anno XVIII n. 56 / 2009
Tariffa regime libero - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Napoli
un nuovo modello
di business
Le relazioni pubbliche e la nostra
professione vanno assumendo,
giorno dopo giorno, un ruolo
sempre più vitale, indispensabile,
all’interno delle organizzazioni e
in tutte le attività di comunicazione. Sono diventate realmente
strategiche, come scrive Emanuele
Invernizzi, sin dalla prima pagina. Ma questo aspetto emerge,
con forza, dalla gran parte dei
contributi di questo numero del
giornale: quelli sulle Rp 2.0, sulla
Public Diplomacy, nelle riflessioni
e nelle interviste dello speciale che
dedichiamo al Forum della Comunicazione, di cui Ferpi è partner. La nuova centralità delle Rp
nelle attività di governance delle
organizzazioni complesse, ma in
genere di qualsiasi attività o progetto, non solo di comunicazione,
la sempre maggiore istituzionalizzazione e il riconoscimento
della funzione come manageriale,
è l’effetto della nuova modalità
conversazionale della società. Se
è vero, però, che le relazioni con i
pubblici, rappresentano una parte sempre maggiore nelle attività
di comunicazione emergono con
forza anche due nuove sfide per
la professione: la necessità di un
reale governo delle relazioni e dei
sistemi di relazioni con i pubblici
e, ancora di più, la responsabilità
sociale, l’etica. In questo scenario
l’Associazione professionale gioca
un ruolo molto delicato nella costruzione, condivisione e confronto nel nuovo modello di Business.
Impreziosiscono questo numero
del giornale un’intervista esclusiva a Giorgio Nardone, allievo e
stretto collaboratore di Paul Watzlawick, un contributo di Dejan
Vercic e un colloquio con Alvise
Barison, tra i pioneri delle Rp in
Italia, fondatore e primo presidente di Ferpi che a 90anni continua
a ripetere il suo consiglio di sempre: “mai drammatizzare”!
Giancarlo Panico
Vladimiro Vodopivec
in questo numero
14
20
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29
internazionale
Ferpi
professione
corporate
sociale
media
professione
Come cambiano le Rp
al tempo di Internet
Le Rp si spostano sempre di più sul web (foto GettyImages)
Scenari e prospettive della professione nell’era del web 2.0 nelle analisi
di Vignoli, Mattina, Massarotto, Grazzini, Biasi, Manganelli (pagg. 2 - 9)
Ferpi
Accordo con
il Ministero degli
Esteri per
formare diplomatici
a pag. 10
Forum della
Comunicazione:
a Roma per
fare network
a pag. 16
Sono davvero strategiche le relazion
i pubbliche?
di Emanuele Invernizzi
L’aggettivo “strategiche” viene sem
pre più spesso affiancato al termine
relazioni pubbliche, ma non sempre a proposito.
Sono molti i segnali che indicano
che le relazioni pubbliche/comunicaz
ione hanno acquistato o stanno acquistando un’im
portanza sempre più rilevante nella
governo delle
imprese. Non ultimo quello della cres
cita esponenziale della presenza di
una direzione
comunicazione nelle grandi imprese
.
Ma il punto è un altro e consiste nelle
finalità che, nel governo delle imp
rese, vengono
assegnate alle relazioni pubbliche/co
municazione.
Oggi sono sempre più le imprese
nelle quali esse concorrono a reali
zzare obiettivi rilevanti, come quelli di business e di mig
liorare la loro reputazione. Se è vera
tuttavia l’affermazione di James Grunig, secondo
la quale “l’unico modo di influenza
re la reputazione
di un’impresa è quella di influenza
re i comportamenti organizzativi che
determinano la
reputazione stessa”, allora è anche
vero che la funzione di relazioni pub
bliche/comunicazione non può definirsi strategic
a solo perché comunica gli esiti dei
comportamenti
organizzativi e in particolare delle deci
sioni strategiche.
In altre parole, le relazioni pubblich
e sono davvero strategiche quando
utilizzano tutte le
relazioni con, e le conoscenze degli,
stakeholder non solo e non tanto per
indurre questi
ultimi ad accettare e condividere le
decisioni dell’impresa quanto, e sopr
attutto, per intervenire e influenzare i processi in cui
le decisioni strategiche vengono pres
e.
Comunicare le
eccellenze DEL
MADE IN ITALY
di Gianluca Comin
L’Italia che comunica è il tema del
Forum della Comunicazione in
scena a Roma al Palazzo Dei Congressi. Un progetto che, nella sua
prima edizione, ha incontrato un
significativo successo di giovani
e di professionisti, ideato e promosso da Comunicazione Italiana, sulla base di un programma
condiviso con Ferpi, Assorel e
partner accademici. Nell’ appuntamento dello scorso anno il focus dell’attenzione si concentrava su una prima definizione dello
scenario della comunicazione e
sui profili professionali che in
esso si muovono. Quest’anno la
scommessa si fa più precisa ed
impegnativa: il ruolo che la comunicazione può giocare contro
il declino e per una concreta difesa della qualità italiana e della
cultura d’impresa. Non è una
novità infatti che il nostro Paese
non sia stato sempre capace di
difendere le proprie eccellenze
e comunicarle. Basti pensare al
ritratto che dell’Italia è emerso a
Davos negli ultimi anni: il nostro
Paese è stato sbrigativamente
descritto come Paese da cibo e
calcio, definizione piatta e falsificante che dimentica i successi
del BelPaese. L’Italia, per ricordarne solo alcuni, è leader mondiale
negli yatch di lusso come nella
meccatronica. Leader , in campo
energetico, nel geotermico e per
capacità organizzativa in caso
di emergenze, in quello sanitario. Nel campo della tecnologia
e dell’innovazione, è prima al
mondo per diffusione dei cellulari e di contenuti e servizi per
la telefonia mobile, nonché la
seconda esportatrice di prodotti
creativi su scala mondiale. Otto
aziende italiane figurano nella
top 100 delle imprese più affidabili al mondo; erano bresciani
molti fucili premiati alle Olimpiadi di Pechino, marchigiane le
machine elettriche, piemontesi
le pavimentazioni degli impianti sportivi e toscani gli scafi del
canottaggio. Senza contare che,
per FutureBrand, l’Italia è il Paese più noto al mondo e la meta
più apprezzata tra le destinazioni
europee. Insomma c’è un Italia
che vince ma resta muta. E’ ora
di cambiare direzione e costruire
segue a pag. 2
primo piano
comunicare le
eccellenze del
made in italy
segue dalla prima
un progetto comune forte imperniato sul sistema Italia, capace di raccontare e difendere i suoi
primati. In alter parole c’è bisogno di comunicazione. E proprio
la rappresentazione dei soggetti
che si muovono sulla scena del
Forum, in un momento difficile
come quello che stiamo attraversando, è in grado di restituire
un messaggio forte,contrastante
con il clima di declino di crisi che
incombe sul Paese: le dimensioni
del mercato della comunicazione, la spinta all’innovazione che
da sempre lo caratterizza e la
partecipazione sempre più attiva ai suoi nuovi format da parte
della società civile, lanciano un
messaggio unitario e positivo:
occorre ricostruire la carta della
fiducia, piattaforma di ripresa e
di nuova energia economica e
civile.Tutto questo è leggibile anche nel processo di cambiamento della formazione italiana alla
professione e del ruolo della comunicazione assunto oggi nelle
organizzazioni complesse: dopo
una fase inevitabile di approcci
generalisti e di ruoli marginali
nelle strutture organizzative, la
comunicazione, negli ultimi anni, si è affermata come insieme di
campi e di specialisti accomunati
da un riconoscimento di specifiche professionalità e dal valore
economico e strategico della
comunicazione per l’impresa. Di
questa legittimazione della professione e dei suoi specialismi, è
un esempio la collaborazione tra
Ferpi e l’Istituto Diplomatico del
Ministero degli Affari degli Esteri, che hanno dato il via al primo
progetto di formazione sulla scena europea su “Public Diplomacy
e Relazioni Pubbliche”. Segno di
concreto interesse e apertura più
consapevole da parte delle organizzazioni pubbliche alla comunicazione e le sue potenzialità.
Saper comunicare in maniera efficace è ormai una priorità strategica condivisa da tutti i soggetti
– istituzioni, imprese, università,
associazioni - che hanno a cuore
il futuro del Paese. La crisi è una
sfida che chiede investimenti
importanti nei settori più vitali e
innovativi per rilanciare l’identità
italiana e la sua competitività. La
comunicazione è pronta a fare la
sua parte. Solo così Eccellenza,
Qualità, Responsabilità, Trasparenza e Reputazione cesseranno
di essere formule retoriche o vaghi intenti di dibattiti internazionali e si imporranno nello scenario internazionale come vertenze
della modernizzazione italiana.
Gianluca Comin
2
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Italo Vignoli: il nuovo scenario obbliga a passare dal governo delle relazioni
Le relazioni pubbliche nell’era
La rapida diffusione e l’utilizzo
sempre maggiore dei social
media e dei social network
impone un ripensamento e
un riposizionamento sul Web
delle Rp.
Italo Vignoli
Osservando, dall’interno, le relazioni pubbliche nel corso degli
ultimi 25 anni, è evidente come
i professionisti - sia nelle aziende che nelle agenzie - siano in
netto ritardo nella comprensione del fenomeno dei social
media rispetto alle dimensioni
del fenomeno stesso e al suo
impatto sul loro lavoro. Questo,
non solo in Italia ma a livello
globale. In realtà, i segnali di un
cambiamento - nelle abitudini
di accesso alle informazioni e
di condivisione dei contenuti sono iniziati alla fine degli anni
‘70, quando il numero dei lettori dei quotidiani statunitensi ha
incominciato a scendere sotto
il 70% (oggi è sotto al 50%) ed
è nato il personal computing,
con un “empowerment” dell’individuo nella gestione della
conoscenza. Internet ha fatto
il resto, ma è stata una conseguenza di quello che era stato
già seminato.
I social media, quindi, sono il
punto di arrivo di un processo
avviato da trent’anni, e hanno
avuto un impatto dirompente
perché i due fattori distintivi
- immediatezza e interattività
- sono quelli che hanno scardinato paradigmi di comunicazione che duravano immutati
da un secolo (il primo comunicato stampa è stato distribuito
da Ivy Lee nel 1906). Un impatto prevedibile, visto che il processo è iniziato negli anni ‘80
o all’inizio degli anni ‘90. Forse, una maggiore attenzione
per i segnali “deboli” avrebbe
consentito di evitare il ritardo
attuale, che ha permesso a
professionisti di altre discipline
- prima fra tutte la pubblicità di appropriarsi dello spazio che
avrebbe dovuto essere delle
relazioni pubbliche.
Analizziamo i modelli di comunicazione teorizzati da Jim Grunig e Todd Hunt in “Managing
Public Relations” (1984) con la
prospettiva dei social media.
La press agentry (1) e la public
information (2) sono modelli
monodirezionali di tipo push;
la two way asymmetric (3)
prevede un canale push e un
canale per il feedback, ma è sbilanciata verso il primo; la two
way symmetric (4) prevede il
dialogo, o - se preferite - la conversazione. A prima vista, solo
l’ultimo modello è compatibile
con i social media, ma come la
mettiamo con certi utilizzi - legittimi - di Twitter (alert per i
comunicati stampa) o YouTube
(tutorial per un software)? In
questi casi, non andiamo oltre
la public information. E Sun,
che usa il blog del CEO Jonathan Schwartz per commentare i risultati (ed è riuscita a far
modificare il regolamento della
SEC), non va oltre la two way
asymmetric.
I social media, quindi, possono
essere ricondotti a uno dei quattro modelli, ma poi rovesciano
il paradigma facendo leva sulle
caratteristiche di immediatezza
e interattività della piattaforma,
per cui un ipotetico lettore del
blog di Jonathan Schwartz può
decidere liberamente se (1)
limitarsi a leggere i commenti
all’ultimo comunicato stampa
sui risultati, (2) commentare
per manifestare la propria opinione, (3) scrivere un post, (4)
commentare un articolo che
deriva dal comunicato stampa,
(5) segnalare l’articolo usando
Delicious o StumbleUpon, (6)
rilanciare il comunicato stampa
o l’articolo usando Twitter, o (7)
utilizzare una delle mille altre
opzioni a sua disposizione per
alimentare una conversazione,
fino ad anticipare l’annuncio
sulla base delle “voci” che girano in rete.
Certo, non era questo il “two
way symmetric” teorizzato da
Grunig e Hunt, anche se la conversazione è - per definizione la forma di comunicazione più
“simmetrica”: la novità sta nel
suo utilizzo non solo nelle interazioni tra individui, ma anche
in quelle tra individui e aziende,
e di conseguenza tra aziende
e individui. Il Cluetrain Manifesto, vecchio di dieci anni ma
sempre attuale, sosteneva che
“i mercati sono conversazioni”.
Un’affermazione forte, anche se
è proprio nel passaggio dal “governo delle relazioni” a quello
della “partecipazione alle conversazioni” che dovrebbe stare
il ruolo centrale delle relazioni
pubbliche nello scenario dei
social media.
Un passaggio complesso, perché si scontra con un’impostazione della professione e
un’organizzazione delle strutture - sia interne che esterne
(agenzie) - ancora di tipo gerarchico, in quanto concepite
in un momento in cui anche
gli stakeholder e i media erano
organizzati in questo modo,
e quindi hanno difficoltà ad
adattarsi a una realtà di tipo
fluido - una realtà “liquida” - in
cui c’è un processo continuo di
disintermediazione e rimediazione dei contenuti, e i flussi di
comunicazione si incrociano e
si intrecciano all’interno di una
rete che è possibile governare
- nel senso di “indirizzare” - solo
attraverso la partecipazione. In
quest’ambito, il compito delle
relazioni pubbliche è quello di
costruire una presenza“digitale”
dell’organizzazione, operando
in modo strategico e integrato
sui diversi media - tradizionali
e sociali - attraverso l’attivazione dei canali più adatti per una
partecipazione consapevole
alle conversazioni online con
gli stakeholder.
Prima di quella delle organizzazioni, però, i relatori pubblici
devono costruire una presenza
personale sui social media, che
va oltre il profilo su Facebook
o Linkedin, per partecipare in
prima persona alle conversazioni. Solo partecipando, infatti, è possibile comprendere le
potenzialità dei media sociali
come strumento di comunicazione. E solo partecipando è
possibile costruire una professionalità da consulente di comunicazione “esperto” - si fa per
dire - di media sociali. Questo è
più di un invito, discutiamone
online.
gli open office favoriscono lo sviluppo del web 2.0
OpenOffice è una suite per ufficio open source, gratuita, alternativa a Microsoft Office. Nel 2004, quando è iniziata la comunicazione verso i media digitali, il software aveva una quota di mercato in Italia vicina allo zero, che rifletteva l’awareness. Nei
primi due anni, il target sono stati gli early adopter delle tecnologie, e il numero degli articoli/mese è passato da poche unità
a più di 100. Nello stesso periodo, il numero delle ricerche di OpenOffice su Google ha eguagliato quello di MS Office. Nel
2006, il target sono diventati tutti gli appassionati di tecnologie, il numero degli articoli/mese ha superato i 300, e il numero
delle ricerche su Google ha superato quello di MS Office. Nel 2007, OpenOffice è stato scaricato 1.780.000 volte da circa
600.000 utenti (stima), e nel 2008 5.360.000 volte da circa 1.800.000 utenti (stima). Oggi, il numero delle copie scaricate in
Italia è superiore a quello dei nuovi PC e l’Italia genera il 10% del traffico verso il sito OpenOffice, grazie a una presenza molto
ampia sui media digitali (grafico), costruita usando solo strumenti gratuiti. In tutti gli altri Paesi, dove la comunicazione è di
tipo tradizionale, i risultati sono largamente inferiori, così come la quota di mercato, che in Italia ha superato il 10%.
primo piano
a quello della partecipazione alle conversazioni
notizie
dei social media
unA PROPOSTA di
legge sulla lobby
Nicola Mattina in aula a parlare di social network (Creative Commons)
I social network e le modalità di interazione online stanno rivoluzionando il modo di fare Rp
One company many voices...
Il trend fondamentale che sta
caratterizzando il mercato
dell’attenzione è il passaggio
dall’oligopolio alla concorrenza. L’analisi di Nicola Mattina, consulente di direzione
e fondatore di Elastic, società
specializzata in gestione della comunicazione sul Web. In
Ferpi, coordina il gruppo di
lavoro sui media sociali.
di Nicola Mattina
Se vogliamo capire quali sono
gli effetti di lungo periodo dei
media sociali sulle relazioni
pubbliche dobbiamo considerare come sta cambiando
il mercato dell’attenzione e
come evolvono le modalità con
cui le persone creano e alimentano relazioni.
Il trend fondamentale che sta
caratterizzando il mercato
dell’attenzione è il passaggio
dall’oligopolio alla concorrenza. Fin tanto che produrre
e distribuire contenuti aveva
delle barriere di ingresso molto
elevate, sia per i costi che per la
scarsità di alcune risorse (come
lo spettro radiotelevisivo), solo
pochi attori potevano competere in questo merca-to e
l’editoria è rimasta per decenni
un settore in cui pochi grandi
player si dividevano lettori o
telespettatori.
I media digitali e Internet hanno radicalmente cambiato la
capacità del sistema dei me-dia
di massa di produrre attenzione e di metterla a disposizione
della comunicazione d’im-
presa. Molti editori sono già
scomparsi, altri sono destinati
a scomparire nel pros-simo
futuro, soppiantati da piattaforme che, invece di aggregare
lettori e telespettatori per farli
diventare masse facilmente
gestibili, mettono in evidenza
la presenza di un nu-mero innumerevole di nicchie: piccoli
gruppi di interesse che producono, socializzano e fruiscono
informazioni e intrattenimento.
Internet, infatti, gioca un ruolo di fondamentale abilitatore
delle nicchie e compromette
la capacità della comunicazione “above the line” di trasferire
messaggi generalisti ai pubblici
di un’organizzazione, di creare
intenzioni di acquisto o anche
solo benevolen-za. Già oggi
l’advertising online ha abbandonato l’idea che esistano delle
masse e ragio-na sul comportamento del singolo consumatore con l’obiettivo di proporre il
messaggio giusto al momento
giusto nel posto giusto. Senza
provocare il rifiuto della comunicazio-ne, senza alimentare il
fastidio che nasce dall’eccesso
di stimolazione commerciale.
Tuttavia, è una strada senza
uscita: è possibile perfezionare un processo fino a un certo
punto, poi occorre cambiare
paradigma. L’idea che in un
futuro prossimo (come accade nel film Minority Report)
qualcuno possa leggere la mia
retina per identificarmi e ammannirmi un messaggio pubblicitario super-personalizzato
mi sembra francamente in-ve-
ai propri amici oppure a tutti.
Questa semplicità, in realtà,
contiene infinite possibilità. Il
sito, in-fatti: aiuta a gestire una
rete di relazioni; permette di
distribuire informazioni; è usato per fare giornalismo; aiuta a
costruire brand personali; è una
chat asincrona e così di seguito.
Tutti gli artefatti tecnologici
che potenziano la capacità
delle persone di far parte di
reti sociali dovranno diventare
strumenti nella cassetta degli
attrezzi del relatore pubblico. Che dovrà conoscerli per
usarli in prima persona e per
insegnarne l’uso alle individui
all’interno dell’organizzazione:
il relatore pubblico di domani,
infatti, sarà chiamato in-nanzitutto a coordinare sistemi di
relazione cui parteciperanno
tutte (o quasi) le persone che
fanno parte di un’organizzazione. E’ inevitabile che sia così: è
un semplice proble-ma di scala
e competenze. In realtà, in alcuni settori questo passaggio
sta già avvenendo. Circa 8.300
dipendenti di Microsoft nel
mondo, per esempio, mantengono regolarmen-te un blog,
non certo per parlare del gatto,
ma per relazionarsi con i propri
pubblici di riferimento: sviluppatori, sistemisti, early adopert
e via dicendo. Le aziende non
avranno più una sola voce e un
solo interprete, ma tante voci
che devo-no essere opportunamente orchestrate affinché
tutti cantino lo stesso pezzo.
rosimile: non c’è motivo per cui
una persona possa accettare
una simile intrusione.
E’ molto più verosimile immaginare che l’attenzione possa
essere canalizzata attraverso
una relazione. Possiamo farcene un’idea, guardando alle
aziende che presidiano naturalmente gli early market, ossia
quei mercati in cui si muovono
i consumatori più visio-nari, interessati alle sperimentazioni
e alle novità. Molte di queste
persone hanno blog, condividono contenuti, partecipano a
community, frequentano social
network. In que-sto contesto,
la pubblicità è sostanzialmente inutile, mentre la capacità
di coltivare una relazione è
un’attività sempre più preziosa. Basta pensare al fatto che
molti servizi onli-ne di successo non usano l’advertising per
promuoversi, ma solo attività
di comunica-zione “below the
line” o il passaparola.
Il futuro della comunicazione
d’impresa non è nel trasferimento di messaggi con precisione chirurgica, ma nella
capacità di creare, alimentare
e governare relazioni con individui che frequentano nicchie
di interessi. Relazioni che saranno sempre di più mediate
da artefatti tecnologici, che
a loro volta creeranno nuove
pratiche sociali. Prendiamo, per
esempio, Twitter. E’ un servizio
semplicissimo: permette di
scrivere solo 140 caratteri per
volta e di fare in modo che questi messaggi vengano mostrati
La Senatrice Mariapia
Garavaglia il 12 marzo
scorso ha presentato
una Proposta di legge
sulla trasparenza della
lobby all’insegna della
semplicità e dell’efficienza.
La Pdl “Regolamentazione
dell’attività dei Consulenti
in relazioni istituzionali
presso le pubbliche
istituzioni” codifica la
facoltà per imprese ed enti
pubblici di avvalersi di
persone e organizzazioni
che svolgano l’attività
di lobby, anche in forma
non esclusiva, purché
accreditati con le modalità
in esso previste.
Il Pdl introduce, inoltre, la
definizione di “Consulente
in relazioni istituzionali”
e i suoi ambiti di attività
facendo altresì obbligo
a chi li utilizza, anche
temporaneamente,
di darne trasparenza
all’interno dei contratti e
di dare comunicazione, ad
ogni istituzione interessata
che ne faccia richiesta,
della natura e degli scopi
dell’incarico, nonché delle
persone incaricate di darne
esecuzione.
reputazione:
edison al top
Edison è la società italiana
con la migliore reputazione a livello internazionale.
L’azienda si è aggiudicata
infatti il primo posto
nella classifica “World
Most Admired Companies” relativa all’Italia e
pubblicata annualmente
dalla rivista Fortune. Si
posiziona con un punteggio di 7,92, seguita da
Eni (5,88), Poste Italiane
(5,14), Fimeccanica (4,99),
Telecom Italia (4,90), Assicurazioni Generali (4,49),
LyondellBasell Industries
(4,10) e Fiat (3,56). Per il
settore Energy Edison si
posiziona inoltre al secondo posto nella classifica
mondiale. Il riconoscimento arriva dopo aver
visto Edison protagonista
nella realizzazione di importanti progetti a livello
internazionale nel 2008
come il rigassificatore di
Rovigo, primo terminale
GNL offshore al mondo e
la vittoria nella concessione di Abu Qir in Egitto.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
3
primo piano
Il libro
e-mail,
consigli per
l’uso
Emanuele Invernizzi e Alessandro
Lucchini firmano un libretto utile e
simpatico per riflettere sull’uso della posta elettronica, scrivere e-mail
efficaci e saper gestire al meglio
quello che è diventato il principale
strumento di comunicazione.
Se la messaggistica istantanea sembra
essere la modalità preferita per interagire sul web attraverso i messegner,
i social network, i forum o le chat, la
posta elettronica resta, di gran lunga,
lo strumento più utilizzato per veicolare messaggi. Il suo uso cresce esponenzialmente in funzione della sua
diffusione e, ormai, scriviamo “mail” per
qualsiasi tipo di comunicazione. Chi ha
un Blackberry o un qualsiasi smartphone “always on”, sempre connesso, poi,
quelle mail le riceve, legge e risponde
in tempo reale. Ma sono veramente
tutte necessarie le mail che riceviamo
o inviamo? E quelle che scriviamo,
soprattutto per lavoro, rispettano
qualche criterio… la pervasività dello
strumento e il suo utilizzo sempre più
spontaneo ci portano ad una semplificazione del messaggio e conseguentemente della relazione. Da professionisti
delle relazioni sarebbe il caso di chiedersi se e come la mail possa essere
non solo uno strumento di comunicazione efficace ma anche di relazione e
quali conseguenze produce… E’quello
che si propone un delizioso libretto,
“email ETIQUETTE” di Emanuele Invernizzi e Alessandro Lucchini pubblicato recentemente da Franco Angeli.
“Non dimentichiamo mai che alla mail
manca sia il paraverbale sia l’analogico
– afferma Emanuele Invernizzi - quindi
è adatta solo per messaggi che, per essere efficaci e per non creare malintesi,
non debbano essere completati da gesti, toni della voce, inflessioni e sfumature che l’email non consente”. Gli autori hanno elaborato una sorta di galateo
per la posta elettronica che, però, non si
limita alla forma ma si propone di essere una riflessione sull’uso efficace dell’email. Invernizzi e Lucchini propongono
sette regole da seguire per gestire al
meglio le singole comunicazione e, in
genere, la corrispondenza elettronica.
Sette consigli sottoforma di domanda
da porsi affinchè la posta elettronica sia
realmente uno strumento di relazione
e non contribuisca, come avviene sempre più frequentemente, ad aumentare
solo l’inquinamento informativo. A chi
scrivo? Perché dovrebbe leggermi?
Quanto posso scrivere? E poi il tono e
il modo della mail, la costruzione della
risposta e – quello che facciamo sempre meno frequentemente – la necessità di ricontrollare ciò che si è scritto.
Si parla
tanto di Rp 2.0… una
gestione consapevole della posta
elettronica è, senza
dubbio, uno degli
aspetti fondamentali delle relazioni
pubbliche nell’era
del web. Da leggere e tenere
sempre a portata
di mano!
(gp)
4
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Enrico Grazzini: Il problema è che mai come in questa fase le aziende sono
La nuova sfida è preoccuparsi
Si parla sempre di più di società
ed economia della conoscenza.
Enrico Grazzini, uno dei maggiori esperti italiani, autore di un recente saggio sul tema, analizza
lo scenario attuale e prospetta
quelli futuri. Consulente e ricercatore da anni collabora con il
Corriere della Sera.
Enrico Grazzini
Come saranno le aziende nell’epoca dell’Economia della Conoscenza, del web 2.0, dell’interattività
totale, delle conversazioni globali in rete, dell’emergenza della
green economy come nuovo
settore trainante dell’economia?
Come dovranno comunicare le
imprese verso gli stakeholder
nel nuovo esigente e difficile ambiente digitale, reso ancora più
complesso, incerto e competitivo
dall’attuale drammatica crisi economica? Le risposte potrebbero
essere apparentemente chiare, e
anche semplici: sopravviveranno
solo le aziende che si apriranno
in maniera integra e trasparente
al mondo esterno, che si rapporteranno positivamente, con
umiltà e creatività, all’ambiente
sempre più critico e ipercompetitivo. Cresceranno le aziende
che svilupperanno più integrità e
meno “immagine”, che sapranno
trasferire ai loro clienti del valore
reale, unico e innovativo, e che sapranno comunicare alla pari con il
mondo esterno, che mostreranno
una trasparenza quasi assoluta,
che discuteranno apertamente
anche dei loro punti di debolezza
e dei loro sforzi per superarli, che
coinvolgeranno gli stakeholder
e le istituzioni nei loro progetti,
che intratterranno una conversazione continua e tempestiva con
il mondo esterno per difendere,
qualificare e sviluppare la loro reputazione. Ma vediamo di approfondire meglio questi punti. Per
prima cosa, a titolo di esempio,
vorrei sottolineare ciò che cerca
di fare la nuova amministrazione
Obama con Internet e i social network. Un’operazione di integrità e
di trasparenza, di conversazione
e di comunicazione costante con
i milioni di navigatori Internet. Il
tentativo del neo presidente Barack Obama anticipa quelle che
diventeranno le nuove modalità
di relazione con il pubblico, sia
per i governi che per le aziende.
L’integrità aziendale diventerà assolutamente necessaria per competere.“Don’t be evil”è il motto del
gigante Google: lo diventerà presto per tutte le aziende. Nell’economia della conoscenza il successo del brand dipenderà sempre
più dalla reputazione aziendale.
Chi cura le relazioni pubbliche
dovrà preoccuparsi in prima persona dell’integrità dell’azienda,
avvertire immediatamente il top
management degli eventuali
punti deboli e contribuire a porvi
rimedio prima che diventino di
dominio pubblico e danneggino
irrimediabilmente la reputazione
aziendale. L’iniziativa a priori sul
terreno cruciale dell’integrità diventerà sempre più importante,
mentre il “crisis management” e
gli interventi a posteriori diventeranno sempre meno efficaci.
Infatti la reputazione sarà sempre
più discussa e valutata apertamente on line, generata o negata
quasi in tempo reale da milioni di
utenti della rete.
Il problema è che mai come in
questa fase le aziende sono sotto
gli occhi di tutti, e che sono sempre più considerate criticamente. La crisi speculativa ha messo
sotto gli occhi del pubblico la
cupidigia di troppi dirigenti di
impresa, l’opacità delle transazioni speculative, l’immoralità
e l’illegalità di troppi finanzieri
Enrico Grazzini. In basso, nell’altra pagina, Simona e Pietro Battistella
la presenza in rete di un’organizzazione e’ sempre
Le nuove modalità della comunicazione online, ormai
inscindibile da quella “reale”,
prospetta nuovi scenari e
nuove sfide per le organizzazioni che devono iniziare a
fare i conti con una presenza
in Rete sempre più diffusa.
di Simona e Pietro Battistella*
Anything, anywhere, anytime:
è questa l’essenza dell’evoluzione subita dalla Rete e il
suo impatto sulle forme di
comunicazione. Grazie allo
sviluppo di nuove tecnologie
che consentono lo scambio di
qualsiasi contenuto, attraverso
qualunque piattaforma e in
ogni momento, la Rete entra
nell’era della partecipazione e
della condivisione di massa, e
impone alle organizzazioni un
nuovo modo di comunicare: la
presenza diffusa in Rete.
Una presenza non solo identificabile in un sito o un portale,
ma idealmente individuabile in
ogni punto della Rete nel quale
si raggruppano e comunicano
i target di riferimento. Caratterizzata non da una comunicazione unidirezionale, come già
avviene nella pubblicità on line,
ma da una presenza dialogan-
te che si avvale di singoli “portavoce” (che intervengono in blog,
forum e comunità), e di veri e propri “avamposti” all’interno dei social media. Una presenza, infine,
non caotica né casuale, ma frutto
di una coerente strategia di posizionamento dell’immagine nel
Web e di un insieme coordinato
di linee di azione operative.
Dalle innumerevoli discussioni su
quali opportunità il Web 2.0 offra
alla comunicazione d’impresa, si
è oggi passati a un primo utilizzo
dei nuovi strumenti web per le PR
on line. Quel che manca del tutto
è un approccio strategico adeguato e la consapevolezza delle
conseguenze e dei rischi delle
azioni in Rete. Il risultato, infatti,
è spesso inefficace rispetto agli
obiettivi, o addirittura dannoso
per l’immagine dell’organizzazione, colpita da fastidiosi effetti
boomerang: smascheramenti di
goffe azioni nascoste, contestazioni e critiche degli utenti amplificate dal passaparola, dibattiti
mal orientati, sovrapposizione e
confusione nei messaggi veicolati da “portavoce” e “avamposti”
non coordinati, e così via.
In altre parole, nel passare dagli
enunciati ai fatti è mancato il
passaggio dalla teoria e i principi alla definizione di tecniche
e canali specifici. Molti infatti
definiscono le PR on line come
“qualsiasi attività venga svolta in
Rete e che coinvolga l’azienda o
l’organizzazione”, inclusa la progettazione e realizzazione di un
sito. Ma se un sito o un portale
possono essere considerati come
il luogo principale dove un’azienda gestisce processi di marketing
(vendita, crm, ecc.) e di comunicazione (istituzionale, di marca
o prodotto, interna), la Rete è
invece una realtà “esterna” rispetto a tale luogo, in cui è possibile
progettare e realizzare attività di
PR on line.
Dal punto di vista degli obiettivi,
le attività di pubbliche relazioni
on line possono dunque essere
distinte in quattro tipologie:
• reputation intelligence, valutare
la reputazione on line di un’organizzazione, marca, personaggio
o iniziativa;
• reputation management, influire e modificare opinioni negative, o rafforzare quelle positive,
attraverso la partecipazione alle
conversazioni direttamente dove
avvengono;
• awareness, far conoscere un’organizzazione, marca, personaggio o iniziativa generando traffico verso un sito, portale o evento
on line;
primo piano
sotto gli occhi di tutti, e sono sempre più considerate criticamente.
dell’integrità dell’azienda
d’assalto. La reputazione di molte
imprese – per fortuna soprattutto
fuori dall’Italia – è crollata, ma il
crollo generalizzato della fiducia
sta danneggiando enormemente
il sistema economico e le aziende
sane. La società chiede un nuovo
impegno morale all’economia
e della finanza, chiede il rispetto delle regole, una maggiore
sensibilità sociale. Chi non saprà
crescere in termini di reputazione
e di rapporto leale con i clienti e
con le istituzioni non avrà la fiducia (e i soldi) del pubblico. La
nuova comunicazione dovrà riflettere l’effettiva integrità morale
e di business dell’impresa. Inoltre, con lo sviluppo della green
economy come nuova frontiera
del business hi-tech, le aziende
saranno chiamate anche a una
nuova responsabilità ambientale;
le richieste delle istituzioni diventeranno pressanti e vincolanti e la
sensibilità del pubblico su questo
fronte crescerà fortemente. Vinceranno le imprese più “pulite”,
che dimostreranno di non inquinare, di non sprecare energia, di
salvaguardare la salute dei lavora-
no essere bocciate o promosse
immediatamente, senza i filtri caratteristici dei mass media e della
comunicazione unidirezionale.
Nell’epoca fordista le imprese potevano nascondere i loro problemi e i loro punti deboli. Le aziende
potevano permettersi di essere
opache e la trasparenza era solo
un’opzione. La sfera pubblica era
limitata e alcune imprese potevano addirittura tentare di ignorare
o di manipolare gli interessi degli
stakeholder. Ma nell’economia
della conoscenza la discussione
si moltiplica e la sfera pubblica si
dilata enormemente. Più crescono Internet e il web 2.0 e meno
sarà possibile trascurare
gli stakeholder e
mantenere i segreti aziendali.
Dallo scandalo
Lewinsky in poi
tutte le informazioni più importanti sono nate
e circolate in
rete per poi
essere
amplificate dai
mass media.
Il problema
è che in rete
la comunicazione non è
più controllabile dalle
aziende:
perciò queste dovranno per forza aprirsi e
“conversare” alla pari con il mondo esterno. Le “relazioni lunghe”
e aperte, pubbliche della rete
saranno sempre più importanti
rispetto alle “relazioni corte”, private e riservate finora caratteristiche delle attività di relazione
istituzionale. Non scordiamoci
che ormai tutte le battaglie strategiche per la conquista della
pubblica opinione vengono combattute soprattutto in rete: pensiamo per esempio alla questione
cruciale della network neutrality,
che vede aziende come Google,
Yahoo e Microsoft apertamente
schierate e contrapposte a giganti AT&T, Verizon e Comcast. O consideriamo anche il confronto sulla
guerra in Irak, che ha visto gli internauti fin dall’inizio esprimersi
contro il conflitto in maniera contrapposta ai media tradizionali,
invece generalmente favorevoli:
alla fine i primi hanno prevalso
nell’opinione pubblica.
In questo nuovo contesto le
aziende dovranno diventare necessariamente più “democratiche”
e aperte. I dirigenti di impresa dovranno aprire i loro blog e rappor-
tori e degli abitanti, di contribuire
al miglioramento dell’ambiente e
del pianeta, e di comunicare efficacemente e con integrità il loro
sforzo ecologico.
Internet avrà in questo senso
un ruolo centrale per le aziende
e i brand: infatti è diventata la
piattaforma di discussione dei
consumatori più attenti e colti,
dei cosiddetti “lavoratori della
conoscenza” che hanno un livello
medio e medio-alto di istruzione
e che formano la classe centrale della knowledge economy.
Nell’epoca del web 2.0 i knowledge worker, ovvero i clienti più
avvertiti e influenti delle imprese,
discutono in maniera competente su tutto, si confrontano, comunicano le loro esperienze, affinano enormemente il loro senso
critico, trasmettono informazioni
negative o positive in pochissimo
tempo e in tutto il globo. Centinaia di milioni di persone comunicano grazie ai social network,
ai blog, ai forum, alle chat. Un
prodotto può essere stroncato o
promosso a livello planetario in
pochi giorni. Le aziende posso-
più diffusa , E’ questa una delle sfide piu’ difficili
• media relations, costruire relazioni con addetti stampa, redattori on line, webmaster, moderatori, opinion leader in modo
molto più capillare ed esteso delle
media relations off line.
