ministro Frattini ha impresso ulteriore slancio - la Farnesina si è dotata di nuove strutture e nuove metodologie per potenziare l’attività di sostegno alla proiezione internazionale degli interessi economici del Paese. Il Ministero degli Esteri si è aperto in modo organico alla riflessione congiunta con istituzioni, imprese, mondo accademico e dell’informazione, per elaborare strategie condivise nell’ambito delle quali avviare iniziative organiche e coordinate, sulla base di interessi collettivi ben individuati. La Farnesina si sta impegnando, in altri termini, per contrapporre al “disordine creativo” del sistema economico, che non è più riconducibile all’ azione di pochi grandi gruppi nell’ arena delle relazioni economiche internazionali, la “coerenza competitiva” dell’apparato istituzionale. Stiamo cambiando strutture, mentalità e metodi di lavoro per rendere sempre più solido questo innovativo pilastro della nostra azione, che si aggiunge ai due più tradizionali, e tuttavia anch’ essi riadattati alle mutate esigenze, vale a dire l’ elaborazione delle opzioni di politica estera e la tutela dei cittadini e delle imprese. Quali le principali sfide per i diplomatici in questa prospettiva? La spinta delle nuove tecnologie comunicative e la presenza di una pluralità di attori non statuali sulla scena internazionale dotati di risorse ben più cospicue di quelle destinate dal bilancio dello Stato alla politica estera, hanno oggi trasformato in parte la funzione della diplomazia. Della quale vi è però quanto mai bisogno. La globalizzazione è infatti un fenomeno complesso e multiforme e in quanto tale, deve essere governato. La crisi finanziaria ha posto sotto gli occhi di tutti quale sia la posta in gioco, evidenziando l’esigenza di una governance dei fenomeni globali in grado di far fronte alle crisi di natura sistemica, oltre che alle cosiddette sfide globali (crisi alimentare, ambiente ed energia). Ma la governance globale postula un’azione concertata e coordinata dei Governi, rendendo ancora più cruciale il ruolo dello Stato e quindi della diplomazia. Una diplomazia, però, che sappia innovarsi continuamente per essere al passo con i tempi. Che parli la stessa lingua della globalizzazione ma senza dimenticare la propria lingua madre, che abbia la capacità di rivolgersi ai propri interlocutori a livello locale comprendendone e decifrandone il linguaggio, i codici. Non dimentichiamo infatti che nel mondo globale continuano – fortunatamente – a convivere una pluralità di culture, realtà e sensibilità locali. E’ compito del diplomatico sapersi indirizzare ai suoi pubblici nel modo in cui il suo messaggio può essere compreso al meglio. Ecco, ancora una volta, l’importanza di saper comunicare. Think global, speak local… Proprio in questa ottica, anche nei programmi di formazione e di aggiornamento professionale dei diplomatici abbiamo voluto inserire, in collaborazione con la FERPI, un corso dedicato alla comunicazione ed in particolare alle più innovative tecniche di public diplomacy istituzionale e aziendale la cui prima edizione si è svolta proprio nelle scorse settimane. Giampiero Massolo public diplomacy Il direttore dell’Istituto Diplomatico La comunicazione asset fondamentale nella modernizzazione della diplomazia internazionale Il progetto di collaborazione tra la Ferpi e il Ministero degli Affari Esteri sulla Public Diplomacy è stato seguito e coordinato, sin dall’inizio, dal Consgliere d’Ambasciata Emanuela D’Alessandro, attuale Direttore dell’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri. A lei abbiamo chiesto di fare il punto sui risultati del Corso, prima iniziativa dell’accordo tra l’Associazione e l’Istituto Diplomatico. Donatella Giglio Quali competenze legate alla comunicazione possono essere considerate rilevanti per un diplomatico? Il tema della comunicazione è una delle priorità del nostro Ministero. Sulla base del piano di comunicazione che ogni anno il Ministero Affari Esteri adotta, la comunicazione è diventata, infatti, un asset fondamentale da inserire nella formazione professionale dei diplomatici e di tutto il personale della Farnesina perché considerata un elemento cruciale della modernizzazione della nostra struttura. Tale formazione è mirata sia a migliorare le communication skills individuali sia a fornire un quadro generale delle molteplici attività di comunicazione che un’organizzazione complessa, come il MAE, si trova ad intraprender nella propria attività quotidiana in un mondo sempre più globalizzato. Nello specifico le competenze legate alla comunicazione che più consideriamo rilevanti per i nostri funzionari sono quelle specifiche della comunicazione interna, esterna, interistituzionale e soprattutto quelle legate alla gestione delle relazioni con il pubblico in un’ottica sempre più orientata alla multimedialità nella comunicazione pubblica. Dejan Vercic. A destra, in basso, uno dei laboratori del corso Le Rp sempre più necessarie Vercic, le Rp sono la tecnologia sociale per trasferire messaggi Le Relazioni Pubbliche sono la tecnologia sociale per il trasferimento dei messaggi di un’organizzazione. E’ quanto afferma Dejan Vercic. Co-autore con Mark A. Van Dyke di un capitolo su “Public Relations, Public Diplomacy, and Strategic Communication” nel Global Public Relations Handbook. Vercic è uno dei più autorevoli accademici e professionisti al mondo. di Dejan Vercic La struttura del mondo in cui viviamo è basata sulla supposizione che persone razionali vivono in stati sovrani. Ma né gli esseri umani sono perfettamente razionali né gli stati sono completamente sovrani. Questo è il motivo per cui le Relazioni pubbliche e la Public diplomacy sono necessarie. Esseri umani perfettamente razionali prenderebbero sempre decisioni perfettamente razionali; non ci sarebbe alcun bisogno o possibilità di influenzare il nostro modo di pensare, sentire e agire. Le Relazioni pubbliche sono necessarie e possibili appunto perché siamo tutti inclini all’errore e in quanto ‘animali sociali’ abbiamo bisogno di interagire a livello comunicazionale. È così che viviamo, è così che ci sviluppiamo. Le Relazioni pubbliche sono la tecnologia sociale per trasferire le nostre scelte da un gruppo ad un altro senza violenza o commercializzazione. Ma gli esseri umani come ‘animali sociali’ non vivono in paesi perfettamente sovrani. Tali paesi hanno governi che vietano ai loro cittadini di comunicare liberamente con persone di altri paesi. La sovranità nelle relazioni internazionali è invocata di solito tra paesi non-amici; gli alleati sono stati sempre aperti alla comunicazione trans-nazionale. Tra avversari, la comunicazione pubblica dei governi o dei diplomatici rivolta ai cittadini di altre nazioni è stata vista spesso come sovversiva o rivoluzionaria. Inoltre, politiche regionali e globali, alleanze militari ed economiche (ad esempio: UE, NATO, ONU) hanno perfezionato i ruoli tradizionali dei governi in modo tale che la tutela “esterna” dei diritti e delle libertà umane, includendo la protezione dei ceti inferiori, sta guadagnando un consenso sempre più ampio. I progressi tecnologici che hanno permesso la globalizzazione hanno consentito, inoltre, agli attori nonstatali di diventare delle serie minacce per la sicurezza nazionale di molti paesi, e tali minacce asimmetriche alla sicurezza non possono essere affrontate con le tradizionali reazioni militari. Non solo gli Stati Uniti, con tutte le loro coalizioni, sono incapaci di vincere le battaglie militari decisive in Iraq e in Afghanistan che porterebbero regimi politici duraturi - semplicemente devono negoziarli con le rispettive forze locali, sociali e politiche. L’attuale pace in Europa per una parte non trascurabile si sta appoggiando sui soldati dell’UE e della NATO, sulla polizia e altre forze della Britain Abroad Task Force, sia esplicativo. In alto a destra della figura abbiamo acute e manifeste attività, come il crisis management dove la comunicazione è necessaria immediatamente, è vista immediatamente, e produce effetti immediatamente. In basso a sinistra abbiamo attività più lente e latenti, come il reclutamento degli studenti per il Regno Unito o i programmi di scambio giovanili. Queste attività sono meno evidenti, raramente visibili pubblicamente e, semmai, producono effetti ritardati. I governi contemporanei devono essere in grado di lavorare su entrambi i livelli, latenti e manifesti. La Public diplomacy si occupa di entrambi, e le Relazioni pubbliche possono essere il partner più affidabile. La Public diplomacy e le Relazioni pubbliche hanno molte similitudini (entrambi sono ruoli di confine, entrambi usano la comunicazione, entrambi lavorano per conto di qualcuno altro...), il primo opera a livello internazionale e l’altro a livello interorganizzativo. Quali le ragioni che hanno spinto alla collaborazione con Ferpi? Perché la lunghissima esperienza della Ferpi nel campo delle Relazioni pubbliche in Italia e all’estero ha potuto garantire la qualità e la professionalità necessarie per intraprendere questo primo esperimento formativo sulla Public Diplomacy rivolto ai Consiglieri di Legazione, ossia quei funzionari diplomatici con dieci - dodici anni di esperienza professionale, di cui otto passati in sedi estere. Quali opportunità possono nascere per l’ISDI da questo primo corso sulla Public Diplomacy? E’ nostra intenzione estendere il corso sulla Public Diplomacy ai giovani diplomatici di nuova assunzione, oltre che proporlo nei prossimi corsi per i Consiglieri di Legazione. Ma stiamo pensando ad interventi più mirati anche per altre categorie professionali del Ministero degli Esteri. impegnate in Bosnia Erzegovina e in Kosovo. È necessaria la benevolenza locale prima che questi possano andar via. La Public diplomacy è uno sforzo pianificato e organizzato da un governo per conquistare consenso, approvazione e - nella fase finale - ammirazione da parte delle popolazioni straniere. Ci sono diversi modi per descriverla, ma ritengo che lo schema che vi propongo, preparata da Jonathan Griffin, ex direttore Non c’è da stupirsi che molti nel settore aziendale vedano il bisogno di una ‘corporate diplomacy’, mentre molti nel governo vedano la necessità di ‘government public relations’. L’iniziativa della FERPI e dell’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri è un passo opportuno nella giusta direzione per equipaggiare la diplomazia italiana degli strumenti giusti al momento giusto. (traduzione di Donatella Giglio e Amanda Jane Succi) Come hanno reagito, secondo lei, i partecipanti? I partecipanti a questo primo corso hanno sicuramente reagito con grande interesse e curiosità verso una tematica che entrava per la prima volta tra le materie che usualmente compongono il programma dei corsi di formazione per i Consiglieri di Legazione. Il corso è senz’altro servito a promuovere tra i partecipanti la consapevolezza dell’importanza della comunicazione pubblica nel contesto delle funzioni che si troveranno a svolgere, specialmente una volta destinati in una sede all’estero. relazioni pubbliche - n. 56/2009 13 internazionale Scenari Le nuove competenze professionali Due importanti ricerche europee tracciano lo scenario delle competenze dei professionisti di Rp per i prossimi anni. di Joao Duarte Lo studio European Communication Monitor lo ha affermato chiaramente: per i professionisti di Relazioni pubbliche in Europa, la Comunicazione Interna e change management è il settore in più rapida crescita in termini di importanza. Secondo lo stesso studio, si svilupperà fino a diventare la terza disciplina più importante entro il 2011. Forse a causa del suo valore nell’aiutare ad affrontare quello che i professionisti di Rp ritengono il loro problema numero uno “Collegare la strategia di Business con la comunicazione” (45,4%). Dopo questo, “Affrontare la questione dello sviluppo sostenibile e della responsabilità sociale” (41,3%) e “Occuparsi dell’evoluzione digitale e del web sociale” (38,5%) appaiono come le altre preoccupazioni prioritarie. Interessante un altro recente rapporto dell’Associazione Europea dei Direttori Comunicazione (European Communication Report) che individua alle prime tre posizioni come questioni prioritarie nella comunicazione “CSR” (29,1%), “Globalizzazione” (25,7%), “Pluralismo dei media” (17,8%). Nonostante le diverse metodologie utilizzate, queste sono differenze significative su cui si ci sarebbe molto da commentare. Lo stesso studio afferma che i professionisti della comunicazione non sono espressamente a supporto di una normativa in tutta Europa sulla certificazione per i professionisti della comunicazione, ma la maggioranza (64%) sostiene l’idea di una normativa europea sulla certificazione per la qualifica delle istituzioni. Immagino che questa sia una buona notizia per le associazioni professionali e, certamente, una percentuale che potrebbe indicare un grande potenziale di crescita per le loro iscrizionii 14 relazioni pubbliche - n. 56/2009 A Lugano, presso l’Università della Svizzera Italiana (Usi), la conferenza annuale dei business Il nuovo ruolo e le sfide della A margine del convegno IABC Euro Comm 2009, tenutosi all’Università della Svizzera italiana (USI) di Lugano agli inizi di febbraio, abbiamo colto l’occasione per incontrare Nina Volles e Francesco Lurati per parlare con loro delle tendenze della comunicazione d’impresa. Nina Volles è direttrice esecutiva dell’Executive Mscom - Master of Science in communications management, nonché segretaria generale di Global Alliance, mentre Francesco Lurati è responsabile accademico del programma Executive MScom e direttore del Master of Science in Corporate Communication. L’USI è l’unica realtà universitaria svizzera che contempla una facoltà di scienze della comunicazione e un’area specifica in corporate communication, la più consistente per numero di studenti. Gli studenti iscritti sono circa 60 all’anno per il Bachelor (l’equivalente della “laurea triennale” – nda), 30 per il Master (la “laurea specialistica o magistrale” - nda) e 25 per l’Executive master. di Marco Bardus Iniziamo da Nina Volles. Circa 150 partecipanti, provenienti principalmente dalla Svizzera e dall’Europa, due giorni intensi di presentazioni e momenti di “networking”. Che cosa ha significato la conferenza IABC per l’USI? Nina Volles. L’International association of business communicators (IABC) quest’anno voleva che l’evento europeo fosse ospitato da un’università e così i responsabili si sono rivolti a noi. Quest’opportunità è stata un importante banco di prova che ci ha permesso di testare le nostre capacità organizzative. Indubbiamente tutto ciò ci ha anche portato una discreta visibilità a livello internazionale e possiamo dirci molto soddisfatti di come è andata. Inoltre, la conferenza è stata un’ottima occasione per far avvicinare i nostri studenti a una realtà associativa molto dinamica e in linea con le loro esigenze. Lo “stile” di IABC attrae molto i giovani, soprattutto i quadri e i manager della comunicazione d’impresa, interessati a capire le tecniche e gli strumenti e a crearsi dei contatti. I “networking events” erano una parte non trascurabile di quest’evento, ma non sono mancati interventi che hanno puntato sugli aspetti “strategici”. Nina Volles. Certamente, la strategia è fondamentale. L’ha sottolineato più volte Cees van Riel durante il suo intervento. Il convegno inaugurale di Eurocomm 2009. A destra, nell’altra pagina, Francesco Lurati La comunicazione d’impresa ha un ruolo fondamentale nella definizione della cultura aziendale ed è necessario puntare sulla pianificazione strategica e all’eccellenza, soprattutto di questi tempi... Il mercato ha bisogno di competenze specifiche, manageriali e strategiche. È sempre più chiaro che chi vuole fare carriera nel campo delle relazioni pubbliche debba avere competenze di base in economia e finanza. Queste competenze sono fondamentali per parlare la stessa lingua dei dirigenti d’azienda. E dove si formano i nuovi manager della comunicazione se non nelle Università? Briggs, presidente iabc europa: un buon comunicatore deve essere Il 9 e 10 febbraio scorsi presso l’Università della Svizzera Italiana di Lugano alcuni tra i più autorevoli professionisti europei e di altre parti del mondo si sono ritrovati per l’EuroComm promosso dalla IABC, l’Associazione Internazionale dei Business Communicators. Fondata nel 1970, rappresenta un network professionale di circa 16.000 professionisti appartenenti a più di 70 paesi. A margine del convegno che è stato patrocinato e sostenuto da Ferpi, abbiamo intervistato Rob Briggs, Senior Manager Communications per la britannica RBC Wealth Management e Presidente della sezione IABC per l’Europa e il Medio Oriente. Amanda Jane Succi Sia per il suo ruolo professionale che per l’importante incarico in IABC, ha un osservatorio privi- legiato dello scenario Europeo relativo relativamente alla business communication. Come ritiene che la comunicazione sia cambiata negli ultimi anni e verso quali orizzonti sta evolvendo in Europa? La business communication è cambiata radicalmente e continua ad evolversi in Europa. Positivamente intendo. Si può dire che negli ultimi 10-15 anni vi è stata una vera rivoluzione. Il relatore pubblico o il comunicatore d’impresa era storicamente considerato come la figura che preparava le press releases o che scriveva i discorsi e le news aziendali, mentre oggi ricopre un ruolo considerato essenziale e funzionale nella logica d’azienda, direi strategico, e senz’altro molto più valorizzato. La comunicazione oggi è sicuramente più complessa da gestire rispetto a una volta e ritengo che un buon comunicatore oggi debba saper essere anche uno stratega, uno psicologo e maestro di diverse tecnicità. La nostra è una pro- fessione in evoluzione, sicuramente non è una professione statica, e nel complesso posso dire che si tratta comunque di una professione ancora giovane. Si parla sempre più spesso dell’importanza dei social media e di internet. Essi comportano un nuovo modo di gestire la comunicazione. Quanto ritiene che questi nuovi strumenti abbiano influenzato le strategie di RP e di comunicazione? Non credo che abbiano influenzato o che debbano influenzare le strategie di RP e di comunicazione. Più precisamente credo che sia più importante che il comunicatore o il relatore pubblico pensi attentamente al media mix, pensi ai canali che deciderà di usare e quanto essi siano appropriati al lavoro che deve svolgere. Deve avere chiaro anche quanto siano appropriati i mezzi di distribuzione dei suoi messaggi, della comunicazione che deve ge- stire. Per fare un esempio, Toni Muzi Falconi ed io ci siamo soffermati a riflettere sull’uso dei podcast. Siamo grandi abbastanza per ricordarci quando al personale di vendita veniva dato un nastro di registrazione piuttosto che un cd da ascoltare nella loro macchina e da cui potevano ricevere informazioni e notizie aziendali oltre ad apprendere spiegazioni circa rapporti di vendita o quanto avevano bisogno di conoscere. Oggi vi sono più strumenti a nostra disposizione e, a dire il vero, non vedo molta differenza nell’uso che si può fare dei diversi strumenti nuovi e vecchi. Si tratta solo di saperne gestire correttamente il mix. La formazione rappresenta un momento importante sia per chi vuole svolgere la nostra professione, sia per chi desidera aggiornarsi ed essere un professionista sempre al passo con i tempi. In sostanza, i programmi formativi devono essere pensati per in- internazionale communicators della IABC, patrocinata da Ferpi comunicazione d’impresa mercato. Le scuole “classiche” di comunicazione devono darsi una mossa e incorporare maggiormente le componenti economiche, per non perdere competitività sul mercato della formazione. Nina Volles. Sì, anche se questa tendenza sembra essere stata compresa prima dalle business school, capaci di offrire curriculum che prevedono l’insegnamento di competenze multidisciplinari nei settori finanziario ed economico. Questi centri della formazione aziendale hanno un’esperienza professionale specifica e più orientata al Come si colloca l’USI rispetto a questa tendenza, prof. Lurati? Francesco Lurati. L’USI è del tutto in linea con questa tendenza. Infatti, ciò che caratterizza maggiormente i nostri corsi di comunicazione d’impresa è proprio una forte impronta manageriale, presente a tutti i livelli. Pensiamo che il comunicatore debba contribuire alla definizione degli obiettivi aziendali e non semplicemente sostenerli. Per farlo, come è il caso per le altre funzioni aziendali, il comunicatore aziendale deve fare capo a analisi e “evidence”: metodi di ricerca e statistica assumono quindi un ruolo importante. I nostri corsi vengono così svolti in comune con quelli di management (finanza, contabilità, marketing, etc.) e sono focalizzati sulla strategia aziendale. Come si concilia l’esperienza di Lugano con il mercato? Francesco Lurati. Abbiamo diversi rapporti con il tessuto imprenditoriale e con le agenzie di relazioni pubbliche a livello locale e internazionale. I contatti diretti li otteniamo prima di tutto con i professionisti che partecipano al nostro Executive master, giudicato tra i migliori a livello internazionale. In secondo luogo, come parte integrante dei nostri Master in comunicazione aziendale, sviluppiamo dei progetti di consulenza e comunicazione integrata per diverse aziende. Ogni anno ne presentiamo nel complesso circa 25 e sono tutt’altro che simulazioni. Caratteristica interessante di questo lavoro di gruppo è che gli studenti di comunicazione sono affiancati da quelli degli altri master di marketing e di management. È questo che li rende dei progetti strategici e competitivi. cazione da tutta la Svizzera. E a livello internazionale? Francesco Lurati. Siamo in diretto contatto con diverse associazioni professionali: oltre alla IABC, per conto della quale abbiamo organizzato la conferenza, grazie al lavoro di Nina, abbiamo portato a Lugano anche il segretariato generale della Global Alliance for Public Relations and communication management. Con la realtà italiana sono legato indirettamente a FERPI, in quanto membro del comitato scientifico del master in comunicazione d’impresa della IULM, in collaborazione con FERPI e Assorel, e dell’osservatorio sulle RP e sulla comunicazione d’impresa della IULM. Abbiamo inoltre intensi contatti con Euprera. Ogni anno i nostri studenti partecipano al Jos Willems Award, premio che negli ultimi anni ci ha portato diverse soddisfazioni. Quali sono invece i rapporti con le associazioni professionali? Francesco Lurati. A livello svizzero stiamo imbastendo l’Osservatorio sulla comunicazione d’impresa e sulle relazioni pubbliche in collaborazione con l’Istituto svizzero per le relazioni pubbliche (SPRI), di cui faccio parte in qualità di membro del consiglio di fondazione. Abbiamo inoltre ottimi rapporti anche con le associazioni SPRG e BPRA (le corrispettive di FERPI e Assorel - nda) e con HarbourClub, associazione che riunisce circa 50 direttori della comuni- Rob Briggs di Giancarlo Panico Obama La politica nell’era di Facebook Giuliano da Empoli Marsilio Anche se il breve saggio di Giuliano Da Empoli si riferisce alla campagna elettorale del neopresidente degli Stati Uniti e dunque è un’analisi critica non influenzata dalla vittoria, successiva alla pubblicazione del libro, del senatore di Chigaco, la sua lettura è molto utile e aiuta a comprendere come i social media e i social network rappresentano non più strumenti ma un’estensione delle relazioni sul web, indispensabili al successo di qualsiasi strategia di Rp. Internal branding Strategie di marca per la cultura d’impresa Patrizia