Vigodarzere (PD) Foto: Rosario Pr-ofeLa e Valter Volpini LUIGI SONETTO I: avvet1tura dei t10stri chierichetti a Rotlta e altre storie , Vigodarzere (PD) - 2006 ALLa nonna ArpaLice che mi dl'egLial'a ogni mattina per accompagnarmi in chieda a derl'lr medda. - Già alla partenza da Padova le cose cominciano a complicarsi: i lavori di riasfaltatura di Corso Australia ci fanno perdere una buona mezz' ora. Imboccata l'autostrada per Bologna, proseguiamo spediti ma, poco più tardi, veniamo avvisati dai tabelloni luminosi che nei pressi della città emiliana un incidente provoca code e rallentamenti. Per fortuna - e lo constateremo più avanti - il tutto è sulla carreggiata opposta, ma il traffico sostenuto ci penalizza ancora nel ritardo: ormai è impossibile arrivare ad Orvieto per la preghiera delle 12.30. Chiedo col cellulare a don Marco, che è l'organizzatore dei gruppi di Padova, dove si trova lui con il suo pullman e che dobbiamo fare. Anch' egli, che pure ha un' ora di vantaggio su di noi, è in forte ritardo: la preghiera viene spostata dopo il pranzo, alle 14.30 nel duomo di Orvieto che viene aperto a quel!' ora appositamente per i pellegrini padovani . Tiro un sospiro di sollievo perché così faremo in tempo a ricongiungerci e a fare tutto. Giunti a destinazione, scarichiamo dal pullman gli zaini con il pranzo al sacco e gli strumenti musicali leggeri. La funicolare ci aspetta per portarci lassù nella famosissima cittadina medievale fortificata. Un porticato comodo e ombreggiato sembra lì pronto ad accogliere tutta la nostra comitiva proprio di fianco alla stupenda facciata del duomo di Orvieto. Ma chi pensa all'arte? Tutti si mettono d'impegno ad onorare panini, bibite e tutto il ben di Dio che i genitori hanno sistemato dentro agli zaini . Poi c' è la fila davanti ai servizi igienici a pagamento. Quanti centesimi occorrono? Comunque riusciamo a fare tutto giusto in tempo per veder salire - essi pure ristorati -la lunga fila degli altri amici chierichetti della diocesi di Padova con la maglietta e i berrettini rossi d'ordinanza; solo a Roma li potremo avere anche noi. Si spalancano le porte del famoso duomo ed entrando siamo presi da un senso di soggezione: le altissime e severe colonne, intercalate da vetrate policrome, ci aprono spazi carichi di misticismo. Prendiamo posto ai piedi del presbiterio dove si intravedono l'altare del miracolo eucaristico e il giudizio universale di Luca Signorelli. Li visiteremo entrambi più tardi, prima di uscire. Adesso i 350 giovanissimi pellegrini sono tutti riuniti per la preghiera. Gli squilli di tromba e il sostegno degli altri strumenti a fiato della nostra band colgono di sorpresa un po' tutti, ma poi si fondono festosamente con il canto dei chierichetti e dei loro accompagnatori. Chissà, mi domando, se in tanti secoli di vita le volte di questa cattedrale hanno mai risuonato del giubilo di tanti ragazzi messi insieme. Terminato il suggestivo momento di preghiera, noi di Vigodarzere ci prendiamo un po' di tempo per l'arte visitando - • La CRESTband, diretta da don Luigi, nel duomo di Orvieto. una mostra nei vicini palazzi papali e poi, complice sempre quel! ' ombroso porticato, improvvisiamo un concertino per i turisti ostentando vistosamente l'elegante striscione che hanno preparato due mamme : " GRESTband - Vigodarzere (PD)". Giusto perché si sappia di dove siamo, no? 1II11111.aI Il I I I I I " - Dove siete alloggiati? - ci chiese al telefono un' addetta dell'Opera Romana Pellegrinaggi. - Ad Ariccia, sul lago di Albano, proprio in vista di Castelgandolfo. - Ad Ariccia? Ammazza quant' è bbòna a porchetta de Ariccia! E noi la prima sera siamo andati poco lontano, a Grottaferrata, per la nostra meritata cena proprio a base di porchetta. Meritata? Sì, dopo il lungo viaggio e la ricerca estenuante per imboccare la strada che ci avrebbe portati alla "Casa del Divin Maestro". Questa la nostra residenza per il breve soggiorno romano; un' elegante casa di spiritualità, immersa nel bosco, gestita dai religiosi paolini, quelli di Famiglia Cristiana, per capirci. Grottaferrata è a quindici minuti di strada; così, pilotandoci prima col telefonino e poi guidandoci con la loro autocivetta, Paola e Andrea hanno condotto il pullman presso il loro bar trasformato quella sera in ristorante. Paola e Andrea sono due vecchie conoscenze: ho celebrato il loro matrimonio a Romano d' Ezzelino perché Paola è nativa di là. Dopo cinque anni di permanenza nella sua nuova cittadina sa parlare bene il romanesco ma passa ad esprimersi in veneto con estrema disinvoltura. Ci sentiamo un po' a casa. Il locale, con un ampio cortile esterno sotto alberi secolari, è bello e accogliente. Ci servono con grande cordialità resa concreta dai giganteschi panini con la famosa porchetta e da tutte le altre attenzioni alimentari che gli sposini hanno verso la nostra variegata comitiva. C'è "er vino de li Castelli" per noi grandi, Coca e patatine per i più giovani. Purtroppo la nostalgia comincia a mietere la prima vittima tra i maschietti. "Voglio la mamma!" è il gemito disperato e ossessivo di uno dei nostri chierichetti alla sua prima uscita notturna fuori dal nido familiare. Sarà dura per Eliana che l'ha in consegna con altri tre cuccioli. Non riescono a distrarlo nemmeno i nostri brani musicali che eseguiamo con la banda nel fresco della notte in un concertino di prova. Non si riuscirà a quietarlo nemmeno al ritorno in casa con il magnifico spettacolo delle luci intorno al lago. Pare sia riuscito a rasserenarlo solo Enrico, il suo compagno di stanza, che gli raccontò n, su due piedi, la prima barzelletta che gli venne in mente. Un lampo di allegria che ha placato i singhiozzi al nostro e gli ha spalancato le porte di un sonno tonificante. Sogni d'oro, Alberto! Lo si capiva subito che era lui l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Sconborn, perché era l'ultimo di una lunga fila di vescovi che salivano al grande altare allestito in Piazza San Pietro, quella imponente struttura che siamo abituati a vedere in tv nelle celebrazioni esterne. [1 cardinale procedeva guardando sorridente i numerosi