In termini pratici, una coerente
metodologia di azione in Rete
consiste nello strutturare tre fasi
di lavoro:
• definizione del territorio virtuale
di riferimento con l’individuazione di tutti i luoghi (siti, portali, comunità, social media) dove fasce
di utenti significative rispetto agli
obiettivi di comunicazione sono
raggiungibili o si raggruppano in
comunità di interesse (aziendali,
tematiche, di intrattenimento);
• ascolto nascosto o esplicito con il
monitoraggio dei luoghi nei quali
gruppi segmentati di utenti esprimono interessi, gusti, opinioni e
con la richiesta di pareri espliciti
attraverso sondaggi e questionari su temi di interesse;
• azione sistematica in Rete, con
la diffusione di informazioni
coerenti con la propria comunicazione in generale (invio di comunicati e pubblicazione di contenuti di vario genere nei social
media); la partecipazione attiva
e continua alle conversazioni per
influenzarne la formazione, o la
trasformazione, attraverso “por-
tavoce” opportunamente addestrati (post e interventi in blog,
forum, comunità, social media);
la creazione di “avamposti” nei
social media (blog tematici, social network dedicati, canali o
profili, per esempio su You Tube,
Facebook o Flickr).
Ma che cosa determina la capacità di diffondersi efficacemente
in Rete? Una volta definiti con
chiarezza gli obiettivi e i messaggi, tutto dipende dall’abilità nel
comporre il mosaico delle micro/
macro azioni quotidiane che andranno a disegnare l’immagine
complessiva in Rete: dall’invio di
un comunicato stampa al commento anonimo a un post, dalla
pubblicazione di una videointervista alla creazione di un canale
dedicato su You Tube, dall’apertura di una discussione in un forum al lancio di un blog tematico.
Il mosaico di azioni dovrà essere
scalabile, coerente, diffuso su tutto il territorio virtuale individuato,
e soprattutto, attuato da gente
nata e cresciuta a “pane e Web
2.0”.
* Amministratori Cultur-e
tarsi direttamente non solo con i
dipendendenti e i collaboratori,
ma con le voci e le richieste della
rete. Le attività di relazioni esterne diventeranno di competenza
di tutti i responsabili aziendali:
tutti in qualche misura dovranno essere responsabili anche di
fronte alla rete. Dovranno rispondere alle critiche e agli attacchi,
partecipare ai social network e ai
forum, ammettere gli sbagli, fornire delle risposte, illustrare i loro
progetti, coinvolgere positivamente e concretamente i clienti
e gli stakeholder nelle loro iniziative. Tutto dovrà essere molto più
veloce e trasparente: le barriere
tra le aziende e il mondo esterno
d i ve n te ranno
talmente
sottili da
diventare invisibili. La
funzione
specifica
deputata
alle relazioni esterne
avrà il compito difficile
e delicato di
preparare,
dirigere e
coordinare
le
attività
molteplici e
decentrate
dei responsabili aziendali. I
rapporti con l’ambiente esterno
non saranno più riservati esclusivamente a una sola funzione
aziendale ma riguarderanno
tutto il top management e forse
anche il middle management.
Il rapporto tra impresa e interlocutori e stakeholder dovrà
diventare collaborativo, aperto,
critico, discussivo e non impositivo: altrimenti le aziende per un
po’ magari sopravviveranno, ma
poi rischieranno di conoscere un
crollo improvviso e irreversibile
della loro reputazione. Nell’epoca
del web 2.0, della crisi economica
e dell’affermazione della green
economy, la responsabilità sociale dell’impresa non sarà solo una
pura questione d’immagine ma
verrà richiesta fermamente dal
pubblico. Vinceranno le imprese
che sapranno contribuire all’arricchimento dell’ecosistema informativo comunicando informazioni utili, veritiere e innovative.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
5
primo piano
Nuovi strumenti
Rp: L’importanza di individuare
influenti e opinion leader
Identificare gli opinion leader da coinvolgere in un progetto di comunicazione è una delle attività strategiche per la buona riuscita di un piano
di relazioni pubbliche. Una riflessione di Roberto Portanova, direttore di
Spazio-Rp, che da qualche mese ha lanciato l’innovativo servizio RP 2.0, il
database dei 100.000 opinion leader del Paese (www.spazio-rp.it).
Roberto Portanova
Il concetto di opinion leader varia a seconda dello specifico campo di attività: lo stesso termine avrà significati diversi a seconda che stiamo parlando
di marketing o di comunicazione politica. Nella teoria delle RP gli opinion
leader sono coloro che influenzano o addirittura plasmano le opinioni e i
comportamenti dei pubblici che saranno i destinatari finali delle nostre azioni
di comunicazione. Gli opinion leader appartengono a categorie diverse a seconda degli obiettivi, dei pubblici di riferimento e delle numerose altre variabili
di contesto. Fondamentalmente, però, possiamo distinguerli in due macro
categorie: quelli che esercitano la propria influenza attraverso la diffusione
delle proprie idee e quelli che influenzano il settore in cui opera l’azienda
tramite le decisioni che prendono. I primi sono i giornalisti, i blogger, coloro
che hanno accesso alle informazioni e hanno i mezzi per diffonderle. In alcuni
casi riescono a modificare le opinioni anche senza il supporto dei media, ma
attraverso conttati personali … questi sono gli hub delle reti di relazioni su
cui si fonda il principio del word of mouth. I secondi sono i vertici delle istituzioni, le direzioni delle associazioni di categoria e i sindacati, le espressioni
dell’amministrazione locale, ecc. Come si individuano nello specifico, come si
passa dalle categorie ai nomi e recapiti diretti? L’obiettivo è individuare i più
influenti rispetto agli obiettivi di comunicazione del nostro piano: avendo
normalmente risorse limitate occorre mirare con precisione gli sforzi verso
i target più produttivi. Cosa non sempre facile dal momento che non esiste
una regola: la teoria non ci indica parametri obiettivi che possiamo valutare
per realizzare una classifica. Neppure possiamo ritenere che tutte le organizzazioni abbiamo le risorse necessarie per fare analisi qualitative complesse sui
popri stakeholder al fine di scoprire i meccanismi attraverso cui formano le
proprie opinioni su certe questioni. Soprattutto per quanto riguarda gli opinion leader del primo gruppo la scelta dei destinatari dei nostri sforzi di comunicazione si fa sempre più complicata. Prima avevamo pochi media molto influenti in quanto ritenuti mediamente liberi e credibili, mentre i giornalisti più
seguiti erano facilmente individuabili. Oggi si assite alla moltiplicazione dei
canali di comunicazione di massa, dei fornitori di informazioni che partono
dal basso (social media, forum, tv auto-prodotta), fino ai contenitori realizzati
da una sola persona come ad esempio i blog. Per i giornalisti vale comunque
il prestigio e la diffusione dei media in cui scrivono, i blogger sono più difficili da valutare, sono un fenomeno vasto
e sfuggente. Gli strumenti a
nostra disposizione per discriminare gli opinion leader
di oggi sono le eventuali liste
stilate da siti indipendenti, la
partecipazione a forum per
chiedere e per vedere quali
vengono citati maggiormente, girare per i vari blog
per valutarne contenuti e
aggiornamento e scoprire
link a nuovi blog riconosciuti come influenti dagli
stessi blogger. Tutto ciò
abbiamo fatto a Spazio
RP per individuare i 1500
siti e blog più credibili, che
si aggiungono ad altri 4.000 organi di informazione tradizionali
per realizzare RP 2.0, la più precisa media directory in Italia. Individuare le personalità dell’altro gruppo, quelli che influenzano un certo settore per mezzo
delle decisioni che prendono, è molto più semplice. Basta dotarsi di un libro di
diritto pubblico aggiornato e di uno di diritto comunitario per scoprire i meccanismi di legislazione e amministrazione pubblica sia a livello nazionale che
europeo in modo da individuare gli apparati dello Stato e dell’Unione demandati a ligiferare, vagliare, giudicare sulle tematiche di interesse per il proprio
lavoro. Indispensabile è anche la lettura di qualche quotidiano o periodico
più o meno specializzato per scoprire quali sono le persone che vengono più
spesso citate per commentare o approfondire certe tematiche. Sicuramente
potremo costruire un discreto archivio di referenti del mondo istituzionale,
associazionistico, politico, imprenditoriale, universitario, ecc.
6
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Marco Massarotto: comprendere le dinamiche della Rete
Internet Pr: cambiano
Dopo dieci anni trascorsi a
New York dove ha lavorato
nelle più importanti agenzie
di pubblicità internazionali
(Publicis, Lowe) è tornato in
Italia e ha fondato Hagakure,
una società specializzata in
Internet PR. E’ autore di Internet P.R. - Il dialogo in rete
tra aziende e consumatori,
edito nel 2008 da ApogeoFeltrinelli. Dal 2002 al 2006
ho fatto parte del consiglio
direttivo dell’Art Directors
Club Italiano.
Donatella Giglio
Qual’è la particolarità delle
relazioni pubbliche online?
Dire fondamentalmente il fatto che gli interlocutori cambiano e sono direttamente i
consumatori o un diverso tipo
di intermediari rispetto alle PR
tradizionali: blogger, admin
di forum o creatori di social
network tematici, per citarne
solo alcuni. Inoltre Internet sta
dando grande spazio anche
al mondo associativo, che era
meno rappresentato sui media verticali. Cambiando gli
interlocutori, cambia tutto: linguaggio, strategie, tecniche.
Molte organizzazioni danno
ancora poca importanza alla
propria presenza sul web.
Quali i motivi per cui non è
possibile farne più a meno?
Credo che qualunque buon
comunicatore abbia il dovere
di esplorare un territorio nuovo (e prima lo si fa, maggiori
sono le possibilità di conquista). Ammesso che Internet si
possa definire un territorio ancora da scoprire, poi, è sempre
dovere di un buon comunicatore essere pronti a metabolizzare nel proprio Mix un nuovo
media. Il telefonino esiste da
meno tempo di Internet, eppure è più accettato. In realtà
non credo che ci sia un problema di “dare poca importanza a
Internet”, quanto a certi aspetti di Internet, quelli più sociali,
diversi dai paradigmi abituali,
che però in rete sono quelli centrali. Mi spiego meglio.
Non credo che nessuna azienda sottovaluti oggi l’importanza di avere un proprio sito, di
pianificare banner o abbia difficoltà a capire l’utilità di una
DEM o dell’email marketing.
Quello che spesso succede è
che ci si ferma lì, ai modelli più
vicini a quelli noti (spedizione,
inserzione, canale...). E su Internet non si fa molta strada con
questi modelli.
Occorre far comprendere le
dinamiche tipiche di una rete:
partecipazione, socialità, networking. Questo è quello a
cui secondo me si dà ancora
troppa poca importanza: il
modo corretto di Intendere e
approcciare il web.
Marco Massarotto
Sulle Internet PR ci ha scritto
un libro. Qual’è lo scenario
italiano?
Ho aperto un’agenzia dedicata a questo nel maggio del
2006 (www.hagakure.it), allora in centro a Milano se dicevi
la parola “blog” ti guardava-
MICHELE FICARA MANGANELLI: le organizzazioni devono
Ha fondato una delle prime società per la veicolazione di contenuti online, ImmediaPress.
Dopo 11 anni di attività analogica nel mondo della comunicazione e della pubblicità e poi 13
anni di attività in ambito digital
media viene considerato oggi
uno dei maggiori esperti italiani di internet e comunicazione
digitale, è Presidente Di Assodigitale.
di Cristina Skarabot
Qual è la diffusione attuale
dell’utilizzo dei social media e
come evolverà in futuro, considerando anche il periodo di
crisi che le imprese stanno attraversano? In particolare qual
è il rapporto tra i social media
e le attività di advertising sui
mezzi tradizionali?
L’importanza dei social media è
in costante crescita e, come osserva l’ultima indagine Nielsen, le
aziende italiane stanno tagliando
i costi della pubblicità. Questo
processo si inserisce perfettamente
nell’attuale contesto che vede un
consumatore sempre più attento
alle proprie scelte ed influenzato
più dai consigli dei propri amici e
delle persone che conosce piuttosto che dalle campagne pubblicitarie delle aziende. Le aziende
sentono quindi sempre più forte
l’esigenza di avvicinarsi al potenziale cliente/consumatore e dialogare
direttamente con esso. Gli stessi investimenti pubblicitari negli ultimi
anni hanno visto un riposizionamento dalla TV, a Internet ed oggi
ai Social Network.
Bisogna però considerare come
i Social Media siano utilizzati per
un’attività di promozione dei propri
prodotti e servizi o di incremento
della notorietà di marca solo dalle
grandi imprese e dalle realtà più organizzate, che pianificano regolarmente la propria attività di comunicazione. Di gran lunga inferiore è
l’utilizzo del Web 2.0. nelle piccole e
medie imprese che utilizzano le fuzioni base di Internet, senza sfruttare del tutto le potenzialità che offre.
Il prossimo passo vedrà da un lato
un’ulteriore evoluzione della tecnologia e dei social network, dall’altro
l’estensione dell’utilizzo di Internet
che sarà sempre più indipendente
da un mezzo ormai obsoleto come
il computer.
E’ auspicabile nel prossimo futuro
una crescente diffusione di Internet sul cellulare, in modo tale da
poter informare e ricevere informazioni dovunque e in qualunque
momento, E’ questa la vera “rivoluzione” del futuro: un cambiamento
che, grazie ai nuovi Iphone ed alla
nuova generazione di telefoni multimediali, è già all’orizzonte.
Come si fanno Relazioni Pubbliche efficaci nell’era del Web 2.0
e come si diventa fonti credibili
per i consumatori?
E’ essenziale non vendere fumo.
Le marche devono imparare a
conversare con i clienti e non più
affidarsi a slogan e parole vuote.
Ad esempio, dando consigli utili ai
propri potenziali clienti sull’utilizzo di una determinata tipologia di
primo piano
Il progetto
per sviluppare strategie adeguate
strumenti e linguaggi
no come un marziano. Oggi
non si parla d’altro. Se prima
eravamo in ritardo, oggi c’è
troppa hype sul tema e troppa
fretta. I social media sono un
investimento strategico per le
aziende e l’economia di crescita dei progetti web è lenta o
comunque diversa da quella
delle “campagne” sui media
tradizionali. In sintesi vedo entusiasmo e accettazione delle
tecnologie sociali, manca un
po’ di pazienza e umiltà a volte. Ci sono un sacco di occasioni di formazione che non sono
state colte, quando invece la
cultura di rete è il presupposto di base per un progetto di
successo sul cosiddetto web
2.0. E’ un difetto tipico di noi
italiani: programmare poco le
partenze.
che ne parla su twitter. Si pone
il problema di intercettare le
conversazioni (tecnologico) e
quello di pesarle e organizzarle in un sistema di valutazione coerente (intelligence). E’
una sfida appassionante che
un buon comunicatore non
dovrebbe temere, ma vivere
come l’opportunità di poter
conoscere l’esito del proprio
lavoro ancor più in dettaglio.
Charlene Li di Forrester Research ha stabilito una tabella
del ROI dei blog, ma ogni buon
relatore pubblico è in grado di
“assemblare” il proprio kit di
misurazione in modo semplice, allineandolo agli obiettivi
di comunicazione. Noi, nella
pratica quotidiana, stendiamo
Esistono modalità e strumenti per la valutazione delle PR online. Come se ne può
misurare il ritorno?
Il problema non è se esistano
indicatori, ma che ne esistono
troppi. La misurazione delle PR
online appartiene alla famiglia
delle Relazioni Pubbliche, si
basa sulla misurazione delle
“occasioni di visibilità” offerte
alla marca. Solo che su Internet sono tantissime: un video
su youtube, quante foto ha
generato su flickr il tuo evento, i post dei blogger, thread di
discussione sui forum, gente
Ferpinet: le relazioni pubbliche
italiane fanno Rete
Il social netwrok dei soci Ferpi, tra i primi progetti del genere a livello internazionale, è una vetrina professionale
irrinunciabile per chi lavora nell’ambito delle RP
dei report molto dettagliati
che integrano dati “hard” (visitatori, blog reactions, views
di contenuti multimediali, citazioni sui Social Network...)
con dati “soft”, qualitativi, spiegando ai clienti perché quella
twittata vale più di quell’altro
post...
Una realtà satura, dove per emergere è necessario distinguersi: è quella
dei social network che hanno invaso la quotidianità degli utenti, prima
appagando e poi amplificando la necessità di comunicare, conoscere,
incontrare (e soprattutto di ritrovare volti e voci del passato). Ma se dal
piano della spontanea curiosità si passa a quello dell’utilità professionale, si scopre che il social network tradizional-generalista non offre
vantaggi pratici, anzi. Le regole che guidano il mondo del lavoro, e dei
professionisti che in esso si muovono, si ispirano ai concetti di ottimizzazione dei tempi, organizzazione dei contatti e condivisione del sapere.
Non risulta dunque utile poter essere rintracciato da chiunque in qualsiasi momento, né essere informato su quello che fanno tutti: da qui
la necessità di creare e usare solo social network che sappiano offrire
un vantaggio concreto nel proprio settore professionale. Lo sanno i responsabili di alto livello: dirigenti, liberi professionisti e futuri manager
che usano la piattaforma internazionale Xing Neurona, per ricercare
partner professionali, instaurare contatti lavorativi, aprire nuovi mercati,
reperire opportunità di partnership e gestire al meglio relazioni professionali già in corso. Risultano di grande interesse, per gli oltre cinque
milioni di iscritti a questo SN diffuso in 16 paesi, i forum internazionali e
specialistici che garantiscono un interessante scambio di idee e di prospettive. In Italia, si distinguono Linkedin e nel mondo della comunicazione Link2me, che si
rivolge a esperti del web, marketing
e grafica che possono
pubblicare richieste e
bandi di gara o candidarsi per le diverse
opportunità lavorative
o condividere competenze e inaugurare
progetti collaborativi.
Appare chiaro, dunque, che sono finiti i
tempi in cui i dipendenti di un’azienda
dovevano riunirsi
intorno a un tavolo
per scambiarsi opinioni e aggiornarsi
sui propri lavori. Persino
le intranet aziendali, utilizzate a volte con fatica per i pesanti applicativi informatici, sembrano destinate a lasciare il posto ad
altri strumenti innovativi. Complice il concetto di “condivisione”, che in
Rete sta dettando regole e creando nuovi abitudini, cambiano anche
la comunicazione interna, aziendale o associativa. Ferpi ha ben capito
le potenzialità di questo nuovo approccio e dato vita a Ferpinet, uno
dei primi esempi al mondo di social network tra gli iscritti a un’associazione professionale. On line da luglio, è composto da sezioni pubbliche
e sezioni riservate ai soci che possono produrre contenuti di vario tipo
(informazioni, opinioni, conoscenze), consultare le schede degli altri
soci, presentare al pubblico della Rete le proprie attività e una selezione di lavori. Per queste enormi potenzialità, Ferpinet si presta a tante
definizioni: un network di soci, perché solo loro creano i contenuti; un
network professionale perché costituito da persone che appartengono allo stesso mondo lavorativo e condividono esigenze e interessi; un
network etico, perché realizzato da soggetti che si ispirano a regole e
principi di comportamento professionale condivisi. Infine, un network
pubblico, con una selezione di informazioni e pagine visibili anche
all’esterno, per far conosce a tutti chi sono i professionisti di Ferpi e invogliare nuovi utenti ad associarsi per entrare nel network. Una vetrina
professionale irrinunciabile, per chi lavora nell’ambito delle Pubbliche
Relazioni. Ferpinet ha già generato una forte identità associativa, creando un’immagine di Ferpi aperta e moderna, un’associazione che comunica utilizzando il linguaggio del Web 2.0. All’interno, contribuisce a
realizzare una cultura condivisa, che favorisce l’integrazione e permette
alle tante personalità di emergere. L’invito a tutti i soci è pertanto quello di iscriversi a Ferpinet e contribuire attivamente alla creazione di un
luogo virtuale dove è possibile intrecciare qualificate relazioni umane e
collaborazioni professionali.
Marta Bartolozzi - Cultur-e
Secondo la sua esperienza,
ci sono casi d’eccellenza italiani o prassi interessanti
Desmoblog di Ducati (dal
2006), Quelli che Bravo di FIAT
(dal 2006), ma anche un sacco
di altri progetti della casa torinese, Claudio Velardi l’assessore-blogger. Penso anche a
Poggio Argentiera e Zonin con
“Wine is Love” nel mondo del
vino. Recentemente Telecom
Italia sta avviando molte iniziative estremamente interessanti sui media sociali: Venice
Sessions, “A voi comunicare”
e altri progetti, dando dei segnali di innovazione molto
forti. Infine mi piace molto
come si sta muovendo Nokia, stranamente vedo fermi
al palo gli altri produttori
di cellulari e navigatori. Mi
piacerebbe anche vedere
il Quirinale più aperto alla
Rete, come fa la regina di
Inghilterra su YouTube o
Obama.
imparare a conversare con i pubblici
prodotto e sulle sue caratteristiche
fondamentali, l’azienda assumerà
il ruolo di fonte credibile ed anche
i prodotti da essa proposti saranno
più apprezzati.
La conversazione con il cliente può
seguire de vie: una diretta ed una
indiretta. La via diretta prevede che
l’azienda comunichi direttamente
il prodotto al proprio target. La via
indiretta si basa invece su fatto di
generare traffico sul proprio sito
web relativamente al prodotto, rivolgendosi al consumatore medio.
Se prima al comunicatore era sufficiente alzare la voce ed inviare
comunicati stampa per informare
i propri pubblici, oggi la figura del
relatore pubblico si fa più complessa. Egli diventa l’ambasciatore
dell’azienda nei confronti dell’esterno. Si assiste quindi ad un cambio
di paradigma nel rapporto aziendaconsumatore: l’azienda non deve
più comunicare ma conversare con
i propri pubblici e l’oggetto dell’attività di comunicazione non è più
un messaggio ma una relazione.
Oggi Relazioni Pubbliche e Pubbli-
cità devono unire i propri sforzi ed
unirsi in un’unica disciplina, il cui
obiettivo finale è quello di costruire e successivamente mantenere
un’immagine aziendale positiva.
Ma comunicare veramente con il
pubblico significa prima di tutto
non irretire i giornalisti con notizie false o abbellite, in quanto se
l’azienda sbaglia nel contesto attuale viene “impallinata” dai propri
clienti. Basti pensare al caso Carrefour, che ha fatto scuola (in negativo) per quanto riguarda la gestione
della comunicazione nel Web 2.0.
Cos’è allora una notizia in Rete,
dove ognuno può creare informazione?
Bisogna innanzitutto dire che la
notizia nel Web 2.0. diventa tale da
sola: è sufficiente spingerla sugli
aggregatori di news e fare un’attività di passaparola.
Oggi le bufale giornalistiche sono
bloccate, quando non addirittura
scoperte, tramite i Social Network,
si veda ad esempio il caso Calipari. Anche il ruolo delle agenzie di
stampa è cambiato: Ansa e Adn
Kronos non danno più la notizia
ma si limitano a verificare la veridicità di notizie che provengono
dall’esterno.
Un esempio di giornalismo Web
2.0. è poi Facebook, utilizzato dai
principali opinionisti italiani per ricercare le mode e gli argomenti più
discussi dagli utenti del social network e poi riproporli nelle riviste e
quotidiani cartacei ed online.
Tutti i soci Ferpi che non hanno ricevuto i dati di accesso a Ferpinet o necessitano di informazioni e assistenza scrivano una mail a [email protected]
Michele Ficara Manganelli
relazioni pubbliche - n. 56/2009
7
primo piano
L’analisi
La societa’ liquida produce
incertezza. La si contrasta con
il knowledge management
Anita Fabbretti*
Le organizzazioni più attente ai richiami esterni e interni, immerse
nella “realtà liquida” che le plasma e le rende a loro volta “liquide”, dai
confini sempre più confusi, dovranno attrezzarsi con una struttura
e strumenti adeguati al fine di affrontare il mondo dell’incertezza
che ne deriva, per garantire la flessibilità necessaria a mantenersi
vive e competitive e accrescere la capacità innovativa. Non solo,
ma, perseguendo una strategia di human resources development
volta a valorizzare le competenze individuali, che trascini lo sviluppo dell’organizzazione stessa e che metta le persone in condizione
di essere proattive e creative, riusciranno a promuovere una spinta evolutiva della comunità di appartenenza. Nell’Economia della
conoscenza, la conoscenza è considerata elemento cardine del
tessuto economico sia del macroambiente che del microambiente
“impresa” ed è, quindi, necessario prevedere strutture in grado di
riconoscerne la valenza e di accoglierla, oltre a dotarsi di strumenti
per “trattarla”. La gestione della conoscenza è diventato uno degli
elementi più importanti per la creazione del valore, la competitività
e la longevità di ogni impresa e implica la costruzione di un assetto
organizzativo che rappresenti il territorio delle relazioni che questa
tesse nel suo agire: l’ “azienda estesa”, non rappresentabile in un organigramma e non definibile a priori, ma in continua evoluzione
e ridefinizione. Il knowledge management è strettamente legato
alle competenze individuali, ai principi e ai processi organizzativi,
all’infrastruttura tecnologica, alla quantità e alla qualità delle relazioni che caratterizzano l’azienda, veicolo primario di diffusione del
“sapere aziendale”. Gli strumenti tecnologici e organizzativi adottati
dall’organizzazione devono avere la funzione di facilitatori di questo
processo, si devono plasmare secondo i fini aziendali, devono essere
al servizio dell’azienda estesa, delle relazioni e dei relativi flussi comunicativi e procedurali che la caratterizzano. Il web 2.0 è un nuovo
modo di vivere il web: nuovi strumenti, comunicazione bidirezionale sincrona e asincrona, interazione, feedback immediato, partecipazione (user-generated content). Grazie a queste caratteristiche realizza quella che si può definire una socialità virtuale tra gli utilizzatori
della rete, che in ambito organizzativo, se opportunamente gestita,
rappresenta una notevole opportunità in termini di abbattimento
delle barriere spazio-temporali e dei relativi costi di gestione. Offre
tecnologie che agevolano la creazione della Learning Organization,
organizzazione che “impara ad apprendere” e facilitano il successivo
passaggio alla Knowledge Organization, un’organizzazione che “impara a conoscere”. Tale trasformazione si realizza anche attraverso
un intervento di tipo culturale che preveda il coinvolgimento di tutti
gli stakeholders dell’impresa a partire da quelli interni, che in qualità
di knowledge workers saranno i primi destinatari, ma anche i “motori propulsori” di questo cambiamento, poiché detentori, utilizzatori e produttori della conoscenza aziendale. Le tecnologie web 2.0
consentono la creazione di forme di comunicazione partecipative
di forte impatto, che aprono scenari su nuove modalità operative
e organizzative, in parte sperimentati nelle grandi organizzazioni
multinazionali. Le nuove tendenze sono legate alla creazione di
virtual workspaces luoghi di lavoro per team work o communities
of practices. Gli strumenti web 2.0, inoltre, possono essere ottimi
veicoli per la promozione dell’immagine aziendale e per essere utilizzati in un ottica di viral marketing. Le organizzazioni che vogliono
adottarli, dovranno agire su più fronti, prevedendo un intervento di
tipo “strutturale/organizzativo” che deleghi precise responsabilità
secondo i fini individuati, un intervento di tipo “educativo” che lavori
sulla cultura aziendale affinché il nuovo modus operandi possa entrare nel DNA dell’organizzazione e uno di tipo “formativo” sull’utilizzo corretto degli strumenti scelti. Tale approccio, attento alle esigenze organizzative di ottimizzazione dei processi e di facilitazione
e promozione di un ambiente collaborativo, nel quale la tecnologia
avrà un ruolo fondamentale e ne sarà al servizio, sarà mirato a creare
la Virtual Organization, un luogo di lavoro che offra alle persone un
supporto completo alle esigenze operative, di comunicazione, servizio, gestione, produzione e scambio della conoscenza (Business
Knowledge Management).
* Marketing & Communication
Manager Quattroemme SpA
8
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Cosenza, Digital PR: per lavorare in Rete bisogna “farsi rete”
Blog, forum, social media:
l’opinione di forma online
Nel corso di un secolo l’attività del relatore pubblico si è
affinata, specializzata, estesa,
ma la sua missione di fondo è
rimasta quella di “creare, sviluppare e consolidare sistemi
di relazione con i pubblici
influenti sul raggiungimento
degli obiettivi perseguiti da
singoli, da imprese, da enti,
da associazioni, da amministrazioni pubbliche e da altre
organizzazioni”. Il punto di
Vincenzo Cosenza, tra i più
attenti osservatori della comunicazione online.
Vincenzo Cosenza*
Con l’affermarsi della società
in rete e il successivo, inevitabile, dissolvimento della rete
dentro la società, le relazioni
pubbliche sono destinate a
cambiare o, in alternativa, a
rassegnarsi ad occupare un
ruolo di secondo piano. Secondo il sociologo Manuel
Castells, la società in rete comunica e consuma mediante
la Rete, in base a processi che
diffondono istantaneamente
simboli e conoscenze, modificando in profondità le espressioni culturali e cambiando
radicalmente le forme del
potere e della mobilitazione
sociale. E’ naturale che tali
profondi mutamenti sociali
incidano anche sull’attività del
relatore pubblico, rendendola
più complessa, ma anche più
stimolante, sotto molteplici
aspetti. Eccone alcuni che mi
sembra interessante condividere senza pretesa di esaustività:
- la struttura reticolare che
mette in relazione in tempo
reale individui dislocati territorialmente, determina una
diffusione delle notizie rapida e spesso imprevedibile;
sempre più spesso la notizia
non segue il rigido percorso
disegnato dall’alto, ma origina
dall’esperienza di un reporter non professionista o di un
cliente insoddisfatto;
- il ciclo di vita dell’informazione si allunga tanto da renderla
persistente e facilmente rinvenibile grazie ai sempre più
potenti motori di ricerca; ciò
richiede una più lungimirante
e attenta gestione della reputazione e dei mezzi a ciò utili
(ad esempio curando le voci
di Wikipedia rilevanti per la
nostra organizzazione);
- la rilevanza di inediti spazi di relazione (community
e social network) e di nuovi
strumenti di comunicazione
(instant messenger e microblog) danno al comunicatore
professionale la possibilità di
interloquire direttamente con
i destinatari finali del messaggio, bypassando i filtri tradizionali
- agli stakeholder tradizionali
si affiancano nuovi influencer
che, mossi dalla passione e
supportati da strumenti immediati di pubblicazione delle
informazioni in rete, come i
blog e i microblog, dialogano
con voce nuova e cristallina
con gli utenti della rete, stabilendo un rapporto di fiducia
che può influire sulle decisioni
di acquisto e sulla reputazione
aziendale.
A riprova di ciò l’ultima ricerca
di Digital PR e Millward Brown
mostra che alla domanda
“quanto spesso un opinione
trovata su forum o newsgroup
ha influenzato la tua decisione d’acquisto?”, il 67% degli
italiani, che frequentano questi luoghi, risponde “molto”
o “abbastanza”. Per i blog la
percentuale scende al 51%. In
tale scenario, in cui risulta evidente che le aziende italiane
non possono più continuare
a considerare la rete soltanto
uno spazio da tappezzare con
i propri banner, la figura del
relatore pubblico può ritrovare un ruolo di primo piano.
E’ necessario premettere che
un percorso di avvicinamento
consapevole e corretto ai media sociali non si improvvisa,
ma richiede apertura al nuovo
e tempo dedicato a “vivere la
rete” al fine di assorbirne le
logiche di relazione e la grammatica dei nuovi strumenti;
insomma per lavorare in rete
bisogna “farsi rete”. Ma quali
sono le attività precipue del
relatore pubblico al tempo di
Internet? Esemplificando le
due principali e complementari sono quella dell’ascolto
delle conversazioni e quella
della successiva costruzione di
una relazione con i nuovi opinion leader della rete. Ascoltare le opinioni spontanee dei
propri pubblici di riferimento
è il primo passo per iniziare a
comprendere come l’organizzazione viene giudicata, ma
anche per individuare quali
sono gli utenti più ascoltati, gli snodi informativi più
rilevanti e le reti di relazioni
significative. Tale attività, qualora supportata da software di
monitoraggio professionali,
permette di sistematizzare e
riordinare i flussi frammentari
e caotici delle conversazioni.
Il quadro risultante dalla fase
di ascolto permetterà di delineare un piano di relazioni di
lungo periodo con gli stakeholder della rete individuati.
Ampio lo spettro di azioni che
in esso potranno trovare posto: dalla digital media news
release alla creazione di un
corporate blog per dialogare
senza filtri, dagli incontri informali del management con
gli opinion leader della rete al
coinvolgimento degli stessi in
community di co-generazione
di idee, dalle risposte ai malumori in rete ad una strategia di
digital crisis management. In
definitiva l’attività del relatore
pubblico al tempo della rete,
qui soltanto tratteggiata, presenta talmente tanti elementi
di novità e problematicità per
il futuro della professione, da
richiedere l’avvio di una riflessione profonda e condivisa.
*Responsabile della sede
romana di Digital PR
Vincenzo Cosenza
primo piano
La novità
Il comunicato
stampa è
morto, viva la
smart release
Le relazioni con i media
rappresentano, da sempre, una delle funzioni
specialistiche più importanti delle Rp. Con
Internet l’attività di media relations deve spostarsi sul web, in spazi
appositi dove i giornalisti possano sempre trovare informazioni e materiale sull’azienda. Da
questa esigenza nasce
il progetto “smart room”
di Business Press.
Diego Biasi, presidente di Business Press
Biasi, Business Press: consiglio di buttarsi nella mischia, immergersi nelle conversazioni, partecipare alla vita
La vera novità? Le persone al centro
Chi si occupa di relazioni
pubbliche in questo periodo
è bombardato da richieste
di aziende e organizzazioni
di ogni tipo che vogliono sapere tutto sui social media:
cosa sono, quali opportunità
offrono, come si affrontano
professionalmente. I consigli
di Diego Biasi, presidente di
Business Press.
di Diego Biasi*
Al di là del fenomeno mediatico, a volte collegato a logiche
imperscrutabili (ve lo ricordate Second Life, dalle stelle alle
stalle in pochi mesi?), l’attenzione per i social media nasce
in una congiunzione astrale
interessante: al calo degli investimenti pubblicitari tradizionali, dovuto in parte alla crisi
economica e in parte alla sempre minore efficacia dell’advertising classico, fa riscontro
un grande interesse per quelle
applicazioni del Web 2.0, della
“nuova Internet”, che permettono alle persone di entrare
in contatto con altre persone,
dialogare, esprimere creatività
e autorappresentarsi. Il vero
successo del Web 2.0 è proprio
questo: aver spinto il mondo
Internet ad abbandonare il
modello basato sulla pubblicazione di pagine di contenuti
per adottare il modello che
mette le persone al centro, che
le rende “contenuto” (come sarebbero le pagine di Facebook
senza di noi e i nostri amici?)
sufficientemente interessante
da spingere milioni di navigatori a interagire e comunicare
mettendo l’accento su aspetti
chiave come la fiducia reciproca, la ricerca di informazioni e
consigli, l’auto-aiuto.
Va considerato anche che
l’uso di Internet è ormai abbastanza diffuso, sebbene l’Italia continui a essere arretrata
rispetto al resto d’Europa.
Nel dicembre 2008 oltre 22
milioni di Italiani si sono collegati a Internet con una certa
frequenza: ben cinque milioni
l’hanno utilizzato per cose utili
come gestire il conto corrente online, per esempio (dati
Nielsen Online - Panel Casa e
Ufficio 12/2008) e addirittura
16 milioni hanno frequentato
costantemente social media
come YouTube (condivisione
di video), Flickr (condivisione
di foto), Facebook (contatti
con la cerchia di amici).
Alla gente dunque i social media piacciono parecchio, e vi
dedicano una quota crescente
di tempo a spese di altri media,
prima fra tutti la televisione,
tanto da richiedere un ripensamento approfondito delle
strategie media e del marketing mix. Il tempo è senz’altro
il fattore critico più rilevante,
anche se gli stili di vita e il rapporto con la tecnologia sono
altrettanto importanti. Per
esempio nella generazione
dei “Digital Natives”, i quindi-
cenni di oggi nati in un ecosistema iper-tecnologico fatto
di PC-cellulare-playstation, un
mezzo di comunicazione ‘moderno’ come la posta elettronica è considerato obsoleto,
una cosa ‘da adulti’, buona per
mandare una lettera di ringraziamento alla mamma del
compagno di scuola dopo un
weekend insieme al mare, ma
non certo per tenere i contatti
con la cerchia di amici. Le comunicazioni all’interno della
‘tribù’ si gestiscono via sms, via
instant messenger e tramite i
vari social network come Facebook (175 milioni di utenti
nel mondo di cui sette in Italia), Netlog (target 13-24, con
40 milioni di utenti di cui tre
milioni in Italia), MySpace (250
milioni di pagine di cui tre milioni in italiano), Bebo e altri
ancora.