Musso (a cura di) Franco Angeli Mai come nel periodo che stiamo vivendo, in cui l’immagine prende il sopravvento su qualsiasi altra forma di comunicazione, il brand rappresenta uno degli elementi fondamentali nelle strategie di relazioni con i pubblici. Questo interessantissimo volume rilegge le strategie di marca in un ottica intra-organizzativa introducendo un concetto tanto nuovo quanto fondamentale dell’Internal branding. L’Opinione Pubblica Walter Lippmann Donzelli anche un manager e uno stratega contrare le esigenze del mercato odierno. Su cosa ritiene si debba puntare di più per ottenere il massimo in riferimento alla preparazione dei programmi universitari, dei master e della formazione in relazioni pubbliche e in comunicazione? Innanzitutto si dovrebbe puntare di più sulla costruzione di un maggiore rapporto tra accademia e professionisti. Mi riferisco sia ai consulenti e alle agenzie di RP e di comunicazione che alla classe manageriale e dirigenziale. Io stesso ho partecipato a programmi per master in comunicazione e conosco molte persone che lavorano per l’università o che hanno seguito programmi simili. E’ importante assicurarsi che il contenuto dei programmi di formazione, siano essi master o corsi universitari, siano quanto più aderenti alla pratica reale e al lavoro quotidiano che si intraprenderà una volta terminato il percorso di studio. L’altro elemen- Letture zione e di rp? Credo che le associazioni nazionali di relazioni pubbliche o di comunicazione siano assolutamente essenziali. Se si considera il clima economico attuale, le associazioni forniscono una grande opportunità che è quella di creare un network, che permette a sua volta di fare emergere un mercato professionale più nascosto. Da qui si apre un’altra importante opportunità, ossia di creare nuovi accordi, nuovi legami con fornitori, il tutto alimenta fortemente lo sviluppo professionale. Non c’è dubbio che a livello nazionale una associazione è concretamente fondamentale. In più, se si sta lavorando anche su un fronte internazionale, allora, lo stesso meccanismo di creazione di determinati collegamenti internazionali sono altrettanto vitali per il successo del proprio business. to su cui dovremmo concentrarci, e che ritengo altrettanto importante, è la possibilità di dare spazio ai senior level practitionners e di assicurare che essi abbiano accesso ai corsi e ai master, attraverso i quali possono condividere e trasferire la loro conoscenza professionale. Anche se semplicemente come guest lecturers, è fondamentale che vi sia uno scambio ed una forte interazione tra i partecipanti e chi svolge la professione ad alti livelli. Solo così si potrà davvero trasmettere una concreta conoscenza della pratica professionale. In questo modo si aiuterebbe automaticamente a promuovere la migliore reputazione della comunicazione o delle relazioni pubbliche, come professione rispettabile e che vale la pena seguire. Lei Ha un incarico importante in IABC. Che ruolo devono avere, secondo lei, le associazioni nazionali e internazionali di comunica Un classico che l’editore, di tanto in tanto, ristampa. In tempi di social network e di frammentazione dell’opinione pubblica conviene rileggerlo per rinfrescare alcuni aspetti fondamentali nella costruzione del consenso e dell’opinione. Di grande attualità. Il Mercato Italiano della Comunicazione d’impresa e delle Istituzioni a cura di Assocomunicazione Guerini e Associati Questo documento è il primo studio di taglio economico realizzato sul mercato italiano degli investimenti in pubblicità. Un vero e propro Libro Bianco che è il frutto di un lungo lavoro di ricerca che ha coinvolto numerosi specialisti e operatori di settore. Il volume, attraverso dati recenti, analizza la funzione della comunicazione ed in particolare della pubblicità nello sviluppo economico, sociale e culturale del Paese. relazioni pubbliche - n. 56/2009 15 forum comunicazione Il Forum 2009 l’italia che comunica si incontra a roma E’ alla seconda edizione ma il Forum della Comunicazione rappresenta già un appuntamento immancabile nell’agenda dei professionisti italiani ma anche per tanti studenti, docenti e ricercatori. Ideato da Fabrizio Cataldi e organizzato da Comunicazione Italiana, rappresenta un modello innovativo di fare evento, tanto che attorno a questa iniziativa, sin dal suo primo lancio, si è creata una community professionale. Il successo dello scorso anno ha “costretto” gli organizzatori e i partner che lo sostengono a spostare la manifestazione al Palazzo dei Congressi di Roma. L’appuntamento quest’anno è per il 26 e 27 marzo nello storico spazio all’Eur, per una due giorni di incontri, convegni, workshop, eventi in cui interverranno imprenditori, top manager, comunicatori, opinion leader delle istituzioni, dell’economia e del mondo dell’informazione. L’obiettivo è mettere in evidenza il ruolo della comunicazione come leva principale per lo sviluppo economico, sociale, culturale, politico ed istituzionale di un paese, specialmente nel contesto attuale, dove la priorità è ripristinare fiducia e aprire il presente alla speranza. Quattro i temi centrali del Forum che costituiranno il dibattito pubblico delle plenarie: Italian style e l’immagine dell’Italia nel mondo, la formazione universitaria e d’impresa e l’apertura delle professioni, l’innovazione a partire dai new media, la responsabilità sociale, gli scenari del sistema mediatico alla luce dei cambiamenti della società. Completano il programma le conferenze parallele, workshop e seminari che costituiscono occasioni di approfondimento e confronto sui temi della comunicazione d’impresa, del product placement, della comunicazione istituzionale, della valorizzazione del territorio, del design, dei new media e del marketing 2.0. L’evento è stato realizzato grazie alla partnership di Gruppo Ferrovie dello Stato, alla main partnership di Iperclub Spa e di Vodafone Italia, e alla official partnership di Microsoft con i brand online MSN e Windows Live, Adobe Systems, Adecco, Propaganda Italia-Gruppo Propaganda Global Entertainment Marketing, di Antonio Amato & C. Molini e Pastifici S.p.A, ha lanciato la sfida di mettere in rete i principali player del settore con il mondo accademico, le imprese, le associazioni di categoria e le istituzioni. Il Forum della Comunicazione, sin dalla prima edizione, nasce in collaborazione con le principali associazioni professionali della comunicazione: Ferpi, Assorel, Unicom, Associazione della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, Fedoweb (Federazione Operatori Web), TP e HRCommunity. <Siamo riusciti a creare il primo business network della comunicazione che unisce i profili di top manager e professionisti del mondo aziendale ed istituzionale – afferma Fabrizio Cataldi – nella due giorni del Forum cercheremo di sottolineare l’importanza di investire nei nuovi strumenti di comunicazione, invitando tutti i professionisti al dialogo costante con i nuovi stakeholders ed opinion maker del web 2.0, sperimentando tutte le frontiere dei new media e delle R.P. on line. Il Forum è lo scenario ideale per confrontarsi su opinioni, attività e le iniziative di comunicazione e potrebbe rappresentare, senza dubbio, l’opportunità di ampliare il network di un professionista>. Il Forum della Comunicazione è patrocinato da Comune di Roma, Regione Lazio, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione, Unioncamere, ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo, Invitalia e l’Agenzia del Territorio che hanno creduto nelle finalità della manifestazione così come i partner accademici che ne garantiscono la genuinità dei contenuti scientifici quali la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Sapienza di Roma, Sda Bocconi, ed il Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata e l’Istituto Europeo di Design. Le principali sessioni del Forum saranno supportate dalla presentazione di “ricerche e studi” curati dall’Istituto Piepoli, research partner dell’evento. Social partner dell’evento sono Legambiente e Pentapolis, mentre è social partner organizzativo L’Aurora Comunicazione per lo sviluppo dei dibattiti sulla responsabilità sociale. Il Forum della Comunicazione si avvale infine del contributo di Nòva24 de Il Sole 24 ORE e della media partnership di Economy, IGPDecaux, Gruppo Adnkronos, La7, RDS e MARK UP che seguiranno i lavori del Forum in tutte le sue fasi. Comunika TV è la web-tv ufficiale del Forum della Comunicazione che trasmette le sessioni principali dei due giorni di lavori in diretta streaming all’indirizzo www.comunika.tv e sarà presente all’interno del Forum con un vero e proprio studio mobile. L’organizzazione del Forum è stata resa possibile grazie ai partner tecnici come SPQR NETWORK che ha curato la creatività del Forum, EGA, che cura l’organizzazione operativa dell’evento, Eur Congressi, la società che gestisce la location del Forum ed Ergo Italia Spa, technology partner che fornisce tutti supporti tecnologici. 16 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Alemanno: solo la conoscenza diffusa e capillare delle attività Agenzia del territorio: la sfida In tutte le attività legate al mercato immobiliare, che rappresenta una delle voci più importanti dell’economia italiana, è coinvolto un ente, l’Agenzia del Territorio che ha un ruolo molto delicato. Istituita dalla riforma del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha il compito di assicurare al cittadino ed ai professionisti, alle Pubbliche amministrazioni, agli Enti pubblici e privati, una corretta ed efficace gestione del sistema di informazioni catastali e di pubblicità dei beni immobiliari, nell’ottica del miglioramento della qualità dei servizi offerti e del raggiungimento degli obiettivi di politica fiscale ed erariale. Un ruolo delicato e complesso che comporta la gestione di centinaia di migliaia di relazioni e in cui la comunicazione gioca un ruolo strategico fondamentale. Ne abbiamo parlato con Gabriella Alemanno, Direttore dell’Agenzia del Territorio dal mese di luglio 2008. Ha ricoperto diversi e importanti incarichi pubblici ed ha diversi incarichi di docenza, tra cui quello presso la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze. Commendatore della Repubblica, nel 2007 le è stato assegnato il Premio Bellisario. di Donatella Giglio L’Agenzia del Territorio è una istituzione che si occupa di questioni legate a materie che richiedono un’alta specializzazione tecnica. In questo contesto, quale ruolo è stato riservato all’ICT nei servizi resi al cittadino? Il contenuto non può prescindere dalla forma. Ciò significa che il Gabriella Alemanno compito cui l’Agenzia è tenuta a rispondere per suo mandato istituzionale, richiede una serie di iniziative rivolte alla diffusione delle attività svolte e divulgazione dei risultati ottenuti, anche per fornire all’opinione pubblica una chiara percezione delle linee di responsabilità seguite dall’Agenzia nella propria attività. Un esempio, in tal senso, può essere rappresentato dal dialogo con l’utenza esercitato tramite i servizi offerti con il sito internet dell’Agenzia, che rappresenta una sorta di Ufficio virtuale. Chi si collega, infatti, può ottenere visure catastali on-line con diverse modalità: digitando l’identificativo catastale del bene, oppure con l’accreditamento al fisconline dell’Agenzia delle Entrate per avere la visura catastale completa, o anche attraverso il servizio Certitel realizzato con Poste Italiane, con consegna a domicilio. È inoltre possibile effettuare ispezioni ipotecarie Carosio (FS): promettere e mantenere gli impegni Daniela Carosio è Direttore Centrale Comunicazione Esterna del Gruppo Ferrovie dello Stato dov’è entrata nel 1995 ricoprendo il ruolo di Responsabile Pubblicità e di Formazione e Sviluppo competenze. In passato è stata direttore generale della Burson Marsteller (Young & Rubicam), direttore Relazioni Esterne e Comunicazione della Sweda e della Fineur, nonché consulente d’immagine e comunicazione di diverse società. (Credito Italiano, Iri, Ice, SIV, Fideuram ecc). Psicologa, dal 1985 si occupa di strategie di direzione, comunicazione esterna ed interna, sviluppo e formazione manageriale di società, imprese, enti e governi. Svolge anche attività didattiche presso Università. di Daniela Carosio* «Obiettivo raggiunto. La corsa continua». Questo messaggio, utilizzato anche nello spot pubblicitario per il lancio dei nuovi servizi Alta Velocità, rappresenta sinteticamente la strategia della comunicazione del Gruppo Ferrovie dello Stato negli ultimi due anni. La “campagna dei fatti” è stato il modo con il quale abbiamo deciso di dialogare con gli italiani, puntando sul raggiungimento dei risultati e sul rispetto dei tempi d realizzazione, adottando il linguaggio delle cose realizzate e non delle promesse, mettendo in risalto impegni concreti e misurabili, evitando proclami. Una comunicazione nuova, in grado di generare attesa e fiducia in tutti gli stakeholders: viaggiatori, cittadini, istituzioni, media. Promettere e mantenere. È questa, in sintesi, la strategia di comunicazione della più grande azienda del Paese, oggi impegnata nel progetto più importante ed esteso mai realizzato in Italia dal dopoguerra: l’Alta Velocità/ Alta Capacità. Un progetto totalmente italiano, nell’infrastruttura, nei treni, nel know-how. Una vera e propria rivoluzione, tecnologica, economica e sociale. Un’importante occasione di crescita e di sviluppo, una grande opportunità per le persone, per migliorare la qualità della vita, ma anche per il territorio e le imprese. Una sfida che consente di accrescere la competitività e l’attrattività del nostro Paese. A un anno dall’aper- tura della linea AV/AC Milano – Bologna, importante tassello del sistema Alta Velocità/Alta Capacità, abbiamo avviato nelle piazze di Milano e Bologna un count-down, rappresentato da un totem che scandisce, davanti a tutti i cittadini, i giorni, le ore e i secondi mancanti all’inaugurazione della linea. L’obiettivo è stato raggiunto nel pieno rispetto dei tempi previsti: la certezza dei tempi di realizzazione è diventata il nostro strumento di comunicazione. Ed ora è partito un nuovo conto alla rovescia, a segnare il nuovo traguardo di dicembre 2009: il completamento dell’intero sistema AV/AC. In pochi mesi l’Alta Velocità ha già rivoluzionato il mondo dei trasporti e, con esso, le abitudini e lo stile di vita degli italiani. E’ nata una grande rete metropolitana e le città stanno diventando i quartieri di un’unica, grande metropoli: l’Italia. E questo è stato molto gradito dagli italiani, tanto che ormai sulla Roma Milano il treno ha sorpassato l’aereo e può vantare una quota di traffico vicina al 50%. Piace anche il nome con cui abbiamo voluto battezzare il treno italiano AV: Frecciarossa. Il nome evoca la velocità, ma rimanda anche alla nuova forum comunicazione può incidere positivamente sullo sviluppo di una collettività L’intervista è dialogare con l’utenza con pagamento on-line delle tasse ipotecarie, attraverso i servizi finanziari di Poste Italiane. Quale importanza riveste per l’Agenzia del Territorio l’attività di comunicazione? L’istituzione da parte dell’Agenzia di nuovi servizi tecnologicamente avanzati non può prescindere dalla contestuale divulgazione degli stessi attraverso un piano di comunicazione finalizzato alla più ampia diffusione e chiarezza per chi ne deve usufruire, siano essi istituzioni, professionisti e cittadini. Per questo, uno degli obiettivi strategici dell’Agenzia è centrato proprio sulla comunicazione, intesa come valorizzazione dell’alta valenza tecnologica dei servizi per l’utenza. Nel corso del 2009, pertanto, si prevede di mettere a sistema, sulla base delle risorse finanziarie disponibili, una serie di iniziative finalizzate a veicolare i servizi offerti nell’ottica di affermare l’efficienza e l’efficacia delle azioni svolte. Infatti solo la conoscenza diffusa e capillare delle attività di competenza dell’Agenzia può incidere positivamente sullo sviluppo di una collettività più aggiornata e consapevole, in grado di estrarre valore da ciò che conosce. Rispetto al dialogo con le altre istituzioni pubbliche, quali sono le iniziative intraprese dall’Agenzia del Territorio? In attuazione di quanto previsto dal “Codice della amministrazione digitale”, l’Agenzia ha realizzato specifici “servizi di interscambio”, che permettono agli Enti locali di disporre automaticamente dei dati catastali all’interno dei propri sistemi. A tale servizio, sono attualmente convenzionate 18 Regioni, circa 7.000 Comuni, pari all’88 per cento del totale, ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Per i Comuni che non dispongono ancora della necessaria infrastruttura tecnologica, è stato istituito uno specifico canale internet, denominato “Portale per i Comuni”. Le linee di sviluppo delle informazioni gestite dall’Agenzia, comprendono il tema della rappresentatività delle banche dati, per integrare e normalizzare le informazioni catastali. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso l’interscambio dei dati gestiti dall’Agenzia con quelli disponibili presso altre Amministrazioni. Le attività che si stanno portando avanti riguardano la costituzione e la gestione di un progetto generale di toponomastica, denominato Stradario Nazionale, che introducendo standard uniformi condivisi con i Comuni, costituirà un utile servizio per gran parte della Pubblica Amministrazione. La rilevanza di questa iniziativa è testimoniata anche dal suo inserimento fra gli obiettivi strategici del piano di EGovernment 2009-2012. Inoltre, facendo riferimento all’iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri denominata “Reti Amiche”, L’Agenzia sta completando un accordo di cooperazione con Poste Italiane per consentire l’erogazione del servizio di visura catastale in circa 6.000 Uffici postali. E’ in corso anche un progetto analogo per estendere i servizi presso le ambasciate e le delegazioni consolari italiane all’estero. iperclub: quando il turismo sposa la comunicazione Qual è il contributo che l’Agenzia da Lei rappresentata può dare alla valorizzazione e salvaguardia del territorio? Il governo del territorio e quindi la sua valorizzazione dipendono anzitutto dalla conoscenza dello stesso. Secondo tale prospettiva, assume un ruolo strategico la pianificazione delle attività, tese a realizzare il controllo sociale ed economico del territorio stesso, la gestione delle zone urbane di riferimento e dell’ambiente fisico in cui esse sono inserite. A questo proposito e grazie ad una intuizione del Ministro Giulio Tremonti, è nato un progetto per favorire il potenziamento della gestione integrata del sistema informativo della fiscalità, realizzato dall’Agenzia del territorio con la collaborazione del Dipartimento delle Finanze e della SOGEI, partner tecnologico dell’Amministrazione finanziaria. Questo progetto è stato racchiuso nel volume Gli immobili in Italia. Dialoghi tra banche dati: conoscere per decidere. L’obiettivo è quello di pervenire con gradualità alla mappatura del patrimonio immobiliare italiano attraverso la disponibilità qualitativa dei dati statistici sull’utilizzo degli immobili, desunti dall’incrocio delle informazioni catastali con quelli presenti nelle dichiarazioni fiscali di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il risultato così ottenuto riveste particolare importanza, non solo dal punto di vista conoscitivo strettamente tecnico, ma anche nella direzione di una più generale e attenta valutazione del territorio, al fine di contrastare più efficacemente i fenomeni di evasione ed elusione fiscale. Iperclub SpA, con un fatturato di oltre 70 milioni di euro ed un organico di circa 1000 persone è un’azienda-laboratorio fondata sull’innovazione e proiettata nel futuro del marketing e delle politiche di sostegno al turismo nel nostro Paese. Da 14 anni è il leader nel settore del promotion marketing con il prodotto Buono Vacanza ideato dal suo presidente Gianfranco Conte a cui abbiamo rivolto alcune domande. Lei è un imprenditore che in un momento difficile come questo sta investendo e guarda con ottimismo al futuro. Qual è il suo punto di vista? Stiamo vivendo una crisi di sistema che sta cambiando velocemente il modo di fare impresa, di comunicare e di costruire relazioni. Purtroppo poche aziende hanno avuto la giusta sensibilità per capire che con l’avvento di internet dovevano cambiare puntando sull’innovazione e sulla ricerca in modo da aumentare la propria efficienza. La mia azienda in questi ultimi 3 anni ha investito importanti risorse economiche per modernizzare l’infrastruttura informatica e per qualificare il proprio management con nuovi professionisti di vari settori. Il web, le tecnologie sono state un acceleratore di questo inevitabile cambiamento. Cosa si deve fare per adeguarsi ai nuovi scenari e cogliere le opportunità del web? E’ un problema culturale. Personalmente credo che la soluzione sia garantire una formazione mirata alle risorse aziendali. Bisogna avere pazienza, non si può pensare di cambiare in tempi brevissimi ma la formazione ha un ruolo insostituibile e sarà sempre più importante per chi vuole restare sul mercato. Bisogna anche rendersi conto però che talvolta i nuovi progetti, le nuove sfide hanno bisogno di nuove persone e, quindi, bisogna sostituire i vecchi professionisti. Cosa pensa del web 2.0? Qualche anno fa ho capito che era fondamentale aprirsi al web e che le regole del gioco stavano cambiando. Nel web 2.0 in particolare la trasparenza è un obbligo, la condivisione è un valore irrinunciabile ed, infine, l’integrazione tra on line e off line è una necessità. On line ci si espone ai commenti, ai giudizi, alle critiche dei propri clienti. Del resto il web cambia i comportamenti e le motivazioni d’acquisto e le scelte dei consumatori sono più consapevoli. Ascoltare i propri clienti, dunque, è un prezioso contributo per far crescere il business. In che modo Iperclub ha accolto la sfida del web per innovare nel settore del turismo e delle promozioni? Abbiamo lanciato Iperclub Travel Card, il più grande programma di fidelizzazione multisettoriale che intende creare una grande alleanza tra 10.000 imprese, 5 milioni di consumatori e 2.000 agenzie di viaggio. Vogliamo costruire quello che abbiamo battezzato “Newtwork 2.0” in cui il turismo è la leva che permette di stimolare i consumi, sostenere il settore del commercio e indirizzare i clienti nelle agenzie partner. Ogni anno, infatti, ci sono 173 milioni di contatti sui portali viaggio che non si traducono in acquisti. e’ il segreto di una comunicazione vincente livrea, che nei colori del rosso (per FS colore istituzionale), dell’argento e del nero richiama i valori della tecnologia e della modernità. Ma l’Alta Velocità ha prodotto altri effetti inattesi, come sovvertire il trend del mercato immobiliare, da mesi in calo. Il valore delle case nelle aree dove sorgeranno le stazioni AV è salito, infatti, e continua a salire. Questo anche in virtù della rivalutazione urbanistica che le stazioni AV, nuove architetture firmate da progettisti di fama mondiale, producono sulle zone limitrofe. Le stazioni ideate per l’Alta Velocità diventano motori di sviluppo economico, epicentri di trasformazione urbana. Con la costruzione dei nodi Alta Velocità e un vasto programma di riqualificazione delle stazioni storiche, le Ferrovie dello Stato stanno recuperando quel ruolo di promotrici della grande architettura che hanno avuto in passato. Edifici simbolo del sistema ferrovia, le stazioni tornano ad essere uno dei simboli più evidenti della capacità di costruire il progresso. Tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009 