sacerdoti che aspettavano lassù l'inizio della messa e le folle di chierichetti - tra di essi quelli di Padova - disposti dietro a loro. Si capì che era buono e simpatico soprattutto quando tenne il suo discorso all' omelia. Salutò cordialmente tutti nelle varie lingue e anche quando navigò a lungo sulla lingua materna ( il 70% dei ministranti presenti era di lingua tedesca) si coglieva dalle grida gioiose dei germanici che li gratificava di frequenti battute di spirito. Quasi a scusarsi dell' uso prolungato del tedesco ci disse in italiano: ':A.nche se non capirete la lingua, affidatevi allo , Spirito Santo. E lui che conta, è lui che vi ispirerà pensieri che andranno dritti al cuore" . Ho colto un passaggio del suo discorso che mi sembra particolarmente bello; quando disse: "Cari ministranti, cari chierichetti, voi non siete \' ultimo resto di una Chiesa che sta tramontando. Voi non siete elementi da museo sopravissuti fino ai nostri giorni" . Qui le risate dei ragazzi si propagavano come un' onda nella piazza immensa. " Voi siete gli apostoli dei tempi nuovi, gli apostoli di Gesù che vivono con entusiasmo il servizio liturgico e la presenza in parrocchia" . Altre grida, altri applausi. Alcuni dei nostri chierichetti hanno potuto cogliere nelle conversazioni - se si può dire così il loro esprimersi a gesti - con i coetanei tedeschi che quel vescovo di Vienna è davvero bravo e attento soprattutto ai ragazzi e ai giovani. Per niente si chiama Christoph, cioè Cristoforo, portatore di Cristo. E Cristo è gioia. Il Santopadre saluta il Card. Christoph SchOriborn, Arcivescovo/di Vienna. (Foto Osservatore Romano) Il sole che aveva dardeggiato implacabile per tutto il pomeriggio ormai si avviava a calare allungando la provvidenziale zona d'ombra del colonnato del Bernini. Erano da poco trascorse le sei e il camice in terital bianco che indossavo per la concelebrazione mi sembrava una tuta di gomma. D'altronde cosa ci si può aspettare in agosto? La messa sarebbe iniziata tra un' ora con altre centinaia di preti europei e una ventina di vescovi. Solo il ristoro di frequenti brezze di vento che accarezzavano la folla dei quarantaduemila occupanti l'immensa piazza San Pietro veniva ad addolcirne la stanchezza. Seduto su una delle grigie seggiole, in dotazione per le celebrazioni, ero in notevole difficoltà: caldo, sonno, un fastidioso mal di schiena che mi trascinavo dietro fin dal mattino e che riaffiorava ad ogni movimento ... Appoggiai i gomiti alle ginocchia e mi sistemai la testa tra le mani cercando una posizione meno scomoda; ogni tanto provavo anche a distendere le gambe allungando lo sguardo per intravedere i berrettini rossi dei nostri chierichetti tra le prime file. Chissà come saranno stati stanchi anch' essi, sistemati sulle medesime seggioline e imbottigliati dalla marea di coetanei; erano affidati alle cure di suor Leonia e di nove genitori che li accompagnavano in quei tre giorni: 31 luglio e 2 agosto. Sarei venuto a sapere solo più tardi la loro grandissima gioia quando, indossata la tunica bianca, sono stati chiamati a salire dietro a noi attorno al\' altare papale. Una di loro, Elisa di dieci anni, ci confidò: "E' stato bellissimo! Ho fatto amicizia con una ragazza tedesca che mi stava a fianco lassù". "Ma come avete fatto a capirvi?-le ho obiettato - Tu sai il tedesco?". "No - mi ha risposto candidamente la nostra chierichetta - ma ci siamo capite lo stesso a gesti. Anche Gesù parlava alla gente in parabole, no? E la . ". gente capIva... Certe cose possono capitare solo fi. Davvero "Spiritus vivifica t" , cioè è lo Spirito che dà vita, come recitava lo slogan dell' incontro internazionale. Tutta la mia stanchezza fisica è svanita quando, insieme ad un centinaio di sacerdoti, mi è stata messa tra le mani una pisside per distribuire la comunione alla moltitudine. Vedere avvicinarsi questi ragazzi e ragazze di ogni nazionalità tendendo la mano, con il volto stanco e bruciato dal sole ma attraversato da un lampo di fede gioiosa rimane ancora adesso una cosa indescrivibile. Quelli che provenivano dali' est europeo, poi, realizzavano un sogno impossibile, fino a qualche anno fa, per i loro genitori perseguitati oltre la cosiddetta "cortina di ferro" da governi marxisti che irridevano la fede cristiana. Tornando lungo il corridoio di servizio ho visto davanti a me, inserita sul selciato, la piccola lastra di marmo che segna il luogo preciso dove avvenne \' attentato a Giovanni Paolo Il; mi sono fermato un attimo stringendo tra le mani quel Cristo per il quale il grande papa non ebbe paura di mettere a repentaglio la propria vita. Salendo sulla rampa interna che porta alla basilica, la guardia svizzera di turno scattò sull' attenti in onore all ' Eucaristia che portavo. Entrato e consegnata la pisside agli incaricati, sono salito nella penombra fino alla statua in bronzo di San Pietro per sfiorarne i piedi consunti e pregare per i ragazzi che non vi sono potuti entrare dato l'enorme numero di pellegrini; così pure una breve sosta davanti alla Madonna di Michelangelo e uno sguardo all' altare di San Pio X, il Papa veneto che volle ammettere anche i bambini alla santa comunione. Tatiana e Alessia, giovanissime chierichette di Vigodarzere. . • La moltitudine dei chierichetti e dei ministranti sfolla lentamente dal sagrato della grande basilica dopo la messa solenne. Intanto è calata la notte e ci si muove sotto i fasci di luce dei potenti riflettori sistemati sul colonnato del Bernini. Ognuno cerca di non perdere il suo gruppo puntando gli occhi su bandiere, foulards, berrettini ... [o cerco di ricongiungermi ai padovani guardando tra la marea in movimento i nostri berrettini rossi e alzando sopra la testa la valigetta liturgica che mi sono portato per la celebrazione. Data la mia statura non posso passare inosservato e parecchi mi guardano divertiti mentre procedo verso l'uscita laterale esibendo quello strano segno di riconoscimento. Segnaletica che funziona, però, visto che in pochi minuti raggiungo un gruppetto di Vigodarzere che sosta presso un flusso d'uscita e sono in grado di pilotare gli altri