La spinta dei social media ha
toccato pesantemente anche
il mondo dei media che si va
sempre più polarizzando: i
grandi media ‘mainstream’
come i quotidiani, i settimanali, i network tv soffrono per la
crisi economica che asciuga le
fonti di reddito pubblicitario
ma vedono il loro brand rafforzarsi sempre più. Dal basso
cresce la spinta dei nuovi infomediari come i blog, le webzines, le community online, che
nascono per aggregare persone che condividono interessi
e passioni, caratterizzati spesso da una minore qualità del
contenuto ma dove prevalgono aspetti come la fiducia, la
trasparenza, l’autenticità, tutti
valori che le persone mostrano di tenere in alta considerazione in rete.
In questo scenario così ‘liquido’ che cosa deve fare chi si
occupa di RP per cogliere le
opportunità dei social media?
Il consiglio è buttarsi nella mischia, immergersi nelle conversazioni, partecipare alla vita
della parte popolata della rete
e cominciare a capire le nuove
regole del gioco. Ci si accorge
subito che è un mondo fatto
di molteplici ‘nicchie’, dove si
svolgono conversazioni molto intense e dove il controllo
dei messaggi è impossibile.
Ma è anche un mondo dove
l’interazione è il fattore chiave e dove le aziende più propense all’innovazione stanno
sviluppando strategie per
partecipare alle conversazioni,
per entrare in una relazione
nuova con i consumatori e
per utilizzare le opportunità
di dialogo per migliorare il
servizio, inventare nuove forme di interazione, catturare
trend emergenti, identificare i
nuovi opinion maker e i nuovi
stakeholder. Non è un lavoro
tagliato su misura per i professionisti di RP?
* Presidente di Business Press
“Il comunicato stampa, lo
strumento principe delle
media relations, non è
mai cambiato dai tempi
della macchina da scrivere e in un mondo Web
2.0 sembra quasi obsoleto”, spiega Diego Biasi
di Business Press. “Nel
distribuire una notizia bisogna pensare anche ai
redattori online e ai blogger, che vivono immersi
nella rete e che prediligono le notizie corredate
di link per raggiungere i
siti di approfondimento
e arricchite di contenuti
multimediali di ogni
tipo.” In questa ottica
Business Press ha creato
un nuovo tipo di comunicato stampa, la “smart
release” che si legge su
un sito dedicato a ciascun cliente dell’agenzia,
la SmartRoom. “Abbiamo ripensato in chiave
Web 2.0 la classica press
room, trasformata in uno
strumento
interattivo
che offre al giornalista un
contesto ricco di fonti, di
materiali e di spunti che
servono a facilitare il lavoro di reperimento delle
informazioni. Nella SmartRoom sono stati aggregati tutti gli strumenti
utili ad un’informazione
completa, compresa la
possibilità di accesso ai
responsabili della comunicazione in azienda, che
sono contattabili direttamente via Skype”. Per la
piattaforma www.smartroom.it, Business Press
ha vinto il Premio Assorel
2008 nellla categoria
Digital PR e Social Media.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
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public diplomacy
L’analisi
Il ruolo della comunicazione
nelle politiche internazionali
delle organizzazioni
di Fabio Ventoruzzo
Era il 1965 quando Edmund Gullion, diplomatico di carriera, etichettò come
public diplomacy l’influenza (spesso manipolativa) esercitata sulle attitudini
del pubblico nella progettazione e attuazione delle politiche estere di una
organizzazione, soprattutto Governi nazionali. Non che prima questa non
esistesse - basti pensare al ruolo della propaganda nei due conflitti mondiali
- ma da lì in poi si è avviata anche una intensa e costante discussione teorica
(soprattutto di matrice anglo-americana) per interpretarla e definirla.
… mentre fioccavano - e sono tuttora in effervescenza - iniziative di public diplomacy nelle politiche internazionali degli Stati-Nazionali e cresceva la loro
attuazione anche da parte di quelle organizzazioni private e sociali che nel
raggiungimento dei propri obiettivi organizzativi si trovano in contatto con
cittadini di altri Paesi (il caso dell’Eni-Libia, recentemente raccontato dai media è emblematico, come il ruolo del Cesvi nella cooperazione internazionale). Public diplomacy, quindi, non nel senso di diplomazia ‘pubblica’, agita
esclusivamente dai Governi (da contrapporre ad una corporate diplomacy)
ma – in una accezione simile alla traduzione italiana delle nostre Public Relations – come diplomazia nella, con e per la sfera pubblica, quello spazio di
dialogo, cioè, in cui interagiscono e si formano le opinioni dei diversi pubblici
stranieri. Il termine ‘public’, infatti, non fa riferimento al soggetto che la pone
in essere, ma all’interlocutore di un altro Paese cui una organizzazione tout
court si rivolge per attivare e sviluppare una relazione che sostenga il raggiungimento dei suoi obiettivi… palesando, se ancora non lo fosse, la stretta
connessione tra le nostre relazioni pubbliche e la public diplomacy! Negli ultimi anni tutto ciò ha fatto fiorire un corpo di conoscenze e di pratiche operative, in forte e fremente crescita, pur nella doverosa consapevolezza di essere
in presenza di un terreno estremamente fragile in cui la discontinuità attuale (economica ma anche sociale e culturale) responsabilmente impone di
porre maggiore attenzione nel ricercare le giuste domande più che le giuste
risposte, tanto la disciplina è ancora embrionale, controversa e influenzata
dalle leadership globali. Due i presupposti di un possibile nuovo approccio
globale alla public diplomacy da integrare con i paradigmi operativi delle
relazioni pubbliche: da un lato, lo sviluppo dell’ICT che ha enfatizzato il ruolo
delle reti sociali e orizzontali di relazione tra gli stakeholder, rispetto ai classici
modelli di informazione e comunicazione verticale; dall’altro, la migrazione
delle politiche internazionali degli Stati-Nazionali verso l’abilità di attrarre
(soft power) piuttosto che sulla capacità di imporre in maniera autoritaria
(hard power) la propria identità e cultura. I modelli finora identificati nella
letteratura internazionale facevano riferimento, principalmente, ad una
public diplomacy ‘realista’ (influenzare in maniera unidirezionale l’opinione
di cittadini di altri Paesi per influenzare il Governo di quel Paese) e ‘liberalista’
(attirare con modalità bidirezionali l’attenzione di cittadini e Governi di un
altro Paese per facilitare persuasione e marketing su determinate issue sociali, economiche, culturali, …). Lo tsunami migratorio che ha avuto conseguenze drammatiche nelle politiche nazionali e internazionali dei Paesi
ha spostato, tuttavia, l’attenzione verso un terzo filone di pensiero, legato
allo sviluppo del ‘globalismo sociologico’, un approccio teorico-operativo,
per ora solo abbozzato, che enfatizza il ruolo comunicativo e di cittadinanza
attiva delle sempre più dinamiche comunità di migranti in uno specifico territorio. Appare evidente, quindi, che sempre più la Public Diplomacy - ancorchè essere un ‘altro’ approccio alla comunicazione internazionale - sta
assumendo un ruolo sempre più strategico nel contribuire a migliorare la
qualità dei processi decisionali di una organizzazione che opera in contesti
globali, attraverso una sempre più spinta segmentazione dei pubblici influenti e un ascolto preventivo delle aspettative di quegli stakeholder che
influenzano/sono influenzati dalle finalità e dagli obiettivi organizzativi, migrando da una ‘comunicazione-a’ ad una ‘comunicazione-con’ i pubblici. È
proprio dall’integrazione di questo processo di stakeholder relationship governance con il paradigma globale dei principi generici e delle applicazioni
specifiche che si prefigura una sempre più netta convergenza (e non solo
teorica) tra relazioni pubbliche e public diplomacy intesa, ora, come attività sistematica e integrata (attivata da organizzazioni pubbliche, private e
sociali) per governare e monitorare la qualità delle relazioni attivate con le
comunità di stakeholder di altri Paesi. Un cambiamento di prospettiva che
impone alle organizzazioni di analizzare i cambiamenti in atto (nei sistemi
socio-culturali, politico-istituzionali, economici, della cittadinanza attiva e
dei media) e interpretare le aspettative degli stakeholder, anche diffondendo
le competenze comunicative in grado di supportare le altre funzioni organizzative per migliorare la qualità delle relazioni con gli stakeholder di altri Paesi.
10
relazioni pubbliche - n. 56/2009
L’accordo tra Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli
Public Diplomacy e
Successo e consensi per il primo corso su Public diplomacy
e relazioni pubbliche previsto
dalla convenzione sottoscritta tra Ferpi e l’Istituto Diplomatico del Ministero degli
Affari Esteri che si è tenuto a
Roma dal 3 al 6 marzo presso villa Madama. Un primo
bilancio di Toni Muzi Falconi,
che l’ha organizzato assieme
a Fabio Ventoruzzo e con i
contributi autorevoli di Dejan
Vercic, Mindi Kasiga, Sriramesh Krishnamurty e Roger
Hayes.
Toni Muzi Falconi
Sono nato 68 anni fa… figlio di
papà -si- ma anche figlio di mamma. Lui diplomatico di carriera e di
famiglia nobile; lei, angloirlandese,
figlia, a sua volta, di un diplomatico britannico di forte peso e di ferrei principi.
Insomma: sono nato bene, cresciuto bene ed educato un po’ così
e così, in giro per il mondo.
Il terzo di tre maschi.
Il primo ha intrapreso la strada
della pubblicità a Londra e poi
delle relazioni pubbliche in Italia,
attivista della protezione dell’ambiente ed è scomparso un anno
fa; il secondo ha seguito le orme
del padre e da poco è collocato
in pensione; il terzo (chi scrive)
aveva sempre detto a se stesso in
gioventù che mai avrebbe fatto il
mestiere del padre e… quando
arrivò il momento di decidere, che
ha fatto?
Ovvio, si è messo nelle relazioni
pubbliche. A quei tempi un figlio
bene come me, privo di particolare vocazione (per me era forte
la curiosità culturale e politica,
ma nulla ancora a che vedere con
qualcosa di serio), faceva il concorso diplomatico, se lo falliva andava
in Alitalia, oppure nelle relazioni
pubbliche o nel cinema.
Così erano, per quelli come me,
i primi anni sessanta del secolo
scorso a Roma.
Ricordo questi frammenti a me
stesso e a voi solo, per esprimere un po’ l’emozione che provo
nell’attuazione di questo progetto
Ferpi sulla Public Diplomacy col
Ministero degli Esteri.
Per me, è un po’ come un ritorno
all’ovile…
Ma ora bando ai ricordi personali e provo a spiegarvi il ‘senso’ di
questa iniziativa: non condivido
e non apprezzo l’arroganza e
l’incoscienza con cui tanti operatori della comunicazione e delle
relazioni pubbliche si aggirano
oggi intorno all’agonia del nostro
Uno dei seminari sulla Public Diplomacy
Paese, e in particolare del nostro
turismo e della nostra economia
della cultura, che rappresentano
le due prime voci di entrate nette.
Confidando nelle protezioni tipiche della nostra società familistica,
nel vuoto di cultura e di modernità
dei nostri decisori pubblici, sociali e privati, contribuiamo –nella
migliore delle ipotesi- a drenare
le casse pubbliche, e nella peggiore, ad accelerare, con iniziative
sciagurate, il declino economico
del Paese e il degrado della nostra
cultura.
A questo proposito, è possibile
sommessamente ipotizzare che
-nella più consapevole e qualificata comunità professionale
internazionale della domanda turistica- abbia prodotto più danni
la vicenda delle decine di milioni
di euro buttate dalle casse pubbliche nel pozzo nero del famigerato
‘portale Italia’ che non quella della
’monnezza’ napoletana?
E’ certo vero che entrambe hanno
confermato quel che già era ben
noto in quello specifico segmento
della domanda, ed è altresì vero
che la seconda ha sicuramente
prodotto grande devastazione
sull’attrattività turistica dell’Italia
fra i potenziali consumatori finali.
Ma mentre la prima aveva al suo
annuncio saputo suscitare attese e
speranze andate poi miseramente deluse (al punto che perfino
noi di Ferpi ne avevamo parlato
bene…), la seconda ha invece solo
agito da conferma.
Chiunque conosca solo l’abc della
comunicazione ben ne intuisce la
differenza.
L’industria
dell’immagine di un Paese
In questi ultimi 50 anni si è sviluppata una industria dell’immagine
e della reputazione-Paese che ha
prodotto molti più danni che benefici al posizionamento internazionale dell’Italia.
Naturalmente ci sono anche eccezioni, ma sono davvero pochissime.
Una industria che si è avviluppata
intorno a due punti fermi, vincenti
e ricorrenti:
• una scarsa o nulla segmentazione dei pubblici per la realizzazione
-da parte di una offerta improvvisata- di una miriade scoordinata
e confusa di iniziative unilaterali,
push e asimmetriche che, per il
loro consolidamento, ha saggiamente puntato sulla disattenzione, sulla inesistente cultura dell’attuazione e sul fatto che da noi non
si è ancora trovato un termine per
descrivere il concetto di accountability (responsabilità e rendicontazione);
• molteplici soggetti della domanda -in larga parte pubblica e
stimolata da noi (da pusher, nel
senso più autentico del termine)interessati soprattutto a soddisfare i nostri appetiti in cambio di
contropartite a stretto giro: chessò…una consulenza gratuita di
comunicazione per le successive
elezioni; oppure l’apporto economico di qualche nostro cliente
public diplomacy
Esteri è il primo del genere a livello internazionale sulle Rp
La best practice
relazioni pubbliche
forte, a sua volta interessato ad
ulteriori contropartite….
Il senso di questo progetto
Lo spirito con cui Fabio Ventoruzzo ed io abbiamo sviluppato questo programma con l’Istituto Diplomatico, non è diverso da quello
con il quale abbiamo realizzato la
‘cassetta degli attrezzi’ nell’opera
‘In che senso: cosa sono le relazioni pubbliche’ edito da Luca Sossella e ancora nelle librerie e a vostra
disposizione: ed è lo spirito di provare a rendere consapevoli i nostri
stakeholder del senso, dei contenuti e dell’utilità anche sociale della nostra attività, quando pensata
ed esercitata con consapevolezza
e responsabilità.
Dunque la scelta del tema della
Public Diplomacy. Due anni fa
ero casualmente inciampato in
un saggio della studiosa Elizabeth
Toth, direttore della scuola di comunicazione dell’Università del
Maryland, e di Seong-Hun Yun,
Ph.D. della Kansas State University, nel quale si tracciava brillantemente il profilo delle diverse
accezioni della Public Diplomacy e
se ne avanzava uno nuovo legato
alla recente nascita di un nuovo
influente soggetto delle politiche
pubbliche, quello dei migranti
oggi in continuo e costante contatto con le comunità del proprio
Paese di origine.
Un modello che è stato definito
del globalismo sociologico, che è
andato ad affiancarsi agli altri due
del realismo e del liberalismo in-
ternazionale.
Sapevo anche e mi ero interessato
da tempo alle attività diplomatiche dirette (e solo talvolta concordate con i rispettivi Stati Nazionali)
di grandi imprese e di organizzazioni non governative.
In Italia, e da 50 anni, è esemplare
il caso dell’ENI, al punto che molti
anni fa avevo chiesto a un amico
entrato nel Consiglio di Amministrazione di quell’impresa di
mettere a disposizione di qualche
studioso di Public Diplomacy gli
archivi interni dell’Ente per il periodo subito prima e subito dopo
la morte di Enrico Mattei, cosa poi
effettivamente avvenuta.
Da quando, nel 1994, si è avviata
la seconda repubblica, non è passato mese che il Premier, diverse
volta anche ad interim Ministro
degli Esteri, non tirasse la giacca ai
diplomatici della Farnesina affinché contribuissero più attivamente a promuovere anche l’identità e
il prodotto del Made in Italy, verso i
cittadini dei Paesi in cui rappresentavano. Concetto elementare e un
anche po’ superato, ma indubitabilmente razionale.
Milioni e milioni di euro sono stati
investiti, e non tutti con modalità adeguate, per questa attività.
Ma perché questi sforzi possano
davvero avere successo è necessario abilitare (nel senso pieno del
termine empower) la cultura e le
competenze dei diplomatici affinché governino con sagacia, abilità,
senso di concretezza e di urgenza
quei flussi relazionali e comuni-
Come la repubblica della
tanzania dialoga con i cittaDIni
La Repubblica della Tanzania già da diversi anni ha previsto nel suo organico un apposito ufficio Comunicazione tra i cui compiti anche quello
di ascoltare le reali esigenze dei propri i cittadini al fine di ottimizzare il
dialogo con loro e con i diversi stakeholder individuati dal governo centrale. Ne abbiamo parlato con Mindi Kasiga, relatrice al corso sulla Public
Diplomacy.
cativi che oggi vanno ben oltre il
semplice seppur fondamentale
rapporto fra rappresentanza del
proprio Governo e altri Governi
nazionali; per focalizzarsi anche,
consapevolmente e professionalmente sui rapporti fra specifici
pubblici del Paese rappresentato
con specifici pubblici del Paese
in cui è rappresentante dello Stato Italiano e non soltanto del suo
Governo.
Non vorrei ricorrere ad un metafora abusata, ma è assai più produttiva la canna da pesca (consapevolezza e azione diretta) che
non il pesce (risorse economiche
e consulenze dall’esterno che non
lasciano traccia).
Intendiamoci, non tutto quel che
si fa oggi va buttato, ma di certo
non si sbaglia abilitando i nostri
stakeholder (in questo caso i diplomatici) a capire ed interagire
meglio con le società che li circondano. Un discorso che ovviamente vale altrettanto per tutti
gli altri segmenti di stakeholder
dei relatori pubblici (imprese, non
profit, amministrazione pubblica,
media…).
Quando ci lamentiamo (e, ahimè, quanto lo facciamo….!!) del
pessimo stato della reputazione
della nostra professione, dobbiamo guardarci prima di tutto dentro… e prendere atto che quella
reputazione è in larghissima parte meritata. Poi, constatato ciò,
dobbiamo lavorare con i nostri
stakeholder e ingaggiarli. Non
per persuaderli che hanno torto
attivando campagne unilaterali,
push e asimmetriche, ma con un
paziente lavoro di con-vincimento
(da vincere cum) che siamo portatori anche di competenze e di prospettive utili a loro e all’interesse
pubblico, oltre che a noi. Nel caso
specifico, abbiamo scelto di iniziare un percorso, che mi auguro
continui anche su altre tematiche,
dalla Public Diplomacy: quella
pratica professionale che, più di altre, integra le caratteristiche delle
due professioni del diplomatico e
del relatore pubblico, così diverse
fra loro ma pur così contigue. E
non nella stereotipata versione
dei pranzi e ricevimenti (che pur,
se correttamente interpretata, ha
un suo indubitabile valore), ma in
quella, invero assai più rilevante,
del contributo comune allo sviluppo, alla crescita e al consolidamento delle relazioni con i tanti e cangianti pubblici dei Paesi con i quali
intratteniamo rapporti diplomatici
e che tante conseguenze dirette e
indirette producono o potrebbero
produrre sul nostro benessere presente e futuro.
di Amanda Jane Succi
Come ritiene che la comunicazione influenzi la public diplomacy oggi?
La comunicazione gioca un ruolo importante in qualsiasi mandato pubblico,
incluso nella public diplomacy. È attraverso la comunicazione che è possibile
conoscere concretamente i propri stakeholders, attrarli e renderli partecipi
portandoli ad impegnarsi positivamente, per i benefici dell’Istituzione. Non
ha importanza se questo processo viene stimolato dal governo, piuttosto
che dai ministeri o da un dipartimento del governo. Dalla mia esperienza
posso affermare che la migliore applicazione della funzione public diplomacy dipende dal sapere riconoscere e comprendere gli stakeholder di riferimento e attraverso una corretta strategia di comunicazione costruire e
gestire concretamente una buona relazione con loro. Questo ci consente di
predisporre un sistema operativo e decisionale coerente con i nostri obiettivi e tale da poter interagire correttamente con i nostri pubblici e cittadini.
Partendo da questo, ritengo che le relazioni pubbliche e la public diplomacy
abbiamo molto in comune e siano, nel nostro caso, assolutamente integrate
fra loro.
La Repubblica della Tanzania sta portando avanti un ottimo lavoro in termini
di relazioni pubbliche e di comunicazione. Come ritiene che esse abbiano
cambiato il rapporto del governo con i propri cittadini negli ultimi anni?
Sin dal momento in cui è stata introdotta la funzione comunicazione nel
governo, il rapporto con i cittadini è senz’altro cambiato, migliorandolo.
Abbiamo iniziato a curare diversamente il rapporto con i nostri stakeholder,
passando da un periodo in cui fornivamo solo informazioni ai cittadini, presupponendo che il pubblico le accettasse e le consumasse così come erano,
ad una fase in cui abbiamo attivato un sistematico processo di ascolto dei
nostri stakeholder. Attraverso il dialogo siamo riusciti ad agganciarli, se così
si può dire, e ad impegnarli positivamente, ricevendo da loro un costante
feedback relativo al modo in cui essi percepiscono le politiche implementate
dal governo. Da questo punto di vista siamo riusciti a realizzare ciò che era ritenuto necessario dagli stakeholder stessi, e non quello che credevamo che i
nostri stakeholder volessero sentirsi dire o imporre. Questo nuovo approccio
ha aiutato moltissimo a migliorare anche il nostro sistema di comunicazione
interna, le nostre relazioni interne, oltre a ridefinire allo stesso tempo le relazioni con pubblici esterni. Adesso siamo abituati a svolgere ricerche e sondaggi per identificare aree di interesse per i nostri specifici target audience,
con lo scopo di dare informazioni specifiche proprio ai targeted audiences
individuati. Questo ci ha aiutato molto in termini di comprensione dei nostri
stakeholders e a dare loro quello di cui hanno bisogno.
La misurazione dei risultati, dunque, è una parte fondamentale del vostro
progetto?
Assolutamente si. Misurare i risultati è una delle funzioni fondamentali del
nostro lavoro giornaliero. Facciamo in modo che ogni singolo ministero
implementi la propria attività di comunicazione a seconda del tipo di pianificazione strategica del singolo ministro. Compresa nella strategia di comunicazione vi è anche l’aspetto dell’analisi dei risultati di tutte le attività di
comunicazione che vengono realizzate e sviluppate. Periodicamente svolgiamo sondaggi e surveys per verificare se la nostra strategia di comunicazione ha raggiunto con successo gli obiettivi stabiliti. Non solo, ma ogni ministro svolge con il proprio ministero un sondaggio per verificare l’efficacia
dei programmi posti in essere. Inoltre, una volta l’anno svolgiamo una ricerca
globale all’interno del governo, per conoscere e stimare quanto e come esso
abbia svolto nel suo complesso le azioni proposte, soprattutto in riferimento
agli impegni presi nei confronti del proprio elettorato.
La comunicazione nel governo e per il governo diventa sempre più importante nella strategia politica e decisionale. Come contribuisce il governo alla
formazione e all’addestramento in comunicazione.
La formazione è molto importante. Il Governo della Tanzania sta lavorando
con istituzioni di formazione interne per la predisposizione di curricula professionali adatti per i comunicatori governativi. Riteniamo che la comunicazione governativa è diversa dalla comunicazione aziendale. Stiamo, dunque, cercando di istituzionalizzare un tipo di formazione specifica per tutti
i professionisti in comunicazione presenti all’interno della nostra struttura.
Si tratta, quindi, di costruire concretamente un nuovo modo di pensare, un
“new thinking process” che includa la gestione e la formazione sia di nuovi
comunicatori che di portavoce
relazioni pubbliche - n. 56/2009
11
public diplomacy
L’iniziativa
accordo tra
ferpi e ministero
degli esteri per
la formazione
Ferpi e l’Istituto Diplomatico
del Ministero degli Affari Esteri
hanno recentemente raggiunto un’intesa per l’attivazione di
corsi di formazione integrata
orientata al corpo diplomatico italiano. Nell’attuale contesto internazionale, infatti,
la diffusione presso i cittadini
di altri Stati della conoscenza
dei valori, dell’identità e delle
politiche del nostro Paese è
ormai un obiettivo primario,
che può essere più efficacemente perseguito mediante
l’interazione tra Governo e
imprese, tra settore pubblico e settore privato. Il primo
frutto della collaborazione è
stato un corso – il primo del
suo genere in europa - di formazione dedicato alla Public
Diplomacy, quell’insieme di
attività, talvolta inconsapevoli,
di relazione e comunicazione
attuate dalle organizzazioni
pubbliche, private e sociali per
dialogare con i cittadini di altri
Paesi, sia all’esterno dei propri
confini ma anche all’interno
(come accade, ad esempio,
con le sempre più numerose
comunità migranti). Il corso,
interamente in inglese, si è
svolto dal 3 al 6 marzo scorsi,
nell’incantevole cornice di
Villa Madama e ha visto la partecipazione di 25 Consiglieri
di Legazione guidati da Toni
Muzi Falconi e Fabio Ventoruzzo che, per l’occasione, sono
stati accompagnati da alcuni
tra i più autorevoli esperti
internazionali del tema: lo
sloveno Dejan Vercic (autore
di un recente saggio proprio
sulla Public Diplomacy), Mindi Kasiga (co-responsabile
della comunicazione della
Presidenza della Tanzania),
l’indiano Sriramesh Krishnamurty (co-autore del Global
Public Relations Handbook) e
l’inglese Roger Hayes (esperto
di comunicazione strategica
internazionale). L’intero corso
è stato interamente ripreso in
video grazie alla convenzione
che la Farnesina ha recentemente concluso con la Rai e
la società Rai NewCo. La collaborazione con Rai New Co
ed i suoi prodotti di t-learning
porterà alla realizzazione di
un DVD con le parti salienti
del corso, disponibile poi per
ulteriori occasioni formative
dell’Istituto Diplomatico, in
Italia e all’estero.
12
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Massolo, Segretario Generale della Farnesina: la funzione strategica della comunicazione
L’importanza della politica estera
I risultati della politica estera di un Paese come l’Italia si
misurano oggi in buona parte
sul terreno della competitività. E’ quanto sostiene il Segretario Generale del Ministero
degli Esteri, Ambasciatore
Giampiero Massolo.
Giancarlo Panico
Quale è oggi e quale potrebbe essere domani il contributo della comunicazione al
sostegno delle politiche internazionali di un Paese?
In un mondo nel quale l’informazione è istantanea e si
espande con una capillarità
senza precedenti, la comunicazione ha assunto anche in
politica estera nuove funzioni
e nuove modalità. Non è soltanto la comunicazione tra Governi ad avvenire sempre più
spesso in forma pubblica. Vi è
una comunicazione rivolta alle
opinioni pubbliche non solo
nel proprio Paese ma anche al
di là delle frontiere nazionali,
a all’insieme di organizzazioni
impegnate socialmente e politicamente che compongono
la società civile, che riveste una
rilevanza crescente. Mi riferisco per esempio alla funzione
che svolge l’interazione con le
ONG nell’ambito del G8, di cui
quest’anno l’Italia esercita la
Presidenza. E’ poi sotto gli occhi
di tutti il ruolo ed il valore che ha
assunto, con la crisi economica
e finanziaria di questi mesi, la
comunicazione dei Governi
con i mercati internazionali.
Ma vi è un altro aspetto per noi
rilevante. Nell’odierna vastità
del panorama informativo, la
Farnesina, nella sua attività
di comunicazione esterna, si
adopera affinché il pubblico
sia sempre più cosciente che la
politica estera del Paese non è
una coda del dibattito interno
ma, piuttosto, una componente essenziale dell’ indirizzo politico nazionale, che si ripercuote
ogni giorno in maniera molto
concreta sulla vita di ciascuno.
L’obiettivo è far comprendere
come i problemi internazionali abbiano oggi conseguenze
dirette sul livello di benessere
e sulla sicurezza dei cittadini,
le cui sorti si difendono fuori
dai confini nazionali, nelle aree
più remote dove sono si sviluppano il terrorismo, il traffico
di droga, la criminalità organizzata transnazionale, i flussi
migratori. Per far comprendere
il valore aggiunto della funzione del Ministero degli Esteri al
servizio del cittadino e dunque
accrescere, anche in termini di
consenso consapevole, l’ efficacia delle scelte fondamentali di
politica internazionale.
Come giudica lo stato di
avanzamento nel nostro Paese della integrazione tra la diplomazia dello Stato e quella
delle ONG e delle imprese
che sono presenti in un altro
Paese?
I risultati della politica estera
di un Paese come l’Italia si misurano oggi in buona parte sul
terreno della competitività. La
rapida e profonda trasformazione del contesto internazionale, sempre più caratterizzato
da sfide globali, e le dimensioni
dei mercati richiedono però,
per competere con efficacia,
un approccio integrato, di sistema, nel quale tutti i soggetti,
istituzionali e non, giocano in
squadra.
L’ economia italiana ha infatti
vissuto trasformazioni molto
profonde nell’ ultimo quarto di
secolo. Con il superamento delle partecipazioni statali, in parallelo ad un processo di ristrutturazione e concentrazione
del sistema creditizio, il nostro
apparato produttivo si è molto
frastagliato ed al contempo si
è “ri-articolato” lungo le nuove
direttrici dell’economia mondiale, che trovano il loro baricentro naturale non più nello
spazio euro-atlantico ma fra l’
Atlantico ed il Pacifico. Abbiamo sviluppato uno schema di
capitalismo peculiare che, in
questa congiuntura, presenta
non poche virtù di reattività
anticiclica.
Si è inevitabilmente accresciuto - ed è un bene - anche il
ruolo degli attori delle relazioni
internazionali diversi dagli Stati. Penso ad esempio alle ONG,
con le quali la Farnesina collabora efficacemente non solo
nell’ attuazione dei programmi
di cooperazione allo sviluppo,
ma anche nei teatri di crisi, cioè
nei fronti più avanzati del nostro spazio di sicurezza.
Non c’è dubbio, però, che l’integrazione fra la proiezione dello
Stato sullo scenario internazionale e quella degli altri soggetti non è più scontata come
lo era un tempo. Va ridefinita
e ricostruita giorno per giorno.
Diviene così indispensabile
un’efficace azione di raccordo
ed indirizzo delle attività di
promozione degli interessi italiani fuori dai confini. In questo contesto, il Ministero degli
Esteri utilizza il suo “asset” qua-
lificante, cioè la propria rete all’
estero, per promuovere la coerenza e l’ unitarietà dell’ azione
dei soggetti, sia istituzionali
che del mondo produttivo, che
a vario titolo si occupano della
promozione del nostro Paese.
Per esercitare al meglio tale
funzione, sulla scorta di un
costante impulso politico in
tal senso - al quale il Ministro
Frattini ha impresso ulteriore
slancio - la Farnesina si è dotata
di nuove strutture e nuove metodologie per potenziare l’attività di sostegno alla proiezione
internazionale degli interessi
economici del Paese. Il Ministero degli Esteri si è aperto in
modo organico alla riflessione
congiunta con istituzioni, imprese, mondo accademico e
dell’informazione, per elaborare strategie condivise nell’ambito delle quali avviare iniziative organiche e coordinate, sulla
base di interessi collettivi ben
individuati.
La Farnesina si sta impegnando, in altri termini, per contrapporre al “disordine creativo” del
sistema economico, che non è
più riconducibile all’ azione di
pochi grandi gruppi nell’ arena delle relazioni economiche
internazionali, la “coerenza
competitiva” dell’apparato istituzionale. Stiamo cambiando
strutture, mentalità e metodi di
lavoro per rendere sempre più
solido questo innovativo pilastro della nostra azione, che si
aggiunge ai due più tradizionali, e tuttavia anch’ essi riadattati
alle mutate esigenze, vale a dire
l’ elaborazione delle opzioni di
politica estera e la tutela dei cittadini e delle imprese.
Quali le principali sfide per
i diplomatici in questa prospettiva?
La spinta delle nuove tecnologie comunicative e la presenza
di una pluralità di attori non
statuali sulla scena internazionale dotati di risorse ben più
cospicue di quelle destinate
dal bilancio dello Stato alla
politica estera, hanno oggi trasformato in parte la funzione
della diplomazia. Della quale
vi è però quanto mai bisogno.
La globalizzazione è infatti un
fenomeno complesso e multiforme e in quanto tale, deve
essere governato. La crisi finanziaria ha posto sotto gli occhi di
tutti quale sia la posta in gioco,
evidenziando l’esigenza di una
governance dei fenomeni globali in grado di far fronte alle
crisi di natura sistemica, oltre
che alle cosiddette sfide globali
(crisi alimentare, ambiente ed
energia). Ma la governance globale postula un’azione concertata e coordinata dei Governi,
rendendo ancora più cruciale il
ruolo dello Stato e quindi della
diplomazia.
Una diplomazia, però, che sappia innovarsi continuamente
per essere al passo con i tempi.
Che parli la stessa lingua della globalizzazione ma senza
dimenticare la propria lingua
madre, che abbia la capacità di
rivolgersi ai propri interlocutori
a livello locale comprendendone e decifrandone il linguaggio,
i codici. Non dimentichiamo
infatti che nel mondo globale
continuano – fortunatamente – a convivere una pluralità
di culture, realtà e sensibilità
locali. E’ compito del diplomatico sapersi indirizzare ai suoi
pubblici nel modo in cui il suo
messaggio può essere compreso al meglio. Ecco, ancora una
volta, l’importanza di saper comunicare. Think global, speak
local…
Proprio in questa ottica, anche
nei programmi di formazione
e di aggiornamento professionale dei diplomatici abbiamo
voluto inserire, in collaborazione con la FERPI, un corso dedicato alla comunicazione ed in
particolare alle più innovative
tecniche di public diplomacy
istituzionale e aziendale la cui
prima edizione si è svolta proprio nelle scorse settimane.
Giampiero Massolo
public diplomacy
Il direttore dell’Istituto Diplomatico
La comunicazione asset
fondamentale nella
modernizzazione della
diplomazia internazionale
Il progetto di collaborazione tra la Ferpi e il Ministero degli Affari Esteri sulla Public Diplomacy è stato seguito e
coordinato, sin dall’inizio, dal Consgliere d’Ambasciata
Emanuela D’Alessandro, attuale Direttore dell’Istituto Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri. A lei abbiamo
chiesto di fare il punto sui risultati del Corso, prima iniziativa dell’accordo tra l’Associazione e l’Istituto Diplomatico.
Donatella Giglio
Quali competenze legate alla comunicazione possono
essere considerate rilevanti per un diplomatico?
Il tema della comunicazione è una delle priorità del nostro
Ministero. Sulla base del piano di comunicazione che ogni
anno il Ministero Affari Esteri adotta, la comunicazione è diventata, infatti, un asset fondamentale da inserire nella formazione professionale dei diplomatici e di tutto il personale
della Farnesina perché considerata un elemento cruciale della modernizzazione della nostra struttura. Tale formazione è
mirata sia a migliorare le communication skills individuali sia
a fornire un quadro generale delle molteplici attività di comunicazione che un’organizzazione complessa, come il MAE,
si trova ad intraprender nella propria attività quotidiana in
un mondo sempre più globalizzato. Nello specifico le competenze legate alla comunicazione che più consideriamo
rilevanti per i nostri funzionari sono quelle specifiche della
comunicazione interna, esterna, interistituzionale e soprattutto quelle legate alla gestione delle relazioni con il pubblico in un’ottica sempre più orientata alla multimedialità nella
comunicazione pubblica.
Dejan Vercic. A destra, in basso, uno dei laboratori del corso
Le Rp sempre più necessarie
Vercic, le Rp sono la tecnologia sociale per trasferire messaggi
Le Relazioni Pubbliche sono la tecnologia sociale per il trasferimento
dei messaggi di un’organizzazione.
E’ quanto afferma Dejan Vercic.
Co-autore con Mark A. Van Dyke
di un capitolo su “Public Relations,
Public Diplomacy, and Strategic
Communication” nel Global Public
Relations Handbook. Vercic è uno
dei più autorevoli accademici e
professionisti al mondo.
di Dejan Vercic
La struttura del mondo in cui viviamo è basata sulla supposizione che
persone razionali vivono in stati sovrani. Ma né gli esseri umani sono
perfettamente razionali né gli stati
sono completamente sovrani. Questo è il motivo per cui le Relazioni
pubbliche e la Public diplomacy
sono necessarie. Esseri umani perfettamente razionali prenderebbero
sempre decisioni perfettamente
razionali; non ci sarebbe alcun bisogno o possibilità di influenzare il
nostro modo di pensare, sentire e
agire. Le Relazioni pubbliche sono
necessarie e possibili appunto perché siamo tutti inclini all’errore e
in quanto ‘animali sociali’ abbiamo
bisogno di interagire a livello comunicazionale. È così che viviamo, è così
che ci sviluppiamo. Le Relazioni pubbliche sono la tecnologia sociale per
trasferire le nostre scelte da un gruppo ad un altro senza violenza o commercializzazione. Ma gli esseri umani
come ‘animali sociali’ non vivono in
paesi perfettamente sovrani. Tali paesi hanno governi che vietano ai loro
cittadini di comunicare liberamente
con persone di altri paesi. La sovranità nelle relazioni internazionali è
invocata di solito tra paesi non-amici;
gli alleati sono stati sempre aperti
alla comunicazione trans-nazionale.
Tra avversari, la comunicazione pubblica dei governi o dei diplomatici
rivolta ai cittadini di altre nazioni è
stata vista spesso come sovversiva o
rivoluzionaria.