abbiamo inaugurato le stazioni di Milano Centrale e Torino Porta Nuova, restituite ai cittadini con nuove funzioni e servizi. L’impegno di FS non si limita alla produzione di servizi essenziali per i cittadini e al miglioramento della qualità, ma sviluppa molteplici progetti importanti per il Paese: dall’esportazione a livello mondiale della migliore esperienza nella progettazione e nella gestione delle grandi opere ferroviarie agli interventi sui grandi nodi metropolitani; dall’offerta di nuovi servizi urbani attraverso la valorizzazione delle risorse immobiliari del Gruppo a un ambizioso progetto di logistica integrata in Italia e in Europa; dalla tutela del territorio all’adozione di soluzioni innovative per la salvaguardia ambientale. Considerando la complessità dei progetti, si può comprendere quanto sia impegnativo impostare la strategia di comunicazione sul raggiungimento di concreti obiettivi. Eppure, se solo guardiamo al 2008, è una sfida che si dimostra vincente. Sono i grandi progetti di una grande azienda, che con orgoglio può vantare oltre cento anni di storia, guardando sempre al futuro. Nel 2009 l’Italia festeggia i 170 anni dall’inaugurazione della prima linea ferroviaria nel Paese, la Napoli-Portici, il 3 ottobre 1839. Una rivoluzione, per l’epoca. Nel 2009 si completa il sistema Alta Velocità/ Alta Capacità: la rivoluzione della mobilità italiana. Due appuntamenti da valorizzare per far risaltare il vero vantaggio competitivo delle Ferrovie dello Stato: quel patrimonio di esperienza e tradizione, che è il più solido pilastro su cui stiamo costruendo il futuro. Un circolo virtuoso che si autoalimenta? Esattamente. I consumatori, a parità di condizioni, privilegiano i negozi e le aziende che premiano i loro acquisti con i Travel Point utili per ottenere una vacanza premio in tutto il mondo, le aziende hanno a disposizione un bacino di milioni di famiglie e le agenzie di viaggio diventano il terminale sul territorio che erogano il premio che può prevedere un contributo. E iperclub.it come si inserisce in questo progetto? Iperclub.it è il portale del commercio e del turismo “made in Italy”, un motore di ricerca di tutte le aziende che aderiscono all’iniziativa, che permette loro di accedere ad una piattaforma per monitorare il tempo reale il ROI della promozione e utilizzare un avanzato sistema di CRM. In questo modo riescono a gestire facilmente il loro dabatase clienti, analizzare i comportamenti d’acquisto e comunicare con i propri clienti via SMS o e-mail in modo da costruire e mantenere una relazione personalizzata. * Direttore Centrale Comunicazione Esterna del Gruppo Ferrovie dello Stato Daniela Carosio relazioni pubbliche - n. 56/2009 17 forum comunicazione Scenari la comunicazione 2.0 rappresenta per le aziende una sfida ma anche una grande opportunità Direttore Relazioni Media e Comunicazione Corporate di Vodafone Italia dal settembre 2004, Silvia de Blasio è entrata in Vodafone nel 2001, dal 2002 è stata Capo Ufficio Stampa dell’Azienda. L’arrivo in Vodafone Italia è stato preceduto da diverse esperienze professionali, tra le quali il Gruppo Enel dove ha ricoperto, tra gli altri, il ruolo di Responsabile Stampa Estera. Da una comunicazione strumentale stiamo passando ad una sempre più relazionale. Come le imprese devono rispondere a questa nuova sfida? La comunicazione 2.0 rappresenta per le aziende una sfida ma anche una grande opportunità. Dopo anni di comunicazione ad “una via” le aziende si trovano in un contesto notevolmente cambiato. I Clienti, e in senso piu’ ampio gli stakeholder, sono diventati attori protagonisti della comunicazione, cercano e si scambiano informazioni attraverso la loro rete di contatti, un network che si e’ spostato sul web sancendo il successo dei “social network” .Qui nasce la grande sfida. Il Cliente che si rivolge al punto vendita nella maggioranza dei casi e’ molto piu’ informato e quindi chiede un’esperienza sempre piu’ ed “unica”. E qui risiede la grande opportunita’ per le aziende. Chi sapra’ offrire ai propri Clienti un’esperienza di consumo piu’ affidabile, utile e conveniente, chi sapra’ andare oltre le aspettative del Cliente, e’ destinato al successo. Ma per farlo bisogna accettare le nuove regole del gioco, gestire una relazione diversa e essere presente nella comunicazione 2.0 in modo attivo. I social network rappresentano la nuova piazza virtuale dove si formano le opinioni. Vodafone ne ha lanciato uno,Vodafone lab, che integra il web con il mobile. Come sta andando? Gli innumerevoli strumenti che internet ha messo a disposizione degli utenti hanno dato inizio ad un’importante collaborazione e condivisione di informazioni in cui ogni singolo individuo mette la propria esperienza al servizio degli altri. Sulla scia di questo cambiamento abbiamo realizzato nel luglio dello scorso anno il vodafone lab, una nuova piattaforma di dialogo e ascolto che ci avvicina ai clienti. Proprio in questi giorni e’ stata lanciata una nuova versione, ancora piu’ ricca di utilita’ e con una nuova veste grafica. Operazione nata raccogliendo i feedback degli iscritti al lab che sono gia’ oltre 23.000 e crescono al ritmo di 100 al giorno. In questi primi otto mesi la redazione ha pubblicato 324 post nei blog che hanno totalizzato piu’ di 1500 commenti. Nel forum sono state aperte 4600 discussioni che hanno totalizzato oltre 36.000 messaggi. Infine nell’area Wiki sono state create 500 voci ad hoc. Finora siamo molto soddisfatti di questo trend. I Social network, la comunicazione interna. Cosa succede in Vodafone? In Vodafone siamo profondamente convinti che i principali ambasciatori dei nostri valori e del nostro brand nonche’ i catalizzatori di importanti suggerimenti per il nostro business siano i dipendenti. Per questo investiamo molto nel loro coinvolgimento ed abbiamo arricchito recentemente le attività di comunicazione interna con una piattaforma di social networking – il Noilab - in grado di permettere una comunicazione continua e diretta tra i colleghi delle differenti funzioni aziendali . Tutti noi possiamo accedere a Noilab dalla intranet aziendale fornendo idee e suggerimenti o creando occasioni di incontro e condivisione di interessi comuni. La piattaforma e’ articolata in 4 aree: Forum Idee, dove poter suggerire idee per il business , per iniziative di corporate responsibility o per la Fondazione; Forum Passioni, dove condividere i propri hobby e i propri interessi personali; Area Blog dove comunicare video e articoli su temi attuali per l’azienda e il nostro settore; Area Sondaggi dove esprimere il proprio parere in merito a temi di interesse aziendale. Un progetto nuovo e innovativo , di grande motivazione e coinvolgimento che ci fornira’ spunti e riflessioni per collaborare e comunicare internamente in modo ancora piu’ efficace . Il nostro Paese registra ancora livelli elevati di digital divide, si puo’ intervenire? Qual e’ la soluzione piu’ efficiente? Noi crediamo che, a fronte del fatto che ben l’8 per cento della popolazione risulta ancora priva della connettivita’ DSL, il ruolo della tecnologia radio sia centrale per superare il problema del divario digitale. Per questo gia’ lo scorso novembre ci siamo volontariamente impegnati a coprire ogni mese, per tutto il 2009, un Comune in digital divide in una Regione diversa dimostrando le potenzialità della banda larga mobile. Siamo gia’ partiti: a Olevano sul Tusciano (Salerno) da gennaio, e a Nurri (Cagliari) da febbraio, il digital divide e’ stato chiuso grazie alla tecnologia mobile. (ge) 18 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Marzotto, AD di Propaganda: placement nuovo elemento del Mix La propaganda al cinema Il product placement è una delle attività di comunicazione meno note ma sempre più importanti per le aziende. Nel nostro Paese leader indiscussa del mercato è Propaganda Italia che dal 2003 affianca le più importanti aziende nell’implementazione di strategie di marketing e comunicazione, Placement e co-marketing attraverso il cinema ed i prodotti audiovisivi. Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato, Marina Marzotto. La Marzotto ha iniziato nel 1994 a Londra come producer di fotografi pubblicitari. Nel 1998 è stata Responsabile Marketing e Comunicazione di Guber Spa per passare, nel 2000, diventa responsabile dei progetti speciali del Marketing di Ferragamo Italia dove si occupa di internet, e-business ed entertainment marketing per poi passare, nel 2001, alla guida delle Relazioni Pubbliche Internazionali per il gruppo. Dal 2005 insegna alla Business School del Sole 24 Ore – “Master in Media Relations”, “Master in Management e Comunicazione del prodotto cinematografico e televisivo” e“Master in Marketing”. Gianfranco Esposito Quanto è importante la propaganda oggi? Come rivalutarne la funzione? Il nostro nome viene dal “Propaganda Model” creato da Chomsky alla fine degli anni 80. Ci ha ispirato e ci ispira tutt’oggi perchè quello che facciamo non è altro che sfruttare le onde mediatiche create dai prodotti d’intrattenimento associandovi un messaggio secondario ma non per questo di minor impatto. Oggi la propaganda è ancora uno strumento fondamentale e vastamente utilizzato, soprattutto a livello governativo, in diversi paesi. Sembra però essere meno in voga tra gli addetti ai lavori della comunicazione che raramente cercano di ingegnerizzare un percorso della notizia che sfrutti i perni del modello di Chomsky. E’ più comune nel nostro settore pensare di poter creare un messaggio in grado di attraversare il sistema piuttosto che usare il sistema per portare un messaggio. Quanto e come i nuovi media hanno cambiato il modo di comunicare un messaggio, un’azienda, un prodotto? Nel nostro caso il product placement lancia più che un messaggio diretto, come nella pubblicità classica, un meta-messaggio che poi può essere anche declinato in messaggi di tipo pubblicitario nella fase exprogram (ovvero fuori programma). Il Placement infatti ci permette d’inscenare una vera e propria esperienza virtuale che forma soprattutto un’opinione sul prodotto coinvolto. La pubblicità ne canta le lodi per spingere all’acquisto. Sono due tecniche complementari che però toccano corde assolutamente distinte. Mentre il Placement coinvolge la pubblicità persuade. Il modo di comunicare è quindi profondamente diverso sia nella forma che sostanzialmente nel messaggio lanciato che tende ad essere empatico più che informativo. Siete specializzati in product placement. Quanto è efficace investire in un film, una fiction o, comqunue, in prodotti video e come misurate i risultati? E’ sempre difficile rispondere a domande come questa senza sembrare totalmente di parte! Credo che sia fondamentale intanto scegliere un piano preciso di confronto: diciamo spot TV vs Product Placement, visto che entrambe sono prodotti audiovisivi. Tanto per cominciare il placement è parte integrante del contenuto e non un corollario il che significa che non è soggetto a zapping non teme TIVO, ma anche, che se viene integrato in un prodotto di qualità l’attenzione del pubblico sarà molto alta. Inoltre il target di una fiction, di un film o di un video musicale è spesso definibile con precisione cosa che è molto più difficile per le fasce orarie della televisione generalista. In ultima Propaganda ha sviluppato in quasi vent’anni di esperienza nel settore un sistema di valutazione dei Placement che non solo tiene conto dell’attenzione dell’audience a seconda del mezzo di fruizione (sala cinematografica, dvd, pay tv...) ma ha anche elaborato su base statistica l’efficacia di un placement in base a come si svolge. Ad esempio: se un oggetto viene posto in bella vista in un ambiente cinematografico ma nessuno dei personaggi in scena interagisce con esso questa visibilità ottenuta sarà di fatto ricordata da una bassa percentuale dell’audience anche se avrà un’esposizione lunga. Se invece quell’oggetto apparirà anche per pochi secondi ma legato alla trama del film ed utilizzato da un personaggio chiave l’audience ricorderà con esattezza tutta la sequenza e l’oggetto coinvolto. Questo metodo, che si chiama PREVA o “Recall Method”, permette quindi una valutazione qualitativa oltre che quantitativa perchè non si ferma al dato dell’audience complessiva ma l’analizza per trarne gli effettivi contatti - ovvero coloro che si ricorderanno esattamente del placement. Questo mi sembra un dato di grande rilevanza in un momento in cui le aziende non desiderano tanto sapere quanti hanno ricevuto il loro messaggio ma piuttosto vogliono sapere chi e come lo ricordano. Per il resto siamo in grado assolutamente di utilizzare sistemi di valutazione paralleli a quelli esistenti per i media classici incluso un sistema che calcola i GRP dei programmi d’intrattenimento. A che punto siamo in Italia con il product placament? Dal 2004 ad oggi c’è stata una crescita stabile a due cifre del mercato complessivo del Placement su prodotti cinematografici. Oggi c’è in discussione l’attuazione della legge europea per ammettere questa tecnica anche su fiction e programmi televisivi che porterebbe sicuramente un maggiore coinvolgimento da parte dei big spenders della pubblicità che spesso ritengono il placement cinematografico un affare per marchi di nicchia. Sicuramente servirebbe un maggiore numero di players sul mercato e possibilmente ben preparati perchè troppo spesso in Italia vengono fatti Placement stridenti con la narrativa che alla fine risultano controproducenti o operazioni che non pensano minimamente al posizionamento di un marchio ma inseriscono un prodotto in sceneggiatura solo perchè appaia tout court. I social network sono la nuova piazza della comunicazione globale. Se e come è utile per un’azienda esserci? Come tutte le comunità i social network nascono da un minimo comune denominatore che alle volte mi pare essere anche una sorta di solitudine sociale. Credo che oggi siano più utili al comunicatore quei network che uniscono e mettono in contatto persone che hanno delle effettive affinità quali la passione per uno sport specifico, un hobby e così via... Non credo sia fondamentale esserci quanto ascoltarli per poi elaborare le proprie strategie. Marina Marzotto forum comunicazione I promotori Uomini comunicazione: l’obiettivo e’ fare network Il Forum nasce da un’idea e dal lavoro della factory Comunicazione Italiana. Ce ne parla uno degli organizzatori, Felice d’Endice. Laureato in Filosofia e Teologia, master in marketing e comunicazione, D’Endice inizia nel 2002 lavorando nell’European marketing communication department di Cezanne Software. Collabora con Itinera Comunicazione per importanti progetti di relazioni pubbliche di clienti istituzionali e business to business. Nel 2004 entra come account manager di In-Side, società specializzata in organizzazione di eventi, dove si occupa della gestione di clienti di largo consumo e dello sviluppo del new business. Entra in Comunicazione Italiana nel 2005 dove ricopre diverse posizioni fino ad assumere la responsabilità del marketing e dello sviluppo dei nuovi progetti, tra cui il Forum della Comunicazione di cui è membro del comitato organizzativo. Luca Colombo di Microsoft Alla sfida di Internet si risponde con la trasparenza di Felice D’Endice L’edizione 2009 del Forum della Comunicazione rappresenta il grande evento nazionale della comunicazione in Italia che si propone come momento di incontro dei professionisti italiani della comunicazione per metterli in contatto con i decision maker del mondo dell’impresa, del management, delle istituzioni e gli opinion leader dell’informazione, dell’economia, della politica e della cultura. Questa grande convocazione si pone due obiettivi principali: il primo è quello di affermare al sistema Paese che la comunicazione è una risorsa strategica da cui ripartire per fare delle imprese italiane dei player competitivi su i mercati internazionali. Il secondo obiettivo è più rivolto al settore e ai protagonisti della comunicazione italiana ed è quello di invitare tutti ad un confronto per ripensare i modelli e gli obiettivi di business del frammentato mondo dei servizi e della consulenza di comunicazione. Il contesto della crisi e la contrazione degli investimenti, riconsiderati alla luce di questi obiettivi, permettono di mettere a fuoco le parole chiave della riflessione e del dibattito che animeranno i due giorni di lavoro del Forum: integrazione, innovazione, internazionalizzazione. Il Forum della Comunicazione ha l’obiettivo di rilanciare, attraverso la creazione di una community, il ruolo della comunicazione come un’eccellenza su cui l’intero sistema produttivo, sociale, culturale ed istituzionale del paese Italia possa contare. Il Forum si propone, inoltre, di far prendere coscienza a tutti i player del settore economico-produttivo e politico-istituzionale che la comunicazione ha pieno titolo a diventare una delle eccellenza dell’italian style riconosciute nel mondo insieme a food, design e lifestyle. Integrare, fare sistema, unire le competenze e le risorse a disposizione per investirle in grandi idee e progetti innovativi di comunicazione pensati guardando oltre i confini nazionali, è questa la risposta di Comunicazione Italiana e di tutti i partner coinvolti nel progetto “Forum” alla domanda sul futuro della comunicazione. Coerentemente con questo obiettivo, partecipano ai lavori del Forum tutti coloro che cercano ispirazioni, idee, modelli per nuove iniziative imprenditoriali, sociali e culturali per lo sviluppo della comunicazione, delle imprese e delle istituzioni. Un progetto, però, che non si ferma all’evento ma continua durante tutto l’anno. Luca Colombo (Microsoft): le imprese devono utilizzare il linguaggio del web Microsoft è, senza dubbio, l’azienda che ha contribuito più di tutte negli ultimi decenni a rivoluzionare il modo di comunicare. Chi non ha mai utilizzato un messenger o le funzioni “live” della casa di Cupertino? In Italia tutte le attività legate ai prodotti e servizi di messaging e intrattenimento online fanno capo alla struttura “Consumer&Online”. Creata a livello internazionale e locale per guidare la strategia consumer di Microsoft e concretizzareun’offertadicomunicazione e intrattenimento digitale attraverso l’integrazione delle diverse piattaforme nel nostro Paese è guidata da Luca Colombo e si posiziona attualmente tra i primi tre mercati europei di Microsoft, crescendo a velocità doppia rispetto alla media delle altre nazioni EMEA. Con lui, Marketing Officer della divisione Consumer & Online di Microsoft Italia oltre che responsabile di Windows Live abbiamo fatto il punto della situazione. Giancarlo Panico Microsoft è stata, senza dubbio, uno dei principali artefici della rivoluzione nella comunicazione. Quali gli scenari futuri Microsoft, in relazione al nuovo mezzo digitale per eccellenza, Internet, ha cercato da anni di fornire ai propri utenti una serie di servizi innovativi ma di semplice utilizzo, che permettessero di estendere la comunicazione al di là dei confini fisici e creare un dialogo “universale”. Mi riferisco all’instant messaging, all’email, ai blog che ormai sono diventati strumenti utilizzati quotidianamente da milioni di italiani di tutte le età. L’innovazione o il trend che vediamo per il futuro è la disponibilità di questi strumenti ovunque le persone si trovino e qualunque sia il mezzo utilizzato: dal proprio PC al cellulare, dalla console dei videogiochi a qualsiasi computer connesso alla Rete. Fare comunicazione in Rete diventa sempre più difficile perché il sistema è sempre più interconnesso e complesso. Quali i consigli che darebbe ad un’impresa per riuscire a ritagliarsi spazi e consenso sul web? Il modo in cui si è evoluta la Rete, il famoso Web 2.0, richiede una partecipazione e una trasparenza sempre maggiore da parte di tutti i soggetti che desiderano entrarci e acquisire consenso. Il consiglio che darei a qualsiasi impresa decidesse di approcciare questo mondo è di farlo con le modalità e con il linguaggio del mezzo stesso. Non basta, infatti, essere presenti sul Web con un semplice sito, una vetrina statica nella Rete, ma è molto importante “entrare nella conversazione” in modo aperto e sincero, magari con un blog, dando ai propri consumatori la possibilità di instaurare un dialogo con l’azienda o con il suo management. Tutto questo, mettendo in conto di non ricevere solo complimenti ma anche critiche, spesso molto utili per migliorarsi ed evolvere. Un primo passo per imprese che si avvicinano per la prima volta al mondo Internet, potrebbe essere realizzare un’analisi della propria reputazione sul Web per capire come si viene considerati o SE si viene considerati all’interno dei vari blog o nei commenti alle notizie aziendali. Un modo utile per capire che cosa i diversi stakeholder lamentano o apprezzano dell’azienda e avere una panoramica del linguaggio e delle modalità della comunicazione digitale. La profezia di McLuhan si è realizzata: il mezzo influenza fortemente il messaggio. Su cosa puntare perché il messaggio giunga a destinazione e sia efficace nell’era del web? Come dicevo prima, elemento imprescindibile è la trasparenza con cui si comunica. Aziende che in passato hanno tentato di entrare in contatto con questo mondo nascondendosi dietro a personaggi fittizi o “pilotando” troppo le informazioni hanno solo avuto danni di immagine e sono state abbandonate dalla popolazione dei navigatori. Infine, un messaggio per essere efficace e giungere a destinazione, deve essere posizionato laddove sono gli interlocutori che si vogliono raggiungere, che sia all’interno di blog, social network, ecc. La comunicazione è, ormai, uno dei più importanti elementi di governance di un’organizzazione complessa. Quali gli strumenti indispensabili a governare le relazioni online? Le relazioni online posso coinvolgere, data l’universalità del mezzo, un numero infinito di interlocutori incontrando una complessità persino superiore a quella di un’organizzazione aziendale. Mentre, infatti, un’impresa ha un management e degli stakeholder definiti che interagisco in base a regole precise, il Web per sua natura non presenta “organi di governo” o sistemi di controllo predefiniti. Nonostante ciò questo medium ha evidenziato una caratteristica sorprendente: si sta sviluppando, infatti, una sorta di autoregolamentazione degli utenti, che accettano volontariamente di attenersi a codici di condotta non coercitivi. Un caso per tutti i Corporate Blog che spesso forniscono ai partecipanti indicazioni sul linguaggio o i comportamenti graditi all’interno di quello spazio per avviare un dialogo con l’azienda. Prima il web 2.0, poi i social network, ora il mobile: gran parte della popolazione attiva è “always on”. Cosa ci aspetta e quali le sfide per le imprese? Il moltiplicarsi dei punti di contatto digitale ha creato un’enorme opportunità per le aziende che vogliono raggiungere la propria audience di riferimento. Un’opportunità che però deve essere gestita nel modo meno invasivo e più coinvolgente possibile. Gli strumenti a disposizione, dal cellulare a Internet fino ai videogiochi, riguardano ormai la quotidianità di ciascuno di noi e permettono di parlare con i propri consumatori nell’arco della loro giornata ovunque si trovino. La sfida vera è quindi studiare e mettere in atto delle campagne di comunicazione che coinvolgano il target, senza distrarlo o impedirlo nelle sue attività e attirando la sua attenzione. Non più, quindi, una classica comunicazione “one-way” ma, appunto, una vera e propria interazione tra le parti coinvolte. relazioni pubbliche - n. 56/2009 19 ferpi La storia di Ferpi 1976-78: tre anni cruciali