rimasti indietro orientandone il percorso fra le transenne. Fina[mente ci siamo tutti e sento al cellulare l'autista del pullman che, come d'accordo, ci guida a incamminarci verso la pizzeria: "E' qui a cinquecento metri!" mi assicura Bepo al telefonino. Ma il percorso, per il serpentone stanco e affamato dei nostri, sarà ben più lungo. Comunque, dopo aver doppiato centinaia di ragazzi e giovani in attesa degli autobus sui larghi marciapiedi, siamo finalmente in vista dell'agognata pizzeria. "Siete i cinquanta?" ci chiede un' accaldata signora col grembiule che ci vede arrivare e che sta già servendo al- tre decine di clienti seduti ai tavolini all'esterno del locale. "Sì, signora: eccoci. Dove ci possiamo sistemare?" . Ci indica una serie di tavoli preparati sotto il porticato. Chi corre ai servizi, chi si abbandona stremato sulle sedie: "Posso dormire?" mi domanda Alberto e, avuto il consenso, incrocia le braccia sul tavolo poggiandovi la testa. Sono le nove di sera e fino alle dieci e trenta nessuno lo sveglierà più, né la fame, né il chiasso, né i reiterati tentativi miei e di altri. Dopo la normale lunga attesa di queste circostanze, esaurita quasi l'acqua e le altre bevande, ecco arrivare a scaglioni la pizza. Ma, evidentemente, ben educati in famiglia e pratici dei campiscuola, i nostri non si gettano famelici sul piatto ma si guardano attorno attendendo un segnale. Maria, con le sue amiche più grandi, coglie al volo la situazione e propone la preghiera: "Famefame famesete ... Grazie, o buon Gesù, che ci fai mangiar ... " . Il coro è presto fatto e la pizzeria dei pellegrini dà voce orante e chiassosa a questo sconosciuto angolo di Roma. Buon appetito! • . Quando usciamo dalla pizzeria \' armata giovanile è stanca davvero; li potremmo guidare chissà dove e ci seguirebbero come degli automi: non hanno più capacità di reagire. Speriamo che dormano senza far storie almeno stanotte! " Quanto manca per arrivare al pullman?" domanda qualcuno alle mie spalle. Fortunatamente il pullman è poco lontano; l' autista ha provveduto a risparmiarci altre peripezie perché ci ha promesso solennemente: "Questa notte, tornando a casa, passeremo per il Colosseo". E così ci aspetta un' altra esperienza eccitante: Roma by night. Ed è bella davvero la capitale anche perché a quel!' ora (quasi le undici) il traffico è notevolmente ridotto e si può percorrere il tratto dei fori imperiali ad andatura lenta. Davanti al Colosseo illuminato ci fermiamo addirittura: "Chi vuole scendere per una foto, faccia presto, però. Ci aspetta quasi un' ora di strada!" . Scendono una quindicina di persone; parecchi stanno già chiudendo gli occhietti. Qualcuno dorme già di grosso. Più tardi, quando imbocchiamo il viale che porta alla nostra casa di Ariccia i genitori si danno da fare per scuotere dal sonno i dormienti e prepararli a scendere; così la processione, quasi silenziosa, si avvia svelta alle camerette. Ultime raccomandazioni, una doccia ristoratrice e buonanotte! Buonanotte? Magari! Mentre mi sto ricomponendo dopo la doccia e avviandomi alle preghiere conclusive sento in corridoio un parlottare preoccupato. Una mamma, che come le altre ha in custodia un proprio gruppetto di ragazzi, prende atto che manca all' appello uno di essi: glielo ha segnalato poco fa, con preoccupazione, il compagno di stanza. Scatta l'allarme: "Go perso el toso!" la sento ripetere come un ritornello alla suora e alle varie mamme che via via accorrono sul posto. La notizia circola in un baleno e immaginarsi - molti giungono a frotte per chiedere e curiosare, ma vengono rimandati tutti nelle camere con urlacci soffocati e minacce tremende. • Una delle nostre mamme accompagnatrici in Piazza San Pietro Bussano alla porta per dirmi ufficialmente quello che so già: "Don Luigi, manca un bambino!". Sapendo chi è, immaginiamo anche dove possa essere. Solo che è quasi mezzanotte e trenta, l'autista è già in camera e i frati della casa hanno ormai inserito l'impianto di allarme ai vari ingressi, ritirandosi per il riposo. E adesso? Una mamma propone un sistema per uscire all' esterno: la sua stanza dà proprio su un cortile che, senz' altre barriere, comunica con la zona dov' è parcheggiato il pullman. Enrico è lì, beatamente addormentato tra i sedili: lo trovano così l'autista e un papà del gruppo che vi si sono recati a colpo sicuro. Sì, al momento del\' arrivo lo avevano svegliato ma, evidentemente, il nostro si era voltato dall' altra parte ed era ripiombato nel sonno. Tutta salute, dai! Adesso sì che, già in pigiama, ci possiamo augurare la buonanotte . • "- / / 1 J / / I / I Anna è quello che si suoi dire una ragazzina ipercinetica, in altre parole non sta mai ferma . Non è che si distragga, no: è instancabile, è inesauribile. Quando gli altri hanno scaricato le normali batterie energetiche, lei tiene in serbo ancora abbondanti scorte per altre avventure. Se deve esprimersi, poi, ti rovescia addosso una cascata di parole perché il normale flusso verbale non le è mai sufficiente per dire tutto quello che ha in testa. Anna è fatta così . Però quando giunge la notte e tocca il letto, crolla; dicono che puoi spararle una cannonata a un palmo dagli orecchi senza scalfire minimamente la sua immobilità. Silvia, che le è compagna di stanza, sa bene tutto questo e, fresca del premio simpatia raccolto plebiscitariamente al termine delle medie, ne pensa una delle sue. Così la seconda e ultima notte che trascorriamo in riva al lago di Albano, si munisce di un pennarello, attende il momento opportuno e passa sicura all' azione pitturandole sotto il naso due allegri baffoni. Un lavoretto fatto perbene, due mustacchi rossi arricciati all' insù come nei personaggi delle favole; così marcati che al mattino, pur guardandosi allo specchio e passandovi sopra il sapone con energia, Anna non riesce a toglierseli del tutto. Rimane ancora l' ombra della birbonata notturna. Complimenti , Silvia! E gli altri hanno dormito tutti anche dopo il ripescaggio del pupo addormentato in pullman? Immaginarsi , con l' ec- citazione del momento e gli ultimi saluti da darsi prima del riposo! Ci si