Inoltre, politiche regionali e globali,
alleanze militari ed economiche (ad
esempio: UE, NATO, ONU) hanno
perfezionato i ruoli tradizionali dei
governi in modo tale che la tutela
“esterna” dei diritti e delle libertà
umane, includendo la protezione
dei ceti inferiori, sta guadagnando
un consenso sempre più ampio. I
progressi tecnologici che hanno
permesso la globalizzazione hanno
consentito, inoltre, agli attori nonstatali di diventare delle serie minacce per la sicurezza nazionale di molti
paesi, e tali minacce asimmetriche
alla sicurezza non possono essere
affrontate con le tradizionali reazioni
militari. Non solo gli Stati Uniti, con
tutte le loro coalizioni, sono incapaci di vincere le battaglie militari
decisive in Iraq e in Afghanistan che
porterebbero regimi politici duraturi
- semplicemente devono negoziarli
con le rispettive forze locali, sociali e
politiche. L’attuale pace in Europa
per una parte non trascurabile si sta
appoggiando sui soldati dell’UE e
della NATO, sulla polizia e altre forze
della Britain Abroad Task Force, sia
esplicativo. In alto a destra della
figura abbiamo acute e manifeste
attività, come il crisis management
dove la comunicazione è necessaria
immediatamente, è vista immediatamente, e produce effetti immediatamente. In basso a sinistra abbiamo
attività più lente e latenti, come il reclutamento degli studenti per il Regno Unito o i programmi di scambio
giovanili. Queste attività sono meno
evidenti, raramente visibili pubblicamente e, semmai, producono effetti
ritardati.
I governi contemporanei devono essere in grado di lavorare su entrambi
i livelli, latenti e manifesti. La Public
diplomacy si occupa di entrambi, e
le Relazioni pubbliche possono essere il partner più affidabile. La Public
diplomacy e le Relazioni pubbliche
hanno molte similitudini (entrambi
sono ruoli di confine, entrambi usano la comunicazione, entrambi lavorano per conto di qualcuno altro...), il
primo opera a livello internazionale
e l’altro a livello interorganizzativo.
Quali le ragioni che hanno spinto alla collaborazione con
Ferpi?
Perché la lunghissima
esperienza della Ferpi
nel campo delle Relazioni pubbliche in Italia e
all’estero ha potuto garantire la qualità e la professionalità necessarie per
intraprendere questo primo esperimento formativo sulla Public Diplomacy
rivolto ai Consiglieri di Legazione, ossia quei funzionari diplomatici con dieci
- dodici anni di esperienza
professionale, di cui otto
passati in sedi estere.
Quali opportunità possono nascere per l’ISDI da questo
primo corso sulla Public Diplomacy?
E’ nostra intenzione estendere il corso sulla Public Diplomacy
ai giovani diplomatici di nuova assunzione, oltre che proporlo nei prossimi corsi per i Consiglieri di Legazione. Ma stiamo
pensando ad interventi più mirati anche per altre categorie
professionali del Ministero degli Esteri.
impegnate in Bosnia Erzegovina e in
Kosovo. È necessaria la benevolenza
locale prima che questi possano andar via.
La Public diplomacy è uno sforzo
pianificato e organizzato da un governo per conquistare consenso,
approvazione e - nella fase finale
- ammirazione da parte delle popolazioni straniere. Ci sono diversi modi
per descriverla, ma ritengo che lo
schema che vi propongo, preparata da Jonathan Griffin, ex direttore
Non c’è da stupirsi che molti nel settore aziendale vedano il bisogno di
una ‘corporate diplomacy’, mentre
molti nel governo vedano la necessità di ‘government public relations’.
L’iniziativa della FERPI e dell’Istituto
Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri è un passo opportuno nella
giusta direzione per equipaggiare la
diplomazia italiana degli strumenti
giusti al momento giusto.
(traduzione di Donatella Giglio e
Amanda Jane Succi)
Come hanno reagito, secondo lei, i partecipanti?
I partecipanti a questo primo corso hanno sicuramente reagito con grande interesse e curiosità verso una tematica
che entrava per la prima volta tra le materie che usualmente compongono il programma dei corsi di formazione per i
Consiglieri di Legazione. Il corso è senz’altro servito a promuovere tra i partecipanti la consapevolezza dell’importanza della comunicazione pubblica nel contesto delle funzioni
che si troveranno a svolgere, specialmente una volta destinati in una sede all’estero.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
13
internazionale
Scenari
Le nuove
competenze
professionali
Due importanti ricerche
europee tracciano lo scenario delle competenze
dei professionisti di Rp
per i prossimi anni.
di Joao Duarte
Lo studio European Communication Monitor lo ha
affermato
chiaramente:
per i professionisti di Relazioni pubbliche in Europa,
la Comunicazione Interna
e change management è il
settore in più rapida crescita in termini di importanza.
Secondo lo stesso studio, si
svilupperà fino a diventare
la terza disciplina più importante entro il 2011.
Forse a causa del suo valore nell’aiutare ad affrontare
quello che i professionisti di
Rp ritengono il loro problema numero uno “Collegare
la strategia di Business con
la comunicazione” (45,4%).
Dopo questo, “Affrontare la
questione dello sviluppo
sostenibile e della responsabilità sociale” (41,3%) e
“Occuparsi dell’evoluzione
digitale e del web sociale”
(38,5%) appaiono come
le altre preoccupazioni
prioritarie.
Interessante
un altro recente rapporto
dell’Associazione Europea
dei Direttori Comunicazione (European Communication Report) che individua
alle prime tre posizioni
come questioni prioritarie
nella comunicazione “CSR”
(29,1%), “Globalizzazione”
(25,7%), “Pluralismo dei
media” (17,8%). Nonostante le diverse metodologie
utilizzate, queste sono differenze significative su cui
si ci sarebbe molto da commentare. Lo stesso studio
afferma che i professionisti
della comunicazione non
sono espressamente a supporto di una normativa in
tutta Europa sulla certificazione per i professionisti
della comunicazione, ma la
maggioranza (64%) sostiene l’idea di una normativa
europea sulla certificazione per la qualifica delle
istituzioni. Immagino che
questa sia una buona notizia per le associazioni professionali e, certamente,
una percentuale che potrebbe indicare un grande
potenziale di crescita per le
loro iscrizionii
14
relazioni pubbliche - n. 56/2009
A Lugano, presso l’Università della Svizzera Italiana (Usi), la conferenza annuale dei business
Il nuovo ruolo e le sfide della
A margine del convegno IABC
Euro Comm 2009, tenutosi
all’Università della Svizzera
italiana (USI) di Lugano agli
inizi di febbraio, abbiamo
colto l’occasione per incontrare Nina Volles e Francesco
Lurati per parlare con loro
delle tendenze della comunicazione d’impresa. Nina
Volles è direttrice esecutiva
dell’Executive Mscom - Master of Science in communications management, nonché
segretaria generale di Global
Alliance, mentre Francesco
Lurati è responsabile accademico del programma Executive MScom e direttore del
Master of Science in Corporate Communication. L’USI
è l’unica realtà universitaria
svizzera che contempla una
facoltà di scienze della comunicazione e un’area specifica
in corporate communication,
la più consistente per numero
di studenti. Gli studenti iscritti sono circa 60 all’anno per il
Bachelor (l’equivalente della
“laurea triennale” – nda), 30
per il Master (la “laurea specialistica o magistrale” - nda) e 25
per l’Executive master.
di Marco Bardus
Iniziamo da Nina Volles. Circa 150 partecipanti, provenienti principalmente dalla
Svizzera e dall’Europa, due
giorni intensi di presentazioni e momenti di “networking”. Che cosa ha significato
la conferenza IABC per l’USI?
Nina Volles. L’International association of business communicators (IABC) quest’anno voleva che l’evento europeo fosse
ospitato da un’università e così
i responsabili si sono rivolti a
noi. Quest’opportunità è stata
un importante banco di prova
che ci ha permesso di testare le
nostre capacità organizzative.
Indubbiamente tutto ciò ci ha
anche portato una discreta visibilità a livello internazionale
e possiamo dirci molto soddisfatti di come è andata. Inoltre,
la conferenza è stata un’ottima
occasione per far avvicinare
i nostri studenti a una realtà
associativa molto dinamica e
in linea con le loro esigenze.
Lo “stile” di IABC attrae molto i
giovani, soprattutto i quadri e i
manager della comunicazione
d’impresa, interessati a capire
le tecniche e gli strumenti e a
crearsi dei contatti.
I “networking events” erano
una parte non trascurabile di quest’evento, ma non
sono mancati interventi che
hanno puntato sugli aspetti
“strategici”.
Nina Volles. Certamente, la
strategia è fondamentale. L’ha
sottolineato più volte Cees van
Riel durante il suo intervento.
Il convegno inaugurale di Eurocomm 2009. A destra, nell’altra pagina, Francesco Lurati
La comunicazione d’impresa
ha un ruolo fondamentale nella
definizione della cultura aziendale ed è necessario puntare
sulla pianificazione strategica
e all’eccellenza, soprattutto di
questi tempi... Il mercato ha bisogno di competenze specifiche, manageriali e strategiche.
È sempre più chiaro che chi
vuole fare carriera nel campo
delle relazioni pubbliche debba avere competenze di base
in economia e finanza.
Queste competenze sono
fondamentali per parlare la
stessa lingua dei dirigenti
d’azienda. E dove si formano
i nuovi manager della comunicazione se non nelle Università?
Briggs, presidente iabc europa: un buon comunicatore deve essere
Il 9 e 10 febbraio scorsi presso
l’Università della Svizzera Italiana di Lugano alcuni tra i più
autorevoli professionisti europei e di altre parti del mondo
si sono ritrovati per l’EuroComm promosso dalla IABC,
l’Associazione Internazionale
dei Business Communicators.
Fondata nel 1970, rappresenta un network professionale
di circa 16.000 professionisti
appartenenti a più di 70 paesi.
A margine del convegno che è
stato patrocinato e sostenuto
da Ferpi, abbiamo intervistato
Rob Briggs, Senior Manager
Communications per la britannica RBC Wealth Management
e Presidente della sezione IABC
per l’Europa e il Medio Oriente.
Amanda Jane Succi
Sia per il suo ruolo professionale
che per l’importante incarico in
IABC, ha un osservatorio privi-
legiato dello scenario Europeo relativo relativamente alla business
communication. Come ritiene che
la comunicazione sia cambiata
negli ultimi anni e verso quali orizzonti sta evolvendo in Europa?
La business communication è cambiata radicalmente e continua ad
evolversi in Europa. Positivamente
intendo. Si può dire che negli ultimi 10-15 anni vi è stata una vera
rivoluzione. Il relatore pubblico o il
comunicatore d’impresa era storicamente considerato come la figura che preparava le press releases
o che scriveva i discorsi e le news
aziendali, mentre oggi ricopre un
ruolo considerato essenziale e funzionale nella logica d’azienda, direi
strategico, e senz’altro molto più
valorizzato. La comunicazione oggi
è sicuramente più complessa da
gestire rispetto a una volta e ritengo che un buon comunicatore oggi
debba saper essere anche uno stratega, uno psicologo e maestro di diverse tecnicità. La nostra è una pro-
fessione in evoluzione, sicuramente
non è una professione statica, e nel
complesso posso dire che si tratta
comunque di una professione ancora giovane.
Si parla sempre più spesso dell’importanza dei social media e di internet. Essi comportano un nuovo
modo di gestire la comunicazione.
Quanto ritiene che questi nuovi
strumenti abbiano influenzato le
strategie di RP e di comunicazione?
Non credo che abbiano influenzato o che debbano influenzare le
strategie di RP e di comunicazione.
Più precisamente credo che sia più
importante che il comunicatore o
il relatore pubblico pensi attentamente al media mix, pensi ai canali
che deciderà di usare e quanto essi
siano appropriati al lavoro che deve
svolgere. Deve avere chiaro anche
quanto siano appropriati i mezzi
di distribuzione dei suoi messaggi,
della comunicazione che deve ge-
stire. Per fare un esempio, Toni Muzi
Falconi ed io ci siamo soffermati a
riflettere sull’uso dei podcast. Siamo
grandi abbastanza per ricordarci
quando al personale di vendita veniva dato un nastro di registrazione
piuttosto che un cd da ascoltare
nella loro macchina e da cui potevano ricevere informazioni e notizie
aziendali oltre ad apprendere spiegazioni circa rapporti di vendita o
quanto avevano bisogno di conoscere. Oggi vi sono più strumenti a
nostra disposizione e, a dire il vero,
non vedo molta differenza nell’uso
che si può fare dei diversi strumenti
nuovi e vecchi. Si tratta solo di saperne gestire correttamente il mix.
La formazione rappresenta un
momento importante sia per chi
vuole svolgere la nostra professione, sia per chi desidera aggiornarsi ed essere un professionista
sempre al passo con i tempi. In
sostanza, i programmi formativi
devono essere pensati per in-
internazionale
communicators della IABC, patrocinata da Ferpi
comunicazione d’impresa
mercato. Le scuole “classiche”
di comunicazione devono
darsi una mossa e incorporare
maggiormente le componenti
economiche, per non perdere
competitività sul mercato della
formazione.
Nina Volles. Sì, anche se questa
tendenza sembra essere stata
compresa prima dalle business
school, capaci di offrire curriculum che prevedono l’insegnamento di competenze multidisciplinari nei settori finanziario
ed economico. Questi centri
della formazione aziendale
hanno un’esperienza professionale specifica e più orientata al
Come si colloca l’USI rispetto
a questa tendenza, prof. Lurati?
Francesco Lurati. L’USI è del
tutto in linea con questa tendenza. Infatti, ciò che caratterizza maggiormente i nostri corsi
di comunicazione d’impresa
è proprio una forte impronta
manageriale, presente a tutti
i livelli. Pensiamo che il comunicatore debba contribuire
alla definizione degli obiettivi
aziendali e non semplicemente
sostenerli. Per farlo, come è il
caso per le altre funzioni aziendali, il comunicatore aziendale deve fare capo a analisi e
“evidence”: metodi di ricerca e
statistica assumono quindi un
ruolo importante. I nostri corsi
vengono così svolti in comune
con quelli di management (finanza, contabilità, marketing,
etc.) e sono focalizzati sulla strategia aziendale.
Come si concilia l’esperienza
di Lugano con il mercato?
Francesco Lurati. Abbiamo
diversi rapporti con il tessuto
imprenditoriale e con le agenzie di relazioni pubbliche a
livello locale e internazionale.
I contatti diretti li otteniamo
prima di tutto con i professionisti che partecipano al nostro
Executive master, giudicato tra i
migliori a livello internazionale.
In secondo luogo, come parte
integrante dei nostri Master in
comunicazione aziendale, sviluppiamo dei progetti di consulenza e comunicazione integrata per diverse aziende. Ogni
anno ne presentiamo nel complesso circa 25 e sono tutt’altro
che simulazioni. Caratteristica
interessante di questo lavoro
di gruppo è che gli studenti di
comunicazione sono affiancati
da quelli degli altri master di
marketing e di management. È
questo che li rende dei progetti
strategici e competitivi.
cazione da tutta la Svizzera.
E a livello internazionale?
Francesco Lurati. Siamo in
diretto contatto con diverse
associazioni professionali: oltre
alla IABC, per conto della quale
abbiamo organizzato la conferenza, grazie al lavoro di Nina,
abbiamo portato a Lugano
anche il segretariato generale
della Global Alliance for Public
Relations and communication
management. Con la realtà
italiana sono legato indirettamente a FERPI, in quanto membro del comitato scientifico
del master in comunicazione
d’impresa della IULM, in collaborazione con FERPI e Assorel,
e dell’osservatorio sulle RP e
sulla comunicazione d’impresa
della IULM. Abbiamo inoltre intensi contatti con Euprera. Ogni
anno i nostri studenti partecipano al Jos Willems Award, premio che negli ultimi anni ci ha
portato diverse soddisfazioni.
Quali sono invece i rapporti
con le associazioni professionali?
Francesco Lurati. A livello svizzero stiamo imbastendo l’Osservatorio sulla comunicazione
d’impresa e sulle relazioni pubbliche in collaborazione con
l’Istituto svizzero per le relazioni pubbliche (SPRI), di cui faccio
parte in qualità di membro del
consiglio di fondazione. Abbiamo inoltre ottimi rapporti
anche con le associazioni SPRG
e BPRA (le corrispettive di FERPI
e Assorel - nda) e con HarbourClub, associazione che riunisce
circa 50 direttori della comuni-
Rob Briggs
di Giancarlo Panico
Obama
La politica nell’era di Facebook
Giuliano da Empoli
Marsilio
Anche se il breve saggio di Giuliano Da Empoli si riferisce alla
campagna elettorale del neopresidente degli Stati Uniti e dunque
è un’analisi critica non influenzata
dalla vittoria, successiva alla pubblicazione del libro, del senatore
di Chigaco, la sua lettura è molto
utile e aiuta a comprendere come
i social media e i social network
rappresentano non più strumenti
ma un’estensione delle relazioni
sul web, indispensabili al successo
di qualsiasi strategia di Rp.
Internal branding
Strategie di marca per la cultura
d’impresa
Patrizia Musso (a cura di)
Franco Angeli
Mai come nel periodo che stiamo
vivendo, in cui l’immagine prende
il sopravvento su qualsiasi altra
forma di comunicazione, il brand
rappresenta uno degli elementi
fondamentali nelle strategie di
relazioni con i pubblici. Questo
interessantissimo volume rilegge
le strategie di marca in un ottica
intra-organizzativa introducendo
un concetto tanto nuovo quanto
fondamentale dell’Internal branding.
L’Opinione Pubblica
Walter Lippmann
Donzelli
anche un manager e uno stratega
contrare le esigenze del mercato
odierno. Su cosa ritiene si debba
puntare di più per ottenere il massimo in riferimento alla preparazione dei programmi universitari,
dei master e della formazione in
relazioni pubbliche e in comunicazione?
Innanzitutto si dovrebbe puntare di più sulla costruzione di un
maggiore rapporto tra accademia
e professionisti. Mi riferisco sia ai
consulenti e alle agenzie di RP e di
comunicazione che alla classe manageriale e dirigenziale. Io stesso
ho partecipato a programmi per
master in comunicazione e conosco molte persone che lavorano
per l’università o che hanno seguito programmi simili. E’ importante assicurarsi che il contenuto dei
programmi di formazione, siano
essi master o corsi universitari, siano quanto più aderenti alla pratica
reale e al lavoro quotidiano che si
intraprenderà una volta terminato
il percorso di studio. L’altro elemen-
Letture
zione e di rp?
Credo che le associazioni nazionali di relazioni pubbliche o di
comunicazione siano assolutamente essenziali. Se si considera
il clima economico attuale, le associazioni forniscono una grande
opportunità che è quella di creare
un network, che permette a sua
volta di fare emergere un mercato professionale più nascosto. Da
qui si apre un’altra importante
opportunità, ossia di creare nuovi
accordi, nuovi legami con fornitori, il tutto alimenta fortemente
lo sviluppo professionale. Non c’è
dubbio che a livello nazionale una
associazione è concretamente
fondamentale. In più, se si sta lavorando anche su un fronte internazionale, allora, lo stesso meccanismo di creazione di determinati
collegamenti internazionali sono
altrettanto vitali per il successo del
proprio business.
to su cui dovremmo concentrarci, e
che ritengo altrettanto importante,
è la possibilità di dare spazio ai senior level practitionners e di assicurare che essi abbiano accesso ai
corsi e ai master, attraverso i quali
possono condividere e trasferire la
loro conoscenza professionale. Anche se semplicemente come guest
lecturers, è fondamentale che vi sia
uno scambio ed una forte interazione tra i partecipanti e chi svolge la
professione ad alti livelli. Solo così
si potrà davvero trasmettere una
concreta conoscenza della pratica professionale. In questo modo
si aiuterebbe automaticamente
a promuovere la migliore reputazione della comunicazione o delle
relazioni pubbliche, come professione rispettabile e che vale la pena
seguire.
Lei Ha un incarico importante in
IABC. Che ruolo devono avere,
secondo lei, le associazioni nazionali e internazionali di comunica
Un classico che l’editore, di tanto in tanto,
ristampa. In tempi
di social network e
di
frammentazione
dell’opinione pubblica
conviene rileggerlo per
rinfrescare alcuni aspetti fondamentali nella
costruzione del consenso e dell’opinione. Di
grande attualità.
Il Mercato
Italiano della
Comunicazione
d’impresa e delle
Istituzioni
a cura di
Assocomunicazione
Guerini e Associati
Questo documento è il
primo studio di taglio
economico realizzato
sul mercato italiano
degli investimenti in
pubblicità. Un vero e
propro Libro Bianco
che è il frutto di un lungo lavoro di ricerca che
ha coinvolto numerosi
specialisti e operatori
di settore. Il volume,
attraverso dati recenti, analizza la funzione
della comunicazione
ed in particolare della
pubblicità nello sviluppo economico, sociale e
culturale del Paese.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
15
forum comunicazione
Il Forum 2009
l’italia che comunica
si incontra a roma
E’ alla seconda edizione ma il Forum della Comunicazione rappresenta già un appuntamento immancabile nell’agenda dei professionisti
italiani ma anche per tanti studenti, docenti e ricercatori. Ideato da
Fabrizio Cataldi e organizzato da Comunicazione Italiana, rappresenta un modello innovativo di fare evento, tanto che attorno a questa
iniziativa, sin dal suo primo lancio, si è creata una community professionale. Il successo dello scorso anno ha “costretto” gli organizzatori e
i partner che lo sostengono a spostare la manifestazione al Palazzo
dei Congressi di Roma. L’appuntamento quest’anno è per il 26 e 27
marzo nello storico spazio all’Eur, per una due giorni di incontri, convegni, workshop, eventi in cui interverranno imprenditori, top manager, comunicatori, opinion leader delle istituzioni, dell’economia
e del mondo dell’informazione. L’obiettivo è mettere in evidenza il
ruolo della comunicazione come leva principale per lo sviluppo economico, sociale, culturale, politico ed istituzionale di un paese, specialmente nel contesto attuale, dove la priorità è ripristinare fiducia e
aprire il presente alla speranza. Quattro i temi centrali del Forum che
costituiranno il dibattito pubblico delle plenarie: Italian style e l’immagine dell’Italia nel mondo, la formazione universitaria e d’impresa
e l’apertura delle professioni, l’innovazione a partire dai new media, la
responsabilità sociale, gli scenari del sistema mediatico alla luce dei
cambiamenti della società. Completano il programma le conferenze
parallele, workshop e seminari che costituiscono occasioni di approfondimento e confronto sui temi della comunicazione d’impresa, del
product placement, della comunicazione istituzionale, della valorizzazione del territorio, del design, dei new media e del marketing 2.0.
L’evento è stato realizzato grazie alla partnership di Gruppo Ferrovie
dello Stato, alla main partnership di Iperclub Spa e di Vodafone Italia, e alla official partnership di Microsoft con i brand online MSN e
Windows Live, Adobe Systems, Adecco, Propaganda Italia-Gruppo
Propaganda Global Entertainment Marketing, di Antonio Amato & C.
Molini e Pastifici S.p.A, ha lanciato la sfida di mettere in rete i principali
player del settore con il mondo accademico, le imprese, le associazioni di categoria e le istituzioni. Il Forum della Comunicazione, sin dalla
prima edizione, nasce in collaborazione con le principali associazioni
professionali della comunicazione: Ferpi, Assorel, Unicom, Associazione della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, Fedoweb (Federazione Operatori Web), TP e HRCommunity. <Siamo riusciti a creare il
primo business network della comunicazione che unisce i profili di
top manager e professionisti del mondo aziendale ed istituzionale
– afferma Fabrizio Cataldi – nella due giorni del Forum cercheremo
di sottolineare l’importanza di investire nei
nuovi strumenti di comunicazione, invitando
tutti i professionisti al dialogo costante con
i nuovi stakeholders ed opinion maker del
web 2.0, sperimentando tutte le frontiere dei
new media e delle R.P. on line. Il Forum è lo
scenario ideale per confrontarsi su opinioni, attività e le iniziative di comunicazione
e potrebbe rappresentare, senza dubbio, l’opportunità di ampliare il network di un professionista>. Il Forum della
Comunicazione è patrocinato da Comune di Roma, Regione Lazio,
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero della Pubblica
Amministrazione e Innovazione, Unioncamere, ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo, Invitalia e l’Agenzia del Territorio che hanno creduto
nelle finalità della manifestazione così come i partner accademici che
ne garantiscono la genuinità dei contenuti scientifici quali la Facoltà
di Scienze della Comunicazione dell’Università Sapienza di Roma, Sda
Bocconi, ed il Master in Economia e Gestione della Comunicazione
e dei Media, Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata e
l’Istituto Europeo di Design. Le principali sessioni del Forum saranno
supportate dalla presentazione di “ricerche e studi” curati dall’Istituto
Piepoli, research partner dell’evento. Social partner dell’evento sono
Legambiente e Pentapolis, mentre è social partner organizzativo
L’Aurora Comunicazione per lo sviluppo dei dibattiti sulla responsabilità sociale. Il Forum della Comunicazione si avvale infine del contributo di Nòva24 de Il Sole 24 ORE e della media partnership di Economy,
IGPDecaux, Gruppo Adnkronos, La7, RDS e MARK UP che seguiranno
i lavori del Forum in tutte le sue fasi. Comunika TV è la web-tv ufficiale
del Forum della Comunicazione che trasmette le sessioni principali
dei due giorni di lavori in diretta streaming all’indirizzo www.comunika.tv e sarà presente all’interno del Forum con un vero e proprio
studio mobile. L’organizzazione del Forum è stata resa possibile grazie
ai partner tecnici come SPQR NETWORK che ha curato la creatività
del Forum, EGA, che cura l’organizzazione operativa dell’evento, Eur
Congressi, la società che gestisce la location del Forum ed Ergo Italia
Spa, technology partner che fornisce tutti supporti tecnologici.
16
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Alemanno: solo la conoscenza diffusa e capillare delle attività
Agenzia del territorio: la sfida
In tutte le attività legate al mercato immobiliare, che rappresenta una delle voci più importanti
dell’economia italiana, è coinvolto
un ente, l’Agenzia del Territorio
che ha un ruolo molto delicato.
Istituita dalla riforma del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha il compito di assicurare
al cittadino ed ai professionisti,
alle Pubbliche amministrazioni,
agli Enti pubblici e privati, una
corretta ed efficace gestione del
sistema di informazioni catastali e
di pubblicità dei beni immobiliari,
nell’ottica del miglioramento della qualità dei servizi offerti e del
raggiungimento degli obiettivi
di politica fiscale ed erariale. Un
ruolo delicato e complesso che
comporta la gestione di centinaia di migliaia di relazioni e in cui
la comunicazione gioca un ruolo strategico fondamentale. Ne
abbiamo parlato con Gabriella
Alemanno, Direttore dell’Agenzia
del Territorio dal mese di luglio
2008. Ha ricoperto diversi e importanti incarichi pubblici ed ha
diversi incarichi di docenza, tra cui
quello presso la Scuola Superiore
dell’Economia e delle Finanze.
Commendatore della Repubblica, nel 2007 le è stato assegnato il
Premio Bellisario.
di Donatella Giglio
L’Agenzia del Territorio è una istituzione che si occupa di questioni
legate a materie che richiedono
un’alta specializzazione tecnica.
In questo contesto, quale ruolo è
stato riservato all’ICT nei servizi
resi al cittadino?
Il contenuto non può prescindere dalla forma. Ciò significa che il
Gabriella Alemanno
compito cui l’Agenzia è tenuta a
rispondere per suo mandato istituzionale, richiede una serie di iniziative rivolte alla diffusione delle
attività svolte e divulgazione dei
risultati ottenuti, anche per fornire
all’opinione pubblica una chiara
percezione delle linee di responsabilità seguite dall’Agenzia nella
propria attività. Un esempio, in tal
senso, può essere rappresentato
dal dialogo con l’utenza esercitato
tramite i servizi offerti con il sito
internet dell’Agenzia, che rappresenta una sorta di Ufficio virtuale.
Chi si collega, infatti, può ottenere
visure catastali on-line con diverse
modalità: digitando l’identificativo catastale del bene, oppure
con l’accreditamento al fisconline
dell’Agenzia delle Entrate per avere la visura catastale completa, o
anche attraverso il servizio Certitel
realizzato con Poste Italiane, con
consegna a domicilio. È inoltre possibile effettuare ispezioni ipotecarie
Carosio (FS): promettere e mantenere gli impegni
Daniela Carosio è Direttore Centrale Comunicazione Esterna del
Gruppo Ferrovie dello Stato dov’è
entrata nel 1995 ricoprendo il ruolo di Responsabile Pubblicità e di
Formazione e Sviluppo competenze. In passato è stata direttore
generale della Burson Marsteller
(Young & Rubicam), direttore Relazioni Esterne e Comunicazione
della Sweda e della Fineur, nonché
consulente d’immagine e comunicazione di diverse società. (Credito
Italiano, Iri, Ice, SIV, Fideuram ecc).
Psicologa, dal 1985 si occupa di
strategie di direzione, comunicazione esterna ed interna, sviluppo e formazione manageriale di
società, imprese, enti e governi.
Svolge anche attività didattiche
presso Università.
di Daniela Carosio*
«Obiettivo raggiunto. La corsa continua». Questo messaggio, utilizzato
anche nello spot pubblicitario per il
lancio dei nuovi servizi Alta Velocità,
rappresenta sinteticamente la strategia della comunicazione del Gruppo
Ferrovie dello Stato negli ultimi due
anni. La “campagna dei fatti” è stato
il modo con il quale abbiamo deciso
di dialogare con gli italiani, puntando sul raggiungimento dei risultati e
sul rispetto dei tempi d realizzazione,
adottando il linguaggio delle cose realizzate e non delle promesse, mettendo
in risalto impegni concreti e misurabili,
evitando proclami. Una comunicazione nuova, in grado di generare attesa
e fiducia in tutti gli stakeholders: viaggiatori, cittadini, istituzioni, media.
Promettere e mantenere. È questa, in
sintesi, la strategia di comunicazione
della più grande azienda del Paese,
oggi impegnata nel progetto più importante ed esteso mai realizzato in
Italia dal dopoguerra: l’Alta Velocità/
Alta Capacità. Un progetto totalmente
italiano, nell’infrastruttura, nei treni, nel
know-how. Una vera e propria rivoluzione, tecnologica, economica e sociale. Un’importante occasione di crescita
e di sviluppo, una grande opportunità
per le persone, per migliorare la qualità
della vita, ma anche per il territorio e le
imprese. Una sfida che consente di accrescere la competitività e l’attrattività
del nostro Paese. A un anno dall’aper-
tura della linea AV/AC Milano – Bologna, importante tassello del sistema
Alta Velocità/Alta Capacità, abbiamo
avviato nelle piazze di Milano e Bologna un count-down, rappresentato
da un totem che scandisce, davanti a
tutti i cittadini, i giorni, le ore e i secondi
mancanti all’inaugurazione della linea.
L’obiettivo è stato raggiunto nel pieno
rispetto dei tempi previsti: la certezza
dei tempi di realizzazione è diventata
il nostro strumento di comunicazione.
Ed ora è partito un nuovo conto alla
rovescia, a segnare il nuovo traguardo
di dicembre 2009: il completamento
dell’intero sistema AV/AC. In pochi mesi
l’Alta Velocità ha già rivoluzionato il
mondo dei trasporti e, con esso, le abitudini e lo stile di vita degli italiani. E’
nata una grande rete metropolitana
e le città stanno diventando i quartieri
di un’unica, grande metropoli: l’Italia.
E questo è stato molto gradito dagli
italiani, tanto che ormai sulla Roma Milano il treno ha sorpassato l’aereo e
può vantare una quota di traffico vicina al 50%. Piace anche il nome con cui
abbiamo voluto battezzare il treno italiano AV: Frecciarossa. Il nome evoca la
velocità, ma rimanda anche alla nuova
forum comunicazione
può incidere positivamente sullo sviluppo di una collettività
L’intervista
è dialogare con l’utenza
con pagamento on-line delle tasse
ipotecarie, attraverso i servizi finanziari di Poste Italiane.
Quale importanza riveste per
l’Agenzia del Territorio l’attività
di comunicazione?
L’istituzione da parte dell’Agenzia
di nuovi servizi tecnologicamente
avanzati non può prescindere dalla contestuale divulgazione degli
stessi attraverso un piano di comunicazione finalizzato alla più ampia
diffusione e chiarezza per chi ne
deve usufruire, siano essi istituzioni,
professionisti e cittadini.
Per questo, uno degli obiettivi
strategici dell’Agenzia è centrato
proprio sulla comunicazione, intesa come valorizzazione dell’alta
valenza tecnologica dei servizi
per l’utenza. Nel corso del 2009,
pertanto, si prevede di mettere
a sistema, sulla base delle risorse
finanziarie disponibili, una serie di
iniziative finalizzate a veicolare i
servizi offerti nell’ottica di affermare l’efficienza e l’efficacia delle azioni svolte. Infatti solo la conoscenza
diffusa e capillare delle attività di
competenza dell’Agenzia può incidere positivamente sullo sviluppo
di una collettività più aggiornata
e consapevole, in grado di estrarre
valore da ciò che conosce.
Rispetto al dialogo con le altre
istituzioni pubbliche, quali sono
le iniziative intraprese dall’Agenzia del Territorio?
In attuazione di quanto previsto
dal “Codice della amministrazione
digitale”, l’Agenzia ha realizzato
specifici “servizi di interscambio”,
che permettono agli Enti locali
di disporre automaticamente dei
dati catastali all’interno dei propri
sistemi. A tale servizio, sono attualmente convenzionate 18 Regioni,
circa 7.000 Comuni, pari all’88 per
cento del totale, ed il Ministero
delle Politiche Agricole, Alimentari
e Forestali. Per i Comuni che non
dispongono ancora della necessaria infrastruttura tecnologica, è
stato istituito uno specifico canale
internet, denominato “Portale per
i Comuni”.
Le linee di sviluppo delle informazioni gestite dall’Agenzia,
comprendono il tema della rappresentatività delle banche dati,
per integrare e normalizzare le
informazioni catastali. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso l’interscambio dei dati gestiti
dall’Agenzia con quelli disponibili
presso altre Amministrazioni. Le
attività che si stanno portando
avanti riguardano la costituzione e
la gestione di un progetto generale di toponomastica, denominato
Stradario Nazionale, che introducendo standard uniformi condivisi
con i Comuni, costituirà un utile
servizio per gran parte della Pubblica Amministrazione. La rilevanza
di questa iniziativa è testimoniata
anche dal suo inserimento fra gli
obiettivi strategici del piano di EGovernment 2009-2012. Inoltre,
facendo riferimento all’iniziativa
della Presidenza del Consiglio dei
Ministri denominata “Reti Amiche”,
L’Agenzia sta completando un accordo di cooperazione con Poste
Italiane per consentire l’erogazione
del servizio di visura catastale in
circa 6.000 Uffici postali. E’ in corso
anche un progetto analogo per
estendere i servizi presso le ambasciate e le delegazioni consolari
italiane all’estero.
iperclub: quando il turismo
sposa la comunicazione
Qual è il contributo che l’Agenzia
da Lei rappresentata può dare
alla valorizzazione e salvaguardia del territorio?
Il governo del territorio e quindi la
sua valorizzazione dipendono anzitutto dalla conoscenza dello stesso.
Secondo tale prospettiva, assume
un ruolo strategico la pianificazione delle attività, tese a realizzare
il controllo sociale ed economico
del territorio stesso, la gestione
delle zone urbane di riferimento
e dell’ambiente fisico in cui esse
sono inserite. A questo proposito
e grazie ad una intuizione del Ministro Giulio Tremonti, è nato un
progetto per favorire il potenziamento della gestione integrata del
sistema informativo della fiscalità,
realizzato dall’Agenzia del territorio
con la collaborazione del Dipartimento delle Finanze e della SOGEI,
partner tecnologico dell’Amministrazione finanziaria. Questo progetto è stato racchiuso nel volume
Gli immobili in Italia. Dialoghi tra
banche dati: conoscere per decidere. L’obiettivo è quello di pervenire
con gradualità alla mappatura del
patrimonio immobiliare italiano attraverso la disponibilità qualitativa
dei dati statistici sull’utilizzo degli
immobili, desunti dall’incrocio delle informazioni catastali con quelli
presenti nelle dichiarazioni fiscali di
proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il risultato così
ottenuto riveste particolare importanza, non solo dal punto di vista
conoscitivo strettamente tecnico,
ma anche nella direzione di una
più generale e attenta valutazione
del territorio, al fine di contrastare
più efficacemente i fenomeni di
evasione ed elusione fiscale.
Iperclub SpA, con un fatturato di oltre 70 milioni di euro ed un organico di circa 1000 persone è un’azienda-laboratorio fondata sull’innovazione e proiettata nel futuro del marketing e delle politiche di
sostegno al turismo nel nostro Paese. Da 14 anni è il leader nel settore del promotion marketing con il prodotto Buono Vacanza ideato
dal suo presidente Gianfranco Conte a cui abbiamo rivolto alcune
domande.
Lei è un imprenditore che in un momento difficile come questo sta
investendo e guarda con ottimismo al futuro. Qual è il suo punto
di vista?