nello sviluppo dell’associazione La seconda metà degli anni settanta rappresenta un periodo di particolare vivacità associativa per la Ferpi. In quel periodo iniziano ad essere affrontate alcune questioni, ancora irrisolte e di grande attualità e vengono approvati documenti, come il Codice di comportamento professionale, divenuti poi tappe importanti nello sviluppo dell’Associazione. di Francesco Scarpulla Tra il 1976 e il 1978 la Ferpi ha vissuto anni importanti per il suo sviluppo futuro dando vita ad un intenso dibattito interno su alcune questioni professionali, ancora oggi di grande attualità, alla ricerca e nel tentativo di delineare un ruolo sempre più preciso per le relazioni pubbliche. Nella primavera del 1976 a Torino la sezione Piemonte-Valle d’Aosta della Ferpi organizza un convegno internazionale in cui viene affrontato per la prima volta il tema della responsabilità sociale d’impresa nelle attività di relazioni pubbliche. Iniziativa che si svolge alla vigilia della diciottesima Assemblea della Confederazione Europea di Relazioni Pubbliche (Cerp), presenti i rappresentanti delle associazioni professionali di RP dei tredici Paesi europei. In quell’occasione la CERP affronta, per la prima volta in sede europea, il tema del riconoscimento giuridico della professione un aspetto in cui viene apprezzata l’iniziativa italiana di Ferpi, a cura dell’allora presidente Guglielmo Trillo e del Segretario generale Attilio Consonni che portò alla presentazione di disegni di legge in materia (ddl n.953/76, di iniziativa dei deputati Sanese, Balzamo, Del Pennino, Di Giesi, Borruso, Nicolazzi e del ddl n.411). Sempre nel 1976 si svolge a Roma uno dei grandi convegni nazionali degli anni ’70 promossi da Ferpi su «Comunicazione, partecipazione e opinione collettiva». Il Convegno si apre con la relazione introduttiva del vicepresidente Italo Capizzi che evidenzia i problemi delle autonomie e richiama il progressivo affermarsi di una “opinione collettiva” che segna un passaggio ormai evidente nel mondo professionale delle RP. Dal Convegno di Roma scaturiscono alcune importanti iniziative: nel mese di luglio a Milano al club Turati la Sezione FERPI Lombardia approfondisce il tema della Comunicazione d’impresa di fronte al mutamento sociale. Sempre a Milano nel successivo mese di novembre il vicepresidente Aldo Chiappe organizza con il centro studi Enrico Pastore un Convegno Nazionale in cui si parla per la prima volta di Bilancio sociale. Sempre sotto la guida di Guglielmo Trillo, il Consiglio Direttivo Nazionale approva nel novembre del 1976 un primo documento che inquadra lo sviluppo delle attività di relazioni pubbliche nella pubblica amministrazione a cui faranno riferimento, negli anni successivi, molte iniziative delle sezioni regionali e che troverà un suo specifico approfondimento con il Convegno organizzato a Genova il 20 giugno 1978 su «Stato-Cittadino, Informazione-Potere (ovvero “le relazioni pubbliche nella Pubblica Amministrazione”)». La relazione introduttiva è svolta da Toni Muzi Falconi che si propone da un lato di stimolare una riflessione sul ruolo e le responsabilità delle RP nella pubblica amministrazione e dall’altro di far conoscere la Federazione come “associazione professionale” ai colleghi che operano nella Pubblica Amministrazione. In quello stesso periodo, sotto la presidenza di Guglielmo Trillo, la FERPI realizzò per la prima volta in Italia ed in Europa un Prontuario che definiva e descriveva i servizi di base proposti dalla libera professione, dai consulenti, dalle agenzie e dagli studi di RP presentato a Roma nel novembre 1976 a cui seguirono negli anni successivi la stesura di formulari di contratti per le attività di RP ed un modello per la determinazione degli onorari professionali nelle RP in relazione al tempo ed ai livelli delle prestazioni. Nel luglio del 1977 il Consiglio Direttivo Nazionale riconferma, per un secondo mandato, come presidente Guglielmo Trillo, Guido De Rossi del Lion Nero come vicepresidente ed Attilio Consonni come Segretario generale, un mandato impegnato a predisporre ed attuare un “programma di accreditamento” con l’aggiornamento professionale e la specializzazione dei soci e ad elaborare un Codice di comportamento e di autoregolamentazione per gli iscritti Ferpi sostituendo così il Codice di comportamento IPRA recepito dalla FERPI nei suoi documenti costitutivi. In questo contesto nel 1979 a Firenze il Consiglio Nazionale della Federazione nomina per la prima volta una Commissione Nazionale di accreditamento responsabile di tutte le attività di aggiornamento e di specializzazione dei soci. A Torino l’Assemblea generale degli iscritti il 20 maggio del 1978 approva il Codice di comportamento professionale al cui rispetto, da quel momento, tutti gli iscritti FERPI sono tenuti. 20 relazioni pubbliche - n. 56/2009 “Mai drammatizzare!”, il consiglio che ripete ancora oggi l’uomo che ha Alvise Barison: il papà Fondatore e primo presidente della Ferpi Alvise Barison, 90anni appena compiuti, è considerato il papà di tutti i relatori pubblici italiani. Quello che ha portato dagli USA, per primo, la professione nel nostro Paese, un maestro e un esempio per molti. Ha cominciato a lavorare presso l’Allied Military Government. Dal ’54 al ’61 è stato dirigente dello United States Information Service (USIS) e Consigliere per le Relazioni Pubbliche per le tre Venezie. Un impegno che gli varrà importanti riconoscimenti come il “Premio Columbus”. Successivamente è stato direttore delle catene alberghiere Jolly Hotel e Hilton, due anni li ha passati alla Industrie Marzotto e per molti anni ancora è stato alle dipendenze del Lloyd Triestino. Tra gli incarichi dell’ultimo periodo lavorativo vi è la presidenza dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo. Vladimiro Vodopivec, già direttore di Ferpi, lo ha incontrato nella sua casa di Trieste. di Vladimiro Vodopivec “Lui è Alvise Barison, un grande professionista, un ineguagliabile e prezioso maestro, un uomo per bene”. Così disse Gherarda Guastala Lucchini al momento della consegna del premio alla carriera che la FERPI gli ha conferito nel 2005 nell’ambito del primo World PR Festival. Non si scompone Barison quando, nei primi giorni di febbraio di quest’anno, in cui ha compiuto la rispettabile età di 90 anni, irrompiamo nella sua stanza della sua bella casa, ci aspettava e si vede che è contento. Non sta molto bene in salute, non esce più di casa ma se lo chiamano per proporgli un incontro o una breve visita è sempre disponibile. Anche questa volta siamo stati accompagnati da Silva, la sua compagna che gli sta a fianco da oltre 25 anni. “La mia signora” dice affettuosamente di lei quando ce la presenta e, sottolinea, “la persona più importante della mia vita”. Si sono conosciuti quando lei, ancora giovane e da poco vedova, mai avrebbe pensato di rifarsi una vita a fianco di un altro uomo. Ma l’amicizia iniziale è diventata presto amore. Lui ammette che la vicinanza di Silva e della figlia di lei ha cambiato radicalmente la sua vita permettendogli di assaporare anche le dolcezze del ruolo di padre. C’è tanto affetto negli sguardi che Alvise e Silva Alvise Barison si scambiano ricordando per noi scene della loro vita in comune ma anche episodi legati alla vita professionale del nostro grande maestro delle RP italiane. La frase “Ti ricordi Alvise quando ….” ha risuonato infinite volte durante la nostra breve visita in casa Barison. Parlando del passato è inevitabile l’excursus negli anni bui della sua giovinezza, del fascismo e della sua deportazione nei lager tedeschi, specialmente di questi tempi quando la celebrazione del giorno della memoria mette in luce anche rancori mai sopiti e tentativi di negare la grande tragedia che si è perpetrata nei lager non solo tedeschi ma anche italiani. Barison è stato deportato a Buchenwald in Germania nel ’44, dopo essersi rifiutato, come giovane sottotenente, di aderire alla Repubblica di Salò. Fu liberato dai Russi nell’aprile 1945. “Sono sopravvissuto a ben tre campi di concentramento – raccontava in un’altra occasione alcuni anni fa, (oltre a Buchnewald Barison è stato internato nel campo di Dora – Mittelbau e in quello di Ravensbrueck- n.d.r.), ma sono stato sempre convinto di farcela, credevo fortemente in un futuro migliore come tanti altri miei compagni di sventura”. Beve del suo succo di frutta ma dopo un piccolo sorso è di nuovo sull’argomento che tanto ha segnato la sua vita. “Molti non ce l’hanno fatta... ricordo un giovane russo, quando è arrivato a Buchenwald pesava oltre 100 kg. Non parlava mai. Si è ammalato ed è morto”. Scuote la testa e fa un gesto con la mano, come per scacciare una mosca. “Io ero una “mezza menola, ma sono ancora qui” (menola, pesce azzurro poco pregiato usato nel dialetto triestino come termine canzonatorio rivolto a ragazzi di non robusta costituzione- n.d.r.). Memorie pubblicate anche in un libro su cui scelse di mettere in copertina il triangolo rosso con il quale venivano contrassegnati i deportati politici e il numero di matricola che gli hanno affibbiato all’arrivo nel lager: 14227. Quando il libro uscì, nel 2000, Barison affermò che di lager non ne avrebbe parlato più, ma poi disse: “ho deciso di raccontare tutto per quelli che sarebbero venuti dopo, per lasciare una testimonianza diretta, perché la verità non venisse né travisata né manipolata”. Parlandone, oggi, si incupisce un po’. “Alvise, sei triste?” gli chiede affettuosamente la signora Silva. “No, non drammatizziamo. Mai drammatizzare”, commenta con distacco. ferpi portato la professione nel nostro Paese, primo presidente di Ferpi Editoria delle Rp italiane La nascita di Ferpi Ci sono andato per parlare di Ferpi, di Relazioni Pubbliche, per intervistarlo ma il nostro incontro ha preso un’altra piega… forse è il momento di salutarci. Barison non sembra d’accordo e riancia: “Come sta Consonni?” chiede. (Attilio Consonni fu con Alvise Barison socio fondatore della FERPI nel 1970 assieme ad altri grandi professionisti delle RP italiani - n.d.r.), ed è come innescare un nuovo ciclo di domande. Inevitabili i ricordi degli anni pionieristici in cui si ponevano le basi per lo sviluppo delle RP in Italia. Nel 1970 con Alvise Barison, primo presidente FERPI, c’erano Alceo Moretti, presidente onorario; Piero Arnaldi, Lino Cardarelli, Aldo Chiappe, Lorenzo Gallo e Luca Salvadore come vicepresidenti, Attilio Consonni, con il ruolo di segretario Generale e Claudio Baldessari, Tesoriere. “Tutti uomini – commenta Barison - ma presto sarebbe entrata nel consiglio nazionale anche una donna”. Barison si concentra, cerca di ricordare per poi scandire “Gia-co-mi-na Lapen-na”, nome illustre di un’altra grande professionista delle RP italiane, anche lei triestina di nascita come Alvise. Gli ricordiamo che, da quanto abbiamo letto in una intervista rilasciata dalla La- penna al quotidiano di Trieste Il Piccolo, nel giugno 2008, la sua carriera professionale cominciò per caso e “quasi per miracolo”. All’epoca, il rettore dell’ateneo triestino, particolarmente illuminato per quei tempi, avrebbe scelto lei, appena laureata, per dirigere il neonato ufficio relazioni pubbliche con un primo incarico di organizzare una Festa della Befana. “Eh, ehh, - sorride sornione Barison. “Commenti”? – chiediamo. “No, no nessuno”e siamo di nuovo tutti seri. Gli ricordiamo che nella stessa intervista Giacomina Lapenna dichiarò di essere l’unica fondatrice vivente della FERPI il ché non corrisponde a verità, ma forse l’intervistatore ha confuso la FERPI con il Sindacato professionisti di relazioni pubbliche fondato a Roma nel 1958 dove la Lapenna ebbe pure un ruolo importante. Molti dei soci fondatori della FERPI sono infatti ancora vivi e vegeti oltre che ancora attivi professionalmente.“Tutti grandi, anzi, grandissimi nomi – commenta Barison – che saluto molto volentieri”. Se per la triestina Giacomina Lapenna vi fu una festa della Befana a lanciarla nel mondo delle Relazioni pubbliche, per Alvise Barison il percorso che lo trasformò in mito delle RP italiane fu più articolato e meno da “miracolato”. La carriera Barison si è laureato in Scienze politiche a Trieste nel ’46 e dal ’49 al ’51 ha seguito un master presso l’Università del Michigan (USA) durante il quale ha cercato di creare anche un ponte tra gli Stati Uniti e l’Italia del dopoguerra. Ha lavorato dal ’48 al ’54 presso l’Allied Military Government come funzionario ricoprendo tra l’altro il ruolo di assistente culturale. Dal ’54 al ’61 è stato dirigente dello United States Information Service (USIS), assolvendo anche la funzione di direttore Affari culturali e Consigliere per le Relazioni Pubbliche per le tre Venezie. Un impegno che gli varrà importanti riconoscimenti come il “Premio Columbus” da parte della Columbus Association, per aver contribuito al programma di scambi culturali tra Italia e USA. Successivamente è stato direttore delle catene alberghiere Jolly Hotel e Hilton, due anni li ha passati alla Industrie Marzotto e per molti anni ancora è stato alle dipendenze del Lloyd Triestino. Tra gli incarichi dell’ultimo periodo lavorativo vi è la presidenza dell’Azienda Auto- PrBook, torna il grande libro delle Rp noma di Soggiorno e Turismo, che tanto fece per il sostegno dell’organizzazione del Festival del cinema di fantascienza di Trieste chiuso nel 1983 dopo oltre vent’anni di grande e indiscusso successo. “Vent’anni non sono un’età buona per morire – commentava a suo tempo Barison parlando del Festival - e l’azienda di soggiorno non si sarebbe certamente tirata indietro, ma la città non dava segni di interesse… strana città, Trieste…”. Qualcuno l’ha definita la città del “no se pol” (forma dialettale che sta per non si può, n.d.r.). “Se se vol, se pol” - fu la secca risposta (se si vuole, si può). Barison è un combattente, lo è sempre stato; è uno che sapeva prendersi le responsabilità e battagliare per il raggiungimento degli obiettivi in cui credeva. Che sia stato un personaggio di successo lo testimoniano anche tanti riconoscimenti accumulati nell’arco del sua carriera lavorativa. Tra gli ultimi entrati nel suo medagliere, e forse quello che più gli sta a cuore, è il premio alla carriera che gli fu consegnato il 29 giugno 2005 durante la prima sessione plenaria di apertura del primo World PR Festival tenutosi proprio a Trieste. Il premio gli è stato consegnato da Toni Muzi Falconi, già presidente FERPI e della Global Alliance for Public Relations and Communications Management e da Gherarda Guastalla Lucchini, socia FERPI e segretario generale dell’ Oscar di Bilancio, che per l’occasione ha tracciato un intenso profilo confidenziale del premiato definendolo «un maestro nella professione e un amico nella vita». Ricordando con gioia i primi insegnamenti di Alvise, Gherarda Guastalla Lucchini ha raccontato come secondo lui vanno intese la professione e la vita. “La tecnica s’impara, ma la cultura di base, l’educazione, il rispetto per la persona non s’improvvisano. In Barison c’è un professionista, che nella sua carriera ha sempre sostenuto i colleghi, compiacendosi dei loro successi, perché sapeva che la professione poteva crescere solo se tutti avevano successo conquistando il rispetto della società”. Ci salutiamo e ci ripromettiamo di rivederci quanto prima, per non dimenticare, per ascoltare e riascoltare le parole di un grande maestro, per imparare a guardare avanti, “sempre e senza drammatizzare”. Grazie Alvise. A presto. Riprende la pubblicazione del grande libro delle Relazioni pubbliche italiane pubblicato da Ferpi fino al 1995. La nuova versione, realizzata in collaborazione con Assorel, conterrà i profili di tutti i soci Ferpi e delle agenzie associate ad Assorel e sarà inviata gratuitamente a imprenditori, responsabili di associazioni, manager e media. Così com’era in passato, il PrBook si propone di essere uno strumento di promozione della professione e soprattutto di chi la fa: persone, agenzie, associazioni italiane e internazionali. Un volume, realizzato anche in formato digitale, che sarà inviato, gratuitamente e a scopo promozionale, ad una mailing di stakeholder del nostro settore/mercato: imprese, istituzioni, associazioni di categoria, etc… che sarà inoltre allegato ad un periodico nazionale. Il volume probabilmente sarà messo in vendita nella principali librerie italiane tramite l’accordo con un importante editore nazionale. L’idea di riprendere la pubblicazione del PrBook è stata proposta da Giancarlo Panico e Fabio Ventoruzzo, che ne firmano la direzione editoriale, nel corso dell’ultimo Consiglio Direttivo Nazionale di Ferpi del 17 novembre 2008 ed approvata dallo stesso Consiglio Direttivo Nazionale Ferpi e condivisa poi da Assorel come una delle attività per rispondere alla crisi economico-finanziaria internazionale. LA STRUTTURA DEL PRBOOK Il PrBook è una sorta di vademecum sulle relazioni pubbliche italiane che comprende – ed è questo uno degli elementi caratterizzanti – una vera e propria rubrica con elenco dettagliato dei professionisti italiani associati a Ferpi e delle agenzie di Rp associate ad Assorel. Si tratta in pratica di presentare accuratamente ogni socio, professionista o agenzia, associato alle due associazioni di categoria mediante un breve profilo biografico-professionale (o aziendale nel caso delle agenzie) accompagnato, se l’interessato lo desidera, da una foto. In calce ad ogni profilo l’interessato, socio o agenzia, è chiamato ad indicare, in neretto, le proprie competenze professionali caratterizzanti (tre al max). I soci sono invitati ad inviare un breve profilo biografico-professionale (max di 450 caratteri, spazi inclusi) del tipo di quelli pubblicati nella sezione “vita associativa” del magazine eventualmente accompagnato da una fotografia (a buona qualità) all’indirizzo [email protected] indicando anche le tre competenze professionali distintive che saranno segnalate in calce al profilo in neretto. (es. media, eventi, finanziario, sociale, ambientale, culturale, new media, etc…). Oltre l’elenco dettagliato dei soci, professionisti e agenzie, il volume comprenderà una rubrica con le schede, i responsabili e i recapiti dei principali stakeholder del settore/mercato e delle principali agenzie di servizi e dunque comprenderà elenchi delle associazioni professionali, nazionali e internazionali, della comunicazione, e poi relativamete al nostro Paese gli ordini professionali, le principali associazioni di categoria, una scheda sui principali media con l’indicazione dei direttori, i principali stakeholder istituzionali, le fiere e i centri congressi (stiamo capendo se c’è una lista), gli istituti e le agenzie di ricerca di mercato, le agenzie di stampa, le agenzie di monitoraggio media (rassegne stampa), i centri media, le agenzie pubblicitarie,… altre categorie di servizi utili. E’ prevista una sezione “documentale” con la bibliografia, i siti web, i principali documenti associativo-professionali. LA NOVITÀ A differenza dell’edizione realizzata in passato il nuovo prodotto sarà integrato da una sezione con analisi, commenti, interviste e dati relativi allo scenario italiano e internazionale. Il PrBook si articolerà, dunque, in due sezioni: analisi (o scenario) e vademecum. La sezione introduttiva, “analisi”, prevede interventi di scenario tematizzati sui diversi settori professionali e sulle principali tendenze a firma di autorevoli professionisti, docenti universitari e ricercatori oltre i punti di vista di responsabili di altre associazioni, dei direttori di giornali e telegiornali, sociologi, ricercatori di mercato, etc… SPAZI PUBBLICITARI All’interno del PRBOOK sarà possibile inserire pagine pubblicitarie a colori di agenzie, società di servizi, imprese, associazioni di categoria. Il costo preventivato di ogni pagina pubblicitaria (a colori) è di 500 euro. Non sono previste inserzioni pubblicitarie per singoli soci. relazioni pubbliche - n. 56/2009 21 Ferpi I primi risultati e una breve analisi dei questionari inviati ai soci sugli effetti della crisi L’iniziativa Creatives are Bad! la mostra sulla comunicazione rifiutata Dal 02 al 05 aprile la Galleria Civica di Cava de’Tirreni ospita l’edizione 2008 di “Creatives are Bad!” la mostra-evento sulla comunicazione rifiutata, da quest’anno patrocinata da Ferpi. Creatives are Bad! nasce da un’idea dell’agenzia di comunicazione integrata MTN Company. La mostra sulla comunicazione rifiutata, che da tre anni sta facendo parlare l’Italia, è nata con l’intento di far conoscere pubblicità o lavori di progettazione grafica altrimenti sconosciuti. Ma anche -e soprattutto- per discutere delle problematiche legate al mondo della comunicazione. Perché determinati lavori vengono rifiutati? Scarso livello qualitativo, agenzie sorde alle esigenze del cliente, committenza con scarsa cultura della comunicazione, o clienti troppo intrusivi nel lavoro dell’agenzia? Creatives are Bad! è dialogo, conversazione tra agenzie, committenza e utente finale. Ferpi e la crisi: cosa fare nel 2009 La crisi internazionale dei mercati finanziari e la recessione che sta investendo molti Paesi Occidentali e l’Italia ha evidenti ripercussioni sulle aziende e quindi sul mercato della comunicazione. FERPI a fine 2008, per comprendere gli effetti della crisi sulle Rp, ha avviato una campagna d’ascolto dei soci che, attraverso un questionario, sono stati chiamati ad esprimersi sulla crisi e sulle ripercussioni sul nostro mercato e sulla nostra professione. Una delle prime iniziative volute dal Consiglio Nazionale per adottare iniziative in supporto dei soci. Attilio De Pascalis, che ha guidato il project work presenta i risultati e sviluppa una breve analisi dei dati emersi dal questionario. 1.000 professionisti iscritti alla Ferpi, Federazione relazioni pubbliche italiana. Due terzi dei professionisti delle relazioni pubbliche ritengono che nel 2009 gli investimenti si ridurranno significativamente in tutti i comparti della comunicazione. Ma le relazioni pubbliche saranno meno penalizzate rispetto ad altre attività. Secondo gli operatori, il comparto più penalizzato dalla di Attilio De Pascalis La crisi riduce le risorse ma accresce il ruolo delle relazioni pubbliche in Italia, sempre più centrale per affrontare e superare le difficoltà nei confronti dei diversi pubblici, interni ed esterni. È quanto emerge da una survey condotta fra i circa Illustrazione di Rita Bertelli crisi sarà la pubblicità (38%) seguito dalle promozioni con il 23%. In particolare saranno piccole e medie imprese a ridurre maggiormente gli investimenti in comunicazione. La crisi, tuttavia, non modificherà l’orientamento strategico degli operatori delle relazioni pubbliche, secondo il 53% degli intervistati e infatti il 47% prevede che la propria società confermerà nel 2009 gli stessi investimenti in comunicazione dell’anno precedente. Circa due terzi degli operatori di relazioni pubbliche suggeriscono una “ricetta” per i tempi di crisi: migliorare la strategia di comunicazione concentrando gli investimenti su pochi media. E per quanto riguardo gli addetti? Ben tre quarti degli intervistati (74%) titolari di agenzie prevedono di mantenere lo staff attuale. Stabile o in crescita la partecipazione a corsi professionali. Il 43% degli intervistati, infatti, dichiara che nel 2009 l’impegno per la formazione manterrà i livelli del 2008. Il 35%, invece, si attende addirittura una crescita della formazione, come strumento per migliorarsi e mantenere il proprio business all’interno di un mercato in difficoltà . Più della metà dei professionisti della comunicazione è convinto che la crisi non diminuirà affatto il peso delle relazioni pubbliche per il business. Per confermare il ruolo strategico della comunicazione i nostri soci punteranno su professionalità, qualità, formazione e “innovazione”. Ciò che si aspettano gli associati Ferpi, secondo il survey, è di estendere le occasioni di networking, creare più sinergie con imprese private e una più intensa attività di lobby per sostenere le attività di relazioni pubbliche. Richieste in linea con l’azione portata avanti da Ferpi in questi anni. Grandi consensi sull’idea di creare un fronte comune con altre associazioni della comunicazione (95%) e per la presentazione di un progetto Ferpi per il rilancio delle relazioni pubbliche (98%). La crisi colpisce anche le relazioni pubbliche, ma offre anche nuove opportunità di intervento ai professionisti in aree come la comunicazione interna, gli eventi e i social network. Rosanna D’Antona interviene nel dibattito sulla crisi, sul ruolo e le opportunità per le Rp Rp: è cambiato il modello di business? 