era messo di mezzo anche quel burlone dell' autista che, mentre eravamo ancora a bordo, aveva raccomandato a i giovanissimi membri dell' equipaggio che dalle due di notte in poi si esigeva assoluto silenzio. Qualcuna, non più fanciullina , ci ha creduto davvero e alla suora, che vedendola vagabondare in pigiama qua e là a notte inoltrata la richiamava ali' ordine, rispose candidamente: "Ma se l'autista ci ha detto che possiamo fare baldoria fino alle due ... " . Gncantevole lago di Albano dove si affacciava la nostra casa. Nello sfondo, sulla collina, Castelgandolfo. u E arriva la mattinata di mercoledì 2 agosto 2006, l' udienza in Piazza San Pietro, il clou del nostro pellegrinaggio. Sono le 10.30 circa. Queste le parole di maggior rilievo che ci ha rivolto papa Benedetto XVI. "Cari fratelli e sorelle! Grazie per la vostra accoglienza! Vi saluto tutti con grande afJètto. Dopo la pausa dovuta al soggiorno in Valle d'Aosta, oggi riprendo le udienze generali. E riprendo con un'udienza davvero speciale, perché ho la gioia di accogliere il grande Pellegrinaggio europeo dei ministranti. Cari ragazzi e giovani, sono jèlice che la mia prima udienza dopo la vacanza nelle Alpi sia con voi ministranti e saluto con afJètto ciascuno di voi; vi ringrazio anche per il foulard, grazie al quale sono tornato ad essere ministrante. Più di 70 annifa, nel 1935, ho incominciato come chierichetto, quindi un lungo tragitto su questo cammino. Saluto cordialmente il cardinale Christoph Schonborn, che ieri ha celebrato per voi la Messa, e i numerosi vescovi e sacerdoti. A voi, cari ministranti, desidero offrire, brevemente, visto che fa caldo, un messaggio che possa accompagnarvi nella vostra vita e nel vostro servizio nella Chiesa. Forse alcuni di voi sanno che nelle udienze generali del mercoledì sto presentando le figure degli Apostoli. Oggi però ci sofJèrmiamo su un tema comune: che genere di persone erano gli Apostoli. In breve potremmo dire che erano «amici» di Gesù. Lui stesso li ha chiamati così nell'ultima Cena, dicendo loro: «Non vi chiamo più servi, ma amici» (Gv 15, 15). Sono stati, e sono potuti essere, apostoli e testimoni di Cristo perché erano suoi amici, perché lo conoscevano a partire dall'amicizia, perché gli erano vicini. Erano uniti da un legame di amore vivificato dallo Spirito Santo. -. Possiamo intendere in questa prospettiva il tema del vostro < t pellegrinaggio: «Spi, ritus vivificat». E lo Spirito, lo Spirito Il Papa si annoda al collo un foulard bianco ~anto che vivifica. simbolo del pellegrinaggio internazionale E lui che vivifica il dei chierichetti. (Foto Avvenire) vostro rapporto con Gesù, di modo che non sia solo esteriore: sappiamo che è esistito e che è presente nel Sacramento, ma lo fa diventare un rapporto intimo, profondo, di amicizia davvero personale, capace di dare senso alla vita di ognuno di voi. E poiché lo conoscete e poiché lo conoscete nell'amicizia, potrete dargli testimonianza e portarlo alle altre persone n. Nella seconda parte del suo discorso il Papa ha continuato a rivolgersi alle migliaia di chierichetti e ministranti giunti, per l'occasione, da molte parti del mondo soprattutto dall'Europa. "Oggi, vedendovi qui davanti a me in piazza San Pietro, penso agli Apostoli e sento la voce di Gesù che vi dice: «Non vi chiamo servi, ma amici: rimanete nel mio amore, e porterete molto frutto» (Gv J5, 9. J6). Vi invito: ascoltate questa voce! Cristo non l'ha detto solo 2000 anni fa; egli è vivo e lo dice a voi adesso. Ascoltate questa voce con grande disponibilità; ha qualcosa da dire a ognuno. Forse a qualcuno di voi dice: ((Voglio che mi serva in modo speciale come sacerdote diventando così mio testimone, essendo mio amico e introducendo altri in questa amicizia». Ascoltate comunque con fiducia la voce di Gesù. La vocazione di ciascuno è diversa, ma Cristo desidera fare amicizia con tutti, così come ha fatto con Simone, che chiamò Pietro, con Andrea, Giacomo, Giovanni e con gli altri Apostoli. Vi ha donato la sua parola e continua a donarvela, perché conosciate la verità, perché sappiate come stanno veramente le cose per l'uomo, e che quindi sappiate come si deve vivere in modo giusto, come si deve affrontare la vita affinché diventi vera. Potrete così essere, ognuno a modo suo, suoi discepoli e apostoli. \ \ Cari mmlstranti, VOl m realtà siete già apostoli di Gesù! Quando partecipate alla liturgia svolgendo il vostro servizio all'altare, voi offrite a tutti una testimonianza. Il vostro atteggiamento raccolto, la vostra devozione che parte dal cuore e si esprime nei gesti, nel canto, nelle risposte: se lo fate nella maniera giusta e non distrattamente, in modo qualunque, aUora la vostra è una testimonianza che tocca gli uomini. Il vincolo di amicizia con Gesù ha la sua fonte e il suo culmine neff'Eucaristia. Voi siete molto vicini a Gesù Eucaristia, e questo è il più grande segno deffa sua amicizia per ciascuno di noi. Non dimenticatelo; e per questo vi chiedo: non abituatevi a questo dono, affinché non diventi una sorta di abitudine, sapendo come funziona e facendolo automaticamente, ma scoprite ogni giorno di nuovo che avviene qualcosa di grande, che il Dio vivente è in mezzo a noi, e che potete essergli vicini e aiutare affinché il suo mistero venga celebrato e raggiunga le persone. Se non cederete all'abitudine e svolgerete il vostro servizio a partire dal vostro intimo, allora sarete veramente suoi apostoli e porterete frutti di bontà e di servizio in ogni ambito deffa vostra vita: in famiglia, neffa scuola, nel tempo libero. Queff'amore che ricevete neffa liturgia portatelo a tutte le persone, specialmente dove vi accorgete che manca loro amore, che non ricevono bontà, che soffrono e sono sole. Con la forza dello Spirito Santo, cercate di portare Gesù proprio a quelle persone che vengono emarginate, che non sono molto amate, che hanno problemi. Proprio lì con la forza dello Spirito Santo dovete portare Gesù. Così quel Pane, che vedete spezzare suff'altare, verrà ancora condiviso e moltiplicato, e voi, come i dodici Apostoli, aiuterete Gesù a distribuirlo in mezzo alla gente di