Stiamo vivendo una crisi di sistema che sta cambiando velocemente il
modo di fare impresa, di comunicare e di costruire relazioni. Purtroppo poche aziende hanno avuto la giusta sensibilità per capire che con
l’avvento di internet dovevano cambiare puntando sull’innovazione e
sulla ricerca in modo da aumentare la propria efficienza. La mia azienda
in questi ultimi 3 anni ha investito importanti risorse economiche per
modernizzare l’infrastruttura informatica e per qualificare il proprio management con nuovi professionisti di vari settori.
Il web, le tecnologie sono state un acceleratore di questo inevitabile cambiamento. Cosa si deve fare per adeguarsi ai nuovi scenari e
cogliere le opportunità del web?
E’ un problema culturale. Personalmente credo che la soluzione sia
garantire una formazione mirata alle risorse aziendali. Bisogna avere
pazienza, non si può pensare di cambiare in tempi brevissimi ma la formazione ha un ruolo insostituibile e sarà sempre più importante per
chi vuole restare sul mercato. Bisogna anche rendersi conto però che
talvolta i nuovi progetti, le nuove sfide hanno bisogno di nuove persone e, quindi, bisogna sostituire i vecchi professionisti.
Cosa pensa del web 2.0?
Qualche anno fa ho capito che era fondamentale aprirsi al web e che
le regole del gioco stavano cambiando. Nel web 2.0 in particolare la
trasparenza è un obbligo, la condivisione è un valore irrinunciabile ed,
infine, l’integrazione tra on line e off line è una necessità. On line ci si
espone ai commenti, ai giudizi, alle critiche dei propri clienti. Del resto il
web cambia i comportamenti e le motivazioni d’acquisto e le scelte dei
consumatori sono più consapevoli. Ascoltare i propri clienti, dunque, è
un prezioso contributo per far crescere il business.
In che modo Iperclub ha accolto la sfida del web per innovare nel
settore del turismo e delle promozioni?
Abbiamo lanciato Iperclub Travel Card, il più grande programma di
fidelizzazione multisettoriale che intende creare una grande alleanza
tra 10.000 imprese, 5 milioni di consumatori e 2.000 agenzie di viaggio.
Vogliamo costruire quello che abbiamo battezzato “Newtwork 2.0” in
cui il turismo è la leva che permette di stimolare i consumi, sostenere il
settore del commercio e indirizzare i clienti nelle agenzie partner. Ogni
anno, infatti, ci sono 173 milioni di contatti sui portali viaggio che non
si traducono in acquisti.
e’ il segreto di una comunicazione vincente
livrea, che nei colori del rosso (per FS
colore istituzionale), dell’argento e del
nero richiama i valori della tecnologia
e della modernità. Ma l’Alta Velocità
ha prodotto altri effetti inattesi, come
sovvertire il trend del mercato immobiliare, da mesi in calo. Il valore delle case
nelle aree dove sorgeranno le stazioni
AV è salito, infatti, e continua a salire.
Questo anche in virtù della rivalutazione urbanistica che le stazioni AV, nuove
architetture firmate da progettisti di
fama mondiale, producono sulle zone
limitrofe. Le stazioni ideate per l’Alta
Velocità diventano motori di sviluppo
economico, epicentri di trasformazione urbana. Con la costruzione dei nodi
Alta Velocità e un vasto programma di
riqualificazione delle stazioni storiche,
le Ferrovie dello Stato stanno recuperando quel ruolo di promotrici della
grande architettura che hanno avuto
in passato. Edifici simbolo del sistema
ferrovia, le stazioni tornano ad essere
uno dei simboli più evidenti della capacità di costruire il progresso. Tra la fine
del 2008 e gli inizi del 2009 abbiamo
inaugurato le stazioni di Milano Centrale e Torino Porta Nuova, restituite ai
cittadini con nuove funzioni e servizi.
L’impegno di FS non si limita alla produzione di servizi essenziali per i cittadini e al miglioramento della qualità, ma
sviluppa molteplici progetti importanti
per il Paese: dall’esportazione a livello
mondiale della migliore esperienza
nella progettazione e nella gestione
delle grandi opere ferroviarie agli interventi sui grandi nodi metropolitani;
dall’offerta di nuovi servizi urbani attraverso la valorizzazione delle risorse
immobiliari del Gruppo a un ambizioso
progetto di logistica integrata in Italia
e in Europa; dalla tutela del territorio
all’adozione di soluzioni innovative per
la salvaguardia ambientale. Considerando la complessità dei progetti,
si può comprendere quanto sia impegnativo impostare la strategia di
comunicazione sul raggiungimento
di concreti obiettivi. Eppure, se solo
guardiamo al 2008, è una sfida che
si dimostra vincente. Sono i grandi
progetti di una grande azienda, che
con orgoglio può vantare oltre cento
anni di storia, guardando sempre
al futuro. Nel 2009 l’Italia festeggia
i 170 anni dall’inaugurazione della
prima linea ferroviaria nel Paese, la
Napoli-Portici, il 3 ottobre 1839. Una
rivoluzione, per l’epoca. Nel 2009 si
completa il sistema Alta Velocità/
Alta Capacità: la rivoluzione della
mobilità italiana. Due appuntamenti
da valorizzare per far risaltare il vero
vantaggio competitivo delle Ferrovie
dello Stato: quel patrimonio di esperienza e tradizione, che è il più solido
pilastro su cui stiamo costruendo il
futuro.
Un circolo virtuoso che si autoalimenta?
Esattamente. I consumatori, a parità di condizioni, privilegiano i negozi
e le aziende che premiano i loro acquisti con i Travel Point utili per ottenere una vacanza premio in tutto il mondo, le aziende hanno a disposizione un bacino di milioni di famiglie e le agenzie di viaggio
diventano il terminale sul territorio che erogano il premio
che può prevedere un contributo.
E iperclub.it come si inserisce in questo progetto?
Iperclub.it è il portale del commercio e del
turismo “made in Italy”, un motore di ricerca
di tutte le aziende che aderiscono all’iniziativa, che permette loro di accedere ad
una piattaforma per monitorare il tempo
reale il ROI della promozione e utilizzare
un avanzato sistema di CRM. In questo
modo riescono a gestire facilmente
il loro dabatase clienti, analizzare i
comportamenti d’acquisto e comunicare con i propri clienti via SMS o e-mail
in modo da costruire e mantenere una
relazione personalizzata.
* Direttore Centrale
Comunicazione Esterna del
Gruppo Ferrovie dello Stato
Daniela Carosio
relazioni pubbliche - n. 56/2009
17
forum comunicazione
Scenari
la comunicazione 2.0 rappresenta
per le aziende una sfida ma anche
una grande opportunità
Direttore Relazioni Media e Comunicazione Corporate di Vodafone
Italia dal settembre 2004, Silvia de Blasio è entrata in Vodafone nel
2001, dal 2002 è stata Capo Ufficio Stampa dell’Azienda. L’arrivo in
Vodafone Italia è stato preceduto da diverse esperienze professionali,
tra le quali il Gruppo Enel dove ha ricoperto, tra gli altri, il ruolo di Responsabile Stampa Estera.
Da una comunicazione strumentale stiamo passando ad una sempre
più relazionale. Come le imprese devono rispondere a questa nuova
sfida?
La comunicazione 2.0 rappresenta per le aziende una sfida ma anche una
grande opportunità. Dopo anni di comunicazione ad “una via” le aziende si
trovano in un contesto notevolmente cambiato. I Clienti, e in senso piu’ ampio gli stakeholder, sono diventati attori protagonisti della comunicazione,
cercano e si scambiano informazioni attraverso la loro rete di contatti, un
network che si e’ spostato sul web sancendo il successo dei “social network”
.Qui nasce la grande sfida. Il Cliente che si rivolge al punto vendita nella
maggioranza dei casi e’ molto piu’ informato e quindi chiede un’esperienza
sempre piu’ ed “unica”. E qui risiede la grande opportunita’ per le aziende.
Chi sapra’ offrire ai propri Clienti un’esperienza di consumo piu’ affidabile,
utile e conveniente, chi sapra’ andare oltre le aspettative del Cliente, e’ destinato al successo. Ma per farlo bisogna accettare le nuove regole del gioco,
gestire una relazione diversa e essere presente nella comunicazione 2.0 in
modo attivo.
I social network rappresentano la nuova piazza virtuale dove si formano le opinioni. Vodafone ne ha lanciato uno,Vodafone lab, che integra il web con il mobile. Come sta andando?
Gli innumerevoli strumenti che internet ha messo a disposizione degli utenti
hanno dato inizio ad un’importante collaborazione e condivisione di informazioni in cui ogni singolo individuo mette la propria esperienza al servizio
degli altri. Sulla scia di questo cambiamento abbiamo realizzato nel luglio
dello scorso anno il vodafone lab, una nuova piattaforma di dialogo e
ascolto che ci avvicina ai clienti. Proprio in questi giorni e’ stata lanciata una
nuova versione, ancora piu’ ricca di utilita’ e con una nuova veste grafica.
Operazione nata raccogliendo i feedback degli iscritti al lab che sono gia’
oltre 23.000 e crescono al ritmo di 100 al giorno. In questi primi otto mesi
la redazione ha pubblicato 324 post nei blog che hanno totalizzato piu’ di
1500 commenti. Nel forum sono state aperte 4600 discussioni che hanno
totalizzato oltre 36.000 messaggi. Infine nell’area Wiki sono state create 500
voci ad hoc. Finora siamo molto soddisfatti di questo trend.
I Social network, la comunicazione interna. Cosa succede in Vodafone?
In Vodafone siamo profondamente convinti che i principali ambasciatori
dei nostri valori e del nostro brand nonche’ i catalizzatori di importanti
suggerimenti per il nostro business siano i dipendenti. Per questo investiamo molto nel loro coinvolgimento ed abbiamo arricchito recentemente le
attività di comunicazione interna con una piattaforma di social networking
– il Noilab - in grado di permettere una comunicazione continua e diretta
tra i colleghi delle differenti funzioni aziendali . Tutti noi possiamo accedere
a Noilab dalla intranet aziendale fornendo idee e suggerimenti o creando
occasioni di incontro e condivisione di interessi comuni. La piattaforma e’
articolata in 4 aree: Forum Idee, dove poter suggerire idee per il business , per
iniziative di corporate responsibility o per la Fondazione; Forum Passioni,
dove condividere i propri hobby e i propri interessi personali; Area Blog dove
comunicare video e articoli su temi attuali per l’azienda e il nostro settore;
Area Sondaggi dove esprimere il proprio parere in merito a temi di interesse
aziendale. Un progetto nuovo e innovativo , di grande motivazione e coinvolgimento che ci fornira’ spunti e riflessioni per collaborare e comunicare
internamente in modo ancora piu’ efficace .
Il nostro Paese registra ancora livelli elevati di digital divide, si puo’
intervenire? Qual e’ la soluzione piu’ efficiente?
Noi crediamo che, a fronte del fatto che ben l’8 per cento della popolazione
risulta ancora priva della connettivita’ DSL, il ruolo della tecnologia radio sia
centrale per superare il problema del divario digitale. Per questo gia’ lo scorso novembre ci siamo volontariamente impegnati a coprire ogni mese, per
tutto il 2009, un Comune in digital divide in una Regione diversa dimostrando le potenzialità della banda larga mobile. Siamo gia’ partiti: a Olevano
sul Tusciano (Salerno) da gennaio, e a Nurri (Cagliari) da febbraio, il digital
divide e’ stato chiuso grazie alla tecnologia mobile.
(ge)
18
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Marzotto, AD di Propaganda: placement nuovo elemento del Mix
La propaganda al cinema
Il product placement è una delle
attività di comunicazione meno
note ma sempre più importanti
per le aziende. Nel nostro Paese
leader indiscussa del mercato è
Propaganda Italia che dal 2003
affianca le più importanti aziende
nell’implementazione di strategie
di marketing e comunicazione,
Placement e co-marketing attraverso il cinema ed i prodotti audiovisivi. Ne abbiamo parlato con
l’amministratore delegato, Marina
Marzotto. La Marzotto ha iniziato
nel 1994 a Londra come producer
di fotografi pubblicitari. Nel 1998
è stata Responsabile Marketing
e Comunicazione di Guber Spa
per passare, nel 2000, diventa responsabile dei progetti speciali
del Marketing di Ferragamo Italia
dove si occupa di internet, e-business ed entertainment marketing
per poi passare, nel 2001, alla guida delle Relazioni Pubbliche Internazionali per il gruppo. Dal 2005
insegna alla Business School del
Sole 24 Ore – “Master in Media Relations”, “Master in Management e
Comunicazione del prodotto cinematografico e televisivo” e“Master
in Marketing”.
Gianfranco Esposito
Quanto è importante la propaganda oggi? Come rivalutarne la
funzione?
Il nostro nome viene dal “Propaganda Model” creato da Chomsky alla
fine degli anni 80. Ci ha ispirato e
ci ispira tutt’oggi perchè quello che
facciamo non è altro che sfruttare le
onde mediatiche create dai prodotti d’intrattenimento associandovi
un messaggio secondario ma non
per questo di minor impatto. Oggi
la propaganda è ancora uno strumento fondamentale e vastamente
utilizzato, soprattutto a livello governativo, in diversi paesi. Sembra
però essere meno in voga tra gli
addetti ai lavori della comunicazione che raramente cercano di ingegnerizzare un percorso della notizia
che sfrutti i perni del modello di
Chomsky. E’ più comune nel nostro
settore pensare di poter creare un
messaggio in grado di attraversare
il sistema piuttosto che usare il sistema per portare un messaggio.
Quanto e come i nuovi media
hanno cambiato il modo di comunicare un messaggio, un’azienda,
un prodotto?
Nel nostro caso il product placement lancia più che un messaggio
diretto, come nella pubblicità classica, un meta-messaggio che poi può
essere anche declinato in messaggi
di tipo pubblicitario nella fase exprogram (ovvero fuori programma). Il Placement infatti ci permette d’inscenare una vera e propria
esperienza virtuale che forma soprattutto un’opinione sul prodotto
coinvolto. La pubblicità ne canta le
lodi per spingere all’acquisto. Sono
due tecniche complementari che
però toccano corde assolutamente distinte. Mentre il Placement
coinvolge la pubblicità persuade. Il
modo di comunicare è quindi profondamente diverso sia nella forma
che sostanzialmente nel messaggio
lanciato che tende ad essere empatico più che informativo.
Siete specializzati in product
placement. Quanto è efficace investire in un film, una fiction o,
comqunue, in prodotti video e
come misurate i risultati?
E’ sempre difficile rispondere a domande come questa senza sembrare totalmente di parte! Credo che
sia fondamentale intanto scegliere
un piano preciso di confronto: diciamo spot TV vs Product Placement,
visto che entrambe sono prodotti
audiovisivi. Tanto per cominciare il
placement è parte integrante del
contenuto e non un corollario il che
significa che non è soggetto a zapping non teme TIVO, ma anche, che
se viene integrato in un prodotto
di qualità l’attenzione del pubblico
sarà molto alta. Inoltre il target di
una fiction, di un film o di un video
musicale è spesso definibile con precisione cosa che è molto più difficile
per le fasce orarie della televisione
generalista. In ultima Propaganda
ha sviluppato in quasi vent’anni di
esperienza nel settore un sistema di
valutazione dei Placement che non
solo tiene conto dell’attenzione
dell’audience a seconda del mezzo
di fruizione (sala cinematografica,
dvd, pay tv...) ma ha anche elaborato su base statistica l’efficacia di un
placement in base a come si svolge.
Ad esempio: se un oggetto viene
posto in bella vista in un ambiente
cinematografico ma nessuno dei
personaggi in scena interagisce
con esso questa visibilità ottenuta
sarà di fatto ricordata da una bassa
percentuale dell’audience anche se
avrà un’esposizione lunga. Se invece quell’oggetto apparirà anche per
pochi secondi ma legato alla trama
del film ed utilizzato da un personaggio chiave l’audience ricorderà
con esattezza tutta la sequenza e
l’oggetto coinvolto. Questo metodo, che si chiama PREVA o “Recall
Method”, permette quindi una
valutazione qualitativa oltre che
quantitativa perchè non si ferma
al dato dell’audience complessiva
ma l’analizza per trarne gli effettivi
contatti - ovvero coloro che si ricorderanno esattamente del placement. Questo mi sembra un dato di
grande rilevanza in un momento in
cui le aziende non desiderano tanto
sapere quanti hanno ricevuto il loro
messaggio ma piuttosto vogliono
sapere chi e come lo ricordano. Per il
resto siamo in grado assolutamente
di utilizzare sistemi di valutazione
paralleli a quelli esistenti per i media
classici incluso un sistema che calcola i GRP dei programmi d’intrattenimento.
A che punto siamo in Italia con il
product placament?
Dal 2004 ad oggi c’è stata una crescita stabile a due cifre del mercato
complessivo del Placement su prodotti cinematografici. Oggi c’è in
discussione l’attuazione della legge
europea per ammettere questa tecnica anche su fiction e programmi
televisivi che porterebbe sicuramente un maggiore coinvolgimento da parte dei big spenders della
pubblicità che spesso ritengono il
placement cinematografico un affare per marchi di nicchia.
Sicuramente servirebbe un maggiore numero di players sul mercato e
possibilmente ben preparati perchè
troppo spesso in Italia vengono fatti
Placement stridenti con la narrativa
che alla fine risultano controproducenti o operazioni che non pensano
minimamente al posizionamento di
un marchio ma inseriscono un prodotto in sceneggiatura solo perchè
appaia tout court.
I social network sono la nuova piazza della comunicazione
globale. Se e come è utile per
un’azienda esserci?
Come tutte le comunità i social
network nascono da un minimo comune denominatore che alle volte
mi pare essere anche una sorta di
solitudine sociale. Credo che oggi
siano più utili al comunicatore quei
network che uniscono e mettono in
contatto persone che hanno delle
effettive affinità quali la passione
per uno sport specifico, un hobby e
così via... Non credo sia fondamentale esserci quanto ascoltarli per poi
elaborare le proprie strategie.
Marina Marzotto
forum comunicazione
I promotori
Uomini comunicazione:
l’obiettivo e’ fare network
Il Forum nasce da un’idea e dal lavoro della factory Comunicazione Italiana. Ce ne parla uno degli organizzatori,
Felice d’Endice. Laureato in Filosofia e Teologia, master
in marketing e comunicazione, D’Endice inizia nel 2002
lavorando nell’European marketing communication department di Cezanne Software. Collabora con Itinera Comunicazione per importanti progetti di relazioni pubbliche di clienti istituzionali e business to business. Nel 2004
entra come account manager di In-Side, società specializzata in organizzazione di eventi, dove si occupa della
gestione di clienti di largo consumo e dello sviluppo del
new business. Entra in Comunicazione Italiana nel 2005
dove ricopre diverse posizioni fino ad assumere la responsabilità del marketing e dello sviluppo dei nuovi progetti,
tra cui il Forum della Comunicazione di cui è membro del
comitato organizzativo.
Luca Colombo di Microsoft
Alla sfida di Internet si
risponde con la trasparenza
di Felice D’Endice
L’edizione 2009 del Forum della Comunicazione rappresenta il grande evento nazionale della comunicazione in Italia
che si propone come momento di incontro dei professionisti italiani della comunicazione per metterli in contatto
con i decision maker del mondo dell’impresa, del management, delle istituzioni e gli opinion leader dell’informazione,
dell’economia, della politica e della cultura. Questa grande
convocazione si pone due obiettivi principali: il primo è
quello di affermare al sistema Paese che la comunicazione è
una risorsa strategica da cui ripartire per fare delle imprese
italiane dei player competitivi
su i mercati internazionali. Il
secondo obiettivo è più rivolto al settore e ai protagonisti
della comunicazione italiana
ed è quello di invitare tutti ad
un confronto per ripensare i
modelli e gli obiettivi di business del frammentato mondo
dei servizi e della consulenza
di comunicazione. Il contesto della crisi e la contrazione
degli investimenti, riconsiderati alla luce di questi obiettivi, permettono di mettere a
fuoco le parole chiave della
riflessione e del dibattito che
animeranno i due giorni di lavoro del Forum: integrazione,
innovazione, internazionalizzazione. Il Forum della Comunicazione ha l’obiettivo di rilanciare, attraverso la creazione
di una community, il ruolo della comunicazione come un’eccellenza su cui l’intero sistema produttivo, sociale, culturale ed istituzionale del paese Italia possa contare. Il Forum
si propone, inoltre, di far prendere coscienza a tutti i player
del settore economico-produttivo e politico-istituzionale
che la comunicazione ha pieno titolo a diventare una delle
eccellenza dell’italian style riconosciute nel mondo insieme a food, design e lifestyle. Integrare, fare sistema, unire
le competenze e le risorse a disposizione per investirle in
grandi idee e progetti innovativi di comunicazione pensati
guardando oltre i confini nazionali, è questa la risposta di
Comunicazione Italiana e di tutti i partner coinvolti nel progetto “Forum” alla domanda sul futuro della comunicazione.
Coerentemente con questo obiettivo, partecipano ai lavori
del Forum tutti coloro che cercano ispirazioni, idee, modelli
per nuove iniziative imprenditoriali, sociali e culturali per lo
sviluppo della comunicazione, delle imprese e delle istituzioni. Un progetto, però, che non si ferma all’evento ma continua durante tutto l’anno.
Luca Colombo (Microsoft): le imprese devono utilizzare il linguaggio del web
Microsoft è, senza dubbio, l’azienda
che ha contribuito più di tutte negli ultimi decenni a rivoluzionare il
modo di comunicare. Chi non ha mai
utilizzato un messenger o le funzioni
“live” della casa di Cupertino? In Italia tutte le attività legate ai prodotti e
servizi di messaging e intrattenimento online fanno capo alla struttura
“Consumer&Online”. Creata a livello
internazionale e locale per guidare la
strategia consumer di Microsoft e concretizzareun’offertadicomunicazione
e intrattenimento digitale attraverso
l’integrazione delle diverse piattaforme nel nostro Paese è guidata da Luca
Colombo e si posiziona attualmente
tra i primi tre mercati europei di Microsoft, crescendo a velocità doppia
rispetto alla media delle altre nazioni
EMEA. Con lui, Marketing Officer della divisione Consumer & Online di Microsoft Italia oltre che responsabile di
Windows Live abbiamo fatto il punto
della situazione.
Giancarlo Panico
Microsoft è stata, senza dubbio, uno dei
principali artefici della rivoluzione nella
comunicazione. Quali gli scenari futuri
Microsoft, in relazione al nuovo mezzo
digitale per eccellenza, Internet, ha cercato da anni di fornire ai propri utenti una
serie di servizi innovativi ma di semplice
utilizzo, che permettessero di estendere
la comunicazione al di là dei confini fisici e
creare un dialogo “universale”. Mi riferisco
all’instant messaging, all’email, ai blog
che ormai sono diventati strumenti utilizzati quotidianamente da milioni di italiani di tutte le età. L’innovazione o il trend
che vediamo per il futuro è la disponibilità
di questi strumenti ovunque le persone si
trovino e qualunque sia il mezzo utilizzato: dal proprio PC al cellulare, dalla console dei videogiochi a qualsiasi computer
connesso alla Rete.
Fare comunicazione in Rete diventa sempre più difficile perché il sistema è sempre
più interconnesso e complesso. Quali i
consigli che darebbe ad un’impresa per
riuscire a ritagliarsi spazi e consenso sul
web?
Il modo in cui si è evoluta la Rete, il famoso Web 2.0, richiede una partecipazione
e una trasparenza sempre maggiore da
parte di tutti i soggetti che desiderano
entrarci e acquisire consenso. Il consiglio
che darei a qualsiasi impresa decidesse di
approcciare questo mondo è di farlo con
le modalità e con il linguaggio del mezzo
stesso. Non basta, infatti, essere presenti
sul Web con un semplice sito, una vetrina
statica nella Rete, ma è molto importante
“entrare nella conversazione” in modo
aperto e sincero, magari con un blog,
dando ai propri consumatori la possibilità di instaurare un dialogo con l’azienda
o con il suo management. Tutto questo,
mettendo in conto di non ricevere solo
complimenti ma anche critiche, spesso
molto utili per migliorarsi ed evolvere. Un
primo passo per imprese che si avvicinano per la prima volta al mondo Internet,
potrebbe essere realizzare un’analisi
della propria reputazione sul Web per
capire come si viene considerati o SE si
viene considerati all’interno dei vari blog
o nei commenti alle notizie aziendali. Un
modo utile per capire che cosa i diversi
stakeholder lamentano o apprezzano
dell’azienda e avere una panoramica del
linguaggio e delle modalità della comunicazione digitale.
La profezia di McLuhan si è realizzata: il
mezzo influenza fortemente il messaggio. Su cosa puntare perché il messaggio giunga a destinazione e sia efficace
nell’era del web?
Come dicevo prima, elemento imprescindibile è la trasparenza con cui si comunica. Aziende che in passato hanno tentato
di entrare in contatto con questo mondo
nascondendosi dietro a personaggi fittizi
o “pilotando” troppo le informazioni hanno solo avuto danni di immagine e sono
state abbandonate dalla popolazione
dei navigatori. Infine, un messaggio per
essere efficace e giungere a destinazione,
deve essere posizionato laddove sono gli
interlocutori che si vogliono raggiungere,
che sia all’interno di blog, social network,
ecc.
La comunicazione è, ormai, uno dei più
importanti elementi di governance di
un’organizzazione complessa. Quali gli
strumenti indispensabili a governare le
relazioni online?
Le relazioni online posso coinvolgere,
data l’universalità del mezzo, un numero
infinito di interlocutori incontrando una
complessità persino superiore a quella
di un’organizzazione aziendale. Mentre,
infatti, un’impresa ha un management e
degli stakeholder definiti che interagisco
in base a regole precise, il Web per sua
natura non presenta “organi di governo”
o sistemi di controllo predefiniti. Nonostante ciò questo medium ha evidenziato
una caratteristica sorprendente: si sta sviluppando, infatti, una sorta di autoregolamentazione degli utenti, che accettano
volontariamente di attenersi a codici di
condotta non coercitivi. Un caso per tutti
i Corporate Blog che spesso forniscono ai
partecipanti indicazioni sul linguaggio
o i comportamenti graditi all’interno di
quello spazio per avviare un dialogo con
l’azienda.
Prima il web 2.0, poi i social network, ora il
mobile: gran parte della popolazione attiva è “always on”. Cosa ci aspetta e quali
le sfide per le imprese?
Il moltiplicarsi dei punti di contatto digitale ha creato un’enorme opportunità
per le aziende che vogliono raggiungere
la propria audience di riferimento. Un’opportunità che però deve essere gestita nel
modo meno invasivo e più coinvolgente
possibile. Gli strumenti a disposizione, dal
cellulare a Internet fino ai videogiochi,
riguardano ormai la quotidianità di ciascuno di noi e permettono di parlare con
i propri consumatori nell’arco della loro
giornata ovunque si trovino. La sfida vera
è quindi studiare e mettere in atto delle
campagne di comunicazione che coinvolgano il target, senza distrarlo o impedirlo nelle sue attività e attirando la sua
attenzione. Non più, quindi, una classica
comunicazione “one-way” ma, appunto,
una vera e propria interazione tra le parti
coinvolte.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
19
ferpi
La storia di Ferpi
1976-78: tre anni cruciali nello
sviluppo dell’associazione
La seconda metà degli anni settanta rappresenta un periodo di particolare vivacità associativa per la Ferpi. In quel periodo iniziano ad essere affrontate alcune questioni, ancora irrisolte e di grande attualità
e vengono approvati documenti, come il Codice di comportamento
professionale, divenuti poi tappe importanti nello sviluppo dell’Associazione.
di Francesco Scarpulla
Tra il 1976 e il 1978 la Ferpi ha vissuto anni importanti per il suo sviluppo
futuro dando vita ad un intenso dibattito interno su alcune questioni
professionali, ancora oggi di grande attualità, alla ricerca e nel tentativo
di delineare un ruolo sempre più preciso per le relazioni pubbliche. Nella primavera del 1976 a Torino la sezione Piemonte-Valle d’Aosta della
Ferpi organizza un convegno internazionale in cui viene affrontato per
la prima volta il tema della responsabilità sociale d’impresa nelle attività
di relazioni pubbliche. Iniziativa che si svolge alla vigilia della diciottesima Assemblea della Confederazione Europea di Relazioni Pubbliche
(Cerp), presenti i rappresentanti delle associazioni professionali di RP dei
tredici Paesi europei. In quell’occasione la CERP affronta, per la prima
volta in sede europea, il tema del riconoscimento giuridico della professione un aspetto in cui viene apprezzata l’iniziativa italiana di Ferpi, a
cura dell’allora presidente Guglielmo Trillo e del Segretario generale Attilio Consonni che portò alla presentazione di disegni di legge in materia (ddl n.953/76, di iniziativa dei deputati Sanese, Balzamo, Del Pennino,
Di Giesi, Borruso, Nicolazzi e del ddl n.411). Sempre nel 1976 si svolge
a Roma uno dei grandi convegni nazionali degli anni ’70 promossi da
Ferpi su «Comunicazione, partecipazione e opinione collettiva». Il Convegno si apre con la relazione introduttiva del vicepresidente Italo Capizzi che evidenzia i problemi delle autonomie e richiama il progressivo
affermarsi di una “opinione collettiva” che segna un passaggio ormai
evidente nel mondo professionale delle RP. Dal Convegno di Roma scaturiscono alcune importanti iniziative: nel mese di luglio a Milano al club
Turati la Sezione FERPI Lombardia approfondisce il tema della Comunicazione d’impresa di fronte al mutamento sociale. Sempre a Milano nel
successivo mese di novembre il vicepresidente Aldo Chiappe organizza
con il centro studi Enrico Pastore un Convegno Nazionale in cui si parla
per la prima volta di Bilancio sociale. Sempre sotto la guida di Guglielmo
Trillo, il Consiglio Direttivo Nazionale approva nel novembre del 1976
un primo documento che inquadra lo sviluppo delle attività di relazioni pubbliche nella pubblica amministrazione a cui faranno riferimento,
negli anni successivi, molte iniziative delle sezioni regionali e che troverà un suo specifico approfondimento con il Convegno organizzato
a Genova il 20 giugno 1978 su «Stato-Cittadino, Informazione-Potere
(ovvero “le relazioni pubbliche nella Pubblica Amministrazione”)». La
relazione introduttiva è svolta da Toni Muzi Falconi che si propone da
un lato di stimolare una riflessione sul ruolo e le responsabilità delle RP
nella pubblica amministrazione e dall’altro di far conoscere la Federazione come “associazione professionale” ai colleghi che operano nella
Pubblica Amministrazione. In quello stesso periodo, sotto la presidenza
di Guglielmo Trillo, la FERPI realizzò per la prima volta in Italia ed in Europa un Prontuario che definiva e descriveva i servizi di base proposti dalla
libera professione, dai consulenti, dalle agenzie e dagli studi di RP presentato a Roma nel novembre 1976 a cui seguirono negli anni successivi la stesura di formulari di contratti per le attività di RP ed un modello
per la determinazione degli onorari professionali nelle RP in relazione al
tempo ed ai livelli delle prestazioni. Nel luglio del 1977 il Consiglio Direttivo Nazionale riconferma, per un secondo mandato, come presidente
Guglielmo Trillo, Guido De Rossi del Lion Nero come vicepresidente ed
Attilio Consonni come Segretario generale, un mandato impegnato
a predisporre ed attuare un “programma di accreditamento” con l’aggiornamento professionale e la specializzazione dei soci e ad elaborare
un Codice di comportamento e di autoregolamentazione per gli iscritti
Ferpi sostituendo così il Codice di comportamento IPRA recepito dalla
FERPI nei suoi documenti costitutivi. In questo contesto nel 1979 a Firenze il Consiglio Nazionale della Federazione nomina per la prima volta
una Commissione Nazionale di accreditamento responsabile di tutte le
attività di aggiornamento e di specializzazione dei soci. A Torino l’Assemblea generale degli iscritti il 20 maggio del 1978 approva il Codice
di comportamento professionale al cui rispetto, da quel momento, tutti
gli iscritti FERPI sono tenuti.
20
relazioni pubbliche - n. 56/2009
“Mai drammatizzare!”, il consiglio che ripete ancora oggi l’uomo che ha
Alvise Barison: il papà
Fondatore e primo presidente della Ferpi Alvise Barison,
90anni appena compiuti, è
considerato il papà di tutti i
relatori pubblici italiani. Quello che ha portato dagli USA,
per primo, la professione nel
nostro Paese, un maestro e un
esempio per molti. Ha cominciato a lavorare presso l’Allied
Military Government. Dal ’54
al ’61 è stato dirigente dello
United States Information Service (USIS) e Consigliere per le
Relazioni Pubbliche per le tre
Venezie. Un impegno che gli
varrà importanti riconoscimenti come il “Premio Columbus”.
Successivamente è stato direttore delle catene alberghiere
Jolly Hotel e Hilton, due anni
li ha passati alla Industrie Marzotto e per molti anni ancora
è stato alle dipendenze del
Lloyd Triestino. Tra gli incarichi
dell’ultimo periodo lavorativo
vi è la presidenza dell’Azienda
Autonoma di Soggiorno e Turismo. Vladimiro Vodopivec, già
direttore di Ferpi, lo ha incontrato nella sua casa di Trieste.
di Vladimiro Vodopivec
“Lui è Alvise Barison, un grande
professionista, un ineguagliabile e prezioso maestro, un uomo
per bene”. Così disse Gherarda
Guastala Lucchini al momento
della consegna del premio alla
carriera che la FERPI gli ha conferito nel 2005 nell’ambito del
primo World PR Festival. Non
si scompone Barison quando,
nei primi giorni di febbraio di
quest’anno, in cui ha compiuto
la rispettabile età di 90 anni, irrompiamo nella sua stanza della sua bella casa, ci aspettava e
si vede che è contento. Non sta
molto bene in salute, non esce
più di casa ma se lo chiamano
per proporgli un incontro o una
breve visita è sempre disponibile. Anche questa volta siamo
stati accompagnati da Silva,
la sua compagna che gli sta a
fianco da oltre 25 anni. “La mia
signora” dice affettuosamente
di lei quando ce la presenta e,
sottolinea, “la persona più importante della mia vita”. Si sono
conosciuti quando lei, ancora
giovane e da poco vedova, mai
avrebbe pensato di rifarsi una
vita a fianco di un altro uomo.
Ma l’amicizia iniziale è diventata
presto amore. Lui ammette che
la vicinanza di Silva e della figlia
di lei ha cambiato radicalmente
la sua vita permettendogli di assaporare anche le dolcezze del
ruolo di padre. C’è tanto affetto
negli sguardi che Alvise e Silva
Alvise Barison
si scambiano ricordando per noi
scene della loro vita in comune
ma anche episodi legati alla vita
professionale del nostro grande maestro delle RP italiane. La
frase “Ti ricordi Alvise quando
….” ha risuonato infinite volte
durante la nostra breve visita in
casa Barison. Parlando del passato è inevitabile l’excursus negli
anni bui della sua giovinezza, del
fascismo e della sua deportazione nei lager tedeschi, specialmente di questi tempi quando
la celebrazione del giorno della
memoria mette in luce anche
rancori mai sopiti e tentativi di
negare la grande tragedia che si
è perpetrata nei lager non solo
tedeschi ma anche italiani. Barison è stato deportato a Buchenwald in Germania nel ’44, dopo
essersi rifiutato, come giovane
sottotenente, di aderire alla Repubblica di Salò. Fu liberato dai
Russi nell’aprile 1945. “Sono sopravvissuto a ben tre campi di
concentramento – raccontava
in un’altra occasione alcuni anni
fa, (oltre a Buchnewald Barison
è stato internato nel campo di
Dora – Mittelbau e in quello di
Ravensbrueck- n.d.r.), ma sono
stato sempre convinto di farcela,
credevo fortemente in un futuro migliore come tanti altri miei
compagni di sventura”. Beve del
suo succo di frutta ma dopo un
piccolo sorso è di nuovo sull’argomento che tanto ha segnato
la sua vita. “Molti non ce l’hanno
fatta... ricordo un giovane russo,
quando è arrivato a Buchenwald pesava oltre 100 kg. Non
parlava mai. Si è ammalato ed
è morto”. Scuote la testa e fa un
gesto con la mano, come per
scacciare una mosca. “Io ero una
“mezza menola, ma sono ancora qui” (menola, pesce azzurro
poco pregiato usato nel dialetto
triestino come termine canzonatorio rivolto a ragazzi di non
robusta costituzione- n.d.r.). Memorie pubblicate anche in un
libro su cui scelse di mettere in
copertina il triangolo rosso con
il quale venivano contrassegnati
i deportati politici e il numero di
matricola che gli hanno affibbiato all’arrivo nel lager: 14227.
Quando il libro uscì, nel 2000,
Barison affermò che di lager non
ne avrebbe parlato più, ma poi
disse: “ho deciso di raccontare
tutto per quelli che sarebbero
venuti dopo, per lasciare una
testimonianza diretta, perché
la verità non venisse né travisata né manipolata”. Parlandone,
oggi, si incupisce un po’. “Alvise,
sei triste?” gli chiede affettuosamente la signora Silva. “No, non
drammatizziamo. Mai drammatizzare”, commenta con distacco.
ferpi
portato la professione nel nostro Paese, primo presidente di Ferpi
Editoria
delle Rp italiane
La nascita di Ferpi
Ci sono andato per parlare di
Ferpi, di Relazioni Pubbliche,
per intervistarlo ma il nostro incontro ha preso un’altra piega…
forse è il momento di salutarci.