22 la nostra e-mail è [email protected] Manager, IBM Media Relations Questa pagina ospiterà lettere e commenti agli articoli pubblicati Inviate anche i vostri comunicati relativi a progetti, eventi, iniziative ma anche foto, immagini, documenti Lettere e commenti Rosanna D’Antona relazioni pubbliche - n. 56/2009 Cari colleghi, scrivo di domenica mattina, quelle mattine dove leggi nel dettaglio i quotidiani e qualche pezzo che ti eri ripromessa di leggere, con calma. Ferpi Notizie era lì da leggere con attenzione: complimenti per il bel dibattito sulla crisi proposto ospitando firme e commenti di colleghi qualificati. E’ proprio nell’ottica del dibattito che vorrei aggiungere una testimonianza vista da chi come me opera in questo settore da più di 30 anni. Quasi tutto il numero è dedicato giustamente alla “crisi”. Concordo: è così come è stata descritta, ma forse è anche peggio. E’ sul “ peggio” che mi soffermo un attimo perchè tutte queste belle parole relative a quanto sia determinante comunicare i propri progetti in tempo di crisi devono sapere che oggi buona parte delle aziende devono fare i conti (sempre più in rosso) e con le spese fisse (prevalentemente il personale da tagliare) ed i mercati (che rispondono sempre meno). Ecco stare a fianco dell’impresa oggi significa prevalentemente far in modo che le relazioni (che asuspicabilmente abbiano governato correttamente precedentemente) con i suoi interlocutori oggi continuino per stabilire un terreno comune di incontro e per trovare soluzioni che siano convenienti da ambo le parti (il famoso win-win!). Mi domando a questo punto se la funzione che abbiamo sempre avuto di mediare gli interessi degli enti/imprese che rappresentiamo e dei loro interlocutori esterni (dai media, alle istituzioni, alla popolazione aziendale) non debba essere rivista di fronte alle mutate condizioni dello scenario in cui operiamo: noi e gli interessi che rappresentiamo. I giornalisti hanno minor “potere” perchè devono fare i conti con proprietà editoriali forti, vengono richiesti loro meno-opinioni e più-fatti che ormai si raccolgono da agenzie ed internet, un lavoro anche per loro sempre più flessibile se non precario; le istituzioni sono sempre meno influenzabili, viste le richieste a cui devono far fronte. Obama ha dichiarato in questi giorni che seguirà il suo percorso per risollevare il paese, che adotterà le misure che ha promesso non tenendo conto delle pressioni delle lobby che rappresentano gli interessi di industrie e banche. Oggi i nostri media si chiedono che fine faranno i 15.000 operatori lobbisti che vivono intorno a Washington; la popolazione aziendale vive in un unico terrore oggi: quello di perdere il posto. In ascensore l’altro giorno scambiando le due chiacchiere di convenienza con una giovane donna da un piano all’altro di un building, uscendo mi ha salutato dicendo: “sì sto lavando giorno e notte, ma mi ritengo fortunata perchè ho ancora un posto di lavoro!”. Chiudo lasciandovi un messaggio. Sarebbe davvero interessante capire, anche noi oltre che i nostri committenti, come rivedere il nostro modello di business. Loro lo stanno facendo: le banche (stanno rivedendo l’intero sistema, così non regge più), le imprese (stanno cercando vie d’uscita in altri mercati, nella riorganizzazione produttiva e distributiva, operando in modo più coerente, trasparente e - speriamo - anche socialmente utile) le istituzioni (sono alle prese con i bilanci nazionali, il welfare e il sostegno ad un’economia che globalmente sta mostrando le sue debolezze), il cittadino/utente consumatore ha veramente tanta paura. Credo che per noi non sia sufficiente dire “bisogna cogliere opportunità proprio in caso di crisi”. E’ vero, dico io, ma a patto che si comprenda bene di cosa c’è bisogno, l’ascolto del mercato anche per noi deve essere la nostra guida. Forse val la pena di lavorare su questo famoso governo delle relazioni. Relazioni che non possono essere governate con le motodologie che sono state così efficaci nell’ultimo ventennio. Grazie a Ferpi Notizie che mi ha consentito di riflettere con un pò di calma su come il nostro business collettivo e il business della mia impresa, possano cogliere l’opportunità di questa crisi “rivisitando” il nostro ruolo e perchè no anche, in parte, la nostra missione aziendale. ferpi Il workshop Nuove strategie per la comunicazione della cultura Qual’è il ruolo della comunicazione nella competitività del sistema produttivo italiano? Se ne è discusso in un convegno organizzato a Torino e patrocinato da Ferpi nell’ambtio della quinta Conferenza Nazionale degli Assessori alla Cultura e al Turismo. di Alessandro Bertin La comunicazione è la chiave di volta per rendere sempre più salda la relazione fra patrimonio artistico e culturale, crescita civile della collettività e sviluppo socio-economico del territorio. I beni e le attività culturali, per vocazione propria, godono di un carattere di unicità che li rende di per sé formidabili veicoli di promozione e marketing per il sistema delle imprese private, che, come tale, può porsi in virtuosa relazione di supporto economico al settore. Queste le considerazioni dalle quali ha presso le mosse, lo scorso 27 febbraio a Torino, la tavola rotonda organizzata da Federculture e Anci, in collaborazione con FERPI, nell’ambito de Le Città della Cultura - V Conferenza Nazionale degli Assessori alla Cultura e al Turismo e alla quale hanno preso parte Cecilia D’Elia, Assessore alle Politiche Culturali Provincia di Roma; Fabrizio Caprara, Amministratore Delegato Saatchi & Saatchi; Umberto Croppi, Assessore alla Cultura Comune Roma; Paolo Garimberti, Editorialista di Repubblica e conduttore di Repubblica TV e Anna Martina, Direttore Divisione Cultura, Comunicazione e Promozione Comune di Torino. Moderatore, Vittorio Bo, Direttore Festival delle Scienze di Genova e, insieme alla stessa Martina, consigliere nazionale FERPI. Secondo Croppi gli enti pubblici devono sforzarsi di promuovere forme di partnership con le imprese private nelle quali le aziende possano sentirsi davvero parte dei progetti che contribuiscono a finanziare. E’ inoltre necessario utilizzare in maniera migliore e più strategica gli strumenti tradizionali del marketing mix, affiancandoli con quelli forniti dall’impiego delle nuove tecnologie. Gli fa eco Anna Martina, direttore della divisione Cultura, comunicazione e promozione del Comune di Torino, che ha sottolineato la necessità di promuovere un vero e proprio “design della comunicazione culturale”, un approccio progettuale alla comunicazione dell’offerta culturale della città, capace di ottimizzare la resa degli investimenti attraverso la scelta degli strumenti di volta in volta più adeguati alle necessità. “L’orizzontalità della comunicazione ha sbaragliato le strutture organizzative – ha aggiunto Vittorio Bo, direttore del Festival delle Scienze di Genova – I musei e gli eventi oggi funzionano quando sono in grado di regalare al proprio pubblico esperienze emozionali”. La sfida sembra dunque duplice: da un lato creare le condizioni per un sistema di comunicazione più strategico, capace di coinvolgere il cittadino e il turista e di uscire da una certa auto-referenzialità di cui spesso la cultura e tutto ciò che ruota intorno ad essa vengono accusati, dall’altro stimolare il coinvolgimento delle aziende, offrendo loro un sempre crescente plus emozionale in grado di ottimizzare la resa dell’investimento e di creare un rapporto virtuoso di collaborazione fra pubblico e privato. Successo per i corsi proposti presso la Camera di Commercio di Milano Formaper: come fare impresa nelle Rp Rinnovata la collaborazione tra FERPI e Formaper, l’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, anche per il 2009. In calendario convegni, incontri formativi e seminari realizzati grazie alla disponibilità e al coinvolgimento attivo di alcuni colleghi. Un rapporto quello con Formaper – formalizzato in un protocollo siglato dalle due organizzazioni due anni fa – che nel 2009 prevede diverse iniziative congiunte: dai convegni ai seminari per le piccole e medie imprese; dagli incontri formativi che i giovani imprenditori alla consulenza per coloro che intendono avviare un’attività nel settore delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione. Diversi gli appuntamenti in programma. Il primo incontro, di carattere “culturale”, è aperto a tutti. Si è svolto il 19 marzo scorso presso Palazzo Giureconsulti proponendo un focus di due ore nel quale un socio Ferpi, Luigi Norsa, tra i maggiori esperti di crisi, ha parlato di un argomento di grande attualità: come affrontare la difficile situazione economica che stiamo vivendo. “La comunicazione in tempo di crisi: quando una criticità può diventare un’opportunità”: questo il titolo dell’incontro ha visto la partecipazione di un pubblico diversificato, dalle imprese, ai comunicatori, ai giovani. Per il 2009 sono in calendario tre seminari dedicati alle piccole e medie imprese che hanno la necessità di promuovere eventi sul territorio e di inserirli nella loro strategia di comunicazione, oppure di sviluppare meglio la comunicazione nel business to business, o ancora di conoscere – e applicare – le tecniche del marketing non convenzionale. Più di taglio professionale gli altri incontri in calendario: “Gli eventi nella strategia di comunicazione: criticità e opportunità” (il 7 e l’8 maggio con Francesco Moneta, Rossella Sobrero, Mariella Governo); “La comunicazione, strumento strategico anche nel business to business” (il 18 giugno con Nicoletta Cerana) e “Il marketing non convenzionale e le nuove frontiere della comunicazione” (il 15 settembre con Tony Gherardelli). La partecipazione di FERPI è prevista inoltre in alcuni seminari di orientamento all’imprenditorialità e alla creazione d’impresa. Gli appuntamenti per il 2009, in questo caso sono due, sono due: “Mettersi in proprio nel settore delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione d’impresa” (il 19 marzo 2009 con Liliana Bossi) e “Come fare un business plan nel settore delle Relazioni Pubbliche e della Comunicazione d’Impresa” (il 23 e 24 aprile con Franco Guzzi). Una proposta articolata e diversificata che offre a target diversi la possibilità di approfondire alcuni temi o di avvicinarsi alla professione. Un programma in grado di fornire idee e strumenti a tutti coloro che parteciperanno e consigli utili per svolgere al meglio la propria attività o mettersi in proprio. «La comunicazione non cambia la realtà dei fatti afferma Luigi Norsa - ma può influire sull’impatto che i fatti possono avere sul breve e sul medio termine. Molto apprezzato l’intervento di Norsa al primo incontro in cui ha parlato di resilienza. “La resilienza, cioè la capacità delle organizzazioni di affrontare situazioni critiche, uscendone rafforzate - dice Norsa - è il risultato di una rapida risposta operativa unita ad una comunicazione efficace che affronti i timori degli interlocutori interni ed esterni, affermando i valori guida dell’organizzazione e la sua capacità di affrontare e superare la difficoltà. In tempi contraddistinti da grande volatilità ed emotività fa parte dell’indispensabile bagaglio delle skills manageriali, la capacità di affrontare le crisi improvvise, striscianti o esogene e di indirizzare in modo adeguato la comunicazione, senza farsi paralizzare dai timori ma assumendo il controllo degli eventi. In tempi di crisi economica, inoltre, la necessità dell’organizzazione di ristrutturarsi per rispondere al mutato contesto può generare una crisi nella crisi, riducendone la credibilità economica e sociale e indebolendone la posizione competitiva. Una adeguata comunicazione è la condizione indispensabile per salvaguardare la reputazione dell’impresa e la credibilità del suo management”. (rs) Anno XVIII Nr. 56 / 2009 Magazine della Ferpi, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana Redazione e amministrazione Via Annibale Caretta, 3 - 20131 Milano Tel. 02 58312455 Fax 02 58313321 e-mail [email protected] www.ferpi.it Direttore Giancarlo Panico Direttore Responsabile Vladimiro Vodopivec Vice Direttore Fabio Ventoruzzo Redazione Giuliano Bianucci, Fabiana Callai, Valentina De Farolfi, Gianfranco Esposito, Laura Latini, Toni Muzi Falconi, Valentina Pasolini, Ornella Petraroli, Roberto Portanova, Stefania Romenti, Rossella Sobrero, Amanda J. Succi, Carlo Tarallo, Giampietro Vecchiato, Grazia Murtarelli, Stefano Gatti, Francesco Scarpulla, Donatella Giglio Hanno collaborato Gianluca Comin, Attilio Consonni, Emanuele Invernizzi, Sara Pellegatta, Cristina Skarabot, Enrico Cogno, Nicola Mattina, Italo Vignoli, Felice D’Endice, Anita Fabbretti, Alessandro Bertin, Attilio De Pascalis, Mariella Governo, Paolo D’Anselmi, Marco Bardus, Enrico Grazzini, Vincenzo Cosenza, Diego Biasi, Marta Bartolozzi, Marina Marzotto Fotografie Pino Beato Archivio Fotografico Ferpi Progetto Grafico Gentil Impaginazione e Stampa Effigi sas - www.tipolitoeffegi.com Registrazione Tribunale di Milano nr. 670 del 24.10.1990 Pubblicazione non in vendita Questo numero è stato chiuso in redazione il 18 marzo 2008 tiratura: 3000 copie relazioni pubbliche - n. 56/2009 23 professione I consigli di Enrico Cogno Tre regole per parlare in pubblico con efficacia Enrico Cogno, già vicepresidente Ferpi e considerato tra i più autorevoli comunicatori italiani, dallo numero precedente ha firma una rubrica sulle norme comportamentali dei professionisti di Rp nell’utilizzo nella pratica così come nell’uso di strumenti. Enrico Cogno Regola 1)Comunicare con il pubblico, non al pubblico. Questo significa essere occupati (non preoccupati) nel controllare che il messaggio, nelle sue componenti verbali e gestuali, arrivi a buon fine. Occuparsene significa aver predisposto correttamente il messaggio. Preoccuparsi significa solo rivolgere tutta l’attenzione a noi stessi nel tentativo di essere dei protagonisti vincenti. Questo serve soltanto a scatenare l’ansia. La domanda, pertanto, non è: farò bella figura? ma: quanto saranno soddisfatti gli ascoltatori? Regola 2) Evitare di leggere il discorso. Predisporre una ‘scaletta’ (da non confondere con gli appunti) che deve contenere solo le parole-chiave. Provare l’uso della scaletta almeno due volte, registrando il messaggio ad alta voce, controllando i tempi. Mai parlare più a lungo di quanto previsto: è una mancanza di rispetto per l’uditorio. Regola 3) Un discorso in pubblico è diviso in tre fasi, esattamente come in un volo aereo: il decollo, il volo e l’atterraggio. Un buon decollo richiede di conquistare l’attenzione mostrando serenità e determinazione, senza scuse né premesse. Nella fase di volo (la più lunga) attenzione al linguaggio. Bisogna semplificate senza impoverire. Per evitare i terribili ‘luoghi comuni’ il sistema è semplicissimo: datevi una multa di 50 euro (che verserete per una causa benefica) ogni volta che direte: Vi ruberò solo dieci minuti … Niente… Sarò brevissimo… Sento l’esigenza di premettere… Spero di non annoiarvi… Non è questa la sede per parlare di… Detto ciò… Il tempo è tiranno…Parlate sempre in piedi, senza mettere le braccia conserte, con gesti decisi ma non aggressivi. Evitate i tic, come sfregarsi le mani, aggiustarsi la cravatta o (per le donne) inanellarsi i capelli. Niente mani in tasca, o al massimo una. Se non sapete dove mettere le mani usatele per reggere una cartellina, utile anche per contenere la ‘scaletta’. Mai mettere le mani davanti alla bocca mentre parlate: svela che state mentendo. Parlate ben bilanciati su entrambe le gambe. Se siete al leggio, non afEnrico Cogno ferratelo con entrambe le mani. Se tenete una lezione evitate di andare su è giù per l’aula. Le donne sono pregate di non poggiare il piede destro sul tacco, ondeggiandolo di qua e di là. E’ diventato un “tormentone” risibile. In locali con meno di trenta ascoltatori è necessario guardare in modo rilassato tutti negli occhi, a turno. In grandi saloni nei quali il contatto visivo non è possibile, bisogna dirigere lo sguardo ai quattro punti cardinali della sala: questo darà l’impressione che lo sguardo sia circolare e diretto a tutti. Nella fase di atterraggio, poco prima del finale, date un segnale di chiusura (“E come ultimo punto…e se è previsto un question time, annunciate prima di concludere che gradite delle domande (“Tra due minuti ascolterei volentieri qualche vostra domanda”) se no avrete solo un imbarazzante silenzio. Se la prima domanda tarda ad arrivare, sdrammatizzate: “Non è obbligatorio che la prima domanda sia intelligente. Questo è richiesto alle seguenti…”. Di solito funziona. Ricordate cosa diceva Philip Armour: Non esiste nessuna dote personale che consenta un successo così rapido quanto l’abilità nel parlare. 24 relazioni pubbliche - n. 56/2009 Intervista esclusiva a Giorgio Nardone, allievo e continuatore Vittime consenzienti o Non si può non comunicare. Il primo e più importante dei 5 assiomi della comunicazione di Paul Watzlawick è quanto mai attuale. Mariella Governo ha incontrato Giorgio Nardone, allievo e tra i più stretti collaboratori del noto sociologo. Nardone è considerato l’esponente di maggior spicco tra i ricercatori della Scuola di Palo Alto. Fondatore insieme a Paul Watzlawick del Centro di Terapia Strategica di Arezzo, direttore Scientifico dello Strategic Therapy Center e della Scuola di Formazione Manageriale in Comunicazione & Problem Solving Strategico di Arezzo che ha sedi a Milano, Cagliari e Madrid è direttore della collana “Saggi di Terapia Breve” per Ponte alle Grazie Editore. Psicoterapeuta e Coach è riconosciuto come uno dei più creativi e al tempo stesso rigorosi studiosi e terapeuti in virtù dei suoi numerosi e innovativi lavori che hanno portato ad un nuovo Modello evoluto di Terapia Breve e di Problem Solving Strategico. di Mariella Governo I cinque lungimiranti assiomi di Paul Watzlawick della Pragmatica della comunicazione umana, rappresentano ancora la base base della professione. Che peso hanno avuto nella sua educazione e, se è possibile fare una scelta, quale di questi è oggi il più attuale? Paul Watzlawick, come una stella cometa ha illuminato con le sue idee, il suo lavoro ed i suoi scritti intere generazioni di studiosi e professionisti. La sua opera, come quella dei grandi filosofi, non si lascia limitare né dalle ideologie né dai confini delle singole prospettive scientifiche: essa va oltre, sino alla radice del “come” l’essere umano costruisce, anzi inventa la propria realtà. Questa stella cometa ha avuto una notevole influenza su di me sia dal punto di vista professionale che personale. Abbiamo fondato insieme un Istituto, il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, che dal 1988 con le sue attività e la sua presenza è diventato il punto di riferimento per l’evoluzione del Problem Solving e della Comunicazione Strategica. Avendo avuto l’onore e il piacere di condividere con Paul oltre quindici anni di collaborazione professionale e di relazione personale, egli è stato per me non solo un maestro di scienza e professione ma anche un modello di stile e filosofia di vita. Tra gli assiomi, forse il più attuale oggi è “non si può non comunicare”: il primo Giorgio Nardone. Nell’altra pagina con Watzlawick postulato della Pragmatica della comunicazione umana. L’impossibilità di non comunicare ci mette ineluttabilmente di fronte a due possibilità: scegliere se comunicare in modo casuale, oppure scegliere di farlo in modo strategico. Essere vittime consenzienti o artefici degli effetti del nostro comunicare. Professor Nardone, nel suo lavoro di terapeuta e problem solver ha trattato quasi 15.000 casi: dai clinici a quelli aziendali e manageriali. Leggo nel suo ultimo libro Solcare il mare all’insaputa del cielo che le sue tecniche sono efficaci al 95% per i disturbi d’ansia, all’82% per i problemi relazionali e all’80 % per i problemi legati all’abuso di Internet. Su cosa si basa il suo metodo? Come diceva Clarke: “una tecnologia abbastanza evoluta nei suoi effetti non è dissimile da una magia”. La bacchetta magica del modello strategico consiste proprio nella sua raffinata tecnologia. Il modello ha una logica che permette al consulente/problem solver/coach/psicoterapeuta di sapere organizzare il proprio intervento con una processualità ben precisa, articolata, in strategia, tattiche, tecniche, manovre e stratagemmi di intervento. Nei 21 anni di storia del Centro di Terapia Strategica le ricerche empiriche hanno condotto alla messa a punto di interventi specifici per le differenti forme di problema e di patologia più ricorrenti. Ovvero, strategie e stratagemmi, talvolta inventati o selezionati ad hoc, divenuti poi, attraverso l’applicazione sperimentale, veri e propri modelli replicabili e trasmissibili. Il segreto della magia è che non ci sono segreti. La crisi globale e il pessimismo dilagante ha fatto aumentata negli ultimi 6 mesi la richiesta di interventi al suo Centro da parte di aziende o singoli manager in difficoltà? Le necessità delle aziende e dei manager di essere guidati a gestire in modo strategico la crisi planetaria sono aumentate. Tuttavia le aziende o i manager che cercano aiuto sono quelli che possono permetterselo e questi, dal mio punto di vista, sono la minoranza rispetto al reale bisogno. Ciò che invece è notevolmente aumentato sono le richieste di collaborazioni provenienti da altre società di consulenza o formazione per progetti specifici o addirittura per proporci partnership. Il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi il 20 febbraio scorso ha detto per uscire dalla crisi bisogna far ritrovare la fiducia alle persone. Sulla parola fiducia gira negli ambienti giornalistici una storiella. Un nonno dà una mancia alla nipotina di 7 anni e le chiede: “metterai in banca questi soldi vero?” “No nonno, io non ho fiducia nelle banche.” Sembra difficile invertire la rotta se pure i bambini la pensano in questo modo. Cosa ne dice? La sua domanda, come del resto professione dell’opera di Paul Watzlavick. Ricerca artefici del comunicare? l’affermazione del Governatore della Banca d’Italia, mi sembra che si focalizzi su un aspetto importante: quello della fiducia nei confronti degli altri. Questa va considerata, come gli psicologi sociali ci insegnano, una vera e propria profezia che si auto realizza, sia in senso positivo che negativo, ma con una percentuale di efficacia decisamente diversa. Si è tutti molto più bravi a realizzare le nostre profezie catastrofiche rispetto a quelle miracolose. Questo sta ad indicare che è importante evitare o ridurre almeno l’effetto profezia che si autorealizza in negativo ma questo non significa dover incrementare forzatamente il nostro senso di fiducia negli altri. La