oggi, nelle diverse situazioni della vita. Così, cari ministranti, le mie ultime parole a voi sono: siate sempre amici e apostoli di Gesù Cristo!". Foto ricordo della CRESTband in Piazza San Pietro prima del rientro a Padova. --------------------------,. \ l Il giornalista di Avvenire, Riccardo Maccioni, era presente all'udienza come noi. Ecco cosa scrive ( anch'egli exchierichetto) nel quotidiano del 3 agosto 2006 . "La preparazione iniziava la mattina presto, quando fatta la doccia, si doveva decidere come vestirsi. «Oggi servirai all'altare, mica vorrei metterti le scarpe da ginnastica?» diceva la mamma. Dopo la Messa delle /0, la cioccolata calda in sagrestia, poi in oratorio a giocare con gli amici. Scusate il ricordo personale ma il pellegrinaggio dei ministranti, erano oltre 40mila ieri all'udienza del Papa, provoca inevitabilmente un salto all'indietro. Nel cuore torna quel misto di orgoglio e preoccupazione che accompagnava i momenti immediatamente prima dell'arrivo sull'altare, nella piccola processione chiusa dal parroco. Perché, lo sanno bene i ragazzini giunti a Roma da /7 Paesi d'Europa, la Messa domenicale è il punto d'arrivo di una preparazione che inizia durante la settimana. Oltre all'incontro di catechismo, c'è la preparazione «tecnica» dove si imparano i gesti da compiere e l'ordine con cui eseguirli. E poi lo studio della pagina di Vangelo che verrà letta durante la Messa. Essere chierichetti o più correttamente ministranti, è infatti imparare il valore dei segni liturgici e insieme l'importanza, il fascino della comunità, visto che ogni cosa viene fatta insieme ad altri ragazzini come te. Gli stessi con cui dopo si ,litigherà per un rigore contestato o si farà a gara in bici verso casa. Non è un caso che Benedetto XV/ ieri } ---- - sia soffèrmato proprio sul valore dell'amicizia, a cominciare da quella con Gesù, definita ((il dono più bello della vita». Voi - ha aggiunto il Papa - ((avete la gioia di rinnovarlo ogni volta che svolgete il vostro servizio della liturgia». A loro, ai piccoli chierichetti avvolti nei fòulards colorati con negli occhi il sorriso dell'età e della gioia di stare insieme, il Papa ha ricordato che proprio l'Eucaristia, l'offèrta di Gesù che diventa corpo e sangue, rappresenta il segno più grande della sua amicizia. E proprio perché se ne capisce l'importanza è un dono che non può essere custodito gelosamente ma va ((regalato» agli altri. (Quell' amore che ricevete nella Liturgia - ha aggiunto il Pontefice - portatelo a tutte le persone, specialmente dove Piazza San Pietro In attesa di accogliere i pellegrini vi accorgete che manca loro amore, che non ricevono bontà, che soffrono e sono sole. Con la forza dello Spirito Santo, cercate di portare Gesù proprio a quelle persone che vengono emarginate, che non sono molto amate, che hanno problemi». Ma forse i chierichetti hanno anche un altro compito. La loro allegria e spensieratezza è un antidoto al male che affligge tanti adulti, compresi molti «ministranti» del tempo andato: l'incapacità di stupirsi, l'abitudine allo straordinario, Eucaristia compresa. E di nuovo la mente corre all'indietro, a quando si aspettava di conoscere il «compito» domenicale: «Mi toccherà portare le ampolline all'altare con il rischio di cadere e romperle oppure porterò il cero?». Chissà, magari sono gli stessi pensieri dei ragazzini che ieri, finita l'udienza, hanno colorato di canti e giochi piazza San Pietro. E anche loro ci resteranno un po' male quando anziché aiutare da vicino il sacerdote dovranno restare più indietro. Nostalgia da adulto dirà qualcuno. Forse, ma se c'è un pizzico di rimpianto è solo per la gioia con cui allora si preparava e si partecipava alla Messa contagiando i grandi. Perché in fondo i chierichetti ci insegnano soprattutto questo: a vivere e capire la straordinaria importanza dell'Eucaristia senza rinunciare a . " un sorriSo. Stiamo percorrendo a piedi via della Conciliazione per raggiungere la casa dove ci hanno preparato il pranzo; è poco lontano, appena al di là del Tevere. L udienza del papa è terminata da un' ora; il nostro gruppo procede a fatica e con rallentamenti continui un po' per il sole che picchia spietato, un po' per le spesucce da mostrare agli amici, un po' per le cartoline ancora da spedire ... E intanto bisogna stare attenti a dove mettere i piedi perché camminiamo fianco a fianco o incrociamo decine di comitive come noi. Qualcuno dei ministranti stranieri accetta di scambiare il berretto o la maglietta con noi come ricordo dell' evento. Un semaforo rosso ci ferma ad un passaggio pedonale. Il tempo di compattare il gruppo e ci sentiamo gridare dall' alto di un pullman panoramico che ci passa davanti: "Padova! Padovaaa!" . Sono i nostri amici del vi cariato di Crespano del Grappa in visita alla città; ci hanno riconosciuto proprio dal colore rosso del nostro abbigliamento e da lassù ci gridano i loro saluti. Ma quanti erano i pellegrini provenienti dalla diocesi di Padova? Ne ha dato relazione il settimanale La Difèsa del popolo nel numero di domenica 13 agosto 2006, titolando: "Dei mille chierichetti italiani uno su tre era di Padova". Ecco una parte dell' articolo. "Era la diocesi italiana più rappresentata, quella di Padova, al pellegrinaggio internazionale dei ministranti che si è svolto a Roma l' 1 e il 2 agosto. Precisamente i chierichetti e le chierichette padovane erano 347 su mille partecipanti italiani. Altri numeri dell'evento: 4 i pullman organizzati dali' Unione Chierichetti della Diocesi (circa 200 persone); 2 le parrocchie scese a Roma con pullman autonomi: Crespano del Grappa e Vigodarzere. Due parrocchie hanno raggiunto il pellegrinaggio in treno: Sant'Agostino di Albignasego e Stra; i chierichetti di Monterosso sono arrivati in pullmino. Tutti i gruppi erano accompagnati dai rispettivi parroci o cappellani. Il gruppo diocesano era guidato da don Marco Galante, animatore vocazionale. 