Barison non sembra d’accordo
e riancia: “Come sta Consonni?”
chiede. (Attilio Consonni fu con
Alvise Barison socio fondatore
della FERPI nel 1970 assieme ad
altri grandi professionisti delle
RP italiani - n.d.r.), ed è come
innescare un nuovo ciclo di domande. Inevitabili i ricordi degli
anni pionieristici in cui si ponevano le basi per lo sviluppo delle
RP in Italia. Nel 1970 con Alvise
Barison, primo presidente FERPI,
c’erano Alceo Moretti, presidente onorario; Piero Arnaldi, Lino
Cardarelli, Aldo Chiappe, Lorenzo Gallo e Luca Salvadore come
vicepresidenti, Attilio Consonni,
con il ruolo di segretario Generale e Claudio Baldessari, Tesoriere. “Tutti uomini – commenta
Barison - ma presto sarebbe
entrata nel consiglio nazionale
anche una donna”. Barison si
concentra, cerca di ricordare per
poi scandire “Gia-co-mi-na Lapen-na”, nome illustre di un’altra
grande professionista delle RP
italiane, anche lei triestina di nascita come Alvise. Gli ricordiamo
che, da quanto abbiamo letto in
una intervista rilasciata dalla La-
penna al quotidiano di Trieste Il
Piccolo, nel giugno 2008, la sua
carriera professionale cominciò
per caso e “quasi per miracolo”.
All’epoca, il rettore dell’ateneo
triestino, particolarmente illuminato per quei tempi, avrebbe
scelto lei, appena laureata, per
dirigere il neonato ufficio relazioni pubbliche con un primo
incarico di organizzare una Festa
della Befana. “Eh, ehh, - sorride
sornione Barison. “Commenti”?
– chiediamo. “No, no nessuno”e siamo di nuovo tutti seri. Gli
ricordiamo che nella stessa intervista Giacomina Lapenna dichiarò di essere l’unica fondatrice vivente della FERPI il ché non
corrisponde a verità, ma forse
l’intervistatore ha confuso la
FERPI con il Sindacato professionisti di relazioni pubbliche fondato a Roma nel 1958 dove la
Lapenna ebbe pure un ruolo importante. Molti dei soci fondatori della FERPI sono infatti ancora
vivi e vegeti oltre che ancora
attivi professionalmente.“Tutti
grandi, anzi, grandissimi nomi –
commenta Barison – che saluto
molto volentieri”. Se per la triestina Giacomina Lapenna vi fu
una festa della Befana a lanciarla
nel mondo delle Relazioni pubbliche, per Alvise Barison il percorso che lo trasformò in mito
delle RP italiane fu più articolato
e meno da “miracolato”.
La carriera
Barison si è laureato in Scienze
politiche a Trieste nel ’46 e dal
’49 al ’51 ha seguito un master
presso l’Università del Michigan (USA) durante il quale ha
cercato di creare anche un ponte tra gli Stati Uniti e l’Italia del
dopoguerra. Ha lavorato dal
’48 al ’54 presso l’Allied Military
Government come funzionario
ricoprendo tra l’altro il ruolo di
assistente culturale. Dal ’54 al
’61 è stato dirigente dello United States Information Service
(USIS), assolvendo anche la funzione di direttore Affari culturali
e Consigliere per le Relazioni
Pubbliche per le tre Venezie.
Un impegno che gli varrà importanti riconoscimenti come
il “Premio Columbus” da parte
della Columbus Association, per
aver contribuito al programma
di scambi culturali tra Italia e
USA. Successivamente è stato
direttore delle catene alberghiere Jolly Hotel e Hilton, due anni
li ha passati alla Industrie Marzotto e per molti anni ancora è
stato alle dipendenze del Lloyd
Triestino. Tra gli incarichi dell’ultimo periodo lavorativo vi è la
presidenza dell’Azienda Auto-
PrBook, torna il grande
libro delle Rp
noma di Soggiorno e Turismo,
che tanto fece per il sostegno
dell’organizzazione del Festival
del cinema di fantascienza di
Trieste chiuso nel 1983 dopo
oltre vent’anni di grande e indiscusso successo. “Vent’anni
non sono un’età buona per morire – commentava a suo tempo
Barison parlando del Festival - e
l’azienda di soggiorno non si sarebbe certamente tirata indietro,
ma la città non dava segni di interesse… strana città, Trieste…”.
Qualcuno l’ha definita la città del
“no se pol” (forma dialettale che
sta per non si può, n.d.r.). “Se se
vol, se pol” - fu la secca risposta
(se si vuole, si può). Barison è un
combattente, lo è sempre stato;
è uno che sapeva prendersi le
responsabilità e battagliare per
il raggiungimento degli obiettivi in cui credeva. Che sia stato
un personaggio di successo lo
testimoniano anche tanti riconoscimenti accumulati nell’arco
del sua carriera lavorativa. Tra
gli ultimi entrati nel suo medagliere, e forse quello che più gli
sta a cuore, è il premio alla carriera che gli fu consegnato il 29
giugno 2005 durante la prima
sessione plenaria di apertura del
primo World PR Festival tenutosi
proprio a Trieste. Il premio gli è
stato consegnato da Toni Muzi
Falconi, già presidente FERPI e
della Global Alliance for Public
Relations and Communications
Management e da Gherarda
Guastalla Lucchini, socia FERPI
e segretario generale dell’ Oscar
di Bilancio, che per l’occasione
ha tracciato un intenso profilo
confidenziale del premiato definendolo «un maestro nella professione e un amico nella vita».
Ricordando con gioia i primi insegnamenti di Alvise, Gherarda
Guastalla Lucchini ha raccontato come secondo lui vanno intese la professione e la vita. “La
tecnica s’impara, ma la cultura di
base, l’educazione, il rispetto per
la persona non s’improvvisano.
In Barison c’è un professionista,
che nella sua carriera ha sempre
sostenuto i colleghi, compiacendosi dei loro successi, perché sapeva che la professione poteva
crescere solo se tutti avevano
successo conquistando il rispetto della società”. Ci salutiamo
e ci ripromettiamo di rivederci
quanto prima, per non dimenticare, per ascoltare e riascoltare
le parole di un grande maestro,
per imparare a guardare avanti,
“sempre e senza drammatizzare”. Grazie Alvise. A presto.
Riprende la pubblicazione del grande libro delle Relazioni pubbliche italiane pubblicato da Ferpi fino al 1995. La nuova versione,
realizzata in collaborazione con Assorel, conterrà i profili di tutti
i soci Ferpi e delle agenzie associate ad Assorel e sarà inviata gratuitamente a imprenditori, responsabili di associazioni, manager
e media.
Così com’era in passato, il PrBook si propone di essere uno strumento
di promozione della professione e soprattutto di chi la fa: persone,
agenzie, associazioni italiane e internazionali.
Un volume, realizzato anche in formato digitale, che sarà inviato, gratuitamente e a scopo promozionale, ad una mailing di stakeholder
del nostro settore/mercato: imprese, istituzioni, associazioni di categoria, etc… che sarà inoltre allegato ad un periodico nazionale. Il
volume probabilmente sarà messo in vendita nella principali librerie
italiane tramite l’accordo con un importante editore nazionale.
L’idea di riprendere la pubblicazione del PrBook è stata proposta da
Giancarlo Panico e Fabio Ventoruzzo, che ne firmano la direzione
editoriale, nel corso dell’ultimo Consiglio Direttivo Nazionale di Ferpi
del 17 novembre 2008 ed approvata dallo stesso Consiglio Direttivo
Nazionale Ferpi e condivisa poi da Assorel come una delle attività per
rispondere alla crisi economico-finanziaria internazionale.
LA STRUTTURA DEL PRBOOK
Il PrBook è una sorta di vademecum sulle relazioni pubbliche italiane
che comprende – ed è questo uno degli elementi caratterizzanti –
una vera e propria rubrica con elenco dettagliato dei professionisti
italiani associati a Ferpi e delle agenzie di Rp associate ad Assorel.
Si tratta in pratica di presentare accuratamente ogni socio, professionista o agenzia, associato alle due associazioni di categoria mediante un breve profilo biografico-professionale (o aziendale nel caso
delle agenzie) accompagnato, se l’interessato lo desidera, da una
foto. In calce ad ogni profilo l’interessato, socio o agenzia, è chiamato
ad indicare, in neretto, le proprie competenze professionali caratterizzanti (tre al max). I soci sono invitati ad inviare un breve profilo
biografico-professionale (max di 450 caratteri, spazi inclusi) del tipo
di quelli pubblicati nella sezione “vita associativa” del magazine
eventualmente accompagnato da una fotografia (a buona qualità)
all’indirizzo [email protected] indicando anche le tre competenze
professionali distintive che saranno segnalate in calce al profilo in
neretto. (es. media, eventi, finanziario, sociale, ambientale, culturale,
new media, etc…).
Oltre l’elenco dettagliato dei soci, professionisti e agenzie, il volume
comprenderà una rubrica con le schede, i responsabili e i recapiti dei
principali stakeholder del settore/mercato e delle principali agenzie
di servizi e dunque comprenderà elenchi delle associazioni professionali, nazionali e internazionali, della comunicazione, e poi relativamete al nostro Paese gli ordini professionali, le principali associazioni di categoria, una scheda sui principali media con l’indicazione
dei direttori, i principali stakeholder istituzionali, le fiere e i centri
congressi (stiamo capendo se c’è una lista), gli istituti e le agenzie di
ricerca di mercato, le agenzie di stampa, le agenzie di monitoraggio
media (rassegne stampa), i centri media, le agenzie pubblicitarie,…
altre categorie di servizi utili. E’ prevista una sezione “documentale”
con la bibliografia, i siti web, i principali documenti associativo-professionali.
LA NOVITÀ
A differenza dell’edizione realizzata in passato il nuovo prodotto
sarà integrato da una sezione con analisi, commenti, interviste e dati
relativi allo scenario italiano e internazionale. Il PrBook si articolerà,
dunque, in due sezioni: analisi (o scenario) e vademecum. La sezione introduttiva, “analisi”, prevede interventi di scenario tematizzati
sui diversi settori professionali e sulle principali tendenze a firma di
autorevoli professionisti, docenti universitari e ricercatori oltre i punti
di vista di responsabili di altre associazioni, dei direttori di giornali e
telegiornali, sociologi, ricercatori di mercato, etc…
SPAZI PUBBLICITARI
All’interno del PRBOOK sarà possibile inserire pagine pubblicitarie a
colori di agenzie, società di servizi, imprese, associazioni di categoria.
Il costo preventivato di ogni pagina pubblicitaria (a colori) è di 500
euro. Non sono previste inserzioni pubblicitarie per singoli soci.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
21
Ferpi
I primi risultati e una breve analisi dei questionari inviati ai soci sugli effetti della crisi
L’iniziativa
Creatives
are Bad!
la mostra sulla
comunicazione
rifiutata
Dal 02 al 05 aprile la Galleria
Civica di Cava de’Tirreni ospita l’edizione 2008 di “Creatives
are Bad!” la mostra-evento
sulla comunicazione rifiutata,
da quest’anno patrocinata da
Ferpi. Creatives are Bad! nasce
da un’idea dell’agenzia di comunicazione integrata MTN
Company. La mostra sulla
comunicazione rifiutata, che
da tre anni sta facendo parlare l’Italia, è nata con l’intento
di far conoscere pubblicità o
lavori di progettazione grafica altrimenti sconosciuti.
Ma
anche -e soprattutto- per discutere delle problematiche
legate al mondo della comunicazione. Perché determinati
lavori vengono rifiutati? Scarso livello qualitativo, agenzie
sorde alle esigenze del cliente, committenza con scarsa
cultura della comunicazione,
o clienti troppo intrusivi nel
lavoro dell’agenzia? Creatives
are Bad! è dialogo, conversazione tra agenzie, committenza e utente finale.
Ferpi e la crisi: cosa fare nel 2009
La crisi internazionale dei
mercati finanziari e la recessione che sta investendo
molti Paesi Occidentali e
l’Italia ha evidenti ripercussioni sulle aziende e quindi
sul mercato della comunicazione. FERPI a fine 2008, per
comprendere gli effetti della
crisi sulle Rp, ha avviato una
campagna d’ascolto dei soci
che, attraverso un questionario, sono stati chiamati ad
esprimersi sulla crisi e sulle
ripercussioni sul nostro mercato e sulla nostra professione. Una delle prime iniziative
volute dal Consiglio Nazionale per adottare iniziative
in supporto dei soci. Attilio
De Pascalis, che ha guidato
il project work presenta i risultati e sviluppa una breve
analisi dei dati emersi dal
questionario.
1.000 professionisti iscritti alla Ferpi, Federazione relazioni
pubbliche italiana.
Due terzi dei professionisti
delle relazioni pubbliche ritengono che nel 2009 gli investimenti si ridurranno significativamente in tutti i comparti
della comunicazione. Ma le
relazioni pubbliche saranno
meno penalizzate rispetto ad
altre attività.
Secondo gli operatori, il comparto più penalizzato dalla
di Attilio De Pascalis
La crisi riduce le risorse ma accresce il ruolo delle relazioni
pubbliche in Italia, sempre più
centrale per affrontare e superare le difficoltà nei confronti
dei diversi pubblici, interni ed
esterni. È quanto emerge da
una survey condotta fra i circa
Illustrazione di Rita Bertelli
crisi sarà la pubblicità (38%)
seguito dalle promozioni con
il 23%. In particolare saranno
piccole e medie imprese a ridurre maggiormente gli investimenti in comunicazione.
La crisi, tuttavia, non modificherà l’orientamento strategico degli operatori delle relazioni pubbliche, secondo il
53% degli intervistati e infatti
il 47% prevede che la propria
società confermerà nel 2009
gli stessi investimenti in comunicazione dell’anno precedente.
Circa due terzi degli operatori
di relazioni pubbliche suggeriscono una “ricetta” per i tempi
di crisi: migliorare la strategia
di comunicazione concentrando gli investimenti su pochi
media. E per quanto riguardo
gli addetti? Ben tre quarti degli intervistati (74%) titolari di
agenzie prevedono di mantenere lo staff attuale. Stabile o
in crescita la partecipazione a
corsi professionali. Il 43% degli
intervistati, infatti, dichiara che
nel 2009 l’impegno per la formazione manterrà i livelli del
2008. Il 35%, invece, si attende
addirittura una crescita della
formazione, come strumento
per migliorarsi e mantenere il
proprio business all’interno di
un mercato in difficoltà .
Più della metà dei professionisti della comunicazione è convinto che la crisi non diminuirà
affatto il peso delle relazioni
pubbliche per il business. Per
confermare il ruolo strategico
della comunicazione i nostri
soci punteranno su professionalità, qualità, formazione e
“innovazione”. Ciò che si aspettano gli associati Ferpi, secondo il survey, è di estendere le
occasioni di networking, creare più sinergie con imprese
private e una più intensa attività di lobby per sostenere le
attività di relazioni pubbliche.
Richieste in linea con l’azione
portata avanti da Ferpi in questi anni.
Grandi consensi sull’idea di
creare un fronte comune con
altre associazioni della comunicazione (95%) e per la presentazione di un progetto Ferpi per il rilancio delle relazioni
pubbliche (98%).
La crisi colpisce anche le relazioni pubbliche, ma offre
anche nuove opportunità di
intervento ai professionisti in
aree come la comunicazione
interna, gli eventi e i social
network.
Rosanna D’Antona interviene nel dibattito sulla crisi, sul ruolo e le opportunità per le Rp
Rp: è cambiato il modello di business?
22
la nostra e-mail è [email protected]
Manager, IBM Media Relations
Questa pagina ospiterà lettere e commenti agli articoli pubblicati
Inviate anche i vostri comunicati relativi a progetti, eventi, iniziative
ma anche foto, immagini, documenti
Lettere e commenti
Rosanna D’Antona
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Cari colleghi,
scrivo di domenica mattina,
quelle mattine dove leggi nel
dettaglio i quotidiani e qualche
pezzo che ti eri ripromessa di
leggere, con calma. Ferpi Notizie
era lì da leggere con attenzione:
complimenti per il bel dibattito
sulla crisi proposto ospitando
firme e commenti di colleghi
qualificati. E’ proprio nell’ottica del
dibattito che vorrei aggiungere una
testimonianza vista da chi come
me opera in questo settore da più
di 30 anni. Quasi tutto il numero è
dedicato giustamente alla “crisi”.
Concordo: è così come è stata
descritta, ma forse è anche peggio.
E’ sul “ peggio” che mi soffermo
un attimo perchè tutte queste
belle parole relative a quanto
sia determinante comunicare i
propri progetti in tempo di crisi
devono sapere che oggi buona
parte delle aziende devono fare i
conti (sempre più in rosso) e con
le spese fisse (prevalentemente il
personale da tagliare) ed i mercati
(che rispondono sempre meno).
Ecco stare a fianco dell’impresa
oggi significa prevalentemente
far in modo che le relazioni (che
asuspicabilmente abbiano
governato correttamente
precedentemente) con i suoi
interlocutori oggi continuino per
stabilire un terreno comune di
incontro e per trovare soluzioni che
siano convenienti da ambo le parti
(il famoso win-win!). Mi domando
a questo punto se la funzione che
abbiamo sempre avuto di mediare
gli interessi degli enti/imprese
che rappresentiamo e dei loro
interlocutori esterni (dai media,
alle istituzioni, alla popolazione
aziendale) non debba essere rivista
di fronte alle mutate condizioni
dello scenario in cui operiamo: noi
e gli interessi che rappresentiamo.
I giornalisti hanno minor “potere”
perchè devono fare i conti con
proprietà editoriali forti, vengono
richiesti loro meno-opinioni e
più-fatti che ormai si raccolgono
da agenzie ed internet, un lavoro
anche per loro sempre più flessibile
se non precario; le istituzioni sono
sempre meno influenzabili, viste
le richieste a cui devono far fronte.
Obama ha dichiarato in questi
giorni che seguirà il suo percorso
per risollevare il paese, che adotterà
le misure che ha promesso non
tenendo conto delle pressioni
delle lobby che rappresentano gli
interessi di industrie e banche. Oggi
i nostri media si chiedono che fine
faranno i 15.000 operatori lobbisti
che vivono intorno a Washington;
la popolazione aziendale vive
in un unico terrore oggi: quello
di perdere il posto. In ascensore
l’altro giorno scambiando le due
chiacchiere di convenienza con
una giovane donna da un piano
all’altro di un building, uscendo
mi ha salutato dicendo: “sì sto
lavando giorno e notte, ma mi
ritengo fortunata perchè ho
ancora un posto di lavoro!”. Chiudo
lasciandovi un messaggio. Sarebbe
davvero interessante capire, anche
noi oltre che i nostri committenti,
come rivedere il nostro modello di
business. Loro lo stanno facendo:
le banche (stanno rivedendo
l’intero sistema, così non regge
più), le imprese (stanno cercando
vie d’uscita in altri mercati, nella
riorganizzazione produttiva e
distributiva, operando in modo più
coerente, trasparente e - speriamo
- anche socialmente utile) le
istituzioni (sono alle prese con
i bilanci nazionali, il welfare e il
sostegno ad un’economia che
globalmente sta mostrando le
sue debolezze), il cittadino/utente
consumatore ha veramente
tanta paura. Credo che per noi
non sia sufficiente dire “bisogna
cogliere opportunità proprio in
caso di crisi”. E’ vero, dico io, ma
a patto che si comprenda bene
di cosa c’è bisogno, l’ascolto del
mercato anche per noi deve
essere la nostra guida. Forse val
la pena di lavorare su questo
famoso governo delle relazioni.
Relazioni che non possono essere
governate con le motodologie
che sono state così efficaci
nell’ultimo ventennio. Grazie a
Ferpi Notizie che mi ha consentito
di riflettere con un pò di calma su
come il nostro business collettivo
e il business della mia impresa,
possano cogliere l’opportunità di
questa crisi “rivisitando” il nostro
ruolo e perchè no anche, in parte,
la nostra missione aziendale.
ferpi
Il workshop
Nuove strategie per la
comunicazione della cultura
Qual’è il ruolo della comunicazione nella competitività del sistema
produttivo italiano? Se ne è discusso in un convegno organizzato a
Torino e patrocinato da Ferpi nell’ambtio della quinta Conferenza
Nazionale degli Assessori alla Cultura e al Turismo.
di Alessandro Bertin
La comunicazione è la chiave di volta per rendere sempre più salda la
relazione fra patrimonio artistico e culturale, crescita civile della collettività e sviluppo socio-economico del territorio. I beni e le attività
culturali, per vocazione propria, godono di un carattere di unicità che
li rende di per sé formidabili veicoli di promozione e marketing per
il sistema delle imprese private, che, come tale, può porsi in virtuosa
relazione di supporto economico al settore. Queste le considerazioni
dalle quali ha presso le mosse, lo scorso 27 febbraio a Torino, la tavola rotonda organizzata da Federculture e Anci, in collaborazione con
FERPI, nell’ambito de Le Città della Cultura - V Conferenza Nazionale
degli Assessori alla Cultura e al Turismo e alla quale hanno preso parte
Cecilia D’Elia, Assessore alle Politiche Culturali Provincia di Roma; Fabrizio Caprara, Amministratore Delegato Saatchi & Saatchi; Umberto
Croppi, Assessore alla Cultura Comune Roma; Paolo Garimberti, Editorialista di Repubblica e conduttore di Repubblica TV e Anna Martina,
Direttore Divisione Cultura, Comunicazione e Promozione Comune
di Torino. Moderatore, Vittorio Bo, Direttore Festival delle Scienze di
Genova e, insieme alla stessa Martina, consigliere nazionale FERPI. Secondo Croppi gli enti pubblici devono sforzarsi di promuovere forme
di partnership con le imprese private nelle quali le aziende possano
sentirsi davvero parte dei progetti che contribuiscono a finanziare.
E’ inoltre necessario utilizzare in maniera migliore e più strategica
gli strumenti tradizionali del marketing mix, affiancandoli con quelli
forniti dall’impiego delle nuove tecnologie. Gli fa eco Anna Martina,
direttore della divisione Cultura, comunicazione e promozione del
Comune di Torino, che ha sottolineato la necessità di promuovere un
vero e proprio “design della comunicazione culturale”, un approccio
progettuale alla comunicazione dell’offerta culturale della città, capace di ottimizzare la resa degli investimenti attraverso la scelta degli
strumenti di volta in volta più adeguati alle necessità. “L’orizzontalità
della comunicazione ha sbaragliato le strutture organizzative – ha aggiunto Vittorio Bo, direttore del Festival delle Scienze di Genova – I
musei e gli eventi oggi funzionano quando sono in grado di regalare
al proprio pubblico esperienze emozionali”. La sfida sembra dunque
duplice: da un lato creare le condizioni per un sistema di comunicazione più strategico, capace di coinvolgere il cittadino e il turista e di
uscire da una certa auto-referenzialità di cui spesso la cultura e tutto
ciò che ruota intorno ad essa vengono accusati, dall’altro stimolare
il coinvolgimento delle aziende, offrendo loro un sempre crescente
plus emozionale in grado di ottimizzare la resa dell’investimento e di
creare un rapporto virtuoso di collaborazione fra pubblico e privato.
Successo per i corsi proposti presso la Camera di Commercio di Milano
Formaper: come fare
impresa nelle Rp
Rinnovata la collaborazione
tra FERPI e Formaper, l’azienda speciale della Camera di
Commercio di Milano, anche per il 2009. In calendario
convegni, incontri formativi e
seminari realizzati grazie alla
disponibilità e al coinvolgimento attivo di alcuni colleghi.
Un rapporto quello con Formaper – formalizzato in un protocollo siglato dalle due organizzazioni due anni fa – che nel
2009 prevede diverse iniziative
congiunte: dai convegni ai seminari per le piccole e medie
imprese; dagli incontri formativi che i giovani imprenditori
alla consulenza per coloro che
intendono avviare un’attività
nel settore delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione.
Diversi gli appuntamenti in
programma. Il primo incontro,
di carattere “culturale”, è aperto
a tutti. Si è svolto il 19 marzo
scorso presso Palazzo Giureconsulti proponendo un focus
di due ore nel quale un socio
Ferpi, Luigi Norsa, tra i maggiori esperti di crisi, ha parlato
di un argomento di grande attualità: come affrontare la difficile situazione economica che
stiamo vivendo. “La comunicazione in tempo di crisi: quando una criticità può diventare
un’opportunità”: questo il
titolo dell’incontro ha visto la
partecipazione di un pubblico
diversificato, dalle imprese, ai
comunicatori, ai giovani. Per
il 2009 sono in calendario tre
seminari dedicati alle piccole
e medie imprese che hanno
la necessità di promuovere
eventi sul territorio e di inserirli
nella loro strategia di comunicazione, oppure di sviluppare
meglio la comunicazione nel
business to business, o ancora
di conoscere – e applicare – le
tecniche del marketing non
convenzionale. Più di taglio
professionale gli altri incontri
in calendario: “Gli eventi nella
strategia di comunicazione:
criticità e opportunità” (il 7 e
l’8 maggio con Francesco Moneta, Rossella Sobrero, Mariella
Governo); “La comunicazione,
strumento strategico anche
nel business to business” (il 18
giugno con Nicoletta Cerana)
e “Il marketing non convenzionale e le nuove frontiere della
comunicazione” (il 15 settembre con Tony Gherardelli). La
partecipazione di FERPI è prevista inoltre in alcuni seminari
di orientamento all’imprenditorialità e alla creazione d’impresa. Gli appuntamenti per il
2009, in questo caso sono due,
sono due: “Mettersi in proprio
nel settore delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione
d’impresa” (il 19 marzo 2009
con Liliana Bossi) e “Come fare
un business plan nel settore
delle Relazioni Pubbliche e
della Comunicazione d’Impresa” (il 23 e 24 aprile con Franco
Guzzi). Una proposta articolata e diversificata che offre a
target diversi la possibilità di
approfondire alcuni temi o di
avvicinarsi alla professione. Un
programma in grado di fornire
idee e strumenti a tutti coloro
che parteciperanno e consigli
utili per svolgere al meglio la
propria attività o mettersi in
proprio. «La comunicazione
non cambia la realtà dei fatti afferma Luigi Norsa - ma può
influire sull’impatto che i fatti
possono avere sul breve e sul
medio termine. Molto apprezzato l’intervento di Norsa al primo incontro in cui ha parlato di
resilienza. “La resilienza, cioè la
capacità delle organizzazioni
di affrontare situazioni critiche,
uscendone rafforzate - dice
Norsa - è il risultato di una rapida risposta operativa unita
ad una comunicazione efficace
che affronti i timori degli interlocutori interni ed esterni, affermando i valori guida dell’organizzazione e la sua capacità di
affrontare e superare la difficoltà. In tempi contraddistinti da
grande volatilità ed emotività
fa parte dell’indispensabile bagaglio delle skills manageriali,
la capacità di affrontare le crisi
improvvise, striscianti o esogene e di indirizzare in modo
adeguato la comunicazione,
senza farsi paralizzare dai timori ma assumendo il controllo
degli eventi. In tempi di crisi
economica, inoltre, la necessità dell’organizzazione di ristrutturarsi per rispondere al
mutato contesto può generare
una crisi nella crisi, riducendone la credibilità economica
e sociale e indebolendone la
posizione competitiva. Una
adeguata comunicazione è la
condizione indispensabile per
salvaguardare la reputazione
dell’impresa e la credibilità del
suo management”.
(rs)
Anno XVIII Nr. 56 / 2009
Magazine della Ferpi,
Federazione Relazioni Pubbliche Italiana
Redazione e amministrazione
Via Annibale Caretta, 3 - 20131 Milano
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Direttore Responsabile
Vladimiro Vodopivec
Vice Direttore
Fabio Ventoruzzo
Redazione
Giuliano Bianucci, Fabiana Callai, Valentina
De Farolfi, Gianfranco Esposito, Laura Latini,
Toni Muzi Falconi, Valentina Pasolini, Ornella
Petraroli, Roberto Portanova, Stefania Romenti,
Rossella Sobrero, Amanda J. Succi, Carlo Tarallo,
Giampietro Vecchiato, Grazia Murtarelli, Stefano
Gatti, Francesco Scarpulla, Donatella Giglio
Hanno collaborato
Gianluca Comin, Attilio Consonni, Emanuele
Invernizzi, Sara Pellegatta, Cristina Skarabot,
Enrico Cogno, Nicola Mattina, Italo Vignoli,
Felice D’Endice, Anita Fabbretti, Alessandro
Bertin, Attilio De Pascalis, Mariella Governo,
Paolo D’Anselmi, Marco Bardus, Enrico Grazzini,
Vincenzo Cosenza, Diego Biasi, Marta Bartolozzi,
Marina Marzotto
Fotografie
Pino Beato
Archivio Fotografico Ferpi
Progetto Grafico
Gentil
Impaginazione e Stampa
Effigi sas - www.tipolitoeffegi.com
Registrazione Tribunale di Milano
nr. 670 del 24.10.1990
Pubblicazione non in vendita
Questo numero è stato chiuso in redazione
il 18 marzo 2008
tiratura: 3000 copie
relazioni pubbliche - n. 56/2009
23
professione
I consigli di Enrico Cogno
Tre regole per parlare in
pubblico con efficacia
Enrico Cogno, già vicepresidente Ferpi e considerato tra i più
autorevoli comunicatori italiani, dallo numero precedente ha
firma una rubrica sulle norme comportamentali dei professionisti di Rp nell’utilizzo nella pratica così come nell’uso di
strumenti.
Enrico Cogno
Regola 1)Comunicare con il pubblico, non al pubblico.
Questo significa essere occupati (non preoccupati) nel controllare che il messaggio, nelle sue componenti verbali e
gestuali, arrivi a buon fine. Occuparsene significa aver predisposto correttamente il messaggio. Preoccuparsi significa
solo rivolgere tutta l’attenzione a noi stessi nel tentativo di
essere dei protagonisti vincenti. Questo serve soltanto a
scatenare l’ansia. La domanda, pertanto, non è: farò bella
figura? ma: quanto saranno soddisfatti gli ascoltatori?
Regola 2) Evitare di leggere il discorso. Predisporre una
‘scaletta’ (da non confondere con gli appunti) che deve
contenere solo le parole-chiave. Provare l’uso della scaletta
almeno due volte, registrando il messaggio ad alta voce,
controllando i tempi. Mai parlare più a lungo di quanto previsto: è una mancanza di rispetto per l’uditorio.
Regola 3) Un discorso in pubblico è diviso in tre fasi, esattamente come in un volo aereo: il decollo, il volo e l’atterraggio.
Un buon decollo richiede di conquistare l’attenzione mostrando serenità e determinazione, senza scuse né premesse.
Nella fase di volo (la più lunga) attenzione al linguaggio. Bisogna semplificate senza impoverire. Per evitare i terribili
‘luoghi comuni’ il sistema è semplicissimo: datevi una multa di 50 euro (che verserete per una causa benefica) ogni
volta che direte: Vi ruberò solo
dieci minuti … Niente… Sarò
brevissimo… Sento l’esigenza di
premettere… Spero di non annoiarvi… Non è questa la sede
per parlare di… Detto ciò… Il
tempo è tiranno…Parlate sempre in piedi, senza mettere le
braccia conserte, con gesti decisi
ma non aggressivi. Evitate i tic,
come sfregarsi le mani, aggiustarsi la cravatta o (per le donne)
inanellarsi i capelli. Niente mani
in tasca, o al massimo una. Se
non sapete dove mettere le mani
usatele per reggere una cartellina, utile anche per contenere la
‘scaletta’. Mai mettere le mani davanti alla bocca mentre parlate:
svela che state mentendo. Parlate ben bilanciati su entrambe le
gambe. Se siete al leggio, non afEnrico Cogno
ferratelo con entrambe le mani.
Se tenete una lezione evitate di andare su è giù per l’aula.
Le donne sono pregate di non poggiare il piede destro sul
tacco, ondeggiandolo di qua e di là. E’ diventato un “tormentone” risibile. In locali con meno di trenta ascoltatori
è necessario guardare in modo rilassato tutti negli occhi,
a turno. In grandi saloni nei quali il contatto visivo non è
possibile, bisogna dirigere lo sguardo ai quattro punti cardinali della sala: questo darà l’impressione che lo sguardo
sia circolare e diretto a tutti. Nella fase di atterraggio, poco
prima del finale, date un segnale di chiusura (“E come ultimo punto…e se è previsto un question time, annunciate
prima di concludere che gradite delle domande (“Tra due
minuti ascolterei volentieri qualche vostra domanda”) se no
avrete solo un imbarazzante silenzio. Se la prima domanda
tarda ad arrivare, sdrammatizzate: “Non è obbligatorio che
la prima domanda sia intelligente. Questo è richiesto alle
seguenti…”. Di solito funziona. Ricordate cosa diceva Philip
Armour: Non esiste nessuna dote personale che consenta
un successo così rapido quanto l’abilità nel parlare.
24
relazioni pubbliche - n. 56/2009
Intervista esclusiva a Giorgio Nardone, allievo e continuatore
Vittime consenzienti o
Non si può non comunicare. Il
primo e più importante dei 5
assiomi della comunicazione di
Paul Watzlawick è quanto mai
attuale. Mariella Governo ha
incontrato Giorgio Nardone,
allievo e tra i più stretti collaboratori del noto sociologo. Nardone è considerato l’esponente di
maggior spicco tra i ricercatori
della Scuola di Palo Alto. Fondatore insieme a Paul Watzlawick
del Centro di Terapia Strategica
di Arezzo, direttore Scientifico
dello Strategic Therapy Center
e della Scuola di Formazione
Manageriale in Comunicazione
& Problem Solving Strategico di
Arezzo che ha sedi a Milano, Cagliari e Madrid è direttore della
collana “Saggi di Terapia Breve”
per Ponte alle Grazie Editore.
Psicoterapeuta e Coach è riconosciuto come uno dei più creativi
e al tempo stesso rigorosi studiosi e terapeuti in virtù dei suoi
numerosi e innovativi lavori che
hanno portato ad un nuovo Modello evoluto di Terapia Breve e
di Problem Solving Strategico.
di Mariella Governo
I cinque lungimiranti assiomi
di Paul Watzlawick della Pragmatica della comunicazione
umana, rappresentano ancora
la base base della professione.
Che peso hanno avuto nella
sua educazione e, se è possibile
fare una scelta, quale di questi è
oggi il più attuale?
Paul Watzlawick, come una stella
cometa ha illuminato con le sue
idee, il suo lavoro ed i suoi scritti
intere generazioni di studiosi e
professionisti. La sua opera, come
quella dei grandi filosofi, non si
lascia limitare né dalle ideologie
né dai confini delle singole prospettive scientifiche: essa va oltre,
sino alla radice del “come” l’essere
umano costruisce, anzi inventa
la propria realtà. Questa stella
cometa ha avuto una notevole
influenza su di me sia dal punto di
vista professionale che personale.
Abbiamo fondato insieme un Istituto, il Centro di Terapia Strategica
di Arezzo, che dal 1988 con le sue
attività e la sua presenza è diventato il punto di riferimento per
l’evoluzione del Problem Solving
e della Comunicazione Strategica.
Avendo avuto l’onore e il piacere di condividere con Paul oltre
quindici anni di collaborazione
professionale e di relazione personale, egli è stato per me non
solo un maestro di scienza e professione ma anche un modello di
stile e filosofia di vita. Tra gli assiomi, forse il più attuale oggi è “non
si può non comunicare”: il primo
Giorgio Nardone. Nell’altra pagina con Watzlawick
postulato della Pragmatica della
comunicazione umana. L’impossibilità di non comunicare ci mette
ineluttabilmente di fronte a due
possibilità: scegliere se comunicare in modo casuale, oppure
scegliere di farlo in modo strategico. Essere vittime consenzienti
o artefici degli effetti del nostro
comunicare.
Professor Nardone, nel suo lavoro di terapeuta e problem
solver ha trattato quasi 15.000
casi: dai clinici a quelli aziendali e manageriali. Leggo nel
suo ultimo libro Solcare il mare
all’insaputa del cielo che le sue
tecniche sono efficaci al 95%
per i disturbi d’ansia, all’82%
per i problemi relazionali e
all’80 % per i problemi legati
all’abuso di Internet. Su cosa si
basa il suo metodo?
Come diceva Clarke: “una tecnologia abbastanza evoluta nei
suoi effetti non è dissimile da
una magia”. La bacchetta magica
del modello strategico consiste
proprio nella sua raffinata tecnologia. Il modello ha una logica che
permette al consulente/problem
solver/coach/psicoterapeuta di
sapere organizzare il proprio intervento con una processualità
ben precisa, articolata, in strategia, tattiche, tecniche, manovre
e stratagemmi di intervento. Nei
21 anni di storia del Centro di Terapia Strategica le ricerche empiriche hanno condotto alla messa
a punto di interventi specifici per
le differenti forme di problema e
di patologia più ricorrenti. Ovvero,
strategie e stratagemmi, talvolta
inventati o selezionati ad hoc,
divenuti poi, attraverso l’applicazione sperimentale, veri e propri
modelli replicabili e trasmissibili. Il
segreto della magia è che non ci
sono segreti.