fiducia non può essere una scelta iniziale ma l’effetto della comprovata affidabilità delle persone con cui si ha a che fare, altrimenti si tratta di incoscienza. Forse il messaggio più corretto da parte dei cosiddetti potenti dovrebbe essere: “siamo consapevoli che ce n’é ben donde per essere sfiduciati rispetto alle persone e al funzionamento del mondo, ma se si assume un atteggiamento di difesa questo si trasformerà in un effetto a catena per cui il risultato finale sarà la realizzazione di ciò che si teme”. Lei ricorda spesso l’aforisma di Einstein: abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare per risolvere i problemi causati dal vecchio modo di pensare. E’ sufficiente oggi cambiare modo di pensare? Quando ci occupiamo di fenomeni che hanno a che fare con il rapporto che la mente ha con la mente, con le altre menti, con la società, la logica lineare non funziona più perché io influenzo ciò con cui interagisco; introduco continuamente un cambiamento nella realtà che mi torna indietro. Questo è il principio del feedback della cibernetica ed è quello da cui ha preso avvio la scuola di Palo Alto: l’idea che una volta che si inizia un gioco, tutto è interazione e non c’è niente di prestabilito. La causa costruisce l’effetto, l’effetto crea la causa. La circolarità si sostituisce alla linearità causale. Cambiare modo di pensare significa cambiare il modo di percepire il rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo. Cambiare la propria percezione porta a modificare il nostro modo di agire, di comportarci, di muoverci verso il raggiungimento degli obiettivi. Questo cambiamento nel modo di percepire ci porta a trovare nuove e diverse strategie, a metterle in pratica ed a mantenerle nel tempo. Come ci indica Marcel Proust “il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi mondi ma cambiare occhi”. Alcune aziende hanno di recente dichiarato che stanno assumendo personale. E’ il caso di Ikea, Mc Donalds, Enel. Nel linguaggio strategico possiamo parlare dell’applicazione di una logica non ordinaria a una situazione quasi paralizzata? Cosa ne pensa? Il fatto che la crisi che stiamo attraversando sia globale, non significa che impatti su tutto e su tutti e soprattutto nello stesso modo. Ad esempio ci sono settori merceologici in difficoltà già da anni, come il tessile, ed invece settori che non ne risentono quasi o sono addirittura in crescita, come l’ingegneria e l’impiantistica. Non mi sembra che qui ci sia una scelta strategica della comunicazione ma semplicemente cavalcare il proprio successo produttivo. Del resto, in tutte le crisi economiche la qualità emerge; in particolare, la qualità organizzativa delle aziende che si esprime anche nella scelta di nicchie di produzione o nell’investimento su ciò che può essere più richiesto. Una delle sue tecniche di comunicazione più note si chiama, “come peggiorare”. Lo scenario non è roseo ma è possibile peggiorarlo di più? La tecnica del “come peggiorare” segue la logica del paradosso. Principio che hanno seguito i più grandi inventori. Pensare a tutti i modi per fallire crea, per effetto molla, indicazioni su come migliorare mentre, spesso, il mettersi a pensare come migliorare blocca. Inoltre, la formulazione della tecnica, prevede un elenco di azioni, pensieri, modalità comunicative specifiche, che se io mettessi in atto contribuirebbero a peggiorare la situazione. Dunque non è un generico “di male in peggio” ma un’analisi della propria responsabilità nel mantenere, o addirittura far peggiorare, una situazione che già non è rosea. Infatti, alcune cose che noi facciamo, armati dalle migliori intenzioni contribuiscono a mantenere, se non a peggiorare, la situazione. Pertanto, questo stratagemma serve proprio a riorientare la mente in direzione di situazioni alternative a quelle messe in atto o che possono essere attuate. la diffussione del ranking nella valutazione E se dovesse immaginare “uno scenario oltre il problema”? Questa tecnica, ispirata allo stratagemma del “creare dal nulla”, si basa sulla logica non ordinaria della credenza, la stessa logica sottesa alla profezia che si autorealizza, nota tra gli altri agli analisti finanziari. Lo “scenario oltre il problema” permette di ottenere due effetti importanti ai fini del cambiamento: la suggestione positiva, legata alla logica della credenza; e la possibilità di spostare l’attenzione dal presente problematico ad un futuro senza il problema. Pertanto, la domanda dovrebbe essere focale e orientata ad uno specifico obiettivo altrimenti è impossibile usare questa tecnica. Si dice che la differenza tra l’uomo intelligente e l’uomo saggio è che il primo da le risposte intelligenti e che il secondo fa le domande adeguate. L’impiego delle classifiche (ranking) di valutazione degli atenei universitari è sempre più diffuso. E’ uno dei temi e delle sfide più attuali per i professionisti delle Rp. di Stefania Romenti Recenti ricerche hanno dimostrato come negli Stati Uniti la diffusione dei ranking condizioni ogni anno in modo molto significativo l’andamento delle iscrizioni alle università. Anche in Italia la diffusione dei ranking nazionali, per ora appannaggio dei due principali quotidiani La Repubblica e il Sole24Ore, e la loro influenza sulle immatricolazioni sembrano essere sempre più significative. Così come appare sempre più vivace ogni anno il dibattito sulla posizione degli atenei italiani nelle classifiche internazionali. La diffusione e la crescita di importanza dei ranking può rappresentare un segnale positivo per il sistema universitario italiano. Questo vale se viene interpretato come il segnale dello sforzo compiuto dalle università italiane verso una maggiore trasparenza della propria offerta, al fine di supportare scelte sempre più consapevoli da parte degli studenti e delle loro famiglie. Valutare la qualità dell’offerta universitaria incentiverebbe la competizione tra i diversi atenei nel sistema paese, oltre che una necessaria apertura verso standard qualitativi internazionali. A fronte delle potenzialità di impiego dei ranking, esistono tuttavia alcuni rischi che vanno valutati poiché possono andare a discapito, anziché a rinforzo, della trasparenza informativa. Questo aspetto emerge se per esempio confrontiamo le posizioni occupate ogni anno dalle università italiane nelle classifiche nazionali e in quelle internazionali. Perché tante differenze? Quali tra le classifiche esistenti sono più valide e oggettive? Le differenze dipendono da due principali aspetti. Il primo è il fatto che ciascun ranking misura in modo parziale le componenti della qualità e della reputazione degli atenei. Per esempio la classifica del Il Sole24ore è fortemente orientata alla didattica, mentre tende a trascurare l’eccellenza nella ricerca come avviene nei principali ranking internazionali. Il secondo aspetto è che talvolta manca omogeneità negli indicatori adottati per misurare la stessa componente di qualità di un ateneo. Per esempio la produttività della ricerca viene misurata in modo diverso da La Repubblica e dall’Academic Ranking of World Universities (ARWU). Il rapporto Repubblica-Censis dà scarso peso alla componente internazionale e attribuisce molta importanza alle ricerche collettive rispetto a quelle individuali. L’ARWU misura la produttività della ricerca sulla base delle pubblicazioni e dei riconoscimenti ottenuti dai docenti e dai ricercatori dell’ateneo. Alla base dei punteggi che vengono attribuiti alle università nelle classifiche stanno dunque impianti metodologici molto diversi, che privilegiano alcune componenti di qualità dell’attività universitaria a discapito di altre. Pertanto la diffusione dei ranking anziché essere solo finalizzata a “fare notizia”, dovrebbe essere accompagnata dalla spiegazione chiara ed esaustiva delle scelte metodologiche effettuate. Solo in questo modo i ranking possono supportare scelte sempre più consapevoli da parte degli studenti e delle loro famiglie, anziché distorcerle come rischiano di fare in questo momento. A quale dei suoi 26 libri è più legato? E perché? Se considero quale è stato il mio libro più importante in relazione alla mia carriera personale senza dubbio direi “L’arte del cambiamento” scritto insieme a Paul Watzlawick nel lontano 1989 che è stato ciò che mi ha dato la ribalta internazionale. Se devo invece considerare il libro che, dal mio punto di vista, è più bello senza dubbio considero “Psicosoluzioni”: un libretto apparentemente divulgativo, un concentrato di tutto ciò che era stato sviluppato nel mio personale lavoro e anche la proposta di quello che sarebbe stato il futuro, che poi è giunto negli anni successivi. Il tutto scritto in maniera accessibile e piacevole. Infine, se devo considerare quale è stato il libro più faticoso e difficile da scrivere questo è stato “Cavalcare la propria tigre” poiché selezionare e presentare in modo accessibile ed affascinante i 13 stratagemmi essenziali del pensiero strategico, sia occidentale che orientale, è stato davvero una fatica sia per lo studioso che per lo scrittore; tuttavia lo sforzo è stato premiato visto che questo testo è il mio best seller. relazioni pubbliche - n. 56/2009 25 corporate Il progetto in un libro l’impegno di bayer nel sociale Un libro fotografico dedicato ai senzatetto promosso da Bayer per il sociale con il patrocinio del Ministro per le Pari Opportunità racconta un progetto di solidarietà sociale. Un viaggio, lungo un anno, attraverso Napoli, Milano, Torino, Bologna e Roma per documentare le condizioni di vita dei senzatetto con un disperato bisogno di aiuto. Ma anche un messaggio di speranza, rappresentato dall’esercito dei volontariche offrono tempo ed impegno ai più bisognosi. Tutto questo è raccolto in un libro fotografico “Viaggio nell’altra dimensione, alla ricerca delle “ombre”, promosso da Bayer per il sociale, in collaborazione con i City Angels, volontari di strada d’emergenza. Bayer, come azienda socialmente responsabile, desidera con questo progetto mantenere viva l’attenzione delle istituzioni, delle aziende e dei privati cittadini su un mondo che esiste e che non vuole farsi vedere, ma che troppo spesso la stessa società non vuole vedere: il mondo delle “ombre”. E la risposta delle Istituzioni non si è fatta attendere. Il Ministro per le Pari Opportunità, ha concesso il patrocinio per l’alto valore sociale dell’iniziativa. Anche la Provincia e il Comune di Milano hanno sposato il progetto, intervenendo con i rispettivi rappresentanti Mario lina Moioli, assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali del Comune di Milano, e Francesca Corso, assessore ai diritti del cittadino della Provincia di Milano, alla conferenza stampa di presentazione del libro, tenutasi lo scorso 2 marzo, a Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano. Se le immagini dell’obiettivo di Maria Claudia Costa, autrice delle foto del volume, parlano da sole, altrettanto vero è che alcuni numeri possono disegnare meglio la dimensione del problema. Secondo i dati Istat, circa 7 milioni di italiani sono poveri, cioè il 13% della popolazione nazionale, vale a dire un italiano su dieci. Il mondo degli homeless, raggruppato dai City Angels in cinque grandi categorie - immigrati, i senza famiglia, etilisti e tossicomani, malati di mente, i senzatetto per scelta - conta ben 18 mila persone, di cui il 60% stranieri. E mentre la povertà aumenta, un’indagine di Astra Ricerche ha dimostrato che diminuisce sensibilmente il numero di persone che si impegnano a sostenere e aiutare chi ha bisogno, con sempre meno giovani coinvolti. 26 relazioni pubbliche - n. 56/2009 L’azienda investe in comunicazione sostenendo e co-producendo il film, Il Bene Bayer punta su innovazione La comunicazione per Bayer Italia è una sfida che si gioca oltre che con gli strumenti tradizionali nell’investimento in innovazione e marketing sociale. I professionisti della direzione comunicazione, guidata da Daniele Rosa, hanno a che fare con un elevato livello di complessità dal momento che l’attività dell’azienda va dai farmaci per la cura del raffreddore alle cure per gli animali da compagnia, passando per i prodotti per l’agricoltura e i prodotti chimici. Eugenio è un giovane promettente ricercatore, determinato e tenace che, nonostante invidie e ostacoli, riesce a realizzare una grande intuizione scientifica. Daria e Isabella sono due gemelle dalla personalità opposta che si scontreranno con le difficili problematiche della malattia, entrando in contatto con Eugenio e le sue scoperte. E’ la trama di un film, “Il bene oscuro. Il genio, la ricerca, la vita”, ma rappresenta anche la storia di un’azienda, Bayer, che da sempre crede e investe nella ricerca e in comunicazione. Parlare della ricerca scientifica in Italia parlando, in qualche modo anche di se, è la strada che ha scelto Bayer Italia, per sostenere l’importanza della ricerca nel nostro Paese. Lo ha fatto in modo originale, attraverso un film, le cui riprese sono iniziate nell’ottobre scorso, prodotto in collaborazione con l’Istituto San Raffaele del Monte Tabor, che si propone si veicolare la positività dei valori legati alla professionalità e all’entusiasmo dei giovani ricercatori. <Quella dei giovani che fanno ricerca, passando dal microscopio alla corsia degli ospedali o nei laboratori delle imprese, è una risorsa fondamentale per il futuro della nostra società – afferma Daniele Rosa, Direttore Corporate Communications del Gruppo Bayer in Italia - e sarà anche il tema centrale di dibattiti organizzati sul territorio nazionale>. Un modo originale quanto innovativo di fare comunicazione, molto di più di un product o brand placement, che conferma la leadership di Bayer non solo nei propri settori di mercato, nella ricerca e nell’innovazione tecnologica ma anche nella comunicazione che nella maggior parte dei casi significa investimento in cultura, nel sociale ma anche nello sport. Una policy confermata recentemente anche dal riconoscimento di Best Employer of Choice nell’annuale ricerca Recent Graduate Survey 2008 (RGS), commissionata da Cesop Communication a IpoStat da cui è emerso che Bayer è la terza impresa italiana dove i giovani neolaureati vorrebbero iniziare a lavorare. E’ difficile parlare della comunicazione di un’azienda, Bayer, che ha contributo essa stessa a fare la storia della comunicazione d’impresa. Tra i marchi più conosciuti e reputati al mondo, l’azienda è chiamata quotidianamente a rinnovare, anche attraverso la comunicazione, quel patto con i milioni di clienti che ne scelgono i prodotti e i principali stakeholder sintetizzato nella sua mission: Science For A Better Life. Mission che la sede italiana della multinazionale tedesca cerca di interpretare al meglio e che ha nelle attività di comunicazione un elemento fondamentale della governance. Benché dalla Direzione Comunicazione della sede italiana della multinazionale tedesca, guidata da uno dei più autorevoli professionisti italiani, Daniele Rosa, affermano che le attività di comunicazione sono spostate su quelle culturali, sociali e sportive è chiaro che queste ultime sono un modo, sempre originale e innovativo, per raggiungere i propri pubblici di riferimento e gli stakeholders. La policy La policy di comunicazione dell’azienda si sviluppa lungo tre direttrici: la strategia, che rappresenta il vero “scheletro” su cui costruire in maniera scientifica i vari progetti; l’innovazione, che deve accompagnare una buona parte delle iniziative, dove innovazione deve essere intesa anche nel modo di gestire un evento o una sponsorizzazione di tipo tradizionale e infine la responsabilità sociale, intesa in senso lato, che rappresenta l’elemento fondante di tutte le attività, i progetti, le iniziative. Una filosofia che ha nella gestione delle relazioni pubbliche la vera forza. Il resto è fatto di sinergie, tra le diverse anime dell’azienda, che si incontrano e vengono continuamente supportate dalla Corporate Communications. Una politica sostenuta anche dalle scelte logistiche interne: non è un caso, infatti, che si utilizzino open space e “porte aperte”. Ogni componente del Il marchio Bayer realizzato con i dipendenti, la vera risorsa dell’azienda team di comunicazione, pur avendo una sua responsabilità, è sempre a conoscenza della strategia globale e di tutto ciò che è in progress. Questo permette ad ognuno di dare contributi, suggerimenti e soprattutto collaborazione. Una organizzazione collaborativa, si direbbe oggi. <Molto probabilmente il segreto dei buoni successi della nostra strategia di comunicazione – continua Rosa - sta proprio nella fortissima capacità di lavorare in team, nell’attitudine di ciascuno ad approcciarsi a nuove attività con modestia ma grande voglia di fare>. Gli strumenti e i mezzi che vengono utilizzati a supporto delle attività di comunicazione esterna sono gli stessi usati anche per la comunicazione interna. Tra gli strumenti che in Bayer considerano più innovativi vi sono gli schermi aziendali, una sorta di una corporate TV (posizionati in tutte le sedi e stabilimenti Bayer) su cui vengono riportati le iniziative internazionali e locali dell’intero Gruppo. Da un punto di vista organizzativo nell’area Italy Corporate Communications vi sono i responsabili Ufficio Stampa per le aree di riferimento come Bayer CropScience, Bayer HealthCare, Bayer MaterialScience. Una di queste risorse si occupa inoltre dell’Ufficio Stampa Corporate e Comunicazione Interna. Vi è poi un responsabile del mondo degli Electronic Media (solo in Italia, Bayer ha attivi circa 45 siti); un responsabile per le Sponsorizzazioni e gli Eventi; e un Controller per la gestione del budget. L’investimento in cultura Una delle aree di cui vanno maggiormente fieri gli uomini comunicazione è il programma di iniziative “Bayer per la cultura” che abbraccia progetti che spaziano dal teatro, all’arte e alla musica per offrire a tutti l’opportunità di avvicinarsi a queste forme di espressione culturale. Bayer, in Italia così come nel mondo, ha scelto di giocare un ruolo di primo piano a fianco delle istituzioni e delle organizzazioni che promuovono valori quali la crescita culturale delle persone e la tutela dei capolavori ereditati dalle civiltà del passato. Negli ultimi anni, Bayer ha patrocinato tournée teatrali che hanno saputo far rivivere in modo innovativo grandi protagonisti della poesia, della letteratura e della musica, grazie a un suggestivo incontro tra parole e musica. Bayer ha dato il proprio sostegno a importanti mostre di arti figurative tra cui “L’impero delle luci”, dedicata a René Magritte, la rassegna “Monet, Degas, Renoir, Gauguin, Redon e Mondrian” e l’esposizione “L’abbraccio di Vienna. Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere”. L’azienda ha inoltre sostenuto un progetto didattico-educativo multimediale per studenti delle scuole primarie e secondarie di primo corporate oscuro, per promuovere l’importanza della ricerca in Italia Analisi Assorel 2008 e marketing sociale le rp continuano a crescere garbagnati: previsioni difficili Ancora in crescita il mercato delle Relazioni Pubbliche rappresentato dalle agenzie associate Assorel, che aumentano il fatturato onorari del 3,9% nel 2008, nonostante il periodo di turbolenza economica. Cautela e incertezza per l’andamento del 2009 ma nuove opportunità derivanti dall’utilizzo delle “Digital PR”. Daniele ROSA: la misurazione accompagna tutte le nostre attivita’ La misurazione del ritorno dagli investimenti in comunicazione, ma in genere la valutazione delle proprie attività e l’elemento trasversale alla governance dell’azienda nelle relazioni con i pubblici interni ed esterni. Ne abbiamo parlato con Daniele Rosa, Direttore Corporate Communications del Gruppo Bayer in Italia. di Giancarlo Panico grado www.esplorandolarte.it, un sito interattivo per scoprire, riconoscere gli artisti e giocare con l’arte, esprimendo sentimenti ed emozioni. Far rivivere i capolavori ereditati dal passato è alla base del sostegno fornito da Bayer al restauro di grandi opere d’arte e delle molteplici collaborazioni intraprese con i musei Poldi Pezzoli e Bagatti Valsecchi, l’Ospedale di Niguarda di Milano, il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), l’Almo Collegio Capranica a Roma, la Basilica di San Marco e il Museo Marciano a Venezia. Un’attenzione particolare viene da sempre riservata alla musica con i grandi concerti sinfonici, ospitati in alcune tra le più belle cattedrali italiane. Tali iniziative consentono a migliaia di persone di avvicinarsi alla musica di qualità, come nel caso del progetto “Uno Stradivari per la Gente”, tour itinerante che fa conoscere al pubblico le affascinanti note del violino del celebre liutaio cremonese. Con l’obiettivo di motivare il pubblico a coltivare il proprio rapporto con la scienza, Bayer in Italia ha recentemente dato il proprio sostegno alla mostra “Darwin 1809 – 2009”, ospitata dalle città di Roma e Milano, in occasione delle celebrazioni internazionali per la ricorrenza dei duecento anni dalla nascita e dei 150 dalla pubblicazione de “L’origine della specie”. (gp) La sede italiana di Bayer è stata indicata dai giovani neolaureati come miglior posto dove iniziare a lavorare. Un successo innanzitutto di reputazione… L’attrattività di Bayer dipende anche dalla forza del suo marchio e da una scelta di comunicazione che segue, oltre le tradizionali strategie, due filoni fatti di innovazione e di marketing sociale, che, evidentemente raggiungono efficacemente i nostri principali stakeholder, tra cui i giovani, oltre chiaramente a una coerenza di fondo tra messaggi e azioni concrete. Proprio ai giovani e alla ricerca è dedicato un film, Il Bene oscuro, che Bayer ha promosso recentemente assieme all’Istituto San Raffaele R. Il film “Il Bene oscuro” fa parte di una strategia di comunicazione tesa a diffondere forti messaggi etici nella società attraverso film e dibattiti sul territorio. Il nostro intento è quello di far conoscere il mondo della ricerca scientifica, che è anche una delle attività core di Bayer, a un vasto pubblico utilizzando uno strumento influente come quello del cinema. Sempre coerente con il messaggio sociale da trasmettere ai giovani, Bayer ha supportato anche veri e propri eventi sportivi. R. Diamo grande sostegno soprattutto agli sport meno diffusi, ma non per questo meno importanti, che coinvolgono prevalentemente un pubblico di giovani, Bayer crede infatti fermamente nel- la funzione dello sport sotto il profilo educativo e disciplinare, soprattutto nella fase evolutiva di ogni individuo. Con l’obiettivo di comprendere e anticipare le tendenze del settore delle Relazioni Pubbliche in Italia, a fronte del particolare momento congiunturale che richiede il rilevamento più puntuale possibile dei trend di mercato, è stata anticipata di un semestre, rispetto agli anni passati, l’indagine che Assorel sviluppa annualmente per il mercato italiano delle RP. I risultati derivano dalle risposte al questionario che l’Associazione propone ai propri Soci per comprendere le dinamiche in atto relativamente all’andamento del giro d’affari, alla ripartizione del fatturato delle agenzie associate per i principali settori merceologici, per le aree di intervento e alle previsioni per il prossimo anno. Pur provenendo da una crescita molto sostenuta nell’ultimo triennio (+30%) il mercato ha segnato un ulteriore incremento del +3,9% nel 2008 verso il 2007, confermando una tendenza positiva non sempre riscontrabile, soprattutto in presenza di turbolenza economica e dei mercati come quella intervenuta nel secondo semestre 2008, anche per settori adiacenti che fanno parte del comparto allargato della Comunicazione. Tra