1 due giorni sono stati scanditi dallo slogan "Spiritus vivificatI/ (cioè: "E' lo Spirito che dà la vita ') sul quale ha puntato anche Benedetto XVI nel rivolgersi ai chierichetti". Le salette adibite a pranzo nella Fraterna Domus lungo il Tevere, sono completamente interrate come le catacombe. Vi si accede per una stretta scala di servizio; tuttavia il personale, quasi totalmente religioso, è cortese e familiare. Passando da un ambientino all' altro vediamo che alcuni giovani pellegrini come noi sono già seduti a tavola e ci danno dentro con impegno. Sentiamo che sono di lingua tedesca: austriaci o germanici? Mah! Sotto si sta bene: un leggero movimento d'aria rende gradevole il soggiorno negli ambienti piccolini e modesti ne II' arredo, ma puliti e accoglienti. Una rinfrescatina in bagno e siamo a tavola dove ci vengono servite le agognate bevande e i cibi preparati con cura, alla casalinga. Mentre sto armeggiando intorno alla frutta mi accosta un tipo sulla quarantina dallo sguardo sorridente; porta gli occhiali, ha i lunghi capelli bruni raccolti a coda di cavallo e la barba leggera. E' il giovane prete tedesco che accompagna il gruppo dei ministranti - tutti maggiorenni - che pranzavano nella saletta accanto; anch' egli con il foulard al collo. - Ciao, tu dove zei? - Mi sembra di sentire parlare papa Ratzinger e quasi quasi mi scappa da ridere. Poi penso quanto sarei ridicolo io se tentassi di parlare il tedesco. - Veniamo da Padova, sono di un grosso paese che confi na con la città. - Oh, Padova! Crande zando a Padova: zando And6nio. È prima folta tu fenire qvi a Roma? Insomma, domanda dopo l'altra mi chiede un sacco di cose su Vigodarzere, su quanti chierichetti abbiamo e come si preparano al servizio, sul nostro santo patrono ... Così vengo a sapere che San Martino è patrono anche della sua diocesi . Intanto dalle nostre tavole si avvicinano i curiosi ed è l'occasione - saltiamo da una lingua all' altra - per coinvolgere loro anche nel dialogo che procede stentatamente. Più d'uno si spaccia per buon conoscitore dell' inglese ma annaspa nel vuoto su "Btack Forest"; è la regione di provenienza dei nostri interlocutori. Allora, forte delle quattro parole d'inglese che conosco, sbotto un po' platealmente: - E questo sarebbe l'inglese che conoscete? Btack Forest, Foresta Nera, Selva Nera. Mai sentita questa regione della Germania federale? Ma cosa studiate a scuola? Sorridono della mia sfuriata anche gli amici tedeschi che non hanno capito una parola tranne quella Btack Forest motivo del contendere linguistico. Prima di lasciarci chiedo al mio collega teutonico se mi può lasciare un libretto con le liturgie del convegno. Sono subito accontentato : - Magdalena! - Bitte, ia? Una ragazza del gruppo teutonicissima - capelli biondi, carnagione lattea e occhi azzurri - allunga a padre Stephan il libriccino in questione. -----All' interno più tardi troverò scritto: Viereck Magdalena, 21.07.1988. La giovane ministrante della Selva Nera ha diciotto anni. A Vigodarzere è familiare da tempo, ma ora è conosciuta anche nel territorio, avendone parlato un quotidiano locale in occasione della problematica visita pastorale del vescovo di Padova alle scuole statali del luogo. Alcuni ragazzi della CRESTband, appunto, si sono organizzati e, al suo entrare in palestra, hanno accolto mons. Mattiazzo con le loro musiche festose suscitando l'entusiasmo dei compagni e il plauso degli insegnanti. Dopo un anno di rodaggio questo originale gruppo bandistico (riprodotto più volte nelle foto di queste pagine) sta prendendo quota, forte del pellegrinaggio internazionale dei ministranti a Roma, anche perché la CRESTband è composta per la maggior parte da chierichetti e chierichette. Lidea era quella di poter suonare in Piazza San Pietro vicino alle transenne in attesa del\' udienza papale, se non addirittura al passaggio del Papa. Ma non avevamo fatto bene i conti né con la gendarmeria pontificia, né con \' efficientismo tedesco. Motivi di ordine organizzativo, oltre che di sicurezza, impediscono che si entri in piazza con un complesso musicale a proprio piacimento; appunto per questo gli organizzatori germanici hanno provveduto ad un' orchestra di giovani in ~~~~~~---------------------------- I gamba (gente da conservatorio) sia per la messa del cardinale che per l'udienza del Papa. Due mesi di preparazione per niente? Loneroso trasporto di tutta una banda musicale fino a Roma vanificato cosÌ miseramente? Più di uno dei suonatori mi si avvicina per manifestarmi la sua delusione. Che fare? Raduno gli interessati accanto al pullman che ci sta per caricare, là sotto i platani del Tevere ; siamo appena usciti dal pranzo e dovremmo far ritorno in Veneto. I pareri sono discordanti anche perché la strada da percorrere è tanta. Infine prende la parola Andrea, uno dei trombettisti, che quando parla ha un po' l'aria del filosofo : - Un' occasione cosÌ non ci capiterà mai più. Anche se torniamo a casa più tardi, io direi di non perdere questa possibilità: sarebbe un vero peccato. La proposta, saggia e pacata, raccoglie il consenso di tutti e dieci minuti dopo siamo a ridosso del colonnato del Bernini; sono quasi le due del pomeriggio quando scarichiamo dal pullman i grossi e luccicanti strumenti musicali . In piazza si muovono stancamente sotto il sole centinaia di persone, gruppi di pellegrini e di turisti; la basilica è chiusa e molti attendono accovacciati nelle zone d'ombra. E' il nostro momento. Cerchiamo anche noi un riparo dal sole per sistemarci e, un brano dopo l'altro, diamo fondo a tutto il no stro repertorio, eccezion fatta per le musiche natalizie. Ne e sce fuori un concertino chiassoso e simpatico che sorprende e attira la curiosità dei presenti : italiani , tedeschi, spagnoli , giapponesi ... I suonatori hanno l'entusiasmo alle stelle anche se le labbra incominciano a tremare per la stanchezza. Strappiamo gli ultimi applausi con gli inni pontificio e italiano; un profondo inchino di ringraziamento al pubblico internazionale e, strumenti in mano, ci portiamo al centro di Piazza San Pietro per la foto ricordo. Credo proprio che un' occasione così non ci capiterà mai ., piU. ~----------------------------~ . Tornando, nelle lunghe ore di viaggio, abbiamo avuto modo di raccogliere le impressioni del breve ma intenso