La crisi globale e il pessimismo
dilagante ha fatto aumentata
negli ultimi 6 mesi la richiesta di
interventi al suo Centro da parte di aziende o singoli manager
in difficoltà?
Le necessità delle aziende e dei
manager di essere guidati a gestire in modo strategico la crisi planetaria sono aumentate. Tuttavia
le aziende o i manager che cercano aiuto sono quelli che possono
permetterselo e questi, dal mio
punto di vista, sono la minoranza
rispetto al reale bisogno. Ciò che
invece è notevolmente aumentato sono le richieste di collaborazioni provenienti da altre società
di consulenza o formazione per
progetti specifici o addirittura per
proporci partnership.
Il Governatore della Banca
d’Italia Mario Draghi il 20 febbraio scorso ha detto per uscire
dalla crisi bisogna far ritrovare
la fiducia alle persone. Sulla parola fiducia gira negli ambienti
giornalistici una storiella. Un
nonno dà una mancia alla nipotina di 7 anni e le chiede:
“metterai in banca questi soldi
vero?” “No nonno, io non ho
fiducia nelle banche.” Sembra
difficile invertire la rotta se
pure i bambini la pensano in
questo modo. Cosa ne dice?
La sua domanda, come del resto
professione
dell’opera di Paul Watzlavick.
Ricerca
artefici del comunicare?
l’affermazione del Governatore
della Banca d’Italia, mi sembra
che si focalizzi su un aspetto importante: quello della fiducia nei
confronti degli altri. Questa va
considerata, come gli psicologi
sociali ci insegnano, una vera e
propria profezia che si auto realizza, sia in senso positivo che negativo, ma con una percentuale
di efficacia decisamente diversa.
Si è tutti molto più bravi a realizzare le nostre profezie catastrofiche rispetto a quelle miracolose.
Questo sta ad indicare che è importante evitare o ridurre almeno
l’effetto profezia che si autorealizza in negativo ma questo non significa dover incrementare forzatamente il nostro senso di fiducia
negli altri. La fiducia non può essere una scelta iniziale ma l’effetto
della comprovata affidabilità delle persone con cui si ha a che fare,
altrimenti si tratta di incoscienza.
Forse il messaggio più corretto da
parte dei cosiddetti potenti dovrebbe essere: “siamo consapevoli che ce n’é ben donde per essere
sfiduciati rispetto alle persone e al
funzionamento del mondo, ma
se si assume un atteggiamento di
difesa questo si trasformerà in un
effetto a catena per cui il risultato
finale sarà la realizzazione di ciò
che si teme”.
Lei ricorda spesso l’aforisma
di Einstein: abbiamo bisogno
di un nuovo modo di pensare
per risolvere i problemi causati
dal vecchio modo di pensare.
E’ sufficiente oggi cambiare
modo di pensare?
Quando ci occupiamo di fenomeni che hanno a che fare con
il rapporto che la mente ha con
la mente, con le altre menti, con
la società, la logica lineare non
funziona più perché io influenzo
ciò con cui interagisco; introduco
continuamente un cambiamento
nella realtà che mi torna indietro.
Questo è il principio del feedback
della cibernetica ed è quello da
cui ha preso avvio la scuola di Palo
Alto: l’idea che una volta che si
inizia un gioco, tutto è interazione
e non c’è niente di prestabilito. La
causa costruisce l’effetto, l’effetto crea la causa. La circolarità si
sostituisce alla linearità causale.
Cambiare modo di pensare significa cambiare il modo di percepire
il rapporto con se stessi, con gli
altri e con il mondo. Cambiare la
propria percezione porta a modificare il nostro modo di agire, di
comportarci, di muoverci verso
il raggiungimento degli obiettivi.
Questo cambiamento nel modo
di percepire ci porta a trovare
nuove e diverse strategie, a metterle in pratica ed a mantenerle
nel tempo. Come ci indica Marcel
Proust “il vero viaggio di scoperta
non è vedere nuovi mondi ma
cambiare occhi”.
Alcune aziende hanno di recente dichiarato che stanno
assumendo personale. E’ il caso
di Ikea, Mc Donalds, Enel. Nel
linguaggio strategico possiamo parlare dell’applicazione di
una logica non ordinaria a una
situazione quasi paralizzata?
Cosa ne pensa?
Il fatto che la crisi che stiamo attraversando sia globale, non significa che impatti su tutto e su tutti e
soprattutto nello stesso modo. Ad
esempio ci sono settori merceologici in difficoltà già da anni, come
il tessile, ed invece settori che non
ne risentono quasi o sono addirittura in crescita, come l’ingegneria
e l’impiantistica. Non mi sembra
che qui ci sia una scelta strategica
della comunicazione ma semplicemente cavalcare il proprio
successo produttivo. Del resto, in
tutte le crisi economiche la qualità emerge; in particolare, la qualità organizzativa delle aziende
che si esprime anche nella scelta
di nicchie di produzione o nell’investimento su ciò che può essere
più richiesto.
Una delle sue tecniche di comunicazione più note si chiama,
“come peggiorare”. Lo scenario
non è roseo ma è possibile peggiorarlo di più?
La tecnica del “come peggiorare”
segue la logica del paradosso.
Principio che hanno seguito i più
grandi inventori. Pensare a tutti
i modi per fallire crea, per effetto
molla, indicazioni su come migliorare mentre, spesso, il mettersi a
pensare come migliorare blocca.
Inoltre, la formulazione della tecnica, prevede un elenco di azioni,
pensieri, modalità comunicative
specifiche, che se io mettessi in
atto contribuirebbero a peggiorare la situazione. Dunque non è un
generico “di male in peggio” ma
un’analisi della propria responsabilità nel mantenere, o addirittura
far peggiorare, una situazione che
già non è rosea. Infatti, alcune
cose che noi facciamo, armati dalle migliori intenzioni contribuiscono a
mantenere, se non
a peggiorare, la situazione. Pertanto,
questo stratagemma serve proprio a
riorientare la mente
in direzione di situazioni alternative
a quelle messe in
atto o che possono
essere attuate.
la diffussione del ranking
nella valutazione
E se dovesse immaginare “uno
scenario oltre il problema”?
Questa tecnica, ispirata allo stratagemma del “creare dal nulla”,
si basa sulla logica non ordinaria
della credenza, la stessa logica
sottesa alla profezia che si autorealizza, nota tra gli altri agli analisti finanziari. Lo “scenario oltre il
problema” permette di ottenere
due effetti importanti ai fini del
cambiamento: la suggestione
positiva, legata alla logica della
credenza; e la possibilità di spostare l’attenzione dal presente
problematico ad un futuro senza
il problema. Pertanto, la domanda
dovrebbe essere focale e orientata ad uno specifico obiettivo altrimenti è impossibile usare questa
tecnica. Si dice che la differenza
tra l’uomo intelligente e l’uomo
saggio è che il primo da le risposte intelligenti e che il secondo fa
le domande adeguate.
L’impiego delle classifiche (ranking) di valutazione degli
atenei universitari è sempre più diffuso. E’ uno dei temi e
delle sfide più attuali per i professionisti delle Rp.
di Stefania Romenti
Recenti ricerche hanno dimostrato come negli Stati Uniti la
diffusione dei ranking condizioni ogni anno in modo molto significativo l’andamento delle iscrizioni alle università.
Anche in Italia la diffusione dei ranking nazionali, per ora
appannaggio dei due principali quotidiani La Repubblica e
il Sole24Ore, e la loro influenza sulle immatricolazioni sembrano essere sempre più significative. Così come appare
sempre più vivace ogni anno il dibattito sulla posizione degli atenei italiani nelle classifiche internazionali.
La diffusione e la crescita di importanza dei ranking può
rappresentare un segnale positivo per il sistema universitario italiano. Questo vale se viene interpretato come il segnale dello sforzo compiuto dalle università italiane verso
una maggiore trasparenza della propria offerta, al fine di
supportare scelte sempre più consapevoli da parte degli
studenti e delle loro famiglie. Valutare la qualità dell’offerta universitaria incentiverebbe la competizione tra i diversi
atenei nel sistema paese, oltre che una necessaria apertura
verso standard qualitativi internazionali.
A fronte delle potenzialità di impiego dei ranking, esistono
tuttavia alcuni rischi che vanno valutati poiché possono andare a discapito, anziché a rinforzo, della trasparenza informativa. Questo aspetto emerge se per esempio confrontiamo le posizioni occupate ogni anno dalle università italiane
nelle classifiche nazionali e in quelle internazionali. Perché
tante differenze? Quali tra le classifiche esistenti sono più
valide e oggettive? Le differenze dipendono da due principali aspetti. Il primo è il fatto che ciascun ranking misura in
modo parziale le componenti della qualità e della reputazione degli atenei. Per esempio la classifica del Il Sole24ore è
fortemente orientata alla didattica, mentre tende a trascurare l’eccellenza nella ricerca come avviene nei principali ranking internazionali. Il secondo aspetto è che talvolta manca
omogeneità negli indicatori adottati per misurare la stessa
componente di qualità di un ateneo. Per esempio la produttività della ricerca
viene misurata in
modo diverso da
La Repubblica e
dall’Academic Ranking of World Universities (ARWU). Il
rapporto Repubblica-Censis dà scarso
peso alla componente internazionale e attribuisce
molta importanza
alle ricerche collettive rispetto a
quelle individuali.
L’ARWU misura la produttività della ricerca sulla base delle
pubblicazioni e dei riconoscimenti ottenuti dai docenti e dai
ricercatori dell’ateneo.
Alla base dei punteggi che vengono attribuiti alle università nelle classifiche stanno dunque impianti metodologici
molto diversi, che privilegiano alcune componenti di qualità dell’attività universitaria a discapito di altre. Pertanto la
diffusione dei ranking anziché essere solo finalizzata a “fare
notizia”, dovrebbe essere accompagnata dalla spiegazione
chiara ed esaustiva delle scelte metodologiche effettuate.
Solo in questo modo i ranking possono supportare scelte
sempre più consapevoli da parte degli studenti e delle loro
famiglie, anziché distorcerle come rischiano di fare in questo momento.
A quale dei suoi 26 libri è più
legato? E perché?
Se considero quale è stato il mio
libro più importante in relazione
alla mia carriera personale senza
dubbio direi “L’arte del cambiamento” scritto insieme a Paul
Watzlawick nel lontano 1989 che
è stato ciò che mi ha dato la ribalta internazionale. Se devo invece
considerare il libro che, dal mio
punto di vista, è più bello senza
dubbio considero “Psicosoluzioni”: un libretto apparentemente
divulgativo, un concentrato di
tutto ciò che era stato sviluppato
nel mio personale lavoro e anche
la proposta di quello che sarebbe
stato il futuro, che poi è giunto negli anni successivi. Il tutto scritto in
maniera accessibile e piacevole.
Infine, se devo considerare quale
è stato il libro più faticoso e difficile da scrivere questo è stato
“Cavalcare la propria tigre” poiché
selezionare e presentare in modo
accessibile ed affascinante i 13
stratagemmi essenziali del pensiero strategico, sia occidentale
che orientale, è stato davvero una
fatica sia per lo studioso che per lo
scrittore; tuttavia lo sforzo è stato
premiato visto che questo testo è
il mio best seller.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
25
corporate
Il progetto
in un libro
l’impegno di
bayer nel sociale
Un libro fotografico dedicato ai
senzatetto promosso da Bayer
per il sociale con il patrocinio del
Ministro per le Pari Opportunità
racconta un progetto di solidarietà sociale.
Un viaggio, lungo un anno, attraverso Napoli, Milano, Torino,
Bologna e Roma per documentare le condizioni di vita dei senzatetto con un disperato bisogno
di aiuto.
Ma anche un messaggio di
speranza, rappresentato dall’esercito dei volontariche offrono tempo ed impegno ai più bisognosi.
Tutto questo è raccolto in un
libro fotografico “Viaggio nell’altra dimensione, alla ricerca delle
“ombre”, promosso da Bayer per
il sociale, in collaborazione con
i City Angels, volontari di strada
d’emergenza. Bayer, come azienda socialmente responsabile,
desidera con questo progetto
mantenere viva l’attenzione delle istituzioni, delle aziende e dei
privati cittadini su un mondo
che esiste e che non vuole farsi
vedere, ma che troppo spesso
la stessa società non vuole vedere: il mondo delle “ombre”. E la
risposta delle Istituzioni non si è
fatta attendere. Il Ministro per le
Pari Opportunità, ha concesso il
patrocinio per l’alto valore sociale
dell’iniziativa. Anche la Provincia
e il Comune di Milano hanno
sposato il progetto, intervenendo
con i rispettivi rappresentanti Mario lina Moioli, assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali del
Comune di Milano, e Francesca
Corso, assessore ai diritti del cittadino della Provincia di Milano, alla
conferenza stampa di presentazione del libro, tenutasi lo scorso
2 marzo, a Palazzo Isimbardi, sede
della Provincia di Milano.
Se le immagini dell’obiettivo di
Maria Claudia Costa, autrice delle
foto del volume, parlano da sole,
altrettanto vero è che alcuni numeri possono disegnare meglio
la dimensione del problema. Secondo i dati Istat, circa 7 milioni
di italiani sono poveri, cioè il 13%
della popolazione nazionale, vale
a dire un italiano su dieci. Il mondo degli homeless, raggruppato
dai City Angels in cinque grandi
categorie - immigrati, i senza
famiglia, etilisti e tossicomani,
malati di mente, i senzatetto per
scelta - conta ben 18 mila persone, di cui il 60% stranieri. E mentre
la povertà aumenta, un’indagine
di Astra Ricerche ha dimostrato
che diminuisce sensibilmente il
numero di persone che si impegnano a sostenere e aiutare chi
ha bisogno, con sempre meno
giovani coinvolti.
26
relazioni pubbliche - n. 56/2009
L’azienda investe in comunicazione sostenendo e co-producendo il film, Il Bene
Bayer punta su innovazione
La comunicazione per Bayer
Italia è una sfida che si gioca
oltre che con gli strumenti tradizionali nell’investimento in
innovazione e marketing sociale. I professionisti della direzione comunicazione, guidata
da Daniele Rosa, hanno a che
fare con un elevato livello di
complessità dal momento che
l’attività dell’azienda va dai
farmaci per la cura del raffreddore alle cure per gli animali
da compagnia, passando per
i prodotti per l’agricoltura e i
prodotti chimici.
Eugenio è un giovane promettente ricercatore, determinato
e tenace che, nonostante invidie e ostacoli, riesce a realizzare
una grande intuizione scientifica. Daria e Isabella sono due
gemelle dalla personalità opposta che si scontreranno con
le difficili problematiche della
malattia, entrando in contatto
con Eugenio e le sue scoperte.
E’ la trama di un film, “Il bene
oscuro. Il genio, la ricerca, la
vita”, ma rappresenta anche la
storia di un’azienda, Bayer, che
da sempre crede e investe nella ricerca e in comunicazione.
Parlare della ricerca scientifica
in Italia parlando, in qualche
modo anche di se, è la strada
che ha scelto Bayer Italia, per
sostenere l’importanza della
ricerca nel nostro Paese. Lo ha
fatto in modo originale, attraverso un film, le cui riprese sono
iniziate nell’ottobre scorso, prodotto in collaborazione con
l’Istituto San Raffaele del Monte
Tabor, che si propone si veicolare la positività dei valori legati
alla professionalità e all’entusiasmo dei giovani ricercatori.
<Quella dei giovani che fanno
ricerca, passando dal microscopio alla corsia degli ospedali o
nei laboratori delle imprese, è
una risorsa fondamentale per
il futuro della nostra società –
afferma Daniele Rosa, Direttore
Corporate Communications
del Gruppo Bayer in Italia - e
sarà anche il tema centrale di
dibattiti organizzati sul territorio nazionale>. Un modo originale quanto innovativo di fare
comunicazione, molto di più di
un product o brand placement,
che conferma la leadership di
Bayer non solo nei propri settori di mercato, nella ricerca e
nell’innovazione tecnologica
ma anche nella comunicazione
che nella maggior parte dei casi
significa investimento in cultura, nel sociale ma anche nello
sport. Una policy confermata
recentemente anche dal riconoscimento di Best Employer
of Choice nell’annuale ricerca
Recent Graduate Survey 2008
(RGS), commissionata da Cesop
Communication a IpoStat da
cui è emerso che Bayer è la terza
impresa italiana dove i giovani
neolaureati vorrebbero iniziare
a lavorare. E’ difficile parlare della comunicazione di un’azienda, Bayer, che ha contributo
essa stessa a fare la storia della
comunicazione d’impresa. Tra i
marchi più conosciuti e reputati
al mondo, l’azienda è chiamata
quotidianamente a rinnovare,
anche attraverso la comunicazione, quel patto con i milioni
di clienti che ne scelgono i prodotti e i principali stakeholder
sintetizzato nella sua mission:
Science For A Better Life. Mission che la sede italiana della
multinazionale tedesca cerca di
interpretare al meglio e che ha
nelle attività di comunicazione
un elemento fondamentale
della governance. Benché dalla
Direzione Comunicazione della
sede italiana della multinazionale tedesca, guidata da uno
dei più autorevoli professionisti
italiani, Daniele Rosa, affermano che le attività di comunicazione sono spostate su quelle
culturali, sociali e sportive è
chiaro che queste ultime sono
un modo, sempre originale e
innovativo, per raggiungere i
propri pubblici di riferimento e
gli stakeholders.
La policy
La policy di comunicazione
dell’azienda si sviluppa lungo
tre direttrici: la strategia, che
rappresenta il vero “scheletro”
su cui costruire in maniera
scientifica i vari progetti; l’innovazione, che deve accompagnare una buona parte delle
iniziative, dove innovazione
deve essere intesa anche nel
modo di gestire un evento o
una sponsorizzazione di tipo
tradizionale e infine la responsabilità sociale, intesa in senso
lato, che rappresenta l’elemento fondante di tutte le attività,
i progetti, le iniziative. Una filosofia che ha nella gestione delle
relazioni pubbliche la vera forza. Il resto è fatto di sinergie, tra
le diverse anime dell’azienda,
che si incontrano e vengono
continuamente supportate dalla Corporate Communications.
Una politica sostenuta anche
dalle scelte logistiche interne:
non è un caso, infatti, che si
utilizzino open space e “porte
aperte”. Ogni componente del
Il marchio Bayer realizzato con i dipendenti, la vera risorsa dell’azienda
team di comunicazione, pur
avendo una sua responsabilità,
è sempre a conoscenza della strategia globale e di tutto
ciò che è in progress. Questo
permette ad ognuno di dare
contributi, suggerimenti e soprattutto collaborazione. Una
organizzazione collaborativa,
si direbbe oggi. <Molto probabilmente il segreto dei buoni
successi della nostra strategia
di comunicazione – continua
Rosa - sta proprio nella fortissima capacità di lavorare in team,
nell’attitudine di ciascuno ad
approcciarsi a nuove attività
con modestia ma grande voglia
di fare>. Gli strumenti e i mezzi
che vengono utilizzati a supporto delle attività di comunicazione esterna sono gli stessi usati
anche per la comunicazione
interna. Tra gli strumenti che in
Bayer considerano più innovativi vi sono gli schermi aziendali,
una sorta di una corporate TV
(posizionati in tutte le sedi e stabilimenti Bayer) su cui vengono
riportati le iniziative internazionali e locali dell’intero Gruppo.
Da un punto di vista organizzativo nell’area Italy Corporate
Communications vi sono i responsabili Ufficio Stampa per le
aree di riferimento come Bayer
CropScience, Bayer HealthCare,
Bayer MaterialScience. Una di
queste risorse si occupa inoltre
dell’Ufficio Stampa Corporate
e Comunicazione Interna. Vi è
poi un responsabile del mondo degli Electronic Media (solo
in Italia, Bayer ha attivi circa
45 siti); un responsabile per le
Sponsorizzazioni e gli Eventi;
e un Controller per la gestione
del budget.
L’investimento in cultura
Una delle aree di cui vanno
maggiormente fieri gli uomini
comunicazione è il programma di iniziative “Bayer per la
cultura” che abbraccia progetti
che spaziano dal teatro, all’arte
e alla musica per offrire a tutti
l’opportunità di avvicinarsi a
queste forme di espressione
culturale. Bayer, in Italia così
come nel mondo, ha scelto di
giocare un ruolo di primo piano
a fianco delle istituzioni e delle
organizzazioni che promuovono valori quali la crescita culturale delle persone e la tutela dei
capolavori ereditati dalle civiltà
del passato. Negli ultimi anni,
Bayer ha patrocinato tournée
teatrali che hanno saputo far rivivere in modo innovativo grandi protagonisti della poesia,
della letteratura e della musica,
grazie a un suggestivo incontro tra parole e musica. Bayer
ha dato il proprio sostegno a
importanti mostre di arti figurative tra cui “L’impero delle luci”,
dedicata a René Magritte, la rassegna “Monet, Degas, Renoir,
Gauguin, Redon e Mondrian”
e l’esposizione “L’abbraccio di
Vienna. Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere”. L’azienda ha
inoltre sostenuto un progetto
didattico-educativo multimediale per studenti delle scuole
primarie e secondarie di primo
corporate
oscuro, per promuovere l’importanza della ricerca in Italia
Analisi Assorel 2008
e marketing sociale
le rp continuano a crescere
garbagnati: previsioni difficili
Ancora in crescita il mercato delle Relazioni Pubbliche rappresentato
dalle agenzie associate Assorel, che aumentano il fatturato onorari
del 3,9% nel 2008, nonostante il periodo di turbolenza economica.
Cautela e incertezza per l’andamento del 2009 ma nuove opportunità derivanti dall’utilizzo delle “Digital PR”.
Daniele ROSA: la misurazione
accompagna tutte le nostre attivita’
La misurazione del ritorno
dagli investimenti in comunicazione, ma in genere la
valutazione delle proprie
attività e l’elemento trasversale alla governance
dell’azienda nelle relazioni con i pubblici interni ed
esterni. Ne abbiamo parlato con Daniele Rosa, Direttore Corporate Communications del Gruppo Bayer
in Italia.
di Giancarlo Panico
grado www.esplorandolarte.it,
un sito interattivo per scoprire,
riconoscere gli artisti e giocare
con l’arte, esprimendo sentimenti ed emozioni. Far rivivere i
capolavori ereditati dal passato
è alla base del sostegno fornito
da Bayer al restauro di grandi
opere d’arte e delle molteplici
collaborazioni intraprese con
i musei Poldi Pezzoli e Bagatti
Valsecchi, l’Ospedale di Niguarda di Milano, il FAI (Fondo
per l’Ambiente Italiano), l’Almo
Collegio Capranica a Roma, la
Basilica di San Marco e il Museo Marciano a Venezia. Un’attenzione particolare viene da
sempre riservata alla musica
con i grandi concerti sinfonici,
ospitati in alcune tra le più belle
cattedrali italiane. Tali iniziative consentono a migliaia di
persone di avvicinarsi alla musica di qualità, come nel caso
del progetto “Uno Stradivari
per la Gente”, tour itinerante
che fa conoscere al pubblico
le affascinanti note del violino
del celebre liutaio cremonese.
Con l’obiettivo di motivare il
pubblico a coltivare il proprio
rapporto con la scienza, Bayer
in Italia ha recentemente dato
il proprio sostegno alla mostra
“Darwin 1809 – 2009”, ospitata
dalle città di Roma e Milano, in
occasione delle celebrazioni
internazionali per la ricorrenza
dei duecento anni dalla nascita
e dei 150 dalla pubblicazione
de “L’origine della specie”.
(gp)
La sede italiana di Bayer è
stata indicata dai giovani
neolaureati come miglior
posto dove iniziare a lavorare. Un successo innanzitutto di reputazione…
L’attrattività di Bayer dipende anche dalla forza del suo
marchio e da una scelta di comunicazione che segue, oltre
le tradizionali strategie, due
filoni fatti di innovazione e di
marketing sociale, che, evidentemente raggiungono efficacemente i nostri principali
stakeholder, tra cui i giovani,
oltre chiaramente a una coerenza di fondo tra messaggi e
azioni concrete.
Proprio ai giovani e alla
ricerca è dedicato un film,
Il Bene oscuro, che Bayer
ha promosso recentemente assieme all’Istituto San
Raffaele
R. Il film “Il Bene oscuro” fa
parte di una strategia di comunicazione tesa a diffondere forti messaggi etici nella
società attraverso film e dibattiti sul territorio. Il nostro
intento è quello di far conoscere il mondo della ricerca
scientifica, che è anche una
delle attività core di Bayer, a
un vasto pubblico utilizzando uno strumento influente
come quello del cinema.
Sempre coerente con il
messaggio sociale da trasmettere ai giovani, Bayer
ha supportato anche veri e
propri eventi sportivi.
R. Diamo grande sostegno
soprattutto agli sport meno
diffusi, ma non per questo
meno importanti, che coinvolgono prevalentemente un
pubblico di giovani, Bayer
crede infatti fermamente nel-
la funzione dello sport sotto il
profilo educativo e disciplinare, soprattutto nella fase evolutiva di ogni individuo.
Con l’obiettivo di comprendere e anticipare le tendenze del settore delle Relazioni Pubbliche in Italia, a fronte del particolare momento congiunturale che richiede il rilevamento più puntuale possibile dei trend
di mercato, è stata anticipata di un semestre, rispetto agli anni passati,
l’indagine che Assorel sviluppa annualmente per il mercato italiano delle RP. I risultati derivano dalle risposte al questionario che l’Associazione
propone ai propri Soci per comprendere le dinamiche in atto relativamente all’andamento del giro d’affari, alla ripartizione del fatturato
delle agenzie associate per i principali settori merceologici, per le aree
di intervento e alle previsioni per il prossimo anno. Pur provenendo da
una crescita molto sostenuta nell’ultimo triennio (+30%) il mercato ha
segnato un ulteriore incremento del +3,9% nel 2008 verso il 2007, confermando una tendenza positiva non sempre riscontrabile, soprattutto
in presenza di turbolenza economica e dei mercati come quella intervenuta nel secondo semestre 2008, anche per settori adiacenti che
fanno parte del comparto allargato della Comunicazione. Tra i motivi
che spiegano queste differenze rispetto ad altri settori del comparto,
che si riscontrano anche per i mercati internazionali, si possono citare
la capacità delle Relazioni Pubbliche di interpretare bisogni e necessità
del mercato e rappresentare lo strumento più adatto per affrontare e
superare crisi di reputazione e contrazione dei consumi. A ciò occorre
aggiungere l’utilizzo intelligente delle opportunità offerte dal mondo
digitale,l’importanza che la Comunicazione d’Impresa sta assumendo
in tutti i tipi di organizzazione, il suo l’accresciuto valore nei piani strategici delle aziende, che devono tener conto dei cambiamenti sociali
e delle opinioni dei singoli interlocutori con i quali le imprese si confrontano, la domanda crescente per la trasparenza delle organizzazioni,
siano esse imprese, istituzioni governative, enti no-profit, Associazioni.
Non segue invece la stessa dinamica l’andamento degli addetti operanti presso le società associate ad Assorel, stabili negli ultimi tre anni,
a riprova di una forte attenzione alla razionalizzazione delle strutture,
in presenza di un mercato molto competitivo sul fronte degli onorari
proposti agli utenti. Si stabilizza l’utilizzo delle Relazioni Pubbliche nella
suddivisione tra i contratti annuali rispetto a quelli a progetto, a conferma della ripartizione al 50% tra le due diverse modalità di approccio
alle campagne di RP. “E’ un risultato incoraggiante – ha dichiarato Furio
Garbagnati, Presidente Assorel – anche perché non dobbiamo dimenticare che le Relazioni Pubbliche avevano segnato un incremento del
30% nell’ultimo triennio e un rallentamento del tasso di crescita è da
considerarsi fisiologico. La prudenza che scaturisce dalle previsioni per
l’anno in corso ci deve far riflettere sull’attenzione che le società qualificate operanti nelle RP devono attribuire alla Qualità e alla Formazione
Professionale per sensibilizzare i Decision Makers delle imprese private
e pubbliche all’utilizzo delle Relazioni Pubbliche come leva strategica
per confrontarsi e superare l’attuale crisi di sistema.”
Bayer ha sempre investito
molte risorse nella comunicazione sociale…
Noi, come azienda socialmente responsabile, crediamo in un impegno costante
e concreto nel sostenere un
miglioramento della società,
sia dal punto di vista scientifico ed economico, ma anche
solidale”.
In che modo misurate il ritorno degli investimenti in
comunicazione
In molti modi, ma il più importante è quello di affidare,
mettendoci in gioco ogni
anno, a una società indipendente un’indagine a campione di livello nazionale che
misura la percezione dell’opinione pubblica sull’azienda
rispetto ai concorrenti. In
questo modo sappiamo quale è stato l’impatto del nostro
lavoro e che in che direzione
possiamo migliorare.
Bayer gestisce direttamente o indirettamente 45 siti
internet solo in Italia. Che
riscontri avete e come monitorate la vostra presenza
in Rete?
Il mondo internet di Bayer
in Italia è eterogeneo: si va
dai farmaci per la cura del
raffreddore alle cure per gli
animali da compagnia. Il
nostro obiettivo primario è
cercare di avere sempre e comunque questo vasto mondo
aggiornato il più possibile. La
maggior parte di questi sono
gestiti direttamente internamente da collaboratori Bayer, mentre altri sono affidati
ad agenzie esterne, anche se
sempre sotto il nostro coordinamento.
Previsioni 2009
Molto cauta e dominata dall’incertezza la previsione di tendenza per
l’anno in corso,correlata alle oggettive difficoltà che stanno attraversando i mercati e le economie non solo italiani, che portano ad un
previsione di mercato stabile o in leggera diminuzione. Il 48% delle
agenzie ritiene che vi sarà una contrazione del settore, in alcuni casi
con percentuali anche consistenti, mentre il 40% prevede un mercato
stabile con il restante 12% che indica invece un’ulteriore espansione
per le Relazioni Pubbliche. Il forecast più attendibile per il 2009, sia pure
effettuato poco dopo l’inizio dell’anno e quindi con probabilità di essere rivisto nel corso dei prossimi mesi, indica una sostanziale tenuta del
mercato o una contrazione contenuta, non superiore al – 1%.
Consuntivo 2008: fatturati e numero di addetti
Sulla base di quanto sopra indicato, la stima Assorel del mercato sviluppato dalle Società associate si attesta intorno a 134 milioni di Euro
di fatturato sviluppato dai soli onorari professionali, cifra d’affari che
deriva dallo incremento del 3,9% rispetto al 2007. Sostanzialmente
stabili gli addetti operanti presso le agenzie associate ad Assorel che si
avvicinano alle mille unità, portando la redditività media delle agenzie
associate che raggiungono la quota di 141.000 Euro di fatturato medio
per addetto. Sostanzialmente invariata la suddivisione del mercato per
aree professionali con le Media Relations che rafforzano la leadership,
attestandosi al 30% del giro d’affari mentre si segnala l’interessante sviluppo delle “Digital Pr”.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
27
sociale
CSR
D’ANSELMI: La Csr non è filantropia
La filantropia è una cosa che si fa. Va benissimo, ma non ha
bisogno dell’armamentario della CSR per sostenersi. Lo sostiene Paolo D’Anselmi, autorevole esperto di responsabilità
sociale e autore del libro “Il Barbiere di Stalin”, che invita a
ripensare la comunicazione della Csr.
di Paolo D’Anselmi
Et si distribuero in cibos omnes facultates meas et si tradidero
corpus meum, ut glorier, caritatem autem non habuero, nihil
mihi prodest. Caritas patiens est, benigna est caritas, non aemulatur, non agit superbe, non inflatur. E se distribuissi tutti i
miei soldi per vantarmene e non avessi l’amore, non mi gioverebbe nulla. Amore vuol dire pensare al bene nelle cose. Non
riesco a non ritornare a San Paolo ogni volta che vien fuori la
confusione tra CSR e filantropia. Adesso è il caso di Lehman e
compagni, in passato vedemmo in casa nostra Banca Popolare di Lodi col codice etico sotto il braccio mentre in cucina le
pietanze andavano a male. Ancora una volta occorre tornare
a distinguere la distribuzione dei soldi dalla azione di rispetto
per il business e i clienti. Disaccoppiamo una volta per tutte il
giving dalla CSR. La CSR è il tentativo di andare a catturare in
un ambiente organizzato lo spirito dell’amore. Più laico: è la genuinità delle intenzioni, l’onestà
verso il prossimo. Meno enfatico: visto che tutte le aziende e
le amministrazioni pubbliche
vivono ai margini della legalità
e del buon management, cioè
della sostenibilità del business
nel lungo termine, CSR è prendere consapevolezza di ciò e
fare uno sforzo almeno per raccontarlo, se non proprio correggerlo. Come l’apostolo tende a
qualcosa di intimo al modo di
essere dell’individuo anche CSR
è una cosa che si è nel fare business, non è una cosa che si fa
di aggiuntivo al business. Come
Paolo D’Anselmi
tutte le frasi corte anche questa
è vera e falsa allo stesso tempo. Svisceriamo. La frase è vera:
CSR non è filantropia, non è il volontariato aziendale, non è il
‘volontariato manageriale’, inventato da Anima, l’associazione
dell’unione industriali del Lazio che affumica gli occhi del centritalia. La filantropia è una cosa che si fa. Va benissimo, ma non
ha bisogno dell’armamentario della CSR per sostenersi. Peggio:
agganciata alla CSR, corre il rischio di spubblicarsi ogni volta
che il mariolo viene colto con le mani nel sacco. Facciamo un
caso reale, se no finisce come le esortazioni del papa, tanto generali che ognuno se le rigira come gli pare (Ernesto Galli della
Loggia sul Corriere della Sera). Se un’azienda petrolifera fa delle
azioni di sostegno alle comunità locali nei territori dove effettua attività estrattive e produttive, questo è buono, senz’altro
necessario ed agevola il business. Lo vedemmo già nel 2003
con il ClubMed di Total (pagina 57, Il barbiere di Stalin – Critica
del lavoro (ir)responsabile). Si sente tuttavia il sapore dell’optional, della cosa aggiuntiva e non intrinseca al core business
dell’impresa. Nocciolo non difficile da individuare perché è
vivo nella impresa petrolifera lo spirito che riporta la sostenibilità del business alla ripartizione dei proventi tra azienda
petrolifera e paese proprietario del giacimento. Diventa allora
centrale il momento in cui l’impresa – prendiamo il caso ENI - ci
racconta a che punto sta oggi il fifty fifty di mitica memoria.
Quando ci arrivano queste informazioni allora sentiamo che la
casa è in ordine. È a questo punto che si sente lo scantinato
del profitto in contatto con l’attico della comunicazione, i dipartimenti della multinazionale che si parlano l’un l’altro e una
certa genuinità nel portare la memoria del fondatore. È chiaro
a questo punto che la ‘cosa che ero’ cioè il comportamento che
avevo (il fifty fifty) diventa una ‘cosa che faccio’ nel momento in
cui ne prendo consapevolezza e mi impegno a comunicarla. È
a questo punto che l’aforisma di partenza diventa falso: CSR è
una cosa che si fa.
28
relazioni pubbliche - n. 56/2009
La campagna di Amnesty International
Quali campagne sociali?
Ce ne sono troppe e spesso molto simili tra loro. E’ necessario rinnovare
modalità e strumenti di comunicazione. L’esempio di Amnesty
In Italia si moltiplicano le campagne di comunicazione sociale
che, però, nella maggior parte
dei casi sono stereotipate, troppo strumentali e poco orientate
ai comportamenti. Aanalisi e
prospettive di una delle maggiori esperte nazionali.
Rossella Sobrero
Nel nostro Paese sono in continuo aumento le campagne
sociali ma non cresce altrettanto la voglia di innovare e sperimentare. Sono infatti ancora
troppo poche le organizzazioni
disponibili a cercare modalità di comunicazione “diverse”.
Per trovare esempi di nuovi
linguaggi e nuovi canali dobbiamo volgere lo sguardo ad
altri Paesi dove invece, proprio
grazie alla creatività delle Organizzazioni Non Profit e delle
loro agenzie di comunicazione,
nascono campagne innovative.
Eppure in Italia sono presenti
circa 250.000 ONP (Organizzazioni Non Profit): un mercato
“affollato” dove la concorrenza
è un problema reale. Questo
fatto dovrebbe, in teoria, stimolare la ricerca del nuovo: le
Organizzazioni sanno infatti
che è necessario non solo comunicare bene i propri valori,
evidenziare i fattori distintivi,
sottolineare la trasparenza
della gestione dei fondi, ma diventa importante trovare nuovi
modi per attirare l’attenzione di
un cittadino-donatore sempre
più distratto, preoccupato per
la situazione economica, “bombardato” da migliaia di messaggi sociali e commerciali.