i motivi che spiegano queste differenze rispetto ad altri settori del comparto, che si riscontrano anche per i mercati internazionali, si possono citare la capacità delle Relazioni Pubbliche di interpretare bisogni e necessità del mercato e rappresentare lo strumento più adatto per affrontare e superare crisi di reputazione e contrazione dei consumi. A ciò occorre aggiungere l’utilizzo intelligente delle opportunità offerte dal mondo digitale,l’importanza che la Comunicazione d’Impresa sta assumendo in tutti i tipi di organizzazione, il suo l’accresciuto valore nei piani strategici delle aziende, che devono tener conto dei cambiamenti sociali e delle opinioni dei singoli interlocutori con i quali le imprese si confrontano, la domanda crescente per la trasparenza delle organizzazioni, siano esse imprese, istituzioni governative, enti no-profit, Associazioni. Non segue invece la stessa dinamica l’andamento degli addetti operanti presso le società associate ad Assorel, stabili negli ultimi tre anni, a riprova di una forte attenzione alla razionalizzazione delle strutture, in presenza di un mercato molto competitivo sul fronte degli onorari proposti agli utenti. Si stabilizza l’utilizzo delle Relazioni Pubbliche nella suddivisione tra i contratti annuali rispetto a quelli a progetto, a conferma della ripartizione al 50% tra le due diverse modalità di approccio alle campagne di RP. “E’ un risultato incoraggiante – ha dichiarato Furio Garbagnati, Presidente Assorel – anche perché non dobbiamo dimenticare che le Relazioni Pubbliche avevano segnato un incremento del 30% nell’ultimo triennio e un rallentamento del tasso di crescita è da considerarsi fisiologico. La prudenza che scaturisce dalle previsioni per l’anno in corso ci deve far riflettere sull’attenzione che le società qualificate operanti nelle RP devono attribuire alla Qualità e alla Formazione Professionale per sensibilizzare i Decision Makers delle imprese private e pubbliche all’utilizzo delle Relazioni Pubbliche come leva strategica per confrontarsi e superare l’attuale crisi di sistema.” Bayer ha sempre investito molte risorse nella comunicazione sociale… Noi, come azienda socialmente responsabile, crediamo in un impegno costante e concreto nel sostenere un miglioramento della società, sia dal punto di vista scientifico ed economico, ma anche solidale”. In che modo misurate il ritorno degli investimenti in comunicazione In molti modi, ma il più importante è quello di affidare, mettendoci in gioco ogni anno, a una società indipendente un’indagine a campione di livello nazionale che misura la percezione dell’opinione pubblica sull’azienda rispetto ai concorrenti. In questo modo sappiamo quale è stato l’impatto del nostro lavoro e che in che direzione possiamo migliorare. Bayer gestisce direttamente o indirettamente 45 siti internet solo in Italia. Che riscontri avete e come monitorate la vostra presenza in Rete? Il mondo internet di Bayer in Italia è eterogeneo: si va dai farmaci per la cura del raffreddore alle cure per gli animali da compagnia. Il nostro obiettivo primario è cercare di avere sempre e comunque questo vasto mondo aggiornato il più possibile. La maggior parte di questi sono gestiti direttamente internamente da collaboratori Bayer, mentre altri sono affidati ad agenzie esterne, anche se sempre sotto il nostro coordinamento. Previsioni 2009 Molto cauta e dominata dall’incertezza la previsione di tendenza per l’anno in corso,correlata alle oggettive difficoltà che stanno attraversando i mercati e le economie non solo italiani, che portano ad un previsione di mercato stabile o in leggera diminuzione. Il 48% delle agenzie ritiene che vi sarà una contrazione del settore, in alcuni casi con percentuali anche consistenti, mentre il 40% prevede un mercato stabile con il restante 12% che indica invece un’ulteriore espansione per le Relazioni Pubbliche. Il forecast più attendibile per il 2009, sia pure effettuato poco dopo l’inizio dell’anno e quindi con probabilità di essere rivisto nel corso dei prossimi mesi, indica una sostanziale tenuta del mercato o una contrazione contenuta, non superiore al – 1%. Consuntivo 2008: fatturati e numero di addetti Sulla base di quanto sopra indicato, la stima Assorel del mercato sviluppato dalle Società associate si attesta intorno a 134 milioni di Euro di fatturato sviluppato dai soli onorari professionali, cifra d’affari che deriva dallo incremento del 3,9% rispetto al 2007. Sostanzialmente stabili gli addetti operanti presso le agenzie associate ad Assorel che si avvicinano alle mille unità, portando la redditività media delle agenzie associate che raggiungono la quota di 141.000 Euro di fatturato medio per addetto. Sostanzialmente invariata la suddivisione del mercato per aree professionali con le Media Relations che rafforzano la leadership, attestandosi al 30% del giro d’affari mentre si segnala l’interessante sviluppo delle “Digital Pr”. relazioni pubbliche - n. 56/2009 27 sociale CSR D’ANSELMI: La Csr non è filantropia La filantropia è una cosa che si fa. Va benissimo, ma non ha bisogno dell’armamentario della CSR per sostenersi. Lo sostiene Paolo D’Anselmi, autorevole esperto di responsabilità sociale e autore del libro “Il Barbiere di Stalin”, che invita a ripensare la comunicazione della Csr. di Paolo D’Anselmi Et si distribuero in cibos omnes facultates meas et si tradidero corpus meum, ut glorier, caritatem autem non habuero, nihil mihi prodest. Caritas patiens est, benigna est caritas, non aemulatur, non agit superbe, non inflatur. E se distribuissi tutti i miei soldi per vantarmene e non avessi l’amore, non mi gioverebbe nulla. Amore vuol dire pensare al bene nelle cose. Non riesco a non ritornare a San Paolo ogni volta che vien fuori la confusione tra CSR e filantropia. Adesso è il caso di Lehman e compagni, in passato vedemmo in casa nostra Banca Popolare di Lodi col codice etico sotto il braccio mentre in cucina le pietanze andavano a male. Ancora una volta occorre tornare a distinguere la distribuzione dei soldi dalla azione di rispetto per il business e i clienti. Disaccoppiamo una volta per tutte il giving dalla CSR. La CSR è il tentativo di andare a catturare in un ambiente organizzato lo spirito dell’amore. Più laico: è la genuinità delle intenzioni, l’onestà verso il prossimo. Meno enfatico: visto che tutte le aziende e le amministrazioni pubbliche vivono ai margini della legalità e del buon management, cioè della sostenibilità del business nel lungo termine, CSR è prendere consapevolezza di ciò e fare uno sforzo almeno per raccontarlo, se non proprio correggerlo. Come l’apostolo tende a qualcosa di intimo al modo di essere dell’individuo anche CSR è una cosa che si è nel fare business, non è una cosa che si fa di aggiuntivo al business. Come Paolo D’Anselmi tutte le frasi corte anche questa è vera e falsa allo stesso tempo. Svisceriamo. La frase è vera: CSR non è filantropia, non è il volontariato aziendale, non è il ‘volontariato manageriale’, inventato da Anima, l’associazione dell’unione industriali del Lazio che affumica gli occhi del centritalia. La filantropia è una cosa che si fa. Va benissimo, ma non ha bisogno dell’armamentario della CSR per sostenersi. Peggio: agganciata alla CSR, corre il rischio di spubblicarsi ogni volta che il mariolo viene colto con le mani nel sacco. Facciamo un caso reale, se no finisce come le esortazioni del papa, tanto generali che ognuno se le rigira come gli pare (Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera). Se un’azienda petrolifera fa delle azioni di sostegno alle comunità locali nei territori dove effettua attività estrattive e produttive, questo è buono, senz’altro necessario ed agevola il business. Lo vedemmo già nel 2003 con il ClubMed di Total (pagina 57, Il barbiere di Stalin – Critica del lavoro (ir)responsabile). Si sente tuttavia il sapore dell’optional, della cosa aggiuntiva e non intrinseca al core business dell’impresa. Nocciolo non difficile da individuare perché è vivo nella impresa petrolifera lo spirito che riporta la sostenibilità del business alla ripartizione dei proventi tra azienda petrolifera e paese proprietario del giacimento. Diventa allora centrale il momento in cui l’impresa – prendiamo il caso ENI - ci racconta a che punto sta oggi il fifty fifty di mitica memoria. Quando ci arrivano queste informazioni allora sentiamo che la casa è in ordine. È a questo punto che si sente lo scantinato del profitto in contatto con l’attico della comunicazione, i dipartimenti della multinazionale che si parlano l’un l’altro e una certa genuinità nel portare la memoria del fondatore. È chiaro a questo punto che la ‘cosa che ero’ cioè il comportamento che avevo (il fifty fifty) diventa una ‘cosa che faccio’ nel momento in cui ne prendo consapevolezza e mi impegno a comunicarla. È a questo punto che l’aforisma di partenza diventa falso: CSR è una cosa che si fa. 28 relazioni pubbliche - n. 56/2009 La campagna di Amnesty International Quali campagne sociali? Ce ne sono troppe e spesso molto simili tra loro. E’ necessario rinnovare modalità e strumenti di comunicazione. L’esempio di Amnesty In Italia si moltiplicano le campagne di comunicazione sociale che, però, nella maggior parte dei casi sono stereotipate, troppo strumentali e poco orientate ai comportamenti. Aanalisi e prospettive di una delle maggiori esperte nazionali. Rossella Sobrero Nel nostro Paese sono in continuo aumento le campagne sociali ma non cresce altrettanto la voglia di innovare e sperimentare. Sono infatti ancora troppo poche le organizzazioni disponibili a cercare modalità di comunicazione “diverse”. Per trovare esempi di nuovi linguaggi e nuovi canali dobbiamo volgere lo sguardo ad altri Paesi dove invece, proprio grazie alla creatività delle Organizzazioni Non Profit e delle loro agenzie di comunicazione, nascono campagne innovative. Eppure in Italia sono presenti circa 250.000 ONP (Organizzazioni Non Profit): un mercato “affollato” dove la concorrenza è un problema reale. Questo fatto dovrebbe, in teoria, stimolare la ricerca del nuovo: le Organizzazioni sanno infatti che è necessario non solo comunicare bene i propri valori, evidenziare i fattori distintivi, sottolineare la trasparenza della gestione dei fondi, ma diventa importante trovare nuovi modi per attirare l’attenzione di un cittadino-donatore sempre più distratto, preoccupato per la situazione economica, “bombardato” da migliaia di messaggi sociali e commerciali. Sappiamo che anche il con- cetto di comunicazione sta profondamente cambiando: si è passati dal “comunicare a” al “comunicare con” fino ad arrivare a far diventare il cittadino co-autore del messaggio pubblicitario, quando non addirittura del progetto stesso. Quindi, per coinvolgere in modo più diretto il cittadino (donatore o consumatore), accanto agli spot televisivi, ai mailing, agli eventi, si inizia a parlare di modalità di comunicazione “non convenzionali”. Tra gli addetti ai lavori si discute, per esempio, su come utilizzare le nuove tecniche definite guerrilla, emotional, street marketing: modalità nuove per colpire il pubblico in modo imprevisto, inusuale, “spiazzante”. Un esempio di questo nuovo modo di comunicare è rappresentato da alcune campagne di Amnesty International che si sono caratterizzate per scelte forti e innovative. Ricordiamo, per esempio, la campagna per i diritti umani realizzata in alcuni Paesi utilizzando cancelli, transenne, pensiline presenti nelle strade: l’associazione si è limitata ad appendere immagini di persone dietro le sbarre rendendo ancora più forte il messaggio di denuncia. O ancora, l’utilizzo all’interno degli autobus di pendagli a forma di sagome di persone uccise per impiccagione. Infine, una recente iniziativa realizzata nell’Università di Cambridge, dove per un finesettimana, alcuni volontari si sono alternati all’interno di una gabbia, con l’obiettivo di attirare l’attenzione sul problema dei diritti umani in Zimbabwe. Ma lo strumento innovativo non basta: “dietro” devono esserci buone idee, organizzazioni efficienti, strategie ben articolate. Come sappiamo, una campagna originale non è sufficiente a raccogliere consensi duraturi, a migliorare la raccolta fondi, a consolidare la reputazione dell’organizzazione. L’originalità a tutti i costi non può essere la panacea per risolvere problemi quali la scarsa attrattività dell’organizzazione e dei suoi progetti. Chiudiamo con una riflessione che, secondo noi, ogni Organizzazione Non Profit dovrebbe fare quando decide di realizzare un progetto di comunicazione: la campagna sarà in grado di contribuire a quel cambiamento del mondo a cui la comunicazione sociale dovrebbe sempre tendere? Grazie alla campagna sarà possibile stimolare risposte concrete a livello individuale o, ancor meglio, il messaggio sarà capace di creare un ambiente nel quale “insieme” si trovano soluzioni ai problemi? Domande complesse a cui, sappiamo, non è semplice rispondere. Ma se è vero che la nostra non è solo una crisi economica e finanziaria ma è una crisi di valori, la comunicazione sociale potrebbe davvero essere uno strumento per dare voce alla società nel suo complesso, per promuovere comportamenti positivi, per raggiungere obiettivi di crescita comuni. Potrebbe forse aiutare anche la comunicazione commerciale a trovare nuove strade. media Faustini, direttore de La Nuova Ferrara: un buon giornale soddisfa il lettore e può fare business Strumenti Giornalisti-Relatori pubblici: mantenere la “giusta distanza” Generalemente succede che un giornalista venga chiamato a ricoprire un ruolo di Ufficio Stampa. Stavolta è stato un autorevole collega, Alberto Faustini, Direttore Comunicazione di Invitalia (ex Sviluppo Italia) ad essere chiamato a dirigere un quotidiano, La Nuova Ferrara. Lo abbiamo intervistato per la consueta rubrica “A tu per tu con...”. Roberto Portanova Lei è stato fino a pochi mesi fa responsabile comunicazione di una importante organizzazione. Poi è approdato alla direzione de La Nuova Ferrara che, come ogni quotidiano radicato nel tessuto economico e sociale del proprio territorio, è in costante contatto con gli uffici comunicazione e le agenzie di relazioni pubbliche che rappresentano interessi di organizzazioni pubbliche, private, sociali, politiche. Cosa chiede ai suoi giornalisti nel rapporto con i comunicatori e con gli uffici stampa? Fondamentalmente di saperli ascoltare. Per esperienza so che gli uffici stampa, sia delle organizzazioni pubbliche che di quelle private, sono produttori di notizie. Da quei “palazzi” escono informazioni interessanti. E’ molto importante avere e coltivare buoni rapporti con questi professionisti. Ma è an- Alberto Faustini che molto importante riuscire a mantenere con loro, citando il film di Mazzacurati, la giusta distanza. Occorre saper gestire le relazioni con i comunicatori in modo da non dimostrarsi troppo amici, ma nemmeno nutrire prevenzione nei loro confronti. Il rapporto giornalisti-comunicatori è stato sempre difficile. Cosa servirebbe dall’una e dall’altra parte per migliorarlo? Credo che basterebbe impostare il rapporto, che effettivamente è un rapporto difficile, all’insegna della lealtà. Le parole chiave sono due: fiducia e notizie. Come giornalista mi fido del comunicatore che mi da notizie, informazioni chiare, obiettive o comunque prive di inutili entusiasmi o esagerazioni per chi gli paga lo stipendio. Ma il rapporto è difficile anche per motivi “personali”. Spesso gli addetti stampa sono ex giornalisti passati dall’altra sponda dell’informazione. I giornalisti di solito si riconoscono e può nascere diffidenza nei confronti di chi ormai è fuori dal proprio campo. In realtà che i giornalisti possano riconoscere nel proprio interlocutore uno di loro deve essere visto come una opportunità. Per chiudere ritengo necessario riprendere il concetto di rete: un buon giornalista deve avere una rete di contatti tra cui ovviamente non possono mancare i professionisti dell’ufficio stampa che sono importanti fonti d’informazione. Allo stesso modo i comunicatori devono costruire una rete di contatti trasparenti con giornalisti di cui hanno conquistato la fiducia. I media sono i principali intermediari tra le organizzazioni, la politica, il mercato e la società. Anche alla luce dei profondi cambiamenti degli ultimi anni e della diffusione di nuovi media, quali sono secondo lei gli scenari futuri? Cosa serve ai giornali tradizionali per rinnovarsi e rispondere alle nuove sfide? Personalmente non credo alla teoria di Meyer secondo cui «l’ultima sgualcita copia del New York Time uscirà nel 2043». Credo che la carta stampata durerà molto più a lungo. Certo quello dei nuovi media è un fenomeno di cui bisogna tenere conto: i giornalisti e ovviamente i comunicatori devono essere sempre più capaci di lavorare su tutti i diversi mezzi d’informazione, sia quelli tradizionali che quelli più innovativi. Ma occorre ripensare il concetto di convergenza che oggi viene quasi sempre interpretato nel senso di una sostituzione. In La televisione si sposta sul web: l’esperienza di communika tv La televisione si sposta sempre di più sul web e diviene uno strumento molto più flessibile di quello tradizionale cui siamo stati abituati. Interessante, a questo proposito, l’esperienza di Comunika TV, il primo canale digitale cross mediale dedicato alla comunicazione. Ne abbiamo parlato con Andrea Maffini. 38 anni è direttore generale di Unicity Spa, web factory specializzata in produzione e realizzazione di contenuti digitali, e Presidente dell’Associazione Italiana delle Web television. realtà le ricerche ci dicono che i lettori si fidano più dei vecchi mezzi. Su internet vedono la notizia in tempo reale ma non sanno se crederci, almeno fino a quando quella notizia non viene ripresa dalla carta stampata o dalla TV. Non bisogna commettere l’errore di considerare il pubblico dei media come lo stesso dei quotidiani che prima volevano una cosa e ora un’altra. Oggi non c’è più un solo pubblico, ma più pubblici per ogni medium. Chi fa il nostro mestiere deve essere in grado di dire le cose in modo diverso, con linguaggi diversi, ai diversi target di lettori. E soprattutto deve dare le informazioni in modo più rapido: bisogna saper rispondere ai tempi dell’era moderna. Mi stupisce molto guardare le foto degli anni 70 e vedere i giovani dal cui eskimo spuntava quasi sempre un quotidiano. Oggi i giovani li immagini solo con le cuffie di un iPod. le ict e la centralità di internet nelle attività di comunicazione hanno cambiato radicalmente la comunicazione d’impresa. Quali gli aspetti fondamentali di una strategia efficace? La comunicazione su internet può contare sull’interattività dei contenuti e sulla possibilità di utilizzare una corsia preferenziale direttamente con il destinatario della comunicazione stessa. Questa caratteristica richiede una particolare attenzione dapprima nella progettazione dei contenuti e successivamente nella capacità di diffusione degli stessi. Il messaggio deve essere sempre molto sintetico e particolarmente appetibile, in modo da cogliere subito l’attenzione vista la quantità di informazioni disponibili. In questo processo i contenuti rich media e più in particolare i contenuti video appositamente realizzati per il web possono dare un loro contributo molto efficace perché all’utilità dei contenuti affiancano anche degli elementi di spettacolarizzazione che contribuiscono a tenere alta l’attenzione del nostro interlocutore. Da questo punto di vista quindi le nuove strategie di comunicazione su internet devono tenere ben presente l’importanza del video digitale. La tv analogica e generalista sta lasciando il posto alla web tv. Qual’è lo scenario attuale e quali le prospettive future? Io non credo che le cose siano esattamente così. Innanzitutto è la tv in generale che si sta riconfigurando. Il punto di partenza di base è lo spostamento della tv generalista verso quella tematica e la domanda da parte del pubblico è sempre più esi- Andrea Maffini gente e specialistica. Il web si inserisce in questo processo ma ha altre finalità e non è sostitutivo ma si integra rispetto alla tv tradizionale. Sicuramente le web tv sono quasi esclusivamente tematiche ma hanno anche la caratteristica di essere on demand, ed è quindi la modalità di interazione che cambia profondamente. I contenuti sono sempre disponibili, hanno una durata media di 3/5 minuti e sono utilizzati prevalentemente per degli approfondimenti. L’editore di un giornale è, di fatto, un’impresa. Come si fa a mediare tra la funzione informativa e gli interessi del business? Io non vedo divergenza di interessi tra informazione e affari. I giornali più letti sono sempre quelli fatti bene. Per vendere devi rispondere alle esigenze d’informazione dei lettori e per farlo devi essere libero. Prendiamo ad esempio i quotidiani di partito e la fine che hanno fatto: anche se il lettore la pensa come il giornale che sta leggendo, non si può accontentare di un mezzo che non gli da informazioni … il lettore cerca sempre la libertà. Il giornale fatto bene, dunque, rispetta la libertà del giornalista e di conseguenza il business dell’editore. Che posto occupa, oggi, la web tv nella comunicazione interna ed esterna di una organizzazione o di un progetto? In ambito corporate aziendale e quindi nei confronti della comunicazione interna la web tv inizia ad avere un peso sempre maggiore, perché sono gli audiovisivi che per primi lo hanno e la loro diffusione digitale consente di comunicare in modo sempre più efficace utilizzando elementi di spettacolarizzazione. Questo aspetto è ancora più presente nella comunicazione esterna e quindi rivolta al pubblico nei confronti del quale si sta tentando di confezionare dei contenuti video di intrattenimento che ruotano attorno ai prodotti ed ai servizi. In prospettiva la tendenza è di una crescita esponenziale. Qual è l’aspetto cui tiene di più nella realizzazione del vostro giornale? Sono principalmente tre le caratteristiche di un buon quotidiano: trasparenza, onestà, pluralismo. Se non sei corretto, soprattutto se lavori in un organo d’informazione di livello locale, verrai smascherato e perderai la fiducia dei tuoi lettori. In un ambiente di provincia l’opinione pubblica ti giudica anche sulle piccole cose che sui media nazionali possono sfuggire. Devi avere buonsenso e essere pronto ad ammettere anche i tuoi limiti. Inoltre un giornale deve essere, secondo me, un concerto di voci: quelle dei giornalisti ma anche quelle delle diverse realtà della comunità che rappresenti. Tutti devono avere accesso e la possibilità di dire la propria. Un primo bilancio di comunika tv. Comunika tv tra poco compierà il suo primo anno di vita, e la formula della business web tv cross mediale sta iniziando a dare dei risultati. Noi realizziamo contenuti ad hoc per il canale con un taglio esclusivamente business e on la possibilità di essere diffusi via web, su satellite e su mobile. Inoltre forniamo copertura ai principali eventi, convegni e fiere di settore cercando di portare la comunicazione oltre le barriere fisiche del luogo in cui si trova, sia in modalità live streaming sia in modalità on demand ad evento concluso. Questa è la caratteristica principale di ComunikaTv. C’è ancora molto lavoro da fare ma direi che siamo sulla strada giusta. Dalla sua esperienza quali sono i contenuti che hanno il maggior gradimento su una webtv? Anche in questo caso va fatta una distinzione. Per quanto riguarda i progetti di web tv corporate, sono i contenuti specialistici e di approfondimento, quelli che difficilmente si possono reperire altrove. Anche i contenuti legati alla formazione aziendale