pellegrinaggio romano. Molti si sono alzati dal posto e si sono avvicinati al microfono del pullman; chi per ringraziare dell' opportunità ricevuta, chi per riferire le proprie emozioni, chi per sottolineare qualche esperienza .. . Giorni dopo Elia, undici anni, mi porta una rima che gli è uscita di getto: A Roma per il Papa con il Signore nel cuore, superando fatiche con grande amore. /I sole flagella la nostra testa: questo è un giorno di grande jèsta. Piazza San Pietro è gremita di gente che intonano canti e rallegrano la mente. Lemozione mi prende e quando salgo vicino a quell'altare il Signore con un dito mi sembra di toccare. A llora i miei pensieri si trasformano in preghiere, alzo gli occhi sicuro al cielo: il Signore mi può vedere. La messa in tedesco è celebrata ma la capisco come fosse la mia lingua parlata. Ed ecco che in un giorno così importante si nota un puntino bianco da distante. "Eccolo, è lui! È lui!" noi gridiamo , "E il Papa che tanto amiamo": , Sventolano bandiere colorate sopra le teste, occhi lucidi, mani tese e niente proteste. E anche se sono un po' confuso come in mare mi sento in qualche modo fortemente abbracciare. Ora non ho più dubbi: il cuore ho aperto al volo, da oggi in poi non sarò più solo. Sento che lui il suo amore mi vuole donare e al mondo intero lo voglio gridare. Signore, oggi sono fèlice perché ho capito che davvero si può toccare il cielo con un dito. -• -• . ..---------------------------------------. ---------- Francesca, anch' essa chierichetta di undici anni, mi consegna una poesia su II' incontro con il Papa. Da lontano, un puntino bianco e piccolino; da vicino un uomo. Un sogno irrealizzabile che però si è avverato: un Papa che parlava a me, alla mia famiglia e ai miei amiCI. Molta altra gente, arrivata da vicino e da lontano, che lo ascoltava. Il Papa, anche se da lontano, /' ho visto anch' io. Un momento da non dimenticare mai!!! C he dire? Semplicemente: Spiritus vivifica t , è lo Spirito che dà vita e questa vita la senti palpitare nel cuore dei nostri ragazzI. l'' Qualche anziano continua ancora a chiamarli così: zagheti. Un termine veneto (zago = chierico) di uso comune che ho trovato anche nei documenti di archivio presenti nelle parrocchie più antiche. La parola chierichetto - cioè piccolo chierico - è italiana e di uso recente. Altro termine con cui venivano chiamati i simpatici ministranti della chiesa è quello di mocoleti, da mocolo, cioè la candela che portano . . In processione. Se il compito dei chierichetti è sempre stato lo stesso, cioè servire all' altare accanto al prete, la foggia del loro vestito era uniforme in ogni parte del mondo: veste nera abbottonata sul davanti e cotta bianca con merletto. Poi il servizio all' altare era prerogativa esclusiva dei maschi, come del resto per il sacrestano: nessuna donna ( neanche se suora) metteva piede oltre il cancello che delimitava il presbiterio. Perché? Si interpretava così la tradizione biblica che riservava il servizio del culto solo agli uomini. Dopo il Concilio Vaticano Il (1965) la fantasia liturgica si è accesa anche nel settore dei ministranti: grande uso di tuniche bianche, con o senza cordoncino ai fianchi, con o senza croce al collo; poi ancora vesti di colore diverso, soprattutto celeste ( il colore della Vergine Maria) o rosso ( il colore del crocifisso e dei martiri). Una notevole differenza tra i chierichetti di oggi e quelli di ieri, quando vigeva la messa in latino, era costituita pro- prio dal fatto che essi rappresentavano \' assemblea nella partecipazione vocale: erano loro che rispondevano in latino al celebrante. Non c'era messa che non avesse almeno due chierichetti a servizio. E si doveva imparare tutto a memoria. Chi scrive è stato chierichetto e a dieci anni sapeva cantare le letture - rigorosamente in latino - dell' ufficio per i defunti quando il celebrante portava ancora per l' occasione i paramenti neri, non violacei come nella nuova liturgia. E gli orari delle messe? Sentite a che ora veniva celebrata la prima messa della domenica nel periodo estivo: alle 5 .30! C ome facevano i chierichetti ad alzarsi a quel\' ora? Semplicemente andando a letto prima al sabato sera; mica c'era la tv e la luce elettrica. Stiamo parlando degli anni 1930-1950, Chierichetti di varie nazioni sventolano la propria bandiera tanto per capirci. D'inverno la prima messa era un po' più tardi, cioè alle ore 6. Le messe erano sempre al mattino perché chi faceva la comunione doveva essere digiuno dalla mezzanotte. Papà Valter, che ha due figli chierichetti, ricorda che quando lo era anch' egli, ai piccoli veniva affidato il compito di servire ai funerali mentre i più grandi venivano chiamati per il servizio ai matrimoni: lì, oltre ai confetti lanciati in aria sul sagrato, ci scappava sempre come ricompensa una buona mancetta da parte degli sposi. [n primavera, quando le galline aumentavano la produzione, era classica la questua delle uova nei paesi di campagna. [ chierichetti si dividevano per zone e, muniti di capaci borsoni, si presentavano alle massaie. Purtroppo non tutte le uova tornavano integre alla base, nonostante il fondo delle borse fosse ben fornito di paglia antiurto. Nonno Federico ha superato gli ottant'anni e quando qui attorno al ponte di Vigodarzere infuriavano i bombardamenti aerei egli era poco più che un ragazzo e ha ben presente quei mesi. Allora la stazione ferroviaria del nostro paese era l'unica risorsa per coloro che da Padova volevano salire a nord: la stazione cittadina, infatti, era completamente fuori uso. Un vecchio prete di Semonzo (TV), all' epoca giovane seminarista, mi raccontava che lui e i suoi amici sono rimasti otto ore naccanto ai binari in attesa che arrivasse un treno per salirvi sopra e giungere a Bassano in vista delle feste di Pasqua del 1945; tutto quel tempo naturalmente senza mangiare, dopo essere arrivati qui a Vigodarzere a piedi dal seminario di Padova. Era l'ultimo periodo della seconda guerra mondiale. Come vivevano i chierichetti allora? "Si tirava avanti nonostante tutto - ricorda Federico - Le celebrazioni in chiesa si svolgevano