Sappiamo che anche il con-
cetto di comunicazione sta
profondamente cambiando: si
è passati dal “comunicare a” al
“comunicare con” fino ad arrivare a far diventare il cittadino
co-autore del messaggio pubblicitario, quando non addirittura del progetto stesso. Quindi, per coinvolgere in modo più
diretto il cittadino (donatore
o consumatore), accanto agli
spot televisivi, ai mailing, agli
eventi, si inizia a parlare di modalità di comunicazione “non
convenzionali”. Tra gli addetti
ai lavori si discute, per esempio,
su come utilizzare le nuove tecniche definite guerrilla, emotional, street marketing: modalità
nuove per colpire il pubblico
in modo imprevisto, inusuale,
“spiazzante”. Un esempio di
questo nuovo modo di comunicare è rappresentato da alcune campagne di Amnesty
International che si sono caratterizzate per scelte forti e innovative. Ricordiamo, per esempio, la campagna per i diritti
umani realizzata in alcuni Paesi
utilizzando cancelli, transenne,
pensiline presenti nelle strade:
l’associazione si è limitata ad
appendere immagini di persone dietro le sbarre rendendo
ancora più forte il messaggio
di denuncia. O ancora, l’utilizzo all’interno degli autobus di
pendagli a forma di sagome di
persone uccise per impiccagione. Infine, una recente iniziativa realizzata nell’Università di
Cambridge, dove per un finesettimana, alcuni volontari si
sono alternati all’interno di una
gabbia, con l’obiettivo di attirare l’attenzione sul problema dei
diritti umani in Zimbabwe. Ma
lo strumento innovativo non
basta: “dietro” devono esserci
buone idee, organizzazioni efficienti, strategie ben articolate.
Come sappiamo, una campagna originale non è sufficiente
a raccogliere consensi duraturi,
a migliorare la raccolta fondi,
a consolidare la reputazione
dell’organizzazione. L’originalità a tutti i costi non può essere
la panacea per risolvere problemi quali la scarsa attrattività
dell’organizzazione e dei suoi
progetti. Chiudiamo con una
riflessione che, secondo noi,
ogni Organizzazione Non Profit
dovrebbe fare quando decide
di realizzare un progetto di comunicazione: la campagna sarà
in grado di contribuire a quel
cambiamento del mondo a cui
la comunicazione sociale dovrebbe sempre tendere? Grazie
alla campagna sarà possibile
stimolare risposte concrete a
livello individuale o, ancor meglio, il messaggio sarà capace
di creare un ambiente nel quale
“insieme” si trovano soluzioni ai
problemi? Domande complesse a cui, sappiamo, non è semplice rispondere. Ma se è vero
che la nostra non è solo una
crisi economica e finanziaria
ma è una crisi di valori, la comunicazione sociale potrebbe
davvero essere uno strumento
per dare voce alla società nel
suo complesso, per promuovere comportamenti positivi, per
raggiungere obiettivi di crescita comuni. Potrebbe forse aiutare anche la comunicazione
commerciale a trovare nuove
strade.
media
Faustini, direttore de La Nuova Ferrara: un buon giornale soddisfa il lettore e può fare business
Strumenti
Giornalisti-Relatori pubblici:
mantenere la “giusta distanza”
Generalemente succede che un
giornalista venga chiamato a ricoprire un ruolo di Ufficio Stampa.
Stavolta è stato un autorevole collega, Alberto Faustini, Direttore
Comunicazione di Invitalia (ex Sviluppo Italia) ad essere chiamato a
dirigere un quotidiano, La Nuova
Ferrara. Lo abbiamo intervistato
per la consueta rubrica “A tu per
tu con...”.
Roberto Portanova
Lei è stato fino a pochi mesi fa
responsabile comunicazione di
una importante organizzazione.
Poi è approdato alla direzione de
La Nuova Ferrara che, come ogni
quotidiano radicato nel tessuto
economico e sociale del proprio
territorio, è in costante contatto
con gli uffici comunicazione e le
agenzie di relazioni pubbliche
che rappresentano interessi di
organizzazioni pubbliche, private, sociali, politiche. Cosa chiede
ai suoi giornalisti nel rapporto
con i comunicatori e con gli uffici
stampa?
Fondamentalmente di saperli
ascoltare. Per esperienza so che gli
uffici stampa, sia delle organizzazioni pubbliche che di quelle private, sono produttori di notizie. Da
quei “palazzi” escono informazioni
interessanti. E’ molto importante
avere e coltivare buoni rapporti
con questi professionisti. Ma è an-
Alberto Faustini
che molto importante riuscire a
mantenere con loro, citando il film
di Mazzacurati, la giusta distanza.
Occorre saper gestire le relazioni
con i comunicatori in modo da non
dimostrarsi troppo amici, ma nemmeno nutrire prevenzione nei loro
confronti.
Il rapporto giornalisti-comunicatori è stato sempre difficile. Cosa
servirebbe dall’una e dall’altra
parte per migliorarlo?
Credo che basterebbe impostare il
rapporto, che effettivamente è un
rapporto difficile, all’insegna della
lealtà. Le parole chiave sono due:
fiducia e notizie. Come giornalista
mi fido del comunicatore che mi da
notizie, informazioni chiare, obiettive o comunque prive di inutili entusiasmi o esagerazioni per chi gli
paga lo stipendio.
Ma il rapporto è difficile anche per
motivi “personali”. Spesso gli addetti stampa sono ex giornalisti passati
dall’altra sponda dell’informazione.
I giornalisti di solito si riconoscono
e può nascere diffidenza nei confronti di chi ormai è fuori dal proprio campo. In realtà che i giornalisti possano riconoscere nel proprio
interlocutore uno di loro deve essere visto come una opportunità.
Per chiudere ritengo necessario
riprendere il concetto di rete: un
buon giornalista deve avere una
rete di contatti tra cui ovviamente
non possono mancare i professionisti dell’ufficio stampa che sono
importanti fonti d’informazione.
Allo stesso modo i comunicatori
devono costruire una rete di contatti trasparenti con giornalisti di
cui hanno conquistato la fiducia.
I media sono i principali intermediari tra le organizzazioni, la
politica, il mercato e la società.
Anche alla luce dei profondi
cambiamenti degli ultimi anni e
della diffusione di nuovi media,
quali sono secondo lei gli scenari
futuri? Cosa serve ai giornali tradizionali per rinnovarsi e rispondere alle nuove sfide?
Personalmente non credo alla teoria di Meyer secondo cui «l’ultima
sgualcita copia del New York Time
uscirà nel 2043». Credo che la carta
stampata durerà molto più a lungo.
Certo quello dei nuovi media è un
fenomeno di cui bisogna tenere
conto: i giornalisti e ovviamente i
comunicatori devono essere sempre più capaci di lavorare su tutti
i diversi mezzi d’informazione, sia
quelli tradizionali che quelli più
innovativi. Ma occorre ripensare il
concetto di convergenza che oggi
viene quasi sempre interpretato
nel senso di una sostituzione. In
La televisione si sposta sul web:
l’esperienza di communika tv
La televisione si sposta sempre di più sul web e diviene uno strumento
molto più flessibile di quello tradizionale cui siamo stati abituati. Interessante, a questo proposito, l’esperienza di Comunika TV, il primo canale
digitale cross mediale dedicato alla comunicazione. Ne abbiamo parlato
con Andrea Maffini. 38 anni è direttore generale di Unicity Spa, web factory specializzata in produzione e realizzazione di contenuti digitali, e
Presidente dell’Associazione Italiana delle Web television.
realtà le ricerche ci dicono che i
lettori si fidano più dei vecchi mezzi. Su internet vedono la notizia in
tempo reale ma non sanno se crederci, almeno fino a quando quella
notizia non viene ripresa dalla carta
stampata o dalla TV. Non bisogna
commettere l’errore di considerare
il pubblico dei media come lo stesso dei quotidiani che prima volevano una cosa e ora un’altra. Oggi
non c’è più un solo pubblico, ma
più pubblici per ogni medium. Chi
fa il nostro mestiere deve essere in
grado di dire le cose in modo diverso, con linguaggi diversi, ai diversi
target di lettori. E soprattutto deve
dare le informazioni in modo più
rapido: bisogna saper rispondere
ai tempi dell’era moderna. Mi stupisce molto guardare le foto degli
anni 70 e vedere i giovani dal cui
eskimo spuntava quasi sempre un
quotidiano. Oggi i giovani li immagini solo con le cuffie di un iPod.
le ict e la centralità di internet nelle attività di comunicazione hanno cambiato radicalmente la comunicazione d’impresa. Quali gli aspetti fondamentali di una strategia efficace?
La comunicazione su internet può contare sull’interattività dei contenuti e sulla
possibilità di utilizzare una corsia preferenziale direttamente con il destinatario
della comunicazione stessa. Questa caratteristica richiede una particolare attenzione dapprima nella progettazione dei contenuti e successivamente nella
capacità di diffusione degli stessi. Il messaggio deve essere sempre molto sintetico e particolarmente appetibile, in modo da cogliere subito l’attenzione
vista la quantità di informazioni disponibili. In questo processo i contenuti
rich media e più in particolare i contenuti video appositamente realizzati per
il web possono dare un loro contributo molto efficace perché all’utilità dei contenuti affiancano
anche degli elementi di spettacolarizzazione che
contribuiscono a tenere alta l’attenzione del nostro interlocutore. Da questo punto di vista quindi
le nuove strategie di comunicazione su internet
devono tenere ben presente l’importanza del video
digitale.
La tv analogica e generalista sta lasciando il posto alla web tv. Qual’è lo scenario attuale e quali
le prospettive future?
Io non credo che le cose siano esattamente così.
Innanzitutto è la tv in generale che si sta riconfigurando. Il punto di partenza di base è lo spostamento della tv generalista verso quella tematica e
la domanda da parte del pubblico è sempre più esi- Andrea Maffini
gente e specialistica. Il web si inserisce in questo processo ma ha altre finalità e
non è sostitutivo ma si integra rispetto alla tv tradizionale. Sicuramente le web
tv sono quasi esclusivamente tematiche ma hanno anche la caratteristica di
essere on demand, ed è quindi la modalità di interazione che cambia profondamente. I contenuti sono sempre disponibili, hanno una durata media di 3/5
minuti e sono utilizzati prevalentemente per degli approfondimenti.
L’editore di un giornale è, di fatto,
un’impresa. Come si fa a mediare
tra la funzione informativa e gli
interessi del business?
Io non vedo divergenza di interessi
tra informazione e affari. I giornali
più letti sono sempre quelli fatti
bene. Per vendere devi rispondere
alle esigenze d’informazione dei
lettori e per farlo devi essere libero.
Prendiamo ad esempio i quotidiani
di partito e la fine che hanno fatto:
anche se il lettore la pensa come il
giornale che sta leggendo, non si
può accontentare di un mezzo che
non gli da informazioni … il lettore
cerca sempre la libertà. Il giornale
fatto bene, dunque, rispetta la libertà del giornalista e di conseguenza
il business dell’editore.
Che posto occupa, oggi, la web tv nella comunicazione interna ed esterna di una organizzazione o di un progetto?
In ambito corporate aziendale e quindi nei confronti della comunicazione
interna la web tv inizia ad avere un peso sempre maggiore, perché sono gli
audiovisivi che per primi lo hanno e la loro diffusione digitale consente di
comunicare in modo sempre più efficace utilizzando elementi di spettacolarizzazione. Questo aspetto è ancora più presente nella comunicazione esterna
e quindi rivolta al pubblico nei confronti del quale si sta tentando di confezionare dei contenuti video di intrattenimento che ruotano attorno ai prodotti ed
ai servizi. In prospettiva la tendenza è di una crescita esponenziale.
Qual è l’aspetto cui tiene di più
nella realizzazione del vostro
giornale?
Sono principalmente tre le caratteristiche di un buon quotidiano:
trasparenza, onestà, pluralismo. Se
non sei corretto, soprattutto se lavori in un organo d’informazione di
livello locale, verrai smascherato e
perderai la fiducia dei tuoi lettori. In
un ambiente di provincia l’opinione pubblica ti giudica anche sulle
piccole cose che sui media nazionali possono sfuggire. Devi avere
buonsenso e essere pronto ad ammettere anche i tuoi limiti. Inoltre
un giornale deve essere, secondo
me, un concerto di voci: quelle dei
giornalisti ma anche quelle delle
diverse realtà della comunità che
rappresenti. Tutti devono avere
accesso e la possibilità di dire la
propria.
Un primo bilancio di comunika tv.
Comunika tv tra poco compierà il suo primo anno di vita, e la formula della
business web tv cross mediale sta iniziando a dare dei risultati. Noi realizziamo
contenuti ad hoc per il canale con un taglio esclusivamente business e on la
possibilità di essere diffusi via web, su satellite e su mobile. Inoltre forniamo
copertura ai principali eventi, convegni e fiere di settore cercando di portare la
comunicazione oltre le barriere fisiche del luogo in cui si trova, sia in modalità
live streaming sia in modalità on demand ad evento concluso. Questa è la caratteristica principale di ComunikaTv. C’è ancora molto lavoro da fare ma direi
che siamo sulla strada giusta.
Dalla sua esperienza quali sono i contenuti che hanno il maggior gradimento su una webtv?
Anche in questo caso va fatta una distinzione. Per quanto riguarda i progetti
di web tv corporate, sono i contenuti specialistici e di approfondimento, quelli
che difficilmente si possono reperire altrove. Anche i contenuti legati alla formazione aziendale hanno un notevole rilievo in questo processo. Per quanto
riguarda invece i progetti consumer i contenuti di infotainment la fanno ancora da padrone, quindi informazione e intrattenimento appositamente confezionati per il web. In questo ambito sono molto interessanti i nuovi format
che nascono sul web e che vengono costruiti attorno a vari brand in modo da
costruire delle vere e proprie miniserie che aggregano una audience con dei
numeri veramente importanti. (gp)
relazioni pubbliche - n. 56/2009
29
vita associativa
A MILANO L’ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI 2009
Il testo della lettera a firma di
Piero Martinuzzi, presidente
della Commissione Elettorale e di Garanzia che rende
noto ai soci tempi e modalità
per l’elezione del nuovo Consiglio Direttivo Nazionale e
del Collegio dei Probiviri.
Il Consiglio Direttivo Nazionale della Federazione, riunito a
Roma mercoledì 11 febbraio
scorso, ha deciso che l’Assemblea Generale Ordinaria dei
Soci per l’anno 2009 si svolgerà a Milano venerdì 12 giugno
prossimo, in una sede, con
orario ed ordine del giorno
che saranno comunicati attraverso la convocazione formale nei termini previsti dall’art 7
dello Statuto.
La prossima Assemblea Ordinaria comporta l’elezione, per
un nuovo mandato, dei componenti del Consiglio Direttivo Nazionale - in un numero
che dovrà essere deciso dalla
stessa Assemblea - nonché
del Presidente del Collegio
dei Probiviri e dei membri, effettivi e supplenti, del medesimo Collegio.
Nella stessa riunione il Consiglio Direttivo Nazionale ha
nominato la Commissione
Elettorale e di Garanzia che
ha il compito di svolgere tutte
le attività ad essa richiesta dal
Regolamento per la elezione
degli Organi Sociali (dal sito
Ferpi www.ferpi.it – Associazione – Statuto Regolamenti
e Codici – Regolamenti). Tale
Commissione è composta
dai colleghi Gaudia Lucchini
(Socio Professionista – Milano), Piero Martinuzzi (Socio
Professionista – Pordenone) e
Camillo Ricci (Socio Professionista – Roma).
A nome della Commissione
– che mi ha nominato suo
presidente - Ti segnalo alcune scadenze che derivano
dall’applicazione del Regolamento prima richiamato:
- entro le ore ventiquattro
di lunedì 27 aprile prossimo
ciascun iscritto Ferpi, “Socio
Professionista
Accreditato”
oppure “Socio Professionista”,
può presentare un documento d’indirizzo e di programma
per l’elezione del Consiglio Di-
rettivo Nazionale;
- entro le ore ventiquattro di
mercoledì 13 maggio prossimo ogni documento di indirizzo e di programma per
l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale dovrà essere
corredato dall’adesione scritta, anche via mail, di almeno
cinquanta iscritti, in regola
con il versamento della quota
associativa 2009 e che rappresentino almeno tre differenti
sezioni territoriali;
- entro le ore ventiquattro di
lunedì 1° giugno prossimo
l’iscritto primo firmatario di
ciascun documento d’indirizzo e di programma validato
dalle cinquanta adesioni richieste è tenuto a depositare
la lista degli iscritti, “Soci Pro-
fessionisti Accreditati” oppure
“Soci Professionisti”, in regola
con il versamento della quota associativa 2009, da lui
candidati per l’elezione del
Consiglio Direttivo Nazionale. Tale lista deve elencare un
numero minimo di 13 (tredici)
candidati e potrà essere integrata con altri nominativi fino
al momento di presentazione
della lista nell’Assemblea Ordinaria dei Soci 2009.
Tutti gli adempimenti prima
evidenziati devono essere
completati nei termini fissati
presso la sede della Federazione in Via A. Caretta 3 a
Milano, con riferimento alla
Commissione Elettorale e di
Garanzia.
3.4 Ogni lista di candidati deve prevedere un
numero minimo di tredici candidati ed un
numero massimo di candidati pari al numero
dei Consiglieri da eleggere aumentato di un
quarto con arrotondamento all’unità superiore.
3.5 Il Socio primo firmatario di un documento
di indirizzo, presentatore di una lista, può modificare ed integrare le proposte di candidatura
sino al momento di presentazione delle liste in
sede di Assemblea.
3.6 Le liste dei candidati si intendono bloccate.
Il voto viene espresso per la lista, senza indicazioni di preferenze.
3.7 Alla lista di candidati che ottiene il maggior
numero di voti espressi da Soci presenti in
Assemblea o rappresentati per delega viene
attribuito un premio di maggioranza pari ad
un quarto del numero dei Consiglieri da eleggere, con arrotondamento all’unità inferiore in
caso di frazione. I relativi seggi sono attribuiti
ai candidati in base all’ordine di presentazione
nella lista.
3.8 L’attribuzione dei seggi residui è ripartita
fra le liste che hanno ottenuto voti, secondo
il metodo D’Hont: dividendo cioè il totale dei
voti riportati da ciascuna lista per 1, 2, 3, sino al
numero dei Consiglieri da eleggere.
Il numero dei Consiglieri in rappresentanza di
ciascuna lista viene attribuito in base ai quozienti decrescenti più alti. In caso di parità il
seggio viene assegnato alla lista che ha ottenuto più voti.
3.9 In caso di presentazione di una sola lista, i
candidati possono essere cancellati e sostituiti
dai votanti con altri iscritti in regola con il pagamento delle quote sociali. Risultano eletti i
candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. In caso di parità prevale
l’anzianità di iscrizione.
3.10 Le votazioni iniziano al termine del dibattito sui documenti nazionali. Avvengono su
appello nominale con doppia chiamata.
Art. 4 – Elezione del Collegio dei Probiviri
4.1 Tutti gli iscritti negli elenchi dei “Soci professionisti” da almeno dieci anni possono presentare alla Commissione elettorale la propria
candidatura per l’elezione come Presidente,
oppure come membro effettivo, oppure
come membro supplente del Collegio dei
Provibiri.
4.2 La Commissione Elettorale, sentiti i primi
firmatari dei documenti di indirizzo, compila
una lista unica composta da un presidente, 4
membri effettivi e 3 supplenti da sottoporre
all’approvazione dell’Assemblea.
4.3 I candidati possono essere cancellati e
sostituiti dai votanti con altri iscritti negli
elenchi dei Soci Professionisti da almeno
10 anni e in regola con il pagamento delle
quote sociali. Risultano eletti i candidati che
hanno ricevuto più voti nelle rispettive indicazioni di carica.
4.4 Ove non risultino candidati primi non
eletti dall’Assemblea dei Soci per uno o più
membri effettivi e/o membri supplenti del
Collegio dei Probiviri il Consiglio Direttivo
Nazionale ha la facoltà di cooptare uno o
più membri effettivi e/o supplenti per raggiungere il plenum fissato dallo statuto di
5 membri effettivi e 3 membri supplenti.
Il membro effettivo o supplente cooptato
rimane in carica fino alla prima successiva
Assemblea Ordinaria dei Soci che provvede
alla elezione del membro effettivo o supplente che rimarrà in carica, come gli altri
componenti del Collegio dei Probiviri, fino
alla fine del mandato.
Regolamento per l’elezione degli Organi Sociali
Regolamento per la elezione degli
Organi Sociali
(Approvato dal Consiglio Direttivo
Nazionale Ferpi nella riunione di
Roma, 18 aprile 2008)
Premessa
Il Consiglio Direttivo Nazionale delibera la
convocazione dell’Assemblea Generale Ordinaria dei Soci in base a quanto disposto
dall’articolo 7 dello Statuto e determina le
procedure per la elezione del Consiglio Direttivo Nazionale e del Collegio dei Probiviri da
parte della Assemblea Generale Ordinaria dei
Soci ogni due anni, oppure quando ricorrono
le condizioni previste dallo Statuto.
Art. 1 – Commissione elettorale e di garanzia
1.1 Sono compiti e responsabilità della Commissione elettorale e di garanzia:
• assicurare il rispetto del presente Regolamento;
• garantire il controllo formale sulla regolare
sottoscrizione dei documenti di indirizzo per
l’elezione del Consiglio Nazionale;
• controllare la diffusione ai “Soci dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio
Nazionale;
• convalidare e rendere pubbliche in Assemblea le liste con i nominativi dei candidati per
l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale e
del Collegio dei Probiviri, con riferimento alle
condizioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 18
dello Statuto;
• certificare il diritto di voto dei “Soci presenti
in Assemblea, ai sensi di quanto disposto
dall’articolo 7 dello Statuto;
• convalidare le deleghe di Soci ad altri iscritti;
• presiedere alle operazioni di voto e di scrutinio in sede di Assemblea Generale Ordinaria
dei Soci;
• redigere i verbali dello scrutinio elettorale
con i risultati e le liste dei candidati eletti e
non eletti;
• assumere ogni decisione ad integrazione
ed interpretazione del presente Regolamento.
1.2 La Commissione elettorale e di garanzia è
composta da tre membri nominati dal Consiglio Direttivo Nazionale tra i “Soci La Commissione nomina tra i suoi componenti un
Presidente che ne cura la convocazione ed un
Segretario che redige i verbali delle riunioni
della Commissione.
1.3 I tre membri nominati dal Consiglio Direttivo Nazionale non possono sottoscrivere i documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio
Direttivo e devono astenersi da ogni intervento
e forma di propaganda o comunque di sostegno a tali documenti.
1.4 Dopo la presentazione dei documenti di indirizzo per l’elezione del Consiglio Nazionale, la
Commissione viene integrata da un rappresentante indicato dal primo firmatario di ogni documento. I rappresentanti dei documenti partecipano ai lavori della Commissione ma non
hanno diritto di voto nell’ambito della stessa.
1.5 La Commissione delibera a maggioranza
assoluta dei suoi componenti.
1.6 I rappresentanti dei documenti di indirizzo
per l’elezione del Consiglio Direttivo, nonché
i singoli “Soci possono presentare esposti e
contestazioni sulle modalità e sulle procedure
nello svolgimento degli adempimenti elettorali, in forma scritta ed entro due giorni dall’accadimento dei fatti o dalla loro dimostrata
conoscenza.
La Commissione delibera in merito entro tre
giorni dal ricevimento dell’esposto.
1.7 La Commissione svolge le attività di competenza con l’assistenza del Direttore della
Federazione, che partecipa alle riunioni senza
diritto di voto.
Art. 2 – Documenti di indirizzo per l’elezione
del Consiglio Direttivo Nazionale
2.1 Ogni Socio iscritto negli elenchi dei “Soci
professionisti”, in regola con il pagamento delle
quote sociali, può presentare un documento
di indirizzo e di programma per l’elezione del
Consiglio Direttivo Nazionale.
2.2 Ogni “documento di indirizzo e di program-
ma” per l’elezione del Consiglio Direttivo Nazionale deve essere corredato dalla adesione
scritta, anche via e-mail, di almeno cinquanta
iscritti in regola con il versamento delle quote
sociali, che rappresentino almeno tre differenti
sezioni territoriali.
2.3 I documenti di indirizzo, accompagnati
dall’elenco dei Soci che li sottoscrivono, devono essere trasmessi alla Commissione elettorale presso la sede della Commissione entro
il termine deciso dal CDN al momento della
convocazione dell’Assemblea.
2.4 La Commissione elettorale, una volta garantita la regolare sottoscrizione dei “documenti di
indirizzo” per l’elezione del Consiglio Direttivo
Nazionale, con riferimento a quanto disposto
dall’articolo 1.A del presente Regolamento, ne
assicura e controlla la diffusione dei “documenti di indirizzo” ai “Soci entro e non oltre trenta
giorni dalla data di svolgimento dell’Assemblea
Generale Ordinaria. A tal fine la Commissione
assicura la pubblicazione dei documenti su un
numero speciale di FERPI Notizie e la presentazione integrale degli stessi nel Sito Web FERPI.
Art. 3 – Liste dei candidati per l’elezione del
Consiglio Direttivo Nazionale
3.1 L’Assemblea Generale Ordinaria, con riferimento a quanto disposto alla lettera d)
dell’art.7 e del primo capoverso dell’art. 10
dello Statuto, determina il numero dei membri effettivi da eleggere come componenti del
Consiglio Direttivo Nazionale.
3.2 Le liste dei candidati per l’elezione del
Consiglio Direttivo Nazionale sono ammesse
alla votazione in Assemblea solo se abbinate
e con riferimento a un “documento di indirizzo”
ai sensi di quanto disposto all’articolo 1.1 del
presente Regolamento.
3.3 Il Socio primo firmatario di un “documento
di indirizzo” presenta e sottoscrive una prima
lista di almeno 13 candidati per l’elezione del
Consiglio Direttivo Nazionale e la notifica alla
Commissione elettorale entro e non oltre dieci
giorni dalla data di svolgimento dell’Assemblea.
torna il
Art. 5 – Proclamazione dei risultati
5.1 La Commissione elettorale assicura e gestisce le operazioni di voto e lo scrutinio per
l’elezione dei membri del Consiglio Direttivo
Nazionale e del Collegio dei Probiviri.
Proclama eletti come Consiglieri i candidati
sulla base di quanto disposto agli articoli 3.7
e 3.8 del presente Regolamento.
5.2 La Commissione elettorale termina il suo
incarico, che si intende esaurito trascorsi tre
giorni dalla data dell’Assemblea Ordinaria di
cui ha garantito lo svolgimento.
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relazioni pubbliche - n. 56/2009
vita associativa
I PROFESSIONISTI ENTRATI IN FERPI NEGLI ULTIMI MESI
Marta Bertolini
Nata a Roma nel 1967, laureata
in Lettere.
Dal 2003
è la responsabile
dell’ufficio
stampa di
Fox Channels Italy di cui ha seguito anche la
fase di start up. Precedentemente
ha lavorato come consulente, tra
gli altri, per National Geographic
Channel, Cult Network Italia, Raitre, Federalimentare, Istat, Comune di Roma, Ministero dei Beni
Culturali.
E stata inoltre responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice minimumfax
Alla carriera di ufficio stampa ha
affiancato quella di traduttrice letteraria, tra gli autori che ha tradotto, il premio Nobel Orhan Pamuk
Elena Bersani
Nella funzione di PR Manager Southern Europe di Adobe Systems,
è attualmente responsabile delle
strategie e dell’implementazione
delle attività di Public Relations
dell’azienda per Italia, Spagna e
Portogallo. In precedenza è stata
responsabile anche dell’area geografica Medio Oriente e Africa.
Precedentemente ha ricoperto
per 4 anni in Symantec il ruolo
di PR Manager Southern Europe,
Middle East & Africa, arrivando da
un’esperienza di PR Manager Italia
in Sun Microsystems. Il suo percorso professionale nelle PR è iniziato
nel 1995
presso due
agenzi di
PR: AID e
successivamente
Business
Press. Ha
conseguito una laurea in Lingue
e Letterature Straniere in Italia e
un Master di Relazione Pubbliche
presso l’Università di Strling in
Gran Bretagna.
Armando Candido
47enne, laureato in Giurisprudenza, è Responsabile in Poste Italiane
(Comunicazione Esterna e Relazioni Istituzionali) delle Attività
con la Pubblica Amministrazione
Locale e delle Attività con il Parlamento (a.i.). Prima, ha ricoperto
incarichi di responsabilità (nazionali e territoriali) in ambito Human
Resources. Precedentemente, ha
operato presso l’Agenzia del Territorio (Area Politiche del Lavoro)
e nel Gruppo Telecom Italia (in
ambito Gestione Sviluppo Risorse
Umane e Relazioni Industriali)
Cora Cavicchi
32 anni, nata a Bologna, vive e lavora a Bolzano dove si è trasferita
nel 2005. Dopo la laurea in Scienze
Politiche, si è occupata per anni di
RP presso importanti collezionisti
di Arte Contemporanea, tenendo
i rapporti ed organizzando eventi
per/con artisti, altri collezionisti,
gallerie, musei e fondazioni d’arte
a livello internazionale. Dal 2005
ad oggi lavora come
Responsabile Comunicazione
presso
Eurotherm
SpA, con funzioni di press office,
rapporti con i media, gestione
sito internet e sito aziendale, ed
organizzazione eventi come corsi,
convegni e fiere del settore.
Tania Ceretta
25 anni, di Padova. Laurea Specialistica in Comunicazione delle
Organizzazioni Complesse, conseguita presso l’Università degli
Studi di Padova. Dal
2008 lavora come
junior
account e
assistente
di progetto in P.R. Consulting srl
e si occupa di consulenza in relazioni pubbliche e comunicazione.
Alcuni sui recenti contributi sono
stati pubblicati all’interno del volume “Marketing, Comunicazione
e Relazioni Pubbliche per gli studi
professionali. Crescere tra etica e
competizione.” di G. Vecchiato.
Del Favero Francesca,
54 anni, Dirigente regionale della
Direzione Comunicazione e Informazione della Regione del Veneto, si occupa del coordinamento
della comunicazione istituzionale
mediante rapporti con i media –
emittenti radiotelevisive, Agenzie
giornalistiche, testate giornalistiche – e mediante l’ organizzazione e gestione di campagne di comunicazione su temi di interesse
regionale; inoltre sovraintende
alla gestione del sito Internet della
Giunta regionale, verifica il rispetto
dell’immagine coordinata su tutti i
prodotti grafici, emana direttive
in materia
di comunicazione
e informazione, svolge attività
formativa
su temi di comunicazione istituzionale per i dipendenti regionali.
Roberta Franceschetti
38 anni, bergamasca di nascita,
pugliese d’adozione. Laurea in
Lettere Moderne, Master in Comunicazione Digitale. Dopo un’esperienza nell’editoria, come giornalista (Arte, Vogue), ha lavorato per
agenzie di comunicazione come
account e strategic planner (Artefice, Tom Pensiero Liquido), con
Bergamo. Precedentemente attivo
nel giornalismo in qualità di collaboratore di cronaca bianca per varie testate locali di carta stampata.
un’attenzione particolare al web
e al marketing non convenzionale. E’ attualmente responsabile
marketing e comunicazione di
Volkmann&Rossbach Italia.
Antonio Pignatiello
47 anni, modenese. Una grande passione per le relazioni
pubbliche. Ha maturato la sua
esperienza prevalentemente nel
settore delle Associazioni Imprenditoriali, prima come dipendente,
poi come consulente attraverso
la società Nevent Srl della quale
è amministratore unico. Tra i progetti seguiti, le relazioni pubbliche in provincia di Modena per il
Consorzio Eni per l’Alta Velocità e,
attualmente, le relazioni esterne
della più grande realtà modenese,
l’Azienda Usl di Modena.
Filippo Girardi,
26 anni, friulano, è laureato in Relazioni Pubbliche d’Impresa.
Libero professionista, dal 2007 collabora prevalentemente
con lo studio
Maia di Vitaliano Pesante a Treviso,
dove opera
come consulente di comunicazione e responsabile ufficio stampa
per diversi clienti. Nel 2006 è stato
docente e Responsabile Comunicazione e RP per l’Istituto Design
Palladio di Verona.
Sandra Pinato
46 anni, padovana, laureata in
Lettere con un master in giornalismo, esercita attualmente la libera
professione come consulente e responsabile ufficio
stampa
per diversi clienti,
prevalentemente in
ambito sportivo. Si occupa, inoltre, di comunicazione aziendale e
pubblica articoli per diverse riviste
sportive come Sport-Week, l’allegato della Gazzetta dello Sport e
Donna in Forma, allegato a Donna
Moderna.
Claudia Li Destri Nicosia
27 anni, vive e lavora a Catania. E’
laureata in Relazioni Pubbliche.
Dopo un periodo di stage, esercita
come libera professionista presso
lo studio Vitale. Si occupa delle
programmazione e realizzazione di progetti di comunicazione:
cura l’organizzazione e la gestione
degli eventi di comunicazione interna ed esterna; il coordinamento
e pianificazione campagne promozionali e pubblicitarie; l’ufficio
stampa.
Letizia Nassuato
Classe ‘65, romana di nascita, veneta di adozione, vive e lavora a
Napoli dove ricopre per Vodafone
Italia il ruolo di Regional Communication Manager. Passata al mondo della Comunicazione dopo una
decennale esperienza nelle Customer Operations di Vodafone, dove
ha ricoperto l’incarico di Training
Manager
per il centro Italia,
e’ espressione di
come l’integrazione
tra le diverse funzioni favorisca
la centralita’ del cliente in tutte le
attivita’ dell’azienda. Primi contatti
con gli uffici stampa nel ’98 come
collaboratrice per riviste quali Il
Telefono Cellulare, CellulareMania.
Continua ad esprimere la sua passione per la carta stampata collaborando con varie testate su temi
diversi dalle Tlc.
FRANCESCA QUARATINO
Nata a Roma nel 1974, è laureata in
Antropologia Culturale. Cresciuta
professionalmente sul web come
community manager, è stata Responsabile
Comunicazione e
Immagine
aziendale
di LAit spa,
società per
l’informatica della Regione Lazio.
Oggi è amministratore delegato di
Manafactory srl, società di consulenza e progettazione di strategie
web per aziende e pubbliche amministrazioni
Stefania Sabatini
29enne, laureata in Comunicazione Istituzionale e d’Impresa,
Master in Relazioni Istituzionali
e lobbying. Dal 2006 in Poste Italiane, Direzione Comunicazione
Esterna e Relazioni Istituzionali,
prima all’Ufficio Stampa Nazionale
poi Internazionale ora nell’attività
con la P.A. Locale. Ancor prima in
Invitalia, Direzione Relazioni Istituzionali e Media, per i rapporti
con il Parlamento. Giornalista Pubblicista, ha collaborato con varie
testate della carta stampata, Coordinatrice Junior del Club Relazioni
Esterne.
gabriele palamara
29 enne di BERGAMO laurea
magistrale conseguita, presso
l’Università di Bergamo, in Comunicazione, Editoria Multimediale
e Giornalismo indirizzo analisi e
realizzazione di prodotti culturali
e multimediali. Attualmente si
occupa di Comunicazione e Relazioni Istituzionali presso l’Azienda
Sanitaria Locale della Provincia di
Persone
Alberto Faustini
Dal 14 febbraio è il direttore de
La Nuova Ferrara. 44 anni, sposato, due figlie, è arrivato alla
guida del quotidiano del Gruppo
L’Espresso dopo anni alla direzione comunicazione di Invitalia (ex
Sviluppo Italia). Come giornalista,
prima dell’esperienza di comunicatore, aveva cominciato all’Adige nell’1983 per poi passare al
Gazzettino prima e poi al Mattino
dell’Alto Adige e alla Cronaca di
Verona. Dal ‘95 è chiamato dal presidente Carlo Andreotti (ex collega
della Rai) alla guida dell’Ufficio
stampa della Provincia autonoma
di Trento.
Maria Elena Caporaletti
Dal 1 marzo 2009 è entrata a far
parte, in qualità di partner, di
Twister Communications Group,
una tra le prime società italiane
indipendenti nel settore delle
relazioni pubbliche. Per lei inizia
una nuova avventura dopo oltre
vent’anni di lavoro nel ruolo di
manager della comunicazione per
grandi aziende italiane e multinazionali quali Enichem,
Infostrada, Edison, Siemens e, in
ultimo, Poste Italiane.
LE quote, ma
anche corsi e
libri, si pagano
online
Dopo FerpiNet, il social network dei soci Ferpi, arriva
un’altra grande innovazione:
Pago Online.
Dal mese di febbraio, in pratica, è possibile effettuare i
pagamenti di servizi, corsi e
prodotti offerti da Ferpi direttamente dal sito internet
mediante carta di credito.
Le quote associative, quelle
relative ai corsi proposti ma
anche l’acquisto di libri e testi – offerti da Ferpi a prezzo
ridotto – si possono pagare
direttamente online.
Il Pago Online è uno dei
nuovi servizi previsti nel
piano di rinnovamento e di
snellimento delle pratiche
amministrative, avviato dal
Consiglio Direttivo Nazionale
per essere sempre più vicini
ai soci. Con il servizio Pago
Online è possibile effettuare
pagamenti, attraverso carta
di credito, a FERPI e Ferpi Servizi S.r.l.
Nella sezione FERPI è possibile effettuare il pagamento di:
quota Associativa 2009 (valida per i Nuovi Iscritti e per gli
attuali Soci); quota Associativa anno precedente; libri di
settore (i relativi prezzi sono
comprensivi delle spese di
spedizione). Nella Sezione
Ferpi Servizi è possibile acquistare e pagare i Corsi.
relazioni pubbliche - n. 56/2009
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Relazioni Pubbliche, n.56 – marzo 2009