hanno un notevole rilievo in questo processo. Per quanto riguarda invece i progetti consumer i contenuti di infotainment la fanno ancora da padrone, quindi informazione e intrattenimento appositamente confezionati per il web. In questo ambito sono molto interessanti i nuovi format che nascono sul web e che vengono costruiti attorno a vari brand in modo da costruire delle vere e proprie miniserie che aggregano una audience con dei numeri veramente importanti. (gp) relazioni pubbliche - n. 56/2009 29 vita associativa A MILANO L’ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI 2009 Il testo della lettera a firma di Piero Martinuzzi, presidente della Commissione Elettorale e di Garanzia che rende noto ai soci tempi e modalità per l’elezione del nuovo Consiglio Direttivo Nazionale e del Collegio dei Probiviri. Il Consiglio Direttivo Nazionale della Federazione, riunito a Roma mercoledì 11 febbraio scorso, ha deciso che l’Assemblea Generale Ordinaria dei Soci per l’anno 2009 si svolgerà a Milano venerdì 12 giugno prossimo, in una sede, con orario ed ordine del giorno che saranno comunicati attraverso la convocazione formale nei termini previsti dall’art 7 dello Statuto. La prossima Assemblea Ordinaria comporta l’elezione, per un nuovo mandato, dei componenti del Consiglio Direttivo Nazionale - in un numero che dovrà essere deciso dalla stessa Assemblea - nonché del Presidente del Collegio dei Probiviri e dei membri, effettivi e supplenti, del medesimo Collegio. Nella stessa riunione il Consiglio Direttivo Nazionale ha nominato la Commissione Elettorale e di Garanzia che ha il compito di svolgere tutte le attività ad essa richiesta dal Regolamento per la elezione degli Organi Sociali (dal sito Ferpi www.ferpi.it – Associazione – Statuto Regolamenti e Codici – Regolamenti). Tale Commissione è composta dai colleghi Gaudia Lucchini (Socio Professionista – Milano), Piero Martinuzzi (Socio Professionista – Pordenone) e Camillo Ricci (Socio Professionista – Roma). A nome della Commissione – che mi ha nominato suo presidente - Ti segnalo alcune scadenze che derivano dall’applicazione del Regolamento prima richiamato: - entro le ore ventiquattro di lunedì 27 aprile prossimo ciascun iscritto Ferpi, “Socio Professionista Accreditato” oppure “Socio Professionista”, può presentare un documento d’indirizzo e di programma per l’elezione del Consiglio Di- rettivo Nazionale; - entro le ore ventiquattro di mercoledì 13 maggio prossimo ogni documento di indirizzo e di programma per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale dovrà essere corredato dall’adesione scritta, anche via mail, di almeno cinquanta iscritti, in regola con il versamento della quota associativa 2009 e che rappresentino almeno tre differenti sezioni territoriali; - entro le ore ventiquattro di lunedì 1° giugno prossimo l’iscritto primo firmatario di ciascun documento d’indirizzo e di programma validato dalle cinquanta adesioni richieste è tenuto a depositare la lista degli iscritti, “Soci Pro- fessionisti Accreditati” oppure “Soci Professionisti”, in regola con il versamento della quota associativa 2009, da lui candidati per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale. Tale lista deve elencare un numero minimo di 13 (tredici) candidati e potrà essere integrata con altri nominativi fino al momento di presentazione della lista nell’Assemblea Ordinaria dei Soci 2009. Tutti gli adempimenti prima evidenziati devono essere completati nei termini fissati presso la sede della Federazione in Via A. Caretta 3 a Milano, con riferimento alla Commissione Elettorale e di Garanzia. 3.4 Ogni lista di candidati deve prevedere un numero minimo di tredici candidati ed un numero massimo di candidati pari al numero dei Consiglieri da eleggere aumentato di un quarto con arrotondamento all’unità superiore. 3.5 Il Socio primo firmatario di un documento di indirizzo, presentatore di una lista, può modificare ed integrare le proposte di candidatura sino al momento di presentazione delle liste in sede di Assemblea. 3.6 Le liste dei candidati si intendono bloccate. Il voto viene espresso per la lista, senza indicazioni di preferenze. 3.7 Alla lista di candidati che ottiene il maggior numero di voti espressi da Soci presenti in Assemblea o rappresentati per delega viene attribuito un premio di maggioranza pari ad un quarto del numero dei Consiglieri da eleggere, con arrotondamento all’unità inferiore in caso di frazione. I relativi seggi sono attribuiti ai candidati in base all’ordine di presentazione nella lista. 3.8 L’attribuzione dei seggi residui è ripartita fra le liste che hanno ottenuto voti, secondo il metodo D’Hont: dividendo cioè il totale dei voti riportati da ciascuna lista per 1, 2, 3, sino al numero dei Consiglieri da eleggere. Il numero dei Consiglieri in rappresentanza di ciascuna lista viene attribuito in base ai quozienti decrescenti più alti. In caso di parità il seggio viene assegnato alla lista che ha ottenuto più voti. 3.9 In caso di presentazione di una sola lista, i candidati possono essere cancellati e sostituiti dai votanti con altri iscritti in regola con il pagamento delle quote sociali. Risultano eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. In caso di parità prevale l’anzianità di iscrizione. 3.10 Le votazioni iniziano al termine del dibattito sui documenti nazionali. Avvengono su appello nominale con doppia chiamata. Art. 4 – Elezione del Collegio dei Probiviri 4.1 Tutti gli iscritti negli elenchi dei “Soci professionisti” da almeno dieci anni possono presentare alla Commissione elettorale la propria candidatura per l’elezione come Presidente, oppure come membro effettivo, oppure come membro supplente del Collegio dei Provibiri. 4.2 La Commissione Elettorale, sentiti i primi firmatari dei documenti di indirizzo, compila una lista unica composta da un presidente, 4 membri effettivi e 3 supplenti da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea. 4.3 I candidati possono essere cancellati e sostituiti dai votanti con altri iscritti negli elenchi dei Soci Professionisti da almeno 10 anni e in regola con il pagamento delle quote sociali. Risultano eletti i candidati che hanno ricevuto più voti nelle rispettive indicazioni di carica. 4.4 Ove non risultino candidati primi non eletti dall’Assemblea dei Soci per uno o più membri effettivi e/o membri supplenti del Collegio dei Probiviri il Consiglio Direttivo Nazionale ha la facoltà di cooptare uno o più membri effettivi e/o supplenti per raggiungere il plenum fissato dallo statuto di 5 membri effettivi e 3 membri supplenti. Il membro effettivo o supplente cooptato rimane in carica fino alla prima successiva Assemblea Ordinaria dei Soci che provvede alla elezione del membro effettivo o supplente che rimarrà in carica, come gli altri componenti del Collegio dei Probiviri, fino alla fine del mandato. Regolamento per l’elezione degli Organi Sociali Regolamento per la elezione degli Organi Sociali (Approvato dal Consiglio Direttivo Nazionale Ferpi nella riunione di Roma, 18 aprile 2008) Premessa Il Consiglio Direttivo Nazionale delibera la convocazione dell’Assemblea Generale Ordinaria dei Soci in base a quanto disposto dall’articolo 7 dello Statuto e determina le procedure per la elezione del Consiglio Direttivo Nazionale e del Collegio dei Probiviri da parte della Assemblea Generale Ordinaria dei Soci ogni due anni, oppure quando ricorrono le condizioni previste dallo Statuto. Art. 1 – Commissione elettorale e di garanzia 1.1 Sono compiti e responsabilità della Commissione elettorale e di garanzia: • assicurare il rispetto del presente Regolamento; • garantire il controllo formale sulla regolare sottoscrizione dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Nazionale; • controllare la diffusione ai “Soci dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Nazionale; • convalidare e rendere pubbliche in Assemblea le liste con i nominativi dei candidati per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale e del Collegio dei Probiviri, con riferimento alle condizioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 18 dello Statuto; • certificare il diritto di voto dei “Soci presenti in Assemblea, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 7 dello Statuto; • convalidare le deleghe di Soci ad altri iscritti; • presiedere alle operazioni di voto e di scrutinio in sede di Assemblea Generale Ordinaria dei Soci; • redigere i verbali dello scrutinio elettorale con i risultati e le liste dei candidati eletti e non eletti; • assumere ogni decisione ad integrazione ed interpretazione del presente Regolamento. 1.2 La Commissione elettorale e di garanzia è composta da tre membri nominati dal Consiglio Direttivo Nazionale tra i “Soci La Commissione nomina tra i suoi componenti un Presidente che ne cura la convocazione ed un Segretario che redige i verbali delle riunioni della Commissione. 1.3 I tre membri nominati dal Consiglio Direttivo Nazionale non possono sottoscrivere i documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Direttivo e devono astenersi da ogni intervento e forma di propaganda o comunque di sostegno a tali documenti. 1.4 Dopo la presentazione dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Nazionale, la Commissione viene integrata da un rappresentante indicato dal primo firmatario di ogni documento. I rappresentanti dei documenti partecipano ai lavori della Commissione ma non hanno diritto di voto nell’ambito della stessa. 1.5 La Commissione delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti. 1.6 I rappresentanti dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Direttivo, nonché i singoli “Soci possono presentare esposti e contestazioni sulle modalità e sulle procedure nello svolgimento degli adempimenti elettorali, in forma scritta ed entro due giorni dall’accadimento dei fatti o dalla loro dimostrata conoscenza. La Commissione delibera in merito entro tre giorni dal ricevimento dell’esposto. 1.7 La Commissione svolge le attività di competenza con l’assistenza del Direttore della Federazione, che partecipa alle riunioni senza diritto di voto. Art. 2 – Documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale 2.1 Ogni Socio iscritto negli elenchi dei “Soci professionisti”, in regola con il pagamento delle quote sociali, può presentare un documento di indirizzo e di programma per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale. 2.2 Ogni “documento di indirizzo e di program- ma” per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale deve essere corredato dalla adesione scritta, anche via e-mail, di almeno cinquanta iscritti in regola con il versamento delle quote sociali, che rappresentino almeno tre differenti sezioni territoriali. 2.3 I documenti di indirizzo, accompagnati dall’elenco dei Soci che li sottoscrivono, devono essere trasmessi alla Commissione elettorale presso la sede della Commissione entro il termine deciso dal CDN al momento della convocazione dell’Assemblea. 2.4 La Commissione elettorale, una volta garantita la regolare sottoscrizione dei “documenti di indirizzo” per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale, con riferimento a quanto disposto dall’articolo 1.A del presente Regolamento, ne assicura e controlla la diffusione dei “documenti di indirizzo” ai “Soci entro e non oltre trenta giorni dalla data di svolgimento dell’Assemblea Generale Ordinaria. A tal fine la Commissione assicura la pubblicazione dei documenti su un numero speciale di FERPI Notizie e la presentazione integrale degli stessi nel Sito Web FERPI. Art. 3 – Liste dei candidati per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale 3.1 L’Assemblea Generale Ordinaria, con riferimento a quanto disposto alla lettera d) dell’art.7 e del primo capoverso dell’art. 10 dello Statuto, determina il numero dei membri effettivi da eleggere come componenti del Consiglio Direttivo Nazionale. 3.2 Le liste dei candidati per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale sono ammesse alla votazione in Assemblea solo se abbinate e con riferimento a un “documento di indirizzo” ai sensi di quanto disposto all’articolo 1.1 del presente Regolamento. 3.3 Il Socio primo firmatario di un “documento di indirizzo” presenta e sottoscrive una prima lista di almeno 13 candidati per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale e la notifica alla Commissione elettorale entro e non oltre dieci giorni dalla data di svolgimento dell’Assemblea. torna il Art. 5 – Proclamazione dei risultati 5.1 La Commissione elettorale assicura e gestisce le operazioni di voto e lo scrutinio per l’elezione dei membri del Consiglio Direttivo Nazionale e del Collegio dei Probiviri. Proclama eletti come Consiglieri i candidati sulla base di quanto disposto agli articoli 3.7 e 3.8 del presente Regolamento. 5.2 La Commissione elettorale termina il suo incarico, che si intende esaurito trascorsi tre giorni dalla data dell’Assemblea Ordinaria di cui ha garantito lo svolgimento. ! K PRBOO he Italiane lic b b u P i n o zi a el R le el d Il grande libro Le persone, le agenzie, le associazioni professionali italiane e internazionali lo scenario, le tendenze, il mercato e l’industry delle Rp inviaci una e-mail con un breve profilo, i tuoi recapiti e una foto a: [email protected] Un’idea di Ferpi e Assorel per promuovere i propri soci! 30 relazioni pubbliche - n. 56/2009 vita associativa I PROFESSIONISTI ENTRATI IN FERPI NEGLI ULTIMI MESI Marta Bertolini Nata a Roma nel 1967, laureata in Lettere. Dal 2003 è la responsabile dell’ufficio stampa di Fox Channels Italy di cui ha seguito anche la fase di start up. Precedentemente ha lavorato come consulente, tra gli altri, per National Geographic Channel, Cult Network Italia, Raitre, Federalimentare, Istat, Comune di Roma, Ministero dei Beni Culturali. E stata inoltre responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice minimumfax Alla carriera di ufficio stampa ha affiancato quella di traduttrice letteraria, tra gli autori che ha tradotto, il premio Nobel Orhan Pamuk Elena Bersani Nella funzione di PR Manager Southern Europe di Adobe Systems, è attualmente responsabile delle strategie e dell’implementazione delle attività di Public Relations dell’azienda per Italia, Spagna e Portogallo. In precedenza è stata responsabile anche dell’area geografica Medio Oriente e Africa. Precedentemente ha ricoperto per 4 anni in Symantec il ruolo di PR Manager Southern Europe, Middle East & Africa, arrivando da un’esperienza di PR Manager Italia in Sun Microsystems. Il suo percorso professionale nelle PR è iniziato nel 1995 presso due agenzi di PR: AID e successivamente Business Press. Ha conseguito una laurea in Lingue e Letterature Straniere in Italia e un Master di Relazione Pubbliche presso l’Università di Strling in Gran Bretagna. Armando Candido 47enne, laureato in Giurisprudenza, è Responsabile in Poste Italiane (Comunicazione Esterna e Relazioni Istituzionali) delle Attività con la Pubblica Amministrazione Locale e delle Attività con il Parlamento (a.i.). Prima, ha ricoperto incarichi di responsabilità (nazionali e territoriali) in ambito Human Resources. Precedentemente, ha operato presso l’Agenzia del Territorio (Area Politiche del Lavoro) e nel Gruppo Telecom Italia (in ambito Gestione Sviluppo Risorse Umane e Relazioni Industriali) Cora Cavicchi 32 anni, nata a Bologna, vive e lavora a Bolzano dove si è trasferita nel 2005. Dopo la laurea in Scienze Politiche, si è occupata per anni di RP presso importanti collezionisti di Arte Contemporanea, tenendo i rapporti ed organizzando eventi per/con artisti, altri collezionisti, gallerie, musei e fondazioni d’arte a livello internazionale. Dal 2005 ad oggi lavora come Responsabile Comunicazione presso Eurotherm SpA, con funzioni di press office, rapporti con i media, gestione sito internet e sito aziendale, ed organizzazione eventi come corsi, convegni e fiere del settore. Tania Ceretta 25 anni, di Padova. Laurea Specialistica in Comunicazione delle Organizzazioni Complesse, conseguita presso l’Università degli Studi di Padova. Dal 2008 lavora come junior account e assistente di progetto in P.R. Consulting srl e si occupa di consulenza in relazioni pubbliche e comunicazione. Alcuni sui recenti contributi sono stati pubblicati all’interno del volume “Marketing, Comunicazione e Relazioni Pubbliche per gli studi professionali. Crescere tra etica e competizione.” di G. Vecchiato. Del Favero Francesca, 54 anni, Dirigente regionale della Direzione Comunicazione e Informazione della Regione del Veneto, si occupa del coordinamento della comunicazione istituzionale mediante rapporti con i media – emittenti radiotelevisive, Agenzie giornalistiche, testate giornalistiche – e mediante l’ organizzazione e gestione di campagne di comunicazione su temi di interesse regionale; inoltre sovraintende alla gestione del sito Internet della Giunta regionale, verifica il rispetto dell’immagine coordinata su tutti i prodotti grafici, emana direttive in materia di comunicazione e informazione, svolge attività formativa su temi di comunicazione istituzionale per i dipendenti regionali. Roberta Franceschetti 38 anni, bergamasca di nascita, pugliese d’adozione. Laurea in Lettere Moderne, Master in Comunicazione Digitale. Dopo un’esperienza nell’editoria, come giornalista (Arte, Vogue), ha lavorato per agenzie di comunicazione come account e strategic planner (Artefice, Tom Pensiero Liquido), con Bergamo. Precedentemente attivo nel giornalismo in qualità di collaboratore di cronaca bianca per varie testate locali di carta stampata. un’attenzione particolare al web e al marketing non convenzionale. E’ attualmente responsabile marketing e comunicazione di Volkmann&Rossbach Italia. Antonio Pignatiello 47 anni, modenese. Una grande passione per le relazioni pubbliche. Ha maturato la sua esperienza prevalentemente nel settore delle Associazioni Imprenditoriali, prima come dipendente, poi come consulente attraverso la società Nevent Srl della quale è amministratore unico. Tra i progetti seguiti, le relazioni pubbliche in provincia di Modena per il Consorzio Eni per l’Alta Velocità e, attualmente, le relazioni esterne della più grande realtà modenese, l’Azienda Usl di Modena. Filippo Girardi, 26 anni, friulano, è laureato in Relazioni Pubbliche d’Impresa. Libero professionista, dal 2007 collabora prevalentemente con lo studio Maia di Vitaliano Pesante a Treviso, dove opera come consulente di comunicazione e responsabile ufficio stampa per diversi clienti. Nel 2006 è stato docente e Responsabile Comunicazione e RP per l’Istituto Design Palladio di Verona. Sandra Pinato 46 anni, padovana, laureata in Lettere con un master in giornalismo, esercita attualmente la libera professione come consulente e responsabile ufficio stampa per diversi clienti, prevalentemente in ambito sportivo. Si occupa, inoltre, di comunicazione aziendale e pubblica articoli per diverse riviste sportive come Sport-Week, l’allegato della Gazzetta dello Sport e Donna in Forma, allegato a Donna Moderna. Claudia Li Destri Nicosia 27 anni, vive e lavora a Catania. E’ laureata in Relazioni Pubbliche. Dopo un periodo di stage, esercita come libera professionista presso lo studio Vitale. Si occupa delle programmazione e realizzazione di progetti di comunicazione: cura l’organizzazione e la gestione degli eventi di comunicazione interna ed esterna; il coordinamento e pianificazione campagne promozionali e pubblicitarie; l’ufficio stampa. Letizia Nassuato Classe ‘65, romana di nascita, veneta di adozione, vive e lavora a Napoli dove ricopre per Vodafone Italia il ruolo di Regional Communication Manager. Passata al mondo della Comunicazione dopo una decennale esperienza nelle Customer Operations di Vodafone, dove ha ricoperto l’incarico di Training Manager per il centro Italia, e’ espressione di come l’integrazione tra le diverse funzioni favorisca la centralita’ del cliente in tutte le attivita’ dell’azienda. Primi contatti con gli uffici stampa nel ’98 come collaboratrice per riviste quali Il Telefono Cellulare, CellulareMania. Continua ad esprimere la sua passione per la carta stampata collaborando con varie testate su temi diversi dalle Tlc. FRANCESCA QUARATINO Nata a Roma nel 1974, è laureata in Antropologia Culturale. Cresciuta professionalmente sul web come community manager, è stata Responsabile Comunicazione e Immagine aziendale di LAit spa, società per l’informatica della Regione Lazio. Oggi è amministratore delegato di Manafactory srl, società di consulenza e progettazione di strategie web per aziende e pubbliche amministrazioni Stefania Sabatini 29enne, laureata in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa, Master in Relazioni Istituzionali e lobbying. Dal 2006 in Poste Italiane, Direzione Comunicazione Esterna e Relazioni Istituzionali, prima all’Ufficio Stampa Nazionale poi Internazionale ora nell’attività con la P.A. Locale. Ancor prima in Invitalia, Direzione Relazioni Istituzionali e Media, per i rapporti con il Parlamento. Giornalista Pubblicista, ha collaborato con varie testate della carta stampata, Coordinatrice Junior del Club Relazioni Esterne. gabriele palamara 29 enne di BERGAMO laurea magistrale conseguita, presso l’Università di Bergamo, in Comunicazione, Editoria Multimediale e Giornalismo indirizzo analisi e realizzazione di prodotti culturali e multimediali. Attualmente si occupa di Comunicazione e Relazioni Istituzionali presso l’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Persone Alberto Faustini Dal 14 febbraio è il direttore de La Nuova Ferrara. 44 anni, sposato, due figlie, è arrivato alla guida del quotidiano del Gruppo L’Espresso dopo anni alla direzione comunicazione di Invitalia (ex Sviluppo Italia). Come giornalista, prima dell’esperienza di comunicatore, aveva cominciato all’Adige nell’1983 per poi passare al Gazzettino prima e poi al Mattino dell’Alto Adige e alla Cronaca di Verona. Dal ‘95 è chiamato dal presidente Carlo Andreotti (ex collega della Rai) alla guida dell’Ufficio stampa della Provincia autonoma di Trento. Maria Elena Caporaletti Dal 1 marzo 2009 è entrata a far parte, in qualità di partner, di Twister Communications Group, una tra le prime società italiane indipendenti nel settore delle relazioni pubbliche. Per lei inizia una nuova avventura dopo oltre vent’anni di lavoro nel ruolo di manager della comunicazione per grandi aziende italiane e multinazionali quali Enichem, Infostrada, Edison, Siemens e, in ultimo, Poste Italiane. LE quote, ma anche corsi e libri, si pagano online Dopo FerpiNet, il social network dei soci Ferpi, arriva un’altra grande innovazione: Pago Online. Dal mese di febbraio, in pratica, è possibile effettuare i pagamenti di servizi, corsi e prodotti offerti da Ferpi direttamente dal sito internet mediante carta di credito. Le quote associative, quelle relative ai corsi proposti ma anche l’acquisto di libri e testi – offerti da Ferpi a prezzo ridotto – si possono pagare direttamente online. Il Pago Online è uno dei nuovi servizi previsti nel piano di rinnovamento e di snellimento delle pratiche amministrative, avviato dal Consiglio Direttivo Nazionale per essere sempre più vicini ai soci. Con il servizio Pago Online è possibile effettuare pagamenti, attraverso carta di credito, a FERPI e Ferpi Servizi S.r.l. Nella sezione FERPI è possibile effettuare il pagamento di: quota Associativa 2009 (valida per i Nuovi Iscritti e per gli attuali Soci); quota Associativa anno precedente; libri di settore (i relativi prezzi sono comprensivi delle spese di spedizione). Nella Sezione Ferpi Servizi è possibile acquistare e pagare i Corsi. relazioni pubbliche - n. 56/2009 31