regolarmente. Magari si era un po' assonnati se nella notte ci si era dovuto scappare nei rifugi o tra i campi per evitare di finire sotto i bombardamenti de Waviazione anglo-americana. Il ponte ferroviario qui vicino era un bersaglio frequente data la sua importanza strategica. Eppure si cercava di convivere con questo pericolo. Quando bombardarono Vicenza suonarono le sirene anche qui . Ricordo che era domenica, durante l'ultima messa del mattino; nessuno si è mosso, né i chierichetti, né i fedeli : la celebrazione è continuata sino alla fine ". Il pianoterra del campanile di Vigodarzere era uno dei rifugi antiaerei; il parroco di allora, don Giulio Rettore, aveva provveduto a sistemare alcuni soppalchi in legno per aumentare la capienza e garantire protezione a più gente possibile. Una canonica singolare quella di Vigodarzere perché nella stanza a sinistra dell' entrata, sulla sommità dei gradini, dove adesso si trovano gli strumenti della banda musicale dei chierichetti, c'era il comando del Genio Militare tedesco addetto al ponte ferroviario. E così sul sagrato sassoso della chiesa si incrociavano spesso le divise bianconere dei chierichetti e quelle grigioverde della Wehrmacht, l'esercito germanico. 't Una mamma e suor Leonia chiudono la lunga fila dei chierichetti di Vigodarzere in visita alla fortezza di Castel Sant'Angelo. 1\ cielo primaverile trascolora solcato dall' ultimo volo delle rondini. Nella campagna che si estende ampia e rigogliosa oltre l'argine del fiume, l'aria odora del primo fieno. E ' una sera di maggio. 1\ paesino lo trovi appena fuori della periferia di Padova e il vecchio campanile sembra custodire tradizioni secolari pur nell ' avanzare inesorabile di moduli abitativi e industriali a ridosso della città del Santo. Com'è usanza in molte località del Veneto, anche qui si recita il rosario nelle serate del mese che la tradizione popolare dedica alla Vergine Maria: il fioretto di maggio. Da qualche anno il parroco ha arricchito la bella consuetudine celebrando la messa: ogni" capitello" , a turno, diventa luogo di ritrovo per la sacra funzione campestre. Stasera tocca a quello più a nord del paese, là dove si profila l'ombra scura di un viadotto a scorrimento veloce. Mano a mano che trascorre il tempo si va infittendo il gruppo dei devoti che arrivano al luogo convenuto, chi a piedi e chi in bicicletta; molte le mamme con i bambini , ma anche papà, nonni e qualche giovane. Ecco, ora giunge pure il parroco e attorno all ' altarino adornato di fiori prendono posto con lui anche due chierichetti. Un canto e la messa è . . . Iniziata. Trascorrono pochi minuti e, sulla vicina strada che costeggia l'argine, un' auto rallenta l'andatura: dal finestrino abbassato qualcuno urla un bestemmione chiaro, lacerante, orribile. Evidente la provocazione rivolta al gruppo dei fedeli; un 'accelerata e l'auto assassina si dilegua. La rapidità della vigliaccata inattesa lascia tutti nello sconcerto ma, ciò nonostante, si prosegue. Intanto calano le tenebre e ora la messa sembra acquistare più fascino così, al riflesso delle candele e delle luci elettriche. Nelle pause di silenzio si ode solo il brusio lontano delle auto in transito sulla superstrada e il canto dei grilli sui prati. Purtroppo il disgraziato torna ancora. Nessuno se ne accorge, ma proprio \' auto di prima sta scivolando lenta con i fari accesi: e giù un'altra bestemmia. E' troppo: di scatto un gran pezzo d'uomo si fa largo tra i fedeli e si lancia di corsa sulla strada da dove è giunto il verso della bocca infernale. Inseguimento inutile, lo sciagurato è già fuori tiro. - Maledetto te e tutti quelli della tua razza! - gli grida dietro l'omaccione furibondo. Gli fa eco il mormorio della piccola folla che solidarizza con quel cristiano offeso nella propria fede ma anche deciso a difenderla con tutte le sue forze. La messa continua e, per fortuna, si conclude senza ulteriori incidenti. Nessuno, tuttavia, nasconde il senso di amarezza per quanto è successo e, tornando a casa, non si parla d'altro. Emanuele e Fabio, i due chierichetti che hanno servito la messa, abitano lì vicino, a pochi passi ; frequentano la quinta elementare e in autunno entrano tutti e due nel seminario diocesano con l'intenzione di farsi preti . E lo divengono davvero: sono ordinati sacerdoti entrambi nel giugno del 1994 , quattordici anni dopo quella memorabile messa sfregiata dai due attacchi blasfemi. La rivincita di Dio. Alberto ed Enrico, compagni di stanza e di avventura. Chissà se il futuro riserverà loro la singolare sorte dei due chierichetti della storia? Orvieto: non solo il duomo pago 5 "Voglio la mamma!" pago 8 Un cardinale simpatico pago lO In piazza San Pietro pago Famefame famesete pago "Go perso el toso!" pago I baffi di Anna pago Il Papa ex-chierichetto pago 12 15 17 20 22 "Voi, piccoli amici di Gesù, portate amore dove non c'è" pago "O ggi servirai a messa" pago "Padova! Padovaaa!" pago G li amici della Selva Nera pago La banda musicale dei chierichetti pago Spiritus vivificat pago I "zagheti" di ieri C hierichetti sotto le bombe pago - / I La rivincita di Dio / ppg: / ...... '-~ -l I f 24 27 30 33 36 39 42 "" '45l , pag;, ~7 :jJj<J 3 "Voi non siete elementi da museo sopravvissuti fino ai nostri giorni. Cari chierichetti, voi siete gli apostoli dei tempi nuovi, gli apostoli di Gesù" . Così il cardinale di Vienna in Piazza San Pietro a migliaia di ministranti nel loro raduno internazionale (l-2 agosto 2006). Appunti di viaggio, discorsi, avventure, testimonianze ed istantanee che questo libretto vuole consegnare a chi ama conoscere un po' di più questi ragazze e ragazzi che vediamo muoversi attorno ali' altare nelle nostre chiese. I f I L.:autore, attualmente è parroco nella chiesa arcipretale di San Martino a Vigodarzere (PD). Nato a Cittadella nel 1949 e ordinato sacerdote nel 1974, è stato educatore nel seminario diocesano di Padova, direttore del Centro Padovano della Comunicazione Sociale e parroco di Romano d'Ezzelino (VI). Per i ragazzi ha già pubblicato: TuttoGREST (1990), Il cantastella (1992), Pietre vive (2003) e Su ali d'aquila (2006) .